Who's Jay?

di Itsnotlikeitseems_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


Ricordo ancora  quel  periodo in cui ero piccola e mia madre mi ripeteva in continuazione quanto fosse importante rimanere vergini fin al momento in cui si poteva dire di aver trovato l’uomo giusto. 
L’uomo che ti rispettava, che ti amava incondizionatamente, che ti portava a cena nel weekend e che ti ascoltava quando avessi un qualsiasi problema e ti consolava come solo qualcuno che ci tiene a te profondamente poteva fare. 
Probabilmente, da buona madre, non voleva che mi innamorassi di qualcuno che assomigliasse a mio padre e che si comportasse come lui. 
Non le ho mai creduto al contrario di mia sorella, ho sempre pensato che l’amore romantico non esistesse. 
Negli ultimi dieci anni si è registrato un crollo del 17.4% nei matrimoni in Italia.
Tradotto, molte coppie Italiane soprattutto quelle che si sono sposate in giovane età hanno preferito separarsi o divorziare che affrontare in maniera matura i veri problemi nella coppia. 
Molte donne, che siano divorziate o meno, vivendo in un’epoca difficile da comprendere si sono rifugiate nella letteratura o peggio nella televisione.
Ho studiato per anni il genere umano, essendo laureata in economia e successivamente in marketing la mia specialità era quella di arrivare al cuore delle persone e capire cosa desideravano o come fargli comprendere che quello che vedevano nelle pubblicità era quello di cui avevano bisogno. 
Non riesco a comprendere però come da ciò che ero sono diventata ciò che sono. 
Una consulente matrimoniale. 
In realtà la storia è molto lunga, per scherzo decisi di pubblicare un libro dove scrissi una serie di consigli per trovare l’amore vero, qualcosa in cui tra l’altro non credo personalmente. 
Il libro fu un gran successo, le donne avevano bisogno di sentirsi dire stupidaggini del calibro di “sei bella dentro” oppure “l’uomo che ti ama davvero arriverà” o ancor meglio “ognuno di noi ha un’anima gemella”. 
Non era difficile capire ciò che la gente desiderava leggere e i profitti che feci guadagnare alla casa editrice ne erano una prova vivente.
 
Avevo deciso di raddoppiare i guadagni qualche mese dopo l’uscita del libro, non ero una scrittrice e per tanto non ero in grade di scrivere un altro romanzo che non fosse la copia del primo. Non avevo altri argomenti per la testa e non potevo permettermi di far affievolire il successo che avevo avuto. 
Marco Petroni, un consulente finanziario e anche mio manager personale, aveva auto la brillante idea di organizzare un evento speciale. 
Le mie “ammiratrici” avrebbero avuto l’opportunità di parlare personalmente con me e ricevere i miei consigli. Sarebbe stata un’idea geniale se non per il fatto che mi spacciavano per qualcosa e soprattutto qualcuno che non ero. 
Una cosa era scrivere delle idiozie, un’altra era guardare negli occhi una persona reale e mentirgli spudoratamente sapendo che magari le tue parole potevano avere delle consegue particolarmente negative. 
 
“Siamo pronti?” gridò Marco, riferendosi alle ragazze alle prese con i miei capelli. 
“Si, signore” 
“Ti trattano come se fossi un generale nazista” mormorai quando lo vidi avvicinarsi. 
“Ascoltami Nica, magari da questo evento ne ritrarrai qualche idea non credi? Devi almeno metterti d’impegno figlia mia” 
“Marco, non mi chiamo Nica” brontolai “Ma soprattutto dovresti tenere a mente che io lavoro per Vogue, non ho bisogno di pubblicare libri” 
 
 
Non mi diede nemmeno il tempo di ripassarmi il rossetto che mi afferrò per il polso e mi trascinò verso il parco dove si sarebbe tenuto l’evento. 
Sul prato c’erano almeno una sessantina di sedie tutte allineate fatte di legno di quercia. 
Raggiunsi l’entrata del parco dove vi era un gazebo con una poltrona al suo interno. 
Tutte quelle donne mi fissavano come se fossi la loro ultima speranza. 
Ne ero lusingata ma quelle attenzioni mi mettevano molto a disagio. 
 
“Allora signori e signore, io mi chiamo Alice e farò da presentatrice a questo magnifico evento” 
 
“Ma chi diavolo è quella?” bisbigliai a Luca, il ragazzo che aveva modificato e revisionato il mio libro.
“Amore credo sia l’amante del capo” 
“Ma come fai a saperle queste cose?”
“Tesoro” ridacchiò lisciandosi la giacca “voglio farmi tuo fratello, diciamo che ho notato che stavano molto insieme e volevo sapere se era etero o meno”
“Potevi chiedere a me Luca”
“Allora, è etero?”
“chi dei miei fratelli?”
“L’americano chirurgo”
“Molto, sfortunatamente per te”
 
“Vi presento la vostra amata Nicole, che è qui per darvi i suoi consigli in ambito amoroso. Un applauso”
 
Tutte le donne cominciarono ad applaudire, sembravano fatte con lo stampino. Secondo la mia modesta opinione al mondo esistono due tipi di donne, quelle che ricercano l’amore romantico come quello nei libri e quelle che ne sono disgustate.
La prima categoria era la più comune e fortunatamente per me faceva fruttare particolarmente il mercato editoriale.
Passò credo più di un’ora e mezza prima che potessi parlare con una di loro in privato. 
Avevo passato l’intera ora ad ascoltare ragazzine in piena crisi ormonale e donne adulte che volevano riaccendere la scintilla con il proprio marito. 
Niente di ciò era interessante per me dal punto di vista economico, dovevo scrivere un libro non un drama latino americano. 
Una volta finito quell’inferno mi diedero una pila di fogli dove vi erano scritti i nomi e le domande che queste donne mi ponevano. 
La maggior parte di loro si domandava se il ragazzo con cui avevano passato una notte di follie avesse una qualche ragione valida per non richiamarle il giorno dopo e per quanto mi dispiacesse ammetterlo la risposta era molto facile. 
Sette in particolare richiamarono la mia attenzione, metà di loro erano sposate mentre l’altra metà erano delle ingenue ragazzine single che facevano sogni erotici su Mr Darcy. 
Tutte parlavano dello stesso uomo, un tale Jay. Nome estremamente raro per un italiano, anche se essendo a Milano dovevo considerare che poteva essere un nick name. 
Se l’uomo fosse stato lo stesso sarebbe stata una grande storia da trascrivere e avrei potuto comporre il secondo best seller tanto atteso dal mio capo. 
 
“Nicole” mi richiamò la mia segretaria “Signorina Nicole la stavo cercano”. 
Ero da poco ritornata al mio appartamento in Porta Genova. Lavoravo nel dipartimento di marketing per Vogue Italia ma da poco avevo deciso di chiedere la promozione e aver così la possibilità di trasferirmi da qualsiasi altra parte, in particolare a Shangai. Amavo quella città anche se mia madre non era altrettanto contenta di sapermi dall’altra parte del mondo e soprattutto mi si richiedeva la lingua e il visto lavorativo.
“Dimmi Alice”
“Il suo fratellastro Paul è appena arrivato da Parigi per vederla 
“Fallo entrare” 
 
 
“Salut” 
“Paul, ça va?”
“ça va bien” 
“Un uomo di poche parole fratellino” 
“Fratellino? ho ventitré anni” 
“E io ventisette, ciò vuol dire che sei più piccolo di me”
“Anche io so la matematica petite” 
“In ogni caso cosa ci fai qui a Milano?” 
“Volevo vedere mon père” 
“Papà sarà all’ospedale come al solito” 
“Sembri arrabbiata” 
“Voglio quella promozione a Shangai”
“L’avrai, hai pure scritto un libro voglio dire. Il tuo capo sarà orgoglioso”
“Non gli interessa niente ma guarda qua. Sette donne con lo stesso uomo. Questa sarebbe una grande idea” dissi mostrandogli ciò che prima avevo notato.
“Voi bianchi siete proprio strani comunque” 
“Noi bianchi? Anche tu sei bianco per metà” 
 
Mio padre ebbe una relazione con una donna di colore durante uno dei suoi viaggi di lavoro a Parigi, fu la prima relazione extra coniugale di cui mia madre venne a conoscenza ed io all’epoca avevo all’incirca dieci anni. Furono tantissime in realtà le volte in cui mio padre tradì mia madre e in particolare da quattro donne mio padre ebbe altri quattro figli oltre me. 
Mia madre decise subito di divorziare da lui e provò in tutti i modi a portarlo alla bancarotta. Lei rientrava nella prima categoria di donne, si era innamorata di un uomo freddo e arrogante che non la trattava granché bene ma si era convinta che infondo al suo cuore mio padre fosse un romanticone che non vedeva l’ora innamorarsi della sua anima gemella. 
Non fu decisamente così, ma lei si riprese dopo un anno risposandosi con Peter. 
Il mio patrigno era di certo uno degli uomini più belli che io avessi mai incontrato. Si erano sposati quasi subito poiché mia madre era rimasta incinta alla veneranda età di quaranta due anni e lui l’aveva portata nel suo luogo natale, Hannover. 
 
 
“Comunque resto a casa tua per un po', mi prendo una pausa dall’università” 
“Come va con gli esami?”
“Dai Niki non chiedermi queste cose brutte” 
“Ci sono passata anche io Paul, so com’è”
“Volevo solo vedere papà” 
“Che ci fai ancora qua allora? Vai da lui, corri” 
“Au revoir” 

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Capitolo 2
*** II ***


Annalisa Maestri 
 
 
“Nicole?”
Silenzio. 
“Nicole?”
 
Le mura bianche e quella carta da parati a fiori orribile erano le vere protagoniste di quella conversazione. 
Odiavo con tutta me stessa le sedute inutili e costose dallo psicologo a cui mia madre mi costringeva ad andare. 
 
“Dr Rossi, mi dica”
“Perché si trova qua oggi?”
“Ma come? Mi sermbra piuttosto ovvio, è lunedì e lei sa quanto la mia carta di credito ami i lunedì”
“Questo suo sarcasmo non la porterà da nessuna parte signorina” 
“Io non credo di avere nessun problema” sbuffai accascandomi sulla poltrona. 

Quelle sedute mi ricordavano i film di fantascenza dove i robot ripeteano in continuazione la stessa frase. 

“Lei ha una situazione familiare piuttosto insolita, non crede?” 
“Anche Berlusconi se è per questo, ma i figli non vanno dallo psicologo”
“Vedo che oggi siamo particolarmente ostili” 
“Sono semplicemente le otto del mattino, sono sempre ostile la mattina e non per questo soffro di disturbi della personalità multipla” 
 
Mia madre una volta scoperti tutti i tradimenti e i quattro figli illeggittimi decise giustamente di mandarmi da uno psicologo per far emergere in mio padre i sensi di colpa, e soprattutto per prosciugargli la carta di credito. Il problema però era che queste sedute erano ormai diventate una routine e da almeno cinque anni avevo deciso di pagarle personalmetne per evitare qualsiasi peso fiscale a mio padre e sperare che mia madre smettere di ricattarmi per andarci. 
Fu tutto inutile, mia madre era testarda come un mulo e in guerra con l’ex marito ormai da più di un decennio. 
 
Continuavo a battere la fine della matita contro il tavolo creando questo fastidioso rumore che speravo avrebbe portato all’esaurimento il Dr Rossi ma quest’uomo ne aveva probabilmente viste di peggio e non batteva mai ciglio. 
 
“Come va la stesura del suo secondo romanzo?”
“Ci sto lavorando” 
“Ha risolto con suo fratello?”
“Quale? Ne ho parecchi” 
“Derek, l'americano” 

Perchè tutti lo definivano l'americano? Era pur sempre metà italiano. 


“Va tutto bene”
“Signorina, la volta scorsa ha avuto una crisi isterisa a causa sua. Si può impegnare di più” 
“Si è vantato di aver avuto un rapporto sessule a tre con mio padre ed una donna della mia età, chi non avrebbe avuto una crisi isterica?” 
“Sono uomini”
“No, non è questione di essere uomo o donna. Sono una persona piuttosto famosa, questi scandali potrebbero rovinare la mia reputazione” 
“Quindi a lei non interessa particolarmente di suo padre o suo fratello, è più concentrata sulla sua carriera”
“Esattamente” risposi tutto d’un fiato. 

Non ci trovavo nulla di male, ero una ragazza a cui interessava diventar ricca nel minor tempo possibile. 

“Ecco” iniziò ma subito dopo aver guardato distrattamente l’orologio si ricompose “In realtà sono le nove, abbiamo finito oggi” 
 
 
 
 
 
 
Come avrò già detto, io detesto i lunedì mattina. A causa di quelle sedute inutili arrivavo sempre in ritardo in ufficio o a qualsiasi evento mondano a cui avevo deciso di partecipare. Tutto a causa di due bambini. 


Alle undici avevo un appuntamento con il capo della casa editoriale, Annalisa Ventura, una donna sulla quarantina in carriera che aveva cresciuto i suoi due figli da sola dopo aver sbattuto il marito violento fuori di casa. 
La rispettavo profondamente e a lei penso che in fondo piacesse la mia compagnia, si divertiva profondamente a sentire le mie vicende personali poiché se c’era una cosa in cui ero brava era proprio cacciarmi nei guai. 

L’ultima volta che andai  a Pechino, per esempio, scambiai la mia valigia con quella di un alto ufficiale dell'esercito cinese e per poco non mi arrestavano per tentato attacco terroristico. 
Alla fine grazie alla mia amica, madrelingua, riuscii a spiegare che era stato tutto uno sbaglio e mi lasciarono andare. 

Chi non si confonderebbe dopo dieci ore di volo? 
In ogni caso vicende come questa erano all’ordine del giorno nella mia vita e se c’era qualcuno a cui potevo raccontarle era proprio la signora Annalisa. 
Quel giorno c'erano quindici gradi, non c'era freddo ma il vento faceva in modo che si sentisse una temperatura più bassa rispetto a quella reale e autunno era generalemente abbastanza fresco. 

Milano ad Ottobre era particolare, a volte faceva molto caldo ed altre volte abbastanza freddo, ma su una cosa si poteva stare certi in quella città: 
In Autunno era meglio chiudere le finestre perché non chiedetemi come ma era pieno di cimici. 



Camminavo piuttosto velocemente verso un bar alle spalle del duomo accanto ad uno dei miei negozi preferiti di caramelle. Non amavo andare al duomo, troppo affollato ed eccessivamente caro, ma al mio Capo piaceva fare shopping alla rinascente ed un buon impiegato fa felice il proprio capo. 
Mi sedetti sulle scale del Duomo e mi accesi una sigaretta, adoravo guardare quegli idioti che si facevano foto con i piccioni.
Erano quelle immagini di cui non capivi il senso ma sapevi che per i turisti era un avvenimento speciale. 
 
“Signorina Nicole?”
“Annalina, non l’avevo vista” 
“Beh sembra persa nei suoi pensieri” 
“Mi scusi, ma quando fumo mi rilasso troppo” 
“Vogliamo andare?” 
 
 
Ci avviammo verso il bar nel quale c’eravamo date appuntamento. Come al solito non c’erano molti clienti e questo era uno dei dettagli che più adoravo dei coffeshop più isolati rispetto a quelli con vista duomo.

Sfortunatamente oltre ad essere la figlia di un uomo che chiaramente non sapeva come si utilizzassero i preservativi e di una donna che nel passato sarebbe sicuramente diventata una stratega militare del movimento delle suffragette, avevo ereditato la celiachia e per questo motivo non potevo ordinale altro che bevande ogni qual volta qualcuno mi avesse invitato in un bar. 
Quella volta ordinai un caffè espresso mentre il mio amatissimo capo si diede ai dolci ordinando un cornetto alla nutella appena sfornato. 
 
“Volevo parlarle del mio nuovo libro” 
“Ho sentito” mormorò mentre divorava la sua colazione “Le sette donne che si frequentano con lo stesso uomo. Sembra accattivante” 
“Lo è” affermai decisa
“Vorrei comunque che lei inventasse di sana pianta il finale. La realtà è piuttosto noiosa, noi vogliamo un romanzo romantico che sia allo stesso tempo un grande giallo. Ha capito?” 
“Ho afferrato il concetto” 
“Brava” ridacchiò mentre si  ripuliva le labbra dai residui di nutella “Questo è ciò che voglio sentire. Se mi promette una storia del genere le lascerò carta bianca sul resto” 
“Vorrei chiamare quelle donne e farle delle interviste se per lei non è un problema” 
“Perché dovrebbe esserlo?” 
“Non lo so” 
“Lei non deve comunque lavorare?” 
“Sono in ferie per qualche giorno” 
“Su cosa si occuperà una volta tornata a lavoro?” 
“Beh credo che dovrò fare qualche ricerca di mercato sui colori  in voga quest’anno. Soliti sondaggi che faccio da quando avevo vent’anni” 
“Non sembra molto” si fermò “interessante” 
“Beh dovrò pur pagare le bollette non crede?” 
“Come tutti del resto” 
“Da quale donna inizierà?” mi chiese con poco interesse. 

L’unico difetto di Annalisa, anche se per molti un pregio, era la sua incapacità di rimanere interessata all’oggetto della conversazione per più di venti minuti. Sembrava perennemente annoiata dalle mie parole e soprattutto insofferente come se non vedesse l’ora di andarsene. 

“Annalisa Maestri. Bianca, venti quattro anni, maestra d’asilo, visione distronta del romanzo di Jane Austen e con romanzo intendo ovviamente l'unico di cui siano realmente a conoscenza cioè Orgoglio e Pregiudizio, sogno nel cassetto fare la madre e crescere venti bambini in una fattoria a Bergamo” 

La donna scoppiò a ridere, adorava come qualsiasi altra persona al mondo sentirsi migliore delle altre persone del proprio genere.  

In realtà per molti Annalisa poteva sembrare la solita ragazza di campagna che sperava in una storia d’amore come nelle fiabe. Sul suo conto sapevo semplicemente l’età, la provenienza e il suo lavoro ma il resto era estremamente facile da capire. 
“Come ha conosciuto questo fantomatico Jay?”
“Questo è ciò che le chiederò” risposi pagando il conto per entrambe
“Quando?” 
 
Guardai il mio orologio con nonchalance, in realtà ero piuttosto in ritardo. 
 
“Fra mezz’ora, verrà a casa mia e le porrò qualche domanda” 
“Fammi sapere” ridacchiò per poi dileguarsi in mezzo alla folla di persone che stavano andando verso il duomo. 
 
 
Decisi di avviarmi anche io, presi la metro e mi recai a casa mia. Non avevo idea delle domande che le avrei posto, ma sapevo che avrei dovuto scoprire tutto ciò che potesse essere interessante ai fini della stesura del mio libro. Dovevo scoprire quali segreti una brava ragazza poteva avere e come quest’ultima potesse mai innamorarsi di un dongiovanni. 
Questa storia cominciava ad intrigare perfino me



















_________________

Di solito non scrivo nulla quindi questa sarà una delle poche volte in cui lo farò. 
Non sono una scrittrice quindi probabilmente ci sono molte cose in cui sbaglio.
Fatemi sapere cosa dovrei cambiare etc così che io possa migliorare. 

Un Bacione 


 

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Capitolo 3
*** III ***


Annalisa Maestri 
 

 
 
La casa è così buia non riesco a vedere nulla. Papà dice che i signori dell’ENEL hanno tolto la luce perché lui si è dimenticato di pagare la bolletta, odio quando non riesce ad organizzarsi da solo. A volte mi fa salire proprio i nervi. 
Mi accendo una sigaretta, a casa di papà posso farlo perché lui deve badare a me, Derek, Paul, Alvaro e ad Irina quindi non si accorge mai di quello che facciamo nella nostra stanza. 
Mi guardo in giro, odio questo posto, le mura sono tinte di rosa e ci sono tantissime bambole poggiate sugli scaffali che incorniciano la stanza.
Mi sono trasferita qui da poco insieme ai miei fratellastri, papà ha pensato di farci conoscere e avvicinare quindi ha preso accorti con il giudice per averci in affidamento nello stesso periodo, tutti tranne Irina. 
Lei vive con papà perennemente, dice che sua mamma non può stare con lei perché è morta quando l’ha data alla luce in una fattoria sperduta della Russia.
Mi odia dal profondo del suo cuore e non capisco il motivo. 
È più piccola di me di due anni. 
Mi alzo dal letto, non riesco a dormire anche se sono le due del mattino. In questo periodo soffro di insonnia e il dottore mi ha dato la melatonina anche se sinceramente non la prendo di nascosto. 
Comincio a vagabondare per i corridoi, tutti stanno dormendo. 
Sento un rumore forte provenire dal garage, credo sia il suono del motore della macchina quando si mette in moto. Mi affaccio dal balcone e vedo papà, Derek e Edward il suo migliore amico britannico in macchina che escono dal garage e vanno verso la strada che porta alla città. 
Non sapevo che stessero uscendo. 
In realtà non so niente di loro. 
Continuo a vagabondare per la casa e mi faccio un panino con la nutella, mia mamma è fissata con il peso e quando sono a casa sua non posso mangiare altro che verdure, finocchi e frutta. 
Accendo la tv, di solito di notte fanno vedere le repliche di Cold Case, adoro quel programma ma i miei genitori non vogliono che lo vedi, dicono che a quattordici anni siamo ancora bambini e non dovremmo vedere violenza in televisione. 
“Che fai” una voce mi fa sussultare, ma la riconosco immediatamente. 
“Irina, che ci fai ancora sveglia?”
È li che noto le sue bruciature per tutto il corso, sembrano causate da una sigaretta, ha un occhio nero e dei lividi freschi sulle braccia. 
“Avevo fame”
“Perché hai tutti questi lividi sul corpo?”
“Devi stare zitta Nicole. Devi stare solo zitta”
“Cosa?”
“Svegliati Nicole”
“Irina cosa vuoi dire?”
“Svegliati dannazione Nicole” 
 
 
 
 
“Svegliati Nicole” mi urlò Paul con un’espressione terrorizzata in volto. 
“Cavolo Paul” risi “mi hai spaventata a morte. È questo il modo di svegliare tua sorella maggiore?” 
“Niki” ridacchiò “Sono le nove di mattina e sei in ritardo, non devi forse lavorare?” 
“Cavolo hai ragione, avevo il secondo appuntamento con Annalisa” sbuffai. Mi ero proprio dimenticata di quella donna. 
Durante la nostra prima intervista non avevo scoperto granché, aveva conosciuto questo fatidico Jay ad una festa da amici in comune, e da li avevano cominciato a frequentarsi normalmente. Secondo la sua opinione Jay era un uomo abbastanza taciturno e le aveva semplicemente rivelato di essere orfano di madre e figlio unico. Non le aveva fatto conoscere suo padre, né amici stretti che magari conosceva fin dal liceo o dall’università.
Aveva all’incirca trent’anni e dalle marche che indossava Annalisa aveva presupposto che fosse benestante o che facesse un lavoro ben retribuito. 
“Che stavi sognando?”
“Nulla” sbadigliai “Stavo facendo uno dei miei soliti incubi ma non ricordo cosa stessi sognando” 
“Sorellina” rise “Dovresti smetterla di guardarti gli horror la notte”
“Sai che è come una droga, non riesco a farne a meno” 
 
Mi alzai, mi lavai velocemente e tirai i miei capelli rossicci in una coda alta. Non avevo avuto il tempo di lavarli ed ero costretta come tutte le donne a legarli. 
Indossai un jeans ed una felpa e mi accomodai nel salotto, preferivo accogliere le mie clienti in casa mia piuttosto che in ufficio. Era un mondo difficile il mondo dell’editoria e qualsiasi informazione trafelata poteva rovinarmi la carriera in un batter d’occhio. 
“Sempre stessa regola? Quando viene la maestrina io me ne vado?”
“Sai già le regole piccolo francese”
“Tranquilla” ridacchiò “Ho appuntamento con papà a pranzo, quindi non ho problemi ad andarmene” 
“Cosa dice di nuovo?” 
“Niente, si frequenta con una donna dell’est in questo momento. Al contrario sembrerebbe che Aleandro abbia trovato l’amore della sua vita” 
“Davvero?” ridacchiai “Chi è il fortunato?” 
“Da quello che ho sentito è un ragazzo sud americano che si è trasferito a Barcellona per lavorare come modello” 
“Modello?”
“Già, altro che amore della sua vita” 
“Beh magari” cominciai, sorseggiando il mio latte appena riscaldato al microonde “si innamorano e adotteranno un bambino”
“Non credo proprio sorellina” 
“Sarebbe proprio ora”
“Derek invece che dice? Quanto si ferma a Milano?” 
“Credo che voglia prendere le orme di papà e quindi diventare il primario del reparto di neurochirurgia a Milano” 
“Tipico suo, vuole sempre fare ciò che fa papà” 
La sua espressione si incupì, come se le mie parole lo avessero ferito o se quella frase gli avesse fatto venire in mente qualcos’altro.


“Paul?” lo richiamai, era perso nei suoi pensieri. 
“Paul?” 
“Ehi scusa” 
“A che pensavi?”
“Niente” cominciò a ridere, una di quelle risate forzate che si notato ad un chilometro di distanza “Sono un po' invidioso, Derek è praticamente perfetto” 
“Anche tu lo sei” 
“Io vado” disse e corse verso la porta dimenticandosi perfino il portafoglio. 

Erano i mei familiari ad aver bisogno di uno psicologo non io. 
 
Dopo circa mezz’ora la donna entrò dalla mia porta. Indossava un orrendo vestitino a fiori che le arrivava fin sopra la caviglia. I suoi capelli erano acconciati atrocemente con due forcine sopra la nuca che le dividevano i suoi capelli biondo platino a metà e il suo trucco, che avrebbe dovuto risaltare l’azzurro dei suoi occhi, la rendevano simile ad uno spaventapasseri.

Citofonò dichiarando il suo nome ed io, da brava intervistatrice, la feci accomodare offrendole una tazza di tè al matcha. 
La sala da pranzo era uno dei miei vanti più grandi, il pavimento era composto da mattonelle bianche in tono con le pareti celesti. Sapevo che quell’abbinamento di colori fosse un azzardo ma fin da piccola avevo sempre adorato la combinazione bianco-celeste.
Il divano era anch’esso bianco e si affacciava verso una porta finestra che dava sulla strada, anche se il panorama fosse tutt’altro che bello. 
Mi accomodai alla mia scrivania aprendo il mio mac e impostando la pagina Microsoft Word dove avrei trascritto tutto ciò che la donna mi avrebbe detto. 
“Salve” la salutai cordialemente “grazie per essere tornata” 
“Si figuri, ieri ero di fretta e ho dovuto interrompere il nostro incontro troppo presto” 
Le sorrisi e cominciai a digitare la descrizione del suo abbigliamento. 
“Quindi dove eravamo arrivati?”
“Mi aveva chiesto se avessimo mai avuto rapporti sessuali”
“Giusto, allora mi dica” 
“Dopo due mesi dalla prima volta in cui ci siamo conosciuti ho deciso di concedermi a lui. È stata una notte magica devo ammetterlo” 
“Davvero?”
“Aveva sparso dei petali di rosa sulla camera d’albergo e aveva ordinato del caviale con lo champagne” 
“Non badava a spese” osservai con un po' d’invidia. 
“Mi ripeteva sempre che per me avrebbe fatto di tutto e fu così”
 
La osservai per qualche minuto, lei sembrava essere in imbarazzo da quel silenzio. 
 
“Mi dica. Perché è qua se lui è così perfetto”
“Mi tradiva” cominciò con le lacrime agli occhi “L’ha sempre fatto immagino, ma  quell’anno nel quale ci siamo frequentati l’ha fatto parecchie volte”
“Con chi?”
“Beh prostitute di vario genere all’inizio” 
“E poi?”
“Poi con altre donne, donne in carriera e anche donne sposate”
“Non il migliore tra gli uomini immagino” 
“Per niente” sbuffò sorseggiando il tè che la avevo precedemente offerto, ormai freddo “Ma non so, aveva questo qualcosa che mi faceva restare nonostante sapessi tutto” 
“Qualcosa? Si spieghi meglio” 
“Non so come spiegarlo, era bravo nel farsi perdonare. Ti faceva sentire la donna più importante della sua vita. La donna per il quale avrebbe combattuto mari e monti”
“Lei crede che Jay lo sia?”
“Io credo che Jay sia innamorato di me” affermò guardandomi dritta negli occhi “io ne sono sicura anzi, lui mi ama. Loro erano di poco conto. Donne da un’avventura ma io sono la donna della sua vita. Ne sono più che sicura” 
 
Mi ritrovai a pensare nel giro di due minuti che quelle parole, dette con il cuore, erano pensieri che tutte le donne con cui questo Jay andava a letto pensavano. Non era sicuramente un santo ma che fosse un bravissimo manipolatore si doveva ammettere. 
 
“Cosa pensa di fare adesso?” 
“Io voglio essere tutto per lui, non voglio che si innamori di un’altra. Voglio che lui mi veda e mi sposi, voglio creare una famiglia con lui. Voglio essere la sua regina come Harley Queen” 
“Beh se lei ha letto il fumetto originale saprà già che non è proprio una donna..” cominciai ma non potei finira la frase che lei mi interruppè. 
“Io voglio essere lei e Nicole devi aiutarmi” 
 
Sbuffai un paio di volte e mi accesi una sigaretta, non era proprio questo che mi immaginavo quando mi offrirono questo incarico, ma ormai che mi trovavo in quella situazione dovevo affrontarla e fare buon viso a cattivo gioco. 
Anzi, dovevo rigirare la frittata in modo che ne traessi vantaggi da questa situazione. 
 
“Sa” inspirai “Secondo me dovrebbe parlare con Jay e poi pedinarlo. Vedere se dopo le sue belle parole tornerà a tradirla” 
 
Lei sembrò rifretterci un attimo prima di rivolgermi un sorriso a trentadue denti. Manipolarla in effetti non era per niente difficile.
 
“Ha ragione. È quello che farò” 
 

Dopo queste parole lasciò l'appartamento e probabilmente andò a cercarlo. Chiamai la mia segretaria e le chiedi di contattare la seconda donna della lista per organizzare un'intervista. Avevo bisogno di diversi pareri per poter scrivere il mio libro o sarei rimasta al punto di partenza. 
Prima che potessi chiudere e rilassarmi sul divano per qualche minuto mi arrivò un messaggio che mi fece accaponare la pelle. 
Il mittente non era una persona che avevo registrato nella rubrica. 

"Hey beauty, sono Edward il tuo ex vicino di casa ricordi?. Vorrei poter parlare con te, magari davanti ad una tazza di caffè. 
Cosa ne pensi?
Baci, Eddy" 


Edward? Che cosa voleva?











 

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