Sweet child o mine

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una bimba da salvare ***
Capitolo 2: *** Responsabilità ***
Capitolo 3: *** Uscire ***
Capitolo 4: *** Una nuova famiglia ***
Capitolo 5: *** L'invito ***
Capitolo 6: *** Quilleute ***
Capitolo 7: *** Amore fraterno ***
Capitolo 8: *** Volturi ***
Capitolo 9: *** Di rabbia e visioni ***
Capitolo 10: *** Nuove rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 12: *** Vampiri e Licantropi ***
Capitolo 13: *** Nessun controllo ***
Capitolo 14: *** Il risveglio ***
Capitolo 15: *** Volersi ricongiungere ***
Capitolo 16: *** Si torna a casa ***



Capitolo 1
*** Una bimba da salvare ***


Nuova storia, nuova long, nuova schifezza in giro per EFP....sappiate che vi adoro lo stesso.

Per tutti coloro che seguono ogni storia che pubblico, vi avviso che ci sono cambiamenti:

LABYRNTH’S WAR - LA GIUSTA VIA DI FUGA - UNA PERSONA SPECIALE sono state CANCELLATE!! Quindi se le cercate non le troverete.

Buona lettura e...spero vi piaccia (ho messo ogni avvertimento possibile e immaginabile, se non gradite basta dirlo)

 

 

 

Era la classica giornata uggiosa a Forks.

Il cielo plumbeo minacciava di piovere da un momento all’altro e gli abitanti della piccola città facevano di tutto per raggiungere le loro case o i luoghi di lavoro, onde evitare di rimanere sotto l’acqua.

Nell’ospedale c’era calma...troppa calma.

Persino Carlisle si era stupito di quella tranquillità che, di solito, non c’era in un luogo come quello.

Stava nel suo studio, il computer acceso, alcune pratiche da sbrigare e ordini da effettuare.

Una mano sul mouse e una sulla scrivania.

Tamburellava con le dita in modo nervoso.

Come poteva essere nervoso senza un apparente motivo?

Non aveva problemi, i figli stavano bene, il lavoro era perfetto.

Nemmeno con i licantropi c’erano dispute.

Cosa lo rendeva così impaziente?

La risposta non tardò ad arrivare.

Giunte le sei del pomeriggio, quando tutti i fornitori e chi prende gli ordini chiude i negozi per ritirarsi nella propria dimora, Carlisle si alzò dalla sua sedia.

Si avvicinò all’appendi abiti e prese il suo camice.

Doveva fare il suo ultimo giro, prima di poter tornare a casa sua.

Non dovrebbe sentirsi nervoso per questo, non dovrebbe sentire niente.

I pazienti erano sempre allegri quando lo vedevano, erano grati e alcune donne gli morivano dietro.

Lui sorrideva ma non ci badava.

Era cambiato qualcosa negli ultimi giorni.

E lui sapeva...sapeva che si trattava della paziente nella camera 213.

Quando la vedeva provava le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva visto sua moglie e i suoi figli per la prima volta.

Quando erano ancora umani.

Era passato tanto di quel tempo che non immaginava di provarle ancora.

Fece il suo giro ed infine si chiuse in quella stanza.

Osservó la paziente.

Era una bambina, avrà avuto si e no dieci anni.

Stava dormendo, i capelli castani le incorniciavano il viso magro.

A giudicare dalla sua cartella clinica, quel giorno dovevano farle un sacco di visite perché risultava mal nutrita e disidratata.

L’avevano tartassata abbastanza e adesso si meritava un po’ di riposo.

Carlisle riusciva a scorgere una lieve forma di occhiaie.

Era pallida, quasi un cadavere.

Non era in punto di morte, non era nemmeno malata terminale.

Perché sentiva il bisogno di trasformarla?

Ma poi, era davvero così oppure voleva solo seguire l’istinto nascosto del sangue umano?

Scosse la testa.

Quell’istinto lo aveva represso una vita fa.

Non ne sentiva il bisogno nemmeno se ne avesse una vasca piena davanti.

C’era ben altro.

Lui sentiva il desiderio di salvarla...ma da cosa?

Lesse meglio la cartella.

I problemi che presentava, da dove veniva.

Risultava affidata ad una casa famiglia di Seattle, la “Sweet Home”, era stata portata a Forks perché l’ospedale della città da cui arrivava era in sovraffollamento a causa di un incidente a catena sull’autostrada.

Nessuno era venuto a farle visita da due giorni.

Era praticamente abbandonata a se stessa.

Carlisle aveva sentito parlare di quella casa famiglia.

I bambini lì dentro non erano seguiti, alla minima occasioni erano anche picchiati.

Mangiavano poco e male e molti di loro finivano in ospedale per problemi fisici.

Qualcuno aveva provato a sporgere denuncia ma quando la polizia aveva fatto dei controlli era risultato tutto in regola e nessuno riusciva a spiegarsi come fosse possibile.

Era scoppiato lo scandalo con accusa di corruzione ma anche quello andò a scemare.

Se non fosse che non aveva più il sentore di caldo e freddo, Carlisle giuro che un brivido le percorse la schiena.

Era per quello che sentiva il bisogno di salvarla?

Lesse ancora.

Non diceva nulla in merito ai genitori, solo che c’era un uomo che faceva da tutore alla bambina e che, non avendo la piccola un nome, gli aveva dato il suo.

Swan.

Isabella Swan.

Avrebbe parlato con Esme, non poteva tenersi tutto dentro e il parere della moglie era ciò che gli interessava di più.

I suoi pensieri vennero interrotti da un movimento della bambina, che si stava stiracchiando.

Lentamente aprì gli occhi.

Due grandi occhi castani, due occhi da cucciolo.

Si voltò verso Carlisle e sorrise appena, emettendo poi un enorme sbadiglio.

“Salve Dottor Cullen” disse quasi mormorando.

Carlisle cerco di pensare che parlasse così per via delle medicine e dei flebi e non perché il suo corpo stava quasi cedendo.

“Ciao” rispose lui con un sorriso, mostrandosi molto amichevole nei suoi confronti “come ti senti oggi?”

“Bene, mi hanno fatto tante visite e mi hanno anche messa in un grande tubo con tante luci che si accendevano e spegnevano”

Carlisle rise “Direi che hai avuto molto da fare”

Lei annuì ridendo.

“Adesso devo andare, tornerò domani per assicurarmi che sei migliorata”

La bambina annuì “Buona notte Dottor Cullen”

“Buona notte” ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Tornó nel suo studio, rimise il camice sull’appendiabiti e lo sostituì con una giacca nera.

Si sistemò e uscì.

Durante il viaggio in macchina, i suoi pensieri erano rivolti a quella bambina.

Qualunque cosa avesse deciso di fare, avrebbe comunque scatenato un putiferio.

Se la salvava era guerra, se la curava e la faceva tornare alla Sweet Home sarebbe peggiorata e l’avrebbe avuta sulla coscienza.

La cosa che lo faceva impazzire era il fatto che c’erano tanti pazienti nell’ospedale, molti di loro da soli e messi peggio della piccola.

Perché proprio lei?

Carlisle non aveva poteri extra come alcuni dei suoi figli, ma considerava il suo sesto senso un amico affidabile.

Giunto alla villa, rimase alcuni istanti in macchina.

Le luci in casa erano accese.

Erano tutti in casa e qualcuno avrà persino notato la sua presenza.

Cosa veritiera.

Nel giro di qualche secondo, la portiera della macchina si aprì e si chiuse.

Edward, suo figlio, era seduto al suo fianco.

Lo sguardo serio e gli occhi rivolti verso il basso.

Non si guardavano.

“Hai intenzione di dirlo ad Esme?”

Carlisle si morse il labbro inferiore, senza rispondere.

Sapeva che Edward gli avrebbe letto la mente, aveva ben poco da dire a quel ragazzo.

“Hai idea delle conseguenze?”

“Ne sono consapevole”

“E di noi?” Chiese ancora Edward “Rosalie non sarà d’accordo e Jasper non sempre riesce a controllarsi”

“Risolverò anche questo” tagliò corto Carlisle, uscendo dalla macchina e salendo le scale.

Edward lo raggiunse.

“Spero tu sappia quello che fai” e detto questo se ne torno nella sua stanza.

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Capitolo 2
*** Responsabilità ***


Come promesso, ecco il secondo capitolo.

Buona lettura

 

 

Carlisle parló con Esme e parló anche con i ragazzi.

Edward se ne stava in disparte, ascoltando sia la voce dell’uomo che la voce dei pensieri dei famigliari.

Come aveva previsto, Rosalie non reagì nella maniera più opportuna.

Si era infuriata, diceva che non potevano accettare un umana nella famiglia in quanto nessuno di loro avrebbe resistito in sua presenza.

Tale frase venne subito confutata da Emmet che, al contrario della fidanzata, ebbe una reazione diversa e...inaspettata.

“Viviamo in mezzo agli umani da secoli e siamo ormai abituati ai loro odori” disse “perché no? Io ci sto!” E alzò una mano, come si f a scuola, per dimostrare che era presente per assecondare l’iniziativa di Carlisle.

Tutti gli rivolsero uno sguardo “Che c’è?”

“Beh, se la mettiamo così...” Alice si fece avanti e si mise una ciocca di capelli dietro all’orecchio “anche io sono d’accordo”

Jasper, dal canto suo, si sentiva insicuro.

Come iniziativa non era male ma il suo autocontrollo lasciava molto a desiderare.

Se la bambina di fosse fatta male e avesse sanguinato?

Lui come avrebbe reagito?

Anche se titubante fu comunque d’accordo.

Rosalie sbuffó “Io me ne vado” e se ne andò, uscendo dalla finestra e dirigendosi all’interno della foresta.

Gli altri la ignorarono.

Non era mai d’accordo su niente.

Esme non disse nulla.

Teneva lo sguardo basso e pensieroso.

“Non capisco” disse “ci saranno grossi rischi ad ospitare una bambina a casa nostra”

Carlisle scosse la testa “Io non parlavo di ospitare, ma di salvare...come abbiamo fatto con i ragazzi”

“Aaah” intervenne Emmet “intendevi questo...allora ci sto doppio” alzò entrambe le mani “sarà fico fare il fratello maggiore”

E, nuovamente, anche Jasper ed Alice risultarono d’accordo.

Il problema, però, continuava a sussistere e tutti si rendevano conto.

“Hai pensato ai Volturi?” Domandó Edward, dando vita al pensiero che era balenato ai fratelli.

“Ho pensato anche a loro” Carlisle guardò Edward negli occhi.

Quest’ultimo sembró terrorizzato

“Scordatelo...non a questa stregua”

“Hai in mente altro?”

“Se ci rendete partecipi riusciamo a capire anche noi” gli fece notare Emmet

Dopo un attimo di silenzio, Edward rispose

“Vuole trasformarla”

Tutti i membri spalancarono le bocche spaventati

“Non mi sembra il miglior modo di pensare ai Volturi” commentò Jasper 

“Ci sterminerebbero”

“Non possiamo rivelarci al mondo umano” spiegó Carlisle “e questa bambina è abbastanza grande da riconoscere ciò che può fare e non fare”

Nessuno commentò o disse altro.

Persino Esme aveva perso l’uso della parola.

Se in un primo momento era propensa a dire si, adesso era più portata a dire no.

“I Volturi hanno creato leggi molto severe” Jasper si passó la mano sul mento “non credo che resterebbero indifferenti”

Carlisle iniziò a pensare ad un altro metodo, stessa cosa fecero gli altri.

Edward storceva il naso e, a volte, sorrideva sentendo i pensieri di Emmet.

La situazione era più complicata del previsto.

Alla fine, Carlisle convenne che l’unica soluzione sarebbe stata parlare con i Volturi.

Era sempre meglio chiedere consiglio a chi comanda che prendere iniziative strane e pentirsene dopo.

“Vengo con te” disse Edward, facendo voltare tutti e lasciandoli con un punto interrogativo.

“Non mi sembra il caso” rispose Carlisle “l’idea è venuta a me e mi assumo la responsabilità”

Edward sorrise scuotendo la testa “Come se non sapessi che Aro cambia idea ogni due secondi”

Tutti gli altri capirono.

“Vuoi andare dai Volturi?” Carlisle annuì.

Esme sospiró.

Non c’era altra soluzione “Sta attento caro”

“Stai tranquilla” la rassicurò Carlisle.

La conversazione si concluse li.

Tutti quanti se ne andarono nelle loro stanze, Rosalie torno quasi un quarto d’ora dopo e tutti la sentivano borbottare ed inveire.

Esme sentì il bisogno di uscire e se ne andò nella foresta.

Edward e Carlisle rimase soli.

“Partiremo domani” disse quest’ultimo “ho il resto della settimana libero e in caso di emergenza chiameranno il mio sostituito”

Edward rise.

Il sostituto di Carlisle era un uomo colto e bravo nel suo lavoro, ma aveva una faccia simile a quella di un topo ed era ben poco rassicurante, nonostante avesse salvato molto vite.

Una volta una vecchietta lo aveva preso a borsate perché non voleva gente strana vicino al marito.

“Stavo pensando ai Quilleute” mormorò Edward “quei così pelosi non saranno felici se Aro dovesse dare il consenso”

“Loro non mi preoccupano” affermò Carlisle “sono i Volturi che mi danno da pensare” si però le mani al volto “non capisco perché mi sia lasciato coinvolgere”

“Da quello che vedo posso capirti”

Carlisle sbuffó “Sai che a volte urta il fatto che tu riesca a leggere la mente”

Edward ridacchiò.

Avrebbe voluto non farlo ma era più forte di lui.

Era il suo passatempo.

**********

La notte passó lenta e noiosa.

Per non sentire nessuno, Edward si era chiuso in camera mentre i fratelli erano andati in giro per la foresta a cacciare.

Carlisle aveva passato il tempo con Esme e cercava di capire perché si sentisse così protettivo nei confronti di una bambina indifesa.

Quanti bambini morivano al mondo, perché lei faceva eccezione?

Il suo sesto senso non si era mai sbagliato.

Non lo aveva fatto con Esme e con Edward e di certo non si sbagliava neanche stavolta.

Che avvertisse che Isabella era speciale?

Tutti sono speciali.

Si tormentó a lungo e ringrazió di non essere più umano, altrimenti avrebbe passato la notte in bianco e avrebbe avuto le occhiaie.

Giunto il mattino ebbe la fortuna che pioveva, come al solito.

Aveva preparato le cose che gli servivano, il passaporto e aveva prenotato i biglietti aerei online.

Edward aveva fatto lo stesso ed erano partiti quando fuori era ancora buio.

L’aereo era abbastanza vuoto e, per fortuna, era pieno novembre e quindi due persone con il cappuccio non avrebbero destato molto sospetto in caso avessero trovato sole in Italia.

Una volta giunti a destinazione, noleggiarono una macchina e guidarono quasi tre ore per raggiungere Volterra.

Era nuvoloso, il sole non accennava ad uscire, quindi era proprio il tempo ideale.

Guidarono in autostrada e in aperta campagna.

Volterra aveva sempre un suo perché.

Per un turista semplice e per gli italiani, Volterra era un paese artistico con tradizioni secolari e quant’altro.

Per un vampiro, uno esperto come Edward e Carlisle, significava rischio.

Carlisle non avrebbe subito danni, un tempo era uno di loro e lo avrebbero sempre accolto.

Edward si mostrava coraggioso ma non era mai tranquillo quando si parlava di Volturi, specie se c’era in ballo una richiesta come quella che gli avrebbero posto.

Giunti in un parcheggio poco distante dal centro, lasciarono la macchina e si incamminarono a piedi.

“Mi ero scordato quanto fosse bella Volterra alla luce del giorno” commentò Carlisle, guardandosi attorno.

“Dal tuo tono sembri uno appena uscito dal carcere del paese” ridacchiò Edward, sapendo che Volterra aveva un carcere poco fuori dal paese

“Non farmi dire quello che penso”

“Non ce n’è bisogno” rise e poi tornò serio.

Giunti nell’abitazione dei Volturi, bussarono.

Dopo qualche istante la porta si aprì.

Una giovane donna, alta e molto attraente li scrutava con due enormi occhi color sangue.

“Carlisle” disse mordendosi il labbro e sorridendo maliziosa “che sorpresa vederti qui”

“Ciao Heidi” saluto cordialmente Carlisle facendo il bacia mano alla donna

“Galante come sempre” poi guardò Edward “Ciao Edward”

Edward non sorrise, non amava i Volturi e anche se fossero stati gentili il suo parere non cambiava.

“Non mi saluti più?” Disse Heidi con finto ton offeso

“Lo farò se imparerai a tenere a freno i tuoi pensieri” borbottó 

Lei fece spallucce e poi tornò a sorridere a Carlisle facendoli entrare.

Percorsero la lunga navata della chiesa.

L’odore delle candele appena spente dava un senso tenebroso a quel luogo sacro.

Se solo gli umani avessero saputo che razza di demoni si nascondevano lì dentro...

Li condusse fino ad Un altra porta e la aprì, rivelando l’enorme salone dove stavano aspettando i Volturi.

Al centro i tre troni dei tre fondatori.

“Carlisle” salutó sorridendo amichevolmente quello di mezzo “ma che piacere rivederti”

“Il piacere è mio Aro” salutó “vedo che ci sono stati cambiamenti, siamo stati accolti da Heidi”

Aro sorrise “Voi siete innocui” disse “non disturbo le mie guardie più forti per voi, li ho mandati a caccia”

“In pieno giorno?”

“Devono pur attirare qualcuno a vedere la nostra dimora, non faremmo mai nulla al di fuori di questo luogo”

Edward fece un sorriso sarcastico e pensò alle povere vittime che sarebbero cadute nella trappola.

Uomini, donne...bambini.

Non avrebbe resistito un minuto lì dentro.

“Vedo che hai portato il giovane Edward con te” lo guardò “non dovresti essere al liceo?”

“Non era di mio interesse”

Aro rise di gusto, una risata che avrebbe fatto rabbrividire chiunque.

“Sei in gamba ragazzo”

“Smettila di giocare Aro” il ragazzo sul trono di destra, biondo e con l’aria ancora meno amichevole di Aro, lo ammonì “che ci fate qui?” Domandó senza troppe cerimonie.

L’altro vampiro, più anziano e con l’aria malaticcia nonostante la sua immunità dalle malattie, li guardava con attenzione.

Carlisle prese la parola “Siamo qui per farvi una richiesta e...”

Aro alzò una mano per farlo zittire.

Si avvicinò al suo vecchio amico e gli prese la mano.

La tastava con delicatezza mentre il suo volto cambiava continuamente espressione.

Dapprima interrogativo, poi sgranó gli occhi, poi sorrise ed infine rise.

“Interessante” commentò “davvero interessante, ammetto che il tuo sesto senso è sempre stato efficace”

“Di che si tratta?” Domandó il vampiro più anziano

“Marcus, Caius” disse tranquillamente voltandosi verso i due “Carlisle vorrebbe adottare una bambina...umana”

“Che cosa!?” Ringhiò Caius, il biondo, facendo mettere Edward sulla difensiva “che razza di storia è questa!?”

“Avete idea delle conseguenze?” Domando più pacato Marcus, il malaticcio “potreste rivelare il nostro mondo!”

Carlisle annuì “Sono consapevole di ogni cosa” disse “ma ho strane sensazioni davanti a quella bambina e penso che possiamo darle una possibilità”

Aro divenne serio.

Stava pensando.

“Un umana in mezzo a noi è un rischio” disse “una bambina lo è di più, i bambini non mantengono i segreti, ad un certo punto li confessano” fece notare “e anche se fosse le nostre leggi sono chiare”

Carlisle annuì “Ti ringrazio comunque per averci accolto e ascoltato”

Aro fece un cenno con il capo, sorridendo al suo vecchio amico.

Carlisle fece per andare a venne bloccato dalla voce di Edward.

“E se morisse?” Disse, attirando l’attenzione di Aro e degli altri

“Come dici?” Domandò Aro 

“Edward vieni via”

“Se la dichiarassero morta?” Continuò “ho visto quella bambina attraverso i pensieri di Carlisle, non resisterà a lungo se dovesse uscire dall’ospedale e anche adesso è in una situazione precaria” spiegó “potremmo dichiarare il suo decesso e portarla con noi”

Aro sorrise “L’idea potrebbe anche starci ma...vedi caro Edward” si avvicinò pericolosamente al ragazzo “come spiegheresti la presenza di una bambina, teoricamente morta, in giro per il paese? E ti ricordo che è un umana”

“Ho intenzione di assumermi tutta la responsabilità”

“Edward!” Intervenne Carlisle “che stai facendo”

Edward non rispose.

Aro iniziò nuovamente a ridere.

“Oh Edward” disse cercando di calmarsi “ti giuro che mi sei sempre stato simpatico” riprese il suo solito autocontrollo “va bene” affermò infine, facendo scattare Caius e Marcus dietro di lui

“Sei impazzito!?” Urlò il biondo “intendi permettere ai Cullen di farci scoprire?”

Carlisle sentì il bisogno di intervenire “Potremmo dichiarare anche un arrivo” e Caius si zittì “dichiareremo il decesso, ho letto la cartella della bambina e la sua data nascita” spiegó “il compleanno è fra due mesi, dichiarerò che io ed Esme abbiano avuto una bambina quel giorno e le daremo una nuova vita”

“E la chiudereste in casa?”

“Non per molto”

E la spiegazione si concluse lì.

Se Aro dava ancora il consenso era fatta.

Sarebbe stato difficile dichiarare un decesso e una nascita senza esibire i giusti documenti ma in qualche modo avrebbero fatto.

Edward si rendeva conto del caos che era stato creato e si rendeva conto della responsabilità presa.

Ma avrebbe comunque aiutato Carlisle, che la cosa gli piacesse o meno.

“Molto bene” disse Aro “vi condendo questa possibilità, non sono poi così crudele ma...” e li guardò attentamente “potremmo venire a farvi visita ogni tanto e se vediamo che qualcosa non va...la bambina subirà un reale decesso...assieme al responsabile ovviamente” era riferito ad Edward.

Lui e Carlisle non risposero.

Si salutarono ed uscirono, accompagnati da Heidi.

Ringraziarono di non aver visto le altre guardie, Alec e sua sorella, altrimenti sarebbe stato un disastro.

“Arrivederci Carlisle”

“Arrivederci Heidi” ammiccò l’uomo 

“Ciao fusto”

“Ciao Heidi” Edward salutó di spalle e tornarono verso l’auto.

Il cammino fu silenzioso e, una volta in macchina, Carlisle lo guardò serio.

“Che c’è? Tu non avresti fatto lo stesso?”

“Era già un rischio questo viaggio”

“Non ho aumentato il rischio più di quello che già è”

“Sei mio figlio, fino a prova contraria” Ribattè Carlisle “non voglio che anche tu finisca in mezzo prendendoti tu la responsabilità di una mia decisione!”

“E saresti stato messo in mezzo tu o tutti noi!” Ringhiò Edward “ho fatto ciò che ritenevo giusto!”

“Questo non è giusto Edward!”

“E portare una bambina umana da noi lo è!?” Ribattè “mi prendo la responsabilità di un umana che alla prima occasione dirà tutto a qualcuno e tutto per proteggere la famiglia, questo non ti basta!?”

Carlisle non rispose.

Restó serio, indeciso se essere infuriato, deluso oppure niente.

Primo litigo per una bambina inconsapevole delle loro decisioni.

Il viaggio di ritorno di silenzioso.

Nessuno dei due disse nulla all’altro fino a Seattle, anche perché non ci sarebbe stato bisogno.

Edward non aveva smesso un attimo di leggere i pensieri di Carlisle, anche quando diventavano più privati.

Lì poteva solo ridacchiare infastidendo Carlisle, che sembrava scocciato dalla continua lettura della mente.

Quest’ultimo era riuscito ad avvisare il suo sostituto di tenere la bambina sotto osservazione fino al suo ritorno.

Sarebbe stato difficile, ma Carlisle non avrebbe lasciato morire una bambina allo stesso modo che non avrebbe lasciato morire Edward.

Lo avrebbe sempre sostenuto.

Fino alla fine.

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Capitolo 3
*** Uscire ***


Lo so è breve, ma mi rifarò con il prossimo lo giuro e giuro anche che spunteranno fuori anche i cari lupetti e il caro Jake.

 

 

Nel giro di un giorno, grazie ad alcune conoscenze, Carlisle aveva scoperto che il tutore della bambina era lo sceriffo Swan della città di Forks.

Era stato messo al corrente della situazione di Isabella ma, a causa del lavoro di poliziotto, era riuscito a vederla solo una volta e, più precisamente, il giorno che gliel’avevano assegnata, cioè cinque anni prima.

I bambini cambiavano e crescevano in continuazione, per Carlisle era un enorme vantaggio.

Veniva comunque avvisato costantemente dei suoi risultati scolastici, delle spese effettuate per mantenerla e per la sua salute, di cui era stato dichiarato ben poco.

Non per niente aveva subito contattato la “Sweet Home” per chiedere spiegazioni, ottenendo delle risposte vaghe.

Carlisle capì che era proprio quello il momento di agire.

La mattina seguente, con l’aiuto di Edward, avevano parcheggiato la macchina sul retro dell’ospedale, dove c’era l’entrata per i becchini.

“Siamo ancora in tempo” mormorò Edward

Carlisle scosse la testa “Non permetterò che la riportino indietro”

“Ci sono milioni di bambini che muoiono per cause ancora peggiori!” Sbottó il ragazzo

“Hai idee migliori?” Chiese Carlisle “per lei sarà un gioco e la renderemmo felice”

“E dimmi, quale gioco prevede la reclusione in casa per una bambina e il rischio di galera per noi?” Il suo tono era sarcastico

“Se non eri d’accordo, Edward, avresti dovuto evitare di...”

“Si lo so!” Lo zittì “ammetto di essermi lasciato trascinare, ma ciò non significa che dovrò tenere una ragazzina chiusa in camera!”

“Sarebbe solo temporaneo”

“E dove la faresti dormire? Sul pavimento?”

Carlisle lo fulminò con lo sguardo.

Edward, che già era pallido, sbiancò ancora di più “No…no non è una buona idea”

“A te serve?”

“No ma…”

“E allora è deciso” concluse Carlisle “starà nella tua stanza e dovrai prenderti cura di lei...io mi fido di te Edward”

“Sai che non dovresti”

Carlisle ridacchiò e si voltò “E adesso si va fino in fondo” la discussione si concluse lì “hai preso ciò che ti ho dato?”

Edward annuì ed aprì la giacca, mostrando un camice da infermiere.

Annuì ed entrarono.

La camera mortuaria era deserta.

Coloro che avrebbero dovuto lavorarci erano chiusi in uno stanzino a giocare a carte.

Non salivano mai ai piani superiori.

Edward, non essendo un medico, rischiava di essere scoperto ma, di solito, essendo abbastanza grande come ospedale ci si poteva confondere fra il personale.

Non per niente, una volta era entrato un uomo e aveva “rapito” suo figlio, che gli era stato vietato di vedere da un tribunale.

Se era riuscito lui, sarebbero riusciti anche loro.

Edward camminava dietro a Carlisle come un cagnolino e cambiava espressione in base ai pensieri della gente.

C’era qualcuno che stava male e soffriva per i parenti, qualcuno era già pronto a prendere l’eredità ed altri che spettegolavano sui pazienti inermi e infermi.

Lo schifo che sentiva era peggio di quanto credesse e, a volte, avrebbe voluto non avere poteri extra a quelli dei comuni vampiri.

Cercò di non badarci e di non dare nell’occhio ma non era semplice.

Alcune infermiere avevano pensieri ben poco pudici quando lo vedevano.

Non che la cosa gli dispiacesse, era bello ricevere attenzioni, ma era comunque osceno.

Lui non avrebbe Mai fatto certe cose a letto.

Giunti alla camera della bambina, si bloccò.

“Sei sicuro che sia qui?” chiese

Carlisle annuì, senza capire.

Edward rimase immobile alcuni istanti “Non sento niente” mormorò, facendo intendere a Carlisle che non udiva i pensieri di nessuno all’interno.

Senza contare che le porte erano abbastanza spesse da impedire che l’odore uscisse.

Carlisle iniziò a preoccuparsi.

Aveva chiesto esplicitamente di non farla uscire dall’ospedale finché non fosse tornato.

Aprì di scatto la porta, ma dovette fermarsi quando sentì un sobbalzo provenire da vicino alla finestra.

“Isabella!” Il tono di Carlisle assomigliava a qualcosa di liberatorio, nonché di rimprovero “che ci fai in piedi!?”

La bambina sgranó gli occhi e tornó subito a letto “Mi dispiace Dottor Cullen” pigoló “mi annoiavo e...”

Carlisle la fece zittire con un cenno della mano e sorrise, più sollevato.

La finestra dava sulla foresta, nessuno l’avrebbe vista.

“Non fa niente, scusami tu se sono entrato bruscamente” si voltò verso Edward, che guardava la bambina con sguardo interrogativo e sembrava uno sul punto di vomitare.

La cosa non passò inosservata agli occhi di Carlisle ma non era quello il momento per parlare.

“Lui è un mio assistente Edward ed oggi siamo qui per farti alcune domande”

Isabella sorrise e acconsentì subito.

Non vedeva l’ora di fare qualcosa, anche rispondere alle domande.

“Ciao!” La piccola salutó Edward, che sorrise appena.

Lei sembró offesa e tornó a guardare Carlisle

L’idea era quella di farla uscire dal retro e portarla a casa.

Poi, con calma, Carlisle sarebbe tornato all’ospedale e avrebbe finto il decesso, così da non destare sospetti.

Sarebbe stato difficile ma grazie ad Edward sarebbe riuscito a portarla fuori.

Quanti passaggi per salvare un umana.

Aveva detto le stesse cose ad Esme e ai ragazzi.

Rosalie, nonostante non fosse d’accordo ad avere una bambina umana come sorella, era comunque preoccupata che qualcosa andasse storto.

Esme aveva già pensato al peggio.

Emmet, Jasper ed Alice volevano aiutarlo ma Carlisle aveva imposto solo ad Edward il compito di assistente.

Primo, da solo non sarebbe comunque riuscito a concludere niente, non era un ospedale come quelli di tre secoli prima dove a nessuno importava degli altri e, se morivi, affari tuoi.

Secondo, si trattava di far decedere una persona, anche se per finta, Edward lo avrebbe aiutato a capire se li scoprivano o no mentre uscivano

Le domande che avrebbe posto ad Isabella sarebbero state poche e semplici e li avrebbero aiutati a capire quanto la piccola avrebbe collaborato o meno.

La forza di volontà della bambina era molto utile.

Una volta iniziato non si tornava indietro.

“Vuoi tornare alla casa famiglia?” La domanda era stupida, nonché ovvia, ma fondamentale.

Isabella sembró terrorizzata e scosse la testa decisa.

“No non voglio” Esclamò “non mi farà tornare lì...vero?”

Carlisle scosse la testa.

Neanche per idea l’avrebbe rimandata indietro.

“Vorresti una famiglia?” Continuò

Alla bambina Si illuminarono gli occhi.

“Mi avete trovato una famiglia?”

Carlisle sorrise “Una grande famiglia” rispose “con dei genitori e cinque fratelli maggiori che non vedono l’ora di conoscerti”

Isabella spalancò la bocca.

Con quella notizia avrebbe fatto qualunque cosa.

“Molto bene” fece un cenno ad Edward e, assicurandosi che nessuno lo vedesse, chiuse le tende della stanza.

“Molto bene Isabella” prese la cartella clinica della bambina e vi scrisse sopra.

Poi frugò nell’armadio della stanza e prese i vestiti della bambina.

Erano pochi, ma per fortuna buoni.

Almeno sul vestire erano decenti quella della “Sweet Home”

Li porse alla piccola.

“Vestiti” le disse dolcemente Carlisle “oggi ti porterò nella tua nuova famiglia”

Isabella non se lo fece ripetere due volte.

Non fece domande di nessun genere e iniziò a farsi una sistemata.

Per non essere di intralcio, Carlisle e Edward uscirono.

Ci sarebbe stata parecchia collaborazione.

“Che succede?” Chiese al figlio, riferendosi alla faccia che aveva fatto poco prima

“Carlisle quella bambina è strana” mormorò Edward “non sentivo i suoi pensieri”

Carlisle lo guardò con occhi sgranati

“Non sentivo niente!” Ripetè “odo i tuoi pensieri, quelli degli altri, persino quelli dell’infermiera Jones che ti trova attraente!” la sua voce sembrava quasi un grido sordo e disperato “ma non sento i suoi

“È strano...” confermò Carlisle 

“A me lo dici? E il suo odore è...” non riuscì a completare la frase.

Cerco di non pensarci.

Le mani si strinsero a pugno e chiuse gli occhi

“Edward...”

“Torniamo indietro prima che sia tardi”

Carlisle scosse la testa “Ormai non si torna indietro” disse “la decisione è presa”

“Dannazione Carlisle non riesco a starle accanto senza sentire...ho paura…di farle del male…stiamo sbagliando”

“Non credo proprio, io avverto qualcosa in lei e tu stai riscontrando problemi con il tuo potere”

“E questo lo chiami fare la cosa giusta?”

“Io lo chiamo pietà e amore” spiegó “dovresti provarlo anche tu di tanto in tanto”

“Dirti che ho paura di farle del male non ti sembra sufficiente?”

“Ti sei appena risposto da solo”

Edward non disse altro e non sorrise nemmeno.

Erano andati a cacciarsi in una situazione più grande di loro.

Ci mancavano solo i Quilleute ed erano a posto.

Si udirono dei colpi sul vetro della stanza.

Isabella si era vestita e si era persino rifatta la coda.

“Sei pronta?”

Lei annuì “Dottor Cullen posso chiederle una cosa prima? Questa famiglia...mi terrà per sempre o mi manderà via?”

Carlisle sorrise “Ti posso assicurare che non ti manderanno via”

Lei sembró più tranquilla.

“Edward va avanti tu”

Edward uscì e diede il via libera.

Isabella venne scortata da Carlisle lungo i corridoi dell’ospedale.

Essendo finito l’orario delle visite dei parenti e il giro di controlli, nessuno li avrebbe notati.

Edward camminava davanti, cercando di voltarsi il meno possibile onde evitare di sentire l’odore della bambina.

Quell’odore era troppo forte, più forte di qualunque altro.

Come poteva una bambina così fragile emettere un odore così potente da farlo impazzire, quando lui era in grado di resistere all’odore che emanavano certe donne nel loro periodo?

Qualcosa non andava.

Riusciva persino ad inibire i suoi poteri e questo non gli piaceva.

Si erano spinti troppo oltre.

Carlisle non aveva poteri extra come lui, Alice, Aro e tanti altri, ma aveva un fiuto eccezionale nonché uno spiccato sesto senso.

In famiglia veniva considerato una specie di potere ma, pare, che quella volta fosse andato in tilt.

E lui, Edward, si era preso la responsabilità di Isabella come uno stupido, non immaginando che i poteri venissero bloccati in quel modo.

Non metteva in dubbio che fosse speciale, ma lo era fin troppo se riusciva a fare così.

Raggiunsero la camera ardente.

Il lato positivo era che i cadaveri non puzzavano e non emettevano odori strani per i vampiri.

“Perché usciamo di qui?” chiese la piccola

“Ti stiamo portando dalla tua famiglia” rispose Carlisle.

Isabella alzò le spalle e se lo fece bastare.

Tutto andava bene pur di non tornare alla “Sweet Home”

Giunti fuori, Edward aprì la macchina e Carlisle la fece salire.

Chiusa la portiera, lui ed Edward si lanciarono uno sguardo.

“Continuo a non sentirla…”

“Lo vedo…” Carlisle si passò una mano sul volto “Forse è per questo che sento qualcosa in lei”

“Perché mi blocca i poteri?” Edward alzò un sopracciglio, sentendosi usato.

Carlisle scosse la testa “Muoviamoci ad andare a casa” disse “non so perché ma avverto la presenza dei Quilleute”

Edward si guardò attorno e annusò l’aria.

“Sono ancora lontani” mormorò “non penso sappiano della bambina”

“Meglio così” e salirono in macchina.

Misero in moto e si inoltrarono al di fuori della città.

Nell’auto c’era un silenzio quasi tombale.

Benchè ci fosse freddo, Edward dovette tirare giù un po’ il finestrino per poter resistere all’odore di Isabella.

Per lui era troppo forte e si chiedeva come faceva Carlisle a resisterle.

Lei se ne accorse e diventò rossa.

Provò ad annusarsi i capelli e i vestiti, cercando di non essere notata, ma profumavano.

La sera prima si era fatta la doccia e i suoi capelli odoravano di shampoo al fragolino, il suo preferito.

Carlisle la osservava dallo specchietto centrale, sorrideva nel vederla.

Prima o poi avrebbe dovuto dirle chi erano ma, per il momento, voleva solo darle una famiglia.

“Tutto bene?” le chiese

“Si…sono solo nervosa” sorrideva appena.

Era felice ma si immaginava come sarebbe stata la sua famiglia.

Se l’accettavano, chi erano i suoi fratelli, se la mamma e il papà erano buoni.

Tutti i pensieri che una bambina orfana poteva farsi.

Non avendo mai avuto una famiglia, non poteva fare altro che sognare.

“Sta tranquilla” la rassicurò “vedrai che andrà tutto bene”

“Lei conosce bene questa famiglia, Dottor Cullen?”

Lui annuì “Posso assicurarti che non vedono l’ora di conoscerti” pensò ai figli e ad Esme.

Gli venne in mente Rosalie.

Lei non era così discreta da non dare a vedere il suo stato d’animo

“All’inizio potrà essere difficile per te” disse onestamente “ma, con i dovuti tempi, ti abituerai e…credo proprio che ti troverai bene”

Edward, che non si voltava e non la guardava, sorrideva mentre il padre parlava e cercava, anche, di non ridere.

Carlisle si stava immaginando Rosalie che faceva delle scenate assurde ed Emmet, che era il contrario di lei, fare le feste come se fosse un cagnolino.

Carlisle lo notò e sorrise a sua volta.

Comunicò ad Edward tramite la mente.

Lui pensava, Edward leggeva.

-Riuscirai ad accettare la sua presenza? – Edward annuì -Sta calmo-

Giunti alla villa, Carlisle spense il motore e diede ad Isabella il tempo di osservare il luogo dove si trovava e com’era la casa.

La luce del salotto era accesa.

“Dottore Cullen…è…è questa?” chiese timidamente e lui annuì

“Benvenuta nella tua nuova casa Isabella” Carlisle ed Edward scesero, quest’ultimo aprì la portiera alla piccola come un gentiluomo.

Accennò un sorriso e poi richiuse.

Edward corse su per le scale ed aprì la porta entrando tranquillamente.

“Perché entra senza bussare?” la domanda sorse spontanea.

“Perché questa è casa nostra” rispose Carlisle “tu vivrai qui”

Ad Isabella si spalancarono gli occhi e guardò Carlisle con sguardo pieno di commozione.

“Mi ha adottato lei?” lui annuì “ma…ma…”

“Tieni l’emozione per quando conoscerai gli altri”

Isabella si fermò di colpo e guardò verso l’alto.

Edward si era affacciato da una delle finestre del piano superiore e…si era tolto il camice.

Carlisle lo indossava ancora ma si sarebbe cambiato a tempo debito.

“Non…non penso che…”

Il dottore notò cosa stava guardando

“E’ fatto così, ti abituerai, ma in fondo sa essere anche gentile” le spiegò

“Quanti figli ha detto di avere, Dottor Cullen?”

“Cinque” rispose “e tutti adottati come te”

Si sentiva al settimo cielo.

Fece un respiro profondo ed insieme salirono le scale fino alla porta di ingresso.

“Pronta?” Isabella annuì “si comincia” e la spalancò.

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Capitolo 4
*** Una nuova famiglia ***


Ciao! Come promesso ecco il nuovo capitolo! Il lavoro è abbastanza tranquillo e mi permette di scrivere.
Spero vi piaccia! ciauuuuuu
 
 
 
In casa vi era un leggero profumo di detersivo per pavimenti al limone e, ancora più leggero, aleggiava anche un odore di Drakkar Noir, un profumo maschile dagli aromi intensi.
Isabella sentì subito l’atmosfera di “casa”.
Nel suo cuore avvertiva un senso di beatitudine e serenità.
Anche se non conosceva i Cullen, si sentiva al sicuro, protetta.
Un brusio di voci proveniva dal salotto e, poco dopo, quattro persone le furono accanto.
Una resto indietro.
“Ciao!” esclamò Alice, che fu la prima ad avvicinarsi.
Sorrideva allegramente e saltellava invece che camminare, talmente era emozionata.
“Io mi chiamo Alice, è un piacere fare la tua conoscenza” per dimostrare ad Isabella che poteva fidarsi di lei, l’abbraccio calorosamente.
Purtroppo, non riuscì a nascondere il suo fiuto e si udì un respiro “Wow! Che buon profumo!”
Isabella era diventata rossa, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per il complimento.
Ricevette un occhiata da Carlisle
“Che c’è? È vero!” e lasciò posto anche agli altri.
“Ciao piccola Isabella” salutò galantemente Jasper, prendendole la mano come un vero gentiluomo “io sono Jasper, benvenuta in famiglia” e ammiccò.
“Dai bello spostati, arriva il fratellone!” Emmet fece scostare Jasper e si avvicinò “Io sono Emmet, qualunque cosa ti serva potrai contare su di me” le strinse la mano, facendo attenzione a non farle male con la sua forza.
Vedendo che Rosalie non si avvicinava, fu lui a presentarla “Lei è Rosalie” poi si accostò all’orecchio di Isabella “fa tanto la scorbutica ma sa essere anche dolce”
La bambina rise e fece un cenno di saluto in direzione della bionda, che sbuffò e pian piano se ne andò al piano superiore.
Tutti i ragazzi, avevano constatato che il profumo di Bella era molto intenso in confronto a quello degli altri esseri umani.
Esme fu l’ultima, anche perché sapeva di non poter competere con l’istinto di fratelli maggiori dei figli.
Aveva gli occhi sgranati e un sorriso enorme sul volto.
“Ciao Isabella” salutò con dolcezza “io mi chiamo Esme, benvenuta”
Fino a quel momento, Isabella non aveva fiatato e non sembrava intenzionata a farlo.
I ragazzi rimasero in attesa mentre Esme era convinta che stessero sbagliando tutto.
Carlisle mise una mano sulla spalla della bambina “Coraggio” le disse.
Isabella aveva un sacco di cose da chiedere e non sapeva da dove cominciare.
Si sentiva piccola e non solo di altezza o età.
Era molto felice ma non sapeva come esternarlo, non aveva mai avuto molte possibilità di farlo alla “Sweet Home”
Alla fine, optò per fare le domande man in ano che il tempo sarebbe passato.
Avrebbe scoperto da sola ciò che le interessava.
Solo una domanda era veramente importante per lei.
Guardò Esme negli occhi, cercava un contatto.
La donna tentò di aiutarla sostenendo il suo sguardo, senza smettere di sorridere.
“Lei…” si morse il labbro inferiore.
Carlisle l’aiutò subito “Isabella…” si inginocchiò alla sua altezza “voglio dirti un paio di cose” disse “la prima è che in questa casa non si deve dare del lei ma, bensì, del tu”
Isabella annuì, lasciando intendere che aveva capito “La seconda è che qui puoi e potrai parlare liberamente” spiegò “qui nessuno ti impedirà di farlo e nessuno riterrà le tue parole sbagliate” le scostò una ciocca di capelli da davanti agli occhi “fai tutte le domande che desideri”
Lei deglutì e poi tornò a guardare Esme, che non aveva smesso di sorridere.
“S…sarai…” fece un profondo respiro “sarai la mia mamma?”
Se non fosse che i vampiri non piangono, tutti giurarono che Esme era sul punto di farlo.
Incrociò le mani all’altezza del volto e sorrise.
Un rumore sommesso e strozzato provenne dalle sue labbra.
In quel preciso istante, spuntò anche Edward, sceso giù dopo aver avvertito i pensieri degli altri.
Era tornato ad indossare abiti normali.
Esme, dopo essersi ripresa qualche istante, annuì
“Dovrò…chiamarti mamma?”
Edward sorrise, sentendo ogni singolo pensiero di Esme
“Se questo è il tuo desiderio, a me farebbe molto piacere”
Ci fu un attimo di esitazione poi, Isabella, dalla gioia strinse la vita di Esme in un abbraccio.
Quest’ultima aveva esaurito ogni parola e, se non fosse che era immortale e il cuore non batteva più, avrebbe avuto un infarto fulminante dovuto all’emozione.
A parte Rosalie, che non era più in salotto, gli altri erano emozionati e stessa cosa Carlisle.
Il dottore sapeva quanto Esme desiderasse dei figli suoi.
Era anche al corrente del fatto che i vampiri era meglio che non ne avessero, le conseguenze sarebbero state catastrofiche sia per la loro comunità sia per lei stessa.
Sentirsi chiamare “mamma” era stata un emozioni che non sapeva descrivere.
Solo Esme avrebbe saputo definirla, ma non in quel momento.
In quell’istante era troppo presa ad abbracciare Isabella.
Quando si staccarono, la piccola venne attraversata da una strana sensazione.
Edward, dietro di lei, cercava di decifrare il suo pensiero ma era proprio impossibile.
Aveva i poteri inibiti.
La sua fortuna era che aveva imparato a leggere anche gli sguardi.
Capì che la piccola aveva notato qualcosa, forse non rilevante ma aveva avvertito qualcosa.
Isabella ragionò.
In pieno Novembre era logico avere le mani ghiacciate, anche le sue lo erano, ma…avere l’intero corpo ghiacciato era strano.
“Qualcosa non va?” si preoccupò subito Esme, che era convinta di aver sbagliato qualcosa.
“Sei fredda…” mormorò.
Esme ebbe un sussulto.
Per fortuna, Edward venne in suo soccorso.
“Sono entrati in casa poco prima del nostro arrivo” disse “fuori si gela”
Anche se poco convinta, Isabella se lo fece andare bene.
Fece per parlare, ma fu interrotta da Rosalie, che scese le scale velocemente ed entrò in salotto “Sono qui!”
Tutti la fissarono senza capire.
Edward guardò Carlisle “I Quilleute”
Carlisle sospirò.
Ci mancavano solo loro.
“Pensavo che Aro avesse comunicato con loro”
“A quanto pare non è così” Emmett si schiccò le dita e il collo “chi viene con me?”
“Sta buono Emmet” lo ammonì Rosalie.
“Ha ragione” convenne Carlisle.
“Che succede?” domandò spaventata Isabella, che si strinse alla mano di Carlisle, fredda anche quella.
“Niente piccola” le sorrise il dottore “facciamo così, vai con Edward e fatti mostrare la tua nuova stanza”
Non era nuovamente convinta, ma non volle discutere.
Si avvicinò ad Edward, che non aveva per nulla voglia di salire in camera a fare la baby sitter, seguendolo.
Edward entrò nell’ultimo stanza, in fondo al corridoio.
Era piccola ma arredata con gusto.
Enormi librerie coprivano le pareti ed erano piene di libri ed anche CD e musicassette.
C’era persino uno stereo.
Una porta finestra scorrevole, era posta sul fondo della stanza e dava sulla foresta.
Al centro, al posto di un normalissimo letto, c’era un divanetto abbastanza grande da far sdraiare una persona grande come Edward.
Avrebbe fatto molte domande al ragazzo, ma ciò che la preoccupava in quel momento era il dottor Cullen e famiglia.
Erano usciti fuori di corsa e non capiva perché.
“Ho fatto qualcosa di male?” domandò la piccola “li ho fatti arrabbiare?”
Edward scosse la testa “No”
“Perché sono usciti fuori?”
Che cosa le avrebbe risposto?
A malapena leggeva i suoi pensieri e a malapena riusciva a starle accanto senza ucciderla.
Che poteva dirle? I Quilleute ci faranno fuori se ti uccidiamo?
Stava facendo il baby sitter alla bambina sbagliata, il problema…era che quella bambina lo attraeva.
Lo incuriosiva.
Avrebbe scoperto ciò che gli interessava più tardi.
In quel momento doveva occuparsi di lei e della sua famiglia.
“Vecchi inquilini” disse, era la prima cosa che sembrava più sensata “non hanno pagato l’affitto…”
Se avesse scoperto la bugia non si sarebbe più fidata, ma non era il momento di dirle che erano vampiri e non andavano d’accordo con i Licantropi.
Nel frattempo, all’ingresso di casa Cullen c’erano sei uomini in maniche corte, nonostante fosse pieno novembre, e i Cullen.
Tutti i dodici si guardavano come se fossero sul punto di mangiarsi.
“Dov’è?” chiese il più grande dei Quilleute, il capo
“Buongiorno anche a te Sam” salutò educatamente Carlisle
“Smettetela con i convenevoli!” esclamò “dov’è l’umana!?”
“A che proposito lo volete sapere?”
Sam sembrò inalberarsi di più
“Vi state rendendo conto di ciò che avete fatto?”
Carlisle annuì “Abbiamo ottenuto il permesso dai Volturi”
“Non ci interessa dei vostri permessi!” sbottò “avevamo un patto Cullen!”
Carlisle continuò, con la sua calma incondizionata “Non mi sembra che siamo venuti meno al nostro accordo”
“L’accordo prevedeva che non avreste dovuto cacciare nel nostro territorio e non potevate cacciare esseri umani!”
“Senti amico perché non vai a…” Emmet tentò di avvicinarsi, ma venne bloccato da Rosalie e dagli altri.
I Quilleute iniziarono a ringhiare e sembravano sul punto di attaccare.
“Basta, fermi!” esclamò Carlisle, facendo tornare un minimo di calma “Sam…” continuò “non abbiamo cacciato nel vostro territorio e non abbiamo cacciato un umana”
“E allora perché è con voi!?”
“E’ complicato da spiegare” rispose “ma posso assicurarvi che non accadrà nulla alla bambina e che, da domani, sarà ufficialmente una di noi”
Sam, assieme agli altri ragazzi, sembrò rabbrividire “La trasformerete?”
“Assolutamente” lo rassicurò Carlisle “l’unica cosa che possiamo assicurarvi è che nessuno di noi farà del male a questa ragazzina e che avrà tutto ciò di cui necessita, compresa la giusta istruzione”
Sam scosse la testa “Non ci interessa ciò che le darete”
“E allora perché siete qui?”
“Per riportarla da dove arriva”
“Ma Isabella non ha una casa o una famiglia” intervenne Esme, ignorando Carlisle che voleva fermarla “se la riportate da dove arriva morirà”
“Assieme a voi non accadrà lo stesso?”
“I volturi verranno a controllare la situazione” rispose Carlisle “se non dovessimo essere idonei, ci penseranno loro ad ucciderla e ad uccidere anche noi”
“Opporc…” un imprecazione uscì dalla bocce di Emmet, ma era parecchio sommessa e non fu udita da tutti.
Sam stava pensando e si scambiava sguardi con gli altri ragazzi.
“Non possiamo permettere che le nostre leggi vengano violate” disse “bisogna che scelga”
“Che intendi dire?” Carlisle avrebbe voluto Edward con se, almeno si risparmiava la chiacchera e le domande stupide.
“La ragazzina deve scegliere...umana, sanguisuga o una di noi”
“Cosa!?” sbottò Emmet “ma siete impazziti!?” Alice, Jasper e Rosalie lo bloccarono.
Quando fu calmo, Jasper si avvicinò
“Isabella ha solo dieci anni” spiegò “non ha l’età né per diventare una di noi e nemmeno per diventare una di voi” e fin lì nessuno obbiettò “ovviamente deve restare umana ma, altrettanto ovvio, dobbiamo fare attenzione a rivelarci a lei”
“Allora converrete con noi se vi diciamo che siamo tutti a rischio” commentò Sam
“Ce ne rendiamo conto” annuì Jasper “ma, forse ho la soluzione che potrebbe aiutare entrambe le nostre comunità”
“E sarebbe?”
Jasper guardò Carlisle che, pur non sapendo la sua idea, era comunque d’accordo che la esponesse.
Qualsiasi cosa pur di tenere a bada quei lupi.
“Lei è un umana e in quanto tale può stare sia nel nostro che nel vostro territorio” Sam annuì, confermando la frase “domani abbiamo l’obbligo di dichiarare il suo decesso, altrimenti non possiamo farla entrare nella nostra famiglia”
“Non riesco a seguirvi…”
Carlisle intervenne “Un umana non può vivere con un vampiro senza venire a scoprire la nostra natura” disse “per tale motivo a noi ci obbligano a dichiarare un decesso prima di poter aggiungere membri al nostro clan”
Sam rabbrividì ma li lasciò proseguire.
“Stavo dicendo…” proseguì Jasper “una volta entrata definitivamente fra di noi non potrà più mostrarsi in pubblico in quanto rischieremmo di essere scoperti e immagino che nessuno voglia avere una guerra o esseri umani morti sulla coscienza” i Quilleute annuirono “Isabella è una bambina e, come tutti i bambini ha diritto di stare all’aria aperta, conoscere persone e andare a scuola. Data la particolare situazione io penso che potremmo arrivare ad un accordo”
Carlisle, che in tutto quel giro di parole era riuscito a cogliere ed a capire l’idea di Jasper, lo fermò e proseguì lui.
“La bambina potrebbe venire a scuola nella riserva”
“Che cosa!?” sbottò Sam “è un umana!”
“Appunto per questo lei può vagare in tutto il territorio” puntualizzò Carlisle “voi sapete dell’esistenza nostra come noi sappiamo della vostra, in questo modo se la bambina venisse a conoscenza della natura del nostro Clan e del vostro almeno rimarrebbe fra noi e non ci sarebbe rischio di farlo scoprire al resto della città”
L’idea non era malvagia, Sam stava iniziando a ragionare e conveniva con la proposta ricevuta.
Ovviamente non aveva potere decisionale, avrebbe dovuto parlare con il resto della loro tribù.
Annuì lievemente “Ne parlerò con gli altri e vi comunicheremo la risposta” disse “per il momento vorrei che accettaste una condizione” Carlisle fece cenno di proseguire “uno dei miei ragazzi resterà qui per sorvegliare che tutto vada bene” e fece avvicinare un ragazzo giovane, di sedici anni circa “Jacob andrà benissimo”
“E sia”
“Non dirai sul serio!” stavolta fu Rosalie a parlare “dobbiamo avere un pulcioso che ci sorveglia!?”
“Pensi che a me faccia piacere stare con le sanguisughe?”
Ci fu un attimo di tensione e da parte dei Lupi e dei ragazzi vennero fuori dei ringhi.
“Basta!” urlò Sam “il primo di voi che attacca volerà giù dalla scogliera!” disse rivoltò ai suoi ragazzi e subito tutti si zittirono.
Quando la calma tornò, Sam proseguì “Noi cercheremo di non farci scoprire e non diremo niente finchè non ci darete il permesso, ma vi avverto…” puntò il dito contro Carlisle “il primo che fa un passo falso sarà giustiziato” li osservò uno ad uno e… “Dov’è l’altro?” aveva notato che mancava Edward
“Sta sorvegliando la bambina” disse Carlisle “se volete controllare lo trovate sulla finestra nel retro”
Sam annuì e poi si voltò verso Jacob.
Si guardarono alcuni istanti e infine, quest’ultimo, si inoltrò nella foresta.
Udirono un cambiamento di passi e capirono che era già andato a controllare la situazione.
“Ci rivedremo Cullen” Sam e gli altri ragazzi rimasti si inoltrarono a loro volta nella foresta e corsero via a gran velocità.
Alice tirò un sospiro di sollievo e stessa cosa Esme.
“Perfetto!” esclamò Rosalie “quando vi dico che è una pessima idea perché nessuno mi da retta!? Non bastano i Volturi, anche i pulciosi ci si mettono”
“Non ha proprio tutti i torti” Convenne Jasper “pensi che sia una buona idea?” domandò rivolto a Carlisle
“Non abbiamo altra scelta” rispose “anche se la situazione è complicata dobbiamo resistere, io non rimando Isabella indietro”
Ci fu silenzio e lentamente rientrarono in casa
“Io però volevo fare a botte” piagnucolò Emmet “sento il bisogno di sfogarmi su uno di loro”
“E scatenare una guerra?” domandò Alice
“No, niente affatto, solo a riportare ordine”
“Non porteresti altro che guai così facendo”
“Lo so ma…”
“Carlisle!” Edward era sceso di corsa “che ti è saltato in mente!?”
“Tu avresti fatto di meglio?”
“Io l’averi lasciata dov’era!” sbottò “non riesco a starle vicino e in più si è aggiunto Jacob che ha il compito di tenerla d’occhio!”
“Non devo giustificarmi con te per le mie scelte, Edward” disse “e ti vorrei ricordare che hai la piena responsabilità sulla bambina, perciò assicurati che non le accada nulla”
Edward lo guardò con aria di sfida, ma sapeva che non l’avrebbe avuta vinta nonostante il suo potere fosse un grande alleato.
“Spero tu sappia quello che fai” e tornò al piano di sopra da Isabella, che stava guardando i libri.
Quando udì il ragazzo aprire la porta, chiuse di scatto il libro e lo rimise a posto.
Edward la guardò, misto tra lo stupito e il divertito.
“Che stai facendo?”
“Stavo…scusami, volevo solo vedere il libro”
Edward guardò la libreria, non gli fu difficile capire il libro che stava guardando.
Era l’unico leggermente spostato.
Vide il titolo e si stupì.
Era il suo libro preferito ma era anche una lettura molto pesante per una bambina così piccola.
“Scusami Edward” Isabella abbassò lo sguardo.
Lui rise “Tranquilla, leggi tutto ciò che ritieni opportuno” si inginocchiò alla sua altezza e la obbligò ad alzare il volto, prendendole il mento con due dita.
I loro occhi si incrociarono ed Edward sentì una strana sensazione.
Non bastava il fatto che non potesse leggere i suoi pensieri, sentiva un legame fra di loro.
C’era qualcosa in quella ragazzina che lo attirava.
Cercò di cambiare subito argomento
“Ti piace la Divina Commedia?” domandò riferendosi al libro in questione.
Lei annuì “Tantissimo”
“Non credi sia troppo pesante come lettura?”
Lei alzò le spalle, come se quel libro fosse una lettura per bambini.
“Preferenze?”
“L’inferno” rispose “nel purgatorio Dante comincia a perdere colpi e nel paradiso ci si annoia”
Edward rise.
Ecco un’altra cosa in comune ce avevano, oltre al libro.
Nell’inferno c’era movimento e lui ne sapeva qualcosa.
Di colpo divenne serio e si avvicinò alla finestra.
La sua espressione cambiava di continuo e sembrava comunicare con qualcuno senza però aprire bocca.
In lontananza, fra gli alberi, c’era Jacob.
Edward sospirò e tirò le tende.
“Che cosa hai visto?”
Edward rimase immobile alcuni istanti “Niente, pensavo fosse un cervo” pessima scusa
“Un cervo?” lui annuì “peccato avrei voluto vederlo” sbuffò
“Lo vedrai…ne vedrai parecchi” fece per superarla e uscire ma la piccola lo fermò prendendolo per la mano.
“Non ti sto simpatica vero?” disse “mi odi?”
Edward sembrò stranito da quella domanda “No…no che non ti odio” rispose come se fosse ovvio.
Come poteva odiarla?
Non aveva nulla contro di lei, era indifesa e sola.
Odiava il fatto che non poteva leggerle la mente e i poteri erano inibiti ma odiarla proprio no, non era riusciva…non era in grado.
“Perché allora mi guardi in modo strano?”
“Io…” si sentì in trappola…In difficoltà con una bambina…roba da matti “io cerco di scoprire il carattere delle persone solo guardandole…”
Isabella si incuriosì “E…lo hai fatto con me?” lui annuì “che cosa hai scoperto?”
Edward la osservò ed infine sorrise dolcemente “Che sei una bambina splendida” detto questo uscì dalla stanza, lasciando Isabella sola ma con un sorriso soddisfatto.
Si sentiva felice

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Capitolo 5
*** L'invito ***


Ormai Carlisle era abituato ai continui cambiamenti di età e di documenti.
Tante volte aveva desiderato smetterla e vivere nascosto, ma come poteva recludere i suoi figli?
Lui poteva sopportare, Esme anche, i ragazzi no, specialmente Edward.
Nel giro di quarantotto ore, aveva dichiarato il decesso ufficiale di Isabella Swan e ottenuto il documento ufficiale di nascita per Isabella Cullen.
Si sentiva soddisfatto ma, allo stesso tempo, con i sensi di colpa.
Isabella era speciale, lui poteva sentirlo ed Edward e i suoi poteri erano la conferma.
Ma non era solo quello che la rendeva speciale.
Era riuscita a farsi voler bene da tutti anche senza aprire bocca, Rosalie esclusa.
Lei non riusciva a sopportare l’idea di un umana in casa, specialmente bambina, con un odore così forte da farla andare fuori di testa.
Ma sapevano tutti che, in fondo, non voleva che una bambina subisse una reclusione o dovesse morire a causa sua o di un vampiro o dei Lupi.
Anche se non batteva più, aveva un cuore e, prima o poi, lo avrebbe tirato fuori.
Nel frattempo, tramite conoscenze, Carlisle aveva scoperto ciò che accadeva alla “Sweet Home”.
I bambini venivano letteralmente schiavizzati, lasciati senza mangiare anche per due giorni.
La casa famiglia doveva essere pulita da cima a fondo e chi non lavorava veniva picchiato dai ragazzi più grandi, sempre se non intervenivano gli adulti.
Lì le botte era più pesanti.
Carlisle aveva notato segni di lividi che sbiadivano mentre Isabella era in ospedale, ma non aveva osato fare denuncia in quanto non aveva le prove che si trattasse di percosse.
Una bambina così magra e con difese immunitarie abbastanza basse, bastava poco per farle un livido.
A lui bastò il fatto che l’aveva salvata da una morte sicura ed ammirava la forza di volontà della bambina sia di vivere che di combattere.
Non voleva affrontare l’argomento con la piccola, voleva che fosse lei ad aprirsi con loro.
Un giorno, prima o poi, lo avrebbe sicuramente fatto.
Nel frattempo, le cose procedevano bene.
Esme non aveva perso tempo e già programmava di viziarla come se non esistesse un domani, anche se aveva cominciato sin dal momento che aveva messo piede in casa.
Aveva sempre desiderato un figlio tutto suo e, anche se non l’aveva generata e partorita lei, Isabella era perfetta.
Le poche volte che la piccola parlava con lei non la chiamava per nome ma, bensì, mamma.
Esme non riusciva a contenere l’emozione.
Aveva subito capito che la famiglia era quella giusta, che nessuno l’avrebbe abbandonata o rispedita indietro, non voleva farsi sfuggire qualcuno che le voleva bene.
Con Carlisle faceva ancora fatica.
Aveva imparato che agli adulti si doveva portare lo stesso rispetto che si voleva avere e lui, essendo un dottore, non riusciva a chiamarlo papà.
Al momento era ancora dottor Cullen o, semplicemente, Dottore.
Carlisle le sorrideva e lasciava tutto il tempo di cui necessitava per abituarsi all’idea di avere finalmente una vera famiglia.
Con i ragazzi non c’era da annoiarsi.
Emmet le aveva spiegato le regole del baseball e le aveva promesso che un giorno l’avrebbe portata a giocare con lui.
Le aveva insegnato a tenere la mazza e il guantone, allenandosi nella stanza di lui.
Ovviamente Emmet cercava di non mostrare la sua forza e i poteri, come del resto anche gli altri.
Finchè non avessero ritenuto opportuno rivelare la loro natura, in presenza di Isabella non dovevano dare sfoghi di nessun genere.
Jasper non era tipo da esporsi tanto, la presenza della bambina era più che gradita ma ancora faticava a sopportare gli odori degli umani e sembrava uno sempre in agonia.
Però era molto ferrato in storia e archeologia perciò provava a spiegare ad Isabella le scoperte del mondo e i segreti che solo lui conosceva.
Lei rimaneva estasiata e ascoltava rapita i suoi discorsi.
Alice, invece, non aveva decisamente perso tempo e subito aveva dato consigli di moda e abbigliato la piccola da cima a fondo, ottenendo parecchi sbuffi di disapprovazione ma mai una parola per contraddirla.
Isabella sapeva che cercavano solo di piacerle e lei, anche senza conoscerli veramente, già li adorava senza bisogno che loro si mettessero in mostra.
Con Edward era molto diverso.
Lui non poteva leggerle la mente ma lei non esitava a dire ciò che pensava realmente e questo era una cosa di cui lui era grato.
Cercava di starle lontano ma, dormendo lei nella sua stanza, la sera erano costretti a vedersi.
Nessuno dei due parlava, solo alcune volte si scambiavano due parole.
Tra di loro c’erano solo sguardi di intesa abbastanza intensi da lasciar trasparire un legame molto forte.
Quegli stessi sguardi che parlavano al posto suo.
Ad Edward questo bastava.
Rimaneva a vegliarla tutta la notte, senza perderla di vista, seduto su una poltrona accanto al divanetto adibito a letto.
La piccola non sapeva che tutti erano svegli e lei era l’unica che, ad un certo punto, dormiva.
La sola cosa che aveva notato, ma di cui non osava chiedere spiegazioni, era che nessuno mangiava, anzi!
Lei mangiava a tavola assieme ad Esme e, quest’ultima, usava la scusa di aver mangiato mentre cucinava.
Tutti gli altri, invece, sparivano nel nulla.
Per una settimana tutto procedette in maniera tranquilla.
Per evitare di tenerla chiusa in casa eternamente, Carlisle le permetteva di girare per la foresta attorno alla casa.
Sapeva che c’era Jacob a sorvegliarla e quindi aveva piena fiducia nonostante il parere contrario di Edward, che si sentiva lui in dovere di proteggerla.
Isabella, dal canto suo, era molto grata ai Cullen perciò non si sbilanciava e non dava adito di non fidarsi di lei.
Se intorno alla casa doveva stare, lei restava.
Un giorno, Sam aveva spedito a Carlisle un messaggio tramite Jacob.
 
La nostra tribù chiede di conoscere il nuovo membro di casa Cullen.
Jacob la scorterà presso la nostra riserva e la riporterà indietro.
L’incontro è previsto per questa sera, durante il nostro raduno.
 
                                                                                              Sam Uley
 
Esme era preoccupata, ma si fidava di suo marito e la risposta che avrebbe dato, sarebbe stata appoggiata.
Gli altri ragazzi non dissero nulla, anzi borbottarono fra di loro lasciando trasparire solamente le parole “cani rognosi” o “pulciosi”.
Per fortuna di tutti, quel giorno Edward era fuori e non si prevedeva il suo ritorno prima di tarda sera.
Carlisle non poteva rifiutare.
Sapeva che era un modo per i Quilleute di stare tranquilli e di evitare guerre.
“Sarà meglio avvertire Isabella”
“Ci penso io” si offrì Alice radiosa, che quando c’era da preparare Isabella per qualcosa era sempre la prima.
“Ci sarà ben poco da fare se va con quei cani” borbottò Rosalie.
“Rose per favore” la riprese Esme “Lo sai che vogliono evitare guerre”
“Ma se sono convinti che la vogliamo creare!” ribattè la bionda “chi ci si assicura che non le dicano qualcosa? E se le fanno del male?”
Emmet non riuscì a non trattenere un risolino, stessa cosa Jasper “Allora esiste ancora un po’ di tenerezza in te”
Rosalie emise un ringhio sommesso ed uscì dalla stanza dicendo “Poi vedremo chi aveva ragione”
Emmet si avvicinò all’orecchio di Jasper “Cinque dollari che se toccano Isabella fa una strage”
“Ci sto”
“Emmet!” lo ammonì Esme.
Nel frattempo, Alice era salita in camera di Isabella
“Ehila!!”
La piccola trasalì “Alice!”
“Allora? Come andiamo?”
“Bene” rispose “stavo leggendo”
“E’ interessante?” domandò Alice, notando l’argomento di lettura.
Filosofia.
Lei scosse la testa “Non così tanto come credevo” rispose facendo sorridere la donna.
“Sono venuta a prepararti”
“Prepararmi?”
“Stasera hai un evento a cui sei invitata ed io sono incaricata per prepararti”
Isabella rabbrividì
“Non…non devo mettermi la gonna vero?”
Alice sorrise “No sta tranquilla” rispose “per questo evento bastano un paio di jeans, non preoccuparti piccola Bella”
La piccola la guardò interrogativa “Come mi hai chiamata?”
“Piccola Bella” rispose Alice come se fosse ovvio “sei piccola, sei bella e bella è anche l’abbreviazione del tuo nome e perciò, da oggi in poi, ti chiamerò solo Bella e non accetto discussioni!”
Bella rise.
Non avrebbe di certo discusso con Alice e, in fondo, non le dispiaceva essere chiamata così.
Semplice, pratico e veloce.
Fece vestire Bella con un paio di Jeans neri, t-shirt altrettanto nera e camicia alla boscaiolo nera e rossa.
Le pettinò i capelli in una coda di cavallo e poi la portò in salotto da Carlisle.
“Eccola qui!”
“Stai benissimo con la coda tesoro” sorrise Esme “mette in risalto il tuo viso”
Bella arrossì.
“Isabella…” Carlisle si inginocchiò alla sua altezza “stasera parteciperai ad un evento alla riserva nella foresta” spiegò “ti ricordi che ti avevamo parlato dei Quilleute?” annuì, mentre di sottofondo si udivano i borbottii dei ragazzi “vorrebbero conoscerti e ti hanno invitata da loro questa sera, ti va di andarci?”
Era obbligatorio che andasse, ma Carlisle doveva fare la scena di chiederglielo.
La risposta arrivò poco dopo lo sguardo stupito della piccola
“Ehm…si…va bene”
“Qualcosa non va?” domandò preoccupata Esme.
Bella scosse la testa “No no ma…nessuno mi aveva mai invitata da nessuna parte”
“Allora direi che questa è un’occasione per fare amicizia” intervenne Alice
“E prendere le pulci” mormorò Emmet, ricevendo uno sguardo di rimprovero da Esme.
Carlisle annuì “Molto bene, verranno a prenderti tra poco” si rialzò
“Loro possono venire?” chiese Bella riferita ad Alice, Emmet, Jasper ed anche Rosalie, che era ancora di sopra.
“E’ la tua serata, noi resteremo qui ad aspettarti”
“Edward?” chiese “lui può?” Esme scosse la testa “ma…”
“Quando tornerai lui sarà qui ad aspettarti” la rassicurò Carlisle.
Bella fece per ribattere ma si udirono dei colpi alla porta.
Alice andò ad aprire e, poco dopo, sbuffò
“Carlisle!”
Quest’ultimo si avvicinò, tenendo Bella per mano.
Alla porta c’era un ragazzo di sedici anni circa, molto muscoloso.
“Ciao Jacob” salutò cordialmente, nonostante l’astio che correva fra i lupi e i vampiri
“Dottor Cullen” salutò Jacob con altrettanto rispetto.
Poi guardò Bella e le sorrise “Ciao”
Lei deglutì “C…ciao”
“Io mi chiamo Jacob” allungò la mano
“Bella”
Jacob sgranò gli occhi “Nome originale”
“Me lo ha dato mia sorella Alice”
Si udì un “AH!” di sottofondo e un Alice che gongolava di gioia a quella risposta.
Jacob sorse il naso “Ottima scelta” rispose senza darlo a vedere “stasera sarò il tuo cavaliere e ti porterò alla riserva per un evento in tuo onore”
Bella guardò Carlisle, che annuì e la lasciò nelle mani di Jacob
“Sali pure sul furgone” indicò un furgone nel vialetto “ti raggiungo subito”
Bella annuì, abbracciò Esme e Carlisle, salutò i ragazzi e andò nel furgone, sedendosi e mettendo la cintura.
“Mi raccomando Jacob” disse Carlilse “fa che non le accada niente”
“Stia tranquillo” rispose seccato “non siamo selvaggi”
“Su questo ho da ridire”
“Emmet ora basta!” esclamò Carlisle “va in camera tua!”
Jacob sbuffò e, dopo aver assicurato Carlisle, scese nel furgone e si mise la cintura.
“Pronta?”
“Pronta”
“Alla riserva allora” mise in moto e partì.

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Capitolo 6
*** Quilleute ***


“Sei nervosa?” chiese Jacob
Bella annuì e tamburellava con le dita sulle ginocchia.
Si guardava attorno e osservava la città cercando di memorizzare la strada percorsa, che se ci fossero stati problemi poteva scappare e tornare a casa.
Avrebbe voluto con se Emmet.
Lui era il suo fratellone ed essendo grande e grosso poteva benissimo aiutarla in caso di pericolo, anche se avrebbe preferito avere vicino Edward.
Se fosse dipeso da lui neanche sarebbe uscita di casa talmente era protettivo, anche se si parlavano poco lui si faceva capire.
Si fidava dei Cullen ma non di Jacob…per ora.
Era solo un ragazzo e si era mostrato subito gentile con lei e non come alla “Sweet Home”, dove la persona più gentile che c’era era la direttrice che ignorava tutti completamente.
Almeno era l’unica che non aveva alzato le mani su di lei e sui ragazzi.
Jacob le sorrideva, era amichevole.
Se il dottor Cullen e sua madre si fidavano, non c’era motivo per cui non potesse fidarsi lei.
Tanto valeva rischiare.
“Jacob…ci saranno anche adulti vero?” chiese titubante.
Sapeva che tante volte erano gruppi di adolescenti che facevano disastri e davano fastidio alle ragazzine come lei.
Forse gli adulti esterni alla “Sweet Home” erano migliori.
“Sicuro” rispose “ci sarà mio padre, alcuni suoi amici e poi ci saranno altri ragazzi della mia età”
“E…bambini?”
“Se non vengono spediti a letto, ci saranno anche loro” la rassicurò “e…puoi chiamarmi Jake” aggiunse “Jacob mi invecchia” rise e fece ridere anche Bella.
La strada fu lunga, Bella si era persa all’ultimo incrocio prima di uscire dalla città.
Avevano percorso la costa ed infine si erano inoltrati in una strada sterrata, che conduceva alla Riserva dei Quilleute.
Alcune grida di esulto provennero da un gruppo di ragazzi, che vennero incontro al furgone, seguiti da un uomo adulto in carrozzella.
“Sono venuti a prenderci” commentò Jake fermando il furgone e slacciandosi la cintura “su vieni, non ti mangiamo mica” trattenne il resto del commento e l’aiutò a scendere.
“Sei arrivato finalmente” commentò il signore “qualcuno si è già scolato l’intera scorta di birra”
“Non è vero!” commentò un ragazzo “ne ho bevute solo due!”
“E quelle mentre le trasportarvi?”
“Quelle erano per darmi la carica”
“Si come no” l’uomo sulla sedia a rotelle si avvicinò a Bella “ciao Isabella” salutò con fare paterno “sono il padre di Jacob, è un piacere conoscerti”
“Anche per me” gli strinse la mano, ma non riuscì a non osservare la gambe dell’uomo.
Sapeva che era scortese ma era più forte di lei e non poteva controllarlo.
Lui se ne accorse e sorrise “Ferite di guerra” le disse “ma le porto con onore” ammiccò e si allontanò “su forza muovetevi”.
Man in mano si presentarono anche gli altri.
Seguirono nell’ordine:
Quil Ateara, Embry Call, Seth Clearwater, Sam Uley e Leah Clearwater.
Quest’ultima la scrutava con fare disgustato, sembrava volerla uccidere da un momento all’altro.
Sembrava quasi Rosalie, che almeno risparmiava gli sguardi raccapriccianti.
“Allora Isabella?” domandò Seth mettendosi al suo fianco “come si sta dai Cullen?”
“Seth!” lo rimproverò Jacob
“Che c’è? È solo chiesto”
Seth era il più giovane del gruppo appena incontrato ed era anche il più amichevole.
Gli altri sembravano più intenzionati a fare gli stupidi ed a fare battute strane che farla sentire a proprio agio.
Per andare sul sicuro, Bella si aggrappò al braccio di Jacob e rimase accanto lui.
Jake, dal canto suo, non sembrava dispiaciuto di averla accanto anzi! Si sentiva onorato di essere un cavaliere per una sera.
Preferiva stare lui con Bella, invece che lasciarla ai Cullen.
Il sole era ormai tramontato, la luna era sorta.
Superarono alcune case di legno e ne videro altre più avanti.
Raggiunsero uno spiazzo, dove si ergeva un grande fuoco e dove un altro gruppo di persone adulte attendeva il loro arrivo.
Neanche l’ombra di un bambino.
Bella si sentiva a disagio.
“Tranquilla” mormorò Jake “non ti mangia nessuno”
“Noi no di certo” borbottò Embry, ricevendo una gomitata da Sam.
“Vieni Bella” Seth la prese per mano “siediti accanto a me” la fece accomodare.
Leah sbuffò sonoramente.
Bella sapeva di starle antipatica anche se non aveva parlato o detto chiaramente.
Tentò comunque un approccio, magari cambiava.
“Tu…sei la sorella di Seth?” un altro sbuffo
“Non ricordarglielo” ridacchiò Seth “vorrebbe essere figlia unica”
“Vorrei non aver problemi” commentò “ma i nostri padri si rendono conto del caos che verrebbe a crearsi se…”
“Leah!” la voce di Sam richiamò la sua attenzione “sta zitta”
“Zitta?” domandò “devo sempre stare zitta anche quando dico le cose come stanno!”
“Leah ora basta!” sbottò Sam “vattene! Subito!”
Leah emise quello che assomigliava ad un ringhio e se ne andò senza aggiungere altro.
“Devi scusarla” intervenne il padre di Jacob “fa parte da poco…nel gruppo dei grandi e si sente un po’ fuori luogo”
Bella scosse le spalle, in segno che andava tutto bene.
Una volta che tutti furono attorno al fuoco, il padre di Jacob iniziò a parlare.
 
*****************
Casa Cullen era buia e silenziosa.
Non c’era nessuno all’interno.
In giro per la foresta, erano tutti in procinto di cacciare.
Erano due giorni che dovevano farlo e l’occasione era capitata grazie a Quilleute.
Finchè Bella stava con loro, era al sicuro.
Jasper ed Alice si erano divisi ed erano andati a nord, Rosalie e Emmet a sud mentre Carlisle ed Esme giravano attorno alla casa.
“Sono preoccupata” disse Esme fissandosi attorno in cerca di una preda “e se succede qualcosa?”
“Jacob sa quello che fa”
“Si ma è un adolescente e gli adolescenti sono impulsivi” continuò la donna “se si lasciasse sfuggire il segreto…”
“Esme, tesoro” Carlisle le mise le mani sulle spalle “Bella sa la differenza tra finzione e realtà, se anche le raccontassero le loro leggende, per lei sarebbero finte, storie di fantasia”
“Me lo auguro” strinse le mani del suo amato “è successo tutto così in fretta, non abbiamo preso in considerazione molte cose”
“Me ne rendo conto ma…non so spiegartelo è…diverso” e la sua mente tornò indietro di qualche mese, rendendosi conto solo in quel momento che era stato avvertito dell’arrivo di Bella.
Anche se le lui non se ne rese conto.
 
“Alice tutto bene?” domandò Carlisle, vedendo la ragazza con lo sguardo perso nel vuoto.
Quando ella si riprese, scosse la testa e sorrise.
“Tutto bene e…” recuperò un vestito che le era caduto di mano “non ti dirò nulla ma sarà una cosa fantastica!”
Carlisle rimase senza parola “Alice…”
“Ai vestiti ci penso io!” non aggiunse altro e se ne andò.
Tre giorni dopo, senza motivo alcuno, Alice aveva uno scatolone enorme sopra al suo armadio con dentro vestiti di piccola taglia e alcuni vestiti suoi personali che non usava più.
 
“Penseremo tutto con calma, tra poco ci saranno le feste di Natale, Alice vorrà strafare” sorrise “anzi, credo che abbia già previsto qualcosa”
Esme fece per rispondere ma si bloccò.
Carlisle capì “Edward…” mormorò “si è accorto dell’assenza di Bella”
“Fermalo!”
Lui scosse la testa “Lascialo andare” disse “non farà nulla di strano, Alice me lo avrebbe detto”
“Si ma…”
“Tu preparati solo ad una sfuriata sul fatto che non gli abbiamo parlato dell’invito”
Anche se poco rassicurata, Esme annuì e ripresero la caccia.
 
*************************
“La nostra è una piccola tribù” cominciò il padre di Jacob “ma tutti sappiamo che dentro di noi scorre la magia”
Bella aveva spalancato la bocca e ascoltava affascinata.
Sam non sembrava convinto di quella storia ma lasciò parlare l’uomo, che era al corrente della situazione e del fatto che Bella non sapesse nulla né di loro né dei Cullen.
“Adoro questa storia” commentò Seth
“Anche noi” si aggiunsero Quil e Embry
Jacob li zittì e la storia proseguì
“Come ben sapete i Quilleute discendono dai lupi, ma non siamo sempre stati soli”
Bella rimase rapita, adorava le leggende e le storie.
Jacob la osservava sorridendo.
“Ci siamo noi e l’uomo di ghiaccio” lì rimase tutti in ascolto, non tanto per la storia che conoscevano a memoria, ma per Bella.
Quest’ultima era curiosa di sapere come continuava.
“Quest’uomo aveva l’aspetto umano ma…i suoi denti erano più pronunciati, i suoi occhi rossi come il sangue e la sua pelle fredda come il ghiaccio” raccontò “la loro bellezza era tale che chiunque cascava nella sua spira, ed egli si nutriva del sangue delle sue vittime… l’unico essere altrettanto forte da potergli tenere testa era proprio l’uomo lupo, il nostro popolo”
“Siamo grandi” Quil ed Embry si diedero il cinque, facendo voltare Bella.
Il padre di Jacob fece per parlare ma venne interrotto da Sam.
“C’è qualcuno!” i ragazzi più giovani si alzarono, Leah aveva fatto ritorno.
Jacob fece mettere Bella dietro di se.
“Jacob…”
“Sta tranquilla Bella, a volte ci sono i cervi che arrivano” la scusa non reggeva ma…che altro poteva dirle?
Poco dopo, dal buio della strada, apparve un ragazzo.
“Edward!” Bella sorrise ed uscì da dietro Jacob, correndo incontro al ragazzo “Edward!”
“Isabella!” lui, istintivamente, la strinse a se e la prese in braccio, lasciando stupita persino lei “stai bene?”
“S…si” annuì
“Non dovresti essere qui” intervenne Sam, cercando di mantenere il controllo
“Tranquilli me ne vado, ma non senza di lei”
“Edward” intervenne il padre di Jake, assieme agli altri adulti “non è successo nulla”
“Abbiamo mandato la richiesta a Carlisle!” proseguì Sam
Edward li fulminò con lo sguardo, mettendo giù Bella “Andiamo” disse rivolto alla piccola
“Ma…il papà di Jake stava raccontando una storia!”
“Te la racconterà un altro giorno”
“Fermati!” lo bloccò Jake “il dottor Cullen ha permesso a Bella di venire”
“B…Bella?”
“Alice mi chiama così” disse la bambina “è più fico”
Edward scosse la testa “Segui la strada e raggiungi la macchina, Sali e resta lì”
“Ma…”
“Niente ma, Bella, fa come ti ho detto”
“Mamma ha dato il permesso, mi deve riaccompagnare Jake”
“Bella fa come ti ho detto…ora!” il tono di Edward era categorico.
 Non potendo rifiutarsi eseguì
“Ciao Jake e grazie”
“Ciao piccola Bella”
Edward lo guardò negli occhi “Se scopro che la fate tornare qui al di fuori del nostro accordo io…”
“Che cosa farai?” domandò in tono di sfida Jacob “la rinchiuderai? Ci ucciderai tutti? Torno nel tuo territorio, sanguisuga”
“Tu resta nel tuo, cane”
“Edward” uno degli adulti intervenne “non obbligarci a venire meno al nostro accordo…vattene finchè puoi”
“Me ne vado” poi guardò Jake “stalle lontano” sibilò, raggiungendo poi la macchina.
Bella era seduta sul sedile del passeggero, con già la cintura allacciata.
Mise in moto e partì, in direzione di casa.
Era silenzioso, dei respiri simili a dei ringhi uscivano dalla sua bocca.
“Mi…mi stavano raccontando delle storie”
“Conosco le loro storie” aveva letto i loro pensieri e sapeva a che punto si erano interrotti
“Perché non posso restare?”
“Perché lo dico io”
“Ma…”
“Tu non sai, Bella, cosa ho provato appena ho saputo che tu non eri in casa, ho pensato che…”
“Che?...che cosa?”
Edward scosse la testa “Niente…ma giurami che non vedrai più Jacob”
Bella non capì “Perché?”
“Dio quante domande che fai” sbottò “promettilo Bella…promettimelo!”
A quel punto si impuntò “No se non mi dai una spiegazione”
Edward inchiodò la macchina in mezzo alla strada, per fortuna non passava nessuno ed erano quasi arrivati.
“E’ difficile da spiegare” disse “ma credimi se ti dico che non devi frequentarli, che è meglio se resti alla larga”
Bella sospirò e abbassò lo sguardo
Edward non disse altro, rimise in moto e raggiunsero la casa, dove la luce della cucina era accesa.
Una volta vicino alla porta di casa, Bella si fermò.
“Alla Sweet Home non avevo amici…pensavo di poterne avere adesso che ho una famiglia...”
“Bella…”
“Perché non posso avere Jacob come amico?”
“Lui è più grande ha gusti diversi, non è giusto che tu sia amica di uno più grande”
“Però sono amica tua”
Edward abbassò lo sguardo “E’ diverso”
“No non lo è!”
“Bella per favore…”
“Lasciami in pace Edward!” e salì in camera sua, passando sotto lo sguardo di Esme e Carlisle.
Edward rientrò pochi istanti dopo
“Che è successo?” domandò preoccupata Esme
“Niente di cui preoccuparsi”
“Che le hai detto?”
“Niente!”
“Uh uh” Emmet era spuntato, assieme a Rosalie, dalla finestra “qualcuno ha appena avuto una discussione”
“Emmet…” tentò di fermarlo Esme
“A giudicare dalla faccia ha vinto lei” ridacchiò concludendo lì il discorso e battendo il cinque con Jasper, lasciando intendere che avevano scommesso su chi dei due avrebbe avuto la meglio.
Aveva vinto Emmet.
 
*********************************
Bella stava sdraiata sul divanetto e cercava di trattenere le lacrime.
Edward era protettivo nei suoi confronti, ma lo era troppo.
Non voleva che Jacob fosse suo amico.
Ma se Esme e Carlisle le davano il permesso, perché lui non si rassegnava?
Fosse dipeso solo dal fratello, lei non sarebbe uscita nemmeno per andare in bagno e questo la opprimeva.
Non usciva in paese, non vedeva bambini da tanto.
La situazione stava diventando pesante e non sapeva se era in grado di sopportarla.
Ricacciò indietro il groppone alla gola e fece un profondo respiro.
Se non volevano farla uscire, sarebbe uscita lei.
Tanto non era obbligatorio che lo sapessero.
Si rimise la giacca e lasciò perdere il suo zaino, le sarebbe stato di intralcio.
Aprì la porta finestra scorrevole e osservò giù.
Non sarebbe stato un salto enorme.
C’era una grande radice abbastanza ampia da farla atterrare senza problemi e posta a circa due metri dalla finestra.
Si lasciò calare, sperando che Edward o gli altri non entrassero in quel momento.
Una volta toccato terra, senza farsi male, si introdusse nella foresta buia ed iniziò a correre.
Non aveva idea di dove stesse andando, voleva solo raggiungere Jacob, l’unico che sembrava capirla, anche se si erano parlati poco.
 
**********************
“E’ già difficile la situazione, non opprimerla di più” commentò Carlisle
“Non è colpa mia se le avete permesso di andare in mezzo ai lupi” sibilò
“Ci sono degli accordi fra noi e loro” continuò il biondo “un umana in mezzo a noi è una cosa che nessuno poteva immaginare…a parte Alice” quest’ultima sorrise orgogliosa “volevano assicurarsi che andasse tutto bene”
“Ci bastano i Volturi!” sbottò Edward “perché non la trasformiamo già che ci siamo?”
“Edward…”
“Potevamo lasciarla morire!”
Calò il silenzio
“Non puoi dirlo sul serio…” disse Jasper, che si accorse di aver usato il suo potere ma che Edward aveva cercato di non cedere.
“Tu che ne sai?” ringhiò “non sai niente di cosa significhi prendersi responsabilità di questo genere”
“Ma sappiamo che se i Volturi non sono soddisfatti, ci uccideranno tutti” intervenne Rosalie “la cosa è difficile anche per noi”
Edward rise per non urlare dalla rabbia e la frustrazione.
Scosse la testa
“Se fosse morta sarebbe stato meglio…se morisse adesso…” strinse i pugni e le parole faticavano ad uscire “farebbe solo un favore a tutti”
Calò di nuovo il silenzio.
Nessuno rispose, nessuno osò fiatare.
Edward salì le scale e raggiunse la sua camera, fermandosi di colpo davanti alla porta.
Se il suo cuore non fosse fermo, avrebbe giurato che un battito fosse venuto a mancare.
Aprì la porta di scatto e…la stanza era vuota, con la finestra aperta.
“Bella…?”
Si affacciò alla finestra.
“Cazzo…” realizzò che era fuggita “BELLA!”

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Capitolo 7
*** Amore fraterno ***


ATTENZIONE!: le scritte –in questo modo- servono a delineare i discorsi “mentali” cioè i pensieri che Edward sente e i Quilleute che parlano fra di loro in versione lupo.
 
 
“Edward!” Carlisle era accorso in camera “che succede?”
“E’ scappata”
Anche Esme e i ragazzi li avevano raggiunti
“Jasper…” Alice guardò il suo ragazzo, sperando che lui potesse aiutarli.
Lui poteva controllare l’umore delle persone, magari aveva avvertito lo stato d’animo e sapevano perché fosse scappata…anche se era ovvio.
Il ragazzo scosse la testa “Non ho mai avvertito il suo stato d’animo e non posso controllarlo”
Rimasero stupiti tutti tranne Edward, che aveva capito.
“Inibisce i poteri di tutti” disse “non solo i miei…e non cercare di controllare il mio umore perché se mi riprendo ti stacco qualche arto” aggiunse sentendo l’umore che tentava di variare da infuriato a calmo.
Jasper alzò le braccia in segno di resa e la smise.
Ci fu un attimo di esitazione, finchè Carlisle non prese l’iniziativa.
“Sarà andata dai Quilleute”
“E nel loro territorio chi ci va?” domandò Emmet “non ci fanno entrare ed è già tanto che permettiamo ai pulciosi di lasciare il loro cane sguinzagliato nel nostro”
“Noi facciamo le cose secondo le regole” disse Carlisle “non vogliamo guerre e non ne avremo”
Poi guardò Edward.
Non gli serviva parlare, bastava uno sguardo e…un pensiero.
 
-Trovala, Edward– pensò –Trovala e riportala a casa, le diremo ogni cosa –
 
“Ma sei impazzito!” esclamò Edward, ignorando che Carlisle non voleva far sapere subito il suo piano.
Tutti, infatti, si voltarono verso Carlisle, che però non mollò.
 
-Se inibisce i tuoi poteri e quelli di Jasper, significa che potrebbe inibire anche quelli dei Volturi- disse –Se scoprisse la verità potrebbe essere diverso e i Volturi non scoprirebbero mai che lei è al corrente di tutto-
 
Edward cercava di capire il punto di vista di Carlisle, ma era difficile.
Potevano esserci tante motivazioni sul perché i loro poteri non funzionavano e non sapeva quale fosse quella giusta.
 
-Fallo Edward- continuò Carlisle -Fidati di me-
 
Edward annuì e, senza farselo ripetere due volte, uscì dalla finestra raggiungendo la massima velocità.
“Carlisle…”
“State tranquilli” li rassicurò il biondo “andrà tutto bene
 
********************
Bella corse a più non posso per tutta la foresta.
Era buio e…aveva paura.
Ma non del buio o della foresta, si sentiva seguita e non voleva farsi prendere o trovare.
Soprattutto da Edward.
Avvertiva la voce di quest’ultimo che, a cadenza di dieci secondi, la chiamava
“Bella!”
E, di sottofondo, sentiva anche dei passi veloci.
A volte sembrava qualcuno che correva, altre volte un animale.
Corse finchè non fu stremata, nonché obbligata a causa di un dirupo che finiva nel fiume in piena.
Riprese fiato, ma non sapeva che fare e non sapeva dove andare.
Non poteva attraversare il fiume e non c’era neanche un ponte per andare dall’altra parte.
Era ferma.
Tremava, faceva freddo e aveva pure cominciato a piovere in modo molto fitto.
Che ci faceva li? Perché era fuggita?
Le domande erano tante.
Si sentì stupida, si sentì sporca.
Era scappata tradendo chi le aveva dato una casa.
Non era mai fuggita dalla “Sweet Home”, nonostante le occasioni e i problemi avuti, per fuggire dalla famiglia adottiva che l’amava e voleva proteggerla.
Al diavolo che restava sempre chiusa in casa e al diavolo Edward che non voleva che lei avesse amici.
Voleva tornare a casa.
Rivoleva la sua mamma e…voleva Edward.
Lo voleva e aveva bisogno di chiedergli scusa.
Qualla fuga era banale e, se davvero le serviva un po di aria per ragionare, poteva benissimo andare sul balcone o aprire la finestra.
Si…era decisamente stupida
Fece per andarsene, per tornare indietro, ma si bloccò quando vide qualcosa dall’altra sponda.
Bella sgranò gli occhi appena vide due enormi occhi gialli spuntare da dietro gli alberi.
Con un passo indietro si allontanò dalla dirupo, fino a toccare l’albero più vicino.
Quel lupo era a grandezza umana e, a giudicare appunto dalle dimensioni, gli sarebbe bastato un balzo per raggiungerla.
Avvvertì anche dei passi dietro di lei, qualcuno che correva.
Inizialmente ebbe paura e, per questo motivo, fece un passo falso e inciampò cadendo.
Fu tutto in un attimo e tutto troppo veloce perché se ne rendesse conto.
Bella emise un grido e si ritrovò appesa ad una radice che spuntava dalla roccia a pochi metri dall’acqua ma parecchio in basso per poter risalire.
“Aiuto!” gridò.
Per tutta risposta, il lupo che si trovava dall’altra sponda, iniziò a muoversi avanti e indietro con fare nervoso.
Bella si tenne ben salda alla radice, troppo spaventata per muoversi.
Il lupo ululò e, pochi istanti dopo, altri lupi furono lì vicino.
Ringhiavano e si muovevano velocemente.
“Bella!”
La piccola sgranò gli occhi, felice di sentire la sua voce.
“Edward aiuto!”
Lui si affacciò al dirupo e sembrava sul punto di urlare.
Doveva stare calmo, non poteva rischiare di finire nel territorio nemico allo stesso modo che non poteva rischiare di perderla.
I lupi ringhiarono verso di lui, che li ignorò.
Voleva solo salvare Bella.
La radice era abbastanza grande e spessa
“Riesci a metterti in piedi?”
Bella, tremante, annuì ed eseguì.
Si avvicinò più che poté alla parte vicino alla roccia e, una volta raggiunta, si arrampicò mettendosi in piedi.
Nonostante quello, non raggiungeva comunque la cima
“Non ci arrivo!” alcune lacrime scesero lungo il suo viso.
I lupi ringhiarono ancora, sembravano comunicare con Edward.
“Salta” disse allungando la mano
“Non ci riesco”
“Non hai scelta”
“Ho paura!”
“Bella…” il suo tono era glaciale ma, allo stesso tempo, rassicurante “fidati di me”
Bella tremò ancora.
Rimanere sulla radice con la pioggia o fare come diceva Edward.
Decise di ascoltarlo.
Saltò ma…non aveva tenuto conto che sia la sua mano che quella di Edward erano bagnate e scivolose.
La presa non tenne e Bella cadde.
Un grido sordo e uno splash.
“BELLA!”
Il fiumera delineava il confine.
I Quilleute lo consideravano loro.
Edward guardò verso i lupi, uno in particolare
“Jacob aiutala” lo implorò, sapendo che Bella era scappata per Jake.
Jacob iniziò a correre, seguendo la corrente e stessa cosa fece Edward.
Bella continuava a finire sott’acqua ed a risalire facendo profondi respiri e, a volte, emettendo grida.
Edward non resistette.
Le grida di Bella erano come lama.
All’improvviso si tuffò.
Jacob ringhiò e abbaiò, mentre tutti gli altri lupi lo raggiunsero.
Una volta insieme, nessuno di loro si mosse.
 
-E’ entrato nel territorio!-
-Lasciatelo andare-
-Viene meno alle nostre leggi!-
-Salverà Bella e la porterà via, ne riparleremo appena sapremo che starà bene-
 
E rimasero lì a guardare.
Edward seguì la corrente e lo fece più veloce.
Raggiunse Bella e la prese appena in tempo, prima che il fiume sfociasse in un laghetto sotto forma di cascata.
Una volta afferrata si aggrappò alla roccia più vicina ed uscì dall’acqua.
Appena fu fuori, si sdraiò a terra con Bella sopra di lui, che ansimava.
“Bella…”
Lei scoppiò a piangere e si strinse a lui.
Erano bagnati, Bella stava gelando.
“Bella!” si mise subito in piedi e aiutò la piccola a fare lo stesso “stai bene?”
Lei annuì, senza smettere di piangere.
All’improvviso lo abbracciò forte
“Voglio andare a casa!” disse “Edward portami a casa!”
Nel frattempo i lupi erano corsi fino a lì.
Bella non si accorse di loro.
 
-Tranquilli sta bene- disse Jacob agli altri, in particolare a Sam, che era il più grande dei lupi.
-Bene- guardò Edward -E’ la seconda volta che ti permettiamo di sconfinare senza ucciderti…non rifarlo più o saremo obbligati a rivelare il nostro essere e tu il tuo-
 
Edward annuì in modo quasi impercettibile lasciandoli andare.
Jacob rimase alcuni istanti fermo
 
-Tornerò a controllarla, se le fai del male ti uccido- e poi se ne andò
 
Edward si inginocchiò all’altezza di Bella e la prese per le spalle.
Prima di tutto si assicurò che stesse bene, nonostante il gelo, poi fece la sua domanda.
“Bella guardami” ottenne la sua attenzione “perché l’hai fatto, Bella?” chiese “perché sei scappata?”
La piccola tirò su con il naso e parlò quasi balbettando a causa del freddo
“V…vol…volevo…a…andare da Jake e…” tentò di resistere al freddo “P…pen…pensavo che…che mi odiassi e…”
Edward non la fece finire e la strinse forte, prendendola in braccio.
Lei mise il volto nell’incavo della sua spalla mentre una mano le accarezzava i capelli.
“Non potrei mai odiarti, Bella” mormorò “mai…tu sei tutto per me”
Ecco, glielo aveva detto.
Come poteva negarlo?
Non gli interessava che i poteri su di lei non funzionassero.
A lui interessava solo proteggerla.
Era riuscito a volerle bene anche se il suo carattere sembrava volere il contrario.
“Torniamo a casa”
Anche se Carlisle progettava di dirle tutto, Edward decise di evitare di dare anticipazioni.
La tenne in braccio per tutto il tragitto e lo fece camminando.
Bella, poco dopo, si addormentò esausta e…con la fronte calda.
Edward si allarmò.
Lui non poteva ammalarsi ma lei sì.
A quel punto, sapendo di non essere scoperto.
Iniziò a correre e raggiunse subito casa.
“Edward!” Carlisle, che stava sul divano in attesa, si alzò di scatto, seguito da Esme.
“Bella!” si avvicinò ad Edward e la prese in braccio
“Scotta…ha la febbre” spiegò Edward.
Senza dire altro, Esme la portò in camera e le mise il pigiama.
Carlisle la visitò, assicurandosi che non avesse nulla di grave, ed infine tornò in salotto.
I ragazzi, dopo aver sentito che andava tutto bene, erano andati tutti nelle loro stanze lasciando Carlisle solo con Edward.
“Esme è con Bella”
“Si riprenderà?”
“Sta bene, non preoccuparti”
Edward sospirò e si sedette sul divano con la testa fra le mani, ignorando il fatto che il divano si sarebbe sporcato
“Sono uno stupido” mormorò
Carlisle si mise accanto a lui “Edward…”
“Non dirmi che non è vero perché sai che non è così!” ringhiò “cerco di starle alla larga e ogni volta mi ritrovo che non riesco a stare senza di lei!” spiegò “non è il senso di responsabilità è…”
“Amore”
Edward fece una faccia schifata “E’ una bambina Carlisle!”
“Esistono vari tipi di amore, Edward” precisò Carlisle “e non solo quello che conosci tu”
“Ho paura che verrà fuori un casino”
Carlisle sospirò
“Ho spiegato ai ragazzi la mia idea” Edward lo guardò e rimase in ascolto “appena si riprende gliene parlerai tu”
“Io? E perché non Emmet già che ci siamo” commentò sarcastico “o Rosalie, scommetto che lei sarebbe felicissima, anzi! Perché no? I Quilleute!”
“Edward!”
“Perché non è vero?”
“Potrà sembrarti strano ma lei ha un legame forte e speciale con te e si fida” disse, mantenendo la sua solita calma.
“Perché vuoi dirglielo?”
“Se riesce a bloccare i tuoi poteri e quelli di Jasper, può bloccare anche quelli di Aro” spiegò “non si accorgerà che Bella conosce il nostro segreto”
“Ma lui potrà leggere i nostri pensieri e venire a conoscenza che lei sa”
Carlisle annuì “Anche quello è vero ma…appena scoprirà che Bella non è leggibile tenterà di scoprire qualcosa su di lei, non chiederà nulla a noi”
“Ne sembri sicuro”
“Tentar non nuoce” sospirò “dopo tutto…non siamo già in pericolo solo così?
Edward non rispose.
Poco dopo si alzò e salì in camera
“Edward…” Esme si avvicinò al figlio
“Resto io”
La donna annuì ed uscì, chiudendo la porta.
Approfittando del fatto che Bella dormisse, si cambiò i vestiti e si mise qualcosa di pulito.
Poi si sedette sul divanetto, accanto a bella, passandole una mano fra i capelli e assicurandosi che la coperta le tenesse caldo.
“Te lo giuro Bella, non permetterò che ti accada niente” mormorò, posandole un dolce bacio sulla fronte calda “te lo giuro”

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Capitolo 8
*** Volturi ***


La febbre durò tre giorni e senza nessun danno fisico o psichico alla piccola Bella.
Edward aveva passato tre giorni a vegliarla, senza andarsene nemmeno a cacciare e sapeva di averne un gran bisogno.
Nemmeno Carlisle ed Esme erano riusciti a staccarlo dalla camera, a parte i bisogni del fisico e una doccia.
I Quilleute non avevano di certo aiutato la situazione.
Il giorno dopo il salvataggio, Jacob si era presentato davanti a casa Cullen.
Edward, che aveva udito i suoi pensieri, era sceso ad aprire.
“Proprio te cercavo!” sbottò Jacob.
“Non è il momento cane” fece per chiudere la porta, ma venne bloccato.
Carlisle, Emmet e Jasper erano accorsi
“E quand’è il momento?” ribattè “se sconfinerai un’altra volta ti giuro che…” si avvicinò pericolosamente, ma Emmet e Jasper si misero in mezzo.
“Un altro passo e ti mordo il collo” ringhiò Emmet.
Persino Jacob si preparò ad attaccare.
“Basta fermi!” si intromise Carlisle “Jacob!”
Lentamente si calmarono tutti, anche Jacob.
Per quanto odiasse i Cullen, aveva comunque molto rispetto del dottore, in quanto era l’unico della famiglia a non voler creare problemi fra i clan.
Stessa cosa valeva per la moglie.
Obbedì e fece un passo indietro.
“Riferisci a Sam e agli altri che non accadrà più e che cercheremo di mantenere il nostro accordo”
Jacob annuì.
Lanciò un occhiataccia ad Edward
 
-Non è finita qui- pensò, sapendo di essere ascoltato solo da lui –Se le fai del male so dove venirti a cercare-
 
Jacob, come gli altri membri della tribù che si trasformavano, riusciva anche lui a sentire i pensieri, solo quelli dei lupi e dei vampiri.
Udì quelli di Edward
 
-Non è di me che dovrà preoccuparsi, stalle alla larga lei è MIA-
 
E Jacob se ne andò, lasciandoli soli.
“Tu” disse Carlisle riferito ad Edward “dentro…subito” rientrarono.
Emmett sbuffò “Mi avete tolto il divertimento, volevo farlo a polpette quel pulcioso, gli avrei succhiato…” ringhiò dalla rabbia
“Sarebbe stato indigesto” commentò Jasper passandosi una mano fra i capelli
“Io vorrei evitare di prendere le pulci a causa sua” si aggiunse Rosalie
“La volete smettere!?” sbottò Carlisle, facendo calare il silenzio nella stanza.
Quando si arrabbiava, il che era raro, nessuno osava contraddirlo.
Sempre in silenzio, tutti sparirono andando da Esme.
Edward udì un lieve “Vado a vedere come sta Bella” provenire da Rosalie.
Accennò un piccolo sorriso.
Era bello vedere che iniziava a ricredersi su di lei.
“Si può sapere cosa intendeva Jacob?” chiese Carlisle, cercando di stare calmo
“Niente…”
“Niente?” domandò di rimandò “abbiamo un accordo con loro ed è già tanto che non ti abbiano ucciso l’altra volta”
“Che dovevo fare?” sibilò Edward “lasciarla morire? Il fiume dovrebbe essere territorio neutro e invece lo reclamano come loro!” sbottò “nessuno dei licantropi si sarebbe tuffato per riprenderla e se le avessero fatto sarebbero morti sia lei che chi si buttava!”
“Ma l’accordo c’è ancora!” sbottò Carlisle “Edward, non voglio perdere Bella ma non voglio perdere neanche te!”
“Io non la lascio morire” mormorò “non permetterò che me la portino via, che sia una persona o il destino”
Carlisle sospirò “Ok…” realizzò che Edward aveva sconfinato per una buona causa.
Alla fine non riusciva ad essere arrabbiato con lui.
“Scusami” continuò il biondo “ma per favore vacci piano, non puoi sconfinare continuamente usando la scusa che nessuno deve rivelarsi a Bella”
Edward annuì in modo quasi impercettibile.
Poi calò di nuovo il silenzio e, in quelle situazioni, Edward udiva meglio i pensieri di Carlisle.
Un in particolare colpì la sua attenzione e lo fece quasi entrare in stato di shock.
Carlisle si preoccupò, dimenticandosi che il figlio poteva benissimo leggere i pensieri.
“Edward…”
Non ricevendo risposta, lo scosse per le spalle.
Edward teneva lo sguardo basso e gli occhi puntati nel vuoto.
“E’ vero?” domandò “i Volturi…”
Carlisle intuì e mosse la testa in segno di conferma.
“No…no…”
“Edward lo sapevi che sarebbero arrivati, è solo un controllo”
“NO!” esclamò il moro “non sarà un semplice controllo e tu lo sai!”
“Edward…”
“E quando avrebbero intenzione di venire?”
Carlisle deglutì “Per Natale”
Edward scosse la testa “Non accadrà…”
“Verranno qui, non possiamo impedirlo”
“Ho detto di NO!” sbottò nuovamente.
Dietro alla porta della cucina, gli altri Cullen sentivano la conversazione e sapevano cosa facesse arrabbiare Edward.
Quando si parlava di Volturi poi…non lo teneva fermo nessuno.
“E voi che avete da ascoltare!?” urlò contro Esme, Jasper, Alice ed Emmet “tenete i vostri pensieri a freno!”
“Edward calmati…” ma si zittì quando vide l’occhiataccia che il figlio gli aveva rivolto.
“Nessuno, ripeto, NESSUNO!” marcò bene questa parola “dovrà avvicinarsi alla mia Bella…nessuno” e dopo queste parole se ne andò in camera.
Salendo le scale venne fermato da Rosalie.
“Che vuoi fare?” anche se era la più distaccata dei fratelli, era comunque colei che conosceva meglio la sua famiglia e sapeva che Edward avrebbe combinato qualcosa di stupido.
“Restane fuori Rose” disse lui superandola.
“Bella è parte della famiglia ed è anche mia sorella oltre che tua”
Edward si fermò e fece una risata sarcastica
“E da quando ti preoccupi per lei?”
“Lo sai benissimo”
“Non lo hai mai dimostrato”
“Ma tu lo hai letto” si avvicinò al fratello e lo guardò ben dritto negli occhi “so di avere un brutto carattere…”
“Ma non mi dire”
Rosalie lo ignorò e proseguì “Tutti noi sappiamo che è stata un idea azzardata quella di adottare Bella e dobbiamo ringraziare Carlisle se non siamo stati scoperti dagli umani”
Edward ascoltava in silenzio e cercava di sentire anche i suoi pensieri.
Rosalie aveva ragione.
Per quanto folle, l’idea di Carlisle era stata una specie di benedizione e dovevano ringraziarlo per essere riusciti a durare fino a quel momento senza essere uccisi.
“Carlisle vi ha detto cosa intende fare?”
Lei annuì “Dopo la notizia dell’arrivo dei Volturi, ha deciso di dirglielo dopo le feste”
Edward non seppe cosa dire.
Non aveva più parole.
“Grazie Rose”
“Se hai bisogno chiamami”
Ringraziò di nuovo ed entrò in camera.
Bella era seduta sul divanetto e leggeva un libro.
Per fortuna non aveva sentito la conversazione.
Edward fu invaso dal suo odore e dovette far uso di tutte le sue forze per non sentire la voglia di morderla.
Non era semplice, ma doveva farlo…per lei.
“Ciao Edward” salutò sorridente lei.
“Ciao Bella” sorrise anche lui e si sedette al suo fianco “come ti senti?”
“Bene”
Lui le toccò la fronte.
Aveva ancora la febbre.
“Edward, sto bene” ripetè la bambina spostando la mano del fratello e tenendola stretta.
“Mi preoccupo per te” ribattè lui
Lei sorrise, anche se era un sorriso un po’ forzato.
Gli occhi stanchi non aiutavano.
Lentamente si mise più vicino ad Edward e passò una mano attorno alla sua vita.
Lui, istintivamente, le passò la mano fra i capelli.
“Bella, devo dirti una cosa” lei cambiò posizione, si mise supina e appoggiò la testa sulle gambe di Edward, che continuò ad accarezzarla
“A Natale ci saranno degli ospiti”
“Chi?”
“Amici di famiglia” amici ben poco desiderati “verranno a farci visita e vorranno conoscerti”
Lei alzò le spalle “Va bene”
“Sei nervosa?”
Lei scosse la testa “Al momento no ma…ecco…ho sempre sognato una famiglia numerosa e tanti amici, conoscere nuova gente non sarà un problema se sono di famiglia”
La semplicità e la spontaneità di Bella erano disarmanti.
Se solo avesse avuto un idea di chi fossero realmente questi “amici di famiglia”
“Ho notato che hai gli occhi bi colore” commentò Bella.
“Cioè?”
“Fino a due settimane fa erano castano dorato e adesso sono castano scuri”
-Cazzo!-
“Ehm…” deglutì “E’ una caratteristica della nostra famiglia, è genetica”
Che poteva dirle? Non poteva confessarle che il colore cambiava in base a quanto ed a ciò che mangiavano.
A Bella bastò.
Rimasero in silenzio alcuni istanti.
“Edward…”
“Si?”
“Resterai sempre con me, vero?”
Edward le posò un bacio sulla fronte “Sempre”
 
*******************
 
Il tempo trascorse velocemente…troppo velocemente a detta di Edward.
L’atmosfera del natale sembrava farsi sentire più del solito in casa Cullen.
Alla vigilia Esme ed Alice, quest’ultima in particolare, si erano premurate di addobbare la casa mentre Jasper ed Emmet avevano fatto l’albero.
Un albero ricco di palline d’oro e d’argento con ghirlande dello stesso colore.
Luci semplici color giallo.
Di sottofondo un leggera musica natalizia
Bella aveva dato una mano a tutti quanti.
Persino a Rosalie, che sembrava essere più socievole nei confronti della bambina che all’inizio tanto odiava.
Avevano fatto i regali per tutti e li avevano impacchettati.
“Bella!” la voce di Emmet, proveniente dal salotto, si udì per tutta casa
“Si fratellone?”
“Non credi che manchi qualcosa?” indicò l’albero.
Bella lo guardò.
L’albero era perfetto ma… “La stella!”
Jasper la prese da uno scatolone e gliela porse.
Non era una stella vera e propria, era un semplice puntale dorato, ma era sufficente “L’onore spetta a te Bella”
Gli occhi della piccola si illuminarono e si inumidirono di lacrime di gioia.
Non attesero risposta e, insieme, Jasper ed Emmet la sollevarono sulle spalle.
Bella si allungò e mise il puntale.
Un applauso echeggiò per tutto il salotto.
Bella sorrideva.
Era felice, era al settimo cielo.
Il primo Natale con una famiglia vera.
Si voltò verso Carlisle, che fece un lieve cenno con il capo.
“Come ti senti Bella?” cinguettò Alice “sei felice?”
Lei annuì “Ecco…io…” deglutì “volevo…dire delle cose”
Carlisle fece cenno a tutti di sedersi.
“Questo per me è…il primo Natale che passo con una famiglia…una famiglia tutta mia” precisò “ne ho sempre sognata una e finalmente ce l’ho”
Esme era emozionata, così come tutti.
Persino Edward sembrava aver messo da parte tutte le sue preoccupazioni e le sue paura.
“Io…vi ringrazio”
I volti dei Cullen si espansero in un enorme sorriso.
Quello di Edward anche, nonostante avvertisse i pensieri di Emmet che lo facevano ridere.
E sapeva che, a breve, li avrebbe esternati.
Infatti…
“Ok basta con le emozioni” si alzò in piedi e si strofinò le mani “io voglio aprire i regali!”
“Emmet!” rise Esme
“Che c’è?” chiese “ho il regalo per Bella pronto da due settimane!”
“Anche io!” cinguettò Alice “e so già che le piacerà!”
“Dio Alice” Edward la fece voltare e lasciò intendere che aveva letto i pensieri “sul serio?”
Lei, per tutta risposta, alzò le spalle “Io lo trovo perfetto”
Lui sbuffò e li lasciò fare.
Si scambiarono i regali fra di loro e ne porsero uno ciascuno a Bella.
Esme e Carlisle fecero un regalo unico.
Emmet le aveva regalato una divisa da Baseball con tanto di guantone, che fece spalancare gli occhi a Bella dalla sorpresa.
Rosalie una collana con la B come ciondolo.
Jasper un libro da leggere –Il Mercante di Venezia- asserendo che lo avrebbe trovato affascinante
Alice, per l’appunto, aveva regalato una cosa che piaceva solo a lei…almeno…così sembrava.
Era un vestito verde smeraldo con tanto di golfino nero abbinato.
Bella ringraziò e lo guardò perplessa.
Edward intuì che le sarebbe piaciuto con il tempo.
Esme e Carlisle le regalarono una bambola di porcellana, a cui lei diede subito il nome di Lucy.
Edward era l’unico a non averle dato nulla.
Lo avrebbe fatto successivamente, quando sarebbero stati soli.
Infine, si misero tutti accanto al camino e scartarono i pacchi sorpresa del negozio di dolci.
Anche se poi non li mangiavano, erano l’unico modo per mostrare a Bella che erano persone normali.
Ad Edward venne da ridere, finchè un pensiero da parte di Carlisle non lo fece sobbalzare.
“L’hai notato anche tu?” gli domandò, avvicinandosi al biondo.
“Dovrebbero già essere qui”
“Se non vengono ci fanno un favore” borbottò
Esme, sentendo i discorsi, si intromise “Ho sentito che a Port Angeles c’è un po’ di gente in giro. Non vorranno farsi vedere”
Carlisle fece per ribattere ma si bloccò, notando lo sguardo di Alice e l’espressione di Edward.
Rosalie annusò l’aria
“Carlisle…”
Il dottore fece cenno con la mano di stare calmi.
“Mamma posso mangiarla?” chiese Bella, riferita ad una barretta di cioccolato “un quadratino?”
Esme non seppe che dire “Si tesoro” rispose velocemente.
Si udirono dei colpi alla porta.
“Sono loro!” esclamò Alice
“No” rispose Edward andando alla porta e aprendola, rivelando Jacob “non è il momento”
“Ci sono delle sanguisughe qui vicino”
“Ne siamo al corrente”
“Jacob!” Bella, appena lo vide, gli corse incontro e lo abbracciò, suscitando la gelosia di Edward.
“Ehi Bella!” ricambiò la stretta “come stai?”
“Bene!” rispose “vuoi vedere i miei regali?”
Edward, da dietro, lo fulminò con lo sguardo e, Carlisle, gli fece cenno di tornare un altro momento.
 
-I Volturi stanno arrivando- Comunicò Edward, in modo che solo Jacob potesse sentire –Se vuoi restare amico di Bella vattene o ti uccideranno! -
 
Jacob deglutì.
Conosceva bene i Volturi, non intendeva incontrarli.
 
-Resterò comunque in zona- e ottenne il consenso, pur sapendo che lo avrebbero fiutato.
 
Poco gli importava.
Voleva assicurarsi che Bella stesse bene.
“Purtroppo sono di fretta Bella” rispose e lei assunse uno sguardo sconsolato “ma ti prometto che tornerò un altro giorno per vederli e stare con te, nel frattempo…” frugò nelle tasche dei pantaloni “questo l’ho fatto per te” mostrò un acchiappa sogni “l’ho fatto, scaccia i brutti sogni”
Bella sorrise felice
“Grazie Jake!” lo strinse ancora.
“Di nulla Bella” le baciò la fronte “ora vado, ma tornerò”
“Promesso?”
“Promesso” le sorrise ancora ed infine se ne andò di corsa.
La porta fu richiusa.
In quel momento, Edward ebbe un flash e si ricordò di una conversazione avuta con Bella
“Bella…” si inginocchiò alla sua altezza “tra poco arriveranno gli amici di cui ti avevo parlato tempo fa”
“Si mi ricordo!” disse lei “gli amici di famiglia”
“Esatto e…ecco…ti appariranno molto…strani e…amano le lenti a contatto colorate”
Bella alzò le spalle “Mh…ok”
“Da dove ti è uscita questa cosa?” chiese Carlisle, dopo che Bella era tornata a giocare con gli altri
“Bella ha notato i nostri occhi” rispose “i Volturi saranno più vistosi di noi”
“Hai ragione…non mi era venuto in mente”
Poco dopo, qualcuno bussò nuovamente alla porta.
Edward tremò.
“Bella vieni qui” lei eseguì e si avvicinò.
Anche se non era convinto, Edward tentò di infonderle coraggio…anche se…doveva apprendere lui da lei invece che il contrario.
Le prese la mano.
Carlisle andò ad aprire.
Aro era in testa, seguito da Caius, Marcus, Jane e Alec.
Il fatto che ci fosse anche Jane, lasciò intendere ai Cullen che non prometteva nulla di buono.
“Carlisle!” esclamò Aro con un enorme sorriso ed uno sguardo a dir poco amichevole “è un piacere rivederti”
“Felice di vederti anche io Aro” poi guardò gli altri “Caius, Marcus, Alec, Jane…” li fece accomodare.
Aro entrò e si guardò attorno, mentre gli altri quattro cercavano Bella con lo sguardo.
“Mi piace come hai arredato questo posto” commentò “è accogliente, luminoso e isolato dal resto della città”
“E’ pratico per quando dobbiamo cacciare”
Aro rise “Si! Esatto!”
“Aro siamo qui per un motivo” disse Caius alle sue palle, poi si avvicinò più che poteva al dottore “dov’è?”
Carlisle sospirò “Ciao Caius”
“Non giocare Carlisle!”
“Buoni, buoni” intervenne Aro “lasciate fare a me” guardò Carlisle “posso vederla?”
Il dottore annuì e li scortò in salotto.
Edward teneva Bella ben stretta a se e gli altri erano tutti intorno.
“Miei cari Cullen” salutò Aro “che piacere vedervi” nessuno rispose al suo saluto, ma lui li ignorò.
Non si aspettava nessun tipo di risposta.
Si voltò subito verso Bella
“Tu devi essere Isabella, dico bene?”
Bella annuì.
Non erano solo strani e con le lenti colorate, come aveva detto Edward, lei li trovava anche inquietanti.
“Si signore”
“Quanti anni hai Isabella?”
“Dieci”
“Molto giovane e molto bella mia cara” la squadrò per bene “e dimmi, ti trovi bene con i Cullen?” lei annuì.
Aro guardò Edward, capendo che era l’unico a cui Bella era legata, cercando nel suo sguardo la risposta che si aspettava di sentire.
“Posso?” chiese.
Edward acconsentì e, lasciando la mano di Bella, la porse ad Aro, che subito la strinse.
“Che sta facendo?” chiese Bella ad Esme
“Niente tesoro” mormorò la donna “è il suo modo di fare”
Quando Aro lasciò la mano di Edward scoppiò a ridere e sgranò gli occhi “Ma non mi dire”
 
-Voglio proprio verificare-
 
“Non ci pensare…” Edward fece per attaccare Aro, ma venne bloccato da Carlisle e da Jane, che già lo stava puntando.
“Coraggio Edward” disse la ragazzina “è quello che aspetto da almeno un secolo”
I due si lanciavano sguardi di sfida.
Aro, che non ci badava, guardò Bella e si inginocchiò alla sua altezza
“Posso avere la tua mano, dolce Isabella?”
Bella tremò ma, ottenuto il permesso di Esme, porse la mano ad Aro.
Quest’ultimo iniziò a tastarla e passare le dita lungo tutto il dorso e il palmo.
Gli occhi si sgranarono e, poco dopo, lasciò la presa.
Iniziò a ridere dallo stupore.
Una risata che avrebbe echeggiato per l’eternità nella testa di Bella e degli altri, talmente era irritante.
“Straordinaria…sbalorditivo!”
“Che cosa?” Domandò Marcus
“Qualcosa non va?” intervenne Caius
“Io sono pronta se volete…” Jane guardò Edward, pregustando il momento in cui lo avrebbe steso.
Aro guardò Carlisle “Ho visto dentro Edward” disse “questa bambina è straordinaria Carlisle e, credimi, sono curioso di saperne di più”
Edward sentì una morsa dentro di se
“No!” sbottò “non se ne parla”
“Edward!” lo fermò Esme
“No mia cara” la tranquillizzò Aro “lascialo sfogare” tornò con l’attenzione su Edward “continua mio caro, perché no?”
“Sai benissimo perché” sibilò “non lo permetterò”
“Edward di che stai parlando?” chiese Carlisle, immaginando che qualcosa non andava
“Vogliono portarla a Volterra” mormorò
“Aro…Non pensi che sia esagerato?”
“Al contrario mia caro Carlisle” rispose “non sa niente e questo è un bene ma…devo essere certo che non parlerà se dovesse scoprire”
Aro sembrava intenzionato a far sapere a Bella la loro natura…o forse…era solo attratto dal suo profumo.
Era un umana semplice, ma aveva un odore talmente forte che, a volte, mandava Edward in palla.
“No!”
“Edward…”
“Solo perché sono i capi, non significa che possono fare quello che vogliono!”
“Mamma” Bella si strinse ad Esme, alcune lacrime scesero lungo il suo viso “che succede?”
Edward si sentì morire nel vedere Bella piangere.
Se i Volturi non fossero venuti, tutto quello non sarebbe successo.
“Non le faremo del male, se è questo che credi” intervenne Jane, che conosceva bene ciò che aveva intenzione di fare Aro “se vuoi lo faccio io a te”
“Jane!” l’ammonì Aro “non ora”
“Carlisle non osare…”
Il dottore sospirò “Non c’è altro modo?”
“Se vuoi potremmo restare qui e…rifornirci…” lasciò intendere cosa volesse dire “verremmo meno al vostro accordo con i Quilleute se non sbaglio”
E quello era l’ultima cosa che volevano.
“D’accordo”
“COSA!” esclamarono in coro tutti, ben sapendo cosa volesse fare Aro.
Ormai era evidente a chiunque.
“Alle sue cose ci penso io” dichiarò Jane, superando Edward e salendo ai piani di sopra.
“Aro, troviamo un accomodamento” tentò di intervenire Carlisle, che non voleva creare conflitti e non voleva perdere Bella.
Sapeva che Edward avrebbe dato di matto e, se fosse impazzito del tutto, si sarebbe trasferito a Volterra scatenando una guerra contro i Volturi.
Portare via Bella.
Era qualcosa che nessuno avrebbe sopportato.
“Mamma…”
“Tranquilla Bella, andrà tutto bene”
“Non sarà così!” sbottò Edward, spaventando ancora di più la bambina
“Edward…basta” Carlisle guardò Aro, mentre Jane scendeva con una borsa piena di vestiti “quanto durerà?”
“Per l’amor di Dio Carlisle” lo implorò Edward “non allontanarla da me”
Carlisle lo ignorò e fece cenno a Bella di fidarsi.
“No…no!” gridò lei, mentre Jane la prendeva per mano.
Era una presa delicata ma possente.
A Bella non restò altro che fidarsi.
“Mamma! Papà!” li chiamò “Edward! …non mi lasciare, Edward!”
Ma Edward si sentì impotente e si sentì anche peggio quando la vide scomparire dietro agli alberi.
I Volturi non erano tipi da fare mille giri di parole.
Quello che volevano ottenevano e, se necessario, usavano anche la forza.
Era iniziata bene la giornata.
Nel giro di due secondi si era rivoltata tutta la storia.
Bella era stata portata via.
L’ultimo suono, in segno di difesa verso Bella, fu l’uggiolio di dolore di Jacob, che se ne stava dietro gli alberi e aveva cercato di fermarli.
Jane aveva usato i suoi poteri.
Jacob era a terra ansimante.
Avevano fatto bene a non raccontare nulla a Bella.
Se lo avessero fatto, l'avrebbero uccisa.
Edward ne sarebbe morto...o forse...già lo era.
Il suo cuore, per quanto fermo da tempo, si era spezzato
 
 
A tutti coloro che seguono questa storia…sappiate che mi fermerò fino a GENNAIO! Quindi ci rivediamo con il nuovo anno.
Buon Natale e Buon Anno a tutti!

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Capitolo 9
*** Di rabbia e visioni ***


ATTENZIONE: Innanzitutto buon anno a tutti belli e brutti (tutti belli per me) e secondo…capitolo di “transito” se così lo si può chiamare. Spero vi piaccia lo stesso.
A presto!!
 
 
 
Era stato tutto veloce…troppo veloce.
I Volturi, Bella che chiamava Edward e lo implorava, un uggiolio di dolore da parte di Jacob ed infine silenzio.
I Cullen erano rimasti sulla soglia di casa immobili, senza saper cosa dire.
Carlisle avrebbe voluto intervenire ma sapeva che non poteva mettere a repentaglio la vita dei ragazzi e nemmeno quella di Bella.
Edward aveva visto i pensieri di Aro, erano tutto fuorchè malintenzionati e quindi avevano tutti la speranza che Bella non venisse uccisa.
Ma averla portata via così era un colpo duro da digerire ed Edward dovette far richiamo di ogni sua forza per non uccidere i Volturi.
Tornare a Volterra era stata un’impresa anche per loro.
Prima dovevano studiare la bambina e dopo si sarebbero rivelati.
Proseguivano un po’ camminando ed un po’ usando auto
Su Aro era caduta la responsabilità di proteggere la bambina dalla sete di Caius, che faticava a controllarsi e, il più delle volte, imprecava contro il suo capo e contro Bella.
Marcus, invece, durante la notte aveva dovuto sfogare la sua sete su dei poveri passanti che uscivano ubriachi da una discoteca.
Bella, nonostante non avesse assistito a nulla di ciò che i Volturi facevano di notte, non riusciva a sentirsi tranquilla.
Sperava sempre nell’arrivo di Edward che la riportava a casa ma, ogni sera, le speranze finivano nel nulla appena chiudeva gli occhi.
Era toccato a Jane il compito di “nutrirla” fino a che non sarebbero arrivati a Volterra, al che aveva cercato più volte di usare il suo potere contro la bambina ma non accadeva niente e questo l’aveva incuriosita, oltre che infastidita.
La loro fortuna era che, sempre di notte, con Bella che dormiva poteva coprire maggiore distanza correndo, tanto lei non si sarebbe accorta.
Dormiva fra le braccia di Aro, che si chiedeva come potesse un esserino così piccolo essere così speciale.
Raggiunsero Volterra la notte di Capodanno.
Bella rimase abbagliata da tutto lo splendore che emanava il loro palazzo, meta turistica di molte persone, nonché dai fuochi d’artificio che segnavano l’inizio del nuovo anno.
“Devo darmi una ripulita” borbottò Caius “mi sento male a starle accanto” e se ne andò ai piani alti del palazzo.
Marcus non disse nulla e andò a chiudersi in biblioteca per evitare di combinare un disastro.
Bella si era seduta su uno scalino e teneva le gambe strette al petto.
Guardava Aro cercando di mantenere uno sguardo di sfida, ma non era così semplice.
I Volturi erano strani ancora più dei Cullen.
“Isabella, mia cara” Aro si avvicinò amichevolmente a lei e le tese la mano.
In quei giorni aveva fatto di tutto per riuscire a leggere nei suoi pensieri ma non riusciva mai.
Leggeva quelli di tutti ma non i suoi.
Era sempre più curioso.
Lei cercò di ritrarsi.
“Non voglio farti del male”
“Voi siete dei servizi sociali!” disse lei “voi fate sempre del male!”
Aro sgranò gli occhi, cercando di realizzare la frase appena sentita.
Poi scoppiò a ridere.
“Perché ridi?”
“Oh Isabella” rispose lui calmandosi “credimi se ti dico che non ho nulla a che fare con quel tipo di gente”
Bella piegò la testa e lo osservò sospettosa “Davvero?”
“Non intendo mentirti mia dolce Bella” ritese la mano.
Bella sospirò e l’afferrò.
Una volta in piedi si sistemò i vestiti “Io voglio tornare a casa”
“Non temere, tornerai a casa molto presto, te lo prometto”
Bella non era convinta.
Tutta la faccenda era strana, i Volturi era strani, tutto era strano.
Per alcuni tratti, somigliavano ai Cullen.
Li accomunava, anche, una bellezza rara che Bella non riusciva a vedere in nessun altro, nemmeno nei modelli delle pubblicità.
Le domande erano tante, ma non sapeva se porle o meno
 
****************************
 
Un urlo di rabbia echeggiò per tutta la casa e, a detta di tutti, anche per la foresta.
Si udivano oggetti che si frantumavano e mobili che cadevano o si spezzavano.
Ogni tanto cadeva qualche albero
Dopo un attimo di sgomento, i Cullen tirarono un sospiro sconsolato.
“Un altro attacco” commentò Carlisle
“Non si era notato” puntualizzò Emmet
“Ti ricordo che anche tu ne hai avuto uno”
“Si ma poi mi sono calmato!” ribattè “lui è già…a quanto stavamo? Il millesimo?”
Esme si intromise “Cercate di capirlo”
“Anche noi siamo legati a Bella!” sbottò Rose “e allo stesso modo odiamo i Volturi! Che c’è di diverso?”
Carlisle si guardò con la moglie, non sapevano cosa dire.
“Ha un legame forte, anche se non sembra”
“Non mi sembra una scusante”
“Rose” intervenne Alice “Carlisle ha ragione io…io l’ho visto”
La bionda sbuffò “E con questo? Non possiamo fare nulla, solo sperare che un giorno la riportino da noi”
Carlisle li lasciò discutere e salì nella stanza di Edward.
Lo trovò in piedi davanti alla finestra.
Guardava in un punto preciso.
Guardava Jacob.
Il lupo era sulla difensiva e tra i due si stava svolgendo un dialogo mentale.
 
-Puoi avere tutti gli attacchi che vuoi ma sai benissimo che la colpa è solo vostra!-
 
Il volto di Edward si indurì e i pugni si strinsero.
Era sul punto di attaccare.
 
-Bella è stata portata via per colpa vostra!- continuò il lupo –l’avete privata di una vita! L’avete uccisa!-
 
Carlisle non poteva sentire quello che si dicevano, ma capì che non era nulla di carino e amichevole.
Lo capì dal fatto che Edward scattò e si scagliò contro Jacob.
Tra i due iniziò una lotta all’ultimo sangue.
Edward non voleva mollare e Jacob non gliel’avrebbe data vinta facilmente.
Due forze altrettanto uguali che si battevano fra loro.
I ringhi emessi da Jacob lasciavano intendere che Edward non riusciva a colpirlo anzi, lo faceva solo arrabbiare di più.
Intervennero anche gli altri Cullen.
“Edward smettila!” gli urlò Carlisle.
Quando il lupo, causa un attimo di distrazione, venne scaraventato altrove, Carlisle si mise in mezzo e bloccò Edward prima che si scaraventasse contro Jacob.
“BASTA!” urlò con quanto fiato aveva in gola, tanto che persino Jake si immobilizzò, una volta tornato vicino.
Aveva male ad una zampa ma, grazie alla guarigione veloce, passò quasi subito.
“Adesso smettetela!” continuò “Jacob, non so cosa sia successo ma va a casa” disse “quando sarete più calmi ne riparleremo”
Jacob emise un ringhio per tutta risposta e poco dopo se ne andò.
“Wow” mormorò Emmet “gliele ha suonate al pulcioso”
“Emmet!” lo ammonì Esme, mentre Rose gli tirava una gomitata.
“Edward adesso devi smetterla!” Carlisle era iniziava a perdere la pazienza, ma cercava di mantenere più che poteva a calma “Alice può vedere tutto ciò che accade e sappiamo che Bella sta bene! Se le fosse successo qualcosa lo sapresti anche tu!”
“Tu che cosa ne sai!?” ringhiò Edward “tu non sai niente Carlisle! Pensi di sapere tutto ma non è così!”
“So più di quanto immagini, Edward” ribattè “e fino a prova contraria sono tuo padre”
“Se fossi mio padre ti saresti preso cura di Bella”
“Pensi che non l’abbia fatto?”
Edward sorrise per non sbottare con urla isteriche.
Si voltò verso i ragazzi, in particolare verso Alice, che aveva gli occhi sgranati.
Aveva visto qualcosa…qualcosa che ad Edward non piacque.
“No…”
Tutti si voltarono verso Alice, che non rispose.
“Io rivoglio la mia Bella!” urlò Edward e superò Carlisle, inoltrandosi nella foresta.
Alice, all’improvviso, si inginocchiò a terra.
“Che è successo?”
Esme iniziava ad aver paura.
“Se né andato…”
“Alice” Carlisle si avvicinò alla ragazza e si inginocchiò, mettendole le mani sulle spalle “Alice che succede?”
“Bella…” i volti dei Cullen erano pronti al peggio “quando tornerà non sarà più una bambina”
Qualunque fosse il significato di quella frase, capirono subito la reazione di Edward.
Carlisle si pentì amaramente di averla voluta adottare.

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Capitolo 10
*** Nuove rivelazioni ***


UN PO DI TEMPO DOPO…
 
“Bella!” la voce di Aro, seduto sul suo trono dorato con un libro in mano, risuonò per tutta l’abbazia, nonostante fosse tranquilla e pacata.
Un suono di passi lento fece capire che si stava avvicinando.
Aro sorrise e chiuse il libro, alzandosi in piedi e posandolo.
Bella fece il suo ingresso e, assieme a lei, una donna più adulta che Aro aveva assunto come istitutrice della ragazza.
Non voleva che durante la sua permanenza in abbazia, Bella si sentisse sola e diversa.
Sapeva che si era fatta tantissime domande e che mai aveva osato chiedere.
Aro l’aveva studiata a lungo e pensava che fosse giunto il momento di rivelarle la loro natura.
Ne aveva parlato a lungo con i suoi fratelli e tutti i membri della guardia.
A parte Jane e Caius, gli altri sembravano convinti e quindi sapeva che era giunto finalmente il momento fatidico.
Era lui, in fondo, il capo Volturi e il capo dei vampiri di tutto il mondo.
Era lui che comandava e stabiliva le regole ed era sempre lui che poteva gestirle e cambiarle a suo piacimento.
Osservò Bella con fare curioso.
Era consapevole che la donna da lui scelta per starle accanto non le stava simpatica, nonostante quest’ultima cercasse in tutti i modi di aiutarla a farla stare meglio.
Bella voleva i Cullen e lui, a volte, si sentiva quasi distrutto all’idea di aver portato via a quella famiglia una dolce bambina innocente.
Sospirò e si avvicinò, senza perdere il sorriso, alla donna accanto a Bella
“Cara Renee puoi andare adesso, hai la giornata libera”
Potè parlare tranquillamente inglese, in quanto la donna da lui scelta arrivava da Phoenix in Arizona.
La donna ringraziò ed uscì.
Aveva lo sguardo di una a cui non piaceva che Bella stesse assieme ad una famiglia come i Volturi.
Una volta fuori, Aro tornò a rivolgersi a Bella.
“Dolce Bella, come ti senti oggi?”
“Sto bene”
Bella tentò di sostenere lo sguardo ma Aro, benchè fosse gentile e premuroso, non era di certo un tipo che a pelle già piaceva.
Ancora incuteva timore, ma lei ci aveva fatto l’abitudine.
Dopotutto…erano passati anche otto anni.
Tanto…troppo tempo.
Non poteva lamentarsi, Aro le aveva dato tutto.
L’aveva nutrita e vestita, l’aveva trattata come se fosse sua figlia.
Ma a lei mancavano i Cullen.
Era stato Carlisle a toglierla dalle grinfie della casa famiglia ed era stato lui a darle finalmente un nome rispettabile.
Aveva trovato un amico, Jacob, aveva dei fratelli maggiori che la viziavano e a cui voleva bene.
E poi c’era lui…Edward.
Non aveva smesso di volergli bene e…con il tempo che passava si era accorta che quel bene si era mutato in altro.
Pensò che fosse solo la mancanza che sentiva e di mancanza ne avvertiva parecchia.
Forse era quello.
A volte si illudeva di vederlo arrivare e di andarsene via con lui.
Ma non era mai giunto.
Né con un cavallo bianco come sognano le bambine e nemmeno a prenderla come un uomo innamorato fa con la sua donna.
Si passò una mano fra i lunghi capelli ondulati e si spostò una ciocca dietro alle orecchie.
“Che cosa ti prende?” domandò Aro, lasciando trasparire una leggera frustrazione sul fatto che non era mai riuscito a leggerle la mente.
“Niente”
“Non puoi mentire a me Bella” l’ammonì lui “lo sai che riesco a capire a cosa pensi”
Lo capiva dagli occhi ma, ovviamente, non era così ferrato come pensava.
Quella ragazza sembrava un pezzo di ghiaccio.
Poche volte l’aveva vista sorridere e lo faceva solo con Renee.
“Sono…solo un po’ stanca, non ho dormito molto”
“Immagino sia perché oggi è il tuo compleanno”
Bella fece un lieve accenno con il capo.
“Sai Bella…” iniziò a camminare avanti e indietro “ho pensato molto in questi ultimi otto anni, ho cercato appigli a cui aggrapparmi e poter trovare la luce in ciò che sto per dirti”
Si fermò e la guardò dritta negli occhi.
“Ormai sei diventata una donna, Bella, ed è giunto il momento di rivelarti una cosa che…fino ad ora ho ritenuto opportuno non dire per la tua incolumità”
Se già Aro era inquietante, adesso Bella lo trovava anche peggio.
“Ma prima…so che ti sei posta molte domande in questi anni” precisò “dimmi, mia dolce Bella, quali sono queste domande?”
Bella non era sicura di poterle chiedere.
Non lo aveva mai fatto e, anche se Aro glielo stata dicendo apertamente, lei non si sentiva tranquilla.
Erano davvero tante, non sapeva nemmeno da dove cominciare.
Cercò di pensare velocemente a quali domande porre.
Selezionare solo quelle più importanti che avrebbero potuto dare risposta ai suoi dubbi.
“Io…non vi ho mai visti mangiare con me, sedersi a tavola o…bere qualcosa”
Aro sorrise.
Si aspettava quel tipo di domanda
“Abbiamo un alimentazione molto diversa, non mangiamo le stesse cose che mangi tu…non più ormai”
Bella ebbe un brivido.
“Sono stata sveglia spesso la notte” il che si poteva dedurre dalle occhiaie che la ragazza aveva “e…ti ho visto sempre alzato, mai a letto” Aro annuì e Bella proseguì “non ti vedo mai stanco, non ti vedo mai esausto e…non sembra nemmeno che siano passati otto anni per te…non hai rughe, non hai…cambiamenti e…”
Aro capì che Bella era giunta ad una soluzione, o comunque una risposta.
“Continua” la incalzò.
Bella deglutì
“E quando sono in quei giorni del mese…” divenne rossa, non era facile parlare di cose da donna con un uomo “nessuno si è mai avvicinato a me, tranne Renee, mi evitavate, sembravate quasi disgustati della mia presenza, specialmente Caius”
Aro incrociò le mani all’altezza del petto, con aria soddisfatta.
Bella aveva capito tutto, ma era stata in grado di mantenere il segreto.
Spesso l’aveva lasciata uscire fuori con Renee e mai lei aveva detto qualcosa a qualcuno.
Aveva visto giusto.
Quella ragazza era speciale.
Non parlava, non metteva nei guai nessuno ma, soprattutto, impediva a tutti i vampiri di usare il loro poteri su di lei senza che neanche lo sapesse.
Aro pensò che se Bella fosse stata una vampira sarebbe stata la più potente di tutte e con un potere raro.
Lei, quando vide che Aro non rispondeva ma sembrava confermare le sue parole, indietreggiò di un passo.
Non aveva mai accusato nessuno, anche se aveva le prove.
Finchè qualcuno non chiedeva o diceva, lei non apriva bocca.
Deglutì un'altra volta.
“Io…io so cosa sei”
Fece un profondo respiro.
Alla fine aveva vissuto otto anni assieme a loro, se volevano farle del male lo avrebbero già fatto.
Non doveva aver paura…non in quel momento, non di Aro.
Si rilassò, ma mantenne comunque uno sguardo serio.
“Sei…”
Non sapeva come dirlo.
Non voleva offendere nessuno.
Aveva letto sull’argomento, sapeva come vivevano e come si nutrivano.
Niente timore.
“Sei un vampiro”
Lui non disse nulla e non fece assolutamente nulla.
Si limitò a sorridere soddisfatto.
“Da quanto lo sai?”
“Da quattro anni…più o meno”
“E per tutto questo tempo tu non lo hai detto a nessuno”
“Non avevo nessuno a cui dirlo”
Aro rise di gusto e la risata echeggiò per tutta la stanza.
“Mia cara Bella, non puoi mentirmi” le disse “so benissimo che di Renee ti fidi e le hai confessato tanti tuoi segreti” precisò “avresti potuto dirlo a lei, dirlo alla polizia o a chiunque tu desiderassi”
Lei non seppe cosa rispondere
“Tu non lo hai fatto, perché sapevi che non ti avremmo mai fatto del male”
“Ma…tutte quelle persone, quei turisti che entravano qui dentro e che non vedevo mai uscire…”
Aro non sembrò minimamente turbato
“Piccoli sacrifici” rispose “dopotutto, mia preziosa, abbiamo anche noi diritto di nutrirci” spiegò “hai mai notato il cambiamento dei nostri occhi?”
Bella restò sconvolta.
Lo aveva notato eccome.
Rosso chiaro e rosso scuro, due colori molto insoliti nelle persone.
Inizialmente credeva che fossero delle lenti a contatto.
Ebbe un altro brivido.
Omicidi.
Commettevano omicidi per nutrirsi.
Le venne un flash.
“I Cullen…”
La sua domanda muta ottenne comunque una risposta.
“Si, Bella, anche loro sono come noi ma, ci tengo a dirtelo, nessuno di loro tocca un umano da secoli”
“Che intendi dire?”
“Che si nutrono di sangue animale” rispose “anche voi umani vi nutrite di essi, quindi non sono differenti da voi”
“Perché non me lo hanno detto subito? E perché tu non me lo hai detto?”
Aro posò le mani sulle spalle di Bella che, nonostante tutto, non si ritrasse…non aveva paura come pensava.
Disgusto forse, ma non paura
“Eri troppo piccola, mia cara, dolce e innocente” disse “perché rovinarti gli anni più belli della tua vita con una cosa del genere?”
Bella sorrise appena.
Aveva uno strano modo di proteggerla.
“Sappi che sto andando contro tutte le nostre leggi, nessun’umano dovrebbe sapere della nostra esistenza e chiunque lo scopre deve essere eliminato” precisò “ma non te, te sei troppo speciale per poterti fare qualcosa”
“E…Edward?”
“Si, anche lui” Aro divenne improvvisamente serio “ma c’è un problema a riguardo”
“Che cosa?” domandò allarmata Bella.
Amava Edward.
Lo aveva scoperto una volta entrata nell’adolescenza.
Era strano ma sentiva un forte legame con lui e, ogni volta che ci pensava, sentiva sensazioni diverse.
Alle volte belle, alle volte tristi.
Era un susseguirsi di sensi di colpa e angoscia a tranquillità.
Alle volte sentiva un senso di voracità, come una sete incontrollabile.
Diede colpa agli ormoni.
“Edward ha subito un cambiamento, Bella” spiegò “ma non sarò io a dovertelo dire, lo scoprirai di persona”
Come di persona? Aro ti prego parla”
“Non posso dirti altro Bella” ammise “sei una Cullen ed è da loro che dovrai essere informata”
Aprì la giacca del vestito nero elegante che indossava sempre.
Frugò al suo interno, in una delle tasche segrete, e tirò fuori un biglietto aereo di sola andata per Forks e…una busta sigillata.
“Questo è il mio regalo di compleanno” disse “puoi andare, Bella, torna a casa”
Gli occhi di Bella si illuminarono e divennero umidi.
“D…davvero?”
“Ma certo, che motivo hai di stare qui?”
“I…io…” Bella non era mai stata espansiva, anzi era molto introversa ed era difficile cavarle qualche pensiero o parola.
In quel preciso momento sembrò mandare al diavolo ogni sua volontà e si slanciò verso Aro, cingendolo in un abbraccio, che nemmeno lui si sarebbe mai aspettato.
“Grazie”
“Di nulla mia dolce Bella” l’abbraccio venne ricambiato ma era molto teso.
“Che c’è?”
“Oh niente” rispose “non sono molto abituato al tuo odore così vicino”
Il che non gli piaceva.
Lui aveva imparato a conoscere Bella in ogni suo aspetto e, con il tempo, aveva iniziato a provare qualcosa per lei.
Ma il cuore della ragazza apparteneva ad altri e per questo non aveva mai voluto intromettersi.
Bella, ad ogni modo, sembrò capirlo e si ritrasse quasi subito.
“Scusami”
“Non scusarti con me” l’ammonì
“E…la busta?”
“Quella dovrai aprirla sull’aereo, lì si che avrai tempo per leggere e conoscere”
Lei annuì
“E adesso va, prepara le valige e torna a casa”
“Corro!” fece per andare ma Aro la fermò
“E…Bella…” la guardò intensamente “ricordati una cosa, noi vampiri abbiamo delle leggi e facendo tu parte della nostra comunità, anche se sei ancora umana, ti obbliga a seguire anche le nostre regole, mi raccomando non infrangerle o sarò obbligato a fare ciò che non voglio”
Il messaggio fu chiaro e Bella se lo fece bastare.
“Grazie” disse ancora, per poi scomparire nelle sue stanze.
Aro rimase solo.
Inizialmente sorrise, poi divenne serio.
Gli dispiaceva doverla lasciare, ma era giusto così.
Lei doveva essere libera.
“L’hai lasciata andare?” la voce di Marcus risuonò per la sala.
“Si Marcus” rispose “era la cosa giusta da fare”
“Andrà dai Cullen!” esclamò Caius, che non aveva mai accettato la presenza di Bella e non amava nessuno al di fuori di se stesso “loro sono famosi per infrangere le regole e lei lo farà!”
“Andrà tutto bene”
“No che non andrà bene!” sbottò il biondo “le hai rivelato di noi! Dovevi ucciderla!”
Aro non resistette e si scagliò contro Caius, brancandolo per il collo e sbattendolo contro al muro.
Quest’ultimo si crepò tutto.
“Non osare dirmi cosa devo fare, Caius” ringhiò Aro, i canini pronunciato e gli occhi sbarrati “o sarai tu ad essere ucciso, mi sono spiegato?”
Era più forte di Caius e doveva essere lui a liberarlo dalla presa.
Lo lasciò andare e il biondo cadde a terra massaggiandosi il collo.
“Te ne pentirai Aro, te ne pentirai amaramente” e si ritirò nelle sue stanze.
Aro si ricompose e si sistemò la giacca e i lunghi capelli neri.
Marcus lo osservò a distanza.
“Non temere Marcus, non ti farò niente” disse, sapendo che era difficile che lui si arrabbiasse o attaccasse qualcuno.
“Ma nessuno doveva dirgli cosa fare e nessuno, assolutamente nessuno, doveva osare dire una parola contro Bella.
Non in sua presenza.
 
 
 
HOLA! Spero di non essere stata troppo cattiva in questo capitolo, dopotutto ho fatto passare ben otto anni!
Cosa sarà successo ad Edward?
Lo scopriremo più avanti.
Grazie a chiunque mi segue e grazie a tutti coloro che hanno da poco iniziato a leggere la storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate e scusate se ho aggiornato tardi ma sto scrivendo anche altro e poi il lavoro mi tiene parecchio occupata e quindi faccio una storia alla volta XD.
A presto ciauuuuuuuuuu

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Capitolo 11
*** Ritorno a casa ***


Fu tutto molto veloce.
Bella prese la sua unica valigia e riempì lo zaino delle cose essenziali, poi scese nella sala centrale.
Caius non la degnò di uno sguardo, mentre Jane era sul punto di fulminarla.
Tutti gli altri membri era pronti a salutarla.
Persino Alec, il fratello di Jane, sembrava propenso a dirle addio.
Li salutò uno ad uno, senza lasciarsi troppo andare.
Sapeva che il minimo contatto voleva dire provocarli, perciò mantenne le distanze.
“Buon viaggio Bella” disse Marcus che, anche senza l’accenno di un sorriso, era comunque più amichevole di Caius.
“Grazie” poi guardò Aro.
“Arrivederci Bella” sorrise lui “mi auguro che un giorno ci rivedremo”
Lei annuì, accennando appena un sorriso.
Aro aveva fatto chiamare un taxi appositamente per Bella.
Si udì il suono di un clacson, segno che era giunto.
Un altro saluto ed uscì, salendo sulla macchina e avviandosi verso l’aeroporto.
Sull’aereo non riuscì ad addormentarsi.
Era troppo euforica per farlo.
Frugò nelle tasche della giacca e tirò fuori la busta sigillata che le aveva dato Aro.
La lesse di fretta, non riusciva a concentrarsi.
Dovette leggerla una seconda volta, dopo un bel bicchiere di succo d’arancia servito dalla hostess.
Parlava dei Cullen e delle loro potenzialità.
La super velocità, la forza inumana, la pelle fredda e gli occhi che cambiano colore in base alla fame si ripetevano per tutti.
Ma tre di loro avevano un potere nascosto.
Jasper, colui che sembrava una mummia imbalsamata talmente cercava di resistere a non mangiarla, poteva controllare l’umore delle persone.
Alice, la sua sorellona unica, prevedeva il futuro.
Mentre Edward…lui poteva leggere nella mente senza bisogno di contatti come Aro.
Sospirò.
Edward…il suo Edward.
Che cambiamento poteva aver subito?
Perché Aro non voleva dirglielo?
Sentì una morsa allo stomaco e pregò, se davvero Alice prevedeva il futuro, di trovarlo appena scesa.
Di vederlo arrivare…di poterlo abbracciare e, perché no, forse anche baciare.
La cosa era stupida.
Aveva passato pochi mesi assieme a lui ma non era passato un solo giorno in cui Edward non gli fosse balzato nella mente.
A volte, nei sogni, pensava di poterlo sentire.
Le sembrava che fosse reale.
Fece il resto del viaggio con le cuffiette e la musica fornita dall’aereo ed a guardare fuori dal finestrino.
Le nuvole sembravano zucchero filato…almeno fino a metà viaggio.
Poi divennero grigie ed iniziò persino a piovere.
E, come se non bastasse, dopo ore di viaggio dovette sopportare anche un bambino che aveva iniziato a piangere e gridare perché voleva saltare sulle nuvole come vedeva fare nei cartoni animati.
Non aveva colpa se non capiva ancora la differenza tra fantasia e realtà, ma era comunque fastidioso e Bella si chiese come faceva la madre ad ignorarlo.
Al passaggio della hostess ordinò un altro bicchiere di succo d’arancia
“Mi scusi quanto manca all’arrivo?” chiese.
Da una parte non resisteva alla voglia di rivedere la sua vera famiglia, dall’altra non vedeva invece l’ora di lasciarsi alle spalle quel bambino.
L’hostess sorrise “ormai non manca molto, tra poco faremo allacciare le cinture di sicurezza”
Il che fu un sollievo.
Infatti, dieci minuti dopo, la stessa donna fece allacciare le cinture di sicurezza a tutti quanti.
Fra poco sarebbe atterrata.
Fra poco sarebbe giunta a casa.
Quando l’aereo fu finalmente a terra, scese quasi di corsa la rampa e giunse all’interno dell’aeroporto.
Attese l’arrivo della valigia e poi si guardò attorno con fare frenetico.
Cercava Alice con lo sguardo.
Se davvero i vampiri non invecchiavano, come aveva notato su Aro, allora Alice sarebbe stata uguale e identica a come se la ricordava.
Cercava anche Rosalie, Jasper ed Emmet.
Cercava Carlisle ed Esme.
Ma niente.
Neanche l’ombra.
Nemmeno quella di Edward.
Si sentì quasi male, abbandonata.
Si sedette sulle panche della sala d’attesa e fece un lungo sospiro.
Osservò il cellulare, che le aveva regalato Renee per i suoi sedici anni, ma non poteva ne chiamare ne sperare che la chiamassero.
Chi aveva il suo numero?
Non aveva nemmeno quello di Renee, Aro non le permetteva di usarlo in abbazia.
Anche perché non prendeva a Volterra.
Era riuscita solo a configurarlo grazie ad un barista del luogo che aveva il Wi-Fi.
-Alice dove sei? - si ritrovò a pensare.
“Bella?” una voce maschile, poco distante, richiamò la sua attenzione “sei davvero tu?”
Bella alzò lo sguardo e rimase sbalordita, nonché ad occhi sgranati.
“E…Emmet”
“Dio mio Bella, quanto sei diventata grande” il ragazzo si avvicinò e la strinse forte, tanto che Bella pensò che le costole si rompessero “Alice aveva ragione! Pensavo che scherzasse”
“Alice è sempre un passo avanti”
Emmet la lasciò andare e scosse la testa “E si, aveva ragione anche sul fatto che tu…beh ecco…sai”
Bella annuì “Mi sei mancato Emmet”
“Anche tu Bella, da morire”
Un altro abbraccio e poi uscirono dall’aeroporto.
Giunti alla macchina, Emmet prese la valigia di Bella e la mise nel porta bagagli e poi la fece salire.
Esitò alcuni istanti e poi salì anche lui.
Mise in moto e partì.
“Ancora non ci credo che sei cresciuta” commentò “l’ultima volta eri una nanerottola che mi arrivava poco sopra la vita”
“E adesso ti arrivo sotto al collo”
“Sei comunque una nanerottola”
Bella rise “Bel modo di riaccogliere tua sorella”
“Io posso” ribatté “altrimenti che razza di fratello maggiore sarei?”
“Giusta osservazione”
Notò che Emmet avrebbe voluto chiederle tante cose e forse non solo lui, ma ringraziò che non lo fece.
Per quanto Aro fosse stato gentile con lei, non aveva voglia di parlare degli otto anni appena trascorsi.
Voleva solo rivedere la sua famiglia.
“Stanno tutti bene?”
“Certo…” la voce era esitante “tra poco siamo a casa” disse svoltando per la strada che li avrebbe portati fino a casa.
Fu lei che ebbe una domanda da fare e, forse, era proprio quella che Emmet meno si aspettava.
“Edward?”
Emmet sgranò per un attimo gli occhi e capì che Bella aveva sentito o saputo qualcosa.
“Non…non è in casa, tornerà a breve”
Bella si morse il labbro inferiore.
“Ti rivedo dopo otto anni e mi menti?”
Lui deglutì
“Scusami…” disse “non sono la persona giusta per dirtelo” e la conversazione si concluse lì.
Giunti davanti a casa, Emmet prese la valigia e aiutò Bella a scendere.
Lei rimase pietrificata nel vedere quanto bella fosse.
Non era cambiata ma era comunque la casa più bella del mondo.
“BELLA!” si udì un esclamazione così forte che Bella credette l’avessero sentita fino in Cina.
Una saltellante Alice uscì dalla porta e le addosso, stringendola in un abbraccio forte
“Bella sei qui! Sei tu! Lo avevo detto ad Emmet che non mi ero sbagliata!”
“Alice!” salutò, senza sapere cosa altro aggiungere.
“Alice!” la voce di Rosalie la fece staccare da Bella “la vuoi lasciar respirare?”
La bionda, anche lei non era cambiata di una virgola come Alice ed Emmet, scese le andò incontro
“Bella…” sorrise la strinse “mio dio come sei diventata grande”
“Oh Rosalie”
“Bella?” Esme, dall’alto, si portò le mani alla bocca “oh mio Dio Bella!” corse giù per le scale e abbracciò forte la ragazza “oh mio Dio Bella credevo che non ti avrei mai più rivista”
Bella non resistette e lasciò andare le lacrime
“Mamma…”
Esme le prese il volto fra le mani e la guardò da cima a fondo “Sei cresciuta e sei anche bella! Adesso dovrò proteggerti dagli uomini”
“Anche da me?”
“Soprattutto da te, Emmet”
Il ragazzo ridacchiò e andò a fianco di Rosalie.
“Ciao Bella” anche Jasper spuntò da dietro Esme “wow…sei…diversa”
“Tu invece non sei cambiato per niente”
Jasper sorrise “Il bello dell’immortalità”
Anche lui la strinse.
“Mi sei mancata”
“Anche tu”
Bella, dalla spalla di Jasper, vide Carlisle sopra le scale.
“Carlisle!” si tolse lo zaino e lo mollò a terra.
Corse su per le scale e si lanciò fra le braccia di Carlisle.
Lo strinse forte, sentendo il ricambio da parte dell’uomo “Mi sei mancato da morire”
“Ci sei mancata anche tu Bella” la guardò attentamente “ti assicuro che non accadrà più una cosa del genere”
Poi richiamò gli altri membri della famiglia e li fece rientrare.
Sul tavolo del salotto, che era come Bella se lo ricordava, c’era un pacco con scritto il suo nome.
“Vedrai che ti piacerà” disse Alice “ho visto la tua faccia mentre lo aprivi e ne rimarrai entusiasta”
Lo porse a Bella “il nostro regalo di benvenuto”
Bella lo prese ed iniziò a scartarlo.
Era un vestito verde, lungo fino al ginocchio e molto elegante.
“Visto!” esclamò Alice “questa è la faccia che vi dicevo che avrebbe fatto!” disse vedendo l’espressione meravigliata di Bella “ed il nostro regalo di compleanno!”
“Alice sei…sei…”
“Oh non disturbarti Bella, lo so!” disse ammiccando.
Alice aveva organizzato di tutto.
Mandò Bella a farsi subito una doccia e, una volta vestita, la fece tornare giù.
Non le diede neanche il tempo di respirare.
Bella avrebbe voluto fare tante cose, tipo entrare in quella che era la sua stanza e vedere se trovava Edward, che non era presente.
Ma Alice non le diede tregua.
Per lei fu tutto ancora più veloce della partenza da Volterra.
Non si rese nemmeno conto della festa che Alice aveva organizzato, tranne che per gli stuzzichini che la obbligava a mangiare con la scusa che era magra come un filo d’erba essiccato.
Non si era risparmiata.
Con la scusa che Bella tornava, aveva deciso di dare una mega festa.
Aveva invitato, praticamente, mezzo liceo di Forks.
Un po’ perché voleva salvare le apparenze di famiglia e un po’ perché voleva che Bella non si sentisse sola, che facesse amicizia e che avesse la vita che non aveva mai avuto fino a quel momento.
La musica era assordante, per quanto piacevole.
Bella non era abituata a tutto quello ma fu grata ad Alice.
Se non era per lei non avrebbe mai avuto una vera festa.
Durante i festeggiamenti, Bella notò che Carlisle si era allontanato ed era entrato nel suo studio.
Non riuscì a resistere all’impulso di seguirlo.
Bussò ed entrò
“Bella!” si voltò guardandola “qualcosa non va?”
“No va tutto bene volevo…solo…” non sapeva che dire
“Stavi diventando sorda?”
“Più o meno” risero.
Carlisle la fece accomodare.
“Non c’è Edward?” chiese lei, fingendo di non sapere “non l’ho visto”
Carlisle la guardò serio “Aro non ti ha detto nulla?”
Bella non fu in grado di mentire “Non proprio, solo che…che era cambiato”
Quella risposta lasciò intendere che Bella sapeva anche di loro, cosa che aveva capito nel monto in cui li aveva rivisti.
Non fatto il minimo accenno di sbalordimento anzi, le sembrava una cosa ovvia.
Ma dirle il cambiamento di Edward…quello non lo avrebbe digerito facilmente.
“Edward è…è rimasto sconvolto dalla tua partenza, si sentiva in colpa”
“Perché?” domandò lei “non era colpa sua se sono dovuta partire”
“Non vuole sentire ragioni” spiegò il biondo “per lui non è stato facile, aveva la responsabilità su di te e l’accordo l’aveva preso con i Volturi” fece una piccola pausa “dopo la tua partenza è scomparso per qualche mese e…quando è tornato non era più lui”
“In che senso?” Bella iniziò a preoccuparsi
“Non mi sembrano cose da dire in questo momento, sarebbe meglio se tu tornassi alla festa”
“No Carlisle!” ribatté “ti prego voglio saperlo”
Il dottore sospirò.
Conoscendo Aro le avrà sicuramente detto di cosa la sua famiglia si nutriva e i poteri che avevano.
Volle parlare liberamente, senza però esagerare.
“Diciamo che…gli animali non sono più di suo interesse da tempo, ormai”
Un lungo brivido gelido percorse la schiena di Bella

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Capitolo 12
*** Vampiri e Licantropi ***


Avrebbe preferito non saperlo.
Avrebbe voluto che il suo bene…il suo amore per Edward fosse si mutasse in odio, così da poter dire che non le interessava nulla di lui.
Invece sentì il suo cuore frantumarsi in mille pezzi e cadere a terra.
Pensò che da un momento all’altro le potesse venire un infarto ma non accadde e questo la fece stare anche peggio.
Voleva morire piuttosto che sapere una cosa del genere.
Sentì le gambe cederle ma, quando sembrò sul punto di cadere, si ritrovò col fondoschiena su una sedia.
Carlisle, grazie alla sua velocità, aveva preso una sedia e gliel’aveva messa sotto appena in tempo.
“Bella…”
“Dov’è?” fu l’unica domanda che riuscì a porre
“Non è più qui…” tagliò corto Carlisle, lasciando però trasparire che sapeva dove poteva trovarlo.
“Dov’è!?” chiese lei con più insistenza.
Carlisle non ebbe parole.
Non credeva che bella avesse così tanto da coraggio.
“Non so…se posso dirtelo”
“Perché?”
“Potrebbe ucciderti, Bella” spiegò “se ti trova non è detto che riesca a trattenersi, non ha lo stesso autocontrollo dei Volturi e…” deglutì “credimi, Bella, il tuo odore è molto potente e richiede uno sforzo incredibile per starti vicino senza saltarti addosso e questo vale anche per noi che ci nutriamo di animali”
Bella pensò in fretta.
Carlisle, Esme e gli altri erano la sua famiglia e stessa cosa valeva per Edward.
Era la sua famiglia e, avendone una, non aveva intenzione di lasciarla andare, non più.
E poi voleva rivederlo, anche se ciò significava morte certa.
Non aveva mai pensato molto alla morte, ma morire per qualcuno che si ama è un bel modo per andarsene.
E lei Edward lo amava…lo amava davvero.
Non avrebbe resistito un minuto di più.
“Non mi importa” disse secca “dimmelo…per favore” cercò di mantenere un tono gentile.
Non era il caso di essere aggressivi.
Carlisle lo faceva solo per proteggerla.
L’uomo fece per rispondere ma venne interrotto da Alice, che fece capolino dalla porta.
“Eccoti qua!” cinguettò “hai un odore così potente che è stato facile individuarti” chiuse la porta “la festa è per te, dai vieni!”
Bella non rispose e Carlisle le scoccò un occhiata, facendole capire che Bella sapeva di Edward.
“Oh…” fu l’unica sillaba che uscì dalla sua bocca.
“Avvisa Esme che mi assenterò per un po’”
Alice assunse uno sguardo cupo e preoccupato, i suoi occhi fissavano il vuoto.
“Alice…”
“Non so se è una buona idea”
“Mi ucciderà?” chiese Bella a bruciapelo, sapendo che Alice vedeva il futuro “o ucciderà Carlisle?”
La mora scosse la testa “No quello no ma…”
“Alice” Carlisle mise le mani sulle spalle della figlia “qualunque cosa accadrà ci sarò io a proteggere Bella”
Alice lo guardò e i due parlarono sussurrando.
“Carlisle la tua resistenza al sangue umano non ti sarà d’aiuto”
“Posso farcela, ho più controllo di quanto immagini, ti ricordi con quel ragazzino al pronto soccorso due anni fa? Non sarà diverso”
“Ascoltami, ti prego, Bella ha un odore potente” disse “succederà qualcosa che metterà a dura prova il tuo autocontrollo! Carlisle non farlo, e non portare nemmeno Bella!”
“Alice…non potrò trattenerla, ci andrà da sola e lo sai” le diede un bacio sulla fronte “sta tranquilla, avvisa gli altri, noi torneremo appena possibile”
Bella, nonostante il silenzio della stanza, non riuscì ad udirli e comunque non le importava quello che si dicevano.
Aveva ben altro in testa.
Lei voleva Edward, voleva assicurarsi che fosse ancora vivo nonostante il suo stato attuale.
“Bella…” Carlisle si avvicinò alla ragazza “seguimi”
Uscirono dallo studio e, facendosi largo fra la folla di liceali danzanti, raggiunsero la porta di ingresso.
Una volta fuori si incamminarono nella foresta.
Bella seguiva Carlisle come un cagnolino che segue il suo padrone.
Per un attimo…solo per un attimo, pensò di vedere Jacob, ma quel pensiero svanì subito.
Carlisle camminava lentamente.
Si guardava attorno, annusava l’aria e i suoi minimi spostamenti.
Si accorse che l’odore della ragazza era più potente di quanto si aspettava, Edward l’avrebbe sentito a chilometri di distanza.
Si tolse la sua felpa e la porse a Bella “Mettitela” almeno con quella nascondeva un po’ l’odore.
Lei lo guardò confusa
“Non ho freddo…”
“Non è per il freddo”
Bella, finalmente, intuì e la prese mettendosela.
Le andava larga ma era meglio così.
Camminarono ancora per alcuni minuti, Edward si era rifugiato bene.
Lentamente, Carlisle si avvicinò a Bella e le mise una mano attorno alle spalle.
Lo fece dolcemente, con fare paterno, ma sotto sotto era per protezione.
Aveva sentito qualcosa.
“Abbiamo compagnia” mormorò “tranquilla è solo Jacob”
“Jake?” Bella dimenticò alcuni istanti Edward
“Si lui” rispose “Aro ti ha detto di lui?”
Bella sentì una morsa allo stomaco.
“Anche Jake è un vampiro?”
“No…non lo è” disse “però non ci va distante”
“E allora cos’è?”
“Hai mai sentito parlare dei licantropi?”
“Se non sbaglio sono umani che nelle notti di luna piena si trasformano in lupi”
Carlisle rise “Quelli sono i lupi mannari, io ho detto licantropi”
“Oh…”
“Sono umani che si trasformano in lupi ogni volta che desiderano, specie se arrabbiati”
Bella fece un respiro profondo.
Se voleva bene a dei vampiri non vedeva perché con Jacob doveva essere diverso.
Voleva vederlo e assicurarsi che anche lui stesse bene.
Dopotutto, era il primo “amico” che aveva avuto quando era andata a vivere dai Cullen
“Dov’è?”
Carlisle si fermò “Jacob, vieni fuori, fatti vedere”
Non accadde nulla.
“E’ al corrente del tuo stato, vieni fuori”
Un rumore di ghiaia che scricchiolava fece rabbrividire Bella.
Pochi istanti dopo un lupo enorme, a grandezza umana, fece il suo ingresso attraverso gli alberi.
Bella indietreggiò di un passo ma Carlisle la prese per mano, dandole sicurezza.
Il lupo osservò Bella da testa a piedi e i suoi occhi, inizialmente feroci, si addolcirono.
“Sei mancata anche a lui”
“Ciao Jake”
Il lupo si avvicinò a Bella.
Lei, anche se un po’ esitante, allungò la mano e lo accarezzò.
Pian piano si calmò e sorrise
“Mi sei mancato Jake”
Lui si lasciò accarezzare, poi si voltò verso Carlisle e gli occhi divennero minacciosi.
Anche se non poteva leggergli nel pensiero, Carlisle potè intuire quello che pensava.
“So che sai cosa sto facendo” disse “mi serve anche il tuo aiuto, più siamo meglio è”
Jake sbuffò e fece lui strada.
“Edward è così pericoloso?”
“Passare dal bere sangue umano a quello animale è dura, ma tornarci è veloce” spiegò “se un vampiro…vegetariano, se così si può dire, torna a bere sangue umano lo fa con più foga, con più violenza e l’autocontrollo che aveva fino a poco prima va pian piano a scemare fino quasi a svanire”
Bella deglutì
“E il suo è…”
“Poco, ma ancora presente, se riusciamo a fare appello a questo siamo fortunati”
Camminarono ancora ma si dovettero fermare appena videro Jacob immobilizzarsi e ringhiare.
“Che succede?”
“Edward…” mormorò Carlisle “ci sta osservando”
Bella si guardò attorno.
Dov’era?
Non riusciva a vederlo.
Jacob annusava l’aria e ringhiava.
Carlisle si avvicinò a lui “Sta pronto”
Il lupo confermò.
Uno spostamento d’aria e dei rami che si rompevano fecero allarmare Carlisle e Jacob.
“E’ la dietro!”
Fecero per voltarsi ma qualcosa di veloce si mosse e Carlisle venne scaraventato lontano da qualcosa…o meglio…qualcuno.
“CARLISLE!”

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Capitolo 13
*** Nessun controllo ***


ATTENZIONE!!!! Ho fatto una piccola modifica al “carattere” di Carlisle, più precisamente al suo autocontrollo.
Leggendo capirete.
Chiedo perdono anticipatamente
 
 
 
Bella non fece in tempo ad intervenire che Jacob, con uno scatto felino, la superò e attaccò.
Tra un ringhio e l’altro, la ragazza si accorse che chi li aveva attaccati era proprio Edward.
Sgranò gli occhi e indietreggiò.
Mentre tra il lupo ed Edward si era instaurata una battaglia all’ultimo sangue, Bella accorse ad aiutare Carlisle.
“Carlisle stai bene?” tremava e le riusciva difficile mantenere la voce calma.
Lo osservò attentamente.
Sul volto riportava il segno di una crepa.
Edward lo aveva quasi ucciso.
“Oh mio Dio…” entrò in panico “oh mio Dio…”
“Bella…Bella tranquilla” il Dottore prese il volto di Bella fra le mani “Calmati…”
Bella tentò di respirare normalmente ma non ne fu in grado.
“Guarda” la costrinse a guardare il suo volto e le mostrò che a crepa era completamente sparita.
Guarigione veloce.
Questo Aro aveva omesso di dirlo.
A quel punto si calmo un po’ di più.
Carlisle si rialzò e strinse Bella a se.
Si voltarono verso Edward e lo videro lanciare Jacob lontano.
Quest’ultimo ricadde a terra con un uggiolio di dolore.
“Edward!” lo chiamò Carlisle, attirando la sua attenzione.
Edward si girò di scatto.
Le mani strette a pugno e il volto contratto dalla rabbia e dal dolore.
Non era un dolore fisico ma morale.
Bella potè notare il colore dei suoi occhi.
Rossi come il sangue.
“Come…come hai osato?” domandò rivolto a Carlisle “come hai osato?”
Carlisle lo guardò dritto negli occhi “Perché voglio che tu ti renda conto che Bella è ancora viva”
Bella tremava e, per questo, la stretta di Carlisle si fece più salda.
Tento di non lasciarsi andare al panico, non più, non in quel momento.
“Edward…”
“Bella…” gli occhi del ragazzo sembrarono addolcirsi per alcuni istanti.
Edward lasciò trasparire tutte le sue emozioni.
Se avesse avuto un cuore, avrebbe giurato che fosse ripreso a battere.
Vedere bella era come vedere la luce in fondo ad un tunnel di oscurità.
“Oh Edward…” fece per avvicinarsi ma Carlisle la bloccò.
Il biondo scosse la testa, facendole capire che era meglio non avvicinarsi.
Infatti, anche Edward era indietreggiato.
“Sta lontano Bella…”
“Edward…”
“Bella ti prego…”
La ragazza non seppe cosa dire o cosa fare.
Sentì una lacrima scendere lungo i suoi occhi e appoggiò la testa sul petto di Carlisle.
Non riusciva a guardarlo…non riusciva a vederlo in quello stato.
Si sentiva male e, solo in quel momento, capì che era stato un errore chiedere di vederlo.
Calò il silenzio e…un rivolo di vento soffiò.
I capelli di Bella si mossero e il suo odore si sentì per tutta la zona.
Carlisle sgranò gli occhi e, accorgendosi di questo, guardò Edward.
Il ragazzo annusò l’aria e sentì il suo corpo fremere.
Emise un ringhio sommesso.
Nel giro di pochi istanti Bella si ritrovò scaraventata contro un albero lì vicino.
Carlisle l’aveva spinta via dopo che Edward le stava per saltare addosso.
Il dottore tentò di bloccare Edward.
“Edward calmati adesso!”
Ma il ragazzo non sembrava dargli retta.
Si dimenava e tentava di distruggere anche Carlisle.
Bella tentò di rimettersi in piedi e al suo fianco arrivò Jacob, che nel frattempo si era ripreso dal lancio di poco prima.
Diede qualche musata a Bella, che gemette di dolore.
Sul volto aveva un piccolo graffio ma il polso destro aveva sfregato contro la corteccia mentre atterrava e, per questo, sanguinava parecchio.
Senza contare che aveva persino preso una botta alla testa.
“Sto bene” mormorò a Jacob, per tranquillizzarlo.
Furono le classiche ultime parole.
Avvertì il suono di un tronco d’albero che si spezzava e una forza sovrumana sopra di lei.
Il tempo di realizzare e vide Carlisle sopra di lei.
Gli occhi sgranati, la bocca semi spalancata e…i canini più pronunciati.
Era attratto dal suo sangue.
Jacob era tentato di attaccare ma si fidava abbastanza di Carlisle tanto da essere sicuro che si sarebbe fermato in tempo.
Era l’unico dei Cullen e unico vampiro al mondo di cui si fidava.
“Carlisle…Carlisle ti prego…” mormorò Bella.
Carlisle continuò a guardarla, emettendo anche lui dei suoni gutturali da far rabbrividire.
 
“Qualunque cosa accadrà ci sarò io a proteggere Bella”
Alice lo guardò.
“Carlisle la tua resistenza al sangue umano non ti sarà d’aiuto”
“Posso farcela, ho più controllo di quanto immagini, ti ricordi con quel ragazzino al pronto soccorso due anni fa? Non sarà diverso”
“Ascoltami, ti prego, Bella ha un odore potente” disse la mora “succederà qualcosa che metterà a dura prova il tuo autocontrollo! Carlisle non farlo, e non portare nemmeno Bella!”
 
L’uomo ripensò a quelle parole e strinse i pugni.
Alice aveva ragione…aveva sempre ragione.
Vide Bella, che tentava di ripararsi il volto con il braccio sano.
Un altro ringhio.
“Vattene…” sussurrò “scappa, Bella…” si alzò a fatica, come se l’odore di Bella lo trattenesse.
La ragazza riuscì a sentire la voce spezzata di Carlisle.
“No…” disse “non me ne vado” fece per avvicinarsi ma Carlisle si portò una mano al volto, un po’ per evitare di sentire l’odore e un po’ perché si sentiva male al pensiero di aver quasi ucciso Bella.
Sua figlia.
“Jacob…” mormorò “portala…portala via…svelto”
Jacob fece intendere a Bella che doveva salirgli in groppa ma lei si rifiutò.
“Non so quanto riuscirò a resistere…vattene…” ancora nulla “ho detto VATTENE!” urlò.
Quell’urlo fece sobbalzare Bella, le cui gambe cedettero.
Jacob non esitò un istante e la obbligò con un ringhio a salire.
Lei si trovò costretta ad obbedire.
“Portala via” disse Carlisle “portala lontano!”
Bella non ebbe la forza per ribattere e nemmeno il tempo.
Jacob aveva iniziato a correre più veloce che poteva.
La ragazza aveva solo voglia di morire.
Per un attimo ebbe in mente di tornare da Aro.
Si sentiva peggio di quanto pensasse e sapere di essere una preda la faceva stare peggio.
Avvertì una fitta al polso destro e alla testa
Stava ancora sanguinando e vedeva il mondo che lentamente girava.
Si sentiva debole, l’adrenalina stava svanendo.
Lentamente sentì i suoi occhi farsi più pesanti.
Cercò di tenerli aperti ma non riuscì.
Senza accorgersene perse i sensi.
 

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Capitolo 14
*** Il risveglio ***


Un leggero profumo di the aromatizzato all’arancia aleggiò per tutta la casa.
Bella emise un piccolo gemito e lentamente aprì gli occhi, venendo invasa da quell’odore.
Tentò di mettersi su a sedere ma, quando fece peso sul polso destro, gemette più forte avvertendo un dolore lancinante.
Istintivamente lo sollevò e portò l’altra mano su di esso, come a voler far cessare il dolore, accorgendosi che era bendato.
Si tirò su di scatto e sgranò gli occhi, con la testa che iniziò a girarle per la velocità.
Dov’era? Che stava succedendo? Chi l’aveva medicata?
Erano tante le domande ma nessuno a cui porle.
Cercò di mettersi in piedi ma si sentiva debole e si ritrovò seduta di nuovo sul letto.
Fece un profondo respiro e si guardo attorno.
Era in una camera da letto e per giunta di un ragazzo, a giudicare dai vari oggetti presenti al suo interno.
Le pareti, il soffitto e il pavimento erano di legno e, guardando fuori dalla finestra, notò che aveva persino cominciato a piovere oltre al fatto che c’era solo la vista della foresta.
Realizzò che era buio ma non vedeva ne’ la luna ne’ il cielo talmente le chiome degli alberi erano fitte.
Nonostante tutto avesse un aria da brivido, nella stanza c’era un bel calduccio, dovuto ad una stufetta elettrica di quelle portatili.
I suoi pensieri vennero interrotti da un rumore di passi.
“Ben svegliata” una voce maschile, dolce e quasi vivace, la fece sobbalzare.
Alzò lo sguardo e vide Jacob, che si avvicinava con un vassoio.
Sopra una teiera, una tazza e un piattino con cinque biscotti fatti in casa.
“J…Jacob?”
“In carne ed ossa”
Bella lo guardò sbalordita.
Non era invecchiato…nemmeno un po’ o, almeno, non era evidente.
“Sei…sei…”
Jacob sembrò intuire la sua domanda muta “Ancora giovane? I lupi sono come i vampiri” disse tranquillamente, tanto Bella sapeva tutto “con la differenza che noi prima o poi invecchiamo e moriamo, ma lo facciamo lentamente”
Bella sorrise appena “Ho notato”
Poi si accorse dell’abbigliamento del ragazzo.
Fuori faceva freddo e lui andava in giro con bermuda e maglietta smanicata.
Non volle nemmeno sapere come fosse possibile, pensò che i lupi fossero il contrario dei vampiri, cioè più caldi.
“Dove mi trovo?” chiese.
“A casa mia” rispose “sei svenuta, hai dormito per ben sei ore”
Bella si portò una mano alla testa indolenzita, ma che dava comunque meno fastidio del polso.
Il polso…
“Edward…” guardò Jacob “Carlisle!”
“Tranquilla stanno bene” disse secco Jacob, che non li aveva mai visti di buon occhio “ho già parlato con loro, resterai qui per il tempo necessario di riprenderti”
Lei tentò di ribattere ma Jacob la fermò offrendole il the
“Bevi, ti farà stare meglio” le porse la tazza piena e il cucchiaino per lo zucchero.
“Io sto bene”
“Nessuno sta bene a contatto con le sanguisughe”
“Jacob!”
“Perché non è vero?” domandò lui come se fosse una cosa ovvia “Bella hai rischiato di morire!”
“Ne sono consapevole…”
“E quindi perché insisti a volerli vedere?”
Bella lo guardò scandalizzata “Jake sono la mia famiglia! Carlisle mi ha salvata”
“Lasciandoti poi con i succhia sangue dell’Italia”
“Non aveva scelta”
“L’aveva eccome!” ribattè “ma ha preferito ignorare tutte le altre strade e seguire il suo egoismo”
“Non…” Bella deglutì “non ti permetto di parlare in questo modo dei Cullen” si alzò in piedi, non badando al lieve capogiro.
Non avrebbe permesso a Jacob di insultare i Cullen.
Poteva capire l’astio che correva fra Vampiri e Licantropi, ma non poteva accettare che dicesse quelle brutte cose in sua presenza.
“Dove pensi di andare?”
“Da Carlisle”
“Ti ha quasi ucciso Bella!” l’afferrò per il polso, quello sano “non te lo permetto”
“Non hai nessun diritto su di me” ribattè Bella “ti credevo mio amico!” fece per liberarsi ma la presa di Jacob era salda e forte.
Per un attimo credette che il polso si stesse spezzando.
“Io sono tuo amico!” esclamò il ragazzo “ed è per questo che non voglio che il tuo ritorno si trasformi nella tua dipartita”
Bella esitò
“Non voglio che ti accada nulla” continuò lui con tono più calmo “non voglio vederti morire”
Bella tremò visibilmente.
Che cosa doveva fare?”
“Voglio comunque parlare con Carlisle” disse “fammeli almeno chiamare”
Jacob distolse lo sguardo.
Non voleva nessun tipo di contatto con i Cullen e voleva che Bella facesse lo stesso.
Ma come poteva impedirglielo?
Era impossibile.
Mollò la presa e frugò nel cassetto del comodino, estraendo il cellulare ed aprendo la rubrica.
“Non ti sarà difficile trovare il loro numero”
Lei non rispose ed iniziò a cercarlo.
In effetti non le fu difficile trovare il numero dei Cullen.
Anche se non era scritto, era chiaro che “Schifose sanguisughe” poteva essere solo il loro numero.
Non ebbe nemmeno la forza di urlargli contro.
Aveva bisogno di sentire Carlisle.
Pochi squilli e poi risposero.
“Bella!”
La voce squillante di Alice le penetrò nell’orecchio facendola sobbalzare.
“Alice…”
“Meno male che stai bene!”
“Si…si meno male”
“Bella che hai?”
“Voglio parlare con Carlisle”
Ci fu un attimo di silenzio
“Alice…”
“Ecco…”
“È successo qualcosa? Alice che è successo?” Bella sentì il battito accelerare e il respiro farsi affannoso.
Che era successo?
“Bella?” era la voce di Emmet
“Emmet che succede?”
“Tranquilla va tutto bene, non è successo niente” la rassicurò “Carlisle sta bene, solo che…ecco…gli serve un attimo per riprendersi”
Bella emise un sospiro di sollievo.
Carlisle non voleva parlarle dalla vergogna, dal senso di colpa.
Ma colpa aveva?
L’istinto era difficile da controllare e lo sapeva.
Non aveva paura di lui.
Capì che doveva dargli tempo.
“Puoi…puoi dirgli…che non ho paura di lui e che…non lo incolpo di nulla”
Ancora silenzio.
“Va bene, tranquilla”
“Grazie Emmet”
“Figurati” si udirono delle voci di sottofondo, volevano tutti sentire Bella.
Alla fine fu Esme a prendere il telefono.
“Bella! Tesoro!”
“Ciao mamma”
“Stai bene?”
“Sto bene, tranquilla” rispose cercando di mantenere un tono calmo “Jacob si è preso cura di me” abbozzò un sorriso e, con la coda dell’occhio, vide che Jacob fece lo stesso.
“E’ un caro ragazzo” Esme si tranquillizzò
“Cane rognoso!”
“Emmet!”
Bella rise
“E’ meno rognoso di lui”
“Oh sì confermo”
“Me la pagherai Bella!”
Bella capì di essere in viva voce “Vedremo” poi tornò a rivolgersi ad Esme “domani torno a casa, se non vi da disturbo”
“Alla buon ora!” cinguettò Alice
“Quando vuoi cara” Esme non stava nella pelle “ci vediamo domani”
“A domani” e mise giù, porgendo il telefono a Jacob “grazie”
“Di niente” lo mise via “vorrei che non tornassi, ma so che fermarti sarebbe peggio” distolse lo sguardo
“E’ la mia famiglia…non ho paura di loro e non ne ho di Edward”
“Lo so…” sospirò “adesso riposati, domani ti riaccompagno io”
Non aggiunse altro e non diede il tempo a Bella di rispondere.
Uscì di casa e si addentrò nella foresta.
Rimase dietro ad un albero e, appena Bella si sdraiò, riprese il suo giro.
Si inoltrò sempre di più nella fitta foresta.
Lo fece da umano, non aveva voglia di trasformarsi.
Arrivato all’altezza del fiume si fermò.
“Io sarò anche un cane bagnato, ma neanche tu scherzi con il tuo odore”
Un tonfo a terra, sulla sponda opposta, fece capolino Edward.
In piedi su una roccia, osservava Jacob.
“Siete stati stupidi a portarla da me” mormorò
“Prima di tutto, a me dello stupido non lo dai e secondo…” esitò un attimo “E’ stato il dottore a portarla da te, io gli sono andato dietro”
“Come un cagnolino?”
“Spiritoso” Jacob strinse i pugni.
Edward abbozzò un sorriso, poi tornò serio “Lei sta bene?”
Jacob annuì “Non grazie a voi”
“Pensi che a me sia piaciuto?” ringhiò Edward “pensi che lo volessi?”
“Io penso che tu sia solo un parassita e che Bella non deve rischiare la sua vita per uno come te”
Edward distolse lo sguardo.
Jacob aveva ragione.
“Non potrò impedirle a lungo di stare lontano da voi” proseguì Jacob “ma se vorrà vederti, e lo farà, io la seguirò, le starò appiccicato come un cagnolino”
“E poi sarei io lo spiritoso”
Nonostante fosse nella sua forma umana, Jacob emise un ringhio sommesso “Se oserai farle del male…”
“Che cosa mi farai?”
“Non è a lei che dovrai rispondere e nemmeno alle sanguisughe Italiane”
“Lo vedremo” e con un balzo, Edward scomparve fra gli alberi.
Jacob ringhiò e, sentendo la rabbia invadergli tutto il corpo, si trasformò.
Corso sulle montagne e sfogò la sua frustrazione con un ululato.

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Capitolo 15
*** Volersi ricongiungere ***


Bella vagava per la foresta.
Stava cercando Edward, voleva vederlo.
Passava dal camminare al correre, si faceva largo fra i rami degli alberi che sembravano volerle bloccare il passaggio.
Si guardava attorno, percepiva la sua presenza.
Raggiunse il fiume che passava al centro della foresta e vi si fermò.
Era in piena e l’acqua scorreva a gran velocità, trasportando anche tronchi di alberi che si spaccavano a contatto con i massi spuntanti dal fondo.
Sembrava pronto ad inondare tutto.
Bella si guardò ancora attorno.
“Edward!” chiamò “Edward!”
Un tonfo, proveniente dall’altra riva, la fece sobbalzare.
Edward era lì.
Se ne stava in piedi e teneva lo sguardo basso.
“Oh Edward!” fu felice di vederlo
“Bella…”
“Come faccio a raggiungerti?”
“Non puoi”
“Allora vieni tu da me”
“Non posso”
“Ma perché?” il fatto che Edward parlasse bi sillabo, se non anche meno, la fece spaventare.
“Io sono il nemico, Bella, non possiamo stare assieme”
“Ma a me non importa” lo rassicurò lei “non mi interessa il tuo stato, io ho bisogno di te!”
Edward si incupì ancora di più
“Vampiri e Lupi non possono essere amici”
“L-Lupi?” Bella non capì ed Edward non fece nulla per farsi comprendere.
La ragazza abbassò lo sguardo e…
“Oh mio Dio…”
Al posto dei piedi c’erano delle zampe grigie.
Spaventata si voltò di scatto e vide che tutto il suo copro era mutato.
Era diventata un Lupo, proprio come Jacob.
Tornò a guardare Edward.
“Edward!” ma lui non disse nulla e si voltò fuggendo a gran velocità nella foresta.
“EDWARD!” Bella tentò di fare un balzo, ma prese male le misure e cadde in acqua, venendo trascinata dalla corrente fino ad una cascata.
Bella cadde.
 
Bella si svegliò con un grido sommesso.
La fronte imperlata di sudore e il respiro affannoso.
Tremava e non per il freddo.
“Bella!” la voce di Jacob irruppe nella stanza.
Il ragazzo le fu subito vicino.
“Bella, tranquilla, ci sono io” esitò alcuni istanti poi la strinse a se, sentendola tremare “va tutto bene”
Bella ricambiò la stretta.
Ne aveva bisogno.
Si lasciò cullare dal suo abbraccio e si lasciò avvolgere dal profumo di muschio che Jacob emanava.
Si calmò lentamente.
“Grazie” mormorò lasciandolo andare “scusami…”
“Non preoccuparti” sorrise amichevolmente lui, sedendosi al suo fianco “e poi dicono che mi agito nel sonno, neanche tu scherzi”
Anche Bella sorrise, poi tornò seria “Ho bisogno di vederlo, Jake” disse, anche se sapeva che l’argomento non era fra i preferiti di lui “devo vedere Edward e devo vedere Carlilse”
Infatti ottenne uno sbuffo e gli occhi al cielo.
“Mi aspettavo un argomento più vivace” borbottò Jacob “che so…un invito a cena o una passeggiata al chiaro di luna, sono disposto a farti un altro the se vuoi”
Stava facendo di tutto per sviare l’argomento, ma lei non mollò.
“Ne ho bisogno, Jacob!”
“Perché!?” sbottò “cos’hanno fatto per te? Ti hanno salvata da una casa famiglia? Beh sappi che secondo me era meglio lì che con quelle sanguisughe!”
Bella non voleva litigare.
Fece un profondo respiro e proseguì “Se Carlisle voleva farmi del male lo avrebbe già fatto anni fa” disse “ed Edward non mi farà del male…io lo so, lo conosco”
“Che cosa sai di lui!?” ribattè “uccide le persone, Bella! Uccidere significa omicidio, Edward è un assassino, Bella, lo capisci!?”
“Non è un assassino”
“E come lo definisci uno che uccide le persone per placare la sua sete?”
Bella distolse lo sguardo.
Fece per rispondere ma vennero interrotti da dei colpi sul vetro della finestra.
Fuori c’erano Leah, Seth, Sam e gli altri amici di Jacob.
Il ragazzo sbuffò e aprì la finestra facendoli entrare.
“Permesso?” chiese Seth entrando e atterrando sonoramente sul pavimento “abbiamo sentito la tua soave voce amico”
“Lo hanno sentito fino a La Push” ridacchiarono gli altri.
Leah incrociò lo sguardo di Bella e sbuffò, tenendosi da parte.
Sam li guardò entrambi dall’alto al basso “Che diavolo succede?”
“Niente che ti riguardi” rispose Jacob
“Tutto mi riguarda se si tratta dell’incolumità e del silenzio della riserva” e con quella frase lasciò intendere che nessuno doveva fiatare.
“Qual è il problema?”
Jacob si rifiutò di rispondere e lo superò, uscendo dalla finestra e allontanandosi.
Bella non lo fermò.
“Cavolo” mormorò Seth “sei la prima ragazza che riesce a farlo infuriare, svelami il tuo segreto”
“Seth!” lo ammonì Sam, che tornò a guardare Bella “allora?”
Sospirò “Voglio andare a casa mia”
Sam sembrava reticente ma non contrario “Non vedo il motivo per cui si debba urlare in quel modo”
“Ho detto a Jake che voglio vedere Edward”
Sam si irrigidì, mentre gli altri arretrarono di un passo.
“Il nostro compito è quello di proteggere la nostra zona e gli abitanti di Forks dai vampiri che vogliono creare problemi” spiegò “Edward Cullen sta creando problemi ed è MIO compito tenerti al sicuro”
Bella lo guardò negli occhi
“Se vuoi tornare dalla tua famiglia, nessuno di noi può impedirtelo” precisò “ma Edward Cullen è un pericolo per tutti, specie per te, ti proibisco di rivederlo”
“Ma…”
“La discussione finisce qui” la zittì lui, osservando Jacob fuori dalla finestra “chiaritevi!” e se ne andò, seguito subito da Leah.
“Ciao Bella”
“Ciao”
“Ciao Bella, prima o poi dovrai svelarmi come hai fatto a farlo arrabbiare” ammiccò Seth prima di balzare fuori dalla finestra.
Bella rimase sola e sospirò.
Non poteva impedirle di vederli, non era più una bambina che non sapeva badare a se stessa.
Si impuntò e, dopo essersi alzata e aver preso la sua giacca, uscì dalla casa.
Sperò che Jacob non se ne accorgesse o, almeno, non la fiutasse.
Non badò al fatto che fosse notte.
Iniziò a correre fino a raggiungere la riva del fiume.
Proprio come nel suo sogno.
Il fiume era in piena e qualche tronco veniva trasportato dalla corrente e si spezzava allo scontro con i massi.
Istintivamente, Bella si controllò le mani e il corpo pregando che non fosse diventata un lupo.
Per fortuna era ancora umana.
Avvertì uno spostamento d’aria e, dalla riva opposta, apparve Edward.
Se ne stava in piedi, le mani chiuse a pugno.
Cercava di resistere all’odore di Bella.
“Bella…”
Lei non riuscì a non sorridere, anche se appena “Ciao Edward”

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Capitolo 16
*** Si torna a casa ***


Sono in un imperdonabile ritardo e me ne rendo conto…fustigatemi e fucilatemi!
Per fortuna ho trovato un attimo per rispolverare questa long.
Spero che qualcuno ancora mi segua.
Ciauuuuuuuu
 
 
“Non dovresti essere qui” mormorò Edward.
Bella spalancò la bocca.
Non si vedevano da anni, lei voleva riavvicinarsi e tutto ciò che aveva da dire era quello?
Si sentiva presa in giro ma cercò di stare calma.
Voleva Edward e voleva parlare.
Non si sarebbe lasciata intimorire.
“Sono esattamente dove dovrei essere”
“Nella zona dei lupi?”
Bella sospirò “Vicino a te”
Edward la guardò.
I suoi occhi rosso sangue la guardavano imploranti, cercava salvezza, mentre la sua bocca sembrava pregustare la sua pelle.
Per istinto si tirò su il cappuccio della felpa, sia per proteggersi da un eventuale morso sia perché non voleva che il suo odore arrivasse Edward facendolo impazzire.
Si sentì, comunque, sporca, ingrata e con la voglia di sprofondare sotto due mila metri di terra.
Stava mancando di rispetto ad Edward coprendosi il collo e gli stava dimostrando di non avere fiducia, cosa non vera in quanto ne aveva tanta.
Si fidava di lui più di quanto dava a vedere.
“Vattene, Bella” ordinò Edward con tono autoritario “torna a casa”
Bella si stizzì, dopo tutto quello che aveva passato osava anche ordinarle di andarsene?
Neanche morta.
“Non sei mio padre, non puoi darmi ordini!” ribattè.
Edward assunse uno sguardo furioso ma faceva di tutto per trattenersi e non darlo a vedere.
Si vedeva, anche, che stava combattendo con l’istinto di morderla, cercava di reprimerlo e forse non sarebbe durato a lungo.
Ma lei era pronta a tutto, non le importava se veniva morsa e/o trasformata.
Non voleva morire senza averlo rivisto e riabbracciato.
“Posso fare molto più di quanto immagini, visto che siamo imparentati” sibilò lui.
“Non siamo consanguinei, non sei realmente mio fratello e non sei Carlisle!” Bella aumentò il tono di voce.
“E delle guardie del corpo che mi dici?” domandò indicando col capo il branco di lupi che si era formato dietro Bella, senza che lei se ne accorgesse “nemmeno loro sono tuoi parenti, eppure sei lì”
Lei non rispose, il silenzio era interrotto solo da ringhi sommessi e sguardi di fuoco tra i lupi ed Edward.
Uno di questi, Jacob, si mise al suo fianco, lanciando un’occhiataccia alla ragazza che aveva disobbedito agli ordini dei Quileute.
“Non voglio farle del male” disse, rivolto ai lupi a cui riusciva a leggere il pensiero “deve ringraziare la felpa che indossa”
Bella si ricordò che la felpa che vestiva era di Carlisle e quindi il suo odore attutiva parecchio, senza contare che odorava di cane bagnato a causa di Jacob.
“Non sto invadendo il Vostro territorio”
 
–Devi andartene, Cullen– gli disse Sam –ci sono già abbastanza problemi, senza che ne crei tu, Bella è al sicuro qui alla riserva e non intendiamo farla venire dall’altra parte con il rischio che tu o il dottore perdiate nuovamente il controllo–
 
Edward scosse la testa e rise “Pensa a quello che potreste fare voi in modalità lupo” rispose “non siete tanto diversi da me e lei ha diritto di scegliere”
“Scusate!” si intromise Bella, evidentemente infastidita “vorrei farvi notare che io sono ancora qui e penso di essere abbastanza responsabile da poter decidere il mio destino e quello che voglio”
Ci fu di nuovo silenzio per qualche istante.
Il lupo che corrispondeva a Jacob stava facendo dei ringhi rivolti a lei.
“Dice che se tu fissi davvero responsabile non saresti venuta qui a cercarmi” tradusse Edward per lei “e, detesto ammetterlo, ma mi trovo d’accordo con lui”
“Che cosa!?” Bella strinse i pugni.
“Sei nel territorio dei lupi, Bella” spiegò lui “non solo convengo che sei al sicuro, per quanto ripugnante sia stare con loro…” ricevette dei ringhi da parte dei lupi “…ma finché sei lì, sei considerata a tutti gli effetti una di loro…Vampiri e Lupi non possono essere amici”
Bella sgranò gli occhi e deglutì, avvertendo il cuore mancare un battito e il respiro mancarle.
Era come nel suo sogno.
Si osservò le mani, con la paura che fosse diventata un lupo ma, per fortuna, non accadde nulla ed era ancora un’umana.
Se il suo sogno stava diventando realtà, allora doveva assecondarlo.
“Ti dimostrerò che non sono una di loro, che non sono un lupo ma solo un’umana che non intendere perdere quello che ha”
Si tolse la felpa di Carlisle e la gettò a terra, prese la rincorsa e fece per saltare sull’altra sponda, cosa che non sarebbe mai riuscita a fare vista la distanza che vi era.
Il fiume era zona neutra, nessuno poteva dire o fare niente.
Il balzo non fu lungo, a malapena un metro e mezzo.
Bella si preparò all’impatto con l’acqua e la roccia su cui, probabilmente, si sarebbe rotta qualcosa.
Ma la collisione non avvenne.
Qualcuno l’aveva afferrata al volo, sotto gli ululati e ringhi dei lupi.
L’urto con il terreno divenne impercettibile, in quanto quel qualcuno aveva attutito botta.
Bella, che aveva tenuto gli occhi chiusi fino a quel momento, li spalancò trovandosi Edward davanti.
Non le importò niente, né il suo gesto e nemmeno gli eventuali rimproveri.
Lo strinse forte a se e inspirò a pieni polmoni il suo profumo.
Se adesso la uccideva poco le sarebbe importato, lo aveva rivisto e abbracciato.
“Ma sei impazzita!?” ringhiò lui alzandosi in piedi a aiutando Bella a fare lo stesso “che razza di idee ti vengono!?”
I Lupi, che stavano nel loro territorio, abbaiavano e ringhiavano.
“E voi cosa volete!?” sbottò Edward “sono in territorio neutro, non sto invadendo il Vostro spazio!” poi tornò a guardare Bella, ignorando i Lupi che sembravano pronti ad attaccarlo “e tu, che cosa volevi dimostrare con questo gesto sconsiderato!?”
Bella abbassò lo sguardo.
Cosa poteva risponderle?
Che lo aveva fatto perché era una stupida? O, forse, perché sapeva che se si buttava Edward l’avrebbe salvata dimostrando che non era un mostro e che poteva benissimo stare con lei?
“Volevo dimostrarti che non sei un mostro”
“E ti sembra questo il modo!?”
“Edward!” la figura di Carlisle, nella sponda destinata ai Vampiri, fece capolino sulla riva, seguito da Emmet e da Jasper.
“Bella!” Emmet, ignorando i Lupi, saltò giù e la raggiunse “stai bene?”
“Emmet…”
“Non credo proprio” gli disse Edward, facendo ricordare a Bella che sapeva leggere il pensiero altrui, tranne il suo di lei “grazie per la tua fiducia”
Emmet, non rispose, lanciando solo un’occhiataccia al fratello.
“Idiota ci sarai tu”
“Non vogliamo creare problemi!” esclamò Carlisle, cercando di calmare le acque “non invaderemo il vostro territorio e non creeremo alcun disturbo”
 
–Il solo fatto che siete qui è già un disturbo! – disse Jacob
Sam gli ringhiò contro –Sta zitto! – poi guardò Carlisle – Bella resta qui! L’ha messa in pericolo –
 
“Le ho salvato la vita”
“Sentite…” si intromise di nuovo Carlisle che, non potendo leggere il pensiero dei Lupi, poteva immaginare i discorsi dalle risposte che Edward dava “…noi adesso ce ne andremo” li rassicurò “per qualsiasi scelta, deve essere Bella a decidere” e si voltò verso la ragazza “sta a te, Bella”
Bela guardò intensamente Edward, che distolse lo sguardo per non incrociare i suoi occhi.
Lo vedeva combattere contro il suo stesso istinto, contro la sua sete di sangue.
Era proprio quella la risposta che cercava.
“Se Edward avesse voluto uccidermi lo avrebbe già fatto” si voltò verso il lupo che corrispondeva a Jacob “perdonami…” ritornò a guardare Edward “verrò con voi”
Edward sorrise appena, forse per via dei pensieri che giravano nelle menti dei lupi, ma tornò subito serio.
Lui non sarebbe andato con lei, non finchè non imparava a controllarsi.
Prese Bella e, con un balzo, andò sulla sponda dove stavano Jasper e Carlisle, seguito da Emmet.
Quest’ultimo, appena toccato terra, strinse forte a se Bella “Ti portiamo a casa” mormorò al suo orecchio.
E si avviò verso casa con Jasper.
Carlisle guardò i lupi che, sbuffando, si allontanarono nella foresta dalla parte opposta.
Poi guardò Edward.
“Non intendo farlo” disse il ragazzo, rispondendo ai pensieri di Carlisle, che continuò a comunicare con lui tramite mente.
 
-Bella ha ragione, se volevi ucciderla lo avresti già fatto- gli disse –so come ti sei sentito e so quanta volontà tu abbia…torna a casa, Edward-
 
Edward sospirò e riflettè.
Come poteva farlo?
 
“Dammi qualche giorno” tornò sulla sua riva e corse via, prima che Carlisle potesse dire qualcosa.
Anche lui sospirò.
L’unico lato positivo era che Bella finalmente tornava a casa.
E stavolta, giurò a se stesso, niente e nessuno gliel’avrebbe portata via…neanche i Volturi.

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