Stop pity yourself, or life become an endless nightmare di Sacchan_ (/viewuser.php?uid=82631)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** OTP ***
Capitolo 2: *** #cliché ***
Capitolo 3: *** #headcanon ***
Capitolo 4: *** #fluff ***
Capitolo 1 *** OTP ***
Ci avviciniamo verso la fine del
#writetober indetto dalla pagina Fanwriter.it, in questa raccolta
troverete tutte le mie partecipazioni scritte per il fandom di Bungou
Stray Dogs e con coppia principale DazaixAtsushi.
NdA: il titolo fa riferimento alla frase che Dazai dice ad Atsushi dopo
averlo schiaffeggiato.
Day
1:OTP
Atsushi
lasciò dondolare la testa. Le palpebre stanche vagavano
qua e in là, tenendo sotto costante occhio l'orario: il
momento
della cena era già passato da un pezzo e lui proprio non
capiva
come ci era finito nuovamente
in quella situazione, con il signor Kunikida che teneva bloccato lui e
il signor Dazai nell'ufficio dell'Agenzia a causa della negligenza di
quest'ultimo.
Si toccò lo stomaco sospirando: brontolava da quanto aveva
fame
ed era pronto a scommettere che anche per Dazai doveva essere lo
stesso, peccato che la costante vigilanza di Kunikida gravava su di lui
come un falco che teneva in agguato la sua preda.
Alla fine il sonno prevalse, facendolo cadere addormentato sul divano;
quel mobilio che, solitamente, era sinonimo di ozio del membro
più nullafacente dell'Agenzia.
"Dazai! Sono passati esattamente venti minuti e trenta secondi e non
hai ancora completato un quarto del tuo rapporto!" Sbraitò
furioso Kunikida, battendo nervosamente un piede a terra.
"Sei così spietato, Kunikida-kun! Costringermi a completare
il
mio resoconto dopo l'orario di lavoro, senza farmi toccare cibo o
acqua..." Piagnucolò l'interpellato, contribuendo a irritare
ulteriormente il suo partner, ormai pronto a tirargli un pugno proprio
in testa.
"Se ti decidessi a svolgere il tuo lavoro decentemente invece che
perdere tempo... Ohi, moccioso! Hai trovato i dati che ti ho chiesto?"
Prevedibilmente nessuna risposta giunse in soccorso, se non un leggero
ronfare proveniente da qualcuno raggomitolato quasi in posizione fetale
su se stesso.
"Se stai cercando aiuto da Atsushi-kun... beh, ti dico che sta
già dormendo da quindici minuti buoni!"
Dazai poté giurare di udire il rumore di una delle vene
sulla fronte di Kunikida rompersi.
"Non riesco a crederci! Questi giovani di oggi non hanno il minimo
senso della parola impegno!" Minacciò furioso avvicinandosi
pericolosamente al divano dove l'ignara vittima stava ancora ronfando.
Fortuna volle che Dazai si frappose pacamente tra i due, alzando le
mani in segno di resa verso il suo collega di lavoro, patteggiando per
trovare modo di calmare le acque.
"Oh, andiamo, andiamo! Atsushi-kun ha lavorato duramente durante
l'ultimo caso, no? Lasciamolo riposare."
Kunikida lo guardò per nulla convinto, tuttavia qualcosa lo
convinse a indietreggiare nel mentre che Dazai tornò a
infilare
le mani nelle tasche del suo impermeabile, sorridendo prima al suo
partner poi all'ultimo arrivato dell'Agenzia.
"E va bene!" Gli rispose dandogli le spalle. "Finirò io le
ultime cose. Tu occupati di portare a letto il moccioso e vedi di
coprirlo per bene! Fa freddo alla notte e non abbiamo bisogno di gente
malata!" Terminò il discorso sistemandosi gli occhiali sul
naso
e prendendo posto a sedere alla sua scrivania.
"Sarà fatto!" Rispose dolcemente Dazai per poi chinarsi
verso
Atsushi, sfiorargli la fronte con le nocche delle dita e ridendo di
come il ragazzino russava innocente di tutto.
Parole: 459
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Capitolo 2 *** #cliché ***
Cliché:
ossia un comportamento stereotipato, un dialogo comune,
una situazione usata e strausata che in questo secondo giorno del
#writetober si traduce in: come vi continuo la flash precedente.
DAY 2: Cliché
Atsushi
avvertì la sensazione di galleggiare a mezz'aria.
Una percezione di leggerezza, quasi di tepore, come il risveglio da un
sonno profondo e ristoratore.
"Mmm..." Mugolò appena aprendo gli occhi,
accorgendosi poi di
qualcosa che non andava: dove erano finite le postazioni di lavoro e le
pile di documenti da smistare e archiviare? Perché erano
stati
sostituiti dai lampioni di strada e dalle luce artificiale dei
grattacieli?
"Ben svegliata, principessa! Dormito bene?"
"Mh?" Atsushi sollevò appena il viso per
individuare il profilo
del suo nuovo mentore: dal mento perfetto, ai capelli castani, alle
immancabili bende che gli circondavano il collo, visibili da sotto il
colletto della camicia.
Solo dopo aver ripreso coscienza di sé
capì che la sua
impressione di lievità proveniva dal suo trovarsi
letteralmente
in braccio al signor Dazai, con le sue braccia forti che lo sostenevano
dalla schiena e da sotto le ginocchia.
"Eeeeehh?" Si agitò Atsushi dimenando braccia e
gambe, cogliendo
di sprovvista Dazai, minacciando di farlo rovinare a terra.
"Ehi, sta fermo! Rischi che ti faccia cadere!"
Il più piccolo ne arrossì, balbettando
una sequenza di
scuse infinite, ricordandosi del momento in cui era bellamente caduto
addormentato.
"Il signor Kunikida si sarà sicuramente
arrabbiato, vero?"
Osò chiedere e subito Dazai rise della sua domanda,
rafforzando
la presa sul corpo di Atsushi.
"Neanche tanto. Proprio lui mi ha detto di portarti
a letto!"
Il viso di Atsushi divenne blu dallo spavento.
"Cosa? Non ci credo!"
Dazai sbuffò divertito riprendendo a camminare
verso i dormitori dell'Agenzia, sotto lo sguardo incredulo di Atsushi.
"E invece sì. Più tollerante di quello
che appare, eh?"
Scherzò socchiudendo gli occhi, ripensando a come Kunikida
aveva smorzato il suo tipico stacanovismo; Atsushi annuì di
rimando: in realtà non si spiegò come mai,
nonostante ora
fosse sveglio, Dazai non diede cenno di rimetterlo a terra, ma
continuò a portarlo in braccio imboccando persino la
scalinata
che conduceva al suo dormitorio.
"Mh, Dazai-san? Ora puoi anche mettermi giù, no?"
Pigolò debolmente, provando a nasconderne l'imbarazzo.
Solo allora Dazai si arrestò per guardarlo
finalmente negli
occhi, cosa che ancora non aveva fatto, lasciandolo combattuto tra
l'idea del sostenere lo sguardo o abbassarlo deliberatamente per
nascondere il rossore sulle guance.
Inutile dire che l'uomo intuì all'istante i suoi
pensieri e si
lasciò scappare una risatina divertita per richiamare
Atsushi
all'attenzione.
"Atsushi-kun, dovresti davvero smetterla di guardarmi con
quegli occhioni da cucciolo spaesato, sai?"
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Capitolo 3 *** #headcanon ***
Headcanon!
Ossia una idea che si ha in testa riguardo una nostra coppia (che
può essere canon oppure no)
DAY 3: HEADCANON
Le
guance di Atsushi erano in fiamme. Come diavolo era venuto in mente al
signor Dazai di rivorgergli una domanda così sconveniente
proprio durante l'orario di lavoro e mentre si trovavano nell'ufficio
dell'Agenzia? Per di più alla presenza di tutti.
Che
il suo nuovo mentore fosse l'apice dell'eccentricità questo
lo sapeva benissimo fin dall'inizio, ma nulla gli dava il diritto di
metterlo in situazioni così scomode, come se lo divertisse
farlo. Non voleva certo essere un nuovo bersaglio delle sue malefatte,
anche se in parte lo era già.
Si
toccò nuovamente il viso scoprendolo più caldo
del solito, fortunatamente la fine del corridoio era vicina
così come l'ascensore dove rifugiarsi a portata di mano.
"Atsushi-kun!
Aspetta!"
Ma
il signor Dazai doveva avercelo proprio di natura il talento di
metterlo in imbarazzo.
"Signor
Dazai! Le ho già detto che..." Esclamò agitato il
ragazzo voltandosi verso l'uomo più grande; come aveva fatto
a raggiungerlo? Proprio non ne aveva idea, era sicuro di essersi
defilato via alla velocità della luce e invece...
"Oh,
andiamo..." Rispose lui divertito dalla situazione, ma con il fiato un
po' corto. "Era solo una domanda innocente, non c'è bisogno
di reagire così... e poi sono davvero curioso."
Infierì con tono borioso.
Atsushi
non seppe dire se la conclusione di quella risposta nascondeva in
realtà un doppio fine di cui il signor Dazai si stava
bellamente servendo usando quella sua lingua saccente; sta di fatto che
il solo ripensarci lo fece evaporare dalla punta dei piedi fino ai
capelli.
Stringendo
i pugni cercò di assumere una postura corretta, quantomeno
per nascondere l'evidente disagio che stava provando, per cui era
scappato e dal quale non c'era affatto riuscito.
"Ah!
Allora io mi permetto di dissentire..." Balbettò sempre
più esagitato, incapace di guardare il suo collega negli
occhi. Se l'avesse fatto si sarebbe scavato la fossa da solo.
"Perché, vede, ecco, io, fin dal primo momento, ho sempre
pensato che non potesse esistere un uomo più bello di lei!"
Finì il discorso quasi mordendosi la lingua, strizzando
talmente tanto gli occhi da farsi venire male alle tempie.
Per
usare le parole di Kunikida: quello era davvero lo scenario peggiore
che mai potesse capitargli!
"Eh?"
Quando
riaprì le palpebre finalmente si accorse di come il signor
Dazai lo guardava con un'espressione sbalordita; la tipica espressione
di chi si aspettava tutto tranne che una replica del genere.
Atsushi
balzò all'indietro, finendo con la schiena addossata contro
la parete dell'ascensore. Se era finito in una trappola, allora aveva
fatto tutto da solo.
"Ah...
no, cioè... quello che volevo dire io era che..." Il suo
sguardo felino saettò da una parte all'altra del corridoio;
l'ascensore dietro di lui era una via di fuga fin troppo prevedibile e
ritornare in ufficio era impossibile dato che Dazai gli sbarrava ancora
la strada, perciò non rimaneva che... "Mi dispiace! Io mi
sono appena ricordato che la signorina Yosano voleva che facessi una
commissione per lei!" Urlò come un pazzo mentre si
precipitò giù per la tromba delle scale. Poco
dopo era già in strada, deciso ad allontanarsi dalla sede
dell'Agenzia come una saetta.
Avrebbe
fatto ritorno solo una volta dimenticato quell'episodio e di sicuro non
sarebbe stato molto presto.
Dazai,
invece, rimase paralizzato da quanto successo, incapace di muovere un
muscolo fino a quando non avvertì il portone dell'uscio
principale dell'edificio sbattere, segno che Atsushi era uscito.
Lentamente
portò una mano alla fronte e la sfregò
leggermente mentre il suo cervello elaborò le ultime parole
del suo giovane allievo e il suo comportamento.
"Dannazione,
Atsushi-kun. La mia intenzione era quella di mettere in imbarazzo te,
non volevo che tu lo facessi con me."
Parole: 588
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Capitolo 4 *** #fluff ***
Fluff:
fanfiction prive di qualsiasi caratteristica angst. Solitamente
mantengono un clima caldo e sereno per infondere piacere in colui che
legge.
Tuttavia io non sono in grado di scrivere fluff senza prima passare per
una sana dose di angst!
DAY 4: FLUFF
Atsushi
avvertì le gambe molli come burro. Era partito
tutto bene: avevano risolto il caso e stavano tornando verso l'Agenzia,
allora come ci erano finiti in quel discorso?
"138 omicidi,
312 casi di estorsioni,
625 di frode, più una lunga serie di altri crimini. Ora che
lo
sai, davvero pensi che io sia una brava persona?"
Queste erano state le esatte parole che Dazai gli aveva
rivolto poco prima, pronunciandole con un sorriso amaro sulle labbra.
"Perché? Perché mi sta dicendo una
cosa simile?"
Tremò la voce di Atsushi; il suo voleva essere un
complimento
che esprimesse tutta l'ammirazione che provava verso l'uomo davanti a
lui, mai avrebbe voluto rattristarlo in quel modo, né fargli
ricordare qualcosa di così doloroso come il suo passato
nella
Port Mafia. Che stupido che era stato! Aveva parlato col cuore, ma non
ci aveva affatto pensato!
"Perché sembri scordare chi ero, ed è
bene che tu lo
tenga a mente se vuoi continuare ad avvicinarti a me." Gli rispose
Dazai infilando le mani nelle tasche, tornando a mostrare un minimo di
quel brio che da sempre lo contraddistinse; in realtà fu
solo
una maschera.
Atsushi non disse più nulla, al contrario
scoprì di avere
gli occhi che gli bruciavano. Li abbassò a terra, con la
speranza di non farsi scoprire, ma Dazai non sembrò
curarsene
dato che gli diede le spalle, sospirando e proseguendo a camminare,
sperando che il ragazzo dimenticasse tutto quanto e lo seguisse, cosa
che ovviamente non poteva accadere.
"Però, se mi sta dicendo una cosa simile,
significa che lei
rimpiange tutto ciò che ha commesso in passato." Ora
sì
che la voce di Atsushi era davvero incrinata dal pianto. Dazai aveva
cercato di lavarsene le mani e andare avanti, ma questa situazione
l'aveva generata lui e ora sempre a lui toccava risolverla.
"Chi lo sa." Replicò alzando appena le spalle.
La verità è che nemmeno sapeva bene
come ribattere;
chissà, forse se ci fosse stato Oda accanto, lui che di
orfani
ne era completamente avvezzo, si sarebbe fatto consigliare su come
farlo smettere di piangere.
"A me non importa niente del suo passato. Mi importa di quel
giorno, da
quando mi ha salvato dalla fame e dalla morte. Ai miei occhi lei
è davvero una brava persona! E dovrebbe smetterla di
trattare se
stesso con disprezzo!" Improvvisamente la voce di Atsushi divenne
più acuta. "Oppure mi sta forse dicendo che la mia opinione
non
conta assolutamente niente per lei?"
Dazai aprì leggermente la bocca; senza parole era
esattamente lo stato che meglio lo descriveva in quel momento.
Cosa stava pensando poco prima, poi? A cosa avrebbe fatto
Oda al posto suo?
Forse...
Allungò la mano poggiandola sul capo di Atsushi,
che ancora lo
teneva piegato verso terra, il quale sgranò un poco gli
occhi
per la sorpresa di quella carezza improvvisa.
Dazai ne sorrise per la reazione; non solo aveva gli occhi
rossi, ma
anche la punta del naso lo era. La luce del tramonto, che splendeva su
Yokohama, sicuramente lo rendeva più adorabile di quanto
già non era.
"Odasaku, avevi davvero ragione." Parlò
dolcemente, strofinando i capelli argentei del suo sottoposto.
Finalmente Atsushi tornò a sollevare il viso,
incuriosito da quel nome mai sentito prima.
"Odasaku?" Ripeté.
Dazai annuì, staccandosi e rimettendosi le mani
in tasca,
lasciando che le punte dell'impermeabile svolazzassero portate via dal
vento della sera.
"Un giorno ti racconterò anche di lui. E
sarà molto
più interessante di tutti quei noiosi racconti sulla Port
Mafia."
Detto ciò non aspettò più
il ragazzo, ma riprese a
camminare verso la fine del ponte che stavano attraversando per tornare
in ufficio. Ad Atsushi forse serviva ancora un po' di tempo per
elaborare quanto accaduto.
E lui, stringendo le mani a pugno, finalmente si decise a
muovere le gambe, non più immobile, e seguire le sue spalle.
"Ah! Allora sarò davvero lieta di ascoltarla!"
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