E voi ci credete?

di LaDeaTraIMortali
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amityville ***
Capitolo 2: *** Azzurrina ***
Capitolo 3: *** Aokigahara ***
Capitolo 4: *** Poveglia ***
Capitolo 5: *** Il Castello Di Glamis ***
Capitolo 6: *** Kiyotaki Tunnel ***
Capitolo 7: *** Esperimento Russo del sonno ***
Capitolo 8: *** Ed Gein ***
Capitolo 9: *** La lettera del Diavolo ***
Capitolo 10: *** Villa Clara ***
Capitolo 11: *** Paul McCartney ***
Capitolo 12: *** Cannock Chase ***
Capitolo 13: *** Tower of London e Hampton Court ***
Capitolo 14: *** La parte strana di YouTube ***
Capitolo 15: *** Salem ***
Capitolo 16: *** Jack the ripper ***
Capitolo 17: *** RHODA DERRY ***



Capitolo 1
*** Amityville ***


                                                                                   Amityville



Amityville è una località degli Stati Uniti d'America nella Contea di Suffolk, nello Stato di New York. Amityville è famosa per essere luogo dell'ambientazione del libro Orrore ad Amityville scritto da Jay Anson e pubblicato nel 1977, dal quale sono stati tratti numerosi film tra il 1979 ad oggi. Da oltre quarant'anni la cittadina, il cui nome deriva dalla parola latina "amicus" (amico), è famosa per ospitare quella che sembra essere la più famosa casa infestata d'America.
 
 
112 Ocean Avenue
 
112 Ocean Avenue (Amityville, New York) è una casa in stile coloniale olandese, costruita negli anni venti. Nel 1974 fu teatro di un brutale omicidio di sei componenti della famiglia DeFeo per mano di uno dei figli, Ronald "Butch", mentre l'anno seguente la famiglia Lutz, dopo soli 28 giorni di permanenza nella casa, fuggì terrorizzata dicendo che la casa fosse infestata. 
 
La casa  fu costruita nel 1924 per John Moynahan e la sua famiglia, sulle rovine di una già preesistente, che fu leggermente spostata poco lontano.
Il 17 ottobre 1960, Eileen Fitzgerald, figlia dei Moynahan, vendette la casa ai coniugi Joseph e Mary Riley, i quali cinque anni dopo la vendettero ai De Feo. 
Alle ore 3:15 della notte del 13 novembre 1974 il ventitreenne Ronald DeFeo Jr. massacra la sua famiglia a colpi di fucile.
Il 18 dicembre 1975 la casa fu comprata dalla famiglia Luts, che come detto in precedenza, fuggì dall'abitazione.
Il 24 febbraio 1976, i demonologi Ed e Lorraine Warren, accompagnati da una troupe televisiva, iniziarono a compiere degli studi nella casa. Essi affermarono di aver percepito delle presenze terrificanti nello scantinato.
 Il 17 agosto 1987 infatti, la casa venne acquistata dai coniugi Peter e Jeanne O'Neil; vi vissero per dieci anni senza particolari problemi.
 
* La notte in cui Ronald DeFeo Jr. sterminò la famiglia, nessuno (familiari, cane e vicini di casa) sentì il rumore degli spari del fucile. Ad oggi non si è ancora scoperto come ciò possa essere stato possibile, ma è stato appurato con certezza che i membri della famiglia DeFeo non erano stati drogati o narcotizzati e che Ronald non usò un silenziatore.
 
*Poco dopo l'acquisto della casa, la signora Lutz fece chiamare un prete, Padre Ralph Pecoraro, per benedire la casa. Mentre stava benedicendo una stanza del piano superiore, il prete ricevette uno schiaffo da qualcosa di invisibile e sentì una voce urlargli contro di andarsene. Odori misteriosi e repellenti infestarono la casa; l'ascqua dello sciacquone veniva giù nera; il signor George iniziò a svegliarsi ogni notte alle 3:15, l'ora del delitto dei DeFeo.

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Capitolo 2
*** Azzurrina ***


Azzurrina
 
La leggenda vuole che intorno al 1370 nacque al castello la piccola Guendalina, figlia di Ugolinuccio, feudatario di Montebello di Torriana, chiamato anche Uguccione. La piccola ebbe la sfortuna di nascere con un evidente difetto, ma soprattutto in un’epoca in cui la superstizione era ai massimi storici: era albina. 
 
Si dice che Uguccione in realtà non fosse un uomo di polso e che nonostante gli fosse stato suggerito dai servitori di disfarsi della bambina, preferì l’amorevole consiglio della moglie, che si ingegnò affinchè agli occhi di tutti la loro figlia apparisse come una bambina qualsiasi. 
Dato che la piccola Guendalina a soli sei mesi aveva già tutti i capelli bianchi, la madre iniziò a tingerle i capelli di nero, ma i pigmenti che periodicamente utilizzava con il tempo degeneravano in un leggero riflesso azzurro che donavano ai capelli un colore davvero insolito. 
Proprio da quel riflesso nei suoi capelli ebbe origine il soprannome “Azzurrina” e da allora al castello e in tutta la regione la piccola Guendalina divenne famosa come Azzurrina.
 
Uguccione era un padre amorevole e molto protettivo verso la piccola, al punto che sin da quando la piccola iniziò a camminare decise di farla sorvegliare da due guardie, chiamate Domenico e Ruggero, questo perchè temeva che i pregiudizi popolari e alcuni ospiti poco fidati potessero metterla in pericolo. Si dice che il 21 Giugno del 1375, mentre Uguccione era ai confini del territorio a sedare una rivolta, al castello di Montebello scoppiò un tremendo temporale e la piccola Azzurrina per questo venne confinata a giocare in un’ala del castello con una palla fatta di stoffe e stracci. 
Poi la palla cadde giù per le scale che conducevano alla ghiacciaia sotterranea; Azzurrina scese a recuperarla e fu allora che le guardie udirono un grido disperato. 
La mamma e tutto il personale del castello accorsero per capire cosa fosse accaduto, ma la bimba era sparita nel nulla da allora non venne mai più ritrovata.
 
 Secondo diversi studi al riguardo, in particolar modo di un reporter incuriosito da tale racconto, giunge alla segente ipotesi: la leggenda di Azzurrina è stata tramandata oralmente per quasi tre secoli, probabilmente venendo di volta in volta distorta e modificata. Nella prima metà del 1600 un parroco romagnolo nei pressi di Rimini scrisse una raccolta di leggende e storie popolari della bassa Valmarecchia, e su quel documento per la prima volta comparve la storia di Azzurrina. Al di là del vero nome di Azzurrina cerchiamo di capire chi era e da quale famiglia arrivasse.
Partiamo da Gradara, una cittadina al confine tra Marche ed Emilia Romagna e a solo una trentina di chilometri da Montebello. Il castello di Gradara è famoso per essere stato scenario del tradimento di Francesca da Rimini con Paolo Malatesta ( i famosi Paolo e Francesca citati da Dante nella Divina Commedia).

 
Circa un secolo più tardi quell’adulterio finito male per i due amanti, il castello fu ereditato dalla bella Costanza Malatesta che per alcuni anni vi dimorò assieme al suo marito Uguccione Della Faggiola. Il loro matrimonio fu celebrato per volere di Papa Urbano VI affinché i due casati romagnoli smettessero di farsi guerra e per fare in modo che quell’unione giovasse al potere della Chiesa con una solida alleanza militare.
Per questo motivo si può facilmente immaginare che i due non fossero innamorati pazzi l’uno dell’altra, specialmente da parte di Costanza che era una giovincella molto attraente e desiderata, al contrario di Uguccione che veniva sempre descritto come brutto, basso, tozzo e dal carattere scorbutico.
 
Secondo gli storici fu questo il motivo principale per cui Uguccione decise di trasferirsi assieme a Costanza al castello di Montebello: cambiando zona sperava che quelle indiscrezioni si attenuassero e si dice che lui stesso inviò spesso gruppi di guardie a “punire” quelli che parlavano troppo. Costretto a numerosi allontanamenti dal castello per motivi politici e sociali, Uguccione commissionò al suo stesso zio le faccende del castello e sopratutto gli diede il compito di sorvegliare la bella Costanza.
 
Nel 1375 fu trovata nel letto a concupire con un mercenario tedesco,  Ormanno: la guardia però, invece di informare il suo padrone, ebbe pietà della bellissima fanciulla (o probabilmente anche lui fu ricompensato al meglio dalla moglie fedifraga) e nel dicembre dello stesso anno Uguccione presentò al popolo la sua primogenita, una bambina stranamente dai capelli chiari.
Come avrete notato cambiano un po’ di cose rispetto alla leggenda: la bambina era bionda e non albina, nacque nel 1375 e non nel 1370, era frutto di un adulterio e non figlia legittima di Uguccione. 
Uguccione aveva bisogno di un figlio maschio ed era disposto a tollerare Costanza fino a quando non gli avesse dato ciò che voleva. Fu così che Uguccione ordinò alla bambinaia di tagliare i capelli della piccola e di nasconderli con un copricapo.
 
Secondo gli storici, i capelli di Azzurrina si tinsero di un celeste-verdognolo a causa della tinta bluastra derivata dalla pianta del guado ( ancora oggi usata per tingere i blue jeans) di cui era colorato il copricapo della bambina.fLa vita di Azzurrina giunse però a poco più di 7 anni, quando Uguccione ebbe un figlio maschio da una concubina.
 
Nel dicembre del 1383 la bambina scomparve misteriosamente dal castello: la storia non porta a fatti plausibili, ma si pensa che lo stesso Uguccione abbia assoldato un sicario per far sparire il frutto dell’adulterio di Costanza e seppellire il corpo nella campagne circostanti.
Una volta liberatosi dell’improbabile figlia Uguccione ripudiò Costanza e la confinò nel castello di Gradara, dove la donna venne assassinata il 15 ottobre 1378, anche qui molto probabilmente su ordine del marito.
 
Che oggi, all’interno del castello di Montebello, ci sia il fantasma di Azzurrina che chiami la mamma è difficile dirlo, nonostante siano stati fatti numerosi studi e rilevamenti, ma sicuramente le mura della rocca hanno assistito a molte ingiustizie e tra le tante, forse, anche a quella di una piccola bambina colpevole solamente di essere bionda.

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Capitolo 3
*** Aokigahara ***


Foresta di Aokigahara.
 
 
La foresta è composta in gran parte da rocce laviche, caverne di ghiaccio, fitti alberi e arbusti, che frenando l'azione del vento rendono la foresta particolarmente silenziosa. La foresta è inoltre tristemente conosciuta in Giappone e nel resto del mondo soprattutto per essere teatro di numerosi suicidi: 54 solo nel 2010.
Aokigahara si estende per circa 3000 ettari ai piedi del Monte Fuji e si formò dopo l'eruzione del monte Nagaoyama, un vulcano parassita del Fuji nell'anno 864.
Essa appare all'occhio del visitatore quasi inaccessibile, dando la percezione a coloro che si addentrano nei suoi sentieri di non trovare più la via d'uscita. 
Questo ha reso il luogo molto popolare per le persone determinate a porre fine alla loro vita in solitudine. 
Corrono leggende sulla maledizione della foresta, abitata dalle anime insofferenti del passato, che attirerebbero gli spiriti più sensibili, le persone fragili, malate, o con problemi che in quel momento sembrano irrisolvibili, ad inoltrarsi nella selva oscura per poi venirne inghiottiti, per cessare ogni pena. 
 
Il suicidio in Giappone non è demonizzato come in altre società, quindi sia i corpi di dispersi ritrovati che i cadaveri delle vittime di suicidio subiscono la stessa burocrazia, senza attenzione mediatica. 
 
Resta da capire perché proprio il bosco di Aokigahara sia, ogni anno, l'ultima tappa per decine e decine di persone, tanto da essere annoverato al secondo posto nella infelice classifica dei luoghi in cui si verifica il maggior numero di suicidi al mondo. 
Una spiegazione può essere fornita da una antica tradizione, legata all'usanza dell'ubasute, la quale consisteva nel portare nella foresta i membri più vecchi del proprio nucleo famigliare che lo avessero richiesto per non essere più un peso per i parenti. 
In realtà, non si ha modo di verificare se questa usanza abbia realmente preso piede nel Giappone feudale.

Secondo la leggenda giapponese, le anime di questi poveretti vagano tra le vegetazione di Aokigahara cariche di livore e rabbia, sono dunque degli yūrei (spiriti arrabbiati), che sarebbero in grado di influenzare negativamente lo spirito dei viandanti.

 
Gli yurei sono infatti spiriti vendicanti, malvagi, impossibilitati a passare all’altro mondo perché i loro corpi non sono stati trovati e quindi non hanno potuto godere della giusta sepoltura e del riposo eterno. Inoltre secondo alcuni esperti in materia pare che la struttura labirintica della foresta funga da itinerario per questi spiriti, che tra i sentieri vagano in cerca di una via di fuga che li conduca verso la pace eterna.

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Capitolo 4
*** Poveglia ***


Isola di Poveglia, Venezia, Italia.
 
 
Poveglia è un'isola della laguna veneta posta a sud, di fronte a Malamocco lungo il Canal Orfano, che collega la bocca di porto di Malamocco con Venezia. La sua superficie è di 7,25 ettari, è quindi un'isola abbastanza grande nel contesto lagunare.
Conta 11 fabbricati. La decadenza di Poveglia coincise con la guerra di Chioggia allorché si decise di evacuarne la popolazione a Venezia. 
La repubblica si interessò più volte al recupero dell'isola, offrendola ora ai camaldolesi (1527), ora agli stessi povegliotti (1661), ma ottenne sempre dei rifiuti. 
 
Solo più tardi si decise di sfruttarne la vicinanza al porto di Malamocco (allora unico accesso alla laguna adatto alle grandi navi) adibendola a stazione per il rimessaggio e la sosta delle imbarcazioni. 
In seguito, le sue funzioni si orientarono sempre più verso fini sanitari: nel 1793 e nel 1798, ospitò gli equipaggi di due imbarcazioni ammalati di peste. 
 
Nel corso degli anni intorno all’isola e ai sui suoi morti, nacquero tante leggende, tutte legate a una sorta di essenza malevola di cui essa era ormai permea, radicata fin sotto terra; ma la storia degli orrori non si era ancora conclusa: nel 1922 a Poveglia venne eretto uno strano edificio, la cui funzione è ancora oggi dibattuta; qualcuno è arrivato perfino a negarne l’esistenza. 
 
Da alcuni archivi risulta che esso svolse la funzione di casa di riposo per anziani. Tuttavia i fatti e le testimonianze sembrano condurci ad una versione un tantino differente e cioè che l’edificio fosse una clinica per malati di mente. Tale ipotesi è oggi la più accreditata, supportata in maniera schiacciante delle rovine del luogo che urlano la loro verità. “reparto psichiatria” è ciò che troverete inciso sulle pareti all’ingresso.
 
Il manicomio venne poi smantellato nel 1946, ma gli anni in cui esso fu attivo furono i più ricchi di avvenimenti e avvistamenti inquietanti. Sembra infatti che i pazienti dell’ospedale fossero tormentati dalle anime dei morti di peste. I mezzi adoperati nel manicomio di Poveglia per la cura dei malati di mente sembra fossero atroci e primitivi, per le conoscenze di oggi. 
La prima lobotomia di cui si ha notizia venne effettuata in Svizzera nel 1890 dal dottor Sarles, che forò il cervello di sei pazienti ed estrasse parti del lobo frontale. 
 
E così che in Italia, a Poveglia, questo dottore eseguisse le stesse pratiche sui suoi pazienti. 
La leggenda si conclude con la sua morte: tormentato a sua volta dagli spiriti di Poveglia, come accaduto per i pazienti in cura, l’uomo impazzì e si suicidò gettandosi dal campanile dell’isola. 
 
Qualche anno fa, i team americano ''ghost adventure'' girò un'indagine durata dal tramosto all'allba. E' possibile reperirlo senza alcun problema su YouTube con tanto di traduzione italiana.

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Capitolo 5
*** Il Castello Di Glamis ***


Castello di Glamis
 
 
Il castello di Glamis è il maniero che domina il villaggio di Glamis, presso Angus, in Scozia. Il castello di Glamis fu la residenza natale della regina madre Elizabeth Bowes-Lyon, madre dell'attuale regina Elisabetta II d'Inghilterra.
Una delle più famose leggende del castello di Glamis, lo collegano al cosiddetto mostro di Glamis, un ragazzo deforme che sarebbe nato nella famiglia stessa. Secondo la storia, l'individuo sarebbe stato tenuto prigioniero nella rocca a causa delle sue malformazioni e, per nasconderlo, venne murato vivo in una stanza segreta.

 
 Il primo resoconto ci giunge da una penna illustre, quella di Sir Walter Scott (autore del romanzo storico Ivanhoe), uno fra i testimoni più attendibili che potremmo auspicarci, avendo fama di scettico per antonomasia. 
 
Scott trascorse una notte ospite nel castello nel 1790, ma solamente nel 1830 pubblicò il suo resoconto:”Tutta la notte, da quando mi misi a letto, udì le porte sbattere una dietro l’altra. C’era qualcosa di misterioso castello di Glamis. Sono venuto a conoscenza dai signori che nella struttura si trova una stanza segreta, ma solo al conte, l’erede e al fattore è dato sapere quali nefandezze vi si celino.”
 
Una più recente testimonianza ci giunge dalla viva voce di Rose Bowen, zia della regina Elisabetta II, nata a Glamis. In un’intervista le venne chiesto di esprimere due parole sul segreto degli Strathmore, la sua risposta giunse solamente dopo qualche attimo di silenzio. Ella racconta:''Fin dall’infanzia c’è stato proibito di fare domande sulla questione. Mio padre e mio nonno mi dissero di non prendere mai l’argomento in loro presenza e quando casualmente qualcuno faceva accenno alla cosa il clima diventava improvvisamente rigido”.
La tradizione fa gravitare il mistero intorno ad una stanza segreta sita da qualche parte nel castello di Glamis, presumibilmente in una sezione chiamata “mad earls walk“.

Da secoli si odono sinistre grida e lamenti provenire dal suo interno.
L’ultima delle leggende vuole la stanza segreta sia occupata da scheletri umani. I macabri resti che nel 1486 sarebbero appartenuti ad alcuni membri della famiglia aristocratica degli Ogilvi. 
 
Da allora sulla stanza aleggiano le più sinistre ipotesi; chi conosce a menadito il castello di Glamis afferma che dall’esterno si vedano dodici finestre in più rispetto alle stanze che effettivamente possono essere visitabili dall’interno. Del resto, la proprietà non sarebbe certamente il primo castello scozzese noto per i suoi anfratti segreti e le camere nascoste. 
Aldilà delle storie di fantasmi, il castello è una delle strutture più incantevoli della Scozia ed è fra le espressioni più nobili dell’architettura scozzese del quattordicesimo secolo.

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Capitolo 6
*** Kiyotaki Tunnel ***


Kiyotaki Tunnel
 
In Giappone il numero mal voluto è il 4, al punto che i vecchi ascensori non hanno il pulsante per il piano 4 e i palazzi identificano il quarto piano come quinto o 3-bis. Immaginate quindi passare in un tunnel lungo 444 m, in un luogo usato, con illuminazione scarsa e dove sono morte centinaia di persone. 
 
Il Kiyotaki Tunnel è una galleria scavata nel 1927 nell’area di Kansai, non lontano da Osaka. Oggi è lungo poco più di 320 m, ma in origine era esattamente 444 m: una buona parte venne demolita per far posto ad alcuni palazzi e negli ultimi decenni ha subito diversi interventi di ammodernamento per invitare la gente ad usarlo come alternativa alle grandi arterie sempre affollate da auto e mezzi pesanti.
 
Sin dal periodo Namboku (1336-1392) la collina sotto cui è stato scavato il tunnel era un luogo di esecuzione dei prigionieri di guerra e successivamente divenne un cimitero a cielo aperto per le vittime senza nome o non reclamate dalle famiglie che si combattevano per il territorio.
 
Oggi nella regione di Kansai i superstiziosi credono che le anime dei molti morti sulla collina e nel tunnel non riescano a trovare pace e che proprio in esso abbiano trovato rifugio. 
 Chi ha attraversato il tunnel in moto sembra riportare un fenomeno a parte, che non capita agli altri: in molti sostengono che una o due figure evanescenti attraversino il tunnel da parete a parete pochi metri dopo l’ingresso e che il motociclista di turno perda la nozione del tempo all’interno della galleria, impiegando diversi minuti a venirne fuori quando sarebbero necessari solo alcuni secondi.
 
Al di là delle leggende e delle superstizioni difficilmente riscontrabili, il tunnel di Kiyotaki è stato effettivamente al centro di un episodio macabro: nel 1998 all’entrata venne trovato un cadavere quasi scheletrico di una ragazza con un cappio al collo.
Quella notizia tornò ad alimentare la leggenda del “tunnel maledetto” e oggi la paura sembra avere la meglio sul buon senso.

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Capitolo 7
*** Esperimento Russo del sonno ***


 Esperimento Russo del sonno 

 
 
Alla fine degli anni 40, alcuni scienziati russi tennero svegli cinque uomini per due settimane, usando un gas sperimentale a base di stimolanti.
 
A quell’epoca non esistevano le camere a circuito chiuso, quindi le cavie vennero controllate per mezzo di alcuni microfoni e attraverso delle piccole finestrelle di vetro spesso da cui si poteva guardare dentro la camera. Nella camera c’erano libri, alcune brandine prive di coperte, acqua corrente, un bagno e abbastanza cibo essiccato da sfamare le cinque cavie per un mese. 
 
Per i primi cinque giorni andò tutto bene, le cavie non si lamentarono poiché era stato promesso loro (falsamente) che sarebbero stati liberati se si fossero sottoposti al test e non avessero dormito per trenta giorni.
Le loro conversazioni e attività furono controllate e gli scienziati notarono che le cavie iniziarono a parlare d’incidenti sempre più drammatici riguardo il loro passato e che, superato il quarto giorno, il tono generale dei loro discorsi divenne sempre più triste e malinconico. All’improvviso smisero di parlare tra loro e incominciarono, a turno, a sussurrare ai microfoni e attraverso le finestrelle a specchio.

Stranamente, sembrava che tutte le cavie fossero convinte di poter convincere gli scienziati di essere migliori dei loro compagni, le altre persone chiuse in cattività con loro. Inizialmente, gli scienziati supposero che fosse un effetto collaterale del gas…
Dopo nove giorni uno di loro incominciò a urlare.
Gli scienziati ipotizzarono che si fosse lacerato le corde vocali; gli altri, allìinterno della stanza non sembravano darli importanza e bisbigliavano ai microfoni e alle finestrelle.

All'improvviso il tutto cessò. Gli scienziati controllavano periodicamente che i microfoni funzionassero ancora, perché ritenevano fosse impossibile che non provenisse più nessun suono dalla camera. Tuttavia, il consumo di ossigeno indicava che tutti e cinque i soggetti erano ancora vivi. Per la precisione, consumavano un alto livello di ossigeno come se fossero sotto sforzo. La mattina del quattordicesimo giorno, gli scienziati fecero una cosa che, secondo il protocollo, non avrebbero dovuto fare, sperando di ottenere una qualche reazione da parte delle cavie. Usarono l’interfono installato dentro la camera per mandare un messaggio ai prigionieri. Temevano che fossero morti o in coma.

 
Gli scienziati annunciarono: “Apriremo la camera per riparare i microfoni. Allontanatevi dalle porte e sdraiatevi supini a terra o vi spareremo. Se collaborerete, uno di voi sarà liberato immediatamente.”
Con stupore, gli scienziati udirono una singola frase in risposta, pronunciata con voce calma: “Non vogliamo più essere liberati.”
La camera fu liberata dal gas stimolante e riempita con aria fresca e immediatamente, dai microfoni, delle voci incominciarono a lamentarsi. 
 
Tre di loro si misero a supplicare che il gas fosse riacceso, come se fosse in gioco la vita dei loro stessi cari. La camera fu aperta e dei soldati furono mandati a recuperare le cavie dell’esperimento.
 
 Questi incominciarono a urlare più forte che mai e lo stesso fecero i soldati, quando videro cosa c’era nella camera. Quattro delle cinque cavie erano ancora vive… a patto che qualcuno possa definire “vivente” lo stato in cui si trovavano quelle persone.
Pezzi di carne provenienti dalle cosce e dal torace della cavia deceduta erano stati infilati nel tubo di scarico posto al centro della camera, in modo da bloccare la fognatura e dieci centimetri d’acqua avevano ricoperto il pavimento. Non fu mai determinato con certezza quanto di quel liquido fosse effettivamente acqua e quanto fosse sangue. I quattro sopravvissuti all’esperimento avevano grosse porzioni di muscoli strappate dai loro corpi.
 
 Lo stato della carne e le ossa esposte sulle loro dita indicarono che le ferite erano state inflitte a mano nuda, e non con i denti come inizialmente si era pensato. Dopo un più attento esame dell’angolazione delle ferite si scoprì che la maggior parte, se non tutte le ferite erano state auto-inflitte.
 
Con grande sorpresa di tutti, le cavie opposero una fiera resistenza nel momento in cui i soldati cercarono di farli uscire dalla camera. Uno dei soldati russi morì con la gola squarciata, mentre un altro rimase gravemente ferito quando i suoi testicoli furono strappati via e un’arteria della sua gamba fu lacerata dai denti di uno dei prigionieri.
In tutto furono cinque i soldati che persero la vita, se si conta quelli che commisero suicidio nelle settimane seguenti a quella vicenda.

 
I tre prigionieri rimanenti erano gravemente feriti e furono trasportati nel centro medico. I due con le corde vocali intatte continuarono a implorare di riavere il gas e di mantenerli svegli…
 
Quello messo peggio fu portato nell’unica sala operatoria che la struttura aveva a disposizione.
Mentre procedevano a rimettere gli organi all’interno del corpo, i medici scoprirono che la cavia era immune ai sedativi che gli avevano somministrato prima dell’operazione. 
Quando gli avvicinarono alla bocca la mascherina con il gas anestetico per addormentarlo, il prigioniero lottò per liberarsi dalle cinghie che lo imprigionavano.
Nonostante ci fosse un soldato di novanta chili che gli bloccava i polsi, la cavia riuscì a strappare quasi completamente le cinghie di pelle che aveva attorno alle braccia. 

 
Ci volle una dose di anestetico leggermente superiore al normale per addormentarlo e, nello stesso istante in cui le sue palpebre calarono e si chiusero, il suo cuore smise di battere.
 
 Il secondo che fu portato in sala operatoria era la prima cavia, che si era messa a urlare. Le sue corde vocali erano distrutte e quindi incapace di supplicare o impedire l’operazione.
 Quando avvicinarono la mascherina con il gas anestetico alla bocca, la sua unica reazione fu di scuotere violentemente la testa, in segno di disapprovazione. Qualcuno, con riluttanza, suggerì che si procedesse all’operazione senza l’utilizzo di anestetici e la cavia fece cenno di sì.

La procedura andò avanti per sei ore e i medici rimisero a posto i suoi organi addominali e cercarono di coprirli con quello che rimaneva della sua pelle. Il capo chirurgo ripeté varie volte che era impossibile, dal punto di vista medico, che il paziente sopravvivesse. Un’infermiera terrorizzata che assistette all’operazione, dichiarò vi aver visto la bocca del paziente curvarsi in un sorriso ogni volta che ella lo  guardava.

 
L’ultimo prigioniero subì lo stesso intervento, sempre senza anestetici, anche se gli fu iniettato un paralitico. Il chirurgo aveva trovato impossibile procedere altrimenti con l’operazione perché il paziente continuava a ridere. Una volta che fu paralizzato, la cavia poté solo seguire con gli occhi i movimenti dei medici attorno a lui.

Tuttavia l’effetto del paralitico si esaurì dopo pochissimo tempo e subito la cavia riprese a dimenarsi e a chiedere del gas stimolante. Gli scienziati provarono a chiedergli perché si fosse inferto quelle ferite e perché continuasse a chiedere del gas.
L’unica risposta che ottennero fu: “Devo rimanere sveglio.”
 
Prima che la camera fosse nuovamente sigillata, le cavie furono collegate a un elettroencefalogramma e legate con cinghie imbottite di contenimento. Dopo che il primo prigioniero fu attaccato al macchinario, gli scienziati osservarono con sorpresa le sue onde cerebrali. Si mantenevano su livelli normali per la maggior parte del tempo, per poi precipitare inspiegabilmente. Sembrava che il cervello della cavia soffrisse ripetutamente di morte cerebrale, prima di ritornare all’attività normale.
 
L’altra cavia, quella che poteva ancora parlare, iniziò a urlare di sigillare immediatamente la camera.

Le sue onde cerebrali mostravano le stesse linee anomale dell’altro prigioniero. L’ufficiale diede l’ordine di chiudere all’istante la camera, anche se dentro vi erano ancora tre degli scienziati. Uno di essi tirò fuori una pistola e sparò un colpo proprio in mezzo agli occhi del comandante, prima che riuscisse a chiudere la porta. Poi indirizzò l’arma verso la cavia muta e gli fece saltare il cervello .
Poi puntò la pistola contro l’ultima cavia sopravvissuta che era legata al lettino, mentre gli altri scienziati fuggivano dalla camera. “Non rimarrò chiuso qui dentro con quegl’esseri! Non con te!” urlò lo scienziato. “COSA SIETE IN REALTÀ?” domandò. “Devo saperlo!”.

 
L’avete dimenticato così facilmente?” rispose la cavia. “Noi siamo voi. Noi siamo la pazzia che si annida dentro tutti voi, pregando ogni momento di essere liberata dal vostro inconscio più selvaggio. Noi siamo quello da cui vi nascondete la notte, quando andate a letto. Noi siamo quello che riducete al silenzio e alla paralisi, ogni volta che vi rifugiate in quel sonno che noi non possiamo calpestare.”
Lo scienziato lo osservò per qualche secondo, immobile.
Poi mirò al cuore della cavia e fece fuoco.

Mentre la linea dell’elettroencefalogramma diventava piatta, la cavia, con voce strozzata, disse: “ero  quasi libero.”

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Capitolo 8
*** Ed Gein ***


Ed Gein

 
 
Edward Gein è stato, senza alcun dubbio, uno dei più crudeli e spietati assassini della storia statunitense, tanto da venir soprannominato il “macellaio di Plainfield”.
 
Ed nasce il 27 agosto 1906 da una madre squilibrata e da un padre alcolizzato, da cui subì ripetuti abusi sessuali. La famiglia Gein viveva in una fattoria fuori Plainfield, remota cittadina del Wisconsin, ribattezzata dagli stessi abitanti “il buco morto dello stato”.
Con una corporatura esile e un atteggiamento effeminato il giovane Gein divenne bersaglio dei compagni più prepotenti. Era anche noto per l’inquietante sogghigno che mostrava durante le conversazioni.
 
I compagni e gli insegnanti notano anche il suo continuo ridere senza ragione, quasi come se volesse prenderli in giro.
Molti psicologi sono convinti che soffrisse di una patologia psicotica subclinica. Quando la madre fu colta da ictus e morì, il mondo crollò addosso a Edward.
 
 La perdita dell’unica figura importante gli causò uno squilibrio mentale irreversibile.
 
 Ma nel caso di Gein non fu normale schizofrenia. Solitamente i primi segni della malattia si manifestano intorno ai vent’anni, invece Ed ne aveva già trentanove quando la sua mente iniziò a creare un mondo di terrore delirante. Fu in quel preciso istante che la sua vita iniziò a disfarsi.
Dopo il decesso del fratello nel 1944, avvenuta in circostanze misteriose, sei persone scomparvero dalle città del Wisconsin tra il 1947 e il 1957.
 
Gein è stato associato solo a due di essi, anche se è sospettato di molti altri delitti. La polizia, investigando sulla sparizione di una commessa di drogheria Bernice Worden.
In seguito al loro ingresso in un capanno di sua proprietà, i poliziotti fecero la loro prima macabra scoperta: il corpo della Worden che era stata decapitata ed era appesa a testa in giù per le caviglie e aveva il torso aperto in due a partire dagli organi sessuali. 
 
Le mutilazioni erano state provocate post-mortem. La donna era stata uccisa con una raffica di carabina calibro 22.
Perquisendo l’abitazione, rimasero inorriditi nello scoprire oggetti macabri di ogni genere tra cui: pelle umana usata come tappezzeria per lampade da tavolo e per sedie;calotte craniche trasformate in ciotole  e molto altro ancora.

 
la più abominevole creazione di Ed Gein fu un intero guardaroba formato da parti di pelle umana consistente di gambali, un torso sventrato (incluse le mammelle) e maschere di pelle assomigliante a cuoio e quasi mummificata.
 
Gein, al momento del suo arresto, venne trovato mentalmente instabile e incapace di sostenere il processo, per questo fu condotto all’Ospedale Statale Centrale.
 
La particolarità della sua aberrante vita e dei suoi assassini hanno ispirato film come “Psycho”, “Non aprite quella porta” e “Il silenzio degli innocenti”.

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Capitolo 9
*** La lettera del Diavolo ***


La lettera del Diavolo

 
 
Oggi la scienza sta prendendo sempre più piede fornendo spiegazioni e dimostrazioni di fenomeni che una volta attribuivamo a “forze sovrannaturali”, ma la credenza che “il male” sia originato dal Diavolo è ancora radicata in gran parte della popolazione.
 
Questo è un esempio italiano di una credenza che nei secoli è giunta fino a noi e che ancora fa discutere gli studiosi: una lettera scritta dal Diavolo per traviare l’anima pura di una suora.
 
Per quanto in Sicilia questa storia sia sempre stata viva e chiacchierata, a suscitare l’interesse del resto della nazione furono scrittori illustri come Andrea Camilleri, che negli anni ’60 spinsero la Domenica del Corriere a bandire un concorso per tradurre un’epistola datata 1676. Tanti esperti ci hanno provato, ma nessuno è mai riuscito a capire cosa ci fosse scritto perché i caratteri usati non erano in un’unica lingua, ma presentavano simboli di diversi alfabeti di allora.
 
A scrivere la lettera fu suor Maria Crocifissa della Concezione (al tempo si chiamava Isabella Tomasi), una suora benedettina del convento di clausura di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. Prese il nome di “lettera del Diavolo” perché fu lei stessa ad affermare di essere stata tentata dal Maligno, che le aveva chiesto di firmarla. 
 
Era l’11 agosto 1676 quando suor Maria fu trovata a terra nella sua cella con mezza faccia sinistra imbrattata di nero inchiostro, il respiro affannoso, il calamaio sulle ginocchia e una lettera in mano scritta con un alfabeto incomprensibile.
 
Quella lettera divenne presto il centro di un mistero molto fitto perché era scritta in un linguaggio incomprensibile e conteneva 14 righe scritte in un alfabeto tra il greco classico e il cirillico, ma i cui caratteri, messi in quella sequenza, non creavano nessuna parola conosciuta se non un “ohimé”.
 
Nei documenti ufficiali del tempo che riconobbero suor Maria “venerabile” c’era infatti scritto che quello era il premio per “l’esito della lotta contro innumerabili spiriti maligni decisi a utilizzare suor Maria Crocifissa come un misero corsiero”.
 
La donna, che morì a 45 anni nel 1690, era solita affermare che il Diavolo le aveva dettato altri due messaggi, ma che lei si rifiutò di trascrivere e per questo fu colpita. La cosa curiosa è che le informazioni riportate sulla lettera non vennero rese pubbliche (o forse sono andate perdute nel tempo) e che lei stesse era solita dire: «Non mi domandate di questo per carità, che non posso in verun modo dirlo, e nemmeno occorre dirlo io, che verrà tempo che il tutto udirete e vedrete».
 
Si riesce comunque a leggere riferimenti alla lotta ancestrale tra il bene e il male, tra Dio e il Diavolo. C’è chi afferma che il messaggio principale sia «Dio non esiste, la trinità è un falso, ci sono solo io!».
 
Gli studios,i oggi, tendono a pensare che Isabella Tomasi soffrisse di un disturbo bipolare dovuto allo stress della vita monastica e alla rigidità delle regole del tempo. Lo dimostrerebbe il fatto che nonostante si sia riusciti a dare un senso al 70% della lettera, la restante parte sia ancora incomprensibile.
 

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Capitolo 10
*** Villa Clara ***


Villa Clara
 

Villa Clara, è una casa disabitata in provincia di Bologna, esattamente al 449 di Via Zanardi, a poca distanza dalla località Trebbo di Reno. Il nome della casa è un’altro mistero, visto che nel tempo è cambiato più volte: Casino Del Trebbo, Villa Malvasia, Villa Alessandri ed infine Villa Clara. 

La casa oggi si trova in totale stato d’abbandono, al suo interno è possibile trovare preziosi affreschi e stucchi, Il Palazzo risale al 1624, fu voluto dal conte Carlo Cesare Malvasia, personaggio di spicco della Bologna dell’epoca. 
Si racconta, che in un periodo non precisato, all’interno della villa vivesse una bambina di nome Clara, che fu murata viva dal padre perché aveva il dono della preveggenza.  Questo suo dono paranormale spaventò a tal punto il padre da indurlo a sbarazzarsi della figlia nel modo più assurdo.

Secondo molte testimonianza in certi giorni dentro la casa vuota si sentirebbero le urla, pianti e richieste d’aiuto del fantasma di Clara. 
Spesso si sentono le note di un pianoforte, altre volte si vedrebbero le finestre illuminate, anche se all’interno dell’edificio non ci sia luce elettrica.

Nell’edifico pare ci siano state altre morti, un incidente durante dei lavori di restauro che costarono la vita a due operai, ed un bambino che nel 1999 cadde in una botola segreta.

Un’altro mistero che avvolge la villa è quello della finestra che si trova sopra l’ingresso principale. Molti testimoni affermano di averla vista sparire per poi riapparire davanti ai loro occhi.

Non è mai stata trovata alcuna prova a sostegno di questa teoria, qualcuno afferma che all’interno di Villa Clara, non è mai stato commesso nessun omicidio e che l’edifico prende il nome da una delle ultime proprietarie. 
Ancora oggi molti testimoni affermano di aver sentito le voci di una bambina che canta o piange e cerca aiuto. Altri giurano di aver visto lo spirito di una bambina nel giardino della villa. E tutt’ora nessuno passa volentieri davanti Villa Clara.

Secondo altre ipotesi Clara non era una bambina ma un’adolescente, murata viva dal padre che ne aveva scoperto il fidanzamento con un servo della casa.

L’aspetto fatiscente della villa e la scarsa illuminazione non aiutano di certo e Villa Clara sarà sempre considerata una villa maledetta.

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Capitolo 11
*** Paul McCartney ***


Paul McCartney

 
 
In una Liverpool degli anni Sessanta nasce un gruppo rock - i Beatles - destinato a diventare leggenda e segnare un’epoca nella musica, nella moda e nel costume, facendo impazzire i giovani di tutto il mondo.  
Attorno ai favolosi quattro,  aleggia un’aura di mistero che alimenta leggenda metropolitana che ancora oggi fanno schierare i fan. La più famosa e intrigante è la teoria PID, acronimo di Paul Is Dead, secondo cui Paul McCartney, il celebre bassista della band, sarebbe morto nel 1966 e sostituito da un sosia.
 
Il poveretto era uscito dalla sala prove alterato dopo una discussione con gli altri membri del gruppo e, sulla strada verso casa, aveva caricato un’autostoppista di nome Rita. La ragazza, senza accorgersi di chi fosse realmente il ragazzo alla guida, gli aveva raccontato i suoi problemi, ma una volta capito che si trattava del cantante dei Beatles, aveva preso ad agitarsi, tanto da distrarre Paul, che perse il controllo dell’auto e andò a urtare violentemente contro un camion, rimanendo decapitato. Rita scomparve dal luogo dell’incidente e la polizia fece sparire il corpo in tutta fretta.
 
I Beatles rimasti, su proposta del loro agente Brian Epstein, accettarono di non rendere pubblica la notizia della tragedia per evitare una catena di suicidi tra i fans. Fu così indetto un concorso per sosia per trovare il sostituto di Paul: si trattava di un poliziotto canadese, Billy Shepherd. Per renderlo maggiormente somigliante a Paul, il sostituto si sottopose a numerosi interventi di chirurgia plastica e gli fu insegnato a cantare come lui e suonare con la sinistra, giacché il bassista era mancino.
 
Nei tre anni successivi, i Beatles, per abituare gradualmente i fans a quanto accaduto, "seminarono" indizi che suggerivano che Paul era morto.
 
Nei quarant’anni successivi ci si è divisi tra chi crede alla morte di Paul McCartney e alla sua sostituzione e chi pensa, invece, che al cantante non sia successo nulla, ma tutto sia stato una geniale mossa pubblicitaria dei Beatles per rinfocolare le vendite dei loro dischi.
 
Ma gli indizi ci sono, da Sgt. Pepper and the Lonely Hearts Club Band a Abbey Road, sono presenti elementi che fanno pensare che qualcosa sia successo nella band. I Beatles hanno lasciato i loro clues nei testi delle canzoni, nelle copertine dei dischi, nelle fotografie e registrando messaggi che potevano essere percepiti solo mandando i dischi al contrario.
Eppure, nessuno degli indizi è risolutivo e ciò spinge a continuare la ricerca. Fino al 2007, quando due esperti, Gabriella Carlesi, medico legale, e Francesco Gavazzeni, perito informatico, decidono di confrontarsi con la leggenda più famosa del secolo scorso e lo fanno con gli strumenti che usano tutti i giorni nella loro attività investigativa. 
 
E se invece Paul McCartney fosse stato sostituito nel ’66 da un ragazzo molto somigliante, non necessariamente un poliziotto canadese, ma avesse ripreso il suo posto appena qualche anno dopo, dividendo poi la scena col suo sostituto per i successivi decenni? 
 
Tra il 2003 e il 2008, in due forum in lingua inglese di argomento PID (The King Is Naked e Nothing is Real), compare un personaggio che, fin dall’inizio, sembra avere informazioni di prima mano. Si firma Apollo C. Vermouth e racconta una parte della storia dei Beatles. La rivela per indizi, come a suo tempo avevano fatto loro. 
Solo nel 2008 si scopre che Mr. Apollo era in realtà Neil Aspinall, collaboratore dei Beatles per tutta la durata della loro carriera e poi dirigente della Apple.
 
Ciò che si deduce dagli indizi lasciati da Mr. Apollo è che a un certo punto, Paul McCartney decide di allontanarsi dai Beatles "per una breve vacanza", diciamo così. Questa si prolunga e diventa necessario trovare qualcuno che sostituisca il bassista in pianta stabile.
Così, viene portata a termine la sostituzione con William Campbell (nome altrettanto fittizio, probabilmente) e funziona: nessuno si rende conto di nulla, sebbene i Beatles decidano di "raccontare" tutto attraverso gli indizi lasciati nelle copertine, nelle canzoni e via così. Mr. Apollo afferma, poi, che dopo qualche anno, McCartney rivuole il suo posto nella band, ma a questo punto l’intero entourage è stanco e sta mettendo fine allo spettacolo, così il secondo scambio non si realizza. 
 
Il gruppo si scioglie e finisce lo show, anzi, ne inizia uno nuovo: McCartney, capito che nessuno avrebbe notato che c’erano in giro due Paul, continua il sodalizio con il suo sostituto. William fa, per i successivi quarant’anni, ciò che ha imparato meglio stando nei Beatles: lasciare indizi nelle canzoni. Vuole raccontare la sua storia e lo fa attraverso i messaggi nei testi, le frasi dubbie nelle interviste, le fotografie, gli anagrammi...

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Capitolo 12
*** Cannock Chase ***


Cannock Chase, la foresta delle anime inquiete.
 
 
Cannock Chase è un distretto creato nel 1972 dello Staffordshire, Inghilterra, con sede a Cannock. La sua foresta,che si estende per 67 chilometri quadrati e nella quale sopravvive un'antichissima strada romana,e' stato teatro di innumerevoli fenomeni inspiegabili,drammatici o paradossali,al pari della più celebre area 51. 
La zone è tristemente divenuta famosa per alcuni omicidi conosciuti anche come gli “omicidi della A34” e tra questi in particolare quello di tre ragazze giovanissime alla fine del 1960.
 
Nel corso degli ultimi anni, differenti apparizioni ed avvistamenti inquietanti hanno portato sulle pagine di cronaca la foresta di Cannock Chase. Molte persone riferiscono di aver avvistato centinaia di Ufo, strane creature e altri avvistamenti paranormali nelle profondità della vegetazione. Il numero di avvistamenti inspiegabili in questa foresta è stato disarmante, crescendo a dismisura: gatti fantasma, lupi mannari e addirittura il terrificante e famoso “Pig Man”, ovvero un umanoide con fattezze per metà umane e per metà animali. Insomma un luogo preferibilmente da evitare.
 
Alcuni Ghost Hunters, analizzando le immagini, confermano che quella figura pare assomigliare alla descrizione dei precedenti avvistamenti a cui stavano già cercando di trovare una spiegazione. Secondo loro questi avvistamenti di fantasmi, concentrati in quel luogo, potrebbero essere correlati agli omicidi dei figli di Raymond Morris nel 1960.
 
All'interno del distretto vi è poi un luogo altrettanto "ispiratore", il cimitero germanico di Broadhurst Green,dove giacciono sepolti 5000 soldati tedeschi della Prima e della Seconda guerra mondiale. Nei suoi paraggi, dalla fine degli anni '60 sono stati segnalati enormi gatti neri,battezzati "le pantere di Chase". Questi avvistamenti sono stati rinvenuti tra il 1996 e il 2000. 
 
Altra presenza paranormale di stanza a Cannock Chase e' quella dei Black Eyed Child,ossia bambini dai bulbi oculari completamente neri,completamente privi di bianco. Nessun iride. La leggenda dei bambini dagli occhi neri in varie aree del pianeta(in America appaiono spesso in gruppo,bussando alla porta del malcapitato di turno e chiedendo di entrare in casa),ma solo a Cannock Chase gli incontri segnalati si svolgono alla luce del giorno. Il più recente risale addirittura al settembre 2014.








                                                                                                       ------------
Se conoscete storie macrabe, fatti misteriosi o leggende metropolitane, inviatemele tramite messaggio e le pubblicherò con piacere, citando ovviamente il nome della persona che lo invierà



 

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Capitolo 13
*** Tower of London e Hampton Court ***


   Torre di Londra

 
 
La Torre di Londra è stata fondata nel 1078, sotto il governo di Guglielmo il Conquistatore. La fortificazione fu completata tra il 1275 e il 1285 da Edoardo I, il quale costruì la cinta di mura esterne, che incorporava completamente quella interna, creando quindi una doppia barriera difensiva. Molte storie sono state create attorno alla Torre, se ne ricordano due: “I corvi” e “I prigionieri fantasma”, tutte misteriose o spettrali.
 
Si sostiene che Carlo II ordinò la loro rimozione in seguito alle proteste dell’astronomo reale John Flamsteed, il quale lamentava disturbi nelle osservazioni dovuti al passaggio dei corvi.
Tuttavia, non furono eliminati perché a Carlo fu riferita una leggenda secondo la quale,  se tutti i corvi avessero lasciato la Torre di Londra, la Torre Bianca, la Monarchia, e l’intero regno sarebbero caduti. Attualmente ci sono otto corvi, le cui ali sono state sfoltite per evitare che volino via.
 
Tutti sanno che La Torre fu utilizzata come prigione. Alcuni dei prigionieri sono stati dissidenti religiosi e altri, nomi importanti come: Davide II di Scozia , Giovanni II di Francia, Enrico VI d'Inghilterra, il quale fu imprigionato nella torre e assassinato il 21 maggio del 1471, Elisabetta I d'Inghilterra. Il primo prigioniero fu Ranulf Flambard, vescovo di Durham, nel 1100 il quale fu riconosciuto colpevole di esorcismo. Ma a poco serve l'esorcismo.
 
Infatti, i fantasmi della Tower of London sono considerati i più spaventosi. Alcuni hanno intravisto lo spettro di un'anziana signora, tenuta ferma da due guardie della torre e decapitata dal boia.
Probabilmente, dicono, è lo spettro di Margaret Pole, contessa di Salisbury. La donna fu ritenuta in seguito innocente e forse è proprio per questo motivo che il suo spirito vaga senza darsi pace. 

 
La stessa sorte toccò anche a Catherine Howard e Anna Bolena, mogli di Enrico VIII, fatte decapitare con l'accusa di adulterio. Le persone che passano nei pressi della Torre dicono di aver visto queste due donne prive di testa vagare intorno al castello stesso o di aver sentito dei passi risuonare sui pavimenti del castello. 
Infine, ma certo non ultimo degli spiriti avvistati, ricordiamo anche lo spirito di Sir Walter Raleigh, visto incatenato e decapitato proprio nel luogo dove fu giustiziato.
 
 
                                                                          Hampton Court
 
 
Oltre alla Tower of London, anche L'Hampton Court, tra le dimore reali inglesi, non pecca certo di inquietanti presenze. Il palazzo è stato costruito da Wolsey nel 1515 e donato a Enrico VIII.
 
Il fantasma di Wolsey fu visto la prima volta nel 1696 e poi molte altre volte. L'unico spirito avvistato nella dimora? No. Fu avvistata con maggior frequenza una delle cinque mogli di Enrico VIII, Caterina Howard, decapitata il 13 febbraio del 1542 con l'accusa di immoralità. 
Il suo fantasma fu avvistato mentre percorreva la cosìdetta "galleria degli spettri", proprio come quando, nel novembre del 1541, fuggì dai suoi aguzzini passando lungo il corridoio, urlando e supplicando il re di graziarla. 
 
Dal 1918, quando il corridoio fu "disinfestato", non si sentì più lo spirito di Caterina, fino a quando un pittore vide una mano con un anello davanti a un arazzo al quale stava lavorando. L'anello è stato identificato come appartenente a Caterina.
 
È stato avvistato, poi, lo spettro della nutrice di Edoardo VI, Sibell Penn, morta nel 1562 e sepolta nella vicina chiesa di St Mary. 
Nel 1829 la tomba fu profanata e, poco tempo dopo, gli abitanti del palazzo cominciarono a udire una voce di donna che sussurrava, insieme al caratteristico rumore di un arcolaio. 
A dimostrare che l’Hampton Court è abitato da molti altri spettri, un poliziotto di ronda, una notte di febbraio 1907, vide nel viale nelle vicinanze del palazzo un gruppo di persone in abito da sera. L'unico rumore che si udiva era il fruscio dei vestiti delle signore. Il gruppo di persone percorse pochi metri, poi all'improvviso svanì.
 
Lo straordinario avvenimento non è mai stato spiegato.
 
C’è stato poi il recente caso di Jane Seymour, secondo qualcuno, era da un po’ che le porte taglia-fuoco si spalancavano senza mano umana e l’allarme antincendio suonava da solo, a testimonianza Isobel Hole, la custode del palazzo, che giura di aver fatto la ronda notturna e di aver visto che il castello era deserto quando si è verificata l’ultima manifestazione, probabilmente da parte di Jane Seymour; Isobel afferma che dopo aver visto il fantasma, quando deve fare la ronda notturna, fa un controllo veloce e poi si barrica in casa.

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Capitolo 14
*** La parte strana di YouTube ***


La parte strana di Youtube
 
 
Ci sono persone che riescono a caricare video che passano praticamente inosservati.

Alcuni lo sono del tutto, con sole 2 o 3 visualizzazioni. Ci sono tonnellate di questi "film snuff amatoriali" che richiedono solamente un po' di tempo per essere trovati. Prova solo per qualche ora. Ti avverto, potresti non odiare quello che vedrai.
Potresti anche desiderare di vederne ancora.

 
Youtube è parte del cosidetto 'deep web' ha qualcosa di ostile al suo interno e potresti non venirne mai a conoscenza. Video strani e puramente veri, niente filrtri o ritocchi; assurdo a tratti.  
Ultimamente molti youtuber ne hanno preso conoscenza dedicando a ciò qualche video. Prendiamo esempio Gianmarco Zagato, che di cose ansiogene e assurde ne sa qualcosa...
   
Volete provare? Non è difficile il procedimento, richiede solo del tempo. 
 
Step 1: digita nella barra delle richerte del tubo un topic qualsiasi. Consiglio vivamente video di volatili o di gatti, magari giapponesi. 

Step 2: scorri tra i video correlati, aprine un paio e continua a guardare qualsiasi titolo o copertina video ti sembri interessante, dai un'occhiata ai commenti.

Step 3:  Continua il secondo passaggio finchè fra i commenti principali trovi "Sono di nuovo nella parte strana di Youtube" o cose del genere.
 
Ora, questo di per sè non è niente di spaventoso, per la maggior parte è solo divertente.
Puoi ridere davanti a pubblicità fallite o roba assurda da culture sconosciute.
A volte diventa inquietante: una ragazza senza braccia o gambe che balla; un tizio riempito di tatuaggi che inghiotte del vetro; un contadino pazzo che blatera di come il governo ucciderà tutti. Può diventare ancora più strano.

Scava abbastanza a fondo e potrai trovare la morte. Non intendo notizie di persone uccise; intendo veri film snuff amatoriali. Nessun effetto speciale, persone vere che vengono uccise. Ora ti starai chiedendo perché Youtube non elimini questi video, vero? Ci sono due ragioni per questo.
 
Primo, ogni giorno vengono caricati video su video, al ritmo di quasi uno al minuto.
Talmente tanti che non possono essere analizzati dallo staff di Youtube. Eliminano qualunque tipo di materiale pornografico non considerato arte, ma persino quello riesce a passare.
Secondo, soldi.

Youtube presta attenzione solo a ciò che paga, è protetto da copyright o raggiunge un alto numero di visualizzazioni in pochi giorni. 
 
Oppure, potresti decidere di fare uno di quei video. Da qualche parte devono pur venire, giusto?

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Capitolo 15
*** Salem ***


SALEM 


 
 
 
Salem è una città degli Stati Uniti d'America, capoluogo assieme a Lawrence della contea di Essex nello Stato del Massachusetts. 
Città fondata nel 1626 verso la fine del XVII secolo fu teatro delle persecuzioni delle streghw, durante la quale, nel 1692, 19 presunte streghe vennero impiccate. 
 
Per questo è stata denominata “la città delle streghe“. Fu istituito un vero e proprio tribunale e furono incarcerate e giustiziate donne, uomini e bambini. 
Tra questi, solo Giles Corey non venne impiccato: l'ottantenne non si lasciò processare, e per tale ragione venne schiacciato sotto lastre di pietra. 
 
L'isteria generale si concluse nell'autunno del 1692 e il 12 ottobre 1693 il governatore Phips sciolse "La Corte" (il tribunale creato per processare le streghe) e istituì una Corte di giustizia che, dopo aver preso in esame 52 casi, assolse 49 detenuti e commutò la pena di 3 condannati a morte. Da allora non si è più assistito ad altri processi per stregoneria.
 
 La figlia e la nipote del nuovo reverendo, Samuel Parris, iniziano ad avere comportamenti strani.
 Elizabeth ed Abigail, questi i nomi delle due fanciulle, hanno comportamenti aggressivi, si nascondono dietro alcuni oggetti, strisciano a terra, camminano carponi, fanno discorsi incomprensibili. 
 
Il reverendo chiama un medico per curarle, il dottor Griggs, ma tutti i rimedi sono inutili e il signore sentenzia che le due sono vittime di un maleficio. Parris decide di chiamare altri pastori locali per decidere il da farsi: il consiglio è di affidarsi a Dio, pregare e lasciare che il tempo risolva la cosa.
Ma nel frattempo, altre adolescenti del villaggio iniziano ad assumere lo stesso comportamento e tra la gente si diffonde l’idea della stregoneria. 

 
Si dice che Mary Sibley, una rispettabile donna del villaggio, propose la “Witch Cake”, una torta fatta di segale ed urina delle presunte streghe. 
Questa, data in pasto ad un cane, lo avrebbe spinto ad individuare le fonti del maleficio. Inutile dire che non funzionò.
 
Nella follia generale si chiamarono al banco dei testimoni le ragazzine, tutte minorenni, tra cui comparivano, oltre ad Elizabeth ed Abigail, Ann Putman, Betty Hubbard, Mercy Lewis, Susannah Sheldon, Mercy Short e Mary Warren, e si decise di ritenere valida come prova la cosiddetta evidenza spettrale, ovvero la presenza di malessere e reazioni nelle testimoni alla presenza della presunta strega.
 
Inoltre ci si basava sull’idea che il diavolo avesse concesso alle sue servitrici il potere di rimanere fisicamente in un posto mentre il loro spirito tormentava le vittime.
Come potete capire non esisteva nessuna possibilità di difendersi con un alibi. 
Così quando furono accusate, per Sarah Osborne e Sarah Good non vi fu scampo. 
 
Erano due donne che godevano già di una pessima reputazione a Salem e così vennero impiccate. 
Ma erano solo le prime, poiché le stranezze delle giovani continuarono, anzi peggiorarono, ed esse cominciarono ad accusare altre decine di donne della comunità di stregoneria.  
 
L’unica per cui vi fu scampo fu Tituba, la terza accusata. 
Tituba era una schiava che Parris aveva portato a casa in seguito ai suoi commerci alle Barbados.

Gli storici non sono concordi sulla sua origine. Nelle prime fonti appare come indiana, poi come metà indiana e metà africana e poi come africana e basta.
Ma quello che è interessante è che Tituba fu l’unica a confessare effettivamente di aver praticato la stregoneria e di essere una strega, di aver partecipato ai Sabba, di aver ricevuto ordini dal diavolo, di aver volato a cavallo di un bastone, ma nonostante tutto ciò ne uscì viva. 

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Capitolo 16
*** Jack the ripper ***


  Jack lo squartatore

 
 
Jack lo squartatore ( Jack the ripper - in inglese ) è l'appellativo dato a uno sconosciuto assassino seriale, che tra l'estate e l'autunno del 1888 agì nel degradato quartiere londinese di Whitechapel e nei distretti adiacenti. 
Il nome è tratto dalla firma in calce di una lettera pubblicata al tempo delle uccisioni ed indirizzata alla Central News Agency,  da un anonimo che si dichiarava l'assassino.
Il suo modus operandi prevedeva vittime esclusivamente femminili scelte tra le prostitute della zona di Whitechapel che assassinava tramite sgozzamento, per poi infierire sui loro corpi mutilandoli e asportandone organi interni.

Tra le numerose vittime:

 
Mary Ann Nicholls: soprannominata Polly (Londra, 26 agosto 1845 – Londra, 31 agosto 1888), è stata una prostituta inglese, famosa per essere stata la prima delle cinque vittime accertate del serial killer Jack lo squartatore. Aveva 43 anni all'epoca della sua morte, che avvenne a Buck's Row. Secondo i rapporti di Scotland Yard del tempo, era alta all'incirca un metro e sessanta, aveva capelli castani tendenti al grigio, occhi scuri o grigi, così come il colorito. 
Le mancavano dei denti, ma il suo viso era descritto come piccolo e delicato. Nonostante fosse alcolizzata, la sua amica ed ex-coinquilina Emily Holland la ricordò come "molto pulita e riservata".
Il corpo è stato ritrovato sdraiato supino, sul pavimento, in prossimità del muro. Le gonne erano sollevate quasi all'altezza dello stomaco. 
Polly fu sepolta giovedì 6 settembre 1888 nel City of London Cemetery and Crematorium, nel borgo londinese di Newham, in una tomba pubblica. Nel 1996, il cimitero pose una placca commemorativa sulla sua tomba, dove si legge: «QUI GIACCIONO I RESTI DI MARY ANN NICHOLLS, DI 43 ANNI SEPPELLITA IL 6 SETTEMBRE 1888. VITTIMA DI "JACK LO SQUARTATORE".»



 
Elizabeth Stride, 27 anni: Il suo cadavere fu rinvenuto da un cocchiere il 30 settembre intorno all'una di notte all'interno di un portone lungo la Berner Street
 (oggi Henriques Street), presso il cortile di un circolo di ebrei e tedeschi, dove oggi sorge la Harry Gosling Primary School. La donna aveva solo un profondo taglio alla gola, dichiarò il cocchiere. La polizia ne concluse che l'arrivo di quest'ultimo avesse disturbato l'assassino, che non ebbe modo di infierire sulla donna completando il suo macabro rituale. 
Ad oggi, non vi è alcuna traccia digitale della vita della donna. 


 
Catherine Eddowes: nota anche come Kate Conway (Wolverhampton, 14 aprile 1842 – Londra, 30 settembre 1888), è stata una prostituta inglese, famosa per essere stata una delle cinque vittime accertate del serial killer Jack lo squartatore. Lascia la famiglia nel 1880, per andare a vivere con un nuovo partner di nome John Kelly, al centro di Londra. Inizia poi a prostituirsi per poter pagare l'affitto. 
 
Secondo i rapporti di Scotland Yard, al momento della sua morte aveva i capelli castani ramati scuro, occhi nocciola ed un tatuaggio in inchiostro blu sul suo avambraccio sinistro, "TC". Gli amici di Eddowes la descrivevano come "intelligente e studiosa, ma in possesso di un forte temperamento".
Venne uccisa la notte di domenica 30 settembre 1888, la notte in cui avvenne l'omicidio di Elizabeth Stride meno di un'ora prima. Questi due omicidi sono comunemente denominati "doppio caso" e sono stati attribuiti a Jack lo Squartatore. 

Sabato 29 settembre 1888, alle 8.30 pm, Catherine Eddowes è stata trovata ubriaca ad Aldgate High Street, stesa sulla strada, da PC Louis Robinson ed è stata presa in custodia alla stazione di polizia di Bishopsgate, dove rimase fino il 30 settembre, ore 1:00 am. Uscendo dalla stazione, si voltò a sinistra in direzione di Aldgate, piuttosto che girare a destra per prendere il percorso più breve per tornare a casa sua; è stata vista viva l'ultima volta da tre testimoni: Joseph Lawende, Hyam Joseph Levy e Harry Harris, in piedi a parlare con un uomo, che si presume fosse proprio l'assassino.


 

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Capitolo 17
*** RHODA DERRY ***


 
Hoda Derry 


 
Hoda Derry nacque nella Madison County (Iowa) il 10 ottobre 1834, figlia di una coppia di contadini. Quando ebbe 16 anni, si innamorò di un giovane di nome Charles, la cui madre non accettava il rapporto dei due e proibì al giovane qualsiasi contatto con la ragazza. Il motivo si pensa derivi dal fatto che si credeva che la nonna della ragazza, Mary, fosse una sorta di fattucchiera.

 La follia e il disagio che nacque nella ragazza probabilmente derivò dall'incontro che la madre di Charles ebbe con Rhoda, minacciandola. 
La ragazza, dopo l'incontro avuto con la donna, iniziò ad accusare la nonna più e più volte chiamandola ''strega'' dinnanzi alla comunità del luogo. La nonna allora si dovette trasferire altrove.

 Alcuni giorni dopo, Rhoda sembrò iniziare ad avere squilibri mentali: iniziò a parlare da sola, a vestirsi con abiti sporchi, ad avere sbalzi d’umore e a diventare aggressiva con chiunque provava ad avvicinarsi a lei. Con il passare del tempo al sua condizione peggiorò e benché passò ad uno stato molto più pacato; diceva di sentire voci e di vedere la madre del ragazzo bruciare all'inferno. 

Rhoda venne mandata al Mental Hospital di Jacksonville; al tempo l’istituto era sovraffollato e in breve tempo la ragazza venne rimandata a casa perché ritenuta “incurabile”.
Nuovamente sotto minaccia i genitori la mandarono alla almshouse della contea di Adams, lì la ragazza sembrava vivere un vero e proprio inferno. Divenne molto violenta al punto da dover essere legata per mantenere la sicurezza all'interno della struttura.  In numerose occasioni sostenne di aver parlato con “Old Scratch” e che fosse un mostro talmente spaventoso da costringerla a cavarsi gli occhi per non vederlo più e di fatti, Rhoda si accecò da sola graffiandosi, gli attacchi non finirono qui, tanto che arrivò a battere con i pugni sui denti fino a rompersi tutti quelli anteriori.

Considerata un vero e proprio pericolo per tutti e per se se stessa, Il personale della almshouse decise di metterla all'interno di una cassa di legno rivestita di tela di canapa, una sorta di gabbia all’interno della quale fu confinata per quasi 40 anni. Rhoda dovette attendere il 1904 per essere liberata dalla scatola, dove era stata messa nel 1860, e solo grazie ad un dottore che volle prendersela a carico. Sotto la supervisione del dottor Zeller, Rhoda ricevette le cure necessarie a raggiungere un po’ di pace psicologica e Zeller divenne l’unica “persona viva” a cui rispondeva. Rhoda è morì il 9 ottobre 1906 e nessuno della sua famiglia, da quando fu mandata alla almshouse, si interessò di lei. Lei ebbe la tomba numero 217, ancora visitabile oggi posta all'interno del Campus ove il dottore la ospitò. 

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