Non dire a Edward che mi hai vista!

di laira16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fuga inizia... ***
Capitolo 2: *** ...E ancora... ***
Capitolo 3: *** ...L'arpia... ***
Capitolo 4: *** Stavolta fuggo da casa tua... ***



Capitolo 1
*** La fuga inizia... ***


Buonasera a tutti ed eccomi con una nuova storia! Per tutti coloro che aspettano un nuovo capitolo della storia "JALABR" chiedo scusa ma ho il computer fuori uso da parecchio tempo e sono in attesa di riparazione. Il nuovo capitolo è salvato sull'apparecchio fuori uso perciò la storia ha subito un momentaneo arresto. Prometto che non appena possibile, la storia riprenderà regolarmente e nel frattempo uso questo computer gentilmente in prestito. 
Per quanto riguarda questa nuova storia, avevo voglia da tempo di scrivere una storia dai toni leggeri e spensierati. Perciò ho deciso di fare una prova, sperando in un vostro clemente giudizio. Buona lettura!

DRIIIIN…! Quando la campanella suonò si scatenò un trambusto talmente pericoloso che dovetti rannicchiarmi sotto il banco per non essere travolta dalla mandria imbufalita di studenti che si riversava in corridoio. Tanto casino per la fine delle lezioni poteva sembrare esagerato ma non lo era in quella occasione dato che si trattava dell’ultimo giorno di scuola.

Non appena la classe si fu svuotata, mi alzai e uscii dall’aula per immergermi nella fiumana di gente che correva in direzione dell’uscita. Si udiva soltanto un vociare concitato di persone che si abbracciavano e si davano i saluti in vista dell’estate imminente. Le più ridicole, come sempre, erano le cheerleaders che si salutavano come se fossero in procinto di dirsi addio per sempre piuttosto che per soli tre mesi. I ragazzi più indisciplinati correvano urlando e dando il cinque ai professori come se si trattasse di loro amici stretti e i docenti, dal canto loro, scuotevano la testa alzando gli occhi al cielo.

Non avevo granchè voglia di prendere parte a tutta quella commedia ma non potevo fare a meno di sorridere e rivolgevo saluti al volo a destra e a sinistra, dispensando anche qualche bacio per scherzo ai miei compagni.

“Bella” mi chiamò qualcuno. Mi voltai e vidi Angela che correva verso di me, talmente velocemente che dovette fare una sgommata sulle scarpe per frenare in tempo. Non appena ebbe recuperato il fiato, si alzò di scatto facendomi trasalire e mi puntò il dito contro il naso con sguardo accigliato. “Avevi per caso intenzione di andartene senza salutarmi?”. Stavolta fui io ad alzare gli occhi al cielo come i professori. Nonostante sapessi perfettamente che sarebbe stata via solo per una settimana con la famiglia, pretendeva che ci salutassimo come i passeggeri del Titanic. “Assolutamente no, tranquilla!” mi affrettai ad aggiungere per evitare che si arrabbiasse “Mi stavo solo godendo il casino di quelli dell’ultimo anno”.

Angela sorrise e disse: “Credo che quando toccherà a noi, faremo decisamente di peggio”. Quello che si era appena concluso era il nostro penultimo anno e a settembre avremmo cominciato il nostro ultimo anno. Mi saliva l’ansia ogni volta che ci pensavo perché avrebbe significato la scelta del college. College= futuro. Futuro=responsabilità e genitori che stressano.

Per cambiare discorso, le chiesi della partenza per la piccola vacanza che l’avrebbe portata dai suoi nonni in Canada. Per tutta risposta, sbuffò facendo svolazzare alcuni ciuffi che le erano sfuggiti dalla coda: “Adoro i miei nonni, ma la prospettiva di passare una settimana intera in compagnia di mio fratello proprio non mi va giù.”  “Almeno tu porterai il culo da qualche parte” mi lagnai io “A me toccherà passare l’estate qui a Forks con le mie sorelle”. Angela mi guardò sorpresa prima di dire: “Credevo che non sarebbero tornare prima della metà di luglio”. Sospirai accarezzandomi la fronte con una mano. “Lo credevo anche io, ma hanno deciso entrambe di anticipare il ritorno questo week-end. E non chiedermi il motivo perché non ne ho la più pallida idea”

“Comunque puoi stare tranquilla, Bella” pronunciò sorridendo e ammiccando “Tra 10 giorni troverai la mia macchina sotto casa tua e potrai uscire dalla finestra senza farti sentire dai tuoi”. Lo sguardo di disperazione fu sostituito da un enorme sorriso sulla mia faccia al pensiero delle mie uscite notturne. I miei erano soliti fissare il coprifuoco intorno alle 23,30 perciò quando avevo intenzione di rientrare a notte fonda mi bastava fare finta di dormire per poi scappare dalla finestra. In più i genitori di Angela avevano avuto la geniale idea di regalarle una macchina elettrica ultra-silenziosa che copriva alla perfezione le nostre fughe. In più di due anni, non ci avevano mai sgamato.

“Beh, io ti saluto” disse Angela interrompendo il flusso dei miei pensieri e allargò le braccia. Non ero tipa da smancerie di quella sorta ma con Angela non potevo fare proprio a meno perché era la mia più cara amica. Perciò non ci pensai due secondi a tuffarmi tra le sue braccia e ad abbracciarla stretta. Rimanemmo in quella posizione per qualche secondo prima di separarci e andare in due direzioni opposte. Ci saremmo riviste entro pochi giorni ma mi sarebbe comunque mancata perché Angela era l’unica persona con cui potessi confidarmi praticamente su tutto con la garanzia di non spifferare ogni cosa in giro.

Quando uscii dall’edificio, il sole mi baciò la pelle e chiusi gli occhi per goderne del tepore. Sorrisi in quel momento perché la mia vita non poteva andare meglio: diciotto anni, tanti amici, una bella famiglia, buoni voti a scuola. Praticamente non mi mancava nulla ed era tutto semplicemente perfetto. Con questa convinzione aprii gli occhi e mi colpì come uno schiaffo l’immagine di un’auto della polizia parcheggiata proprio davanti all’ingresso della scuola. Appoggiato al cruscotto con la divisa e le braccia incrociate c’era l’agente Edward Cullen. Vent’anni e bello come un dio, nella penisola di Olympia era una leggenda per il fatto di aver completato l’addestramento ed essere diventato poliziotto in meno di un anno. Era considerato da sempre uno dei ragazzi più belli di Forks e ogni ragazza che passava accanto all’auto non se ne andava prima di avergli rivolto almeno tre occhiate e fatto lo scanner alle chiappe.

 Andai nella direzione opposta e mi coprii la faccia con la cartelletta che avevo in mano, certa di sfuggirli. Ma doveva avere una specie di vista Raggi-X perché mi sentii chiamare a gran voce: “Bella Swan, fermati immediatamente!”. Feci finta di non sentirlo e accelerai il passo in direzione della mia macchina, rimpiangendo di non essermi messa un paio di scarpe di tennis ai piedi quella mattina per andare più veloce. “Bella fermati o accendo la sirena della macchina!” urlò lui a gran voce ma continuai a ignorarlo. Andammo avanti così per circa duecento metri, con lui che mi urlava minacce di ogni sorta e io che facevo finta di non conoscerlo sperando che qualcuno lo prendesse per un pazzo e lo fermasse. Alla fine, riuscì a raggiungermi e mi si parò davanti bloccandomi ogni via di fuga. “Agente Cullen, che piacere vederla!” sbottai nel panico con eccessiva allegria. Lui si accigliò e mi fissò come se gli avessi appena detto di essere Donald Trump. “Da quando mi dai del lei?” mi chiese con tono scuro e io mi affrettai a rispondere. “Da quando lei è diventato un agente di polizia. Mi dica, deve riferirmi qualche messaggio da parte di papà?” Lavorava alle dipendenze di papà che era l’Ispettore della città. “Smettila, Bella!” esclamò lui nervoso e mi rivolse uno sguardo talmente arrabbiato che desistetti subito dal mio intento di continuare con quella farsa. Quando racquistai la mia espressione seria, disse: “Si può sapere come diavolo vi è calato in mente di addentravi nel bosco questa notte?”. Alzai gli occhi al cielo e sospirai per la frustrazione. “Hai di nuovo fatto il terzo grado a Mike e Tyler, non è vero?” gli chiesi sebbene sapessi già la risposta. Mi guardò con un sorriso beffardo prima di aggiungere: “Quei due sono troppo idioti. Si lasciano mettere nel sacco troppo facilmente”. Aveva perfettamente ragione ma non ero lì per discutere dell’idiozia dei miei amici perciò mi limitai ad alzare le spalle: “Sarà. Comunque, non sono affari tuoi quello che facciamo o non facciamo di notte”

“Può essere pericoloso, Bella. Non sai che razza di belve si possono incontrare nella foresta soprattutto di notte” ribadì Edward “Ah sì?” risposi con sufficienza “Beh, in effetti sono davvero pericolosi marmotte e scoiattoli. Avrebbero potuto provocarmi un trauma cranico con una noce in testa”

“Perché sei così cretina, Bella?” esclamò portandosi le mani nei capelli “Non puoi andarci di notte. È pericoloso!”. Lo fissai allibita perché mi sembrava che si stesse rivolgendo ad una bambina di cinque anni. “Edward, ti ripeto che quello che faccio o non faccio non è affar tuo. Ho 18 anni adesso!” esclamai a gran voce “Invece sì che lo è!” ribadì cocciuto e testardo. “Edward, io e te non stiamo più insieme!” gridai cominciando a innervosirmi per quello scambio di battute. A quelle parole si addolcì e mi prese delicatamente la mano portandosela alla bocca. Ci posò sopra un lieve bacio e mentre la teneva sulla guancia calda, fissò gli occhi dritti nei miei. “Se tu volessi, potremmo ancora stare insieme. Lo sai che non ho occhi che per te!” E mi rivolse quello sguardo che mi rivolgeva sempre, carico di desiderio e tanto amore allo stesso tempo. Quello sguardo a cui non ero mai stata capace di arrendermi e a cui stavo cedendo anche stavolta. Stava per poggiare le labbra sulle mie quando vidi passare la squadra di cheerleaders e in quel momento un’illuminazione mi riportò bruscamente alla realtà. “Edward Cullen a ore 12!” urlai a squarciagola e quelle si voltarono all’istante. Edward mi guardò stranito, come se qualcuno lo avesse risvegliato a suon di schiaffi e mollò leggermente la presa dalla mia mano. Ne approfittai per sfilarla via e correre via. Lui scattò nella mia direzione ma si trovò bloccato da una marea di pon-pon che le cheerleaders li mettevano davanti alla faccia, quasi ficcandoglieli in bocca. E mentre quelle ragazze adoranti si buttavano tra le sue braccia, io arrivai alla mia macchina e misi in moto con il suono di tutte le parolacce che mi stava rivolgendo nelle orecchie. Risi per tutto il tragitto, a più non posso.

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Capitolo 2
*** ...E ancora... ***


Nuovo capitolo fresco di scrittura! Vi auguro una buona lettura!
 
Quando rientrai in casa, buttai lo zaino sul divano e corsi immediatamente in camera mia. Misi della musica a tutto volume e cominciai a danzare per tutta la stanza come una pazza. L’intento iniziale era quello di darmi alla pazza gioia per la fine della scuola ballando come una matta, ma ci riuscii a malapena a causa del nervosismo provocato dall’incursione di Edward a scuola. Era più cocciuto di un mulo e non avrebbe rinunciato mai.

Facciamo un passo indietro… chi era Edward?

Il mio ex-ragazzo? Affermativo.

L’amico che conoscevo da tutta una vita? Affermativo.

Quello che nonostante la fine della nostra storia continuava letteralmente a perseguitarmi? Ancora affermativo.

Ci conoscevamo da tutta una vita. Lui aveva due anni più di me quindi la stessa età di mia sorella Alice ma eravamo sempre stati io e lui ad essere inseparabili. Cazzo e culo, come avrebbe detto Tyler. Così quando ci eravamo messi insieme, 14 anni io e 16 anni lui, nessuno era rimasto sorpreso, neanche i miei genitori. “L’ho capito quando hai compiuto 6 anni che vi sareste messi insieme prima o poi.  Anzi mi sorprende che ci abbiate
messo tutto questo tempo ” aveva detto mia madre senza battere ciglio.

La nostra storia era stata semplicemente fantastica. Sebbene non fossimo i più popolari, al liceo tutti ci ammiravano come coppia per il nostro affiatamento e la nostra perenne voglia di stare insieme. Neanche il trasferimento di Edward a Seattle per frequentare l’Accademia di Polizia aveva scalfito il nostro rapporto.
Insomma, era stato tutto così perfetto che sembrava impensabile il fatto che potessimo lasciarci.

Ma a rovinare la festa, ci aveva pensato proprio Edward due mesi prima, subito dopo aver conseguito il distintivo da poliziotto. Mi aveva preso da parte e aveva cacciato un anello di fidanzamento, mettendosi in ginocchio e chiedendomi di sposarlo.

“Che romantico” avrà pensato qualcuno. Prendere un simile impegno con la propria ragazza e prendersi la briga di mantenerlo per tanti anni è meraviglioso. Sì, perché sicuramente era questo che voleva Edward. Assumersi l’impegno e aspettare almeno che io finissi il college per sposarci.

Peccato che lui avesse ben altro in mente. E cioè, sposarci appena finita la scuola a giugno e aspettare la fine del liceo per mettere su famiglia.

Quando me lo disse, per poco non mi uscirono gli occhi dalle orbite. Cominciammo a litigare furiosamente e ce le dicemmo di cotte e di crude finchè non me ne andai comunicandogli a gran voce la fine della nostra storia.

Così avevo avuto inizio quella persecuzione che durava da due mesi, con messaggi e chiamate continue  e giri intorno a Forks per stanarmi ovunque fossi. Stalking? Probabilmente per qualcuno sì, ma non per me. Sapevo che Edward non mi avrebbe mai fatto del male e ogni volta che entrava in contatto con me si dimostrava sempre molto dolce e gentile. Probabilmente sarei anche tornata sui miei passi per rimettermi insieme a lui ma lo conoscevo abbastanza da sapere che in quel caso sarebbe tornato ad insistere affinchè ci sposassimo.

Mio padre era rimasto molto male della nostra rottura ma aveva finito per darmi ragione quando ne aveva saputo il motivo. E lo stesso fu per mia madre e le mie sorelle.

Mentre cercavo di non pensare ad Edward, sentii bussare alla porta e andai ad aprire. Mia sorella Rosalie stava sulla soglia, torreggiando su di me con il suo metro e settantacinque e fissandomi come un’assassina. Percependo aria di guai, alzai rassegnata gli occhi al cielo e chiesi: “Che c’è, Rose?”. “Potresti abbassare la musica? Sono in videochiamata con Fridge e non sento niente di quello che vuole dirmi!” sputò furiosa battendo il piede per terra. La fissai perplessa e chiesi: “Chi è Fridge?” Che razza di nome! Sembrava una marca di frigoriferi. Sospirò teatralmente e rispose: “Il figlio dell’avvocato Norton!” La mia perplessità aumentò sempre di più perché non capivo di chi diavolo stesse parlando Rose. “L’avvocato Norton?”

“Andiamo, Bella. Il titolare dello studio dove sto facendo il praticantato” Non appena mi disse quelle parole, collegai immediatamente e mi ricordai di quello che ci aveva raccontato il giorno prima. Quel Fridge doveva essere il tizio con cui mia sorella si stava frequentando, il figlio dell’avvocato che le stava facendo fare quella specie di tirocinio.  “Perché stai tenendo la musica a volume così alto?” mi chiese Rosalie abbandonando un po' i toni aggressivi ed esasperati. Forse doveva averla messa in guardia la mia espressione avvilita e a tratti esasperata. “Per dimenticare” dissi mentre mi voltavo per andare ad abbassare il volume della musica.
“Dimenticare cosa? “

“Edward” risposi semplicemente alzando le spalle. Rosalie fece un versaccio per sfogare la propria esasperazione dato che anche lei si stava stufando delle insistenze del mio ex. “Che diavolo vuole adesso?” esclamò fissando di fronte a sé mentre si grattava la fronte. Le raccontai brevemente del nostro scambio senza omettere neanche la mia fuga notturna (dato che lei ne era al corrente e spesso e volentieri mi aveva coperta) e quando le raccontai del modo in cui ero riuscita a fuggire, scoppiò a ridere come una matta.

Una volta ricompostasi, riassunse la sua espressione solita e commentò con un sospiro: “E’ sempre stato una testa dura. Non vuole proprio capire che fareste un errore a sposarvi adesso che siete così giovani.”

“Rose, io non voglio sposarmi. Né ora né quando finirò il college. Tra 10 o 15 anni ok, ma non adesso. Ho soltanto 18 anni e non so neanche che cosa ho voglia di mangiare stasera quindi figuriamoci se ho intenzione di mettermi a programmare un matrimonio” Lo dissi tutto d’un fiato e con grande rabbia perché quella situazione era davvero assurda e mi sembrava una prepotenza da parte di Edward pretendere che ci sposassimo. Infatti Rose rimase perfettamente in silenzio, segno che mi stesse dando ragione in pieno.

Impallidimmo come due fantasmi quando sentimmo un urlo provenire dal fondo del corridoio. Era Alice che gridava come una matta dalla sua stanza perciò corremmo con il cuore in gola per la paura che ci fosse un malvivente . La scena che si presentò ai nostri occhi aveva dell’incredibile: Alice stava in piedi sul letto rannicchiata contro la parete e brandiva un appendiabiti di plastica come arma contro un mucchio di vestiti sparsi per terra. Squadrammo la camera da cima a fondo ma non c’era traccia di un malvivente nella stanza . “Si può sapere che diavolo ti prende, Alice?” le gridò contro Rose “Ci hai fatto venire un infarto”

“Quel mucchio si muove!” strillò terrorizzata l’altra indicando il mucchio di vestiti in modo isterico. Effettivamente c’era qualcosa che si muoveva sotto e per un attimo il terrore afferrò anche le nostre menti. Finchè almeno io non realizzai di che cosa o meglio di chi potesse trattarsi e quando me ne resi conto, scoppiai a ridere. Rosalie ed Alice mi guardarono come se fossi ammattita ma mi voltai verso quella pazza sul letto e la presi in giro: “Adesso ti lasci spaventare anche dal tuo amorino, Alice”. Entrambe inclinarono la testa senza capire che cosa stessi dicendo perciò alzai il mucchio di vestiti da cui emerse un piccolo esemplare di bulldog francese. Pitty, la cagnolina di Alice, ci fissava con i suoi occhioni scodinzolando in attesa di qualche coccola da parte nostra. L’espressione di Alice da terrorizzata divenne incredula per poi farsi entusiasta e sorridente alla vista della sua “bambina” come la chiamava lei. Allargò le braccia e il cagnolino vi si gettò con entusiasmo. Padrona e bestiolina si isolarono dal resto del mondo facendosi vicendevoli effusioni e a me e Rose venne quasi il voltastomaco perché Alice sapeva raggiungere livelli impressionanti di sdolcinatezza.

Poi, guardando in faccia Rose, mi tornò in mente quel tizio col nome da frigorifero. “Tu non hai il cavalier servente che ti aspetta in videochiamata?” le chiesi sollevando il sopracciglio. “Fridge!” urlò mia sorella con voce acuta correndo verso la sua camera più veloce del vento. Il suo grido mi aveva fatto trasalire mentre Alice non ci aveva fatto neanche caso, impegnata com’era ad amoreggiare con quel quadrupede.

Me ne tornai in camera e scossi la testa pensando, che nonostante fossi la più piccola, a volte avevo più cervello delle mie sorelle maggiori. Presi distrattamente il cellulare e mi accorsi che Mike mi aveva mandato un messaggio qualche minuto prima su WhatsApp.

“Stasera grande falò alla spiaggia di LaPush. Ci stai?”
Sorrisi perché sapevo che anche quella sarebbe stata una serata da sballo.

“Certo” digitai “Mi metto d’accordo con Jess e cerchiamo di arrivare il prima possibile. Il tempo che i miei si addormentino”

“Grande!” rispose Mike con qualche faccetta “Perché non lo dici anche alle tue sorelle? Sam ha detto che vorrebbe tanto fare qualche robbetta con Rose, per commemorare i vecchi tempi”

Sbuffai perché Mike era incorreggibile. Sam Uley era il ragazzo con cui Rose era stata fino al penultimo anno di liceo e poi avevano interrotto la loro relazione. Anche se ci voleva coraggio a definire “relazione” l’incontrarsi solo per scopare su ogni superficie disponibile.

“Non lo so, Mike. Glielo chiederò” mi limitai a rispondere anche se sapevo fin troppo bene che Rose avrebbe detto di no.

“Ok. Nel caso, possiamo comunque isolarci io e te per combinare della roba” scrisse e mi mandò in accompagnamento delle faccine piene di sottintesi.

Non appena lo lessi, mi passai una mano esasperata sul viso al ricordo di quello che era successo appena dieci giorni prima. Eravamo ad una festa a casa sua e non ero ancora riuscita a riprendermi pienamente dalla mia rottura con Edward. Perciò mi ero ubriacata di brutto e avevo finito per fare sesso con Mike nella camera dei suoi genitori. E che sesso! Sicuramente per niente paragonabile a quello che facevo con Edward ma… WOW! Mike era decisamente… WOW!

Peccato che quando mi risvegliai la mattina dopo, oltre al mal di testa, dovetti avere a che fare con un fottuto senso di colpa per quello che avevo fatto. Non ero mai stata la tipa che trovava rifugio nell’alcool e dopo neanche due mesi di rottura con il proprio ragazzo se la spassava con il primo che le capitava a tiro. Inoltre, dovevo ritenermi molto fortunata che i genitori di Mike fossero fuori città perché se ci avessero scoperto nel loro letto, mamma e papà mi avrebbero fatto fuori.

Avevo cercato di far cadere la cosa nel dimenticatoio, ma da allora Mike non aveva fatto altro che provarci con me e convincermi a ripetere la “sublime” esperienza, come la definiva lui. Ogni volta l’avevo rifiutato ma ogni rigetto era per lui un ulteriore stimolo per insistere ad andare a letto con me.

Mi ero meravigliata del fatto che la voce non fosse ancora arrivata ad Edward e pregai con tutta me stessa che tale rimanesse perché altrimenti Mike avrebbe dovuto pregare di non incontrarlo se voleva continuare a vivere.

“Scordatelo” digitai velocemente sul telefono e lo gettai sul letto. Poi mi affacciai alla porta e urlai verso la camera di Rose. “Rose, stasera LaPush. Sam vorrebbe scopare con te. Vieni?”
“Chi è Sam?” sentii chiedere da una voce metallica. “BELLA!” tuonò mia sorella con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Cazzo, avevo dimenticato Mister Frigorifero!
***
Parecchie ore dopo, ero in macchina con Jess e ci dirigevamo alla volta di LaPush. Come sempre, avevo fatto finta di addormentarmi e dopo aver aspettato che i miei si fossero addormentati, ero scappata dalla finestra. Rose ed Alice si erano rifiutate categoricamente di venire, la prima perché non voleva assolutamente vedere Sam e la seconda perché si definiva troppo raffinata per partecipare ormai a certe cafonate.

“Continui a rifiutare Mike eppure ti vesti apposta per provocarlo.” disse Jess guardando verso il basso. “Cosa?” esclamai senza capire che cosa volesse dire però le bastò ammiccare verso le mie gambe per farmi intendere. Effettivamente la gonna che indossavo non lasciava troppo spazio alla fantasia ma l’avevo indossata senza pensarci. “Non l’ho fatto apposta, Jess” mi giustificai con veemenza ma lei sbuffò borbottando un “Figuriamoci” e decisi di lasciar perdere. Quando si metteva in testa una cosa, era inutile discuterci perché era più testarda di un mulo. “Hai saputo dell’ultima incursione di Edward a scuola?” le chiesi per cambiare discorso e lei rispose con un enorme sorriso: “Tutti lo sanno. È stato davvero teatrale il modo in cui sei riuscita a fuggire!”. A tutti era sembrato divertente e anche a me all’inizio ma in realtà continuavo ad essere esasperata dalle sue continue insistenze. Io non volevo sposarmi. Volevo andare al college, costruirmi una carriera e divertirmi come una pazza. Perché per lui era così difficile capirlo? Era così importante incastrarmi in un matrimonio a soli diciotto anni?

Scossi la testa per scacciare quelle elucubrazioni e cercai di rilassarmi al pensiero di quanto mi sarei divertita quella sera. Quando arrivammo sulla spiaggia, il falò era acceso e c’erano già una decina di persone tra i nostri amici e qualche ragazzo della riserva che ogni tanto bazzicava con noi. Alcuni dei presenti erano già ubriachi e se la ridevano, spintonandosi per chissà quale idiota motivo, mentre i sobri li sorvegliavano guardinghi perché non si avvicinassero troppo al fuoco. Ci avvicinammo e quando Jess avvistò il suo ragazzo Quil corse a buttarsi tra le sue braccia volando come una freccia. Io avanzai più lentamente e quando Mike mi vide esclamò a gran voce: “Uo-ho… eccoti finalmente, bellezza!”. Si avvicinò mettendomi un braccio intorno alle spalle e mi spinse in direzione del punto in cui avevano sistemato il recipiente con ghiaccio e birre. Mike mi offrì una bottiglia ma rifiutai con un gesto della mano perché dall’andazzo che stava cominciando a prendere la serata, avrei fatto meglio a rimanere sobria. Mike scosse le spalle e la riposizionò nel recipiente, poi tornò a mettermi un braccio intorno alle spalle e prese un lungo sorso da una bottiglia che aveva in mano e a cui avevo fatto caso solo allora. “Allora, Bells!” cominciò entusiasta “Alla fine le tue socie hanno disertato?” Per socie, lui aveva sempre inteso le mie sorelle. “No, Mike” risposi con un sorriso “Alice, ormai, non ama più baggianate di questo tipo. E Rose ha detto che preferirebbe essere morta piuttosto che scopare con Sam” Scoppiò a ridere quando nominai Rosalie poi aggiunse: “Alice Swan che fa la ritrosa? Ricordo che quando facevamo gli altri anni queste baggianate, come le chiama lei, era sempre l’anima della festa”. Mike aveva la stessa età di Alice ed Edward ma aveva perso due anni a causa delle bocciature quindi frequentava ancora il liceo.

Alzai le spalle. “Che vuoi che ti dica, Mike? La città rende signori e porta a snobbare certe usanze” gli risposi usando un tono da piccola professoressa per scherzare. “Non sembrava tanto signora quando lo scorso anno si è data alla pazza gioia, durante la serata di Halloween” commentò e guardò per un attimo verso il mare. Decisi di non proseguire oltre con l’argomento perché non volevo proprio saperne delle follie di mia sorella. “Tu verrai a scaldare il motore con me stasera?” mi chiese ammiccando verso la mia minigonna. All’inizio non capii che cosa volesse dire perché non sapevo che servisse una ragazza in macchina per scaldare il motore. Poi quando vidi chiaramente la sua espressione capii al volo che cosa intendesse e sbuffai, scostando il suo braccio e andandomene via mentre lui se la rideva di gusto. Andai a sedermi su uno dei tronchi abbandonati accanto al fuoco per rilassarmi un po'. Rimasi seduta per diversi minuti ad ammirare i ghirigori disegnati dalle fiamme che si alzavano verso il cielo. Avevo sempre trovato qualcosa di magico ed ipnotico nel fuoco e, sebbene non fossi una potenziale piromane, lo trovavo stranamente rilassante e fautore di riflessioni. Per un attimo mi dimenticai di Edward e dell’esasperazione a cui mi stava portando e mi lasciai cullare dalla sensazione di pace che mi dava l’osservare le fiamme. Diverse volte, i ragazzi si fecero avanti offrendomi una birra ma preferivo nettamente quella sensazione allo sballo che potevo raggiungere con il fuoco.

Dopo un po', venne a sedersi accanto a me una persona che mi accorsi essere Sam Uley. “Sam!” esclami per la sorpresa. “Da quanto tempo!” Erano praticamente mesi che non lo vedevo. “Bella” mi salutò lui con un cenno del capo usando la sua voce calda e profonda e aprendosi in un sorriso che mostrò i suoi perfetti denti bianchi. “Come stai? Tutto bene?” mi chiese.
“Beh, non posso lamentarmi. Tu, piuttosto, dov’eri finito? È un sacco di tempo che non ti si vede più in giro a Forks” Quando Mike mi aveva nominato Sam quel pomeriggio, non avevo riflettuto sul fatto che non lo vedevo da diverso tempo. Nonostante lui e Rose avessero avuto una relazione di natura discutibile, era sempre stato comunque un bravo ragazzo e mi aveva sempre trattata bene. “Adesso lavoro a Port Angeles da qualche mese e vivo lì. Sono riuscito a tornare questa settimana per il week-end” E così anche lui era riuscito a trovare la sua strada. “Di te che cosa mi dici?” mi chiese dopo qualche secondo di silenzio. “Niente di particolare da dire. Sono la solita vecchia Bella” dissi con un sospiro. “E Rose? Si trova ancora a Seattle?” mi chiese scoppiando a ridere sguaiatamente “Rose…” cominciai “Rose continua a frequentare la facoltà di legge e…” Mi interruppi non sapendo se fosse il caso di dirglielo “E?” mi chiese lui incitandomi a continuare. “Si vede con un tipo che si chiama Fridge” dissi alla fine. Mi fissò allibito e rimase in silenzio per un po' provocandomi non poca ansia. Avevo paura di avergli dato un dispiacere e mi pentii subito, pronta a chiedergli scusa. Poi, però, lui scoppiò a ridere facendo restare me immobile questa volta. Alla mia espressione interrogativa, lui rispose con le lacrime agli occhi: “Che razza di nome è Fridge?”. Cominciai a ridere anche io con lui e andammo avanti insieme per parecchi minuti e si unirono a noi anche quelli che erano ubriachi persi. Si scatenò un coro di risate che provocò l’ilarità anche di coloro che erano rimasti sobri.

Quando ci ricomponemmo, Sam ritornò a parlare con il petto ancora scosso dai singulti delle risate. “Oddio, Bella. Mi hai fatto morire dal ridere” “Sono contenta. Avevo paura di averti provocato un dispiacere nel dirti di questo tizio” gli confessai. “Figurati, Bella. Con tua sorella ho fatto del sesso fantastico ma l’ho dimenticata da un sacco di tempo” mi disse dandomi una pacca sulla spalla “E allora perché hai detto a Mike che ti sarebbe piaciuto scopare con lei?” chiesi strabuzzando gli occhi “Ho detto che l’ho dimenticata non che non farei del sesso con una dea come lei”. Gli tirai un pugno sulla spalla perché non mi piaceva il fatto che vedesse mia sorella come una puttana a sua disposizione ma non gli feci neanche il solletico perché rise sommessamente. Andammo avanti a parlare per diverso tempo del più e del meno e con lui il tempo passò molto piacevolmente. Quella serata era tutt’altro che lo sballo che avevo progettato ma tutto sommato non mi dispiaceva condurla in modo così tranquillo e piacevole.

Tranquilla e piacevole finchè non sentimmo una macchina arrivare a tutta velocità e fermarsi sgommando a pochi metri dal falò. Si alzò un polverone di sabbia che mi fece tossire parecchio ma quando vidi di quale macchina si trattava impallidii all’istante. Infatti dalla macchina scese Edward che chiuse la portiera con foga e venne verso di me. Era in abiti civili quindi doveva avere smontato dal servizio da diverse ore ed era semplicemente meraviglioso mentre veniva avanti con la sua camminata spavalda facendo sbavare tutte le ragazze presenti. L’unico essere femminile a non farci caso fui io, impallidita com’ero alla sua vista. Cercai immediatamente una via di fuga e fu Mike ad illuminarmi. Mi alzai di scatto e corsi verso di lui che stava brindando con i suoi amici a suon di birre ma per fortuna non era ancora ubriaco. Perciò lo afferrai per un braccio, facendogli quasi rovesciare addosso alla maglietta il bicchiere di birra e cominciai a implorarlo con gli occhi. “Bella, ma che…” cominciò a dire ma lo interruppi parlando a velocità supersonica con tutto il fiato che avevo in corpo. “Mike, c’è Edward. Portami via! Ti prego, ti prego…”. E quando mi accorsi che Edward si stava avvicinando sempre di più verso di noi, lo trascinai tirandolo per il braccio e corsi verso la sua macchina. “Bella!” urlò Mike mentre lo trascinavo correndo più veloce che potevo. “Bella, ma che diavolo succede?” continuava ad urlare. “Ti dico tutto dopo. Ma adesso andiamocene!” urlai e quando finalmente arrivai alla sua macchina, sentii gli angeli cantare in coro.

Aprii la portiera dal lato della guida e lo spinsi dentro. Poi girai intorno alla macchina e salii dal lato del passeggero, gridando “Parti, Mike! Ora!”. Il povero Mike, che non ci aveva capito niente in tutta la questione, partì sgommando a tutta birra e sollevando un polverone che le tempeste di sabbia nel Sahara erano un nonnulla a confronto. Nonostante tutto quel chiasso e quel rumore, sentii chiaramente il ruggito del leone: “Bellaaaaa!”

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Capitolo 3
*** ...L'arpia... ***


Dopo un tempo interminabile, nuovo capitolo e...nuova fuga!

BELLA’S POV

Anche quando eravamo ormai ben lontani da LaPush, continuai ad urlare contro Mike perché andasse sempre più veloce. Alla fine si fermò sgommando davanti ad un fast-food sulla strada per Port Angeles, il che significava che ci eravamo lasciati alle spalle Forks da circa 15 km. Quando ci fermammo, Mike spense il motore e riprese fiato come se avesse corso un Grand Prix di Formula 1 e lo trovai ridicolo sennonché mi accorsi di essere anche io con il fiatone. Evidentemente dovevo essere rimasta anche io con il fiato sospeso per l’urgenza di fuggire da Edward.

Quando ci fummo ricomposti, Mike parlò: “Ma si può sapere che diavolo ti è successo? Perché sei voluta scappare così?”. Strinsi i pugni mentre gli rispondevo: “Edward sta diventando una persecuzione. Non avevo voglia di sorbirmi un’altra delle sue filippiche per convincermi a farmi impalmare!”.

“E tu con tutti quei ragazzi proprio me hai dovuto sequestrare?” esclamò con gli occhi sbarrati “Non ci hai pensato al fatto che non appena mi rivedrà, mi sottoporrà al terzo grado per sapere che cosa ti ho fatto e dove ti ho portato?”. Ma era matto? Possibile che gli sfuggisse la cosa più importante in tutta quella storia?

“Mike” lo apostrofai “Tu devi ritenerti fortunato che non si sia sparsa troppo la voce della nostra scopata. Se Edward lo sapesse, ti spezzerebbe le ossa” Stava per rispondermi ma quando colse il senso di quello che gli avevo detto, l’unica cosa che riuscì a dire fu: “Oh.”

“Esatto. Oh.” Gli feci il verso incrociando le braccia e mi misi a guardare fuori nel buio illuminato soltanto dall’insegna del fast food.

Dopo qualche minuto, Mike proferì con: “Beh, allora che cosa facciamo?”. Lo guardai interrogativa, cercando di capire dove volesse andare a parare perciò si affrettò a dire: “E’ soltanto mezzanotte e la notte è ancora lunga. Che dici se andiamo in una spiaggia qua vicino e ci facciamo un po' brilli? Ho qualche birra nel bagagliaio” Avevo deciso di non bere ma l’aver rivisto Edward mi aveva messo così tanta tensione addosso che avevo bisogno di tranquillizzarmi un bel po'. Perciò annuii e ci dirigemmo alla volta di quella spiaggetta che aveva nominato Mike.

“Qualche birra” si tradusse in una decina di birre e ce le scolammo tutte dalla prima all’ultima. Dovevamo semplicemente diventare un po' brilli e invece ci ubriacammo come asini. La serata si tramutò in una gara a chi la sparava più grossa tra me e Mike e alla fine ci abbandonammo alle nostre pulsioni. Per la gioia di quell’idiota scopammo un’altra volta e lo facemmo alla grande. Non ero una poco di buono ma purtroppo l’alcool aveva il potere di farmi perdere il senno e la lucidità e di farmi andare a letto proprio con un imbecille come Mike. Però, stranamente, in quell’occasione fu la sua imbecillità a salvarmi: Mike aveva il vizio di uscire indossando un preservativo direttamente sul pene in modo che se avesse scopato da ubriaco non avrebbe corso il rischio di ritrovarsi una sorpresina qualche mese dopo. In quel modo, ero riuscita a salvarmi anche io.

Mi svegliai di soprassalto quando sentii la suoneria del mio telefono. “Supermassive black hole” dei Muse. Mi tolsi di dosso qualcosa di pesante che mi accorsi essere il braccio di Mike e andai alla ricerca della borsetta da cui proveniva la suoneria. Dopo una breve lotta con le gambe di Mike, riuscii a trovarla e risposi. “Pronto?” mugugnai con voce impastata. “Bella!”. Riconobbi subito la voce di mia sorella. “Rose…” risposi abbandonandomi ad uno sbadiglio. “Dove cazzo sei?” digrignò tra i denti mia sorella. “Sono…”… in camera. Ma mi bastò avvertire il dolore al collo e osservare i primi raggi di sole che lambivano le onde del mare per capire che non mi trovavo esattamente nella mia dimora. Mi voltai di scatto per vedere accanto a me Mike che russava con la testa appoggiata sul clacson e recuperai all’istante la memoria di tutto quello che era accaduto. “Rose…”chiesi con un misto di angoscia “Che ore sono?”. “Sono le cinque e mezza del mattino, idiota. Muoviti a tornare!” E mi chiuse il telefono in faccia. Le cinque del mattino! Cazzo, avevo soltanto tre quarti d’ora per tornare a casa prima che papà si svegliasse e trovare un modo per rientrare senza fare accorgere lui e mamma della mia fuga notturna. “Mike!” cominciai a dire in preda all’agitazione più totale. “Mike!” gridai scuotendolo per un braccio anche se sembrava che non volesse saperne proprio di svegliarsi. Continuava a russare facendomi capire che non mi aveva affatto sentito così alla fine gli spinsi la testa contro il clacson e lo feci strombazzare. Un po' per il dolore, un po' per il rumore si svegliò si soprassalto e gridò: “Non ho i testicoli azzurri!”. Lo guardai cercando di capire a cosa si stesse riferendo e per qualche secondo rimase interdetto come se non avesse preso ancora pieno contatto con la realtà. Alla fine, dopo qualche secondo, si rese conto di trovarsi nella sua macchina e mi guardò arrossendo per quello che aveva appena detto. “Hai le palle azzurre, Michael?” gli chiesi stranita ma lui sbuffò e mi domandò a sua volta: “Perché mi hai svegliato così male, Bella?”. Piagnucolava quasi ma non gli detti retta e cominciai a parlare di fretta. “Sono le cinque e mezza del mattino. Devo tornare a casa prima che mio padre si svegli.”

“Oh Signore, Bella” si lamentò, alzando gli occhi al cielo “Hai diciotto anni e se tu volessi potresti anche ritornare lunedì mattina.” “Forse a casa Newton, ma a casa Swan a meno che tu non voglia farti cacciare di casa devi essere a casa prima del coprifuoco! E ora accendi questa scalda-noccioline!”

“Non ci penso proprio. Io torno a dormire” e nel dirlo si accoccolò sul sedile chiudendo gli occhi. Rimasi allibita, cercando di capire se stesse scherzando ma evidentemente era serissimo. Perciò mi vidi costretta a giocare la mia unica carta: “Mike o mi riporti a casa oppure dico ad Edward che hai scopato con me”. Lo convinsi alla grande perché riaprì gli occhi e in meno di un secondo mise in moto la macchina e cominciò a fare marcia indietro. “Ti odio, Bella!” esclamò con rabbia mentre io sorridevo soddisfatta di essere riuscita a ottenere ciò che volevo.

Dovetti ringraziare il cielo di avere una sorella maggiore troppo intelligente. Quando scesi al volo dalla macchina di Mike, trovai Rose che mi aspettava sulla porta in pigiama e le ciabatte. Avevo costretto Mike a correre alla velocità della luce perciò in dieci minuti ero riuscita a tornare a casa.

Non appena varcai la soglia, Rose chiuse la porta dietro di sé facendo un rumore minimo. Recuperai il fiato per la piccola corsa fatta e quando ebbi finito, alzai lo sguardo incrociando quello di mia sorella che mi fissava come un assassino. “Che c’è?” chiesi con tono sconcertato. “Io ti ammazzo, Bella!” gridò sottovoce per non farsi sentire da mamma e papà. “E perché?” “Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere quando ho visto che non c’eri nella tua stanza?” chiese senza riprendere il respiro neanche una volta. Non le risposi per niente e salii subito le scale, diretta in camera mia ma comunque attenta a non svegliare i miei genitori. Volevo dirle Grazie ma quella sua versione da mamma chioccia mi aveva fatto innervosire troppo. Lei mi seguì e appena entrate in camera, si chiuse la porta alle spalle.

Mi stesi su letto, godendo finalmente di un materasso vero dopo aver avuto il collo martoriato dal sedile di una macchina. L’odore delle lenzuola era un aroma paradisiaco rispetto all’odore di trota che regnava nella macchina di Mike e mi sarebbe bastato questo per addormentarmi in pace se non ci fosse stata mia sorella a blaterare sottovoce. La situazione aveva decisamente del comico perché Rose avrebbe dovuto urlarmi contro ma era costretta a farlo a voce alta per non svegliare i nostri genitori.

“Ho visto la macchina di Mike. Che cosa hai combinato stanotte?” esclamò. La fissai intensamente con uno sguardo pieno di sottintesi e non le ci volle molto per capire. “Oh, Bella! Non Mike!” si lamentò passandosi teatralmente una mano sul viso. “Ero ubriaca, Rose!” protestai sottovoce perché il suo tono mi aveva messo una punta di senso di colpa. “E tu ti vai ad ubriacare proprio con Mike Newton? Sapendo benissimo quello che poteva succedere?”.

“Sono dovuta scappare da Edward, perciò ho avuto bisogno di allentare un po' la tensione” spiegai meglio che potevo mentre il sonno cominciava ad appannarmi la lucidità. Sbadigliai nel momento in cui Rose esclamava: “Edward?”. Non sentii neanche una delle sue parole successive perché caddi in un sonno profondo.

“Sveglia, pelandrona!” Ma che diavolo…? “Bella, svegliati! È tardi!” Oh mio Dio! Mamma! “Bella, svegliati! Stai dormendo da quasi 12 ore!” E allora, mamma? La scenetta andò avanti per un bel po' finchè mia madre non tirò le tende, facendo entrare la luce del sole. Mi accecò e d’istinto mi portai un braccio sugli occhi per coprire quel riverbero improvviso. Mi lagnai come un cagnolino mentre mia madre copriva i miei lamenti con la sua voce: “Bella, muoviti!” Aveva abbandonato la modalità Mamma Chioccia per entrare pienamente nello stile Hitler. “Mamma” mi lamentai ancora continuando a tenere il braccio sugli occhi “La scuola è chiusa. Non puoi farmi alzare così presto”

“Sono le 11 del mattino, Bella! Stai dormendo da quasi 12 ore e non ho alcuna intenzione di vederti passare le vacanze a dormire!” Certo, peccato che invece di 12 ore fossi a letto soltanto da 5 ore. Ma non potevo dirle quello che avevo combinato quella notte, perciò mi rassegnai e mi alzai lentamente. Ebbi un immediato capogiro, probabilmente causato dalla sbornia che avevo preso ma mia madre non sembrò accorgersene. Cominciò a spingermi verso il bagno canticchiando: “Su su, signorina! A rendersi presentabili!” Corrugai la fronte perché non avevo la più pallida idea di dove volesse andare a parare.

“Perché devo rendermi presentabile?” chiesi rimanendo ferma sulla soglia del bagno. “Datti una sistemata e poi vieni al piano di sotto così potrò spiegarti tutto” mi rispose mentre scendeva le scale. Feci come aveva detto perché la curiosità era davvero troppa.

Dopo essermi sistemata i capelli in una coda e aver indossato i primi panni che avevo trovato, scesi giù in cucina e trovai la mamma intenta a cucinare per un esercito. Mi parve subito strano perché lei non cominciava prima del mezzogiorno a cucinare ma da quello che potevo vedere in quel momento stava cucinando da ore. Ripassai mentalmente tutte le date di eventi importanti e compleanni ma non c’era nulla che corrispondesse a quella data.

Perciò mi sedetti e presi una banana per fare colazione. Avrei dovuto mangiare qualcosa in più ma la nausea provocata dalla sbornia era decisamente troppa. “Si festeggia qualcosa?”  Senza distogliere lo sguardo dalle teglie, mamma disse: “Vengono a trovarci i tuoi zii!”. Carmen ed Eleazar Swan, i nostri zii da Port Townsend. Eleazar era il fratello di mio padre e si era trasferita a Port Townsend, dopo essersi sposata con la zia Carmen. Adoravo i miei zii perché erano le persone più oneste e amorevoli del mondo ma odiavo le loro visite dato che significavano soltanto una cosa… Victoria. La mia insopportabile e odiosa cugina.

Tutti abbiamo quel parente in famiglia che odiamo da morire e nel nostro caso si trattava della suddetta ragazza, nata per rendere la vita un inferno alle cugine. Victoria aveva un anno in meno di Rosalie ed era la stronzaggine di una cattiva da telefilm triplicata all’ennesima potenza. Il nostro astio reciproco era cominciato da bambine quando lei veniva a trovarci con i suoi vaporosi vestiti da principessa e prendeva in giro noi ragazze “campagnole” con jeans e camicia a quadri. Era andato tutto avanti poi nell’adolescenza quando faceva l’oca con i ragazzi di Forks e cercava di mettere in giro delle voci imbarazzanti su di noi. Con Rose, l’odio era cresciuto alle stelle quando ci aveva provato con Sam. Sebbene i due non stessero insieme, mia sorella era gelosa marcia e gliele avrebbe suonate di santa ragione se non fosse intervenuto in tempo lo stesso Sam. Per Alice, il fondo era stato quando aveva rubato le sue bozze per un progetto d’arte e le aveva date ad una compagna di corsi che non sopportava.

E con me? Con me, l’odio era ancora maggiore che con le mie sorelle. Victoria mi aveva sempre odiato per un motivo, e cioè Edward. Nonostante avesse un paio d’anni in più di lui, avrebbe dato qualsiasi cosa per finire sopra il suo pene e scoparselo a dovere. Aveva un debole per lui da anni e ogni volta che tornava da Port Townsend, provava a soffiarmelo. Ma non solo Edward era troppo innamorato di me ma era troppo cocciuto e decisamente fissato con me per prestare attenzione a lei.

Così quando la mamma mi annunciò dell’arrivo dei miei zii, mi venne quasi spontaneo esclamare: “Oh no! Victoria, no!”. La mamma si voltò immediatamente a fissarmi con occhi severi. “Isabella Swan, vedi di comportarti bene con tua cugina.” Sapevo benissimo che la sua, in realtà, era soltanto una recita dettata dal senso del dovere perché neanche lei poteva sopportare Victoria. “Non fare la finta moralista. Sappiamo benissimo che neanche tu la sopporti” la accusai puntandole il dito contro. Non sapendo come rispondermi, sbuffò e continuò a tagliare qualche verdura sul tagliere. Rimasi per qualche minuto per finire di mangiare la mia banana poi decisi di tornare di sopra perché avevo bisogno di distrarmi dal malessere provocato dalla notizia dell’arrivo della cara cugina. “Dì alle tue sorelle di prepararti! Gli zii dovrebbero arrivare tra una ventina di minuti!” urlò mia madre mentre salivo le scale e neanche le risposi. Arrivata in cima, per poco non fui investita da Rose che andava avanti e indietro per il corridoio grugnando proteste e parolacce. Non mi ci volle molto per capire che quel comportamento da parte sua era provocato dalla notizia dell’arrivo della vipera.

Entrò nella camera di Alice e la seguii a ruota. Quando entrai lei stava continuando ad andare avanti e indietro lungo la stanza, mentre Alice faceva scarabocchi su di un foglio pressando un po' troppo la matita. “Avete ricevuto la splendida notizia?” domandai sarcastica mentre mi sedevo per terra. “Non si vede?”  mi rispose Alice spezzando la punta della matita. Rosalie insultava la cugina “Quella disgraziata, quello scempio… q-quella…” “Puttana?” suggerii io fissando il pavimento. “Esatto!” strillò sollevando le braccia al cielo esasperata. “Sono tornata dall’università sperando di trovare un po' di pace e invece devo sorbirmi quella iena!” si lamentò Alice che aveva finalmente lasciato in pace la povera matita. “Ma perché hanno deciso di tornare proprio adesso?” chiesi pensando che effettivamente era molto strana la scelta di quel periodo per tornare a Forks. “Non ne ho la più pallida idea” rispose Rose “So soltanto che prima andranno via e meglio sarà per noi!”

“Voi ce l’avete con lei per cose successe anni fa. Per me invece è ancora fresca fresca l’ultima volta che ha provato a portarsi Edward a letto” spiegai alle mie sorelle per cercare di ammansirle. “Beh, vedrai che contentezza quando saprà che vi siete lasciati. Correrà alla centrale di polizia e gli aprirà le gambe senza pensarci due volte!” “Non oserà!” scattai subito neanche rendermene conto e mi alzai in piedi in un nanosecondo. “Calmati, Bella. Ti ricordo che questa notte te la sei spassata alla grande con Mike quindi non devi proprio parlare” mi apostrofò Rosalie. “Mike?” urlò Alice spalancando gli occhi per la sorpresa.

Nascosi la testa tra le mani per la vergogna. “Dai Alice, urla più forte che la mamma non ti ha sentito dal piano di sotto”. “Capisco che tu abbia lasciato Edward perché stava diventando sempre più asfissiante ma se l’hai fatto per scoparti Mike, mamma mia che cazzata hai fatto!” predicò mia sorella mentre continuavo a sottrarmi alla sua vista. “Ero ubriaca, va bene?” dissi esasperata “Mi sono fatta qualche birra di troppo e sono finita a scopare con quel coso. Non farmici pensare più!”. Le tirai un cuscino che lei prontamente schivò per poco.  “Ragazze” urlò mia madre dal piano di sotto “Gli zii sono arrivati!”. E proprio in quel momento, sentimmo chiaramente il rumore degli pneumatici nel vialetto. Ci guardammo disperate negli occhi e alla fine sospirammo cercando di prepararci mentalmente a quel supplizio. “Muovetevi a scendere oppure faccio dormire Victoria in camera con una di voi!”. Ci bastò questo per fiondarci come delle libellule e allinearci alla base delle scale.

Quando zia Carmen e zio Eleazar entrarono, ci guardarono con dei sorrisi così enormi da riscaldarci il cuore. Ci salutarono con degli abbracci enormi rischiando quasi di stritolarci ma non ci importava perché li volevamo bene da morire. “Ragazze” disse zia Carmen fissandoci con disapprovazione “Quella scellerata di mia cognata vi fa mangiare? Siete così magre!”. La mamma alzò gli occhi al cielo. “Sì, Carmen. Fanno tre pasti completi al giorno!”. Zia Carmen la fissò con disapprovazione ancora maggiore “I pasto giornalieri sono quattro, scellerata!”. La mamma e lo zio si fissarono negli occhi per qualche secondo e poi alzarono gli occhi al cielo. Tutto sommato, l’atmosfera che si era creata era decisamente tenera. Poi a rovinarla arrivò il Demonio.

Avete presente quelle scene da film thriller in cui il cattivo entra in una stanza accompagnata da fulmini e musiche catastrofiche di sottofondo? Ecco, la scena con cui Victoria entrò in casa fu più o meno quella. Fece il suo ingresso trionfale in un vestito rosso di seta con un enorme cappello di vimini in testa e occhiali da soli griffati. “Caaaare!” esclamò. Da quando era stata a New York per due settimane, aveva preso quel maledetto vizio di parlare allungando le vocali perché sosteneva che la gente VIP newyorkese parlasse in quel modo. Un gelo si diffuse tra noi quattro abitanti di quella casa mentre il Demonio faceva il suo ingresso nella casa in un turbinio di veli rossi come una danzatrice del ventre. “Ziiiia Renè!” esclamò ancora avvicinandosi a mia madre e stampandole un bacio enorme sulla guancia. Quando si allontanò, mia madre aveva un mastodontico calco rosso sulla guancia ed era rimasta di stucco per quel bacio scioccante. Noi tre cominciammo a tremare di paura mentre si avvicinava verso di noi. “Caaare cugine!” disse abbracciandoci tutte e tre contemporaneamente e come la mamma, ci ritrovammo con un calco rosso sulla guancia. Rimasi impalata sul posto e tutto ciò che riuscii a fare fu voltarmi verso Alice accanto a me, che stava riflettendo se strozzare Victoria o se darsi fuoco alla guancia. “Che beeello tornare qui!” trillò in modo ruffiano girandosi intorno. “Non è cambiato nulla. Ci sono ancora i vecchi centrini di nonna Marie. Oh zia, il tuo gusto per le cose vecchie è semplicemente adorabile”. Victora 1, Mamma 0. Dalla sua faccia, si notava chiaramente che avrebbe voluto prenderla a schiaffi perché ci aveva messo anima e corpo per decorare quella casa. Sicuro che avremmo dovuto continuare ad essere gentili con quel manico di scopa? “Beh, anche voi ragazze non siete troppo diverse da vostra madre” continuò Victoria squadrandoci con un sorriso falso come il suo seno “Rose, hai ancora la maglia che ti hanno regalato il Natale di quattro anni fa!”. E trillò con una risatina da perfetta imbecille.

La cosa più incredibile in tutto questo era il fatto che gli zii la guardavano sorridenti convinti che tutto quello che Victoria stesse dicendo fosse un apprezzamento. Erano adorabili e generosi, ma erano anche dei perfetti babbei. “Sì Victoria, me l’ha regalato Sam, ricordi?” rispose Rosalie fissandola beffarda e questo bastò ad ammutolirla perché Sam non era mai caduto ai suoi piedi. Deglutì rumorosamente e con il viso rosso dall’imbarazzo fece totalmente finta di nulla. “Ma dov’è il mio cucciolotto?” E adesso chi diavolo era il cucciolotto? In un evanescente tripudio di veli, si diresse alla porta e con voce gracchiante cominciò a dire: “Cucciolotto! Amore mio, vieni! Vita mia!”. Ok, aveva usato soltanto sei parole e già avevo voglia di tentare il suicidio per non sorbirmi le sue scenette da strapazzo. “Signori, ecco a voi il mio tesorino!”. Nell’accecante luce del sole, si fece avanti una figura alta quasi due metri e Victoria lo annunciò con il tono di chi deve annunciare il vincitore dell’Oscar: “Vi presento Emmett!”. E comparve Emmett sulla soglia.

A me, mia madre e le mie sorelle si gelò immediatamente il sangue nelle vene alla vista di Emmett. Soprattutto perché era quell’Emmett. In un secondo che parve un’ora intera, nella mia testa successe di tutto e la mente si riempì di ricordi. Alzai istintivamente le braccia all’altezza del petto per prendere al volo una Rosalie svenuta ma non accadde nulla. “Bella, perché tieni le braccia in quel modo?” mi chiese stranita zia Carmen. “Io…non lo so…” le risposi come un automa mentre continuavo a fissare un Emmett sorpreso e gelato sul posto quanto noi. In quel momento subentrò l’indecisione se rivelare di conoscerlo o assumere un’espressione di velata indifferenza. “Sembra che abbiate visto il Padre Eterno!” esclamò zio Eleazar. Bastarono quelle parole per riportarci tutte alla realtà. Tutte, tranne Rosalie, che continuava a rimanere immobile sul posto. La battuta dello zio doveva essere piaciuta a Victoria perché cominciò a strusciarsi su Emmett mentre diceva: “Puoi dirlo forte. Lui è un dio!”.

La mamma si schiarì la voce prima di dire con incertezza palpabile: “Vicky, chi è questo bel giovanotto?”. Emmett deglutì rumorosamente a quel complimento perché la mamma glielo aveva detto tante altre volte.  “Che domande, zia!” rispose il Demonio continuando a strusciarsi su Emmett “E’ il mio fidanzato!”. Oh, questo si era intuito alla grande. “E non sapete la notizia più bella!” aggiunse entusiasta lo zio con la zia che sorrideva orgogliosa. “Che cosa?” chiese cauta Alice mentre una certa aria di trepidazione si diffondeva nell’aria. “Alla fine dell’estate ci sposiamo!”. Patatrac! Il rumore che fece il cuore di Rose fu peggio della rottura di una diga. Tornammo tutte e quattro ad essere gelide e impalate sul posto senza sapere che cosa dire. Per dovere di facciata, avremmo dovuto sprecarci in effusioni di gioia e complimenti, mamma per prima, ma il tiro mancino che ci aveva giocato il destino era decisamente troppo. Quell’arpia si stava per sposare con quello che, una volta, era stato il grande amore di Rose. E tutte noi sapevamo che non lo aveva mai realmente dimenticato.

Il tempo sembrava essersi fermato e nessuna di noi sapeva come reagire a quella notizia. “Beh, che avete da fissarci con quelle facce?” si lamentò Victoria guardandoci con aria sconcertata. Possibile che non si fosse accorta del fatto che anche il suo fidanzato aveva la nostra stessa faccia? La mamma fu la prima di tutte noi a risvegliarsi dal torpore in cui eravamo cadute e balbettando chiese: “Oh, è una notizia meravigliosa! Aspetta soltanto che lo dica a tuo zio e vedrai come resterà contento!”. Sì, papà contento per quella serpe che si sarebbe volentieri messo sotto le scarpe. “Avete già scelto in quale luogo vi sposerete?”. Mi aspettavo una risposta come Aspen o Miami in Florida da una snob come lei ma la terza notizia fu la sciabolata finale: “Ci sposeremo qui a Forks!” trillò entusiasta come un uccellino. “Questo significa che…” cominciò a dire Alice ma non ebbe il coraggio di finire. “Resteremo qui per tutta l’estate!” concluse Satana col capello. Non so come nessuna di noi quattro riuscì a non svenire.

“Malefica, arma del demonio, belzebù, rifiuto dell’inferno, megera…”. Eravamo nel supermercato da circa mezz’ora e Alice non aveva ripreso fiato neanche per un attimo mentre insultava Victoria. Aveva usato insulti di cui non conoscevo neanche l’esistenza e mi aveva fatto venire un mal di testa infernale. Nel momento in cui ci aveva annunciato che sarebbe rimasta a Forks per tutta l’estate, Alice non le era saltata per poco addosso e ci aveva pensato nuovamente la mamma a salvare la situazione mandandoci a comprare melanzane, nonostante ne avesse cinque chili nel freezer. Mi massaggiai stancamente la testa mentre Alice continuava a blaterare e non facendocela proprio più, gridai: “Piantala, Alice!”. Le persone in quella corsia si girarono a guardarmi come se fossi io la pazza e non quella idiota capace di insultare una persona in lingue anche sconosciute. “Come faccio a rimanere in silenzio mentre quella troia si prende il fidanzato di nostra sorella?” protestò Alice afferrando con pericolosa forza un barattolo di pelati. “Ex-fidanzato” la corressi “E prima che tu possa dire qualcosa, ti ricordo che è stata Rosalie a lasciarlo”.

“La stai difendendo, Bella?” mi chiese minacciosa Alice brandendo il barattolo di pelati come una mannaia. “No” dissi subito sorvegliando quel coso che aveva in mano “Sai bene anche tu che detesto quanto te la prospettiva di avere quella palla tra i piedi tutta l’estate. Ma per quanto riguarda Emmett, non possiamo fiatare. E’ stata Rose a mollarlo e lui è andato avanti. Non mi piace che l’abbia fatto con quel manico di scopa ma non abbiamo diritto di parola su questo”. Alice non ci stava proprio a mollare l’osso e aprì la bocca per controbattere ma non l’ascoltai neanche perché impallidii alla vista della persona alle sue spalle che stava venendo verso di noi. Anche quella volta senza divisa, Edward veniva nella nostra direzione con le braccia rivolte al cielo e un sorriso smagliante.

La mia reazione fu fulminea: afferrai saldamente il pacco di farina da un chilo che avevo in mano e glielo tirai beccandolo direttamente sulla pancia. A causa dell’urto, gridò dal dolore e cadde all’indietro mentre il pacco di farina roteò stranamente per aria rovesciando, poi, tutto il contenuto per terra. Due secondi dopo, Edward fissava frastornato me ad Alice con la faccia interamente bianca come uno yeti. Afferrai mia sorella che urlava e me la tirai dietro mentre fuggivo dal supermercato.

Fine del capitolo.
Chiunque ritenga che Bella sia una ragazza leggera e superficiale per il semplice fatto di essere andata a letto con Mike, potrei dare ragione. Ma Bella è una ragazza di 18 anni e ne avevo abbastanza del prototipo di una Bella principessa dai solidi principi e a tratti, "pallosa". Non so voi, ma a me piace parecchio in questa un pò più easy. Vi ringrazio della visita e vi chiedo gentilmente di commentare perchè mi farebbe piacere sapere ciò che ne pensate. A presto!

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Capitolo 4
*** Stavolta fuggo da casa tua... ***


Eccomi con un nuovo capitolo... vi auguro buona lettura! A presto!

Bella’s POV

Il lunedì successivo andai a scuola accompagnata da Alice per scoprire i risultati degli esami di fine anno e scoprii che erano andati alla grande. Avevo ottenuto ottimi voti soprattutto in Matematica e Fisica e quando incontrai proprio il docente di quella materia si mostrò entusiasta e mi disse che con quei voti e il giusto curriculum scolastico avrei avuto ottime possibilità di entrare a Yale. Quando entrammo in macchina, ero felice come una Pasqua ed ero andata troppo in là negli anni con la fantasia vedendomi scienziata o ricercatrice. Mi immaginavo già con il Nobel in mano e a capo di qualche istituto prestigioso in collaborazione con altre fondazioni internazionali. Ebbene, ogni volta che mi andava bene qualcosa avevo il brutto vizio di lavorare troppo con l’immaginazione. Infatti fu mia sorella a far scoppiare le mie illusioni come bolle di sapone con un grugnito. Seguito a ruota da un secondo. Non restai troppo sorpresa perché erano praticamente due giorni che non faceva altro e cioè da quando erano tornati gli zii con Victoria e sposo a seguito. In casa nostra non si respirava una bella aria perché Alice era sempre di cattivo umore, Rosalie stava sempre chiusa in camera e la mamma doveva gestire l’antipatia che aveva per quella ragazza e le paturnie delle sue figlie maggiori. Era stata per noi una fortuna che zio Eleazar e zia Carmen avessero deciso di passare l’estate nella vecchia casa di nonna Marie, anche perché in casa nostra non c’era spazio per tutti. D’altra parte, avevamo avuto la sfortuna di averli con noi a pranzo o a cena un giorno sì e l’altro pure. Durante queste occasioni facevamo in modo di mettere Victoria vicino a papà, l’unico che riuscisse tranquillamente a sopportarla e mantenevamo il silenzio per la maggior parte del tempo. O meglio, la mamma chiacchierava esclusivamente con zia Carmen, Alice sfogava la sua irritazione contro posate e tovaglioli e Rosalie rimaneva con lo sguardo piantato a terra. Io non avevo mai trovato così affascinanti le venature sul parquet della cucina soprattutto quando quella imbecille passava ore a ciarlare su ogni singolo dettaglio del matrimonio.

Avevo scoperto che esistono ben 17 sfumature diverse del color magenta e l’importanza di intonare i fiori ai banconi della Chiesa. Che cosa ci avesse trovato Emmett in Victoria ancora mi sfuggiva. Sebbene avessi sentito parlare Emmett soltanto per tre volte in quei due giorni. In realtà non parlava mai perché aveva la sua controparte femminile a compensare per entrambi e la maggiorparte del tempo lo trovavo a fissare mia sorella. Mi veniva voglia di spaccargli la faccia ma dovevo trattenermi perché lui non aveva assolutamente nessuna colpa in tutta la questione. Soltanto essersi innamorato di mia cugina anche, se come già detto, non ne capivo ancora il motivo.

All’ennesimo grugnito di mia sorella sbottai facendo rimbombare la voce nell’abitacolo della macchina. “Alice, se non la pianti ti porto in un allevamento di maiali!”. Sembrò recepire il messaggio perché finalmente produsse anche lei delle parole: “Come diavolo fai a non essere arrabbiata?” chiese sputando tra i denti. “Certo che lo sono ma tra sopportare quella iena e passare l’estate in punizione, preferisco la prima!” risposi guardando fuori dal finestrino. “Pensavo che avrei rivisto quella iena tra almeno dieci anni, che avrebbe invitato al suo matrimonio soltanto mamma e papà. Invece ha deciso di venire a romperci le palle proprio in casa nostra!”. In effetti, con tutti i posti in cui Victoria avrebbe potuto sposarsi aveva dovuto scegliere proprio Forks, luogo che aveva sempre definito troppo provinciale e rude per “un’altolocata” come lei. “C’è una cosa che non capisco in tutto ciò” continuò a dire Alice “Possibile che Emmett non abbia fatto il collegamento quando ha saputo che Victoria fa di cognome Swan esattamente come noi e stavano venendo qui a Forks?”. Sollevai le spalle perché me l’ero chiesta anche io e alla fine ero arrivata ad una conclusione. “Probabilmente si è presentata con il cognome di zia Carmen. Lei porta entrambi i cognomi”. Quando era nata, i miei zii avevano registrato Victoria con entrambi i cognomi e quella serpe si presentava con il cognome della madre, Estevez, per sottolineare le sue origini sudamericane. “A New York, hanno un debole per i sudamericani” diceva sempre. “Ah già!” esclamò Alice “Dimenticavo che i newyorkesi impazziscono per i sudamericani”. Mi venne da ridere perché aveva imitato alla perfezione la voce di Victoria.

“Povera Rosalie” commentò con un sospiro Alice mentre guidava verso casa “Sembra proprio che il destino ce l’abbia con lei”. Annuii con un cenno della testa. “Tutti gli anni di relazione che ha avuto con Sam non valgono neanche la metà dei due anni passati con Emmett”. Mia sorella aveva conosciuto Emmett all’università e si erano messi insieme nell’arco di poco tempo. Lui era venuto diverse volte a casa nostra e i miei lo avevano letteralmente adorato, considerandolo come il figlio maschio che non avevano mai avuto. La loro era stata una storia bella quanto quella mia e di Edward ed era durata finchè non era arrivato il momento della laurea. Quando lui si era laureato, aveva deciso di seguire un corso di specializzazione in legge all’università di Berkley e aveva proposto a Rosalie di proseguire gli studi lì. A mia sorella, la cosa era sembrata troppo azzardata e quindi erano seguiti una serie di litigi che avevano provocato la rottura del rapporto. Con il senno di poi, mi era sembrato un perfetto preludio alla mia rottura con Edward. Lei era stata male a lungo e soltanto negli ultimi tempi era riuscita a riprendersi. Ma a quanto pare il destino non voleva darle questa possibilità e aveva ben pensato di accoppiare il suo ex-ragazzo con colei che più detestava al mondo.

“E adesso che cosa vorrà?” disse ad un certo punto mia sorella. Guardai fuori per capire a chi si stesse riferendo e vidi un poliziotto accanto ad una moto farci segno con una paletta. Lì per lì, non rimasi particolarmente colpita ma dovetti ricredermi quando, nonostante indossasse occhiali e casco, riuscii a riconoscere Edward. “Cazzo!” urlai in preda al panico. “Cosa c’è?” chiese mia sorella, guardandomi perplessa. “Alice, è Edward! Scappa, scappa, scappa!” urlai ancora isterica. “Bella, non posso scappare. Rischierei di essere arrestata!” disse lei giustamente ma ero talmente in preda all’agitazione da non rendermi pienamente conto di quello che stava dicendo. “Scappa!” urlai s di nuovo e per tutta risposta lei mi tirò una sberla sulla testa, ammutolendomi all’istante per la sorpresa. Ero rimasta talmente colpita dal suo gesto che neanche mi accorsi di quando ci fermammo al posto di blocco. Nel momento in cui aprì il finestrino, Edward si abbassò, appoggiando il braccio e ci rivolse un sorriso a trentadue denti. “Ehi, Alice!” esclamò come se avesse appena visto Dio. “Edward, da quanto non ci si vede!” salutò altrettanto entusiasta mia sorella. Io rimasi perfettamente immobile con lo sguardo fisso davanti a me sebbene sentissi lo sguardo di Edward pesarmi addosso come un macigno. “Ti trovo bene! Proprio l’altro giorno, parlavo di te con Sam. Voi ragazze Swan con il tempo riuscite soltanto a migliorare!” Non capii se fossi inclusa anche io in quella battuta ma preferii non saperlo perché avevo una fretta assurda di andarmene da lì. “Grazie, Ed! Mi hai fermata soltanto per dirmi questo?” chiese Alice “In realtà per due motivi, Alice. Uno, per ricordarti che i limiti di velocità sono in vigore anche in questo paesotto e due, per farti una bella multa.” Edward disse quelle parole con un sorriso enorme e Alice impallidì come un fantasma perché ricevere una multa significava soltanto una cosa. “Vuoi che papà mi sequestri la patente?” domandò con voce sottile. Lo stronzo di Edward sollevò le spalle e si limitò a continuare a sorridere furbamente. Conosceva bene le regole di papà: bastava anche solo una multa perché ci ritirasse la patente per un mese. “Ma non stavo andando troppo veloce. Soltanto dieci chilometri/ orari in più” commentò mia sorella in preda all’ansia. “Mi dispiace, Alice, ma la regola vale per tutti” rispose ancora e a quel punto fui a girarmi perché Edward si stava dimostrando un vero bastardo. Aveva evitato di fare la multa anche a coloro che erano soliti andare con una velocità 3 volte superiore alla norma e invece a noi, voleva fare la multa. Razza di bastardo! Quando si accorse che lo stavo guardando il suo sorriso si ampliò e allora capii che lo stava facendo apposta per vendicarsi di me. Mentre Alice cercava disperata un modo per cavarsi d’impiccio, lo insultai: “Infame che non sei altro!”.

“Beh” disse, ignorando la mia offesa “Potrei anche evitare di farti la multa…” e si interruppe lasciando le parole in sospeso. Mia sorella lo guardò speranzosa, preparandosi a qualsiasi cosa pur di non prendere quella multa e una parte di me si chiese fino a che punto sarebbe arrivata. “Ti lascerei andare senza problemi se Bella venisse con me”. La campana suonò a morto come quando si dà una sentenza definitiva ad un condannato. “Come?” chiesi di getto per sincerarmi che avessi sentito bene. “Hai sentito bene, Bella” mi rispose il bastardo “Vieni con me e ti prometto che non farò la multa ad Alice”. Boccheggiai, cercando di capire se stesse dicendo sul serio ma l’aria che aveva assunto fu una conferma del fatto che non stesse affatto scherzando. “Non se ne parla!” sbottai rabbiosa incrociando le braccia come una bambina. “Bella, ti prego!” mi pregò Alice con gli occhi speranzosi. “Alice, no!” esclamai ancora sebbene sentissi dentro di me una punta di senso di colpa perché stavo provocando un guaio a mia sorella. “Vuoi che papà mi sequestri la patente per un mese?” “Problema tuo!” le risposi evitando il suo sguardo perché sapevo che sarei capitolata se l’avessi guardata in viso. “Bella stronza, Bella! Pensi soltanto ai cazzi tuoi!” esclamò stavolta Alice incrociando le braccia. Rimanemmo così per alcuni secondi mentre Edward ci guardava in attesa di una risposta. Ce l’avevo a morte con lui perché mi aveva messa in quella situazione incresciosa costringendomi a provocare un guaio a mia sorella. Mi dispiaceva troppo metterla in un disastro con papà ma non avevo alcuna voglia di passare del tempo con Edward e starlo a sentire mentre tentava in tutti i modi di convincermi a sposarlo.

Purtroppo come sorella ero troppo buona e alla fine prevalse l’altruismo, per cui mi sciolsi nella rigida postura che avevo assunto nelle spalle e con un sospiro dissi: “D’accordo, andrò con lui!”. Alice si voltò a guardarmi raggiante e mi abbracciò entusiasta. “Grazie, grazie” disse almeno una ventina di volte mentre dentro di me, mi pentivo amaramente della scelta che avevo appena fatto. Scesi dalla macchina e incrociai lo sguardo soddisfatto di Edward che si avviò alla moto camminando ad un metro da terra. Sapevo di essermi appena cacciata in un guaio ma se questo serviva ad evitare che Alice ricevesse una punizione da papà, ero disposta a correre il rischio. Salito sulla moto, Edward mi passò il casco e continuò a fissarmi con quegli occhi entusiasti e soddisfatti per essere riusciti a mettermi nel sacco. “Poca soddisfazione, Edward! Passerò a prenderla a casa tua tra 2 ore e se insisterai a tenerla con te, chiamerò subito papà! Multa o non multa!” disse mia sorella urlando peggio di una camionista. All’accenno su papà, il mio ex-ragazzo deglutì rumorosamente perché aveva un fottuto timore di lui e sapeva che avrebbe potuto fargliela pagare. Indossai il casco e mi attaccai saldamente alla moto per non essere costretta ad appiccicarmi a lui. E nel debole sole estivo di Forks, partì lasciandosi dietro una fumata che andò a finire direttamente nella macchina di Alice.

Edward’s POV

Sapevo che si era saldamente attaccata alla moto per non avvolgere le braccia intorno ai miei fianchi e quel pensiero mi fece sorridere non poco. Ma sapevo anche che, per quanto si atteggiasse a tosta, Bella aveva paura dell’alta velocità perciò accelerai a tutta birra e come previsto, lei si spaventò a tal punto da attaccarsi a me. Proseguii con quella velocità fino a casa mia e lei non mi mollò un attimo, provocandomi un piacere enorme e facendomi ricordare tutte le volte che eravamo stati in quella posizione quando stavamo insieme. In poco tempo, arrivammo a casa mia e quando spensi il motore, Bella rimase appiccicata a me con gli occhi strizzati. Non si staccò probabilmente perché non si era resa ancora conto del fatto che ci fossimo fermati e questo mi fece sorridere non poco. Persino le sue gambe erano strette ai miei fianchi e avrei tanto voluto approfittarne per toccarla un po' ma se lo avessi fatto, probabilmente mi avrebbe rotto letteralmente le palle. Così mi limitai a dire: “Bella, siamo arrivati. Puoi anche lasciarmi andare”. Quando aprì gli occhi, li strabuzzò e rendendosi conto che non eravamo più in movimento, ci impiegò meno di cinque secondi a diventare rossa come un peperone e a saltare dalla moto per rimettersi in piedi. Si guardò intorno e prese immediatamente consapevolezza del luogo in cui ci trovavamo. “Perché siamo a casa tua?” mi chiese senza distogliere lo sguardo dalla porta di quella casa dove eravamo stati insieme tante volte. “Non dovresti essere di turno?”. “Ho staccato esattamente 5 minuti fa” le risposi. “Quindi io e Alice abbiamo avuto un culo enorme a trovarti giusto 3 minuti prima che staccassi” commentò sbuffando. “Beh, se ci pensi, il culo ce l’ho avuto anche io!” le dissi fissandola con un sorriso furbo. Lei ignorò quello che dissi e incrociò le braccia al petto, come faceva ogni volta che si metteva sulla difensiva. Per qualche secondo la fissai, poi mi alzai dalla sella della moto e mi diressi verso la porta. “Dove vai?” scattò immediatamente ma la zittii facendole cenno di seguirmi dentro.

Prima di entrare, rimase fissa sulla soglia e colse con lo sguardo tutto l’ingresso, forse investita da tutti i ricordi che la legavano a quell’ambiente. Ci eravamo lasciati da qualche mese ma quel tempo mi sembrava durare da un’eternità e la sua reazione era una dimostrazione che per lei fosse lo stesso. Alla fine si decise ad entrare e mi guardò intensamente negli occhi in attesa di un mio comportamento mentre le sue guance diventavano rosse per la timidezza. La adoravo da morire quando le succedeva e mi venne una voglia matta di baciarla ma dovetti trattenermi perché tutte le volta che avevo provato a forzare la mano, lei era scappata. “Io vado a farmi una doccia. Tu fai quello che vuoi e se vuoi prenderti qualcosa nel freezer, non c’è problema!”. Mi avviai verso le scale e salii al piano di sopra mentre riflettevo sulla stranezza di averle detto quelle cose come se lei fosse una ospite in casa mia. Quando non si contavano le volte in cui era scesa al piano di sotto indossando soltanto le mutande e una mia maglietta per prendersi qualcosa nel frigo.

Sotto la doccia, i ricordi mi investirono come un fiume in piena e mi provocarono un dolore lancinante al petto perché non riuscivo a sopportare il pensiero che Bella fosse entrata in casa mia non più come mia ragazza. Avevo rovinato tutto quando le avevo chiesto di sposarmi ma nonostante tutto, non volevo rinunciare al mio proposito di farne mia moglie al più presto. La mia non era mania di possesso né voglia di bruciare le tappe sulla scia di un inappropriato entusiasmo giovanile. Mio padre Anthony era morto in un incidente d’auto quando avevo dieci anni e mia madre si era ritrovata da sola a dovermi crescere. Papà era giovane dato che aveva soltanto 33 anni e da quel momento si era creata in me la paura di morire troppo giovane per crescere i miei figli. La scelta del mio mestiere aveva , poi, sancito definitivamente le mie intenzioni e avevo fatto la proposta a Bella. Non avevo neanche chiesto il permesso a Charlie perché avevo il terrore folle che potesse rifiutarmi la sua benedizione e avevo preferito agire d’istinto.

Purtroppo le cose non erano andate esattamente come volevo e come risultato finale, avevo ottenuto la rottura del mio rapporto con Bella. Lei se la spassava alla grande con i suoi amici e un po' questo mi dava fastidio ma avendola osservata a lungo, avevo cominciato a titubare e chiedermi se effettivamente sposarsi così giovani fosse la cosa giusta. Avevo anche considerato la possibilità di proporle di tornare insieme giurandole che non le avrei fatto la proposta di matrimonio prima di qualche anno. Ma dopo aver appurato in giro della sua decisione di fare domanda in qualche università fuori dallo Stato di Washington e delle attenzioni che le rivolgeva Mike Newton, ero ritornato alla mia decisione originale ed ero tornato ad insistere sul fatto che accettasse di sposarmi.

Mentre rimuginavo nei miei pensieri, uscii dalla doccia e mi asciugai per bene. Indossai degli abiti comodi e lasciai i capelli bagnati perché si sarebbero asciugati nel giro di un quarto d’ora. Infine, mi guardai allo specchio e feci un respiro profondo per cercare di calmare l’agitazione che avevo in corpo. Lo specchio mi restituiva l’immagine di un ragazzo di soli 20 anni cresciuto troppo in fretta che si atteggiava da adulto ma aveva ancora tutta la voglia di rimanere bambino. Scesi lentamente al piano di sotto associando ogni gradino ad un pensiero che avevo in mente di riferire alla mia ragazza. Convinto di trovarla in salotto, svoltai immediatamente l’angolo e presi fiato per cominciare a parlare in direzione del divano. Peccato, però, che lo trovai perfettamente vuoto. Tutti i tentativi fatti per calmare la mia agitazione si rivelarono perfettamente inutili dato che cominciai a vagare per casa in preda all’ansia. La cercai dappertutto, dal bagno al giardino, convinta che sarebbe sbucata fuori come un coniglio dal cappello ma sapevo perfettamente che cosa fosse successo. Mi aveva fregato alla grande e se l’era data a gambe.

 

Bella’s POV

Quando i miei piedi toccarono il terreno umido al limite delle rocce, caddi per terra sbattendo le ginocchia. Ero arrivata in modo poco elegante ma sinceramente non poteva fregarmene di meno perché mi preoccupava di più il fatto di recuperare il fiato. Edward era furbo, ma era proprio un cretino se pensava di poter fregare me. Aveva il brutto vizio di impiegarci più di 20 minuti per fare una doccia e a me era bastato tutto il tempo per avere l’illuminazione e sfruttare il mio senso dell’orientamento. Casa di Edward era almeno 5 km lontano dal centro di Forks ed era lungo la strada per raggiungere LaPush. Perciò avevo corso lungo la carreggiata per 2 km e avevo tagliato per i boschi raggiungendo la riserva nel giro di 15 minuti. Non avevo mai corso così tanto in vita mia ma la voglia di scappare da casa di Edward era così tanta che l’avevo fatto. Quando ritenni di aver recuperato fiato a sufficienza mi rialzai e mi incamminai verso la casa rosa che avevo esattamente di fronte a me. Si capiva perfettamente che quella casetta era vecchia, come dimostravano le pareti di legno scrostate in più punti ma il patio perfettamente pulito con le sedie a dondolo e tutti quei vasi di fiori le davano un’insolita allegria che bastava per compensare tutto il resto. Bussai sulla porta a zanzariera e nel giro di due secondi venne ad aprirmi un bella ragazza dal colorito bronzeo e dai lunghi capelli neri. Quando aprì la porta, ci mise qualche istante per capire chi fossi e poi, esultò buttandomi le braccia al collo. “Bella!” esclamò mentre dovetti reggermi allo stipite della porta per non essere travolta dal suo peso e le circondai il corpo con le braccia a mia volta. “Da quanto tempo, Bella!” disse mentre continuava a stringermi e mi beai di quel contatto affettuoso e sincero. Emily era semplicemente adorabile ed ogni volta che la vedevo mi sentivo felice perché aveva quella straordinaria capacità di farti sentire a casa tua nelle occasioni più disparate. Mi trascinò dentro casa sua portandomi nella cucina dove regnava sovrano l’odore di qualche dolce appena infornato, come probabilmente aveva fatto anche qualche minuto prima. “Peccato che tu non sia arrivata più tardi perché ti toccherà aspettare un pochino per mangiare il dolce” disse mentre girava intorno alla stanza alla ricerca di qualche cosa da farmi sgranocchiare in attesa del dessert. “Oh, Emily, sono passata soltanto per pochi minuti. Non preoccuparti…”. Si girò di scatto a guardarmi e quello che prima era uno sguardo allegro e gioioso fu sostituito da un paio di occhi assassini. Mi fece talmente paura che deglutii rumorosamente e mi corressi all’istante: “C-cioè, volevo dire che sono arrivata soltanto da pochi minuti… Figurati se ho voglia di andarmene proprio ora!”. E scoppiai a ridere rumorosamente. Con la velocità di Dottor Jeckyll e Mr Hide, Emily mutò espressione e tornò a sorridermi mentre continuava a rovistare nei cassetti e nelle credenze. Alla fine mi mise innanzi una biscottiera piena di biscotti con un caraffa di succo d’arancia fatto in casa e si sedette di fronte a me. “Allora, Bella” cominciò “che cosa mi racconti?” . Era circa un paio di mesi che non passavo a casa di Emily e le cose accadute erano davvero tante. “Beh..” iniziai a dire “Credo che tu sappia tutto di me ed Edward…”. Annuì aggiungendo poi: “Sì, la voce è arrivata anche qui. O meglio è arrivato circa due mesi fa un Edward ubriaco che cantava canzoni di amori perduti e pretendeva che lo chiamassimo tutti Orlando Innamorato” Mi passai una mano sulla fronte ripensando a quell’episodio che aveva fatto diventare Edward una barzelletta in tutta la riserva. “Jake ha dovuto aspettare che cadesse addormentato prima di riaccompagnarlo a casa. Erano le sei del mattino”. E scoppiò a ridere piegandosi in due. “Che succede, Emily?” chiesi un po' stranita da quella reazione. “Niente, Bella” rispose continuando a ridere “il fatto è che si è presentato nel bel mezzo di un raduno del consiglio e si è spogliato nudo davanti a tutto pretendendo di essere sottoposto ad un qualche rito di passaggio per dimostrarti di essere un uomo. Quando gli Anziani gli hanno risposto di no, si è messo ad urlare dicendo che eri stata tu a pretendere quel rito di passaggio come condizione per stare insieme.” “Ma non è vero!” esclamai subito in preda all’agitazione. Lei scrollò le spalle e disse: “Lo abbiamo capito tutti. Ma il suo spettacolino è stato decisamente esilarante”. Rimasi in silenzio pensando alla scenata di Edward ma se ad Emily veniva da ridere, io avevo soltanto voglia di piangere. “Perché non mi racconti come sono andate le cose?” mi chiese la mia amica e come un fiume in piena, le raccontai nulla senza tralasciare nulla. Per un buon quarto d’ora, parlai senza sosta mentre lei mi ascoltava in silenzio e con sguardo interessato. Alla fine, fece una smorfia arricciando le labbra e disse: “Però!”. “Già… però”. “Non pensavo che le cose fossero andate così” commentò Emily “Insomma…credevo che vi foste lasciati perché magari a te piaceva qualcun altro. Hai 18 anni e lo avrei trovato perfettamente normale. Invece tutto è dipeso dalla smania di Edward di fare l’adulto che non è.”

“Probabilmente, se non mi avesse fatto la proposta adesso sarei qui insieme a lui”. Non aggiunse altro e per qualche minuto mi godetti il silenzio della stanza mentre Emily fissava distrattamente il forno. Non avevo granchè voglia di parlare di Edward soprattutto dopo quello che era appena successo e cercai un argomento che mi permettesse di distogliere l’attenzione. “Che cosa mi dici degli altri?” chiesi avviando una nuova conversazione. “Non c’è molto da dire… Sam continua a scoparsi l’intero stato di Washingotn facendo il paragone con tua sorella. Quil, Paul, Embry e Jared frequentano la scuola per modo di dire. E Jake… è sempre Jake.” Colsi un senso nascosto nelle sue parole quando nominò Jake, quasi una nota di tensione e capii perché. Lui era come un fratello per Edward e non era stato molto contento della mia rottura con lui. Mi aveva telefonato diverse volte cercando di convincermi a tornare con lui ma i miei No decisi e la mia nuova vita all’insegna del divertimento gli avevano fatto prendere le distanze da me. Scrollai le spalle. All’improvviso, Emily scattò in piedi facendomi prendere un colpo e si diresse a cacciare il dolce dal forno. “Perfetto” disse con uno sguardo di soddisfazione “Credo proprio che ti piacerà un sacco”. Poi si interruppe un secondo  e alzò gli occhi al cielo per un secondo prima di aggiungere: “Che ne dici di fermarti a cena questa sera?”. Mi vergognai un po' nel dire: “Mi piacerebbe tanto ma sono senza macchina”. “Non c’è problema” rispose lei “Ti riporto io. Ma scusa… se sei senza macchina, come hai fatto ad arrivare fin qui?”. Il suo sguardo interrogativo fu il preludio di un nuovo racconto.

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