The Great Mouse Detective 2

di alicew in wonderland
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 10: *** Postfazione di Basil di Baker Street ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Introduzione

Scrivo queste poche righe a racconto ultimato, con l’intento di fornire alcune spiegazioni necessarie alla comprensione della storia. Prego voi lettori di avere pazienza solo per poche righe. Credetemi, ne vale la pena.
 
Desidero mettere voi tutti al corrente dell’esistenza – immagino che la maggior parte di voi ne sia all’oscuro – di alcuni fumetti Disney che narrano i fatti successivi a quelli contenuti nel film The Great Mouse Detective e aggiungo che mi ispiro alla continuazione di essi per questo racconto. I fumetti possono essere reperiti gratuitamente per la lettura online al link: http://www.freewebs.com/greatmousedetective/comics.html sono in inglese e sono già traduzioni dal tedesco, dall’olandese o dal francese. Non c’è una versione italiana perché, come spesso accade, non tutto il materiale Disney arriva nel nostro paese. Le scelte su cosa introdurre in Italia sono dipese in gran parte da quanto successo ha avuto un lungometraggio animato.
 
Per quanto riguarda i personaggi presenti nel racconto, oltre a quelli già noti nel film d’animazione del 1986, ce ne sono alcuni ripresi dai libri di Eve Titus, altri dai fumetti sopra citati e due che invece appartengono ai protagonisti del segmento The Wind in the Willows (Il Vento tra I Salici) del film d’animazione The Adventures of Inchabod and Mr. Toad (Le Avventure di Inchabod e Mr. Toad), undicesimo Classico Disney, e compaiono solo in un capitolo con i loro nomi originali.
A proposito di nomi dei personaggi: uso i nomi originali e non quelli dell’adattamento italiano. Ci sono svariate ragioni dietro a questa mia scelta una su tutte è che alcuni adattamenti fatti, specialmente riguardo ai nomi e al tono usato dai personaggi, sono di resa pessima. Cambiare il cognome del Dr. David Q. Dawson in Topson per creare un’assonanza maggiore con Watson e quello di un altro personaggio che aveva, invece, assonanza con il personaggio a cui si ispirava – mi riferisco a Mrs. Judson, ispirata a Mrs. Hudson modificano in Signora Placidia – sia stato, in una qualche misura, deplorevole. Non si può trascurare nemmeno la traduzione di Fidget in Vampirello. Riporto sotto la definizione del dizionario Collins.
 
fidget[ˈfɪdʒɪt]
1 n (person) persona irrequieta
to have the fidgetsessere irrequieto[-a] or agitato[-a]

2 vi(also: fidget about or around) agitarsi
to fidget with sth giocherellare con qc

 
 
Nel racconto vi sono evidenti rimandi al primo film e chiare citazioni di altri film d’animazione Disney. L’intento è quello di omaggiare altri lungometraggi animati, sia antecedenti che successivi alla morte di Walt Disney, oltre che al film The Great Mouse Detective.
Ci sono richiami anche al Canone di Sherlock Holmes e non, per la medesima ragione. Faccio due esempi. In alcuni punti faccio rimandi chiari a Il Mastino dei Baskerville o a Il Segno dei Quattro, con opportune modifiche perché non risulti una copia esatta dell’originale e si possa accusarmi di plagio. Per creare, in parte, la versione adulta di Olivia ho preso spunto da un personaggio che non fa parte del Canone: Mary Russell, creata dalla penna dell’autrice americana Laurie R. King – se voi lettori non volete spoilers, andate a guardare chi è a storia abbondantemente avviata, ammesso che non la conosciate di già –
 
Per contribuire al realismo dei fatti narrati ho effettuato anche delle ricerche su alcuni documenti presenti nel periodo storico di riferimento – inizio Novecento per lo più –
I documenti sono opportunamente citati e basta digitare su un motore di ricerca per rintracciarli nella loro interezza, prevalentemente in lingua inglese mentre in italiano c’è poco o nulla. Ne cito uno qui tanto per dare un’idea: British Rinfall 1907. Se troverete una descrizione meteorologica accurata e dettagliata c’è da ringraziare questo saggio.
 
Spero che questa introduzione possa aiutare voi lettori a immergervi agevolmente in questo piccolo universo che ho ricreato.
 

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https://www.freewebs.com/greatmousedetective/synopsis.html  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prologo

Anno 1907, 8 Aprile. La notte era calata da molto, la pioggia era fitta e non accennava a cessare.
Il porto fluviale era, come lo è tutt’ora, il posto più sudicio di tutta Londra ed era diventato la dimora di un ratto che stava ricostruendo, lentamente, il suo impero criminale. Sebbene egli dovesse vivere in un tombino, il suo modo di arredare il poco spazio a sua disposizione tradiva delle maniere raffinate e curate, tipiche degli intellettuali e dei nobili. Era stato costretto dalle circostanze a nascondersi in un buco sudicio e aspettare il momento propizio per il suo ritorno, mentre il suo rivale storico, Basil di Baker Street, si prendeva gli onori e i meriti della sua sconfitta.
Il ratto aveva deciso di mettere in atto la sua vendetta dopo la fuga, avvenuta tre anni prima e della quale nessuno era ancora stato informato. Era stato imprigionato nella cella d’isolamento sotto la Torre di Londra e ora che quel periodo gli sembrava lontano si era convinto che nessuno avrebbe mai più osato contrastarlo, una volta raggiunto l’obiettivo prefissatosi. Il suo giovane avversario avrebbe assaggiato la sua vendetta.
La mente del ratto era costellata dai più bui pensieri quella notte e solo i rumori dei passi di qualcuno che stava scendendo giù per la grata del tombino potevano distoglierlo dalle sue visioni megalomani e desideri di rivalsa.
«Mlle. Relda, vi attendevo con ansia. Credevo non sareste più venuta.»
La sua voce era rimbombata nell’oscurità appena si era delineata in maniera distinta la figura di una giovane topolina che reggeva un ombrello per ripararsi dall’acqua.
«Quanta poca fiducia, Professore» aveva risposto lei, posando l’ombrello all’ingresso «e pensare che ho anche delle buone notizie.» aveva proseguito togliendosi gli eleganti guanti in pelle di gatto, scoprendo le sue zampe candide come la neve.
«Sono tutto orecchi!» aveva esclamato il ratto dalla voce profonda. «Cosa mi dite di quel piccolo e insignificante Detective?»
La topolina aveva sorriso e si era sistemata con calma la lunga gonna dell’abito.
«Non mi offrite qualcosa da bere prima? Questo tempaccio mi ha messo sete.»
«Vi chiedo perdono, Mlle. Relda. Tre anni nascosto in un sudicio tombino stanno per finire per sempre e io sono piuttosto elettrizzato!» si era scusato facendo attenzione a non frantumare con le zampe il calice che aveva appena preso dal vecchio mobiletto di inizio Ottocento.
«Vi conviene non correre, Professore» aveva detto la topolina, sistemandosi l’acconciatura, lasciando che una delle sue ciocche mosse scarlatte le ricadesse sulla spalla. «Ho detto che ho delle buone notizie, non che Basil di Baker Street sia del tutto vulnerabile!» aveva precisato poi.
Il ratto le aveva offerto il calice, colmo per più di metà di un liquore marrone scuro.
«Allora, illuminatemi.»
La topolina aveva preso il calice con la zampa destra e aveva cominciato ad accarezzarne il bordo con il secondo dito della zampa sinistra.
«Beh, la notizia del mio matrimonio lo ha scioccato.» aveva cominciato sollevando le spalle. «Il re di Boemia è tornato al suo paese ringraziandolo per i servigi resigli, lasciandogli in ricordo una mia foto in aggiunta a una cospicua sommetta.» aveva detto con una certa malizia, sorseggiando il contenuto del calice. «Potrebbe essere un ottimo finanziamento quel denaro per…»
«Niente allusioni a obiettivi impossibili da raggiungere!» la aveva ammonta il ratto. «Derubarlo non è saggio. Scoprirebbe l’autore del furto in men che non si dica!»
La topolina aveva sospirato e poco dopo aveva aggiunto con calma «No, se non saprà mai che voi siete evaso e se compirete il fatto durante la cerimonia delle mie nozze!»
Il ratto l’aveva guardata dritta negli occhi ed aveva notato sul suo viso un mezzo sorriso furbo. «Molto bene, allora!» aveva detto sorridendo a sua volta.
«Lascerò a Basil un bel ricordino, prima di partire per gli Stati Uniti. Ricordatevi che sono tre anni che copro tutte le tracce della vostra evasione e intercetto tutti i telegrammi che la annunciano.» aveva riso lei, vuotando ciò che restava nel calice in un sol fiato. «Lavoro per voi da un po’ Professore e la cosa più divertente del lavoro affidatomi è stata far cadere ai miei piedi Basil di Baker Street. Spero, tuttavia, che vi ricordiate di quel piccolo extra che mi avevate promesso dopo aver eliminato tutte le guardie che vi sorvegliavano quando eravate in prigione.»
«Sapevo che Basil vi non avrebbe mai resistito e non preoccupatevi del vostro compenso: è già tutto sistemato!» aveva sogghignato Ratigan.
«Citando una frase che Basil ha pronunciato due mesi fa: “L’amore è uno stato emotivo e si oppone alla ragione che considero più importante di qualsiasi cosa al mondo. Per questo non mi innamorerò mai, così preserverò le mie facoltà mentali!”»
«Quanto è ingenuo e incoerente!» aveva esclamato Ratigan, scoppiando in una fragorosa risata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

La storia che ho cominciato a trascrivere, dopo tanti anni da quando è avvenuta, si estende su di un vasto arco temporale. Prego il lettore di seguirmi con calma e pazienza, troverà, quando sarà necessario, delle indicazioni che lo informeranno del periodo a cui mi riferisco e in alcuni casi inserirò delle ellissi. Sta al lettore ricomporre il puzzle per intero, una volta messo al corrente di tutti i fatti.
Per una volta, da quando sono biografo ufficiale di Basil di Baker Street, mi sento di dire che a differenza dei miei precedenti racconti ove esponevo in maniera lineare e sintetica la storia, trattandosi di brevi avventure, mi sono spinto a costruire un racconto dove ho cercato di applicare alcune nuove caratteristiche del genere poliziesco, che di recente sta riscuotendo molto successo di pubblico. Desidero, inoltre, informare che il prologo, che il lettore si è trovato innanzi prima di apprendere che a scrivere fossi io, è il racconto che la stessa Mlle. Relda, che più avanti presenterò descrivendola nel dettaglio, mi ha gentilmente fornito in una lettera di circa tre anni fa, inviatami dalla prigione in cui è rinchiusa, dopo che la pregai di narrarmi come si erano svolti i fatti di quella notte. Ho pensato che mettere al corrente il lettore di ciò che stava accadendo all’epoca, a insaputa mia e di Basil, fosse il modo più facile per introdurlo ai fatti che seguiranno, ma è inutile soffermarsi su queste frivolezze da scrittore. Comincerò ora a narrare i vari accadimenti, senza più troppi indugi.
 
Era il dodicesimo giorno di aprile del 1907. Con il nuovo secolo aveva fatto la comparsa l’elettricità. Le strade cominciavano a non essere più illuminate a gas e si pensava anche a come sfruttare la nuova tecnologia per gli spazi chiusi. Era palpabile nell’aria un certo fermento per questo nuovo periodo storico, ma la primavera di quell’anno rimarrà memorabile per la pioggia. Pioveva spesso, che fosse dì o notte. Ricordo che nel mese di marzo il tempo fu più clemente, ma dall’inizio di aprile i giorni soleggiati si ridussero drasticamente.
I casi di Basil, a cui collaboravo assiduamente, procedevano a rilento a causa della partenza del nostro fidato Toby. Nel 1904, fu un enorme dispiacere per entrambi apprendere che Sherlock Holmes avrebbe presto lasciato la sua dimora a Baker Street, come la sua professione di Detective, per trasferirsi sulle colline del Sussex ad allevare api. Dicendo addio a Toby, avevamo dovuto dire addio anche al nostro personale mezzo di trasporto e alla possibilità di seguire con precisione tracce olfattive.
Quel dodicesimo giorno di aprile Basil aveva risolto un caso importante: il principe di Boemia era venuto di persona pochi giorni prima a chiedere il suo aiuto per un ricatto fattogli da una cantante d’opera francese con cui aveva avuto, un decennio prima, una relazione. La cantante d’opera in questione era Mlle. Relda, nominata poc’anzi, che esercitò una certa influenza su Basil tanto che pensai che si sarebbero sposati, visto che egli la conobbe antecedentemente al caso del principe. Già mi vedevo Basil trasgredire al suo ferreo patto morale di non trovare una compagna per non alterare le sue capacità investigative, ma la topolina aveva altri progetti: sposarsi con un ricco industriale e avvocato americano. Il fatto curioso, che né io né Basil riuscimmo a spiegarci, era la presenza dell’invito ufficiale alla cerimonia nella posta di quella mattina. Basil non rimase impassibile, come avrebbe fatto in qualunque altra occasione, ma abbandonò la sala e si rifugiò nella sua stanza.
Il violino di Basil non si trovava nella sua solita collocazione, accanto alla poltrona rossa, e me ne accorsi solo quando udii il mio coinquilino suonare. Sapevo che lo strazio per le mie orecchie sarebbe durato a lungo. Pur essendo un eccellente violinista, Basil ama l’improvvisazione e la sperimentazione che spesso lo conducono a produrre suoni al quanto sgradevoli.
Erano trascorse due ore buone da quando Basil aveva cominciato a suonare e, come ho appreso vivendo sotto il suo stesso tetto, ci sono principalmente due occasioni in cui Basil suona: quando deve riflettere su come risolvere un problema che lo assilla, o quando si sente giù di morale. La questione è che solo Basil sa, con certezza, quale delle due sia la circostanza tutte le volte che mette mano allo strumento. Nelle quasi inesistenti volte in cui suona per semplice diletto, per questo dico che suona solo per le due ragioni sopra descritte, chiede a me cosa mi piacerebbe ascoltare. Riesce sempre ad essere ambiguo nei suoi comportamenti; è come se volesse proteggere la sua mente da stimoli esterni, o da supposizioni altrui. Quella volta continuare a udire l’eco del Mousevarius di Basil mi fece preoccupare. C’era qualcosa di diverso dall’usuale che mi fece pensare che stesse suonando per un’altra questione: si era, per l’appunto, chiuso a chiave nella sua stanza e non era seduto sulla sua poltrona favorita nel salone. Era un chiaro segnale che non voleva essere disturbato da niente e da nessuno.
Che fosse per via del fatto che Mlle. Relda lo avesse ingannato e lui ne soffrisse ancora?
I miei pensieri furono interrotti quando udii bussare alla porta. Basil non accennò a smettere di suonare e così mi dovetti alzare io stesso dalla mia poltrona, sulla quale mi stavo ancora rigirando l’invito al matrimonio tra le zampe, per vedere chi fosse giunto all’ingresso della nostra dimora.
«Mrs. Judson!» esclamai vedendo la padrona di casa entrare con un enorme pacco contenente i viveri appena acquistati al mercato che mi affrettai a prendere lasciandole la possibilità di chiudere l’ombrello.
«Grazie infinite, Dottore!» mi disse posando l’ombrello e togliendosi l’impermeabile. «Che tempaccio!» esclamò e si fermò ad ascoltare il suono del violino, mentre io entravo in cucina a posare la spesa. «Dottore!» mi chiamò allarmata ad un tratto.
«Eccomi!» esclamai correndo da lei.
«Cosa sta facendo Mr. Basil in camera sua con quel violino?» chiese abbassando la voce.
«Ѐ da quando è arrivata la posta che non esce più dalla sua stanza.» le spiegai, mantenendo anch’io la voce bassa. «Credo sia causa di un invito a un matrimonio. Anzi,» precisai muovendomi verso la poltrona che occupo sempre quando sono nel salotto e mostrandole la busta «Direi che è proprio questo!»
Mrs. Judson lesse con attenzione il cartoncino, prendendolo dalle mie dita. «In nome del cielo! Non starà prendendo sul serio in considerazione di andarci?» mi domandò con fare irato. «Quella piccola ed insulsa cantante d’opera! Spero che il topo che ha intenzione di sposarla capisca al più presto possibile che Diavolo si sta portando in casa, o sarà peggio per il suo conto in banca!»
Sentii un cigolio provenire dal piano superiore. Mrs. Judson aveva gridato talmente forte che non avevo neppure udito la musica interrompersi.
«Mrs. Judson, cos’era tutto quel baccano?»
Mi voltai e scorsi Basil con uno sguardo accigliato, seduto sull’ultimo gradino della scala che conduce al piano superiore. In una zampa teneva l’archetto e nell’altra il suo prezioso Mousevarius. Capii che in lui c’era qualcosa che non andava: il tono della sua voce era roco e i suoi occhi erano leggermente arrossati. Sapevo cosa aveva fatto; non c’era bisogno di essere un medico per saperlo e anche Mrs. Judson apparve turbata.
«Mr. Basil, volete che il Dottore vi visiti?» propose lei guardandomi con risolutezza.
«Non è necessario. Sto bene!» rispose lui scuotendo il capo. «Si può sapere, o no, la motivazione delle vostre grida e bisbigli?» domandò alzandosi in piedi. «In caso vi fosse sfuggito, ho ancora le orecchie e sono pure piuttosto grandi!»
Lo guardai scendere gli ultimi gradini. Sembrava diverso dalle volte in cui lo avevo visto spossato, o, semplicemente, chiuso in se stesso.
«Basil, la vostra pipa non è sul caminetto.» gli feci notare.
«Hm, hm!» asserì lui non del tutto certo su cosa dire. «A cosa alludete, Dottore?» mi chiese sprofondando nella sua poltrona.
«Ditemi che non l’avete fatto di nuovo!» gli dissi in tono supplichevole.
«E se anche fosse?» mi domandò con mera sufficienza.
Mi avvicinai a lui sentii un forte odore ti tabacco.
«Avete fumato di nuovo nella vostra stanza?»
«Lo avete sentito anche voi che stavo suonando, Dawson!» esclamò stizzito Basil.
«Devo salire a controllare di persona, Dottore?» mi chiese Mrs. Judson.
«Non è necessario.» dissi con calma. «Basil, ora, ci dirà la verità!»
Basil si mise a sedere ritto, poggiando la schiena sullo schienale della poltrona.
«Sì! Ho fumato in stanza!» ammise guardandomi. «E no, non l’ho “affumicata” come l’ultima volta!» disse volgendosi verso la nostra padrona di casa.
«Non vi riconosco più Mr. Basil!» lo apostrofò Mrs. Judson. «Da quando siete uscito a cena con quella piccola…»
«Mrs. Judson!» Basil scattò in pedi quasi gridando. «Per favore,» proseguì riprendendo il controllo e sedendosi come se nulla fosse accaduto «Potremmo, anche solo per un momento, non parlare male di una topolina a cui mi sono stupidamente affezionato tre mesi fa, che ho scoperto ricattare il futuro re di Boemia solo una settimana fa e che adesso si fa beffe di noi tutti invitandoci al suo matrimonio? Grazie!» sospirò afflosciandosi nella poltrona.
«Ah, non esistono pene peggiori di quelle d’amore!» disse dirigendosi in cucina Mrs. Judson.
«Avete assolutamente ragione!» convenni io bisbigliando.
«Nessuno può saperlo meglio di voi, Dawson.» sospirò Basil, voltandosi con il viso verso di me. «Volete parlarne? Deve fare male tenere tutto dentro!»
Sospirai a mia volta.
Erano otto mesi che ero ritornato a dividere l’appartamento di Baker Street con Basil, dopo il lutto che mi aveva colpito. Lei si chiamava Marion Eleanor Mouse. Quando la incontrai per la prima volta faceva l’infermiera in una casa per un anziano Lord caduto in disgrazia. Chiese a me e Basil di trovare suo padre, scomparso durante il ritorno da una missione in India. Sei mesi dopo la risoluzione del caso, le chiesi di sposarmi. Era l’Aprile del 1900.
«Perché dovrei parlare di Mary proprio adesso?» chiesi divenendo triste e sedendomi sulla mia poltrona, innanzi alla sua.
«Perché non ne avete mai parlato con me.» disse posando al suo fianco l’archetto e il violino. «Per quanto la vostra signora fosse perfettina, precisina e orgogliosa non posso dire che non mi manchi. In un paio di occasioni, se lei non ci fosse stata non ne saremmo di certo usciti vivi!»
Era importante per me sapere che anche Basil si era affezionato a lei e che le fosse riconoscente. Non gli è mai risultato facile intrecciare relazioni con il prossimo e, solitamente, quando si accorge di essersi affezionato a qualcuno quella persona esce dalla sua vita in maniera rapida e silenziosa, o, come nel caso della mia defunta moglie, in maniera traumatica prima che lui possa mostrare le sue reali emozioni.
«Quando Mary è finita sotto quella carrozza, io non c’ero.» cominciai a narrargli. «Mi era venuto a chiamare un ragazzo di strada a casa di un mio paziente. Mary sapeva che giro avrei fatto quel giorno.» continuai e vidi lo sguardo di Basil farsi perplesso. «Dovevamo incontrarci da un altro paziente per assisterlo insieme.» precisai e lo sguardo del mio interlocutore tornò a farsi attento, come se non volesse perdersi una sillaba. «Lei aveva perso sangue da una gamba. Ho fatto tutto il possibile, ma…» mi bloccai. Temetti di cominciare a piangere.
Basil si levò in piedi e si mise al mio fianco, posandomi una zampa sulla spalla. «Siete rimasto a vegliarla tutta la notte, nella speranza che il vostro intervento fosse servito a salvarle la vita.» si accucciò davanti a me. «Non è stata colpa vostra, Dawson! Vorrei che capiste questo.»
Rimasi al quanto sorpreso nel vederlo così comprensivo e meno egoista del solito.
«Ho soccorso io vostra moglie.» proseguì, facendomi sobbalzare per la sorpresa. «Ho mandato io il ragazzino a chiamarvi. Mary, poi, mi ha “gentilmente” invitato ad andarmene poco prima che arrivaste voi e di non farvene parola mai. La carrozza era sbucata dal nulla e…»
«Cosa ci facevate vicino a St. James Park? Seguivate Mary?» lo interruppi incuriosito. Ero a dir poco stupefatto da ciò che mi stava narrando e volevo capirne di più.
«No!» esclamò Basil rialzandosi in piedi e cominciando a camminare su e giù davanti a me. «Non sapevo che ci fosse Mary tra le vittime, finché non mi sono avvicinato.» si fermò e mi guardò fisso negli occhi. «I cavalli di quella carrozza non si sono imbizzarriti per caso.»
«Cosa state cercando di dirmi? Che cosa stavate facendo là?» chiesi imponendomi.
«Un mio informatore per un caso di omicidio, che avevo risolto l’anno in cui ci siamo incontrati, aveva delle informazioni che mi avrebbero finalmente condotto dal mandante dell’esecuzione.» mi spiegò fermandosi ad osservare la mia espressione confusa. «Era una trappola, Dawson, e la vittima innocente è stata Mary che, casualmente, camminava sul marciapiede opposto al mio, sul quale anche io mi sarei dovuto trovare.»
«Quel pomeriggio, Mary non è stata la sola vittima. Altri tre topi sono morti!»
«Uno era il mio informatore.» aggiunse reclinando il capo in avanti.
«Chi può essere stato?»
Basil mi guardò sollevando un sopracciglio. «Non vi viene in mente proprio nessuno?»
Un nome c’era, ma apparteneva a qualcuno che era in carcere; dopo averlo creduto morto e dopo aver ostacolato tutti i suoi piani malvagi dal giorno del suo ritorno lo avevamo consegnato alla giustizia. Credevo che finalmente fosse finita.
«Non posso credere che il Professor Ratigan possa…»
«Credeteci, Dawson!» esclamò Basil. «Anche dalla prigione può essere molto influente. Ho già giurato a me stesso che avrei trovato il modo di fargliela pagare e ora lo ribadisco davanti a voi!»
Avevo appena scoperto che il mio socio e amico mi aveva celato la verità per volere di mia moglie. Non ebbi tempo per dire una sola parola al riguardo che Basil prese tra le mani l’invito al matrimonio di Mlle. Relda.
«E anche tu la pagherai, mia cara!» disse con perfidia. «Dawson, preparatevi! Andiamo a un matrimonio!»
 
A tre giorni di distanza da quei fatti, eravamo pronti a recarci alle nozze di Mlle. Relda. Dovevamo raggiungere St. Paul’s Cathedral e ricorderò sempre di aver pensato che non potevo essere più imbarazzato. Basil meditava sul suo piano di vendetta, mentre Mrs. Judson era stata la prima a promettergli di aiutarlo, qualora ne avesse avuto bisogno.
Quando, finalmente, passò una carrozza a Baker Street, ci saltammo su, senza pensarci troppo. Dovemmo cambiare carrozza almeno due volte. Mrs. Judson era stressata dal fatto che avessimo sempre dovuto prendere solo carrozze in corsa e anche io ero piuttosto contrariato, sebbene sapessi che se non avessimo fatto in quel modo saremmo arrivati in ritardo alla celebrazione nuziale.
Alla cattedrale apprendemmo che ci erano stati riservati i posti in terza fila, nel settore della navata riservato ai famigliari e amici della sposa. Sapevamo bene che Mlle. Relda non avesse parenti stretti in vita e che con ogni probabilità ci saremmo trovati molto vicino alla scena. Mi auguravo che Basil resistesse fino alla fine e che non si umiliasse davanti a tutti quegli sconosciuti tra cui vi erano anche dei giornalisti che ci avrebbero fatto sicuramente una pessima pubblicità.
Pensavo che dopo aver visto l’avvocato Godfrey Mouserton entrare e prendere posizione davanti l’altare sarebbe arrivata presto anche la sposa, ma non fu così: arrivò con trenta minuti di ritardo. La carrozza della Nobildonna umana che doveva sposarsi alla sua stessa ora non era partita per tempo e questo aveva causato non poco scompiglio tra i famigliari dello sposo, ma io notai principalmente il sorriso compiaciuto di Basil.
«Sembra che il caso sia dalla mia parte oggi.» aveva detto.
«Caso?» domandai. «Ma se siete il primo ad affermare che il caso non esiste!»
«Mr. Basil» mi fece eco Mrs. Judson con sospetto. «Cos’avete combinato?»
«Diciamo che pagare topolini per mordicchiare tulle bianco di ignare spose umane potrebbe diventare la mia nuova mansione.»
Ero sconcertato. Basil aveva architettato un piano minuzioso nei dettagli, ma, secondo me, si era spinto troppo oltre.
Quando Mlle. Relda fece il suo ingresso trionfale nella cattedrale, Basil si bloccò per un attimo. Mi aveva confessato di essersi sentito ingannato e tradito anche la notte prima del matrimonio. Sono anni che ci conosciamo e non avevo mai visto Basil lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, quella era la prima volta. Non mi sorpresi per nulla quando si alzò dalla panca e si spostò nella navata laterale, dove la voce del Celebrante era poco più che un bisbiglio. Io e Mrs. Judson rimanemmo al nostro posto e lo perdemmo di vista. Ad un tratto, con mia grande sorpresa, comparve un altro Celebrante che informò quello che stava presiedendo la cerimonia di un fatto gravissimo in una workhouse, per cui era necessaria la sua presenza. Fu così che quel Celebrante, arrivato da poco, si ritrovò a terminare la celebrazione del matrimonio.
«E io vi dichiaro, marito e moglie!» proclamò solennemente.
Dopo il bacio, i due sposi si voltarono verso i presenti che li applaudivano. Mlle. Relda guardò nella mia direzione, cercando Basil, e sorrise nel vedere che c’era solo Mrs. Judson al mio fianco. Gli sposi, infine, andarono in sagrestia, a firmare i documenti del matrimonio.
Mentre la Cattedrale cominciava a svuotarsi, Basil ricomparve, come dal nulla, al mio fianco e insieme ci dirigemmo al ricevimento seguiti, con riluttanza, da Mrs. Judson. Potevamo restare per poco alla festa, ma Basil voleva assolutamente augurare di persona alla sposa buon viaggio per l’America. Quando lo vidi sulla pista da ballo insieme a lei e lo notai sorridere mi chiesi cosa si stessero dicendo. Il discorso completo mi fu riferito da Basil in persona, solo quando fummo tornati a casa.
«Bella festa!» aveva esclamato Basil. «Aspetto con ansia la prossima, magari per la nascita di un erede del grande patrimonio dei Mouserton!»
«Basil, ho vinto io.» gli disse lei con fare fiero. «Un ricco avvocato per marito che vuole che ci stabiliamo dove sono nata, dopo la nostra luna di miele oltreoceano. Cosa potrei desiderare di più?»
«Non lo so… Un’avventura al giorno, magari?»
«Con un bimbo in arrivo non si possono fare certe cose!»
Basil rabbrividì. «Avete fatto presto, neanche ventiquattr’ore dal: “sì”! Il mio, poco fa, era solo sarcasmo!»
«Come speri che abbia potuto convincerlo a sposarmi altrimenti?» gli chiese la neo-sposina guardandolo negli occhi. «Oh, non fare quella faccia, Basil! Credevi davvero che noi due avremmo potuto avere un futuro insieme? Sei davvero senza speranza!»
«Sono più di tre mesi che ci conosciamo. Se avessi mai avuto l’intenzione di sposarti, te lo avrei chiesto da almeno un mese.» rispose Basil freddamente. «Visto che ora mi viene negata anche la tua amicizia, concedimi di salutarti come meriti!» smise di ballare, si staccò da lei e fece un rispettoso inchino. «Addio, Mlle. Relda. Vi auguro di essere felice.»
Lei lo guardò allontanarsi con sospetto. «Mi avete chiamata con il mio cognome da nubile, Mr. Basil! Sono Mrs. Mouserton da oggi!»
«Quello che volete!» esclamò in risposta lui invitandomi a seguirlo.
Fu così che lasciammo i festeggiamenti.
 
Rientrati nell’appartamento di Baker Street, sentii la fragorosa risata di Basil riempire l’ingresso.
«Oh, Dawson! La più grande interpretazione di tutta la mia carriera!»
«A cosa vi riferite, Basil?» domandai curioso.
«Non mi avete riconosciuto?!» esclamò. Sembrava sinceramente sorpreso davanti al mio silenzio. «E voi, Mrs. Judson?»
Anche la nostra padrona di casa era senza parole.
«Aspettate!» esclamai ad un tratto. «Il giovane Celebrante che ha proclamato Mr. Mouserton e Mlle. Relda uniti in matrimonio…»
«Ma che bravo, Dottore!» mi lodò Basil, sedendosi sulla cima dello schienale della sua poltrona rossa. «Sapevo che ci sareste arrivato!» disse gettandomi un foglio accartocciato che teneva sotto la giacca.
«Ma questo è il documento che attesta che il matrimonio è avvenuto!»
Mrs. Judson si avvicinò e si aggiustò gli occhiali per poter leggere.
«Ci sono le firme degli sposi!»
«Notevole, nevvero?» Basil aveva un sorriso compiaciuto. «Peccato che il documento in sé sia un falso.»
«Questo significa che il matrimonio è come se non fosse stato celebrato!» dedussi guardandolo assumere un’aria trionfante.
«Perspicace, Dottore!»
«Mr. Basil, non avrete intenzione di proporre a Mlle. Relda di diventare Mrs. Basil?» chiese allarmata Mrs. Judson.
«No! Assolutamente no!» chiarì Basil con un’espressione quasi di disgusto sul viso. «Che razza di topo sarei se mi lasciassi abbindolare una seconda volta da quella topolina?»
«Ne sono sollevata! Ora potete scendere da là sopra? Non è bene per un gentiltopo, come voi, comportarsi come state facendo ora! Non troverete mai una degna compagna se continuate così!»
Basil sbuffò accavallando le gambe e incrociando le braccia. «Questa casa sta diventando una prigione!»
«Scendete giù subito!» ordinò Mrs. Judson. «Se cadete, rischiate di rompervi l’osso del collo!»
Basil si convinse a scendere dalla poltrona e salì al piano superiore. Non passò molto tempo da quando la porta della sua stanza si chiuse che udii dei suoni concitati.
«Basil, cosa sta succedendo?» chiesi approcciandomi alle scale.
Basil si precipitò nella mia direzione. L’ansia e la sorpresa sul suo viso erano visibili.
«Siamo stati derubati, Dawson!»
«Come sarebbe a dire, derubati?!»
«Sarebbe a dire che qualcuno è entrato in camera mia e ha trovato la cassaforte e non solo: anche la borsa portavalori nascosta tra le due travi del controsoffitto.»
Trasalii tutto ad un tratto. «Tutti i soldi che avevamo appena incassato dal Principe!»
«E quelli che dovevo depositare in banca del caso precedente!» aggiunse Basil affondando le zampe nel ciuffo ribelle sulla sua testa.
Mrs. Judson ebbe un mancamento e dovetti assisterla.
«So già chi è il mandante: Relda!» esclamò Basil precipitandosi verso la porta. «Forse riesco a raggiungere il porto prima che salpi per le Americhe!»
«Ma, Basil, non potete andare solo!» esclamai, cercando di farlo ragionare.
Troppo tardi. Basil era già uscito, ma, quando arrivò al porto, vide dal molo la nave già salpata e sul ponte principale intravide Mlle. Relda salutarlo al fianco di quello che lei credeva essere suo marito a tutti gli effetti.
«Goditi il viaggio! Avrai una bella sorpresa appena arriverai dall’altra parte dell’oceano…» sogghignò Basil prima di tornare a casa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Era un Luglio fresco e nuvoloso; si diceva fosse il meno soleggiato degli ultimi cinquanta anni, con temperature in media attorno ai sedici gradi Celsius che per diciassette volte non arrivarono a toccare i ventuno.
Il quindicesimo giorno del mese, con nostra sorpresa, si toccò una punta di ventisette gradi Celsius. Per tutta la giornata, Basil si lamentò costantemente del caldo di quel giorno. Lo avevo visto prendere l’occorrente per un nuovo caso dal suo tavolo da lavoro la mattina e rintanarsi in cantina, comunicandomi che sarebbe tornato di sopra solo a sera inoltrata, per la cena. Alle cinque pomeridiane gli proposi di unirsi a me per il tè, ma egli si rifiutò di bere un “infuso di calore” come lo definì lui.
Mi sentivo solo in quel periodo dato che il mio collega richiedeva il mio aiuto solo per l’archiviazione dei casi risolti, mentre lui si concentrava da solo su un nuovo caso.
Era parecchio che non ricevevamo visite. L’ultima era stata quella di Miss. Abigail Foxx, figlia di quello che una volta era lo scassinatore più temuto di Londra, Dave Foxx, nei primi giorni di luglio. La ragazza aveva sempre cercato di rimettersi in contatto con Basil, dopo che avevamo aiutato il padre di lei tre anni fa, ma lui non era interessato a incontrarla di nuovo. In quell’occasione il suo comportamento fu disdicevole: non si presentò nemmeno per un saluto. Io non ho mai saputo che parole usare per comunicare a Miss. Foxx il disinteresse del mio collega, così avevo cominciato a riceverla sempre più spesso io e ogni tanto ero pure stato invitato a passeggiare con lei al parco. Con questa premessa, si può comprendere perché mi sentii sollevato, quando udii bussare alla nostra porta poco dopo il rifiuto di Basil di prendere il tè assieme.
«Vado io!» annunciai a Mrs. Judson che era indaffarata in cucina.
Quando aprii mi ritrovai davanti una ragazza che mi sorrise entusiasta.
«Buon pomeriggio, Dr. Dawson!»
«Buon pomeriggio, Ms. Cosa posso fare per voi?» chiesi scostandomi dall’uscio per farla entrare, mentre il mio sguardo cadeva sull’enorme borsa da viaggio che teneva in una zampa.
«Non è cambiato proprio nulla qui. È tutto come me lo ricordavo.» continuò la giovane, guardandosi intorno e posando il bagaglio.
Il suo pelo castano chiaro, i due grandi occhi profondi, il suo fare così calmo e sicuro di sé… Cominciai a chiedermi dove potevo aver conosciuto quella ragazza. Solo quando si tolse il cappello che indossava e io notai il fiocco rosso sull’orecchio sinistro, mi resi conto di chi fosse.
«Vedo che il rosso ti piace ancora, Olivia!»
La giovane si voltò verso di me.
«Il Detective Basil vi ha contagiato con il suo spirito deduttivo, Dottore?»
Mrs. Judson uscì dalla cucina. Ci aveva ascoltati e si avvicinò a Olivia.
«Miss. Olivia Flaversham, come sei cresciuta!»
«Mrs. Judson, sembrate ringiovanita in questi dieci anni!» esclamò per poi guardarsi attorno, cercando con gli occhi l’altro occupante della casa «Mr. Basil?»
«Lavora in cantina. Con il caldo non riesce a restare in appartamento.» le spiegai. «La porta è quella.» aggiunsi indicandola. «Vai pure a salutarlo. Scommetto che sarà entusiasta di rivederti.»
Olivia cominciò a scendere i gradini, senza fare rumore, e si fermò a osservare Basil alle prese con l’analisi di una sciarpa. Si schiarì la voce e attirò la sua attenzione.
«Buon pomeriggio, Ms.» la salutò Basil allontanandosi dal tavolo da lavoro. «Come posso esservi d’aiuto?»
«Basil, non mi riconoscete?»
Basil la osservò da vicino e anche lui quando vide il fiocco trasalì.
«Miss. Flaversham, finalmente! Cominciavo a chiedermi quando sareste arrivata!»
«Questo vuol dire che la mia ultima lettera l’avete ricevuta!»
«Precisamente! Quando ho letto che avreste desiderato stabilirvi in questa zona di Londra non ho risposto perché sapevo che il primo posto dove voi sareste venuta, così facendo, sarebbe stato qui!»
Olivia sorrise. «Grazie per l’ospitalità!»
«Aspettate a ringraziarmi!» disse Basil sorridendo di rimando. «Prima bisogna vedere cosa ne pensa Mrs. Judson; è lei la padrona di casa.»
Olivia fece qualche passo indietro per tornare alle scale, ma inciampò nella gonna una volta saliti due gradini. Basil la aiutò a mettersi seduta.
«Vi siete fatta male, Miss. Flaversham?»
«Credo di no.» rispose lei.
«Vi aiuto ad alzarvi!»
Basil la prese da dietro e la sollevò delicatamente, ma Olivia ebbe uno scatto di dolore e lui la face sedere a terra nuovamente.
«Dove vi fa male?»
«La caviglia!» si lamentò Olivia.
«Ѐ meglio se il Dr. Dawson vi dà un’occhiata.» suggerì Basil prendendo in braccio Olivia. «Non mi sembrate molto brava a camminare con i vestiti femminili.»
«Voglio davvero sapere come avete scoperto il mio segreto.»
«Semplice! La camicia che indossate è una camicia da uomo, le camicie da donna si allacciano da destra a sinistra. Di conseguenza, deduco che abbiate altri vestiti da uomo con voi e che siate più abituata ad indossarli di quelli femminili.»
Olivia sorrise. «Non siete cambiato per niente, Basil!»
Ero preoccupato per il rumore che era arrivato dalla cantina e mi ero già affacciato alla porta per vedere cosa fosse accaduto. Quando scorsi Basil con Olivia tra le braccia, sulla soglia della porta, non ebbi il tempo di fare alcuna domanda che egli si mosse velocemente verso la sua poltrona e, adagiata Olivia su di essa, le fece sollevare le gambe sullo sgabello poggiapiedi.
«Dottore, è scivolata e ha battuto la caviglia. Potete controllare che stia bene?»
Mi affrettai a esaminare Olivia. Non era nulla di grave, sarebbe bastato non sovraccaricare eccessivamente la caviglia per un paio di giorni. Basil ne approfittò per introdurre insieme a Olivia la proposta di farla restare a vivere con noi a Baker Street. Mrs. Judson fu felice di accoglierla e rimase sorpresa quando Basil aggiunse che avrebbe sostenuto le spese dell’affitto per intero.
«Sono almeno due anni che ci scriviamo assiduamente e ho cominciato io.» disse Basil. «Scoprire il suo indirizzo è stato facile.»
«Grazie a lui, so tutto quello che è successo di recente in questa casa. So che era frequentata anche da una cantante lirica francese e so che voi, Dottore, siete tornato qui da poco. Mi dispiace per vostra moglie!»
Le parole di Olivia e il suo sguardo sincero mi toccarono.
«Oh, mia cara!». Mi feci prendere la mano tra le sue. «Basil ti ha proprio raccontato tutto!»
«Se non altro, ha imparato il mio cognome!» ironizzò lei guardandolo.
«Finché non sarà pronta la vostra stanza dormirete nella mia, Miss. Flaversham. Io resterò qui nel salone. Unirò le poltrone…» disse sbrigativo lui.
Basil si comportava in modo curioso, almeno per un individuo come lui. Olivia lo aveva reso più allegro e vivace solo con la sua presenza. Mi chiedevo se il mio coinquilino non mi stesse nascondendo qualcosa.
 
Quella notte, io e Basil, aiutammo Olivia a salire le scale, mentre Mrs. Judson la aiutò a cambiarsi e di seguito le augurò la buonanotte.
Basil si fermò sulla soglia della porta con una candela in mano.
«Miss. Flaversham, vorrei la verità. Avete l’intenzione di trovare un’altra università, oppure avete rinunciato a laurearvi?»
«Come sapete che non sono più iscritta in università?»
«Ho scritto alla Mouse University of London. Vi hanno espulsa alla fine dello scorso semestre.» disse Basil. «Avete sprecato la mia lettera di presentazione?»
«No. Quella l’ho conservata, non ne ho avuto bisogno. Il motivo per cui mi hanno cacciata è per via di un pugno che ho tirato ad uno degli inservienti della mensa.» spiegò Olivia. «L’ho fatto perché stava offendendo una mia collega, che poi non ha parlato per difendermi. Temeva uno scandalo.»
Basil si sedette al suo fianco, sul letto.
«Siete diventata altruista. È una qualità utile per una futura Detective!» si complimentò mettendosi più comodo. «Raccontatemi di quel vostro corteggiatore, Sir. Marquis Mausons, di cui mi scrivevate nelle vostre ultime lettere. Sembrerebbe essere l’unico ad aver insistito perché voi non veniste espulsa.»
«Beh, diciamo che Sir. Mausons era fastidioso. Non lo sopportavo. Era il topo più in vista del campus. Un tipo che pensa che per una donna pensare sia un inutile passatempo e crede che il suo andare a caccia sia invece istruttivo per un gentiltopo. Mi ha offerto il suo appoggio in cambio di un appuntamento, ma potete immaginare quale sia stata la mia risposta.» raccontò Olivia, sbuffando e roteando gli occhi. «Parliamo di voi, invece. Questa Mlle. Relda di cui mi scrivevate sempre?»
«Oh, beh! Una topolina caratterialmente forte. Molto sicura di sé, con un’inclinazione al furto non indifferente e molto, molto egoista!»
«Ma bella!» puntualizzò Olivia.
«Da togliere il fiato!» concordò Basil. «Poi la sua voce…»
«Non mi aspetterei niente di diverso da una cantante lirica!»
«Sarà meglio che io vada a riposare.» disse Basil alzandosi e interrompendo la discussione, che cominciava ad infastidirlo. «Domani ho un caso da risolvere, insieme all’Ispettore Lawless, e il Dr. Dawson non può accompagnarmi.»
«Di che caso si tratta?» domandò Olivia incuriosita.
«Si tratta del rapimento di un bambino avvenuto tre giorni fa. Oggi, in cantina, lavoravo al suo caso.»
«Se necessitate di una mano…» si offrì Olivia.
«Con quella caviglia?» domandò Basil sollevando un sopracciglio.
«Tra due giorni non avrò più nulla!»
«Spero di risolvere il caso prima di due giorni. Temo per l’incolumità del bambino.» sospirò Basil. «Se volete, potete darmi una mano con i rapporti della polizia. Domani andrò dall’Ispettore Lawless e gli chiederò di venire qui con i rapporti dei giorni precedenti. Vi fornirò i miei appunti preliminari domattina presto, devo risistemarli perché possiate capirli.»
Olivia guardò Basil uscire dalla stanza e gli sorrise, augurandogli la buonanotte.
Avevo ascoltato tutto dall’uscio della mia porta e incrociai lo sguardo di Basil. Credo che all’epoca egli avesse notato la mia espressione dubbiosa.
«Da quanto tempo avete detto che avete questa fitta corrispondenza con Olivia?»
«Poco più di due anni. Perché?»
«Basil, io credevo che per voi Mlle. Relda fosse importante…»
«Beh, è riuscita ad ingannarmi ed è stata l’unica topolina a riuscirci… Niente di più!» disse Basil avviandosi verso le scale. «Buonanotte, vecchio mio!»
Mi rigirai nel letto per diverse ore. Mi ero convinto che Olivia non potesse, nella maniera più assoluta, collaborare al caso in corso e che ne avrei dovuto parlare al mio collega il giorno dopo. Non sapevo neppure che Olivia si fosse trasferita a Londra per frequentare dei corsi universitari, la credevo ancora in Scozia. Cominciai a pormi domande anche sulla lettera di presentazione.
Mi alzai e aprii la porta della mia stanza. Notai la lampada a gas di Basil, al piano inferiore, ancora accesa. Scesi silenziosamente. Lo trovai addormentato, rannicchiato nella sua poltrona rossa.  Abbassai la lampada e ritornai di sopra. La porta della camera di Basil, nella quale dormiva Olivia, era aperta. Controllai che lei dormisse e che la fasciatura alla caviglia fosse a posto. Olivia sorrideva nel sonno, lo interpretai come un buon segno. Tornai nella mia stanza e potei, finalmente, addormentarmi.
Il mattino seguente, dovevo cominciare il mio giro di visite molto presto e prima di uscire adocchiai Basil, già sveglio, intento ad impilare degli appunti sulla scrivania e portarli in cima alle scale. Era il momento di affrontare con lui un discorso serio.
«Basil, cosa state facendo?»
«Rendo Olivia partecipe del nostro caso!» mi rispose entusiasta. «Vi ricordate che aveva cominciato a risolvere casi per proprio conto qui a Londra? In Scozia, fino a due anni fa, il suo era un nome abbastanza noto.»
«Credo che voi abbiate avuto una certa influenza su Olivia…» suggerii sorridendo, per celare le mie preoccupazioni.
«Spero, il più possibile, positiva!»
«Qualunque influenza da parte vostra non è mai completamente positiva.» dissi scuotendo il capo. «Per esempio, le avete comunicato che il Professor Ratigan è ancora vivo?»
Basil sobbalzò. Davvero non aveva minimamente preso in considerazione che le sarebbe potuto accadere qualcosa?
«Non crederete che quel Demonio farà in modo che qualcuno dei suoi si avvicinerà a lei, vero?» mi chiese dubbioso.
«Chi glielo impedirà, voi? Guardatevi le cicatrici che avete sul braccio e sulla schiena più spesso! Non vorrei che vi dimenticaste cosa è accaduto sulla torre dell’Orologio.» dissi con severità, aprendo la porta. «Ho capito quello che sta succedendo. Siamo stati anche noi giovani come Olivia, Basil.»
«Dottore, perdonatemi, ma non riesco a capire…»
«Il vostro mestiere è capire! Due anni che vi scrivete e non avete mai pensato di informarmi?!»
«Il fatto è che voi ce l’avete ancora con me perché ho tenuto il segreto di vostra moglie, Mary! Meglio se chiariamo la questione questa sera, quando ritornate a casa. I vostri pazienti vi attendono.»
Sperai che la rabbia scemasse andando fuori casa e così fu, sebbene fossi preoccupato per quello che stava accadendo in casa.
Olivia si era alzata e si era messa a leggere gli appunti di Basil sul caso. Aveva udito la porta d’ingresso aprirsi e delle voci sovrapporsi a quella di Basil.
«Fidatevi, signori, vi posso assicurare che la giovane Olivia Flaversham è molto dotata!»
«Davvero? Ci avete appena detto che è molto giovane!» commentò l’Ispettore Lawless aggiustandosi gli occhiali.
«Se per voi diciotto anni fanno la differenza, sappiate che io ho cominciato a risolvere casi a quattordici anni.» rispose Basil.
Olivia comparve in cima alle scale, con indosso dei pantaloni color crema, una camicia bianca, un gilet marrone scuro e una cravatta rossa, che si abbinava alla perfezione al suo fiocco.
«Buongiorno a tutti!»
Basil non era affatto sorpreso di vederla abbigliata a quel modo, diversamente dall’Ispettore Lawless e dai suoi sottoposti.
«Basil, potete aiutarmi?»
Lui la raggiunse in cima alle scale e la aiutò ascendere.
«La caviglia va meglio?» le chiese sottovoce.
«Molto, grazie! Ho anche capito una cosa. Negli appunti, voi scrivete che il bambino è stato rapito da qualcuno che abita vicino al mare, per via della presenza dell’acqua salata sulla sciarpa. Perché, anziché pensare al molo sul delta del Tamigi, non considerate l’idea che sia stato portato fuori Londra?»
Basil guardò con soddisfazione l’Ispettore Lawless. «Lo dicevo che è brava!»
L’Ispettore annuì. «Mr. Basil, mi scuso per aver dubitato del vostro giudizio.»
«Siamo arrivati alla stessa conclusione, solo in tempi diversi. Se vi avessimo avuta con noi fin dall’inizio, Miss. Flaversham, probabilmente avremmo risolto il caso molto prima!» esclamò Basil soddisfatto.
 
Al mio ritorno, quel tardo pomeriggio, trovai una nota di Basil sulla mia poltrona. Era partito con Olivia e l’Ispettore Lawless alla volta di Burgh Island. Avevano trovato un testimone che aveva visto il proprietario di un negozio di gioielli con un bambino che corrispondeva alla descrizione di quello scomparso dall’orfanotrofio. Io dovevo raggiungerli appena avrei visto il biglietto.
«Credete davvero che il Dottore ci raggiungerà per tempo?» chiese Olivia mentre Basil l’aiutava a salire sul treno.
«Non ne dubito.» le sorrise, sedendosi accanto a lei sulla paglia all’interno del vagone merci. «Questo non è il posto più comodo per viaggiare, ma gli umani non prevedono carrozze per i topi.»
L’Ispettore Lawless si sedette dirimpetto a loro. «Da quanto vi conoscete?»
«Da poco più di dieci anni. Era lei la bambina del mio primo caso in collaborazione con il Dottore.» spiegò Basil.
«Però! Ovviamente, Miss. Flaversham saprà già di come il Professor Ratigan sia sopravvissuto alla caduta dalla Torre dell’Orologio e del fatto che abbia fatto accusare voi e il Dr. Dawson del furto dell’Occhio del Bengala, il diamante appartenente al Maharajah, al Gorgonzola Hotel.» ma, quando Olivia rivolse a Basil uno sguardo interrogativo, l’Ispettore comprese che lei ne era del tutto all’oscuro. «Oh, beh! Avete qualche ora di viaggio per parlarne. Ora, però, di Ratigan non c’è da preoccuparsi. È tenuto in isolamento e quotidianamente visitato dalle guardie.»
Olivia divenne ancora più perplessa.
«Sono solo riuscito ad assicurarlo alla giustizia, finalmente!» esclamò Basil. «Senza Dawson sarebbe stato tutto molto più complicato e difficile, parte del merito è suo.»
«Come avete fatto?» chiese Olivia.
Basil le narrò di come la polizia al Molo 15 vedesse i criminali tuffarsi in acqua per poi sparire nel nulla e di come Ratigan desse loro ospitalità nel suo covo sottomarino. Basil e io ci eravamo infiltrati ed eravamo stati scoperti, ma Ratigan non aveva calcolato che una volta all’anno il Tamigi venisse dragato e che quindi la sua base sottomarina sarebbe andata distrutta. Egli le narrò anche del giorno in cui si tenette la cerimonia di inaugurazione della sua statua presso il Museo di Madame Tussauds, alla quale assistette anche la Regina. Egli aveva appreso quello stesso giorno che Ratigan era riuscito ad evadere di prigione con Fidget. Cogliendo l’occasione della cerimonia al museo, Ratigan mise in atto un piano per sbarazzarsi di Basil una volta per tutte, dando ordine a Felicia di divorarlo; peccato che la gatta lo avesse confuso con la sua copia in cera. Da quel giorno, Ratigan era tornato in cella e non ne era più uscito, o, almeno, era quello che credevamo.
«Quindi, adesso, anche Fidget è in carcere?» chiese Olivia.
«Veramente, lui adesso è tornato libero. Ci aiuta nelle indagini.» spiegò l’Ispettore Lawless.
Basil sbadigliò. «Il viaggio è ancora lungo, signori. Che ne direste di dormire un po’?»
«Volentieri!» gli fece eco Olivia.
Basil attese con pazienza che tutti si fossero addormentati, prima di avvicinarsi a un mucchietto di paglia.
«Buonasera, Dawson!» disse a voce bassa.
Uscii dal mio nascondiglio e lo guardai negli occhi. «Come sapevate che…»
«La vostra giacca vi ha tradito!» disse indicando il mio polsino. «Credevo ve ne foste disfatto, visti i problemi che ci causava con Toby.»
«La tengo come portafortuna. Non mi direte adesso che ne avete sentito l’odore!»
«Ovvio, Dottore! Le budella di gatto afgano sono caratterizzate da una peculiare asprezza, se non ricordate.» disse sedendosi dove si trovava prima. «Sapevate anche che, se aveste fatto in fretta, sareste salito sul nostro stesso treno. Avete solo sperato che anche noi salissimo sul vostro stesso vagone, visto che siete arrivato in anticipo. Devo dire che, in quanto a deduzioni, siete migliorato tantissimo.»
Sorrisi e mi sedetti accanto a lui quando, d’un tratto, Olivia cominciò a tremare. Era una serata umida e il nostro vagone era completamente aperto. Basil si tolse l’impermeabile e glielo mise addosso. Lei sorrise scivolò verso di lui, appoggiando la testa sul suo torace. Lui sobbalzò, sorpreso, e tenne le braccia alzate per diversi istanti, come se qualcuno gli stesse puntando un’arma alla nuca, poi le incrociò dietro la testa e lasciò che la sua schiena sprofondasse nella paglia.
«Basil, state arrossendo?»
«Dawson, spegnete subito quella lampada che avete appena acceso!» mi ordinò a bassa voce Basil. «Buonanotte!»
L’Ispettore Lawless si svegliò alle prime luci dell’alba e sobbalzò, appena mise a fuoco la scena davanti ai suoi occhi. C’ero io che controllavo la caviglia di Olivia, discorrendo con lei, e Basil, ancora profondamente addormentato, che le cingeva la vita con un braccio.
«In nome del cielo, Dottore! Quando siete arrivato?!»
«Sono sempre stato qui.» risposi. «Vi prego di abbassare la voce. Non avete idea di come diventi Basil, se lo si sveglia di soprassalto.»
«Anche perché stritolerebbe me!» aggiunse Olivia. «La caviglia non mi fa quasi più male. Grazie, Dottore!»
«Cose da nulla, cara!»
«Siamo arrivati, vero?» chiese Basil tenendo gli occhi chiusi.
«Credevamo dormiste!» esclamai.
«Sono sveglio da un po’, ma non volevo alzarmi. Miss. Flaversham dormiva troppo bene.» disse aprendo gli occhi, levando il braccio dalla vita di Olivia. «Tutto bene?» le chiese vedendola sorridere.
«Grazie per avermi coperta!»
«La prossima volta, ricordatevi che solo con la camicia e il gilet fa freddo!» disse Basil vedendo il treno fermarsi. «Bene! Salviamo questo bambino!»
 
Camminammo tutta la mattina per raggiungere l’isola tidale Burgh Island. Eravamo fortunati perché la marea era bassa e avremmo potuto raggiungerla a piedi.
Vidi in lontananza due figure scendere lungo il sentiero della scogliera; anche Olivia le osservava. Prese l’iniziativa per prima e si avvicinò, accorgendosi che si trattava di una talpa bassa e in carne e di un’arvicola snella con due baffi vaporosi sul muso.
«Sicuramente la tengono laggiù.» disse l’arvicola al suo compagno.
«Cosa proponi di fare, Rat?» domandò la talpa.
«Attraversiamo, prendiamo la bambina e la portiamo in salvo, prima che stanotte arrivi l’alta marea. Il rapitore e la sua assistente resteranno bloccati sull’isola; a quel punto sarà uno scherzo per la polizia: basterà attendere che l’acqua si ritiri.»
«Chiedo scusa!» li interruppe Olivia facendoli voltare. «Posso sapere chi siete e cosa ci fate qui?»
L’arvicola non si scompose e fece un inchino ad Olivia presentandosi.
«Mr. Water Rat. Vivo sul fiume di un paesino di campagna fuori Londra e mi occupo dei suoi problemi.»
«Io-Io invece sono Mr. Mole! Tanto piacere Miss…»
«Flaversham, Olivia Flaversham!» si presentò allungando la zampa verso la talpa.
Mr. Water Rat estrasse la sua pipa dall’impermeabile e si mise a fumare. «Prima di dirvi il motivo della nostra presenza qui, diteci il vostro!»
Olivia osservò la pipa dell’arvicola e i suoi vestiti. Scosse il capo e si strofinò gli occhi: erano lo stesso stile e comportamenti a Basil. Troppo, somigliante. Stava per rispondere quando lo stesso Basil la chiamò da lontano.
«Sono qui!» esclamò lei facendosi notare.
Mr. Water Rat capì il motivo dello sbalordimento della topolina innanzi a lui, quando vide Basil venire nella loro direzione e affiancare Olivia. I due roditori rimasero a osservarsi per interminabili minuti, senza mai parlare, sotto lo sguardo sbalordito di Mr. Mole.
«Interessante!» concluse Basil. «Dawson, venite qui subito!» si volse verso Olivia e le fece un occhiolino sussurrando. «Questo lo deve proprio vedere!»
«Eccomi!» esclamai correndo loro incontro, ma inciampai in un sasso e ruzzolai per tutto il pendio.
«Molto bravo, Dawson!»
«Sentite un po’, Basil, perché non provate a non mettermi fretta una volta tanto?»
Quando mi rialzai notai la somiglianza che c’era tra noi due e i due individui. Mi rammentò, pressappoco, la situazione creatasi con il Maharajah del Principato di Badlapur, alla fine avevo pure dovuto prenderne il posto nella parata al fianco della Regina.
«Questo è sbalorditivo!» esclamò Mr. Water Rat. «Ma voi siete Basil di Baker Street e il suo fido biografo, il Dr. David Q. Dawson!» continuò entusiasta stringendomi la mano. «Siete delle leggende da queste parti!»
«Lo abbiamo notato!» commentò Basil.
«Vi giuro che di voi so solo quello che c’è scritto nei libri del vostro collega.» spiegò Mr. Whater Rat. «Non avrei mai pensato che fossimo, in realtà, tanto simili!»
«Ѐ stato bello conoscervi, ma ora dobbiamo andare su Burgh Island a recuperare un bambino e arrestare il proprietario di un negozio di pegni e la sua complice.» disse sbrigativo Basil, prendendo la mano di Olivia.
«Aspettate!» esclamò Mr. Mole. «È lo stesso motivo per il quale siamo qui noi!»
«Solo che nel nostro caso si tratta di una bambina.» precisò Mr. Water Rat. «Potremmo unire le forze!»
Sapevo che se avessi dovuto attendere una risposta da parte di Basil avremmo dovuto aspettare che lui ci avesse riflettuto sopra. Così presi io l’iniziativa.
«Una splendida idea!»
Olivia annuì.
«Ehi, voi, là sotto!» si mise ad urlare l’Ispettore Lawless. «Si può sapere cosa state facendo? Io e i miei tre topi vorremmo essere di nuovo a Londra per domani!»
«Rilassatevi, Ispettore!» rispose Basil. «Il caso di rapimento è appena diventato doppio!» si volse poi verso Mr. Mole e Mr. Water Rat. «Dunque, avete detto che si tratta di una bambina. Avviamoci all’isola, mentre ci raccontate.»
Ci incamminammo, mentre Mr. Water Rat riassumeva gli avvenimenti. «La bambina è sparita circa tre giorni fa dall’orfanotrofio. Nessuno si è accorto di nulla fino alla sera, quando era ora di mettere a dormire i bambini.»
«E… E… E le ricerche sono cominciate subito!» precisò Mr. Mole. «Non siamo esperti come voi, ma abbiamo scoperto che dei pirati avevano nascosto, in una grotta sotterranea dell’isola, un tesoro, circa cento anni fa.»
L’Ispettore affrettò il passo per poter ascoltare meglio.
«Quello che sappiamo con certezza è che stasera ci sarà l’alta marea e ci sarà impossibile tornare a terra.» ci informò Mr. Water Rat. «Suggerisco di procedere dividendoci in due squadre di ricerca!»
Io, l’Ispettore Lawless, due dei suoi tre topi e Mr. Mole andammo verso la villa a misura di topo in cima a uno sperone di roccia dell’isola, mentre Basil, Olivia, Mr. Water Rat e l’ultimo topo dell’Ispettore si diressero a esplorare la baia, dove doveva essere sepolto il tesoro.
La villa era deserta. Potemmo perlustrarla in lungo e in largo e trovammo anche il tesoro recuperato dalla baia.
Mr. Mole esaminò gli oggetti e scosse il capo. «Manca l’oggetto più importante!»
«Che sarebbe?» chiese, stressato dalla situazione, l’Ispettore Lawless.
«Il rubino Sangue di Rosa
«Ѐ così prezioso come dite voi?» domandai perplesso.
«Un oggetto… Un oggetto come quello dovrebbe stare in un museo. La gemma è grande quanto un piede e tagliata in modo per-perfetto.» disse grattandosi la testa. «Probabilmente sono ancora tu-tutti alla baia!»
«Andiamo a raggiungere gli altri!» li incitai.
Alla baia, Basil aveva trovato uno smeraldo e lo stava esaminando con la sua lente d’ingrandimento. «C’è una piccola crepa. Il suo valore è compromesso.»
«Credete che lo abbiano scartato di proposito?» chiese Mr. Water Rat.
«Ne sono certo!»
Olivia si chinò ed esaminò la sabbia. «Basil, la sabbia era bagnata. Le impronte sono più definite quella direzione.» illustrò Olivia indicando un percorso che portava verso il mare.
«Ben fatto, Miss. Flaversham! Abbiamo una pista da seguire!»
Le tracce terminarono tra due scogli ad arco, alla cui base c’era un pozzo naturale profondo.
«Che strano…» commentò Mr. Water Rat. «Laggiù ci sono dei ganci per una corda, ma il buco non è abbastanza grande perché ci passi un adulto di taglia normale…»
«Ecco perché i bambini!» esclamò Olivia.
«Ed ecco perché rapire gli orfani: nessuno ne avverte la mancanza. Scommetto che se a Londra non fosse stato presente il poliziotto che voleva adottare il bambino in questione, il caso non sarebbe stato nemmeno aperto!» dedusse Basil e, guardandosi intorno, vide una corda nascosta in una buca che agganciò al passante sotto all’apertura del pozzo e si rimboccò le maniche della camicia. «Voi andate a comunicare all’Ispettore che siamo qui.» disse al poliziotto, il quale li lasciò per raggiungerci.
«Basil, non avrete intenzione di andare là sotto da solo!» esclamò Olivia.
«Mr. Water Rat è troppo largo, voi avete ancora una caviglia dolorante… Io sono eccessivamente magro e ci passo senza fatica. Se non ci sono i bambini e non trovo nulla, torno su subito.»
Basil si calò nel pozzo e, arrivato sul fondo, arricciò il naso per il forte odore di gasolio per lampade. Appena cominciò a camminare lungo le pareti umide della stretta galleria, si accorse anche che non vi erano aperture di nessun genere verso l’esterno.
«Oh, per Giove! Non c’è quasi più aria qui sotto!»
Vicino a lui, scorse due figure piccole e che si stringevano l’una all’altra.
«Chi siete?» chiese la prima.
«Che cosa volete?» domandò immediatamente la seconda.
Basil sospirò. «Bambini, non abbiate paura! Sono il Detective Basil e sono qui per portarvi a casa!»
I due piccoli si avvicinarono e scrutarono Basil.
«Lui non ci lascerà andare!» disse il bambino. «Ci ha lasciati qui sotto perché dobbiamo prendere il pezzo più importante del tesoro.»
«Il rubino è di là, sotto ad un teschio, ma è incastrato e non riusciamo a prenderlo.» spiegò la bambina. «Ci farà annegare qui sotto!»
«Non sono qui da solo.» li rassicurò Basil. «Ho degli amici all’esterno. Loro ci aiuteranno.» spiegò prendendoli per mano e conducendoli all’uscita del pozzo. «Ora mi arrampico su per la fune. Quando vi dico di aggrapparvi, voi lo fate e io vi tiro su. Va bene?»
I due bambini annuirono.
Appena Basil raggiunse la cima del pozzo, vide Mr. Water Rat e Olivia legati schiena contro schiena e imbavagliati. Lo sguardo di Olivia gli fece intuire che c’era qualcuno alle sue spalle, ne ebbe la conferma quando udì una pistola prepararsi a sparare.
«Bene, bene!» disse un topo grassoccio, con il pelo rado sulla testa, che si teneva alle spalle di Basil. «Gilda, secondo te, cosa abbiamo qui?»
«Una simpatica spedizione di soccorso guidata da un famoso Detective: Basil di Baker Street.» disse quella chinandosi innanzi a lui, giocando con la sua pistola.
«Mi avevano detto che la vostra assistente era spietata, Mr. Finch, ma nessuno mi aveva detto che era lei la vera mente dell’operazione!» commentò Basil.
«Brutto topastro da due scellini! Come avete capito che…?»
«Facile, mia cara signora!» esclamò Basil. «Al vostro posto, qui davanti a me, ci sarebbe Mr. Finch! In genere, si cerca di guardare negli occhi un avversario, per capirne le debolezze da sfruttare.»
«Sorprendente!» esclamò a sua volta la donna, armando la sua pistola e puntandogliela contro. «Ora andate sotto dai due mocciosi e aiutateli a trovare il rubino. In cambio, io lascerò vivere i vostri amici. Niente scherzi!»
Mr. Finch, restando alle spalle di Basil, tagliò la fune, facendolo precipitare nel pozzo.
Basil si massaggiò la testa, mettendosi a sedere. «Dove avete detto che è quel rubino, ragazzi?»
«Il gioielliere ha preso i vostri amici, vero?» chiese il topolino con le lacrime agli occhi.
«Non usciremo più da qui, vero?» singhiozzò la topolina.
«No, no, no!» urlò Basil picchiando un piede a terra. «Se c’è una cosa che non sopporto, sono i bambini che piangono!» si calmò e poi sorrise. «Allora, questo rubino?»
I bambini lo condussero al teschio.
«Vi eravate dimenticati di dirmi che si trattasse di un teschio umano!»
Ciò che preoccupava di più Basi, tuttavia, era l’acqua che cominciava ad inondare la caverna. Senza pensarci si tuffò in acqua e cominciò a sollevare la gemma dall’interno del teschio.
«Come possiamo aiutarvi?» chiesero i due topini.
«Dovremmo riuscire a tirarlo fuori facendolo passare dalla cavità orbitale. Io lo sollevo, voi prendetelo e tirate. Lo porteremo fuori in men che non si dica.»
«E dopo?» chiese il topolino.
«Sono Basil di Baker Street, ragazzino! Mi verrà in mente qualcosa!»
I tre trasportarono il grosso rubino all’imboccatura del pozzo.
«Bene!» esultò Mrs. Finch calando un secchio nel pozzo. «Mettetelo dentro e mandatemelo su!»
Basil e i bambini misero il rubino nel secchio.
«Resta su!» disse Basil al piccolo che si era arrampicato per sistemare la gemma. «Ci vediamo di sopra!»
La grotta era quasi del tutto allagata.
«Ho paura!» gridò la bambina.
Basil la prese tra le braccia e la sottrasse all’acqua, che a lui arrivava alle ginocchia. «Sta tranquilla. Vedrai che andrà tutto bene.»
«Basil! Come va là sotto?» gridai richiamando la sua attenzione.
«Dawson, siete arrivati, finalmente! Presto, calateci una fune!»
Basil legò la bambina alla fune e venne travolto da un’onda inaspettata.
«Mr. Basil!» gridò la bambina, mentre la tiravamo verso l’alto con l’acqua che continuava a salire.
Avevamo legato e imbavagliato Mr. e Mrs. Finch e liberato Olivia e Mr. Water Rat. Quando vidi la bambina, tratta definitivamente in salvo da Mr. Mole e dagli agenti di polizia che tiravano la fune; fui felice nel vedere che stesse bene, ma mi preoccupai immediatamente, quando realizzai che Basil non era con lei. Mi protesi verso la caverna sotterranea, vidi che era ormai sommersa dall’acqua e che essa cominciava a strabordare.
«Basil!» gridai mettendo la mano sott’acqua, sperando di riuscire ad afferrarlo, o che lui afferrasse me. Olivia mi imitò all’istante.
«Dove diavolo è finito?»
L’Ispettore Lawless e i suoi uomini ci presero e ci portarono via.
«L’acqua arriverà presto anche qui. Finiremo per annegare anche noi. Non c’è più nulla da fare!»
Mi voltai verso l’imboccatura del pozzo, ormai invisibile, e Olivia mi prese la mano con le lacrime agli occhi. In quel momento, vidi tante bolle e una zampa spuntare dall’acqua, seguiti poi dalla testa di Basil. Mi precipitai insieme ad Olivia e Mr. Water Rat ad aiutarlo.
«Basil! Coraggio, ce l’avete fatta!» gli dissi guardandolo tossire. «Però ora dobbiamo andarcene di corsa!»
L’Ispettore Lawless ci raggiunse e pose un braccio di Basi sulle sue spalle, aiutandomi a trasportarlo fino alla villa dove avremmo passato la notte e i due giorni successivi.
Olivia rimase con me a vegliare Basil per tutta la notte, mente l’Ispettore e i suoi uomini si occupavano dei due criminali agli arresti e Mr. Mole e Mr. Water Rat dei due bambini.
«Olivia, dovresti dormire.» le suggerii.
«No, finché non dorme lui!» disse indicando Basil disteso sul letto girato sul fianco destro.
«Sto bene. Ho solo qualche fitta perché sono stato spinto contro le rocce.»
«Qualche fitta? Avete rischiato di annegare là sotto!» esclamò Olivia incrociando le braccia e accigliandosi.
Basil si mise a sedere sul letto. «Beh, c’è stato un momento in cui anche io ho pensato che non vi avrei mai più rivisti!» Si alzò in piedi avvolgendosi meglio nell’asciugamano che gli avevo dato, dopo avergli fatto togliere i vestiti. «Ma credo di sentirmi abbastanza bene adesso per fare un bagno. Odio l’acqua di mare, mi irrita tutto il pelo!»
Mi avvicinai a Basil e lo avvolsi meglio in una coperta. «Prepari tu l’acqua, Olivia?»
Lei uscì dalla stanza annuendo.
Basil, dopo il bagno, si mise a dormire e si svegliò il giorno dopo al massimo delle forze.
A turno, nei giorni che seguirono, tenevamo d’occhio i Finch, facevamo domande agli occupanti dell’albergo, o uscivamo sull’isola con i bambini per farli giocare. I due sembravano divertirsi un mondo quando erano Basil e Olivia a portarli fuori. Appena potemmo abbandonare l’isola, lo facemmo e dovemmo anche salutare Mr. Mole e Mr. Water Rat che avrebbero portato la piccola al suo orfanotrofio. Il momento che più mi colpì fu quando i due bambini dovettero separarsi. Il bambino, forse perché era anche più piccolo, si sentiva perso senza la sua amica e durante il viaggio di ritorno verso Londra facemmo del nostro meglio per tenerlo allegro. Basil e Olivia raccontavano a turno storie di casi risolti, io raccontai la storia di come io e Basil conoscemmo Olivia e suo padre.
«Posso chiedervi, perché vi guardate in modo strano? Capisco che teniate molto l’uno all’altra, ma mi sembra strano… Voi, Mr. Basil, avete detto: “Olivia è come una nipote.”, mentre voi, Miss. Flaversham, avete detto di averlo chiamato “Zio Basil” quando eravate bambina.»
Io sapevo già da tempo cosa stesse succedendo e avevo accennato le mie preoccupazioni a Basil la mattina del giorno della nostra partenza, ma erano i diretti interessati ad avere ancora dei dubbi.
«Ecco, noi… Io… Ehm…» Era la prima volta che Basil non sapeva formulare un pensiero logico e il fatto che le sue orecchie tendessero all’indietro era indice di imbarazzo. Il bambino dovette accontentarsi di queste poche sillabe, perché arrivammo alla Paddington Station di Londra e dovemmo lasciarlo alle cure dell’Ispettore Lawless e dei suoi topi.
Pochi giorni dopo, il bambino venne adottato da un poliziotto e sua moglie. Il giornale recava anche una nostra foto con Mr. Water Rat e Mr. Mole con una didascalia che ci definiva: “I Detective Del Vecchio E Nuovo Secolo”, ma, tuttavia, Basil, Olivia e io non sapevamo che dovevamo ancora affrontare il caso più complicato e importante della nostra carriera.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Era l’Agosto del 1907. Il nostro re, Mouseward VII, era riuscito a incontrarsi con l’imperatore austriaco il quindicesimo giorno e il sedicesimo giorno del mese a Bad Ischl. Era un incontro voluto da Sua Maestà in persona per risolvere la questione della Macedonia e scongiurare la minaccia di una guerra nei Balcani. All’incontro erano stati invitati anche gli ambasciatori dei due paesi.
Mi sorpresi quando Clifford Basil, il fratello del mio collega Detective, ci invitò a parteciparvi. Basil ebbe l’idea di portare con noi anche Olivia, reputando l’occasione ottima per fare esperienza in materia di diplomazia. Non era più un mistero, nemmeno a Corte, che il Detective più famoso di Londra avesse una nuova apprendista per la quale avesse anche un debole. Così, quando la sera di Ferragosto si tenne il ballo per celebrare l’incontro dei due monarchi, mi arrivò voce che Clifford avesse chiesto al fratello quando avesse intenzione di dichiararsi a Olivia, ma questi gli aveva risposto che era troppo presto. Nei suoi piani per il futuro Olivia avrebbe dovuto laurearsi, finire il suo apprendistato da Detective, essere presentata ufficialmente ai membri della famiglia Basil e, solo allora, lui avrebbe chiesto la mano della ragazza ad Hiram Flaversham. Quella sera, io la passai in compagnia del ministro degli esteri austriaco. Gli raccontai della mia esperienza in Afghanistan e lui di come avesse fatto a raggiungere la carica e il suo ruolo a San Pietroburgo. Basil, vedendomi impegnato, colse l’occasione per appartarsi con Olivia sulla balconata all’esterno della sala da ballo, in un angolo buio. Lui fumava la sua pipa mentre lei una sigaretta, servendosi di un bocchino.
«Sei ancora in tempo per smettere, Flaverhammer.»
«Basil, non sono più una bambina. Ho diciotto anni, sai cosa vuol dire?»
«Concedimi di dirti solo che, da quando ti ho concesso di essere meno formale con me, sei diventata anche più sfrontata.» commentò Basil, mettendosi ad ammirare il labirinto, celato agli occhi degli umani, ricavato da un grosso cespuglio che era collegato alla balconata da una sontuosa scalinata e gli venne un’idea. «Facciamo così: il primo che riesce ad arrivare in cima alla torretta del labirinto obbliga l’altro a fare una cosa, qualsiasi cosa.»
«Ci sto! Però, io sono svantaggiata…» disse Olivia, guardando il suo abito lungo.
«Ti concedo un vantaggio di dieci secondi. Scegli quale dei sei ingressi usare.»
Olivia osservò il labirinto. «Quello innanzi a noi!»
Basil le fece cenno di andare, attese che lei entrasse e cominciò a osservare le lancette del suo orologio da taschino, prima di usare un altro ingresso, una volta trascorsi i dieci secondi stabiliti. In breve, arrivò in cima alla torretta per primo.
«Flamchester, sei lontanissima!» le gridò dall’alto.
«Come hai fatto a…?»
«Te lo spiego quando arrivi qui.»
Basil dovette darle le istruzioni sul percorso da prendere e quando lei lo ebbe raggiunto volle delle spiegazioni.
«Oh, semplice!» minimizzò Basil. «Il Re e l’Imperatore passeggiavano nel giardino oggi e li ho visti entrare da un ingresso laterale. Ho seguito le loro tracce e sono arrivato fino a qui.»
Olivia sospirò. «Hai barato!»
«Non ho barato! Non ero del tutto sicuro che il mio stratagemma avrebbe funzionato: le tracce potevano anche non esserci.»
«In tal caso, farò quello che vorrai, se mi darai qualcosa in cambio.»
Basil sollevò un sopracciglio, capendo dove lei volesse parare. «Aspetta, non era questo il patto!» esclamò mentre Olivia sorrideva soddisfatta. «Oh, e va bene!» esclamò nuovamente, acconsentendo alla sua richiesta di modifica dell’accordo.
«Cosa vuoi che faccia?» domandò lei.
Basil allungò due mani verso di lei. «Voglio il bocchino e le sigarette.»
«Stai scherzando?»
«No!» sentenziò Basil.
«Ok!» rispose, con riluttanza, Olivia, dandogli ciò che aveva chiesto. «Però io voglio una cosa da te adesso, come d’accordo.»
«Forza, dimmi cosa vuoi!» sospirò Basil controvoglia.
Olivia gli prese una mano e si mise in punta di piedi per sussurraglielo all’orecchio. «Io voglio che tu sia sincero con me. Voglio sapere se hai qualche tipo di intenzione per il futuro.» Si allontanò da lui, per studiare la sua espressione.
«Sfrontata fino all’ultimo, vero Miss. Flaversham?» disse lui accigliandosi. «Assolutamente no! Voglio fare le cose come vanno fatte.»
«Basil di Baker Street che segue le regole dell’etichetta alla lettera?» lo rimbeccò lei. «Non mi sembri più tu!»
«Non si tratta di me o di te, ma di noi!» Basil notò lo sguardo di Olivia sorprendersi alle sue parole. Senza volerlo, la stava accontentando. «Hai capito bene. Un giorno, probabilmente, ci sarà un “noi”, ma non oggi! Oggi, tu sei ancora troppo giovane.» sorrise, accarezzandole con dolcezza il muso con il dorso della zampa. «Un giorno capirai cosa sto facendo per te.»
«Basil, quello che fai per me è abbastanza. La tua lettera è bastata a farmi riammettere in università e grazie a te ho recuperato tutte le materie su cui ero rimasta indietro!» disse Olivia incrociando le braccia e, sbuffando, gli voltò le spalle.
«E non sai che fatica per farti restare le nozioni più elementari in testa…» commentò lui a bassa voce.
«Un patto, è un patto! Non ho nessuna prova delle tue parole. Qui non ci vede e non ci sente nessuno, di cosa hai paura?» domandò lei, restando girata.
Basil si avvicinò ad Olivia le posò le zampe sulle spalle, la voltò nella sua direzione e la baciò sulla fronte.
«Tengo molto a te.» ammise scostandosi. «Per dimostrartelo, ti prometto che presto andremo in Scozia e parlerò con tuo padre.»
«Ѐ stato così scandaloso ammettere i tuoi sentimenti?» domandò lei.
«Non così tanto…» rispose lui conducendola verso le scale della torretta. «Torniamo alla festa. Dawson si chiederà dove siamo finiti.»
 
Durante quell’estate non avemmo molti casi da risolvere e così partimmo per la Scozia, come aveva promesso Basil ad Olivia. Inizialmente, doveva essere una semplice vacanza a Edimburgo da Hiram Flavesham, per informarlo delle novità. La voce che Basil di Baker Street avesse un interesse sentimentale per Olivia era già giunta anche là.
Una sera, mentre Olivia e io eravamo nelle nostre stanze a riposare, stremati dalla giornata passata ad aiutare nella bottega dei giocattoli, Basil e Hiram Flaverham erano soli al piano inferiore a riordinare e discutere in privato di vari accadimenti degli ultimi mesi.
«Basil, capite quello che voglio dire?» domandò il padre di Olivia aggiustandosi gli occhiali.
«Quando è venuto qui?» chiese lui, sollevando una cassetta di utensili.
«Due settimane fa, mentre voi eravate in Austria.»
«Per quando dovete dare risposta a Sir. Marquis Mausons?» chiese Basil, sedendosi sul tavolo da lavoro, facendo dondolare gli arti posteriori.
«Settembre.» rispose Hiram Flaversham, mettendosi le mani nei capelli. «Quel tipo mi è parso solo molto pieno di sé e ricco. Mentre voi, anche se non possiede un vero titolo nobiliare e non siete coetaneo di Oliva, possedete altre qualità ben più importanti.»
«Non sono di certo perfetto. Ho anche io i miei “momenti no”, come qualsiasi altro individuo, e vostra figlia lo sa.» lo rassicurò Basil. «Sono consapevole di avere dodici anni in più di Olivia, quindi, se pensate che la differenza di età sia troppa, potete anche negarmi…»
«Niente affatto!» lo interruppe Hiram Flaversham. «Solo che, per essere certi che il fidanzamento tra voi due sia ufficiale, la proposta deve essere fatta prima di settembre. Non voglio dover rispondere a quel damerino dal pelo bianco!»
Basil sobbalzò. «Addirittura ha il pelo bianco?!»
«C’è qualcosa che non va?» domandò ingenuamente Hiram Flaversham.
«No, nulla! Odio i nobili dal pelo bianco. Hanno un comportamento ancora più saccente dei nobili dal pelo di due tonalità di colore.» rispose Basil.
Hiram Flaversham si stiracchiò sbadigliando. «Capisco. Ora, è meglio se vado a dormire.»
«Certo. Grazie di tutto, Flaversham.» disse Basil guardandolo dirigersi verso uno stanzino.
«Grazie a voi e al Dr. Dawson, per aver salvato me e mia figlia e averle concesso la possibilità di studiare. Senza di voi, probabilmente sarebbe rimasta qui, subito dopo la scuola femminile. Vi ringrazio per non avere mai smesso di scriverci in tutti questi anni!»
«Mi ero affezionato a voi. Pensate che Dawson crede che io abbia cominciato a scrivervi solo due anni fa. Non ho avuto il coraggio di raccontargli la verità.»
«Pensavo sapesse che vi avevo chiesto di diventare il tutore di Olivia.»
Basil sollevò un sopracciglio. «Come pensate che avrebbe preso tutta questa situazione? Da padrino sto per diventarne il marito.»
«So che voi le volete sinceramente bene, come Olivia ne vuole a voi. Non la lascerei mai nelle mani di quel baronetto. Voglio solo il meglio per Olivia.» sentenziò Hiram Flaversham sorridendo a Basil. «Avete gli occhi stanchi, Basil. Avete bisogno di riposarvi. Andate anche voi a stendervi.»
Basil annuì e salutò il padre di Olivia con un cenno del capo, prima che questi sparisse dietro la porta della sua stanza. Basil rimase a fissare la bottega perfettamente riordinata per qualche momento e uscì, poi, all’aperto con la sua pipa in mano. Sedutosi sugli umidi gradini dell’ingresso, cominciò a pensare accendendo un fiammifero. Il cielo era plumbeo e, a breve, avrebbe cominciato a piovere. Si mise una mano in tasca e si rigirò nel palmo della mano un anello con un topazio blu.
«Non è saggio indugiare oltre!»
 
Il giorno dopo dovemmo recarci a Leith, per accompagnare Hiram Flaversham a ritirare del materiale. Olivia non venne con noi, dicendoci che sarebbe rimasta a casa a preparare il pranzo durante il quale Basil, ci rivelò successivamente lui stesso lungo la strada, le avrebbe fatto la proposta di matrimonio.
«Come vi sembra la mia invenzione?» domandò Hiram Flaversham riferendosi alla sua automobile in miniatura, dalla quale aveva appena levato uno strofinaccio e si apprestava ad agganciare un carro al paraurti.
«Ѐ sbalorditiva!» commentai salendo sul sedile posteriore.
«C’era un’auto degli umani sempre posteggiata difronte a casa. Ho cominciato a studiarla e l’ho riprodotta in miniatura.» disse soddisfatto Hiram Flaversham. «Scommetto che Mr. Basil non vede l’ora di provarla!» aggiunse guardando il mio compagno interessato all’invenzione.
«Beh, ecco, in effetti…»
«Al ritorno vela affido!» esclamò questi avviando il motore.
Arrivati al porto, Hiram Flaversham prese subito accordi per i pagamenti dal suo fornitore e noi ci mettemmo a caricare le merci sul carro. Mentre io e Basil portavamo via una cassa, udimmo un forte rumore; le botti arrivate in porto si stavano rovesciando sulla banchina e ci avrebbero travolti. Basil mi spinse via in tempo e tornò subito indietro a cercare il padre di Olivia, arrivando troppo tardi. L’intero carico di botti, piene di polvere da sparo, era rovinato sulla banchina. Lo vidi cominciare a rimuovere pezzi legno rotto e chiodi dalla sommità di un mucchio informe da cui sporgeva una mano. Hiram Flaversham era riverso su un fianco con un frammento di metallo conficcato nel torace.
«Flaversham! Flaversham, vi prego, restate sveglio!» esclamò Basil, voltandolo supino e posandosi la sua testa sulle ginocchia. Si volse verso di me chiamandomi con tutto il fiato che aveva in corpo. «Dawson, sbrigatevi!»
Mi avvicinai ai due ed esaminai la ferita. «Devo estrarre il frammento e poi ho bisogno di aiuto per fermare il sangue.» spiegai a Basil, ma quando esaminai Hiram Flaversham più attentamente mi accorsi che la ferita era più grave di quanto mi aspettassi e decisi di non estrarre il frammento. Il padre di Olivia diveniva sempre più debole e stringeva il braccio di Basil con disperazione, rendendosi conto di ciò che stava accadendo appieno ogni attimo che passava.
«Basil, prendetevi cura di Olivia… e… e… proteggetela…»
«Lo farò, però adesso dovreste riposare. Il Dottore farà qualcosa per curare la vostra ferita, vero Dawson?» mi supplicò Basil. «Aiutatemi Dottore lui… lui sta…»
«Aprite il cassetto della bottega, Basil… C’è una lettera che vi riguarda… Io avrei dovuto informarvi…» sussurrò Hiram Flaversham stringendo la mano di Basil tra le sue.
«Cosa sta succedendo?»
«La polizia… la polizia non… Non lo sa! Tenete Olivia lontano dai pericoli. Ve la affido, ma dovete promettermi che mia figlia non perderà… anche voi! Non possiamo permettere che ci perda… entrambi!»
Basil strinse la mano di Hiram Flaversham con decisione. «Lei non correrà pericoli. Vi prometto che la proteggerò. Cosa non sa la polizia?»
«Oh…» sussurrò Hiram Flaversham serrando gli occhi con decisione, prima di riaprirli e cercare di dire qualcosa che gli morì in gola.
Gli presi il polso sinistro e guardai Basil scuotendo il capo. In quel momento arrivarono anche i primi soccorsi.
«Se solo fossero arrivati prima, Hiram avrebbe potuto salvarsi.» commentai vedendo la squadra della polizia e i medici prendersi cura dei feriti. «Come lo spieghiamo a Olivia?»
Basil guardò lo sguardo vuoto di Hiram Flaversham e gli chiuse gli occhi. «Credo che lo abbia già capito che qualcosa è andato storto. Vado a parlare con l’Ispettore del posto e poi devo leggere la lettera che si trova in bottega.» disse posando delicatamente la testa del defunto a terra.
Io rimasi a vegliare sul corpo senza vita del padre di Olivia e fornii la mia versione alla polizia.
 
Era sera tarda quando rincasammo e Olivia aveva appreso della tragedia al porto da alcune donne che andavano a lavare i panni. Quando vide l’impermeabile di Basil e la mia giacca intrisi di sangue e i nostri sguardi vuoti, capì che era successo qualcosa a suo padre.
«Mi dispiace…» Basil aveva la voce tremante mentre proferiva quelle parole. «Tuo padre è…»
Olivia scivolò a terra e cominciò a piangere, io corsi immediatamente da lei, la cinsi per le spalle, aiutandola a rialzarsi, e la condussi in casa. Pensai che avrebbe avuto bisogno di assistenza, per lo shock subito, così le detti un sedativo e la mandai a dormire, mentre Basil cercò la lettera in bottega, senza trovarla.
«Dawson, venite qui.» mi chiamò dal piano di sotto, mentre osservavo Olivia dormire. «La lettera non c’è. O meglio, c’era. C’era, ma qualcuno l’ha bruciata.» disse mostrandomi un piatto pieno di cenere.
«Non penserete che Olivia…»
«No! La cenere è di qualche ora fa e Olivia era uscita per avere maggiori notizie su ciò che era accaduto al porto.» mi spiegò cominciando a camminare avanti e indietro. «Qualcuno vuole colpire me, ma anche tutti quelli che mi stanno intorno.»
«Che volete dire?»
«Stanno cercando di uccidere me e tutti quelli con cui ho qualche legame. Prima l’incidente della carrozza in cui è morta vostra moglie Mary e oggi il padre di Olivia al porto… Non sono coincidenze! L’ordine in cui ci vogliono uccidere nemmeno conta!»
«Ora cercate di non correre troppo!»
Mi posò una zampa sulla spalla preoccupato. «Avete ragione, Dawson. Serve ragionare su ulteriori elementi, forse un ordine c’è…» poi a un tratto mi chiese: «Come sta Olivia?»
«Dorme.» dissi sospirando. «Va vegliata tutta la notte. La notizia l’ha sconvolta.»
Basil annuì e salì le scale per poi entrare in camera di Olivia e sedersi accanto a lei.
«Resto io sveglio. Andate a riposare, Dawson.»
La mattina successiva, Basil dormiva accanto ad Olivia sopra le coperte, con anche le scarpe indosso. La stringeva e teneva il muso sopra il suo.
«Basil!» lo chiamai sussurrando.
«Dawson?» chiese aprendo appena gli occhi.
«Che cosa è accaduto?»
«Si è svegliata piangendo e così ho pensato di tranquillizzarla.»
Olivia aprì gli occhi e si voltò immediatamente verso Basil. «Sei ancora qui?» gli chiese.
«Non ti lascerò mai sola.» la rassicurò lui. «Ti proteggerò, come ho promesso a tuo padre!»
Olivia si strinse a Basil, il quale mi guardò con uno sguardo perso. Cominciai a capire che nessuna topolina con cui Basil avesse avuto a che fare era come Olivia; da quel giorno sarebbe stato un amico, un compagno e anche un padre per lei. Sarebbe divenuto il suo unico punto di riferimento.
 
Il funerale di Hiram Flaversham si tenne in un piccolo cimitero per topi. Olivia riuscì ad affrontare tutto brillantemente. C’erano dei momenti in cui Basil le prendeva la mano e le sussurrava qualcosa all’orecchio per evitare che piangesse.
Discutemmo della casa di Hiram Flaversham e fummo d’accordo sul fatto che andasse tenuta e ripulita prima di rientrare a Londra, nel mentre Basil si rigirava ancora in tasca l’anello che avrebbe dovuto dare a Olivia.
Mrs. Judson, al nostro rientro, si prese personalmente cura di Olivia. Basil rimase al suo fianco per tutta l’ultima settimana di agosto, fino a quando non fu il momento per lei di trasferirsi al campus universitario. Dovevano separarsi; era inevitabile.
Basil chiese il permesso di accompagnare Olivia fino alla sua stanza, il Rettore glielo concesse. Mentre stavano per attraversare il cortile, un topo dal pelo bianco, ben vestito e con i muscoli in vista, si diresse verso di loro. Olivia sbuffò e in quel momento Basil ebbe la conferma che si trattasse di Sir. Marquis Mausons. D’istinto, lasciò la valigia di Olivia e si inginocchiò davanti a lei.
«Volevo aspettare di arrivare nella tua stanza, ma…» disse alludendo al topo che si stava approcciando con un cenno del capo. «Olivia Flaversham, mi vuoi sposare?»
Olivia sorrise al colmo della gioia. «Sì! Certo che ti voglio sposare!» esclamò e, senza quasi che se ne rendesse conto, si trovò con l’anello ornato dal topazio blu al dito e stretta tra le braccia di Basil.
«Ma guardate che spettacolo in pieno giorno!» esclamò Marquis Mausons. «Cosa credete di fare, Detective Basil? Lei è mia!»
«Sir. Marquis Mausons, ho chiesto legittimamente la sua mano a suo padre e lui me l’ha concessa. Ho dei testimoni che possono confermarlo.»
Marquis Mausons non era tipo da arrendersi, ma per quella volta lasciò correre, certo di poter conquistare Olivia mentre lei era nel campus da sola, ma la costante presenza di Basil ogni fine settimana gli rese il compito impossibile.
Un sabato, mentre eravamo alle prese tutti e tre con un caso di contrabbando d’oro al porto, Mrs. Judson ci annunciò la visita di Clifford e con lui c’era anche una topolina che scrutò Olivia da cima a fondo.
«Non ci avevi mai detto che le piaceva vestire in abiti maschili, fratellino!»
Basil alzò un sopracciglio e arricciò il naso, poi si calmò e sorrise. «Bryna, Clifford ha già incontrato Miss. Olivia Flaversham. Credevo che te ne avesse parlato.»
Clifford si avvicinò ad Olivia, si lisciò il ciuffo e i due enormi baffi grigi, e le sorrise. «Benvenuta in famiglia, cara!»
 
A questo punto, è giusto fare una digressione sulla famiglia d’origine di Basil di Baker Street. Per il lettore che ha già incontrato Clifford in una delle mie passate avventure, “Il Club dei Pensatori Profondi”, parte del discorso potrebbe suonare come un’inutile ripetizione e di questo mi scuso preventivamente.
La famiglia di Basil era tutta composta da elementi bizzarri. A quanto ne so, è una delle famiglie più in vista dello Yorkshire da quando se ne hanno notizie documentate storiograficamente, il che significa dal Medioevo, quando i Basil comparvero per la prima volta come scudieri di campagna del re e il mio collega conserva l’armatura che testimonia le mie parole nella sala al pian terreno. Attualmente, la famiglia è composta da soli tre fratelli: Clifford, il mio coinquilino e Bryna.
Clifford, nato nel 1870, è un topo dal pelo marrone scuro e grigio chiaro sul muso, con due baffi e un ciuffo grigio scuro, una pancia tonda, sicuramente perché amante del buon bere e buon cibo, ed è caratterizzato da una predilezione per il colore verde. Possedeva una posizione rilevante al Governo ed era uno dei membri più in vista del Club dei Pensatori Profondi. Lui aveva il compito di pensare alle soluzioni dei problemi più spinosi del Governo. In pratica, passava le giornate seduto su una poltrona, senza mai muoversi, ed è per questo che non seppi mai della sua esistenza fino a quando non chiese l’aiuto mio e del fratello.
Il mio illustre collega, nato nel 1877. È il maschio più giovane della famiglia, ma è sicuramente il membro che suscita più curiosità. Aveva cominciato a risolvere casi all’età di quattordici anni e quand’era solo un ragazzo nacque la sua inimicizia con Ratigan. Nemmeno io conosco il nome di battesimo del mio collega, ma, stando alle tradizioni della famiglia, dovrebbe essere o un antico cognome anglosassone, adattato a nome, o la fusione di due cognomi anglosassoni e, con ogni probabilità, già usato precedentemente da un antenato.
Per finire, Bryna, la terzogenita ed unico esemplare di sesso femminile. Aveva ventisei anni all’epoca dei fatti che sto narrando, quattro in meno del mio collega. Appresi della sua esistenza per caso, come era avvenuto per Clifford, la sera del ballo tenutosi il quindicesimo giorno di agosto in Austria. È la versione femminile di Basil, con il pelo leggermente più scuro in entrambe le sue tonalità e con modi più raffinati, tipici di una borghese altolocata. Partecipava a parecchie feste ed era la sola dei tre fratelli ad essere una presenza quasi fissa a Corte, tanto che, per un certo periodo, era stata anche una Dama di Compagnia della Regina Moustoria, si vociferava che fosse stata presente al suo capezzale al momento della morte.
Il fatto più singolare era il fatto che nessuno dei tre fratelli, all’epoca dei fatti di cui narro, era sposato. Solo Basil era vicino a compiere il grande passo. Una cosa, però, li accumunava: la tragica scomparsa dei genitori in un incidente ferroviario. I loro corpi non erano mai stati ritrovati. Clifford si era sempre fatto carico dei fratelli minori, elargendo i fondi per la loro educazione, e dell’amministrazione dei beni di famiglia.
 
Tornando al mio racconto. Nel corso della serata, Bryna e Olivia strinsero un sincero legame di amicizia e io scoprii che anche la futura Mrs. Basil aveva delle caratteristiche singolari che piacquero molto alla famiglia Basil per intero, tanto che il caso a cui stavamo lavorando venne risolto da tutti e cinque, il che segnò l’inizio di un’assidua collaborazione familiare.
Tutti i fine settimana, per quasi tre anni, Bryna accompagnò il fratello alla University of London per fare visita ad Olivia, informarla sui casi e ascoltare le sue deduzioni. I casi erano aumentati, ma far studiare Olivia era stato un salasso per le tasche di Basil. I soldi avevano cominciato a scarseggiare tanto che Mrs. Judson percepiva l’affitto da me e dai fratelli di Basil che, a turno, si prodigavano a fornirgli il loro supporto economico. Ciò che più preoccupava me e il mio collega era il non aver ancora capito chi fosse a minacciare la sua vita e quelle dei suoi amici e familiari, includendo anche me.
Il giorno della laurea di Olivia tutti erano eccitati perché sapevano che, dopo tanto tempo passato ad aspettare, si sarebbero celebrate, finalmente, le nozze, per le quali i due futuri sposi avevano già firmato un contatto prematrimoniale. La cerimonia venne celebrata la notte di Ognissanti del 1909, alla St Katherine Coleman, che è collocata a Fenchurch Street, nella zona di Aldgate. Il motivo per cui la cerimonia era stata tenuta a quell’ora ed in quel giorno era per via del fatto che il Celebrante non aveva altri giorni liberi. Non ci furono grandi festeggiamenti perché Basil era stato costretto a confessare i suoi timori a Olivia prima del matrimonio e questa si era spaventata per ciò che sarebbe potuto accadere in futuro. Una volta salutati i fratelli di Basil, io e Mrs. Judson tornammo a casa, mentre i due neosposi si concessero due giorni di luna di miele in Scozia.
 
Ritornati a Baker Street, Basil e Olivia trovarono una busta enorme appoggiata sulla porta, quasi grande come la porta stessa, e scoprirono che conteneva un vinile.
Io e Mrs. Judson eravamo stati in casa tutto il giorno e non avevamo udito nulla. Non avevamo idea di quando avessero lasciato la busta. Basil mise il vinile sul grammofono che teneva in un angolo della sala. Appena le note vennero riconosciute dalle nostre orecchie, sobbalzammo.
«Cosa succede? Sapete chi vi ha mandato quel disco?» chiese Mrs. Judson vedendoci in quello stato.
Per correttezza nei confronti del lettore, riporterò ora il testo integrale del brano e il messaggio inciso subito dopo:
 
“Goodbye so soon
And isn't this a crime?
We know by now that time knows how to fly
So here's goodbye so soon
You'll find your separate way
With time so short I'll say so long
And go
So soon
Goodbye
 
You followed me, I followed you
We were like each other's shadows for a while
Now as you see, this game is through
So although it hurts, I'll try to smile
As I say
 
Goodbye so soon
And isn't this a crime?
We know by now that time knows how to fly
So here's goodbye so soon
You'll find your separate way
With time so short I'll say so long
And go
So soon
Goodbye
 
Carissimi coniugi Basil,
Felicitazioni per il vostro matrimonio!
Spero che questo piccolo omaggio vi serva per chiarire alcuni spiacevoli eventi avvenuti negli ultimi anni. Diciamo che mi dispiace aver mancato di così tanto il bersaglio, per ben due volte, e che a farne le spese siano stati Mrs. Dawson e Mr. Flaversham.
Godetevi i vostri primi giorni da sposini. Credo che il ‘finché morte non ci separi’ arriverà presto e ancora prima, se qualcuno di voi va ad avvertire la polizia!”
 
A quel punto fu chiaro che il Professor. Ratigan era evaso e che c’era lui dietro a tutti quei fatti che miravano a colpirci. Olivia era spaventata, Basil, invece, era adirato.
«Quel Demonio! Giuro che mi assicurerò di persona che finisca nella prigione più isolata di tutta l’Inghilterra e che la cella in cui sarà rinchiuso sia la più sudicia e umida che hanno!» esclamò, urlando, il mio collega, disfacendosi del vinile.
Fu così che Baker Street si trasformò in una fortezza; facevamo i turni per dormire e mangiare. L’unica dispensata dalla guardia era Mrs. Judson che però si preoccupava della salute di tutti noi, specie per quella di Olivia.
I mesi passarono e la sera della Vigilia di Natale, su consiglio di Basil, la nostra domestica portò Olivia nell’appartamento dove una volta viveva Sherlock Holmes.
«Vai più vicina, coraggio!» la invitò Mrs. Judson, facendola entrare nel salone e indicandole una cesta.
Olivia vi guardò dentro e vide una femmina di English Foxhound. «Basil lo sa che c’è un cane qui?»
«Lui mi ha chiesto di portarti qui. Io faccio visita tutti i giorni a questa nuova amica, ma volevamo farle conoscere qualcuno di nuovo.» spiegò Mrs. Judson accarezzando il muso della cagna. «È qui da sola, povera cara! Lei non è dei proprietari della casa. Resterà qui finché i suoi padroni non torneranno a riprenderla e darà alla luce qui i suoi piccoli. Guarda i suoi occhi calmi.»
«Ѐ bellissima.» commentò Olivia, una volta entrata nella cesta.
«Ha quello sguardo che solo una madre ha e ha sviluppato una sensibilità particolare per queste cose. Sembra anche che tu le piaccia!» esclamò guardandola annusare Olivia.
La femmina di English Foxhound, si bloccò e Mrs. Judson spalancò la bocca per la sorpresa. La cagna fece un cenno di assenso nella sua direzione.
«Cosa succede?» domandò Olivia accarezzando il muso della cagna davanti a lei, con uno sguardo divertito.
Mrs. Judson sorrise emozionata. «Olivia, cara, credo che avrai un cucciolo!»
Olivia sorrise ironicamente di rimando. «Che scherzo è questo?»
«Lei lo sente e poi tu sembri… Sembri così diversa ultimamente…»
Olivia rabbrividì, il fiato le mancò e si lasciò cadere, accanto alla English Foxhound, nella cesta. Quando si svegliò, la stavo visitando.
«Cosa è successo?» chiese guardandosi attorno, accorgendosi di essere sdraiata nel letto della sua stanza, e si sedette per potermi ascoltare.
«Olivia!» la colse alla sprovvista Basil, piombando a pochi centimetri da lei sul letto e prendendole le zampe tre le sue. «Mi hai spaventato!» esclamò, prima di volgersi verso di me con agitazione. «Dawson, ditemi la verità sulle sue condizioni!»
Io sospirai. «Olivia sta bene. Però, datemi entrambi un vostro parere personale: preferite un maschio o una femmina?»
Basil si voltò verso Olivia euforico. «Un bambino! Olivia, un bambino!» ma il suo sorriso euforico si smorzò immediatamente. Si allontanò dal letto e divenne pallido. «No! Accidenti! Perché a me?!» si avvilì mettendosi con la schiena al muro. «Ratigan! Quel Demone infernale, questa volta, mi ha in pugno!» si lamentò cercando qualcosa in tutta la stanza.
«Se cercate il violino, per darvi un attimo di contegno, l’ho visto al piano di sotto.» disse Mrs. Judson con voce pacata.
«Grazie!» esclamò Basil che, prima di uscire, appoggiò una zampa su uno stipite della porta e si voltò a guardare gli enormi occhi esterrefatti di Olivia. «Scusami, non ce la faccio!»
Olivia si lasciò cadere sul cuscino con uno sguardo abbattuto.
«Suvvia cara, non fare così!» le dissi sedendomi accanto a lei, cercando di consolarla. «In realtà, lui è felice. È solo che…»
«Che Ratigan cerca di ucciderci e io sono quella più vulnerabile adesso.» sbuffò Olivia, tendendo l’orecchio alla melodia del Mausivarius di Basil. «Sta suonando la stessa melodia del giorno in cui lo abbiamo incontrato la prima volta, Dr. Dawson. Ѐ giù di morale. Posso alzarmi?» mi chiese con semplicità.
«Certo. Cosa hai intenzione di fare?»
«Ora vedrete, Dottore.» disse prendendo una vestaglia di Basil e, indossandola, scese al piano di sotto.
Basil era sdraiato sulla sua poltrona e non smise di suonare, quando la vide arrivare e posizionarsi davanti a lui con fare risoluto.
«Basil, puoi, per favore, evitare di ignorarmi? Il Dr. Dawson ci ha appena dato una bella notizia e tu ti stai comportando come se si trattasse di una tragedia greca!»
«Cara moglie, questo è sicuramente il momento meno opportuno per farmi una predica!» ma Olivia era irremovibile davanti a Basil che non smetteva di suonare e dopo poco lui aggiunse «Di sicuro ora saprai che dovrò allontanarti da me per proteggerti!»
«Io…» cominciò Olivia titubante, colta alla sprovvista da quelle parole, per poi divenire dura e sicura di sé. «Io non ho nessuna intenzione di andarmene da qui! Che ci provi Ratigan a ucciderci! Io non ho paura! Sei tu quello spaventato!»
Basil sobbalzò, facendo stridere le corde del violino. Non l’aveva mai vista così, mentre per lei non era nuovo il suo atteggiamento.
«Beh, allora suppongo che dovrò trovare un modo per assicurarmi che…» si interruppe incerto per poi riprendere sicurezza. «Ora ascoltami, Ratigan ancora non sa nulla e non ho tempo per cercare un’altra soluzione!»
«Sì che c’è tempo! Dalla nostra parte abbiamo ancora un pipistrello che si è dimostrato leale con me in passato!»
«Hai detto un pipistrello leale? Pensi sul serio di chiede aiuto a Fidget?» domandò Basil, con rinnovato entusiasmo.
«Sì.» annuì Olivia. «Avrà ancora una gamba di legno, ma può volare di nuovo e abbiamo la certezza che è infiltrato nella banda di Ratigan. Avremmo le informazioni direttamente da lui.»
«Ha-Ha!» esultò Basil saltando in cima alla poltrona. «Grazie a Figet, forniremo a Ratigan delle notizie false! Non saprà quello che sta realmente succedendo qui e tu sarai al sicuro!»
Olivia gli tirò un lembo della vestaglia color borgogna per farlo scendere.
«Tra poco i tuoi fratelli saranno qui. Meglio se ci prepariamo ad accoglierli.»
Basil la prese per mano, per recarsi con lei al piano superiore a cambiarsi d’abito.
Corsi dietro a Olivia, prima che sparisse dietro la porta della sua stanza, e le sorrisi. «Bravissima! Sei riuscita a farlo ragionare!»
Lei annuì, felice.
Mrs. Judson, in cucina, era raggiante. «Un sogno che si avvera: Mr. Basil che costruisce una famiglia! Ricordo ancora il giorno in cui si è presentato alla porta con il ritaglio dell’annuncio per l’affitto, che avevo messo solo il giorno prima… Qui ci vogliono altre focacce al formaggio per festeggiare il lieto evento!»
Qualcuno bussò alla porta. Tutti ci aspettavamo che fossero i parenti di Basil, ma mi sorpresi alla vista di Fidget.
«Fa freddissimo là fuori!» esclamò planando davanti al caminetto. «Buonasera Dr. Dawson. Dove sono Basil di Baker Street e Olivia? Dovrei parlare con tutti voi.»
«Sono di sopra.» dissi io risalendo le scale. «Ora… Ora li chiamo.»
Quando scendemmo tutti in salotto, Olivia abbracciò Fidget.
«Ti devo fare le congratulazioni Livy.» le disse lui. «Sia per il matrimonio che per il bambino!»
Tutti sobbalzammo.
«E tu come…» cominciò Basil.
«Era… Ѐ per questo motivo che sono venuto qui!» cominciò a spiegare concitatamente Fidget. «La casa è sorvegliata, costantemente, dagli uomini di Ratigan e adesso è il mio turno!»
«Ogni quanto vi date il cambio?» chiese Basil.
«Ogni due ore.» ripose Fidget. «Vi farà meno piacere sapere che Ratigan sa già tutto: si è fatto una sonora risata…»
«Cosa?!» esclamammo all’unisono tutti quanti.
«Ratigan sta aspettando il momento giusto per colpire.» ci comunicò Fidget, guardando fuori dalla finestra. «Non è sicuro per me restare qui, se qualcuno degli altri dovesse vedermi… Devo andare! Farò del mio meglio per aiutarvi, però non coinvolgete la polizia, o sospetteranno che vi ho informati! Buon Natale, anche se dire “buono” in questo caso…» disse il pipistrello avviandosi verso le scale.
«Fidget, aspetta!» urlò Olivia rincorrendolo al piano superiore. «Non conosci la casa! Devi uscire dalla finestra dello studio di Basil perché non dà su Baker Street!»
Rimasti soli, attendemmo l’arrivo dei fratelli di Basil che, come da tradizione, non tardarono.
«Sei splendida, Olivia!» commentò Bryna entrando e ammirandola accompagnata dal fratello maggiore. «E i vestiti femminili ti stanno benissimo.»
«Grazie!» esclamò Olivia.
Quel Natale passò nel migliore dei modi; anche se eravamo consapevoli che Ratigan sapeva la verità, la bella atmosfera non si guastò. La notizia di un nuovo arrivo in famiglia riempì di gioia tutti quanti e si brindò.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Basil programmò dei sistemi per proteggerci; i turni di guardia raddoppiarono per coprire i turni che Olivia non avrebbe più potuto coprire, ma restò il problema di doverci guadagnare da vivere coi pochi incarichi che ci venivano assegnati. Olivia ci aiutava con i casi esaminando le prove al microscopio, oppure leggendo i rapporti della polizia e i documenti, fornendoci degli appunti sintetici sul contenuto. In un omicidio identificò con facilità l’assassino prima di noi.
Una nota positiva di quel periodo era che le finanze si stavano, faticosamente, risollevando. I fratelli di Basil ci avevano suggerito di alzare i nostri onorari visto che i casi venivano risolti in minor tempo.
Fidget veniva ad informarci, di quando, in quando, dei progetti di Ratigan e i fratelli di Basil avevano preso l’abitudine di non muoversi mai da soli, ma di farsi accompagnare sempre da qualche membro del Club dei Pensatori Profondi, nel caso di Clifford, o qualche vecchia dama di compagnia, nel caso di Bryna.
Poche settimane dopo l’inizio del nuovo anno, assistemmo anche alla nascita di sette splendidi cuccioli nell’appartamento che una volta era appartenuto a Sherlock Holmes e uno di loro restò a vivere nella casa. Basil non perse tempo e cominciò ad addestrarlo nei mesi che seguirono, fiducioso di poter fare meglio di quello che era riuscito a fare con Toby. Non andò proprio così, ma fu interessante vedere un grande Detective come lui cimentarsi nell’impresa.
«Giù! Giù!» si lamentò un pomeriggio mentre cercava di insegnare al cucciolo un nuovo comando. «Baxter, giù seduto!»
Olivia rideva seduta sul muricciolo dell’ingresso del passaggio segreto, che dalla nostra casa conduceva all’appartamento del piano superiore.
«Non riesci ancora a farti ubbidire?» domandò avvicinandosi. «Provo io!»
«Flaverhammer, ti prego, pensa ai bambini!»
«Oh, non mi accadrà nulla! Baxter non è altro che un bel tenerone!»
Baxter cominciò ad agitare la coda e leccò il muso di Olivia.
«Adesso, Baxter, seduto!» ordinò lei.
Il cucciolo si sedette.
«Devo arrendermi!» esclamò Basil. «Non mi è mai capitato di incontrare una brava addestratrice come te!»
Olivia guardò il piccolo orologio a pendolo appeso nell’appartamento e sorrise. «Mrs. Judson si arrabbierà di nuovo…»
Basil guardò le lancette del suo orologio da taschino. «Siamo in ritardo per il tè, un’altra volta!»
Olivia lo prese per una zampa e lo trascinò verso il passaggio. «A domani, Baxter!» esclamò agitando la zampa libera in segno di saluto, prima di chiudere il passaggio alle sue spalle.
I due si affrettarono a ritornare in casa e a raggiungere il salone, per poi sedersi accanto a me.
«Come va con Baxter?» chiesi mettendo una zolletta di zucchero nella mia tazza.
«Impara.» mi rispose Basil. «Anche se i metodi di Flamchester sono più efficaci…»
Olivia sorrise, scuotendo il capo, ma a un tratto si alzò di scatto in piedi, terrorizzata da qualcosa che aveva intravisto appena fuori dalla finestra della nostra dimora. Corse in cucina, proprio mentre Mrs. Judson apriva la porta, e si rifugiò in un nascondiglio segreto dietro la credenza che Basil aveva fatto installare per proteggerla poche settimane prima.
«Ma cosa?» mi chiese Basil voltandosi verso la finestra accanto alla porta d’ingresso.
«Ra-Ra-Ra…» presi a farfugliare in stato confusionale, indicando la porta chiusa e mordicchiandomi gli artigli dell’altra zampa. «Ratigan!» riuscii finalmente a gridare.
Basil si fiondò alla porta, prendendo prima una pistola da sotto la poltrona, mentre Mrs. Judson si chiuse a sua volta in cucina e sbarrò la porta. Con nostra grande sorpresa, udimmo semplicemente bussare.
«Basil, so che ci siete tutti in casa!»
La voce roca di Ratigan riuscì a mettermi i brividi di terrore e mi nascosi dietro la poltrona, mentre Basil mantenne la calma e armò la pistola.
«Che cosa vuoi, Ratigan?»
«Dopo tutto questo tempo in cui ho cercato, elegantemente, di avere la tua testa? Credevo che ormai avessi capito!» esclamò il ratto. «Apri la porta!»
«Neanche per sogno! Non mi consegnerò mai volontariamente a te, dopo che hai fatto del male a delle persone che conosco. Ci sono altre persone che devo proteggere, come ben sai. Cosa mi garantisce la loro sicurezza in futuro?»
«Apri, ho detto! Non ho con me armi oggi. Volevo scambiare due chiacchiere con te, da bravi gentiltopi!»
Basil mi guardò e fece strisciare verso di me la pistola, dopo aver rialzato il cane. «State pronto, Dawson!» mi disse togliendo il chiavistello.
La vista di Ratigan, davanti al nostro uscio, mi fece rabbrividire ancora di più e tenni pronta la pistola in mano, facendo attenzione che lui non la notasse.
«Carissimi, come ve la passate?» disse il ratto sedendo al posto di Basil. «Ho saputo che avete risolto un caso di omicidio, due furti, un rapimento e una sparizione.» sorrise mentre ci guardava e notò una marcata differenza nei nostri atteggiamenti. «Però! Impaurito, vero ciccione? E tu arrogante come sempre, Basil?»
Io non smisi di tremare, mentre Basil non disse nulla.
«Scommetto anche che questa è la tua poltrona!» proseguì Ratigan e Basil gli annuì. «Sono venuto qui, perché ho un messaggio da darti, Basil. Fossi in te terrei d’occhio meglio i parenti.» disse estraendo un bocchino ed una sigaretta.
«Che vuoi dire?»
«Ho dato l’ordine di rapire tua sorella, Bryna. Devo dire che è molto graziosa…» commentò accendendosi la sigaretta ed aspirando una boccata.
«Se solo provi a farle del male, giuro che te la farò pagare!» lo ammonì Basil.
«A ogni modo, detto io le regole. Un suono di campanello e tua sorella fa, come ho sentito dire dagli umani, “la fine del topo”! Adoro i loro modi di dire, così raffinati!» rise di gusto Ratigan.
«Cosa vuoi che faccia?» domandò Basil senza abbassare lo sguardo.
«Presentati al Motel Gorgonzola, da solo, stanotte. Entra dal retro.» sentenziò Ratigan alzandosi e dirigendosi all’uscita della nostra abitazione. «Sarà meglio, per tua sorella, se la polizia non ne saprà nulla. Mi sono spiegato bene?» domandò a Basil mostrando il campanello per richiamare la sua gatta malefica. «Buon pomeriggio. Verrò a fare un’altra visita a questa casa molto presto, visto che i mesi sono volati, giusto in tempo per vedere dei piccoli frugoletti!» esclamò sbattendo la porta.
Basil mi guardò, i suoi occhi tradivano la sua preoccupazione per Bryna, e poi si precipitò a bussare alla porta della cucina. Mrs. Judson uscì da sotto al tavolo e aprì immediatamente.
«Ѐ andato via?» chiese.
«Sì, Mrs. Judson.» le confermò Basil aprendo la porta dello stanzino segreto. «Olivia, vieni. Non c’è più pericolo adesso.»
Olivia rimase con la schiena appoggiata al muro. «Quel vecchio ratto! Quel mostro infernale vuole i nostri figli! È questo che vuole in realtà! Non solo disfarsi di te!»
Basil tese una mano verso di lei. «Non preoccuparti di questo ora! Ci sono Mrs. Judson e Dawson che ci aiutano. Ai nostri figli non accadrà niente di male!»
Olivia lo guardò negli occhi, turbata. «Ma cosa vorrà farne? Non è il tipo che ama i bambini!»
Basil osservò lo sguardo abbattuto di Olivia, perso nell’oscurità e si protese verso di lei.
«Oh, Basil! Ero così felice che avessimo trovato una soluzione, prima, ma ora vorrei…» disse lei cominciando a singhiozzare. «Vorrei che non nascessero più!»
Basil si fece strada nello spazio stretto. La abbracciò, conducendola fuori dalla cucina, e insieme si avviarono verso il piano di superiore per permetterle di stendersi a letto.
 
Quella sera, Basil mi lasciò un compito preciso: se alle prime luci dell’alba non avesse fatto ritorno, dovevo avvertire la polizia.
«Non capisci che è una trappola?! Libereremo Bryna, ma non andrai da nessuna parte da solo. Per favore, resta!» lo prego Olivia.
«Non c’è nessun altro modo per liberare mia sorella e lo sai. Non permetterò che un’altra vita sia presa al posto della mia!» le disse risoluto Basil abbracciandola. «Occupati dei nostri piccoli. Se non torno, raccontagli chi ero e non far loro leggere i libri scritti da Dawson, almeno fino a quando non avranno raggiunto i dodici anni.»
«Tu, invece, sii prudente. Vedi di ritornare!» gli disse lei prima di lasciarlo andare.
Decisi di accompagnare Basil per un tratto. Quando fummo vicini all’Hotel Gorgonzola, si voltò verso di me e mi sorrise.
«Devo confessarvi, Dawson, che senza di voi non avrei mai conosciuto Olivia e non avrei mai vissuto tutte queste avventure con un amico come voi, perciò, grazie!»
«Parlate come se non doveste più tornare!» gli feci notare.
«Se non vado errato, le mie probabilità di sopravvivere sono scarse. Perciò, se non dovessi farcela, dite ad Olivia che…» si fermò. «Ditele che…» si bloccò nuovamente e chiuse gli occhi, con aria sconsolata.
«Dico cosa a Olivia?» incalzai io.
Basil mi sorrise e chinò il capo, scuotendolo con decisione. «Oh, lei, tanto, già lo sa! Andate a casa, Dawson!»
Basil proseguì nel suo cammino entrando, come Ratigan gli aveva chiesto, dalla porta sul retro.
Bryna era legata e imbavagliata subito dietro l’ingresso e appena lui riuscì a liberarle la bocca lei si mise a gridare.
«Stupido, idiota! Hai lasciato tua moglie per venire a salvare me e adesso moriremo entrambi!»
«Che stai dicendo?» domandò lui, finendo di liberarla, ma appena egli udì un miagolio alle sue spalle capì. «Felicia!» sorrise malizioso e si voltò verso la gatta. «Non c’è il tuo padrone?»
«Sono qui sopra, Basil!» lo chiamò Ratigan da sopra una cassetta della frutta. «Ho preso il posto in prima fila. Ho anche il cibo per godermi lo spettacolo.»
«Sei ripugnante, Ratigan!» commentò Basil prendendo la sua pipa e cominciando a fumare. «Un vero ed autentico sorcio di fogna!»
«Si può sapere cosa stai facendo?» chiese Bryna con stizza.
«Stavo per fare la stessa domanda.» commentò Ratigan.
Basil fece due piccoli cerchi di fumo e sorrise al suo arcinemico. «A un condannato a morte viene concessa un’ultima sigaretta. Io ho con me solo una pipa quindi…» disse per poi guardare la sorella e sottovoce aggiunse «Stammi vicino e, appena ti do un segnale, corri verso la porta.»
«Beh, Basil, è tempo di morire!» sghignazzò Ratigan.
«Io non ci giurerei!» esclamò lui, portando due dita alla bocca e fischiò.
Felicia cominciò a correre per la stanza spaventata. Bryna venne colpita da una zampata della gatta e rovinò al suolo, così Basil fu costretto a caricarsela in spalla e dirigersi di corsa verso l’uscita.
«Felicia, stupida gatta! Lui non ha più un cane!» la apostrofò Ratigan.
Quando Felicia riprese il controllo, Basil e sua sorella erano ormai lontani e avevano deciso di tornare a Baker Street seguendo il percorso fognario.
Albeggiava quando sentii bussare alla porta di casa. Ne fui sollevato, ma non potei andare ad aprire di persona. Olivia stava male e aveva bisogno di un Dottore.
«Clifford?» domandò Basil sorpreso, quando dietro l’uscio vide il fratello. «Cosa ci fai qui?»
«Un ragazzo che il tuo amico mi ha inviato sotto casa…» si interruppe. «Bryna!» esclamò notando la sorella in spalla al fratello. «Cosa ti è successo?!»
«Abbiamo un fratello davvero coraggioso! Se non fosse stato per lui, probabilmente ora sarei morta.» rispose invitandolo a lasciarla scendere. «Mi sono spaventata e non sono riuscita a rialzarmi. Ti chiedo scusa se mi sono fatta portare in spalla fino a qui!» disse entrando in casa e scompigliando il ciuffo sulla testa del fratello.
Basil, mentre si sistemava il pelo, vide Mrs. Judson correre dalla cucina al piano superiore con una ciotola di acqua calda e dei panni. Lui la rincorse fino all’ingresso della sua stanza.
«Mrs. Judson, cosa sta succedendo?»
Lei lo guardò come se avesse visto un fantasma e posò a terra tutto ciò che aveva per le zampe. «Mr. Basil! Sia lodato il cielo, siete tornato tutto intero!» esultò abbracciandolo. «Perché siete tutto intero, vero?» disse sciogliendo l’abbraccio e incominciò a esaminarlo. «Avete ancora tutte le dita e non vi manca un pezzo di orecchio. Qualche graffio, ma quelli guariscono presto. Oh, cielo! Sto straparlando!»
«L’ho notato!» asserì Basil. «Dov’è Dawson? E Olivia?»
«Sedetevi sulla poltrona dello studio, Mr. Basil. Tutto quello che potete fare è aspettare.» e, detto questo, prese le cose da terra ed entrò nella camera da letto.
Istintivamente, Basil posò un orecchio alla porta, ma non udì nulla. Bryna e Clifford lo raggiunsero.
«Stavo per dirtelo, fratello. Tua moglie sta per dare alla luce i tuoi figli.»
«Come hai detto, Clifford?» domandò Basil sconvolto.
«Hai capito benissimo. Tempo qualche ora e sarai padre. A proposito, come avete scoperto che erano più di uno?» gli chiese, sedendo sulla poltrona dello studio e fumando la sua pipa. Avevo suggerito di distrarre Basil, in caso fosse tornato senza ferite.
«Le avevo chiesto se percepisse qualcosa e poi una sera Dawson mi ha detto di prepararmi perché, o avevo un figlio con sei zampe, o erano più d’uno.» rise Basil.
«Quindi non sai il numero certo.» commentò Bryna, che si mise d’istinto a sorridere. «Voglio dare una mano!» esclamò bussando alla porta.
Mrs. Judson fece entrare Bryna e Basil cercò di intrufolarsi con lei.
«Mr. Basil!» lo rimproverò Mrs. Judson, tenendo basso il volume della voce e spingendolo lontano dalla porta. «Cosa avevate intenzione di fare?»
«Voglio solo vedere come sta Olivia!» obiettò lui.
«Sta bene! Ora mettetevi lì seduto ad aspettare!» disse indicando la seconda poltrona dello studio.
Basil, però, non riusciva a stare tranquillo. Camminava avanti e indietro per l’anticamera e ogni tanto posava l’orecchio alla porta, per udire un rumore qualsiasi. Tutte le volte che Mrs. Judson usciva dalla camera per prendere un asciugamano lui la seguiva con lo sguardo, sperando che gli desse delle notizie su Olivia. Suo fratello, invece, era come caduto in uno stato di ipnosi, continuando a fumare la pipa. Quando Basil gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, questi sobbalzò.
«Calmati, fratello!»
Mentre Clifford aspirava un'altra boccata dalla pipa, si udì la voce di Mrs. Judson provenire dall’interno della camera e Basil, terrorizzato, saltò in braccio al fratello.
«I bambini! I bambini!» gridò emozionatala nostra padrona di casa, correndo a prendere altri asciugamani. «Stanno nascendo!»
«Cosa?! Come?!» chiese impaziente Basil.
«Quanti?» chiese a sua volta Clifford.
«Uno, per ora!» esclamò Mrs. Judson restando sull’uscio, dopo aver passato gli asciugamani a Bryna.
«Vediamo il secondo!» urlò Bryna poco dopo.
«Sta nascendo il secondo.» comunicò Mrs. Judson.
«Il secondo!» esclamò Basil con un filo di voce.
Clifford era al colmo della gioia. «Due gemelli! Complimenti fratello!»
«Oh, oh! Aspettate, aspettate!» esclamò Mrs. Judson tutta eccitata. «Ce ne è un altro!»
Basil sgranò gli occhi.
«Ѐ una femmina!» comunicò raggiante la proprietaria di casa.
Basil e Clifford sgranarono gli occhi.
«Due maschi e una femmina!» esclamò infine Mrs. Judson.
Basil si sentì mancare e il fratello si affrettò a posargli una zampa sulla spalla per non fargli perdere il contatto con la realtà.
«E la madre sta divinamente, Mr. Basil!» gli comunicò Mrs. Judson. «E adesso non svenite, mi raccomando!» disse scuotendolo con decisione per le spalle, per poi entrare nella stanza.
«Tre gemelli!» esclamò Basil, ancora incredulo.
«Fratello, è meraviglioso, favoloso!» esclamò Clifford. «Vecchio briccone, sei padre!» lo apostrofò infine, scompigliandogli il pelo sulla testa.
La gioia venne smorzata da Mrs. Judson, che tornò portando un fagottino tra le braccia, con uno sguardo triste. «Due!» disse cullando, incredula, il piccolo. «Ne abbiamo perso uno…»
Basil si vide adagiare tra le braccia il piccolo e si mise a osservare il corpo, ancora senza pelo, del neonato e notò che era chiaro sul muso e scuro sul dorso, il pelo sarebbe potuto crescere identico al suo o a quello del fratello nei giorni seguenti.
«Eh, caro fratello, sono le cose della vita.» sopirò, rammaricato, Clifford scrutando il piccolo. «Ma magari…»
«Stai pensando che potrebbe…»
«Prova a scaldarlo, con te ha funzionato! Dawson deve avere un bel da fare là dentro e, magari, ci ha provato per troppo poco.» suggerì Clifford avvicinando la poltrona per far sedere il fratello che cominciò a massaggiare il piccolo sul dorso, aiutandosi con l’asciugamano.
Il topino cominciò ad agitarsi, pochi minuti dopo, e afferrò anche il dito di Basil. «Guarda, Clifford!»
«Mrs. Judson! Bryna! Tre! I bambini restano tre!» esultò Clifford.
«Oh, è vivo! Ringraziamo il cielo!» esclamòBryna uscendo dalla stanza da letto.
Basil strinse a sé il piccolo, al colmo della gioia, per tenerlo al caldo.
«Basil, entrate voi a dare la bella notizia ad Olivia.» dissi aprendo la porta e, prima che entrasse, ci scambiammo uno sguardo di intesa. Eravamo sollevati entrambi che tutto fosse andato per il meglio. Lui era riuscito a tornare sano e salvo e i piccoli erano nati senza difficoltà.
Basil si avvicinò a Olivia.
«Basil, stai bene!» esclamò questa. «Bryna non mi voleva dire nulla, speravo che tu non fossi ferito!» si interruppe e guardò le braccia di Basil e una lacrima le solcò la guancia. «Ѐ nostro figlio?»
«Guarda! È più vivo che mai!» le disse posandoglielo in grembo. «Gli altri due? Vorrei conoscerli…»
«Là, nella cesta.» rispose Olivia, ancora incredula, indicando una cesta di vimini vicino al letto.
Basil si chinò sul bordo e sorrise guardando gli altri due piccoli. «Wow!» disse sbalordito. «Sono perfetti! Tu come ti senti?»
«Bene! Sono solo un po’ stanca e ora che sono più tranquilla vorrei riposare… Metteresti anche lui vicino agli altri?»
Basil prese il piccolo. «Avevamo pronti solo due nomi. Come chiamiamo il terzo?»
Olivia studiò i topini. «Ecco, io non sono più sicura…» mormorò. «Abbiamo scelto dei nomi non comuni…»
Basil sedette accanto a lei. «Abbiamo delle tradizioni di famiglia.» le spiegò. «Tradizioni che vogliono che almeno un nome provenga dalla tua…»
«Già, ma il nome che abbiamo scelto significa “Amante dei Lupi” o “Amante dei Cani da Caccia”.» sorrise Olivia.
«Ho letto una leggenda su un mastino, durante uno dei miei casi. Credo che vada bene per il nostro piccolo, che avrà di sicuro un pelo scuro.»
«Speriamo che gli piacciano sul serio i cani!» commentò Olivia.
La questione dei nomi rimase aperta per tre giorni, fino a quando il pelo dei topolini non cominciò a crescere. Basil era rimasto ad ammirare i piccoli giorno per giorno, sapeva benissimo che non avrebbero aperto gli occhi prima di aver compiuto un mese di vita, ma sia lui che Olivia erano così presi dalla gioia di aver costruito una loro famiglia che non potevano staccar loro gli occhi di dosso. Li udivo, spesso, congetturare sul futuro dei figli dai loro comportamenti. Olivia ci sapeva fare con i bambini, merito dei suoi casi in proprio di quando era in Scozia, e non ebbe difficoltà ad adattarsi al ruolo di madre. Basil all’inizio mi aveva destato qualche preoccupazione, ma dopo i primi due giorni comprese come comportarsi e non ebbi più alcun timore sul fatto che sarebbe stato un ottimo genitore.
«Il pelo dell’altro è rosso e bianco.» fece notare Basil a Olivia, posando il piccolo dal pelo scuro nella cesta. «Ecco, c’è un nome nell’antico gallese che indica la differenza della colorazione: nero e bianco, o bianco e rosso. Mi devi dire se suona bene, sarebbe anche la prima volta che viene usato in famiglia.»
«Qual è il nome?» domandò Olivia.
«Braith.» sussurrò Basil, notando che il piccolo si era addormentato, accanto alla sorella tra le braccia della madre.
«Braith Basil…» bisbigliò Olivia provandone il suono. «Non è male!»
«Allora è deciso!» esclamò Basil entusiasta, posando anche gli altri due gemelli nella culla e tornando a sedersi sul letto, accanto ad Olivia. «Conchobhar, Braith ed Enola Basil.»
«Abbassa la voce, o li sveglierai!»
Erano entrambi felici per essere giunti a un accordo e mi dispiacque rovinare l’atmosfera, ma Olivia era davvero molto pallida e doveva recuperare le forze. Da quando c’erano i bambini le sue ore di sonno erano diminuite.
«Basil, ora dovreste lasciare dormire Olivia.»
Basil si levò in piedi sbuffando.
«A presto, Flaverhanger!» le sorrise baciandole il dorso della mano. Dette un ultimo sguardo alla cesta con i tre neonati e mi seguì oltre la porta. «Dawson, è ora di registrare i nomi dei bambini. Venite con me!»
Entrammo nel mio studio e Basil prese i documenti che mi ero procurato nei giorni precedenti e mordicchiò la punta della piuma d’oca per affilarla.
«Siamo puntualissimi!» commentai guardando il mio amico immergere la punta della penna nell’inchiostro. «Entro otto giorni dalla nascita vanno consegnati i documenti.»
La calligrafia di Basil era precisa e ordinata, diversamente dal solito.
«L’ultima cosa che voglio è scrivere di fretta questi documenti!» mi spiegò.
Sul primo dei documenti vidi scritto chiaramente Enola Marion Basil, sul secondo Braith Harkness Basil e sull’ultimo Conchobhar Hiram Basil. Il mio collega compilò, successivamente, tutti e tre i documenti con le informazioni richieste. Scrisse il giorno e il luogo di nascita, lasciò uno spazio all’inizio della riga successiva e vi pose il suo cognome affiancato alla sua professione, inserì il nome di Olivia con entrambi i cognomi, quelli degli occupanti della casa presenti al momento della nascita e mise me come informatore. Mi lusingò vedere scritto nella dicitura “Relazioni con il nascituro: padrino” su tutti e tre i documenti.
«Questo Registration Act è davvero troppo macchinoso!» sbuffò Basil, una volta ultimato.
«Se scoprono che per lo stesso registro avete falsificato un matrimonio per vendetta, finirete in carcere per quattordici anni, come minimo! Ma ditemi, perché lasciate uno spazio così ampio prima del vostro cognome?»
«Un antroponimo è composto sempre da due componenti: il pronome e il nome di famiglia.»
«Non mi direte che avete intenzione di aggiungere il vostro nome in un secondo momento!» dissi spalancando gli occhi per la sorpresa.
«Elementare, Dawson!» esclamò Basil, pulendo la penna in uno straccio e asciugando l’inchiostro. «Se con Clifford e Bryna i miei genitori sono stati clementi, con il mio nome hanno decisamente esagerato! Colpa di tradizioni della famiglia di mio padre, che usa i cognomi come nomi…» sorrise porgendomi i documenti con naturalezza. «Li fate vedere a mia moglie quando si sveglia? Non vorrei aver tralasciato qualcosa.»
Appresi che Basil non aveva voluto seguire alla lettera le regole imposte dalle tradizioni di famiglia; uno dei suoi due figli avrebbe dovuto avere il nome di suo padre, che non mi volle rivelare perché, probabilmente, ha a che fare anche con il suo, l’altro si sarebbe dovuto chiamare Hiram e la bambina avrebbe dovuto avere il nome della madre di Olivia, che però lei non rammentava perché era troppo piccola quando ella morì.
La registrazione andò a buon fine e Basil passò a organizzare la cerimonia del battesimo. Era essenziale dare una buona immagine della famiglia secondo il modesto parere di Bryna. Seguire le etichette non era la specialità di Basil.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 

Capitolo 5

Balia, questa parola fu oggetto di dibattiti, supposizioni e litigi. Basil storceva il naso al solo nominarne l’argomento ed Olivia non si rassegnava a farsi aiutare da un’estranea, mentre io e Mrs. Judson continuavamo a insistere. Avremmo tirato la cinghia e aumentato il lavoro da casa per conto della polizia, dato che il mio collega era specializzato in consulenze e risolveva i casi senza neanche dover uscire. Notavo che Olivia diveniva ogni giorno più pallida e dormiva sempre meno, mentre Basil, che in genere non mangiava spesso, aveva cessato di nutrirsi quasi del tutto tanto che il suo viso appariva più scavato e i bambini erano diventati quasi ingestibili.
Una sera sorpresi i coniugi Basil guardarsi negli occhi, era evidente che avevano appena terminato di consultarsi.
«Dove la troviamo una balia?» mi chiese Olivia.
«Vicino alle fabbriche dell’East End.» suggerì Mrs. Judson. «Diverse fanciulle di famiglie povere farebbero a gara per essere assunte. Un guadagno extra è un bell’aiuto in casa!»
I colloqui per trovare una balia furono estenuanti. Appena pubblicammo l’annuncio si presentarono a Baker Street diverse decine di giovani topoline. Basil voleva un mio giudizio su ognuna delle candidate, convinto che un parere medico fosse la base per assumere una ragazza sana. Tutto sembrava procedere per il meglio, finché a un certo punto non si presentò una nostra vecchia conoscenza. Quando la vedemmo entrare, il mio collega impallidì e io mi sentii come preso da una morsa che mi impedì di proferire parola. La topolina era accompagnata da un topino di quattro anni, dalla pelliccia colorata di due tinte di marrone, che se ne stava attaccato alla sua gonna e una neonata, dalla pelliccia bianca, dormiente tra le sue braccia.
«Relda!» esclamò Basil.
«Buonasera, Basil.» disse accomodandosi su una sedia. «Vorrei quel posto come balia. La ragione, mi pare evidente!»
Basil la scrutò. «Da quanto vivi per strada?» chiese osservando il vestito sgualcito di lei.
«Sei mesi.» spiegò. «Per colpa di qualcuno, che ha falsificato la mia cerimonia di nozze e i documenti!»
Vidi il mio collega sollevare un sopracciglio.
«Ora non negherai dicendo che quel Celebrante comparso dal nulla non fossi tu!» esclamò lei.
«Non nego di avertela voluta far pagare…» commentò lui.
Mlle. Relda si accigliò. «Mio marito, scusa! Il mio finto marito voleva vendetta, ma l’ho persuaso per anni a non muovere un dito contro di te. Solo poco tempo fa ha perso la pazienza. Sono riuscita a restare sotto il suo stesso tetto fino alla nascita della bambina perché mosso a compassione. Mi ha cacciata facendo venire a galla la verità con tutti i suoi parenti e così noi siamo finiti nell’East End.» spiegò con rabbia. «La scelta è solo tua: o mi accogli in casa e mi fai diventare parte della famiglia, o mi avrai sulla coscienza insieme a questi due bambini innocenti!»
Eravamo entrambi sorpresi dall’atteggiamento risoluto di Mlle. Relda. Non avevo idea che quell’avvocato avrebbe avuto il coraggio di mandarla in mezzo a una strada con due bambini così piccoli.
«Sei assunta!» esclamò Basil andando verso la cucina. «Fai portare qui le tue cose. Libererò la vecchia stanza di mia moglie e la farò diventare la tua stanza.» disse sparendo dietro la porta e tornando, poco dopo, con una manciata di monete. «Non è molto, ma è quanto basta per pagare dei facchini per le tue poche cose e se vuoi lasciare qui i bambini mentre vai non è un problema.»
Mlle. Relda sorrise furbamente. «C’è qualcosa che mi nascondi?»
«Assolutamente no. Se sei pronta, puoi cominciare le tue mansioni anche appena torni.»
Appena Mlle. Relda se ne fu andata, io e Basil mandammo il topino in cucina a rimpinzarsi delle focaccine al formaggio di Mrs. Judson e posammo la neonata dormiente sulla mia poltrona.
«So già cosa mi volete chiedere, Dawson.» disse Basil anticipandomi. «No, non credevo la abbandonasse così.»
«Quindi avete assunto Mlle. Relda perché…»
«Perché ho esagerato con lei.» ammise un po’ frustrato. «Credevo che avrebbe fatto legalizzare il matrimonio invece.»
Olivia si affacciò dalla scala con in braccio Enola e si rivolse a Basil. «Ho sentito tutti i colloqui. So che hai assunto la cantante lirica e ho sentito anche di cosa parlavate tu e Dawson. Sei certo di poterti fidare delle sue parole?»
«Mi è parsa sincera. Però, non dire a Mrs. Judson che abbiamo assunto lei…»
«Abbiamo? Hai!» esclamò decisa Olivia, allontanandosi.
 
Basil era tornato ufficialmente, come mi aveva spiegato più volte, a esercitare esclusivamente la professione di “investigatore-consulente”, per muoversi il meno possibile da casa ed essere sempre presente per aiutare Olivia.
La convivenza a Baker Street si trasformò in un’impresa ardua. La pazienza di tutti fu messa a dura prova tra i topolini che non facevano altro che piangere e Mrs. Judson che era in preda a crisi isteriche ancora più frequenti per via degli esperimenti di Basil e per la presenza di Johnson, il figlio di Mlle. Relda, che passava il tempo a rompere tutto ciò che gli capitasse a tiro. Erano passati solo pochi mesi e cominciavo a chiedermi quanto avremmo resistito in quella condizione.
Una sera, vidi sia Basil che Olivia esausti dopo aver messo a dormire i bambini e aver mangiato un boccone, così suggerii loro di andare a fare una passeggiata a Hyde Park, mentre io sarei andato a cena da un mio vecchio compagno di università. Mrs. Judson aveva cominciato anche lei a rilassarsi, dicendo a tutti noi di non preoccuparci e che non sarebbe capitato nulla di male nelle due ore in cui saremmo stati assenti. Mlle. Relda stava per coricarsi con Johnson, rassicurandoci sul fatto che i bambini non avrebbero creato alcun problema. La coppia accettò di buon grado l’idea di passare una serata da sola. Basil con il lavoro non aveva avuto un secondo di respiro e Hyde Park non era, tutto sommato, troppo distante da Baker Street.
La cena a casa del mio compagno di università fu un evento tranquillo, durante il quale disquisimmo principalmente di politica. Mi sorprese incontrare il fratello di Basil, Clifford, arrivato poco prima di me. Appresi che il mio vecchio compagno era il suo medico personale. Clifford si scusò per non essere passato per diverse settimane da Baker Street, a vedere i suoi nipoti e a informarsi sulla salute del fratello.
«Mi faccia sapere se mio fratello e Olivia necessitano di qualche cosa. Lui è troppo orgoglioso per scrivermi direttamente.» mi aveva detto.
«Lo farò senz’altro.» dissi congedandomi e tornando verso casa a fine serata.
Mi colpì vedere tutta Baker Street illuminata, erano circa le undici di sera e mi aspettavo che solo i lampioni illuminassero l’oscurità. Doveva essere avvenuto qualcosa, non v’era altra spiegazione. Mi precipitai verso casa e più mi avvicinavo al 221½ , più notavo le luci aumentare. Là, vidi sulla porta Mrs. Judson in lacrime.
«Oh, Dottore!» esclamò vedendomi e si levò in piedi per abbracciarmi. «Una tragedia, Dottore! Una tragedia!»
«Calmatevi, Mrs. Judson! Cosa è accaduto?»
«Mlle. Relda è una spia! Lo sapevo che non dovevamo fidarci!»
«Per l’ennesima volta, calmatevi, Mrs. Judson, e mettete in ordine i pensieri!» la pregai.
Lei mi fece entrare nell’abitazione e vidi la sala invasa dai poliziotti.
«In nome del cielo! Cosa…»
«Dottore!» mi salutò con enfasi l’Ispettore Lawless. «Finalmente qualcuno che rientra in casa!»
«Cosa è successo?» chiesi. «Dove sono Mr. e Mrs. Basil?»
«Quello speravo ce lo diceste voi. Noi siamo qui perché i loro tre figli sono stati rapiti dalla balia, che è fuggita con anche i suoi due marmocchi.»
Mi sedetti, in stato confusionario, sulla poltrona. «Tutto questo è assurdo!» mormorai con un filo di voce.
«Il nome della balia qual è? Mrs. Judson continua ad affibbiarle nomignoli poco decorosi, ma non ci ha dato un nome.» mi spiegò l’Ispettore.
«Relda, Mlle. Relda.» risposi. «Oh, non ci credo!»
In quel momento udii rientrare Basil ed Olivia.
«Credevo che la polizia fosse in giro a far rispettare la legge e non ammassata a casa mia!» esclamò il mio amico entrando come una furia in casa. «C’era un incendio e ci siamo fermati ad aiutare una famiglia che rischiava di perdere la casa. Se ci fosse stato qualcuno di voi là fuori, i pompieri sarebbero arrivati prima!»
Olivia apparve preoccupata appena vide Mrs. Judson correrle incontro.
«Cosa è successo?» le domandò.
«Olivia cara, mi dispiace tanto! Mi avevano chiusa nello stanzino di sopra, avevo tentato di fermarli!»
Basil mi guardò, chiedendomi spiegazioni.
«I vostri figli sono stati rapiti ed è stata la bambinaia, con alcuni complici.» mi anticipò Lawless, che usò decisamente poco tatto per una questione così delicata. «Con permesso, vorrei scambiare due parole con Mr. e Mrs. Basil da solo.» aggiunse rivolgendosi a me ed alla padrona di casa.
Vidi Basil e Olivia sedersi in cucina, difronte all’Ispettore, lasciando la porta aperta. Da dove ero io non riuscii a udire il discorso, ma a un tratto il mio collega si accigliò e cominciò a gridare, levandosi in piedi.
«So benissimo per chi lavora Mlle. Relda!»
«Io vi ripeto che è in prigione! Ci sarebbe arrivata una comunicazione che ne segnalava l’evasione!» gli ribadì l’Ispettore Lawless. «Se non ci credete, stasera stessa ci recheremo alla London Tower!»
«Andiamoci! Così vedrete con i vostri occhi che non mento!» lo esortò Basil. «Flaversham, tu resti a casa, nel caso quel Demone dovesse lasciare un messaggio per un riscatto.»
Olivia si strinse a Basil. «Ti prego, riportiamoli a casa!»
«Analizza questo frammento al microscopio.» le disse posandole nella zampa, senza farsi vedere, un pezzetto di tessuto. «Era impigliato nella porta della cucina. Scopri tutto quello che puoi e aspettami per fare i saggi alla fiamma.»
Olivia annuì. «E se Fidget dovesse venire a darci delle informazioni?» gli domandò lei, poi.
«Ascoltalo e poi riferiscimi tutto nei dettagli!» le disse prima di baciarle la fronte. «A più tardi!»
Basil e Lawless trovarono la cella di Ratigan chiusa e nessuna guardia a presidiarla. Le mattonelle vicino alla scalinata erano state spostate e poi risistemate. Scotland-Yard si mise immediatamente a indagare sulla fuga di Ratigan e su chi ne avesse coperto le tracce. Quello che non sapevamo era che egli era più vicino di quanto credessimo.
 
La sera successiva alla sparizione dei figli di Basil, Ratigan e i suoi uomini stavano brindando al Mouse Trap.
«Amici, sono lieto di informarvi che la mia ultima impresa è stata appena pubblicata sul London Mouse: “Rapiti tre gemelli a Baker Street. I colpevoli si sono dileguati”.»
I topi nel locale gioirono e levarono i boccali colmi fino all’orlo di birra.
«Avrei pagato per vedere la faccia di Basil di Baker Street personalmente!» sghignazzò Fidget rivolto a Ratigan. «Una fotografia è davvero troppo misera.»
«Oh, sono così contento di sentirtelo dire! Per la prossima fase, Fidget, è tutto pronto?»
«Certo, Professore! I bambini e Mrs. Mouserton sono pronti a lasciare Londra al vostro comando, Professore!»
«Consegna questa direttamente a Mrs. Mouserton e non farla finire in mani diverse!» gli ordinò il ratto porgendogli una lettera. «Così la nostra amica saprà esattamente dove recarsi!»
Fidget annuì e si mise a zoppicare verso l’uscita. «Devo fare in modo che Basil la legga per primo!» sussurrò infilandola lettera nell’apertura della sua ala e, cominciando a volare sui tetti di Londra, raggiunse Baker Street, rovinando all’interno dell’appartamento, per mezzo della finestra aperta dello studio. Il suo timore più grande era quello di essere visto da chi sorvegliasse la casa quando non era il suo turno.
«Fidget!» esclamò Basil, che si trovava con Olivia nella stanza. «La tua ala è di nuovo rotta!» aggiunse notando che si era fatto male gravemente durante la caduta.
«Che male!» si lamentò Fidget sedendosi, aiutato da Olivia. «Dovete assolutamente leggere il contenuto di questa busta. È dove si stanno recando Mrs. Mouserton e i vostri figli. Ho voluto farvelo sapere prima di consegnargliela. Vi chiarisco un paio di punti: Mlle. Relda si è sposata legalmente negli Stati Uniti e suo marito fornisce il capitale d’investimento necessario al Professore.»
Basil aprì con attenzione la busta e lesse il contenuto del messaggio. «Venezia?!»
«Ma è molto lontano da qui!» puntualizzò preoccupata Olivia.
«Non partiranno! Andremo al porto io e Fidget con Baxter.» spiegò Basil risigillando con cura la busta per farla apparire intatta. «Ti farò curare poi dal Dottore!» aggiunse rivolto a Fidget.
«Parlavate di me?» chiesi entrando nello studio.
«Dawson, visto che siete qui, venite anche voi!» esclamò Basil tirandomi per la manica della giacca verso il passaggio segreto.
Fidget ci aveva seguiti zoppicando, io osservai il mio collega entrare nell’appartamento.
«Emergenza, Baxter! Vieni qui, su!»
Il cane si mise davanti a noi e ci fece salire in groppa.
«Andiamo al porto! Dobbiamo impedire che Mrs. Mouserton parta su un battello per il continente!» esclamò Basil.
Arrivati a destinazione, Fidget andò a consegnare la lettera a Mrs. Mouserton.
«Ti sei rotto l’ala venendo qui?» chiese lei bruciando la lettera, subito dopo averla letta. «Avvisa il Professore della mia partenza.»
Fidget zoppicò fino alla fine del molo, mentre Mrs. Mouserton entrava in una cabina attaccata all’attracco del battello.
«Ok, Dawson. Io seguo Relda, mentre voi andate con Baxter a chiamare Lawless ed i suoi topi.»
«Ne siete sicuro, Basil?» domandai, pensando che da solo non sarebbe riuscito a portare via i suoi tre figli, dovunque essi fossero.
«Ne sono certo! Me la caverò!»
Fidget si avvicinò a noi. «State attenti a Ratigan e ai suoi uomini! Sono qui nei paraggi pronti a partire su un battello diverso. Mi hanno affidato la guardia a Baker Street, ci vediamo là!»
Basil si avviò, con circospezione, alla porta dove era entrata Mrs. Mouserton.
«Ciao, Basil!» sghignazzò una voce a lui famigliare. «Sapevo che saresti arrivato qui. Uno dei miei uomini è tornato con la camicia strappata su una manica…»
«Scommetto che lo hai dato in pasto a quella grassona della tua gatta. Vero, Ratigan?»
«Oh, Basil, sei molto intelligente!» rispose lui accendendo una lampada ad olio. «Penso che, però, tu non abbia idea di quanto quei marmocchi ti somiglino. Non hanno fatto altro che strillare in questi due giorni.» sogghignò il ratto indicando un’altra porta. «Sono appena passati di là. A quest’ora saranno già imbarcati.»
Basil si guardò intono e vide, per mezzo della poca luce della lampada, diversi attrezzi per la pesca appesi alle pareti.
«Gli umani non ci sono a quest’ora. È inutile che cerchi diversivi per raggiungere i tuoi adorati piccoli.»
Basil digrignò i denti.
«Oh, un piccolo dettaglio: sei circondato, se cerchi un modo per fuggire.», sogghignò nuovamente il ratto.
«La polizia sarà presto qui, Ratigan. Non la passerai liscia!»
Questi lasciò cadere a terra il mantello dalle sue spalle, con un gesto disinvolto. «In tempo per recuperare il tuo corpo senza vita!»
Basil si sfilò l’impermeabile. «L’ultima volta che ci siamo affrontati ero in svantaggio perché dovevo proteggere Olivia nello stesso tempo. Ora ti devo affrontare per riprendermi i miei figli e non potrai fermarmi!»
I due roditori si scrutarono, studiandosi, poi Basil si avventò su Ratigan, il quale lo afferrò alle spalle, ma il mio compagno rispose mordendo la zampa del ratto e riuscì a far cadere una scatola di esche su di lui, creando un diversivo con il fine di oltrepassare la porta che conduceva alla banchina di imbarco. Ratigan, ripulitosi dai vermi, scorse un amo da pesca assicurato con una lenza a una canna e lo afferrò. Prima che il mio collega potesse abbassare la maniglia della porta, il diabolico ratto gli fu addosso e lo atterrò, infilandogli l’amo nella spalla destra.
Basil non riuscì neppure a gridare, il dolore gli aveva tolto il respiro e temette il peggio, ma, inaspettatamente, Ratigan lo liberò dalla sua presa e lui si alzò in piedi. Chinò lo sguardo sulla ferita; notò che l’ardiglione dell’amo lo aveva completamente trapassato e il corpo di esso era ben visibile. Usò la mano sinistra per toccare l’estremità dell’amo, che fuoriusciva da dietro la spalla, e sentì la lenza annodata ad esso e, pochi istanti dopo, avvertì un dolore intenso, appena la lenza venne avvolta dalla canna da pesca.
«Allora, Basil, vediamo se ti piace essere sollevato da terra!» lo schernì Ratigan.
Basil contorse il viso e digrignò i denti per non gridare, non avrebbe dato quella soddisfazione al suo rivale storico.
«Su e giù… Su e giù! Come mi diverto!» rise perfidamente Ratigan, giocando con la lenza. «Non ti diverti anche tu, Basil?»
«Aspetta solo che riesca a scendere!»
«Oh, vuoi scendere?» domandò il ratto lasciando la lenza e facendo piombare a terra Basil, con un tonfo sordo. «Accontentato!»
Basil lo guardò avvicinarglisi e i suoi occhi si posarono sugli artigli di Ratigan, in procinto di colpirgli la spalla. Il dolore fu intenso, questa volta egli non riuscì al trattenersi dal gridare. Il ratto continuò ad infierire finché non udì il motore del battello entrare in funzione.
«Scusa Basil, ma devo andare ora. Darò un bacio ai tuoi figli da parte tua!»
Basil venne issato a mezz’aria di nuovo.
«Ti farò tornare in galera, Ratigan! Mi riprenderò i miei figli! Tu la pagherai!»
«Goditi la permanenza là in alto e porgi i miei omaggi all’Ispettore Lawless!» lo salutò Ratigan divertito, scomparendo dietro la porta.
«No! No! No!» urlò agitandosi Basil, finché il dolore alla spalla non fu troppo intenso.
In quel momento entrammo io e Baxter, accompagnati da Lawless e dai suoi sottoposti. Basil era il volto della disperazione. Solo quando Ratigan ci aveva legati alla sua trappola infernale la sera del sessantesimo anniversario della Regina avevo visto il mio collega in quello stato.
Notai delle gocce di sangue a terra e solo dopo l’amo nella spalla di Basil.
«Tiratelo giù!» ordinai.
«No! Prendete Ratigan! Andate oltre quella porta prima che salpi!» urlò Basil.
Alcuni topi di Lawless oltrepassarono la porta, ma ritornarono immediatamente indietro; era tardi, il traghetto era già al largo.
Basil era stato calato, docilmente, fino a terra e io esaminai la sua ferita.
«Torniamo a Baker Street!» sentenziai, volgendomi verso l’Ispettore. «Devo medicarlo nel mio studio!»
«No! Devo seguire Ratigan!»
«Basil!» lo guardò negli occhi l’Ispettore Lawless. «Non c’è più nulla da fare!»
Il mio collega si accigliò. «Quel Demonio! Come pretendete che possa spiegarlo a mia moglie?»
«Rientra nel mio lavoro.» gli disse Lawless e poi si volse a me. «Portatelo a casa. Vi raggiungiamo subito.»
«Dobbiamo fare presto, Basil.» gli sussurrai.
«Va bene, Dawson.» disse rassegnato, lasciandosi assicurare al collare di Baxter.
Arrivati a Baker Street, chiesi immediatamente aiuto a Mrs. Judson per far portare Basil nel mio studio. Proprio quando stavo per sbarrare la porta, Olivia mise un piede per bloccarla.
«No! Non mi chiuderete fuori!»
Basil aveva quasi perso conoscenza e appena vide Olivia allungò il braccio sinistro verso di lei.
«Sono qui, Basil!» disse lei scavalcandomi.
«Ehi, Flaversham!» sorrise debolmente lui. «Non lasciarmi!»
«Dormi, ora!» gli sorrise Olivia, mentre io gli iniettavo una dose di morfina.
 
Quando Basil si svegliò era nel suo letto, con il braccio e la spalla doloranti e un forte mal di testa. Accanto a lui, dalla parte sinistra, sonnecchiavo, appoggiato allo schienale della sedia, sulla quale ero seduto. Mi sentii toccare ed aprii debolmente gli occhi.
«Dawson, svegliatevi!»
«Basil!» esclamai scattando in piedi.
«Voglio la morfina!» ordinò imperativo.
«Basil, vi darei la morfina solo se vi facesse male il braccio in modo grave e in dose sicuramente minore a quella che mi ha permesso di rimuovere l’amo. Sono certo che possiate sopportare il dolore.»
Basil contorse le labbra e voltò il viso dall’altra parte, in direzione della porta, per nascondere le lacrime.
«Enola… Quando ho guardato negli occhi mia moglie nel momento in cui ho chiuso gli occhi, mi è sembrato di vedere lei… anche adesso.»
Solo allora notai Olivia arrivare nell’anticamera, dal piano inferiore.
«Basil, sei sveglio!»
«Flammerhammer, ho temuto di non poterti più rivedere!»
Mi accorsi che forse era il caso di lasciarli soli.
«Dawson, gli dia della morfina!» mi fermò Olivia. «Sta soffrendo molto.», disse asciugandogli le lacrime.
«Credo che, certamente, Basil senta male al braccio. Solo, non credo che soffra per quello!» e aggiunsi, andandomene «Sono nel mio studio.»
Olivia si sdraiò accanto a Basil, esaminando il suo braccio. «Ti va di parlamene?»
«Ero così vicino! C’ero quasi! Stavo prendendo la via per raggiungere quella… Se solo Ratigan, io…»
Olivia gli prese la mano sinistra e se la portò al viso. «Rimettiti presto. Fidget è partito ieri e ci sta passando per telegrafo tutti gli spostamenti di Ratigan. Gli ho chiesto di vegliare sui bambini e mi ha promesso che farà del suo meglio. Dice che Ratigan ha un piano e che cercherà di scoprirlo.»
«I bambini sono la cosa più preziosa che abbiamo, ma non voglio che tu metta in pericolo la tua incolumità.» puntualizzò Basil, che si sollevò un po’ per guardarsi il braccio ferito legato al collo. «Ti prometto che li riporterò a casa!»
«Non ti lascerò da solo. Io sarò con te.»
Nessuno era certo di quali fossero i veri piani di Basil. Per tre anni, si mise a viaggiare con me e Olivia al suo fianco all’inseguimento di Ratigan, finché, il 28 Giugno 1914, non vi fu l’assassinio dell’Arciduca austriaco. Comprendemmo all’istante che era meglio rientrare in patria e che la situazione stava precipitando rapidamente. Non sbagliavamo: il 28 Luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia e la Grande Guerra ebbe inizio.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Fidget spediva telegrammi regolarmente e ci segnalava esattamente dove si trovava Ratigan con Mr. e Mrs. Mouserton, ma il tempo passava e a Basil era stato chiesto di unirsi ai Servizi Segreti inglesi, insieme a me e a Olivia, per scoprire chi fornisse armi agli Imperi Centrali. Il mio collega aveva già indagato sugli affari di Ratigan ed era già conoscenza della sua fitta lista di compratori, tedeschi e austriaci per lo più. Fu richiesto a tutti noi di proseguire le indagini sul campo, ma questa volta solo io e Basil partimmo. Olivia restò a casa con Mrs. Judson per inviarci le comunicazioni di Fidget.
Eravamo a Berlino in incognito, era la sera del 12 Settembre 1918, ci nascondevamo in una vecchia osteria, nella quale sostavano diversi soldati tedeschi e proprio quella sera Ratigan avrebbe concluso un affare che avrebbe potuto ribaltare le sorti della guerra, ormai verso la sua conclusione.
«Buon compleanno Enola, Braith e Conchobhar!» disse sottovoce Basil guardando il boccale di birra innanzi a lui senza toccarne il contenuto.
Mi sentii divorare anch’io dall’angoscia. Erano trascorsi quasi sette anni dal rapimento dei figli. Lo avevo visto logorarsi e dannarsi per la mancanza della sua presenza in casa quella sera in cui erano stati portati via. Tutto ciò che gli era rimasto era assolvere ai doveri dell’Impero britannico per vendicarsi di Ratigan.
«Eccoli che arrivano!» esclamai indicandogli Ratigan e due suoi scagnozzi sulla porta dell’osteria.
«Voi fermerete l’accordo di Ratigan, io lo aiuterò ad andarsene e mi infiltrerò nella sua banda.»
Quella parte non era contemplata nel piano originario.
«Ma cosa? Vi prego, non fate niente di sconsiderato!» lo implorai preoccupato.
«Non c’è altro modo! Ci abbiamo provato per troppo tempo, ma Fidget non basta più come infiltrato, rischia di essere scoperto sempre di più!» protestò Basil, aggiustandosi la larga giacca, che lo faceva apparire più grasso e indossando una maschera si alzò in piedi. «Aiutatemi, per favore!»
Annuii, mio malgrado, e inseguii gli uomini con cui Ratigan aveva appena concluso la trattativa. Con l’aiuto di altri agenti sotto copertura li catturai, mentre Basil, travestito da marinaio in carne, aiutò Ratigan e i suoi a fuggire via fiume su una barca a misura di topo, che ci era stata fornita dai Servizi Segreti.
«Vi sono riconoscente, marinaio! Ho ancora parecchio lavoro da svolgere e voglio ancora ribaltare le sorti della guerra.» spiegò Ratigan, nel punto in cui lo Sprea affluiva nell’Havel.
«C’è posto per un topo in più nel vostro piano?» chiese Basil in un accento tedesco ben camuffato. «Sono stufo di vedere la mia nazione spinta sull’orlo della sconfitta!»
«C’è sempre posto per un patriota nelle mie schiere. Spero non se la prenderà a male, ma dovrà collaborare con molti inglesi.» sogghignò Ratigan. «A ogni modo, sarò clemente con la sua nazione, una volta finita la guerra. Se l’Inghilterra dovesse risultare tra le nazioni sconfitte io ne diventerò sovrano indiscusso, dato che siederò al tavolo dei vincitori.»
In quel modo, Basil aveva scoperto il vero piano di Ratigan: diventare Re servendosi del traffico d’armi con i nemici dell’Impero britannico.
«Oh, quanto sono maleducato!» disse il ratto sorpreso da se stesso. «Non vi ho neppure chiesto il vostro nome!»
«Holmuis, Alarick Holmius.» rispose Basil.
«Benvenuto a bordo della mia missione! Accostate là, vicino a quel canneto, e poi legate saldamente la vostra imbarcazione. Immagino che abbiate una certa dimestichezza con i coltelli, vista la vostra professione.» cercò di dedurre Ratigan.
«Con quasi tutte le armi, in vero.» puntualizzò con una punta di orgoglio Basil legando una cima al piccolo pontile.
«Ho bisogno che qualcuno addestri tre marmocchi. Hanno solo sette anni, ma hanno una missione speciale.»
Basil annuì. «Ho addestrato mozzi ben più giovani. La missione quale sarebbe?»
«Uccidere il loro stesso padre!» sogghignò Ratigan.
Basil venne condotto in una stanza del covo dove dormivano i tre topolini che avrebbe dovuto addestrare. Ebbe la conferma che fossero i suoi tre figli quando vide Fidget far loro la guardia.
«In piedi mocciosi!» ordinò Ratigan e i tre scattarono immediatamente sull’attenti.
«Comandi, Professore!» esclamarono all’unisono.
«Non sono adorabili, Mr. Holmius?» domandò Ratigan con un sorriso compiaciuto.
«Sarà un passeggiata addestrarli!» esclamò Basil. «Potrei parlare un momento con il pipistrello da solo?»
«Per quale ragione?» chiese Ratigan.
«Se è stato lui a occuparsi dei ragazzini fino ad ora, voglio discutere con lui delle loro caratteristiche nei dettagli.»
«Molto bene, allora. Lei mi piace, Holmius.» sorrise Ratigan. «March, voi tre! Fuori di qua!» ordinò ai tre topolini, seguendoli.
Basil si levò la maschera e mostrò il suo volto al pipistrello, una volta rimasti soli.
«Ciao, Fidget.»
«Basil? Cosa ci fai qui?! Non ti rendi conto della posizione in cui ti stai mettendo?»
«Stavi rischiando troppo, era ora che io facessi qualcosa. Ancora non riesco a crederci che quelli siano…» Basil si interruppe e tremò. «E li addestrerò a uccidermi!»
«Ho raccontato loro delle storie su di te e Olivia, o, almeno, ci ho provato… Ratigan non ne sa nulla. Enola dovrebbe riconoscerti, se le dai l’opportunità. Ti assomiglia molto nei ragionamenti ed è la sola ad aver sempre ascoltato le mie storie per intero. Ha capacità deduttive che le ho insegnato a celare a Ratigan, le avrebbe sfruttate durante la guerra.»
Basil guardò i giacigli dei tre bambini e si lasciò cadere a terra. «Sette anni passati a cercarli e loro mi odiano!»
Fidget si sedette accanto a lui. «Tu non puoi ricordare, ma quando il Dr. Dawsonti ha rimosso l’amo dalla spalla hai gridato che avresti riportato a casa i tuoi figli a qualsiasi costo.» intercettò lo sguardo interrogativo di Basil e si affrettò a spiegare anticipando qualunque altra domanda. «Sì, sono entrato di nascosto in casa e ho dovuto aiutare il Dottore. Per fortuna poi sei svenuto. Sapevi che non sarebbe stato facile. Braith e Conchobhar credono che tu li abbia abbandonati, mentre Enola è convinta che tu sia alla loro ricerca. Conquista la fiducia di tua figlia e i suoi fratelli la imiteranno.»
Basil annuì, risoluto. «Ratigan ha vinto una battaglia, sette anni fa, ma io vincerò la guerra!»
Basil mi telegrafò, quella notte stessa, tutte queste notizie, pregandomi di rimpatriare il prima possibile e riferire tutto di persona a Olivia, non voleva rischiare di essere scoperto. Da questo momento in poi, quello che il lettore vedrà scritto sarà il contenuto dei messaggi telegrafici che Basil inviava giornalmente alla base dei servizi segreti britannici, alla mia cortese attenzione.
 
Basil, il giorno dopo, si mise seduto con i bambini sul ponte della barca per la prima lezione.
«Quando prendiamo i coltelli?» domandò impaziente Conchobhar.
«Quando sarete pronti!» rispose Basil. «Prima dovete imparare a essere meno precipitosi. Il vostro nemico ha appreso a essere pianificatore e non agire d’istinto.»
«Mr. Holmius, voi come fate a conoscere così tante cose su nostro padre?» domandò Braith.
«Ragazzo, io mi informo dai miei datori di lavoro. Il Professor Ratigan è stato chiaro e anche il pipistrello!»
«Il pipistrello si chiama Fidget!» rimbeccò Enola.
«Quello che è!»
La piccola sobbalzò leggermente.
«Ora» cominciò a spiegare Basil prendendo un coltello da una scatola posta accanto a lui «Sapete come affrontare una comune lotta a mani nude e sapreste anche affrontare una lotta con armi da fuoco, ma come affrontare una lotta armati anche di cervello? Suggerimenti?»
«Credevo ce lo avreste spiegato voi!» esclamò spazientito Conchobhar. «Sapete farlo oppure no?»
«So farlo, ma, prima della tecnica, dovete concentrarvi sulla teoria. A tal proposito, vorrei che leggeste questo libro.» disse porgendo un volumetto ai bambini, preso dalla tasca interna della giacca.
Conchobhar lo prese e lo guardò. «Perché dovremmo leggerlo?»
«Perché non esistono solo i muscoli. La pianificazione di una strategia è l’arma segreta per vincere ogni scontro.» spiegò Basil.
«C’è solo un problema, Mr. Holmius…» si intromise Enola.
«Cioè?»
«Noi non sappiamo leggere!» esclamò Braith prendendo il libro dalle mani di Conchobhar e gettandolo a terra.
Basil ne fu sorpreso.
«Cos’è quella faccia, Mr. Holmius?» chiese Conchobhar. «Per voi le cose si complicano?»
«Chiederò al pipistrello di leggervelo il pomeriggio e la sera, prima di dormire. Non ho il tempo di insegnarvi anche a leggere!» sbuffò Basil con finta sufficienza.
«Fidget! Il pipistrello si chiama Fidget!» ribatté Enola.
«Come volete, Miss.!» ribatté Basil. «La lezione è finita.»
Braith si accigliò. «Ma non abbiamo fatto nulla!»
«Al contrario, vista la vostra impetuosità! Avete tutti e tre un compito: controllare il vostro istinto!» concluse Basil. «Ora siete tutti e tre in ritardo per la lettura del primo capitolo del libro.» aggiunse raccogliendolo e porgendolo a Enola.
Appena i bambini lasciarono la barca, Basil scese sottocoperta e chiuse la porta a chiave. Si tolse gli ingombranti vestiti e si raggomitolò sulla branda, concedendosi un po’ di riposo. Non sapeva per quanto avesse dormito, ma venne svegliato dal rumore di una forcina che stava scassinando l’ingresso. Silenziosamente, raggiunse il cassetto del piccolo scrittoio accanto alla branda e ne estrasse una rivoltella. Attese con pazienza che la botola si aprisse e che la piccola figura entrasse prima di posare il dito sul cane, armando la pistola, mentre accendeva una lampada a olio.
«Non muoverti!» ordinò alla figura avvolta nella penombra. «Girati e fatti vedere!»
La figura si voltò e lo guardò piena di paura.
«Enola!» esclamò Basil, non riuscendo ad abbassare l’arma. «Cosa ci fai qui?»
«Ciao, papà. Possiamo parlare?» chiese lei fissando la pistola. «Quella non ti serve. Non voglio farti del male!»
Basil posò la pistola, studiando la figlia. «Come hai fatto a scoprire chi fossi?»
«Ho mentito. Un po’ so leggere, a differenza dei miei fratelli, e su “L’Arte Della Guerra” c’era un indizio che mi ha fatto mettere insieme il tutto. Sulla prima pagina, quella che in genere è banca, c’era scritto nell’angolo in basso a destra: “Proprietà del Maggiore David Q. Dawson”. Non potevi essere lui perché sbagliavi apposta a dimenticarti il nome di Fidget, esattamente come facevi con il cognome della mamma. Non ho mai smesso di sperare. Sapevo che saresti arrivato a prenderci, prima o poi.»
Basil si mise a tremare. «Non sai quanto sto faticando per portarvi a casa sani e salvi!» disse inginocchiandosi a terra per essere alto quanto Enola. «Da quando Fidget mi ha detto che eri la sola a sapere la verità, ho sperato che tu mi riconoscessi!»
Enola osservò il sorriso di Basil e si avvicinò di un passo, tendendo una mano verso di lui. «Posso venire più vicino?» chiese poi, non sapendo bene cosa fare.
Lui fece un rapido segno di assenso con il capo e si lasciò studiare dalla bambina. La sua camicia era larga e lasciava intravedere sulla spalla destra i segni lasciati dell’amo da pesca che lo aveva trapassato la notte in cui Enola e i suoi fratelli erano stati portati via. Basil si lasciò toccare ed Enola osservò il pelo che in quel punto non stava ricrescendo.
«Ti fa mai male?»
«Quando cambia il tempo, capita. Non è di certo il primo segno che Ratigan mi ha lasciato!»
Per ultimo, Enola osservo il volto di Basil e i suoi occhi.
«Decisamente non sei cattivo!» concluse. «Sembri un po’ denutrito e hai bevuto del Brandy scadente di recente!»
Basil annuì. «Hai indovinato tutto!» sorrise, ma poi si rattristò. «Ora, è meglio che tu vada.»
«No! Io resto qui!»
«Cominciavo a chiedermi cosa avessi preso da tua madre!» ridacchiò Basil alzandosi in piedi. «Lo sai che se i tuoi fratelli scoprono chi sono, io sono morto?» continuò con ironia. «E ho fatto una promessa a tuo nonno, tanti anni fa, in cui gli giuravo che vostra madre non avrebbe perso anche me.»
«Ma hai anche promesso alla mamma e a te stesso che ci avresti riportati a casa, o sbaglio?» sogghignò Enola.
«Cosa vorresti fare?» domandò incuriosito Basil.
La bambina si aggrappò a lui. «Posso passare la notte con te, per favore?»
Basil la staccò dalle sue gambe. «Mia cara, forse non ti è chiara la situazione, ma come sei entrata tu potrebbe entrare Conchobhar, oppure Braith; perciò, ragazza mia, tu non dormirai con me questa notte ed è la mia ultima parola!» sentenziò alzando la voce.
Non mi spiegò mai come, pochi minuti dopo, si era ritrovato ad avere Enola al suo fianco nella branda.
«Mi abbracci? L’ultimo abbraccio che ho ricevuto è stato più di un anno fa da Mrs. Mouserton, prima che partisse per Parigi con i suoi figli e il marito.»
Basil aveva tenuto Enola tra le braccia diverse volte quando era neonata e gli venne naturale stringerla a sé.
«Cerca di dormire, ora.» le sussurrò in un orecchio.
«Anche tu, ma solo dopo che mi avrai raccontato qualcosa sulla mamma!» incalzò lei.
«Posso solo dirti che ora mi manca. Tu hai il suo stesso sguardo e vorrei tanto che ora ti vedesse!»
Enola posò la testa sul torace di Basil e si addormentò sussurrandogli «Non vedo l’ora di conoscerla.»
Il giorno dopo, Ratigan chiamò a rapporto i tre gemelli e Fidget coprì la mancanza di Enola, dicendo che la aveva mandata a chiamare Mr. Holmius.
«Valli a chiamare! Ci stanno mettendo troppo!» ordinò il ratto.
Fdget bussò alla botola della barca. «Basil! Enola! Svegliatevi!»
Basil venne fuori dalla botola, con indosso il travestimento da Alarick Holmius, seguito da Enola.
«Che succede, Fidget?» chiese questi preoccupato.
«Ho coperto la fuga di Enola e ho coperto la sua assenza di stamattina al cospetto del Professore, ma vi vuole vedere entrambi nella sala principale!»
Enola si strinse a Basil. «Ti giuro che sono stata discreta!»
«Non temere, Enola. Ratigan non sospetta ancora nulla. Non sa che i suoi clienti sono stati arrestati e non sa che gli anglofrancesi sono vicini alla vittoria. Di sicuro ordinerà a noi di partire per l’Inghilterra e costringerà me a stanare me stesso.»
Basil non sbagliava. Ratigan ordinò la sua partenza immediata con i gemelli e il proseguimento del loro addestramento durante il viaggio.
Una volta partiti su di un treno degli umani diretto a Parigi, i tre topolini si misero a giocare tra loro, mentre Basil si prese la libertà di sdraiarsi su della paglia a riposare e si mise ad osservare i loro compagni di viaggio; erano una banda di suonatori che raccoglieva fondi per i poveri.
«Natale è un po’ lontano. Non credete, signori?» domandò Basil al violinista.
«Sì, ma adesso stiamo lavorando negli ospedali di guerra. Portiamo ai feriti in convalescenza un po’ di conforto.»
«Posso vedere il vostro strumento?» chiese Basil con gentilezza. «Sembra un Mousevarius parecchio vecchio. Del 1850, se non erro, e le corde sono state cambiate di recente, circa una settimana.»
«Esatto, ma come lo sa?»
«Suono anche io. Posso avere l’archetto?» chiese e il topo glielo porse.
I tre topolini si misero ad ascoltare Basil suonare. Ratigan adorava la musica e, involontariamente, aveva tramesso ai piccoli una vasta conoscenza in materia. I tre riconobbero le prime arie all’istante, ma delle successive nessuna, inoltre si accorsero che Basil stava improvvisando. Quel particolare modo di suonare sapevano essere una peculiarità che pochi violinisti riuscivano a padroneggiare con una certa fluidità ed erano a conoscenza che un musicista a possedere tale qualità era il loro stesso padre. Enola sapeva che se i fratelli avessero scoperto la verità sull’identità di Mr. Holmius avrebbero cercato di ucciderlo, così finse di sentirsi male, per farsi soccorrere da Basil.
«Ѐ solo uno svenimento!» disse questi rassicurando gli altri due topolini. «Enola, cosa ti è saltato in mente?!» le sussurrò alterato. «Credevo che stessi male sul serio!»
«Rischiavi che i miei fratelli ti scoprissero! Non voglio che ti uccidano!» spiegò lei.
A Parigi Basil e i tre bambini salirono su un altro treno diretto a Londra sul quale ripresero le sessioni di allenamento.
«Ok, Fidget vi ha letto il manuale. È ora di passare a qualcosa di pratico.» sentenziò Basil distribuendo un coltello e una pistola a ciascuno di loro. «Vediamo cosa vi è rimasto!»
Li addestrò con precisione per tutta la durata del viaggio, una precisione quasi maniacale. I bambini erano veloci nei movimenti e svelti nell’apprendere. Nessuno avrebbe potuto resistere a un loro assalto, probabilmente nemmeno lo stesso Basil.
 
Ero con Olivia a Scotland-Yard quando ci raggiunse Mrs. Judson con un telegramma nelle zampe.
«Dottore! Olivia!» urlò abbracciandoci. «Sia benedetto il Cielo! Mr. Basil ci scrive che sta tornando con i bambini in Inghilterra!»
Olivia sorrise incredula, mentre io già stavo programmando mentalmente come muovermi. Sapevo per certo che i bambini non sapevano che Mr. Holmius fosse loro padre. Ci sarebbe servito aiuto per neutralizzare i tre gemelli che io pensavo fossero già divenuti tre piccoli criminali. Stavo ancora pensando a come agire, ma ci raggiunse un telegramma di Fidget che ci informava del suo arrivo con Ratigan due ore dopo Basil.
«Dobbiamo andare subito in stazione a ricevere i treni! Porteremo al sicuro i tre gemelli e cattureremo Ratigan nello stesso giorno!» sentenziai. «Olivia e Mrs. Judson, voi ci aspetterete a casa.»
Alla stazione attendemmo l’arrivo del treno di Basil e, appena lo vedemmo scendere, accerchiammo lui e i topolini estraendo le pistole.
«Fermi, Servizi Segreti Inglesi e Polizia di Scotland-Yard!»
«Oh, non ci credo! Qualcuno ha cantato!» esclamò Basil alzando le mani. Come attore fu molto convincente. Enola, Braith e Conchobhar lo imitarono. Mi avvicinai a Basil e lo ammanettai.
«Non portate in carcere Enola! È la sola a conoscere la verità.» mi sussurrò mentre lo conducevo fuori dalla stazione.
«Avete fatto la scelta migliore arrendendovi!» esclamai. «Scusatemi per le manette strette.» gli sussurrai poi.
Braith e Conchobhar vennero condotti nella prigione della Torre di Londra sotto la custodia di tre poliziotti, mentre Basil ed Enola, una volta che il primo si fu liberato dei vestiti del suo travestimento, si diressero a Baker Street.
«Voi non venite, Dawson?» mi chiese Basil.
«Ho da sbrigare le ultime faccende qui… Ci vediamo più tardi!»
Era scontato dovergli mentire, altrimenti avrebbe insistito per restare per poter mettere le mani su Ratigan lui stesso.
 
Basil sorrise, quando vide la porta del 221½ ancora in piedi, nonostante i bombardamenti.
«Enola, sei pronta ad incontrare la mamma e Mrs. Judson?»
La bambina gli volse uno sguardo interrogativo. «E tu sei pronto a rivederle?»
Basil la sollevò da terra, la fece sedere sul braccio sinistro e bussò alla porta.
Quando Mrs. Judson aprì spalancò la bocca per la sorpresa. «Oh, Mr. Basil, quanto sono felice che siate tornato!» esclamo con le lacrime agli occhi, poi volse la sua attenzione ad Enola. «Ciao piccolina, bentornata a casa!»
«Grazie, Mrs. Judson!»
Olivia scese le scale incredula. Il suo sguardo passava da Basil a Enola senza sosta, indecisa su chi abbracciare prima.
«Mamma!» esclamò Enola, allungando un braccio verso di lei.
Olivia le accarezzò il muso mentre lasciava che la piccola le mettesse un braccio attorno alle spalle. Basil strinse Olivia con il braccio destro e sorrise.
«Lei, almeno, è tornata a casa!»
«Grazie, Basil!» disse Olivia. «Mi sei mancato!»
«Anche tu mi sei mancata, Flamchester!»
Mrs. Judson si schiarì la voce. «Mr. Basil e Miss. Basil, credo, dal vostro stato, che a voi due necessiti un bel bagno caldo e un po’ delle mie focaccette al formaggio!»
«Vado a preparare la vasca per Basil e quella per Enola!» sorrise Olivia a Mrs. Judson.
Enola apparve spaventata.
«Qualcosa non va, piccola?», chiese Mrs. Judson.
«Ѐ che… Io non ho mai fatto un bagno in una vasca!»
Basil la guardò esterrefatto. «Per fortuna mia sorella non è qui a sentire!»
«Fidget non mi ha mai parlato di una zia…»
«C’è anche uno zio…» sbuffò Basil. «Quanto è dura doverti raccontare tutto!»
Olivia si affacciò alla scala. «Salite! Una vasca è pronta!»
Basil invitò la figlia a entrare nel bagno e Olivia la aiutò a spogliarsi.
«Basil, credo che tu ora debba uscire…» suggerì Olivia.
«Perché? Non può restare anche papà?» domandò Enola.
«Beh» fece Basil restando sulla porta. «Il fatto è che tu sei una femmina…»
«Ho fatto un sacco di volte il bagno con i miei fratelli al fiume. So qual è la differenza tra un maschio e una femmina!»
I genitori si guardarono e Basil si sedette a terra, aiutando Olivia a finire di svestire la bambina.
Enola, appena entrò in acqua, si mise subito a giocare con la schiuma e a schizzare ovunque.
«Stai ferma e fatti lavare!» esclamò divertita Olivia. «E tu aiutami! Non essere così infantile!» disse rivolta a Basil che continuava a ridere, schizzando a sua volta la figlia.
«Non credevo che fosse così divertente fare il bagno!» esultò la topolina.
«Sei lavata e profumata. Ora esci!» sentenziò Basil allungando un asciugamano a Olivia.
La pelliccia di Enola era diventata bianca e luminosa. «Ma cosa è successo?» chiese guardandosi allo specchio.
«Qualcosa non va?» chiese Basil.
«Io credevo di avere la pelliccia grigia…»
«Non ti piaci?» chiese Olivia.
«Non è questo! È che non sono mai stata così pulita.» si giustificò la piccola, accarezzando la sua immagine nello specchio.
Mrs. Judson entrò nella stanza da bagno con un completo pulito. «Mi sono presa la libertà di prendere i vestiti di quando eri bambina, Olivia. Dovrebbero andarle bene.»
«Certo, Mrs. Judson.» sorrise Olivia prendendo i vestiti.
«Allontanatevi da vostra figlia, Mr. Basil! Siete tutto sporco!» lo apostrofò Mrs. Judson.
Basil incrociò le braccia e si levò in piedi. «Mi trattate peggio di un bambino!» si lamentò offeso, tendendo l’orecchio ai rumori provenienti dal piano inferiore.
In quel momento rientrai in casa, sorretto da Fidget.
«Dawson, amico mio!» esclamò Basil terrorizzato, vedendo la mia gamba ferita. «Cosa è capitato?» mi chiese fiondandosi giù dalle scale.
«Ratigan è fuggito e i vostri figli erano là alla stazione! Sono riusciti a evadere la sorveglianza della polizia.»
«Sono stati loro?» chiese in ansia.
Io non ebbi il coraggio di rispondere, fu Fidget ad annuire.
«Conchobhar, per la precisione.» dissi io.
Basil si posò l’altro mio braccio sulle spalle e venni portato nel mio studio, dove il mio collega esaminò la ferita.
«Ci sono parecchie schegge di vetro.»
«Avrei anche bisogno di un bagno…» mi lamentai. «Ma con una ferita aperta non sarà possibile.»
«Vi è esplosa a pochi metri di distanza una bomba ricavata da una bottiglia di vetro. Non volete niente per il dolore?» mi chiese vedendomi prendere le pinze dal mio tavolo da lavoro.
«In Afghanistan ho subito di peggio.» dissi porgendogli un'altra pinza. «Muoviamoci, prima che venga domani.»
Una volta terminato, mi fasciai la gamba e mi sdraiai sul lettino, aspettando di riprendere le forze. Fidget andò a prendere una bacinella di acqua calda, grazie alla quale avrei potuto darmi una rinfrescata.
«Mrs. Judson dice che dovete darvi una pulita, mentre per te, Basil, è pronto il bagno.»
«Manderò Mrs. Judson ad aiutarvi, Dawson.» mi sorrise Basil andandosene.
Sdraiato nella vasca da bagno, il mio collega osservava il muso di Enola sporgere all’interno della stanza.
«Enola, cosa fai lì?» chiese Basil sporgendosi in avanti.
«Mamma mi aveva chiesto di chiederti se fosse tutto a posto?»
«Sto bene!» esclamò Basil incrociando le braccia dietro la testa. «Non si vede?»
«Sì, ma il Dottore?»
«A quest’ora, Mrs. Judson lo avrà già assistito!» rispose lui, notando che Enola si nascondeva abilmente dietro lo stipite della porta. «Perché ti nascondi?»
La bambina si fece avanti e Basil spalancò la bocca. «Non ci posso credere! Sei il ritratto di tua madre!»
Olivia entrò nella stanza da bagno e si mise a osservare la scena. «Sei veramente sorpreso, vero Basil? Ti sbrighi a uscire dalla vasca? Hai oziato a sufficienza. Abbiamo del lavoro da fare e il Dottore, questa volta, non ci può essere d’aiuto.»
Una volta rivestitosi, Basil si mise a guardare la mappa di Londra. «Ci sono solo tre posti dove so che Ratigan può essersi nascosto: al suo primo covo, al molo 15, oppure…»
«Oppure?» chiese Olivia.
«Oppure sono qui fuori, nascosti tra i passanti, e ci osservano.»
«La terza, papà! Ho visto Conchobhar!» esclamò Enola. «Fatemi andare a parlare con loro!»
Olivia le prese la mano. «Non da sola!»
Basil strinse l’altra mano di Olivia. «Stai attenta!»
«Non mi faranno nulla!» disse lei per rassicurarlo.
Basil rimase fermo a una finestra e scrutò Enola parlare con il fratello mentre Olivia, poco distante da loro, osservava anch’ella la scena.
Fidget monitorava la situazione dalla finestra del mio studio, descrivendomi ciò che stava avvenendo.
«Io intervengo!» esclamò d’un tratto aprendo la finestra e presentandosi davanti a Conchobhar, che credette alle parole di Olivia ed Enola, solo quando fu Fidget stesso a confermarle.
Basil mi raccontò in un secondo momento che Conchobhar lo aveva guardato esterrefatto. Non pensava che lo avrebbe mai visto guardarlo in quel modo. Il piccolo si era avvicinato alla porta, tenendo la mano di Olivia, e Basil gli aveva aperto.
«Ciao Conchobhar, cosa ti è rimasto del volumetto che Fidget ti ha letto?»
«Eravate voi fin dall’inizio!» esclamò il piccolo. «Perdonatemi!» continuò chinando lo sguardo. «Ho creduto alla parola di Ratigan e pensato che Fidget fosse pazzo!»
«No, tesoro!» esclamò, a sua volta, Olivia chinandosi davanti a lui e sollevandogli la testa con un indice. «Voi dovete perdonarci per aver abbassato la guardia!»
«Ora anche tu sei a casa!» esclamò Basil chinandosi davanti a lui.
«Mi sembra un sogno avere dei genitori che in realtà mi amano!»
«Avremmo mai potuto abbandonarvi?» chiese Olivia. «Però, ora, vorrei che tu chiedessi scusa ad una persona. Hai fatto esplodere una bottiglia alla stazione e hai ferito il Dr. Dawson a una zampa.»
Conchobhar sembrava spaventato. «Padre, ditemi la verità. Finirò in prigione?»
«No! Vai solo a chiedere scusa, se vuoi ti accompagno.» si offrì Basil tendendogli la mano. «Oh, e, per favore, siamo i tuoi genitori. Meno formalità con noi.»
Conchobhar si avvicinò al mio letto e, timidamente, si sfilò la sciarpa e con le lacrime agli occhi si inginocchiò a terra.
«Vi chiedo perdono, Dr. Dawson!»
Basil e io lo vedemmo tremare, come se si aspettasse una nostra reazione.
«Tranquillo!» dissi posandogli una mano sulla spalla. «Alzati! Mrs. Judson ha già pulito per terra, non occorre che lo faccia anche tu.»
Ci guardò stupefatto. «Niente punizione?»
«Quale punizione?» chiesi. «Giovanotto, abbiamo ben altro da fare! La guerra è vicina alla fine, tuo fratello è ancora dalla parte di Ratigan e cercherà di uccidere tuo padre. Se dovesse riuscirci…»
«Se io dovessi venire assassinato, tuo fratello finirà davanti a un plotone di esecuzione, se è fortunato, oppure su una forca, se gli va male.» completò Basil e io lo guardai accigliandomi. «Che c’è? È giusto che sappia le cose come stanno! È scontato che l’Impero britannico sarà tra i vincitori!»
Conchobhar era tremante. «Sul serio Braith rischia di…»
«No, se lo troviamo prima che commetta il fatto! Magari, dovremo pure rapirlo…» ipotizzò il mio collega.
«Ma non è un reato?» chiese Conchobhar.
«Sono sette anni che cerco di salvarvi, portandovi via da quel Demone Infernale! Avrò anche il diritto di agire in tal senso!» sussurrò a bassa voce e con odio il mio collega.
«Coraggio, Basil! Cercate di ragionare e, soprattutto, non spaventate vostro figlio…»
Conchobhar si sedette a terra, nell’angolo della stanza, terrorizzato. «Adesso alzerai la voce e distruggerai tutto ciò che ti capiterà a tiro, vero?»
«Ѐ così che fa Ratigan?» chiesi.
«S…s…sì!»
Basi mi guardò sorpreso e tese una mano al figlio, che lo raggiunse. Mi chiese se me la sentissi di scendere al piano di sotto con loro e io asserii.
Scendemmo tutti al piano di sotto e ci sedemmo attorno alla poltrona di Basil, accanto al fuoco. Il mio collega prese il violino e cominciò a suonare. Enola e Conchobhar erano sdraiati sul tappeto, mentre io ero seduto sulla mia poltrona, con la zampa sollevata sullo sgabello, e Olivia aveva preso posto su di una sedia. Mrs. Judson arrivò dalla cucina e ci porse un vassoio di focaccine al formaggio.
Per la prima volta i due fratelli si sentivano parte di una famiglia anche se non capivano, a differenza di noialtri, che Basil suonava per calmarsi e riflettere sul da farsi. Mi chiedevo anche io quali piani stesse macchinando il Professor Ratigan, mentre noi eravamo seduti accanto al fuoco.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Basil aveva dato a ognuno di noi le istruzioni da seguire, dopo averci spiegato nei dettagli il suo piano. Avevamo deciso di mandare i bambini da Clifford al “Club dei Pensatori Profondi”, ma i due si annoiarono presto e, non visti, scapparono in strada, e ovviamente noi non ne eravamo al corrente.
Basil aveva indossato il travestimento di Alarick Holmius e si era diretto, da solo, verso il vecchio covo di Ratigan, mentre io e Olivia ci recammo al molo 15. Nessuno era sicuro che Ratigan avrebbe riutilizzato uno dei vecchi covi, ma mancavano tracce e prove.
Enola e Conchobhar raggiunsero Baker Street e si intrufolarono nell’appartamento, attraverso il passaggio segreto, Baxter aveva riconosciuto l’odore dei topolini essere simile a quello di Basil. I due fratelli sapevano che il cane li avrebbe aiutati e decisero di provare a comunicare con lui.
«Portaci da nostro padre!» ordinò Enola. Il cane la guardò, menando la coda, ma rimase immobile.
Conchobhar si avvicinò e ordinò «Baxter, portaci da papà!» e il cane li fece salire in groppa.
I due raggiunsero l’East End. Baxter li aveva portati fino ad una banchina del porto, alla quale era saldamente legata una corda che conduceva giù, all’imboccatura delle fogne.
«Non c’è dubbio. Papà è sceso là sotto!» esclamò Enola calandosi.
«Ti seguo! Baxter, aspettaci qui!» ordinò Conchobhar.
I due fratelli giunsero in un bar, nel quale riconobbero il travestimento di Alarick Holmius usato da Basil. Lo osservarono aprire la porta di uno stanzino, nel quale era entrato pochi istanti prima uno dei tirapiedi di Ratigan, e lo seguirono di soppiatto.
«Bene, bene!» tuonò la voce di Ratigan nella penombra. «Finalmente ci avete trovati, Mr. Holmius!»
«Ho fatto del mio meglio per evadere il prima possibile!» esclamò Basil.
«La ragazzina?» chiese Ratigan.
«Enola non è venuta con me. Non sono riuscito a portarla via.»
Due topi si avvicinarono alle spalle di Basil. Enola avrebbe voluto intervenire, ma Conchobhar la trattenne. I due tirapiedi di Ratigan colpirono Basil alla nuca e questi rovinò a terra, gemendo per il dolore.
«Sorpreso, Basil?» chiese Ratigan dando un cenno ai due di sollevarlo e togliergli la maschera «Devo dire che questo travestimento ha funzionato per più tempo. Hai battuto il tuo record.»
«Da quanto lo sai?»
«Da quando ho scoperto un telegramma di Fidget inviato da Parigi a Londra. È riuscito a scappare di tutta fretta. Sai, se quel pipistrello zoppo mi capita tra le mani farà la stessa fine che farai tu a breve; oppure tu farai una fine uguale a quella dei tuoi genitori e a lui riserverò un trattamento più di favore. Devo ancora decidermi, sai?» ridacchiò Ratigan picchiettando tre volte su una mattonella del pavimento con il suo bastone da passeggio e questa venne rimossa da sotto, rivelando una scala segreta. «Andiamo disotto!»
«Cosa hai a che fare con la morte dei miei genitori?» chiese Basil.
«Quanti anni avevi, Basil? Nove? Dieci?» domandò Ratigan, aiutando i suoi uomini a spingerlo nella galleria. «Avremo tanto di cui parlare, prima di mettere fine alla tua inutile vita!»
«Dobbiamo seguirli!» esclamò Conchobhar. «E dobbiamo anche avvertire la mamma e il Dottore!»
«Baxter ascolta solo te!» sentenziò Enola, nascondendosi vicino all’ingresso. «Non sospettano nulla su di me!»
«Che intenzioni hai?»
«Guarda e impara, fratellino!»
Conchobhar guardò la sorella picchiettare tre volte sull’ingresso della scalinata sotterranea e il passaggio segreto aprirsi. La topolina sparì, si udirono dei rumori concitati che si interruppero poco dopo.
«Non c’è più nessuno di guardia. Porta qui la mamma e il Dottore! Vi lascio aperto il passaggio. Buona fortuna!» esclamò Enola al fratello, prima di riposizionare in parte la piastrella.
Conchobhar aveva fatto annusare una traccia a Baxter ed era partito di volata a cercarci. Quando udii l’ululato di Baxter mi spaventai.
«Cosa succede?» mi domandò Olivia. «Basil avrà trovato qualcosa e starà venendo qui con Baxter?»
«Non… Non lo so… Non agitiamoci.» balbettai.
Appena vidi scendere Conchobhar dalla testa di Baxter rimasi sorpreso.
«Cosa ci fai qui? Dovresti essere con tua sorella al…» dissi, nascondendo malamente la mia ansia.
«Lo zio Clifford è noioso e in quel posto ci esplodeva la testa!» esclamò Conchobhar prima di volgersi verso Olivia. «Papà è nei guai: Ratigan lo ha scoperto e lo ucciderà, se non lo fermiamo subito!»
Olivia fece accucciare Baxter e noi salimmo sul suo dorso.
«Solo per curiosità, è al vecchio covo?» chiesi.
«Non lo so, ci sarebbe da vedere se riconoscete il posto.» disse concitatamente Conchobhar.
Basil, nel frattempo, era stato fatto sedere su di una sedia. Attorno a lui avevano preso posto i vari scagnozzi di Ratigan, mentre questi gli stava difronte inginocchiato a terra per eguagliare l’altezza di Braith, al suo fianco.
«Allora, Braith, sei pronto a compiere la tua missione?» gli domandò il ratto, porgendogli un coltello.
«Prontissimo!» esclamò il topolino dal pelo rosso e bianco.
«Braith, ascoltami.» lo pregò Basil, guardando Ratigan farsi indietro. «Non ti ho abbandonato e non ho ucciso i tuoi fratelli! Non credere a ciò che ti ha appena detto Ratigan!»
«Bugiardo!» esclamò il piccolo. «Il Professore mi ha detto che avresti usato armi subdole per convincermi!» gridò facendo un passo avanti. «Vendicherò i miei fratelli e darò a te una lezione!»
Basil si vide sottrarre la sedia, finendo a terra con un tonfo sordo, e i ceffi attorno a lui si sparpagliarono per la stanza. Notò il tavolo al centro della sala e il lampadario sospeso sopra di esso. In un lampo, balzò sul tavolo e si appese al lampadario e, con uno sforzo aggiuntivo, si issò completamente.
«Scendi subito! Affrontami!» urlò Braith.
«Non voglio! Non ho mai voluto! Devi ascoltarmi!»
«Non ho più voglia di ascoltare!» esclamò il topolino saltando sul tavolo e, cercando di imitare Basil, saltò verso l’alto. «Tu oggi morirai!»
Basil vide una balconata, non troppo lontana dal lampadario, e cominciò a dondolare per darsi uno slancio per poi saltare. Braith, sotto di lui, smise di saltare sul tavolo, menando il coltello, e si diresse verso le scale che conducevano alla balconata. Basil saltò e si aggrappò al parapetto di marmo e, quando sollevò lo sguardo, si trovò faccia a faccia con Braith che, rapidamente, gli saltò in spalla e lo accoltellò alla schiena. Basil gridò e per poco non lasciò la presa. Braith non riusciva a estrarre il coltello e così tornò al sicuro sulla balconata.
«Braith!» sussurrò Basil. «Tua sorella e tuo fratello sono vivi. Ratigan vi ha rapiti quando eravate piccoli e io non ho potuto fare nulla per salvarvi.»
«Sono stanco delle tue bugie!» sibilò il topolino.
«Un ottimo lavoro, Braith.» si complimentò Ratigan comparendo al suo fianco e agitando il suo campanello.
Basil vide comparire sotto di sé Felicia che già si leccava i baffi, pregustandosi il banchetto. Basil cercò di stringere di più la presa alle colonnine della balconata, incurante del dolore alla schiena.
«Questa scena mi ricorda qualcosa, a te no, bambolotta di papà?»
La gatta annuì in risposta.
«Sto per morire.» soggiunse Basil sollevando lo sguardo verso Ratigan. «Fai meno il misterioso!»
«Tuo padre era nelle tue stesse condizioni, quando è morto!» sogghignò il ratto. «Il Capitano Basil era in congedo dall’India, come immagino tu ben ricordi.»
«Era il 21 Maggio 1881. Il treno sul quale viaggiava era deragliato al Crystal Palace.» sibilò Basil.
«Il treno era stato costruito da un topo molto abile e io lo avevo fatto deragliare vicino al mio primo covo.» precisò Ratigan. «Lui e tua madre erano sopravvissuti all’incidente, ma lui sapeva chi fossi e giurò che mi avrebbe consegnato alla giustizia, rivelando il mio covo. Felicia banchettò con tuo padre che penzolava da una balconata quel giorno. È morto con onore, se può consolarti. Con te sarò più clemente: sarai incosciente quando finirai nella boccuccia di Felicia.»
«Mia madre? Cosa ne è stato di lei?» chiese Basil con le lacrime agli occhi.
Braith si sporse per controllare che Felicia non si stesse annoiando, ma era tutto il contrario; la gatta rideva a crepapelle, rotolandosi sulla schiena.
«Lilly Stampelton Basil. Non è una topolina che si dimentica facilmente!» sogghignò Ratigan. «Quando ho scoperto, tre anni dopo, che era tua madre, mi sono sentito in colpa per non averla uccisa subito. L’ho messa a lavorare al Mouse Trap e l’ho impiegata per alcune mansioni personali finché non mi sono annoiato di vederla e l’ho relegata nelle cucine di una mia locanda. Non so se sia ancora viva…»
Basil guardò Braith con uno sguardo abbattuto. «Braith, mi dispiace tanto!» mormorò e si accorse che lo sguardo negli occhi del figlio era cambiato. «Io ho lottato per proteggerti, scusa se quando avevi pochi mesi ho permesso a questo Demone di metterti le mani addosso!»
Ratigan afferrò il topolino e lo sollevò a mezz’aria. «Tranquillo, Basil!» rise di gusto poco dopo. «Avrai tutto il tempo per scusarti con Braith quando avrai raggiunto l’altro mondo. Lui ti seguirà!» aggiunse e fece cenno a uno dei suoi uomini di sotto, con la rivoltella in mano, di sparare.
«No!» gridò Enola dando una spinta al brutto ceffo, deviando così la traiettoria del colpo che non colpì Basil per pochi centimetri.
«Piccola guastafeste!» urlò il cecchino dandole un pugno nell’addome che la fece cadere all’indietro e picchiare la testa contro un gradino.
«Lascia stare mia sorella!» urlò Braith dimenandosi nella zampa di Ratigan.
«Felicia mangiala!» ordinò il ratto.
«Enola, no!» gridò Basil. «Torna qui a prendere me, gattaccia!» guardò poi negli occhi Ratigan. «Brutto sorcio di fogna, la pagherai!»
Felicia aveva già le zampe su Enola e se la stava portando alla bocca, quando Conchobhar in groppa a Baxter entrò come una furia nella stanza, spaventandola. Io e Olivia seguimmo il segugio poco dopo. Assistetti la piccola Enola, mentre Conchobhar e Olivia mettevano in fuga i tirapiedi di Ratigan, all’esterno la polizia stava circondato l’edificio. Misi al sicuro Enola dietro una colonna, sapevo che Fidget era andato ad avvisare di persona l’Ispettore Lawless per ottenere ulteriori rinforzi e pregavo facesse presto.
Basil teneva la presa a stento, Braith approfittò della distrazione di Ratigan per divincolarsi e scappare. Il mio collega aveva paura di non resistere ancora a lungo ed ebbe un’idea, quando vide Conchobhar e Braith ricomparire dietro a Ratigan.
«Baxter! Lascia stare Felicia e facciamola finita!» gridò.
Ratigan sogghignò. «Hai deciso di lasciare la presa e fare da cena alla mia gatta?»
«Se io muoio è finita, giusto? Lascerai in pace il resto della mia famiglia?» chiese vedendo i figli intuire il suo piano.
«Beh, forse… Perché no? Dopo tutto, morto tu, a me i tre mocciosi non servono più!»
Basil chinò lo sguardo. «Mi basta la tua parola!» disse e guardò verso la gatta. «Apri la bocca e chiudi gli occhi, Flicia! La cena è servita!»
Olivia guardava piena di paura la scena da sotto. «Basil…» le uscì come un grido soffocato.
«Flavehammer, grazie per avermi fatto scoprire la parte migliore di me!» disse Basil sorridendo.
«Mi sono sempre piaciuti gli addii così romantici!» esclamò Ratgan, asciugandosi teatralmente una lacrima.
Raggiunsi la balconata e vidi lo sguardo di Basil mutare, giurerei che fosse lo stesso sguardo che gli avevo visto sul volto nel momento in cui gli sentii dire anni addietro: “Faremo scattare la trappola adesso!”.
«Adesso!» esclamò in un sussurro rivolto ai bambini.
Il tutto si svolse molto rapidamente. I due fratelli presero la rincorsa e fecero perdere l’equilibrio a Ratigan che cadde oltre la balconata e si aggrappò al coltello che Basil aveva conficcato nella schiena. I topolini presero le mani del padre, per evitare che lasciasse la presa, e anche io mi diedi da fare per aiutarli, cercando di far lasciare la presa a Ratigan. In quel momento il coltello si sfilò dalla ferita di Basil e Ratigan cadde in bocca a Felicia, che deglutì, rendendosi conto solo dopo che aveva commesso un errore irreparabile.
«Baxter, è tutta tua!» esclamò Basil al cane.
Felicia se la diede a gambe al primo ringhio di Baxter, mentre Basil lasciava la presa sulle due colonne, stremato. Io lo issai, con l’aiuto dei due fratelli, e mi misi a studiare la ferita.
«Devo strappare la camicia, è tutta intrisa di sangue!»
«Fate pure, Dawson. Avete qualcosa contro il freddo con voi?» mi chiese battendo i denti.
Mi sfilai la giacca e gliela posi sul davanti.
«Coraggio! Adesso, cerco di farvi stare meglio!»
«Bambini, andate a vedere come sta vostra sorella!» ordinò loro Basil.
Le sue respirazioni erano brevi e ravvicinate e, preoccupato, presi il mio orologio da taschino. «Basil, dovete respirare più a fondo e più lentamente!»
«La polizia?» mi chiese Basil. «Dove sono i poliziotti, quando servono?»
«Parlate del Diavolo…» risi guardando i poliziotti fare irruzione e ammanettare gli ultimi scagnozzi di Ratigan rimasti.
Basil chiuse gli occhi e per un attimo sembrò sorridere.
«Basil? Basil?! Basil!» lo chiamai a più riprese, preoccupato.
«Dawson, state calmo! Sto solo cercando di controllare il dolore!» sussurrò lui.
Olivia guardò verso la balconata tremante e cercò di correre verso le scale che portavano a essa. L’Ispettore Lawless e un altro Ispettore, con cui avevamo collaborato altre volte, la intercettarono.
«Lasciatemi!» ordinò lei. «Lasciatemi andare!»
«Lasciatela venire qui!» comandai a mia volta.
Olivia mi fu accanto in un lampo e si avvicinò al corpo inerte di Basil. «Dawson, cosa si può fare?»
«Emorragia interna. Va trasportato in ospedale. Il sanguinamento è limitato. È sveglio, anche se non sembra. Puoi parlagli.» dissi alzandomi e lasciandoli soli.
Basil aprì gli occhi e si sforzò di sorridere. «Fla…»
«Shh! Non parlare! Adesso telegraferanno a qualcuno per il tuo trasporto in ospedale. Stringimi la mano una volta per “sì” e due per il “no”.»
Basil le strinse la mano una volta.
«Felicia non ha risputato Ratigan ed Enola se la caverà, ha solo preso un colpo in testa. È finita, finalmente!»
«Mai stato più felice.» riuscì a sussurrare. «Se muoio in ospedale, fai in modo che a pagare non sia Braith.» le disse con un filo di voce.
«Te lo prometto, ma tu non parlare! Conserva le forze!»
Basil sentì un altro brivido freddo e iniziò a tremare.
«Oh, no! Cosa devo fare?» domandò Olivia spaventata.
«Va tutto bene! Ho solo freddo!» minimizzò Basil.
Mi misi a correre dal piano inferiore verso Olivia e portai con me anche gli infermieri che erano appena arrivati con una barella come primo soccorso. In seguito, trasportammo anche Enola in ospedale.
 
Basil venne svegliato dal suono di una sirena antiaerei e, terrorizzato, spalancò gli occhi per guardarsi attorno. Si rese conto di non essere più girato a pancia in giù su una barella di lino, ma in un letto e sotto la guancia destra aveva un guanciale che odorava di disinfettante. La sua vista mise lentamente a fuoco i letti a sinistra del suo; erano tutti occupati da un malato o un ferito appena arrivato dalle trincee. Voltò il capo a destra per evitare di sembrare in qualche modo invadente verso i topi che lo avevano notato sobbalzare, ma si presentò la stessa visione.
«Sveglio finalmente! Giusto in tempo per assistere a un nuovo bombardamento!» commentò una voce accanto a lui.
«Ѐ tutta la guerra che li sento!» si lamentò Basil voltando il capo a sinistra, verso il suo vicino di letto che aveva appena parlato. «Eravate un fante impiegato sul confine francese, esatto?»
«Beh, il suo collega me lo aveva detto che ci sapevate fare, ma non pensavo così.» disse il topo mettendosi seduto sul bordo del letto. «Maledetto fantasma! Non ho più una zampa da sette giorni ormai. Smetterà mai di dolermi?» chiese retoricamente prendendo le stampelle ed alzandosi in piedi «Dottore! Mi avevate detto di chiamarvi appena si fosse svegliato!»
Un topo grigio con il camice bianco si avvicinò a Basil. «Voi siete parecchio fortunato, Mr. Basil!» commentò il medico. «Potreste dirmi se vedete bene?»
«Vedo tutto nitido, anche se mi sembra che lei in questo momento stia urlando.»
«Oh, è solo un effetto della morfina. Vedrà che starà meglio, tra non molto!»
«Dottore!» lo richiamò Basil prima che si allontanasse. «Mia figlia era ferita. Sa dirmi come sta?»
«Un leggero trauma cranico, senza conseguenze. Direi che come mal di testa è messa peggio di voi.» scherzò andandosene.
«Amico, non avrete sperato sul serio che vi dessero conferma se vostra figlia è stata dimessa o è tutt’ora ricoverata.» commentò il suo vicino di letto.
«Purtroppo, dal tono del medico, capisco che è ancora ricoverata e credo non riceverò visite finché lei non si sarà rimessa.» sospirò Basil chinando le orecchie.
«Forse dovreste ricredervi.» disse il suo vicino, vedendomi arrivare.
«Buon pomeriggio, Basil.» lo salutai. «A parte la febbre e lo stordimento della morfina, come state?»
«Dawson, lo sapete che odio gli ospedali…» disse chiudendo gli occhi e così facendo non vide arrivare Olivia con i tre topolini che si misero dal lato opposto in cui Basil guardava. Lei gli posò le labbra sulla sua guancia.
«Ehi, Basil!» gli sussurrò poi nell’orecchio.
«Flamchester!» sorrise lui cercando di voltare il capo.
Gli scoppi delle bombe arrivarono assordanti alle nostre orecchie e i tre gemelli si spostarono davanti al padre per farsi vedere. Enola era seduta su una sedia a rotelle e si lasciava spingere da Conchobhar e Braith.
«Ragazzi.» sorrise Basil. «Sono contento che stiate bene!»
«Papà» pronunciò, con voce rotta, Braith. «Scusami. Ho sbagliato a non ascoltarti. Conchobhar ed Enola mi hanno spiegato tutto.»
«Beh, questo tuo gesto era il minimo!» commentò Basil. «A ogni buon modo, spero di poter recuperare il tempo perduto con voi.»
I tre gemelli sorrisero. Il vicino di letto di Basil si trascinò affiancò ai tre topolini. «Ora sono davvero sollevato!» esclamò. «Permettete che mi presenti. Sono il Commissario Mortimer Mouse. Dovevo accertarmi che i bambini non avessero seguito gli ordini di Ratigan di loro spontanea volontà e ora che ne ho la prova posso far cadere le accuse contro di loro. Non ho fatto nemmeno in tempo a tornare dalla guerra, dove ero in incognito per un’altra missione, che il Governo britannico mi ha assegnato un altro compito. Per vostra fortuna, è tutto risolto.»
Basil sorrise. «Grazie, Commissario Mouse!»
 
11 Novembre 1918, in un vagone ferroviario alle cinque del mattino, venne firmato l’armistizio dalla Germania nei pressi di Campiègne. Il “London Mouse” titolò così la notizia:
“Armistizio firmato, la guerra è finita!
Berlino assediata dai rivoluzionari;
Il nuovo Cancelliere prega di mantenere l’ordine;
Il sollevato Kaiser fugge in olanda”
Alle undici di quello stesso giorno, si poteva affermare che la guerra fosse ufficialmente conclusa, con la cassazione di ogni ostilità. I bambini correvano per le strade e tutti attendevano il discorso a Buckingham Palace di Sua Maestà. Era un miracolo vedere la nostra famiglia tutta riunita per l’occasione. Mrs. Judson aveva vestito i tre gemelli a festa e tutti eravamo convinti che non avremmo avuto altre disavventure.
L’unica guerra che rimase da combattere fu quella contro l’influenza spagnola che rappresentò la dura realtà che dovetti affrontare ogni giorno come medico fino alla conclusione dell’epidemia stessa, intorno al Dicembre del 1920.
Dopo un breve periodo di calma, Basil e io riprendemmo a lavorare come un tempo.
«Dawson, ci vorrebbe qualcuno di veloce, astuto e che non dia nell’occhio, per smascherare il ladro di gioielli e che possa rintracciare la lancia che egli ha noleggiato al fiume.» mi confessò Basil durante la risoluzione di un caso. «Ma chi potremmo ingaggiare?»
I tre gemelli si fecero avanti, con dei sorrisi furbi.
«Assolutamente no!» decretò Basil. «Se vi accadesse qualcosa, io non me lo perdonerei mai!»
«Papà, siamo stati per sette anni nelle mani della mente più criminale e diabolica d’Inghilterra.» fece notare Enola.
«Siamo sopravvissuti. Abbiamo compiuto furti persino per le calli di Venezia.» aggiunse Braith.
«Se non rammento male, tu stesso ci hai insegnato a difenderci. Aggiungiamo anche il fatto che abbiamo ereditato il tuo intuito; ottieni che per le strade hai qualcuno che noterebbe le cose e avrebbe delle intuizioni, esattamente come quelle che avresti tu.» concluse Conchobhar.
«Uhm, interessante…» ammise Basil. «Ciò non toglie, che la mia preoccupazione sarebbe, comunque, alta!»
Olivia intervenne. «Io avevo otto anni, quando mi hai concesso di accompagnarti alla ricerca di mio padre.»
«Tu ti fideresti a lasciarli andare?»
«Naturale, Basil!» asserì Olivia. «Risolvevo casi a dodici anni, quando ero in istituto.»
Basil dovette cedere.
I topolini, parlando con il senno di poi, ci furono molto utili nelle nostre indagini e divennero famosi come “I Gemelli di Baker Street” grazie a un articolo del “Daily Mouse”, pubblicato nel Gennaio 1920, che li lodava per il loro operato.

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo

Ed eccomi qui, giunto al termine della mia storia.
Sono trascorsi alcuni anni dagli eventi del capitolo precedente. Io e il mio amico Basil di Baker Street ci siamo persi di vista, ma ci scriviamo regolarmente. Mi sono dovuto trasferire a Plymouth, nella Contea di Devon, per motivi di salute e mi sono anche risposato con Abigail Foxx. Ho avuto una figlia che ho deciso di chiamare Olivia Quillian Dawson. È una bambina di quasi sei anni, vivace, decisa e piena di vita.
Un po’ mi manca il chiassoso appartamento al 221½ di Baker Street. Delle volte capita che sogni di tornarci con la mia nuova famiglia e che Mrs. Judson entri nel salone con il suo solito vassoio di focacce al formaggio. Per ironia della sorte, il mio nuovo appartamento è anch’esso in Baker Street.
Come ho detto poco sopra, Basil e io ci scriviamo spesso. Capita anche che mi venga a trovare a sorpresa, probabilmente verrà qui nei prossimi giorni con tutta la famiglia.
I nostri incontri sono incentrati sui ricordi del nostro lavoro come soci. Per esempio, durante una delle visite precedenti accadde che mi chiedesse come stesse la mia gamba, non mancando di prendermi in giro per la mia andatura claudicante; io, puntualmente, gli rammentai che era stato Conchobhar a ridurmi la gamba nello stato attuale ed egli si ammutolì all’istante.
Durante la sua ultima visita, qualche mese fa, mi aveva comunicato che presto Olivia avrebbe dato alla luce il loro quartogenito e la loro intenzione di chiamarlo David, se si fosse trattato di un maschio. Mi raccontò di avere trovato delle tracce su sua madre e il cimitero dove era stata sepolta. Sono sollevato, almeno quella povera anima potrà avere qualcuno che la veglia, di tanto, in tanto.
Nella sua ultima lettera, ricevuta circa una settimana fa, Basil mi confidava i timori per lo scoppio di una nuova guerra, ma è datata 1920, il che mi fa supporre, visto che il timbro sulla busta reca la data di quest’anno, 1926, che la nostra corrispondenza sia meticolosamente sorvegliata. Anche io sono dello stesso avviso di Basil e spero veramente che non accada nulla di tutto ciò, anche se il mio istinto di soldato dice il contrario.
 
Non so quando l’avventura qui trascritta verrà pubblicata; al momento non dispongo della somma necessaria per una tiratura ed essere medico di campagna implica avere pochi clienti paganti. Ho stretto anche amicizia con uno di loro, un certo Barone Mouskerville, e sono un assiduo frequentatore della sua Villa.
Tornando alla mia opera, spero di avere il piacere di vederla pubblicata presto, ma se dovesse essere pubblicata postuma gradirei che chi lo facesse scrivesse una postfazione, nella quale aggiunga un proprio commento a quanto ho scritto che, con mio rammarico, non potrò leggere.
 
Memorie del Dr. David Q. Dawson,
Maggiore del LXVI Reggimento in Afghanistan
15 Aprile 1926
 

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Capitolo 10
*** Postfazione di Basil di Baker Street ***


Postfazione di Basil di Baker Street

Eccomi qui a scrivere, nel corso della mia vecchiaia, per onorare una promessa fatta più per rispettare le ultime volontà di un amico che non quelle dell’autore di un’opera.
È da poco finito il secondo conflitto mondiale. È curioso leggere, dopo tanti anni, il resoconto di quella parte della mia vita, conclusasi ufficialmente solo un mese fa con il secondo arresto dei coniugi Mouserton per rapimento di minori e favoreggiamento del nemico durante il primo conflitto mondiale. Entrambi verranno fucilati per aver tradito la patria. Confido che questa volta la polizia non darà loro modo di fuggire.
 
Non me la sento di commentare l’opera del mio illustre amico. La sua scomparsa nei bombardamenti del 1941 mi lascia ancora un vuoto dentro che riesco a colmare solo ricordandolo insieme a tutti coloro che lo hanno conosciuto e ammirato per il suo operato. Dirò solo quello che lui non ha potuto raccontare, ovvero come viviamo tutti noi oggi.
Comincerei con il dire che il mio quartogenito, nato il 15 Aprile 1926 (data in cui si conclude anche il memoriale del Dr. Dawson), si è rivelato essere una femmina, con grande dispiacere di Dawson, e che io e Olivia abbiamo convenuto nel chiamarla Amelia Oswald Rose Basil.
I tre gemelli hanno preso strade diverse. Braith è diventato apicoltore e lavora a cinque miglia da Eastbourne, nel Sussex, sotto la nuova residenza di Sherlock Holmes. Conchobhar è partito con mia sorella Bryna per l’America e, dopo la Laurea in Chimica, ha iniziato a esercitare la professione di investigatore privato, trovando alloggio sotto l’abitazione di Nero Wolfe. Infine, Enola, diplomatasi alla Academy of Choreographic Art, si esibisce nei migliori teatri del mondo con Fidget che le fa da agente, finché può ancora volare e non è troppo segnato dall’età.
Amelia è entrata alla London School of Medicine for Women, non abbiamo potuto chiamarla come il Dr. Dawson, ma ha scelto la medesima carriera, esattamente come la figlia di quest’ultimo, Olivia, nata nel Dicembre 1920, la quale, dopo la morte dei genitori, si era trasferita da me a Londra, in quanto alla sua nascita io venni nominato suo tutore.
Io e mia moglie Olivia, che ora porta degli occhiali del tutto identici a quelli di suo padre, siamo rimasti ufficialmente i soli abitanti del nostro appartamento a Baker Street con la nuova governante, Mrs. Nanny, e continuiamo a indagare. Come sono entrato in possesso dell’appartamento che è stato teatro di così tanti avvenimenti nella mia carriera? Mrs. Judson, poco prima di morire, ha reso me proprietario dell’appartamento grazie a una modifica al suo testamento.
Baxter, ormai vecchio, ha ceduto il suo posto al nuovo cane di casa, una femmina di Beagle di un anno e mezzo, ma usiamo ancora il nostro fido segugio per le sessioni di addestramento.
 
Con l’inizio della guerra, venni a conoscenza del motivo della corrispondenza non recapitata a Dawson per tempo; eravamo entrambi stati degli agenti segreti durante il primo conflitto mondiale e i membri di rango superiore non gradivano che parlassimo di questioni politiche tra di noi. Chiunque avrebbe potuto leggere le nostre lettere, visto che usavamo la posta normale e non quella segreta.
Mi torna alla mente uno degli ultimi incontri con il Dr. Dawson a Plymouth, nel 1936. Dopo l’ennesimo ritardo nella consegna della posta mi ero deciso a fargli visita personalmente. All’epoca non sapevo ancora che egli avesse scritto questo manoscritto.
Quell’incontro si concluse come segue.
«Vi auguro un buon rientro a Londra, Basil.» mi aveva detto sulla porta di casa Dawson, dopo che avevo trascorso tutta la giornata nella sua abitazione.
«Voi siete veramente sorprendente, Mr. Basil!» mi aveva sorriso la quindicenne Olivia Dawson.
«Miss. Dawson, così mi lusingate!» avevo sorriso a mia volta. «Spero di potermi fare vivo presto, ma con gli ultimi avvenimenti e tutto il resto…»
«Immagino.» aveva commentato Dawson, guardando il suo orologio da taschino. «Oh, Basil! È tardissimo, farete tardi per il treno!»
«Ora vado!» avevo esclamato sistemandomi la giacca. «Arrivederci Dawson. Miss. Dawson, è stato un privilegio potervi finalmente rivedere!» avevo detto congedandomi.
«Però, papà, non è niente male come persona.» aveva convenuto Olivia Dawson, chiudendo la porta.
A quelle parole mi ero fermato ed ero tornato indietro per ascoltare la risposta del Dr. Dawson.
«No, non lo è. Beh, è ora per me di tornare ad occuparmi dell’organizzazione del giro di visite.» aveva sentenziato.
Mi ero posizionato sul retro della casa e stavo osservando la scena dalla finestra.
«Ma io credevo che mi avresti insegnato qualcos’altro, oltre a cucire le ferite…» aveva borbottato dispiaciuta Olivia Dawson.
«Beh, tu domani torni in collegio e io al mio lavoro.»
Il Dottore si era interrotto appena aveva udito bussare alla porta.
«E adesso, chi sarà?» si era chiesto.
Quando Olivia Dawson aveva aperto, si era trovata davanti un ragazzo spaventato.
«Ѐ questa la casa del Dr. Dawson?»
«Sì è questa! Cose vi è capitato?» aveva chiesto la giovane.
«Giù al porto un ragazzo, mio amico, ha una gamba impigliata nelle reti e crediamo che possa essersi ferito gravemente con una cassa che gli è caduta addosso!»
«Calmatevi! Vi assicuro che siete venuto nel posto giusto!» aveva esclamato lei.
«Lasciate che vi presenti la mia assistente» aveva detto intervenendo il Dr. Dawson. «Con cui collaboro sempre in ambulatorio. Ho tralasciato nulla, futura Dottoressa Dawson?» aveva chiesto alla figlia.
«Grazie, papà!» aveva risposto lei a bassa voce.
«Ed ora aiutami a preparare la borsa!» le aveva ordinato, prima di volgersi verso il ragazzo. «Voi, intanto, ditemi come si è svolto l’incidente. Un mio caro amico mi ha insegnato che ogni dettaglio può essere importante, quindi siate preciso nell’esposizione dei fatti!»
Ovviamente, avevo perso il treno quel giorno. Ero rimasto ad ascoltare il discorso fino alla sua conclusione. Era incredibile che, invecchiando, il Dr. Dawson fosse diventato più meticoloso, più di quanto già non fosse, e che applicasse i miei metodi nella sua professione.
 
Arrivato a questo punto, dovrei congedami, ma, ora che ci penso, una cosa su questo manoscritto vorrei scriverla.
Io e Dawson siamo sempre stati inseparabili e ricordo sempre con riconoscenza di averlo avuto accanto in quell’avventura. Fu il caso più importante dei molti che riuscimmo a risolvere, anche perché mi permise di avere a sostenermi nei momenti peggiori il Maggiore David Q. Dawson, il grande Dottore di Baker Street.
 
Basil di Baker Street
4 Dicembre 1945

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