Canini schizzinosi

di ManuEL73
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Canini schizzinosi ***
Capitolo 2: *** L'Ospedale ***
Capitolo 3: *** Amanda ***



Capitolo 1
*** Canini schizzinosi ***


Ho messo il tag "comico" ma non sono del tutto sicuro che come testo faccia ridere, però ho voluto provarci! :P
 
Era Halloween, e Ryoce stava guardando la TV nel suo grande salotto. Era Halloween, quindi giorno di festa, ma Ryoce continuava a lavorare, anche con la TV accesa. Royce prendeva in mano il telefono, faceva delle telefonate, si appuntava qualcosa, dopodiché tornava col telefono giù, appoggiato sul poggiabraccio laterale del soffice divano. Intanto stavano dando in trasmissione uno psudo documentario della BBC sui vampiri e la loro altrettanta pseudo esistenza. “Cazzate.” Pensava Royce, ascoltando lo pseudo documentario: “Il vampiro è un essere mitologico o folcloristico che sopravvive nutrendosi dell'essenza vitale (generalmente sotto forma di sangue) di altre creature. Il concetto di vampirismo esiste da millenni; culture come quella mesopotamica, ebraica, greca e romana concepirono demoni e spiriti che possono essere considerati precursori dei moderni vampiri. In tutte le leggende di ogni civiltà passata e presente però, i diversi tipi di vampiri vengono tutti accomunati da una caratteristica chiave, cioè quella di nutrirsi in qualsiasi diversa maniera dei loro simili.” Indossava una camicia bianca, senza cravatta, con dei pantaloni di stoffa che facevano parte della divisa da lavoro. Royce stava lavorando anche se in teoria poteva riposarsi. “Non pensi sia ora di staccare? Hah ah ha!” Le aveva detto divertita la sua collega per telefono. “No dolcezza, ogni festa toglie ore preziose di lavoro e ogni volta che ritorniamo a lavorare occorre fare il doppio dello sforzo per compensare.” Le rispondeva così, descrivendo come la pensava sui giorni di ferie. “Specie se poi stiamo facendo il boom delle vendite.” Continuava a dirle. “Ma Royce, proprio perché stiamo facendo tante vendite non pensi che dovresti prenderti una pausa?” Royce guardava nel vuoto mentre era al telefono con la collega. “Forse… forse hai ragione. Non lo so, devo pensarci.” Lei continuava a parlargli, cercando di convincerlo: “Dai riposati, altrimenti non potrai mai farlo. Il capo non ti ha mai chiesto di lavorare anche durante il fine settimana e le ferie, per cui non hai motivo di comportarti così.” Royce era nervoso all’idea di una giornata libera senza lavorare. Alla fine, decide di mettere a posto il telefono, salutando la sua cara collega che tanto si preoccupa per lui.

Continuava a guardare il documentario sui vampiri, nel canale dedicato ai film dell’orrore. Paradossalmente, a lui dei film di paura e libri sull’orrore, non importava un fico secco. Ma se lo stava comunque guardando, informandosi, come ogni fine settimana faceva, su cosa e come fossero le creature che venivano chiamate vampiri. Voleva studiarli, voleva capire come fronteggiarli nel caso ne avrebbe incontrato uno. Non perché fosse un cacciatore di vampiri o altro, anche perché sapeva benissimo che nella società moderna sarebbe impossibile riuscire a trovarne uno se mai esistevano. Avrebbero invocato paura. La curiosità nasceva dal fatto che, un mese fa, il suo capo reparto dell’agenzia gli aveva chiaramente detto che avrebbe dovuto trasferirsi in Transilvania. “Per il bene dell’agenzia!” Gli aveva detto il suo capo. “I nostri profitti aumentano di giorno in giorno, ma adesso faccio questa cosa per puro sfizio. Voglio superare qualsiasi agenzia di viaggio del mondo, ma per farlo, dovrai trasferirti in Romania, nella nazione dove non ammettono ancora viaggi esteri all’interno del loro territorio. Ciò che faremo quindi, sarà operare direttamente all’interno del loro territorio nazionale. In pratica è come se andassimo là e dicessimo ‘ehi, vogliamo aprire una agenzia di viaggi per i Romeni così che possano viaggiare in comodo dove vogliano, pensiamo noi a tutto’ un po’ strano considerando che fanno parte dell’Unione Europea, vero? Hanno una politica tutta loro, però! Come fossero uno stato indipendente. A quanto sembra non hanno i soldi per instituirne una e chi vive là non è economicamente adatto per viaggiare in proprio. Ed è proprio a causa di questo che non dispongono di agenzie di viaggi e i cittadini non viaggiano molto. Noi cambieremo le carte in tavola! Faremo in modo di organizzare viaggi a bassissimo costo. E lo farai tu, Royce Rollster! Promuovi la All ‘round the World in Transilvania!” E, dato che la Transilvania è nota, almeno nella letteratura, per essere stata la casa del noto Conte Dracula, Royce non ha potuto fare a meno di informarsi. Di informarsi se era realtà o finzione. Uno direbbe che è ovvio che sia una storia di finzione, ma Royce… Royce era anche superstizioso.

E così da Providence, fino a Londra, perché non c’era un volo diretto per la Transilvania di Romania, Royce era arrivato nella capitale Romena. Una fatiscente località che le opere di Stoker avevano suggestionato Royce, trasformando la finzione in realtà. E questo faceva non poca paura al nostro promoter statunitense di agenzie di viaggi. Sebbene ogni angolo e strada della zona fossero ben popolati, Royce non poteva fare a meno di dipingere la cittadina come oscura, con edifici decadenti e strade mal costruite. Era evidente che la città lo metteva a disagio visto che era abituato a tutt’altra estetica. New York, Boston e Providence lo avevano abituato a strade perfettamente asfaltate, edifici di media altezza e piazze di centro città ben arredate e costruite. Viaggiando fino alla Transilvania il cambio di paesaggio è stato particolare e quasi traumatico, visto che dal ventunesimo secolo era stato catapultato indietro al sedicesimo secolo. E tutto sarebbe stato anche piuttosto normale, se non fosse stato per, appunto, i romanzi sui vampiri che avevano reso Royce molto più timoroso di quanto non avrebbe dovuto essere. Aveva cercato ad ogni modo di accantonare queste storie di fantasia, perché sapeva che della banalissima ansia sarebbe stata inopportuna e controproducente nel suo lavoro.

Soprattutto considerando che lui stesso era un vampiro e doveva saperne molte più lui di chiunque altro. Ma era schizzinoso, non gli piaceva bere sangue e gli faceva schifo vedere come gli umani diversi da lui descrivevano i vampiri per soddisfare quella sete. Preferiva infatti rivolgersi alle farmacie o chi per lui, per delle sacche di sangue, così da poterle bere da un bicchiere piuttosto che andare rozzamente a succhiarlo dai colli degli umani. Oltretutto, a lui non piaceva uccidere, gli provocava repulsione e si sarebbe sentito in colpa. Effettivamente era già tanto se si metteva bere sangue, l’idea non gli piaceva visto che nessuno tranne lui lo faceva. Ma in qualche modo era attratto dal gusto che il sangue gli provocava all’interno della bocca, sul palato. E soprattutto quell’inestinguibile sete non svaniva, ogni tanto ne aveva un estremo bisogno… O sarebbe impazzito. Che lui sappia non è nato così, ma una mattina si è svegliato come normalmente faceva, e si era accorto di avere due minuscoli buchi sul collo. Uscito fuori casa, si era anche accorto che il sole gli bruciava la pelle. I primi giorni aveva provato a sopportarlo, ma dopo un po’ era diventato decisamente troppo, di conseguenza aveva chiesto qualche giorno di malattia per pensare ad un modo per rimediare. Una maschera di crema bianca per il viso aveva fatto sì che potesse reggere giusto il tempo di uscire di casa e raggiungere gli uffici. E aveva funzionato. Da allora continua a fare così e i risultati sono un viso meravigliosamente liscio ed una barba che non cresce quasi mai, della serie, non tutti i mali vengono per nuocere. E non assomigliava nemmeno ad una donna visti i lineamenti sul volto che gli donavano vigore e un’aria da uomo duro e maturo, con capelli che spesso si pettinava e teneva col gel all’indietro. Questo look faceva in modo che anche se in ufficio era un semplice dipendente, tutte le donne gli andavano dietro, acquisendo l’aria da capo ufficio. E rendeva molto bene anche nelle vendite, visto che gli uomini gli portavano un rispetto tale che anche se raccontava cavolate, questi lo ascoltavano. Detta così, sembra che Royce volesse truffare le persone, ma non era così. Puo’ essere che magari il fatto di essere circondato costantemente da donne poteva apparire come una pessima persona, ma prima di tutto gli piaceva offrire alle persone viaggi da sogno a prezzi vantaggiosi. L’essere un donnaiolo era solo una conseguenza di molti soldi e una gran bella parlantina, circondato da un appartamento di lusso e con auto sportive parcheggiate nel garage.

Ed era questa la persona che parlava al telefono con la sua collega, mentre guardava lo pseudo documentario sui vampiri. L’unica differenza giunti a questo punto, era l’ambiente in cui si trovava. Un fatiscente castello costruito sulla cima di un dirupo che dava sulla costa. L’ingresso era costituito di un cancello nero ed un viale contornato da piante decadenti. Il viale si collegava poi ad una grande strada di ciottoli che portava al centro cittadino della Transilvania. Le serate intrise di alcol e belle donne già mancavano a Royce, ed erano passati pochissimi giorni da quando si era trasferito là. L’aspetto ingannava in ogni caso, perché “magari non potrebbe essere così diverso dall’America” pensava. Dopotutto, tra una cosa e l’altra, non aveva ancora finito di sistemare le proprie cose in quella dimora da Conte Dracula in cui si ritrovava a vivere. Doveva solo riuscire ad adattarsi e magari le cose funzionavano come era in America. Era sera, e come minimo invitava due ragazze in casa propria, offriva loro da bere e stava tutto il tempo con loro mezze nude a coccolarle. Oppure se ne andava al pub dietro l’angolo, a spassarsela coi propri amici e colleghi. Stavolta no, era diverso.

Era appena arrivato, doveva ancora sistemarsi, e doveva ancora fare richiesta per aprire l’agenzia di viaggi per conto di All ‘round the world. Doveva ancora fare un sacco di cose, incluso svagarsi un po’. Come se non bastasse, cominciava a sentire sete, sete sanguigna, era andato quindi nella parte della casa dove aveva sistemato tutte le sue scatole. In pratica, entrati nell’atrio del castello che Royce aveva trasformato in un salotto, c’erano due rampe di scale rispettivamente a sinistra e a destra che permettevano di salire alla barcata superiore. Al centro di queste, ai loro piedi, si trovava un muro che nascondeva una porta. Era in quella stanza che aveva temporaneamente sistemato tutte le scatole in attesa che venissero smistate. Royce si era dato un massimo di un anno per riuscire a promuovere l’agenzia e ad aprirla in Transilvania, e nel frattempo, doveva pur vivere comodamente, no? Si era anche portato una notevole scorta di sacche di sangue, ma qualcosa diceva a Royce che non sarebbe stato abbastanza, di conseguenza sarebbe dovuto andare anche da un medico e farsi prescrivere tante, tante sacche di sangue al mese. Cercando tra le innumerevoli scatole, aveva raggiunto quella che conteneva la bellezza di cinquanta sacche di sangue. Royce riusciva a berne solo tre alla settimana, quindi se la cavava con più o meno dieci sacche al mese, ma non sarebbero bastate per tutto l’anno se erano soltanto cinquanta sacche. Gliene mancavano più della metà se voleva sopravvivere. O andava quindi da un medico per farsele prescrivere fingendosi anemico, oppure… avrebbe cominciato a succhiare sangue da povere vittime innocenti. Ma no, a lui faceva schifo e si sarebbe sentito male ferire qualcuno che non conosceva. Ma anche chi conosceva, eh. Alla fine aveva preso, con una certa frenesia, una sacca di sangue, con cui era andato al piano bar, che si era allestito di proposito. Il piano bar era sulla barcata superiore del castello, rispetto al salotto. Per la precisione in cima alle due rampe di scale, al centro, su di un balconcino che dava una vista panoramica dall’alto del salotto. Quel castello in cui aveva messo dimora era composto perlopiù da pietre e ciottoli, una muratura degna dell’epoca medioevale. Per non parlare delle finestre grandi, più lunghe che larghe, piene di decorazioni colorate, ricordando la facciata di una chiesa. Il bar aveva cercato di renderlo il più moderno possibile, se ne era portato uno dal vetro nero sfumato dal basso verso l’alto fino a divenire completamente trasparente. Saliva le scale verso il piano bar con la sua sacca, quindi raggiunto il bancone aveva aperto la porticina in basso del bancone. Da lì aveva preso in mano un boccale con cui solitamente riempiva di birra o altra brodaglia a seconda dei casi. Ritornava in salotto scendendo le scale, si era messo a sedere sul divano, davanti alla TV, col suo boccale ricolmo di sang-- Arancia rossa, con del ghiaccio. Che beveva con la cannuccia.

Finito il cocktail di sangue, Royce si era messo a navigare col cellulare su Google Maps alla ricerca di altre agenzie di viaggi, e la cosa era confermata: Transilvania e in tutta la Romania non c’era un straccio di agenzie di viaggi. Intanto aveva ricevuto un messaggio da una sua amica, a cui aveva prontamente risposto:
- Royce!!! Che stai facendo di bello??
- Sono in viaggio bellissima, tornerò tra un annetto.
- Oh, mio Dio, ma davvero? Peccato
- Non preoccuparti sto bene, ci vediamo!
 
Qualche minuto dopo gli era arrivato un altro messaggio ancora, e da una altra sua amica:
- Ho un problema.
- Ehi dolcezza! Dimmi tutto
- Mi sento strana, non è che per caso ci era rotto il preservativo, qualche settimana fa?
- Ero lucidissimo, non ti succederà nulla!
- Lo spero per te, altrimenti ti ritroverai la sorpresina, e non sarà piacievole.


Continuerà? Sinceramente non lo so, ma spero sia piaciuto questo pezzo! 

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Capitolo 2
*** L'Ospedale ***


Finito il cocktail di sangue, Royce si era messo a navigare col cellulare su Google Maps alla ricerca di altre agenzie di viaggi, e la cosa era confermata: in Transilvania ed in tutta la Romania non c’era un straccio di agenzie di viaggi. Intanto aveva ricevuto un messaggio da una sua amica, a cui aveva prontamente risposto.
  • Royce!!! Che stai facendo di bello??
  • Sono in viaggio bellissima, tornerò tra un annetto.
  • Oh mio Dio ma davvero? Peccato
  • Non preoccuparti sto bene, ci vediamo!
  • Già te ne vai? già mi manchi!! :(
 
Qualche minuto dopo gli era arrivato un altro messaggio ancora, e da un’altra sua amica:
  • Ho un problema.
  • Ehi dolcezza! Dimmi tutto
  • Mi sento strana, non è che per caso si era rotto il preservativo, qualche settimana fa?
  • Ero lucidissimo, non ti succederà nulla!
  • Lo spero per te, altrimenti ti ritroverai la sorpresina.
Royce aveva riso leggendo l’ultima risposta. Il suo dopotutto era un auto controllo non soltanto per il sangue, ma anche per il sesso. Sapeva perfettamente come controllarlo, se uscire o rimanere dentro all’eventualità. Ed in ogni caso, andava a periodi. Ci sono settimane in cui lo faceva a volontà, così tanto che prima di arrivare a destinazione, ci volevano minuti e minuti. A volte, non ci arrivava proprio a destinazione, e quando era quello il caso, nonostante si sentisse eccitato, non ce la faceva proprio, e finiva per sbattere la partner facendole provare piacere per oltre un’ora. Ci sono anche casi in cui non era per niente eccitato, ma riusciva comunque a farlo drizzare. Era capace di reindirizzare il sangue verso il membro a comando. Finito il drink, Royce si era preparato per andare a dormire, mettendosi un pigiama piuttosto curato. Cominciava a fare freddo, di conseguenza indossava una maglia a maniche lunghe di lana dal colore beige, non troppo imbottita perché in ogni caso aveva delle coperte su cui mettersi sotto. Stessa cosa per i pantaloni, in tinta con la maglia ma con delle striature nere. Il letto si intonava col suo essere vampiro, difatti si cominciava dalle lenzuola di un marrone più scuro, arrivavano a metà con delle coperte nere, ed infine delle decorazioni tribali rosse.
 
 Era Lunedì mattina, e Royce si era alzato alle cinque in punto. Sapeva essere molto puntuale agli appuntamenti, ma questo era un caso particolare, perché si trattava di farsi ricevere da un medico per la prima volta. Sapeva anche che la sanità pubblica in Romania era la più efficiente che ci potesse essere paradossalmente a quella privata che invece era praticamente assente. Royce si sentiva a suo agio negli ospedali ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di schifarsene. Principalmente perché sapeva di andare in contro ad un’aria intrisa di batteri che potevano farlo ammalare, con tutta quella gente che starnutiva o tossiva. Era per questo che avrebbe preferito andare da un privato, ma sapendo il buon servizio della SST Romena, un tentativo era da fare. Il Serviciul de Sănătate din Huedin vantava diverse strutture tappezzate in tutta la città, anche più rispetto a quanto Royce si aspettava. Il sistema sanitario Americano era tutto un altro paio di maniche, sebbene i servizi sanitari degli Stati Uniti fossero aperti al pubblico, era comunque necessario pagare i medici per la prestazione attribuita. E non era comunque più avanzata di quella Romena. Data la scarsa economia che girava nello stato Romeno, Royce si domandava come era possibile quindi che la sanità pubblica fosse così… tecnicamente avanzata ed efficiente. Aveva appena preso un numero per mettersi in fila con una coda di dieci persone davanti a sé, per fare l’accettazione e quindi farsi ricevere dal medico. Ed il tutto, senza pagare niente. Era una cosa che Royce aveva apprezzato particolarmente malgrado avrebbe potuto benissimo sostenere la spesa con tutti i soldi che aveva. La struttura ospedaliera era costruita perlopiù da muri di vetro e alcune parti che la sostenevano in metallo e ferro, organizzate così bene da dare l’impressione di un edificio futuristico e minimalista. Poche decorazioni, ma ben fatte e studiate. L’accettazione era composta da un grande bancone a cerchio verde acqua al centro di un grande atrio che portava a diverse direzioni e corridoi. Il pavimento che circondava il cerchio era un anello di vetro. Dietro il bancone rotondo e all’interno di questo, vi si trovavano cinque infermiere che si occupavano di scritturare i documenti dei pazienti e registrarli all’interno dei server dell’ospedale. Ognuna possedeva una postazione numerata, dalla quale andare in base al proprio biglietto. Royce le stava contemplando tutte, partendo dalla sua estrema sinistra, seduto davanti a loro tra le numerose poltroncine d’aspetto. La prima era molto giovane, ben truccata con un eyeliner nero che le passava contornando gli occhi, ed un fondo tinta rossiccio. Il viso era uno di quelli che ti bastava guardarlo per farti rilassare, o… indurire, col naso piccino, una bocca altrettanto piccola, degli occhioni grandi dall’iride verde ed un taglio di capelli a caschetto. Le altre erano dalla quarantina in poi, ma a Royce non gli interessavano, preferiva quelle giovani. Lui era altrettanto giovane ovviamente, ma soltanto con l’aspetto fisico…
“Roooyce--- Rollllste?” Il vampiro stava detestando come l’infermiera che lo aveva chiamato, proprio la più anziana, pronunciava il suo nome. Con enorme delusione che il suo biglietto non coincidesse con l’infermiera più giovane, si era avviato da quella che lo aveva chiamato. “Americcano?” Gli aveva gentilmente domandato l’infermiera col suo inglese meccanico. “Sì, sono Americano.” Royce le aveva passato il proprio documento con il foglio dell’appuntamento col medico. Dopo qualche minuto di scansione del foglio di codici a barre, e qualche digitazione sulla tastiera di un PC che Royce non riusciva a vedere perché troppo dentro al bancone rispetto a lui, l’infermiera gli aveva dato via libera. “Aspetta, ma dove devo andare?” Le aveva chiesto Royce, essendo la prima volta non aveva la più pallida idea di dove il suo futuro medico fosse. L’infermiera alla fine gli aveva risposto come poteva, col poco inglese che sapeva. “Tu andare al piano quattro di ospedale qui, il nome è MALATTIE SANGUE” Royce ci era rimasto di stucco, perché del nome non aveva capito niente e le scritte sulle insegne dell’ospedale erano tutte in Romeno. Armandosi di pazienza, si era incamminato verso l’ascensore che si trovava dal lato opposto dell’atrio dove lui si trovava, passando per tutto il perimetro del grande e largo bancone tondo. Il vampiro americano pensava che se avrebbe voluto cominciare a promuovere la propria agenzia di voli, sarebbe stato necessario imparare il Romeno, o assumere una persona che sapesse già entrambe le lingue. I pulsanti dell’ascensore era tattili, gli era bastato passare il dito sopra quello per richiamarlo che questo si era illuminato.

L’interno dell’ascensore era illuminato sotto ai piedi, più che altro ai bordi del quadrato, anche questo era fatto in vetro, ma non si vedeva niente sotto perché dietro al vetro c’erano delle mattonelle decorate da striature in rilievo dal colore nero. Le pareti avevano le stesse striature in rilievo, come colline nere che si rialzano dalla pianura, dalle rientranze in basso nascoste dalle striature, cercava di farsi largo della luce soffusa. Royce stava per andare al quarto piano. Uscito dall’ascensore, il corridoio che lo aspettava era in linea con i colori dell’atrio. Abbiamo quindi un bianco onnipresente e un verde acqua per le insegne. Il vampiro stava cominciando ad attirare l’attenzione dei presenti nel corridoio, probabilmente a causa della sua chiarissima carnagione. C’era una persona su di una sedia a rotelle ed una flebo attaccata al braccio, qualche infermiera e diverse persone ad aspettare di entrare dal medico. Un’infermiera lo aveva approcciato, parlandogli in una lingua che Royce non capiva. “Io non capire!” Le aveva detto disperato, l’infermiera si era subito scusata e corretta. “Oooh! Tu inglese, me si scusa… tu bisogno aiuto? Non hai buono aspetto.” Royce pensava che è ovvio che sembra di non avere un bell’aspetto con quella pelle bianca che si ritrovava. “Anemico, anemia, capisce?” Le aveva domandato. L’infermiera lo guardava strano, come se non avesse capito quel che il vampiro le aveva detto. Royce ripeteva. “A-N-E-M-I-A.” Ma niente. All’infermiera era però venuta un’idea, e se ne era scappata via per questo. Ma non per chissà cosa, qualche minuto dopo la tipa se ne era tornata indietro con un’altra donna. “Mi dica pure.” Oltre ad essere bella d’aspetto, Royce si era sorpreso dell’inglese perfetto che l’infermiera Romena aveva sfoggiato. “Oh, finalmente. Senta, devo incontrare un certo Constantin Drahulen.” Le aveva detto Royce, leggendo il nome dal foglio che aveva in mano. “Prego, mi segua.”

Il caro vampiro aveva appena letto un nome che non gli pareva affatto familiare, ma avrebbe dovuto. Ingenuità o semplicemente aveva voglia di concludere subito la cosa? Royce quindi si era messo a seguire l’infermiera che, superando di porta in porta le varie camere dei pazienti, avevano raggiunto l’ufficio di Constantin Drahulen. La porta aveva affisso una bella targa dorata col nome per esteso come per trasmettere agli altri della propria importante posizione. Royce aveva appena aperto la porta e ciò che si era ritrovato davanti era… un normalissimo ufficio di un dottore. Un curatissimo dottore. L’infermiera farfugliava qualcosa in lingua romena al dottore, mentre salutava Royce prima di andarsene. Royce camminava con passo timido quasi non volersi sedere, si sentiva osservato da Drahulen che inizialmente gli aveva passato un’occhiataccia, come per dire “Ho scoperto già chi sei, ho sentito la tua sete di sangue vampirica già da fuori l’ufficio.” Che a proposito, l’ufficio di Constantin era molto spazioso, ai lati vi si trovavano librerie piene di libri che pareva di essere in una biblioteca, poi le linee dell’ingresso convergevano al centro dando importanza alla scrivania appostata su di un piano rialzato. “Prego, accomodati. Tranquillo, conosco i tipi come te. Anemico, vero? No, no, non c’è nemmeno bisogno che legga le carte. Scommetto che soffri anche di tachicardia.” Il già poco calmo cuore di Royce aveva cominciato a fare la maratona dei duecento battiti al minuto dopo che si era fermato un secondo a causa di un’emozione fin troppo forte per poter essere contenuta. “Dio! Mica mi avrà già scoperto? E perché è così bianco in faccia, pure lui? Dio!” Pensava Royce, avvicinandosi con un passo ancora più lento di prima alla poltrona che aveva a qualche metro più in là. “Lei deve essere veramente un bravo dottore…” Gli aveva risposto Royce con voce tremolante. Costantin cercava di restare modesto ma non ci riusciva. Mentre parlava agitava la mano su e giù con fare effemminato. “Scommetto anche che hai bisogno di qualche sacca di sangue, vero? Dai, ammettilo. Non sono niente male, eh?” Una volta raggiunta inevitabilmente la poltrona davanti alla scrivania del dottore, si guardavano occhio per occhio. Royce era ormai disperato. “Tu… tu…” Constantin Drahulen gli aveva messo una mano sulla sua spalla. Aveva ormai rotto il ghiaccio. “Ogni giorno ti svegli con una sete da paura. Non puoi saziarla senza far del male a qualcuno, ma tu sei quel tipo che diamine non farei del male ad una mosca! E quindi vieni qui, ti fingi anemico, la tachicardia ti accompagna tutti i giorni come ogni vampiro si rispetti, e supplichi sacche di sangue.”

Royce si era abbandonato allo schienale della comoda poltrona, con la testa abbassata all’indietro ed il naso all’insù. “Sei un vampiro pure tu, eh?” Dice Royce, rassegnato. “No, io li caccio, i vampiri.” Aveva risposto Constantin con un tono severo. Ma poi si era abbandonato ad una sonora risata, lasciando Royce spiazzato. “Sto scherzando, ma ti pare? Cioè vuoi dirmi che non mi hai avvertito pure tu col il mio battito accelerato?” Ritornato serio, Constantin riprendendo il ruolo di dottore, cominciava a parlargli con professionalità, brandendo una penna e afferrando un foglio che aveva preso dalla risma che aveva fatto svolazzare per poi buttarlo sulla scrivania. “Dunque, per la tua anemia ti prescrivo cinquanta sacche di sangue di tipo AB0 mentre per la tachicardia di cui ho già fatto un esame…” Constantin stava indicando l’elettrocardiogramma che aveva dietro di sé facendo l’occhiolino a Royce. “…di tipo sinusale, ogni giorno una pillolina di alcuni diversi betabloccanti che ti aiutano a rallentare quel cuore così vigoroso e bisognoso di sangue.” Non appena aveva finito di scrivere, Royce si era preso il foglio che prontamente ha letto. “Polilolo?” Constantin aveva risposto alla domanda di Royce facendogli l’occhiolino in maniera costante. “Un farmaco sperimentale fratello, vuoi mettere prendere una pillola sola che contenga tutto ciò che ti serve anziché prenderne più di una con ognuna che ha soltanto una delle medicine di cui hai bisogno? Fatta da fratelli di sangue per i fratelli di sangue.” Royce si sentiva soddisfatto. Finalmente aveva trovato quel che cercava. Ma aveva anche fatto una scoperta interessante: non soltanto il dottore e capo responsabile del reparto cardiologico era un vampiro, ma ci sono molti altri vampiri in circolazione che praticavano scienza medica e coi suoi stessi problemi. Il dottore non poteva fare a meno di domandare, analizzando Royce da capo a piedi. “Quindi, da quanto lo sei diventato?” Il vampiretto era ormai rilassato e stava pian piano snocciolandosi. “Avevo 27 anni… 3 anni fa.” Royce ricordava alla perfezione il momento in cui quella mattina si era svegliato ritrovandosi quei due minuscoli fori nella pelle del collo. Il dottore era molto curioso del suo passato, ma anche del suo presente. “Oooh, ma sei molto giovane! E cosa fai nella vita, se posso chiedere?”
“Sono un promoter, lavoro per conto di un’agenzia di viaggi, è da poco che sono qua.” Diceva Royce fiero del lavoro che faceva. “Mica male, effettivamente ci vorrebbe un’agenzia di viaggi qui. Nessuno si muove mai, il tenore di vita è troppo basso e nessuno riesce a permetterselo. Magari chissà, la transilvania rimane un luogo affascinante, perfetta per il turismo.” Royce si trovava molto d’accordo con ciò che Constantin aveva detto. “Già, ho intenzione di spingere molto anche per il turismo immigratorio. Tu invece da quanto… lo sei diventato?.”
“Da tanto. Avevo 40 anni… 118 anni fa. Una tragedia a dire il vero, una ferita pronta a riaprirsi ogni volta che ne parlo.”
“Mi dispiace… io invece so solo che… una mattina mi sveglio e puff, non posso espormi al sole e ho sempre sete. Diamine, ti sembro dispiaciuto? No, non lo sono ma ecco, non mi importa più di tanto. L’unica cosa che considero un problema è l’interminabile sete… che non c’è modo di soddisfare senza un medico…” Constantin lo guardava mentre si parlavano, con un interesse e fascino mai provati prima. Certo, ne aveva visti tantissimi di simili a Royce, ma Constantin capiva esattamente quel che aveva, e per questo provava anche una certa compassione, ed è qui che iniziavano i discorsi seri, da vampiro, a vampiro. “Dimmi Royce, hai mai ucciso qualcuno per quella sete?” A Royce era venuta la nausea, perché il solo pensiero era sufficiente a farlo star male. “No! Non ce la farei mai. Impossibile. E poi è brutto trasformare qualcun altro in vampiro. Mi faccio persino i cocktail alla frutta mischiata ad una sacca!” Constantin a quel punto solleva un punto interrogativo. “Quindi alla fine non ti piace essere un succhia sangue…” Royce diceva di no con la testa. “Non dico che non mi piace, cioè non è nemmeno vero che mi piace, ma essere un normale umano sarebbe meglio. E non mi va che qualcun altro viva la mia stessa vita a causa mia.” Il dottore alla fine saluta Royce con una pacca sulla spalla. “Mi piaci. Non tutti sono come te, sei spinto da nobili motivazioni.” Dopodiché Royce si correggeva un po’. “In realtà mi fa semplicemente schifo, trovo deplorevole mordere il collo di una persona. In parte è anche per questo.” Constantin si era messo a ridere mentre accompagnava Royce alla porta. “Anche questa è un’ottima motivazione, ah ha ah!” Prima parevano perfetti sconosciuti, anzi, addirittura c’era un sottilissimo velo di minaccia, ma i due alla fine si sono scambiati un saluto come da amici che non si vedevano da una vita.

Fuori dall’ufficio del dottore, Royce pensava. E’ ironico che l’ospedale della Transilvania, terra natia del conte Dracula nato dalle fantasie letterarie di uno scrittore, fosse in parte gestito da un vampiro. Fa capire di come a volte le storie che si credeva fossero inventate, siano in realtà trascrizioni della realtà. Che il Conte Dracula quindi fosse davvero esistito? Sarebbe stato il caso di indagare. Ma da una parte, cosa gliene fregava di un tizio morto centoventuno anni fa? Niente, ma era pura e semplice curiosità. Ed in ogni caso, casa sua era molto simile a quella in cui Dracula viveva ma non c’è nessuna documentazione esistente in merito. E’ più corretto dire che sebbene potrebbe esser vissuto davvero anziché essere un personaggio inventato, nessuno ne ha mai parlato. Nessuno sa dell’esistenza del vampiro in sé. Tutti si nascondono. E per ovvi motivi. Probabilmente è proprio questo il motivo per cui anche se Dracula fosse esistito davvero, non c’è alcuna prova tangibile. Ciò nonostante non sorprenderebbe se la sua famiglia discendente si trovasse a vivere nei dintorni, oppure altrove nel caso si fossero spostati. D’altronde, Royce aveva appena incontrato un vampiro come lui e questo magari sarebbe stato l’inizio di tanti incontri. Piacevoli o meno, chissà. Non è detto che un vampiro debba essere per forza malvagio. Un po’ come gli umani, esisteranno i buoni e i cattivi. Ma non è questo il momento di pensare a cose del genere, l’agenzia deve aprire i battenti e cominciare a sviluppare del sano turismo in Transilvania! Questo Royce si ripeteva motivandosi, dopo essere uscito dall’ospedale ed essersi fatto consegnare le numerose sacche di sangue, tramite un carrello, dal magazzino, che ha successivamente conservato in auto, fino al ritorno a casa.

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Capitolo 3
*** Amanda ***


“…e questo è già il terzo di una catena di omicidi, con lo stesso modus operandi. A questo punto si potrebbe cominciare a parlare di un serial killer, non ti pare, Damian?” Royce stava guardando la TV in salotto con tanto di sottotitoli inglesi, mentre mangiava involtini di pasta alla carne. Se c’era una cosa che Royce sapeva fare bene, è cucinare. In effetti aveva fatto la scuola di alberghiero, dove gli avevanoinsegnato il mestiere del cuoco, ma non gli era piaciuto e preferì concentrarsi su tutt’altro ambito. Quello dell’addetto alle vendite è un mestiere che richiede anni di pratica di parlantina, ironia vuole che Royce non era il tipo che parlava molto, ma con quelle poche cose che diceva era capace di convincere chiunque. “Se questa cosa comincerà a diventare grande, potrebbe essere un problema per il turismo. O magari il contrario, la gente potrebbe venirne affascinata!” Pensava Royce davanti la TV. Il conduttore, un tipetto dalla testa pelata con occhiali dalle sottilissime cornici ma ben delineate di un intenso blu, donando gran professionalità mentre parlava. Sullo sfondo dietro di loro, avevano una città notturna piena di luci. L’intervistato doveva essere qualcuno della polizia, non molto felice di parlare in diretta forse, a giudicare dalla faccia con cui gli stava per rispondere. “Ancora non lo sappiamo con certezza, ma sì, le vittime vengono conciate nello stesso modo. Ci sono bambini che stanno guardando la TV? Insomma, i corpi sono completamente disidratati, già due autopsie hanno confermato che quasi il 95% dei liquidi del corpo sono stati tolti via… e della testa, nessuna traccia. Come se non bastasse, è stato un lavoro pulito perché le vittime sono state trovate senza… pozze intorno, come se prima venissero prosciugate dei liquidi o poi le siano staccate la testa.” Il conduttore era rimasto sorpreso, ma in positivo, era eccitato. “Come, come? Mi sta dicendo che… alle vittime, viene tolta la testa? E non l’avete trovata in nessuno dei tre casi?” Il poliziotto si stava mordendo le labbra scuotendo la testa. “No.” La platea del telegiornale ha cominciato ad animarsi, facendo domande di ogni tipo, con flash di foto che scattavano e microfoni che cominciavano a comparire alle cornici dello schermo. Il giornalista ha provato a calmarli prima di ricominciare a parlare, col sorriso e la soddisfazione di una persona che sa di aver fatto colpo con le domande giuste. “Calma, gente, calma. Un ultima domanda se posso, dopodiché mando la linea alla nuova serie tv prodotta da Abraham H.P. James. Sapete chi potrebbe essere il colpevole? Colpirà di nuovo questo serial killer? Sarà mica Dracula?” Il poliziotto non sapeva cosa dire, ma era evidente che avrebbe voluto dir qualcosa, alla fine si era ridotto dicendo “Di questo non sono autorizzato a parlare, ma sappiate che ci stiamo lavorando e i comuni sono pattugliati. State tranquilli!” Royce pensava che era ovvio che ancora non sapevano chi il colpevole fosse, con soli tre omicidi si hanno poche informazioni, specie se poi il killer è bravo a nascondere le proprie tracce. Ma amava mettersi in mostra se le vittime venivano lasciate tutte nello stesso identico stato. Si sentiva quasi colpevole di dover iniziare un’agenzia di viaggi con un tizio che uccide persone senza motivo nel posto in cui vuole che le persone vadano. Ma giunti a questo punto era ormai indeciso se partire subito oppure far passare un po’ di tempo per permettere alla polizia di svolgere le indagini e catturare il malato di mente. Con questi pensieri, Royce se ne andò a dormire.

Il mattino seguente, però, ha ben pensato di cominciare ad andare in comune per ottenere il foglio di registrazione dell’impresa. Meglio mettersi in avanti, almeno per la burocrazia. Non sapeva quali i tempi fossero in Romania ma sicuramente sapeva quanto fosse lenta in altri paesi come l’America. Si è considerato fortunato ma soprattutto previdente che quando stava in America si era già procurato un permesso di guida internazionale, non avrebbe altrimenti potuto guidare un’auto fuori dagli Stati Uniti. La coda per ottenere quel permesso fu… lunga chilometri. Un’intera mattinata agli uffici della motorizzazione, nemmeno fosse stato dal medico, per ottenere quel pezzo di foglio, e tutto per cosa? Un guasto ai server aveva messo KO tutti gli uffici e gli impiegati son dovuti ricorrere alle scatole piene di documenti fisici che non usavano più da anni. Anziché prelevare il PDF da stampare, infatti, le copie dei permessi fisiche le avevano in un magazzino a cinquanta chilometri di distanza. E i tecnici erano imbottigliati nel traffico a causa di un incidente. Quindi la fila di persone aveva formato un lungo serpente che iniziava dai banchi degli uffici, fino al parcheggio fuori il cancello dell’edificio. Ed è perciò che Royce se lo ricorda così bene. Una gran sfiga, quel giorno. Stavolta però ottenere il foglio di registrazione dell’impresa da far copiare alla camera di commercio non c’era voluto niente, e la camera di commercio non era ancora aperta, aveva quindi deciso di fermarsi in un bar per prendere un cappuccino visto che era da quelle parti. Il centro di Pujla, sebbene poco popolato e abbastanza lontano da Huedin, era ben rifornito di servizi e realtà lavorative: bar, piccoli negozi di alimentari, una farmacia, il comune, e a qualche chilometro di distanza, la camera di commercio. L’autunno voleva che il paesaggio fosse cosparso di foglie arancioni per le strade e alberi spogli con rami spigolosi. C’era addirittura della lieve nebbia e il cielo per giunta era anche bianco ricolmo di nuvole. Viaggiando tra una via e l’altra del fatiscente centro Transilvano, Royce non era ancora riuscito a trovare un parcheggio per la sua Bentley Continental GT da ben mezz’ora. Pochi posti e tutti occupati. A malincuore, gli è toccato lasciarla davanti a tre auto correttamente parcheggiate, a cinque minuti dal bar in cui voleva andare, dietro ad un distributore di benzina. Lo stesso distributore di benzina, vendeva auto usate, e probabilmente il parcheggio, un’area di una cinquantina di metri per trenta, doveva essere proprio il loro. Valicando la soglia del bar, in cui stava apprezzando l’aroma di caffè e cappuccino che aleggiava nell’aria, non ha potuto fare a meno di ammirare una ragazza che sedeva al banco su di uno sgabello. Nel posto c’era anche molta altra gente a gustare del buon caffellatte mattiniero, ma lei in particolare risaltava come un’eclissi di sole a mezzogiorno. Ed era seduta di spalle.

Con calma, Royce aveva aperto Google Traduttore e memorizzato alcune frasi per poterle pronunciare, quindi si era seduto davanti al bancone dove il barista stava lavorando ed esattamente accanto alla ragazza. Indossava una felpa nera col cappuccio sulla testa, i suoi pantaloni erano dei jeans molto sgualciti, con dei fori che lasciavano scoperte le ginocchia. “Buongiorno.” L’aveva salutata, con la sua lingua Romena alquanto improvvisata ad un livello bambinesco, guardandola con un candido sorriso. Ma per lei Royce era come un fantasma. “Ha già fatto colazione? Le offro qualcosa?” La ragazza stava ridendo, poi ha iniziato a parlare, in inglese. “Mi approcci con spavalderia in una lingua non tua ed un tono che dovrebbe essere seducente, e poi mi dai del lei? Ma chi cazzo sei scusa ha ah hah!” Royce era rimasto spiazzato, e all’improvviso lo prende per mano, trascinandolo in bagno con una notevole forza che Royce da una ragazza non si sarebbe mai aspettato. La ragazza aveva sbattuto la porta per chiuderla con una certa fretta e violenza, poi ha iniziato a parlargli, tenendo l'indice sulle labbra di Royce come per dirgli di stare zitto. “Chi diavolo ti ha mandato? E come puoi non sapere la lingua del posto? Chi cazzo sei?” Royce cercava di parlare, provando a muovere le labbra socchiuse dal dito della ragazza, ma quest’ultima non glielo permetteva. “No, no, no, non dire niente. Sei della loro stessa eleganza, ma americano. Sei anche troppo ingenuo per venire qua in pieno giorno.” Royce aveva cominciato a farsi qualche domanda, domande che era assolutamente necessario che le porgesse, quindi si era tolto il dito della ragazza dalla bocca, per poi parlare con calma e classe. “Deve esserci stato un malinteso… E poi cosa vuoi dire che sono troppo ingenuo per venire qua di giorno? Chi sei tu?” Aveva detto, enfatizzando il “tu” finale. “Vedo anche che sei molto stupido. Non hai ancora imparato a capire chi hai davanti.” Gli dice lei. “Dipende in che senso lo stai dicendo…” Si difendeva Royce, ma aveva già intuito di cosa stavano per parlare. “Devi essere un vampiro neonato, oppure non ne avevi ancora incontrato nessuno di simile a te, vero o no?” Diceva scocciata ma allo stesso tempo con una gran soddisfazione di aver capito all’istante chi Royce era. “Ehm, beh sì, diciamo che sei il secondo vampiro che vedo di persona.” Le aveva risposto. “Allora no, non puo’ averti mandato nessuno… che cazzo, mi sono allarmata per nulla.” La ragazza stava per andarsene lasciando il vampiretto da solo, ma aveva incuriosito Royce così tanto che non poteva fare a meno di chiederle tante cose. “Ma mandato chi?!” Vedendo che se ne stava andando via ignorandolo completamente, il vampiro l’aveva presa per le braccia con la forza, aveva chiuso la porta di nuovo e l’aveva sbattuta al muro. Un intenso sguardo reciproco stava avvenendo tra i due, ognuno guardava nel profondo dell’animo dell’altro attraverso gli occhi marron dorati di lui e quelli di ghiaccio di lei. La presa di Royce diminuiva pian piano, divenendo una dolce carezza per mano su le due braccia della ragazza. “Quale è il tuo nome?” Le aveva chiesto Royce. I due si conoscevano a mala pena, eppure il vampiretto sentiva di potersi fidare di lei e voleva parlarle di tutto ciò che riguardava essere dei succhia sangue in maniera più personale. Il dottore era fin troppo minaccioso. “Amanda.” Gli aveva risposto lei, con fare svogliato. “Amanda… ti sta cercando qualcuno? Chi? Perché?” La vampira aveva ricominciato a ridere, con la testa bassa davanti a Royce. “Ci siamo appena conosciuti e già parti con domande simili? Che sfacciato…” Gli aveva detto. “Hai ragione, hai ragione ma… ecco, okay che non sei la prima che vedo, ma sei la prima con cui sento di poter parlare in modo più aperto.” Amanda lo guardava con occhi folli, quasi volesse ridere non con lui, ma di lui. “Ah, sì? E dimmi, signor…” Il vampiretto era talmente in preda della conversazione da essersi scordato di presentarsi. “Perdonami che sbadato, il mio nome è Royce Rollster.” “Royce, dimmi, e se io fossi che so, un capo setta, o un personaggio di rilievo? Dimmi, se fossi potente quanto certi vampiri in circolazione, potrei farti a pezzi. Come potresti fidarti di un vampiro appena conosciuto?” Royce aveva spostato lo sguardo da una parte per pensare, Amanda aveva ragione. “Touché. Tuttavia, non ho scelta. Anche volendo, non saprei dove andare a cercare altri vampiri. Vi nascondete tutti alla luce del sole, dentro un castello, od una cripta.” Amanda guardava Royce con rabbia, stringendo i pugni. “A che scopo voler incontrare altri vampiri, Royce? Spocchiosi, ricchi, esageratamente eleganti. Non ti perdi proprio nulla.” Si era fermata all’improvviso come volendosi prendere una pausa per tutto il rancore che evidentemente provava nei confronti di qualcuno, o dei vampiri in generale. “Sei un vampiro tu stessa, Amanda. Perché provare così tanta rabbia?” Le aveva domandato Royce, con un tono di voce calmo e candido. “Certi umani odiano gli altri umani, dove sta la differenza? Non amo i loro modi di fare così regali, le loro cerimonie, mi sento come avere delle catene ai piedi. Ma mi trasmettono questa sensazione, capisci? Potrei strappar loro le budella, ma prima si offenderebbero e poi… poi ti danno la caccia.” Royce le sorrideva, finalmente stava cominciando a rivelare qualcosa. “Ti stanno dando la caccia, Amanda? Perché sei scappata?” Improvvisamente alla porta del bagno avevano battuto due colpi, poi un uomo dalla voce rauca aveva cominciato a lamentarsi urlando qualcosa che Royce non riusciva a capire. Amanda si era tolta dalla docile morsa di Royce, il vampiretto con un briciolo di amarezza, l’aveva lasciata andare. “Non attiriamo troppo l’attenzione. Ho visto la tua macchina, quando posso, ci incontreremo di nuovo. Tu vivi la tua vita come stavi facendo prima, non preoccuparti per me.”

Royce, rimasto solo nel bagno, uscì fuori e andandosi a sedere ad un tavolo all’angolo del locale, chiamò la cameriera, per ordinare qualcosa. Mentre la cameriera stava per arrivare al tavolo, Royce si era preparato il telefono con Google Traduttore già aperto, in modo da comunicare subito nella loro lingua nel caso la cameriera non avesse saputo l’inglese. “Mi dica!” Aveva esclamato la cameriera. Royce ne era restato sorpreso. “Parli la mia lingua?” Le domandava. “Poco poco, ma felice di servire te. Ho sentito parlare te e tua amica bagno in inglese.” Il vampiretto non ci aveva fatto caso inizialmente ma poi aveva realizzato: la tipa poteva sapere. Royce deve esser restato imbambolato con lo sguardo nel vuoto per qualche secondo, perché la cameriera, allegra e senza che sapesse nulla, ha incoraggiato Royce affinché potesse prendere le sue ordinazioni. “Signore? Voleva qualcosa?” Aveva alla fine deciso di dar poco peso alla cosa vista la nonchalance della cameriera. “Sì, sì, uuuhh… Un cappuccino e una brioche per favore…” Il poveretto che aveva bussato alla porta del bagno, vestito di giacca in jeans, pantaloni cargo neri, barba cresciuta mal colta e testa pelata, era finalmente entrato in bagno. A Royce non restava altro che aspettare che la cameriera gli portasse la colazione, mentre non gli rimaneva altro che osservare Amanda nella sua uscita dal bar, scomparendo per le strade del centro. Intanto aveva tirato fuori il suo PC portatile dalla valigetta, che una volta acceso, era andato a visitare il sito della camera di commercio per registrare il foglio che si era procurato. Tutto rigorosamente con Google Traduttore. Royce pensava di dover assolutamente trovarsi un procacciatore di affari in seconda a lui del posto e che sapesse l’inglese. Quasi cominciava a sbuffare, ma non voleva perdersi d’animo, tutto questo dopotutto è la normalità!

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