20 anni dopo

di Crystal Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro col destino ***
Capitolo 2: *** New Adventure ***
Capitolo 3: *** L'inizio del viaggio ***
Capitolo 4: *** Il posto di ogni cosa ***
Capitolo 5: *** La nave ristorante ***
Capitolo 6: *** L'isola degli spadaccini ***
Capitolo 7: *** Il tatuaggio ***
Capitolo 8: *** Il Pirata Folle ***
Capitolo 9: *** L'isola delle erbe ***



Capitolo 1
*** Incontro col destino ***


Ciao, mi chiamo William, ma voi potete chiamarmi Will, sono un ricercatore ed uno scrittore, uno tra i più brillanti della mia generazione e forse anche della mia intera epoca e volevo raccontarvi la mia storia... in realtà non è neanche la mia storia, è la storia di una ragazza che un giorno è piombata nella mia vita facendomela a pezzi. Ma cominciamo dall’inizio.
 
Sono nato durante la guerra dei vertici, un pessimo momento storico per venire al mondo! Nascere in un simile contesto non può non avere delle ripercussioni sulla tua vita, credetemi! Era ovvio che avessi dovuto fare della mia vita qualcosa di grandioso, il problema è che non ero proprio tagliato per la pirateria e per quanto riguarda la Marina, bhè non ero tagliato neanche per quello. La vita avventurosa per mare, il duro allenamento, i pericoli, il rischiare la pelle, non facevano per me, nossignore. E come poteva mai fare un ragazzo qualunque, in un mondo simile, a diventare qualcuno, ad ottenere ciò che voleva e vivere in un meraviglioso palazzo circondato da donne? Ovvio, doveva farsi venire un’idea!
 
E quale idea migliore per realizzare qualcosa di colossale, se non riuscire in un’impresa mai tentata prima e condurre delle ricerche per realizzare la più grande opera mai scritta prima? Immaginate un libro in cui sia possibile trovare un elenco di tutti i frutti del diavolo conosciuti, dai più comuni ai più rari con una accurata descrizione dei loro poteri, dei modi per attivarli e usarli, una dettagliata lista di tutti i loro possessori nella storia e delle particolarità da loro scoperte e infine, la loro esatta ubicazione nel mondo. Voi cosa ne pensereste? Ovviamente che sia impossibile da realizzare ma io vi dico che vi sbagliate, perché all’età di appena 22 anni riuscì a completare questa mastodontica opera che mi avrebbe reso immortale nonché il più giovane esperto di frutti del diavolo. E cosa si poteva fare con un ragazzo così se non premiarlo e conferirgli fama e ricchezza eterne?
 
La mia vita era perfetta, avevo 22 anni, vivevo in una casa bellissima, ero un ragazzo molto attraente, alto con un bel fisico, capelli e occhi castani ed un pizzetto che faceva impazzire le signore, avevo una brillante carriera davanti e tutti i giornali riportavano articoli su di me e sull’uscita del mio libro sui segreti dei frutti del diavolo. Gioventù, bellezza, soldi, fama, fortuna con le donne e vita tranquilla, ditemi, cosa potevo desiderare di più? La mia vita era fantastica e assolutamente perfetta!
 
O almeno lo fu fino a quella sera...
 
Ero uscito a far baldoria, avevo passato la serata in compagnia di tre affascinanti signorine, sebbene non riesca a ricordare i loro nomi, avevo alzato un po’ il gomito ma non ero ubriaco, insomma stavo solo festeggiando l’uscita imminente del mio capolavoro, cosa c’era di male? Tornato a casa decisi di sprofondarmi un po’ nella poltrona del salotto per rilassarmi, Dio quanto mi piaceva la mia vita!
 
Lo ammetto, avrei dovuto rendermi conto che la finestra fosse aperta ma come potevo immaginare che qualcuno potesse volercela con uno come me, insomma sono uno che va d’accordo con gli uomini e fa innamorare le donne.
 
Dicevo, me ne stavo spaparanzato in poltrona a bearmi della serata appena trascorsa e del mio successo quando sentì un rumore provenire dall’alto. Sollevai lo sguardo e la vidi, una figura nera appollaiata su una delle finestre in alto, controluce, al buio, dal momento che le fiamme del camino non riuscivano ad illuminare un punto così alto. Il mio primo istinto fu crederla un’allucinazione causata dal rhum solo che ad un certo punto la mia allucinazione mi parlò.
 
- E così tu saresti William Harter, il conoscitore di frutti del diavolo comparso sul giornale - la mia allucinazione aveva la voce di una donna.
 
- Ah ah, e tu saresti? –
 
La mia allucinazione scese con un balzo atterrando poco lontano da dove fossi, era diretta alla libreria, indossava un aderente pantalone marrone con stivali alti fin sotto il ginocchio, una camicia bianca e scollata con un corsetto in vita ed un lungo cappotto marrone che teneva aperto, per essere un’allucinazione era davvero una bella allucinazione. Aveva un cappello da corsaro in cui nascondeva i capelli, ma si capiva fossero biondi da alcune ciocche sfuggite. Era armata, sentivo tintinnare il metallo di una spada che probabilmente portava alla cintura.
 
Si fermò davanti alla libreria a scorrere i vari tomi sfiorandoli con le dita senza voltarsi a guardarmi.
 
- Dove si trova? - come se sapessi di cosa stesse parlando.
 
- Se mi dici cosa cerchi dolcezza forse posso aiutarti. –
 
- Il libro che hai scritto - un’ammiratrice, ovvio, ecco perché non riuscisse a guardarmi.
 
- Sarà pubblicato tra qualche settimana. Vuoi un autografo? – sfoderai il mio sorriso da conquista ma lei non mi degnò di uno sguardo.
 
- Voglio la copia originale. -
 
- Ehi frena frena dolcezza, la copia originale serve per mandarla in stampa, dovrai aspettare dopo la pubblicazione per poterla vedere. -
 
- Non ci sarà nessuna pubblicazione. - si voltò a guardarmi e quegli occhi grigi mi lasciarono imbambolato, credo di non aver mai visto occhi simili.
 
- Wow... - che fesso! Ero talmente concentrato sulla bellezza di quella ragazza da non capire che da quel momento sarebbero cominciati tutti i miei guai!
 
- Allora? Dove si trova il libro? -
 
- Che ne dici se prima ci conoscessimo un po’ meglio? - cercai di incantarla con il mio sguardo ed in reazione mi ritrovai la punta della sua lama alla gola, lo sguardo impassibile, era stata velocissima e non si era minimamente scomposta. Alzai le mani e guardai la spada.
 
- Vacci piano! Qualcuno potrebbe farsi male. -
 
- Non ho tempo da perdere. Posso ammazzarti e cercare il libro da sola o puoi dirmi dove si trova e restare in vita un altro po’. Scegli in fretta. - la punta della lama mi graffiò la gola, quella tipa faceva sul serio ed io non ero certo il tipo che rischia la pelle per un libro. Le dissi subito dove trovarlo.
 
Abbassò la spada e si diresse verso il punto indicatole, senza degnarmi più di uno sguardo. Lo aprì per controllarlo e quando ne fu soddisfatta tornò con lo sguardo su di me.
 
- È l’unica copia? -
 
- Ovviamente, quindi ti sarei grato se la trattassi con riguardo, io ci vivo grazie a questa roba. -
 
- La conosci a memoria? - indicò il libro che teneva in mano, un po’ stramba per essere un’ammiratrice.
 
- Certo che sì, l’ho scritto io! - mi guardò un’ultima volta indecisa sul da farsi e poi gettò il libro nel fuoco.
 
- Ehi! Ma che diavolo combini? Ti ha dato di volta il cervello? – mi lanciai verso il camino nel tentativo vano di recuperarlo.
 
- Andiamo! Non resta più molto tempo. – Ignorava completamente le mie proteste ed i miei tentativi di salvare il lavoro degli ultimi anni. Certo conoscevo il contenuto a memoria, ma riscriverlo esattamente allo stesso modo in così poco tempo era un’impresa assurda, non sarebbe mai stato pronto per la stampa, ero rovinato!
 
- Hai idea di quello che hai fatto? – mi stavo innervosendo.
 
- Ti sto salvando la vita, adesso muoviti. –
 
- Ma cosa farnetichi? Io non vado da nessuna parte! Per colpa tua sono rovinato! Si può sapere chi diavolo sei e cosa vuoi da me? Come ti è venuto in mente di bruciare il lavoro della mia vita? Hai idea di quanto mi ci sia voluto per scrivere tutto e trovare un editore? –
 
Lei si fermò ad osservarmi da capo a piedi con quello sguardo glaciale, aveva un’aria di sufficienza nei miei riguardi.
 
- Se tu non fossi un idiota non lo avresti mai scritto. –
 
- Ma come ti permetti? Fai irruzione in casa mia, mi minacci con una spada e distruggi il mio lavoro! Ed osi anche insultarmi! Hai idea di chi sia io? –
 
- Certo! E lo sanno anche tutti quelli che hanno letto il giornale. –
 
- E questo ti sembra un buon motivo per distruggere il mio lavoro? – ero un po’ alticcio lo ammetto, le mie reazioni non erano appropriate alla gravità della situazione, non mi rendevo affatto conto in quel momento di quanto avesse ragione quella ragazza dai modi così bruschi. Pensate che in quel momento ero convinto di star contenendo la mia furia per non farle del male, non mi rendevo proprio conto di chi avessi davanti e di quanto fosse pericolosa e che se solo avesse voluto avrebbe potuto tagliarmi la gola con una semplicità disarmante.
 
- Mi serve il tuo aiuto. – Mi disse di punto in bianco lasciandomi letteralmente esterrefatto, quella ragazza aveva una faccia tosta incredibile, dovete credermi, insomma vi rendete conto? Distrugge il mio lavoro e poi mi chiede anche aiuto! Pazzesco!
 
- Il mio aiuto? Hai distrutto il mio lavoro e mi chiedi anche aiuto? Hai una faccia tosta incredibile! –
 
- Sto cercando un frutto del diavolo, tu mi aiuterai a trovarlo. –
 
- Perché mai dovrei? –
 
- Perché come ti ho trovato io ti troveranno anche altri che saranno decisamente meno pazienti di me e se vuoi sopravvivere ti conviene aiutarmi. – non riuscivo a decifrare dal suo volto cosa stesse pensando e quegli occhi sembravano trapassarmi da parte a parte.
 
- Ragazza tu sei matta! Nessuno mi sta dando la caccia oltre te. –
 
Chiuse un attimo gli occhi spazientita. – Il giornale portava in prima pagina la notizia della pubblicazione della tua opera, sei stato abbastanza stupido da sbandierare al mondo la tua conoscenza dell’ubicazione dei frutti del diavolo ancora non ritrovati e c’è tanta gente poco raccomandabile che non vede l’ora di metterci le mani sopra. Ti stanno già dando la caccia, la tua sola fortuna è che io sia arrivata prima di loro. Fortuna che si esaurirà in fretta se deciderai di non aiutarmi. – Era più bassa di me ed anche molto più esile, non è per vantarmi ma avevo le spalle davvero larghe ed ero piuttosto alto, almeno un 20 centimetri più di lei di sicuro, certo era armata, questo era un dettaglio da non sottovalutare, ma vi assicuro che in quel momento tutto mi sembrava tranne che pericolosa.
 
- Senti dolcezza non ho nessuna intenzione di venire con te ed aiutarti ma ti dirò quello che ho intenzione di fare: denunciarti alle forze dell’ordine per esserti introdotta in casa mia e AVER DISTRUTTO IL MIO LAVORO! – alla fine della frase avevo di nuovo la sua lama a graffiarmi la gola.
 
- Molto bene. – mi disse tranquilla. – Non sei obbligato a venire con me, mi darai l’informazione che mi serve e poi morirai. Non ho nessuna intenzione di farmi trovare qui quando verranno a cercarti né ho intenzione di permettere agli altri di mettere le mani su quello che sto cercando. –
 
Mi guardava con una freddezza innaturale mentre mi minacciava di morte.
 
- Ma chi diavolo sei tu? – le chiesi a bassa voce iniziando a rendermi conto che forse quella ragazza non era solo un’ammiratrice fuori di testa.
 
- Questo non è un dettaglio rilevante. – caspita se faceva sul serio, dovevo farmi venire in mente qualcosa o quella pazza avrebbe rovinato il mio magnifico aspetto. Non avevo capito che la lama che impugnava quella ragazza era l’unica cosa che quella sera mi consentì di portare in salvo la pelle.
 
La vidi distogliere l’attenzione da me per un attimo, come se fosse in ascolto, in attesa di qualcosa.
 
- Maledizione! Ti hanno trovato! – abbassò la spada e mi afferrò per un braccio per trascinarmi.
 
- Ma che diavolo ti prende? – Neanche finì la frase che alle nostre spalle si avvertì un rumore di vetri rotti, stavano facendo irruzione in casa mia e lei, anche se non mi spiegavo come avesse fatto, li aveva sentiti arrivare.
 
- Ma chi diavolo sono? –
 
- Te lo avevo detto che sarebbero venuti a cercarti. Abbiamo perso troppo tempo! – Non sembrava sconvolta o particolarmente allarmata, esattamente al contrario mio.
 
Stavamo correndo verso il retro ma anche lì degli uomini stavano tentando di fare irruzione, eravamo circondati.
 
- Ed ora che facciamo? – le chiesi in preda al panico, non ero certo capace di proteggere me e lei da un’orda di delinquenti.
 
- Cerca di sopravvivere e non farti catturare, non necessariamente in questo ordine di priorità. – guardò la mia espressione, non proprio quella di un impavido e mi soppesò per qualche minuto. – Sei capace di usare una spada? –
 
- Si… - le dissi non molto convinto. Sapevo usare la spada, quando sei una persona assolutamente comune e mediocre in un mondo di superuomini con poteri inimmaginabili e con un elevato tasso di crimini dovuti alla pirateria almeno i rudimenti della difesa personale bisogna pur impararli.
 
- D’accordo. – mi lanciò la sua spada. – Vendi cara la pelle. – non mi degnò più di attenzioni, concentrata sugli uomini che ormai erano in casa.
 
- COSA?! – non ci fu tempo per aspettare una sua risposta, eravamo circondati e quegli energumeni ci stavano caricando. Decisi di accettare il suo consiglio, per questa volta, e provai a difendermi come meglio potevo. Avevo l’adrenalina che mi scorreva in corpo e dopo quello che mi sembrò un duello fenomenale riuscì a metterne al tappeto uno. Mi voltai con un sorriso compiaciuto verso la ragazza per vedere se avesse bisogno del mio intervento e rimasi letteralmente a bocca aperta, stava tenendo testa, quasi senza difficoltà e senza versare una goccia di sudore a 10 di quei tipi, grossi almeno tre volte lei! Era velocissima e molto forte, usava due pugnali e sembravano quasi un prolungamento delle sue mani data la destrezza con cui combatteva.
 
Lo ammetto, quando tentando di evitare il colpo di uno di quei bestioni le cadde il cappello rimasi fermo come un baccalà ad osservare quella cascata di capelli dorati e non mi resi conto del tipo alle mie spalle. Per fortuna lei era più attenta di me in battaglia e in un attimo fu da me e mi spinse via parando il colpo. Fu solo grazie a lei se restai ferito ad un braccio invece di veder rotolare sul pavimento la mia stessa testa. Non disse niente, si limitò solo a muoversi agilmente e aggraziatamente per schivare e colpire, il lungo cappotto che si muoveva assecondando i suoi movimenti. Bella e letale quella tipa.
 
Lanciò un pugnale nella mia direzione e beccò un tipo alle mie spalle appena in tempo, quando mi aveva spinto via avevo lasciato cadere la spada e lei ora la stava recuperando con una capriola sul pavimento. Se con i pugnali era uno spettacolo, con la spada era indescrivibile! Era una normalissima katana, ma nelle sue mani sembrava l’arma più straordinaria dell’intero pianeta. Non avevo mai visto qualcuno combattere in quel modo, non che avessi avuto molte possibilità di vedere qualcuno combattere, sia ben inteso.
 
In un tempo inaspettatamente breve tutti quegli energumeni erano a terra e la mia bellissima casa stava bruciando. Lei si diresse verso il suo cappello e lo raccolse come se fosse l’unica cosa che davvero le importasse, che davvero contasse, i corpi a terra ed il fuoco sembravano dettagli privi di importanza.
 
- Maledizione! Qui sta andando tutto a fuoco! Dobbiamo spegnere l’incendio! –
 
- Dobbiamo andarcene. –
 
- Ma… LA MIA CASA! –
 
- È un bene che sia bruciata. Se sei fortunato crederanno che sei morto qui dentro. –
 
- La mia vita è distrutta! Ed è tutta colpa tua! Chi era quella gentaglia? Io… non posso lasciare che la mia casa bruci! –
 
- Quella “gentaglia” era una ciurma pirata, per tua fortuna erano un branco di inetti ma lì fuori c’è gente veramente pericolosa. La tua unica speranza di sopravvivere è far credere di essere morto nell’incendio e venire con me. –
 
- Cosa?! Ne arriveranno altri? – non avevo speranza di cavarmela da solo.
 
- Questi sono stati i più veloci, ma non sono di certo i più pericolosi. –
 
- E se andassi dalla marina? – mi guardò con un sorrisetto sarcastico.
 
- Sono anche loro nella lista di quelli che ti danno la caccia. – raccolse le sue armi e le rinfoderò prima di tirar fuori dal cappotto un lumacofono.
 
- Ehi Kora, tutto bene? – la voce di una ragazza.
 
- Abbiamo avuto delle visite. Prepara la nave, stiamo arrivando. – riagganciò subito, non era una gran chiacchierona.
 
- Dove andiamo? –
 
- Alla nave ovviamente. Dobbiamo lasciare quest’isola. –
 
- Ma chi diavolo sei tu? –
 
- Mi chiamo Kora e sono un pirata. E adesso muoviti. – Si avviò fuori mentre la casa veniva letteralmente divorata dalle fiamme. In quel momento non riuscì a fare altro se non seguirla, la mia casa era distrutta, il mio lavoro anche e c’era parecchia gente pericolosa a darmi la caccia. Se avessi saputo cosa mi avrebbe aspettato da quel momento in poi, forse sarei rimasto a bruciare con la mia casa, ma nonostante tutto quello che ho passato ragazzi, non posso dirvi di essermi pentito di averla seguita quel giorno, quanto meno sono ancora qui a raccontarvelo.

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Capitolo 2
*** New Adventure ***


- La mia povera casa... -  non potevo crederci, solo poche ore prima la mia vita era perfetta e adesso mi ritrovavo a vagare per l’isola, nascosto tra le piante per raggiungere il fantomatico punto di attracco di una nave pirata. La mia casa era bruciata, il lavoro di tutta la mia vita distrutto, ero braccato da dei malviventi che volevano il mio sangue, e la mia sopravvivenza dipendeva da una ragazzina che per quanto incredibilmente bella e affascinante era pur sempre molto stramba e inquietante.
 
Da quando eravamo scappati non mi aveva rivolto la parola e aveva ignorato sistematicamente tutte le mie lamentele, avanzava come se io non ci fossi, ma ero piuttosto sicuro che fosse ben conscia della mia presenza oltre che di quella di qualsiasi altra cosa che ci circondasse. Ancora non riuscivo a spiegarmi come avesse fatto a sentire arrivare i pirati a casa mia e a combattere in quel modo, non sembrava affatto la prima volta che facesse una cosa del genere. Mi chiesi in che razza di brutto guaio stessi andando a cacciarmi e ve lo assicuro, per quanto la mia fantasia potesse correre sfrenata non ne avevo neanche la minima idea ancora.
 
Ripensare alla battaglia mi fece tornare in mente che ero stato ferito, insieme al ricordo tornò anche il dolore che la rabbia e la frustrazione mi avevano momentaneamente fatto dimenticare. Senza pensarci mi portai una mano alla ferita, sanguinava meno ma faceva un male cane. Feci una smorfia ed un verso di fastidio che credo attirò la sua attenzione.
 
- Dovresti sforzarti di tenere la bocca chiusa, non dimenticare che ti stanno cercando. Se continui a blaterare e lamentarti ci troveranno in un attimo. -
 
Quella ragazza era proprio insensibile, non aveva la minima considerazione per la mia sofferenza.
 
- Scusa tanto se sono ferito! - le risposi stizzito, ero decisamente troppo sconvolto da tutto quello che era successo per rendermi conto di quello che stesse facendo per me senza neanche conoscermi. All’epoca non me ne rendevo conto, pensavo solo che quella bambolina mi avesse distrutto la vita, ora so che avrei dovuto ringraziarla, per quello che aveva fatto in casa mia e per le mille cose che ancora avrebbe fatto per me.
 
- È solo un graffio, smettila di lamentarti! -
 
- E tu cosa ne sai? - ero decisamente stizzito, quello che avevo bevuto nella serata non aiutava certo a mantenere la calma, o forse il problema era proprio che l’effetto di quello che avevo bevuto stava svanendo lasciandomi vedere con più lucidità la situazione: ero rovinato e nei guai fino al collo.
 
Lei si bloccò di colpo.
 
- Shhh! -
 
- Certo! Ora vorresti anche zittirmi! Senti bambolina, se pensi di potermi trattare in questo modo ti sbagli di grosso! - se volevo un minimo di rispetto da lei dovevo impuntare i piedi a terra e stabilire delle regole di comportamento tra noi che potevano riassumersi più o meno in “non dimenticare che sono una persona” e “non sono tuo prigioniero”.
 
Mi spinse tra le piante e mi tappò la bocca, la testa voltata di lato e l’orecchio teso all’ascolto. Ancora una volta aveva sentito il pericolo prima di me. Un gruppo di uomini della Marina stava andando in direzione di casa mia, probabilmente attirato dall’incendio. Lo ammetto, il mio primo istinto fu quello di urlare e farmi soccorrere, davanti avevo pur sempre una ragazzina molto più minuta di me, quanto mai poteva essere difficile divincolarsi. Per fortuna il lumacofono di uno di quei signori suonò in quel momento e quel somaro rispose a portata di orecchio non accorgendosi di essere ascoltato e osservato.
 
- Allora capitano, quali novità ci sono? - disse una voce proveniente dall’apparecchio a forma di lumaca.
 
- Viceammiraglio, signore, la casa di Harter, lo scrittore, è bruciata, ci stiamo recando sul posto. -
 
- Maledizione! Quei buoni a nulla che avete assoldato hanno fatto proprio un bel disastro! Spero per lei che il ragazzo sia ancora vivo o che il manoscritto sia intero, o le assicuro che qualche testa cadrà e non sarà certo la mia. -
 
Il giovane deglutì per la minaccia. - Signore, al momento non c’è traccia di sopravvissuti e non siamo ancora in grado di accertarci se il ragazzo sia tra i resti o se sia riuscito a fuggire. -
 
- Spero vivamente per lei che sia sopravvissuto, qui al comando lo vogliono vivo se il manoscritto non dovesse trovarsi. Se lo trovate portatelo qui e portatemi anche il manoscritto, non deve essere pubblicato. -
 
La chiamata si interruppe ed il giovane capitano corse disperatamente in direzione della villa non sapendo che l’uomo che stava cercando e che avrebbe potuto salvargli la testa e la carriera era ad un soffio da lui. La ragazza mi lasciò andare non appena il ragazzo si fu allontanato a sufficienza. Si era messa sulle punte ed era molto vicina a me, se non fossi stato tanto sconcertato da quella conversazione forse, in un’altra occasione, avrei anche potuto approfittarne, anche se, detto tra noi, vi consiglio di non provarci, non avete idea di quanto faccia male un suo pugno, ma lasciamo perdere, questa è un’altra storia.
 
Mi lasciò andare e dopo essersi affacciata nella direzione di provenienza del soldato, assicuratasi che non ne sarebbero venuti altri si rimise in cammino, ma stavolta decise di spostarsi più nel fitto della foresta.
 
- Andiamo. - mi disse semplicemente, nessun “visto?” o “te l’avevo detto!”. Che fosse una donna sui generis lo avevo capito subito, ma credo di non aver mai apprezzato tanto come in quel momento la sua passione per i lunghi silenzi.
 
Mi rimisi in marcia, che me lo avesse rinfacciato oppure o no aveva ragione, non potevo fidarmi di nessuno, anche la Marina mi stava cercando, mi ero ficcato proprio in un bel guaio, sperai solo di aver fatto la scelta giusta a fidarmi di lei. Ora che ci ripenso, con il senno di poi, credo che in quell’occasione scelsi di fidarmi di lei non solo perché fosse una gran bella ragazza su cui, non mi vergogno a dirlo, avevo fatto qualche pensierino non proprio casto e da gentiluomo, ma perché era diversa. Insomma, parliamoci chiaro, ero un ragazzo niente male, brillante, ricco sfondato, famoso e soprattutto modesto, tutte le ragazze mi riempivano di moine e crollavano ai miei piedi mentre lei mi trattava come se non ci fossi, come se non fossi nessuno.
 
Ero abituato ad occhi sognanti ed innamorati mentre lei mi rivolgeva sguardi freddi, taglienti e impenetrabili, resi ancora più tali da quel magnifico grigio. Mi aveva sbattuto in faccia la verità senza mezzi termini, dandomi anche dell’idiota. Poteva portarsi via il libro e lasciarmi morire come con ogni probabilità aveva intenzione di fare la Marina e invece lei mi aveva salvato, nonostante le mie lagne da femminuccia continuava a guardarmi le spalle. Non so se mi avete capito ragazzi, ma quella ragazza mi dava fiducia, non ve lo so spiegare, ma sentivo di potermi fidare di lei, ciecamente. Azzardato per una che hai appena conosciuto ed in un simile contesto. All’epoca credevo solo di non avere altra scelta: o lei o i pirati sanguinari di cui mi aveva parlato e la Marina, non era difficile scegliere lei con quelle premesse. Ma ora mi sento di dire che forse quella è stata l’unica scelta sensata della mia vita sebbene me ne sia pentito in più di un’occasione.
 
- Di un po’, sei sempre così chiacchierona o ti ho presa in una giornata no? – in tutta risposta mi ignorò, tanto per cambiare. – Senti, se devo essere sequestrato su di una nave pirata merito un minimo di considerazione. – ancora nessuna risposta dalla sua schiena dritta. – Almeno posso sapere quale frutto del diavolo stai cercando? –
 
- No. – fu la sola risposta secca.
 
- Un monosillabo, fantastico, facciamo progressi. Come credi che possa aiutarti se non so che stai cercando? –
 
- Lo saprai quando sarà il momento. Adesso sta zitto prima che ci ripensi e ti tagli la lingua. –
 
Davvero simpatica, non c’era che dire. Aveva tante qualità ma la socievolezza non era tra queste.
 
- Non conosco neanche il tuo nome. –
 
- Mi chiamo Kora, mi sembra di avertelo già detto, non mi piace ripetermi. –
 
- Solo Kora? –
 
- Solo Kora. –
 
- Non è possibile, tutti hanno un cognome. –
 
- Il mio cognome non è un affare che ti riguarda. –
 
- D’accordo, mi sembra di aver capito che questa sarà la tua risposta ad ogni mia eventuale domanda. –
 
- Sei più sveglio di quanto sembri. –
 
- Ehi vacci piano con gli insulti, sono un uomo brillante io. –
 
- Solo un idiota avrebbe scritto un libro che poteva condannarlo a morte e ne avrebbe dato la notizia sul giornale. –
 
- E va bene, forse ho sottovalutato un po’ la situazione, lo ammetto, ma tu? Non puoi negare che ti faccia comodo che io lo abbia fatto, non è così? – la superai parandomi dinanzi a lei e sfoderando il mio sorriso da conquistatore.
 
Lei si fermò e mi squadrò per un attimo, come se mi stesse soppesando, aveva uno sguardo che metteva molto a disagio, poi mi superò continuando a camminare senza dire niente. Con lei il mio sorriso da conquistatore non attaccava, iniziava ad essere chiaro anche questo. Sospirai rassegnato, non sarebbe stata affatto una bella avventura, ma dico io non potevo essere aiutato da una ragazza normale? Iniziavo a pensare che la mia idea di divertirmi con lei fosse da scartare, iniziavo a pensare che quella ragazza non avesse affatto idea di cosa fosse il divertimento.
 
Mi affiancai a lei. – Dì un po’, non sei un po’ giovane per essere una piratessa? – mi rivolse un’occhiata gelida. – Si lo so, non sono affari miei, ho capito il concetto. – non le piaceva parlare di sé stessa, un altro indizio sulla sua personalità contorta.
 
- Ho 18 anni. – mi rispose dopo avermi soppesato per qualche attimo, quasi fosse indecisa sul cosa rispondere e sul se fosse il caso di farlo.
 
- 18 anni?! Mi stai dicendo che la mia vita dipende da una ragazzina? – d’accordo, avevo 22 anni, non ero chissà quanto più vecchio di lei, ma se la situazione era davvero così drammatica come raccontava lei, non potevo affidare la mia vita ad una ragazzina.
 
- Questo passa il convento. Fattene una ragione. –
 
- Non ci posso credere! – in effetti aveva ragione, ragazzina o meno non avevo scelta, avevo decisamente le mani legate. Dopotutto aveva parlato con qualcuno sulla nave, magari la ciurma a cui apparteneva era composta da temibili energumeni e bellissime donne, non era ancora tutto perduto. – Va bene bambolina, sono disposto a darti una possibilità. –
 
Finì a stento la frase e mi ritrovai la lama del suo pugnale alla gola. – Chiamami di nuovo in quel modo e ti taglio la gola! – gli occhi erano ridotti ad una fessura. Nonostante il suo aspetto, quello sguardo faceva davvero paura.
 
- Sei parecchio permalosa, lo sai? – stavo scherzando con il fuoco, me ne rendevo conto, ma avevo la sensazione di trovarmi dinanzi un animale terribilmente feroce, una di quelle belve che fiutano la paura, magari se avessi creduto intensamente che non mi avrebbe ucciso, forse alla fine non lo avrebbe fatto sul serio.
 
Strinse ancora gli occhi e poi abbassò il pugnale, per stavolta l’avevo scampata, ma forse era meglio non scherzare troppo con lei. Sospirai sia per il mancato pericolo che per l’impazienza di arrivare alla nave e conoscere il resto dei miei sequestratori.
 
Per il resto del viaggio non parlammo granché, lei non mi rivolgeva mai la parola ed io iniziavo a stufarmi di parlare da solo, anche perché l’effetto dell’alcol ormai era bello che andato e tutta quella situazione iniziava a sembrarmi senza senso e molto deprimente ed inutile fingere di essere un superuomo, il braccio mi faceva malissimo, il taglio bruciava e pulsava e mi sembrava di aver perso tantissimo sangue. Iniziavo a chiedermi se sarei morto dissanguato o di setticemia non avendo minimamente disinfettato la ferita. Volevo svegliarmi nel mio letto, con le tre intriganti ragazze con cui avevo trascorso allegramente la serata e scoprire che era tutto un brutto sogno dovuto alla sbronza, ma lei si fermò bruscamente e quasi le finì addosso tanto ero sovrappensiero.
 
Eravamo vicino alla baia, sembrava deserta ma restammo comunque nascosti, non c’era traccia di alcuna nave. La biondina tirò fuori il lumacofono e lo fece squillare.
 
- Siamo in posizione. Tirate fuori la nave. –
 
Riagganciò senza aspettare risposta, il suo era proprio un vizio. Pochi istanti e dall’acqua venne fuori una nave, aveva una speciale copertura che le consentiva di muoversi sott’acqua, furbo nascondersi in quel modo, la Marina non avrebbe mai immaginato che potesse esserci una nave pirata appena sotto il pelo dell’acqua. Non era molto grande, in realtà era piuttosto piccola e buffa, con una polena a forma di sirena, da quello che ricordavo la Oro Jackson aveva una polena formata da due sirene, non era un elemento molto comune ed usarlo era alquanto pretenzioso. Le vele erano nere ed il jolly roger era un teschio avvolto dalle fiamme.
 
- Ti presento la New Adventure. – disse la ragazza al mio fianco prima di avviarsi verso l’acqua.
 
“New Adventure”, nome azzeccato per quello che ci aspettava. Va bene confesso, ero emozionato, diventare un pirata è il sogno di tutti i bambini e sebbene sapessi che quella non era la mia strada, era terribilmente figo trovarsi davanti una vera nave pirata. Restai imbambolato per qualche attimo, poi quell’attimo di meraviglia passò, se fossi uscito dagli alberi e l’avessi seguita a bordo non sarei mai più tornato indietro, se fossi uscito da quel nascondiglio e avessi attraversato la spiaggia avrei dovuto dire per sempre addio alla mia isola, alla mia casa e alla mia vita tranquilla. Ma dopotutto, se non lo avessi fatto, con ogni probabilità sarei stato comunque trascinato via con la forza e con ogni probabilità non avrei visto l’alba del giorno seguente.
 
Non mi restava scelta, addio mia cara vecchia isola, addio tranquilla e lussuosa villetta ormai bruciata, addio scintillante carriera ormai distrutta, addio tranquillità, donne e sogni di gloria, benvenuta vita da ricercato, benvenuto pericolo e benvenuta castità. Mi stropicciai il viso con la mano, questo era un incubo, non mi restava che sperare in belle donne a bordo e tanto rhum, almeno avrei potuto depennare l’ultima considerazione negativa dalla mia lista.
 
Prendemmo la barchetta che aveva lasciato sulla spiaggia quando era sbarcata e raggiungemmo la Adventure, lei fu a bordo in un attimo mentre io dovetti arrampicarmi alla meno peggio sulla scaletta di corda, rischiando più di una volta di inciampare e finire in mare. L’inizio era già disastroso ma fortunatamente una mano sporgente dal parapetto mi tirò su aiutandomi a salire a bordo, apparteneva ad un ragazzo dai capelli neri e dall’ampio sorriso, indossava un pantaloncino al ginocchio ed una maglietta a mezze maniche che nascondeva un fisico asciutto e piuttosto muscoloso.
 
- Ce l’avete fatta, mi stavo annoiando! Comunque benvenuto a bordo dell’Adventure. – mi diede una pacca dietro alle spalle che per poco non mi scaraventava a terra, quel ragazzo era terribilmente forte.
 
- Bhè, non ho avuto molta scelta. – risposi sincero.
 
- Sono sicuro che ci divertiremo un mondo! – l’entusiasmo non mancava certo a quel tipo. Proprio l’esatto opposto della ragazza che mi aveva fatto da guida fino a quel momento.
 
- Smettila di importunarlo, lascialo respirare. – Una ragazza con i capelli mossi e scuri era venuta fuori da una porta in alto e si affrettava a scendere le scale. – Kora, state bene? – la voce che avevo sentito al lumacofono.
 
- Stiamo bene. Prepariamoci a partire. –
 
- È già tutto pronto! – le rispose la mora. – Aspettavamo solo voi. – mise due dita in bocca e fischiò prima di dirigersi al timone. La nave si mise in moto e la biondina scomparve dietro una delle porte. – Portiamo i motori al massimo, facciamo sgranchire le gambe a questa nave. – tirò una leva e la nave prese velocità.
 
- Allora, cosa te ne sembra della nave? – mi chiese il ragazzo dai capelli neri, vedendo che mi guardavo febbrilmente intorno cercando di scorgere l‘equipaggio. – Comunque piacere, io mi chiamo Ace e sono il capitano della nave. – tese la mano verso di me, sorridendo.
 
- Ace?! Possibile che vi chiamiate tutti Ace ed Edward da dopo la guerra dei vertici? –
 
- Che vuoi farci, quei due sono passati alla storia. –
 
- Chi l’ha detto che sei tu il capitano? – la biondina era ritornata con una valigetta.
 
- La nave è mia, quindi il capitano sono io. –
 
- Pensavo fosse lei il capitano. – dissi rivolto alla ragazza.
 
- Mio fratello Ace si è eletto da solo capitano. – spiegò la mora, che nel frattempo si era avvicinata a noi – ma gli ordini li da Kora, anche se è il medico di bordo. –
 
- Il medico di bordo? – in effetti la valigetta conteneva un kit medico, probabilmente aveva intenzione di sistemarmi il braccio. – Quindi bluffavi quando mi minacciavi di morte. –
 
- Ho promesso di portarti qui vivo, non intero, bastava fossi in grado di scrivere. –
 
- Perdonala, ha un carattere un po’ brusco, ma è una brava ragazza. Io mi chiamo Belle e sono la navigatrice, piacere di conoscerti Will. – mi sorrise, era una bella ragazza anche lei, quest’avventura iniziava ad essere promettente.
 
- Se avete finito le presentazioni sarebbe il caso che ti facessi ricucire il braccio, non mi va di vedere il ponte chiazzato di sangue. – aveva decisamente un pessimo carattere, era tanto bella quanto irritante.
 
- Darebbe alla nave un aspetto sicuramente più temibile. – il capitano scoppiò a ridere.
 
- Non credo che i gemelli sarebbero felici di vedere il ponte irrimediabilmente macchiato. – anche la mora sembrava divertita.
 
- I gemelli? –
 
La mora fischiò e si aprì una botola da cui vennero fuori due teste azzurre, un ragazzo ed una ragazza.
 
- Ci sono problemi Belle? –
 
- Ci hai chiamato Belle? –
 
- William ti presento i gemelli, Tom e Lena. –
 
- William –
 
- Lo scrittore –
 
- Finalmente sei a bordo –
 
- È un vero piacere conoscerti. –
 
- Completano l’uno le frasi dell’altro, non farci caso. – mi sussurrò la mora.
 
- Piacere ragazzi. –
 
- Sono i nostri tuttofare. – disse orgogliosa la navigatrice.
 
- Siamo carpentieri –
 
- Inventori –
 
- Praticamente aggiusta tutto. –
 
- E costruttori di armi. -
 
- Sono davvero forti! – una vocina al mio orecchio che mi fece saltare, letteralmente, dallo spavento. Apparteneva ad una ragazzina dai capelli neri e riccioli, sui quindici anni, appesa ad una fune.
 
- Keiley! Non è questo il modo di presentarsi! Gli hai fatto prendere un colpo. – la sgridò la mora.
 
- Chiedo scusa! – la ragazzina si mise una mano dietro la testa.
 
- E tu chi saresti? –
 
- Io sono la vedetta. –
 
- Perché sei piccola e ti arrampichi facilmente in alto? –
 
- Perché ho una mira formidabile. – alzai un sopracciglio sarcastico e lei gonfiò le guance, a quanto sembrava non era la prima volta che la sottovalutavano. – Vedi quell’insetto lassù? – indicò un punto in alto.
 
- No. – le risposi sincero ricevendo in cambio un enorme sorriso malizioso. Tirò fuori una fionda e, dopo aver chiuso un occhio per prendere la mira, sparò una pallina che esplose in aria prima di lasciar precipitare una roba appiccicosa sul ponte con intrappolato al centro un minuscolo insetto. La roba appiccicosa si solidificò e la ragazzina lo raccolse e me lo porse.
 
- Tieni, te lo regalo. – mi sorrise orgogliosa nel costatare la mia bocca aperta.
 
Sembravano una ciurma di ragazzini disadattati e disorganizzati, ma avevo la sensazione fossero davvero forti.
 
- Ora conosci tutti. – disse il capitano mettendosi le mani sui fianchi.
 
- Tutti? – credo che tutti potessero vedere la mia espressione allarmata. – Mi state dicendo che la mia vita è nelle mani di uno, due, tre, quattro, cinque, SEI RAGAZZINI? Io torno indietro! –
 
- In realtà mancano ancora due membri per considerare completo il nostro equipaggio, ma dobbiamo passare a prenderli. – fece notare la mora.
 
- Non sottovalutarci. – disse Ace - io sono intenzionato a diventare il prossimo re dei pirati! –
 
- Ah ah… è stato un piacere, torno a casa! –
 
Mi voltai facendo un saluto con la mano mentre tornavo verso la scala di corde, non avevo neanche idea di come fare a tornare a casa ad essere sincero, ma restare su quella nave era un suicidio vero e proprio. Neanche finì di parlare che mi ritrovai la punta di un pugnale alla gola.
 
- Questo non è un gioco! Se vuoi tonare indietro e morire non ho niente in contrario, dammi l’informazione che mi serve e poi butterò personalmente il tuo cadavere in mare. Non permetterò che ti prendano vivo e ti estorcano le informazioni! – me lo stava praticamente sibilando all’orecchio con un tono glaciale che mi fece venire i brividi, non dubitavo affatto che fosse capace di farlo.
 
- Kora tesoro, sono certa che Will stesse solo scherzando, non c’è bisogno di tagliargli la gola. – la mora era intervenuta in mio favore. La biondina mi guardò male prima di decidersi a ritirare la lama. Confesso di averci messo qualche secondo prima di abbassare le mani che avevo involontariamente alzato.
 
- Portarcelo dietro è un errore, ci farà uccidere tutti. Non sa combattere, non sa difendersi e non si rende conto di quanto sia pericolosa la sua situazione. –
 
- Sono sicura che debba solo ambientarsi, è stato un grande cambiamento per lui, tutta la sua vita è andata distrutta ed è una delle persone più ricercate al mondo in questo momento, non è una cosa semplice da accettare. Dagli un po’ di tempo. – la mora si era frapposta fra me e quella belva.
 
- Poi non dite che non vi avevo avvisato. – si incamminò verso una stanza trascinandosi dietro la valigetta.
 
- Vado io a parlarle. – Ace si portò le mani dietro la testa e la seguì.
 
- Ti ringrazio. – dissi sinceramente alla navigatrice, aveva capito perfettamente come mi sentivo e sembrava essere la più empatica lì in mezzo, lo avevo capito subito che sarebbe stata il mio punto di appoggio, l’unica persona con cui poter parlare liberamente di tutti i problemi che quella insopportabile biondina mi avrebbe causato.
 
- Non avercela con lei, cerca solo di proteggerci. Vedi, già questa vita è pericolosa di per sé perché dobbiamo fare i conti con la Marina che ci dà la caccia e gli altri pirati, la tua presenza qui peggiora la situazione. Darti asilo ci pone un bersaglio sulle spalle. Kora è un po’ brusca ma cerca solo di portarci sani e salvi alla fine di questa storia. Vedrai, conoscendola capirai da solo chi è davvero. – mi sorrise ed io fissai la porta da cui era sparita. – Ora dovresti andare a farti curare prima di sporcare sul serio il ponte ai gemelli. – se ne tornò al timone con un sorriso di incoraggiamento.
 
Sospirai e mi diressi verso la stanza in cui era scomparsa la biondina, speravo che non mi avrebbe fatto a pezzi. In quel momento andare da lei a farmi curare sembrava la cosa più difficile della mia vita ma ora che ci ripenso, percorrerei quel ponte altre mille volte. Belle aveva ragione, sotto tutto quell’astio e quella freddezza c’era una persona meravigliosa che avrei imparato a conoscere e ad apprezzare con il tempo.

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Capitolo 3
*** L'inizio del viaggio ***


La biondina si era rintanata in quello che aveva tutta l’aria di essere il suo studio. Non entrai subito, il ragazzo dai capelli neri e lei stavano discutendo e lo so che è una cosa sbagliata origliare ma magari avrei potuto ricavare qualche informazione utile, magari non sapendo di essere ascoltati si sarebbero fatti sfuggire le loro intenzioni. Lo ammetto, all’epoca non mi ero per niente fatto una ragione di quanto era accaduto e la biondina aveva ragione, non mi rendevo conto del pericolo che stavo correndo, ero ancora convinto di poter tornare indietro e rimettere in piedi la mia vita, se non sulla mia isola almeno da qualche altra parte.
 
Certamente non sarei rimasto su una nave pirata governata da ragazzini. Belle aveva ragione, issare la bandiera pirata attira l’attenzione della Marina e di altri pirati a cui poco sarebbe importato se capitano ed equipaggio sfioravano appena la maggiore età. Gli uomini che mi davano la caccia mi avrebbero catturato in un attimo e avrebbero massacrato quei ragazzi. Non sapevo ancora quale fosse la soluzione ai miei problemi ma ero certo che non fosse restare su quella nave.
 
- Dovresti sforzarti di essere più gentile con lui, in fondo ci sta dando una mano. – disse il capitano.
 
- Come se avesse scelta. –
 
- Poteva decidere di non seguirti e andare dalla Marina. –
 
- Lo avrebbero ucciso di sicuro. –
 
- Ma lui non lo sapeva ancora. –
 
- Smettila di giustificarlo, Ace! Ha in mente di darsela a gambe alla prima fermata. – questa affermazione mi fece rabbrividire perché era esattamente quello che intendevo fare. Come diavolo faceva a saperlo?
 
- Non puoi saperlo. –
 
- Solo uno sciocco come te non se ne è reso conto. –
 
- Ed anche se fosse? Che ci importa? Ci dirà dove cercare ciò che vogliamo e poi farà quello che gli pare, non è mica un nostro prigioniero, se vuole andarsene è libero di farlo. –
 
- Ma ti ascolti quando parli? Se scenderà da questa nave verrà catturato nel giro di un’ora, tanto vale tagliargli la gola, gli faremmo un favore. –
 
- Non credo sia uno sprovveduto. –
 
- Questo perché non lo hai visto a casa sua. –
 
- Lo avrei visto se avessi lasciato andare me a prenderlo. –
 
- Se fossi andato tu ora saremmo tutti spacciati! Tu sei un incosciente! –
 
- Ehi! Dovresti portarmi un po’ più di rispetto, sono pur sempre il capitano. –
 
- Non sei il mio capitano – sibilò a denti stretti. – Lo sai bene perché sono qui. –
 
- Si lo so. Ma questo non vuol dire che alla fine non deciderai di restare, non puoi vivere per sempre all’ombra di qualcun altro, prima o poi dovrai deciderti a percorrere la tua strada. –
 
- Non finché questa storia non sarà finita e non avrò trovato quello che sto cercando. –
 
- E se dovesse trovarci prima? –
 
- Impegniamoci affinché non accada. – la porta si aprì d’improvviso e me la ritrovai davanti a guardarmi torvo. – Hai finito di origliare? – disse con tono duro. Ma come faceva a sapere che fossi lì ad ascoltarli, non avevo fatto neanche il minimo rumore! Confermo la mia ipotesi, quella ragazza era inquietante!
 
Ace se ne stava poggiato alla scrivania con gambe e braccia incrociate, vedendomi comparire si staccò dal tavolo e venne verso di me.
 
- Ti lascio alle sue cure, mi raccomando non farla arrabbiare. – mi sorrise e strizzò l’occhio prima di uscire ridendo, sembrava che la mia espressione lo divertisse, doveva mostrare un sacco di emozioni diverse ed essere ridicola. Lei fece una smorfia di fastidio e mi diede le spalle portandosi all’interno della stanza.
 
- Entra e chiudi la porta. – aveva un tono molto autoritario, si vedeva che era abituata a dare ordini, pensai che potesse avere una sua ciurma, per questo non accettava il moro come capitano.
 
- Da quanto sapevi che ero lì dietro? – quella ragazza mi incuriosiva molto.
 
- Dal momento in cui sei arrivato. – mi dava le spalle, stava trafficando con alcuni oggetti.
 
- Perché non mi hai smascherato subito allora? –
 
Si voltò a fissarmi con quegli occhi di ghiaccio.
 
- Perché continuo a sottovalutare la tua stupidità. – Niente, non c’era verso, parlare con lei era impossibile, ma io non ero uno che demordeva così facilmente, le donne difficili sono quelle che danno più soddisfazione.
 
- Forse io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato, non credi? Che ne dici di ricominciare da capo e fare le cose nel modo giusto? – le sorrisi e lei mi osservò per un attimo, ebbi l’impressione che stesse valutando la mia proposta.
 
- Togliti la maglia. – il solito tono autoritario, ma quella era una richiesta decisamente gradevole, finalmente si iniziava a ragionare.
 
- Wow, non mi aspettavo questo cambiamento, ma sono felice di accontentarti. – le feci un gran sorriso e mi tolsi la maglia, il braccio faceva un male assurdo ma ero intenzionato a sopportare.
 
- Siediti. – Si, la cosa si faceva decisamente interessante.
 
Si avvicinò e mi guardò per qualche attimo, nonostante la ferita e le dubbie condizioni igieniche che dovevo presentare in quel momento, sapevo di essere un gran bel ragazzo. Mi osservava come se fosse indecisa su cosa fare, potevo darle benissimo qualche idea volendo. Mi rivolse un bellissimo sorriso sarcastico, ragazzi quel sorriso era uno spettacolo, non so se vi sia mai capitato di vederne uno così, ma era meraviglioso e alquanto intrigante… solo dopo capì che quello non era sarcasmo, era sadismo!
 
Versò il disinfettante sulla mia ferita aperta e le mie urla credo si sentirono fino a Marijoa, quella piccola, sadica, strega!
 
- Vedo che i polmoni ti funzionano bene, ecco perché ti riesce così difficile star zitto. – sorrideva soddisfatta, ma questa me l’avrebbe pagata, era certo. Quella era cattiveria gratuita, non meritavo di essere trattato così, ragazzi io in questa storia ero la vittima!
 
- Questa me la paghi… - dissi con il fiato corto per il dolore e le lacrime agli occhi. Credo che si sentisse soddisfatta perché mi fece una punturina sul braccio e dopo poco il dolore sparì. Non so dirvi se perché il bruciore del disinfettante coprisse tutto o se fosse il suo tocco ad essere meravigliosamente delicato ma non sentì affatto l’iniezione e quando il dolore iniziò a sparire iniziai anche a riprendere a respirare regolarmente.
 
- Cos’è? Ti sei stancata di torturarmi o hai avuto pietà di me? – la provocai forte del fatto di non sentire più dolore.
 
- Nonostante le mie capacità in campo medico, è più semplice ricucirti se stai fermo e zitto. –
 
Incredibile, doveva avere sempre l’ultima parola. Mi disinfettò e ricucì senza dire neanche una sillaba, non era male quando non ti faceva saltare i nervi. Concentrata com’era in quello che faceva, sembrava lavorare con lo stesso distacco con cui avrebbe rammendato un calzino vecchio, non ero il primo che ricuciva, era chiaro. Mi incantai ad osservarla lavorare, aveva la stessa grazia nel maneggiare l’ago che avevo notato con la spada e i pugnali, sembrava essere a suo agio con tutto ciò che fosse affilato e tagliente. Mi chiesi quanti ne avesse ricuciti prima di me.
 
- No, non sei il primo. – mi rispose facendomi quasi saltare dalla sedia, ero sicuro di non aver chiesto niente. – Stavi per chiedere se fossi il primo che ricucivo. No, non lo sei. –
 
- Come facevi a saperlo? – in risposta sollevò le spalle senza guardarmi, tagliò il filo e disinfettò i punti che mi aveva dato. Era proprio bella cavolo, non riuscivo a fare altro che guardarla come un ebete. – Sei su questa nave da molto tempo? – era più forte di me, non riuscivo ad evitare di fare conversazione, non mi piacevano quei lunghi silenzi, anche perché ero certo sapesse perfettamente che la stessi fissando.
 
- No. – il solito monosillabo atono, dovevo tirarle fuori le informazioni con le tenaglie.
 
- Quindi è da poco che fai la piratessa. – cercai di tirare a indovinare.
 
- Prima ero su un'altra nave. – mi stava fasciando il braccio.
 
- Perché te ne sei andata? –
 
- Ho fatto infuriare qualcuno di molto pericoloso. – me lo aveva detto solo perché avevo origliato parte della conversazione, non ero certo uno sciocco.
 
- Ed ora questo tipo ti dà la caccia. – conclusi. – Chi è questo tipo? –
 
- Se avremo fortuna non lo saprai mai. – figuriamoci se me lo diceva, avevo chiesto tanto per chiedere, non speravo in una vera risposta. Assicurò la fasciatura in modo che non saltasse e mi diede le spalle sfilandosi i guanti, la conversazione per lei era evidentemente finita.
 
- Cosa accadrà se dovesse trovarci? – le chiesi afferrando la maglia. Lei si voltò a guardarmi per qualche attimo prima di rispondere, come se stesse scegliendo con cura le parole da usare.
 
- Ci ucciderà. – parlava della morte come se stesse conversando del tempo. Rimase in silenzio ad osservarmi rimettermi la maglia, o sarebbe meglio dire a fissarmi, quello sguardo di ghiaccio sembrava trapassarmi ed era assolutamente impossibile leggere sul suo volto il benché minimo pensiero. – Se vorrai andartene Ace te lo lascerà fare, lo hai sentito anche tu. –
 
- Si e tu me lo impedirai tagliandomi la gola e sporcando il ponte ai gemelli. – le sorrisi, la stavo prendendo un po’ in giro e lei sembrò non soffermarsi sul mio tono di voce, rimase molto seria e distaccata.
 
- Se scenderai, il tipo che ci insegue non sarà il tuo solo problema, voglio che tu capisca che questa faccenda è una cosa seria. Sul braccio avevi solo un graffio, se ti troveranno ti faranno molto peggio. –
 
Il suo tono e la sua espressione mi diedero i brividi, mi sembrò che stesse parlando per esperienza. Aveva solo 18 anni, cosa diavolo era successo nella sua vita per farla diventare la persona che era adesso? La situazione era molto seria, ma io ero un cretino, era più forte di me, la mia reazione naturale a situazioni troppo serie era sdrammatizzare facendo l’idiota.
 
- Puoi anche ammettere che da quando mi hai visto non riesci più ad immaginare la tua vita senza di me. – Si, prima o poi sarei finito con uno dei suoi pugnali in un fianco, me ne rendevo conto, ma che volete farci, sono fatto così, non potevo certo cambiare così su due piedi.
 
Onestamente mi aspettavo un’occhiataccia e invece mi restituì la solita espressione indecifrabile, i suoi pensieri erano assolutamente insondabili, non lasciava trasparire niente, non avrei saputo dire se fosse infastidita, stupita, felice o cos’altro. Sono state davvero poche le volte, nell’arco di tempo in cui ho avuto a che fare con lei, in cui si è lasciata sfuggire una reazione emotiva, ha sempre mostrato un elevatissimo autocontrollo.
 
- Appena la Marina si renderà conto che sei ancora vivo ti metterà una taglia sulla testa, ovunque ti girerai vedrai soltanto nemici interessati a quello che sai o a tapparti la bocca. –
 
- E tu invece? Cosa vuoi da me? – sapere se volesse la mia testa o la mia conoscenza sembrava un buon punto di partenza per costruire qualcosa tra noi. – Sei anche tu mia nemica? –
 
- Voglio delle informazioni per trovare quello che sto cercando prima che lo facciano altri. Il resto non mi interessa. – sistemò le ultime cose e mi sorpassò per uscire dall’ambulatorio.
 
- Se non siamo nemici allora siamo amici. – la buttai lì e lei si fermò voltandosi a guardarmi.
 
- Non sono tua amica. – se ne andò lasciandomi da solo.
 
Non la vidi più per il resto della nottata. Il resto della ciurma fu piuttosto gentile e comprensiva con me per le mie disavventure, mi lasciarono lavarmi, mi diedero vestiti puliti, visto che i miei erano macchiati di sangue, e mi lasciarono andare a schiacciare un pisolino, tra la serata in dolce compagnia, la sbronza, la battaglia, la devastazione della mia casa, la fuga e le cure ero davvero distrutto, mi addormentai come un sasso appena toccai il cuscino. Ripresi conoscenza ad un orario vergognoso e con mio grande sconforto mi resi conto di non aver sognato, ero su di una stramaledettissima nave e la mia vita era stata distrutta da una sexy ed irritante biondina. Uscì dalla stanza in cui ero crollato la sera prima e notai subito che la ferita stava molto meglio, quella ragazza era davvero brava come medico, mi guardai intorno per scorgere la sua chioma bionda ma non la vidi da nessuna parte, la nave era piccolina, non poteva certo essere scomparsa nel nulla.
 
- Cerchi qualcosa? – una piccola vocina alle mie spalle, era la seconda volta che sbucava all’improvviso e quasi mi faceva prendere un colpo, sembrava un piccolo ragnetto così appesa ad una corda, con quei folti riccioli neri e quel piccolo nasino all’insù. – Scusa, non volevo spaventarti. – mi sorrise allegra. – Volevo solo aiutarti, sono gli occhi di questa nave, se hai perso qualcosa posso aiutarti io a cercarla. –
 
- Mi chiedevo solo dove fossero gli altri. – le mentì, vista alla luce sembrava ancora più piccola di quanto mi fosse sembrata durante la notte, non aveva neanche 15 anni, era proprio una bambina, come avevano potuto portarsi dietro una ragazzina, su che nave di incoscienti ero finito?! Non voglio fare il moralista, so bene che nel mondo in cui viviamo si comincia presto a cercare la propria strada, ma quel genere di vita non mi sembrava affatto adatto ad una ragazzina.
 
- Sono in cucina, stanno pranzando. – mi indicò una porta, doveva aver immaginato che non avendo avuto occasione di fare il giro della nave non sapessi dove si trovasse.
 
- Tu non sei con loro? –
 
- Ho portato da mangiare a Kora, stavo tornando dagli altri, possiamo andarci insieme. – Keiley era piena di entusiasmo, ma aveva nominato qualcuno che attirava decisamente la mia attenzione.
 
- Kora non è con gli altri? –
 
- Ha fatto il turno di notte come vedetta, dovevo darle il cambio ma ha detto che potevo prendermela comoda stamattina così ho pensato di approfittarne per pranzare con gli altri. Dai andiamo, ti staranno aspettando. –
 
La seguì in cucina ma continuavo a guardarmi intorno per cercare di capire dove fosse la biondina, chissà perché non mi stupiva sapere che le piacesse starsene di guardia da sola. La cucina era parecchio caotica, adesso capivo sul serio perché Kora non avesse voluto unirsi agli altri, visto il suo carattere solitario non doveva piacerle trovarsi in mezzo a quella confusione ma io ero decisamente più socievole e festaiolo e la confusione non mi dispiaceva affatto.
 
Si rideva, si scherzava, ci si canzonava, a volte c’era qualche piccola scaramuccia, il più delle volte tra Ace e Belle, sembravano non andare d’accordo quasi su niente. Ace era molto solare ed energico, anche piuttosto impulsivo, come ebbi modo di constatare nel tempo, non sapete in quanti guai ci ha fatto finire perché prima agiva e poi rifletteva, Belle invece era il suo opposto, terribilmente razionale e pragmatica, la sua missione era tenere al sicuro suo fratello, compito che in più di un’occasione si sarebbe rivelato praticamente impossibile da attuare.
 
I gemelli ridevano e scherzavano tra loro e con gli altri, erano piuttosto singolari, delle volte parlavano in coro, altre completavano le frasi uno dell’altra, sembravano inseparabili e pieni di energia, sfornavano idee ad una velocità pazzesca e non litigavano praticamente mai. Keiley si entusiasmava praticamente per tutto ed andava davvero molto d’accordo con Ace, insieme a lui condivideva la voglia di avventura, quei due volevano mettersi alla prova.
 
Non ricordo cosa mangiammo, devo essere onesto, ero talmente affamato che avevo ingurgitato tutto senza neanche chiedermi cosa fosse, però ricordo bene che non fossero pietanze elaborate.
 
- Presto avremo un cuoco e mangeremo piatti squisiti ogni volta che ne avremo voglia. – mi disse il capitano con un entusiasmo smisurato. Ancora una volta ero sicuro di non aver detto niente eppure, lui come Kora, sembravano avermi letto il pensiero.
 
- Un cuoco? – chiesi per deviare il discorso, non volevo che si accorgessero che riuscivano a leggermi la mente.
 
- Ovvio! La mia ciurma non può essere completa senza un eccellente cuoco. – in effetti Ace mangiava in maniera spropositata, credo di non aver mai visto nessuno mangiare così tanto e con tanta voracità.
 
- In genere non condivido le sue idee strampalate. – Belle era decisamente più posata ed era decisamente bella. – Però stavolta ha ragione, gestire una nave non è una cosa semplice, non possiamo occuparci anche del cibo, abbiamo bisogno di un cuoco di bordo. –
 
- E di uno spadaccino, non te lo dimenticare. – precisò il capitano. – Non possiamo iniziare quest’avventura senza uno spadaccino. –
 
- Uno spadaccino? – ma facevano sul serio?
 
- Certo, è necessario! –
 
- A quanto ho visto Kora maneggia bene la spada. –
 
- Ma non è una spadaccina, è un medico. –
 
Guardai Belle in cerca di aiuto, davvero non capivo la differenza tra una che maneggiava la spada in quel modo ed uno spadaccino.
 
- Vedi, mio fratello vuole diventare re dei pirati ed è convinto che per riuscirci debba seguire l’esempio del suo idolo. – sembrava lo stesse canzonando.
 
- Puoi anche prendermi in giro se vuoi, ma il suo messaggio era corretto, non è necessario avere una ciurma piena di uomini pronti ad obbedirti, è meglio avere accanto pochi amici fidati, la qualità piuttosto che la quantità può fare la differenza tra chi riesce e chi fallisce. –
 
- Caspita! Sei diventato proprio profondo. – la mora lo stava ancora canzonando.
 
- Scherza se vuoi, ma in fondo anche tu la pensi come me o non saresti qui. –
 
- Sono qui solo per evitare che tuti faccia ammazzare visto quanto sei incosciente. Con la taglia che ti ritrovi saresti finito male in un batter d’occhio. –
 
- Taglia? – allora quelli non erano solo bambini che giocavano a fare i pirati, avevano una taglia sulla testa!
 
- Sia lui… -
 
- … che Kora… -
 
- … hanno una taglia … -
 
- … sulla testa. –
 
I gemelli erano inquietanti quando parlavano, però mi avevano dato un’informazione importante, anche Kora aveva una taglia, era ricercata dalla Marina quindi, oltre che dal tipo che la inseguiva.
 
- Anche voi altri siete ricercati? –
 
- No. – rispose la mora. – solo Ace e Kora. – forse era per questo che non aveva voluto dirmi il suo cognome, forse credeva che se lo avessi scoperto e mi avessero catturato avrei potuto denunciarla in qualche modo o comunque metterla nei guai.
 
- Non preoccuparti, presto ne avrai una anche tu, stando a quello che dice Kora. – il capitano mi diede una pacca dietro alle spalle e per poco non mi spiaccicava al tavolo, aveva una forza incredibile.
 
- Ace, non credo che Will voglia diventare un ricercato. – puntualizzò la mora.
 
- Certo, avere una taglia senza aver fatto nulla per essersela conquistata non è piacevole, ma non preoccuparti, vedrai che te la guadagnerai. –
 
- Razza di zuccone! – Belle gli diede un pugno sulla testa. – Il problema non è se la merita oppure no, lui non è come te, non vuole essere un pirata! –
 
- La mora ha ragione, non sono tagliato per questa vita. – accidenti se era vero, ero lì solo perché non avevo avuto scelta.
 
- Allora qual è il tuo sogno scusa? – il capitano si massaggiava il bernoccolo che gli era spuntato sulla testa.
 
- Pubblicare il mio libro, diventare famoso e ricco sfondato e vivere in una lussuosa villa circondato da belle donne. – il capitano mi guardò perplesso.
 
- Questo sogno è una schifezza! – la navigatrice lo colpì di nuovo facendogli spuntare un secondo bernoccolo. – Cosa ho detto di sbagliato? – chiese ingenuamente.
 
- Perdonalo. È un idiota. – si scusò la mora ignorando il fratello.
 
- Quindi ora si va a prelevare il cuoco? – provai a cambiare discorso, in realtà non mi dispiaceva passare un po’ di tempo lì prima di tornare alla realizzazione del mio sogno, la biondina mi intrigava parecchio ed ero curioso di sapere qualcosa in più sul suo conto.
 
- Indovinato amico! –
 
- Sapete già chi sarà il fortunato e dove trovarlo? –
 
- C’è un solo posto al mondo dove si possa trovare un cuoco decente. – mi rivolse un enorme sorriso malizioso come se sapessi la risposta, ma francamente la ignoravo.
 
- Stiamo facendo rotta… -
 
- … verso il Baratie. I migliori cuochi del mondo hanno studiato la, sotto la guida di Zeff. Giusto Tom? –
 
- Giustissimo Lena. Aver lavorato per Zeff è un’ottima referenza. –
 
- Inoltre il cuoco di bordo di Cappello di Paglia proveniva dal Baratie. – mi spiegò la piccola ricciola. – Ace ha un debole per Cappello di Paglia, è il suo eroe. – mi sussurrò all’orecchio.
 
- Sempre che Kora non abbia niente in contrario, giusto Lena? –
 
- Giustissimo Tom. –
 
- Ehi, il capitano sono io, qui gli ordini li do io! –
 
- Ho già parlato con lei, ci ha dato il permesso a patto che scegliessi una rotta sicura. – stavano ignorando il capitano, palesemente. – Lasciate fare a me, sono pur sempre la navigatrice. – mi strizzò l’occhio, davvero, davvero interessante.
 
Finimmo di pranzare in allegria, prima di separarci, potevo fare di necessità virtù e approfittare del tempo che avrei dovuto obbligatoriamente passare su quella nave per scoprire qualcosa in più sul loro conto, magari poteva uscirci un bel libro, chi poteva dirlo.

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Capitolo 4
*** Il posto di ogni cosa ***


Finito di pranzare, la piccola Keiley andò a dare il cambio a Kora e, sebbene mi aspettassi quindi di vederla comparire, non la incrociai da nessuna parte. Non riuscivo a capacitarmi di come facesse a sparire su di una nave così piccola. Mi ero parcheggiato sul ponte già da un po’, prima o poi sarebbe obbligatoriamente passata di lì e quello poteva essere un buon momento per scambiare due chiacchiere con lei. Mi intrigava davvero tanto quella ragazza, così autoritaria e misteriosa. Su quella nave pendevano tutti dalle sue labbra nonostante il caratteraccio. Bhè non era difficile dar loro torto, l’avevo vista in azione, sapeva di sicuro il fatto suo.
 
Me ne stavo appoggiato al parapetto a ripensare al nostro primo incontro, era stato piuttosto singolare ed irritante a ripensarci. Aveva distrutto il mio lavoro, la mia casa, la mia vita e mi aveva anche graffiato il collo! Mi portai la mano alla gola per massaggiarla, il sottile taglietto prudeva da morire. Però dovevo ammettere che mi aveva salvato la vita, era stata davvero una fortuna che fosse arrivata in tempo o a quest’ora il mio libro sarebbe stato nelle mani della marina ed io sotto terra.
 
- Se ti dà fastidio forse dovresti farti dare un’occhiata da Kora. – la bella navigatrice mora aveva lasciato il timone alle cure di uno dei gemelli e si era avvicinata a me. Aveva preso molto a cuore la mia situazione, credo le dispiacesse vedermi così spaesato in un mondo in cui non c’entravo palesemente niente.
 
- Credo che mi farebbe provare più dolore di quanto ne provi adesso. – ricordavo fin troppo bene lo scherzetto con il disinfettante.
 
- In effetti hai urlato parecchio, per un attimo ho avuto paura che ti stesse uccidendo. –
 
- Probabilmente l’intenzione era quella. – le dissi sorridendo, mostrando il mio classico sorriso da conquista, non riuscivo ad evitarlo quando mi trovavo davanti una bella ragazza, e la mora lo era decisamente, ragazzi era proprio una bomba!
 
- Ora che ci penso, non hai ancora fatto un giro della nave. Se dovrai passare un po’ di tempo qui con noi consentimi di fare gli onori di casa. – mi sorrise gentile.
 
- Perché no. – accettai staccandomi dal parapetto a cui ero appoggiato. – Ma non abituarti alla mia presenza bellezza, non resterò a lungo. – patti chiari e amicizia lunga.
 
Mi rispose con una risatina. – Non sei un prigioniero. Puoi andare via quando vuoi. –
 
- Mi era sembrato che Kora non fosse d’accordo con il punto di vista del capitano. –
 
- Non credo ti ucciderà davvero se vorrai andartene, se è questo quello che ti spaventa. È pur sempre un medico dopotutto. –
 
- Dici? Mi sembrava piuttosto seria mentre mi minacciava di morte. – avevamo attraversato il ponte diretti alle cabine.
 
- Ha un carattere un po’ duro alle volte, ma ti assicuro che è una brava ragazza. –
 
- La conosci da molto? –
 
- L’ho incontrata la prima volta molti anni fa, ma non posso dire di conoscerla. –
 
- E allora come sai che sia una brava ragazza? – Belle sembrava più semplice da convincere a parlare.
 
- Per via di Ace. Lui si fida di lei ed io mi fido del suo istinto. –
 
- Non vi sembra pericoloso fidarvi delle sensazioni, visto il genere di vita che fate? – più parlavo con loro più mi convincevo fossero solo dei ragazzini incoscienti ed ora, col senno di poi, confermo la mia impressione, erano e sono dei ragazzini incoscienti, ma non sono solo questo, sono molto molto di più.
 
- Non conosci Ace come lo conosco io. Il suo è un dono, riesce a vedere il cuore delle persone e a capire di chi fidarsi. Riesce a vedere qualcosa nelle persone, qualcosa che a volte neanche loro riescono a vedere. – le brillavano gli occhi parlando dei talenti del fratello, lo ammirava molto. Lo confesso, nonostante sia uno sconsiderato combina guai lo ammiro anche io. Non è una cosa che dico spesso di un altro uomo ma mi ha decisamente conquistato.
 
- Quindi lo hai seguito perché credi in lui. – lei fece un segno di assenso.
 
- Credo davvero che possa farcela… e poi è mio fratello, devo prendermi cura di lui e proteggerlo da sé stesso e dalla sua impulsività. –
 
- Ti dà retta? – scosse la testa.
 
- Assolutamente no. Ma per fortuna pende dalle labbra di Kora, anche se non lo ammetterà mai, e lei, al contrario suo, è molto razionale e prudente. – lo avevo notato anche io ed avevo notato anche quanto fosse attraente e interessante, non avevo mai incontrato una come lei.
 
La nave era piccola ma completa di ogni confort e super accessoriata, i gemelli erano davvero bravi in quello che facevano.
 
- Will, so che non hai scelto questa vita, ti siamo piombati addosso senza preavviso, ma stiamo cercando di aiutarti. Non sei un prigioniero ma Kora ha ragione, se andrai via sarai in pericolo. Noi possiamo aiutarti. – aveva un tono molto dolce e comprensivo, niente a che vedere con la freddezza della biondina che, per la cronaca, ancora non si era vista.
 
- Non sono fatto per questa vita, prima o poi devo tornare alla mia e poi non dimenticare che ho un sogno da realizzare. – le strizzai l’occhio, se voleva farne parte non avevo proprio niente in contrario. Mi sorrise e scosse la testa, quasi a voler ammettere di non avermi convinto.
 
- Come vuoi Will, ma fintanto che vorrai restare sappi che sarai il benvenuto. – mi disse prima di lasciarmi di nuovo sul ponte per andare a controllare la rotta. La seguì con lo sguardo per tutto il tragitto, il retro era bello tanto quanto il davanti, ragazzi su quella nave il panorama era fantastico da qualunque angolazione e non sto certo parlando di paesaggi.
 
- Se tutto andrà bene, domani a quest’ora avremo un cuoco e mangeremo da re. – Una voce proveniente dall’alto mi fece saltare. Ace se ne stava disteso su di una trave, le braccia dietro la testa e le gambe accavallate.
 
- Sempre che voglia venire. – dal punto di vista del capitano volevano diventare tutti pirati.
 
- Da quello che so io Zeff è un tipo molto pesante, ci sarà pure qualcuno che si sia stufato di restarsene lì e che sogni una vita ricca di avventure per mare, che sogni la libertà. – mi guardava e sorrideva. Ace sorrideva spesso, un sorriso sognante e fiducioso al tempo stesso.
 
- Libertà? Siete sempre in fuga e braccati, non mi sembra proprio che la vostra vita coincida con la definizione di libertà. – puntualizzai. È vero, con gli uomini ero molto meno gentile che con le donne, ma quel ragazzo sarebbe riuscito a conquistarsi la mia stima, solo che allora ancora non lo sapevo.
 
- Dipende da che definizione dai alla parola libertà. – allargò il sorriso e scese con un solo balzo atterrando sulle gambe, piegando appena le ginocchia. Era straordinario, io mi sarei di sicuro rotto qualcosa con un salto simile. – Di sicuro su di una nave puoi avere la possibilità di trovare la tua strada. –
 
- Obbedendo a degli ordini? – facile parlare, lui era il capitano.
 
Mi rispose con una risata. – Se ti riferisci a Kora le diamo retta solo perché ha ragione, il più delle volte, ma non siamo pirati convenzionali. Ho la stessa visione di Cappello di Paglia, sulla mia nave voglio una squadra di amici che lottano fianco a fianco per realizzare i propri sogni e non dei subordinati da comandare a bacchetta. – la stessa luce negli occhi di sua sorella. – Vedi, lui ha iniziato una rivoluzione 22 anni fa ed io voglio portarla avanti, credo nel suo messaggio e nei suoi ideali e voglio mantenerli in vita, far sì che la loro fiamma non si spenga mai. –
 
Iniziavo a capire il significato del suo Jolly Roger, un teschio avvolto dalle fiamme, se ci mettete anche che si chiamava Ace, allora quel tipo era tutto un programma.
 
- Quindi il tuo sogno è di essere il prossimo Cappello di Paglia? –
 
- Indovinato, voglio essere il prossimo a guidare questo mondo in una nuova epoca, voglio meritarmi quel cappello. –
 
- È un sogno molto impegnativo. Peccato tu non possa diventare anche di gomma. – scherzai. Avevo avuto modo di conoscere personalmente Rufy Cappello di Paglia nel corso della mia vita, mentre raccoglievo informazioni per il mio libro. Era stata un’intervista davvero molto singolare e divertente, era un tipo molto strano ma molto simpatico e pieno di energia e carisma, bastava essere in sua presenza per iniziare ad ammirarlo, era un uomo che aveva fatto la storia.
 
- Non dico che non mi piacerebbe, ma voglio trovare un mio stile. – e con stile intendeva frutto del diavolo. Era esattamente questo il modo in cui la biondina lo aveva fregato, lo aveva convinto che grazie al mio aiuto avrebbe potuto trovare un frutto adatto a lui che gli consentisse di maturare un suo stile. Furba la piccola streghetta: fingere di aiutare Ace a realizzare il suo sogno per riuscire a portare a termine i propri interessi.
 
- Lo sai vero che il Mera Mera è già in possesso di qualcuno, vero? – lo sapevano tutti ma meglio sottolineare la cosa, anche perché iniziava a venirmi il dubbio che non fosse un problema mettere le mani su un frutto già mangiato. In tal caso mi sarei buttato subito in mare, una cosa era spifferare dove fossero i frutti non ancora mangiati e guidarli a destinazione, ben altra era affrontare personaggi del calibro di Rufy Cappello di Paglia o Sabo, preferivo gettarmi ai pescecani.
 
- È offensivo, lo sai? Solo perché mi chiamo Ace non è detto che debba possedere il Mera Mera. – incrociò le braccia sul petto muscoloso.
 
- Perché ti dispiacerebbe? – gli sorrisi complice.
 
- Ma che scherzi? Quel frutto è fichissimo! – ero perfettamente d’accordo. Non ho avuto il piacere di conoscere Ace Pugno di Fuoco dal momento che sono nato lo stesso giorno in cui è morto ma da quello che se ne raccontava era davvero una leggenda. Ora il suo frutto è in possesso di suo fratello Sabo, pezzo grosso dell’armata rivoluzionaria, solo un folle si metterebbe sulle sue tracce per ucciderlo e rubarglielo. – Però, a differenza di quanto pensi mia sorella, non sono un completo idiota, non ho intenzione di fare la pelle a Sabo e tra l’altro va anche contro i miei principi. –
 
- Non sfidare chi è nettamente superiore a te? –
 
- No. Le sfide vanno bene, se non sfidi chi è più forte non puoi migliorare. Non ho intenzione di uccidere però. Sconfiggere i nemici si, ucciderli no. –
 
- Ma che razza di pirata sei tu?! – era più un’affermazione che una domanda.
 
- Unico nel suo genere. – mi fece l’occhiolino e poi prese a guardarmi molto seriamente portandosi una mano al mento.
 
- Perché mi fissi in quel modo? – avevo un tono piuttosto preoccupato.
 
- Ho avuto un’illuminazione! – Battè il pugno sul palmo dell’altra mano ed io alzai un sopracciglio interrogativo. – Devi avere un ruolo su questa nave, è per questo che non ti senti al tuo posto, non hai niente da fare. –
 
- Frena frena frena frena frena frena. Io non resterò qui, non c’è nessun bisogno che ti scomodi a darmi ruoli. – perché non voleva capire che volevo andarmene e tornare alla mia vita? Non avevo nessuna intenzione di rischiare la pelle per far avverare il suo sogno. Ero profondamente egoista e le uniche cose che mi interessavano erano la mia sicurezza e il mio benessere.
 
Lui mi ignorò completamente, come se quello che volessi e che pensassi non fossero di nessuna utilità.
 
- Vediamo, cosa potresti fare? … ci sono! – battè il pugno soddisfatto e mi rivolse un gran sorriso.
 
- Non lo voglio sapere. –
 
- Alla mia nave manca uno studioso. –
 
- Uno studioso? – mi chiedevo che utilità potesse avere uno studioso su di una nave pirata.
 
- Ma certo, potresti essere tu, in fondo te la cavi bene con penna e calamaio e devi aver letto un sacco di libri. – era vero ma non avevo comunque intenzione di fare il pirata.
 
- Non ci pensare nemmeno, scenderò appena possibile da questa nave e possibilmente prima che mettano una taglia sulla mia testa. –
 
- Quella te la metteranno a prescindere. – tagliò corto come se fosse un’ovvietà di nessuna importanza.
 
- Non possono provare che io abbia avuto a che fare con i pirati. –
 
- Che c’entra, mica te le metteranno perché sei salito sulla Adventure, te la metteranno perché sei sopravvissuto all’incendio. –
 
- Questo lo dice Kora. – sottolineai piccato nel vivo.
 
- Questa è una di quelle volte in cui ha ragione. Io e lei ne abbiamo una, sappiamo come ragionano quelli della Marina. Sei spacciato amico. – Mi diede una pacca sulla spalla e poi se ne andò sghignazzando, lasciandomi lì tutto fumante di rabbia. Possibile che non avessi alternative? Che non ci fosse nessuna via di fuga? Possibile che le mie sole scelte fossero la cattura, tortura e morte contro la pirateria con annesse le stesse eventuali conseguenze? Ma cosa si doveva fare in questo maledetto mondo per rimanere un cittadino onesto?!
 
Ace fece dare ordine che mi fosse mostrata la libreria, non mi aspettavo che la nave ne avesse una ad essere sincero, ma soprattutto non mi aspettavo fosse così grande. Era la sala più grossa della nave ed ospitava tantissimi volumi, su tantissimi argomenti diversi ed accuratamente catalogati in aree di interesse. Notai subito lo scaffale che doveva essere di Kora, pieno di tomi sulla medicina. C’erano parecchie mappe contenute in alcune ceste e volumi praticamente su tutto, dalla carpenteria alle letture leggere, dalla storia alla cucina, libri su tutto. Era una ciurma eclettica, questo era chiaro, ma davvero mi colse alla sprovvista la questione della libreria, ve lo giuro.
 
Lo so che è uno stereotipo quello del pirata analfabeta che firma con le croci e poi le confonde con le isole del tesoro, ma cavolo, erano davvero tanti libri!
 
- Ti piace? – una voce femminile alle mie spalle, apparteneva ad una ragazza dalla chioma azzurra e liscia, più corta da un lato e più lunga dall’altro.
 
- È straordinario, non avrei mai immaginato ci fossero così tanti libri su di una nave pirata. – ero così abbagliato da tutti quei volumi da non essermi reso conto di quanto fosse bella Lena, ma rimediai presto. Forse Ace selezionava le donne della sua ciurma in base alle loro caratteristiche estetiche oltre che alle loro qualità come professioniste nei loro settori, altrimenti non si spiegava come fosse possibile un tale raduno di belle donne su di una nave così piccola. - Credo non ci siamo presentati a dovere io e te. Mi chiamo William, ma tu puoi chiamarmi Will. – le rivolsi il mio miglior sorriso.
 
- Ma certo che ci siamo presentati, appena sei arrivato, non ricordi più? – mi rise praticamente in faccia - Mi chiamo Lena. –
 
- È un vero piacere conoscerti. – sfoggiai un inchino da seduttore e lei mi osservò perplessa come se stesse tentando di capire cosa stessi facendo.
 
- Questa stanza è il nostro tesoro, mio e di Tom, abbiamo trafugato quanti più libri potevamo. –
 
- Sono rubati? –
 
- Noi lo chiamiamo “prestito a lungo termine”, sono più al sicuro nelle nostre mani. Molte persone non hanno rispetto per la parola scritta, maltrattano i libri, non sono capaci di sentirne la voce. –
 
- Tu invece si? –
 
- Si. Io e mio fratello la sentiamo e comprendiamo il loro valore inestimabile. All’interno di ciascun tomo ci sono informazioni uniche che non devono andare perse o dimenticate. Sai, io e Tom siamo contenti che ci sia qualcuno ad occuparsi di questo posto adesso. Noi siamo molto impegnati con la manutenzione e le invenzioni, non riusciamo a dedicare a questo luogo l’attenzione che merita. –
 
- È molto carino ma, io non resterò, sono qui solo di passaggio, appena si saranno calmate le acque tornerò alla mia vita. Credo che scenderò alla prossima fermata. –
 
- Al ristorante di Zeff? – si era appoggiata al gigantesco tavolo rotondo che si trovava al cento della sala rigirandosi un ferma carte tra le mani.
 
- Perché no. Un’isola vale l’altra dopotutto. –
 
Si fermò per qualche istante ad osservarmi prima di scoppiare a ridere battendo un pugno sul tavolo.
 
- Che c’è di così divertente? –
 
- Tu credi che il ristorante di Zeff si trovi su di un’isola. – aveva praticamente le lacrime agli occhi.
 
- Perché non è così? –
 
- Certo che no sciocchino. Zeff lavora su una nave ristorante. –
 
- Una nave??? – ecco, un’altra brutta notizia, non potevo ancora andare via.
 
- Si, ed è un posto molto frequentato, sia da gente comune che da pirati e Marina, sono sicura che Kora ti suggerirà di chiuderti in cabina a doppia mandata e di non farti vedere per tutto il tempo che saremo lì. – Kora, ancora il suo nome, con chiunque parlassi tirava in ballo lei, quella ragazza era ovunque sebbene non fosse da nessuna parte.
 
- Andrà lei a prendere il cuoco o la cuoca? – volevo sapere se si sarebbe allontanata dalla nave.
 
- Il cuoco. – precisò lei. – Zeff prende sotto la sua ala protettiva solo gli uomini. – peccato, non mi sarebbe dispiaciuto avere ancora un’altra donna a bordo, per quanto mi riguardava non erano mai abbastanza.
 
- Tipo particolare questo Zeff. – io avrei assunto solo donne.
 
- Da quello che si dice sul suo conto, credo lo sia davvero. – scoppiò di nuovo a ridere. – Ad ogni modo non so se andrà Kora stavolta. Credo che Ace abbia già un’idea della persona con cui parlare, dovrebbe esserci una sua vecchia conoscenza a bordo a cui vuole offrire un posto nella sua ciurma. –
 
- Sempre che accetti. – non capivo proprio tutto il loro entusiasmo per questa vita, io non avevo avuto scelta, ma se l’avessi avuta col cavolo che mi sarei unito a loro.
 
- Il capitano sa essere persuasivo quando lo vuole. – Fece per alzarsi e andarsene quando si batté una mano sulla fronte per palesare il fatto che le fosse tornato in mente qualcosa di importante. – stavo per dimenticarlo, tieni! – frugò in una delle enormi tasche del suo multi-cinturone degli attrezzi e mi lanciò un quadernetto in pelle. – è il diario di bordo. – mi spiegò lei vedendomi confuso. – Ace vuole che lo gestisca tu, pensa che tu sia Super-indicato per questo ruolo. Divertiti. – Mi diede una pacca dietro le spalle ed uscì dalla stanza senza neanche avermi dato il tempo di protestare.
 
Ora ragazzi, da che mondo è mondo, il diario è una responsabilità del capitano, tutt’al più del navigatore, non si era mai sentito che fosse affidato ad un prigioniero. Se pensava che scrivere un diario mi avrebbe distratto dal pensiero che sarei morto male si sbagliava di grosso, non sarei rimasto e questa era la mia ultima parola.
 
Passai il resto del giorno in quella biblioteca a catalogare i vari tomi e devo dire che ce n’erano alcuni davvero interessanti che avrei letto molto volentieri. La biblioteca comunicava con un piccolo sgabuzzino rimasto vuoto, forse pensato per accatastarci libri, mappe e oggetti. I gemelli vennero a trovarmi nel tardo pomeriggio e lo trasformarono in una camera da letto di fortuna, mi dissero che ci avrebbero lavorato con maggiore attenzione il giorno seguente trasformandola in una camera di tutto rispetto. Dissi loro che non era necessario dal momento che non sarei rimasto ma ancora una volta quelli erano ordini del Capitano e non si discutevano.
 
Consumammo l’ultima cena di fortuna in cucina, tutti insieme, tutti ad eccezione del medico, ancora una volta non era presente. Guardai spesso la porta chiedendomi dove mai fosse finita.
 
- Chi farà il turno di notte? – buttai lì così, speravo di poter indirizzare la conversazione in modo tale da ottenere informazioni utili.
 
- Lo farà Tom. - Rispose il Capitano. – Volevi offrirti volontario? – mi provocò lui.
 
- Dovrebbe prima riprendersi da ieri non credi? – Belle era intervenuta in mia difesa, come sempre.
 
- Stavo solo scherzando. Farà il suo turno quando finiremo il giro e si sarà ambientato. – Niente, non era disposto a considerare il fatto che me ne sarei andato. – Kora non cena? – chiese lui, a quanto pare ci chiedevamo la stessa cosa.
 
- È nel suo studio, le ho portato la cena poco fa, ha detto che aveva delle cose da fare, penso lavorerà fino a tardi. – ecco dov’era finita, buono a sapersi davvero.
 
- Crede che incontreremo problemi al Baratie? – Ace era diventato parecchio serio.
 
- Credo voglia assicurarsene, abbiamo parecchia gente alle calcagna. Non riuscirà a rilassarsi fino a quando non avremo fatto i due prelievi, lo sai, la conosci. –
 
- Dovrebbe rilassarsi un po’ quella ragazza e prendere le cose con più leggerezza. Va bene, dopo passerò da lei e cercheremo di capire cosa aspettarci. –
 
- Ragazzi io ho finito. – Tom si stava alzando da tavola. – Vado a dare il cambio a Keiley, starà morendo di fame. – Diede il cinque a sua sorella prima di andarsene. Quei due si somigliavano molto solo che Lena era leggermente più bassa del fratello ed aveva i capelli più lunghi, mentre lui li portava corti, con il ciuffo davanti pettinato verso l’alto. Entrambi avevano gli occhi azzurro-verdi e due fori su di un orecchio, Tom a destra e Lena a sinistra.
 
- Non cascare dall’albero Tom! – gli disse sua sorella.
 
- E tu non cascare dal letto Lena! – entrambi sorridevano scherzosi.
 
Quando arrivò Keiley portò nella stanza una ventata di buonumore, si era annoiata molto tutto il giorno di vedetta, ma Kora credeva fosse necessario visto che eravamo su di una rotta pericolosa. Scherzò molto con il Capitano, quei due andavano davvero molto d’accordo e sebbene il piccolo ragnetto fosse il membro più giovane dell’equipaggio sembrava non risentirne minimamente comportandosi da loro pari. Più in la venni a sapere che era la più piccola di 5 fratelli maschi, era abituata a comportarsi in modo tale da ottenere la loro attenzione ed il loro rispetto, i ragazzi della ciurma non la spaventavano affatto. Tuttavia in alcune cose si notava ancora la sua giovane età, tant’è che a fine cena si addormentò a tavola.
 
- Povera piccola, è sfinita. – Belle le accarezzò tutti quei riccioli neri. – Ci mette talmente tanta energia in quello che fa da scaricarsi completamente. Ace ci pensi tu? –
 
Il moro si alzò sospirando e la prese tra le braccia. – Si, la porto io a letto, non preoccuparti. – uscì dalla cucina con la ragazza addormentata sul suo petto.
 
- Va bene. Io devo andare a controllare la rotta per stanotte e dare le indicazioni a Tom, non mi aspettate. A domani ragazzi, buonanotte. – La salutammo e infine anche Lena si congedò avendo delle ultime cose da fare prima di andarsene a dormire.
 
Io non avevo voglia di andare a letto, visto che mi ero svegliato ad ora di pranzo, così vagabondai un po’ per il ponte prima di decidermi a tornarmene alla biblioteca. Non ero la prima volta che viaggiavo per mare, avevo girato praticamente il mondo alla ricerca di informazioni per il mio libro, ma questa era la prima volta in cui non avevo un obiettivo. Ero sovrappensiero quando arrivai davanti allo studio di Kora, non mi ero neanche reso conto di essere diretto lì. Mi ritrovai davanti alla sua porta indeciso sul da farsi e alla fine mi risolsi a bussare.
 
- Avanti. –
 
Era china sulla scrivania, circondata da libri, stava scrivendo qualcosa, non alzò neanche la testa quando entrai nella stanza. Aveva i capelli sciolti, erano abbastanza lunghi da sfiorare il tavolo, notai che nella parte finale erano mossi. Erano meravigliosi e sembravano fatti di fili d’oro e d’argento, ci si poteva incantare a guardare come ciascun filo catturasse la luce.
 
- Che cosa vuoi? – simpatica e ospitale come sempre.
 
- Non ti ho vista a cena… -
 
- Avevo da fare. – neanche se avesse dovuto pagare le parole che usava le avrebbe usate con tanta parsimonia.
 
- Siamo in pericolo? – cercavo di trovare un punto di contatto con lei per iniziare una conversazione. Lei si fermò ed alzò lo sguardo su di me. Quegli occhi grigi avevano la capacità allo stesso tempo di mettere a disagio e attrarre magneticamente.
 
- Tu lo sei da quando è uscito quell’articolo. –
 
- Quindi stai lavorando così tanto per me? – le feci un sorriso provocante.
 
- Sto lavorando per raggiungere i miei obiettivi. Te lo chiedo di nuovo: cosa vuoi? –
 
Se non trovavo una scusa in fretta la conversazione sarebbe finita lì.
 
- Volevo chiederti ogni quanto bisogna cambiare la medicazione. – non mi era venuto in mente niente di meglio, lei mi fissò per qualche attimo, l’espressione impenetrabile ma sono certo che avesse capito che la mia fosse solo una scusa, ciò nonostante non mi sbattè fuori in malo modo.
 
- Siediti -  mi indicò una sedia, era evidente che fossi troppo alto per sedermi sul lettino. Obbedì sforzandomi di non fare l’idiota, bastava un niente per rovinare tutto ed essere sbattuto fuori a calci.
 
- Togliti la maglia. – si alzò dalla scrivania e si mise i guanti. Non indossava il lungo cappotto e nemmeno il cappello, aveva solo un pantalone piuttosto aderente con stivali alti al ginocchio ed una camicetta stretta in vita dal corsetto, con un’ampia scollatura. Si avvicinò a me ed iniziò a disfarmi la medicazione, senza dire una parola. Tastò i bordi della ferita, era estremamente delicata, aveva il tocco di un angelo, difficile da credere che con quelle stesse mani avesse maneggiato così bene delle armi. Prese un batuffolo imbevuto di disinfettante ed io istintivamente serrai la mascella e chiusi gli occhi. Quando li riaprì lei stava sorridendo, non avevo sentito assolutamente niente e lei aveva trovato molto divertente la mia reazione. Confesso che mi sentì alquanto imbarazzato, non è piacevole essere presi in giro per le proprie debolezze.
 
Non disse niente, si limitò a conservare quel meraviglioso sorriso sarcastico. Ragazzi ormai avrete capito che io ho un debole per le belle donne, tanto quanto loro lo hanno per me, ma lei non era come le altre. Cioè, mi era già capitato di fermarmi ad osservare un bel fondoschiena o qualche scollatura, ma difficilmente mi sono incantato ad osservare un sorriso ed un paio di occhi. Quella ragazza era decisamente una strega, altrimenti non si spiega, non capirò mai cosa mi abbia fatto, come sia riuscita a ridurmi così, fatto sta che, almeno in quel momento, ero sotto il suo incantesimo e non riuscivo a smettere di guardarla.
 
Finì di medicarmi in silenzio senza perdere il sorriso. – Allora, c’è altro? –
 
- Altro? – altroché se c’era altro.
 
- Volevi qualcos’altro o abbiamo finito? – Volevo decisamente altro, ma ormai la conoscevo abbastanza da aver capito che dire a voce alta cosa avrei voluto facesse avrebbe significato avere la gola tagliata, se mi andava bene.
 
Stava per sfilarsi i guanti quando mi venne in mente la scena del ponte con Belle.
 
- Ho un graffietto che mi prude. –
 
- Dove? – lasciò il bordo dei guanti.
 
- Qui sul collo, proprio sotto la mandibola. – alzai la testa per farle vedere e lei mi rivolse uno sguardo che poteva tradursi più o meno in “ma fai sul serio?” – Non guardarmi così, sei stata proprio tu a farmelo e ci terrei a sottolineare anche che è stata cattiveria gratuita nei miei confronti. – il mio tono lasciava intendere perfettamente che stessi scherzando.
 
Espirò, come se si trovasse davanti un bambino e mi disinfettò il taglietto prima di apporvi una crema.
 
- Passata la bua? – chiese sarcastica.
 
- Potresti darci un bacino su, tanto per essere sicuri. – la sua espressione tornò gelida e tagliente. Avevo fatto un passo falso.
 
- Abbiamo finito. – si sfilò i guanti e mi diede le spalle ed io espirai per la frustrazione.
 
- Non sei una che apprezza queste cose, vero? – le dissi rimettendomi la maglia anche se stavo parlando più a me stesso che a lei, non mi aspettavo certo che mi rispondesse. Non volevo andarmene ancora ma non trovavo scuse per rimanere. Ma certo, rimanere, rimanere era la soluzione. – Neanche tu vuoi rimanere su questa nave, non è così? – lei si voltò a guardarmi, gli occhi di ghiaccio che mi trapassavano da parte a parte. – Siamo più simili di quanto pensi io e te. –
 
- Noi non siamo affatto simili. –
 
Bussarono alla porta, era Ace, la conversazione era irrimediabilmente finita, almeno per oggi, ma era chiaro che dovessi cambiare approccio se volevo ottenere qualcosa. Il fatto è che non è semplice cambiare sé stessi, ero fatto così, non riuscivo ad essere diverso, avevo impiegato anni a diventare quello che ero, non potevo distruggere tutto in pochi secondi solo per far colpo su di lei.
 
- Tira una brutta aria qui dentro. – osservò il capitano sorridendo.
 
- Cos’è avete scambiato il mio studio per un salotto? –
 
- Di sicuro sarebbe più piacevole del venir qui a farsi rattoppare. – scoppiò a ridere. – Credo di non aver mai sentito qualcuno urlare così tanto. – Ce l’aveva con me e sebbene avesse ragione mi dava fastidio, tanto più che avesse ragione.
 
- L’anestetico non era ancora in circolo. – mi stava giustificando, questo si che era sbalorditivo.
 
- La prossima volta sarà meglio che aspetti che entri in circolo, stava per prenderci un infarto. –
 
- Cosa vuoi Ace? –
 
- Parlare. Della rotta e di domani. – il messaggio era chiaro, ero di troppo e comunque non mi interessavano i loro affari da pirati, meno ne sapevo e meglio era.
 
- Io credo che andrò a riposare. Queste cose da pirata non mi interessano. –
 
- Guarda che se vuoi puoi restare. – mi disse il capitano.
 
- No grazie, meno ne so e meglio è, già non circola buon sangue tra me e quelli della Marina per la storia del libro, non vorrei peggiorare le cose. Divertitevi. – Li salutai alzando la mano e uscì. Domani sarebbe stato un nuovo giorno e dovevo assolutamente riposare ed essere in forze per poter pensare a come scappare e come riuscire ad avvicinarmi di più al medico di bordo.

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Capitolo 5
*** La nave ristorante ***


Il mattino seguente provai ad alzarmi ad un orario decente e riuscì a raggiungere gli altri per colazione. C’era una gran confusione ed il solito disordinato buonumore. C’erano tutti tranne lei, anche Tom era in cucina e sbadigliava non vedendo l’ora di andarsene a letto a riposare. Keiley chiacchierava spensierata con Ace, il capitano sembrava di buonumore, forse la chiacchierata con Kora della sera prima era andata a buon fine tranquillizzandolo quanto bastava.
 
- Stanotte hai fatto le ore piccole capitano. – disse Tom tra gli sbadigli attirando la mia attenzione.
 
Il capitano gli restituì un sorriso. – Ogni tanto mi prendo anche io le mie responsabilità. –
 
- Kora è l’unica in grado di farti tardare un appuntamento con il letto. – lo punzecchiò sua sorella.
 
Iniziavo ad infastidirmi per la piega che stava prendendo la conversazione.
 
- Allora capitano… – iniziò Lena.
 
- … Credi che incontreremo problemi al Baratie? – completò Tom.
 
- Non credo. Abbiamo passato buona parte della notte a spulciare le carte nautiche e a discuterne. Dovremmo essere al sicuro, ma è meglio non abbassare la guardia. –
 
- Ace ha ragione. – il medico di bordo aveva fatto il suo ingresso in sala, indossava un jeans aderente ed una maglia a maniche lunghe blu piuttosto larga. Che questa osservazione resti tra noi ragazzi, ma credo spiccasse in modo particolare anche perché era estremamente coperta, per lo meno rispetto alle altre ragazze sulla nave. – Il fatto che chi ci sta alle calcagna non rappresenti un pericolo al Baratie non ci pone al sicuro. Non sappiamo chi ci possa essere lì, non dimenticate che è un posto molto frequentato. –
 
Prese posto a tavola e recuperò una tazza fumante che a dire il vero non ho idea di cosa contenesse.
 
- Ecco perché tu resterai a bordo. – disse rivolta a me con il solito sguardo di ghiaccio.
 
- Mi dispiace amico – mi disse Ace comprensivo, anche se io non avevo nessunissima voglia di rischiare la pelle.
 
- Questo vale anche per chi di noi ha una taglia sulla testa. – e stavolta ce l’aveva con il capitano.
 
- Cosa? Non puoi dire sul serio! – il quale non sembrava affatto d’accordo con la decisione del medico.
 
- Ti risulta che io sia una che scherza? – in effetti no, non lo avrebbe pensato mai nessuno, questo era poco ma sicuro.
 
- Non ho nessuna intenzione di restare a bordo anche questa volta e lasciare che vi divertiate solo voi e poi sono il capitano, voglio avere voce in capitolo su chi sarà il cuoco di bordo. –
 
- Ed hai intenzione di averla da Enies Lobbie o da un patibolo? –
 
- Ne abbiamo già discusso ieri. Se devo passare la vita a nascondermi dalla Marina tanto valeva non fare il pirata, dovunque andremo potrebbero riconoscerci ed io non ho intenzione di passare il resto della mia esistenza nell’ombra! –
 
- Tu sei uno sconsiderato. Ci attirerai addosso l’attenzione di tutti. – lo aveva detto con un tono fin troppo tranquillo.
 
- Prima o poi il mondo deve pur prendere atto dell’esistenza dei pirati Hell. Andiamo Kora, ci divertiremo. – le fece l’occhiolino e le sorrise ricevendo in cambio uno sguardo tagliente.
 
- Sarà meglio che tu vada con lui, in modo da tenerlo d’occhio. – le suggerì Belle sottovoce.
 
- Non ho bisogno della babysitter ma se vuole venire sa bene che non mi dispiace averla al mio fianco in battaglia. – le sorrise.
 
- Battaglia? Credete che ci sarà da combattere? – ero immediatamente tornato con la mente a quella sera a casa mia e in effetti la presenza di Kora era piuttosto rassicurante e per tale motivo avrei preferito averla nei paraggi piuttosto che lontana.
 
- Non credo. – mi rispose Ace. – Ma meglio essere pronti a tutto, o sbaglio? – mi strizzò l’occhio, ma non mi fece sentire affatto più sicuro.
 
Finimmo di fare colazione e non ci fu verso di dissuadere il capitano, era intenzionato ad andare e non ammetteva repliche. Era estremamente contrario a nascondersi dietro i propri uomini e non era per niente spaventato all’idea dei pericoli, in pratica un incosciente, l’esatto mio opposto. Mi dissero di restarmene a bordo, al sicuro e ne fui fin troppo felice, ad essere onesto. Non ero attratto dal pericolo e non mi interessavano le questioni da pirata. Anche Kora scelse di rimanere a bordo e questo mi fece sentire molto meglio, se le cose si fossero messe male ci sarebbe stata lei a portarci in salvo.
 
Arrivammo nei pressi del Baratie, una grossa nave di forma ovale con la polena a forma di pesce. Attraccammo ed Ace saltò letteralmente sulla nave ristorante. Si voltò verso di noi, loro si trovavano leggermente più in basso, con un enorme sorriso dipinto sul volto.
 
- Sicura di non voler venire? – la biondina era affacciata al parapetto, le braccia incrociate.
 
- Se ci metti nei guai ti darò una lezione. – il suo meraviglioso sorriso sarcastico, a quanto sembrava si era convinta che non avrebbero incontrato grossi guai.
 
- Signorsì, Signora. – il capitano si portò due dita alla fronte per salutarla. Di nuovo quella punta di fastidio. Non so se ve l’ho detto ragazzi ma io ero un uomo decisamente affascinante… il fatto è che anche il moro non scherzava per niente.
 
- Non preoccuparti Kora, lo terrò d’occhio io. – Belle le poggiò una mano sulla spalla prima di eseguire lo stesso balzo del fratello e seguirlo.
 
- Aspettatemi! Vengo non voi! – il piccolo ragnetto stava scendendo sulla nave ristorante calandosi da una fune.
 
- Ma non è troppo piccola per andare con loro? – chiesi all’affascinante medico. Dall’occhiata che mi rivolse credo mi stesse considerando un idiota.
 
- Chi decide di salire su di una nave pirata deve essere pronto a tutto e sapersi difendere, non è pensabile vivere all’ombra dei propri compagni. – stava sottolineando il fatto che non fossi tagliato per quel genere di vita, cosa che sapevo perfettamente anche da solo.
 
- Senti dolcezza, non ho mai chiesto di fare questa vita e me ne andrò quanto prima. So bene che questo non è il mio posto. – mi guardò stupita. – Cosa c’è? Cosa ho detto? –
 
- È la prima cosa sensata che ti sento dire. Ciò nonostante non andrai da nessuna parte, non sopravvivresti 5 minuti lì fuori da solo. – mi diede le spalle per tornarsene al suo studio.
 
- Non sono adatto a restare su questa nave e non posso cavarmela se scendo. Cosa dovrei fare secondo te? – il tono era più alterato di quanto avessi voluto e quando si voltò a guardarmi pensai che avrebbe fatto uno scatto verso di me ma non si mosse.
 
- Cerca di trovare il tuo posto in questo mondo e smettila di nasconderti dietro agli altri. – io non mi nascondevo dietro nessuno! È vero, in casa mia mi aveva aiutato, ma ero stato colto alla sprovvista e poi non poteva certo pretendere che fossi in grado di fare chissà cosa, non sono un superuomo come Ace.
 
Quando mi lasciò solo sul ponte ammetto di aver provato un po’ di risentimento nei suoi confronti, mi giudicava così duramente senza neanche conoscermi, pretendeva che fossi quello che non ero, ma ora che ho davanti tutta la storia ho capito perché quella volta mi parlò in quel modo. Belle me lo aveva detto tante volte, ma io non le avevo creduto, non le ho creduto per molto tempo ad essere onesto. Kora cercava solo di proteggermi, di evitare che mi uccidessero, voleva spingermi a diventare più forte, a non lasciarmi distrarre dalle mie scuse e dal mio sentirmi inadeguato per la situazione. Voleva che il mio non essere come Ace non fosse una scusa dietro cui nascondermi, perché quella scusa non poteva proteggermi dalle spade, dai pugni e dai cannoni.
 
Dovevo trovare la mia strada, dovevo capire chi ero e prendere atto delle mie potenzialità per trovare un modo per sopravvivere. Sapeva che non ero un superuomo e non me ne faceva una colpa, anzi, credeva che, proprio perché non lo fossi, fosse di ancora più vitale importanza che io capissi chi fossi davvero, insomma che prendessi atto dei miei punti di forza oltre che delle mie debolezze. Ci ho messo tanto tempo per capirlo, a volte penso che forse ho impiegato troppo tempo. Ma andando avanti, quando avrete davanti il quadro completo come l’ho io adesso, capirete di cosa sto parlando.
 
Mi rintanai in biblioteca, volevo leggere per passare il tempo ma ero arrabbiato e non riuscivo a concentrarmi. Non pensavo di meritarmi quell’atteggiamento da parte sua, in fondo ero sempre stato gentile con lei. Dovevo trovare un modo per cambiare la sua considerazione nei miei confronti. Ci stavo rimuginando su da un bel po’ quando sentì un forte rumore ed uno scossone alla nave. Il mio lato realista mi suggerì subito che eravamo nei guai ed il mio lato codardo mi consigliò di restarmene lì rintanato ad evitare i problemi. Poi sentì correre sul ponte e pensai a Kora e a Belle e Keiley che si trovavano sul Baratie e mi decisi ad uscire per capire cosa fosse successo.
 
Dal Baratie veniva fuori del fumo, non era un buon segno ma non sembrava grave. Kora era appoggiata con le mani al parapetto, stringendolo fino a farsi sbiancare le nocche, la mascella serrata. Appena sentito il botto era corsa fuori dal suo studio.
 
- Ace, maledizione! – senza pensarci ulteriormente saltò sulla nave ristorante facendo tintinnare le armi che portava legate in vita. Corse verso l’interno ed io mi ritrovai sul ponte dell’Adventure con i due gemelli.
 
- Tira aria di guai lì dentro. –
 
- Meglio preparare la nave Tom. –
 
- Non potrei essere più d’accordo Lena. –
 
- Tu hai intenzione di restartene imbambolato sul ponte? – mi chiese la ragazza dai capelli azzurri.
 
Guardai entrambi per qualche attimo e poi chiusi gli occhi ed espirai. Stavo per fare una follia, lo sapevo bene, mi sarei fatto uccidere di sicuro, ma non potevo restarmene lì ad aspettare di sapere cosa ne sarebbe stato di me… e di loro. Scavalcai il ponte ed iniziai a scendere in modo piuttosto goffo a scala di corda senza badare a quello che i gemelli mi stavano dicendo. Non avevo la più pallida idea di cosa avrei fatto, mi pentivo solo di non essere ubriaco, cosa a cui avrei rimediato di sicuro appena tornato a bordo.
 
Il ponte era abbastanza tranquillo. Corsi nella direzione verso cui avevo visto sparire Kora chiedendomi di che entità fosse la minaccia. Chi avrei trovato una volta entrato in sala? Marina? Pirati? Il famigerato uomo che ci dava la caccia? Non vi nascondo che avevo il cuore in gola, non ero certo un impavido, ma non volevo che la biondina lo sapesse. Sperai solo di non peggiorare le cose. Quando voltai l’angolo, la scena che mi trovai di fronte era al di là di ogni mia immaginazione. Kora si teneva una mano sul viso per la frustrazione, Belle urlava contro Ace, era in piena ramanzina, il capitano sorrideva con una mano dietro la testa e Keiley saltellava loro intorno tentando di mettere pace.
 
Alle spalle di Ace c’era un grosso buco nel muro e quelle che sembravano le gambe di un uomo. Me ne andai per un’idea ma da quello che potevo vedere, il capitano aveva scaraventato un tipo contro il muro sfondandolo. Mi bloccai all’ingresso della sala ad osservare confuso la scena. La biondina non ci mise molto ad accorgersi della mia presenza. Sgranò gli occhi e si voltò di scatto verso di me con un’espressione allarmata. Mi incantai a guardarla mentre si avvicinava a me a passo di carica e mi afferrava per il colletto.
 
- Che diavolo ci fai tu qui? – mi ringhiò contro. – Ti avevo detto di restartene nascosto sulla nave. Perché sei venuto qui? – sbarrò gli occhi per un attimo. – Cosa è successo alla nave? – credeva che fossi lì perché fosse successo qualcosa alla nave.
 
- N-Niente… la nave sta benissimo. – mi guardò confusa.
 
- Allora cosa diavolo ci fai qui? –
 
- Pensavo foste nei guai… -
 
- Cosa sta succedendo nel mio ristorante? – Un uomo anziano vestito da cuoco, con un altissimo cappello e lunghissimi baffi grigi intrecciati, avanzava pesantemente sulla sua gamba di legno. Incuteva timore e rispetto. Osservò il buco nella parete e poi il nostro capitano che si avvicinava sorridente.
 
- Chiedo scusa per il muro. –
 
- Sei stato tu moccioso? –
 
Belle corse a frapporsi tra i due.
 
- È stato solo un incidente Signore, non volevamo creare problemi, glielo assicuro. Non è vero Ace?  –
 
- Ace… - ripetè squadrando il ragazzo che ancora gli sorrideva. – Un pirata. –
 
- Indovinato! – Belle sbiancò e Kora sgranò gli occhi, non era difficile immaginare che stessero pensando a quanto fosse stupido e incosciente a dirlo tranquillamente in una sala piena di gente.
 
- Chissà perché la cosa non mi stupisce. Voi novellini sapete combinare solo guai. –
 
- Se lo era meritato. – rettifico, fu questo il momento in cui Belle sbiancò fissando il fratello ad occhi spalancati.
 
- Ma cosa prende a Belle? – sussurrai a Kora a pochissima distanza da me.
 
- Quell’uomo è Zeff Piede Rosso. –
 
- Piede Rosso? –
 
- Per via del sangue dei nemici che gli sporcava le scarpe dopo averli presi a calci. Non è un uomo da provocare. – era pronta ad entrare in azione da un momento all’altro, lo vedevo da quanto le sue spalle fossero tese.
 
- Le questioni tra pirati non mi interessano. Nel mio locale chi rompe paga moccioso! –
 
- Certo. Le ripagheremo il muro. – Belle continuava a provare a mediare.
 
- Sto cercando una persona. – il capitano invece non sembrava aver capito chi avesse di fronte.
 
- Ace sa chi è quell’uomo? – chiesi alla biondina.
 
- Si. Lo sa. – il suo viso non mostrava niente ma credo fosse preoccupata.
 
- Non mi interessa chi stai cercando ragazzino. Ripagami il muro e poi vattene. –
 
- Sto cercando un tuo apprendista. Un ragazzo sui 19 anni, con i capelli biondi. – Il capocuoco sbarrò gli occhi per qualche istante prima di riacquistare la sua espressione dura.
 
- Prendi i tuoi uomini e vattene prima che vi faccia sbattere fuori dai miei cuochi. –
 
- Non me ne andrò fino a quando non gli avrò parlato. –
 
- Cosa vuoi da lui? –
 
- Chiedergli se vuole unirsi alla mia ciurma. – l’espressione di Piede Rosso cambiò. Non sapevo per quale motivo, ma il capitano lo aveva fatto inferocire.
 
- Te lo ripeto per l’ultima volta ragazzino: vattene finché sei in grado di farlo con le tue gambe. –
 
- Non ci penso nemmeno. – Ace continuava a sorridere. Kora aveva messo la mano sull’elsa della katana senza dare nell’occhio. Spostava lo sguardo nella sala, a quanto pare la rissa era inevitabile.
 
- Torna alla nave. – un sussurro.
 
- Non ci penso nemmeno. Non vi lascio soli. – era la mia voglia di far colpo su di lei e non il mio coraggio a parlare.
 
- Sei completamente inutile qui. –
 
- Ehi ragazzo non hai sentito quello che ha detto Zeff? Gira i tacchi e vattene. – a parlare era stato un uomo molto grosso dalle braccia molto pelose, indossava un’uniforme nera e impugnava due coltellacci.
 
Ace non si mosse, continuava a sorridere, come se avesse tutto sotto controllo. Certo, lì c’era Kora a guardargli le spalle ma ciò nonostante io al suo posto non sarei stato così tranquillo.
 
- Ace per l’amor del cielo! – Belle si era parata davanti a suo fratello. – Non vorrai iniziare una rissa?! – inchiodò due occhioni supplichevoli sul viso del ragazzo che la ignorò continuando a fissare il vecchio capocuoco.
 
- Perché non vuoi che parli con lui? –
 
- Il ragazzo resta qua! – si guardavano in cagnesco.
 
Dopo qualche attimo Ace si mise le mani sui fianchi e sbuffò.
 
- E va bene. Se non vuoi chiamarmelo fa niente, aspetterò sulla mia nave, ma non andrò via senza parlargli. –
 
- Forse non mi sono spiegato moccioso: il ragazzo non andrà da nessuna parte e adesso andatevene! –
 
- Ehi voi! – un uomo seduto a tavola. – Non ce li vogliamo i pirati in questo posto! –
 
- Non ci senti ragazzino? Ti ha detto di andartene! –
 
- Non fai più il prepotente adesso! –
 
- Siete solo dei ragazzini! – la clientela stava approfittando dei cuochi per sbatterci fuori.
 
- Un momento… - un tipo guardava insistentemente verso me e Kora. – Ma io li conosco questi tipi, li ho già visti… Tu non sei forse… - la biondina non gli lasciò completare la frase.
 
- Un’altra parola e sei un uomo morto! – lo sguardo più affilato della sua lama.
 
- Non tollero che nel mio ristorante si minaccino i miei clienti. – Zeff era contrariato davvero. Ecco, avevamo fatto la frittata!
 
- Kora ti prego abbassa la spada… - Belle non sapeva a chi rivolgersi più per calmare le acque. Il medico non si muoveva di un millimetro.
 
- Kora… lo sapevo di avervi già visto. – nonostante la spada alla gola quel tipo le ghignava in faccia, era tutto suonato, non aveva idea di che belva si trovasse davanti.
 
Fu solo un attimo, un lampo ma intravidi nei suoi occhi la furia omicida. Un uomo seduto ad uno dei tavoli, che fino a quel punto aveva continuato a mangiare senza degnarci di attenzione intervenne senza smettere di fare ciò che stava facendo.
 
- Direi che possa bastare così, non credete? – un uomo dai capelli rosa, barba e pizzetto ben curati, sfiorava a malapena la quarantina, un paio di occhiali tondi blu sulla testa ed un foulard della stessa tinta al collo. Continuava a mangiare senza voltarsi.
 
I miei compagni si voltarono nella sua direzione e lo osservarono posare le posate e pulirsi le labbra con il tovagliolo prima di alzarsi. Il medico strinse gli occhi ad una fessura mentre il capitano lo guardava perplesso.
 
- E tu chi saresti? – chiese curioso Ace.
 
- Per oggi solo un avventore che si stava godendo il pranzo nel miglior ristorante del mondo. – sorrise ai ragazzi. – A proposito, complimenti davvero Signor Zeff, era tutto delizioso. – sorrise al cuoco prima di tornare sui ragazzi. – Tornando a noi, che ne direste di portare la conversazione su toni più civili? – guardava Kora, credo volesse dire “abbassa la spada”.
 
La biondina esitò qualche attimo poi si decise ad abbassare la katana.
 
- Molto bene, si discute molto meglio quando l’atmosfera è meno tesa, non trovate? Ora perché non esponiamo con calma tutte le richieste? Inizio io: gradirei un’altra porzione di quel delizioso budino. Provate voi adesso. – Quel tipo era proprio bizzarro eppure emanava un certo fascino, sentivi il bisogno di assecondare le sue gentili richieste.
 
- Sono qui per parlare con un suo apprendista affinché si unisca alla mia ciurma. –
 
- Il ragazzo non si muove di qui e voglio che ve ne andiate immediatamente dal mio ristorante! –
 
- Se posso darti un consiglio ragazzo, io non sbandiererei in giro il fatto di essere un pirata, sai è una cosa piuttosto illegale e se qui ci fossero orecchie della legge potresti finire nei guai, sai. –
 
- Orecchie della legge? – Ace sembrava confuso.
 
- È della Marina. – affermò Kora. In realtà lo stavo pensando anche io ma sentirlo dire ad alta voce mi causò un brivido lungo la schiena. Accidenti che pasticcio!
 
- Siete fortunati, oggi è il mio giorno di libera uscita e quindi non sono in servizio. – sorrise tranquillo. – E se vi arrestassi non potrei godermi la seconda porzione di budino. –
 
- Allora cosa ha intenzione di fare? – chiese la navigatrice.
 
- Godermi il resto della mia giornata di permesso, certo sempre che voi andiate via senza creare ulteriori problemi. –
 
- Non ha intenzione di arrestarli? – chiese l’uomo a cui Kora aveva puntato una spada alla gola solo poco prima.
 
- Io? – si indicò. – Certo che no. Suvvia, sono solo ragazzi, non c’è bisogno di essere così severi. –
 
- Sta scherzando? Quelli sono … - l’espressione dell’uomo dai capelli rosa divenne molto seria ed il tipo che stava denunciando la biondina e il moro perse conoscenza.
 
- Ecco cosa accade ad esagerare troppo con il vino. – sorrise e tornò a noi. Non sapevo bene cosa fosse successo ma avevo una vaga idea… quel tipo non era ubriaco per niente, io di sbronze me ne intendevo e quello non lo era affatto. Era stato lui. Lo avevo letto e ne avevo sentito parlare ma non avevo mai avuto la possibilità di vederlo da vicino… Quello non era solo uno della Marina, doveva essere un pezzo grosso. – Il budino lo preferirei alla vaniglia questa volta. –
 
- Ace ti prego andiamo via. – gli bisbigliò Belle.
 
- Non finchè non avrò parlato con il ragazzo. –
 
- Ci scusi per il disturbo. – era stata Kora a parlare. – Ce ne andiamo. – il suo sguardo non ammetteva repliche. Si voltò verso l’uscita incamminandosi verso la nave.
 
- Ehi! Un momento! – Ace non voleva rinunciare al suo obiettivo.
 
- Non è qui! Andiamo! – Non so se fossero state le sue parole o il suo sguardo ma fatto sta che il capitano sospirò rassegnato e poi si decise a seguirla.
 
- Voi tre. – mi si ghiacciò il sangue nelle vene. – Oggi non sono in servizio, quindi finisce così, ma vi do un consiglio: lasciate perdere questa strada o la prossima volta che ci incontreremo sarò costretto a non ignorare le taglie che ci sono sulle vostre teste. –
 
- Mi allenerò e la prossima volta che ci incontreremo sarò molto più forte di adesso e potremmo affrontarci e sono certo che sarà un bell’incontro. – Ace gli sorrise lasciandolo spiazzato, non si aspettava questa risposta. Sorrise di rimando e con le mani in tasca, mantenendo intatto quel sorriso, tornò al suo tavolo.
 
- Però… davvero interessante questo ragazzo… mi ricorda tanto qualcuno. –
 
Uscimmo dalla sala, ci stavamo dirigendo verso la nave. La biondina ci precedeva, non potevo vederla ma ero sicuro fosse incavolata nera, non osavo immaginare il momento in cui saremmo risaliti a bordo e avessimo preso il largo. Forse Ace poteva sopravvivere alla sua furia ma io non mi sentivo così fortunato. Dopo qualche attimo il capitano si bloccò, sembrava fosse in ascolto di qualcosa.
 
- E adesso cosa ti prende? – chiese sua sorella, anche lei sembrava arrabbiata.
 
– Avviatevi, devo fare una cosa. –
 
- Che cosa hai in mente? – il capitano girò a destra e percorse il ponte della nave per raggiungere l’altro lato. – ACEEEEE!!!!! – anche sgolandosi lui la stava ignorando.
 
Kora che si era fermata a guardarlo gli voltò le spalle e si rimise in marcia verso la nave senza nessuna intenzione di aspettarlo o seguirlo. Ragazzi ero curioso da morire. Forse per l’adrenalina che avevo addosso per quello che era successo, anche perché alla fine non era successo niente di pericoloso, però volevo sapere dove stesse andando il moro. Non diedi neanche un passo che mi sentì tirare per la maglietta, era Keiley.
 
- Credo che il capitano abbia bisogno di un po’ di intimità, abbiamo creato già abbastanza confusione qui. – Così piccola e così saggia.
 
- Dove sta andando? –
 
- Non è ovvio? – mi sorrise complice. – A parlare con il nuovo cuoco. –
 
- Ma credevo avessimo rinunciato. –
 
Keiley scosse la testa riccioluta. – Ma no! Non era a bordo. –
 
- E tu come lo sai? –
 
Gonfiò le guance, come se fosse ovvio. – I cuochi erano tutti in sala per via della confusione che stava facendo Ace e non c’era nessun ragazzo biondo tra loro. –
 
- E come lo sai che fossero tutti? –
 
- Ma bisogna spiegarti proprio tutto? – si mise le mani sui fianchi. – Non abbiamo percepito nessun altro a bordo. –
 
- Percepito? –
 
Alzò gli occhi al cielo. – Haki. – mi disse lei. – Tonalità della percezione. –
 
Haki! Quella gente sapeva usare l’haki!
 
- Vuoi dirmi che tu sei in grado di usare l’haki? – ero sconvolto.
 
- Certo! Ma solo quello della percezione. Ace e Kora sanno usare anche gli altri. –
 
Confermo, non ci potevo credere! Cioè ragazzi, l’haki è una di quelle cose leggendarie di cui si parla ma che nessuno ha mai visto ed ora questa ragazzina mi stava dicendo di saperlo usare. Io ero sconvolto, sul serio. Ed anche Kora ed Ace lo padroneggiavano. Ecco come facevano quei due a leggermi il pensiero e ad anticipare cosa stavo per dire o fare, facevano ricorso all’haki. Fico ed inquietante al tempo stesso.
 
- Prendiamo la nave e andiamogli incontro, se i cuochi dovessero accorgersene sarà meglio essere pronti a levare l’ancora. – la navigatrice era tornata in sé, ma si vedeva fosse ancora nervosa. Chissà se anche lei era in grado di usare questo fantomatico haki.
 
Salimmo sulla nave e dopo una rapida spiegazione ai gemelli ci mettemmo in moto per aggirare il Baratie.
 
- Perché Ace ci tiene tanto che questo tipo si unisca a noi? – Belle era sul ponte ed era sempre un piacere stare in sua compagnia, era davvero adorabile oltre che molto bella.
 
- Non sai chi è vero? – era pensierosa, ma quando mi avvicinai si riscosse e mi sorrise.
 
- Confesso la mia ignoranza. –
 
- Per essere uno studioso ed un autore leggi davvero poco i giornali. –
 
- Tendo ad ignorare i non fruttati. – rise, era ancora più bella quando rideva.
 
- Il cognome Vinsmoke ti dice niente? –
 
Altroché se mi diceva qualcosa, persino per uno poco aggiornato come me quel nome era popolare. Apparteneva ad una famiglia regnante nel North Blue e poi era il cognome di uno degli uomini di Cappello di Paglia, la sua ciurma era leggenda, non si poteva non conoscerla.
 
- Vuoi dirmi che il ragazzo che sta cercando Ace ha a che fare con Sanji Gamba Nera? –
 
- È suo figlio. – Mi disse lei sghignazzando, dovevo avere un’espressione davvero sconcertata.
 
- Ace sta prendendo un po’ troppo alla lettera la storia di voler essere il nuovo Cappello di Paglia. –
 
- In effetti mio fratello a volte si fa prendere un po’ la mano, ma tu cosa avresti fatto al suo posto? –
 
Non potevo darle torto. Se il figlio di quell’uomo era mitico anche solo la metà del padre valeva la pena di tentare.
 
- Come mai si trova qui? –
 
- Allora è vero che non leggi i giornali. – almeno le stavo facendo riacquistare il buonumore. – Ci fu un grande scandalo parecchi anni fa. Come puoi immaginare, essendo figlio di un pezzo grosso, suo padre ce l’ha messa tutta per tenerlo nascosto. Lui e sua madre si nascondevano su un’isoletta sperduta chissà dove. Poi suo nonno venne a sapere di avere un nipote ed è stata una vera manna dal cielo per il regno di Germa. –
 
La ascoltavo attentamente, alcune notizie erano giunte anche alle mie orecchie, ma molto frammentate e a volte poco credibili.
 
- Vedi, il re di Germa ha sottoposto i propri figli ad una modifica genetica per renderli più forti… però li ha resi anche sterili… il ragazzo che sta cercando Ace è l’unico erede dei Vinsmoke. Quando suo nonno seppe di lui lo fece cercare in tutto il mondo e alla fine lo trovò. Portò lui e sua madre su Germa. Quando Sanji lo venne a sapere quasi si sfiorò la guerra tra la ciurma di Cappello di Paglia ed il regno di Germa. I giornali erano pieni all’epoca, erano in prima pagina. –
 
- E come ci è finito l’erede dei Vinsmoke in un ristorante? –
 
- Scesero a patti. Il nonno ha avuto la custodia del ragazzo per 10 anni a patto che alla fine di questo periodo gli lasciasse vivere altri 10 anni lontano dal regno. Alla fine avrebbe scelto liberamente per sé stesso. –
 
- Ed Ace lo conosce? –
 
- Non di persona, no. Ma quando ha saputo che lavorava qua gli ha messo gli occhi addosso. Non andrà via di qui senza di lui. –
 
- E se lui non volesse venire? – infatti mi chiedevo perché l’erede dei Vinsmoke avrebbe dovuto seguire quel pazzo di Ace per mare. Certo per uno come lui non doveva essere facile vivere come apprendista cuoco ma era davvero sufficiente essere figlio di un pirata per poterlo essere? È una domanda che tutt’oggi mi faccio ragazzi… quanto conta il nostro sangue per stabilire chi siamo?
 
Arrivammo con la nave abbastanza vicino al capitano, se ne stava appollaiato come suo solito su di una trave e parlava con un ragazzo biondo appoggiato alla parete a braccia incrociate. Non potevo crederci, era proprio lui, un Vinsmoke in carne e ossa. Avevo incontrato suo padre durante l’intervista a Cappello di Paglia e per la miseria se gli somigliava, erano quasi due gocce d’acqua e poi quelle sopracciglia a ricciolo, caratteristiche della famiglia Vinsmoke, erano inconfondibili.
 
- Allora amico, che ne dici di unirti alla mia ciurma? – gli stava chiedendo il capitano.
 
- Mi dispiace, ma non ho nessuna intenzione di partire con voi e fare il cuoco. Certo, ho talento in cucina e non mi dispiace affatto cucinare, ma non è questo il mio destino. –
 
- Ace! – Belle si sbracciava dal ponte. – Siamo qui! –
 
- Arriviamo subito! –
 
Il biondo voltò la testa verso di noi e quasi gli uscirono gli occhi dalle orbite quando vide Belle.
 
- Quel buono a nulla è ancora lì! – anche Kora si era affacciata e al cuoco si erano dilatate le narici.
 
- E così quello è un vero Vinsmoke –
 
- Così sembra. – Anche i due gemelli erano corsi a vedere insieme a Keiley. Il biondo ebbe un’epistassi.
 
- Ehi amico. Ti senti bene? – Ace era sceso dalla sua posizione sopraelevata e si era abbassato a vedere in che condizioni fosse il cuoco.
 
Il ragazzo si mise a sedere di scatto e afferrò il capitano per il bavero della maglietta.
 
- Quelle ragazze sono tutte sulla tua nave? –
 
- Certo. – il moro gli sorrise. – Sono la navigatrice, il medico di bordo, la carpentiera e la cecchina. –
 
- E non potevi dirlo subito invece di blaterare a proposito di sogni e avventure in mare? –
 
- Ti ho detto che avevo una ciurma. – il capitano non capiva a cosa si riferisse.
 
Il biondino si tirò su di colpo e in un attimo salì a bordo, subito seguito dal capitano.
 
- Ragazze è un vero piacere fare la vostra conoscenza. – le gambe gli ondeggiavano e passava dall’una all’altra piroettando. Che scena patetica! – Mi chiamo Kilian, mie bellissime e delicate fanciulle e da questo momento sono il vostro cuoco di bordo, mi prenderò cura di voi e preparerò per voi ogni genere di leccornia. –
 
- Ma non aveva detto che non sarebbe venuto con noi? – Non mi era simpatico, affatto.
 
- E tu chi saresti? – l’antipatia era reciproca.
 
- Lui è lo studioso. – mi presentò fiero Ace.
 
- Lo studioso? A cosa serve uno studioso su di una nave pirata? –
 
- A condurci verso i frutti del diavolo ma ti spiegherò strada facendo. –
 
- Fantastico! Non ne bastava uno, adesso ne abbiamo due. – La biondina era sarcastica e guardava me.
 
- Cosa vorresti dire? – ero nervoso e risposi male anche a lei.
 
- Dove credi di andare ragazzo? – la voce del capocuoco, era uscito dalla sala ed ora ci guardava male dal ponte del Baratie.
 
- Via di qui vecchio, non è evidente? –
 
- Tuo padre lo ha proibito! –
 
- Mio padre ha detto di vivere 10 anni come voglio io e non come vuole lui ed io ho deciso di partire. –
 
- Ti ha affidato a me ed io non ti permetterò di fare come ti pare. Gli ho promesso che ti avrei raddrizzato e per Giove è quello che farò! Gli ho promesso che ti avrei trasformato in un vero uomo. –
 
- Eccoli finalmente! – dei brutti ceffi erano venuti fuori dal locale. – Sono quei mocciosi che hanno steso il capitano. –
 
- Diamogli una bella lezione! –
 
- Hanno delle taglie sulla testa, prendiamo quei ragazzini e consegniamoli alla Marina! – avanzavano verso di noi, erano armati, ma noi eravamo su di una nave, se fossimo partiti subito non avrebbero potuto prenderci, ma credo che abbiate capito che tipo fosse Ace, no? Ovviamente non si sarebbe schiodato di lì, o almeno non dopo le minacce di quei manigoldi ai cuochi.
 
- Andatevene immediatamente dalla mia nave! Qui gli attaccabrighe non sono ben accetti! –
 
- Sta zitto vecchio! Noi non prendiamo ordini da te! –
 
- Forse dovremmo dare una lezione anche a lui! –
 
Quei tipi si lanciarono contro il vecchio ed i suoi cuochi e devo dire che, nonostante l’età combattevano davvero bene.
 
- Senti amico… - disse il biondino a braccia incrociate al capitano. – Non posso partire lasciando quel vecchio in mezzo ai guai. –
 
Ace gli sorrise. – Allora perché non andiamo a sistemare le cose? – il cuoco ricambiò il sorriso e poi entrambi saltarono giù dalla nave. Quella è stata la prima volta in assoluto che ho visto il capitano in azione, oltre che quell’antipatico di cuoco, e sebbene quei nemici fossero delle mezze calzette, ora lo so, fu incredibile.
 
Che Ace fosse molto forte lo avevo già capito, ma ragazzi, sembrava che avesse i pugni fatti di agalmatolite ed il cuoco poi… sapeva padroneggiare la stessa tecnica che aveva reso famoso suo padre. Accidenti a lui! Mi dispiace ammetterlo ma era davvero straordinario ed anche le ragazze lo pensavano, tutte tranne ovviamente Kora, lei non si capiva mai cosa pensasse. Se ne stava con le spalle appoggiate al muro e le braccia incrociate sul petto ad osservare la scena impassibile. In quel momento capì chi mi ricordasse, un grosso, pericoloso ed aggraziato felino, di quelli terribilmente belli e pericolosi. Non mi spiegavo come, io che repellevo il pericolo, mi sentissi tanto attratto da lei e da quei suoi modi freddi e scontrosi… doveva essere il gelido magnetismo dei suoi occhi… ma torniamo allo scontro: quel cuoco antipatico si era frapposto tra il vecchio ed i piratucoli e li stava riempiendo di calci ed Ace stava scaraventando in acqua a suon di pugni tutti quelli che gli si avvicinavano. Non ci misero molto a fare piazza pulita.
 
- Ragazzo. – il vecchio cuoco afferrò il biondino per una spalla. – Credevo saresti partito. –
 
- Andiamo vecchio! Non ti avrei mai lasciato da solo in mezzo ai pasticci, lo sai. – gli sorrise e l’espressione arcigna del capocuoco si rilassò.
 
- Non sei tanto male ragazzo. Nonostante il pessimo lavoro che abbiano fatto i Germa con te, sei ancora piuttosto simile a tuo padre, prometti bene anche se c’è ancora tanto da lavorare con te per correggere le cattive abitudini che ti ha inculcato tuo nonno. – Spostò lo sguardo su Ace. – Spero che a te dia più retta di quanto ne dia a me ragazzino e che tu riesca a fare con lui quello che Cappello di Paglia ha fatto con suo padre. – tornò sul biondo. – Ma ricordati moccioso, se verrò a sapere che anche una sola volta non ti sarai comportato da vero uomo ti verrò a cercare e ti taglierò le palle. Mi ha capito? –
 
- Certo nonno, me lo dici sempre. – gli sorrise. Quei due in fondo si volevano bene. Secondo i patti quel bellimbusto dalle sopracciglia a ricciolo sarebbe dovuto rimanere al Baratie per altri 6 anni ma Zeff lo lasciò andare. Vedete, il padre gli aveva chiesto di cancellare da lui gli insegnamenti Germa e trasformarlo in un brav’uomo in modo che alla fine del suo addestramento fosse libero di scegliere cosa farne della propria vita, e credo che nel vedere questa ciurma eclettica e sgangherata approdare al suo ristorante in cerca di un giovane cuoco gli avesse riportato alla mente il momento in cui Cappello di Paglia venne a prendere Sanji. Suo figlio gli somigliava molto, era sicuro che ripercorrendo le sue orme avrebbe trovato più facilmente la strada per diventare un brav’uomo, sperava che con quel capitano sconsiderato e carismatico che parlava di sogni e avventure il giovane Kilian avrebbe potuto trovare davvero la retta via.
 
Zeff non era uno sprovveduto, si era accorto che il ragazzo avesse fatto ritorno e che Ace non fosse partito e li aveva intercettati sul retro della nave mentre chiacchieravano. Aveva ascoltato i discorsi del capitano e gli era tornato in mente un ragazzino magrolino con il cappello di paglia che 22 anni prima aveva portato il caos nel suo ristorante. E poi aveva ascoltato il punto di vista di suo nipote, sapete come funziona no, alle volte è più semplice confidarsi con un proprio coetaneo che con una figura genitoriale burbera. Il biondo si era rifiutato di partire, non voleva deludere suo padre e Zeff che si stava prendendo cura di lui e in cui suo padre riponeva tanta stima e fiducia. Gli piaceva fare il cuoco ma era anche un principe di Germa e la sua vita, pertanto, era abbastanza incasinata. Aveva ricevuto una certa educazione per 10 anni ed ora gliela stavano demolendo insegnandogli esattamente l’opposto.
 
La verità è che non si sentiva a casa in nessuno dei due posti, era troppo gentile per Germa e troppo poco per il Baratie, doveva trovare una sua dimensione in cui unire il meglio delle sue due famiglie e capire chi fosse davvero ed Ace gli stava offrendo questa possibilità. Il capitano vendeva sogni, inseguendo il suo trascinava con sé quelli che ne avevano uno. Non mi è mai stato simpatico il cuoco, lo confesso, ma credo che il moro avesse puntato sul cavallo giusto, quel biondino tutto sommato è un tipo a posto, uno di cui ci si può fidare, anche se insopportabilmente melenso con le donne!
Salirono a bordo e ci preparammo a partire. In quell’occasione riflettei sul fatto che ogni volta che una nave parte da un luogo al contempo c’è la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro. Un nonno e un nipote si stavano separando ma per quel ragazzo iniziava una nuova vita, iniziava finalmente a percorrere la propria strada.
 
- Ciao Kilian! – i cuochi si sbracciavano a salutarlo.
 
- Comportati bene ragazzo! –
 
- Mi raccomando sta attento. – sembravano tante madri, buffa come scena e commovente al tempo stesso.
 
- Statemi bene ragazzi! – il biondo si sbracciava a salutare. – Ciao nonno! –
 
- Prenditi cura di te Kilian! – avrebbero sentito uno la mancanza dell’altro, questo era poco ma sicuro.
 
Quando ci fummo allontanati abbastanza dal ristorante però iniziarono i veri problemi, poiché mentre Belle faceva gli onori di casa mostrando la nave al nuovo arrivato la belva feroce si staccò dal muro ed avanzò verso me e il capitano. Forse sarebbe stato più semplice affrontare i malviventi al Baratie che lei, aveva uno sguardo che inceneriva. Afferrò Ace per la maglietta e gli mise un pugnale alla gola senza dire una parola.
 
- Si, lo so, sei arrabbiata. – Ace rimaneva tranquillo, io avrei già alzato le mani ed iniziato a sudare.
 
- Dici? Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ci hanno riconosciuti! –
 
- Non è successo niente però e alla fine abbiamo prelevato il cuoco, no? –
 
- C’era un ufficiale della Marina lì dentro e adesso sa chi siamo! – pensavo sul serio gli avrebbe tagliato la gola anche se lui non si scomponeva. All’epoca non lo sapevo ma il capitano era uno dei pochi a sapere come gestire quella belva. Pensai di dover intervenire in sua difesa.
 
- Ci ha lasciati andare, Ace ha ragione, tutto sommato è andata bene. –
 
- Con te faccio i conti dopo! – era una minaccia, dovevo star zitto. Lei non staccò gli occhi dal capitano neanche un attimo.
 
- Ci farai uccidere tutti! Adesso abbiamo anche un ufficiale a darci la caccia oltre a quello che da la caccia alo scrittore e con il casino che hai messo su ci hanno riconosciuti, presto i nostri manifesti torneranno in circolazione e cosa peggiore lui ci troverà! –
 
- Non ci prenderà Kora, sta tranquilla e fidati di me. –
 
- Fidarmi di te? – trovava la cosa divertente ma aveva ancora uno sguardo omicida negli occhi.
 
- Perché non ne parliamo in ufficio con calma, non vorrei far impressionare il nuovo cuoco, lì potrai farmi tutto quello che vuoi e urlarmi contro quanto ti pare. – ci pensò un attimo e a quanto sembrava l’idea di poterlo strapazzare a piacimento senza interruzioni le andava a genio perché abbasso il pugnale e si avviò verso il suo studio. Lui alzò le mani come a dirmi “che vuoi farci” e poi la seguì. Data la calma che aveva mantenuto non era la prima volta che una scena simile si ripeteva. Non riuscì a fare a meno di chiedermi da quanto si conoscessero e cosa fosse successo per guadagnarsi una taglia. Erano così diversi eppure tra loro c’era qualcosa… sembravano conoscersi da molto tempo e la cosa un po’ mi infastidiva.
 
Restai solo sul ponte aspettando il mio turno per essere sgridato dal medico di bordo e dovevo avere un’espressione molto sconsolata perché la piccola Keiley mi si avvicinò.
 
- Non avere paura, Kora urla tanto ma non ti farà del male. –
 
- Non ho paura di lei. – il suo sguardo mi fece capire chiaramente che non mi credeva affatto.
 
- Stasera ci sarà una festa per dare il benvenuto a Kilian, vedrai che tutti gli animi si calmeranno, anche perché in genere le ramanzine peggiori le fa ad Ace. –
 
- Perché proprio a lui? –
 
- Perché è il capitano, è una sua responsabilità tenerci al sicuro. O almeno questo è quello he dice Kora. –
 
Possibile che fosse davvero questa la motivazione, che cercasse di renderlo più responsabile? In tal caso non invidiavo affatto la sua posizione, rendere responsabile quella ciurma di scombinati era davvero un’impresa impossibile.
 
- Dove andiamo adesso? –
 
- A prendere lo spadaccino. –
 
- Fammi indovinare, il figlio di Zoro? –
 
Il ragnetto scosse la testa riccioluta.
 
- Zoro non ha avuto figli. Però c’è una palestra molto rinomata, lui studiò lì da giovane e si dice che sforni i migliori spadaccini del mondo. Ace crede di poter parlare con la Capo palestra per arruolare il suo miglior allievo. –
 
- Come fate a sapere tutte queste cose? –
 
- Le sanno Ace, Kora e Belle. Non so da chi le abbiano sapute. Io vengo da una piccola isoletta, so solo quello che sentivo dire a mia madre e ai miei fratelli. –
 
Quando la piccola decise di avermi consolato abbastanza mi lasciò per andare a fare la vedetta ed io rimasi lì in attesa di essere sgridato dal medico di bordo.

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Capitolo 6
*** L'isola degli spadaccini ***


Iniziavo ad essere insofferente, non ne potevo più di starmene lì sul ponte tutto solo in attesa della ramanzina mentre il cuoco si beava in mezzo alle ragazze, non era affatto giusto. Decisi quindi di andarmene nella mia biblioteca con aria risentita, se qualcuno avesse avuto qualcosa da dirmi si sarebbe dovuto scomodare a venirmi a cercare. Questa storia di essere il capro espiatorio della nave doveva finire! Insomma io ero la chiave di tutta la storia, senza di me e la mia conoscenza potevano scordarsi di trovare quello che stavano cercando, pertanto meritavo il giusto rispetto e la giusta considerazione e la prima a doversene fare una ragione doveva essere proprio riccioli d’oro! In fondo se mi trovavo a bordo di quella nave era solo per fare un favore a lei.
 
Per tornare alla mia libreria dovevo necessariamente passare davanti allo studio della biondina. La porta era socchiusa e loro parlavano a voce davvero alta, quindi, almeno per stavolta non lo considererei origliare, sono stato praticamente obbligato ad ascoltare.
 
- Il problema è che tu non ti rendi proprio conto di quanto tutto questo sia pericoloso! Pensi sia tutto un gioco. Non siamo più bambini Ace! Cresci una buona volta! –
 
- Andiamo Kora! Non è possibile che dobbiamo fare sempre la stessa discussione ogni volta. –
 
- Infatti non è possibile! Non dovrei doverti dire ogni volta quanto sia pericolosa questa vita. Tu non sei tagliato per fare il pirata! –
 
- E tu dovresti smetterla di preoccuparti così tanto, ti preoccupi decisamente troppo. –
 
- Mi preoccupo troppo perché tu non ti preoccupi abbastanza! La Marina! Ti rendi conto di chi ha assistito a quella scenetta? Adesso potevamo essere tutti a Impel Down! –
 
- Ma non ci siamo finiti, o sbaglio? –
 
- Solo perché abbiamo avuto fortuna. – Fino a questo momento aveva mantenuto un tono di voce piuttosto alterato, ma a questo punto cambiò completamente tranquillizzandosi. – Ace… non possiamo avere sempre fortuna. Prima o poi potrebbe succedere qualcosa di veramente brutto. Questa ciurma che hai messo in piedi, questi ragazzi che ti seguono, sono una tua responsabilità, se a loro succederà qualcosa resteranno sulla tua coscienza. –
 
Il capitano si avvicinò a lei. Si lo so, non dovevo, ma la porta era socchiusa e così ho buttato un occhio.
 
- Ehi… - le sollevò il mento. – Non succederà di nuovo. Non lo permetterò. – la biondina scostò bruscamente la sua mano e gli diede le spalle.
 
- Non puoi impedirlo… nessuno può… neanche lui ci è riuscito… - le mise le mani sulle spalle ed ecco che quella punta di fastidio tornava a tormentarmi.
 
- È stato un incidente… ma non possiamo smettere di vivere e rintanarci in un fosso aspettando la fine. – lei si voltò per inchiodare quei magnifici occhi grigi in quelli scuri di lui, il tono era tornato ad essere tagliente.
 
- Quindi la tua idea è di lanciarci incontro alla morte, urlando in mezzo al mare chi siamo e cosa vogliamo? –
 
- Non puoi cambiarmi lo sai, sono fatto così. Ho un sogno da realizzare e lotterò per realizzarlo. Non voglio nascondermi Kora.  È una vita pericolosa, ne prendo atto, ma è anche questo che la rende affascinante, no? Non possiamo farci niente, siamo pirati, siamo attratti dal pericolo. –
 
Devo essere sincero, quest’ultima frase mi colpì, anche perché ebbi la sensazione che non si stesse parlando più di Marina e pericolosi pirati. “Siamo pirati… siamo attratti dal pericolo…” allora perché mi sentivo così attratto da lei? So già che penserete “perché sei un pirata anche tu” e vi sbagliate, io non sono un pirata, sono un povero scrittore sfortunato finito per caso su di una nave pirata. Lungi da me voler essere come loro. Decisi di aver origlia… scusate, volevo dire ascoltato accidentalmente abbastanza, così tirai dritto verso la biblioteca. Forse, la verità è che non volevo sapere altro. Avevo capito che il capitano e Kora si conoscessero già e che quindi con lui aveva instaurato un legame diverso rispetto al resto della ciurma e a me, ma non ero ancora pronto a sapere di che natura fosse quel legame. Però ero intenzionato a scoprire come si fossero guadagnati la loro taglia.
 
Fu in quel momento che mi venne in mente una cosa. Nel ristorante, quell’ufficiale aveva detto “voi tre”, ma mi avevano detto che sulla nave i soli ad avere una taglia erano Ace e Kora e allora chi era il terzo di cui stava parlando? Sentì una scossa attraversarmi tutta la colonna vertebrale. Sapevo a chi si stesse riferendo ma non ero pronto a prenderne atto. Ero ufficialmente fottuto e non nel senso migliore del termine. Mi stropicciai il viso per la frustrazione, adesso davvero non potevo tornare più indietro, se fossi sceso da quella nave sarei stato in un mare di guai fino al collo.
 
- Va tutto bene? – una voce gentile alle mie spalle, il solo raggio di sole su quella nave, Belle.
 
- Cosa? Si, certo. –
 
- Hai parlato con Kora? –
 
- No, è ancora occupata con Ace. Ma tu non eri col cuoco a mostrargli la nave? –
 
- La nave è piccola, non ci vuole molto a visitarla. – mi sorrise. – L’ho lasciato con i gemelli e Keiley, lo stanno aiutando a sistemarsi. –
 
- Belle mi dispiace. –
 
- Ti dispiace per cosa? – sembrava non capire.
 
- Al Baratie, non volevo creare problemi. –
 
- Ti assicuro che sei stato l’unico a non crearne, o almeno non quanto Ace e Kora, mi hanno fatto perdere 10 anni di vita lì dentro. – e questo era solo l’inizio.
 
- Quell’ufficiale… ce l’aveva con me vero? Mi hanno messo una taglia sulla testa? –
 
- Credo di si, ma dovremmo aspettare il giornale di domani per saperlo con certezza. Mi dispiace Will, so che volevi andare via di qui. –
 
- Inizio a pensare che forse non è destino. –
 
- Credi nel destino? –
 
- Perché tu no? –
 
- A dire il vero non lo so. Non posso negare che in più di un’occasione siamo stati davvero fortunati. Si, credo che potrei anche chiamarlo destino. – mi sorrise e mi poggiò una mano sul braccio. – Prima o poi questa bufera passerà Will e potrai tornare alla tua vita, devi solo avere pazienza. –
 
- E sopravvivere, che non è un dettaglio da poco. –
 
- Già. –
 
- Si dice che la parola ferisca più della spada ma non credo che le mie doti di scrittore possano aiutarmi in battaglia. – guardai in direzione dello studio di Kora.
 
- Non sono tutti superuomini Will, i gemelli usano la tecnologia, il cuoco i calci, Ace i pugni, Kora le lame, Keiley frecce e proiettili, trova la tua dimensione e riuscirai a sentirti meglio. – stava andandosene al timone.
 
- E tu? Non mi hai detto che talenti hai. –
 
Si fermò a guardarmi per un attimo.
 
- Io sono la navigatrice. – mi strizzò un occhio e andò via.
 
Proprio in quel momento la porta dell’ambulatorio si aprì e venne fuori un felicissimo Ace.
 
- Promettimi che penserai alla mia proposta. –
 
- Sei un idiota! – la sentì rispondere da dentro la stanza. Il capitano scoppiò a ridere.
 
- Probabile, ma guarda che ci conto. –
 
Si avvicinò a me e mi diede una pacca dietro le spalle che quasi mi gettò a terra.
 
- Vuole vederti amico. Si è calmata un po’ ma cerca di non farla infuriare di nuovo. – se ne andò continuando a sghignazzare, forse dirigendosi dal cuoco.
 
Espirai e mi decisi ad entrare nello studio. Mi guardai intorno, come a cercare tracce rivelatrici della discussione, ma sembrava tutto in ordine.
 
- Allora, cosa ti ha proposto Ace? – buttai lì fingendo disinteresse, ma confesso che la risposta mi interessava molto. Lei si voltò a guardarmi malissimo. – Ho capito, non sono affari miei. –
 
- Ti avevo detto di restare sulla nave. –
 
- Lo so, ti avevo sentita. –
 
- Hai ignorato i miei ordini. –
 
- Credevo che il capitano fosse Ace. – si lo so, ero nervoso e parecchio infastidito. Quella ragazza mi mandava in crisi, mannaggia a lei!
 
- Cosa credevi di fare? –
 
- Credevo foste in pericolo. –
 
- Ed anche se fosse stato? Cosa avresti potuto fare tu oltre che complicare la situazione? –
 
- Non lo so, mi sarei inventato qualcosa. –
 
- Ti saresti inventato qualcosa… non bastava Ace come incosciente, ci mancavi solo tu. –
 
- Senti si può sapere cos’hai contro di me? È vero non so combattere come te ed Ace e probabilmente sono stato un idiota a scrivere un libro che mi ha fatto mettere una taglia sulla testa, ma non credo di meritarmi questo trattamento solo perché non sono come Ace! – si, lo so, ho nominato il capitano un sacco di volte, a quanto pare la loro intimità mi aveva dato più fastidio di quanto immaginassi e il non sapere come fosse andata a finire la conversazione non aiutava. Mi resi conto che anche lei lo aveva capito da come mi guardava. Sospirai. – Senti bambolina, forse ho sbagliato a scendere dalla nave, e dico forse, ma non me la sono sentita di restarmene lì ad aspettare. Volente o nolente adesso siamo sulla stessa barca e restarmene a bordo, per mia sfortuna, non mi terrà fuori dai guai. –
 
- Voleva che vi facessi un tatuaggio, a te e lui. – questa non me l’aspettavo, sul serio.
 
- Cosa? –
 
- Ace… mi ha proposto di farvi un tatuaggio. – aveva lo sguardo impassibile. Non ho mai capito se dicesse sul serio o se fosse solo un test, né tantomeno se lo avessi passato o meno, le donne hanno la mania per i test, non le capirò mai, se vogliono sapere qualcosa perché non chiedono e basta? Che bisogno c’è di fare questi giochetti? Fatto sta che me ne restai in silenzio a guardarla come se fossi indeciso sul se mi stesse prendendo in giro o meno.
 
- Puoi venire con noi la prossima volta, ma non posso guardarti sempre le spalle, né possono farlo gli altri, dovrai imparare a difenderti e a capire da solo quando la situazione non è alla tua portata ed è ora di ritirarsi. – Mi sembrava un bel passo in avanti, non so cosa le avesse detto il capitano ma sembrava aver funzionato, dovevo farmi dire che tattica usava con lei.
 
- Quindi niente ramanzina? –
 
- Ti hanno messo una taglia sulla testa e mi sembri meno incosciente di Ace, dovresti aver capito cosa significa e questo penso possa essere sufficiente per questa volta, ma la prossima volta che spierai fuori dalla mia porta ti taglierò la gola. – Cavolo! Se ne era accorta allora. Che figuraccia!
 
- Mi dispiace, non volevo spiarti. – vero a metà. – Pensavo non volessi vedermi. – mi osservò per qualche attimo.
 
- Pensavi male. – mi spiazzò, davvero. Ancora oggi non so come interpretare quella frase, cosa avesse voluto dirmi, ma in quell’occasione mi fece sperare, forse non era detta l’ultima parola, forse potevo avvicinarmi a quella ragazza. Si, lo avevo capito, fino a quando mi fossi sentito inferiore ad Ace non avrei avuto possibilità. Da quel momento avrei fatto di tutto per meritarmi la sua considerazione e la sua stima e fosse stata anche l’ultima cosa che facevo al mondo, avrei trovato un modo per conquistarla prima di scendere da quella maledetta nave.
 
- Che tatuaggio voleva che mi facessi? – le chiesi cambiando il tono, non me la sentivo più di essere indisponente nei suoi riguardi.
 
- Non lo so. Dovresti chiederlo a lui. – mi aprì la porta, un chiaro segno che la conversazione era finita. Andai via carico di ottimismo per la prima volta da quando questo viaggio era cominciato.
 
Passai il resto del giorno nella biblioteca con carta e penna alla ricerca dei miei talenti, dovevo trovare qualcosa che mi permettesse di far colpo su di lei e restare in vita ma non mi venne in mente niente. Stavo battendo la fronte contro il tavolo già da una mezz’oretta quando il ragnetto di bordo mi venne a chiamare, erano pronti per iniziare la festa in onore di quell’odioso cuoco. Mi resi conto solo in quel momento di quanto fosse scarno il mio armadio, per non dire vuoto. Normalmente avrei indossato una bella camicia immacolata, pronto a far strage di donne e invece avevo praticamente solo gli abiti che indossavo. Urgeva porre rimedio a questa spiacevole situazione, dovevo parlarne con Belle o con Ace al più presto.
 
Era una bella notte e c’era un’atmosfera davvero allegra, destinata a diventarlo ancora di più vista la mole di cibo e di alcol che si stava ammucchiando sul ponte. Nessuno di loro aveva abiti particolari, erano tutti vestiti come li avevo visti l’ultima volta nel pomeriggio. Mi sa che non avrebbero capito il mio bisogno di un guardaroba nuovo.
 
Mi dispiace ammetterlo ma quel dannato cuoco sapeva il fatto suo in cucina, non avevo mai assaggiato piatti così buoni in vita mia, anche se non ero disposto ad ammetterlo con un cascamorto come lui. Anche il medico di bordo aveva deciso di unirsi alla festicciola, anche se, se ne stava seduta in disparte su di una cassa, le gambe accavallate e la spada poggiata alla cassa. Ace aveva ragione, non riusciva proprio a rilassarsi e a smettere di preoccuparsi. Si raccontarono storie e si rise un sacco, man mano che l’alcol scendeva l’ilarità saliva e qualcuno si lanciò anche in qualche canto e qualche ballo.
 
- Ho capito cosa ci manca ancora. – Ace aveva decisamente alzato il gomito.
 
- Cosa? – anche io non ero proprio lucidissimo.
 
- Un musicista! –
 
- Un musicista? Tu non sei normale. – ma che ciurma male assortita voleva metter su? Passi lo spadaccino, la navigatrice, il carpentiere, il medico di bordo, il cuoco ed il cecchino, ma cosa diavolo c’entravano lo scrittore e il musicista?
 
- Pensaci! – Si sedette vicino a me e mi mise un braccio intorno alle spalle mentre con la mano mi mostrava un panorama immaginario che mi ritrovai a fissare insieme a lui. – Quando sei giù di morale, una musica di sottofondo ti restituisce il buon umore, le nostre feste non sarebbero più le stesse. E poi noi siamo pirati ed ogni ciurma che si rispetti canta canzoni pirata. –
 
- Che razza di sciocchezza! – ci voltammo entrambi a guardare Kora.
 
- Lo sai anche tu che su di una nave su cui si canta c’è più buonumore. Sei stata su entrambe le navi, non puoi negare che io abbia ragione. –
 
- Tu vuoi trasformare la nave in un parco divertimenti. –
 
- Io voglio rendere questa avventura fantastica. – discutevano sempre.
 
La biondina sbuffò. Avevo ascoltato la loro conversazione nel pomeriggio, ero abbastanza sicuro che stesse pensando al capitano come ad un idiota incosciente.
 
- Sei stata su due navi? – cercai di spostare l’attenzione dal capitano al medico che mi interessava decisamente di più.
 
- Certo che si. Questa è la sua terza nave e spero vivamente che sia la definitiva. –
 
- Sei ubriaco! – puntualizzò lei.
 
- Si, penso proprio di esserlo. – le allargò un enorme sorriso. – ma te lo direi anche da sobrio che farò di tutto per convincerti a restare. –
 
- Sprechi il tuo tempo. – Kora aveva la capacità di farti sentire ignorato anche quando parlavi con lei.
 
- Will andiamo vieni! – la piccola Keiley mi trascinò a ballare con la forza e non riuscì ad ascoltare il resto della conversazione tra capitano e medico. Quel minuscolo ragnetto aveva davvero un sacco di energie, ma mi fece davvero bene, mi aiutò a scaricare tutto quello che avevo accumulato in questi pochi giorni. Visto il mio tasso alcolico, tutto quel movimento era riuscito a farmi fare una sudata pazzesca, così mi accasciai a terra per riprendere fiato e per far smettere alla nave di girare. Neanche mi resi conto di essermi seduto vicino a Belle.
 
- Ti stai divertendo? –
 
- Direi proprio di si. – confermai. – Ci voleva proprio un po’ di relax. –
 
- Menomale. – mi sorrise. – Ace ed io siamo abituati a festeggiare i successi della ciurma e a dare a ciascuno una calorosa accoglienza. –
 
- Allora dovrei offendermi per non aver ricevuto una festa di benvenuto? – la stavo prendendo un po’ in giro. – Come fai ad essere ancora così sobria? –
 
- Ho preso da mia madre, reggo bene l’alcol e so quando fermarmi. È meglio se non abbassiamo tutti la guardia, non si sa mai quando e da che direzione potrebbe arrivare il pericolo. – Belle e Kora erano senza ombra di dubbio le più prudenti. Spostai lo sguardo da quell’inetto di cuoco che faceva il cascamorto con Lena alla cassa su cui era seduta la biondina, ma lei non c’era più.
 
- Dov’è finita Kora? –
 
- A lei non piacciono molto le feste. – chissà perché me lo immaginavo. Bhè addio proposito di invitarla a ballare, non che avessi molte speranze che accettasse.
 
- Cosa c’è tra lei ed Ace? – non volevo conoscere la risposta, non so neanche perché feci quella domanda, forse fu l’alcol a parlare per me.
 
- Si conoscono da molto tempo, te l’ho detto. Ace ha una grande considerazione di lei e delle sue opinioni e credo che lei gli sia affezionata e si preoccupi per lui, anche se è difficile capire quello che sente Kora, avrai notato anche tu che non è una persona molto espansiva. – mi rispose guardando il centro della nave dove Tom e Kilian bevevano e ridevano mentre Keiley li osservava con le guance gonfie. – Se siamo qui è merito suo. Un giorno si è presentata da noi ed ha convinto Ace a partire per questa avventura. –
 
- Promettendogli un frutto del diavolo e l’occasione di diventare re dei pirati. –
 
- Si. Ma lui l’avrebbe seguita comunque, non avrebbe lasciato che andasse da sola. –
 
- Cosa sta cercando? –
 
- Un frutto del diavolo in particolare. –
 
- Quale? –
 
- Te lo dirà lei quando si sentirà pronta. –
 
- Non vi fidate ancora di me. –
 
- Non importa quello che penso io Will. Credo che ognuno abbia il diritto di rivelarsi agli altri con i propri tempi. –
 
- Tu lo sai? –
 
- Non me lo ha detto, lo sa solo Ace, ma immagino di cosa si tratti. -
 
- E cosa ne pensi? Credi che Ace abbia fatto bene a seguirla? –
 
- Credo di si. – mi fermai qualche attimo a riflettere su ciò che mi aveva detto, poi mi decisi a buttar giù un altro boccale ed invitarla a ballare.
 
- Milady, mi concede questo ballo? – mi inchinai provando ad imitare un vero gentiluomo anche se odoravo terribilmente di rhum. Lei mi sorrise e accettò il mio invito. Dopo un po’ di tempo e un po’ di bibite sentì l’impellente bisogno di andare a svuotare la vescica, così con una scusa mi allontanai dalla festa e me ne andai sul retro della nave. Ero troppo alticcio per raggiungere il bagno così decisi di farla direttamente in mare. L’aria fresca e la liberazione che sentivo in quel momento erano impagabili. Finito il malaffare tentai di tornare alla festa. Al diavolo Kora! Ci avrei provato con la navigatrice. Quella biondina si sarebbe mangiata i gomiti non appena si fosse resa conto di cosa si stava perdendo.
 
- Lo sapevo che non saresti durata molto alla festa. – il capitano.
 
- Non mi piacciono quanto piacciono a te. – erano lì anche loro ma non si erano accorti di me.
 
- Una volta le apprezzavi di più. –
 
- Una volta le cose erano diverse. –
 
- Dovresti sforzarti di essere un po’ meno cupa e distaccata… “Angelo della morte”. -
 
- Non voglio che mi chiami così! Non uso più quel nome. –
 
- È un peccato, ti si addiceva. – si avvicinò a lei sorridendo e si appoggiò al parapetto con i gomiti. Tanto lei era scontrosa quanto lui allegro. – Chissà come chiameranno me. – aveva un’aria interrogativa e curiosa.
 
- Non credo vorresti sentirlo. – il capitano rise.
 
– Sei molto spiritosa stasera. –
 
- E tu molto ubriaco. –
 
- È vero, non posso negarlo. –
 
- Sei il solito incosciente! – non lo guardava, tutta la sua attenzione era rivolta al mare.
 
- È un bel po’ che non ci facciamo una nuotata. –
 
- Quando avremmo trovato ciò che stiamo cercando non saremo più capaci. –
 
- È una delle cose che mi mancherà. – non gli rispose, allora non ero l’unico a cui non rispondeva. – Però guadagnerò molto più di quanto perderò. – la stava osservando e lei lo stava ignorando. – Domani recluteremo uno spadaccino e finalmente questo viaggio potrà cominciare. –
 
- A questo punto avrà capito dove sono diretta. –
 
- Non oso immaginare come abbia reagito quando ha scoperto che sei scappata, mi chiedo cosa resti di nave ed equipaggio. – sghignazzava, doveva essere l’alcol perché la reazione era decisamente poco appropriata al genere di conversazione. – Hai fatto bene ad andartene Kora. Non potevi essere sua prigioniera per il resto della tua vita. Sei una ragazza straordinaria, hai il diritto di trovare il tuo posto nel mondo e scrivere la tua storia. –
 
- Smettila. Finito questo viaggio le nostre strade si separeranno, come abbiamo concordato all’inizio. –
 
- Ho ancora tempo per convincerti a restare con me. Era il nostro sogno Kora, sono sicuro che nonostante tutto lo sia ancora. –
 
- Ti sbagli. Adesso è solo il tuo, io sono cambiata. – fece per andarsene ma il capitano la afferrò per il polso e la trascinò verso di sé senza spostarsi dal parapetto.
 
- Puoi darla a bere a chi vuoi su questa nave, ma io ti conosco bene ed anche se non sembri più la stessa io so che lo sei. –
 
- Tu sei un sognatore, vedi solo quello che vuoi vedere. –
 
- Questo mondo è dei sognatori dopotutto ed hai ragione, vedo il mondo come vorrei che fosse, in modo da poter lottare per renderlo tale. Cosa c’è di male? –
 
- I sogni non ti proteggono dalla realtà, te la nascondono solo e quando ci sbatterai contro e ti sveglierai, perché alla fine ti sveglierai, ti renderai conto che quello che resta sono solo macerie. Svegliati finché sei in tempo Ace. – provò ad allontanarsi ma lui la strinse di più.
 
- Sono sveglio Kora, diciamo che sono un sognatore ad occhi aperti e lo vedo chiaramente, intorno non ho macerie ma amici e fintanto che avrò un motivo per combattere non sarà finita. Resta e combatti al mio fianco. – la guardava negli occhi, era molto vicino.
 
- Sei ubriaco. Vai a letto Ace. – lui la lasciò e rovesciò la testa all’indietro per la frustrazione, ma durò pochi secondi, poi riacquistò il solito buonumore.
 
- E va bene dottore, ascolterò il tuo consiglio e me ne andrò a dormire, dopotutto domani è un grande giorno. – che novità, per lui era sempre un grande giorno. – Kora. Non mi arrenderò con te, meglio che tu lo sappia. – le sorrise e lei fece altrettanto.
 
- Non ne avevo dubbi. – se ne andò lasciandolo solo a smaltire la sbornia fino a quando non si decise ad andarsene veramente a letto grattandosi la testa.
 
Dopo questa ennesima dimostrazione che tra quei due c’erano dei trascorsi ero abbastanza scoraggiato e demotivato per tornare alla festa. Lo so che tra loro non era successo niente però ero geloso del loro rapporto, del modo in cui lei lo lasciasse avvicinare. Ero certo che se l’avessi afferrata io per avvicinarla a me mi sarei ritrovato un pugnale alla gola. Forse sarebbe stato meglio rinunciare, ma non ero il tipo che rinunciava così in fretta. D’altro canto ero piuttosto ubriaco in quel momento, non certo l’ideale per andare da lei. Forse era meglio seguire l’esempio del capitano e andarmene a letto, l’indomani avrei visto sicuramente le cose da un’altra prospettiva.
 
In effetti il giorno successivo vidi tutto da un’altra prospettiva, durante la notte ero caduto dal letto per cui la stanza era letteralmente al contrario. Mi misi in piedi e presi contatto con i già ben noti sintomi da doposbronza decisamente amplificati dal movimento della nave. Mi sa che l’errore era stato smettere di bere. Raggiunsi gli altri in cucina e notai che fossi l’unico ridotto uno straccio.
 
- Will ti senti bene? – mi chiese la ragazza dai capelli azzurri.
 
- Hai una pessima cera amico. – ovviamente terminò il commento suo fratello.
 
- Forse l’autore non regge l’alcol. – quell’odioso cuoco dei miei stivali!
 
- Non direi proprio. Ieri ha quasi dato fondo alle nostre scorte, credo abbia bevuto quanto tutti noi messi insieme. – Belle era affascinante come sempre.
 
- Se non ti senti bene potresti farti visitare da Kora. – mi affrettai a tappare la bocca al ragnetto visto che in quell’esatto momento stavano arrivando capitano e medico di bordo e l’ultima cosa che volevo era sembrare un rammollito che non regge l’alcol ai suoi occhi. La ragazzina si dibatteva e la biondina mi fissò per qualche attimo tra l’ilarità generale prima di entrare in silenzio e sedersi a tavola. Non so se lo avesse fatto per il casino che la riccioluta stava facendo o perché aveva percepito la mia presenza la sera prima. Fatto sta che quello sguardo glaciale mi diede i brividi. Brividi che mi passarono non appena il capitano mi assestò una pacca dietro alle spalle. Tuttora mi chiedo come non le avesse spezzato il braccio la sera prima data la potenza che a stento teneva a bada quel ragazzo.
 
- Che te ne è sembrato della festa? – mi chiese sorridente.
 
- Niente da lamentarmi. –
 
- È stata strepitosa Ace! – disse l’esuberante Keiley riuscitasi a liberare dalla mia stretta grazie alla pacca del capitano. – Dobbiamo farne un’altra! –
 
Il moro sfoggiava un enorme sorriso.
 
- Certo che ne faremo un’altra. – le scompiglio i riccioli neri con la mano. – Ma mi sa che sarà meglio organizzarla più in là se non vogliamo affrontare le ire di Kora. – ricevendo un’occhiataccia dalla suddetta.
 
- Mia bellissima Kora cosa può prepararti per colazione questo umile cuoco al tuo servizio? – Dio quanto odiavo quel tipo!
 
- Quello che ti pare. - che soddisfazione vederlo liquidato in quel modo!
 
- Kora non mangia né pane né pasta. – spiegò la navigatrice. – A parte questo credo le vada bene tutto. –
 
Stamattina era ancora più bella del solito, indossava un jeans aderente ed una maglietta nera piuttosto larga. Sono certo che anche avvolta in uno straccio sarebbe stata bellissima.
 
- Che ne pensi se io e Will venissimo oggi a farci fare il tatuaggio? – la biondina sollevò un sopracciglio in direzione del capitano.
 
- Fai sul serio? –
 
- Certo che si! –
 
- Aspettate, di che tatuaggio stai parlando? – cioè si, la biondina me lo aveva detto il giorno prima ma non credevo dicesse sul serio e poi cosa c’entravo io?
 
- Ho pensato che io e te potremmo farci un tatuaggio per rendere ufficiale l’inizio di questa avventura. –
 
- Perché io? – infatti! Perché non lo faceva fare a Tom o a quell’odioso cuoco, che cavolo c’entravo io?
 
- Perché così ti sentirai anche tu un vero pirata. – non volevo affatto sentirmi un vero pirata! Io ero solo uno scrittore e volevo restare solo uno scrittore!
 
- Ace non dovresti obbligarlo se non se la sente. – Dio sia lodato per la presenza di Belle su quella dannata nave!
 
La biondina mi stava fissando. Alle solite era impossibile capire cosa stesse pensando, sperai solo che non mi credesse un vigliacco.
 
- Oggi non ho tempo. – rispose senza staccarmi gli occhi di dosso. Bene, la tortura era rimandata.
 
- Allora domani, così Will avrà il tempo di pensare a cosa farsi tatuare. – Ahahahahah, convinto lui!
 
In effetti il resto della giornata fummo tutti più o meno impegnati nelle nostre faccende. Personalmente passai il giorno in biblioteca a cercare di capire quale fosse il mio talento, era il secondo giorno che scrivevo e appallottolavo fogli ma più ci riflettevo più mi sembrava di non essere capace di far niente di utile.
 
Nel tardo pomeriggio arrivammo nei pressi di un’isola. Eravamo in primavera quindi a quell’ora c’era ancora un po’ di luce. Non ero mai stato lì, durante la mia vita avevo viaggiato solo per dar la caccia ai fruttati, c’erano ancora tantissimi posti per me inesplorati. Belle mi spiegò che quella era l’isola degli spadaccini, tutti i migliori degli ultimi 20 anni si erano addestrati lì. Non era un posto molto frequentato da pirati e Marina per cui mi fu accordato il permesso di sbarcare insieme a capitano, navigatrice, cuoco e medico. Il resto rimase a far da guardia alla nave.
 
La palestra si trovava nel cuore dell’isola e inglobava un monte con una cascata di acqua gelida che venivano usati per addestrare i giovani spadaccini. Dalle informazioni che Belle era riuscita a raccogliere, il dojo era gestito da una donna, una tra le migliori spadaccine al mondo dopo Zoro e Mihawk. Il piano era parlare con lei per farci indicare gli allievi migliori. Bussammo all’enorme portone in legno e ci venne ad aprire un uomo anziano con un paio di occhialini rotondi.
 
- Salve ragazzi. Come posso aiutarvi? –
 
- Cercavamo la capopalestra. – Belle era la più rassicurante.
 
- A dire il vero oggi non l’ho ancora vista, ma sarà sicuramente in giro da qualche parte. Entrate pure. Di cosa volevate parlarle? –
 
- Vede, sappiamo che qui si addestrano i migliori spadaccini al mondo, ci piacerebbe conoscerne alcuni. –
 
- Si, allora siete decisamente nel posto giusto. – era un vecchietto davvero simpatico e molto gentile, ci accompagnò in una tipica sala giapponese e ci fece servire il thè mentre andava a cercare la padrona di casa. Eravamo lì già da un pezzo quando entrò nella sala una ragazza, nostra coetanea, con lunghissimi capelli verde-blu legati in una coda alta, indossava un pantalone aderente, lungo al ginocchio, ed una maglietta bianca a mezze maniche. Al fianco portava legate tre spade, la cosa non mi stupiva affatto, dopo la grande guerra furono in molti a volersi specializzare nella tecnica delle tre spade, per seguire le orme del cacciatore di pirati Zoro, il fatto è che in pochissimi sono riusciti a padroneggiarla. Non mi stupiva che in quel dojo fosse materia di studio.
 
- Ehi ciao, tu devi essere la maestra di spada. – Ace si alzò sorridente per stringerle la mano ricevendo in cambio un’occhiata fredda.
 
- Ti sembra che possa essere io? – in effetti era troppo giovane. – La capopalestra oggi non c’è. Cosa volete? –
 
Il cuoco, che fino a quel momento era rimasto paralizzato per lo shock di vedere un tale splendore si riscosse a sufficienza da correrle incontro e afferrarle le mani.
 
- Oh angelica visione del dojo! Solo ora capisco di non aver mai amato prima in vita mia. – la ragazza storse il naso e gli diede un pugno, disgustata, spiaccicandolo a terra, accidenti se era forte!
 
- Che schifo! –
 
- Kilian! – Bell si precipitò dal cuoco a vedere in che condizioni si trovasse. Devo dire che in quel momento quella ragazza si era decisamente conquistata la mia stima.
 
- Raccogliete il vostro amico dal pavimento e andate via. –
 
- Aspetta! Forse puoi aiutarci tu. – Figurati se Ace mollava la presa. - Stiamo cercando lo spadaccino più forte della palestra, puoi indicarcelo. –
 
- Ce l’hai davanti. – la ragazza incrociò le braccia sul petto.
 
- Ma è fantastico! Allora devi venire con noi. – Ace aveva un sorriso spaventosamente grande, non stava più nella pelle.
 
- Te lo puoi scordare bell’imbusto! –
 
- Scusa perché no? –
 
- Sono l’erede di questo dojo, il capopalestra è mia madre, non ci penso nemmeno a seguire un branco di sconosciuti che si presentano all’improvviso alla mia porta. –
 
- Noi siamo pirati. – puntualizzò il capitano. Vi assicuro che mi aspetto ancora che prima o poi qualcuno gli risponda “E chi se ne frega!” anche se, in quell’occasione, l’espressione della spadaccina ci andò parecchio vicino, ve lo assicuro. – Io sono il capitano, mi chiamo Ace ed ho bisogno di una spadaccina nella mia ciurma. – quell’idiota continuava a sorridere. In effetti capivo fin troppo bene la posizione della ragazza, sapevo perfettamente cosa volesse dire trovarsi davanti gente che compare alla tua porta per portarti via da tutto ciò che conosci e ami per trascinarti in mezzo ai guai.
 
- Sei matto se pensi che verrò con te. –
 
- Te lo avevo detto che era meglio rivolgersi alla figlia di Mihawk, è lei la spadaccina migliore del mondo. – la biondina che fino a quel momento era rimasta in silenzio aveva detto la cosa sbagliata al momento sbagliato.
 
- Cosa hai detto? –
 
- Che non ci servono a bordo spadaccini di serie B che vogliono farsi pregare per credere di valere qualcosa. – c’era aria di rissa tra ragazze, davvero interessante ed anche piuttosto sexy ad essere sincero.
 
- Spadaccini di serie B? Hai idea di chi hai davanti? –
 
- Una ragazzina piagnucolosa con tre spade. Mina sarebbe una scelta migliore di sicuro. – la ragazza aveva portato la mano alle spade.
 
- Suvvia ragazze, non litigate. – il cuoco si era rimesso in piedi e cercava di mettere pace.
 
- Se credi di essere migliore di lei allora perché non vieni con noi e lo dimostri, magari potresti incontrarla lungo il tragitto e sfidarla, così da stabilire chi è la migliore tra voi. – l’espressione della ragazza cambiò. Kora aveva toccato il nervo giusto, l’offerta le interessava. Mina Mihawk, una ragazza di 20 anni rinomata per la sua bellezza e per il talento con la spada. Primogenita di Dracul Mihawk e di Perona, la principessa dei fantasmi, avevo avuto il piacere di vederla da vicino quando intervistai sua madre e le voci sul suo conto non sono affatto esagerate. Capelli neri come la notte e gli stessi occhi del padre, aveva ereditato le sue capacità e si dice sia la miglior spadaccina al mondo di nuova generazione. Sua sorella Lucy invece è la fotocopia di sua madre e la sua missione sembra aiutarla a mandare il padre al manicomio. Quando visitai il suo palazzo quel pover’uomo mi fece una gran pena, vi assicuro che ci vuole una pazienza non indifferente per sopportare quelle tre.
 
- Chi siete voi? – chiese la ragazza dubbiosa.
 
- Te l’ho detto siamo pirati. Sto mettendo su una ciurma di sognatori per dare a ciascuno la possibilità di far avverare i propri sogni e portare a compimento i propri obiettivi. Se anche tu hai un desiderio che ti tiene sveglia la notte allora parti con me, dammi una mano a diventare re dei pirati ed io ti aiuterò a far avverare i tuoi sogni. -
 
- Voglio essere la migliore spadaccina del mondo, battere Mina e Mihawk ed anche mio padre e mia madre, diventare una leggenda con la tecnica delle tre spade. –
 
- Con noi girerai il mondo prendendo parte a mille avventure. Avrai la possibilità di confrontarti con molta gente e realizzare il tuo sogno. –
 
- Se lascerai quest’isola sarai in pericolo, sappilo. – la biondina la stava mettendo in guardia. – Ti metteranno una taglia sulla testa e la Marina ti darà la caccia. –
 
- Che ci provino. – le sorrise. La ragazza era una tosta.
 
- Allora, sei una dei nostri? – chiese il capitano.
 
- Prometto… che non perderò mai più! Fino al giorno in cui la sconfiggerò in duello… e diventerò la più forte spadaccina del mondo! Qualcosa in contrario, re dei pirati? –
 
- La spadaccina migliore del mondo? Bene! Non mi accontenterò di nulla di meno da un membro della ciurma del re dei pirati. – Ace allungò la mano sorridente e lei gliela strinse. – Benvenuta nei pirati Hell… -
 
- Kendra! Il mio nome è Roronoa Kendra. –
 
- Aspetta! Hai detto Roronoa? – la navigatrice era davvero stupita. – Non è possibile! Non puoi essere imparentata con il cacciatore di pirati! –
 
- Mio padre è un tipo riservato, non gli piace far sapere agli altri i fatti suoi. Si è assicurato che non ci fosse anima viva che sapesse di me e mia madre. –
 
- Se questa non è fortuna allora non so cosa sia. – il capitano era davvero al settimo cielo – Benissimo! Ora siamo pronti ad iniziare quest’avventura! –
 
- Bellissima Kendra, amore della mia vita, ora capisco che la vera ragione per cui il destino mi ha spinto su questa nave sei tu. – il cuoco le ronzava maledettamente intorno. Era sempre agitato quando si trovava davanti una bella donna ma non lo avevo mai visto così. La ragazza rifece l’espressione di disgusto.
 
- Credo di avertelo già detto: che schifo! – lo colpì di nuovo. – Ti avverto, sta lontano da me o ti faccio a fette! –
 
- Questo è lo spirito giusto. – Il capitano rideva di cuore. – Ed ora torniamo alla nave, non vedo l’ora di partire. –
 
A questo punto, recuperato anche lo spadaccino, il vero viaggio poteva iniziare.

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Capitolo 7
*** Il tatuaggio ***


Kendra si prese qualche minuto per raccogliere le cose da portare con sé e scrisse un biglietto a sua madre per evitare che al ritorno le prendesse un accidente non trovandola. Detto tra noi, penso le sia venuto comunque quando ha saputo che fine avesse fatto la figlia. A quell’epoca pensai che si fosse fatta convincere con troppa facilità a mollare tutto e partire. Insomma, era l’erede di una rinomata palestra, viveva tranquilla e, tutto sommato, felicemente con sua madre che, insieme a suo padre, aveva fatto un egregio lavoro nel tenerla al sicuro, proprio non mi spiegavo perché si fosse lanciata ad occhi chiusi dietro di noi.
 
Qualche tempo dopo me lo confessò. Si sentiva una tigre in gabbia su quell’isola. Voleva diventare la migliore spadaccina del mondo e non poteva farlo da uno sputo di terra. Voleva raggiungere il livello di suo padre, sfidarlo e sconfiggerlo, essere all’altezza del nome che portava, dimostrare che anche essendo nata donna poteva essere la migliore al mondo, ma non ci sarebbe mai riuscita restando dov’era. E non tanto perché vedesse il padre raramente ma quanto perché non aveva la possibilità di scontrarsi con persone che superassero il suo livello e quindi non aveva la possibilità di migliorare sé stessa e la sua tecnica. Quando aveva sentito nominare Mina Mihawk aveva intravisto una possibilità. Quel ragazzo sorridente dai capelli neri le aveva dato fiducia e, com’era successo un po’ per tutti noi, aveva deciso di potersi fidare e di seguirlo.
 
In quel momento stava seguendo solo il suo istinto, ma tra lei e il capitano si sarebbe creato un gran bel rapporto fatto di amicizia e stima reciproca, ma forse sto correndo un po’ troppo, meglio se rallento e torno al momento di lasciare l’isola. Raggiungere la nave e salpare non fu molto complicato, quel posto era davvero tranquillo, nessuno avrebbe avuto motivo di attaccare una scuola, né pirati, né Marina, era un luogo sicuro dove far crescere il proprio talento con la spada.
 
Kendra mi piaceva, mi piacevano tutte le donne ad essere sincero, ma quell’insopportabile cuoco Don Giovanni era peggio di me, per tutto il percorso fino alla nave le aveva sbavato dietro, letteralmente, ricevendo ogni volta in cambio un’espressione disgustata dalla ragazza dai lunghissimi capelli verde-blu.
 
- Smettila di guardarmi così! Mi dai il voltastomaco! –
 
- Non posso farne a meno, sei bellissima! – commenti del genere peggioravano solo la situazione.
 
- Credo che dovrai abituartici, non riesce davvero a fare a meno di fare il cascamorto. – non mi era proprio simpatico.
 
- Fatti gli affari tuoi, imbratta carte dei miei stivali! – ci guardavamo in cagnesco.
 
- State buoni ragazzi, non è il caso di litigare. – Oh, Belle, un cuore grande come una nave e non solo quello.
 
- Mi fate morire dal ridere quando fate così. – il capitano trovava sempre tutto divertente.
 
- Si può sapere perché ti sei portato dietro questo inutile scribacchino? –
 
- Perché conosce la posizione di tutti i frutti del diavolo esistenti. – gli rivolsi un sorriso trionfale, meglio che capisse subito che tutto questo circo stava in piedi solo perché c’ero io, altrimenti starebbe ancora in un ristorante a lavare piatti.
 
- Quindi questo sarebbe l’idiota di cui parlano i giornali? – chiese il cuoco.
 
- Precisamente. – confermò la bionda. Strano, suonava come un insulto.
 
- A proposito Will, temo di doverti dare una brutta notizia. – Belle era decisamente la mia preferita.
 
- Cosa è successo? –
 
- Non ho avuto il tempo di mostrarti il giornale del mattino… c’era un articolo su di te. –
 
- Cosa diceva? – me lo immaginavo cosa dicesse, miseriaccia!
 
- Che sei ufficialmente un ricercato amico mio. – come se fosse una bella notizia, anche se ovviamente, dal punto di vista del capitano lo era di sicuro. – Ed hai anche una bella taglia, è molto più alta della mia. – grandioso! Veramente grandioso, davvero!
 
- Mi dispiace Will, l’articolo diceva che sei un pericoloso criminale sfuggito alla custodia della Marina ed in possesso di pericolose informazioni che sei pronto ad utilizzare per gettare il mondo nel caos. – molto fantasioso davvero, forse avrebbero dovuto scriverlo quelli della Marina un libro.
 
- Era ovvio che sarebbe andata così. – fredda e glaciale come sempre, altro che “angelo della morte”, dovevano chiamarla “regina delle nevi”.
 
- Quindi siete ricercati? – chiese la nuova arrivata.
 
- Solo loro tre. – Belle ci indicò.
 
- Quindi siete pericolosi? –
 
- Loro due si, lui è solo stupido. – mi indicò il cuoco.
 
- Senti bello, se vuoi una lezione non hai che da dirlo. – mi aveva proprio stufato.
 
- Se ne fossi capace accetterei volentieri, ma Zeff mi ha insegnato a non prendere a calci chi non è capace di difendersi. – non avete idea di quanto volessi mettergli le mani addosso e fargli passare la voglia di provocarmi.
 
- Questo è un problema. – intervenne Ace tenendosi il mento pensieroso. – Idea! – batté il pugno sulla mano. – Da oggi ti allenerai con noi nelle nostre specialità e vedremo in cosa sarai portato. –
 
- Lo uccideremo. – fece notare Kora.
 
- Basterà contenersi un po’ all’inizio. – Proprio lui parlava, ogni volta che mi dava una pacca quasi mi scaraventava a terra, non osavo immaginare che effetto potesse avere un suo pugno, anzi me lo immaginavo fin troppo bene dopo averlo visto in azione al Baratie.
 
- No no no no no. Fermi tutti! Non ci penso nemmeno! –
 
- Vigliacco! –
 
- Ripetilo se hai il coraggio. –
 
- Sono certo che funzionerà. Anche Kora si è addestrata in diverse discipline ed è venuta su bene. – accidenti se era venuta su bene! Un momento, ora che ci pensavo, questo significava uno, passare del tempo ad allenarmi con lei, e due, farmi rattoppare da lei dopo averle prese da tutti, quindi un sacco di tempo da passare con lei. Non male come prospettiva, forse tutto sommato potevo sopportare i pugni di Ace, se era per un bene superiore.
 
- Ace, lui non è Kora. – Belle cercava di mediare per me.
 
- Hai ragione! Allenarmi con voi è quello che mi serve per capire le mie potenzialità. –
 
- Ma Will, non devi fare ciò che non vuoi. –
 
- Belle la penna non può difendermi in battaglia. Non preoccuparti, me la caverò. –
 
- Tranquilla sorellina, non lo ammazzeremo mica. –
 
- Già. Altrimenti chi vi condurrebbe da ciò che state cercando? –
 
- Non è certo per questo. – rise di cuore. – Noi siamo amici Will e gli amici si aiutano, mica si ammazzano a vicenda. – amici, ci conoscevamo da pochi giorni, come poteva definirmi suo amico?
 
Kora mi guardò scettica e poi proseguì senza dire una parola, avrei dato qualunque cosa per poter entrare nei suoi pensieri almeno una volta e ad essere sincero non solo nei suoi pensieri…
 
Tornammo alla nave e la nuova arrivata fu accolta con grande entusiasmo dalla ciurma. Quell’insopportabile cuoco si diede un gran da fare in cucina per stupire la ragazza, ma ogni volta che si avvicinava troppo a lei o si lasciava andare alle sue solite moine lei gli rispondeva con un verso ed un’espressione di disgusto. Ciò nonostante, lui non si scoraggiava mai e devo dire che questa è una delle qualità che apprezzo in lui. C’è stata una sola volta in cui l’ho visto davvero depresso e demoralizzato per una donna ma ci arriveremo, non preoccupatevi. Quello che è certo è che questo viaggio ci ha cambiato, tutti, se ci guardaste adesso stentereste a credere che siamo le stesse persone di cui vi sto raccontando.
 
Ed a proposito di questo, prima che possiate pensare che sono un maniaco guardone e spione vi dirò che da questo momento vi racconterò la storia come se fossi stato sempre presente, sta a voi capire quando c’ero davvero e quando ricostruirò semplicemente ciò che è stato da quello che mi è stato raccontato in un secondo momento. Dopotutto se vi raccontassi la storia solo in funzione di quello che ho fatto io sarebbe un bel po’ noiosa e non riuscireste a capire tutto. Quindi vi chiedo di fidarvi di me e di dar per buono ciò che vi racconterò, cercherò di non “colorare” troppo gli eventi, ve lo prometto. In fondo questa storia è già straordinaria ed incredibile così com’è, non ha certo bisogno di abbellimenti.
 
Ma ora torniamo a noi. Durante la nostra più che breve assenza i gemelli si erano dati un gran da fare per preparare la camera dello spadaccino, ovviamente si erano mantenuti sull’essenziale, ma conoscendoli avrebbero iniziato a personalizzarla già dal giorno successivo. Eravamo in otto, pronti ad iniziare la nostra grande avventura e ad affrontare il vero pericolo. Dio! Quanto mi mancava la mia casa e la mia vita! Ma dopo l’articolo della mattina le mie possibilità di scendere dalla nave e darmela a gambe si erano ridotte a meno di nessuna. Ace aveva ragione, l’unica speranza di cavarmela era imparare a difendermi e cercare di non cacciarmi nei guai, anche se quest’ultimo era un mio pensiero e non suo.
 
Recuperai il giornale dall’ufficio di Belle e me ne tornai sconsolato in biblioteca a leggerlo. Dalla descrizione che il cronista dava di me sembravo un mostro abituato a compiere efferati crimini. Che sconforto! E pensare che c’erano stati uomini che avevano passato tutta la vita a tentare di farsi un nome ed io avevo una taglia di 500,000,000 di Berry senza aver neanche mai aperto la bocca. Il mondo era proprio ingiusto!
 
Per quella sera decisi di averne abbastanza di tutto e tutti, così me ne andai a letto. Ronfavo beato quando il capitano in persona venne a tirarmi giù dal letto con i suoi modi allegri ma alquanto bruschi. Non mi vergogno ad ammettere che per lo spavento caddi a terra in un groviglio di lenzuola, temendo fossimo sotto attacco. La verità è che non ci stava più nella pelle all’idea del mio addestramento, avrei voluto avere la metà del suo entusiasmo, ma per quanto mi sforzassi non mi riusciva proprio di andare in brodo di giuggiole al pensiero di far colazione con i suoi pugni, quel ragazzo aveva le mani di agalmatolite. Sperai che almeno dopo Kora fosse in grado di rimettere a posto il mio meraviglioso corpo fratturato.
 
- Non vedo l’ora di cominciare amico. – aveva un sorriso spaventosamente grande. Beato lui! – Sono curioso di scoprire in cosa sei portato. – Potevo dirglielo tranquillamente io: in niente, assolutamente in niente! Sapevo solo scrivere e basta. Dio! Mi avrebbe ucciso di sicuro! Iniziavo a pensare che forse non valesse la pena di farsi ammazzare di botte per far colpo su di una ragazza.
 
Dovevo avere un’espressione alquanto avvilita quando arrivammo al centro del ponte perché il capitano mi guardò preoccupato. – Ehi amico ti senti bene? – No, non stavo affatto bene. Già era difficile accettare l’idea di non essere più nella mia bellissima casa, ora anche questo, non poteva andare peggio! Anzi, temo di dover dissentire, poteva andare peggio eccome, gli altri membri dell’equipaggio erano venuti ad assistere alla mia morte, compreso quell’odioso cuoco, che per fortuna era occupato a ronzare intorno ad una più che disgustata Kendra, ed il medico che se ne stava in disparte con la solita aria disinteressata.
 
Ripensandoci forse era meglio essere ucciso da Ace, almeno non avrei dovuto affrontare l’umiliazione della sconfitta e sentirmi deridere dal cuoco.
 
- Sei pronto Will? – la piccola Keiley mi si parò davanti.
 
- Intendi a morire? – la feci ridere.
 
- Ma no sciocco, a batterti con me. –
 
- Cosa? – volevano che mi battessi contro una ragazzina striminzita di appena quindici anni?! Questi erano matti!
 
Il ragnetto si legò i riccioli con una bandana e si mise dei buffi occhialini, faceva sul serio ma a me ispirava solo tenerezza.
 
- Ace pensa che prima di imparare ad attaccare devi imparare a difenderti e a schivare. Io sono una dei migliori cecchini del grande blu ed oggi ti addestrerò a schivare. Io cercherò di colpirti con arco e freccia e tu cercherai di evitare i miei colpi, va bene? – in effetti l’avevo vista intrappolare una minuscola e alquanto lontana mosca in una resina usando una fionda, ma poteva anche essere stato un caso.
 
- Supponiamo che tu sia davvero il portento che dici di essere… –
 
- Non lo dico, lo sono. –
 
- Certo, certo. Il medico di bordo è qui per rattopparmi dopo che sarò diventato un colabrodo? – non credo servisse chissà quale mira per beccarmi, non ero in grado di schivare, poco ma sicuro.
 
- Che sciocco che sei! – si mise a ridere. – Non userò mica frecce vere! Ti ucciderei in un solo colpo. I gemelli mi hanno preparato delle frecce speciali per il tuo addestramento. – tirò fuori dalla faretra che si era messa in spalla una freccia la cui punta era stata sostituita da una pallina di tela imbrattata di polvere colorata. – Così sarà più semplice per gli altri vedere dove ti colpirò e verificare che non giocherò sporco colpendo punti pericolosi o i tuoi gioielli di famiglia. –
 
- I miei cosa? Non sei troppo piccola per dire queste cose? –
 
- In guardia Will! Queste frecce non ti uccideranno ma ti faranno male lo stesso, non escludo che possa venirti qualche livido. – Eliminò la polvere in eccesso e prese la mira, impiegò qualche secondo prima di lanciare, ma ora so che lo fece solo per consentirmi di schivare, in genere ci mette meno di una frazione di secondo per infilzarti, è velocissima e riesce a tirare fino a tre frecce alla volta a quella velocità, fa davvero paura credetemi!
 
Nonostante si stesse sforzando di rallentarsi e rendersi prevedibile non riuscì a schivare neanche un colpo ed aveva ragione, quelle frecce facevano proprio male. Dopo una mezz’oretta e oltre di allenamento ero completamente ricoperto di polverina colorata che grazie al sudore era diventata uno schifo appiccicoso. Il cuoco era piegato in due dalle risate, mentre Ace non smetteva un attimo di fare il tifo per me, incoraggiarmi e darmi consigli. I gemelli avevano iniziato a scommettere sul se si sarebbe stancata prima Keiley o sul se io fossi riuscito a schivare.
 
- Ma per favore! – il medico sbuffò scocciata, si vedeva lontano un miglio che pensasse che fossi un incapace senza speranze. Ad un certo punto però, in mezzo al caos più completo si alzò e mi chiamò a voce alta per sovrastare la confusione.
 
- AUTORE! – mi girai verso di lei per vedere cosa volesse. Fu un attimo, un solo attimo, ma mi sembrò di vivere la scena al rallentatore, come se tutto intorno a me si muovesse ad una lentezza innaturale. Lei si portò una mano alla cinta ed estrasse uno dei suoi pugnali, un pugnale vero, non una delle armi messe in sicurezza dai gemelli per il mio allenamento. Lo lanciò verso di me, stava mirando alla testa ed aveva una buona mira. Non so spiegarvelo, non so neanche io cosa sia successo ma vidi il pugnale avvicinarsi ad una lentezza innaturale ed il mio corpo agì praticamente da solo voltandosi di lato. Osservai il pugnale passare e conficcarsi nell’albero maestro alle mie spalle. Non avevo idea di come avessi fatto… ma lo avevo schivato ed ero ancora vivo.
 
Su tutto l’equipaggio scese il gelo, tanto per il gesto di Kora che per il fatto che fossi riuscito a schivare il colpo. Lei mi guardava ed era l’unica a non essere stupita, anzi per un attimo ebbi la sensazione che avesse sollevato leggermente l’angolo delle labbra, come se si aspettasse quel risultato, ma forse fu solo una mia illusione. La prima a rompere l’incanto fu Belle.
 
- Ma sei impazzita?! Potevi ucciderlo! –
 
- Mi sembra lo abbia schivato, no? –
 
- Accidenti! Sei stato straordinario! – il capitano aveva ancora la bocca aperta ma vi assicuro che quello più sconcertato ero io. – Come hai fatto? –
 
- Io… non lo so… - era la verità, non capivo cosa fosse successo.
 
- Se vuoi che impari qualcosa smetti di usare giocattoli per addestrarlo, i nemici non avranno pietà. – ce l’aveva con il capitano. – È stata la paura di un’arma vera a farlo schivare. – Si avvicinò a me. – La paura è un’arma potente, è l’unica cosa che ci consente di restare in vita. – mi sorpassò per andare a recuperare il suo pugnale, sperai vivamente che non me lo volesse lanciare di nuovo, sentivo di non essere in grado di ripetere quell’impresa. Per fortuna rivolse la sua attenzione sul capitano. – Farebbe bene anche a te provarne un po’ ogni tanto. –
 
Mi dava le spalle, non so se fosse per lo shock o cosa ma sebbene mi sentissi la mente avvolta dalla nebbia riuscì a mettere a fuoco un dettaglio. Quando mi aveva lanciato il pugnale la maglietta le era scesa leggermente mettendo a nudo un po’ della spalla e lo vidi, sulla sua pelle chiara, una macchia nera, l’estremo di un tatuaggio. Non capì cosa fosse perché se ne vedeva appena una punta, ma rimasi affascinato ed al quanto incuriosito da quel nuovo dettaglio.
 
- Se mi cercate sarò nel mio studio. Questa pagliacciata mi ha stufata. – Ci diede le spalle e se ne andò.
 
Belle mi corse incontro ed iniziò a tastarmi mentre continuavo a restarmene imbambolato, cercava di verificare che fossi ancora tutti intero.
 
- Will per l’amor del cielo! Stai bene? -  la fissai intontito per qualche attimo prima di decidermi a risponderle e a riscuotermi dal mio torpore.
 
- Io.. si.. credo di si.. –
 
- Pazzesco! – Tom si era avvicinato a me.
 
- Da non credere! – così come ovviamente sua sorella.
 
- Hai avuto solo fortuna imbratta carte! – quell’insopportabile cuoco era rimasto al suo posto, seduto di fianco alla spadaccina.
 
- Tu credi? – le rispose lei.
 
- Certo che si. Sono sicuro che non riuscirebbe a farlo di nuovo. – ne ero sicuro anche io ad essere onesto. Non sapevo come avessi fatto ed ero certo di non poterlo rifare.
 
- Proviamo e stiamo a vedere. – Belle si frappose tra me ed il capitano con le braccia spalancate.
 
- Basta così, Ace! Per oggi ha sfidato la sorte a sufficienza! –
 
- Non volevo mica lanciargliene uno vero! –
 
- Ho detto basta! Dovrai aspettare domani per usarlo come bersaglio! – era tosta. Normalmente avrei detto che non c’era problema a continuare ma in quell’occasione… dovevo capire cosa fosse successo prima di riprovarci. Dovevo parlare con Kora, a tutti i costi, non potevo essermi sbagliato, lei sapeva che avrei schivato, dovevo capire come faceva a saperlo e soprattutto come avessi fatto.
 
Il capitano sollevò le mani in segno di resa, averla vinta contro sua sorella o contro Kora non era un’impresa semplice, non oso immaginare vederle coalizzate, c’era da passare un gran brutto quarto d’ora. Gli altri discutevano tutto intorno a me ma io non riuscivo a concentrarmi su niente e nessuno, non ricordo molto di quello che dissero, a dire il vero, anche se sono piuttosto sicuro che dalla bocca del cuoco fossero usciti solo insulti e veleno. Avevo la testa completamente satura, non riuscivo a pensare ad altro se non a come avessi fatto a schivare ed al tatuaggio sulla spalla del medico. Keiley mi stava tirando per la manica dicendomi qualcosa, ma non la stavo ascoltando, Belle stava discutendo animatamente con Ace, ad un certo punto mi afferrò per il braccio e mi trascinò via, era infuriata. Mi trascinò fino al bagno, io in quel momento non me ne rendevo conto ma avevo decisamente bisogno di una lavata visto che ero tutto impiastricciato di sudore e polvere colorata.
 
- Quella ragazza è ingestibile! – era davvero arrabbiata. – Non ha il minimo senso della misura! – stava aprendo l’acqua calda per riempire la vasca, iniziava a sollevarsi una bella nuvola di vapore. – Non si rende proprio conto che non tutti sono portati per i suoi modi bruschi! – trafficava in maniera nervosa e solo in quel momento credo di averla messa davvero a fuoco.
 
- Belle… -
 
- Non giustificarla Will! Basta e avanza mio fratello a dargliele tutte vinte e farle fare quello che le pare, non ti ci mettere anche tu! Il suo comportamento è imperdonabile! Poteva farti del male o peggio ancora ucciderti! – Mi stava guardando e la sua espressione era furibonda ma cambiò non appena fu attirata da un dettaglio sulla mia maglia. – Santo cielo! Ti si è anche riaperta la ferita… - mi guardai la spalla, neanche me ne ero reso conto in tutta quella follia che la ferita si fosse riaperta.
 
- Non è successo niente. – mi portai una mano al braccio, ora che me lo faceva notare iniziavo a sentire il bruciore.
 
- Solo perché sei stato fortunato, non si può avere fortuna per sempre. – la stessa cosa che la bionda aveva detto al moro.
 
- Credo che sapesse che fossi capace di schivare quel colpo, altrimenti non credo mi avrebbe lanciato il pugnale. –
 
- Non dire sciocchezze! – mi guardò per un attimo pentendosi di quello che aveva appena detto, poi sospirò. – Non volevo dire che tu fossi un incapace, non fraintendermi, è solo che loro sono così perché sono stati addestrati da quando sono nati, non si può diventare così in mezz’ora. Sei stato favoloso ad aver schivato, ma non era così scontato che tu ci riuscissi… insomma… potevi farti molto male, ecco. – si stava tormentando le mani. In genere era sempre molto tranquilla, il gesto di Kora l’aveva turbata. Per fortuna il livello dell’acqua era salito a sufficienza da attirare la sua attenzione e distoglierla.
 
Si voltò per chiudere il rubinetto ed io le afferrai la mano, mi dispiaceva vederla turbata a causa mia. La navigatrice era davvero una bella ragazza, aveva i capelli neri come suo fratello ma con la frangetta ed abbastanza lunghi ed ondulati sotto, gli occhi castani ed in naso dritto, curve mozzafiato ed un bel portamento. Aveva un carattere molto autoritario e determinato ma non era una despota come Kora, era sempre pronta ad ascoltare ed aveva una parola di conforto per tutti.
 
- Belle, sto bene. Mi dispiace averti fatta preoccupare ma devo imparare a difendermi. –
 
- Lo so Will, ma non voglio che tu ti metta in pericolo solo per far bella figura con Kora. – lo aveva capito allora, non mi stupiva, era davvero sveglia. – Anche perché non servirebbe, gli incoscienti le danno ai nervi. –
 
- Gli incoscienti come Ace? –
 
- Ace non è uno sprovveduto, fa l’idiota ma sa il fatto suo, se fosse davvero convinto che qualcosa possa mettere seriamente in pericolo qualcuno di noi farebbe di tutto per tenerci al sicuro. – la lasciai e lei ne approfittò per controllare la temperatura dell’acqua. – Dovresti approfittarne finché è calda, gli asciugamani sono nell’armadio. Mi raccomando non immergere la ferita se non vuoi una strigliata da Kora. –
 
- Mi daresti una mano con la maglietta, non vorrei si fosse attaccata alla ferita. – meglio svenire davanti a lei che attirare lì tutta la nave per il tonfo. Mi diede una mano cercando di staccare la maglia con delicatezza e quando rimasi a torso nudo la vidi incantarsi per qualche attimo a guardarmi, dovevo essere patetico tutto impiastricciato. Si riscosse e prese un panno bagnato.
 
- Aspetta, meglio che te la pulisca io, così siamo sicuri. – farsi curare da Belle era decisamente più piacevole e meno imbarazzante che farsi mettere le mani addosso dal medico, la biondina aveva la capacità di farti sentire sempre inadeguato e piuttosto stupido. Mano mano che puliva la sua espressione iniziò a rilassarsi. – È meno brutta di quando immaginassi, è saltato solo un punto ma nel complesso sta guarendo bene, considerando che ti hanno ferito appena qualche giorno fa stai guarendo in fretta. –
 
- Merito del medico. – con la scusa del punto saltato potevo approfittarne per chiederle come avesse fatto a sapere che sarei stato in grado di schivare.
 
- Si, Kora è davvero brava come medico. –
 
- Un incapace come me la terrà parecchio occupata. –
 
- Speriamo di no. – sorrise, iniziava a rilassarsi, constatato che tutto sommato ero intero iniziava a sentirsi meglio.
 
L’aria calda della stanza e la presenza di Belle stavano aiutando anche me a rilassarmi, chiusi gli occhi per godermi il piacere di essere pulito da una bella ragazza con un panno caldo. In quel preciso momento mi stava tirando a lucido il petto impiastricciato. Ero davvero stanco, mi sarei fatto volentieri un pisolino per contrastare la levataccia, l’addestramento e la sfiorata morte. Non so se ve l’ho mai detto ma quella ragazza aveva sempre avuto il potere di tranquillizzarmi e farmi sentire bene, quando ero con lei dimenticavo di essere su di una nave pirata con una paurosa taglia da 500,000,000 di Berry. Sorrisi pensando a quanto fosse ridicolo tutto quello.
 
- Cosa c’è di divertente? – mi chiese.
 
- Pensavo a se potesse restarmi la cicatrice sul braccio, aiuterebbe la mia immagine di temibile pirata da 500,000,000 di Berry. –
 
- Allora hai preso tu il giornale dal mio ufficio. –
 
- Credo che lo incornicerò, così avrò la prova di non essermi inventato fandonie quando racconterò questa storia. –
 
- Ormai credo che tutti sappiano chi è il temibile pirata Will Harter. –
 
- Terrore del grande blu, ammirato dagli uomini e bramato dalle signore. –
 
- Famoso ai due lati della linea rossa per la sua modestia. – mi fece ridere.
 
- Almeno per il manifesto da ricercato hanno avuto il buon gusto di usare la foto che avevo scelto per il libro. – non ero niente male in quella foto, ero un po’ di profilo, con un gran sorriso smagliante, emanavo fascino da tutti i pori con il mio fantastico pizzetto e gli impeccabili capelli castani.
 
- Si, stai bene in quella foto. – ora che ero un po’ più presentabile e meno inzaccherato, la bella navigatrice mora posò il panno e si tirò su. – Ecco fatto, ora puoi continuare da solo a goderti il tuo bagno caldo. –
 
- Se vuoi restare non mi dispiace di certo. – le rivolsi un sorriso sincero, mi avrebbe fatto sul serio piacere scambiare due chiacchiere con lei.
 
- Credo di dover fare una ramanzina ad Ace, mi dispiace. – Mi passò una mano tra i capelli uscendo ed io tirai indietro la testa per mantenere il contatto con lei il più a lungo possibile. Rassegnato, mi rilassai in acqua deciso a godermi quanto più possibile il bagno prima di andare a farmi ricucire dal medico. Ed a proposito del medico, in quel preciso momento si trovava nel suo studio, Ace, dopo la ramanzina che sua sorella gli aveva fatto sul ponte, era andato da lei per parlarle. Si appoggiò allo stipite della sua porta con la spalla, le gambe incrociate e batté le nocche al legno per bussare. La ragazza sollevò appena lo sguardo dalle sue carte.
 
- Se sei venuto a dirmi che ho esagerato puoi pure risparmiare il fiato e andartene. –
 
- Sono venuto a vedere cosa facevi di bello. –
 
- Sei un pessimo bugiardo. –
 
- Dovrebbe essere una qualità, da quello che ne so io. –
 
- Non per un pirata. – Dovete sapere che il capitano non era molto portato per il doppio gioco, gli intrighi e gli inganni, discorso diverso per la biondina, lei non si faceva il minimo scrupolo a mentire e manipolare le persone per portare a termine i suoi piani, che tra l’altro non condivideva con gli altri, considerandoli poco più che pedine. Eppure non era così cattiva come sembrava, aveva un carattere particolare, ma tutto sommato era una a posto.
 
- Lo sai che non sono un pirata qualunque. –
 
- Che cosa vuoi? –
 
- Mi serve un motivo per venire da te? – lei gli piantò gli occhi grigi addosso. Lui si staccò dallo stipite e chiuse la porta sotto lo sguardo vigile della biondina.
 
- Non dovresti farti manipolare da tua sorella. –
 
- Mi offendi così. –
 
- Vuoi dirmi che non sei venuto a parlarmi perché lei ti ha fatto la ramanzina? –
 
- Bhè si, ma sarei venuto comunque. –
 
- Quindi non approvi i miei metodi. –
 
- Ti sbagli. Io ti conosco. A differenza di quanto pensano gli altri, mia sorella compresa, so che non gli avresti fatto del male, sapevi che avrebbe schivato. – lei lo osservò senza rispondere. – Non sono qui per questo. –
 
- E allora perché sei qui? – si avvicinò alla scrivania e vi si appoggiò.
 
- Perché mi andava. –
 
- Perché ti andava? –
 
- Si. Ed anche perché volevo sapere che rotta stiamo seguendo visto che l’autore non sa dove siamo diretti. –
 
- Ho letto parte della rotta prima di bruciare il libro, conosco la strada fino ad un certo punto. Ho già dato indicazioni a Belle. Nel frattempo ti suggerisco di passare del tempo con lui piuttosto che con me in modo da capire che frutto vuoi tu e se già siamo sulla giusta rotta. –
 
- Si, ci avevo pensato, ma c’è tempo per questo, ora la priorità è metterlo in condizioni di sopravvivere se dovessimo imbatterci in pirati, Marina o chissà in che altro genere di guaio. –
 
- Se dovesse trovarci nessuno di noi avrebbe speranze. –
 
- Lo so, lui è un pezzo da 90, ma ciò nonostante preferisco che vendiamo cara la pelle. A questo punto avrà capito che ti ho aiutata e quindi tornare indietro non servirebbe. –
 
- Non avrai nessun risultato con lui se continui ad usare i guanti di velluto, neanche con noi sono stati usati ed avevamo più tempo per imparare rispetto a lui. –
 
- Lui non è come noi. –
 
- Questo è ovvio. Ha passato la vita a fare il damerino e a scrivere. –
 
- Non è solo questo, noi siamo predisposti. –
 
- Sciocchezze! Noi siamo stati addestrati a questa vita, siamo stati forgiati per essere forti, per poter sopravvivere in questo mondo. Lui è cresciuto al sicuro, su di una patetica isoletta, lontano da tutti i problemi, non ha avuto la necessità di diventare forte. –
 
- Credi che possa diventare come noi? –
 
- Ha schivato, no? Tu che ne dici? –
 
- Non è stata fortuna, quindi. –
 
- No. Ha la “predisposizione” ma è sopita. Deve allenarsi, parecchio, e se vuoi che sopravviva non dobbiamo essere morbidi. Ha una taglia troppo alta per essere addestrato con armi giocattolo. –
 
Il capitano incrociò le braccia sul petto. – Forse hai ragione. – lei sapeva perfettamente di averne. – Per questo lo addestrerai tu. – il medico scattò in piedi, in modo da trovarsi più o meno all’altezza del moro.
 
- Cosa? Non ci pensare nemmeno! –
 
- È la scelta migliore, sei addestrata in tutte le arti, spada, frecce, pugnali, lotta, sei la migliore che conosca, puoi fornirgli i rudimenti e trovare il suo talento e poi sei un medico, sono convinto che eviterai di colpire i punti vitali. – lei gli si avvicinò terribilmente e praticamente gli sibilò la risposta.
 
- Scordatelo! –
 
Lui le sorrise, era sicuro di poterla convincere.
 
- Credi davvero che qualcuno di noi possa fare un lavoro migliore? –
 
- Non usare questi giochetti con me perché non attaccano. –
 
- Non sto tentando di lusingarti, sto solo dicendo la verità. Se vuoi che arrivi vivo a destinazione sai meglio di me di essere l’unica a potergli dare le basi necessarie, poi completeremo noi il lavoro. – lo guardò malissimo, stringendo gli occhi praticamente ad una fessura mentre lui continuava a sorriderle. – Te lo ordinerei, ma so bene che non prendi ordini da me, per cui te lo sto chiedendo cortesemente. Allora che ne dici? Fallo per me. – che faccia da schiaffi e poi ho io la cattiva nominata.
 
Lei gli diede le spalle scostandosi leggermente.
 
- E va bene! Farò in modo che arrivi vivo a destinazione, ma non aspettarti un miracolo. – lui rise.
 
- Sapevo di poter contare su di te. – la afferrò per un braccio e la attirò a sé facendo in modo che lo guardasse. Le teneva il mento per essere sicuro che non distogliesse lo sguardo da lui. – Ehi, mi raccomando, non farlo a pezzi, mi sono affezionato a lui. – lei scostò la sua mano.
 
- Se dovrò addestrarlo io userò i metodi che riterrò più opportuni. –
 
- Non sto scherzando Kora, se ti viene voglia di affettare, infilzare o colpire qualcuno voglio che quel qualcuno sia io. Non è necessario infierire su di lui. –
 
- Preferisci che infierisca su di te? –
 
- Io so tenerti a bada. – le sorrise e lei gli tirò un pugno che lui bloccò sghignazzando. – È quello che faccio da una vita ormai. –
 
- Dovresti temere il giorno in cui inizierò a fare sul serio con te. –
 
- Non credo di voler vedere tanto presto il giorno in cui verrò a trovarmi davanti alla punta della tua lama. Lo so che non sei una che scherza. Semmai deciderai di farmi la pelle sono piuttosto sicuro che lo farai. –
 
- Allora faresti meglio a starmi lontano perché prima o poi questo viaggio finirà ed anche la nostra alleanza. –
 
- Ti ho già detto che non ho intenzione di rassegnarmi con te. Voglio che resti nella mia ciurma. –
 
- Ti ho già detto di no. – fece per andarsene ma lui la attirò a sé bloccandola con le braccia muscolose.
 
- Continuerò a provare fino a quando la tua risposta non cambierà. –
 
- Non costringermi a prendere il pugnale Ace. –
 
- Il tuo pugnale non mi ha mai fermato. – sorrideva, vi giuro che se fossi stato presente gli avrei tirato un pugno e probabilmente mi sarei rotto la mano. – Se il problema è lui ci penserò io, non ti porterà via. –
 
- Non voglio restare! –
 
- Anche se hai il suo marchio sulla spalla non sei una sua proprietà. –
 
- Questi non sono affari tuoi! E non ti azzardare mai più a nominare quel marchio! Non devono saperlo. –
 
- Per quanto credi di poter tenere nascosto chi sei in realtà? –
 
- Fin quando tu e tua sorella terrete la bocca chiusa! – aveva un tono ed uno sguardo davvero duri e vista la vicinanza con il capitano, non credo fossero le uniche cose dure lì in mezzo. Dannazione! Mai che ci fosse un re del mare o un kraken quando serviva!
 
- Un tempo andavi fiera del tuo nome. – non aveva minimamente paura di lei, io invece ne ero terrorizzato.
 
- E tu del tuo. –
 
- Io non cerco di nasconderlo, solo non voglio essere ricordato per questo motivo, voglio che la gente si ricordi di me per le mie azioni, voglio che mi stimino per quello che sono e non per come mi chiamo. –
 
- Ti chiami Ace, già così faranno sempre un confronto. –
 
- Non importa, sono comunque fiero di portare il suo nome, pugno di fuoco era un grand’uomo. –
 
- Tu invece sei solo un grande idiota. – lui rise. Non considerava mai un insulto quello che provenisse dalla bocca di Kora.
 
- È vero. – poggiò la testa nell’incavo del suo collo. – È stata una fortuna trovare persone disposte a seguirmi allora. –
 
- Probabilmente sono più idioti di te. –
 
- La vedo dura. – che fastidio!
 
- Perché sei venuto qui? – sollevò la testa per guardarla, aveva un angolo della bocca tirato su.
 
- Perché avevo voglia di fare due chiacchiere con il mio medico di bordo prima di colazione. – la strinse di più a sé, credo volesse farle capire che genere di chiacchierata avesse in mente.
 
- Da quando metti qualcosa davanti alla colazione? –
 
- Mi offendi così, non sono un morto di fame, se c’è qualcosa di importante sono in grado di mettere da parte lo stomaco. – la sollevò come se non avesse peso e la mise sulla scrivania ma il brontolio del suo stomaco lo sbugiardò. Lei sollevò le sopracciglia con un ghigno, la divertiva molto vedere gli uomini sicuri in difficoltà.
 
- Certo, come no. Scusami capitano – marcò l’ultima parola per prenderlo in giro. – ma non sarà certo io a frappormi tra te e la colazione. – provò a spostarlo per scendere ma il moro non sembrava intenzionato a farsi da parte.
 
- Non ci provare. Il mio stomaco dovrà farsene una ragione ed aspettare, adesso ho altri impegni. –
 
- Lo sai che se lui dovesse trovarci saresti un uomo morto? –
 
- Non credo farebbe nessuna differenza se questa mattina me ne andassi a fare colazione direttamente, credo di essere già sulla sua lista nera. Dopotutto sei venuta via sulla mia nave. E comunque non ho paura di lui. –
 
- Dovresti, la paura è ciò che ci tiene in vita. –
 
- Ti sbagli Kora, non è la paura a tenermi in vita. –
 
Scusate ragazzi ma chiudo qui il siparietto, non è che non voglio raccontarvelo ma quando lo hanno raccontato a me, a questo punto non ho voluto più ascoltare la storia, quindi ad essere onesti non so come sia finita la conversazione. Facciamo così, per quieto vivere concordiamo insieme che la bella e glaciale Kora gli abbia fatto un bel discorso su quanto si sbagliasse e poi siano andati a far colazione, che ne dite? Secondo me è andata proprio così.
 
Torniamo a me adesso. Avevo appena finito di fare… ehm chiamiamolo pure bagno, non vorrei sembrare troppo volgare, ed avevo deciso di essermi rilassato abbastanza. L’adrenalina che avevo in corpo dopo aver schivato il pugnale e la visita della navigatrice mi aveva dato l’ispirazione giusta per “rilassarmi” e mi sentivo meglio. Mi asciugai e vestì, la ferita al braccio era un po’ aperta ma non stava sanguinando, mi feci una fasciatura di fortuna, sarei passato dal medico con comodo, dovevo fare prima una cosa. Andai in biblioteca e cercai tra i vari volumi quello che faceva al caso mio, dopo qualche tentativo trovai ciò che stavo cercando.
 
Misi da parte il libro e me ne andai in cucina a fare colazione con gli altri. Quando entrai i gemelli fecero partire un applauso e qualche fischio.
 
- Sei stato grande Will! –
 
- Mi hai fatto perdere 50 Berry con Lena amico, ma sono soldi ben spesi, sei stato formidabile. –
 
- Will!!! – La piccola Keiley mi si era appesa al collo e la stavo portando verso il tavolo in spalla. – Se continui a schivare così dovrò migliorare la mia mira, sarà fantastico allenarci insieme! –
 
- Frena l’entusiasmo piccola! È stato solo un caso. –
 
- Tu ti sottovaluti troppo amico mio. – il capitano aveva fatto il suo ingresso, sorridente come al solito e con Kora al seguito. Mi diede il cinque mentre ancora avevo sulle spalle quella piccola peste riccioluta.
 
- Ace è stato grandioso! Diglielo anche tu! – la ricciola era saltata giù e si era parata di fronte al capitano.
 
- Certo che è stato formidabile e lo diventerà ancora di più con il nuovo programma di allenamento. – si teneva le mani sui fianchi.
 
- Nuovo programma? – Aja, non prometteva bene.
 
- Ho parlato con Kora fino a poco fa ed è stato stabilito che sarà lei ad allenarti da questo momento. – la bionda se ne stava impassibile a tavola con una tazza stretta tra le mani, stava ignorando tutti, tanto per cambiare.
 
- Fantastico! – rispose il cuoco appena arrivato con parecchi vassoi in equilibrio. – Non era più semplice buttarlo in mare se volevi sbarazzartene? Potevo pensarci io. – gli rivolsi un’occhiataccia.
 
- A me sembra una buona idea. – la nuova arrivata. – Se volete addestrarlo davvero serve un programma rigido ed il pugno di ferro. – Traditrice!
 
- Come sei determinata! – il cuoco si avvicinò a Kendra con la solita aria da pesce lesso e lei lo scostò con la mano e con la solita espressione disgustata.
 
– Mi sembra di averti già detto di mantenere le distanze da me. –
 
- Io non sono d’accordo! – Belle si era alzata battendo i bugni sul tavolo. – Kora è molto forte e padroneggia tutte le tecniche di combattimento e difesa ma vuoi davvero lasciarlo con lei dopo quello che è successo stamattina? –
 
- Proprio per quello che è successo stamattina ho deciso così. –
 
- Ace, per l’amor del cielo, Will è solo un essere umano! –
 
- Mi fido ciecamente di Kora, sono certo che non lo ucciderà. – ero talmente entusiasta all’idea di allenarmi con lei che non riuscivo a pensare agli aspetti negativi, tipo la mia morte.
 
La biondina posò la tazza, la sua calma e la sua classe erano sconcertanti.
 
- Belle, se ci tieni che l’autore resti in vita allora temo che non abbia altra scelta. Lo sai anche tu che il nostro vantaggio sugli avversari si esaurirà a breve. La Marina non ci metterà molto a capire che fine abbia fatto ed anche le nostre taglie aumenteranno, presto le mura dei palazzi saranno tappezzate con le nostre foto segnaletiche, ed anche a voi verrà messa una taglia sulla testa. Tra non molto dovremo vedercela con la Marina ed i pirati che vogliono mettergli le mani addosso, se per allora non sarà in grado di difendersi sarà spacciato ed anche noi saremo nei guai. –
 
- Tu hai qualcosa in contrario? – Ace stava chiedendo a me, dopotutto ero io l’unico a poter muovere obiezioni e la biondina aveva ragione, un uomo che non sa difendersi condanna tutti a morte. Spostai gli occhi su Belle, era preoccupata per me ed anche per lei dovevo diventare più forte. Se l’idea che mi allenassi con i suoi compagni le faceva temere a tal punto per la mia incolumità, non osavo immaginare come si sarebbe sentita vedendomi in una vera battaglia.
 
- No. Per me va bene. – Poi mi rivolsi a Belle. – Non preoccuparti, non le darò la soddisfazione di prendere la mia testa. – le strizzai l’occhio. Sapevo di non averla tranquillizzata ma dicevo sul serio, non le avrei permesso di ammazzarmi.
 
Finimmo la colazione e ciascuno tornò alle proprie occupazioni e allenamenti. Passai a recuperare il libro che avevo messo da parte dalla mia camera e andai in ambulatorio.
 
- Avanti! – alzò appena la testa per guardarmi. – Inizieremo domani, autore. – dal suo punto di vista mi aveva già liquidato.
 
- Sono passato per un altro motivo, due a dire il vero. – posò la penna e mi fissò, in attesa che mi spiegassi. – Durante l’allenamento di stamattina mi è saltato un punto, volevo farti dare un’occhiata per capire se fosse il caso di rimetterlo. –
 
- Fammi vedere. –
 
Posai il libro e mi sfilai la maglia, conoscevo la routine, quindi mi sedetti sulla sedia in attesa che lei controllasse. Mi osservò sorpresa prima di dedicarsi al mio braccio.
 
- Che c’è? –
 
- Niente. Solo è strano che tu non stia parlando a vanvera come al solito. –
 
- Mi è sembrato di capire che non apprezzi molto i miei modi. – mi guardò un attimo e poi tornò al braccio.
 
- Il punto è saltato, ma non c’è bisogno di darne un altro, ti metterò un cerotto particolare che terrà uniti i due lembi della ferita, dovrebbe bastare visto che la ferità è quasi guarita. –
 
- D’accordo. –
 
Mi mise il cerotto ed io me ne restai in silenzio, dovevo ponderare bene le parole, niente sciocchezze o battute, dovevo smettere di essere me stesso, o per lo meno dovevo smettere di essere quello che ero con gli altri. Non ci si comporta con un animale feroce come si fa con gli altri, bisogna essere molto cauti.
 
- Fatto. Qual è la seconda cosa che mi volevi chiedere? –
 
- Riguarda il tatuaggio. –
 
- Non sei obbligato a dar corda a tutte le scemenze che dice Ace, limitati ad obbedire a quelle che hanno senso. –
 
- Lo so. Però volevo farlo. – stavolta mi guardò davvero sorpresa.
 
- Perché? –
 
- Sono un temibile pirata da 500,000,000 di Berry che sta per essere addestrato dalla donna più letale che conosco, un tatuaggio mi aiuterà ad incutere timore nei cuori dei mei avversari. – mi guardò come se avesse la sensazione che la stessi prendendo in giro.
 
- Guarda che è doloroso. –
 
- Lo so. – lo sapevo, ma mi serviva del tempo per parlarle ed una scusa per non essere sbattuto fuori.
 
- Hai urlato quando ho usato il disinfettante. – Me lo avrebbe rinfacciato per sempre.
 
- Hai un laccio di cuoio da mordere? – stavo scherzando e dal suo sguardo capì che aveva colto l’ionia.
 
- Dove vuoi che te lo faccia? –
 
- Sul petto. – Indicai un punto sul cuore, volevo guardarla mentre lavorava.
 
- Cosicché i tuoi nemici non sbaglino mira? –
 
- Vedila così, se sarò un pessimo studente non avranno bisogno neanche di mirare mentre se sarai una brava insegnante allora voglio dar loro un piccolo vantaggio. – le strizzai l’occhio.
 
- Cosa devo tatuarti? – Presi il libro che mi ero portato dietro ed aprì la pagina a cui avevo messo il segno. Indicai una figura. Lei la osservò per un attimo e poi portò lo sguardo su di me con tanto di sopracciglia alzate. – Fai sul serio? –
 
- Certo. –
 
- Vuoi incutere timore ai tuoi nemici facendoti tatuare un fiorellino? –
 
- Un iris. – la corressi. Mi guardò come a dire “che differenza fa?”. – Ha un significato per me. – Non sembrava ancora convinta, visto che continuava a fissarmi dubbiosa. – Se vuoi puoi rendere il tatuaggio più minaccioso, basta che ci sia un iris, poi disegna quello che vuoi. –
 
- Mettiti comodo. – Tirò su il lettino in modo che diventasse una comoda poltroncina, scommetto che era opera dei gemelli.
 
- Non sapevo sapessi disegnare. – la buttai li.
 
- Ci sono molte cose che non sai di me. – vero, ma mi sarebbe piaciuto rimediare. – Quando sei pronto cominciamo. –
 
- Non devi fare una bozza o che so io? –
 
- No, non ne ho bisogno. –
 
- Allora comincia pure. –
 
- Non vuoi sapere cosa ti tatuerò? –
 
- No. Mi fido di te. – Era vero, da quando mi aveva salvato a casa mia mi fidavo di lei, nonostante il pugnale volante del mattino.
 
Lavorò per un bel po’ in silenzio ed io dovetti concentrarmi per evitare di muovermi, era davvero doloroso maledizione! Altro che riuscire a conversare, già era tanto se non piangevo e urlavo! Come al solito lei lo aveva capito e credo che se mi rivolse la parola fu solo per aiutarmi a distrarmi.
 
- Perché questo fiore è così importante per te? –
 
- Mia madre si chiamava Iris perché i suoi occhi ricordavano quei fiori, erano bellissimi. – Cercavo di non guardarla e di concentrarmi per mantenere un tono di voce saldo che non rivelasse la sofferenza per quella tortura.
 
- Erano? –
 
- È morta. –
 
- Mi dispiace. – era sincera, quella è stata una delle poche volte in cui il suo tono di voce fosse glaciale. – E tuo padre? - Non so perché, forse per distrarmi, forse perché lei mi stava ascoltando, forse perché per la prima volta il suo tono di voce non mi stava mandando a quel paese, ma iniziai a parlare, iniziai a raccontare la mia storia senza riuscire a fermarmi, come se avessi la sensazione che lei potesse capirmi.
 
- Sono nato lo stesso giorno in cui è morto mio padre, il giorno della guerra dei vertici. Non so chi fosse, come si chiamasse, che aspetto avesse. Mia madre ha fatto di tutto affinché lo dimenticassi, lei era l’unica a conoscerne l’identità ed ora che non c’è più non lo sa più nessuno. Non è che abbia fatto molta fatica per farmelo dimenticare, non ho mai avuto molta considerazione per un uomo che ha scelto di morire per un altro pirata piuttosto che vivere per la sua famiglia e prendersene cura. –
 
- Tuo padre era a Marineford? –
 
- Si, ironia della sorte. Era tutto ciò che non sarei mai voluto diventare. Era un pirata. Non ho idea di quale ciurma di buoni a nulla facesse parte, me ne sono vergognato per tutta la vita. Non l’ho mai detto a nessuno. –
 
- Quindi non sai chi fosse? –
 
- No. Sono identico a mia madre, quindi non riesco neanche ad immaginare che aspetto avesse mio padre, l’unica cosa che ho di lui è il colore degli occhi, castani, mia madre li aveva del colore degli iris, era una donna molto bella e molto intelligente. – e mi mancava tanto. – È stato merito suo se sono diventato uno scrittore, anche lei era brava con la penna. –
 
- Quindi hai scritto quello stupido libro per lei. –
 
- Volevo che vivesse come una regina, si è fatta in quattro per tirarmi su, tutto da sola, tantissime volte tornava a casa con le mani arrossate e screpolate per il lavoro, non volevo vederle mai più le mani rovinate, volevo che avesse la vita che meritava e che quell’idiota di mio padre non è mai riuscito a darle. Ma ho fallito. È morta qualche mese fa mentre ero in viaggio per raccogliere le ultime informazioni per il mio libro. Volevo che non le mancasse niente e invece non ero lì quando se ne è andata, è morta da sola. Alcune vicine mi hanno detto che è andata a terra all’improvviso, stava parlando di me, ha sorriso e si è afflosciata a terra come una bambola di pezza. Mi hanno detto che non ha sofferto e che se ne è andata con la mia immagine in mente. Non è riuscita a vedere la vita che volevo offrirle. Ma forse è stato meglio così, non credo sarebbe stata felice dell’uomo che sono diventato e della strada che sto percorrendo. Le si sarebbe spezzato il cuore vedendomi su di una nave pirata. – sentivo gli occhi umidi e non era solo per il dolore di quel maledetto ago.
 
- Non avevi scelta. –
 
- La cosa non mi consola. C’è sempre una scelta, potevo restare lì e accettare il mio destino. –
 
- E come fai a dire che non sia questo il tuo destino? – si era fermata e mi stava guardando negli occhi.
 
- Non può essere questo il mio destino, io non sono come lui. –
 
- Non puoi saperlo, non sai chi fosse. – Si rimise a lavorare.
 
- Neanche mi interessa saperlo. Lei lo amava, non so con che coraggio ma lo amava, ne sono certo. Ho trovato tra le sue cose dei fogli in cui aveva scritto di lui o per lui, poesie, pensieri… lo amava, lo amava molto e quel bastardo l’ha lasciata con un bambino per andare in soccorso di un farabutto! Non glielo perdonerò mai! –
 
- Pugno di fuoco era un grande uomo, molti pirati si schierarono quel giorno. La sua morte fu ingiusta, anche mio padre ed il padre di Ace erano a Marineford quel giorno. Non dovresti essere così duro con tuo padre. –
 
- Lo so che pugno di fuoco era un mito, ma noi eravamo la sua famiglia. Io non avrei mai lasciato la donna che amavo per correre in soccorso di uno sconosciuto, per quanto la sua condanna possa essere ingiusta o il suo nome altisonante. – La guardai, si fermò per un attimo, stava riflettendo sulle mie parole. Era dannatamente bella.
 
- Forse, se conoscessimo il luogo ed il momento della nostra morte, faremmo delle scelte diverse nella nostra vita. Se avesse saputo come sarebbe finita non sarebbe andato. –
 
- Chi sceglie questa vita deve sapere ogni momento che potrebbe essere il suo ultimo viaggio e regolarsi. –
 
- Per questo non volevi venire? Credevi che saresti morto? – mi stava guardando.
 
- Quando sei apparsa tu e mi hai distrutto la casa e il libro credevo di aver perso tutto ma la verità è che non avevo più niente già da prima che tu facessi la tua apparizione su quella finestra e quando non si ha niente, non si ha niente da perdere. Se durante questo viaggio dovessi morire, a chi importerebbe? Alle mie amanti di cui neanche ricordo i nomi? Al mio editore che probabilmente starà fingendo di non conoscermi? Sempre che non sia già a Impel Down. –
 
- A noi. – Era molto seria. – Non stiamo cercando di addestrarti solo per avere delle informazioni, sarebbe più comodo estorcertele se tu non fossi in grado di difenderti. Ace si è affezionato a te ed anche gli altri, sei uno della ciurma e per il capitano ciurma e famiglia sono sinonimi. –
 
- E tu? –
 
- Io non faccio parte di questa ciurma. – sempre lontana e diffidente.
 
- Quindi non ti importa di che fine possano fare i membri. –
 
- Se fosse vero non avrei accettato di allenarti. – mi rivolse un ultimo sguardo e poi tornò a lavorare. Le pause rendevano la ripresa ancora più dolorosa, qualora fosse possibile. Per come era fatta direi che questo era il massimo, più di così non si sarebbe sbilanciata ed era già un bel risultato.
 
- Come ho fatto a schivare il tuo colpo? –
 
- Istinto, credo. –
 
- Sapevi che lo avrei schivato? –
 
- No. – Bene! – Ma ci speravo. – Wow! – Se lo avessi schivato allora c’erano possibilità di addestrarti, se non lo avessi fatto allora meglio farla finita in quel modo che in battaglia, quando saremmo stati tutti in pericolo. – Ecco. Come non detto.
 
- Devo aspettarmi altri tentativi di uccidermi? –
 
- Non userò maniere dolci e stupidi incoraggiamenti, non sarà piacevole, meglio che tu lo sappia. Ma tutto quello che farò sarà solo per il tuo bene e per quello della missione. – Forse voleva dire che non mi avrebbe ucciso. Un po’ poco ma meglio di niente.
 
Lavorò per un tempo che sembrò infinito e vi assicuro che non farò mai più un tatuaggio in vita mia! Quando ebbe finito mi porse uno specchio.
 
- La pelle sarà rossa e gonfia per qualche giorno. Ti darò una pomata e ti farò una medicazione. – Era bellissimo! Era fighissimo e indescrivibile! C’era una spada conficcata nel mio petto come se fosse terra o come se mi stesse infilzando il cuore e la spada era una croce e l’elsa… l’elsa era uno stupendo iris. Ragazzi non potete capire! Guardandolo ebbi la sensazione che in quel disegno ci fosse la storia che le avevo raccontato.
 
- Ti senti bene? –
 
- È meraviglioso ed incute timore e rispetto. Sei stata incredibile! –
 
- Basta che adesso non ti metti a piangere. –
 
La abbracciai. Non ci pensai, potevo morire male in effetti, ma non ci pensai. Non avevo mai condiviso con nessuno la mia storia e lei l’aveva interiorizzata alla perfezione trasformandola in qualcosa di meraviglioso.
 
- Se non mi lasci ti ammazzo. –
 
- Scusami! – la lasciai e mi grattai la testa nervoso per la figuraccia.
 
- Faresti meglio ad andartene. Sono stanca e voglio riposare. –
 
- C...certo. Grazie. È solo che… non credevo fossi così brava. –
 
- Ho ereditato il talento di mia madre. – incrociò quei meravigliosi e glaciali occhi grigi nei miei, mi chiesi come sarebbero stati una volta che il ghiaccio si fosse sciolto. - Ti aspetto domani mattina prima di colazione. Non fare tardi. –
 
Assentì con la testa e mi rimisi la maglietta. Me ne andai felice come non mai. All’inizio non pensavo fosse una buona idea farsi tatuare ma non mi sono mai pentito di quella sera, ancora oggi adoro il mio tatuaggio e quando mi tolgo la camicia chi mi guarda ha due motivi per restare incantato. Appena sgonfiato avrei dovuto mostrarlo a Belle e raccontarle la mia storia, anche lei avrebbe capito, ne ero sicuro e poi… dovevo assolutamente mostrare a qualcuno quanto ero diventato figo. A quel punto non mi restava che andare a letto e recuperare le forze necessarie per iniziare il mio addestramento con Kora.

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Capitolo 8
*** Il Pirata Folle ***


Fu una settimana a dir poco infernale. Una delle peggiori settimane della mia vita! L’allenamento con Kora è stato uno degli eventi che ricordo come più traumatico, dopo aver scoperto chi fosse il nostro famigerato inseguitore, si intende. È stato terribile! Non potete neanche immaginare quanto possa essere crudele, sadica e spietata quella stramaledetta ragazza! Tanto bella quanto terrificante. Dovete credermi, quella non ha la più vaga idea del significato della parola pietà! Mi ha fatto a pezzi! Mi aspettava la mattina prima di colazione ed iniziava ad attaccarmi senza pietà, incurante di quanto male potesse farmi. In una settimana mi sono ritrovato un numero a dir poco impressionante di lividi, escoriazioni, tagli, bernoccoli. Una volta mi ha disarticolato una spalla e slogato un polso. È stato terrificante! Non ne ho mai prese tante come in quella settimana.
 
Facevamo lezioni di attacco e di difesa e duri allenamenti per migliorare la mia resistenza e la mia velocità. Dopo l’allenamento mi rimetteva in sesto e mi lasciava libero il resto del giorno in modo che mi rimettessi in forze ed aiutassi Ace nella ricerca del frutto dei suoi sogni. Lo so che lo faceva per me ma iniziavo ad avere la necessità di dare di stomaco al solo pensiero di dovermi allenare con lei. Non faceva altro che ripetermi che i miei nemici non avrebbero avuto pietà, che in battaglia avrei potuto perdere un occhio, un arto o finanche la vita. Non so cosa credesse di fare con me, ma il tempo che passava sembrava solo far aumentare il numero delle mie ferite e sottolineare la mia totale e completa incapacità.
 
Iniziavo ad essere frustrato per tutta quella situazione. Non ne potevo più di farmi pestare e mi sentivo un inetto, consapevole che in una vera battaglia non sarei stato capace di fare assolutamente niente. Ero solo uno scrittore incapace, la verità era questa, non ero affatto portato per questo genere di vita ed il non avere scelta non cambiava certo questa realtà. Visti gli scarsi risultati, il medico aveva deciso di raddoppiare gli allenamenti, al mattino lavoravamo su attacco e mira e la sera su difesa e resistenza, era estenuante. Non riuscivo a credere che loro avessero fatto questo per tutta la vita. Che razza di schifo di infanzia avevano avuto?!
 
Anche quella sera le presi, Kora non si era risparmiata e sebbene non avessi niente di rotto ero davvero parecchio ammaccato. Ero appena tornato alla mia amata libreria, mio rifugio e regno della tranquillità, desideroso solo di collassare sul letto ed addormentarmi quanto prima per non pensare a tutto quello che mi faceva male, quando, aperta la porta, trovai qualcuno nella mia stanza ad aspettarmi.
 
- Belle! – l’affascinante navigatrice mora, era sempre un piacere vederla. – Che ci fai qui? –
 
- Stai saltando la cena ultimamente, così ho pensato di portartela in camera. – un vero angelo.
 
- Ti ringrazio. In genere sono così stanco che non ce la faccio a trascinarmi in cucina. – mi avvicinai a lei ed alla luce sul tavolo che rischiarava la stanza e vidi la sua espressione allarmarsi.
 
- Will! Che ti è successo? – immaginavo di avere un aspetto orrendo. Mi sedetti con una smorfia, ero troppo stanco e dolorante per starmene in piedi. – È stata Kora a ridurti così? –
 
- Diciamo che non sono un buon allievo. –
 
- Ma cosa pretende da te? Crede di aver a che fare con Ace?! Guarda come ti ha ridotto! Ti ha spaccato il labbro. – tirò fuori un fazzoletto e lo bagnò con un po’ di acqua fresca per tamponarmi il taglio. – Domani gliene dirò quattro! Non può continuare a trattarti come un sacco da box! – le afferrai la mano con il fazzoletto.
 
- No. – la guardai negli occhi. – Non farlo. –
 
- Perché? – non riusciva a capire.
 
- Perché devo imparare a difendermi, devo diventare più forte. –
 
- Non è facendoti massacrare tutti i giorni che ci riuscirai. –
 
- Invece sì, solo sentendomi minacciato tirerò fuori le mie capacità. –
 
- Non c’è bisogno che diventi un superuomo. –
 
- Se non mi alleno non potrò proteggerti. – si bloccò per qualche attimo.
 
- Will… tu non devi pensare a queste cose… -
 
- Si che devo. Mi avete aiutato, ora siete in pericolo. –
 
- Siamo pirati, sappiamo di vivere una vita pericolosa. Tu sei solo uno scrittore, non c’entri con questo mondo, ci sei finito in mezzo ma non è necessario che ti lasci corrompere da esso. Prima o poi la bufera passerà e potrai tornare alla tua vita, riprendere da dove avevi lasciato. –
 
- Ma nel frattempo sono un uomo ricercato che viaggia su di una nave pirata. Che mi piaccia oppure no verrò considerato da tutti un pirata. –
 
- Si può essere pirati anche senza farsi massacrare tutti i giorni. –
 
- Non si può essere un pirata da 500,000,000 di Berry e non sapersi difendere. –
 
- Ti difenderemo noi. –
 
- Non voglio che mi difendiate voi! Sono un uomo! Voglio essere in grado di badare a me stesso e alle persone che mi circondano, io… voglio essere in grado di fare la mia parte… -
 
Ammetto di non essere mai stato un tipo molto coraggioso, ho sempre evitato i guai e le risse come la peste, preferivo condurre una vita tranquilla però le cose erano cambiate ormai, che lo accettassi oppure no mi sarei presto ritrovato in qualche pasticcio. Non pretendevo certo di falciare i nemici come aveva fatto Kora a casa mia, ma neanche potevo restarmene fermo imbambolato a lasciarmi difendere dagli altri, era assolutamente inconcepibile pensare che qualcuno come Belle avesse dovuto frapporsi tra me ed il nemico, non lo avrei permesso. Ero un codardo si, ma non sono mai stato il genere di uomo che si nasconde dietro una donna o che lascia che altri si sacrifichino al suo posto e non lo sarò mai.
 
- Oh, Will… - mi sollevò il mento, oltre che dolorante ero anche piuttosto sconfortato. – Sei un uomo migliore di quanto pensi, però… promettimi di non esagerare, fermala se supera il limite. – non credo lo avrebbe fatto, quella donna era estremamente fredda e calcolatrice, non era certo tenera con me ma sapeva sempre quando fermarsi.
 
- Te lo prometto. – Chiusi gli occhi e strofinai il viso sulla sua mano, la sua presenza aveva sempre il potere di calmarmi e tranquillizzarmi, mi dava la sensazione che alla fine sarebbe andato tutto bene.
 
- Mangia qualcosa e poi riposati mi raccomando. – non c’era bisogno neanche di dirlo, ero talmente stanco da non aver neanche voglia di farle offerte sconce. Ero un pirata da appena un paio di settimane e già non mi riconoscevo più, non osavo immaginare cosa sarebbe stato di me alla fine del viaggio.
 
- Obbedisco. – Feci per alzarmi ma una fitta al fianco mi fece piegare, accidenti a Kora!
 
- Che cos’hai? – mi sollevò la maglia per mettere a nudo una bella chiazza viola. La sfiorò con le dita, era decisamente contrariata ma non disse niente. Lasciò la maglia e si avviò verso la porta con un umore più nero della notte. Siccome non ero uno stupido avevo capito perfettamente che stava per andare a fare una sfuriata sia con Ace che con Kora quindi mi affrettai ad afferrarla per un braccio. Dopo una giornata simile non avrei sopportato anche di fare la figura del ragazzino picchiato dagli amichetti e difeso dalla madre.
 
- Belle… -
 
- Lasciami. – il tono era freddo anche se avvertivo chiaramente la nota di nervosismo.
 
- Cosa hai intenzione di fare? –
 
- Non sono affari tuoi! – ora ci si metteva anche lei con le risposte alla Kora, fantastico! Strattonò il polso riuscendo a liberarsi, ero un po’ ammaccato per fare resistenza ma non mi persi d’animo e la afferrai di nuovo, non le avrei permesso di andare a dar spettacolo per colpa mia.
 
- Domani le parlerò, te lo prometto, ma adesso sono stanco, voglio solo riposare un po’. –
 
- E allora lasciami e vattene a riposare. –
 
- Resta con me. – Non so perché glielo dissi, forse perché non volevo sul serio che mi umiliasse davanti a tutta la nave o forse perché apprezzavo davvero la sua compagnia, ma non fu una bugia, né tantomeno una scusa, volevo davvero che restasse. Forse era la stanchezza o il fatto che mi facesse male da per tutto ma desideravo solo la sua compagnia, nient’altro e questo per me era davvero strano, ve lo assicuro, visto che in genere dalle donne volevo ben altro.
 
Lei si voltò a guardarmi, ero stato sincero, anche lei lo aveva percepito e credo gli facessi pena combinato in quello stato.
 
- Resterò solo per aiutarti a metterti a letto e poi andrò via, visto come sei ridotto dubito che tu possa farcela da solo. – ottimo, magari nel frattempo avrebbe sbollito la rabbia.
 
- Ti ringrazio. – la lasciai e lei si diresse immediatamente a recuperare il mio pigiama, voleva liquidarmi in fretta per andare da capitano e medico di bordo.
 
Dovette darmi una mano con la maglietta, il fianco mi dava fastidio, però avevo notato che ultimamente le mie ferite guarissero più rapidamente, sembrava che più Kora mi colpisse più il mio corpo iniziasse a reagire. Con molta probabilità il mio fianco sarebbe stato molto meglio già dal giorno successivo. Mi tolsi la maglietta e la poggiai sulla sedia. Belle si incantava sempre per qualche attimo, anche prima di essere pestato dal medico di bordo. Le prime volte mi chiesi quanti uomini avesse visto oltre me ma di certo non ero il primo. Suo fratello aveva un fisico pazzesco, scolpito praticamente nell’agalmatolite e girava spesso a torso nudo, gli stessi Tom e Kilian non erano affatto male. Io ero decisamente un gran figo e sebbene non fossi al livello del capitano mi difendevo bene, lo sapevo, ero piuttosto abituato a complimenti sul mio aspetto e a donne che mi sbavavano letteralmente dietro, ma non credevo potesse essere il caso di Belle.
 
Stavolta comunque la sua attenzione fu attratta più da lividi e tatuaggio che da pettorali e addominali. Quest’ultimo in particolare le fece cambiare espressione, da quando lo avevo fatto non avevo ancora avuto occasione di mostrarglielo. Si avvicinò e lo sfiorò con le dita, per sincerarsi che fosse davvero parte integrante della mia pelle. Belle e Keiley non si facevano mai scrupoli a toccarmi, per Lena il contatto fisico era indifferente, mentre per Kora e Kendra era un qualcosa da evitare in maniera categorica, mantenevano sempre le distanze da tutti.
 
- Non ho avuto il tempo di mostrartelo… ti piace? – se non le piaceva era tutta matta, era fighissimo!
 
- È bellissimo… quando lo hai fatto? –
 
- Una settimana fa più o meno. – ero davvero soddisfatto del mio tatuaggio.
 
- Non credevo che avresti dato corda ad Ace. –
 
- Non l’ho fatto, ho deciso da solo. –
 
- Quindi non siete andati insieme? –
 
- No. Perché anche lui si è tatuato? –
 
- Si, si è fatto tatuare il Jolly Roger dietro la schiena. – alzai un sopracciglio.
 
- Non gli sembra di esagerare con l’imitazione? –
 
- Gliel’ho detto anche io. Mi ha risposto che doveva essere in un posto ben visibile ai nemici, soprattutto a quelli codardi. –
 
- Sempre il solito! – Mi battei il palmo sulla fronte, era tutto molto ridicolo a pensarci, il tipo per cui mio padre era morto era uno degli idoli del mio capitano.
 
- Lui crede di riuscire a farsi valere per ciò che è, non importa chi abbia avuto quel nome prima di lui o chi avesse un tatuaggio dietro alle spalle. Li stima, ma si sente diverso da loro e vuole fare le sue scelte senza lasciarsi condizionare. – aveva una grande fiducia in sé stesso, questo era poco ma sicuro.
 
- Non è certo l’unico al mondo ad avere un tatuaggio dietro alla schiena. – il confronto sarebbe stato inevitabile, ma in effetti aveva ragione, non poteva lasciare condizionare le proprie scelte per paura del paragone. E forse questo doveva valere anche per me, dovevo smetterla di temere il confronto con mio padre, io non ero lui, io ero solo me, non dovevo vivere nel terrore di somigliargli.
 
- Va tutto bene Will? – dovevo aver cambiato espressione pensando a lui, senza rendermene conto.
 
- Si, certo, pensavo a mio padre. –
 
- Il signor Harter? –
 
- Harter è il cognome di mia madre. Non ho idea di chi sia mio padre. –
 
- Scusami, non lo sapevo. –
 
- Non devi scusarti, non mi importa di lui però a volte non posso fare a meno di chiedermi se le scelte che faccio siano mie o in qualche modo siano colpa sua, del suo sangue che mi scorre nelle vene. – non mi stava seguendo. – Mio padre era un pirata. – Le spiegai. – Non so come si chiamasse o di che ciurma facesse parte, è morto il giorno in cui sono nato, nella guerra dei vertici. Lo so che sono qui solo per sfortuna, però… alle volte mi chiedo se non sia per colpa sua, se in qualche modo l’essere figlio di un pirata non mi abbia portato qui. –
 
- Non sei un pirata solo perché sei figlio di uno di loro. –
 
- Davvero? Perchè ultimamente su questa nave pirata mi sembra di vedere solo figli di pirati e poi la spadaccina è figlia di uno spadaccino e per il cuoco vale lo stesso discorso. –
 
- Non metto in dubbio che l’educazione e l’ambiente in cui siamo cresciuti abbiano giocato un ruolo importante, ma questo non vuol dire niente. Cappello di Paglia era nipote di un vice ammiraglio e figlio di un rivoluzionario eppure è diventato un pirata. Non possiamo negare chi siamo, a prescindere da chi siano i nostri genitori. Spesso somigliamo molto a loro, ma non siamo loro. Non sei qui per tuo padre, sei qui solo per… “sfortuna”… -
 
- Belle non volevo dire questo. –
 
- Va tutto bene, non è il tuo posto questo, lo hai sempre messo in chiaro, non devi giustificarti. –
 
- Questa vita non fa per me, lo sai… ma sono felice di avervi incontrati. – volevo che capisse che lei era quanto c’era di positivo in tutta quella follia, che il mio problema era il costante pericolo e non l’averla incontrata.
 
- Lo so Will. – Mi porse la maglia, non l’avevo convinta, paradossale per uno scrittore essere così pessimo con le parole, solo che le donne che frequentavo di solito non erano così complicate! Scommetto che con una frase simile avrei solo peggiorato la situazione quindi mi risolsi ad accettare la maglia e tenere la bocca chiusa. – Buonanotte. – si avviò verso la porta. Volevo fermarla, non volevo che andasse via così però… mi balenò un pensiero per la testa. Volevo andarmene da quella nave, per ora non potevo farlo ma presto o tardi sarei andato via di sicuro, se si fosse affezionata a me ne avrebbe sofferto di sicuro.
 
Che buffo… non avevo mai pensato ad una cosa simile prima nella mia vita, non me ne era mai importato niente di cosa potesse provare una donna. Insomma era semplice, le incontravo, crollavano ai miei piedi, mi ci divertivo ed il giorno dopo le dimenticavo, era semplice. Che diavolo mi stava succedendo su quella dannata nave?! Forse Kora mi stava prendendo a calci troppo forte perché questo non era affatto da me. Il vero me, il me precedente a tutta questa buffonata l’avrebbe afferrata, attirata a sé, le avrebbe dato il miglior bacio della sua vita e le avrebbe fatto passare una notte che difficilmente avrebbe dimenticato ed invece me ne stavo lì, fermo con la maglietta tra le mani, senza dire niente, con lo sguardo basso e la paura di ferirla. Che cazzo mi stava succedendo?!
 
Belle andò via ed io lasciai cadere la maglietta lì a terra e me ne andai a letto, per un attimo sperai che lei tornasse indietro per qualche motivo ma non lo fece. Spensi la luce e mi addormentai.
 
La mattina seguente ricominciò la stessa tortura, lo stramaledetto appuntamento sul ponte con il medico di bordo prima di colazione. I primi giorni avevamo avuto il pubblico, il cuoco si era fatto delle grasse risate, poi avevano iniziato ad andare via prima o a venire più tardi. Da qualche giorno non veniva più nessuno ad assistere, erano tutti stufi di vedermi fallire, persino il cuoco. Ero già in posizione, anche questa mattina avrei dovuto provare a bloccarla ed anche questa mattina avrei fatto la solita figura da due Berry.
 
- Togliti la maglia. – l’aria era piuttosto fresca, non capivo perché questa richiesta ma avevo smesso di chiedermi il perché di tante cose su quella nave.
 
Obbedì e lei mi squadrò da capo a piedi con quegli occhi glaciali, così diversi da quelli caldi e scuri di Belle. Non disse niente, e quando mai! Quanto mi infastidiva questo suo modo di fare!
 
- Niente di tuo gradimento biondina? – mi avrebbe fatto passare un brutto quarto d’ora a prescindere, tanto meglio meritarsi i calci.
 
- Il tuo fianco sta molto meglio. – in effetti avevo appena un alone, niente a che vedere con la paurosa chiazza viola del giorno precedente, dormire e mangiare mi avevano rimesso al mondo. – Il tuo processo di guarigione si sta velocizzando. – speravo non significasse che dovesse farmi più male. – Possiamo iniziare. Prova a fermarmi se ci riesci. – ad essere onesti non ne avevo la minima speranza ma mi impegnai lo stesso, era l’unica cosa che potevo fare.
 
Era dannatamente veloce, non provava a rallentarsi o a rendersi prevedibile, ce la metteva tutta e quando riusciva ad avvicinarsi a sufficienza mi colpiva, un calcio, un pugno, una ginocchiata, sempre colpi diversi, sempre in punti diversi, sempre da una direzione diversa. Per quanto facessi non riuscivo a parare né a contrattaccare.
 
- Sei troppo lento. – spariva e riappariva di continuo. – Cerca di impegnarti! –
 
- Lo so facendo! – certo che mi stavo impegnando.
 
- Smettila di usare la testa per fermarmi. Usa i tuoi sensi per anticipare le mie mosse. Non permettermi di colpirti. – aria sprecata, continuavo ad incassare. – Cosa farai quando saremo nel bel mezzo di una battaglia? Ti metterai lì impalato ad aspettare che ti uccidano? Che uccidano degli innocenti? Delle persone a cui tieni? – No. Non potevo permetterlo!
 
Chiusi gli occhi e respirai calmo e stavolta, sebbene avessi gli occhi chiusi, vidi arrivare il pugno di Kora, dopo quasi dieci giorni il tempo aveva rallentato nuovamente la sua corsa dandomi tutto il tempo di afferrarle il polso e sbatterla contro l’albero maestro. Ce l’avevo fatta! Non mi illudevo certo, era un risultato misero, parare un solo colpo era assolutamente inutile ed illudersi di averla sconfitta sarebbe stato da folli, se non ero ancora volato in mare era solo perché non era quello lo scopo. Il mio respiro era affannoso per lo sforzo fatto, continuavo a tenerle il polso inchiodato all’albero maestro e mi ritrovai a fissare quegli occhi di ghiaccio. Di nuovo ebbi la sensazione di vedere l’angolo delle sue labbra sollevarsi in un accenno di sorriso soddisfatto.
 
- Ben fatto autore. Ma non cantare vittoria, questo è solo l’inizio. – Si rifiutava di usare il mio nome, lo aveva pronunciato solo una volta, a casa mia, da quel momento in poi per lei ero sempre stato l’autore. Non le risposi, continuai a fissarla, ero così vicino dannazione e la tenevo ferma, occasioni simili non capitavano spesso. Spostai lo sguardo sulle sue labbra prima di sentirmi il suo pugnale alla gola e gli occhi ridotti ad una fessura. – Non hai che da provarci… autore. –
 
- Mi taglieresti davvero la gola? – stavo diventando un impavido.
 
- Non ti piacerebbe scoprirlo. –
 
- Potrebbe valerne la pena. – Feci per avvicinarmi e presi la ginocchiata più portentosa della mia vita. In quel momento capì che durante gli allenamenti si era contenuta. Me lo aveva sfracellato di certo, Dio che male! Maledetta strega sadica! Poteva anche dire di no, non c’era bisogno di farmi diventare una voce bianca. Se trattava così anche Ace allora era sicuro che quel ragazzo ce le avesse di agalmatolite o non si spiegava. Mi lasciò lì a terra piegato e se ne andò nel suo studio a fare gli affari suoi, stronza fino al midollo! Ma semmai fossi riuscito ad alzarmi da terra stavolta l’avrei uccisa! Fino ad ora non mi ero mai lamentato per il suo trattamento, ma a due cose tenevo troppo: la mia faccia ed i miei gioielli di famiglia! Era stato un colpo basso, in tutti i sensi!
 
Riuscì a strisciare nel mio covo e rimasi lì a contorcermi per un bel pezzo. Avrei volentieri chiamato Belle in soccorso ma semmai mi avesse visto un giorno senza biancheria avrei evitato volentieri che mi associasse ad una poltiglia. Anche se, a giudicare dal dolore, iniziavo a pensare che fosse rimasta sul serio una poltiglia e che non avrei potuto mostrare mai più il contenuto dei miei pantaloni a qualsivoglia anima viva.
 
Dopo un tempo infinito il dolore iniziò a sparire e quando finalmente mi decisi a controllare che fosse tutto al proprio posto mi stupì di vederlo ancora intero e funzionante. È stato il momento più commovente della mia vita, ero ancora un uomo, credo mi misi a piangere ringraziando la mia nuova capacità rigenerativa. Quando finalmente ebbi il coraggio di portare il naso fuori dalla mia cabina venni a sapere che eravamo in vista di un’isola, dovevamo approdare per fare rifornimenti, avrei dovuto rimandare il momento di strangolare Kora.
 
- Fantastico! – la piccola Keiley si stava calando da una fune. – Non vedo l’ora di scendere! – la piccola nella sua vita aveva visto praticamente solo la sua isola e quella nave, non stava nella pelle all’idea di visitare nuovi posti. Avvistato il capitano gli saltò al collo. – Ace dimmi che posso venire con voi. –
 
- Certo che puoi venire. – Le scombinò i capelli e poi la sollevò in spalla come un sacco, sorridendo, mentre si avviava alla passerella.
 
- Belle verrò con voi, sarà fantastico! – si sbracciava verso la navigatrice. – Gireremo quest’isola da cima a fondo! –
 
- Vacci piano Keiley! – mi stava evitando, non ero stupido. – Resteremo il tempo necessario a registrare il magnetismo dell’isola e a fare rifornimenti. –
 
- Non preoccuparti, sarà sufficiente per divertirci. – il capitano le fece l’occhiolino.
 
- Ace non cominciare, ti prego! – si stava avvicinando minacciosa a lui. – Promettimi che non ti metterai nei guai e manterrai un profilo basso. –
 
- Non cominciare a fare la guastafeste! –
 
- Ace non sto scherzando! Promettimi che non ti comporterai da incosciente! –
 
- Come se ne fosse capace. – ecco la biondina con la solita faccia da poker. Mi passò accanto completamente incurante di come stessi dopo quello che mi aveva fatto.
 
 - Se vuoi puoi venire con me e tenermi d’occhio. –
 
- E da quando questo basta a fermarti?! – lui le rispose allargando uno spaventoso sorriso. – Piuttosto, c’è niente di utile su questa isoletta? –
 
- Niente di mio gradimento. –
 
- Quindi non è necessario attardarci sull’isola. Faremo come ha suggerito Belle: faremo rifornimenti, registreremo la posizione e andremo via. –
 
- Voi due dimenticate troppo spesso che qui il capitano sono io e gli ordini li dà il capitano. –
 
Belle ce l’aveva con Kora, lo sapevo bene, però fu davvero brava a nascondere tutto e a comportarsi come se niente fosse, aveva un alto senso del dovere e riusciva a riconoscere le priorità. Ero sicuro che prima o poi le avrebbe parlato, ma sapeva che non fosse quello il momento.
 
- Capitano! –
 
- Sbarchiamo anche noi! –
 
- Abbiamo urgente bisogno… -
 
- … di fare rifornimenti. –
 
I gemelli, davvero simpatici quei due.
 
- Ma certo ragazzi, scendete pure. –
 
- Ehi, voi due! – Belle si era avvicinata a loro a passo di carica ed ora si teneva le mani sui fianchi, aveva un’aria molto autoritaria. – Promettetemi che vi limiterete solo ai rifornimenti. –
 
- Ma certo! –
 
- Per chi ci hai presi? –
 
- Come puoi pensar male di noi? –
 
- Penso male perché vi conosco! Niente furti! Non voglio vedere la Marina inseguirci per due cianfrusaglie! –
 
- Ehi, così ci offendi! –
 
- Non sono cianfrusaglie! –
 
- E noi non rubiamo! – si giustificarono i due.
 
- NIENTE PRESTITI A LUNGO TERMINE! – li stava ammonendo con un dito.
 
- Devo far rifornimento di frecce e proiettili e magari farmi un giro nei negozi di armi, chissà che non si trovi qualcosa di interessante. BELLE!!! Mi presti qualche Berry? – Ace mise giù il ragnetto che si diresse di filato dalla navigatrice, era lei a gestire le casse della nave ed era moooolto attenta alle spese, a differenza del resto di loro. In effetti anche io avevo bisogno di vestiti, ero terribilmente a corto e non potevo continuare ad attingere al guardaroba del capitano ma dopo quello che era successo la sera prima non avevo il coraggio di andarle a chiedere un prestito. Dovevo farmi venire un’idea per mettere da parte qualche soldo.
 
Mi voltai verso la passerella piuttosto sconfortato e vidi che il medico mi stava fissando. Mi augurai che i sensi di colpa la stessero logorando per quello che mi aveva fatto. Il capitano mi si avvicinò e mi diede una delle sue solite poderose pacche sulla schiena.
 
- E tu che intenzioni hai amico? Scendi con noi? – questa era una bella domanda.
 
- No. – Rispose la biondina al mio posto.
 
- Perché? – il capitano non capiva.
 
- Perché ha una taglia da 500.000.000 di Berry e la sua faccia sarà ovunque. – si, in effetti questa era una motivazione piuttosto valida, in effetti mi aveva quasi convinto.
 
- E quindi? Non ti va di vedere l’isola? – lui il problema non lo vedeva proprio.
 
- Ecco… veramente… - non lo sapevo neanche io, volevo scendere e capire come procurarmi dei vestiti, ma non volevo finire a Impel Down.
 
- Ace non fare l’idiota! Lui non può venire con noi. –
 
- Sciocchezze! – la guardò continuando a sorridere. – Lo stai allenando tutti i giorni, non c’è bisogno che resti a bordo. –
 
- Resterà sulla nave! E non c’è altro su cui discutere! –
 
- Scendo con voi! – volevo farle un dispetto, lo so è un po’ infantile come cosa ma in quel momento mi sarei lanciato anche nelle fauci di un re del mare se questo avrebbe significato farla arrabbiare. – Ho bisogno di vestiti. –
 
- Te li porteremo noi. –
 
- Non lo hai sentito? Ha detto che scende. – le sorrise e poi mi portò con sé verso la passerella tenendomi un braccio sulle spalle.
 
- Ace! –
 
- Non preoccuparti! Sono sicuro che se la caverà. –
 
Alla fine scendemmo tutti. I gemelli se ne andarono per fatti loro a recuperare provviste e refurtiva, il cuoco riuscì a convincere la spadaccina a farsi accompagnare a fare la spesa e noi 5 rimasti ce ne andammo a zonzo per la città a fare compere. Kora aveva bisogno di rimpinguare la sua scorta di bende, disinfettante e medicine, recuperò anche alcuni libri. Keiley si rifornì di frecce, proiettili, munizioni, elastici per la fionda e corde per l’arco e dovemmo trascinarla via con la forza quando mise gli occhi su una balestra, Ace dovette trascinarla via proprio di peso! Belle ne approfittò per rimpinguare il suo guardaroba ed anche io riuscì a fare compere. La navigatrice però non mi rivolgeva la parola, ce l’aveva con me per la sera prima. Dovevo assolutamente parlarle, non sopportavo quella situazione.
 
Lo so, la parte interessante della storia è quella che riguarda me, sono sicuro che morite dalla voglia di sapere cosa ho fatto e se sono riuscito a riacquistare punti con la mora, non posso darvi torto, ma credo che vi terrò un po’ sulle spine raccontandovi quello che hanno fatto i mei compagni, lascerò il racconto di come ce la siamo data a gambe dall’isola per ultimo.
 
Cominciamo dai gemelli, non vi ammorberò con la descrizione di tutti i chiodi e bulloni che hanno recuperato per la nave, un po’ perché non ne capisco niente e un po’ perché è davvero noioso. Il fatto è che quei due hanno le mani un po’ lunghe. Non giudicateli troppo duramente. La verità è che la ciurma era in piedi da poco e non erano tipi da scorribande per cui le loro finanze non erano certo molto sostanziose e quel poco che avevano lo destinavano a beni di prima necessità, quindi quei due avevano dovuto ingegnarsi per procurarsi il resto. Ad essere onesto tutti i loro furti si riducevano solo a libri e affini, tanto più se mettevano gli occhi su qualche pezzo raro.
 
Erano due bei ragazzi, un po’ sfrontati a dire il vero, ma nel complesso molto simpatici e determinati anche se un pelino sensibili. Non si facevano certo scrupoli a raggirare la gente per sgraffignare quello che volevano. In quel momento in particolare Lena faceva da esca abbindolando il povero mercante e Tom eseguiva il furto. Quando me lo hanno raccontato mi sono fatto un sacco di risate, ve lo giuro.
 
Immaginate una bella ragazza dai capelli azzurri più lunghi su un lato e dall’altro portati dietro all’orecchio con due orecchini ben in mostra e non solo quelli! Un pantaloncino a vita bassissima e molto, molto corto con sopra un cinturone degli attrezzi (ci nascondeva anche le armi li dentro, sia ben inteso), una maglietta molto corta che le lasciava scoperta buona parte della pancia e con una bella scollatura. A completare il tutto un paio di scarponi tipo anfibi, ma vi assicuro che mi sono accorto delle scarpe solo parecchio tempo dopo.
 
Come sa prendere in giro gli uomini Lena non sa farlo nessuno. Una volta lo fece anche con me per darmi una dimostrazione, è davvero difficile non crederle. In genere lei è un po’ un maschiaccio, ti ride in faccia, ti da pacche sulla schiena o sul sedere, ha la femminilità sotto le scarpe, proprio l’opposto di Kora, però quando finge cambia completamente, diventa una maga della seduzione. Suo fratello è della stessa risma, riescono a cambiare personalità a comando.
 
- Mi sa che stavolta tocca a te sorellina. – il malcapitato era un tipo grassoccio con i baffi.
 
- Lascia fare a me fratellino. – strizzò l’occhio al fratello, slacciò uno dei bottoni della maglietta e diede inizio alla farsa. Attraversò il mercato ondeggiando i fianchi e lanciando occhiate alle varie bancarelle, prendendo talvolta qualcosa tra le mani con fare seducente. Riusciva ad attirare l’attenzione, senza dubbio alcuno. Quando arrivò dal mercante di libri ormai lo aveva totalmente stregato.
 
- Quanti libri! – si fingeva stupida e sciocca ma non lo era affatto. – Non sapevo ne esistessero così tanti. – in realtà considerava parecchio stupido il malcapitato.
 
- Ma salve bella signorina. – il tipo era cotto. – Ti piacciono i libri? –
 
- Non lo so, non ci ho mai pensato. – si sporse a guardarli mettendo in mostra la scollatura. – Mi piacciono quelli colorati e pieni di figure. – bugiarda, le piacevano i manoscritti vecchi di almeno un secolo, ma doveva attirare l’attenzione del tipo dal lato giusto del banco in modo da consentire al fratello di rubare quelli davvero interessanti. – Lei può consigliarmi qualcosa che possa piacermi? –
 
- Ma certo. Potrebbe interessarle una bella storia di amore e passione? – certo come no! Lena leggeva di tutto tranne quel genere, credo che con un libro simile avrebbe riso fino a piangere.
 
- Si… potrebbe essere proprio quello che fa per me… - non staccava gli occhi verde-azzurro da quelli dell’uomo fino a quando un tipo incappucciato non la urtò facendole cadere alcuni libri. – Oh sono mortificata! –
 
- Non è stata colpa sua, è stato quel maleducato! –
 
- La gente non sa proprio come comportarsi. –
 
- Allora dove eravamo rimasti? –
 
- Ci ho ripensato, i libri non fanno per me. Addio. – gli strizzò l’occhio ed andò via così come era arrivata. Ad un certo punto il tipo incappucciato la trascinò in un vicolo, era quel pazzo di Tom.
 
- Ma che brava, sorellina, per un attimo ci ho creduto anche io. –
 
- Falla finita! Allora hai preso i libri? –
 
- Missione compiuta! – Li nascondeva sotto il mantello.
 
- Complimenti fratellino. Adesso svigniamocela prima che quel babbeo si accorga di quello che manca. –
 
- Non potrei essere più d’accordo. – fantastici e tremendi quei due.
 
E poi c’era quell’insopportabile cuoco cascamorto che chissà come era riuscito a farsi accompagnare dalla spadaccina. In effetti ero stato piuttosto occupato ultimamente per rendermene conto ma quei due passavano parecchio tempo insieme, sebbene il più delle volte fosse lui ad inseguirla e lei a respingerlo. Qualche volta l’avevo intravista sul ponte di prima mattina allenarsi con la tecnica delle tre spade, era davvero brava. Vabbè lo ammetto, dal mio punta di vista erano tutti fenomenali, io ero un inetto.
 
Ricordavo quando ero stato sulla nave di Cappello di Paglia per l’intervista ai membri fruttati della sua ciurma, erano stati tutti così gentili con me, ero appena un ragazzo. In quell’occasione conobbi il padre di Kilian, un tipo davvero simpatico e gentile e cucinava divinamente. Il nostro cuoco di bordo non è al suo livello ma devo ammettere che non se la cava male, si vede che buon sangue non mente. Conobbi anche il padre di Kendra, carattere distaccato come quello della figlia anche se lei deve aver preso molto anche dalla madre, non che la conosca, ma c’è qualcosa di diverso dal Cacciatore di Pirati. Quello che ricordo chiaramente è che cuoco e spadaccino presero a litigare ed insultarsi, tipo come facciamo io e Kilian. Credo che al grande Roronoa Zoro verrebbe un colpo nel vedere il figlio di Gamba Nera fare la corte a sua figlia. Per sua fortuna alla ragazza sembrava far piuttosto schifo il biondino.
 
- Quante volte devo ripeterti di starmi alla larga? – lunghissimi capelli verde-blu legati in un codino alto. Frangia e ciocche ribelli, occhi neri come la notte, bellissima ed elegante, nonché armata, non si separava mai dalle sue spade.
 
- È più forte di me. Non riesco a starti lontano. – le stava offrendo dei fiori e lei lo guardava nauseata.
 
- La prossima volta ci vieni da solo a fare la spesa! Credevo ti servisse aiuto a trasportarla non che avessi dovuto sorbirmi tutto il giorno le tue sciocchezze! – Lo scansò avviandosi verso il centro del mercato.
 
- Sono fatto così, mi è stato insegnato ad essere gentile con le donne. –
 
- Bhè io non lo sopporto, quindi smettila! –
 
- Anche se me lo chiedi non posso cambiare ciò che sono, sebbene per te sarei disposto a fare qualunque cosa. –
 
- Allora sparisci! –
 
- Perché mi tratti così? Non ti ho fatto niente. – Non si stava lamentando, era semplicemente curioso e non smetteva di essere gentile.
 
- E me lo chiedi anche? – lo guardò furiosa e poi se ne andò spazientita.
 
- Che cosa ho fatto? – non la capiva. Non è semplice capire le donne, anche io avevo serie difficoltà, soprattutto di recente.
 
- Smettila di trattarmi come… come… - era furiosa.
 
- Come cosa? –
 
- Come una donna! – ora si che era perplesso.
 
- Cosa sto facendo di sbagliato, non capisco. -
 
- Senti, io ho un obiettivo da realizzare e non sono assolutamente, nella maniera più categorica, interessata a queste sciocchezze. Non mi interessano gli uomini che non posso affrontare e sconfiggere. –
 
- Aspetta, che vuoi dire? –
 
- Che voglio diventare la migliore spadaccina al mondo e non tollero nella maniera più assoluta di essere trattata diversamente solo perché sono una donna, mi hai capito bene? Non mi interessano tutte le sciocchezze che vai blaterando e non intendo avere a che fare con gli uomini se non per sfidarli e sconfiggerli! Sono stata abbastanza chiara adesso? – di sicuro questo discorso avrebbe fatto felice il padre, un po’ meno il cuoco, ma tranquilli ragazzi, non era intenzionato a demordere, non ancora per lo meno, non si arrendeva certo per così poco.
 
- Sei stata molto chiara, ma non ho intenzione di assecondarti e smettere di essere gentile con te. Cambierai idea, ne sono certo. Tutte le donne hanno bisogno di amore e gentilezza nella loro vita. Di qualcuno che le faccia sentire apprezzate e protette. –
 
- Io no. Ho bisogno solo delle mie spade e fintanto che potrò contare su di loro non avrò nessun bisogno di un cascamorto come te! –
 
- Guarda che questo non è mica un no. – lei alzò gli occhi al cielo, il biondino dalle sopracciglia a ricciolo aveva la testa dura. – E per la cronaca, non sono gentile con te solo perché sei una donna. Sono stato cresciuto da Zeff per alcuni anni ma sono pur sempre un Vinsmoke ed ho vissuto abbastanza con loro da non essere la copia di mio padre. Rispetto le donne, ma il mio comportamento nei loro riguardi dipende da loro e non dal loro sesso. Non sono il tipo di uomo che alza le mani su di una donna ma non sono neanche il tipo di uomo che resta lì a prenderle solo perché dinanzi ha una donna. Le rispetto e per questo non le considero inferiori ma mie pari. Sono gentile con te perché sei tu, non solo perché sei una donna. – stavolta fu lui ad avviarsi verso il banco della frutta per far rifornimenti, lasciandola indietro.
 
Kilian non era come suo padre in tutto e per tutto, ma non era neanche un vero e proprio Vinsmoke, era un ibrido, un qualcosa di diverso, aveva preso qualcosa da entrambi e lo aveva fatto suo, un po’ come tutti noi credo anche se, vi confesso che a volte mi chiedo cosa io abbia preso da mio padre. Bhè probabilmente non lo sapremo mai e dopotutto a chi importa? Io sono io e tanto basta. Ma ora torniamo a me ed ai miei compagni, dopo tutto quel girovagare ci fermammo ad una locanda. Lo stomaco del capitano era un pozzo senza fondo e reclamava cibo ad una frequenza allarmante.
 
- Se mangi così, finiremo le scorte prima di raggiungere la prossima isola. – gli dissi sconvolto da quanto riuscisse ad ingurgitare.
 
- Sono uno che consuma molte energie. –
 
- Di questo passo resteremo senza un Berry! – Belle controllava preoccupata il portamonete.
 
Il medico era seduta al bancone, stava bevendo qualcosa e recuperando qualche informazione utile. Dannazione se era bella! Ad un certo punto alcuni brutti ceffi le si avvicinarono, ci stavano provando spudoratamente.
 
- Ace. – se la cosa dava fastidio a me non osavo immaginare a lui. – Kora ha compagnia. – Si voltò un attimo a guardarla poi tornò tranquillo a mangiare. – Non hai intenzione di intervenire? –
 
- Chi io? Perché dovrei? –
 
- È in difficoltà. –
 
- Kora? – si voltò di nuovo a guardare. – Non credo proprio. – quei tipi diventavano insistenti, uno di loro aveva battuto i pugni sul tavolo. Quella ragazza faceva perdere le staffe anche ai santi, figurarsi a dei brutti ceffi armati e malintenzionati. Il medico rovesciò il contenuto del suo bicchiere in faccia ad uno di loro e lui non apprezzò affatto tant’è che sguainò la spada.
 
- Ma quei tipi sono armati. – provai ad obiettare.
 
- Credimi, quelli in pericolo sono loro. –
 
Belle spostava lo sguardo dal fratello a Kora.
 
- Ace… se li fa a pezzi attireremo l’attenzione. – aveva uno sguardo molto eloquente. Il capitano sbuffò e si decise a posare le posate. Svoltò la testa all’indietro verso la biondina.
 
- Ehi Kora, tutto bene? Ti serve una mano? –
 
- Fatti gli affari tuoi ragazzino! –
 
- Già, stanne fuori, la faccenda non ti riguarda! –
 
Il capitano li stava ignorando.
 
- Insegneremo a questa bambolina come si tratta un vero uomo. Non sa con chi ha a che fare. – erano loro a non avere idea di chi fossero quei ragazzi. La biondina rivolse ad Ace un’occhiata molto eloquente, non aveva certo bisogno del suo aiuto. – Sono disposto a chiudere un occhio sul tuo comportamento dolcezza se farai la brava e verrai con me, sono sicuro che ci divertiremo molto. –
 
Lei sorrise, il suo sorriso era pericolosissimo, un solo attimo e lo colpì allo stomaco facendolo piegare, poi inchiodò quegli occhi glaciali sul suo compare.
 
- Te lo avevo detto che se la sarebbe cavata da sola. – Ace riprese a mangiare tranquillo.
 
- Stupida mocciosa! – disse l’uomo colpito, tra i colpi di tosse. – Non sai contro chi ti sei messa… Non sai a quale ciurma appartengo. – Lei si alzò e andò ad affiancarsi a lui per sussurrargli all’orecchio.
 
- Non mi interessa. – Poi lo colpì ancora sbattendolo fuori dal locale prima di tornarsene al bancone e chiedere un nuovo bicchiere. Terrificante! Davvero terrificante!
 
- Ci vuole ben altro per metterla in difficoltà. – disse il capitano tra un boccone e l’altro.
 
- Si ma non dovremmo dare nell’occhio in questo modo. –
 
- Credimi sorellina, meglio che se la sia sbrigata lei, uno come me avrebbe solo dato il via ad una rissa, lei ha più classe di me. –
 
- Questo è poco ma sicuro. – ci aveva raggiunti al tavolo. – Tu sei solo uno scimmione. – si era portata dietro il bicchiere. – Ho recuperato qualche informazione utile. Sembra che questo sputo di terra sia parecchio trafficato da gente poco raccomandabile. –
 
- Stai parlando di noi? – chiese il capitano finalmente sazio.
 
- Ovviamente no. Intendo la ciurma del Pirata Folle. –
 
- Ah. –
 
- Si trova sull’isola e direi che non è il caso di farci riconoscere. Ma c’è di positivo che la sua popolarità eclissa quella dell’autore. –
 
- Chi è il Pirata Folle? –
 
- Hai presente il detto “l’erba cattiva non muore mai”? Lui ne è un chiaro esempio. – almeno la mora mi rivolgeva la parola sebbene sapessi che le cose tra noi non erano affatto risolte. – Suo padre era un pazzo e lui sembra essere peggio. Ha ucciso il suo stesso genitore per prenderne il frutto. –
 
Cavolo! Avevo capito chi era e si, era pazzo sul serio. Già il suo Jolly Roger dava i brividi, l’impiccato al rovescio e sul sacco a coprirgli la testa un teschio. Un uomo sadico e rinomato per i suoi crimini efferati. È passato alla storia per aver fatto irruzione ad Impel Down solo per strappare il cuore dal petto del padre. Uscito dalla prigione lo aveva mangiato in diretta mondiale senza smettere di ghignare. Da brivido quel ragazzo!
 
- È su quest’isola?! – non mi andava di incontrarlo per niente. Già quando avevo dovuto raccogliere informazioni su di lui avevo rischiato l’esaurimento, non mi andava affatto di ripetere l’esperienza. Quell’uomo era rinomato per il non uccidere le sue vittime, sebbene avesse dato più volte dimostrazione che la cosa non gli creasse il benché minimo problema. Lui le torturava fino a renderle folli, era la pazzia la sua firma. Orribile.
 
- A quanto pare si. – la biondina era calma come al solito. – Conoscendolo, non credo che verrà a sporcarsi le mani in una taverna ma se dovesse sapere che siamo qui le cose potrebbero cambiare. –
 
- Non mi dite che avete fatto arrabbiare anche lui. –
 
- Non proprio. – fu il capitano a rispondere. – Ma quell’uomo non è tanto sano di mente, non si può mai dire cosa gli passi per la testa. –
 
- E non dimenticare che l’autore potrebbe fargli gola. -
 
- Cavolo! – il ragnetto aveva un’aria preoccupata. – Ricordo quando la notizia arrivò sulla mia isola, c’era anche mio padre quella volta, iniziò a tremare tutto, dalla punta dei piedi fino a quella del naso. Era la prima volta che si sentiva parlare del Pirata Folle, fece una grande scena per il suo ingresso nel mondo della pirateria. –
 
- Stiamogli alla larga e andrà tutto bene. – le ultime parole famose. Nella locanda fece irruzione una marmaglia guidata dal tipo che Kora aveva preso a calci.
 
- Eccola, è lei! – indicava verso di noi ma né capitano, né medico si scomposero, né si voltarono a guardare.
 
- Vuoi dire che sei stato pestato da una ragazzina? -  un grosso omone, doveva essere il capo di quella combriccola. – Se il capitano lo venisse a sapere ti farebbe fare un bel giro di chiglia. –
 
- Quella non è una ragazzina qualunque! –
 
- Credo stiano parlando di voi. – bisbigliai l’ovvio, ma mi sembravano davvero troppo calmi.
 
- Diamole una bella lezione! –
 
- Posso divertirmi anche io o vuoi fare tutto da sola? – le chiese il capitano.
 
- Accomodati pure, mi hanno stufata. – il capitano non se lo fece ripetere due volte. Fece scrocchiare le dita e poi tirò un bel pugno in faccia ad uno dei tipi che si erano avvicinati facendo rovesciare la sedia all’indietro. Anche Kora si alzò e sguainò i suoi pugnali.
 
- Lo sapevo! Con quei due finisce sempre così! – La navigatrice si affrettò ad alzarsi da tavola. – Keiley coprigli le spalle. –
 
- Ricevuto! – la piccola non vedeva l’ora di provare le sue nuove armi. Ragazzi che velocità! E che mira! Non ne uccise nessuno ed in realtà non ferì nessuno, si limitava a bloccarli al muro con le sue frecce. Però quella ciurma sembrava infinita e sebbene Ace e Kora stessero praticamente sfasciando la locanda quei tipi iniziavano ad avvicinarsi a noi. E fu a questo punto che avvenne una cosa che davvero non mi aspettavo: Belle tirò fuori dal retro dei pantaloni un piccolo bastoncino che riuscì a far allungare con un colpo e non se la cavava affatto male.
 
- Non sapevo sapessi combattere! –
 
- Me la cavo, ma non mi piace farlo. –
 
Keiley e Belle mi stavano tenendo al sicuro, ma non mi piaceva essere difeso da loro e tra l’altro quei tipi erano davvero tanti, stavano accerchiando la navigatrice. La mora faceva ruotare il bastone e colpiva i nemici, ma uno di loro fu più veloce della marmaglia e schivò. Caricò un colpo verso di lei e di nuovo tutto rallentò. Il mio corpo reagì da solo, mi portai davanti a lei ed alzai il braccio bloccando con la mano sinistra il pugno del tipo, mentre con la destra gliene restituì uno in pieno viso. Poi tutto tornò a muoversi alla solita velocità.
 
Mi voltai verso la mora.
 
- Stai bene? – mi stava guardando con gli occhi sgranati ma non c’era tempo per questo, c’erano altri uomini che stavano tornando alla carica. Mi lanciai nella mischia al fianco della mora e devo dire che non me la cavai male. Certo non ero Ace, ma non me la cavavo affatto male, gli allenamenti con il medico stavano dando i loro frutti. In realtà quei tipi erano delle mezze calzette, contro nemici seri probabilmente non me la sarei cavata, però ero già molto soddisfatto del mio miglioramento, almeno adesso sapevo di non averle prese a vuoto.
 
- Ma si può sapere chi diavolo siete voi? – all’omone ormai mancava qualche dente, scontrarsi contro il pugno del capitano non era una bella esperienza, soprattutto se si era un comune essere umano.
 
Il moro si sfiorò la punta del naso con il pollice.
 
- Mi chiamo Ace e sono il capitano dei Pirati Hell, ricorda bene questo nome perché diventerò il prossimo re dei pirati. – Belle gli diede un pugno in testa.
 
- RAZZA DI IDIOTA! TI SEMBRA IL CASO DI SBANDIERARLO IN GIRO COME SE NIENTE FOSSE?! –
 
Stessa cosa dicasi per Kora.
 
- Sei per caso impazzito?! Avevamo detto di mantenere un profilo basso! –
 
- Cosa ho fatto di male? Mi sono solo presentato. –
 
Keiley stava sghignazzando ed io mi stavo stropicciando la faccia con la mano, era proprio un incosciente patentato. Gli uomini che avevamo sconfitto ci guardavano perplessi, credo non potessero credere di essere stati pestati da dei ragazzini.
 
- Chiunque tu sia ragazzo hai firmato la tua condanna. – l’omone si riscosse ed Ace lo guardò con un sopracciglio alzato. – Noi navighiamo sotto il vessillo del Pirata Folle, appena verrà a sapere di come ci hai trattati la tua ora sarà giunta. Hai firmato la tua condanna moccioso! –
 
Il capitano si abbassò per avere il tipo di fronte. Sorrideva. – Digli pure che non ho paura di lui, che semmai lo incontrerò lo sconfiggerò. – Belle gli assestò un altro pugno facendogli piegare la testa in avanti.
 
- LA SMETTI DI SFIDARLI?! -
 
Il capitano si portò una mano alla testa e quei loschi figuri ne approfittarono per darsela a gambe.
 
- Ci rivedremo moccioso, non dubitarne! –
 
- Ehi voi! Guardate come avete ridotto la mia locanda! Adesso chi mi ripagherà i danni? – la navigatrice iniziò a sudar freddo, non era difficile immaginare che non potessimo pagare.
 
- Ehi amico. – cercai di mediare io. – Hai perfettamente ragione. Questa è la tua fonte di sostentamento e noi te l’abbiamo distrutta, ma ripagheremo tutto. – Belle mi guardò perplessa, non avevo potuto pagare neanche i miei abiti, di sicuro non potevo ripagare la locanda.
 
- Dici davvero? –
 
- Ma certo! Noi ovviamente non giriamo con il bottino dietro, non sarebbe prudente, ma il tempo di recuperarlo e ti ripagheremo. –
 
- Credi che io sia nato ieri ragazzino! – lui sollevò i pugni ed io le mani. Nonostante avesse visto che tipi fossimo sembrava non avere paura.
 
- Noi non abbiamo soldi. – Ace, onesto da far schifo.
 
- Ed io dovrei pagare i danni che voi avete fatto? –
 
- Se avessimo avuto soldi te l’avremmo riparata ma non ne abbiamo. – era sincero da far tenerezza ma il locandiere non si fece commuovere.
 
- Allora lo spiegherete a quelli della Marina! – Marina era una gran brutta parola per dei pirati ricercati.
 
- Un momento buon uomo, deve esserci un modo per accordarci, no? – l’ultima cosa che volevo era farmi acciuffare dalle forze dell’ordine.
 
- Ehi, ma su quei tizi non c’è una taglia? – eccoci, eravamo alle solite.
 
- Si, consegniamoli e ricostruiamo la locanda con le loro taglie! – Così non andava, non andava affatto.
 
- Miei cari signori, vi state sbagliando, siamo solo dei semplici turisti. – continuavo a mantenere le mani in alto nella speranza di non risultare minaccioso.
 
- Quello è di sicuro l’autore. –
 
- Già! Vale 500.000.000 di Berry! –
 
- Ma se ha una taglia così alta allora è pericoloso. – Dio benedica quella ragazza che aveva fatto quell’osservazione.
 
- Andiamocene. – alla biondina non piacevano questi teatrini.
 
- Non andrete da nessuna parte! –
 
- E sarete voi a fermarci? – che sguardo gelido e affascinante.
 
- A me sembra di aver già visto questi ragazzini… mi sembra abbiano una taglia anche loro. –
 
- Ancora una parola e non vedrai l’alba di domani! –
 
- Arriva la Marina! – qualcuno aveva dato l’allarme.
 
- Kora dobbiamo andare. – la biondina non dava segno di voler abbassare le armi. – Kora! –
 
- Sa chi siamo. – glielo leggeva sul viso.
 
- Kora ti prego! Ace! –
 
- Se vuole che prendiamo a pugni anche quelli della Marina io non mi tiro affatto indietro. – evidentemente il medico considerava peggio doversela vedere con le forze dell’ordine perché abbassò il pugnale e si avviò all’uscita.
 
- Scappate coniglietti! Non siete al livello del nome che portate! – Aveva esagerato. Kora si voltò e gli assestò un bel pugno da far invidia al capitano. Il tipo sputò denti e sangue e poi perse i sensi. La biondina uscì dalla locanda senza dire una parola. Ma questa scena dava da riflettere, era la seconda volta che qualcuno sembrava riconoscerli e che lei reagisse così male. Chi diavolo erano questi ragazzi? Perché temevano così tanto che il loro nome venisse pronunciato ad alta voce?
 
La piccola Keiley, che li aveva tenuti sotto mira per tutto il tempo fu la penultima ad uscire. Chiuse la fila il capitano che si scusò di nuovo con l’oste per il casino prima di correre via al nostro seguito. Da quanto avevo capito era necessario lasciare in fretta l’isola visto che a breve la Marina ci avrebbe inseguito. Tanto meglio, ne avevo avuto abbastanza di emozioni per quel giorno. Tornati alla nave erano già tutti a bordo. I gemelli, sebbene avessero palesemente sgraffignato alcune cosette erano stati decisamente più prudenti di noi e neanche cuoco e spadaccina erano stati capaci di scatenare il putiferio che avevamo generato noi.
 
- Si può sapere che sta succedendo? Sembra che abbiate il diavolo alle calcagna? – il cuoco era affacciato al parapetto insieme a Kendra, stavano chiacchierando. Dovevamo sembrare davvero molto buffi mentre correvamo in quel modo verso la nave.
 
- Preparate la nave! – stava urlando Belle. – Abbiamo la Marina ed il Pirata Folle alle calcagna! –
 
- Cosa? – i ragazzi sulla nave ci guardarono come se stessimo scherzando ma vedendoci correre il quel modo disperato iniziarono a pensare che facessimo sul serio e si diedero da fare per preparare la Adventure alla partenza immediata.
 
Ce la stavamo filando quando comparve una nave della Marina, non so dirvi se fosse meglio o peggio del Pirata Folle.
 
- Pirati! Fermi dove siete! – riconoscevo quella voce, l’avevo già sentita. – Qui è il vice-ammiraglio Kobi della Marina che vi parla. Arrendetevi senza opporre resistenza. – il tipo del Baratie. Era un vice-ammiraglio! Eravamo nei guai, grossi guai.
 
- Salve Vice- Ammiraglio! – Ace! Che qualcuno tappasse la bocca a quel ragazzo prima che ci cacciasse nei guai! – Spero voglia scusarci ma andiamo di fretta. –
 
- Se non vi arrendete affonderò la vostra nave. – Non bene, non bene per niente!
 
- Ace… - ero preoccupato.
 
- Non ti preoccupare Will, non ci arrenderemo! – Era proprio questo il problema. Quell’idiota sorrideva, non aveva capito che lì c’ea un ufficiale della Marina pronto ad affondarci?! - Non ho nessuna intenzione di arrendermi. –
 
- Tale e quale a suo padre, non c’è che dire. D’accordo, gli abbiamo dato una possibilità. Affondateli. – anche il vice-ammiraglio era piuttosto calmo e immaginai che dicesse queste cose. Ovviamente noi non sentimmo una parola, avvertimmo solo il fischio delle palle di cannone che ci piovevano addosso.
 
- Che cosa facciamo adesso? – chiesi spaventato dalle palle di cannone sempre più vicine a noi.
 
. Belle portaci al riparo! Keiley, dà fuoco alle polveri! – il capitano era calmissimo. – Tu mettiti comodo autore, alle cannonate pensiamo noi. – mi strizzò l’occhio e fece scrocchiare le dita. A lui si affiancarono Kendra, Kilian e Kora mentre i gemelli stavano correndo in sala macchine.
 
Nessuna palla di cannone riuscì a colpirci, Ace le respingeva al mittente a suon di pugni e Kilian usando i calci, mentre le due ragazze affettavano tutto ciò che si avvicinava. Straordinari come sempre ed io inutile come sempre. Nonostante gli allenamenti non ero certo in grado di respingere le palle di cannone ma neanche volevo restarmene lì con le mani in mano, così andai da Belle per vedere se potessi esserle d’aiuto.
 
- Belle. Voglio dare una mano! – cercavo di sovrastare la confusione.
 
- Allora occupati delle vele ce n’è una che si è slacciata non mi consente di governare bene la nave. –
 
- Conta su di me. – più facile a dirsi che a farsi. Dovevo arrampicarmi per assicurare alcuni nodi che si erano disfatti tra le cannonate che mi sibilavano affianco. Ci avete mai fatto caso a come cose del genere capitino sempre nei momenti meno adatti? Deve essere come la questione del pane con il burro, non importa come lo facciate cadere finirà sempre con il lato imburrato a terra. Stessa cosa. Non importa quante volte controlliate le vele o facciate tutto a dovere, le cose smetteranno di funzionare ed i nodi inizieranno a sciogliersi quando sarete sotto attacco di una nave da guerra della Marina. È matematico!
 
Ace o Keiley lo avrebbero fatto in pochi secondi, io invece ero proprio patetico, appeso al pennone alla meno peggio, sempre sull’orlo di un volo in mare e chiedendomi quando una palla di cannone mi avrebbe staccato la testa. Per fortuna i ragazzi erano fantastici nel non far avvicinare niente alla nave e riuscì alla meno peggio a fare ciò che dovevo.
 
I gemelli erano pronti per attivare la propulsione. Un suono di campanella si diffuse in tutta la nave a segnale che stavamo per ricevere una bella spinta, era il momento di tenersi forte. Scesi appena in tempo e mi aggrappai all’albero maestro. La spinta arrivò e non fu semplice per nessuno non finire in mare, soprattutto per Belle che aveva tentato di raddrizzare la rotta fino all’ultimo secondo prima di bloccare il timone. Lei perse l’appiglio ed iniziò a scivolare lungo il ponte. Sarebbe finita di sicuro in mare.
 
Non ci pensai molto, mi ero assicurato all’albero con una corda, sapete per evitare di precipitare nel vuoto, lasciai la presa e presi la rincorsa per scivolare sul ponte. Afferrai la navigatrice e la strinsi tra le braccia appena prima di impattare con la schiena contro la balaustra e spaccarla. Strinsi i denti e Belle, la fune ci stava impedendo di cadere e i propulsori ci stavano facendo allontanare in fretta dall’isola e dai suoi guai. La ragazza si aggrappò forte a me.
 
- Belle stai bene? –
 
- Si… sto bene. –
 
- Reggiti forte a me. – non che dovessi chiederlo. Cercai di afferrare la corda e tornare vicino all’albero, starsene sul ciglio della nave non era una buona idea.
 
Quando la nave atterrò sull’acqua, alla fine della propulsione venimmo sbalzati in avanti e finimmo a terra un po’ tutti.
 
- Che razza di scherzo è? – Kora si stava rialzando, sembrava non essere a conoscenza di questa funzionalità della nave.
 
- È stato fortissimo! – i gemelli erano appena sbucati dalla botola.
 
- I motori hanno funzionato alla perfezione! –
 
- È stato troppo divertente! Rifacciamolo! – Keiley era entusiasta, si può dire che non conoscesse la paura, proprio come il capitano, che tiratosi su sorrideva divertito.
 
- Kendra stai bene? – il primo pensiero del cuoco.
 
- So alzarmi benissimo da sola! – rifiutò la mano del biondino e si rimise in piedi.
 
- Siamo tutti interi? – il medico stava facendo mentalmente l’appello e concluso che non mancava nessuno prese in mano la situazione. – Belle portaci via di qui, li abbiamo distanziati ma non siamo ancora al sicuro. –
 
- È stato divertente ammettilo. – il capitano le diede una spallata.
 
- Tu hai un concetto deviato di divertimento. –
 
- Che cosa è successo alla balaustra? – i gemelli avevano notato i danni che avevo procurato.
 
- È stata colpa mia! – alzai la mano colpevole. – Ci sono sbattuto contro durante la propulsione. –
 
- Stai bene? – mi chiese il medico. Carino da parte sua preoccuparsi adesso. Non ha mai fatto una piega durante gli allenamenti né quando mi aveva quasi castrato e si preoccupava ora, per una spallata.
 
- Sto bene. – ce l’avevo ancora con lei, non l’avrei perdonata così facilmente, poteva rompermi tutto, ma, mi sconvolge dirlo, doveva tenere giù le mani dai miei gioielli di famiglia!
 
Belle mi mise una mano sul braccio, stava tentando di ringraziarmi, ma i ringraziamenti dovevano aspettare, adesso dovevamo allontanarci dall’isola. Mi rivolse un’occhiata piena di gratitudine ed un sorriso che ricambiai volentieri e corse al timone ad impartire ordini. Mi aveva perdonato.

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Capitolo 9
*** L'isola delle erbe ***


<< Che ne pensi di un frutto mitologico, tipo la Fenice di Marco o l’idra o il cerbero… >> eravamo tutti riuniti per la cena. Lontani dalla marina e dai problemi avevamo riacquistato la nostra tranquillità ed era giunto il momento di capire cosa avesse in mente il capitano.
 
<< O l’unicorno. >> Kora ci stava prendendo in giro.
 
<< No, niente frutti Zoo Zoo. >> mi rispose lui agitando la mano.
 
<< Perché? I frutti Zoo Zoo rendono il possessore molto potente. >>
 
<< Già è uno scimmione di suo, non gli serve peggiorare la situazione. >>
 
<< Davvero simpatica Kora! >> il medico sorrideva sarcastica.
 
<< Autore! Vista la considerazione che Ace ha di sé stesso, credo che non si accontenterà di niente di meno di un Roja. >>
 
<< Nonostante le tue frecciatine so benissimo che anche un paramisha nelle mani giuste fa la sua figura. L’importante non è la potenza ma come lo si usa. >>
 
<< È questo che dici alle donne amico? >> il cuoco si stava sganasciando.
 
<< Molto divertente. Non mi sembra di aver visto donne venirsi a lamentare, o sbaglio? >>
 
<< Dovresti pensare di più agli affari tuoi. >> gli suggerii, mi stava proprio antipatico.
 
<< Senti autore, mio padre era soprannominato gamba nera e ti assicuro che non si riferisse solo alla sua tecnica di combattimento. >> strizzò l’occhio ad una disgustatissima Kendra.
 
<< Hai detto bene cuoco da strapazzo, tuo padre, non tu. >> in realtà vedevo bene la fila di donne che aveva a seguito ogni qualvolta sbarcassimo da qualche parte, ma non volevo dargli la soddisfazione.
 
<< Buon sangue non mente. La tua è solo invidia. >> mi stava provocando, come al solito.
 
<< Perché non provi a ripeterlo? >>
 
<< Sei anche sordo imbrattacarte? >> Ace rise di gusto.
 
<< Voi due mi fate morire! >>
 
<< Non troveremo mai un frutto adatto a te. >> Belle espirò sconfortata. Non avevamo ancora avuto la possibilità di parlare, occupati a seminare la Marina, ma sapevo che mi avesse perdonato. Di sicuro avrei provato a parlarle il prima possibile.
 
<< Non essere così pessimista sorella, sono certo che qualcosa troveremo. >>
 
<< Quello che sta cercando di dire è che non lo sai neanche tu cosa cerchi. >> Kora era sempre la più pragmatica.
 
<< Questo rende tutto ancora più interessante, non credi? >> le rivolse un ghigno divertito avvicinandosi e lei gli poggiò una mano sul viso per spingerlo via.
 
<< Per te è interessante tutto quello che è assolutamente sbagliato. >>
 
<< E non è questo a rendermi affascinante? >> la provocò lui.
 
<< È questo a renderti pericoloso. >>
 
<< Anche meglio, no? >> le strizzò l’occhio e la ragazza alzò gli occhi al cielo. << Sta tranquilla Kora, saprò quello che voglio quando l’avrò trovato. >>
 
<< Quindi che rotta dobbiamo seguire? >> chiesi alla biondina anche se la vera domanda fosse sul tipo di frutto a cui stesse dando la caccia.
 
<< Quella che ho dato a Belle. >> mi guardò truce, non aveva nessuna intenzione di condividerla con me. Era ancora diffidente.
 
Era passata quasi una settimana da quando avevamo incontrato gli uomini che navigavano sotto il vessillo del Pirata Folle e da allora non avevamo più sentito parlare di lui, né qualcuno aveva avuto il coraggio di nominarlo, se per questo. Forse Kora aveva ragione, era un pezzo troppo grosso per occuparsi di una banda di ragazzini. Ciò nonostante la biondina era stata nervosa e sfuggente per tutto il tempo, persino agli allenamenti non me le suonava più con convinzione ed ero certo che non lo facesse per cortesia nei miei riguardi.
 
Quel giorno stesso, poco dopo il nostro ritorno, capitano, navigatrice e medico di bordo si chiusero in cabina. Non mi riuscii di origliare quindi non saprei dire cosa si dissero o per meglio dire si urlarono contro. Rimasero dentro per un bel pezzo e per come la vedo io Belle aveva dato una strigliata a tutti. La cosa strana era che la biondina fosse uscita da lì dentro senza degnarli di uno sguardo e con un umore più tetro della notte.
 
Non sono nato ieri, mi ero reso conto che il capitano durante la notte sgattaiolasse nella cabina del medico di bordo salvo poi sparire prima che sorgesse il sole, con mio grande fastidio aggiungerei. Quella notte tuttavia doveva aver trovato la porta chiusa perché lo sentì bussare. Inutile dire che dato il mio sonno leggero mi svegliai di colpo e socchiusi la porta per ehm… come dire… assicurarmi che fosse tutto a posto, che non corressimo pericoli insomma, non volevo certo spiare.
 
<< Andiamo Kora apri! Non fare così! >> Ace parlava a bassa voce ma non abbastanza affinché io e la bella biondina non potessimo ascoltarlo. << Lo so che sei arrabbiata, non sono un idiota! >> si passò una mano tra i capelli sospirando. << Senti voglio solo parlare, dopo che avrai ascoltato quello che ho da dire potrai buttarmi tranquillamente fuori. >>
 
Dall’interno non ci fu risposta sebbene la luce che filtrava sotto le porte rivelava che la ragazza fosse sveglia.
 
<< Kora se non mi apri tiro giù la porta! >> non dubitavo che lo avrebbe fatto e a quanto pareva neanche lei. Poco dopo la porta infatti si aprii rivelando la figura di una infastidita biondina.
 
<< La smetti di fare l’idiota? Che diavolo vuoi a quest’ora? >>
 
<< Parlare, solo parlare, lo giuro! >> il capitano sollevò le mani facendo tendere la maglietta sulla schiena.
 
<< Bene, ti ascolto. >>
 
<< Non credi che sia meglio che entri? >>
 
<< Credo che sia meglio che tu dica quello che devi e che poi te ne vada. >>
 
<< Ok ok! Volevo sapere come stavi. >>
 
<< Sto bene. Adesso che lo sai puoi andartene. >> la ragazza fece un passo indietro pronta a sbattere la porta sul muso di Ace, detestava perdere tempo.
 
Il capitano allungò la mano e fermò la porta. << Non c’è bisogno che reagisci in questo modo. >> dubitavo che lei se la fosse presa per un’eventuale strigliata della navigatrice, non sembrava quel genere di persona.
 
<< Ci hanno riconosciuti Ace e li abbiamo lasciati lì, in che altro modo dovrei reagire? >>
 
<< Erano solo degli ubriaconi, nessuno darà loro credito. >> sdrammatizzò il moro.
 
<< Lui si! Ascolta tutte le voci e riesce a distinguere chi farnetica da chi ci ha visti sul serio! Ed anche il Pirata Folle se è per questo. >>
 
<< Ti stai preoccupando troppo. Belle ha cambiato la rotta, anche se dovesse capire dove siamo stati non ha modo di indovinare dove siamo diretti. >>
 
<< Non è muovendoci a caso che lo semineremo, non è uno sprovveduto! >>
 
<< Questo lo so… >> sospirò grattandosi la testa. << Kora, io lo so quanto è importante per te portare a compimento la tua missione e non farti trovare da lui, ma non puoi essere invisibile, prima o poi qualcuno ti vedrà e ti riconoscerà e lui lo verrà a sapere. >>
 
<< Forse ho sbagliato a rivolgermi a te, sei troppo appariscente. >> uno sguardo che spezzava il cuore e faceva gelare il sangue.
 
<< Sei una ragazza sveglia, ti conviene giocare con lui piuttosto che provare a sfuggirgli perché se ti limiti solo a scappare è solo questione di tempo prima che riesca a prenderti. >> il capitano era l’unico che poteva parlarle liberamente, a me avrebbe già rotto il naso.
 
<< Buonanotte Ace. >> lei chiuse la porta e stavolta lui non la fermò, si limitò a passarsi una mano tra i capelli corvini e a tornarsene da dove era venuto.
 
Da quel momento Kora era stata distaccata da tutto e tutti, quasi fosse distratta da un pensiero fisso ed il capitano si era mantenuto lontano dalla sua cabina.
 
<< Will mi stai ascoltando? >> Belle mi riportò con l’attenzione alla nostra piccola riunione in cucina.
 
<< Come potrei non ascoltare uno splendore come te? >> la guardai con finta adorazione, neanche tanto finta a dire il vero, Belle mi piaceva, non potevo negarlo.
 
<< Scommetto che non hai sentito neanche una parola! >> lanciai un’immediata occhiataccia a quel cuoco cascamorto che ghignava nella mia direzione con la sua insopportabile faccia da schiaffi.
 
<< Da bravi bambini non litigate! >> ci punzecchiò Kendra che dall’inizio della conversazione se ne era stata in disparte a guardare fuori dalla finestra.
 
<< Stavo dicendo che visto che Kora non vuole condividere la rotta potresti suggerirci di volta in volta quali frutti ci sono in prossimità del posto in cui ci troviamo e se qualcosa interessa ad Ace allora stabiliamo una rotta. >> mi ripetè cortese Belle.
 
<< Per me non ci sono problemi dolcezza, sono a tua completa disposizione lo sai. >> le sorrisi ammaliante.
 
<< Ma non ti da fastidio che parli così a tua sorella? >> quel dannato spadellatore impiccione!
 
<< Belle sa difendersi da sola e poi se mettessi bocca nei suoi affari mi ritroverei a dover mettere la gonna anche io perché me le farebbe saltare. >> scherzò Ace portandosi le mai dietro la testa.
 
<< Quindi qual è la prossima tappa? Così inizio a buttar giù una lista per il capitano. >> ogni giorno mi sentivo più a mio agio su quella nave, se toglievamo le volte in cui Kora mi pestava e Belle mi ignorava.
 
<< L’isola Leaf, l’isola delle erbe. >> rispose Kora lanciando una rapida occhiata al capitano il quale rimase più che calmo sebbene fossi sicuro di aver percepito una sorta di tensione tra loro.
 
<< L’isola delle erbe? >> chiese il ragnetto corrucciando il viso. << Sembra un posto noioso. >>
 
<< Lo è. >> rispose il capitano. << Ci sono praticamente solo erbe e qualche capanna di tanto in tanto. >>
 
<< Perché andiamo lì allora? >> chiese lei cercando di far leva sulla voglia di avventura di Ace.
 
<< Perché non abbiamo più neanche un Berry e fino a quando non troviamo un modo per fare un bel gruzzoletto sfrutteremo le erbe gratis dell’isola per rifornire la dispensa e l’armadietto dei medicinali. >> Belle guardò male ognuno di noi come se quella situazione fosse unicamente colpa nostra.
 
<< Io non ho fiatato! >> si giustificò il capitano. In effetti la mancanza di soldi era un problema e non potevo certo far ricorso alla mia fama per ottenere qualcosa, visto che il mio volto era passato dalle copertine dei libri ai manifesti da ricercato.
 
<< Ma voi non siete pirati? Perché non abbordate un vascello e lo depredate di tutti i suoi tesori? >> non immaginavo che i pirati fossero così squattrinati.
 
<< Tu leggi troppe storie autore! >> mi rimbeccò il cuoco.
 
<< Noi avremmo un’idea! >> suggerì Lena appena arrivata con suo fratello.
 
<< Ma non è applicabile su quest’isola. >> confermò Tom.
 
<< E sarebbe? >> la navigatrice si voltò sulla sedia per guardarli.
 
<< Offriamo i nostri talenti. >>
 
<< A pagamento. >>
 
<< Per un giorno. >>
 
<< Non vi seguo. >> scosse la testa Belle, che schianto così di profilo! E quell’incavatura al centro della schiena che finiva con sue fossette proprio sul fondoschiena! Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso! Dovevo assolutamente parlarle e far pace con lei.
 
<< Intendono dire che ci cerchiamo un lavoro. >> precisò Kendra non troppo entusiasta della proposta.
 
<< Cercarci un lavoro? >> anche il capitano sembrava piuttosto perplesso, non ero sicuro sapesse cosa significasse.
 
<< Kora potrebbe lavorare in un ambulatorio. >>
 
<< E Kilian in un ristorante. >>
 
<< Noi siamo aggiusta tutto. >>
 
<< E carpentieri. >> non mi sarei mai abituato al loro modo di parlare.
 
<< State suggerendo di girare per l’isola per cercarci qualcosa da fare? >> chiesi spostando lo sguardo sui presenti.
 
<< Precisamente! >>
 
<< Ma solo per un giorno. >>
 
<< Per ricavare qualche soldo facile. >>
 
<< In effetti potrebbe essere un’idea. >> Belle ci stava riflettendo. << Siamo decisamente al verde e senza un Berry sarà problematico proseguire con il viaggio. >>
 
<< Soprattutto considerando quanto mangia Ace. >> il piccolo ragno diede di gomito al capitano.
 
<< Allora è deciso! Vi cercherete un lavoro mentre io faccio la guardia alla nave. >> Belle batté il pugno sulla mano con un gran sorriso.
 
<< Ehi aspetta un attimo. Perché dovresti essere tu a restare a bordo mentre noi lavoriamo? >> Kendra non era affatto d’accordo.
 
<< Perché dubito che qualcuno abbia bisogno di una navigatrice. >>
 
<< Io penso che qualcosa te lo inventerai anche tu! >> tra quelle due si stava creando tensione, eccitante come situazione!
 
<< Potrebbe essere divertente! >> Ace trovava sempre tutto interessante. << Tu che ne pensi? >> chiese alla biondina.
 
<< Che probabilmente sarà più semplice fare soldi così che assaltando una nave per i tesori. >> mi lanciò una bella frecciata in pieno petto. Ce l’avevo ancora con lei per l’attentato alla mia virilità e non faceva altro che peggiorare la sua situazione. Le restituii un’occhiataccia, nonostante la sua bellezza alle volte ti faceva decisamente dimenticare che fosse una donna.
 
<< Allora è deciso. >> Ace non sembrava ancora soddisfatto però. << Che ne dite se rendessimo la cosa più interessante? >>
 
<< Ecco! Lo sapevo! >> Belle iniziò a preoccuparsi.
 
<< Facciamo una gara tra noi e vediamo chi di noi ha guadagnato di più alla fine della giornata. >> aveva un sorriso spaventoso.
 
<< Ace ti prego! Anzi no ti supplico! Abbiamo già abbastanza problemi. >> ovviamente non avrebbe minimamente preso in considerazione il punto di vista della navigatrice.
 
<< Io ci sto! >> rispose il cuoco. << Vi farò mangiare la polvere! Tra voi sono l’unico che sappia sul serio cosa voglia dire lavorare. >>
 
<< Non esserne così sicuro Kilian! >> erano gasati, io un po’ meno. Insomma ero un grande scrittore ma dubitavo che il mio talento da imbrattacarte potesse essere utile a batterli e di certo non avrei permesso che quel cuoco da quattro soldi mi battesse così! Dovevo farmi venire un’idea, potevo approfittare del resto del viaggio per pensare a qualcosa.
 
Neanche a dirlo attraccammo all’isola ed io non avevo uno straccio di idea! Niente! Zero! Nonostante ci avessi riflettuto per quasi tutto il tempo, non mi veniva in mente altro che potessi fare oltre a scrivere, ma a cosa diavolo poteva servire scrivere su di un’isola piena di erbe e capanne!
 
I ragazzi non stavano nella pelle all’idea di iniziare la sfida e stavano già sul ponte a riscaldarsi. In realtà la nave doveva ancora gettare l’ancora che loro si lanciarono dal ponte lasciando il resto di noi a guardarli perplessi.
 
<< A volte mi sembra di avere a che fare con i bambini! >> Belle si batté la mano sulla fronte.
 
<< Uffa! Anche io voglio scendere! >> la piccola del gruppo non stava più nella pelle, voleva raggiungere gli altri due.
 
<< Pazienta ancora qualche minuto che gettiamo l’ancora. >> diede un’occhiata ai gemelli che prontamente iniziarono le manovre di attracco sotto la supervisione della bella navigatrice.
 
Quando fummo pronti sbarcarono anche i gemelli, Kendra e Keiley.
 
<< Will tu non vieni? >> mi chiese la piccola già a metà passerella ormai.
 
<< Certo, vi raggiungo subito, devo solo mostrare a Belle il riepilogo dei frutti della zona e poi arrivo. >> era la mia occasione per parlare da solo con lei.
 
Kora uscii dal suo studio in tutta calma e scese senza degnarmi di uno sguardo e senza mettere al corrente nessuno dei suoi piani della giornata, mentre Belle, bhè era scomparsa dal ponte in un attimo. Appena il tempo di rispondere a quella ragazzina e l’avevo persa di vista ma non poteva essere scesa senza che me ne accorgessi, doveva essere ancora a bordo da qualche parte.
 
Strinsi tra le dita il foglio con le mie ricerche e mi misi a cercarla. Non era in cabina di comando, né in cucina, né nella sala delle riunioni, sembrava essersi volatilizzata. Forse era scesa davvero e non me ne ero accorto. Accidenti! A quel punto era perfettamente inutile restare a bordo, rischiavo solo di non riuscire a guadagnare niente ed essere deriso da quel borioso cuoco arrogante. Non era da me ma non potevo fare altro che ammettere la sconfitta con un teatrale sospiro.
 
<< Non pensavo ci fosse qualcuno ancora a bordo. >> l’incantevole voce di Belle, allora non era sbarcata.
 
Mi voltai concentrando il mio più affascinante sorriso ma rimasi decisamente a bocca aperta nel vederla. Non riuscii a trattenermi dallo squadrarla da capo a piedi ad occhi spalancati ed intenzioni piuttosto lascive. Era la prima volta da settimane che mi sentivo di nuovo me stesso, almeno per ciò che riguardava le mie intenzioni con le donne.
 
<< Accidenti! >>
 
<< Will ti senti bene? >>
 
<< Non ne sono sicuro… forse dovrei stendermi un po’. >> con magari lei al mio fianco o sopra di me o sotto, non mi sarebbe dispiaciuta in nessun modo.
 
Aveva addosso una gonna davvero corta, a pieghe ed un toppino di quelli legati dietro al collo che poi scendono morbidi sul petto accarezzandone la scollatura e lasciando parte della schiena scoperta. Non so dirvi bene cosa avesse ai piedi perché con tutta quella roba da guardare stavo avendo difficoltà a concentrarmi, ma credo fossero dei sandali.
 
<< Vuoi che chiami Kora? >> mi chiese gentile lei.
 
<< È già sbarcata, non ti preoccupare, sto già molto meglio. >>
 
<< Ah, bene, allora ci si vede. >> mi sorrise per poi passarmi di lato assolutamente non intenzionata ad intrattenersi ulteriormente con me, era ancora arrabbiata.
 
Ma quanto diavolo dura l’incazzatura di una donna? Non siete per niente normali voi! Insomma parliamoci chiaro, ho detto una stupida frase senza neanche pensarci, anzi no, ho detto la stramaledetta parola “sfortuna” e lei ci ha costruito su una storia tutta sua che potrebbe far impallidire quelle che scrivo io e da allora è una settimana che mi evita. No ma dico è normale?! Siete fatte tutte così? Cosa diavolo bisogna fare con voi?!
 
La afferrai per il braccio cercando di riflettere su ciò che avrei detto visto che avrebbe usato le mie stesse parole contro di me.
 
<< Hai bisogno di qualcosa di Will? >>
 
<< Belle dobbiamo parlare. >>
 
<< E di cosa? >> mi chiese lei falsamente stupita e sorridente.
 
<< Del fatto che mi eviti da una settimana. >>
 
<< Non ti sto evitando. >> assurde! Siete assurde! Negate l’evidenza!
 
<< E allora come lo chiami questo? >>
 
<< Non capisco di cosa tu stia parlando. >> è impossibile parlare con voi! È evidente che c’è un problema, perché cavolo non lo dite subito?! Cioè è evidente che siamo in difficoltà, perché fate questi giochetti esasperanti?! Basterebbe venirci incontro e farci una partaccia a muso duro, sarebbe molto più efficace e meno logorante, ma voi no, dovete torturarci.
 
<< Andiamo Belle! Sei arrabbiata per quello che ti ho detto. >>
 
<< Non sono affatto arrabbiata Will. Hai messo in chiaro le cose ed io le ho semplicemente accettate, tutto qui. >>
 
<< Ma di che diavolo stai parlando? >> Lei sospirò e scosse il capo come se non potessi capire ed era così, non la capivo, neanche un po’. << Io stavo parlando della taglia sulla mia testa, sei tu che hai frainteso tutto! >>
 
<< Ah davvero? Sono io che ho frainteso tutto? >> si stava alterando, dove avevo sbagliato adesso?
 
<< Non sto dando la colpa a te. >>
 
<< Ci mancava! Sapevi cosa pensassi ma non ti sei disturbato a farmi cambiare idea, per una settimana, mi sembra che a questo punto non mi sbagliassi poi tanto. >> scese con lo sguardo sulla mia mano stretta sul suo polso.
 
<< Invece ti sbagliavi e ti sbagli ancora. >> strinsi la presa, non ero intenzionato a lasciarla andare fino a che non ci fossimo chiariti. << Belle non mi dispiace affatto di averti incontrata. Quello che mi crea problemi è avere una taglia sulla testa e gente alle calcagna che vuole vedermi morto! >>
 
Non sembrava per niente convinta.
 
<< Andiamo! Sono solo uno scrittore. Non ho mai maneggiato altro se non la penna. Non ne so niente di pirati e scazzottate nelle locande. Questo non è il mio mondo. Non puoi avercela con me perché mi sento fuori posto. Ma questo non ha niente a che fare con te. >> mi voltai verso di lei.
 
<< È vero Will. Questo non è il tuo mondo, sei qui solo di passaggio e presto andrai via. Sarà piacevole fare parte del viaggio insieme ma sarebbe da sciocchi considerarlo più di questo. >> era fredda e distaccata, così diversa da come era di solito.
 
<< No. Sarebbe da sciocchi pensare di sapere cosa ci aspetta. Di certo non pensavo che sarei finito su una nave pirata con una taglia sulla testa e se è successo questo allora non mi illudo di sapere cosa ne sarà di me. >>
 
<< Di certo non sei un pirata. >>
 
<< Ha importanza? >>
 
<< Si, ce l’ha. >> mentiva, lo stava nascondendo ma non abbastanza bene, riuscivo a leggerglielo e mi stava innervosendo. Reagii d’impeto e la misi al muro facendola sussultare.
 
<< Quindi da oggi limiteremo i nostri rapporti al minimo perché non sono un pirata come Ace? >> ero straordinariamente serio. Accettavo tutto da una donna, che mi urlasse contro, che mi schiaffeggiasse, che mi insultasse o anche che mi riempisse di botte, ma non che mi mentisse, questo proprio non lo sopportavo.
 
<< Lasciami. >>
 
<< Allora dimmi che mi sono sbagliato e che non provi nessun interesse per me, che sono solo un tipo di passaggio di cui non ti importa niente. >>
 
<< Dopodiché mi lascerai? >>
 
<< Solo se sarà la verità. >> assottigliò lo sguardo.
 
<< E quale verità credi di conoscere? Cosa vuoi sentirti dire? >>
 
<< Che ci sei stata male perché non sono venuto a cercarti prima per dirti che per te vale la pena avere una taglia sulla testa. >> ero più sincero di quanto lo fossi di solito, forse davvero il mare mi stava facendo un brutto effetto, stavo impazzendo.
 
Lei strinse le labbra. << Sei uno scrittore, sei bravo con le parole. >> Non l’avrei convinta a chiacchiere quindi feci la sola cosa che mi passò per la testa e che desideravo fare da tanto, la baciai.
 
Non fu un bacio di quelli struggenti da femminuccia in cui lei crolla tra le mie braccia, affatto. Rimase spiazzata in un primo istante, non se l’aspettava, ma rinvenne abbastanza in fretta da spintonarmi e mollarmi un bel ceffone che lasciò me piuttosto spiazzato. Non che fosse il primo, ne avevo presi parecchi nella mia vita, di solito perché promettevo una cosa e poi ne facevo un’altra, tipo quando dicevo ad una che per me lei era la sola e poi lei mi vedeva con qualcun’altra.
 
Si insomma in quelle occasioni me lo meritavo, infatti incassavo e poi tentavo di spiegare la situazione e giustificarmi. Solo che stavolta ero stato sincero. Le avevo detto la verità eppure mi aveva colpito. Ma era il suo sguardo a fare davvero male, un misto di rabbia e delusione e non capivo, non capivo perché. Ero sicuro che lei provasse dell’interesse per me ed ero stato onesto nel dirle che ricambiavo, allora perché mi aveva trattato in quel modo e continuava a guardarmi così?
 
Rimasi impietrito. Anche Kora mi aveva rifiutato, non era questo, eppure non avevo mai provato prima quella sensazione di smarrimento, di confusione, come quando non vedi un gradino e all’improvviso il terreno sparisce sotto i tuoi piedi. Che cosa dovevo fare adesso? Non potevo restare lì a fissarla come un idiota.
 
<< Mi dispiace… adesso ho capito. >> annuii come un cretino mentre mi staccavo da lei con lo sguardo ancora perso. << Scusami. >>
 
Non avevo notato che il suo respiro avesse accelerato o che stesse serrando i pugni, non avevo notato neanche lo smarrimento che stava provando lei troppo concentrato sul mio. Mi allontanai diretto alla mia cabina e nel tragitto appallottolai e buttai via il foglio che avevo portato con me. Avevo sbagliato tutto e non capivo perché mi sentissi così, non mi era mai successo. Tornai in camera e mi massaggiai la fronte con una mano cercando di tornare in me. Era solo una ragazza. Non avevo idea di cosa fosse successo poco prima ma lei era solo una ragazza. Ce n’erano tante altre. Fissarsi così per un rifiuto era inutile, non era da me. Quello che dovevo fare era calmarmi, lavarmi la faccia e scendere sull’isola a cercare di guadagnare più degli altri e al contempo rimorchiare una bella ragazza con cui spassarmela. Si era questo che mi serviva, solo questo.
 
Mi vuotai quello che restava nella giara d’acqua in testa e mi passai le dita tra i capelli per ravvivarli. Non mi scomodai neanche a cambiarmi la maglia, si sarebbe asciugata all’aria aperta.  Sbuffai dal naso ancora piuttosto nervoso e caricai verso la porta, le distrazioni femminili dell’isola me l’avrebbero fatta dimenticare, non avevo bisogno di lei. Poi lei aprii la porta della mia camera e ancora una volta capii quanto mi stessi sbagliando.
 
Mi fermai ad osservarla senza dire niente. Quello sguardo era scomparso, adesso era basso e colpevole.
 
<< Credo… credo di dovermi scusare con te. Non avrei dovuto colpirti. >>
 
La osservai per qualche attimo, sembrava a disagio e non volevo che si sentisse così.
 
<< Non importa. >>
 
<< E invece si. Quello che è successo per me ha importanza. >>
 
<< Non capiterà più. >> l’ultima cosa che avrei tollerato era una ramanzina. Andai verso la porta cercando di superarla ma stavolta fu lei ad afferrarmi il braccio con entrambe le mani.
 
<< Non rendere le cose ancora più difficili. >> mi puntò a fatica gli occhi addosso.
 
Sospirai e mi voltai verso di lei. << Senti siamo ad un’impasse. Non so perché sei venuta qui, se vuoi sentirti dire qualcosa che ti scarichi la coscienza o che ti convinca che stai facendo bene. Non sono la persona giusta a cui chiedere questa conferma, temo che dovrai cercare da sola le tue rassicurazioni. >> lei abbassò di nuovo lo sguardo. << Sono stato onesto, ma se vuoi posso dirti che ti ho presa in giro e che di te non mi importi, scegli tu quale versione ti fa più comodo per farti sentire meglio. >> ritirai il braccio, era assurdo fossi così alterato.
 
<< Will io… >>
 
<< Va tutto bene. Non mi serve che mi consoli. Sono un adulto, me ne farò una ragione. Scusami ancora se ho frainteso tutto. >> mi voltai verso la porta pronto ad uscire.
 
<< Non hai frainteso niente! >> mi disse lei alle spalle tutto d’un fiato. << Non hai frainteso niente… >> ripetè a voce più bassa senza guardarmi.
 
Mi fermai per poi voltarmi a fissare i miei occhi su di lei. Se ne stava a capo leggermente chino, davanti a me forse aspettandosi che le dicessi qualcosa ma io restai in silenzio, adesso era il suo turno di parlare.
 
<< Non volevo che ti legassi a me sapendo che dovrai andare via. Credevo di riuscire a mantenere il punto ma prima sul ponte… bhè mi hai spiazzata. >> continuava a fissare il pavimento. << Non volevo colpirti, stavo solo cercando di dirti che tra noi non può funzionare perché apparteniamo a due mondi diversi e nessuno di noi può smettere di essere ciò che è. >> Fece una pausa aspettandosi forse una mia replica che non arrivò. << Non ti sbagliavi, ma non posso assecondarti o non finirà bene per nessuno, spero che tu lo capisca. >>
 
La sua bocca si stava muovendo, stavano venendo fuori delle parole ma io non ne stavo ascoltando neanche una, mi era bastato sapere che non avevo frainteso per andare di nuovo in confusione. Ma perché voi donne siete così complicate? Perché vi fate tutte queste dannate paranoie? Insomma, se volete una cosa perché diavolo vi arrovellate il cervello alla ricerca di motivi e scuse per cui non dovreste volerla? Più ho a che fare con voi e meno vi capisco, ve lo assicuro.
 
Osservai le sue labbra muoversi per tutto il tempo e prima che me ne rendessi conto mi ero già avvicinato a lei, le avevo portano una mano al viso per sollevarglielo e l’avevo baciata ancora. Era inutile che continuasse a parlare e spiegare tanto avevo smesso di ascoltare da un pezzo e ad essere onesto ero stufo di tutte quelle chiacchiere e scuse preferivo capire con i fatti cosa stesse pensando davvero. Se c’è una cosa che ho capito di voi donne è che neanche voi lo sapete quello che volete, quindi darvi ascolto e prendervi alla lettera è il modo migliore per fare un disastro.
 
Lei si spostò un po’ cercando di parlare ancora e propinarmi roba del tipo “no Will non si può”, “no Will la nostra amicizia…”, “no Will, dovrai partire…” e altre sciocchezze simili di cui non mi interessava un fico secco. La baciai ancora e lei ancora mi interruppe ed io la baciai ancora cominciando a spingerla all’indietro e così per ogni obiezione che sollevò fino a quando non sollevai lei sul tavolo. Le infilai una mano tra i capelli e feci risalire l’altra lungo la coscia, fino alla schiena premendola contro di me. Le sue obiezioni erano sempre meno convinte ed a quel punto credo non ne avesse più perché iniziò a ricambiare i miei baci e a sfiorarmi petto e spalle.
 
<< Ma che diavolo hai combinato? Sei tutto bagnato! >> sorrisi sulle sue labbra.
 
<< Una doccia fredda ma non mi sembra sia stata d’aiuto. >> mi sfilai la maglietta gettandola a terra e come sempre lei trattenne il fiato osservandomi.
 
Presi la sua mano e la appoggiai sui miei pettorali mentre tornavo sulle sue labbra. La desideravo, la desideravo terribilmente. Volevo sentire la sua pelle a contatto con la mia, volevo osservare l’incavo della sua schiena nuda e quelle due fossette sulle natiche e baciarle, volevo perdermi in lei e farla perdere. Non riuscivo a pensare ad altro se non ai nostri corpi fusi insieme… e a quello sguardo, al modo in cui mi aveva guardato sul ponte. Non mi era mai successo prima, ve lo giuro, mai e poi mai! Quello sguardo mi fermò. Allontanai appena le labbra dalle sue chiedendomi che stessi combinando.
 
<< Va tutto bene? >> mi chiese infatti lei confusa.
 
<< Va tutto bene. >> confermai. << Solo che non voglio rovinare tutto. >> le sfiorai il viso con il dorso della mano e lei in risposta sorrise e scosse la testa, attirandomi a sé e baciandomi, trascinandomi giù con lei su quel tavolo.
 
La sua intraprendenza era alquanto inaspettata e altrettanto piacevole. Già non ero uno molto portato per l’autocontrollo quando si parlava di queste cose, se poi venivo anche provocato allora ciao. Percorsi con la mano la sua gamba, dall'incavo del ginocchio ai fianchi spostandole leggermente la gonna e poi continuai a risalire spostandole un po’ la maglietta. Le baciai la mandibola e poi il collo sentendo il suo respiro accelerare ed il suo corpo reagire alle mie dita e alle mie labbra. Le baciai il petto mentre la spingevo contro di me.
 
Passò le dita tra i miei capelli e poi scese alle spalle cercando di riattirarmi a sé, alla ricerca delle mie labbra. Gliele diedi senza lasciarmi pregare troppo mentre le stringevo i fianchi tra le dita. Si tirò su baciandomi i pettorali e accarezzandomi l’addome alla ricerca della chiusura dei miei pantaloni che slacciò con decisione. Non ci stavo capendo un bel niente già da un pezzo ormai ma credo di aver perso anche quel minimo di lucidità che ancora stavo preservando nel momento in cui si sciolse il nodo dietro al collo che le teneva su il top per poi sfilarselo e lasciarlo cadere a terra.
 
In quel momento seppi cosa si prova a guardare una dea. Restai imbambolato per qualche attimo fino a che lei non mi ritirò a sé. Il contatto con la sua pelle liscia, morbida e profumata mi diede i brividi. Cercai le sue labbra con voracità, la mia fame di lei stava aumentando rapidamente, e poi scesi subito sul suo seno perfetto per baciarlo e mordicchiarlo facendola piegare all'indietro. Accompagnai il suo movimento afferrandole le natiche mentre continuavo a dedicarmi al suo seno e al suo piacere. Volevo fosse un’esperienza indimenticabile, mi sembrava che stessi lì a dimostrarle qualcosa, che ne valevo la pena.
 
Scesi con le mani fino al bordo della gonna per poi seguire la coscia fino alla sua parte più intima ed accarezzarla. Volevo prendermi cura di lei fino a che non mi avesse desiderato come io la stavo desiderando. La toccai continuando ad alternare i baci tra le sue labbra, il suo collo ed il suo seno, sentendola sussultare ed ansimare per le mie attenzioni, ma non avevo ancora finito con lei, non ero ancora pronto a darle ciò che desiderava.
 
Le sfilai la biancheria e le tirai su la gonna quanto bastava. Iniziai un percorso di baci ardenti che partiva dalla metà della sua coscia e terminava con lei che mi afferrava i capelli inarcandosi. Solo quando fui ebbro dei suoi gemiti tornai su di lei per liberarla della gonna e per liberare me di pantaloni e biancheria. La baciai, un bacio profondo, uno di quei baci che ti tolgono il fiato e non lasciai le sue labbra nemmeno mentre le entravo dentro soffocando tra esse un gemito di piacere.
 
Si aggrappò a me artigliandomi la schiena mentre iniziavo a muovermi in lei, senza fretta, prendendomi tutto il tempo per sentirla fremere tra le mie braccia e cercare le mie labbra ed il mio collo ormai completamente stordita da quell’amplesso e dal ritmo che le stavo imponendo. Non ero affatto bravo come pirata ed ero un incapace nella lotta ma in quello che stavamo facendo ero il migliore e questa consapevolezza non faceva altro che migliorare la mia performance.
 
Avevo deciso che l’avrei portata all'apice per gradi godendomi tutta quella lunghissima unione. Lei era di una bellezza stordente ed inebriante, arrossata dallo sforzo e dal piacere. Quelle piccole smorfie di godimento che proprio non riusciva ad evitare erano di quanto più meraviglioso avessi mai visto e ne desideravo ancora, volevo vedere ancora il suo viso sconvolto dal piacere, le labbra appena dischiuse, gli occhi appannati, la fronte appena aggrottata. Meravigliosa.
 
La spinsi all’indietro facendola distendere sul tavolo mentre io me ne restavo in piedi. Le strinsi il seno tra le mani e la accarezzai fino ai fianchi prima di afferrarla ed aumentare il ritmo e l’intensità. Si inarcò dischiudendo le labbra. Che splendore! Insistetti fino a farle sfiorare l’apice e proprio in quel momento uscii da lei facendola gridare per la sensazione. Mi guardò con quegli occhi appannati dal piacere senza capire perché lo avessi fatto.
 
Mi chinai su di lei a baciarla afferrandola per le natiche e tirandola su. Mi scostai di poco dal tavolo per farla scendere e quando lo ebbi fatto ripresi a baciarla e stuzzicarla facendola voltare lentamente, volevo ammirare l’incavo della sua schiena e quelle meravigliose fossette. La loro visione rinvigorii all’istante il mio desiderio di lei, rendendolo ancora maggiore. Le sfiorai con le dita risalendo la schiena e facendola rabbrividire mentre al contempo la spingevo in avanti chinandomi insieme a lei.
 
Le spostai i capelli e le baciai il collo cercando di riaccendere il suo desiderio mentre ancora una volta entravo in lei con forza. Gridò di nuovo puntando le mani sul tavolo e sollevando il sedere verso il mio bacino. Puntai una mano sul tavolo, poco distante dalle sue mentre con l’altra le stringevo il seno. Iniziai a muovermi senza smettere di torturarle il collo. Ormai tremava sotto di me, ansimando e gemendo, non avrebbe resistito ancora a lungo e neanche io a dire il vero. Avvicinai le labbra al suo orecchio in modo che potesse sentire quanto piacere mi stesse dando l’averla. Ansimavo catturando di tanto in tanto il suo lobo tra le mie labbra mentre continuavo a muovermi e le stuzzicavo il seno.
 
Era mia in quel momento, mia e di nessun altro ed era giusto così, era così che doveva essere e nessun altro doveva averla, non avrei sopportato che provasse le stesse cose con qualcun altro. Era la prima volta che un pensiero simile mi attraversava la testa, non avevo mai provato niente del genere con una donna. Questo la rendeva ancora più straordinaria.
 
Nel sentirmi ansimare al suo orecchio fremette tra le mie braccia piegandosi fino a stendersi sul tavolo ed io ne approfittai per raddrizzarmi ed avviarmi alla fine. Attirai a me il suo bacino e la trascinai in un ritmo forsennato che la fece urlare molto. Ad un passo dalla fine la riattirai verso di me chinandomi leggermente su di lei in modo che i nostri corpi si toccassero e la tenni stretta mentre raggiungeva l’apice seguita a breve distanza da me.
 
Ero stremato e senza fiato e lei si reggeva a stento al tavolo, tremava a tal punto che sembrava stesse per franarci sopra. Le voltai il viso verso di me, era bellissima, non lo era mai stata così tanto. Non riuscii a reprimere l’istinto di baciarla, un bacio dolce, delicato, affettuoso. Ancora con il respiro affannato strofinai il viso al suo felice, sereno, in pace.
 
<< Non penso di riuscire a sbarcare dalla nave in questo momento. >> mi sussurrò lei.
 
<< Tranquilla, non ho nessuna intenzione di lasciarti andare così presto. >> avevo bisogno di una dormita e volevo che lei fosse al mio fianco.
 
La presi per mano e la portai verso il mio letto dove ci stendemmo completamente nudi. La attirai a me facendole poggiare la testa sul mio petto per accarezzarle i capelli e baciarle la fronte. Ero felice. Di solito ero semplicemente soddisfatto, invece stavolta c’era qualcosa di più, ero davvero, sinceramente felice. La strinsi sospirando, eravamo troppo esausti per parlare e dopo poco crollammo.
 
Ci risvegliammo alcune ore dopo, in realtà io mi svegliai, con la mente più lucida e con lei tra le braccia. A questo punto ero solito defilarmi quanto più rapidamente possibile, le donne che mi portavo a letto il mattino dopo non erano altro che un fastidio di cui desideravo liberarmi quanto più velocemente possibile. Lei era diversa. Così addormentata sul mio petto, stretta a me, con le labbra leggermente dischiuse ed i capelli corvini scomposti era semplicemente meravigliosa, avrei potuto osservarla per ore.
 
Le scostai una ciocca dal viso per godermi meglio lo spettacolo ma lei se ne accorse e aprii un paio di volte gli occhi assonnati cercando di mettermi a fuoco.
 
<< Buongiorno. >> le dissi sorridendo anche se doveva essere già passata l’ora di pranzo da un pezzo.
 
<< Quanto abbiamo dormito? >>
 
<< Quanto serviva. >> continuai ad accarezzarle i capelli completamente stregato dalla navigatrice.
 
<< È stato… >> non trovava le parole.
 
<< Già! >> neanche io a dire il vero, mi sembrava che fantastico e meraviglioso non rendessero bene l’idea.
 
<< E adesso? >> mi chiese sei ricalcando con un dito il mio tatuaggio, senza guardarmi.
 
<< Adesso? >>
 
<< Cosa facciamo adesso? Come ci comportiamo? >>
 
<< Come due che hanno una relazione suppongo. >> ma che cazzo stavo dicendo? Ma ero impazzito? Che diavolo mi aveva fatto quella donna?!
 
Sollevò lo sguardo su di me. << Quindi ora abbiamo una relazione? >>
 
<< Ce l’avevamo anche prima, solo che non ce ne rendevamo conto. >> sospirai incredulo delle mie stesse parole.
 
<< Almeno così non proverai a portarti a letto un’altra. >> sorrise tornando a rilassarsi.
 
<< Come no? >> chiesi fintamente stupito sghignazzando e ricevendo in risposta un pugno che mi fece ridere. << Guarda che vale anche per te bambolina. >> sarebbe stata davvero difficile restare monogamo, non era una cosa che mi riusciva tanto bene, ma passando gran parte del tempo su quella nave non doveva essere un gran problema.
 
<< Non avevo nessuna intenzione di andare a letto con altri. >> missione compiuta! << Ma credo che dovremmo alzarci se non vuoi mangiare la polvere di Kilian ed Ace. >> ed era la prima a non spostarsi di un centimetro.
 
<< Mi basta un terzo del loro tempo per farli neri. >>
 
<< Non fare il gradasso, sono in vantaggio su di te e lo sai. >>
 
<< Mi inventerò qualcosa, adesso non ho nessuna intenzione di muovermi di qui. >> la strinsi a me affondando il viso tra i suoi capelli corvini.
 
Rimanemmo a letto qualche altra ora e poi finalmente ci decidemmo ad alzarci, lavarci e vestirci per sbarcare, ovviamente con la promessa che avrebbe passato la notte con me. Eravamo vicini alla passerella quando vidi Ace correre come un forsennato verso di noi con qualcosa sulle spalle e Keiley alle calcagna.
 
<< Non possono aver già finito. >> commentai io un po’ sconfortato visto che non ero neanche sbarcato ancora.
 
<< Infatti… c’è qualcosa di strano… >> Belle cercò di aguzzare la vista e ad un certo punto la vidi sbarrare gli occhi. << Oh santo cielo! >> corse incontro al fratello ed io la seguii rendendomi man mano conto delle espressioni preoccupare di capitano e cecchino e di una lunga chioma bionda poggiata scompostamente sulla spalla di Ace. Kora era priva di sensi ed aveva una gran brutta cera, doveva essere successo qualcosa lì su quell’isola.

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