The dark foreigner

di Chocolatewaffel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 


Tu-tum tu-tum tu-tum


 
In quel silenzio surreale il battito frenetico del suo cuore le risultava quasi assordante, era così forte che aveva l’agghiacciante impressione fosse possibile udirlo a metri di distanza.

Tu-tum tu-tum tu-tum

 
Era terrorizzata; il cellulare era inutilizzabile, i polmoni bruciavano per lo sforzo della corsa mentre le gambe non riuscivano più a reggerla in piedi, figurarsi a correre. A dirla tutta non sapeva nemmeno da cosa stesse scappando ne, tantomeno, dove si trovasse. Le prime cose che ricordava una volta aperti gli occhi erano il buio, il freddo e la pressante sensazione di pericolo. Poi erano sopraggiunte delle voci, sembravano lontane, indistinte eppure, in qualche modo, aveva la sensazione di riconoscerne qualcuna e la cosa non la rassicurava per niente. Infine era arrivato il terrore più puro. Un paio di occhi rossi la stavano fissando con odio a qualche metro di distanza. Non sapeva a chi, o a cosa, appartenessero ma l’istinto di scappare aveva avuto la meglio sulla paura che l’aveva immobilizzata fino ad allora.
Era evidente che quello fosse molto più allenato di lei, non sarebbe mai riuscita a scappargli, l’unica speranza per uscirne era quella di nascondersi e quei cassonetti puzzolenti sembravano il posto migliore. Se l’odore fosse stato abbastanza forte da coprire il suo quell’essere, magari, non l’avrebbe trovata, diversamente sarebbe stata spacciata.

Che piano del cazzo.

 
 Apri gli occhi.
 
No, non era il piano di per sé a fare schifo però c’era qualcosa di fastidiosamente evidente che le stava sfuggendo da sotto il naso. Aveva come la sensazione che l’odore non c’entrasse eppure non riusciva a capirne il motivo; per molti di loro l’odore era una traccia fondamentale quindi, perché ora non le sembrava un dettaglio importante? Cosa stava dimenticando?
Almeno per una volta, questa volta, ascoltami.
 
Sapeva che quella situazione era critica, diamine se lo sapeva, però non riusciva a smettere di pensare al passato. Che fosse giunto il tanto decantato momento in cui avrebbe visto la sua vita passarle davanti agli occhi prima di morire?
Non perderti, concentrati sulla mia voce!

Man mano che i secondi si susseguivano maggiore era la consapevolezza di essere in trappola. Pensare che fino a poco tempo prima non aveva mai nemmeno pensato alla possibilità di morire prima di aver finito l’università, trovato l’amore della propria vita, essersi sposata e aver cresciuto un paio di marmocchi nella classica casa del mulino bianco. Escludendo questa prospettiva inculcatole fin da piccola la ragazza non si era mai preoccupata particolarmente della sua vita ma ora, mentre il silenzio opprimente era interrotto solo dal rumore del sangue che le pompava furiose nelle orecchie, tutti i flash sulla sua vita la stavano facendo ricredere. La prima volta che era andata in bicicletta, la torta al cioccolato dei suoi sei anni, il primo tuffo dagli scogli a 8, i primi giorni di scuola che arrivati a quel punto non le sembravano più così tragici, erano tutti ricordi che le mostravano la fortuna dell’aver avuto un’infanzia quantomeno normale.
Reagisci!

No, di normale non c’era mai stato niente perché era stato proprio in quel periodo d’oro che, a sua insaputa, tutto aveva avuto inizio.
Intorno ai quattro anni, infatti, aveva iniziato a notare delle anomalie in alcune delle persone che la circondavano, stranezze che gli altri non sembravano riuscire a cogliere e, per questo, l’avevano denigrata.

 
Smettila di perdere tempo!

Inizialmente i suoi racconti di mostri appostati dietro agli alberi o di persone col viso deformato venivano accolti come invenzioni di una bambina troppo fantasiosa e suggestionabile. Man mano che il tempo passava, però, si erano resi conto dell'insistenza di questi racconti, tanto da venire considerata soggetta ad un disturbo psichico o "un'ossessione" come cercava di sdrammatizzare Pier, il fidato quanto incompetente medico di famiglia.
A quel punto la bambina si era trovata davanti ad un bivio: poteva ritrattare tutti i suoi racconti ed ignorare ciò che era convinta di vedere, oppure poteva continuare e accettare li sguardi sconsolati, quasi colpevolizzanti, dei genitori. Per una ragazzina di poco più di nove anni la scelta era apparsa semplice: avrebbe smesso di dare peso alle persone con le facce strane ed avrebbe iniziato ad ignorare Fabian, il suo"amico immaginario".

 
Ti avverto, sto per perdere la pazienza

Con il tempo lei aveva smesso di vedere cose strane mentre per i suoi genitori il tutto si era trasformato in una piacevole storia da raccontare agli amici davanti ad un caffè.
A lei, comunque, la vicenda non faceva per niente ridere, in particolar modo da quando i suoi compagni di classe avevano iniziato a prenderla in giro dandole della bugiarda e apostrofandola con epiteti più o meno fantasiosi. Missy, così si chiamava la sua vecchia amica, appena era venuta a conoscenza del suo segreto era andata a sputtanarla ai quattro venti.

Sempre detto che aveva un nome da bagascia.

 
Ehi, lo so che puoi sentirmi quindi non provare a fare scherzi!

Comunque,era stato proprio grazie alla ragazza dalla bocca troppo larga se i suoi genitori avevano deciso di trasferirsi in un sobborgo di New York; in una città tanto grande i suoi vaneggiamenti sarebbero apparsi meno gravi che in un paesino popolato da bigotti. Ad onor del vero da questa generalizzazione bisognava escludere la signora Trudy, lei era tanto buona e spesso le regalava qualche dolcetto. A distanza di anni le veniva spontaneo pensare che probabilmente la dolce signora provava semplicemente pena per la povera bambina emarginata dal paese. Poco male, quei dolcetti erano davvero buonissimi.
 
Giuro che questa me la paghi!

Una volta arrivati a New York si era imposta di lasciarsi il passato alle spalle, non poteva continuare ad essere etichettata per cose che vedeva da bambina. La cosa buffa è che per un paio d'anni era anche riuscita a  vivere una vita senza essere perseguitata dal passato ma poi, l’ultimo anno di liceo, era stata aggredita da un tizio che farneticava qualcosa riguardo la gustosità dell’energia vitale. La versione ufficiale della polizia la descriveva come una ragazzina che, preda dell'ebbrezza dovuta dall'alcool, era salita su una scala antincendio per poi cadere e picchiare la testa. L’incappucciato che la salvava e l'uomo di cui non si era trovata nessuna traccia erano soltanto frutto della sua immaginazione e della botta troppo forte.
 
Apri questi fottutissimi occhi!

Conclusione della vicenda?

Si era ritrovata in punizione per due mesi, una benda enorme ed antiestetica in testa, un polso slogato ed una finta candidatura a reginetta della scuola. Per un breve periodo aveva persino sperato di poter vincere quella tanto acclamata coroncina di plastica e il ballo con Thomas Murray, stella di football del liceo ed unico possibile vincitore del titolo di re. Va da sé che questo non era accaduto, il posto affianco al ragazzo più bello della scuola le era stato soffiato da Rebeccah Jones, conosciuta da tutti per le sue strabilianti quanto sregolate feste del venerdì sera.
Bella ragazza, niente da ridire peccato che le avesse rubato il suo stupido ballo con Thomas.

 
Ti prego..

Escluso questo piccolo incidente di percorso e giusto un po’ di risentimento in più verso Rebeccah, la sua vita era riuscita a procedere senza intoppi, o almeno lo aveva fatto fino a quando non li aveva incontrati.
 
..torna da noi..

Loro avevano rivoluzionato la sua vita, l’avevano salvata in modi in cui non pensava necessitasse di essere salvata ma, soprattutto, l’avevano accolta nella loro grande e stramba famiglia. Sapeva di essere un peso con tutte le sue mancanze però l’avevano sempre supportata ed aiutata a migliorarsi. Loro erano diventati la famiglia piena di amore incondizionato e di comprensione che non aveva mai avuto.
 
..torna da me

Un improvviso tocco caldo sulla guancia, una delicata carezza tra i capelli ed un leggero peso sulle labbra. Queste sensazioni le ricordavano così tanto lui. Le aveva detto che le sarebbe rimasto affianco allora dov’era?
 
..Eileen

Una goccia d'acqua le solcò il viso, portò due dita al volto per asciugarsi ma non trovò tracce di lacrime.
Di colpo una consapevolezza la investì in pieno permettendole di riscuotersi dai suoi pensieri: quella che sentiva non era una delle solite voci nella sua testa ma apparteneva ad una persona ancora viva, una persona che amava e da cui doveva ritornare.

 
Ti sto implorando, non mi lasciare.

Spaventata si guardò freneticamente intorno e, dopo poco, sentì dei passi veloci avvicinarsi. Non poteva permettere che la trovassero, non ora che tutto aveva acquistato un senso. Non ora che sapeva che questo era uno dei suoi incubi e lei doveva uscirne, doveva tornare indietro, a casa dalla sua attuale famiglia.  

Svegliati, svegliati maledizione!
 







Note finali

L’idea per questa storia l’avevo in mente da parecchio tempo- almeno tre comeback- ma non ho mai avuto il coraggio di metterla per iscritto ne tantomeno di pubblicarla. A dirla tutta continuo ad essere molto indecisa ma ho pensato che questa storia potesse essere un buon modo per non piangere troppo sui biglietti del concerto che non ho.
Lasciando da parte seghe mentali e la mia tristezza dilagante, spero che il prologo vi abbia incuriosito almeno un pochino.
Mi rendo conto che possa sembrare poco esaustivo ma il mio intento dovrebbe essere quello di creare un po’ di sana suspense (ci sono riuscita?). Ci tengo comunque a chiarire che c’è una spiegazione a tutto e che niente è stato lasciato al caso, neanche il titolo quindi... niente, spero avrete voglia di saperne di più.
Grazie a tutti per aver letto fino a qui, per qualsiasi chiarimento, domanda, critica od appunto non esitate a contattarmi  (^-^)/
I purple all of you

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




 Non avere paura degli incubi, una volta sveglia non potranno
più inseguirti, piuttosto impara a diffidare delle ombre,
loro cercheranno sempre di raggiungerti.




Ed anche quel giorno aveva iniziato la giornata in ritardo, fottutamente, incredibilmente e magistralmente in ritardo. Aveva sempre avuto problemi a svegliarsi ma nell’ultimo periodo i sogni assurdi si erano moltiplicati e, come se non bastasse, continuava sentire una voce identica a quella della nonna ripetere delle frasi che suo padre avrebbe sicuramente definito deliranti. Probabilmente erano solo dei rimasugli di ricordi sepolti nel suo inconscio però, maledizione, le mettevano una certa ansia.

“ Un infuso di tè nero all’ananas per favore”

Una voce melodiosa ma decisa l’aveva riportata di colpo nella caffetteria dove lavorava. Una volta alzato lo sguardo dalla tazza che stava lavando da più di cinque minuti incontrò gli occhi incredibilmente blu della sua compagna di corso.

“ Neema, cosa ci fai qui?”

“ Non saprei, bere un tè? Tu di solito cosa ci fai da "The Druids"?”

“ Beh, io ci lavoro”

“ Il che spiega la tua divisa, ora potrei avere il mio tè? Non vorrai mica rischiare di avere un altro richiamo per esserti incantata”

Dopo aver perso qualche altro secondo per studiarla Eileen decise che no, era meglio non scoprire se si trattasse di una semplice provocazione o di una velata minaccia. Velocemente sostituì la risposta poco gentile che premeva per uscire con una veloce smorfia di disappunto per poi rimettersi al lavoro.
Neema era di qualche anno più grande di lei ed era bella, anzi bellissima. Con i suoi lineamenti perfetti, gli occhi magnetici che risaltavano ulteriormente sulla sua pelle d’ebano e i capelli ricci e setosi era una delle ragazze più affascinanti che avesse mai visto. A volte, quando si soffermava a guardarla più attentamente, aveva come l’impressione che fosse troppo affascinante per essere umana. Neema però non era solo bellissima era anche una donna elegante, forte, indipendente e gentile. Considerando come quasi nessuno riuscisse a sostenere il suo sguardo per più di cinque secondi senza sudare freddo probabilmente “gentile” non era il termine più adatto però, con lei, si era sempre dimostrata un’amica migliore di tutte quelle che la riempivano di complimenti vuoti e false promesse alle superiori. Dopo la sua esperienza al liceo il solo fatto che le tenesse il posto tutte le mattine senza chiedere nulla in cambio la faceva quasi commuovere. Ok, no, ora stava esagerando, però era contenta di aver superato tutte quelle stronzate sulla popolarità e Neema, come se non bastasse, non aveva assolutamente bisogno di sfruttare lei – povera mortale - per avere tutti ai suoi piedi.

“ Oggi eri di nuovi in ritardo, ancora problemi a dormire?”

“ Il vero problema non è dormire, è quello che vedo una volta che lo faccio” al solo pensiero rabbrividì nuovamente, stupidi sogni.

Mentre prendeva il suo ordine l’amica le regalò un leggero sorriso in bilico tra la compassione e la comprensione. Era bello avere qualcuno che la capisse e la sostenesse.

“ Ti ci vorrebbe una bella scopata rilassante” o forse no.

“ Come scusa?”

“ No, dicevo, questo posto avrebbe bisogno di una bella spazzata”

Ritirava la parte dell’eleganza, forse quella era solo apparente però restava una bellissima ragazza capace di far girare la testa ad ogni passante.

“ Piuttosto, sai chi è quel tipo inquietante seduto nell’angolo?”

Eileen non aveva avuto bisogno di seguire lo sguardo affilato della sua amica per capire a chi si riferisse. Il cliente del tavolo 13 appariva in tutto e per tutto come una persona ordinaria, eppure c’era qualcosa di inquietante in lui, qualcosa che spingeva tutti a rimanere in piedi piuttosto che sedersi nei tavoli vicini.

“ So solo che da quando è qui i clienti sono diminuiti”

Le bastò il tono noncurante unito alla quasi impercettibile scrollata di spalle per capire quanto la mancanza di clienti non fosse veramente un problema per la barista. Quella ragazzina riusciva a divertirla con poco.

“ Non penso di aver mai conosciuto una scansafatiche del tuo calibro”

“ Io preferisco definirmi parsimoniosa”

“ Ed io preferirei che tu tornassi a lavoro” tono di voce duro e strofinaccio sulla spalla il quarantatreenne signor Smith la stava fissando irritato.

“ Sì signore”

E, mentre sentiva gli occhi del suo datore di lavoro controllare che non si perdesse di nuovo in “sciocchezze da ragazzina”, la risata dell’altra ragazza le arrivò forte e chiara alle orecchie. Maledetta, doveva assolutamente cambiare amica. Nancy Parker, seduta in pianta fissa nel posto esterno della terza fila, non sembrava male. Certo, aveva quella brutta tendenza a scappare ogni volta che qualcuno provava a rivolgerle la parola però era sicura che con un po’ di tempo e pazienza avrebbe funzionato. Sempre meglio che vivere sotto il costante sguardo divertito della mora.

“ Stronza”

“ Mr. Smith, credo che la sua dipendente si stia lamentando” sorriso divertito e mano alzata per attirare l’attenzione del suo capo Neema stava decisamente cercando di farla licenziare.

Stronza, e pure spiona.
 

•⁞₪⁞•
 

Una volta scoccata l’ora del cambio turno non aspettò nemmeno un secondo prima di dirigersi veloce a cambiarsi per poi uscire. Non ne poteva più di stare lì, le faceva male la testa ed il cliente del tavolo 13 era ancora lì, nella stessa identica posizione in cui lo aveva visto quando un paio d’ore prima Neema glielo aveva indicato. Non invidiava per nulla lo sfortunato collega che al momento della chiusura avrebbe dovuto chiedergli di levare le tende ma, almeno per questa sera, l’ingrato compito non sarebbe toccato a lei.

Ottobre era appena iniziato e, nonostante il clima caldo dell’estate avesse già da tempo ceduto il posto a quello più mite dell’autunno, niente poteva spiegare il gelo che sentiva fin dentro le ossa. Fece ancora un paio di passi prima di girarsi di scatto per controllare se qualcuno la stesse seguendo. Sembrava una paranoica, e gli sguardi delle persone accanto a lei sembravano darle ragione, ma era da tutto il pomeriggio che percepiva un sottile strato d’inquietudine accompagnarla ed ora, se possibile, le sembrava essersi inspessito.  Sconsolata scosse leggermente il capo, probabilmente si stava solo facendo influenzare da tutti i film su Halloween che avevano già iniziato a girare alla tv.

Persa nei suoi pensieri non si accorse del ragazzo dietro di lei finendo per andargli addosso una volta rigirata. Veloce scattò per raccogliere il cellulare caduto allo sconosciuto mormorando delle scuse a malapena udibili ma, al momento di ridarglielo, incrociò i suoi occhi ed il tempo sembrò fermarsi. Quello che aveva davanti non era un semplice sconosciuto ma era il ragazzo più bello che avesse mai visto. Thomas Murray, il suo sogno adolescenziale, in confronto non era altro che una macchiolina incolore su una cosparsa di tante altre macchiette insipide.

Probabilmente si era imbambolata a fissarlo più tempo del socialmente accettabile perché le guance del giovane si erano tinte di una leggera tonalità di rosso che lo rendeva ancora più.. angelico.

“ Ehm, potrei riavere il cellulare?”

Una semplice voce poteva essere così melodiosa? Ma soprattutto, era possibile che al mondo potesse anche solo esistere una voce del genere?

Era tutto così surreale che l’ansia che l’aveva perseguitata tutto il giorno aveva lasciato il posto ad una pace e serenità irreale. Dopo altri momenti di silenzio passati solo ad osservarsi Eileen sbatté le palpebre spaesata.

Un intelligentissimo “eh” le fece sicuramente guadagnare punti nella titanica missione di fare una figura quantomeno decente.

“ Il mio cellulare.. posso riaverlo?”

Dopo altri interminabili secondi aveva finalmente trovato la forza per distogliere lo sguardo da quello del suo interlocutore per abbassarlo sulle sue mani che, protese in avanti, erano bloccate nell’atto di ridare il cellulare al legittimo proprietario. Solo in quel momento si rese conto che le sue mani non erano le sole a tenere il cellulare e, probabilmente, non lo erano da un bel po’.

Come scottata lasciò di colpo la presa e iniziò a torturarsi le dita. Si sentiva una stupida ma, nonostante stesse facendo la figura del pesce lesso, il ragazzo non ne sembrava turbato ed anzi, col sorriso ancora sulle labbra era rimasto lì con lei a controllare che il cellulare non avesse subito danni. Anche mentre compiva i gesti più semplici sembrava proprio che fosse un angelo.

Come scusa?

Ci mise un paio di secondi per capire che , apparentemente, non si era limitato a pensarlo. Presa dal panico spostò lo sguardo ovunque fino a quando non notò lo schermo illuminato dell’aggeggio infernale che mostrava la mappa della città con tanto di destinazione in bella mostra.

“ Devi andare alle Warren Towers?”

“Sì, sai come arrivarci? Un mio amico mi aspetta lì ma, ecco, credo di essermi perso” e poi le diede il colpo di grazia con un sorriso angelico.

Il suo cervello non ebbe neanche il tempo di elaborare quello che gli era stato detto che aveva già iniziato ad annuire con enfasi intimandogli di seguirla perché, tanto, le Warren Towers si trovavano vicinissime al suo campus.

Nonostante i sensi annebbiati riusciva a percepire da qualche parte una vocina dentro di lei che cercava di farle notare quanto la situazione fosse bizzarra e sospetta ma, la parte meno razionale di lei, aveva scacciato subito il pensiero, il ragazzo che le stava sorridendo gentile non poteva essere cattivo. In più, per qualche strano motivo in lui c’era qualcosa che le ricordava Neema, non qualcosa di fisico –a parte l’altezza di entrambi che si aggirava intorno al metro e settanta non avevano niente in comune- era qualcosa di più inconscio.  

Erano passati un paio di minuti da quando si era chiusa la porta del dormitorio alle spalle e finalmente la bolla in cui si era rinchiusa con lo sconosciuto era scoppiata facendo tornare tutto alla normalità. I colori avevano perso la tonalità accesa e la brillantezza acquisiti in presenza del ragazzo, il mondo non sembrava più un posto fatato e la fatica era tornata pressante, l’inquietudine, invece, non si era ripresentata. Ancora frastornata da quel bizzarro rientro a casa aveva abbassato lo sguardo su un foglietto spiegazzato che non si ricordava di aver preso.

Cosa diavolo era appena successo?








Note


Ed eccoci al primo capitolo anche se più che primo capitolo lo vedo come un secondo mini prologo ma vabbeh, dettagli. Il fatto è che la storia vera e propria inizierà fra un paio di capitoli qui, comunque, è stato introdotto almeno uno dei ragazzi *wink wink*.

Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto, per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi.

Grazie per aver letto e I purple you  ♥

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




Non fidarti ciecamente di quello che vedono gli occhi, se non
ben allenati possono tradirti, è meglio affidarsi all’istinto.
Il suo apparire così irrazionale è il suo pregio maggiore, lui non
calcola,  lui non raggira, lui ti spinge solo a fare quello che è
meglio per te .

 
 
Il giorno dopo Eileen riuscì ad arrivare a lezione ancora più in ritardo del solito ma, per fortuna, Neema le stava tenendo un posticino accanto al suo. L’idea di dover stare in piedi o accucciata in qualche angolo dell’aula l’avrebbe fatta desistere dal presentarsi ai corsi di prima mattina, il che sarebbe stato un problema non indifferente al momento degli esami.

“ Ti hanno già detto che oggi hai davvero una pessima cera? “

“ Ciao anche a te Neema”

“ No, dico sul serio. La mattina sei sempre piuttosto inguardabile ma adesso... tesoro sembra che tu sia stata investita da un camion... ripetutamente” Neema sembrava davvero seria e, questo, la fece sentire ancora peggio.

Sconsolata nascose la testa tra le braccia incrociate sul banco borbottando qualcosa riguardante il fatto che non tutti potevano essere sempre perfetti come lei, borbottio elegantemente ignorato dalla compagna.

“ Ancora gli incubi?”

Come risposta ottenne solo un mugugno d’assenso e avrebbe lasciato perdere se non fosse per il fatto che Eileen si  era improvvisamente raddrizzata e l’aveva guardata con occhi spalancati.

“ Non crederai mai a cosa è successo ieri!”

“ Hai finalmente deciso di rinunciare alla tua cintura di castità immaginaria?!”

“ Cosa? No! Perché diamine sei così preoccupata della mia vita sessuale?”

“ La cosa che mi preoccupa è che non ci sia nessuna vita sessuale di cui preoccuparsi”. Il tono dispiaciuto che aveva  usato  e lo sguardo capace di trasmettere tutta la compassione che provava per lei per un momento la fecero sentire veramente in difetto. Ma il momento dopo aveva già incontrato lo sguardo divertito dell’amica e si era lasciata andare a delle poco eleganti maledizioni.
 
 
•⁞₪⁞•
 
 
Era alle macchinette appena fuori dalla biblioteca universitaria quando percepì nuovamente il brivido lungo la schiena che le aveva fatto accapponare la pelle il giorno prima.

Cercando di essere più furtiva dell’ultima volta si diede un’occhiata intorno ma, oltre a qualche studente sparso qua e là intento a farsi i fatti propri, non c’era niente che potesse spiegare quella sensazione. La cosa iniziava davvero a stancarla, non voleva dover riaffrontare questi tipi di problemi.

Visto che mancava ancora un’oretta all’inizio del suo turno da “The Druid” decise di portarsi avanti con lo studio, non poteva lasciarsi influenzare da “stupide sciocchezze”, così le definiva suo padre.

Con la cioccolata ancora calda davanti e le cuffiette nelle orecchie si sentiva già meglio, studiare quelle dispense non sarebbe stato un problema o, almeno non lo sarebbe stato se lo studente di fronte a lei non avesse provocato una caduta a catena di oggetti che si era conclusa solo con la sua cioccolata allegramente rovesciata su quello che doveva studiare. Con una lentezza degna di un film horror di terza categoria alzò lo sguardo sul colpevole che era intento a guardarla con occhi e bocca spalancata, come se neanche lui potesse credere a quello che era appena successo.

Le sue scuse a raffica dette con quel tono così affranto e rassegnato la fecero desistere dal mostrare qualsiasi tipo di fastidio.

“Non importa, è stato un incidente” un paio di sospiri profondi ed aveva di nuovo riacquistato la calma, quello che aveva detto era la verità, era stato solo un incidente.

“No, cioè sì, però ormai dovrei essere in grado di evitarli ed invece è sempre la stessa storia” il tono ancora più affranto di prima le fece intuire quanto la vita del giovane dovesse essere piena di incidenti, forse la sua vita era più problematica della sua. Era tanto brutto se si sentiva intimamente rallegrata?

“Non preoccuparti, davvero” controllò veloce le dispense e, no, non erano utilizzabili “Sono solo dispense, basta che vada a farmele ristampare”.

Il volto dello sconosciuto si illuminò di luce nuova, “ Permettimi di pagartele! Ne va della mia coscienza”.

E fu così che anche quel giorno si era ritrovata in compagnia di un ragazzo così bello da non sembrare vero. Cosa stava succedendo al mondo? Aveva passato una vita intera a vedere persone così solo in tv ed ora, da un giorno all’altro, questi modelli usciti direttamente da una rivista continuavano a girarle introno. Era morta e non se ne era accorta?

Namjoon, così si chiamava il ragazzo con la fossetta adorabile e le mani di pastafrolla, alla fine non si era limitato a ripagarle le dispense ma l’aveva anche accompagnata a lavoro rimanendo con lei quasi fino a fine turno. La sua compagnia era stata piacevole e lui era senz’altro un ragazzo gentile ed intelligente. A dirla tutta mentre parlava obbligava le persone intorno, probabilmente inconsapevolmente, ad ascoltarlo ammaliate. Persino il suo burbero datore di lavoro era rimasto affascinato dalla sua nuova conoscenza, questo almeno fino a quando non aveva allagato il bagno. A sua discolpa il bagno degli uomini era sempre stato un po’ difettoso, era ora che qualcuno gli desse il colpo di grazia e costringesse il signor Smith a sistemarlo come si deve.

Namjoon era anche lui un ragazzo estremamente affascinante ma, a dispetto di quello della sera prima, il suo fascino non le aveva fatto perdere la coscienza di sé. Grazie al cielo, ci mancava soltanto un altro buco di memoria.
 

•⁞₪⁞•
 

La giornata seguente si era rivelato privo di incontri interessanti ed, inconsciamente, ne rimase un po’ delusa. Insomma, la sua vita era la classica vita di una semplice studentessa universitaria con pochi amici. Casa, università, lavoro e di nuovo a casa e quegli incontri così fuori dalla sua routine le sembravano essere l’inizio per una vita diversa, completa. Per carità la sua vita non era assolutamente da buttare, aveva delle amiche sincere a cui voleva un bene dell’anima, dei voti dignitosi ed una certa stabilità economica però, qualche volta, aveva la sensazione che tutto ciò le andava stretto. Di solito accadeva nei momenti più insoliti, mentre era a lezione, a lavoro o anche mentre stava semplicemente camminando. Si trattava di pochi secondi di black out in cui sentiva di esser nel posto sbagliato intenta a fare qualcosa di superfluo.

Veloce scacciò il pensiero, aveva tanto lottato per una vita tranquilla senza voci strane né nella testa né sul suo conto che non poteva mandare tutto all’aria per qualcosa di astratto come delle sensazioni. Non poteva deludere suo padre, non ora che sembrava così tranquillo e fiero di lei.

Sospirò esausta, non le piaceva doversi occupare della chiusura ed, ancora meno, le piaceva doversene occupare da sola perché mister “se mai avrai un ragazzo mi capirai” doveva correre dalla sua dolce metà per festeggiare il loro mesiversario. Ok, lei magari non avrebbe mai avuto un ragazzo ma se lui continuava così non sarebbe più riuscito a tenersi un lavoro. Tra mesiversari di primo incontro, primo appuntamento, primo bacio, e tante altre prime volte che non voleva sapere, la situazione stava diventando ingestibile.

La sensazione di ansia era tornata, stupido Turner, proprio oggi doveva lasciarla da sola?

Cercò di sbrigarsi, voleva tornare al campus il prima possibile. Veloce prese le chiavi del locale, per poi affrettarsi ad uscire e ad abbassare la saracinesca. Odiava quella parte. Non erano rare le notizie di negozianti che nel momento in cui davano le spalle alla strada per chiudere il negozio venivano aggrediti per gli incassi della giornata e lei non voleva certamente finire su quella dannata lista0 Non la pagavano abbastanza, grazie tante.

Era così impegnata a maledire il suo collega da non accorgersi della figura che le si era affiancata fino a quando questa non le tirò leggermente la giacca che indossava.

Spaventata la sua mano corse nella borsa per afferrare lo spray al peperoncino che le aveva regalato suo padre – “una ragazza in giro da sola deve sempre prendere ogni precauzione possibile” - ma mollò subito la presa appena notò che si trattava solo di un bambino di circa sei o sette anni. Sembrava timido, nonostante la sua manina non avesse lasciato il lembo della sua giacca aveva tenuto lo sguardo puntato a terra.

Ignorò il sentore di pericolo che le stava annodando le viscere e tirò fuori il sorriso più dolce che possedesse “ Ehi piccolo, ti sei perso?”.

Annuì leggermente tenendo il volto abbassato “Vorrei tanto prendere dei biscotti, potresti farmi entrare?”. Nonostante l’apparente timidezza il tono era stranamente fermo e linguaggio anti fonante per appartenere ad un bambino di quell’età. Ancora una volta ignorò i campanelli d’allarme che stavano cercando disperatamente di attirare la sua attenzione.

“Mi spiace ma ho appena chiuso, se vuoi ti aiuto a cercare la tua mamma o il tuo papà. Hai un numero da chiamare?”

“Non ce n’è bisogno” si voltò velocemente verso la provenienza della voce“ Mi scusi, il piccolo mi è scappato”. Il cliente del tavolo 13 del giorno prima era in piedi come uno stoccafisso a meno di un passo di distanza da lei ignorando tranquillamente tutte le norme sociali di distanza personale.

Veloce fece due passi indietro, non le piaceva stare nel mezzo, si sentiva accerchiata“ Non si preoccupi, l’importante è che sia andato tutto bene”. Ora che li poteva vedere entrambi erano ancora più inquietanti, nessuno dei due la stava guardando ma riuscivano comunque a farle venire i brividi lungo la schiena.

“Bene, allora io andrei” e lo avrebbe fatto alla velocità della luce se non fosse stato per il fatto che il bambino l’aveva riacciuffata ricominciando a domandare dei biscotti.

Voleva correre via e se per farlo doveva dare dei biscotti a quel benedetto bambino allora quello strabenedetto bambino avrebbe avuto quei dannatissimi biscotti.

Stava per riaprire la saracinesca quando all’improvviso si sentì afferrare per il braccio e strattonare dietro ad un altro corpo, lontana dai suoi interlocutori.

“Sparite prima che vi carbonizzi sedutastante”

La parole del ragazzo dette in maniera così incolore quanto minaccioso le fecero distogliere l’attenzione dai due per puntarla sulle spalle del nuovo arrivato, unica cosa che riusciva a vedere dalla sua posizione. Carbonizzarli? Ok erano un po’ insistenti ma così sembrava esagerato. Stava per dar voce ai suoi pensieri quando per la prima volta incrociò lo sguardo dell’uomo, i suoi occhi completamente neri la stavano fissando in maniera inquietante prima di decidere che non valeva la pena di rischiare. Un ghigno derisorio e poi, senza aggiungere altro, se ne andarono.

“Che rottura di coglioni. Dì un po’ ragazzina, ce l’hai un minimo di spirito di conservazione?”

“Cosa..? Quel signore aveva gli occhi neri?”

“Compensiamo con spirito d’osservazione vedo. Sempre meglio”

Il tono annoiato e completamente disinteressato di quel tipo  la stava irritando, la stava trattando come se fosse stupida. Stava pensando ad una risposta decentemente offensiva ma il ragazzo le aveva già dato le spalle e aveva iniziato ad andarsene prima di rigirarsi a guardarla come se fosse la più grande perdita del tempo che avesse mai incontrato.

“Allora ti muovi? Siamo già in ritardo”

“ Siamo?”

“Per il compleanno di Minnie, quello nella tasca è il suo invito, no?”

Eileen di riflesso mise la mano in tasca per prendere il foglietto e rileggere per l’ennesima volta quel semplice “Venerdì ti aspetto alla mia festa di compleanno. L’angelo del cellulare”. Si rendeva conto di essere stata lei a chiamarlo così però era davvero imbarazzante, non poteva firmare semplicemente col suo nome? A proposito, il nome glielo aveva detto? No, lei fino a poco fa non sapeva come si chiamasse quel ragazzo bellissimo e, a dirla tutta, non sapeva nemmeno come si chiamasse quello misterioso davanti a lei. Ed a proposito del ragazzo davanti a lei, come faceva a sapere del biglietto? Ammetteva di aver passato tutte le pause fra un cliente e l’altro per giocherellarci rimettendolo velocemente in tasca davanti al cliente successivo, però era anche vero che quel tipo non lo aveva visto e, diciamocelo, uno così era difficile da non notare.

Che la stesse seguendo?

“ Vuoi una foto?” sopracciglio inarcato e sguardo affilato.

“ Non ho comprato il regalo”.

E no, questo non doveva assolutamente il problema di tutta la situazione eppure era quello che le era venuto spontaneo dire. A quanto pare il ragazzo irritante aveva ragione; non era dotata di spirito di sopravvivenza.

Aveva già iniziato a seguire il ragazzo quando si rese realmente conto di quello che stava facendo, stava seguendo uno sconosciuto per andare al compleanno di un altro sconosciuto in un luogo, neanche a farlo apposta, sconosciuto.

Cercando di non farsi notare provò a cambiare strada tanto quel tipo che camminava davanti a lei non sembrava prestarle davvero attenzione. Si mosse velocemente, prima che la parte più irrazionale di lei prendesse di nuovo il sopravvento, ma il tempo di immettersi in una vietta laterale che si ritrovò di nuovo a fronteggiare lo sguardo beffardo del corvino.

“ Ma cos..?”. Non era possibile che lui fosse già lì, fino a dieci secondi prima era alle sue spalle.

“ Fammi capire, stavi per dare il permesso a dei Bek per ucciderti e ora non vuoi seguirmi? E dire che Neema continua a decantare il tuo istinto”

“ Io non stavo dando il perm.. “ la frase le morì in gola “ Hai detto “Neema”?” .

Un sorriso che sembrava quasi diabolico gli spuntò sulle labbra, la stava denigrando, lo sapeva, ma al nome dell’amica non poté fare altro che seguirlo senza fare troppe storie.
 

•⁞₪⁞•
 

Quando finalmente arrivarono era passata quasi un’ora. Avevano dovuto cambiare due pullman e, visto l’ora tarda, avevano dovuto aspettare parecchio per fare il cambio. Il ragazzo misterioso durante tutto il tragitto non l’aveva degnata di uno sguardo ne tantomeno le aveva rivolto, anzi, sul secondo autobus –quello che ci aveva impiegato più tempo- si era anche appisolato. Poteva approfittare di questo momento di quiete per scappare ma, oltre ad avere l’impressione che sarebbe stata ritrovata facilmente, si sentiva stranamente al sicuro con lui. Probabilmente era perché aveva detto di conoscere Neema o anche perché l’aveva salvata da quei due Bek – così li aveva chiamati? -. Certo, che conoscesse l’amica era ancora da dimostrare e più che salvata l’aveva aiutata a non prolungare oltre quello scherzo di pessimo gusto di quei due con lenti a contatto, però la sua vicinanza le dava una strana sensazione di pace che non era ancora pronta ad abbandonare. L’aura di sicurezza che emanava il corvino era diversa da quella provata con i ragazzi dei giorni precedenti. Se nel primo caso aveva la mente così annebbiata da non riuscire più a distinguere la realtà dalla fantasia, nel secondo aveva assaggiato la pace tipica di quando ti trovi con qualcuno sicuro di sé, affidabile e gentile, ora stava provando una pace più profonda, quasi viscerale. E’ come se conoscesse quel tipo scorbutico da sempre, aveva come l’impressione di potergli affidare la propria vita. Questi ovviamente erano pensieri irrazionali, sempre colpa dei film di Halloween dove la protagonista si innamora del vampiro inquietante di turno. Che questo tizio fosse un vampiro? Ok, no, ora stava decisamente esagerando.

Era così persa nei suoi pensieri da accorgersi che il ragazzo si era svegliato soltanto quando intravide con la coda dell’occhio una figura vestita totalmente di nero scendere dal pullman. Prima faceva tante storie perché lo seguisse e poi era pronto ad abbandonarla lungo la strada?

Per raggiungerlo aveva rischiato di lasciare la propria impronta contro le porte dell’autobus e poteva giurare di aver visto un ghigno divertito su quella faccia da schiaffi che si ritrovava. Stronzo malefico. Ritirava tutto quello che aveva pensato, non gli avrebbe affidato nemmeno Leila -la sua piantina grassa disidratata-  figurarsi la vita.

Lo stava ancora maledicendo mentalmente quando si ritrovò ad ammirare una vecchia villetta in stile coloniale tedesco circondata da un grande giardino ben curato. Il tutto era separato dalla strada da un’alta recinzione ricoperta d’edera e da un grosso cancello all’apparenza arrugginito. Se non fosse stato per il giardino perfettamente in ordine avrebbe dato per scontato che la struttura fosse abbandonata.

“ E’ qui la festa di.. Minnie?”

“ Qui ci viviamo” sembrava gli costasse un’enorme fatica parlare con lei. Odiava ripetersi però: stronzo.

Arrivata sulla soglia di casa l’ansia l’assalì. Ok, era stata un’incosciente fino ad adesso – seppur estremamente affascinante il suo accompagnatore rimaneva comunque uno sconosciuto - ma ora che si trovava lì le sembrava tutto più reale. La curiosità era tanta e la voglia di capire cosa fosse accaduto negli ultimi giorni si faceva sentire ma non era sicura di voler scoprire cosa ci fosse dietro quella porta. No, non era pronta,  stava per girarsi per andarsene quando la porta si spalancò rivelando un altro- ragazzo bellissimo – ecco dove si erano nascosti per tutta la sua vita- con addosso un grembiule rosa pieno di macchie.

“Finalmente siete arrivati! Hoseok stava iniziando a dar di matto, pensava di aver sbagliato a calcolare il pericolo”.

Il ragazzo che fino a quel momento era rimasto dietro di lei si rianimò. “Come se dei fottuti Bek possano essere un problema” la superò senza degnarla di un ulteriore sguardo ed entrò in casa con l’altro ragazzo.

Un sospiro esasperato “Sempre scorbutico” poi le sorrise gentile “Io sono Jin, ma puoi semplicemente chiamarmi  Worldwild handsome” un occhiolino d’intesa  “Prego entra, sei arrivata giusto in tempo, sta per arrivare la torta” .

“Ignoralo, è stupido”

Lo sguardo di rimprovero di Jin costrinse il suo accompagnatore ad andarsene definitivamente, non senza aver alzato gli occhi al cielo in modo plateale,  ovviamente.

Con una cavalleria che non le era mai stata riservata il ragazzo l’aiutò a togliersi la giacca per poi scortarla nel salone dove si trovava il festeggiato insieme ad altri due ragazzi.

“ Jimin è arrivata Eileen, vieni a fare gli onori di casa”

Neanche il tempo di finire la frase che Minnie, no, Jimin, le si era parato di fronte con un sorriso a metà tra l’angelico e l’entusiasta.

“Finalmente sei arrivata!”. Neanche tre parole e stava già pendendo dalle sue labbra, tanto da non accorgersi degli altri due ragazzi che si stavano avvicinando, la sua attenzione era tutta rivolta al suo angelo.

“ I-io non ho un regalo..”

Jin a quella scena guardò male l’amico per poi usare la mano rimasta fino ad ora dietro la schiena dell’ultima arrivata, senza però toccarla, per tirargli uno scappellotto

“Jimin, lo sai, niente poteri in casa”.

L’angelo assunse un broncio adorabile “Ma, hyung, l’altra volta non sono riuscito ad annullare completamente la sua coscienza, se solo mi lasciassi ripr..”

“ No, smettila”

“A Yoongi però nessuno dice mai niente”.  Il broncio del più piccolo si fece ancora più adorabile tanto che stava quasi per prendere le sue parti quando una consapevolezza la
risvegliò dal torpore. Jimin aveva davvero detto che stava cercando di annullare la sua coscienza?

“ Pensi ancora che sia un angelo?” sguardo beffardo e ghigno derisorio Yoongi l’aveva affiancata.

Jin intanto continuava a fronteggiare Jimin “Ragazzino non provarci nemmeno ad utilizzarli su di me, lo sai che non funzionano”.

Il più basso sembrava sul punto di ribattere nuovamente ma un urlo simile ad un “ Namjon no!” seguito da un fracasso di pentole che cadevano ed un sonoro “Merda!” fecero schizzare Jin verso la cucina che si trovava alla loro sinistra.

Il ragazzo che l’aveva accompagnata fino a lì stava fissando le due figure che si stavano indaffarando in cucina per cercare di sistemare il disastro appena accaduto per poi abbandonarsi ad un sospiro stanco “Perché diavolo si ostina ad entrare in cucina?”.

Il gruppetto si limito a scuotere leggermente le spalle davanti a quella che aveva tutta l’aria di essere una domanda retorica ripetuta troppe volte.

Ora che il ragazzo gentile era corso via lei era rimasta da sola a fare i conti con questi quattro neosconosciuti e, dei due che conosceva, sapeva solo che uno era un arrogante menefreghista mentre l’altro aveva cercato di raggirarla – anche se non aveva ancora capito la parte dei poteri e della coscienza -. I due ragazzi nuovi, che avevano da poco abbandonato la loro postazione di gioco per avvicinarsi, la stavano squadrando con estrema serietà. Nonostante si sentisse messa sotto la lente del microscopio e la pressione la stava inesorabilmente schiacciando cercò comunque di calmarsi. Erano amici di Neema quindi dovevano per forza essere delle persone buone. Con questo pensiero in testa cercò di racimolare tutto il suo coraggio per cercare di ottenere delle risposte.

“ Cosa intendeva con “poteri”?”

Il ragazzo più muscoloso del gruppetto fece un passo nella sua direzione mantenendo il contatto visivo “Penso sia ora di dirti la verità, io sono la reincarnazione di Anubi, divinità egiziana dell’oltretomba mentre il nano qui di fianco è uno dei miei sudditi, una mummia bonsai per l’esattezza”. L’apparente mummia bonsai aveva immediatamente spalancato la bocca indignato ma la grossa mano del  terzo ragazzo gli si era schiantata sulla bocca impedendogli di emettere alcun tipo di suono diverso da dei mugugni indistinti. “ Esatto” anche lui aveva uno sguardo estremamente serio “Io invece sono D.Va, un esponente della Mobile Exo-Force dell’esercito coreano, divisione Tank. Il tipo che vedi in cucina – quello con la faccia da cavallo - lui è il mio fedele ippocampo robot”

Lei ci stava provando ad avere una mentalità aperta ma questo era decisamente troppo.

Guardò il ragazzo che l’aveva scortata fino a lì alla ricerca di un segno qualsiasi che le indicasse l’effettiva serietà della coppia ma il corvino, a sua volta, era intento a fissare i due con un sopracciglio inarcato e lo sguardo concentrato per poi scrollare le spalle disinteressato ed andarsene verso la televisione.

“ Merda! Avrei dovuto pensarci io! Dimenticati quello che ti ho detto e..”

“Mi state prendendo per il culo?” il tono di voce le era uscito più incolore di quanto si aspettava. Probabilmente avrebbe dovuto arrabbiarsi ma la situazione era così fuori dai suoi schemi che si sentiva già esausta.

I due si guardarono un attimo spiazzati prima che il più alto mettesse il broncio “E’ tutta colpa tua, che vuol dire “dimenticati quello che ti ho detto”? Non puoi cambiare versione, Anubi di ‘sto cazzo”

Jimin, finalmente libero dalla mano del compagno, aveva cominciato a borbottare qualche insulto riguardante un maiale muscoloso che avrebbe dovuto portargli  più rispetto.

Questa era una gabbia di matti, non c’erano risposte da trovare, sono solo pazzi.

“Ragazzi ho portato la torta!” una voce incredibilmente simile a quella di Neema attirò l’attenzione di tutti verso l’entrata. “Cos’è questo odore?” un altro paio di profondi respiri “Jimin hai di nuovo cercato di usare i tuoi ormoni?”. Poi il suo sguardo si incatenò con quello dell’amica e nei suoi occhi passò un lampo di preoccupazione.

“ Eileen? Cosa ci fai qui?” lasciò la torta nelle mani del più alto del gruppo per poi andarle incontro studiandola attentamente “Ti hanno attaccato? Stai bene?”

“ Sì, io.. cosa ci fai tua qua? Perché non sapevo niente di questi tuoi… amici?”

Una voce più profonda proveniente dalla direzione della cucina coprì quella dell’amica “Jin mi ha cacciato dalla cucina” seguito da un “ Sinceramente mi stupisco che tu possa ancora metterci piede lì dentro”  detto da non-Anubi che ottenne dei mormorii di assenso da tutti i presenti. E poi accadde l’inevitabile, i loro occhi si incontrarono. Il
Namjoon del disastro appena avvenuto era lo stesso Kim Namjoon che il giorno prima le aveva rovesciato il caffè sul libro. Non era possibile che ci fossero così tante coincidenze, cosa diamine stava succedendo?








Note 

E finalmente sono stati presentati quasi tutti i personaggi e stiamo anche per entrare nel vivo della storia.
Come al solito vi ringrazio per aver letto e per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi ♥

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


cap 3 eile

 

Al mondo ci sono cose.. persone davvero malvagie e meschine ma 
non chiuderti in te stessa. A lasciare il mondo fuori rischieresti di 
perdere moltissime persone speciali.. persone amiche

 

 

Aveva passato il weekend chiusa in casa studiare, le uniche due volte che era uscita era stato per andare a lavoro ed in quel frangente aveva avuto la sensazione, quasi una certezza, che qualcuno la stesse seguendo ma, diversamente dai giorni precedenti, quelle presenze non le facevano paura ma la tranquillizzavano. Sta di fatto che se avesse trovato delle prove concrete delle sue supposizioni li avrebbe denunciati, senso di pericolo o meno.

Quando infine giunse il lunedì preferì non presentarsi a lezione, era pronta ad elemosinare gli appunti da qualcun altro piuttosto che doversi sedere accanto a quella che ormai credeva un’ex amica.

“Meena, si può sapere cosa sta succedendo? Perché conosci questi qui?” lievi proteste da parte dei presenti riguardo al tono vagamente disgustato usato dalla ragazza, “Perché me li ritrovavo sempre intorno in questi giorni? Cosa sono, stalker?” altre lamentele da parte dei diretti interessati e risolini dalla restante parte del gruppo “Ma soprattutto cosa vuol dire che questo qui” indicando Jimin “Stava cercando di annullare la mia coscienza?”.

“ Eileen capisco che tu sia un po’ spaesata ma cerca di calmarti e poi vedrai che insieme.. aspetta, Jimin ha cercato di fare cosa?”

Sotto lo sguardo accusatorio di Neema il diretto interessato iniziò a muovere freneticamente le mani davanti il corpo in segno di innocenza “Niente, niente, è stato tutto un malinteso!”.

“ Ok, dopo ne riparliamo” ignorò le leggere proteste del ragazzo per poi spostare nuovamente lo sguardo sull’amica “ Eileen, io.. non so da dove iniziare. La storia è un po’ complicata ma tu devi promettermi di ascoltarmi fino alla fine”

“Complicata un corno. Tagliamo corto, i mostri esistono e tu sei appena entrata nel menù di qualcuno di loro. Prego, è stato un piacere salvarti il culo”

“Yoongi!” Neema gli scoccò un’occhiataccia che in un’altra occasione avrebbe fatto rabbrividire anche lei.

“Eileen vedi, dalla prima volta che ti ho visto ho percepito che c’era qualcosa di speciale in te ma non riuscivo a capire cosa. Avrei voluto poter affrontare questo discorso con qualche certezza in più riguardo alla tua natura ma quel Bek ti aveva già puntata quindi abbiamo dovuto anticipare il tutto”

“Non capisco Neema” ignorò il “ve l’avevo detto che non è molto sveglia” di Yoongi “Dovrei arrabbiarmi perché ti sei avvicinata a me solo per... studiarmi meglio, o dovrei arrabbiarmi perché stai usando le mie confidenze per uno scherzo del genere?”

“ Eileen no, quello che intendevo è che..” Non la lasciò finire, tutta la frustrazione accumulata in quei giorni, se non anni, e per la prima volta alzò la voce.

“Io ti dico che sono stata lo zimbello della mia vita e tu organizzi questa pagliacciata insieme a.. a.. a questi qui!”

“Non so perché ma detto così mi sento quasi offeso”

Questa volta era stato il commento di Jimin ad essere stato ignorato. La rabbia se n’era già andata per lasciare posto allo sconforto.

 “Pensavo fossimo amiche, evidentemente sei come tutti gli altri. Non avrei mai dovuto fidarmi di te”

“Lo siamo, Eileen ascolta non è sicuro..” questa volta alzò il braccio nella sua direzione in segno di silenzio.

“Per favore fai come se non esistessi e voi, è stato relativamente un piacere conoscervi, tanti auguri e spero di non incontrarvi mai più”

 

Non era ancora pronta ad affrontarla. Il problema non era tanto il fatto che lei credesse nei mostri e cose del genere, anche sua nonna ci credeva e, nonostante il padre avesse sempre cercato di allontanarle, lei ci era molto affezionata. No, il problema vero era il fatto che lei si era fidata di Neema, si era fidata a tal punto da rivelarle i suoi segreti. Certo, non era come se le avesse rivelato di aver ucciso qualcuno ma era comunque delle confessioni riguardanti qualcosa che la facevano soffrire, che la rendevano vulnerabile e che aveva giurato di non rivelare a nessuno. Si era ripromessa di seppellire tutti gli anni di prese in giro e di isolamento nell’angolo più recondito della sua mente ed ora si pentiva amaramente di non aver conseguito il suo proposito.

Fanculo

L’infanzia l’aveva passata ad essere denigrata perché credeva di vedere i fantasmi poi una volta adolescente si era convinta di aver trovato delle amiche ma queste, al momento del bisogno, si erano rivelate delle approfittatrici pronte a darle della pazza ed ora anche l’insospettabile Neema si era rivelata diversa da quello che mostrava. Aveva ragione suo padre, lui e il suo razionalismo avevano sempre avuto ragione. Non fidarti di nessuno, conta solo sulle tue forze e non credere a nulla che non sia concreto e sotto i tuoi occhi.

“Doppio fanculo”

“Ehi, Doyle, parliamo anche da sole adesso?”

Cassandra Williams, bionda con gli occhi scuri, vestiti dai colori sgargianti e la testa perennemente tra le nuvole era l’antitesi vivente di Neema. Si erano conosciute durante il corso a scelta di antropologia e avevano subito trovato un’intesa che, per quanto particolare, funzionava bene. Ma d’altronde davanti ai suoi capelli perennemente in disordine e la sua sbadataggine non potevi fare altro se non affezionarti.

“Giornataccia?”

“Mmhh” al momento sembra più la vita in generale a fare schifo ma comunque..

“Sai cosa ci vuole in questi momenti?”

“Cioccolata?”

“Tu sì che mi capisci al volo” sorriso a trentadue denti “Dobbiamo festeggiare il mio 18 in statistica, offro io”

“Sei riuscita a passarlo?”

“Non guardarmi così, te lo avevo detto che la nona volta era quella buona!”

Cassie era una ragazza da poesie, sonetti ed immaginazione, le regole ferree della matematica non erano mai riuscite a restarle in testa per più di sette minuti –li aveva cronometrati- per questo quel 18, che le avrebbe senz’altro abbassato la media, le era tanto caro.

“Non dirlo a nessuno ma penso che la Smith abbia avuto pietà di me”

“Cassie, tutti avevano pietà di te”

Una gomitata nelle costole ed una pernacchia dopo il mondo sembrava già un posto migliore.

 

•⁞₪⁞•

 

Se fino a quel giorno aveva avuto l’impressione di essere seguita ora ne aveva la certezza. Jungkook, il ragazzo muscoloso che aveva cercato di farsi passare per una divinità egizia munita di shiavi-mummie, era tranquillamente spaparanzato in mezzo al locale intento a guardare qualcosa di apparentemente esilarante al cellulare mentre mordicchiava distrattamente la cannuccia del bicchiere di coca-cola ormai finita.

“Senti, Jugkook -Jungook giusto?- io starei lavorando quindi se non vuoi ordinare nient’altro puoi anche..”

“Namjoon hyung mi ha detto di tenerti d’occhio”

Uno lungo sospiro, non poteva sbottare sul luogo di lavoro. “A proposito di questo, smettetela di seguirmi ovunque, è da maniaci”

“Come fai a saperlo? Ci hai.. sentito?”

Non aveva nemmeno provato a negarlo. Un altro sospiro e due dita a massaggiarle la radice del naso, il lavoro le serviva, doveva ricordarsi che il lavoro le serviva  “Jungkook..”.

Mani sollevate in segno di resa e sorrisetto divertito “Ok ok, ho capito. Me ne vado però..” per la prima volta la fissò in modo serio “Se ti senti in pericolo, anche se non riesci a capirne il motivo, non esitare a chiamarci. Sei una palla al piede ma Neema si è affezionata a te quindi..”.

Come contattarli non era dato saperlo ma d’altronde sul biglietto datole da Jimin non c’era nemmeno l’ora e l’indirizzo della “festa” ma si era comunque ritrovata lì quindi, probabilmente, sarebbero semplicemente rimasti nei dintorni per poi riapparire quando più li faceva comodo.

Quando Jungkook iniziò a raccattare le proprie cose pensava che la discussione fosse ormai conclusa  ma prima di andarsene la guardò un’ultima volta “A proposito di Neema, non è stato carino quello che hai fatto, posso capire che la situazione fosse strana ma è una tua amica, se non riesci fidarti ciecamente dovresti almeno concederle il beneficio del dubbio. Nell’amicizia è importante ricordare ciò che uno riceve, non solo quello che si dà” e poi, finalmente, lasciò il locale.

Aveva appena ricevuto una lezione di vita da un ragazzino troppo muscoloso per la sua età intento a guardare gli anime?

Ancora più scoraggiata si era apprestata a pulire il tavolo fino ad allora occupato dal ragazzo quando si era ritrovata davanti alla pagina dell’oroscopo in cui campeggiava la frase “l’amicizia consiste nel dimenticare ciò che uno dà, e nel ricordare ciò che uno riceve”.

Perché perdeva ancora tempo ad ascoltare quello che diceva quel ragazzino sotto steroidi?

 

•⁞₪⁞•

Una volta raggiunto il dormitorio si fece una delle docce più lunghe di sempre, voleva dimenticare tutto e tornare a quando Neema le sembrava la persona più schietta e sincera che conoscesse.

Con l’ennesimo sospiro iniziò a frizionarsi i capelli, forse Jungkook aveva ragione -frase da oroscopo a parte- forse doveva davvero concederle il beneficio del dubbio. Insomma, lo concedeva sempre a tutti per tutto quindi perché questa volta avrebbe dovuto essere diverso?

Il bussare della porta la risvegliò dai suoi pensieri, controllò l’ora sorpresa. 00.43. Che Cassandra si fosse di nuovo chiusa fuori? La sua camera si trovava su un altro corridoio ma, almeno una volta ogni due settimane, si chiudeva fuori e, visto che la sua compagna di stanza preferiva dormire dal suo ragazzo piuttosto che al dormitorio, Cassie ne approfittava per chiederle ospitalità per la notte. Probabilmente anche lei avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata costretta a condividere la stanza con Sarah Murray, brillante studentessa appassionata di chimica. Sospettava che l’unica cosa che quella ragazza amasse più del dormire fosse quella di escogitare piani di vendetta e, casualmente, la vittima designata era quasi sempre la povera Cassandra.

Con un sorriso sulle labbra e la battuta pronta aveva aperto la porta ma la persona che si era trovata davanti non era decisamente Cassandra. Quella che aveva davanti era una donna sulla quarantina con indosso un anonimo tailleur blu. Sembrava una donna assolutamente anonima se non fosse stato per il fatto che, oltre ad essere palesemente fuori dall’orario di visita, il ghigno che le deformava il viso pallido e gli occhi verdi che la fissavano maligni non le promettevano nulla di buono.

“Una O Dubhgail, vero? Il vostro odore è inconfondibile”

Una cosa? Dio, se esisti, fa che questa pagliacciata finisca.

Il secondo prima stava pensando che quella fosse una comparsa per la sceneggiata dalla banda dei sette i il secondo dopo la paura l’aveva immobilizzata. Non importava quanto la testa le stesse urlando di fare qualcosa, qualsiasi cosa, il corpo sembrava ben piantato a terra e per nulla deciso a reagire.

Le parole di Yoongi riguardanti il bisogno di dare il permesso le tornarono in mente di colpo e non importava quanto prima le avesse denigrate, al momento sembravano l’unica cosa che potesse proteggerla

“S-stai indietro! Io non ti ho dato il permesso di entrare”

Nonostante la risata sguaiata della donna non c’era alcuna traccia di divertimento nei suoi occhi, anzi non c’era traccia di niente se non disprezzo nei suoi occhi.

“Per favore, non trattarmi come uno di quei banali occhi neri“ e, così dicendo, era entrata nella sua stanza. Non appena la donna aveva fatto il primo passo nella stanza ci fu come un’esplosione di adrenalina dentro di lei stordendo la paura e lasciando il controllo al suo spirito di sopravvivenza. Con uno scatto indietro si era diretta verso la lampada sul comodino che usò come arma per colpire l’intrusa ma l’unico movimento dell’altra donna era stato quello della testa spinto verso destra a seguito del colpo. Era impossibile, l’adrenalina l’aveva spinta a colpire più forte di quanto effettivamente volesse ed era sicura che un taglio sul labbro non potesse essere l’unico danno fatto. Il tempo parve fermarsi di nuovo quando la donna con estrema lentezza si rigirò a guardarla. I suoi occhi esprimevano la stessa rabbia di prima unita ad un divertimento perverso e, mentre con la lingua si puliva il rivolo di sangue che le usciva dal labbro rotto, i suoi occhi sembravano dirle quanto fosse impotente e patetica. Un paio di colpi contro la parete seguiti da un’intimazione di non disturbare da parte della stanza accanto la risvegliarono dallo shock ma neanche il tempo di aprire la bocca per urlare che si ritrovò sbattuta contro la parete. Gli occhi iniziarono ad inumidirsi un po’ per il dolore ed un po’ per lo spavento mentre la semplice azione di respirare diventava sempre più difficoltosa.

“Gira voce che abbiate un sapore delizioso”.

La lunga lingua biforcuta della donna le sfiorò viscida la guancia prima di spalancare la bocca mostrando una dentatura troppo simile a quella dei serpenti per essere normale. Con sempre meno aria nei polmoni chiuse gli occhi troppo stanca per continuare ad opporsi quando, all’improvviso, la presa che la inchiodava al muro sparì all’improvviso permettendo all’ossigeno di rientrarle in circolo. Senza la presa della donna a tenerla sollevata le gambe le cedettero dopo poco facendola tossire inginocchiata per terra. Una volta riacquistato un po’ di controllo sul proprio corpo aveva alzato lo sguardo da terra solo per incontrare gli occhi ora spalancati ed atterriti della donna che la fissavano vuoti dal pavimento. In piedi davanti alla donna torreggiava uno dei ragazzi che aveva visto qualche sera prima con sguardo glaciale.

Con sguardo freddo ed indifferente pulì una specie di lancia –perchè andava in giro con una lancia?- sui vestiti della donna che aveva appena ucciso e poi, come se si trattasse di due persone differenti, si girò verso di lei regalandole un sorrisone quadrato.

Un sorrisone quadrato che in altre circostanze avrebbe dato il via ad un rossore imbarazzante condito da una balbuzia ancora più imbarazzante perché, va bene tutto, ma un sorriso tanto quadrato e tanto bello tutto insieme non era accettabile.

“Accidenti, ero andato un attimo a prendere da bere, stai bene?”

La sua voce la riportò bruscamente la realtà e, come un automa Eileen riportò lo sguardo sulla donna da cui stava ancora sgorgando del sangue dal collo.

D. Va si era abbassato alla sua altezza in modo da incrociare lo sguardo e, una volta assicuratosi il contatto visivo le aveva rivolto un altro sorriso incoraggiante.

“Ehi? Ti prego dimmi che stai bene altrimenti Neema mi scotenna”

Eileen lo continuò a fissare con gli occhi sgranati. Vedendo che non dava segni di vita il più altro le afferrò le spalle per scuoterla delicatamente.

C’era un cadavere sul suo pavimento.

C’era una persona decisamente morta immersa un’enorme chiazza di sangue sul suo pavimento.

C’era una donna passata a miglior vita immersa in un lago di sangue che la fissava con occhi vitrei mentre il suo assassino era a pochi centimetri da lei.

C’era un fottutissimo pazzo vestito come se si trovasse ad una rievocazione storica che nel bel pieno del suo delirio aveva appena sgozzato un’altra pazza che, per inciso, voleva ucciderla a sua volta.

C’erano un morto ed un assassino nella su stanza.

L’urlo che stava per lanciare venne prontamente fermato dalla mano che le si posò veloce sulla bocca.

Angolino di una persona che tenta di essere un'autrice

Ok, so che è passato davvero tanto tempo, troppo, troppo tempo ma fra me e la realizzazione dei miei buoni propositi si sono inseriti delle variabili abbastanza fastidiose che mi hanno portato a questo ritardo.. e poi io sono una brutta persona, brutta davvero. Comunque è incredibile come in questi pochi mesi le cose siano andate avanti e di come i ragazzi abbiano raggiunto ancora più obiettivi, voglio dire.. non smetteranno mai di sorprendermi.

Detto questo penso di non avere particolari chiarimenti da fare sul capitolo se non che la lancia.. non è davvero una lancia! TADADADAAAAAAAN. Momento di sorpresa collettivo e.. niente. Il motivo per cui volevo chiarire questo era solo per far capire come Eileen non ne capisca un accidenti di armi o di cultura coreana. Lo so, lo so, eresia! Però penso che se non fosse stato per il K-pop (e i BTS) molte meno persone saprebbero qualcosa riguardante la cultura coreana quindi vi prego non odiatela, al massimo compatitela. 

Bene, lo sproloqui è finito. Spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un pochino e in caso mi piacerebbe conoscere le vostre teorie riguardo a.. tutto? Adoro le teorie (BTS docent) e niente.

Buona giornata a tutte, che i BTS vi illumino la via  ♥

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