L' Assistente di Pozioni

di AdhoMu
(/viewuser.php?uid=1071266)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Agosto. ***
Capitolo 3: *** Settembre. ***
Capitolo 4: *** Ottobre. ***
Capitolo 5: *** Novembre. ***
Capitolo 6: *** Dicembre. ***
Capitolo 7: *** Gennaio. ***
Capitolo 8: *** Febbraio. ***
Capitolo 9: *** Marzo. ***
Capitolo 10: *** Aprile (dolce dormire). ***
Capitolo 11: *** Maggio. ***
Capitolo 12: *** Giugno (Epilogo A). ***
Capitolo 13: *** Luglio (Epilogo B, parte 1). ***
Capitolo 14: *** Luglio (Epilogo B, parte 2). ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Nota iniziale:
A più di un mese dalla conclusione di questa storia, mi sono resa conto che mancava qualcosa, e così ho deciso di inserire questo prologo che riprende quasi pedissequamente la prima parte di una vecchia OS chiamata "L'ultima impressione è quella che resta", nella quale descrivevo alcuni momenti del rapporto fra Alicia Spinnet e Sebastian Macnair (qui ritratto nella sua versione più "dark", che però cambierà nel corso dei capitoli).
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, ma ho pensato che questo prologo potesse essere utile (per tutti coloro che non hanno letto la OS) per capire meglio le origini dell'attrazione un po'ossessiva del nostro protagonista nei confronti della sua bella.

Prologo.

[Espresso di Hogwarts, 1°settembre 1989 – Hogwarts, 30 giugno 1991]
Altro non era che una bambina, con quei capelli biondi e lucenti come spighe di grano e i grandi occhi verdi che lo guardavano un po’ intimoriti.
Durante il loro primissimo incontro,avvenuto all'interno di un vagone dell'Espresso di Hogwarts, lui aveva dato il peggio di sé e aveva sollevato con malagrazia quel suo ridicolo animaletto per la coda, per poi deriderlo e dargli una bella scrollata.
L’aveva vista saltare in piedi e urlargli di lasciarlo andare; la sua voce rotta, modulata da quel suo accento così strano, era risuonata intrisa di sdegno, costernazione, paura.
Poco ma sicuro, non le aveva fatto una buona impressione.
Si era comportato in modo sciocco e crudele, del tutto inappropriato per uno studente del quinto anno che già si vantava di non essere più un ragazzino.
Nel corso dei due anni successivi, poi, le cose non erano andate in modo molto diverso. Quando la incontrava nei corridoi, le rivolgeva parole taglienti e la scherniva per la sua pronuncia stravagante e per l’aspetto bizzarro della sua bestiola.
Continuava a comportarsi da sciocco, ostentando una caustica malvagità che spesso, se n’era accorto chiaramente, le aveva fatto salire le lacrime agli occhi per il dispetto.
Farle paura lo divertiva; a questo scopo, le indirizzava volutamente le sue ormai celebri occhiate glaciali, che lei si dedicava ad evitare con cura, allontanandosi da lui in tutta fretta.
Tentava di ignorarlo, di farsi i fatti suoi.
Non gli rispondeva, non lo provocava, non gli dava soddisfazione.
Non lo guardava e non gli diceva nulla.
Dopo quella prima e unica volta sul treno, non gli aveva mai più rivolto neanche una parola.

[Hogwarts, settembre 1991 – giugno 1992]
Aveva già compiuto diciassette anni e già si considerava un uomo fatto (e in effetti lo era dato che, durante l’estate, lui e Avery avevano frequentato assiduamente Notturn Alley - e nello specifico, l'ambiguo castelletto di Madama Dauphine) quando in un giorno d'inizio autunno, inaspettetamente, l'aveva vista che passava in corridoio, il manico della scopa stretto fra le mani.
Aveva subito notato che durante le vacanze estive era cresciuta; si era fatta più alta e più femminile; doveva essere vicina ai quattoridici, ormai.
Quel giorno, aveva lasciato sciolti i lunghi capelli biondi e lucenti, che si muovevano in onde morbide sulle sue spalle mentre, camminando di buon passo, si dirigeva verso l'atrio del castello. Ogni qualche passo, un raggio di sole filtrava dai vetri delle finestre a bifora e li colpiva, facendoli risplendere come rivoli d'oro liquido che lo avevano lasciato un po' abbagliato.
Affidandosi appena all'impulso, cosa che non faceva quasi mai, lui l’aveva seguita come ipnotizzato, appiattendosi dietro gli angoli per non farsi sorprendere; lei, ignara, aveva attraversato l’atrio ed era scesa di corsa verso il campo, dove già si trovavano i suoi compagni di squadra. Lui, stando bene attento a non farsi vedere, si era arrampicato sulla tribuna, confondendosi fra gli studenti che vi si erano seduti per assistere all' allenamento.
L’aveva vista ridere, in piedi sull’erba appena tagliata; proprio lei, di solito così silenziosa e discreta, gli era invece parsa solare, diversa, istantaneamente ricolma d'entusiasmo e di vita.
Il suo Capitano le stava spiegando qualcosa.
Lei gli sorrideva e faceva “sì” con la testa.
E lui se n’era accorto chiaramente: i verdi occhi di lei carezzavano con affettuosa timidezza il viso di quel ragazzo fin troppo dedito al Quidditch, che sembrava non percepire assolutamente i sentimenti celati nello sguardo ammirato della ragazza.
Con immenso disappunto e senza sapersene spiegare il perché, aveva avvertito una punta d'invidia; stizzito, si era alzato in piedi con il fermo proposito di andarsene.
Qualcosa, però, l'aveva fermato.
La fase teorica dell'allenamento era terminata e i giocatori, montati a cavallo delle rispettive scope, erano finalmente decollati. E lui si era ritrovato a guardare verso l'alto, fermo come una colonna di sale e incapace di muovere un passo.
Alicia Spinnet si muoveva nell'aria tersa d'inizio autunno con la velocità e la grazia di un giovane nibbio.
Il vento fresco le gonfiava i capelli, facendoglieli turbinare intorno al viso, mentre i morbidi raggi del sole di fine settembre glieli accendevano di riflessi infuocati, rendendoli simili ad un'aureola, o a una corona, o ad un manto regale intessuto di fili d'oro.
Lassù, nell'aria, Alicia sembrava finalmente trovarsi a suo agio, come se il vento fosse il suo habitat naturale; era sciolta, impavida, libera e felice.
Non era possibile guardarla senza rimanere incantati.

E quell'anno lui, che di Quidditch se n'era sempre fregato altamente, non si perse una sola partita; e quando poteva, scendeva al campo durante gli allenamenti, sempre senza farsi vedere, e la seguiva con lo sguardo: quello sguardo che tutti definivano gelido come il ghiaccio ma che, neanche troppo sotto, nascondeva un accalorato turbamento.
Certo: quando la incontrava in giro per la scuola l'effetto era un po' diverso; Alicia tornava ad essere quella ragazzina riservata e leggermente schiva che era sempre stata, quella che lo evitava meticolosamente e che, quando lo vedeva, tentava di scomparire nel suo gruppetto di amici. Non si metteva in mostra, non cercava mai di richiamare l'attenzione.
Ormai, però, lui l'aveva vista volare.
Non gli era più possibile, a quel punto, guardarla con altri occhi.

E la deriva era stata rapida e inevitabile.
Aveva tentato di resistere, di autoconvincersi, di argomentare con se stesso.
Tutto invano.
Nonostante gli sforzi, non riusciva proprio a levarsela dalla testa.
E così alla fine, sconfitto, aveva ceduto.
Messi da parte l'orgoglio e il buon senso, aveva scritto un biglietto nel quale la invitava ad uscire con lui e glielo aveva fatto recapitare da Zlatan, la lugubre cornacchia di suo zio Walden.
In attesa della risposta, che non era mai arrivata, gli era spesso capitato di svegliarsi sudato ed ansimante, dopo aver sognato di affondare le dita in quella sua morbida chioma dorata e di stringersi a lei per catturare le sue labbra in baci ardenti.
E nel passaggio da un sonno agitato ad una veglia confusa, Sebastian inevitabilmente fantasticava; spalancava gli occhi chiari nell'ombra del suo baldacchino e si perdeva in deliranti fantasie.
Desiderava tenerla fra le mani, stringere e baciare quel corpo giovane e flessuoso che, giorno dopo giorno, fioriva dinnanzi ai suoi occhi un po' annebbiati. Intriso di compiaciuto disagio, immaginava di insegnarle ciò che aveva imparato dalle dame di Notturn Alley durante l'estate; e sognava di essere lui, lui e nessun altro, colui che l'avrebbe iniziata all'amore, rendendola donna.
E poi rabbrividiva e scuoteva il capo, tentando disperatamente di recuperare il buon senso e di togliersi dalla testa quelle idee sconsiderate. Era troppo presto: Alicia era ancora troppo giovane, troppo bambina per certe cose.
Eppure, un secondo dopo, il pensiero della sua innocenza ancora tutta da plasmare riprendeva ad assillarlo. Faceva vagare lo sguardo nel buio ed inevitabilmente si trovava davanti la sua immagine luminosa; e per quanto si sforzasse, non riusciva a scacciarla dai suoi pensieri.
E così riprendeva a rotolarsi nel letto, febbrile e affannato, desiderando soltanto di averla lì accanto a sé, ma già sapendo che ciò difficilmente si sarebbe verificato.

Le cose, purtroppo, erano fin troppo chiare.
Alicia aveva paura di lui.
Lo si vedeva, lo si percepiva: il suo timore era quasi palpabile, era quasi possibile annusarlo. E la colpa, pensava lui maledicendosi in silenzio, era tutta sua: sua e di come l'aveva sempre trattata.
E così quella soggezione che, dapprima, lo aveva divertito, divenne per lui motivo di immensa frustrazione. Alicia non aveva mai risposto al suo invito; negli ultimi mesi di scuola, l'aveva metodicamente evitato.
Alla fine di quell'anno, in giugno, lui si era diplomato.
Sapendo che non l'avrebbe più rivista, Sebastian l'aveva cercata freneticamente in mezzo alla folla di studenti che gremiva King's Cross. Quando, dopo tanto cercare, il suo sguardo aveva incrociato quello di lei, il ragazzo aveva visto distintamente le pupille dilatarlesi nelle iridi verdi; Alicia si era irrigidita, aveva trattenuto il fiato.
Poi, prima che lui avesse il tempo di muovere un passo, un gruppetto di Tassorosso si era frapposto fra loro, celandola alla sua vista.
Quando finalmente i ragazzi si erano spostati, lei era sparita.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Agosto. ***


Attenzione: prima di questo capitolo è stato inserito un Prologo postumo!

2. Agosto.

- Davvero notevole - commentò impressionato il signor Whistler, Primo Istruttore del rinomatissimo corso di Pozioni Avanzate della Cambridge Magical University. - Erano anni (che dico!) decenni che non mi ritrovavo fra le mani un risultato di questa levatura.
Un mormorio eccitato pervase la classe.
Gli studenti, tutti maghi e streghe estremamente qualificati (per frequentare Pozioni Avanzate presso la Magical, bisognava essere nientemeno che degli assi del calderone), allungarono il collo, incuriositi. Nell'aria aleggiava una forte fragranza di competizione, senz'altro alimentata dall'inedita espressione compiaciuta del signor Whistler che, di solito, era un soggetto dal piglio severo e intransigente. Chi di loro era riuscito nell'intento di lasciarlo così gradevolmente sorpreso?
Un brusco cenno dell'insegnante zittì il brusio. Un silenzio di tomba cadde immediatamente all'interno dell'aula, mentre il Primo Istruttore riprendeva la parola.
- 456 Summa Cum Laude. Un'Amortentia assolutamente per-fet-ta. L'ultimo ad avere ottenuto un punteggio superiore a 450, in questo momento, svolge l'onorevole professione di docente di Pozioni ad Hogwarts.
Il cicaleccio riprese, più eccitato che mai. La maggior parte dei presenti sapeva bene a chi si riferisse il signor Whistler: Severus Piton era stato professore di molti di loro.
- Come da regolamento, allo studente capace di meritare un voto di questo calibro (che tiene conto, chiaramente, anche dei risultati pregressi), la Cambridge Magical University offre la possibilità di lavorare con i migliori del settore. Signori: dopo più di vent'anni, abbiamo finalmente un candidato ad Assistente alla cattedra di Pozioni, che affiancherà il professor Piton sulle classi che si stanno preparando ad affrontare i M.A.G.O.
Gli studenti gongolarono. 
Un tirocinio ad Hogwarts in qualità di assistenti di Piton era il sogno proibito di qualsiasi aspirante pozionista. Chi era, chi era il fortunato che era riuscito ad accaparrarsi l'ambito premio?
- I miei più sentiti complimenti, signor Macnair - declamò il signor Whistler, con sussiego, dopo una breve pausa ad effetto. - Mi raggiunga qui alla cattedra, per cortesia.
Un giovane mago vestito di nero, che fino a quel momento se n'era stato seduto silenzioso in prima fila, alzò gli occhi e lo guardò in modo vagamente inespressivo. L'Istrutture gli rivolse un secondo cenno d'invito; lui allora si alzò in piedi e lo raggiunse lentamente, stringendo appena le labbra. Era alto e piuttosto magro, con uno sguardo un po'vacuo nelle iridi celesti e abbigliato in modo ineccepibile. 
Indossava una camicia bianca immacolata, pantaloni (neri) perfettamente stirati, scarpe (nere) così lucide da potervisi specchiare e cravatta (nera) annodata alla moda di Glasgow. Il cardigan (nero) non aveva  un pelo fuori posto. A coprire il tutto, una toga (ovviamente nera) scrupolosamente inamidata aperta sul davanti e, cosa rara in un pozionista, priva di qualsivoglia macchia, patacca, rammendo o bruciatura. Unica nota stonata, ma tutto sommato comprensibile, un paio di pesanti occhialoni protettivi di vetro spesso, che il ragazzo teneva in bilico sulla fronte, a trattenere i capelli.
Si vedeva lontano un miglio che era un tipo attento ai dettagli. Beh, Macnair era un vero e proprio maniaco dei dettagli, in effetti. E, proprio per questa ragione, uno dei pochissimi in grado di raggiungere un simile punteggio in quello che era considerato uno dei corsi di Pozioni più impegnativi di tutto il Mondo Magico Occidentale. Per frequentare Pozioni Avanzate era necessario aver superato Antologia dell'Antidoto (dalla A alla Z), Pozioni I e II, Teoria della Bollitura, Storia dei Preparati I, II e III, Erbologia Elementare e Erbologia Erudita (queste ultime col massimo dei voti), Fisica della Condensa, Tecniche di Alambicco e Velenologia (parte A e parte B). Il soggetto in questione, ovviamente, aveva già dato prova di grande abilità in tutti i corsi richiesti, aggiungendovi addirittura una mirabile prestazione in Poetica delle Stille. 
Davanti al calderone, poi, Bastian Macnair esacerbava il rigoroso puntiglio che dedicava ad ogni cosa. Per esempio, insoddisfatto dal margine di errore intrinseco negli strumenti di misurazione, aveva smesso di usare la bilancia, preferendo pesare gli ingredienti con la sua lucida bacchetta di nero ebano, che costituiva una sorta di prolungamento del suo sguardo acuto. Il calderone doveva essere stato pulito e lucidato da lui stesso personalmente, o non andava abbastanza bene. Gli ingredienti dovevano essere disposti rigorosamente sul lato sinistro, ordinati per quantità, peso specifico, colore, nomenclatura, aroma e massa atomico-molecolare. Il fuoco doveva essere stato precedentemente acceso, in tempi proporzionali al tipo di preparazione e col giusto quantitativo di legna; e così via. Insomma, quando c'era in giro lui gli assistenti di sala impazzivano. 
Macnair era metodico, perfezionista, pignolo e ossessivo; caratteristica, quest'ultima, applicabile non solo al suo comportamento nei riguardi dei preparati magici ma anche in quel che concerneva alcuni altri interessanti e insospettabili (e assai meno accademici) aspetti della sua vita.
- Il professor Piton è già stato avvertito e si è dimostrato entusiasta della possibilità di lavorare con Lei, signor Macnair - disse Whistler, non appena quello l'ebbe raggiunto. - Mi ha pregato di farle sapere che l'attende ad Hogwarts il prossimo 1°settembre (dopodomani) per dare inizio alle attività.
- La ringrazio, professor Whistler.
- Qualche domanda?
- No, professor Whistler.
- Eccellente. Vada a preparare le sue cose e... mi raccomando, faccia onore alla nostra illustre istituzione.
 
"Faccia onore" rise Macnair fra sé e sé mentre, con precisi movimenti del polso, faceva levitare i suoi effetti personali nel baule. "Ridicolo".
L'ultima toga nera perfettamente ripiegata andò a posarsi in cima ad un'ordinata pila di consimili. L'interno del baule sembrava essere stato sistemato con riga, squadra e filo a piombo. A sinistra gli abiti; al centro i libri; sulla destra il materiale pozionistico. Macnair guardò dentro con occhio critico e poi distese i lineamenti, soddisfatto. Un lieve rossore pervase il suo viso pallido e abitualmente impassibile; il ragazzo non seppe trattenersi dal prorompere in una risata afona ripensando all' "onore" decantato dal Primo Istruttore.
"Sì, e come no. Sticazzi di onore, coglione" pensò divertito, fra sé e sé. Come se essere il migliore alunno di quel pallosissimo corso costituisse, di per sé, un obiettivo, una qualche finalità. Macché. Niente di più inesatto: il suo rendimento esemplare, opportunamente premiato da sfolgorante riconoscimento, altro non era che un mezzo. Una maniera molto ben studiata che, con un po' di fortuna e abilità, gli avrebbe permesso di centrare il vero obiettivo della sua vita. Un obiettivo, guarda caso, dotato di nome, cognome, soprannome, capelli biondi lunghi e morbidi, un esotico accento inglese delle colonie ultramarine ed un'innata predisposizione per il volo.
Tornare ad Hogwarts nei panni di Assistente di Pozioni faceva parte del Piano. Il resto, con l'aiuto di Salazar, sarebbe venuto da sé.
 
La pura e semplice verità: di ineccepibile, Bastian Macnair non aveva as-so-lu-ta-men-te nul-la. Intelligente e dotato, questo senza ombra di dubbio. Diligenza e discrezione, però, erano prerogative che lui riservava all'ambiente accademico. Al di fuori, le cose stavano in ben altra maniera. Ah, se il signor Whistler avesse saputo cosa combinava la sua tanto decantata Punta di Diamante quando non se ne stava china sui libri o intenta a trafficare col calderone!... Se avesse anche solo intuito quel che si agitava dietro a quel musetto lavato e ai begli occhi chiari come l'acqua!...
Assiduo? E come no. A lezione e in biblioteca. Ma anche: assiduo frequentatore di postacci di dubbia reputazione - roba che avrebbe sicuramente fatto rizzare i radi capelli bianchi dell'esimio Istruttore.
Rigoroso? Assolutamente sì. Nello scaldare tanto i banchi (nel senso di studioso) quanto i letti delle compagne di corso (rigorosamente bionde, ovviamente), che spesso gli chiedevano aiuto coi compiti e non solo (la cosa si spiega da sé).
Inappuntabile? Certo. Nell'impegno e nel puntiglio dedicati ad ogni cosa. E anche questo, oltre a spiegarsi da sé, fornisce chiare indicazioni circa il successo di Macnair da parte del pubblico femminile.
Insomma: un soggetto tutt'altro che meritevole e - men che meno! - moralmente irreprensibile. Che, una volta richiuso il coperchio del baule con estrema attenzione, si apprestava a fare il suo ritorno ad Hogwarts con l'allegria della faina che si accorge della porta del pollaio dimenticata aperta.
 
La serratura del baule scattò.
Proprio in quel momento, la porta della stanza si aprì e Carbry Bell, il compagno di dormitorio di Macnair, fece la sua comparsa. Alle sue spalle levitava una cassa di vecchi tomi di Magimedicina e diversi modellini di organi umani stregati in modo da avvertire l'apprendista di turno in caso di malessere. Probabilmente si trattava di materiale di seconda mano perché una milza piuttosto malconcia stava strepitando  a voce altissima parole senza senso.
- Viaggio in vista? - volle sapere Carbry, addocchiando il baule.
- Me ne vado. Hogwarts. Fino a giugno.
- Hai vinto "La borsa"?!
- Modestamente.
- Tienili sotto, Bastian. 
- Sarà fatto.
- Mia sorella, invece, ti sarei grato se non la tenessi sotto. Soprattutto non nel modo in cui sei abituato a tenerle sotto tu.
Macnair lo guardò con affettuosa sufficienza e sorrise.
- Parola d'onore - rispose, posando la mano sul petto (il che, da parte sua, non era garanzia di nulla). - Frequenterà Pozioni?
- Sì. Al sesto anno. Vacci piano.
- Lascia fare a me.
Carbry si diede una rassettata alle pieghe del kilt e pescò dalla tasca della giacca un accendino e altro materiale fumogeno.
- Birretta d'addio?
- No, mio caro. Sono in partenza. Stasera dormo a Londra da mio zio. Detesto le levatacce, lo sai.
 
Walden Macnair si trovava nel suo laboratorio, intento a fare ciò che Bastian ricordava di vedergli fare fin da quando era bambino: affilare meticolosamente le lame dei suoi strumenti da boia. Accette e mannaie, tutte perfettamente lucide, erano disposte in modo maniacale in ordine decrescente. Sulla parete dirimpetto la porta era appesa una nutrita collezione di cappe nere con cappuccio appuntito, di quelle con i due appositi fori per lasciare fuori gli occhi. 
L'uomo alzò lo sguardo quando il nipote bussò alla porta; riconosciutolo, gli sorrise in modo impercettibile (per uno come lui, si trattava di un gesto d'affetto quasi smisurato) e gli fece cenno di entrare.
Bastian, che adorava quel posto, non si fece pregare. Raggiunse lo zio e gli si sedette vicino, stando bene attento che le scintille che sprizzavano dalla mola in movimento non gli rovinassero il tessuto dei pantaloni  dalla piega perfetta.
- Signor zio, stanotte dormo qui.
- Sei in partenza, Sebastian?
- Vado ad Hogwarts a fare da assistente a Piton.
- Quel voltagabbana di Silente.
- Proprio lui.
- Per fortuna quest'anno ci penserà Dolores a riportare un po' di ordine in quella catastrofica scuola.
- Finalmente qualcuno che il Saggio Salazar approverebbe.
- Già.
- Già.
- Tienilo sotto. Piton, intendo.
- Può scommetterci, signor zio.
 
Note:
A volte gli OC ricorrenti avanzano richieste e gli autori devono fare un piccolo sforzo per accontentarli. Macnair, che ultimamente viaggiava un po' troppo sulle frequenze del depresso andante, ha chiesto la chance di divertirsi un po' e io ho deciso di accontentarlo. Con ciò non prometto che, questa volta e in questa sorta di AU al contesto abituale delle mie storie, il mio malvagio favorito riuscirà finalmente a conquistare Alicia Spinnet. Potrebbe succedere come potrebbe non succedere. Si vedrà.
Lei sarà sempre la stessa Spinnet del mio headcanon: australiana, bionda e schiva, un po' terra-terra ma simpatica e affidabile.
Lui sarà sempre lo stesso Bastian: elegante, maniaco dell'ordine, tendenzialmente insano e bistrattatore di ornitorinchi domestici.
Il contesto, per una volta, sarà eccezionalmente leggero. Come è giusto che sia. Aggiornamenti lenti e assolutamente senza impegno.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Settembre. ***


3. Settembre.
 
- ...mollare Pozioni?!
Aham.
- Toglitelo dalla testa, Aussie!
Angelina Johnson drizzò la schiena e si riposizionò sul sedile di velluto, facendo fremere le narici. I due Weasley, seduti accanto a lei, appellarono una ciotola di pop-corn dal carrello della strega vivandiera, che passava in corridoio proprio in quel momento. Amanti inveterati di un po' di sana maretta, Fred e George si animavano sempre quando cominciava ad aleggiare un clima di discussione nell'aria. Soprattutto un pressoché inedito match Johnson-Spinnet: evento assai raro a osservarsi e decisamente interessante a presenziarsi.
- Scommetto trenta a uno sulla Aussie. Zitta zitta, lei, ma sa essere testarda come un casuario  - mormorò Fred, complice lo sferragliare delle ruote dell'Espresso di Hogwarts, che scivolavano rumorose sui binari.
Naaah - lo zittì George con un gesto secco della mano e un'alzata di spalle. - Angie ad occhi chiusi, è naturale. Ogni suo desiderio è un ordine, si sa.
- Grazie per la preferenza, G - interloquì Angelina, mettendosi in posizione d'attacco (cioè con le treccine pronte e roteanti tutt'intorno alla testa) - aiutatemi voi a convincere questa zuccona di una bogan...
- Non c'è niente da convincere, mate - Alicia Spinnet guardò la sua amica con aria esasperata e strinse le labbra. - Tu hai già la preconvocazione delle Harpies, ed io quella degli Warriors. Perché complicarsi la vita con una materia pallosa come Pozioni?!
Lee Jordan, che sedeva fra lei e il finestrino, le passò un braccio attorno al collo facendole da cappio. 
- Saggia e adorabile Aussie - rise, scuotendo qua e là i lunghi ciuffi di rasta. Uluru, l'ornitorinco domestico di Alicia, dormicchiava a pancia in su sulle ginocchia del ragazzo, con le quattro zampette palmate aperte 'a stella'. - Dalle ascolto, Johnson: più Quidditch, meno calderoni! - Né Lee né i gemelli, a differenza delle due compagne di classe, frequentavano più quel corso dalla fine del quinto anno perché, per il livello M.A.G.O., Piton accettava solo gli alunni da Eccezionale.
- Quidditch E calderoni, Jordan - lo corresse Angelina, imperterrita, portando istintivamente la mano sulla sua lucidissima spilletta da Capitana. - Sai che la squadra, per me, viene prima di tutto. Ciononostante - proseguì, puntando il dito bruno su Alicia - bisogna pensare al futuro. E soprattutto: io non ho la minima voglia di seguire Pozioni da sola, senza uno straccio di Grifondoro a lavorare in coppia con me!
 
- Ma quello è fuori di testa!...
Leanne Kaplett, attorniata dagli altri Grifondoro del sesto anno, pontificava strabuzzando gli occhi. La Sala Comune era gremita, a quell'ora, ma il gruppetto schiamazzava, facendo un baccano del diavolo ed imponendosi sul brusio di fondo.
- Ed era solo il primo giorno!... - le fece eco Eloise Midgen che di solito, timida com'era, non faceva mai sentire la sua voce in pubblico. La prima lezione di Pozioni dell' Anno Scolastico, a quanto pare, si era rivelata un'esperienza a dir poco sconcertante.
- No, dico... avete visto come ha guardato il mio calderone? - intervenne Cormac McLaggen, scuotendo sconsolato la testa bionda e ricciuta. - O meglio: come NON l'ha guardato. Mi ha detto: "Le sembra un recipiente sufficientemente decente per farvi bollire un preparato magico?"... Sembrava stesse per vomitare!...
- E poi ti ha messo ZERO! - esclamò Katie Bell, costernata. - Ha preso la tavoletta e ti ha messo zero!... L'ho visto io!...
- Non gliene è andato bene uno. "Troppo sporco" "Troppo nero" "Troppa ruggine" "Troppo unto" "Troppo zozzo" "Vomitevole" "Disgustoso" "Che schifo" - Leanne era esterrefatta. 
- Non ci bastava Piton - continuò McLaggen, in tono insofferente. - Ci dovevano appioppare anche un maniaco della lucidatura. - Il ragazzo era furibondo. Quella sera, ad aspettarlo, c'era una bella sessione di strofinamento dei calderoni più infeltriti della scuola: una punizione speciale affibbiatagli dall' Assistente in tempi record per aver osato rispondere che "tanto, dentro al calderone, si mescola tutto".
- Quello è maniaco in generale, datemi ascolto - rincarò Leanne, riprendendo la parola. - Della lucidatura, della pulizia, dell'ordine...della perfezione, per Godric!
- E non so voi - aggiunse Eloise tremando, uno sguardo allarmato nelle iridi chiare. - Ma a me, il modo che ha di guardare la gente, mette i brividi...
- Assolutamente ag-ghiac-cian-te - convenne Katie, facendo ondeggiare la frangetta corvina in un cenno di assenso. - Sembra che ti stia passando da parte a parte... Devo scrivere ad Oliver per chiedergli se si ricorda di lui.
- Io per dire il vero mi ricordo di quando studiava qui - ammise Leanne, leggermente imbarazzata. - Ma mi sembra di ricordare che fosse un soggetto piuttosto inquietante già allora...
- E perché mai ti ricordi di lui?!
- Beh, ha degli... occhi davvero bellissimi, no? - si giustificò la ragazza, tentando di buttarla sul ridere. - Di quello bisogna dargli adito, no?...
- Fanno spavento! - sentenziò Eloise, arricciando il naso.
- Quel tipo mangia ghiaccio a colazione! - convenne Katie, mimando un brivido di freddo. Non le passava neanche per la testa che il nuovo Assistente potesse essere la stessa persona che condivideva la stanza con suo fratello a Cambridge, e di cui Carbry aveva sempre parlato poco, ma piuttosto bene.
In quella, l'arrivo di Angelina accompagnata da Alicia, Fred, George, Harry Potter e Ronald Weasley interruppe il cicaleccio concitato dei ragazzi.
- Bando alle ciance, Bell! - esordì la Capitana con voce stentorea, senza neanche premurarsi di chiedere loro di chi diavolo stessero parlando. Lei e i compagni erano già vestiti di tutto punto e stringevano fra le mani le rispettive scope. - Allenamento di ricognizione. Hai cinque minuti. Avanti, marsch!
 
Ripensandoci, in seguito, Alicia Spinnet si disse che, se tutti loro fossero stati meno invasati di Quidditch e più avvezzi al pettegolezzo, lei avrebbe avuto qualche ora in più per prepararsi psicologicamente alla batosta che l'aspettava. Purtroppo per lei, però, l'entusiasmo per l'imminente ripresa del Campionato fece sì che, quel pomeriggio, la squadra al gran completo, come sempre seguita a ruota da Lee Jordan e da altri simpatizzanti, si fiondasse al campo ovale senza preoccuparsi di indagare oltre circa il motivo di lamentela da parte dei Grifondoro del sesto anno.
Cosicché, il giorno dopo, la lezione di Pozioni finì per rivelarsi la più concreta e terrificante materializzazione dei più segreti incubi della bionda e intrepida Aussie. 
Angelina, inutile dirlo, l'aveva avuta vinta, riuscendo nell'intento di convincerla a non abbandonare il corso; fu di buon mattino, quindi, che le due ragazze scesero dalla Torre del Grifondoro trascinandosi dietro il De Potionibus Kit completo di calderone, libri di testo, valigetta degli ingredienti e strumenti di misurazione. Fecero colazione attorniate dagli alunni più giovani, che come loro avrebbero avuto lezione alla prima ora, e chiacchierarono animatamente circa i nuovi anelli fatti installare sul campo da Quidditch - ignare del fatto che due occhi chiari come l'acqua, strategicamente posizionati all'estremità più discosta della tavolata dei professori, si erano fissati su Alicia non appena questa aveva fatto il suo ingresso in Sala Grande, ed ora seguivano con attenzione ogni suo minimo movimento.
Bastian Macnair era deliziato.
Il giorno prima aveva già avuto un discreto assaggio, avendo per puro caso (e come no!) intravisto l'oggetto dei suoi desideri che passava nel corridoio principale diretto al campo, in compagnia dei membri della squadra. Erano anni che non la incontrava di persona (possedeva alcune foto recenti ritagliate con estrema cura dalla sezione sportiva del giornalino scolastico), ma gli era bastato un battito di ciglia per riconoscerla, e ancora meno perché una cocente bramosia lo ricolmasse fino all'orlo. 
Vederla volare, poi (aveva spiato l'allenamento dalla Torre di Astronomia, il che gli aveva permesso di zoomare più volte sul viso concentrato di Alicia, mentre questa si apprestava a battere una sequenza di rigori), l'aveva reso euforico a tal punto da ritardare di diverse ore, quella sera, l'arrivo del suo sonno. Alicia Spinnet era, invero, assai graziosa ma, oggettivamente, non lo era di più di tante altre. Era una ragazza dotata di una bellezza innegabile ma discreta, e non particolarmente appariscente o curata. Era nel volo, continuava a pensare Bastian, girandosi e rigirandosi nel letto, che l'anima libera, indomita e un po'selvatica di Alicia (che, solitamente, tendeva ad una schiva discrezione) si manifestava per intero; non per niente era stato proprio vedendola volare che il ragazzo, anni prima, aveva irrimediabilmente perso la testa per lei.
A quei tempi, però, Alicia frequentava ancora il terzo anno ed era poco più di una marmocchia: troppo giovane, troppo bambina per certe cose. Bastian ci aveva anche provato, ad invitarla ad uscire con lui, ma il suo biglietto non aveva mai ottenuto risposta. La questione era quindi rimasta in sospeso, in attesa di una soluzione che se i suoi Piani fossero andati in porto, pensò l' Assistente mentre si alzava discretamente dal tavolo per recarsi nei sotterranei, si sarebbe presentata nei mesi a venire.
 
Alicia e Angelina entrarono in classe con un lieve ritardo. Mentre uscivano dalla Sala Grande, infatti, erano state intercettate e bloccate da Roger Davies, il Capitano della squadra del Corvonero che, con fare preoccupato, aveva riferito loro che la Umbridge - nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure e pezzo grosso del Ministero - aveva deciso di arrogarsi il diritto di decidere se alle squadre sarebbe stato concesso di disputare il Campionato.
- Robe da matti! - stava commentando Angelina con la consueta verve mentre le due ragazze, trascinandosi dietro l'attrezzatura, scivolavano discretamente in ultima fila. 
Piton recitava i nomi degli alunni con voce atona.  L'appello era già cominciato. 
- Burrow, Randolph.
- Presente...
- Cadwallader, Ross.
- Presente!
- Inglebee, Duncan.
- Presente.
- Johnson, Angelina.
- Presente! - rispose la Capitana con voce squillante, mentre sistemava i libri nel ripiano inferiore del banco.
- Macavoy, Heidi.
- Presente, professor Piton.
- Montague, Kain Craig Graham.
- Presente - rispose una voce grossa.
- Page, Grant.
- Presente, signore.
- Spinnet, Alicia.
- Presente, profess... - Alicia si sporse oltre la sagoma mastodontica di Graham Montague che, seduto davanti a lei, occludeva completamente la vista della cattedra. La ragazza alzò gli occhi, cercando il viso del professore per rispondergli a dovere; al posto di quelli scuri di Piton, però, si imbattè in un paio di occhi chiari e glaciali che si puntarono nei suoi e la fecero raggelare, impedendole di concludere la frase.
"Oh, Godric Santissimo. Lui. Qui." furono gli unici pensieri sconnessi che le riuscì di formulare, mentre Piton concludeva l'appello con uno strascicato "Warrington, Clide".
- Molto bene - esordì l'insegnante, con la consueta voce piatta. - Prima di cominciare, le dovute presentazioni. Il qui presente signor Macnair - (Alicia boccheggiò nell'udire pronunciare quel nome) - mi affiancherà, in qualità di Assistente, nei corsi di Pozioni (livello M.A.G.O.) durante tutto l'Anno Scolastico. 
Un mormorio sorpreso percorse la sparuta classe, composta dai pochi sopravvissuti alle rigorose scremature anteriormente operate da Severus Piton. Bastian Macnair non disse nulla, limitandosi ad annuire in modo impercettibile. Accanto a lui, Piton aveva l'aria di uno spaventapasseri particolarmente logoro e dimesso. Montague e Warrington, i due alunni del Serpeverde, si scambiarono un'occhiata soddisfatta: avevano subito riconosciuto Bastian e speravano di ricavare qualche vantaggio dal fatto che, in passato, l'Assistente fosse appartenuto alla loro Casa.
Un'alzata di sopracciglio di Piton smorzò il brusio.
- Ci tengo a precisare che il dottor Macnair è uno dei più promettenti studenti della Cambridge Magical University e che, pertanto, dispone di tutte le competenze necessarie per svolgere adeguatamente il ruolo di Assistente. Ricordatevelo bene: tanto al di fuori, quanto all'interno della classe, lui rappresenta me. Avrà, pertanto, il potere di attribuirvi voti, premi e punizioni. Mi aspetto che lo trattiate con il rispetto che si deve ad un docente di ruolo. Sono stato chiaro?
Si udì una serie di timidi "sì".
- Eccellente. Ora possiamo cominciare. Via le bacchette e fuori il materiale - ordinò Piton, alzandosi dalla cattedra.
 
Divisi in coppie, dovevano mettere insieme una banalissima Pozione Restringente. Unica particolarità, il fatto di non potersi avvalere della magia per accedere il fuoco.
- Talvolta ci si trova a dover lavorare in condizioni emergenziali - aveva chiosato Piton, dopo aver illustrato loro l'esercizio e fatto Evanescere i banchi. - Vediamo come ve la cavate. Sebastian, occupati tu della supervisione, per piacere.
L' Assistente, che fino a quel momento si era limitato a scrutare la classe con aria impassibile, prese a circolare fra i ragazzi al lavoro, tavoletta alla mano e occhialoni protettivi in bilico sulla fronte.
- Molto bene, ottima trovata - disse in modo freddo ma condiscendente ad Heidi Macavoy che, previdente, portava sempre nella borsa un barattolino di fuoco portatile, grazie al quale lei e Cadwallader erano riusciti ad accedere il fuoco. - Cinque punti a Tassorosso.
I due studenti del Serpeverde, per loro grande disappunto, non riscossero lo stesso plauso. Warrington e Montague avevano sì acceso il fuoco, avvalendosi di un comune accendino babbano; poi però Montague, da fumatore incallito qual era, non aveva resistito e si era acceso una Hermes Senza Filtro ed ora i due, in maniche di camicia, rimestavano nel calderone fumando alla stregua di Maghi Dervisci. 
- Cenere. Nel calderone - soffiò Macnair guardando oltre il bordo del recipiente con occhio critico. - Deplorevole. Tre punti in meno a Serpeverde.
Nessuno si azzardò a ribattere anche se, dalle espressioni poco lusinghiere che si dipinsero immediatamente sui loro volti, i due ragazzi non l'avevano presa affatto bene.
I tre Corvonero, dal canto loro, si affaccendavano con pietosi ed inconcludenti tentativi di incantesimi non verbali. Macnair li ignorò e passò oltre, diretto verso il fondo della classe. Il calderone delle due Grifondoro sobbolliva allegramente mentre Angelina Johnson, che aveva raccolto in alto le treccine in un turbante colorato dai vivaci colori africani, rimestava soddisfatta e diceva:
- Un filino più forte, Aussie...
"Ma dov'è finita?" si chiese Bastian, dato che Alicia non si vedeva da nessuna parte. Procedette ancora di qualche passo per poi arrestarsi di botto (e rischiando seriamente di far decollare la tavoletta che reggeva fra le mani). "Oh. Ma per tutti i Chiodi Fissi del Barone Sanguinario!..."
Eccola lì.
Letteralmente infilata sotto il calderone, in ginocchio sul pavimento di pietra e china in avanti a soffiare sul fuoco:
"Su quello del calderone e sul mio" pensò Macnair, osservando a bocca aperta la silhouette longilinea della ragazza e la linea morbida delle sue gambe abbronzate dal sole di Tropici (piene di graffietti da rametto di saggina) che spariva sotto l'orlo della gonna pieghettata.
"Calma, vecchio mio. Calma" si disse, sconcertato, tirando giù gli occhialoni e chinandosi a sua volta. "Succeda ciò che succeda. Stai. Calmo".
- Che cosa sta facendo qui sotto, signorina Spinnet? - domandò, sforzandosi di suonare neutro e inespressivo. Alicia tirò su la testa e quasi fece un salto indietro nel ritrovarsi, così all'improvviso, a pochi centimetri dagli occhi celesti dell' Assistente, amplificati dal vetro spesso degli occhialoni.
- Io... io... Stavo soffiando sul fuoco, professor Macnair - balbettò la ragazza a voce bassissima, tentando di darsi un tono. Aveva i capelli pieni di cenere e una riga di fuliggine nera sulla guancia. Un'autentica selvaggia. In condizioni normali, l'esimio Assistente sarebbe svenuto dinnanzi a tanta incuria. Però quel "Macnair" pronunciato con l'accento d'oltremare, osservò Bastian con un tuffo al cuore, suonò simile ad un "Macneeeer" tanto bello da rallegrarlo immensamente. Era la prima volta che gli si rivolgeva chiamandolo per nome.
- E come avete fatto ad accendere il fuoco?
- Ah... c-con queste - rispose lei nervosamente, aprendo le dita della mano. Aveva le unghie sporche di carbone - altra cosa che, in chiunque altro, Bastian avrebbe giudicato di una sciatteria imperdonabile -; sul suo palmo erano posate due pietrine vermiglie molto porose. - Sono...p-pietre focaie a-aborigene - spiegò lei tutto d'un fiato, gli occhi verdi tenuti scrupolosamente bassi. Le aveva usate innumerevoli volte per accedere il fuoco durante le sue scorribande nell'outback in compagnia dei fratelli Zahu, suoi amici d'infanzia; questo, però, Alicia si guardò bene dal riferirlo.
Occhialoni su. Bastian si rimise dritto.
- Davvero ingegnoso - fu il suo unico commento mentre si allontanava segnando qualcosa sulla tavoletta, un po' compiaciuto per essere riuscito a strapparle una manciata di parole, e un po' dispiaciuto, perché aveva notato chiaramente che Alicia aveva ancora paura di lui.
 
Beh. 'Paura' non era il termine più adatto per descrivere i sentimenti di Alicia Spinnet. La verità era che Bastian Macnair la spaventava a morte; senza esagerazioni: l'atterriva. Colpa del modo in cui la trattava quando era ancora una bambina al primo e secondo anno: a quei tempi, lui si divertiva a metterle ansia. La prendeva in giro crudelmente per il suo accento un po' strano e si accaniva su Uluru, minacciando di fargli dare una bella ripassata da suo zio Walden, il boia.
Poi, però, le cose erano cambiate - e, forse, erano cambiate in peggio. Un mattino d'inverno, a metà del suo terzo anno, Alicia era stata svegliata da un intenso becchettare sul vetro della finestra. Si trattava di un'enorme ed inquietante cornacchia nera che, facendo scattare il becco appuntito, le aveva consegnato un biglietto vergato a mano con calligrafia elegante.
Signorina Spinnet - c'era scritto semplicemente - spero vorrà concedermi il piacere della sua compagnia in occasione della prossima uscita ad Hogsmeade.
E sotto, una firma che l'aveva lasciata a dir poco sbalordita:
Sebastian A. Macnair, Prefetto.
Alicia aveva ripiegato il biglietto in tutta fretta, sconvolta, arrovellandosi freneticamente "Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa cazzo faccio?!". Pensandoci e ripensandoci, aveva finito per non rispondere. Il giorno della gita si era data malata e non si era azzardata a mettere piede fuori dalla Sala Comune del Grifondoro.
Non aveva mai raccontato a nessuno dell'invito. A nessuno, tranne che ad Uluru.
E proprio con l'animaletto, quella sera, la ragazza vide bene di sfogare tutta la sua apprensione. La bestiola la guardava comprensiva e emetteva piccoli schiocchi secchi col becco.
- Lui è qui, Uluru! Lui. Sai di chi parlo. Di nuovo qui, ad Hogwarts! A... a farmi da insegnante!... - esclamò la ragazza, maledicendo Angelina che l'aveva convinta a proseguire con Pozioni.
L'ornitorinco nascose gli occhietti sotto alle corte zampette palmate. Neanche a lui piaceva Bastian Macnair. Non gli piaceva per niente, no-no. Il solo ricordo di quel tipo sinistro gli faceva venire voglia di tornare dentro l'uovo deposto tanti anni prima dalla sua amorevole mamma.
 
(Un bel po' di) note:
1) Dicevamo: la 'mia' Alicia è nata in Australia, quindi la sua caratterizzazione è legata a quel Paese. Tanto per cominciare, è soprannominata 'Aussie', appellativo che gli australiani usano per indicare i loro connazionali. Possiede un ornitorinco domestico chiamato Uluru (nome aborigeno dell'Ayers Rock). Usa termini tipici dello slang australiano, come 'mate' (amico/a) e 'bogan' (sempliciotto, zoticone - qui usato da Angelina per farle il verso). Il casuario, citato da Fred, è un uccello simile allo struzzo, dotato di una cresta cornea molto dura.
2) Il cognome di Leanne (Kaplett), sconosciuto nella saga originale, l'ho inventato io e corrisponde a quello che le ho dato in "Le prodigiose sorprese di un Armadio Svanitore". Alla stessa long si lega la mia scelta di chiamare Montague col nome 'Graham', e non Kain o Craig (in HP la questione è controversa).
3) I nomi degli alunni presenti a lezione di Pozioni sono tutti esistenti nella saga originale (ho inventato solo "Ross" e "Clide", perché del Tassorosso Cadwallader e del Serpeverde Warrington non si conosce il nome). Le scelte sono state casuali, eccetto nel caso di Heidi Macavoy (anch'essa Tassorosso), per ragioni che non mi metto a spiegare qui ed ora. Per curiosità, Burrow, Inglebee e Page sono studenti del Corvonero.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ottobre. ***


4. Ottobre.


Dove l'Assistente, pazzo di gelosia, si comporta da coglione sottraendo (e finendo per perdere a sua volta) punti preziosi, che però riesce poi a recuperare con una giocata di gran classe.

Collegio docenti.
Riunione dei professori.
Riunione dei responsabili delle materie scientifiche (Pozioni/Erbologia/Creature Magiche).
Fin qui tutto bene. Mediamente tedioso, ma ragionevole.
Riunione settimanale di Aggiornamento circa i Decreti Didattici Ministeriali. Riunione settimanale di Definizione delle Proibizioni. Riunione settimanale di Regolazione Morale.
Ah, questo no. Regolazione Morale, poi. "Ma anche no". L'Assistente di Pozioni era sommamente annoiato e immensamente seccato.
All'ennesimo "dobbiamo rivedere" della Umbridge, la mente di Bastian Macnair trasmigrò via dalla Sala Professori per unirsi ad Alicia Spinnet che in quel momento, a cavallo della sua fedele Comet Meridian (modello K) si allenava a battere i rigori davanti agli anelli difesi da Ronald Weasley. Non poterla spiare durante l'allenamento aggiungeva insofferenza alla già fin troppo intensa impazienza che lo pervadeva.
Disobbedendo all'impulso naturale che lo avrebbe spinto ad adottare una tattica di corteggiamento aggressiva, Bastian aveva deciso di giocare d'astuzia e di lasciare tempo al tempo. Fermamente deciso a trovare il modo di portarsi a casa il suo trofeo, si era impegnato il più possibile a comportarsi in modo insospettabile e professionale (fingere, del resto, gli era sempre riuscito bene), da docente modello; e ben presto si era reso conto di aver azzeccato la tecnica giusta perché, lezione dopo lezione, aveva percepito chiaramente che Alicia, in sua presenza, si comportava in modo via via più rilassato. La ragazza aveva smesso di sussultare quando lo vedeva e, in un'occasione, aveva addirittura osato alzare la mano per rispondere (peraltro correttamente) ad una domanda da lui posta alla classe.
Questo avvicinamento lento e progressivo, oltretutto, gli aveva riservato delle sorprese. Osservandola con discrezione Bastian aveva scoperto, per esempio, che dietro all'indole tendenzialmente schiva e alla sua pressoché assoluta mancanza di ambizioni, Alicia aveva un carattere affabile e pratico; era benvoluta dai suoi amici e, non di rado, sapeva uscirsene con battute divertenti. A scuola, inoltre, era un'alunna diligente e applicata; i suoi temi e compiti in classe, è vero, erano solitamente presentati su pergamene spiegazzate e indegnamente macchiate d'inchiostro (non aveva la minima classe, quella ragazza), ma erano sempre criteriosi e ben fatti. Fra le righe disordinate di quella grafia minuta, introversa e quasi incomprensibile - che, se si fosse trattato di altri, si sarebbe categoricamente rifiutato di leggere - Bastian, ammirato, aveva spesso trovato contenuti originali e brillanti.
A poco a poco, l'Assistente stava insomma scoprendo risvolti inediti di Alicia; aspetti che, fino a quel momento, gli erano del tutto sconosciuti.

Alicia, dal canto suo, doveva ammettere che le cose stavano andando molto meglio di quanto avesse temuto. In classe, l'Assistente si limitava a fare il suo lavoro e non le aveva mai detto né fatto nulla di inopportuno. Era e rimaneva severo e inquietante, è vero, ma la ragazza, a poco a poco, visto che da parte di lui non si era mai verificato nulla di indebito, aveva pian piano cominciato ad abbassare la guardia. Certo, lei non sapeva che, in realtà, era sufficiente che si voltasse di poco o si distraesse un minimo, che immediatamente Bastian tornava a mangiarsela con gli occhi e a fantasticare su cose assai poco consone all'ambiente scolastico; in ogni caso, in sua diretta presenza, lui si comportava in modo ineccepibile e, spesso e volentieri, addirittura tendente alla freddezza.
- Rigoroso ma giusto - aveva decretato Angelina nei riguardi dell'Assistente, e Alicia si era vista costretta a concordare con lei. - A differenza della Umbridge, purtroppo.
Eh sì.
Tempi duri si profilavano per la squadra capitanata dalla valorosa Johnson: si era già a circa metà ottobre ma, del tanto agognato Permesso di Gioco, non si vedeva neanche l'ombra. Angelina le aveva tentate tutte con la Umbridge, ma quella sembrava averci preso gusto a tenerla sulle spine; nel frattempo, la data della partita inaugurale del Campionato (la disputatissima Serpeverde-Grifondoro, tradizionalmente fissata per i primi di novembre) si avvicinava, inesorabile.
Le due ragazze, praticamente, trascorrevano ogni minimo momento libero a confabulare, nel tentativo di architettare tattiche e strategie che avrebbero potuto garantire loro l'attribuzione del permesso; quella mattina di metà ottobre il loro scambio di battute, bisbigliato ma non troppo, finì per irritare immensamente il professor Piton. Il quale ad un certo punto, persa del tutto la sua già esigua pazienza, saltò in piedi e, ringhiando, raggiunse il fondo della classe.
- La Chang mi ha detto che Davies si è beccato una punizione agghiacciante dalla Umbridge... - stava sussurrando Alicia, con un tono neanche troppo basso. - Pare sia stato un po' troppo insistente nel chiederle il permesso...
- Johnson, Spinnet! - il ruggito dell'insegnante le fece letteralmente saltare sull'attenti. - Adesso basta. Avete rotto!
- Oh, ci scusi professor Piton - tentò di blandirlo Angelina, conscia del fatto che un eventuale surplus di grane avrebbe ulteriormente ritardato l'arrivo del permesso. - Stavamo osservando con grande ammirazione il comportamento (così poetico!) dell'algabranchia secca quando entra in contatto col... col...
- ...col purvincolo - concluse Alicia, sforzandosi di apparire convincente.
- Ah sì? E che comportamento avreste osservato, Spinnet?
- Beh... sono molto carini insieme, no?...
Dall'espressione disgustata che si dipinse sul suo volto, Piton probabilmente l'avrebbe fulminata all'istante, ma fortunatamente il professore si astenne dal compiere gesti estremi. Non rinunciò, tuttavia, ad appioppare una piccola punizione alle due ragazze, che furono immediatamente separate. Angelina fu costretta a seguire il resto della lezione insieme ai due Tassorosso (ossia, le andò di lusso, perché sia Cadwallader che la Macavoy erano bravi alunni ed esimi quiddisti, insomma quel che si definisce gente fina). Alicia, meno fortunata, dovette invece unirsi a Montague e Warrington i quali, essendo entrambi membri della squadra di Quidditch del Serpeverde (l'unica ad aver fintanto ottenuto il tanto desiderato permesso), non persero tempo e cominciarono subito a provocarla - 'quasi' bonariamente Montague, un po' meno Warrington.
E proprio quest'ultimo, approfittando del fatto che il compagno si era allontanato dal calderone (Piton stava chiamando uno a uno gli studenti, in ordine alfabetico, per restituire loro i compiti in classe della settimana precedente), cominciò ad intavolare un discorso che all' Assistente, nel frattempo avvicinatosi in silenzio alle spalle sue e di Alicia, non piacque affatto.
- Sai qual è il vostro problema? - stava dicendo il ragazzo, mentre la Aussie si dava da fare a rimestare di buona lena (faceva salire un po' troppi schizzi che sporcavano il bordo del calderone, rovinandone così l'ordine compositivo, ma Bastian mise da parte l'insofferenza, attento com'era alla conversazione) - A voialtre Grifoncelle fa difetto il savoir faire.
- Pahrla chome mooongi, idiota - rispose serafica lei, simulando in maniera pessima un accento francese che, misto a quello australiano, suonò ai limiti dell'orrendo (anche se Bastian, dal canto suo, trovò divertente cotanta cacofonia, avendo appena scoperto un lato inedito della ragazza che, a quanto pareva, sapeva fornire risposte pronte).
Warrington non se la prese.
- Arguta e adorabile Aussie - le disse, scivolando impercettibilmente verso di lei. - Eppure sarebbe così semplice...
Lei gli rivolse un'occhiata del tipo "stammi su di dosso", ma non disse nulla.
- ...potrei parlarci io, con la Umbridge. Non mi va assolutamente di vincere a tavolino con voi. Preferisco la... sfida in campo, con annessi e connessi, se è che m'intendi.
Alicia lo guardò, piacevolmente sorpresa, senza captare l'allusione. Lei e Angelina erano sull'orlo della disperazione, ormai.
- Davvero lo faresti?
- E come no - il ragazzo sorrise, affabile. - Anche se, chiaramente, tutto ha un prezzo.
- Che prezzo?... - Alicia era immediatamente tornata sulla difensiva.
- Perché non discutiamo i dettagli della transazione in altra sede? Noi due soli, magari davanti a due bei boccali di Burrobirra? - buttò lì Warrington. E, non contento, allungò la mano e affondò le dita nei capelli morbidi di Alicia, accarezzandoli in un movimento discendente lungo la schiena della ragazza.
La quale, voltatasi di scatto, stava sicuramente per ribattere qualcosa di tagliente per rimetterlo al suo posto se non che qualcun altro, in piedi dietro di loro e all'apice del furore, fu più veloce di lei.
Si udì un sibilo sferzare l'aria e poi sbam! il suono secco della tavoletta di legno che si abbatteva sulla nuca di Warrington, senza fargli veramente male, ma facendolo comunque vacillare.
- Signor. Warrington - soffiò l' Assistente, con un'espressione che avrebbe fatto impallidire una mezza dozzina di Auror ben addestrati. - Dove accidenti pensa di essere?
- Oh. Professor Macnair... - rispose quello, massaggiandosi il cranio dolorante. - Io... io non...
- Glielo dico io, dove si trova - il tono di Bastian era basso, ma la sua voce graffiante faceva venire i brividi. - Lei si trova in una classe. A scuola! E non ad una festa in un qualche postaccio di dubbia moralità ("Da che pulpito, Bastian" pensò subito, ma sorvolando immediatamente sulla cosa).
- Ma... ma io... ma si scherzava, professore - balbettò Warrington, confuso. - La Aussie qui presente...
- La signorina Spinnet, vorrà dire.
- Oh, sì. Alicia, dicevo...
- Ora basta. Venti punti in meno a Serpeverde.
Il ragazzo lo guardò sbigottito.
- Ve... venti punti?! Ma... ma lei non può...
- Posso eccome.
- Ma venti punti! A Serpeverde... la sua Casa...
A quel punto Bastian s'incazzò sul serio.
- È proprio perché è la mia Casa - ringhiò torvo, puntando gli occhi in quelli di Warrington e facendolo raggelare - che ho il dovere di essere doppiamente severo. Il grande Salazar sarebbe molto, molto deluso se sapesse che, fra le sue fila, si annida l'incompetenza. Ed ora - concluse l'Assistente, abbassando la voce di un'ottava - la prego di lasciare l'aula. Fuori di qui.
Il ragazzo lo guardò fisso per un momento, per poi trascinarsi a testa bassa verso il banco, dove aveva lasciato le sue cose. Bastian udì distintamente la voce profonda di Graham Montague che chiedeva al compagno: "Si può sapere che cosa diavolo hai combinato, coglione?"
Ignorando ostentatamente il fatto, l' Assistente si girò quindi verso Alicia, che non aveva osato muoversi dalla sua postazione accanto al calderone.
- Ed ora lei, signorina Spinnet.
La ragazza lo guardò senza capire; un'ombra di apprensione le passò nelle iridi verdi, facendolo definitivamente imbestialire. "Hai paura di me? Adesso te ne do io il motivo".
- Cinque punti in meno a Grifondoro.
- Cinque punti... ma perché? - la ragazza spalancò gli occhi, incredula. - Ma... ma io non ho fatto niente!...
- Distrae i compagni - decretò Bastian, duro. - Lei è troppo bell... - fortunatamente riuscì a fermarsi in tempo, prima di dire qualcosa che lo avrebbe irrimediabilmente messo nei guai. - Troppo condiscendente, dicevo.
- Condiscendente?!
- Sì. Dà corda a gente che non se lo merita.
- Io, dare... Senta: - La ragazza sostenne il suo sguardo: sembrava delusa e ferita. Bastian avrebbe potuto giurare che, per la prima volta da quando la conosceva, Alicia si stava impegnando a tenergli testa. - Io non do corda a nessuno. - (Queste parole lo colpirono come uno schiaffo in pieno viso: chi meglio di lui, che mai aveva ricevuto da lei cosa che gli piacesse, avrebbe potuto sentirle più sue?) - Io non ho fatto niente; questa penalizzazione non è giusta, e lei lo sa.
L'Assistente stava per aprire bocca (non sapeva neanche lui che cosa rispondere: era più che conscio del fatto di stare commettendo un'ingiustizia bella e buona) quando Piton intervenne, peggiorando ancora di più le cose.
- Signorina Spinnet - biascicò il professore, piatto. - Quale parte del mio discorso di inizio anno le è sfuggita?
- Co-come?...
- Mi sembrava di essere stato chiaro. Il dottor Macnair rappresenta me. E se il dottor Macnair ritiene di doverle sottrarre dei punti, detti punti verranno sottratti. Non sta a lei discutere.
- Ma...
- Altri cinque punti in meno a Grifondoro. Vediamo se la cosa la aiuta ad afferrare il concetto. Ed ora - concluse Piton, con un sorriso tagliente - fuori di qui. Vada a fare compagnia al suo amico Warrington, da brava.
Alicia guardò i due insegnanti, prima l'uno e poi l'altro, senza azzardarsi a ribattere.
Poi, stringendo i pugni, si allontanò da loro, lasciando Bastian in preda ad un violento uragano interiore, opportunamente schermato dal sottile e croccante strato di ghiaccio che, agli occhi degli altri, lo faceva apparire freddo ed insensibile.

Aveva fatto una cazzata colossale.
Lo sapeva.
Si era comportato da coglione e, assieme ai punti sottratti al Grifondoro, aveva perso i pochi guadagnati agli occhi di Alicia, rosicchiati con tanta fatica nelle ultime settimane.
Bastian era furioso con se stesso per quest'imperdonabile scivolone. Dopo un minimo ma appagante avvicinamento, che gli era costato una dose inenarrabile di equilibrio e pazienza, la bionda Aussie si trovava di nuovo lontana da lui, più che mai al di fuori della sua portata.
Doveva assolutamente trovare il modo di rimediare. Già: ma come? L' Assistente si arrovellava, ma l'ispirazione non arrivava. Finché, una mattina, un incontro fortuito gli fece balenare davanti agli occhi la soluzione che, manco a dirlo, era di una banalità disarmante.
Bastian si stava recando ai sotterranei dopo una breve visita alle serre (Piton l'aveva pregato di rifornirsi di Bobotubero) quando, per un pelo, non andò a sbattere contro Cho Chang e Roger Davies che, appartati in un angoletto buio, si baciavano come se non ci fosse un domani.
- Ooh - squittì la ragazza, imbarazzata. Frequentava Pozioni al sesto anno; Bastian era suo professore. - Professor Macnair, lei qui...
Bastian, per puro dovere, la squadrò con severità. In realtà, non gli importava un accidente di quello che combinavano gli studenti nei cantucci bui dei corridoi.
- La campanella è suonata, mi pare - disse, gelido, ma senza togliere punti ai due Corvonero, che avevano assunto un'aria di intensa contrizione. - Subito in classe, signorina Chang. E anche lei, Davies, sempre che abbia una lezione cui recarsi, s'intende.
Roger Davies era al settimo anno, ma non seguiva molti corsi. Pozioni, poi, l'aveva abbandonata da tempo, non essendo mai stato quel che si suol dire un alunno da "Eccezionale" (valutazione che, a quanto Bastian aveva sentito dire in giro, si addiceva invece ad altri aspetti della sua personalità). Il ragazzo lo guardò, un po' timoroso; poi, con un flebile "Con permesso", si girò per andarsene in tutta fretta.
Bastian rimase fermo per un attimo, folgorato da mistica intuizione. Mentre Davies si voltava, un raggio di sole aveva colpito la spilletta da Capitano appuntata sul suo maglione, facendola scintillare. Quell'improvviso bagliore, associato alla parola "permesso", gli diede l'idea che cercava.
- Il Permesso di Gioco! - esclamò, rivolgendosi a se stesso, incredulo per il fatto di non averci pensato prima. Con la mente accelerata, si affrettò a raggiungere il laboratorio di Piton; in seguito, avrebbe fatto una visitina alla cara Dolores Umbridge.

I modi affettati della strega lo facevano vomitare, ma Bastian, sopra ogni cosa, detestava l'ambiente stucchevole che quella megera aveva messo su nella sua classe, tutta pizzi, falpalà e... piattini di porcellana decorati con gattini. Glielo avrebbe dato lui, e più che volentieri, un bell'assaggio di Arti Oscure, a quella creatura deplorevole: e al diavolo il fatto che fosse amica di suo zio Walden.
Bastian teneva fede ad una lunga lista di principi, fra i quali un rigoroso "Se vuoi fare il cattivo, fallo bene", che evidentemente non combaciava con le tinte pastello dell'aula, né con il tè eccessivamente zuccherato propinatogli dalla Umbridge.
La quale, mollemente affondata in una soffice poltroncina di velluto rosa scuro bordata di merletto, sembrava assolutamente estasiata per la visita del giovane Assistente.
- Che piacere averti qui, Sebastian caro - continuava a ripetergli fra sorrisi leziosi, specchiandosi nei begli occhi celesti di Bastian. Lui, messa su la sua espressione più impassibile, si sforzava stoicamente di mantenere celato il disgusto. Cosa che naufragò miseramente quando la strega ebbe l'infelice idea di allungare la mano sopra la cattedra per posarla sulla sua.
- Ce ne vorrebbero di più, di insegnanti giovani ed efficienti come te - gli disse, con voce flautata. - Dovresti venire a trovarmi più spesso: potremmo mettere a punto...
"Ti piacerebbe, vecchia babbiona" pensò lui, ritraendo agilmente la mano. E poi: "Ora basta".
Puntati gli occhi nei suoi, strinse le dita intorno alla bacchetta, che teneva riposta nella tasca della toga, e sillabò:
- Confundus!
Gli occhi della Umbridge si fecero vitrei. Bastian, che era uno che non andava tanto per il sottile e si faceva ben pochi scrupoli, non perse tempo e passò al secondo incantesimo. Sapeva di rischiare grosso con questa mossa, ma era pronto a giocarsi il tutto per tutto.
- Imperius.
La strega abbassò il capo in una lieve riverenza e mugolò:
- Comandi...
- Ora tu scriverai di tuo pugno il Permesso di Gioco per i Grifondoro. Me lo consegnerai e mi ordinerai di recapitarlo alla Vicecapitana della squadra.
La Umbridge trasse dal cassetto della scrivania un foglio di pergamena orlato di raso lucido e una lunga penna di fenicottero rosa. In men che non si dica il tanto agognato permesso, firmato e timbrato, si trovava nelle mani di Bastian, che si alzò in piedi con calma scrollando attentamente la toga, sulla quale erano rimasti appiccicati una decina di granelli di zucchero.
- Per la cronaca - disse l' Assistente, lanciando tutt'intorno un'occhiata glaciale. - Io detesto i gattini. Il mio signor zio, invece, li adora. Senza testa, beninteso.
I piattini di ceramica appesi alle pareti gli restituirono l'immagine del suo viso accigliato. I gattini che li abitavano, saggiamente, avevano visto bene di sparire.

Pergamena alla mano, Bastian si mise quindi alla ricerca di Alicia. Trovarla gli riuscì facile visto che, ovviamente, conosceva a memoria gli orari delle sue lezioni; la sua ora di Erbologia stava per finire, e così il ragazzo si avviò di buon passo su lungo il sentiero che conduceva alle serre.
Arrivò appena in tempo, leggermente trafelato, proprio mentre la Sprite usciva all'aperto, seguita dagli studenti del settimo anno. Alicia era rimasta indietro a raccogliere le sue cose e, ovviamente, era sporca di terra fino ai gomiti, con delle unghie da fare spavento. Bastian s'impose di ignorare i dettagli e la raggiunse in fretta, ricevendo in cambio uno sguardo sospettoso.
- Ti devo parlare - esordì l' Assistente scordandosi che, di solito, le dava del lei.
La ragazza strinse gli occhi.
- Quanti altri punti... - cominciò, in tono vagamente ironico. Lui la zittì subito, prima di rischiare di perdere la pazienza e cedere alla tentazione di penalizzarla davvero o, magari, di farle qualcosa di peggio.
- Nessun punto, eccetto forse i dieci che attribuisco ora a Grifondoro.
Presa in contropiede, Alicia lo guardò sorpresa.
- Ah. E... per cosa?
- Per l'attenzione esemplare che, vedo, hai adottato nel ripiegare le foglie di Pimpinella Anisum - rispose lui, cogliendo la palla al balzo.
La ragazza sembrava davvero meravigliata.
- Oh, beh...
- E comunque - proseguì Bastian, sforzandosi di apparire indifferente, equo e impassibile - non è per questo che sono qui.
Alicia gli rivolse un'occhiata interrogativa.
- La professoressa Umbridge mi ha pregato di consegnarti questo.
- Cos'è?
- Aprilo.
Lei afferrò il vomitevole involto rosa, scollò il sigillo, inforcò un paio di occhiali da vista dalle lenti piene di ditate e prese a leggere con occhio critico. Non le ci volle molto per capire di cosa si trattava. Un lampo di eccitazione le fece fremere le iridi verdi; in quel momento, Bastian ebbe l'impressione che un intenso aroma di eucalipto gli pervadesse le narici.
- Ma... ma questo... è IL permesso! Ma... ma è assolutamente ripper! Come hai fatto a...?
E, com'era prevedibile, Bastian si perdette il resto della domanda, troppo intento a godersi quell' "hai", che gli scivolò addosso come un raggio di sole su di un gatto disteso in veranda in un giorno d'inverno.
- Niente di che - le ripose allora, cercando di darsi un contegno, ma sorridendo come un cretino. - Non volevo togliervi il piacere di beccarvi una sana batosta da parte della mia Casa. Tutto qui.

Note:
1) 'Ripper', in slang australiano, significa 'davvero fantastico'.
2) Per chi avesse voglia di saperne di più circa l'idea che mi sono fatta di Roger Davies, consiglio la lettura di "Profumo di Nebbia".
3) E con questa, Adho & Amici (Alicia e Bastian, ma anche Leanne, Graham e gli altri de 'L'Armadio') vi salutano in vista della pausa estiva, durante la quale probabilmente non ci saranno pubblicazioni. Buone vacanze!...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Novembre. ***


5. Novembre.

Dove pare che la situazione cominci pian piano a sbloccarsi ma l'imprevisto, in agguato nei panni dello zio boia e di sentimenti controversi, si manifesta creando scompiglio e ritardando la concretizzazione del Piano.

Pareva proprio che la festa non sarebbe finita mai. Una nutrita folla di studenti vocianti gremiva ancora la Sala Grande, nonostante l'ora assai tarda.
I festeggiamenti che si tenevano ad Hogwarts in occasione di Halloween figuravano, da sempre, fra i più grandiosi eventi mondani indetti dalla scuola. Gli alunni si divertivano come dei matti e approfittavano della festa per bere, strafogarsi, ballare, flirtare e spettegolare; i professori, invece, se la godevano molto meno, relegati com'erano al ruolo di annoiate sentinelle.
La McGranitt, austera nel suo abito verde smeraldo, circolava fra i gruppi di studenti con aria arcigna. Vitious, la Sprite e il Preside, più gioviali, erano riuniti a capannello con alcuni altri docenti, fra cui la Caporal e Sibilla Cooman, opportunamente discesa dalla Torre di Divinazione con il suo immancabile bicchierino di sherry stretto fra le dita. Nessuno, eccetto Mastro Gazza, sembrava volersi degnare di fare compagnia alla Umbridge, che se ne stava seduta all'estremità opposta della sala, pronta a cogliere in flagrante (e, conseguentemente, a punire) chiunque non si attenesse alle disposizioni stabilite dai suoi pallosissimi Decreti Ministeriali.
L'espressione di Piton, quella sera, era più cupa che mai: il professore era particolarmente livido e sciatto, e sembrava in procinto di consumarsi nell'autocombustione.
In piedi accanto a lui (quanto avrebbe desiderato un bicchiere di Whisky Incendiario, o anche solo una sacrosanta Tennents babbana, oh gioia di Glasgow!), Bastian osservava in silenzio l'effervescenza che lo circondava.
Vestito di tutto punto, faceva proprio una bella figura; lo si capiva, tra l'altro, dagli sguardi non troppo fugaci rivoltigli da alcune studentesse del sesto e settimo anno particolarmente spigliate. Lui fingeva di non dare peso alla cosa anche se, ovviamente, si accorgeva di tutto - e, se si fosse trovato in un altro contesto, chiaramente, ne avrebbe approfittato senza pensarci due volte. Tuttavia, date le circostanze (non aveva alcuna intenzione di mandare a monte il Piano con le sue stesse mani: uno scivolone accidentale era stato più che sufficiente), ostentava indifferenza e tentava di pensare ad altro.
Da studente aveva sempre preso parte con una certa insofferenza alle feste in generale, eccetto forse a quelle avvenute durante il suo ultimo anno quando, lo ricordava bene, trascorreva tutto il tempo a cercare con lo sguardo un'eccezionalmente sfuggente Alicia Spinnet.
Ora, quattro anni dopo, lo si vedeva impegnato a fare esattamente la stessa cosa; se non che, questa volta, la graziosa Aussie si comportava in modo assai diverso. Ormai adulta, non pareva imbarazzata né a disagio: al contrario, aveva tutta l'aria di divertirsi parecchio insieme ai suoi amici (i due Weasley e quel Jordan che a Bastian, seccato, sembrava un po' troppo in confidenza, ma anche alcuni ragazzi di altre Case, come Davies, Cadwallader e Burrow) e amiche (la Johnson ovviamente, oltre alla sorellina di Carbry, alla Kaplett e alla timidissima Midgen, che facevano comunella con Heidi Macavoy e altre ragazze di Tassorosso e Corvonero).
Alicia chiaccherava e rideva; non ballava (probabilmente non lo sapeva fare, quell'adorabile incolta), ma si spostava qua e là con disinvoltura, facendo inconsapevolmente ondeggiare l'ampia gonna del vestito, che era giallo senape come le uniformi della nazionale di Quidditch australiana. Al collo, notò Bastian, portava una catenella d'argento sulla quale era infilata una splendida opale azzurra (tempo dopo, lei stessa gli raccontò che gliel'aveva regalata suo padre per il suo tredicesimo compleanno) estratta in Australia, patria di quelle magiche pietre. Era allegra e vivace e... "maledettamente attraente", pensava l'Assistente, osservandola discretamente di sottecchi.
Se era raro non vederla in divisa scolastica o abbigliata da Quidditch, ancor più inusuale era poterla ammirare ben curata e vestita a festa. Infilata in quell'abito col corpetto stretto, le spalline e la gonna a ruota, Alicia poteva essere non del tutto elegante (quello forse no: il portamento sofisticato proprio non ce l'aveva, quella piccola campagnola che lui, se l'avesse avuta sotto mano, avrebbe saputo trasformare in una regina), ma presentava un aspetto originale e... indubbiamente incantevole.
In due o tre occasioni i loro sguardi, favoriti dal moto perpetuo e imprevedibile degli studenti che si muovevano qua e là come particelle surriscaldate, si erano incrociati; Bastian aveva notato che lei non solo non aveva abbassato gli occhi o fatto finta di nulla ma anzi, una volta gli aveva perfino rivolto un timido sorriso.
A lui sarebbe piaciuto attraversare la sala per raggiungerla e attaccare amabilmente bottone ma, strategicamente, si astenne dal farlo.
Comportarsi in modo impulsivo ed avventato sarebbe stato senz'altro controproducente: Alicia non si fidava ancora del tutto di lui, e Bastian era sufficientemente intelligente da sapere che, certe cose, richiedono metodo, pazienza e strategia. Del resto si era comportato così per tutta la vita, perseguendo i suoi obiettivi con tenace (ma discreta) determinazione e sottile furbizia. Certo: il fatto che, sul piatto, ci fossero il cuore della Spinnet ed altre sue parti molli rischiava, spesso e volentieri, di fargli perdere la dovuta concentrazione. Bastian, però, s'imponeva di stare fermo e si limitava a farsi guardare; teneva duro perché, ormai, aveva capito che, con lei, si trattava di una vera e propria guerra di posizione e di logoramento, giocata sulle corde tattiche della falsa indifferenza.

La quale falsa indifferenza, ahilui, era sempre più difficile da ostentare. Non solo alla luce dei segnali favorevoli captati durante la serata di Halloween, ma anche per tutta una serie di fatti che avvennero nei giorni successivi.
Quando la rivide a lezione, per esempio, Bastian ebbe la netta impressione che Alicia si fosse presentata in classe un pochino più ordinata del solito: la gonna a pieghe era stirata, invece che orrendamente spiegazzata come sempre, mentre i capelli, solitamente spettinati, erano stati raccolti in una grossa treccia che, peraltro, le stava molto bene, perché metteva in risalto il viso invece di nasconderlo, oltre a rivelare la curva elegante del collo, la cui vista gli fece prudere le mani (e non solo). Qualche giorno dopo, la giovane strega fece poi la sua comparsa con una ridicola mollettina a forma di koala (arancione, per Salazar!) attaccata sulla testa. Niente da fare: quella ragazza aveva veramente dei gusti discutibili ed un senso estetico che rasentava lo zero ma Bastian, per quanto preso dallo sconforto che l'ineleganza, da sempre, suscitava in lui, apprezzò ugualmente il gesto e, nonostante l'assoluta mancanza di prove, consentì a se stesso di illudersi che quel misero tentativo di imbellettamento gli fosse in qualche modo destinato.
Gli parve anche che, in classe, la ragazza facesse più attenzione a non sporcarsi ed impataccarsi sistematicamente ad ogni giro di mestolo; in un'occasione, la sorprese addirittura che si sciacquava con cura le mani al termine di una rimestata particolarmente vigorosa, per poi (udite udite!) spalmarvi sopra un velo di crema Vitrea.
E mentre forse Alicia, inguaribile ottimista (e, al contrario di lui) limpida come l'acqua, cominciava piano piano a guardarlo con altri occhi, Bastian esultava in gran segreto. Ben presto, si diceva, si sarebbe preso la sua rivincita; poi, una volta toltosi lo sfizio, le avrebbe fatto assaggiare un po' dell'amara frustrazione che gli era toccato provare durante tutto il tempo in cui lei lo aveva ignorato ed evitato.
O, per lo meno, questo era ciò di cui pensava di essere convinto lui.

Purtroppo, il clima di competitività che si respirava nei corridoi della scuola nei giorni che precedettero il match Serpeverde-Grifondoro non contribuì affatto ad un'evoluzione più consistente di questi interessanti sviluppi. Scherzi, burle e tentativi di sabotaggio erano ormai all'ordine del giorno, e i giocatori di entrambe le squadre dovettero cominciare a guardarsi costantemente le spalle.
Un pomeriggio per esempio Bletchley, il Portiere di Serpeverde, colpì Alicia con una Fattura Parruccone che le fece crescere a dismisura le sopracciglia; la ragazza, subito affidata alle cure di Madama Chips, fu addirittura costretta a saltare qualche giorno di lezione.
Quando lo venne a sapere Bastian andò su tutte le furie, perché avere a disposizione due lezioni in meno per circuirla significava rimandare di almeno una settimana il possibile coronamento del Piano. L'occasione di rivalersi dello sgarbo indirettamente subito gli si presentò un paio di giorni dopo l'accaduto quando, per suoi sommi compiacimento e perfidia, sorprese lo sventurato Bletchley che, in compagnia di Blaise Zabini (un alunno del quinto anno che Bastian non conosceva), tentava di introdurre clandestinamente uno scatolone di Caccabombe all'interno del Castello.
Con uno stratagemma degno di uno stratega persiano dotato di particolare bastardaggine l'Assistente, che adorava le vendette servite fredde, fece in modo che a scoprire i ragazzi fosse nientemeno che l'inflessibile Mastro Gazza. Il quale, indignato, punì i due malcapitati costringendoli ad esplodere il loro biasimevole carico nei cessi del secondo piano, per poi far loro pulire le tazze senza magia e (peggio ancora) senza guanti di gomma.

E giorno della partita finalmente arrivò. Quel mattino Bastian, che aveva sempre detestato le levatacce, saltò giù dal letto prima dell'alba.
Si lavò, spuntò la corta barba con puntiglio millimetrico, si vestì con una meticolosità tale da risultare esagerata perfino per lui e fece cadere negli occhi qualche goccia di uno speciale collirio magico autoprodotto, preparato appositamente con il duplice obiettivo di acuire la vista ed aumentare ulteriormente il tono celeste delle sue iridi chiare (sapeva che erano il suo forte e modestia a parte, da seduttore scrupoloso qual era, aveva intenzione di giocarsi bene le sue carte).
Fuori dal Castello faceva molto, molto freddo. Ciononostante, sapere che, nel giro di qualche istante, l'avrebbe vista scendere in campo e volare, gli fece quasi rinunciare al cappotto, perché la visione di Alicia Spinnet a cavallo di una scopa era capace di fargli ribollire il sangue al solo pensiero. Poi però, in un guizzo di lucidità, decise saggiamente di buttarsi addosso il suo costosissimo soprabito di alpaca nera importato dagli allevamenti degli stregoni peruviani discendenti degli Incas.
Alla fine, assai poco convinto ma ritenendola una mossa appropriata, si legò al collo anchr una sciarpa verdeargento dei tempi della scuola, che aveva infilato nel bagaglio all'ultimo momento. Non era mai stato un tifoso di Quidditch, ma sapeva che quei colori gli stavano bene, e poi insomma, doveva pur dimostrarsi minimamente interessato alla vittoria della sua Casa (cosa di cui però, detto papale papale, non gli importava un benemerito accidente).
Una volta raggiunto lo stadio, Bastian sedette sulle tribune, come aveva fatto tante altre volte da quando quell'improbabile ragazza venuta dall'altra parte del mondo lo aveva ipnotizzato con la ragnatela dei suoi arabeschi tracciati nell'aere. Rassegnato, si mescolò agli studenti di Serpeverde, intenti a cantare una musichetta ai limiti dell'irritante, evidentemente ideata allo scopo di fare impazzire Ronald Weasley.
Nel frattempo, Lee Jordan annunciava le formazioni man mano che i giocatori entravano in campo:
- Uno: Bletchley! Due: Tiger! Tre: Goyle! Quattro: Warrington! Cinque: Montague! Sei: Pucey! Setteeeee... Malfoy!
(Ovazione contenuta da parte dei verdeargento).
- Ed ora i nostri beniamini! Oh scusi, professoressa... è la pura verità!... Va bene, va bene!... Con l'uno: Weasley, Ronald! Due: Weasley, George! Tre: Weasley, Fred! Quattro: Angie Johnson! Cinque: Aussie Spinnet! Sei: Kitty Bell! E setteeeeee.... Potter!!!
Graham Montague strinse la mano ad Angelina con la delicatezza di un gigante dei Carpazi, ma lei non fece una piega. In piedi al fianco della Capitana, Alicia era bella e lucente come una spiga dorata in un cambio di stoppie, e i suoi occhi limpidi fremevano, come sempre accadeva nell'imminenza del volo.
Dal decollo all'atterraggio e per tutta la durata della partita, Bastian non lo tolse gli occhi di dosso, anche se seguirla era molto difficile, data la velocità con cui la ragazza zigzagava nel cielo.
- ...passaggio all'indietro di Katie Bell di Grifondoro per Alicia Spinnet, Spinnet si lancia...*
Era così svelta e leggera, nata per stare nell'aria! A terra si comportava spesso in modo goffo; lassù, invece, si muoveva con una precisione ed una leggiadria che lasciavano incantati.
- ...evita Warrington, schiva un Bolide... per un pelo Alicia... la folla è impazzita, sentiteli...*
Con un passaggio aggraziato e preciso, Alicia lanciò la Pluffa ad Angelina, che segnò. Le due ragazze si scambiarono un rapido five e poi festeggiarono il gol della Capitana eseguendo un saettante giro della morte che terrorizzò Bastian, facendolo sudare freddo.
Grifondoro, però, era ancora sotto di trenta punti; Ronald Weasley, ormai, era partito completamente per la tangente. A salvare la situazione, per fortuna, ci pensò Potter che, fulmineo, agguantò il Boccino d'Oro sotto il naso dell'inviperito Malfoy.
La squadra non ebbe neanche il tempo di esultare. Un Bolide, speditogli contro da Tiger a partita già conclusa, disarcionò Harry dalla sua Firebolt, facendolo cadere a terra privo di sensi.

Bastian la vide che scendeva rapida insieme ai compagni, avvicinandosi al suolo a velocità inaudita; senza pensarci due volte, saltò giù dalla tribuna e le corse incontro, calcolando in modo approssimativo il punto in cui avrebbe toccato terra.
Con una sterzata decisa Alicia atterrò sul suolo umido, sollevando schizzi di fango che gli macchiarono l'orlo del cappotto.
Lui non se ne curò.
- Quell'idota di un Serpeverde! Colpire Harry in questo modo!... - strillò la ragazza, non appena lo vide. Poi avanzò di un passo e gli strinse gli avambracci fra le mani gelide, spalancando gli occhi: - Oh, scusa. Non volevo dire che tutti i Serpeverde...
- Lo so, lo so...
- Io e Angelina lo sappiamo, eh - ci tenne a precisare lei. - Se abbiamo vinto oggi, è anche grazie a te... cioè, a lei, professore, mi scusi... al Permesso di Gioco, insomma.
Bastian sorrise in modo impercettibile.
Adorava quelle piccole sviste dettate dalla spontaneità, che avvenivano sempre quando Alicia era più sovraeccitata e vulnerabile, potenzialmente più suscettibile ai messaggi subliminali delle buone impressioni. Tuttavia, nonostante le dita della ragazza fossero evidentemente gelate dopo il lungo volo, si sentì bruciare i polsi attraverso il feltro pesante delle maniche. Si impose una dose supplementare di autocontrollo, sciorinando mentalmente il mantra Aspetta il momento giusto, sii paziente, aspetta il momento giusto, sii paziente e le disse, semplicemente:
- Il tuo amico è laggiù...
- Sì! Vado a vedere come sta!...
Gli diede una breve stretta e corse via, tutta scarmigliata, per unirsi ai compagni che, nel frattempo, si erano riuniti a capannello intorno ad Harry. Il ragazzo era ancora svenuto per il colpo di Bolide appioppatogli da Vincent Tiger.
Bastian si accorse della Comet di Alicia, che giaceva ai suoi piedi, abbandonata al suolo subito dopo l'atterraggio.
L'Assistente si chinò e la raccolse.
- Oh, ma Morgana tr... - si lasciò sfuggire, rendendosi conto che il manico era ancora tiepido. Soffiò fuori l'aria, sforzandosi di non pensare che pochi minuti prima, su quel manico, Alicia ci stava seduta e che (ma peggio ancora, Gordic Porco!), mentre volava, lo stringeva fra le cosce. Fra un'imprecazione e l'altra, una specie di balletto infervorato ed un rapido slacciamento di cappotto per prendere aria, Bastian riuscì a recuperare l'aplomb.
Nel frattempo Potter era rinvenuto e Alicia e la sorella di Carbry lo stavano abbracciando, sollevate. I membri della squadra del Serpeverde, però, si erano avvicinati ai Grifondoro e, nell'aria, si respirava un intenso aroma di provocazione e di rissa imminente.
Scopa alla mano, Bastian mosse qualche passo verso di loro, ma fu fermato da un turbinare di penne più nere del buio che gli sbarrarono il passo, impedendogli di proseguire.
- Zlatan?!
Il ragazzo guardò sorpreso la lugubre cornacchia di suo zio Walden. L'uccello faceva schioccare il becco; aveva le penne arruffate e tutta l'aria di aver volato da Londra verso Nord senza concedersi soste. Legato alla zampa, c'era un piccolo plico con il sigillo dei Macnair.
Aprendolo, Bastian si accorse che il breve messaggio era stato scritto da Madama Sharon, una donnona risoluta che, da tempi immemorabili, lavorava in casa di suo zio come governante - prima a Glasgow e poi a Londra. Era stata lei, insieme allo zio, ad allevarlo da quando i suoi genitori erano stati barricati a vita ad Azkaban per aver avvelenato una decina di Auror con pozioni letali, spacciate per innocue dosi di Acquaviola. A quei tempi il ragazzo aveva solo cinque anni, era solo un bambino. Bastian ricordava ancora la nausea provocata dai piatti di fagioli propinatigli dalla donna, che glieli cucinava in tutte le salse. Però, tutto sommato, le era affezionato. Madama Sharon era quanto di più simile ad una madre avesse mai avuto.
L'Assistente lesse il biglietto e sbiancò.
Un secondo dopo lo si vide correre, annaspando, su per il sentiero che portava al Castello.

Il giorno dopo, la classe nei sotterranei era particolarmente buia. Le due Grifondoro e i due Serpeverde si guardavano in cagnesco; la tensione si poteva tagliare col coltello. Alla partita era seguita una rissa colossale: come conseguenza del fatto, la Umbridge aveva squalificato a vita Harry Potter e i gemelli Weasley. Alicia e Angelina erano furiose perché, la sera prima, Ginny Weasley le aveva informate di aver saputo che Tiger non avrebbe avuto la stessa sorte, ma sarebbe incappato solo in una blanda punizione. Nonostante la rabbia, però, le due ragazze sapevano di dover fare molta, molta attenzione perché, in caso di zuffa con Montague e Warrington, Piton non si sarebbe certo comportato in modo imparziale.
- Cominciate pure - ordinò il professore, con voce sepolcrale.
Si udì il suono caratteristico degli strumenti da Pozione che venivano tirati fuori e posizionati sui banchi.
- Professor Piton...
- Che c'è, signor Page?
- Il professor Macnair non viene oggi?
Sul fondo della classe Alicia, intenta a collocare il calderone sul suo supporto, alzò la testa. Aveva notato che Bastian non c'era e, un po' stupita, si era chiesta del perché di quella strana assenza.
- Dobbiamo stare all'occhio, Aussie - le sussurrò Angelina dandole di gomito. - Con Piton in classe da solo, gli ci vorrà un nonnulla per trovare la scusa di penalizzarci ulteriormente.
Alicia, suo malgrado, dovette darle ragione. E la cosa le parve assai strana perché, dopo anni ed anni trascorsi a temerlo, non avrebbe mai pensato che, un giorno, la presenza di Bastian Macnair sarebbe stata sinonimo di sicurezza.
- Sa, aveva promesso di spiegarci in dettaglio qual è l'angolatura più adeguata per girare il mestolo... - stava dicendo nel frattempo Heidi Macavoy, efficiente come sempre.
Piton la zittì con un'occhiataccia seccata.
- Il dottor Macnair mancherà a tempo indeterminato. Questioni di famiglia che, di certo, non vi riguardano. Ed ora al lavoro, razza di lavativi che non siete altro!

Note:
1) Nota frivola: si è capito che ultimamente ho rivisto La La Land? Ebbene sì: il vestito usato da Alicia alla festa di Halloween è come quello giallo di Emma Stone quando balla sulla panchina, ma senza disegnini.
2) Piccole ed eventuali inesattezze di Canon sono state modificate in piena coscienza ai fini della storia (come nel capitolo precedente: in HP5 è Angelina a procurarsi il permesso, facendo appello alla McGranitt).
3) I brani contrassegnati da (*) sono citazioni di HP5, cap.19
4) Madama Sharon e i suoi fagioli sono un omaggio alla #scottishmom di Ems., che mi ha gentilmente fornito le sue generalità.
5) Avevo detto 'pausa estiva', lo so, ma una serie di opportuni tempi morti da spostamento mi ha dato modo di scrivere un po'.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Dicembre. ***


6. Dicembre.

Dove si scopre che la lontananza non costituisce necessariamente una cesura e che certi errori non causano per forza effetti negativi. (Anzi).

- Ma... cosa fai...?
La ragazza gli prese la mano, tentando delicatamente di trattenerlo ma Bastian, che si era già alzato in piedi, si ritrasse agilmente. Raccolta la camicia, prese ad abbottonarla con metodo (era tutta stropicciata, cosa che lui odiava ma purtroppo, dato il frangente, si trattava di una cosa inevitabile).
- Beh, ma è evidente. Me ne vado.
- Oh - lei lo guardò, leggermente stordita. Intorno agli occhi chiari il trucco era un po' sbavato ma la cosa, tutto sommato, non rovinava l'insieme. I capelli biondi le incorniciavano il viso, rendendola assai graziosa. Fino ad un paio di ore prima, indossava un'elegante veste grigina di lana pregiata che le fasciava leggiadramente il corpo slanciato.
"Sei bionda e sofisticata" pensò il ragazzo, restituendole uno sguardo vagamente indifferente "ma non sei lei". Fece il giro del letto e, facendo attenzione a non inciampare nelle lucide scarpe di vernice nera coi tacchi alti e le suole rosse, recuperò la cravatta.
- Puoi rimanere, se vuoi...
- Grazie, no. Stavolta passo - rispose lui in tono vago. "Stavolta e qualsiasi altra volta, cara mia". Bastian lanciò una rapida occhiata allo specchio per verificare di non avere addosso macchie di rossetto. Sozzerie del genere gli facevano orrore.
- Ci vediamo - disse poi alla giovane strega, che lo guardava senza capire il perché di tanta fretta (le era sembrato che fosse stato bene con lei: come mai se ne andava così?!).
Senza aggiungere altro, Bastian si smaterializzò.

In ambito, per così dire, "sentimentale", Bastian seguiva scrupolosamente una regola rigorosa, chiara e semplice: un incontro galante non doveva mai, mai!, per nessun motivo, trasformarsi in un indesiderabile incontro romantico.
Si andava nei posti, si conosceva gente, se ci si piaceva si andava via assieme, si faceva quel che c'era da fare e poi arrivederci e grazie, ciascuno a casa sua. Non c'era assolutamente alcun bisogno di stazionare a tempo indeterminato in lenzuola sudate (o farsele ulteriormente sudare, in caso le lenzuola fossero sue) o, peggio ancora, svegliarsi a fianco di perfette sconosciute col trucco colato e grandi chances di alito cattivo. Per carità.
Certo, spesso e volentieri, questi suoi princìpi ferrei lo avevano fatto oggetto di improperi e tentativi di fatture più o meno innocue, servite talora a caldo, talvolta a freddo. Lui non se la prendeva, limitandosi a liquidare la questione con un blando Protego! e un'occhiata glaciale. Fatto ciò, finiva di raccogliere le sue cose e levava le tende. Quella sera, le cose avevano seguito alla lettera la stessa identica dinamica di sempre. Non era neanche tanto tardi quando Bastian si materializzò nell'anticamera della vecchia casa di suo zio; le armature addossate alle pareti girarono subito gli elmi cigolanti verso di lui e abbassarono leggermente le alabarde ma poi, riconosciutolo, si rimisero al loro posto.
Sul muro davanti alla porta d'ingresso era appeso un enorme orologio a cucù.
La lancetta contrassegnata col nome Sebastian scattò immediatamente sulla dicitura "a casa".
Il ragazzo controllò le altre lancette. Zlatan indicava "voliera". Sharon, "cucina" (dalla quale, effettivamente, provenivano rumori molesti).
Walden, invece, risultava "a letto". Bastian sospirò. Era così strano non trovarlo nella Sala delle Lame, intento ad affilare qualche falce, scure, accetta o mannaia!...
Imboccata di buon passo la scala di legno che portava alle camere, prese quindi a risalire i vecchi gradini. Era il 22 dicembre; mancava da Hogwarts da quasi due mesi, ormai. Due mesi durante i quali lo zio aveva seriamente rischiato di tirare le cuoia e durante i quali Bastian e Madama Sharon si erano costantemente alternati al suo capezzale.
Proprio il giorno della partita Serpeverde-Grifondoro, Walden Macnair era uscito di casa prestissimo per recarsi ad un'esecuzione - che doveva, di prassi, avvenire col favore delle tenebre, quindi o al crepuscolo o prima dell'alba. Una volta giunto sul posto, però, proprio mentre tirava fuori la falce, l'Ippogrifo condannato gli si era avventato contro e lo aveva aggredito con le zampe anteriori munite di artigli affiliatissimi, con i quali gli aveva quasi fatto saltare via la testa. Walden Macnair era stato portato in tutta fretta al San Mungo, dove lo avevano ricoverato in fin di vita ed era rimasto fino alla settimana prima.
Bastian rabbrividì.
In generale, le bestie non gli piacevano. Le preferiva secche, in salamoia, in polvere o a fettine, già spellate, processate e pronte per il calderone.
Zlatan, la cornacchia, costituiva l'unica eccezione, e anche lei in dosi rigorosamente omeopatiche (ossia, la tollerava solo perché viveva in Casa Macnair da più tempo di lui, e accettava di starle vicino solo per brevi periodi).
Il signor zio l'aveva con sé da molti anni e le era parecchio affezionato, anche perché l'uccello era un rarissimo esemplare di Corvus Glacialis Cornix, una sorta di 'opposto teorico' delle Fenici. Periodicamente, Zlatan si autoibernava in un cubo di ghiaccio, all'interno del quale regrediva pian piano fino a ridiventare un uovo, che andava poi covato al freddo e al buio per una settimana. Quando il pulcino era pronto per nascere, il cubetto si scioglieva e il piccolo becco nero si metteva alacremente all'opera per forare il guscio.

Quella dell'Ippogrifo, tuttavia, altro non era che la versione ufficiale dei fatti, opportunamente spacciata a quei creduloni dei Medimaghi del San Mungo.
La verità era ben altra, e Bastian l'aveva appresa direttamente dallo zio non appena questo era stato in grado di parlare. In realtà, nei mesi precedenti, Macnair si era recato in missione dai giganti nell'Europa dell'Est, e laggiù aveva rimediato una bella batosta da quella terrificante stangona francese, direttrice di Beauxbatons. Se non fosse stato per Antonin Dolohov, che grazie a Salazar si trovava con lui ed era abilissimo nelle smaterializzazioni a distanza, lo zio probabilmente non sarebbe sopravvissuto.
Giunto davanti alla porta, Bastian si fermò e bussò.
- Avanti.
Bastian mise dentro la testa.
- Sono io, signor zio. Come si sente stasera?
- Sebastian. Entra pure, figliolo.
Il ragazzo si trattenne per qualche tempo in sua compagnia. Durante la visita, lo zio si premurò di confidargli, per l'ennesima volta, quanto fosse preoccupato per il suo futuro.
- Ma stavolta ho deciso - concluse Walden Macnair fissando a lungo gli occhi chiari in quelli del nipote. - Ho mandato gufi a destra e a manca. Avery. Dolohov. Malfoy. Rosier. Runcorn. Mulciber. I Carrow. Rookwood. Yaxley. E ovviamente, il nostro stimato leader. Non appena troveremo una data che vada bene a tutti, indiremo la riunione e ti manderemo a chiamare. È molto, molto importante, Sebastian, che tu entri al più presto a far parte del Club. Nel caso in cui mi succeda qualcosa, capisci? Voglio essere sicuro che, quando il Signore Oscuro assurgerà al potere, tu ti troverai ufficialmente dalla parte giusta.

Una volta lasciato lo zio, Bastian si diresse verso la sua stanza, vagamente inquieto.
Erano anni che Walden Macnair gli parlava del Club, caldeggiandone pregi, ideali, glorie e virtù. Quando Bastian era piccolo, il tono era accentuatamente nostalgico. Poi, qualche tempo prima, la nuova ascesa dell'Oscuro Signore aveva mandato in visibilio lo zio. "Presto, molto presto" gli diceva in tono solenne, guardandolo con fare orgoglioso "entrerai a farne parte anche tu". Lui annuiva con convinzione, senza fare domande né porsi alcun tipo di interrogativo.
Semplicemente, non aveva mai messo in discussione la cosa, ma l'aveva sempre considerata una sorta di sviluppo naturale.
Ora, però, qualcosa gli diceva che...
- Oh, per Salazar!
Un insistente scoppiettare, proveniente dall'antibagno, lo distolse dai suoi pensieri. Bastian corse verso il calderone e poco ci mancò che si mettesse le mani nei capelli. La fiamma era decisamente troppo alta: qualcuno, probabilmente un qualche sprovveduto e maldestro elfo domestico, doveva averla alzata inavvertitamente.
Il risultato era che la pozione contenuta all'interno del calderone presentava, in quel momento, il colore e la consistenza che avrebbe dovuto avere il mattino seguente, e cioè dopo diverse ore in più di bollitura.
- Ma porco di un Godric! Aguamenti!
Bastian spense in fretta la fiamma, furioso. Ma cosa accidenti gli era venuto in mente di uscire e lasciarla incustodita proprio nel momento più critico? Razza di idiota era stato; tutto per andarsi a fare una dannata sc...
Plop.
La pozione scoppiettò in modo allarmante.
No, non poteva essere. Dopo tanto lavoro, ce l'aveva quasi fatta. Ed ora, poteva aver perso tutto. Ci aveva messo cinque settimane (cinque!) per fabbricare quella maledetta pozione. Trentacinque dannatissimi giorni, accidenti! E, purtroppo, non ne aveva a disposizione altrettanti: il liquido dorato gli serviva pronto prima di fare ritorno ad Hogwarts. Ne aveva un disperato bisogno per recuperare i quasi due mesi durante i quali il Piano si era inevitabilmente arenato.
Perché quella, chiaramente, non era una pozione qualunque. Quella, gente, era -o meglio, avrebbe dovuto essere - Felix Felicis.

Seduto sul bordo del letto, il mento appoggiato sulle mani, Bastian osservava il disastro con fare desolato. Il ragazzo si sentiva sull'orlo di una crisi di nervi: fosse dipeso da lui, in quel momento sarebbe sceso in cucina e, snidati gli elfi domestici, li avrebbe cruciati uno ad uno (ma così facendo avrebbe condannato se stesso e lo zio a mangiare fagioli a vita, quindi meglio astenersi).
In mancanza di soluzioni più convincenti, decise allora di correre il rischio: si alzò, raggiunse il calderone, afferrò il mestolo e, senza neppure servirsi in una scodellina, si scolò un lungo sorso di liquido dorato.
Dopodiché tornò sui suoi passi e, con fare teatrale, si gettò sul letto ancora vestito.
Si sentiva un idiota a comportarsi in modo così sentimentale, ma la verità era una e una sola: lei gli mancava. Alicia gli mancava. Gli mancava vederla volare e camminare per la scuola, gli mancava osservarla all'opera vicino al calderone, gli mancava il dover decifrare i suoi geroglifici disordinati, gli mancavano la sua amabile goffaggine, la sua cafonaggine e la sua assoluta mancanza di classe. Gli mancavano il suo sguardo limpido e il timido sorriso. Gli mancava la sua bionda luce, così diametralmente opposta alla densa oscurità della casa in cui aveva sempre vissuto e che ora, chissà perché, aveva cominciato a percepire come lugubre e opprimente.
La Felix Felicis era stata la sua ultima speranza, ora irrimediabilmente sfumata.
"Se 'sta sbobba mi avvelena nel sonno, tanto meglio" pensò, drammatico, prima di scivolare in un sonno agitato. "O magari, chissà, mi sveglio ornitorinco. Di certo mi giovrebbe".

Il giorno dopo fu svegliato da un baccano infernale che proveniva dal piano di sotto.
Bastian sbirciò l'orologio. Le otto. Era ancora schifosamente presto. Tentò invano di riaddormentarsi, ma il frastuono glielo impedì. Rassegnato, strisciò verso il bagno.
E qui ebbe la prima sorpresa del giorno.
Dopo esattamente due minuti di doccia (aveva appena finito di insaponarsi), la tubatura vide bene di esplodergli in faccia. Bastian fu investito da un fiotto di acqua gelida, il che sortì il duplice effetto di farlo imprecare come un miscredente e di ridurre notevolmente i (solitamente eterni) tempi di abluzione.
Leggermente stordito, fece ritorno in camera e, senza pensarci troppo, si infilò in un vecchio e spesso maglione nero a collo alto. Tanto, si disse, quella mattina non sarebbe andato da nessuna parte.
Scese le scale e si diresse in tinello, affamato come un lupo. E qui, seconda sorpresa. Il tavolo era ingombro di decine e decine di tortini di fagioli.
Bastian trasecolò: come aveva fatto a non ricordarsene? Il giorno prima della Vigilia, da sempre, Madama Sharon dava fondo a tutta la sua più fantasiosa abilità culinaria. La gazzarra di poco prima, presumibilmente, doveva essere stata provocata dalla strega che spadellava. Il ragazzo arretrò con cautela fino all'atrio mal illuminato. Doveva stare attento a non farsi vedere, o lei avrebbe trovato il modo di costringerlo a mangiare. Un rumore di passi in avvicinamento lo mise in allarme: Bastian agì d'impulso e si smaterializzò.

Ricomparve a Diagon Alley pochi secondi dopo.
Il freddo era intenso e Bastian, ancora leggermente intontito per la doccia gelata e la fuga dalla colazione di Madama Sharon, si maledisse per il fatto di non essersi portato dietro il cappotto. Accidenti a quel dannato elfo domestico, alla Felix Felicis sabotata e all'impietosa sequenza di sfighe che ne erano conseguite, pensò, nervoso.
Guardandosi rapidamente intorno alla ricerca di un luogo in cui rifugiarsi, gli occhi del ragazzo furono catturati da una chioma bionda che transitava oltre la vetrina del Ghirigoro. Non era riuscito a vedere bene, eppure...
Incuriosito, Bastian spinse la maniglia e entrò nella libreria. In fondo alla corsia alla sua sinistra, qualcuno discuteva animatamente.
- Mi dispiace signorina, ma il libro non è arrivato...
- Ma mi avevano garantito... l'ho ordinato all'inizio di dicembre!... - rispose una voce dall'accento inconfondibile. Bastian si avvicinò, nascondendosi fra i volumi.
- Sì, ma sa... Natale, neve...
- Ma io parto oggi!... Mi serve per studiare!...
La commessa sbuffò.
- Vado a parlare col proprietario e vediamo cosa possiamo fare. Mi aspetti qui, per cortesia.
Bastian aspettò qualche secondo e poi fece il giro dello scaffale. Non gli andava di farsi vedere da lei così malvestito, ma non poteva certo lasciarsi sfuggire l'occasione.
- Oh, ma che combinazione - commentò, trovandosi davanti Alicia. La ragazza sembrava piuttosto seccata ma, quando lo riconobbe (così abbigliato, decisamente meno in tiro del solito, appariva più giovane e meno rigido), lo guardò in faccia e gli sorrise, spalancando gli occhi per la sorpresa.
- Oh! G'Day... ehm... cioè: buongiorno professor Macnair...
- Ti ho sentita che discutevi...
- Sì! Ma ci crede?... Avevo ordinato (che combinazione, davvero) Alambicchi e Ampolle ma non è arrivato!...
- Magari ce la fanno per domani - buttò lì Bastian con fare rassicurante.
- Troppo tardi!... - rispose lei, scuotendo la testa. Per Salazar, quanto era graziosa! - Ho la Passaporta Intercontinentale per Brisbane alle 11.30, non posso perderla. Con quel che costa!
Senza sapere bene come mai, il ragazzo infilò la mano nella tasca posteriore dei pantaloni, dove c'era qualcosa di duro che gli dava fastidio. Quel mattino li aveva infilati a casaccio, in preda ai brividi, dopo averli strappati in fretta e furia dal gancio appeso dietro la porta del bagno. Erano secoli che non li indossava.
Le sue dita cozzarono contro la costa rigida di una rilegatura. E Bastian capì. Il baccano, l'acqua fredda, i tortini di fagioli, i pantaloni messi su senza pensarci. Tutti elementi di disturbo atti a farlo uscire presto di casa e permettergli di trovarsi nel posto giusto e al momento giusto.
La Felix Felicis funzionava.
- Beh, si dà il caso - disse ad Alicia, senza neanche guardare la copertina del piccolo libro, che estrasse dalla tasca con un gesto elegante, come un coniglio da un cappello - che io abbia qui la mia copia. E, se vuoi, te la presto volentieri - (Non era del tutto convinto di voler lasciare il suo prezioso libro nelle mani di quella piccola disastrata, ma sapeva che tutto ha un prezzo e che, per aggiudicarsi il successo, qualche sacrificio va fatto).
Alicia non credeva ai suoi occhi.
- Incredibile!... Piton... ehm, il professor Piton ci ha promesso una verifica appena torneremo... non so proprio come avrei fatto!...
Bastian le porse il libro e ne approfittò per sfiorarle discretamente la mano.
- Adesso sei a posto.
Alicia sorrise di nuovo e poi, con la spontaneità di sempre, sganciò la bomba.
- Senta - gli disse, e sul suo viso pulito non c'era traccia di imbarazzo. - Le posso per lo meno pagare un caffè? Come ringraziamento per il prestito.
Bastian sbattè le palpebre. Che razza di Felix Felicis gli era riuscita?! Alicia Spinnet che lo invitava a bere un caffè. Per Merlino, Salazar e Nicholas Flamel!
Decise di osare.
- Il caffè lo accetto, ma lo pago io - le rispose, mettendo su la sua migliore faccia da bravino. - Un'altra cosa. Potremmo sorvolare sul 'professor Macnair'? Non siamo a scuola, suvvia. E poi, di anni, io ne ho ventuno. Mica cinquanta.
Alicia rise di gusto.
- E come ti devo chiamare?
- Sebastian o Bastian van più che bene.
- Solo per oggi.
- Solo per oggi.
- Ok, Basteeeen.
"Oh Thor, oh Odino, che impedite lo scioglimento della calotta polare e salvate gli orsi bianchi. Mantenetemi freddo".

Bevvero il caffè, chiacchierarono per una mezz'ora e poi Bastian l'accompagnò al Terminal Passaporte Intercontinentali, dove si separarono.
Al momento dei saluti, il ragazzo si astenne dal compiere gesti equivoci. Consegnarle il libro era stato più che sufficiente: già sapeva che, ogniqualvolta lo avesse aperto o anche solo preso in mano, Alicia avrebbe pensato a lui. Quella sera, una volta rientrato in casa dopo una giornata trascorsa a zonzo, Bastian trovò un gufo che lo aspettava pazientemente appollaiato sul davanzale della finestra di camera sua. Non appena lo vide, il rapace stese la zampa e, una volta liberato dal suo carico, spiccò un balzello e volò via.
Era un messaggio di Carbry.
Ehi, vecchio lupo di calderone - diceva la grafia tutta punte (da vero Medimago, in effetti) dell'amico - non credere che mi sia scordato della nostra scommessa. Ho vinto io, e quindi tu metti da parte i tuoi modi da orso e vieni alla festa di Capodanno. Ti aspettiamo il 31 al Vecchio Teatro Ness qui ad Edimburgo. Non infighettarti troppo. Carbry.
Bastian strinse le labbra.
Che seccatura. Detestava il clima di allegria forzata delle feste di Capodanno. Ma purtroppo, ad agosto, era stato così cretino da scommettere che Carbry (che in quel periodo era piuttosto festaiolo) non avrebbe passato Parapsicologia Animale al primo colpo, con un voto superiore a 253.
"Se lo supero, vieni in Scozia a Capodanno" gli aveva proposto Carbry con un sorriso sornione.
"Affare fatto. Tanto ti segano".
Ma quel dannato scozzamericano disseminatore di milze (gli organi giocattolo sparsi per la stanza erano motivo di discussioni costanti fra i due) aveva visto bene di fare una full immersion e di farsi promuovere con 253 e 1/2.
Cosicché, ora, gli toccava andare alla festa del suo caro roommate.
"Che palle" pensò il ragazzo, sommamente contrariato. L'effetto della Felix Felicis, evidentemente, era già terminato.

Mancava poco più di una manciata di minuti alla mezzanotte quando Bastian, sbuffando, spinse le porte a vetri del Vecchio Teatro Ness. Attraversò svogliatamente il foyer, lasciò il cappotto di alpaca all'addetta del guardaroba (la brunetta gli rivolse in sorriso caldo, che lui gelò subito, sibilando: "costa più della sua testa, faccia attenzione") e fece ingresso nel salone gremito di gente.
Nonostante l'affollamento, avvistò subito Carbry che, in un angolo, chiacchierava con una giovane strega vestita di celeste. L'amico sollevò il bicchiere al suo indirizzo, quando lo vide, e con un'espressione alla "dove cazzo eri?" gli fece cenno di entrare.
Poco lontano, un gruppetto di gente conosciuta: la sorella di Carbry con Oliver Baston, suo fidanzato storico e giovane stella del Quidditch nazionale, Cormac McLaggen (nonostante le zampacce che aveva al posto delle mani, Bastian aveva dovuto riconoscere che era abile a Pozioni), Heidi Macavoy (quella era davvero brava) e altri giovani maghi e streghe che lui non conosceva. Insofferente, Bastian decise che si sarebbe trattenuto giusto il tempo del brindisi e poi se ne sarebbe andato.
Nel frattempo, appellò un calice di champagne e spostò nuovamente gli occhi su Carbry e sulla ragazza che si trovava con lui. Era bionda e alta, piuttosto carina.
Al collo, portava...
Bastian la mise meglio a fuoco e rimase di sasso. Per Salazar.
Quella era Alicia.
Alicia Spinnet.

Note:
1) Non ho molto da dire, se non che, effettivamente, i tempi morti si sono ripresentati e mi hanno permesso di andare avanti. Massima irregolarità, lo so, ma si sfruttano i ritagli.
2) Non so voi, ma io spero che lo zio boia e i suoi amici, la riunione di marchiatura di Bastian, non la facciano mai.
3) 'G'Day' è un'espressione di saluto australiana. E 'Basteeeen' è, più o meno, la maniera della Aussie di pronunciare 'Bastian'.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Gennaio. ***


7. Gennaio.

Dove l'Assistente gioca d'azzardo e sfiora il poker d'assi, ma un croupier dalla coda piatta rimescola le carte e gli appioppa un bel due di picche.

Di Felix Felicis a effetto ritardato Bastian non ne aveva mai sentito parlare ma in quel momento, mentre guardava Alicia a bocca aperta e lei gli restituiva lo sguardo con gli occhi sgranati, avrebbe potuto giurare che quel tipo di pozione, definitivamente, esisteva.
Non aveva la minima idea di cosa diavolo ci facesse lei lì - perché si trovasse a Edimburgo invece che dall'altra parte del mondo -, ma di una cosa era certo: la Felix Felicis aveva agito creando le condizioni affinché questo accadesse, aveva preparato il terreno per farli incontrare.
Ed ora, inaspettatamente ma inequivocabilmente, si trovavano entrambi sotto lo stesso concavo tetto, in una sera di festa, mentre qualcuno dal palco cominciava a declamare ad alta voce:
- Manca un minuto!... Via col conto alla rovescia, gente! Tutti insieme: 59! 58! 57!...

E Alicia dice qualcosa a Carbry, si gira verso Bastian e accenna un passo.
- ...56, 55, 54...
E Bastian stringe lo stelo del calice di champagne e muove un passo a sua volta.
- ...53, 52, 51...
E Alicia sorride e cammina, avvolta in quel bel vestito celeste di tulle che ricorda una nuvola (non dev'essere suo: troppo elegante; che effetto, però).
- ...50, 49, 48...
E Bastian maledice Carbry per avelo obbligato a mettere il kilt, che prude (per la rinite di Salazar!) e sa di naftalina e che proprio per questo lui, nonostante le origini, non indossa mai.
- ...47, 46, 45!
E la luce dei lampadari di cristallo si infrange sui capelli biondi di Alicia, che rifulgono come oro fuso mentre lei si avvicina.
- ...44, 43, 42...
E a Bastian brillano gli occhi, celesti e belli come le opali australiane più pure.
- ...41, 40, 39...
E l'opale di Alicia brilla e riflette la luce, celeste e bella come gli occhi di Bastian.
- ...38, 37, 36...
E la gente intorno a loro comincia a vociare eccitata e a correre qua e là in cerca di amici e parenti con cui brindare.
- ...35, 34, 33...
E un mago ciccione in rapido transito si accinge a travolgere Bastian che, senza togliere gli occhi da Alicia, gli appioppa un Impedimenta da manuale (con conseguente strage di bicchieri) e prosegue imperterrito.
- ...32, 31, 30...
E un gruppetto di streghette in vestitini quadrettati sciama intorno ad Alicia, ma lei le schiva con grazia e agilità, come fossero un nugolo di piccoli Bolidi.
- ...29, 28, 27...
"Non ha più paura di me. Non ha più paura di me, per Salazar il Saggio!"
- ...26, 25, 24...
"Ma come facevo ad avere paura di lui?! Ma che razza di marmocchia idiota..."
- ...23, 22, 21...
E Bastian, muovendo appena il polso, appella un calice da un vassoio volante e lo fa levitare dritto dritto fra le mani di Alicia.
- ...20, 19, 18...
E Alicia afferra lo stelo senza neanche dover voltare la testa (visione periferica da Cacciatrice), come fosse una Pluffa in rapido avvicinamento.
- ...17, 16, 15...
E Bastian inveisce mentalmente contro quei babbani megalomani che hanno voluto costruire un teatro così grande, nonché contro i maghi restauratori che non hanno provveduto a ridurlo un po'.
- ...14, 13, 12...
E Alicia vorrebbe aver lì la sua Comet Meridian (modello K), per poter andare più veloce che non su quei fastidiosi tacchi che non è abituata a portare.
- ...11, 10, 9...
"Ma tu guarda che bei tacchi, la Aussie".
- ...8, 7, 6...
"Mica male quelle ginocchia. Però!"
- ...5, 4, 3...
"Ma dove guarda??"
"Aw, se la cornacchia me la mandasse adesso..."
"Ci siamo".
- ...2, 1... BUOOOON ANNOOOOO!...
Tutt'intorno brindisi, baci, abbracci, esplosioni di coriandoli, la banda che ricomincia a suonare, festeggiamenti misti fra il casto e l'increscioso, fuochi d'artificio, strilli di bambini, conati di vomitanti che hanno ecceduto col Whisky Incendiario nonché urla di giubilo e "Felice anno nuovo!" e "Buon 1996!".
Al centro del salone, due figure che si guardano sorridendo, calici alla mano.
- Felice anno nuovo, Basteen!
- Anche a te, Aussie.
- Cin cin!
- Cin cin.

Chiacchierarono a lungo quella notte, seduti sulle poltrone di uno dei vecchi palchetti laterali del Ness, incuranti del chiasso e delle occhiate incuriosite di coloro che li conoscevano entrambi.
Bastian spiegò che si trovava alla festa a causa di Carbry.
- Ma sai, per fortuna che mi ha invitato. Adoro le feste di Capodanno che si tengono da queste parti - dichiarò, sapendo di mentire spudoratamente.
- E questo kilt?
- Io sono di Glasgow.
- Davvero? Non si direbbe.
- Sono cresciuto a Londra - rispose lui, rimanendo sul vago.
Alicia, dal canto suo, gli raccontò che, una volta entrata nel Terminal, aveva scoperto che la Passaporta per Brisbane era già stata usata da una probabile truffatrice spacciatasi per lei. L'addetto al Transito Magico era sbiancato, temendo di perdere il posto; otretutto, dato il movimento intenso di quel periodo, non aveva trovato altre Passaporte disponibili fino al 29 dicembre - troppo tardi, quindi, per un viaggio così lungo.
Alla fine Alicia era stata rimborsata, ma aveva dovuto rassegnarsi a passare le Feste lontano dalla sua famiglia.
Proprio mentre si avviava verso l'uscita del Terminal, però, si era imbattuta in Carbry Bell, di ritorno da Chicago (vi si recava periodicamente per complementare la specializzazione), che lei conosceva piuttosto bene grazie all'amicizia che la legava a Katie. Venuto a conoscenza della situazione, il ragazzo l'aveva invitata a passare il Capodanno con loro in Scozia.
- La Vigilia e il 25 li ho passati a Cork, dai parenti di mia madre.
- Tua madre è irlandese?
- Sì. E papà è di Bath. I miei fratelli sono nati in Gran Bretagna; solo io ho visto la luce in Australia.
- Credevo foste tutti australiani - disse Bastian, stupito.
Lei scosse la testa.
- No. Papà lavora per la Gringott. Segue l'estrazione delle opali magiche, ma sai, abbiamo ancora la vecchia casa di Londra. Ci sono rimasta dal 26 fino a ieri.
- Opali magiche? Come quella lì? - chiese Bastian indicando con un cenno del capo la pietra che lei portava al collo.
- Me l'ha regalata lui quando ho compiuto tredici anni. Le opali assorbono la magia, lo sapevi?
- Aham. Davvero notevole.
- Oh, sì. E poi hanno... un colore bellissimo.
Bastian prese fra due dita uno strato di tulle della gonna voluminosa e la guardò negli occhi.
- Ti piace il celeste?
Ovviamente non era alla gonna, che si riferiva. Alicia sostenne il suo sguardo e sorrise un po' incerta, ma senza arrossire.
- Sì.
E Bastian seppe che il momento, il famoso momento giusto che aspettava da mesi (no, macché mesi: da anni!) era arrivato. Lo seppe e basta. Scavallò le gambe, posò il bicchiere sul tavolino e, con la mano ancora fredda di ghiaccio, prese quella di Alicia, intrecciando le dita alle sue. Non distolse lo sguardo, quello no. Gli occhi li mantenne fissi nei suoi (vide distintamente che le pupille le fremevano, dilatandosi leggermente) mentre si chinava verso di lei, chiudendoli solo nel momento il cui le sue labbra si posarono su quelle della ragazza.
Folata di vento, aroma di eucalipto e erbe selvatiche, fragranza secca della polvere del deserto, la pioggia scrosciante che allaga tutto e impregna la terra screpolata. Sole forte, l'azzurro del Pacifico, i monoliti di roccia vermiglia, gli arabeschi variopinti dei Laghi Salati. Il cielo australe tempestato di stelle, distanze infinite, animali fantastici, Alpha Centauri, la Croce del Sud. Suoni misti di didjeridoo, di enormi conchiglie soffiate come corni e (forse) di cornamuse.
Bastian spalancò gli occhi, leggermente affannato.
Capelli morbidi, caldi come il sole. Eucalipto, di nuovo. Occhi verdi e cristallini come il mare. Labbra soffici umide di saliva. La sua, ohibò.
Aussie.
Lì con lui.
Alicia dischiuse lentamente le palpebre e lo guardò.
- Forse questa cosa è un po' sbagliata - gli disse, rivolgendogli un timido sorriso.
- E perché?
- Perché sei il mio insegnante.
Bastian rise e, con un gesto lento della mano, le tirò indietro i capelli (quante, quante volte aveva sognato di infilare le dita in quella morbida chioma dai riflessi di grano?).
- Hum, senti qua. Proprio da insegnante, ti dico: non c'è niente di più corretto che fare le cose sbagliate allo scopo di trasformarle in cose giuste - sentenziò, alzando un dito.
- Oh, beh. Se lo dici tu…

Il giorno dopo, Bastian era atteso a Cambridge dal signor Whistler il quale, venuto a conoscenza della sua situazione familiare, gli aveva consentito di concentrare le sessioni d'esame fra il due e il quattro di gennaio, in modo da lasciargli il cinque per preparare le sue cose e, il sei, di imbarcarsi sull'Espresso di Hogwarts insieme agli studenti che facevano ritorno a scuola.
Come concordato, lui ed Alicia tornarono quindi a vedersi il pomeriggio del cinque; giorno, peraltro, del diciottesimo compleanno della ragazza.
Quella mattina Bastian, assolutamente su di giri all'idea di avere un appuntamento nientemeno che con Aussie Spinnet, ci mise un'eternità a prepararsi; in un paio di occasioni, addirittura, Madama Sharon bussò (non troppo) discretamente alla porta della sua stanza per accertarsi che stesse bene dato che, dal piano di sotto, lo sentiva cantare a squarciagola alcune vecchie ballate marinare dei cacciatori di balene bianche.
Avevano deciso di incontrarsi nella pasticceria di Florian Fortebraccio, e così fu.
Chiacchierarono, risero, bevvero il tè.
Non smisero un solo istante di guardarsi e sorridersi come due sciocchi, e di cercare scuse per sfiorarsi le mani o accostare le ginocchia sotto il tavolino. Dagli sguardi che si scambiavano, si capiva benissimo che avevano una voglia matta di baciarsi di nuovo, ma non osarono, perché quel giorno Diagon Alley pullulava di professori e studenti di Hogwarts immersi nei preparativi in vista della partenza imminente e loro, prudentemente, non vollero dare troppo nell'occhio.
Andarono avanti così finché Bastian, deciso a sbloccare la situazione, non se ne uscì con quello che ritenne essere un astuto stratagemma.
- Sai quel mio libro, Ampolle e Alambicchi?...
- Certo. L'ho già messo nel baule.
- Ecco, mi servirebbe…
- Ah! Non lo sapevo.
- Devo tornare a Cambridge il sette per la seconda parte dell'esame di Vasi Comunicanti - (non era vero: quell'esame lo aveva già dato nei giorni precedenti, ma gli serviva una scusa plausibile. Avrebbe scritto a Piton comunicandogli che sarebbe arrivato l'otto, da solo, pur di aggiudicarsi una chance di stare da solo con lei).
- Pensavo tornassi ad Hogwarts domani col treno.
- Sì, doveva essere così, ma sai, hanno rimandato…
Alicia aggrottò la fronte.
- Il problema è che non ce l'ho qui.
- Non c'è modo di recuperarlo? - domandò lui in tono vago.
- Facciamo così - rispose lei, con una semplicità disarmante. - Accompagnami a casa, così te lo ridò.
- Oh, ma non vorrei disturbare i tuoi genitori… - ("Ma quanto sei falso e subdolo, Sebastian. Fai schifo.")
- Nessun disturbo. Sono in Australia. A casa non c'è nessuno.
Alicia non era così sprovveduta da non aver intuito che Bastian si era inventato una scusa, né da ignorare che cosa sarebbe probabilmente accaduto al seguito di quell'invito.
Lo aveva capito da come la guardava, da alcune parole che le aveva rivolto (evidentemente scelte con cura fra moltissime altre) e dal suo modo sottilmente allusivo di sfiorarle la mano. La tensione e l'attrazione erano quasi palpabili e lei le aveva chiaramente percepite, ma la cosa non le importava. Anzi.
In fin dei conti, il giorno dopo avrebbero fatto ritorno ad Hogwarts e, molto probabilmente, le cose sarebbero cambiate. Gli impegni scolastici, gli allenamenti, le riunioni segrete con i membri dell'ES: il tempo sarebbe stato poco. Nel caso in cui lei e Bastian avessero continuato a frequentarsi, poi, avrebbero dovuto farlo con una discrezione che, forse, avrebbe ostacolato certe cose (chissà cosa avrebbe fatto la Umbridge se lo fosse venuta a sapere; probabilmente li avrebbe buttati fuori tutti e due), Quindi, spinta dal suo carattere pratico e moderno, privo di sciocchi e inconcludenti pregiudizi morali, Alicia decise che sfruttare appieno quell'ultimo pomeriggio di libertà era cosa buona e giusta.

Non fecero neanche in tempo a chiudere la porta, che
già si erano lanciati l'uno sull'altra, baciandosi con foga e stringendosi e abbracciandosi come due forsennati. In men che non si dica (e senza capire bene come), avevano già raggiunto la stanza da letto di Alicia.
- Il libro… - buttò lì Bastian, tentando di mantenere minimamente la farsa.
- Ma piantala, Basteen. Non sono mica nata ieri - lo zittì lei, chiudendogli la bocca con la sua. Tanta veemenza e spontaneità lo fecero quasi boccheggiare; Bastian si scordò addirittura di vergognarsi per essere stato preso in flagrante con la sua patetica scusa.
Senza perdere altro tempo, il ragazzo passò all'attacco. Cappotto di lana, maglioncino, gonna, calze, camicetta. Adiòs. Bastian si fermò ad ammirare il risultato. Ormai Alicia, in piedi davanti a lui, indossava soltanto un completo intimo di cotone bianco australiano; piuttosto ordinario, certo, ma assolutamente in grado di mettere in risalto il bel corpo snello e sodo da giocatrice di Quidditch.
Non si seppe trattenere. Forse stava esagerando, ma lui aveva una specie di fissa, per certe cose.
- Ah, stavo per dimenticarmi di una cosa - le disse, socchiudendo gli occhi.
- E sarebbe?
- In tuo regalo di compleanno.
Bastian schioccò le dita puntando l'indice verso di lei e, all'istante, la biancheria di Alicia di trasformò in una lingerie talmente seducente (una specie di body nero senza spalline, con pizzo, seta e opportune trasparenze) che per un momento, quando la vide, il ragazzo temette di aver ecceduto. Modestia a parte, era sempre stato bravo in Trasfigurazione (ecco, forse la McGranitt non avrebbe approvato quel tipo di applicazione, ma affari suoi), però il risultato era davvero da attacco cardiaco, giusto per dirla alla babbana. Al di sopra del corsetto, i segni chiari lasciati dal costume da bagno sulla sua pelle dorata dal sole gli fecero ribollire il sangue.
- E queste cosa sono?!
Chiese Alicia, guardando sbalordita pizzi e trine e le scarpe di vernice con tacco dodici che si erano materializzate calzando i suoi piedi. Lui buttò indietro la testa e proruppe in una delle sue caratteristiche risate basse e un po' afone.
- Te l'ho detto - le rispose, avvicinandosi e rivolgendole un'occhiata fin troppo esplicita. Lo strepitoso corsetto avrebbe avuto vita breve e, nel giro di qualche istante, avrebbe ammirato anche gli altri segni lasciati dal costume da bagno; lui, però, era fatto così e ai dettagli ci teneva assai. ("Lingerie di lusso anche solo per pochi minuti". "Anche per una noce ci vuole la tovaglia". Amenità del genere, insomma). - Il mio regalo per il tuo compleanno… - (Frase nella quale l'aggettivo possessivo 'mio' poteva assumere significati diversi a seconda dell'interpretazione).
Per tutta risposta, Alicia gli fece scivolare le braccia intorno al collo e gli si strinse addosso, aspirando profondamente quel suo aroma misto di colonia di lusso, inchiostro nero e retrogusto di fuliggine da calderone.
"Oh, ma per Godric. Questo sì che è baciare" pensò un po' turbata, mentre lui, a parole e coi fatti, le faceva capire quanto la volesse.
Non era abituata a sentirsi così; era sempre stata (fin troppo) alla mano, con le sue magliette poco sagomate da giocatrice di Quidditch, spesso e volentieri macchiate di fango, e gli abiti sportivi che non la valorizzavano affatto. E i capelli arruffati, e il viso senza trucco, e le unghie spezzate. Femminilità ridotta all'osso, insomma. Mentre Bastian, lui no, sempre così ineccepibilmente elegante. Che cosa ci avesse visto in lei un tipo così era proprio un mistero, ma la sensazione di sentirsi desiderata da lui le piacque, e molto. E le piacque anche percepire i segnali inviatile dal suo corpo, messo a stretto contatto con quello decisamente entusiasta del ragazzo. Erano come onde calde e pulsanti che si diffondevano dentro di lei e la percorrevano da capo a piedi, facendola rabbrividire di piacere.
A diciotto anni appena compiuti e carina com'era, Alicia aveva ovviamente già baciato alcuni ragazzi.
Solo con due, si era spinta un po' oltre.
Primo fra tutti, il suo amico d'infanzia Tommy Zahu dal quale, un paio di estati prima, aveva visto bene di farsi spiegare un paio di cosette su questioni che le erano fintanto sconosciute. I due erano amici praticamente da sempre ma, all'epoca, Alicia aveva sedici anni e mezzo ed era un vulcano in procinto di esplodere. Tommy ne aveva un paio in più e si era già trasferito a Brisbane per giocare nei Wallgong Warriors come battitore riserva. Ci era rimasto di sasso quando Alicia lo aveva messo alle strette, perché quel tipo di atteggiamento non era da lei, solitamente riservata e discreta. Lei però gli aveva spiegato che, per poter affrontare certe cose, aveva bisogno di qualcuno di cui si fidasse ciecamente. Il ragazzo, all'inizio, non ne aveva voluto sapere ma poi, complici il cielo stellato, le ombre fruscianti dell'outback e la bionda bellezza di quell'adorabile malandrina, aveva inevitabilmente capitolato. Ne era conseguito un qualcosa di inesperto e assai indefinito che il giorno dopo i due, di comune accordo, avevano catalogato come "archiviabile per eccesso di affetto fraterno".
L'estate prima era stata invece la volta di James "Maui" Haeretua, un robusto portiere di origine maori che giocava nei Moutohora Macaws, conosciuto per caso sulla spiaggia di Brisbane. Un gran bel tipo con la pelle abbronzata, i capelli neri e lucidi raccolti in alto a crocchia e un'estesa dotazione di tatuaggi tribali. Non appena aveva messo gli occhi addosso ad Alicia, costui si era subito messo a corteggiarla in modo spavaldo e alla fine, dopo qualche tempo, era accaduto ciò che doveva accadere.
- Mi fai impazzire, Spinnet - le aveva sussurrato l'irruento giovanotto quella notte, stringendola fin quasi a stritolarla.
Non che le cose non fossero andate bene ma, a lei, quel Maui era sembrato fin troppo impulsivo, decisamente grossolano e così, il giorno dopo, Alicia aveva deciso saggiamente di cambiare spiaggia e sparire dalla circolazione.
Non le mancava quindi l'esperienza anche se, per opposte ragioni, i suoi precedenti incontri romantici erano risultati piuttosto insoddisfacenti. Ora, però, tutto indicava che Bastian Macnair, coi suoi modi eleganti e l'indubbia competenza (lo si capiva che era uno che ci sapeva fare, mica come quei pivelli che aveva frequentato in passato), avrebbe potuto costituire la svolta decisiva nell'ambito di quella delicata questione. Se glielo avessero detto neanche sei mesi prima Alicia, come minimo, sarebbe scappata a nascondersi.
"Bando alle ciance, Aussie" pensò, pratica, allungando i polpastrelli verso le asole della camicia di Bastian, già piuttosto spiegazzata. Giunta in fretta all'ultimo bottone (gliene aveva pure fatto saltare uno, di madreperla per giunta - maldestra che non era altro! - ma chiaramente, data la situazione, lui se ne infischiò) Alicia si fermò, incerta.
- Oh.
- Che... che c'è, principessa? - domandò il ragazzo, col fiato corto.
- Non... non è che avresti...?
- Aah, sì. Sì. Ma certo.
Dalla tasca interna della giacca, Bastian tirò fuori un vero e proprio arsenale di pacchettini quadrati e croccanti, di tutti i colori, gusti e particolarità possibili e inimmaginabili. Si andava dai banalissimi Impedimenta (in voga fra gli studenti per il prezzo dozzinale) ai più fantasiosi Tuttigusti +1, dagli scoppiettanti A Kind of Magic ai rinomati Magic Wand, dagli esotici Black Power ad articoli di gran lusso come i 24 Karat Magic.
Alicia sgranò gli occhi e rise di gusto:
- Accidenti, Basteen!...
- Oh, beh... Non si sa mai - ribatté lui con fare competente, ma temendo per un attimo l'effetto delle eventuali implicazioni morali di cotanta abbondanza. - Bisogna fare attenzione con queste cose, sai com'è - aggiunse, come per giustficarsi.
- Certamente - annuì Alicia con fare di approvazione. Non aveva mai avuto pregiudizi a riguardo e non esigeva proprio nessuna spiegazione.
- E... bene, quale preferisci?
- Ah, decidi tu... - rispose lei, conscia del fatto che un'analisi accurata di tutto quel popò di roba le avrebbe portato via un tempo troppo lungo... un tempo che lei non aveva la minima voglia di perdere.
- Benissimo. E sia.
Bastian appellò un quadratino verde e argento con su scritto "Evanesco. Non si sente, ma c'è!" e lo posò sul comodino, in attesa del momento buono.
Le si avvicinò e la fece stendere sul letto, stringendola forte fra le braccia.
"Merlino esiste. E che Salazar sia lodato. Lui e tutta la sua stirpe".

Se non che, mentre si baciavano e rotolavano scambiandosi carezze sempre più audaci, uno dei due (non si seppe mai chi commise l'errore fatale) urtò inavvertitamente una piccola cesta di vimini posata in un angolo ai piedi del letto.
La cesta barcollò per qualche attimo e, alla fine, si rovesciò. Da essa fuoriuscì un ancora assonnato Uluru che, non appena fu in grado di mettere a fuoco la scena, spalancò incredulo gli occhietti, immediatamente sveglio e in allarme.
Ora: tu che sei un morigerato e fedele ornitorinco domestico, che vieni svegliato di soprassalto e (orrore!) ti trovi davanti la tua padroncina (la tua adorata!) sdraiata sul letto, mezza nuda, con addosso il pericolo pubblico numero uno che la bacia affannato, che cosa vai a pensare?
Ma è evidente. Pensi subito al peggio. Ed agisci di conseguenza.
Messa coraggiosamente da parte la paura atavica che provava nei confronti di Bastian Macnair Uluru, risoluto, fece leva sulle quattro zampette palmate e spiccò un balzo di centimetri sette virgola due; eccezionale per uno della sua specie e, in ogni caso, sufficiente per raggiungere la caviglia del malcapitato pretendente, nella quale affondò il becco seghettato.
Il ragazzo si staccò immediatamente da Alicia e saltò in piedi imprecando.
- Ma cosa...? - abbassati gli occhi, si accorse di Uluru che, usando le zampette come ventose, gli si teneva tenacemente aggrappato al polpaccio. Bastian se lo strappò via con un urlo, sollevandolo per la coda: - Orrenda creatura!... - ringhiò, recuperando la bacchetta dal comodino. - Adesso ti sistemo io!...
Uluru si dimenava come un pazzo e strideva, terrorizzato.
- Impedimenta!
L'incantesimo di ostacolo lo colse di sorpresa, facendolo letteralmente volare via.
- Accio Uluru! - l'animaletto atterrò fra le braccia di Alicia, che se lo strinse al petto. - Ma sei impazzito? Si può sapere che cosa accidenti pensavi di fare?
La ragazza, scarmigliata (e sexy da morire in quella lingerie da capogiro, Morgana vacca), lo guardava dall'alto del letto, sul quale era balzata in piedi nel tentativo di difendere la bestiola. Nonostante il dolore alla spalla, sbattuta malamente mentre cadeva, Bastian non poté fare a meno di pensare che quella visione l'avrebbe perseguitato per mesi.
Alicia era furibonda e scandalizzata.
- Quella bestiaccia mi ha aggredito! - protestò lui, massaggiandosi la spalla dolorante.
- Non chiamarlo bestiaccia!
- Ma... ma è quello che è!...
Alicia strinse gli occhi e appellò un grosso boomerang appeso alla parete. Era tutto intagliato di simboli magici e sembrava pesantissimo.
- Non sei cambiato di una virgola, Sebastian Macneeer!... - sbraitò, furiosa. - Io avevo pensato... e invece no! Sei sempre lo stesso: freddo, spietato e cattivo!
- Io non sono...
- Lo vedi questo? - lo interruppe lei, agitando il massiccio oggetto di legno ricurvo con fare minaccioso. - Vattene immediatamente, o ti giuro sulla spada di Godric Grifondoro che te lo tiro in testa, fosse l'ultima cosa che faccio!

Note:
1) '24 Karat Magic in the Air' è il titolo di una musica piuttosto danzante di Bruno Mars che, peraltro, rispecchia assai bene lo stato interiore di Sebastian in detto momento.
2) Come previsto, si manifesta con insistenza (era inevitabille, è una sorta di pena del contrappasso) il tanto temuto Ornitorinco Factor, contro il quale neppure gli effetti postumi della Felix Felicis hanno il potere di fare qualcosa.
3) La frase "Anche per una noce ci vuole la tovaglia" l'ho presa dal libro L'eleganza del riccio di Muriel Barbery.
4) Ed ora basta. I tempi morti son finiti. Buone vacanze davvero!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Febbraio. ***


8. Febbraio.

Dove, fra pensieri impropri ed inopportuni malintesi, Basteen Macneer e Aussie Spinnet hanno modo di rimuginare sui loro rispettivi ruoli ed errori, mentre un incauto Serpeverde si concede l'ardire di mettersi in mezzo una volta di troppo.

- Ciao Fata.
Clide Warrington si era pettinato con cura i capelli castani, aveva spazzolato il cardigan e, per una volta, si era annodato decentemente la cravatta.
Alicia, colta di sorpresa, lo guardò scioccata. Angelina, in piedi accanto a lei, gli scoppiò a ridere in faccia. Graham Montague, che torreggiava al fianco del compagno, tirò una boccata di Hermes Senza Filtro e storse la bocca in un ghigno di scherno. I timpani più sensibili che passavano lì vicino avrebbero di certo captato un "ma quanto sei coglione" provenire dalle sue labbra; una considerazione lapidaria proferita in tono basso, certo, ma perfettamente udibile.
E difatti Bastian, che in quel momento stava entrando in classe al seguito di Piton, ebbe modo di afferrare distintamente tanto il goffo tentativo di abbordaggio del Serpeverde nei confronti della sua diletta (la quale per la verità, di "suo", aveva gran poco, anzi quasi nulla), quanto il commento del suo gigantesco compare.
Il professor Piton proseguì imperterrito; probabilmente non aveva sentito o forse, per evitare di macchiarsi di studenticidio aggravato (oltretutto perpetrato ai danni di un alunno della sua Casa), aveva saggiamente deciso di tirar dritto ed ignorare il fatto. Bastian, al contrario, si innervosì all'istante. La bacchetta magica gli prudeva fra le dita; in men che non si dica, sentì che gli montava dentro una voglia a dir poco insana di (minimo) Schiantare l'incauto Warrington. E forse, se non si fosse trovato in una classe in presenza di una decina di testimoni (e, ahilui, lungi dall'aver portato a compimento il suo sempre più irrealizzabile Piano), lo avrebbe anche fatto.
Per dirla in modo semplice, il ritorno a scuola a gennaio era stato uno strazio.
Prima di tutto, il dover rientrare in aula e lavorare fingendo di non essere stato visto (da lei, porca Rosmerta!) fuggire in piena nevicata con braghe e camicia in mano, inseguito da quella terrificante diavoleria aborigena. Alicia aveva tenuto fede alla minaccia: non appena lui aveva osato avvicinarsi per farla ragionare, la ragazza gli aveva davvero scagliato contro il pesantissimo boomerang. E a lui, Bastian Macnair, cui mai e poi mai in precedenza era capitato di essere scacciato in malo modo dal letto di una ragazza, il fatto che ciò fosse avvenuto proprio nel bel mezzo di un appuntamento galante con Aussie Spinnet bruciava oltremodo.
Poi, ovviamente, c'era la questione della smania da tenere a bada.
Intendiamoci: Alicia gli aveva sempre ispirato, fin dall'età di anni diciassette, pensieri assai poco casti. Ora, però, averne avuto un discreto assaggio (ma senza essersi potuto gustare la portata principale) aveva di gran lunga peggiorato le cose. Le sue notti, quando riusciva a dormire, erano più agitate che mai, soprattutto se, in giornata, aveva avuto la malaugurata idea di andarsi a sbirciare partite o allenamenti. I suoi sogni, ormai, erano costantemente popolati da bionde beltà in corsetti di pizzo nero, tacchi vertiginosi e accento del Sud da delirio istantaneo.
In preda all'affanno, Bastian alternava quindi stati di fugace apatia, durante i quali rimaneva immobile come i gargoyles della Presidenza, ad attacchi di furia che lo portavano a ridurre in polvere di silicio le sue preziose ampolle di cristallo per la distillazione; poi però, ravveduto e pentito, lanciava un Reparo e sistemava tutto, pronto per ricominciare daccapo alla prossima sfuriata.
Dal canto suo, Alicia non gli concedeva la minima soddisfazione. Non lo sfidava né lo provocava (non era da lei); in presenza di Bastian, la sua bionda ossessione aveva ricominciato a comportarsi come nelle prime settimane, e cioè con la guardinga cautela di un artificiere che si trova fra le mani una bomba particolarmente letale in procinto di espodere.
E proprio così, come un ordigno prossimo alla deflagrazione, si sentì l'Assistente quel mattino, quando vide che Warrington aveva tirato fuori dalla cartella un pacchetto avvolto in carta rossa (erano cuoricini, quelli?!) e lo stava porgendo ad un'Alicia visibilmente imbarazzata.
- Che cos'è?...
- Cioccolatini. Per te!... Buon San Valentino...
Alicia era a disagio; si vedeva lontano un miglio che accettare il regalo non le interessava, ma evidentemente non sapeva bene come comportarsi. La ragazza allungò la mano, esitante.
A quel punto, Bastian non si seppe trattenere.
- Che cosa sta succedendo qui? - chiese quindi, con voce sepolcrale.
Warrington lo guardò, un po'confuso e imbarazzato.
- Oh, professore. Stavo solo...
- Mi dia quel pacchetto, signorina Spinnet.
Lei strinse gli occhi. Quell'ordine non le era piaciuto: non le importava un accidente di Warrington ma, per la barba di Merlino, i regali che riceveva non erano certo affare di quell'avvenente (freddo! Voleva dire: freddo e insensibile) bistrattatore di ornitorinchi domestici di Basteen Macneer.
- No.
- Come dice?
- E perché mai dovrei consegnarglielo?
- Il regolamento prevede...
- Con tutto il rispetto, professor Macnair - si inserì la voce profonda di Graham Montague, che non gli aveva mai perdonato di averlo punito per la cenere di sigaretta nel calderone - il regolamento non vieta gli scambi di regali per San Valentino.
- Ah no? - sibilò l' Assistente, nel suo tono più glaciale.
- Eh no - rispose quello con un sorriso sottile ed immensamente irritante. - Sono Prefetto e membro della Squadra di Inquisizione: ho studiato a fondo la cosa, sa.
I quel momento, se avesse potuto, Bastian gli avrebbe volentieri rifilato una bella cruciata. Ma anche lui era stato Prefetto, ai tempi della scuola, e sapeva che il ragazzo diceva il vero.
E così, senza fare altri commenti, ma raggelandoli tutti e quattro con un'occhiata artica, diede loro le spalle e raggiunse la cattedra.

- Non mi dirai che ti interessa Warrington... - Angelina si sedette sul letto davanti al suo, scrutandola con fare di profonda disapprovazione.
Le due ragazze si stavano cambiando in vista dell'allenamento pomeridiano (attività che Bastian, una volta di più e suo malgrado, sarebbe stato costretto a seguire dalla torre di Astronomia).
- Ma va, mate. Neanche per idea.
- E allora perché hai accettato il suo regalo?
- Oh, beh... - Alicia tirò fuori la scatola di cioccolatini dalla borsa. - Per... per educazione... Non poteva certo dirle che lo aveva fatto per non darla vinta a Bastian. Sennò, poi, avrebbe dovuto raccontarle anche che...
Alicia scosse la testa per scacciare le immagini poco appropriate che, subitanee, afollarono la sua mente. La qual cosa, va detto, le riuscí con una certa difficoltà. Certo: ce l'aveva ancora con lui per aver maltrattato Uluru ma, per la spada di Godric, il bell'Assistente non riusciva proprio a risultarle indifferente. Quante volte, in classe, le era capitato di sorprendersi a guardarlo, imbambolata come una sciocca? Era davvero un bel tipo, inutile negarlo, e poi loro, in fin dei conti, avevano quasi... no, meglio non pensarci.
Meglio lasciar perdere.
Angelina corrugò la fronte, assai poco convinta, ma non indagò oltre.
- Non avrai il coraggio di mangiarli, spero.
- Ma neanche per sogno, Ange - rispose Alicia, lanciando il pacchetto verso il fondo del letto, per poi alzarsi di scatto e dirigersi verso il bagno.
Il contraccolpo provocato dalle molle che saltavano su produsse un'onda elastica che fece sobbalzare la scatola. Dopo aver descritto un paio di saltelli il pacchetto cadde quindi dal letto, andando a rovesciare il suo goloso contenuto in una piccola cesta di vimini posata a terra lì accanto.

E ridendo (poco) e scherzando (ancor meno) si era infine giunti all'ultimo giorno di febbraio.
Quella mattina, a lezione di Pozioni era prevista un'esercitazione speciale che sarebbe stata guidata dall' Assistente, mentre Piton si trovava a Londra per commissioni affidategli dal Preside.
Bastian, alto e accigliato nel suo impeccabile completo nero protetto dalla toga inamidata, aveva appena chiesto Burrow di procedere al sorteggio del tema.
- Orbene?
- Pozione Palmipedone (1), professor Macnair.
- Eccellente - commentò Bastian, facendo comparire con un colpo di bacchetta alcune grosse casse contenenti gli ingredienti necessari per la preparazione. - Procediamo.
Gli studenti accorsero alla cattedra e si affrettarono a prelevare il materiale. Quando Angelina tornò al banco che condivideva con lei, Alicia sbiancò. L'amica reggeva fra le mani una ciotola piena di erbe lacustri e parti di animale essiccate: nella fattispecie, zampe palmate d'oca, becchi d'anatra e code di castoro.
Pochi minuti dopo, l'Assistente cominciò a girare fra i banchi.
Alicia era immobile e livida; ben presto, Bastian si accorse che la ragazza non gli toglieva gli occhi di dosso. E da bravo cretino qual era (quando si trattava di lei, non riusciva mai a ragionare del tutto lucidamente), si riempì la testa di idee idiote; cosicché, dopo essersi fatto una mezza dozzina di voli pindarici, decise di provocarla.
- Signorina Macavoy - disse quindi in tono pacato, posizionandosi alle spalle della studentessa del Tassorosso. - Lasci che le illustri come sezionare correttamente la coda di castoro.
E così dicendo, posò la mano su quella della ragazza, guidandola delicatamente nel taglio.
- Vede? - stava dicendo. - Il bisturi deve seguire i solchi naturali a forma di losango che corrugano la superficie...
Improvvisamente, si udì il rumore secco di qualcosa che veniva sbattuto con violenza verso il basso.
Bastian alzò il capo, inizialmente seccato e poi piuttosto sorpreso quando si rese conto che, a produrre quel frastuono, era stata Alicia. Fatta cadere la ribalta del banco (e rischiando seriamente di amputarsi un paio di dita), la ragazza era saltata in piedi:
- Ne ho abbastanza. Me ne vado.
Raccolse in fretta le sue cose, le infilò nella borsa, guadagnò l'uscita e se ne andò sbattendo la porta.
- Aussie!
Angelina la richiamò e fece per seguirla, ma Bastian la trattenne con un gesto della mano.
- Ci penso io, signorina Johnson. La classe è responsabilità mia, oggi. - E poi, rivolto agli altri: - Voi andate pure avanti. Torno subito.
Il corridoio dal basso soffitto a volta era buio e vuoto; si udivano soltanto i passi di Alicia che echeggiavano in lontananza.
Per evitare di perdere tempo in inutili inseguimenti che l'avrebbero fatto indebitamente sudare (macchie ed aloni, antiigenici ed antiestetici, lo schifavano oltre misura) Bastian si smaterializzò, andando a ricomparire qualche metro davanti a lei (2). Le sbarrò il passo e la squadrò con piglio severo, incrociando le braccia.
Alicia si fermò di colpo.
- Chi le ha dato il permesso di uscire dall'aula, signorina Spinnet?
- Me... me lo sono preso da sola.
Bastian fece una smorfia.
- Si dà il caso, mia cara, che il permesso glielo debba dare il suo professore. Il quale, in questo specifico frangente, sarei io.
Lei lo guardò con aria di sfida.
- Si dà il caso, mio caro, che da oggi lei non lo sia più.
- Sarebbe a dire...?
- Sarebbe a dire che mollo Pozioni. Mi sono rotta.
Bastian spalancò gli occhi, incredulo. Sciolse le braccia e fece un passo verso di lei:
- Cosa?!
- Mollo Pozioni. Basta. Fine. Stop. Ultima fermata: capolinea! - rispose Alicia, calmissima.
Bastian fece un altro passo e l'afferò per i gomiti, passando in un nonnulla dall'impersonalità del 'lei' all'intimità di un 'tu' piuttosto acceso:
- Ma ti è dato di volta il cervello? Tu... tu non puoi!... Tu sei brava, sei...
Lei scosse la testa.
- Io farò la giocatrice di Quidditch! Non me ne frega un accidenti di sbobbe e calderoni.
- Ma non giocherai a Quidditch per sempre, Aussie!... Ho letto il tuo orientamento professionale: so che ti interessa la Magimedicina Sportiva. E per quella, il M.A.G.O. in Pozioni è richiesto, lo sai anche tu!
Alicia ebbe un moto d'insofferenza.
- Sono stufa! Ecco la verità. Stufa di maneggiare ingredienti raccapriccianti, stufa di rimestare in intrugli disgustosi. Stufa di sotterranei umidi. E dulcis in fundo... - la ragazza rivolse una rapida occhiata alle mani di Bastian, ancora strette sui suoi gomiti - ...stufa di te!
L'Assistente sbuffò, irritato.
- Di me?!
Invece di lasciarla andare la strattonò, facendole descrivere una mezza giravolta per trascinarla dietro ad uno dei massicci pilastri di mattoni che sorreggevano la volta dei sotterranei.
- Sei... sei stufa di me? Non è che sei gelosa, per caso? - le chiese a voce bassissima, sospingendola delicatamente contro il pilastro.
Se si fosse trattato di qualcun altro, Alicia avrebbe senz'altro alzato il ginocchio per assestargli un bel colpo nelle parti basse. Quello, però, non era uno qualunque: era Bastian Macnair, col suo delizioso aroma di colonia, inchiostro e fuliggine. I begli occhi color dell'acqua la fissavano con insistenza e le ricordavano, una volta di più, quanto era accaduto fra loro a gennaio, e soprattutto (oh, Mondo Gramo!) quanto non era accaduto. Fino a poco tempo prima, se se lo fosse trovato davanti, sarebbe scappata a gambe levate; ora, suo malgrado, ogni più piccola particella del suo corpo le suggeriva di imboccare la direzione opposta.
Alicia indugiò per un attimo, esitante; sentiva il cuore batterle forte nel petto, come il suolo secco dell'outback durante le migrazioni dei grandi canguri rossi.
- N-no - sbuffò poi, deviando faticosamente lo sguardo da quello di lui.
Bastian le si avvicinò, un po' troppo forse, visto il luogo in cui si trovavano, e in modo decisamente eloquente. Il corpo longilineo della ragazza era stretto fra il suo, in inequivocabile e festoso risveglio, e i duri mattoni del pilastro.
- Fai bene - sussurrò il ragazzo al suo orecchio, facendola fremere leggermente. - Fai bene a non esserlo, mia bionda e adorabile Aussie. Perché alla fin fine lo sai, lo sai che io ti ho sempre, sempre...
Alicia strinse le palpebre e girò la testa per accostare la fronte alla sua. I loro respiri un po' affannosi si fondevano; le loro labbra erano vicinissime, ormai.
E Bastian, che non aspettava altro, si chinò in avanti per colmare quell'esigua distanza; una manciata di millimetri che però, per lui, erano sempre troppi. Il profumo di eucalipto della ragazza era tanto forte da stordirlo; sotto le sue labbra, il sapore di Alicia era intenso e inconfondibile. A più di un mese di distanza, qualche volta, se lo sentiva ancora in bocca; ora, percepirselo così distintamente sulla punta della lingua gli fece letteralmente girare la testa. Aveva l'impressione che un carillon di campane suonate a festa gli rintoccasse alternativamente in testa e nel petto (e non solo!) (per la Bacchetta di Salazar!): la desiderava così tanto che, in quel momento, sarebbe stato capace di buttare all'aria la più elementare cautela pur di prendersi quel che voleva.
E mentre le ultime briciole di buonsenso salpavano allegramente dai lidi cervicali del trafelato Assistente, una porta sbattè in lontananza, rompendo l'incanto come una bolla di sapone che scoppia nell'aria.
Alicia si irrigidì.
- E ora che c'è? - domandò Bastian, socchiudendo appena gli occhi.
- C'è che non hai capito una fava, Basteen - gli rispose lei, immediatamente tornata in sé; detto questo, gli sgusciò da sotto il braccio e si allontanò a grandi passi, senza voltarsi indietro.

L'Assistente rimase fermo impalato per un minuto buono, imprecando fra i denti in diciannove lingue diverse di cui tredici estinte e altre sei di registro variabile fra il cecoslovacco settecentesco e il serpentese contemporaneo.
Dopo qualche secondo, la figura massiccia di un alunno fece capolino fra le ombre delle arcate. Si trattava di Warrington, malcapitato lupus in fabula e probabile provocatore del rumore che aveva spinto Alicia ad andarsene. Il ragazzo era sporco fino alla cintola di un qualcosa di verdastro e viscoso che ricordava vagamente il limo del Nilo.
- Professor Macnair, è accaduto... cioè, ho fatto un pasticcio... - cominciò il giovane, in tono contrito.
Bastian lo avrebbe volentieri incenerito.
- Cosa cazz... ehm, cos'ha combinato stavolta, signor Warrington?
- Ho... ehm, ho fatto cadere il calderone dal treppiede...
- E?
- E niente, diciamo che... che l'aula...
- L'aula...?
- È diventata... ehm, una specie di palude, ecco.
Bastian era talmente inferocito per l'interruzione (e poi, a onor del vero, non vedeva l'ora di fargliela pagare per la storia dei cioccolatini) che gli rifilò una punizione storica; dopodiché, ancora con un diavolo per capello, tornò sui suoi passi, trascinandosi dietro il maldestro ragazzo.

Una volta rientrato in classe, l'Assistente fece sparire il disastro con un Evanesco furioso; gli studenti, che si erano rifugiati sui banchi, saltarono a terra con un sospiro di sollievo.
Mentre si avviava alla cattedra, fu fermato da Angelina Johnson che, incurante dell'espressione assassina dipinta sul suo volto, gli rivolse la parola con un sorriso di circostanza:
- Non se la prenda, professore, la prego. Alicia va capita.
- Come si può capire qualcosa di totalmente incomprensibile? - ringhiò lui, gelido, trattenendosi stoicamente per resistere all'impulso di mandarla al diavolo.
- Gli ingredienti che abbiamo usato oggi l'hanno turbata...
Lì per lì Bastian fece spallucce ma, dopo qualche secondo, capì l'antifona. "Sei proprio un coglione, Sebastian. Altro che gelosia e gelosia. Si tratta di nuovo quell'orribile creatura" pensò, immensamente irritato (Salazar solo sapeva quanto detestasse quel dannato ornitorinco).
- La cosa non mi riguarda. Sono esigenze di programma, non mie.
Angelina però, che non era mai stata tipo da demordere, proseguì lancia in resta:
- Senta, professor Macnair - gli disse, sbuffando fuori l'aria. - Uluru... l'ornitorinco di Alicia, sta molto male, ecco. Hagrid sta tentando di curarlo, ma neppure lui riesce a capire che cosa lo affligga. Alicia è preoccupatissima in questi giorni e, poco fa, quei becchi, quelle code e quelle zampette palmate l'hanno davvero sconvolta. Perdoni la sua reazione, la prego.


Note:
1) Piccolo omaggio ad Alice nel Paese delle Meraviglie: ad un certo punto la ragazzina legge un misterioso cartello che reca scritto "non calpestate i Palmipedoni". Non chiedetemi cosa sono.
2) Ok lo so: non ci si può materializzare dentro Hogwarts (l'unico a riuscirci, senza sapere bene perché, è Montague quando evade dall'Armadio Svanitore). Consideriamola una licenza poetica.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Marzo. ***


9. Marzo.

Dove, finalmente, l'Assistente si rende conto di ciò che realmente conta nella vita e si dispone a combinare qualcosa di buono.

Occhi aperti.
Occhi chiusi.
Baldacchino su.
Baldacchino giù.
Imposte spalancate.
Imposte accostate.
Supino.
Prono.
Di fianco.
Testa al posto dei piedi.
Coperta scalciata via.
Boulle dell'acqua calda.
Conteggio pecore.

Niente da fare: erano ancora le cinque e mezza del mattino (di un sabato, per giunta!) ma il sonno se n'era andato e non intendeva tornare. Bastian aveva sempre detestato alzarsi presto; quel giorno, tuttavia, dovette rassegnarsi all'idea che godersi un po' di sacrosanto poltrire gli sarebbe riuscito impossibile.
L'Assistente era inquieto.
Come sempre, da almeno quattro anni a quella parte, Alicia era con lui, ospite fissa dei suoi pensieri. Inizialmente come passivo oggetto dei suoi desideri, poi come ossessione segreta, poi come grata rivelazione ed ora come... beh, come definire quello che Bastian pensava, ora, di lei?
Aveva scoperto tanti aspetti inediti di Alicia, negli ultimi mesi: l'allegria, la franchezza, la spontaneità, il buon senso, l'impegno nelle cose. Ma anche, a modo suo, il suo coraggio (gente ben più abile di lei si sarebbe guardata bene dal mettersi a duellare con lui) e la fedeltà ai suoi principi e nei confronti dei suoi affetti (aveva difeso Uluru, si era preoccupata per Potter, era un'amica leale per Angelina e da questa ricambiata).
Ma se c'era una cosa, di lei, che lo aveva davvero colpito, era la sua mancanza di pregiudizi. All'inizio, sulla scia dei suoi ricordi di bambina, lo aveva un po' rifuggito, era vero. Poi però, col passare delle settimane, Alicia aveva abbassato la guardia e aveva saputo riconoscere i suoi pregi; invece di rimanere arroccata sulle sue posizioni gli aveva dato una possibilità. In modo forse inelegante e privo di classe, aveva anche tentato di piacergli (non ne aveva bisogno, a lui piaceva già, ma si era impegnata nell'intento e lui lo aveva apprezzato).
Lei aveva saputo cambiare il suo modo di fare nei suoi confronti.
Lui, invece, non solo era andato avanti a testa bassa con quell'assurda ed egoista storia del Piano, ma aveva anche finito per comportarsi come un crudele cretino, alla stregua di sempre. Aveva ottusamente ripetuto l'errore primordiale, quello commesso il giorno in cui si erano conosciuti, e poi reiterato più e più volte nel corso degli anni: aveva strapazzato l'ornitorinco. E poco importava che la bestiaccia lo avesse aggredito perché, visti gli infausti trascorsi, bisognava ammettere che il comportamento dell'animale era stato più che comprensibile.
Pensandoci e ripensandoci, Bastian si era convinto di una cosa: al momento del litigio, sul viso di Alicia s'erano dipinti non tanto la rabbia e il furore, quanto piuttosto la delusione, il disincanto, l'amarezza. Lo aveva guardato con quegli occhi feriti di chi ti ha aperto il cuore e poi si è sentito tradito. E quel suo sguardo incredulo e rammaricato gli si era conficcato dentro.
Bastian, finalmente, aveva capito che Alicia non era solo bella. Era molto di più di un gradevole involucro di carne, muscoli, chioma di grano ed occhi ridenti color del mare. Alicia era una ragazza normale coi suoi pregi e difetti, che contribuivano a farne una persona speciale. Una brava persona.
Conoscerla meglio aveva fatto affiorare in lui sentimenti inediti.
Alicia gli era... cara.
Tradotto in termini più poetici, questo voleva probabilmente dire che finalmente, per la prima volta nella vita, Bastian si era... beh, ma non era quello il punto ovviamente, o forse chissà che le due cose non fossero collegate. Non lo sapeva.
Sta di fatto che di sicuro, in quel momento, Alicia era preoccupata per lo stato di salute del suo animaletto (del suo amico) e soffriva.
E di ciò, Bastian si sentiva immensamente dispiaciuto.
Tutto il resto, Piani, propositi e battiti di cuore, passava automaticamente in secondo piano. Quel che provava lui non contava: l'importante era che Alicia fosse felice.

Il giorno prima, sul far della sera, l'Assistente si era recato in visita da Hagrid con il proposito di indagare sullo stato di salute di Uluru. Il mezzogigante non c'era (Bastian ne era stato più che contento, dati i rapporti tutt'altro che felici che intercorrevano fra lui e il signor zio), ma erano presenti alcuni dei suoi aiutanti: alunni versati nella Cura delle Creature Magiche che, a titolo puramente volontario, gli davano una mano ad accudire le bestiole ferite o malate che vivevano ad Hogwarts e dintorni.
Fatto il giro della capanna di Hagrid, Bastian si era imbattuto in una coppia di ragazzini del quarto anno di Corvonero, che si davano da fare con fieno e mangime.
- Buonasera. C'è Hagrid? - aveva chiesto loro.
- Buonasera professore - la ragazzina era molto graziosa e aveva un'espressione dolce e sveglia. - Mi dispiace: Hagrid si trova nella Foresta con Thor. Saranno usciti una decina di minuti fa...
- Possiamo esserle utili noi? - aveva interloquito il ragazzino, che parlava con un accento squisitamente irlandese.
Bastian li aveva squadrati entrambi, indeciso. Poi, dopo qualche secondo, aveva deciso di tentare. Una scusa del genere non avrebbe mai attaccato con il guardacaccia, che conosceva bene il carattere antianimalista dei Macnair tutti, ma forse i due ragazzini gli avrebbero creduto.
- Mi è stato riferito che Hagrid si sta occupando di un animale estremamente raro che io, come... ehm, studioso amatore delle creature magiche, ci terrei moltissimo a vedere. Si tratta di un Ornitomagicus Australiensis. Ne sapete qualcosa?
I due si erao scambiati un'occhiata nella quale Bastian aveva percepito una leggera apprensione.
- Ecco, per la verità... - aveva iniziato la ragazza, con un filo di voce - l'ornitorinco si trova effettivamente qui.
- ...ma sta molto, molto male - si era affrettato ad informarlo il giovane irlandese. - Non so se le può interessare vederlo comunque...
- A dire il vero, sì - aveva risposto Bastian, piuttosto colpito. - Se non ci sono problemi, mi piacerebbe dargli un'occhiata.
- Va bene allora. Da questa parte, prego.
Il ragazzino gli aveva fatto strada e lui lo aveva seguito, piuttosto nervoso.
- Povero, povero Uluru! - si era lasciata sfuggire la ragazzina, che sembrava molto coinvolta nella questione. - Una bestiola così adorabile...
Bastian era stato seriamente tentato di alzare l'orlo dei pantaloni per mostrarle il segno che quella "bestiola adorabile" gli aveva lasciato sulla caviglia ma, saggiamente, aveva deciso di astenersi. Nel frattempo, i tre avevano raggiunto una piccola capanna col tetto di paglia. Affisso sulla porta di legno c'era un cartello con su scritto "casi gravi".
All'interno della piccola costruzione, le gabbiette addossate alle pareti erano tutte vuote tranne una, quella di Uluru. Proprio davanti ad essa, in posizione accosciata, si trovava una giovane strega coi capelli chiari e vaporosi. Vestiva la divisa del Serpeverde e, per una di quelle curiose coincidenze di cui è piena la vita, era una vecchia conoscenza di Bastian, che aveva frequentato il suo ultimo anno quando lei era al primo, e che l'aveva spesso incontrata anche fuori, visto che lo zio Walden era piuttosto amico dei suoi genitori.
- Ciao Matilda.
- Sebastian?! - la ragazza, riconoscendolo, aveva fatto tanto d'occhi. - Che cosa ci fai...
- Volevo vedere l'ornitorinco - aveva tagliato corto lui, che voleva evitare di sentirsi dire cose del tipo "ma tu detesti le bestie!" in presenza dei due Corvonero.
- Purtroppo non lo trovi in gran forma - aveva sbuffato lei con fare competente, per poi affrettarsi a stendere le braccia verso di lui. Uluru giaceva fra le sue mani, appallottolato come un piccolo straccio.
La pelliccia color tabacco, solitamente lucente e folta, era grigiastra e opaca; in alcuni punti mancavano interi ciuffi di pelo. Il becco, le zampe e la coda, che di solito presentavano il caratteristico tono blu cobalto estremamente vivace, erano ora di un deprimente azzurrognolo sporco.
Bastian era ammutolito.
- Da quant'è che sta così?
- All'incirca da metà febbraio - aveva risposto Matilda. - Io, Hagrid, i qui presenti Lily e Peter e, ovviamente, la sua padrona (Alicia Spinnet, credo che tu la conosca) le stiamo tentando tutte, ma Uluru non si riprende.
L'Assistente aveva mosso un passo.
Uluru aveva aperto un occhietto, ma non aveva avuto alcun tipo di reazione. Di norma, se avesse visto Bastian così vicino a sé, l'animaletto sarebbe subito entrato in allarme.
- Pare abbia fatto indigestione di cioccolato - aveva poi rivelato Peter, incerto. - Ma Hagrid dice che, dopo due o tre giorni, avrebbe dovuto ristabilirsi.
- E invece niente - Lily carezzava dolcemente il pelo della povera bestiola, ancora raggomitolata fra le mani di Matilda. - Sembra peggiorare ogni giorno di più...
La Serpeverde aveva guardato Bastian con fare eloquente.
- Alicia Spinnet aveva ricevuto dei cioccolatini in regalo il giorno di San Valentino. Lei ovviamente si è guardata bene dal mangiarli ma, a quanto pare, Uluru si è strafogato.
Bastian aveva aperto bocca per fare una domanda, certamente piuttosto ovvia, ma lei lo aveva anticipato.
- Warrington ha giurato e spergiurato di non averci messo dentro niente. Il professor Piron gli ha creduto e non ha ritenuto necessario indagare oltre.
- Capisco.
I latrati di un cane risuonarono in lontananza. Hagrid doveva essere di ritorno ormai; Bastian aveva decretato di essersi trattenuto a sufficienza e, dopo averli ringraziati, si era congedato dai ragazzi.

"Basta così".
Bastian saltò giù dal letto. Non erano ancora le sei, ma ne aveva abbastanza di girarsi e rigirarsi come un nargillo.
Quindi, dopo essersi lavato e vestito con puntiglio oltreché maniacale, il ragazzo lasciò i suoi alloggi, imboccò di buon passo la scala che conduceva ai sotterranei e raggiunse la porta della Sala Comune del Serpeverde.
I due serpenti d'argento avvolti sulle maniglie lo riconobbero subito:
- Prefetto Macnair. Bentornato - sibilarono con deferenza, per poi avvolgersi su se stessi e lasciarlo passare.
Bastian entrò come una furia nel salone della sua vecchia Casa. Data l'ora, ovviamente, non c'era nessuno. Le pareti di pietra erano illuminate dai tremuli rifessi verdognoli delle acque del Lago Nero.
Ad un suo schioccare di dita, un elfo domestico si materializzò davanti a lui.
- Comandi, Prefetto Macnair - squittì la creatura, profondendosi in un inchino sussiegoso.
- Portami giù Clide Warrington. Subito. Anche in mutande, se necessario.
- Signorsì, signor Prefetto. L'elfo riapparve una decina di secondi dopo: Clide Warrington, spettinato, assonnato e boccheggiante, si trovava con lui. Il ragazzo sgranò gli occhi quando individuò Bastian, gelido e impeccabile, che lo fissava con aria truce.
- Puoi andare - disse l'Assistente all'elfo, che sparì con una seconda riverenza, ancor più arzigogolata della prima. - Lei invece, signor Warrington, rimane qui per farsi due chiacchiere con me. Prima di cominciare, però, due avvertimenti - riferì al giovane mago che lo guardava attonito, tormentandosi i polsini del pigiama. - Primo: la pazienza è una virtù che, definitivamente, mi fa difetto. Secondo: quando voglio qualcosa, non risparmio sui metodi per ottenerlo. Spero proprio di essermi spiegato.
- C-che cosa v-vuole?
Warrington era ormai nervosissimo, cosa che fece sorridere sotto i baffi Bastian.
- Vuole andare subito al sodo? Eccellente. Mi dica, allora: cos'ha messo nei cioccolatini che ha regalato ad Alicia Spinnet?
- Co...cosa?! Io non ho messo assolu...
- Risposta sbagliata. Incarceramus!
Warrington si ritrovò immobilizzato e levitante.
- Ehi!... Ma cosa...
- Ripetiamo la domanda: che cosa...
- Niente! Non ho messo...
- Ah, ma allora non ci siamo capiti.
Con un colpo di bacchetta, Bastian sigillò le porte e insonorizzò la sala. Poi, con fare raggelante, si avvicinò al ragazzo, che si dibatteva a mezz'aria.
- Stammi bene a sentire: di tempo da perdere, io non ne ho. Lo vedi questo? - chiese, estraendo con un gesto elegante un'ampollina dalla tasca della giacca - È veritaserum. Sai cosa significa?
- Il professor Piton...
- Zitto. Io non sono Piton. Dicevo: sai cosa significa?
Silenzio.
- Significa che ti faccio cantare quando voglio. Che tu ti degni di collaborare o meno. Però guarda: siccome mi scoccerebbe tantissimo sprecare una pozione così preziosa per un coglione come te, ti avverto che l'userò solo quando avrò esaurito tutti gli altri metodi.
- Lei è pazzo!... Mi lasci andare!...
- Vogliamo rispondere alla domanda? O dobbiamo cominciare con una bella cruciata?
Sul viso di Warrington si dipinse il terrore. Evidentemente non nutriva alcun dubbio sul fatto che Bastian avrebbe tenuto fede alla minaccia.
- Amortentia! - urlò quindi, scalciando l'aria. - Ci ho messo l'Amortentia, maledizione!
Bastian proruppe in una risata afona.
- E dove diavolo l'avresti presa, tu, una pozione tanto pregiata?
- L'ho... L'ho fatta io!...
- Ma fammi il piacere. - Bastian alzò la bacchetta, scettico. - Cru…
- No!... Glielo giuro!... Ne ho ancora un flacone!...
- Dove?
- In camera... Nel cassetto del comodino...
- Verifichiamo subito. Accio Amortentia!
Un flaconcino di vetro azzurrino venne a posarsi sul palmo aperto di Bastian, che svitò in fretta il tappo. Immediatamente, un intenso aroma di eucalipto gli pervase le narici. Warrington diceva il vero.
"Eppure..."
Eppure qualcosa non andava. C'era qualcosa di strano in quell'aroma, una specie di retrogusto... L'Assistente si mordicchiò il labbro, pensoso.
- Per quanto tempo l'hai fatta bollire?
- Io...ve-ventisei ore e tre quarti...
Bastian spalancò gli occhi.
- Ma è troppo poco!...
- Non avevo...ehm, mi è mancato il tempo!...
- Ma per Salazar. Sei proprio un coglione!... Bastian lo sapeva fin troppo bene, purtroppo: quando i tempi di bollitura non erano scrupolosamente rispettati, il Filtro d'Amore più potente del Mondo Magico sviluppava un pericoloso enzima capace di trasformarsi in veleno letale. Se Alicia avesse mangiato i cioccolatini...
Bastian scosse la testa: non ci voleva nemmeno pensare. Lei, per lo meno, era al sicuro. Stava bene. Non così Uluru, ogni istante più vicino all'aldilà degli animaletti palmati.

In men che non si dica era tornato di corsa alla sua stanza, non prima di aver minacciato Warrington di denunciarlo per uso improprio di filtri magici e tentato avvelenamento.
- Se osi aprire bocca su questo nostro colloquio - aveva ringhiato all'indirizzo dell'incauto ragazzo - giuro che te ne farò pentire amaramente.
Bastian allacciò l'ultimo alamaro del mantello da viaggio e gettò una manciata di polvere volante nella brace, pronunciando a gran voce l'indirizzo:
- Cambridge!
Poco dopo, scuotendo via la cenere dalla cappa, uscì dal camino della sua stanza all'alloggio universitario. Svegliato dallo scoppio prodotto da Bastian, Carbry Bell alzò la testa dai cuscini in cui era affondato e aprì un occhio.
- Toh, ma guarda chi si fa vivo - commentò, laconico.
- G'Day, mate.
- Oh, ma per tutti i Wampus dell'Alabama.
L'apprendista Medimago voltò il capo verso la parete e si stiracchiò, riaddormentandosi nel giro di pochi istanti. Lui, di certo, i problemi d'insonnia non ce li aveva.
Una rapida occhiata tutt'intorno rivelò a Bastian che Carbry aveva preso pieno possesso della stanza: il caos regnava sovrano anche dalla sua parte, ormai. Sul suo letto, milze e fegati si contendevano a gran voce un posto di spicco.
Imponendosi di ignorare il fatto, il ragazzo varcò la porta ed imboccò il corridoio, diretto all'ufficio del signor Whistler.

- Come lei sa, signor Macnair, non esiste che una soluzione. Una ed una sola.
Il professor Whistler, seduto dietro la scrivania, lo guardava con espressione grave. Il direttore del corso di Pozioni Avanzate, che era un mago estremamente mattiniero, l'aveva ricevuto subito e si era premurato di ascoltarlo con grande attenzione.
- L'Amortentia, come del resto gli altri filtri d'amore, è una pozione sostanzialmente intrisa di egoismo. Una preparazione adeguata limita i rischi per coloro che l'assumono; tuttavia, se prodotta in modo sommario o approssimativo, esiste la possibilità di uno sviluppo abnorme di tossina Ego. E, come lei sa, la tossina Ego può, effettivamente, indurre la morte.
Bastian deglutì.
- Quindi, se non ho capito male…
- Esatto - il signor Whistler congiunse lentamente le punte delle dita. - L'unico antidoto è la pozione Platone. La pozione dell'amore disinteressato. La cui preparazione, tuttavia, richiede un certo sacrificio da parte di colui, o colei, che si dispone a distillarla.
Bastian chiuse gli occhi, leggermente nauseato.
Aveva già letto sul libro di Pozioni Avanzate come preparare la pozione Platone e sapeva che uno degli ingredienti base sarebbe stato un tutt'altro che irrisorio quantitativo del suo stesso sangue.
Ma, per quanto potesse suonare assurdo, la parte peggiore della storia era un'altra. Il pozionista si sarebbe dovuto procurare un capello di tutti i suoi legami familiari e affettivi ancora in vita. Nel caso di zio Walden e di Madama Sharon, ciò non avrebbe costituito un problema. Nel caso dei suoi genitori, invece…
- La ringrazio per le delucidazioni, signor Whistler - disse, alzandosi adagio. - Con permesso.
Azkaban attendeva una sua visita.



Note:
1) Gli aiutanti di Hagrid sono OC di proprietà di autori che me ne hanno gentilmente concesso l'utilizzo. Lily Anderson e Peter O'Neil sono i protagonisti dell'omonima saga di GattyP, ormai giunta alle battute finali. Matilda, invece, appartiene a Brigett88 ed è il personaggio principale della sua long Di ghiaccio e tempesta.
2) Evidentemente Bastian è molto ispirato, perché saluta Carbry all'australiana.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Aprile (dolce dormire). ***


10. Aprile (dolce dormire).

Dove l'Assistente tiene fede ai suoi propositi e distilla la Pozione Platone, con annessi, connessi, infausti effetti collaterali ed indubbi benefici.

- Ho bisogno che tu mi faccia un favore, Matilda.
Sguardo interrogativo.
- Lo vedi questo flacone?
Cenno del capo.
- È per l'ornitorinco.
Occhi spalancati per la sorpresa.
- Gli devi dare trentasei gocce all'alba e altre trentasei al tramonto per sette giorni. Non una di più, non una di meno.
- Perché non gliele dai tu?
Risata afona tutt'altro che allegra.
- Perché Hagrid non me lo permetterebbe mai. E poi perché, fino a che la pozione non avrà fatto effetto, nessuno dovrà sapere che l'ho fatta io, o i suoi benefici verranno automaticamente inficiati.
Mano che scatta a tappare una bocca aperta per la costernazione.
- Non mi dirai che si tratta di...
Un sorriso, stavolta sentito.
- Me lo avevano detto che eri brillante in pozioni. Ora vai, da brava.
- Sebastian.
- Dimmi.
- Stai attento... sai, gli effetti collaterali. Ho sentito dire che...
Cenno della mano, come a minimizzare.
- Me la caverò, tranquilla.


Bastian sbattè le palpebre, gli occhi fissi sul soffitto rivestito di legno scuro.
Matilda aveva ragione. Gli effetti collaterali si erano manifestati fin da subito, già mentre si affannava a mettere insieme gli ingredienti necessari per preparare la pozione Platone. Ed effettivamente, erano stati tremendi.
Per distillare la pozione, gli era toccato violare un numero quasi incalcolabile di regole imposte alla comunità magica britannica: prima fra tutte il diritto di proprietà della Cambridge Magical University, che vietava a chicchessia l'utilizzo non autorizzato di ingredienti eccezionalmente rari o pericolosi.
Col favore delle tenebre, Bastian si era introdotto nella dispensa del corso di Pozioni Avanzate (aveva usato la parola d'ordine estorta con due gocce di veritaserum ad un incauto assistente di sala e aveva prelevato due ingredienti la cui ricerca, in condizioni normali, gli avrebbe portato via un tempo di cui non disponeva: i petali di Victoria Regia fatti essiccare alla luce della luna durante tre pleniluni e le spore del Fungo Tumipiaci (1), un fungo empatico che si lascia mangiare solo da chi gli è simpatico.
Una volta a Londra, aveva raccattato un capello di Madama Sharon (la strega era perennemente spettinata, ma ce n'erano a ciuffi nella sua spazzola d'avorio appoggiata sul tavolo da toeletta) e di zio Walden, trovato all'interno del cappuccio di una delle sue cappe da boia. Poi, facendo appello a tutto il suo coraggio, si era recato ad Azkaban.
Bastian non avrebbe mai dimenticato quella brevissima visita; la prima che faceva ai suoi genitori da quando, all'età di cinque anni, li aveva visti trascinare via da un manipolo di Auror con le bacchette sguainate. I coniugi Macnair erano stati entrambi esimi pozionisti ed amanti invereterati delle Arti Oscure; grazie alla loro abilità, avevano reso innumerevoli servigi all'Oscuro Signore, infiltrandosi fra le fila degli oppositori e riuscendo addirittura ad avvelenarne un buon numero. La più pericolosa e fra i due era stata senz'altro sua madre, la bellissima Magdalena Macnair, che non esitava ad insinuarsi nel cuore degli Auror sventati per poi propinare loro dosi letali di Acquaviola battezzata con veleni alchemici di Classe XXX.
Dopo più di quindici anni di detenzione, della bellezza di Magdalena non restava che un'ombra sbiadita; parimenti, gli occhi celesti di suo padre, gli occhi chiari dei Macnair così simili a quelli di Bastian, erano divenuti spenti ed opachi, irrimediabilmente alterati. Nessuno dei due aveva dato segno di aver riconosciuto il figlio: gli avevano rivolto fugaci sguardi offuscati dalla follia e così lui, dopo una breve esitazione, aveva prelevato i loro capelli e se n'era andato (con un certo sollievo, anche, dato che, non appena aveva messo piede sull'isola, gli era montata dentro una voglia irrefrenabile di fuggire lontano).
Nonostante la brevità della visita, comunque, le immagini dei suoi genitori ridotti in quel modo gli si erano conficcate dentro e non l'avevano più abbandonato.

Raccolti tutti gli ingredienti, si era quindi messo al lavoro.
E anche lì, ostacoli su ostacoli, sofferenza e sgomento. Immagini spezzate, di dolore e annichilimento, avevano cominciato ben presto a prendere forma nei vapori che esalavano dal calderone: le grida di sua madre, le mannaie del signor zio, la risata insana di suo padre, il gelo dei Dissennatori, l'oscurità densa, mietitrice di speranze, che lo avvolgeva attanagliando il suo cuore. Bastian era riuscito ad andare fino in fondo solo perché era troppo determinato per non farcela: Alicia doveva (doveva!) essere felice. Aveva attinto le forze dal ricordo del suo sorriso e del suo sguardo carezzevole; si era imposto di mantenere i pensieri fissi sull'immagine di lei che gli si avvicinava durante la festa a Capodanno, bella, luminosa ed eterea come una nuvola mossa dal vento.
Il prezzo, però, era stato altissimo.
Alla fine, dopo aver consegnato il prezioso flacone a Matilda, Bastian aveva deciso di lasciare Hogwarts per rifugiarsi a Londra, a casa del signor zio.
Esausto, si era addormentato non appena aveva toccato il letto: il suo sonno, tuttavia, era stato tutt'altro che ristoratore.
Incubi e deliri, disperazione e tristezza.
Da ogni sorta di tormento si era visto afflitto il povero Sebastian; per non parlare del freddo, quel freddo implacabile ed insopportabile che, nonostante la calda trapunta che lo copriva, lo permeava fino alle ossa facendolo tremare incessantemente.

Un bussare discreto lo distolse dai suoi lugubri pensieri.
Fu tentato di non rispondere ma, alla fine, si degnò di pronunciare uno svogliato:
- Sì?
Un tentennante elfo domestico mise dentro la testa.
- Padron Sebastian, ci son visite per lei, signor Padrone.
Lui si girò faticosamente dall'altra parte.
- Non voglio vedere nessuno.
Probabilmente a Cambridge si erano accorti del furto e avevano già provveduto a spedirgli lì qualcuno per fargli la ramanzina e consegnargli la lettera di espulsione.
- Chiudi la porta, Flip.
L'elfo domestico eseguì e imboccò le scale che scendevano all'atrio. I suoi passi echeggiarono nel silenzio della casa deserta: Madama Sharon si trovava all'appuntamento settimanale con le Dame di Scozia; quanto al signor zio, meglio non indagare. Il visitatore, però, non si diede per vinto e decise di insistere: poco dopo, infatti, la quiete venne nuovamente infranta dallo scalpicciare di passi veloci che risalivano i gradini, accompagnati dalle rumorose rimostranze del servitore.
Poi, oltre la porta chiusa, qualcuno esclamò:
- Non fare il testone, Basteen!
Il suono di quella voce, leggermente smorzata dallo spessore del legno, gli fece girare di scatto la testa. Subito dopo, Bastian udì l'elfo che bisbigliava concitato:
- Signorina, ma è impazzita?!... Il signor Padrone si arrabb...
Bastian si tirò su sui gomiti e scosse la testa, incredulo. Non poteva essere. Eppure, gli pareva di percepire una specie di luce dorata che filtrava dal corridoio scuro, attraverso le fessure laterali della porta e dal buco della serratura. E mentre si chiedeva che cosa mai potesse essere quel bagliore, così inusuale nel contesto lugubre e opprimente di Casa Macnair, la porta si aprì di scatto e una figura luminosa si stagliò contro il ritaglio di tenebra del corridoio.
- Con permesso!...
Dribblato con nonchalance l'esterrefatto elfo domestico, Alicia Spinnet aveva fatto il suo ingresso nella stanza e, chiusa di slancio la porta, si dirigeva a grandi passi verso di lui.
Bastian era così stupito che non gli riuscì di spiccicare parola. Rimase immobile, fissandola a bocca aperta mentre lei (infilata in quel vestitino di jeans così demodeé e slavato, tanto striminzito da risultare inopportuno perfino su una bambola di pezza) attraversava la stanza e veniva a sedersi sul bordo del letto, così, come se nulla fosse.
Gli ci vollero una manciata di secondi per riordinare le idee; quando finalmente parlò, lo fece con voce impastata:
- Aussie?!...
- In persona.
- Come... come hai fatto a trovarmi?
La ragazza sbuffò.
- Ti ho cercato ad Hogwarts e mi hanno detto che eri in congedo. Quindi ho pensato che ti trovassi a Cambridge (e ci sono andata) ma laggiù, di te, non ho trovato neanche l'ombra. Alla fine, è stato Carbry a suggerirmi di provare a vedere se eri qui.
Bastian le rivolse uno sguardo stanco.
- Questo non è un luogo propriamente adatto per...
Alicia lo interruppe subito:
- Non mi interessa. Rispondimi: che cosa sta succedendo? Perché sei sparito?
Silenzio.
- Non me lo vuoi dire? Allora lascia che te le dica io, un paio di cose.
- Alicia...
- Ascoltami - lo interruppe nuovamente lei, per poi proseguire tutto d'un fiato. - Io avevo perso le speranze, ormai. E non mi riferisco solo alla salute di Uluru, ma anche per quanto riguarda... noi due, ecco.
Bastian non disse nulla, limitandosi a fissarla. Che situazione assurda. Alicia Spinnet, in camera sua, seduta sul suo letto, intenta a parlare di loro. "Robe da matti" pensò, mentre lei riprendeva il racconto:
- Poi senti qua: una settimana fa, di punto in bianco e senza che nessuno sappia spiegarsi perché, Uluru comincia a stare meglio. Ieri sera scendo a vedere come sta e indovina cosa mi trovo davanti?
- ...
- Una Serpeverde che, zitta zitta, gli somministra delle gocce.
- Una... Serpeverde?
- Non fare il finto tonto. La metto alle strette, minacciandola di chiamare Hagrid, e lei confessa.
Bastian trattenne il fiato.
- Ascolta, Alicia. Posso spiegare...
- Non c'è nulla da spiegare. La cosa si spiega da sola: Uluru è salvo grazie a te. Sia lui che io non ti ringrazieremo mai abbastanza.
- Se vuoi ringraziarmi - rispose lui - fallo solo a nome tuo. Non posso negare che il desiderio di fare una cosa a te grata ha rafforzato il movente che mi guidava. Ma Uluru non mi deve nulla. Per quanto io, ormai, lo rispetti, credo di avere pensato soltanto a te. (2)
- E quando avevi intenzione di dirmelo?
Lui fece una smorfia.
- Non te lo potevo dire, o la pozione non avrebbe funzionato.
Lei gli rivolse uno sguardo preoccupato.
- È colpa della pozione se sei conciato così?
- Diciamo che sto smaltendo gli effetti collaterali della preparazione... - rispose Bastian, per poi affrettarsi ad aggiungere: - Suvvia, non è niente di così grave...
Cercava di minimizzare ma, evidentemente, mentiva. Alicia lo fermò con un cenno e poi, scalciate via le scarpette da Quidditch, tirò su le gambe abbronzate e graffiate dai rametti di saggina della sua Comet Meridian, mettendosi in ginocchio sul letto. Gli si avvicinò gattoni, guardandolo fisso e specchiandosi nei suoi begli occhi limpidi come il cielo; quando fu abbastanza vicina, sedette sui talloni e stese la mano per carezzargli la guancia:
- Io ho capito chi sei - gli sussurrò. - Tu sei un fair dinkum (3), Basteen.
- Io non...
Tutto spettinato e stropicciato, infilato in quella maglietta bianca così dimessa, gli occhi celesti ancora spalancati per l'agitazione e la sorpresa, Bastian appariva insolitamente giovane, poco più che un ragazzo, e perfino un po' indifeso. Alicia gli sorrise con dolcezza e si chinò in avanti, solleticandogli il viso con i capelli. Non gli diede il tempo di finire la frase: presogli il mento fra le mani, lo costrinse ad alzare il capo verso di lei.
Poi, facendolo rabbrividire con il tocco vellutato del suo respiro, accostò il viso al suo e lo baciò.

Come descrivere ciò che provi, Sebastian, mentre Aussie Spinnet ti bacia con determinata delicatezza, come se non ci fosse un domani?
Le sue labbra sono morbide e tiepide; il suo bacio è come una folata intensa che ti scuote fino alle fondamenta, una bordata che spazza via la stanchezza e il dolore, un soffio di vento caldo che sbaraglia il gelido smarrimento di cui sei ancora intriso; la sua bionda luce fende le tenebre di questa magione scura, dissipa le ombre, scioglie il ghiaccio che hai nel cuore e ti riporta alla vita, Bastian: ti rinfranca, ti scalda e, infine, ti arroventa.
Non sei tu, Sebastian, quello che affonda le dita nella sua chioma setosa dai riflessi del grano baciato dal sole.
Anzi sì, per la prima volta sei talmente te stesso da rischiare di non riconoscerti più; quello che ha vissuto per ventun anni, nove mesi e due giorni era un altro. Non era il vero Bastian, non eri tu.
Nulla di ciò che sei stato, nulla di ciò che hai fatto fino a ieri pare avere più un senso: sei nato e vissuto in funzione di questo momento, il momento presente e null'altro. Sei nato e vissuto per baciare Aussie Spinnet e farti baciare da lei, per protendere le mani e intrappolarla nel tuo abbraccio, per stringerla e farti stringere, per farti inondare dalla sua luce e dal suo tepore, che scacciano l'oscurità e la paura restituendoti qualcosa che (oh, felice paradosso!) ti accorgi, meravigliato, di non aver mai avuto.
E tentenni, Sebastian, perché all'improvviso ti scopri inesperto: tutto ciò che hai fatto prima non conta, quest'oggi si torna indietro, si riparte da zero, come in un'inversione di Giratempo.
Trattieni il fiato mentre lei infila le mani sotto la tua maglietta bianca da sciattone e piano piano, sfiorandoti delicatamente la pelle, ti aiuta a sfilarla.
Rimani impietrito a guardarla, Alicia, che si slaccia i bottoni di quel vestitino fuori moda; e la vista della sua pelle dorata dal sole d'oltremare rischia di farti annegare (e oh, Aussie, quanto sei bella, al diavolo seta e laccetti: mi perdo a guardarti, fossi anche vestita di stracci). Annaspi, Bastian; il cuore ti martella nel petto e tu torni ad essere semplicemente un ragazzo alle prime armi che si sente travolgere da un dolce e timoroso turbamento: la trepida agitazione di chi, dopo tanta attesa e tanto fantasticare, fa l'amore per la prima volta.
E Alicia solleva un lembo della bianca trapunta e scivola sotto, lunga e distesa accanto a te; ti si stringe addosso con amorevole furore e finalmente siete solo voi due, pelle contro pelle, nervi tesi, muscoli guizzanti, adrenalina alle stelle, respiri affannosi, mani febbrili, bocche voraci; due corpi e due anime impegnate a contendersi le ultime particelle di ossigeno, come pesci che si dibattono boccheggiando sulla rena morbida di una spiaggia remota.
E la sua pelle è liscia, calda, fremente e così piacevole da accarezzare. La senti che sospira al tocco insistente delle tue dita, e poi la senti che si muove per mostrarti la via; le sue mani leggere e decise ti guidano, delicatamente ma con fermezza, là dove eri destinato ad arrivare. E prima ancora che tu abbia il tempo di capire, il suo calore ti avvolge improvviso; dopo tanta attesa, quando ormai avevi perso la speranza, sei finalmente approdato ai lidi che tanto hai sognato. E la realtà è tanto più bella del sogno, cosicché tu, Sebastian, con un ultimo brandello di coscienza, temi che presto la calda marea del tumultuoso Pacifico ti porterà via (forse troppo presto, ma è giusto così: resistere è impossibile, più saggio è abbandonarsi); i tuoi occhi si fanno trasparenti e cristallini come l'acqua mentre, ipnotizzato, ti fai catturare dai bagliori dell'opale che risplende nella penombra e accompagna la cadenza ritmata dei tuoi movimenti, pulsante come una stella in una notte di vento.
Alicia, spiritello della Tempesta, creatura dell'aria, figlia dell'Ostro e dello Scirocco (4): soffia, te ne prego, sulle mie braci, spegni l'incendio, regalami la pioggia che smorza la sete e attenua l'arsura!
Rallenta il ritmo, mia bionda ed irruenta Aussie, giovane promessa dei campi ovali temprata dagli allenamenti; abbi pietà di questo nerd da calderone che già da tempo ha perso il fiato al tuo passaggio!...

Evocata, la pioggia arriva scrosciando, e insieme ad essa si solleva anche il mare, con i suoi cavalloni spumeggianti che ti travolgono e ti purificano, Sebastian, mondandoti dai tuoi peccati.
Per un istante, perfetto e irripetibile, ti ritrovi in bilico sulla cresta dell'onda più alta (la piu forte di tutte); e poi precipiti con un grido, Sebastian, e le tue forze s'infrangono sul soffice bagnasciuga della sua pelle dorata dal sole e umida di sudore, mentre lei ti accoglie e protegge nella baia sicura del suo abbraccio.
Lentamente la risacca si porta via l'affanno e, come sempre, alla tempesta si sostituisce la quiete che l'aveva preceduta; ritorna il sereno, i venti si placano e l'irruenza del moto ondoso si trasforma in bonaccia.
E tu crolli e ti abbandoni sulle sue rive fatte di insenature e dolci colline, spossato e felice, grato come un naufrago che, esausto, si rende conto di essere in salvo.

Bastian sentì che Alicia si muoveva contro di lui, senza sciogliersi dal suo abbraccio, alla ricerca di un incastro migliore.
"Non si sarà mica messa in testa di dormire qui?..." si chiese, un po' stranito. Piccola sfacciata. Cosa le faceva pensare che...
Subito dopo, però, la ragazza si tirò su e si mise seduta, stiracchiando le membra con evidente soddisfazione.
- Dove vai?... - le chiese lui, socchiudendo gli occhi.
- Forse è meglio... che me ne torni a scuola, ecco. Dev'essere tardissimo, ormai.
Bastian la guardò.
Era così bella, con quel suo viso ridente, il bel corpo snello da atleta avvolto nelle lunghe ciocche di capelli color dell'oro.
Il ragazzo stese il braccio e le prese la mano, un po'esitante, per poi formulare la frase che mai e poi mai avrebbe pensato di sentirsi pronunciare:
- Puoi rimanere, se vuoi.
Alicia gli restituì uno sguardo incerto.
- Ma la professoressa McGranitt...
- Ti faccio passare io domattina presto dal camino della mia stanza.
Lei sorrise timidamente.
- Non... non ti dispiace?
- No - le rispose mentre lei, felice, tornava ad accoccolarsi fra le sue braccia.
Bastian avrebbe voluto dirle anche un'altra cosa, che si sentiva premere con insistenza in fondo al cuore, ma che gli parve eccessiva da esternare. E così quest'ultimo pensiero, formulato prima di sprofondare in un sonno appagato, se lo tenne per sé:
Non andartene Aussie. Resta con me.

(Molte) note:
1) Il Fungo Tumipiaci è invenzione dell'esimio Stefano Benni e compare nel su eccezionale romanzo "Terra!"
2) Questa frase riprende quasi pedissequamente quella pronunciata da Mr. Darcy (Il Meraviglioso) alla fine di Orgoglio e Pregiudizio, in risposta ai ringraziamenti di Elizabeth.
3) Fair Dinkum è un'espressione australiana che significa "vero, autentico, genuino". Spero di averla usata a proposito.
4) Ostro e Scirocco sono venti caldi che spirano da sud.
5) Questo capitolo mi aspettava al varco e non ne sono completamente soddisfatta, ma dopo mille ripensamenti ho deciso di pubblicarlo così. Chi ha letto altre mie storie sa delle mie difficoltà nel descrivere scene romantiche (odio la melensaggine, anche se talvolta non riesco ad evitarla) e amorose (non sono capace di elaborarle, per lo meno non in modo esplicito). In questo capitolo ho finito per adottare metafore "naturali" perché mi è parso carino associare a Bastian l'elemento dell'acqua (elemento, peraltro, legato alla Casa del Serpeverde, nonché ad un'idea di purificazione) mossa dal vento (qui associato ad Alicia che, non a caso, lui ama da quando l'ha vista volare). Sarò grata a chi vorrà farmi avere le sue considerazioni a riguardo.
6) Ultima cosa. Per spiegare il fatto che Alicia si trovi fuori da Hogwarts, presuppongo che agli alunni maggiorenni possano essere concessi permessi d'uscita, previa autorizzazione del Direttore della propria Casa (nel caso di Alicia, la cara Minerva).

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Maggio. ***


11. Maggio
 
Garrulo capitolo primaverile in cui l'Assistente e la sua studentessa prediletta si godono la magica stagione degli innamorati, fra api e fiori, profumi, gite fuoriporta, incontri romantici, appuntamenti segreti, messaggi criptati, pettegolezzi giallorossi, sgami colossali, compiti discutibili, correzioni sudaticce e chi più ne ha più ne metta.
 
Prefetto Macnair,
spero vorrà concedermi il piacere della sua compagnia durante la prossima uscita ad Hogsmeade.
Alicia Spinnet
Vicecapitana della Squadra di Quidditch del Grifondoro.
Sorridendo, Bastian girò e rigirò fra le dita quel pezzo di pergamena orrendamente spiegazzato sul quale spiccava una grafia minuta e caotica: la grafia di Alicia che lui, ormai, conosceva assai bene. Qualche minuto prima, mentre si trovava intento a correggere i temi degli studenti del sesto anno (era davvero incredibile quante castronerie fossero in grado di scrivere; si vedeva che, con l'arrivo della primavera, anche quelli bravi partivano per la tangente), un discreto grattare alla porta della sua stanza aveva richiamato la sua attenzione. Bastian si era alzato per andare ad aprire; lí per lì, non aveva visto nessuno ma poi, abbassando lo sguardo, si era accorto di Uluru, che zampettava allegramente ai suoi piedi.
- Entra, su - gli aveva detto Bastian, spiccio, tenendogli aperta la porta per farlo passare. L'idea di un animale (potenzialmente sporco) all'interno della sua stanza non gli arrideva granchè, ma il ragazzo aveva compreso ed accettato da tempo che, volente o nolente, se davvero desiderava mantenersi in buoni rapporti con Alicia (e eccome, se lo desiderava!), Uluru doveva farselo andare bene.
L'ornitorinco si era ripreso alla grande dalla sua triste disavventura, ed esibiva una forma fisica aasolutamente splendida: il bel pelo marrone era tornato lucido e folto mentre becco, zampe e coda rilucevano di un tono blu cobalto talmente smagliante da sembrare fatti di ceramica smaltata.
Attaccato al collarino della bestiola c'era un rotolino sul quale Alicia aveva redatto l'invito. La ragazza - Bastian, con una punta di compiacimento, non poté fare a meno di notarlo -  aveva scelto all'incirca le stesse parole usate da lui anni prima quando, dopo aver preso faticosamente atto che lei gli piaceva, l'aveva invitata ad uscire con lui. 
Per un istante, memore della vicenda ed istigato da perfido istinto tipicamente salazariano, l'Assistente ebbe la tentazione di non risponderle subito e di lasciarla friggere un po' (lei, del resto, non gli aveva mai dato risposta), ma quell'impulso durò meno di un nanosecondo.
Un'intera giornata con Aussie Spinnet?
Bastian non se la sarebbe persa per nulla al mondo, mica era scemo.
Ovviamente, però, non sarebbero potuti andare ad Hogsmeade: il villaggio sarebbe stato pieno zeppo di alunni e professori di Hogwarts, dai quali non era decisamente il caso di farsi sorprendere in atteggiamenti poco adatti ad un adeguato rapporto professore/studentessa. I due ne avevano parlato il mattino successivo alla prima notte che avevano trascorso insieme a Casa Macnair, proprio mentre si accingevano ad entrare nel camino che li avrebbe riportati alla stanza di Bastian ad Hogwarts; entrambi avevano concordato sul fatto che, per il momento, sarebbe stato meglio continuare a frequentarsi di nascosto. La situazione era già piuttosto complessa di per sé; con la Umbridge in giro, poi (lei e i suoi assurdi Comitati per il Rigore Morale, e da che pulpito, si diceva il ragazzo), peggio che peggio.
No: Bastian avrebbe proposto ad Alicia di andare da un'altra parte. Ancora non sapeva esattamente dove ma, in fin dei conti, all'uscita mancavano ancora un paio di settimane. Ci avrebbe pensato su per qualche giorno e poi, con calma, avrebbe deciso.
Così, afferrata la sua preziosa penna d'Oca Danese intinse il pennino perfettamente appuntito nel calamaio con l'inchiostro di Seppia di Magellano e, con un elegante movimento del polso, vergò la risposta:
Cara signorina Spinnet,
Appuntamento confermato.
Il piacere sarà tutto mio, mi creda.
Sebastian A. Macnair
Pozionista Assistente
Posata la penna, soffiò sulla carta per farla asciugare, rilesse il messaggio cercando di captare eventuali significati inopportuni in caso di un'improbabile intercettazione (certo: quel "il piacere sarà tutto mio" gli martellava in testa, ma probabilmente altri lo avrebbero interpretato come un'educata formula di cortesia), valutò l'ordine compositivo dello scritto (aveva proprio una grafia elegante, che meraviglia), arrotolò con cura la pergamena e, tentando di evitare al massimo il contatto con il pelo di Uluru, infilò il piccolo rotolo nell'anello del collarino.
- Ecco fatto - disse poi alla bestiola, che gli strizzò l'occhio di rimando. - Grazie.
Uluru non si mosse.
- Ehm... puoi andare, adesso.
L'animaletto, per tutta risposta, si girò a pancia in su, agitando le corte zampette palmate con fare eloquente.
- Ma cosa...? Oh, ma per Salazar - Bastian era leggermente disgustato, ma fu costretto a cedere. Sapeva che, senza aggiudicarsi una sacrosanta grattata, Uluru non l'avrebbe lasciato in pace.
- Oh. E va bene - sbuffò, tendendo la mano rassegnato.
 
Com'era da immaginare, di tempo per stare insieme - fra lezioni, compiti, correzioni, attività extracurricolari, allenamenti di Quidditch, ore di studio in biblioteca, collegi docenti, riunioni e quant'altro - ne avevano sempre molto poco. Ben presto, però, Bastian e Alicia avevano imparato a sfruttare al massimo i pochi ritagli di tempo di cui disponevano, e a trasformarli in oro colato. Si davano quindi appuntamento in luoghi ed orari sempre diversi e spesso, spinti dalla curiosità di conoscersi meglio, trascorrevano il tempo chiaccherando e raccontandosi fatti inediti delle rispettive vite. 
Ovviamente però - c'era poco da fare - continuavano a sentirsi molto attratti l'uno dall'altra. Quindi, quando poteva, Alicia sgattaiolava giù dalla Torre del Grifondoro per andare a dormire con Bastian e ogni volta, per la somma grazia di Godric e Salazar, era meglio della precedente. Con la Squadra di Inquisizione in giro, la ragazza doveva fare sempre molta attenzione a muoversi per il Castello dopo il coprifuoco, ma Bastian le aveva insegnato un efficace Incantesimo di Disillusione Tessile (che lui, di solito, usava per nascondere le grinze derivate da stirature non eseguite alla perfezione) da applicare al mantello, grazie al quale le era possibile agire passando inosservata.
Rotolarsi nel letto, addormentarsi abbracciati, dormire insieme, svegliarsi l'uno accanto all'altra nel profumato tepore delle lenzuola di Bastian; entrambi amavano dedicarsi a tali attività, così primaverili e appaganti.  
Alicia adorava specchiarsi negli occhi chiari del ragazzo e si divertiva a spettinarlo, arruffandogli i capelli con le dita. Lui stava al gioco, guardandola serio con falso cipiglio; poi, stringendo appena gli occhi, tendeva le mani, l'acchiappava ("Saresti un buon Cacciatore, lo sai?" "Odio il Quidditch. Fa sudare"), se la tirava contro, la baciava e via, i due erano pronti a ricominciare tutto daccapo. E Bastian, così nuovo alla vertente sentimentale dell'esperienza amorosa, non poteva fare a meno di meravigliarsi del fatto che fosse umanamente possibile provare una felicità così intensa.
Certo: alla luce di ciò, mantenere salve le apparenze in Sala Grande, in biblioteca, nei corridoi della scuola e, soprattutto, nell'aula di Pozioni era molto, molto difficile. Loro tentavano di non dare nell'occhio, ma c'erano occasioni in cui non riuscivano a smettere di sorridersi e rivolgersi sguardi carezzevoli d'intensità variabile. L'Assistente girava per la classe, affabile e distratto, incurante di incendi, esplosioni, schizzi e pasticci in generale. Alicia era bella, luminosa e raggiante; gli era sempre, sempre piaciuta da morire ed ora, finalmente, era sua.
Quando proprio non riusciva a resistere alla tentazione di girarle intorno, Bastian le si avvicinava di soppiatto e, posizionandosi dietro di lei, posava la mano sulla sua e, con lenti movimenti circolari, le mostrava il modo corretto di girare il mestolo. Nessuno, ovviamente, si era mai azzardato ad insinuare nulla anche se, in un paio di occasioni, Alicia aveva avuto l'impressione che Angelina la fissasse con insistenza e per un secondo di troppo; subito dopo, però, l'amica distoglieva lo sguardo e si metteva a parlare d'altro.
Il povero Warrington, privato del suo compagno (all'inizio di aprile, Graham Montague era sparito all'interno di un Armadio Svanitore, nel quale era rimasto intrappolato per settimane, per poi essere salvato, per puro caso, da Leanne Kaplett), veniva sistematicamente allontanato. A maggio inoltrato, il solitario Serpeverde (Montague si trovava ancora ricoverato in infermeria) tentava ogni volta di avvicinarsi al calderone delle due Grifondoro per infiltrarsi fra Alicia e Angelina; Bastian però, approfittando del fatto che i Corvonero erano tre e che quindi la classe poteva essere suddivisa in gruppetti di due ("e ciò favorisce la simmetria"), lo spediva puntualmente dall'altra parte della classe, a lavorare con uno scontentissimo Duncan Inglebee.
Qualche volta - ed era lui stesso ad ammetterlo - Bastian esagerava.
Uno degli episodi peggiori si verificò un venerdì pomeriggio, a lezione di Pozioni Doppie. Quella sera, Bastian e Alicia avevano stabilito che si sarebbero incontrati e, complice l'allegra baraonda data dalla partita Tassorosso-Corvonero fissata per l'indomani, avrebbero dormito insieme. All'appuntamento mancavano ancora diverse ore e così, dato che era già qualche giorno che i due non riuscivano a vedersi a causa dei rispettivi impegni, Bastian fu preso da un'impazienza incontrollabile.
Pensa e ripensa, alla fine un'ideuzza piuttosto malsana fece capolino nei suoi pensieri: sì, avrebbe unito l'utile al dilettevole e preparato il terreno per la serata. Cosicché, approfittando del fatto che Piton (guarda caso!) si trovava fuori sede, attese che gli studenti prendessero posto e poi disse loro:
- La lezione di oggi sarà suddivisa in due parti. Alla prima ora, svolgerete un tema su uno degli argomenti più trattati ai M.A.G.O. Poi, mentre io correggerò i vostri scritti, voi distillerete un po'di Crystallia.
Colti di sorpresa i ragazzi borbottarono (nessuno aveva studiato granché), ma Bastian ignorò le lamentele e continuò:
- Fuori le penne, per favore, e prendete nota. “Il veritaserum è uno dei più potenti Filtri di Verità del Mondo Magico. Attraverso esempi mirati, descriverne le principali applicazioni e gli effetti più comuni”. Cominciate pure.
L’enunciato del tema era di una banalità imbarazzante ma, ovviamente, il punto era un altro. All’Assistente non importava un Purvincolo secco di quello che avrebbero scritto Cadwallader, o Page, o qualsiasi altro studente; il suo obiettivo, ovviamente, era un altro. Bastian si sedette alla cattedra e congiunse le punte delle dita, seriamente intenzionato a divertirsi un po’. Facendo vagare lo sguardo per l’aula cercò Alicia, che era rimasta immobile nel suo banco a fondo classe.
"Vediamo che cosa sei capace di tirare fuori, mia bionda Aussie" pensò rivolgendole un'occhiata carica di significati, che lei ricambiò con  un'espressione limpida e neutra, limitandosi a mordicchiare lentamente (per tutte le catene da polso del Barone Sanguinario!) la punta della sua Piuma di Zucchero. Anche solo per una cosa così (conoscendola, Bastian avrebbe potuto giurare che non l'aveva fatto di proposito) si sarebbe quantomento meritata un Oltre Ogni Previsione, ma lui sperava ardentemente di poterla premiare con un Eccezionale. 
Poco dopo, raccolti in fretta i capelli in uno chignon trattenuto dalla bacchetta, Alicia chinò il capo e si mise a scrivere fuoriosamente. Fu la prima a consegnare l'elaborato, dopo soli quaranta minuti di tempo; posata la penna sul banco, la ragazza si alzò e si diresse alla cattedra, con Bastian che non le levava gli occhi di dosso.
- Ecco fatto, professor Macneer (primo ribollimento di sangue, per il "Macneer") - gli disse, posando la pergamena fra le sue mani. - Spero proprio di avere soddisfatto le sue aspettative (secondo ribollimento di sangue, per il "soddisfatto").
La lettura del tema si rivelò assai ardua e, dopo un paio di righe, Bastian si dovette dare del coglione per aver tirato in piedi un vespaio del genere.
Dopo aver descritto con estrema pertinenza e precisione le principali e più comuni applicazioni del veritaserum, Alicia passava agli esempi pratici, evidentemente scelti con cura in un ventaglio di esperienze dal taglio personalissimo:
... per esempio, sarei costretta a rivelare dettagli sordidi sull'Assistente Macnair, un soggetto privo di qualsivoglia scrupolo, morale, decenza o virtù. Il quale, nascondendosi dietro al suo impeccabile aspetto di falsa irreprensibilità, si diverte a proporre giochi assai discutibili alle sue studentesse. Il suo preferito, e senza dubbio più disdicevole, consiste...
Lo scritto proseguiva su questo tono, riportando con estrema dovizia di particolari cose che, messe giù così nero su bianco, lo fecero quasi arrossire. Fortunatamente, gli altri studenti continuarono a scrivere durante i quindici minuti successivi, cosicché nessuno notò che, man mano che leggeva, l'espressione dell'Assistente passava progressivamente dall'impassibile al lupesco, che il suo consueto pallore veniva sostituito da una sfumatura rosea assai sospetta e che, soprattutto, Macnair dovette slacciarsi il primo bottone della camicia e farsi vento con la mano, per poi alzarsi di scatto dalla sedia, dirigersi alla finestra e spalancarla per fare entrare aria.
Alicia, seduta al suo posto, l'osservava con un'espressione alla "te la sei voluta tu, che cosa ci posso fare". Quando però, poco dopo, Bastian si ricompose un attimo e la valutazione del tema si materializzò sul libretto scolastico della ragazza, a ridere dell'affanno altrui fu lui.
Signorina Spinnet,
Il suo tema sugli effetti del Veritaserum è talmente ben fatto da rasentare l'indecenza. Il suo eccesso di disciplina fa di lei un'alunna eccezionalmente indisciplinata, il che la rende meritevole di una bacchettata esemplare di cui sarò costretto ad occuparmi io stesso.
S. M.
(Voto: E+)
E insomma, magari quella del tema non era stata proprio la migliore delle idee ma, tutto sommato, Bastian ci aveva visto giusto. Quando, più tardi, Alicia venne a trovarlo nella sua stanza, l'incontro che ne seguì fu senz'ombra di dubbio uno dei migliori di tutti i tempi.
 
- Quello nasconde qualcosa, ve lo dico io.
Cormac McLaggen, circondato dalle compagne del sesto anno, teneva banco nei pressi del camino. Il grupetto di Grifondoro, misto di quiddisti e simpatizzanti, si era riunito in vista dell'allenamento pomeridiano, che avrebbe avuto inizio da lì a poco.
- In che senso, Corm? - volle sapere Katie Bell, facendo passare meticolosamente l'elastico intorno all'immancabile coda di cavallo legata alta sulla nuca.
- Vuoi la versione diretta, Bell, o quella morigerata?
- Hum... non si potrebbe avere una via di mezzo?...
Il ragazzo scosse la testa divertito, in un disordinato ondeggiare di riccioli color del miele.
- Tira aria di femmina da quelle parti, parola di Cormac - disse poi, mettendo su quella sua insopportabile aria di chi la sa lunga.
- Beh, per dire il vero - s'intromise Leanne Kaplett, che non aveva peli sulla lingua e adorava uscirsene con frasi provocatorie - l'aria di femmina, intorno a lui, c'è sempre stata...
- Che cosa vuoi dire, Leanne? - chiese Eloise Midgen, sempre candida come una colomba, sgranando i grandi occhi chiari.
- Beh - rispose Leanne in tono ovvio e stringendo appena le labbra - carino com'è...
- Ma tu, non esci con Roger Davies? - domandò Lee Jordan, che non frequentava Pozioni ma al quale, per dovere di cronaca, non sfuggiva nulla.
- E con ciò?!
- Di chi state parlando?
Alicia e Angelina, già abbigliate di tutto punto in vista dell'allenamento, si erano avvicinate ai compagni e li osservavano con evidente curiosità.
- Di quell'elegantone dell'Assistente MacSplendid - rispose Lee con una scrollata di rasta, fingendo poi di annodarsi la cravatta con un gesto di studiata eleganza.
- Di quel bell'elegantone dell'Assistente MacSexy - puntualizzò Leanne, prodigandosi in un sorrisetto furbesco.
- Bell'appellativo, Kaplett - approvò Cormac, alzando il pollice. - Suona bene, credo che lo adotterò: Cormac McSexy.
- Chiamami Leanne, testone - ribatté lei (la ragazza detestava il suo cognome). - E comunque: direi proprio di no.
- Perché no?
- Perché tu, sexy, non lo sei affatto, babbeo!
- E tu, Aussie - chiese a quel punto Lee, avvicinandosi ad Alicia e facendole il cappio. - Cos'hai da dire, in merito? Non mi dirai che hai anche tu un debole per il glorioso MacCool.
Colta di sorpresa la ragazza avvampò, ma seppe dignitosamente mantenere l'aplomb.
- Ah... sì, beh. Davvero un... bel tipo, sì, inutile negarlo. E... ehm, che si dice in giro, di costui? - divagò, sforzandosi di mantenere un'espressione neutra.
- È roba che scotta, Aussie - bisbigliò Katie con fare cospiratorio, evidentemente ingolosita dal fatto che il soggetto in questione fosse amico di suo fratello. - Senti qua: secondo Cormac, il professor Macnair si vede con qualcuno.
- Oh, beh. Dire che "si vede" è una definizione piuttosto soft...
- E tu cosa ne sai, McLaggen?!
- Quello trasuda sesso da tutti i pori, si vede lontano un miglio!...
Poco ci mancò che Alicia si mettesse le mani nei capelli. Fortunatamente, prima che la conversazione andasse definitivamente alla deriva, Angelina intervenne per ristabilire l'ordine.
- Allora? - tuonò la Capitana con la consueta verve, prendendo in mano la situazione. - Ci vogliamo muovere? Non ho mica riservato il campo fino a mezzanotte! E poi - soggiunse, puntando l'indice su McLaggen, che ammutolì all'istante - quel che combina il professor Macnair fuori dall'aula di Pozioni non è certo affar nostro.
E fatte roteare le treccine con piglio deciso si voltò per andarsene, intimando agli altri di seguirla. Leggermente rammaricati per il fatto di dover lasciar perdere un pettegolezzo così succulento, giocatori e supporters si accodarono a lei, borbottando rassegnati.
Una volta giunti sul campo, però, una nuova sorpresa ripristinò il brusio: Bastian Macnair, tutto elegante nel suo cardigan nero e scarpe inglesi lucide come liquirizie, se ne stava seduto al centro della tribuna, guardandosi intorno con aria distratta. Gli occhi chiari erano proteti da occhiali da sole con la montatura di corno dall’aspetto costosissimo. Il giovane assistente aveva appoggiato la schiena e i gomiti al gradino posteriore; con la gamba accavallata ad angolo retto sembrava un divo del cinema dall’aspetto negligente.
- Ma guardalo là. Che posa da dandy – commentò Cormac, sbuffando.
- Oh, chissà cosa è venuto a fare, quaggiù?! – squittì Katie, eccitatissima.
“Ve lo dico io, cosa è venuto a fare” pensò Alicia, sistemandosi le ginocchiere. E, messa in posizione la scopa, decollò alla velocità di una scheggia.
Durante l’allenamento di quel pomeriggio Rondal Weasley e Cormac McLaggen, in qualità di primo e secondo Portiere, se la videro brutta. La Spinnet sembrava indiavolata: saettava, scartava, fintava e tirava calcioni così potenti da rischiare di disarcionarli dalla scopa. Bastian, deliziato, seguiva l’allenamento dalla tribuna e si compiaceva, ben sapendo che cotanta dimostrazione di abilità era destinata a lui e a nessun altro; proprio alcuni giorni prima, infatti, durante un loro incontro particolarmente acceso, si era premurato di farle sapere quanto il vederla volare incendiasse le sue più ardenti fantasie.
- Hai giocato alla grande, Aussie – commentò più tardi Angelina, mentre le ragazze finivano di asciugarsi i capelli.
Nel frattempo, Katie, Ginny e Demelza si erano alzate e attendevano sulla porta le ragazze più grandi.
- Andiamo?
- Oh, andate pure avanti – rispose Alicia, arrotolando un asciugamano intorno al collo. – Ho notato che la mia Comet era un po’fuori asse, oggi. Mi fermo un attimo a sistemarla e vi raggiungo subito.
- Okay, Aussie. A dopo.
- A dopo.
Alicia attese che le compagne se ne fossero andate e poi corse ad aprire la porta di servizio dello spogliatoio, quella che immetteva direttamente sul campo da gioco.
- Ce ne hai messo, di tempo – esclamò subito Bastian, afferrandola prontamente per la vita sottile e sollevandola di peso per metterla seduta su di una mensoletta traballante, che cigolò in modo sospetto.
- Non se ne andavano...
Alicia scostò leggermente le ginocchia per fargli posto e gli fece scivolare le braccia intorno al collo, stringendoglisi contro. Oh, per Salazar, oh per Godric, per Merlino, Morgana e Panoramix il Druido! Abbracciarsi, baciarsi, accarezzarsi, toccarsi; i due ragazzi si stringevano l’uno all’altra, affannati, e già stavano per passare alle vie di fatto (in pieno spogliatoio femminile!) quando, improvvisamente, si udì la maniglia della porta che scattava ed una voce femminile che diceva:
- ...tranquilla Ange, sono dicura di averlo lasciato qui dentro e... ma OH, per Sant’Andrea protettore della Scozia!
Katie Bell aveva appena fatto ingresso nella stanza ed osservava ad occhi sgranati la sua amica, tutta scarmigliata e sbottonata, che si accapigliava (anche se no, forse quello non era esattamente il termine adatto) con il giovane professore di Pozioni. Angelina Johnson, che si trovava appena dietro di lei, non potè fare a meno di andarle a sbattere contro.
- Oh. Per. Godric.
Sullo spogliatoio femminile calò il silenzio. Nonostante la gravità della situazione a Bastian scappava da ridere, perché l’espressione delle due ragazze era così costernata da risultare esilarante.
- Signorina Bell, signorina Johnson – cominciò a dire, tentando di darsi un tono.
- Non dica una parola, la prego – lo interruppe Angelina, soffiando fuori l’aria. – Okay. Okay. Io non voglio sapere, anche se... anche se, in fondo, mi sa che lo sapevo...
- Lo sapevi?! – Katie non credeva alle sue orecchie.
- Se ti trovassi tutte le settimane  in un’aula in cui sono presenti entrambi lo sapresti anche tu, te l’assicuro – rispose Angelina, rassegnata. – Questi due trasudano elettricità, non so se mi spiego.
- Ehm, ragazze...
Alicia tentò di prendere la parola ma, per la seconda volta, la Capitana impose il silenzio.
- Se la vostra, ehm... relazione ti fa giocare così bene, Aussie, io non ho proprio nulla da eccepire – disse Angelina dopo una breve pausa. – Ora, però, credo di avere bisogno di metabolizzare la cosa.
E, detto questo, girò sui tacchi e si allontanò, seguita a ruota da Katie, che si premurò addirittura di chiudersi la porta alle spalle.
 
Qualche ora dopo però, quando fece ritorno alla Sala Comune del Grifondoro, Alicia vi trovò l’amica che l'aspettava ancora sveglia, seduta su una poltroncina accanto al camino. Un po' titubante, si diresse verso di lei e le si sedette accanto, incapace di guardarla in faccia.
- Aspettavi me?
- Sì.
- Ange - cominciò a dire lei, senza sapere bene da dove incominciare.
- Ascolta, Aussie - la interruppe subito l'amica. - Dimmi una cosa. Macnair ti piace sul serio?
Alicia prese tempo, non rispose subito. Quando lo fece, però, fu onesta e concisa.
- Sì, mi piace. Molto.
- E l'Australia? E gli Warriors? Hai intenzione di buttare tutto all'aria?
- Non... non lo so. Non ci ho ancora pensato.
- Aussie, giugno è alle porte.
Alicia saltò in piedi:
- Come se non lo sapessi!...
La sua voce risuonò di una nota triste, che echeggiò fra le pareti circolari della Sala Comune. Angelina, allora, si alzò in piedi a sua volta e le si avvicinò, posando affettuosamente la mano sul suo polso.
- Pensaci bene, amica. A volte... sai, uno decide di partire e non pensa troppo a chi resta. E magari - aggiunse poi, facendole un sorriso - chi resta avrebbe voluto partire anche lui.
Alicia ridacchiò.
- Oh, per Godric. Benedettissimi Weasley...
- Puoi dirlo forte.
- Andiamo a letto, dai.
- A proposito...
- Di cosa?
- Di letto.
- Hmm.
- È bravo?
- Ma piantala!
 
E con la fine di maggio il giorno fissato per la gita ad Hogsmeade, finalmente, arrivò.
Bastian e Alicia si incontrarono alla Testa di Porco e da lì, utilizzando il camino del signor Abeforth, volarono a Glasgow.
Bastian non le aveva rivelato dove voleva portarla: preferì farle una sorpresa. In quel giorno di tarda primavera la sua città natale era bella e luminosa, e i due si divertirono molto in compagnia l’uno dell’altra, camminando e chiacchierando come una qualsiasi altra coppietta di innamorati che si dà appuntamento in un sabato primaverile.
Fu davvero una bella giornata.
Se non che, sul far della sera, i loro vagabondaggi li portarono sulla riva del fiume, dove decisero di fermarsi un pochino a riposare. Bastian accostò la schiena al parapetto del ponte e prese Alicia per i fianchi, stringendosela contro. Una lieve brezza faceva ondeggiare il manto dorato dei suoi capelli illuminati dal sole, lasciandolo leggermente abbagliato.
- Senti, Alicia. Volevo dirti una cosa.
- Dimmi, Basteen.
- Ti ho portata qui a Glasgow senza secondi fini e per una ragione ben precisa. 
- E quale sarebbe? - chiese lei, divertita dalla locuzione "secondi fini".
- Come sai, è la città in cui sono nato.
- Sì, me lo avevi detto.
- Già. Purtroppo però, per tutta una serie di... di cose, ho pochi ricordi felici di questi luoghi, e la cosa mi è sempre dispiaciuta molto. E così, forse un po'egoisticamente (me ne rendo conto), ho pensato di portarti qui per... per accumularne qualcuno, ecco.
Alicia lo guardò con tenerezza e tese la mano per carezzargli il viso. Lui posò la mano sulla sua, tenendosela accostata alla guancia.
- Tutto questo per dirti, tra l'altro - proseguì, dopo qualche secondo - che io lo so (l'ho sempre saputo) che, nel giro di poche settimane, te ne tornerai in Australia, probabilmente per sempre. Ma voglio che tu sappia che vorrei poter disporre di più tempo per... per conoscerti meglio, sai.
Alicia rimase in silenzio per qualche attimo, covando dentro di sé la risposta che, subitanea, si era affacciata alla sua mente non appena aveva afferrato il senso profondo delle sue parole. Era un po' intimorita all'idea di fargli quella proposta perché non sapeva se la cosa avrebbe funzionato; tuttavia, dopo averlo guardato a lungo negli occhi (così belli nella luce morbida di fine pomeriggio), decise di non indugiare oltre.
- Senti... perché non vieni con me, allora?
 
Note:
1) Questo capitolo, me ne rendo conto, presenta numerose parti che rasentano l'idiozia: infatti, pur essendo già pressoché pronto da tempo, ho deciso di riprenderlo in mano e modificarne alcune parti. Abbiate pazienza, comunque: è primavera e i protagonisti sono due giovani infervo innamorati. Un po' di svago ci vuole anche per loro, suvvia.
2)Maggiori informazioni su Leanne (che non apprezza il suo cognome, che esce con Davies e che salva Montague) dispinibili in "Le prodigiose sorprese di un Armadio Svanitore".

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Giugno (Epilogo A). ***


12. Giugno (Epilogo A).

Dove l'Assistente Macnair, messo alle strette dai doveri imposti dal suo cognome, è costretto a fare scelte discutibili che finiscono per ripercuotersi pesantemente sul futuro suo e della bionda Aussie.

Non le aveva risposto subito; la decisione, però, era immediatamente scattata nella sua testa, istantanea come la punta della bacchetta quando si esclama lumos!.
Se fosse rimasto a Londra - Bastian lo sapeva fin troppo bene - presto o tardi il suo destino sarebbe stato segnato. Essere un Macnair, di quei tempi e nell'ineluttabile contesto della casa del signor zio, significava una sola cosa: un bel Marchio Nero tatuato sull'avambraccio.
E ormai Bastian, quel lugubre simbolo su di sé, era sicuro di non volerlo.
Per anni (fin da quando ne aveva memoria, in effetti) l'aveva considerato un avvenimento inevitabile, una sorta di evoluzione naturale legata al cognome che portava, nonché una dimostrazione di obbedienza e considerazione nei confronti di colui che lo aveva allevato. A ciò andava poi ad aggiungersi il fatto che, inutile negarlo, le Arti Oscure lo avevano sempre affascinato anche se, effettivamente, non era mai arrivato a praticarle concretamente.
Bastian sapeva di non essere, tendenzialmente, quel che si suol dire "una brava persona".
Innervosire il prossimo lo divertiva, e provava sempre una punta di sottile soddisfazione nel fare raggelare le persone con una semplice occhiata. Tuttavia - e cercava di ricordarlo spesso a se stesso, man mano che quell'indimenticabile primavera scavallava nell'estate - nonostante le premesse tutt'altro che rosee, non aveva mai fatto del male a nessuno.
Nato e cresciuto in un ambiente fin troppo lugubre e opprimente, fra arredi vetusti e mobilia scura, arazzi impolverati e lucenti strumenti di morte, Bastian aveva saltato praticamente a pié pari l'età dell'infanzia. Aveva solo cinque anni quando i genitori erano stati trascinati ad Azkaban; di loro, il ragazzo serbava ben pochi ricordi, nessuno dei quali particolarmente felice.
Non ricordava di aver mai giocato, in vita sua, a gobbiglie, Scacchi Magici, mini-quidditch o altri giochi; tutt'al più (e questo era, forse, l'apice del divertimento nelle lunghe serate d'inverno), lo zio Walden richiedeva il suo aiuto per affilare le lame di scuri e mannaie. Nel frattempo, con la sua inconfondibile voce bassa e graffiante, gli raccontava entusiasticamente dei meriti del Signore Oscuro ed esaltava le gesta di Wallace e Magdalena Macnair.
Una volta approdato ad Hogwarts, Bastian si era stupito di quanto potessero essere infantili i suoi compagni. A undici anni si è ancora dei bambini e, per la maggior parte del tempo, si pensa a giocare e a fare chiasso. Non così nel suo caso: Bastian detestava le attività ludiche e ricreative, lo sport, i ricevimenti e le feste; si concentrava negli studi e, quando ciò gli adduceva alcun tipo di vantaggio, si dilettava con estremo metodo alla sottile e impercettibile (ma assolutamente sistematica e ben congegnata) infrazione delle regole.
Era stata forse questa sua abilità innata, unitamente al suo assoluto disinteresse nei riguardi delle più diffuse attività giovanili, a far sì che, nel giro di pochi mesi, il ragazzo avesse quindi fatto amicizia con un coetaneo e suo compagno di Casa, che già aveva frequentato saltuariamente prima di iniziare la scuola.
Aidan Avery, rampollo di un'antichissima (e schifosamente abbiente) famiglia magica irlandese amica dei Macnair, era un soggetto che amava comportarsi in modo autoritario e sprezzante. A differenza di Bastian, non lesinava sui sorrisi; i suoi, però, erano quasi sempre permeati da una sottile lama di crudeltà. Col passare degli anni, man mano che i due ragazzi crescevano, si erano via via affermate alcune sue discutibili caratteristiche che, a undici anni, erano soltanto accennate.
Nei confronti di Bastian, però, il giovane Avery si era sempre comportato da amico leale: Aidan ammirava la sua freddezza e la sua imperturbabile sfacciataggine, così diametralmente opposte alla sua natura tendenzialmente esplosiva che, spesso e volentieri, lo rendeva una calamita per i guai. A Bastian, parimenti, piaceva la spavalderia irruente del suo ricchissimo amico; ogni tanto, è vero, lo considerava un po' troppo grossolano per i suoi gusti, ma poi sorvolava diplomaticamente sulla questione. Cosicché, a conti fatti, i due facevano immancabilmente coppia fissa - una coppia dalla quale, spesso e volentieri, gli altri studenti si sforzavano di girare il più possibile al largo.

Aussie Spinnet si era abbattuta sulla sua vita (ed era stato lui a cercarsela; a lei non poteva essere attribuita alcuna colpa) con la potenza di un ciclone tropicale; quello che, all'inizio, doveva essere soltanto l'egoistica soddisfazione di uno sfizio si era tramutato in un sentimento sincero, profondo e incontenibile.
Con la sua presenza caotica e spontanea, con il suo affetto caldo e dispensato a piene mani, Alicia era stata capace di restituirgli molto di ciò che, a causa del contesto nel quale era cresciuto, Bastian si era inevitabilmente perso in passato: il brio, l'allegria, l'entusiasmo, la leggerezza. In una parola: la spensieratezza della gioventù. E lui sentiva di esserle immensamente grato per questo; ed ora che, finalmente, aveva assaporato la gioia di vivere, Bastian intendeva tenersela stretta. Quell'inedita felicità, il ragazzo non aveva nessuna intenzione di lasciarsela scappare.
Sì: sarebbe andato in Australia con lei. Non aveva avuto bisogno di pensarci due volte. A fine giugno, al termine dell'anno scolastico, avrebbe accompagnato Alicia al Terminal delle Passaporte Internazionali e si sarebbe imbarcato con lei alla volta di Darwin.
Si stava comportando da ingrato, da traditore? Forse.
Ma tante cose erano cambiate nel corso degli ultimi mesi; lui era cambiato, non riusciva più a prendere in considerazione gli ideali che lo avevano animato un tempo.
"Le persone evolvono" si disse, sentendosi immensamente fortunato per la possibilità che il destino gli offriva. "Beh. Alcune, per lo meno."
Con la mente fissa in questi pensieri, Bastian rientrò nella sua stanza.
Come sempre, evitò accuratamente di guardare il tavolinetto posizionato accanto alla porta, sul quale le lettere del signor zio si accumulavano da alcune settimane. Il ragazzo non aveva bisogno di aprirle per sapere quale tipo di messaggi contenessero; era già più di un mese, ormai, che Walden Macnair tentava di entrare in contatto con il nipote per fissare quella dannatissima riunione con i membri del "Club".
Alle prime missive Bastian aveva risposto prontamente ma in tono evasivo, allegando di essere molto occupato ed incolpando spudoratamente Piton, al quale attribuiva il sovraccarico di lavoro che gli impediva di lasciare Hogwarts. In seguito, però, a fronte della crescente insistenza che trapelava dalle righe vergate dal signor zio Bastian, un po' angosciato, aveva prima smesso di rispondere, per poi rinunciare direttamente ad aprire le buste. Per fortuna che Walden (come tutti i Macnair, del resto) non era tipo da mandare Strillettere, o la bella stanza di Bastian, arredata con tanto buon gusto e assurdo dispendio di galeoni sonanti, sarebbe andata a fuoco da tempo.
Quell'infausto pomeriggio però, mentre chiudeva la porta, Bastian avvistò con la coda dell'occhio un elemento estraneo: un qualcosa che non avrebbe dovuto trovarsi lì e che, definitivamente, rovinava l'ordine e l'armonia della stanza.
Un paio di stivali.
Neri e (abbastanza) lucidi.
Posati, orrore degli orrori, sul lustro ripiano di legno della sua scrivania.
E non aveva neanche avuto il tempo di riprendersi dalla sorpresa e dal disappunto, che una voce conosciuta esclamò:
- Oh, eccolo qui il nostro serpentello fuggiasco. Sei vivo, allora.
Bastian trasse un lungo respiro.
- Ehilà, Avery - disse, in tono piatto. - Tira giù i piedini, da bravo.
Quello scoppiò in una risata fragorosa, tutt'altro che calda.
- Sei sempre il solito.
- Anche tu. Rozzo da fare spavento.
- Beh, si dà il caso, caro mio, che anche i rozzi abbiano un cuore.
Bastian gli rivolse un'occhiata inespressiva.
- Tu zio vuole sapere dove sei finito. Ci stai facendo preoccupare tutti, principino col pisello.
"Oh, ma per Salazar" pensò Bastian scoraggiato, per poi rispondergli stancamente:
- E perché non è venuto lui?
- Silente glielo ha vietato. Colpa di quel bestione barbuto, sai di chi parlo.
- E tu, invece?
- Ex-alunno dotato di permesso speciale dell'Inquisitrice Suprema.
- L'importanza di chiamarsi Avery?
- Già. E di essere strafighi.
- Che cosa disgustosa.
- Ma quanto sei sensibile...
A quel punto Bastian, stufo di convenevoli e cazzate, lo interruppe bruscamente.
- Andiamo al punto. Che cosa vuoi?
I lineamenti di Avery si indurirono all'istante.
- Tuo zio ti cerca, te l'ho detto.
- Mio zio sa benissimo dove sono.
- Oh, sì. Peccato, però - replicò Avery, tirando giù i piedi dalla scrivania (i tacchi degli stivali produssero uno schiocco secco quando si abbatterono sulle assi di legno) e facendo levitare lentamente un mazzetto di plichi di pergamena ancora sigillati (le lettere di Walden Macnair, accidenti a lui!) - che il caro nipotino si sia messo d'impegno ad ignorarlo.
Bastian non rispose nulla, limitandosi a guardarlo. Nel frattempo, le sue dita si stringevano intorno alla bacchetta, riposta nella tasca della toga.
Un'occhiataccia di Avery, però, lo fermò.
- Che cosa stavi pensando, Bastian? - gli chiese quello, stringendo gli occhi con sarcasmo. - Di abbandonare la nave prima ancora che essa salpi?
- Non...
- Ma neanche per sogno, vero? Il mio amico Bastian non è uno sporco traditore del suo sangue, dico bene?
Bastian deglutì. Il discorso stava prendendo una piega decisamente... scomoda.
Avery gli rivolse un sorriso cupo e continuò.
- Domani sera, la squadra al gran completo si riunirà per una missione speciale al Ministero della Magia. E tu, caro mio, sei caldamente invitato ad unirti a noi.
Colto di sorpresa, Bastian corrugò la fronte. Di che diavolo di missione speciale stava parlando, quel coglione? Di qualsiasi cosa si trattasse, lui non aveva la minima intenzione di farne parte.
- E se... e se decidessi di declinare l'invito? - buttò lì, guardingo.
L'espressione di Avery si fece ancor più tagliente.
- Sai, Sebastian - gli disse poi, dopo una pausa di qualche secondo (e facendolo rabbrividire, perché mai, mai lo aveva chiamato col suo nome completo prima di allora). - Quando tuo zio mi ha raccontato che non rispondevi alle sue lettere, non riuscivo proprio a capacitarmene.
Bastian rimase in silenzio, in attesa della bomba.
- E mentre me ne stavo lì a rimuginare e a domandarmi che cosa diavolo stesse succedendo, Salazar ha voluto che il Signore Oscuro mi affidasse un'importante commissione nientepopodimeno che... a Glasgow.
Ancora una volta, Bastian non disse nulla; cominciava, però, ad avvertire una sensazione di inquietudine molto, molto fastidiosa.
- Indovina un po'. Vado là, faccio ciò che devo fare e già mi appresto a ripartire quando, guarda guarda, mi cade l'occhio su una ragazza che cammina sul ponte. Gran bella bionda; davvero notevole, penso io.
Bastian strinse gli occhi, mentre Avery continuava a raccontare.
- Guardo meglio e pensa un po'tu: sorpresa delle sorprese! Chi c'è in sua compagnia, inspiegabilmente garrulo e atteggiato a babbeo?...
- ...
- Non ti riconosci nella descrizione? Eppure dovresti andarne fiero, Sebastian Macnair, di essere stato visto in compagnia di siffatta berta dai capelli dorati.
- Chiudi il becco, Avery - Bastian sentiva il cuore martellargli forte nel petto. E, per la prima volta, ebbe paura. Paura per lei.
- Una cosa, però, mi ha sorpreso - continuò il suo losco interlocutore, come se nulla fosse. - E cioè il fatto di vederti a passeggio con una ragazza. Non è da te.
Bastian non sapeva che cosa dire.
Avery aveva colto nel segno: di solito lui, le ragazze, non le portava a spasso. Il fatto di accompagnarsi ad Alicia in pieno giorno per le strade della sua città natale ne aveva inevitabilmente messo in risalto l'importanza, e Avery l'aveva captata immediatamente.
- Ci avevi visto giusto, ai tempi della scuola - proseguì quindi, con un sorrisetto di scherno. - Alicia Spinnet è diventata davvero molto, molto bella, non c'è che dire...
- Non una parola di più, Avery - lo interruppe Bastian, con un ringhio basso. Quel bastardo non gli lasciava scelta, accidenti a lui. - Che cosa vuoi che faccia?
- Fatti trovare domani al tramonto in Notturn Alley, davanti al negozio di Sinister.
- Se mi faccio vivo, la lasci stare?
Avery inarcò un sopracciglio.
- Hai la mia parola.
- E sia - rispose Bastian, chinando il capo.

Bastian correva a perdifiato per i corridoi della scuola.
Era riuscito ad infilarsi in un camino di fortuna; attraverso la canna fumaria aveva quindi raggiunto la sua stanza ad Hogwarts, proprio mentre Hermione Granger, con uno stratagemma, attirava la professoressa Umbridge nella Foresta Proibita. Per un istante, Bastian aveva temuto che il passaggio si sarebbe automaticamente bloccato ma, per fortuna, ciò non era avvenuto. Forse il Marchio era ancora troppo recente per essere rilevato e la magia oscura ancira troppo diluita nel suo sangue; chissà.
Rischiando seriamente di scivolare sulle pietre lise e di rompersi l'osso del collo, il ragazzo tentava di raggiungere la Torre del Grifondoro dove, se tutto fosse andato bene, Alicia lo attendeva fuori dal buco del ritratto della Signora Grassa. Pochi minuti prima, infatti, le aveva fatto pervenire un messaggio.
Vista la pressoché totale mancanza di ricordi felici, non gli era mai riuscito di dare vita ad un Patronus prima di allora; tuttavia, si era imposto di tentare. Doveva assolutamente entrare in contatto con Alicia e quello, date le circostanze, gli era parso l'unico modo possibile. Stando bene attento a svuotare la mente da altri pensieri (cosa assai difficile, in quel frangente: per fortuna poteva ancora contare su ciò che rimaneva della sua consueta freddezza), si era concentrato sul ricordo della festa di Capodanno e aveva gridato:
- Expecto Patronum!
Lì per lì, era poi rimasto immobile, stentando a credere ai suoi occhi. Una forma argentea era, effettivamente, fuoriuscita dalla punta della sua bacchetta e stava prendendo forma. L'unico problema era che...
- E tu, che cosa diavolo saresti?! - aveva balbettato, osservando inebetito il piccolo ornitorinco scintillante che nuotava nell'aria davanti a lui.
"Salazar santissimo..." aveva pensato poi, costernato, prima di riscuotersi ed inviare quella bestiaccia orrenda a recapitare il suo messaggio. Doveva fare in fretta: il tempo stringeva e Alicia doveva essere avvertita.
Un vociare sommesso lo distolse dai suoi pensieri: un gruppetto di studenti, provvisti delle inconfondibili spillette con la "I" di Inquisizione, spuntò improvvisamente da dietro l'angolo, rischiando di farlo finire a gambe all'aria. Facendo ricorso alla sua prontezza di riflessi, Bastian riuscì ad allontanarne alcuni con un paio di Impedimenta ben piazzati; tuttavia, mentre si allontanava di corsa, udì distintamente la voce di Clide Warrington che urlava al suo indirizzo:
- É inutile che scappi, maledetto MacStronzo! Sei nella merda! Che cosa credevi? Vi ho beccati, te e quell'acqua cheta della Spinnet!...
Bastian lo ignorò e continuò a correre, risalendo i gradini che portavano alla Torre del Grifondoro a due a due, a tre a tre (a quattro a quattro non ce la faceva, maledetto nerd che non era altro).
Giunto davanti al buco del ritratto avvistò Alicia, che già lo aspettava sul pianerottolo. Nonostante la gravità della situazione, Bastian ridacchiò sollevato: il suo ridicolo Patronus aveva dunque funzionato. La ragazza gli corse incontro e lo abbracciò.
- Basteen!
- Aussie!...
Subito, nell'aria intorno a loro, cominciò a risuonare un rumore di passi in rapido avvicinamento. I millenari sistemi di difesa del Castello dovevano essersi attivati al suo arrivo (reagendo probabilmente alla magia oscura del Marchio Nero) e l'allarme era stato poi confermato dalla Squadra di Warrington; Bastian avvertì un bruciore insopportabile all'avambraccio, laddove il signor Mulciber (unanimemente eletto "tatuatore ufficiale") lo aveva marchiato come una bestia da macello, senza che lui potesse opporre resistenza, davanti ad uno zio Walden spaventosamente invasato. Il fatto gli pareva ancora così inverosimile che, quasi quasi, Bastian stentava a crederci. Lo avevano fregato. Gli avevano teso una trappola e lui ci era caduto come un pivello.
Subito dopo la marchiatura, però, il ragazzo era riuscito a divincolarsi e a fuggire; sopraffatto dall'orrore, aveva agitato la bacchetta e si era smaterializzato lontano, pur sapendo di essersi cucito addosso l'etichetta del 'traditore' e di aver attirato un grande pericolo sulla sua bionda compagna.
Sforzandosi di ignorare il bruciore, Bastian prese Alicia per le spalle.
- Ascoltami bene Aussie - le disse, mentre lei lo guardava sbattendo le palpebre, ancora un po'assonnata. - Non abbiamo molto tempo. Io devo... devo sparire per un po'.
- Ma cosa... Ma perché?!... - domandò lei, improvvisamente sveglia.
- Ti spiegherò poi. Ascoltami: non uscire dal Castello, mai, per nessun motivo, mi hai capito?
Alicia lo interruppe, un po' allarmata.
- Che cosa sta succedendo, Basteen?...
- Non uscire da Hogwarts e, soprattutto, non cercarmi! L'ultimo giorno di scuola, prendi l'Espresso, vai a King's Cross e fila subito al Terminal. Ti raggiungerò là e partiremo insieme. Ma, fino a quel momento, devi rimanere qui, al sicuro, intesi?
I passi si avvicinavano.
Qualcuno gridò nel buio:
- Fermo dove sei, Macnair!...
Era la voce del professor Piton. Quindi, anche i Direttori delle Case erano stati avvertiti e stavano arrivando.
Alicia si morse le labbra.
- Basteen, Warrington sa di noi due. Ci ha spiati, ci ha visti insieme e l'ha riferito alla Umbridge: me l'ha detto oggi pomeriggio. E ha aggiunto che sarò punita con l'annullamento dei miei M.A.G.O. e con una bella espulsione!...
- Cosa?!... Maledetto bastardo!...
- Sì, ma... a me non importa - disse lei, facendo spallucce.
Bastian guardò nervosamente la ragazza, in piedi davanti a lui. Dunque Alicia sarebbe stata espulsa. Avrebbe dovuto rinunciare alla protezione della Scuola.
Quei pochi secondi di stordimento gli furono fatali: ormai non avrebbe più avuto il tempo materiale di fuggire o di nascondersi da nessuna parte.
- Va... va bene. Racconterò loro che ti ho dato l'Amortentia... che tu non mi volevi, che non hai alcuna colpa.
- Ma non è vero, Basteen! - esclamò Alicia. - Non è vero!...
- Ascoltami, Alicia - Bastian le prese il viso fra le mani e le tirò indietro i capelli, tentando di calmarla. - Non-puoi-rischiare-di-farti-espellere. Non ora. Ne va del tuo futuro. Devi fidarti di me.
- No! - Alicia lo abbracciò di slancio, affondando il viso nel suo petto. - Non me ne importa niente di M.A.G.O., di disonore, di reputazione!... Sono tutte stronzate!...
"Fosse solo questo" pensò lui, stringendola per qualche attimo, angosciato.
- Devi pensare a quando te ne andrai da qui.
Alicia lo strattonò:
- Io in Australia, senza di te, non ci torno!
E a quel punto, Bastian comprese. Capì che quell'amabile e sciocca Grifondoro che aveva davanti avrebbe spiattellato la verità ai quattro venti, non gli avrebbe permesso di addossarsi la colpa. Si sarebbe fatta espellere per amor di giustizia; lo avrebbe cercato e, inevitabilmente, si sarebbe esposta ancor più di quanto già non fosse. Una volta fuori dalle mura sicure di Hogwarts, si sarebbe trovata alla mercé delle ritorsioni di Avery... e degli altri.
Forse, se avesse avuto il tempo di spiegarle come stavano le cose, Alicia avrebbe capito e gli avrebbe obbedito. In quel momento però Bastian, il tempo, non ce l'aveva: il racconto sarebbe stato troppo lungo e lui avrebbe dovuto addentrarsi in tutta una serie di questioni politico-familiari sulle quali, stupidamente, aveva sempre sorvolato per evitare di turbarla troppo.
Per cui, nel giro di pochi istanti, il ragazzo si vide costretto a prendere una decisione drastica.
- Ascoltami Aussie - ripetè allora, staccandosi a fatica da lei. - Devi fidarti di me; so quello che sto facendo, credimi.
- Ma non è vero, Basteen - una lacrima le scivolò lungo la guancia; e quella semplice goccia salata lo trafisse come uno stiletto perché mai, mai, l'aveva vista piangere prima di allora; non era da lei. - Tu non mi hai dato niente; se sto con te, è perché lo voglio, perché io... perché io: insomma...
Senza dirlo esplicitamente, ma facendoglielo capire, Alicia gli stava dicendo che gli voleva bene; Bastian sentì che, nel giro di qualche istante, gli sarebbe mancato il coraggio di separarsi da lei.
Ma doveva farlo; non poteva permettersi di rischiare. Conosceva fin troppo bene Aidan Avery per potersi illudere che non avrebbe tenuto fede alle sue minacce. Doveva essere sicuro che Alicia raggiungesse l'Australia senza esporsi a situazioni rischiose.
- Ci rivedremo, mia bionda e adorata Aussie - le disse semplicemente, prima di chinarsi e deporre un rapido bacio sulle sue labbra al sapore di sale. - Te lo prometto.
Poi, tirandosi indietro di scatto, le puntò contro la bacchetta.
La ragazza spalancò gli occhi, incredula.
- Che cosa diavolo...
- Oblivion!
Le pupille le si fecero vitree; Bastian la vide barcollare per qualche secondo e annaspare, cercando con le mani un qualche tipo di appiglio. Quando lei lo guardò, un'ombra di inquietudine le fece fremere le iridi verdi. Era così che lo aveva fissato quando, a settembre, si erano rivisti. Alicia aveva di nuovo paura di lui.
Inutile dire che quello sguardo terrorizzato lo ferì come un assaggio di Maledizione Cruciatus. Ma era inevitabile. Era giusto così.
Bastian abbassò il capo e ripose la bacchetta nella tasca della giacca. Tentò di consolarsi ricordando a se stesso che si trattava di una situazione temporanea, meramente precauzionale. Una volta che il polverone si fosse abbassato, avrebbe tentato di raggiungerla (anche in capo al mondo, se necessario) e avrebbe rimosso l'Incantesimo di Memoria.
Sì, si sarebbe risolto tutto nel migliore dei modi.
Mentre tracciava freneticamente tutti questi fragili piani, un Incantesimo di Ostacolo potentissimo lo colpì fra le scapole, facendolo stramazzare a terra.

Clide Warrington lo raggiunse per primo e lo rigirò con una spinta decisa.
- Ora le paghi tutte, caro il mio Bastard MacDandy - gli sussurrò a bassa voce, piegando le labbra in un sorrisetto odioso.
Nel frattempo, i direttori delle quattro Case e l'Infermiera della scuola sopraggiungevano di corsa, seguiti da Mastro Gazza, che trotterellava ansando lungo il corridoio.
- Si allontani immediatamente, signor Warrington! - abbaiò la professoressa McGranitt.
- Sebastian - sibilò infine Piton, dopo aver ripreso fiato per qualche secondo. - Si può sapere che cosa stai combinando? Che cosa ci fa la signorina Spinnet qui con te?
- Questi due covano una tresca! - Clide Warrington non si conteneva, da tanto era soddisfatto.
- Silenzio, signor Warrington! - ordinò Piton, assottigliando gli occhi. - Rispondi, Sebastian: questa accusa è fondata?
Bastian gli restituì un'occhiata inespressiva, trattenendosi al massimo per non ridergli in faccia e mandarlo al diavolo. Nel frattempo, la professoressa Sprite e Madama Chips avevano raggiunto Alicia e le avevano passato un braccio intorno alle spalle. La ragazza si guardava intorno con fare smarrito; i suoi occhi si erano fatti spenti, incolore.
- Allora?
Nonostante il dolore dato dal colpo che lo aveva scaraventato a terra, Bastian buttò indietro la testa e, sforzandosi, di apparire convincente, si sciolse in una risata afona che fece raggelare i presenti.
- Sì, è tutto vero - disse poi. - Purtroppo, però, mi è mancato il tempo per andare... a fondo.
- Spiegati meglio - Piton, bacchetta alla mano, lo osservava stranito.
- Devo essere più... esplicito? - rispose Bastian, a voce bassissima. - Me la volevo portare a letto, e che sarà mai.
- Signor Macnair! - Minerva McGranitt era scandalizzata.
- Oh, sì. Le ho dato l'Amortentia... modestia a parte, a me riesce sempre alla perfezione - continuò lui, scoccando a Warrington uno sguardo disgustato -purtroppo, però, non ho avuto il tempo di combinare nulla. Ma ci stavo arrivando, ve l'assicuro.
Alicia lo guardava orripilata.
- Io... io non... - la ragazza non riusciva a parlare.
- Stai tranquilla, cara - Madama Chips la strinse a sé con fare rassicurante. - Non ti può fare più niente, ci siamo qui noi.
Warrington saltava da un piede all'altro, infervorato.
- Stanno recitando! - urlò, additando prima Bastian e poi Alicia. - Macnair si sta addossando tutta la colpa per salvarle il culo!
- Idiota - lo zittì allora Bastian, con un sorriso duro. - Provate a leggerle la mente o a somministrarle del veritaserum, allora. Avanti!
- Quindi - disse il professor Vitious, continuando a tenerlo sotto tiro. - Ha fatto tutto lei, signor Macnair.
- Al cento per cento. Era il mio piano fin dall'inizio - rispose Bastian, serafico. E, tanto per rincarare la dose e risultare più credibile, vide bene di aggiungere: - Che cosa non si fa per una scopata, eh?
- Lei è disgustoso - decretò la professoressa Sprite, schifata.
Bastian non ebbe il coraggio di guardare Alicia, ma sapeva che lei lo stava fissando, impietrita nella sua inquietudine.

Lo avevano sbattuto fuori senza neanche dargli il tempo di raccogliere i suoi effetti personali - cosa che, tutto sommato, gli importava assai poco, dato che non avrebbe saputo dove portarli.
Aveva vagato senza meta per alcuni giorni e poi, inevitabilmente, coloro che si definivano i suoi compari erano riusciti a stanarlo - probabilmente a causa del Marchio Nero, che funzionava come una specie di chip babbano - e l'avevano trascinato a Casa Macnair.
L'ira del signor zio si era abbattuta su di lui con violenza inudita e Bastian, fiaccato dalla tristezza e dalla fame, non era stato in grado di tenergli testa. Walden Macnair era talmente furibondo da non riuscire a contenersi; si era accanito con furia su di lui, e forse il tutto sarebbe finito in tragedia se ad un certo punto, incapace di sopportare oltre, Madama Sharon non si fosse messa in mezzo per evitare che quello scempio proseguisse.
- Protego! Adesso basta Walden! - aveva urlato la strega, facendolo finalmente rinsavire. - Così lo ammazzi!...
Il boia era arretrato di un passo. Però, prima di lasciare che il nipote lasciasse la sala sorretto dalla scarmigliata governante, gli aveva strappato di mano la bacchetta di ebano e l'aveva gettata sul tavolo da pranzo. Poi, stringendo forte fra le mani la sua scure più affilata, aveva menato un fendente micidiale mandando al creatore, in un colpo solo, tavolo e bacchetta.
- Non sei degno di usare la bacchetta di tuo padre - aveva righiato, prima di voltargli le spalle e allontanarsi a passo di marcia.

E così, Bastian si era ritrovato impotente, prigioniero della sua stessa casa. Senza bacchetta e malconcio com'era, non sarebbe mai riuscito ad evadere dalle magiche mura di Casa Macnair.
Non avrebbe potuto raggiungere Alicia, la cui partenza si avvicinava ogni giorno di più, né rimuovere l'Incantesimo di Memoria, né trasferirsi in Australia con lei. E una volta che lei se ne fosse andata, lui, privo di magia alla stregua del più miserabile dei babbani, non sarebbe più stato in grado di ritrovarla.
A questo pensava Bastian, durante le lunghe giornate di prigionia. Rassegnatosi ad aver perso questa manche, aveva però cominciato a mettere a punto un nuovo Piano.
Gliel'avrebbero pagata. Avrebbe finto di redimersi e di accettare di buon grado i loro stupidi lavaggi del cervello. Fingere gli era sempre riuscito bene: presto o tardi gli avrebbero creduto e gli avrebbero restituito la magia. E lui li avrebbe sabotati dall'interno.
E nel frattempo, chissà, Alicia sarebbe tornata. Sennò, quando tutta quell'assurda situazione fosse finita, sarebbe andato a cercarla lui.

Note:
1) Questo primo epilogo si collega alle vicende dell'Armadio Svanitore. Ciò significa che questa coppia si è conquistata un posto anche nel mio headcanon principale; non era questa l'intenzione iniziale ma tant'è: credo che Basteen mi abbia scagliato un Confundus. Provvederò al più presto a sistemare discrepanze, note e quant'altro.
2) Per i teneroni che, come me, reclamano a gran voce un lieto fine immediato, proporrò anche un epilogo B, da leggere in sequenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Luglio (Epilogo B, parte 1). ***


13. Luglio (Epilogo B, parte 1)

[Macnair]- Signorina Bell, signorina Johnson...
[Angelina] - Non dica una parola, la prego... Okay. Okay. Io non voglio sapere, anche se... anche se, in fondo, mi sa che lo sapevo...
[Katie] - Lo sapevi?!
[Angelina] - Se ti trovassi tutte le settimane in un’aula in cui sono presenti entrambi lo sapresti anche tu, te l’assicuro. Questi due trasudano elettricità, non so se mi spiego.
[Alicia] - Ehm, ragazze...
[Angelina] - Se la vostra, ehm... relazione ti fa giocare così bene, Aussie, io non ho proprio nulla da eccepire. Ora, però, credo di avere bisogno di metabolizzare la cosa.
(...)
[Alicia] - Aspettavi me?
[Angelina] - Sì.
[Alicia] - Ange...
[Angelina] - Ascolta, Aussie. Dimmi una cosa. Macnair ti piace sul serio?
(Pausa).
[Alicia] - Sì, mi piace. Molto.

Alicia sbattè le palpebre, sollevando un po' a fatica il viso dalla lucida superficie concava.
La voce di Angelina risuonò di nuovo, stavolta proprio accanto a lei, nel presente.
- Professor Silente, abbiamo finito...grazie per averci permesso di usare il suo Pensatoio.
Il Preside le sorrise mentre, in un fruscio di vesti, rientrava nella stanza.
- Non c'è di che, signorina Johnson.
Le due ragazze si allontanarono, discendendo in silenzio la scala elicoidale dai gradini di pietra smussata.
- Ho ritenuto necessario mostrarti quello che so, Aussie - disse infine Angelina. - Perdonami per la ficcanasata, ti prego.
Alicia non disse nulla, limitandosi a stringere gli occhi con fare pensieroso.

Bastian passava le giornate rinchiuso nella sua stanza, disteso sul letto, a covare i suoi fantomatici piani di vendetta. Aveva perso il conto dei giorni, dell'alternanza del giorno e della notte, del passaggio delle ore.
Imbestialito nella sua impotenza, furibondo per il tatuaggio (disegno orrendo, infima fattura, per Salazar Miserrimo) che gli deturpava il braccio, amareggiato per il fatto di non poter raggiungere Alicia, restituirle i ricordi e partire con lei, e infine aizzato dalla magia oscura che, volente o nolente, si era diffusa e installata dentro di lui dopo l'apposizione del Marchio, il ragazzo si crogiolava nell'odio allo stato puro e, dato che oramai non poteva fare più nulla per sovvertire la situazione, non vedeva l'ora di cominciare a mettere a punto i suoi propositi di rivalsa.
Era lì, intento ad elucubrare soluzioni e ripicche una più macabra dell'altra quando, all'improvviso, la sua stanza scura fu illuminata da un bagliore. E fu così che, sotto il suo sguardo sgranato per la sorpresa, Uluru si materializzò davanti a lui. Le estremità dell'animaletto scintillavano di una luce così accecante che Bastian fu costretto a schermarsi gli occhi con la mano.
- Che cosa ci fai tu, qui? - chiese alla bestiola le cui zampe, becco e coda ritornavano progressivamente al consueto tono blu cobalto man mano che l'effetto della materializzazione svaniva.
Uluru zampettò in circolo per mostrargli che, infilato nell'anellino del suo collare, c'era un piccolo rotolo di pergamena.
Bastian lo ritirò in fretta e lo aprì con mano tremante e quando constatò che il messaggio era stato scritto con quell'inconfondibile grafia disordinata che avrebbe riconosciuto fra mille, lo lesse tutto d'un fiato.
Caro professor Macnair,
alla luce di recenti fatti (nella fattispecie, un colloquio estremamente rivelatore, tenuto con la mia collega Angelina Johnson) ho motivo di pensare che, fra di noi, esistano alcune questioni che necessitano di chiarimenti urgenti.
Mi permetto quindi di inviarle il mio
Ornitomagicus con questo messaggio, attraverso il quale la prego di farmi pervenire l'ampollina (o le ampolline) con i suoi ricordi, di modo che io possa prenderne visione e mettermi in pari.
Un caro saluto,
Alicia Spinnet.

Bastian sbattè le palpebre, leggermente intontito, e dovette rileggere la breve missiva un paio di volte.
Qualcosa di inaspettato era dunque successo.
Alicia doveva aver percepito che qualcosa non andava (un fondo di coscienza rimane sempre, anche dopo la cabcellazione dei ricordi) e ne aveva parlato con Angelina (o, forse, era stato il contrario), che le aveva rivelato la verità. Bastian si sentì immensamente grato nei confronti della Capitana del Grifondoro che, evidentemente, non aveva dato ascolto alla falsa versione dell'Amortentia e che, probabilmente, aveva già messo i suoi ricordi a disposizione di Alicia.
Ed ora lei, decisa a vederci chiaro, gli chiedeva di consegnarle le memorie in suo possesso per poterle debitamente ricollocare all'interno della sua vita.
Il problema, però, era evidente.
Bastian i ricordi ce li aveva ma, senza bacchetta, non era in grado di estrarli.
Bestemmiò come un turco quando se ne rese conto, tirando calci ai mobili e facendo volare oggetti tutto intorno; poi, dopo essersi arrovellato per qualche minuto, afferrò d'impulso il calamaio e scrisse sul retro della pergamena le seguenti parole:
Cara Aussie,
purtroppo la mia bacchetta è stata spezzata ed io non posso estrarre i ricordi. Sono numerosi e molto belli (i più preziosi che posseggo), te lo garantisco, ma mi dovrai credere sulla parola. Ne ho solo uno da consegnarti; l'avevo estratto per guardarlo, riguardarlo e rifletterci su.
Se un giorno ci rivedremo, sarò più che felice di condividere con te anche tutti gli altri.
Basteen
PS. Non uscire da Hogwarts e non venire qui!

Fatto ciò, sventolò il foglio per qualche minuto per farlo asciugare, lo arrotolò e lo inserì nel collarino. Poi, con un laccetto, fece un piccolo cappio e lo usò per fissare anche l'ampollina col ricordo.
- Stammi bene - disse poi ad Uluru, mentre quello ricominciava a magnetizzarsi. L'ornitorinco gli strizzò l'occhio e agitò la coda. Crack. Nel giro di un secondo, la bestiola si era smaterializzata, lasciando la stanza più buia di prima.

[Sebastian] - Tutto questo per dirti, tra l'altro, che io lo so (l'ho sempre saputo) che, nel giro di poche settimane, te ne tornerai in Australia, probabilmente per sempre. Ma voglio che tu sappia che vorrei poter disporre di più tempo per... per conoscerti meglio, sai.
[Alicia] - Senti... perché non vieni con me, allora?

Continuava a guardarlo e riguardarlo senza sosta. Ad un certo punto, preoccupato, il professor Silente si affacciò alla porta.
- Si sente bene, signorina Spinnet?
- Oh. Sì. Sì. La... la ringrazio, signor Preside - rispose Alicia, precipitandosi fuori dall'ufficio con troppi pensieri per una testa sola.

Trascorse qualche giorno e, di notizie di Alicia, neanche l'ombra.
Non che Bastian si aspettasse una qualche azione concreta da parte sua, questo no. Anzi, per dire il vero sperava proprio che lei non fosse tanto temeraria da azzardarsi ad abbandonare la sicurezza delle mura del Castello. Però, inutile negarlo, in un messaggio di controrisposta ci aveva sperato.
Che illuso.
"Probabilmente non mi ha creduto" si diceva, scoraggiato. E in effetti, tale ipotesi era più che plausibile dato che, per anni, la ragazza lo aveva considerato un fuori di testa da tenere alla larga.
Una sera, però, la sua attenzione fu attratta dal rumore sommesso di movimenti sospetti che avvenivano al di fuori della sua finestra. Il ragazzo lanciò un'occhiata al calendario, cosa che non faceva da giorni. Era il due luglio: Alicia doveva essere già partita, ormai. Ciononostante, i rumori continuarono. Bastian tese l'orecchio, incuriosito.
Ed ecco che, fra le imposte semiaperte fece capolino una figura scintillante.
Era un grazioso wallaby d'argento che, dopo essersi introdotto nella stanza e aver descritto un paio di giri a saltelli vivaci, parlò con inconfondibile accento del Sud:
Tienti pronto Sebastian.
(Ok, non lo aveva chiamato 'Basteen', ma neppure 'professor Macnair', né gli aveva dato del 'lei', e questo era già un buon segno).
Siamo qua fuori.
Non appena tuo zio sloggia, ti portiamo via.

Il cuore del ragazzo prese a pulsare furiosamente.
Un paio di secondi dopo, altro Patronus. Il piccolo canguro d'argento completò il messaggio del precedente confratello:
Prepara le tue cose, ma sii silenzioso.
Agiremo con la massima segretezza.

"Ma che dispendio di argenteria, per la miseria!" non potè fare a meno di pensare lui. Da quando aveva scoperto la forma del suo, di Patronus, non aveva più osato produrne nessuno - ed ora, privo di bacchetta, non avrebbe potuto farlo neppure se avesso voluto.
Subito dopo, Bastian si riscosse.
Non perse tempo a chiedersi chi, esattamente, fossero "loro", né in che modo Alicia avesse intenzione di farlo evadere. Risoluto, corse ad aprire l'armadio per preparare il baule. Com'era da immaginarsi, fu subito attanagliato da un lieve sconforto alla vista dell'abnorme quantità di effetti personali che aveva accumulato nel corso degli anni.
- Dunque. Collezione di calderoni DeLuxe... Guardaroba completo haute couture di Madama McClain... Guanti fatti a mano... Riferimenti bibliografici dalla A alla Z... Cristalli, murani, provette...
Niente da fare: avrebbe dovuto eseguire un Incantesimo di Estensione molto ben congegnato per farci stare tutto; fece quindi per agitare la mano e recitare la formula, per poi ricordarsi che la sua amata bacchetta di ebano giaceva spezzata sul comodino. Dalle due estremità spuntavano i tristi ciuffetti di lana di Vello Magico, irrimediabilmente recisi.
- Oh, ma per Salazar Impietoso!... - gemette Bastian, spostando freneticamente lo sguardo da una parte all'altra. - Dunque, ricapitolando. Seta. Vigogna. Cotone dell'Alabama. Lino egiziano. Ok. Gemelli d'oro... Madreperla... Gli smeraldi... Oh, ma per tutte le palle al piede del Barone... Calderone di rame: indispensabile. Set di alambicchi di Cristallo di Boemia. No, non si può vivere senza... Uhm, "Distillare Senza Mani"?!... Forse questo non...
Uno schianto fragoroso lo fece sussultare: le imposte della finestra erano state spalancate di scatto (praticamente divelte, in effetti) e con un balzo, doo essersi strappata via un telo invisibile dalla testa, Alicia era atterrata nella stanza.
"Alla faccia della segretezza" pensò Bastian trafelato, visto che, ovviamente, tutta l'operazione si era svolta con il maggiore strepito possibile. Come volevasi dimostrare, Alicia era veramente riuscita a fare un baccano del diavolo.
- Alicia! Oh, per Salazar. Spero non ti abbiano vista...
- Tranquillo. Questo Incantesimo di Disillusione Tessile è un vero portento. Non ci ha visti nessuno.
Lui le rivolse un'occhiata interrogativa.
- C'è anche Angelina. E altra gente - aggiunse lei, per poi avvicinarglisi in fretta in un turbinare di capelli biondi, luminosa e bella come una spiga di grano. E, fatto più importante, guardandolo senza alcun timore.
Bastian avrebbe tanto voluto abbracciarla, ma capiva che per lei, ancora priva dei ricordi di loro due insieme, il fatto di trovarsi lì era già di per sé un qualcosa di straordinario. Così, imponendosi di starsene buono, si limitò a dirle:
- Quindi mi hai creduto...
Lei lo guardò con fare furbesco.
- Ma certo! In realtà, avevo già capito che potevo fidarmi quando Uluru ha accettato di venire da te. Se le cose non fossero effettivamente cambiate, lui non lo avrebbe mai fatto!...
Prima che Bastian potesse ribattere, la ragazza esclamò, sbrigativa:
- Dovrai spiegarmi un po' di cose ma ora, per prima cosa, ce ne andiamo. Il baule, svelto!
Lui le rivolse un’occhiata scandalizzata.
- Ma... ma non è pronto! - le rispose, additando il discreto cumulo di oggetti (disposti in ordinatissime pile sul letto e sulla scrivania) che ancora si trovavano in attesa di essere riposte.
- Riempirlo a mano mi sta portando via un sacco di tempo...
Alicia lo ignorò.
- Adduco Maxima! - urlò, agitando la bacchetta.
Gli oggetti di Bastian schizzarono verso il baule, tutti insieme, accalcandosi disordinatamente nell'angusto scompartimento di legno, in un caos indegno di calderoni, libri, gemme, camicie, cravatte, ampolle e chi più ne ha più ne metta.
Bastian rimase immobile per un secondo, guardando desolato tale scempio in un misto di scoramento e svenimento incipiente. Stava per rantolare qualcosa sull'assoluta mancanza di criterio della ragazza, quando la porta della stanza si aprì di scatto, facendoli saltare indietro.
Era Madama Sharon, che li guardava con cipiglio.
Alicia fece un passo in avanti e la fronteggiò, bacchetta sguainata.
- Maaadam - le disse, con tutta la determinazione che fu in grado di tirare fuori. - Sebastian viene con noi, che lei lo voglia o no. Non mi costringa a farle del male!...
La strega alzò le mani sbuffando.
- Macché male e male - rispose, piuttosto risentita. - Non ho proprio nessuna intenzione di impedire un bel niente.
- Ah no?
- Cosa credi, biondina? - continuò quella con un certo rammarico. - Se il mio Celestino non se ne va ora, gli faranno qualcosa di brutto... sono solo salita a dirgli addio e a consegnargli un paio di cose.
Bastian si voltò allora verso Madama Sharon, che lo guardava trattenendo le lacrime.
- Questo è per te - gli disse lei, porgendogli una bella bacchetta lucida di cera. Era piuttosto lunga, perfettamente cilindrica e di un bel legno di castagno marrone rossastro; quando Bastian la toccò, emise un piccolo getto di scintille gialle dalla punta.
- Di chi...?
- È la bacchetta di tua nonna, la madre di Magdalena. Dovrebbe obbedirti facilmente, le ho parlato io. Dice di avere nostaglia di essere usata. Per ora andrà più che bene, poi vedrai tu.
- Oh. - Bastian accarezzò delicatamente la bacchetta che era appartenuta alla madre di sua madre.
- Portati via Zlatan - gli disse poi Madama Sharon, porgendogli una borsa termica dall'aria vetusta. Evidentemente, la cornacchia si trovava in fase di ibernazione. - Quando sarà ritornata adulta, mandamela indietro. Non c'è bisogno di dirmi dove sei. Basta che mi fai sapere che stai bene.
Bastian avvertì un pizzicore sospetto al canale lacrimale e, senza pensarci troppo, raggiunse la corpulenta strega e l'abbracciò.
- Grazie, grazie màthair Sharon - le disse, posando la guancia sulla criniera di capelli spettinati. - Ma tu, cosa farai? Il signor zio si arrabbierà moltissimo...
Oltre le imposte della finestra, si udì distintamente la voce di Angelina Johnson che sibilava qualcosa del tipo "muovetevi, cazzo!"
- Non ti preoccupare, a Walden ci penso io. - rispose la strega, evidentemente commossa. - Abbi cura di te, figliolo. Prendi, prendi questo.
Fra le mani reggeva un fagotto a scacchi, che tese verso il ragazzo.
- Oh. Che cos'è?
La strega lo guardò con affetto.
- Una torta di fagioli per il viaggio...
Bastian stava per ribattere un diplomatico "grazie no, non ce n'è bisogno", quando Alicia scattò in avanti, si impossessò del fagotto e lo legò velocemente al manico della sua Comet.
- Oooh, che pensiero gentile! - cinguettò la ragazza, al settimo cielo. - Adoro le torte di fagioli; sono squisite assieme ai tortini di carne di varano di Nonna Hanya!...
Bastian la fissò a bocca aperta, privo di reazione.
- Sebastian - commentò Madama Sharon, serissima. - Giuro sul mio set di casseruole che, se non te la sposi, ti rintraccio in capo al mondo e ti ammazzo a mani nude.

Bastian non avrebbe mai pensato che, un giorno, si sarebbe visto fuggire dalla casa del signor zio, tanto più che a cavallo di una scopa.
- Ehm... non sarebbe meglio smaterializzarsi? - disse ad Alicia, quando lei gli illustrò il piano di fuga.
- Ci abbiamo provato, ma a quanto pare tuo zio ha schermato la zona.
- Io su quel coso non ci salgo - dichiarò lui. Cavalcare una scopa avrebbe sancito la rinuncia all'ultimo briciolo di classe che gli rimaneva.
Lei aggrottò la fronte.
- Non credo tu abbia molta scelta.
Chiaramente, Bastian dovette convenire.
- Oh, per Merlino. Va bene. Come... com'è che si fa?!
- Oh, per Godric! Qualche lezione della Bumb l'avrai anche fatta...
- Per dire il vero ho sempre chiesto l'esonero...
- Oh, per le sette gonne di Morgana. Stento a credere che noi due...
- Ma è tutto vero!...
- Mi chiedo sulla base di cosa.
- Va beh, sulla base di altre cose... E... ehm.
- 'Ehm' cosa?
- Salgo dietro di te?
- le chiese, speranzoso. Alicia gli rivolse uno sguardo fra il titubante e il severo.
- Assolutamente no. - ("Ancora non si ricorda, porco paiolo!") - Ne abbiamo portata una anche per te.
Tentando di ignorare il senso di vertigine che gli faceva girare la testa, Bastian afferrò il manico che lei gli porgeva e salì sul davanzale. Gli tremavano le gambe e la sua espressione doveva essere così terrorizzata che, da sotto un mantello disilluso, spuntò il volto conosciuto di un ragazzo.
- Andiamo, meglio che ti porti io - disse Oliver Baston, infilato nell'inconfondibile felpa gialloblu del Puddlemere United.
Mentre Bastian montava dietro di lui, Angelina Johnson e Katie Bell, anch'ella presente, assicuravano il baule alle loro scope, con l'aiuto di Alicia e Madama Sharon.
- Tutto pronto? - chiese Angelina.
- Andiamo - Katie strinse l'elastico che le tratteneva la chioma corvina. - Carbry e Morag ci aspettano al drop-off.
- Dove andiamo? - volle sapere Bastian, tanto per andare sul sicuro.
- Al Terminal Passaporte Intercontinentali - rispose Oliver, rimboccandosi le maniche. - Tieniti stretto, amico.

Volare sulla scopa di un quiddista professionista in compagnia di altre tre invasate di quello sport da barbari fu una delle esperienze più traumatiche che Bastian aveva dovuto affrontare vita natural durante.
Quando giunsero a destinazione dopo una ventina di minuti di puro terrore (fra scarti, virate e capogiri), il povero pozionista era ormai sull'orlo di una crisi di nervi e spettinato da far spavento.
Visto il periodo di alta stagione, il Terminal era affollatissimo di streghe e maghi in procinto di recarsi in vacanza.
- Noi rimaniamo qui fuori a controllare che non arrivi nessuno di indesiderabile - disse Katie.
Alicia abbracciò prima lei e poi Oliver.
- Grazie di tutto ragazzi.
- Buon viaggio, Aussie.
- Al drop-off, presto! - esclamò Angelina, atterrando con un salto sul pavimento lucido e ingombro di valigie, bauli, fagotti e cestini contenenti animali di ogni tipo. Si avviò di corsa zigzagando fra i gruppi di passeggeri in attesa, seguita da Alicia e Bastian che facevano levitare il bagaglio del ragazzo, con lui che si sforzava stoicamente di ignorare i rumori molesti che provenivano dall'interno del baule.
Carbry li aspettava davanti al bancone del drop-off, in compagnia di una ragazza bionda che Bastian aveva già visto, ma che non conosceva personalmente.
- Il tuo baule è già partito, Aussie - disse, a mo' di saluto. - Date qua quello di Sebastian; ci pensiamo io e Mog.
- Voi nel frattempo raggiungete l'imbarco - aggiunse la ragazza che rispondeva al nome di Mog. - Le file sono lunghissime oggi, ma Cormac e Lee dovrebbero essere riusciti a tenervi il posto.
Bastian guardò il suo ex compagno di stanza e si avvicinò per salutarlo.
- Te ne devo una, Bell.
- Dimmi una cosa, MacGenio - gli disse Carbry sotto voce, di modo che solo lui potesse udirlo. - I compari di tuo zio ti hanno per caso...
La mano di Bastian scattò automaticamente a stringere l'avambraccio sinistro.
- Come sospettavo - commentò l'apprendista Medimago, sbuffando fuori il fumo. Frugò rapidamente nelle tasche del kilt e, dopo aver estratto un arsenale di tabacco trinciato, cartine, filtrini, stetoscopi e milze-giocattolo, tirò fuori un boccettino verdognolo.
- Questa roba serve per tenere a bada gli effetti della magia oscura contenuta nel Marchio. Sull'etichetta c'è la ricetta, quindi potrai riprodurla tu stesso senza alcun tipo di problema.
Bastian afferrò l'ampolla, lanciando una breve occhiata alle istruzioni. "Davvero semplice", pensò.
- Quando però arrivi - aggiunse Carbry, con una scrollata di cenere - ti suggerisco di parlare con qualche strgone-tatuatore aborigeno per vedere se riesci a fartelo levare.
Bastian annuì e gli tese la mano.
- Grazie di tutto, mate.
- Fai il bravo, musone - gli rispose Carbry, allungandogli un'energica pacca sulla spalla. - Ci rivedremo presto.

Una volta salutati Angelina, Carbry e Mog, Alicia e Bastian si precipitarono verso gli imbarchi per l'Oceania. A circa metà della lunghissima fila delle Passaporte dirette a Darwin, avvistarono la criniera di rasta di Lee Jordan, che li aspettava insieme ad un nervosissimo Cormac McLaggen.
- Da questa parte, presto! - li chiamò Lee, porgendo ad Alicia la piccola cesta di vimini con dentro Uluru.
- Noi ora vi lasciamo - soggiunse Cormac - Fred e George ci hanno appena comunicato di avere percepito strani movimenti: meglio non dare nell'occhio.
- E mi raccomando, Aussie - rise Lee, salutando Alicia con un abbraccio che a Bastian non piacque affatto. - So che MacCool è splendido ma, se cambi idea, io sono qua okay?!
- Sii giudizioso in Giamaica - gli rispose lei con un sorriso. - A te invece non lo dico neanche, Corm. Sarebbe inutile, no?!
Accompagnati da una breve risata, Lee e Cormac si smaterializzarono. Bastian e Alicia rimasero soli.
Si vedeva che lei non si sentiva ancora del tutto a suo agio in presenza del ragazzo; e lui stava per aprire bocca e dirle qualcosa a riguardo quando, improvvisamente, una voce amplificata risuonò nell'aria:
- Tutti i passeggeri in transito per l'Australia sono pregati di sottoporre le loro bacchette al controllo dei responsabili d'imbarco. Ripeto: tutti i passeggeri in transito per l'Australia sono pregati di sottoporre le loro bacchette al controllo dei responsabili d'imbarco. Grazie!
Con la coda dell'occhio, Bastian vide alcune figure nerovestite in rapido avvicinamento. Guardò meglio e si sentì raggelare: fra di loro, orrore degli orrori, c'era anche il suo signor zio. Cosicché decise di agire subito, senza indugiare oltre:
- Impedimenta!
L'incantesimo, per suo enorme sgomento, non andò a segno perché la bacchetta di castagno non gli obbedì; subito dopo, però, Walden Macnair rotolò a terra fra le urla dei passeggeri, colpito dallo Schiantesimo di Alicia, che aveva agito con fulminea precisione.
Bastian le rivolse un'occhiata sbalordita.
- Ne stanno arrivando altri Sebastian, guarda!
E allora lui, tentando questa volta di farsi obbedire dalla bacchetta di sua nonna, si mosse d'impulso. Afferrata la mano di Alicia, con un gesto disperato appellò la Passaporta che stava per essere consegnata al primo della fila e che già aveva cominciato a pulsare, pronta per il decollo.
Questa volta l'incantesimo funzionò. Quasi non fece in tempo ad afferrarla: nel giro di una frazione di secondo, avvertì il fastidioso strappo all'ombelico caratteristico della partenza.
"Che Salazar sia lodato".
Ce l'avevano fatta.

Note:
1) L'inimitabile Stephen King, grande Maestro, mi ha spesso insegnato che il potere dello scrittore è illimitato. L'idea di scrivere un epilogo alternativo mi è stata fornita da lui, che propone la stessa soluzione al termine dei sette libri che compongono la (meravigliosa) saga della Torre Nera. Infatti, dopo averci raccontato come vanno a finire le avventure di Roland & Amici, riprende di punto in bianco e ci dice, più o meno: "Questa è la fine della storia. Le cose, però, potrebbero essere adate anche in un altro modo...".
2) Un'altra cosa che sento di dovere a King, ora che ci penso, è il mio tentativo di collegare, in qualche modo, tutte le mie storie. Uno degli aspetti che più amo nelle sue opere, infatti, è ritrovare spesso i personaggi di alcuni libri inseriti all'interno delle vicende narrate in altri.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Luglio (Epilogo B, parte 2). ***


14. Luglio (Epilogo B, parte 2)
 
Dove i nostri eroi raggiungono il mondo nuovissimo e finalmente ricominciano a vivere, recuperando i ricordi passati e preparandosi ad accumularne molti, molti altri.
 
Il paesaggio filava veloce oltre il vetro impolverato del finestrino. 
Man mano che si allontanavano da Darwin diretti a sud, addentrandosi inesorabilmente in quel paessaggio via via più arido, secco e rossastro, gli spazi si dilatavano intorno a loro, aumentando la sensazione di sentirsi una nullità nell'immenso.
Bastian strinse gli occhi, feriti dalla luce.
Quello, si disse, non poteva essere lo stesso sole che illuminava i cieli grigi di Glasgow e quelli fuligginosi di Londra. Era un sole enorme, giallo e accecante, contro il quale i suoi preziosi occhiali con la montatura di corno erano in grado di fare ben poco.
Lo scompartimento era occupato solo da loro due (tre, contando anche Uluru). Alicia ne aveva approfittato e si era sdraiata sulla fila di sedili davanti a lui; ed ora dormiva un sonno rumoroso e disordinato (dopo soli dieci minuti che avevano preso posto, nello scompartimento già regnava il caos più totale, chissà perché), degnamente accompagnata dall'ornitorico che a sua volta ronfava alla grande, indegnamente spiaggiato ai suoi piedi.
Bastian la osservò.
Averla così vicina e non poterla toccare era una vera tortura, ma doveva imporsi di starsene buono. Alicia gli credeva: lo aveva dimostrato facendolo evadere dall'oscura magione del Signor Zio e portandolo in Australia con sé; i suoi ricordi, però, erano ancora alterati e si vedeva che lei tendeva ad evitare di stargli vicino più dello stretto necessario.
"Ogni cosa a suo tempo" pensò il giovane, giocherellando con la bacchetta di legno di castagno rossastro che era appartenuta a sua nonna. Era davvero un bell'oggetto: lucido, sobrio; un pochino troppo lungo, forse - avrebbe dovuto esercitarsi a lungo per abituarsi alle nuove proporzioni.
Mentre il Ghan (1) procedeva sbuffando, inoltrandosi rapido nell'entroterra, Bastian ripensò alle ultime ore.
A Londra, erano sfuggiti per un soffio alla cattura da parte dei Mangiamorte grazie al furto della Passaporta il che, una volta a Darwin, aveva procurato loro un sacco di grane da parte dell'Ufficio Immigrazione. Mentre lui, accantonato ormai ogni briciolo di dignità, vomitava indecorosamente in un angolo della sala a causa degli effetti del fuso orario troppo spaziato (che vergogna, a ripensarci), Alicia aveva dovuto convincere una mezza dozzina di ufficiali che si era trattato di vita o di morte. Alla fine, dopo aver realizzato un breve scan dei suoi ricordi, le avevano creduto, applicando però loro una multa tutt'altro che irrisoria che lui, stremato, aveva pagato con una manciatella di smeraldi scovati chissà come in quel casino che era ormai il suo povero baule.
Una volta chiarito l'equivoco, Bastian aveva avvistato un cartello con su scritto "Brisbane" e aveva cominciato a trascinarsi stancamente in quella direzione.
- Dove vai? - lo aveva fermato Alicia.
- Non... non andiamo a Brisbane?
- No - aveva risposto lei, scuotendo la testa. - La convocazione alla sede degli Warriors (2) è solo a fine mese. Prima passiamo dai miei.
- Ah. - Bastian era un po' a disagio. - E dove stanno i tuoi?
- Ad Alice Springs.
Probabilmente lui aveva fatto quella tipica faccia di chi non ha mai sentito parlare di un determinato luogo in vita sua.
- Puro entroterra, Sebastian - aveva riso lei, sorridendogli di gusto per la prima volta da quando si erano rivisti. - Centro fisico dell'Australia. Polvere vermiglia. Outback. Vita da bovari, bogan e redneck... altro che alta sartoria alla Madama McClain - aveva aggiunto allegramente, sbirciando di sottecchi il suo completo a giacca nero, tutto sgualcito da fare pietà (e che però gli stava gran bene, ammise compiaciuta la ragazza).
- Molto bene - aveva commentato lui, arrotolandosi con estremo metodo le maniche della camicia (faceva caldo, molto caldo in quella dannata città; e lui, al caldo, non era proprio abituato). Poi, aveva cominciato a guardarsi intorno alla ricerca di un cartello contrassegnato dal nome della loro ignota destinazione.
- Non ci sono Passaporte che conducono là - aveva detto Alicia, interpretando i suoi pensieri. - Dobbiamo prendere il treno. Vieni.
E si era avviata facendo ondeggiare i capelli color del grano e stringendosi al petto il cestino di Uluru, preceduta dal suo baule al quale aveva applicato un Incantesimo Locomotor. Bastian l'aveva seguita un po' riluttante, facendo attenzione a non perdersi fra la folla che gremiva la stazione. Intorno a loro c'era davvero di tutto: maghi aborigeni interamente tatuati, fattucchiere vittoriane con pappagalli coloratissimi posati sulle spalle, bambini intenti a giocare con i loro koala di pezza e saltellanti Patroni a forma di canguro. In sottofondo, suoni vellutati di didjeridoo, di conchiglie giganti e di bastoni della pioggia. Bastian camminava e si guardava intorno meravigliato, rendendosi conto di quanto fosse stato ristretto il suo mondo fino a quel momento. Lui, che si riteneva un glamouroso cosmopolita ma che in realtà, in vita sua, non aveva mai messo piede fuori dalla Gran Bretagna.
Una volta raggiunta la stazione ferroviaria erano saliti a bordo del treno che, dopo un po', era partito sferragliando.
 
Il viaggio durò un'eternità. 
Erano partiti da Londra a notte fonda e, causa fuso orario, avevano raggiunto Darwin che era già mattina; il Ghan aveva viaggiato spedito per tutto il giorno con pochissime soste, addentrandosi in un paesaggio sempre più solitario e desertico.
Alla fine, quando ormai il sole - enorme palla arancione - si apprestava a coricarsi nel suo letto di montagne rocciose dai profili rossastri, Alicia si alzò in piedi, stiracchiando pigramente le membra intorpidite.
- Siamo arrivati.
La stazione di Alice Springs era piccola; Bastian e Alicia scesero dal treno, che subito ripartì sferragliando, e si avviarono all'uscita trascinandosi dietro i bauli lungo la banchina quasi vuota.
- Ora ci aspetta una breve camminata - disse lei, annodandosi i capelli sulla nuca.
La breve camminata si rivelò un po' meno breve di quanto Bastian avesse immaginato; raggiunti i margini della cittadina, Alicia imboccò una strada sterrata che conduceva fuori dal centro urbano, inoltrandosi nell'outback che, a quell'ora, cominciava ad animarsi di ombre fruscianti.
Dopo quasi un'ora (il giovane era ormai impolverato e stropicciato da far paura, e si chiedeva con quale coraggio si sarebbe fatto presentare ai genitori di Alicia), finalmente, la ragazza decretò:
- Eccoci qui.
Bastian si guardò intorno e non vide nulla: non c'era nessuna casa nei paraggi, il paesaggio desertico era completamente sgombro, eccezion fatta per un eucalipto gigantesco che si stagliava contro l'orizzonte e che lui aveva già avvistato a chilometri di distanza.
Revelio!
Alicia agitò la bacchetta e, per incanto, una grande casa di legno cominciò ad affiorare fra le radici dell'enorme albero. Era tutta dipinta di bianco e circondata da un'ampia veranda ricolma di amache e cuscini colorati. Attraverso le finestre aperte brillavano le luci e filtravano brani di conversazione e musica, mentre un delizioso aroma di cibo si spandeva nell'aria.
- Mio padre sovrintende all'estrazione di opali magiche molto preziose - spiegò Alicia a Bastian, che osservava la casa facendo tanto d'occhi - quindi la Gringott ha apposto incantesimi ad alta protezione sulla nostra casa.
Inutile dire che entrambi furono accolti con grande entusiasmo.
Alicia prese Bastian per il gomito e lo presentò ai suoi familiari: papà, mamma, la sorella Magda (una ragazza bionda e bellissima, di qualche anno più grande di Alicia) e il fratello Rupert con la moglie Lisa e le due figliolette Eerin e Kylie (3).
Mentre Bastian, un po' imbarazzato, prendeva posto a tavola accanto a Magda, Alicia prese discretamente da parte i genitori e si appartò con loro in un angolo della sala; durante la breve conversazione che ne seguì il ragazzo si accorse che i signori Spinnet gli rivolgevano numerose occhiate, fra il curioso e il corrucciato. Quando però fecero ritorno in tinello, lo trattarono in modo franco e amichevole.
 
Passarono alcuni giorni.
Casa Spinnet era una dimora tutt'altro che lussuosa, ma ci si viveva allegramente e Bastian, che pure non era tipo da socializzare facilmente, si sentì molto presto a suo agio. La famiglia di Alicia lo trattava bene e lui era libero di muoversi a suo piacimento per la casa e dintorni; un giorno, il signor Spinnet lo aveva addirittura portato a vedere le opali, e lui era rimasto a dir poco affascinato dalla loro bellezza ammaliatrice. Iridescenti e pulsanti, sembravano organismi dotati di vita propria; non lo stupì venire a sapere che gli aborigeni le consideravano preziose alla stregua di stelle cadute donate dagli dei.
La situazione con Alicia, però, non si sbloccava.
Bastian, con calma, le aveva raccontato tutto e le aveva anche spiegato il perché della sua decisione di obliviarla; in quell'occasione lei aveva protestato a gran voce e, quando aveva saputo del Marchio Nero (il ragazzo non ne poteva più di tenerlo nascosto sotto le maniche lunghe della camicia: faceva troppo caldo; aveva solo avuto l'accortezza di celarlo sotto ad un cerotto per non turbare le bambine) aveva fatto il diavolo a quattro. 
Lui si era aspettato che lei gli chiedesse immediatamente di rimuovere l'incantesimo di memoria ma, inspiegabilmente, la ragazza non l'aveva fatto. E Bastian, che con il passare degli anni aveva imparato ad aspettare il momento giusto per ogni cosa, non osava forzare i tempi  anche se, evidentemente, la cosa gli pesava.
Alicia gli piaceva, gli era sempre piaciuta e, per un breve momento, era stata sua; la desiderava ancora disperatamente e vedersela girare intorno senza poterla toccare lo faceva ammattire. Però sapeva, lo sapeva e basta, che lei aveva bisogno di tempo per riabituarsi all'idea di averlo vicino; proprio lui che, per anni, era stato per lei una specie di incubo ad occhi aperti.
Si era però accorto che, giorno dopo giorno, questo riavvicinamento avveniva: in modo impercettibile (ma non per lui) forse, centimetro dopo centimetro, con lentezza esasperante, è vero. Ma avveniva.
Un'occhiata, un sorriso; poi una leggera stretta al gomito, una mano sfiorata. Piccoli, infinitesimali avvicinamenti fisici sintomatici di un avvicinamento dell'anima, che Bastian gustava come fossero palline di zucchero infilate su una collana.
E una sera di luglio, mentre si trovavano soli in veranda, seduti uno accanto all'altra sui morbidi cuscini colorati ad ammirare quelle stelle gigantesche che Bastian riconosceva a fatica, lei si girò verso di lui e lo guardò.
- Tu hai degli occhi davvero bellissimi, lo sai?
- No, non me lo avevano mai detto - rispose lui, con aria innocente.
- Bugiardo - rise Alicia, allungandogli una pacchetta sullo sterno.
Lui le afferrò al volo la mano e non la lasciò andare. 
Rimasero immobili a guardarsi, mentre il silenzio frusciante dell'outback friniva intorno a loro.
E Bastian, che non aspettava altro, scivolò verso di lei e le fece scivolare le braccia intorno alla vita sottile, avvicinandola a sé; poi, accostato il viso al suo, catturò le sue labbra in un bacio infuocato.
Lei non si irrigidì né si ritrasse; lo abbracciò a sua volta e lo tenne stretto, godendosi quel delizioso sapore di inchiostro e fuliggine che le pervadeva le narici e le stuzzicava la punta della lingua.
E Bastian, affannato e assolutamente incapace di fare il bravo, aveva già cominciato ad armeggiare con la cerniera della sua felpa quando lei, inaspettatamente, si tirò indietro con un sospiro.
- Io... io credo di non poterlo fare, Sebastian - gli disse, mordicchiandosi l'interno della guancia.
- Hai ancora paura di me?
Lei esitò per un attimo.
- No. Però non è come... - rispose infine, cercando le parole per descrivere quello che provava. - Io ti credo, davvero. Ma non riesco a ricordare...
- E non credi... - incominciò lui, in tono pacato - che sia giunto il momento di rimuovere l'incantesimo di memoria?...
Alicia parve riflettere per qualche secondo; poi, però, alzò il mento e lo guardò negli occhi, risoluta.
- Sì - gli rispose, in tono deciso. - È ora. Fallo ora. Fallo Sebastian, ti prego.
Lui estrasse la bacchetta di castagno dalla tasca e la puntò verso di lei.
- Molto bene allora - le disse, prendendo fiato. - Sei pronta?
Alicia chiuse gli occhi e annuì.
- Mnemonium!
Una piccola scarica elettrica fuoriuscì dalla punta della bacchetta e la colpì in fronte. Alicia barcollò appena; poi, aperti gli occhi, fissò Bastian, in attesa davanti a lei.
- Come... come ti senti? - le chiese lui dopo qualche istante, un po' nervoso, dato che lei non diceva nulla.
Alicia sospirò.
- Esattamente come prima, purtroppo - gli rispose abbassando lo sguardo, amareggiata. - Temo... temo che l'incantesimo non abbia funzionato.
Quella rivelazione lo colpì come uno schiaffo in pieno viso.
- Oh, merda! - urlò, saltando in piedi.
- Co-cosa...?
- Vieni con me - le ordinò Bastian, dirigendosi di corsa verso la stanza che gli era stata assegnata dalla signora Spinnet.
Una volta sul posto, Bastian afferrò un vecchio libro dallo scaffale perfettamente ordinato (il giorno successivo all'arrivo aveva fatto una rigorosa cernita del contenuto del suo baule, decimato dal disordine e dall'incuria) e prese a sforgliarlo furiosamente.
- Come pensavo - disse ad Alicia con voce sepolcrale una volta che ebbe individuato e letto il paragrafo che cercava. Con fare desolato, tese il libro verso di lei.
La ragazza afferrò il volume e lesse il trafiletto che lui le indicava:
La rimozione degli incantesimi di memoria potrà essere eseguita soltanto avvalendosi della stessa bacchetta che li ha applicati.
I due segmenti spezzati della vecchia bacchetta di ebano di Bastian, posati sul comodino, sembravano deriderli con infinito scherno.
- OH, MERDA!!! - gridò Alicia in tono talmente alto da svegliare tutta la casa.

Frustrazione e mestizia.
Bastian e Alicia non si capacitavano di tanta sfortuna: così vicini da potersi toccare e, al tempo stesso, separati dalla perdita dei ricordi. I due ragazzi non si davano pace, non riuscivano ad accettarlo. 
Bastian pensò allora di estrarre tutti i ricordi che possedeva per mostrarglieli; Alicia, però, gli fece notare che suo padre non disponeva di un Pensatoio in cui avrebbe potuto guardarli e che nessuno di loro conoscenza ne possedeva uno.
Tanto dissero e tanto fecero, comunque, che la voce del loro affaccendarsi giunse alle sagge orecchie di Nonna Hanya, la vecchia strega aborigena vicina di casa degli Spinnet e nonna dei fratelli Zahu, amici d'infanzia di Alicia.
Con la scusa di invitarli a mangiare un bel tortino di carne di varano (che Bastian addentò per pura educazione, per poi trovarlo squisito), la strega si fece raccontare quanto era successo; poi, guardandoli placidamente, disse loro:
- Credo di avere la soluzione che fa per voi.
E, ai due ragazzi che la guardavano speranzosi, raccontò che, quando ancora non esistevano le bacchette (portate dai maghi europei nel XVII secolo) gli stregoni nativi australiani facevano incantesimi avvalendosi del potere dei tatuaggi tribali, dei boomerang cerimoniali, dei bastoni della pioggia, delle opali e delle rocce magiche.
- La Lizard Rock (4) è uno dei punti più magici di tutta l'Australia - disse ad Alicia, che annuiva col capo. - Recatevi laggiù durante la prima notte di plenilunio (che, per vostra fortuna, sarà dopodomani) e vedrete che il vostro problema si risolverà in un battibaleno.
Poi diede loro istruzioni: la brocca con l'acqua, il modo in cui dovevano sedersi, le frasi da recitare.
Due giorni dopo, Alicia e Bastian si prepararono per l'escursione.
- Non è il caso di fare l'elegantone - commentò Alicia quando lo vide uscire dalla sua stanza vestito di tutto punto, con camicia, cravatta e scarpe inglesi perfettamente lucide. - Si va nell'outback, signor Occhione.
E lo costrinse a cambiarsi con gli abiti di Rupert, facendogli vestire un paio di jeans sdruciti, felpa con cappuccio e scarponi chiodati, in un insieme che Bastian giudicò di una sciatteria desolante. Dopo qualche centinaia di metri, però, fu costretto a ricredersi: il sentiero era accidentato e infido, e la cosa peggiorò quando, lasciato il deserto, si addentrarono negli sconnessi canyon dell'Ellery Creek, scavati nel corso dei millenni dal fiume Finke.
Alicia, imperturbabile, procedeva davanti a lui con la brocca d'acqua in bilico sulla testa, in perfetto silenzio.
Era già notte fonda quando giunsero a destinazione: l'enorme lucertola di pietra si stagliava maestosa contro il cielo stellato. Aiutandosi con le mani, i due ragazzi scalarono la grande roccia e ne raggiunsero il dorso; esattamente al centro, proprio come preannunciato da Nonna Hanya, c'era un bacino perfettamente liscio, intagliato nella pietra.
Facendo molta attenzione a non disperdene neppure una goccia, Alicia versò il contenuto della brocca nel bacino. E l'acqua, illuminata dalla luce della luna, divenne immediatamente lucida come uno specchio d'argento.
Bastian e Alicia, allora, sedettero ai lati della pozza, uno davanti all'altra: tesero le braccia e si presero per mano, chiudendo gli occhi e cominciando a recitare lentamente la complicata litania cerimoniale in lingua aborigena che la vecchia strega aveva loro insegnato.
E mentre le loro voci crescevano di intensità l'outback parve animarsi intorno a loro, e le bestie fantastiche d'Australia fecero capolino fra le ombre per guardarli, e il flusso dei ricordi di Bastian passò attraverso lo specchio magico e si riversò nella mente di Alicia, restituendole la memoria; e tutto prese a girare vorticosamente intorno a loro finché, improvvisamente, non cadde il silenzio e la quiete calò su di loro.
Nello specchio magico, divenuto nuovamente un semplice bacile scavato nella roccia, non era rimasta una goccia d'acqua: le stille magiche, intrise di pensieri e ricordi, erano andate ad impregnare l'anima di Alicia.
La ragazza si riscosse e sbattè le palpebre, aprendo lentamente gli occhi.
Bastian, ancora seduto davanti a lei, la guardava trattenendo il fiato.
- Ba... Basteen?
Mentre si abbracciavano con quanta più forza era loro possibile, in piedi sul dorso di quella lucertola millennaria, Bastian pensò che, in vita sua, non era mai stato così felice.
 
Dopo circa una settimana da quella notte, ci trasferimmo a Brisbane, dove Alicia era attesa dalla squadra dei Wallgong Warriors al gran completo. Era piuttosto nervosa, quel mattino, ma io le dissi di non preoccuparsi visto che, in quel gioco da barbari, lei è davvero molto, molto brava, lo dice uno che non se ne intende affatto ma che sa il fatto suo.
Nei primi tempi della nostra convivenza, visto che lei si trovava spesso impegnata in partite ed allenamenti, io tentai di godermi l'ozio e la vita da spiaggia, ma senza successo, perché francamente detesto la sabbia che ti si infila dappertutto e, soprattutto, l'indecorosa abitudine dei babbani di andarsene in giro in mutande per il bagnasciuga.
Quindi, stufo di starmene con le mani in mano, decisi di mettermi al lavoro e di unire l'utile al dilettevole, dandomi da fare per rifornire questa landa dimenticata da Salazar con una birra scura al doppio malto degna di questo nome, secondo una ricetta 100% scozzese + una goccia di pozione segreta.
Modestia a parte, la Ausscottie va alla grande , ed ha scalato in fretta le classifiche delle birre artigianali più consumate nei locali magici e babbani di mezza Oceania.
Il Marchio Nero me lo feci rimouvere, o meglio, "modificare", da un mago tatuatore polinesiano amico di Wakiki Zahu. Dico "modificare" perché, ahimé, il simpatico artista ebbe la bella idea di trasformarlo in un bell'ibiscus col pistillo all'infuori. Davvero orribile ma, se me lo permettete, sempre meglio del teschio linguacciuto.
Qualche mese fa abbiamo deciso di trasferirci a Poé, in Nuova Caledonia, che si trova a un tiro di schioppo da Brisbane. Io mi ero illuso di trovarci qualcosa di scozzese, ma mi sono dovuto abituare all'idea che qui, la gente, usa il pareo invece del kilt. 
E va beh, va bene lo stesso.
Casa nostra è bella, con vista mare, un po'scrostata e ovviamente, visto chi ci abita, disordinata da fare spavento. Ma va bene lo stesso anche quello.
E va bene lo stesso anche il fatto che, tutte le domeniche, per "riposare" dopo la partita del sabato, quell'iperattiva di Alicia mi trascina in spiaggia a fare surfLei fa surf, beninteso; io, ovviamente, non ci penso nemmeno. Mi siedo buono buono sotto l'ombrellone, sulla mia sedia a sdraio, con un paio di incantesimi antisabbia distribuiti tutt'intorno.
E poco importa che, dopo essere uscita dall'acqua ed essersi rotolata ben bene nella rena, quell'adorabile pasticciona mi si butterà addosso, trasformandomi all'istante in una disgustosa ed indigesta cotoletta alla milanese.
La sabbia si può sempre levare piú tardi con una bella doccia, dico bene?
 
Note:
1) Il Ghan esiste davvero: è il treno che attraversa l'Australia da nord a sud congiungendo Darwin ad Adelaide. Più o meno a metà percorso si trova la cittadina di Alice Springs, nei pressi della quale risiede la famiglia Spinnet.
2) Forse non l'ho spiegato prima (e avrei dovuto farlo); i Wallgong Warriors sono una squadra di Quidditch australiana che compare in Il quidditch attraverso i secoli. La Rowling non specifica in quale città si trovi la loro sede, e così ho deciso di stabilirli a Brisbane, splendida città bagnata dalle calde acque del Pacifico.
3) La famiglia di Alicia qui è solo citata, ma nella vecchia storia che la vedeva protagonista ("Agli Antipodi") questi personaggi erano stati tratteggiati con maggior precisione (va specificato che Lisa è babbana e lavora come hostess sulle linee aeree australiane. Rupert si è innamorato di lei perché, nonostante sia babbana, la ragazza "sa volare"). Ad essi va aggiunta una sorta di "famiglia allargata" costituita dai vicini di casa: Nonna Hanya, una vecchia strega aborigena, con i tre nipoti Tommy, Jimmy e Wakiki Zahu, cresciuti insieme ai fratelli Spinnet. Tommy ha due anni più di Alicia ed è stato il suo primo "fidanzatino"; Jimmy e Wakiki sono gemelli e nati lo stesso anno della nostra Aussie. Wakiki è la migliore amica di Alicia in Australia. [Tommy, Jimmy e Wakiki Zahu, tra l'altro, sono personaggi del libro "La Compagnia dei Celestini" di Stefano Benni, membri della squadra di pallastrada oceanica chiamata Manakoko Wallabies].
4) Anche la Lizard Rock esiste davvero: è una grande roccia a forma di lucertola situata non lontano da Alice Springs, lungo il corso dei canyon chiamati Ellery Creek.
5) E questo è veramente tutto. La versione soft di questa Aussie/Basteen finisce qui, nonostante sappiamo che Alicia prenderà parte alla Battaglia di Hogwarts e che, sicuramente, Bastian vi si recherà con lei. Spero vivamente di avervi fatto compagnia durante l'estate e, soprattutto, di avervi allietati almeno la metà di quanto mi sono divertita io scrivendo questa storia. Ovviamente le avventure dei nostri due beniamini male assortiti continuano negli spezzoni de La Cura Universale e de Le Prodigiose Sorprese di un Armadio Svanitore, che costituiscono la diretta sequenza dell'Epilogo A di questa storia. Per chi non l'avesse letta, è stata anche pubblicata in separata sede una OS intitolata Alicia in (Mac)WonderNair che si inserisce all'altezza del capitolo 11 (Maggio) della qui presente long. 
Grazie infinite a tutti coloro che hanno letto, seguito e partecipato.
Alla prossima! Mu.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3774227