Stray dog.

di Eowyn _w_
(/viewuser.php?uid=613993)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo: (in)comprensioni. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: (im)prevedibile ***



Capitolo 1
*** prologo: (in)comprensioni. ***


                                                            Prologo: (in)comprensioni.






Espulso.
Per la quarta volta in cinque anni, Keith era stato espulso.
E come non bastasse tutto questo, per la prima volta in cinque anni quel che resta a della sua famiglia si fa   viva. 
Suo cugino, Takashi Shirogane, studente di ingegneria aerospaziale alla International Accelerator di Boston, si fa vivo. Lo  recupera dal collegio dove era rimasto confinato per un anno e caricato in macchina. Così. Come se fosse stato un randagio recuperato dal canile. 
Tutto  sorrisi e racconti per la prima ora, poi cade un silenzio imbarazzante. E Keith non ha intenzione di romperlo. Ma Shiro non è dello stesso avviso. 

«Ascoltami, Keith  comincia Shiro, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo dalla strada «so quanto è difficile. Credimi, lo so.»

Keith stringe i pugni, digrigna i denti. Sa che suo cugino non si sta riferendo all'espulsione, né al dolore  per le ferite causate dalla rissa di due giorni prima. Si riferisce a qualcosa di più forte, una ferita che fa male più di tutte le altre, qualcosa di cui Keith non vuole parlare, qualcosa per cui ha sofferto già abbastanza e si è dato la colpa abbastanza.
«Ed ero una testa calda proprio come te, se non peggio » continua il ragazzo alla guida, ridacchiando appena «però...»
«Takashi» esclama Keith  decidendo di interromperlo subito chiamandolo con il suo nome per intero, come facevano da piccoli quando giocavano insieme ai soldati, quando le cene di famiglia erano semplicemente troppo noiose per restare seduti e composti a tavola.« Prima che questa predica prenda una piega indesiderata... mi dispiace»
Shiro sgrana appena gli occhi ancora puntati sulla lunga autostrada tipicamente americana, sorpreso. Così genuinamente sorpreso che a Keith quasi dispiace di star per dire quello che sta per dire.« Mi dispiace che tu all'improvviso ti ritrovi a dover giocare a papà e figlio. Ma ti posso assicurare che puoi subito piantarla qui: so badare a me  stesso, l'ho fatto per quattro anni abbondanti. Non ho bisogno di sermoni su quanto sia importante la compostezza e l'educazione. Per quello mi è bastato il nonno quando eravamo piccoli.»
Shiro boccheggia appena, prima di sbuffare infastidito. E il discorso sembra terminare ancor prima di cominciare. Il ragazzino ghigna.
Keith uno, Shiro zero. O almeno così crede.
Passa una buona mezz'ora  passata in silenzio, prima che all'esageratamente larga autostrada si sostituiscano i palazzi della grande città universitaria. Boston.
Keith si trattiene dallo spalancare la bocca, incantato. Rispetto alla città dove aveva vissuto per undici anni, New Orleans, e rispetto alle squallide città di periferia dove vissuto per i successivi cinque, era totalmente diversa. Sentì una sensazione familiare e dimenticata diffondersi dal centro del petto. Quella città, seppur vista per la prima volt, lo fece sentire quasi a casa. E Keith capi finalmente il significato di colpo di fulmine.
E forse avrebbe dovuto aspettarselo, ma proprio quando era più vulnerabile, le mani e il viso contro il finestrino, Shiro parlò.
«Dispiace a me. »dice a voce alta, all'improvviso. E Keith non lo vede, ma capisce dal suo tono che è sincero.
«Mi dispiace, Keith, che tutta la nostra famiglia ti abbia abbandonato. Mi dispiace che i tuoi siano morti. Ma, credimi, se avessi potuto ti avrei preso con me da subito. E, credimi, c'è una ragione per cui non l'ho fatto » sospira. Keith si stacca dal finestrino, si lascia andare di nuovo contro il sedile e lo guarda. E per la prima volta dopo cinque anni, lo vede.
«So che non sarà facile. Non voglio giocare a padre e figlio, e non voglio neanche che tu faccia finta di essere il cuginetto perfetto. Ma voglio solo... voglio solo che tu riesca a parlare con me come facevi tempo fa. » distoglie lo sguardo dalla strada, puntando i suoi occhi grigi in quelli viola di Keith. «Voglio solo che tu mi conceda una tregua»
E Keith annuisce.
A Boston, nella macchina mezza distrutta di suo cugino, una mattina di inizio ottobre, Keith acconsente. E promette.
Tregua.
Questa parola  questo momento resteranno impressi nel tempo.















NDA 
tadaaaaan. Beh ecco, ragazzi, non è che ci sia molto da dire. Questa cosa è la prima cosa che scrivo in assoluto dopo anni, anni in cui ho seriamente pensato di non essere più capace di fare ciò che più mi piace al mondo, quindi sono sicura che sia orribile e piena di eroìrori che io però non riesco a notare, quindi siete liberi e pregati di farmeli notare.  Vi dico da subito che da brava persona che si vuole davvero poco bene ho ben deciso di sviluppare una trama ben complessa. Spero che mi seguiate in questa avventura! Sono allo stesso momento felicissima , perché ho finalmente superato questo blocco ;; 
Fatemi sapere che ne pensate! 
Eowyn.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: (im)prevedibile ***


Capitolo1: (im)prevedibile.
 

 
Shiro sorrideva, indicando a Keith il piccolo appartamento di mattoni rossi che si trova davanti a loro. «E questa, Keith» dice, senza smettere di sorridere « È casa».
Keith si sforzò di mantenere lo stesso entusiasmo del cugino, forzando un sorriso appena accennato. La verità era  che la casa gli piaceva, certo, però... sapeva  perfettamente della convivenza di Shiro  con un suo compagno di università. E che occasionalmente (quasi ogni giorno, in realtà) si trattenesse a mangiare e a chiacchierare con loro un'altra ragazza che viveva da sola tre o quattro palazzi più in là, un'amica, così gli aveva accennato Shiro.
«Vedrai» aveva detto, poco prima di parcheggiare, duecento metri più in là, con gli occhi che brillavano di una luce che Keith non gli aveva mai visto negli occhi, visibili anche nell'oscurità delle sette di sera a Boston.
«Allura ti piacerà davvero tanto. È molto buona, simpatica. Una ragazza meravigliosa, una di quelle che si incontra una volta sola nella vita. E sa cucinare da Dio!»
A Keith, ad essere sinceri sembrava che Allura effettivamente piacesse proprio a qualcun altro, ma evitò di commentare. Non sapeva molto della vita sentimentale di suo cugino. Sapeva che fosse bisessuale, ricordava Adam, e anche forse una o un paio di ragazze. Ma non avevano mai più di tanto approfondito la discussione, e dopotutto, Keith ricordò a sé stesso di mancare nella vita di Shiro da cinque anni. Troppi anni per dare un effettivo giudizio. Ad ogni modo, tornando alla casa,  per quanto desse l'impressione di stare per collassare,
a Keith piaceva. Sul serio. Ma non era esattamente un tipo sociale e sorridente o solare, e già gli risultava poco sopportabile la convivenza con una persona, figuriamoci con tre! Sospirò nel momento stesso in cui Shiro girò la chiave nella toppa e la porta si aprì, rivelando una minuscola cucina, pulita al di là di ogni sua aspettativa. Al centro della cucina c'era un tavolo. E al centro del tavolo, attirati dal rumore causato dalla loro entrata in scena, che lo fissavano incuriositi, persone. Due ragazze, una piccola, bruna e occhialuta e una ragazza mozzafiato e sorridente, dai capelli così biondi da sembrare argentei e la  pelle scura, e un ragazzo, che Keith riconobbe come Matt, il coinquilino e amico secolare di Shiro, che sorrideva a sua volta. Forse stava cercando di metterlo a suo agio, ma il silenzio tombale che regnava nella casa faceva tutt'altro. Deglutì a fatica. Shiro si schiarì la voce, prima di parlare:
«Ragazzi, questo è Keith. Keith, i ragazzi. Allura, Matt, e sua sorella Katie»
«Pidge.» la corresse quest'ultima, sistemando gli occhiali sul naso e osservando Keith che fece solo un cenno con la testa percependo la sensazione di essere quasi studiato, come se fosse qualche sorta di scoperta scientifica interessante.
Il silenzio cadde nuovamente, prima di essere interrotto definitivamente da Allura, che esclamò entusiasta qualsiasi di simile ad un: «Giusto in tempo per la cena! » che suonava molto simile ad un input di una pubblicità di qualche precotto di serie z, ma che fu accolto da versi di apprezzamento da tutti. E proprio mentre mangiava il polpettone di Allura e  mentre  realizzava che non provava qualcosa di così buono da almeno sette anni, Katie - Pidge, si corresse mentalmente- si decise a parlargli. « E così » gli sussurrò, mentre gli altri discutevano con Allura di chissà quale vicino dai comportamenti assurdi « da lunedì  saremo compagni di classe. Beh, benvenuto all'inferno».
Keith inarcò un sopracciglio, sollevando lo sguardo dal piatto per osservarla meglio, in caso gli stesse tirando un brutto scherzo. «Compagni di classe? »
Pidge sorrise, sentendo il tono sorpreso del corvino. «Cosa credevi » chiese, inarcando leggermente la forchetta verso destra, come per indicare Shiro, che sembrava incantato da qualsiasi cosa Allura stesse dicendo in quel momento « che mister Ingegnere aerospaziale ti avrebbe mandato direttamente alla ricerca di un lavoro, senza istruzione? »
«Beh, in tutta onestà sì. » borbottò Keith.
La risata soffocata della ragazza gli fece sospettare che forse, magari, non aveva valutato Shiro nella giusta maniera.
L'attenzione si spostò su   Matt che cominciò a narrare di  sprazzi di vita e aneddoti vissuti da lui e suo cugino, aneddoti di cui non ricordava neanche l'esistenza e molto probabilmente, quindi, accaduti durante la sua reclusione, e su  presentazioni adeguate, grazie alle quali non solo scoprì che Allura era appunto una loro vicina ma anche l'insegnante di musica della scuola dove Keith avrebbe studiato - e a questo punto della presentazione, il ragazzo lanciò un'occhiata minacciosa a Shiro - e insegnante privata di piano di Pidge, che-per fortuna - naturalmente non viveva lì, ma insieme a suo padre, nel quartiere a cinque  chilometri da lì. E quando la serata  finì, dopo che Allura e Pidge erano state accompagnate ognuna a casa propria, e dopo aver sistemato un materasso di emergenza accanto al letto di Shiro, dove quest'ultimo si rifiutò di accomodarsi cedendo il posto al cugino, Keith parlò. Non disse granché, in realtà. Disse solo:<< Scuola>>.
Shiro, che si era appena steso sull'improbabile materasso gonfiabile a terra, sbuffò.
« Non cominciare, Keith» disse, lanciandogli un cuscino che il ragazzo però prese al volo, sgranando gli occhi.
«Sei inaspettatamente un bambino »disse, imitando il tono del maggiore «non sei forse disposto e aperto al dialogo? »
Shiro sbuffò di nuovo, passandosi una mano sul viso.
« Pensavi davvero che ti avrei mandato direttamente alla ricerca di un lavoro, senza istruzione? »chiese. Questa volta Keith spalancò la bocca, e poi balbettò, spalancando le braccia.
« Cosa vedete di sbagliato in tutto questo, in questa casa? » chiese a sua volta, sbalordito.
Shiro si alzò a sedere, sospirando, questa volta.
«Ci vediamo, anzi, ci vedo di sbagliato che è quello che con piacere avrebbe fatto la nostra famiglia, e che in parte ha fatto. Ma Keith, io non voglio minimamente essere la nostra famiglia. Io non voglio abbandonarti o trascurarti, non ne ho la minima intenzione. »
Gli occhi di Shiro incontrarono ancora una volta quelli di Keith, e ancora una volta il più giovane vi lesse sincerità. E rimorso. E dispiacere. E c'era qualcos'altro, lo sapeva, quelle parole celavano all'interno un segreto rimasto tale per dieci anni. Ma ora, era troppo stanco e stupito e quasi... commosso? Per indagare. E quindi, quando Shiro gli chiese gentilmente di chiedere la luce così che potessero entrambi andare a dormire, per la prima volta in cinque anni, Keith obbedì.
 
 
 
Nda.
 
 
Beh, capitolo di passaggio! La storia vera e propria inizia nel prossimo capitolo, ovviamente. E non so che pensare di questo, a dire il vero. In realtà quasi non riesce a piacermi... fatemi sapere la vostra! Critiche e consigli e pareri sono ben accetti!
Eowyn.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3801962