Storie d'autunno

di Ily Briarroot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Invito - Shinichi/Shiho ***
Capitolo 2: *** Nuvole - Conan/Ai ***
Capitolo 3: *** Insonnia - Gin ***
Capitolo 4: *** Segreti - Shinichi/Ran ***
Capitolo 5: *** Futuro - Shuichi/Akemi ***
Capitolo 6: *** Colazione - Agasa/Ai ***
Capitolo 7: *** Vento - Heiji/Kazuha ***
Capitolo 8: *** Statua - Conan/Ai ***
Capitolo 9: *** Lettere - Conan/Ai ***
Capitolo 10: *** Diversità - Ai/Ran ***
Capitolo 11: *** Caffetteria - Shiho/Rei ***
Capitolo 12: *** Viaggio - Shinichi/Shiho ***
Capitolo 13: *** Quadro - Conan/Ai ***
Capitolo 14: *** Cucciolo - Heiji/Kazuha ***
Capitolo 15: *** Labbra - Gin/Sherry ***
Capitolo 16: *** Shopping - Shiho/Akemi ***
Capitolo 17: *** Promessa - Subaru/Ai ***
Capitolo 18: *** Ago e filo - Ai/Ayumi ***
Capitolo 19: *** Rubare - Kaito/Aoko ***
Capitolo 20: *** Selfie - Ran/Sonoko ***
Capitolo 21: *** Chiave - Shiho/Gin/Shinichi ***
Capitolo 22: *** Ombre - Shiho/Gin/Shinichi ***
Capitolo 23: *** Dormire - Shinichi/Ran/Shiho ***



Capitolo 1
*** Invito - Shinichi/Shiho ***


Invito 
#prompt1

 
A Mari Lace, 
che mi dà sempre una spinta in più per creare
con la nostra coppia di sempre!

 




Aveva fatto avanti e indietro più volte, prima di decidere di fermarsi e respirare regolarmente nel vano tentativo di calmarsi. 
Si era agitato a quel modo poche volte nella sua vita e non riusciva a realizzare il motivo per il quale il suo corpo gli stesse facendo percepire quei sintomi, così, tutti insieme.  

Il cuore che palpitava frenetico sembrava volesse sbucargli dal petto, mentre la tensione dei tendini e dei muscoli iniziava a fare male. Il fastidioso peso in gola non scompariva, né riusciva a deglutirlo, allo stesso modo dell'ossigeno che si rifiutava di arrivare ai polmoni.

Shinichi Kudo non si trovava mai in situazioni di difficoltà; la sua mente acuta e perspicace lo aveva sempre salvato da situazioni ben peggiori.

Tuttavia, nei dintorni non vi erano assassini pronti a ucciderlo, né situazioni che potessero metterlo in serio pericolo. 
Tirò fuori dalla tasca della giacca blu una piccola busta rettangolare, rigirandosela tra le dita. 

Il detective non si era accorto che ciò che stesse provando era semplicemente un'emozione. Pura, bella, entusiasmante. 
Si era sentito tranquillo nel momento in cui aveva ricevuto la notizia; contento, certo, ma tranquillo. 
Adesso, invece, era cambiato tutto. Si sentiva quasi ridicolo mentre tossiva nervoso, preda di una situazione carica di un'adrenalina particolare. 

«Ti sei fatto attendere, detective»

Una voce familiare lo fece sobbalzare sul posto, il cuore perse un battito. In quel preciso istante, gli venne da ridere di se stesso. 
Quando si voltò, la giovane donna dagli occhi limpidi lo osservava affettuosamente. 

Il sorriso determinato di Shiho lo fece sentire a casa dopo tanto tempo. Lui non se ne accorse, ma ne fu contagiato. 
Ricambiò il suo sguardo e le si avvicinò, mentre le gambe si muovevano da sole, quasi come fossero fatte di legno. 
«Beh, non mi sarei perso questo momento per nulla al mondo»

Più la raggiungeva, più riusciva a distinguere ciò che la ragazza stringeva tra le braccia. Ed eccolo lì, il motivo di quell'agitazione, di quella sensazione che non gli permetteva di respirare da un po'. 

Il bambino più bello che avesse mai visto dormiva beatamente tra le pieghe della stoffa azzurra della copertina, le dita minuscole strette a pugno. 
Shinichi non se ne accorse, ma i suoi occhi brillavano di una luce forte, un'emozione che non aveva mai provato. 

«Ehi, finalmente ci conosciamo» mormorò, sfiorandogli appena la pelle delicata del viso. Ogni sorta di disagio o imbarazzo sparirono all'improvviso, lasciando il posto a un altro tipo di sensazione. 
Shiho allargò il sorriso, notando la sua espressione concentrata unicamente sul bambino. Lo guardò negli occhi blu, finché lui non se ne accorse e sollevò il volto verso l'amica. 

«Sono contenta che tu abbia ricevuto il mio invito. Il dottor Agasa mi aveva detto che eri fuori da mesi per un'indagine e non era sicuro di riuscire a rintracciarti»
Shinichi ricambiò la sua espressione, scuotendo la testa. 
«Il professore ha avvisato Ran e lei... beh, mi ha dato la busta con l'intenzione di minacciarmi, nel caso in cui non fossi venuto almeno a salutarti»

«Dovrei sentirmi lusingata?» gli rispose ironica, ritrovando il clima di tanto tempo prima attraverso quella provocazione. 
L'amico ridacchiò, senza allontanarsi un secondo dal piccolo che, nel frattempo, gli aveva afferrato il dito. 
«Sarei venuto ugualmente» rispose, ritrovando la sincerità di quelle parole. «Volevo conoscerlo. I miei calcoli erano esatti, hai visto? Ti avevo detto sarebbe nato in autunno»

Shiho gli lanciò un'occhiata eloquente, dopodiché rise con lui, lasciandosi trasportare dalla felicità del momento. Felicità che non avrebbe mai creduto di poter raggiungere. 

Shinichi si interruppe per primo, osservandola mentre lei non se ne accorgeva. 
«Ehi» riprese, finché non catturò nuovamente la sua attenzione. «Perché hai voluto che venissi oggi? Mi era sembrato di capire che la festa per lui fosse domani. Almeno, hai scritto così ad Agasa e Ran...»

La ramata abbassò un secondo lo sguardo, presa leggermente alla sprovvista. Attese qualche attimo prima di rispondergli. 
«Volevo che lo vedessi tu prima degli altri. D'altronde, sei stato il primo a scoprire la sua esistenza, qualche mese fa. E ci sei riuscito solo perché sei un detective ficcanaso, non farti strane idee» aggiunse poi Shiho, maliziosa. 

Shinichi fece spallucce, grattandosi la guancia con la mano libera.
«Credo l'avrebbe capito chiunque al mio posto, no?»
«No, decisamente» gli rispose lei, tornando a sorridere. Incrociò di nuovo i suoi occhi, notando la solita espressione innocente. Quella non era cambiata. «Comunque, sei stato tu a salvarmi la vita. Non potrò mai ringraziarti come si deve»

Il ragazzo rimase di stucco, gli occhi sgranati, il cuore che non cessava un solo secondo quel movimento frenetico. Anzi, riprese ancora più forte. 

Non le rispose, ogni parola sarebbe stata inutile. Le mostrò il sorriso più bello del mondo, ricco di quella sicurezza che le aveva sempre trasmesso, di quella protezione unica che sapeva infonderle. Colmo dell'emozione di poterla vedere sotto quella nuova luce e, soprattutto, consapevole di quel legame che non si sarebbe spezzato mai. 

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Capitolo 2
*** Nuvole - Conan/Ai ***


Nuvole
#prompt2

 
[Sono solo nuvole tra noi
E si dileguano
Di schiena andando via di scena
Senza dire una parola
Come quando il tempo passa
E non aspetta più per noi]
Laura Pausini

 

Il tramonto dona uno spettacolo meraviglioso, un gioco intenso di luci e ombre che fa da contorno alle foglie dello stesso colore e che, in questo momento, ricoprono i rami degli alberi e il terreno fresco. 

Ai si trova a molti metri di distanza da Conan, anche se lui non lo sa. Voltato di spalle, sembra riflettere su qualcosa. 
Le nuvole, quelle più lontane, sembrano scurirsi. Sono sparse nel cielo apparentemente limpido, arancio e rosso, ma sembra si stiano avvicinando lentamente. 

Ed è allora che tante, troppe immagini scorrono come flash nella mente di entrambi, immobili e circondati da un silenzio assordante. 



 
«Ehi, cos'hai intenzione di fare adesso?»
«Non ho scelta, devo andarmene. I dati sul farmaco che ho raccolto sono bruciati nell'incendio»
Conan la guarda e sa che sta mentendo. Ne è ancora più certo dal momento in cui ha visto quel floppy sulla sua scrivania, alla rinfusa - strano, per una come lei -, sporco di sangue e bruciature. 


 

«Ehi, Shinichi. Hai visto passare quell'auto? Potreb-»
Lui le posa una mano sulla bocca, facendole cenno di fare silenzio.
«No, non sono loro. Fidati di me»
Ai non è convinta di quelle parole, ma respira a fondo nel tentativo di calmarsi. 



«Tu conosci il loro capo, non è vero? Dimmi chi è!».
«E se anche fosse? Non comporre quel numero, sarebbe come aprire il Vaso di Pandora»
Conan la ascolta, nonostante noti il peso enorme che lei cerca di nascondere attraverso gli occhi.


 
 

«Era Jodie al telefono, non è vero? Si tratta di una cosa seria?».
«No, stai tranquilla! Va tutto bene, non è il caso di preoccuparsi»
Ai annuisce, fingendo il massimo dell'indifferenza. 
Tuttavia, nonostante le sue parole, non smette di guardarsi intorno.

 


«Vuoi dire che tu avevi intenzione di creare un farmaco basato sulle ricerche dei tuoi genitori?! Dimmi cos'è»
«Non posso».
Conan si irrigidisce, nervoso. Sa che dovrebbe insistere, ma lei non gli direbbe nulla comunque.


 

«Si può sapere cosa ci fai dentro questo armadietto?»
«Io? Ehm... avevo freddo e mi sono addormentato»
Ai sgrana gli occhi, stupita. Si sente offesa da quella scusa patetica, ma lui sta bene. Conta solo questo.

 


«Ehi, senti, ma tu quando facevi parte dell'Organizzazione-»
«-Allora? Hanno scoperto che ho l'aspetto di una bambina?».
Conan rimane in silenzio, cogliendo al volo la volontaria interruzione alla sua domanda. Decide di rispettare il suo non volerne parlare e non glielo ha chiesto mai più.


 

«Quando mi farai incontrare quell'agente dell'FBI, Shuichi Akai?»
«Ah... ehm... un giorno... »
Ai sospetta ci sia sotto dell'altro, ma ormai il detective la sta tenendo in considerazione come mai è accaduto prima. Va bene così.


 
 

«Sei un irresponsabile. Stai facendo vivere a scrocco in casa tua un perfetto sconosciuto»
«Dai, puoi stare tranquilla! Non ci sono persone cattive tra i fan di Sherlock Holmes»

Ai comprende il castello di sabbia che le sta tenendo nascosto. Lui l'ha letta, la sua paura. La sensazione, il panico. La richiesta d'aiuto. Semplicemente, la sta ignorando.

 
 
Ai afferra un lembo della stoffa attorcigliato attorno al collo di Subaru Okiya, quando quest'ultimo le stringe il polso nel tentativo di fermarla. 
«Cosa succede qui? Perché la portiera è aperta?».
«No, niente»
Conan ha notato la scena: le dita dell'uomo strette attorno al polso della bambina, lei che fa finta di nulla. La imita, stiracchiandosi sul sedile posteriore. 

 
 

«Non fare quella faccia, la proteggerò a costo della vita».
La voce di Dai Moroboshi accostata alla figura di Subaru. Ai è ormai quasi convinta che sia lui, ma non lo dice a nessuno. Neanche a Conan, ormai diventato una spalla insicura sulla quale fare completo affidamento.



I due si guardano negli occhi qualche istante. Lui, quasi stupito di trovarla lì, alle sue spalle, legge il mistero in quegli occhi verde mare, i non detti che ha cercato di soffocare per evitare di pensarci.
Lei, che gli restituisce lo sguardo malinconicamente. La consapevolezza dei segreti che lui non le ha rivelato, per non farla soffrire o per non metterla in pericolo. La realtà di una lotta che avrebbero dovuto affrontare insieme, in due, ma attraverso la consapevolezza che Shinichi l'avrebbe accantonata in un angolo perché sarebbe stato meglio così. 
Il cielo si imbrunisce, le nuvole scure sono sopra di loro, tra di loro.Di colpo, si percepisce il ticchettio lieve delle gocce di pioggia sulle foglie secche.
Nonostante l'affetto, nonostante la vita che entrambi donerebbero per l'altro, quelle nubi costituiscono un peso. Si osservano negli occhi senza fiatare, immobili, mentre desiderano ardentemente che una raffica di vento porti via ciò che li divide. In questo momento più che mai. 
 

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Capitolo 3
*** Insonnia - Gin ***


 
Insonnia 
#prompt3


 
Lanci sul pavimento la sigaretta consumata con un gesto secco, pestandola. Hai perso il conto dell'ora, non che importi davvero. L'attesa ti innervosisce, non sai aspettare. Non vuoi farlo. 

 
Tu appartieni a me


Il pensiero di trovarti ancora lì, in quel luogo putrido dalle pareti bianco sporco, ti irrita. Dopo due anni, la tua mente non può interrompere quell'aspettativa, quella ricerca che è diventata un chiodo fisso. E tu non dipendi da nessuno, mai

La porta si spalanca con un gesto secco, ma non ti volti. Riconosci la persona che ti sta alle spalle dal suo modo di ansimare e tossire, non c'è bisogno d'altro.

«Allora?»

La voce che esce dalla tua bocca è profonda e sgradevole, il tono duro di chi non ammette repliche. Vodka si fa avanti di un paio di passi, cercando di regolarizzare il respiro. 

«Aniki, non abbiamo nulla che possa portarci a lei. Abbiamo visionato i casi risolti dal detective Mori e in nessuno di questi è stata presente una donna».

Gli lanci un'occhiata sprezzante e lo vedi sussultare appena. 

«Io sbaglio difficilmente, Vodka» rispondi monotono, frugando con le dita decise nel pacchetto delle sigarette. «Un uomo la sta aiutando a fuggire e sono quasi sicuro che sia quel detective da strapazzo»
«Ma... Aniki, non è mai comparsa personalmente sul luogo di un'indagine».
«Quelle cimici erano le stesse che ha piazzato lei. Continuate in quella direzione, non può essere sparita nel nulla» ordini, l'apparente indifferenza scolpita attraverso la compostezza del tuo corpo e le tue parole. 

Vodka ti scruta insicuro, l'espressione contraria dipinta sul viso. Basta un tuo sguardo per farlo scattare, così annuisce e torna indietro, chiudendosi la porta alle spalle. Porti la sigaretta intera tra le labbra, accendendola velocemente. Inspiri a pieni polmoni quel sapore, godendoti il momento in modo possessivo, quasi con foga. 

No, non puoi dipendere da nessuno. Ma non riesci più a dormire da settimane, non che tu abbia mai fatto un sonno decente. Tuttavia, da quando il dubbio che Sherry possa trovarsi in città si è instaurato nella tua testa, hai tempo solo per muoverti. Cercarla, trovarla. Farle capire cosa ti sta facendo passare da due anni, da quando è andata via. 


 
Quale momento migliore per darti la caccia, se non il mese dei mostri, della morte? Una volta eri ciò che sono io, Sherry. E forse lo sei ancora, non sarà quel detective a cambiare questo. 


L'idea di quell'uomo che le sta accanto e che la protegge, allontanandola da te, è un pugnale che trafigge l'anima e che incute un enorme, piacevole senso di vendetta. Il brivido esaltante che ti sfiora la schiena quando immagini di trovartelo davanti, è carica pura. 

L'avresti uccisa. Hai avuto l'occasione in mano, Sherry era davanti a te, inerme, ferita. A terra. E tu hai assaporato il momento, la sentivi finalmente di nuovo tua. Tua, e di nessun altro. 
Tuttavia non hai premuto quel maledetto grilletto, non l'ultimo colpo di grazia. Non hai sparato, non hai ucciso con un solo gesto come sei abituato a fare. 
Alla testa, dicevi, in modo da essere sicuro. Non ferire, uccidi. Uccidi e basta. 

Con lei è stato tutto diverso. Hai goduto quel momento a pieni polmoni, così come l'estasi racchiusa in quella sigaretta. Se non puoi averla tu, non deve farlo nessun altro. 

Hai creduto di possedere anche la sua totale lealtà, oltre al resto. Eri convinto che non ti avrebbe mai voltato le spalle, che non se ne sarebbe andata. E invece ti ha tradito, fuggendo lontano. 
Il desiderio di quella donna è lo stesso forte impulso, non è mai scomparso. Ti sei anche rassegnato a un certo punto, ma convivere con quelle immagini, quel profumo che puoi sentire solo nella mente, la pura percezione che hai di toccare i suoi capelli, è ossessionante. 

Lei non c'è ed è diventata il tuo punto fisso. L'unica assenza che sia mai pesata nella tua vita.
Tu, che non devi dipendere da altri, se non da te stesso.
Tu che non vivi più e l'insonnia ti devasta, perché non puoi più toccarla e baciarla quando desideri, né trovarla nel tuo stesso letto al mattino.  

L'unico modo è quello di cancellarla definitivamente dal mondo, lo sai. L'unico rimedio per evitare che questa ossessione, gelosia, bramosia, possano intaccarti di nuovo. 

Guardi il cielo scuro fuori dalla finestra, che emana una profondità tale da appagarti. Getti la sigaretta a terra, stavolta quasi intera, e la calpesti con rabbia. 

«Ti troverò, Sherry. Dovesse trascorrere una vita intera, ti troverò. Aspettami»

Il ghigno che si forma sul tuo volto, è freddo e vuoto. È l'insofferenza che si concretizza. È il desiderio, più forte che mai.
La ritroverai a ogni costo. 
 

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Capitolo 4
*** Segreti - Shinichi/Ran ***


Segreti
       #prompt4


 
[Non sono come lei che non protesta mai
ama come sei, non contraddice
Io non sono come lei, ti aspetta quando vai
Ti giustifica infelice]



 
Gli avevi afferrato il lembo della giacca, con l'intenzione di non lasciarlo andare via, non di nuovo.
Eri sicura, eri dannatamente sicura, stavolta.

Ma ecco il suo sguardo deciso, ancora quegli occhi blu che ti infondono la stessa sicurezza. Il suo calore. 
Il suo sguardo, il suo sorriso, ti hanno convinta a lasciare la presa.

Più tardi ti dirò tutto. 

Stupida, stupida, stupida. 

E ti ritrovi sola, come ogni volta, costretta dalla medesima sensazione di impotenza, miserabile, mentre piangi lacrime che tanto lui non vedrà mai.
Lacrime che ti distruggono, prova di un dolore tangibile. Lacrime che sanno della sua assenza. 

Poi, all'improvviso, il cellulare squilla. Lo porti all'orecchio senza nemmeno guardare lo schermo, ormai non importa più. Le tracce umide ti appannano la visuale, sarebbe anche inutile farlo. 

«Ran, ascolta... »

Il tono insicuro di chi non sa come iniziare un discorso. Una fitta di delusione ti mozza il respiro. 

«Mi hanno chiamato per un caso e...»
«No, Shinichi. Basta. Voglio sapere il motivo di tutti questi segreti, sono stanca di aspettare»

Il tuo tono monotono lo fa stare sulle spine, lo percepisci. Rimani in attesa, il cuore palpitante in gola, chiedendoti il motivo di quel comportamento che dura da anni. 
Shinichi rimane senza fiatare per parecchi istanti, mentre respira profondamente. 

«Adesso non posso dirti nulla, Ran. Ma lo farò presto»

Un sorriso amaro ti si dipinge sul volto, mentre la rabbia che hai dentro si muove, si agita, facendoti male. 

«Hai detto che saresti rimasto per la festa autunnale che ha organizzato Sonoko e invece te ne sei andato ancora prima che iniziasse»

Lo senti distante, più di ogni altro momento nella tua vita. C'è qualcosa che non vuole dirti, qualcosa che sta coprendo a ogni costo. E, adesso, ti senti presa in giro. 

«Ran, io... fidati di me»
«No»

Piangi, piangi di nuovo, sfogando tutto ciò che trattieni da troppo tempo. Ed è in quel momento che decidi, una volta per tutte. 

«Non ti voglio più sentire, Shinichi! Basta, ti prego... »

Chiudi la comunicazione bruscamente, lanciando il cellulare sul divano. 

Basta... 

Qualcosa si sgretola in fondo al tuo cuore, ma ora lo sai. Non sei più disposta ad accettare altre scuse, altre bugie. Altre prese in giro.
Non sei più disposta ad accettarlo senza replicare, senza poter dire niente.

Non vuoi più soffrire. 
È questo il momento in cui prendi la giacca ed esci di casa, per iniziare a vivere una vita che si è annullata dal giorno in cui lui è sparito. 
Lo sai e hai deciso.
Hai deciso di pensare a te stessa. 


[Leggiti le avvertenze, non sono più lei
Ho altre esigenze in cui non ci sei]
Laura Pausini 
 
 

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Capitolo 5
*** Futuro - Shuichi/Akemi ***


Futuro
       #prompt5




Sono bastati pochi passi, prima di percepire il fastidio di quell'ambiente. Un fastidio fisico, nato probabilmente dalla consapevolezza di ciò che potresti vedere una volta varcata la soglia di quella casa. 
Non è la prima volta che la vedi in lacrime e che senti i suoi singhiozzi, persino quelli che si sforza di trattenere. 

Lei è forte, solare. È energia pura, allegria. L'universo concentrato in una sola persona, la dolcezza negli occhi. Akemi non piange mai davanti ad altre persone, neanche davanti a te.  
Si mostra forte, indossa la sua maschera più bella anche quando dentro si sente andare in pezzi. La vena di malinconia negli occhi verde mare che riescono a splendere nell'oscurità, nonostante tutto. 
Un barlume che si accende di bellezza e di speranza, una responsabilità enorme che le schiaccia i polmoni ma che riesce a rendere invisibile agli sguardi esterni. 

Ma trovarla così, il viso rigato di quelle lacrime che non le appartengono, che stonano con tutto ciò che Akemi rappresenta, è una lama dritta nel cuore. Hai sempre sospettato lo facesse e sempre di nascosto. Lo hai sempre capito - o temuto - dai suoi ritardi, dagli occhi gonfi a causa della puntuale allergia di inizio stagione. Poi ti vedeva e notavi il mutare della sua espressione, l'immancabile sorriso spuntarle sulle labbra. 

Quel pomeriggio di autunno inoltrato hai deciso di raggiungerla per portarla fuori. Già, una settimana fa ha espresso il desiderio di passeggiare con te, mano nella mano, sotto quel tramonto meraviglioso. Eppure, vederla lì, inerme, preda di una disperazione che non fa parte di lei, di un'angoscia palpabile, ti fa più male di qualsiasi altra cosa.

La situazione ti ha solo confermato un dubbio che ti si è consolidato nella testa già da un po': ti sei innamorato. Akemi è diventata il centro del tuo mondo, dei tuoi pensieri. Avresti dovuto essere più attento, più previdente, perché il senso di colpa è un peso che ti logora l'anima. La stai usando per un piano più alto, ti sei sempre detto, ma è una giustificazione che non sta più in piedi. Non riesci più a fare a meno di lei.

«Akemi» mormori appena, fermo sulla soglia della cucina. Lei si accorge di te solo in quel momento; si alza in fretta dalla sedia accanto al tavolo, asciugandosi velocemente le lacrime. 
«Stai piangendo?». 

La giovane donna ti si avvicina, mostrandoti uno dei suoi migliori sorrisi.
Era sincero. 
Triste, ma dannatamente sincero.
«No, non preoccuparti! Pensavo a Shiho, come al solito. Scusami». 

Le restituisci lo sguardo, cercando di donarle un po' di conforto, e le porgi la mano. Akemi la fissa stupita, dopodiché comprende e la afferra con decisione, riacquistando la sua luce negli occhi. 
Dopo una ventina di minuti state passeggiando nel parco, sotto la quiete del cielo meraviglioso sopra di voi. Il vento fresco vi fa rabbrividire e percepisci il rumore delle foglie secche sul terreno che si rompono a ogni passo. 

«Dai, volevo chiederti una cosa». 
Mano nella mano, inizialmente non ti concentri nel capire cosa ti voglia effettivamente dire, troppo preso dal panorama che avete davanti. È tutto molto bello mentre camminate. 

«Dimmi». 

Akemi abbassa lo sguardo, l'espressione malinconica. Inizia a osservare le foglie colorate sul terreno, prima di continuare.
«Tu come lo vedi il nostro futuro? Cioè... » spiega, mentre le sue guance arrossiscono appena. «Vedi un futuro per noi due?». 

La guardi di scatto, preso alla sprovvista da quel tono, da quella domanda importante. I vostri sguardi s'incrociano e leggi quella tensione nei suoi occhi. C'è sicuramente sotto qualcosa, qualcosa che non sai. La vedi impaurita e insicura, la maschera è sull'orlo di un precipizio. Percepisci Akemi in mille pezzi, proprio come le foglie secche che scricchiolano man mano che avanzate. 

«Il futuro che vorrei è con te». 

Le rispondi di getto, ma convinto. Una pugnalata in petto avrebbe fatto meno male di tutto quel mare di bugie che sei costretto a raccontarle. L'amore per lei è l'unica cosa sincera che sai di non poter cambiare - e che non vuoi cambiare - in quel marasma di frottole delle quali faresti a meno volentieri. 
La vedi fermarsi immobile davanti a te, finché non ti guarda visibilmente sollevata.
Ti rivolge il sorriso più dolce del mondo mentre accorci la distanza tra le vostre labbra, coinvolgendola nella verità delle tue parole. 

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Capitolo 6
*** Colazione - Agasa/Ai ***


Colazione
#prompt6


 

«Dottor Agasa, non mangi quella roba»

Hiroshi si bloccò, le mani ancora strette attorno al piatto di biscotti che aveva preparato la sera prima per la colazione. Non aveva fatto neanche in tempo ad avvicinarlo a sé, perché Ai lo stava osservando con la coda dell'occhio da un po'.

«Oh... »

Il primo mollò la presa, rabbuiandosi appena. Non era mai stato in grado di rinunciare ai dolci, né a tutto il resto, ed essere sempre sotto la supervisione di lei non era facile.

«Guardi, mangi questi» gli disse poi, poggiando sul tavolo una ciotola di quelli che sembravano pancakes. «Li ho fatti io prima, ne prenda uno. Contengono poco zucchero, così non le verrà il diabete... e sa, mi sembra sulla strada giusta»

Agasa rimase stupito, ma non riuscì a percepire una gradevole sensazione che gli scaldava il cuore. Non aveva mai avuto nessuno che si preoccupasse così tanto di lui; gli venivano in mente i ricordi tristi di una vita solitaria, dove il suo unico obiettivo era creare invenzioni che non portavano a nulla. Poi, di colpo, il tempo lo aveva ripagato con un qualcosa di meraviglioso, di unico. 

Una figlia. 

Una bambina - anzi, una giovane donna - che gli aveva riempito la vita di un sentimento forte, totale, che non sarebbe mai riuscito a spiegare. 
Un affetto profondo iniziato dal giorno in cui l'aveva vista per strada, priva di sensi e sotto la pioggia, quando non aveva pensato un attimo di più prima di prenderla in braccio e portarla a casa.

Al riparo da qualunque tempesta. 

Le aveva offerto un luogo accogliente dove potesse sentirsi a casa, una famiglia, un padre. Sapeva che, da quel momento, esisteva una motivazione in più per alzarsi la mattina, per impegnare la giornata nel migliore dei modi. 
Per proteggere quella creatura che aveva fatto in modo di aprire il suo cuore, come neanche lui avrebbe mai creduto di poter fare. 


«Oh, devo dire che hanno proprio una bella faccia, Ai»
La ramata gli sorrise quando lui la chiamò con quel nome. Un nome alla quale si era abituata e affezionata più che a ogni altra cosa. Un nome che racchiudeva amore, solo amore, quell'affetto che il professore le dimostrava ogni volta. Non si sarebbe mai potuta stancare di sentirglielo ripetere, né aveva il bisogno di correggerlo. 
Un gesto che, dopo anni, riusciva ancora a scaldarle il cuore. 


«Ieri sera si è tenuto leggero, quindi può prenderne due. Per pranzo ho preparato un po' di zucca, vista la stagione. So che le piace ed è salutare».
«Hai ragione! Non sbagli».
Però, nonostante i sacrifici e il controllo al quale Ai lo sottoponeva, Agasa era convinto di una cosa: era bello farsi coccolare a quel modo. 

Era il suo modo per ringraziarlo, poiché si sarebbe sempre occupata di lui. 
E lui di lei. 

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Capitolo 7
*** Vento - Heiji/Kazuha ***


Vento
     #prompt7


 


«Kazuha, resisti!»

Incredibile come le cose possano cambiare nel giro di qualche istante e tutto per colpa tua. Tu, che sei sempre accorto e discreto durante ogni indagine che ti trovi a svolgere, per la prima volta sei finito in pericolo. 

Ancora peggio, hai messo in pericolo lei.

Nonostante l'adrenalina, la tensione del momento che vi vede aggrappati all'orlo del burrone, non puoi fare a meno di pensare che probabilmente era quella la sensazione di pericolo imminente che hai percepito già quella mattina, quando le hai fatto capire di non volerla intorno. Non stavolta.

Oggi cerca di non starmi tra i piedi.

Certo, le avevi risposto male per mascherare l'agitazione che avevi da un po', per non farti vedere preoccupato. Tuttavia, quando le cose stavano andando nel verso sbagliato, quando hai avuto il minimo sospetto che Kazuha potesse essere l'ennesima vittima di quel caso particolare, i tuoi pensieri sono cambiati. 

Ehi, stammi sempre vicino.

Non l'hai persa di vista un solo istante, mentre ti sei allontanato con lei alla ricerca di una qualunque prova. E poi ti sei sbilanciato, così, in pochi secondi, aggrappato a un ramo secco che non resisterà a lungo, mentre stringi la mano della tua amica d'infanzia con tutto se stesso. 

La corrente del fiume sotto di voi è così forte da non lasciare scampo; la sensazione di essere sospesi nel vuoto è orrenda. 

È stata lei a salvarmi la vita e ora rischia la sua.

Non riesci a fare a meno di pensare che, se non ti avesse afferrato riportandoti sul ciglio del burrone, adesso non sarebbe in quella situazione. 
Devi salvarla, solo questo. Non puoi permettere che le accada qualcosa, mai


«Heiji, ascolta... lasciami andare! Così cadrai anche tu!»
Un impeto di rabbia ti afferra, una stretta ai polmoni che ti fa vacillare appena. 

«Scema, non dire cavolate! Non ti lascerò andare, mi hai capito?!»

Un'improvvisa raffica di vento vi spinge appena verso la roccia, facendoti rabbrividire. Senti la pelle sudata della mano di lei scivolare appena dalla tua presa salda, mentre le tue dita cercano di non perderne il contatto. 
Kazuha abbassa appena la testa, socchiudendo le palpebre a causa dell'aria fredda che le fa lacrimare gli occhi. La percepisce sul collo, tra i capelli. 

Dopo pochi istanti, la folata torna più potente, quasi come volesse strapparti Kazuha dalle mani. No, non glielo permetti. 
Riesci a evitare che le tue dita allentino la presa anche un solo istante, cerchi di rimanere immobile e di trattenere anche Kazuha, lo sforzo immane per evitare che si possa ferire contro la scogliera o che possa lasciarti andare. 

Quel vento maledetto che vi sta separando, ora più che mai, quando tu hai appena smesso di trattarla male. Quando non sei ancora riuscito a spiegarti, a dirle nulla di ciò che provi. 
Perché le vuoi bene. Le vuoi bene davvero, come nessun altro al mondo. 

Riesci a stabilizzare la tua posizione nel vuoto quando controlli il ramo che stringi con tutte le tue forze. Poi basta un attimo; la osservi, sotto di te, per accertarti delle sue condizioni, finché non la vedi afferrare la freccia che ha vinto alla festa di quella strana isola poche ore fa. Una brutta sensazione ti si blocca in gola.


«Che stai facendo? Non vorrai-»
«Perdonami, Heiji. Buona fortuna... ».

Sgrani gli occhi, ma non fai in tempo a rispondere, perché arriva il dolore acuto della punta dell'arma infilata nel dorso della tua mano. L'intero braccio ora trema, lo senti insensibile, e le lacrime di Kazuha sono l'unica cosa che importa, complice il rimorso per averti inflitto quella ferita profonda. Nei suoi occhi grandi leggi paura, dispiacere. L'affetto, quello puro, autentico. 

Ripensi a ciò che lei ti ha detto poco fa, prima di separarvi dagli altri.

Puoi considerarmi il tuo portafortuna! Finché sono con te e ho questa freccia non ti accadrà niente.

Ancora non sapevi che si sarebbe avverato tutto nel giro di poco, quando hai riso di quella leggenda inventata per suggestionare qualche turista. 
Il tuo sangue ora scorre sulla sua pelle, come un filo rosso indivisibile che vi legherà sempre. Ma non lasci la presa. Senti il dolore palpabile, vorresti urlare, ma non demordi.

«Scema! Ti ho detto che non ti lascio!»

Mantieni la tua promessa nel momento stesso in cui la guardi negli occhi e riesce a trasmetterti l'energia necessaria per portarvi in salvo. Ti aggrappi sulla roccia e trascini anche lei, finché non la vedi perdere i sensi per lo spavento e la fatica. 
Sorridi osservando quel viso angelico, l'innocenza sul volto. La persona che aveva cercato di sacrificarsi per te e che non avresti abbandonato mai. 

È vero, Kazuha. Sei stata tu il mio portafortuna. 

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Capitolo 8
*** Statua - Conan/Ai ***


Statua
   #prompt8



 
Il mare calmo e limpido trasmetteva una sensazione di calma totale, adatta senz'altro alla quiete di quel luogo che sembrava immerso in una dimensione a parte. 

Il freddo autunnale penetrava attraverso la stoffa dei maglioni e delle giacche, quasi come fosse inverno inoltrato. Era il dottor Agasa a soffrirne di più, nonostante l'iniziale entusiasmo per quella vacanza improvvisata. 

Vincere i biglietti per andare a Copenaghen, una delle città che più avrebbe voluto visitare al mondo, lo aveva riempito di soddisfazione e non aveva pensato un solo minuto se accettare o meno la proposta di partire subito. 

L'atmosfera della capitale della Danimarca era un qualcosa di unico, un gioco di luci che si trasformava da zona a zona. La tranquillità, pura e semplice. 

«Allora, è questa?» la voce squillante di Ayumi giunse in un attimo all'orecchio di tutti i presenti. Corse in avanti, verso la riva e le rocce che formavano un breve passaggio verso l'oggetto del suo interesse. «Oh, com'è bella!»

Genta e Mitsuhiko la seguirono, facendo voltare i presenti contagiati dalla loro allegria. Agasa si avvicinò, intimando loro di non fare rumore, mentre Conan e Ai osservavano i tre bambini con un sorriso soddisfatto. 

«Sì, è questa. Ma non fate rumore» intimò il professore, facendo loro cenno di abbassare la voce. Si fermarono appena prima dei massi a contatto con l'acqua fredda, sollevando lo sguardo. 

La statua era lì, bellissima, seduta su una roccia poco più lontano da loro. La proporzione perfetta, il corpo sinuoso che confluiva in una coda da sirena, nonostante la forma accennata delle due gambe umane. Leggermente voltata, lo sguardo perso verso la distesa marina mostrava chiaramente una certa aria malinconica. 

«Conosci la storia della Sirenetta, Ayumi?» chiese Ai, notando la bellezza in quella scultura che riusciva a renderla addirittura viva. 
La bambina annuì decisa, sgranando gli occhioni. 
«È una bellissima sirena che si innamora di un principe umano, quindi chiede di avere le gambe per poter vivere sulla terraferma con lui! Alla fine sconfiggono la strega e vivono felici e contenti»

«Sì, la conoscevo anche io! Ed è proprio lei la sirena in questione?» intervenne Mitsuhiko, studiando la statua. 
Ai annuì, sorridendo. 
«Certo, raffigura la sirena creata da Hans Christian Andersen»

Conan si voltò verso di lei, stupefatto da quella risposta. O, meglio, da quel non detto che si aspettava avrebbe spiegato ai bambini. 
«Però sembra triste» disse poi Ayumi, osservando meglio la scultura di bronzo. 
«Beh, qui è triste perché vorrebbe raggiungere il suo innamorato e non può farlo. Non ha ancora le gambe» le rispose la ramata, incrociando le braccia. 

La piccola si voltò verso di lei, ora di nuovo serena. 
«Ah, ho capito! Dai, andiamola a vedere meglio da quel ponte!»

I bambini annuirono e, con il dottor Agasa, si allontanarono verso la strada a pochi metri da loro. Ai quasi non se ne accorse, completamente persa in quello spettacolo malinconico. 

«Tu sai cosa succede realmente in quella fiaba. Perché non glielo hai raccontato come faresti di solito?».
Conan si fece avanti, le mani in tasca. Gli era rimasto il dubbio da qualche minuto, ormai.
«Mi sembra chiaro, no? Non potevo certo dirle che la Sirenetta si sacrifica per amore, alla fine. Il sogno delle bambine è quello di vederla sposare il principe azzurro, no?».

Lui sospirò, l'espressione maliziosa sul volto. 
«Beh, ma non muore. È libera di ottenere un'anima per poter raggiungere il paradiso, visto il suo sacrificio per salvare il principe»

Ai sorrise, un sorriso carico di nostalgia. Si strinse nelle spalle mentre un brivido di freddo le percorreva la schiena. 
«Lei voleva un'anima per poter vivere tra gli esseri umani, una vita uguale alla loro per stare con il suo principe» spiegò poi quasi a se stessa, il tono pacato. «Ma è stata sciocca ad averlo creduto, perché il principe non avrebbe mai potuto innamorarsi di una sirena, di una creatura totalmente estranea al suo mondo»

Non lo guardò mai in volto mentre parlava. Lo sguardo della bambina era perso fra il cielo grigio e la statua che s'innalzava dal mare.
«Una creatura senza un'anima non avrebbe mai potuto riceverla, per quanto ne potesse soffrire»
Conan la fissava con le sopracciglia inarcate, riflettendo su quelle parole. Non credeva di averla mai vista così assorta, quasi coinvolta personalmente, in un discorso simile. 

«Ti sbagli» le rispose in seguito, lo sguardo soddisfatto. «La sirena ha salvato il principe ben due volte e il suo sacrificio è stato ripagato con la promessa di avere l'anima che desiderava».

L'amica gli lanciò un'occhiata veloce. Negli occhi chiari che si fondevano con il mare, Conan lesse un barlume di tristezza. Di quella profondità che lei celava. 

«Può darsi. Ma quella promessa diventa insignificante, dal momento che perdi l'unica persona per la quale avresti voluto averne una». Ai si voltò quando sentì la voce di Ayumi che la chiamava da lontano. Si fermò dopo qualche passo, dando le spalle al detective. «Nonostante tutto, il principe crede sia stata un'altra a salvarlo e la sposa. Non esiste niente di più triste, Shinichi. Quindi penso sia di gran lunga più bella la fiaba che conoscono i bambini, no?»

Conan la guardò senza parole mentre si allontanava, cercando un senso in quelle frasi. Un senso che non riusciva a comprendere. O, almeno, non del tutto. 
 




************



Note dell'autrice
In questo caso delle note credo siano indispensabili! Il prompt "statua" mi ha subito portato alla mente quella bellissima della Sirenetta che ho visto a Copenaghen quindici giorni fa e... ho dovuto farlo! Tutta la storia - la vera storia - mi è sembrata una bella metafora per Ai. Eh no, lui non capisce ancora. Forse non capità mai, che sia il caso di rassegnarsi?
Un'altra cosa: ho scoperto che in Giappone la storia della Sirenetta è molto famosa ed è presa come spunto anche per gli anime. Da qui la decisione di mandarli a Copenaghen!
Grazie mille a chiunque leggerà e avrà voglia di lasciare un pensiero!
Ile

 
 

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Capitolo 9
*** Lettere - Conan/Ai ***


Lettere
     #prompt9




Un filo diretto che mi lega con te. 
Qui, per l'ultima volta. 

Sentire la tua voce ancora, nonostante quello che accadrà a breve, riesce a riempirmi di sicurezza. 

Una sicurezza che non dovrei avere, vista la situazione. Non dovrei cedere a questi sentimenti che non porteranno a nulla di buono, ma fa piacere. Mi fa dannatamente piacere.

E allora ti parlo, cerco di concentrarmi sulla tua voce, faccio ciò che mi dici anche se penso sia tutto inutile. 

La febbre mi confonde, il liquore che ho mandato giù mi infiamma il torace. Vacillo appena e ti parlo, di nuovo. Ti parlo ancora e ancora per non perdere quella sorta di collegamento che ho creato con te. 

Mi senti, Shinichi?

Non posso lasciare trasparire la paura che mi fa palpitare il cuore. Le gambe tremano, il peso che si è bloccato in gola rimane immobile. Sto per morire, lo so. D'altronde, ho sempre saputo che sarebbe successo. 
Mi hanno trovata, non c'è più scampo.

Neanche tu puoi fare più nulla e lo sai. 
Riprendo a parlarti, cerco di darti tutte le informazioni possibili per tentare di rimediare alla situazione che stai vivendo per colpa mia, ma non mi basta.

Non mi basta perché so che non ti rivedrò mai più. 
Ancora confusa, mi siedo sulla sedia davanti alla scrivania ed entro un istante in panico quando non giunge più alcun suono alle mie orecchie. 


«Shinichi? Mi dici come si scrive Hercule Poirot?»
Digito a caso sulla tastiera del computer nella vana speranza di trovare la password corretta per poter essere un minimo d'aiuto, ma non la trovo. E non riesco più a scrivere; non riesco a vedere le lettere nella mia testa quando penso alla parola da inserire. 
Sento ancora la tua voce nelle orecchie, bella e pulita. La voce di un bambino, ma per la quale avrei dato tutto. 

La paura è svanita, ora. Io continuo a fidarmi di te, facendoti parlare. Voglio sentirti ancora, vorrei che questo filo non si spezzasse. Non così. 

L'improvviso dolore al petto mi fa tentennare. Il corpo brucia, percepisco i muscoli contrarsi e la pelle andare a fuoco. 
Mi ordini di stare nascosta, avvisandomi del pericolo imminente. Mi chiedi qualcos'altro, ma non riesco a risponderti. Non importa.

Parlami ancora, ti prego, anche se fosse l'ultima volta.
Voglio sentire le parole nella mia testa, vedere davanti agli occhi quelle lettere confuse. Lettere che sanno di tutto e di niente. Lettere pronunciate con la tua voce, uno spelling che avrei saputo fare da sola, in una condizione normale. 
Mi concentro ancora su quella voce, mentre il dolore mi fa urlare. Sulla tua voce. 

Continua a parlare, Shinichi.
Anche se fosse l'ultima volta, anche se fosse di nuovo lo spelling inutile di lettere straniere. 
Ho bisogno di questo.
Solo di questo. 
 
 

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Capitolo 10
*** Diversità - Ai/Ran ***


Diversità 
 #prompt10
 




Basta un solo sguardo fra voi e tutto crolla. La fatica per mantenere i nervi saldi, per farti accettare dalla prima volta in cui sei apparsa nelle loro vite, di colpo si sgretola sotto ai tuoi piedi. 
Guardati. 



 
 
                                                                           
Tu sei una criminale.
 
Lei è un'angelo.
 
 
Tu sei l'oscurità.
 
 
 
 
 
 
Lei è la luce.
 
Tu hai quei tratti strani del viso, quelli per i quali ti hanno sempre presa in giro.
 
Lei due perfetti occhi tondi da invidiare.
 
Tu hai i capelli strani, mossi, di quel ramato che non ti è mai piaciuto.
 
Così diversi dai suoi lunghi capelli scuri sempre in ordine.
 
Tu taciturna e silenziosa.
 
Lei estroversa e gentile.
 
Tu porti dietro un passato da dimenticare.
 
Lei la sua infanzia felice.
 
Tu sei sempre stata sola.
 
Lei è circondata da persone che le vogliono bene.
 
Nessuno si fiderà così tanto di te.
 
come di lei.
 
Quanto vorresti che almeno una volta, lui ti guardasse 
 
nello stesso modo in cui guarda lei. 
 
Tu, che cerchi di apparire forte nonostante la grande fragilità che cerchi di nascondere. 
 
Lei, che non riesce a capire la grande forza che ha dentro e che, ogni tanto, le invidi. 
 
Tu, che l'hai sempre guardata con sufficienza.
 
Lei, che ti ha salvato la vita. 


Due persone, una diversità silenziosa che vi separa come non mai. 
Ma in Ran rivedi la persona più importante della tua vita e, allora, tutto scompare. E, adesso, senti di affezionarti davvero a questa ragazza gentile ma dal carattere forte. 
Ti ha salvato la vita e sai di non poterti sdebitare come vorresti. Cerchi allora di accantonare l'astio, quella piccola parte di insofferenza che albergava dentro di te ogni volta che dovevi averci a che fare. Tuttavia ti sei rassegnata all'idea e ti va bene così, quel piccolo barlume di affetto si espande ogni volta che la guardi negli occhi e vedi Akemi. 
Anche se siete profondamente diverse.
Anche se il cuore di Shinichi apparterrà per sempre a lei.

Va tutto bene. 

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Capitolo 11
*** Caffetteria - Shiho/Rei ***


ATTENZIONE: In questo capitolo sono presenti citazioni spoiler!


Caffetteria
    #prompt11



 
Corri.
Corri senza una meta da una ventina di minuti, nonostante il tremolio del tuo corpo. Il peso che hai in gola non scompare; è ancora lì, non ti permette di deglutire. Il cuore palpita brusco, lo percepisci quasi sbucarti dal petto. Ma non puoi cedere, non ora.

Vedi ancora Gin, i suoi capelli lunghi nel buio della sera. La canna della sua pistola puntata contro di te. Il ghigno sul suo volto, così pieno di soddisfazione. Una frase, una voce, ti ha fatto raggelare. 
Dopodiché le gambe si sono mosse da sole, scattando via da lui e da quell'angoscia che non ti permette di respirare.

Hai seminato lui e Vodka da una ventina di minuti e non stai affatto pensando a dove poter scappare. 
Da Agasa no, non puoi metterlo in pericolo. Non se ne parla.

Il rumore di uno sparo a molti metri ti fa voltare e, per un istante, sei convinta che il proiettile ti abbia colpita, poiché il forte bruciore che senti sotto la clavicola sinistra è reale. Dannatamente reale. E lo è ancora di più quando appoggi la mano in quel punto, notandola poi sporca di sangue.
Le fitte arrivano forti, fastidiose. Non ti permettono di ragionare con lucidità, correre diventa ancora più faticoso. Ti fermi dietro un edificio fatiscente, tirando fuori il cellulare d'instinto: soltanto una persona ti viene in mente.

Shinichi, rispondi. 
Shinichi, ti prego... 


Il telefono squilla a vuoto e il panico prende nuovamente il sopravvento. Già, è uscito con Ran. Te lo ha detto in anticipo che non ci sarebbe stato, ma ti è sfuggito del tutto. Lasci senza accorgertene qualche traccia di sangue sull'apparecchio, prima di rimetterlo in tasca. Il dolore torna sempre più forte e riprendi a correre senza pensarci troppo, mentre la paura si legge nei tuoi occhi chiari. 

L'istinto ti ha portato dove non avrebbe dovuto, perché ti ritrovi davanti l'agenzia investigativa di Kogoro. Le luci sono spente, nessun movimento oltre la finestra. 

Avresti potuto mettere in pericolo anche loro, se ci fossero stati.
Avresti messo in pericolo lui.


All'improvviso, nel buio del Poirot si muove qualcuno. Noti una flebile luce che si accende oltre la saracinesca lievemente abbassata e ti avvicini alla vetrata nella disperata ricerca di qualcuno che possa aiutarti. Bussi freneticamente sul metallo incurante del rumore che provochi, finché la porta d'ingresso si apre appena e una mano decisa ti trascina all'interno della caffetteria. Non si vede nulla, l'oscurità avvolge sia l'interno che l'esterno del locale, il fresco autunnale della sera ti fa tremare. O forse non solo quello. 

Respiri affannosamente, mentre sei certa di essere caduta nella tela del ragno. Sul retro dove ti trovi adesso, una luce fioca illumina appena lo spazio stretto. Riconosci subito il ragazzo biondo che ti è accanto, lo sguardo deciso e serio. 

Ti pieghi lievemente, mentre il dolore ti occupa la mente e il corpo. Hai bisogno di un sostegno, di aggrapparti a qualcosa. Stringi i denti all'ennesima fitta, mentre quel poco di forza che ti resta scompare. Ti senti crollare anche dentro e la paura ti devasta. Un braccio cinge la tua vita con determinazione e, quando ti volti, noti Rei che ti sorregge attento. 

Non trattieni un lamento, stavolta, mentre il sangue ti sporca la maglietta. 
«Tu... » mormori appena, guardandolo male. Non sei mai voluta entrare al Poirot per quel motivo, per lui. E, anche se adesso sai che Rei è un infiltrato, qualcosa in lui non ti convince. Gemi di nuovo, piegandoti appena dal dolore.

Il ragazzo ti fa accomodare su una poltroncina scura con un gesto secco, prima di chinarsi su di te per essere alla tua stessa altezza. Osserva la ferita, inizialmente senza parlare. Ti sembra strano poterlo guardare da una prospettiva reale.
«C-cosa vuoi, Bourbon?». 
Cerchi di mantenere il tono di voce fermo, ma sei agitata. Il panico ti assale quando riconosci in lui quell'odore particolare. Il loro odore. 

«Shiho Miyano» ti risponde, accennando un sorriso. «Devi stare tranquilla. Ti hanno presa a bruciapelo, per fortuna non è grave». 
Annuisci freneticamente, mentre cerchi di trattenerti. Non puoi mostrarti debole, non ora. Non davanti a lui. 

«L-loro hanno scoperto che abito a Beika. Mi hanno trovata, mi stanno inseguendo. Se dovessero andare dal dottor Agasa-». 
Rei la fissa negli occhi, prendendo dal mobiletto rovinato una garza e del cotone. 
«Non andranno da Agasa. Non possono sapere che fino a due settimane fa eri una bambina. Come hanno scoperto dove trovarti?».
Furuya preme il cotone sulla ferita, tamponandola appena. Stringi i denti, sussultando appena. 
«C'era... una foto sul giornale di Shinichi mentre risolveva un caso tre giorni fa. Io ero lì con lui e mi avranno riconosciuta». 

Sussulti appena all'ennesimo tocco da parte sua. Gentile e meraviglioso, confortante. Dannatamente confortante, così tanto da riuscire a tranquillizzarti sul serio. Il tuo respiro si regolarizza pian piano. 
«Resisti» ti intima lui, poggiandoti l'altra mano sulla spalla. Socchiudi appena gli occhi mentre la vista si sgretola in tanti pezzettini male incastonati tra loro. «Ora non ci pensare. È importante fermare l'emorragia». 

Sorridi appena, adesso più confusa del solito. 
«Sei anche un medico o qualcosa di simile?» gli chiedi appena con un filo di voce, in quella sorta di dormiveglia sicuro. 
Rei ridacchia, spostandoti l'orlo della maglietta sotto al collo in modo da disinfettarti. 
«No, ma ho imparato dalla migliore» le risponde, cercando di mascherare la criticità della situazione per evitare di spaventarla. «Tua madre mi curava spesso le ferite, da piccolo». 
«Tu... come... »
«Ssshh». 

Furuya non ti fa continuare e ti senti di colpo cullata da quel tono di voce, da quel tocco delicato ma deciso. 
Provi a parlare, a spiegargli la situazione. La clavicola fa male e la debolezza ti assale in pieno, ma devi provarci. 
Shinichi si fida di lui, dopotutto. 

«S-senti... devi avvisare Shinichi. Sono tutti in pericolo, non posso lasciare che... ».
«Adesso stai tranquilla. Non sei più in pericolo, nessuno lo è». 

Lui ti stringe appena la spalla, mentre il sonno ti assale pian piano. Cerchi di tenere gli occhi aperti, ma non riesci e l'angoscia ti assale nuovamente. Non puoi permetterti di addormentarti, non ora. 
«Non è vero, loro... loro sono qui fuori!»
«Non preoccuparti, Shiho. Si sistemerà tutto».

Il suo mormorio ti culla, le tue mani non smettono un secondo di tremare, così come il tuo corpo. Ti specchi ancora una volta in quegli occhi indaco, prima di poterti fidare. 
«Ci penso io, non faranno niente a nessuno» ripete lui, la voce rilassata nel tentativo di trasmetterti una sicurezza che in realtà non c'è. Non del tutto. «Fidati di me».

Per un altro istante ti viene in mente Shinichi. L'unico, fino a questo momento, che ti abbia fatto sentire protetta. L'unico in grado di capirti e aiutarti. 
Guardi quel giovane uomo biondo che ti è accanto e credi alle sue parole, così, senza motivo. Ti basta osservarlo negli occhi profondi, vedi il suo sorriso determinato, il suo prendersi cura di te, per decidere di ascoltarlo. Dopodiché chiudi le palpebre pesanti, lasciandoti andare in quella sensazione di beatitudine. Per quanto temporanea, non importa, ti senti bene.

Nonostante fuori ci sia ad attenderti il destino, riesci a non pensarci per un po'. E a stare bene lì, con lui
Una presenza tanto forte quanto strana, come non hai mai provato nella vita. 




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Capitolo 12
*** Viaggio - Shinichi/Shiho ***


Viaggio
    #prompt12




Shinichi sospirò.
Aveva sempre creduto che, una volta tornato nel suo corpo di liceale, anche la sua vita avrebbe ripreso da dove si era interrotta.

E invece no. 

Ayumi, Genta e Mitsuhiko - una volta saputa tutta la verità per filo e per segno - avevano accettato volentieri la presenza dei loro due amici di sempre, seppur adulti. 

«Un altro viaggio tutti insieme, non è cambiato nulla rispetto a un mese fa» disse Shinichi, una mano poggiata sotto al mento mentre guardava fuori dalla finestra dell'albergo. 
«Dai, non ti lamentare. A me fa piacere... e credo anche a te. Non dirmi che non ti senti finalmente libero»
Shiho sistemò i suoi maglioni nell'armadio, mentre le voci dei bambini che giocavano si sentivano dal cortile.

«Uhm?».
Il detective si voltò a guardarla stupito, senza dire niente. La scrutò in volto e notò il suo sorriso, stavolta sincero come pochi al mondo. Non potè fare a meno di osservarla con affetto, godendosi quegli attimi nei quali la vedeva finalmente serena. E libera. 

Il dottor Agasa e Shiho erano fuori con i bambini e Shinichi non potè che approfittare del momento per farsi una doccia in totale rilassamento. Si tolse velocemente i vestiti, legandosi un asciugamano in vita, calmo come non riusciva a essere da settimane. 
Spalancò di scatto la porta del bagno e solo allora la vide; capelli ramati, occhi verde mare che lo fissavano sgranati. Tuttavia, non riusciva a evitare di guardare quel corpo nudo; le forme evidenti, il fisico perfetto. 
Per la prima volta si rese conto che, davanti a sé, oltre Ai Haibara e Shiho Miyano, oltre tutta la situazione che si era venuta a creare in quei due anni di rimpicciolimento, vi era una donna. Una giovane donna in carne e ossa a cui non aveva mai fatto nemmeno caso. 

«Stupido! Hai intenzione di rimanere a guardare ancora per molto?!».
Shiho gli lanciò un asciugamano in faccia e Shinichi uscì dal bagno, chiudendo velocemente la porta e senza accorgersi del colorito rossastro che adesso aveva in faccia. 
La ragazza uscì dopo qualche minuto, vestita da cima a fondo. Trovò il detective seduto sul letto, completamente solo, a contemplare il vuoto. Quando gli si avvicinò non riuscì fare a meno di ridacchiare, osservando il suo volto imbarazzato.

«Allora? Adesso hai capito che non sono una bambina?».
La ragazza si allontanò ridendo di gusto, lasciandolo impacciato e scocciato. 
«Strega. Questo è l'ultimo viaggio che faccio con te ».

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Capitolo 13
*** Quadro - Conan/Ai ***


ATTENZIONE: questa flashfic descrive una scena del film "I girasoli infernali", non uscito in italiano, quindi è - a tutti gli effetti - una scena spoiler, seppur non inerente ai fini della trama. 

 

Quadro
#prompt13



 
 
Sembra che l'oggetto del tuo interesse non sia propriamente il quadro.


Quasi sussulti quando la signora anziana accanto a te ti parla, penetrando ben oltre la corazza.
Hai abbassato il muro quell'attimo, convinta che nessuno avrebbe potuto leggerti dentro, e invece persino una sconosciuta si è accorta del modo in cui lo guardi. 
Siete in un museo, davanti la teca trasparente che ospita uno dei più famosi quadri di Van Gogh, ma in questo momento non riesci a interessartene sul serio. Lo stavi osservando di spalle, la sua espressione persa in percorsi logici di difficile risoluzione, senza accorgerti del lieve rossore che ti imporpora ancora le guance. 

Ti volti verso la vecchietta seduta accanto a te, assumendo - senza riuscirci del tutto - la compostezza che ti appartiene di solito. 
Tuttavia non sei arrabbiata, né infastidita. Solo sorpresa e preoccupata che un'estranea sia riuscita a leggerti nel cuore come nessun altro al mondo.

Conan ti si avvicina, troppo preso dal caso per accorgersi della situazione, e basta un solo sguardo da parte di entrambi per capirvi. Incroci i suoi occhi blu e li senti nella pelle, così seri, così profondi. 
Uno sguardo che basta a sostituire una parola, una frase. Anche una sola esclamazione. Lui ha fretta, è di corsa, ma quell'espressione è eloquente. È chiara, lampante. Capirla è un qualcosa di naturale, così come l'aria che respiri. 

«E poi... »
«Sì, lo so»

Lui sorride, quel sorriso che ti fa battere il cuore più forte, quello che racchiude un "so di potermi fidare" mai detto. Annuisce appena, prima di darti le spalle. 

«Conto su di te!».

E corre via, lasciandoti sola tra quei pensieri che hai cercato di allontanare tante volte. Poi, la signora rimasta seduta davanti alla teca parla ancora, dolcemente, quasi con timore di poterti ferire. 
Ti basta quell'unica frase per farti vacillare ancora una volta,

sembra che viviate in simbiosi.
 

Perché lo sai, perché è vero. Non è un rapporto di dipendenza, né convenienza. È il comprendersi con uno solo sguardo, il cercarsi inconsapevolmente, l'aiutarsi. Il condividere un destino comune, un "se succede qualcosa a te fa male anche a me", un pensiero del tutto strano per una persona come Shinichi Kudo e a cui, probabilmente, non ha mai neanche pensato. 
Un legame che va oltre l'amicizia, l'amore o l'affetto. Un qualcosa di unico e meraviglioso che non hai mai sperimentato con nessuno, un filo rosso che vi ha fatti conoscere e che vi ha resi simili.
Tenti di risponderle, di spiegarle che si tratta solo di un'amicizia, di una solida amicizia, ma il suo sguardo ti fa dubitare di te stessa. 


«No, nei tuoi occhi vedo la stessa scintilla che bruciava in me settant'anni fa. Esattamente come i girasoli del quadro, puoi solo guardarli da lontano. Mantenendo le distanze finirai per pentirtene, come è successo a me»

Un flash, un'incredibile senso di verità ti trafigge il cuore.

Da quando sei innamorata di Shinichi Kudo?

Non è la prima volta che te lo chiedi, ma adesso - quando è una persona esterna a fartelo notare - è diverso. Adesso fa più male, perché ti sei sforzata tanto per ammetterlo, sia a te stessa che a lui, ma non sei mai riuscita. 
Vedi la malinconia, la nostalgia, negli occhi di quella donna persa in chissà quali ricordi. Un amore che non ha più e che le manca. Già. Probabilmente ha ragione, probabilmente dovresti farlo. 
Sono bastate le sue parole a convincertene, perché così non ti saresti pentita. Non avresti avuto il dubbio di non averci provato. 

Tuttavia, ogni cosa si complica e sei costretta a leggere nuovamente la preoccupazione per Ran sul volto di Conan, il salvataggio dell'ultimo secondo che non gli permette di respirare. Il suo concentrarsi e pensare unicamente a lei, poiché non esistono alternative, né prospettive differenti nella sua mente.

Anche volendo, lui non ti accetterebbe mai in un'altra maniera. Non ti preferirebbe mai a lei e questo lo sai. Lo hai sempre saputo. 


 
Esattamente come i girasoli del quadro, puoi solo guardarli da lontano.

 
Sì, forse non hai alternative. Cambi idea e mantieni le distanze, che è tutto ciò che puoi fare. Accantonare l'idea, non pensarci. Fa male ma non devi, non devi commettere lo stesso errore, non ancora. 
Non è nulla di nuovo. Respiri, lo sai. Lo sanno tutti. Ti calmi e trattieni ancora quei sentimenti, li soffochi, li reprimi con tutta la forza del mondo. Fanno ancora male, da qualche parte. Ma non puoi farci niente.

Puoi solo guardarlo da lontano.

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Capitolo 14
*** Cucciolo - Heiji/Kazuha ***


Cucciolo
   #prompt14



È appena trascorsa un'altra lunga giornata di lavoro, tuttavia scopri di non essere stanco. 
Spalanchi piano la porta di casa, cercando di non fare rumore, e la richiudi alle tue spalle lentamente. Procedi con calma, guardandoti intorno, un passo alla volta, finché il tuo sguardo non viene rapito dalla figura che ti aspetta sulla soglia della cucina e che ti sorride affettuosamente.

«Bentornato!». 
Ti soffermi a osservare la giovane donna che ti sta davanti, come se tu non lo avessi mai fatto prima. Al posto della coda da cavallo, i capelli scuri ora sono liberi di scivolare sulla schiena, mentre il trucco leggero evidenzia le forme più regolari del volto. 
L'hai sposata da quattro anni e ogni volta è come se la vedessi per la prima volta. 
Ti avvicini a lei e la baci deciso, finché il mondo non si ferma in quell'attimo. Quando ti allontani e la guardi negli occhi verdi, non riesci a evitare di pensare a quanto sia bella, sempre di più. 

«Qualche caso difficile anche oggi?» ti chiede, appoggiando le dita affusolate sulla tua mano che le sta accarezzando la guancia. 
«Uhm... no. Ci provano, ma non si è mai visto un criminale che sia riuscito a sfuggirmi, no?». 
Kazuha ride, scuotendo appena la testa. 
«Sei il solito... quando imparerai a darti meno arie, Hattori?». 

Lei ti stuzzica, dandoti un attimo le spalle mentre sistema qualcosa sulla credenza in cucina. Va bene così, considerato che una volta ti avrebbe risposto peggio, magari dandoti qualcosa in testa. 
«Ti stavo prendendo in giro» ammetti, ridacchiando contagiato dalla sua espressione felice. La luce dei suoi occhi la fa apparire ancora più bella. 
«Quindi? Sta dormendo?» le chiedi poi, appoggiandoti contro lo stipite della porta.
«No di certo. Sai che finché non torni lui non ne vuole sapere di andare a letto. Dovrai togliergli anche questo vizio, vero, Heiji Hattori?».

Il suo tono è provocatorio, nonostante tua moglie sia tranquilla. Ma sai che è una di quelle cose che proprio non riesce a tollerare e che sei tu la causa, quindi non puoi andarle contro. Annuisci e lei ti si avvicina, dandoti un bacio sulla guancia.

Poi, all'improvviso, senti dei passi leggeri e frettolosi. Lo vedi spuntare dalla cameretta, un ometto di tre anni e mezzo dalla pelle olivastra e gli occhi smeraldo. 
«Papà!».
Ti corre in contro e lo afferri al volo, portandolo alla tua altezza. 
«Allora, cucciolo? Chi è che non va a dormire?». 
Tuo figlio fa una smorfia quasi colpevole, dopodiché ti avvolge le braccia al collo e puoi percepire il battito veloce del suo cuore. 
«Volevo salutarti». 
«D'accordo. Ma adesso che mi hai visto, subito a letto. Intesi?».

Lo guardi sorridendo e incroci l'espressione complice e serena di Kazuha, prima di procedere verso il corridoio con il piccolo in braccio. 
«Stasera ti porto io, ma da domani ti voglio trovare già nel letto. Va bene?».
Lo senti annuire mentre raggiungi la sua camera, dopodiché lo fai sedere sul letto, sotto le coperte pesanti. Gli dai un altro bacio sulla guancia, comprendendo al volo il motivo per cui non ti senti stanco una volta tornato a casa.

Da un po' di tempo tutta la tua vita è cambiata. Così, dal nulla, insieme a Kazuha. Non avresti potuto desiderare di meglio.

«Buonanotte, papà».
«Buonanotte, piccolo. Sogni d'oro». 

Vedi il sorriso impresso sul suo volto, mentre chiude gli occhi, e ti senti bene. 
Incredibilmente bene. 

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Capitolo 15
*** Labbra - Gin/Sherry ***


Labbra 
#prompt15




«Mi sei mancata moltissimo, piccola Sherry»

L'uomo vestito di nero sorride, mentre fissa con occhi languidi la sua preda. Non avrebbe mai creduto che rivederla potesse provocargli lo stesso brivido di mesi fa. 
Lo stesso profumo, i capelli ramati che le incorniciano il viso, la frangia sbarazzina che le ricade scomposta sugli occhi verde mare. 

Nota la montatura enorme degli occhiali che le confonde i tratti del volto e sorride malizioso. Ha tutto il tempo del mondo poiché nessuno potrebbe disturbare questo momento perfetto e decide di parlarle, di spiegarle come ha fatto a trovarla grazie al suo acume. Grazie al conoscerla così bene, perché lei lo sa che Gin può leggerle dentro come un libro aperto. La ragazza sa tutto, ma non lo ammetterebbe mai, quasi come volesse cancellare quel passato nel quale entrambi avevano avuto bisogno dell'altro e lui glielo legge attraverso le iridi chiare, così come la paura che lei cerca di mascherare. 

Quest'ultima trema, la mano stretta sulla spalla ferita. La neve crea uno spettacolo meraviglioso, mentre cade ai loro piedi e si fonde con il sangue della traditrice. 


«Avrei potuto farti fuori subito in quella canna fumaria, ma ho pensato che ti meritassi una morte più degna» le dice in un ghigno, ignorando l'impazienza di Vodka che ti spinge a darle il colpo di grazia. 
«Che gentile, ti ringrazio per avermi aspettato pazientemente al freddo»

Sherry sorride decisa, rispondendogli parola per parola. Un fremito attraversa il braccio di lui mentre le punta addosso la pistola, un desiderio che cresce e che lo spinge a prendere tempo. 

Le osserva le labbra e non preme subito il grilletto. Quella bocca che era sempre riuscita a tenergli testa e che lo aveva desiderato, in passato. Il sapore dolce e amaro di quegli assaggi rubati, bramati e inattesi. Il suo nome sospirato da lei, richiesto e anche maledetto. Labbra che non poteva più toccare, né assaporare, lontane. Che sono ancora in grado di rispondergli e tenergli testa, come nessuno è mai stato in grado di fare.

Non può permettersi tanto. Non Sherry, che lo ha tradito fuggendo via. Quella bocca che non sarebbe stata sua, mai più. E allora spara, perché non può fare altro. Perché la soddisfazione gli attraversa il corpo come un fulmine a ciel sereno mentre lo fa, perché vuole vederla soffrire da sola, nello stesso modo in cui gli ha voltato le spalle.
È questa l'unica cosa alla quale pensa mentre la vede cadere a terra. 

Addio, Sherry. 

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Capitolo 16
*** Shopping - Shiho/Akemi ***


Shopping 
 #prompt16


 

È l'una e mezza del pomeriggio e a quest'ora la caffetteria è sempre piena di gente. 
L'ambiente caldo infonde un sollievo particolare, un riparo lieto dal vento fresco autunnale di questi giorni. I tavolini sono quasi tutti occupati, ma Akemi è riuscita a tenere il posto più bello, quello vicino alla finestra. 
Il loro posto.

Fa sempre così, nelle pause tra lo studio e il lavoro. Accade una - raramente due - volte alla settimana, e a mezzogiorno esatto corre al locale per passare la pausa pranzo con la sorella minore. 
A volte quest'ultima tarda, ma a lei non importa. L'aspetta comunque, lo farebbe sempre. Potrebbe rimanere una giornata intera ad attendere, perché il tempo passato insieme è così poco e prezioso da voler impegnare tutta se stessa per trascorrerlo nel migliore dei modi. 
Shiho oggi è arrivata puntuale, lo sguardo basso e i capelli che le coprono gli occhi. Ha il camice bianco ancora addosso, ma la vede e la raggiunge immediatamente. 


«Ciao, sorellina»

Akemi la osserva con dolcezza, cercando di interpretare la sua espressione. La segue con lo sguardo anche mentre le si siede di fronte, composta. 

«Ciao, Akemi. Non ho tanto tempo... sei qui da molto?»
La mora sorride quando riesce finalmente a incrociare gli occhi di Shiho, così simili ai propri. 

«No, non preoccuparti. Va tutto bene?»

La minore apre la bocca intenzionata a parlare, ma il cameriere la interrompe involontariamente. Soltanto una volta prese le loro ordinazioni, mentre lo vedono allontanarsi dal tavolo, fa un secondo tentativo. 

«Senti... ricordi quando mi hai detto di aver conosciuto quel bambino sveglio? Quello che ti sembra troppo maturo per la sua età?»
Akemi sgrana gli occhi, percependo un cambiamento nell'aria, una situazione che non la fa sentire tranquilla. E il tono insicuro di Shiho glieli dimostra, lei che di solito è sempre così determinata. 

«Sì, certo. Conan Edogawa, quello che vive con il detective Mouri. Te ne ho parlato giusto la scorsa settimana»

Shiho rimane in silenzio finché non arrivano le portate. Non ha fame, lo stomaco chiuso, e per un istante guarda sua sorella che attende ancora una spiegazione a quella domanda. 
Iniziano a mangiare in silenzio, finché Akemi rompe quell'atmosfera tesa invitandola a proseguire il discorso. 

Come dirle ciò che aveva scoperto? Come renderla partecipe - e complice - di una scoperta che non avrebbe voluto rivelare a nessuno?
Come spiegarle che, in realtà, quel bambino tanto geniale a cui sua sorella si è affezionata in realtà è il detective adolescente di cui non si hanno notizie da mesi?
No, non può farlo. Non glielo può rivelare, perché equivarrebbe a metterla in pericolo sul serio. Deve tenere il segreto, almeno per il momento. 


«No, niente... trovo soltanto strano che un bambino abbia quelle capacità» ammette poi, mentre manda giù a forza l'ultimo boccone avanzato. 
Akemi rilassa il volto, l'espressione di nuovo solare. 

«Già, però questa sua intelligenza ritorna molto utile, sai?»
Shiho la scruta e, in quel momento, lo sa. 
Akemi pensa ci sia qualcos'altro sotto, anche se non insiste. Anche se cambia argomento. 

La minore non fa in tempo a pensarlo, perché si sente trascinare per il braccio. 

«Ehi, aspetta... ».
«Dai, sorellina. Perché oggi non ti prendi il pomeriggio libero e vieni con me a fare un po' di shopping?»

Escono dalla caffetteria, ma senza allontanarsi troppo.
Shiho scuote la testa senza il minimo dubbio, senza sapere che rimpiangerà quegli attimi in compagnia della sua unica forza. 

«No, non posso. Mi sto occupando di una ricerca importante, devo tornare in laboratorio»
Akemi nasconde la delusione senza perdere un solo secondo il sorriso. 

«D'accordo, ma non stancarti troppo. La prossima volta però pretendo che tu venga».
«E va bene»

Shiho la saluta, restituendole per un secondo lo sguardo pieno d'affetto. La guarda un'ultima volta prima di darle le spalle, senza sapere che non la vedrà più.


 

********************



Note dell'autrice
Eh... questa volta è andata così. Amaro in bocca e malinconia pura. Avevo pensato a un'altra cosa con il prompt "shopping", se devo essere sincera, ma poi è andata diversamente. La prendo un po' come un estratto di "I'll stand by you", questa volta dal punto di vista di Shiho. 
Alla prossima!

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Capitolo 17
*** Promessa - Subaru/Ai ***


Promessa
      #prompt17
 

 
Ti basta guardarlo negli occhi per provare rabbia.
Quella profonda, quella pura, che ti fa tremare le mani. Che forma quel peso in gola difficile da deglutire e sai che ormai non puoi fare niente, se non lasciare che scivoli via. 

Perché lei è morta e non importa più nulla, neanche quel sentimento simile alla vendetta. 

Rimane solo la frustrazione, la delusione per aver creduto per la prima volta in qualcuno che ti aveva dato la sua parola. Tu, che non ti sei mai fidata di nessuno in tutta la vita. 

Fissi quel volto, quella maschera. Gli occhi che, insieme al resto, fanno parte di una scenetta patetica che non ti è ancora stata rivelata. 
Ti basta guardarlo, scrutare i suoi movimenti, il suo comportamento. Ascoltare le sue frasi. Ed è lui, ne sei assolutamente certa. 

Lui, che sta cercando di prenderti in giro di nuovo. Che ti sta intorno, che mente, e non sai dove voglia arrivare. 
I vostri occhi s'incrociano nell'ampio salone, quando sei sola in casa e, da solo, deve aver deciso di portare al dottor Agasa qualcosa da mangiare. 

E stai lì, ferma, ad attendere qualcosa che forse non arriverà mai. Vorresti vedere il suo aspetto, quello vero. Vorresti picchiarlo, spingerlo, insultarlo per averla lasciata morire. 
Le lacrime premono per scivolarti sulle guance quando il pensiero che ti torna in mente ora fa più male di tutti gli altri. 


«Non fare quella faccia. La proteggerò a costo della vita». 

E invece è sparito quando lei aveva più bisogno. L'ha lasciata morire. 



Subaru restituisce lo sguardo senza fiatare; sa benissimo di non poter osare. Di non aver alcun diritto per farlo davvero, anche se la bambina che gli sta di fronte ha già compreso. 

Non si muove, aspettando una sua reazione che sa per certo non arriverà mai. Preferirebbe che lo picchiasse. Preferirebbe che lo ferisse, che gli urlasse addosso per tentare di placare quel peso nella mente e nel cuore che non gli permetteva di vivere con se stesso da tanto tempo. 


«Non fare quella faccia. La proteggerò a costo della vita».

Era l'unica promessa che le aveva fatto, nello spazio angusto di un laboratorio, quando la fredda e taciturna Shiho Miyano gli aveva chiesto aiuto per la prima e unica volta. La scienziata distaccata a geniale della quale tutti parlavano e che difficilmente rivolgeva la parola a qualcuno. Era preoccupata, in quel momento, celando la tensione dietro uno sguardo indifferente. 

Aiutala... loro la uccideranno. 
Non fare quella faccia. La proteggerò a costo della vita. 


La osserva ancora in silenzio, ma non riesce più a reggere la profondità di quelle iridi.
Subaru le lancia un'ultima occhiata colpevole, prima di voltarle le spalle incamminandosi. 

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Capitolo 18
*** Ago e filo - Ai/Ayumi ***


Ago e Filo 
           #prompt18

 

Grazie a Mari, 
mi hai dato la carica giusta!
 


La voce di Ayumi echeggia in aula a una velocità impressionante, acuta e stridula. 
«No, uffa!»
Ti volti perplessa e sgrani gli occhi quando la vedi in piedi tra i bianchi con l'orsetto di pezza stretto tra le mani, l'espressione contratta in una smorfia incredula. 

«Che succede?»
Genta e Mitsuhiko le si avvicinano preoccupati, mentre Conan si volta incuriosito con le mani nelle tasche dei pantaloncini. 

«Non lo so... guardate! Prima non era così!»
Decidi di raggiungere gli altri quando noti gli occhi della bambina inumidirsi in fretta. Il peluche, già di per sé vecchio e logoro, presenta un taglietto all'altezza dell'occhio destro, che adesso pende lievemente verso il basso. 

«Io te l'avevo detto di non portarlo a scuola» afferma Mitsuhiko, un dito sotto al mento mentre riflette sul da farsi. 
«Ma è l'orsetto portafortuna del mio papà! Stamattina l'ho preso solo perché oggi avevamo il compito in classe... »
Gli occhi della piccola si riempiono di lacrime e solo in quel momento qualcosa scatta in te, anche se non sai cosa. 

«È solo scucito, Ayumi. Ci vuole un attimo per sistemarlo»
Lei frena di scatto l'agitazione, fissandoti con gli occhioni blu spalancati. 

«Davvero? Tu lo sai fare?»
Conan si avvicina, sorridendo sornione tra l'una e l'altra. 

«Dubito che Ai possa riuscirci. Forse ti conviene chiedere aiuto a tua madre. Di certo lei ti può insegnare» le dice, lasciandola confusa qualche attimo. 
Dai una gomitata silenziosa al detective, lanciandogli un'occhiataccia. 

«Invece lo aggiusteremo insieme. Oggi vieni con me dal dottor Agasa, vedrai che sarà pronto in un attimo»
«Sì, bella idea!» esclamano all'unisono Genta e Mitsuhiko, ma ci metti pochi istanti per trasmettere loro la stessa minaccia con lo sguardo.
«Non se ne parla, è un pomeriggio di sole donne! Voi tenete d'occhio Conan che non mi sembra molto in forma. Vieni, Ayumi?»
Cammini dritta e composta, le mani sui fianchi, sollevando lo sguardo. Il tuo amico, piegato in due per il colpo improvviso, ti scruta irritato mentre gli altre due non capiscono cosa sia successo. 
Il tutto sotto lo sguardo di Ayumi, che stringe l'orsetto tra le mani e annuisce, prima di seguirti contenta. 


«Quindi... si fa così?»
La bambina muove appena l'ago, insicura, mentre il timore di potersi pungere la blocca. Vi trovate sul divano, nell'enorme salone del professore, e una risatina sfugge dalle tue labbra. 

«Sì, brava» le dici, cercando di confortarla. «Manca poco e abbiamo finito. Fai passare l'ago in questo punto»
Tieni fermo l'occhio del pupazzo, mentre guidi la piccola che non ha mai provato a fare nulla del genere, prima. 
Le hai insegnato a passare il filo, a fare il nodo, e adesso - con molta calma - a fare i punti. Ayumi è attenta e ha tanta voglia di imparare, ma l'idea che l'ago la possa pungere sembra le stia togliendo ogni curiosità in proposito. 

«Ai, va bene?».
Te lo chiede ogni minuto, ormai, ma non riesci a perdere la pazienza. 
Le prendi delicatamente la mano, guidando piano il suo dito con il tuo, facendole compiere movimenti brevi e delicati. 
Lei ti osserva per un secondo; percepisci il suo sguardo su di te, sul tuo volto. Riesce a intenerirti ancora, in tutto ciò che fa. 

«Ecco fatto» esclami, spezzando il filo. «Hai visto? È tornato come nuovo grazie te»
Ayumi afferra felice l'orsetto, ammirando il risultato del suo lavoro. 

«È venuto benissimo! Ma dove hai imparato?»
Poi, di colpo, la stanza scompare. Svanisce ogni cosa, davanti ai tuoi occhi e nella tua testa. L'immagine che ti si presenta davanti è quella frammentata di una bambina di sette anni, mentre una ragazza dai lunghi capelli mori le prende la mano, accompagnandola in ogni gesto. 

«Ai? Mi rispondi?»
Scuoti la testa e torni alla realtà, mostrandole il più bel sorriso del mondo. 

«L'ho imparato come hai fatto tu grazie a qualcuno di molto importante»
«Quindi, se lo hai insegnato a me... anche io sono molto importante?»
Quella domanda ti spiazza, letteralmente. Dopodiché la guardi affettuosamente, i vostri occhi s'incrociano e non smettono un attimo di farlo. 

«Sì, certo»
Il più bel sorriso del mondo. Solo a lei. Ayumi. 

La sorellina che hai trovato 

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Capitolo 19
*** Rubare - Kaito/Aoko ***


Rubare
      #prompt19
 



Non hai idea di come lei sia riuscita ad arrivare fin lassù; hai sempre saputo fosse sveglia e determinata - a volte riusciva a diventare la fotocopia del padre - ma mai fino a questo punto. 

Ti aspettava, poiché al tuo arrivo si trovava già sulla terrazza di quel palazzo di venti piani. Per fortuna, l'ombra della notte oscura il tuo viso; di te può vedere solo il completo bianco che brilla come una delle tante stelle sparse nel cielo. 
Sussulti, ma reagisci in modo che non se ne accorga. Incredibile: sei riuscito a far distogliere l'attenzione da quel luogo, provocando uno spostamento di massa dei poliziotti che t'inseguono di solito, Nakamori compreso. 

Sarebbe mancato poco, veramente poco, per rubare quel diamante. Non puoi farti incastrare. Anzi, non puoi farti scoprire proprio da lei. 
I vostri sguardi s'incrociano e, con la coda dell'occhio, vedi il suo così fermo, irritato. Non riesci ancora a spiegarti come abbia fatto a capire dove ti saresti diretto davvero. 


«Io non sono una poliziotta, non posso arrestarti» ti dice, cercando di intravedere il tuo viso sotto al cappello bianco. «Però ho dei dubbi sulla tua reale identità».

Cerchi di rimanere impassibile, anche se un peso ti stringe il cuore. Aoko rimane ferma, le braccia conserte, non muove un passo. E tu fai la stessa cosa, mentre il vento ti smuove il mantello. 

«Non sei Kuroba, vero?»
La sua voce s'incrina appena, ma sai che Aoko non è il tipo che piange. Non in pubblico, non davanti a te. L'hai sempre vista forte e ora rimani stupefatto da quella rivelazione. 

Da quanto tempo lo sospetta?
Come ha fatto a capirlo?


Accenni un sorriso, il sorriso più convinto del mondo. La Poker Face, ricordi? Devi farlo, devi ricordare i consigli di tuo padre, soprattutto adesso.
Non devi far capire agli altri ciò che pensi. 


«Non sei il mio Kaito, vero?» insiste Aoko, stavolta muovendo un passo. La curiosità, il timore è forte adesso. La paura che quel ladro da strapazzo possa essere davvero il suo migliore amico - il ragazzo del quale è innamorata - la sta portando a osare. «Dimmi di no, ti prego. Perché sapere che potresti essere tu lo sbruffone che va in giro a rubare e che si crede un mago, mi farebbe male»

Ti blocchi, il respiro si mozza nei polmoni. Poker Face, usa la Poker Face. Non cedere, non ora

È una missione troppo grande - e pericolosa - per potergliela rivelare. Si tratta di un gioco pericoloso che ha a che fare con la morte di tuo padre, non c'entra niente il resto. Vorresti dirglielo, per una volta potresti difendere l'immagine di Kaito Kid dalle parole d'accusa che Aoko gli riserva ogni volta, ma non puoi farlo. Sai che non puoi. 

Dannazione, tu avresti voluto solo fare il mago, percorrendo le orme di ciò che era il grande Koichi Kuroba. 

«Le misure» dici soltanto, reggendo il suo sguardo. Quegli occhi ti fanno male dentro, percepisci il peso in gola che non riesci a deglutire. Non puoi mostrarlo. 
«Eh?».

Aoko ti guarda perplessa, stavolta. 
Ti volti appena, dandole definitivamente le spalle. 

«Non m'interessa sapere chi sia questo Kuroba, non quanto... » cominci, allontanandoti lentamente da lei. «Non quanto conoscere le tue misure, bella signorina. Seno, vita e fianchi, d'accordo?»

Scoppi a ridere, notando la sua espressione imbarazzata, il viso paonazzo. Le fai un cenno con la mano, mentre raggiungi il bordo della terrazza. 

«C-Cosa?! Ehi!»

La ragazza ti rincorre e una nube di fumo ti circonda in un istante, allontanandola da te. Dopodiché stai volando, il cielo sembra appartenerti mentre stringi forte la presa sul deltaplano. Senti in lontananza Aoko urlare qualcosa e ti ritrovi ancora a pensare alla somiglianza di quest'ultima con l'ispettore Nakamori. Sorridi, ora più tranquillo, mentre le luci della città guidano il tuo percorso. 

Non era il diamante a interessarti, lo sapevi sin dall'inizio.



*********



Note dell'autrice
In questo caso vi devo avvisare, nel caso abbia commesso qualche errore nel descrivere questa coppia: si tratta della mia prima fanfiction su di loro o, comunque, su Kaito Kid. Ho messo insieme le informazioni che conosco - ho visto le prime puntate dell'anime - e spero possa piacervi. Informarvi mi sembrava doveroso. xD
Alla prossima,
Ile

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Capitolo 20
*** Selfie - Ran/Sonoko ***


Selfie
      #prompt20


 
«Dai, Ran! Che ti costa?»
«Uffa, Sonoko! Ti ho detto di no!»
«Ma perché? Non ti capisco».
«Cancellala subito!»

Sonoko sbuffa, il cellulare di Ran in mano. Apre lo sportellino con un gesto secco e la foto fatta a tradimento alla sua migliore amica occupa lo schermo. 
Ran è a disagio e s'imbarazza ancora di più quando lancia un'altra occhiata all'immagine; la maglietta corta le mette bene in evidenza - e, soprattutto, in primo piano - il seno prosperoso. Sa di essere riuscita a fermare Sonoko appena in tempo, perché ha avuto subito la prontezza di capire che quest'ultima non avrebbe mai tenuto quella foto sul cellulare, se non per un motivo


«Continuo a ripetere che Shinichi l'apprezzerebbe» insiste la castana, sospirando. 
«Insomma, non m'interessa! Se ben ricordi lo hai già fatto tempo fa, senza pensare al fatto che avresti potuto disturbarlo nel bel mezzo di un'indagine» esclama Ran, mentre un enorme senso di vergogna si fa strada dentro di sé quando ripensa a quel momento e a quello scatto in bikini, finito erroneamente tra le email del suo amico d'infanzia. Erroneamente, certo, grazie a Sonoko. «Per fortuna mi ha giurato di averla cancellata».
«Certo. Cancellata, eh?»
Sonoko guarda l'amica ridacchiando, chiedendosi come faccia a essere così tanto ingenua. 

«Sì, me lo ha detto lui. Perché?».
«Oh, niente. Ran... » riprende la ragazza, il telefono ancora in mano. Seduta sulla fila di scogli davanti alla spiaggia mentre il leggero venticello autunnale le provoca un brivido dietro la schiena, adocchia qualche ragazzo che le passa davanti. «... puoi pensarla come ti pare, ma Shinichi è un uomo. Mettitelo in testa»

La karateka non approfondisce volutamente l'argomento, perché sa dove si andrà a parare alla fine. Colpa di verità non dette, sentimenti taciuti. La distanza, il cercare di dare un nome a un rapporto che in realtà non esiste sul serio. Un qualcosa che va oltre l'attrazione fisica, è tutto ciò che desidera in questo momento. Vorrebbe tanto capire cosa possa provare Shinichi e non in senso fisico. Questo una ragazza come Sonoko - per quanto le voglia bene - non lo può capire. 

Tuttavia, Ran sbaglia. L'amica lo sa, sa tutto benissimo, e cerca di spronarla in tutti i modi possibili perché non ha più voglia di vederla soffrire. Dopo aver conosciuto Makoto, le sue priorità riguardo un rapporto sono cambiate, ma continua a pensare che l'approccio fisico sia importante, che dia una spinta in più.
Ma sa che con Ran non può funzionare una cosa del genere. 


«D'accordo, ascoltami... » le mormora poi quasi affettuosamente, sollevando il cellulare ancora aperto. Dopodiché il suo tono diventa solenne e stringe un pugno con l'altra mano. «Io cancello questa foto, lo prometto! Tuttavia ne facciamo un'altra da mandare a Shinichi»
«Cosa? Ma allora non mi ascolti, non voglio farmi fotografare in certe pose che... ».

Ma Sonoko non la sta ascoltando. Punta il cellulare in alto, davanti ai loro visi, e lo gira in modo che la fotocamera le riprenda. Ran resta stupita, non capendo quel gesto. 

«È una giornata splendida e il mare fuori stagione è meraviglioso! Facciamoci un selfie insieme, ti va? Credo che a Shinichi basti il tuo sorriso, dopotutto»
L'occhiolino di Sonoko è eloquente e l'amica si sente subito meglio. Arrossisce appena, colpita da quelle parole. Dopodiché annuisce. 
La castana scatta la foto e la invia immediatamente al detective, stavolta con il totale consenso di Ran. 

Conan sente il secondo cellulare, quello di Shinichi, vibrare nella tasca della giacca. Quando lo apre, la foto che appare in primo piano lo coglie alla sprovvista. I volti delle due amiche occupano lo schermo, le espressioni rilassate e felici. Sotto, il numero di telefono di Sonoko anticipa una didascalia: "Caro detective, ammira il sorriso della tua mogliettina. Non è il più bello del mondo?". 
Conan sorride, mentre un velo di malinconia gli traspare dagli occhi blu. 

Sì, lo è. 



*******************




Note dell'autrice
Eccomi! Quale idea migliore per il prompt "Selfie"? Chi mi conosce sa che io non sono esattamente ShinRan, però mi spiace per Ran e per tutto ciò che è costretta ad affrontare. Potete considerarlo un regalino per i fan della coppia. :D spero vi piaccia.
Alla prossima,
Ile






 

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Capitolo 21
*** Chiave - Shiho/Gin/Shinichi ***


Chiave
#prompt21

 

Quel luogo era terribilmente familiare, uno spazio angusto che le portava irrimediabilmente alla mente ricordi che aveva cercato di lasciarsi alle spalle. 
La paura era sparita dal momento stesso in cui aveva capito che la sua decisione avrebbe protetto lui, non importava a quale costo. 

Era bastato un attimo; l'istante in cui aveva visto quel criminale che ormai odiava con tutta se stessa puntare l'arma contro il ragazzo al quale teneva di più al mondo, una sensazione di smarrimento tremenda le piombò addosso, spingendola a quella scelta sofferta.
Aveva pensato a tante cose, mentre la riportavano in quel laboratorio sterile. Aveva pensato all'inutile sacrificio di sua sorella, alla protezione che la sua nuova famiglia le aveva regalato senza pretendere nulla in cambio.

Non era timore, non era più spaventata da loro. Ma iniziò a tremare quando i ricordi di quella vita le tornavano alla mente, uno dopo l'altro. 
Gin aveva dato la sua parola, contava solo questo. 
Doveva lavorare. Doveva mettere nuovamente le mani su quel dannato farmaco e lo avrebbero lasciato in pace. 

La porta del laboratorio si spalancò con un cigolio e Shiho rimase immobile contro il bancone, respirando appena. 
Gin si fece avanti, il ghigno impresso sul volto.
«Brava, Sherry. Hai preso la decisione migliore». 
Lui le era già alle spalle e la giovane donna non si mosse, abbassando un attimo le palpebre in modo da creare uno scudo che non le permettesse neanche di percepire i suoi movimenti. 
«Era quello che volevi, adesso lascialo andare». 

Percepiva il volto dell'uomo sfiorarle i capelli, il suo corpo aderire contro il proprio. Si sforzò di non pensare, di cancellare dalla mente ciò che era stata in quei due anni vissuti attraverso l'ingenuità e la scoperta di una bambina di otto anni. 
Sarebbe bastato annullare ogni sorta di ricordo, di affetto, niente di complicato. 

La risata gelida di lui spezzò quella vana speranza alla quale aveva cercato di aggrapparsi con tutta se stessa. 
«Lo farò, mia cara. Non preoccuparti» le mormorò poi, afferrandole bruscamente il braccio con la mano destra. In quel gesto, Shiho percepì la rabbia, la vendetta. Lo conosceva abbastanza bene per sapere che non si sarebbe accontentato del suo rientro nella banda, non dopo essergli sfuggita per due anni. Non dopo averlo preso in giro. 

«Cosa vuoi, Gin?» gli chiese, fingendo la massima freddezza. Non riuscì a tradire un accenno di insicurezza in quel tono. 
Lui rispose immediatamente, sollevandole poi il mento con la stessa mano. Brusco, istintivo, quasi come se si fosse trovato davanti un giocattolo da buttare via. Stavolta le sue labbra erano a un millimetro dall'orecchio della scienziata. 

«Ho intenzione di mantenere la mia parola, stai tranquilla. Libererò il tuo amichetto... » sussurrò, godendosi il momento e assaporandolo ulteriormente quando la vide tremare impercettibilmente. «... se sarai disposta a darmi ciò che voglio». 
Shiho si voltò quasi instintivamente, scansandosi dalla sua presa. Sgranò gli occhi, il cuore in gola. Avrebbe dovuto prevederlo. 
«No! L'accordo era che sarei tornata a lavorare per voi in cambio della sua vita... ora lascialo andare».

Gin rise di nuovo, interrompendosi subito dopo. 
«E io cosa guadagno in tutto ciò? Mi hai tradito, Sherry. È giusto dimostrarmi la tua completa lealtà se vuoi la mia fiducia» le disse schietto, ora fissandola negli occhi. 
La ragazza fece un passo verso la porta, in attesa di correre da Shinichi e liberarlo da sola, ovunque si trovasse, a costo di morire. Sarebbe stato più semplice. 

Ma non fece in tempo, perché un secondo dopo si ritrovò la canna di una pistola rivolta dritta verso di sé, che la costrinse a bloccarsi sul posto.
«Non è una richiesta. Se non fai quello che dico possiamo anche dirci addio. E prima di te morirà il tuo amico detective». 
«Non ti azzardare a toccarlo» sibilò Shiho, mentre cercava di trattenere frasi peggiori. La sua espressione era mutata; determinata e infuriata, delusa. Non che si fosse mai fidata davvero del peggiore criminale che avesse conosciuto all'interno dell'organizzazione, ma per la prima volta vide lo squallore in ogni sua minima sillaba. 
«Allora immagino tu sia disposta a soddisfare la mia proposta, Sherry. Perché è l'unica cosa che puoi fare per salvarlo». 

Il suo pensiero volò immediatamente a quel ragazzo chiuso nell'altra ala dell'edificio, che aveva cercato di proteggerla e che le aveva urlato di smetterla mentre proponeva a Gin il piano che aveva in mente. 

Shinichi.

Avrebbe rischiato tutto per lui. Tutto. 
Gin ghignò, sollevò la mano destra - quella sinistra era ancora impegnata a puntare la pistola - e la aprì, mostrandole ciò che aveva nascosto da ore intere. Una chiave. Piccola, arrugginita. 
Stava vantando il possesso di quell'oggetto che significava tutto, in quel momento. 

«Dimmi, cosa scegli?». 

Shiho non potè fare altro che rischiare, fidarsi, mentre abbassava lo sguardo in silenzio. Il cuore palpitava, l'ossigeno mozzato nei polmoni. 
«Voglio vederlo un'ultima volta».
«Hai un minuto di tempo. Sei avvisata» le rispose l'assassino mentre s'incamminava, le mani nelle tasche dell'impermeabile nero. «A proposito, devi ringraziare Vermouth per averci convinto a lasciarlo andare. È sotto la sua responsabilità ora e se quella sottospecie di patetico detective farà un solo passo falso si ritroverà una pallottola in fronte in un attimo. Tu ora sei mia, non dimenticarlo». 
La ragazza lo vide allontanarsi, mentre qualcosa in sé si sgretolava velocemente. 

Stava osservando Shinichi dietro le sbarre per assicurarsi che stesse bene - oltre al labbro spaccato e ai lividi sul corpo. Lui appoggiò le mani sul ferro ghiacciato della cella quando gli si avvicinò. 
«Cos'è successo?! Cosa gli hai detto per convincerli a non ucciderti?». 

Shiho fissava il pavimento sporco di quel luogo, senza riuscire a reggere lo sguardo teso del ragazzo, gli occhi blu sgranati dallo stupore. 
«Non preoccuparti, ti libereranno presto» mormorò appena, il tono così basso che lui dovette allungarsi il più possibile per poter udire quella frase. «Me lo hanno giurato». 
«Che stai dicendo?! Perché?» le chiese poi Shinichi, il cuore in gola dalla preoccupazione. Cominciava a intuire cosa non andasse. «Non ti sarai offerta di tornare con loro, vero?». 

Una lacrima sfuggì veloce sulla pelle chiara di lei, l'unica che non era riuscita a trattenere. L'amico se ne accorse e il suo cuore perse un battito. 
«Non pensare a me. Te lo dovevo» gli rispose senza sollevare lo sguardo. Mise le mani su quelle di lui che stringevano ancora le sbarre. «Promettimi che non verrai a cercarmi e che non proverai a salvarmi, non stavolta. Ho deciso di farlo per proteggervi, non buttare tutto. Ti prego». 
«Non fare stupidaggini, non te lo permetterò!».
«Me lo hai detto tu, di non fuggire dal destino».

Dopodiché lei sollevò lo sguardo, incontrando quello bellissimo del detective. Quest'ultimo si stupì di quegli occhi così carichi d'affetto, di dolore. Di sacrificio. Non avrebbe mai potuto chiedergli una cosa del genere.

L'eco di un susseguirsi di passi decisi interruppe il momento. Gin le si avvicinò velocemente, afferrandola per l'avambraccio. 
«Tempo scaduto, Sherry». 
«No, ehi!» esclamò Shinichi, allungando un braccio nella loro direzione. Scrutò quell'espressione spietata che adesso lo guardava con odio, mentre la rabbia prendeva possesso su di sé.
«Fai quello che ti ho detto, Shinichi! Per favore» esclamò ancora, mentre Gin la trascinava via. «Addio». 

Shiho si voltò, mentre la presa di quell'uomo le lasciava l'ennesimo segno sulla pelle. Un segno che non avrebbe mai smesso di farle male, ma che aveva scelto di accettare, da ora in avanti.
Solo per lui.

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Capitolo 22
*** Ombre - Shiho/Gin/Shinichi ***


Ombre
    #prompt22

 


La luce fioca dei lampioni ti guida tra le strade di Beika, mentre l'oscurità della sera copre ogni cosa. Ti guardi intorno, verso i muri degli edifici fatiscenti che ti circondano, sperando di non vedere quelle ombre che ti seguono.
Una strada senza uscita ti blocca il passaggio; sei in trappola, nelle sue mani, adesso. 
L'ombra si avvicina e Gin ti si materializza davanti, la sigaretta tra le labbra. Sei terrorizzata e non sai come muoverti, non puoi farlo. Ti ha trovata. 

All'improvviso, un mano ti stringe il polso e accanto a te compare un'altra figura; quella del ragazzo che ti ha salvato la vita. 
Un improvviso calore ti pervade del tutto, un calore fatto di adrenalina e terrore. 
Non puoi rischiare che uccida anche lui.
«Vieni, andiamo!» ti ordina, voltando un istante lo sguardo verso di te. Il sudore sulla fronte, la guardia alta nei confronti del criminale che avete davanti. 
«Nessuno andrà via da qui» risponde Gin mentre solleva lentamente la pistola verso di voi. «Iniziamo da te, Sherry. Quindi sarebbe questo l'amichetto che ti ha aiutato a scappare?». 
Freddo. Di colpo, il freddo pungente della sera ti penetra nelle ossa. Senti la stretta di Shinichi spingerti verso il muro alle vostre spalle, facendoti arretrare piano. 
Gin punta l'arma contro di te, stavolta. La fissi, il cuore in gola, mentre cerchi di riflettere il più velocemente possibile nel tentativo di trovare una soluzione. 
«D'accordo, farò quello che vuoi» dichiari decisa, facendo un passo in avanti. «Ma lascia stare lui». 
«Ehi, ma che dici?!». 
La voce tesa di Shinichi ti giunge appena alle orecchie, non riesci neanche a farci caso. 

Il criminale ti scruta negli occhi, facendoti raggelare il sangue nelle vene. Non risponde subito e questo ti dà una speranza in più che possa accettare la proposta. 
«Sospettavo che la mia assenza non ti avrebbe lasciata indifferente» comincia lui, impassibile. «D'altronde siamo stati bene insieme. Sarà come ai vecchi tempi». 
«Stai zitto, Gin». 
«Che vuoi dire?». 
Shinichi ti guarda confuso, cogliendo la particolarità di quell'affermazione. Il dubbio si è insinuato in lui di colpo. 
Gin ride, prima di riprendere a parlare.
«Lei non te lo ha detto, detective?» dice, calpestando col piede la sigaretta ancora accesa. 
«Stai zitto!» esclami, scuotendo la testa. Non puoi permettere che Shinici lo venga a sapere, non così. 
«Io e Sherry eravamo molto amici in passato». 
Vedi il detective sgranare gli occhi, mentre si volta lentamente verso di te, cercando di riflettere su quelle parole. 
Ma non fa in tempo a dirti altro, perché la canna della pistola di Gin si solleva, prendendo la mira su entrambi.
«Mi dispiace, mia cara. Farete la stessa fine». 
Shinichi si posiziona davanti a te e ti stringe, coprendoti con il suo corpo. Puoi percepire il suo battito veloce contro il tuo, mentre gli occhi ti si riempiono di lacrime.
Non può morire, non lui. 
Poi l'assassino preme il grilletto e il rumore di uno sparo echeggia nell'aria. 

Quando apri gli occhi sei ancora a letto, nel tuo letto, e ti siedi di scatto sul materasso. Un sogno, un altro stupido, terribile sogno. Cerchi di riprendere a respirare con regolarità, sollevata, mentre il pensiero più importante si fissa nella tua mente. 
È vivo. Shinichi è vivo.





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Capitolo 23
*** Dormire - Shinichi/Ran/Shiho ***


Dormire 
#prompt23



«Shinichi... »
«Mh?»
«Sei sveglio?».

Ran lo sente sospirare appena mentre appoggia la testa sul braccio. Lui non risponde subito, troppo teso dal cercare di prevedere quale assurda richiesta ha intenzione di fargli lei stanotte. 
«Ora sì». 
«Ah... scusa». 

La ragazza resta in silenzio per due minuti e Shinichi, senza neanche accorgersene, si addormenta profondamente per la seconda volta. 
«Ehi, Shinichi». 
Non può non sentirla, dal momento che lo sta scuotendo lievemente per una spalla. Quest'ultimo sbuffa di nuovo, rassegnandosi al fatto che non riuscirà a dormire finché non si preoccuperà di soddisfare la sua richiesta, qualunque essa sia.
«Dimmi. Va tutto bene?». 

Ran accende l'abat-jour sul comodino, lo sguardo teso. Per un secondo lui legge la preoccupazione nei suoi occhi e si siede di scatto, osservandola. 
«È successo qualcosa?».
La ragazza scuote la testa, arrossendo leggermente. Dal suo sguardo traspare tutto il disagio per la situazione. 
«No, è solo che... » inizia, passandosi la mano sullo stomaco brontolante. «... avrei tanta voglia di un tramezzino con la marmellata di mirtilli e burro di arachidi. Non riesco a chiudere occhio altrimenti». 

Shinichi si lascia cadere sul materasso, coprendosi la faccia con il piumone nel tentativo di sparire dalla faccia della Terra. 
«Ancora?! Te ne ho preso uno ieri notte».
«Lo so, ma non sono io che decido... mi dispiace». 
Ran si passa una mano sulla forma arrotondata del ventre, sospirando. Lo stomaco brontola di nuovo. 
«Ho capito, ma questa è la quarta volta in meno di due settimane che mi fai andare dal dottor Agasa alle tre di notte per quel tramezzino. Shiho sta cercando di non comprarne più per evitare che il professore ingrassi e potrebbero anche essere finiti». 

La ragazza annuisce, stavolta senza replicare. Abbassa lo sguardo, ma qualcosa la fa irritare. La risposta del ragazzo, forse. Il suo non prendere seriamente quella richiesta importante che non riesce a ignorare. 
Torna a guardarlo un istante dopo, inarcando un sopracciglio. 
«Sei proprio un detective menefreghista e insensibile! Ti ricordo che aspetto tuo figlio, quindi non ti costa niente recuperare un misero tramezzino per evitare di farci morire di fame!». 
Ecco, l'ardore di Ran - della karateka pronta a prenderlo a calci - è tornato in un attimo. Non è più in imbarazzo e il disagio è sparito di colpo. Già, gli ormoni di una donna incinta.  
Shinichi rimane immobile, non osa neppure respirare. Dopodiché sospira, alzandosi dal materasso. 
«Torno il prima possibile... ». 

Il detective infila frettolosamente la giacca e, senza neanche accorgersene percorre il vialetto in ciabatte. Raggiunge il cancello del dottor Agasa, per fortuna socchiuso. Combattendo contro il sonno, cammina nel cortile finché non si trova davanti il portone. 
Bussa appena, sentendosi totalmente debole.
«Ehi, dottore? Sono Shinichi! Mi spiace svegliarla, ma... ».
Non ha ancora finito la frase, che la porta si spalanca e la sua amica di sempre lo guarda indifferente. 
«Fammi indovinare... la tua bella ha bisogno di un altro tramezzino». Incrocia le braccia, trattenendo a stento una risatina sarcastica. «Come sei conciato, Shinichi. E pensare che tuo figlio non è neanche nato». 
«Spiritosa... ». 
«Dai, entra. Dovrei avere qualche altra fetta di pane, te lo preparo subito». 

Shinichi entra nel laboratorio, chiudendo un istante le palpebre nel tentativo di stare sveglio. Dopodiché segue la ragazza, vacillando fino al bancone. 
«Se stai così adesso, preparati a quando il bambino nascerà. Nulla di strano» riprende Shiho, stringendosi appena nel suo pigiama blu. «Dopotutto, cosa vuoi che sia? Notti insonni, cambi di pannolini... senza tralasciare gli ormoni in palla di Ran, che non ti daranno tregua e-»
«-Sì, sì! Ho capito, grazie» la interrompe il detective, sbuffando sonoramente mentre l'amica non si sforza minimamente di trattenere il sorriso beffardo. 
Poi, non dice più nulla; segue con lo sguardo i movimenti di lei mentre apre la confezione del pane precedentemente nascosta e spalma di marmellata la prima fetta. 

Lui rimane in silenzio, a braccia incrociate, contro la parete. Solo in quel momento riesce a riflettere su quanto riesca a fare ogni volta Ai - o Shiho - senza che neanche glielo chieda. Così, naturalmente.
Perché sa che lei lo stava già aspettando e questo Shinichi lo deduce dalla confezione nuova del pane, presa di proposito per l'occasione, e dal televisore acceso in sottofondo che le facesse compagnia nell'attesa di sentire bussare alla porta.  
«Ecco, tieni» gli dice all'improvviso, porgendogli una busta di carta. «E fammi sapere come sono venuti... sperando che la signorina dell'agenzia ti faccia dormire, stavolta». 
Il ragazzo prende tutto tra le braccia, ma adesso non ribatte. 
«Grazie mille, sei un'amica». 
Shiho sorride di rimando mentre lo accompagna alla porta; un sorriso che resta impresso anche sul suo, di volto. 

Non potrebbe mai fare a meno di lei. 





*******************



Nota dell'autrice:
I tramezzini che cito sono quelli che Ai mangiava in America e che ripropone in uno degli OAV! Quindi Shinichi in questa fanfic va da lei perché è l'unica a saperli fare. :)

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