La bambina nella stalla

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Damien ***
Capitolo 2: *** Elisa ***
Capitolo 3: *** Patty ***
Capitolo 4: *** Candy ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Damien ***


Disclaimer: questa storia è un what if che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi nè tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.
 
Damien
 
L’automobile attraversò il cancello ed entrò nel giardino della villa di Elisa Stowe. Si fermò proprio davanti alla piccola scalinata d’ingresso della villa.
Dalla macchina scese un prete cattolico, ben riconoscibile dal caratteristico abito nero con tanto di colletto bianco.
L’uomo dimostrava intorno ai 35-40 anni, la stessa età della padrona di casa che in quel momento uscì dalla villa andandogli incontro con un radioso sorriso.
-Damien! Sono felice di vederti!-
-Sono secoli che non ci vediamo!-
-Beh, proprio secoli no: non sono così vecchia!-
Damien rise mentre salivano la breve scalinata che introduceva alla villa. Nell’ampio salone di ingresso furono accolti da una giovane ragazza con capelli a caschetto e un paio di occhiali.
-Benvenuto Padre.-
-Damien, lascia che ti presenti Patricia Mendez, la mia governante-factotum.-
-Onorata Padre. Può chiamarmi Patty, come fa la signora Stowe.-
-Patty, questo è Padre Damien Karras.-
-Molto piacere signorina.-
-Gradisci qualcosa da bere Damien?-
-Con questo caldo una bella bibita fresca la apprezzo.-
-Lasciate fare a me e accomodatevi pure in veranda, ci penso io.-
 
La padrona di casa e il suo amico prete si sedettero sotto la veranda davanti alla porta d’ingresso alla casa, in attesa che la giovane governante portasse due bibite fresche.
I due avevano studiato insieme all’università di Chicago, ed erano entrambi psichiatri.
-Così ti ci sei trasferita davvero a Lakewood!-
-Si Damien, dopo la morte dei miei genitori e la rottura con Frank, non c’era più niente a legarmi a Chicago. Così con i soldi ereditati dai miei ho comprato questa villa di inizio ‘900, i miei ne possedevano già una quota e io ho riscattato le quote degli altri proprietari.
Esercito qui in città, dove ho affittato un piccolo studio e presto consulenze a un ospedale qui vicino.
E tu?-
-Io lavoro per i gesuiti, d’altronde sono loro che mi hanno fatto studiare medicina, lo sai. Ma non credere che io abbia rimpianti, sono felice delle scelte che ho fatto.-
-Lo so, ed è raro al giorno d’oggi.-
La giovane Mendez portò le bibite, e poi si ritirò in cucina.
-Mi sembra molto giovane la ragazza.-
-Ha soltanto 19 anni, e lavora per me da quando ne aveva 17. Ma non pensare male: l’ho presa con me perché era povera e aveva appena perso entrambi i genitori. Ti assicuro che la pago e la tratto bene, è una cara ragazza…-
Damien sorrise, intenerito dal buon cuore della sua compagna di studi.
Dopo l’Università si erano persi di vista, e si erano ritrovati da poco tramite i social-network.
-Grazie di essere venuto Damien. So quanto sei impegnato.-
-Ho talmente tante ferie arretrate che sono stato felice di approfittarne. Oggi è giovedì, e io posso restare fino a domenica. Quale che sia il tuo problema puoi contare su di me.-
Elisa Stowe rimase in silenzio abbassando lo sguardo, e Damien sembrò percepirne l’imbarazzo.
-Posso sapere di che si tratta? La scorsa settimana mi hai scritto che ti serviva una consulenza “psichiatrico-religiosa”.-
Elisa ridacchiò.
-Hai ragione, hai diritto a una spiegazione.
Dunque: ti ho già detto che questa villa fu costruita a inizio ‘900 e che i miei ne possedevano una quota. Gli antichi proprietari erano nostri antenati.-
Elisa sembrava sempre più imbarazzata.
-Damien, ti prego di credermi: non ti sto prendendo in giro, e non oserei mai mancare di rispetto a te e alla tua religione.-
-Non vedo perché dovrei pensare il contrario. So benissimo che tu sei battista, ma in realtà non credi. Il che non ci impedisce di essere amici e di parlare del tuo problema, quale che esso sia.-
Elisa prese il coraggio a quattro mani.
-Penso che questa casa sia infestata.-
Damien sgranò gli occhi.
-Che hai detto?-
-Hai capito benissimo: penso che questa casa sia infestata da presenze ultraterrene.-
Damien rimase imperturbabile.
-Elisa, stai dicendo seriamente?-
-Si Damien. So cosa stai pensando, d’altronde lo penserei anch’io al tuo posto.-
Anche Damien tacque un po’ imbarazzato, come a soppesare ogni parola che avrebbe pronunciato.
-Elisa ascoltami: per la Chiesa, e quindi anche per me, il diavolo esiste, ma questo non vuol dire che sia così facile incontrarlo per strada. E poi… dovrebbe essere ingenuo per pensare di poter peggiorare ancora gli uomini.-
-Non ho parlato del Diavolo Damien!-
-E di cosa stai parlando allora?-
-Di… fantasmi… di presenze inquiete…-
Damien cercò di assumere un’aria professionale, distaccata, ma gli risultava difficile. Quella donna era una sua carissima amica.
-Elisa, è difficile per me dirti queste cose, ma se si cominciano a vedere fantasmi forse è il caso di sottoporsi a un consulto.-
-Infatti ti ho chiamato per questo. Sai, l’anno scorso ho detto le stesse cose a un mio paziente. Figurati: mi è venuto a dire che il suo televisore era infestato dalla bambina di “The Ring”!-
Ridacchiarono insieme, Damien era sollevato nel vedere come la sua amica stava cercando di prenderla. Certo, non per questo l’inevitabile percorso terapeutico sarebbe stato facile.
-Ascoltami Damien, sono una psichiatra come te, e so benissimo quello che stai pensando. Lo penserei anch’io se tu venissi a dirmi di vedere i fantasmi, e accetterò ogni tuo consiglio in ambito terapeutico, a una condizione.-
-Quale condizione?-
-Che tu venga con me, adesso!- disse lei alzandosi. Damien ritenne opportuno accontentarla, d’altronde era curioso di saperne di più.
I due si diressero a piedi verso il cancello della villa, e quasi alla fine di quel percorso di non più di un centinaio di metri, Elisa deviò verso destra in direzione di una costruzione in legno dall’aria vecchia e cadente. Entrando dal cancello Damien non ci aveva fatto caso.
Arrivati a pochi metri dalla vetusta costruzione, Elisa si fermò.
-è qui che…-
-Che ho visto i fantasmi!-
-Non mi sembri turbata o spaventata.-
-Non lo sono affatto.-
-Posso chiederti cos’è questa costruzione?-
-Era la stalla dove i miei antenati tenevano i cavalli. È in disuso da parecchio tempo e come puoi vedere non è certo il massimo della sicurezza! Infatti pensavo di farla abbattere.-
-Sarebbe questo il luogo delle… manifestazioni soprannaturali?-
Elisa annuì.
-Entriamo.-
Damien era perplesso. Se davvero Elisa aveva visto i fantasmi in quel luogo, avrebbe dovuto esserne terrorizzata o quanto meno intimorita. Comunque la seguì dentro l’ex-stalla.
Vista da dentro la vecchia costruzione era ancora peggio che vista da fuori. In stato di totale abbandono da chissà quanto tempo.
Da un lato si riconosceva quello che rimaneva di una staccionata dietro la quale erano sicuramente tenuti i cavalli. Dall’altro lato un buco irregolare nella parete rivelava comunque che da quella parte ci doveva essere stata una finestra o qualcosa di simile.
In mezzo alla stalla il palo portante della struttura ancora reggeva. Intorno al palo c’era qualcosa, come un vecchio tessuto sfilacciato annodato.
Elisa si avvicinò proprio al palo.
-Vedi questo tessuto Damien?- chiese la donna al suo amico.
-Si lo vedo.-
-Avvicinati.-
Damien obbedì compatendo sinceramente la sua amica.
-Questo era un nastro per capelli. Toccalo per favore.-
Damien si prestò anche a questa singolare richiesta chiedendosi dove volesse andare a parare.
 
Com’ebbe toccato il nastro qualcosa accadde dentro di lui: istantaneamente la stalla gli apparve integra e lui avvertì l’odore intenso dei cavalli e del fieno.
Alla sua sinistra, vicino a dove ricordava esserci il buco nella parete, vide una finestra a ribalta interamente in legno, una specie di botola, che faceva entrare la luce del sole nella stalla, e proprio sotto la finestra c’era un letto, e su quel letto era seduta una bambina bionda che piangeva tenendo un nastro fra le mani, vicino al viso.
Quello che Damien percepì da quella bambina era una sensazione duplice, gioia e tristezza insieme. Quel nastro sembrava significare molto per lei.
 
Damien scattò all’indietro turbato. Tutto intorno a lui era tornato normale. Elisa di fianco a lui gli chiese:
-L’hai vista anche tu, vero?-
Lui, troppo turbato per parlare, fece cenno di sì.

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Capitolo 2
*** Elisa ***


Elisa
 
Damien ed Elisa sedevano di nuovo sotto la veranda. Quella giornata di inizio giugno era veramente calda, e ormai era arrivata l’ora di pranzo. In attesa che la giovane Patty servisse il pranzo i due parlarono di quello che Damien aveva appena visto.
-Ammesso che quello che abbiamo visto sia reale, a me quella bambina non sembra una “presenza inquieta” da film horror.-
-Certo che no! Quella bambina trasmette solo dolcezza! Appare triste è vero, ma non si può non avvertirne la bontà.-
-Sempre ammesso che quello che abbiamo visto corrisponda a qualcosa di reale. Sai, siamo tutti San Tommaso, se non vediamo non crediamo, e spesso non ci basta neanche di vedere.-
In quel mentre arrivò la ragazza, Patty.
-Signora, il pranzo è pronto. Dove vuole che apparecchi?-
-Apparecchia pure qui fuori. Anzi ci penso io ad apparecchiare. Tu siediti qui. Naturalmente mangi insieme a noi.-
-La ringrazio signora.- disse lei sedendosi. Poi, mentre Elisa entrava in casa, si rivolse a Damien.
-L’ha vista anche lei padre?-
-Cosa? Anche tu…-
-Si padre, l’ho vista anch’io.
Lavoro qui da due anni e ci vivo da un anno e mezzo, da quando fui costretta a vendere la casa dei miei poveri genitori. La signora Stowe è una donna di buon cuore e mi offrì di stabilirmi qui.
Mi fa lavorare, mi paga bene e mi tratta come una figlia.-
Damien ascoltava commosso il racconto di quella ragazza, sfortunata sì, ma al tempo stesso fortunata ad aver incontrato una donna come Elisa ad aiutarla.
-Quest’inverno, mentre la signora era al lavoro, stavo lavorando in giardino nei pressi del cancello. Sentii un rumore provenire dalla stalla. Era mezzogiorno e quella era una giornata fredda ma luminosa, così non ebbi paura ed entrai nella stalla incuriosita. Pensavo a un gatto o qualcosa di simile, ma non vidi niente. La stalla era così come l’avete vista voi poco fa.
Gironzolai un po’ lì dentro incuriosita da quella vecchia costruzione e quasi per caso toccai il nastro.
Vidi quello che ha visto lei padre, la bambina che piangeva sul letto tenendo quel nastro. Il tutto durò una frazione di secondo, poi scappai terrorizzata.
Per diversi giorni non ebbi il coraggio di parlare alla signora di quello che avevo visto: temevo che mi avrebbe preso per pazza e licenziata. E poi ero terrorizzata da quelle presenze.
Poi un giorno entrai di nuovo nella stalla, volevo capire se avevo sognato o cos’altro. Toccai di nuovo il nastro e rividi la stessa scena: la bambina che piangeva tenendo il nastro fra le mani. La visione durò una frazione di secondo, come la volta precedente, e proprio in quel momento entrò la signora.
Quel giorno era rientrata prima dal lavoro.
Mi chiese cosa stessi facendo e io le chiesi di toccare il nastro.
Lei mi guardò come se fossi impazzita, e non aveva certo torto, un po’ pazza lo sono davvero! Tuttavia mi accontentò e anche lei vide la bambina bionda seduta sul letto.-
 
In quel momento arrivò Elisa spingendo un carrello portavivande con il pranzo e piatti e posate per apparecchiare la tavola. Patty istintivamente si alzò per prendere i piatti e apparecchiare, ma Elisa la “picchiò” scherzosamente con il mestolo.
-Ferma lì tu! Ti ho detto che ci penso io!-
 
Poco dopo mentre mangiavano Elisa chiese a Damien.
-Immagino che Patty ti abbia raccontato tutto.-
-Si, lo ha fatto.-
-Le avevo chiesto io di non dirti niente finché non ti avessi portato nella stalla.-
Damien, per quanto turbato dall’esperienza appena vissuta, cercò di mantenere un atteggiamento professionale.
-Ascolta Elisa. Ammesso che quello che abbiamo visto abbia a che fare con una persona realmente esistita, non so quanto tempo fa, tu hai idea di chi possa essere?-
-Da quel giorno di febbraio che per la prima volta vidi quella bambina mi sono fatta la stessa domanda. Chi è? è una persona realmente esistita o è solo una specie di allucinazione collettiva?
Così quando mi trovavo a casa cominciai a spulciare gli antichi documenti appartenuti ai miei antenati. In realtà non potevo essere sicura dell’epoca a cui apparteneva quella bambina, ma dai suoi abiti, da come appariva la stalla, dedussi che la scena che vedevamo, ammesso che fosse reale, doveva essere accaduta più o meno in quell’epoca, cioè a inizio ‘900.-
-E hai trovato niente?-
-Si, forse ho trovato qualcosa.
Poi te lo mostrerò, ma trovai un vecchio documento ingiallito che mi sembrava una specie di accordo con un istituto chiamato “Casa di Pony” con sede a Laporte nello stato dell’Indiana, un accordo che riguardava una certa Candice White che venne a lavorare qui come “dama di compagnia” per la figlia del mio antenato che firmò l’accordo.-
-E tu pensi che la presenza nella stalla, se di presenza si tratta, abbia a che fare con questa Candice White?-
-Si lo penso. Non trovai altro di interessante in quei documenti, solo scartoffie su antichi affari bancari condotti dal mio antenato. Così iniziai a indagare.
Ti risparmio la descrizione di tutti i giri che feci, fra chiese, uffici comunali e quant’altro, ma alla fine potei raffigurarmi un quadro della situazione, sicuramente molto ipotetico, ma possibile.-
-Ti ascolto.-
-Dunque, intorno al 1910 i miei antenati assunsero questa tale Candice White come “dama di compagnia” per la figlia Elisa, già si chiamava come me.
Candice doveva avere non più di 12-13 anni che era appunto l’età di Elisa, che poi appurai essere la mia bisnonna.
La bambina rimase in questa casa non oltre il 1911 anno in cui risulta essere stata adottata dalla famiglia Andrew, ho un certificato che lo attesta. La famiglia Andrew possedeva una villa qui vicino, una villa che esiste ancora oggi anche se ha proprietari diversi. È la villa delle rose, poi magari ti porterò a vederla. Conosco i proprietari.
Comunque, tornando a Candice White ritengo che il periodo della sua permanenza qui, non fu felice. I miei antenati avevano fama di essere persone altezzose e arroganti che trattavano con disprezzo chi non apparteneva al loro rango.
Inoltre se la scena che abbiamo visto ha un fondamento di verità, dovremmo credere che Candice fu messa addirittura a dormire nelle stalle.-
-Sempre che la bambina della stalla sia Candice White.-
-Beh, il mio resoconto è finito Damien. A quell’epoca si usavano molte meno scartoffie di oggi, e buona parte di quelle scartoffie è sicuramente andata perduta.-
-Hai una connessione internet in questa casa?-
-Naturalmente, e ho anche due computer, uno mio e uno che usa Patty.-
-Oh non preoccuparti. Ho il mio fedele portatile in macchina e userò quello, mi basta solo la connessione. E poi vorrei vedere i documenti di cui mi hai parlato, quelli su Candice White.-
-Ok. Patty, occupati tu di quello che ha chiesto Padre Karras, fallo connettere a internet e dagli la cartellina con i documenti che sai. Penso io a sparecchiare e lavare i piatti.-
-Signora, lei così mi mette in imbarazzo! Mi faccia guadagnare il mio stipendio!-
-Te lo guadagni lo stipendio ragazza! Non si dovrà mai dire che io sono come i miei antenati! Fa quello che ti ho detto!-
-Va bene signora, la ringrazio signora.-
Damien sorrise a quella scena. La sua amica non era davvero una riccastra altezzosa e arrogante, e voleva sinceramente bene a quella ragazza.
 
-La cena è quasi pronta Damien. Patty sta apparecchiando la veranda.- disse Elisa entrando nello studiolo dove si era sistemato Damien.
-Ho trovato delle cose interessanti Elisa, sia sui tuoi antenati che su Candice White. Hai una stampante?-
-Certamente. Se clicchi sull’icona della stampa la trovi e ti puoi connettere liberamente.-
-Visto che è quasi pronta la cena ne parleremo meglio a stomaco pieno, ma posso anticiparti alcune cose. L’istituto chiamato “Casa di Pony” esisteva realmente ed esiste ancora oggi con un altro nome.-
-E di cosa si tratta?-
-è quello che potremmo chiamare “orfanotrofio” o “casa per bambini”-
-Quindi Candice White era un’orfana.-
-Già. All’epoca poteva accadere che bambini orfani venissero presi a lavorare da famiglie ricche come quella dei tuoi antenati.-
-Che tristezza!-
-Tutto va contestualizzato all’epoca di cui parliamo. Per un bambino orfano era sempre una bella possibilità lavorare per una famiglia ricca. Significava avere un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare.
Poi ho cercato di verificare il certificato di adozione…-
In quel momento Patty li chiamò, la cena era pronta e servita in tavola.
 
-Allora io vado signora! Non so bene quando rientrerò, ma la prego: lasci stare i piatti. Li laverò io stasera o domani mattina.-
-Vai adesso e divertiti con i tuoi amici. Ci vediamo domani.-
 
-Vuoi bene a quella ragazza, ti si legge in faccia.- disse Damien mentre la giovane Patty si allontanava con l’utilitaria che Elisa le metteva a disposizione.
-Sì, le sono affezionata. Chiamalo istinto materno represso se vuoi, fatto sta che la conosco da quando era bambina. Conoscevo i suoi genitori, gran brave persone. Quando mi sono trasferita qui erano appena morti e quella povera ragazza non sapeva dove andare a sbattere la testa, così la presi con me a lavorare. I suoi le avevano lasciato in eredità un appartamento in città e una montagna di debiti. Dopo qualche mese le consigliai di vendere l’appartamento per pagare i debiti e la feci trasferire qui.
È una brava ragazza e una gran lavoratrice, ma torniamo a noi.-
Damien prese una pila di fogli stampati che aveva sistemato su una sedia di fianco a lui.
-Eravamo rimasti al certificato di adozione…
La tua è evidentemente una fotocopia e l’originale non era certamente in buono stato, tuttavia ho potuto ricostruire qualcosa.
Il certificato si riferisce a una certa Candice White Andrew nata nel 1800 e qualcosa, le ultime due cifre sono illeggibili, ma parlando di una adozione avvenuta nel 1911 possiamo desumerne che la Candice del certificato sia nata negli ultimi anni del 1800. Se si tratta della stessa Candice che lavorò in questa villa direi che possiamo pensare che sia nata nel 1898/99.
Ho provato a cercare in rete eventuali documenti o atti di qualsiasi genere, relativi a Candice White o Candice Andrew.
Ovviamente ne ho trovati diversi, White e Andrew sono cognomi abbastanza diffusi e anche il nome Candice non è certamente raro. Sicuramente sono esistite ed esistono tuttora molte Candice White o Candice Andrew, ma guarda un po’ questo certificato che ho stampato poco fa.-
Damien porse alla sua amica un foglio A4 che lei visionò attentamente.
-Questo è un certificato di morte di Candice White Andrew! Nata nel 1898 in località ignota e morta a Londra nel 1991!-
-Potrebbe trattarsi proprio di lei, capisci? Della nostra Candice.-
-Quindi quella bambina è reale!-
-Andiamoci piano. Ho detto solo che la Candice White che lavorò qui è realmente esistita. Sul resto… non posso pronunciarmi…-
-Ma se lo è, se quella presenza nella stalla è Candice White Andrew, perché si trova qui? Cosa vuole?-
Damien sembrò riflettere per qualche secondo.
-Perché non lo chiedi a lei?-
 

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Capitolo 3
*** Patty ***


Dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, Elisa e Damien tornarono alla stalla.
-Tu resta qui.- chiese lei al suo amico –è una cosa che devo fare io.-
Damien assentì, anche lui pensava che fosse giusto così.       
Senza provare paura o soggezione, ma solo un grande senso di tranquillità, Elisa entrò da sola nella vecchia stalla tenendo in mano una piccola torcia a gas di quelle che si usano in campeggio, si avvicinò al palo portante e dopo un breve istante, come di raccoglimento, toccò il nastro.
Subito visualizzò la scena che ormai ben conosceva, la bambina bionda che piangeva e sorrideva tenendo il nastro fra le mani.
-Candice…-
Per la prima volta la bambina alzò la testa verso di lei.
-Sei tu… Candice?-
-Sì, ma chiamami Candy, come hanno sempre fatto tutti.-
-Sei… sei reale Candy? Sei veramente qui?-
La bambina apparve sorpresa e quasi indispettita.
-E dove dovrei essere secondo te?-
-Io… non lo so Candy…-
-Comunque sono qui.- disse l’apparizione quasi sbuffando.
-Perché sei qui Candy?-
-è difficile da spiegare, quello che tu vedi toccando il nastro è un frammento della mia memoria, di quando vivevo qui…-
Elisa piangeva, dunque quella bambina aveva veramente vissuto nella stalla! Ma che razza di gente erano i suoi antenati?
-…in questo posto ho vissuto dei brutti momenti… i padroni di casa non erano proprio gentili con me… ma qui sono stata anche felice… i domestici mi volevano bene…-
-Sai chi sono io… Candy?-
-Certo che lo so! Sei Elisa Stowe, pronipote di Elisa Legan, somigli in modo impressionante alla tua bisnonna!-
Elisa apparve turbata
-Oh sta tranquilla, non voglio vendicarmi o infestare questa casa come in un vecchio film horror!-
-E allora cosa vuoi Candy?-
-Guarda alle tue spalle.-
Elisa obbedì e si voltò. Vide alcune luci indistinte là dove una volta ci dovevano essere i cavalli.
-Cosa… cosa…-
Avvertì qualcosa nella sua testa, come una specie di lamento dapprima soffuso, che andava facendosi sempre più forte, sempre più forte… fino a riempirle la testa.
 
La lampada a gas che teneva in mano esplose all’improvviso e una vampata di calore le avvolse le gambe: la sua gonna aveva preso fuoco!
Istantaneamente lasciò cadere la lampada e si levò la gonna, poi uscì di corsa dal vecchio edificio incontro a un allarmato Damien.
-Là c’è un tubo dell’acqua!- gridò Elisa indicando un punto alla sinistra di Damien. Lui vide il tubo e lo afferrò portandolo vicino alla stalla. Elisa prese il tubo e aprì il getto d’acqua alla massima potenza dirigendolo verso l’interno della stalla.
In breve tempo l’incendio fu domato, e illuminando l’interno del vecchio edificio con la luce dei loro telefonini, i due amici poterono constatare che il vecchio nastro avvolto attorno al palo era andato distrutto.
 
Rientrati in casa Damien poté appurare che la sua amica non si era fatta niente: aveva avuto la prontezza di levarsi subito la gonna e le fiamme non le avevano provocato ustioni.
La donna comunque si spalmò a titolo precauzionale, un po’ di pomata contro le scottature che teneva nell’armadietto delle medicine in bagno.
Indossata poi una vestaglia estiva tornò dal suo amico Damien in veranda.
-Per fortuna quella baracca non è più una stalla, altrimenti con il fieno sarebbe scoppiato un bell’incendio!- disse Elisa mentre sorseggiava una birra fresca insieme a Damien.
-Quindi Candy non ha fatto in tempo a spiegarti i motivi della sua presenza qui.-
-No, ma comunque ho potuto percepire qualcosa, per così dire.
C’erano altre presenze lì dentro. Candy mi ha detto di guardare dietro di me, io l’ho fatto e c’erano delle luci indistinte, poi ho sentito un lamento, un vero lamento da fantasma e la lampada che avevo in mano è esplosa.-
-Per fortuna hai avuto una notevole prontezza di riflessi, altrimenti rischiavi di ustionarti.-
-Non credo sia stata Candy a far esplodere la lampada.-
-Non lo penso nemmeno io.-
-Già, ma è impossibile saperlo. Purtroppo il nastro è andato distrutto.-
-Io non credo che fosse il nastro a metterci in comunicazione con Candy, credo che fosse la stessa Candy a comunicare volontariamente con noi, quel nastro era a nostro beneficio, serviva a trasmetterci una sensazione di tranquillità, di sicurezza. Credo che se semplicemente ti recassi lì e pensassi a lei, lei ti apparirà.-
Elisa sembrò pensare per qualche istante.
-Certamente non stasera, e sicuramente non andrò mai più lì dentro con un oggetto infiammabile!- disse infine sorridendo dell’incidente.
-E poi… credo proprio che dovrò scambiare due paroline con la mia protetta…-
-Patty?-
-Si, Patty.-
 
Patty rientrò alla villa che erano le due passate, e in veranda trovò Elisa ad attenderla.
-Ancora sveglia signora?-
-Sì Patty, ti stavo aspettando. Padre Karras è andato a dormire, e io volevo parlare un po’ con te.-
-Va bene signora.- disse la ragazza sedendosi davanti ad Elisa.
-Anzitutto vorrei che tu la smettessi di chiamarmi “signora”. Cavolo, non sono così vecchia! Potrei essere la tua sorella maggiore, e vorrei che tu mi considerassi così d’ora in poi.-
Patty sorrise
-Come vuoi Elisa.-
Anche Elisa sorrise prendendo le mani della ragazza fra le sue.
-E poi vorrei che tu mi dicessi la verità su tutto quello che hai visto nella stalla. Oggi ti ho sentito che parlavi con Padre Karras, e hai parlato di “quelle presenze” al plurale.-
-Sì è vero.-
Elisa raccontò brevemente dell’incidente occorsole poche ore prima.
-Accidenti, spero che tu non ti sia fatta niente.-
-No, tranquilla. Mi sono spalmata un po’ di pomata per precauzione, ma non ce n’era bisogno.
Adesso però vorrei che tu mi dicessi tutto su quello che hai realmente visto nella stalla.-
-La prima volta che vidi Candy fuggii terrorizzata: non capita certo tutti i giorni di vedere un fantasma!-
-No, non capita tutti i giorni!-
-Per un po’ pensai anche di andarmene da questa casa, poi però percepii dentro di me un grande senso di bontà, di tranquillità.-
-Così tornasti nella stalla.-
-Sì Elisa. Ebbi la stessa intuizione di Padre Karras: parlai a quella bambina. Parlammo a lungo e lei mi fece vedere le luci indistinte là dove una volta c’erano i cavalli.
Poi vidi un’altra presenza accanto a Candy: una ragazzina più o meno della sua stessa età, una ragazzina che mi somigliava in modo incredibile.-
-Chi era quella ragazzina?-
-Si chiamava Patricia O’Brien, ed era una delle più care amiche di Candy, nonché mia antenata.-
-Una tua antenata era amica di Candy?-
-Già, si erano conosciute in Inghilterra, frequentando lo stesso collegio. Candy venne adottata dalla famiglia Andrew come ha ricostruito Padre Karras, e gli Andrew la mandarono a studiare a Londra. Lì conobbe Patty.-
-Quindi è per questo che ha comunicato con te la prima volta, ma perché non mi hai mai detto niente di queste cose?-
-Me lo hanno chiesto Candy e Patty. Volevano che fossi tu a parlare con loro, così come avevo fatto io.-
-E… le luci? Cosa sono quelle luci?-
Patty esitava.
-Credo che… dovresti scoprirlo da sola…-

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Capitolo 4
*** Candy ***


Il giorno successivo Damien volle partire, ormai la sua presenza in quella vecchia villa non era più necessaria. Tuttavia promise a Elisa di fare ulteriore ricerche e di darle altre notizie su Candice White e sui suoi antenati.
Anche Patty dovette partire per qualche giorno: un suo amico l’aveva invitata insieme alla sua compagnia, a trascorrere un weekend nella sua casa in riva al lago Michigan, qualche miglio più a nord di Lakewood.
Rimasta sola Elisa avvertì un senso di inquietudine, per la prima volta da quando era cominciata quella storia, ebbe paura. Ormai sapeva di non avere niente da temere dalle presenze nella stalla, ma lo stesso aveva paura.
Aveva deciso di andare in fondo a quella storia, ma arrivata davanti alla vecchia stalla esitò.
 
Decise di fare una passeggiata a piedi lungo i cancelli delle ville lì vicino, e a lenti passi si avviò lungo il viale che li collegava.
Percorrendo quel viale le sembrò di vedere la piccola sagoma di una bambina che percorreva quel viale quasi saltellando.
Arrivò davanti alla villa delle rose, l’antica residenza degli Andrew. Quel cancello sovrastato da un arco di rose bianche le richiamava alla mente le vecchie sensazioni che provava da bambina in quel luogo.
La villa sembrava chiusa, i proprietari erano di Denver e sarebbero arrivati solo a Luglio.
Quella villa e il suo giardino erano legati ad alcuni dei suoi più bei ricordi di bambina, quante giornate ci aveva passato a giocare con le sue amichette!
Poi la villa era stata venduta agli attuali proprietari, persone che conosceva, ma con le quali non poteva certo dire di essere in confidenza.
Buttò uno sguardo dentro il giardino e vide che c’era qualcuno, probabilmente il giardiniere che accudiva il vasto giardino della villa. Elisa lo conosceva, il signor Whitman, ma quello non era lui.
La persona era nei pressi della villa e guardandola bene Elisa lo trovò strano. Che razza di vestiti indossava quell’uomo? Uomo? Quale uomo? Quello era un ragazzo.
Cercò di chiamarlo, di farsi notare da lui, ma fu una voce dietro di lei ad attirare la sua attenzione.
-Anch’io venivo sempre davanti a questo cancello.-
Elisa si girò di soprassalto e la vide.
-Candy! Mi hai spaventata!-
-Scusami, non volevo.-
-Che ci fai qui? Non dovresti essere nella stalla?-
-Ah ti ringrazio! Sei come la tua antenata!-
-Non intendevo…-
la bambina rise
-Lo so, lo so. Tu sei una persona buona.-
-Ti ringrazio di quello che fai per la mia nipotina…-
A parlare era stata un’altra voce dietro di lei
-Patty!-
-Certo sono Patty, ma non la Patty che conosci.-
Elisa si sentì sul punto di impazzire e le due presenze lo avvertirono.
-Ascolta Elisa.- a parlare era stata di nuovo Candy –Non vogliamo turbarti e posso garantirti che non sei pazza.-
-Beh, comincio a dubitarne.- sembrava sul punto di mettersi a piangere.
-Va tutto bene Elisa, ma adesso torna a casa, torna nella vecchia stalla, ti prego…-
Poi tutto scomparve ed Elisa si ritrovò sola davanti al cancello delle rose. Nel giardino non c’era più nessuno.
Reprimendo a fatica una lacrima la giovane donna tornò sui suoi passi, e dopo pochi minuti era di nuovo a casa sua davanti alla vecchia stalla.
 
Si fermò e respirò forte come se dovesse iperventilarsi prima di una lunga apnea, poi entrò. Candy era lì, davanti a lei.
-Grazie di essere venuta Elisa.-
-Che vuoi da me Candy?-
La voce di Elisa esprimeva ad un tempo curiosità e risentimento.
-Mi dispiace di averti turbata, ma c’è un buon motivo se mi sono manifestata qui.-
-E… qual è questo motivo?-
-Guarda alla tua destra, là dove c’erano i cavalli.-
Elisa guardò nella direzione indicata e vide delle luci indistinte.
-Cosa sono quelle luci?-
-Loro sono come me… presenze… frammenti di memoria… fantasmi…
Insomma, ci siamo capite no?!?-
-E… chi sono? Perché non si manifestano come te?-
-Non vogliono farlo… si vergognano.-
-Si vergognano di cosa?-
Gradualmente le luci sbiadirono rivelando i contorni vaghi e indistinti di tre figure umane.
-Coraggio Elisa, parlagli.-
La donna guardò ancora più intensamente le tre figure e infine si decise a parlare loro.
-Chi siete? Cosa fate in questo luogo?-
Le tre figure tacevano, ma intanto Elisa poté distinguerne chiaramente le sagome e i lineamenti.
-Avanti volete rispondere? La vostra pronipote vi ha fatto una domanda!- la voce arrabbiata era quella di Candy.
-La loro pronipote? Ma allora loro sono…-
-Sono i tuoi antenati! Neal, Elisa e Sarah Legan!-
-E… che cosa ci fate qui?-
Fu l’unica figura maschile a rispondere
-Scusaci, se abbiamo rischiato di bruciarti…-
-Rischiato di bruciarmi?-
-Sì, l’altra sera quando la tua lampada è esplosa, sono stati loro a farla esplodere con la loro… chiamiamola “energia psichica” tanto per usare termini da film horror, ma non l’hanno fatto apposta.-
-Ah, meno male. Se lo facevano apposta che succedeva? A quest’ora ero come voi?-
Un lugubre lamento seguì la frase di Elisa.
-Non mortificarli per carità!- disse Candy –Altrimenti non usciranno più di qui.-
-Quindi se ho ben capito non sei tu “l’anima inquieta” che “infesta” questo luogo… ma sono loro!-
-Anima inquieta lo dici a tua sorella! Noi non infestiamo niente, non facciamo del male a nessuno! Il male lo fanno i vivi!-
Elisa apparve sorpresa: e quella era una bambina di inizio ‘900?
-Scusami, non intendevo offendervi, ma il concetto è chiaro, no?-
-Comunque la risposta è sì. Dal giorno della loro morte si sono relegati qui. Si vergognano delle cattive azioni che hanno commesso nella loro vita e non vogliono lasciare questo posto.-
-E io… come posso aiutarli?-
-So che è una banalità, ma… ascolta il tuo cuore.-
Poi la figura di Candy sfumò fino a scomparire lasciando Elisa da sola con le presenze dei suoi antenati.
Poteva avvertire tutta la tristezza di quelle anime inquiete, la sensazione che trasmettevano era decisamente opposta a quella che trasmetteva l’essenza di Candy.
-Beh, l’avete sentita no?!?!? Lei vuole che troviate la pace… insieme a lei.-
-Lei è buona… come te…-
L’essenza che aveva parlato era quella di Elisa Legan.
-Tu sei la mia bisnonna, vero?-
-Si… tuo nonno, Robert Stowe era mio figlio.-
-Davvero? Ho un bel ricordo di nonno Stowe. Parlami di lui.- Cominciò a piangere mentre diceva queste parole.
L’altra Elisa parlò a lungo lasciando traspirare sensazioni diverse dalla tristezza e dalla cattiveria per cui era stata conosciuta in vita. Dalla sua voce trasparivano l’orgoglio e l’amore di una madre.
Parlò di Robert bambino, di quando lo tenne in braccio la prima volta, dei suoi primi capricci infantili, delle sue ribellioni adolescenziali, dell’amore che le aveva sempre dimostrato.
Parlò di come quel figlio la cambiò come persona.
Il matrimonio di Elisa Legan era stato breve e infelice, ma la sua vita era stata comunque allietata da suo figlio Robert.
Robert era stato un buon padre e un buon nonno, questo l’altra Elisa lo ricordava bene, e anche lei parlò a lungo dei suoi ricordi con nonno Stowe.
-Non pensi di meritare un po’ di serenità Elisa? In vita avrete avuto le vostre colpe ma Candy vi ha perdonato, e sono sicura che anche le altre persone a cui avete fatto del male vi perdoneranno, se glie ne darete l’occasione… lasciate questo posto… trovate la pace… perdonatevi…-
Davanti alle lacrime della giovane donna le tre anime cambiarono espressione.
-Ascoltami.- disse quella che era l’essenza di Sarah Legan
-Noi ce ne andremo da questo posto, ma tu devi fare una cosa per noi.-
-Che cosa?-
L’essenza davanti a lei spiegò quello che voleva e Elisa sorrise.
-D’accordo, lo farò.-
-Ora però vattene anche tu!- le disse Neal Legan.
Elisa sembrava non capire.
-La stalla sta per crollare. Vattene!-
Quelle furono le ultime parole che Elisa sentì dai suoi antenati. Un sinistro scricchiolio la riportò alla realtà e lei si avvide che la vecchia stalla stava davvero per crollare.
Di corsa imboccò l’uscita inciampando appena fuori dall’edificio proprio nel momento in cui questo crollò al suolo.

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


L’estate volgeva al termine quando quella domenica la macchina di Padre Karras entrò nella residenza di Elisa Stowe.
Il saluto fra i due fu particolarmente caloroso.
Elisa gli aveva già accennato in chat che il “problema della stalla” era stato risolto, e adesso il prete psichiatra voleva saperne di più.
-Oggi non c’è Patty?-
-Si, ma sta studiando. L’ho convinta a iscriversi all’Università e si sta preparando.-
-Vuoi davvero bene a quella ragazza…-
-Mi sento come… se mi fosse stata affidata, non so come spiegartelo.-
-Lo capisco benissimo. Tu non sei come i tuoi antenati.-
-Non farti sentire da loro, per carità! Sennò torneranno a infestarmi casa!-
-Dai, raccontami tutto.-
 
In breve Elisa raccontò quanto era avvenuto pochi mesi prima.
-Beh, l’hai scampata per un soffio.-
-Già, Neal Legan ne avrà combinate di cotte e di crude in vita, ma stavolta ne ha fatta una giusta salvandomi la vita!
Ho fatto delle ricerche su di lui, il mio caro prozio aveva fama di essere un banchiere cinico e spregiudicato, spero proprio che le vittime delle sue speculazioni l’abbiano perdonato!-
-Io credo di sì. Ma dimmi: cosa volevano che facessi per loro?-
Elisa diede una cartellina al suo amico e lui ne visionò rapidamente il contenuto.
-Una bella sommetta per la “casa dei bambini non più soli” di La Porte!-
-Sarah Legan mi rivelò il nascondiglio segreto dei suoi gioielli più preziosi. Un giorno Neal e Elisa li nascosero nella stalla incolpando la povera Candy di averli rubati. Candy venne mandata in Messico per punizione, anche se tutto si risolse per il meglio, il capo degli Andrew, William Albert Andrew la adottò e la fece tornare indietro.
Sarah, anche se in cuor suo sapeva che erano stati i figli a trafugarle i gioielli, divenne paranoica e fece predisporre un nascondiglio segreto nella sua stanza da letto, un nascondiglio che poi fu murato inconsapevolmente dopo la sua morte.
Lei mi ha detto dov’era questo nascondiglio e mi ha chiesto di vendere quei gioielli e donarne il ricavato a quell’istituto, diretto discendente della “Casa di Pony”.
Sai, sono stata a Laporte e ho visitato il luogo dove sorgeva la “Casa di Pony”. Oggi lì ci passa una strada e nel punto dove sorgeva quella vecchia casa c’è una stazione di servizio.
Sono anche salita sulla collina lì vicino, sotto un grande albero, e ho chiuso gli occhi provando a immaginare come doveva essere quel luogo all’epoca di Candy.-
-Sono contento che tutto si sia risolto per il meglio.
Ho visto che ci sono degli operai nei pressi di dove c’era la stalla.-
-Sì, stanno costruendo un piccolo parco giochi pubblico. Ho deciso di donare una parte della mia proprietà alla città di Lakewood con l’intesa che sia adibita a spazio pubblico.-
-Hai davvero un gran cuore Elisa. Sono sicuro che Candy e i tuoi antenati saranno fieri di te.-
Alla giovane donna sfuggì una lacrima di commozione.
-Ho qualcosa per te.- disse Damien tirando fuori dalla tasca un piccolo oggetto e depositandolo sul tavolo.
-Una pen drive?-
-Non è la pen drive, ma il suo contenuto. Visualizzalo e stampalo.-
-Vado a prendere il mio portatile.-
Mentre Elisa andava a prendere il suo computer, uscì in veranda la giovane Patty.
-Buongiorno Padre! Benvenuto!-
I due si strinsero vigorosamente la mano e Patty si sedette davanti al prete.
-Ho saputo che vuoi iscriverti all’Università.-
-Mi ha convinta Elisa, tanto per cambiare si preoccupa per me.-
-E cosa vuoi prendere?-
-Vorrei studiare medicina. Non so se diventerò una psichiatra come voi, sono un po’ indecisa, ma ho ancora tempo per decidere.-
-Sono sicuro che ce la farai.-
Elisa tornò con il suo portatile, e dopo aver scherzosamente redarguito la sua protetta perché non stava studiando, accese il computer e aprì il contenuto della pen drive di Damien.
-Oh mio Dio! Ma questo è…-
-è il diario di Candice White Andrew.-
-Ma… ma come lo hai avuto?-
-Un mese fa sono stato a Londra per un convegno e lì ho conosciuto una giovane giornalista, identica nel fisico a Candy. Giuro: sembrava proprio la bambina nella stalla, solo un po’ più grande.-
Con un pretesto l’ho avvicinata e mi sono presentato a lei.
Prima che potesse scambiarmi per un maniaco che ci stava provando, le ho raccontato tutta la storia.
Non ci crederete, ma quella ragazza mi ha portato a casa sua e mi ha presentato a sua madre che si chiama Candice Parker, ed è la nipote della nostra Candy.-
-Incredibile!-
-Forse… è stata proprio Candy a fare in modo che vi incontraste padre.- propose Patty.
-Lo credo anch’io. Quelle due donne hanno ascoltato la mia storia e invece di chiamare la Polizia, la signora Parker ha tirato fuori un vecchio diario polveroso e me lo ha fatto leggere. In quel diario Candy racconta la sua vita, da quando venne a lavorare in questa casa fin quasi ai giorni nostri.
Lì è raccontato anche cosa rappresentava per lei quel nastro.
Candy ha molto sofferto nella sua vita ma ha anche saputo superare le avversità e vivere felice.
Ho chiesto alla signora il permesso di scannerizzare il diario, e lei mi ha dato questa pen drive.
“Sapevo che sarebbe venuto Padre” mi ha detto poi “Me l’ha detto mia nonna!”-
Elisa e Patty non riuscirono a trattenere le lacrime.
 
Elisa stampò subito quel diario in duplice copia, una per sé e una per Patty. Avrebbe fatto rilegare quelle copie, voleva conservare per sempre con sé il dolcissimo ricordo della bambina nella stalla.
 
FINE

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