Inside of me

di sexy_sadie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Voglio solo un caffè ***
Capitolo 2: *** Che rumore fa la felicità? ***
Capitolo 3: *** Aggiungi un paio di posti a tavola ***
Capitolo 4: *** L'uomo che hai di fronte ***
Capitolo 5: *** Santa Clara ***



Capitolo 1
*** Voglio solo un caffè ***


..Ma perché sto correndo?

Intorno a me enormi pini si ergono verso un cielo luminoso e azzurro. Neanche una nuvola a rovinare quel dipinto che si staglia sopra la mia testa.

Penso che più che in mezzo al bosco vorrei essere al mare; con un clima così perfetto l’abbronzatura verrebbe anch’essa perfetta. Eppure so che è gennaio e l’estate è ancora troppo lontana. Gìà mi immagino insieme a Marty immersa in un mare calmo e caldo che mi manca da morire, per poi fare baldoria insieme agli amici di sempre la sera intorno al falò, con Michele che suona la sua chitarra e una bottiglia di birra per gustarci meglio le notti estive.

 

La corsa si arresta. Adesso mi trovo di fronte ad una pianura coperta di verde. Poco più avanti lunghe distese di lilla catturano la mia attenzione.

Mi sembra di intravedere una figura che si muove da lì sotto e viene verso di me; mi dico che probabilmente la scelta migliore sarebbe quella di aspettare che la persona mi raggiunga, ma non faccio in tempo a terminare questo pensiero che le mie gambe riprendono vita e corrono nella sua direzione. Eppure più mi avvicino e meno riesco a mettere a fuoco la sua figura. Mi innervosisco, mi gratto gli occhi.. ma è sempre peggio.

 

- Here comes the sun (doo doo doo doo), here comes the sun, and I say it’s all right..

 

Con gli occhi ancora chiusi tento di spegnere la sveglia, ma l’unico risultato che riesco ad ottenere è quello di far cadere malamente il cellulare tanto da spegnerlo.

 

Vabbè, ho comunque raggiunto il mio scopo.

 

Mi rigiro dall’altra parte del letto per riprendere sonno. In questi ultimi giorni di vacanza il mio orario biologico si è completamente alterato: stare fuori fino all’alba e svegliarmi alle due del pomeriggio sembrava un’ottima idea prima di stamattina. Però mi sono divertita troppo! È stato bellissimo passare queste vacanze natalizie con la mia famiglia e i miei amici e ridere fino alle lacrime e bere fino a cantare senza ritegno per le strade del centro storico e di nuovo ridere e sentirsi le guance indolenzite.

Solo a ripensarci le mie labbra prendono la piega di un sorriso e decido che adesso posso alzarmi dal letto, prendermi il caffè e prepararmi per andare a scuola.

 

Recupero il mio cellulare e lo accendo giusto per sapere l’ora e scoprire quanto tempo mi resta per prepararmi prima che Martina bussi al citofono.

 

Ah okay. Ho tipo 10 minuti per prepararmi. Ottimo.

 

Ma perché mamma non mi sveglia come ogni altra mamma in questo universo?

 

-Mà! Potevi almeno controllare che mi stessi svegliando! -

La raggiungo in cucina dandole il mio buongiorno migliore.

 

- Hai diciotto anni e vuoi essere ancora svegliata come quando ne avevi otto? Vai, sbrigati che tra poco ti verrà a bussare Marte.

 

Marte. Mi fa sempre ridere. Da quando la genitrice qui presente ha capito che la mia migliore amica ha qualche problemino ed è matta le ha dato questo soprannome simpatico che io adoro.

 

- Sì lo so, volevo giusto un goccio di caffè. Tanto non ci metto molto a prepararmi.

 

Effettivamente dieci minuti mi bastavano per sciacquarmi e vestirmi. Mi lavavo di proposito per bene la sera prima di andare a letto, i vestiti li scelgo sempre ad minchiam mettendo una mano a caso dentro l’armadio e prendendo le prime cose che mi vengono sotto tiro, non ho bisogno di truccarmi perché tanto non me ne frega niente, lo zaino è già fatto.. ma, Cristo, il caffè è finito.

 

- Però almeno un pochino di caffè potevi lasciarmelo! - protesto contro mia madre. Ma c’è bisogno di bersi due tazzine di caffè già prima delle otto?! - che palle, quello delle macchinette a scuola sa di morte e disperazione.

 

E dopo la migliore indifferenza di mia madre, incorniciata da un’alzata di spalle, mi incammino verso il bagno con al mio seguito anche dei jeans e una felpa.

Guardandomi allo specchio noto sulla mia guancia destra i segni dei braccialetti. Cerco di toglierli bagnando la mia faccia con dell’acqua fredda, ma molto più probabilmente devo soltanto pazientare e verranno via da sé.

Mentre mi pettino controllo come ogni mattina il mio viso, esaminando le mia sopracciglia grandi che fanno da contorno a degli occhi piccoli da assonnata, di un banalissimo castano che se potessi cambierei in verde, il mio nasino che è la cosa per la quale vado più fiera, le mie labbra, troppo grandi per i miei gusti, così come il seno. Ecco, il seno non lo sopporto! È bello quando è pieno, ma il troppo storpia. Per fortuna la cascata dei miei capelli ramati scuri li nasconde un po’ da occhi indiscreti. Beh, più o meno.. diciamo che si nota comunque che la taglia è grande, nonostante il mio utilizzare magliette, felpe e maglioni larghi.

Cavolo, mi sa che ho preso qualche chiletto durante le vacanze. Questa cosa non mi piace.

 

Nonostante la porta chiusa riconosco il rumore del citofono quando suona. Bene, Marty è arrivata ed anche questa volta sono riuscita a prepararmi in tempo.

 

Recupero il mio zaino e saluto mia madre e mia sorella che, beata lei, va già all’università e si sveglia quando le pare perché al momento non ha corsi. Maledetta.

 

- Ciao scema! - saluto amorevolmente la mia più cara amica.

 

Ci conosciamo praticamente da sempre: abbiamo fatto l’asilo, le elementari, le medie ed ora il classico insieme. E i nostri padri si conoscevano anche da ragazzi! Praticamente un’amicizia scritta nel dna.

 

- Buongiorno simpaticissima! - mi risponde sarcastica. - Allora ce l’hai fatta a svegliarti in tempo. -

 

- ..diciamo dieci minuti fa circa.. Si lo so sono pessima ma l’importante è che adesso arriviamo a scuola abbastanza in tempo per prendermi un caffè alle macchinette, mia madre lo aveva già finito.-

 

Mentre camminiamo mi infilo le mani nelle tasche del giubbotto. Fa troppo freddo e io non lo sopporto. Ho bisogno del caldo. Martina invece sembra stare benissimo! Cammina con nonchalance verso il cancello della scuola, con il vento che le accarezza i capelli mogano e il suo viso truccato con un accenno di eyeliner, un po’ di ombretto e il mascara. Semplice e bella.

 

Appena varchiamo la soglia del cancello, vengo assalita alle spalle e per lo spavento butto un urlo che fa girare verso di me tutti gli studenti che sono ancora nel cortile.

 

- Noemi ma tu sei pazza! Mi hai tolto non so quanti anni di vita! - sbotto contro la mia amica.

E lei resta lì, piegata in due, che se la ride. Ma tanto prima o poi arriverà il momento anche per lei.

 

- Scusa ma non ho resistito, è più forte di me! Sei felice di rivedermi?
 

Noemi è una nostra compagna di classe con la quale abbiamo da subito fatto amicizia. Purtroppo però lei abita in un paesino vicino, quindi fa la pendolare. Sia a me che a Marty dispiace molto non poterla vedere spesso anche per le uscite serali, però a volte rimane a dormire da noi e quando succede è sempre una festa. Noemi ha i capelli corti e castani, la pelle olivastra e due occhioni bellissimi. È stra magra, anche se a dire il vero mangia in continuazione. Io invece ingrasso anche solo respirando.

 

- Sono felice e inquietata.
 

- Vedo che il nuovo anno non ti ha maturata troppo. - risponde Martina abbracciandola.
 

Percorriamo insieme l’edificio scolastico fino a raggiungere la mia tanto agognata macchinetta per il caffè. - Comunque, ragazze, non avrei mai pensato di desiderare così tanto un caffè di merda. Devo proprio aver raggiunto un livello di disperazione preoccupante.

 

- Infatti io al massimo mi prendo la cioccolata. Quella è difficile renderla brutta.

 

- Si ma tu Marty vai in palestra, io no. Se la bevo prendo cinque chili come minimo.

 

Nel frattempo vediamo la professoressa di greco fare la sua marciata verso la nostra classe. Io e le mie amiche ci guardiamo, sconfortate.

 

- Che questo semestre abbia inizio.. - esclama già stanca Noemi.

 

- Speriamo almeno sia tranquillo.

 

Che poi, a ripensarci, quando mai le cose filano lisce?

























Angolo Autrice:
Ciao! E' una vita che non scrivo una storia qui su efp. Mi sembra di ritornare indietro nel tempo. 
Però ho avuto qualche ora libera e dal niente mi è spuntata questa trama.
Spero sia di vostro gradimento e che vi stuzzichi la fantasia.

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Capitolo 2
*** Che rumore fa la felicità? ***


Siamo quasi alla fine della seconda ora e sono già stremata. I professori parlano fin da ora di compiti in classe ed interrogazioni, e la mia voglia di studiare è momentaneamente pari a zero.

È da quando la professoressa di greco ha iniziato a spiegare che aspetto il momento della ricreazione. Adesso che siamo agli sgoccioli faccio il conto alla rovescia. Mancano ancora cinque maledetti e lunghissimi minuti e finalmente potrò uscire da quest'aula.

 

Il mio banco è quello a metà fila, vicino alla finestra. Mi piace molto, soprattutto perché la finestra si affaccia verso il campo che viene utilizzato per le ore di educazione fisica, quando non piove. Solitamente con le altre ragazze ci impaliamo spesso a guardare i ragazzi da lì ed a fantasticare sui loro possibili corpi. Devo dire che siamo molto fortunate noi alunne del classico, i bei ragazzi non mancano. Anzi, alcuni li vedrei perfettamente in qualche catalogo di intimo.

 

La campanella che segna la fine della lezione suona e un - Dio sia lodato! - si sente esclamare da una Martina abbastanza provata.

 

Finalmente scendiamo in cortile per una passeggiata, mentre ci gustiamo il cibo che abbiamo portato da casa.

 

Neanche il tempo di varcare la soglia che Marco mi vede e a spintoni cerca di raggiungermi.

Io e lui abbiamo fatto le elementari insieme. Eravamo molto amici da piccoli ma poi frequentando scuole diverse e di conseguenza anche giri di amici diversi, ci siamo persi un po' di vista. Durante i primi anni di liceo ci siamo ritrovati lungo i corridoi o, per l'appunto, in cortile, ma è solo negli ultimi due anni che abbiamo ricominciato a parlarci per davvero. Infatti siamo stati e siamo tuttora entrambi i rappresentanti delle nostre rispettive classi e quindi, durante le assemblee di istituto o semplicemente le riunioni di tutti i rappresentanti di classe, ci ritroviamo volentieri a fare comunella.

 

Poi, tutto ad un tratto, il suo atteggiamento nei miei confronti è maturato verso una prospettiva che evidentemente non è più quella della semplice amicizia. Ha cominciato a farmi i complimenti, a scrivermi sempre, e spesso lo vedo che mi fissa. Cosa che tra l'altro non sopporto.

 

- Buongiorno ragazze! - esclama Marco, guardando soltanto me.

 

- Ciao Marco! Passato bene questo capodanno? - chiede Noemi, giusto per farlo rimanere un altro po' e farmi fissare. Ah, le amiche.. quante te ne combinano!

 

- Si è stata una grande serata. Però mi aspettavo di vedere anche te, Clara. Come mai non sei venuta al Cabana?

 

“Perché sapevo che c'eri tu e non volevo stare tutta la serata a sentirmi i tuoi occhi addosso mentre mi divertivo” è troppo brutto da dire?

 

- Abbiamo trovato un'altra serata fuori città e abbiamo approfittato della macchina di Michele per spostarci. - Grande Marti, aiutami almeno tu a non farmi essere brutale.

 

- Sì infatti. È stato molto bello cambiare aria e non vedere sempre le solite facce. - gli dico, sperando che non la prenda troppo sul personale. Anche perché, è vero che ho convinto i miei amici con questa stessa scusa anche per lui, ma non è che adesso faccio tutto in funzione sua.

 

Ovvia Marco, non mi guardare con quegli occhietti da cerbiatto. Sarai anche bellino, però a me non interessi, come te lo devo fare capire?

 

Neanche Martina comprende perché non mi lasci andare con lui. Dice che alla fine sarebbe una cosa tanto per provare. E se non conoscessi Marco le darei pure ragione. Il problema è che so che per lui non sarebbe una cosa “tanto per”. Per come mi ha fatto capire con la sua sfacciataggine, lui ci spera veramente. Ed io non ci voglio nemmeno pensare. È vero che è molto carino, con i suoi capelli biondo cenere e gli occhi azzurri, il ciuffo sempre apparentemente spettinato, buon gusto nel vestirsi, alto e con un fisichino che secondo me con un po' di allenamento fatto in palestra e non in casa sarebbe davvero ottimo.

Però ho diciotto anni e andarmi ad impelagare in una storia seria non ne ho proprio voglia.

 

Io mi basto e al momento sono l'unica persona che voglio.

 

Alle spalle di Marco vedo Stefano, il suo amico più caro, cercarlo con lo sguardo. Martina ha una cotta immensa per lui, dice che è perfetto. Boh, non capisco. A me non sembra sia così. Ha un naso che per baciarlo su tutte e due le guance fai prima a passargli dietro. Il resto mi sembra alquanto anonimo, anche se riconosco che ha due occhi davvero, ma davvero bellissimi. Un castano così chiaro che sembrano color miele.

Anche se non lo conosco troppo bene dato che gli parlo solo quando c'è Marco, ho notato che ha un senso dell'umorismo stupido, direi. Ma stupido nel senso più positivo del termine. È una di quelle persone che anche se fanno battute che solitamente non fanno ridere a nessuno, per come le racconta lui, ridendoci sopra ancor prima di aver pronunciato la prima parola, non puoi non farti trascinare dalla sua risata contagiosa. Tranne Martina che riesce solo a sbavargli dietro.

 

- Credo ti stia cercando Stefano. - gli faccio notare. Almeno non avrò i suoi occhi puntati su di me.

 

Non appena i loro sguardi si incrociano, Stefano gli fa segno di venire con la mano.

Martina si gira verso di me, con occhi a forma di cuoricino. Evvabeneee.

 

- Se vuoi lo raggiungiamo inseme. - pronuncio, un po' contro voglia.

 

Il sorriso splendente di Marco mi fa capire che l'idea non lo disgusta. E neanche a Marti, che prontamente mi si aggrappa al braccio, mentre con l'altra mano prova a sistemarsi i capelli. Come se non lo fossero già. Noemi, dal canto suo, raggiunge la sua ragazza dall'altra parte del cortile, salutandoci con un bacio volante.

 

- Oh frà ma come hai fatto ad uscire così in fretta dalla classe? Un attimo prima ero con te e quello dopo mi sei sparito da sotto il naso. - Beh, è già tanto che tu ci veda sotto al naso. No Clara, fermati, non ridergli in faccia. Resisti. Pensa a cose tristi, non fare figuracce. - Vedo che sei di buon umore oggi, Clà. - Ecco, appunto.

 

- Si, non mi lamento. - Ma perché non riesco a frenare gli angoli della bocca? - Tu invece come stai? - Meglio cambiare argomento.

 

Oh Gesù, non guardargli il naso!

 

- Bene, direi. Anche se a casa stavo meglio. - dice sorridendo, mentre si passa una mano tra i capelli biondi. Potrei giurare di sentire il cuore di Martina aumentare il ritmo dei battiti.

 

- E tu, invece? - Si rivolge alla mia amica, facendola saltare sul posto per la gioia.

 

- Oh si, io tutto bene! - Sorride come un'ebete. Non gli stacca gli occhi di dosso. Lei è così, può sembrare indifferente o semplicemente gentile, anche se dentro è timida e imbarazzata. Ma se ti guarda in quel modo due sono le cose: o cadi ai suoi piedi, o lo stai per fare.

 

Passiamo quindi il resto della ricreazione in loro compagnia, approfittando dei quindici minuti anche per fumarci una sigaretta. La giornata è lunga e abbiamo davanti a noi ancora tre ore di lezioni.

Tra una battuta di Stefano da una parte e chiacchiere generiche dall'altra, la campanella ci avverte che è ora di rientrare in classe. Alchè ci salutiamo con i ragazzi e Marco ci tiene a darmi un bacio sulla guancia all'improvviso.

 

- Esagerato! - gli butto là, giusto per fargli rendere conto che magari non è il caso. La sua scrollata di spalle mi fa capire che “sti cazzi, mi andava e l'ho fatto”. Assottiglio gli occhi di conseguenza, a me non andava.

 

Rientrando in classe, mi accorgo che Noemi ancora non è rientrata. Che si sia fermata un'altra volta in bagno con Silvia? “Il bello di essere lesbiche”, penso. Se io o Marti dovessimo azzardarci anche solo ad entrare nel bagno dei ragazzi, o degli ipotetici ragazzi ci seguissero nel bagno a noi destinato, i bidelli farebbero subito rapporto al preside.

 

La professoressa di italiano entra in aula, seguita da una Noemi sorridente.

 

Mentre va a sistemarsi nel banco davanti a me, mi fa l'occhiolino. Appunto, come volevasi dimostrare. - Te possino..! - le sussurro, ridacchiando. Lei, di conseguenza, si gira facendomi la linguaccia.

 

Ma quanto mi può piacere questa professoressa? Troppo! Non tanto per la materia che insegna che, si vabbè è italiano quindi è difficile che non piaccia, quanto piuttosto per lei! Per quello che ci insegna come essere umano. Ci sta spingendo verso una maturità che non è solo quella del diploma. Lei ci prepara alla vita, delle volte non ci rende facili le giornate e quando interroga lo fa tre volte all'anno e su più autori., tant'è che mi sembra già di essere all'università data la mole da studiare. E anche se questo potrebbe bastare per farsi odiare, lei è adorata e voluta bene da tutti. Noemi dice che prendo troppo in considerazione quello che dice, ovvero che è troppo presto per innamorarsi e che questi devono essere gli anni delle esperienze. Se non ora, quando? Non possiamo nemmeno capire quello che ci piace veramente se prima non proviamo più cose. Io mi trovo totalmente dalla sua parte.

 

La sua ora passa anche troppo velocemente per i miei gusti. Fossero tutti come lei credo che la scuola mi piacerebbe ancora di più. Non sono una di quelle che ci va giusto perché è quello il suo dovere da studentessa. A me piace imparare e soprattutto sapere, non voglio essere impreparata quando magari esce fuori un discorso che non sia il solito chiacchiericcio tra amici. E quando mi ritrovo ignorante su di un determinato argomento, resto in silenzio e ascolto, così da farmi una mia opinione. Credo sia importante saper ascoltare. Non come Marco che fa finta di non sentire le mie respinte.

 

Le ultime due ore passano più o meno velocemente, tra una cosa e l'altra. Alla fine non è stato così pesante questo primo rientro alla normalità.

 

Noemi, come al solito, esce dieci minuti prima del suono della campanella per prendere l'autobus che la porta a casa. Ci saluta con il suo solito bacio volante e corre verso la fermata. Ormai anche i professori si sono abituati a questo suo modo di salutarci. Spesso ci ridono su, con tenerezza.

 

Il tempo di un'ultima occhiata fuori dalla finestra e odiamo il suono della libertà. La maggior parte dei ragazzi si affrettano verso l'uscita e c'è chi addirittura ricompone lo zaino già durante l'ultima lezione, mentre io e Martina siamo più calme in questo, anche perché diventa rischioso farsi travolgere dalla folla impazzita e affamata degli studenti.

 

Prima di imboccare la strada di ritorno siamo solite fumarci l'ultima sigaretta prima del rientro, mettendoci in un angolo del cortile dove sono presenti dei cestini appositi.

 

- Senti Clara, ma gli esercizi di matematica li facciamo insieme? - mi propone Marti.

 

Insieme? Ma se io sono più asina di lei in matematica?! È matta?

 

- Come pensi che possa esserti di aiuto se ti rallento sempre perché non so fare altro che gli esercizi base, cara mia Marte? - Questo è uno di quei casi in cui l'appellativo è più che azzeccato. Perché o è impazzita oppure viene da un altro pianeta e non si ricorda quanto faccia schifo in tutto ciò che ha a che fare con i numeri.

 

- Dai, che melodrammatica che sei! Poi magari è utile anche a te. - Mi guarda con quel sorrisino che mi fa capire quanto mi reputi scema.

 

E mentre vado per risponderle che sì, probabilmente la sua compagnia mi aiuterebbe ma no, io non credo di avere lo stesso effetto positivo su di lei, mi sento chiamare da dietro.

 

- Oi Clara, ciao! Ti volevo chiedere quando saresti libera per una mini riunione con tutti i rappresentanti delle quinte per parlare della gita.

 

Ecco Javier, uno dei nostri rappresentati d'istituto. Anche lui, come me, quest'anno frequenta la classe quinta. Lui è uno di quelli che dovrebbe fare il modello per l'intimo maschile, giusto per deliziarci con il suo fisico. Va in palestra da quando ha dieci anni, e ogni volta che lo vediamo in spiaggia io e le mie amiche ci mettiamo gli occhiali da sole tattici per poterci sbavare su senza ritegno evitando una possibilissima figura di merda.

 

È uno dei più alti nel nostro liceo, capelli scuri, occhi verdi, belle labbra e dentatura perfetta. Ci sono alcune ragazze più piccole che quando lo vedono scendere dalle scale per arrivare al cortile, lo paragonano ad un dio greco che arriva tra noi comuni mortali per omaggiarci di cotanta bellezza.

 

Mamma mia che gli farei. Mannaggia alla tua fidanzata.

 

- Ciao Javi. - Tutti lo chiamiamo così, anche se non penso che lo faccia sentire tanto virile. Ma comunque compensa benissimo con l'aspetto. - Ehm.. si per me va bene su per giù tutte le sere. Ma non è un po' presto per parlare della gita? -

 

Siamo solo all'inizio di gennaio, le gite solitamente vengono fatte a marzo. Sembra un po' precoce.

 

- Non è mai troppo presto per organizzare la gita delle gite! - mi risponde lui con gli occhi che gli brillano già dall'entusiasmo, neanche dovesse partire domani. Madonnina che sei figo. BASTA.

 

- Va bene, effettivamente hai ragione. - e come posso darti torto con 'sto fisichino. - Allora fammi sapere quale giorno viene più comodo per tutti! - “o se vuoi anche se ne parliamo solamente noi due per me va bene”.

 

Okay sto delirando. La devo smettere, è fidanzato.

 

Fammi fumare, và.

 

- Certamente! Il tempo di fare il giro di telefonate e messaggi e poi scrivo la data precisa per vederci dopo cena al solito posto. Adesso scappo, buona giornata ragazze! -

 

- Anche a te! - risponde Martina, che era stata zitta fino ad ora, possibilmente per sbavarci meglio.

 

- Mamma mia ma cosa è. - esclamo, sempre più sorpresa dal suo essere.

 

- Tanta roba, direi. - dice mentre tira l'ultima boccata di fumo e va a spegnere la sigaretta.

 

“Altro che Stef..”

 

- Non ci pensare neanche di paragonarlo con Stefano! - Ma l'ho detto ad alta voce? - Sono belli alla stessa maniera.

 

Se, ciaone.

 

- Ma io non ho pensato assolutamente una cosa del genere! - dico, indignata da un pensiero così.. veritiero effettivamente ma, dai, non possiamo proprio dire che siano belli alla stessa maniera. - Non crederai mica che io possa avere un'idea del genere. Ma assolutamente.. -

 

Martina mi guarda, mi sta giudicando, aspetta soltanto che esca la verità dalla mia bocca. Ma io non demordo, prendo a percorre la strada che ci porta fuori dal cancello e sulla via di casa e..

 

- Ma assolutamente non me li puoi mettere sullo stesso livello. Se Javi sta qui – fermo la mano al di sopra della mia testa – Stefano sta indiscutibilmente qui – porto l'altra mano all'incirca sopra il bacino. - C'è un bel po' di differenza, ciccia.

 

- Sarà, ma per me i livelli sono invertiti. - afferma. Io sono sotto shock, letteralmente.

 

Non sfuggono alla mia amica gli occhi che mi escono all'infuori per lo stupore.

 

- Ahi ahi, ti ha proprio rincitrullito il cervello. Beh, sarò contenta di lasciare Stefano tutto per te. -

 

E così ridendo e scherzando, raggiungo il portone di casa e saluto Martina con un bacione, augurandole un buon pranzo e minacciandola di sentirci nel pomeriggio.

 

Ho una fame pazzesca, ormai non mi basta più la merenda che mi porto da casa. Accidenti, ingrasserò se continuo ad avere tutta questa voglia di mangiare.

 

- Buongiorno Clara! Dieci minuti ed è pronto, intanto apparecchia la tavola. - Ciao mamma, è bello tornare a casa e riposarsi.

 

- Va bene, un attimo e arrivo. - Non dico che non devo fare nulla a casa dopo scuola, ma almeno concedimi di posare giubbotto e zaino.

 

Non appena varco la porta di camera mia, sento mio padre nella stanza ridere e scherzare con qualcuno. “Non è che c'ha l'amante?” mi chiedo, ormai nervosa e infuriata. Ma che vado a pensare, i miei genitori sono fatti l'uno per l'altra. Alle volte mi dimentico che anche i miei vecchi hanno degli amici, anche se ormai le serate che fanno con loro non sono più come quelle di una volta. Ormai sono pieni di responsabilità, tra famiglia e lavoro.

 

Oddio, non voglio crescere più di così. Voglio rimanere per sempre in questa fascia di età. Si può?

Con questi pensieri mi metto ad apparecchiare e sistemare le posate con precisione millimetrica, per poi farmi mandare tutto all'aria da mia sorella che porta le pietanze a tavola.

 

- Ma dai, allora sei stronza! Guarda quanta cura ci ho messo! - Maledetta sorellona che ti adoro ma ti strozzerei anche.

 

Io e mia sorella Irene siamo la parte odi et amo della famiglia. Sempre pronte a bisticciare ma quando dobbiamo separarci è traumatico. Lei adesso vive a Roma, dove frequenta l'università di lettere. Anche Irene ha avuto la mia stessa insegnante di italiano quando andava ancora al liceo ed è grazie a lei che ha scelto questa facoltà.

 

Professoressa a parte, non abbiamo poi molto in comune. Giusto i tratti tipici della famiglia, ma poi caratterialmente siamo agli antipodi. Lei è molto calma e tranquilla, non le da fastidio quasi niente, al contrario di me. Se io sono una di quelle a cui piace uscire e andare a fare festa, lei preferisce una serata in casa con un bel film insieme agli amici. Cioè, anche a me piace guardare i film con gli altri, magari con una coperta addosso, una pizza calda sulle gambe e una birra ghiacciata accanto. Ma tipo una volta al mese, giusto quando sto male perché ho il ciclo e non ho voglia di uscire fuori.

 

- Non ti preoccupare, tutto passa. -

 

Tutto passa? Ma in che senso?

 

Non ho neanche il tempo di chiederglielo che mio padre fa la sua comparsa in sala da pranzo con un sorriso talmente largo che mi chiedo quando inizi e quando finisca. Mai visto così euforico!

 

- Papà stai bene? - chiedo, giusto per capire se preoccuparmi o no.

 

- Più che bene, Clara! - d'accordo mi sto preoccupando. - Non potete capire che notiziona ho da darvi! - appunto, ecco che inizio ad aver paura. -

 

- Ma quindi la notizia è vera? - domanda mia madre. Adesso anche lei sorride con una tale ampiezza di labbra da ricordarmi Joker con quel suo rossetto rosso.

 

Vai col panico.

 

- Sì è confermato! - risponde di getto papà prendendo le mani di mia madre dalla contentezza. Ci manca solo si mettano a saltellare.

 

- Cosa?? Vogliamo sapere, siamo curiose! - mi giro verso mia sorella, che sì sembra curiosa, ma non sta implodendo come me. Ecco una altra cosa che non ci accomuna.

 

Mio padre finalmente si decide a spiegarci. - Vi ricordate che da bambine ci chiedevate di raccontarvi di quando eravamo più giovani e di cosa facevamo con gli amici? -

 

E questo che diamine c'entra?

 

- Si, qualcosa mi ricordo – dice Irene assorta. - Poco, ma mi ricordo. Dicevi che eravate un grande gruppo unito e vi incontravate sempre dove adesso c'è l'autofficina.-

 

- Esatto! Se vi ricordate, dicevamo anche che nel gruppo c'erano degli amici a noi molto cari, forse gli amici più veri che abbiamo mai avuto. -

 

Aspetta qualcosina me la ricordo anche io! Che poi questi si erano trasferiti chissà dove per lavoro. Ho in mente questo particolare, nonostante fossi molto piccola, perché ricordo di aver visto per la prima volta mio padre fragile. Credo di aver imparato in quei momenti il valore dell'amicizia.

 

Non riuscirei neanche a pensare ad un mondo senza Martina e Michele. E non dovrebbe neanche esistere. Come voglio bene a loro, solo alla mia famiglia. Non esiste nessun'altro.

 

- Dopo tanti anni – continua papà – finalmente ritornano nella loro città! E non sarà per un breve soggiorno. È ufficiale ed è per sempre! -

 

I miei genitori si lasciano andare in un lungo abbraccio, felici ed emozionati per il rientro dei loro amici. Penso che anche io mi sentirei in fibrillazione se fossi in loro. Questa loro felicità si propaga anche verso me e mia sorella, che ci scambiamo un lungo sguardo sorridendo con gli occhi e con il cuore.

 

Entrambe non vediamo l'ora di conoscere coloro che riescono a far tornare adolescenti i nostri genitori.

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Capitolo 3
*** Aggiungi un paio di posti a tavola ***



 
Mentre in casa regna ancora la frenesia dovuta alla notizia del ritorno di questi super amiconi dei miei genitori, mai visti e mai conosciuti se non attraverso foto e racconti di una gioventù passata, io sono in camera che comincio a rivedere gli appunti presi in classe per capire se ho qualcosa da fare per domani o se sono rimasta indietro con qualche compito per le vacanze, dato che in pratica non ho combinato nulla di serio, per non dire assolutamente niente.
 
Avrei ancora da fare una versione di latino con annessa analisi stilistica, ma per fortuna posso svolgere il compito senza fretta dato che domani non è sull’orario. Potrei cominciare con la traduzione così da fare solo l’analisi domani pomeriggio senza fatica.
 
Bene, ora che ho strutturato mentalmente il lavoro da fare posso cominciare.. ma meglio mettere un po’ di musica, giusto per compagnia.
 
Con in sottofondo “young wild and free” vado a prendere il quaderno di letteratura latina e il vocabolario riposti nello scaffale dei libri accanto l’armadio. Mi siedo di nuovo davanti alla scrivania e inizio a leggere la prima frase da tradurre, che è un periodo infinito, quindi opto per dividerlo sperando comunque di riuscire a capirci qualcosa.
 
Mentre inizio a ridere per il nome del suocero di Seneca al quale sono rivolte queste lettere, il cellulare squilla e, avvicinandolo a me, vedo che è in arrivo una chiamata da Michele.
 
- Bella zio, bella frate! - gli rispondo in maniera poco seria. Già me lo immagino portarsi una mano in fronte dalla rassegnazione. Ma tanto lo so che mi adora.
 
- Ciao scema. Che fai? - mi chiede, sorridendo. Lo riesco a percepire dal tono con cui mi parla.
 
Se Martina è la mia migliore amica da quando ne ho memoria, Michele è il migliore amico che ho mai avuto, e so quasi per certo che per sempre lo sarà. Ci conoscevamo già alle medie, ma le classi e gli amici che avevamo erano diverse. Per lo più eravamo conoscenti: sapevamo dell’esistenza l’uno dell’altro ma non avevamo mai scambiato una parola. Poi è arrivato il liceo e un giorno me lo sono ritrovata nella stessa comitiva che frequentava una mia amica vicina di casa, con la quale a volte uscivo, e dove c’era anche Salvatore, colui che poi sarebbe diventato il mio primissimo fidanzato serio, se così si può definire. Serio perché è una storia che è durata più di qualche settimana ma anche e soprattutto perché con lui ho avuto le mie prime esperienze sessuali. Poi per una serie di ragioni ci siamo lasciati e dato che lui era ancora troppo innamorato di me ha preferito non parlarmi più, cancellarmi da ogni social e dalla sua vita, allontanandomi il più possibile per evitare di vedermi e soffrire ancora. Scelta giusta, a mio parere: “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, no? Però un po’ mi manca, dal punto di vista affettivo intendo, non come fidanzato. Ci stavo bene in sua compagnia, mi faceva morire dal ridere e la sua ironia penso sia la cosa che più apprezzavo in lui. Ma vabbè, niente è per sempre, specialmente in questa fascia di età dove accontentarsi è un errore.
Se con Salvatore ci siamo allontanati, con Michele ci siamo avvicinati sempre di più, arrivando a considerarci fratelli. Abbiamo poi cominciato ad uscire insieme anche da soli, trovandoci decisamente molto bene e arrivando alla conclusione che ormai la nostra non era semplice amicizia ma qualcosa di più. Un volersi bene esagerato, ecco.
 
- Niente di ché, stavo iniziando a fare una versione di latino che mi sono lasciata indietro dalle vacanze di natale. - gli dico, sbuffando leggermente.
 
- Mamma mia che secchiona! Già studi? - Mi prende in giro, quel gran figlio di buona madre. Che poi sua madre è davvero buona, la adoro e lei mi vuole un sacco bene.
 
- Ma se ero secchiona l’avevo già fatta, scemo! - gli ridò indietro l’appellativo con il quale mi aveva chiamata prima. Così impara.
 
Michele ride e io mi faccio contagiare. - Senti, ma tu stasera che fai? -
 
Stasera? Mm.. vediamo.. oggi è martedì, in teoria non avrei da fare nulla, a meno che Javier non mi dica di trovarci al solito pub per la “mini riunione”, come l’ha chiamata.
Anche se sono già quasi le cinque del pomeriggio, e di solito lui per queste cose avvisa già dopo pranzo.
 
- Credo di essere libera. - rispondo, infine.
 
- Perché credo? Che hai da fare di martedì sera? - domanda curioso.
 
- In teoria niente, ma in pratica può essere che stasera ci si organizzi con gli altri rappresentanti per parlare della gita. Ma nulla di confermato ancora, quindi penso proprio di essere libera. -
 
- Bene, allora esci con me! - esclama con tono deciso, come se fosse un obbligo. - ci prendiamo una birretta e ci facciamo un giro. -
 
- Molto volentieri! Ci vediamo alle dieci alla solita rotonda? -
Se non ho fatto nulla durante le vacanze è anche colpa sua! Immaginatevi di avere sempre qualcuno che vi convince ad uscire a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ecco, il mio diavolo tentatore è proprio Michele. Però non è possibile dirgli di no. E comunque, frequentando scuole diverse, non ci riusciremmo a vedere molto spesso se non sfruttassimo la sera per incontrarci.
 
- Mi hai tolto le parole di bocca. A stasera, salutami i tuoi! - anche i miei genitori lo adorano, e delle volte penso che venga a casa mia per vedere mio padre anzicché me! Vanno molto d’accordo, anche grazie al carattere di papà, sempre pronto a scherzare e a fare battute. Delle volte si coalizzano per prendermi in giro e mia madre e mia sorella si fanno sempre delle grosse risate. Io faccio la finta offesa, ma in realtà muoio dal ridere anch’io.
 
- A più tardi! Bellaaa – chiudo la chiamata citando uno dei film più memorabili di sempre che amiamo alla follia e rivediamo sempre molto volentieri!
 
Bene, posso ricominciare con il atino. Allora, dove ero rimasta.. ah si, devo cercare gignimur..
 
Neanche il tempo di aprire il vocabolario, che sento bussare alla porta. Si sono tutti messi d’accordo per non farmi studiare? La mia vita è come una pendolo che oscilla tra me che non devo fare nulla e nessuno mi considera e me che ho da fare e tutto il mondo mi cerca.
 
- Avanti! - dico, girandomi verso la porta.
 
Mia madre entra, se possibile ancora più felice di quando abbiamo pranzato.
 
- Claretta – odio quest’appellativo – stasera non metterti la solita tenuta da casa che abbiamo ospiti a cena! - mi avverte, sorridendo a 360 gradi.
 
- Ah d’accordo. E chi viene? - le chiedo, curiosa. Oddio, non mi dire che sono già in città questi famosi amicissimi dei miei! In questo caso dovrei disdire l’uscita con Michele.
 
Infatti le domando – Non ci credo, ma vengono davvero loro?? -
- Si è così! Sono appena arrivati nella nuova abitazione, poco distante da qui. Hai presente dove abita Martina? - certo mamma, che domande. La conosco da una vita e mezza. - ecco, è proprio nella parallela sopra casa sua. Vicino la scuola media. -
 
Perfetto, quindi li avremo a casa più spesso di quanto già m’immaginassi.
 
- Ho capito.. quindi io dopo cena non potrei uscire con Michele.. - le dico, anche se la frase sembra più un’interrogativa.
 
- Assolutamente no, ci tengo che tu e Irene li conosciate. Al massimo può venire lui e poi uscire più tardi. - Si, come no. Mica c’è scuola domani..
 
Un po’ mi dispiace rimandare con Michele, ma vedendo i miei genitori così presi da questo evento non riesco a non accontentarli. Perciò resterò molto volentieri a casa anche dopo cena, e se proprio uscirò da casa, sarà in tarda serata. Genitori permettendo.
 
- D’accordo! Allora vedi di preparare cose buone che ho già fame! - rispondo, toccandomi la pancia con la mano,pre degustandomi le belle e buone pietanze che mia madre riesce a sfornare quando ci si impegna.
 
- Vedi che stai mangiando troppo ultimamente! Cos’è tutta questa fame? - mi domanda accigliata.
 
Ci si mette anche lei a farmi sentire in colpa per la mia fame esagerata?
 
- Chiamala adolescenza.. - rispondo, con lo sguardo rivolto a terra.
 
- Si certo.. - mi dice guardandomi con gli occhi socchiusi. - vado a preparare i cannelloni ricotta e spinaci. -
 
Mamma mia che buoni. Dentro di me esplodo di gioia, ma faccio finta di niente. Non appena mia madre esce dalla camera salto in piedi e comincio a correre qua e là per la stanza in preda ad un attacco di felicità.
Finché non mi ricordo di dover dare buca al mio di amicissimo. Digito a memoria il suo numero e aspetto che risponda.
 
Uno squillo, due squilli, tre squilli.. - Dimmi Clà – risponde affaticato.
 
- Ma che stai facendo? - gli chiedo, con la fronte aggrottata.
 
- Palestra. - mi fa notare, con ovvietà. Quando mai si è messo a fare palestra??
 
- Che tipo di palestra? - faccio, maliziosa, giusto per metterlo in imbarazzo.
 
- Se, magari fosse quella che pensa la tua testolina bacata. Voglio solo rimettermi un po’ in forma. Ma poi ti pare che avrei risposto se fosse stato quel tipo di palestra? - Beh, effettivamente..
 
Che poi lui non ne aveva troppo bisogno. Certo, un accenno di pancia-da-birra si stava sviluppando, ma non era mica così gonfio. E poi era bello, dentro e fuori. Si era rasato i capelli a zero quest’estate e tutti pensavamo che sarebbe stato malissimo. In realtà gli stava da Dio questa non-acconciatura. Ha la barba corta, non la fa mai allungare troppo. È alto e magro, pancina a parte. Si vede che non ha mai fatto nulla per migliorare il fisico, ma d’altronde sta bene anche così. Ha molte ammiratrici, però non se le fila. È stra esigente! Lui ha il prototipo di ragazza e quella deve essere: bionda, occhi azzurri e magra, con un culo da favola, rotondo e sodo, e se ci sono pure le tette “meglio ancora”, come dice lui. Eh ci credo che non scopa mai.
 
- Sai che forse dovrei iniziare a fare qualcosa anch’io? Ho troppa fame e mi vedo un po’ più rotonda! Di rinunciare al cibo non se ne parla proprio.. è buono! - per non parlare di mia madre che mi sfotte..
 
- Clara!! - mi chiama come se avesse avuto l’idea del secolo.
 
- Presente, dimmi – pronuncio, scherzando.
 
- Iscriviamoci in palestra! Dai, so anche che fanno uno sconto se ci si iscrive in coppia! Domani mi informo meglio! - dice, come se avesse già preso la decisione per entrambi.
 
- Ma la palestra puzza.. - infatti non mi ero mai iscritta perché quando tempo fa ci andai solo per informarmi sui corsi, già si sentiva l’odore acre di sudore. Terribile.
 
- Ma va, non fare la sciocca. - io in realtà sono serissima, mi verrebbe da dirgli – Ci andremo insieme e ci divertiremo un casino! -
 
- Mah, non sono troppo convinta.. Comunque, - meglio sviare il discorso, - ho una brutta notizia da darti! Stasera ho ospiti a cena e non posso uscire. - Spero non se la prenda a male.
 
- E qual è il problema? Esci dopo cena! - No, forse non ha capito.
 
- Il problema è che sono amici dei miei genitori che non vedono tipo da vent’anni! Ci tengono che sia presente per tutta la sera. Anzi, mia madre ad un certo punto ha proposto di farti venire a casa e al massimo uscire più tardi. - gli spiego.
 
- Ma come più tardi? Lo sa che domani c’è scuola, si? - Siamo proprio sulla stessa lunghezza d’onda. È quello che mi sono chiesta anche io.
 
- Ma che ne so.. fatto sta che alle dieci non posso uscire. Mi ha pure chiesto di vestirmi per bene, figurati. -
 
- Azz,, ci tiene proprio assai, eh? E va bene, allora direi di rimandare del tutto l’uscita. Dato quanto ci tengono non vorrei nemmeno intrufolarmi a casa vostra come fossi uno di famiglia. - mi fa, comprensivo. Anche se per me lui è uno di famiglia e lo vorrei veramente a casa con noi stasera.
 
- D’accordo. Però se ci ripensi vieni pure a casa. Mamma fa i cannelloni. - Lo avverto, con gioia.
 
- Vedi che dobbiamo andare in palestra? Basta, ormai è deciso! -
 
Non ha tutti i torti.. Sorrido e rispondo – Va bene, allora ci si sente! Ciao amico! -
 
- Ciao Amica! - e riattacca.
 
Ancora con il sorriso sulle labbra, poso il cellulare e guardo la versione. A noi due, Seneca..
 
 
 
 
Due ore e molta più fame dopo, mi stiracchio sulla sedia della scrivania La versione l'ho finita senza neanche troppe interruzioni, messaggi di Martina “su quanto sia bello Stefano e su quanto domani ci dobbiamo avvicinare perché per conquistarlo ci deve parlare” a parte. E dopo aver abbondantemente perso tempo du internet, posso finalmente alzarmi.
 
Guardo l'ora. Sono le sette e mezzo. Potrei cominciare a farmi una doccia con l'acqua bollente come piace a me e cercare qualche vestito “decente” per lo standard di mia madre.
 
Raggiungo quindi il salotto, dove mio padre sta guardando la tv insieme a mia sorella.
 
- Vi serve il bagno o posso andare a farmi una doccia veloce? - chiedo loro, così da regolarmi dato che si dovranno preparare anche loro.
 
Irene e papà mi danno il via libera, ma mia madre sbuca dalla cucina: - fai veloce per davvero però perché anche io mi devo lavare, che dopo aver cucinato puzzo di un po' tutto! - mi raccomanda con il dito puntato a mo' di minaccia.
 
- Vai tranquilla, madre. Sarò più veloce della luce. - la rassicuro.
 
Una volta chiusa in bagno, inizio a spogliarmi. Ma prima di entrare in doccia, decido di pesarmi.
Non l'avessi mai fatto.. tre chili in più in dieci giorni?! Ma scherziamo?
No basta, mi devo limitare. Stasera niente cannelloni.
 
Magari solo uno..
 
Sotto il getto di acqua calda dimentico pure come mi chiamo. Si sta così bene, e il bagnoschiuma all'olio di argan è paradisiaco. Un vero piacere, per la pelle e per l'olfatto.
 
Una volta uscita dalla doccia, avvolta in un asciugamano, corro in camera per vestirmi. Apro l'armadio e lo guardo. Che diamine mi dovrei mettere?
 
- Mà! - grido per fare in modo che la mia genitrice mi senta.
Nessuno risponde.
- Màà! - sento un rumore di passi, segno che si sta avvicinando.
 
- Clara ma lo capisci che ho mille cose da fare? Che c'è? - mi chiede, accigliata. Ma perché le madri se sanno che deve venire qualcuno a casa, che sia il papa o un turista cinese, si devono mettere a riordinare anche i cassetti dell'intimo?!
 
- Che vuoi che mi metta? - le domando con sguardo interrogativo. Alla fine sono a casa, non ad un matrimonio. Va bene non mettersi la tuta dato che ci sono ospiti, ma come devo prendere il suo “vestiti bene”?
 
- Mettiti un vestito. - Si, come no.
 
- Mi sembra esagerato un vestito per stare a casa. - ribatto. Okay che ci tiene particolarmente dato quanto ci tengono a questi amici, ma i vestiti no.
 
- Oddio Clara, quanto la fai lunga. Allora mettiti dei pantaloni e una maglietta che sia decente, non uno straccetto qualunque. - sembra esasperata, se sopravvive a questa serata e ne esce illesa e con i nervi saldi, niente e nessuno la turberà in vita.
 
- D'accordo. Ma il mio guardaroba non è composto da straccetti. - ci tengo a informarla, che cavolo.
 
Detto ciò, mia madre si chiude in bagno ed io rimango a guardare dentro l'armadio. Un momento, ma io ce li ho dei pantaloni? Mm.. mi sa che la cosa che gli si avvicina di più sono dei jeans neri. L'unica cosa è che sono stretti, ma forse se non respiro mi entrano anche con i tre chili in più che ho preso.
 
Dopo una fatica immane decido di buttarli il più possibile lontano da me!
Prossimo obiettivo: farmeli entrare senza sforzi e soprattutto riuscire a chiudere il bottone.
 
Guardo sconfortata per l'ennesima volta l'armadio e l'occhio mi cade sul jumpsuit che Irene mi ha regalato per natale, con la scusa che così avrei avuto qualcosa di elegante da mettermi anche se si poteva considerare una tuta. Mi sembra un po' eccessivo, ma non vedo altra soluzione. E poi così magari la provo e farò contenta pure lei.
 
Beh, il risultato non è per niente male.. la parte di sotto mi ricade larga sulle gambe, il ché mi da libertà di movimento. Mi sembra quasi di non avere niente. La parte di sopra però è quella problematica: è molto scollata e anche molto aderente. Non lascia troppo alla fantasia, e con la mia misura abbondante diciamo che non miglioro la situazione: il tessuto, oltre ad essere incollato alla mia pelle dalla pancia fino alle spalle, circondando perfettamente anche i fianchi, presenta uno scollo a V che è abbastanza profondo per i miei gusti, dato che arriva fino all'inizio dello stomaco e i lati del seno sono scoperti. Le braccia poi sono circondate da un tessuto tipo pizzo e i polsi presentano una fascia di tessuto, sempre nero, ma con in aggiunta delle mini borchie circolari color oro che adoro.
Certo, l'effetto visivo è molto elegante e sexy, penso che ci rimorchierei una cifra utilizzandolo in qualche serata fuori.
 
Sono le otto e mezza e posso considerarmi pronta.
Che bello, tra poco si mangia.
 
Torno in salotto da mio padre, vestito in giacca e cravatta: gli sta divinamente! È un incanto. Capisco perché mamma si sia innamorata di lui. Mia sorella invece ha messo un vestito rosa pallido come i confetti. Ed è smanicato.
 
- Ire ma non sentirai freddo così? - le chiedo. Quel vestito sembra estivo..
 
- Ammazza che figurino! - dice mia sorella, non rispondendomi. - ho fatto proprio bene a regalartelo! -
 
- Ma non è un po' troppo? - mi fa mio padre, evidentemente preoccupato e a disagio. Normalmente non è abituato a vedermi in ghingheri, e posso immaginare la sua sorpresa e turbamento nel mirarmi con questo coso addosso.
 
- Papà stai parlando tu che sembra stia per andare ad un matrimonio. - mi difende Irene.
 
- Ho capito ma.. cioè.. - sembra affaticato nel cercare di parlare – Io non so se ti conviene per.. -
 
il citofono suona.
 
- Oddio sono qui!! - esclamano all'unisono i miei genitori.
 
Io e Irene ci guardiamo e ridiamo sotto i baffi. Stasera sembriamo più noi le adulte che loro, troppo contenti che vengano gli amichetti a casa.
Anche noi ci avviciniamo alla porta, subito dopo di loro.
 
Finalmente li conosceremo! Cavolo, non pensavo di sentirmi così in ansia anche io! Con tutto questo trambusto me l'hanno trasmessa anche a me. Mia sorella invece sembra ancora calma, semplicemente felice. Io invece sono quasi agitata! Chissà come deve essere ritrovarsi dopo tanto tempo.
I miei genitori aprono la porta e iniziano urletti di vario genere! Mia madre quasi piange, mi sembra di vederle gli occhi lucidi anche da qua dietro mentre abbraccia quella che dovrebbe essere la sua vecchia migliore amica. Papà invece sta già ridendo a più non posso con l'amico degli amici, come l'ha definito più volte nei suoi racconti. Sembra un bel quadretto felice.
 
Però gli ospiti non sono finiti. Io avevo capito che erano solo due le persone invitate.
 
Dietro quelli che sono i cari amici di mamma e papà, si avvicinano due figure poco delineate data la lontanaza. Non appena sono più vicine, l'amico di papà stringe due ragazzi vicino a sé e dice: - Gianni, questi sono le mie gioie più grandi! Edoardo ed Alfredo. I miei figli. -
 
Ah.
 
Mio padre, di conseguenza, ci presenta a loro avvicinandoci con una mano dietro la schiena e, orgoglioso, risponde: - Mauro, queste invece sono le mie due principesse. -
 
Dio, voglio sprofondare.
 
Quello che ho capito chiamarsi Alfredo, guarda me e mia sorella con un sorriso enorme che gli va da un orecchio all'altro. Ma cosa più importante, ci guarda in faccia.
 
L'altro, invece, si è fermato alle mie tette e da lì non sembra volersi smuovere.
 
Ora ho capito perché papà diceva che non mi conveniva..
 
Oh Cristo, datemi una felpa.
 
 

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Capitolo 4
*** L'uomo che hai di fronte ***


La cena è terminata. Mia madre e mia sorella iniziano a portare in tavola dei dolci dall'aspetto delizioso. Anche se mi sa che li prenderò domani a colazione dato che sono immensamente piena.
 

 

«Allora ragazzi, volete un po' di vino?», chiede mio padre.

 

«Si, grazie.» rispondiamo in coro sia io che i due fratelli. Mia sorella invece non beve.

 

«Non chiedevo a te, ma eccoti servita. Dopo questo basta però».

 

Dai qua padre, che ne ho bisogno. Neanche immagini cosa riesco a bere quando esco. Povero ingenuo.

 

«Con il vostro permesso andrei a fumare» dice quello che dovrebbe essere Edoardo.

 

«Ma certo, vai pure! Clara, accompagnalo in balcone!». Ma mica si perde... vabbè, ne approfitto per fumarmene una anche io a questo punto. Dopo tutto questo ben di Dio ne ho bisogno.

 

«Vengo pure io. Dopo cena ci sta» pronuncia suo fratello Alfredo.

 

«Perfetto, seguitemi allora».

 

 

Li accompagno nella mia stanza, dove si trova uno dei balconi della casa. In silenzio raggiungiamo quella che definisco la mia dimora.

 

«Non fate caso al disordine. Alle volte capita che sia anche ordinata», scherzo, per smorzare un po' l'imbarazzo.

 

Alfredo ride, mentre Edoardo accenna un sorriso, più per gentilezza che altro.

Simpatia portami via.

 

Prendo il pacchetto dal mio zaino e apro il balcone.

 

«Ah, io non fumo. Mi raccomando» non voglio che i miei genitori lo scoprino, soprattutto per merito loro.

 

«Non preoccuparti, non siamo due infami», precisa Alfredo. Lui mi sta decisamente simpatico. L'altro invece sta zitto, accende la sigaretta e mi passa l'accendino.

 

«Grazie...» giusto perché sono gentile, io.

 

«E quindi questa è la tua cameretta. Vedo che ascolti molta musica». Mi chiedo se il dono della parola l'abbiano dato solo ad uno dei fratelli.

 

«Si, abbastanza. Per me è essenziale. Ci sono cresciuta con la musica, non riuscirei a farne a meno. Ti piace qualche cd dei miei?»

 

«Si, ne ho visto qualcuno di Vasco Rossi. Io, mio fratello e mia madre siamo grandi fan.» Ah, bene. Anche io! Punto a favore.

 

«Prendetene uno, quello che più vi piace! Come regalo di benvenuto, sarei più che felice di regalarvelo. Giuro che non sono rovinati!»

 

«No davvero, non possiamo privartene» dice, un po' timoroso.

 

«Macchè non ti preoccupare! Ve lo do più che volentieri! Nessun problema, davvero» sorrido per essere più convincente. Alla fine non mi dispiace regalargliene uno. Alfredo sembra un ragazzo simpatico, ed anche i loro genitori non sono da meno. Sembrano una bella famiglia. Certo, parlasse anche Edoardo...

 

«Grazie mille, gentilissima!»

Alfredo va a vedere quali cd di Vasco possiedo e rimango in balcone con Silente. Ah, nomignolo trovato!

 

«Ma tu non parli mai o ti girano solo i coglioni?» chiedo a questo punto. Magari è silenzioso perché non è facile abbandonare tutto e ricominciare da zero, specie in questa fascia d'età. Credo abbia i miei stessi anni, e se dovesse succedere a me di trasferirmi ora, cadrei in depressione.

 

Silente si gira verso di me. Per un nanosecondo riesce addirittura a guardarmi negli occhi. Peccato per la pessima resistenza, dato che subito dopo lo sguardo ricade nella scollatura.

 

Sbuffo. «Uff ho capito, vado a mettermi una felpa». Neanche il tempo di girarmi che prende parola.

«No scusami, non volevo metterti in imbarazzo. Non hai bisogno della felpa, stai benissimo così».

 

Oh santo cielo, non ero pronta a tutte queste parole messe in fila da parte sua. Alleluja.

 

«E' solo che è difficile non buttarci un'occhiata». Ecco, forse era meglio se restava zitto.

 

«Perfetto, così non mi hai messo assolutamente in imbarazzo. Ottimo lavoro».

Sorride. Ma wow quante reazioni tutte insieme. Facciamo progressi.

 

«E tu e tuo fratello che scuola frequenterete adesso?» dico più per mantenere viva la discussione che per vera curiosità.

 

«Mio fratello continuerà l'alberghiero, mentre io invece farò il classico», mi fa sapere mentre tira l'ultima boccata di nebbia.

 

«Ah bene, anche io faccio il classico! Sai già in che classe sarai inserito?» oddio vuoi vedere che me lo ritrovo pure in classe con me?

 

«Si, è la VB». Pericolo scampato.

 

«Mi sa che abbiamo la professoressa di italiano in comune. Io sono nella VA invece». Butto giù la sigaretta. «Ehi, hai deciso quale prendere?» chiedo ad Alfredo. Nel frattempo rientro in camera, seguita da Edoardo.

 

«Credo di sì. Se non ti dispiace prendo questo live del '93» dice, ancora titubante.

 

«Ma sì prendilo senza farti problemi. Davvero!». Nel frattempo prendo una delle mie caramelle al limone, giusto per mascherare un po' l'odore che non si sa mai. Ne offro una anche ai fratelli ma declinano l'offerta. Meglio così, me ne rimane solo un'altra.

 

Scendiamo giù nella sala da pranzo. Ma poi perché si chiama 'sala-da-pranzo' se alla fine ci si cena anche? È un quesito che mi pongo da una vita. Perché porre un limite al nome di una stanza della casa, nonostante questo venga palesemente superato? Chiamiamola sala da cibo!

 

Interrompo la riflessione perché mi accorgo dello sguardo di Edoardo, stavolta non sulle mie tette. Almeno quello.

 

«Tutto bene?» chiede. Cavoli, l'ho proprio sbloccato.

 

«Oh sì, stavo solo riflettendo...»

 

«Capisco». Ma che devi capire?! Non ha idea di quanto sia contorta la mia 'testolina', come dice Michele.

 

Mantengo lo sguardo su di lui. Se c'è una cosa che i documentari di focus mi hanno insegnato, è che lo sguardo non va mai abbassato. È così che in natura gli animali eleggono il capo branco. O il maschio Alfa. Certo, non sono un maschio, ma posso comunque essere Alfa. Il maschio qua in mezzo è sicuramente lui. Anche un bel pezzo di maschio, devo ammettere: una bellissima pettinatura, con dei bei riccioli castani dall'aspetto morbido, occhi verdi veramente ma veramente belli mannaggia a lui, una bella barba alla Jared Leto che complimenti vivissimi, e un fisico asciutto e slanciato. Alla fine una bella visione.

 

«Mamma guarda che ci ha regalato Clara». Alfredo mostra il cd ed io con una punta di soddisfazione vado a prendermi i complimenti.

 

«Ma grazie cara, non dovevi!» mi dice Roberta rivolgendosi a me con un enorme sorriso.

 

«Non preoccupatevi, l'ho fatto veramente con molto piacere!» Ma che brava persona che sono.

 

 

 

È quasi mezzanotte e nessuno accenna ad andarsene. Sto morendo di sonno qui seduta sul divano mentre provo a restare con gli occhi aperti. Sono felicissima per i miei e per i loro amici ritrovati, mi hanno fatto morire dal ridere con i loro racconti, ma adesso la stanchezza ha preso il sopravvento su di me. Vorrei solo mettermi comoda a letto. Anche se alla fine il divano è altrettanto comodo. È decisamente faticoso mantenere dritta la testa: non ce ne accorgiamo durante il giorno, ma pesa parecchio. Magari se la abbandono un minutino sul petto di papà la riposo un attimo. Non credo che gli dispiacerà, lui adora trattarmi come se fossi ancora la sua piccola, piccolissima principessa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il titolo che ho scelto è tratto da un album di Vasco Rossi uscito nel 1993, disco che per l'appunto ha segnato il tour del cd che Clara regala a Roberta ed ai fratell:.
Quello che hai qui di fronte / È un uomo e tu lo sai / Non mi fai più neanche / Paura ormai / L'uomo che hai qui di fronte / È un uomo e tu lo sai / Non gli fai più neanche / Paura ormai / Sa quello che vuole / È grande ormai / E non è più il bambino / Che aveva lo sai / Bisogno d'amore / E tu invece no / Tu avevi già te...

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Capitolo 5
*** Santa Clara ***


Sento un rumore di sottofondo che disturba il mio sonno. Lasciatemi dormire per altri cinque minuti, vi prego. Qualcuno entra nella mia stanza: sento i suoi passi ed una luce fastidiosa mi costringe ad aggrottare la fronte. Tiro le coperte fin sopra la faccia ma la persona che sta cercando di svegliarmi mi frega togliendomele del tutto. Un grugnito esce fuori dalle mie labbra.

 

«Chi sei e cosa vuoi dalla mia vita» pronuncio, ancora con gli occhi chiusi e senza alcun tono interrogativo.

«Sono Irene e vedi di alzarti dal letto che tra mezz'ora prendo il treno».

 

Lentamente riapro gli occhi ancora addormentati e prendo coscienza di chi sono io, di chi è la persona davanti a me e di come ci sono finita a letto se mi sono addormentata su mio padre.

 

«Se te lo stessi chiedendo, ieri ti ha portato in braccio papà fino al letto e io e mamma ti abbiamo messo il pigiama. Dormivi così profondamente che non ti sei svegliata neanche con le bombe».

 

Lentamente ricordo della cena, degli amici dei miei genitori e dei due fratelli. Ma soprattutto ricordo quegli occhi verdi così caldi addosso a me. Brividi.

Bella figura di merda che ho fatto ad addormentarmi. Non riuscivo più a restare sveglia.

 

«Ho dato un'ottima prima impressione, devo dire... Vabbè». Guardo l'orologio del cellulare. Sono le 07:05. Non mi svegliavo così presto da anni. «Come mai parti così presto?» chiedo ad Irene, maledicendola per questa orrenda scelta.

 

«Ho bisogno di studiare per la sessione e ci sono dei fascicoli lasciati dalla professoressa nella biblioteca dell'università. Senza di quelli non riesco a preparare per intero l'esame. Dai, alzati che ci prendiamo insieme il thè caldo».

 

«Ma quale thè, io la mattina ho bisogno del caffè! Doppio in tazza grande. Facciamo anche in un barile, và».

 

Mentre mia sorella va in cucina a preparare la moka, che sicuramente mia madre avrà già finito come sempre, inizio ad alzarmi dal letto. Molto lentamente. Proprio oggi non ho alcuna fretta, dato che fino alle 8 Martina non arriva.

 

«Buongiorno dormigliona» mi saluta papà con fare dolce. Sembra particolarmente di buon umore oggi. Sono felice che ieri si sia divertito ed abbia passato una grande serata. «Che sei stata carina ieri ad addormentarti su di me come facevi fino a qualche anno fa».

 

Oddio, ora si emoziona pure. «Per qualche anno fa intendi dieci anni fa?»

 

«Si ma è come se fosse ieri» e mi da un abbraccio affettuoso. Che sentimentalista, così mi imbarazzo... Aah i papà, che teneri.

 

«Eccoti il caffè» Irene mi porta la tazza e il latte a parte, nel caso lo volessi macchiato. Ma sono tutti particolarmente carini oggi o è impressione mia?

 

«Che vi succede oggi? Siete tutti così... teneri» e la cosa mi inquieta particolarmente.

 

Mio padre mi guarda con un sorrisino dolce e allo stesso tempo pauroso «Sei stata davvero dolce ieri a regalare uno dei tuoi cd. Questo vuol dire che ti sono piaciuti i nostri ospiti.»

 

Beh sì, è stata una bella serata, abbiamo riso tutti molto tra mio padre e Mauro, sono stata contenta anche per mia madre e la sua amica Roberta, finalmente ritrovata. Inoltre Alfredo ha l'aria di essere un buono e non mi è dispiaciuta la loro compagnia. Solo non sono riuscita ad inquadrare bene Edoardo, per me rimane ancora avvolto nel mistero. Passa da un estremo all'altro: al primissimo impatto mi è stato sulle palle, mentre quando eravamo in balcone, su da me, ho intravisto come un ombra ma anche una sorta di maturità. Non so come spiegarlo. Non l'ho capito.

 

«Ma sì dai... siamo stati tutti bene ieri sera. Mi ha fatto piacere conoscerli. E sono felice che siano simpatici, dato che già mi immagino ci frequenteremo spesso.»

 

«Esatto, li vedremo molto spesso. Infatti ti volevo chiedere...» io lo sapevo che arrivava la fregatura. Tutti troppo gentili.

 

«...dato che i ragazzi sono appena arrivati e non hanno mai vissuto qui e quindi non conoscono nessuno, pensavamo io e tua madre che potreste uscire insieme qualche volta. Anche con i tuoi amici magari. Fino a quando non si ambientano meglio. Potrebbe anche darsi che più in là diventerete amici anche voi. Sarebbe bellissimo se le nostre famiglie si stringessero in una bella amicizia su più livelli di generazione», pronuncia con ancora quel sorriso stampato in faccia. Quanto ci tiene...

 

Immaginavo che tutta questa attenzione di stamattina avesse un fine particolare. Ho un fiuto su queste cose che Conan ciao proprio.

Quindi in teoria dovrei tipo invitarli fuori al pub. Sorseggio il caffè mentre ci penso. Quanto è buono di prima mattina, una cosa indescrivibile.

Va bene, farsi nuovi amici non fa mai male. Soprattutto se dovrò stare a stretto contatto con loro da qui all'eternità. Meglio fare in modo che ci sia un buon rapporto.

 

«Sì, okay. Non c'è nessun problema. Magari stasera li invito a prendere una birretta al pub e a farci due chiacchiere».

 

Neanche avessi detto che ho vinto alla lotteria, mio padre viene pervaso da una gioia immensa «Vi siete già scambiati i numeri di telefono??», chiede.

Ah ecco perché.

 

«No pà, non ho nessun numero. Però ieri sera mentre chiacchieravamo in balcone, abbiamo parlato anche della scuola e Edoardo mi ha detto che frequenterà il classico. Quindi ci sta che lo veda oggi e gli posso chiedere se vogliono venire con me».

 

Mio padre si alza da tavola euforico e, continuando a dire «bene, bene, bene» in loop, si allontana dalla cucina. Un «brava Claretta» esce invece dalla bocca di mia sorella, seguito da un rumoroso bacio sulla guancia. E niente, tra poco mi aspetto una chiamata dal Papa per decidere il giorno più adatto per la mia santificazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La ricreazione.

No, parliamone. La ricreazione è quel momento fondamentale nella vita di un adolescente costretto a stare seduto per cinque ore provando ad ascoltare lezioni, alcune più interessanti, altre meno, tenendo la stessa concentrazione per ognuna di esse (mission impossible). La ricreazione equivale ai dieci minuti di ora d'aria di un qualsiasi studente. La ricreazione è quella cosa che ti dà energie per continuare la giornata scolastica: ti permette di mangiare, bere una caffè, giusto perché non se ne ha mai abbastanza, fare un giro in cortile e fumarsi una sacrosanta sigaretta. La ricreazione ti permette di riprendere un po' di dignità. La ricreazione come diritto fondamentale degli studenti. La ricreazione come patrimonio dell'umanità.

 

Al primo accenno di campanella, sia io che Marti e Noemi ci alziamo dalle sedie e ci catapultiamo fuori per arrivare prima alle macchinette e non perdere tempo, così da guadagnarlo per restare in cortile.

 

«Ed anche oggi... prime!!» urla Noemi slittando davanti alla macchinetta con le braccia in aria, neanche fosse una rock star.

 

«Ah io oggi niente snack, solo caffè. Ieri ho mangiato così tanto che ancora adesso non ho fame.» dico mettendomi davanti a quella per le bevande calde.

 

«Già ma tu ieri avevi la cena dei “nostalgici”. Come è andata?» chiede un esemplare di Martina curiosa.

 

«Molto bene, sembrano delle brave persone. Anche una bella famiglia, devo dire. Più che altro mi fa piacere per i miei».

Cavolo, dovrei cercare Edoardo! Me ne stavo già dimenticando... bene così!

 

Prendo il caffè e decido di uscire in cortile. Edoardo fuma, quindi probabilmente se non sta mangiando, sarà sicuramente nell'angolo fumatori. E se non c'è adesso, sicuramente arriverà prima del suono della campanella.

 

«Ragazze, io vado ora a fumare, tanto non mangio. Appena avete fatto ci vediamo là».

 

Percepisco un «d'accordo» non troppo sicuro alle mie spalle. Individuo con lo sguardo la mia meta e tra gli altri ragazzi noto proprio colui che sto cercando. Ma sono troppo forte. Ripeto: Conan, scansati.

 

Mentre mi incammino decido di iniziare a prendermi una sigaretta. Ma mannaggia a me e a quando non guardo a chi mi viene incontro, che Marco, ancora non mi spiego come, riesce a farmela cadere dalle mani e a schiacciarne una parte con la punta delle sue dannatissime scarpe.

 

«Dai cazzo ma era l'ultima!!» ringhio contro di lui. Forse alzando un po' il tono della voce, tant'è che diverse persone si girano verso di noi, tra cui il mio ricercato.

 

«Oddio scusami tanto, non l'ho fatto a posta! Perdonami!». Ma Dio Santo, perché a me?

 

«Cosa c'è Marco?» chiedo, ancora più irritata. Irritata perché invece l'ha fatto a posta! Ogni volta a ricreazione deve correre a cercarmi e appena mi vede mi viene incontro. Stavolta non guardandolo mi è finito addosso e addio fumata post caffè.

 

«No, niente. Volevo sapere come stavi e se per stasera avevi qualche programma..» ha la faccia da cane bastonato e la cosa non mi intenerisce per niente.

«In realtà sì, stasera sono impe...»

 

«Tieni». Non finisco di terminare la frase che Edoardo spunta di fianco a me con una sigaretta tra le dita mentre me la porge. Oggi ti voglio bene.

 

Un «grazie» davvero sentito mi esce dal cuore. «Volevo parlare proprio con te. Andiamo a fumare». Lascio alle spalle un Marco preoccupato, e forse deluso, ma io non gli ho mai dato nessuna speranza, perciò deluso di che?! Poi oggi è meglio se mi lascia stare. Per fortuna capisce l'antifona e si allontana, probabilmente per cercare il suo amichetto.

«Mamma mia che pedante. Per fortuna ti sei avvicinato. Grazie anche per questo». Gli sorrido, davvero grata.

 

«Figurati. Ti ho vista in difficoltà». Dice, guardandomi negli occhi. Stavolta non deve essere difficile, dato il maglione enorme che porto.

 

«Comunque ti volevo parlare. Sempre che tu voglia parlare» la metto un po' sull'ironico con il sorriso sulle labbra, visto che già ieri sera gli avevo chiesto se alle volte capitasse che parlasse.

Mi sta scrutando, lo percepisco. Forse anche lui cerca di studiarmi. Non so, mi sento un po' una cavia in questo momento.

 

«Sì certo, dimmi pure» quanto è cordiale oggi. Gli è presa bene. Meglio così, la conversazione sarà più semplice.

 

«Ti volevo chiedere intanto come sta andando questo primo giorno di scuola» faccio, cordiale.

 

«Bene, ma sono sicuro che andrà meglio nei prossimi giorni. Essendo il primo mi devo presentare ad ogni professore che entra in classe e la cosa un po' mi mette a disagio. Ma va bene comunque, non posso lamentarmi.» Certo che quando parla, parla per davvero. Anche se non posso nascondere un mezzo sorrisetto pensando a lui che si presenta più volte nello stesso giorno, dato l'imbarazzo e il silenzio di ieri sera.

 

«Beh, spero tu dica giusto qualche parolina in più rispetto a ieri allora! Scherzo eh... non vorrei fraintendessi i miei modi di fare», oh al momento sorride. È un buon segno credo. Giusto?

 

«Non preoccuparti, credo di averti capita». Ma guarda te che sbruffone.

 

«Tu dici? Mm.. ne devi fare ancora di strada! Ma dai, sono molto buona come persona, quindi ti aiuto volentieri! Stasera se non hai impegni possiamo andare al pub vicino casa. Sta praticamente vicino alla tua abitazione, per come mi ha spiegato mio padre dove state. Si chiama “Ninkasi”. È molto carino, fanno musica live nel fine settimana e hanno diverse scelte di birra». Continua a sorridere. Se mantiene questo mood andremo sicuramente d'accordo. Sorrido di rimando.

 

«Certo, vengo molto volentieri». Bingo.

 

«Ottimo! Dillo anche a tuo fratello se vuole venire. Ti lascio il mio numero e ci mettiamo d'accordo, okay?»

 

«Mi sembra un ottimo piano». Sento già la chiamata del Papa in arrivo.

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