Time is on my side — you are not

di Krestal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Se si fa una media siamo due persone normali ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Continuo a non vedere il problema ***
Capitolo 3: *** Capitolo 4 - Sarebbe il caso di provare a collaborare ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Cosa stavi scrivendo, prima? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Ti ho chiesto di fidarti di me, Jenkins ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Andiamo, Jenkins ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Come se gli altri non potessero capire ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Oltrepassare limiti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Grazie per stanotte ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Il festival ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Alleanze e inimicizie ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Inarrestabili ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Le emozioni del festival sportivo ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Ci vediamo in finale? ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Se si fa una media siamo due persone normali ***



 

Capitolo 1 - Se si fa una media siamo due persone normali

 

Era esausta, non dormiva decentemente da due giorni, aveva i capelli arruffati e aveva mangiato più di quanto avrebbe dovuto (e molto peggio di quanto avrebbe dovuto), ma ce l’aveva fatta.

Era in Giappone.

“...e se hai bisogno di lavare qualcosa, al piano di sotto c’è la lavanderia. Tutto chiaro?” La ragazza - com’è che si chiamava? - la guardava sorridendo. Si sistemò gli occhiali a punta sul naso con un gesto fluido.

Valerie la guardò. Era stata talmente impegnata a guardare quella stanza semivuota che sarebbe stata casa sua per una piccola parte della sua vita, da non aver ascoltato quasi niente. “Tutto chiaro, certo. Sei stata molto gentile.”

“Di nulla,” rispose lei. “Ti ho lasciato un biglietto con il mio numero di telefono sulla scrivania, così se hai bisogno di qualsiasi cosa puoi scrivermi. Sono nella stanza accanto alla tua, però,” le disse, facendo un cenno verso la porta in fondo al corridoio.

Valerie annuì. “C’è altro che dovrei sapere?”

“Stasera arriverà già qualcuno,” continuò a spiegarle la ragazza - il suo nome iniziava con la M, le sembrava. “Ma la maggior parte della gente arriverà domani. In genere la prima sera ci si trova nell’area comune, ognuno compra o prepara qualcosa da mangiare e si sta svegli fino a tardi.”

“Sembra divertente,” le rispose Valerie. “E stasera, invece?”

“Stessa cosa, ma con meno gente e meno casino,” le rispose l’altra. “Probabilmente sarai stanca, però.”

“Assolutamente no!” Si affrettò a dire Valerie. “Sono abbastanza elettrizzata. Non credo riuscirò a dormire a breve.”

“Allora ti conviene sistemare la tua roba e scendere tra un’ora circa,” le disse l’altra con un sorriso, passandosi una mano tra i capelli neri. “Per la cena non ti preoccupare, almeno stasera, ci penso io.”

“Grazie, sei gentilissima,” le disse Valerie, pur avendo il dubbio che lo stesse facendo solo perché era la studentessa responsabile. Anche gli altri studenti della sua scuola ne avevano uno, c’era la concreta possibilità che quella tipa non vedesse l’ora di liberarsi di lei. “Ora ti lascio andare. Ci vediamo dopo!”

“Ciao ciao, a dopo!” Le disse la ragazza, aprendo la porta della propria camera.

Valerie sorrise, chiudendosi la porta alle spalle. Ce l’aveva fatta, era alla Yuuei.

Prese tra le dita il bigliettino sulla scrivania, scoprendo che la ragazza si chiamava Nemuri Kayama. Accanto era riportata anche la parola Midnight, che Valerie ipotizzò essere il suo nome da eroina. Non aveva azzeccato neppure l’iniziale.

 

Dopo una doccia veloce e un cambio di vestiti, mezz’ora più tardi Valerie scese nell’area comune. Non c’era ancora nessuno, quindi si sedette lì con il cellulare in mano e gli auricolari nelle orecchie.

Era curiosa di conoscere gli altri, sperava tanto che andassero d’accordo, o sarebbe stato uno schifo. Aveva bisogno di un po’ di musica sparata a tutto volume per cancellare un po’ di quelle paranoie che le avrebbero solo reso più difficili le cose.

Dopo un lasso di tempo indefinito, una sagoma entrò nel campo visivo di Valerie, sventolando una mano. Valerie trasalì e si tolse le cuffie.

“Finalmente! Ciao, eh!” Era un ragazzo biondo con i capelli all’insù e un paio di occhiali da sole aranciati. Le stava sorridendo.

“Ciao, scusa, ero distratta,” si affrettò a precisare, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi.

“L’avevo notato. Hizashi Yamada, piacere di conoscerti,” le rispose, porgendole la mano.

Valerie gliela strinse. “Valerie Jenkins. Piacere.”

Hizashi fece un cenno verso un secondo ragazzo che Valerie non aveva notato. Indossava una maglietta scura e un paio di jeans che facevano un certo contrasto con la maglietta rossa e gli occhiali di Hizashi. Aveva i capelli neri e lunghi, piuttosto spettinati, e gli occhi segnati da occhiaie scure. “Lui è Aizawa Shota.”

Aizawa teneva le mani nelle tasche. “Ciao,” si limitò a dire.

Era già chiaro chi era quello simpatico dei due. “Ciao a te,” rispose Valerie, sforzandosi di sorridere.

Hizashi si sedette accanto a lei con un tonfo. “Allora, come è andato il viaggio? Ti stai trovando bene? Qual è il tuo quirk?”

Valerie lo guardò. “Devo rispondere in ordine? Perché ho già dimenticato qual era la prima domanda.”

“Non importa, ti rifaccio l’ultima: qual è il tuo quirk?”

Valerie si arrotolò una ciocca di capelli sul dito. “Beh, controllo il tempo.”

Hizashi spalancò la bocca. “Che figata!”

Scrollò le spalle. “Meno di quello che sembra, in realtà. I vostri?”

“Dirtelo sarebbe davvero stupido,” disse il ragazzo di nome Aizawa, in tono serio, che era rimasto in piedi accanto al divano. “Mi pare ovvio che prima o poi dovrai scontrarti contro di noi, nel corso delle prossime lezioni, e non vedo perché dovrei darti un vantaggio a cui tu hai già rinunciato.”

Valerie lo guardò come ad aspettarsi di scoprire che era una battuta, ma restò serio. “Ok,” si limitò a dire alzando gli occhi al cielo. “Come vuoi.”

Stavo per chiedere a Hizashi quale fosse il suo, ma in quel momento scese le scale Nemuri. Indossava un paio di pantaloncini e un top semplice, ma che su un fisico come il suo faceva decisamente un certo effetto. “Salve, ragazzi!”

Hizashi si alzò dal divano urlando il nome di Nemuri — Valerie si portò una mano all’orecchio sinistro, aveva una voce davvero potente — e andò ad abbracciarla. Aizawa si limitò a buttare lì un “Ciao” svogliato.

Hizashi e Nemuri si misero a parlare tra loro, lasciandomi in un silenzio imbarazzante con il signor simpaticone.

Aizawa si sedette sul divano. Si ritrovarono entrambi con il cellulare in mano per qualche lungo istante.

“Pensavamo di prendere una pizza, vi va?” Propose Hizashi. “Avremo tutto il tempo per mangiare in mensa.”

Era un’idea sensata. “Pizza sia,” disse Valerie.

“Bene!” Esultò Nemuri battendo le mani. “Stasera dovremmo essere solo noi quattro, più altre tre persone dopo cena, quindi possiamo andare a prenderla già adesso.”

Valerie si alzò. “Volete che venga con…”

“Stai comoda, andiamo noi,” le disse Hizashi. “Torneremo tra poco.”

Nemuri la salutò con la mano mentre uscivano.

E prima che potesse fare altro, era rimasta sola con lui.

Tornò a sedersi sul divano. Aveva la sensazione che lui la stesse guardando con la coda dell’occhio, ma non voleva girarsi.

Dopo un lasso di tempo che le parve infinito, disse: “Credo che andrò su, magari dico a Nemuri di avvertirmi quando tornano.”

Fece per alzarsi, ma Aizawa disse: “Aspetta.”

Valerie si bloccò e lo guardò. “Sì?” Chiese con aria interrogativa.

Aizawa posò il cellulare sul divano, ma parlò senza guardarla. “Non… Prima non volevo essere sgarbato.”

Valerie fece un mezzo sorriso. “Beh, in effetti…” Scrollò le spalle. “Ma non importa. Dimentico in fretta.”

Lui le fece un lieve sorriso.

Silenzio imbarazzante.

“Non ero mai stata così lontana da casa,” disse Valerie, tanto per riempire il vuoto.

“Immagino. Deve essere dura,” rispose lui. Sembrava in crisi quanto lei sul cosa dire.

“Non l’avrei pensato, ma forse quella che mi manca più di tutti è la mia gatta.”

Gli occhi del ragazzo si illuminarono, e si voltò di scatto. “Hai una gatta?”

“Yep. Si chiama Shadow. Non è un nome molto originale per un gatto nero, ma a dieci anni mi sembrava il nome più figo del mondo.”

“Io adoro i gatti, ma non ne ho mai potuti avere,” spiegò con una nota di tristezza nella voce.

“La vuoi vedere?” Gli chiese Valerie, prendendo il cellulare.

“Certo!”

“Se comincio a farti vedere le sue foto, possiamo stare qui fino a domani.”

“Magari. Almeno avrò una scusa per non ascoltare gli sproloqui di Mic che si esalta per l’inizio dell’anno,” le disse, divertito.

“Gli sproloqui di… chi?” Forse non aveva capito bene il nome.

“Oh, è il nome da eroe di Hizashi. Present Mic.”

Present Mic. Forse aveva qualcosa a che fare con la musica? “Eccola,” disse Valerie, mostrando una foto di Shadow con gli occhi spalancati.

“Oddio, è bellissima,” disse Aizawa, avvicinando la faccia allo schermo. “Peccato che non si possano tenere animali nel dormitorio.”

“Se fosse possibile, trasformerei la mia stanza in un gattile.”

“A chi lo dici.”

Valerie gli fece vedere qualche altra foto. “Sto chiedendo a mio fratello di mandarmi un sacco di foto. Da qualche parte ho anche un video di Shad che riporta una pallina.”

“Voglio vederlo subito.”

Valerie colse la palla al balzo senza pensarci. “Dovresti darmi il tuo numero di telefono. Passo un terzo del mio tempo libero a guardare video di gatti, dovrei passarteli.”

“Sì, certo. Te lo detto.”

“Puoi darmi anche quello di Hizashi? Può farmi comodo.” Si affrettò a precisare: “Se a lui non dà fastidio, chiaro.”

“Figurati se gli dà fastidio. Parlerebbe anche con i sassi, quello.”

“Un po’ lo invidio. Io ci metto un po’ di più a sciogliermi, infatti ho un po’ paura.”

“Per cosa?” Chiese lui, senza capire.

“Beh, potrei stare sul culo a tutti,” spiegò Valerie con un’alzata di spalle. “Spero che riuscirò almeno a fare bella figura se dovrò scontrarmi con qualcuno, potrebbe essere un buon modo per iniziare.”

“Questa è bellissima,” disse Aizawa guardando una foto di Shadow che sbadigliava. “Quanti anni hai detto che ha?”

“Dovrebbe averne circa dieci. Ho provato a convincere i miei a prendere un altro gatto, ma non ci sono riuscita.”

“Non molto distante da qui c’è un cat café. Potremmo andarci con gli altri, un giorno.”

Valerie sorrise, posando il cellulare. “Sarebbe fantastico!”

Lui le sorrise a sua volta, quindi calò un altro breve silenzio.

“Oltre ai gatti cosa ti piace?” Gli chiese Val. Era contenta che avessero trovato un terreno comune in poco tempo.

“Alle medie giocavo un sacco ai videogiochi, leggevo, passavo un sacco di tempo a fare giochi da tavolo… ora è già tanto se mi resta il tempo per dormire, per quanto devo studiare,” concluse.

“E poi ci sono io che mi riduco a studiare o esercitarmi la sera prima e cazzeggio tutto il tempo,” rispose Valerie, passandosi una mano tra i capelli. “Però con il mio quirk è un po’ più semplice. Non sai quante volte ho bloccato il tempo per studiare un paio d’ore in più.”

“Beh, comodo.”

“Yep, parecchio.”

“Sono curioso di vederti in azione, domani,” le disse, osservandola con aria pensosa. “Ho l’impressione che il tuo quirk sia diverso da qualsiasi cosa che ho incontrato finora.”

“Non aspettarti chissà cosa,” disse Valerie scrollando le spalle. In realtà, era convinta che avrebbe fatto bella figura con tutti.

“La pizza è arrivata!” Urlò Hizashi entrando con un paio di scatole in mano.

Valerie guardò la finestra: era sicura di aver visto il vetro che vibrava.

“Avete fatto amicizia, voi due?” Domandò Hizashi posando le scatole sul tavolino davanti a loro. “Nemuri, vai a prendere qualche tovagliolo?”

“Abbiamo scoperto che entrambi adoriamo i gatti,” spiegò Valerie.

“Oddio, mi bastava un fissato,” disse Hizashi sedendosi sull’altro divano. “Se cominci anche tu a mandarmi video di gatti a tutte le ore ti blocco.”

Valerie rise. “Ricevuto.”

Nemuri tornò con un rotolo di scottex, Hizashi tirò fuori da un sacchetto alcune bibite.

“Infatti, non mandarli a lui, mandali a me,” disse Aizawa sporgendosi per prendere un pezzo di pizza. Valerie fece per prenderne una, ma lui le porse quella che aveva in mano. “Tieni.”

“Sei un vero cavaliere,” lo prese in giro Hizashi, con una fetta in mano.

“E tu sei un vero...”

“Stop,” mormorò Valerie schioccando le dita. Intorno a lei, erano tutti come congelati. Aizawa intento a insultare Hizashi, Hizashi che stava per mordere la pizza e Nemuri che stava per afferrare una fetta. Valerie prese qualche tovagliolo, li piegò a metà per ottenere una forma triangolare, quindi si alzò per prendere la fetta di Mic e sostituirla con i tovaglioli.

“Play,” disse, tracciando una linea orizzontale di un paio di centimetri nell’aria.

“...Coglione,” finì la frase Aizawa.

Hizashi morse i tovaglioli, per poi fare una smorfia schifata. “Ma che cazzo—“

“Questa è per te,” disse Valerie con un sorriso soddisfatto porgendo la fetta ad Aizawa.

Il ragazzo scoppiò a ridere.

Hizashi guardò male Valerie, quindi le disse: “Vedo che sei dedita alla nobile arte dell’uso del quirk per trollare la gente, mi piaci.”

Nemuri la stava guardando con gli occhi sgranati. “Wow! Non mi sono accorta di nulla!”

“È già dalla mia parte,” disse Aizawa, buttando giù il primo boccone. “Rassegnati.”

Altro schiocco e altro stop, stavolta ebbero la prontezza di girarsi verso di lei. Valerie si sporse verso Aizawa, aprì la bocca il più possibile e morse la fetta di pizza che aveva in mano. Tornò a sedersi con un sorriso soddisfatto, disse “Play” e poi: “Non sono dalla parte di nessuno.”

Stavolta fu Hizashi a scoppiare a ridere, mentre Aizawa la fulminava con lo sguardo, quindi le strappò la pizza di mano e diede un morso grande il doppio di quello che aveva dato lei.

“Vaffanculo!” Urlò Valerie, senza smettere di ridere.

“Perché nessuno trolla Nemuri?” Fece notare Hizashi.

Nemuri sollevò lo sguardo sgranando gli occhi. “Uh?”

“Lei è stata gentile con me, almeno per qualche giorno è salva,” rispose Valerie.

“Siete tutti così carini,” cinguettò Nemuri. “Ah, la giovinezza.”

“Quanti anni hai, scusa?” Domandò Valerie, perplessa.

“Ha qualche mese più di noi, ma parla anche di se stessa” rispose Hizashi. “Non ci fare caso.”

Valerie buttò giù un boccone di pizza. “Dopo cena che volete fare?”

Hizashi alzò entrambe le braccia. “Propongo di mettere su una serata karaoke!”

“Neanche se mi leghi e mi minacci di morte,” rispose Aizawa.

Nemuri parve pensarci su. “In genere non si fa niente di particolare, la prima sera. Ma come fai a non avere sonno?”

Valerie fece spallucce. “Le novità mi rendono iperattiva.”

Hizashi puntò entrambi gli indici verso di lei. “Io e te diventeremo ottimi amici. Non come quella mummia.”

Aizawa alzò gli occhi al cielo.

Valerie rise. Dopotutto, le cose non stavano andando tanto male.

 

Quando ebbero finito di mangiare, restarono lì a chiacchierare per un’oretta. Valerie raccontò delle differenze con la sua scuola, ma la conversazione andò avanti soprattutto tra lei e Hizashi. Nemuri sembrava concentrata su altro, Aizawa aveva l’aria di chi stava già crollando dal sonno.

Nemuri diede la buonanotte, spiegando per l’ennesima volta a Valerie che se avesse avuto bisogno sarebbe potuta andare da lei in qualsiasi momento. Valerie la ringraziò e decise di andare in camera a sua volta, visto che anche Hizashi era andato via, trascinandosi dietro Aizawa perché altrimenti l’indomani sarebbe stato uno zombie.

Valerie non aveva ancora sonno, però. Si preparò per la notte, poi telefonò a sua madre.

Erano tutti felici di sentirla e sapere che stava bene. Raccontò che i ragazzi che aveva conosciuto erano simpatici e che la scuola era fighissima. Pregò sua madre di dire a suo fratello di mandarle più foto di Shadow, e tra una cosa e l’altra passò un’altra mezz’ora.

spense la luce e si mise sotto le coperte. Iniziò a scorrere qualche video di gatti. Quando ne ebbe visto uno con un gattino nero che veniva inseguito da un topo, senza pensarci lo inviò al contatto di Aizawa.

Dopo qualche istante, lui era online. Valerie tornò a guardare video, chiedendosi se avrebbe risposto.

Dopo un paio di minuti, le arrivò la risposta.

 

AS: Bellissimo

 

Valerie pensò se rispondergli, lui era ancora online. Comparve la scritta Aizawa Shota sta scrivendo, ma poi scomparve. Scelse di scrivergli.

 

VJ: Ma tu non dovevi dormire? XD

 

AS: Lo stavo facendo, ma ho dimenticato la suoneria.

 

VJ: Ops ^^’ Non ti disturbo allora! Sorry

 

Valerie si sentì in colpa, anche se sapeva di non aver fatto niente di male. Il suo cellulare si illuminò di nuovo.

 

AS: Nah, stai tranquilla. Tanto domani avrei sonno anche se dormissi dodici ore.

 

VJ: E poi ci sono io che non avrei sonno neppure se ne dormissi due.

 

AS: Insomma, se si fa una media siamo due persone normali.

 

Valerie rise. Nonostante la prima impressione, era simpatico. O forse lo trovava simpatico solo perché era carino. Oddio, era il primo giorno e si stava già prendendo una cotta per qualcuno? Probabilmente lo stava infastidendo. Decise di lasciar cadere la conversazione.

 

VJ: Sì, tipo.

 

Eppure, lui la portò avanti.

 

AS: Come fai a sapere così bene il giapponese?

 

VJ: Mia nonna paterna ha vissuto in Giappone per trent’anni. Ho fatto scuole bilingui e con lei ho sempre parlato giapponese. Si è pentita di non averlo insegnato a mio padre e ha rimediato con me.

 

AS: Oh, figo. Deve essere bello sapere così bene una seconda lingua.

 

VJ: Se vuoi posso darti una mano con l’inglese, lol

 

AS: Lasciamo stare. Già parlo poco in Giapponese.

 

VJ: Esagerato. A me sembri socievole :D

 

AS: ...lol. Se Mic leggesse questo messaggio riderebbe per qualche settimana.

 

VJ: Perché?

 

AS: Boh, diciamo che non sono esattamente un chiacchierone, a parte con Mic e pochi altri. E detesto roba tipo feste e cose simili. Sono più il tipo di persona che preferisce una serata a casa.

 

VJ: In parte ti capisco, ma a me piace fare entrambe le cose :3 Però ci sta, alla fine son gusti.

 

AS: Sì, infatti. L’importante è non criticare chi ha interessi diversi dai nostri, secondo me. Domani credo che quando partiranno i festeggiamenti me ne andrò direttamente in camera.

 

Valerie fece un’espressione triste guardando lo schermo e gli rispose senza pensarci.

 

VJ: Noooo, please! Non abbandonarmi, sarà imbarazzante, ma senza una delle tre persone in croce che conosco sarebbe ancora più dura XD

 

AS: Lol. Se proprio ci tieni…

 

VJ: Alla peggio ci mettiamo in un angolino a vedere video di gatti.

 

AS: So già che me ne pentirò, ma almeno c’è un buon piano B. Va bene.

 

VJ: Grazie <3 Ti devo un favore grosso come una casa.

 

AS: :)

 

Valerie guardò lo schermo un’ultima volta, sorrise e decise di chiuderla lì. Lui era sicuramente stanco e dormire avrebbe fatto bene anche a lei. Avrebbe potuto dargli la buonanotte, ma non voleva fare la figura della disperata che portava avanti le conversazioni a ogni costo.

Si sentiva una totale idiota. Detestava il modo in cui il suo cervello pareva fissarsi con persone a caso. Doveva farsela passare prima di prendersi una cotta vera e propria.

Poteva farcela, no?

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Continuo a non vedere il problema ***


Capitolo 2 — Continuo a non vedere il problema

 

“Buongiorno, studenti della 3-A! Siete carichi per un nuovo anno di lezioni?”

Valerie trasalì di colpo, sentendosi il cuore a mille. Chi cazzo aveva urlato in quel modo? Le fischiavano le orecchie. Si guardò intorno in cerca di altoparlanti, ma non sembravano essercene.

Afferrò il cellulare, trovando tre messaggi di Aizawa.

 

AS: A te piacciono le feste, invece?

Ti sei addormentata, mi sa…

Vabbè, buonanotte

 

Valerie si sentì in colpa. Pensò di scrivergli, ma si disse che probabilmente non se l’era presa e avrebbe fatto la figura dell’appiccicosa.

Alla fine la stanchezza si era fatta sentire. Aveva bisogno di un caffè e di qualcosa di dolce.

Quando ebbe indossato la divisa, si guardò allo specchio. La gonna era sufficientemente corta da mostrare le cosce più grosse di quello che avrebbe voluto, la giacca stringeva sul seno ed era larga sulla vita. Era uno schifo. Decise di tenere la giacca aperta, quindi si sistemò la frangia e si fece un trucco leggero.

Le sarebbe piaciuto pensare che l’avrebbero apprezzata a prescindere dal suo aspetto, ma sapeva bene che non sarebbe stato così, e sarebbe stata pure al centro dell’attenzione.

Forse la cosa migliore era darsi malata.

Le venne un’idea stupida, quindi fece una foto allo specchio e aprì la chat con Aizawa.

 

VJ: Scusa per ieri. Sono crollata.

Valerie Jenkins ha inviato una foto

Sto tanto male? Mi sento uno schifo.

 

Valerie si sistemò un’ultima volta la giacca, come se le cose fossero potute cambiare radicalmente tirando giù il bordo di due millimetri.

 

AS: Qual è il problema?

 

VJ: La gonna è troppo corta. I miei fianchi sono probabilmente larghi il doppio di quelli di qualsiasi studentessa giapponese. La giacca mi sta da schifo.

 

AS: Continuo a non vedere il problema.

 

Valerie fece una smorfia. Era sicuramente risultata patetica. Di nuovo, lasciò cadere la conversazione. Non c’era molto da dire, e se l’avesse trovata carina glielo avrebbe detto. Il suo era solo il commento di qualcuno che voleva essere gentile. Si fece coraggio e uscì dalla stanza con lo zaino in spalla.

 

“Continuo a non vedere il problema?” Gli disse Mic con gli occhi sgranati.

“Beh, che ho detto di male?” Rispose Shota con un’alzata di spalle. Aveva finito di prepararsi molto prima di Mic ed era andato in camera sua, ora era seduto alla scrivania dell’amico, aspettando che l’amico finisse di sistemarsi i capelli - e gli sarebbe servito ancora un bel po’ di tempo.

Mic non distolse gli occhi dallo specchio, continuando a lavorare il ciuffo. “Non puoi rispondere così a una ragazza che ti manda una propria foto. Falle dei complimenti, idiota!”

“Non sono sicuro che sarebbe opportuno.” Si erano conosciuti appena la sera prima, non voleva fare la figura del viscido.

“Non ti sta più rispondendo. C’è chiaramente rimasta male. Fai quello che vuoi.” Si voltò verso di lui con entrambe le mani sollevate. “Ma poi non ti lamentare quando mi verrai a dire che lei ti piace ma non le interessi.”

“Lei non mi piace,” si affrettò a precisare Shota. “Voglio solo essere gentile con lei.”

“Forse non hai capito che io so quando una ti piace ancora prima che lo sappia tu. Sono i miei superpoteri da migliore amico.”

“Wow, bel quirk di merda. Puoi aprire un’agenzia di incontri.” Guardò un’ultima volta il cellulare, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. “E comunque sul serio, non mi piace.”

“Continua a ripetertelo,” commentò Mic passandosi ancora un po’ di gel. “Però se non le scrivi qualcosa giuro che ti prendo il telefono e le scrivo Volevo solo dirti che sono un coglione e ho il migliore amico più figo del mondo.”

Shota sospirò. “Va bene, va bene, le scrivo qualcosa.”

 

AS: Intendevo dire che stai molto bene.

 

Mic guardò lo schermo, poi sospirò, scosse la testa e iniziò a indossare la giacca. “Sei un caso perso.”

Cinque minuti dopo, mentre camminavano verso l’edificio principale, a Shota suonò il telefono. “Mi ha risposto.”

“Fai leggere,” disse Mic, sporgendosi verso di lui.

 

VJ: Grazie :) Sono curiosa di vedere anche te in divisa, lol

 

“Oh, ha funzionato.” Mic aveva il tono di chi non ci aveva creduto.

“Ora puoi anche smettere di impicciarti,” gli disse Shota, spostando il telefono in modo che non potesse leggere.

“Amico ingrato,” si lamentò Mic.

 

AS: Credo che sarà l’unico completo con giacca, camicia e cravatta che mi vedrai mai indossare.

 

Valerie era online, visualizzò e rispose subito.

 

VJ: A chi lo dici, mi sento come se avessi rubato i vestiti a qualcun altro ogni volta che indosso una divisa ^^’

 

Shota sorrise. Era bello ricevere risposte così in fretta. Nel frattempo erano quasi arrivati in classe, quindi si mise il telefono in tasca.

Quando entrarono, vide un gruppo di persone intorno a un banco — che peraltro era il suo banco.

C’erano Nemuri e altri tre compagni di classe, intenti a parlare con Valerie.

Rispetto alla sera prima, i capelli erano un po’ più vaporosi. Stava ridendo e gesticolando vistosamente, facendo tintinnare i due braccialetti d’argento che aveva al polso.

Valerie parve accorgersi della sua presenza, si voltò, lo guardò e gli sorrise. Solo in quel momento Shota si rese conto di averla fissata come un idiota. Mic gli passò accanto, sospirò e gli mise una mano sulla spalla. Il messaggio era chiaro: Smettila di sparare stronzate, ti piace. Ma non aveva alcuna base razionale per prendersi una cotta per lei. Sapeva solo che le piacevano i gatti. E che era simpatica e socievole. E che se era arrivata fin lì, doveva essere intelligente e capace.

“Quello sarebbe il posto di Aizawa,” disse Mic, appoggiando le mani sul banco di Valerie. “È il suo posto dal primo giorno del primo anno.”

Valerie mi guardò, poi guardò di nuovo Mic. “Oh. Mi sposto.”

“No, tranquilla, non ce n’è bisogno,” si affrettò a tranquillizzarla Shota. “Mi metto nel banco accanto.”

“Comunque ci hai interrotte,” gli disse Kogane in tono di sfida, scuotendo i capelli e mettendosi una mano sul fianco. “È così che mi saluti, Hizashi?” Il sole creava degli strani giochi di luce riflettendosi sui capelli d’acqua di Kogane, raccolti in due codini.

Mic le sorrise, allargando le braccia. “Certo che no, vieni qui.”

Kogane gli si buttò tra le braccia con un urlo. “Mi sei mancato!”

“I capelli!” Urlò Mic, cercando di tenere la testa lontana da quella di Kogane. “Non mi bagnare i capelli!”

In tutta risposta, Kogane si afferrò una ciocca e la sbatté sul naso di Mic.

Nemuri li guardò unendo le mani. “Sono così carini.”

“Stanno insieme?” Domandò Valerie.

“Qualcosa del genere,” le rispose Shota. Mic e Kogane continuavano a prendersi e lasciarsi dalla seconda metà del primo anno.

“Sei sicuro che non ti dia fastidio la questione del posto?” Insistette Valerie, indicando il proprio banco.

“Sicuro,” le rispose Shota, prendendo posto al banco su cui Kogane aveva appena gocciolato. La ragazza parve accorgersene e riattirò le gocce verso la propria mano, chiedendogli scusa e ricominciando a parlare con Hizashi.

“Io mi siedo davanti a te,” disse Nemuri, che aveva già posato la borsa sul banco. “Così se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere a me, Valerie.” Fece un cenno verso Shota. “Anche se il secchione è lui.”

Valerie la guardò sollevando entrambe le sopracciglia. “Oh, davvero?”

“Nemuri esagera,” si affrettò a precisare Shota.

“Come no. Ha i voti più alti nella classe.”

“Beh, non proprio. Ho la stessa media di Iida.”

Valerie parve colpita. “Wow, complimenti. Mi sembravi più il tipo di studente che se ne sta in ultima fila a dormire e cazzeggiare.” Sorrise, passandosi una mano dietro alla testa. “Tipo me, insomma.”

Shota non riusciva a capire quanto stesse esagerando, che fosse per poca autostima o per altri motivi. Era comunque arrivata fin lì, non le avrebbero consentito di farlo se fosse stata pessima. Possibile che fosse abituata a contare sul suo quirk a quel punto?

 

Dopo pranzo, avevano lezione in una delle palestre.

Finalmente.

Valerie non vedeva l’ora di mettersi alla prova. Certo, avevano trovato interessanti le sue chiacchiere sull’Europa, ma combattere era il modo più veloce per guadagnarsi il rispetto dei suoi compagni. Una volta passato l’interesse iniziale, sarebbe tornata a essere la nerd un po’ cicciottella molto meno interessante di tante altre persone. Il suo quirk, però, non l’aveva mai tradita.

Il professor Nezu era semplicemente adorabile. Sia nell’aspetto, simile a quello di un topo gigante, sia nei modi. Le aveva ripetuto almeno tre o quattro volte che era un piacere averla lì e dare la possibilità a una studentessa come lei di partecipare al festival sportivo.

Al centro della palestra c’era un semplice ring, un quadrato di quattro metri per quattro, alto circa un metro, privo di ringhiere di alcun tipo.

“Spero che nessuno di voi abbia rivelato alla signorina Jenkins il proprio quirk,” disse Nezu, rivolgendosi alla classe. “Si tratta di un vantaggio importante che dovete sfruttare, non buttare.”

“Di sicuro non indovinerà mai il quirk di Kogane,” urlò Hizashi. La ragazza gli mollò una gomitata.

“Anche un quirk evidente può avere dei lati nascosti, Tokuda” disse Nezu, con il tono di chi aveva ripetuto la stessa cosa un sacco di volte. “Jenkins, hai voglia di farci vedere come combatti?”

Valerie sorrise, cercando di non mostrarsi esageratamente esaltata. “Certo, professore. Sarebbe un piacere!”

Nezu le sorrise e le indicò una scaletta. “Ottimo, sali pure sul ring. Ci sono volontari per combattere contro Jenkins? Vi ricordo ancora una volta che non è permesso dire nulla sul quirk dei vostri compagni.”

Valerie, salita sul ring, vide una mano alzarsi ancora prima che Nezu finisse la frase.

Aizawa Shota disse: “Vorrei offrirmi volontario.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 4 - Sarebbe il caso di provare a collaborare ***


Capitolo 4 - Sarebbe il caso di provare a collaborare

 

“Buongiorno, miei carissimi, adorabili, meravigliosi compagni di classe! Spero che abbiate dormito bene!”

Valerie mise la testa sotto al cuscino, sbuffando. Chiunque avesse avuto l’idea di trasformare Hizashi in una specie di sveglia parlante era una persona orribile. Ogni mattina lo odiava sempre di più, ma mai lo aveva detestato come la mattina successiva alla festa.

Le sembrava assurdo che potesse essere già trascorsa una settimana da quella sera. Lei e Aizawa non avevano più parlato, se non per le normali interazioni tra compagni di classe, che comunque erano più fredde del dovuto. La fortuna era stata dalla sua parte, le esercitazioni pratiche erano state perlopiù individuali e quando non lo erano state non era capitata con lui.

Sperava solo che quel giorno arrivasse più tardi possibile. Anche perché non le era ancora passata quella sensazione di avere delle farfalle nello stomaco ogni volta che la guardava, o che parlavano.

Vaffanculo, cervello, a te e alla tua tendenza a prenderti cotte per le persone più sbagliate.

 

Valerie restò a bocca aperta nel vedere l’interno della USJ. Corse in avanti per poterla ammirare meglio. Davanti a lei c’era una scalinata che terminava in una piazza centrale, il resto era diviso in varie zone. Iniziò a riflettere su dove avrebbe potuto combattere, su quali zone le avrebbero dato il maggiore e minore vantaggio.

“Bella, eh?”

Valerie si voltò, vedendo una figura colossale con una tuta nera. Era un uomo di mezza età, pelato, con le braccia larghe come le gambe di una persona normale.

“Tu sei sicuramente quella nuova,” le disse con un sorriso. “Sono il professor Kobayashi.”

Valerie sorrise, sentendosi colta in fallo. “Si nota tanto?”

“Hai avuto la stessa reazione che ho avuto io la prima volta che sono stato qui,” disse l’energumeno. “Ormai sono passati un po’ di anni.”

Valerie pensò che Kobayashi fosse adorabile.

“Quanto entusiasmo,” disse Hizashi, raggiungendola. “Tranquilla, avrai tutto il tempo che ti serve per scoprire che è molto meno entusiasmante di quello che sembra.”

L’espressione di Kobayashi cambiò in un istante, l’uomo strinse i denti e aggrottò le sopracciglia, quindi disse con tono rabbioso: “Hai detto qualcosa, Hizashi?”

Hizashi sollevò entrambe le mani. “Chiedo scusa, prof.”

Kobayashi tornò a sorridere. “Meno male. Sei uno dei miei studenti più brillanti.”

“Lo dice a tutti,” disse Hizashi a Valerie, senza farsi sentire dal professore.

“Seguitemi, ragazzi,” disse il prof, cominciando a scendere le scale. “Oggi ho preparato un test che vi metterà alla prova negli ambienti che vi creano più problemi. Dovrete dividervi in coppie e sarete due contro due. Due di voi faranno i villain, dovrete impedire agli eroi di liberare gli ostaggi e cercare di ucciderli.” Fece un cenno verso una cassa di legno di fronte alla fontana nella piazza. “Lì ci sono dei dispositivi che dovrete indossare. Una cintura e un bracciale a testa. Nel corso della prova avrete una precisa quantità di energia basata sui risultati dei vostri ultimi test fisici. A ogni colpo, perderete energia. Se arrivate a zero siete morti.”

“Tipo un videogioco?” Chiese Valerie.

“Sì, esatto,” le rispose Kobayashi, soddisfatto. “Sono sicuro che diventerai una dei miei studenti più brillanti.”

“Te l’avevo detto,” le disse Hizashi. Valerie ridacchiò senza farsi vedere.

“Per danneggiare gli altri dovrete usare delle armi che vi verranno fornite, a lungo e a breve raggio. A ogni colpo, la cintura vi darà una scossa — niente di dannoso, serve solo a intralciarvi per qualche secondo. Potete anche contattare il vostro compagno con il dispositivo che porterete al polso.”

“Sembra divertente,” commentò Valerie.

“Salvare la gente non è divertente!” Urlò Kobayashi, per poi tornare a sorridere. “È un lavoro difficile, ma è il lavoro più bello del mondo.”

“Aizawa, stai con me?” Sentì dire a Hizashi.

“Assolutamente no,” disse il professore, fermandosi accanto alla cassa con i dispositivi. “Le coppie sono già state stabilite sulla base delle informazioni raccolte, in modo da rendervi le cose difficili quando sarete dalla parte degli eroi.” Kobayashi si girò verso Valerie. “Visto che sei così entusiasta, ti va di iniziare?”

Valerie non cercò neppure di nascondere l’entusiasmo. “Certo!”

“Benissimo.” Fece un cenno a qualcuno alle spalle di Valerie. “Aizawa, tu fai coppia con lei.”

Oh, cazzo.

 

Valerie si era messa seduta su un masso, accanto ai cinque manichini legati insieme. A quanto pare, secondo Kobayashi Aizawa avrebbe avuto il maggiore vantaggio nella zona montagnosa, a causa della buona visuale che si aveva in cima all’altura, ma non aveva ancora avuto modo di capire se Valerie poteva essere svantaggiata o avvantaggiata in modi specifici.

Aizawa aveva in mano un fucile e non smetteva di guardare oltre i bordi.

“Hai intenzione di elaborare una strategia o preferisci fissarti i piedi fino a quando non decideranno di attaccarci?” Le chiese in tono esasperato. “In tutte le altre esercitazioni sei stata collaborativa.

Certo che lo era stata, visto che non era con lui. “Fissarmi i piedi mi sembra una buona opzione,” rispose lei, svogliata. “Oppure potrei mettermi a torturare uno di questi manichini. Tanto per calarmi meglio nella parte, sai.”

Aizawa sospirò. “Devi proprio fare così?”

Valerie fece spallucce. “Tanto siamo in vantaggio. Posso farcela anche da sola. Appena qualcuno si fa vedere blocco il tempo e sparo tutti i colpi necessari per farlo fuori. Semplice.”

“Non sarà così facile. Onohara può leggere il pensiero, e anche se non è particolarmente robusto e avrebbe la peggio in uno scontro diretto può dare un vantaggio enorme.”

“E l’altra tizia ha solo una superforza. Niente che permetta loro di avvicinarsi senza essere visti, quindi li vediamo, blocco il tempo e gli spariamo.”

“Quella di Sanda non è semplice superforza. È in grado di accumulare forza quando è al buio, e utilizzarla quando c’è luce.”

Valerie fece spallucce. “Dettagli. Non cambia, visto che non ci sono luoghi bui. Possono pure leggerci il pensiero, sapranno solo più in fretta che li batteremo.” Valerie premette un tasto sulla stanghetta dei suoi occhiali. Mancavano ancora ventitré minuti alla fine della sfida. Se il tempo fosse scaduto, avrebbero vinto in automatico. Lei, però, detestava aspettare.

“Ti rendi conto che probabilmente ci hanno messi insieme perché è palese che tu ce l’abbia con me, vero? Sarebbe il caso di provare a collaborare.”

“Sarebbe il caso di provare a collaborare,” ripeté Valerie, facendogli il verso. Si alzò dal masso, perché non ce la faceva a stare lì ad aspettare, e andò a guardare la situazione.

Sanda e Onohara non erano ancora visibili. Valerie sbuffò e imbracciò il fucile. “Vado a fare un giro di ricognizione.”

“Cosa? No!”

“Stop,” disse Valerie, schioccando le dita. Non accadde nulla. Emise un sospiro carico di esasperazione, voltandosi e vedendo Aizawa con i capelli all’insù e gli occhi di un innaturale rosso. “Davvero?”

“Sì, davvero. Non puoi mettere da parte il tuo rancore per — guardò l’orologio — altri ventun minuti?”

“No, non posso, anche perché sto facendo qualcosa di sensato. A dopo.”

Aizawa ruotò gli occhi talmente tanto da vedersi il cervello. “Non ho parole.”

 

Non era stato difficile trovare Onohara. Il ragazzo se ne stava seduto in un’insenatura tra le rocce, non si era accorto di lei e continuava a guardare l’orologio, nervoso.

Forse il suo quirk aveva dei limiti di utilizzo, o forse aveva un raggio molto corto. Valerie serrò i denti mentre pensava che — per quanto odiasse ammetterlo — parlarne con Aizawa sarebbe stata un’ottima idea.

“Stop.”

Si spostò un po’ più distante, riparandosi dietro a un masso, e contattò Aizawa. “Come cazzo funziona il quirk di Onohara?” Gli chiese, senza cercare di non tradire il nervosismo.

“Se sei tanto vicina da vederlo, allora ti ha già sentita. Torna qui.”

“Spiegami come funziona,” ripeté Valerie.

Aizawa parve rassegnarsi. “Da quanto ho visto, il raggio è minore in presenza di molte persone, maggiore quando è in luoghi isolati. Può collegarsi a qualcuno e sentire ogni suo pensiero fino a quando non annulla il potere o lo sposta su qualcun altro.”

“Una persona alla volta?”

“Sì. Quindi ora è collegato o a me, o a te. O passa da uno all’altro.”

“Beh, sarà collegato a te. Mi sono avvicinata, ma non ha reagito in alcun modo.”

Ci fu un silenzio di qualche secondo. “Oppure è una trappola. Torna subito qui!”

“Stop.”

Si alzò in piedi, guardandosi intorno. Gli occhiali iniziarono a mostrare il countdown di utilizzo del potere, in alto a sinistra. Aveva dodici secondi. Le sarebbero stati più che sufficienti per tornare da Onohara, sparargli, bloccare di nuovo il tempo e andarsene. Avrebbe dimostrato ad Aizawa che lei era perfettamente in grado di cavarsela da sola. Cominciò a correre sul terreno scosceso, facendo rotolare qualche sasso. Svoltò a destra sul sentiero principale, poi a sinistra nell’insenatura. Quando Onohara entrò nel suo campo visivo, la terra le franò sotto ai piedi e cadde in una buca.

Nel momento in cui urtò il fondo, il tempo ripartì.

Prima che potesse tirarsi su, due enormi braccia la afferrarono, impedendole di muoversi.

La voce di Aizawa gracchiò dal comunicatore. “Jenkins, che sta succedendo?”

“Stop,” disse, ma sugli occhiali lampeggiò la scritta che la informava che i suoi poteri sarebbero stati fuori uso per i prossimi sette secondi e mezzo. Provò a divincolarsi dalla presa di Sanda, ma la ragazza era troppo forte — e in più era stata al buio, nella trappola.

Onohara si sporse dalla cima della buca e le puntò il fucile al petto. Il ragazzo, con un sorriso quasi sconvolto, premette il grilletto più volte, mentre una scossa le attraversava il corpo.

Dopo qualche secondo, una voce registrata disse: “Sei morto! Sei pregato di recarti al punto di ritrovo e riconsegnare l’attrezzatura. Ti ringraziamo per l’attenzione!”

 

“Il tuo compagno di squadra è morto. Sei pregato di proseguire l’esercitazione fino al termine. Ti ringraziamo per l’attenzione!”

Shota si portò una mano alla fronte in un gesto esasperato. Non aveva mai conosciuto una persona così impulsiva e irragionevole.

Sarebbe stato difficile — impossibile, forse? — farcela da solo contro due, ma doveva fare tutto quello che riusciva a fare. Cercando di mantenere il sangue freddo, continuò a fare avanti e indietro tra il sentiero e l’accesso posteriore all’altura senza vedere nessuno. Mancavano dieci minuti, forse gli sarebbe convenuto provare a prendere tempo?

Se Onohara sta già sentendo i miei pensieri, allora ascolterà ogni singolo insulto che rivolgerò a Valerie Jenkins.

Sporgendosi per guardare l’ennesima volta, Shota vide una sagoma scura sul sentiero. Era chiaramente Sanda, ma era coperta dal mantello, che si era messa addosso in modo da coprire la parte frontale del corpo e impedirgli di usare l’erasure. Inoltre, a giudicare dalla forma della sagoma, stava tenendo qualcosa in braccio. Onohara, probabilmente, visto che era piccolo e magro e lo avrebbe potuto trasformare senza problemi.

Shota avrebbe potuto toglierle il mantello di dosso usando le bende che portava al collo, ma era ancora troppo lontana. Doveva aspettare che si avvicinasse, ma a quel punto sarebbe stata questione di secondi, altrimenti Sanda avrebbe potuto saltare fino all’altura.

Inspirò a fondo, consapevole di come Onohara avrebbe percepito ogni suo pensiero.

Ma non potevano essere così stupidi.

Si girò di scatto, vedendo Onohara che si avvicinava di soppiatto agli ostaggi. Shota attivò l’erasure per disattivargli il quirk, quindi gli sparò e in contemporanea fece guizzare le bende verso di lui per immobilizzarlo. Lo colpì due volte, poi un oggetto volante con la coda dell’occhio lo distrasse.

Un masso con la forma che poteva ricordare la sagoma vista sotto il mantello di Sanda si era appena schiantato a un metro da lui. Sparò l’ultimo colpo a Onohara, eliminandolo, quindi si girò.

Gli occhi gli bruciavano, ma disattivò il quirk di Sanda, mentre la ragazza gli correva addosso. Le sparò, ma lei si buttò di lato.

Anche senza il suo quirk, Sanda restava una ragazzona di un metro e novanta con una forma fisica migliore della sua.

Sanda sollevò la pistola e gli sparò. Il colpo lo prese a un braccio, per il dolore strinse gli occhi.

In quel momento, Sanda gli balzò addosso e gli sparò addosso più volte, e tutto fu finito.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Cosa stavi scrivendo, prima? ***


Capitolo 3 - Cosa stavi scrivendo, prima?

 

Valerie lo guardò, cercando una spiegazione. Voleva combattere contro di lei per farle fare bella figura, o era realmente intenzionato a sfidarla sfruttando un vantaggio che lei gli aveva dato a cuor leggero?

Le tornò in mente il tempo passato a chiacchierare, il modo in cui si era sentita. No, non poteva volerla fregare in quel modo. Perché sarebbe stato scorretto, giusto?

Giusto?

“Siete pronti?” Chiese Nezu.

Valerie annuì. Aizawa fece un cenno senza toglierle gli occhi di dosso.

C’era qualcosa di diverso nel suo sguardo. Non era più la studentessa appena arrivata, la ragazza a cui piacevano i video di gatti. Era solo un’avversaria.

Tra gli studenti si era acceso un vivace chiacchiericcio. Valerie fu contenta nel vedere tanta agitazione, se si appassionavano all’incontro si sarebbero appassionati ancora di più alla sua vittoria.

“Combattete!”

Sarebbe bastato un secondo, letteralmente. Valerie sorrise. “Stop.”

Non accadde nulla. Aizawa le scattò contro.

“Stop,” ripeté Valerie, senza sentire la solita energia. “Ho detto stop, cazzo!” Urlò. Sollevò le braccia per ripararsi, continuando a ripetere quella parola. Si bloccò a una singola “s” quando lui le ebbe afferrato entrambe le braccia, colpendole una gamba e facendola finire a terra.

Intorno a lei fu un silenzio che le parve infinito, mentre non si arrendeva e continuava a dirlo. “Stop, stop, stop.” Serrò i denti, sentendosi pervadere dalla rabbia mentre lui la teneva bloccata contro il pavimento.

“Scontro finito. Ha vinto Aizawa. Complimenti!”

Forse era per la sua espressione, ma nessuno — neppure Mic — applaudì o commentò per i primi secondi. Poi esplosero di nuovo in chiacchiere sottovoce, Valerie era sicura che stessero parlando di quanto aveva fatto schifo. Non li poteva sentire, ma ne era sicura.

Aizawa la lasciò libera e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.

Valerie lo guardò con rabbia e si alzò da sola. “Sei scorretto,” cominciò a dire. “Ieri volevo solo fare amicizia. Ti ho dato un vantaggio e ne hai approfittato.”

Aizawa parve sorpreso dalla sua reazione, quindi si fece serio. “Non avresti dovuto dirmelo. Ho solo utilizzato le informazioni che mi hai dato senza alcuna costrizione, non ho fatto niente di sbagliato.”

“Jenkins, per favore, calmati,” disse Nezu, avvicinandosi a Valerie. “Adesso sorteggerò la prossima coppia.”

“Puoi giustificarti quanto vuoi, ma resti uno str—”

“Jenkins! Il linguaggio.”

Non poteva crederci. Sperava di giocarsi l’unica carta vincente che aveva, invece aveva fatto una figura ridicola. Aveva altro da dirgli, ma non poteva farlo davanti a tutti. “Mi scusi, professore,” disse Valerie a denti stretti, con un lieve inchino. Quindi scese dalla pedana. Andò a sedersi a un paio di metri dal resto del gruppo, per terra.

Sperava che lui venisse a chiederle scusa, o almeno ad assicurarsi che stesse bene. Lei l’avrebbe fatto, no? Invece, Aizawa andò da Mic e Kogane.

Aizawa aveva rovinato tutto.

 

“Mi dispiace molto per oggi,” le disse Nemuri, mentre tornavano al dormitorio. Valerie era schizzata fuori dalla classe appena era suonata la campanella e l’altra ragazza l’aveva seguita. “Dopotutto, però, hai vinto gli altri due scontri che hai fatto con gli altri senza troppe difficoltà.”

Valerie apprezzò il tentativo di consolarla, ma non avrebbe funzionato. “Non importa. Di sicuro ora tutti penseranno che faccio schifo, ho perso il primo scontro. E mi sento presa per il culo.”

“Aizawa è così. Tende a essere molto freddo e calcolatore quando combatte, e quando studia, e quando…” Nemuri fece una smorfia. “Beh, in effetti è così e basta.”

“Come dovrebbe giustificarlo, questo?”

“Non lo sto giustificando, era solo per dire che non era nulla di personale. A lui non interessa fare bella figura, o cose del genere. L’avrà vista come un’occasione per imparare qualcosa di nuovo,” concluse Nemuri con un’alzata di spalle.

“Non importa, non avrebbe comunque dovuto approfittarne,” tagliò corto Valerie, poi scelse di cambiare discorso. “Non so come vestirmi stasera, tu che cosa metterai?”

Nemuri le sorrise. “Ho un vestito nuovo che mi piace un sacco, ti faccio vedere una foto!” Tirò fuori lo smartphone e dopo qualche secondo le mostrò una foto.

Era stata scattata in un camerino, ed era — beh — il tipo di vestito che avrebbe reso qualsiasi altra ragazza nei paraggi invisibile. Era nero e leggermente lucido, con un’ allacciatura che lasciava scoperte le spalle e uno scollo a goccia che lasciava ben poco all’immaginazione. Era corto e attillato, facendo mostra anche di fianchi e gambe.

Valerie avrebbe voluto dire qualcosa di più elaborato, ma le uscì solo uno: “Sticazzi.”

“Non ti piace?” Le domandò Nemuri, triste.

“Certo che mi piace. Sei una bomba.”

Nemuri lanciò un urletto. “Grazie!” Poi dopo qualche istante le chiese: “E tu?”

Valerie scrollò le spalle. “Zero idee.”

“Se vuoi puoi venire in camera mia, ti aiuto a decidere e ci trucchiamo insieme.”

Non si sarebbe aspettata una proposta del genere. Non era esattamente abituata ad avere amiche, tra le sue compagne di scuola. “Volentieri. Grazie.”

 

Shota si buttò sul letto e Mic chiuse la porta.

“Non la capisco,” si lamentò Shota.

“Se capissi le donne un decimo di quanto capisci le materie scolastiche, avresti il mondo ai tuoi piedi.” Mic iniziò a guardarsi allo specchio e sistemarsi per l’ennesima volta il ciuffo. “Non sono sicuro di aver capito perché se l’è presa, ma se non parlate non potrete riappacificarvi, quindi scrivile.”

“È palese che non voglia avere niente a che fare con me. Non vedo perché dovrei.”

Mic sospirò alzando gli occhi al cielo. “Perché non è palese! È solo arrabbiata. Stop.” Si sedette a cavalcioni della sedia, con le braccia appoggiate allo schienale. “Stasera vieni comunque alla festa, vero?” Gli chiese.

“Immagino di sì,” rispose Shota. Certo, aveva acconsentito solo per solidarietà nei confronti di Valerie, ma comunque non voleva tirarsi indietro.

“Fantastico. Come ti vesti?”

“Come mi vesto tutti i giorni, tipo…?”

Mic alzò gli occhi al cielo e si alzò dalla sedia. Andò davanti alla cassettiera e aprì il secondo cassetto. Frugò tra le maglie buttate alla bene e meglio, quindi ne lanciò una addosso a Shota. Dal terzo cassetto, prese un paio di jeans che gli passò allo stesso modo.

“Dobbiamo andare a fare shopping,” gli disse Mic, richiudendo i cassetti. “Hai pochi vestiti.”

“E tu ne hai troppi,” rispose Shota, posando sul letto la roba che gli aveva lanciato.

“Impossibile. Non si possono avere troppi vestiti.”

 

Valerie si sistemò i capelli un’ultima volta — le sembrava che i suoi ricci fossero troppo mosci — poi si guardò allo specchio. Aveva optato per un vestito nero piuttosto semplice, con lo scollo a barca che lasciava del tutto scoperti collo e spalle, attillato fino alla vita, con la gonna a ruota, e un paio di scarpe con il tacco largo. Per fortuna Nemuri non aveva esagerato, truccandola.

In corridoio vide Kogane, la qualcosa-tipo-ragazza di Hizashi, vestita con jeans e maglietta, e Valerie si sentì subito un po’ fuori luogo. Si chiese se fosse il caso di tornare in camera e cambiarsi.

“Ehi, ragazza del tempo!” La salutò Kogane, vedendola. I suoi capelli erano ora acconciati in un caschetto. Valerie realizzò che probabilmente poteva farli crescere a piacimento, visto che era solo acqua.

“Ehi, ragazza dell’acqua,” le rispose Valerie, avvicinandosi.

“Quel vestito ti sta una bomba. Una parte di me voleva mettersi in tiro ma ehi, so che mi dovrò spogliare prima della fine della serata, quindi non aveva senso,” concluse con un’alzata di spalle.

Valerie rise, colta alla sprovvista da quella confessione. “Buon divertimento. Io invece non ho in programma nulla del genere, quindi mi toccherà restare vestita.”

“La serata può sempre riservare sorprese, non si sa mai,” ribatté Kogane in tono scherzoso.

A Valerie piaceva il suo modo di scherzare. Era sicuramente una persona trasparente.

Al piano di sotto, c’erano già musica e un po’ di gente, anche se non tutti. Sul tavolo al centro della stanza erano state messe bibite e cibarie — rigorosamente niente di alcolico — e a lato della stanza c’era Hizashi con un computer portatile attaccato a un sistema stereo.

Hizashi le notò e disse, con un tono di voce innaturalmente alto per via del suo quirk: “Ed ecco la nostra Time Queen in compagnia della regina delle onde, che per l’occasione ha pensato bene di vestirsi elegante come non mai!”

Kogane gli fece il dito medio.

Sul divano posto di fronte alle scale, rivolto verso le finestre, era seduto Aizawa. Non appena aveva sentito Hizashi, si era alzato e voltato verso di lei, senza dire nulla. Valerie si chiese se avrebbe detto qualcosa, ma non fece nulla e tornò a sedersi con il telefono in mano.

Decise di soffocare la delusione con un po’ di junk food. Andò a riempirsi il piatto di qualche schifezza e si versò un bicchiere di Coca Zero, quindi andò a sedersi sull’altro divano, nel punto più lontano da Aizawa, e cominciò a mangiare.

Lui aveva lo sguardo fisso sul telefono. Dopo qualche secondo, Valerie sentì suonare il cellulare.

Aizawa le aveva linkato un video. Valerie cercò di mantenere un’espressione neutra, come a non volergli far sapere che lo stava guardando. Nel video, c’era una gatta che trascinava il suo cucciolo in un cesto di legno.

Valerie iniziò a digitare.

 

Certo, naturalmente fai finta di nulla. Grazie mille per oggi, a proposito. Sono sicura che era assolutamente fondamentale farmi fare la figura della scarsa davanti a tutti, nonostante ti avessi detto che ci tenevo a non fare una figura di merda. Immagino che anche la chiacchierata di ieri fosse solo un modo per estorcermi qualche altra informazione. Molto gentile, dav

 

“Che mortorio, ragazza del tempo!”

Kogane si buttò sul divano accanto a lei, distraendola dal messaggio e impedendole di terminarlo. Valerie cancellò quello che aveva scritto fino a quel momento. Valerie notò che sulla sua maglietta nera c’era scritto “Fueled by caffeine, sarcasm and inappropriate thoughts”.

Valerie fece spallucce. “Stavo solo mangiando qualcosa.”

“Figurati, mica è colpa tua. Il vestitino di Nemuri ha attirato l’attenzione di chiunque e metà dei presenti le sta sbavando dietro.”

Valerie e Kogane si voltarono in contemporanea verso un punto della sala in cui svariate persone stavano chiacchierando con Nemuri e pendendo dalle sue labbra.

“Come biasimarli,” disse Valerie.

“Puoi dirlo forte.” Kogane si girò verso Aizawa. “E tu, cancellino? Quest’anno ci onori della tua presenza?”

Valerie rise per il soprannome che gli aveva dato. Aizawa fece una smorfia, Valerie ebbe la sensazione che fosse fastidio reale, diverso da quello che manifestava quando lui e Hizashi si prendevano in giro a vicenda.

Non ricevendo risposte diverse da un’occhiataccia e uno sguardo esasperato, Kogane si voltò di nuovo verso Valerie. “Vado a dire a Hizashi di alzare il volume, così si può ballare. Tu balli?”

Aveva la grazia di un elefante zoppo e la coordinazione di uno spaventapasseri. In discoteca trovava accettabile ballare, visto che c’era un sacco di gente e nessuno l’avrebbe guardata, ma lì proprio no. “No,” rispose, scuotendo la testa con aria imbarazzata. “Non è il mio forte.”

“Solo una canzone, dai,” le disse, scuotendole un braccio.

“Davvero, no,” rispose Valerie con più fermezza.

“Che ti costa? Non fare la guastafeste!”

“Ha detto di no, Kogane, piantala.”

Kogane guardò Aizawa, poi Valerie, e chinò il capo. “Scusa. A volte divento ossessiva senza rendermene conto. Non volevo.”

Valerie fu sorpresa da quel cambiamento improvviso. “Nessun problema,” disse, un po’ confusa.

Kogane si scusò ancora, quindi si alzò e andò da Mic. La musica salì più di quanto Valerie avrebbe sperato.

Valerie si era ripromessa di non interagire con lui, ma c’erano dei limiti. “Grazie,” disse ad Aizawa.

Lui la guardò, scosse la testa e le urlò: “Cosa hai detto?”

Valerie si alzò e andò a sedersi accanto a lui, pur stando attenta a mantenere le distanze. “Ti ho detto grazie.”

“Kogane non lo fa con cattiveria, ma è fastidiosa.”

“Ho notato.”

Valerie fece per alzarsi di nuovo, ma lui le disse: “Cosa stavi scrivendo, prima?”

Valerie lo guardò confusa.

“Beh, avevo la chat aperta, per un sacco di tempo è rimasta la scritta Valerie Jenkins sta scrivendo.”

Era riuscita a chiudere temporaneamente il risentimento che provava in un metaforico armadio, giusto per ringraziarlo. Quella domanda, però, aveva appena dato fuoco all’armadio, lasciando tutti quei sentimenti poco piacevoli liberi di divampare. Non riuscì a trattenere un sorriso nervoso. Era arrivato il momento di usare il suo quirk in uno dei modi più fighi del mondo. “Sai benissimo che sono incazzata nera per come ti sei approfittato di una confidenza fatta con leggerezza. Non ho altro da dire.” Schiocco di dita. “Stop.”

Per lei calarono il silenzio e la calma. Le orecchie le fischiavano. Si massaggiò le tempie, allontanandosi da Aizawa, che la guardava con gli occhi leggermente sgranati, bloccato. Sembrava vagamente dispiaciuto.

Valerie si odiò nel pensarlo, ma era carino. Uno stronzo freddo e calcolatore, ma carino.

Andò a posizionarsi nell’angolo opposto della sala e fece ripartire il tempo.

 

Era scomparsa davanti ai suoi occhi. Shota la cercò con lo sguardo, trovandola dall’altra parte della sala, con bicchiere e piatto in mano.

Dannazione, non aveva avuto la prontezza di bloccarle il quirk, ma come poteva essere pronto a reagire a una cosa del genere?

Beh, pazienza. Aveva fatto il possibile. Poteva solo provare a godersi la festa, per quanto possibile.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Ti ho chiesto di fidarti di me, Jenkins ***


Capitolo 5 - Ti ho chiesto di fidarti di me, Jenkins

 

Aveva davvero sperato che Aizawa potesse farcela. Era rimasta seduta in un angolo della sala di controllo per tutto il tempo, mentre Kobayashi monitorava i vari scontri. Da alcuni monitor riusciva a vedere cosa stava succedendo.

Il senso di colpa la stava divorando.

Kobayashi le aveva fatto la ramanzina nei primi minuti che aveva passato lì, per poi dirle che era una delle sue studentesse più brillanti e gli dispiaceva che avesse perso.

Quando ebbe capito che anche Aizawa era stato ucciso, corse fuori da lì con l’intenzione di andargli incontro.

Prima di lui, incontrò Sanda e Onohara, sul sentiero che li avrebbe riportati alla piazza principale. Sanda le strinse la mano con una forza tale da far temere a Valerie di rompersi qualcosa, Onohara si limitò a dirle che comunque aveva combattuto bene. Non era sicura che fosse la realtà.

Qualche minuto più tardi trovò Aizawa che scendeva lo stesso sentiero. Quando la vide, la sua espressione parve indurirsi. Aveva gli occhi rossi.

“Sarai contenta del risultato, Jenkins,” le disse con astio.

Valerie chinò il capo. “So riconoscere di aver esagerato. Ti chiedo scusa.”

Aizawa parve spiazzato da quelle parole. Gli servì qualche istante in più del dovuto per risponderle. “Beh, in ogni caso è troppo tardi.”

“Non è troppo tardi,” ribatté lei. “Abbiamo ancora la seconda prova.”

“Certo, e dovremo combattere nell’ambiente che ci vede più svantaggiati.”

“Con la differenza che stavolta lavoreremo come una squadra, ti prometto che ti ascolterò sul serio,” disse Valerie, senza il coraggio di guardarlo. “Ti prego. Fidati di me adesso, e io mi fiderò di te quando mi darai indicazioni che troverò terribilmente stupide.”

Aizawa si grattò il collo per qualche istante, senza smettere di studiarla. “Sarà molto più dura, lo sai, vero?”

“Lo so.”

“Va bene. Proverò a fidarmi di te.”

 

Quando Kobayashi aveva comunicato che sarebbero dovuti andare nella zona dell’acqua contro Kogane e Nemuri, Valerie era stata contenta, Aizawa un po’ meno.

Stava sempre diventando più chiaro il perché.

La zona, al contrario di tante altre, era tranquilla. Sembrava quasi un parco acquatico. Gli ostaggi erano posizionati sulla barca che c’era al centro del lago. Aizawa non aveva alcun modo di vedere direttamente Nemuri o Kogane per annullare il loro quirk, Valerie non si sarebbe mai potuta avvicinare con un solo stop e sarebbe stata vulnerabile.

“È ragionevole pensare che Nemuri rimanga sulla barca e che Kogane se ne stia in acqua,” disse Aizawa. “Kogane può fondersi con l’acqua fino a diventare invisibile e può generare onde. È decisamente avvantaggiata.”

“Come funziona esattamente il quirk di Nemuri?” domandò Valerie. “L’ho visto un paio di volte, ma vorrei più dettagli.”

“Nemuri è in grado di emettere un profumo che fa addormentare la gente. È abbastanza fastidioso da avere contro,” rifletté Aizawa.

“Quindi che si fa?” Domandò Valerie, buttando un sasso nel lago per passare il tempo.

“Tu devi sicuramente occuparti di Nemuri. Io non resisterei a un attacco a sorpresa, tu sì.”

“Sei davvero sicuro che il suo quirk funzioni tanto meglio con gli uomini?” Domandò Valerie, poco convinta.

“Sì. Ti sarà sufficiente coprirti naso e bocca con il mantello, avrai qualche secondo prima di crollare. Per me sarebbe più immediato.”

“Ok, ma come funziona? Perché tendenzialmente va meglio con gli uomini?” Aveva un dubbio, ma non gli avrebbe dato più informazioni del necessario. Non era proprio il caso.

“Immagino che sia una questione legata all’attrazione,” le disse, senza togliere gli occhi dalla barca. “Comunque stiamo perdendo tempo. Fidati di me. In uno scontro diretto, tu sei più forte di Nemuri.”

Forse sarebbe stato il caso di dirgli che aveva il vago dubbio di sentirsi fisicamente attratta da Nemuri quanto si sentiva attratta da alcuni ragazzi, ma non era il caso di parlare della sua sessualità confusa con uno che, in fin dei conti, conosceva appena. Inoltre già una volta aveva sfruttato le informazioni che lei gli aveva dato per trarne un vantaggio, non voleva fidarsi più del necessario. Valerie si limitò ad annuire. “Potrei avvicinarmi a scatti. Faccio stop, nuoto, vado sott’acqua per il tempo necessario, torno in superficie e così via. Ha senso?”

“Kogane potrebbe vederti.”

“Ma tu potresti distrarla.”

“Mi attaccherebbe prima che possa reagire. A meno che…” Aizawa lasciò la frase in sospeso, con lo sguardo perso nel vuoto. “Loro potrebbero aspettarsi che litigheremo e che tu farai di testa tua. Dovremmo sfruttare la cosa.”

Valerie si sentì subito un po’ più sicura, vedendo che lui stava elaborando una strategia. “In che modo?”

“A Kogane costa energia mantenersi invisibile, non riesce a farlo troppo a lungo. È probabile che ora sia posizionata dietro alla barca. Per generare un’ondata, dovrà rendersi visibile. Fingiamo di litigare, quindi buttati in acqua e fai quello che hai fatto nell’ultimo scontro: fai vedere che vuoi attaccarle direttamente, da sole, senza il mio consenso. Lei penserà che sia il momento perfetto per attaccare, perché ti crederà distratta e agitata. A Kogane piace sfruttare le debolezze psicologiche della gente.” Aveva detto quell’ultima frase con un certo disprezzo. “Non appena si mostrerà, tu bloccherai il tempo e io le cancellerò il quirk. È ragionevole pensare che Nemuri userà il suo potere soporifero, ma tu avrai i secondi necessari per colpire Kogane e andare via.”

Forse era il caso di dirglielo. Se il timore di Valerie fosse stato fondato, sarebbe stato uno schifo. “Va bene. Mi sembra sensato. Io parto.” Valerie sbuffò sonoramente, assumendo un’espressione esasperata e iniziando la sceneggiata. “La tua strategia fa schifo. Sai che ti dico? Io vado.” Valerie prese il fucile e si tuffò in acqua.

“Sei un idiota!” Sbraitò Aizawa. “Rovinerai anche questa prova!”

Valerie iniziò a nuotare. “Non provare a bloccarmi il quirk, altrimenti giuro che sparo a te.”

“Non posso permetterti di suicidarti di nuovo. Quindi sì, te lo blocco.”

Aizawa aveva indosso i suoi occhiali gialli, quindi Kogane e Nemuri non potevano sapere se la stava davvero bloccando.

“Oh, vaffanculo!” Urlò Valerie. “Tanto prima o poi dovrai sbattere le palpebre.”

“Credi davvero di fare qualcosa di utile? Fermati, cazzo!”

Le mancava solo una decina di metri alla barca. “No che non mi fermo. L’ultima volta mi hai distratta, ma stavolta ce la farò.”

Una sagoma si materializzò sul pelo dell’acqua.

Ancora un secondo.

Il busto di Kogane, con indosso solo un costume da bagno bianco, emerse dall’acqua. La ragazza sorrise e aprì la bocca.

“STOP!”

Di sicuro stava per dire qualcosa del tipo mi dispiace, ma ho vinto io. Valerie le puntò il fucile addosso.

“Play.”

Le sparò, colpendola in pieno petto. Kogane fece una smorfia di dolore e sollevò una mano. Valerie sparò di nuovo, ma la mancò. Kogane abbassò il braccio, ma non accadde nulla. Aizawa si era buttato in acqua e le stava bloccando il quirk.

“Nemuri! Ora!”

Da oltre il parapetto della barca iniziò a caderle addosso una nuvola di polvere rosa. Valerie puntò di nuovo il fucile su Kogane, colpendola di nuovo, ma solo a una spalla. La nuvola avvolse Valerie. Riuscì solo a pensare oh, cazzo una volta che ebbe capito che stava perdendo i sensi.

 

Shota vide Valerie perdere coscienza e finire sott’acqua, con la coda dell’occhio. Dovette smettere di bloccare Kogane per avvolgere Valerie con le sue bende. Kogane sollevò e abbassò il braccio con un sorriso soddisfatto sul volto, mentre un’ondata li sbalzava entrambi a riva.

Shota trascinò Valerie sulla spiaggia, poi riportò le bende intorno al proprio collo. Lei stava ancora dormendo.

Il costume nero di Valerie le aderiva al corpo come una seconda pelle, segnandole ogni centimetro di seno, ventre e cosce. La fissò per un secondo di troppo, poi si ricordò che avevano una prova da vincere e le si avvicinò, dandole uno schiaffetto sul volto.

Valerie aprì gli occhi e si tirò su di scatto. Se Shota non avesse avuto la prontezza per scansarsi, Valerie gli avrebbe dato una testata. “Abbiamo vinto?” Domandò, sorridente come non mai.

“Assolutamente no,” le rispose lui, sedendosi accanto a lei. Kogane e Nemuri non erano già più visibili. “Appena la nube di Nemuri ti è arrivata addosso, ti sei addormentata e ti ho dovuta salvare.”

“Oh.” Valerie non parve sorpresa dalla cosa. Assunse un’espressione colpevole. “Forse ti avrei dovuto dire una cosa.”

Shota la guardò confuso. “Cosa?”

Valerie si stava fissando i piedi. “Beh, io sono attratta dai ragazzi… ma anche dalle ragazze. E Nemuri, è…” Si passò una mano tra i capelli, iniziando a giocare con una ciocca. “Beh, è molto bella.”

Shota non poteva crederci. “E me lo dici ora? Non credi che forse mi sarebbe stato utile saperlo?”

Valerie abbassò il capo ancora di più. “Credevo che potessi giudicarmi male. O dirlo a qualcuno.”

Shota restò sorpreso da quelle parole. Non aveva pensato neppure per un secondo che la bisessualità fosse qualcosa di strano. Nella sua testa, era perfettamente logico e normale che esistessero persone che si sentivano attratte sia dai maschi che dalle femmine. Talmente logico e normale da non rendersi conto che lì davanti aveva una persona che gli aveva confidato qualcosa di importante e delicato, e lui le aveva urlato contro, pensando solo alla prova.

L’espressione di Shota si ammorbidì. “Ti ho chiesto di fidarti di me, Jenkins. Non potrei mai giudicarti male per una cosa così normale, né tradire la fiducia che mi hai dato nel dirmelo.” Valerie alzò lo sguardo, lui le sorrise e le porse la mano. “Ora tirati su, abbiamo una prova da vincere.”

Valerie gli sorrise e afferrò la sua mano. “Sono pronta.”

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Andiamo, Jenkins ***


Capitolo 6 - Andiamo, Jenkins

 

Era un’idea stupida. Era possibile che non funzonasse. Eppure, Valerie scelse di dargli fiducia.

Durante la pausa tra una prova e l’altra, a tutti gli studenti erano stati mostrati i video delle prove. Nemuri e Kogane avevano visto il trucco del mantello e della sagoma, su cui Sanda e Onohara avevano basato un attacco a sorpresa.

Valerie era scomoda, avvolta nelle bende di Aizawa, e doveva stare attenta a non bere un sacco di acqua. Vista da lontano, sarebbe sembrata un fantoccio legato al suo corpo.

“Adesso,” mormorò Aizawa.

Valerie inspirò a fondo e scesero sott’acqua. Aizawa le aveva spiegato che Kogane riusciva a generare onde e controllare l’acqua solo in superficie, quindi si sarebbero potuti avvicinare indisturbati.

Era strano stare lì sott’acqua solo con lui. Le bende erano state assicurate al corpo di lui e c’erano solo pochi strati di tessuto a separare i loro corpi. I capelli di lui fluttuavano come sospesi.

Cervello, please, stop.

Quando i polmoni di Valerie cominciarono a protestare per la mancanza d’aria, Valerie gli diede un colpetto sulla spalla con il braccio. Aizawa iniziò a risalire.

Quando emersero dall’acqua, Kogane generò un’onda nel punto in cui erano spuntati fuori, costringendo Aizawa a chiudere gli occhi. A quel punto sollevò il braccio, creando un muro d’acqua per bloccare il contatto visivo.

“Siete davvero così disperati?” Urlò. Valerie riuscì a vederla guardarsi in giro da oltre il muro. “Dove sei, Valerie? Credevate davvero che ci sarei cascata? Nemuri, ho bisogno di aiuto!”

Nemuri si sporse dal parapetto con il fucile in mano.

“Ora!”

Valerie fu liberata dalle bende. “Stop!”

Mise un braccio intorno al corpo di Aizawa, iniziando a trascinarlo aggirando il muro. Arrivò sufficientemente vicina a Kogane da puntarle il fucile sul petto. Il volto della ragazza era congelato in un’espressione a metà tra il panico e la confusione.

“Play.”

Premette il grilletto. Kogane fu sbattuta contro il fianco della nave, mentre il muro d’acqua crollava. Un attimo dopo, aveva addosso anche l’arma di Aizawa. Valerie fece fuoco anche quando risuonò la voce, soffocata dall’acqua, che disse: “Sei morto! Sei pregato di recarti al punto di ritrovo e riconsegnare l’attrezzatura. Ti ringraziamo per l’attenzione!”

Kogane assunse un’espressione furente. I suoi capelli si erano fusi con l’acqua che le stava intorno. “Mi avete fregata.”

Valerie si voltò verso Aizawa e sollevò il palmo fuori dall’acqua. Lui la guardò perplessa per un breve attimo, poi le batté il cinque.

“Non è ancora finita,” disse lui. “Nemuri è da sola, ma ha comunque un vantaggio.”

Kogane non sembrava intenzionata ad andarsene. “Ragazza del tempo, ti rendi conto che mi avete ammazzata solo grazie a lui? Potete pure vincere, ma tu farai comunque la figura dell’idiota.”

Valerie la guardò serrando la mascella. “Non è vero.”

“Sta solo cercando di farti innervosire. Anche se è morta, sta continuando a cercare di ostacolarci.”

Forse era vero, ma non c’era — forse — un fondo di verità?

La voce di Kobayashi tuonò dal comunicatore di Kogane. “Kogane, vieni subito via da lì!” Poi diventò calmo ed esageratamente gentile: “Per favore…?”

Kogane sbuffò e cominciò a nuotare verso la riva.

 

Usando le bende che Shota portava al collo, non fu difficile per lui e Valerie salire sulla nave. Come aveva immaginato, però, Nemuri e gli ostaggi erano sottocoperta. Significava che erano in uno spazio chiuso, senza possibilità di sfuggire dal quirk di Midnight.

Se anche Valerie avesse stoppato il tempo, sarebbe riuscita al massimo a spararle un colpo, senza ucciderla. Mancavano dieci minuti alla fine della prova, al posto di Nemuri avrebbe avuto molto senso cercare di creare uno stallo. Lui doveva avvicinarsi troppo per guardarla, e nel frattempo avrebbe già emesso una nube soporifera.

Appoggiato con la schiena al parapetto, Shota non riusciva a trovare una soluzione. Valerie, lì accanto a lui, era intenta a pensare e gesticolare da sola.

“Hai in mente qualcosa?”

Valerie lo guardò. Annuì, poi sorrise. “Penso di sì.” Gli fece un cenno, dirigendosi verso la cabina di comando. “Vieni con me.”

Valerie si diresse all’estintore posizionato in fondo alla cabina. “Come pensavo. Quanta schiuma contiene un singolo estintore?”

Shota fece spallucce. “Qualche metro cubo?”

“E sottocoperta quanto spazio ci sarà?” Domandò Valerie, pensierosa.

“Oh.”

Valerie gli sorrise mostrando i denti. “Già.”

Era un’idea idiota, ma poteva avere senso. “Spiegami cosa hai in mente.”

“Se Nemuri avrà il corpo totalmente coperto, il suo quirk sarà inutilizzabile. Farò stop, scenderò più in fretta che posso e attiverò l’estintore a tutta potenza. Glielo punterò contro, ma ragionevolmente anche tutto il resto si riempirà di schiuma. Tu dovrai scendere ad aiutarmi, e le spareremo.”

“Il tuo piano si basa sulla supposizione che i fucili contino la ferita anche senza il corpo direttamente esposto. La schiuma potrebbe bloccare anche quello.”

Valerie si portò una mano al mento, pensierosa. Era carina quando si concentrava. “Hai ragione,” disse. Quindi allargò le braccia. “Spruzzami un po’ di schiuma addosso e sparami. Tanto se ci addormenterà saremo morti entrambi.”

“C-cosa?” Disse Shota sorpreso da quell’idea.

“Lo faccio io,” disse Valerie, prendendo l’estintore e puntandosi la bocchetta sul seno. Premette l’erogatore e la schiuma le ricoprì il petto. Valerie fece per puntarsi il fucile addosso, ma ebbe qualche difficoltà. Shota sollevò il proprio e glielo avvicinò al petto. Fece fuoco. Valerie sussultò, perdendo l’equilibrio per un attimo e appoggiandosi al muro, il volto contratto in una smorfia di dolore.

“Direi che funziona. Ora uno da vicino,” gli disse Valerie, spostandosi in avanti. C’era qualcosa di profondamente bello, strano e imbarazzante allo stesso tempo nel sentire quanto era morbido il suo seno attraverso la canna di un fucile.

Premette il grilletto. Valerie emise un gemito di dolore. Shota lasciò cadere il fucile e la prese per un braccio. Aveva la mascella contratta e gli occhi chiusi.

Valerie inspirò a fondo e aprì gli occhi. “Direi che ha funzionato.”

Shota le sorrise. Il trucco le era colato sotto agli occhi e i capelli le aderivano al volto e al collo, ma era bellissima. “Andiamo, Jenkins.”

Valerie prese l’estintore dal muro e andarono fino alla porta che conduceva sottocoperta. Valerie lo guardò. Lui le fece un cenno.

“Stop.”

Un battito di ciglia più tardi, la porta era aperta e si sentivano le urla di Nemuri.

“Che cavolo è questa roba?”

Shota saltò al piano di sotto, invece di usare la scaletta. Valerie, inginocchiata a terra, aveva ancora l’estintore in mano, l’ambiente si stava rapidamente riempiendo di schiuma. Nemuri stava cercando di scrollarsela di dosso, ma Valerie la aveva ricoperta da ogni lato e continuava a erogarne. Shota imbracciò il fucile e puntò alla sagoma ricoperta di schiuma.

Furono sufficienti tre colpi, poi risuonò la voce registrata.

“Sei morto! Sei pregato di recarti al punto di ritrovo e riconsegnare l’attrezzatura. Ti ringraziamo per l’attenzione!”

Nello stesso istante, dal suo comunicatore e da quello di Valerie si sentì: “Hai vinto! Complimenti! Sei pregato di recarti al punto di ritrovo e riconsegnare l’attrezzatura. Ti ringraziamo per l’attenzione!”

Valerie lanciò un urlo acuto. “Ce l’abbiamo fatt—ahia!”

Shota si chinò accanto a lei. La caviglia destra della ragazza era piegata in modo strano. Era coperta di schiuma quasi quanto Nemuri. “Che è successo?”

“Credo di essermi storta la caviglia quando mi sono buttata qui sotto,” spiegò la ragazza con una smorfia. “Ma… ce l’abbiamo fatta!”

Shota sollevò la mano per battere il cinque, ma Valerie, che stava urlando per la gioia, gli saltò addosso con ben poca grazia, abbracciandolo e buttandolo a terra.

“Siamo stati fantastici!” Urlò la ragazza, con il mento appoggiato sulla sua spalla.

Trattenendo l’imbarazzo, Shota ricambiò quel gesto. Non se l’era aspettato, ma non era così male averla tanto vicina.

“Complimenti!” Disse Nemuri, battendo le mani. “Ve la siete cavata alla grande.”

Valerie si sciolse dall’abbraccio, a Shota dispiacque un po’ non sentire più quel calore. “Grazie! È stata dura, però, e—”

La voce di Kobayashi risuonò dal comunicatore di Valerie. “Jenkins, vieni da me appena ti sarà possibile. È importante.”

Dal tono e dalle espressioni di Valerie e Nemuri, era chiaro a tutti che si trattava di qualcosa di grave.

 

Spazio dell’aurice:

Ho deciso di ricominciare a scrivere due righe in fondo alla storia, perché sì… La sfida sarà riuscire a usare una formattazione sensata, sto scrivendo e pubblicando sempre dall’iPad e sono abituata a usare l’editor da pc, sigh.

Che dire? In questo capitolo i due sono riusciti finalmente ad allearsi e i risultati si sono visti u_u Valerie è una testa calda, ma dopotutto ci mette poco a passare sopra e dimenticare il rancore.

Come avrete forse notato, ho diminuito gli aggiornamenti. Da qui in poi ho circa otto capitoli già pronti, ma mi è stato fatto notare che un aggiornamento ogni due giorni era FORSE un po’ tantino ed è meglio prendersela con calma e dare il tempo a tutti di mettersi in pari u.u

Secondo voi cosa vorrà dire Kobayashi a Valerie? Che è successo?

Mini spoiler: nel prossimo capitolo ci sarà una delle mie scene preferite di tutta la storia <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Come se gli altri non potessero capire ***


Capitolo 7 - Come se gli altri non potessero capire

 

Valerie entrò nell’ufficio di Kobayashi ancora bagnata e con della schiuma addosso. “Prof, se è per quello che è successo durante la prima prova, io—”

“Siediti, Jenkins,” le disse l’uomo, facendole cenno verso la sedia. Il suo tono era gentile.

“Forse è meglio di no, sono sporca e bagnata,” obiettò Valerie.

“Per favore,” insistette lui. Valerie cedette.

Che cazzo avrò fatto di tanto grave?

“Tua nonna si è sentita male.”

Se fosse stata in piedi, sarebbe crollata a terra. “Cosa—”

“Sta bene. Le sue condizioni sono stabili. È svenuta durante una passeggiata e le si è rotto un femore. I tuoi genitori hanno telefonato alla scuola, pregandoci di dirtelo al termine delle lezioni, per non distrarti.”

“Che stronzi,” borbottò Valerie. “Avevo il diritto di saperlo subito.”

“Tua madre ha ripetuto più volte che ora sta bene. E che devi stare tranquilla.”

“Professore,” disse Valerie, con lo sguardo perso, “con tutto il rispetto, ma quanto può stare bene una novantacinquenne che da tre anni ha smesso di riconoscere perfino suo figlio?”

“Mi dispiace, Jenkins.” Kobayashi si era alzato in piedi e le aveva messo una mano sulla spalla. “I tuoi genitori hanno detto anche che ti sconsigliano di rinunciare a questa esperienza e tornare a casa. Tuo padre ha detto che sua mamma ti avrebbe voluta esattamente qui, in Giappone.”

Valerie annuì. Una parte di lei avrebbe voluto disperatamente tornare a casa e riabbracciare sua nonna. L’altra parte, però, sapeva che sarebbe stata una pessima idea sotto ogni punto di vista.

 

Valerie era salita in fondo all’autobus senza neanche cambiarsi. Si era messa la musica nelle orecchie e aveva iniziato a fissare fuori dal finestrino ancora prima che il mezzo partisse.

Nessuno l’aveva disturbata. Che fosse perché Kobayashi aveva accennato l’indispensabile o per l’espressione che Valerie aveva in faccia, era irrilevante.

Appena tornata alla Yuuei, era andata in camera e si era fatta una doccia bollente. Si era messa a letto ancora nuda e aveva dormito, anche se non era neppure ora di cena. Voleva solo smettere di pensare a tutta quella massa di emozioni negative che la opprimeva.

Quando riaprì gli occhi, era solo l’una di notte. Aveva sognato il funerale di sua nonna, si sentiva un peso sul petto come se fosse successo davvero. Sapeva che non sarebbe riuscita ad addormentarsi a breve.

Aveva voglia di parlare con qualcuno.

Mandò lo stesso messaggio a Nemuri e Hizashi, chiedendo se fossero svegli. Nessuna risposta.

Provò con un altro nome, stesso messaggio. Lui le rispose nel giro di un minuto.

 

AS: Dormivo, ma dimentico sempre la suoneria. Che succede?

 

Un minuscolo pezzetto di quel peso sul petto scivolò via.

 

VJ: Non sto molto bene. Ho anche fame.

 

AS: Mi dispiace. Che succede? Non hai niente in camera?

 

VJ: No, ho già esaurito tutte le mie scorte di junk food. Devo fare la spesa. Mi sento da schifo.

 

AS: Se vuoi ho delle patatine e un po’ di cioccolato, ma non saprei come portarteli. Non vorrei rischiare di essere visto da qualcuno, sai che di notte è vietato.

 

Forse era una pessima idea, ma era la migliore che aveva in quel momento. Gli rispose senza pensarci.

 

VJ: Potrei venire in camera tua bloccando il tempo. Sei sul mio stesso piano, no?

 

Quella volta, Aizawa ci mise un pochino di più per risponderle.

 

AS: L’ultimo, sì. Vieni pure. La porta è aperta. È la prima a destra, nel corridoio sulla destra.

 

Valerie indossò la biancheria intima e un imbarazzante pigiama con i gattini. Si mise davanti alla porta. “Stop.”

La aprì e corse più veloce che poteva. Per fortuna la stanza di Aizawa non era lontana. Aprì la porta e se la richiuse alle spalle, quindi fece play e riprese fiato. Aizawa era sdraiato su un fianco con il cellulare in mano. Trasalì.

“Non mi ero aspettato che facessi così in fretta,” le disse, tirandosi su. Parlava molto più piano del normale. “Non fare casino, o ci sentiranno tutti, anche se Mic è nella stanza accanto e non direbbe mai niente a nessuno.”

“Va bene,” rispose Valerie.

“Scusa per il disordine,” disse Aizawa grattandosi il collo. In effetti, c’erano vestiti, libri e altri oggetti sparsi in giro. Non c’erano poster, né oggetti inutili di alcun tipo, a differenza di tante altre camere. Sembrava che ci fossero solo gli oggetti indispensabili.

“Camera mia è molto peggio,” ribatté lei, spostando una maglietta dalla sedia della scrivania e sedendosi sopra.

Aizawa le porse un grosso pacco di patatine e mezza tavoletta di cioccolato. “Mangia quello che vuoi,” le disse.

“Se mi dici così rischi che ti finisca tutto,” gli disse. Saltare la cena era stata una pessima idea.

Aizawa fece spallucce. “Fallo. Domani le ricompro.” Sembrava più assonnato del solito. Si sedette sul futon. Sbadigliò e le chiese: “Allora, che è successo?”

Valerie buttò giù qualche patatina. “Mia nonna si è sentita male,” disse. “Ora pare che sia stabile, ma comunque è anziana, non riconosce nessuno di noi, e…” Lasciò la frase in sospeso, scuotendo la testa.

“Mi dispiace molto. È la nonna che ti ha insegnato il giapponese?”

“Sì. È l’unica nonna che mi è rimasta.” Cazzo, quanto erano buone quelle patatine. “Da una parte vorrei tornare e starle accanto, ma so che non ha senso. So che lei mi avrebbe voluta qui. Da una parte, però, mi sento un’egoista schifosa. A te è mai capitato niente di simile?”

Aizawa aveva lo sguardo malinconico. “L’anno scorso ho perso mia mamma.”

Valerie si bloccò. “Oddio. Mi dispiace tanto.”

“Già,” mormorò lui. Poi le sorrise. “Non smettere di mangiare per colpa mia.”

Valerie annuì, intenerita, e si ficcò delle patatine in bocca.

“Negli ultimi suoi mesi di vita, passavo la vita a studiare in ospedale. Lei leggeva, o si faceva sottoporre a qualche trattamento, e io ero lì con lei a studiare. Era il mio modo per sentirmi meglio, sentivo di avere uno scopo.” Sospirò. “Forse è stupido.”

“Non esiste un modo stupido per reagire nel vedere che qualcuno che si amiamo si sta spegnendo,” disse Valerie, senza pensarci. “Non dire neanche per un secondo che è stupido.”

Le sorrise. Aveva gli occhi lucidi. “Ci proverò.”

Valerie continuava a mangiare e parlare tra un boccone e l’altro. “Non so mai come comportarmi, in questi casi. Mi sento impotente, mi sembra di dire solo cazzate. Ma una cosa posso dirla, se vuoi parlare con qualcuno… Beh, io sono qui.”

“Non è una cosa di cui sono abituato a parlare,” le disse. “Mi sento sempre come se gli altri non potessero capire. Anche con Mic ne ho parlato pochissimo.” Scosse la testa. “Scusa, si stava parlando di te, non di me.”

Valerie mangiò ancora qualche patatina, quindi richiuse il pacco alla bene e meglio e prese il cioccolato. “Non è obbligatorio parlarne, ma io mi sento sempre come se gli altri riuscissero a portare un pochino di quel peso insieme a me, quando lo faccio. Se non vuoi farlo, va bene così. Ma ti prego, non ti far scrupoli solo perché il discorso è iniziato parlando di me.”

Le sorrise ancora una volta. Una lacrima gli rigò il volto. “Sei gentile. Grazie.”

Valerie scrollò le spalle, mentre mangiava un altro quadretto di cioccolato. “Mi sembra il minimo.”

“Mi puoi dare un pezzo di cioccolato?” Le chiese.

Valerie si alzò e andò a sedersi sul futon accanto a lui, quindi gliene fece staccare un pezzo. “Sicuro che lo posso finire?”

Lui annuì. “Ne hai più bisogno di me.”

“I miei fianchi, le mie cosce e tutto il resto dicono il contrario.”

Aizawa la guardò come per dire qualcosa, ma alla fine si limitò a: “Intendevo dire che non hai cenato.”

Valerie buttò giù anche l’ultimo quadratino, quindi si alzò per gettare nel bidone l’incarto del cioccolato, quindi andò in bagno a lavarsi le mani. Quando fu tornata, si buttò a pancia in giù sul letto di Aizawa, visto che lui era seduto sul bordo.

“Quanto al discorso di prima,” esordì lui, “Non ti sentire in colpa solo perché non stai reagendo come tutti si aspetterebbero. L’importante è che stia bene tu.”

Valerie annuì, con la faccia affondata nel suo cuscino. Gli occhi stavano cominciando a farsi pesanti. “Comunque, per quanto riguarda quello che ti ho detto oggi…” Valerie lasciò la frase in sospeso.

“Quale cosa?”

“Sul mio orientamento sessuale,” rispose lei, con lo sguardo fisso sul cuscino. “Non è un problema, quindi, vero?”

“Non vedo perché dovrebbe esserlo.” Aizawa si portò una mano dietro al collo. “Certo, forse dovrei dirti che da quanto ne so Nemuri è etero, ma…”

“Cosa?” Urlò Valerie, interrompendolo. “Nemuri è bellissima, e fisicamente mi attrae un sacco, ma…” Ma temo di avere una cotta per qualcun altro. “Ma siamo troppo amiche perché io possa desiderare qualcosa di diverso.”

Aizawa sgranò gli occhi. “Oh. Immagino che abbia senso.” Per un attimo a Valerie parve di vederlo sorridere, poi tornò ad avere un’espressione neutra e illeggibile. “Comunque, come già detto, nessun problema.”

Valerie sorrise e affondò la faccia nel cuscino. “Mi sento un po’ più tranquilla, adesso.” Talmente tranquilla che sentiva di essere sul punto di addormentarsi lì e ora.

Aizawa le sorrise, poi si girò. “Vado un attimo a lavarmi i denti. Torno subito.”

 

Il modo in cui si era sviluppata quella serata era stato assurdo. Shota non si sarebbe mai aspettato nulla del genere, pensò mentre si lavava i denti.

Eppure, in qualche modo, stava meglio di prima.

Uscendo dal bagno, la trovò ancora lì nella stessa posizione, a pancia in giù con le braccia sotto al cuscino. Però, a differenza di prima, russava.

Shota sorrise. Era infinitamente tenera. Si trattava di un lato di lei che non aveva potuto vedere fino ad allora.

Avrebbe potuto svegliarla, ma si sentiva troppo in colpa. Valutò se stendersi accanto a lei, ma non ci sarebbe stato lo spazio. Con un sospiro, realizzò che era arrivato il momento di utilizzare per la prima volta l’ultimo regalo di sua mamma.

Glielo aveva preso quando aveva avuto in programma di andare in campeggio con Hizashi e altri compagni di scuola. In campeggio, però, non c’era mai andato, perché sua madre era morta pochi giorni prima.

Con una piacevole malinconia nel cuore, srotolò il sacco a pelo giallo. Non aveva idea di quando avrebbe potuto riutilizzare un oggetto del genere, ma per quella notte avrebbe dormito lì.

 

Spazio dell’autrice:

 

Come vi avevo anticipato, in questo capitolo c’era una delle mie scene preferite… L’ultima. Mi piace l’idea di dare un significato a quel sacco a pelo giallo che Aizawa si porta sempre dietro nella serie, e non è stato neppure particolarmente ragionato o pianificato: mi è venuto così e basta.

I due si stanno finalmente avvicinando un po’, mettendo da parte le difficoltà iniziali. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se vi va lasciate un commento <3

April

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Oltrepassare limiti ***


Capitolo 8 - Oltrepassare limiti

 

Quando Shota si svegliò sentendo dei colpi sulla porta, ci mise qualche istante a ricordarsi il motivo per cui aveva dormito in un sacco a pelo, anche perché il suo letto era vuoto.

“Avanti,” biascicò.

Ancora prima di aver pronunciato le prime due lettere, Mic era già entrato.

“Buong—perché dormi sul pavimento?” Disse, appena si fu accorto della situazione, chiudendosi la porta alle spalle.

Shota si tirò su e sbadigliò per prendere tempo. “Mi si è rovesciata della Coca-Cola nel letto.”

Mic lo guardò con aria perplessa. “Okay…?”

“Che c’è?” Domandò Shota tirandosi su. Il pavimento non era così scomodo, dopotutto.

“Niente, lascia stare.” Mic sospirò e prese posto sulla solita sedia. “Sto pensando di rompere con Kogane.”

Shota si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Quante volte aveva sentito dire quella frase? “Cos’è questa, la sesta volta? La settima?”

“Sul serio, stavolta. Ha oltrepassato il limite.”

Shota osservò Mic. Notò che aveva già la divisa addosso, ma i capelli erano mosci e spettinati. Se il suo ciuffo non era perfetto come al solito, allora era davvero sconvolto. “Che ha fatto?”

Mic sospirò. “Ieri non ha preso esattamente bene la sconfitta da parte vostra. Ha passato buona parte del tempo a…” Fece una pausa, guardando fuori dalla finestra. “A parlare male di te e di Valerie.”

Che parlasse male di lui, non lo stupiva. Kogane non aveva mai fatto segreto dell’antipatia per Shota. Valerie, però, non c’entrava un cazzo. “Che cosa ha detto su Valerie, quella stronza?”

“Non mi chiedere di riportare, per favore. Già così è abbastanza dura.” Mic lo guardò e gli disse: “Sei il mio migliore amico, secondo te cosa dovrei fare?”

Shota ci pensò su, passandosi una mano dietro al collo in un gesto nervoso. Avrebbe potuto dirgli che doveva lasciarla, ma non era sicuro che fosse il consiglio giusto. “Non credo che Kogane sia una bella persona. Non ho mai capito perché sei stato con lei per tutto questo tempo, ma è una tua decisione.”

“Credo che tu la veda peggio di quello che è.”

“E credo che tu la veda meglio di quello che è,” ribatté Shota.

Mic restò in silenzio per qualche secondo, poi guardò l’orologio alla parete e sospirò con una certa teatralità. “Devo svegliare tutti. Possiamo continuare la conversazione a pranzo?”

“Certo.”

Mic si alzò e gli sorrise. “Grazie.”

Shota prese il telefono in mano, mentre Mic se ne andava. Due nuovi messaggi.

 

VJ: Me ne sono andata mentre dormivi. Grazie di tutto, ieri hai fatto davvero tanto per me. Ma mi fai morire in quel sacco a pelo.

Valerie Jenkins ha inviato una foto

 

Shota sorrise. Gli aveva scattato una foto mentre dormiva sdraiato su un fianco. Dal sacco a pelo si vedevano solo la sua faccia e qualche ciuffo di capelli.

 

AS: Grazie a te, sono stato bene. Ma non osare mai più farmi una foto del genere, lol

 

Valerie era online, gli rispose subito.

 

VJ: In realtà ne ho fatte altre. Quella era la più carina.

Valerie Jenkins ha inviato una foto

Valerie Jenkins ha inviato una foto

Valerie Jenkins ha inviato una foto

 

AS: Cancellale subito, sono orribili. Sei una persona malvagia.

 

VJ: Senti… che ne dici se stasera vengo di nuovo da te? Posso portare il bollitore e ci facciamo un tè con i biscotti. So già che finirò per dormire nel pomeriggio e avrò sonno tardissimo. E in qualche modo devo ripagarti per il cibo!

 

Shota non si sarebbe mai aspettato un invito del genere, ma non ebbe il benché minimo dubbio sulla risposta da dare.

 

“Stai scherzando?”

Shota diede una gomitata a Mic. “Abbassa la voce, idiota.” Si erano seduti al tavolo più defilato della mensa, per parlare di Kogane, ma erano comunque in una sala piena di gente.

Mic si portò una mano agli occhi, fingendo di asciugarsi delle lacrime. “Scusa, mi lascio prendere dalle emozioni. Il mio supereroe preferito sta per fare sess—“

Shota si sporse sul tavolo, piazzandogli una mano sulla bocca. “Smettila, coglione!”

Mic sollevò entrambe le mani. “Va bene, va bene. Ma non puoi negare che sia una situazione interessante. Non la facevo così sfacciata.”

“Non significa niente. Mica le piaccio.”

“Certo, come no. Nel dubbio…” Mic tirò fuori il portafoglio dalla tasca e tirò fuori un incarto argentato, che mise in mezzo a un tovagliolo di carta e passò a Shota. “Non si sa mai.”

Shota alzò gli occhi al cielo. Il solito idiota. “Primo, ti meriti solo un sacco di insulti. Secondo, non si rovinano un sacco nel portafoglio?”

“Sei rimasto a dieci anni fa. Ora sono indistruttibili. Vai tranquillo, non rischi di trovarti un piccolo signore del tempo cancellatore di quirk tra nove mesi.” Spinse il tovagliolo verso di lui.

“Non vedo cosa dovrei farci.” Shota abbassò il capo, guardandosi intorno, ma per fortuna erano troppo lontani per essere visti o sentiti da chiunque.

Mic glielo spinse ancora più vicino. “Tu prendilo, non si sa mai.”

Shota conosceva Hizashi a sufficienza per sapere che non avrebbe mollato facilmente. Sbuffando, lo prese e se lo mise nel portafoglio. “Come vuoi.”

“Bravissimo. E comunque, stavo pensando, se aveste dei figli che quirk potrebbero avere? Stop del tempo con uno sguardo? Cancellazione dei quirk con uno schiocco di dita?”

Shota, ai tempi, si era già dovuto sorbire un sacco di sproloqui sulle possibili combinazioni di quirk che avrebbero avuto degli eventuali figli di Mic e Kogane. Non era pronto — e forse non lo sarebbe mai stato — ad affrontare un’altra discussione di quel tipo. “Piuttosto, non dovevi parlarmi di Kogane?”

Mic si rabbuiò all’improvviso. “La sto evitando. Le parlerò stasera.”

“Cambierai idea per l’ennesima volta?”

“No,” disse Mic con fermezza. “Ha oltrepassato il limite. Non avrebbe dovuto dire quello che ha detto.”

Shota annuì. Se Mic riteneva che non fosse il caso di farglielo sapere, si sarebbe fidato di lui. “Ce la farai. E se avrai bisogno di parlarne con qualcuno, puoi venire da me.”

Mic lo guardò con un mezzo sorriso dall’aria allusiva. “Non oserei mai disturbarti stanotte.” Il suo sorriso si smorzò un po’, pur restando lì. Non era più un sorriso sfacciato, ma l’espressione di chi era felice per un amico. “Non importa se non succederà niente in quel senso. Ti vedo felice, e spero che sarà una bella serata.”

“Quindi devo ridarti il preservativo?”

“Assolutamente no. Non si sa mai.”

 

Erano le 22.54. Avevano appuntamento alle 23.00. Mai come quel giorno, il tempo era passato lento come non mai.

Valerie, davanti allo specchio, si era acconciata i capelli in due codini e si era piastrata la frangia. Quella sera più che mai le sembrava che il suo viso fosse pieno di imperfezioni, per non parlare del suo corpo.

Ormai era palese, doveva accettarlo: aveva una cotta per quel ragazzo.

Eppure, trovava altrettanto palese che da parte sua non ci fosse nulla in più di amicizia, in quel momento di sconforto. Erano troppo diversi, e in più lei sarebbe dovuta tornare in Inghilterra.

Era impossibile che lei gli interessasse. Giusto?

Quando erano insieme, non era più così sicura di non piacergli. Non avrebbe saputo spiegarlo razionalmente, erano solo sensazioni. Quando si ritrovava da sola, però, i dubbi la assalivano.

Prese il cellulare e riguardò la foto di lui che dormiva, senza trattenere un sorriso. Adorava i suoi capelli perennemente spettinati.

Aveva un nuovo messaggio, era stata così intenta a guardare la foto da non averlo notato.

 

AS: Quando vuoi vieni pure.

 

Era stato inviato alle 22.49. Forse era impaziente come lei, pensò sorridendo.

Prese un respiro profondo, sperando che il cuore smettesse di batterle all’impazzata, prese la borsa con bollitore, due tazze, biscotti e bustine di tè, il cellulare, e mise la mano sulla maniglia della porta.

“Stop.”

Corse più veloce che poteva, ma il borsone la rallentava un po’. Riuscì a entrare in camera sua giusto in tempo, quando sentiva che il suo potere era al limite. Aizawa era seduto sul futon, indossava dei jeans e una felpa. Si pentì di aver messo lo stesso pigiama con i gattini della sera prima.

“Play.”

Aizawa trasalì. “Non so se mi abituerò mai a vederti comparire all’improvviso in camera mia.”

Valerie sorrise, nervosa. “Me lo dice sempre anche mio padre!” Posò il borsone a terra, cominciando a frugarci dentro. Mise bollitore, biscotti e bustine di tè sulla scrivania. “Hai preferenze sul tè?” Lui le rispose con un’alzata di spalle. “Spero che ti piacciano i biscotti, avevo in mente di farli io, ma non ho avuto il tempo, quindi ho preso questi, non li ho mai mangiati, ma spero che siano buoni, e—“

“Sei agitata?” Le domandò, vagamente divertito.

Valerie andò a riempire il bollitore in bagno. “Chi non lo è? Manca poco al festival sportivo, e credo che se dovessi fare una figuraccia sarebbe davvero uno schifo, inoltre non sto studiando a sufficienza, e poi…” Si guardò allo specchio, dandosi mentalmente dell’idiota. Doveva restare calma. “Sì, un pochino.”

Tornò in camera da lui, si era alzato e avvicinato alla scrivania. Aveva messo una bustina in ogni tazza.

“Stai comodo, ci penso io. È il mio modo per ringraziarti.”

“Non penso di dover essere ringraziato per delle patatine e qualche quadretto di cioccolato, quindi mi sembra normale darti una mano.”

Valerie accese il bollitore. “Invece hai fatto molto.” Continuava a sentirsi il cuore in gola e le sembrava di non dire niente di sensato o interessante. Uno schifo.

L’acqua iniziò a bollire, Valerie la versò nelle tazze e ne porse una ad Aizawa. “Attento, è bollente. Se vuoi ci sono anche delle bustine di zucchero, nella borsa.”

“Va bene così. Grazie.”

Con tazze e un pacco di biscotti aperto, si sedettero l’uno accanto all’altra sul letto di Aizawa.

“Aspetta un attimo,” gli disse Valerie, soffiando sulla propria tazza. La posò, aprì il pacco di biscotti e ne morse uno. C’era poco cioccolato, ma erano sicuramente più buoni di quelli che avrebbe fatto lei. “Allora, come è andata oggi?” Gli chiese, solo per non restare in silenzio. “Ho visto che tu e Mic avevate qualcosa di cui parlare.” E aveva notato che Kogane e Hizashi avevano interagito meno del solito. Non che lo trovasse un argomento così interessante, ma era meglio del silenzio.

“Oh, beh, le solite stronzate di Mic.” Aizawa si fermò lì, portandosi poi la tazza alle labbra e facendo una smorfia perché era troppo caldo.

“Te l’avevo detto,” gli disse Valerie. Aveva ricevuto una risposta vaga, quindi era probabile che non ne volesse parlare. Le sembrava giusto. “E comunque, ieri siamo stati fantastici.”

“Certo, se non avessi completamente mandato a monte la prima prova, magari…”

Valerie si irrigidì, poi capì che lo stava dicendo con leggerezza e si rilassò. “Hai ragione. Avrei dovuto portare molti più biscotti per farmi perdonare per quello.”

“E più video di gattini.”

“Giusto.” Valerie prese il cellulare e cominciò a scorrere le foto nella galleria. “Sei rimasto indietro con le foto di Shad.”

Aizawa si sporse verso di lei per vedere. Una ciocca dei capelli di lui le solleticò la guancia. “La tua gatta è bellissima,” le disse.

Valerie si trattenne dal rispondere che avrebbe preferito sentirlo parlare in quei termini di lei, non della sua gatta, perché tanto a Shadow non fregava niente di sentirsi definire bellissima da un tizio sconosciuto. “Lo so,” disse invece. “Ora c’è un video che devo farti vedere.

 

Quasi senza che se ne rendessero conto, si fece l’una di notte. Tra un’altra tazza di tè, altri biscotti, video di gatti e chiacchiere, a Valerie sembrava che il tempo stesse volando. Il timore di non piacere ad Aizawa si faceva sempre più lontano, di fronte a tutto il resto.

“Comunque, posso dire una cosa?” Gli chiese, posando il telefono, interrompendo il video che stavano guardando.

Lui si tirò su e la guardò con aria incerta. “Dimmi.”

“Forse è un po’ stronzo da dire, ma non sono sicura che Kogane mi piaccia, come persona. Non mi piacciono i commenti che fa sugli altri.”

“Non mi dire,” rispose lui, con il tono di chi aveva pensato la stessa cosa per decine di volte.

“Alla festa mi ha detto che è meglio se ti sto lontana e che forse sei gay.” Valerie gli vide roteare gli occhi all’indietro talmente tanto che diventarono bianchi per qualche istante. “Cioè, pure fosse stato, che stronza a dirmelo. No?”

“Certo, perché se a diciott’anni non hai mai fatto sesso allora sei sicurament—“ si bloccò a metà frase e sgranò gli occhi. “Oh, cazzo.”

“Cosa?” Domandò Valerie, senza capire. Il tè era ora a una temperatura bevibile.

“L’ho detto senza pensarci. Dimenticalo.”

A Valerie sembrò che stesse arrossendo. Dio, quanto era tenero. “È perché hai detto che sei vergine? Che c’è di male?”

“Che c’è di male?” Ripeté lui, alzando la voce più del dovuto per un attimo. “Che l’ho detto solo al mio migliore amico, lui deve averlo detto a lei. E lei deve averlo detto a tutti. A te compresa.”

“Capisco che sia una stronza a riferire cose private, ma…” A Valerie venne spontaneo mettergli una mano sul braccio. “Non c’è niente di male. Conosco un sacco di gente che non ha mai fatto sesso alla nostra età. Io l’ho fatto a sedici anni, ma questo non mi rende una persona migliore di te in nessun modo. Anche perché lui era uno stronzo.”

Aizawa fissava il vuoto davanti a sé. Bevve un po’ di tè, buttandolo giù rapidamente. “Che testa di cazzo che è Kogane. Spero che Hizashi la molli.”

“Fai bene a ritenerla una testa di cazzo, ma davvero, non farti problemi che non esistono. Se mi piacesse un ragazzo e scoprissi che è vergine, l’unica cosa che penserei sarebbe che magari merita una prima volta migliore di quella che ho avuto io.” Improvvisamente, le parve di aver detto troppo. “In via del tutto ipotetica.”

Aizawa, però, non parve tranquillizzato. “E quel ragazzo ti dicesse che non ha mai baciato nessuno?”

Valerie deglutì. Posò la tazza a terra e si tirò su, in ginocchio, guardandolo. “Beh.” Lui si voltò e la guardò, ancora imbarazzato per la conversazione. “Gli direi che forse è il momento di rimediare.” Gli posò una mano sul volto e, prima che le potesse passare quella botta di coraggio, lo baciò.

 

L’angolo dell’autrice

Eeeeeed eccoci qui. Dopo casini vari, litigi e incomprensioni, finalmente c’è stato un bacio u.u

Ho scelto di rendere Aizawa abbastanza inesperto perché me lo immagino come il tipo di ragazzo (ma pure da adulto…) che tutto sommato ha altre priorità e interessi, quindi non cerca attivamente una ragazza come magari potrebbe fare uno come Mic.

Ho deciso che d’ora in poi se tutto va bene aggiornerò il mercoledì, visto che è un giorno in cui sono particolarmente libera e comoda.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3 Un grazie grosso come una casa a tutti coloro che hanno impiegato del tempo per leggermi, recensirmi, inserirmi tra le seguite, tra le preferite e così via. Siete tutti belliffimi. <3

Alla prossima settimana!

Krestal (sì, ho cambiato nick :3)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Grazie per stanotte ***


Capitolo 9 - Grazie per stanotte

 

Shota restò lì, immobile, incapace di realizzare fino in fondo quello che era appena successo. Fu come se Valerie avesse bloccato il tempo anche per lui, per un attimo lungo un’eternità. Lei era davvero lì, lo stava baciando e le sue labbra erano incredibilmente morbide.

Le mise una mano dietro alla nuca, tirandola a sé e ricambiando quel bacio. La sentì contrarre le labbra in un sorriso, mentre lei gli prendeva il viso con entrambe le mani.

Quando Valerie si staccò da lui, Shota si sentì come se gli mancasse l’aria. Non appena ebbe capito che lei si stava solo spostando, mettendosi a cavalcioni sulle sue gambe, si sporse verso di lei e la baciò di nuovo. Le fece scivolare una mano dietro alla schiena, tirandola un po’ di più a sé. Valerie gli mise entrambe le braccia dietro al collo, premendo il proprio corpo su di lui e schiudendo le labbra per succhiargli il labbro inferiore.

Valerie insinuò la lingua tra le sue labbra. Sapeva di tè e biscotti.

Sentì una mano di Valerie che si infilava sotto alla sua felpa e sotto alla maglietta. Un brivido di piacere gli strappò un gemito contro le labbra di Valerie, nel sentire le sue dita calde sulla pelle.

Valerie aveva il fiato corto e Shota era sicuro che anche lei avesse il cuore che batteva all’impazzata. La ragazza appoggiò la fronte a quella di Shota. Aveva gli occhi socchiusi e si stava mordendo il labbro inferiore. Non lo guardava, ma fissava un punto indefinito del pavimento accanto a loro.

“Posso dormire qui?” gli chiese con un fil di voce. “Solo dormire, nient’altro. Come ieri.”

Lui sorrise e annuì contro la sua fronte. “Certo.”

Valerie continuò a non guardarlo. “Però, se ti va, potresti dormire accanto a me. Il letto è a una piazza e mezza, ci stiamo in due.”

Non era sicuro di riuscire a dormire in condizioni del genere, ma averla lontana sarebbe stato ancora peggio. “Va bene,” le disse.

Valerie annuì ancora una volta, quindi si alzò in piedi. “Vado a lavarmi i denti e a struccarmi e torno. Stop!”

E scomparve. Niente da fare, non ci si sarebbe mai abituato.

Shota restò lì qualche istante, prendendo del tutto coscienza di ciò che era successo. Lo aveva baciato. Si erano baciati. Non si era mai sentito così per una ragazza.

Si alzò, iniziando a spogliarsi per mettere il pigiama, senza smettere di pensare a lei. A torso nudo, si stava tirando su i pantaloni quando sentì urlare.

“Oddio! Scusa! Scusa! Non ho visto niente!” Valerie se ne stava girata verso la porta, ma entrando lo aveva visto per forza.

“Tranquilla, non fa niente. Dovevo cambiarmi in bagno.”

“No, errore mio. Scusascusascusa!”

“Sono vestito, adesso. E comunque perché ti imbarazzi tanto? Non è nulla di diverso da quello che vedresti se andassimo in piscina.” Non riusciva a capire la sua reazione, ma era tenera. Era diventata tutta rossa in volto.

“Non è la stessa cosa, invece,” disse, voltandosi. “Cambia il contesto.” Si passò una mano sui capelli, che ora erano legati in uno chignon disordinato.

“Se lo dici tu,” le rispose, divertito. Le fece un cenno verso il letto. “Mettiti dove vuoi.”

“Il posto più vicino alla porta del bagno. Almeno non rischio di caderti addosso se devo alzarmi di notte,” disse con un sorriso imbarazzato, quindi si stese sul futon, a pancia in su, sotto le coperte.

Shota spense la luce e tirò le tende, quindi si fece luce con il cellulare e si mise accanto a lei, sdraiato su un fianco.

“Se dovessi russare, chiedimi di cambiare posizione. Ma probabilmente ti risponderò di merda, sono una testa di cazzo incazzosa se mi si sveglia mentre dormo.”

“Ah, più del solito?” Le rispose lui.

“Ehi, vaffanculo, Shota!” Disse lei, ridendo, girandosi per dargli uno schiaffetto sul braccio.

Lui restò colto alla sprovvista per un attimo, non l’aveva mai chiamato per nome. Poi sorrise. Era bellissima ed era felice di essere lì con lei. Shota si sporse in avanti e la baciò. Valerie si strinse a lui, ricambiando quel bacio come se non avesse voluto fare altro da quando si erano staccati, esattamente come lui. Shota sentiva il suo seno contro il petto. Le mise una mano sul fianco, tutto di lei sembrava essere morbido e accogliente. Se lei gli avesse chiesto di fare sesso, lì e ora, lui le avrebbe risposto di sì senza pensarci un solo secondo. Ma non voleva chiederlo. Non voleva fare la figura di quello che pensava solo al sesso, non voleva metterla a disagio. Per il momento andava fin troppo bene così.

 

Valerie aveva impostato la sveglia dieci minuti prima del solito, come il giorno prima, in modo da avere il tempo per tornare in camera. Quella notte, però, sentiva di aver dormito ben poco e di non essere comunque stanca.

Il cuore parve esploderle per la felicità nel momento in cui si voltò e lo vide, addormentato su un fianco, con un’espressione serena, quasi felice. Valerie, senza smettere di sorridere, gli scattò qualche altra foto, ripromettendosi di mandargliele più tardi. Di sicuro avrebbe fatto finta di incazzarsi con lei.

Prese un foglio da un bloc notes e una penna, lasciandogli un messaggio sulla scrivania. Si inginocchiò accanto a lui e gli diede un bacio sulla guancia, sentendo pungere per l’accenno di barba incolta che lui aveva sul volto.

“Stop.”

 

Shota fu svegliato da dei colpi sulla porta. Erano forti e insistenti.

“Chi è?” Biascicò.

“Devo parlarti, Aizawa.” La voce di Kogane.

L’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. “Avanti,” disse, con l’entusiasmo di un condannato a morte.

La ragazza piombò nella sua stanza, chiudendo la porta con troppa forza. “Devi dirmi qualcosa?”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando,” le rispose lui, tirandosi su e cercando di connettere.

“Hizashi mi ha lasciata. Per davvero, stavolta.”

Shota ne fu felice, ma non era proprio il caso di darlo a vedere. “Non vedo come questo possa interessarmi.”

“So bene che ti sei messo in mezzo e gli hai detto qualcosa.” Kogane si guardò intorno con aria schifata. “Oddio, quanto cazzo sei disordinato?”

“Non mi mettere in mezzo, non c’entro nulla. Non ho fatto più di dargli qualche consiglio da amico.” Che risveglio infernale. “E adesso, per favore, vattene.”

In tutta risposta, Kogane iniziò a camminare e si sedette alla sua scrivania con un sorriso di sfida. “Direi proprio di no. Quindi lo ammetti, eh? Non dovevi metterti in mezzo.”

“Non mi sono mai messo in mezzo. Posso avergli dato qualche consiglio, ma la decisione è stata sua. Se devi incazzarti con qualcuno, incazzati con te stessa e lascia in pace anche lui.”

“Ti stai intromettendo anche adesso,” disse lei, alzando la voce.

“Abbiamo una definizione diversa di intromettersi,” replicò lui, con calma e fermezza.

Kogane prese un biscotto dal sacchetto che Valerie aveva lasciato sulla scrivania la sera prima. “Voglio che tu gli dica che ti sei sbagliato, che non avresti dovuto dirgli nulla e che deve fare quello che vuole.”

“Naturalmente. Contaci.”

Kogane si girò per prendere un altro biscotto. “Io invece credo che lo farai, perché— oh.” Qualcosa sembrava aver attirato la sua attenzione.

Shota si alzò in piedi, nel tentativo di capire cosa aveva visto.

Kogane teneva in mano un foglio. “Per Shota: grazie per stanotte, è stato bellissimo. Più tardi passo a prendere le mie cose. Valerie.”

Shota raggelò. “Dammelo.”

Kogane glielo porse, con un sorrisetto sulla faccia che non lasciava presagire nulla di buono. “Benvenuto nel fantastico club delle persone normali che fanno sesso.”

Shota alzò gli occhi al cielo. Cosa doveva risponderle? Avrebbe dovuto negarlo? Non erano cazzi di Kogane, in fin dei conti.

“Quindi non lo neghi?” Disse lei, portandosi entrambe le mani alla bocca. “Avete davvero scopato?”

“Non sono cazzi tuoi, Kogane. Esci da qui.”

Kogane si alzò dalla sedia senza smettere di sorridere. “Normalmente se un uomo facesse il vago, penserei che non sia successo nulla. Ma in questo caso, beh… Spero che ti sia piaciuto quanto è piaciuto a lei.”

“Levati dal—“

“Me ne vado, me ne vado,” lo interruppe lei, andando verso la porta. “Salutami la tua nuova scopamica!”

Anche dopo che Kogane ebbe chiuso la porta, a Shota restò una sensazione di disagio. Di sicuro non era finita lì.

Qualche minuto più tardi, la porta si aprì. Shota stava per insultare di nuovo Kogane, ma invece entrò Mic. “Hai un minuto? Ho lasciato Kogane.”

“Ma non mi dire.”

“Come fai a saperlo?” Gli chiese Mic, perplesso.

“È stata qui fino a cinque minuti fa. Sta dando di matto.” E la sensazione che non fosse finita lì permaneva.

Mic sospirò. “Lo so. Si è messa in testa che mi hai convinto tu. Ho provato a spiegarle che non era così, ma credo che avesse bisogno di qualcuno con cui prendersela, invece di accettare che è finita.”

“Molto matura. Hai perso proprio una bella persona.”

Suonò il telefono di entrambi. Era di sicuro un messaggio sulla chat di gruppo della classe.

Mic si sedette sul bordo del futon, nel posto che Valerie aveva lasciato libero. “Lo so, lo so, avrei dovuto farlo tempo fa.”

I due telefoni suonarono di nuovo. E di nuovo. E ancora una volta.

“Che cazzo succede?” Borbottò Mic, tirando fuori il cellulare dalla tasca. Shota gli vide sbloccare lo schermo e assumere un’espressione sconvolta. “Oh, porca puttana.”

“Che succede?”

Mic avvicinò il cellulare a Shota, in modo che potesse leggere. Kogane aveva scritto un messaggio:

 

KU: Facciamo tutti insieme i complimenti al mio Cancellino preferito @Aizawa Shota per essersi portato a letto la studentessa inglese!!! Me lo ha raccontato stamattina e sono felicissima per lui <3

 

Sotto a quel messaggio c’erano alcune risposte e continuavano ad arrivare. Un paio di persone si erano congratulate con Shota, Nemuri aveva scritto di essere tanto contenta per i suoi amici e altre si stavano chiedendo se Kogane fosse impazzita. Tra i messaggi, era ben visibile la scritta Valerie Jenkins ha abbandonato la conversazione.

Shota guardò Mic. Mic lo guardava con gli occhi sgranati. “Perché cazzo glielo hai detto?”

Non c’era tempo per rispondergli. Shota doveva subito correre da Valerie.

 

Valerie non poteva crederci. Era rimasta a fissare lo schermo ormai spento, dopo aver lasciato il gruppo.

Come aveva potuto dirlo proprio a lei? Non si era mai sentita così tradita. Non le era sembrato il tipo di ragazzo che andava a vantarsi delle sue conquiste, ma evidentemente si era sbagliata. In quel momento, però, le si era spezzato il cuore.

Poteva davvero stupirsi fino in fondo? Forse ne aveva approfittato fin dall’inizio, prima per ottenere informazioni e poi per quello.

Era un incubo. Era un cazzo di incubo, le stava succedendo di nuovo.

 

“Signori, sono davvero spiacente per quello che è accaduto a vostra figlia.”

Valerie riusciva solo a fissare il vuoto davanti a sé, mentre gli altri intorno a lei continuavano a parlare, accanto a lei ma terribilmente distanti. Era sola.

“Le scuse non cancelleranno quelle immagini che hanno fatto il giro della scuola.”

“Nostra figlia non sta più andando a lezione, l’ultima volta che si è avvicinata alla scuola ha avuto un attacco di panico. Non può andare avanti così!

“Ne sono consapevole. Non è per scusarmi che vi ho fatti venire qui. I genitori del ragazzo, per scusarsi, si sono offerti di trovare una soluzione per il prossimo anno. Conoscete il nostro programma per passare un anno all’estero?”

“Lo voglio,” disse Valerie, senza pensarci. “Voglio allontanarmi da qui.”

Tutti si voltarono verso di lei.

“Sei sicura, Val?”

Valerie annuì con forza. Voleva solo ricominciare da zero, senza dover vedere tutti i giorni persone che sapevano cose di lei che non avrebbero dovuto sapere, solo perché un idiota aveva trovato divertente l’idea di far vedere screenshot e foto private agli amici.

“Sicurissima.”

 

Dei colpi sulla porta la strapparono a quel torpore. “Valerie? Sono io, devo parlarti.”

Non si asciugò neppure le lacrime. Non le interessava se la vedeva piangere, anzi, meritava tonnellate di sensi di colpa. Si alzò e aprì la porta, guardandolo dritto negli occhi.

“Non rivolgermi mai più la parola.”

“Posso spiegarti?” Le chiese in tono di supplica, interrompendola. “Ti prego.”

“No. Nulla di ciò che dirai potrà farmi cambiare idea. Buona giornata, Aizawa.” Sottolineò il cognome con una punta di disprezzo, visto che proprio il giorno prima era arrivata a chiamarlo per nome. Poi chiuse la porta, ignorando le altre suppliche che stavano arrivando.

Sapeva che sarebbe stato uno schifo, visto che l’avrebbe dovuto vedere ogni giorno. Per questo motivo l’unico obiettivo nella settimana e mezza che seguiva sarebbe stato l’arrivare più preparata che poteva al festival sportivo.

Non avrebbe lasciato che qualcun altro la ferisse di nuovo in quel modo, mai.

 

——————————

 

Angolo dell’autrice:

Ehm… Sono successi un po’ di casini. Mi sono sentita un po’ in colpa, poveri piccini ç__ç

A questo punto posso parlarvi di quale è stata, durante la scrittura, l’evoluzione di Kogane. L’avevo creata come personaggio che DOVEVA essere positivo, ma non riuscivo proprio a digerirla fino in fondo. Quindi si è rivelata sempre di più una stronza, qui ha raggiunto l’apice XD

Per quanto riguarda la notte che hanno passato a dormire insieme, ero superincerta su cosa far succedere. Una parte di me avrebbe voluto partire con il rating rosso e tanti saluti, ma non ero convinta che fosse la cosa più sensata, considerando il loro carattere e la loro situazione.

Per il resto… Ho già detto che sono successi dei casini? XD

Mi scuso per non aver (ancora) risposto alle recensioni. Prima o poi lo faccio, è che ci tengo a farlo bene, e ultimamente sono stata più impegnata (mentalmente, soprattutto) del solito. Ma le leggo sempre e mi fanno un infinitissimo piacere. Grazie a tutti <3

Ci si rivede tra una settimana!

Krestal

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Il festival ***


Capitolo 10 - Il festival

 

“Stop.”

I polpacci le dolevano come se fossero stati in fiamme. La musica a tutto volume le rimbombava nelle orecchie. La pioggia, sospesa nell’aria, le bagnava la faccia mentre correva.

Ventidue secondi rimanenti. Rispetto ai dieci da cui era partita quando era arrivata alla Yuuei, erano un enorme traguardo, ma poteva fare di meglio. Nemuri la stava cronometrando seduta a centro campo.

Inspira, espira. Doveva andare più veloce. Gli occhiali erano appannati dalla pioggia. A ogni falcata, una parte di lei voleva solo fermarsi e stendersi sull’erba, ma non poteva.

Il conto dei secondi andò in negativo. Aveva imparato a trattenere l’impulso di lasciarsi andare e far ripartire il tempo. Gli insegnanti erano stati chiari: non doveva superare troppo il limite, o si sarebbe potuta sentire male.

Il giro del campo stava per terminare. Ancora un ultimo sforzo. Le tempie le pulsavano dolorsamente. Voleva solo lasciarsi andare, ma non era un’opzione.

Non appena il suo piede ebbe toccato la linea bianca, urlò: “Play!” E fece i passi necessari per svoltare sull’erba, quindi si accasciò a terra.

“Complimenti!” Urlò Nemuri, venendole incontro. “Hai battuto il tuo ultimo record! Sei stata— oh, perdi sangue dal naso.”

L’amica le porse un fazzoletto, che nel frattempo si era inumidito per la pioggia. Valerie lo prese e si pulì. “Mi avevano detto che sarebbe potuto succedere.”

“Vuoi che ti accompagni in infermeria?”

“No, no, tranquilla. Devi fare l’ultimo giro,” le disse Valerie, tirandosi su e abbozzando un sorriso.

“Sei sicura? Insomma, capisco che tu voglia arrivare preparata al festival, ma… Non ti starai un po’ autodistruggendo?” Nemuri si sedette sull’erba bagnata accanto a lei e le porse una bottiglietta d’acqua.

“Mi aiuta a non pensare, quindi è comunque meno dannoso del non farlo,” rispose Valerie con un’alzata di spalle.

Nemuri restò in silenzio per qualche istante. “E sei sicura che non pensarci sia la soluzione giusta?”

“Non parlerò con lui,” rispose Valerie, esasperata, capendo dove Nemuri sarebbe andata a parare.

“Beh, forse dovresti. Io ieri ho pranzato con lui, e…”

“Ah, ecco perché mi hai dato buca. Grazie mille.” Valerie sapeva che lo faceva con le migliori intenzioni del mondo, ma più insisteva e più le passava la voglia di rivolgergli anche solo un saluto.

“Sta malissimo anche lui.”

“Quanto mi dispiace,” disse Valerie con una tonnellata di sarcasmo.

“Le cose non sono andate come pensi,” iniziò a dire Nemuri, ma Valerie la interruppe.

“È un bugiardo. Può dirmi quello che vuole, non gli crederò.”

“Ho anche provato a contattare Kogane, ma non mi ha ancora risposto. Non so neppure se sta utilizzando il cellulare.”

Per fortuna, la scuola aveva preso immediatamente provvedimenti per punire Kogane. La classe aveva perlopiù supportato Valerie per l’accaduto, ma nonostante non ci fossero state molte conseguenze, restava comunque qualcosa di umiliante. “Ben venga. Che si goda la sospensione, quell’altra stronza.”

Nemuri sbuffò. “Come vuoi. Faccio l’ultimo giro e andiamo in infermeria.”


 

“Sei ancora lì? Alzati, su!”

Shota mugugnò un lamento e affondò ancora di più la testa nel cuscino, quando Mic tirò le tende, lasciando che la luce riempisse la stanza più di quanto lui avrebbe voluto.

“Mi avevi promesso che ci saremmo allenati,” insistette Mic. “Il festival è alle porte.”

“Ho cambiato idea, non ne ho voglia.”

Mic si sedette sul letto. “Dai, ti prego, da quanti giorni non ti alleni?”

Shota alzò le spalle. Non ne aveva idea.

“Quante ore hai dormito oggi?”

Altra alzata di spalle.

“Ti prego, alzati. Dobbiamo andare.”

“Mi rompi il cazzo solo perché ti senti responsabile,” biascicò Shota. Dopotutto, dal punto di vista di Mic, se lui non avesse lasciato Kogane non sarebbe successo niente di tutto ciò. Le cose sarebbero andate diversamente, certo, ma Shota non vedeva come lui potesse avere delle colpe.

“Ti rompo il cazzo perché mi sento responsabile e perché sei mio amico e mi preoccupo per te. Non credo che questo faccia di me una persona orribile.”

“Ti reputerò una persona un po’ meno orribile se mi lasci dormire.”

“Vuoi che lei ti veda in questo stato?”

“Non mi importa.”

Mic sospirò e gli si avvicinò. Era visibilmente preoccupato. “Per favore. Mi sto preoccupando per te. Non voglio chiamare tuo padre, ma se continuerai così mi ritroverò costretto a farlo.”

Ecco, quello sarebbe stato uno schifo. Suo padre aveva già abbastanza problemi anche senza sapere che suo figlio stava male, cosa per cui si sarebbe sicuramente sentito responsabile. “Come vuoi.”



 

Valerie si era allenata. Aveva fatto progressi. Probabilmente, stando a sentire chi le stava intorno, si era sforzata molto più del dovuto, ma andava bene così.

Per la prima volta dopo giorni e giorni, si sentiva euforica mentre camminava accanto ai suoi compagni, entrando nello stadio, poco prima di iniziare il festival sportivo. Avrebbe voluto avere un paio di cuffie per limitare il casino, ma era vietato portare qualsiasi cosa. Anche gli occhiali da vista erano stati classificati come vietati, a causa delle funzioni aggiuntive, e aveva dovuto mettere le lenti a contatto.

La voce commossa di Kobayashi riempiva lo stadio. “Guardateli, non sono bellissimi, quelli della terza A? Fate un bell’applauso a tutti loro!”

Lo stadio era pieno. Valerie sapeva bene che gli occhi di tutti sarebbero stati sugli studenti della sezione eroi. Lei stessa aveva guardato il festival più di una volta, e sapeva bene che in genere erano loro ad avere la meglio.

“Facciamo un bell’applauso anche a quelli della sezione B,” urlò il professore. A giudicare dalla voce, sembrava sul punto di piangere.

Quelli della A si radunarono in un punto laterale dello stadio, mentre entravano le altre sezioni.

“Quanto bisognerà aspettare?” Chiese Valerie a Nemuri. Non vedeva l’ora di iniziare, detestava le attese.

Nemuri fece spallucce. “Non lo so, ma non credo che ci vorrà molto. Spero.”

“Non ci giurare,” intervenne Mic. “Quest’anno presenta Nezu.”

“Oh.” Nemuri parve improvvisamente sconfortata.

Valerie poteva intuirne il motivo. Non era raro che il professor Nezu si perdesse in più cerimonie e chiacchiere del dovuto.

“Ora che vi ho presentato tutti i miei ragazzi, lascio la parola al professor Nezu, coordinatore della terza A!”

“Preparati,” disse Mic a Valerie.

Valerie si irrigidì, vedendo che accanto a Mic c’era Aizawa, che però non la stava guardando. Le sue occhiaie sembravano più profonde del solito, i suoi capelli più spettinati. Non era esattamente al top.

Nezu iniziò a fare un discorso sull’importanza di quella competizione, sui progressi fatti dagli studenti e su altra roba che Valerie non sarebbe riuscita ad ascoltare con la dovuta attenzione. Guardandosi intorno, notò di non essere l’unica che faticava a mantenere la concentrazione.

“...E per finire, vorrei presentare la prima prova in cui si cimenteranno gli studenti. La corsa a tre gambe!”

Il nome della prova comparve alle spalle del professore, su un megaschermo.

Quella non era una buona cosa, pensò Valerie. Si era allenata, certo, ma la corsa era comunque qualcosa in cui non eccelleva, e avrebbe dovuto collaborare con qualcuno.

“Gli studenti dovranno scegliere un compagno. Bisognerà legare la gamba destra di uno dei due membri alla gamba sinistra dell’altro. Vi bloccheremo in modo sufficiente da impedire che vi liberiate in maniera accidentale, ma se qualcuno rimuoverà in modo intenzionale le speciali corde che verranno utilizzate, sarà squalificato dalla prova insieme al compagno.”

Gli studenti avevano già iniziato a parlare tra loro, proponendo e rifiutando alleanze.

“Si tratta di una prova che spingerà gli studenti a coordinarsi con qualcuno con un quirk sinergico al proprio, ma non solo: per giungere alla fase successiva sarà sufficiente una buona collaborazione unita a doti atletiche. Avete cinque minuti per formare le coppie e recarvi dagli addetti per essere legati! Se allo scadere del tempo sarete ancora da soli, le coppie saranno sorteggiate. Buona fortuna!”

Alle spalle di Nezu comparve un timer. Gli studenti esplosero in un vociare confuso. Valerie iniziò a guardarsi intorno. Chi diavolo poteva voler fare coppia con una che poteva controllare il tempo solo per se stessa? Sarebbe stata del tutto inutile.

“Facciamo coppia?” Sentì dire a Mic.

Aizawa annuì con poca convinzione. “Come vuoi.”

“Valerie, forse ho un’idea,” disse Nemuri, appoggiando una mano sulla spalla di Valerie. “Vuoi fare coppia con me?”

Valerie guardò l’amica. Forse non era la più saggia delle scelte, avrebbe potuto rifletterci meglio, ma le sorrise e annuì. “Certo. Dimmi cosa hai in mente.”



 

Le posizioni di partenza vennero sorteggiate, visto che gli studenti erano troppi e sarebbe stato impossibile farli partire da una singola linea. Valerie e Nemuri finirono in una posizione laterale nella metà del gruppo.

L’inizio della corsa dipendeva da Valerie. Poi sarebbe stato il turno di Nemuri, ma se Valerie avesse sbagliato qualcosa sarebbero state fregate. Sarebbe stato tutto più facile se avesse usato la sua nuova tecnica, ma voleva conservarla per avere l’effetto sorpresa.

Poteva farcela.

“Pronti…”

Nemuri si fidava di lei. Non ne andava solo di se stessa, ma anche di un’amica.

“Partenza…”

Valerie inspirò a fondo. Ce l’avrebbe fatta.

“Via!”

Valerie iniziò a camminare insieme a Nemuri. Ricevevano spallate da ogni lato, mentre la folla cominciava a diradarsi. Alle due servì qualche secondo per capire come coordinarsi e avanzare.

Se fosse stato per Valerie, avrebbe subito fatto quello che doveva fare, ma aveva deciso di affidarsi alle capacità di giudizio di Nemuri. Dovevano aspettare di avere un percorso tra la gente, perché mettere in atto il piano in una folla troppo compatta sarebbe stato molto più difficile.

“Spostiamoci a lato,” le disse Nemuri, scorgendo una via.

Valerie annuì e la seguì.

Nemuri teneva gli occhi fissi davanti a sè. “Affretta il passo, se riesci.”

“Posso farcela.”

Dovevano portarsi un po’ più avanti. Qualcuno aveva già iniziato a usare il proprio quirk per distanziarsi dal gruppo. Lo avevano messo in conto, non potevano bloccare chi aveva unicità per rendersi più veloce, come Iida, che in qualche modo stava riuscendo a coordinare la spinta nelle braccia pur avendo Sanda che correva con lui. Davanti a loro si estendeva un lungo tratto sterrato, leggermente curvo, che circondava lo stadio. Più avanti, qualcosa che per il momento non era il caso di considerare.

Valerie cominciava ad agitarsi. Non stavano aspettando troppo? “Nemuri, quanto…”

“Adesso!”

Valerie e Nemuri inchiodarono. Nemuri appoggiò la schiena a quella di Valerie, quindi piegò i gomiti in modo che Valerie potesse intrecciare le braccia alle sue. Valerie piegò la schiena in avanti, in modo da sollevare Nemuri. Era pur sempre una persona adulta, ma era magra e leggera.

“Stop!”

Il silenzio avvolse Valerie. Dio, quanto era rilassante. Però, iniziò subito a muoversi più in fretta che poteva per portarsi avanti al gruppo. Cercò di scandire i secondi con il respiro, ma era solo una precauzione ulteriore — ormai aveva capito qual era il limite.

Ogni muscolo del corpo sembrava dolerle per lo sforzo — quanti chili pesava, Nemuri? Cinquantacinque? Sessanta? — ma proseguiva. Capì in fretta che sarebbe arrivata quasi in testa al gruppo, ma avrebbe comunque avuto almeno tre coppie davanti a sé. Andava bene così, però.

Lei e Nemuri avevano concordato che non doveva sforzarsi. Era plausibile che qualcuno potesse spazzare in fretta la nube del profumo di Nemuri, quindi era una mossa che le avrebbe avvantaggiate, ma non era decisiva. Meglio conservare le energie per dopo.

Quando Valerie sentì di essere al limite, lasciò andare Nemuri e urlò: “Play!” Poi inspirò più a fondo che poteva.

Nemuri ebbe la prontezza che serviva. Si tirò giù la lampo della maglietta, quindi intorno a lei si espanse una nube di profumo, mentre avevano già ricominciato a correre. Valerie le porse la mano per battere il cinque mentre tratteneva il respiro fino a stare male. Dietro di loro, Valerie udì gente cadere a terra e altri che dicevano di stare attenti. Le parve anche di sentire la voce di Aizawa.

“Ora puoi respirare,” le disse Nemuri.

Valerie inspirò con un “Aahhh” liberatorio.

Nemuri si voltò. “Qualcuno ha già tolto di mezzo la nube, ma un bel po’ di gente si è addormentata. E posso riutilizzare il trucco, fino a quando restiamo davanti.”

“Dipende da dove scegliamo di andare,” le disse Valerie. “E dobbiamo decidere in fretta.”

Davanti a loro, il percorso si divideva in tre. Dal lato interno, terreno montuoso molto ripido. Al centro, quella che sembrava essere una foresta. All’esterno, una distesa d’acqua larga come una piscina olimpionica.

“Proposte?” Domandò Nemuri. Il momento della scelta si stava avvicinando. “La montagna è sicuramente il percorso più breve.”

“Sì, ma in acqua potrei trasportarti con meno problemi,” fece notare Valerie, ripensando alla sfida alla USJ. “Forse ne vale la pena.”

“Hai ragione. Ora per quanto tempo riesci a bloccare il tempo? E quanto ti serve per ricaricarti?”

“Venti secondi di stop circa, otto per poterlo rifare.”

“A occhio, mi sembra conveniente. Però io non potrò usare il quirk se non a brevissimo raggio.”

“Vedi tu,” disse Valerie. Avrebbe avuto di nuovo la responsabilità anche di Nemuri. L’idea la agitava un po’, ma poteva farcela. “A me va bene anche non farlo.”

“Mi fido di te. Andiamo.”



 

“Te l’avevo detto che dovevo annullare il quirk di Valerie,” si lamentò Shota, mentre scavalcavano l’ennesimo tizio addormentato.

“Sai bene che sarebbe stato un casino, nella folla,” gli rispose Mic mentre ricominciavano a correre con il percorso sgombro dalla gente a terra. “Per fortuna hai avuto la prontezza di dirmi di non respirare.”

“Immaginavo che avrebbero inventato qualcosa. Da che parte andiamo?”

“Non lo so. La montagna è la via più breve…”

“Quindi sarà quella più difficile. Sappiamo entrambi nuotare bene, credo che sarà sufficiente.” Shota stimava che davanti a loro fossero passate tra le otto e le dodici persone. Molti studenti avevano quirk del tutto inutili ad andare veloci, quindi come era stato detto da Nezu sarebbe stata sufficiente una buona forma fisica.

“Non lo dici solo perché Valerie è andata di lì, vero?”

Shota si distrasse per un istante, perdendo la coordinazione con Mic e rischiando di finire a terra, ma l’amico glielo impedì. “Certo che no.” Era assurdo, non era stato influenzato neanche un po’ da quella cosa, almeno credeva.

Valerie e Nemuri erano davanti a lui, si erano tuffate. Erano comunque avversarie, ed era facile intuire cosa stava facendo Valerie, quindi Shota la guardò e utilizzò il quirk.

“Stop,” la sentì urlare, seguito da “Oh, vaffanculo!”

Aizawa e Mic si tuffarono e cominciarono a nuotare, superando Valerie e Nemuri.

“Stop!”

Le due ricomparvero una decina di metri più avanti rispetto a loro. O Valerie era diventata più veloce, oppure aveva aumentato la durata del blocco. Ora che era di nuovo davanti a lui, però, poteva usare l’erasure.

Sentì Nemuri urlare e scomparire sott’acqua un attimo dopo, trascinando giù anche Valerie.

“Che cazzo è successo?” Domandò Mic, fermandosi e costringendo Shota a fare altrettanto.

Shota andò sott’acqua. Un tentacolo meccanico aveva afferrato la gamba di Nemuri. Vide le due ragazze intente a prenderlo a pugni e strapparlo con le dita, quello lasciò la presa dopo poco. Non era un ostacolo fatto per costringerli a combattere, ma per costringerli a farsi furbi.

Shota riemerse, seguito da Nemuri e Valerie poco dopo. Alcuni li avevano già superati, altri li stavano raggiungendo.

“Mic, mi è venuta un’idea. Devi usare il tuo quirk.”

Mic guardò Shota con gli occhi sgranati. “Sei pazzo? Sei troppo vicino, ti farai male anche tu!”

Shota gli sorrise. “Non se oltre a mettermi le mani sulle orecchie vado sott’acqua.”

Mic sorrise a sua volta e annuì.

Shota si portò le mani alle orecchie e si immerse. Nonostante tutto, l’urlo di Mic gli fece comunque fischiare i timpani. Riemerse e ripresero a nuotare. Aveva funzionato, un sacco di gente stava urlando per il fastidio.

“Devi farlo a intervalli irregolari,” disse a Mic. “In questo modo non potranno prevederlo. Dammi una gomitata ogni volta che stai per farlo.”

“Sei un genio, amico mio.”



 

Valerie e Nemuri erano state superate. Valerie usò lo stop, concedendosi qualche secondo per riprendersi, quindi cominciò a nuotare trascinando Nemuri per i secondi rimanenti. Il fondo della piscina era sgombro, quindi quei maledetti tentacoli dovevano saltare fuori solo quando attaccavano qualcuno.

Rimanere dietro ad Aizawa e Hizashi poteva essere una scelta saggia, visto che stare davanti avrebbe significato essere maggiormente vulnerabile a entrambi, ma non le importava: doveva batterli.

“Play.”

Valerie vide Aizawa e Hizashi venire sbalzati verso sinistra. Nemuri tirò su la testa e disse: “Credo che ci siano dei vortici.”

“Non è un problema, peggio per loro.” Tre, due, uno, zero. “Stop.” Valerie iniziava a sentirsi stanca, ma doveva andare avanti. Superò i due compagni. A occhio, mancava solo un centinaio di metri al bordo della piscina. “Play.”

Valerie si sentì tirare verso il fondo. Non ebbe la prontezza di riflessi per togliere subito di mezzo il tentacolo, ma Nemuri glielo tolse tirando con forza. “Ancora uno sforzo,” le disse l’amica, quando riemersero.

Un altro degli urli di Mic riempì l’aria. Valerie si portò le mani sulle orecchie premendo con forza, Nemuri si buttò in acqua e tirò giù anche Valerie, prendendola per un braccio.

“Sott’acqua il suono è meno forte,” le disse poi.

“Fino a quando ci sono dietro non ha senso provare a usare il quirk, Aizawa mi bloccherebbe.”

“Veramente ci hanno superate,” le disse Nemuri. Aizawa e Hizashi si stavano tirando fuori dall’acqua.

“Oh, che palle.”

Mic si voltò verso la piscina.

“Giù!” Le disse Nemuri.

Stavolta, Valerie andò in acqua. Nemuri aveva avuto ragione.

Quando si furono issate a terra, Nemuri la aiutò a rialzarsi e ricominciarono a correre, appesantite dai vestiti bagnati.

“Nemuri, prendimi per mano,” le disse Valerie.

“Cosa?” L’amica parve perplessa.

“Fidati di me.”

Nemuri lo fece. I tre percorsi stavano confluendo in un’unica strada che svoltava di nuovo all’interno dello stadio. Davanti a loro avevano altre quattro coppie di persone, oltre ad Aizawa e Hizashi, e non potevano avere idea di quanti ne fossero già arrivati.

Le lezioni con Nezu erano servite a qualcosa. Valerie cercò di visualizzare una bolla invisibile intorno a sé e di estenderla su Nemuri. “Stop.”

“Cosa?!” Nemuri aveva gli occhi e la bocca spalancati per lo stupore, mentre continuavano a correre superando gente paralizzata. “Come puoi farlo?”

“Poi te lo spiego,” le disse Valerie. Lo svantaggio era che in due era molto più faticoso. Si sforzò per qualche secondo in più, sentendo una fitta alla tempia sinistra. “Play.”

“Incredibile! Nemuri e Jenkins hanno recuperato un sacco di posizioni!” Sentì dire all’annunciatore.

Lo svantaggio era che erano di nuovo davanti ad Aizawa, anche se di pochi metri. Quindi niente quirk, anche se in ogni caso aveva bisogno di una pausa prolungata per l’uso doppio. Arrivarono alla svolta, ormai mancavano poche decine di metri. Aizawa e Hizashi le superarono. Vide i capelli di Aizawa riabbassarsi, quindi ne ebbe la conferma: aveva usato il quirk tutto il tempo.

Valerie prese la mano di Nemuri. “Stop.” Avrebbe voluto avere più fiato per spiegarle che ci teneva ad arrivare prima di loro, che era passato troppo poco tempo dall’ultimo stop e che stava sfidando i propri limiti. “Veloce!”

Le tempie le mandarono una fitta talmente dolorosa da costringerla a chiudere gli occhi. Valerie si sentiva come se il cervello e gli occhi stessero per scoppiare.

“Valerie, sei sicura di…”

Ancora dieci metri. Anche respirare stava diventando difficile.

Cinque. Quattro. Tre, due.

“Valerie, stai sanguinando!”

“Play!”

“Jenkins e Nemuri si classificano in quinta posizione!”

Valerie si portò le mani alle tempie e tossì, esultando allo stesso tempo. Si accasciò a lato della pista, in ginocchio. Nemuri le stava dicendo qualcosa, ma non l’aveva ascoltata.

L’amica le si piazzò davanti e le prese la faccia tra le mani. “Valerie, mi senti? Stai sanguinando un sacco!”

Valerie abbassò lo sguardo. L’uniforme della Yuuei non era più soltanto bagnata per la nuotata, ma anche intrisa di sangue.

__________________________
L'angolo dell'autrice
Eccoci arrivati alla parte del festival! u.u
Questo capitolo, così come i prossimi, è stato molto divertente da scrivere. Ci sono state varie discussioni tra me e il mio ragazzo in cui gli ho rotto le scatole blaterando delle prove, cercando di gestirle in modo sensato. Questo è il risultato (una parte, essendo solo il primo capitolo dedicato al festival). Per fortuna anche lui adora la serie!
Per il resto, che dire? Valerie ha la tendenza a strafare senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, e questo è il risultato.
Spoiler: nel prossimo capitolo (o in quello successivo, devo ancora capire come dividerli) salterà fuori un personaggio che si è visto nella serie, ma non è All Might, e avrà un ruolo importante. Chi potrebbe essere secondo voi? Via alle scommesse! Indizio: ha la stessa età di Mic, Aizawa e Nemuri.
Come sempre, grazie grazie grazie a chi recensisce. Ho smesso temporaneamente di rispondere alle recensioni perché sono parecchio giù di corda e impegnata e tendo a passare poco tempo qui sul sito, ma vi leggo e vi apprezzo sempre. Grazie <3
Alla prossima settimana ^__^

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Alleanze e inimicizie ***


Capitolo 11 - Alleanze e inimicizie

 

“Che cosa è successo?”

Valerie registrò mentalmente la presenza di Aizawa e Hizashi accanto a Nemuri, ma era troppo stanca ed euforica. Il dolore era diminuito a livelli accettabili e stava respirando di nuovo senza problemi. Stava bene, no?

“Ha usato il suo quirk su entrambe,” spiegò Nemuri, chinandosi accanto a lei. “Quando si sforza troppo, perde un po’ di sangue dal naso. Non ne ha mai perso così tanto.”

“Sto bene,” si giustificò Valerie. Come a dimostrarlo, si mise in piedi. Un capogiro e una fitta alle tempie le fecero perdere l’equilibrio, ma si sentì sostenere da qualcuno. “Grazie, Nem.” Aprì gli occhi combattendo le fitte, e si rese conto di essere tra le braccia di Aizawa, con la testa appoggiata alla sua spalla.

Valerie si sentì avvampare e si tirò indietro. Gli aveva anche sporcato l’uniforme di sangue.

“Attenta,” le disse Nemuri, sostenendola dall’altra parte. “È arrivata la barella. Dammi una mano, Aizawa.”

“Barella? Sto benissimo!” Urlò Valerie, mentre la accompagnavano verso la barella. Sentiva che se l’avessero lasciata sarebbe finita a terra, ma era normale, aveva corso, doveva solo riposarsi un po’. No?

“Visto che stai benissimo, ci metteremo poco e poi tornerai a fare la prossima prova,” le disse Nemuri, con il tono di chi parlava a un ubriaco.

Valerie si stese sulla barella, trasportata da due robot.

“Posso venire anche io?” Sentì dire a Nemuri, fuori dal suo campo visivo. “È la mia migliore amica.”

Valerie sorrise e si tirò su. “Ehi, Nem, sei la mia migliore amica anche tu. Ti voglio bene.” Aizawa era accanto a Nemuri. Valerie lo guardò. “Ne è valsa la pena di sputare sangue solo per superarti. Tu mi hai spezzato il cuor—“

La mano di Nemuri premuta sulla bocca le impedì di finire la frase. “Credo che sia proprio il caso di andare.”

 

Le parole di Valerie erano state sale su una ferita aperta. Per un breve istante, Shota si dimenticò della preoccupazione che gli stava stringendo lo stomaco, e sentì un altro tipo di dolore. Ma fu solo un attimo. “Posso venire con te, Nemuri?” Chiese alla ragazza, mentre stava seguendo la barella.

Nemuri lo guardò per qualche istante, quindi scosse la testa. “Mi dispiace, ma credo che sia meglio di no.” E si voltò prima che lui potesse risponderle a sua volta.

La prova era andata bene. Erano arrivati settimi, quindi si erano abbondantemente classificati, e sentiva di aver avuto un buon impatto, senza affidarsi solo e soltanto alle capacità di Hizashi. Era uno dei giorni più importanti della sua vita.

Eppure, aveva anche visto Valerie pallida e con la maglietta insanguinata, solo perché aveva voluto battere lui.

Shota avrebbe barattato quel settimo posto senza pensarci un singolo attimo, in cambio di ciò che per pochi giorni — che sembravano lontani un’eternità — aveva avuto con Valerie.

“Dove vai?” Hizashi gli mise una mano sul braccio, trattenendolo.

Shota non si era neppure accorto di aver iniziato a camminare. “Non posso stare con lei, ma posso almeno aspettare fuori e attendere il meno possibile per avere notizie.”

Hizashi fece un cenno verso Nezu, che stava continuando ad annunciare l’arrivo degli studenti nello stadio. “Hanno appena annunciato che tra poco si farà una pausa, ma prima annunceranno quelli che si sono classificati per la prova successiva. Non vuoi aspettare?”

“No,” rispose Shota, ricominciando a camminare.

Hizashi sbuffò. “Va bene. Vengo con te.”

 

“Non è niente di grave,” spiegò Recovery Girl, con in mano un plico di fogli.

Nemuri parve sollevata. Valerie, invece, non aveva avuto alcun dubbio.

“La trasfusione che ti ho fatto dovrebbe risolvere i tuoi problemi, le analisi sono a posto. Non farlo di nuovo, intesi?”

Valerie sapeva benissimo che, se fosse stato necessario, lo avrebbe rifatto. “Intesi,” rispose. “Quindi posso partecipare alla seconda prova?”

“Certo che puoi. Ho rimandato fuori gente messa molto peggio di te.” La donna le tolse i tubicini dal braccio, mettendole un cerotto dove c’era stato l’ago. “Premi qui,” le disse. “Puoi andare.”

Valerie sorrise e saltò giù dal lettino. “Grazie mille per l’aiuto. Sto già molto meglio.”

“Sei sicura di voler partecipare?” Le chiese Nemuri, guardandola come se fosse stata sul punto di svenire da un momento all’altro.

“Certo. Hanno già annunciato la seconda prova?”

“No, lo faranno dopo la pausa.”

Valerie uscì dall’infermeria, trovando Aizawa e Hizashi seduti davanti alla porta. Lei li guardò, e loro la guardarono.

“Come stai?” Le chiese Aizawa. Aveva pronunciato quelle parole con un fil di voce, il suo volto era segnato dalla preoccupazione. Valerie si sentì un pochino meglio vedendo che lui aveva avuto paura per lei. Sulla maglia di Aizawa c’era ancora una macchia rossa, in quel momento Valerie realizzò di essergli praticamente caduta addosso, prima, e si sentì avvampare di imbarazzo.

“Sto bene,” rispose, secca, evitando il suo sguardo. “Nemuri, mi accompagni negli spogliatoi? Devo cambiarmi la maglia.”

“Sta bene davvero?” Domandò Aizawa, stavolta guardando Nemuri.

“Sì,” rispose l’amica. “Non ti preoccupare.” Nemuri raggiunse Valerie, che se ne era già andata, e le disse, sottovoce: “Avresti dovuto vederlo, quando ti sei sentita male. Beh, tecnicamente l’hai visto, ma ho l’impressione che non fossi esattamente lucida. Ma era spaventatissimo. Quel ragazzo tiene ancora un sacco a te.”

Valerie si voltò, guardandola con un sopracciglio alzato. “Ho seri dubbi.”

Nemuri alzò gli occhi al cielo. “Ha commesso un errore, ma dovresti almeno dargli la possibilità di par—“

Valerie la interruppe: “Basta, ti prego. Voglio solo concentrarmi sul festival.”

 

“Rieccoci per la seconda prova del festival sportivo con i quaranta studenti che hanno superato la prima fase! Fate un bell’applauso! E… fatene uno anche per quelli che non l’hanno superata, poverini!” Kobayashi era sempre più sull’orlo delle lacrime.

“Sai che ti dico?” Mic mise un braccio intorno alle spalle di Shota. “Mi piacerebbe un sacco ritrovarmi al posto di Kobayashi, un giorno.”

“Ti piacerebbe essere un professore?” Domandò Shota, senza capire.

“No, in realtà mi riferivo al voler fare il cronista del festival sportivo, ma…” Mic si portò una mano al mento con aria concentrata. “Sai che ti dico? Anche fare il professore non sarebbe male! Potremmo diventare colleghi!”

Shota sbuffò. Mic si era messo in testa da mesi che Shota sarebbe stato perfetto come professore alla Yuuei. Era una follia.

“Immagina, io e te lì davanti a quel microfono a commentare le nuove giovani promesse della scuola, non sarebbe fantastico?”

No, non lo era. Shota non faticava a immaginare una situazione del genere, con Mic che urlava e si agitava come un pazzo. “Certo, sarebbe proprio…”

“Grazie, professor Kobayashi. Passo subito a spiegare la seconda prova.”

Shota si interruppe, concentrandosi solo sulla spiegazione.

“La seconda prova si chiama Rubamedaglie. Gli studenti verranno portati in una palazzina di due piani preposta per l’occasione. A ogni studente verrà consegnata una maglietta con un simbolo su sfondo colorato.” Sul megaschermo alle spalle di Nezu comparvero stelle, cuori e altri simboli di vari colori, anche il colore dello sfondo variava. “Gli studenti dovranno appuntarsi sulla maglietta una medaglia con lo stesso simbolo e lo stesso sfondo, e cercare di ottenere più medaglie possibili sottraendole agli altri. Ogni medaglia vale un punto, ma ogni studente dovrà cercarne una in particolare. Per esempio, lo studente A potrebbe dover trovare il cuore rosa su sfondo verde, che appartiene allo studente B. Quella medaglia vale cinque punti, positivi per chi la prende, negativi per chi se li vedrà sottrarre.”

Tra gli studenti si levò qualche esclamazione di stupore.

“Alla fine dei venti minuti di prova, gli otto studenti con più punti accederanno alle finali. Tuttavia, non finisce qui.” Sullo schermo alle spalle del professore comparvero le quaranta facce dei quaranta studenti classificati. “Gli studenti potranno formare alleanze temporanee o meno. Per spingerli a scelte difficili, però, il loro compagno della prima prova sarà in automatico il cacciatore o la preda.”

“Quindi, o ti devo fregare la medaglietta da cinque punti, o tu la devi fregare a me, giusto?” Disse Mic. “Non mi importa, preferisco comunque allearmi con te.”

Shota non gli rispose, era troppo concentrato a guardare lo schermo.

“Inoltre, il sistema ha abbinato persone vicine tra loro in classifica, in modo che i più forti siano costretti a scontrarsi tra loro. Chi è arrivato in prima posizione verrà abbinato a qualcuno nelle prime dieci, per esempio.”

Aveva senso, pensò Shota. In questo modo la sfida sarebbe stata più interessante.

“Ora mostrerò la lista degli studenti comprensiva di prede e cacciatori, in modo che ognuno di loro possa memorizzare i propri.” Fece un cenno verso lo schermo, e quello si riempì di scritte.

Aizawa Shota - Cacciatore: Hizashi Yamada, preda: Jenkins Valerie.

 

“Sei davvero sicura sicura?”

Valerie sospirò. “Per l’ennesima volta, sì.” Non le importava se Nemuri dava cinque volte tanto i punti di chiunque altro. Era sua amica, e potevano farcela comunque, quindi aveva senso allearsi. “Una volta che la prova sarà iniziata, cerchiamoci.”

Nemuri non parve convinta. “Mi dispiace un sacco, però. Se dovessi ritrovarti con pochi punti, ti do la medaglia.”

Valerie alzò gli occhi al cielo. “Non succederà. A dopo.”

Nemuri parve rassegnarsi. “A dopo.”

Nella palazzina c’erano quattro entrate, due su ogni piano, e li avevano divisi in modo che nessuno avesse il cacciatore o la preda nel proprio gruppo. Una volta dentro, avrebbero avuto sessanta secondi per muoversi prima dell’inizio del conflitto, e nei primi cinque minuti non avrebbero potuto prendere le medaglie dei nove studenti che erano entrati con loro. Era un modo per evitare che gli studenti si bloccassero a combattere contro quelli che erano passati dalla stessa entrata.

Valerie era sicura che lì dentro ci sarebbero stati un sacco di oggetti e ostacoli, altrimenti li avrebbero messi su un solo piano.

Valerie seguì il gruppo nell’ascensore. Non le piaceva per niente l’idea di avere Aizawa come cacciatore, era come se il mondo intero stesse alimentando quel conflitto.

“Jenkins?”

Valerie trasalì, girandosi e vedendo Iida Tensei. Era pur sempre un suo compagno di classe, quindi lo conosceva, ma non avevano mai avuto occasione di parlare molto. “Sì?”

“Mi è piaciuto quello che hai fatto nella prima prova, e credo che i nostri quirk potrebbero creare delle sinergie interessanti. Ti va di allearci?”

Valerie ci pensò su. Iida le sembrava una persona molto capace e affidabile. Se fosse riuscita a usare il proprio quirk su entrambi, sarebbero stati imprendibili. “Perché no?” Gli rispose, porgendogli la mano.

Iida le sorrise e le strinse la mano. Il countdown sullo schermo in ascensore stava per scadere.

“La seconda prova è iniziata.”

 

________________

L’angolo dell’autrice

Buon Natale a tutti! *lancia dolcetti e roba natalizia*

Eccomi qui per il consueto aggiornamento settimanale, tra un festeggiamento e l’altro. Come vedete, è saltato fuori il personaggio a cui avevo accennato: il fratello maggiore di Tenya!

Io comunque devo dirlo: trovo assurdissimo che l’autore abbia inserito così tanti personaggi coetanei. Aizawa, Mic, Midnight, Iida… E ce ne sono ancora tantissimi! Altri due compariranno più tardi, tra qualche capitolo. Io sto sperando con tutta me stessa che fosse tutto pianificato, e che prima o poi vedremo uno spin off ufficiale sulla vita in accademia dei professori. Ci sarebbero così tanti personaggi da sfruttare! **

Deliri a parte… Spero che questo capitolo un po’ di transizione vi sia piaciuto, il prossimo sarà più ciccioso!

Grazie come sempre per le recensioni, e un grazie speciale al mio ragazzo che mi ha dato l’idea per la seconda prova <3

Alla prossima!

Krestal

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Inarrestabili ***


Capitolo 12 - Inarrestabili

 

Shota era entrato dall’ingresso principale di quello che sembrava essere un centro congressi in disuso. Le finestre erano in frantumi, c’era polvere ovunque e in alcuni punti la moquette era bruciata, dovevano esserci state delle esplosioni.

Doveva essere veloce nel muoversi, quindi superò gli altri studenti e iniziò a correre, guardandosi intorno. Doveva trovare Hizashi e allo stesso tempo sperare di trovarsi in situazioni di uno contro uno. Se avesse avuto il costume da eroe, sarebbe stato molto più facile.

Oltre la hall c’era una sala con sedie, tavoli e un piccolo palco. Alcune delle sedie erano state buttate a terra. Shota si guardò in giro, cercando qualcosa di utile, ma non poteva concedersi il lusso di perdere tempo.

Andò verso le finestre, lì dove le sedie erano finite sul pavimento. Ne trovò una mezza rotta, spezzò una delle gambe e la prese in mano, con l’intenzione di usarla come arma. Per il momento avrebbe funzionato.

Non riusciva a comprendere la decisione di Mic di allearsi con lui, la trovava del tutto priva di logica. Era improbabile che Mic volesse fregarlo all’ultimo, era troppo leale per farlo, quindi era semplicemente una decisione sciocca, ma Shota non aveva motivo di rinunciare a un vantaggio del genere.

Oltre quella stanza, Shota si trovò in un ambiente con tanti piccoli uffici. Alcune delle pareti che li separavano erano state buttate giù.

I vetri tremarono, mentre un inconfondibile urlo costringeva Shota a tapparsi le orecchie: “Sono qui, Eraserhead!”

Bene, se non altro aveva trovato Mic. Se l’aveva sentito così forte, era sicuramente al piano terra come lui. Doveva solo trovare una cosa in uno degli uffici.

 

“Tu chi hai come preda e cacciatore?” Domandò Valerie.

Iida era davanti a lei. Avevano imboccato le prime scale che avevano trovato, visto che al piano di sotto ci sarebbero state da subito venti persone disponibili. “Minami come preda, Sanda come cacciatrice.”

“Chi è Minami?”

“Un ragazzo della sezione di supporto. Uno degli svantaggi dell’essere arrivato primo è che non ho idea di che quirk abbia.” Iida si guardò il polso, su cui aveva la fascia con il simbolo che avrebbero dovuto trovare. “Stella azzurra su sfondo giallo.”

“Sono qui, Eraserhead!” L’urlo fece tremare i calcinacci alle pareti. I due si portarono le mani alle orecchie.

“Ecco, se Hizashi è di là, andiamo dall’altra parte, una volta giù,” disse Valerie. “c’è Hizashi, presto ci sarà anche Aizawa, ed è il mio cacciatore.”

“Ha senso,” rispose Iida. Per fortuna non fece altri commenti.

In fondo alle scale c’era una porta chiusa. “Che si fa, adesso?”

“Se ho capito bene come funziona il tuo quirk, conviene tenerci per mano. Se dovessimo usare il mio, invece, ti metterò un braccio intorno alla vita, e preparati a correre.”

Valerie annuì. Non era sicura di riuscire a coordinarsi con una persona che conosceva così poco. Forse era stata una pessima idea. Iida le porse la mano destra, che lei prese con la sinistra, e aprì la porta.

Erano in uno stanzone pieno di piccoli uffici con le pareti sottili. Basse, ma non a sufficienza per permettere di vedere se c’era qualcuno.

Andarono avanti per un po’, con Iida che conduceva. Valerie non sapeva se avesse idea di dove stava andando. Era strano camminare mano nella mano con un tizio semisconosciuto, per quanto fosse solo un modo per sfruttare meglio il quirk di Valerie.

Iida sollevò una mano, facendole segno di fermarsi. Si era sentito un rumore forte proveniente da sinistra, come uno schianto. Poi, dei passi tra i corridoi creati dalle pareti dei mini-uffici. Erano almeno due persone.

Iida le fece cenno di proseguire verso la fonte del rumore. Valerie annuì.

Da destra arrivò un altro urlo di Hizashi, stavolta sicuramente più vicino. Era il momento giusto. Valerie lasciò andare la mano di Iida e diede lo stop, cominciando a correre.

Si imbatté in un terzetto di ragazzi, tutti e tre con le braccia sulle orecchie. Uno era Onohara, quello in grado di leggere il pensiero che l’aveva battuta alla USJ. Lui e gli altri due erano accomunati dall’avere un quirk poco utile in un combattimento.

Valerie prese le medaglie dei tre, quindi corse via. Aveva ancora qualche secondo di margine. Tornò da Iida e si mise le mani sulle orecchie. “Play.”

L’urlo di Mic riprese da dove era stato interrotto, facendola finire in ginocchio. Quando si interruppe, però, Valerie si tirò su e porse due delle tre medaglie a Iida, con un sorriso. Il rumore le aveva permesso di non essere sentita quando aveva dato lo stop.

Iida scosse la testa, prendendone solo una delle tre senza dire nulla. Valerie provò a insistere a gesti, ma il ragazzo fu irremovibile.

“Sono trascorsi i primi cinque minuti, quindi è arrivato il momento di annunciare la classifica!”

Valerie trasalì, nel sentire la voce che proveniva dagli altoparlanti, Iida invece restò calmo. Come poteva non averci pensato? Era normale che li dovessero tenere aggiornati.

 

Shota era il primo classificato, non poteva crederci. Certo, era solo una classifica temporanea, ma ne era stupito. Una volta che Mic gli aveva segnalato la sua posizione, l’aveva raggiunto ed erano riusciti a prendere cinque medaglie, visto che Shota aveva utilizzato un paio di auricolari trovati in uno degli uffici. A quanto sembrava, nessuno aveva ancora perso o preso i cinque punti. Avrebbe diviso i punti con Mic, ma visto che erano tutte persone del suo gruppo di partenza non avevano potuto farlo.

“Credo che ti stiano sanguinando un po’ le orecchie,” gli disse Mic, senza smettere di correre.

Shota si passò una mano sulla faccia; effettivamente, l’orecchio destro gli stava sanguinando, e i timpani fischiavano. “Va bene così.”

Correndo tra gli uffici, sentirono dei passi. Si diressero verso la fonte, che sembrava proseguire in modo lineare. Trovarono tre ragazzi — Onohara, che poteva leggere il pensiero, Ueda, una ragazzina in grado di attraversare gli oggetti, e Mori, un ragazzo della sezione ordinaria che sapeva far combattere le piante. Tre quirk interessanti, ma privi di utilità in un contesto come quello.

Aizawa si aspettava che scappassero, invece corsero verso di loro.

“Perché lo stanno facendo?” Domandò Mic.

“Non lo vedi? Non hanno più le medaglie.”

“Oh, già. Quindi?”

“Ignoriamoli.”

“Detesto scappare da tre che potremmo distruggere in due minuti, amico,” si lamentò Mic, seguendolo con riluttanza. “Lasciami almeno fare questo.” Senza smettere di correre, Mic si voltò e urlò, costringendoli a fermarsi.

“Se sono passati i primi cinque minuti, allora possiamo attaccare chi vogliamo,” fece notare Shota.

Il terzetto di prima sembrava aver attaccato qualcun altro, a giudicare dalle urla che si udivano nello stanzone. Beh, tanto meglio. Avrebbero cercato altra gente. “Andiamo al piano di sopra.”

 

“A cinque minuti dal termine della prova, la coppia Iida-Jenkins si conferma vincente. I due hanno letteralmente dominato senza alcun ostacolo — d’altra parte sono due dei miei studenti più brillanti! — sfruttando l’engine di Iida e il time control di Jenkins.”

Valerie guardò Iida e gli sorrise. Si erano concessi qualche secondo per riposarsi in uno degli uffici del primo piano, avevano barricato l’entrata con la scrivania.

“Iida è al primo posto con dodici punti. Jenkins, seconda, otto punti. Nemuri, terza, sei. La scelta di Nemuri di allearsi con Jenkins e Iida è stata senza dubbio azzeccata, ma non si può dire altrettanto di Jenkins, che ha rinunciato a cinque punti facili in cambio di un’alleata poco utile.”

“Non è vero,” intervenne Iida, guardando Nemuri. “Siamo una squadra. Sei stata fondamentale.”

Nemuri gli sorrise. “Oh, sei così dolce!”

Iida parve imbarazzato. “Ho solo detto la v—“

“Non sento la classifica,” li interruppe Valerie.

“Aizawa, quarto, cinque punti, a parimerito con Hizashi. Interessante la loro alleanza, trovo che dimostri come una solida amicizia possa essere più utile di molti quirk. Quinta, invece…”

“Dobbiamo solo continuare a scappare,” disse Valerie.

“Mi stupisce che i punteggi siano così bassi,” commentò Iida, sovrappensiero. “Immagino che i cinque punti persi nel non avere neanche la propria medaglia siano determinanti. È possibile che più di una persona passi con un punteggio di zero, o addirittura negativo.”

“Non ci avevo pensato!” Disse Nemuri. “Hai proprio ragione.”

Valerie sospirò. “Se hai finito di fare complimenti a Iida, possiamo pensare al da farsi, per favore?”

“Rilassati, Valerie, siamo già in un’ottima situazione,” disse Nemuri.

“Credo che Nemuri abbia ragione. Inoltre, agitarti non servirà a nulla.”

Forse avevano ragione, ma Valerie detestava attendere come poche cose al mondo.

 

“Te l’avevo detto che ce l’avrei fatta anche senza prendere i tuoi cinque punti,” gli disse Mic. Ormai faceva quasi fatica a sentirlo. Anche l’altro orecchio aveva iniziato a sanguinargli da un po’, le cuffie non erano neppure lontanamente sufficienti a limitare i danni.

“Come vuoi.” Restava comunque una scelta del tutto irrazionale. Shota aprì la porta del piano superiore. Erano in un corridoio pieno di porte, probabilmente vecchi uffici.

Mic si guardò intorno. “Ci nascondiamo, giusto?” gli chiese.

“Dipende. Se troviamo qualcuno, combattiamo.” Non voleva rischiare né che Mic potesse cambiare idea e attaccarlo per avere quei cinque punti, né che qualcuno prendesse proprio quella medaglia. Non avrebbe certo disdegnato altri punti.

Shota cercò di aprire la prima porta sulla sinistra, ma era bloccata. Diede una spallata, ma senza risultati.

“Qualcuno si è chiaramente barricato dentro,” disse a Mic. “Troviamo qualcosa per sfondare la porta.”

Mic alzò gli occhi al cielo. “Non vedo il senso di cercare altri punti, ma… come vuoi. Che ne dici di quello?” Mic indicò un attaccapanni metallico piuttosto spesso.

Shota annuì. Sollevarono l’oggetto. “Tre, due, uno… Adesso!”

La porta traballò senza cedere. Diedero un altro colpo, ma invece di spingere in avanti furono sbalzati all’indietro. La porta era stata letteralmente scardinata dall’interno.

La stanza era in penombra, le tendine erano state tirate giù. Sullo stipite della porta si stagliava la colossale figura di Sanda, con i suoi capelli lunghi e rosa. Sulla maglietta, la ragazza aveva quattro medagliette.

Shota si preparò a combattere e attivò il quirk, ma la ragazza restò ferma.

“Non ho intenzione di combattere contro di voi. Ignoratemi, e io farò altrettanto.” La voce di Sanda era tranquilla e profonda.

“Col cazzo,” mormorò Shota.

Sanda sospirò. “Come vuoi, allora.” La ragazza fece un passo indietro, rientrando nella penombra. Scelta ovvia, visto che si potenziava con l’oscurità. Aizawa lasciò cadere l’attaccapanni e le si scagliò addosso. In un uno contro uno avrebbe perso, ma c’era anche Mic.

Sanda si spostò di lato, colpendolo al fianco con un pugno che gli tolse il respiro. Shota finì contro un armadio, facendo cadere dei fogli sul pavimento. Usò di nuovo il quirk su Sanda — gli occhi iniziavano a bruciargli sempre di più, ma doveva resistere — mentre lei lo caricava. Shota si spostò di lato, ma la forza della ragazza fu tale da sfondare il muro con l’armadio.

“Oh, cazzo. Ve l’avevo detto!” sentì dire a una voce familiare.

“Tappati le orecchie!” urlò Mic.

“Fermatevi!” gridò Shota a sua volta.

Sanda si bloccò con il pugno a mezz’aria.

Shota si voltò verso il buco nel muro. Dall’altra parte c’erano i suoi cinque punti, Valerie. Tornò a guardare Sanda. “Sei ancora disponibile per la proposta di ignorarci a vicenda?”

Sanda, però, stava guardando Iida, nella stanza accanto insieme a Nemuri e Valerie. “Sei un tipo strano,” disse a Shota. “Ti avrei pure detto di sì, ma a questo punto alleiamoci. Lì ci sono i miei cinque punti.”

“Cosa?” Mic aveva l’aria di chi non ci stava capendo un cazzo.

“Affare fatto,” le rispose Shota.

 

Si erano trovati nella proverbiale merda fino al collo. La porta era bloccata dagli oggetti che loro stessi avevano usato per barricarla, l’unica via di fuga — il buco nel muro — era ostruita da Sanda e Aizawa.

“Siamo tutti classificati, non possiamo ignorarci?” Propose Nemuri.

Aizawa stava annullando il quirk di Valerie. Non poteva in alcun modo uscirne.

“Non credo che sia questo il senso della competizione,” disse Sanda, con la sua solita tranquillità. “Mi sentirei scorretta a non combattere fino all’ultimo.”

Valerie continuava a pensare a tutti i possibili scenari. Contro il quirk di Nemuri, erano alla pari. Avrebbe danneggiato entrambe le parti, era quasi inutile. Iida era al limite, e lei non poteva fare niente se Aizawa continuava a fissarla. Se non si contavano i quirk, chiunque avesse Sanda dalla propria parte era in vantaggio.

Aveva perso.

Di sicuro, però, non si sarebbe arresa. Doveva solo attendere l’istante in cui Aizawa avrebbe battuto le palpebre. Aveva un’idea.

“Mancano due minuti!” Urlò la voce di Kobayashi, come a sottolineare che aveva poco tempo.

Era questione di secondi. “Nemuri, usa il tuo quirk!”

Nemuri, che aveva già la lampo della maglietta aperta per sfruttare meglio il profumo, annuì. Valerie si buttò verso di loro, prendendoli entrambi per mano.

“Stop!” Un dolore lancinante le trapassò il cervello mentre estendeva la bolla di stasi sia a Nemuri che a Iida. In quel singolo secondo, Aizawa aveva annullato Nemuri invece di lei.

“Valerie!” urlò Nemuri.

Valerie sentì il sangue che le scorreva dal naso. Faticava perfino a tenere gli occhi aperti. “Iida, credo che tu possa riuscire a trasportare una persona. Preparati, prendi Nemuri, e quando darò il play corri contro Sanda. Dovreste riuscire a passare.”

Nemuri scosse la testa. “E tu? Non possiamo abbandonarti!”

“Io posso pensare a me stessa. Me ne posso andare da sola, ma dovete andare.” Un altra fitta minacciò di farle esplodere il cranio in mille pezzi. “Adesso!”

Iida annuì. “Valerie ha ragione, il suo quirk è il più utile per andarsene da sola. Le basterà un momento in cui Aizawa non guarderà.”

Senza interrompere il contatto fisico, Iida e Nemuri si alzarono e lui le mise un braccio intorno alla vita, attivando l’engine sulle braccia. “Quando vuoi.”

“Non hai mai sanguinato così tanto, stai…”

“Play!”

Iida corse contro Sanda, che si scansò. Vide la ragazza che iniziava a correre dietro ai due. Valerie sorrise, almeno loro due ce l’avrebbero fatta. Lei no, l’aveva sempre saputo, ma un eroe doveva sapere quando sacrificarsi per i propri compagni. Poi cadde a terra, e per un breve istante fu sicura che sarebbe morta. L’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stato Shota, chino su di lei, che le urlava di restare sveglia mentre una pozza di sangue si allargava accanto a lei.

 

_____________________

L’angolo dell’autrice

 

Ehilà, rieccomi!

Mi scuso davvero di cuore per avervi fatto aspettare così tanto per la pubblicazione di questo capitolo. Purtroppo non sono stata molto bene, e tra questo e le feste di mezzo non sono più riuscita ad aggiornare. Sorry ç__ç

Per il resto, che dire? Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo. Valerie ha sicuramente qualche problema nell’autocontrollo, però stavolta è stato per un motivo diverso, ovvero “salvare” i suoi amici. Povera ç__ç Certo che pure Shota, che se la vede morente davanti agli occhi, non se la passa troppo bene, eh!

Spero di aggiornare con tempi un po’ più brevi al prossimo giro. Ho ancora qualche capitolo da parte, ma mi resta una parte da scrivere e spero di riuscirci, ultimamente l’ispirazione è a terra come il mio umore.

Un mega giga grazie a chi mi segue, legge e recensisce. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima <3

K.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Le emozioni del festival sportivo ***


Capitolo 13 - Le emozioni del festival sportivo

 

Shota non riusciva a staccare gli occhi dalla porta dell’infermeria. Era come se nel singolo attimo che gli sarebbe servito per battere le ciglia, potesse uscire qualcuno da lì a dirgli che Valerie era morta.

Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lei in una pozza di sangue, pallida come non mai, con i capelli incollati alla faccia e al pavimento, con l’ombra di un sorriso a curvarle le labbra mentre lo guardava.

Aveva sentito dire a Iida che non c’era stato modo di convincere i professori a rimandare la fase finale del torneo, quindi chi voleva poteva ritirarsi, ma era del tutto previsto che alcuni non avessero più le forze per combattere. Avevano un’altra ora di pausa, però.

“Andrà tutto bene,” gli ripeteva Nemuri, a intervalli regolari, tenendogli la mano. “Si è sforzata solo un po’ più del solito. Si riprenderà.”

Dall’altra parte, Mic gli teneva un braccio intorno alla spalla.

Quando la porta si aprì, a Shota parve che il suo cuore si fosse fermato per un attimo.

 

Valerie aprì gli occhi. C’era un bip bip bip regolare, sentiva la testa pesante e qualcosa sul braccio. Lo guardò, c’erano dei tubicini attaccati, collegati a una sacca piena di sangue.

“Ben svegliata,” le disse Recovery Girl.

Valerie si voltò di scatto per guardarla. “Che cosa…” I ricordi erano vaghi e confusi. Ricordava di essersi trovata con Aizawa, Sanda e Hizashi, ma il resto era più simile a un sogno che alla realtà.

“Mi avevi assicurato che non l’avresti rifatto!” La donna le diede la cartella in testa, senza farle male.

“Ehm…” Valerie era troppo intontita per inventare una scusa.

“Per fortuna, hai solo perso un po’ più sangue del solito, ma niente di davvero pericoloso. Però sei stata una sconsiderata!” Altro colpo di cartellina in testa.

“Tra quanto tempo potrò andare via? Come è finita la prova? Sono passata?”

La donna sospirò. “Vuoi che faccia entrare i tuoi amici? Sono qui fuori.”

Valerie rispose senza pensarci: “Certo!” Poi si rese conto di non sapere di chi si trattasse, oltre a Nemuri. Iida, forse? Hizashi?

Recovery Girl andò ad aprire la porta. “Sta bene ed è sveglia. Potete entrare. Ehi, fai con calma, ragazzo!”

Aizawa oltrepassò la donna con un po’ troppa foga e corse verso il lettino. Valerie non gli aveva mai visto gli occhi così rossi e irritati.

“Ciao, cosa—“

Il ragazzo la strinse a sé prima che lei potesse finire la frase.

“Valerie!” Era la voce di Nemuri. Un attimo dopo, lei la stava abbracciando dall’altro lato — e Valerie si era ritrovata il seno dell’amica decisamente vicino alla faccia.

“Abbraccio di gruppo!” Hizashi si unì al gesto mettendo le braccia intorno alle spalle di Nemuri e Aizawa.

“Sono felice che tu stia bene.” Era la voce di Iida, che però si era mantenuto più distante.

Nemuri le diede un bacio in testa e si tirò su. Aizawa, invece, restò lì, in piedi, piegato su di lei. La testa di Valerie era sul suo petto, e la ragazza sentiva il respiro irregolare di lui tra i capelli. Stava piangendo?

Senza pensarci, Valerie lo abbracciò a sua volta. “Ehi, va tutto bene,” gli disse. Aizawa si sedette sul lettino accanto a lei, forse per stringerla meglio.

“Dobbiamo lasciarvi la stanza? Temo però che a Recovery Girl non interessi vedervi...”

Valerie sollevò il dito medio per rispondere a Hizashi. “Cosa è successo? Chi ha vinto?” chiese, senza smettere di abbracciare Aizawa. Per qualche motivo le faceva piacere averlo lì per un po’.

“Il torneo va avanti,” spiegò Iida. “Dobbiamo combattere tra un’ora.”

“Oh.” Valerie aveva sperato che in qualche modo potesse essere andata diversamente. “E io?”

Fu Recovery Girl a rispondere: “Ti ho rimessa in sesto, puoi combattere. Tuttavia, ti consiglierei di non fare niente di pericoloso, e ti chiedo di restare qui fino a quando non sarà il tuo turno.”

Valerie lasciò andare Aizawa, che si mise seduto sul lettino. Una parte di lei non riusciva a crederci davvero. “Ce l’ho fatta, quindi.”

“Ce l’abbiamo fatta tutti e tre,” le rispose Iida. “Solo grazie a te. Sei stata fantastica.”

“Non è stato grazie a me,” rispose Valerie. “È stato grazie a tutti.” Guardò Aizawa con la coda dell’occhio. “Anche se non sono sicura di meritarmi la qualifica. Insomma, sono passata solo perché lui mi ha creduta in pericolo di vita e non mi ha preso le medaglie…”

“L’importante è che ce l’abbiamo fatta!” Esclamò Nemuri.

Valerie non riusciva a vederla in quel modo. “Sì, ma in che modo?” Si buttò con la testa sul cuscino, con un sospiro. “Forse dovrei ritirarmi.”

“Non fare l’idiota, Jenkins.”

Tutti guardarono Aizawa, che se ne stava ancora seduto sul lettino con la testa bassa.

“Hai fatto una prova eccellente,” le disse, voltando il capo e guardandola con aria seria. “Tu e Iida avete dominato la classifica per tutto il tempo. Lui ha avuto la prontezza di scegliere l’alleata giusta, poi sia tu che lui avete usato i vostri quirk in modo magistrale.”

“C’era anche Nemuri,” lo interruppe Iida, ma Aizawa lo ignorò.

“Se foste stati in due, il distacco dagli altri sarebbe stato ancora più marcato. Avete scelto di allearvi con Nemuri per amicizia, visto che lei non ha avuto alcun reale impatto nel portarvi alla vittoria.”

“Grazie, eh,” commentò Nemuri, facendo una smorfia.

“Io non sono d’accordo,” le disse Iida, sottovoce.

“Vi abbiamo trovati solo perché Sanda si era nascosta nella stanza accanto e ha sfondato il muro quando la abbiamo attaccata.” Aizawa la guardava negli occhi, ma Valerie non riuscì a sostenere lo sguardo, e si guardò le mani che teneva in grembo.  “Certo, forse avete commesso un errore, a barricarvi lì. Ma nessuno più di te e Iida meritava l’accesso alle finali.”

Iida gli sorrise. “Grazie, sei molto gentile!”

“Prego, ma non stavo parlando con te. Allora, che vuoi fare?”

Valerie continuava a fissarsi le mani e giocherellare con il lenzuolo, arrotolando un lembo intorno all’indice. Il discorso di Aizawa aveva senso. Non era sicura di crederci fino in fondo, ma almeno in parte aveva ragione.

Valerie sospirò, dicendosi che non sarebbe servito a nulla tirarsi indietro. “Va bene, mi hai convinta. Combatterò.”

 

Valerie non riusciva a stare tranquilla. Stava trangugiando un succo di frutta, seduta sugli spalti, in attesa che toccasse a lei.

Era contro Ryuko, una ragazza della sezione B. Non aveva idea di quale potesse essere il suo quirk, e aveva chiesto agli altri di non dirle niente: aveva già superato una prova senza sentire di averne il merito, non voleva che riaccadesse. Dopo tre anni, era plausibile che tutti conoscessero il quirk di chiunque, anche quello degli studenti dell’altra sezione. Lei non aveva quelle informazioni, ma probabilmente neppure loro sapevano di preciso come funzionava il suo time control. Doveva tenerlo a mente.

Una parte di lei aveva sperato di poter avere la rivincita contro Aizawa, ma erano nei due diversi rami dell’albero degli abbinamenti: si sarebbero incontrati solo se fossero arrivati in finale, e non sentiva di poterlo ritenere probabile.

L’unico vantaggio dell’attesa era il potersi crogiolare nel ricordo di quanto era appena accaduto: la reazione di Aizawa quando era entrato in infermeria aveva fatto crollare tutte le sue certezze sul fatto che lui fosse uno stronzo insensibile, per quanto non le fosse semplice ammetterlo.

 

“Oh, cazzo.”

Shota ignorò l’imprecazione di Mic, guardando il foglio che teneva tra le mani. Kobayashi aveva portato a ognuno di loro una copia del grafico con gli accoppiamenti delle finali.

Primo scontro: Aizawa vs Hizashi

Secondo scontro: Sekijiro vs Sanda

Terzo scontro: Iida vs Nemuri

Quarto scontro: Jenkins vs Ryuko

“Tra cinque minuti vi voglio là fuori,” disse Kobayashi, dando una pacca sulle spalle di Mic, che stava ancora fissando il foglio. “Mi spiace darvi così poco tempo, ma avete passato buona parte della pausa a vedere se Jenkins si riprendeva.”

Shota annuì. “Va bene, professore. Grazie.” Si voltò verso Hizashi, ma vide che si era già allontanato.

Shota pensò a quanto avrebbe volentieri fatto cambio con qualsiasi altro abbinamento, visto che sapeva che Mic sarebbe stato da schifo. Gli costava un enorme sforzo, ma doveva farlo: era necessario affrontare l’argomento prima dell’inizio dello scontro.

Si voltò verso il corridoio che li avrebbe portati fuori e vide Mic, quindi gli corse dietro.

“Ehi, aspettami!”

Mic non diede segno di averlo sentito.

“Urlare troppo ti ha reso sordo? Ti ho detto di aspettarmi!”

Hizashi si fermò, senza voltarsi, concedendo a Shota il tempo per raggiungerlo. “Cosa vuoi, Aizawa?”

Mic lo chiamava per cognome solo quando era incazzato, o stava male. “Voglio parlarti, ecco cosa voglio, Hizashi.” Sottolineò con la voce il cognome di Mic, sperando di fargli capire quanto era idiota chiamarsi così. “Ti conosco a sufficienza per sapere che stai da schifo.”

“Oh, che bravo,” lo sfotté Hizashi, voltando leggermente il capo. Si era messo gli occhiali da sole. “Ci voleva tanto per capirlo.”

“Ti sei messo in testa che contro di me non puoi vincere, ma…”

“Ma cosa?” Hizashi lo interruppe bruscamente. “Quante volte abbiamo combattuto, decine? Centinaia? Da quanto tempo non vinco contro di te, uh? Contro gli altri me la cavo. Anzi, sai che ti dico? Sono bravo.”

“Appunto, sei bravo.”

“Smettila di interrompermi,” gli disse Mic, con tono brusco. Shota si trattenne dal fargli notare che pochi secondi prima era stato Mic a interromperlo. “Sì, sono bravo. Ma contro di te non riesco a vincere, perché hai la tendenza ad analizzare la gente fino allo sfinimento, a capirne ogni debolezza e a essere dieci passi davanti agli altri.”

Shota non era sicuro di rivedersi in quella descrizione. “Credo che tu mi stia sopravvalutando.”

“Mi hai interrotto di nuovo.”

“Scusa,” rispose Shota, esasperato.

“Ora noi andremo lì fuori e tu mi farai il culo. Sai che ti dico?” Mic allargò le braccia, lasciandole ricadere lungo i fianchi con un tonfo che riecheggiò nel corridoio. “Mi arrendo.”

Quello era troppo, non poteva crederci. “Che cazzo dici?”

“Almeno non farò una figura di merda.”

Mic riprese a camminare, ma Shota corse e gli si parò davanti. “Smettila di dire stronzate. Ho sempre—“

“Non sono stronzate!” Sbottò Mic.

Shota sospirò. “Ho lasciato parlare te, ora lascia parlare me. Ho dato il meglio contro di te, come contro chiunque altro, perché voglio sfruttare ogni occasione che posso per migliorarmi, e perché ti rispetto, come avversario e come amico. Non impegnarmi sarebbe come dirti che credo di vincere anche senza dare il massimo, e questo non l’ho mai creduto, perché hai tutte le capacità che servono per diventare un grande supereroe.”

Mic aveva lo sguardo basso e triste, velato dagli occhiali da sole. Dopo qualche secondo, mormorò: “Lo credi davvero?”

“Certo che lo credo davvero. Non ti mentirei mai solo per tirarti su.”

Le labbra di Mic si curvarono in un sorriso appena accennato. “In effetti, no.” Il sorriso si trasformò in un ghigno. “Oh, cosa farei senza di te.”

“Ehi, che fai?” Urlò Shota, colto alla sprovvista, mentre Mic lo stringeva tra le braccia. Poi, sorridendo a sua volta, lo abbracciò. “Sei un idiot—“

“CHE COSA FATE, VOI DUE? Dovete uscire fuori, e— Oh! Scusatemi!”

Shota si voltò, vedendo Kobayashi a metà della scalinata che portava nello stadio.

“Arriviamo subito, prof,” disse Mic, senza lasciar andare Shota.

“Siete una coppia così carina, non volevo disturbarvi! Fate pure con calma!”

“Non si preoccupi,” rispose Mic, guardando Shota con un sorriso che l’amico non riuscì a capire. “Arriviamo subito.”

Shota lo guardò con aria interrogativa, e un attimo dopo Mic gli stampò un bacio sulle labbra.

Kobayashi lanciò un urlo. “Siete meravigliosi! Ah, le emozioni del festival sportivo!” Un attimo dopo stava piangendo, due attimi dopo stava urlando: “Sì, adesso però dovete venire subito!”

Mic lasciò andare Shota e gli diede una pacca sulle spalle, spingendolo verso la scalinata.

“Perché l’hai fatto?” Balbettò Shota, incapace di capire quello che era appena successo.

Mic rispose con un’alzata di spalle. “L’idea di vedere la sua reazione era troppo divertente. E anche la tua, sei paonazzo.”

Shota fece una smorfia. “Sei proprio un idiota.” Un applauso e la voce del professore, che annunciava l’imminente inizio dello scontro, coprirono l’ultima sillaba. “E ti voglio bene,” disse Shota, voltato verso l’amico, che non lo sentì. Mic stava alzando le braccia per salutare la folla.

Era il loro ultimo festival, ed erano arrivati alle finali insieme. Erano cresciuti e migliorati l’uno accanto all’altro, l’uno contro l’altro. Shota trattenne un sorriso malinconico mentre saliva sul ring e si metteva in posizione.

Mic lo guardò e sollevò un pugno chiuso con il pollice alzato, sorridendogli, poi si girò verso la folla un’ultima volta.

“Combattete!”

L’espressione di Mic si fece improvvisamente seria, un attimo dopo stava scattando verso Shota. Shota sollevò entrambe le braccia, schivò il suo gancio e gli afferrò un braccio, spingendolo in avanti e colpendolo al fianco. Mic strinse i denti per il dolore, ma tornò ad attaccarlo, colpendolo di striscio alla faccia.

Uno dei difetti di Mic era che si arrendeva in fretta. Inizialmente era combattivo, se poi non vedeva risultati si demoralizzava e smetteva di dare il meglio. A Shota, quindi, conveniva solo stare sulla difensiva e aspettare. Inoltre, Mic si era rassegnato da tempo a non provare neppure a usare il quirk, perché Shota aveva sempre la prontezza di bloccarlo un attimo prima. Era quindi probabile che Mic non avrebbe neppure avuto una singola possibilità di usarlo, a meno che Shota non commettesse un errore.

Shota fece qualche passo indietro per riprendere fiato dall’ultimo scambio di colpi, mentre Mic sorrideva. Il biondo aprì la bocca, e ancora prima che potesse pronunciare una sillaba Shota usò l’erasure per bloccargli il quirk.

Mic scoppiò a ridere, nel vedere i capelli fluttuanti dell’amico. “Rilassati, Eraserhead! Volevo solo dirti che sono contento di essere arrivato qui in finale con te!”

Shota sorrise, senza distogliere lo sguardo da Mic. “Vale lo stesso per me.”

Mic sollevò una mano, facendogli segno di stare fermo mentre si voltava verso il pubblico.

“Che cosa…”

“Lasciami fare, amico.” Si mise le mani intorno alla bocca e iniziò a urlare: “Questo tizio è il mio migliore amico! Sta per farmi il culo perché abbiamo combattuto talmente tante volte che lui sa anche ogni quanto respiro, ma almeno sarà lui a farmi il culo, qualcuno che sono certo farà parte della mia vita ancora per un bel po’.”

Shota sorrise e scosse la testa. Era proprio un buffone egocentrico.

“Quindi godetevi lo spettacolo, e un giorno potrete raccontare di quando il grande Present Mic ha perso al festival sportivo contro il suo migliore amico!”

Un applauso accolse quelle parole, mentre Mic si inchinava.

“Possiamo ricominciare, adesso?” Chiese Shota, senza smettere di sorridere.

“Quando vuoi,” rispose Mic allargando le braccia. Un attimo dopo assunse un’espressione sorpresa e indicò un punto tra il pubblico, dicendo: “Oh, guarda, Valerie ha uno striscione con il tuo nome!”

Shota si voltò di scatto, incredulo. “Cos—“

Non poté neppure finire la parola, perché Mic lanciò un urlo che lo costrinse a portarsi le mani alle orecchie mentre Shota si voltava attivando il proprio quirk. Anche quando l’urlo di Mic fu interrotto dall’erasure, a Shota fischiavano le orecchie e gli girava la testa.

Mic stava ridendo fragorosamente. “Non credevo che potesse funzionare davvero!” Fece un cenno alla propria destra. “I nostri compagni sono in quella direzione.”

Shota strinse i denti, desiderando all’improvviso di fargliela pagare. Quell’idiota se lo meritava. “Sei morto,” gli disse, mentre si scagliava contro di lui.

Mic non smise di ridere neppure quando Shota lo ebbe atterrato e gli fu addosso. Mic si portò le mani alla faccia, dicendo: “Ne è valsa la pena, ne è valsa la pena!”

Shota lo bloccò con la pancia a terra e un braccio dietro alla schiena, mentre Mic era ancora senza fiato per le risate.

“Hizashi è impossibilitato a combattere, Aizawa vince lo scontro!”

Shota non si godette gli applausi nemmeno un po’, era troppo impegnato a sentirsi un idiota. Si alzò in piedi e porse la mano a Mic, che la afferrò e si alzò, quindi gli mise un braccio intorno alle spalle.

“Ho avuto la mia piccola vittoria personale, oggi,” gli disse Mic, per poi dargli una pacca e dirigersi verso l’uscita.

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L'angolo dell'autrice.
(Ri)eccomi qui. Purtroppo non sto ancora molto bene, è veramente un periodo del cavolo, però voglio continuare ad aggiornare la storia, seppur con tempi biblici. Non vi abbandono, tranquilli!
Spero vi sia piaciuto il bacio tra Mic e Aizawa, personalmente mi sono divertita un sacco a scrivere quella scena.
Vi prometto che con un po' di pazienza continuerò a postare. Grazie per essere arrivati fin qui e per l'enorme pazienza <3
K

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Ci vediamo in finale? ***


Capitolo 14 - Ci vediamo in finale?

 

Valerie, seduta negli spogliatoi in attesa che arrivasse il suo turno, aveva appena appreso della sconfitta di Nemuri tramite un messaggio di Hizashi.

Si sentiva enormemente in colpa per non essere stata lì a vederla, ma Nezu le aveva chiesto di andare a cambiarsi e prepararsi durante l’incontro di Iida e Nemuri, in modo che poi potesse salire sul ring entro pochi minuti.

Era stata un’agonia, perché non si era neppure potuta distrarre guardando l’incontro della sua amica, e si era ritrovata a tartassare il povero Hizashi con una tempesta di messaggi.

A quanto pareva, però, lo scontro era durato ben poco.

Valerie ripose il cellulare nell’armadietto e uscì dallo spogliatoio, vedendo Nemuri che le veniva incontro. Si sentiva pronta a dire qualche parola di conforto all’amica, ma invece Nemuri stava sorridendo.

Nemuri affrettò il passo e le venne incontro. “Gli ho chiesto di uscire, e ha accettato!”

Valerie cercò di elaborare quell’informazione. “Hai chiesto cosa a chi?”

“A Iida!” Rispose l’amica, con aria sognante. “Stasera andiamo a bere qualcosa insieme!”

Valerie aggrottò le sopracciglia. Da quando Nemuri era interessata a Iida? “Sono felice per te, anche se un po’...”

“OH, INSOMMA!” Entrambe le ragazze si voltarono verso l’uscita, vedendo Kobayashi che le guardava con aria esasperata. “Perché tutti si mettono a parlare nei corridoi prima di andare a combattere? Tocca a te, Jenkins! Ryuko è già lì fuori!”

Valerie fece spallucce. “Ne parliamo dopo.” La salutò, quindi corse nel corridoio.

Nel momento esatto in cui Valerie fu uscita nello stadio, le urla del pubblico riempirono l’aria. Valerie si fermò, realizzando solo dopo un attimo che stavano applaudendo e urlando il suo nome.

Non l’avevano fatto per altri, lo stavano facendo per lei.

Valerie sorrise, quindi agitò le braccia in segno di saluto. Gli applausi e le urla si fecero più forti.

“Stop.”

Valerie voleva godersi quel momento di fama e fare un po’ di scena, quindi corse nell’arena fino ad arrivare sul ring, di fronte alla sua avversaria.

“Play.”

L’applauso si fece ancora più fragoroso. Valerie si godette quella sensazione di gloria per qualche istante — era arrivata fin lì, se l’era meritato.

“Quante scene,” borbottò Ryuko.

Ryuko era una ragazza bionda e magra, con un’apparenza — contrariamente a ciò che aveva sperato Valerie — che non dava alcun indizio sul suo quirk. La guardava con le braccia conserte e un’aria scocciata. L’unica cosa atipica in lei erano due macchie azzurre e tondeggianti dipinte sulle guance.

Valerie fece roteare gli occhi, rifiutandosi di scusarsi di fronte a dei toni del genere.

“Si dia inizio all’incontro!”

Valerie sollevò le braccia, pronta a fermare il tempo. Si trattenne dall’attaccare Ryuko per prima, perché sarebbe stata una mossa potenzialmente molto fallimentare. La bionda, invece, appoggiò le mani sul terreno.

Valerie fermò il tempo. Si scagliò contro Ryuko. Quando le fu addosso, urlò “Play!” E la buttò a terra, dandole un pugno alla mascella che lei non parò.

Ryuko, però, non sembrava affatto colta alla sprovvista, stava sorridendo.

“Hai fatto quello che volevo,” le disse.

Valerie vide qualcosa che fluttuava ai margini del proprio campo visivo. Si voltò, vedendo che la terra ai margini dello stadio si stava alzando creando una parete di due metri intorno al bordo del ring; come se non fosse stato sufficiente, volando in aria per andare a ricompattarsi a un metro da loro, sotto forma di sagoma umanoide senza faccia.

Quella sorta di mostro era alto un paio di metri, con gambe e braccia spesse. E stava venendo verso di loro. E lei doveva aspettare ancora una manciata di secondi prima di poter usare di nuovo lo stop.

Oh, cazzo.

Valerie si alzò in piedi, lasciando libera Ryuko. Il mostro di fango le diede un colpo con il braccio, sbalzandola a un metro di distanza, togliendole il fiato.

Ryuko si era seduta a terra, a gambe incrociate. “Con un quirk del genere, avevo paura che avresti provato a buttarmi fuori, quindi ho risolto il problema. E lascerò che il mio amichetto combatta per me.”

Non andava bene. Non andava bene per niente.

Valerie fece un salto all’indietro per schivare un altro colpo. Doveva aspettare ancora qualche istante.

Il mostro sollevò entrambe le braccia e parve cercare di afferrarla, ma la prese solo di striscio, a un braccio, e Valerie riuscì a divincolarsi. Alcuni pezzi di terra caddero sul pavimento, per poi tornare a riattaccarsi al corpo un attimo dopo.

Doveva restare calma e ragionare. E continuare a schivare.

Era ragionevole pensare che colpirlo al corpo non sarebbe servito a nulla, stando a ciò che aveva visto. Ma la testa, forse?

Doveva aspettare che si chinasse. Era goffo e sgraziato, e ogni volta che cercava di colpirla si abbassava un po’.

Il fiato le si stava facendo pesante per i colpi che aveva schivato, uno dopo l’altro. Attese che il mostro cercasse di nuovo di colpirla, quindi: “Stop!”

Valerie saltò, appendendosi alla testa del mostro con entrambe le braccia. Il colpo del fantoccio sarebbe andato a vuoto e avrebbe avuto il tempo per danneggiarlo.

“Play!”

Appoggiandogli i piedi sul busto, Valerie tirò con forza. La testa si staccò dal collo con un rumore secco, andando a cadere sul pavimento. Valerie sorrise, rimettendo i piedi a terra. Il mostro si era fermato, con le braccia lungo il corpo. Ora si sarebbe sbriciolato, no?

No.

“Mi dispiace,” sentì dire a Ryuko. “Non serve a niente spaccargli la testa.”

Valerie si voltò verso la palla di terra che aveva staccato, scoprendo che non era più lì, che stava volteggiando in aria. Andò ad attaccarsi di nuovo al busto.

“Oh, cazzo.”

Valerie corse, per mettere più distanza possibile tra lei e il mostro. Quello ricominciò ad agitare le braccia e inseguirla.

Forse doveva cambiare strategia. Svoltò, puntando a Ryuko.

La ragazza parve colta alla sprovvista, appoggiò le mani a terra e il fantoccio affrettò il passo. Valerie riuscì a buttarla a terra, ma si sentì sollevare all’altezza della vita.

Il mostro le mise l’altro braccio al collo. Lì dove c’era stata solo una protuberanza indistinta, ora c’erano delle dita, che la stavano stringendo appena.

“Arrenditi, sei finita,” disse Ryuko, ancora seduta a terra.

No, non si sarebbe arresa. “Stop!”

Valerie inspirò a fatica, aveva solo pochi secondi per capire come poteva uscirne, poi sarebbe stata costretta alla resa. Per prima cosa, doveva liberarsi.

Nel corso degli ultimi allenamenti, aveva appreso che il suo quirk generava una bolla di stasi intorno al suo corpo. Durante la corsa a tre gambe, era riuscita — dopo duri allenamenti fatti con i professori — a estendere la bolla a Nemuri.

Doveva solo estendere la bolla alla mano di quel mostro, e liberarsi.

Aveva imparato a controllare la bolla come se fosse stata solo un altro muscolo del corpo. Concentrandosi, strinse i denti e la estese.

Valerie cadde a terra con un urlo di sorpresa. Della terra le finì addosso. Alzò lo sguardo, scoprendo che lì dove era stata estesa la bolla la mano si era sgretolata. In qualche modo, però, le sembrava che la terra si fosse comportata in modo diverso da prima, tornando a essere solo terra.

Le venne un’idea. Si avvicinò al mostro il più possibile, quindi allargo di nuovo la bolla. Man mano che lo faceva, il mostro si sbriciolava. La estese fino a inglobarlo tutto, fino a quando non fu solo una montagnetta di terra.

“Play.”

Ryuko sgranò gli occhi. “Ma che cosa…”

Come aveva ipotizzato, il mostro non si era ricreato.

“Come cazzo è possibile?” La ragazza aveva alzato la voce e battuto i pugni a terra.

Valerie sorrise. Nella bolla di stasi, il controllo da parte di Ryuko era stato interrotto. “È finita,” disse Valerie. Le saltò addosso, mentre Ryuko era ancora a terra, afferrando la ragazza per il colletto della maglia.

Ryuko appoggiò i palmi sul pavimento. “Idiota,” bofonchiò a denti stretti, per poi beccarsi un pugno alla mascella.

Un altro fantoccio si stava formando accanto a loro. Valerie alzò gli occhi al cielo, allontanandosi da entrambi. Iniziò a contare i secondi che la separavano dal prossimo stop.

Il respiro di Ryuko si era fatto pesante. Creare quei cosi doveva costarle uno sforzo non indifferente. Ancora qualche secondo. Restò ferma, mentre il mostro le correva incontro con le braccia alzate.

“Stop!”

La testa iniziava a dolerle, ma poteva farcela. Si mise accanto al mostro e allargò la bolla, ottenendo lo stesso risultato di prima. Guardò Ryuko, seduta a gambe incrociate con le mani a terra, pronte a dare il comando successivo.

Avrebbe potuto solo ripetere quel procedimento più e più volte, ma non era certo che Ryuko avrebbe avuto meno energie di lei. Inoltre, non era nel suo stile.

Si sarebbe sforzata molto più del dovuto, ma ce l’avrebbe fatta. Era ben lontana dal limite. Corse per riempire la distanza tra lei e Ryuko, quindi si posizionò alle sue spalle e allargò la bolla di stasi su di lei.

L’altra ragazza trasalì senza capire, iniziando a guardarsi intorno. Appoggiò i palmi e parve dare un comando, ma nella bolla non avrebbe funzionato, perché non era possibile interagire con qualcosa di così lontano. Valerie le afferrò un braccio e glielo torse dietro alla schiena, mentre Ryuko iniziava a dimenarsi, ma era stanca e senza energie.

Ripeté il procedimento con l’altro braccio, schiacciandola con il peso del proprio corpo.

“Play.”

Il muro intorno all’arena si sgretolò in una nube di polvere. Ci fu un lungo attimo di silenzio.

“Ryuko è impossibilitata a combattere, Jenkins vince!”

 

“Il prossimo scontro è tra Aizawa Shota, della 3-A, e Sekijiro Kan, della 3-B!”

Sekijiro sarebbe stato una scocciatura, Shota ne era certo. Al di là del risultato dello scontro, sapeva che avrebbe dovuto sopportare un sacco di scenate.

Mentre Shota si era già messo in posizione sul ring, Sekijiro stava salutando i compagni sugli spalti. “Terrò alto l’onore della sezione B, non temete!”

Shota si trattenne dall’alzare vistosamente gli occhi al cielo. Sekijiro era uno dei migliori dell’altra sezione, anche grazie al suo quirk che gli permetteva di manipolare il proprio sangue. Anche senza quirk, Sekijiro — o Vlad, come amava farsi chiamare — restava un avversario pericoloso, era alto poco meno di due metri ed era una montagna di muscoli.

In quegli anni, però, Shota aveva imparato che più potente era il quirk di qualcuno, più quel qualcuno tendeva a farvi affidamento.

“Quest’anno finalmente mostrerò a tutti chi sono i migliori,” disse Sekijiro, impettito, posizionandosi di fronte a Shota, a qualche metro di distanza.

Shota sospirò, esasperato. “Come vuoi tu.” Non comprendeva il senso di quella faida tra sezione A e sezione B che sembrava esistere senza alcun motivo particolare. Le affermazioni di Sekijiro non erano di alcun interesse, per lui.

“Ti toglierò quell’aria di superiorità dalla faccia, te lo prometto.” Vlad gli puntò contro un indice, senza perdere quell’espressione perennemente incazzata.

“Non è aria di superiorità, sono solo annoiato,” rispose Shota, ottenendo solo di farlo arrabbiare ancora di più.

“Tre, due, uno… Combattete!”

Sekijiro corse verso di lui non appena Nezu ebbe dato il via, mollandogli un gancio destro. Shota schivò il pugno abbassandosi e lo colpì alla pancia, strappandogli un grugnito, quindi balzò di lato e

“Maledetto,” ringhiò Vlad, cercando di nuovo di danneggiarlo con un altro pugno.

“Come sei prevedibile.” Shota si spostò di nuovo, schivando senza grossi problemi. Vlad sembrava aver imparato dagli errori del festival del primo anno: era stata una pessima idea quella di ferirsi nel tentativo di sfruttare il blood control ancora prima di scoprire il quirk di Aizawa. Vincere contro un nemico che stava perdendo un sacco di sangue era stato elementare. Shota sospirò. “Credevo volessi far vedere ai tuoi compagni qual è la sezione migliore della scuola, a me sembra che tu non ti stia neppure impegnando,” disse, cercando di mantenere il tono più disinteressato possibile.

“Credi davvero di vincere con dei trucchetti così banali?” Urlò Sekijiro.

Certo che sì. “Certo che no. Sto solo constatando l’ovvio.” Sekijiro stava evitando di usare il proprio quirk, consapevole di quello che sarebbe successo nel caso. Senza quirk, restava un avversario con una notevole forza fisica, ma impreciso e grossolano nel combattere. Shota era sicuro che l’altro si stesse sentendo sotto pressione, e che facesse il gradasso anche per quello. Doveva solo farlo stancare ancora un po’.

“Beh, indovina un po’? Non funzionerà.” Vlad ricominciò ad attaccarlo, sferrandogli una serie di colpi ravvicinati e imprecisi. Shota contrattaccò con un pugno alla pancia quando Sekijiro gli parve distratto, facendogli perdere l’equilibrio. Sekijiro cadde in ginocchio.

“Vi odio, voi della A!” Sekijiro provò ad alzarsi, ma Shota gli diede un colpo al volto.

Invece di pararlo, Sekijiro voltò leggermente il capo, in modo da farsi colpire sul naso. Shota sentì il rumore delle ossa dell’altro che si rompevano per l’impatto. Il sangue gli schizzò sulla mano.

Quello non andava per niente bene.

Vlad si portò l’altra mano al volto, bagnandola di sangue e muovendola verso Shota, che istintivamente sollevò l’altro braccio per proteggersi. Fu sufficiente quell’interruzione del contatto visivo per ritrovarsi la mano destra bloccata in una prigione di sangue cristallizzato.

Vlad alzò una parete di sangue per impedire a Shota il contatto visivo, mentre quest’ultimo diede un pugno a terra nel tentativo di liberarsi la mano. Ottenne solo di farsi male. Aveva commesso due errori: aveva fatto quello che aveva voluto lui, e si era distratto una seconda volta — solo per un attimo — per guardarsi la mano.

La parete di sangue cadde, e Sekijiro aveva ora in mano una scheggia di quaranta centimetri fatta dello stesso materiale che gli bloccava la mano. Era appuntita e affilata come un rasoio.

Shota aveva un’idea, ma avrebbe avuto una sola occasione. Sekijiro iniziò ad attaccarlo con la lama, mentre lui era costretto a mantenere il contatto visivo. Shota indietreggiava. Iniziò a fare una stima dei metri che mancavano al bordo, tenendo il braccio bloccato lungo il fianco. Sekijiro menava un fendente dopo l’altro, con un ghigno sulla faccia. Era sicuro di aver vinto, e forse era davvero così.

Forse.

“È la tua fine, hai finito di scappare,” gli disse Sekijiro, sollevando la lama. La calò su di lui.

Era il momento. Invece di schivare come Sekijiro si aspettava, Shota sollevò il braccio destro, parando il colpo con la mano ricoperta di sangue cristallizzato.

Un dolore lancinante gli percorse tutto il braccio mentre schegge di cristalli rossi schizzavano ovunque per l’urto. Con la vista annebbiata dagli spilli che sembravano perforargli il braccio, Shota sfruttò l’effetto sorpresa per colpire Sekijiro all’addome e alla gamba, per poi balzare di lato e spingerlo giù dal ring.

Un boato di applausi riempì l’arena, mentre Shota riusciva solo a pensare a quanto avrebbe avuto bisogno di Recovery Girl. Alzò lo sguardo verso la tribuna degli studenti, vedendo che, accanto a Mic, Valerie si era alzata e stava esultando e battendo le mani. Shota sorrise, anche se lei probabilmente non era in grado di vederlo.
Avrebbe fatto del suo meglio per arrivare in finale, e sarebbe stato bello se ci fosse arrivata anche lei.

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L'angolo dell'autrice
Posso solo dire che mi dispiace un sacco per aver interrotto gli aggionamenti per un sacco di tempo. Purtroppo non è un periodo facile, e quando mi cala l'umore finisco per essere schifata da tutto quello che scrivo, quindi non sono riuscita ad aggiornare, lasciando la questione in un angolino della mia testa.
Ora sto un po' meglio, e non posso promettere che aggiornerò regolarmente, ma posso promettere che ci proverò.
Passando a questioni più leggere, come potete vedere ho aggiunto qualche altro personaggio della serie. Continuo a trovare curioso che siano tutti coetanei ^^
Grazie per chi avrà comunque avuto la pazienza di leggere questo capitolo e arrivare fin qui, grazie davvero <3
K

 

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