Enchanted

di lucifermorningstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Terra del Non Lieto Fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Una bella serata.
Il giorno in cui la sua vita sarebbe cambiata, cosi Kara amava definire quella tanto attesa serata. Lo aveva chiesto innumerevoli volte al padre, argomentando la sua richiesta in modo che risultasse logica ma anche cercando di mostrare quanto lei ci tenesse ad organizzare un evento come quello di un ballo al castello. Lo chiedeva fin da piccola, fin da quando, ascoltando le fiabe della madre, era rimasta affascinata da quelle storie d'amore nate in una sola notte, di quelle canzoni in grado di far sciogliere cuori, di quei balli capaci di far volare via la notte in un secondo. Ogni volta il padre negava tale richiesta, con garbo e con il giusto tatto, cosi da evitare una bimba in lacrime o, in seguito, una ragazza in lacrime. Perchè lei cresceva ma quel desiderio restava. Quasi ci aveva perso le speranze ma poi un giorno suo padre andò da lei e le annunciò di voler organizzare un ballo al castello. Era così felice che quasi lo soffocò nell'abbracciarlo. 

E infine si era ritrovata al suo tanto desiderato ballo. Strano come tutto ciò era passato in secondo piano quando aveva visto il buffet. Buffo, davvero buffo. Lei adorava i manicaretti di Krypton. Lei e sua madre andavano pazze per la specialità del loro cuoco Lumière, un ometto bizzarro che ogni tanto parlava in modo strano ma in grado di cucinare prelibatezze da far piangere il palato di gioia. Anche suo padre che era sempre un uomo rigido e severo quando era in presenza della servitù, davanti ad una delle specialità di Lumière si lasciava andare ad un sorriso e anche a qualche complimento. Per questo quando si era ritrovata dinanzi ad un cosi ben fornito buffet non aveva saputo resistere. 
Si ingozzava al buffet, gustandosi i deliziosi manicaretti posti sul tavolo con la grazia degna di un morto di fame e con lo sguardo fisso di rimprovero della madre a bucarle la schiena, non contenta di veder la figlia comportarsi in tale maniera. 
Fortunatamente la madre era stata trattenuta a parlare di politica con un aristocratico particolarmente logoroico, cosi Kara aveva approffitato della cosa per godersi la serata in tutta tranquillità. Per quel ballo le era stato regalato un meraviglioso vestito dorato, lungo abbastanza da coprirle interamente le gambe e bellissimo come quelle delle principesse dei libri delle fiabe, una collana d'argento a penderle dal collo e i suoi capelli biondi raccolti in un elaborata acconciatura, a cui lei era rimasta particolarmente titubante nel guardarsi allo specchio. Quel vestito, preparato dalla miglior sarta di Krypton, aveva attirato numerosi sguardi e sussurri bisbigliati alle sue spalle non appena passava. Si era convinta che tutti guardassero il vestito e non la persona al suo interno. Non aveva mai dato particolar peso al proprio aspetto esteriore, ritenendosi una ragazza come tante, tolto il suo titolo nobiliare. Era una ragazza sulla media per quanto riguarda l'altezza, dal fisico asciutto e allenato, questo dovuto agli allenamenti fatti di nascosto con la spada. Il seno non era prosperoso e non veniva esposto come invece sembravano voler fare tutte le dame in quella sala. Armatasi di un paio di dolcetti  tentò di star quanto più lontano possibile dalla massa, evitando di essere chiamata in conversazioni noiose. Se ne stava per conto suo, tranquilla ed eccitata, ammirando i presenti vestiti in modi particolari, con abiti dai colori sgargianti e dal modo di parlare eccentrico. Pensò anche di unirsi, avvicinarsi a qualche nobile per capire da dove venissero, quali meraviglie a lei sconosciute potevano vantare, quando la musica iniziò a suonare, riempendo la sala. I balli erano cominciati. Le dame si lasciarono prendere per mano dai loro cavalieri e senza alcun indugio si diressero al centro della sala, danzando e incantando Kara rimasta ad osservare con la bocca semi-aperta.

Si riscoprì timida e in imbarazzo nell'incrociare gli occhi dei nobili senza dama. Lei era sola, non conosceva nessuno e tutti lanciavano occhiatine come aspettando da lei qualcosa di specifico. Le gambe le erano diventate di gelatina e per un istante pensò di scappare il più lontano possibile ma si armò di coraggio e restò lì, salda come una statua. Cosa doveva fare? Nelle fiabe c'era sempre un principe, qualcuno che si avvicinava alla timida dama, corteggiandola e invitandola ad un ballo. Ma lì non c'era nessuno, o meglio di "principi" sembrarono essercene anche troppi. Quello che era iniziato come un sogno si rivelò presto un vero e proprio incubo per la povera ragazza. Il primo di una lunga serie era stato un uomo anziano, abito scuro e un sorriso fintissimo che iniziò a farle domande a raffica, prima proponendo un ballo poi, ancora prima di ricevere risposta, domandò a quanto ammontassero le ricchezze del castello. Lo liquidò rapidamente con una scusa banale, venendo avvicinata presto da altri uomini, tutti insopportabili, uno peggio dell'altro. Un altro ancora era più giovane del precedente, all'incirca la sua età, capelli laccati, vestito d'azzurro e con un aspetto quanto meno accettabile. Peccato che quest'ultimo non sembrò in grado di parlare di nient'altro all'infuori di se stesso, vantando di come possedesse un cavallo di razza purissima e di come la sua famiglia fosse importante e ricca. Kara provò anche a parlarci ma non appena provò a tentare di cambiare argomento, direzionando la conversazione su qualcosa all'infuori di lui, ecco che l'aristocratico si allontanò, dirigendosi verso un altra dama rimasta senza cavaliere. La serata sembrò continuare così, con i suoi continui rifiuti a pretendenti e chiacchere molto poco interessanti. Fortunatamente la madre, liberatasi del suo impiccio, era corsa in suo aiuto prendendola sotto braccio e facendo desistere eventuali corteggiatori con il suo sguardo truce.
« Questi balli sono un incubo »  Sussurrò all'orecchio della madre, sospirando di sollievo nel ritrovarsi in compagnia della donna. « Non mi avevi mai detto che fossero cosi....cosi... » Balbettò qualcosa ma evitò di continuare quando una donna la salutò con un inchino a cui lei si premunì di rispondere. La madre non riuscì a non sorridere, trattenendo a stento una risatina divertita.
«Mia cara ragazza. Non siamo mica in una favola, non ci sono sempre principi a correre in nostro soccorso. Molto spesso siamo noi dame a doverci salvare da sole.» Kara sbuffò, un espressione evidentemente delusa sul suo volto. Alura le si spostò davanti, prendendole il viso tra le mani e carezzandole una guancia con fare amorevole. «Vuoi tornare in camera tua? Sembri stanca» A tale domanda Kara sembrò ravvivarsi, scuotendo vistosamente il capo in segno di diniego.
«No, no. E' il mio primo ballo. Anche se è noioso voglio godermelo e poi....» Si voltò alla ricerca del viso del padre, non molto lontano da loro, vedendolo sorridente e impegnato a bere da un calice in compagnia di Kal, suo cugino minore. Sorrise mesta a tale scena, tornando con gli occhi in quelli della madre che sembrava aver capito tutto. «Ho solo bisogno d'aria. E di stare un momento da sola.» 
La madre la guardò per un lungo istante, sorridendole e acconsentendo a tale richiesta, accarezzandole un ultima volta la guancia prima di lasciarla andare, dirigendosi in direzione del marito probabilmente con l'intento di rimproverarlo per aver dato del vino a Kal. La giovane uscì, affacciandosi sulla terrazza e godendosi la vista di un meraviglioso cielo stellato. 
Le stelle. 
Quelle era sicura non l'avrebbero mai delusa. Lei e Kal le guardavano spesso assieme. Lui era più piccolo di lei ma talvolta sembrava comportarsi come una sorta di fratello maggiore, capace di mostrarsi più maturo di quanto si potesse immaginare. Guardavano le stelle e sognavano un giorno di poterle raggiungere, un mondo fatto di stelle doveva essere magnifico, peccato vederlo sparire con il giorno. 
Una stella cadente sfrecciò nel cielo e lei aprì la bocca, pronta a formulare un desiderio ma la stella era già sparita. Si morse il labbro inferiore, battendo la scarpetta di cristallo contro il suolo, evitando però di esagerare con la forza non volendo spaccarla. Non erano il massimo della comodità, anzi quelle scarpette erano proprio scomode da portare ai piedi. Non aveva idea del perchè la madre avesse tanto insistito affinchè le indosasse quella sera ma tanta era stata la sua insistenza che alla fine aveva optato per mettersele. Sollevò un lembo del vestito, piegandosi in avanti con il busto e sporgendo una gamba per provare a togliersele quando notò una figura in piedi intenta a guardarla, pensando inizialmente fosse la madre o il padre, ma vedendo come l'abito indossato fosse totalmente diverso andò immediatamente a ricomporsi. Abbassò il lembo del vestito, ritirò la gamba e arrossì vistosamente per essersi lasciata vedere scoperta in tale maniera da qualcuno che non conosceva. 
«Kara!»  Quella voce era carica d'affetto e di gioia e la giovane non tardò a riconoscerla. Alzò gli occhi dal pavimento, per cui all'inizio aveva trovato improvvisamente un forte interesse, ritrovandosi a fissare il volto della madre intenta a sorriderle. Si, quello era il volto della madre ma non era lei. Sapeva chi era quella donna. Senza pensarci un attimo corse verso di lei, buttandosi al collo e stringendola forte.
«Zia Astra!» L'abbraccio con cui la avvolse era davvero forte, tanto che la sentì provare a riprendere fiato. C'era da dire che come stringeva le persone Kara non le stringeva nessuno. La tenne stretta a se per qualche altro secondo, sorridendo felice di aver ritrovato la zia. Infine si staccò, riempendola di domande, "come mai non era venuta al suo compleanno qualche mese prima", "dove era andata", "che posti aveva visitato", ritrovandosi a deliziarsi nel vederla ridere e provare a rispondere alle sue domande. «Che abito strano quello che indossi zia»
Non portava una gonna, anzi sembrava quasi vestita da popolana con quei pantaloni grigi e quella camicia bianca semi sbottonata. Non pareva un abbigliamento da signora ma dopotutto sua zia era sempre stata una tipa stravagante e alla sua osservazione si limitò a risponderle con una scrollata di spalle, Di colpo sembrò tornare bambina, quando sua zia veniva a trovarla per portarle un regalo. Lei e sua madre non andavano d'accordo per qualche ragione a lei ignota però Astra le voleva molto bene, questo lo sapeva. «Mi hai portato un regalo?» Domandò guardandola con due occhioni da cucciola.
«Forse. E forse l'ho lasciato al piano di sotto...» La donna alzò gli occhi al cielo, in un espressione da finta tonta mentre sul viso di Kara si dipingeva la meraviglia, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
«E' un cavallo? Mi hai regalato un cavallo? Dai dimmelo» Saltellò quasi dalla curiosità, sembrava proprio una bambina tanto voleva sapere cosa la zia aveva deicso di regalarle. Astra ridacchiò, prendendola per mano e cercando di portarla dolcemente verso di se.
«Seguimi e lo scoprirai» Le disse la donna con fare misterioso e per un istante la sua voce sembrò tradire una nota di un sentimento strano. Non che Kara ci prestò molta attenzione, tutta presa dal ritorno della tanto amata zia e dell'inaspettato e misterioso regalo. Cosa poteva essere? Era davvero un cavallo? Suo padre non le aveva mai permesso di avere un cavallo, ritenendendole bestie pericolose per una ragazzina e facendola arrabbiare. Lei mica era una ragazzina. Aveva superato i vent'anni, dame come lei alla sua età si sposavano e avevano già avuto figli, almeno nei regni al di fuori di Krypton. Nella loro terra per fortuna le faccende comuni sul matrimonio e sul fare figli non erano cosi rigide come lo erano in altri regni. Seguì la zia, rapida, sgusciando via dalla sala piena di gente, rapida come una lepre. Percossero corridoi, scesero scale, evitarono gente, tutto talmente in fretta che non poche volte Kara si era ritrovata quasi a cadere faccia a terra. Sua zia era veloce e lei con quel vestito e quelle scarpette maledette faceva fatica a starle dietro. Fortunatamente, dopo una lunga corsa a perdifiato per zone del castello poco illuminate, arrivarono dinanzi ad un portone di legno.
«Eccoci. Qui dietro c'è la tua sorpresa. Chiudi gli occhi adesso, ti dirò io quando aprirli. E non sbirciare!»  Tutta eccitata Kara si posò le mani sugli occhi, evitando di sbirciare come sua zia le aveva raccomandato. Il petto le si sollevava su e giu veloce, sia per l'emozione sia perchè la corsa non era stata senza fatica. Sentì il legno della porta cigolare mentre veniva spalancato e sentì sua zia spingerla da dietro, facendole fare dei passi. Traballò nel farlo, dato che non poteva guardare ma si impegnò per evitare di far figuracce davanti ad Astra. Zoccoli che pestavano il terreno e il lamento di un cavallo la tentarono di scoprirsi gli occhi e guardare ma aspettò con pazienza il permesso della zia. Silenzio. Tutto diventò molto silenzioso. 
«Zia Astra. Posso aprirli adesso?» Una mano le si posò sulla spalla. Pensò appartenesse a sua zia ma la percepì stranamente pesante e più grande di quanto ricordasse. «Zia Astra?» Chiamò con ancora le mani davanti agli occhi. La donna parlò, un tono mesto e pieno di rammarico nelle sue parole.
«Perdonami Kara. Questo era l'unico modo» Qualcosa di durò le colpì dietro la testa. Cadde, non più le mani a coprirle gli occhi, ritrovandosi tra le braccia di un uomo. Un uomo dal viso incappucciato che la sollevò da terra come un sacco di patate per mettersela sulla spalla. L'ultima cosa che vide fu il volto di sua zia, con le lacrime agli occhi. Poi sprofondò nell'oscurità totale.

 

 

La prima cosa che percepì fu il freddo. Strano, non aveva mai sentito freddo a casa sua, salvo quelle poche volte in cui si era uscita nei boschi d'inverno. Era sempre stata una ragazza forte, nonostante la madre la ritenesse fragile e la riempisse di avvertimenti quando usciva anche solo dalla sua camera. Invece lì lo sentì, in quel singolo istante sentì il freddo stringerla in una morsa. Spalancò gli occhi, dinanzi a lei si aprì un panorama mozzafiato. Un cielo ricolmo di stelle luccicanti e luminose, con una luna a forma di moneta d'argento al centro di esso, meraviglie cosi famigliari che per un istante pensò di trovarsi distesa nel giardino di casa sua, con l'erba a solleticarle la schiena. Ma non era nel giardino di casa, questo lo capì non appena si mise seduta con la gonna del vestito dorato, troppo lunga, ad intralciarle i movimenti. 
Non c'era nessun castello, nessun muro di pietra ad ergersi da barriera tra lei e il mondo esterno, nessuna guardia in armatura a sgridarla per essere uscita dalle sue stanze, nessun suono se non quello del vento. Niente. Attorno a lei c'era solo un immensa distesa d'erba verde, se c'era altro non poteva dirlo visto che era tutto buio. Si strinse le braccia, sentendole fredde e nude poichè il vestito gliele lasciava scoperte. Non aveva ricordi di come era finita lì, non ricordava nulla e al posto dei ricordi c'era solo un forte mal di testa, lì dove era stata colpita. Ricordò il viso di sua zia e le sue parole. La cercò, sperando di vederla e di chiederle cosa avesse fatto, il perchè di tale gesto. Si alzò e per poco non rischiò di cadere, la testa le girava vorticosamente e temette di dover vomitare da un momento all'altro. Guardò attorno a sè, cercando un punto di riferimento, qualsiasi cosa potesse lontanamente tornarle famigliare senza avere alcun successo. Provò a chiamare aiuto, urlando a squarciagola, sperando che qualcuno la sentisse. Urlò cosi tanto da farsi venire mal di gola e solo quando la voce iniziò ad abbandonarla smise di farlo. Il vento soffiò più forte. Iniziò a tremare, sia per la paura che per il freddo. Perchè era stata rapita? E se era stata veramente rapita come credeva perchè avevano deciso di abbandonarla lì in mezzo al nulla? Non capiva ma una cosa era certa: lì non poteva restare. In lontananza notò delle luci, forse torce. Prese quella direzione, cercando di avvicinarsi quanto più possibile. Magari era una taverna, un villaggio, un castello. Chiunque potesse aiutarla era ben accetto. 
Ad un certo punto si ritrovò a camminare su un terreno strano. Tutto nero, duro e compatto ma quasi liscio. Non c'erano rocce, fili d'erba o piante su quel terreno. Sembrava un lungo e maestoso sentiero fatto d'ossidiana con una lunga linea bianca nel mezzo, a tratti sconnessa. Le stranezze però non sembrarono terminare lì. Ad un certo punto un rombo risuonò nell'aria, una sorta di ruggito animale. Si voltò e vide due grossi occhi luminosi avvicinarsi a grande velocità verso di lei. In meno di un istante l'animale la attaccò, correndo e raggiungendola. Kara, spaventata si raggomitolò e alzò le mani a difendersi, voltandosi dall'altra parte e urlando per la paura. Uno stridio riempì l'aria, un suono talmente orrendo che le devastò le orecchie. Dopo lunghi secondi riaprì gli occhi, ritrovandosi con il muso vibrante della bestia a un centimetro dal suo volto. Tremò vistosamente, respirando con affanno dalla bocca. Degludì, non riuscendo a muoversi. La bestia aveva un muso lungo, fatto di metallo, gli occhi erano distanti e sembravano fatti di fuoco giallastro. 

«Ma sei scema?» Disse una voce femminile, sgranò gli occhi. La bestia parlava? No, non era stata la bestia a parlare. Quella continuava a ruggire bassa. Vide una figura di donna, scendere dalla bestia e guardarla. Non doveva avere un bell'aspetto, tremante e spaventata, con foglie e fili d'erba nei capelli e in ogni dove. «Cosa ci fai in mezzo alla strada? Volevi farti ammazzare?» 
Kara si guardò attorno spaesata, ancora con le ginocchia poggiate sul terreno nero, cercando di capire se stesse parlando con lei oppure no. La donna dai capelli corvini la guardò intensamente e capì che si. Stava parlando con lei. «D-Dove sono?» Balbettò con quel poco di voce rimastole in gola. 
«Sei sulla strada per National City, ovviamente. Ti sei persa?» La sconosciuta la guardò, dandole un ulteriore occhiata. Quello che per lei doveva essere ovvio per Kara non lo era affatto. Non rispose alla sua domanda, tornando a guardare prima la bestia poi il luogo attorno a se. Vedendola in quello stato la donna le si avvicinò, lentamente e con garbo, come quando ci si avvicina ad un animale ferito. 
«Io mi chiamo Lena Luthor. Sai dirmi come ti chiami?»

 

 

 

 

Bonjour. Benvenuti nella mia prima vera Long. Sarà una Long long Slow-burn quindi mettetevi comodi signori e signore. Il prologo doveva essere molto più breve di così ma ad un certo punto mi sono lasciato trasportare dalla vena creativa (cosa positiva visto che ero partito con un completo blocco dato che non avevo la minima idea di come iniziare)
Questa storia è partita da un'idea non mia, io l'ho presa dal "Chi mi scrive una fanfiction?" del gruppo Facebook In femslash, we trust. (Official Group)  e ho provato a scriverla seconda la mia interpretazione. Qui la traccia: Una fan fiction Supercorp in stile “Come D’Incanto”, una ‘favola disney’ ambientata ai giorni nostri con ironia e romanticismo, esplorando magari alcune caratteristiche delle storie più o meno conosciute.

Non ho idea di quanto fedele a questa traccia sarà la mia storia, poichè mi sono lasciato prendere un pochino pochino la mano con la fantasia. Nella storia appariranno solo i personaggi della prima e della seconda stagione, ci tengo a precisarlo, cosi come ci tengo a precisare che alcuni di essi potrebbero essere lievemente OOC. Sarà una fan fiction alquanto lunga quindi spero di non annoiarvi. 

Pubblicherò il prossimo capitolo la prossima settimana, di lunedì. Il prossimo capitolo si chiamerà: "La Terra del Non Lieto Fine"
(titolo un pochetto stravagante lo so)
Spero che la storia vi piaccia e vi diverta
Ci leggiamo alla prossima :)

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Capitolo 2
*** La Terra del Non Lieto Fine ***


Lena Luthor era in piedi, davanti a lei, il viso parzialmente illuminato dalla luce emessa dalla bestia di metallo.
Kara non rispose subito alla domanda che le aveva posto, guardandola come se non avesse mai visto un altro essere umano in vita sua. In effetti di persone vestite in quel modo non le aveva mai incontrate. La mora indossava un abbigliamento simile a quello dei popolani, con dei pantaloni blu scuro al posto della gonna, una sorta di maglia nera a coprirle il collo e le braccia, fatto di un tessuto a lei sconosciuto e con una scritta bianca in piccolo all'altezza del petto. Una scritta che per quanto si sforzasse non riuscì a leggere, vedendola sfocata.
«Mi...mi chiamo K-Kara» Balbettò la biondina, con un filo di voce. Gli urli fatti in precedenza non le avevano giovato molto alla voce, constantò, sentendo la gola farle male. Lena la squadrò da capo a piedi, soffermandosi per diversi secondi sulla sua figura. Dopodichè si avvicinò, porgendole una mano con il chiaro intento di volerla aiutare ad alzarsi da terra. Un aiuto che la bionda accettò senza troppi complimenti, risollevandosi e tornando in posizione eretta, dandosi anche qualche colpetto sul vestito cosi da ripulirlo. Il suo abbigliamento doveva avere qualcosa che non andava perchè la mora continuava a guardarlo con un sopracciglio alzato e un espressione stranita.
«Come sei finita qui?» Domandò ad un certo punto. Kara non sapeva proprio cosa rispondere a tale quesito, forse perchè la risposta era ignota pure a lei. «Hai fatto un incidente d'auto?» Lo sguardo su di lei diventò più pressante, tanto da procurarle disagio. Agitò la testa in segno di diniego, aprendo bocca per parlare.
«No, non so come sono arrivata fin qui» Con gli occhi fissi di Lena addosso Kara si agitò, cercando di pensare velocemente ad una risposta. «Ho...ho un vuoto di memoria» Rivelò, indicandosi la testa, nel punto dove era stata colpita. 
«Vuoi che ti porti in un ospedale?» Domandò la mora, attenta a non farla agitare. Ci mancava soltanto che la bionda avesse un malore in sua presenza.
«N-no. Non c'è bisogno» Un soffio di vento gelido scompligliò i capelli di Kara, facendola tremare e a sfregarsi le braccia con i palmi delle mani per darsi calore. Tale gesto non sfuggì alla corvina che, con un cenno del capo in direzione della bestia di metallo, sembrò invitarla al suo interno. Quella che era sembrata una bestia dagli infuocati, era in realtà era una carrozza. Una grossa carrozza di metallo. Come ebbe modo di scoprire Kara anch'essa, come le carrozze, aveva degli sportelli e delle comode poltrone su cui sedersi. Inizialmente era stata titubante ad accettare quell'aiuto, non conosceva la donna e poteva benissimo essere una pazza assassina ma quali altre scelte aveva se non fidarsi? Entrò dunque dentro la carrozza di metallo, accorgendosi di quanto piacevole fosse il suo interno.
«Meglio vero?» Per un istante aveva sobbalzato nel sentire dell'aria calda uscire da dei piccoli condotti ma quella sorpresa sparì presto, lasciando posto ad un morbido sorriso rilassato non appena il calore iniziò a raggiungerle la pelle. Tremante accostò le mani in quel punto, come a scaldarsi davanti ad un bel fuoco. Tremava ancora ma meno di prima. Non solo era riscaldato e dotato di una poltroncina comoda, ma si poteva sentire come al suo interno aleggiasse anche un buon odore di dolce che le ricordò vagamente il profumo della cannella. Sembrò rilassarsi ma si vedeva che stava ancora sul chi va la. Lena entrò dal lato opposto, sedendosi su una poltrona simile alla sua ma con uno strano cerchio di gomma davanti a lei, oltre a tante piccole lucine e numeri. Restò in silenzio, non dicendo una parola e sentendosi nuovamente a disagio quando la donna iniziò a guardarla in maniera insistente, come ad aspettare che lei facesse qualcosa.
«Io...» Iniziò Kara, chiudendo poi bocca. Non doveva essere affrettata. Doveva riflettere bene sulle successive parole da utilizzare. «Hai detto che questa è la strada per...»
«National City» Completò la mora.
«Si, quella.» Le mani di Kara erano ancora  lì, a godere dell'aria calda che le solleticava delicatamente i polpastrelli. «Io vorrei....ciò che vorrei sapere è...» Si bloccò, sobbalzando ed emettendo un piccolo urletto per lo spavento, quando tutto d'un tratto la carrozza iniziò a vibrare e a produrre quel ruggito spaventoso sentito poco prima. «Quello cosa era?» Domandò spaventata. Lena continuava a guardarla stranita e anche un poco divertita dal suo modo di fare. 
«Ho solo messo in moto» Rispose con tranquillità. «Calmati, sembra quasi che tu non abbia mai visto una macchina» Accennò ad un sorrisetto divertito, posando una mano sul volante e compiendo diverse manovre che agli occhi della bionda sembrarono incredibilmente complicate. Con grande sorpresa di Kara la carrozza iniziò a muoversi, avviandosi lungo la strada senza alcun cavallo a trainarla, lasciando la giovane alquanto basita. Dove stavano i cavalli? Come poteva muoversi senza di loro? Era forse una carrozza magica? Erano queste le domande che la ragazza si poneva, rimando ipnotizzata dal modo in cui i paesaggi verdi sfrecciavano al suo fianco, guardando tutto con la bocca spalancata dallo stupore.
«Come è possibile?» Sussurrò a bassa voce, senza farsi udire dall'altra. Tornò su Lena, notando come muovesse una leva e muovesse i piedi, notando anche come ad ogni movimento fatto dalla mora, qualcosa cambiava nella carrozza. Le luci davanti si alzavano e si abbassavano, la velocità cambiava talvolta aumentando o diminuendo a seconda del tratto di strada. «Io...ho bisogno d'aiuto» Mormorò ad un certo punto.
«Questo lo avevo intuito»

Non era stato un viaggio molto lungo, solo un oretta o due al massimo. Lena si era limitata a guidare, seguendo la strada e nel mentre provare a informarsi di più sulla sconosciuta che aveva quasi messo sotto. Domandò da dove veniva, che lavoro faceva, se aveva parenti o amici da contattare ma, ad ogni singola domanda che Lena faceva, Kara o non rispondeva affatto o rispondeva in maniera molto confusa. Si era messa a raccontare cose su castelli e balli, nobili fastidiosi e corteggiatori disgustosi, aveva raccontato di tutto e di più senza però esserle in qualche modo d'aiuto. Della sua identità sapeva solo che si chiamava Kara e, da quanto aveva capito, abitava molto lontano da National City. Aveva rinunciato a capirci qualcosa dai suoi discorsi, concentrandosi sulla strada e sperando di arrivare in città quanto prima cosi da lasciarla a qualche angolo di strada. Kara, notando come Lena avesse smesso di ascoltarla, aveva messo su un broncio infantile e si era messa a guardare fuori dal finestrino. Era curioso.
La bionda sembrava meravigliarsi per qualsiasi cosa, da un banale cartello pubblicitario ai palazzi, dai ponti agli elicotteri della polizia. Appena spuntava una sola di queste cose ecco che sentiva un suono ricolmo di stupore. La vedeva con la faccia schiacciata contro il vetro del finestrino, la bocca semi spalancata e i suoi continui «Wow» Di cosa si sorprendesse tanto Lena non riusciva a capirlo, sembrava quasi un aliena giunta per la prima volta sulla Terra. Era cosi concentrata sulla bionda che inconsapevolmente aveva continuato a guidare fino ad arrivare praticamente sotto casa propria. Si maledisse per questa mancanza d'attenzione. «Oh, questo come si chiama?» Indicò la costruzione di metallo davanti a lei. Una costruzione di diversi piani, appariscente nella sua grandezza e nella sua eleganza. Era uno degli hotel più costosi della città non a caso. «Quanti giorni pensi ci vogliano per arrivare in cima?» Le domande di Kara erano sempre più assurde. Aprì bocca, probabilmente con l'intenzione di mandarla via, quando un uomo tutto ben vestito si avvicinò alla vettura. Lo riconobbe subito, e fece segno a Kara di restare in silenzio con suo grande disappunto. 
«Buonasera signorina Luthor» Salutò l'uomo con un sorriso gioviale, non appena Lena abbassò il finestrino dell'auto.  
«Buonasera Gregory» Ricambiò il saluto del portiere, accennando ad un sorriso palesemente forzato. Schioccò le dita, richiamando l'attenzione di Kara distrattasi davanti le luci a intermittenza di un insegna. «Seguimi» Sbuffò, scendendo dalla macchina e porgendo le chiavi a Gregory. «Non trattarla male intensi?» L'uomo quasi si inchinò davanti a Lena, tanta era la sua obbedienza ed umilità nei confronti della donna. Kara la seguì all'interno della hall dell'albergo, mettendosi quasi a danzare in quella saletta sfarzosa. Ammirò quel tappetto rosso, le luci, il lusso che sembrava trasudare dalle pareti. La faccia della receptionist davanti a quella scenetta avrebbe fatto scoppiare a ridere chiunque, tutti guardavano la ragazza vestita da principessa girare su stessa come una trottola, e qualcuno dell'albergo sembrò anche volerla fermare e riportare all'ordine. Poi notarono che era con Lena e quasi si gelarono sul posto. Con passi misurati e lenti si diresse direttamente dalla reception, sporgendosi sul bancone.
«Buonasera signorina Luthor» La salutò con riverenza la donna dietro al bancone. «Come posso aiutarla?» Lena rivolse un occhiata a Kara, allontanatasi da lei, e la indicò con un cenno del capo.
«Potreste chiamare un taxi per la mia...amica? Non credo sia in condizioni per potersi mettere alla guida» La donna annuì, digitando il numero di una ditta di tassisti per far venire qualcuno a prendere la ragazza. La sua buona azione la aveva fatta, ora poteva anche lasciar perdere quella tipa, pensò Lena. Ignorando del tutto la giovane bionda, intenta a saltellare su una poltrona in sala d'aspetto, si diresse agli ascensori dove attese con pazienza di poter salire in camera. 

Kara non aveva mai visto tanto lusso, quel posto doveva essere un castello. Era bellissimo, con tante piccole meraviglie che a casa sua non avrebbe mai potuto vedere. Un regno strano era quello dove era finita ma tutto sommato stava affrontando la cosa con ottimismo. Presto sarebbe tornata a casa, in un luogo dove c'erano anche carrozze volanti, qualcuno doveva pur sapere come tornare a Krypton no? E nel mentre che aspettava poteva godersi la sua prima uscita dal castello senza guardie a sorvegliarla. Girovagò per la sala, una stanza enorme con servitori che continuavano a guardarla e a rivolgerle sorrisi quando incrociava i loro sguardi. Si ricordò solo dopo di Lena, la cercò per ringraziarla di averla portata lì ma non la trovò. Smise di danzare e girovagare, iniziando a stancarsi e volendo esplorare anche altre stanze di quella costruzione. Notò due porte fatte di metallo con dei numeri sopra di esse, bussò ad una delle porte ma nessuno sembrò risponderle. Bussò anche all'altra ma anche lì non ricevette alcuna risposta, finchè non vide dei bottoni spuntare dalla parete. Incuriosita ne premette uno e questi si accese di una luce rossa, lasciandola stupita, e lo diventò ancor di più quando una delle porte di metallo si spalancò, rivelando una piccolissima gabbia di metallo con tre specchi per ogni parete della gabbia. Timorosa mosse un passo, entrandovi dentro e ammirando i suoi riflessi. Rise, facendo la linguaccia e facce smorfie. Era divertente. Molto divertente. 
Lo diventò meno quando le porte si chiusero con un clangore metallico, spaventandola. Sbattè le mani contro la porta, volendo uscire ma senza poterlo fare. Sarebbe andata bene, pensò, doveva soltanto capire come si aprivano le porte. Con i bottoni ma erano fuori...o no? Impegnata a fare le boccacce non aveva prestato attenzione alla fila di numeri posta vicino l'entrata ed uscita della gabbia. Non sapendo quale di quelli avrebbe aperto le porte, premette il primo, quello in cima a tutta la fila di numeri, e questi si illuminò di un giallo luminoso. La gabbia prese a tremare all'improvviso e Kara si ritrovò a spalmarsi contro una delle pareti-specchio, guardandosi attorno con aria spaesata. La porta dell'ascensore si aprirono e Kara ci si buttò subito fuori con immenso sollievo. Davanti a lei c'era una sala nuova, non più la sala d'aspetto di prima. Una magia, l'unica spiegazione che la sua mente riuscì a trovare, ecco come si era spostata da una stanza all'altra. Non era molto diversa dalla precedente, anche qui il lusso non mancava però non c'era un bancone e non c'era nessuna uscita. C'era soltanto una grandissima porta bianca di legno massiccio con i pomelli dorati, una fessura lì dove andava messa una chiave. Ci appoggiò l'orecchio provando a sentire se ci fosse qualcuno al suo interno. Per i primi cinque secondi non sentì niente, poi iniziò a sentire un rumore di passi seguito da un fischiettare. Le nocche della mancina andarono a colpire la porta, bussando tre volte, restando in attesa mentre la porta veniva aperta. 

Non ci poteva credere. Non ci poteva davvero credere. Kara era salita con l'ascensore per arrivare alla porta della sua stanza, salutandola con un sorriso che le diede sui nervi. E prima che potesse dirle qualcosa la giovane era entrata senza preamboli, guardandosi attorno. La sua era una bellissima stanza, forse la migliore di tutto l'albergo, oltre che la più costosa. Poteva sicuramente comprarsi un appartamento, qualcosa di semplice, ma in quel caso non avrebbe avuto la soddisfazione davanti l'espressione della madre che controllava il conto della carta di credito a suo nome. La bionda si accomodò sul divano, prendendo un cuscino e stroppicciandolo.
«Ehi!» Le urlò contrariata di quel modo di fare. Kara le lanciò un occhiata, non capendo il perchè del suo tono alterato. «Non puoi entrare cosi nella mia stanza» Kara mosse il capo, scrutando con lo sguardo l'intera stanza.
«La tua stanza?» Chiese spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio
«Già» Sembrava volerla fulminare e il modo in cui si comportava, cosi innocente e timido, le dava ancora più fastidio.
«Ma non c'è il letto. Come fa ad essere la tua stanza se non c'è un letto?» Che razza di logica era mai quella? Si armò di tanta pazienza, come quando bisogna spiegare un concetto particolare ad un bambino capriccioso. Perchè Kara si stava comportando come tale dopotutto.
«Non funziona cosi. Il mio letto è nell'altra camera» 
«Quindi questa non è camera tua» Sentenziò l'altra incrociando le braccia al petto. Per un istante solo, Lena immaginò di prenderla per un orecchio e mandarla fuori ma il tutto durò solo un istante. Nuovamente prese un bel respiro e alzò le braccia, come a volersi arrendere.
«Sai che ti dico? Resta lì, tanto tra poco dovrai andartene» Kara non rispose, guardandola dirigersi in un altra stanza e aspettando di essere sicura di ritrovarsi da sola prima di sollevarsi la gonna e togliersi le scarpe di cristallo. Iniziavano a farle male quelle dannate scarpette. Per curiosità appoggiò i piedi sul divano, stendendosi a pancia in su, fissando il soffitto. Era comodo, pensò socchiudendo gli occhi per un secondo. Solo per un secondo. Non di più.
Quando Lena tornò, più rilassata di come se ne era andata grazie ad un paio di magiche pillole per lo stress, vide che Kara era distesa sul divano completamente addormentata. Sospirò, stanca e svogliata di stare appresso a quella sconosciuta maleducata, optando per reagire in maniera infantile. Si armò di un bicchiere e lo riempì fino all'orlo d'acqua gelida, pronta a riversarglielo sulla faccia. Restò lì, con il bicchiere fermo sopra la testa di Kara, desiderosa di buttarglielo addosso quando il telefono della reception squillò. Fermò il suo gesto, ascoltando la chiamata. La avvisavano che il taxi era arrivato, e poteva far scendere la sua ospite. Rigirò il bicchiere nella destra, tamburellando le dita contro il vetro. Scosse il capo, sicura di come si sarebbe pentita di quel gesto.
«Mandatelo via» Sentenziò, chiudendo la chiamata e mandando giù il bicchiere d'acqua. Andò vicino al divano, fissando l'altra dormire in una posa assai inquietante. Agitò di nuovo il capo, camminando per andarsene in camera propria quando sentì qualcosa di duro colpirle il piede. Era una scarpetta di cristallo. La prese in mano e le domande sulla sconosciuta non fecero altro che aumentare. Cristallo, puro cristallo. Dove se le era prese una come lei? 

Aprì gli occhi, ritrovandosi sul divano di Lena con una coperta sistematale poco sotto al mento. Con un gesto se la tolse, mettendosi seduta e stropicciandosi gli occhi per mandar via i rimasugli di sonno. La luce del sole illuminava la stanza e, solo quando si alzò, riuscì a vedere una vista mozzafiato. La sera precedente le imposte erano abbassate ma ora vedeva tutto chiaro, un panorama meraviglioso. Alte torri di metallo come quella dove si trovava ora, arrivano a toccare il cielo azzurro senza nuvole, lei sentiva quasi di poterlo toccare quel cielo. Avvicinandosi al vetro, facendo comunque attenzione, vide le persone camminare per le strade, piccole come formiche operaie, vide e sopratutto sentì le carrozze di metallo. C'era cosi tanto da vedere in quel regno che quasi le scoppiò il cuore dall'emozione. Tutta sola in quella stanza, provò ad immaginarsi cosa la gente facesse lì. Osservò i quadri appesi alle pareti, raffiguranti non guerrieri in armatura o eroi ma soltanto schizzi di vernice senza senso, osservò i mobili non di legno ma dai più svariati materiali e osservò il lampadario, non fatto con candele ma con luci di vetro. Si alzò, girando per le stanze le cui porte erano aperte o semichiuse. In una stanza c'erano mobili di metallo, uno di questi quando si aprì emise un aria fredda e rivelò avere del cibo al suo interno. Acchiappò da lì un dolcetto tondo, ricoperto di cioccolato e vi diede un timido morso, saggiandone il sapore. Delizioso. Talmente delizioso che lo divorò in pochi bocconi, sporcandosi le guance di cioccolato. C'era anche un'altra stanza con una vasca di porcellana gigantesca e con un piccolo armadio con contenitori arancioni pieni di pillole bianche. Era strano come per quanto provasse a leggere ciò che vi era scritto non vi riusciva, vedendo tutte le lettere sfocate. Provò interesse per la vasca e le sue manopole, una di colore rosso e una di colore blu. Girò quella blu e dell'acqua cadde dal cielo, bagnandole i capelli e gelandola. Girò di nuovo la manopola, questa volta la rossa, sperando di annullarne gli effetti ma l'acqua aumentò. Seduta sul bordo, investita da tale massa d'acqua, perse l'equilibrio e si ritrovò all'interno della vasca. L'acqua che continuava ad investirla, acceccandola e rovinandole il vestito, sputacchiò e si coprì il viso con le mani mentre provava ad uscire, senza molto successo dalla vasca. 

Era stato un rumore a svegliarla, qualcosa di insolito di cui non riuscì a capire bene la provenienza. Aveva chiuso a chiave la porta della sua camera da letto, stando lontana da Kara. D'altra parte non sembrava una ladra e se anche lo fosse stata non avrebbe potuto rubare nulla, non avendo niente di vagamente costoso all'infuori di quella camera da letto. Si alzò dal letto, provando a fare più attenzioni ai suoni ma non sentì niente. Il rumore che la aveva svegliata era sparito. Scrollò le spalle, aprendo l'armadio e scegliendo i vestiti da indossare per la giornata. Ancora in camicia da notte si preparò a cambiarsi quando sentì di nuovo un rumore sordo, come di un oggetto pesante che cade. Che Kara si fosse svegliata e avesse fatto qualche casino? Spalancò la porta e andò in soggiorno, non trovando la sconosciuta distesa sul divano ma in compenso trovando una scia di disastri. In cucina trovò il frigorifero aperto, con la maggior parte del cibo scongelato, trovò un cartone di latte caduto per terra e riversato sul pavimento e infine trovò numerose macchie di cioccolato sul pavimento, una vera e propria scia. Kara, era stata lei a far quel disastro. Seguì la scia di cioccolato, finita in corrispondenza della porta del bagno. Fece per spalancare anche quella porta quando venne battuta sul tempo da Kara che andò a sbatterle contro.
Kara le aveva dato una sonora testata, proprio in mezzo al naso. Si ritrovò a tenersi il naso, tirando su la testa con fare dolorante, controllando che non si fosse rotto. Fortunatamente aveva solo avuto una botta e nulla di più. Ripresasi dal colpo fulminò Kara, pronta a dirgliene quattro quando la vide. Non indossava l'abito dorato della sera precedente, no. Indossava il suo accappatoio, che le andava pure largo tra l'altro. La bionda si massaggiò la fronte, accennando ad un sorriso quando vide Lena.
«Buongiorno» Salutò con una voce quasi allegra. «Scusa se ho preso questo. Il mio vestito era tutto bagnato...» E indicò un punto all'interno del bagno. Presto si accorse di sentire qualcosa sotto i piedi, qualcosa di bagnato. Sgranò gli occhi nel capire come l'altra avesse lasciato tutto aperto e corse subito a chiudere i rubinetti. Non che ci fosse più nulla da fare ormai. Tutto il bagno era completamente allagato e l'artefice di tutto se ne stava lì, con un aria e un sorriso da ebete. Sentì bussare e per poco non si mise a urlare. «Vado ad aprire»
«Non ti azzardare!» Quasi scivolò nel raggiungere Kara per fermarla dal combinare altri guai. La minacciò, puntandole un dito indice con fare minaccioso. «Stai ferma. Combini solo guai» Si limitò a dire, evitando di usare espressioni volgari. Consapevole di essere ancora in camicia da notte andò alla porta, aprendola e sentendosi pronta ad urlare in faccia a chiunque avesse bussato quando vide il viso del diavolo in persona. Un demone con taileur viola che le sorrideva e che la rimise subito sull'attenti, forzandole un sorriso.
«Buongioorno mamma» Sibilò. Se c'era un momento in cui doveva lasciar esplodere ciò che covava, beh, sicuramente non era quello. Era proprio vero che al peggio non c'era mai fine.
«Buongiorno a te» Gli occhi della donna la guardarono da capo a piedi, notando come non fosse ancora presentabile. «Mi hai fatto preocupare. Non mi hai chiamato ieri sera e mi è stato detto che hai seminato la tua guardia del corpo»
«Non ho bisogno di una babysitter. Ed ero occupata» Si limitò a risponderle, cercando di bloccarle il passaggio. Lilian Luthor, capace di risultare viscida come un serpente e anche di sapersi muovere come tale. Nonostante il suo bloccare la porta riuscì con un movimento agile a farsi strada ed entrare nella stanza.
«Lo immaginavo» Mormorò la donna. Kara, ancora in accappatoio, sbucò da dietro l'angolo, provando forse ad infilarsi in una stanza ma congelandosi quando vide Lilian e si bloccò, sorridendole imbarazzata. Da dietro la madre, Lena si passò una mano sul volto, domandandosi cosa avesse fatto di male per meritarsi una giornata come quella.
«Buongiorno» Salutò con un sussurro Kara, diventata improvvisamente rossa nel rendersi conto di essere ancora in accappatoio. Aprì bocca per dire qualcosa ma non uscì nemmeno un suono. Lena si affrettò a raggiungerla, aprendole la porta della sua camera da letto e sperando che la madre non dicesse niente. Speranza vana per sua sfortuna.
«Lena» Il modo con cui sua madre la chiamò riuscì a farle gelare il sangue nelle vene. «Perchè non mi presenti la tua nuova amica?» Chiese sua madre con un falso sorriso, muovendo due passi in direzione delle due. 
«Non è come pensi» Anticipò qualsiasi pensiero potesse fare la madre. Kara non sembrava essere a suo agio, sia per il fatto che non era presentabile, sia perchè aveva percepito un aria piena di tensione. Tuttavia cercò di sorridere amichevole a Lilian Luthor, sperando magari di potersene andare via prima che succedesse qualcosa. La madre di Lena alzò un sopracciglio a tale affermazione, guardando Kara dalla testa ai piedi, sempre sorridente e con un aria altezzosa.
«Vedo che i tuoi gusti non sono migliorati» Accennò con una punta di scherno nei confronti della bionda. Lilian storse lievemente il naso, forzando ancora quel sorriso fastidioso. Ignorò la presenza di Kara, concentrandosi solo sulla figura della figlia quasi volesse trasmetterle il disappunto con gli occhi. Madre e figlia si guardarono negli occhi, una gara di sguardi di cui Kara era spettatrice. E del quale iniziava a sentirsi sempre più a disagio. Appoggiò la mano sulla maniglia, girandola lentamente e senza fare rumore.
«Non è come pensi» Ripetè Lena, mordendosi la lingua. 
«Come ti chiami?» Proprio mentre stava per scappare da tale situazione Lilian riportò l'attenzione su di lei. 
«Kara» Lilian annuì, guardando con la coda dell'occhio la figlia che intanto sembrava voler capire le sue intenzioni. 
«Dimmi...Kara» Lilian sfoggiò un sorriso tagliente come la lama di un coltello. «Vorresti essere l'ospite d'onore alla cena di stasera?» Quella proposta scioccò sia Kara che Lena. Nessuna delle due sapeva cosa dire ma Kara aveva capito una cosa. Aveva capito non appena gli occhi di Lilian Luthor si erano posati su di lei, due occhi freddi e crudeli privi di qualsiasi emozione positiva. 
Non sarebbe finita affatto bene per lei.

 

 

Come promesso ecco il primo vero capitolo di questa fanfiction. Cosa ne pensate?
Come avrete letto ha fatto il suo ingresso in scena la madre di Lena: Lilian Luthor. Ho voluto scrivere la mia Lilian Luthor un po estremizzata, da matrigna cattiva delle favole, potremmo dire ma questo lo vedremo meglio nei prossimi capitoli. 
Spero di non aver combinato disastri con i verbi (il mio tallone d'achille) e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 


Il prossimo capitolo si intitolerà: Una mela per i tuoi pensieri
No. I titoli normali non fanno per me XD Sarà pubblicato lunedi 3

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