The Institute of Rome

di Blissedni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Demoni a Villa Borghese ***
Capitolo 2: *** L'istituto ***



Capitolo 1
*** Demoni a Villa Borghese ***







1. Demoni a Villa Borghese
 
Uno scooter con un giovane ragazzo frenò all’improvviso imprecando in dialetto quando Lavinia gli tagliò la strada correndo dietro ad un demone Raum che si stava muovendo dall’altra parte della strada. Quando l’aveva visto entrare in una via laterale non aveva fatto in tempo ad applicarsi una runa dell’invisibilità e si era lanciata al suo inseguimento, andando a sbattere contro diversi mondani.
Per le vie di Roma si respirava aria primaverile già da qualche giorno: gli uccellini cinguettavano tra i rami degli alberi ancora spogli ed in cielo brillava un tenue sole. Turisti ed abitanti camminavano per le strade, scattando fotografie o correndo indaffarate verso i luoghi di lavoro ignari di ciò che realmente li circondava.
Lavinia rallentò la sua corsa e s’infilò nella via dove lo aveva intravisto poco prima. Normalmente questi demoni non se ne andavano in giro per la città di giorno, soprattutto in zone con tanta gente, agivano nell’ombra della notte, quando le prede erano sole e facili da uccidere. Lo vide intento ad intrufolarsi in uno stretto spazio tra due muri: il demone era grande all’incirca quanto lei, con una pelle formata da tante scaglie bianche e orrendi tantacoli al posto delle braccia. 
Venne investita da una botta di adrenalina, come ogni volta che si trovava in situazioni potenzialmente pericolose, e lentamente gli arrivò alle spalle facendo meno rumore possibile. ‹‹Camael›› Sussurrò, e la spada angelica che impugnava con la mano destra s’illuminò. Il demone si voltò di scatto ruggendo ed i suoi occhi senza fondo parvero diventare ancora più neri. Quando Lavinia lanciò il primo colpo lui si mosse in fretta provando a sbatterla contro il muro ma lei saltò in alto, come aveva fatto mille volte durante gli allenamenti, e fece roteare la lama luminosa colpendolo ad un tentacolo prima di atterrare. Si maledisse mentalmente di non essersi fermata a disegnarsi le rune di Agilità e Forza e di non aver studiato un buon piano prima di attaccarlo; era risaputo come questa specie di demoni fosse particolarmente abile. L’urlo che il demone emise fu inquietante e mentre Lavinia si alzava il Raum si girò e iniziò ad arrampicarsi sul muretto che bloccava la stradina dove si trovavano.
La Shadowhunters attraversò la via e con un saltò riuscì ad appendersi al bordo del muro che la separava dal demone ormai in fuga; si portò su con entrambe le braccia, poi saltò dall’altro lato ed atterrò con delicatezza sul pavimento prima di continuare l’inseguimento.
Ci mise un po’ a rendersi conto che si trovavano dentro l’imponente parco di Villa Borghese. Normalmente i cacciatori si tenevano alla larga il più possibile da questi spazi dove era possibile trovare diversi membri del popolo fatato: nessuno voleva inimicarsi il Conclave o infrangere gli accordi della Pace Fredda. Puntò verso una strada che portava allo Zoo, provando a capire dove il demone volesse andare. Nonostante l’allenamento, era più veloce di lei e l’unica soluzione era prevedere i suoi futuri movimenti e coglierlo di sorpresa. 
Si buttò all’interno di una zona più deserta e si trovò davanti ad un bivio: non aveva idea di dove si fosse cacciato il demone, ma vedendo dei mondani arrivare nella sua direzione, senza penarci troppo si buttò verso destra. 
Rallentò riprendendo fiato. Era riuscita a farselo scappare? Un movimento alle sue spalle la mise subito all’erta ma come si girò si trovò difronte il demone che con uno dei suoi tentacoli ricoperto da numerosi denti simili ad aghi, le graffiò la gamba.
‹‹Ah!›› Esclamò mentre la divisa da combattimento s’impregnava del suo sangue. Non aveva tempo di pensare a medicarsi le ferite, doveva prima di tutto colpire il demone.
Strinse la spada e la alzò in aria, pronta a sferrare un colpo. Colpì con tutta la sua forza e la lama angelica andò a tagliare un tentacolo del demone come fosse burro mentre quest’ultimo emetteva un verso stridulo da far accapponare la pelle.
Lavinia era già pronta per sferrare un nuovo colpo. Lui però riuscì a prevedere la sua mossa e la scaraventò a terra con una tale violenza che le fece cadere di mano l’arma, la quale andò a finire lontano da lei, spegnendosi. ‹‹Accidenti!››.
Provò ad alzarsi ma il demone le fu sopra. Aveva la bocca perfettamente circolare spalancata ed i tentacoli che le si stava stringendo attorno al collo per ferirla. Pensò a come fare per avere la meglio, quando il Raum le esplose addosso ricoprendola di icore e melma bianca appiccicosa. 
‹‹Ti ostini a cacciare da sola, Lavi?›› In piedi davanti a lei, con una mano tesa c’era Fabio, il suo migliore amico, suo fratello gemello, il suo parabatai. Aveva Uriel in mano e uno sguardo fiero come solo un Fonterossa poteva avere.
‹‹Cosa diamine ci fai qui?!›› Chiese mettendosi in piedi, senza l’aiuto del fratello. Se c’era una cosa che le avevano insegnato durante l’addestramento era di non chiedere aiuto per ciò che poteva fare da sola.
Andò a raccogliere la sua arma mentre il gemello la osservava appoggiato ad un albero, con le braccia conserte e la gamba destra leggermente piegata. I suoi occhi color miele, gli stessi che anche lei aveva, sembravano risplendere sotto i raggi del sole che filtravano tra le foglie degli alberi. ‹‹Poteva succederti qualcosa di brutto Lavi››. Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
‹‹Siamo Shadowhunters, Fabio! Siamo nati per combattere demoni.›› Disse con una vocina stridula. Sembrava che dovesse convincere più se stessa.
‹‹Ma siamo anche parabatai… o ti sei scordata di cosa significa questo? Dove vai tu…››
‹‹Vado io.›› Finì per lui. ‹‹Lo so. Ma era solo uno stupido demone.››
‹‹Che ti ha disarmata.›› Disse lui, con una rabbia negli occhi che non gli vedeva da tanto tempo. ‹‹Non sei più concentrata da quando…›› Non finì la frase ma Lavinia sapeva perfettamente cosa stava per dire “Da quando nostra sorella è stata assassinata”. Era successo otto mesi prima, e non passava un solo giorno in cui non sentisse la sua mancanza. Virginia Fonterossa era una degli shadowhunters più promettenti d’Italia che, alla vigilia della sua partenza per l’istituto di Mosca era stata trovata morta poco lontano dall’Istituto. 
Ma prima di essere una shadowhunters, una guerriera dell’Angelo, una combattente… Virginia era sua sorella, la sua confidente e quanto di più simile ad un genitore avesse mai avuto, dopo che i suoi erano morti durante la Guerra Oscura per difendere Idris. 
‹‹Guarda che puoi nominarla, non fa nulla.›› Disse evitando di guardarlo in faccia. Odiava rendere suo fratello preoccupato ed ancora di più farsi vedere debole ed indifesa.
Lui le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle.
‹‹So che ti manca. Manca anche a me. So anche quanto eravate unite Lavi… ma non puoi andare avanti come se non t’importasse di morire.››. Le sue mani erano calde a contatto con la sua pelle e Lavinia dovette sforzarsi di trattenere le lacrime.
‹‹Non voglio morire Fabio. Voglio solo vendicarla.›› La presa del fratello si addolcì un po’.
‹‹Non la vendicherai se corri alla ricerca di demoni a caso. Quel Raum poteva portarci alla sua tana, ne avremmo potuti trovare di più›› 
‹‹Come fai a rimanere così calmo quando ne vedi uno?›› La voce di Lavinia tremò mentre una lacrima iniziava a scenderle lungo il viso. Fabio l’attirò a se e la chiuse in un abbraccio paterno. Lavinia si lasciò stringere da suo fratello mentre tirava indietro le lacrime.
‹‹Ora fammi vedere queste ferite›› Disse lui separandosi e sfilandosi lo stilo dalla cintura, mentre s’inginocchiava verso la sua ferita.  ‹‹Credo tu abbia bisogno di un iratze.››
‹‹Non è nulla››. Lavi s’interruppe mentre il suo viso si rilassava. ‹‹Posso resistere fino all’istituto.››
‹‹Non essere sciocca›› Disse il gemello che stringeva ancora tra le mani lo stilo che una volta era appartenuto al padre. Lavinia sbuffò con fare arrendevole e rimase immobile mentre la familiare sensazione di calore della runa sulla sua pelle non alleviò il dolore che provava. Suo fratello aveva ragione, doveva essere più attenta, non poteva lasciarsi trasportare così dalle emozioni. Doveva rimanere concentrata o prima o poi si sarebbe messa nei guai.
‹‹Penso che dovremmo tornare all’istituto, così puoi levarti di dosso questi stracci insanguinati.›› Improvvisamente l’atmosfera tra i due si era alleggerita, come se qualcuno avesse aperto una la finestra e tutte le cose brutte fossero uscite fuori. 
Fabio le voleva bene più di ogni altra cosa al mondo e per lei era lo stesso. Il fatto di essere uniti dal legame parabatainon faceva altro che ampliare l’amore che provava per il fratello gemello. A volte, quando agiva impulsivamente, si scordava che c’era qualcuno che le voleva bene e che avrebbe sofferto se le fosse successo qualcosa.
Si tolse un elastico dal polso e si legò i lunghi capelli castani, tutti impiastricciati di terra e sangue di demone e seguì il fratello verso l’istituto.

 

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Capitolo 2
*** L'istituto ***


 
L’Istituto di Roma sorgeva nel centro della città, ben nascosto da diversi incantesimi che lo rendevano a chi non aveva la Vista una vecchia chiesa diroccata.
Ogni giorno migliaia di turisti vi passavano davanti ignari di cosa ci fosse realmente dietro quelle rovine, magari alcuni scattavano anche diverse foto-ricordo, credendo che si trattasse di qualche importante monumento.
Fabio viveva lì da quando era piccolo, assieme alle sue sorelle, da quando i suoi genitori erano morti combattendo.
Faticava a ricordare com’era la loro vita quand’erano ancora una famiglia. Una volta vivevano in una villetta nella regione centrale dell’Italia, in un paesino con molto verde e molti demoni che tenevano i suoi genitori impegnati tutto il giorno.
Poi c’era stata la Grande Guerra, Valentine e Sebastian Morgenstern. I suoi erano andati ad Idris spinti dalla loro indole combattiva e non erano più tornati. 
Chiara Malatesta, il capo dell’Istituto di Roma, nonché loro zia materna li aveva presi con sé e lì aveva trattati come figli suoi, senza fargli mancare mai nulla.
I primi anni erano stati duri, soprattutto per Lavinia che era sempre stata la più fragile delle sue sorelle. Ma pian piano aveva tirato fuori una sorta guscio ed era diventata estranea alle emozioni. Fino all’estate prima, quando Virginia, la loro sorella maggiore era stata uccisa.
Per uno Shadowhunters non era strano morire giovane, magari ucciso in battaglia. 
Ma sul corpo non era stato trovato nessun segno di un combattimento o ferite tipiche di demoni, ma rune disegnate con il sangue. Nemmeno i Fratelli Silenti erano riusciti a capire di cosa potesse trattarsi. Il conclave poi era troppo preso dai suoi affari interni e dai numeri sempre minori di Cacciatori, per preoccuparsi di un omicidio.
Chiuse gli occhi e provò a scacciare dalla testa questi ricordi. Era stata una lunga giornata e rincorrere sua sorella per le strade della città non gli piaceva particolarmente. Lui si fidava di lei e delle sue capacità di cacciatrice ma l’idea di perdere qualcun altro nella sua vita lo terrorizzava. Passò la mano sulla runa parabatai e si chiese se anche per lei fosse lo stesso.
Non c’era da stupirsi se sua sorella si fosse lanciata all’inseguimento di quel Raum da sola.
La possibilità di uccidere un demone, se fino a pochi mesi prima era stata una necessità del loro essere, dopo la morte della sorella maggiore era diventata un qualcosa di estremamente soddisfacente. Quando le lame delle loro spade affondavano in quei corpi putridi e questi esplodevano come palloncini lasciati troppo al sole, per un breve momento, riusciva a sentire un calore dentro che era quasi certo di poter chiamare vendetta. 
Guardò l’orologio a forma di Topolino sopra il comodino, uno scherzoso regalo di sua sorella e vide che erano quasi le sei. Chiara era andata ad Idris quel pomeriggio e sarebbe tornata a breve, così s’infilò velocemente una tuta e scese verso lo studio.
 
 
 
Lavinia entrò in camera sua e si andò a fare una rapida doccia e s’infilò dei jeans ed un maglioncino pulito. Prese i vestiti della divisa che indossava prima e la gettò in un secchio già pieno di indumenti che usava durante i combattimenti.
Guardò fuori dalla finestra e vide l’inconfondibile sagoma della cupola di San Pietro illuminata che risaltava sul cielo che lentamente si stava scurendo.
Scese verso lo studio di Chiara e vide che suo fratello la stava aspettando, seduto su una poltroncina di velluto verde con in mano un giornale mondano. Andò a sedersi vicino a lui e gli scompigliò i capelli.
‹‹Fab forse è ora di tagliarti i capelli›› Si fermò brevemente per attendere una risposta dal fratello e vedendo che non arrivava continuò. ‹‹Se vuoi posso provare a metterci mano io››.
‹‹Sorellina ti ricordo che l’ultima volta che hai toccato i miei capelli mi sono ritrovato mezzo pelato.›› Lavinia sorrise come faceva ogni volta che non voleva essere rimproverata e lui alzò gli occhi al cielo. In un modo o nell’altro lei riusciva sempre a cavarsela.
Qualcuno bussò alla porta e senza aspettare una risposta una giovane donna dai capelli fuxia entrò nello stduio. Augusta Lane era il sommo Stregone di Roma. Aveva l’aspetto di una trent’enne ma Lavinia sapeva bene che probabilmente di anni ne aveva almeno 700.
‹‹Ecco i piccoli Fonterossa›› Disse sorridendo a Fabio. ‹‹Sono qui per parlare con vostra zia, ho ricevuto un messaggio di fuoco e a quanto pare ad Idris è scoppiato l’inferno››.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo preoccupato. ‹‹Tranquilli vostra zia sta bene, ma sembra che l’Inquisitore sia stato ucciso››. Disse con tranquillità.
Un bagliore violaceo apparve davanti a loro e lo studio s’illuminò come se fosse apparso un piccolo sole al suo interno. Il portale pian piano cresceva di dimensioni e quando ebbe raggiunto la grandezza giusta per far passare una persona, Chiara Malatesta comparve tra di loro.
Aveva l’aria stanca ed i lunghi capelli grigi erano tutti arruffati. Fabio le si gettò tra le braccia, cosa che sorprese molto la sorella.
‹‹Immagino che Augusta come al solito non sappia tenere la bocca chiusa›› 
‹‹Non pensavo fosse un segreto›› Disse sorridendo.
Lavinia si era seduta dove prima si trovava il fratello che ora si era appoggiato alla scrivania della zia. Gli occhi erano iniettati di rosso e sembrava veramente sconvolta, così che Augusta la fece sedere e con uno schiocco delle dita riuscì a far comparire un vassoio con due tazzè di thè e due maritozzi con la Nutella.
‹‹Servitevi pure, giovani Shadowhunters.›› Disse indicando i panini dolci. ‹‹Lasciate il thè per me e vostra zia››.
Lavinia si fiondò sul maritozzo, combattere le metteva sempre molta fame, mentre suo fratello faceva un cenno di no con la mano. Guardava impazientemente la zia, voleva sapere cos’era successo ad Idris.
Chiara prese la tazzina di porcellana e mandò giù un sorso di thè, poi si schiarì la voce ed iniziò a raccontare. 
‹‹Conoscete tutti la famiglia dei Blackthorn?›› Disse giocherellando con un grosso anello che portava al mignolo. ‹‹Tanto tempo fa uccisero un membro della loro famiglia, Annabelle, perché si era innamorata di uno stregone…››
‹‹Malcom Fade›› Disse Augusta, improvvisamente attenta al racconto. ‹‹Lei divenne una sorella di ferro…››
‹‹No, Augusta. Venne uccisa.›› Ebbe un momento di pausa, come se stesse ripensando agli eventi. ‹‹Malcom l’ha scoperto ed ha effettuato un potente incantesimo di negromanzia per riportarla in vita››.
La strega dai capelli fuxia aveva un espressione a dir poco sconvolta; si era seduta su una vecchia sedia e aveva unito le mani sul grembo.
‹‹Malcom è un potente stregone ma non farebbe mai una cosa del genere… È il Sommo stregone di Los Angeles, lui non…››
‹‹Augusta, è la verità. Annabelle è tornata in vita ed ha ucciso Malcom.››
‹‹Malcom è…›› Scosse la testa. ‹‹Non è possibile››.
‹‹Mi dispiace. So che eravate amici. Ma a quanto pare ha mentito a tutti ed ora Annabell è in vita e per di più ha ucciso Robert Lightwood, l’inquisitore.›› 
‹‹Vuoi dire che sei andata ad Idris per una specie di zombie?›› Fabio sbiancò e diede una gomitata alla sorella e le sussurrò di stare zitta. Chiara le lanciò un occhiataccia, e continuò il suo racconto.
‹‹Ho proposto io di usare su di lei la spada mortale… mi sento in parte responsabile. È per questo che tornerò ad Idris per aiutare il più possibile.›› Si alzò dalla sedia e guardò i nipoti.
‹‹Voi rimarrete qui, vi allenerete e continuerete la normale routine dell’Istituto.›› Improvvisamente sembrava essere tornata la donna austera che era sempre stata.
‹‹Augusta, ho bisogno di sistemare alcune cose ma vorrei che tra un ora tu mi riaprissi un portale per Idris.›› 
‹‹Certo Chiara…››
‹‹Ora ragazzi, se non vi dispiace, vorrei parlare con lei in privato.››
Lavinia stava per ribattere ma suo fratello la guardò male, così decise di rimanere in silenzio ed ubbidire alla zia. Avrebbe sempre potuto origliare da dietro la porta.
Si alzarono senza dire nulla ed uscirono dalla stanza mentre la zia, sottovoce, parlava di un certo Volume Nero.
 
 
 
La freccia colpì per la terza volta di fila il centro del bersaglio ma Fabio non sembrava ancora soddisfatto. In passato la sua famiglia era stata fonte di decine di Shadowhunters coraggiosi che avevano sempre combattuto in prima linea tutte le battaglie più sanguinolente. C’era stato un tempo in cui era convinto che sarebbe diventato il più famoso Shadowhunters di sempre, ma poi aveva capito che l’unica cosa che gl’importava era tenere al sicuro la sua famiglia. Ed aveva fallito miseramente dopo che Virginia era morta.
Venne risvegliato dai suoi pensieri quando Marta, una cacciatrice che viveva come loro all’istituto, entrò in armeria, con una borsa carica di spade angeliche.
‹‹I fratelli Silenti ci mandano queste›› Disse posando il borsone ed estraendo una lama spenta da lì dentro. ‹‹Nuovi ghiocattoli.›› Sorrise e per un attimo Fabio pensò a quanto gli sarebbe piaciuto per una sera essere solo un mondano e poter portare una ragazza a cena fuori come facevano i suoi coetanei. A diciasette anni non aveva mai avuto una storia, mai dato un bacio.
‹‹Tutto bene? Sembri distratto.›› Lui fece cenno di si con la testa e lei si mise a sistemare le armi che aveva appena portato.  
‹‹Chiara è tornata?›› Chiese Marta dopo un po’ mentre lucidava una spada. Sedeva su una panca in modo composto, con la schiena dritta come se dei fili la tenessero legata. Aveva i lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon disordinato e vedendola così a Fabio sembrava una ballerina di quegli spettacoli che sua sorella vedeva nella piccola televisione che erano riusciti ad installare nella sua camera. 
‹‹Si, ma è già ripartita per Idris. Ci sono stati problemi.›› Vide nei suoi occhi verdi un velo di delusione. Probabilmente le dispiaceva non averla vista per niente.
‹‹Qualcosa di grave?›› Chiese alzandosi ed iniziando a riporre le armi. Ora era di spalle ed era intenta a mettere dei pugnali in alto, mentre si reggeva sulle punte. 
‹‹Hanno ucciso l’Inquisitore›› Disse mentre le si avvicinava per aiutarla. Non c’erano doppi fini in quel gesto, ma si ritrovò con il suo corpo schiacciato su quello di lei mentre le toglieva dalle mani le lame e le posava con facilità al loro posto.
‹‹Ecco fatto›› Disse rendendosi conto di come i loro corpi si erano avvicinati. Vivendo con due sorelle, per lui era normale trovarsi vicino a delle ragazze, ma qualcosa in lei lo turbava profondamente e non riusciva a capire il perché. Sentiva l’odore della sua pelle, sapeva di acqua di rose e menta e percepiva il calore del suo corpo a contatto con il suo.
Si allontanò di colpo dalla ragazza mentre le guance gli diventavano rosse. Lei sembrò non averci fatto più di tanto caso a quel contatto tra i loro corpi.
‹‹Robert Lightwood ucciso? Com’è successo?›› Sembrava realmente preoccupata.
Le raccontò tutto quello che Chiara aveva detto prima ed in un attimo tornò ad essere un Cacciatore e non più un ragazzino in preda ad una crisi ormonale.
Erano stati giorni pesanti, pensò, tra la partenza di Chiara per Alicante ed i preparativi per l’arrivo di un nuovo cacciatore dall’Australia che aveva deciso di passare il suo anno all’estero a Roma. Era normale, pensò, distrarsi ed avere pensieri confusi.
Salutò Marta e risalì verso le sue stanze, senza passare nemmeno da sua sorella per la buonanotte. 
 

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