non arrenderti

di Saturday Marx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Renascatur ***
Capitolo 2: *** Adamantio ***
Capitolo 3: *** Genoma W ***
Capitolo 4: *** All’attacco ***
Capitolo 5: *** Hudson ***



Capitolo 1
*** Renascatur ***


Quelle cinghie avrebbero tenuto a bada un rinoceronte. Erano strette, ben stretta, ma d'altronde non si poteva sapere come avrebbe reagito il soggetto una volta sveglio. 12 ore erano passate dall'intervento, il suo risveglio era imminente. Era stato sedato solo il tempo necessario per l'operazione, in quel momento si stava godendo un sonno naturale. Non che avesse bisogno di riposo, negli ultimi anni era stato morto.

L'esterno era tranquillo, come al solito. Il cimitero monumentale di GREEN-WOOD, Brooklyn, era l'unico luogo sicuro della città. Non capivamo perchè era l'unico luogo non stato distrutto dai Rutans. Sapevano che potevamo solo riparaci qui, quindi la nostra cattura era solo questione di tempo. Fuori era freddo, molto freddo; la legna ricavato dagli alberi del posto era l'unica fonte per riscaldare.

Lui si svegliò. Fece l'empressione tipica di chi ha fatto uno strano sogno. Provò a muoversi, ma le cinghie lo bloccarono. Provò a parlare, ma non ci riusciva, non ancora. Si guardava attorno confuso, non capendo. Girando la testa verso destra vide avvicinarsi qualcuno, un ragazzo.
"Ben svegliato, dormito bene ? Non puoi parlare, non ancora. Rispondimi facendo cenno con la testa. Ricordi chi sei ?" disse Wilbur. Dall'altra parte ci fu un cenno di assenso. "Hai qualche ricordo, qualsiasi ricordi antecedente ad oggi ?" chiese il ragazzo. Dopo qualche secondo di spaessatezza ci fu un altro cenno di assenso.
"Ottimo, le funzioni cerebrali sono intatte. Adesso dimmi, sai chi sono o dove ci troviamo?". L'uomo si guardò attorno, un po' spaesato, poi guardò quel giovane avanti a lui, lo guardò molto attentamente. "No!" disse con un filo di voce. Quel no colpì Wilbur, positivamente, non era sicuro che la voce potesse tornare così in fretta. Era soddisfatto del lavoro.
"Molto bene. Adesso cerca di tranquillizzarti, ti trovi tra amici. Ti abbiamo legato perchè non sapevamo come avresti reagito, ma sembra che i risultati siano ottimi." sottolinò il giovane. Dall'altra parte c'era ancora spaesatezza. Era ormai abbastanza sveglio e lucido da chiedersi cosa fossero tutti quegli aghi alle braccia e quei sensori sparsi per il corpo.

Era di natura istintivo e diretto, ma c'era qualcosa in quel ragazzo che lo tranquillizzava, qualcosa che gli diceva di potersi fidare. Wilbur si alzo' e prese un bicchiere di acqua da un mobiletto affiano al letto, lo fece bere al suo ospite. Lo vide tranquillo. Si chiese se poteva azzardarsi a sciogliergli le cinghie. Non era il momento per essere titubanti. Senza pernsarci due volte allungò le mani su di un phone che aveva in tasca e dopo qualche secondo le cinghie si sbloccarono. La reazione dall'altra parte fu di mettere le mani sul petto, ma non per prepararsi ad un attacco, fu solo un gesto insintivo.

Wilbur con attenzione gli levò tutti gli aghi e i sensori. L'uomo si mise a sedere sul lettino, cercando ancora di connettere tutti i neuroni. In quel momento si sentì aprire una porta. "Bene, è arrivata." disse felice Wilbur. L'uomo non fece a tempo a chiedere chi fosse che si ritrovò davanti una donna. Quasi gli prese un colpo, la riconobbe subito malgrado non fosse più bambina. Wilbur se ne accorse. Anche la donna rimase quasi a bocca aperta. "Papà!" disse lei lasciando cadere una busta che aveva in mano. "Laura!" disse Logan quasi commosso. I due si abbracciarono a lungo, Laura aveva le lacrime per la felicità. Logan chiuse gli occhi, felice, voleva godersi il momento.
Era cambiato. Prima che Logan potesse dire altro Laura gli fece una domanda a bruciapelo. "Papà qual'è il tuo ultimo ricordo?" Logan, mentre teneva le mani sulel spalle della figlia tentò di andare indetro nel tempo. "Cavolo. Ricordo che era steso a terra, sanguinante Ricordo di averti detto qualcosa, ricordo le tue lacrime." disse Logan sforsandosi di ricordare. Laura gli fece la brutta domanda. "Ricordi di essere morto ?" Dall'altra parte ci fu uno sguardo incredulto, perso quasi nel vuoto. No, non se lo ricordava. La donna, con l'aiuto del ragazza aiutò a mettere in piedi il padre. Laura lo guardò. "Papà, dobbiamo parlare di tante cose, di 50 anni di storia".

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Capitolo 2
*** Adamantio ***


 
Wilbur, Logan e Laura erano seduti al tavolino all’interno di una piccola casetta di legno che prima veniva usata come deposito per gli attrezzi. Nel giro di poche settimane era stata modificata in modo da diventare abitazione e luogo di cure.

Laura stava raccontando al padre quello che si era perso durante tutti quegli anni. “Dopo che tu sei morto sono stata per un po’ con gli altri bambini, avevamo trovato il nostro Eden, ma lì non mi sentivo a casa. Dopo poche settimane sono andata via senza dire niente a nessuno. Ad un certo punto i mutanti si sono divisi in due fazioni, contrastanti. Io non mi sono mai esposta o preso le parti perché negli anni ho girato molto. Il problema vero risale a 16 anni fa quando un’azienda, la Steeltech di Los Angeles ha deciso di potenziare i mutanti che lo desiderassero sottoponendosi a dei trattamenti top secret. Qual è stato il risultato ? I mutanti che si facevano aiutare in realtà venivano potenziati con delle tecnologie all’avanguardia impiantate nelle loro ossa. Vengono chiamati Rotants, mezzi robot e mezzi umani.” Logan ascoltava imperterrito le parole della figlia mentre Wilbur era intento a cucinare. La neve all’esterno cadeva indisturbata rendendo il Green-Wood quasi gradevole alla vista. “Devi sapere che il genere umano non mutante è quasi in estinzione. Sul pianeta ormai solo 10% delle persone non sono mutanti, questo perché ad un certo punto i Rotants hanno reso obbligatorio l’accoppiamento tra umani e mutanti rendendo la prole, secondo loro, più resistente ancora. Una nostra ricerca ha effettivamente dimostrato che è vero. Negli anni gli scontri tra le due fazioni si sono fatte sempre più violente. Le grandi città sono tutte state rase al suolo, lasciando intatti solo i cimiteri; non capiamo ancora il motivo. E’ un posto dove le persone possono nascondersi, dovrebbero saperlo.” Logan si alzò di scatto, troppe informazioni tutte assieme gli stavano creando confusione. Wilbur cercò di consolarlo. “Tu eri morto papà, per gli altri, ma io non ci credevo. Qualche giorno fa sono tornata nel punto in cui ti abbiamo seppellito e ti ho riesumato. Ci speravo nell’animo mio, ma non 
 credevo di trovarti integro; così è stato. Quasi 50 anni erano passati da quel giorno, eppure tu eri esattamente come ti avevamo lasciato. Un morto dopo tanti anni si consuma, tu no, perché non eri morto veramente, Ti ho caricato e ti ho portato qui dove Wilbur ti ha aiutato a tornare da noi.” Logan si guardò il corpo, ricordava le cicatrici ma in quel momento aveva la pelle totalmente intatta. “. Avevo già calcolato con Wilbur la possibilità che l’adamantio fosse diventato troppo velenoso per il tuo corpo così ti abbiamo aperto, abbiamo estratto tutto il metallo con degli strumenti di nostra invenzione, lo abbiamo trattato con del titanio per renderlo meno dannoso e te lo abbiamo reiniettato. Dopo poco è successo quello che speravamo. Le cicatrici hanno cominciato a sparire e il tuo colorito è tornato normale.” Logan si girò verso uno specchio, non aveva più capelli e barba bianchi, era tornato giovane come un tempo. Negli suoi molti anni di vita aveva pensato molte volte di morire, ma non aveva mai pensato che il suo veleno poteva essere proprio quello scheletro metallico che lo rendeva un grande x-men. Si girò verso Laura, la figli che ora era diventata una donna, non dimostrava ovviamente la sua età. “E questo ragazzo ? L’hai conosciuto durante il cammino ?” chiese Logan incuriosito. Laura dovette sopprimere un sorriso. “Guardalo bene, non ti ricorda nessuno ?” disse lei con tono serio. Logan lo guardò come non aveva fatto prima; era alto, robusto, con il volto gentile. Abbassò la testa per pensare. Aveva conosciuto tante persone nel passato con quelle caratteristiche, era lunga la lista nei suoi pensieri. “Papà, Wilbur è tuo nipote, mio figlio”.

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Capitolo 3
*** Genoma W ***


Il buio era calato; la notizia di Laura lo aveva quasi sbalordito. Wilbur era suo nipote, il terzo Wolverine il linea diretta. Gli aveva chiesto chi fosse il padre, ma Laura non ha risposto. Cercò di rispettare il suo silenzio capendo che aveva toccato un punto dolente.Wilbur mise a tavola del coniglio, lo aveva catturato durante una perlustrazione.


Continuarono il discorso dopo cena. “Abbiamo bisogno del tuo aiuto per distruggere l’azienda in modo da impedire questi esperimenti sui mutanti. Sono riuscita a creare un buon gruppo di persone, e ogni giorno andiamo a combattere i Rotants ma è sempre più difficile, aumentano in modo esponenziale la loro forza. Non sappiamo cosa gli iniettino o trapiantino, dobbiamo scoprirlo e impedire che continuino.” Logan li guardò; era la prima volta, dal dopo guerra, che rifletté sul suo potenziale combattivo. “Come è possibile che voi non riuscite a sconfiggerli da soli? Siete dei Wolverine, avete un potenziale genetico che nessun mutante ha!” Laura capì il suo discorso. Wilbur in quel momento fece uscire i suoi di artigli, erano identici a quelli del nonno.Logan lo guardò, era sicuro che si era iniettato quella maledizione anche lui. “Questi ci aiutano, il nostro potere ci aiuta, ma ormai la rigenerazione cellulare è una cosa che hanno tutti i mutanti.”disse Wilbur guardando il nonno. 


Quelle parole ebbero un brutto effetto su Logan. “La Steeltech ha lanciato dei piccoli missili in aria, a circa 20.000 metri sono esplosi rilasciando sulle nubi una polvere che, mescolandosi alla naturale umidità, ha reso tutti i mutanti rigenerabili di tessuto. Siamo abbastanza sicuri che quelle polveri sono state create grazie al tuo genoma, il come ancora non lo sappiamo.” Logan si era alzato, non ne poteva più; anche un essere come lui non poteva sopportare troppe negatività. “Forse il trattamento lo ha indebolito.” PensòWilbur, sperava di no. Logan si andò a sciacquare la faccia; gli vennero in mente tutte le battaglie in cui negli anni aveva preso parte. I suoi artigli erano un’arma che lui aveva sempre usato, ma in cuor suo era una maledizione che chissà per quanto ancora poteva sopportare. Quel metallo lo aveva ucciso, lentamente. Ora era di nuovo vivo e si sentiva vivo. Si sedette sul water pensando aWilbur e Laura. Aveva una famiglia, e ne gli ultimi 50 anni se l’era persa. Fece un patto con se stesso. Li avrebbe aiutati nell’impresa e se sarebbe sopravvissuto avrebbe cambiato vita. Si alzò e tornò dai suoi. Li guardò bene in faccia.” Facciamolo, spediamo quei bastardi all’inferno!” disse Logan più motivato che mai.Wilbur e Lura sorrisero ed esposero il piano a Logan. Un piano a lungo studiato


Steeltech Industry, Hudson Heights, Marcusstava controllando il suo progetto. Oltre la vetrata di protezione stava vedendo l’avverarsi dei suoi ultimi studi. Li avrebbe chiamati P-Rotants (perfect rotants) se sarebbero sopravvissuti. I tecnici erano intenti ad inserire e controllare dati ai computer. Marcus guardò l’esterno, il fiume Hudson era gelato ma in quel momento il tempo si era calmato. La quiete prima della tempesta.
 

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Capitolo 4
*** All’attacco ***


Logan non avrebbe mai immaginato che quello che aveva avanti a lui era quella che un tempo veniva chiamata New York City. Non era rimasto più nulla di intatto, i Rotants avevano distrutto tutto durante la ricerca dei fratelli mutanti non ‘trattati’. Non era solo quella città ad essere distrutta, tutto il mondo era stato soggetto a violenze. Mezz’ora prima si erano riuniti al centro del cimitero dove Logan aveva conosciuto gli altri componenti del gruppo, mutanti sfuggiti dalle grinfie dei Rotants. Non avevano armi, dovevano contare solo sui loro poteri. Camminavano in direzione fiume Hudson, dove aveva sede la Steeltech, luogo di misteriosi esperimenti. Non avevano mezzi a disposizione, i nemici li avevano o distrutti o presi per loro. Avevano passato la notte a studiare un piano. Wilbur stava avanti con suo nonno, Laura era un po’ indietro con tutti gli altri. Logan guardava quel ragazzo, il nipote che sembrava la sua fotocopia con qualche anno in meno. Non avevano parlato un gran che dal suo risveglio, non sapevano quasi che dirsi. Un uccello passò di lì, era l’unica fonte di rumore nel posto.
 
Marcus se ne stava davanti agli schermi del computer a controllare quei viandanti. L’idea di creare degli uccelli robotici quasi indistinguibili da quelli veri per spiare le vie della città si era rivelata un’ottima idea. Il suo sguardo era fisso su colui che sembrava il capo del branco. Ne aveva sentito molto parlare ma sapeva anche che era morto mezzo secolo prima. “Wolverine, avrò il piacere di conoscerti” disse soddisfatto. Alle sue spalle le sue guardie del corpo se ne stavano silenziose. Marcus si accese un sigaro d’annata, fece due tiri dopodiché digitò dei comandi al computer. “Vediamo di che pasta siete fatti.”
 
Nello stesso momento Laura andò da Logan. “Tra poco avremo visite. Quello che ci è passato sulle teste poco fa era un uccello-spia robotico, creato per tenerci d’occhio.” Le parole di Lauranon toccarono Logan, anzi gli fecero tornare in circolo quell’adrenalina che non sentiva da anni. Era sempre stato un combattente, anche se non da subito dalla parte giusta. Si guardò gli artigli, era la prima volta da quando era sveglio che lo faceva. Erano lucidi, nuovissimi e nel loro riflesso vide un Logan che non aveva mai visto, motivato a fare la cosa giusta per poter poi alla fine smettere di usarli. In sé sentiva di essere cambiato; forse il trattamento dell’adamantio, forse il lungo sonno, forse la vista di una famiglia che a volta aveva sognato. 
 
Un mini jet partì dalla pista laterale della Steeltech. Il T-322 era un aereo di creazione dell’azienda, capace di prendere il volo dopo una breve rincorsa e raggiungere velocità senza precedenti.
 
Wilbur sentì l’aereo che arrivava, aveva un udito ottimo. Avvertì il resto del gruppo che nel giro di pochi secondi qualcuno sarebbe arrivato. Non potevano nascondersi, in quel luogo non ce n’era possibilità. Dopo un minuto un aereo arrivò sopra di loro e da questo si lanciarono delle persone. Laura era la prima volta che lo vedeva. Dall’altro cinque Rotants caddero sull’asfalto perfettamente in piedi, senza accusare alcun colpo. Wolverine li guardò, la sua adrenalina era in circolo, era pronto. “Fatevi sotto” urlò ai cinque. Loro ridevano, incoscienti di essere al cospetto del Wolverine originale.
 

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Capitolo 5
*** Hudson ***


Erano loro, i temuti Rotans. Cinque esseri, tutti uguali, erano avanti a Wolverine. Il suo gruppo li guardava, li studiava. Logan non aveva paura, non l’aveva mai avuta. Oltre duecento anni di battaglie lo avevano fatto diventare una macchina senza timore. Laura era dietro di lui, al fianco il figlio aveva lo stesso sguardo del nonno. Se solo potesse vederlo il padre penso’ Laura. Il pensiero fu cancellato un secondo dopo, quando Logan fece uscire i suoi artigli. Era proprio come lo ricordava. Wilbur diede un bacio alla madre poi ando’ al fianco del nonno. Wolverine lo guardo’, vide nel suo sguardo il proprio sguardo. Un cenno di consenso da ambedue le parti basto’ per creare coppia. Quegli esseri vennero avanti, Laura cerco’ di portare gli altri al riparo. Loro erano li’, a guardare senza la minima paura. I cinque scattarono avanti e lo stesso fecero Logan e Wilbur. Gli artigli erano un marchio di famiglia. Uno scontro come Wolverine non ricordava da tempo. I cinque esseri uguali erano alti sui due metri, muscolosi, pelle color blu e apparentemente senza indumenti addosso. Erano forti e veloci, ma i Wolverine erano combattenti di natura. Gli artigli superaffilati penetravano le carni con difficolta’. Logan si ricordo’ in quel momento che erano per meta’ robot. Bisognava giocare d’astuzia. L’unico modo per abbatterli era decapitarli. Guardo’ per un secondo il nipote, lui ne aveva gia’ ucciso uno e stava combattendo con un altro. Il quel momento l’adrenalina era al massimo picco. Comincio’ a combattere piu’ vigorosamente e in un paio di minuti riusci’ ad ucciderli tutti. Era riuscito nella prima impresa dopo 50 anni di assenza. Laura in quel momento fece un sorriso, era ancora il numero uno. Fece uscire allo scoperto tutti gli altri e raggiunsero i die. Wolverine guardo’ le carcasse. Al loro interno erano un complicato intreccio di vene e tubi, sangue e olio. L’umanita’ non era piu’ la stessa penso’. 

 

Marcus aveva visto i suoi soldati venir meno al loro dovere. Fino a qualche mese prima loro erano i suoi migliori fedeli, ora invece erano soltanto cinque antichi destinati al fallimento. Si accese il sigaro spento, con il sorriso di chi vede per la prima volta il proprio mito da giovane. Un pensiero che fece subito posto alla sensazione di superiorita’ combattiva rispetto a lui. “Il bello ancora deve venire” disse sottovoce.

 

Non erano tanto distanti dal fiume Hudson, dove la Steeltech aveva base. I giovani mutanti passavano per le strade con tante macerie e nessuna vita. I palazzi erano quasi al punto di collasso. Logan aveva una domanda in mente da qualche ora. Laura camminava al suo fianco in silenzio, mentre Wilbur era vicino ad un’altra ragazza. “Chi e’ suo padre ?” chiese senza risparmiare convenevoli alla figlia. Lei aveva un’espressione cupa nei suoi occhi, come una piccola fessura in un solito muro. “Ti prego, non e’ il momento.” rispose lei secca. Logan stava quasi per controbbattere, ma gli sembro’ quasi di vedere della luce nei suoi occhi, quasi come se stesse reprimento una lacrima. La sua curiosta’ lascio’ il posto al suo silenzio, capi’ che doveva essere una storia complicata. “Ok, ma quando questa storia sara’ finita me lo dirai” le disse senza guardarla. Ancora quell’uccello sopra le loro teste. Logan voleva che chi fosse dall’altra parte vedesse l’uomo che non puo’ morire, la persona che lo sconfiggera’. All’orizzonte il fiume Hudson..

 

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