La casa del Pino Bianco

di Shade Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1: In vendita ***
Capitolo 2: *** Cap. 2: Notte insonne ***
Capitolo 3: *** Cap. 3: Discussione d'affari ***
Capitolo 4: *** Cap. 4: La nuova gestione ***



Capitolo 1
*** Cap. 1: In vendita ***


Erano i primi di Novembre e il cielo era plumbeo, di un brutto colore monotono e umidiccio, come se fosse ancora indeciso: faccio piovere o no?
Nell’aria pesante, spazzata da un intenso vento montano, si riusciva già a respirare l’odore di caldarroste roventi, di zuppa e di tacchino al forno, mentre grosse decorazioni colorate cominciavano a comparire fuori dagli esercizi commerciali, consistenti in enormi pennuti di legno o plastica, finte cornucopie e vari festoni colorati. In giro si diceva già che la parata di quell’anno, la prima di quell’amministrazione comunale, avrebbe visto la partecipazione di carri scolastici approntati con il sostegno del municipio, che aveva destinato alcuni fondi (raccolti con una vendita di beneficenza approntata ad hoc) proprio per quella ricorrenza. Senza dubbio il neoeletto Sindaco, con quella mossa, si era garantito un’enorme consenso pubblico. Cosa che lo Sceriffo locale aveva definito come “una subdola manovra da schifoso burocrate acchiappavoti”, senza menzionare minimamente il fatto che, se il burocrate acchiappavoti aveva deciso di candidarsi alle precedenti elezioni, il merito era stato esclusivamente suo che lo aveva convinto.
Ovviamente si era lamentato anche del Ringraziamento stesso, come ogni anno, brontolando che quella era “solo una festa fatta per coprire lo sterminio di migliaia di Nativi Americani e il furto delle loro terre”, per poi rimproverare aspramente “quegli stramaledetti hippies che non apprezzavano la più americana delle feste”. Ma era una cosa normale, a lui piaceva lamentarsi. Nessuno ci faceva più caso da anni: il segreto era lasciarlo bubbolare fino al pranzo del Ringraziamento, riempirlo di cibo e ignorarlo. Così si sarebbero divertiti tutti, anche lui.
Nadine non si preoccupava minimamente dei difetti del marito ormai da molto tempo conscia che, se avesse tentato di farli sparire del tutto, avrebbero solo finito col litigare. E poi quando lei e Timmi si erano sposati, sapeva bene con chi si stava impegnando, e le era importato davvero molto poco. Stavano bene, non le serviva altro.
Ferma al semaforo in attesa del verde, diede una rapida scorsa alla lista della spesa, scritta sul retro di quella delle cose da fare per la giornata: il tacchino ce l’aveva, se ne era procurato uno sufficientemente grande già un mese prima, e lo teneva nel congelatore da allora, in attesa di essere cucinato, ma doveva ancora comprare tutto il resto. Inoltre, erano finiti le uova (Timmi ne mangiava tante che sembrava determinato a sterminare la fauna avicola dello Stato), il latte e la carta igienica. Poi sarebbe dovuta passare in farmacia per comprare qualcosa che la facesse stare meglio: da un po’ di tempo sentiva di avere qualche nausea, era quasi sempre stanca e sentiva frequenti dolori all’addome. Probabilmente stava covando un’influenza stagionale.
Scattato il verde, Nadine rimise in moto la vecchia auto di famiglia, trovando qualche difficoltà a ingranare la marcia a causa dell’età del veicolo: l’unico motivo per cui continuava a girare con quel rudere vecchio di vent’anni era che Timmi si ostinava a non cambiarlo e a usare la magia per riparare i guasti che un semplice meccanico non poteva sistemare da solo.
Un giorno o l’altro giuro che la faccio rottamare mentre lui non c’è… si ripromise, scocciata.
Mentre pensava a questo passò accanto al Whitebark Pyne, registrandolo a malapena. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che davanti all’ingresso non c’era nessuna delle decorazioni per cui era famoso il pub, ma solo un pallido ragazzo allampanato che appendeva un cartello.
Insospettita, Nadine fermò l’auto e fece retromarcia (fortunatamente non c’era nessun altro in strada, dietro di lei) fino a raggiungere Theodore, il barista ex vampiro e amico di Skadi.
- Ehi, Teddy?- lo chiamò, abbassando il finestrino a manovella.
Il ragazzo si guardò intorno con aria confusa, i capelli nerissimi sparati come sempre in un milione di direzioni diverse, mentre gli occhiali da sole, che si ostinava a portare sopra a quelli da vista, slittavano e minacciavano di cadere a terra come sempre.
- Oh, ciao!- le rispose, risistemandosi le lenti sul naso - Vuoi dei nachos? Li ho appena fatti.-
- No, grazie, un’altra volta.- disse Nadine, rabbrividendo al pensiero: il Pyne le piaceva, così come la sua cucina, ma detestava da morire i nachos e quello schifoso formaggio sintetico - Cosa fai? Perché non hai ancora decorato?-
- Eh? Ah, sì…- ridacchiò l’ex vampiro, cadendo dalle nuvole e spostandosi per farle vedere meglio il cartello - Chiudiamo la settimana prossima.- spiegò, dando un colpetto di nocche al foglio su cui era scritto l’avviso - Quindi il capo mi ha detto di non mettere fuori niente.-
Sorpresa, Nadine sgranò gli occhi, fissandoli su Teddy.
- Cosa?- esclamò - Aspetta…-
Accostò meglio l’auto al marciapiede e scese al volo, avvicinandosi a passi rapidi.
- Cos’è questa storia?- chiese - Perché chiudete?-
Teddy fece un sorrisetto che presto divenne una smorfia da cui sbucarono le punte dei canini, rimasuglio del suo periodo da vampiro. Il movimento delle guance destabilizzò di nuovo i suoi doppi occhiali, che dovette afferrare al volo per evitare che scivolassero.
- Cambio di gestione.- rispose - Ma non ti so dire granché. Meglio se parli col capo. È dentro, se vuoi parlarci… credo che non gli dispiacerà, non penso abbia da fare.-
Senza farselo ripetere, la strega si infilò nel pub oltrepassando la porta a vetri, ritrovandosi per quella che doveva essere la milionesima volta a percorrere quel pavimento di assi cigolanti, scivolando tra i tavoli graffiati su cui i ragazzini di decine e decine di generazioni avevano inciso nomi e frasi di vario genere fino a raggiungere una porta in fondo su cui era stato scritto “privato” con un banale pennarello rosso.
Bussò rapidamente e, appena sentì la prima sillaba della parola “avanti”, entrò al volo.
L’ufficio era piccolo ma abbastanza luminoso, arredato in modo sobrio: al centro, proprio davanti alla finestra più grande, c’era una vecchia scrivania traballante coperta da un telo di plastica trasparente tenuto fermo da ganci di alluminio, sopra alla quale riposava un vecchio computer anni novanta. La parete di destra era quasi tutta occupata da schedari un po’ troppo pieni, uno dei quali era stato chiuso male (forse la serratura era rotta), mentre l’altra era stata coperta da numerose fotografie incorniciate, molte delle quali ingiallite. Ritraevano tutte vari momenti della vita del pub, e la più grande e vecchia, esattamente al centro, ritraeva proprio il momento della sua storica apertura, almeno un centinaio di anni prima, con quattro persone sorridenti abbracciate davanti alla porta d’ingresso.
Dietro la scrivania, sulla vecchia sedia da ufficio sbrindellata e cigolante, era seduto un uomo quasi calvo, con pochi capelli bianchi che gli crescevano attorno a un’ampia pelata lucida, sulla quale spiccava una voglia di caffè. Un grosso naso rosso e carnoso sporgeva sotto i suoi occhi, piccoli e marroni. Indossava un vecchio gilet da pesca un po’ troppo consumato sopra un maglione verde, un po’ troppo teso sul ventre prominente, tipico di chi fa una vita sedentaria.
- Ah, Nadine Wilson!- sorrise il vecchio uomo, sistemandosi un po’ meglio sulla sedia, che cigolò più che mai - Che piacere vederti. Sei qui per tuo marito? Non ricordo cos’ha fatto stavolta, quindi non serve che…-
- No… no, Timmi non viene qui da due settimane, non ti ha ancora fatto niente, Al.- rispose lei, sedendosi sull’unica sedia davanti alla scrivania - Scusa l’improvvisata, è che ho appena parlato con Teddy.-
- Ah, Teddy!- ridacchiò Albert, aprendo un cassetto da cui estrasse una pipa di legno e un barattolo di latta - Ti ha detto che chiudiamo, vero?-
- Sì… mi ha anche detto che vuoi vendere.-
Lui sospirò, lasciando cadere il sorriso: Albert Spencer era il proprietario del Whitebark Pyne da quasi quarant’anni, e lo aveva ereditato dai genitori, che lo avevano ereditato a loro volta quando lui era ancora piccolo. L’attività, malgrado la crisi economica e gli alti e bassi tipici di un esercizio commerciale di quel tipo, aveva avuto origine all’inizio del novecento, da prima ancora che Nadine venisse al mondo. Parecchio prima, in effetti: quello era il pub più vecchio e più famoso di tutta Orenthal. Per questo le sembrava così assurdo che volesse venderlo.
- Già… anche questo è vero.- ammise lui, riempiendo la pipa - Ti spiace se fumo?-
- È il tuo ufficio.-
- Giusto… beh, per adesso.- ridacchiò cupamente Albert, allungandosi con un ulteriore gemito della sedia per aprire la finestra, da cui entrò uno spiffero freddo - Scommetto che vuoi sapere perché, esatto?-
- Sì, infatti.- annuì Nadine, mentre lui accendeva un fiammifero e cominciava a fumare - Cosa succede? Perché così all’improvviso?-
- L’età, mia cara. L’età.- rispose lui, aspirando poi una boccata di fumo - So che il mio fisico alla Babbo Natale mi fa sembrare sempre vivace ed energico, ma ho comunque quasi settant’anni, e sto perdendo colpi. Giusto la settimana scorsa il dottore mi ha trovato un’infiammazione alla prostata che neanche te la immagini, le ginocchia faticano a sostenermi, e non farmi parlare della schiena o del colesterolo. Non ce la faccio a stare dietro quel bancone, non più, e non mi posso occupare della contabilità come un tempo.-
- E quindi dai via l’attività di famiglia?-
- Vorrei non doverlo fare, ma sì.- annuì lui, riportando la pipa alla bocca, i gomiti appoggiati sulla scrivania - Billy non è molto interessato alla ristorazione, quel ragazzo ha preferito scapparsene a sud per fare l’ingegnere navale… non che lo rimproveri per questo, ma quando anche tuo figlio non s’interessa ai tuoi affari capisci che forse è meglio chiudere bottega.-
Nadine sospirò, senza commentare: William Spencer, il figlio di Al, si era trasferito quasi vent’anni prima, tornando solo di rado a Orenthal. Non lo conosceva bene, aveva una quindicina buona d’anni in più di lei, ma per quello che sapeva aveva sempre trovato un po’ strettina la piccola città di provincia poco a sud del confine canadese in cui vivevano. Era ovvio che avesse voluto fare qualcos’altro della propria vita.
- Mi mancherà averti qui.- disse Nadine - A chi lo venderai?-
- Ho già ricevuto un’offerta.- rispose Albert, senza sorridere - Lo comprerà una società. Sai, una di queste cose moderne… come si dice? Un francese?-
- Un franchising?-
- Ah, ecco, sì… non me lo ricordo mai.- ridacchio Albert - Non c’è ancora nulla di definitivo, ma sono i soli a essersi fatti avanti. Sono di Billings, sai? Se non mi sbaglio è lì che studia Skadi, è vero?-
Nadine annuì.
- Sì, certo… ma ne sei sicuro?- chiese - Insomma… stravolgeranno il Pyne. Le catene non sono famose per conservare l’aspetto dei locali che acquistano.-
- Sì, lo so.- ammise Albert. A Nadine non sfuggì la nota cupa nel suo tono - Ma, come ho detto, sono gli unici che vogliano comprare. Mi hanno dato un mese, ma prima o poi dovrò accettare.-
Tirò fuori un vecchio posacenere macchiato e ci svuotò dentro la pipa con un colpetto, tossicchiando appena. Nadine non disse niente, osservandolo in silenzio mentre rimetteva tutto a posto, e rimase quasi assente anche mentre Albert le chiedeva ancora di Skadi e di come se la passava al college, la mente già altrove.

Doveva essere una one shot, ma quando ho finito di scriverla mi è venuta fuori in dodici cartelle Word. Un po' troppe per una one shot. Ho dovuto farla a capitoli. Breve, ma a capitoli.
Posterò una volta al giorno, non ha senso creare suspance per qualcosa di così breve... salvo obiezioni, s'intende.
Bene, ciao a tutti!

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2: Notte insonne ***


Il Whitebark Pyne non era un semplice pub quanto un’istituzione di Orenthal. Era uno dei più vecchi locali della città, famoso per le sue serate karaoke (a cui Timmi, disgraziatamente, cercava di non mancare mai), l’atmosfera accogliente e l’ampia scelta in fatto di bevande, alcoliche e non. Tante persone e tante generazioni erano passate di là, inclusa lei.
Ricordava come se fosse successo solo il giorno prima di quando, durante una giornata di inizio Novembre stranamente simile a quella, era entrata con un ragazzo venuto da fuori per prendere una cioccolata calda, quasi costringendolo a bere qualcosa con lei, ringraziandolo per il suo intervento del giorno prima in difesa sua e dei suoi amici contro un gruppo di bulli.
Quella era stata la prima volta in cui lei e Timmi erano usciti e, anche se non si era trattato di un vero appuntamento, aveva dato inizio al loro rapporto. Lei stessa ci aveva festeggiato compleanni e occasioni varie, o ci si era rifugiata durante i giorni di neve più intensi degli inverni più freddi.
C’erano molti ricordi, suoi e del resto della città, racchiusi tra quelle quattro pareti rivestite di legno e di carta da parati consumata. Certo, non era un posto elegante, non era moderno, non c’era il wifi e ogni tanto i più giovani dei fratelli Sykes e Timmi davano spettacolo, ma era comunque il ritrovo preferito dell’intera città. Timmi e Jo ci avevano anche portato Xander per il suo addio al celibato, lo avevano fatto ubriacare di brutto e lo avevano riportato a casa in condizioni pietose… no, forse quello non era un bel ricordo. Però era comunque un ricordo.
- Tesoro? Ehi? C’è nessuno?-
Sentendo la voce di Timmi che la chiamava, Nadine si riscosse con un piccolo sussulto. All’improvviso la sua mente tornò al presente, ricordandole che era in cucina e stava per buttare la pasta.
Si voltò confusamente, ancora un po’ frastornata, e trovò il marito che la guardava dalla porta, gli occhi fissi su di lei per la preoccupazione. Era ancora in divisa, la giacca sfilata solo per metà.
- Va tutto bene?- le chiese - C’è qualche problema?-
Nadine scosse lentamente la testa, tornando alla pentola dell’acqua.
- No, io… scusa, ero sovrappensiero.-
- Ah, questo si vede…- rispose lui, entrando in cucina e appoggiando la giacca alla prima sedia che raggiunse - Ariel?-
- Boh… non la vedo da stamattina. Pensavo che l’avessi arrestata di nuovo.-
- Non ancora. Forse si è persa nelle fogne un’altra volta.-
Nadine non rispose, prendendo i piatti dalla credenza. La sua mente stava già tornando al Pyne.
- Se torna di nuovo con la melma che cola dai capelli giuro che stavolta la faccio dormire sotto la macchina.-
- Sembra grandioso.- rispose distrattamente lei.
- E poi la lavo col tubo dell’acqua, ma quella fredda, così muore assiderata.-
- Ah, ma certo…-
- E pensavo di cenare coi suoi intestini e dare il resto a Dran.-
- Ottimo.-
- Okay, svegliati, per favore!- esclamò Timmi, scocciato - Non c’è gusto a lamentarmi della sirena se tu non mi fermi!-
- Cosa? Oh…- fece lei, passandosi una mano sugli occhi, abbandonando i piatti sul tavolo - Io… scusa, è che… hai saputo del Pyne?-
- Che Al vuole vendere? No, la città è troppo grande, la voce non s’è sparsa.- rispose sarcasticamente Timmi - E RadioTeddy non lo sta ripetendo a tutti da questa mattina. Non è neanche venuto in ufficio a supplicarmi di trovargli un altro lavoro perché è sicuro che non potrà continuare a fare il barista se Al vende a questi tizi di Billings.-
- Lo sapevi?- esclamò Nadine - E non mi hai detto niente?-
- Sono tornato ora!- protestò lui, allargando le braccia - Quindi è questo? Sei in pensiero per Teddy? Anche se lo dimentica sempre, ha più di trecento anni, è adulto, saprà trovarsi un fottuto lavo…-
- No, non c’entra niente Teddy… anche se tu sei il suo referente, dovresti preoccuparti per lui.- gli ricordò, scoccandogli uno sguardo di disapprovazione.
Timmi reagì roteando gli occhi e incrociando le braccia, facendo per allontanarsi, salvo poi ripensarci all’ultimo e, con un sospiro, compì un giro completo tornando a guardarla.
- Allora?- chiese.
- È… è questa storia della vendita.- spiegò Nadine - Il Pyne che chiude… insomma, se lo comprasse qualcuno di qui sarebbe diverso, ma… un franchising…-
- Beh, l’ultima parola spetta ad Albert.- replicò Timmi, scrollando le spalle e recuperando la giacca - E poi c’è ancora tempo, magari gli arriverà un’altra offerta da qualcuno. Ora vado a farmi una doccia rapida, arrivo subito… forse non sembra, ma la Olson mi ha fatto impazzire, il suo stramaledetto gatto è scappato di nuovo… non sono un fottuto pompiere!-
E, mentre ricominciava con la sua attività preferita, si avviò verso il piano superiore, lasciando di nuovo Nadine da sola.

La cena trascorse in relativo silenzio (o meglio, nel relativo silenzio di Nadine, dato che Timmi seguitò a brontolare contro la signora Olson, Kyle, Jo, la sirena, i Sykes, Cliff, Melanie, il postino, Donald Trump, Sciascia, Elisabetta II di Windsor…), e quando venne il momento di andare a dormire lei rimase comunque sveglia, gli occhi fissi sul soffitto, ben spalancati, la mente tutt’altro che addormentata. E il mal di stomaco che ancora una volta l’aveva colta non aiutava.
Mentre Timmi russava piano al suo fianco, lei continuò a pensare al Pyne, alla sua imminente chiusura e a cosa avrebbe significato per lei e per il resto della città. Anche Timmi, che pure aveva liquidato piuttosto sbrigativamente la cosa, ci sarebbe rimasto male se le serate di karaoke fossero finite all’improvviso. Certo, il resto della città sarebbe stata più che contenta di non sentirlo mai più cantare: per quanto fosse un bravo Sceriffo, un ottimo padre e marito, un passabile giocatore di scacchi dilettante (che tuttavia perdeva regolarmente col giudice Rosemberg) e un eccezionale combattente e comandante durante il suo sovrannaturale secondo lavoro, era un tremendo cantante. L’unico motivo per cui continuava a prendere in mano un microfono era perché, malgrado la sua voce da gatto in calore, nessuno aveva mai avuto il cuore di dirgli quanto male cantasse. Si divertiva così tanto che tutti avevano avuto paura di dargli un dispiacere nel confessargli la verità.
Ad ogni modo, il problema non era tanto la sensibilità di suo marito quanto il destino del pub.
Forse possiamo fare qualcosa. Pensò. Possiamo trovare qualcuno che lo compri. Qualcuno a cui importi… come ha fatto Timmi con Kyle, quando serviva un buon candidato sindaco per le elezioni.
In fondo, rifletté, lei e Timmi conoscevano praticamente l’intera città. Sapevano bene chi aveva quali attitudini e quanto le persone sapessero impegnarsi. Magari avrebbero trovato qualcuno a cui importasse del pub e che avesse tempo, energie e capacità per…
Un momento!
Balzò a sedere di scatto, colta da un’improvvisa illuminazione. Afferrò subito la spalla di Timmi e lo scosse con energia; il marito si svegliò subito, imprecando in modo indistinto, gesticolando come a voler afferrare qualcosa, forse il collo di qualcuno. Subito dopo gli comparve in mano la famigerata Fiaccola, che sciabolò con un baluginio fiammeggiante nell’aria a pochi centimetri dalle lenzuola.
- Ehi!- esclamò Nadine, afferrandogli il polso - Quante volte devo dirti di non usare la magia vicino alle cose fragili?-
Lui sbatté le palpebre un paio di volte con aria stolida, ancora immobilizzato con un braccio teso davanti a sé, la mano che artigliava un collo inesistente e un’altra bloccata in alto, il polso serrato tra le sue dita e la Fiaccola incandescente che illuminava appena la stanza. Dopo qualche istante parve riconnettersi e, fatta sparire l’arma, si lasciò ricadere sul cuscino, grugnendo come un Troll.
- ‘osasuscede?- biascicò a occhi chiusi - ‘asiren’ornata?-
- Più o meno quattro ore fa, credo.- rispose Nadine, ripensando fugacemente al suono di passi leggeri che aveva sentito in corridoio tempo prima - Ma non c’entra niente tua sorella… è per il Pyne.-
Timmi aprì di nuovo un occhio, mentre portava la sveglia davanti al naso e sbirciava l’ora. Emise un altro grugnito e poi la gettò via, rompendola contro la parete. Era la sesta in tre giorni… un nuovo record personale.
- Se non sta andando a fuoco non mi interessa. Non per le prossime cinque ore.- brontolò.
- Guarda che è importante.-
- Amore mio, vita mia, tesoro mio, anima mia…- cantilenò in tono esasperato - … io senza di te non vivo, non mangio e non dormo… okay, non dormo nemmeno insieme a te…- aggiunse, passandosi una mano sulla faccia - … ti amo da impazzire e se tu non ci fossi sappiamo bene cosa succederebbe, ma a quest’ora ci sono solo tre cose importanti: l’Apocalisse, Skadi che sta male e Sid Bryant che per qualche motivo irrompe qui con Avart e inizia a fare a pezzi la città.-
- Non posso lasciare che chiuda per sempre.- disse in tono deciso, incrociando le braccia - Quel posto è troppo importante per troppe persone, inclusi noi due.-
- La cosa che amo nel nostro matrimonio è la comunicazione reciproca…- grugnì stancamente Timmi, ancora sdraiato in posizione cadaverica.
- Skadi ci ha festeggiato la metà dei suoi compleanni, e lo stesso io. Anche tu ne hai festeggiati alcuni lì, senza contare tutte le altre festività in cui all’ultimo non sapevamo organizzarci… ci abbiamo anche festeggiato la nascita dei gemelli quattro anni fa!-
- E dire che tuo padre era preoccupato che fossi io a incasinarti la vita…-
- Quindi ho preso una decisione, ma voglio che tu mi appoggi.-
- Se la decisione è di tornare a dormire, sono disposto anche a farti da brandina…-
- Voglio comprare io il Pyne.-

Timmi ci mise qualche secondo per registrare le sue parole, e per un attimo temette che si fosse addormentato di nuovo. Poi però tornò a sedersi, strofinandosi gli occhi con le dita, e la guardò confusamente da sotto le palpebre pesanti.
- Cosa?- chiese.
- Voglio comprare il Pyne.- ripeté lei, decisa - Lo rimetterò in sesto, farò qualche ristrutturazione, ma lo manterrò uguale a com’è ora, a parte le dovute modifiche. Così resterà il pub di sempre ed eviteremo che qualche speculatore lo trasformi in uno di quei locali da due soldi che si vedono nei telefilm che piacciono ad Alexis.-
Timmi sospirò, sfregandosi la faccia con energia.
- Non ci sto capendo niente.- ammise - Ma forse è per il sonno… insomma, cosa ne sai tu di imprenditoria?- le chiese - O di ristorazione? Cioè… stiamo parlando di un impegno enorme, di un investimento gigantesco…-
- Tesoro, negli ultimi vent’anni ho cucinato, pulito e rassettato questa casa. Inoltre ne ho gestito le finanze, faccio sempre io la dichiarazione dei redditi e preparo i soldi per bollette, conti e tasse varie. Certo, non da sola, tu mi hai sempre dato una mano come potevi, e sì, faccio abbondantemente uso della magia tra le mura domestiche… ma qualcosina la so di come si gestisce l’economia di uno spazio limitato.- gli ricordò - E nessuno mi obbliga a fare tutto da sola nemmeno lì. Posso trovare un direttore più esperto di me, se serve, che stia tutto il giorno a occuparsi del servizio mentre io mi preoccupo dei conti.-
Timmi si passò una mano tra i capelli, ancora inebetito, mentre uno sbadiglio a stento trattenuto gli usciva dalle labbra.
- Non puoi parlarmi di cose tanto serie nel cuore della notte.- protestò fiaccamente - Ma se proprio vuoi affrontare l’argomento ora… insomma… tutto quello che hai detto è vero, certo… ma è comunque un grosso rischio. Un’attività propria richiede molta attenzione, e poi… non ti offendere, ma tu non hai mai lavorato, non hai mai avuto un vero impiego. Sì, ti fai in quattro per questa casa, aiuti anche Alis e Kyle con la dichiarazione dei redditi, scommetto che senza di te sarebbero persi… però non hai mai avuto un vero lavoro, Skadi è nata troppo presto, lo sai. Anche la laurea in economia te la sei dovuta prendere online.-
- Non mi fustigherò perché nostra figlia è venuta al mondo quando ero appena maggiorenne.- s’impuntò lei - E sono convinta della mia decisione. Non ti sto chiedendo il permesso, solo il tuo appoggio.-
- Ce l’hai.- sbuffò scocciato Timmi, ricadendo di nuovo sul cuscino - Stupida biondona pazza, hai sempre il mio appoggio… lo dimostra il fatto che non ti ho ancora strozzata per avermi quasi ucciso svegliandomi in quel modo. Ho una certa età, sai?-
- Quindi sei d’accordo?-
- Sono d’accordo a non contestarti. Se sei veramente convinta, domani parla con Al e vedi se riesci a trovare un punto d’incontro. Prometto che eviterò di fare casino coi Sykes fino a quando non venderà, così magari ti fa pure lo sconto.-
Nadine sorrise: quella promessa equivaleva a uno dei massimi sforzi per lui.
- Grazie.- disse, tornando a stendersi - Scusa se ti ho svegliato… torna pure a dormire.-
Lui fece una smorfia beffarda, rotolandosi verso di lei.
- Ah, ora ti stai scusando?- ridacchiò - Eh no, sai? Ora ti fai perdonare…-
Nadine sorrise ancora e si sporse abbastanza da sfiorargli la punta del naso con le labbra.
- Dovrai aspettare.- rispose - Mi dispiace, ma non me la sento… credo di stare covando l’influenza.-
- Ancora?- sbuffò Timmi, deluso, mentre tornava al proprio posto - Okay, stavolta ti salvi, ma giuro che domani vado da Nightmare e gli chiedo di trovare un sistema per passarti la mia immunità alle malattie. Ha sconfitto una piaga zombie, riuscirà a fare anche questo!-
- Oh, certo, vai a piangere dal tuo amico cyborg perché io non me la sento di darti il via libera.-
- Tesoro, dormi!- sbottò Timmi.

Nadine ha preso la sua decisione, sembra. Vediamo come la svilupperà.
Ringrazio Ely79 e John Spangler, che già stanno seguendo questa breve storia. A domani!

 

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Capitolo 3
*** Cap. 3: Discussione d'affari ***


- Questo è il prospetto delle spese… e qui ci sono le aspettative di guadagno mensile e quelle annue. Ho fatto fare qualche stima per le ristrutturazioni e per l’aggiornamento degli impianti, ma se tu potessi dare una mano… lo so che hai da fare, ma sei bravo in queste cose, casa l’hai costruita tu…-
Timmi, seduto alla sua scrivania con le braccia incrociate sul ripiano di legno davanti a sé, guardò con la fronte aggrottata i fogli che la moglie gli aveva sparso davanti, tutti pieni di numeri, grafici e progetti. Sistemò un po’ meglio il cappello sulla testa e guardò Dran, spaparanzato sullo sfinito divano nell’angolo. Il cane gli restituì uno sguardo confuso, inclinando la testa ed emettendo un guaito interrogativo.
- Cosa guardi il cane, che vuoi che ne sappia lui?- sbuffò Nadine, a cui non era sfuggito lo scambio - Sto cercando di spiegarti cos’ho fatto tutta la settimana per formulare una proposta seria ad Al. Puoi almeno fare finta di interessarti?-
- Io sono interessato!- replicò Timmi, piccato, indietreggiando sulla sedia e cingendo le braccia sul petto - Ma sono anche uno Sceriffo di provincia, mica un banchiere o un commercialista! Cosa ne capisco io di questa roba?-
- Per favore, ieri ti ho sorpreso a leggere un libro di marketing per principianti…- rispose lei, roteando gli occhi - Lo so che ti stai documentando.-
- E allora? Questo dimostra solo che sono davvero interessato, come ti dicevo! E comunque, ho appena cominciato… cioè, l’ho appena finito, ed è per principianti!-
- Okay, primo: tu hai una memoria eidetica, praticamente è la prima cosa sincera che tu mi abbia mai detto sul tuo conto.- gli ricordò Nadine, aggrottando la fronte.
- Certo… proprio come una moglie quando vuole rinfacciare qualcosa al marito…- brontolò lui, distogliendo lo sguardo.
- Quindi so per certo che ricordi ogni singola riga di quel manuale.- continuò Nadine, ignorandolo - Secondo: quando Jo ha deciso di aprire il suo negozio sei stato tu a dargli dei suggerimenti su come attirare i clienti.-
- Gli ho solo suggerito di assumere Skadi per farle fare un sondaggio veloce a scuola!- protestò - Lo sanno tutti che i negozi di fumetti e i ragazzini sono un binomio imprescindibile!-
- Oh, “binomio”, un termine matematico! Questo mi riporta alle nostre carte…-
Timmi emise un sospiro esasperato, lasciando ricadere le braccia, sconfitto: era ormai una settimana che Nadine lo stressava con quella storia del Pyne, che correva avanti e indietro per trovare moduli, raccogliere informazioni, consultare persone più o meno esperte… aveva anche parlato con Teddy per quasi due ore, pochi giorni prima, seduta al bancone con tutte le sue carte e i suoi block notes, solo per farsi spiegare nel dettagli il funzionamento di una tipica giornata lavorativa in un pub di quel genere. Anche la notte tardava ad addormentarsi, e più volte si era trattenuta in salotto o in cucina a ragionare sulle sue carte, buttando giù analgesici per i crampi all’addome che non se ne andavano e tonnellate di tisana per combattere la nausea dell’influenza incipiente.
Malgrado volesse sostenerla, la cosa iniziava davvero a pesare.
- Tesoro…- la fermò alla fine, alzando una mano - … capisco che tu voglia rendermi partecipe del tuo progetto, e lo sai che mi sta bene tutto quello che stai facendo… ma sei sicura di volerne parlare con me?- chiese - Insomma… è Albert che deve venderti il locale, e la banca che ti deve approvare il prestito… io al massimo posso firmarlo con te.-
- Veramente volevo evitare il prestito.- rispose Nadine, posando un pacco di fogli e guardandolo direttamente negli occhi - Volevo fare senza la banca. Di tasca nostra, per evitare debiti, ritardi e problemi burocratici.-
Timmi rimase fermo per un istante, guardandola direttamente negli occhi con la certezza di non aver capito molto bene. Cosa aveva appena detto?
- Di… tasca nostra?- ripeté lentamente.
Gaeliath, da qualche parte nel suo subconscio, si risvegliò all’istante, strepitando furioso. La rabbia del demone parve spargersi almeno un po’ nell’aria, perché Dran drizzò subito le orecchie e alzò la testa, improvvisamente all’erta, come se fosse pronto a schizzare via. In effetti Timmi, per un secondo, fu tentato di unirsi al ruggito e gridare tutte le sconcezze che gli venivano in mente, ma subito dopo entrambi ricordarono chi avevano davanti e quanto poco credibili o efficaci sarebbero state le loro minacce.
- E, scusa… di preciso dove… speri di prendere una somma del genere?- chiese, sforzandosi per controllare il tono, mentre Gaeliath cercava di fare altrettanto nella sua testa.
- Oh, rilassatevi, voi due…- sbuffò Nadine, roteando di nuovo gli occhi - Andiamo, lo so che ho fatto incavolare anche Gaeliath…- disse, notando il suo sopracciglio che si alzava - Pensavo di prenderli dal Conto Sommo Concilio.-
Timmi s’ingrugnì, scocciato: il Conto Sommo Concilio era un conto segreto che avevano aperto quando si era stabilito a Orenthal per conservare il denaro che guadagnava con le sue varie missioni per conto del Sommo Concilio, attingendovi solo quando le cose si facevano difficili. Avevano deciso di fare in questo modo perché in fondo lui era un dipendente statale, un semplice Sceriffo di una piccola città, e se qualcuno avesse saputo quanti soldi avesse effettivamente la famiglia Anderson in banca sarebbero sorte domande imbarazzanti. Era già seccante che tutti sospettassero un qualcosa di sovrannaturale in loro e nei loro amici (anche se pareva avessero fatto tacito voto di voltarsi dall’altra parte e fingere di non vedere), meglio non esacerbare troppo la situazione.
- Quello è un conto d’emergenza.- brontolò, giungendo le mani davanti alla bocca.
- In tutti questi anni lo abbiamo usato solo poche volte, e ultimamente mai.- gli ricordò Nadine - C’è quanto basta. Possiamo inventarci la provenienza che vogliamo per quel denaro, e nessuno farà domande.-
- I tuoi mi fanno sempre domande.- sbuffò Timmi.
- Oh, porca miseria, un uomo che non va d’accordo coi suoceri! Un evento inaspettato!- esclamò lei, ostentando un’espressione falsamente sorpresa - Vuoi smettere di fare il Timmi per un minuto, per favore?-
- Insomma, che vuoi da me?- sbottò il mezzodemone, scocciato - Hai già deciso tutto, no? A che ti servo io?-
- Per prima cosa, siamo sposati. Certe cose si fanno in due.- rispose Nadine, sedendosi sulla sedia più vicina - E secondo, voglio che tu mi fermi se pensi che sto facendo una sciocchezza.-
Timmi sgranò gli occhi per la seconda volta, la rabbia ora sparita e Gaeliath di nuovo placato: voleva che cosa?
Sorpreso, guardò sua moglie per qualche secondo: ora che non era più accigliata, riusciva a leggere davvero la sua espressione, e comprese cosa stesse passando realmente. Non stava snocciolando argomenti di economia, marketing e burocrazia tanto per parlare o altro, forse nemmeno per coinvolgere il marito in un suo progetto, e neanche per sostegno: voleva solo che lui le dicesse che stava facendo la cosa giusta.
Forse qualche notte prima, quando lo aveva svegliato così bruscamente (rischiando di fargli saltare le coronarie) era assolutamente certa di aver preso un’ottima decisione, ma dopo averci dormito su e aver fatto mantecare un po’ la cosa, il tarlo del dubbio si era fatto strada in lei, rosicchiandola sua materia grigia con lentezza ma decisione. E adesso se la trovava davanti in cerca della sua approvazione.
- Se speri che vada tutto bene solo perché lo dico io stai fresca.- rispose semplicemente Timmi, togliendosi il cappello e grattandosi la testa - Davvero, io… non ne ho la più pallida idea. Insomma, nessuno di noi due ha mai gestito una sua attività. Io nemmeno ho mai aperto un chiosco di limonate da piccolo… vista la mia infanzia è anche normale… insomma, crescere con Liz come madre e Danny come padre non è…-
- Tesoro?-
- Ah, sì, scusa…- si riprese, scuotendo la testa - Insomma… non lo so, davvero. Cioè, il progetto mi sembra buono, almeno per quello che posso capire io… e i soldi ce li abbiamo, certo, però… insomma, anche se non ci servono è bello sapere che sono lì… ma se il Pyne è così importante allora forse lo dovresti salvare… in fondo non è che mi manchino le missioni, no?- ridacchiò.
Nadine non rise, così smise anche lui. Si passò una mano sulla faccia, sospirando e prendendo tempo in una sola volta.
- Ascolta, non posso sapere come finirà, non potrà nessuno. Cioè, forse posso chiedere a qualche veggente, ma ho sempre evitato di parlare con persone del genere, mi mettono ansia… e comunque queste cose sono sempre un rischio, no? Immagino che dovremo fare in modo che funzioni… forse alla fine il Whitebark Pyne chiuderà comunque, nonostante o proprio per via del tuo lavoro… o forse avrà successo, come spero che sia. Sei tu che devi decidere se ne vale davvero la pena, no?-
Lei fece un sorrisetto, scuotendo la testa con lo sguardo basso. All’improvviso sembrava avere gli occhi umidi per qualche motivo; Timmi non riuscì a evitare di chiedersi cosa avesse detto di male.
Comunque, Nadine non sembrava offesa, quindi forse non dipendeva da lui, idea che gli permise di rilassarsi un pochino. Infatti subito dopo lo guardò, facendo un sorriso un po’ più convincente, e si alzò in piedi, allungandosi fino a dargli un bacio sulla fronte. A quel punto si chiese cosa avesse detto di giusto e se poteva appuntarselo per le emergenze.
- Grazie.- gli disse - Prometto che la prima bevuta per te sarà sempre gratis.-
- Grazie, io… aspetta, cosa?- sbottò - Devo pagare?- chiese scocciato, mentre lei raccoglieva tutte le carte e cominciava ad andarsene.
- Tesoro, ti voglio bene e tu lo sai, ma nessuno sano di mente ti offrirebbe mai da bere a volontà.- rispose Nadine, in tono indifferente - I fornitori voglio chiamarli una volta al mese, non una volta a settimana.-
Timmi ricominciò a bubbolare mentre lei lasciava il suo ufficio. Dran, ancora sul divano, la seguì con lo sguardo mentre usciva, poi si voltò di nuovo verso il padrone. Lui gli rispose con uno sguardo accigliato, aprendo un cassetto e tirando fuori una bottiglia di vodka.
- Fatti un favore, vecchio mio.- gli disse - Non ti sposare.-
Il cane sbuffò stancamente, tornando a sdraiarsi.

Mi sa che Dran è quello che se la passa meglio...
Questo è il penultimo capitolo, domani metto la fine. Ringrazio Ely79 e John Spangler, che si interessano a questa short. A presto!

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4: La nuova gestione ***


Il Ringraziamento arrivò e passò, ma stavolta venne festeggiato in modo piuttosto atipico per la famiglia Anderson: Nadine, incastrata tra moduli, permessi e contratti, non sarebbe mai riuscita a occuparsi del pranzo, a cui generalmente partecipava una piccola folla tra amici e parenti. Non era neanche riuscita a fare la spesa di persona, e alla fine Alis si era dovuta offrire per cucinare al suo posto con l’aiuto di Alexis e di Xander. In misura minore anche di Timmi, che tuttavia era stato tenuto lontano dai fornelli per la maggior parte del tempo, visto che durante l’ultimo pranzo del Ringraziamento in cui aveva tentato di aiutare era riuscito a bruciare metà dei condimenti, cosa che aveva comportato il suo perenne esilio dalla cucina durante le feste.
Per la verità neanche Alexis era mai stata particolarmente brava a cucinare, infatti generalmente ordinava cene da asporto o si faceva ospitare dalla cugina per i pasti, e di rado si metteva ai fornelli, ma sotto la guida di Alis fu in grado di preparare abbastanza patate e salsa ai mirtilli per tutti senza fare alcun danno, cosa che rinfacciò a Timmi per tutto il pranzo.
Mangiarono ugualmente nel cortile del cottage, l’unico posto abbastanza grande da ospitare tutti (e protetto da un Incanto Atmosferico per evitare freddo e umidità in eccesso), anche perché i piccoli Robin e Victor sembravano vivere solo per quei momenti di libertà tra gli alberi, quando potevano correre liberamente per il sottobosco con Kyle e Arshan che giocavano a inseguirli insieme a Dran e Skadi in pausa da Billings che se li spupazzava ogni volta che si fermavano per riposare. Anche Ariel preferiva le feste nel bosco, così vicina al lago dove poteva scappare ogni volta che voleva.
Nonostante tutto era stata una bella giornata, erano stati bene e si erano divertiti. D’altra parte non era stato semplice arrivarci e superarla: Skadi era ancora impegnata con gli studi, e solo l’aiuto della magia le aveva permesso di raggiungerli a casa senza sprecare tempo ed energie con un lungo viaggio in autobus o in aereo fino a Whitehurst, dove poi qualcuno avrebbe dovuto aspettarla per portarla fino a casa. Anche Timmi, che oltre al suo lavoro aveva anche gli impegni col Sommo Concilio (sia missioni da svolgere personalmente che riunioni a cui presenziare, essendo stato ammesso già da tempo nell’assemblea come membro effettivo, oltre a numerosi impegni logistici che detestava veramente di cuore e a cui si dedicava con proprio, sommo rammarico).
Lo stesso si poteva dire di Kyle che, diviso tra famiglia, lavoro alla galleria, missioni per conto del fratello e impegni da Sindaco, doveva ricorrere spesso tanto quanto Timmi ai cloni d’argilla per riuscire a fare tutto. Nemmeno Xander era totalmente libero, e Timmi aveva dovuto concedergli un po’ di ferie per togliergli un minimo di pressione, soprattutto per via del fatto che in quello stesso periodo festeggiava il proprio compleanno, e Alis aveva fatto gestire il vivaio ad Alexis per diversi giorni (giorni in cui comunque avevano chiuso prima) così da stare meglio dietro a Ray, al Sommo Concilio e alla casa. Persino Jo, che durante il Ringraziamento teneva il negozio aperto per mezza giornata, organizzava sempre qualche promozione particolare o eventi che attirassero la clientela, aveva lavorato più del solito, senza contare le missioni che gli venivano affidate regolarmente.
In parole povere, nessuno era riuscito ad avere un po’ di tranquillità in quelle settimane. In effetti Nadine era sempre stata un po’ il jolly di tutti quanti: partecipava a pochissime missioni del Sommo Concilio, essendo una Strega Sensitiva, quindi dai poteri piuttosto scarsi a eccezione delle capacità percettive, e non aveva mai avuto un vero lavoro in città, come aveva osservato Timmi qualche tempo prima, limitandosi ad aiutare parenti e amici a gestire la contabilità o sostituendoli alla cassa quando necessario. La sua iniziativa di comprare il Whitebark Pyne aveva avuto conseguenze un po’ su tutti quanti, in quel periodo. Doveva ammetterlo, non si era mai resa conto di quanto gli amici facessero affidamento su di lei. Timmi durante le sue giornate di lavoro in città (quando non era richiesto dal Sommo Concilio) faceva veramente qualsiasi cosa, svolgeva innumerevoli commissioni e si occupava di parecchie incombenze, e non si risparmiava nel rinfacciarlo a tutti ogni volta che ne aveva l’occasione, motivo per il quale tutti sapevano fin troppo bene quanto importante fosse la sua presenza nel gruppo. Lei, d’altra parte, era il suo esatto opposto e non si lamentava mai quando le chiedevano una mano, limitandosi a rifiutare quando sapeva di non avere tempo o modo di fare quanto le veniva chiesto (al contrario di lui che, malgrado i borbottii, sembrava essere patologicamente incapace di rifiutarsi davvero). Forse dipendeva dalla differenza di atteggiamenti, chissà…
Questi ragionamenti l’accompagnarono per tutto il periodo delle feste e, arrivata ai primi di Dicembre, quando la neve stava già cominciando a cadere nelle strade e la temperatura scendeva ulteriormente, si ritrovò seduta su uno degli sgabelli dietro il bancone di legno graffiato del Pyne a fissarne gli infissi con un misto di soddisfazione e stanchezza.
Era stato un periodo folle, frenetico e pieno di decisioni importanti, ma ce l’aveva fatta: da quasi cinque ore il pub era suo. Albert aveva firmato il contratto di vendita quella mattina e l’aveva accompagnata a depositarlo, contento all’idea di aver lasciato il Pyne a qualcuno che sapeva apprezzarlo e che lo avrebbe mantenuto identico a com’era.
L’idea la terrorizzava e la eccitava allo stesso tempo. Un nuovo oceano di possibilità, buone e cattive, le si stava aprendo davanti, e presto avrebbe dovuto scoprire se sarebbe riuscita a rimanere a galla oppure no. Si sentiva come una ragazzina al primo giorno di college, incerta sul suo futuro e spaventata all’idea di cosa avrebbe potuto farne ora che era priva di guida e senza un percorso definito davanti a sé. Inoltre aveva scoperto l’origine del suo malessere degli ultimi tempi, e per “guarire” le sarebbe servito un bel po’ di tempo.
Dall’altro lato del bancone gli amici e la famiglia stavano ancora festeggiando il buon esito della vendita, riunendosi per la seconda volta in poche settimane. Ufficialmente il Pyne era ancora chiuso, quindi lo avevano tutto per loro, e anche se la maggior parte degli alcolici e degli snack erano finiti in magazzino c’erano ancora alcune bottiglie mezze piene e qualche pacchetto di patatine che potevano consumare liberamente, senza contare le due casse di birra che Bob aveva comprato quando era passato a prendere Alexis. Anche Ariel era riuscita a farsi convincere da Skadi a provare un sorso di liquore, ma dopo appena un sorso era praticamente svenuta sulla sedia, e ora se ne stava sdraiata su un tavolo d’angolo borbottando canzoncine stonate a mezza voce, con Dran che la fissava curioso: a quanto pareva, le sirene e l’alcool non andavano minimamente d’accordo, scoperta che Timmi fu più che lieto di fare.
Nadine, dal canto suo, aveva preferito astenersi dai bagordi veri e propri, limitandosi a piluccare e standosene perlopiù nel suo cantuccio. Non era il caso che bevesse anche lei.
- Quindi… ora il mio capo sei tu, eh?- ridacchiò Teddy, sedendosi davanti a lei al bancone.
Si era tolto tutti gli occhiali, per una volta, anche se senza quelli da vista si ritrovava a strizzare un po’ le palpebre.
- A quanto pare.- disse Nadine, sorridendogli stancamente - Mi servirà il tuo aiuto. Posso gestire la parte economica, ma…-
- … ma non hai idea di come fare per la pratica. Lo so, Timmi è venuto qui sette volte per ricordarmelo.- ammise Teddy - Dice che se non ti aiuto viene qui e mi pianta un palo telefonico nel petto, in memoria del mio passato di vampiro.-
Nadine scoccò un’occhiataccia al marito, che in quel momento era seduto a un tavolo con tutti gli altri a bersi una birra, chiacchierando allegramente con Robert Sykes. Mentre lo fissava parve scuotersi all’improvviso per un brivido gelido, come se l’avesse percepita; voltandosi verso di lei, fece scivolare via il sorriso e assunse un’espressione confusa. Nadine sospirò e scosse la testa, tornando a rivolgersi a Teddy.
- Beh, il capo sono io.- ribadì - Non dargli retta e ricordagli che se io dico “qui lo Sceriffo non entra”, allora lo Sceriffo non entra, va bene?-
- Ehm… d’accordo.- rispose Teddy, perplesso - Però diglielo prima tu, okay?-
Lei non rispose, appoggiandosi al bancone con i gomiti.
- Mi serve un direttore.- disse invece - Tu te la senti, per caso? Possiamo assumere altro personale, ma conosci già il lavoro. Preferisco un novellino come barista che come dirigente.-
- Beh… se mi ritieni affidabile…- rispose Teddy, fregandosi il mento - A me sta bene. Accetto.-
Nadine aggrottò la fronte.
- Tutta qui la tua reazione?- chiese - Io ti propongo un lavoro molto più impegnativo di quello che hai svolto finora e tu accetti senza battere ciglio?-
- Devo. La minaccia del palo nel cuore vale anche per questo.- ammise, indicando Timmi col pollice - È da un mese che vado a Whitehurst a seguire corsi per imparare a gestire attività commerciali, mi ha obbligato lui. Ti dice bene che so già fare la manutenzione degli impianti audio e video, o avrei dovuto imparare anche quella.-
- Insomma te lo aspettavi.-
- Già. Tuo marito sa chiedere le cose giuste. Nel modo sbagliato, ma le cose giuste.-
- Lui non chiede, pretende.- gli ricordò Nadine, alzandosi in piedi - E fa un sacco di danni, più di quanti tu possa supporre.-
- Tipo?-
- Ah, ora te lo spiego… tu, subito qui!- esclamò a gran voce, sovrastando il vociare degli altri.
Subito il chiacchiericcio si spense, mentre Skadi, seduta tra Alexis e Alis, si voltava verso Timmi, accigliata.
- Che cos’hai fatto stavolta?- chiese.
- Ho minacciato Teddy di morte, ma lo faccio continuamente.- rispose candidamente lui, alzandosi - Davvero vuoi rimproverarmi solo per questo?- chiese, rivolgendosi a Nadine.
- No, anche se gradirei che la smettessi di importunare il mio personale.- rispose lei - In effetti ti dovrei ringraziare.-
- Ah, quindi ho fatto bene?- ridacchiò, avvicinandosi e dando un pugno sulla spalla all’ex vampiro, che gemette e si allontanò in fretta, tenendosi il braccio indolenzito con la mano.
- No.- ripeté lei - Voglio ringraziarti per essermi stato vicino.-
- Ho un’altra scelta?- chiese lui, mettendo le mani sui fianchi - Si chiama “matrimonio”, non “ognuno fa come vuole”.-
- Già, povero schiavo…- commentò Alis.
- Ehi, vai a brucare begonie, fioraia!-
- Vivaista!- corresse Alexis.
- Non hai qualche mutante a cui sfuggire, tu?-
- Mutante?- ripeté Bob Sykes, confuso.
- Te lo rispieghiamo dopo.- disse Xander, allungandogli una delle ultime bottiglie di birra rimaste: era ancora troppo nuovo al sovrannaturale per capire davvero tutte le loro battute.
- Che amabile scambio di frecciatine…- sospirò Kyle, strappando una risata ad Arshan.
- Ehi, voi due nella cuccia!-
Dran abbaiò.
- Timmi, piantala. Dran, pure.- sospirò Nadine - Hai comunque qualcosa da farti perdonare, sai?-
- Eh? E cosa?- esclamò sorpreso lui, allargando le braccia.
- Lo sai che mi sento poco bene ultimamente.- gli ricordò Nadine.
- E allora? L’influenza non posso avertela attaccata io!- protestò - Io non mi ammalo!-
- Lo sappiamo tutti questo!- esclamò Jo.
- Taci, tu, capellone!-
- Fidati, non è influenza.- disse Nadine - Dura da troppo tempo, è un mese che sto così. Ho fatto le analisi, due giorni fa, e pare che per i prossimi otto mesi andrà peggiorando.-
Timmi aggrottò la fronte, scuotendo appena la testa: non ci stava arrivando.
- Okay, mettiamola così…- sospirò Nadine, pinzandosi la radice del naso - Nausea, caviglie gonfie e aumento di peso. Ti dice niente?-
Di nuovo, lui scosse la testa. Quando voleva sapeva essere davvero lento.
- Dovrai costruire un’altra camera da letto.-
- Perché, qualcuno viene a stare da noi?-
A quel punto Kyle si alzò in piedi e lo raggiunse, prendendolo per le spalle con un sospiro sconfitto.
- Fratellino, vieni a fare una passeggiata con me.- disse - Dobbiamo fare due chiacchiere tra noi.-
- Eh? No, un attimo!- protestò Timmi, mentre Kyle lo trascinava verso la porta, con Dran che gli trotterellava dietro - Non ho ancora capito!-
Nadine scoppiò a ridere, scuotendo la testa, mentre Skadi correva ad abbracciarla forte, seguita a ruota da Alis e da Arshan. Prima o poi ci sarebbe arrivato…

Sì, prima o poi Timmi lo capirà.
Ringrazio Ely79, John Spangler e l'ultimo arrivato, Alessandroago_94, che mi hanno seguito. Spero di tornare presto con gli Anderson. Ciao a tutti!

 

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