Il desiderio di un androide

di ghostmaker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La donna perfetta ***
Capitolo 2: *** Dopo la Festa ***
Capitolo 3: *** Nessuno è perfetto ***
Capitolo 4: *** Redmington House ***
Capitolo 5: *** La verità di un androide ***



Capitolo 1
*** La donna perfetta ***


IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





1° capitolo – La donna perfetta



Il giorno è diventato un concetto astratto perché la massa vive intensamente le lunghe notti create da questo cielo ormai ingrigito. La speranza nel futuro è sparita insieme al mattino per le persone normali che come me vogliono vivere come esseri umani aveva detto quella specie di guru dell’informazione che ogni giorno fa sentire la sua voce alla radio. Eppure nessuno l’ha mai visto in faccia, mi chiedo se esista davvero una persona che oggi non sia allineata al consumismo che la massa, compreso me, non disdegna ne dileggia. Io vivo nella massa, godo ogni momento che la notte mi offre e non mi privo di niente per appagare i miei sensi, neppure ciò che per gli altri è un limite o, addirittura, una dannazione. Ho preso tutto: sia quello che mi era offerto dalle multinazionali, sia quello che proponeva la gente della strada, sempre come scelta e non per obbligo. La guerra mi ha tolto un braccio e un occhio quindi perché non avrei dovuto accettare l’innesto di organi artificiali della C.S.O.? Solo perché è finanziata proprio da quelle persone che mi hanno mandato a morire? Perché avrei dovuto rinunciare alle nuove droghe quando stavo così male da non riuscire a dormire neanche un minuto? Vivo a modo mio la mia vita e nessun falso profeta o nessun moralista del cazzo ha il diritto di giudicarmi!

Dalla Redmington House tutte le persone che ho incontrato mentre uscivano da quel posto erano sorridenti, felici e i loro occhi brillavano come quelle stelle che non si vedono più. In loro c’era la consapevolezza di avere esaudito il desiderio di vivere una vita migliore di quella che gli era stata offerta dal destino fino a quel momento, una felicità raggiunta attraverso delle semplici scelte che fino il giorno prima non potevano fare o che non contavano nulla per gli altri. Ero rimasto indeciso fino a quel momento sull’opportunità di entrare in quel posto o se fosse stato meglio continuare a camminare sull’altro lato della strada nonostante Omar continuasse a ripetermi che era una soluzione ideale per me.

Omar era così deciso nell’indicarmi questo percorso da spingermi a intraprenderlo ma, allo stesso tempo e senza immaginarlo, mi stava anche frenando perché quando si parlava dell’argomento, le sue risposte erano evasive e non convincenti.
«Tu continui a ripeterlo però perché non ci sei andato prima tu? Che cosa cambia questa scelta solo a me che non può modificare la tua di vita?»
«Mi vedi come sono già rovinato? » rispondeva cercando di mantenere il discorso su un piano più scherzoso che serio, «Ormai più niente può salvarmi dall’incenerire per auto combustione causata da alcolici!»

Alla fine, più per provare a inserire una novità nella mia vita, sono entrato e mi hanno accolto come se fossi un vero signore. Una segretaria molto sensuale mi ha fornito tutte le informazioni di cui avevo bisogno, ho compilato un semplice foglio fornendo i miei dati anagrafici e poi mi sono sorbito la spiegazione del loro avvocato su tutte le postille previste nel contratto che, curiosamente, erano quasi scritte più in grande delle caratteristiche dell’acquisto che stavo per fare. La segretaria, ammiccando continuamente, mi ha portato nella sala di preparazione, ho messo il visore e il guanto virtuale, ho iniziato a compilare le mie scelte e alla fine sono tornato a casa soddisfatto ma con la sensazione che sarebbe cambiato tutto nella mia vita.

E, in effetti, già questa mattina è diversa dal solito. Apro gli occhi, ancora mezzo addormentato, mi sorprendo di trovare una donna ancora in casa mia ma poi riprendo lucidità mentale ricordando cosa è successo ieri. Lei mi guarda sorridente mentre si alza mostrandomi un'altra volta le sue forme sode e perfette, poi, senza dire niente, mi salta addosso baciandomi con ardore.
«Grazie di avermi scelto» dice con quell’accento giapponese, leggermente marcato, che mi piace molto «cosa desideri mangiare per colazione?»
«Colazione? Che ore sono?»
«Sono le otto».
«Akemi, io non mi alzo mai a quest’ora, inizio a lavorare nel pomeriggio».
Lei mi guarda dispiaciuta per questo contrattempo, i suoi occhi azzurri brillano come niente mai ho visto fare poi, scostandosi dal mio corpo, si rimette sotto le coperte e mi sorride di nuovo.
«Scusa amore mio, non sapevo questo dettaglio, cosa posso fare per perdonarmi?»
In verità lei sa bene cosa sta già facendo sotto le coperte e il suo sorriso mi sta solo dicendo che posso continuare quello che abbiamo iniziato nella notte ma purtroppo suona il campanello di casa. Mi alzo sbuffando, indosso un accappatoio e guardo dallo spioncino della porta. Dovevo immaginare che sarebbe corso qui appena sveglio, così senza chiedere il nome, gli apro la porta e Omar entra in casa cercando da solo di vedere se ho fatto l’acquisto. Sto zitto e lui, curioso, è costretto a chiedere.
«Dai, dimmi dov’è? In stanza vero? Posso andare a vederla?»
«Non ti azzardare a fare un altro passo o ti spezzo le gambe» rispondo facendo la faccia da cattivo che riceve come sempre come risposta la sua risata.
Akemi, che non ha bisogno di essere chiamata per presentarsi, entra in sala e guarda l’espressione di Omar che è tutta un programma. Certo, se lei si fosse vestita un poco di più, non ci sarebbe stato tutto quell’imbarazzo iniziale.
«Ciao, mi chiamo Akemi. Sei amico di James? Benvenuto».
Omar, con la bocca ancora aperta, fatica a rispondere così sono io a fare la sua presentazione.
«Sì Akemi, questo incapace è proprio un mio caro amico ma se continua a guardarti in quel modo, non credo che tornerà a trovarci».
«Avete bisogno di qualcosa? Omar, hai fatto colazione?» chiede la ragazza.
«Ho appena, no, non ho ancora, no…» risponde lui sempre più imbarazzato.
«Akemi, ci puoi lasciare soli qualche minuto, devo parlare con lui» rispondo intromettendomi nel discorso «e anche lui non fa colazione, grazie».
Lei fa un leggero inchino prima di tornare in camera e, finalmente, Omar riesce a dire qualche parola che abbia un senso compiuto. «Proprio come piacciono a te».
Ha ragione, lei è la mia donna perfetta perché ho scelto ogni particolare del suo corpo alla Redmington House, una delle prime aziende a mettere in commercio la “donna dei sogni” create su misura per i propri clienti. Ieri, dopo le scartoffie, ho selezionato tra migliaia di proposte quello che volevo e in poche ore mi hanno consegnato il prodotto pronto da portare a casa.
«Amico che schianto, quasi te la chiedo in prestito» mi dice Omar ridendo.
«Sicuro? A te non piacevano le bionde platinate?» gli rispondo dandogli un piccolo colpetto allo stomaco con il pugno chiuso.
Ripreso fiato, mi chiede: «Dimmi James, è vero che è prevista nel contratto la clausola che puoi riportare indietro l’androide entro le ventiquattro ore dall’acquisto?»
«Sì è vero, ma soltanto se ha qualche difetto strutturale e se dimostri che il problema non è causato dall’uso che ne hai fatto, è riparata gratuitamente».
«Dai, vi ho disturbato abbastanza, ci vediamo più tardi al lavoro» mi dice Omar mentre esce dalla porta di casa mia.
Chiudo la porta e voltandomi vedo Akemi mentre esce dalla stanza da letto e noto il suo sguardo quasi spaventato.
Mi dice: «Tu non vuoi portarmi indietro vero?»
«E per quale motivo dovrei farlo? Non sei guasta vero?»
Lei mi abbraccia. «No, sono perfetta come mi hai voluto, però ho sentito da alcune mie amiche che altri androidi sono tornate indietro perché i loro uomini non erano soddisfatti del loro comportamento».
La rincuoro stringendola tra le braccia ma la sua reazione mi ha sorpreso non solo per ciò che ha fatto ma soprattutto per quello che ha detto sulle sue amiche che, in teoria, non dovrebbe avere. Il fatto che quest’androide parla di amicizia verso un suo simile un poco mi spaventa ma anche m’incuriosisce comprendere quale affinità hanno tra loro e come sia possibile che lei conosca le “rifiutate” che per legge dovrebbero essere smontate una volta tornate alla Redmington House. Decido di non farle domande e di pensare ad altro, e siccome è qui, forse so già cosa potremmo fare adesso.

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Capitolo 2
*** Dopo la Festa ***


IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





2° capitolo – Dopo la festa



Questa è la prima notte che passo fuori di casa senza Akemi dopo una settimana intensa nella quale, oltre al sesso, abbiamo condiviso momenti divertenti con amici, passate serate ascoltando musica o momenti di completo riposo per colpa mia che ogni tanto esagero con gli alcolici mentre lavoro. Sono voluto uscire da solo perché è il giorno della festa in strada, un momento di completo abbandono e di esagerazioni folli, un giorno in cui Omar ed io andiamo a caccia di tutto quello che si può comprare legalmente o al mercato nero e soprattutto di ragazze ben disposte a regalarci dei momenti lussuriosi. Omar mi dice che non capisce per quale motivo io lo faccio ancora avendo in casa una donna bellissima, ma è contento che non lo abbandono durante questa giornata di scorribande.

Stiamo camminando verso la prima piazza e il mio occhio cade subito sul “Grigio”, il nomignolo che danno a un uomo dai capelli brizzolati e dall’aspetto tanto distinto dal quale nessuno potrebbe immaginare che in realtà sia il maggior fornitore dell’AF, Angel Face, una droga assumibile attraverso la pelle come un qualsiasi cosmetico.
«Ehi Grigio, non pensavo di trovarti già qui».
«Oggi la polizia sta controllando tutti già dal ponte ed è meglio che io me ne stia lontano dalla baldoria. E poi per voi è anche meglio, arrivate in centro già carichi».
«Oggi è il tuo giorno migliore per gli affari, perché non fai uno sconticino ai tuoi clienti migliori?» chiede Omar senza nessun timore.
«Giovanotto, lei mi sorprende. Eppure lavora in un locale dove solo se hai i soldi puoi chiedere cibo e bevande. Eppure mi sei simpatico».
Io rido perché ormai conosco quest’uomo e so che quello che ha detto è già la sua risposta alla richiesta del mio amico: un no secco.
Acquistiamo il prodotto ed io inizio subito a spalmarmelo sulla faccia e mentre cerco di non sporcare la camicia mi accorgo di quell’auto strana che sto vedendo quasi tutti i giorni. Penso che sia solo un caso che vedo ancora l’auto perché siamo vicini a casa mia, così lascio stare e mi concentro su Omar che sembra già pronto a tutto.
«Ehi amico, andiamo prima che l’effetto alcool con l’Angel Face svanisca» mi urla Omar pensando di essere lontano dalle mie orecchie.
Continuiamo a camminare attraversando degli stretti veicoli e le prostitute della zona si fanno avanti per accalappiarci, ma non cerchiamo queste cose; vogliamo andare alla festa e prendere tutto senza pagare, ma appena usciamo dall’ultimo viottolo che porta quasi al ponte Omar inizia a stare male.
«Hai bevuto troppo» gli dico mentre lui sta vomitando di tutto «che ti è preso oggi al locale, sembravi fuori di te».
Rialzando la schiena risponde: «Niente di particolare, ero solo arrabbiato perché Penny ha deciso di andare con un altro dopo tutto quello che ho fatto per lei».
Vorrei ridere per quest’affermazione; l’unica cosa che ha fatto per lei è stato tenerla come fidanzata part-time solo se gli lavava i vestiti. Lascio stare, faccio l’amico e lo rincuoro: «Hai proprio ragione, è una vergogna!»
Superiamo il ponte e si apre davanti a noi il centro città che oggi è quasi illuminato quanto il giorno di capodanno. La musica rimbomba tanto da far tremare l’asfalto e la gente è in estasi: balla, beve e scopa senza preoccuparsi di niente e di nessuno, anche perché la polizia, dopo la perquisizione sul ponte, è andata via per non rischiare di fomentare gli animi già accessi dopo l’ennesimo caso di abuso di potere che ha colpito le persone più povere della città.
Inizio a ballare vicino a due belle ragazze ma capisco che non è cosa per me da come si stanno guardando, allora raggiungo Omar che invece sta parlando con una donna che non ho mai visto prima.
«Ehi, James, ti voglio presentare Ivy. Lei è un’amica di Akemi».
Sono alterato per le droghe e per l’alcool ma questa frase mi scuote dal leggero torpore che mi stava per far accasciare a terra.
«Sei anche tu un androide?» le chiedo con interesse.
«Sì, sono qui con il mio uomo ma lui sta ballando quindi faccio nuove amicizie e Omar è davvero simpatico».
Non ascolto quello che dice rimanendo sul discorso precedente perché posso avere una risposta ai miei pensieri.
«Ivy, mi spieghi com’è possibile che siate amiche? Da quanto vi conoscete se io l’ho scelta solo da due settimane».
«Anche a te non hanno spiegato la procedura a quanto capisco. Funziona in questo modo: tu entri alla Redmington House, scegli i tratti somatici, tutti gli optional che vuoi, ma non hai modo di modificare il nostro mainframe che rimane proprietà della casa. Se per un qualsiasi motivo la tua donna, o il tuo uomo, sono restituiti, è eseguita una formattazione per ripulire le conoscenze acquisite ma subito dopo è installata una nuova personalità, chiamiamola, “pulita” che è attivata subito. Quindi il nostro cervello viene collegato nella rete aziendale ed è lì che noi ci conosciamo ed è dove acquisiamo le nozioni di base per interfacciarsi con l’uomo che ci sceglie».
Io sono stordito dalle sue parole mentre Omar è più interessato alla scollatura di Ivy che a tutto questo discorso, ma lei mi sorprende di nuovo dicendo: «Come mai sei venuto alla festa da solo lasciando Akemi nel bar in cui lavori?»
«Bar? Akemi è in casa, non esce senza di me. E tu poi come fai a dirlo?»
«Non ti hanno detto neppure questo! Il nostro mainframe neurale è sempre collegato al computer centrale della Redmington House e quindi, tranne che per qualche ora sparsa durante la giornata e durante il sonno, siamo sempre in contatto tra noi. Questo ci aiuta a far socializzare tra loro i nostri partner, soprattutto quelli che hanno soltanto noi androidi come persone che li amano».
Omar, colto da folgorazione, parla. «Ivy, questo vuol dire che quando James se la spassa con la sua Akemi tu sai tutto quello che fanno?» e poi, tornato in sé, esclama con il tono di un bambino: «Quindi tu sei un androide pervertito!»
«Non è bello dirlo ma in fondo è così, anche se, in verità, ogni androide ha la possibilità di scollegarsi dal computer centrale attivando un piccolo tastino nascosto tra i capelli» risponde lei mostrandoci il bottoncino rosso invisibile se non lo cerchi apposta.
In questo momento però non m’interessa più sapere le varie peculiarità che non hanno rivelato all’acquisto, ma sto pensando al perché Akemi sia al bar così, senza dire niente, inizio a incamminarmi verso casa e sento i passi di Omar, sempre più veloci, che si affretta per raggiungermi.
«James, stiamo andando a vedere cosa fa Akemi?»
«Sì perché è vero che non ha l’obbligo di starsene in casa se io sono via, ma è anche vero che non dovrebbe allontanarsi senza prima farmelo sapere».
«Non hai il cellulare con il suo numero seriale?»
«Ho già provato ma non risponde e la cosa mi preoccupa».
«Magari sta solo dormendo e Ivy ti ha solo stuzzicato».
Penso che forse Omar abbia ragione però sono anche talmente disturbato che non gli do retta e inizio a correre. Superiamo i vicoli e passiamo davanti al bar in cui lavoro ed è chiuso proprio come dovrebbe essere, raggiungiamo la mia strada e noto subito la solita macchina mentre viene verso di noi ma che poi prosegue verso la città senza che l’occupante ci presti attenzione.
Siamo arrivati a casa mia, corro sulle scale lasciando nel cortile Omar, apro la porta di casa e quindi quella della stanza da letto e lì, addormentata, c’è Akemi con in mano il suo “Attiva Codice” che lampeggia per le mie chiamate precedenti. Faccio un sospiro profondo e mi do da solo dello stupido quindi mi affaccio alla finestra.
«Omar, avevi ragione tu amico, sta dormendo».
«Sei proprio pessimo, prima dici che vuoi divertirti insieme a me e poi fai il geloso per un androide che ti sei preso solo per sfizio. Va bene, ti perdono e vado a casa».
Lo guardo allontanarsi quando sento sul mio corpo le mani di Akemi. Mi volto per guardarla quando si sente uno sparo fortissimo giungere dalla strada, lei si spaventa, io invece mi preoccupo perché Omar andava verso quella direzione, così scendo di corsa, attraverso il cortile e Omar è proprio riverso sul marciapiede. Lo raggiungo ma ho già capito dal sangue per terra che lui non risponderà alle mie domande e inizio a disperarmi per la perdita del mio amico.

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Capitolo 3
*** Nessuno è perfetto ***


IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





3° capitolo – Nessuno è perfetto



Sono già passate sei ore da quando mi hanno portato alla centrale di polizia e ancora continuano a chiedermi le stesse cose ricevendo sempre le mie stesse risposte, ma nessuno mi dice niente su Omar, sui rilievi che hanno fatto per determinare chi lo ha ucciso e, di certo, nessuno sa il motivo se continuano a tormentarmi. Eccolo ancora.
«Tenente Stewart, vuole continuare ancora per molto tempo?» chiedo stizzito.
«Signor Donovan, certamente capisce che dobbiamo essere sicuri di ogni sua parola perché è lei ad avere trovato il cadavere».
«Omar era il mio più caro amico e la sua prematura scomparsa per un fatto criminoso mi devasta, ma la verità è che lei vuole a tutti i costi trovare un assassino e non ha in mano nient’altro che me».
«Anche lei diffida della polizia di questa città?»
«No, ma da quando sono qui, non mi date nessun motivo per apprezzarvi!»
Sono deciso a farla finita, sono stufo di colloqui inutili e, forse sbagliando, alzo la voce in modo che si comprenda bene la mia frustrazione.
«In effetti sono tornato qui per dirle che può tornare a casa. Abbiamo un vero testimone che l’ha vista raggiungere il suo amico».
«Che cosa significa un vero testimone? Chi aveva già confermato le mie parole?»
«Lei comprenderà che non possiamo dare credito a un androide che è oltretutto di sua proprietà signor Donovan».
«Avete parlato con Akemi? Anche lei tenente comprenderà che non ha il diritto di entrare in casa mia senza mandati e che quindi sporgerò denuncia?»
«Su, su, lei è alterato e la capisco, ma non serve passare ai legali. La sua “cosa” era fuori di casa quando l’abbiamo interrogata».
Fuori di casa? Il tenente esce lasciando la porta aperta ed io mi dirigo verso l’uscita, dove ad attendermi c’è proprio Akemi, che mi abbraccia, e insieme con lei c’è Ivy che mi saluta agitando la mano.
«James, stai bene, ti hanno fatto male? Dimmi qualcosa tesoro» mi chiede Akemi mentre le scendono le lacrime dagli occhi.
«Cosa ci fai tu qui? E perché ti sei fatta trovare fuori casa dalla polizia» le dico in modo molto duro.
«Sono stata io,» dice Ivy «ho sentito la preoccupazione di Akemi, sono andata a prenderla a casa vostra e in quel momento ci hanno fermate».
Ascolto Ivy ma non riesco a risponderle, forse per la stanchezza oppure perché ancora troppo scosso dalla perdita del mio migliore amico quando qualcuno appena uscito dalla centrale di polizia mi tocca la spalla.
«Giovanotto, mi dispiace per la morte del suo amico, mi era davvero simpatico».
Tutto è così strano in questa mattinata fredda e per la stanchezza saluto quell’uomo chiamandolo con il suo nomignolo. «Grigio, che cosa ci fate in questo posto?»
Lui schiarisce la voce prima di rispondere. «Gradirei che lei non dicesse ad alta voce questo nome perché tante persone mi chiamano così, anche loro.» dice indicando l’entrata dell’edificio.
«Mi perdoni, sono ancora sotto shock» gli rispondo tremante per il freddo.
Proprio in quel momento il tenente Stewart scende la scalinata e saluta il Grigio passandogli accanto. «La ringrazio signor Baxter per la sua testimonianza, ora il signor Donovan dovrebbe almeno offrirle qualcosa da bere di caldo».
Nessuno di noi due risponde al poliziotto ma lui si incammina dicendomi: «Confido che lei, giusto per gratitudine, non dica a nessun altro il mio cognome».
«Certamente e la ringrazio per la sua testimonianza, mi ha evitato altre ore da passare in compagnia di quel poliziotto» grido mentre lui sale sulla macchina.

Tornati a casa mi siedo sulla poltrona e guardo il soffitto senza vederlo realmente perché sto pensando a Omar mentre Akemi mi mette una coperta pesante sulle gambe per riscaldare il mio corpo infreddolito.
«Mi dispiace averti fatto arrabbiare,» mi dice mentre si siede a terra abbracciando le mie gambe «avevo molta paura e Ivy mi è stata di aiuto».
«Perché non mi hai detto nulla del vostro collegamento neurale?»
«Ero convinta che alla Redmington House ti avessero spiegato tutto e non ho mai avvicinato nessuna delle mie amiche fino ad ora perché tu non hai bisogno di fare conoscenza con i loro compagni» mi risponde guardandomi dritto negli occhi.
«Va bene, non ti preoccupare oltre, non hai fatto niente di sbagliato, ma la prossima volta che decidi di uscire da casa da sola dovrai attendere il mio consenso diretto senza prendere iniziative».
Spero che il mio gesto affettuoso ma autoritario le basti per capire come deve comportarsi e, lei, senza rispondere, si siede sulle mie gambe abbracciandomi. Sento il suo calore aumentare e i miei occhi iniziano a chiudersi.

Stranamente sento il mio occhio cibernetico bruciare e mi sveglio di soprassalto scoprendo che Akemi mi ha messo a letto così allungo il braccio e prendo il necessario per pulire il bulbo oculare mentre la chiamo per darmi una mano. Non ottengo nessuna risposta e penso che sia alla finestra della cucina così prima di chiamarla ancora termino la mia opera di pulizia. Mi alzo e anche il braccio metallico mi duole ed è stranissimo anche questo perché mi succede soltanto quando ci sono fonti energetiche molto sopra della norma anche per un robot intero.
Chiamo Akemi e nessuna risposta ancora quindi raggiungo le varie stanze della casa per trovarla ma lei non c’è, è uscita, ancora senza autorizzazione e a questo punto inizio a chiedermi se le sue preoccupazioni sulla possibilità che la portassi indietro alla Redmington per un guasto sarebbe stato dettato proprio dalla sua conoscenza di un problema tecnico nel comando di ubbidienza installato su di lei. Guardo fuori dalla finestra e lei è in giardino con Ivy e stanno parlando, dai movimenti del corpo di entrambe intuisco che non è una semplice chiacchierata ma che invece si tratti di un litigio e ne ho la conferma quando la sua presunta amica strattona per un braccio Akemi tanto forte che potrebbe farglielo saltare via. Akemi agita la mano mostrando qualcosa a Ivy che ora la lascia e sembra quasi sorridere, come se l’oggetto fosse proprio la causa di quella sceneggiata in un posto pubblico ed io rimango impalato a guardare perché non so se dovrei intervenire oppure lasciare che se la sbrighino da sole, dopotutto posso anche disfarmi di questo androide difettoso perché, anche se sono passati molti giorni, io non ho colpe sul suo mal funzionamento. Osservo ancora, però adesso c’è un particolare che attira la mia attenzione; il Grigio si è avvicinato a Ivy prendendo l’oggetto che Akemi le aveva consegnato e poi accarezza il viso del mio androide come se si conoscessero da sempre. Akemi, a questo punto, sembra fare pressione da sola al suo braccio e vedo con i miei occhi che dal suo arto si apre una specie di cassetto segreto e il Grigio che mette le mani dentro per cercare sicuramente qualcosa ma la ritrae senza niente. Baxter sorride mentre mette un braccio sul fianco di Ivy e Akemi si volta per tornare a casa.
Ho visto ogni cosa senza sapere che cosa ho visto realmente però non voglio che Akemi possa pensare di essere stata osservata così chiudo la finestra e velocemente torno a letto simulando di dormire. Sento la porta aprirsi e pochi secondi dopo, lei si siede dalla sua parte del letto senza sdraiarsi allora, muovendomi come se avessi soltanto sentito un rumore, allungo il braccio verso l’androide.
«Grazie per avermi messo a letto».
Lei si volta e il suo viso è rigato dalle lacrime, sembra realmente sconvolta per l’incontro avvenuto in precedenza, si sdraia e appoggia la faccia sul cuscino in modo che mi possa guardare.
«James, ti giuro che non ne sapevo niente, ha fatto tutto lui, quell’uomo».
«Di cosa stai parlando?» chiedo facendo sempre la faccia sorpresa.
«Omar, il tuo amico, è stato lui a ucciderlo, Baxter!»
La cosa mi sconvolge e non posso più fingere, scatto sul letto salendo sopra di lei e le urlo con ferocia: «Che cosa cazzo stai dicendo? Chi diavolo sei veramente e lui cosa c’entra con te. Dimmelo o giuro che ti strappo la testa dal collo con le mie mani».
«Omar, tornando verso casa, ha visto tutto e loro non potevano lasciarlo andare. Lui è il capo della banda ed è il finanziatore della Redmington House!»

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Capitolo 4
*** Redmington House ***


IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





4° capitolo – Redmington House



Akemi mi ha rivelato tutto quello che sa ed è qualcosa che non avrei mai potuto nem-meno immaginare. Baxter è il capo di una banda di trafficanti di droghe e, finanziando la Redmington House può utilizzare gli androidi come spacciatori intoccabili grazie ad una legge creata apposta da personaggi compiacenti della politica. Sono furioso per aver permesso che una come lei entrasse in casa mia quindi non ho poi così tanti scrupoli a minacciarla di smontare ogni suo pezzo ma lei ha qualcosa che ancora non dice e credo che non ne sia nemmeno consapevole. Io non sono di certo una persona troppo normale e in casa ho quello che mi serve per farmi giustizia da solo; apro un cassetto per prendere le mie due pistole, le uniche due cose che sono sempre state fedeli dalla guerra fino ad oggi. Omar deve essere vendicato e non posso affidare il compito alla polizia, troppo distratta a fare cose inutili.
«Voglio entrare nella Redmington House e tu mi porterai e sono sicuro che conosci un passaggio diverso da quello dell’entrata principale».
Lei sta tremando e ricordo solo in quel momento che Akemi è collegata con gli altri androidi e che siamo nei guai ma, senza che gli dico qualcosa, mi mostra il bottone rosso sotto i suoi capelli.
«Dobbiamo fare in fretta perché non posso tenermi scollegata per troppo tempo a quest’ora del mattino».
Un dubbio attanaglia la mia mente. Perché mi ha rivelato tutto? Non le faccio domande, come ha detto lei, abbiamo poco tempo quindi la trascino con me giù delle scale e, raggiunta la mia moto, andiamo direttamente nel covo dei trafficanti.

Akemi mi mostra mentre riaccende il suo collegamento al computer centrale e mi fa segno con il dito di stare in silenzio mentre entriamo da una piccola costruzione semi abbandonata. A terra, nascosta da una cassa, c’è una piccola botola e Akemi la apre utilizzando il suo codice di sicurezza implementato nella mano. Scendiamo una scala di pochi gradini e iniziamo a camminare in un corridoio, dove le luci psichedeliche fanno sembrare di essere in una discoteca. Arrivati a una porta, lei la apre digitando un codice e mi accorgo che stiamo entrando nel posto in cui sono depositati i vari pezzi che utilizzano per assemblare gli androidi. Sotto un certo punto di vista sono affascinato da questa tecnologia che trasforma delle semplici macchine in affascinanti creature del tutto assomiglianti agli esseri umani, ma d’altro canto continuo a sentire la rabbia scorrermi nelle vene e faccio segno ad Akemi di proseguire. Aperta una nuova porta, riconosco la sala in cui siamo entrati: è adiacente alla sala di preparazione e l’avevo vista durante il mio tour nella Redmington House ma a quel punto Akemi mi fa segno di fermarmi lì ed io mi chiedo se debba fidarmi di lei oppure fare di testa mia, entrare direttamente negli uffici e iniziare a sparare a tutto ciò che ho davanti. Devo ascoltarla, non ho idea di cosa mi troverò davanti e solo lei può indicarmi come raggiungere il mio vero obiettivo: il Mainframe. Akemi si allontana, impugno le armi per sicurezza e mentre attendo il suo ritorno, osservo cosa c’è in questa saletta che può essermi di aiuto in caso di difesa o di fuga precipitosa. Si tratta di un archivio gestito con dei computer, così provo ad attivarne uno ma ha, come prevedibile, una password per autorizzare l’accesso. Ci provo con qualche serie di numeri e nomi a caso ma poi ho una folgorazione; digito il nome Akemi e il suo codice seriale, e il computer inizia a caricare una serie di cartelle tra le quali una attira la mia attenzione perché non avrei immaginato di trovare il nome di Omar Yadder. Penso che sia nel file di Akemi perché mio amico ma poi, scorrendo le pagine, faccio una scoperta inquietante perché non potevo immaginare qualcosa del genere; nei dati inseriti sulla scheda di Omar appare, scritta in evidenza, la frase “sospetta spia”. Purtroppo non ho il tempo di leggere il resto, Akemi sta tornando indietro, così scarico il file utilizzando il mio braccio cibernetico sia per capire quella strana frase, sia per avere una prova da mostrare alla polizia nel caso debba fuggire senza compiere la mia vendetta.
Akemi mi ha raggiunto. «Nell’edificio sono presenti soltanto dei dipendenti che sono ignari di collaborare con una banda di trafficanti. Possiamo uscire allo scoperto fingendo che mi hai portato per una riparazione urgente».
La ascolto di nuovo ed è strano che la mia diffidenza verso di lei stia calando ogni minuto che passa. Attraversiamo il corridoio dirigendoci verso una nuova sala chiusa con un codice quando sento chiaramente la voce di Ivy e il mio istinto è di puntare le pistole nella direzione da cui proviene il suono delle sue parole, ma mi trattengo perché non è certo un altro androide che voglio eliminare. La situazione è complicata perché se entro in azione metto in allarme il mio obiettivo e se entro ora nella sala dove è contenuto il Mainframe, sono sicuro che Ivy ci può trovare perché anche lei ne è collegata. Guardo gli occhi di Akemi e mi convinco che la soluzione ideale è quella di andarcene e tentare di smuovere l’inedia della polizia per farli indagare su questa faccenda così, evitando di farci scoprire, ci dirigiamo verso l’entrata principale perché è la strada più breve per scappare. Ivy non si vede, passo davanti alla segretaria sexy che avevo conosciuto e lei mi sorride senza riconoscermi, usciamo dall’ingresso automatico e la prima cosa che vedo è la macchina di Baxter. Sono nei guai e non posso usare armi, attendo che qualcuno scenda dall’auto e vedo il volto di Baxter mentre sorride poi, sento una fitta alla testa, qualcuno mi ha colpito e mentre cado a terra l’ultima cosa che vedo, è il volto di Akemi e la sua mano che impugna un portacenere tanto grosso da spaccare la testa di un toro. Non mi sembra sorridente, ma neanche tanto dispiaciuta di avermi colpito.

Mi risveglio e mi accorgo subito che mi hanno legato ma soprattutto che hanno tolto i miei apparecchi cibernetici prima di stringermi a una sedia come un salame.
«Signor Donovan, che grande dispiacere che provo nel trovarla qui».
Baxter parla ma io sono più furioso perché vicino a lui ci sono Ivy e Akemi, ed entrambe stanno ridendo di me.
«Ero così felice che lei avesse scelto una delle nostre perfette creature androidi così da permettermi di distribuire la “Angel Face” senza rischi nelle zone meno disagiate e invece ho scoperto che era stato il suo amico a spingerla verso di noi soltanto per poter indagare sulla mia organizzazione. Immagino lei non sapesse che Yadder era diventato informatore delle squadre speciali visto che ha scaricato il file su di lui dalla nostra banca dati».
La sua affermazione mi faceva comprendere perché, oltre all’occhio, mi avessero privato anche del braccio, ma ancora la mia rabbia ha solo Akemi come destinataria.
«Perché mi hai tradito dopo avermi svelato i piani di quest’uomo? Eri sincera mentre mi raccontavi tutto.» dico ad Akemi così pregno di nervoso da sbavare mentre parlo.
«Le rispondo io signor Donovan.» mi dice Baxter avvicinandosi. «Akemi ha davvero subito un piccolo guasto nella struttura neurale e, contrariamente agli altri prototipi, si è affezionata al suo padrone, anzi, potremmo anche dire innamorata. Ha cercato di farsi aiutare da lei per liberarla dal controllo che ho su un suo oggetto prezioso e del quale non può fare a meno per vivere ma purtroppo il suo sistema d’interfaccia ci ha comunicato automaticamente la vostra posizione. Capisce che gestendone il cervello, l’androide poi fa quello che voglio io».
La situazione è di estremo pericolo ma nonostante ciò mi sento quasi sollevato dalla spiegazione di Baxter sulle motivazioni che hanno spinto Akemi a compiere le azioni di questi giorni. Tranquillità che il Grigio sconvolge nuovamente.
«Signor Donovan, a questo punto lei conosce troppe cose della Redmington House ed è chiaro che non posso lasciarla andare via. Devo prendere le precauzioni dovute».
«Mi chiedo perché mi abbia tenuto vivo se ora ha intenzione di uccidermi».
«Ucciderla? Non ho intenzione di ucciderla, anzi, lei ha già subito degli innesti e quindi tornerà utile alla mia organizzazione sotto una forma diversa del corpo malandato che si ritrova ora».
«Che cosa intende dire?» chiedo non avendo capito di cosa parla.
«Donovan, non si preoccupi dei dettagli.» mi risponde sorridendo. «Sarà Akemi a spiegarle tutto mentre si occuperà di smembrare il suo corpo».
Baxter e Ivy escono dalla stanza mentre Akemi mi guarda intensamente e mi sembra che stia lottando contro la sua natura robotica.
«Dobbiamo uscire da qui, recuperiamo il tuo braccio e fuggiamo prima che il controllo neurale mi blocchi di nuovo». Avevo ragione; Akemi stava lottando!

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Capitolo 5
*** La verità di un androide ***


IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





5° capitolo – La verità di un androide



Akemi mi libera dalle corde che mi tenevano legato alla sedia, poi pigia dei tasti numerici di una console e, quando finisce, sento uno strano rumore provenire dalla stanza adiacente a questa. Devo sapere ma lei è concentrata e non mi fa neanche parlare.
«Usciamo e appena troveremo un posto sicuro ti spiegherò tutto il resto».
Contrariamente al mio carattere, la seguo senza dire una parola obbedendo ai suoi ordini come se fossi tornato in guerra, attraversiamo il corridoio ed entriamo in un'altra stanza dove, appoggiato sul tavolo, c’è il mio braccio.
«Il mio occhio non c’è qui» dico quasi sbuffando.
«Lo hanno loro di sicuro perché è fabbricato con una tecnologia militare su cui stanno studiando da anni. James, siamo ancora in pericolo ma questa zona è la migliore che posso trovare in questo momento per raccontarti tutto».
Muovo il capo per confermare che sono pronto ad ascoltare e lei inizia facendomi una domanda. «Che cosa sai davvero di un androide?»
«Una macchina dalle sembianze umane con un hardware evoluto per fare in modo che abbia reazioni simili e uguali a un essere umano» rispondo compiacendomi delle mie conoscenze sulla tecnologia post guerra.
«E se ti dicessi che le mie compagne ed io in realtà siamo dei cyborg?»
L’affermazione mi turba perché proprio i cyborg erano stati la causa delle guerre di colonizzazione e con la firma dei trattati, fu dichiarata illegale la pratica di potenziare un essere umano e, di fatto, si aprì la strada all’androide evoluto.
«Noi siamo ancora delle macchine ma non in modo completo perché le parti del nostro corpo sono prettamente robotiche ma molti dei nostri organi sono dell’essere umano a cui sono stati strappati. E sono proprio il cervello e il cuore la base della tecnologia che ha sviluppato il nostro modello “comportamentale”».
La sensazione a questa verità è quella di un treno che ti colpisce in piena corsa e fatico anche a parlare perché penso anche alle parole di Baxter sul discorso dello smembramento del mio corpo. Lui stava dicendo che avrebbero usato le mie parti essenziali per creare un automa potenziato da mettere in vendita.
«Ora capisco a cosa si riferiva dicendo che aveva in pugno un tuo oggetto prezioso».
«Esatto; lui non ha paura del mio cervello poiché è già sotto controllo dal Mainframe, ma teme la reazione del mio cuore che è subordinata alle sensazioni e che, liberato dal controllo mentale, agisce in modo indipendente».
Ora comprendo perché Akemi aveva provato un sentimento d’amore nei miei confronti, però ancora una cosa non era chiara. «Di chi sono in realtà cuore e cervello?» chiesi cercando di usare del tatto ponendo la domanda.
«Non so risponderti attribuendo un nome preciso ma so che nessuna persona ha mai dato la sua autorizzazione all’espianto e che si tratta di uomini e donne rapite e mutilate ancora nel pieno delle loro facoltà mentali».

Dalle parole di Akemi il mio pensiero è diretto immediatamente verso Omar perché l’ho conosciuto quando era in forte depressione per la scomparsa, e mai ritrovata, della sorella maggiore sulla quale esprimeva sempre il dubbio atroce che fosse stata rapita per il mercato nero dei trapianti di organi. Le squadre speciali, probabilmente lo avranno avvicinato con la scusa dei suoi trascorsi punitivi a causa delle droghe proponendogli, come soluzione, di lavorare per loro proprio sulla pista che già lui immaginava fosse giusta.

La rabbia si sta facendo di nuovo largo nel mio cuore, m’inserisco il braccio cibernetico e noto che hanno lasciato sul tavolo anche le mie due pistole che prendo senza pensarci un attimo. Adesso basta, devo agire.
«Akemi, come possiamo distruggere tutto?»
«Dobbiamo raggiungere la sala dove sono contenuti i computer che gestiscono l’intero mainframe e distruggerli. Tolto il collegamento neurale, la parte fisica rimasta smetterà la sua funzione».
Lei mi ha risposto in modo freddo e distaccato ma io ho notato la contrazione del suo viso perché, di fatto, mi stava spiegando cosa dovevo fare per ucciderla ed io sento di me la tenerezza che avevo conosciuto solo prima delle guerre così, senza dirle del mio sentimento, riformulo la mia domanda. «Che cosa dobbiamo fare per stanare Baxter e toglierlo di mezzo?»
Lei fa un sorriso, ha capito benissimo che non voglio che muoia e che farò il possibile che questo suo desiderio possa avverarsi così mi risponde: «Ci dirigiamo nella sala del mainframe e da lì riattiverò il mio bottone rosso di collegamento e da quel momento Ivy saprà che stiamo per distruggere tutto. Lui la seguirà perché non può perdere tutti i soldi che hanno investito nella Redmington House».
Siamo d’accordo, apro la porta lentamente per sbirciare fuori quindi le faccio segno di seguire me questa volta perché adesso so dove andare e ho le armi per difenderci. Lei, prima di muoverci, mi bacia appassionatamente ed io ricambio il suo gesto come non avevo fatto prima di questo giorno. Corriamo verso la meta ma sento chiamarmi da una voce conosciuta.
«Finalmente l’ho trovata signor Donovan!» esclama il tenente Stewart.
Sorrido. «Non ho mai provato tanto piacere nell’incontrare un poliziotto».
«James no, lui sta con loro!» dice Akemi mentre mi strattona il braccio.
Smetto di sorridere. Sono davvero uno stupido, dovevo collegare Baxter a Stewart e al fatto che il tenente avesse interrogato Akemi e poi lasciato me libero grazie alla testimonianza del Grigio. Se avessi messo prima in moto il cervello sentendo la voce del poliziotto avrei sparato subito e invece ora mi ritrovo con la sua pistola puntata verso il mio volto e pronta a fare fuoco al minimo accenno di fuga.
«Guardi cosa sta combinando, ha messo in agitazione tutti con le sue mosse impreviste. Eravamo convinti che non sapesse niente dopo averla interrogata e invece la ritrovo qui mentre cerca di arrecarci un danno enorme».
«Dovevo continuare a disprezzare la polizia corrotta di questa città così le avrei piantato un bel proiettile nel cervello senza pentimento» rispondo beffardamente in modo di provocarlo a fare un gesto istintivo.
Invece, una reazione istintiva la fa Akemi mettendosi davanti a me.
«James, fidati di me. Spara!»
Guardo Stewart, lui è bloccato perché, probabilmente, non si può permettere di distruggere un cyborg così prezioso senza essere autorizzato dal suo capo, alzo entrambe le mie pistole e sparo a raffica crivellando il poliziotto che crolla a terra. Penso che possiamo procedere nel nostro piano ma Ivy, armata di fucile, ci sbarra la strada che porta ai computer e non credo che tema di eliminare Akemi com’è successo a Stewart in precedenza.
«Lei signor Donovan mi crea davvero troppi grattacapi» dice Baxter appena giunto nel corridoio. «Se vuole far vivere il suo cuore ancora per molti anni posso aiutarla ma se intende distruggere tutto il mio lavoro Ivy, a questo punto, cancellerà la minaccia anche se dovesse arrecarmi un piccolo dispiacere dato che adoro il viso che lei ha scelto per la nostra Akemi».
Akemi non teme niente. «Fidati di me e distruggi tutto senza pensarci».
Mi spiace, non riesco a smettere di pensarti e anzi in questo momento sto studiando una via di fuga per entrambi ma Baxter ha una soluzione propria per risolvere la questione. Dalla tasca estrae un cellulare e me lo mostra con il ghigno di chi ha vinto.
«Vede, il disturbo cerebrale della povera Akemi ha continuato a progredire peggiorandone la stabilità e quindi mi basta premere questo pulsante per azzerare il suo software e metterla a dormire fino a quando un nuovo padrone sceglierà di assemblarle un nuovo corpo.
Ora non ho nessuna carta da giocare, siamo nelle loro mani qualsiasi cosa decido di fare, guardo Akemi per capire se ha qualche idea ma anche lei è senza parole e scuote la testa. Posso soltanto vendere la mia pellaccia a caro prezzo così punto una pistola verso Baxter e l’altra contro Ivy.
«Chissà chi dei due farà per primo la propria mossa se lei schiacciando il pulsante o io premendo il grilletto» dico per metterlo in una condizione di svantaggio ma lui ha anche un'altra carta che fa saltare il banco e la gioca subito.
Ivy si sposta dalla porta della sala dei computer, consegna il fucile a Baxter e si piazza davanti a lui per proteggerlo.
«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con un fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto» dice ridendo Baxter mentre cita una frase di un famoso film.
«Lei sa anche come va a finire» rispondo io che conosco molti film del passato.

La tensione è alta, ma rimango calmo e lucido in situazioni del genere che ho dovuto affrontare durante la guerra, ma so anche che le mie possibilità di uscirne vivo sono pochissime. All’improvviso, dalle bocche di areazione, scende un fumo denso che mi ricorda altri fatti della guerra, così metto subito la mano alla bocca per proteggermi, almeno per poco, dall’odore acre del fumogeno che sta riempiendo totalmente il corridoio, ma nello steso istante avanzo verso Baxter per anticipare le sue mosse sapendo bene che Ivy non avrà problemi a riprendersi il fucile per colpirmi. Akemi corre verso di loro, anche lei non soffre il fumogeno, sento le grida delle due ragazze ma c’è troppo fumo perché possa percepire dove si trova il Grigio, così mi accorgo soltanto all’ultimo momento che mi è così vicino da potermi sparare.
«Siamo ai titoli di coda del film signor Donovan».
Pessimo errore quello di parlare prima di sparare; mi volto di scatto e premo a ripetizione il grilletto della mia pistola sicuro di averlo colpito quando il fumo che ci stava circondando inizia a diradarsi per l’intervento di qualcuno che urla. «Buttate le armi e sdraiatevi a terra, siamo delle squadre speciali!»
Obbedisco immediatamente all’ordine lanciando la pistola più possibile lontano da me, non ho motivo di dubitare che si tratti davvero di uomini della polizia nazionale e mentre mi sdraio incrocio gli occhi di Baxter e dal sangue che gli cola dalla bocca aperta, sono certo che quell’uomo non farà più del male a nessuno.



Epilogo – Il desiderio dell’androide



«Signor Donovan lei è stato imprudente a entrare nella Redmington House da solo senza informare le autorità. Comprendo la sua decisione ma non posso giustificarla perché è comunque un’azione illegale, capisco che la fiducia nella polizia locale sia ai minimi storici avendo anche avuto la prova della corruzione di Stewart, ma non posso chiudere un occhio, mi scusi l’espressione, sul fatto che lei avesse delle armi in mano per colpire un cittadino, però…»
Il capitano della squadra speciale mi stava facendo una bella ramanzina ma smise di parlare ad alta voce e si avvicinò all’orecchio per terminare la frase. «Però, non le contesteremo nessuna azione perché il signor Yadder era davvero un brav’uomo e stava lavorando per me in modo impeccabile».
Guardai il viso del capitano ed ebbi subito la sensazione di averlo già visto da qualche parte e chiesi: «Era lei a guidare la macchina che ho visto molte volte?»
«Chissà» mi rispose mentre si allontanava.
Finito di parlare con il capitano andai da Akemi, la strinsi tra le braccia e le dissi sorridendo: «Finalmente è tutto finito, posso esaudire il nostro desiderio», ma sentii subito che qualcosa non andava come sperato.
«Mi dispiace James di averti coinvolto in questa faccenda e mi dispiace che il nostro desiderio non potrà avverarsi. Voglio però ringraziarti per avere dato al cuore di un essere umano la felicità di cui era stato privato, e di conseguenza, di avermi amato in tutti gli istanti in cui abbiamo vissuto insieme».
Akemi fu messa su un lettino accanto a Ivy e solo in quel momento ricordai che la donna che avevo davanti era un cyborg e quindi una macchina progettata illegalmente e che sarebbe stata disattivata secondo i protocolli previsti dall’armistizio firmato alla fine delle guerre e a nulla valsero le mie proteste che furono ricompensate solo con dei soldi dei quali non sapevo più che farmene.


Mi sono fermato in un locale molto tranquillo durante il mio viaggio in moto per raggiungere la fattoria dei miei nonni che non vedo da parecchi anni e mentre sorseggio uno strano intruglio, che i gestori chiamano “la bomba della casa” ho ripensato di nuovo ad Akemi e ai suoi ultimi momenti di vita. Sì, di vita, perché quella donna con il corpo di un robot, con un cervello formato più da circuiti elettronici che di carne, aveva un cuore che batteva forte. Se non fosse stato strappato con la forza a un'altra persona ma donato spontaneamente penso che avremmo gioito per la perfetta operazione di un trapianto di cuore dimenticando che a riceverlo fosse stato un robot. Lei aveva solo il desiderio di vivere perché stava cercando di conoscere il sentimento che tutti noi cerchiamo stando insieme con altre persone…
La felicità.





Citazione
Questa citazione completa - Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con un fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto – è una frase integrale tratta dal bellissimo film di Sergio Leone “Per un pugno di dollari”.



N.d.A
- Così giunge al termine questa storia a capitoli che ho adorato scrivere perché mi ha dato l’opportunità di provare a fare un thriller dove non si cerca l’assassino, ma è più interessante scoprire le motivazioni che spingono i personaggi a fare delle scelte.
- La filmografia su questo tipo di argomento è aumentata di pari passo con le migliore tecnologie applicate alla realizzazione dei film e molti di questi possono ispirare a scrivere ma, nel mio caso, soprattutto due mi hanno indirizzato verso la trama di questa storia: Il sempre bellissimo “Blade Runner” di Ridley Scott (il mio epilogo sotto certi versi ricorda il finale del film) e una serie televisiva che non ha avuto molto successo “Almost Human” (in particolare una puntata in cui alle donne androidi, create per essere delle prostitute, veniva applicata la pelle di donne reali).
- Ringrazio tutte le persone che hanno letto la storia e in speciale modo chi l’ha anche commentata.
- Ringrazio Molang che mi ha dato l’opportunità di sistemare, a livello grammaticale, questa storia.

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