The seven elements: The beginning of us

di GrandeStefania
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Ignis et aqua ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Caeli ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3:Post caeli, terra semper est ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Metus ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Amor ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Animus ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Tempus ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Morfeus ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Erano le 20:38 di un sabato sera del 1997 e la luna piena illuminava gli enormi grattaceli della già luminosa Seoul. Era una serata tranquilla, le persone stavano incominciando a uscire dalle loro case per andare a passeggiare o per ballare in discoteche caotiche e poco raccomandabili. Tutta quella gente non pensava minimamente a quanto strano fosse il mondo in cui si trovavano, infondo quando sentiamo parlare di storie come quella che vi sto per narrare, nessuno oserebbe immaginare che potrebbero essere reali. Sarebbe illogico, completamente folle... giusto?

Eppure mentre il mondo continuava a girare, in un enorme appartamento al quarantottesimo piano di uno di quegli infinti grattaceli, un bambino era appena nato e stava piangendo tra le braccia di sua madre che lo guardava con occhi luccicanti. Le sue guance paffute erano rosse e i suoi occhi era spalancati in un'espressione confusa, osservando la stanza intorno a lui. Le sue iridi erano grandi e... azzurre. Ebbene si, un bambino sud coreano era nato con gli occhi chiari, di un azzurro brillante.

Ma la cosa che più colpì i genitori di quel bambino non erano i suoi occhi, ma le sette voglie che circondavano la sua caviglia. Sette piccole macchie che formavano una sorta di cavigliera, sette forme che erano tanto strane quanto affascinanti.

Erano le 20:38 di un sabato sera del 1997 e Jeon Jungkook, l'ultimo dei sette elementi, protagonisti di questa storia, era appena nato.

 

Angolo autrice:

Hello boys and girls and welcome to another story. Questa storia sarà un pò diversa dalle precedenti, è un idea che sto sviluppando da un bel po' e non vedevo l'ora di darle forma. Spero che apprezziate quest'idea e che amiate ogni suo personaggio e ogni sua storia.
Step.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Ignis et aqua ***


"I feel like I'm drowining,

You holding me down and...

Killing me slow... so slow... oh no

I feel like I'm drowning."

Erano queste le parole che Jeon Jungkook stava canticchiando, mentre il volume delle sue cuffie era al massimo e lui era sulla sua bici blu cobalto, mentre pedalava sistematicamente in direzione di un edificio di mattoni scuri, che gli adulti denominano scuola ma che per lui era soltanto un insieme di persone mentalmente instabili che credevano che fosse più importante conoscere la vita di Napoleone che vivere la propria.

Mentre i suoi timpani tremavano al suono ripetitivo delle note e i suoi capelli corvini venivano accarezzati dal vento, Jungkook mise saldamente un piede a terra, fermandosi nell'area dedicata alle biciclette antistante al cortile. Chiuse il lucchetto a chiave e si alzò, osservando le tante finestre che caratterizzavano la facciata principale della Dongdaemun high school.

Jungkook non era mai stato più felice di vedere quell'edificio come quel giorno, perché finalmente, stava per incominciare il suo terzo e ultimo anno di liceo e per come la vedeva lui, prima incominciava e prima finiva e nonostante fosse un ottimo studente, non era mai stato un amante delle persone che frequentavano quella scuola. Erano tutti così convinti di essere dei scesi in terra, sembrava quasi dovessi anche inchinarti al loro passaggio e se non lo facevi saresti stato colpito da una maledizione divina e terrificante. Ma la verità è che erano tutti dei grandissimi stronzi, figli di papà e Jungkook non tollerava i loro atteggiamenti.

Ovviamente il corvino non si era mai azzardato a parlare con uno di loro, anche se non ne avrebbe comunque trovato il coraggio. Era fin troppo timido e riservato per esporre i suoi pensieri e per questo non aveva nessun amico, a parte Kim Yugyeom. Lo conosceva dai tempi dell'asilo e da quel momento non si erano mai lasciati; passavano molto tempo insieme a giocare ai videogiochi o ad ascoltare musica, ma spesso si ritrovavano anche a parlare di argomenti seri ed era per questo che Jungkook gli voleva davvero bene, perché poteva fare l'idiota e il momento dopo essere serio se ce n'era bisogno.

La scuola non era del tutto piena, infondo Jungkook arrivava sempre in anticipo, almeno venti minuti prima che suonasse la campanella. Perché lo facesse? Per quell'enorme quercia che si trovava nel cortile sul retro e che per tre anni era stato un rifugio sicuro per il minore. Ci andava ogni giorno, di prima mattina, si metteva lì seduto, sotto le fronde e ascoltava musica, osservando il cielo. Lo aiutava a rilassarsi e a pensare a tutto e a niente. Era diventata una sua abitudine fin dal primo anno di liceo, quando per puro e semplice caso, si ritrovò a passeggiare in quel cortile davvero poco popolato, per fuggire via da tutte quelle persone che non facevano altro che puntargli il dito e vociferare.

"È il figlio dei Jeon... ma ha gli occhi azzurri."

"Dicono che è un tipo strano, che è pericoloso."

"Si dice che abbia ucciso qualcuno."

Tutte quelle voci, tutte quelle assurdità, gli riempivano la testa ed era per quello che ogni mattina doveva trovarsi lì, semplicemente per rilassarsi, e per aiutarsi ad affrontare quella giornata, che sapeva sarebbe stata piena di occhiatine e vociferi.

Ma quella mattina, Jungkook trovò il suo posto sotto la quercia, occupato da un ragazzo snello e dai capelli dorati, che incurante delle persone attorno a lui, teneva tra le dita lunghe e affusolate una sigaretta fumante, mentre i suoi occhi scuri, osservavano curioso le fronde dell'albero.

Il fiato del corvino si fermò alla sua vista, lo innervosiva il fatto che stesse occupando il suo posto speciale, ma allo stesso tempo, lo incuriosiva. Non l'aveva mai visto lì e non aveva la più pallida idea di chi fosse. I suoi occhi scrutavano curiosi il corpo di quel ragazzo, osservando il modo in cui era vestito e la sua aria da ragazzo poco raccomandabile. Indossava una maglia bianca, davvero molto larga, che gli nascondeva parte delle braccia e gli arrivava fin sotto il sedere, mentre metteva ben in mostra le sue clavicole dato l'enorme scollo. Aveva un pantalone nero, anch'esso decisamente largo, che era tagliato sui polpacci e lasciava nuda la pelle della sua gamba e delle sue caviglie. E fu proprio lì che l'occhio di Jungkook cadde inevitabilmente.

Sulla sua caviglia destra, c'erano delle voglie... non riusciva a vederle tutte da quella postazione ma era sicuro che fossero identiche alle sue... quelle che gli circondavano quel suo tratto di pelle, quasi formassero una catena.

A quel punto gli occhi del ragazzo si fermarono sulla figura del corvino, che proprio in quel momento alzò lo sguardo in direzione del suo. Le loro iridi si incatenarono e per loro due sembrò come se il tempo si fosse fermato. Il vento sembrò velocizzare il suo soffio, scuotendo i loro abiti e i loro capelli da una parte all'altra, le loro caviglie presero a bruciare, in due punti ben precisi e i loro respiri si mozzarono per quello che parve loro un secolo. Le loro labbra si schiusero in simultanea e i loro occhi sembravano quasi luccicare.

Si persero nei loro sguardi, fin quando la sigaretta che l'altro ragazzo teneva ancora tra le dita non scoppiò, infiammandosi improvvisamente e la fontana che occupava il centro del cortile non esplose in una miriade di acqua che inondò il prato, facendoli destare dal loro stato di trance.

Jungkook spalancò le labbra, per poi guardarsi intorno, come se fosse appena stato scoperto a fare qualcosa di tremendamente illegale e nonostante la sua caviglia continuasse a bruciare, scappò via, lontano da quel ragazzo e dal casino che si stava iniziando a formare intorno la fontana.

Che cosa era appena successo? Chi era quel ragazzo? E come era possibile che avesse le sue stesse voglie?

Il corvino corse dentro l'edificio, rifugiandosi in uno dei cubicoli del bagno maschile, respirando affannosamente, per poi sedersi sul water e alzare l'orlo dei suoi jeans, cercando di capire che cosa fosse quel bruciore che continuava a provare.

I suoi occhi si spalancarono alla vista di due delle sette voglie illuminate... come se fossero state delle lampadine al neon e qualcuno avesse spinto l'interruttore per accederle. Una formava una sorta di goccia, mentre l'altra, che era molto simile alla precedente, assomigliava ad una fiammella. Come diamine è possibile una cosa del genere? Che cosa sta succedendo?

Mentre quei pensieri accavallavano la sua mente, sentì la porta del bagno spalancarsi e dei passi farsi sempre più ripetitivi. D'impulso strinse le ginocchia al petto, cercando di non farsi sentire, le voglie continuavano a brillare e la sua mente stava ancora cercando di darsi una spiegazione logica.

Rimase tutto incredibilmente in silenzio, prima che qualcuno bussasse alla porta del suo cubicolo e lo facesse letteralmente saltare in piedi.

"Jungkook, mi spieghi che hai da correre? Ti stavi cagando addosso per caso? Sbrigati che tra un po' iniziano le lezioni!" Ed ecco a voi Kim Yugyeom, che arriva sempre nei momenti meno opportuni.

Il corvino controllò di nuovo la sua caviglia, ancora troppo scosso da quello che gli stava succedendo, ma incredibilmente, le due voglie avevano smesso di brillare, tornando di quel colore rosato, leggermente più scuro della sua pelle. Ma che diamine?

Dopo aver passato più volte il dito sulle due voglie, Jungkook tirò un sospiro sconsolato, prima di aprire la porta e ritrovarsi il braccio del suo migliore amico attorno alle spalle, mentre lo spingeva velocemente fuori dal bagno.

"Hai sentito la novità?" chiese il castano, senza nemmeno salutare l'altro propriamente.

"Lo sai che non mi interesso di quello che succede qui dentro, Yugyeom." Esordì scocciato e ancora un po' confuso il corvino.

"Si ma questa la devi proprio sentire." Il tono del castano era decisamente euforico, quasi come se fosse a conoscenza del segreto per l'eterna giovinezza. "Hai già sentito parlare di Kim Taehyung, il ragazzo nuovo?"

"Chi?" Jungkook non era a conoscenza del fatto che ci fosse un nuovo arrivato in quella scuola e sinceramente non gliene poteva importare di meno.

"Oh andiamo amico! Ma in che mondo hai vissuto fino ad ora? Quest'anno è arrivato nella nostra classe questo ragazzo. Ha 22 anni ed è ripetente per la terza volta consecutiva!" l'amico ne parlava come se il fatto di essere stato bocciato per due volte rendesse quel ragazzo un dio.

"E allora? Dovrebbe importarmi?" il corvino non riusciva a capire il perché di tutto quell'entusiasmo e sinceramente non gli interessava nemmeno conoscerne il motivo.

"Lasciami finire! Comunque, Jeon Soyeon della terza D, mi ha detto che quel Kim Taehyung è stato già spedito in presidenza, per aver dato fuoco ad un albero!"

A quel punto, gli occhi di Jungkook si spalancarono dalla sorpresa... Possibile che quel ragazzo che aveva visto stamattina fosse...? "Ha... Ha dato fuoco ad un albero?"

"Si! Sono dovuti intervenire gli insegnati e ha detta di Soyeon, è stata una scena epica!"

Jungkook non capiva come quell'evento potesse sembrar loro epico, non riusciva proprio a vedere la parte divertente della situazione. Sinceramente, tutto quello gli aveva immesso un'enorme ansia. Aveva una strana sensazione, qualcosa gli diceva che quel ragazzo era importante... ma non sapeva né per corsa, né cosa centrasse con lui.

I due amici si ritrovarono seduti nel loro solito banco, il terzo vicino dal muro, alla parte della finestra; mentre Yugyeom continuava a chiacchierare sulla storia dell'albero in fiamme e Jungkook faceva finta di ascoltarlo, con il viso poggiato su una mano e un broncio annoiato dipinto sul volto.

Ma quel tremendo vociferare che aleggiava nell'aria fu smorzato dall'entrata della professoressa di lingue straniere, seguita dal ragazzo che il corvino aveva visto quella mattina. I loro occhi si incontrarono di nuovo e quel fastidioso bruciore alla caviglia tornò. Jungkook abbassò immediatamente lo sguardo sulla caviglia destra del maggiore, per vedere se anche lui avesse il suo stesso effetto, ma si stupì constatando che le macchioline erano coperte da una cavigliera di stoffa nera, davvero spessa.

Il viso di Kim Taehyung era tremendamente serio e i suoi occhi non si staccavano dalla figura del corvino che intanto lo osservava incantato. I suoi tratti erano spigolosi ma dolci, il taglio dei suoi occhi di una perfezione assoluta, i capelli dorati che ricadevano leggiadri sulla sua fronte ambrata, gli donavano un tocco principesco e le sue labbra, rosee e gonfie, decisamente screpolate ma dall'aspetto dolce. Era incredibilmente, tremendamente bello...

Gli occhi chiari di Jungkook non si staccarono un secondo da quelli scuri come il carbone dell'altro. Entrambi si scrutavano con curiosità, consapevoli di essere legati da qualcosa... pur non conoscendosi neanche.

"Silenzio ragazzi. Benvenuti a questo nuovo anno alla Dongdaemun high school, quest'oggi abbiamo il piacere di conoscere questo bel giovanotto qui, che farà parte della vostra classe fino al diploma. Premo signorino, si presenti." La voce squillante e dal forte accento britannico della professoressa Jones, risuonò all'interno della stanza, mentre Taehyung si piazzava davanti la cattedra, dopo aver rivolto un sorriso e un inchino alla professoressa.

"Ciao a tutti, io sono Kim Taehyung, è un piacere per me conoscervi, prendetevi cura di me, per favore." Disse nel solito tono di presentazione, prima di inchinarsi alla classe e dirigersi in uno dei banchi vuoti infondo all'aula.

Jungkook non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, era come ipnotizzato, come se ci fosse una sorta di corda legata al suo capo, che ogni volta che tentava anche solo di distogliere lo sguardo, lo tirava a rigirarsi. Taehyung non era da meno, continuava a fissare l'altro di rimando, con occhi inquisitori e quasi... nervosi?

Durante le lezioni i due furono ripresi più volte dagli insegnati che si susseguirono in quella giornata, cercando di farli prestare attenzione a ciò di cui si stava discutendo, ma nulla sembrava distrarre quei due ragazzi dalle proprie iridi. Tutto quello strano interesse l'un per l'altro non passo inosservato a Yugyeom che osservava stranito il comportamento abbastanza ambiguo del suo amico.

Quando la campanella del pranzo suonò, Jungkook si alzò velocemente, allontanandosi di gran passo da quell'aula e da quel ragazzo. Cosa diamine gli prendeva? Chi era quel tizio? Cosa voleva da lui? Come era stato possibile quell'evento accaduto quella stessa mattina? Stava forse impazzendo?

Il corvino allungò il passo, fino a ritrovarsi in cortile e bloccarsi alla vista del suo albero... per metà completamente annerito. I tre rami masti erano completamente bruciacchiati, mentre le tante ramificazioni erano quasi del tutto incenerite, parte del tronco era annerito sul lato destro, mentre quello sinistro era quasi completamente intatto. Quindi era la sua quercia, l'albero che aveva preso fuoco...

A passo lento, Jungkook si diresse verso il basamento dell'enorme tronco, con occhi increduli e labbra schiuse. Fece un leggero giro di ricognizione intorno all'albero, ancora in uno stato di confusione più totale. Le vene del legno era spesse e rugose, interrotte solo da quegli strati di cenere nera e ancora leggermente calda. Le iridi chiare del corvino, perlustrarono ogni angolo di quella pianta secolare, per poi soffermarsi su un'impronta scura, posta proprio al centro del tronco. Una mano dalle dita lunghe, era impressa a fuoco sul legno scuro, mentre una scia di cenere la seguiva, fin sopra i rami anneriti... che cavolo?

"Stai ammirando l'opera?" chiese una voce grave e profonda, facendo sussultare il ragazzo e aggrapparsi all'albero, poggiando la mano proprio sull'impronta che macchiava il legno.

Una leggera risata cristallina seguii quel gesto, facendo alzare lo sguardo di Jungkook sulla figura di Kim Taehyung che smagliante, si strofinava causalmente i capelli, in un tentativo di regalargli più volume.

"Hai... hai causato tu q-questo?" chiese con fissandolo dritto negli occhi, con tono strozzato dall'indesiderata timidezza.

"Io... io non lo so." Rispose serio il ragazzo, lasciando cadere il suo braccio lungo il fianco, prima di sedersi sul prato, a gambe incrociate poggiando le mani sull'erba, reggendo il suo busto, mentre gli occhi scrutavano le fronde, proprio come stava facendo quella mattina.

"Come fai a non saperlo? Se sei stato tu, lo sai e basta!" Jungkook non sapeva se quel ragazzo lo stesse prendendo in giro, oppure fosse davvero così strano come si mostrava.

"Non lo so e basta. Non è la prima volta che mi succede!" sbottò il ragazzo, che quella stessa identica risposta se l'era sentita ripetere talmente tante di quelle volte che non faceva altro che irritarlo. "Mi succede di continuo... ogni volta è sempre la stessa storia. Qualcosa nelle mie vicinanze prende fuoco e io non so nemmeno come..."

Jungkook era ancora in piedi, non distogliendo gli occhi da quel ragazzo, se non per andare ad osservare quella mano nera che macchiava il legno. Rimasero in silenzio entrambi per quelle che parvero ore, un silenzio carico di tensione ed imbarazzo, di curiosità e di confusione. Loro non si conoscevano, eppure avevano l'impressione di doverlo fare.

Con non si sa quale coraggio, Jungkook parlò, interrompendo quello strano e inquietante silenzio. "Posso capirti." Due semplici parole, che fecero abbassare gli occhi al maggiore e puntarli dritti in quelli blu del più piccolo.

"Tu puoi capirmi?" chiese di rimando il biondo, corrugando la fronte.

"S-si." Jungkook si sedette anche lui sul prato, a gambe incrociate, poggiandosi con la schiena al tronco, abbassando gli occhi sull'erba verde davanti a se. "Fin da piccolo... mi capitano cose strane. Tutte legate all'acqua. I miei genitori non mi portano mai in piscina, o al mare... tantomeno all'acquario, e io non so nemmeno il perché succedano a me... mi considero solo sfortunato."

Taehyung rimase in silenzio, capendo perfettamente lo stato d'animo del minore, prima di aprire bocca e chiedere: "Come ti chiami?"

Jungkook alzò subito gli occhi, puntandoli in quelli di Taehyung, schiudendo la bocca, mentre le sue guance si tinsero di un colore rosato, rendendolo davvero adorabile agli occhi del maggiore.

"S-sono Jungkook, J-jeon Jungkook." Il corvino trovò incredibilmente difficile rispondere a quella domanda. Era sempre stato molto timido, e sinceramente quel ragazzo che si trovava davanti a lui lo innervosiva ancora di più.

"Kim Taehyung, anche si immagino tu già lo sappia." Il biondo alzò una mano, porgendola al minore, attendendo che lui la stringesse.

Jungkook osservò le sue dita lunghe e affusolate, alla vista leggermente callose, con le guance che andavano letteralmente a fuoco, facendo attendere fin troppo il maggiore, prima di porgere anche la sua, leggermente più piccola, stringendo la presa sulla sua pelle, al tocco davvero calda.

Appena le loro mani entrarono in contatto, entrambi sussultarono dal dolore, mentre i loro occhi si illuminavano. Entrambi lasciarono immediatamente la presa, spalancando le palpebre, increduli.

Le loro caviglie bruciavano all'impazzata, gli occhi di Jungkook brillavano di un affascinante verdazzurro, mentre quelli di Taehyung presero una sfumatura arancio, davvero ambigua.

"Che diavolo?" Taehyung si tolse la cavigliera, mentre la sua pelle continuava a bruciare, e vide di nuovo le voglie a forma di goccia e a forma di fiamma, illuminate come due stelle notturne.

Jungkook alzò il suo jeans e lo stesso fenomeno si stava presentando sulla sua caviglia. Cosa diamine stava succedendo?

I due ragazzi si guardarono negli occhi, impauriti e confusi. Le loro pelli bruciavano dolorosamente e le loro iridi continuavano a brillare.

Il dolore aumentò così tanto che Jungkook per puro e semplice impulso, afferro la mano di Taehyung e la strinse forte, stringendo gli occhi. Taehyung fu preso alla sprovvista, ma ricambiò la stretta chiudendo anche lui gli occhi.

Il vento incominciò a soffiare sempre più forte, e i respiri dei due ragazzi cominciarono a velocizzarsi. Le loro fronti si coprirono di un leggero strato di sudore, mentre le loro mani stringevano la presa così forte, quasi la loro vita dipendesse da quel semplice gesto.

Dopo un po' il vento smise di soffiare, le loro caviglie smisero di bruciare e i due ragazzi ancora leggermente scossi, aprirono pian piano gli occhi, fissandosi nelle iridi che erano tornate del loro color naturale. I loro respiri erano decisamente affannati, le loro pelli sembravano ancora bruciare, e le loro guance erano colorate come due ciliegie d'agosto.

Le loro mani ancora intrecciate non trovavano il coraggio di lasciarsi, tantomeno le loro iridi quello di staccarsi. Che cosa gli stava accadendo? Cosa erano loro due? Chi erano esattamente?

Lo sguardo di Jungkook ricadde sulle loro dita intrecciate, mentre sul dorso delle loro mani, iniziavano a comparire pallide due parole, semplici quanto terrificanti.

"Che cosa significa tutto questo?" chiese Taehyung, avvicinando la sua mano al viso, analizzando la nuova cicatrice, ancora fresca, che macchiava la pelle del suo dorso. "Ignis" diceva...

"Non lo so." Rispose serio Jungkook osservando allo stesso modo il suo dorso, dove un "Aqua" pallido incideva la sua mano.

I due ragazzi erano senza parole, non sapevano nulla di tutto quello che gli stava succedendo. Erano impauriti e confusi, ma di certo non erano stupidi.

"Ignis significa fuoco, in latino." Sussurrò piano Taehyung, tenendo ancora gli occhi incollati a quella piccola cicatrice.

"Aqua è il termine latino per acqua..." intervenne con tono incredulo Jungkook. "Le voglie... dobbiamo controllare le voglie."

Velocemente i due ragazzi, sollevarono i loro polpacci, accavallando le loro gambe e osservando le sette macchioline, che circondavano le loro caviglie. Quella a forma di goccia si era colorata di blu, mentre quella a forma di fiamma di rosso, un rosso brillante, quasi vivo. I loro occhi si spalancarono, per poi incatenarsi ancora una volta, gli uni negli altri.

"Questo vuol dire che... che io e te..." la mente fi Jungkook lavorava a cento chilometri orari, cercando di metabolizzare inutilmente quegli avvenimenti.

Taehyung non stava per credere nemmeno lui alle parole che stava per pronunciare, e non sapeva nemmeno con quale coraggio le aveva pensate, ma concluse la frase iniziata dal corvino con:

"Siamo l'acqua... ed il fuoco."

 

Angolo autrice:

Hello boys and girls! Ed eccomi con il primo capitolo di questa storia. Lo so, siete ancora confusi, ma tranquilli vi chiarirò le idee più avanti! La canzone che cito ad inzio capitolo è "I feel like I.m drowning" di two feet, che vi consiglio vivamente di andare ad ascoltare.

Allora, come avrete già capito questa storia si baserà sugli elementi naturali... eppure gli elementi sono solo 4, quali saranno gli altri tre? E soprattutto chi rappresenterà cosa? Beh... ovviamente dovrete continuare a leggere per scoprirlo. Spero che l'idea vi piaccia e che non mi odierete troppo, perché darò un gran da fare ai nostri sette protagonisti.

Step.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Caeli ***


Jungkook era davanti ad uno dei tavoli più riservati dell’edificio, in piedi, chinato su un libro abbastanza spesso di storia dell’anatomia e biologia umana, cercando di capire se in passato ci fossero stati casi come il suo e quello di Taehyung, senza successo ovviamente. Lui e il maggiore si erano riuniti nella biblioteca universitaria di Seoul, quello stesso pomeriggio, dopo che il corvino si era subito un interrogatorio da parte di Yugyeom sul perché stesse fissando spudoratamente il nuovo arrivato, dal quale, secondo lui, sarebbe dovuto tenersi più lontano possibile.

“Jungkook, è pericoloso. Non girano buone voci intorno al suo conto! Potrebbe immetterti in brutti giri! Che diavolo ti passa per la testa?” Yugyeom non faceva altro che parlargli a raffica su quanto pericoloso quel ragazzo potesse essere per lui e per la sua salute e reputazione. Stavano camminando lungo i corridoi della scuola, dopo che il maggiore era sparito per più di tre quarti d’ora chissà dove, ma il castano poteva benissimo immaginare cosa stesse facendo o meglio, con chi fosse.

“Yugyeom, sta zitto per favore.” Sbottò spazientito Jungkook, che di sentir parlare di nuovo il castano senza alcun freno, non aveva alcuna voglia. Ma il minore tra i due non sembrava voler lasciar perdere, per lui quelle voci avevano un fondo di verità e in più aveva una strana sensazione su quel tipo.

“Sono serio. Jungkook ti ho raccontato cosa ha fatto no? Ma poi mi spieghi perché diamine sei così interessato a lui? Non lo conosci nemmeno!” la voce del castano stava incominciando a farsi più acuta del solito e quel tono non stava facendo altro che irritare il più grande.

“Cazzo Yugyeom, chiudi quella bocca!” Jungkook esplose. Tutta quella situazione non faceva altro che innervosirlo. Aveva appena scoperto di simboleggiare, in un modo o nell’altro, l’acqua, uno dei quattro elementi naturali. E quello gli si metteva a parlare di reputazione e altre sciocchezze! “Quel ragazzo mi interessa perché è esattamente come me! Yugyeom, quante persone hai sentito parlare bene di me? Nessuno! E lo sai cosa dicono? Che sono strano e pericoloso… eppure non mi pare che tu ti sia allontanato da me per questo!” 

“Ma tu non lo sei realmente! Non ti ho mai visto fare del male ad una mosca, Jungkook! Quel ragazzo da fuoco agli alberi senza un apparente motivo! Cosi, per sport!” Yugyeom non demordeva, era convinto che Taehyung fosse pericoloso e da testa dura, com’era, non si lasciava persuadere facilmente.

Jungkook si fermò improvvisamente, girandosi verso Yugyeom, guardandolo con espressione seria in volto, serrando la mascella, prima di cominciare a parlare. “Senti, ho finalmente trovato qualcuno che riesce a capire come mi sento… che sa esattamente cosa vuol dire sentirsi dare del mostro! Sentirsi puntare il dito contro per cose che non si è fatto. E cazzo se voglio conoscerlo, e non sarai certo tu a fermarmi!”

Detto questo, si diresse fuori dall’edificio, lasciando lì uno Yugyeom sorpreso e tremendamente deluso. E in tutti questi anni in cui gli era stato vicino, ignorando tutte quelle voci, lui non era servito a nulla per il corvino? Non era significato niente? Lui non era nessuno?

Mentre Jungkook passava le dita sulle pagine ingiallite e leggermente stropicciate, cercando qualche storia interessante, una braccio gli circondò le spalle e un foglio decisamente malridotto gli si presentò davanti agli occhi. 

“Credo di aver trovato qualcosa di interessante.” Taehyung aveva un cipiglio interessato sul volto, mentre porgeva il foglio al minore, tenendolo in mezzo ai loro corpi, in modo da poter leggere entrambi.

Il minore si irrigidì leggermente, la vicinanza tra i loro corpi gli faceva uno strano effetto, sentiva un leggero pizzicore sul petto, e quando la mano che il maggiore teneva sulla sua spalla gli scivolò lungo il fianco, fermandosi sul suo bacino, gli occhi del corvino si spalancarono leggermente, al sussulto che il suo cuore fece. Voltò il viso leggermente arrossato ed impaurito, non capendo il perché di quella reazione. Non lo conosceva nemmeno, che cosa gli prendeva? 

“Tutto okay Jungkook?” chiese accigliato il maggiore, osservando le guance rosse dell’altro, che non aveva neanche incominciato a leggere ciò che gli stava mostrando.

Il corvino puntò i suoi occhi chiari in quelli di Taehyung, in un’espressione tra lo stupito e il confuso, per poi annuire leggermente. I due rimasero a guardarsi negli occhi per un tempo indeterminato; Taehyung perso in quei due pozzi blu dall’aria tremendamente affascinante, e Jungkook in quelli nero carbone dell’altro. Non sapevano nemmeno che cosa fosse quel legame magnetico che sentivano, non sapevano nemmeno chi diamine erano loro, ma erano consapevoli che quella fune invisibile che legava i loro capi, non avrebbe smesso di farli voltare l’uno verso l’altro. 

Quando gli occhi di Jungkook presero a brillare di un verdazzurro sempre più lucente e quelli di Taehyung ad incendiarsi di un caldo arancione, i due si ripresero staccando i loro occhi e puntandoli su quel foglio malandato, con le guance più rosse del solito e il fiato leggermente più irregolare.

Il minore si schiarì la voce, prima di incominciare a leggere, cercando di concentrarsi. Il biondo di conseguenza tolse la mano dal suo fianco, sentendola leggermente bruciare… letteralmente.

“Qui parla di spirito… che cosa dovrebbe simboleggiare lo spirito?” chiese Jungkook confuso da ciò che aveva letto. A quanto pare quella era una copia di una lettera risalente ai tempi della famiglia reale Joseon, ed era destinata ad un maestro di musica. Ma un paragrafo aveva attirato l’attenzione del corvino, ed era lo stesso che aveva incuriosito Taehyung. 

“Maestro, so che non dovrei permettermi di chiederglielo e so che questi non sono argomenti di sua competenza, ma mi stavo domandando quando, secondo lei, lo spirito si manifesterà nel nostro mondo. Mi chiedo quando potremmo ottenere la pace e se quella forza è l’unica a potercela donare… maestro lei crede che potremmo addirittura evocarla?”

“Non so che cosa intendesse con spirito… ma qui non c’è scritto il mittente e anche volendo, questa è l’unica lettera che ho trovato nella sezione di cultura coreana del sovrannaturale.” Spiegò Taehyung poggiando le sue mani sul legno liscio del tavolo. 

La biblioteca era vuota, dato il fatto che quello era orario di lezioni per le facoltà universitarie che frequentavano quell’edificio. E di due non facevano altro che andare avanti e indietro tra quegli scaffali e quei cassettoni da un ora quasi ormai, e quella lettera era l’unica cosa interessanti che avevano trovato.

“Credi che lo spirito sia arrivato? Che sia questa forza che ci abbia reso così?” chiese Jungkook, cercando di fare una supposizione, volendo capire il collegamento tra quella lettera e le loro capacità.

“No… qui si parla di evocare lo spirito… come se questo fosse un dio. Qui dice: “Solo lo spirito saprebbe donarci la speranza. Dovremmo continuare ad aspettare e offrire doni in cambio di una lunga e inutile attesa, maestro?” Taehyung spostò il suo dito lungo il paragrafo, leggendo la frase e scandendo bene le parole. “Non può essere una semplice forza se si offrivano addirittura sacrifici.”

Jungkook rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo su quel poco che sapevano, ma nessuna spiegazione logica gli si presentava alla mente. “Leggi il nome del destinatario… magari riusciamo a trovare qualcosa su di lui nel reparto di storia.” Disse allora, trovando quella la cosa più utile da fare.

“Min Jisung II.” Taehyung corrugò la fronte a quel nome. “Mai sentito nominare… ma tentar non nuoce no?” chiese il maggiore rivolgendosi al più piccolo.

“No, infatti.” E di nuovo i loro occhi si incatenarono. Possibile che non potessero guardarsi per più di un secondo, senza finire ad osservarsi le iridi come due idioti?

I loro occhi ripresero a brillare e a quel punto Jungkook si allontanò velocemente, voltando le spalle e correndo verso la sezione di storia della biblioteca. “D-dovremmo iniziare a cercare. Muoviti!”

Taehyung sorrise al suono tremante della voce del più piccolo. Era davvero timido e questo rendeva il loro strano legame ancora più imbarazzante per il corvino e un po’ più divertente per il biondo. 

“Okay.” Sussurrò più a se stesso che a Jungkook e si immerse anche lui nella ricerca, tra quegli alti e pieni scaffali.

 

“I diritti soggettivi assoluti si distinguono in due sub categorie: diritti della personalità o diritti fondamentali dell’uomo, tutti di natura non patrimoniale. E diritti patrimoniali, i quali hanno per oggetto i beni, dunque i possedimenti del cittadino.”

Park Jimin era seduto dietro uno dei banconi più vicini alla cattedra dell’intera aula, con il volto poggiato su una mano, intento a seguire la lezione che il professore stava svolgendo con estrema attenzione. Appuntando di tanto in tanto quello che riteneva più importante da tenere a mente. Era il suo primo anno alla facoltà di giurisprudenza all’università di Seoul, e intendeva passare tutti i suoi esami senza arretrarsene nemmeno uno. Fin da piccolo aveva desiderato frequentare l’università di Seoul ed essere un buon studente, il migliore se possibile, e in futuro un buon avvocato. Aveva avuto un infanzia alquanto difficile, piena di strani eventi e solitudine. Nessuno voleva essere suo amico, tutti credevano che fosse un tipo strano… qualcuno lo aveva definito addirittura pericoloso. Ma a guardarlo, nessuno avrebbe mai potuto credere che Jimin potesse fare male ad una mosca e chi lo conosceva sapeva per certo che era così. Tutto per quelle piccole… sette voglie.

Mentre il professore Han faceva scorrere le varie informazioni sulla lavagna, si sentì bussare alla porta e il silenzio calò nell’aria. Jimin percepì un leggero pizzicore alla sua caviglia appena quei piccoli e fastidiosi suoni arrivarono ai suoi timpani. 

“Permesso… professor Han, posso rubarle un minuto?” chiese un ragazzo dai capelli corvini e dal fisico magro, che fece il suo ingresso nell’aula, inchinandosi rispettosamente al professore.

Jimin appena lo vide sentì un tremendo bruciore alla caviglia, così intenso da fargli emettere un mugolio di dolore che sperò tanto non avesse udito nessuno. Il ragazzo abbassò lo sguardo sotto il bancone, sulla parte dolorante, non potendo vedere nulla a causa dei suoi pantaloni, ma quando i suoi occhi incontrarono di nuovo la figura del ragazzo che era ancora fermo all’entrata, rimase folgorato. 

Il corvino lo stava fissando di rimando, con un’espressione seria, così seria da mettere i brividi. Le guance di Jimin diventarono di un rosso acceso, mentre deglutiva rumorosamente non riuscendo a distogliere lo sguardo da quelle iridi così scure. 

“Min, che piacere vederla ragazzo. Certo, sono a tua disposizione.” Il professor Han sorrise facendo inarcare i suoi enormi baffi bianchi, interrompendo quello scambio di sguardi davvero troppo intensi per il castano.

“Il professor Choi mi ha chiesto di dirle che gli studenti della facoltà di medicina occuperanno quest’aula domani e che dunque la vostra lezione è spostata al terzo piano, nell’aula magna.” Disse il corvino, distogliendo a fatica i suoi occhi da quelli di Jimin che intanto continuava a strofinare la caviglia lungo il legno del bancone.

“Okay Min, grazie per l’informazione. Puoi tornare ai tuoi studi.” Disse pacatamente il professore, congedando il ragazzo che si inchinò una seconda volta all’uomo, prima di rialzare gli occhi in quelli di Jimin e rimanere qualche altro secondo a fissarli, prima di uscire dalla porta e chiuderla alle sue spalle.

Nell’esatto momento in cui lo stipite si chiuse, il bruciore inesorabile che Jimin sentiva alla sua caviglia svanì, lasciando un cipiglio confuso e leggermente preoccupato sul suo volto. 

Chi era quel ragazzo? Perché lo stava fissando? E perché la sua caviglia bruciava?

 

Jungkook e Taehyung non avevano trovato niente riguardante quel Min Jisung. Non era citato in nessun libro di storia e neanche in nessun spartito musicale e quindi i due ragazzi si erano ritrovati punto e da capo, senza nessuna pista da seguire. 

In quel momento erano seduti davanti allo stesso identico tavolo, Jungkook con il capo poggiato sulle sue braccia incrociate mentre Taehyung teneva il mento poggiato sulla superficie liscia e lucida del banco, le braccia a penzoloni e gli occhi chiusi.

“Due ore della mia vita completamente sprecate.” Sbuffò Taehyung, poggiando poi la fronte sul tavolo, sospirando pesantemente. 

“Forse dovremmo cercare su internet.” Disse il minore, alzando il busto, per poi poggiare il viso su una mano, osservando il maggiore che sembrava stesse baciando il tavolo.

“Forse dovremmo semplicemente capire come funziona da soli. Mi sembra chiaro che non troveremo nulla a riguardo e prima impariamo a controllarlo meglio è.”  Esordì Taehyung alzandosi anche lui, stiracchiando la schiena emettendo leggeri schiocchi.

Jungkook sbuffò, alzandosi definitivamente dalla sedia, facendo il giro del tavolo e incominciando a sistemare i volumi dei vari libri che avevano consultato, dopo essersi sistemato la camicia azzurra che indossava nei pantaloni. “Non sappiamo neanche cosa dobbiamo controllare, come pensi di farlo?”

Il maggiore si mise in piedi, al fianco del minore, passandosi una mano nei capelli, per poi aiutare il minore a chiudere e selezionare i libri. “Si ma non possiamo rimanere con le mani in mano. Sappiamo di avere influenza sull’acqua e sul fuoco… proviamo a manipolarli e vediamo cosa succede no?”

“Taehyung, non sappiamo come farlo! è pericoloso! Se qualcosa andasse storto finiremmo nei guai e tu lo sai.” Jungkook non distoglieva lo sguardo dalle pagine e dalle rilegature. Probabilmente non trovava il coraggio di incrociare per l’ennesima volta gli occhi del maggiore, sapeva che se l’avesse fatto si sarebbero persi di nuovo e finché non capiva a cosa fosse dovuto quel magnetismo tra i due, preferiva evitare ogni genere di contatto.

“Andiamo Jungkook, sai anche tu che è più pericoloso continuare a tenerlo a bada che usarlo. Se continuiamo a sopprimere qualunque cosa essa sia, saranno più frequenti le volte che perderemo il controllo e incidenti come quello di stamattina continueranno a ripetersi.” Taehyung invece teneva fissi i suoi occhi sulla figura snella del corvino, cercando di metabolizzare più informazioni possibili e di far capire all’altro il suo punto di vista.

Il corvino non rispose e continuò a fare quello che stava facendo, ignorando del tutto l’altro, che in tutta risposta, gli afferro la mano e lo fece voltare verso di lui. Rimasero in quella posizione per quella che parve un’eternità. La mano del corvino in quella del maggiore, i loro occhi incatenati e le loro labbra schiuse. 

Taehyung deglutì, cercando di dare una calmata al suo cuore che in quel momento non sembrava voler rallentare neanche di un secondo. “Jungkook, guarda le nostre mani.” il suo tono era calmo e pacato, tanto che alle orecchie del minore sembrò quasi dolce.

Anche se con grande fatica, Jungkook abbassò il suo sguardo sulle loro mani intrecciate, dove quelle due piccole cicatrici solcavano i loro dorsi, componendo due semplici parole che al minore mettevano una tremenda ansia. 

“Le sto guardando.” Deglutì il minore, cercando di concentrarsi su quelle due forme pallide, piuttosto che sulla strana sensazione che percepiva allo stomaco da quando era entrato in contatto con la pelle del maggiore.

“Lo so che lo senti anche tu… pensi che potremmo continuare in questo modo? Potremmo mai continuare a distrarci durante le lezioni? A far scoppiare tubature e accendini? Pensaci Jungkook… se imparassimo a controllarlo, forse potremmo avere una vita normale.” Taehyung parlava lentamente, in modo da scandire tutte le parole, in modo che l’altro potesse capirlo.

“È quel forse che mi preoccupa…” Jungkook staccò la sua mano da quella del biondo, allontanandosi di qualche passo e voltandosi di spalle sospirando. 

“Non lasciarti fermare dalla paura Jeon.” La voce di Taehyung uscì forte e decisa, quasi severa e Jungkook strabuzzò leggermente gli occhi a quella sua uscita.

Che cosa doveva fare?

 

Jimin era appena uscito dal bagno degli studenti, dove si era rifugiato appena la lezione di diritto si fu conclusa. Non riusciva a smettere di pensare a quel ragazzo, alla sua espressione così seria e ai suoi occhi che sembrava lo avessero penetrato fin nell’anima. Non sapeva neanche perché lui avesse ricambiato il suo sguardo, non capiva cosa gli fosse preso e quel bruciore alla sua caviglia lo aveva davvero preoccupato. 

Si incamminò lungo il corridoio, tenendo stretta a se la sua borsa piena di libri che avrebbe dovuto riconsegnare alla biblioteca della scuola, dopo che li aveva consultati per una ricerca sui diritti patrimoniali. Nella sua mente galleggiavano ancora pelle lattea e occhi scuri… 

Mentre camminava i vociferi degli altri studenti arrivavano confusi ed interrotti alle orecchie del ragazzo che di quelle attenzioni, ne aveva ricevute parecchie durante la sua vita e ormai aveva imparato ad ignorarli. Anche se, doveva ammetterlo, aveva sempre desiderato un amico...

Arrivò davanti l’entrata della biblioteca, dove notò in lontananza un ragazzo seduto davanti ad un cespuglio di ortensie, mentre leggeva un libro che aveva tutta l’aria di essere davvero pesante. Non ci volle molto a Jimin per riconoscerlo… era il ragazzo che aveva interrotto la lezione quella mattina.

Il corvino alzò lo sguardo, puntandolo dritto negli occhi scuri del ragazzo che a quel punto, entrò di corsa nell’edificio, con le guance arrossate e un pizzicore alla caviglia davvero fastidioso.

 

Jungkook era ancora fermo, dando le spalle ad un Taehyung speranzoso di ascoltare una risposta affermativa da parte del corvino. Non voleva essere lasciato solo in quella situazione, non ora che aveva trovato qualcuno come lui, qualcuno con le sue stesse capacità, qualcuno con cui era legato e che non capiva ancora quanto grande fosse il loro legame.

Ma il corvino ea spaventato. Per tutta una vita era stato schernito e allontanato, per tutta la vita le persone avevano avuto paura di lui… voleva davvero tentare e rischiare di fare qualcosa che lo avrebbe reso davvero pericoloso? Che lo avrebbe reso davvero un mostro?

“Taehyung, io…”

La frase che il minore stava per pronunciare fu interrotta da un suo gemito di dolore, mentre si abbassava impulsivamente sul suo ginocchio, andando a stringere saldamente la sua caviglia. Il maggiore tra i due, digrignò i denti, rischiando quasi di cadere, quando un dolore improvviso lo costrinse a piegarsi in due. 

I due ragazzi si guardarono negli occhi, con il respiro ansimante e gli occhi sbarrati. Capirono esattamente cosa stava succedendo e entrambi andarono a scoprire le loro voglio, chi dal pantalone e chi dalla cavigliera che la stringeva.

Un’altra voglia aveva preso a brillare, una macchiolina piccola a forma di nuvola. Jungkook intuì subito di che elemento si trattava e senza alcuna esitazione si alzò dicendo: 

“Taehyung, è l’aria… è qui.”

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3:Post caeli, terra semper est ***


Appena Jimin attraversò le porte di legno scuro della biblioteca, trovandola leggermente affollata, data la fine delle lezioni e scese le scale di marmo, si accasciò letteralmente a terra, lanciando un urlo di dolore che nel silenzio rispettoso della biblioteca, riecheggiò nell'aria, arrivando dritto alle orecchie dei due adolescenti che ancora tenevano gli occhi fissi gli uni negli altri.

Cosa mi sta succedendo? Cos'è questo bruciore insopportabile? Jimin si guardò intorno, sperando di non aver attirato troppo l'attenzione. Ma purtroppo, tutti gli occhi delle persone lì presenti erano putanti su di lui, che sostava al centro dell'atrio con le mani a circondare la sua caviglia. Il ragazzo si maledisse per essere sempre così imbranato, e decise di controllare la sua caviglia che mai nella sua vita aveva bruciato tanto.

Afferrò con le sue piccole dita paffute l'orlo dei suoi jeans chiari, iniziando a piagarlo su di esso, scoprendo poco a poco la sua caviglia. Stava per alzarsi l'orlo completamente quando un ragazzo dall'aria assai scioccata non urlò, interrompendo per l'ennesima volta quel silenzio privo di ogni tensione presente in biblioteca. 

"Tu lì! Fermo, non provare a fare un altro risvoltino!" 

Jimin si immobilizzò, guardando confuso il corvino che aveva iniziato a correre verso di lui, attraverso i banconi e gli occhi delle persone che li osservavano allibiti e scocciati da tutto quel rumore, sicuramente poco consono al luogo in cui si trovavano. Dietro al corvino, un ragazzo dai capelli biondi come il grano lo inseguiva con gli occhi puntati verso la sua caviglia. L'andatura dei due ragazzi era assai stentata, quasi come se si fossero slogati la caviglia, ma si muovevano velocemente e ben presto Jimin si ritrovo sollevato per le braccia dai due ragazzi e trascinato letteralmente fuori dall'edificio.

"Che cosa state facendo? Chi siete voi due? Lasciatemi andare!" Jimin si dimenava, cercando di sfuggire alla presa dei due sconosciuti che continuavano a trascinarlo il più lontano possibile, ma il biondo cenere proprio non voleva smetterla di fare rumore, attirando l'attenzione di vari studenti lì vicino, tra cui Min Yoongi.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*

Il corvino era ancora seduto vicino allo stesso cespuglio di ortensie, con ancora il suo libro di anatomia sulle ginocchia, mentre cercava di concentrarsi sulle malattie autoimmuni e immunodeficienti. Ma purtroppo la sua attenzione veniva continuamente disturbata da quel ragazzino che continuava ad urlare come se fosse un bambino che non vuole farsi la puntura per il vaccino. Ma lo stanno torturando o cosa? 

La scena era abbastanza esilarante: questo ragazzino, davvero davvero basso, si trovava in mezzo a due ragazzi dall'aria assai sofferente ed allarmata. Quella piccola combriccola, che agli occhi di Yoongi non sembrava altro che un trio di pura deficienza, si stava allontanando dalla biblioteca e quel tappo non faceva altro che urlare come un forsennato, e Yoongi odiava le urla.

Proprio mentre si stava decidendo ad alzarsi ed andare a controllare cosa diamine stesse succedendo, una mano afferrò la spalla del corvino, facendolo sussultare dalla sorpresa e chiudere di scatto il libro.

"Yoongi, sono io, tranquillo." Un sorriso rassicurante comparve sul volto del ragazzo che adesso era in piedi difronte a lui, e lo osservava dall'alto del suo metro e ottantacinque di altezza.

"Chanyeol! Ma che cazzo, respiri almeno?" rispose il corvino con teatralità, poggiandosi una mano sul cuore, che in quel momento batteva decisamente più veloce del normale.

"Scusami, non volevo spaventarti. Il professor Karuta ha anticipato la lezione di microbiologia, dobbiamo andare." Lo avvisò il rosso, mentre gli porgeva una mano, per aiutarlo ad alzarsi.

"Certo che avvisare il giorno prima sarebbe più utile! Che fine ha fatto la lezione di anatomia?" chiese Yoongi mentre si scrollava i vestiti, sistemando i suoi pantaloni sporchi di fogliame d'erba e terriccio.

"La professoressa Baron è assente, maternità." Disse Chanyeol, incamminandosi verso l'entrata dell'edificio, con espressione soddisfatta.

"Oh finalmente nasce il figlio di satana. Povero bambino, non oso immaginare come verrà fuori, con una megera del genere a crescerlo." Il corvino raggiunse l'altro ragazzo, che scoppiò in una piccola risata alle sue parole.

"Speriamo non cacci fuoco dalle narici, quello sì che sarebbe preoccupante." Continuò ridendo, il rosso.

"Preghiamo che il suo patrimonio genetico sia prevalentemente paterno, allora." Disse Yoongi, aprendo le porte di vetro e entrando nell'atrio, non accorgendosi della piccola luce che spuntava, quasi invisibile dalla sua caviglia.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*

"Ti vuoi calmare deficiente? Stiamo cercando di aiutarti!" 

Jungkook e Taehyung stavano ancora cercando di spiegare la situazione ad un Jimin che proprio non ne voleva sapere di ascoltarli, credendo che quei due fossero totalmente impazziti. Non si conoscevano, non si erano mai visti prima e questi di punto e in bianco, lo sollevano di peso e lo trascinano chissà dove e con chissà quali intenzioni! Ma che mi credono un rincoglionito?

"Hei! Deficiente a chi? Non so tu chi sia e non so nemmeno quanti anni hai, quindi porta rispetto!" disse Jimin, con la faccia che diventava sempre più rossa e le vene del collo che si ingrossavano ad ogni sua parola. "Mi spiegate chi diavolo siete? Cosa volete da me? Io non vi ho fatto nulla! Non vi ho mai vis..."

Jungkook sbuffò sonoramente, afferrando l'orlo del jeans del ragazzo e sollevando con sguardo annoiato, aspettando che il ragazzo abbassasse lo sguardo sulle tre voglie che in quel momento erano illuminate sulla sua caviglia.

Appena gli occhi di Jimin si posarono su quelle piccole forme lucenti, le sue palpebre quasi non si staccarono dallo stupore. E a queste cosa diamine prende adesso?

Jimin cacciò un urlo spaventato, mentre si afferrava la caviglia con entrambe le mani e se la portava più vicino, in modo da osservare le figure brillanti. Passò ripetutamente le dita sulle tre voglie, mentre le sue labbra erano spalancate e i suoi occhi lucidi per il bruciore. "Che cosa mi sta succedendo?" urlò esasperato, guardando prima le due figure stanti difronte a lui e poi la sua caviglia, con gli occhi spalancati.

"Quello che stiamo cercando di dirti da circa mezz'ora. Prego, genio." Sbuffò fuori Taehyung, che ricevette una gomitata da parte di Jungkook, che lo ammonì con lo sguardo. "Che c'è? È vero!"

Jungkook sbuffò, tornando con lo sguardo sulla figura impaurita di Jimin, che osservava ancora le sue voglie, che sapeva non avrebbero smesso di brillare, finché non avesse ceduto alla presenza degli altri due. Almeno, così era parso capire al corvino, perché era esattamente quello che avevano fatto lui e Taehyung per far terminare quel bruciore atroce e quelle luci sfavillanti.

Il minore tra i tre si inginocchio, affianco al biondo cenere, afferrandogli una delle due mani ancora tremanti, e stringendola forte. Gli occhi di Jimin, puntarono in quelli di Jungkook che cercava di mantenere uno sguardo rassicurante e una presa amichevole. "Come ti chiami?" gli chiese gentilmente, senza mollare la presa, facendo poi segno a Taehyung di inginocchiarsi al suo fianco, anche lui.

"J-Jimin." rispose il maggiore, mentre un calore dentro di se cresceva e il vento attorno a loro iniziava ad aumentare la sua velocità e a circondarli come se fossero finiti nell'occhio di un ciclone.

"Bene Jimin. Io mi chiamo Jungkook e lui è Taehyung, ti chiedo di fidarti di noi e di rilassarti. Puoi farcela?" chiese cautamente e senza sembrare invadente.

Il biondo cenere non sapeva per quale motivo quel ragazzo gli stesse chiedendo di fidarsi, e francamente, non era tanto sicuro di volerlo sapere. Però di certo non poteva continuare ad andare in giro con una caviglia dolorante e... leggermente illuminata? Quindi si decise a chiudere gli occhi e con un grande sospiro, strinse anche lui la presa sulla mano di Jungkook e annuì. "Okay... mi fido di voi."

Jungkook annuì di rimando verso il ragazzo e si voltò verso Taehyung, facendogli cenno di afferrare la mano libera di Jimin. "Dobbiamo fare la stessa cosa che abbiamo fatto sotto l'albero. Okay?" 

Taehyung afferrò la mano di Jimin, per poi porgere la sua al più piccolo, intimandogli di prenderla. Jungkook non esitò a chiudere il cerchio e chiudendo gli occhi, strinse la presa, cercando di rilassarsi il più possibile. 

Jimin stava cercando di comprendere la situazione, ma più il tempo passava più la sua ansia diminuiva. Il vento gli sferzava tra i capelli e il frusciare delle fronde degli alberi, gli immetteva sicurezza e tranquillità, la sua mano iniziò a bruciare, facendogli digrignare i denti per quell'eccessivo calore, che alle sue percezioni non era poi così tanto spiacevole. 

Sembrò passare un eternità, quando il clima intorno a loro tornò ad essere normale e le loro caviglie smisero di bruciare, permettendo ai tre ragazzi si aprire lentamente gli occhi e di mollare la presa sulle loro mani. Quando gli occhi di Jimin si posarono sul dorso della mano che non aveva fatto altro che bruciargli per tutto il tempo, il suo voltò divenne bianco come un cadavere.

Caeli.

"Aria... Come... come è possibile tutto questo? E che cos'è esattamente questo?" chiese Jimin, mentre continuava ad osservare quella piccola bianca cicatrice che gli sormontava il dorso della mano. Nella sua mente vari ricordi incominciarono ad affiorare alla sua memoria, mentre improvvisamente tutto sembrò avere senso. Tutte le cose strane che da piccolo gli succedevano, tutti quegli incidenti che lo coinvolgevano... erano dovuti a questo?

Taehyung su schiarì la voce e sedendosi a gambe incrociate, iniziò a parlare. "Io rappresento il fuoco, Jungkook rappresenta l'acqua, e tu Jimin... rappresenti l'aria. In un modo o nell'altro siamo capaci di manipolare questi tre elementi, essendone i rappresentanti. Non so come sia possibile, non so nemmeno perché proprio noi, e non so chi siano gli altri quattro... ma posso dirvi una cosa: io non ho intenzione di ignorare tutto e tornare al mio stato d'ignoranza... non voglio mai più sentirmi in quel modo! Adesso so perché sono ciò che sono e non intendo abbandonare me stesso per paura. Quindi... siamo sette no? Troviamo gli altri e iniziamo a capire come affrontare questa cosa. Non saremo supereroi... ma almeno non saremo neanche dei mostri."

Jungkook osservava l'altro con un leggero stupore a contornargli lo sguardo. Taehyung aveva parlato con così tanta determinazione da averlo quasi addirittura convinto a cedere a quella... come doveva definirla? Pazzia? Follia? Realtà? O... addirittura magia?

Jimin non capiva ancora come funzionasse, non capiva nemmeno cosa fosse appena successo, ma sapeva che ormai, era parte di qualcosa... di qualcosa di infinitamente grande e che non poteva di certo nascondere o ignorare per sempre. Era stato solo per così tanto tempo, e adesso che aveva incontrato due persone come lui, che lo capivano e che erano disposti ad aiutarlo e farsi aiutare da lui... perché avrebbe dovuto voler tornare alla sua vita di prima?

"Okay... dunque, dobbiamo solo trovare gli altri quattro e capire come funzionano questi... poteri?" disse con tono esitante Jimin, che non riusciva davvero a credere che si stesse svolgendo una conversazione del genere. Poteri? Ma era entrato in un fumetto della Marvel o tutto quello era solo una grande presa per il culo? "Oh andiamo, ma ci rendiamo conto di quello che stiamo dicendo?" esordì, scoppiando a ridere, seguito a ruota il biondo.

Jungkook fu l'unico a non ridere, lui era ancora spaventato, ma di certo non poteva essere l'unico a fermarsi... non poteva lasciarsi fermare dalla paura... giusto?

"Jungkook?" lo chiamo Taehyung, notando il suo sguardo perso nel vuoto e il suo volto serio. "Tutto okay?"

Il corvino sollevò gli occhi, puntandoli in quelli di Taehyung, per poi annuire e sorridergli in modo rassicurante, facendogli capire che si... aveva preso coscienza di quello che era il suo destino. "Siamo nati con queste voglie... dobbiamo accettarle e comprenderle, qualunque sia il loro scopo e qualunque sarà l'esito di quest'avventura."

E così i tre ragazzi iniziarono ad allontanarsi, con una consapevolezza in più nel cuore, con uno scopo in comune e con una nuova speranza che li attendeva alla fine di quel lungo e timoroso viaggio.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*

Kim Namjoon aveva appena terminato la sua lezione di informatica. Il professor Walter non aveva fatto altro che parlare per tre ore intere, senza farli esercitare nemmeno una volta. Delle volte il ragazzo metteva in dubbio seriamente la sua scelta di diventare un ingegnere informatico...

Quando raggiunse il suo armadietto i suoi occhi si fermarono su un foglio attaccato sulla superfice di metallo, subito sopra il lucchetto. Lettere a caratteri cubitali formavano una parola... una parola che Namjoon nella sua vita si era sentito dire così tante volte da perderne il conto e da, ormai, essersene addirittura convinto della veridicità.

Mostro. 

Sapeva che tutti lo consideravano pericoloso, sapeva che nessuno voleva avvicinarsi a lui. Erano tutti così spaventati da quello che a detta degli altri, lui compiva. Incidenti ambigui e strani avvenimenti che avevano caratterizzato tutta la sua infanzia, e che purtroppo lo aveva lasciato da solo... senza nessuno da poter chiamare amico o di cui fidarsi. 

Namjoon era sempre stato un tipo tranquillo, dolce ed altruista. Si affezionava davvero molto facilmente e rimaneva davvero male quando le persone che attiravano il suo affetto non lo ricambiavano e addirittura lo escludevano e ignoravano, trattandolo come se fosse un appestato. 

Le dita del ragazzo si strinsero attorno alla carta e gettarono lontano da se il fogliettino, aprendo lo sportello e infilando all'interno i libri, chiudendo poi la sua borsa e uscendo dall'edifico con aria afflitta e sconsolata. 

Con le mani andò a testare le tasche dei suoi jeans, cercando le chiavi della sua auto, avvicinandosi lentamente ad essa. Quando finalmente riuscì a trovarle, aprì lo sportello e gettò dentro la sua borsa, stiracchiandosi leggermente. 

Era davvero stanco, quella notte non aveva dormito molto e quelle sette ore di lezione non avevano giovato molto alla sua situazione. Decise allora di andare a prendersi un caffè prima di mettersi alla guida, perciò chiuse lo sportello dell'auto e si diresse a passo spedito verso la caffetteria.

Mentre camminava molti studenti e studentesse lo osservavano, bisbigliando tra di loro. E Namjoon sapeva benissimo quale era l'oggetto delle loro "amichevoli" conversazioni, e quella consapevolezza non poteva non rimanerci male. Chinò il capo e fece finta di nulla, attraversando quasi di fretta il cortile.

Era quasi giunto alle porte della caffetteria, quando poggiando il piede a terrà non perse l'equilibrio accasciandosi sulle ginocchio, mentre un forte dolore gli percorreva il polpaccio, giungendo alla caviglia. Aish... perché proprio ora dovevo slogarmela? Non può andare peggio di così!

Con una mano andò a circondare la sua caviglia cercando di diminuire il dolore, ma quello parve aumentare sempre di più, facendogli digrignare i denti. Con un po' di fatica Namjoon raggiunse il retro della caffetteria, poggiandosi con la schiena ad un albero, sollevandosi l'orlo dei pantaloni. 

Una piccola voglia a forma di foglia brillava di una luce intensa e tremendamente calda. Namjoon non aveva mai visto nulla del genere e non poteva negare di esserne davvero spaventato, ma un strano sesto senso gli passò per la mente si voltò osservando la corteccia dell'albero a cui era precedentemente poggiato. Strinse i pugni, dandosi dell'idiota, prima di poggiare le mani sulla corteggia e stringere gli occhi.

Le fronde dell'albero iniziarono a muoversi, la terra che comprendeva le radici a tremare, l'aria intorno al tronco a soffiare, mentre le mani del castano sembravano quasi unirsi alla corteccia. Nam non vedeva nulla, ma sentiva... sentiva tutto quello che stava succedendo attorno a se, la sua mente iniziò a vagare e la sua mano sembrava prudere incessantemente, la sua caviglia non la sentiva quasi più. 

Sto sognando o sto perdendo la testa?

Appena il vento e la terra smisero di incutere la loro forza sulla figura del ragazzo, Namjoon aprì gli occhi e con respiro affannato e sguardo incredulo osservava la piccola cicatrice che ora era incisa sulla sua pelle:

Terrae.

Ma cosa diamine?

"Ragazzi... credo di averla trovata."

Una voce interruppe quel momento di incredulità, facendo voltare Namjoon, verso tre ragazzi che lo osservavano con sguardo soddisfatto e quasi... sollevato?

"Chi siete voi tre?" chiese Namjoon, una volta capito che quei tre non avevano intenzione di spiccicare parola.

"Siamo acqua, fuoco e aria. Piacere di conoscerti, terra."

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Metus ***


"Voi mi state dicendo che noi quattro siamo la personificazione dei quattro elementi naturali?" Namjoon stava guardando i tre ragazzi piazzati davanti a lui, cercando di capire dai loro sguardi se lo stessero prendendo per il culo oppure fossero semplicemente dei decerebrati fuggiti da un manicomio.

"Esattamente. Non è una figata?" disse con tono entusiasta il più basso tra i tre, sorridendo a trentadue denti, dando poi una pacca sulla spalla al ragazzo alla sua destra che in cambio gli dedicò uno sguardo di fuoco... letteralmente.

Gli occhi di Taehyung emanarono un bagliore dai tratti rossicci, mentre le sue sopracciglia erano incurvate in un'espressione abbastanza spazientita. "Non. Toccarmi." Ordinò in tono deciso e fermo.

La causa dell'irritazione del biondo si affrettò ad alzare le mani in segno di resa, allontanandosi velocemente dall'altro. "Scusa scusa, non lo farò più."

Il corvino che invece non aveva ancora spiccicato parola scoppiò a ridere a quella scena, per poi poggiare una mano sulla spalla di Taehyung, che intanto stava ancora puntando il suo sguardo cagnesco sul maggiore. "Dai Tae, non spaventarlo in questo modo." Lo ammonì poi, ancora con un sorriso divertito sul volto.

Il maggiore allora si rilassò sospirando, per poi tornare a guardare il maggiore tra i quattro, che li stava osservando con un cipiglio poco convinto e leggermente irritato, dopo aver sussurrato un piccolo "E va bene" in tono tra il nervoso e l'annoiato.

"Ehi! Perché a lui non dici niente e a me hai fatto quella scenata?" urlò incredulo Jimin, notando che il biondo non aveva detto nulla al corvino dopo che quest'ultimo lo aveva toccato mentre a lui, qualche secondo prima, stava per incendiargli il culo con lo sguardo! 

"Semplicemente tu non sei lui." Rispose il biondo con uno sguardo che voleva esternare l'ovvietà della sua risposta, per poi proseguire con "Lui è molto meno irritante di te." 

"Ma andiamo! Solo perché ti ho risposto male una volta!" rispose spazientito Jimin, mentre stringeva i pugni.

"Per me è la prima impressione che conta e tu, nanetto, mi hai dato una pessima prima impressione." Rispose l'altro in tono canzonatorio.

"Nanetto a chi?" Jimin si avvicinò pericolosamente a Taehyung ma fu fermato dalla mano di Jungkook che gli si poggiò sul suo petto, spingendolo leggermente all'indietro.

"Smettetela voi due! Non mi sembra il momento di iniziare ad odiarvi ancor prima di conoscervi." Disse, dirigendo il proprio sguardo dai due litiganti a Namjoon, che anche se non lo disse, si trovava pienamente in accordo con il minore.

I due litiganti si lanciarono uno sguardo di fuoco prima di tornare ad ignorarsi e a guardare il nuovo arrivato, Jimin a braccia conserte con dipinto in volto un broncio infantile e Taehyung con le mani inserite all'interno delle sue tasche e un'espressione completamente apatica.

Jungkook spostò il suo sguardo irritato dalle figure dei due ragazzi a quella del maggiore, per poi prendere a parlare.

"Scusaci... il tuo nome?" Chiese il ragazzo dagli occhi azzurri al bruno, che si riprese dal suo stato di trance, dovuta ai mille pensieri che si accavallavano nella sua testa.

"Sono Namjoon..." rispose il ragazzo, inchinandosi in segno di presentazione. "Kim Namjoon, è un alquanto strano piacere conoscervi." Disse ancora non pienamente convinto di quello che stava succedendo.

Il corvino si inchinò anche lui, per poi alzarsi e con un sorriso d'incoraggiamento stampato sulle labbra iniziò a fare le presentazioni. "Io sono Jeon Jungkook e rappresento l'acqua." Disse mostrando la sua mano, dove brillante ma pallida risiedeva la cicatrice identificativa dell'elemento. "È davvero un piacere conoscerti Namjoon."

Taehyung emise un sonoro sbuffo, alzando gli occhi al cielo, spazientito da quei convenevoli per lui troppo frivoli e decisamente inutili. Ma il ragazzo venne subito fulminato con lo sguardo dal ragazzo con gli occhi azzurri che, con un segno repentino del capo, gli fece segno di presentarsi.

Allora il biondo si inchinò facendo un sorriso impertinente al ragazzo, per poi risollevarsi e dire con tono di chi sta spiegando una barzelletta ad un neonato: "Io sono Kim Taehyung, il mio elemento è il fuoco." Disse per poi schioccare le dita, dove una piccola scintilla compare, facendo spalancare gli occhi agli altri ragazzi.

"Stai imparando velocemente..." disse stupito Jungkook, avvicinandosi a lui di un passo.

Il maggiore annuì, sorridendo soddisfatto. "Lascio solo che succeda in realtà, devo solo stare attento a non perderne il controllo." Ammise, abbassando lo sguardo per non guardare la figura del corvino che con quegli occhi blu sembrava scavare dentro la sua anima, facendolo sentire in qualche modo nudo. Era una sensazione nuova che aveva provato dal primo momento che i loro sguardi si erano incrociati. In un primo momento aveva pensato fosse dovuto alle loro voglie ma... non succedeva con nessuno degli altri elementi e questo ad essere totalmente sinceri lo spaventava un pò. Ma Taehyung non voleva preoccuparsi per i suoi castelli di carta, perché infondo era inutile rimuginare su sensazioni che senti solo tu... almeno così credeva.

A differenza del biondo, Jimin non ebbe bisogno di un'incitazione da parte di Jungkook per presentarsi e subito si inchinò in segno di rispetto. "Mi chiamo Jimin e sono l'aria." Disse sprizzando gioia da tutti i pori.

Namjoon era ancora alquanto confuso ma prese ad osservare la cicatrice che era comparsa sul dorso della sua mano. Terrae... E così lui rappresentava la terra? Faceva davvero parte di qualcosa di così grande? Era davvero così speciale? 

"Quindi... anche voi avete le voglie..." sussurrò il maggiore tra tutti, indicando la caviglia scoperta di Taehyung, circondata da quelle sette macchie, quattro delle quali ormai colorate sgargiantemente, quasi come se fossero dei tatuaggi. 

"Si, li abbiamo tutti... Credo ci leghino in qualche modo." Aggiunse Jungkook, per poi osservare i volti di tutti e tre gli altri ragazzi. "Questo vuol dire che noi quattro siamo parte della stessa grande catastrofe che compone la terra..."

Jimin sorrise al pensiero di far finalmente parte di qualcosa... finalmente, forse, dopo anni di solitudine e incomprensione, forse... aveva trovato degli amici. E a quel pensiero raddrizzò la schiena e ancora con un sorriso luminoso stampato sul volto esordì con:

"Siamo i quattro elementi naturali... siamo un unica cosa adesso."

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

Nel frattempo, nello stesso momento, a sud ovest della città, in un vicolo buio e sudicio, un ragazzo dai capelli neri come la notte era steso malamente sul terreno, parzialmente poggiato su dei sacchi dell'immondizia. Difronte a quel povero giovane, c'erano tre ragazzi di taglia decisamente superiore alla sua, intenti a picchiarlo con crudeltà, alla ricerca di denaro o di qualche cosa da poter vendere poi.

"Io non ho nulla! Come devo farvelo capire?" Urlò il corvino, mentre si ripuliva dal sangue che ormai scorreva in grandi gocce scarlatte da un taglio sullo zigomo destro. Aveva provato più volte a dire a quei ragazzi che non possedeva nulla ma quei tre teppisti avevano deciso di punirlo per avergli fatto perdere tempo appresso un "sacco vuoto", come lo avevano definito loro.

Il più grosso dei tre ridacchiò divertito dall'intera situazione, perché sì, quello lo divertiva. Quel senso di adrenalina che ti procura l'essere difronte a qualcuno che sai non poter reggere il gioco con te. Quella sensazione di potenza e di dominanza che ti attraversava il corpo arrivandoti dritto ai nervi, facendoti credere di essere intoccabile... un dio... quando in realtà eri solo un'ignorante che credeva che per non pensare alla propria disastrosa vita sarebbe bastato rovinare quella degli altri. 

"Oh ma non serve che ce lo ripeti tesoro. Adesso però abbiamo bisogno di una piccola ricompensa per aver perso così tanto tempo appresso ad una nullità come te." Disse avvicinandosi a lui, sollevandolo di peso, afferratogli la maglia bianca che indossava, già sgualcita da prima.

"Cosa volete?" Chiese il ragazzo che cercava di non guardare negli occhi quel tipo che dall'odore, non doveva farsi un bagno molto spesso. Quell'odore rese la figura di quell'essere ancora più deplorevole e rivoltante agli occhi del corvino.

"Ah non so..." disse il troglodita, afferrando il polso del malcapitato, portandogli la mano a stringere il cavallo dei propri pantaloni, facendogli capire cosa effettivamente stavano cercando da lui. "Tu che dici?"

Al corvino venne la pelle d'oca e salirono le lacrime agli occhi mentre le palpebre si abbassavano alla consapevolezza del proprio disgustoso destino. Sapeva che nessuno sarebbe accorso ad aiutarlo... in quel quartiere erano persone come quella che lo stava tenendo fermo sulle ginocchia al terreno che dettavano la legge. Erano persone che non avevano alcun valore se non il proprio egoismo, un'egoismo che li guidava in scelte come quella... un egoismo che dettava il destino delle persone come lui che di egoismo ne aveva poco, che era allegro anche quando non c'era proprio niente di cui essere felici. 

Il delinquente si stava calando i pantaloni quando il ragazzo spalancò gli occhi, preso da un improvviso senso di... completa indifferenza. Un fuoco freddo avvolgeva la sua caviglia, i suoi occhi presero a colorarsi, diventando due pozzi neri senza neanche uno spiraglio di bianco. I suoi capelli svolazzavano da una parte ad un altra e un vento caldo iniziò a vorticare intorno a loro, coprendo l'aria di un buio pesto, un buio nero, quasi più nero dei suoi stessi occhi. Ombre terrificanti iniziavano a fare la loro comparsa in quel tornado grigio, rendendo l'aria tossica e decisamente pesante da respirare. 

I ragazzi a quella vista presero a correre terrorizzati ma non andarono molto lontano, perché tre ombre li inghiottirono nel loro buio tetro, regalandoli all'oblio che meritavano.

Quando il vento si placò il corvino che era ancora in ginocchio parve risvegliarsi. Percepiva un senso di calore immane lungo il dorso della sua mano e dopo aver guardato i suoi occhi si spalancarono alla vista di una cicatrice rosa che componeva cinque semplici lettere che formavano una singola parola: Metus.

Jung Hoseok scoppiò in lacrime in quel vicolo umido del quartiere più malfamato di Seoul... Jung Hoseok era la paura.

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

I quattro ragazzi si erano diretti in una caffetteria a qualche chilometro di distanza dall'università e si erano seduti ad un piccolo tavolo appartato. Avevano deciso di riunirsi lì per conoscersi un pò meglio e per capire il da farsi e soprattutto, come trovare gli altri tre elementi ancora sconosciuti.

"Io ho riconosciuto Taehyung grazie al bruciore procurato dalle voglie..." Jungkook stava raccontando dell'inizio di tutto, descrivendo dettagliatamente come si era sentito quando aveva visto Taehyung e quando avevano sprigionato i loro elementi.

Jimin ascoltava attento ciò che il corvino stava dicendo e fu inevitabile per lui collegare quelle stesse sensazioni a quelle che aveva provato quando Min Yoongi era entrato nella sua aula quella mattina... Non sapeva se la sua supposizione fosse giusta, dato che l'altro ragazzo non aveva mostrato alcun tipo di reazione al loro scambio di sguardi se non quel fissare così dannatamente profondo che Jimin aveva sentito i suoi occhi scavargli fin nelle costole.

Nonostante quello decise comunque di esporre il suo sospetto agli altri, almeno da qualche parte dovevano partire no?

"Penso di conoscere un altro possibile elemento." Disse improvvisamente, interrompendo il corvino che si voltò a guardarlo con occhi stupiti. 

"Sul serio?" Chiese Taehyung in tono derisorio. "Se è il tuo professore di diritto giuro che io me ne vado." 

Jungkook fulminò per l'ennesima volta il biondino che sbuffò tornando a osservare il suo latte macchiato, indeciso se mettici altro zucchero oppure no.

Jimin ignorò completamente il maggiore, parlando in direzione solo del corvino e di Namjoon che continuava a fissare la sua cicatrice, ancora incapace di credere che tutto quello stesse succedendo.

"Min Yoongi... appartiene alla facoltà di medicina." Incominciò il bassino, calando lo sguardo sulla superficie argentea del tavolo. "Stamattina è entrato nella mia classe per riferire delle cose al mio professore e... è successa tra noi più o meno la stessa cosa che è successa a voi due." Concluse arrossendo leggermente.

"Oh il nano ha una cotta." Esordì divertito Taehyung, beccandosi una gomitata dal corvino dagli occhi azzurri, seduto proprio affianco a lui.

"Giuro che ti riempio d'acqua il posto in cui non batte il sole se non la smetti!" Lo rimproverò per l'ennesima volta, rivolgendosi poi al più basso che in quel momento era palesemente arrossito, decisamente in imbarazzo a parlare di quel ragazzo.

"Okay Jimin... penso che tu sia il più adatto ad indagare sulla faccenda dato che frequentate lo stesso edificio." Disse Jungkook, prima di venir interrotto da un verso di dolore proveniente dal maggiore tra i quattro che si portò istintivamente una mano alla caviglia.

"Namjoon... cosa succede?" Chiese preoccupato Jimin, avvicinandosi a lui.

Il ragazzo non rispose, alzando il suo pantalone all'altezza del polpaccio mostrando una piccola foglia a forma di fiore che brillava incessantemente... "è qui..." Sussurrò poi alzando lo sguardo in cerca di un ragazzo che stesse lamentando un bruciore improvviso alla caviglia.

"Perché voi non state percependo nulla?" Chiese Namjoon completamente confuso.

Ma gli altri non ebbero mai il tempo di rispondergli, perché al loro tavolo si avvicinò un cameriere dalla chioma castana, che sorrideva gentile ai quattro ragazzi.

"Salve e benvenuti da Sweet Colors, sono Seokjin, come posso aiutarvi?" Chiese, prima di incrociare lo sguardo di Namjoon e bloccarsi sul posto.

Quel cameriere dall'aria gentile era uno degli ultimi tre.

 

Angolo autrice:

Mi scuso per questo enorme ritardo ma purtroppo sto affrontando il mio ultimo anno di liceo e non ho il tempo materiale per scrivere. Mi dispiace se vi ho fatto attendere così tanto ma cercherò di scrivere nei miei pochi spazi liberi lo prometto!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Amor ***


Calore... 

Namjoon percepiva un calore tremendamente piacevole al petto che si espandeva anche sul suo volto, facendogli arrossare le guance. Nell'aria sentiva un odore di rose fresche, così piacevole da assuefarlo, quasi fosse una droga dall'effetto soporifero. 

Il cameriere era ancora lì che lo fissava negli occhi, non capendo ancora nulla di quello che stava accadendo al suo corpo. Un'aroma di primavera aleggiava attorno a sé, mentre le sue mani incominciarono a muoversi da sole, arrivando alle guance di quel ragazzo dai capelli marroni come la terra. Non sapeva cosa stava facendo, quando la tavola prese a tremare leggermente, mentre un piccolo venticello circondò i corpi dei due ragazzi. Jin prese ad avvicinarsi sempre di più al volto del bruno che ormai aveva perso qualsiasi cognizione di chi fosse o cosa stesse facendo e con estrema lentezza pressò le sue labbra su quelle dell'altro.

Namjoon non sapeva cosa era quella forza, non sapeva cos'era quel calore, ma non poteva nulla per contrastarlo, era troppo attraente e così dannatamente piacevole. Strinse le mani dello sconosciuto, spingendosi un tantino contro di lui. 

Il vento prese a vorticare più velocemente, richiudendo i due in una bolla, mentre sul dorso della mano destra del cameriere comparve una cicatrice che prese a brillare incessantemente, come se avesse racchiuso in sé un raggio di sole. 

Amor.

I ragazzi che circondavano la tavola erano rimasti scioccati, non avevano la più pallida idea di cosa stesse succedendo e in più, tutto quello stava accadendo al chiuso, in una caffetteria dove chiunque avrebbe potuto vederli. Dovevano ringraziare Namjoon che aveva deciso per il posto più appartato di tutti e che alle quattro del pomeriggio non girava molta gente. 

I due ragazzi si staccarono e quando entrambi si resero conto di quello che avevano appena fatto, si allontanarono di scatto, guardandosi come se avessero appena baciato un mulo. 

"Chi diamine sei tu!?" Urlarono all'unisono entrambi, scambiandosi occhiate di sgomento miste a terrore. Era stato tremendamente spaventoso; sembrava quasi che qualcuno li avesse ipnotizzati e comandati a suo piacimento, quasi fossero delle marionette.

I ragazzi che erano seduti attorno al tavolo non sapevano cosa dire. Quello che era successo era stato surreale e non capivano ancora quello strano collegamento tra i vari elementi. Quando il cameriere era arrivato, solo Namjoon lo aveva percepito e solo lui era stato ipnotizzato da quella sorta di forza sovrannaturale. Gli altri tre erano stati spettatori, impotenti e indifferenti alla presenza di quel determinato elemento. Che cosa voleva dire? Che ogni elemento era legato ad un altro? Che in realtà erano un unica catena formata da anelli incrociati due a due? Oppure c'era qualcosa di più profondo sotto? Dei nodi che a loro erano invisibili ma che comunque li tenevano legati insiemi, come a formare una rete intricata e impossibile da sciogliere?

Jungkook, che fino a quel momento era rimasto attaccato al braccio di Taehyung, si scostò leggermente da quest'ultimo, schiarendosi la voce e osservó la cicatrice sul dorso della mano del cameriere. 

"Amor... amore" disse incantato ma con tono leggermente esitante. 

Taehyung guardava il ragazzo come se fosse stato un alieno e con un sopracciglio alzato si intromise nella conversazione. "Da quando l'amore è un elemento?" Chiese alquanto confuso.

Jin li guardava come se fossero appena comparsi dal nulla, mentre nella sua testa mille domande e poche risposte di susseguivano l'una sull'altra. Chi diamine sono questi? Che cosa vogliono da me? E che diamine è appena successo?

Prima che il cameriere potesse porre quelle domande ai presenti, Jimin si sistemò meglio sul divanetto, sorridendo in modo rassicurante al castano. "Beh... forse è meglio che ti siedi... Abbiamo parecchie cose di cui discutere."

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*

Hoseok stava camminando per quelle vie buie e dall'aria costantemente umida e sudicia, dirigendosi alla sua casa caratterizzata dallo stesso aspetto di quelle strade. Era ancora sotto shock...

Nella sua testa vorticavano ancora quelle ombre scure, quell'aria torbida e intossicante, quel tornado di grigiore e... paura. Quella cicatrice che era comparsa sulla sua mano pesava quasi quanto un elefante e il ragazzo non riusciva a guardarla. Paura... Era lui quello spaventato, era lui quello che non sapeva dove rifugiarsi, era lui quello che non aveva nessuno di cui fidarsi.

Il suo sguardo era vuoto, confuso e allo stesso tempo terrorizzato. Nelle sue iridi scure vorticavano quelle stesse ombre che in un primo momento le erano sembrate amiche, ma che al termine di tutto lo avevano soffocato, mettendolo di fronte ad una consapevolezza: Il suo animo era cattivo.

Aveva tentato, in quei lunghi anni, di distinguersi dalle persone che frequentavano quel quartiere. Aveva tentato di trovarsi un lavoro dignitoso, di pagarsi da solo l'abitazione in cui viveva, di portare sulla sua piccola tavola un pasto caldo ogni giorno... Aveva tentato di donarsi amore, di darsi calore... tutto da solo. Aveva tentato di sembrare felice e di non mostrarsi abbattuto. Ma ora? Ora come poteva portare avanti quella farsa? 

Non sapeva cosa era diventato... non sapeva se lo era sempre stato o se fosse una cosa momentanea o perenne... sapeva solo che era male e il male non è mai piaciuto a nessuno.

Una volta arrivato davanti al suo condominio, dall'aria decadente e fatiscente, Hoseok sospirò, prendendo le chiavi dalla sua tasca e aprendo il portoncino, prese a salire le scale. Ogni gradino che saliva equivaleva ad una domanda irrisolta che vorticava nella sua testa: Sono cattivo? Sono un mostro? Sono uno dei cattivi dei fumetti? Cosa significa tutto questo? Cosa sono io?

Quando raggiunse il pianerottolo del suo appartamento, però, trovò le sue valige ad attenderlo davanti alla porta. Dio... no.

Hoseok bussò frenetico sulla superficie di legno bianco, sapendo perfettamente che dentro c'era Marcus, il custode del condominio. 

"Marcus! Cosa cazzo significa?" Urlò esasperato, bussando prepotentemente.

La porta si aprì poco dopo, rivelando un ragazzo snello ma muscoloso con gli occhi rossi dal troppo fumo e le mani nere e incallite di chi passa troppo tempo a tagliare erba. 

"Cazzo vuoi Jung?" Chiese, come se il fatto che lo avesse appena buttato fuori di casa fosse del tutto normale e previsto dal calendario.

"Come che cazzo voglio? Non era ancora scaduto l'affitto! Avevo ancora tempo!" Rispose Hoseok, guardandolo negli occhi con sguardo irritato.

"Oh si che era scaduto e non sto parlando del contratto di questo mese ma quello dello scorso, che tu avresti dovuto pagarmi la settimana scorsa. Ti avevo avvertito che se avessi fatto un altro strike avrei mollato le tue chiappe in mezzo alla strada e questo mio caro, era l'ultimo." Disse l'uomo, sbattendo la porta in faccia al ragazzo che urlò frustato, lanciando un pugno contro la porta.

"Stronzo!" Gridò, prima di afferrare i suoi bagagli e scendere per le scale, ritrovandosi di nuovo su quella strada umida e sudicia. 

Cosa diamine faccio adesso? 

Non aveva dove andare e non poteva pagarsi nemmeno la notte in uno squallido motel dato che non possedeva più nulla e che i pochi soldi che aveva racimolato erano nel suo ormai ex appartamento e che sicuramente Marcus aveva pensato di tenersi come souvenir della sua permanenza lì. 

Sospirò incominciando a camminare senza meta, tirandosi via le proprie borse, sperando di allontanarsi da quel luogo il più in fretta possibile.

Arrivato vicino ad una tavola calda, distante qualche chilometro dal palazzo in cui abitava, si gettò a terra completamente sfinito, cercando di riprendere un pò le forze. Aveva sete, fame e anche alquanto freddo... 

Il suo sguardo vuoto ed esausto vorticava dalle sue borse alle sue gambe, prima di soffermarsi sulla sua caviglia scoperta. Sei delle sette voglie che coprivano la sua pelle erano colorate... Che diamine?

Una goccia blu, una fiamma rossa, una nuvola grigia, un occhio nero e un bocciolo di fiore rosa... 

Il ragazzo non aveva la più pallida idea di come fosse possibile una cosa del genere ma si rese subito conto che quello voleva dire un unica cosa... Ce ne sono altri... 

E io... io devo trovarli.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Taehyung e Jungkook stavano camminando lungo la strada che li avrebbe portati entrambi alle loro rispettive case. Avevano parlato con Jin e spiegato lui la situazione; il ragazzo era sembrato esitante all'inizio ma era stato disposto a credergli poco dopo, mettendosi a disposizione per quella loro ricerca. 

Loro non sapevano dove tutto quello li avrebbe portati, non sapevano neanche cosa fare una volta che tutti gli elementi si fossero riuniti, ma avevano la sensazione che dovevano fare qualcosa di importante... sapevano di essere speciali e di avere un ruolo decisivo in non si sa ancora quale spettacolo e loro avevano tutta l'intenzione di recitare al meglio.

I due ragazzi camminavano spalla contro spalla, entrambi in silenzio, entrambi imbarazzati. Percepivano ancora quello strano legame che li continuava ad attrarre uno contro l'altro. Sembrava quasi si conoscessero da anni... eppure non era passata nemmeno una settimana da quando si erano visti la prima volta. Quella strana sensazione che gli attanagliava il petto e che li faceva stare vicini anche quando non ce ne era bisogno, li spaventava... perché entrambi avevano capito che quel magnetismo funzionava solo con loro due. Gli altri elementi non avevano lo stesso effetto... gli altri elementi non li completavano o facevano sentire al sicuro e allo stesso tempo insicuri su loro stessi.

Taehyung continuava a fissare la strada attorno a sé, mentre mille domande giravano nella sua testa. Glielo dico? Mi prenderà per pazzo? Cosa devo fare? Si glielo dico... no! Non dirglielo! Dio, sto impazzendo.

Jungkook invece continuava a guardare la punta delle sue scarpe che si susseguivano ad ogni passo, lanciando di tanto in tanto un'occhiata alla mano del ragazzo affianco a lui, così vicina alla sua da sfiorarsi ad ogni loro singolo movimento. Gliela prendo? E se me la scaccia via? E se mi prende per pazzo? Andiamo Jeon cosa ti passa per la testa? È un ragazzo!

Passò qualche altro minuto prima che gli occhi di Jungkook ricadessero sul volto di Taehyung e che quelli di quest'ultimo trovassero le iridi blu del suo compagno. Ed eccola lì... quella sensazione così tremendamente magnetica.

I loro passi terminarono, i loro sguardo impossibilitati dal distogliersi, le loro labbra schiuse, i loro cuori che battevano all'impazzata, le loro mani che volevano toccarsi così disperatamente.

Sto impazzendo

Era questo che pensavano entrambi di loro stessi. Quelle sensazioni potevano appartenere solo ad un pazzo... solo a qualcuno che ignorava le regole morali e che era indifferente a quello che era giusto o sbagliato.

Il maggiore tra i due sospirò, chiudendo gli occhi e girando la testa. "Così non va bene" sussurrò, voltandosi e riprendendo a camminare.

Jungkook si riprese dal suo stato di trance e seguì il biondo, afferrandogli la mano. "Tae..." sussurrò, guardandolo con occhi imploranti, di chi chiede di non essere abbandonato, gli occhi di chi sta chiedendo pietà, gli occhi di chi sta chiedendo di risparmiare il proprio cuore.

Taehyung si perse di nuovo in quegli occhi blu, mentre stringeva la presa sulla mano del corvino, incapace di fare ciò che era più logico, mentre la sua mente non riuscì a fermare il fiume di parole che uscì presto dalle sue labbra: "Lo senti anche tu?" Chiese al minore, con tono di chi si sente esausto dopo ore di fatica."Dimmi che lo senti anche tu... dimmi che non sono l'unico a percepire questo legame tra di noi, dimmi che non sono l'unico che sta impazzendo." 

Jungkook lo guardo con quelle sue iridi chiare, indeciso sul cosa rispondere, indeciso se seguire il buonsenso o lasciarsi andare alle sensazioni. Poteva fidarsi? Poteva lasciarsi andare?

Dopo vari secondi in cui il biondo allentò la presa sulla mano del ragazzo, non percependo risposta, il minore intrecciò le proprie dita con le sue, stringendo la presa. Si guardarono negli occhi come a dirsi che si... entrambi volevano andare fino in fondo a qualsiasi cosa fosse quella.

Cosa saranno loro ora, vi starete chiedendo voi... Beh, il loro legame è qualcosa di indefinito, nessuno dei due aveva l'intenzione di chiarirlo anche perché non potevano ancora... 

L'unica cosa che potevano fare era tenersi per mano e camminare lungo quella strada, incapaci nel darsi un nome. Per ora, erano solo Jungkook e Taehyung... per ora...

Erano solo l'acqua ed il fuoco.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Dopo la fine della loro piccola riunione, Namjoon aveva atteso che il turno di Jin terminasse, appoggiato ad un albero all'uscita della caffetteria. Aveva bisogno di parlargli, poiché con le spiegazioni non avevano avuto il tempo di parlare di quel loro bacio dato inconsapevolmente. 

Non aveva la più pallida idea di cosa gli fosse successo e anche se, almeno in parte, immaginava che l'accaduto fosse stato una conseguenza dell'elemento del cameriere, gli servivano dei chiarimenti. Sentiva che non poteva finire tutto lì e che c'era qualcosa di più oltre che un semplice effetto collaterale di mezzo.

Passò qualche altro minuto quando finalmente Jin uscì dalla caffettiera con indosso il suo cappotto lungo, che snelliva ancora di più la sua figura slanciata. Il bruno si staccò subito dalla corteccia e si diresse a passo svelto verso di lui. 

"Seokjin..." lo chiamò, facendo sussultare l'altro che voltò il capo di colpo, preso alla sprovvista.

"Namjoon... cosa ci fai ancora qui?" Chiese ancora con una mano sul petto, cercando di calmare il suo cuore che batteva ancora all'impazzata.

"Volevo parlarti... ti va se ti accompagno a casa?" Chiese indicando la sua auto, parcheggiata a poca distanza da dove si trovavano, nel parcheggio della caffetteria. 

Jin lo guardò leggermente intimorito, ben sapendo quale fosse l'argomento di cui voleva parlare il ragazzo ma sapeva anche che prima o poi avrebbero dovuto avere quella conversazione. Non potevano di certo ignorare la cosa come se non fosse mai successa, quindi meglio togliersi subito il dente dolente e basta, no?

Così il maggiore annuì, sospirando e incamminandosi verso la macchina dell'altro, lo ringraziò gentilmente. 

Namjoon sorrise con educazione, togliendo la sicura alla macchina e aprendo lo sportello del passeggero, invitando il ragazzo ad entrare. 

"Pensavo che la galanteria fosse morta" Ammise Jin, anche per smorzare un pò la tensione che si stava creando tra i due.

Il bruno ridacchiò divertito, scuotendo la testa prima di chiudere la portiera e fare il giro del veicolo, entrando poi dalla parte del passeggero, mettendo in moto l'auto e uscendo dal parcheggio, prendendo a guidare sulla strada.

"Dove ti accompagno?" Gli chiese, non conoscendo l'indirizzo del ragazzo.

"Conosci il parco di Gangnam?" Chiese Jin, mettendosi la cintura, sistemandosi meglio sul sedile.

"Certo che lo conosco..." disse, mettendo la freccia per girare a sinistra e dirigersi nella direzione giusta. 

Dopo quella battuta, nessuno dei due proferì più parola. Namjoon continuava a tamburellare i suoi polpastrelli sulla pelle nera del volante mentre l'altro guardava fuori dalla finestra tenendo la testa appoggiata al poggiacapo del sedile.

La tensione aveva incominciato a dominare l'aria presente nel veicolo, mentre i due non avevano il coraggio di iniziare quel discorso, decisamente troppo imbarazzante da intraprendere. 

Dopo qualche altro minuto di silenzio, si fermarono in coda, attendendo che il semaforo che era appena diventato rosso, si accedesse del colore della speranza. E fu in quel frangente che Namjoon sputò fuori la domanda che si stava tenendo dentro da tutto il giorno.

"Perché l'hai fatto?" Chiese, non guardando l'altro ma le sue mani che presero a muoversi nervose sul volante, stuzzicandone la pelle con le unghie.

Seokjin non lo sapeva... non sapeva cosa rispondere e avrebbe tano voluto uscire da quell'auto e scappare lontano da quella situazione, che era decisamente più grande di lui. Non aveva capito cosa dovesse simboleggiare o fare in tutto quello e non aveva capito neanche perché tra tante persone al mondo, proprio lui aveva dovuto ottenere quel... dono? Potere? Maledizione?

Nonostante tutte quelle domande, forse una risposta, anche se insoddisfacente, doveva darsela.

"L'ho sentito..." rispose dunque con un leggero sussurro imbarazzato. "L'ho semplicemente sentito..." continuò, tenendo lo sguardo basso.

Namjoon annuì, anche se non era la risposta che voleva, per niente. Sapeva che quello che stavano affrontando era fuori dal normale e poteva immaginare che quello non fosse semplice da capire.

"Penso di averlo sentito anche io..." ammise poi i ragazzo. Sperava che l'altro avesse potuto dargli una spiegazione più plausibile ma a quanto pareva, era la stessa per entrambi. "Più che altro...

...penso di aver sentito te arrivare."

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Era tardo pomeriggio quando Jimin era tornato finalmente alla sua università. Erano andati in caffetteria con l'auto di Namjoon e la sua era rimasta lì. Aveva fatto una piccola passeggiata a piedi per tornare indietro, passeggiata durante la quale aveva riflettuto un pò.

Non sapeva se si stava muovendo nella direzione giusta... non sapeva se Yoongi fosse davvero un elemento... Infondo, solo lui aveva sentito quel tremendo bruciore, il maggiore non aveva mostrato nulla... nessun mugolio o sguardo sofferente. Solo quegli occhi così penetranti da sentirseli nel petto.

Sperava solo di non fare un buco nell'acqua e far perdere tempo ai suoi... poteva definirli amici? Infondo si conoscevano da un giorno, ma erano legati da quelle voglie... questo non voleva forse dire che ora erano qualcosa di più che semplici conoscenti? Non voleva dire che erano una famiglia? 

Un piccolo sorriso si dipinse sul volto del ragazzo a quel pensiero. Dopo anni in cui tutti avevano avuto paura di lui, in cui tutti lo trattavano come se fosse un reietto... dopo anni di solitudine, finalmente aveva trovato degli amici... delle persone che lo capivano, che erano esattamente come lui e che in ogni caso non lo avrebbero lasciato da solo. Sapeva che non lo avrebbero fatto, perché erano in sette in quella storia... e nessuno poteva tirarsi indietro.

Nel frattempo, Min Yoongi aveva appena concluso la sua sessione di studio con il suo gruppo universitario e si stava incamminando lentamente verso il parcheggio dell'università. 

Aveva passato una giornata davvero assurda, tre classi improvvisate, otto ore di lezione interminabili, tre ore di studio in biblioteca, sommerso da miliardi di libri di anatomia e patologia. Era esausto e voleva solo tornare a casa e morire sepolto nei cuscini.

Nonostante tutto quello che aveva dovuto assimilare durante il giorno, un piccolo ed alquanto insignificante episodio gli tornò alla mente... per l'ennesima volta. Gli si presentava alla memoria nei momenti meno opportuni, seguendo un presupposto che manco lui conosceva. A quale episodio si stava riferendo? Beh a quel ragazzino che aveva visto quella mattina quando era andato a comunicare al professor Han del cambio d'aula, lo stesso ragazzino che aveva visto entrare nella biblioteca quel pomeriggio e che aveva visto uscire trasportato fuori da altri due ragazzini, mentre urlava come un forsennato.

Non conosceva il motivo di tanto interessamento, ma era rimasto decisamente colpito da quel ragazzo... non che gli interessasse in quel senso... era semplicemente... curioso?

Mentre il ragazzo si avvicinava al parcheggio, Jimin era ancora intento a cercare le sue chiavi nel suo zaino. Gli caddero poco dopo averle trovate e appena si abbassò per prenderle, un dolore lancinante alla caviglia gli fece strizzare gli occhi e mugolare sommessamente.

Si alzò di fretta l'orlo dei pantaloni, osservando quell'unica voglia non colorata, brillare come tre soli, una piccola spirale che vorticava sulla sua pelle.

Yoongi.

 

Angolo autrice:

Hello boys and girls, I'm back with another chapter! Ed eccomi qui, con il capitolo 5. Come promesso, sto cercando di dedicare il mio tempo libero alla scrittura. Spero di riuscire a pubblicare almeno una volta a settimana e vi prometto che farò tutto il possibile per riuscirci.

Secondo voi qual è l'elemento di Yoongi? E cosa ne pensate di Jin che personifica l'amore? Spero vi piaccia questa scelta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Animus ***


Yoongi... 

 

Dove sei?

 

Jimin mugolò dal dolore. La sua caviglia era in fiamme... continuava a guardarsi intorno, cercando quel ragazzo dai capelli corvini tra le varie macchine parcheggiate in quell'area. I suoi occhi si spostavano impazziti su ogni tratto di cemento, in quella ricerca folle ma senza successo... Non riusciva a trovarlo... ma sentiva che era lì... lo sentiva.

 

Il corpo del castano non riusciva a muoversi; la sua caviglia faceva così male che avrebbe voluto urlare e le sue gambe sembravano aver perso la capacità di sostenerlo. Si sentiva sperduto e in panico... sentiva di star per perdere il controllo di se stesso e non aveva la più pallida idea di cosa stesse causando quella reazione. Infondo non si era sentito così con nessuno degli altri elementi... cosa aveva quello di speciale? 

 

Dove sei... dove sei... 

 

Il respiro del ragazzo prese a velocizzarsi paurosamente, mentre il suo petto faceva su e giù incontrollato. Sentiva la sua gola riscaldarsi e stringersi, impedendogli di inalare aria pulita e le sue mani che reggevano la sua caviglia presero a tremare insieme al suo corpo che sembrava si stesse preparando ad esplodere.

 

Tutta quella pressione che Jimin sentiva svanì nel momento esatto in cui due converse nere, dall'aria consumata si intromisero nel suo campo visivo, fermandosi esattamente davanti a lui. 

 

Yoongi...

 

Il corvino aveva visto il ragazzo in difficoltà e si era avvicinato a lui con sguardo accigliato dalla curiosità. Si inginocchiò davanti a lui, afferrandogli le spalle, cercando di fargli alzare il capo.

 

"Ehi... tutto bene?"

 

Jimin spalancò gli occhi alla vista del volto di Yoongi davanti a sé, mentre le loro iridi si incrociarono e il suo cuore si fermò per qualche secondo prima di riprendere a battere come se stesse per avere un infarto. Non sapeva per quale motivo e non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo ma il castano si lanciò letteralmente sul corpo dell'altro, allacciando le braccia attorno al suo collo, singhiozzando leggermente.

 

"Y-yoongi..."

 

Il corvino fu totalmente preso alla sprovvista da quel gesto ma appena Jimin pronunciò il suo nome, le mani circondarono la vita del minore, stringendolo a sé.

 

"Ji-jimin..."

 

E mentre erano stretti in quell'abbraccio senza senso, quell'abbraccio formato da quelli che erano due perfetti sconosciuti, la caviglia di Yoongi prese a riscaldarsi e un forte vento li avvolse, creando una sorte di sfera di aria che li inglobò in quella che sembrava una dimensione completamente diversa dalla realtà.

 

Il maggiore chiuse gli occhi, infilando il capo nell'incavo del collo del castano, respirando il suo odore che gli era così tremendamente ed inspiegabilmente familiare. Mentre sulla sua mano prendevano ad incidersi sei lettere corsive, la sua mente si catapultò in quello che sembrava essere un sogno ad occhi aperti.

 

##

 

"Non lasciarmi..." singhiozzi risuonavano nella sua testa, accompagnati dalla sensazione di due mani poggiate sulle sue guance. "Non lasciarmi Yoongi..."

 

Due occhi grigi come le nuvole tempestose lo stavano osservano, ricolmi di lacrime e di dolore, mentre lui indietreggiava in quel vuoto cupo che era la sua testa.

 

"Yoongi... Yoongi..."

 

Il suo cuore batteva così forte, le sue mani stringevano qualcosa di morbido mentre lacrime calde scivolavano sulle sue guance.

 

"Ti amo..."

 

Jimin... 

 

##

 

Quando Yoongi riaprì gli occhi si trovava di nuovo in quel parcheggio, stretto al corpo caldo di quel ragazzino che, ad essere sinceri, non sapeva più se fosse uno sconosciuto o meno. Il suo respiro era affannato e i le suo iridi erano ferme ad osservare la sua mano che ora aveva una cicatrice rosea che componeva una parola elegante ma allo stesso tempo potente: 

 

Animus.

 

Jimin si stava riprendendo dal suo stato di trance momentaneo e quando percepì le braccia dell'altro allentare la presa su di sé, alzò il capo di scatto, guardando l'altro negli occhi con aria intimorita, come se avesse appena visto un fantasma.

 

"No..." Sussurrò il castano, afferrando le spalle del ragazzo, intimandogli di non allontanarsi. "Non farlo... non di nuovo."

 

Cosa sto dicendo? Cosa diamine sto facendo? 

 

Jimin non si mosse di un millimetro, ancora troppo scosso da quello che stava succedendo e da quello che aveva detto e fatto. Sembrava come se qualcuno stesse controllando la sua mente ed il suo corpo. Era come se fosse posseduto da un sé stesso che non conosceva e che aveva una paura tremenda di conoscere.

 

Yoongi rimase immobile, pietrificato davanti a quello sguardo. Un senso di torpore gli aveva accalappiato lo stomaco e non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. Non aveva la più pallida idea di quello che stava succedendo ma non riusciva ad allontanarsi, non con quegli occhi così terrorizzati... così timorosi di un suo abbandono.

 

##

 

"Jimin... va via da me."

 

"No ti prego!" 

 

Braccia che cercavano di afferrarlo, urla di dolore, senso di colpa, singhiozzi disperati.

 

"Lasciatemi andare! Yoongi! Yoongi ti prego!"

 

##

 

Gli occhi del corvino si spalancarono, continuando a guardare quelle iridi scure che osservavano le sue con timore misto a curiosità. 

 

"Io..." Provò a dire Jimin, mentre portava una mano sulla guancia del maggiore, accarezzandola piano, come se avesse avuto paura di romperlo o scheggiarlo. 

 

"Ti ho visto..." lo interruppe Yoongi, rimanendo fermo davanti a lui. "Io... io ti ho visto."

 

I due rimasero a guardarsi negli occhi, incapaci di fare altro, ancora troppo sconvolti da ciò che stavano provando e vivendo. Era tutto così surreale...

 

Il momento prima erano perfetti sconosciuti e quello dopo... quello dopo qualcosa che non riuscivano a definire e che è troppo presto svelare.

 

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

 

Namjoon e Jin non avevano più spiccicato parola dopo quello che il minore aveva detto. Lo aveva sentito arrivare... aveva percepito il castano arrivare... cosa voleva dire? Era un potere che aveva? E allora perché non funzionava con gli altri elementi?

 

In quel momento si trovavano davanti il palazzo dove Jin abitava, immersi nel più completo silenzio mentre guardavano entrambi davanti a sé, osservando la strada popolata da piccoli gruppetti di amici e qualche coppia che si stavano dirigendo sicuramente in centro.

 

L'aria era impregnata di imbarazzo, sia per quello che era successo prima, sia per il fatto che nessuno dei due sapeva cosa dire in quel momento o, per lo meno, come salutarsi per interrompere quella tensione che li aveva accompagnati durante tutto il viaggio in auto.

 

"Allora..." provò a dire Namjoon, picchiettando le dita sul volante, cercando di darsi un contegno e di non mostrare quanto volesse che quel momento finisse il più in fretta possibile. 

 

"Si.. dovrei... dovrei andare..." continuò per lui Jin, annuendo e slacciando la cintura, voltandosi a guardare Namjoon con un sorriso educato dipinto sul volto. "C-ci... ehm... ci vediamo allora?" Chiese poi, mentre le sue guance presero un colore roseo, come quello dei petali di ciliegio.

 

Namjoon sorride a quella vista, incantandosi a guardarlo, senza nemmeno un apparente motivo. Era la stessa attrazione che aveva sentito la prima volta che lo aveva visto, solo che questa volta si presentava come senso di spensieratezza e di gioia. Si sentiva felice a guardarlo...

 

Dio sto impazzendo...

 

Jin abbassò lo sguardo, sorridendo imbarazzato. Aveva notato il modo in cui il ragazzo lo stava guardando e doveva ammettere che anche lui sentiva quel leggero tepore nel petto, che lo rilassava e rallegrava incredibilmente tanto.

 

"S-si... ci... ci vediamo." Sussurrò Namjoon, abbassando anche lui lo sguardo sulle sue cosce, mentre un leggero imbarazzo gli colorava le guance. 

 

Il maggiore risollevò il capo, guardando l'altro con ancora quel sorriso inspiegabile che gli dipingeva il volto. "Allora ciao Namjoon..." disse, sporgendosi a baciare la sua guancia per poi uscire di corsa dall'auto, lasciando un Namjoon completamente stupito e rosso in viso. 

 

Il minore si portò le mani sul viso, scuotendo la testa, con ancora il cuore che gli batteva impazzito per quel gesto fatto dal castano. Sto impazzendo, sto impazzendo, sto impazzendo.

 

Ed ecco che inspiegabilmente, Namjoon scese dall'auto, ricorrendo Jin che stava per immettere la chiave nella serratura del cancello, afferrandogli il polso e attirandolo a sé in un ennesimo bacio. Uno sfiorarsi di labbra delicato ma deciso che fece spalancare gli occhi al maggiore, preso alla sprovvista da quel gesto.

 

Cosa sta succedendo? Che cosa cazzo è questa sensazione? dio... credo di star perdendo la testa.

 

E così, il maggiore portò le braccia a circondare il collo del moro, ricambiando il bacio e chiudendo gli occhi.

 

I due si persero in quella sensazione inebriante che quel semplice tocco gli procurava e mandarono al diavolo le domande e i dubbi. Non sapevano cosa fosse quella straordinaria forza che li attraeva ma loro non avevano il potere d fermarla... potevano solo darle ascolto e assecondarla. 

 

Appena i due si staccarono, rimasero a guardarsi negli occhi con le guance rosse e il cuore che batteva all'impazzata ad entrambi. Sotto i loro piedi erano cresciuti dei papaveri gialli, che avevano spaccato il cemento e gli avevano circondato le gambe, sbocciando come se fossero in primavera. 

 

Jin sorrise a quella vista e Namjoon ricambiò quel sorriso soltanto guardando il suo volto. Quei fiori erano il frutto di qualcosa che non potevano controllare e che forse... forse li avrebbe condotti ad un inevitabile destino.

 

"Sono bellissimi..." sussurrò il castano, continuando a sorridere, incantato da quei bellissimi petali.

 

I due erano ancora intenti a guardare quei bellissimi fiori gialli, quando quest'ultimo presero ad appassire e ad ingrigirsi, fino a diventare cenere. 

 

"Cosa..." Namjoon non capiva cosa avesse causato quell'orrendo spettacolo, finché una voce non si intromise nel loro scenario.

 

"Vi ho trovati..." 

 

Jin si voltò di scatto, osservando il ragazzo che era appena spuntato dall'angolo e che ora li guardava con un sorriso sollevato. Gli occhi del maggiore si spalancarono mentre un dolore straziante gli colpì il petto, facendolo accasciare al suolo, con una mano che stringeva la sua maglietta.

 

"M-metus..." Pronunciò infine, con un pò di difficoltà, prima di chiudere gli occhi e abbandonarsi sul cemento freddo di quella strada illuminata.

 

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

 

Taehyung e Jungkook erano finalmente arrivati davanti casa del più piccolo. Tenevano ancora le dita intrecciate e non avevano alcun intenzione di scioglierle. Si fermarono difronte al porticato del corvino, entrambi abbassarono lo sguardo sulle loro mani, mentre il maggiore tra i due, prese ad accarezzare il dorso dell'altro con il pollice.

 

Il minore sorrise, alzando lentamente lo sguardo sul volto dell'altro. Era felice... non sapeva nemmeno perché lo fosse ma lo era. Quel completo sconosciuto lo faceva sentire così bene... sembrava quasi come se si conoscessero da sempre... come se fossero stati amici fin dall'infanzia e si fossero ritrovati dopo anni che non si vedevano. Era stano... ma bello. 

 

Rimasero ancora in silenzio mentre Taehyung sembrava non volersi staccare da quel ragazzo, tenendo ancora la presa ferma sulla sua mano, incapace di allontanarsi da lui. Gli sembrava una sensazione surreale quella... come poteva ritrovarsi ad essere così dipendente da qualcuno quando lo aveva incontrato solo qualche giorno prima? 

 

Non era mai successo a nessuno dei due e questo li faceva trovare impreparati da una situazione del genere. Non sapevano come comportarsi... non sapevano se seguire gli istinti e lasciarsi andare o seguire la ragione e imparare a conoscersi prima.

 

"Tae..." lo chiamò il corvino, stringendo la presa sulla sua mano. "Dovrei... dovrei andare..." continuò poi, muovendo un passo verso la porta, ma il maggiore non mollò la presa sulla sua mano, anzi, la strinse ancora di più, tirandolo più vicino a sé e abbracciandolo.

 

"Ancora... ancora un pò." Taehyung aveva paura... non sapeva nemmeno perché ma era come se avesse già vissuto un momento del genere. Come se fosse stato già abbandonato da lui e ora avesse la tremenda paura di lasciarlo andare.

 

Jungkook sorrise mentre le sue guance si dipingevano di un rosso acceso e lui si stringeva al corpo del ragazzo, stringendo le mani a pugno sul suo petto, poggiandoci poi la fronte contro, sospirando. Si sentiva protetto tra quelle braccia... si sentiva invincibile.

 

"Tae..." sussurrò di nuovo, portando una mano sulla guancia del ragazzo. "Devo andare adesso..."

 

Il maggiore lo guardò negli occhi, prima di scuotere il capo e poggiare la fronte sulla sua, stringendolo ancora a sé. "No..."

 

Jungkook sorrise di nuovo, facendo sfiorare i loro nasi. "Perché?" Chiese, non riuscendo a smettere di sorridere. Si sentiva un completo idiota... ma era così felice...

 

"Perché cosa?" Chiese il biondo, accarezzando la schiena dell'altro con una mano, continuando a stringergli la vita.

 

"Perché non mi lasci?" Chiese, sfiorando ancora il suo naso con il proprio.

 

Taehyung portò il volto sulla spalla del ragazzo, facendo sfiorare il suo naso contro il suo collo, sospirando leggermente. "Perché non ci riesco..." rispose, baciandogli la pelle che subito venne percorsa da brividi che fecero sospirare il corvino che chiuse gli occhi, poggiando il capo su quello dell'altro.

 

"Ti rendi conto di quanto sia strana questa situazione, Taehyung?" Sussurrò il minore, non staccandosi da lui, prendendo ad accarezzargli le ciocche morbide di capelli.

 

"Lo so Jungkook..." prese a dire il biondo, rilassandosi sotto quel tocco. "So che tutto questo è assurdo ma non posso farci niente..." 

 

"Non possiamo farci niente..." sussurrò il corvino, sollevando il capo del ragazzo, guardandolo negli occhi. 

 

Si guardarono nelle iridi per quelle che parvero ore prima di essere interrotti dal suono di un cellulare che, insistente, prese a perforare i timpani dei due ragazzi, facendoli risvegliare da quel sogno ad occhi aperti.

 

Jungkook si staccò dal ragazzo, afferrando il suo cellulare e rispondendo alla chiamata senza vedere nemmeno il nome di colui che lo stava telefonando. Le guance ancora rosse e il cuore che ancora batteva all'impazzata, incapace di fermarsi per quella vicinanza che, sapeva ormai, non voler rovinare.

 

"Pronto?" Rispose il minore, guardando poi Taehyung, porgendogli la mano che venne subito afferrata da quest'ultimo, che intrecciò le loro dita.

 

"Jungkook, sono Namjoon. Ne abbiamo trovato un altro... ma devi venire subito." Il tono di voce di Namjoon era alquanto preoccupato e fece accigliare il corvino, che corrugò la fronte.

 

"Okay... dove siete?" Chiese allora il minore, mentre anche Taehyung si faceva confuso all'udire di quella conversazione. 

 

"Siamo a casa di Jin, vicino il parco di Gangnam." Rispose il moro dall'altra parte del telefono.

 

"Okay... allora arriviamo. A dopo." E così il ragazzo staccò la telefonata, riposando il cellulare in tasca e tornando a donare la sua attenzione al biondo affianco a sé. "Era Namjoon, dobbiamo andare." disse, tirando il ragazzo per la mano, senza staccare la presa.

 

Presero entrambi a camminare lungo la strada con le mani intrecciate e i cuori leggeri, mentre un ragazzo li osservava deluso e amareggiato dall'altra parte della strada.

 

E così... hai davvero preferito uno sconosciuto a me.

 

Yugyeom sospirò, prendendo a camminare dalla direzione opposta dei due ragazzi, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, che ben presto sarebbero scivolate lungo le sue guance.

 

##

 

Yoongi e Jimin erano ancora in quel parcheggio, cercando di capire cosa stesse succedendo alle loro menti e ai loro cuori. Non capivano... non capivano da dove provenissero quelle immagini e come facessero a conoscersi pur non conoscendosi affatto. Era tutto confuso e non sapevano nemmeno come dover reagire a qualsiasi cosa fosse quella.

 

"Jimin... adesso... adesso puoi lasciarmi." Disse il ragazzo, che era ancora abbracciato stretto al più piccolo, che aveva la guancia schiacciata contro il suo petto.

 

"Si... si scusami." Rispose il castano, staccandosi da lui e guardandolo negli occhi, con i suoi ancora sperduti, che mostravano tutta la sua confusione e la sua ansia.

 

I due si guardarono per un altro paio di minuti, prima che Jimin arrossisse e abbassasse lo sguardo sulle mani del maggiore, soffermandosi su quella piccola e pallida cicatrice.

 

"Animus..." sussurrò il ragazzo, tracciando la linea delle lettere con l'indice, facendo sussultare il corvino. "Anima... sei l'anima..." continuò sorridendo.

 

"Jimin... che stai dicendo?" Chiese confuso, continuando a guardare il dito del minore che continuava a tracciare la sua cicatrice.

 

"Questa cicatrice dice l'elemento che rappresenti..." disse mostrando anche il suo dorso, dove i segni pallidi dipingevano la parola 'Caeli'. "Io sono l'aria... e tu... tu sei l'anima." 

 

Yoongi guardò le loro cicatrici, sospirando leggermente. Non aveva alcun dubbio sulla veridicità di quella storia... e questo lo spaventava un pò. In cuor suo aveva sempre saputo di non essere normale. Aveva sempre saputo che c'era qualcosa in lui di diverso dagli altri e quello non faceva altro che confermarlo.

 

"Okay Jimin... quanti... quanti altri elementi ci sono?" Chiese allora il corvino, alzando lo sguardo negli occhi del più piccolo.

 

"Ce ne sono sette..." rispose prontamente il castano, tenendo gli occhi bassi, osservando ancora la cicatrice pallida del maggiore.

 

"Portami da loro." Disse secco Yoongi, alzandosi e aiutando anche l'altro a farlo. Sentiva l'urgenza di riunirsi con gli altri. Sentiva che c'era qualcosa di importante... qualcosa di grande che loro dovevano affrontare.

 

"A-adesso?" Chiese Jimin, guardandolo un pò confuso.

 

"Si Jimin... dobbiamo riunirci tutti... adesso."

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Tempus ***


Jungkook e Taehyung avevano continuato a camminare stringendosi la mano, ancora incapaci di lasciarsi, presi da quell'irrefrenabile attrazione, che nessuno dei due ancora riusciva a spiegarsi. Ma infondo... come potevano farlo? Tutta quella situazione era già strana per sé... erano tutti nella loro stessa situazione... giusto?

 

Le dita di Jungkook accarezzavano distrattamente il dorso della mano del maggiore. Lo faceva in modo sistematico e quasi... naturale. Passava il pollice sulla pelle, in un movimento circolare, per poi stringergli la mano e rifare la stessa cosa... quasi fosse un mantra. Il bello era che non se ne rendeva nemmeno conto... lo faceva in modo disinteressato, quasi come se le sue dita si muovessero da sole.

 

Taehyung, invece, se ne accorgeva e come... Le dita dell'altro gli stavano rendendo difficile anche solo formulare un pensiero. La sua pelle era calda e i suoi occhi faticavano a rimanere normali. Sudava leggermente e deglutiva ogni cinque passi, quasi come se stesse facendo una sfilata tribale. Se quella era la sua reazione ad una semplice stretta di mano... se si fossero baciati cosa sarebbe successo?

 

Entrambi mantenevano un religioso silenzio, anche perché nessuno dei due sapeva come affrontare la situazione, quindi preferivano non parlarne affatto. Ma sapevano che prima o poi avrebbero dovuto farlo, perché quell'attrazione stava diventando sempre più forte, ogni minuto che passava e sarebbe esplosa... molto presto.

 

Arrivarono davanti al parco indicatogli da Namjoon e si girarono intorno, alla ricerca del ragazzo che avrebbe dovuto indicargli il palazzo. I loro occhi scrutavano ogni angolo dei marciapiedi adiacenti alla strada, guardando entrambi in direzioni diverse, senza però mai staccarsi l'uno dall'altro. 

 

Un ragazzo dai capelli scuri come la pece stava anche lui spostando gli occhi lungo il piazzale, alla ricerca dei ragazzi. Non li aveva mai visti prima ma sapeva che li avrebbe riconosciuti. Ed infatti ecco che vide i due tenersi per mano e subito alzò la sua, muovendola in segno di saluto, per fargli capire dove si trovassero.

 

I due inizialmente non lo videro ma poi si accorsero di quella piccola mano pallida che li incitava ad andare da quella parte. La loro prima impressione di quel ragazzo fu più o meno la stessa: quel tipo è strano.

 

Hoseok sorrideva ma era come se... come se fosse avvolto da una cupa aurea oscura che rendeva anche il suo sorriso smagliante... inquietante.

 

Taehyung rimase fermo sul posto, incapace di muoversi. Non conosceva quel tizio e sinceramente non aveva nessuna intenzione di fare la sua amichevole conoscenza. Jungkook, invece, sorrise di rimando al ragazzo all'altra parte della strada e trascinò con sé il maggiore, tirandolo sul marciapiede. 

 

Quando arrivarono difronte al corvino, Jungkook porse subito la sua mano, sorridendogli amichevolmente anche se si poteva percepire il suo nervosismo. 

 

"Ciao... io sono Jungkook. Rappresento l'acqua, molto piacere." Il sorriso del ragazzo dagli occhi azzurri era decisamente incoraggiante e fiducioso. In un certo senso, il minore tra i tre percepiva che quell'aurea era dovuta all'elemento del ragazzo e non al suo animo. Poteva vedere attraverso i suoi occhi che in realtà il corvino fosse una persona dall'animo buono e quasi sentiva la sua... dolorosa solitudine.

 

L'altro ragazzo ricambiò la sua stretta di mano, mantenendo quel sorriso luminoso, contento che non lo stesse allontanando. "Io sono Hoseok... ma potete chiamarmi Hobi. Piacere di conoscerti."

 

Taehyung restava, invece, sulle sue, guardando il nuovo arrivato con diffidenza e timore. Jungkook si voltò a guardarlo per vedere perché non stesse salutando e accorgendosi della sua espressione di pura indignazione, gli colpì gli stinchi con il gomito.

 

Il ragazzo dai capelli biondi mugolò dal dolore, portando entrambe le mani sotto il suo costato. "Ma andiamo!"

 

Il castano lo guardò con rimprovero, indicandogli Hoseok, lasciando la mano del ragazzo in questione. "Muoviti." Gli sussurrò severo.

 

Guarda te questo ragazzino!

 

Sul volto di Taehyung si dipinse un'espressione infastidita, quella tipica dei bambini che venivano rimproverati dalla mamma e non volevano ricevere la meritata punizione. Sbuffò leggermente, per poi stringere la mano del corvino, evitando anche di guardarlo.

 

"Taehyung, fuoco, piacere."

 

Una volta concluse le presentazioni, Hoseok gli sorrise, anche se aveva notato il loro leggero nervosismo e sospirando gli fece strada all'interno del palazzo, guidandoli su per due rampe di scale, fino alla porta dell'appartamento di Jin. L'ingresso era davvero molto accogliente... tutto l'ambiente emanava calore... ma non perché ci fosse una temperatura più elevata del normale. Era un calore diverso... quel tepore tipico di un abbraccio ricevuto dalla persona di cui più ti fidi al mondo... tipico di un abbraccio materno.

 

L'intera casa era semplice, illuminata e piena di fiori rigogliosi... A Jin doveva piacere molto il giardinaggio...

 

I tre ragazzi non proferirono parola lungo il tragitto, troppo imbarazzati ed impacciati per intraprendere una conversazione o chiedere effettivamente qualcosa sull'accaduto che era ancora un mistero ai due appena arrivati.

 

La loro confusione aumentò nel momento in cui entrarono nel salotto: la stanza era illuminata da delle lampade a muro che percorrevano la parete opposta a quella d'entrata. Il pavimento era caratterizzato da piastre bianche, al centro coperte da un tappeto persiano dai colori caldi tendenti al rosa, sul quale era posto un tavolino da caffè di legno chiaro, posizionato difronte al divano dalle tonalità beige, sul quale il corpo di Seokjin era adagiato. Sembrava dormisse... ma i ragazzi avevano la netta sensazione che non fosse proprio così. Al fianco del maggiore fra tutti, c'era Namjoon che osservava il suo volto preoccupato e leggermente confuso, come se stesse tentando di fargli una risonanza magnetica con lo sguardo.

 

Jungkook sciolse la presa sulla mano di Taehyung per la prima volta da quel pomeriggio e subito un senso di vuoto gli percorse il petto. Era come se dopo una settimana che rimani in casa senza uscire, decidi di prendere una boccata d'aria. Senti sempre quel vuoto... quella sensazione strana, quel nodo allo stomaco che ti avverte di un cambiamento... solo che quello non era piacevole. Invece di darti aria nei polmoni, sembrava risucchiarla via. 

 

Sto impazzendo decisamente.

 

Anche Taehyung aveva percepito quell'esatta sensazione e la sua mano si era mossa di riflesso per raggiungere di nuovo quella dell'altro, ma si fermò in tempo, riportando il braccio lungo il suo fianco. Non poteva assecondare quella sua strana dipendenza... doveva domarla... in un modo o nell'altro.

 

Namjoon che fino a quel momento sembrava non essersi accorto della loro presenza, si voltò di scatto verso di loro, rimanendo comunque vicino a Jin. Sembrava molto preoccupato e decisamente tormentato. Infondo era successo tutto così in fretta e loro non avevano avuto nemmeno il tempo di metabolizzare l'intera situazione.

 

"Ragazzi... finalmente siete qui!" Disse Namjoon un tantino più sollevato. 

 

"Nam... cosa gli è successo?" Chiese Jungkook, indicando Jin, leggermente confuso e preoccupato.

 

"Non lo so... eravamo appena arrivati davanti al cancello quando... quando è arrivato lui." Rispose il maggiore, indicando Hoseok che al sentirsi preso in causa si strinse nelle spalle, cerando di farsi il più piccolo possibile. Il corvino si sentiva in colpa per quello che era successo anche se non capiva la relazione tra sé e quel ragazzo che ora riposava sul divano.

 

"E cosa è successo esattamente?" Chiese Taehyung, facendo un passo avanti, affiancando Jungkook, guardando il castano con la fronte corrucciata dalla curiosità.

 

"Niente... ha incominciato a tremare e ha... ha detto "metus"... ed è svenuto." Concluse Namjoon, ritornando a guardare il volto di Jin.

 

"Metus?" Chiese ancora più confuso Taehyung. "Che diamine vuol dire?"

 

"È una locuzione latina." Intervenne Jungkook, rivolgendosi al biondo al suo fianco. "Significa terrore... incubo... paura." concluse, rivolgendosi con lo sguardo ad Hoseok mentre pronunciava l'ultima parola. 

 

Il corvino distolse subito lo sguardo da quelle iridi azzurre che sembravano aver capito fin troppo. Si sentiva nudo... quasi come se quel ragazzo sapesse cose di lui di cui neanche egli stesso era a conoscenza.

 

"Sei tu, non è vero?" Chiese Jungkook, continuando a guardarlo. "Prima non ci hai detto il tuo elemento... ne sei spaventato anche tu, non è così?" Continuò il castano, abbassando lo sguardo sulla sua mano destra, alla ricerca della cicatrice e non fu stupito nel vederla coperta da un guanto di pelle nera. "Tu sei la paura..."

 

Hoseok tirò su con il naso, voltandosi in un sussulto, come se fosse rimasto scottato da quelle parole. Il ragazzo aveva centrato in pieno... lui era la paura... ed era tremendamente spaventato.

 

Taehyung guardò prima il ragazzo e poi Jungkook, capendo che il castano aveva ragione, per poi guardare di nuovo Jin. "Ma... Jin come faceva a saperlo? E perché è svenuto?" Chiese confuso.

 

Jungkook ignorò la sua domanda, avvicinandosi piano ad Hoseok che era rimasto di spalle mentre il suo corpo veniva percorso da tremori. Poggiò la mano tra le sue scapole, cercando di immettergli fiducia.

 

"Hoseok... non avere paura di ciò che sei... anche noi siamo spaventati da questa situazione ma... ci siamo noi ora. Noi resteremo con te e ti aiuteremo a capire..." disse guardandolo, prima di piazzarsi davanti a lui e sollevargli il volto. "Non sei un mostro Hobi... e non sei più solo."

 

 

A quelle parole il corvino scoppiò in lacrime, guardando il ragazzo negli occhi, prima di abbracciarlo, poggiando il volto sulla sua spalla. "G-grazie... grazie infinite."

 

Jungkook sorrise alla tenerezza del ragazzo, ricambiando il suo abbraccio, dandogli pacche amichevoli sula schiena, alzando gli occhi nelle iridi di Taehyung. Il biondo ricambiò lo sguardo, sorridendogli, anche se il suo stomaco aveva fatto una capriola a vederlo abbracciare una persona che non fosse lui. Diamine Taehyung... non dirmi che sei geloso. Si... sto impazzendo.

 

Quando i due sciolsero quell'abbraccio, Jungkook sospirò, facendo un sorriso di incoraggiamento ad Hoseok, per poi voltarsi verso Jin. 

 

"Okay... vediamo se riusciamo a svegliarlo." Disse facendo un passo in avanti verso il divano. 

 

Namjoon sgranò gli occhi, portando una mano davanti, cercando di intimargli di rimanere dov'era. "No Jungkook! Fermo!"

 

Non fece in tempo a terminare la frase che un campo di forza avvolse i corpi di Jin e Namjoon, rinchiudendoli in una bolla e Jungkook fu sbalzato in aria, arrivando a colpire il muro antistante a lui con la schiena, cadendo sul pavimento.

 

"Jungkook!" Urlò Taehyung, avvicinandosi immediatamente a lui, inginocchiandosi al suo fianco. Fortunatamente il castano era sveglio anche se leggermente dolorante.

 

"C-cosa... cosa diamine era?" Chiese Jungkook, portandosi una mano dietro al capo, dando la mano a Taehyug che subito gliela strinse.

 

"Non lo sappiamo." Disse Hoseok, intervenendo, spostando lo sguardo dal castano a terra a Jin sul divano. "Nessuno può avvicinarsi a lui..."

 

"Nessuno tranne me." Disse Namjoon, rimanendo a fissare il volto di Jin.

 

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

 

Yoongi era seduto sul sedile del passeggero nell'auto di Jimin, che intanto aveva le piccole mani sul volante e gli occhi attenti sulla strada. Aveva ricevuto un messaggio da Namjoon che gli diceva di incontrarsi a casa di Jin, con allegato l'indirizzo di quest'ultimo. I due non avevano parlato molto, erano ancora scombussolati da ciò che avevano visto. Non sapevano come fosse possibile e da dove provenissero quei ricordi e ne erano leggermente spaventati. Infondo erano legati da un sentimento che sembrava averli accompagnati fin dalla nascita ma... ma non si conoscevano neppure. Come poteva essere possibile? Ma infondo, tuta quella situazione era strana quindi che senso aveva porsi altre domande?

 

Yoongi osservò le mani di Jimin strette al voltante, percorrendo con gli occhi la sua cicatrice, per poi soffermarsi sulle sue dita piccole e tozze e sui vari anelli che il più piccolo indossava. Tra i tanti ce ne era uno che colpì il corvino come un fulmine a ciel sereno...

 

Come diamine è possibile?

 

Non ebbe il tempo di porsi altre domande che fu risucchiato nella sua testa, via da quell'auto, via da quel... tempo.

 

##

 

"Te lo prometto Yoongi..." un sorriso occupò la mente del corvino. Era un sorriso dolce, luminoso... bellissimo.

 

Un calore gli attanagliava il petto... riusciva a percepirlo... riusciva a percepire le loro mani unite, le loro bocche che si incontravano, le loro lingue che danzavano insieme. Riusciva a sentire il sudore sulla sua pelle a contatto con quella dell'altro... riusciva ad inquadrare il bianco delle lenzuola che avvolgeva i loro corpi. 

 

"Jimin... te lo prometto anche io." 

 

Argento... freddo come il ghiaccio... erano anelli... le loro dita ci scivolavano dentro come se fossero stati forgiati apposta per loro.

 

"Tu mio... io tuo..." 

 

Amore... gioia... paura... rabbia... rancore... tutto lo colpì come se gli fosse crollato un macigno sulle spalle.

 

Urla e pianti... gemiti e ansimi... strette e baci... coltelli e sangue.

 

##

 

Yoongi sbattette le palpebre, risvegliandosi da quello strano stato di sogno ad occhi aperti. Jimin sembrava non aver notato nulla e continuava a guidare, rimanendo attento alla strada. 

 

Perché non riusciva a vedere chiaramente? Perché quelle immagini arrivavano in modo così confuso e disordinato? Ma soprattutto... cosa diamine erano quelle immagini.

 

Il maggiore sospirò, calando lo sguardo sull'anello che aveva indosso all'anulare sinistro... per poi tornare a guardare quello di Jimin... sono uguali.

 

Rimase comunque in silenzio, continuando a guardare fuori dal finestrino, anche se aveva un leggero nodo allo stomaco. Non sapeva troppe cose... e lui odiava non sapere. Tutta quella situazione era un enorme punto interrogativo e lui... lui non sapeva come affrontarla. Era la prima volta che Min Yoongi si trovava impreparato... fin da quando era piccolo aveva sempre avuto la risposta pronta e la maturità per affrontare qualsiasi tipo di situazione. Il bambino prodigio... il genio... lui era sempre stato il trofeo dei suoi genitori, da esibire in ogni occasione. Era come se fosse il loro asso nella manica e a Yoongi non era mai dispiaciuto quel ruolo. Eppure adesso... il genio si trovava completamente preso alla sprovvista e si sentiva addirittura sperduto... e quello non andava bene.

 

Jimin, invece, pensava a tutto e niente. Non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo e sinceramente sapeva che non poteva capire ancora... era consapevole che quello andava oltre le sue capacità e non si tormentava più di tanto. Immaginava che prima o poi una spiegazione ragionevole sarebbero riusciti a darsela... tutti e sette insieme. L'unica cosa che gli dava preoccupazione era il ragazzo che ora sedeva al suo fianco. Il suo inspiegabile legame con lui lo preoccupava e non negava di averne addirittura paura. Infondo, lui era sempre stato allontanato da tutti e non aveva mai avuto modo di relazionarsi con un altro individuo della sua età, figuriamoci con Min sono il genio dell'istituto Yoongi. 

 

Quando dopo qualche minuto l'auto si fermò difronte al palazzo indicatogli dal navigatore, Jimin parcheggiò e fece per uscire dall'auto ma Yoongi, richiuse subito la portiera e rimise la sicura.

 

Il biondo si voltò verso il maggiore confuso e leggermente irritato, prima di bloccarsi alla vista delle sue effettive condizioni. Yoongi era leggermente sudato, con il respiro accelerato e i capelli leggermente scompigliati.

 

"Y-yoon... cosa succede?" Chiese Jimin preoccupato, togliendosi la cintura.

 

Il corvino non rispose. Prese la sua mano sinistra con la propria, osservando il suo anello. Non è possibile... non è possibile.

 

"Yoongi..." lo chiamò di nuovo il minore, osservandolo confuso. "Cosa ti prende?"

 

Il corvino gli mostrò la sua mano con lo stesso identico anello, infilato all'anulare sinistro. Jimin sgranò gli occhi e anche lui fu risucchiato all'interno di quel tornado.

 

##

 

"Non togliertelo... non toglierlo mai." 

 

Una voce calda gli occupava la testa. Era profonda e leggermente roca... gli sembrava così familiare che Jimin non potette non sorridere all'udirla.

 

"Non lo farò Yoon... te lo prometto... Ma anche tu non devi togliere il tuo. Guarda che ti osservo." Era la sua voce quella... era lui...

 

Jimin si sforzò di focalizzare l'immagine, strizzando gli occhi. C'era luce... tanta luce... ma non riusciva a chiarire bene il luogo.

 

"Mi osservi?" Chiese l'altra voce ridacchiando. 

 

Dove diamine sono...

 

"Si... sei mio Min Yoongi..." e di nuovo la sua voce... non poteva essere... lui non aveva vissuto niente di tutto quello.

 

"Tu mio... io tuo..."

 

##

 

Jimin scosse la testa, guardando Yoongi negli occhi, finalmente tornato alla realtà. "C-che... che cosa è successo?"

 

Yoongi scosse il capo, chiudendo le palpebre, sospirando. "Non lo so... non lo so, Jimin... Mi sta esplodendo il cervello!"

 

Il biondo tornò a guardare i due anelli, completamente confuso e strabiliato allo stesso tempo. Non sapeva cosa stesse succedendo ma... ma in un certo senso quella situazione lo stupiva... e lo rendeva quasi... felice.

 

D'impulso intrecciò le sue dita a quelle di Yoongi, guardando i due anelli insieme. Due copie perfette... erano delle piccole fasce d'argento e sopra erano incisi una piccola mezzaluna circondata da nuvole. Jimin ce l'aveva da quando ne aveva memoria. Sua madre gli aveva detto che era un cimelio di famiglia e che passava da generazione in generazione ai primogeniti maschi. Ma non poteva immaginare che ce ne fosse uno identico al dito di Min Yoongi...

 

"Sono uguali... come... come è possibile?" Chiese corrucciando la fronte il biondo, ancora del tutto meravigliato.

 

"Ti prego... dimmi che non hanno detto anche a te che è un cimelio di famiglia." Disse Yoongi, guardandolo implorante.

 

Purtroppo il silenzio di Jimin confermò le ipotesi del corvino che, staccando la propria mano da quella del minore, se le portò entrambe trai capelli.

 

"Dio santissimo... questo non sta succedendo davvero." Andava contro ogni logica... tutto quello era inspiegabile e non faceva altro che far innervosire Yoongi ancora di più.

 

"Okay... non perdiamo la calma, va bene?" Disse Jimin, poggiando una mano sulla sua spalla.  "Sono sicuro che troveremo delle risposte... dobbiamo solo continuare a cercare e... e vedere cosa succede."

 

Yoongi annuì sospirando. Annuiva non perché fosse d'accordo con le parole di Jimin, ma perché aveva bisogno di tranquillizzarsi e credere a qualcosa per poterlo fare e in quel momento l'idea del ragazzo sembrava la più sensata.

 

Jimin gli accarezzò piano la schiena, osservando le proprie dita scivolare sul tessuto della camicia dell'altro. Perché toccarlo mi rende così calmo? Perché sento che le mie dita sono fatte per stare a contatto con la sua pelle? Perché sento di essere così... così suo?

 

I pensieri del ragazzo furono interrotti da Yoongi che, quando sentì le mani del ragazzo sulla sua schiena, si irrigidì, aprendo la portiera e scendendo.

 

Il minore sospirò, uscendo anche lui dall'auto e inserendo la sicura, per poi rimanere a guardare Yoongi che invece non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su di lui.

 

Rimasero in silenzio, in quella posizione, per minuti interi, prima che Yoongi decidesse di muoversi e dirigersi verso il portone del palazzo sussurrando un piccolo "Andiamo."

 

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

 

Nel frattempo i ragazzi erano rimasti nella stessa situazione. Nessuno riusciva a capire come svegliare Jin e dal momento che solo Namjoon poteva avvicinarsi al castano, nessuno aveva provato metodi alternativi per farlo.

 

Jungkook era rimasto seduto sul pavimento, ancora leggermente dolorante per l'impatto avuto con la parete e Taehyung si era seduto al suo fianco, tenendo le dita intrecciate alle sue, poggiando il capo sulla sua spalla.

 

Hoseok si era seduto sulla poltrona, osservando la sua cicatrice dopo essersi tolto con coraggio in guanto. Namjoon, invece, era rimasto a guardare Jin che ancora riposava. 

 

La terra non sapeva cosa provasse per quel ragazzo... ma sapeva che lui era diverso. C'era quello strano magnetismo tra loro due che li rendeva assuefatti dalla presenza l'uno dell'altra. Anche in quel momento non poteva fare a meno di restare al suo fianco, pensando a mille modi per poterlo svegliare.

 

Quella situazione di stallo totale fu sbloccata dal suono del citofono che fece scattare in piedi Hoseok e correre ad aprire. Quando il ragazzo tornò in salotto, guardò i ragazzi leggermente confuso. "Sono Jimin e... e Yoongi."

 

"Yoongi?" Chiese Taehyung, confuso. "Ma non era il ragazzo di cui il nano parlava in caffetteria?"

 

"Infatti." Intervenne Jungkook. "Allora... aveva ragione." Continuò il corvino, sorridendogli. "Hai perso Hyung." Disse porgendogli la mano con fare soddisfatto.

 

"Non vorrai sul serio..." Chiese Taehyung allibito, ma l'espressione sul volto di Jungkook non cambiò e la sua mano non accennava ad abbassarsi.

 

"Ma guarda un pò tu..." borbottò il ragazzo, prendendo il suo portafogli, dandogli mille won. 

 

"Una scommessa è un scommessa." Disse Jungkook divertito, intascando la banconota, facendo sbuffare il ragazzo affianco a lui.

 

"Ciao a tutti ragazzi."

 

Ed ecco che dalla porta entrarono i due elementi mancanti. Jimin aveva uno sguardo confuso alla vista di Jin steso sul divano e il corvino al suo fianco invece era leggermene spaesato.

 

"Lui... lui è Yoongi." Continuò Jimin, indicandolo e invitandolo a presentarsi. 

 

Il corvino alzò una mano in segno di saluto, non accennando ad un cambio di espressione. "Si.. ehm... sono l'anima." Continuò anche se quello che aveva appena detto risultava ancora un pò strano alle sue orecchie.

 

Hoseok alzò la mano, guardandoli sorridendo. "Sono Hoseok, rappresento la paura. Molto piacere." 

 

"Taehyung, fuoco." Proferì poi lui, alzando una mano. 

 

"Jungkook, acqua." Lo imitò il castano, seduto al suo fianco.

 

"Namjoon, terra." Continuò la catena il ragazzo seduto sul divano.

 

"Jimin, aria." Disse il biondo, rivolgendosi ad Hoesok che era l'unico che ancora non aveva fatto la sua conoscenza.

 

"E lui... lui è Seokjin." Intervenne Namjoon, guardando Jin steso sul divano. "Ed è l'amore."

 

Erano tutti e sette lì... per la prima volta erano tutti riuniti e tutti si sentivano... a casa. Era un sentimento a loro estraneo ma pur sempre piacevole. A quei sette ragazzi era sempre mancato qualcosa... chi più chi meno avevano avuto delle mancanze nella loro vita. Si erano sentiti soli, emarginati, rifiutati... si erano sentiti strani, diversi... mostri. E ora... ora non potevano fare altro che sentirsi giusti mentre erano lì... finalmente insieme, finalmente uniti.

 

Ora c'era un piccolo problemino da risolvere... bisognava svegliare Jin... in un modo o nell'altro.

 

Tutti incominciarono ad avanzare delle proposte e la stanza iniziò a riempirsi di caos. Chi voleva gettargli l'acqua in faccia, chi voleva colpirlo, chi voleva fargli respirare un odore forte ma nessuna di quelle considerazioni attirava l'approvazione di Namjoon che era l'unico a potersi avvicinare a lui.

 

Yoongi era l'unico che rimaneva in silenzio e stava riflettendo sulla cosa. Da ciò che gli aveva raccontato la terra, i due elementi avevano un legame particolare... quindi doveva per forza esserci un modo per sfruttare quel legame e aiutare Jin. Ma cosa? 

 

Ci pensò intensamente finché non gli venne in mente una strampalata ma stranamente sensata idea.

 

"Bacialo." Disse improvvisamente il corvino, zittendo tutti.

 

"Cosa?" Chiese Namjoon, guardandolo scioccato. Non posso farlo... non qui davanti a tutti. 

 

Tutti rimasero leggermente scombussolati da quelli idea ma, a parte Namjoon, nessuno aveva da ridire. Infondo, Jin era l'amore e il suo elemento si era espresso proprio baciando Nam... quindi perché non provarci?

 

"Mi sembra un'ottima idea." Disse Hoseok, guardando i due sul divano. "Non avevi detto che ti aveva baciato la prima volta che vi siete vesti?"

 

"Si... infondo lui è l'amore quindi è la cosa più sensata." Si intromise Jungkook, annuendo.

 

Namjoon li guardò, cercando di capire se fossero seri o meno e purtroppo tutti sembravano essere d'accordo su quell'idea. Dio dammi la forza...

 

Il ragazzo si mise seduto meglio sul divano, guardando il voto di Jin. "Okay..." disse con voce esitante, prendendo ad avvicinarsi lentamente a lui. Si sentiva tremendamente osservato e leggermente in ansia. Un nodo allo stomaco lo opprimeva e non ce la faceva in quel modo.

 

"Potreste..." chiese fermandosi, chiudendo gli occhi, sospirando. "Potreste non guardarmi, per favore?" 

 

Tutti si guardarono leggermente spaesati, prima di annuire e voltarsi contemporaneamente. Che cosa inquietante. Penso Namjoon, prima di riprendere ad avvicinarsi al ragazzo addormentato, sospirando.

 

Quando le sue labbra toccarono quelle dell'altro sentì il solito calore invaderlo. Portò le mani sulle sue guance, pressando maggiormente la sua bocca sulla propria, prima di staccarsi e guardarlo in volto... niente...

 

"Ragazzi... non ha funzionato..." disse sospirando, facendo girare gli altri che sospirarono delusi.

 

Rimasero a guardarli, pensierosi. Come potevano fare? Non sapevano nemmeno cosa gli fosse preso.

 

"E se..." intervenne Jimin ma subito ritornò in silenzio, scuotendo il capo. Nah... pessima idea.

 

"E se cosa?" Chiese Taehyung, guardandolo. "Qualsiasi idea va presa in considerazione, anche se stupida nanetto."

 

"Ehi! Smettila di chiamarmi nano! Non sono così basso!" Disse Jimin, gonfiando le guance. 

 

Yoongi a quella vista sorrise impulsivamente, intenerito. Che carino... Dio, ma che cosa sto pensando!

 

"Dicevi?" Continuò Jungkook, incitando Jimin a parlare. 

 

Il biondo spostò lo sguardo su di lui, sospirando. "Forse è un'idea stupida... ma stavo pensando che... se lui è l'amore, forse va toccato nel suo punto focale." Parlò il ragazzo, rivolgendosi di nuovo a Namjoon.

 

"Punto focale?" Chiese Hoseok confuso. "E quale sarebbe il punto focale dell'amore?"

 

Jimin fece per parlare ma fu anticipato da Yoongi che disse: "Il cuore..."

 

I due ragazzi si guardarono negli occhi: Jimin aveva le guance rosse e gli sorrise per averlo capito mentre Yoongi lo guardava con adorazione che fu subito sostituita da consapevolezza che lo portò a distogliere lo sguardo.

 

"Pr-prova... prova a baciarlo sul cuore." Disse infine Jimin, abbassando lo sguardo sul tappeto che sottostava i suoi piedi.

 

Namjoon li guardò entrambi per poi ritornare a guardare Jin, sospirando. Se faccio questa cosa e non funziona, giuro che mi sotterro.

 

Si avvicinò piano al petto del ragazzo, poggiando lentamente le labbra sul punto in cui si sarebbe dovuto trovare il cuore e tutto... tutto sembrò muoversi lentamente.

 

##

 

Jin era fermo in una coltre di nebbia... si stava girando intorno in cerca di qualcosa. Dov'è... dov'è... dove diamine è?

 

Il suo capo si voltava in tutte le direzioni, mentre davanti ai suoi occhi vedeva scivolare via alcuni momenti della sua vita che però non ricordava di aver vissuto: baci, carezze e risate ma anche sangue, sudore e lacrime. 

 

Tutto sembrava muoversi velocemente, tutto sembrava correre all'impazzata contro di lui, sbattendo contro il suo corpo con tale forza da spostarlo di qualche metro. E all'improvviso... tutto si fermò... tutto si fece immobile... fermo... calmo... ma non era una calma tranquillizzante... era una calma lugubre... lacerante.

 

E poi tutto riprese a muoversi sempre più velocemente nella direzione contraria a quella precedente ed... eccolo lì... scintillante... nero... cupo... minaccioso.

 

##

 

Jin spalancò gli occhi, aggrappandosi alle spalle di Namjoon con le mani, alzando il busto velocemente. Il suo respiro ero veloce e il suo corpo sudato mentre si guardava intorno terrorizzato.

 

"Sta arrivando... sta arrivando..." 

 

I ragazzi sussultarono a quell'improvviso gesto, cercando di capire cosa fosse preso al maggiore che continuava a stringere la maglia di Namjoon tra i pugni.

 

"Jin... ehi... chi sta arrivando?" Chiese la terra, cercando di calmarlo.

 

"No no no no! Dobbiamo andarcene! Siamo in pericolo! Lui sta tornando... sta tornando!" Jin era in preda al panico e non sembrava volersi calmare.

 

"Chi?" Chiese Yoongi, rimanendo inaspettatamente calmo.

 

Jin continuava ad agitarsi, stringendosi a Namjoon, prima di urlare e far pietrificare tutti i presenti.

 

"Il tempo... il tempo... arriva."

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Morfeus ***


I sette elementi avevano deciso di rimanere uniti e di non lasciare la casa di Jin. Almeno finché non avessero capito cosa fare e soprattutto come capire che cosa diamine fosse il tempo di cui il maggiore tra tutti aveva così paura. Nessuno aveva davvero capito cosa intendesse il ragazzo con quella locuzione e francamente neanche Jin lo aveva fatto. Si era svegliato da una sorta di incubo in cui c'era questo essere che li minacciava. Non sapeva cosa o chi ma aveva percepito quel senso di pericolo e di allerta... come se quella figura stesse arrivando per prenderli.

 

I ragazzi quindi avevano deciso di rimanere tutti lì per la notte, data l'ormai ora tarda, e l'indomani di dividersi in due gruppi: quelli che avrebbero capito come utilizzare i loro poteri senza perderne il controllo e quelli invece che si sarebbero messi alla ricerca di qualche informazione in più su tutta quell'assurda situazione che era ancora un enorme punto interrogativo per tutti.

 

Jin possedeva solo due camere da letto, quindi avevano fatto a turno su chi dovesse dormire dove e con chi. Il sorteggio non fu proprio equo: Taehyung e Jungkook volevano stare insieme e quindi si erano confermati come un solo giocatore e il sorteggio li aveva portati entrambi nella camera degli ospiti. Il proprietario di casa era stato categorico, lui avrebbe dormito nella sua stanza e quindi il sorteggio avrebbe deciso chi dei quattro rimanenti avrebbe dovuto dormire con lui. Il caso volle che Hoseok fosse il prescelto e quindi i rimanenti tre avrebbero dovuto dormire in salotto.

 

Jimin si era aggiudicato il divano e siccome tra i due ragazzi rimanenti Yoongi era il più piccolo, avevano accordato che lui avrebbe dormito con il minore. 

 

Al povero e decisamente sfortunato Namjoon non rimase che il tappeto, sul quale aveva adagiato qualche cuscino e una coperta.

 

"Andiamo Nam... non sarà poi così scomodo." Disse Jimin che stava sistemando le lenzuola sul divano.

 

In tutta risposta, il maggiore guardò il biondino con odio e rancore: infondo lui avrebbe dovuto dormire sul pavimento scomodo mentre l'altro si era beccato il divano.

 

"Okay okay, sto zitto." Disse il biondo, che si stese affianco a Yoongi che aveva chiuso gli occhi già da un pezzo. "Buonanotte Nam."

 

Namjoon sospirò, stendendosi sul tappeto, coprendosi con il lenzuolo, chiudendo gli occhi. Infondo non era poi così male... la stoffa del tappeto era morbida e emanava un leggero tepore. Inoltre, Jin doveva essere un tipo fissato con la pulizia dato il costante odore di ciliegio che c'era nell'aria. Con qualche piccola difficoltà, il ragazzo riuscì a trovare una posizione abbastanza comoda per appisolarsi.

 

Ed ecco che l'intero appartamento cadde nel silenzio più totale, risucchiando i ragazzi nel mondo dei sogni. 

 

Avete mai riflettuto su chi sia colui che controlla i nostri eventi onirici? Beh... secondo la mitologia greca, il signore dei sogni era Morfeo. Il dio decideva se il tuo dovesse essere un evento positivo oppure... un incubo. E molto spesso questi incubi prendevano le mosse dalle nostre paure più profonde oppure da ricordi che spesso la nostra mente rifiuta di portare alla memoria. Perché mai, vi chiederete voi? Magari... se il nostro cervello archivia determinati episodi, togliendoci la possibilità di poterli ricordare... vuol dire che quello che elimina ci porta dolore. E forse... Morfeo, quella notte, non era per niente contento.

 

##

 

"Smettila, Nam!" Jin era steso su un'amaca bianca, legata a due alberi di pesco. Il ragazzo era impegnato a ridere e a cercare di fermare un ragazzo alto e bello dal fargli il solletico. I due ragazzi erano vestiti con abiti settecenteschi, composti da tessuti abbastanza preziosi.

 

"Perchè dovrei, mio principe?" Chiese il ragazzo, continuando a fargli il solletico, mentre cercava di scansare i calci dell'altro, muovendo i fianchi.

 

"Giuro che me la paghi se non la finisci!" Urlò il maggiore tra i due, continuando a dimenarsi e a colpire il più piccolo sulle sue enormi spalle. 

 

Namjoon, a quel punto, afferrò i polsi del ragazzo, bloccandoli ai lati del suo capo, guardandolo negli occhi. "Me la fai pagare? E come?" Chiese divertito.

 

Seokjin non rispose. Quella posizione e quella vicinanza avevano riacceso quella catena di strani sentimenti che provava ogni volta che quel ragazzo gli stava vicino. Era come se... ogni volta che i due si toccavano o anche solo guardavano, una calma ma impetuosa forza li attraesse uno contro l'altro. Era sempre stato così... ma i due non avevano mai capito il perché né tantomeno il come.

 

Il minore, che aveva ancora quel sorrisetto divertito sul volto, fece per avvicinarsi al ragazzo sotto di lui, alternando il suo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi. Jin lo osservava quasi impaurito, spostando lo sguardo sulle sue labbra ogni due secondi. 

 

Stava per succedere... erano così maledettamente vicini, entrambi potevano percepire il respiro dell'altro e le loro labbra potevano ormai sfiorarsi. Gli occhi di Namjoon si socchiusero alla sensazione di tepore che tutto quello gli stava procurando al cuore e Jin lo imitò poco dopo. 

 

"N-no..." un paio di dita si frapposero fra di loro, risvegliandoli da quel sogno che entrambi avrebbero tanto voluto che si realizzasse.

 

Gli occhi del maggiore erano ora puntati in quelli del più piccolo mentre le sue dita erano ancora poggiate sulle sue labbra. "Non possiamo..."

 

Namjoon lo guardò negli occhi per qualche altro secondo, prima di allontanarsi ed alzarsi dall'amaca, prendendo a camminare avanti e indietro, passandosi le mani nei capelli. Nel frattempo, l'altro ragazzo, lo seguiva con lo sguardo, leggermente preoccupato.

 

"Così non va bene... Io..." prese a dire il minore, prima di fermarsi e sospirare esausto. "Non ce la faccio più ad andare avanti così..." disse infine, aprendo gli e occhi e puntandoli in quelli dell'altro.

 

"Così come?" Chiese il più grande, mettendosi seduto più comodo sull'amaca, facendola dondolare leggermente.

 

"A dovermi trattenere... sempre." Disse serio il ragazzo, non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. "Ho capito che sei il principe, ho capito che hai delle regole e ho capito che tutto questo potrebbe metterci in pericolo ma... ma non potremmo, solo per una volta, lasciarci andare?" Chiese guardandolo implorante.

 

Jin lo guardava leggermente stupito da quel discorso, prima di alzarsi e avvicinarsi lentamente a lui. Aveva ragione... il ragazzo sapeva che l'altro aveva ragione ma... come facevano a controllarlo se si lasciavano andare? Sapeva benissimo quanto l'altro si trattenesse e anche lui lo faceva ma non potevano rischiare così tanto o altrimenti la corda si sarebbe spezzata e loro sarebbero finiti per cadere entrambi.

 

Lentamente il maggiore portò una mano sulla guancia del castano, accarezzandogliela dolcemente con il pollice. "Mi dispiace Nam... ma lo sai bene che non sono solo i miei doveri da principe a fermarmi." Disse, sorridendogli amaramente. 

 

"Non lo sai... tu non puoi saperlo." Rispose il minore, alzando lo sguardo nei suoi occhi. "Non ci hai nemmeno provato, Jin!"

 

Il ragazzo sospirò, lasciando cadere la mano dalla sua guancia, osservando l'erba rigogliosa sotto i loro piedi. Aveva ragione di nuovo... non ci aveva provato... ma come faceva anche solo a pensare di tentare quando la posta in gioco era così alta? Gli chiedeva di rischiare ma... potevano così tanto?

 

Namjoon attese una risposta o un qualche gesto da parte sua, ma vedendo che il ragazzo era fin troppo spaventato e indeciso, sbuffò e prese ad andarsene. "Chiamami quando avrai trovato il coraggio che ti manca, Jin."

 

Il maggiore tra i due sgranò gli occhi a vederlo andar via e nel suo cuore si protrasse una sensazione di puro terrore e senso di perdita. Era come quando ti spingi troppo lontano dalla riva al mare e d'improvviso senti il suolo mancarti da sotto ai piedi. Si voltò di scatto, afferrando il polso del minore, tirandolo verso di sé, fiondandosi sulle sue labbra.

 

Il più piccolo sgranò gli occhi, preso alla sprovvista da quel gesto, prima di rilassarsi, chiudendo gli occhi e lasciando scivolare le mani sulla sua vita, stringendolo al suo corpo.

 

Finalmente... era così tanto che lo stavano aspettando. Quello sfiorarsi di labbra... quel sentirsi così vicini da percepire addirittura il calore corporeo dell'altro, spingendosi a stringersi ancora di più, sentendosi finalmente uniti, corpo... e anima.

 

Quando si staccarono, un grido di terrore squarciò l'aria, facendo saltare dallo spavento i due ragazzi ancora avvinghiati l'uno all'altra.

 

E tutto... tutto accadde velocemente... così velocemente.

 

"Jin!" Pianti e grida, ecco cosa riusciva a percepire Namjoon, ma tutto gli arrivava ai timpani in modo ovattato e confuso... nulla aveva senso in quel momento... con il corpo senza vita del suo amato tra le proprie braccia.

 

##

 

Namjoon si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno completamente terrorizzato. Era sudato e con ancora il respiro affannato; le sue mani tremavano e la sua mente aveva preso a lavorare così velocemente da fargli girare la testa, finché non si fermò su un'unica immagine... Jin.

 

Si alzò di scatto, camminando dritto verso la camera di Jin, entrando cautamente per non farsi sentire da Hoseok, avvicinandosi poi piano al letto, scuotendo lentamente il corpo del maggiore.

 

"Jin..." lo chiamò con le lacrime agli occhi, ancora scosso dal contenuto del suo sogno. "Jin..." lo scosse di nuovo, facendolo finalmente svegliare.

 

Il maggiore alla vista del ragazzo affianco al suo letto, con gli occhi lucidi ed uno strato di sudore a coprire la sua pelle, sgranò gli occhi preoccupato, sedendosi sul materasso.

 

"Nam... ma che succede?" Chiese corrucciando la fronte, ma non ricevette risposta se non un forte e disperato abbraccio da parte dell'altro. 

 

Il minore strinse le sue braccia intorno al busto del ragazzo, infilando il capo nell'incavo del suo collo, respirando forte il suo odore. 

 

"Nam..." lo chiamò il maggiore completamente confuso e leggermente imbarazzato. "Che ti prende?" chiese, cercando di guardarlo in volto, ma il ragazzo non accennava a muoversi da quella posizione, stringendolo maggiormente.

 

Jin, allora, sospirò, portando una mano ad accarezzare i capelli del più piccolo, ricambiando il suo abbraccio. "Hai avuto un incubo?" Chiese continuando a muovere le dita fra le sue ciocche scure. 

 

Namjoon annuì di tutta risposta, strofinando il naso contro la pelle del suo collo. Normalmente non avrebbe avuto il coraggio di fare una cosa del genere ma in quel momento non era per niente lucido e dopo il suo sogno non aveva intenzione di allontanarsi dal maggiore. Non si conoscevano per niente ma il legame lo sentiva e come e in quel momento non poteva fare altro che assecondarlo e accoglierlo all'interno del suo cuore.

 

Il maggiore tra i due sospirò, facendogli spazio sul letto, cercando di non svegliare Hoseok che dormiva al di là della barriera divisoria fatta con i cuscini, per far stendere Namjoon con sé. Il più piccolo poggiò il capo sul petto dell'altro, lasciandosi accarezzare i capelli. 

 

"È tutto okay, Nam... sono qui."

 

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~

 

Nella stanza immediatamente successiva alla loro, Taehyung e Jungkook erano intenti a dormire completamente avvinghiati l'uno all'altra. Il maggiore aveva il capo sul petto del più piccolo e gli circondava il busto con un braccio e il bacino con una gamba, mentre il castano aveva un braccio a circondare le spalle dell'altro e una mano sul suo braccio.

 

L'aria era calma e i due sembravano dormire sogni tranquilli... sembravano.

 

##

 

"Forza, fifone!" 

 

Jungkook stava nuotando velocemente nelle acque cristalline di un laghetto vulcanico naturale. Era nudo e stava tranquillamente galleggiando sulla superficie, con gli occhi chiusi, completamente rilassato alla sensazione dell'acqua attorno a lui e dei raggi del sole che gentilmente gli accarezzavano la pelle.

 

Taehyung era, invece, sulla riva che guardava il castano completamente affascinato. Non voleva entrare in acqua... non gli era mai piaciuta e in più... era tremendamente spaventato. "Preferisco guardarti da qui!" Gli urlò di rimando, sedendosi sul prato verdeggiante, non distogliendo lo sguardo da lui.

 

"Kim... se non entri, lo vedi questo?" Gli chiese indicando il suo membro da sopra l'acqua. "Te lo scordi."

 

Il biondo sgranò gli occhi, spalancando le labbra, guardando l'altro allibito. "Non puoi dire sul serio!" 

 

"Si che posso!" Rispose il minore, alzando il busto, passandosi le mani tra i capelli, facendo tendere tutti i suoi muscoli ben definiti.

 

La bocca di Taehyung si aprì ancora di più, passando in rassegna ogni centimetro del corpo dell'altro con gli occhi. Tenendo lo sguardo fisso su di lui, prese a spogliarsi lentamente. Mannaggia a lui e a quel corpo stupendo che si ritrova!

 

Jungkook sorrise soddisfatto, voltandosi, riprendendo a nuotare, cercando di raggiungere il centro del lago, sorridente e spensierato. Il maggiore tra i due, poco dopo prese a raggiungerlo, rabbrividendo per il freddo procuratogli dall'acqua gelata e per la sensazione di debolezza che provava ogni qual volta entrasse in contatto con quell'elemento.

 

Giuro che prima o poi gli do fuoco al culo!  Pensò mentre nuotava più velocemente, raggiungendo finalmente l'altro ragazzo, saltandogli al collo per mandarlo sott'acqua.

 

Il ragazzo ridacchiò, dato che poteva benissimo respirare in quel liquido, afferrando l'altro per le cosce e tirandolo giù con sé. Il maggiore fece appena in tempo a prendere l'aria necessaria prima di ritrovarsi sommerso dal gelo. Si ritrovò faccia a faccia con il minore, guardandolo con rabbia e fastidio, colpendogli il petto debolmente a causa del liquido che li circondava.

 

Jungkook ridacchiò, avvicinandosi di poco, baciandolo sulle labbra. Taehyung, a quel gesto, sgranò gli occhi, sbuffando fuori tutta l'aria che aveva precedentemente aspirato che creò un mare di bollicine e corse subito in superficie, tossendo per aver ingoiato troppa acqua. 

 

Il minore lo seguì poco dopo, scoppiando in una fragorosa risata, dandogli qualche pacca sulla schiena per farlo calmare. 

 

"I-idiota che non sei altro!" Urlò il biondo una volta che si fu ripreso, prendendo a tirare pugni sul petto del ragazzo, con un broncio in volto. Il minore intanto se la rideva, intenerendosi poi all'espressione che l'altro aveva assunto, prendendogli il volto tra le mani, baciandogli l'adorabile broncio. 

 

"Perché sei così tenero quando ti arrabbi?" Chiese una volta staccatosi, guardando il biondo arrossire come un peperone fino alla punta delle orecchie e un cespuglio prendere fuoco proprio a poca distanza dalla riva, cosa che fece ridere ancora di più il minore, che prese ad accarezzare i capelli del più grande.

 

"Smettila!" Rispose il maggiore, agitando le mani davanti al suo volto, prendendo poi ad allontanarsi. "Non sono un bambino, grandissimo idiota!"

 

Jungkook non aveva perso la sua aria ironica. Il ragazzo era fin troppo adorabile per lui e non poteva negare che si divertiva tremendamente tanto a metterlo in imbarazzo. Era davvero troppo carino...

 

Il ragazzo prese a rincorrere il biondo, afferrandogli i fianchi e abbracciandolo da dietro, poggiando il mento sulla sua spalla. "Andiamo... lo sai che scherzo." Disse baciandogli il collo con dolcezza, facendo chiudere gli occhi al più grande.

 

"N-no..." rispose il maggiore, cercando di fargli sciogliere la presa dal suo busto. "Non scherzi! Sei idiota per davvero!" Continuò con tono fintamente infastidito.

 

"Il tuo idiota." Rispose Jungkook, facendolo voltare, fiondandosi sulle sue labbra, incominciando un lento ma passionale bacio che subito fu ricambiato dal più grande, che strinse le braccia attorno al suo collo, chiudendo gli occhi.

 

"Ti odio." Disse Taehyung, all'interno del bacio, mordendo poi il labbro inferiore del minore che mugolò in sorpresa. 

 

"Ti amo anche io." Rispose il castano, baciandolo di nuovo a stampo, prendendo a nuotare verso la riva. 

 

"Non è quello che ho detto!" Urlò di rimando il maggiore, prendendo a seguirlo a grandi falcate, mentre l'altro rideva di gusto.

 

Tutta quella situazione era così serena e... felice. Erano insieme e si stavano divertendo, godendosi la compagnia l'un dell'altro, amandosi come non mai. Ma le cose belle sono fatte per concludersi prima o poi e la loro stava per farlo proprio in quel momento.

 

Un'ombra entrò nel campo visivo del ragazzo dai capelli biondi che era ancora in acqua. Quell'ombra che gli fece sgranare gli occhi e urlare a squarciagola: "Jungkook! Corri!"

 

Ma purtroppo... gli occhi del ragazzo ben presto si trovarono spalancati in un espressione vitrea, osservanti il cielo azzurro chiazzato di qualche nuvola bianca, mentre quello che era stato l'amore della sua vita lo stringeva tra le braccia, piangendo disperato, osservando le sue iridi... marroni.

 

##

 

Taehyung spalancò gli occhi, alzando il busto in un grido di puro terrore, mentre i suoi occhi scattarono subito alla sua sinistra, dove il corpo di Jungkook era ancora lì, dormiente. Il ragazzo prese a scuoterlo nel sonno, per svegliarlo del tutto. Il suo cuore batteva all'impazzata e le sua mani tremavano come due foglie al vento.

 

"Jungkook... Jungkook svegliati!" Lo chiamò mentre delle lacrime scivolavano lungo le sue guance, ancora tremendamente spaventato da quello che era successo nel suo sogno.

 

Il minore si svegliò dopo poco, aprendo lentamente gli occhi, corrucciando la fronte alla vista delle condizioni del maggiore. "Ehi... cosa c'è?" 

 

Taehyung lo guardò negli occhi, osservando le sue iridi blu, sorridendo di sollievo, mentre singhiozzava leggermente. Si fiondò tra le braccia del minore, stringendosi a lui come facevano i bambini con la propria mamma, strofinando la guancia sul suo petto. "H-ho avuto co-così tanta paura..."

 

"Oh..." le braccia di Jungkook strinsero subito il corpo dell'altro, baciandogli il capo con dolcezza. "Va tutto bene... sono qui."

 

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Nella stanza del padrone di casa, Hoseok stava riposando, tenendosi rigorosamente fermo dalla sua parte del letto. Non aveva trovato alcuna difficoltà a prendere sonno. Era da molto che non dormiva su un materasso comodo come quello e di solito tornava da lavoro molto tardi quindi raramente riusciva a riposare bene. Purtroppo il suo bel sonno stava per essere interrotto dal dio dei sogni.

 

##

 

Era davanti ad una porta di legno, vestito con un armatura d'acciaio decisamente pesante, reggendo una lancia da guerra nella mano destra, sormontata da una bandiera dai colori rosa e viola con un sole al centro della tela. Stava sorvegliando quella porta da un bel pò, dato il suo ingente dolore ai piedi ma rimase comunque immobile a fissare quelle assi di legno e quel pomello di ferro.

 

Dopo minuti di assoluto silenzio, la porta si aprì, rivelando un ragazzo alto, dalla pelle chiara e dai lineamenti eleganti e delicati, coperto dalla testa ai piedi con un mantello scuro, chiuso sulla sua stretta vita da una cintura di filo. 

 

"Finalmente!" Disse Hoesok, muovendosi dopo qualche ora in cui non gli era permesso. "Mi spieghi perché ci hai messo così tanto?" Chiese stiracchiandosi la schiena.

 

"Scusami... mi sono trattenuto per un pò!" Rispose il ragazzo, abbassando il cappuccio del mantello, passandosi le mani tra i morbidi capelli castani. "Grazie infinite, Hoseok! Senza di te sarei rinchiuso qui dentro ventiquattro ore su ventiquattro." Continuò prendendo a camminare lungo il corridoio, dirigendosi verso una rampa di scale alla fine di esso.

 

"Per me è un onore servirla, principe. Ma davvero dovreste stare più attento. Un giorno potrebbero scoprirvi o peggio... lui potrebbe trovarci." Continuò il corvino, seguendolo lungo gli scalini.

 

"Lo so lo so... non farmi anche tu la ramanzina." Il ragazzo alto sbucò all'interno di un altro corridoio completamente illuminato dalla luce solare, togliendosi del tutto il mantello, lasciandolo ad una donna che era inchinata a lui con le braccia tese. "Ho già sentito le sue lamentele. Insiste con il vedermi qui ma... io non voglio rinchiudermi in questa gabbia... mi sento soffocare."

 

Hoseok annuì, seguendo il ragazzo con capo basso. "Lo so... ma davvero... è pericoloso."

 

"Mio Dio ma non sai dire altro?" Lo interruppe il maggiore, voltandosi verso di lui con sguardo infastidito. 

 

Il corvino sgranò gli occhi, guardandolo con stupore. Di solito... non gli rispondeva così... mai. Quello non poteva essere lui... quello non poteva essere Jin.

 

"Tu..." prese ad indietreggiare, guardando quella figura davanti ai suoi occhi con puro terrore nei suoi.

 

"Ma guarda..." prese a ridacchiare il finto Jin, passandosi una mano tra i capelli. "La paura che si spaventa... che immagine ridicola."

 

"Che cosa gli hai fatto?" Gli urlò contro il ragazzo, stringendo i pugni, mentre i suoi occhi presero a scurirsi, diventando dello stesso colore della pece.

 

"Gli ho fatto la stessa cosa che sto per fare a te... è inutile combattere Hoesok... ma prima... voglio ripagarti con la stessa moneta." Continuò l'essere maligno, ridacchiando, prima di farsi serio e fissare il corvino dritto negli occhi. "Remembro." Disse con voce roca.

 

Ed ecco che Hoseok cadde in ginocchio, mentre veniva risucchiato nella sua testa, osservando l'immagine che più di tutte avrebbe potuto spezzarlo e addolorarlo: Il corpo di Jin, steso sul prato, con gli occhi chiusi e il petto insanguinato.

 

##

 

Il corvino aprì gli occhi di scatto, senza però alzarsi, cercando di riprendere il controllo di se stesso, ancora intorpidito dalla sensazione del sogno. Si voltò lentamente, come per paura che quell'immagine che aveva visto potesse trovarsi al suo fianco, in quel confortevole letto. Ma fortunatamente... Jin era lì che riposava... e non era solo. Namjoon era stretto a lui e i due sembravano essere tranquilli, privi di alcuna preoccupazione e tremendamente a loro agio in quell'abbraccio che diceva tutto e niente.

 

Sei qui...

 

~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

 

Intanto, nel salotto, Yoongi e Jimin erano persi nei loro rispettivi sonni. Yoongi fronteggiava la spalliera del divano, rannicchiandosi il più possibile vicino ad essa per non togliere spazio a Jimin e soprattutto per non toccarlo troppo. Jimin invece, aveva la fronte poggiata alla schiena del ragazzo, con le mani strette a pugno attorno alla sua maglia, dormendo tranquillamente. Ma Morfeo avrebbe fatto visita anche a loro...

 

##

 

"Jimin! Non perdere il controllo!" 

 

Min Yoongi era in piedi, su una collina, poco distante dal loro villaggio mentre osservava il corpo del minore sospeso in aria all'interno di un piccolo tornado che egli stesso aveva creato.

 

"Yoon... non riesco... non riesco a sottometterlo!" Rispose Jimin, con voce stozzata, mentre teneva gli occhi serrati e le mani sospese difronte a lui, cercando di tenere insieme quel tornado che velocemente stava prendendo potenza.

 

"Cazzo... Jimin... ascoltami... puoi farcela, okay?" Gli disse, tenendo lo sguardo fisso su di lui. "Concentrati... lascia che il potere sia parte di te e non contro!" 

 

"Non ci riesco!" Urlò tremendamente spaventato il ragazzo e a quel grido un fulmine spaccò le nuvole, seguito da un tuono assordante. 

 

Dio, che cosa faccio... 

 

"Okay... okay." Disse prendendo un bel respiro, cercando di mantenere la calma e di pensare. Cosa faceva calmare, Jimin? 

 

Ed eccola lì... un'idea... tremendamente folle ma pur sempre un'idea. Yoongi chiuse gli occhi, aspirando una grossa quantità d'aria, puntando i palmi delle sue mani al terreno, mentre una piccola luce prendeva a nascere da essi e il suo esile corpo prese a levitare in aria, avvicinandosi sempre di più al vortice d'aria che circondava il minore. 

 

Cercò di entrarvi senza smuoverlo o far perdere la stabilità già precaria al biondo, arrivando dopo poco a fronteggiare il ragazzo, sorridendo per la soddisfazione di avercela fatta. 

 

Prese il volto del più piccolo tra le mani, avvicinandosi lentamente alle sue labbra, baciandolo con dolcezza, strizzando gli occhi. Jimin, sentendo un paio di boccioli morbidi poggiarsi sui suoi, aprì lentamente gli occhi, osservando il volto di Yoongi davanti al suo, sorridendo felice, mentre il tornado attorno a lui smise di girare e con lentezza i loro corpi presero a galleggiare verso il basso. 

 

Quando i due misero piede a terra, il maggiore si staccò lentamente dall'altro, fissandolo negli occhi, tendendo ancora le mani sulle sue guance. Jimin sorrideva ancora, ricambiando il suo sguardo con occhi lucidi.

 

"Vedi?" Chiese il corvino con il respiro leggermente affannato. "Ce l'hai fatta..."

 

Il minore ampliò il suo sorriso, scuotendo il capo e abbracciando l'altro, cingendogli il collo con le braccia, stringendolo forte a sé. "Grazie Yoon..." 

 

Yoongi sorrise leggermente, ricambiando l'abbraccio, poggiando la guancia sulla sua spalla, stringendolo al suo corpo.

 

Ma anche quell'abbraccio fu interrotto da un'ombra che avvolse entrambi i loro corpi che finirono ben presto privi di vita al suolo, ancora stretti l'uno all'altra.

 

##

 

Yoongi e Jimin sussultarono entrambi, spalancando gli occhi, rimanendo fermi, con il respiro irregolare, spostando lo sguardo da destra a sinistra. I due non riuscivano a vedersi ma sapevano che l'altro era sveglio e in qualche modo percepivano che avevano tutti e due fatto lo stesso identico sogno.

 

"Y-yoon..." lo chiamò Jimin, con voce tremante, mentre guardava la sua schiena. "I-io..."

 

Yoongi non lo fece terminare che subito si voltò, stringendolo tra le sue braccia, poggiando il mento sul suo capo. "Si... ho avuto paura anche io..."

 

Il minore strinse i pugni dietro alla schiena del corvino, stringendosi maggiormente a lui. "Pensavo che fossi morto..."

 

"No... no Jiminie... sono qui..." disse, baciandogli il capo, mentre le sue guance si arrossavano leggermente.

 

"Anche io Yoon... sono qui."

 

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