Lonely hearts

di Lamy_
(/viewuser.php?uid=351812)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuta in città ***
Capitolo 2: *** Dischi, donne, wiskhey. ***
Capitolo 3: *** Al chiaro di luna ***
Capitolo 4: *** Scommettiamo un bacio ***
Capitolo 5: *** Di cicatrici e tatuaggi ***
Capitolo 6: *** Il ballo in (s)maschera ***
Capitolo 7: *** La guastafeste (pt.I) ***
Capitolo 8: *** La guastafeste (pt.II) ***
Capitolo 9: *** Destini incrociati ***
Capitolo 10: *** Ricominciamo da noi ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Benvenuta in città ***


1. BENVENUTA IN CITTA’
 
Ianira Lewis arrivò alle otto in punto davanti al palazzo in cui aveva affittato un appartamento. Era un’abitazione modesta, salotto e cucina in un’unica stanza, un bagno, e due camere da letto non molto grandi. Era stato suo zio Fred a suggerirle di trasferirsi in quel quartiere che, a detta sua, era tranquillo e assai vivibile. Certo, lei aveva vissuto a Londra per tutta la sua vita e sapeva che ci avrebbe impiegato del tempo ad ambientarsi. Sapeva anche che lasciare la capitale inglese era la soluzione migliore per lei e per suo figlio. Damian, quattro anni, due grandi occhi verdi e una cascata di capelli ricci castani, era l’unica gioia della sua vita. Lo aveva partorito a soli ventidue anni, ma non si era mai pentita di aver portato avanti la gravidanza e di averlo cresciuto da sola. Era un bambino gioioso, vivace e curioso, e poteva definirlo l’unico uomo della sua vita. Adesso il piccolo si trovava col vecchio Fred, un cinquantacinquenne arzillo e con la battuta sempre pronta, mentre lei si dedicava al trasloco. La settimana precedente aveva assunto una squadra per scaricare e montare i mobili, ma aveva deciso di portare le sue cose da sola per sistemarle senza fretta. Si portò le mani ai fianchi e sospirò, sarebbe stata una giornata difficile. Si rimboccò le maniche della camicia, aprì il portabagagli e iniziò a salire gli scatoloni.
 
Andy Biersack non aveva voglia di alzarsi dal letto quella mattina. La sveglia, come da copione, alle sette precise aveva iniziato a fare baccano e lui, come da copione, l’aveva spenta ad occhi chiusi. Si rigirò nel letto, sudato e irritato per la nottata insonne, e sbuffò contro il cuscino. Non aveva nessuna voglia di lasciare il suo appartamento ed essere gentile con i clienti del negozio di musica presso cui lavorava. Erano mesi che una tremenda tristezza gli pesava sul cuore come un macigno e negli ultimi giorni sembrava trascinarlo sempre più giù. Aveva chiacchierato con sua madre la sera prima e si era sentito meglio, ma la sensazione era durata un paio di ore, poi era ricaduto nella solita angoscia. Allora aveva ceduto, aveva stappato una bottiglia di scotch, che conservava da un paio di mesi, e se l’era scolata bicchiere dopo bicchiere senza curarsi delle conseguenze. Ecco perché in quel momento si malediceva per il mal di testa che gli dava il tormento. Si allungò sul comodino per prendere il cellulare e controllare le notifiche: l’avvocato gli aveva lasciato tre messaggi in segreteria. Sbuffò di nuovo. Non era dell’umore adatto per richiamarlo e sentirsi dire che doveva aspettare ancora. Era trascorso un anno da quando lui e Jennifer avevano divorziato, ma lei non voleva firmare le carte. Erano state innumerevoli le ragioni che li avevano spinti a troncare il matrimonio: continui litigi, pseudo tradimenti, problemi di alcol e di gestione della rabbia, e la lista proseguiva in negativo. Si erano amati sin da giovani e non si erano più lasciati, almeno sino al venerdì sera in cui Andy decise di andarsene. Infatti, si domandava perché lei non si rassegnasse a firmare quelle dannate carte dopo che avevano interrotto qualsiasi tipo di contatto. Basta pensarci, si disse. Doveva prendere una boccata d’aria. Si fece una doccia veloce, indossò i soliti pantaloni neri e la solita t-shirt bianca, inforcò gli occhiali da sole e uscì di casa. Strada facendo, si fermò a comprare un caffè e poi riprese a camminare senza una meta. Digitò il numero di Benjamin, il suo collega, e quello rispose dopo due squilli.
“Buongiorno, qui parla Benjamin. Come posso aiutarvi?”
“Sono Andy. Ma non controlli mai il display prima di rispondere? Comunque, puoi aiutarmi coprendo anche il mio turno oggi. Non mi sento bene.”
Benjamin, calvo ma barbuto, era il ragazzo più strano che Andy avesse conosciuto. Viveva con due gatti, quattro televisori e due frigoriferi ricolmi di cibo spazzatura.
“Non ti senti bene vuol dire che ti sei preso una sbronza?”
“Vuol dire che non mi sento bene, tutto qui. Ti pago due cene questo fine settimana, ci stai?”
“Affare fatto. Ci vediamo domani, Biersack.”
“A domani. Grazie.”
Prima di bloccare lo schermo, si ricordò dei messaggi dell’avvocato e si decise a richiamarlo. Il suo umore ormai era rovinato, una notizia cattiva in più non avrebbe fatto la differenza.
“Avvocato Jones? Sono Andy Biersack.”
“Oh, Andy, finalmente mi hai richiamato! Ho una bella e una cattiva notizia. La bella è che Jennifer ha firmato le carte, ma la brutta è che non ha intenzione di lasciare la villa in cui abitavate insieme.”
Andy smise di camminare. Il mondo smise di girare insieme a lui. Jennifer aveva davvero accettato il divorzio? Dopo un anno passato a supplicarla, adesso gli sembrava un ulteriore tradimento. No, non l’amava più da tanto tempo, eppure gli fece male.
“Andy? Ci sei ancora?”
“S-sì, ci sono. La cattiva notizia non è poi così cattiva, Jennifer può tenersi quella villa perché io non ho intenzione di tornarci.”
“D’accordo. Allora posso fissare l’incontro finale per mettere a punto il contratto di divorzio?”
Il ragazzo scostò il cellulare dall’orecchio e si toccò la fronte con il dorso della mano, gli veniva da piangere come un bambino impaurito. Era l’effetto dell’alcol che lo lasciava così sconvolto.
“Sì, può fissare l’incontro.”
“Bene, allora mi farò sentire io per darti conferma. Buona giornata, Andy.”
“Buona giornata a lei, avvocato.”
Buona giornata un cazzo, pensò Andy.
 
 
Dopo due ore Ianira si prese una pausa. Si sedette sulle scale del palazzo e bevve dal thermos il caffè che zio Fred le aveva preparato. Mangiucchiò una brioche distrattamente, era troppo curiosa di studiare le variazioni di luce che si intravedevano tra i profili degli altri edifici circostanti. Si era laureata in arte, e da poco era stata assunta come insegnante di disegno presso il liceo statale di Santa Monica. L’arte era la sua grande passione, studiare le linee, i contorni e i colori si mescolava alle vite avvincenti degli artisti, e tutto ciò le dava un senso di meraviglia che non finiva mai di stupirla. Riposto il cibo nella borsa, tornò all’auto e sgranò gli occhi: mancavano ancora cinque scatoloni e sette cavalletti da portare su. Posso farcela, si disse, e trascinò fuori dal bagagliaio l’ennesima scatola. Troppo pesante per lei, il cartone si ruppe e il contenuto si riversò sul marciapiede.
“Accidenti!” esclamò, dopodiché si affrettò a raccogliere le sue cose. Un paio di anfibi entrarono nel suo campo visivo e lei si bloccò per un attimo, poi fece scorrere lo sguardo verso l’alto.
“Le serve una mano?”
Un ragazzo alto e magro, con le sopracciglia inarcate e gli occhi coperti dai Ray-Ban neri, la guardava con fare interrogativo. Ianira scosse la testa e sorrise.
“Sì, mi serve una mano. La ringrazio.”
“Si figuri.”
Il ragazzo si chinò a raccattare tavolozze e pennelli dalla strada per deporli nello scatolone rotto. La donna che aveva davanti era giovane, aveva i capelli lunghi castani legati in una treccia e due occhi scuri contornati da lunghe ciglia. Si ridestò dai suoi pensieri quando lei gli sventolò la mano a pochi centimetri dal naso.
“Va tutto bene?”
“Sì, va tutto bene. Ecco, queste matite sono sue.” Disse, passandole una scatolina di matite bianche.
“Grazie mille per avermi aiutata. Credo di aver riempito troppo gli scatoloni.” Sorrise la ragazza, e Andy sorrise di rimando.
“Cose che capitano. Si trasferisce qui?”
“Sì, io e mio figlio occuperemo l’appartamento 3C al secondo piano.”
Andy si tolse gli occhiali in un gesto di sorpresa, al che la ragazza fece un mezzo sorriso.
“Io abito al 2C, quindi deduco che saremo vicini.”
“Beh, allora io sono Ianira Lewis. Molto piacere!” disse lei, allungando la mano destra verso di lui. Andy la strinse con titubanza, non era bravo a relazionarsi con gli sconosciuti.
“Andy Biersack, piacere.”
“Grazie ancora per l’aiuto, Andy.”
Il sorriso di Ianira era talmente coinvolgente che fece sorridere anche lui, di nuovo.
“Ancora prego.”
Quando il ragazzo sparì oltre il portone, Ianira tornò dai suoi scatoloni. Ripensò alle mani affusolate di Andy mentre raccoglieva i pennelli, alle sue braccia e al collo tatuati, ai suoi magnetici occhi azzurri, e dovette ammettere che era fortunata ad avere un vicino dal bell’aspetto. Di certo zio Fred lo avrebbe apprezzato. Il quel momento squillò il cellulare e rispose senza controllare, avendo riconosciuto la suoneria personalizzata.
“Aspettavo una tua chiamata con ansia!”
“Mi sono appena liberata dalla sala operatoria, ho fatto nascere un altro bambino. Dovrebbero darmi un premio come migliore ostetrica dell’anno!” replicò Madison con fare ironico. Madison era la sua più cara amica. Si erano conosciute all’università ed era stata l’ostetrica che l’aveva seguita e supportata durante la gravidanza e il parto. Era il suo opposto, festaiola, sempre allegra e protesa al divertimento sfrenato, e proprio per questo che l’adorava.
“Sì, sei la migliore ostetrica di Londra!”
“Ah, non fare troppo la simpatica. Dunque, come vanno le cose? Come state?”
“Io e Damian stiamo bene, per ora dormiamo da zio Fred, ma stasera ci trasferiamo nella nuova casa. Sto scaricando le ultime cose e poi sarà tutto pronto.”
“Non vedo l’ora di venirvi a trovare, ho bisogno di stritolarvi in una marea di abbracci. Mi mancate troppo!” disse Madison, e Ianira già se la immaginava con gli occhi lucidi.
“Ci manchi anche tu, Maddie. Ti manderò tutte le foto possibili di Damian, sta tranquilla.”
“Va bene. Adesso vado a far nascere un altro piccolo, ci sentiamo più tardi. Vi voglio bene e abbraccia Damian per me.”
“Ti vogliamo bene anche noi. Ciao.”
Ianira si asciugò gli occhi con la manica della camicia perché, sì, cambiare città era un beneficio, ma lasciare gli affetti era comunque difficile.
 
Andy si era buttato a letto l’attimo dopo aver messo piede in casa. Aveva sonno ed era di cattivo umore. Versò nel caffè le ultime gocce di scotch che restavano nella bottiglia e si piazzò il cuscino in faccia. Si domandava quanto rumore avrebbero fatto la sua nuova vicina e il suo bambino, anche perché lui di sentire urla e pianti ininterrotti non ne voleva sapere. Ianira sembrava una persona a modo, gentile e cordiale, ma non era detto che continuasse così, e lui già si vedeva sveglio tutte le notti nel tentativo di far placare il rumore prodotto dal bambino. No, non erano i vicini che lo preoccupavano, erano solo una scusa per nascondere il vero cuore del problema: Jennifer. Era finito tutto. Sì, lo sapeva, ma non voleva saperlo. Aveva trascorso giorni interi a convincerla a firmare e, ora che era successo, stava male. Male per cosa? Lui l’aveva lasciata, lui se n’era andato e sempre lui aveva inoltrato la richiesta di divorzio. Era colpa sua. Come sempre. Un tonfo interruppe la sua autocommiserazione, sollevò la testa e sentì qualcuno imprecare sul pianerottolo. Scalzo e con il bicchiere ancora in mano, aprì la porta e inarcò il sopracciglio. La nuova arrivata era completamente bagnata e tentava invano di strizzarsi i vestiti.
“Che succede?”
Ianira si voltò verso di lui nel totale imbarazzo, si coprì la maglietta bianca bagnata con la camicia blu che indossava.
“Il tubo del lavandino è esploso mentre sistemavo i detersivi e mi ha fatto un bel bagno. Nulla di che, non ti preoccupare.”
Andy annuì, le diede le spalle e rientrò  in casa. Prima di chiudere la porta, però, chiuse gli occhi e sospirò. Recuperò la cassetta degli attrezzi dallo sgabuzzino e tornò da lei. Ianira era ancora sul pianerottolo e si assicurava che i colori e le tavolozze fossero integri.
“Hai bisogno ancora di una mano?”
“Oh, Andy, ti avevo detto di non preoccuparti. E’ davvero gentile da parte. Vieni.”
Andy la seguì in cucina, dove il tubo perdeva acqua in un secchio. Posò la cassetta a terra e ne estrasse un raccordo a tee per stringere la perdita. Applicò un minimo di forza sul bullone e quello si avvitò intorno al tubo interrompendo la fuoriuscita di acqua.
“Fatto. Il bullone era semplicemente allentato.”
“E’ la seconda volta che accorri in mio aiuto nel giro di un’ora. Ti ringrazio infinitamente!”
Di norma Andy avrebbe trovato tutta quella gentilezza ridondante, ma Ianira era sinceramente grata per l’aiuto. Lui si limitò ad annuire.
“Non ringraziarmi, era solo un bullone lento. Dammi una pezza per asciugare l’acqua.”
La ragazza scosse la testa e gli afferrò i gomiti in una presa blanda.
“No, non mi devi addirittura pulire questo disastro. Mi dispiace averti importunato, perciò adesso me la vedo io.”
“Non ho nulla da fare oggi. Possono esserti utili due mani in più.”
“Andy …” incominciò Ianira, quella solita gentilezza nella voce che accompagnava ogni sua parola. Andy le strinse a sua volta il gomito e le riservò un’occhiata quasi esasperata.
“Per favore, Ianira. Ho bisogno di distrarmi.”
La donna dovette capire al volo che volesse liberarsi da un pensiero che lo tormentava e annuì, lasciandogli le braccia.
“Va bene. Puoi aiutarmi.”
 
Erano le sette di sera quando Ianira finì di sistemare gli ultimi vestiti nell’armadio. Mentre lei spolverava qua e là, Andy era impegnato ad assicurare la libreria in soggiorno. Avevano fatto una breve sosta verso mezzogiorno per pranzare, ed era stato un pranzo silenzioso e freddo, poi avevano ripreso a darsi da fare. Sobbalzò quando avvertì i passi del ragazzo in camera da letto e, girandosi, lo vide ridacchiare.
“Scusa, non volevo spaventarti. Ho sistemato tutto, adesso ti tocca rimettere solo i libri.”
“Perfetto, grazie mille!” disse lei, passando lo straccio sul comò. Andy rise a bassa voce e si appoggiò allo stipite della porta.
“Smettila di ringraziarmi, lo hai fatto di continuo!”
“Lo so, scusami. E’ solo che sei stato davvero gentile. Potevi lasciarmi da sola a fare tutto, invece ti sei giocato una giornata intera ad aggiustare la casa di una sconosciuta.”
“So come ti chiami, perciò non sei una sconosciuta. Non del tutto, almeno.”
Ianira proruppe in una risata cristallina che contagiò anche Andy. Era una donna particolare, tanto garbata e simpatica, almeno per quel poco che avevano parlato. Era anche indubbiamente bella. Era alta, più o meno magra, con i fianchi larghi e con un viso rotondo. Non era il tipo di ragazza che piaceva a lui, ma aveva un bel carattere e cucinava bene, quindi forse potevano diventare amici.
“E anche qui ho finito. Bene, adesso non mi resta che montare il letto di Damian.”
Ianira uscì dalla stanza con Andy al seguito, era contenta della sua presenza perché, se non ci fosse stato, non sarebbe riuscita a fare ordine da sola in un giorno. Quando entrarono nella cameretta, Andy si perse ad osservare delle foto: ritraevano Ianira insieme ad un bambino riccioluto e sorridente. La donna, alle sue spalle, sorrise appena.
“Lui è Damian, la mia ragione di vita.”
“E’ un bellissimo bambino. Ha il tuo stesso sorriso gioviale.” Disse lui, senza staccare gli occhi da una foto che ritraeva mamma e figlio in spiaggia.
“Lo so che è bellissimo, è mio figlio!” scherzò Ianira, le labbra arricciate in un sorriso divertito. Andy rise e inarcò il sopracciglio. Ianira adesso poteva guardarlo meglio e notò alcuni dettagli, come il piercing al naso, il logo di Batman tatuato sul braccio e la faccia del supereroe sul collo, notò le mani inanellate e l’orecchino a sinistra, e si meravigliò di tutta quella bellezza. Distolse lo sguardo e si rimproverò, non doveva nemmeno pensarle certe cose. Si era ripromessa di restare lontana dagli uomini dopo che il padre di Damian l’aveva abbandonata.
“Questo coso come si monta?!” esclamò Andy, sconcertato a causa delle istruzioni. Damian aveva preteso un lettino a forma di nave dei pirati e, sebbene lei fosse contraria, zio Fred lo aveva accontentato.
“Non sarà poi così difficile. Vediamo …”
Più leggeva le istruzioni e più si accigliava, quelle parole erano incomprensibili per lei. Andy le diede un colpetto con la spalla, divertito com’era dalla faccia della ragazza.
“Non avevi detto che non sarebbe stato poi così difficile?”
Ianira scoppiò a ridere e si sedette sul pacco che conteneva i pezzi da assemblare.
“Non sono pratica di queste cose. A Londra abitavamo con mia madre ed era tutto pronto, mentre adesso devo gestire tutto io.”
“Dai, ti aiuto io. E no, non replicare e non ringraziarmi. Mettiamoci al lavoro.”
Prima che potesse muoversi, Ianira lo stritolò in un breve abbraccio. Era decisamente una tipa strana.
“Okay, mettiamoci al lavoro!”
 
 
“No, non credo che questo vada qui.”
Ianira e Andy da dieci minuti analizzavano attentamente un pezzo di prua per capire dove andasse messo, ma non sembrava combaciare con nulla. Il letto-nave non era pronto dopo due estenuanti ore di teorie e tentativi di montaggio.
“Non ne ho la più pallida idea.” Mormorò Andy, gli occhi arrossati per la stanchezza e la voce roca. Ianira gli tolse il pezzo di mano e gli diede una pacca sulla spalla.
“Adesso devi tornare a casa. Sei esausto e non me la sento di approfittare ancora di te. Domattina chiederò a mio zio di occuparsi del letto, nel frattempo stanotte Damian può dormire con me.”
“Sei sicura?”
“Torna a casa, Andy.”
“Okay.”
Raccattate le sue cose, Ianira lo accompagnò alla porta e si trattennero sulla soglia.
“Grazie di cuore per tutto quello che hai fatto. Non eri costretto a spaccarti la schiena di lavoro, eppure lo hai fatto. Ti sono debitrice.”
“Non dirlo neanche per scherzo. Era una brutta giornata e aveva bisogno di concentrarmi su qualcosa che non prevedesse problemi, e tu me lo hai permesso. Grazie a te. Buonanotte, Ianira.”
“Buonanotte a te, Andy.”
Ianira lo salutò con la mano e richiuse la porta quando lui entrò finalmente nel suo appartamento. Ora non restava che chiamare zio Fred perché le riportasse Damian.
 
 
Andy proprio non riusciva a dormire. La sveglia segnava le due del mattino. Il palazzo era immerso nel silenzio, l’unico rumore proveniva dalla strada affollata. Si mise seduto e accese una sigaretta, era irritato e doveva calmarsi. Aiutare Ianira non era stato alleviante come si aspettava, il pensiero di Jennifer era tornato a infastidirlo l’attimo dopo essere tornato a casa. Stupidamente prese il PC e sfogliò le foto del matrimonio che aveva tenuto per sé nel caso la nostalgia avesse bussato alla sua porta, come quella notte. Sembrava passata una vita da quel giorno, da quando, vestito di tutto punto, aveva giurato amore eterno. Se c’era una lezione che aveva imparato da tutta quella tragedia, era che l’amore è fatto per essere spezzato. Si accese la terza sigaretta, era nervoso e la tristezza aumentava ad ogni tiro. La bottiglia di scotch giaceva vuota sul tavolo, una memoria della tentazione nella quale era ricaduto. Si massaggiò le tempie, e un po’ di cenere si sparse sul lenzuolo, bucandolo. Come quel lenzuolo grigio, anche il suo cuore aveva un buco al centro. Senza pensarci ancora, si vestì e si diresse al market notturno.
Una bottiglia si whiskey, per favore. Aveva chiesto.
Ecco a lei, sono dieci dollari. Gli avevano risposto.
 
Salve a tutti! :)
Questa è la prima storia che scrivo su Andy, perciò siate clementi.
Questo è stato un capitolo per abbozzare i personaggi e le loro storie.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dischi, donne, wiskhey. ***


2. DISCHI, DONNE, WISKHEY
 
Ianira stava scaldando il latte in un pentolino mentre sorseggiava già il terzo caffè della giornata. Non aveva dormito molto, zio Fred aveva accompagnato Damian e lo aveva messo a letto verso le undici e mezzo, però per lei il sonno non era sopraggiunto. Si era addormentata sul divano soltanto verso le cinque del mattino e alle nove si era già svegliata. Era il due settembre e il liceo era ancora in vacanza, perciò non aveva impegni. Aveva trascorso le ore insonni a preparare due torte: una per Damian e una per Andy. Riteneva quella torta un gesto di gratitudine nei confronti del suo vicino, un modo per ringraziarlo ancora una volta del suo aiuto. Lo aveva sentito uscire alle due del mattino e rientrare mezz’ora dopo con una busta. Doveva ammettere che, quando voleva, sapeva essere un’impicciona. E poi, non era mica un reato spiare di tanto in tanto il proprio vicino, che tra l’altro era un gran bel ragazzo. Non poteva negarlo: era rimasta colpita dalla bellezza di Andy, quel forte contrasto tra i capelli neri e gli occhi azzurri le aveva fatto un certo effetto. Inoltre, i numerosi tatuaggi sparsi sulle braccia, sulle dita e sul collo l’avevano attratta ancora di più. Scosse il capo, non poteva pensare ad un uomo dopo tutto quello che le era capitato. Non si fidava del genere maschile, eccetto di suo figlio. Non a caso avvertì due piedi correre in soggiorno e subito vide Damian fiondarsi da lei, così lo prese in braccio e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia.
“Buongiorno, pulce.”
“Ciao, mammina! Ho fame.”
“Vai a sederti da bravo, tra poco si fa colazione.”
Damian si sedette al tavolino rotondo vicino alla finestra e sistemò la tovaglia che la mamma aveva lasciato sulla sedia. Vivendo da soli, Ianira gli aveva insegnato molte cose, sebbene fosse ancora piccolo, perché era necessario che tutti collaborassero in casa. Il piccolo faceva tutto con educazione e volontà, era un bambino straordinario.
“Quella è per me?” domandò Damian, indicando una teglia sul forno.
“Sì, è per te. E’ quella al cocco, la tua preferita.”
Senza pensarci oltre, il bambino si munì di forchetta e piattino, in attesa che la mamma lo servisse. Ianira ridacchiò, quel bambino aveva uno stomaco troppo grande per la sua età. Quando il latte fu pronto, lo versò nella tazza di Batman e lo portò a tavola insieme alla torta. Damian iniziò a mangiare senza badare a nulla, spensierato come sempre. Ianira gettò un’occhiata fuori dalla finestra e per poco non si strozzò con la torta quando intravide Andy, in bagno, con un asciugamano in vita. Abbassò gli occhi e continuò a mangiare, anche se l’immagine del petto e dell’addome tatuati e tonici del giovane vicino l’avrebbe accompagnata per tutta la giornata. Frattanto, Damian aveva spazzolato la torta ed era tutto preso a svuotare la tazza di latte.
“Oggi andiamo a scuola, mammina?”
“No, pulce. L’asilo inizia tra due settimane. Oggi andiamo a fare la spesa e poi andiamo a trovare zio Fred al negozio di musica.”
“Posso avere un gelato?”
L’innocenza con cui il figlio le porse quella domanda la fece sorridere e gli accarezzò i ricci castani.
“Certo che puoi avere un gelato, a patto che tu faccia il bravo.”
“Spaziale!”
Ianira ancora non capiva per quale motivo Damian usasse la parola ‘spaziale’ per indicare stupore e felicità, forse l’aveva sentita in un cartone e ora la ripeteva ad oltranza.
“Andiamo a prepararci, pulce. Quei ricci hanno bisogno di una bel lavaggio!”
 
 
Andy si sciacquò la faccia un paio di volte, il suo cervello non voleva proprio svegliarsi. Aveva dormito poco, la testa gli faceva male e gli brontolava lo stomaco, ma in frigo non aveva nulla da mangiare. Tornò in camera e si vestì, indossando la polo rossa da lavoro, e si passò un filo di gel tra i capelli per tenerli abbastanza in ordine. Gli aveva tagliati solo due settimane prima, eppure erano già ricresciuti. Indossò le collane, l’orologio e l’anello di un teschio al dito medio della mano sinistra e una fascetta argentata all’indice destro, dopodiché si spruzzò qualche goccia di profumo. Mentre cercava il cellulare e le chiavi della macchina, vide la bottiglia di whiskey che era uscito a comprare nella notte. Era ancora sigillata e piena, non ne aveva bevuto nemmeno un goccio. Infatti, si sentiva uno straccio. Ricordò a se stesso il mantra che il suo terapista gli aveva insegnato: vivendo un giorno per volta; assaporando un momento per volta; accettando la difficoltà come sentiero per la pace. Lo ripeté finché i battiti del cuore non rallentarono, allora riaprì gli occhi e decise di nascondere la bottiglia nello sgabuzzino. Quando fu sul punto di uscire, sulla soglia per poco non sbatté contro qualcuno. Ianira e un bambino gli sorridevano a pochi centimetri. La ragazza indossava un semplice vestito azzurro a maniche corte e un paio di sandali bianchi, alle orecchie pendevano due piccole pietre blu.
“Ciao … ehm … ti serve qualcosa?”
“Oh, no, non mi serve nulla. Io e Damian – e qui fece cenno al bambino attaccato al vestito – siamo qui per ringraziarti per tutto l’aiuto di ieri. Sai, io non dormo quando cambio materasso, così stanotte mi sono messa a cucina e ti ho preparato una torta ai mirtilli e il caffè.”
Andy non poteva credere che Ianira fosse così gentile, non aveva mai conosciuto una persona tanto amabile. Le sorrise e accettò il cesto di vimini.
“Grazie per la torta, stavo giusto morendo di fame. Comunque, smettila di ringraziarmi, ma puoi tranquillamente prepararmi altri dolci!”
Ianira sorrise di rimando, era la prima volta che lo trovava più rilassato e disposto. Vide Andy abbassare la testa e seguì il suo sguardo cristallino: Damian contornava con il dito il logo di Batman sul suo braccio.
“Scusalo, è che Batman è il suo supereroe preferito. Andiamo, Damian, non infastidire il signore.”
“No – si precipitò a dire Andy – lascialo fare, è una sensazione piacevole.”
Intanto, curioso com’era, Damian stava già toccando tutti i tatuaggi che la sua bassa statura gli permetteva di raggiungere. Andy rimase sorpreso, era da tempo che nessuno gli dedicava una carezza tenera. Ianira lesse nei suoi occhi una profonda tristezza e in parte lo comprese, anche lei era stata triste a causa del padre di Damian.
“Sei colorato! Spaziale!” esclamò il piccolo tutto contento, tirando il braccio di Andy.
“Spaziale?” domandò allora il ragazzo a Ianira, che ridacchiò.
“Ripete quella parola quando qualcosa gli piace molto.”
“Oh, quindi io gli piaccio molto?”
Quella domanda la spiazzò, adesso alla tristezza si era aggiunta una lancinante solitudine.
“Certo che gli piaci! A lui piacciono solo le belle cose e le belle persone.”
Ad interrompere il loro gioco di sguardi fu Damian, che scrollò la mano della mamma per richiamarla.
“Andiamo sul carrello, mammina?”
“Sì, andiamo a fare la spesa. Scusa per il disturbo, Andy. Ti auguriamo buona giornata!” disse lei, sorridendogli.
“Buona giornata anche a voi.”
Prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, la testa riccioluta di Damian spuntò per salutarlo con la manina.
“Ciao!”
Andy rise e ricambiò il saluto con la mano.
“Ciao, Damian!”
 
 
Il ‘Mermaid Chant’ era il negozio di musica più piccolo e il più famoso di Santa Monica. Nel centro della città, a pochi metri dal molo, il negozio si ergeva su un pontile e si affacciava sul parco divertimenti. Fred lo aveva acquistato all’età di venti anni e da allora lo aveva fatto crescere sino a vincere prestigiosi riconoscimenti. Da trentacinque anni era il pioniere della buona musica. Andy spense la sigaretta e si tolse gli occhiali da sole, il suo capo desiderava vederlo sempre in ordine. La cosa gli faceva venire da ridere perché, se c’era una cosa in disordine in quel negozio, era Andy stesso. Da lontano, appostati sul retro, vide i suoi colleghi Benjamin, Maya e Nolan, i quali stavano bevendo caffè e fumando. Quando si avvicinò, la ragazza dai capelli verdi gli fece un cenno con la testa.
“Alla buon’ora, Biersack. Sei addirittura in anticipo di cinque minuti!”
Era vero, Andy negli ultimi due mesi arrivava sempre in ritardo di mezzo’ora o di un’ora, ma non dormiva e il suo malumore andava limato prima di incontrare gente.
“Pensa agli affari tuoi, Maya. Campi cento anni!” scherzò lui, poi le diede un rapido bacio sulla guancia e si appoggiò alla ringhiera. Le rubò di mano la sigaretta e la fumò tutta.
“Oggi arriva il nuovo capo, che seccatura.” Disse Nolan, spaparanzato sul materasso ad acqua che avevano comprato per i momenti di riposo. Fred doveva sottoporsi ad un intervento al ginocchio l’indomani e aveva lasciato la gestione temporanea del negozio a sua nipote. Di lei, però, non sapevano un granché.
“Come può essere una seccatura se non la conosci?” chiese Benjamin, gli occhiali sulla punta del naso e le mani in tasca. Nolan gli lanciò un’occhiata di sbieco e fece ricadere la testa sulla superficie molliccia del materasso.
“La conosco. So che è una donna, che ha un figlio, e che è abbastanza bruttina. Ho visto una sua foto e ha l’aria di essere una che se la tira.”
“Lei ha sempre parole così cortesi per gli altri?”
Il quartetto fu sorpreso dalla voce di una donna e si voltò verso di lei. Andy rimase pietrificato: Ianira era lì, a pochi passi da lui. Era stata lei a parlare. Nolan si tirò su e si grattò il collo in imbarazzo, aveva offeso il capo e già prevedeva una ramanzina.
“Mi perdoni. Sono un idiota.”
“Oh, non metto in dubbio che lei sia un idiota. Non è carino da parte sua giudicare qualcuno senza conoscerlo e sulla base del suo aspetto fisico. Io sarò anche brutta fuori, ma lei è brutto dentro, il che è peggio.”
La severità di Ianira zittì tutti. Andy si meravigliò di quel suo atteggiamento risoluto, quando un’ora prima era stata tanto accorta con lui. Però aveva ragione, l’aspetto fisico non è un parametro di giudizio valido. Maya spezzò la tensione quando tese la mano verso Ianira, che la strinse con un sorriso appena accennato.
“Piacere, sono Maya Rivers.”
“Io sono Ianira Lewis. Come avrete capito, sono la nipote di Fred e lo sostituirò fino al suo ritorno. Ci aspettano tre settimane di collaborazione e, mi auguro, di rispettosa convivenza.”
“Io sono Benjamin, e loro sono Andy e Nolan.” Intervenne un ragazzo paffuto, con la barba bionda e occhiali spessi. Ianira gli strinse la mano, poi fece lo stesso con Andy, fingendo di non conoscerlo, e infine si rifiutò di stringere quella di Nolan.
“Bene, direi di metterci al lavoro. Ho molto da imparare!”
Il gruppo rientrò in negozio, Nolan con la coda tra le gambe, mentre Andy tenne la porta aperta per far entrare Ianira.
“Tu sei la nipote di Fred? Incredibile.”
“Stamattina non ho fatto caso alla tua camicia e al logo stampato sopra, altrimenti te lo avrei detto.”
Gli occhi azzurri del ragazzo si spostarono sul pavimento, era strano il rapporto che si stava creando tra di loro. Ianira sospirò, forse delusa dal suo silenzio. Andy si morse le labbra e tornò a guardarla, era illuminata dai raggi del sole e sembrava quasi un’allucinazione. E sarebbe potuta esserlo, se si fosse scolato quella bottiglia di whiskey a cui, invece, aveva resistito.
“Non ti preoccupare. Mi fa piacere lavorare con te, almeno non dovrò sopportare Nolan da solo.”
“Allora andiamo a lavorare, collega.”
“Dov’è Damian?” le domandò, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Ianira lo seguì dentro il negozio, fino all’ufficio di Fred, dove entrò e lasciò la borsa sulla scrivania.
“L’ho lasciato con zio Fred e Serge, lo aiuta a tenere il morale alto e non pensare troppo all’operazione.”
Andy inarcò il sopracciglio e storse le labbra.
“Chi è Serge?”
Ianira lo guardò allibita e poi scoppiò a ridere, sedendosi sulla comoda poltrona nera.
“Serge è lo storico fidanzato francese di Fred! Non lo sapevi?”
“Che tuo zio è gay ed ha un fidanzato? No, ovviamente non lo sapevo!”
La reazione esagerata del ragazzo la fece ridacchiare.
“Stanno insieme da venticinque anni. Serge abita un po’ a Parigi e un po’ qui. E’ uno chef, perciò viaggia molto.”
“Ricapitolando: Fred è gay e ha un fidanzato francese, tu sei sua nipote, sei la mia vicina  e adesso sei anche il mio capo. E io che credevo che Santa Monica fosse una città monotona!”
Ianira sorrise e si portò una mano sulla fronte, era una situazione assurda. Andy, contro lo stipite della porta, ridacchiava, una ciocca gli cadde davanti agli occhi e si passò una mano tra i capelli per tirarli indietro.
“Chissà che altro ci riserva il futuro, Andy.”
“Lo scopriremo, miss Lewis.”
 
 
Ianira era esausta. Erano le cinque del pomeriggio e la giornata lavorativa non era ancora finita, ma lei non credeva di poter resistere altre due ore. Fred l’aveva lasciata ad occuparsi di tutte le forniture e delle bollette da pagare, inoltre doveva mettere in regola l’assicurazione sanitaria dei dipendenti. Dopo quella chiacchierata con Andy, si era chiusa nel suo ufficio e aveva lavorato senza sosta, eccetto per la chiamata con suo zio e con Damian. Al negozio erano arrivate almeno duecento persone in poche ore e lei ne fu compiaciuta, Fred non smentiva mai la sua bravura. Qualcuno bussò alla porta e fu l’occasione per staccare la spina per qualche istante.
“Avanti.”
La testa verde di Maya sbucò dalla porta con espressione preoccupata.
“Mi dispiace disturbare, ma in sala abbiamo bisogno di lei. C’è un problema con una cliente.”
“Grandioso.” Borbottò Ianira, si alzò e si fece accompagnare nella sala principale, quella dedicata ai vinili. Un gruppo di persone accerchiava una ragazza lacrime, Nolan e Andy. Ianira si fece spazio e raggiunse il fulcro della vicenda.
“Buongiorno. Sono la responsabile del negozio. Che sta succedendo?”
“Lui mi ha molestata!”
Intercettando lo sguardo della giovane, capì che l’accusato era Nolan. Andy, al suo fianco, se ne stava immobile come una statua.
“Venite nel mio ufficio e ne parliamo meglio. Andy, vieni anche tu!”
Benjamin e Maya confortarono la clientela che il dilemma si sarebbe risolto e invitò i presenti a proseguire con tutta calma. Quando Ianira fece accomodare la vittima lontana dai due ragazzi, si sedette accanto a lei e le diede un bicchiere d’acqua. La ragazza singhiozzava ancora.
“Raccontami com’è andata. Come ti ha molestata?”
“Io stavo sfogliando i vinili quando si è avvicinato per darmi una mano. Ho accettato, ma le cose sono degenerate quando ha cominciato a fare apprezzamenti troppo spinti sul mio fisico. Ho cercato di allontanarmi e di uscire, però lui mi ha afferrata per il polso. L’altro, quello con i tatuaggi, è intervenuto per aiutarmi.”
Ianira in cuor suo fu sollevata nel sapere che Andy non era coinvolto, ma era soprattutto disgustata dall’accaduto.
“Mi dispiace per quello che ti è capitato. Me ne prendo la colpa in prima persona e provvederò a risarcirti nel migliore dei modi, ma ciò non cancella l’offesa che hai subito. Da donna posso capire come ti senti. Chiama pure la tua famiglia e lascia che ne parlino con me.”
La ragazza annuì e uscì in corridoio per chiamare la madre.
“Io …” tentò di dire nolan ma Ianira sollevò il palmo per metterlo a tacere.
“Sei licenziato, questo è ovvio. Ti avverto che ti denuncerò alla polizia come molestatore e finirà sulla tua fedina penale.”
“Non può denunciarmi! Le ho solo detto che ha un bel culo! Non mi sembra un crimine!”
Nolan si gettò in avanti e Andy gli mise una mano sul petto per impedirgli di muovere un altro passo verso la donna.
“Datti una calmata, Nolan. La ragazza chiaramente era offesa dai tuoi commenti, eppure tu hai continuato fino a farla piangere. Te la meriti la denuncia.”
Ianira non staccò gli occhi di dosso a Nolan, guardandolo come se gli trivellasse la coscienza putrida che assecondava ogni suo gesto.
“Andy, per favore, accompagnalo fuori dal negozio con discrezione.”
Andy non disse una parola, si limitò ad afferrare il braccio del collega e a spingerlo fuori dalla stanza. Nolan, una volta fuori, si scrollò le sue mani di dosso e si sistemò la camicia sgualcita.
“Avresti dovuto difendermi con quella stronza che mi accusava! Sei un amico del cazzo, Biersack!”
“Per la miseria, smettila di urlare! Come ti posso difendere quando le accuse sono vere?”
“Fanculo a te, a lei, e a tutto questo cazzo di negozio!” strillò Nolan, mentre si incamminava con rabbia verso l’uscita sul retro.
“Che tranquilla giornata di lavoro!” esordì Benjamin alle sue spalle, e Andy gli riservò un’occhiataccia.
“Torniamo dentro, dai.”
 
 
“Mamma, posso accendere la TV?”
Ianira ispezionò il piatto di Damian per accertarsi che avesse mangiato, allora gli sorrise.
“Vai pure, pulce.”
Mise le stoviglie nel lavandino colmo d’acqua e iniziò a sciacquarle con calma. Aveva avuto una giornata infernale tra l’essere la nuova arrivata ed essere quella che denuncia un dipendente. I genitori della ragazza aggredita avevano solo chiesto di fare più attenzione in quanto erano molte le ragazze che trascorrevano ore intere in quel negozio, al che Ianira aveva promesso loro che sarebbe stata più vigile. Dopo la chiusura si era recata dalla polizia per sporgere denuncia e aveva atteso un’ora, poi era andata dall’altro capo della città per prelevare Damian da zio Fred. Era esausta e non vedeva l’ora di mettersi a letto. Mentre si accingeva ad asciugare le prime posate, suonò il campanello. Aperta la porta, non si stupì che fosse Andy. Aveva i capelli umidi e profumava di menta, doveva essere uscito dalla doccia pochi minuti prima.
“Ciao, Andy. Che ci fai alla mia porta?”
“Volevo chiederti se hai davvero sporto la denuncia. Sai, poco fa mi ha chiamato Nolan per dissuaderti.”
Ianira guardò Damian sdraiato sul divano a canticchiare la sigla di un cartone e chiuse la porta alle sue spalle, restando in corridoio con il suo vicino.
“L’ho denunciato senza perdere tempo. La polizia mi ha detto che Nolan ha diversi precedenti per guida in stato di ebbrezza e per disturbo della quiete pubblica.”
Andy irrigidì la mascella e si mise le mani in tasca, aveva lo sguardo colpevole.
“Quindi tu sai …”
“Sì, lo so. So che anche tu fai abuso di alcol, il tuo nome compare insieme a quello di Nolan in alcuni verbali.”
“Io ho smesso di bere.” Si difese il ragazzo ma Ianira fu irremovibile. Era ferma come quando aveva licenziato Nolan.
“Ascolta, Andy, a me non interessa la vita dei miei dipendenti fuori dal negozio. Non voglio e non devo immischiarmi nei tuoi affari. La vita è tua e sei tu a decidere come spenderla, a me non devi dare spiegazioni. Spero solo che i tuoi problemi non intacchino il negozio.”
Andy si morse la guancia dall’interno, si sentiva gettato via come un sacco della spazzatura. Se Ianira gli era sembrata la gentilezza in persona il giorno prima, adesso gli sembrava la moralità in persona.
“Ho recepito il messaggio. Niente casini.”
“Già, niente casini. Adesso devo rientrare. Buonanotte.”
Prima che Andy potesse rispondere, la porta si chiuse, lasciandolo allibito per qualche istante.
 
 
Eccolo, di nuovo, seduto, la bottiglia di whiskey ad un palmo dal naso. La fissava nella speranza di resistere. Doveva farlo. Avrebbe potuto berne un solo goccio e scaricarla nel water. No. Non poteva. Non doveva. Poteva resistere. Sì, poteva farcela. Dopo la riabilitazione aveva smesso del tutto, ma poi i problemi lo avevano soffocato tutti insieme e lui si era soltanto consolato come meglio sapeva fare. Udiva le risate di Ianira e Damian provenire dal soggiorno, erano forti e gioiose. Lui, invece, sedeva al buio di fronte ad un vecchio nemico. Gli venne in mente la risata di Jennifer, amava farla ridere per quelle rughe che le si formavano intorno agli occhi. Amava Jennifer e basta. Erano stati insieme per sei anni, era stata la sua prima ragazza seria ed era stata l’amore della sua vita. Tutte cose successe una vita fa, una vita decisamente migliore. Il pensiero di Jennifer quasi lo obbligava a stappare quella bottiglia e a berla a grandi sorsate. No. Non poteva. Lo aveva promesso a sua madre, aveva promesso di smetterla con quella merda che gli aveva rovinato la vita e che lo aveva quasi ucciso in più occasioni. Si accese una sigaretta, doveva placare la mente e sfogare i nervi. Ianira gli aveva riservato lo stesso sguardo deluso che sua madre gli aveva rivolto quando, tornato dall’ennesima sbronza, era crollato al suolo. Gli vennero gli occhi lucidi, sua madre lo credeva felice e sobrio a Santa Monica, e in realtà era spesso triste e brillo. Si alzò, tirò fuori dal frigo la torta di Ianira e andò a letto a mangiarla. Era soffice e squisita. Una forchettata seguì l’altra fino a quando non restarono solo le briciole. A stomaco pieno, non ci pensava più a bere. Prese il whiskey e lo fece scorrere nel water, dopodiché lo scaricò. Buttò la bottiglia e spalancò la finestra per liberarsi del pregnante odore di alcol nel soggiorno. Fumò una, due, tre, sette sigarette. A bassa voce recitò il mantra che da anni lo aiutava a restare concentrato: che io possa essere ragionevolmente felice in questa vita.
 
 
 
Salve a tutti! :)
Ecco che la storia e i personaggi iniziano a delinearsi.
Chissà che succederà tra Andy e Ianira.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Al chiaro di luna ***


3. AL CHIARO DI LUNA


Tre settimane dopo.
Ianira sorrise a Serge e accettò la tazzina di caffè che le stava porgendo. Al suo fianco, chino su un pasticcino coperto di glassa, c’era Damian. Si erano svegliati ben presto per recarsi da zio Fred a fargli visita dopo che era stato dimesso. L’intervento al ginocchio era andato bene e ora lo attendeva un mese di convalescenza. Erano ormai passate tre settimane, quella sarebbe stata l’ultima che Ianira viveva come direttrice del negozio. Mancavano pochi giorni all’inizio della scuola e a lei sarebbe subentrato Serge, che aveva terminato uno corso di cucina in Croazia e poteva dedicarsi all’attività. Fred raggiunse il soggiorno per mezzo delle stampelle e si sedette sul divano, come gli aveva consigliato il medico.
“Buongiorno a tutti, bella gente!” disse, girandosi e sorridendo alla sua famiglia. Serge gli diede un bacio a stampo e gli cacciò una tazza di the in mano.
“Bonjour, mon amour.”
“Che cosa hai detto?” domandò Damian al francese, confuso per quella strana lingua. Serge ridacchiò e gli accarezzò i capelli riccioluti.
“Gli ho detto ‘buongiorno, amore mio’.”
Damian, allora, corse ad abbracciare la sua mamma e le regalò un bacino sulla fronte.
“Bonjour, mon amour!” ripeté, riproducendo un francese perfetto. Ianira lo strinse forte e gli tempestò le guance paffute di baci e carezze.
“Ti voglio bene, pulce.”
“Anche io, mammina.”
“Ianira, vieni qua a chiacchierare col tuo vecchio zio.”
Ianira lasciò che il piccolo tornasse al suo dolciume e lei prese posto accanto a Fred, che si gustava il suo the caldo.
“Di cosa dobbiamo chiacchierare?”
“Ho notato che hai lo sguardo assorto. Va tutto bene, mia cara?”
No, le cose non andavano del tutto bene. Da tre settimane non parlava con Andy, se non quando era necessario discutere di lavoro al negozio o quando si incrociavano sul pianerottolo. Si lanciavano occhiate furtive e sorrisi di circostanza, ma il bel rapporto che si era creato sin da subito era scemato. Non voleva che i problemi di Andy risucchiassero anche lei in un vortice senza fine, aveva già le sue battaglie da affrontare e non le serviva lasciarsi coinvolgere da quelle altrui.
“Sì, zio, va tutto bene.”
“Bugiarda. Riconosco la preoccupazione nei tuoi occhi e sono sicuro che abbia a che fare con qualcuno in particolare.” Disse Fred, bevendo un altro sorso di the. Ianira iniziò ad attorcigliarsi attorno al dito una ciocca di capelli in modo nervoso.
“Ah, sì? E chi sarebbe questo qualcuno?”
“Un bel giovane dagli occhi azzurri e di nome Andy. Dico bene?”
La ragazza non rispose, anzi posò lo sguardo sul pavimento lucido.
“Forse.”
“Quel ragazzo è senza dubbio pieno di problemi, mia cara, e io so quanto ti attiri questo genere di persona. Ti piace aiutare i bisognosi e questa volta ti si presenta l’occasione proprio sotto al naso.”
“Questa volta devo stare al mio posto.” Replicò Ianira con voce risoluta. Fred le prese la mano e la strinse debolmente, poi sorrise.
“Questa volta non devi stare al tuo posto.”
 
 
Andy entrò nel negozio con gli occhiali da sole e la sigaretta in bocca. Quella mattina, come tutte le altre, non aveva voglia di entrare in contatto col mondo. Non stava bene, voleva solo tornare a casa e crogiolarsi nel letto. Il primo a incontrare fu David, il nuovo assunto al posto di Nolan. Era sempre gentile, educato e disponibile con tutti, e per questo Andy lo odiava. Sembrava il classico bravo ragazzo che si divide tra casa e chiesa. Inoltre, cosa ben peggiore, Ianira lo adorava e andavano molto d’accordo. Erano più di quindici giorni che i rapporti con lei si erano congelati, parlavano se erano costretti, e per il resto stavano a debita distanza. Odiava che lei lo tenesse lontano per qualche birra di troppo e un paio di verbali della polizia, ma al tempo stesso capiva che era una forma per proteggere se stessa e Damian.
“Buongiorno, Andy. Come stai oggi?” gli domandò David, quel suo dannato sorriso sempre allegro a increspargli le labbra. Andy lo sorpassò per avvicinarsi al frigorifero e prendere una bottiglia d’acqua.
“Starei meglio se tu non ci fossi.”
“Wow, qualcuno è corrosivo quanto l’acido!” commentò Maya, seduta dietro al bancone con una rivista in mano. Benjamin, invece, stava sistemando alcuni dischi appena arrivati. Andy li ignorò, aveva mal di testa e gli veniva da vomitare. Il sonaglio a forma di violino tintinnò quando la porta si aprì e Ianira entrò.
“Buongiorno a tutti, ragazzi!”
Indossava un abitino grigio che metteva in risalto le sue forme armoniose e Andy la osservò per qualche istante. David le andò incontro e l’abbracciò.
“Buongiorno a te, raggio di sole.”
Ianira gli sorrise e ricambiò l’abbraccio, al che Maya e Benjamin si lanciarono sguardi eloquenti. Anche Andy si stava convincendo del fatto che David avesse una cotta per Ianira, ma restava da capire se fosse ricambiato. L’ennesimo conato gli rivoltò lo stomaco, così si scusò e andò in bagno. Stava troppo male.
 
 Ianira si tolse gli occhiali da vista per tamponarsi gli occhi e riposarsi, stava compilando documenti su documenti da almeno un’ora. David le aveva fatto visita già tre volte, ma lei ogni volta sperava che fosse Andy. Lo aveva notato appena aveva messo piede nel negozio, isolato in un angolo, con la sigaretta in bocca e una bottiglietta di acqua in mano. Sembrava più pallido del solito. Forse zio Fred aveva ragione, forse Andy aveva bisogno di aiuto e lei poteva darglielo.
“Ianira!” sentì la voce di Benjamin chiamarla dal corridoio e il tono allarmato la fece preoccupare.
“Che succede?”
“Andy è in bagno da quaranta minuti, non esce e non risponde. Non sappiamo cosa fare.”
“Nel primo cassetto della scrivania c’è una copia delle chiavi del bagno, prendile e portamele.”
Giunta davanti al bagno, vide David e Maya intenti a bussare.
“La porta è chiusa a chiave.” Le disse la ragazza, visibilmente agitata. Ianira afferrò la maniglia e bussò un paio di volte.
“Andy! Stai bene? Mi senti? Andy!”
Ad ogni colpo che andava a vuoto, il suo cuore pompava più sangue. Era stravolta. Benjamin tornò con la chiave e gliela passò, allora lei la infilò nella toppa e aprì la porta. Andy giaceva sul pavimento, sudato e bianco in volto, con una ferita sanguinante sulla fronte. Doveva essere svenuto e aver battuto la testa sul lavandino. Ianira si inginocchiò e, accertatasi che respirasse ancora, lo scosse delicatamente.
“Andy? Svegliati, forza. Andy!”
Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte prima di riprendere i sensi. Avvertì un dolore allucinante alla testa e richiuse gli occhi per il dolore. Ianira gli accarezzò lo zigomo mentre lo stringeva a sé, proprio come farebbe una mamma.
“Ehi, come ti senti?”
“Non morto.” Rispose Andy, facendola ridere. Sì, stava bene.
“Voi tornate a lavorare, me ne occupo io.”  Disse Ianira agli altri tre, che si defilarono in un battito di ciglia. Rimasti da soli, Andy pian piano si mise seduto contro la parete piastrellata e si portò le dita alla fronte. Sbarrò gli occhi quando si accorse del sangue.
“E’ profondo il taglio?”
Ianira gli scivolò di fronte e gli afferrò con cautela la testa per esaminare meglio la ferita. Andy dovette tenere gli occhi fissi sulle mattonelle del pavimento per non fissare la scollatura della ragazza ad un soffio dal naso.
“Non è profondo. Non serviranno i punti. Basterà disinfettarla e metterci un bel cerotto. Che cosa ti è successo?”
Ianira lo aiutò a mettersi in piedi e lo fece accomodare sul divano del suo ufficio, poi bloccò la porta e si mise alla ricerca della cassetta del pronto soccorso.
“Sono svenuto.”
“Tutto qui? Sei svenuto? Sei un pessimo attore, Andy.”
Andy inarcò il sopracciglio, non amava essere interrogato. La ragazza impregnò un batuffolo di ovatta con il disinfettante e si mise davanti a lui. Trasalì quando la ferita bruciò a contatto con la sostanza medica, ma il fastidio era sopportabile grazie al modo in cui lei si muoveva.
“Sono svenuto perché non mangio e non dormo bene negli ultimi tempi. Tra l’altro, ho anche smesso di bere e l’astinenza inizia a farsi sentire.”
“Ti si addice di più la verità.” Gli disse Ianira con un sorriso, continuando a pulirgli il sangue dalla fronte. Si allontanò un attimo solo per raccattare un cerotto dalla borsa e glielo sistemò sulla ferita pulita.
“Questo cerotto di Winnie The Pooh mi dona, mi rende più affascinante!” esclamò Andy, guardando la faccia dell’orsetto sul cerotto. Ianira scoppiò a ridere.
“Scusami, ma sono quelli che uso per Damian. Però hai ragione, ti dona proprio!”
Andy abbassò lo sguardo e sorrise, si sentiva già meglio. Riportando gli occhi su Ianira, si rese conto del sangue che le imbrattava il vestito. Istintivamente le toccò col pollice il fianco, su cui c’era la macchia, e la sentì trattenere il respiro. Ritrasse la mano immediatamente.
“Ti ho rovinato il vestito, perdonami. Oggi non è proprio la mia giornata.”
“Non dire così. Le cose si aggiusteranno, vedrai. Devi darti il tempo di rimediare.”
“E come rimedio a questa emicrania che mi sta uccidendo?” fece Andy, evitando il discorso centrale. Ianira sospirò, quel ragazzo andava preso a piccole dosi e con i guanti bianchi, era troppo fragile che sarebbe potuto andare in frantumi con poco.
“Adesso ti accompagno a casa, prendi un’aspirina e vai a dormire. Stasera sarai ospite da noi per cena, hai bisogno di un pasto concreto. Non accetto un no come risposta.”
Andy si morse le labbra ma non riuscì a nascondere un sorriso. forse non era solo come credeva.
“D’accordo. Accetto volentieri.”
 
 
Erano le otto quando Ianira e Damian apparecchiarono la tavola. Si erano divertiti a cucinare insieme e a riordinare la casa con la musica ad alto volume. Erano una coppia inseparabile, non erano solo mamma e figlio, erano anime gemelle. Adesso ammiravano il risultato del loro duro lavoro: una pentola di carbonara e una di carne e peperoni emanavano un ottimo profumo dalla cucina.
“Siamo stati proprio bravi. Dammi il cinque, mammina!” disse Damian, battendo la piccola mano con quella della mamma.
“Andy apprezzerà molto la nostra cena.”
In quel preciso momento suonò il campanello e il bambino slittò in soggiorno per accogliere l’ospite. Quando la porta si aprì, lo sguardo di Andy scese fino a riconoscere quello di Damian, che sorrise raggiante.
“Bonjour, mon amour!”
La risata di Ianira riecheggiò nella stanza e Andy inarcò il sopracciglio.
“Mi sono perso qualche lezione di francese, per caso?”
“Serge glielo ha insegnato stamattina e adesso lo ripete come se fosse un saluto da rivolgere a chiunque. Entra, accomodati pure.”
“Ti faccio vedere la mia cameretta!” esultò Damian, gli afferrò la mano e lo trascinò nella sua stanza. Andy lo tenne fermo per un momento, il tempo di dare alla padrona di casa una busta. Ianira scosse la testa e sorrise.
“Ho portato il gelato. Avrei voluto cucinare qualcosa, ma sono negato.”
“Va benissimo così. Grazie mille.”
I due uomini tornarono da lei venti minuti dopo, chiacchieravano e ridevano tra di loro. Andy era la prima persona di sesso maschile con cui Damian si apriva facilmente a causa dei disagi prodotti dal padre. Quando il bambino si congedò per lavarsi le mani, Andy si intrufolò in cucina. Ianira, con un grembiule rosa in vita, stava riempiendo i piatti. Era strano vederla con indosso pantaloni grigi di tuta, una t-shirt blu e le infradito, quando a lavoro vestiva più sofisticata. Non capiva come Nolan potesse definirla brutta. Certo, non era la bella ragazza che per strada attira l’attenzione, ma a lui colpiva tutta quella bellezza naturale e spontanea.
“Posso aiutarti?”
Ianira sussultò e si girò con una mano sul cuore, facendolo ridacchiare.
“Sì, puoi smetterla di arrivare di soppiatto. Aiutami a portare i piatti di là.”
“Agli ordini, capitano!”
“Di che avete parlato tu e Damian?” chiese lei, poggiando due piatti sul tavolo del soggiorno, mentre Andy posava un piatto e la pentola di pasta.
“Cose da ragazzi, tu non puoi saperle.”
“So essere molto persuasiva, Andrew.”
“Mi hai davvero chiamato Andrew? Le persone non mi chiamano così da quando ho dieci anni!” disse il ragazzo, divertito e sbigottito insieme. Ianira ghignò e fece spallucce.
“Io non sono le altre persone. E poi, Andrew è un bel nome, è delicato, un po’ come te.”
“Delicato non è l’aggettivo che userei per definirmi.”
“E quale useresti?”
Miserabile.
Uno silenzio agghiacciante piombò su di loro, ma non voleva dividerli, anzi sembrava che comunicassero tramite esso. Ianira ci aveva visto giusto sin da subito: tristezza e solitudine erano il marchio di quel ragazzo.
“Hai anche un aggettivo per definire me, Andrew?”
“Assolutamente sì. Buona.”
“Dovete guardarvi ancora in faccia o possiamo mangiare? Io ho fame!” disse Damian, spezzando quel vincolo di sguardi venutosi a formare tra di loro. Entrambi si misero a ridere per le parole del bambino.
“Sì, pulce, possiamo mangiare.”
Quando Andy si sedette, vedendo Damian e Ianira a loro agio, si sentì inspiegabilmente leggero e sereno, come non capita da mesi. Se sentì a casa.
 
 
Damian si stava rilassando sul divano a mangiare il gelato e a guardare un programma tv sui vulcani. Andy si era offerto di lavare i piatti mentre Ianira riponeva le stoviglie al posto e spazzava a terra. Era stata una bella serata: avevano parlato di tante cose, avevano scherzato e riso, avevano mangiato e bevuto in un clima di felicità. Ianira, aspettando che il ragazzo terminasse i servizi, si appoggiò contro la cucina e di sottecchi ne ammirò i lineamenti affilati del viso, i capelli neri che gli cadevano sulla fronte, il piercing al naso, i tatuaggi che si rincorrevano sulle braccia in linee scure e intricate. Era bello da mozzare il fiato, dovette ammetterlo. Scostò lo sguardo quando Andy ripose l’ultimo piatto nel mobiletto.
“Finito. Credo sia la prima volta che lavo i piatti.”
“Scherzi, vero? “
“No, sono serio. Mia madre non voleva che mettessi mani in casa per paura che rompessi qualcosa e Jennifer chiamava una signora delle pulizie per ..”
Lo aveva fatto. Aveva pronunciato quel nome ad alta voce e ad un’altra persona. Si morsicò il labbro nella speranza di potersi rimangiare tutto. Ianira, resasi conto del suo disagio, improvvisò.
“Io voglio altro gelato. Tu?”
“Sì, sì, anche io.”
Preparò in fretta altri due bicchiere di gelato alla vaniglia e presero posto su una piccola panca lignea sul balcone. La brezza fresca di settembre era piacevole e le stelle brillavano luminose nel cielo come un’esplosione di diamanti.
“Questo gelato è proprio buono, vero?” strillò Damian dal divano, sdraiato in modo scomposto. Andy rise, quel bambino era stupendo. Ianira sospirò divertita.
“Sì, è buono. Ora va a pulirti la bocca, hai i baffi bianchi!”
“Tuo figlio è incredibile. Ha un carattere meraviglioso.”
“Ti ringrazio. Io e mia mamma abbiamo fatto un buon lavoro.”
“E il padre che fine ha fatto? Se ti va di parlarne.”
Ianira lasciò perdere il gelato, si perse ad osservare il cielo stellato, almeno quello non cambiava mai.
“Ho conosciuto suo padre all’università. Ci siamo innamorati subito. Stavamo bene insieme, eravamo felici, e dopo la laurea siamo andati a convivere. Avevo ventidue anni quando sono rimasta incinta. Era contenta, in fondo l’età era giusta e avevo da poco completato gli studi. Anche lui era contento, ma le cose sono peggiorate quando è stato assunto come fotografo a Los Angeles e ha iniziato a frequentare la movida californiana. Io da Londra non potevo tenerlo sotto controllo, potevo solo fidarmi e lo feci, lo amavo e credevo che non sarebbe cambiato. Invece, quell’incarico distrusse tutto quello che avevamo costruito. Al quinto mese di gravidanza ho rischiato di perdere il bambino, l’ho pregato di tornare per starmi accanto, ma lui disse che non poteva e non tornò a casa per un mese. Un giorno chiesi a mia madre di accompagnarmi a Los Angeles perché volevo vedere con i miei occhi cosa lo trattenesse. Si era innamorato di una ragazza, ma lei era sposata e non potevano stare insieme come volevano. L’ho lasciato all’istante, sono rientrata a Londra e sono andata a vivere da mia madre, poiché mio padre vive in Grecia da diciassette anni per lavoro e con la sua nuova famiglia. Lui non mi ha più cercato, mi ha chiamato solo il giorno del parto e poi è sparito di nuovo. Era talmente innamorato di quella donna da non preoccuparsi neanche di suo figlio. Io non gli ho chiesto di riprovare, l’ho semplicemente liberato da un peso. Ora ogni tanto mi chiama per sapere come sta Damian, ma non so se stia con quella donna o meno. Ecco la mia storia, una come tante altre.”
Andy rimase zitto per qualche secondo, mantenendo lo sguardo sul gelato che si stava sciogliendo nella tazza. Ianira non era arrabbiata o triste, quei brutti ricordi non l’avevano turbata come avrebbero dovuto.
“Il fatto che sia una storia come tante altre non la rende meno triste.”
“Nella vita devi imparare a crucciarti per i veri problemi, Andy. Ho avuto mia mamma, Fred e Serge al mio fianco, e poi è arrivato Damian. Non importa che suo padre ci abbia lasciati, io ho comunque avuto il mio lieto fine. La vita è troppo breve per angosciarsi per tutto.”
“Hai un coraggio ammirevole.” Disse lui, la testa bassa e la voce roca. Ianira gli toccò leggermente la spalla e vi strofinò contro il pollice.
“E la tua storia qual è?”
“Ero sposato fino a un anno fa, in realtà divorzieremo ufficialmente tra un mese. Ho incontrato Jennifer in un negozio di musica, lei cercava una chitarra ed io uno spartito per la mia musica. Ci siamo frequentati per un anno, poi ci siamo messi insieme, e due anni fa le ho chiesto di sposarmi. Non è mai stata una relazione facile. Ci lasciavamo e ci riprendevamo in continuazione. Sapevo che era sbagliato, ma mi dicevo che, se ogni volta tornavano insieme, stava a significare che ci amavamo davvero. Entrambi in passato avevamo avuto problemi di alcol e insieme abbiamo deciso di intraprendere la riabilitazione, io ne sono uscito completamente ma lei qualche volta ci ricascava. Un giorno ci siamo lasciati come da copione, allora io dopo poche ore sono andato a cercarla e lei stava baciando un altro. Quella sera stessa l’ho lasciata, ho fatto i bagagli e me ne sono andato senza guardarmi indietro. Erano quattro anni che non bevevo, però un mese fa ho ripreso questa cattiva abitudine. Ho smesso di nuovo dopo che hai licenziato Nolan. Se non mi avessi invitato a cena, molto probabilmente mi sarei scolato una bottiglia intera.”
“Perché bevevi in passato e perché lo fai anche adesso?”
Andy, sentendosi sotto pressione, si accese una sigaretta e prese due tiri per calmarsi, poi parlò.
“Ho cominciato all’età di diciotto anni senza alcun motivo apparente, forse ero stanco degli insulti dei miei compagni di scuola e voleva sfuggire dalla realtà. Poi è diventata una mania e non ne ho più fatto a meno. Ora bevo perché Jennifer ha firmato le carte del divorzio in via definitiva, perché mi sento solo e senza uno scopo nella vita.”
“Hai detto che in quel negozio cercavi uno spartito. Tu suoni?” la domanda di Ianira era mossa da pura curiosità e dal fascino che suscitava quel ragazzo. Andy espirò il fumo e fece un mezzo sorriso.
“Io canto, o almeno ci provo. Avevano intenzione di comporre un album, ma il divorzio ha inibito la mia creatività e la mia voglia di fare musica.”
“Ce l’hai uno scopo nella vita, Andrew. Devi solo lasciarti il passato alle spalle e concentrarti sul tuo album. Sono certa che sarebbe un capolavoro.”
 “Hai troppa fiducia in me.”
Ianira si alzò dalla panca e raccolse le tazze, continuando a guardarlo negli occhi.
“Perché so che è ben riposta. Impegnati, studia, rimedia agli errori e scrivi quell’album!”
Andy fu improvvisamente scosso da un brivido di adrenalina, sembrava potesse conquistare il modo seduta stante. Era la positività di Ianira a travolgerlo.
“Seguirò il tuo consiglio, forse ho trovato la mia musa ispiratrice.”
La ragazza arrossì e sorrise, aveva inteso si riferisse a lei. Gettando uno sguardo all’interno, vide Damian addormentato e raggomitolato sul divano.
“Devo mettere a letto la pulce.”
“Faccio io, se posso.” Disse Andy, e lei annuì. Il ragazzo prese in braccio il bambino e seguì Ianira in cameretta, dove lo sistemò nel letto e lo coprì.
“Buonanotte, mammina. Buonanotte, Andy.” Sussurrò Damian, gli occhi chiusi e la voce ridotta ad un filo. Ianira gli baciò la fronte e Andy gli accarezzò la guancia.
“Buonanotte, campione.”
 
 
Erano circa mezzanotte quando Ianira rise per l’ennesima battuta di Andy. Dopo essersi occupati di Damian, si era seduti sul divano e avevano continuato a parlare per altre tre ore. Raccontavano le proprie avventure, ridevano, riflettevano, e poi giù a ridere di nuovo. Avevano stabilito un equilibrio perfetto nel loro rapporto, entrambi ne erano felici.
“E’ tardi. Dovrei andare.” Disse Andy, controllando l’orario al cellulare. Ianira ripensò alle sue parole e lo bloccò sulla soglia agguantandogli il polso.
“Resta qui. Resta a dormire, il divano è libero.”
“Sei sicura?”
“Non voglio lasciarti da solo.”
Andy incatenò gli occhi azzurri a quelli scuri di lei e a sua volta le strinse la mano. Le loro dita si intrecciarono come se fossero fatte per legarsi. Sorrise.
“Resto.”
 
Salve a tutti! ^_^
Dopo qualche screzio i nostri protagonisti hanno fatto amicizia.
Vedrete più avanti come si evolverà la situazione.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Scommettiamo un bacio ***


4. SCOMMETTIAMO UN BACIO
 
Un mese dopo.
Ianira si sciolse in un sorriso quando Andy affondò la guancia nel cuscino. Da un mese dormiva quasi tutte le notti sul suo divano, rannicchiato contro lo schienale e sotto le coperte. Ottobre era ormai inoltrato e la frescura autunnale iniziava a farsi sentire. La loro amicizia si era evoluta, trascorrevano ogni momento libero insieme, pranzavano e cenavano insieme, facevano lunghe passeggiate durante le quali Damian stava avanti a loro in bicicletta, si recavano in spiaggia per ammirare il mare e mangiare un gelato, e si confidavano i propri pensieri e le proprie paure su quella panca sul balcone che aveva visto nascere il loro rapporto. Erano le sette e la luce del mattino che filtrava dalla finestra illuminava il viso spigoloso del ragazzo e il suo fisico asciutto, al che Ianira non poté resistere e lo disegnò sul suo album. Tracciò i ciuffi scuri davanti agli occhi, il profilo del naso, le labbra schiuse, il braccio destro piegato, e la porzione di addome muscoloso che la maglia sollevata lasciava intravedere.  Poi con il colore nero tratteggiò i tatuaggi cosparsi sulla pelle nivea, quelli sul collo, sulle braccia e sulle dita. Era talmente bello che Ianira si lasciò sfuggire un sospiro. Tanto bello quanto impossibile, si disse. Andy era il tipico bel ragazzo che in una come lei, non particolarmente attraente, vede solo un’amica. Non poteva negare di provare qualcosa per lui, le piaceva, però doveva rassegnarsi all’idea che non potesse accadere nulla di romantico tra di loro.
“Buongiorno, splendore.” Mormorò Andy con la voce assonnata, tenendo gli occhi coperti dal braccio. Ianira richiuse l’album e depose le matite nell’astuccio, poi sorrise per quel bizzarro nomignolo che le aveva affibbiato settimane fa.
“Buongiorno a te, Andrew.”
Il ragazzo si mise a sedere lentamente e si portò i capelli indietro con le dita, si guardò intorno e ridacchiò.
“Il fatto che sei la mia migliore amica non ti autorizza a chiamarmi col nome di battesimo.”
“Mmh, farò finta di averti dato ascolto. Parlando di questioni importanti, la colazione la prepari tu oggi. E’ il tuo turno. Io vado a svegliare Damian.”
“Tu adori proprio torturarmi.”
Ianira, in piedi al suo fianco, lo colpì giocosamente al petto.
“Oh, sì, non sai quanto. Ora muoviti, ho fame.”
“Ai suoi ordini!” disse lui, muovendosi verso la cucina. Mise la caffetteria sui fornelli, prese i biscotti dalla dispensa e li mescolò col latte in una tazza per Damian. Quella era diventata casa sua in quel mese, tornava nel suo appartamento solo per lavarsi e vestirsi, ma per il resto abitava con Ianira e Damian. Stare con loro lo aiutava a restare concentrato, a non bere e a mantenere uno stile di vita equilibrato riguardo al cibo e al sonno. Era tornato anche a comporre canzoni e il suo album stava pian piano prendendo forma, e tutto questo grazie a due persone che fino a due mesi prima erano estranei. Mentre si accingeva a scaldare i cornetti, il cellulare di Ianira prese a squillare. Sullo schermo comparve il titolo: P.M.
“Andy, rispondi tu, per favore!” gridò Ianira dalla cameretta, allora lui sbloccò il cellulare e accettò la chiamata.
“Pronto?”
“Salve. Questo è il numero di Ianira Lewis?”
“Sì, è il suo. Chi la cerca?”
“E’ una faccenda privata, vorrei discuterne solo con Ianira.”
In quel momento la ragazza entrò in cucina con Damian ancora intontito dal sonno e quindi accoccolato al petto della mamma. Le diede il cellulare e in cambio prese il piccolo in braccio.
“E’ per te.”
“Sono Ianira, chi parla?”
Di colpo l’espressione di Ianira si adombrò. Assicurandosi che Damian stesse mangiando, si allontanò in soggiorno. Andy si domandò chi fosse quell’uomo e ne fu quasi geloso perché aveva interrotto quella mattinata iniziata nel migliore dei modi. Origliando quanto più poté, avvertì la voce tesa e nervosa della ragazza, la vide camminare avanti e indietro e gesticolare animatamente. La chiamta si concluse un paio di minuti dopo. Ianira si sedette sul divano e si passò le mani sul viso.
“Che succede?” le domandò Andy preoccupato.
“Era Peter, il padre di Damian. E’ in città per un servizio fotografico e vuole incontrare Damian per portarlo a fare un giro allo zoo questo pomeriggio.”
“E tu che ne pensi?”
“Penso che sia troppo presto. Voglio dire, Damian non vede suo padre da più di un anno e lo ha sentito per telefono almeno sei mesi fa. Ci vuole una certa preparazione perché si abitui all’idea di incontrarlo, non può avvenire tutto all’improvviso. Ho provato a dirlo a Peter, ma lui ha già ottenuto il consenso degli assistenti sociali. Non ho altra scelta.”
Andy l’affiancò e le circondò le spalle con il braccio, lei premette la fronte contro il suo petto e gli strinse la maglietta.
“Andrà tutto bene, Ianira. Lo diremo insieme a Damian e vedrai che capirà, è un bambino intelligente e forte, se la caverà alla grande. Ci sono io con voi, non vi lascio.”
“Grazie.”
 
 
Alle quattro in punto terminò la riunione dei docenti e Ianira lasciò la scuola in fretta. Alle cinque aveva appuntamento con Peter al pontile della spiaggia, nei pressi del negozio di zio Fred. Damian tutto sommato aveva appreso la notizia con serenità, benché all’inizio avesse versato qualche lacrima. Andy gli aveva promesso che dopo lo zoo sarebbero andati a mangiare una pizza e il piccolo si era lasciato convincere. Però lei non era affatto contenta, anzi era di cattivo umore dopo quella telefonata. Peter aveva la pessima abitudine di ricordarsi raramente di essere un padre e sbucava dal nulla con tanto di pretese, che dovevano essere soddisfatte per evitare che la custodia del bambino andasse a lui. Raggiunse il parcheggio dell’asilo in una decina di minuti e scese dall’auto per attendere l’uscita di Damian con gli altri genitori. Quando il cellulare trillò, lo tirò fuori con il terrore che fosse ancora Peter.
Un messaggio ricevuto: ci vediamo alle cinque davanti allo zoo e poi aspettiamo Damian in spiaggia. Ci vediamo tra poco, splendore. (Andy)
Un messaggio inviato: adoro l’idea. A tra poco ;) (Ianira)
Un’orda di bambini si riversò all’ingresso e tra questi, rumorosi ed entusiasti, c’era Damian che camminava piano insieme a Bill, il suo amico con le gambe ingessate. Riconoscendo la sua mamma, salutò gli amichetti e corse da lei, che lo abbracciò forte.
“Ciao, mammina!”
“Ciao, pulce. Com’è andata oggi?”
“E’ andata bene. La maestra ci ha fatto disegnare la nostra famiglia e io ho disegnato me, te, Andy, zio Fred e zio Serge, nonna e Maddie. Guarda, guarda!”
Damian le sventolò il foglio sotto il naso e, quando lei lo scrutò, ne sorrise compiaciuto. Ianira intercettò una figura slanciata, vestita di nero, con le braccia segnate e gli occhi azzurri, e capì che era Andy. La sua figura stringeva quella di una donna vestita di rosa, con lunghi capelli marroni, una torta nella mano destra e un pennello della sinistra, e quella era lei.
“Perché io e Andy siamo mano nella mano?”
“Perché vi volete bene e ci si stringe la mano quando ci si vuole bene. Come facciamo noi due, vedi?” disse Damian, scuotendo le loro mani intrecciate con enfasi. Ianira pensò che il suo legame con Andy dovesse essere davvero forte se anche un bambino di quattro anni se ne rendeva conto. Scrollò la testa, aveva altro a cui pensare.
“Andiamo a preparaci per vedere papà, su.”
“E poi la pizza con Andy!” esclamò il piccolo, ignorando del tutto le parole della mamma tanto era preso dalla prospettiva della pizza con Andy.
 
 
L’insegna dello zoo si stagliava nella sua grandezza contro il grigiastro cielo pomeridiano di Santa Monica. Ianira e Damian si erano da poco seduti su una panchina per l’arrivo di Peter. Il bambino era un po’ agitato, giocava con il braccialetto al polso e si grattava spesso il collo, come faceva quando qualcosa non gli andava bene. Ianira, vedendolo così, aveva voglia di mettersi a piangere e portarlo via, ma sapeva bene di non poterlo fare. Doveva rassicurarlo e non preoccuparlo ancora di più.
“Hai messo tutto nello zainetto, pulce?”
“Sì. Un pacco di fazzoletti, le salviettine per le mani, una bottiglia d’acqua e qualche spicciolo.”
“Bravo. Sono sicura che ti divertirai.”
“Sì.
Mentre osservava i volti che sfilavano davanti a loro, Damian sgranò gli occhi quando vide Andy dirigersi verso di loro. Salì sulla panchina e si sbracciò per farsi notare. Anche Ianira individuò il ragazzo, pantaloni neri strappati alle ginocchia, t-shirt grigia e giacca di pelle. Quando fu vicino, il bambino gli saltò in braccio.
“Andy!”
“Ehi, campione! Allora, come va?” domandò a Ianira, che fece spallucce.
“Tutto nella norma.”
Nel frattempo Damian era tornato seduto e Andy si inginocchiò per arrivare alla sua altezza.
“Ho portato una cosa per te, la vuoi vedere?”
“Sì!”
Aprì la piccola mano e ricevette una spilla gialla di forma ovale con lo stemma di Batman disegnato sopra.
“Ho questa spilla da quando sono piccolo. La porto sempre con me perché mi dà coraggio e mi fa sentire protetto. Oggi la do a te. Se qualcosa non ti dovesse piacere, potrai pensare a me e alla mamma. D’accordo?”
“Spaziale! Grazie! Mamma, hai visto che bella?” disse Damian, mostrando la spilla alla mamma come fosse la coppa del mondo. Ianira sorrise e gli scompigliò i ricci. Gli fissò l’oggetto alla maglietta in modo da metterla in bella vista.
“E’ bellissima. E oggi è tutta tua, quindi trattala con cura.”
Andy si allontanò dal bambino per avere qualche momento da solo con lei.
“E’ meglio che io ti aspetti fuori dallo zoo, non voglio che il padre mi trovi qui e si faccia strane idee.”
“Sì, hai ragione. Ci vediamo fuori.”
“Campione, io adesso ti saluto. Fai il bravo. Più tardi io e mamma ti portiamo a mangiare la pizza come promesso.” Disse Andy a Damian, che annuì e gli strinse il collo con le braccia esili.
“Okay. Ciao, Andy.”
 
 
Ianira sussultò quando scorse Peter camminare nella loro direzione. Prese la mano di Damian e lo fece alzare, poi gli sistemò lo zainetto sulle spalle. Non era cambiato molto, i capelli ricci come quelli del figlio erano più lunghi, la barba mancava, e qualche ruga in più gli increspava la fronte. Appesa al collo, la sua immancabile macchina fotografica, la stessa che li aveva fatti lasciare.
“Ianira Lewis, che piacere rivederti.”
“Peter Morgan, sarebbe stato un piacere non rivederti. Damian, saluta papà.”
“Mmh, ciao.” Mormorò il bambino, intimidito com’era da quell’uomo quasi sconosciuto. Peter gli mise una mano sulla spalla e gli accarezzò la guancia con l’indice.
“Ciao, Damian. Sei pronto ad andare allo zoo?”
L’entusiasmo nella voce del padre non lo convinse per niente, anzi Damian si voltò per guardare l’ingresso da dove pochi minuti prima era uscito Andy.
“Mmh, sì.”
Ianira lasciò a Peter la mano del piccolo e si apprestò a dargli delle dritte.
“Nello zaino c’è tutto l’occorrente. Non comprargli nulla da mangiare e da bere, non comprargli palloncini e altri giochi, e non fargli toccare troppo gli animali, non farlo sudare e non lo scoprire se credi che abbia caldo. E’ un bambino autonomo e sa come deve comportarsi.”
Peter sembrò smarrito, ed era ovvio per uno che il genitore non lo sapeva fare.
“Ho capito. Sta tranquilla, te lo riporterò sano e salvo.”
Lei evitò di replicare a quella pessima battuta, non voleva dargli corda. Si mise sulle ginocchia e abbracciò Damian, che ricambiò prontamente il contatto.
“Ci vediamo dopo, amore mio. Divertiti e ogni tanto guarda la spilla. Ti voglio bene.”
“Anche io, mammina.”
Non appena li vide sparire oltre l’entrata dello zoo, Ianira si girò e camminò spedita con le lacrime che le inondavano gli occhi.
 
 
Andy stava consumando una sigaretta quando Ianira comparve a pochi metri da lui. Si accorse di quanto fosse stravolta, invano tentava di asciugarsi gli occhi. La ragazza gli si gettò tra le braccia e iniziò a singhiozzare contro il suo petto, al che lui se la premette contro con il braccio destro, mentre con la mano sinistra reggeva la sigaretta.
“Calmati, Ianira. Non è mica andato in guerra.”
“E’ con Peter, perciò è come fosse andato in guerra.” borbottò lei, avvolgendogli le braccia intorno ai fianchi magri. Essendo più alto di lei, Andy le baciò la fronte.
“E’ peggio se fai così. Peter in fondo è suo padre e troveranno il modo di stare bene insieme. Damian è intelligente e scaltro, starà alla grande.”
“Lo so, è solo che …”
“E’ il tuo bambino e vuoi difenderlo da tutto. Lo capisco, ma devi dargli anche i suoi spazi per crescere.”
Ianira si staccò da lui e si strofinò gli occhi per cancellare il pianto, sebbene il rossore ci avrebbe impiegato un po’ per sparire. Andy, ad una spanna da lei, continuava ad abbracciarla, con quel suo magnifico sorriso.
“Hai ragione.”
“Ovvio che ho ragione! Dai, andiamo a farci un giro. Ti porto in un posto, splendore.”
 
 
Arrivarono al Tongva Park in auto in venti minuti. Si tratta di un fiore all’occhiello di Santa Monica: il Tongva era un’immensa area verde, con sentieri, fontane, aree picnic e un anfiteatro. Ianira, che finalmente si era rilassata, sorrise e si portò una mano sul cuore. Aveva voglia di visitarlo da quando si era trasferita, ma tra Damian, il negozio e la scuola non ne aveva mai avuto l’occasione.
“Mi hai davvero portata qui? Andrew Dennis Biersack, io penso di amarti!”
Andy inarcò il sopracciglio e chiuse lo sportello.
“Anche io pensavo di amarti, poi mi hai chiamato con il nome di battesimo e l’amore è sfumato.”
La ragazza sollevò gli occhi al cielo e ridacchiò, era troppo permaloso circa il suo nome.
“Scusami, Andy. Entriamo adesso, non sto più nella pelle!”
Andy fu letteralmente trascinato da Ianira nel parco dopo che ebbero pagato il biglietto. Passeggiarono a braccetto per circa mezz’ora in silenzio, perdendosi nella bellezza della natura, con il sole che calava raggio dopo raggio. Decisero di accomodarsi su una gradinata dell’anfiteatro per riposarsi. Lei estrasse dalla borsa album e matita e iniziò a disegnare, mentre lui si distese con lo sguardo al cielo e con l’ennesima sigaretta in bocca. Ianira era particolarmente bella quando disegnava, si lasciava risucchiare dal foglio, si concentrava sulle linee da rappresentare, si mordeva le labbra e si imbrattava di colore le mani.
“Che cosa stai disegnando?”
“La fontana a forma di luna che abbiamo visto poco fa. Era meravigliosa con la scarsa luce solare ad un passo dallo svanire.”
Il sole svanisce perché ci sei tu ad illuminare il mondo, pensò Andy. Sospirò. Dopo due mesi era ormai ovvio che provasse più di una semplice amicizia per Ianira, ma temeva di essere respinto perché lui una donna incredibile come lei non se la meritava.
“Dopo me lo fai vedere?”
“Solo se tu mi fai ascoltare una tua canzone.”
“Questa è una minaccia!” disse il ragazzo, gettando il mozzicone a terra e drizzando la schiena. Ianira rise, impegnata com’era nel suo disegno.
“No, è uno scambio equo. Hai visto centinai di miei lavori ma io non ti ho mai sentito cantare.”
Fu a quel punto che lei mise da parte l’album e si voltò a guardarlo, incredibilmente bello e distante. La pelle chiara e gli occhi azzurri facevano a pugni con i capelli corvini e gli abiti neri, e Ianira pensò che in arte quel contrasto di chiaro-scuri fosse la massima perfezione.
“E se le mie canzoni non ti piacessero o se la mia voce fosse ripugnante?”
“Ti sento parlare tutti i giorni e la tua voce è talmente bella che resterei ad ascoltarti per ore, pertanto credo che tu sia eccezionale nel canto.”
Ecco. Erano quelle frasi professate con tanta naturalezza e sincerità che gli trivellavano l’anima e lo facevano sentire apprezzato come mai prima d’ora. Era la fiducia che lei riponeva in lui a dargli coraggio.
“Va bene. Ti canto una strofa che ho scritto ieri sera.”
“Ci sto!”
Lei si sistemò meglio sulla gradinata per rivolgergli tutta l’attenzione. Andy si schiarì la voce, prese un bel respiro e chiuse gli occhi.
“We're always runnin' away! And we don't even stop to think about it. The world's in our hands... Yeah. They don't need to understand! We do it our own way! No matter what they try to say about it. We've got our own plans... Yeah. They don't need to understand!”
Fu quello l’esatto momento in cui Ianira seppe che il suo cuore non avrebbe potuto più fare a meno di lui. Con gli occhi lucidi e le emozioni in subbuglio, batté le mani energicamente.
Andy arrossì per l’imbarazzo di aver condiviso una parte di se stesso.
“Hai una voce meravigliosa e la strofa è bellissima. Tu sei un vero talento, Andy!”
“Non esagerare. Me la cavo, diciamo.”
“Diciamo che invece sei assolutamente strabiliante!” asserì Ianira, stringendogli le mani. Andy a sua volta afferrò le sue in una morsa calda e confortante. Una scintilla attraversò entrambi e fu chiaro quando si scambiarono un’occhiata colma di sentimento.
“Grazie, Ianira. Grazie per aver raccolto i pezzi di me quando ero andato in frantumi. Grazie per avermi accolto in casa tua e nella tua vita. Grazie per avermi invogliato a fare ancora musica.”
“E’ a questo che serve una migliore amica.”
Andy dovette ingoiare quelle due paroline, ‘migliore’ e ‘amica’, come stesse inghiottendo veleno.
“Già.”
 
 
Ianira non smetteva di far tremare la gamba e Andy non la sopportava più. Erano ritornati allo zoo all’orario stabilito da Peter e lei non vedeva l’ora che suo figlio uscisse da quel posto. Avevano trascorso un’intera ora a girovagare per il Tongva Park, avevano parlato, scherzato, si erano rincorsi intorno alle fontane e si erano schizzati, infine avevano scattato un paio di foto nelle quali facevano facce buffe. Andy, sulla strada del ritorno, aveva canticchiato ancora qualche canzone che aveva scritto e Ianira lo aveva ascoltato volentieri con un sorriso compiaciuto. Un paio di ragazzini slittò davanti al loro sullo skate e quello più alto lanciò una carta appallottolata nel cestino facendo centro.
“Lo saprei fare anche io.” Esordì Andy, le gambe incrociate sulla panchina e le braccia allungate sullo schienale. Ianira arricciò il naso.
“Nah, non credo proprio. Sei troppo vecchio per certe cose.”
“Hai solo un anno in meno di me!”
“Sei comunque nato prima di me, sei un po’ più vecchio.”
Andy sollevò il sopracciglio e le regalò un’occhiataccia.
“Vuoi scommettere che riesco a centrare il cestino?”
“Qual è la posta in gioco?” chiese lei, ghignando appena.
“Un bacio. Se vinco la scommessa, mi dai un bacio a stampo sulle labbra.”
L’espressione di Ianira da divertita si trasformò in confusa, non le piaceva quella proposta.
“No, non mi va.”
“Ma come, affronti otto ore di travaglio e hai paura di un bacetto? Ti faceva più coraggiosa, Lewis.”
“Mi stai sfidando, Andrew?”
“Ti sto sfidando, accetti?”
Ianira in risposta strappò un foglio dal suo album, lo accartocciò e glielo porse.
“Mostrami cosa sai fare.”
Andy si posizionò ad un metro dal cestino, si piegò sulle ginocchia e inclinò la mano verso l’alto. Lanciò il foglio. Un secondo dopo agitò le mani in alto in segno di vittoria: aveva fatto centro.
“E’ il momento della ricompensa. Avanti!”
Si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, lui tutto soddisfatto e lei tutta spaventata. Sapevano che quello che stavano per fare avrebbe sconvolto la loro amicizia.
“Lo faccio solo se mi prometti che lo dimenticheremo subito.”
“Promesso. Adesso dammi quel bacio.”
Ianira si accostò al suo viso con cautela, ma fu Andy, desideroso di quel contatto, a far scontrare le loro bocche in un semplice bacio a stampo. Lei si ritrasse immediatamente e indietreggiò di qualche passo. Malgrado fosse un innocuo sfiorarsi di labbra, avevano avvertito una scia di brividi. Forse era stato un errore scommettere. Forse avevano sbagliato tutto sin dall’inizio.
“Beh, bravo. Hai una vista ancora buona.” Disse Ianira, superato l’imbarazzo iniziale. Andy sorrise in modo forzato.
“Sì, non sono invecchiato del tutto.”
 
 
Damian aveva divorato la pizza senza dire una parola, era affamato dopo quel pomeriggio intenso. Peter aveva riferito che si era comportato bene e che si sarebbero rivisti nelle prossime settimane perché aveva una sorpresa in serbo per lui. Ianira non era d’accordo, ma non poteva opporsi altrimenti gli assistenti sociali si sarebbero intromessi. Si erano congedati con l’impegno di sentirsi al più presto, dopodiché Andy li aveva portati a mangiare in una pizzeria rustica sul litorale. Erano stati collocati sulla veranda che dava sul mare, ad un piccolo tavolo quadrato, con la sabbia ad uno scalino di distanza.
“Questo cibo era proprio spaziale!” disse Damian con una certa soddisfazione dipinta sul volto.
Andy quasi si strozzò con la birra dalle risate per le parole del bambino e Ianira lo colpì sulla schiena per farlo riprendere, nonostante stesse ridendo anche lei a crepa pelle.
“Sì, pulce, era spaziale.” 
Una mano picchiettò sulla spalla di Ianira che, scoprendo la figura dietro di lei, sorrise. Era una bambina bionda con un palloncino tra le mani.
“Scusa, signora, ma tuo figlio può venire a giocare con noi? Ci serve un'altra persona per chiudere il cerchio.”
“Damian, ti va di andare a giocare?” domandò a suo figlio, che si pulì velocemente la bocca dalle briciole e balzò giù dalla sedia.
“Faccio il bravo, mammina.”
“Va bene. Andate a giocare, su.”
“Quella bambina ti ha chiamato ‘signora’.” Commentò Andy, mentre si scolava le ultime gocce di birra nel boccale. Lei gli diede un buffetto sulla mano e si morse le labbra per non ridere.
“Non gongolare troppo, Biersack.”
Andy portò gli occhi su di lei, seduta di fronte, e ne approfittò per guardarla. Era struccata, teneva i capelli in una coda di cavallo, e indossava un paio di jeans e una semplice maglietta grigia con un trench blu sulle spalle, eppure era la cosa più bella che avesse mai visto. Si ridestò quando Damian e la bambina piombarono al tavolo, accaldati e senza fiato.
“Mamma, noi abbiamo un unicorno?”
“No, non abbiamo un unicorno. Perché?
“Perché stiamo giocando a ‘quanti peluche hai’!” intervenne la bambina bionda, quella del palloncino.
“Io ho un unicorno.” Disse Andy, richiamando su di sé la curiosità dei presenti. Damian spalancò la bocca come se la luna fosse caduta dal cielo.
“Davvero? E com’è il tuo unicorno?”
“E’ grande. Molto grande.”
“Andy!” lo rimproverò Ianira, che aveva inteso il doppio senso del suo amico.
“Che c’è? Davvero a Cincinnati ho un unicorno, l’ho lasciato nella mia vecchia stanza.” ribatté Andy, anche se ormai stava ridendo senza contegno.
“Bambini, tornate alle vostre faccende, qui non abbiamo unicorni.” Disse lei ai due piccoli, che sgattaiolarono dai loro amichetti. Andy scartò il pacco di sigarette e ne scaldò la punta di una con l’accendino per accenderla. Ianira pensò che fosse sexy mentre compiva quei gesti, con un ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte e la mascella che si contraeva ad ogni tiro.
“Prima dicevo davvero, sai.”
La ragazza bevve un sorso d’acqua prima di affondare in un’altra conversazione.
“Su cosa?”
“Sul fatto che ce l’ho grande. L’unicorno, intendo.”
“Sta zitto, per favore.” Disse Ianira, scoppiando a ridere ancora. Andy poggiò la sigaretta all’angolo della bocca e prese a giocare con il ciondolo dell’aquila appeso al collo.
“Dici così solo perché muori dalla voglia di vederlo. L’unicorno, intendo, ovviamente.”
“Dico così solo perché sei un imbecille.”
“La tua è pura curiosità, Ianira.”
“E la tua è pura provocazione, Andy.”
 
Rincasarono verso le dieci di sera, quando fuori la brezza era diventata vento freddo e le stelle erano brillanti punti nel cielo. Non appena l’ascensore atterrò al loro piano, Ianira emise un gridolino di gioia. Accasciata sul pavimento, intenta a bere una Coca-Cola, c’era Maddie, la sua amica ostetrica. Le due donne si avvinghiarono in un abbraccio fatto di risate, baci, e lacrime di felicità. Damian, mezzo addormentato sulla spalla di Andy, si limitò a salutare la nuova arrivata con la mano.
“Che ci fai qui?” le chiese Ianira, ancora incollata alla sua amica.
“Settimana prossima ho un convegno e ho preso le ferie per stare un po’ di tempo con voi.”
“E’ importante che tu sia qui, Maddie.”
“Lo so, tesoro. E questo giovane manzo chi è?”
“Io sono Andy, piacere.” Disse il ragazzo, tendendo una mano a Maddie, che la strinse con vigore.
“Io sono Maddie, e il piacere è tutto dei miei occhi, credimi!”
“Va bene, direi che è ora di andare a dormire. Maddie, porta Damian a letto.”
L’ostetrica si caricò il piccolo tra le braccia e squadrò Andy e Ianira con fare malizioso, poi entrò.
“Deduco che dormirò a casa mia questa settimana.”
“Mi dispiace, il suo arrivo è improvviso.”
“No, tranquilla, mi fa piacere che sia venuta.”
“Grazie della bellissima giornata, Andy. Senza di te non ce l’avrei mai fatta.” Gli disse Ianira, baciandogli dolcemente la guancia. Andy sorrise e le baciò il dorso della mano.
“Grazie a te. Buonanotte, splendore.”
“Buonanotte.”
 
 
Salve a tutti! ^_^
Questo bacio ha sconvolto le cose e in futuro porterà fortuna.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Di cicatrici e tatuaggi ***


5. DI CICATRICI E TATUAGGI.
 
Due giorni dopo:
C’era un solo modo per definire Madison ‘Maddie’ Brook: uragano. Lei entrava nella tua vita, la sconvolgeva in tutte le maniere possibili e lasciava dietro di sé una scia di risate e gioia. Ianira la ospitava già da due giorni ed erano state quarantotto intense ore di pettegolezzi e chiacchierate fino a notte fonda. Anche Damian era entusiasta all’idea che la loro amica fosse lì, si trovava bene con lei e lo riempiva di regali. Quando quella mattina Ianira si recò in cucina per la colazione, trovò la Maddie col naso appiccicato alla finestra. Quella era la finestra che dava un’ottima visuale sul bagno di Andy.
“Lo stai ancora spiando?”
“Ovvio! Come si fa a non spiarlo? Si sta facendo la barba e indossa solo una tovaglietta in vita, è uno spettacolo per gli occhi.”
Ianira si versò il caffè nella tazza e, mentre vi scioglieva dentro lo zucchero, sbirciò fuori dalla finestra. Andy si stava pulendo le guance dalla schiuma da barba, sul petto e sull’addome tonico spiccavano i tatuaggi, e i capelli bagnati gocciolavano sulle spalle. Sì, era un vero spettacolo. Distolse lo sguardo e si sedette al piccolo tavolo rotondo, inzuppando un biscotto nel caffè.
“Smettila di guardarlo oppure lo consumerai.”
“Io quello saprei consumarlo in cento modi.” Rispose Maddie con nonchalance.
“Maddie!”
“Che c’è? Lo sai che il mio Jacob è moscio come un fiore rinsecchito!”
Ianira sospirò, la sua amica si esprimeva per lo più per doppi sensi e in quei mesi lei ci aveva perso la mano.
“Però Jacob ti ama molto, questo è quello che conta.”
“Sei più noiosa del solito, Ianira. Credevo che Andy ti avesse risvegliato gli ormoni!”
“La smetti di parlare di Andy almeno per un secondo?”
“No, è appena diventato il mio argomento preferito.” Disse Maddie, sorseggiando il suo caffè come se nulla fosse. Ianira poggiò la testa sulla mano sinistra e si scostò i capelli dagli occhi.
“Vorrà dire che dovrò sopportarti. Cosa vuoi sapere di lui?”
“Tutto.”
“Ha ventisette anni, viene da Cincinnati, è figlio unico, lavora nel negozio di zio Fred, è divorziato, sa cantare e scrive canzoni, adora la birra, fuma parecchio, e veste quasi sempre di nero. Contenta?”
“Io volevo i dettagli piccanti, a dire il vero. E’ divorziato? Una donna ha avuto il coraggio di lasciare quel pezzo di manzo?”
“Sì, era una relazione tossica e lui ha posto una fine, poi lei ha firmato le carte del divorzio due mesi fa.”
Maddie parve rifletterci su, la bocca corrucciata, le dita sotto il mento.
“Buon per te che sia divorziato. Dimmi, com’è a letto?”
Ianira sputacchiò un po’ di caffè sul tavolo e si pulì la bocca con un fazzolettino, era sconvolta da quella domanda.
“Cosa vuoi che ne sappia? Mica gli faccio certe domande!”
“Ancora non siete andati a letto? L’intera popolazione femminile ucciderebbe per passare una notte di passione con lui!”
“Siamo buoni amici, Maddie. Tra di noi non c’è quel tipo di rapporto che fa presupporre un coinvolgimento sentimentale.”
Maddie corrugò le sopracciglia e scosse la testa, la sua amica era proprio ingenua.
“Tu non hai idea della tensione sessuale che aleggiava intorno a voi l’altra sera quando vi siete salutati sul pianerottolo. A momenti sareste potuti andare a fuoco!”
“Ci siamo baciati.” Sbottò all’improvviso Ianira, e sembrò che lo stomaco si alleggerisse di un peso enorme.
“Vi siete baciati?! Me lo dici solo adesso?”
“In verità si è trattato di un banale bacio a stampo per una stupida scommessa. E’ solo che … beh … avrei voluto che fosse qualcosa di più, lo ammetto.”
Non riusciva a togliersi dalla testa le loro labbra che si sfioravano, seppure per un breve momento, e non osava immaginare come sarebbe stato baciarlo sul serio.
“Mi stai dicendo che la tua bocca è entrata in contatto con la sua bocca?”
“Sì, ma per un nano secondo.”
“In un nano secondo accadono moltissime cose, cara Ianira. E non ne avete più parlato?”
“Per fortuna no. Non saprei cosa dirgli. E poi è stato solo per gioco.”
“Io credo che invece Andy lo abbia fatto apposta, voleva quel bacio e ha inventato la scusa della scommessa.” Maddie le fece l’occhiolino e Ianira ridacchiò, anche se non era tanto convinta. Il suo cellulare emise uno scampanellio e lo schermo si illuminò per segnalare l’arrivo di un messaggio.
“E’ una nota vocale di Andy.”
“Ascoltiamola!” disse l’amica, strappandole l’aggeggio di mano e avviando il vocale.
Un messaggio ricevuto: play: Buongiorno, splendore. Non ci vediamo da due giorni e lo so che sei impegnata con Maddie, ma mi piacerebbe vederti. Fammi sapere quando sei libera. Saluta Damian da parte mia. Ti voglio bene.
Ianira si riprese il cellulare e digitò una risposta in breve tempo.
Un messaggio inviato: Ehi! Scusami per essere sparita, ma tra la scuola e i vari impegni riesco a stento a respirare. Mi farò viva io appena possibile. Buona giornata.
“Ti ha mandato un messaggio vocale con la voce assonnata e sexy e tu gli rispondi come se avessi un ghiacciolo al posto del cuore. Sei scema, per caso? Stai cercando di allontanarlo, dico bene?” la domanda di Maddie fu una freccia che non sbagliò mira, colpì il bersaglio in pieno.
“Sono confusa adesso. Penso che lui mi piaccia e questo mi spaventa. Ho un figlio a cui pensare e devo concentrare su di lui tutte le attenzioni, non ho tempo per le altre cose.”
“Ianira, c’è sempre tempo per le altre cose se queste includono i sentimenti. Ti ha detto che ti vuole bene e non la fa nessun uomo, neanche quello più buono. Lui ci tiene a te, è evidente. Pensaci bene prima di lasciarti sfuggire di mano una bella opportunità.”
 
 
Andy uscì di casa fischiettando Hymne à l'amour, canzone che Edith Piaf scrisse e cantò per pugile amore della sua vita. Aveva il turno di pomeriggio ma aveva deciso di passeggiare per la città in cerca di ispirazione per le sue canzoni. Quando infilò le chiavi nella toppa per bloccare la porta, quella dell’appartamento di fronte si aprì. Credendo fosse Ianira, il suo sorriso si smorzò quando vide Maddie.
“Buongiorno, bel giovanotto!”
“Buongiorno. Ianira è andata a lavorare?”
“Sì, ha due compiti in classe. Ti posso offrire un caffè?” chiese Maddie con un tono strano, puntando gli occhi su di lui. Era una bella donna, aveva i capelli corti quanto i suoi ed erano tinti di rosso fuoco, uno sguardo color caramello e un naso all’insù le davano un non so che di sbarazzino.
“Io avrei degli impegni.”
“Andy, devo parlarti.” Tagliò corto la donna, era inutile sprecarsi in vani preamboli.
Andy si preoccupò all’istante, qualcosa gli suggeriva che non sarebbe stata una chiacchierata piacevole.
“Va bene. C’è una caffetteria  a due isolati da qui.”
Raggiunsero la caffetteria in una decina di minuti, si sedettero fuori e ordinarono due caffè normali. Andy si accese una sigaretta per trattenere il nervosismo. Maddie, dall’altro lato del tavolo, lo studiava come fosse una cavia da laboratorio.
“Tu e Ianira siete molto amici, dico bene?”
“Sì. Lei mi ha aiutato molto da quando ci conosciamo. Sono stati i due mesi e mezzo più sobri della mia vita in tutti i sensi.”
“Tu bevi?”
Maddie fu sorpresa da quella dichiarazione, Ianira non aveva accennato a quel peccatuccio del ragazzo.
“Bevevo. Ho smesso grazie a Ianira, che mi ha salvato dall’autodistruzione a causa di un matrimonio fallito.”
“Tu sai delle sue cicatrici?”
Andy si mosse a disagio sulla sedia e inarcò il sopracciglio a quella domanda sospetta. Fu il cameriere ad interromperli per servire loro l’ordinazione.
“Parli di cicatrici emotive o fisiche?”
“Di quelle fisiche. Ianira ha la schiena cosparsa di piccole cicatrici.”
Maddie sapeva che quello era un segreto tra amiche, però, se lui davvero provava affetto per lei, doveva conoscere ogni sfumatura, sia bella che brutta. Andy spense la sigaretta nel posacenere al centro del tavolo e bevve un goccio di caffè per bagnarsi la gola, era allibito da quanto gli aveva riportato la donna.
“Come se le è procurate?”
“Una nostra coinquilina all’università rientrò ubriaca da fare schifo, così ci prodigammo  per aiutarla, ma la ragazza si dimenava. Spinse Ianira e la fece cadere sul tavolino di vetro ai piedi del divano, quello andò in frantumi e si conficcarono nella sua schiena. I medici estrassero trentadue schegge di vetro in sette ore, ma gliene lasciarono altre tre dentro perché aveva perso troppo sangue e non si trovavano in punti mortali. La convalescenza fu atroce, perdeva sangue ogni tanto e la notte piangeva per il dolore, eppure non si è mai arresa. L’anno scorso le hanno asportato le ultime tre schegge. Ha la schiena coperta di cicatrici bianche e spesse, puoi sentirle non appena la tocchi. Non può sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica per coprirle perché non ha abbastanza soldi.”
Andy ghiacciò sul posto. Immaginò Ianira atterrare sui vetri, soffrire, piangere in preda a pene atroci, e non oso pensare a quanto dovesse essere terribile per lei sapere che quelle cicatrici non se ne sarebbero mai andate.
“Perché non me lo ha detto secondo te?”
Maddie finì il suo caffè con calma, diede al ragazzo qualche minuto per riprendersi.
“Perché lei si reputa ripugnante. Del resto, il parto ha peggiorato le cose. Ha numerose smagliature evidenti che sommate alle cicatrici la rendono talmente insicura che non indossa nulla di scollato per paura che si vedano. Non te lo ha detto perché teme che anche tu possa respingerla per quei difetti.”
“E tu perché me lo dici?”
“Te lo dico perché ho notato come vi guardate ed è di vitale importanza che tu capisca cosa vuoi davvero. Se lei non ti interessa, lasciala perdere e non la illudere. Ti avverto, Andy: se la fai soffrire, io ti vengo a cercare e ti mando in coma etilico. Sono stata chiara?”
Andy incassò il colpo come se fosse stato ferito dal fendente di una spada. Annuì, convinto della sua posizione.
“Chiarissima.”
 
 
Ianira e Damian, fianco a fianco, guardavano i biscotti cuocersi nel forno lentamente. Avevano deciso di prepararne un sacchetto per zio Fred in occasione della fine della riabilitazione. Avevano già ripulito il piano cottura, adesso non restava che attendere quaranta minuti.
“Possiamo disegnare, mammina?” chiese Damian, indicandole i pennarelli sul tavolo.
“Certo, pulce. Che cosa vuoi disegnare?”
“Batman! Voglio regalarlo a Andy.”
Il bambino si mise comodo sulla sedia, prese un foglio e i colori dall’astuccio. Ianira si mise dietro di lui e gli diede tanti bacini sulla guancia che lo fecero ridacchiare.
“Bene, direi di iniziare dalla testa e dalla maschera.”
“Aiutami, per favore.”
Ianira avvolse la mano intorno a quella piccola di Damian e lo guidò nel tratteggiare il viso rotondo e le orecchie a punta del superore, poi lasciò che continuasse da solo. Ripensò ai tatuaggi di Andy, a come si aggrovigliavano in maniera perfetta intorno alle sue braccia, a come gli contornavano il collo. Si sentiva una ragazzina alla prima cotta, incapace di distrarre la mente dall’oggetto del desiderio. Sospirò, doveva piantarla di pensarlo. Tornò ad aiutare Damian a disegnare il mantello del costume, poi il logo sulla tuta e infine le mani.
“Sei davvero bravo, pulce!” disse lei, baciandogli di nuovo la guancia. Il figlio ricambiò il bacio e poi le mostrò il foglio.
“Piacerà a Andy?”
“Sì, lo adorerà. Vuoi scriverci qualcosa?”
“Mmh, sì. Scrivi ‘per Andy da Damian’!”
Ianira prese un pennarello nero e trascrisse la dedica, aggiungendo uno smile accanto a Batman. Il cellulare vibrò nella tasca e si impaurì quando lesse il nome di Serge sullo schermo.
“Pronto? Serge, va tutto bene?”
Oui, ma chère! Ti chiamo perché devi aiutarmi a fare una sorpresa a Fred. Oggi festeggiamo venticinque anni che stiamo insieme e ho organizzato una serata speciale. Ho invitato alcuni suoi amici, i suoi dipendenti, Maddie, e ovviamente te e Damian. Vorrei che tu e Maddie lo portaste al locale intorno alle ventuno e trenta. Ce la fate?”
Ianira sapeva che era il giorno del loro anniversario, infatti li aveva chiamati in mattinata per fare loro gli auguri, ma la festa era una novità.
“Sì, ce la facciamo, non preoccuparti. Hai avuto un’idea bellissima, Serge! Ci vediamo stasera!”
Merci, ma chère! A stasera!”
“Chi ha avuto un’idea bellissima, mammina?” domandò Damian, spostando gli occhi verdi dal disegno a lei.
“Stasera si mangia fuori, pulce!”
 
 
“Ahia! Ahia! Ahia!”
Maddie scoppiò a ridere intravedendo attraverso lo specchio Ianira che saltellava per il dolore causato dalla ceretta. Avevano avuto poco tempo per reperire dei vestiti abbastanza eleganti e rendersi presentabili. La ragazza strappò l’ultima striscia e si infilò sotto la doccia per lavarsi anche i capelli.
“Sarei dovuta nascere lesbica, sai.” Esordì Maddie, mentre si delineava le sopracciglia con la pinzetta. Ianira sbucò da dietro la tendina blu e aggrottò le sopracciglia.
“E questo che cavolo c’entra adesso?”
“Se fossi lesbica, la mia compagna organizzerebbe una serata romantica per me come Serge sta facendo per zio Fred. Invece mi ritrovo Jacob, quella palla al piede!”
“Il tuo ragionamento fa acqua da tutte le parti, Maddie.” Replicò Ianira, strofinandosi i capelli con lo shampoo. Trascorsero i successivi venti minuti in silenzio, entrambe impegnante nei loro rituali di bellezza. Ianira si asciugò in fretta e indossò una tuta momentanea per fare il bagno a Damian. Il bambino, che per fortuna non perdeva tempo a giocare sotto l’acqua, fece tutto subito. Erano le otto di sera quando Maddie arricciò l’ultima ciocca di Ianira.
“Ecco, sei pronta! A Andy verrà un infarto quando ti vedrà!”
“Sei ossessionata da lui, te ne rendi conto?”
“Colpa sua, è troppo bello per essere vero e attira tutta la mia attenzione!” disse Maddie, il solito sorrisetto divertito a incresparle le labbra. Ianira non si perdette in chiacchiere: fece indossare un paio di jeans, una camicia bianca e un maglioncino blu a Damian, gli aggiustò i capelli e gli ordinò di starsene seduto sul divano. Tornata in camera, finì di preparasi. Aveva optato per una gonna a vita alta a fantasia scozzese, una canottiera di pizzo bianca con sopra una giacca elegante nera, ai piedi calzò un paio di stivaletti con il tacco. I capelli in morbide onde furono legati sulla nuca da un semplice fermaglio e solo gli occhi furono truccai da una linea di matita nera. Ebbe solo il tempo necessario di abbottonare due perle alle orecchie che il campanello riecheggiò in tutto l’appartamento. Quando andò in soggiorno, vide Maddie, radiosa in un tubino grigio, che salutava zio Fred con due baci sulle guance.
“Ianira, sei uno schianto!” si complimentò l’uomo, facendole compiere un giro su se stessa.
“Grazie. Anche voi siete bellissimi! Beh, è giunto il momento di scoprire cosa ha combinato Serge!”
 
Andy fumò la seconda sigaretta nel giro di mezz’ora, era stranamente nervoso. Detestava situazioni di quel tipo, in cui ti ritrovi bloccato in una stanza con una marea di gente che non conosci e con la quale non vuoi socializzare. Sin da piccolo odiava la sensazione di soffocamento che gli creava essere accerchiato da persone estranee.
“Wow, Biersack, sembri uscito da un film di vampiri!” esclamò Maya alle sue spalle, la cui figura minuta era fasciata da un semplice vestito verde smeraldo. Con lei era arrivato anche Benjamin, ridicolo col panciotto rosso al petto. Serge, all’interno del locale, abbaiava direttive ai camerieri. Aveva mandato cinque messaggi a Ianira senza ricevere risposta e questo lo preoccupava, non era da lei evitarlo a quel modo. Mentre Maya raccontata di uno strano cliente servitosi quella mattina al negozio, Andy riconobbe la risata di Ianira e si voltò verso il parcheggio, calpestando la sigaretta sotto i piedi. Damian, non appena lo vide, si liberò dalla mano della mamma e corse da lui, che lo prese in braccio.
“Ciao, campione!”
“Ciao, Andy! Io e la mamma abbiamo fatto questo per te!” disse il piccolo, estraendo dalla tasca del giubbino un foglio ripiegato. Quando lo aprì, Andy sorrise a trentadue denti. Un grande Batman campeggiava al centro e sotto di lui vi era il nome del dedicante.
“Ti ringrazio, Damian. Questo è il disegno più che abbia mai visto! Lo appenderò in camera mia.”
Damian sgranò gli occhi in segno di felicità e lo abbracciò forte, al che Andy lo strinse di più e gli baciò la fronte. Il rumore di tacchi che picchiavano contro il pavimento di legno lo costrinse a voltarsi e, quando lo fece, dovette deglutire. Ianira era semplicemente stupenda, non solo per gli abiti che indossava, ma soprattutto per l’espressione allegra che le illuminava gli occhi. Quando i loro sguardi si incrociarono, lei gli regalò un mezzo sorriso imbarazzato.
“Sei …” cercò di dire Andy, però le parole gli si accavallarono in bocca.
“Sono vestita male, vero? L’ho detto a Maddie che questa gonna mi ingrossa in fianchi e che sembro una gros …”
“Sei meravigliosa, Ianira.”
La ragazza si zittì per una manciata di secondi durante i quali sbatté più volte le palpebre per assicurarsi che quelle parole le avesse davvero udite. Non si sentiva bella da quando la sua schiena era stata minata dal vetro, da quando il parto aveva inevitabilmente cambiato le sue forme, e quella frase bastò per infiammarle le gote.
“Ehm, grazie. Di certo non sono elegante quanto te, Andrew! Allora il tuo armadio non si compone solo di t-shirt monocolore e con qualche logo di band stampato sopra!”
Andy indossava i soliti pantaloni neri strappati alle ginocchia, una camicia nera sbottonata fino allo stomaco che metteva in mostra le collane e l’inizio dell’aquila tatuata sul petto, e una giacca di pelle grigio scuro. Portava i capelli tirati indietro dal gel e i suoi grandi occhi azzurri erano visibili e letali.
“So essere elegante anche io qualche volta, Lewis.”
 
 
Damian terminò di mangiare la sua fetta di torta con calma, saggiando la crema con calma, gustandone tutto il sapore. Andy, seduto vicino a lui, gli pulì la bocca con un tovagliolo e gli passò un bicchiere d’acqua.
“Noto che ti è molto piaciuta la torta.” Commentò con un sorriso divertito, e il bambino annuì e alzò in su il pollice.
“Era proprio spaziale!”
Ianira si era scusata e si era defilata in veranda per parlare al telefono. Andy la vedeva camminare e gesticolare come se stesse discutendo con qualcuno. Damian gli salì sulle gambe e gli mise le mani esili intorno al collo tatuato, i suoi occhi era di un verde intenso e brillavano sotto il neon. Il piccolo poggiò il naso contro il suo e rise, era un gesto ricolmo di tenerezza e Andy pensò di non averne mai provata tanta come in quel momento.
“Che c’è, campione?”
“Mmh, tu vuoi bene alla mia mamma?”
“Certo che sì. Perché me lo chiedi?”
Damian non disse una parola, si limitò ad abbraccialo e lui contraccambiò, districandogli i ricci con le dita. Passarono un paio di minuti prima che la testa del bambino scattasse di nuovo verso di lui.
“Anche io voglio bene alla mia mamma. E voglio bene anche a te!”
“Anche io voglio bene a te, Damian. Questa cosa ti rende felice?”
“Mmh, sì. Adesso posso andare a guardare i pesci nell’acquario?”
“Lo accompagno io, non preoccuparti.” Intervenne Fred alle sue spalle, prese la mano del nipote e lo portò alla grande vasca rettangolare. Andy ebbe l’opportunità di andare da Ianira, che se ne stava ferma ad osservare le onde impetuose di quel mare autunnale. Non poté resistere a quella scena, così prese il telefono e le scattò una foto. Fu allora che lei si accorse della sua presenza e arrossì.
“Perché mi hai fatto una foto?”
“Perché eri troppo bella per non farne una.”
“Ovviamente.”
Ianira alzò gli occhi al cielo per scherzo, eppure lui era davvero serio. L’affiancò incrociando le mani sul parapetto di legno.
“Con chi parlavi prima? Sembrava una cosa seria.”
“Era l’assistente sociale. Peter ha richiesto che Damian trascorra la settimana di Natale con lui e lei ha accettato, quindi mi ha chiamata per avvisarmi.”
“E tu come stai?”
“Sto come una che vorrebbe scoppiare a piangere per i prossimi dieci anni, ma so anche che non posso ribellarmi. Sarà la prima volta che staremo lontani per tanto tempo. Mi mancherà terribilmente. Inoltre, mia madre parte con le amiche per Ibiza e ritorna solo a capodanno.”
Andy fece scorrere un braccio intorno alle sue spalle e le sfiorò appena la tempia con le labbra.
“Damian starà benone. E tu potrai stare con me. Torno a Cincinnati il ventiquattro dicembre e tu puoi venire a casa dei miei, c’è sempre un sacco di gente a Natale.”
“Non verrò con te a Cincinnati, Andy. E’ la tua famiglia e non è giusto portare una estranea per Natale.”
“Tu non sei una estranea e non posso lasciarti da sola durante le vacanze! Verrai con me!”
Quando Andy le toccò per sbaglio la schiena e captò le cicatrici sotto i polpastrelli, ritirò la mano con uno scatto e Ianira si allontanò da colpo con lo sguardo atterrito. Si fissarono per pochi attimi.
“Ianira …”
“Oddio! Dimentica quello che è successo! Ti prego!”
La ragazza tentò di tornare dentro ma Andy l’agguantò per il braccio e la riportò fuori, al riparo da orecchie indiscreti. Tremava di paura.
“Ianira, io lo so! So delle cicatrici!”
“Come diamine fai a saperlo? Non l’ho mai detto a nessuno!”
“Maddie mi ha raccontato che una vostra compagna di stanza era sbronza e ti ha scaraventata su un tavolino di vetro. So che ti copri per nasconderle e so che ti odi per come sei!”
Ianira si liberò dalla sua mano e fece qualche passo indietro, era delusa e arrabbiata.
“No, tu non sai un bel niente! Nessuno lo sa! La compagna sbronza era Maddie, è stata lei a farmi cadere! Non l’ho mai confessato. Quella sera dissi ai medici e mia madre che una ragazza del campus per caso era capitata nel nostro corridoio, ma non feci il nome di Maddie per non rovinarle la vita. Nonostante tutto, l’ho protetta perché le voglio bene e so che è una brava persona quando è sobria. Ho perdonato lei, però non riesco a perdonare il mio corpo. Non hai idea di come ci si senta ad avere la schiena sfregiata dalle cicatrici, spesse e dolorose. Tu sei fisicamente perfetto, sei bellissimo e non hai difetti, ma io ce li ho e sono ripugnante per questo. Non puoi capire!”
Andy era stravolto dal fervore e dalle lacrime con cui Ianira gli stava urlando contro. Si sentì terribilmente in colpa perché era vero, non sapeva come si vivesse con una parte del corpo interamente martoriata. Prima che proferisse una sola parola, Damian le strattonò la gonna in preda all’agitazione.
“Mamma! Mamma!”
“Che succede, Damian?” disse, asciugandosi le guance bagnate.
“Maddie e un signore fanno i cattivi. Devi andare, devi andare!”
Sopraggiunsero anche Maya e Benjamin.
“La tua amica sta dando i numeri là dentro.”
“Voi restare con Damian, per favore. A Maddie ci penso io.”
Andy la seguì senza tante cerimonie, non voleva lasciarla da sola a gestire un’amica ubriaca e fuori controllo. Infatti, Maddie stava sguazzando nella piscina del ristorante insieme ad un’altra persona, un uomo che reggeva una bottiglia di prosecco in mano. Ridevano come due forsennati.
“Maddie, esci subito di lì!” tuonò Ianira dal bordo, infuriata con se stessa e con la sua amica. Andy capì al volo che Maddie era stata la prima persona che Ianira aveva aiutato a superare la dipendenza dall’alcol, e avvertì una certa gelosia per non essere stato il primo e l’unico. L’uomo in acqua risalì dalla scaletta e tutto baldanzoso si avvicinò a loro. Era Nolan.
“Ma che piacere rivederti, Ianira. Vieni a darmi fastidio anche qui? Mi denuncerai anche questa volta?”
Andy arrestò la mano di Nolan che stava per schiaffeggiare Ianira e lo spintonò, facendolo ruzzolare a terra.
“Sta molto attento a quello che fai, Nolan.” Lo minacciò, però Nolan rise e si rialzò. Maddie, nel frattempo, biascicava frasi senza senso e Ianira la recuperò dalla piscina.
“E’ stato bello ubriacarsi con te, pupa!” strillò Nolan a Maddie, che gli fece l’occhiolino e poi si accasciò sulla soglia della porta. Andy aiutò Ianira a metterla in piedi e la condussero al parcheggio, dove vomitò nel cestino della spazzatura.
“Mi dispiace.” Disse Andy, la schiena contro la portiera dell’auto e il mento basso.
“Non è il momento di discuterne. Devo risolvere questa faccenda. Resta un attimo con lei, io torno tra poco.”
 
 
Zio Fred allargò le braccia quando la vide andargli incontro e Damian corse da lei per legarle le braccia attorno alla vita.
“Va tutto bene, pulce. Maddie ha la febbre e si comporta in modo strano, però domani starà meglio. Ora devi promettermi una cosa.”
“Che cosa?”
Ianira si inginocchiò alla sua altezza e gli posò un dolce bacio sulla guancia.
“Stanotte dormirai da zio Fred e Serge e dovrai fare il bravo. Verrò a prenderti domattina.”
Damian sembrò incerto, poi annuì.
“Farò il bravo.”
“Lo so, pulce. Ci vediamo domani. Ti voglio bene, ricordatelo.”
 
 
Andy non riuscì a dormire quella notte. Ianira continuava ad urlare e Maddie a piangere da quando avevano fatto ritorno a casa. Aveva provato a parlare e ad offrirle il suo aiuto, ma lei gli aveva sbattuto la porta in faccia, un modo per dirgli di farsi gli affari suoi. Nell’appartamento di fronte si stava consumando un litigio furibondo tra le due donne, inveivano l’una contro l’altra, imprecavano, lanciavano oggetti, facevano silenzio e poi ricominciavano da capo.
Scrisse un messaggio: mi dispiace per come sono andate le cose stasera, sia per quello che ho detto sia per Maddie. Sappi che sono qui per qualsiasi cosa. E per quel che vale, non sei ripugnante. Sei straordinaria. Chiamami appena puoi. (Andy)
 
 
Salve a tutti! ^_^
Beh, Andy un attimo è in paradiso e l’attimo dopo è all’inferno.
Chissà come riuscirà a farsi perdonare da Ianira.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il ballo in (s)maschera ***


6. IL BALLO IN (S)MASCHERA.
 
Una settimana dopo.
Ianira aveva sempre avuto a che fare con l’arte. L’aveva studiata all’università, l’aveva ammirata nei dipinti e nelle sculture in giro per l’Europa, e adesso la insegnava anche, eppure fu strabiliata dalla bellezza artistica degli abiti che stava guardando. Serge quella sera avrebbe inaugurato il suo nuovo locale in centro e aveva ideato una festa in maschera per gli invitati, perciò l’aveva trascinata in una boutique di vestiti adatti a certe occasioni. Il telefono vibrò per l’ennesima volta nella borsa e, quando lesse il mittente dei dodici messaggi, non si meravigliò affatto. Da una settimana si era rifugiata con Damian a casa di zio Fred, dopo aver rispedito Maddie a casa e dopo aver ignorato Andy per due giorni. Poi era stata costretta a cedere quando il ragazzo aveva iniziato a tempestarla di chiamate e di messaggi, ma lei si era solo limitata a dargli qualche risposta laconica. Il solo pensiero del loro litigio la faceva rattristare, era colpa della sua insicurezza se stava allontanando una delle persone cui volva più bene.
Un messaggio ricevuto: possiamo vederci? Ho bisogno di parlarti. (Andy)
Un messaggio inviato: non posso, lavoro fino a tardi. (Ianira)
“Dovreste smetterla di mandarvi gli sms come due ragazzini, mon amour.” Disse Serge, sbucando alle sue spalle con un boa fucsia al collo. Ianira mise via il telefono e sospirò, era stanca di tutte quelle complicazioni.
“Sono impegnata, dico davvero. Non ho tempo per parlare con lui.”
“Lo stai evitando mentre lui ti cerca in tutti i modi. Che cosa è successo?”
“Possiamo non parlare di lui e scegliere un vestito? La festa è stasera.”
“Sei proprio testarda come tuo zio. Andiamo, vieni con me. Isabelle ci aspetta.”
La titolare del negozio li accolse con grande calore, offrì solo una tazza di the e li invitò a seguirla nel deposito idoneo alle loro esigenze.
“Avete già idea da quale personaggio travestirvi?” domandò la donna, una figura minuta ed elegante con i capelli grigi e occhiali da vista rossi.
“Io pensavo di vestirmi da pirata, Fred impazzirebbe di sicuro!” esclamò Serge, facendo una piroetta su se stesso con fare teatrale. Isabelle sorrise e annuì, poi rivolse lo sguardo occhialuto a Ianira.
“E tu, fanciulla, hai deciso?”
“Ehm, no. Non ho nessuna idea.”
“Io ho l’abito giusto! – disse, aprendo un baule e rovistando all’interno – E’ uno degli abiti usati per il film ‘La principessa Sissi’ del 1955. E’ stato messo all’asta dopo la fine delle riprese e la mia famiglia lo acquistò a caro prezzo. Non l’ha mai indossato nessuno e per questo lo hanno abbandonato in questo baule, ma credo che per te sia perfetto. Ecco!”
Da una coltre di polvere emerse un ampio abito bianco con lo scollo a barca e rifiniture color oro sul corpetto e sulla gonna. Ianira lo riconobbe subito, aveva visto più volte e il film e lo aveva adorato.
“E’ certa che io possa indossarlo? Voglio dire, è un cimelio di enorme valore.”
“Questo abito esige di essere mostrato in pubblico ed è un onore per me che sia tu a farlo. Dai, vai a provarlo!”
L’entusiasmo di Ianira si dissolse come neve al sole quando si rese conto che lo scollo avrebbe lasciato scoperta una porzione di schiena e che si sarebbero viste le cicatrici.
“Non posso indossarlo, mi dispiace.”
“Per quale motivo?” la voce intristita di Isabelle fu come un pugno allo stomaco, ma quelle cicatrici non potevano essere manifestate.
“Hai qualcosa che possa coprire le spalle?” domandò Serge, che aveva avuto un colpo di genio. Isabelle tornò a calarsi nel baule e ne tirò fuori un copri spalle di velo bianco con i bordi in pizzo.
“Questo può andare bene?”
Ianira si illuminò e abbracciò Serge con impeto.
“Va benissimo!”
 
Fred ne aveva vissute di esperienze bizzarre, ma quella che gli si era presentata davanti alle otto del mattino era paranormale. Andy, braccia incrociate e sguardo risoluto, lo fissava in attesa di una risposta.
“Tu vuoi che io ti aiuti con mia nipote? Ho capito bene?”
“Sì, è esatto. Ianira mi evita da una settimana e io sto impazzendo, ho bisogno di vederla e di parlarle.”
“E cosa dovrei fare per te?”
“Devi dirle che io non verrò al ballo per un impegno imprevisto.”
Fred si toccò il mento e meditò su quella richiesta di aiuto.
“Ma tu ci sarai lo stesso al ballo?”
“Sì, mi presenterò travestito alla perfezione.”
Andy era determinato come poche volte nella vita. Da una settimana Ianira non tornava a casa e gli rispondeva sporadicamente ai messaggi, mentre rifiutava ogni chiamata. Sentiva il bisogno vitale di guardarla negli occhi e confessarle tutto, non poteva più rimandare.
“Va bene. Farò come mi hai chiesto, mentirò per te. Un solo monito, Andy: non spezzarle il cuore oppure spezzerò qualcosa a te, intesi?”
“Intesi.”
 
 
Erano le nove e mezzo di sera quando Ianira, Benjamin e Maya arrivarono al ristorante di Serge. Il palazzo risaliva all’Ottocento, era maestoso con le colonne all’ingresso, i balconi a volute e il giardino spazioso. Dal parcheggio all’entrata un lungo tappeto rosso accompagnava gli ospiti fino all’interno. Ianira si tirò su il vestito e salì l’imponente scalinata a piccoli passi, i tacchi già le mordevano i talloni.
“Una cena in questo posto non potrò permettermela neanche tra dieci anni!” esordì Benjamin, scrutando il posto con fare estasiato. Maya ridacchiò e si fissò la maschera sul viso.
“Per stasera, però, possiamo fingere di essere dei ricconi e cenare gratis!”
Un cameriere ritirava i cappotti e li appendeva con il numero di riconoscimento e rilasciava un ventaglio nero per coprirsi ulteriormente il viso. Ianira odiava i balli in maschera, tutti fingevano in maniera subdola e sembravano agire consapevoli che la luna avrebbe avvolto nel buio i loro segreti. Mentre Maya e Benjamin si fiondavano sul buffet, Ianira scese velocemente i gradini e si recò da suo zio, che stava discutendo allegramente con alcuni amici francesi di Serge. Non appena la vide, si congedò dalla conversazione e andò ad abbracciarla.
“Mia cara, sei semplicemente favolosa!”
“Grazie, zio. Anche tu sei favoloso vestito da Giulio Cesare.”
“Che vuoi farci, il fascino è un fattore ereditario!” scherzò l’uomo, sbattendo le ciglia per vantarsi. Ianira rise e gli diede un bacio sulla guancia.
“Io vado a farmi un giro, tu pensa a divertirti. A dopo.” Gli disse, allacciando la semplice maschera bianca e dorata dietro la testa.
“A dopo, cara.”
Era ormai trascorsa un’ora e mezza dall’inizio del ballo. Tutti gli invitati si divertivano, chi mangiava, chi ballava, e chi si sganasciava dalle risate, mentre Ianira se ne stava in un angolo da sola a sbuffare. All’improvviso un brusio convulso attraversò la sala come se un gruppo di farfalle stesse svolazzando senza controllo. Ianira seguì lo sguardo incantato di alcune donne indirizzato alla scalinata ripida e sgranò gli occhi. Un uomo, con indosso un completo tutto nero con la sola eccezione di due rose rosse ricamate sul colletto della camicia, con i guanti e una maschera nera di vernice che gli ricopriva tutto il viso, aveva attirato l’attenzione di tutti. Camminava sicuro e fiero, spalle dritte e occhi puntati su di lei. Cosa? Perché sta guardando proprio me? Ditemi che è uno scherzo, disse la ragazza tra se e se. Quando lo sconosciuto le fu di fronte, chinò il capo in segno di saluto e le baciò il dorso della mano come un vero gentiluomo. Ianira sorrise nel totale imbarazzo e anche nel panico, certe cose non le capitavano mai. Da lontano zio Fred le faceva cenno con il dito di parlare con quello strano uomo, sorridendo in modo eccessivo. Lo sconosciuto tese una mano guantata di nero verso di lei nella muta richiesta di un ballo.
“Sì, accetto volentieri.”
Fu trasportata al centro della sala, sotto il grande lampadario di cristallo, con i visi curiosi della gente intorno puntati addosso. Lo sconosciuto dolcemente fece scivolare una mano sulla sua vita e con l’altra strinse la sua, dopodiché iniziarono a danzare sulle note di ‘Hymne à l’amour’ di Edith Piaf. Ianira dovette ammettere che fu una sensazione magica, ballare con uomo ignoto mascherato, indossare il vestito di un’attrice, essere al centro dell’attenzione, era decisamente bello. Si muovevano leggeri sul quel pavimento lucido, volteggiavano, si allontanavano, si ritrovavano, si avvicinavano, comunicavano con gli occhi. Dopo un giro, i loro corpi si scontrarono e le loro bocche si sfiorarono, sebbene quella di lui fosse coperta. Ianira ne annusò il profumo forte, un miscuglio di menta e One Million, e si lasciò attrarre ancora di più. Se prima tutto quel velo di mistero la infastidiva, ora la intrigava. Quando ‘Avec le temps’ di Leò Ferrè riecheggiò in tutta la sala, lo sconosciuto le afferrò i fianchi e l’avvicinò a sé affinché Ianira posasse la guancia sul suo petto.
“Mi dirai chi sei oppure a mezzanotte svanirai?” gli domandò, sollevando il mento per guardarlo. Giurò di averlo visto sorridere dietro la maschera.
Cherchez-moi.”  Le sussurrò all’orecchio, poi in un istante si dileguò in giardino.
Cercami.
 
Da dieci minuti Ianira girovagava invano per il giardino. Lo sconosciuto sembrava essersi eclissato. Giunse al centro dello spazio verde, dove la fontana di Afrodite e Adone gettava sbuffi d’acqua nella vasca circolare sottostante, e si sedette sul bordo ad ammirare lo stuolo di rose bianche che spiccavano nella notte buia. Sussultò quando captò un rumore tra gli alberi e, voltandosi, scorse lo sconosciuto all’altro capo della fontana. Aveva le mani in tasca, come se aspettasse qualcosa.
“Sei difficile da rintracciare, sconosciuto.”
L’uomo fece spallucce ma non emise un suono, tutto quel silenzio, però, faceva più tumulto di mille parole. Strappò una rosa e la lanciò in acqua, che la traghettò sino a lei. Ianira la prese, le gocce si abbattevano sull’erba, e i petali sembravano stelle profumate. Era stanca di quel gioco.
“Puoi anche toglierti la maschera adesso, Andy.”
Lo sconosciuto smise di muoversi, quasi fosse stato colpito da un proiettile dritto al cuore. Lentamente si sfilò la maschera e comparvero gli zigomi taglienti e gli occhi azzurri di Andy.
“Come hai capito che ero io?”
“Hai commesso degli errori. Si intravede il tatuaggio di Batman sul collo. Sei stato un mese a casa mia e conosco benissimo il tuo profumo, menta e One Million, e sotto la doccia canticchi di continuo le canzoni di Edith Piaf. La maschera non ti copriva gli occhi e solo tu hai quello sguardo di ghiaccio. Infine, sei venuto da me senza tener conto delle bellissime donne che c’erano. Se due più due fa quattro, allora l’uomo mascherato eri tu.”
Andy si disfò anche dei guanti e li buttò a terra con rabbia, aveva fallito miseramente.
“Non c’è nessuna donna bella quanto te, né in quella sala né nel mondo.”
“Piantala con queste frasi smielate. Io me ne vado.”
Prima che se ne andasse, Andy le agguantò i polsi e la girò verso di se.
“Ascoltami, maledizione! Mi ignori da una settimana e io non resisto più. Avevo bisogno di vederti e di parlarti, ogni volta che mi rifiutavi mi sentivo totalmente perso.”
“Sono qui. Parla.” Disse lei con freddezza, quel tipo che cela un profondo dolore.
“Mi dispiace di aver tirato fuori la faccenda delle cicatrici e di averti ferita in qualche modo, non era mia intenzione. Volevo solo conoscere quell’aspetto di te che tieni oscurato.”
“Perché? Perché vuoi conoscere i miei orribili difetti?” gli urlò contro Ianira, agitando le braccia per liberarsi, ma la presa di lui era troppo salda e non ci riuscì.
“Perché provo qualcosa per te! Cazzo, Ianira, sei così cieca! E’ da quando ti ho chiesto quel bacio per scommessa che mi sono reso conto che da parte mia c’è più che una semplice amicizia.”
“No, no, no. Non è vero. Lasciami! Lasciami!”
“Perché scappi da me?”
“Ho paura, Andy! Ho una paura folle! Sono terrorizzata perché hai scompaginato tutti i miei piani. Oh, misericordia! Dopo la rottura con Peter ho congelato i sentimenti e mi sono chiusa in me stessa, non voleva provarne più per nessuno. E per quattro anni ci sono riuscita. Poi sei arrivato tu, così simpatico, intelligente, travolgente, Damian ti adora, e le mie certezze sono cadute. Sapevo che saresti stato la mia rovina. Mi sono lasciata andare, ho assecondato le mie emozioni e alla fine ho ceduto. Ho ceduto e ho paura di distruggermi questa volta.”
“Anche io ho paura. So che non è facile. Entrambi abbiamo una relazione difficile alle spalle, ma questo non ci ha impedito di legare. Non metterò l’anima in pausa solo perché Jennifer mi ha spezzato il cuore, non ora che ho te e Damian nella mia vita.”
Ianira aveva gli occhi lucidi e le labbra tremanti, era scossa da tutto quello era successo. Andy allentò la presa sui polsi e la ragazza indietreggiò, il giusto per riprendere aria.
“Non posso, Andy. Non posso.”
L’ultima cosa che Andy vide fu Ianira scappare via da lui, da loro, da quello che avrebbero potuto costruire insieme. Il cielo si oscurò come se la luna l’avesse seguita per consolarla, mentre a lui non restava che una notte nera.
 
 
Andy sbuffò. Non riusciva a prendere a sonno ed era esausto, più emotivamente che fisicamente. Si portò una sigaretta alle labbra e l’accese, chiuse gli occhi ed espirò il fumo. Sperava che cacciando l’aria dai polmoni potesse cacciare anche i problemi, ma non era così facile. La sveglia segnava le quattro e trenta del mattino, fuori piovigginava e il vento non si placava. Gli venne in mente il ballo che aveva condiviso poche ore prime con Ianira, a come si erano stretti, a come si erano lasciati andare senza freni, fino a quando poi la verità era piombata su di loro come un macigno. Il suo non era di certo amore, era troppo presto per un sentimento tanto forte, ma quelle sensazioni si avvicinavano di molto. Ianira aveva tutta una bellezza interiore che compensava i difetti fisici. Era l’unica persona che si era seduta con lui e gli aveva chiesto il perché di tutte le sue scelte sbagliate, lo aveva consolato, lo aveva aiutato a smettere di bere, lo aveva aiutato a capire che si può sempre cominciare da capo quando tutto crolla. Si sentiva come il kintsugi, l’arte di riparare le crepe dei vasi con l’oro: lui era il vaso rotto e lei era l’oro. Riaprì di scatto gli occhi quando capì che i ripetuti colpi che risuonavano in casa non erano causati dalla pioggia ma da qualcuno che bussava. Barcollò sino all’ingresso e, sbirciato il pianerottolo dallo spioncino, sospirò. Quando la porta si spalancò, Ianira comparve sulla soglia. Aveva i capelli e i vestiti umidi per la pioggia, era stranita e giocava nervosamente con il manico della tracolla.
“Possiamo parlare?” gli domandò, la voce ridotta ad un filo e i grandi occhi scuri puntati sul pavimento. Andy, sigaretta in bocca, camicia sbottonata e scalzo, si fece da parte affinché si accomodasse.
“Vado a prenderti un asciugamano.”
“No. Non è necessario.”
“Sei bagnata e stai tremando, ti prenderai un brutto malanno.”
Ianira gli agguantò i polsi e lo guardò dritto in faccia.
“Ho un sacco di cose da dirti e, se adesso te ne vai, mi dimenticherò tutto. Resta.”
“Okay.”
Andy si sedette sul letto, invece lei rimase immobile in mezzo alla stanza.
“Mi dispiace per essere scappata prima. Sai, hai attirato tutta la mia attenzione quando mi hai chiesto se piacessi a Damian e ti ho risposto che a lui piacciono solo le persone belle, lì ho visto tutta la tua tristezza e la tua solitudine. Mi ripetevo di lasciar perdere, che non dovevo intromettermi, ma poi sei svenuto e io ho avuto una paura folle. Siamo diventati amici in poco tempo perché noi siamo personalità opposte che hanno bisogno l’una dell’altra. Tu sei uno che rischia e io invece pondero ogni decisione, tu rimugini troppo sulle difficoltà e io le affronto senza esitare, tu fai arte con la musica e io con il disegno e la pittura, tu sei divertente e io sono troppo seria, tu sei stato solo sino ad ora e io ho avuto mio figlio. Malgrado ciò, siamo stati capaci di instaurare un bel rapporto che mescola la tua anima e la mia. Un rapporto che si è trasformato giorno dopo giorno in un mostro che mi spaventa perché se finisco per innamorarmi di te, già so che sarà un sentimento struggente e immenso. Ho amato solo Peter nella mia vita e non era la persona giusta, perciò la prospettiva che le cose possano funzionare tra di noi per davvero è bellissima e terribile al tempo stesso. Io non so come ci si sente ad essere amata perché nessuno prima d’ora lo ha fatto, sono sempre stata io ad amare gli altri e mai ricambiata. Sono qui per dirti che anche io provo qualcosa per te e che non ho più voglia di avere paura.”
Andy spense distrattamente la sigaretta sul comodino, era troppo tramortito da quelle parole. Una miriade di sensazioni gli gonfiò il cuore ed erano tutte belle, per la prima volta nella sua vita. Certo, aveva amato Jennifer per sei anni, ma in quel momento capì che l’amore non doveva fare male e non doveva essere un continuo tira e molla, anzi era restare e affrontare tutto a piccoli passi.
“E questo che significa di preciso?”
Ianira rise per l’espressione sbigottita sul volto del ragazzo, che, se a primo impatto sembrava un duro, in realtà aveva un cuore fragile.
“Significa che da oggi potremo essere due migliori amici che ogni tanto si comportano come una coppia. Ci stai?” gli disse, allungando la mano verso di lui.
Era una proposta assurda: come si può essere amici se si è legati da un sentimento?
Andy, però, accantonò quella domanda perché era consapevole che insieme a lei tutto sarebbe stato possibile.
“Ci sto.” Rispose, serrando quella piccola mano con la sua. Andy l’attirò a sé e allacciò le mani dietro la schiena della ragazza, intrappolandola in un abbraccio.
“Bene.”
“E se adesso avessi una voglia matta di baciarti?”
Ianira sorrise, da lungo tempo nessuno le rivolgeva certe richieste.
“Sei uno a cui piace il pericolo, giusto? Allora rischia.”
Andy si chinò e finalmente la baciò. Ianira gli circondò il collo con le braccia per approfondire il bacio, al che lui non tardò ad accontentarla. Era un bacio liberatorio, urgente, desiderato con ogni fibra del loro corpo e della loro anima. Si staccarono dopo qualche minuto, però restarono abbracciati.
“Direi che rischiare è appena diventato il mio passatempo preferito.” Mormorò Andy ad una spanna dalle labbra di Ianira, che alzò gli occhi al cielo e gli diede un bacio a stampo.
“Sei un imbecille, Biersack.”
 
 
“Sai che una volta stavo rischiando di essere rapito?”
Sdraiati uno vicino all’altro sul letto, a qualche centimetro di distanza, Andy e Ianira stavano chiacchierando di tutto e di niente. La ragazza gli lanciò un’occhiata scioccata e lui sollevò le sopracciglia.
“Dici sul serio?”
“Era in giro con i miei quando un uomo mi ha avvicinato e mi ha coperto con il suo poncho. Era buio e puzzava lì sotto. Il tizio ha iniziato a camminare e io ero costretto ad andargli dietro perché non ci vedevo più. Alla fine il poncho si è sollevato e sono sbucato fuori, così mia madre è venuta a riprendermi e ha preso a colpi di borsa il rapitore.”
Ianira scoppiò a ridere talmente forte che le vennero le lacrime agli occhi.
“Un uomo con un poncho voleva rapirti? E’ esilarante!”
“Beh, non è proprio esilarante essere rapiti!” replicò Andy, mordendosi il labbro per non ridere e fingersi serio.
“L’anno scorso ero con Damian al compleanno di un suo compagno di asilo e servivano zuppa calda. Gliel’ho fatta mangiare ma non gli è piaciuta e l’ha versata sulla torta del festeggiato per ripicca. Ho dovuto pagare centocinquanta dollari di danni.”
Quella volta fu Andy a ridere a crepapelle, immaginandosi Damian compiere un gesto tanto estremo a soli tre anni. Senza un apparente motivo risero per altri quindici minuti, forse perché troppo divertiti da quei racconti oppure era la leggerezza dovuta al loro chiarimento che li faceva stare bene. Ianira si mise su un fianco e d’istinto accarezzò con l’indice il tatuaggio dell’aquila che campeggiava sul petto del ragazzo, era un gesto talmente spontaneo da sembrare lo compisse da sempre.
“Molte credenze popolari assimilano l’aquila al sole, sai.” Disse lei, continuando a contornare le linee nere delle ali del rapace.
“Io l’ho tatuato perché è un predatore. Quando sceglie la sua preda, la caccia fino a quando non la conquista.”
“E tu, come un’aquila, riesci a conquistare le tue prede?”
“Fino ad ora ho conquistato solo delusioni e fallimenti, ma forse le cose sono migliorate decisamente stasera.”
“Oppure sono peggiorate.” Continuò la ragazza per smorzare la serietà del loro discorso. Lui ridacchiò e le diede un buffetto sulla guancia.
“Ho un’altra richiesta, miss Lewis.”
“Sarebbe?”
“Voglio vedere le cicatrici.”
Ianira si ritrasse all’istante, come se quelle parole l’avessero ustionata, e aggrottò le sopracciglia.
“No.”
“Ti supplico.”
“Perché insisti tanto? Sono solo delle stupide cicatrici!” ribatté lei, mettendosi seduta per dargli le spalle. Andy poggiò la schiena contro la testata del letto e si passò una mano sul viso, era stato un azzardo chiederglielo ma doveva farlo.
“Insisto perché non sei orribile come credi. Devi fidarti di me, Ianira.”
Lei sapeva che quel momento era inevitabile, che prima o poi quel segreto sarebbe stato rivelato, e lei non poteva più opporsi.
“D’accordo. Ti chiedo solo di non dire una parola se proverai ribrezzo, me lo prometti?”
“Promesso.”
 Ianira si legò i capelli in uno chignon abbastanza ordinato, poi procedette a togliersi la maglia e la canottiera, rimanendo solo col reggiseno nero. Numerosi segni piccoli e bianchi costellavano la sua schiena come macchie di gesso sulla lavagna. Le cicatrici erano informi, alcune più frastagliate e altre più sporgenti. Andy non si scompose affatto, anzi si aspettava di peggio. Ianira sobbalzò quando avvertì le dita di lui solcare le cicatrici e poi le sue labbra baciarle. Non credeva che sarebbe arrivato a tanto, pensava che, dopo averle viste, le avrebbe ordinato di rivestirsi. Invece no, stava addirittura baciando quei disastrosi difetti che la facevano sempre sentire a disagio. Emise un rantolo di dolore quando le labbra di Andy sfiorarono la cicatrice più lunga ed evidente, era quella che le recava più sofferenza.
“Ti fa male?” le sussurrò sulla pelle, senza staccare la bocca da quella ferita chiusa.
“Sì. Un anno fa hanno estratto il vetro e ci vorrà del tempo perché guarisca bene.”
“Non c’è niente che non vada in te, Ianira. Sei semplicemente incantevole.”
Ianira si voltò e gli prese il mento tra le dita per baciarlo con estrema urgenza. Il bacio si infiammò in un baleno. Andy la fece stendere sotto di sé e intraprese una piacevole discesa di baci umidi sul collo, sulle clavicole, sulla porzione di seno a vista, sino a raggiungere anche l’addome con le labbra. Le mani si fecero avide di pelle e di calore, gli ansimi aumentavano ad ogni battito, e i loro corpi si reclamavano a vicenda. Ianira gli sfilò del tutto la camicia e la gettò sul pavimento, facendolo sorridere malizioso per quella intraprendenza.
“Non avevamo detto di andarci piano, splendore?”
“Tu vuoi andarci piano, Biersack?”
Andy si morse il labbro e le strinse più forte le mani intorno ai fianchi, per poi avvicinarla e baciarla ancora e ancora.
“Neanche per sogno.”
Ianira ribaltò le posizioni per sedersi a cavalcioni e fece scorrere le mani su quell’ampio e tonico petto tatuato, regalando carezze di fuoco qua e là. Andy gemette senza alcun ritegno quando la bocca carnosa di lei disseminò baci voglioso sulla sua pelle. Era un gioco che li rendeva ebbri l’uno dell’altro, incapaci di resistersi. Si disfecero dei vestiti in poco tempo e tornarono a cercarsi più di prima. Non era solo attrazione fisica la loro, era qualcosa di più, partiva dal cuore e si irradiava nel sangue facendo pompare le vene e faceva andare in tilt il cervello. Ianira emise un sospiro di piacere quando Andy si curvò a baciarle l’interno cosce, segnate dalle prorompenti smagliature causate dal parto. Tutte quelle attenzione la fecero sentire bella e accettata per la prima volta, come se fino ad allora nessuno avesse compreso quanto quel corpo fosse prezioso. Trascorsero l’intera nottata ad amarsi tra godimento, risatine sommesse e sguardi carichi di emozioni.
 
 
Ianira si svegliò senza preoccupazioni quella mattina, rilassata come succedeva di rado. Rigirandosi nel letto, non trovò Andy e le dispiacque. Mille dubbi l’assalirono all’istante: e se ci avesse ripensato? E se l’avesse trovata davvero un mostro? E se fosse stato tutto un brutto scherzo?
“Perché stai fissando il mio cuscino con l’espressione da assassina?”
La voce titubante del ragazzo la costrinse a guardarlo e lo trovò con i capelli bagnati e un asciugamano in vita. Era mozzafiato.
“Che?! Non stavo fissando il tuo cuscino, io … ecco … beh …”
“Credevi che me ne fossi andato?”
“Sì.” Ammise lei, coprendosi con il lenzuolo. Era assurdo che avesse fatto l’amore con quello che fino a tre mesi era destinato ad essere solo il suo vicino, mentre ora erano più uniti che mai. Andy scosse la testa e sorrise.
“E invece sono ancora qui! Ero solo andato a fare una doccia. Sai com’è, è stata una notte ricca di avvenimenti.”
“Già.” Si limitò a dire Ianira, fissando le pieghe della coperta blu sul letto.
“Wow, la tua loquacità mi impressiona!”
“Scusami, è che non sono abituata a svegliarmi in questo modo.”
Andy si sedette di fronte a lei, i capelli gocciolavano sul suo petto niveo per scomparire infine oltre il bordo dell’asciugamano.
“Intendi che non sei abituata a svegliarti dopo aver fatto l’amore con qualcuno?”
“Stai cercando di mettermi in imbarazzo, Andrew?”
Il ragazzo proruppe in una risata chiassosa e lei lo colpì al braccio per farlo tacere.
“A dire la verità, è divertente metterti in imbarazzo. Il mio vero scopo, però, era farti confessare che io e te abbiamo davvero fatto l’amore e che è stato strepitoso.”
“E’ stato più che strepitoso.” Disse Ianira con un sorriso allegro che fece sorridere anche lui.
Entrambi si presero qualche minuto per esaminare la situazione: erano stati nudi e abbracciati per una notte intera e si erano risvegliati nello stesso modo solo poche ore dopo, da migliori amici erano passati ad un livello superiore. Andy si distese al suo fianco con le mani sotto la testa a fissare il soffitto bianco. Ianira poggiò la testa sul suo petto e iniziò a tratteggiare il tatuaggio sulla spalla destra che recitava ‘never regret yesterday. Life is in you today and you make your tomorrow’. Passò poi agli altri tatuaggi, lo pseudo nativo sul collo, la tigre sul fianco sinistro e il teschio sul destro, la croce capovolta e tanti altri sul braccio. Nel frattempo, il ragazzo si beava di quella delicatezza a occhi chiusi, assaporando ogni carezza lasciata sulla pelle dalle dita affusolate di lei.
“Non devi vergognarti delle cicatrici.” Disse Andy, riservandole un’occhiata ricca di dolcezza. Ianira abbassò la testa e si riparò meglio con il lenzuolo, nella vana speranza di proteggersi da quegli occhi azzurri che le martellavano l’anima.
“Non è così facile, Andy.”
“Lo so, però non sono orribili come dici tu. Sono una parte di te, devi imparare ad amarle e deve farlo anche chi ti sta accanto. Chi non ti apprezza per come sei non ti merita. Me lo hai fatto capire proprio tu negli ultimi mesi.”
Ianira studiò con attenzione il suo viso spigoloso, la pelle chiara, i ciuffi di capelli scuri sulla fronte, la linea del naso e delle labbra, e sorrise. Sorrise perché uno come lui, così affascinante, aveva notato una come lei, così insicura. Lo baciò senza pensarci troppo, era finito il tempo di pensare ed era cominciato quello di lasciarsi andare. Andy sorrise nel bacio e le strinse un fianco con la mano per farla di nuovo scivolare sotto di sé.
“Forse imparerò ad amare le mie cicatrici un giorno.” Aggiunse lei, circondandogli le spalle ampie con le braccia. Lui le diede un bacio sulla spalla nuda.
“Io, invece, già le amo.”
 
 
Salve a tutti! ^_^

Finalmente questi due si sono dichiarati, ma ci sono ancora tante questioni in sospeso.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La guastafeste (pt.I) ***


7. LA GUASTA FESTE (PT. I)
 
Un mese dopo.
Ianira riuscì ad infilare in valigia le scarpe dopo svariati tentativi e fu sollevata dell’esito positivo. Damian, chino sul tavolino ai piedi del divano, stava completando un disegno. Il 23 dicembre era arrivato, quella mattina sarebbe partito con Peter per passare con lui il Natale, per la prima volta stavano lontani per una settimana. Non ebbe il tempo di farsi prendere dallo sconforto ché il campanello trillò. Quando aprì la porta, vide un enorme pacco regalo sormontato da un grosso fiocco rosso, attorno ad esso due mani tatuate lo reggevano.
“Biersack, che stai combinando?”
“Posso entrare? Questo pacco pesa parecchio.” Si lamentò Andy, entrando poi in casa con cautela per non inciampare.
Ormai si frequentavano da un mese, ma non si dichiaravano ancora una coppia a tutti gli effetti. Si comportavano come prima, come due migliori amici che spesso si baciavano, facevano l’amore e si godevano la compagnia l’uno dell’altro. Vivevano quel rapporto con leggerezza, senza preoccuparsi troppo di qualsivoglia tipo di complicazione. Messo il pacco per terra, sbucarono il viso magro e i grandi occhi azzurri del ragazzo. Indossava un berretto nero con la visiera al contrario e le collane tintinnavano quando si muoveva. Assicuratosi che Damian non li stesse guardando, le lasciò un bacio a stampo sulla bocca.
“Buongiorno, splendore.”
“Buongiorno, Andy. Puoi spiegarmi che stai facendo con quel coso?”
“E’ il regalo di Natale per Damian. Dato che saremo lontani, ho pensato di darglielo oggi. Aspetta, lui crede a Babbo Natale?” chiese Andy con il terrore di infrangere i sogni di un bambino. Ianira rise e scosse la testa, portando le mani sulle guance del ragazzo e baciandogli la punta del naso.
“Non ci crede, tranquillo. Andiamo da lui, dai!”
“Andy!” esclamò Damian con la bocca spalancata in segno di felicità e gli saltò in braccio. Andy gli spettinò i riccioli castani e se lo sistemò su un fianco.
“Ho una cosuccia per te, campione. Il tuo regalo di Natale ti aspetta in cucina!”
“Posso andare ad aprirlo, mamma?” domandò, rivolgendosi a Ianira, che sorrise e annuì. Il piccolo scattò verso la cucina, agguantò il pacco e strappò la carta nella foga. All’interno c’era un enorme set di cento puzzle dei supereroi più famosi della storia dei fumetti, sia della DC sia della Marvel. Andy era compiaciuto dell’espressione di pura gioia dipinta sul volto di Damian.
“Ti piace?”
“E’ spaziale! Grazie mille!” disse il piccolo, aggrappandosi ai pantaloni neri a mo’ di goffo abbraccio. Ianira, dallo stipite della porta, sorrise nel costatare il legame che univa i due uomini più importanti della sua vita, oltre a Fred e a Serge.
“Damian, adesso dobbiamo andare. Papà ti aspetta in aeroporto.”
La rattristò vedere il viso di suo figlio adombrarsi, aveva più volte espresso la volontà di trascorrere il Natale con lei e andy ma Ianira gli aveva spiegato che era giusto stare anche con suo padre, al che il bambino si era dovuto arrendere. Senza replicare, come un vero ometto, si mise la giacca e il cappello, poi gettò in valigia anche il regalo appena ricevuto. Andy si accorse degli occhi lucidi di Ianira e gli si spezzò il cuore sapendola tanto afflitta. Mentre lei andava a prendere la borsa, si piegò sulle ginocchia per arrivare all’altezza di Damian e gli strinse le piccole braccia.
“Ti ricordi di indossare la spilla di Batman che ti ho regalato, vero? Con quella non avrai paura e saprai che la mamma e io ti staremo pensando.”
“Mmh, okay.” Rispose il bambino, giocando con il ciondolo a forma di aquila che il ragazzo portava appeso al collo.
Venti minuti dopo Ianira consegnò a Peter la valigia e la mano di Damian. Sentiva un terribile groppo in gola che quasi le impediva di parlare. Mamma e figlio si abbracciarono per cinque buoni minuti, alternando baci e sorrisi incoraggianti.
“Mi raccomando, pulce, fai il bravo e divertiti. Ti voglio tanto bene, amore mio.”
“Anche io. Ciao, mammina.”
“Andiamo o faremo tardi.” Intervenne Peter, che trascinò il bambino lontano da lei in direzione del check-in.
Malgrado la tristezza, Ianira non poteva perdersi d’animo. Anche lei aveva un aereo da prendere: avrebbe trascorso il Natale a casa di Andy a Cincinnati.
 
 
“Come mi presenterò alla tua famiglia?”
Andy inarcò il sopracciglio e si accese una sigaretta, la prima di una lunga serie. Erano da poco atterrati a Cincinnati e aspettavano che suo padre li andasse a prendere. Seduti fuori dall’aeroporto, il freddo dicembrino si faceva sentire forte e chiaro. Erano le dieci di sera, il buio accompagnava i viaggiatori a casa o chissà verso quale meta.
“Come vuoi che ti presenti? Col nome e il cognome!”
Ianira gli diede un pugno sulla spalla, che non lo spostò nemmeno di un millimetro, e sbuffò.
“Fai il serio, per favore. E’ strano quando tuo figlio si presenta a casa con una ragazza che non è la fidanzata.”
“Vuoi che dica ai miei che sei la mia fidanzata? D’accordo.”
“Noi non stiamo insieme, Andy.”
“Questo è un punto da discutere al più presto.” Disse lui, scrollando la cenere della sigaretta a terra. Ianira si strinse nella giacca, il gelo era causato più dalle parole di Andy che dal vento ghiacciato.
“In che senso?”
“In nessun senso, ora non ci pensiamo. Affronteremo il discorso dopo le vacanze.”
Lei si limitò ad annuire, non voleva appesantire la situazione più del dovuto. Era palese che l’amore stesse sbocciando a tutti gli effetti tra di loro, ma entrambi temevano di ammetterlo per non restare delusi e feriti ancora una volta. Fatto sta che uno dei due prima o poi avrebbe dovuto deporre lo scudo e arrendersi al sentimento nemico. Un’auto blu si fermò davanti a loro e ne uscì un uomo alto, sulla cinquantina, con un capello di lana nero e i guanti.
“Andy, figliolo! Da quanto tempo!”
I due uomini si scambiarono pacche d’affetto, mentre Ianira se ne stava in disparte per dare loro un minimo di privacy. Quando Andy notò lo sguardo di suo padre puntato sulla figura della donna, seppe che era arrivato il momento delle presentazioni.
“Papà, lei è Ianira Lewis, la mia amica.”
“Piacere, signor Biersack!” disse Ianira, allungando la mano tremante verso l’uomo, che la strinse con un sorriso cordiale.
“Piacere mio! E chiamami Chris, ‘signore’ mi fa sentire già troppo vecchio. Allora, vogliamo tornare a casa? Mia moglie non vede l’ora di incontrarvi.”
“Si parte!” disse Andy, sorridendo entusiasta. Ianira, invece, stava tremando per l’agitazione e l’imbarazzo, e le cose sarebbero peggiorate con la madre.
 
 
Amy Biersack stava stritolando Andy in un abbraccio mentre quasi scoppiava a piangere per l’emozione.
“Mamma, così mi soffochi.”
“Scusami, tesoro. Solo davvero felice di rivederti dopo tanto tempo. Questa bella ragazza chi è?” domandò la donna, rivolgendo gli occhi coperti dagli occhiali verso Ianira.
“Salve, sono Ianira Lewis. Un’amica di Andy.” Sorrise la ragazza, anche se dentro si sentiva svenire per l’ansia. Amy sorrise a sua volta, un sorriso forzato più che altro, e le diede la mano.
“Benvenuta a casa nostra, Ianira. Vieni, ti ho sistemata nella dependance.”
“Può dormire in camera con me.” Obiettò Andy, caricandosi le valige in spalla. La madre gli lanciò un’occhiata truce.
“No, non può dormire con te. Non è consono che dormiate nella stessa stanza. Dico bene, Ianira?”
Ianira guardò prima Andy e poi Amy, infine annuì.
“Dice bene, signora Biersack.”
La dependance si trovava proprio alle spalle dell’abitazione, era composta di una sola grande stanza, ovvero una camera da letto, un angolo cottura e un piccolo bagno. Ianira posò a terra la valigia e si tolse la giacca, appendendola all’unica sedia presente.
“Spero che il posto sia di tuo gradimento. Per qualsiasi cosa, chiedi a me.” Disse Amy con una certa freddezza nella voce. Era palese che non la volesse in casa.
“Certo. La ringrazio per l’ospitalità, signora.”
“Andy mi ha detto che hai un figlio. Come si chiama?”
Ecco, era giunto il momento dell’interrogatorio. Ianira prese un bel respiro e si preparò a rispondere.
“Si chiama Damian Lewis, ha quattro anni.”
“Ah, porta il tuo cognome. E il padre?”
“Mamma!” la ammonì Andy, che era appena entrato di soppiatto nella dependance. Ianira gli toccò delicatamente il braccio e a quel gesto Amy si accigliò.
“Non fa niente, è normale che tua madre mi ponga delle domande. Beh, il padre di Damian vive per i fatti suoi con la sua compagna. Porta il mio cognome perché il giorno della sua nascita ero sola.”
“Capisco. E come vi siete conosciuti con Andy?”
Andy inarcò il sopracciglio, sua madre si stava comportando male.
“Siamo vicini di casa, abitiamo sullo stesso pianerottolo. Inoltre, Andy lavora per mio zio.” Disse Ianira, era rilassata e ben disposta ad ogni chiarimento. Amy la osservò per qualche istante, i capelli castani legati in una treccia, gli occhi struccati, il fisico modificato dal parto, e pensò che non avesse nulla a che fare con suo figlio.
“Ah, ecco. Adesso ti lascio il tempo per sistemare le tue cose. Domattina andremo in centro per il mercatino di Natale.”
“Va bene, grazie.”
“Andy, tu vieni con me!” ordinò Amy al figlio, che sospirò e si mise le mani in tasca. Mimò uno ‘scusa’ a Ianira e seguì la madre, lasciando la ragazza da sola.
 
 
Alle nove del mattino Amy costrinse suo marito, il figlio e la loro ospite a visitare il mercatino di Cincinnati che esponeva oggettistica natalizia, il cui ricavato in denaro sarebbe stato devoluto in beneficenza. Ianira aveva sonno, non aveva dormito un granché, e doveva anche fingersi educata con una donna che la detestava. La signora Biersack, infatti, sembrava averle dichiarato guerra: la sera prima non aveva acceso il riscaldamento della dependance, poi le aveva dimezzato l’acqua calda durante la doccia, e quella mattina le aveva preparato un caffè disgustoso. Ai rimproveri del figlio la donna si giustificava dicendo che non era abituata ad avere ospiti.
“Perché tua madre sta facendo la spesa per un intero esercito?” esordì Ianira, mentre seguivano la donna alla bancarella del pesce. Andy bevve un sorso di caffè e ridacchiò.
“Perché invita tutta la famiglia a cena da noi la sera della Vigilia.”
“Cosa? Mi stai dicendo che stasera dovrò affrontare tutti i tuoi parenti?!”
“Esatto. Sono più simpatici di mia mamma, quindi puoi stare serena.”
“Tua madre mi odia proprio.” Disse la ragazza, esasperata per quella situazione. Andy le circondò le spalle con il braccio e le baciò una tempia.
“Lei ti vede come una minaccia. Crede ancora che io e Jennifer possiamo tornare insieme, ma ora che tu sei qui si rende conto che il suo sogno è infranto per sempre.”
“Una fan di Jennifer, ottimo.” Il sarcasmo di Ianira trasudava da quelle parole come miele da un alveare.
“Andrà tutto bene, splendore. Fidati di me.”
Fiducia. Già, era quello il problema. Si era fidata di qualcosa che non aveva certezze, si era fidata di un uomo che forse non avrebbe mai potuto avere per davvero.
“Ragazzi, vi consiglio di fuggire ora prima che sia troppo tardi.” Suggerì il signor Biersack, qualche passo davanti a loro. Lui era gentile con Ianira, era simpatico e molto alla mano, forse aveva già intuito l’ostilità di sua moglie e cercava di lenirla.
“Grazie, papà. Ci vediamo dopo.”
Andy le prese la mano e insieme si allontanarono verso il fulcro del mercatino, le bancarelle di dolciumi e decorazioni natalizie. Ianira, libera dalle grinfie di Amy, poté finalmente rilassarsi. Vedere Andy così felice e a proprio agio nella sua città natale la metteva di buon umore. Si fermarono a sbirciare strani ornamenti festivi e Ianira, trovato un frontino con le corna di renna, gliele fece indossare.
“Guarda come sei bello adesso, renna Andrew!” gli disse, ridendo di buon gusto. Andy le portò le mani intorno ai fianchi per intrappolarla in una stretta.
“Sono molto sexy in versione renna di Babbo Natale.” Sussurrò lui a un centimetro dalle sue labbra.
“Assolutamente.”
“E questa renna se lo merita un bacio come premio per il duro lavoro che svolgerà stanotte?”
Ianira non se lo fece ripetere due volte, gli mise le mani sulla nuca e lo baciò con trasporto alla luce del sole. Per la prima volta si mostrarono in pubblico come una coppia, continuando a baciarsi ancora un po’. Andy si morse il labbro, desideroso di maggiore contatto, ma dovette darsi una regolata. La ragazza prese le distanze con un sorriso a illuminarle il viso.
“Dovresti comprare questo frontino, ti dona.”
Andy comprò sul serio il frontino e proseguì il loro giro in modalità renna, beccandosi sguardi divertiti dai bambini e scioccati dagli adulti.
“Stasera lascia la porta aperta, verrò a farti visita.” Disse, mentre mano nella mano camminavano verso il carretto di un finto Babbo Natale.
“Non hai intenzione di calarti giù dal camino per consegnarmi i regali?”
“Vedi, splendore, ho intenzione di calarmi nel tuo letto per consegnarti i regali.” Le mormorò all’orecchio con voce suadente, al che Ianira fu obbligata a trattenersi per non baciarlo di nuovo e con maggiore passione.
“Allora vorrà dire che la porta sarà aperta.”
Andy stava per darle quel bacio che entrambi volevano quando una mano gli artigliò la giacca per farlo voltare.
“Andy! Da quanto tempo!”
Ianira notò il cambiamento di Andy, la sua allegria si era appena tramutata in disappunto.
“Salve, Sophie. Come sta?”
“Io me la cavo. Tu come stai? Oh, questa fanciulla chi è?” la donna continuava a sorridere in modo spropositato, fin troppo per i gusti di Ianira.
“Lei è Ianira, un’amica. Sarà nostra ospite per queste vacanze.”
“Io sono Sophie Gordon, la suocera di Andy.”
Era Sophie, la madre di Jennifer. Come Amy, anche lei era sicura che i figli sarebbero tornati insieme, senza curarsi del divorzio in atto. Ianira fu attraversata da un’insolita scarica di gelosia mista a rabbia.
“Intende dire che è la mia ex suocera.” La corresse Andy, imbarazzato per quello strano incontro.
“Oh, suvvia, mettiamo da parte certe precisazioni, ragazzo mio! Suppongo che ci vedremo stasera a cena.” Continuò Sophie, sempre mantenendo quel sorriso sfacciato. Andy deglutì nel panico totale.
“Stasera a cena?”
“Ma sì, tua madre mi ha invitata come tutti gli anni al cenone!”
 
“Andy, figliolo, calmati!”
Andy sbuffò in preda alla rabbia. Sua madre, seduta sul letto nella sua vecchia stanza, lo guardava con la faccia da cane bastonato, come fosse innocente.
“Come posso calmarmi quando inviti a cena i miei ex suoceri? Spiegamelo!”
“Lo sai che Sophie e Drew sono amici della nostra famiglia da anni e che cenano con noi alla Vigilia, quindi non capisco perché ti scaldi tanto.”
Il Natale precedente era stato l’ultimo che aveva festeggiato accanto a Jennifer, si erano poi lasciati a gennaio, e rivivere a metà quella tradizione adesso lo disgustava.
“Mi scaldo tanto perché non fanno parte della nostra famiglia ormai!”
“Secondo me il vero motivo è la tua nuova amichetta!” disse tutta indispettita la madre, risoluta nel suo atteggiamento. Andy scosse il capo e ghignò, più per amarezza che per divertimento.
“Che c’entra adesso Ianira?”
“Stamattina vi ho visti, alle bancarelle, mentre vi baciavate. Erano baci abbastanza affiatati. State insieme? E’ forse questo che scatena la tua rabbia per la presenza di Sophie e Drew a cena? Devi sapere che Jennifer non passerà qui le vacanze.”
“Tra me e Ianira sta nascendo qualcosa, lo ammetto, ma questo non ha a che fare con te che prendi determinate decisioni senza consultarmi. Sophie e Drew saranno i miei nemici stasera perché mi ricorderanno di una vita morta un anno fa, mentre al mio fianco ci sarà una nuova vita ad attendermi. Mamma, io e Jennifer non torneremo insieme, sappilo.”
Andy era stanco di doversi ripetere ogni volta che sua madre accennava al suo matrimonio: no, non c’era più possibilità di salvezza, soprattutto ora che una donna faceva parte della sua vita. Amy si rabbuiò per le certezze che crollavano ancora una volta, per la speranza disattesa che suo figlio tornasse con la sua ormai ex moglie.
“Se sei sicuro della tua scelta, allora affronterai questa cena.”
Al piano di sotto, Ianira stava aiutando il signor Biersack ad apparecchiare. Di ritorno dal mercatino, lei e Andy si erano limitati a guardare un paio di film natalizi senza dirsi una parola. Adesso udiva le voci concitate di mamma e figlio sfidarsi al piano di sopra e immaginò i primi litigi con Damian, a quanto sarebbero diventati feroci col tempo. Si ridestò quando Andy, vestito puntualmente di nero, eccezione fatta per gli anfibi bordeaux, comparve in cucina. Il ragazzo, non appena la vide con indosso un paio di jeans stretti e una camicetta blu di pizzo, fischiò.
“Ehi, Lewis, sei uno schianto!” disse, baciandole la guancia. Ianira sorrise timidamente, non era dell’umore adatto, ma al tempo stesso sapeva che lui doveva sentirsi sotto pressione. Sbirciando il soggiorno e non vedendo nessuno in giro, si sollevò sulle punte per dargli un bacio casto sulle labbra, che Andy approfondì arpionandole i fianchi.
“Stai bene anche tu, Biersack, per un funerale!”
“Oh, avanti, lo sai che il nero snellisce!” rise lui, baciandola a stampo. Ianira gli scostò dagli occhi una ciocca di capelli corvini e sorrise, era davvero bello da mozzare il fiato.
“Cosa c’è da snellire in te? Sei magro come un chiodo!”
Prima che si accingessero ad un’altra effusione, il campanello suonò e li separò. Chris sbucò dalla cucina e, sfregandosi le mani tutto contento, aprì la porta. Una mandria di parenti di riversò in casa, anziani, adulti, adolescenti e bambini affollarono il soggiorno di casa Biersack in poco tempo. Anche Sophie e Drew fecero la loro entrata, a braccetto, con in mano due cesti di dolci. Andy deglutì e si strofinò i palmi sudati sui pantaloni.
“Guardami, Andy. Ci sono io con te. Andrà tutto bene.” Gli disse Ianira, dolce e gentile come al solito. Il ragazzo annuì distrattamente, ancora intontito dalla miriade di emozioni che provava, ma la tensione si allentò quando lei gli strinse la mano per infondergli coraggio. Fu Ianira ad accogliere i genitori di Jennifer con la tua tipica garbatezza dei modi.
“Buonasera! Prego, accomodatevi!”
Sophie e Drew l’abbracciarono inaspettatamente, facendola sentire in colpa per i sentimenti che serbava per l’uomo che un tempo amava la loro figlia. Amy raggiunse il quartetto all’ingresso con un sorriso raggiante sul volto.
“Amici cari, sono onorata! Venite, a tavola è tutto pronto!”
 
Ianira mandò giù l’ennesimo bicchiere d’acqua per inumidirsi la gola e rispondere a tutte le domande che da un’ora le venivano poste dai parenti di Andy. C’era chi si era dimostrato diffidente, chi incuriosito, chi indifferente, e solo Joe, il cugino di Andy, era stato amichevole con lei. Adesso, riuniti tutti in soggiorno per aspettare la mezzanotte, consumavano gli svariati dolci preparati da mamme e zie. Seduta al suo fianco, guardinga e intrattabile, c’era la nonna di Andy, che le fece una domanda diretta.
“Hai i fianchi belli grossi, ragazza. Hai avuto una pagnotta nel forno di recente?”
Andy quasi si strozzò con la torta e tossicchiò per riprendere a respirare. Ianira era confusa.
“Non capisco.”
“Hai avuto un figlio?” tradusse Chris per lei. Tutti gli occhi dei parenti erano puntati su di lei, simili a cani che esaminano una preda.
“Sì, ho un figlio di quattro anni, si chiama Damian.”
“Beh, con quei fianchi da cavalla gravida era evidente!” commentò la zia materna di Andy, indicando col mento il bacino della ragazza. Ianira sprofondò nell’imbarazzo, la sua insicurezza era stata spiattellata davanti a degli estranei, esposta come un animale da circo.
“Ianira è bellissima, sempre e comunque.” Disse Andy.
Sophie e suo marito Drew si scambiarono un’occhiata eloquente, ed Amy seppe che non c’era modo di tornare indietro. Il silenzio che avvolgeva la stanza fu spazzato via da Joe, che sollevò il bicchiere per un brindisi.
“A tutta questa nostra bella famiglia e ad una nuova amica, salute!”
I bicchieri cozzarono tra di loro e le chiacchiere tornarono a riempire la casa, come se non fosse successo nulla. Ianira si congedò con la scusa di dover andare in bagno e uscì in cortile per prendere una boccata d’aria. Imprecò in mente quando il bastone della nonna di Andy si trascinò sino a lei e la vecchia le si parò di fronte.
“Mi dispiace per prima, non volevo metterti a disagio. E’ solo che sono molto protettiva nei confronti di Andy, è un ragazzo molto fragile e tende a farsi male troppe volte. La storia con Jennifer lo ha molto segnato, ma mia figlia Amy non sa tutto. Non sa tutte le volte che è venuto a casa mia ubriaco per un litigio con Jennifer, delle nottate passate a piangere per presunti tradimenti, e non sa nemmeno che lei ora ha un nuovo compagno.”
“Perché mi dice tutto questo?”
La donna le toccò la spalla con la piccola mano tremolante per poi toccarle la guancia in un gesto materno.
“Perché, quando mio nipote ti ha guardata poco fa, ho letto nei suoi occhi una pace che non gli ho mai visto. Tu gli plachi l’animo, ragazza. Sei la sua cura.”
“Nonna! Entra, dai, tra poco canteremo!” strillò uno dei bambini dalla finestra. Ianira intravide Andy guardarla dalla finestra e salutarla con la mano.
 
 
Era da poco scoccata l’una di mattina quando Ianira, reduce da una doccia calda, stava preparando il letto per la notte. Era stata una serata assurda, era sfinita e triste per come era stata trattata, come se fosse un’intrusa. Tutti avevano parlato di Jennifer, di quanto fosse bella e brava, di quanto stesse bene con Andy, e le avevano anche fatto vedere le foto del loro matrimonio, mentre lei soffocava un urlo nello stomaco e simulava un sorriso. Andy, tuttavia, non aveva fatto altro che strapare l’album dalle mani delle cugine e gettarlo nella spazzatura, poi si era rintanato in soffitta con Joe. L’unica nota positiva era stata la video-chiamata con Damian per lo scambio degli auguri e sentire la vocina di suo figlio le aveva scaldato il cuore, era la sua ancora di salvezza anche a chilometri di distanza. La porta della dependance si aprì e un filo di vento gelido colpì le gambe nude della ragazza che, voltatasi, riconobbe Andy sulla soglia. Il ragazzo ispezionò il corpo di Ianira coperto solo da un asciugamano viola e inarcò il sopracciglio, accompagnandolo con un ghigno.
“Apprezzo davvero la visuale, splendore.”
“Che ci fai qui? Tua madre non vuole che stiamo insieme da soli nella stessa stanza.”
“Il tuo tono di voce sprizza rabbia, che succede?”
“Succede che questo viaggio è stato un errore. Sarei dovuta rimanere a Santa Monica. Ti ho solo messo nei guai con la tua famiglia.”
Andy si stravaccò sul letto, senza preoccuparsi delle lenzuola appena sistemate, e si tolse le scarpe, mettendosi comodo. Dalla tasca estrasse una sigaretta e l’accese.
“Non è colpa tua se la mia famiglia è impicciona. Loro sono solo curiosi di conoscerti e capire perché sei qui. Sono abituati a vedermi con Jennifer, perciò una nuova donna al mio fianco un po’ li spaventa.”
“Certo, posso capirlo, ma io sono soltanto tua amica e il paragone con Jennifer non può sussistere.” Ribatté Ianira stizzita, era stata giudicata per troppo tempo e non aveva voglia di altri pregiudizi. Andy, con la sigaretta tra le labbra, la guardò con il sopracciglio sollevato.
“Sei soltanto mia amica?  A questo punto devo dedurre che baci tutti i tuoi amici.”
“Lo sai che intendo, Andy.”
“No, non lo so. Dimmelo tu che intendi.” Adesso Andy era turbato, si era seduto e continuava a fumare, giocando con l’anello che portava all’indice destro.
“Intendo che non stiamo insieme, almeno non del tutto e non ufficialmente, e non mi piace che i tuoi parenti facciano strane supposizioni al riguardo. Solo perché sono una donna e tu un uomo non fa di noi una coppia.”
“Mmh, certo. E allora cosa siamo quando ci baciamo? E quando andiamo a letto insieme? Questo fa di noi due ‘amici con benefici’?”
“Andy …” iniziò Ianira, ma lui era troppo arrabbiato per ascoltare un’altra parola.
“Il tuo ragionamento mi fa capire che per te è stato solo sesso nell’ultimo mese. Era tutta una presa in giro il fatto che provi qualcosa per me? Avanti, confessalo! Guardami negli occhi e dimmi che si è trattato di un mero passatempo! Dai!”
Ianira non lo aveva mai visto tanto adirato, i muscoli del viso induriti, le sopracciglia aggrottate, la sigaretta ormai spenta.
“Non si tratta di un mero passatempo, lo sai. E non è stato nemmeno solo sesso. Non ti prendo in giro, Andy.”
“Ah, no? Ne sei sicura? Perché a me sembra che con una mano mi vuoi e con l’altra mi respingi.”
“Ci sono delle questioni ancora irrisolte nelle nostre vite.” Disse Ianira, mordendosi il labbro per non scoppiare a piangere. Andy rise, più che altro era un riso amaro.
“Che intendi per questioni irrisolte? Peter e Jennifer? Lo sai che ho chiuso con Jennifer. La vera domanda è se tu hai davvero chiuso con Peter.”
“Non essere ridicolo! Tra me e Peter è finito tutto quattro anni fa!”
“Allora possiamo stare insieme.”
Quella frase sembrò incendiare tutto l’ambiente, erano parole simili a lingue di fuoco che scottavano su vecchie ferite ancora aperte.
“No, non possiamo.” Disse lei, abbassando gli occhi sul pavimento per non incrociare gli occhi furenti del ragazzo. Andy, dal canto suo, con una falcata si ritrovò davanti a lei e si avvicinò fino a far scontrare i loro corpi.
“Non ti credo. Sei una bugiarda.”
“Andy …”
“Ascoltami attentamente perché non lo ripeterò due volte. Al diavolo Peter, Jennifer e tutto quello che abbiamo vissuto in passato! Al diavolo la mia famiglia e i suoi pregiudizi! Al diavolo chi ci criticherà! E al diavolo anche le tue stupide paure! Sono stati i mesi più sereni della mia vita, al fianco di una donna e di un bambino che mi hanno stravolto la vita e l’hanno migliorata. Voglio essere l’unico per te, Ianira. Voglio provare davvero a stare bene questa volta, perché ho capito che l’amore non deve fare male, perché so che con te tutto questo può succedere. Io mi sto follemente innamorando di te. Ti supplico, dammi una possibilità.”
Andy aveva sussurrato tutto ad una spanna da lei, così vicino, veemente, passionale, e dannatamente meraviglioso. Ianira osò guardarlo negli occhi e capì che rischiare con lui non sarebbe stato tanto male. Pensò a Damian, a come sarebbe stato se Andy li avesse lasciati, e dovette ricredersi.
“Scusami, non posso.”
“Ancora una fottuta scusa! Quando la smetterai di scappare?”
Ianira si allontanò incapace di resistere ancora, era arrivata al limite.
“Non sto scappando, sto proteggendo me e mio figlio. Se le cose dovessero andare male, Damian soffrirebbe e io, che sono sua madre, devo difenderlo da questa evenienza.”
“Damian è un bambino, si adatta a quello che tu dici e fai! Dannazione, Ianira, non ci posso credere! Il vero problema è che non provi niente per me. Idiota io a credere che fossi stata sincera!”
“Sono stata sincera, Andy! E lo sono anche ora che ti dico che non posso!”
“Tu non vuoi, che è ben diverso.”
Ianira alzò gli occhi al cielo, quella discussione aveva preso una brutta piega che non voleva dispiegarsi.
“Io ti voglio più di quanto tu possa immaginare.”
“E io sono qui, Ianira. Sono qui solo per te. Quando lo capirai?”
“Hai ragione, sono io che scappo. Lo faccio perché ho paura.”
“Lo so, tutto questo fa paura anche a me, ma non possiamo dividerci solo perché siamo terrorizzati.”
Ianira gli regalò un sorriso triste, uno di quelli in grado di spaccare i cuori più resistenti, e Andy si lasciò annientare.
“Sì, hai ragione anche su questo. Mi dispiace.”
“Ora guardami e dimmi che mi vuoi.” Disse lui, attirandola a sé e alzandole il mento con le dita. Ianira lo baciò, convinta che un gesto valesse più di chissà quante parole, ma lui era di altro avviso.
“Dimmelo.”
Un bacio.
“Dimmelo, Ianira.”
Un secondo bacio.
“Ti voglio, Andy.”
Andy sfoderò uno dei suoi sorrisi maliziosi e la spinse dolcemente sul letto, sovrastandola col proprio corpo. Ianira fremette quando le mani tatuate di lui le accarezzarono le cicatrici sulle spalle. Era stupefacente il modo in cui lui si comportava rispetto a quel difetto che l’aveva da sempre fatta sentire inadeguata. Andy le slacciò l’asciugamano e si beò di tutta quella nudità che apparteneva finalmente solo a lui. Sorrise quando avvertì le dita di Ianira sbottonargli la chiusura dei pantaloni e le diede il permesso di spogliarlo. Si toccavano, si desideravano, e una libidine senza freni si impossessò di loro. Le labbra di Ianira lambirono ogni singolo tatuaggio che marchiava il corpo di Andy, mentre lui gemeva senza alcun ritegno. Poi era Andy a vezzeggiare ogni centimetro della pelle calda di lei con baci e carezze. Era un seducente groviglio di corpi mescolati ad ansimi. I vetri della dependance si appannarono a causa del calore provocato da loro, che si fondevano più e più volte. Si amarono fino all’alba, quando, sorti primi deboli raggi di sole, si addormentarono.
Amy Biersack, dalla finestra del secondo piano, osservava la dependance e già sapeva cosa era accaduto durante la notte. Ianira era una brava ragazza, ma non era la donna giusta per Andy. Aveva un piano in mente. Avrebbe riportato Jennifer in città.
 
 
 
Salve a tutti!
Beh, direi proprio che la coppietta sta affrontando tutto abbastanza bene, ma mamma Biersack sembra essere di un altro parere.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La guastafeste (pt.II) ***


8. LA GUASTA FESTE (PT. II)
 
Quando Ianira si svegliò, la prima cosa che notò fu il letto vuoto accanto a sé. Il lenzuolo era freddo e ciò stava a significare che Andy doveva essersi alzato parecchio tempo prima. Sebbene il riscaldamento fosse attivo, si coprì meglio e affondò la testa nel cuscino.
“J'irais jusqu'au bout du monde. Je me ferais teindre en blonde si tu me le demandais. J'irais décrocher la lune. J'irais voler la fortune si tu me le demandais.” Canticchiò una voce allegra, e Ianira sorrise di istinto. Andy era appena uscito dal bagno e stava camminando verso di lei.
“Ehi, splendore!” esclamò, lanciandosi sul materasso con indosso solo i boxer neri attillati.
“Buongiorno. Hai una bella pronuncia in francese.”
“Merito della mia insegnante del liceo. Allora, come stai?”
“Io bene, tu?”
“Bene.”
Entrambi ridacchiarono per quello stupido scambio di battute, poi Ianira si mise a pancia in giù e si puntellò sui gomiti. Andy ne approfittò per accarezzarle il profilo del seno sinistro.
“Dobbiamo parlare, Andy.”
“Perché parlare quando possiamo risolvere le nostre divergenze facendo l’amore? Ah, stanotte è stato fantastico. E’ stato talmente intenso.”
“Non fare il bambino, Biersack.” Disse lei, smorzando l’entusiasmo del ragazzo.
“Va bene. Di cosa vuoi parlare?”
“Che cosa siamo adesso? Voglio dire, stiamo insieme ufficialmente?”
“Tu vuoi stare con me ufficialmente?” chiese Andy, baciandole la spalla nuda.
“Sì, a patto che continueremo a prendere le cose alla leggera tra di noi.”
“Abbiamo un accordo, miss Lewis.”
Ianira si sporse per baciarlo come a suggellare quella promessa. Con le dita contornò i tatuaggi sul braccio sinistro, la croce capovolta, fallen angels, the mortician daughter, la faccia di uno scheletro, fuck fun, sweet blasphemy, per poi arrivare a tracciargli il Batman e il joker sul braccio destro.
“Comunque, buon Natale.” Asserì Ianira dopo un po’, sorridendo contro il petto nudo del ragazzo. Andy scattò in piedi e cercò i suoi pantaloni sul pavimento.
“Vero, è il venticinque! Buon natale anche a te, splendore! Ferma qua, ti devo dare il regalo!”
La curiosità della ragazza aumentò quando Andy le porse un piccolo pacco rivestito di lucente carta verde. Una volta aperto, sgranò gli occhi per la bellezza del bracciale contenuto in esso. Si trattava di un sottile filo di oro bianco a cui era appeso un ciondolo a forma di rosa.
“Oh, Andy, è bellissimo! Non avresti dovuto spendere tanti soldi per me.”
“Almeno non li ho spesi per l’alcol, quindi va bene così. Dai, te lo lego io.”
Mentre lui le fissava il bracciale al polso destro, Ianira allungò il braccio sinistro e frugò nel cassetto alla ricerca di una busta rossa.
“Questo è per te! In confronto al tuo regalo non è niente, ma spero che ti piaccia lo stesso.”
Andy strappò la busta e, una volta letto il biglietto al suo interno, sorrise ampiamente.
“Mi hai regalato una seduta dal tatuatore?! Tu sei straordinaria!” disse, poi la baciò ancora e ancora. Catturati di nuovo in un intrigo di baci, carezze e sospiri di piacere, trascorsero altre due ore chiusi nella dependance a viversi. Era mezzogiorno quando il cellulare di Ianira prese a squillare, obbligandola a staccarsi da Andy per rispondere.
“Pronto?” chiese, mentre sentiva le labbra del ragazzo baciarle le cicatrici sulla schiena. Era difficile concentrarsi in quel frangente.
“Mammina! Buon Natale!” esclamò Damian dall’altro capo del telefono.
“Pulce, buon Natale anche a te! Aspetta, Andy è qui, metto il vivavoce.”
“Damian, come va?” domandò Andy, che era tornato a sdraiarsi supino.
“Mmh, tutto bene. Ho aperto i regali poco fa e sto giocando.”
“Ti piace il regalo che ti ho spedito ieri?” disse Ianira, consapevole di aver azzeccato il regalo.
“Sì! La barca dei pirati e la ciurma sono bellissimi! Grazie, mammina!”
L’esultanza di suo figlio la fece commuovere, era triste essergli lontana in giorno di Natale. Andy si accorse dei suoi occhi lucidi e prese la parola.
“Dimmi, Damian, c’è la neve lì?”
“Non ancora, ma fa molto freddo. Ehm, devo andare a messa con la nonna. Ci sentiamo dopo. Ciao!”
“Ti vogliamo bene, pulce.” Disse Ianira, prendendosi qualche altro secondo per ascoltare la vocina di suo figlio.
“Anche io. Ciao, ciao!”
Al termine della chiamata, Ianira si sentiva un poco meglio, sapere che Damian era felice con suo padre la rincuorava. Andy le baciò la guancia e la fece sorridere.
“Stai bene?”
“Sì, devo solo abituarmi all’idea che il mio bambino stia crescendo.”
“Bene. Nel frattempo potremmo riprendere da dove ci siamo fermati.” Disse lui, piegandosi a baciarle il collo.
“Sei insaziabile, Biersack.”
“Quando si tratta di te, ne voglio sempre di più.”
Quando furono sul punto di ricominciare, il signor Biersack bussò alla porta un paio di volte.
“Ragazzi, tra poco si mangia. Venite fuori prima che Amy mandi la polizia a cercarvi. Vi aspettiamo tra mezz’ora in soggiorno!”
Ianira scoppiò a ridere e Andy sbuffò, nascondendo il viso tra il solco dei suoi seni.
“Che imbarazzo.”
“Andiamo a renderci presentabili, altrimenti tua madre andrà su tutte le furie.”
Venti minuti dopo Andy, che era rincasato per una doccia veloce e per vestirsi, tornò nella dependance e trovò Ianira davanti allo specchio intenta ad abbottonarsi la gonna. Aveva optato per un maglioncino bianco con lo scollo a ‘v’, infilato in una gonna nera a tubino, e un paio di stivaletti col tacco.  Andy l’abbracciò da dietro e le diede un bacio sul collo.
“Andy, posso farti una domanda?”
“Certo.”
“Secondo te ho davvero i fianchi di una cavalla gravida?”
Il ragazzo ammirò il suo riflesso tramite lo specchio e detestò quella battuta di sua zia per aver messo in dubbio la bellezza di Ianira. La fece voltare e le strinse i fianchi con i palmi aperti.
“Hai solo i fianchi più larghi del normale, il che è perfettamente in linea con il fatto che hai avuto un figlio. Inoltre, io amo i tuoi fianchi.”
“Scommetto che Jennifer ha i fianchi stretti. Dico bene?”
Andy pensò a come rispondere e, dato che avevano deciso di essere totalmente sinceri, decise di dire la verità.
“Sì, ha i fianchi molto stretti. Non per questo devi paragonarti a lei.”
“Sì, come no.”
Ianira riprese a specchiarsi e improvvisamente si sentì orribile. Il suo corpo era cambiato a causa del parto, odiava quanto si fosse allargata in certi punti e odiava le smagliature che solcavano la sua pelle. Avvertì le grandi mani di Andy afferrarla di nuovo per i fianchi e premersela contro, schiena contro petto.
“Non sprecare tempo dietro a degli inutili giudizi. Sei meravigliosa con questo corpo e non devi cambiare niente.”
“Disse quello che pesa solo perché è alto.”
“No, lo dice quello che stravede per le tue forme e che ti considera estremamente sensuale, cicatrici e smagliature comprese.”
Ianira si sciolse in un sorriso, era magico il potere delle parole di Andy.
“Okay, sono pronta ad affrontare di nuovo la tua famiglia.”
“Perfetto!” esultò Andy, dandole una sonora pacca sul sedere.
Andrew!” lo fulminò lei con uno sguardo, non avvezza a certi gesti. Il ragazzo ridacchiò e si mise una sigaretta in bocca, dopodiché entrarono in casa.
 
 
Erano da poco scoccate le diciannove quando, dopo il mastodontico pranzo ricco di qualsiasi pietanza, la famiglia si radunò in salotto per i giochi da tavolo e per chiacchierare. Amy non staccava gli occhi da suo figlio e Ianira, li vedeva più complici del giorno prima e più intimi, soprattutto quando Andy aveva fatto scivolare la mano sul fondoschiena della ragazza come fosse un’azione del tutto naturale e lei non si era tirata indietro. Qualcosa era cambiato nel loro rapporto, si era evoluto, e questo scardinava i suoi piani. I bambini all fine avevano ceduto al fascino dell’ospite, la riempivano di attenzioni, la reclamavo per i giochi, ridevano alle sue battute.
“Andy ti ha raccontato dell’uomo che ha tentato di rapirlo?” chiese Jemma, una bambina di otto anni dai lunghi capelli rossi e un nasino all’insù. Ianira rise insieme agli altri, quella era una storia ormai risaputa.
“L’uomo col poncho, dici? Sì, purtroppo me lo ha raccontato!”
“E’ inutile che ridiate, rischiavo di essere rapito!” commentò Andy con un finto broncio, sebbene ridesse sotto i baffi. Il cugino Joe, seduto sul divano a pochi passi da loro, quasi soffocava dalle risate e riportò a galla un’altra vecchia disavventura.
“E ti ha raccontato di quando si è rotto le costole sinistre dopo aver fatto una caduta spaventosa?” 
Ianira annuì, ancora scossa dalle risate, mentre Andy ormai ghignava liberamente.
“Sì, mi ha detto anche questo. Mi ha anche raccontato che temeva di rompersi i denti da solo durante il tatuaggio dell’aquila per quanto reprimeva un urlo di dolore.”
“Ehi, non si ride delle disgrazie altrui!” si intromise il diretto interessato, prendendo posto in mezzo ai bambini. Jemma gli saltò in braccio e gli diede una spinta giocosa.
“Sei davvero uno sciocco, Andy.”
Amy, poggiata allo stipite della porta, sospirò quando la mano di Andy si posò sulla coscia di Ianira, spalancandosi sul punto in cui la stoffa si sollevava di poco.
“Spiona.” Esordì la voce rauca di sua madre, la quale si trascinava il salotto con l’aiuto del bastone.
“Non li sto spiando. Spiare implicherebbe che stiano facendo qualcosa di nascosto, invece lo fanno davanti a tutti. Inammissibile!”
“Andy è tranquillo dopo tanto tempo, lascialo in pace. Lo sai che sua moglie lo rendeva infelice. Guardalo ora, gli è tornato il sorriso grazie a quella ragazza.”
“No, Andy finge di essere tranquillo. Sono sua madre e lo conosco bene. Lui sta male ma non dà a vedere.” Replicò Amy con disappunto, era l’unica che poteva esprimere un parere su suo figlio. Era decida ad agire per cambiare le cose. Jennifer sarebbe arrivata quella sera, frattanto toccava a lei rimediare.
“Che ne dite di guardare un film?” propose Chris, rivolgendosi a tutta la famiglia.
“Sì! Guardiamo il ‘Grinch’!” disse Paul, il nipotino più piccolo, appena sei anni compiuti.
“Io ho un’idea migliore! – esclamò Amy, immettendo nella presa USB della televisione una pen drive – sono sicura che apprezzerete tutti questo filmato.”
Andy e Ianira si sedettero a terra, vicini, spalla contro spalla, e i bambini si sistemarono davanti a loro, mentre gli adulti occupavano i divani e le sedie. Tutti si aspettavano di vedere un vecchio filmato di famiglia, uno di quelli che riprendeva i parenti da giovani e in momenti quotidiani per il gusto di ridere. Però, quando il video partì, un silenzio agghiacciante inghiottì la stanza. Sul grande schermo comparvero immagini di Andy e una ragazza in abito da sposa, era Jennifer. Ianira si preoccupò subito per Andy, infatti il ragazzo fissava quelle clip con gli occhi increduli e la mascella serrata.
“Amy, spegni.” Mormorò Chris, ma sua moglie lo ignorò del tutto.
“Adesso basta!”
La nonna di Andy col bastone colpì la pen drive e la fece disconnettere, poi prese a bastonarla fino a romperla in mille pezzi. Amy scattò in piedi con le mani tra i capelli.
“No! Che cosa hai fatto?”
“Quello che andava fatto molto tempo fa! Smettila con queste sciocchezze, Amy!”
Tutti rimasero sorpresi da come la nonna si stava comportando, non era solita alterarsi e gridare. Ianira si sentì sfiorare la guancia dal naso di Andy e capì che le stava parlando all’orecchio.
“Andiamo via, ti prego.”
 
Ianira era infreddolita, si allacciò meglio la sciarpa per difendersi dal freddo, ma il gelo la pungeva come uno spillo. Era in auto con Andy da dure ore. Lui era ancora arrabbiato per ciò che aveva fatto sua madre e non aveva detto una parola, si era limitato a guidare in silenzio. All’improvviso parcheggiò nei pressi di un giardinetto pubblico e scese per fumare. Nel buio di dicembre, avvolto da un giaccone nero, con i capelli davanti agli occhi e la sigaretta in bocca era uno spettacolo che Ianira si godette per un paio di minuti, poi lo raggiunse.
“Come stai?”
Andy fece spallucce. Prese un altro tiro e reclinò la testa verso l’alto per cacciare il fumo. Ianira aveva le gambe intorpidite dal freddo, le sottili calze nere non erano fatte per quelle temperature, e si mise a camminare sino a un’altalena, dunque si sedette e iniziò a dondolarsi. Andy si impadronì dell’altra altalena e continuò a fumare.
“Sto meglio.”disse, sorridendo appena alla ragazza.
“Mi fa piacere. La tristezza non ti si addice.”
“Ah, no? Peccato che sia il sentimento più forte che io provi.”
“La scorsa notte e stamattina eri triste nel letto con me?”
Il ragazzo capì al volo dove volesse andare a parare.
“No, anzi ero felice e spensierato. Il problema è questa città mi ricorda una vita passata che mi fa ancora male.”
“Fa ancora male perché ci tieni.”
Ianira aveva ragione, lui non era riuscito a liberarsi del tutto dai ricordi e sentiva ancora un peso opprimente sul petto che lo accompagnava da quando aveva lasciato Jennifer.
“Tengo anche a te, eppure tu non fai male.”
“Perché non sono ancora un ricordo. Quando ripenso a Peter e al suo abbandono mentre ero incinta, sono arrabbiata e triste perché è comunque una parte fondamentale della mia vita. Poche ore fa ti è stato sbattuto in faccia il tuo matrimonio e una valanga di sensazioni sono emerse, perciò è normale la tristezza. Adesso sta a te scegliere come reagire. Che cosa ti ripetevo quando a notte fonda parlavano sul balcone?”
“Che bisogna sempre rimettere i sentimenti in ordine.”
Ianira annuì e gli toccò la spalla a mo’ di conforto.
“Rimetti i sentimenti in ordine, Andy, prima che sia troppo tardi.”
“Beh, avrei un’idea su come iniziare a fare ordine. Vieni!”
 
Ianira non si aspettava di ritrovarsi nella periferia di Cincinnati alle dieci di sera davanti al ‘Black Veil Brides’, un pub assai noto in città.
“Perché siamo qui?”
Andy sorrise soddisfatto mentre passava in rassegna ogni lettera dell’insegna.
“Perché è qui che tutto ha avuto inizio.”
Quando entrarono nel locale, furono investiti da un calore piacevole e Ianira ne fu sollevata, almeno il freddo era un problema risolto.
“Andy! Stronzetto che non sei altro!” strillò una voce dal balcone, e poi un uomo dai capelli lunghi e tatuato andò da loro con passo baldanzoso.
“Ashley, da quanto tempo! Fatti abbracciare!”
I due uomini si strinsero in un abbraccio fraterno, dandosi pacche e spintonandosi. Ashley rivolse un’occhiata maliziosa a Ianira.
“E questa bella signorina è con te?”
“Ashley, ti presento Ianira Lewis.”
“Piacere, io sono Ashley Purdy. Sono un vecchio amico di questo maledetto!”
Ianira rise per l’espressione offesa di Andy, già trovava quell’Ashley simpatico.
“Il piacere è tutto mio. Questo posto è il tuo?”
“Sì, mio e di CC.”
“Chi è CC?” domandò lei a Andy, che si guardava intorno per respirare quell’aria di casa.
“I ragazzi sono in cucina, te li presento!” disse Ashley, prendendo Ianira a braccetto e conducendola nella grande cucina del pub. Altri tre uomini stavano posizionando i prodotti nella dispensa e, non appena videro Andy, corsero ad abbracciarlo.
“Loro sono CC, Jinxx e Jake. Siamo i migliori amici di Andy.”
“Sono felice di conoscervi. Andy mi ha parlato tanto di voi, però vi ha chiamati in modo diverso … Destroyer, Deviant, Mourner e Mystic.”
Ianira era onorata di essere lì perché significava che faceva parte del mondo di Andy a tutti gli affetti, soprattutto ora che stava conoscendo i suoi migliori amici.
“Sì, era così che ci chiamano quando ci esibiamo. Il nostro Andy era il Profeta.” Disse CC, quello con una fascia nera tra i lunghi capelli scuri.
“Nessuno mi chiama così da una vita.” Commentò Andy con una certa nostalgia che gli vagava nello sguardo. Ashley intravide alcuni clienti e si mise uno straccio sulla spalla.
“Bella signorina, vorresti aiutarmi al bancone? Ti insegno a fare dei drink buonissimi!”
“Sì, andiamo!” rispose Ianira, appendendo la giacca e la sciarpa all’appendiabiti in cucina. Si piegò le maniche del maglione e si legò i capelli in una coda perché non le dessero fastidio.
“Noi andiamo a prendere le casse di birra al deposito. Muovi il culo, Profeta!” ordinò Jinxx, poi si infilò il cappotto e il cappello per uscire. Mentre i ragazzi si dirigevano alle proprie postazioni, Andy si ritagliò pochi istanti con Ianira.
“Stai attenta alla clientela di questo posto, alcuni sono davvero stronzi.”
“Rilassati e vai ad aiutare i tuoi amici. Ti preparo un cocktail con i fiocchi per quando tornerai, rigorosamente analcolico.”
Andy fece una risatina, l’attirò a sé e la baciò con estrema passione, prendendosi tutto il tempo per salutarla bene.
“A dopo, splendore.”
 
 
“Versa giusto due gocce di limone, aggiungi altro ghiaccio … è pronto!”
Ashley servì la bevanda alla cliente e Ianira fu compiaciuta per averlo preparato da sola. Si stava divertendo molto, anche perché le sue serate comprendevano solo giochi e cartoni.
“Posso preparare anche gli altri drink?”
“Sì, un po’ di aiuto non si rifiuta mai. Allora, tu e Andy state insieme?”
“Ehm … stiamo insieme da un giorno, letteralmente.” Disse lei, lavando i bicchieri sporchi e asciugandoli subito dopo. Ashley, invece, ripuliva il bancone.
“Mi sorprende che alla fine abbia davvero mollato Jennifer. Diamine, quei due si lasciavano e si riprendevano di continuo, era uno strazio per tutti noi vedere Andy stare così male. Beveva tanto da non ricordarsi più il suo nome.”
“Lo so, beveva anche quando l’ho conosciuto quattro mesi fa. Ora ha smesso, è sobrio e sta molto meglio.”
“Deduco che la ragione della sua ripresa sia tu.”
“Il merito è mio e di mio figlio Damian.”
“Hai un figlio? Fammelo vedere!”
Ianira non era pronta a quella reazione, di norma le persone rimanevano interdette per via della sua giovane età, ma l’interesse di Ashley era genuino. Gli mostrò lo sfondo del suo cellulare che raffigurava lei e Damian al mare.
“Ha quattro anni. Lui e Andy si adorano.”
“E’ un bambino stupendo e il suo viso trasmette gioia. Sono davvero contento che quello stronzetto abbia trovato voi due.”
La doppia porta della cucina si spalancò e i ragazzi rientrarono, dunque si fiondarono sugli sgabelli di fronte al bancone. Jake si strofinò le mani per riscaldarsi e si sporse oltre la base lignea per sbirciare gli ingredienti che Ashley stava maneggiando.
“Cosa ci offri, bello?”
“Un bel Margarita per combattere il freddo!”
“Io non posso.” Obiettò Andy, che si stava liberando del giaccone per accomodarsi. Ianira, dall’altra parte del bancone, si asciugò le mani al grembiule e depose un bicchiere dallo stelo alto e la bocca larga davanti a lui.
“Ti ho preparato un mojito analcolico a base di acqua tonica e lemonsoda. L’alcol è abolito per te.”
“Ai suoi ordini, miss Lewis.” Disse il ragazzo, baciandole il dorso della mano.
La serata proseguì tra drink, stuzzichini, grasse risate e vecchie storie.
“Quindi voi si esibivate in giro per l’Ohio?” indagò Ianira, schiacciata al piccolo tavolo tra Andy e Jinxx.
“Sì, giravamo con un camper scassato e partecipavamo a qualsiasi festival, fiera o festa privata che ci capitasse. Ogni occasione era buona per fare musica.” Disse CC, il bicchiere vuoto tra le mani e gli occhi smarriti in vecchie memorie.
“Vi ricordate quella volta che Andy fu inseguito dall’ape e corse per tutto il recinto? E’ stato uno dei suoi momenti migliori!” fece Jake, battendosi una mano sulla pancia per le troppe risa. “Quell’ape mi voleva morto!” si giustificò Andy, ma nessuno gli credeva. Ashley sputacchiò un po’ di whiskey a furia di ridere.
“Ovvio, era stata geneticamente modificata e pilotata per ucciderti!”
Ianira rise ancora più forte e pensò di non essersi mai divertita tanto. Non era mai stata un tipo socievole, non aveva avuto amici, se non Peter e Maddie, e per questo non aveva mai passato una serata in un pub in allegra compagnia.
“Nessuno può uccidere il Profeta, ricordate!” tuonò canzonatoria la voce di CC, che fece aumentare le risate. Andy ormai non si tratteneva più, aveva addirittura le lacrime agli occhi.
Poi Ashley si alzò e innalzò il boccale di birra, scrutando i volti dei presenti.
“Amici miei, un brindisi ai Black Veil Brides riuniti!”
Tutti lo imitarono, inclusa Ianira, che stava sorseggiando una banale Coca-Cola, e bevvero tutto di un fiato.
Verso l’una del mattino il pub era gremito di gente, come se fosse l’ora di punta della notte, e il gruppo si dileguò per assurgere alle proprie mansioni. Al tavolo rimasero solo Andy e Ianira.
“Ti senti meglio ora?”
“Sì, il malumore è passato. I ragazzi riescono sempre a risollevarmi il morale.”
“Mi fa molto piacere. Hai già pensato a come sfruttare il mio regalo di Natale?”
“Sì, ho deciso. Voglio tatuarmi ‘photograph each day so we can live forever’ sulla parte sinistra del petto. Ti piace?”
“Assolutamente sì! Anche a me piacerebbe fare un tatuaggio. Sai, una gran bella pazzia!” disse lei, gesticolando per indicarsi il braccio, punto in cui avrebbe voluto il tatuaggio.
“Okay, andiamo!” asserì Andy, mettendosi in piedi e offrendole la mano.
“Andiamo dove?”
“A fare il tatuaggio, uno per te e uno per me. Dista trenta minuti il tatuatore che mi ha macchiato per primo la pelle, è un tipo in gamba e sa fare bene il suo lavoro. Che ne dici, la facciamo questa gran bella pazzia?”
Ianira era scioccata ed elettrizzata al tempo stesso, non era da lei agire senza pensare, ma quella notte aveva preso una piega del tutto diversa e andava vissuta fino in fondo.
“Andiamo!”
 
Ianira non credeva che decine di persone si potessero accalcare sull’uscio di un tatuatore alle due meno un quarto del mattino. Era un negozio isolato, sconfinato in aperta campagna, e la gente si accampava là attorno per fare baldoria. Quattro falò abbastanza grandi illuminavano e riscaldavano quelle fredde ore buie, le birre finivano in pochi sorsi, e la musica suonava ininterrottamente. Era una mega festa in pratica. Attesero seduti sul cofano della macchina, lei a guardare le stelle e lui a fumare.
“Accidenti!”
Andy inarcò un sopracciglio quando Ianira si batté una mano sulla fronte.
“Che succede?”
La ragazza gli afferrò le mani, costringendolo a rinunciare alla sigaretta, e lo tirò a sé.
“Nella foga del divertimento al pub mi sono dimenticata che era scoccata la mezzanotte. Buon compleanno, Andrew!” gli sussurrò le ultime parole sulle labbra, dopodiché gli circondò la nuca con le mani e lo intrappolò in un bacio lento e ricolmo di sentimento. Andy la prese per i fianchi per intensificare il bacio.
“Mi hai chiamato col nome di battesimo, ma ti perdono per questa volta.”
“Ottimo, anche perché il tuo regalo ti aspetta nella mia valigia.”
“Andy, tocca a te!” lo richiamò un omone tutto tatuato dall’ingresso della tenda allestita come studio. Si separarono per entrare nella tenda e furono accolti da un uomo con i capelli grigi lunghi fino alle spalle raccolti in una bandana rossa, aveva tatuaGGI disseminati dappertutto, anche sul viso. Il nome ‘Robbie’ era stampato sulla giacca di pelle nera a caratteri gialli cubitali.
“Biersack, cosa ti porta qui?”
“Io e la signorina vogliamo tatuarci. Lei, però, non sa ancora cosa tatuarsi.”
“Iniziamo da te, Andy, e poi procediamo con la ragazzina. Brenda, mostra alla cliente qualcosa di sofisticato!” gridò Robbie, e una giovane donna fece capolino da un secondo tendone con in mano dei fascicoli. Brenda indicò a Ianira di appostarsi su una poltrona rossa malridotta e le cacciò in mano un primo voluminoso fascicolo, mentre Andy si toglieva il maglione e si stendeva sul lettino.
Il tempo sembrò volare, ma in verità Robbie aveva impiegato un’ora abbondante per definire il tatuaggio. Applicò del gel freddo sulla pelle arrossata e poi una pellicola, dopodiché Andy si rivestì. Lavatosi le mani per bene, Robbie si posizionò accanto al lettino e tossì per attirare l’attenzione di Ianira.
“Hai deciso oppure ti tiri indietro?”
“Ho deciso! Voglio tre piccoli fiori di loto nella parte interna del braccio destro.”
“Ottima scelta.” Disse Andy, sedendosi accanto a lei per tenerle la mano nel caso l’ago le provocasse troppo dolore.
 
Ianira era ancora sconvolta da quanto era appena successo. Non la smetteva di fissare la pelle, laddove ora figuravano tre fiori, e sorrideva soddisfatta.
“E’ davvero un bel tatuaggio.” Disse Andy, che guidava verso il pub, attento alla strada.
“Io lo adoro! E non posso credere di avere un tatuaggio! Non è da me fare certe cose dentro ad una tenda nel bel mezzo di gente ubriaca!”
Andy rise per l’eccessivo entusiasmo della ragazza, dato che per lui tatuarsi era come bere acqua, ovunque andasse.
“Dunque sono io che ti porto sulla cattiva strada, miss Lewis.”
“Non avevo dubbi sulla tua pessima condotta.” 
“Io per te rappresento tutti i peccati che non hai mai avuto il coraggio di commettere.” Declamò il ragazzo con un tono di voce basso e seducente, il mix perfetto per un gioco di seduzione. Ianira gli accarezzò la gamba con la mano e lo sentì trattenere il respiro.
“Trovo estremamente eccitante che tu abbia citato una delle opere più immorali di Oscar Wilde.”
Andy dovette impegnarsi per restare concentrato e non lasciarsi ammaliare dalla mano di Ianira che imperterrita continuava a toccarlo.
“Togli la mano, per favore. Non credo di poter resistere ancora.”
La risata di lei risuonò nell’abitacolo e l’autocontrollo di lui pian piano scemava.
 
 
Alle quattro e venti imboccarono il vialetto di casa Biersack, che era immersa nel buio e nel silenzio. Solo le lucine natalizie che decoravano ogni villetta illuminavano la strada.
“Quando l’ostetrica mi ha detto che era giunto il momento propizio per partorire, mi sono messa a piangere perché ero troppo spaventata. Supplicavo i medici di lasciare il bambino dentro.”
Andy proruppe in una risata fragorosa mentre ascoltava le vicissitudini legate al parto di Ianira. Durante il tragitto non avevano fatto altro che ridere fino ai crampi alla pancia.
“E loro che ti hanno detto?”
“Mi ripetevano che non era possibile, che avrei partorito da un momento all’altro e che dovevo farmi forza perché il dolore sarebbe stato atroce. Non ho mai urlato tanto in vita mia, te lo giuro.”
Ianira si asciugò gli occhi bagnati per le risate e scese dall’auto, coprendosi meglio con la sciarpa.
“Posso solo immaginare. Non riuscirei mai a sopportare un tale dolore.” Disse Andy, seguendola in direzione della dependance.
“Perché voi uomini avete una soglia del dolore molto bassa. Tu ti spaventi addirittura per un’ape!”
Ianira rise di nuovo, tappandosi subito dopo la bocca per non fare troppo rumore.
“Ehi, quella bestiaccia mi voleva davvero morto.”
“Certo, farò finta di crederti.”
Un tuono spaccò il cielo in due e pochi secondi dopo venne giù una bufera di pioggia. Andy allungò la mano verso di lei e fece un mezzo inchino.
“Balla con me!”
“Molto volentieri!” disse lei, inchinandosi a sua volta con fare maldestro. Improvvisarono un pessimo valzer sotto la pioggia, la quale batteva forte su di loro, e con la luna a rischiarare il giardino. Volteggiavano, ridevano, inciampavano, inventavano i passi, e ridevano nuovamente. Il loro movimento convulso andò attenuandosi fino a ritrovarsi attaccati l’uno  all’altro, danzando un lento. Si guardavano negli occhi senza dire nulla, le parole erano superflue in quel caso, erano i loro occhi a comunicare. Andy si chinò per sfiorarle la bocca e lei gli sorrise contro le labbra. Ianira, avvolta tra le sue braccia, gli accarezzò il collo, la mascella, gli zigomi spigolosi, risalendo sino al naso, accarezzando il piercing sul lato destro. Lui si sentì come un bambino cullato dalle amorevoli mani della mamma, al sicuro da quanto ci fosse di brutto nel mondo, confortato dall’affetto. Capì in quel momento che non avrebbe potuto più fare a meno di lei, che i sentimenti si sarebbero trasformati in amore in breve tempo, e intravide la possibilità di essere di nuovo felice. Le scostò una ciocca castana bagnata dal viso e le sorrise, al che anche Ianira gli regalò un sorriso. Stavano per condividere un bacio quando, come se un lampo avesse abbattuto un albero, sobbalzò per lo spavento. Sulla porta della dependance c’era una persona che conosceva fin troppo bene.
“Andy.”
Andy indietreggiò all’istante da Ianira con il terrore dipinto negli occhi.
“Jennifer.”
 
 
Salve a tutti! ^_^

Ecco che l’ex moglie torna quando le cose stavano andando per il verso giusto.
Amy avrà vinto? Lo scoprirete solo leggendo!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Destini incrociati ***


9. DESTINI INCROCIATI.
 
La pioggia si era finalmente placata dopo aver imprigionato Cincinnati per ore. Il sole restava coperto dalle nuvole e sembrava che la temperatura fosse diminuita di qualche grado nelle ultime ore. Ianira si infilò gli stivali con calma, si pettinò i capelli e indossò il bracciale con il ciondolo a forma di rosa. L’orologio segnava le undici e mezzo di mattina. Si era addormentata verso le sei e si era svegliata soltanto mezz’ora prima, poi si era dedicata ad una doccia bollente per scacciare il freddo provocato dalla pioggia. I suoi occhi caddero sul giardino, proprio dove Jennifer si era appostata e li aveva visti ballare. Andy aveva cominciato a tremare, non per i vestiti zuppi d’acqua, ma per il ritorno della sua ex moglie. Non si era detti nulla per circa dieci minuti, nei quali si erano guardati intensamente, e poi era stata Jennifer a sussurrare ‘ci vediamo domattina alle dieci al solito posto’, dopodiché Andy le aveva augurato frettolosamente la buona notte ed era rincasato. Ianira si era sentita messa da parte dapprima, poi aveva capito che Andy doveva essere sconvolto e sopraffatto, allora in cuor suo lo aveva subito perdonato. Si accorse a malapena di Chris Biersack che le faceva cenno di aprire la porta.
“Buongiorno. Scusami per non aver aperto, ero sovrappensiero.”
“Non ti preoccupare. Tieni, ti ho preparato del caffè.” Disse l’uomo, offrendole una tazza fumante, che lei accettò con un sorriso grato.
“Ti ringrazio. Come mai da queste parti? Amy ha deciso di sbattermi fuori casa?”
Chris scosse la testa e si sedette sul letto, era pensieroso e stranamente serio.
“Puoi restare qui quanto ti pare. Sono venuto per parlare di Andy e Jennifer. Voglio sapere come stai e cosa ne pensi.”
“Sto bene. E cosa dovrei pensare? Sono adulti e fanno le loro scelte in modo libero.”
“Tu lo sai che in questo momento sono insieme ad un isolato da te, vero? La mamma di Jennifer gestisce una cartolibreria e sin da piccoli loro si rifugiavano nella soffitta. E’ quello il loro solito posto.”
Ianira fece spallucce, abbandonò la tazza sul comodino e si accomodò sull’unica sedia della stanza.
“Lo so, e non vedo come questo possa interessarmi.”
“Ti dovrebbe interessare perché tra te e mio figlio c’è qualcosa.”
Forse c’è qualcosa. Andy potrebbe anche cambiare idea durante la sua chiacchierata con Jennifer.”
Chris si stupì della tranquillità con cui la ragazza ammetteva la possibilità che Andy e Jennifer facessero pace.
“Saresti triste se tornassero insieme?”
“Ascoltami, Chris, Andy è libero di fare quello che vuole. Non posso oppormi alla sua volontà in nessuna maniera, anche se ciò dovesse ferirmi, perché non sono il tipo di persona che trattiene gli altri. Quando il padre di Damian ha scelto di andarsene, io non gli ho chiesto di restare, l’ho lasciato libero di seguire il proprio cuore. Tengo moltissimo ad Andy, ma il mio affetto per lui non gli impedirà di scegliere ancora una volta Jennifer. Ecco perché so che Amy ha agito per il bene della famiglia.”
“Perché? Perché la pensi così?”
“Perché sono una mamma e, in quanto tale, farei di tutto per mio figlio. Se Amy crede davvero che Jennifer sia la donna giusta per vostro figlio, fa bene a lottare. Siamo genitori e vogliamo solo che i nostri bambini siano felici.”
Chris, alzandosi, le diede una pacca sulla spalla con fare paterno.
“Io spero che mia moglie si sbagli. Sei tu quella giusta.”
 
 
Il Pendleton Art Center erano uno dei poli attrattivi di Cincinnati. Ianira aveva usufruito del taxi per raggiungere il museo, avvisando i coniugi Biersack che avrebbe trascorso la giornata fuori. Aveva bisogno di assaporare l’arte per mettere a tacere i pensieri. I quadri esposti, la piccola statuaria nelle teche, e l’odore di pittura la fecero sentire meglio. Si era imposta di non pensare a Andy e a Jennifer insieme, doveva soltanto godersi quella visita. Si fermò ad ammirare il dipinto di una ballerina, tutto acceso dai toni caldi del rosso e del giallo, quando qualcuno si aggrappò alla sua gamba.
“Mammina!”
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille, era quella di suo figlio. Lo abbracciò e lo baciò con il cuore che esplodeva di gioia, finalmente non era più sola. Dietro di lui c’era Peter con un’espressione meravigliata.
“Amore, ciao! Aspetta, ma che ci fate a Cincinnati? dovreste essere a Los Angeles.”
“Siamo ospiti dai genitori della mia compagnia. Tu piuttosto che ci fai qui? Non eri a Santa Monica?”
“Sono qui con un amico. Hai portato Damian dai tuoi suoceri senza il mio permesso? L’assistente sociale ha detto di aspettare prima di compiere un passo tanto azzardato.” Gli fece presente Ianira, mentre teneva in braccio il bambino e lo stringeva stretto.
“Damian si trova bene con Jennifer e non credo che dobbiamo seguire alla lettera i consigli di quella donna.”
Ianira aggrottò le sopracciglia. Aveva sentito bene?
“Jennifer è la tua compagna? La stessa che abita di fronte alla famiglia Biersack?”
“Tu conosci i Biersack?!” chiese Peter, gli occhi sgranati e la voce incredula.
“Sì, sono qui con Andy!”
“Tu frequenti Andy?!”
“Te lo sto dicendo, idiota!”
“Mi prendi in giro?!”
Le persone attorno a loro li stavano trucidando con lo sguardo perché avevano alzato la voce, così decisero di uscire dal museo. A Ianira fu tutto chiaro: era Jennifer la cantante sposata di cui Peter si era innamorato a Los Angeles. Una volta fuori dal Pendleton, si appartarono su una panchina in penombra e Damian iniziò a giocare con le foglie. Fu Peter a riaprire il discorso.
“Fammi capire: tu e Andy state insieme?”
“Non proprio. Le cose sono più complicate del previsto, soprattutto ora che sta parlando con Jennifer.”
“Aspetta, in questo momento Andy e Jennifer stanno parlando? Lei mi ha detto che andava a trovare una sua amica. Mi ha mentito!”
Ianira non aveva mai visto Peter tanto furioso, non era da lui alterarsi a quel modo, e anche Damian sussultò per il repentino cambiamento del padre.
“Datti una calmata, per favore. Stai spaventando il bambino.” Gli ordinò lei, costringendolo a sedersi e a stare buono.
“E’ assurdo che stia rivedendo il suo ex marito e che non me lo abbia detto. Tu ne sei certa?”
“Ovvio che ne sono certa! La tua fidanzatina si è presentata a casa Biersack alle quattro del mattino per dare appuntamento a Andy alla cartolibreria della madre.”
“E’ addirittura uscita alle quattro del mattino?! Io sono senza parole. Ogni volta che si tratta di lui, Jennifer dà di matto.”
“Credi che siano innamorati ancora?” gli chiese, il timore che si mischiava al sangue nelle vene. Peter sollevò gli occhi verdi su di lei e sospirò.
“Forse. Hanno una storia particolare, una di quelle che lascia il segno e che difficilmente dimentichi.”
Ianira si oscurò in viso e le si attanagliò lo stomaco. Sebbene avesse confermato a Chris che Andy era libero di scegliere, sperava con tutta se stessa che non scegliesse Jennifer. Si maledì per aver fatto spazio nel suo cuore a Andy, per avergli permesso di conquistarla e di scombussolarle la vita.
“E’ giusto che tornino insieme se si amano.” Disse, e quella sembrò tanto una condanna a morte per i propri sentimenti.
“Non funzione così, Ianira. Per te è facile scaricare le persone, tu non insegui nessuno, non preghi che gli altri restino. No. Tu lasci che se ne vadano senza lottare. Continui per la tua strada come se nulla fosse. Se mi avessi raggiunto a Los Angeles e mi avessi detto che mi amavi, forse oggi staremmo insieme e saremmo felici insieme a nostro figlio.”
La ragazza fece un mezzo sorriso e si portò una mano al petto, dove il cuore batteva all’impazzata per la rabbia.
“Non hai mai capito niente, Peter! Non sarebbe cambiato nulla se fossi venuta a dirti che ti amavo perché tu avevi già da tempo perso la testa per Jennifer. Mi avresti rispedita a casa e tanti cari saluti! Hai ragione a dire che non inseguo nessuno, non lo faccio perché capisco quando gli altri vogliono andare via e io non sono nessuno per impedirglielo. Il fatto che fossi incinta di nostro figlio doveva essere già un ottimo motivo per restare insieme, ma tu hai deciso liberamente di abbandonarci perché non eri felice. Ho compreso la tua decisione, benché mi avessi ferita, e sono andata avanti perché Damian aveva bisogno di un genitore che lo amasse! Se Andy vuole tornare da Jennifer per ricominciare, io non lo fermerò poiché so che la vita è sua e ne fa quello che gli pare. Se ami davvero qualcuno, lo lasci andare.”
Ianira non si accorse delle lacrime lungo le guance sino a quando non ebbe finito di sbraitare contro Peter, che se ne stava attonito sulla panchina. Anche Damian aveva smesso di giocare.
“Dici bene.” ammise in fine Peter, abbassando gli occhi per il senso di colpa.
“Lo so. Era così che doveva andare. Non eravamo destinati.”
“E adesso che facciamo?”
“Adesso aspettiamo.”
 
 
Andy non si sentiva a suo agio in quella soffitta che un tempo considerava una seconda casa ma che ora odiava. Quello che un tempo credeva essere il posto più bello del mondo era diventato il luogo dei suoi incubi. Jennifer era lì, seduta a terra a pochi passi da lui, i capelli rossicci corti sulle spalle, gli occhi contornati dall’eyeliner, i tatuaggi a decorarle le mani.
“Hai la faccia di uno con un infarto in corso.” Esordì lei, interrompendo il macabro silenzio che avvolgeva la stanza. Sentire la sua voce fu come essere catapultati indietro di un anno, a quando cantavano e parlavano fino a tarda notte sul tetto della loro casa, a quando tutto aveva un senso. Si sarebbero dovuti incontrare dall’avvocato a gennaio, perciò non era pronto per quell’incontro. Deglutì nella speranza di sciogliere il nodo in gola.
“Perché hai voluto incontrarmi?”
“Perché tua madre mi ha supplicato di tornare. Mi ha detto che stai male e che hai bisogno di me.”
“E tu ti sei precipitata al volo? Caspita, una considerazione che non serbavi per me neanche quando stavamo insieme!”
“Non fare il sarcastico con me, Biersack, non funziona. Qual è il problema?”
Andy sbuffò, si issò sul vecchio comò che fungeva all’epoca da guardaroba e si accese una sigaretta.
“Non c’è nessun problema. Mia mamma ti ha chiamato solo perché non le piace la donna con cui sto. Lei e tua madre ci voglio ancora insieme.”
“Stai con qualcuno? Avanti, parlami di lei!” lo incitò Jennifer con pura curiosità mista a felicità, due emozioni che il ragazzo non capiva.
“Lei è fantastica. Mi ha rimesso in sesto dopo il crollo emotivo che ho vissuto per colpa tua.”
“La fine della nostra storia non è stata solo colpa mia. Pretendevi da me qualcosa che non potevo darti.”
“Che non volevi darmi, per la precisione!”
Jennifer sapeva che attaccarlo era controproducente, pertanto era meglio procedere a piccole dosi.
“E’ vero, era qualcosa non volevo darti. Non è nella mia natura e non posso andare contro me stessa per accontentare gli altri.”
“Questo me lo hai ripetuto fino al vomito. Non cambia il fatto che hai rifiutato senza pensarci u attimo!” replicò Andy con un tono di voce troppo alto che rimbombò nel piccolo ambiente.
“Ci ho sempre pensato e alla fine ho capito che non faceva per me. Non voglio avere figli perché non avverto quell’istinto materno che molte donne avvertono. Mi dispiace se questo ti ha ferito.”
“Mi ha ferito che tu non me lo abbia detto subito, hai aspettato che ci sposassimo per confessarmelo. Non ti avrei mai lasciata per il mio desiderio di avere una famiglia perché tu eri l’unica di cui avevo bisogno. Quella notte sono ritornato da te.”
“Di che stai parlando?”
“Dopo che me ne sono andato, sono arrivato a metà strada e ho fatto retromarcia per tornare a casa. Era l’ennesimo litigio a cui potevamo rimediare come sempre. Ti ho visto piangere tra le braccia di quell’uomo, sembravi una bambina, e a consolarti non c’ero io come sarebbe dovuto essere. In quel momento ho capito che a separarci non erano stati i litigi, i presunti tradimenti, l’alcool o il tuo rifiuto a volere figli, ho capito che i sentimenti si erano spenti e che non ci legava più niente. Tu piangevi e io non avevo nessuna voglia di asciugarti le lacrime. Non mi importava più. L’anno successivo è stato tremendo, mi sono ubriacato, mi sono allontanato da parenti e amici, e ho smesso di scrivere canzoni. Ero convinto che stessi male perché una parte di me ti amava ancora. Quando hai firmato le carte del divorzio, mi sono sentito morire e il mondo mi è crollato addosso. Avevo perso l’unica persona che era stata al mio fianco da sempre, ma in realtà avevo solo smarrito me stesso. Abbiamo sbagliato a non parlare quando le cose hanno cominciato ad andare male.”
“Perché siamo entrambi troppo orgogliosi per ammettere che commettiamo errori.” Disse Jennifer, gli occhi lucidi e le mani in tasca. Andy poggiò la testa contro il muro come se la stanchezza lo avesse assalito in un baleno. Era esausto di muovere guerra ad un passato che non poteva cambiare, ai ricordi che potevano rimanere tali, alla donna che lo conosceva meglio di se stesso.
“Che cosa ci è successo, Jennifer? Noi eravamo inseparabili.”
“E’ successo che l’amore è finito, proprio come finisco tutte le cose belle. Non è stata colpa di nessuno, anche se per lungo tempo ci siamo accusati a vicenda.”
“Già.”
“Quando tua madre mi ha chiamata, ho capito che ci voleva di nuovo insieme, e sono tornata per chiarire le cose con te e mettere un punto a questa storia. Peter è l’uomo adatto a me, vogliamo le stesse cose, mi trovo bene con suo figlio Damian e st …”
“Hai appena citato un certo Damian? Intendi Damian Lewis?”
Jennifer era confusa per l’espressione di totale sbigottimento di Andy, sembrava avesse visto un fantasma per quanto era sconvolto.
“Sì, Damian è il figlio di Peter, l’uomo con cui sto. Come lo conosci?”
“Damian e sua madre Ianira sono i miei vicini di casa. E’ lei che mi ha aiutato a disintossicarmi dall’alcol negli ultimi mesi.”
Quando Andy aveva pronunciato il nome di Ianira, gli era balenato un guizzo di luce negli occhi che aveva fatto sorridere Jennifer.
“Questa Ianira deve proprio piacerti se hai gli occhi a cuoricino quando la nomini.”
“Cosa?!  Non dire sciocchezze!” si giustificò lui, malgrado stesse arrossendo per l’imbarazzo.
Per un momento sembravano essere tornati due adolescenti pieni di problemi, rinchiusi in quella soffitta per ripararsi dal mondo, a ridere e a confortarsi.
“Lei ti rende felice?” ora Jennifer era seria come poche nella vita, voleva essere sicura che la persona che aveva amato più di tutti fosse in buone mani.
“Sì, lei mi rende molto felice.”
“Allora credo proprio che le nostre strade si separino qui.”
“Jennifer …” cercò di dire Andy, ma lei gli aveva già tappato la bocca con il dito indice. Gli diede un lungo bacio sulla guancia, un doveroso addio.
“Ti auguro il meglio perché te lo meriti. Sii felice il più possibile. Addio, Andy.”
 
 
“Credo che questo pezzo combaci con quello che hai in mano.” Disse Ianira, esaminando il pezzo di puzzle rosso che teneva in mano. Damian, disteso sul letto a pancia in giù, osservò meglio i frammenti che avevano assemblato e annuì.
“Mmh, sì, lo credo anche io.”
Due ore prima Peter si era dichiarato troppo arrabbiato per badare a Damian e Ianira gli aveva detto che se ne sarebbe occupata lei d’ora in poi, che la loro vacanza insieme finiva là. Erano ritornati nella dependance perché aveva iniziato a nevicare e ammazzavano il tempo costruendo un puzzle di Batman e Robin. Avevano pranzato in un ristorantino in città, poi avevano salutato i coniugi Biersack e si erano rintanati al caldo. Non aveva avuto notizie da Andy, né tantomeno da Peter, che le aveva promesso di farsi sentire, e controllava di continuo le notifiche del cellulare. Amy era stata a dir poco amorevole nei confronti di Damian e Ianira aveva capito che non era una persona cattiva, anzi era una mamma che voleva il meglio per il proprio figlio. Anche Chris aveva instaurato da subito un bel legame con il bambino, porgendoli un dolcetto e facendolo ridere. Non appena lo schermò si illuminò, Ianira si precipitò ad accettare la chiamata senza neanche leggere il mittente.
“Pronto?!”
“Preparati una camomilla, amica mia, sei nervosa come una matta!” esclamò la voce di Maddie, al che Ianira ricadde sul materasso.
“Scusami, credevo fosse qualcun altro. Come mai mi chiami? Tu non chiami mai durante le feste perché odi dare gli auguri.”
“Posso chiamare o no la mia migliore amica per sentirla? Devo fare richiesta scritta?”
“Sputa il rospo, Maddie.”
“Volevo soltanto scusarmi con te per quello che è successo alla cena di Serge. Non ne abbiamo mai parlato ma è importante che tu sappia che non tocco un goccio da allora Partecipo alle riunioni degli alcolisti anonimi e per ora sto bene. Se quella sera tu non mi avessi gridato contro, non avrei risolto il problema. Quindi, amica mia, scusami e grazie di tutto.”
Ianira sorrise al soffitto e rafforzò la presa sul telefono come se potesse abbracciare Maddie.
“Prego. Ti voglio bene, Madison.”
“Non risponderò a questo scambio di sentimenti perché mi fanno schifo queste cose. Sappi, comunque, che mi stai simpatica, nonostante tutto.”
“Andy!” strillò Damian, scendendo dal letto e gettandosi tra le braccia di Andy, che lo sollevò con facilità e gli scompigliò i riccioli.
“Maddie, devo lasciarti. Ci sentiamo dopo.” Disse Ianira, chiudendo la chiamata e infilandosi le scarpe per raggiungere i due uomini. Vedere Damian accoccolato contro il petto di Andy era sempre un tuffo di dolcezza al cuore.
“Ciao.” Disse il ragazzo con tono pacato, quasi sussurrato per timore. Ianira si portò le mani nelle tasche posteriori dei jeans e si dondolò sui talloni.
“Ciao.”
“Ciao!” intervenne Damian, unendosi a quello stupido coro di saluti. I due adulti sorrisero divertiti per la spontaneità del bambino. Andy lo rimise giù, tenendogli la mano, e si rivolse di nuovo alla ragazza.
“Dobbiamo parlare. Andiamo a fare una passeggiata, ha smesso di nevicare e camminare ci farà bene.”
“Okay.” Mormorò lei, era troppo preoccupata per essere in grado di formulare una frase di senso compiuto. Si infilò il cappotto, il cappello, i guanti, la sciarpa e aiutò suo figlio a fare lo stesso. Andy sollevò il colletto del giaccone nero e fece scivolare un paio di guanti neri sulle mani. Quando furono pronti, lasciarono la dependance. Camminarono per un po’ senza parlare, Damian stava davanti a loro e si divertiva a premere i piedi sulla neve morbida per lasciarne l’impronta, mentre loro neanche si guardavano. Arrivarono in villa, comprarono un tozzo di pane per le papere, e si inoltrarono nello spazio verde sino allo stagno che, sebbene ghiacciato, sulle sponde ospitava alcuni pennuti.
“Quella è grandissima! Spaziale!” esultò il bambino, indicando una grossa anatra che zampettava vicino all’erba secca. Andy si abbassò alla sua altezza e si prese qualche momento per osservare l’acqua congelata.
“Io conosco quell’anatra, sai. Si chiama Damian come te.”
“Dici davvero?” gli domandò il piccolo con la bocca spalancata in atto di sorpresa, e Ianira alle sue spalle alzò gli occhi al cielo e rise.
“Dico davvero. Ha anche quattro anni come te.” continuò Andy, fingendo di credere alle sue stesse parole. L’espressione di Damian si allargava sempre di più alla meraviglia con gli occhi verdi sgranati fissi sull’animale.
“E’ uguale a me?”
“Sì, certo. Ha una mamma bellissima che gli vuole tanto bene, è quella che gli sta affianco.”
“Hai visto, mamma? L’anatra è come me!”
Ianira gli sistemò la sciarpa intorno al collo e gli baciò la fronte, poi gli sorrise dolcemente.
“Ho visto, amore. Scommetto che una di queste anatre si chiami Andy, credo che sia quella più stupida laggiù. Eccola!”
La ragazza fece cenno ad un’anatra che batteva il becco arancione su una pietra ripetute volte senza capire che non era commestibile. Andy scoppiò a ridere e le diede una lieve spallata a mo’ di scherzo.
“Combatti ad armi pari, mi piace.”
“Per vincere bisogna conoscere il nemico.” Ribatté Ianira, facendo spallucce e calciando un sassolino. Damian scosse la busta di pane e strattonò il cappotto della mamma.
“Posso dare da mangiare alle anatre, mammina?”
“Sì, ma stai attento. Mantieniti alla giusta distanza.”
Il bambino pian piano si avvicinò alle anatre e cominciò a lanciare loro piccoli pezzi di pane, che venivano beccati subito dai pennuti. Andy le toccò il gomito e si incamminò verso una panchina malandata.
“Vieni, sediamoci.”
Presero posto, stando attenti a non essere troppo vicini, ma continuarono a guardare la distesa di ghiaccio davanti a loro, evitando che i loro occhi si incrociassero. Fu Ianira ad attaccare il discorso perché non sopportava più l’attesa.
“Vorrei che parlassimo da amici, ovvero come due persone legate solo dall’amicizia, ignorando i baci e le notti insieme, dimenticando ogni parola detta e ogni momento.”
“Va bene. Quando sono uscito dalla cartolibreria, ho trovato Peter fuori con Jennifer e ho parlato con lui per chiarire le cose una volta per tutte. Assurdo, vero? La mia ex moglie sta con il tuo ex fidanzato. La prima cosa che ho pensato è che il destino ci abbia voluto far incontrare ad ogni conto. Voglio dire, quante erano le probabilità che fossimo vicini proprio noi due? Quasi zero.”
“Assurdo è un eufemismo in questo caso. E’ più che assurdo tutto questo, Andy. Cosa vuole il destino da noi? Che ci assicuriamo che i nostri ex stiano bene e che non provino rancore nei nostri confronti? Vuole farci chiudere i conti col passato definitivamente?”
Ianira non lo degnava di uno sguardo e Andy si sentiva impotente di dimostrale che si sbagliava, che il destino li aveva riuniti per un motivo, che il passato ora poteva rimanere sepolto per sempre.
“Lasciamo perdere il destino per un attimo e parliamo di noi due.”
“Non dovevamo parlare da amici?” gli ricordò lei, sospirando tristemente. Andy si alzò come se la panchina stesse andando a fuoco e gli bruciassero le gambe.
“Fanculo l’amicizia, Ianira! Non voglio pensarti in termini d’amicizia quando, guardandoti, voglio solo baciarti fino a farti dimenticare il tuo nome! Io e Jennifer non torneremo insieme perché ormai è tutto finito tra di noi. Abbiamo capito dopo un anno che il nostro matrimonio è andato rovina perché a un certo punto l’amore è venuto meno. Diamine, ci siamo incolpati a vicenda per troppo tempo e non abbiamo mai affrontato il reale problema: avevamo smesso di amarci. Certo, poi sono subentrati altri fattori, come lei che non vuole figli, io che voglio una famiglia, lei che non vuole un lavoro fisso perché si stufa, e io che invece voglio una vita fatta di cose semplici perché fino ad ora è stato tutto troppo fottutamente complicato!”
“E chi ti dice che l’amore non finirà anche tra di noi? Non ragionare come un ragazzino, Andy!”
“Non lo sapremo mai se non ci proviamo. Ieri mattina hai accettato di stare con me, adesso cos’è cambiato? Hai ancora paura?”
Ianira abbassò gli occhi sui ciottoli freddi contornati dall’erba scura perché, se lo avesse guardato in faccia, le sarebbe esploso il cuore nel petto.
“Dopo aver parlato con Peter, ho paura che tu voglia stare con me solo perché ho un figlio.”
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, ovvero riversò fuori tutta la rabbia che Andy stava trattenendo.
“A questo siamo arrivati? Non me lo aspettavo, non da te!”
“E cosa ti aspetti da me? io sono comprensiva fino a un certo punto, anche io ho i miei limiti. Sono stata abbandonata dall’uomo che amavo e sostituita nel giro di una notte, ho dovuto lottare per non fare mancare nulla a mio figlio, mi sono dovuta difendere dagli insulti della gente perché ero una ragazza madre e ritenuta incapace, ho dovuto sudare per rendermi economicamente indipendente da mia madre e tuttora sto faticando per garantire a me a mio figlio un futuro migliore. Amo Damian più di qualsiasi altra cosa al mondo e non voglio che la tua voglia di famiglia lo intacchi. Quindi scusami tanto se non voglio il cuore infranto ancora una volta!”
Alle loro urla seguì il silenzio, un vuoto terribile e pesante come un macigno. Damian, del tutto inconsapevole, rincorreva le anatre per dar loro altro cibo e rideva. Andy si girò dall’altra parte, dandole le spalle, e chiuse gli occhi per calmare il respiro concitato. Quando tornò a guardarla, Ianira si stringeva nel cappotto con tutta l’aria di una bambina.
“Abbiamo già affrontato questo discorso sulla paura ed ero convinto che lo avessimo superato, evidentemente mi sono sbagliato. Capisco tutti i tuoi dubbi, che devi proteggere tuo figlio, che devi riflettere cento volte prima di compiere un passo, ma so anche che continuare a sminuire i tuoi desideri per Damian non faccia bene a nessuno. Lui lo sente se qualcosa ti turba, lo sente che non sei felice e sente pure che qualcosa ti lega a me, benché non ne sia pienamente cosciente. Lo confesso, volevo un figlio con Jennifer, era mia moglie e mi sembrava fantastico creare una famiglia. Quando lei ha iniziato a rifiutare, mi sono arrabbiato perché pensavo che non mi amasse abbastanza, invece ero io che non amavo abbastanza lei e non rispettavo la sue decisione. Adoro Damian, ma voglio stare con te a prescindere da lui. Non ti sto chiedendo di sposarmi o di fare un figlio, ti chiedo soltanto di fidarti di me. Insieme possiamo costruire qualcosa di bello. Entrambi leggiamo i libri gialli, amiamo gli spaghetti e le giornate di pioggia, lavoriamo con l’arte, e direi che più o meno ci completiamo.”
Ianira accennò un mezzo sorriso immaginandosi loro due seduti sul divano a leggere e a mangiare spaghetti mentre fuori diluvia. Era una bella immagine.
“E’ davvero finita con Jennifer?”
“Sì, te lo giuro. Abbiamo appianato le divergenze e possiamo finalmente andare avanti.”
“Bene.”
“Traduci ‘bene’ per noi comuni mortali.” Disse Andy, sopracciglio inarcato e braccia spalancate.
“Cosa vorresti che intendesse il mio ‘bene’?”
“Tu mi mandi completamente in tilt il sistema nervoso, Ianira!”
Ianira rise per l’esasperazione nella voce di Andy, poi andò da lui e gli circondò il collo con le braccia, accarezzandogli i capelli corti sulla nuca.
“Sei un caso perso, Andrew.
“Hai intenzione di chiamarmi col mio nome di battesimo ancora per molto?” fese lui, simulando un broncio fasullo.
“Finché morte non ci separi.” Disse Ianira in modo solenne, ridendo l’attimo dopo. Andy rise con lei.
“Potrei prenderti in parola. Un giorno potrei sposarti per davvero.”
Ianira non ebbe il tempo di replicare ché le labbra di Andy si posarono sulle sue in un bacio estremamente passionale. Sorrisero l’uno sulla bocca dell’altro per poi baciarsi di nuovo, fino a quando non furono a corto di ossigeno.
“Spaziale!”
Damian, che aveva assistito a tutta la scena, agitò le esili braccia in cielo e la coppia quasi arrossì per l’imbarazzo.
“Avanti, pulce, torniamo a casa.”
 
 
La neve si posava copiosa senza sosta da un’ora, aveva imbiancato i tetti e le strade e si accingeva a ricoprire anche le auto. La dependance era invasa da un calore accogliente, la piccola stanza era illuminata dal camino incassato nel muro e proiettava sul pavimento l’ombra delle fiamme. Andy se ne stava disteso su una coperta di fronte al fuoco con Damian appollaiato contro il fianco, stavano parlottando di anatre e di supereroi.
“Io sono Batman e tu sei Robin, siamo amici per sempre.” Asserì il bambino, affondando la guancia nel collo di Andy, che gli baciò il nasino e annuì.
“Mi piace l’idea.”
Ianira recuperò dalla valigia un pacchetto argentato e si piazzò sulla coperta accanto a Andy.
“Questo è il regalo per il tuo compleanno da parte nostra.”
“Aprilo!” disse Damian, accomodandosi sulle gambe della mamma. Andy scartò il pacco e inevitabilmente sorrise quando si ritrovò tra le mani un piccolo quaderno rivestito di pelle nera con sopra inciso in corsivo il suo nome. Sfogliata la prima pagina, gli balzarono all’occhio due righe scritte a mano, era una dedica: Pascal Quignard ha sostenuto che la musica è semplicemente là per parlare di ciò di cui la parola non può parlare. In questo senso, la musica non è del tutto umana. Pertanto, io e Damian ti auguriamo di esprimere con la musica il tuo mondo di interiore e di scriverlo in questo diario perchè diventi una canzone. Il segnalibro era una striscia di foglio rigido colorata a casaccio dal bambino e firmata da Ianira.
“E’ un regalo perfetto. Scriverò qui tutte le mie canzoni. Grazie mille!”
Ianira si commosse perché Andy stesso si era emozionato, erano un turbinio di sensazioni positive.
“Adesso posso guardare un po’ di cartoni?” chiese Damian, saltellando sul posto nel suo pigiamo rosso con Spiderman stampato sulla maglietta.
“Va bene, ma solo per un’ora, poi fili a letto.” Gli intimò la mamma con un sorriso e il piccolo corse a piazzarsi davanti alla TV.
“Sai, sarà una meravigliosa avventura.” Annunciò Andy, mentre si rigirava il diario tra le mani.
“Di che parli?”
“Di noi. Stare insieme sarà un’avventura da vivere appieno.”
“Vacci piano, Biersack.” Rise lei, che ancora non si era focalizzata su un futuro prossimo per loro. Il ragazzo sfoggiò un sorriso malizioso e inarcò il sopracciglio.
“L’ultima volta che abbiamo deciso di andarci piano siamo finiti a fare l’amore nel mio letto per tutta la notte.”
“Andy!”
“Che c’è? Dico la verità!”
“Taci!” gli disse Ianira, dopodiché gli afferrò il mento e gli baciò le labbra a stampo.
“Questo è un ottimo modo per farmi tacere. Che dici, me lo mostri di nuovo?”
Il sorriso di Ianira si infranse sulla bocca di Andy come un’onda contro gli scogli. Si strinsero in abbraccio intimo mentre permettevano ai sentimenti di trascinarli.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Che dire, alla fine la situazione si è chiarita e loro possono essere felici insieme.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Ricominciamo da noi ***


10. RICOMINCIAMO DA NOI.

Tre mesi dopo, Marzo.
La Mini Cooper rosso fiammante di Ianira si destreggiava nel traffico di Santa Monica diretta al Free Light, una pizzeria situata in centro.
“Andy, stai tremando. Calmati.”
“Non ce la faccio, okay? Sono troppo ansioso!”
Quella sera Andy avrebbe conosciuto la mamma di Ianira, si sarebbe presentato come il suo fidanzato, e la cosa gli recava indicibili preoccupazioni. L’agitazione era tale da fargli fremere le mani.
“Piacerai di sicuro a mia madre. Avete già parlato al telefono e questa serata serve solo a confermare l’opinione ottima che lei già ha di te.”
Andy poggiò la testa contro il finestrino e chiuse gli occhi, non facevano per lui determinate circostanze. All’improvviso un dubbio lo assalì.
“Secondo te sono vestito in modo consono?”
Ianira si prese un istante per osservarlo, indossava i soliti skinny jeans neri, una t-shirt a maniche lunghe grigia con lo scollo a ‘v’ che metteva in mostra le due collane, e l’immancabile giacca di pelle, sebbene fosse marzo e facesse ancora freddo.
“Sei bellissimo e vai bene così. Rilassati, tesoro!”
“Altrimenti ti verranno le rughe.” Esordì Damian dai sedili posteriori, allacciato al seggiolone, e tra le mani un modellino di auto.
“Perfetto, anche un bambino è più ragionevole di me!” si lamentò Andy, sbuffando sonoramente. Ianira scosse la testa e ghignò, era raro che il ragazzo andasse tanto nel panico.
“Se io ho superato tua madre, tu puoi di certo affrontare la mia. Ecco, siamo arrivati.”
Ianira eseguì un perfetto parcheggio a ‘S’, dopodiché slacciò Damian e lo aiutò a scendere. L’insegna del locale illuminava tutta l’area antistante e il parcheggio, le grandi vetrate munite di tende nascondevano alla vista l’interno, e l’odore di cibo si diffondeva nell’aria. Andy si abbottonò la giacca a causa del forte vento e controllò l’orologio: erano le 20,30.
“Sto per vomitare. Posso fingermi malato? Morto? Rapito dagli alieni?”
“No, no e no. Però quella degli alieni era una bella idea!” disse Ianira, sorridendo divertita, mentre teneva la mano a Damian. Il bambino prese anche quella di Andy e lo strattonò verso l’entrata.
“Ci sono io con te. Batman protegge sempre Robin!”
Andy si sentì rincuorato da quelle parole e sembrò che l’ansia diminuisse. Una volta entrati, zio Fred sventolò la mano per segnalare il loro tavolo. Una donna sulla cinquantina, capelli castani tagliati sino alle spalle, un abito blu, e le braccia tese, sorrideva. Era Stephanie, la madre di Ianira.
“Ianira, Damian, fatevi abbracciare!”
Stephanie intrappolò la figlia e la nipote in lungo abbraccio, il giusto per colmare la mancanza, e poi abbracciò anche Andy, che rimase interdetto poiché non se lo aspettava.
“Buonasera, signora.”
“Oh, suvvia, chiamami Stephanie. Adesso fai parte della famiglia.”
Quando tutti si furono accomodati, Andy si riempì il bicchiere di acqua e lo buttò giù in solo colpo per inumidirsi la gola secca. Ordinarono qualche minuto dopo e furono serviti in breve tempo. Stephanie non staccava gli occhi da Andy, lo stava studiando, e soprattutto voleva conoscerlo meglio.
“Allora, Andy, mia figlia mi ha detto che scrivi canzoni e che canti. Hai qualche progetto al riguardo?”
“Ehm, beh, scrivo canzoni e canto, sì. Per ora sto lavorando a qualcosa, ma nulla di troppo importante.”
“Bugiardo! – esclamò Ianira, colpendogli la mano – sta lavorando ad un album. Ha scritto già svariati brani. E’ molto modesto e non si rende conto del suo talento.”
“Sei tu che mi dai troppo credito, splendore.” Disse Andy, grattandosi il collo per l’imbarazzo.
“Il ragazzo è davvero bravo, te lo posso assicurare.” Intervenne Fred, puntando il dito contro di lui con un sorriso.
“Quanti brani hai in serbo attualmente?” indagò ancora Stephanie, tenendo gli scuri come la figlia su di lui.
“Ho preparato sette brani, musica e testo inclusi.”
Andy era stranito dal modo in cui Ianira e sua madre continuavano a lanciarsi occhiate furtive come se nascondessero qualcosa. Lo assillò subito il pensiero che alla donna la sua presenza non facesse piacere.
“Ianira, ti fidi di Andy?” la domanda di Stephanie fu diretta quasi quanto un proiettile al cuore.
“Mi fido ciecamente di lui.” Rispose Ianira, toccando il ginocchio del ragazzo sotto il tavolo. Stephanie tastò le tasche interne della borsa e, recuperata una lettera, la fece scivolare sino a Andy, che la guardò confuso.
“Che cos’è?”
“Si dà il caso che io lavori come governante per Sandra Norton, la proprietaria delle case discografiche Lava Records e Republic Records , e suo marito John Feldmann, un noto produttore musicale. Inoltre, si dà il caso che Ianira mi abbia inviato una registrazione nella quale tu canti Homecoming King, una delle tue canzoni, e che io l’abbia fatta ascoltare a Sandra e a John. Sono rimasti impressionati e hanno deciso di offrirti un contratto, chiuso in quella lettera. Devi solo firmare e potrai iniziare a lavorare con loro al tuo album.”
A Andy fu tutto più chiaro: tempo prima Ianira aveva insistito per fargli registrare una sua canzone con la scusa che l’avrebbe ascoltata mentre si dirigeva al lavoro, però adesso capiva che l’aveva inviata a Londra perché alcuni produttori la valutassero.
“Aprila, forza!” lo incoraggiò Ianira, sventolandogli la busta davanti agli occhi. Con le mani fredde e tremanti, aprì la busta e ne lesse il contenuto: Gentilissimo Sig. Biersack, dopo aver effettuato un’accurata analisi del suo promo, siamo lieti di proporle un contratto ad una anno presso di noi per realizzare il suo album. Ci contatti al più presto per fissare un incontro. Cordiali Saluti, Sandra Norton e John Feldmann.
“Non so che dire … io … ehm …”
“Dì di si, ragazzo. Accetta l’offerta senza pensarci troppo.” Fu il consiglio materno di Stephanie.
“Okay. Sì! Sì, accetto!” disse Andy con un sorriso raggiante e gli occhi ancora colmi di stupore. L’abbraccio di Ianira non tardò ad arrivare, caldo e rassicurante come sempre, mentre lui la stringeva forte e continuava a sorridere.
“Sono fiera di te, Andrew.”
“Grazie mille. Se tutto questo è possibile, è solo merito tuo. Sei la mia salvezza.”
Andy le passò la mano dietro al collo e l’avvicinò a sé per baciarla con intensità, prendendosi tutto il tempo per ringraziarla anche a gesti. Stephanie si rese conto che sua figlia e suo nipote avevano trovato un ottimo compagno di vita e ne fu compiaciuta perché, se c’erano due persone che meritavano la felicità, erano proprio loro due.
“Dato che siamo in vena di sorprese, anche io ho qualcosa da dirvi.” Disse Ianira, separandosi da Andy e tornando a sedersi composta. Fred sollevò le sopracciglia e temette per un attimo che sua nipote aspettasse un figlio.
“Cioè?”
“Sapete tutti che un mese fa mi sono iscritta alla gara di giovani artisti indetta dall’Accademia di arte e che ho inviato loro il mio set di dodici paesaggi realizzati con gli acquerelli. Stamattina mi ha chiamato l’Accademia e mi hanno detto che sono la vincitrice. Il mese prossimo esporranno i miei disegni in una galleria d’arte!”
“Bravissima, amore! Sono fiera di te!” si complimentò sua madre, baciandole entrambe le guance. Fred e Serge le regalarono un caloroso abbraccio.
“Non avevamo dubbi sulla vittoria, ma chère!
 “Hai visto, Damian? La mamma è proprio eccezionale.” Disse Andy al bambino seduto sulle sue gambe.
“Mmh, sì, la mia mammina è proprio brava.”
Ianira rise quando Andy e Damian le baciarono una guancia ciascuno in contemporanea e sentì il cuore riempirsi di gioia.
“Grazie, ragazzi.”
Zio Fred tossì per richiamare l’attenzione e intrecciò la mano a quella di Serge.
“A questo punto anche io e Serge possiamo dare il nostro lieto contributo a questa serata. Ci sposiamo questa estate, il dieci luglio!”
“Era ora!” esclamarono Ianira e Stephanie all’unisono, che avevano visto quei due amarsi per anni.
“Per l’occasione abbiamo deciso che Ianira e Andy saranno i nostri testimoni e che Stephanie celebri le nozze. Che ne pensate?”
Andy e Ianira si scambiarono un’occhiata timida poiché veniva chiesto loro di mostrarsi a tutti come una coppia, alla luce del sole e senza riserva alcuna.
“Penso che sia un’idea fantastica. Adesso brindiamo a questa bellissima serata e a tutti noi!” disse Stephanie con il bicchiere a mezz’aria. Tutti si unirono al brindisi tra sorrisi e gocce di vino che cadevano sulla tovaglia.
“Tu che ne pensi?” sussurrò Andy all’orecchio di Ianira, riferendosi al fatto che presto tutti li avrebbero visti insieme. Lei sorrise e gli diede un bacio a stampo, che lui approfondì baciandola a sua volta.
“Penso che meglio di così non potrebbe andare.”
 
 
Un mese dopo, Aprile.
“Inspira. Espira. Inspira. Espira.”
“Smettila di ripetere quelle due parole, per la miseria! Mi stai facendo impazzire.” Sbraitò Maddie, picchiando la punta della scarpa contro il tallone dell’amica. Ianira camminava avanti e indietro nella grande sala del Rosamund Felsen Gallery, ossia la galleria d’arte che ospitava la mostra dei vincitori della gara internazionale indetta per giovani artisti. Alle sue spalle aveva inizio l’intricato labirinto di parenti bianche a cui erano appese le opere d’arte vincitrici, illuminate da faretti a luce chiara.
“Secondo te mi chiederanno di fare un discorso? E che dico? Non sono brava a parlare in pubblico.”
“Non andare nel panico, amia mia. Vedrai che andrai alla grande. Sei Ianira Lewis e puoi fare questo e altro!”
Ianira ridacchiò per l’assurda espressione dipinta sul volto di Maddie e si sentì meglio, la morsa che le attanagliava lo stomaco iniziava ad allentarsi. Per la mostra aveva indossato un aderente tubino a spalline sottili bordeaux di pizzo, una giacca nera elegante e un paio di decolleté di vernice nera, si era acconciata i capelli in morbide onde, aveva truccato gli occhi con la matita nera e le labbra di rosso. Sbuffò quando la segreteria l’avvisò di nuovo che il cliente chiamato era irraggiungibile.
“Perché Andy non risponde mai al telefono quando ho bisogno di lui?!”
“Sono sicura che in aeroporto non prenda bene, anche a me la linea lì dà sempre problemi.”
Andy, infatti, era stato incaricato di andare a prendere in aeroporto i suoi genitori e la mamma di Ianira, e quel ritardo era allarmante.
“Non sarà mica successo qualcosa?”
Gli occhi di Maddie si ridussero a fessure per capire meglio chi fosse quella banda di strani tizi che stava entrando della galleria. Era quattro uomini, abbigliati di stoffa nera borchiata, tatuati e con i capelli lunghi.
“E quelli chi diavolo sono?”
Quando Ianira intercettò lo sguardo dell’amica, si coprì la bocca con la mano per lo stupore. Ashley, CC, Jinxx e Jake erano arrivati da Cincinnati per lei.
“Ragazzi, sono così contenta che siate qui!”
“Non ci saremmo mai persi un’occasione del genere. Andy ha fatto il possibile perché fossimo qui stasera, per te.” disse CC, gesticolando con le mani per esplicare il concetto. Gli occhi di Ashley si focalizzarono sulla donna alle spalle di Ianira, bellissima nel suo abito viola e con i capelli ribelli sciolti sulle spalle. Maddie arrossì quando lui le baciò il dorso della mano da vero gentleman.
“Salve, madame. Il mio nome è Ashley.”
“Io sono Maddie, la migliore amica di Ianira.”
“Posso offrirti da bere, Maddie?”
Ianira annuì e Maddie accettò volentieri, dopodiché si avviò al balcone con Ashley.
“Andiamo a bere anche noi. A dopo, bella!” disse Jinxx, guidando CC e Jake nella zona dedicata al rinfresco. Trascorsero circa venti minuti prima che le porte della galleria si aprirono e Amy e Chris Biersack e Stephanie entrarono. Ianira andò loro incontro e li salutò con un veloce abbraccio.
“Finalmente siete qui! Avete notizie di Andy? Non so che fine abbiano fatto lui e Damian.”
“Lo abbiamo sentito poco fa e ha detto che stanno arrivando. Non ti preoccupare.” La rassicurò Chris con una pacca sulla spalla. Sua madre la prese a braccetto e la tirò in disparte.
“Sei pronta per stasera, amore?”
“Sì, sono solo nervosa. Sono anni che aspetto di mostrare i miei lavori in una galleria d’arte e, ora che sta capitando, sento l’adrenalina nel sangue.”
“So già che farai un gran figurone. Sono orgogliosa di te.”
Ianira si lasciò avvolgere dalle braccia di sua madre come quando era bambina e aveva bisogno di un posto sicuro in cui rifugiarsi. Sebbene avesse ventisei anni, avrebbe sempre avuto bisogno di una carezza materna.
“Mammina!” gridò la voce sottile di Damian, che era notevolmente affaticato. Voltandosi verso l’ingresso, sul volto di Ianira si dipinse un’espressione di sbalordimento puro. Andy reggeva un enorme mazzo di rose rosse e Damian recava tra le mani una bottiglia di champagne.
“Che state combinando voi due?”
“Che razza di domanda è?! Stiamo festeggiando la nostra regina, mi pare ovvio!” replicò Andy, spalancando le braccia per sottolineare l’ovvietà.
“Sì, sei tu la regina!” aggiunse Damian, attaccandosi al vestito di Ianira.
“Voi siete matti e io vi adoro per questo.” Disse lei, prendendo il bambino in braccio e stampandogli un bacio sulla fronte. Andy si finse offeso e mise il broncio.
“E a me un bacino non lo dai?”
 Ianira alzò gli occhi al cielo e poi gli regalò un bacio appassionato, malgrado tutti li stessero fissando come fossero attori in scena sul palco.
“Non ti sembrano eccessive le rose e lo champagne, Andy?”
“Scherzi? Questo è solo il minimo che possiamo fare per te. Questa notte è tutta per te, splendore, perciò non ti resta che godertela. Ah, e le sorprese non sono finite!”
Il sorriso malizioso di Andy non presagiva nulla di buono. Quando si comportava in modo enigmatico, aveva certamente architettato qualcosa.
“Tu sei un folle, Biersack.”
“Dipende dai punti di vista.” Disse, baciandole la guancia un paio di volte.
Erano trascorse due ore dall’inizio della mostra, l’atmosfera era carica di meraviglia e di arte, tutti gli invitati ponderavano con criterio ogni quadro. Ianira stava spiegando uno dei suoi disegni, la raffigurazione di uno stagno ghiacciato circondato da alberi, quando una donna dai lunghi capelli rossi si tolse il cappello dall’ampia falda e parlò.
“Noto che questo disegno le sta particolarmente a cuore. Ci confessa la fonte che lo ha ispirato?”
Gli occhi di Ianira immediatamente si posarono su Andy, in fondo alla fila, e lo ammirò come fosse un’opera d’arte. La camicia bianca infilata nei pantaloni neri metteva in risalto i tatuaggi sulla pelle chiara, i ciuffi scuri che gli erano caduti davanti ai grandi occhi azzurri erano un contrasto artistico a tutti gli effetti, e il sorriso malcelato che le stava riservando era un gesto di intima intesa.
“E’ lo stagno che si trova nella villa di Cincinnati. Ci sono stata a Natale e, benché sia stato un viaggio difficile all’inizio, alla fine si è rivelato come una notevole opportunità. Per questo disegno mi sono ispirata al mio vicino di casa, al mio migliore amico, al mio amore. Sì, proprio così, al mio amore. Perché vedi, Andy, io ti amo.”
Ecco. Era successo. Aveva appena dichiarato il suo amore di fronte a una sala gremita di amici e sconosciuti. Aveva pronunciato quelle tre parole senza staccare gli occhi da Andy, glielo aveva letteralmente sbattuto in faccia. Andy, dal canto suo, non aveva smesso di sorridere e adesso si faceva strada tra le persone per raggiungerla e baciarla, mentre tutto intorno scoppiavano applausi e fischi.
“Vedi, Ianira, io ti amo.
Ianira gli artigliò la camicia e premette le lebbra sulle sue, fregandosene di trovarsi in pubblico.
Amy, che da lontano aveva visto tutto, si mise una mano sul petto in modo teatrale. Stephanie, al suo fianco, le passò un braccio intorno alle spalle.
“I nostri figli stanno bene insieme.”
“Sì, adesso lo so.” Disse Amy, commuovendosi al sorriso ampio di suo figlio.
 
Ianira non poteva credere ai suoi occhi. Il Loews Hotel svettava contro il cielo stellato in una scia di luci abbaglianti. Era il migliore albergo di lusso di Santa Monica, offriva eccellenti servizi e costava una fortuna.
“E’ uno scherzo, vero?”
Andy ghignò, consapevole della riuscita della sorpresa, e la prese per mano.
“No. Ho prenotato una camera per ventiquattro ore. Torneremo a casa domani sera. Per ora, splendore, abbiamo un giorno per goderci il nostro soggiorno.”
Ianira si lasciò condurre all reception, dove Andy richiese la chiave della stanza a nome ‘Biersack’, fino all’ascensore che salì al quinto piano. La camera loro assegnata era la 105. Il lungo corridoio era illuminato da una fila di faretti a luce soffusa incassati nel soffitto e il pavimento beige si abbinava alla perfezione con le pareti color crema. Andy fece scattare la serratura con la chiave magnetica e si fece di lato per farla entrare.
“Prego, miss Lewis.”
“Tu sei completamente fuori di testa! Avrai speso un sacco di soldi per questa camera!”
“E quindi? Ce lo meritiamo un po’ di svago. Negli ultimi tempi io sono stato impegnato con l’album e tu con la mostra, perciò siamo stati insieme davvero poco.”
Andy gettò la giacca di pelle sulla poltrona, si tolse le scarpe e si lanciò sul letto, il cui materasso era morbido e molto comodo. Ianira, invece, si diede un’occhiata in giro. Le pareti della stanza erano bianche, il grande letto era sormontato da tre quadretti che raffiguravano un paesaggio di campagna, e il finestrone regalava un vista mozzafiato sulla piscina dell’hotel e sul mare.
“E’ bellissimo.” Disse, aprendo la portafinestra per respirare l’odore del mare. Richiuse quando le venne la pelle d’oca a causa del freddo. Tirò un sospiro di sollievo quando si liberò dei tacchi e delle calze, erano due strumenti di tortura per le donne.
“C’è un borsone con i nostri vestiti nell’armadio e in bagno c’è il tuo beauty case.” L’avvisò il ragazzo, beatamente spaparanzato sul letto con le gambe e le braccia divaricate.
“Hai pensato proprio a tutto, Andrew. A questo punto vado a struccarmi.”
“Fai presto perché questo povero uomo ti aspetta.”
Ianira uscì dal bagno una decina di minuti dopo ripulita dal trucco. Non appena si levò la giacca, furono visibili le cicatrici bianche sulla schiena. Si girò in fretta per evitare che Andy le vedesse, ma lui ormai le conosceva a memoria e le amava. Si arrampicò sul letto e si sedette a gambe incrociate davanti a lui, che aveva poggiato la schiena contro la testata.
“Mi dica, miss Lewis, lei è davvero innamorata del sottoscritto?” le chiese Andy con voce scherzosa e Ianira si coprì il viso con ambo le mani.
“Sono stata davvero ridicola a dirtelo davanti a tutte quelle persone. In quel momento, però, è stato spontaneo.”
“Adesso siamo soli e puoi dirmelo come vuoi.” Questa volta era serio, la guardava dritto in faccia, mentre lei abbassava lo sguardo per l’imbarazzo.
“Andy …”
“No, no, non voglio sentire nient’altro. Voglio che tu mi dica quelle tre paroline.”
Ianira riportò gli occhi scuri su di lui, bellissimo con il viso semi illuminato dai lampioni esterni, e prese un respiro.
Io ti amo.”
Andy non proferì parola, si limitò a sorridere e a guardarla. Le accarezzò il collo con la punta delle dita, poi scese ad abbassarle la spallina del vestito per baciarle la spalla. Ianira rabbrividì nel sentire le sue labbra calde contro la pelle fredda, labbra che dalla spalla raggiunsero la scollatura dell’abito, e tornarono a blandirle il collo. Gli afferrò la camicia in un pugno e lo attirò per baciargli la bocca con urgenza, come se da quel gesto dipendesse la loro esistenza. Andy sorrise soddisfatto quando Ianira si sistemò a cavalcioni sul suo bacino, avvertire le ginocchia premere contro i suoi fianchi e le sue mani toccargli il petto lo mandavano in visibilio. La ragazza lo spogliò della camicia e cominciò a baciargli tutti i tatuaggi che dal collo all’addome incontrava, provocando in lui una caterva di brividi. Le unghie curate di Ianira gli percorrevano i muscoli tonici delle braccia con lentezza per goderne la fattezza sotto i polpastrelli. Andy gemette quando Ianira gli sbottonò i pantaloni e, incapace di resistere ancora, le circondò il collo con la mano e la baciò con foga. Le mani vagavano avide di maggiore contatto, le labbra reclamavano baci famelici, e i brividi cadevano come gocce di pioggia. Si liberarono in fretta dei vestiti perché la voglia di ritrovarsi pelle contro pelle aumentava ad ogni respiro.
Ti amo.” Le sussurrò Andy all’orecchio, mentre si aggrovigliavano in un languido intreccio di corpi. Ianira sorrise contro la sua spalla e per la prima volta nella sua vita si sentì davvero amata, anche più di quando stava con Peter. Tra baci, gemiti e parole bisbigliate nel buio, si amarono per tutta la notte, fino a quando ne ebbero la forza.
Ianira sorrise a occhi chiusi quando Andy le accarezzò le cicatrici con il pollice. Benché si vergognasse ancora di fargli vedere quei dolorosi marchi, al tempo stesso era contenta che lui accettasse quel difetto senza alcun problema.
“Buongiorno, splendore.” Le disse, posando il mento sulla sua spalla nuda. Ianira si rigirò nel letto e gli stampò un bacio sulla bocca. Prese a giocare con il ciondolo a forma di aquila appeso al collo del ragazzo.
“Buongiorno a te. Che ore sono?”
“Sono le undici. Ho chiamato il sevizio in camera e tra un po’ ci porteranno la colazione.”
“Ottimo.”
Mentre Ianira gli vezzeggiava il tatuaggio di Batman sul collo, Andy le tratteggiava i fiori di loto sul braccio.
“Stavo pensando ad una cosa, Ianira.”
“Dimmi.”
“Siamo una coppia da un po’, ieri ci siamo dichiarati, e direi che potremmo ipotizzare di andare a vivere insieme. In pratica già viviamo insieme dato che sto tutto il tempo a casa tua ma, siccome i nostri appartamenti sono piuttosto piccoli per starci in tre, sarebbe meglio prenderne una più grande. Non devi accettare sub …”
“Va bene.”
“Come, scusa?”
Ianira ridacchiò per il consueto sopracciglio inarcato del ragazzo.
“Ho detto che va bene. Hai ragione a dire che praticamente viviamo già insieme e sono d’accordo anche sull’idea di un appartamento più grande. Inoltre, abbiamo già spiegato a Damian che stiamo insieme, che tu sei il mio fidanzato e che Peter resta comunque suo padre, e lui lo ha capito. Direi che è perfetto.”
Andy non se l’aspettava quella reazione, aveva immaginato un rifiuto netto da parte della ragazza, e quindi non poté fare altro che sorridere.
“Mi rendi davvero felice accettando la mia proposta.”
Ianira gli prese il mento e gli diede un bacio a fior di labbra, dopodiché raccattò la sua camicia e la indossò. Andy ricadde con la testa sul cuscino e la osservava spostarsi nella stanza alla ricerca del cellulare.
“Diamo la grande notizia a Damian, che ne dici?”
“Assolutamente sì.”
 
Un mese dopo, Maggio.
Andy era un perfezionista, poteva essere considerato sia un pregio che un difetto, e pretendeva il massimo da se stesso. Era diventata una persona nuova nell’arco dei sette mesi entro i quali aveva conosciuto Ianira e avevano intrapreso una relazione. Aveva smesso di bere, aveva smesso di fumare, si concentrava sul suo lavoro e sulla sua famiglia. Per troppo tempo si era smarrito, alla deriva nel mare in tempesta che era la sua vita in precedenza, quando si ubriacava con Jennifer e i suoi amici sino all’alba, quando i dopo sbronza duravano per giorni, quando aveva perso di vista il vero senso dell’esistenza. Poi era arrivata una ragazza semplice, dal cuore grande e dal coraggio d’acciaio, che lo aveva rimesso in piedi e gli aveva fatto capire gli errori commessi. Non solo lo aveva aiutato a riprendere in mano la sua vita, ma gli aveva anche offerto la possibilità di realizzare il suo sogno: cantare. Infatti, quella sera si sarebbe tenuto il suo primo concerto. Il suo album, intitolato The Shadow Side, aveva avuto un riscontro eccezionale tra il pubblico al punto da allestire un tour nazionale, le cui date erano tutte sold out.
“Sembra che ti stia per venire un infarto.” Disse Ianira, interrompendo il suo momento di concentrazione. Andy, seduto su un divanetto, se ne stava con gli occhi chiusi e le mani incrociate sotto il mento.
“Potrei collassare da un momento all’altro.”
“Allora questo ti aiuterà. Damian te la presta solo per questa sera, è il suo modo per sostenerti.”
Gli appuntò la spilla di Batman al gilet e si assicurò che fosse ben saldata. Andy ci passò sopra le dita e ricordò quando l’aveva affidata al bambino tempo prima per dargli coraggio, ora gli stava restituendo il favore.
“Ho paura che possa andare male.”
“Io, invece, so che andrà alla grande. Hai talento, Andy, e meriti di stare su quel palco. Hai faticato tanto per arrivare fino qui, perciò muovi il culo e vai a cantare!”
“Sono d’accordo con lei!” esclamò Chris Biersack, entrando nel backstage insieme a sua moglie. Amy andò ad abbracciare suo figlio con le lacrime agli occhi.
“Sono così fiera di te, bambino mio. Sarai perfetto.”
Ianira avvertì il telefono vibrare in tasca e, tirandolo fuori, lo tese verso Andy.
“C’è una persona che vuole farti gli auguri.”
“Pronto?”
“Andy! – lo salutò Stephanie con voce allegra – mi dispiace non poter essere lì con voi, ma voglio farti sapere che ti penso e che Ianira filmerà il concerto in modo che io possa vederlo. Non andare in crisi, mantieni il sangue freddo e divertiti. In bocca al lupo!”
“Grazie, Stephanie. Farò del mio meglio. Ci sentiamo presto.” Disse Andy, terminando la chiamata e restituendo il telefono alla proprietaria. Ashley, CC, Jake e Jinxx lo avevano chiamato poco prima per prenderlo in giro e per incoraggiarlo. Sam, il batterista, comparve dietro il tendone nero e fece segno a Andy di avvicinarsi.
“E’ tutto pronto, manchi solo tu.”
“Un minuto e arrivo.”
“E’ il tuo momento, ragazzo. Fatti valere!” gli suggerì il padre, dandogli una pacca sulla spalla. Amy lo abbracciò di nuovo e gli strinse le mani con fare amorevole.
“Buona fortuna.”
Ianira gli sistemò la bandana sulla fronte e le bretelle, poi gli lasciò un lungo bacio sulla guancia.
“Ci vediamo dopo, Andrew.”
Due ore dopo, quando la scaletta si era esaurita, quando gli avevano chiesto il bis di un paio di brani, giunse il momento dei ringraziamenti. Andy si muoveva avanti e indietro sul palco per tenersi abbastanza vicino a tutti gli spettatori.
“E’ stata una serata incredibile! Tutto questo è stato possibile grazie a voi che siete qui, grazie al supporto della mia famiglia, e alla mia casa discografica. Un ringraziamento speciale va alla mia musa ispiratrice, alla persona che mi ha fatto tornare la voglia di fare musica, che mi ha dato il giusto spazio per esprimere me stesso, che ha capito i miei momenti di solitudine per scrivere le canzoni, che non ha mai smesso di credere in me. Grazie ancora a tutti! Buonanotte, New York!”
Andy abbandonò il palco in un turbinio di applausi, fischi e urla di ogni genere. I suoi genitori si complimentarono per primi, poi chiacchierò con la band, e infine proseguì per dirigersi in camerino. Ianira lo accolse con un applauso e con un sorriso. Senza pensarci troppo, il ragazzo si fiondò tra le sua braccia e si cullò in quel rifugio sicuro.
“Prego.” Disse Ianira, replicando al suo ringraziamento. Andy rise e scosse la testa, riusciva sempre a metterlo di buon umore.
“Grazie davvero, splendore. Ti amo.”
Anche io, tanto.
Si baciarono, ancora avviluppati in un abbraccio, incuranti dello staff che gli girava intorno.
 
Due mesi dopo, Luglio.
Ianira esaminava attentamente la sua figura riflessa nello specchio come un biologo osserva al microscopio. Storse le labbra per colpa dell’immagine che la superficie vetrata le rimandava. Non credeva che quel vestito fosse adatto a lei. Andy uscì dal bagno mentre si abbottonava la camicia e la vide inclinare di lato la testa per studiarsi minuziosamente.
“Che diamine stai facendo?”
Ianira sussultò e attraverso lo specchio gli riservò un sorriso impacciato.
“Niente. Mi stavo solo specchiando.”
“Ianira.”
Quando Andy pronunciava il suo nome col tono di uno che è pronto a strapparti di bocca le parole a tutti i costi, lei doveva arrendersi.
“Questo vestito mi sta malissimo! E’ bello, sì, ma è orribile su di me! Non va bene per il mio fisico.”
“Cos’ha che non va questo vestito? Ti sta benissimo!”
Andy proprio non capiva le sue lamentele e lasciò perdere i bottoni per dedicarsi a lei.
“Tutto non va! Guarda, mi fa i fianchi enormi e le braccia cicciottelle, per non parlare del fatto che mette in evidenza il mio girovita non propriamente definito e si intravedono le cicatrici sulla schiena. Sono orrenda! Basta, me lo tolgo!”
La mano del ragazzo le artigliò il braccio e la fece tornare davanti allo specchio. L’abito era di colore viola, era un modello lungo, con lo scollo a ciambella e un velo sulla schiena, e tutta la lunghezza era ornata da piccole margherite argentate. Metteva in risalto il suo corpo armonioso, ogni singola curva per cui lui andava pazzo, e le calzava a pennello.
“Questo è il vestito perfetto. Ianira, tu sei bella così come sei, vera e genuina. E’ il tuo corpo, è fantastico e dovresti davvero imparare ad apprezzarti. D’accordo, non sarai magrissima e ossuta, non avrai i fianchi stretti e un girovita definito, ma va bene lo stesso. Sei troppo dura con te stessa.”
Ianira non riusciva ad accettarsi sin dal liceo, quando le ripetevano in continuazione che era bruttina, e da allora si era sempre sentita inferiore, convinta che quegli insulti crudeli fossero veri.
“Non è facile. Tu sei perfetto, tutto il tuo corpo è calibrato nei dettagli, sei bello da togliere il fiato.”
Andy si posizionò dietro di lei e le mise le mani a palmi aperti sui fianchi.
“Lo sai che non sono sempre stato così. Ero in sovrappeso alle superiori.”
“Ma adesso sei eccezionale, mentre io mi porto dietro questo corpo da anni.”
“Non c’è nulla che non vada in te. Sei troppo impegnata ad odiarti per renderti conto di quanto tu sia bella. Io amo alla follia ogni centimetro del tuo corpo e lo sai che ti bacerei dappertutto per ore intere. Capisco le tue insicurezze, però ti assicuro che non ne hai motivo. Anzi, sai che ti dico? Non importa se tu non ti ami, io ti amerò per entrambi!”
Ianira si lasciò scappare un sorriso e si voltò, prendendogli il viso tra le mani per baciarlo. Andy era il tipico ragazzo bello, sexy, sfacciato, capace di farti venire il latte alle ginocchia, e ancora si meraviglia del fatto che avesse scelto lei, la solita ragazza normale, non particolarmente magra e bella, chiusa in se stessa perlopiù. Nella sua vita un solo uomo l’aveva sempre amata senza mai giudicarla, ovvero Damian, e ora che anche Andy l’amava per ciò che era si sentiva spiazzata.
“Quindi lo lascio addosso il vestito?” gli chiese a un centimetro dalle labbra, stringendogli il colletto della camicia.
“Beh, se vuoi toglierlo davanti a me non te lo impedisco.” Disse lui, sollevando le sopracciglia e ghignando. Ianira lo colpì giocosamente al petto e rise con lui.
“Sei un vero cretino, Andrew, ma grazie per essere sempre comprensivo quando ho i miei momenti da schizofrenica.”
“Mi immolo volentieri per la causa. Dato che sono sempre comprensivo, che ne dici di darmi un altro bacio?”
Ianira non se lo fece ripetere due volte, lo baciò di nuovo, questa volta con più ardore. Andy si abbandonò completamente al bacio, premendosela contro, assaporando ogni istante di quel contatto. Si separarono solo quando Damian scorrazzò nella stanza con il papillon giallo che avrebbe indossato per il matrimonio di Fred. Per un attimo il bambino guardò Andy, che vestiva un paio di pantaloni blu e una camicia azzurra con le maniche piegate ai gomiti e i primi bottoni aperti a mostrare una porzione dell’aquila tatuata sul petto, e aggrottò le sopracciglia.
“E il tuo papillon?”
“Io non metto quel coso.” Si difese Andy, guardando con orrore quel fiocchetto. Ianira rise per l’espressione furiosa di suo figlio nei confronti del ragazzo e gli accarezzò la guancia.
“Damian, amore, devi capire che Andy è troppo brutto per usare il papillon. Tu che sei bello come il sole farai un gran figurone, tutti saranno invidiosi di te!”
“Davvero?” gli occhi verdi del bambino si illuminarono e Ianira annuì con un sorriso.
“Sì, davvero. Ti aiuto a legarlo, dai. Aspettami in cameretta.”
Damian scappò nella sua camera tutto contento per le parole della mamma, e Ianira finì di aggiustarsi i capelli attorcigliando un nastro viola intorno allo chignon, poi appese ai lobi un paio di gemme del medesimo colore.
“E quindi sarei troppo brutto per il papillon, eh?” fece Andy, allacciandosi l’orologio al polso sinistro. Ianira si tinse le labbra di rosso e, controllando che fosse tutto in ordine, gli baciò la guancia rasata.
“Non offenderti, caro, ma era necessario preservare il mio bambino. Sbrigati, tra venti minuti dobbiamo andare.”
 
 
“Discorso, discorso, discorso!”
Ianira fu costretta dagli invitati a porsi al centro della sala e a impugnare il microfono per declamare il famoso discorso della testimone di nozze. Fred e Serge, seduti al tavolo degli sposi, si stavano stringendo in un tenero abbraccio. La funzione, svoltasi di pomeriggio, celebrata da sua madre era stata molto commovente, le promesse della coppia avevano fatto lacrimare molti presenti, e lei e Andy si erano sorrisi per tutto il tempo. Anche la cena era ottima, tutte le pietanze erano state cucinate dallo staff di Serge, e mancavano ancora i secondi.
“Quando ero bambina, zio Fred si presentò a casa nostra in compagnia di uno chef francese, era Serge. Capì subito che tra di loro ci fosse ben oltre che una semplice amicizia e mi piacque l’idea che mio zio si fosse innamorato di una persona stupenda. Serge è esplosivo, borbotta in francese, indossa sempre quel bruttissimo foulard rosso, e ama la cucina, però ama di più mio zio. Fred, al contrario, è pacato, non impreca mai, e veste sempre di grigio e di bianco. Loro mi hanno insegnato cosa sia l’amore, cosa significhi stare al fianco di qualcuno e proteggerlo, sostenerlo, piangere e gioire insieme, ridere e litigare, lottare per chi ti fa battere il cuore. Mi hanno insegnato che la famiglia non dipende dal sangue ma da chi ti sta accanto e ti ama in modo incondizionato. Sono stati al mio fianco quando ero incinta, sono stati gli unici uomini della mia vita che, insieme a mio figlio, non mi hanno mai delusa. Finalmente si sono sposati e io ne sono stata testimone, pertanto non potrei essere più felice di così. Fred e Serge, vi auguro una vita fatta di affetto, leggerezza e bellezza, le stesse che avete donato a me. Auguri agli sposi!”
Nella sala si levò un cozzare di bicchiere e riecheggiò un applauso per la coppia. Ianira andò da loro per abbracciarli e poi tornò al suo tavolo. Andy e Damian stavano ridendo a crepapelle per un gioco: si attaccavano i cucchiaini al naso.
“Noto che da queste parti ci si diverte.”
“Andy fa schifo a questo gioco!” disse Damian con fare innocente.
“Il cucchiaio scivola per colpa del piercing, non faccio schifo.” Tentò di giustificarsi Andy, anche se doveva ammettere che il piccoletto era forte. Ianira gli fregò i capelli corti sulla nuca con le unghie ben curate e gli procurò una scarica di brividi.
“Come sei sensibile alle mie mani, Biersack.”
“Non sarei sensibile se tu non toccassi i miei punti deboli, Lewis.” Ribatté, baciandole la parte interna del polso.
“Mamma, mamma, il cucchiaio!” Damian batteva le mani per farsi notare, allora Ianira gli scattò una foto col cellulare. La sua galleria era piena di fotografie del bambino, di Andy, di selfie con loro due, di foto con la mamma e gli zii.
“Bravo il nanetto!” disse Maddie, comparendo alle spalle del bambino in una tuta intera blu e azzurra.
“Grazie! Adesso lo faccio vedere a nonna.” Disse il piccolo, e corse al tavolo degli sposi per mostrare a Stephanie la sua dote.
“Dovresti coprire quel petto e quelle braccia tatuate e muscolose, don Giovanni.” Suggerì Maddie a Andy, che parve confuso.
“Perché?”
“Perché le pollastrelle della sala ti mangiano con gli occhi!”
Ianira si era ovviamente resa conto degli sguardi maliziosi che le donne lanciavano in direzione di Andy, lussuria e ammirazione candeggiavano i loro occhi. Lei, insicura come al solito, si sentì a disagio a stare al fianco di un uomo tanto attraente.
“Beh, puoi dire alle gentili signore che io ho occhi per una sola donna.” Disse il ragazzo, passando un braccio intorno alla vita di Ianira, che gli sorrise. Maddie storse le labbra in una smorfia di disgusto.
“Siete troppo belli insieme da farmi salire i conati di vomito!”
“Non parlare di conati, ho un mal di testa atroce che mi assilla da un’oretta.” Disse Ianira, toccandosi le tempie doloranti. L’amica fece spallucce e corrugò le sopracciglia.
“Ti credo, ti è venuto il ciclo!”
Andy rise per il rossore che tingeva le gote di Ianira, la quale era sempre riservata riguardo a quel periodo del mese tanto delicato per le donne.
“Grazie per avermelo ricordato, Madison!”
“Prego. Comunque, e lo dico da ostetrica, dovresti stare attento a come innaffi la pianta, Andy.” Disse Maddie, dando una gomitata nelle costole al ragazzo. Andy comprese poco dopo a cosa si riferisse e scosse la testa disturbato da quel gergo triviale.
“E perché dovrei stare attento?”
“Perché il ciclo di Ianira anticipa ogni mese, ergo ce l’ha quasi sempre, ed è molto facile che resti incinta.”
“Maddie! Sei ubriaca?” la ammonì Ianira con sguardo truce, però l’amica sembrò non curarsene.
“Che?! No, non bevo dalla sera in cui ho combinato quel disastro al ristorante. Il Team ‘Belli Ubriachelli’, di cui io e Andy facciamo parte, è sobrio grazie a te!”
Ianira scoppiò a ridere per quell’assurdità e Andy si unì a lei, mentre Maddie rideva sotto i baffi nel vano tentativo di restare seria.
“E’ un vero onore essere il vostro supervisore.” Scherzò Ianira.
“Bene, bella gente, devo evacuare la vescica, a dopo!”
Maddie li salutò con la mano e si recò in bagno, dove doveva attendere una lunga fila prima di entrare. Il dj diede inizio all’ultima manche di ballo e partì ‘Hymne à l’amour’ di Edith Piaf, allora Andy non tardò a stringere le mani intorno ai fianchi di Ianira.
“Mi concede questo ballo, miss Lewis? In fondo questa è la nostra canzone.”
Era vero, erano le note su cui avevano danzato al ballo in maschera e che aveva dato una spinta alla loro relazione.
“Concesso.”
Al centro della sala, illuminati dalla luce fioca, ballavano, guardandosi negli occhi e sorridendosi, sussurrandosi parole languide e sentimentali, lasciando che tutti gli altri li invidiassero per quanto fosse speciale il loro legame. Dall’altra parte della sala, Stephanie e Fred si scambiarono un’occhiata colma di felicità poiché la loro bambina aveva trovato la persona giusta.
 
 
Tre mesi dopo, Ottobre.
Damian sparecchiava mentre Ianira asciugava le stoviglie. Erano le otto e mezzo di sera, avevano da poco finito di cenare e si impegnavano a rimettere tutto in ordine. Andy l’aveva avvisata con un sms che sarebbe rincasato a momenti e perciò gli aveva conservato la cena in forno. Non si vedevano da due settimane, da quando lui era impegnato con i concerti, le interviste e i firma copie per l’album che stava scalando tutte le classifiche. Lei, invece, si divideva tra la scuola e la galleria d’arte che aveva acquistato molte sue creazioni.
“E’ arrivato!” esclamò Damian, fiondandosi ad aprire la porta, dopo che aveva visto il taxi dalla finestra. Qualche minuto dopo Andy emerse dalla scalinata con il borsone in mano e l’aria stanca. Il bambino gli si gettò tra le braccia e gli diede un bacio sonoro sulla guancia.
“Andy!”
“Ehi, campione! Ciao!”
“Mi sei mancato tanto.” Confessò Damian con le manine che giocavano con il ciondolo ad aquila.
“Anche voi mi siete mancati.”
Entrati in casa e chiusa la porta a chiave, Andy lasciò il borsone in camera da letto e si tolse la giacca. Aveva gli occhi azzurri cerchiati di nero ed era pallido, segni di una stanchezza acuta.
“Bentornato.” Gli disse Ianira con un sorriso. Il ragazzo ne approfittò per baciarla.
“Lieto di essere tornato, splendore.”
“Raccontami la favola della buonanotte, dai!”
Damian lo trascinò in cameretta e gli cacciò in mano il libro su Robin Hood, Andy gli si sedette affianco e iniziò a leggergli la favola, alterando la voce per interpretare ogni personaggio in modo diverso. Quando il piccolo si addormentò, poté cenare e regalarsi una bella doccia calda. Intorno alle undici si ritrovarono in camera da letto, lui che si infilava i pantaloni della tuta e Ianira che metteva a posto le matite usate per un disegno.
“Che succede, Ianira? Sei troppo silenziosa.”
“Smettila di leggermi come fossi un libro aperto.”
“Per me sei un libro aperto, splendore. Avanti, dimmi che ti prende.”
Ianira fece un mezzo sorriso e gli toccò il braccio per invitarlo a sedersi sul letto. Andy era preoccupato ora che sul volto della ragazza era dipinta un’espressione indecifrabile.
“Stiamo insieme da quasi un anno e …”
“Mi stai lasciando?” domandò diretto Andy con il sopracciglio inarcato.
“No! Certo che no! Come ti viene in mente?”
“Non lo so, fai tutta la misteriosa e hai cominciato il discorso con la tipica frase di chi sta per lasciare.”
“Quello che sto cercando di dirti è che sono incinta! Una settimana fa ho fatto il test, poi due giorni fa ho fatto le analisi del sangue. Stamattina mi hanno dato la conferma. Stiamo per diventare genitori!”
Andy stava immobile, pallido e con gli occhi sbarrati. Cercò di alzarsi ma si rimise seduto, si portò una mano al petto e l’altra alla fronte.
“Sto per diventare padre?”
“Sì, è quello che ho detto. Ascolta, capisco che stiamo insieme da pochissimo tempo e che questo sia prematura, magari non siamo pron …”
“Io sì! Sono pronto! Dannazione, Ianira, sono così felice!”
Andy l’abbracciò sollevandola da terra e facendola volteggiare, poi le fece mettere i piedi a terra e le depose un bacio sulla fronte. Ianira ripensò alla faccia apatica di Peter quando gli aveva comunicato di aspettare Damian, mentre Andy sorrideva a trentadue denti e sprizzava gioia da tutti i pori.
“Sarai un padre meraviglioso.”
“Solo perché ci sarete tu e Damian al mio fianco. Saremo una gran bella famiglia.”
“Lo spero.”
“Ehi – disse Andy, accarezzandole le spalle – ce la faremo. Io ti amo e insieme affronteremo questo bellissimo viaggio.”
“Ti amo anche io, Andy.”
Andy si chinò per baciarla e Ianira gli legò le braccia intorno alle spalle, proiettati insieme verso un nuovo futuro tutto da vivere.
 
 
Salve a tutti!^_^
La coppietta sta avendo il suo lieto fine per fortuna.
Manca un solo capitolo alla fine.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo ***


EPILOGO

Le ciel bleu sur nous peut s'effondrer
Il cielo sopra di noi può accasciarsi
Et la terre peut bien s'écrouler
E la terra può sgretolarsi
Peu m'importe si tu m'aimes
Poco m’importa se tu m’ami
Je me fous du monde entier
Me ne infischio di tutto il mondo
Tant qu'l'amour inond'ra mes matins
Fintanto che l’amore inonderà i miei mattini
Tant que mon corps frémira sous tes mains
Fintanto che il mio corpo tremerà sotto le tue mani
Peu m'importe les problèmes
Poco m’importa dei problemi
Mon amour, puisque tu m'aimes
Amore mio, poiché tu m’ami.
(Hymne à l’amour, Edith Piaf, 1950)





Sei mesi dopo, Aprile.
Il centro commerciale di Cincinnati era gremito di gente, adulti, adolescenti e bambini affollavano i corridoi e i negozi. Era la settimana delle vacanze pasquali e le persone volevano solo rilassarsi facendo un giro in uno dei poli attrattivi della città. Ianira si tolse la sciarpa e la ripose nella borsa, mentre Andy e Damian stavano ammirando la vetrina di una fumetteria.
“Che parola assurda.” Borbottò Andy, aggrottando le sopracciglia.
“Parli da solo?” gli chiese Ianira con una risatina.
Era al sesto mese di gravidanza, aspettavano una femminuccia ed entrambi ne erano entusiasti, soprattutto Damian che non vedeva l’ora di occuparsi della sua sorellina.
“La parola ‘portfolio’ è così strana, non trovi? Io la detesto!”
“Scherzi, vero? Credevo avessi smesso di bere.”
“Hai smesso di bere? – si intromise Damian, guardando in alto verso il ragazzo – Bere l’acqua è importantissimo, lo dice sempre la maestra all’asilo.”
Andy e Ianira scoppiarono a ridere per l’innocenza del bambino, che aveva del tutto frainteso le loro battute.
“Sì, pulce, hai ragione. Andy beve l’acqua, non ti preoccupare.” Lo rassicurò la madre, al che Damian afferrò la sua mano e continuò a fissare la vetrina. Si erano recati al centro commerciale per acquistare una tutina da far indossare alla neonata dopo il parto, che sarebbe avvenuto all’incirca a luglio. Andy era fantastico, l’aveva sostenuta in tutto e per tutto, nelle faccende di casa, nell’accompagnarla a tutte le visite, nel badare a Damian, nel preparare il pranzo e la cena, nell’andare a comprare tutto ciò che voleva mangiare anche nel cuore della notte, nell’aver asciugato le lacrime provocate dalla sensibilità in gravidanza, nell’averle fatto sempre i complimenti nonostante avesse preso svariati chili. Si era rivelato un uomo straordinario e per la prima volta stava condividendo la gravidanza col padre di sua figlia, come purtroppo non aveva condiviso con Peter. Andy sospirò, assottigliando gli occhi per rileggere quella parolina a lettere cubitali stampata su un plico di fogli in vetrina.
“Fatto sta che ‘portfolio’ resta una parola orribile. Ti immagini se il film avesse avuto il titolo ‘mamma, ho perso il portfolio’?”
“Perché mai un bambino dovrebbe perdere il portfolio? E perché mai qualcuno dovrebbe farci un film? Tu hai dei seri problemi, Biersack.” Gli disse Ianira, ridendo e scuotendo la testa per quelle idiozie.
Andy le fece la linguaccia e subito dopo le stampò un bacio sulla guancia.
“Andiamo, mammina, il negozio per bambini si trova di fronte a quello delle scarpe.”
Avevano cercato il nome mesi prima e, sebbene la madre di Andy avesse esposto il desiderio che la bambina si chiamasse come lei, alla fine la scelta era ricaduta su ‘Tamara’, che era piaciuto a tutti. Ianira a volte si preoccupava di come avrebbe reagito Damian dopo la nascita della bambina, temeva che si sarebbe potuto sentire escluso e non amato, e quei dubbi avrebbero avuto conferma solo in seguito. Il negozio in cui entrarono era enorme, pieno di genitori in procinto di comprare, nonne che davano giudizi e bambini che strillavano. Damian stava già dando un’occhiata in giro, attratto dai giochi, mentre Ianira guardava la varietà di ciucciotti e biberon.
“Guarda quando sono piccoli questi vestiti, ho voglia di comprarli tutti!” esclamò Andy, mostrandole un piccolo cappottino rosso con la pelliccia sul cappuccio. Era talmente tenero che Ianira si sciolse in un sorriso. Sarebbe stato un padre eccezionale.
“Anche a me, ci sono già passata con Damian.”
“Oh, giusto.”
Andy parve oscurarsi in viso, abbassò lo sguardo e depose il cappottino.
“Che succede?” gli domandò lei, stringendogli il polso.
“Ho solo paura che stiamo vivendo l’arrivo della bambina in modo diverso. Per me è tutto nuovo, ma per te è già la seconda volta, perciò ho paura che per te sia qualcosa di normale.”
“Andy, non fare lo sciocco. Solo perché sono alla seconda gravidanza non vuol dire che sono meno entusiasta. E’ solo che conosco le sensazioni che stai provando, ma ti assicuro che io le vivo ancora come se fosse la prima volta.”
“Sì, hai ragione. Scusami, è che sono davvero felice e voglio che lo siano tutti intorno a me.”
Ianira gli prese il viso tra le mani e gli diede un bacio a stampo.
“Sono felice anche io, non preoccuparti. Ora, però, andiamo a comprare una bella tutina per la nostra Tamara.”
Insieme salirono al secondo piano del negozio, davanti a loro Damian camminava fra i passeggini e le culle con nonchalance. Individuate le pareti dedicate al genere femminile, iniziarono a controllare le taglie.
“Questa è troppo bella!” disse Ianira, facendo vedere ai due uomini un vestitino giallo a pois bianchi.
“Mia sorella non è mica un limone.” Le fece notare Damian con un certo disappunto. Andy trattenne una risata e Ianira aggrottò le sopracciglia.
“Scusami, Damian, da quando sei esperto di vestiti per bambini?”
“Da quando sono un bambino.”
“E’ davvero un’osservazione intelligente.” Commentò Andy divertito. Ianira alzò gli occhi al cielo e si mise alla ricerca di un nuovo capo. Mentre si affaccendava per trovare qualcosa di bello, Andy e Damian facevano gli stupidi provandosi capellini e sciarpe, prendendo in giro i manichini, e scattandosi selfie buffi.
“Ragazzi, venite a darmi una mano o andiamo a casa?”
“Io e Damian abbiamo visto un body dall’altra parte, andiamo a prenderlo. Tu, intanto, cerca altro.” Disse Andy, incamminandosi verso lo stand dei capi estivi. Ianira si spostò nella sezione destinata alle lenzuola e sbirciò tra le svariate fantasie.
“Salve, posso esserle d’aiuto?”
Una ragazza della sua età, capelli corti castani e tatuaggi sparsi sulle braccia, le stava sorridendo cordiale. Era una delle commesse di quel piano.
“Sì, mi servirebbero due paia di lenzuola per la culla. I colori che vorrei sono verde chiaro e rosa.”
“Certo. Mi segua.”
Andy, che stava parlottando con Damian, si immobilizzò quando vide la commessa. Anche la ragazza sbarrò gli occhi.
“Jennifer.”
Ianira si diede della cretina per non averla riconosciuta, il nuovo colore di capelli l’aveva del tutto fuorviata, non che l’avesse vista benissimo quella notte di dicembre dell’anno prima.
“Andy, che cosa ci fai qui?”
“Ehm, sono qui perché io e Ianira aspettiamo una figlia e stiamo comprando tutto il necessario.”
Jennifer si girò a guardare il pancione di Ianira e chiuse gli occhi per un secondo, poi fece un sorriso forzato, più che altro simile ad una smorfia.
“Capisco. Beh, congratulazione. Sono davvero felice per voi.”
“Grazie.” Disse Andy, continuando a sorridere in modo esagerato.
“Peter non te lo ha detto?” indagò Ianira, curiosa del perché Peter avesse tenuto per sé quel dettaglio.
“Io e Peter ci siamo lasciati tempo fa. Non eravamo fatti per stare insieme come vuoi due. Siete la coppia perfetta.”
Andy captò tutto il sarcasmo di quella frase, era la gelosia di Jennifer che alimentava le sue parole.
“Già. Noi proseguiamo col nostro giro. Stammi bene, Jennifer.”
Prima che la ragazza potesse dire altro, lui prese la mano di Ianira e la portò il più lontano possibile.
“Sei stato scortese con lei. Le hai sbattuto in faccia tutta la tua felicità.” Disse Ianira, non appena furono lontani da Jennifer.
“E’ quello che si merita. Si è avvicinata a te perché ti ha riconosciuta, me ne sono accorto e sono intervenuto. E’ invidiosa di quello che abbiamo costruito io e te.”
“Come ti è piaciuto gongolarti ai suoi occhi!” lo canzonò lei, tirandogli un debole schiaffo sul braccio, al che Andy rise.
“Sì, è vero. E’ stato divertente.”
“Mamma, Andy, venite qui!”
 Damian recava in mano una gruccia a cui era appeso un body rosso su cui erano stampati quattro panda intorno ad un cuore bianco. Gli occhi di Ianira si illuminarono.
“E’ stupenda!”
“Questi panda siamo io, tu, Andy e la sorellina.”
Andy trovò geniale quella spiegazione. Si inginocchiò e strizzò la morbida guancia del bambino, dopodiché gli diede un bacino sulla fronte.
“Direi che abbiamo trovato quello che cercavamo.”
 
 
Tre mesi dopo, Luglio.
Andy interruppe bruscamente la chiamata, infuriato ed esausto. Erano le undici di sera, Ianira e Damian si erano addormentati, e lui se ne stava sul balcone ad ammirare la Torre che ticchettava. Si erano trasferiti a Londra una settimana prima in vista del parto, poiché la scadenza della gravidanza era intorno al quindici del mese, e Maddie li aveva obbligati a ricoverarsi nel suo ospedale.
“Quella è una sigaretta?”
Stephanie comparve nel momento in cui Andy si metteva la sigaretta in bocca e gli poggiò una mano sulla spalla con fare materno.
“Non dirlo a Ianira, per favore.”
“D’accordo. Ti vedo provato, che succede?”
“Il produttore mi vuole a Boston domattina per iniziare a lavorare al secondo album. Gli ho spiegato che non posso e lui ha dato di matto.”
“Dovresti andare, è il tuo lavoro.” Gli disse la donna, incrociando le braccia al petto.
“No, non posso lasciare Ianira. E’ giusto che io resti con lei. Voglio restare con lei e con Damian.”
Andy non si sarebbe mai comportato come Peter, non avrebbe mai abbandonato Ianira per il lavoro, a costo di ritrovarsi disoccupato. Era la sua famiglia e sarebbe rimasto con loro.
“Sei un bravo ragazzo. Mia figlia e mio nipote sono fortunati ad averti, e lo sarà anche la nuova arrivata.”
“Ti confesso, Stephanie, che ho paura. Me la sto facendo sotto. L’unica cosa che mi trattiene dal nascondermi in un angolo a piangere è Ianira, lei è una donna incredibile e una madre perfetta e so che mi aiuterà ad affrontare la paternità.”
“Nonna! Andy! Dove siete?” gridava la vocina di Damian, così Andy e Stephanie rientrarono.
“Che c’è, Damian?”
“Mamma non sta bene.”
Andy si precipitò in camera da letto e vide Ianira seduta al bordo del letto, una macchia scura bagnava le lenzuola. Si inginocchiò di fronte a lei e le prese le mani.
“Tesoro, che hai?”
“Si sono rotte le acque. Sto per partorire.” la calma con cui Ianira annunciò la notizia turbò il ragazzo, che impallidì e si sforzò di restare concentrato.
“Ah, bene. Stai per partorire. Mia figlia sta per nascere. Sto per diventare padre. Senti dolore? Devo fare qualcosa? dobbiamo chiamare l’autoambulanza? Devo chiamare Maddie?”
L’agitazione con cui Andy stava parlando a raffica fece sorridere Ianira.
“Va tutto bene, Andy. Fai bei respiri profondi. Prendimi la borsa viola nell’armadio, vesti Damian, avvisa zio Fred e Maddie. Io vado a cambiarmi. Andrà tutto bene.”
“S-sì.” Balbettò Andy, poi si alzò e si avviò a sbrigare gli ordini.
“Andy.”
“Mmh?”
“Il salotto è dell’altra parte.”
Andy, nella totale confusione, annuì distrattamente e Ianira ridacchiò.
“Sì, dall’altra parte. Lo so. Lo so.”
 
 
Il letto dell’ospedale era terribilmente scomodo. Ianira si sistemò meglio ma era tutto inutile, sentiva dolore dappertutto. Andy, seduto sulla poltrona della stanza, non le lasciava la mano da quando erano arrivati. Teneva la fronte poggiata contro le loro mani intrecciate e respirava a fondo.
“Buonasera, genitori!” Esordì Maddie, che era appena entrata con una cartella in mano. Con lei c’era la dottoressa Cole, la stessa che l’aveva assistita durante la nascita di Damian.
“Noto che il papà è in ansia.” Disse la dottoressa con un sorriso divertito.
“Beh, per me è il primo figlio.” spiegò Andy, sollevando lo sguardo sulla donna.
“Non si preoccupi, Ianira è una paziente modello e sarà bravissima in sala in parto. Faremo così: Maddie controllerà la dilatazione dell’utero e solo dopo decideremo come agire. Ci vediamo più tardi.”
Quando la Cole uscì, Maddie si infilò i guanti e chiese a Ianira di sdraiarsi.
“Bene, bene, la piccola è già pronta. Ad occhio e croce, il travaglio dovrebbe durare poche ore. Avviso la dottoressa.”
Rimasti da soli, Andy prese posto affianco a lei sul letto. Indossava una maglietta bianca che metteva in mostra i tatuaggi, i capelli neri gli ricadevano sugli occhi arrossati per la stanchezza, e sembrava un bambino spaurito.
“Ehi, stai sereno.” Gli disse Ianira, accarezzandoli il dorso della mano. Andy la guardò bene, i capelli castani perfettamente legati in uno chignon, il viso bianco per il dolore, la fronte sudata e i tratti contorti a causa delle doglie.
“Ti amo, lo sai?”
“Non sto per morire, Andy. Non ti libererai di me.” disse Ianira ridendo. Andy le fece a linguaccia.
“Lo so, scema, è solo che mi sembrava un buon momento per ricordartelo.”
“Me lo ricordo sempre. Ti amo anche io.”
Andy le baciò le labbra lentamente, assaporando ogni secondo di quella vicinanza, mentre le accarezzava il collo.
“Resterai con me in sala parto?”
“Ovvio. Ti terrò anche la mano, splendore.”
 
Sei ore dopo Ianira aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu Andy che dormiva abbracciato a Damian sulla poltrona e Tamara nella culla accanto a loro. Sorrise. Quella era la sua famiglia ed era bellissima. Gemette nel tentativo di muoversi e Andy si sveglio, sbattendo le palpebre un paio di volte per riprendersi.
“Ciao.” Sussurrò lei con un sorriso imbarazzato. Andy si alzò piano, sistemò Damian e le baciò la fronte.
“Ciao, splendore. Come stai?”
“Sono stanca e i punti fanno male, ma sono felice.”
“La nostra bambina è …” Andy era così commosso che non riuscì a completare la frase. Ianira, vedendo i suoi occhi azzurri lucidi, ebbe la prova che era l’uomo adatto a lei.
“Andy, che c’è? Perché piangi?”
“Dopo il divorzio non credevo che avrei mai avuto una seconda possibilità. Invece ora ho il lavoro dei miei sogni, una donna che amo e due bambini stupendi. Sono davvero felice per la prima volta nella mia vita e tutto questo grazie a te.”
“La tua vita non è finita dopo il divorzio, lo sai bene. Avevi solo bisogno che qualcuno ti rammentasse che c’è sempre un modo per andare avanti e migliorare. Ti è capitata la giusta vicina di casa!”
“Decisamente.”
Ianira gli circondò il collo con le mani e lo attirò per baciarlo. Si staccarono qualche minuto dopo in cerca di aria, ma restarono vicini. Se quella era la vera felicità, volevano che durasse per sempre.
 
Sette mesi dopo, Febbraio.
Erano le otto e mezzo di sera quando Ianira rincasò. Il soggiorno era invaso da un forte odore di vino bianco e carne. Dalla cucina provenivano risate e chiacchiericcio.
“Mamma!”
Damian corse da lei e le stritolò una coscia a mo’ di abbraccio.
“Ciao, pulce. Che succede qui?”
Andy teneva in braccio Tamara, che aveva già sette mesi, e mescolava qualcosa in un pentolino. Tamara aveva due grandi occhi azzurri come quelli del papà e i capelli, quei pochi che aveva, erano castani come la mamma. Era la perfetta combinazione. Ianira la prese tra le braccia e le diede un bacino sulla guancia paffuta, dunque ne diede uno anche a Damian.
“Io e la ciurma stiamo preparando la cena.” Disse Andy, indicando i ripiani ricolmi di ingredienti.
“Nono avresti dovuto. Hai lavorato tutto il giorno. Potevamo ordinare una pizza.”
“Nah, niente pizza. Anche tu hai lavorato tutto il giorno e sarai sicuramente stanca, perciò è giusto che io mi dedichi alla cena stasera. Comunque, voglio anche io un bacio!”
Ianira si alzò sulle punte e gli stampò un bacio sulla bocca, che lui approfondì mordendole il labbro inferiore. Tamara iniziò a piagnucolare e si accoccolò contro il petto della mamma.
“Qualcuno reclama la pappa, eh.”
“Tranquilla, vai ad allattarla. Io e Damian apparecchiamo.”
“Sì, facciamo tutto noi!” disse Damian, spingendo la mamma in salotto. Ianira si disfò della giacca e delle scarpe, si sedette sul divano e si sbottonò la camicetta. Tamara smise di piangere quando ottenne la sua cena. Sentiva i due maschietti ridere e sorrise a sua volta, sapere che suo figlio era felice la metteva di buon umore. Trascorsero circa dieci minuti prima che Andy sbucasse dalla cucina con Damian sulle spalle. Il bambino scese e si fiondò davanti alla tv per i cartoni serali.
“La bambolina è proprio affamata.” Disse Andy, baciando la piccola mano della figlia.
“Già, e anche la mamma è affamata.”
“Alla mamma ci pensa il papà.” Asserì lui, scostandole un lembo di camicia prima che finisse sulla faccia della piccola.
“Dipende da quello che hai cucinato.”
“Insalata mista e carne, la tua cena preferita.”
“Io ti adoro!”
Ianira gli strizzò il ginocchio e gli depositò un bacio sulla guancia, mentre Andy sorrideva trionfante.
“Anche io mi adoro.”
Tamara si lasciò scappare un sospiro di sollievo quando fu a pancia piena e Ianira poté ricomporsi. Si riunirono a tavola e cominciarono a mangiare tra risate e resoconti della serata.
Verso le dieci Damian e Tamara si facevano coccolare da Andy sul letto matrimoniale.
“Io ti voglio bene, sorellina.” Disse Damian alla bambina, che se ne stava placidamente distesa accanto al papà.
“Anche lei ti vuole bene.” Gli spiegò Ianira quando lo vide rabbuiarsi perché Tamara non rispondeva, ma era troppo piccola per farlo. Damian si illuminò e abbracciò brevemente la sorella. Andy fece una pernacchia sul pancino di Tamara e lei scoppiò in una risata incontrollata, muovendosi le braccia e le gambe in modo convulso. Ianira si commosse a quella scena tenerissima e sentiva il cuore perdere qualche battito.
“Sentite come ride!”
Andy lo fece ancora e Tamara rise di nuovo, sprizzando gioia ad ogni versetto.
“E’ carina!” disse Damian, che ormai rideva a crepapelle senza un vero motivo. Ianira si unì a loro, facendo sedere il bambino in grembo, mentre tempestava di baci il piedino di Tamara.
“Siete bellissimi tutti e due. Siete i tesori della mamma.”
Andy si prese un istante per imprimere nella mente quel momento felice. Non immaginava che un giorno avrebbe avuto una famiglia e che l’avrebbe amata a dismisura, si era sempre visto solo in compagnia di Jennifer, invece aveva davanti le tre persone che gli avevano regalato una nuova vita.
“Cantaci una canzone.” Lo incitò Damian.
“Va bene. Quale preferisci?”
“Quella di ‘Sam il Pompiere’!”
Ianira ghignò per la faccia da pesce lesso di Andy perché sapeva che odiava cantare la sigla di quel cartone.
“Ti accontento, campione.”
Una decina di minuti dopo Damian e Tamara si erano addormentati entrambi sul petto della mamma. Andy l’aiutò a mettere il bambino nel letto e la piccola nella culla, poi si assicurò che il rilevatore di suoni fosse acceso.
 
 
Dopo una doccia calda, Ianira si avvolse nell’accappatoio e si pettinò i capelli. Era stata una giornata estenuante e aveva solo voglia di riposare. Damian e Tamara si erano addormentati già da un’ora, quindi era libera di rilassarsi un po’. Indossò l’intimo ma, avendo dimenticato di portarsi il pigiama, uscì coperta dall’accappatoio. Andy, appollaiato sulla sedia davanti al computer, picchiettava la penna sul quaderno. Stava lavorando al nuovo album e scrivere a tarda sera lo aiutava molto. Si voltò nel momento in cui la porta del bagno cigolò. Sorrise quando la vide recuperare dall’armadio i vestiti.
“Hai un buon profumo.” Disse, annusando la fragranza al cocco che si diffondeva in camera da letto.
“Ti ringrazio. Come procede il lavoro?”
“Non male. Ho scritto due canzoni fino ad ora e sto cominciando ad abbozzare una terza.”
“Mi fa molto piacere, tesoro.” Disse Ianira con un sorriso ad illuminarle il viso. Era sul punto di tornare in bagno a cambiarsi quando Andy le si parò davanti, sbarrandole il passaggio.
“Perché vai a cambiarti in un’altra stanza?”
“Perché non posso? Non è vietato.”
“Ti vergogni di me?”
Andy era un ottimo osservatore, aveva intuito da tempo che Ianira provava vergogna a farsi vedere senza vestiti a causa dei cambiamenti subiti dal suo corpo. Il parto le aveva allargato i fianchi, le aveva procurato altre smagliature, e soprattutto la faceva sentire a disagio.
“No. Adesso spostati.”
Ianira cercò di scavalcarlo ma lui fu più veloce e allargò le braccia per non farla passare.
“Lo so perché ti comporti così. Hai ancora problemi di autostima.”
“E va bene, hai ragione. Non riesco ad accettare come si sia trasformato il mio corpo dopo la seconda gravidanza.”
“Ianira …”
“No. Non dire che sono bella lo stesso, che mi ami e che devo amarmi anche io. Non mi piaccio e non credo che mi piacerò mai. Ancora non capisco perché uno come te stia con me.”
“Uno come me?!” chiese Andy con il sopracciglio inarcato, una sua caratteristica. Ianira sbuffò e si sedette sul letto con le gambe al petto.
“Uno attraente, sexy, col fisico scolpito dagli angeli e ammirato da tutti. A volte mi domando come tu possa farti vedere in giro con me.”
“Wow, hai detto troppe stronzate in una frase sola! Mi faccio vedere in giro con te perché sei la donna che tutti vorrebbero ma che solo io ho. Non hai idea degli sguardi che ti rivolgono gli uomini e questo mi rende geloso perché so che anche gli altri si accorgono di quanto tu sia strepitosa.”
“Sei un adulatore nato.” Disse Ianira, poi rise. Andy, affianco a lei, le strinse la mano con dolcezza.
“Dico solo la verità. Il tuo corpo ovviamente è cambiato, ma resta ugualmente bello. E poi che ti importa di quello che pensano gli altri? Io, Damian e Tamara ti amiamo per quella che sei, bellissima sia dentro che fuori, ed è solo questo che conta.”
“Anche io vi amo.”
“Ho una richiesta.” Fece Andy, serio e risoluto.
“Sarebbe?”
“Spogliati per me.” le sussurrò all’orecchio, sfiorandole il lobo con le labbra. Ianira deglutì e avvampò, non era avvezza a certe cose. Lo sguardo di Andy fisso su di lei non l’aiutava affatto.
“Ehm, io non credo che sia idoneo.”
“Coraggio, splendore. Spogliati.”
Ianira si convinse, si slacciò l’accappatoio e lo fece ricadere a terra, rimanendo in slip grigi e reggiseno bianco. Gli occhi azzurri del ragazzo luccicarono di lussuria, aveva qualcosa in mente.
“Adesso sdraiati.”
“Che vuoi fare, Andy?”
“Fidati di me. Sdraiati.”
Ianira ubbidì, distendendosi sul materasso col cuore che batteva a mille. Andy trafficò nel cassetto della scrivania e ne estrasse l’astuccio azzurro in cui lei teneva alcuni utensili da disegno. Tirò fuori due confezioni di glitter liquidi e un piccolo pennello, dopodiché rimise a posto l’astuccio. Tornò da lei, salì su letto e si posizionò di fronte a lei.
“Apri le gambe.”
“Questo suona perverso, Biersack.” Gli fece notare Ianira, al che Andy ridacchiò.
“Avanti, ubbidisci e lasciami fare.”
Ianira eseguì di nuovo l’ordine, divaricando le gambe, e non aveva alcuna idea di cosa stesse per succedere. Andy aprì il barattolo di glitter argentato, intinse il pennellino e ne testò il colore sul dorso della mano. Le accarezzò l’interno coscia e poi colorò con il glitter il solco delle smagliature. Ianira sussultò del tutto colta alla sprovvista.
“Che stai facendo?”
“Decoro le parti di te che non ti piacciono per dimostrarti quanto siano belle. Riempirò di colore tutte le smagliature, le cicatrici sulla schiena e il profilo dei fianchi. Se non ti ami tu, ti amo io due volte di più.”
Ianira non seppe che rispondere, era la dichiarazione d’amore più sensazionale che avesse udito. Quando ebbe terminato di colorare le smagliature nell’interno coscia, Andy si dedicò a quelle che segnavano la pancia, spennellando il glitter viola qua e là. Ad ogni striscia di colore seguiva una carezza. La concentrazione dipinta sul volto di Andy fece sorridere Ianira, che ancora non si capacitava dell’amore di quell’uomo.
“Andy.”
“Dimmi.”
Nel frattempo con il glitter stava delineando la forma dei fianchi, tracciando la linea delle ossa.
“Grazie.”
Andy si limitò a sorridere senza fermarsi. Imperterrito continuava a ornare di glitter il corpo di Ianira, colmando di colore ogni imperfezione, come l’oro colato nelle fessure dei vasi per ricomporli.
“Ora voltati, mi voglio occupare delle cicatrici.”
“Non sei obbligato.” Si affrettò a dire lei, che odiava mostrare quelle maledette cicatrici, specialmente a lui, sebbene le conoscesse a memoria.
“Non è un obbligo, è un piacere. Su, voltati.”
Ianira si mise seduta e gli diede la schiena, spostandosi i capelli sulla spalla sinistra. Andy le sganciò il reggiseno per avere ampio accesso alla pelle. Prese un altro barattolo, questa volta di glitter verde, e vi bagnò dentro il pennellino, poi guarnì di colore brillante ciascuna cicatrice. Lei ogni tanto tratteneva il respiro per espirare subito dopo. Ogni goccia di glitter sulla pelle era come un cerotto che andava a riparare i danni della sua schiena. Andy si accertava che il colore si asciugasse bene prima di proseguire. era una cosa che non aveva mai fatto prima, ma dipingere sul corpo di Ianira fu un’esperienza da mozzare il fiato. Entrare in contatto in maniera tanto intima e artistica gli faceva ribollire il sangue nelle vene per l’eccitazione. Quando terminò di ornare l’ultima cicatrice, mise da parte gli strumenti e si sciacquò le mani. Rientrato in camera, la invitò ad alzarsi e a specchiarsi.
“Ecco, guarda, sei splendida. Il tuo corpo adesso è un’opera d’arte.”
Ianira per la prima volta in vita sua si guardò davvero allo specchio e si piacque. I colori si inseguivano in linee fluide lungo la sua pelle come fossero lingue fuoco. Vide il suo corpo in una nuova prospettiva, sotto una luce migliore.
“Grazie, Andy.” Disse, girandosi verso di lui, che sorrideva soddisfatto.
“Non c’è di che.”
Ianira gli premette le mani sulla nuca e lo baciò con passione, godendosi appieno quelle labbra familiari sulle proprie. Andy la riportò sul letto e la fece scivolare sotto di sé, mentre le dita di lei gli stringevano le braccia tatuate dalle spalle fino ai polsi. Ansimavano uno sulla bocca dell’altro, le mani si cercavano con avidità, i corpi che si aggrovigliavano. Ianira avvinghiò le gambe attorno ai fianchi di Andy tra un bacio e l’altro e lui emise un gemito di piacere a quel contatto. Si separano dopo un tempo indefinito e si guardarono negli occhi.
“Tu sei diverso.” Disse Ianira, baciandogli il mento.
“Diverso come?”
“Diverso in senso buono. Abbiamo una relazione equilibrata, siamo entrambi indipendenti, non lasciamo che gli impegni lavorativi intacchino il rapporto, portiamo avanti una famiglia con serietà ma anche con allegria e leggerezza.”
“Inoltre, abbiamo una vita sessuale attiva.” Aggiunse lui con una risata. Ianira gli diede un colpetto sul petto e scosse la testa.
“E sei anche stupido, tienilo a mente.”
Andy non replicò, sorrise soltanto, poi le accarezzò la sagoma delle costole e posò un bacio sul solco tra i seni.
“Sono anche bellissimo, intelligente e divertente.”
“Intelligente non direi proprio, no.” Ribatté Ianira con una smorfia divertita.
“Tu sei una persona orribile, Lewis. Davvero orribile.”
Andy finse il broncio e sporse il labbro per simulare l’offesa, allora Ianira gli baciò la bocca.
“Dai, fammi un sorriso!”
Lui non riuscì a trattenersi e sorrise.
“Senti, che ne dici di andare a dormire? Sono esausto.”
“Va bene.”
Ianira si rivestì in fretta, infilandosi un pigiama grigio di cotone, ed entrò nel letto pochi minuti dopo. Andy, che era davvero stanco quella sera, allungò un braccio sulla vita della ragazza e l’attirò a sé, quasi fosse un peluche.
“Buonanotte, splendore.”
“Notte, Andrew.” Disse lei, passando le dita tra le sue ciocche nere per farlo addormentare.
 
Quattro mesi dopo, Giugno.
Andros è un’isola della Grecia, la cui superficie è perlopiù montagnosa con valli e corsi d’acqua. La villa di Jamie Lewis si affacciava sull’arcipelago delle Cicladi in tutta la sua imponenza. Jamie era il padre di Ianira, gestiva un’impresa edile e viveva con la compagna Clio e il figlio sedicenne Kyros. Aveva invitato sua figlia, il suo fidanzato e i due nipoti per le vacanze estive a trascorrere una settimana in quel paradiso marittimo. Ianira, sebbene all’inizio fosse stata riluttante, aveva in fine accettato l’offerta per concedere a suo padre l’occasione di passare del tempo con Damian e Tamara. Quella mattina, infatti, avevano fatto colazione tutti insieme e verso le undici si erano spostati in piscina. Andy era talmente entusiasta di essere Grecia, scattava foto di ogni tipo, assaggiava qualsiasi pietanza greca, tentava addirittura di imparare la lingua. Adesso sguazzava nel cloro con Tamara ancorata alle sue spalle e Damian con i braccioli. Ianira, invece, se ne stava a bordo piscina con i piedi nell’acqua. Indossava gli slip blu del costume e una canottiera grigia per nascondere le cicatrici, poiché non voleva che la famiglia di suo padre le vedesse.
“Mamma, guardami! Guarda come nuoto!” gridò Damian agitando le braccia in acqua. Ianira sorrise e batté le mani.
“Sei un vero pesciolino. Sei bravissimo, continua così!”  
Andy nuotò verso di lei tenendo Tamara con un braccio. Erano in netto contrasto il braccio tatuato di lui e il costumino rosa con i merletti della piccola.
“Non hai intenzione di entrare in acqua? E’ un periodo delicato per te?” chiese il ragazzo con un certo imbarazzo.
“Non ho il ciclo, Andy, se è questo che intendi. Non posso fare il bagno con la canottiera.”
“Allora toglila. Hai il costume sotto.”
“Lo so, ma non voglio. Capiscimi, per favore.”
Andy annuì, capiva bene che si sentisse a disagio a mostrare la schiena, pertanto non insistette. Tamara protese le piccole braccia in direzione della mamma e Ianira la prese per riempirle di baci la guancia.
“Quanto sono belle le mie donne!” disse Andy con un ampio sorriso, poi strofinò il naso contro quello piccolino di Tamara, che ridacchiò.
“Tuffo a bomba!” esclamò Kyros prima di saltare in piscina e schizzare l’acqua in tutte le direzioni. Ianira e suo fratello non avevano un rapporto solido, si chiamavano sporadicamente e le loro conversazioni erano circoscritte agli auguri. Vivere in due Paesi diversi era un ostacolo e il loro padre non aveva fatto nulla per avvicinarli, perciò si trattavano perlopiù come conoscenti.
“Fa attenzione, razza di imbecille!” lo riprese Clio, un eccentrico costume intero giallo e una paglietta bianca sulla testa. Aveva quarta cinque anni, era una donna bellissima e cucinava bene. Kyros emerse dall’acqua ridendo. Si stese sulla superficie dell’acqua per fare il morto.
“Lascia che i ragazzi si divertano, Clio.” Disse Jamie, il padre di Ianira. Nel frattempo, Damian aveva raggiunto Ianira e le si era attaccato al ginocchio come fosse un salvagente.
“Va tutto bene, pulce?”
“Sì. Kyros mi ha un po’ spaventato con quel tuffo.”
“Non dare retta a quello stupido.”
“Vieni a nuotare con me, Damian, dai. Mi faccio perdonare.” Lo invitò Kyros, strattonandolo per la mano al centro della piscina. Clio chiese il permesso di stare con Tamara e insieme a Jamie si appartarono in acqua per giocare con la bambina. Rimasti soli, Andy si appoggiò con i gomiti sulle cosce di Ianira.
“Che hai, splendore? Ti vedo triste.”
“Pensavo a quando Damian era piccolo e a quando io e mia mamma lo abbiamo cresciuto da sole.” Rispose lei, stringendogli le gambe intorno al busto.
“Beh, siete state eccezionali. Siete due grandi donne, ve la siete sempre cavate con le vostre forze e avete creato una famiglia.”
“Hai ragione. Scusami, dovrei essere felice di stare con voi in Grecia, e invece mi metto a fare pensieri tristi.”
“Non ti preoccupare, è normale chiudersi in se stessi per un po’. Che ne dici se stasera ce ne andiamo in spiaggia solo io e te? una bella passeggiata a mezzanotte.”
La proposta di Andy fu accolta da Ianira con un sorriso.
“Ci sto! E andiamo a mangiare un gelato ovviamente.”
“Perfetto.” Annuì Andy, poi le baciò la parte interna del polso. Ianira intravide Tamara picchiare le mani nell’acqua per nuotare e Damian ridere con Kyros.
“Sai a che pensavo? Vorrei fare un altro tatuaggio.”
“Ah, ti ho contagiato con la mania per i tatuaggi! Cosa vuoi tatuarti questa volta?”
“Non ci ho ancora pensato. Consigli da parte dell’esperto?”
Andy sembrò pensarci su, gli occhi azzurri abbassati in meditazione, i capelli neri bagnati sulla fronte e le gocce d’acqua che gli percorrevano le spalle e le braccia.
“Che ne dici di un matching tattoo? Lo facciamo piccolo così, male che vada ci lasciamo, puoi sempre eliminarlo con il laser.”
Ianira sollevò il sopracciglio, era certa che il ragazzo ci avesse pensato a lungo prima di proporsi.
“Da quanto tempo ti frullava questa idea in testa?”
“Da un po’, a dire il vero. Allora, che ne dici?” chiese ancora Andy, portando le mani sui fianchi della ragazza, giocando con i lacci del costume.
“Dipende dal tatuaggio. Tu quale vorresti?”
“Pensavo che io potrei tatuarmi il sole e tu la luna, sarebbe un abbinamento molto bello e per nulla banale.”
“Mi piace come idea. Sì, facciamolo! Potremmo tatuarci la parte interna del polso, tu hai ancora spazio?”
Ridendo, Ianira gli afferrò il braccio destro e ispezionò la pelle pulita, e proprio intorno al polso l’area era libera. Andy rise con lei, ritrasse il braccio e le baciò le nocche.
“Perfetto. Lo faremo quando torneremo a casa.”
 
La luna piena illuminava d’argento le onde del mare e sembrava che le stelle riflettessero nell’acqua la loro luminosità. Andros di sera era pura magia. Raggruppati in giardino sotto il grande gazebo bianco, Ianira e gli altri stavano cenando. Il tavolo era cosparso di pietanze a base di pesce. Jamie fece tintinnare la forchetta contro il calice di vetro per richiamare l’attenzione di tutti.
“Voglio fare un brindisi alla mia famiglia. Per la prima volta i miei figli sono sotto lo stesso tetto insieme alla mia compagna, ai miei nipoti e a mio genero. Sono fortunato di avervi qui. Alla salute!”
Mentre tutti bevevano, Ianira continuava ad imboccare Tamara con piccoli pezzi di salmone ed assicurarsi che Damian finisse la sua spigola marinata.
“Tu non brindi con noi, figliola?” domandò Clio con il bicchiere teso verso di lei. Andy le lanciò un’occhiata di sbieco ma Ianira non si lasciò scalfire dagli sguardi allibiti dei presenti. Buttò giù un sorso di vino e sorrise in modo sarcastico.
“Alla salute.”
“Non fare così.” Le disse suo padre, l’espressione delusa e gli occhi fissi sul piatto vuoto.
“Ah, no? Dovrei fare come te che sei sparito nel nulla per rifugiarti in questa isola con la tua amante? Scusami, ma non fa per me!”
“Ianira! Non parlare così di Clio. Lo sai bene che tra me e tua madre era finita da tempo. Io non ho mai tradito Stephanie.”
“Okay, quindi dovrei fare come quando mi hai chiuso la porta in faccia quando era incinta? Cosa mi ha detto? Ah, sì. Mi hai consigliato di non farmi più vedere né sentire perché per te ero morta.”
Andy aggrottò le sopracciglia, non aveva idea del reale motivo per cui Ianira avesse chiuso i rapporti con suo padre, ma adesso comprendeva che erano ragioni più che valide. Clio e Kyros erano sbigottiti da quella rivelazione, entrambi guardarono Jamie come se non lo conoscessero. Clio si portò una mano alla bocca e una sul petto.
“E’ vero? Le hai detto davvero quelle orribili parole?”  
Jamie aveva mentito alla sua famiglia, aveva detto loro che Ianira si era rifiutata più volte di parlargli e che alla fine lui aveva rinunciato.
“E’ vero, però me ne vergogno molto. Eri ancora una ragazzina e aspettavi già un figlio, la consideravo come una vergogna.”
“Avevo ventidue anni, non ero una ragazzina, ero già una donna. Ho completato gli studi col pancione e mi sono laureata col massimo dei voti. Ho fatto tutto quello che dovevo, nonostante fossi incinta, perché aspettare un figlio non era un ostacolo per me, anzi era un incentivo. Sei tu che hai voluto allontanarmi senza alcun motivo, perché eri stanco di me e della tua vecchia vita. Volevi cominciare tutto da capo senza il peso dei tuoi errori.”
Senza rendersene conto, Ianira aveva iniziato a piangere. Era arrabbiata e non poteva tenersi tutto dentro ancora per molto. Jamie si schiarì la gola secca, le dita serrate intorno alla base del calice, le labbra arricciate.
“Figliola, io so di aver sbagliato e ti ho chiesto scusa non appena me ne sono accorto. Sono stato uno sciocco ad abbandonarti, proprio come ha fatto Peter, e me ne rammarico tutti i giorni. La vita, però, va avanti e devi imparare a perdonarmi.”
“Io ti ho perdonato, papà. E’ solo che non sono pronta ad avere un rapporto con te. Domattina andremo via, torniamo a Santa Monica.”
“Ianira …” disse Jamie, ma fu interrotto dalla figlia che prendeva i nipoti e si rintanava in casa. Andy, che era davvero infuriato per tutta quelle faccenda, rivolse uno sguardo glaciale al suocero.
“Sua figlia è una persona speciale, rende il mondo un posto migliore con la sua presenza. E’ la donna migliore che io potessi avere al mio fianco e ogni giorno ringrazio l’universo per avermi concesso una tale opportunità. Le dico questo perché per lei è una vera tragedia non avere Ianira nella sua vita.”
Detto ciò, si alzò e rientrò nella villa.
 
A mezzanotte, dopo aver lasciato che Clio si occupasse di Tamara e Damian, Andy e Ianira scesero in spiaggia, che distava a pochi metri dalla villa. Camminavano lungo la riva senza tenersi per mano, semplicemente si muovevano vicini. Ianira indossava un abito azzurro a maniche corte, lo stesso che portava quando gli aveva cucinato una torta per ringraziarlo per l’aiuto con il trasloco.
“Grazie.” Disse Andy, le mani in tasca e gli occhi rivolti al cielo. Ianira lo guardò confusa.
“Grazie per cosa, scusa?”
“Grazie per tutto. Mi hai salvato.”
“Non essere stupido, Andy. Non mi devi ringraziare.”
“Invece devo. Anzi, non ti ringrazio abbastanza. Ero alla deriva quando ci siamo conosciuti, volevo solo bere fino a scordarmi del mondo, fino a non sentire il cuore battere e i polmoni respirare. Ero sull’orlo di una crisi. Poi tu e Damian avete bussato alla mia porta con una torta e io ho perso la testa. Non sono stato fortunato con Jennifer, era una persona nociva per me e la nostra relazione era tossica. Sei stata tu a mostrarmi quanto l’amore, in realtà, sia libero, indipendente, leggero e bello. Mi hai lasciato i miei spazi, mi hai aspettato, mi hai amato e mi hai anche dato una figlia, o meglio due figli. Mi hai dato tutto quello che ho sempre voluto dalla vita e che credevo non avrei mai ricevuto. Sei la mia salvezza e vorrei che tu lo fossi per il resto della mia vita.”
Le ultime quattro parole furono inequivocabili. Ianira spalancò gli occhi con il cuore che batteva all’impazzata.
“Oddio! Andy …”
Fu allora che Andy si inginocchiò ed estrasse dalla tasca una scatola di velluto rosso. Al suo interno si conservava un piccolo diamante incastonato su un anello di oro bianco, era semplice ed elegante. Il ragazzo era talmente agitato che la scatola gli tremava tra le mani.
“Ianira Lewis, vuoi sposarmi?”
“Aspetta un attimo. Parliamone.”
Il sorriso di Andy si smorzò dinanzi a quella negazione, si mise in piedi e richiuse la scatola.
“Di che diavolo dovremmo parlare? Ti ho appena chiesto di diventare mia moglie! Non c’è nulla di cui parlare!”
“Lo so che adesso sei arrab …”
“Tu non sai proprio niente, Ianira!” strillò ancora Andy, ormai preda di una rabbia cieca.
Ianira gli premette le mani sulle spalle nel tentativo di placarlo.
“Andy, guardami. Ti prego. Guardami.”
Quando Andy la guardò, i suoi occhi azzurri erano furenti e la sua mascella era contratta. Il cuore di Ianira andò in mille pezzi.
“Io ti amo, Andy, e voglio che tu lo tenga bene a mente. Ho solo qualche riserva sulla tua proposta perché hai divorziato solo due anni fa e forse è troppo presto per un altro matrimonio. Ho solo paura che le cose diventino troppo pesanti per te.”
“A me non frega un emerito cazzo del mio vecchio matrimonio, del divorzio e tutta quella merda là. A me importa di te, di noi, della nostra vita insieme. Jennifer è stata un errore, come quei matrimoni celebrati a Las Vegas da ubriachi e inconsapevoli. So che a livello legale due matrimoni sono gravosi, ma so anche che non mi interessa niente della legge. Se pensi che sia troppo presto, possiamo anche aspettare qualche altro anno.”
“Sì.” Disse Ianira all’improvviso. Andy inarcò il sopracciglio.
“Eh? Sì a cosa?”
“Sì, voglio sposarti!”
“Ma hai app …”
Andy non ebbe modo di replicare che Ianira lo intrappolò in un bacio ardente, uno di quelli che lascia il segno nell’anima.
“E allora, Andy Biersack, vuoi sposarmi?” gli sussurrò lei sulle labbra. Andy la baciò e sorrise nel bacio, stringendosela contro il più possibile.
“Assolutamente sì.”
 
 
Tre mesi dopo, Settembre.
Ianira stava raschiando il fondo della ciotola di gelato con cucchiaio quando la porta si aprì e Andy apparve sulla soglia. Erano soltanto le undici sera del giorno prima del matrimonio e si supponeva che lui si stesse godendo il suo addio al celibato.
“Che ci fai già qui?”
Non avevano rispettato la tradizione secondo cui gli sposi dormono separati la notte precedente, a loro poco importava di certe convenzioni.
“La serata è finita e sono tornato a casa.”
Per lui era stata organizzata una cena in centro a cui avevano partecipato Fred, Serge, suo padre Chris, suo cugino Joe e i Black Veil Brides, mentre Ianira aveva fatto un giro in spiaggia con Maddie, Amy, sua madre e i bambini. Parenti e amici alloggiavano presso il ristorante di Serge che adesso si era trasformato in un grande hotel. Ianira lo guardava con fare circospetto, qualcosa in lui non quadrava, e lo intuì quando scorse della pellicola sul collo e sul braccio.
“Che cosa hai combinato, Andy?”
“Niente.” Disse lui mentre appendeva la giacca all’ingresso.
“Quelli sotto la pellicola sono nuovi tatuaggi.” Non era una domanda, bensì una costatazione. Andy assunse la tipica espressione che Damian sfoggiava prima di una ramanzina.
“Sì, è vero. Di fronte al ristorante dove abbiamo cenato c’era uno studio e, mentre gli altri bevevano, io mi sono defilato con una scusa. Sono belli, te lo assicuro.”
“Fammi vedere.”
Ianira scostò di poco la pellicola sul collo e sulla gola spuntò una parola: abstemious. Lo scollo a ‘v’ della t-shirt esponeva una porzione del petto coperta da altra pellicola e, scartandola, lesse una frase che recitava: I will fight for you until the day I die. Il terzo e ultimo tatuaggio era quello che copriva le dita della mano destra: A-I-D-T.
“Ti piacciono?”
“Non ne capisco il senso, ad essere sincera.”
“Beh, quello sulla gola celebra la mia disintossicazione dall’alcol. La frase sul petto è dedicata al te, al fatto che ti amerò finché morte non ci separi. E quelli sulle dita sono le nostre iniziali, Andy, Ianira, Damian e Tamara.”
Era talmente euforico per quei tatuaggi che Ianira, sebbene li trovasse ridondanti, sorrise dolcemente.
“Mi piacciono molto. Però sei un folle, tatuarsi una frase per me e le nostre iniziali è eccessivo. Abbiamo già un matching tattoo!” disse lei, agitando il piccolo tatuaggio davanti agli occhi azzurri del ragazzo.
Dopo la breve tappa ad Andros, dal padre di lei, Andy si era tatuato il sole e lei la luna sul polso come aveva stabilito.
“Un paio di tatuaggi in più non fanno male a nessuno, splendore.”
“Andy …”
“No, non dire niente. Io sono felice così. Discorso chiuso. Stavi mangiando il gelato senza di me?”
Andy si gettò sul divano e guardò la ciotola vuota, poi si liberò delle scarpe e si sdraiò in maniera scomposta.
“Siamo tornati un’ora fa e avevo voglia di gelato, così l’ho mangiato dopo aver messo i bambini a letto.”
“Avevi voglia di gelato? Non sarai di nuovo incinta?” scherzò lui facendole l’occhiolino. Ianira rise con lui e si sedette a cavalcioni sul suo bacino.
“Non aspetto nessuno figlio, tranquillo.”
 “Per ora.” Aggiunse Andy, accarezzandole le cosce scoperte.
“Non credo di riuscire a reggere un’altra gravidanza. Soffro troppo.”
“Quindi dovremo fare attenzione. Se tu la smetti di essere così dannatamente attraente e sensuale, io evito di volerti saltare addosso ogni volta che ti vedo.”
“Sei uno stupido, Biersack.” Commentò Ianira scuotendo il capo con una risata. Andy le diede una pacca sul sedere e lei sussultò.
“Ehi, io sono sincero. Non mettere in dubbio le parole del tuo futuro marito!”
Lei gli mise le mani a coppa sulle guance rasate e gli baciò le labbra. Andy sorrise nel bacio mentre l’attirava a sé per sentire i loro corpi attaccati.
 
 
L’indomani Andy fu costretto a lasciare l’appartamento per andarsi a preparare in quello di Fred e Serge. Il matrimonio si sarebbe tenuto in spiaggia di sera, sotto un tendone bianco illuminato da lanterne di carta, e ornato di rose bianche e orchidee. Il testimone dello sposo era suo cugino Joe e Maddie faceva da testimone alla sposa; Stephanie avrebbe celebrato le nozze, come aveva fatto per Fred. Erano le sette di sera quando Ianira, appena uscita dalla doccia, si sedette in salotto per farsi truccare e acconciare i capelli dalla migliore amica. Il matrimonio era davvero molto semplice, era una cerimonia intima, e gli invitati erano più o meno una quindicina. Ianira aveva insistito perché fosse diverso dal primo matrimonio di Andy, che aveva ben accolto la proposta di una festicciola raccolta.
“Vuoi sapere quanto ho pagato queste scarpe? Centoventi dollari! Incredibile. E solo per te!” sbottò Maddie, ammirandosi le costose zeppe che portava ai piedi.
“Il tutto si svolgerà in spiaggia e sarà difficile camminare sulla sabbia con quei trampoli, dovrai levarteli a un certo punto.”
“Pft, no che non me li levo. Resteranno ai miei piedi!”
“Lo so che ti sei messa in tiro per Ashley.” Disse Ianira ad occhi chiusi perché l’ombretto color pesca si stendesse alla perfezione. Maddie aveva rotto da mesi col suo storico fidanzato Jacob, quindi aveva iniziato a frequentare Ashley quando lui si era trasferito a Londra dopo aver lasciato la gestione del pub di Cincinnati a CC e agli altri.
“Mi sono messa in tiro perché la mia migliore amica si sposa … e anche per Ashley ovviamente!”
Dalla camera da letto emerse Stephanie con Tamara in braccio e Damian al seguito. Il bambino, che l’avrebbe accompagnata all’altare insieme a zio Fred, indossava un pantaloncino blu, una camicia azzurra a maniche corte e un papillon rosso. Tamara, invece, era radiosa nel suo abitino giallo tempestato di roselline bianche.
“Siete bellissimi!” esclamò Ianira quando li vide. Il suo cuore sarebbe potuto esplodere di gioia in quel momento.
“Anche tu sei bellissima.” Le disse Damian per poi correre ad abbracciarla.
“E sarà ancora più bella quando sarà vestita da sposa!” intervenne sua madre, mentre reggeva la gruccia a cui era appeso il vestito. Si trattava di una tuta intera bianca, con i pantaloni a zampa di elefante e il corpetto in pizzo con lo scollo a cuore. Avrebbe messo in mostra la schiena martoriata dalle cicatrici quella sera, ma non le importava perché si sarebbe sposata, perciò le insicurezze dovevano essere dimenticate almeno per qualche ora. Maddie iniziò a trattarle i capelli quando l’orologio segnò le otto, mancava un’ora sola. La pettinatura consisteva in uno chignon ben pettinato e in un ciuffo arricciato sul lato sinistro. Ianira si vestì in fretta, si cinse il polso col bracciale che Andy le aveva regalato tempo fa e abbottonò ai lobi un paio di perle bianche. Alle nove meno un quarto raggiunsero la spiaggia e in lontananza gli invitati si erano già accomodati.
 
Andy sentiva lo stomaco sotto sopra. Quindi minuti lo separavano dal suo secondo matrimonio. Questa volta sarebbe stata quella giusta, ne era sciuro. Avevano organizzato una cerimonia essenziale, poca gente, poco cibo, insomma lo stretto necessario purché si sposassero. Ianira lo aveva pregato di fare qualcosa di diverso dal primo matrimonio, che era stato decisamente eccessivo in tutto.
“Sei agitato?” gli chiese la madre, che vestiva un lungo abito viola.
“Tanto. Troppo. Ianira è davvero importante per me e non voglio deluderla.”
“Andrà tutto bene, ragazzone.” Lo confortò il padre con una carezza sul volto. Avevano allestito un arco di legno tutto decorato di rose in mezzo alla spiaggia, nei pressi del negozio di musica di Fred, e diverse panche di legno su cui far accomodare gli ospiti. Tutto intorno al perimetro era segnato da candele basse di forma circolare. Alle loro spalle, gonfio e luminoso, stava il tendone in cui avrebbero cenato.
“E’ arrivata!” annunciò Serge, incitando tutti a prendere posto. Stephanie si piazzò sotto l’arco e schioccò le dita per dare il via.
Jinxx intonò la marcia nuziale con il violino e, quando scorse tre figure avanzare verso di lui, Andy trattenne in respiro. Damian e Fred tenevano a braccetto Ianira, la quale recava un mazzo di rose bianche con una orchidea al centro, e sorrideva agli invitati man mano che camminava. Giunti presso l’arco, Fred e Damian le baciarono le guance e lei si voltò verso lo sposo. Andy indossava un paio di pantaloni eleganti neri e stretti, camicia bianca poco sbottonata e infilata nei pantaloni, e i capelli tirati indietro con i gel, sebbene qualche ciocca gli ricadesse sugli occhi.
“Wow … sei wow!” disse Andy, emozionato come poche volte nella vita. Tamara, appollaiata sulle gambe di Chris, emise un gridolino come se volesse unirsi alla festa.
“Anche tu stai davvero bene, Andrew.”
Stephanie dopo qualche istante attaccò con la sua predica, un lungo monologo sulla vita, l’amore, la parità e la famiglia. Quaranta minuti dopo Damian consegnò loro il cuscinetto con le fedi, ovvero due fascette sottili in oro bianco. Andy e Ianira si scambiarono un’occhiata ricolma di sentimento quando Stephanie si avviò alla conclusione.
“Pertanto ora vi domanderò le vostre intenzioni. Vuoi tu, Andrew Dennis Biersack, prendere come tua sposa la qui presente Ianira Lewis?”
“Sì, lo voglio.”
“E vuoi tu, Ianira Lewis, prendere come tuo sposo il qui presente Andrew Dennis Biersack?”
“Lo voglio.”
“Per il potere conferitomi da una licenza presa da internet, vi dichiaro marito e moglie.”
“Bacio! Bacio!” strillò Maddie battendo le mani.
Ianira afferrò Andy per il colletto della camicia e lo baciò con ardore, il suggello alla loro unione.
 
Ianira sorrideva mentre guardava Andy ballare con Tamara al centro della sala. La piccola teneva la testa sulla spalla del papà e lui di tanto in tanto le baciava la guancia. Damian, dal canto suo, stava imparando da CC a suonare la batteria battendo le posate sul tavolo. Ashley e Maddie si erano appartati per chiacchierare; Amy rimproverava Chris per la quantità di dolci che stava consumando; Serge insegnava a Jinxx come preparare il pesce al cartoccio; Fred e Joe discutevano di musica insieme a Jake.
“La sposina è tutta sola?”
Stephanie si sedette accanto alla figlia e le toccò la spalla con fare amorevole. Indossava un eccentrico tailleur azzurro acceso e due appariscenti orecchini a forma di conchiglia.
“Mi stavo ritagliando un momento per me.”
“Stai bene, cara?”
Ianira fece cadere lo sguardo sulla fede, sottile e argentata, un piccolo cerchio che la vincolava ad un’altra persona, si presupponeva, per tutta la vita.
“Sì, sto bene. Stavo solo riflettendo. Io e Damian siamo stati soli per tanto tempo, ora dobbiamo abituarci ad avere una famiglia.”
Stephanie avvertì una morsa al cuore, sua figlia era tanto forte quanto sensibile, ogni cambiamento era un tumulto per lei.
“Pensi di cavartela?”
“Posso farcela, sì.”
“Disturbo?”
Andy si era appena avvicinato al tavolo degli sposi, le maniche della camicia piegate ai gomiti, i capelli neri un poco spettinati, il ciondolo dell’aquila che riluceva sotto la luce delle lanterne.
“Affatto. Io vi lascio. A dopo.” Disse Stephanie per poi recarsi da suo fratello. Ianira si alzò per depositare i palmi aperti sul petto di Andy.
“Tu e Tamara eravate adorabili.”
“Beh, Tamara è la bambolina di papà e merita tutte le attenzioni.” Si vantò il ragazzo con un sorriso sghembo.
“Che papà diligente.” Lo canzonò Ianira.
“E se questo papà chiedesse alla mamma di ballare? Voglio dire, di solito c’è il classico ballo degli sposi.”
Ianira lo trascinò al centro del tendone, mormorò all’orecchio del dj il brano da inserire e tornò da lui. Andy le avvolse la vita con il braccio destro e le strinse la mano sinistra quando le note di Hymne à l’amour di Edith Piaf risuonarono.
“Direi proprio che questa è la nostra canzone.” Disse lei, accarezzandogli la nuca con le unghie curate.
“Sono d’accordo. Comunque, ho captato qualche frase della conversazione con tua madre. Non pensi di farcela a stare con me? hai dei dubbi?”
“No, Andy, non è come credi. Devo abituarmi all’idea di essere sposata perché l’uomo che credevo sarebbe rimasto con me per sempre mi ha voltato le spalle e non credevo che mi sarei mai innamorata ancora, poi sei arrivato tu e tutto è cambiato. Dammi solo il tempo necessario per rendermi conto che, oltre ai miei figli, esiste qualcuno che mi ama e che rimarrà al mio fianco.”
Anche Andy credeva che Jennifer sarebbe stata sua moglie fino alla morte, che avrebbe vissuto con lei ogni giorno della sua vita, e invece si era ritrovato a mani vuote dopo anni di relazione. “Ti capisco. Per questo so che ce la faremo insieme, io, tu, Damian e Tamara. Siamo una gran bella squadra, siamo uniti e ci vogliamo bene. Certo, ci saranno anche i momenti difficili, ma li superermo.”
“Io ti amo alla follia, Andy.”
Andy fece scontrare le loro bocche in un bacio impetuoso, Edith Piaf in sottofondo, le risate dei loro amici e parenti che aleggiavano intorno, i loro figli che si divertivano.
“Sono fottutamente innamorato di te.”
Per la prima volta in vita loro Andy e Ianira furono consapevoli di non essere più cuori solitari, ma di essere due anime in perfetta sintonia, unite finchè morte non le separi.
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti!
Siamo giunti alla fine. Beh, Andy e Ianira hanno avuto il loro meritato lieto fine.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
GRAZIE DI CUORE per aver seguito questa storia. Grazie per aver letto, recensito e inserito la storia tra i preferiti. E grazie anche a Andrew Dennis Biersack per essere stata la mia fonte di ispirazione.
Ps.1: chi è il vostro personaggio preferito?
 
Ps.2: perdonate eventuali errori di battitura.
 
(Vi lascio il link della canzone tradotta, vi consiglio di ascoltarla perché è pura poesia:  https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwia-LfHv5zdAhVSXRoKHVOKAegQwqsBMAN6BAgFEAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DrMJyX1KTrK0&usg=AOvVaw3WkwtltIwI8djps2SBRyR8)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3792493