Bivio

di AnnabelleTheGhost
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Festa ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


 
CAPITOLO I - INTRODUZIONE









 
Hugo aprì gli occhi. Di scatto.
Il buio lo circondava, aveva completamente divorato la sua stanza. Ma dopo qualche secondo gli occhi iniziarono ad abituarsi, a distinguere le sagome degli oggetti nella stanza, a intravedere pallidi raggi lunari farsi spazio tra le tapparelle. Vedeva il computer sulla sua scrivania, il poster accanto al letto e l’orologio ticchettante... Che ora segnava? Non riusciva a vedere con chiarezza dove fossero posizionate le lancette.
Ma l’orario in realtà non era ciò che gli interessava in quel momento. Era notte fonda, nessun impegno imminente richiedeva la sua presenza. Con gli occhi spalancati e fissi nel vuoto, Hugo si domandava perché si fosse svegliato. C’era qualcosa, sicuramente. Qualcosa che faceva fatica a ricordare... Ma cosa poteva essere?
Ragiona, Hugo, si disse. Deve essere stato un sogno.... E grazie al cazzo. Cos’è che stavo sognando?!
Chiuse gli occhi, tentando di concentrarsi. Alla mente gli tornarono sprazzi sconnessi di ciò che stava accadendo prima nel mondo dei sogni. C’era la cucina di casa sua, lui che veniva schiacciato sulla metro, Skull all’entrata della sua università...
Okay, una cosa per volta. Concentriamoci sull’elemento che non c’entra: Skull.
Sbuffò tra sé e sé perché mai nella vita aveva creduto di dover pensare a quell’energumeno per più del necessario ma, se voleva ottenere le informazioni mancanti, quello era l’unico modo per far cooperare il suo cervello.
Perché quell’idiota di Skull era di fronte alla mia università?
Colpa di Eliantho?
No...

Un flash di immagini lo colse: Skull era lì per parlargli di qualcosa riguardo...
Riguardo chi?
Nakita!
Stranamente nel sogno Skull e Nakita erano fratelli (al che gli venne solo da pensare Cervello, ci sei o ci fai?!) e... Cosa era successo prima? Di cosa voleva parlargli Skull? Perché era lì?
E Hugo improvvisamente ricordò. Riaprì gli occhi e un forte rossore divampò sul suo viso. Non riuscì a trattenere un imbarazzato sorriso colpevole. Si rese conto di essersi svegliato di colpo perché, sì, nel sogno Skull era più terrificante del solito ma... quello che era successo prima... Cazzo, al solo pensiero che il suo cervello stesse per cestinare un’immagine così bella!
Le labbra di Nakita sulle sue, i respiri soffocati di lei che si infrangevano sulla sua bocca. Il retrogusto del suo rossetto, le sue dita affusolate sui capelli...
Hugo rimase interi minuti in silenzio nel buio a contemplare la scena, di nuovo e di nuovo ancora, come uno spettatore che alla fine del film rimane in sala per vedere la programmazione successiva finché il cinema non chiude.
Dopo un sogno del genere non poteva tornare a dormire. O almeno, non subito.

 
...
 

Il telefono si mise a squillare. La donna si rigirò nel letto, confondendo i rumori del mondo reale con quelli del mondo dei sogni. Ma il trillo non cessava e come un trapano le perforava i timpani, intimandole di destarsi.
Con un mugugno, Pamela aprì lentamente le palpebre e allungò una mano verso il cellulare. Lo schermo la accecò per qualche istante e, senza riuscire a vedere chi fosse l’interlocutore, accettò la chiamata.
“Pronto?” biascicò con le poche forze che aveva in corpo.
“PRONTO SIGNORA ZIA DI HUGO, SONO...”
“Etan, tesoro, ti ho detto che puoi chiamarmi se ne hai bisogno ma... Sai che ore sono?” lo interruppe, sempre biascicando.
“SISSIGNORA! MA È URGENTE! HUGO NON RISPONDE AL CELLULARE!”
Pamela fu costretta ad allontanare il telefono dall’orecchio: le urla di Etan stavano per farla diventare sorda.
“Etan, hai bevuto?”
“NO CIOÉ, NON CREDO! RAGAZZI, HO BEVUTO????”
Pamela riuscì a sentire una voce in sottofondo dire ad Etan “Allora, Hugo??”
“AH SÌ, HUGO” riprese Etan. “ME LO PASSA, PER FAVORE? QUESTIONE DI VITA O DI.... MORTE! QUESTIONE DI MORTE!”
“Non può aspettare domattina, Etan?”
“NO!!!”
Pamela sospirò e accese la lampada sul comodino. Gli occhi fecero per un attimo fatica ad abituarsi a quella luce improvvisa. Stanca, si alzò dal letto e indossò la vestaglia adagiata su una sedia lì accanto. Uscì dalla stanza da letto e usando il cellulare per illuminare il corridoio, ciabattò verso la stanza di Hugo. Dal telefono provenivano urla, risate e schiamazzi e più avanzava, più Pamela si convinceva che non fosse un’emergenza. Ma per Hughino non era nulla svegliarsi nel bel mezzo della notte e passargli il suo migliore amico.
Giunse di fronte alla porta e si fermò un attimo, per sentire se ci fossero rumori provenienti dalla stanza. Era difficile sentire qualcosa, visto il frastuono proveniente dal telefono, ma le sembrò di sentire dei sospiri. Pamela aprì piano la porta, sussurrando timidamente un “Hughino, sei sveglio?”
“ZIA!!” urlò Hugo, tutto paonazzo, mentre si portava le coperte al collo con fare agitato. “COSA FAI???”
“Hughino, che ci fai sveglio a quest’ora?” chiese invece lei, ignorando le domande del figlioccio.
“ZIA!! È NOTTE!! CHE CI FAI TU IN CAMERA MIA???”
Zia Pam ebbe un sussulto, come se il suo dovere di mamma chioccia preoccupata le avesse fatto dimenticare il motivo per cui era entrata nel cuore della notte in camera del suo Hughino.
“Ah, sì! C’è Etan al telefono. Dice che è urgente”
Si avvicinò al letto per porgergli il telefono ma Hugo la fermò. “LO CHIAMO IO! VAI A LETTO! Ehm... Volevo dire”, si corresse Hugo, sforzandosi di parlare normalmente appena la zia si era fermata. “Non so cosa voglia dirmi Etan. Magari è una cosa lunga... Non voglio che tu perda sonno per colpa mia. Vai pure a letto”
Pamela guardò per un attimo Hugo e non poté che acconsentire, borbottando “Ah, il mio povero sonno di bellezza...”. Comunicò ad Etan per telefono che l’amico lo avrebbe richiamato, chiuse la chiamata e se ne andò, non prima però di aver augurato la buona notte al suo Hughino sulla soglia della camera.
Hugo, ancora paonazzo, afferrò il proprio telefono e notò 5 chiamate perse di Etan. Cosa cacchio voleva a quell’ora?!
Lo richiamò all’istante e nel momento stesso in cui la chiamata era partita, urlò: “ETAN, CHE CAZZO?!!!!”
“AMICOOOOOO!” rispose allegramente. “NON SAI COSA TI STAI PERDENDOOOO!!”
“ETAN!” Poi, ricordandosi che la zia dormiva nell’altra stanza abbassò il tono di voce. “Etan, perché cacchio mi stai chiamando a quest’ora??”
“È STATO FIGHISSIMO, DOVEVI ESSERCI!!” Etan scoppiò in una risata, poi riprese. “Ci siamo tutti beccati in strada. E QUANTE POSSIBILITÀ C’ERANO, AMICO?? E Jjay ci ha detto che i suoi sono fuori città e ora siamo tutti da lui!”
“Bravi, divertitevi da Jjay” rispose Hugo, seccato. Allontanò il telefono dall’orecchio e fece per premere il rosso.
“Hugo” bisbigliò Etan. “C’È NAKITA!!”
“CHE CAZZO HAI DETTO??” urlò Hugo, riportando il cellulare all’orecchio e dimenticandosi della zia che dormiva.
“C’È NAKITA! VIENI, AMICO!!”
Era notte fonda, casa di Jjay era lontana ma...
Hugo chiuse la chiamata.
Non sarebbe stata la prima follia fatta per vedere Nakita.
 
 
 
Fine del primo capitolo!
È molto corto, lo so, ma è solo una breve introduzione che funge da premessa alla storia che verrà.
Questa è una storia interattiva e voi lettori potete cambiarne il corso! E le vostre scelte potrebbero in conclusione cambiare il destino del protagonista, i pairing della storia...
Eccovi di fronte il vostro primo bivio, dunque.
Una volta arrivato alla festa, Hugo con chi andrà a parlare?
  • Etan?
  • Nakita?
  • O *plot twist* opzione jolly (ovvero, votate a scatola chiusa, se vi piacciono le sorprese. Vi do solo un indizio: questo pg cambia/ha cambiato colore di capelli durante il fumetto)?      

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Capitolo 2
*** Festa ***


CAPITOLO II - LA FESTA
 
L’opzione vincitrice nel sondaggio è stata IL JOLLY!
Siete veramente delle brutte persone. Io la avevo messa tanto per e voi avete scelto quella! MAH!!!
Il Jolly è, (non) mi dispiace deludervi, ELIANTHO
 


 
Camicia azzurra o camicia rosa? O forse meglio buttarsi sul classico: nera o bianca?
E i pantaloni? Strappati, per comunicare “ho messo la prima cosa che avevo sottomano, non mi importa granché della serata” oppure i pantaloni buoni, per dare una buona impressione?
Più Hugo guardava i vestiti nell’armadio più gli batteva forte il cuore poiché nei suoi pensieri c’era solo Nakita. Valeva la pena vestirsi bene e dare una buona impressione oppure era meglio vestirsi casual, senza troppo impegno? Qualcuno in passato gli aveva detto che paradossalmente la migliore arma di seduzione è far finta che quella persona non ti interessa e di non sforzarsi troppo. Poteva essere vero? A lui pareva solo un mucchio di stronzate.
Eppure... Nakita non doveva sforzarsi, non doveva far nulla per fargli battere il cuore. Anche in quegli abiti oversize lui la trovava bellissima. E sapeva che avrebbe continuato a farlo anche coi capelli sfatti, le occhiaie sotto gli occhi o col pigiama della nonna. Be’, forse l’ultima non proprio...
Hugo, datti un contegno!, si urlò, schiaffeggiandosi la faccia. Non è il momento di perdersi in fantasie! Vestiti ed esci subito, cazzo!
Alla fine optò per una combinazione tra casual ed elegante: camicia nera e jeans strappati. Prese le chiavi ed uscì dalla stanza, stando attento a non fare rumore. Proseguì con passo felpato e lasciandosi guidare dalla luce del telefono. Poco prima di uscire però, fece una cosa inusuale: si perse in un momento di vanità. Incrociò il proprio sguardo allo specchio e fece un sorriso di sbieco.
Non sono male, dai! Ma che dico “non sono male”? Si sbottonò i primi bottoni della camicia. Oh sì, così Nakita non potrà resist.... Ma che cazzo sto facendo?! Che mi è preso?!?
Si riabbottonò la camicia, indossò il giubotto ed uscì di casa. Spense la torcia nel telefono e fece per incamminarsi. Solo che... Dove cazzo è casa di Jjay?! 
Prese un respiro profondo prima di fare qualcosa che, se non fosse stato per Nakita, non si sarebbe sognato di fare: chiamare Jjay.
Cercò il nome con cui lo aveva salvato in rubrica, ci cliccò sopra e si portò il telefono all’orecchio. Non sapeva se in quel momento detestava di più Etan per non avergli dato indicazioni, il freddo pungente o Jjay. Nel dubbio, la risposta era Jjay.
“Pronto?”, rispose “Testa di cazzo blu”. “Che c’è, ti sei perso?”
C’era una nota canzonatoria nella sua domanda? Hugo deglutì: non era il momento di insultarlo e doveva darsi un contegno. “Per perdermi dovrei sapere che strada fare, genio. Dov’è casa tua??”
“Mmmm, vediamo... Non so come spiegartelo. Sai, non credo tu abbia mai messo piede nel mio quartiere...”
“Dimmi solo a quale fermata della metro devo scendere” sbuffò Hugo.
“L’ultima”
L’ultima fermata... Quindi, Jjay voleva dire... Hugo alzò gli occhi al cielo, visibilmente scocciato. Gli stava dando del poveraccio e per insultarlo non doveva neanche dirlo esplicitamente. Che nervi!
“Indirizzo esatto?” insistette. Non voleva doverlo chiamare di nuovo una volta arrivato lì.
“Chiederò a Blondemate di mandarti la posizione”
“MA SE È UBRIACO, CAZZO! MANDAMELA TU!!” Hugo non riuscì a trattenere un urlo. A posteriori si rese conto che non era stata un’ottima scelta, considerando che era notte e intorno a lui c’era un silenzio di tomba. Le possibilità di aver svegliato qualcuno erano decisamente alte, per cui iniziò ad incamminarsi verso la metro, prima che qualcuno avesse l’opportunità di uscire di casa e dirgliene quattro.
“Va bene, va bene, non ti agitare. Certo che voi nanetti siete tutti isterici!”
“COSA HAI DET...”
Ma prima che Hugo potesse finire, Jjay disse “A dopo!” e chiuse di botto la chiamata.
Borbottando improperi tra sé e sé, Hugo si diresse verso la metro. Non era del tutto rassicurante trovarsi là a quell’ora ma tanto, si disse, non c’era nessuno in giro. E nel peggiore dei casi, aveva l’app su cui contare. E a proposito, chissà che fine avevano fatto i LED...
Finalmente Hugo arrivò al capolinea. Quell’enorme collina a forma di coniglio era veramente imponente e a confronto si sentiva immensamente piccolo e insignificante. Cercò di scrollare quel pensiero di dosso e riacquisire un po’ di fiducia in sé per quando avrebbe varcato la soglia di casa Libani.
Prese il cellulare dalla tasca e notò un paio di messaggi da parte di Jjay. Il primo era la geolocalizzazione, il secondo diceva semplicemente “ecco” e il terzo era una gif di Edward Elric. Hugo fissò lo schermo con astio mentre osservava in loop l’Alchimista d’Acciaio in versione chibi sclerare e lanciare oggetti. Ma non mi somiglia manco per niente!, pensò incazzato, dirigendosi verso la casa di Ciuffo blu.
Una volta arrivato, Hugo non poté definirsi sorpreso della grandezza di quella abitazione: sapeva dove si trovava ed era più che logico che Jjay non abitasse in uno squallido monolocale. Era una bellissima villa color crema a tre piani con un ampio cortile circondato da una cancellata in acciaio.  Il giardino era lussureggiante e tutto trasudava ricchezza. Non un lusso alla Bill Gates ma per gli standard di Hugo, si poteva dire che Jjay viveva in modo agiato. La casa era in buona parte illuminata e si sentiva musica a volume alto e schiamazzi.
Hugo dovette ripetersi che era lì per Nakita e che non doveva farsi scalfire dall’ostentazione di Jjay.
Suonò al campanello.
Nessuna risposta.
Provò di nuovo.
Nada.
“CAZZO!” sbuffò e lasciò il dito pigiato sul campanello fino ad ottenere una risposta.
“Chi è?”
“Sono Hugo”
“Ciaoooo Hugo” disse una voce che adesso Hugo riuscì a riconoscere: Etan.
“Etan, mi apri?”
“Ah, è un citofono questo? Ho sentito rumore e mi hanno detto di rispondere! Ciao, Hugo!”
“Etan, CAZZO, aprimi! Smettila di perdere tempo!!”
“Ah, sì, sì... Chissà quale bottone devo premere...”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Hugo sentì una voce femminile in sottofondo: “Etan, che stai facendo? Guarda che quello è il garage!”
“Ahahahah OPS! Vediamo se è questo!”
“Etan, quella è la luce del seminterrato” riprese la voce femminile. “Lascia fare a me”
La ragazza aveva evidentemente preso la cornetta, strappandola ad Etan, poiché adesso la sua voce, malauguratamente, era forte e chiara. “Ciao, Hugoooo! Come va? Sei venuto perché c’ero io, vero? Che carino che seeeeeei”
“No. Eliantho, aprimi e basta! E non ti fare film mentali!”
“Uff, che grizzly che sei. Tratti così la tua ragazza?”
“Non sei la mia ragazza! Aprimi e basta!”
“E se non ti aprissi?” chiese lei, ridacchiando.
Hugo sbuffò. Sapeva che doveva giocare d’astuzia. “Se non mi apri, come facciamo a vederci?” chiese col tono più gentile che riuscì a fare.
“Awwww, Hugo! Vedi che in fondo riesci ad essere carino?” Eliantho premette un pulsante e il cancello si aprì. “È aperto?”
Hugo non rispose. Si limitò ad entrare e lasciare che il cancello si chiudesse dietro di lui, mentre la voce di Eliantho, sempre più lontana, ripeteva “Hugo? Hugo? Ci sei?”
Hugo non riusciva neanche più a sentire la voce di Eliantho: il suo cuore stava battendo all’impazzata e riusciva solo a pensare ossessivamente che presto avrebbe visto Nakita e non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi. Da amico? Con nonchalance? E se provasse a flirtare un po’ con lei? L’alcol, in fondo, aiuta.
Perso in questi pensieri, aveva attraversato tutto il giardino e si trovava di fronte alla porta principale, lasciata aperta. Si ritrovò nell’ingresso, la cui sola luce era quella che filtrava dalla porta a vetri attigua e dove, a intuito, si stava svolgendo la festa. L’arredamento era essenziale: un tavolino in legno basso, dove poter appoggiare le chiavi in una ciotola, uno specchio, un portaombrelli, un attaccapanni a pavimento e un altro a muro. Con la coda dell’occhio notò uno scialle giallo appeso al muro e, pensando a Nakita, posò la sua giacca sopra di esso. Stupidamente pensò che, appoggiandolo lì, avrebbe avuto un’occasione assicurata di rivolgere la parola a Nakita una volta andati via: facendo finta di essere imbarazzato, avrebbe tolto la sua giacca da lì, magari galantemente le avrebbe porto lo scialle e... Basta con sti film mentali!, si disse Hugo. Non ci sono posti liberi dove poterlo mettere. Lo sto mettendo lì per questo. Fine.
Perse un momento per guardarsi allo specchio. Era visibilmente agitato, rosso in viso e i palmi delle mani erano sudati. Vado bene così? Forse dovrei darmi una sistemata ai capelli?
Maldestramente Hugo si portò i capelli indietro e aggiustò i polsini della camicia. Camicia aperta o camicia chiusa? Aperta? Chiusa? Aperta? Chiusa? Basta, entra così come sei e smetti di imparanoiarti!
Hugo prese un respiro profondo ed aprì la porta a vetri. Dentro la luce era accecante e i suoi occhi, ormai abituati al buio della notte, faticarono un attimo ad ambientarsi. Quando riuscì a distinguere ciò che gli si trovava intorno, vide che si trovava in un’ampia stanza divisa a metà da una parete divisoria. Mobili in legno probabilmente antichi erano adagiati contro le pareti mentre al centro della stanza c’era un tavolo con cibo e bevande. Non c’era nessuno lì dentro ed il principale rumore veniva dall’altra parte della stanza, dove poteva intravedere uno stereo acceso, delle poltrone e gente che ballava e cantava.
Ancora sembrava che nessuno avesse notato la sua presenza, il che gli diede un attimo per pensare come agire. Andare subito a cercare Nakita o prima salutare gli altri? Andare a prendere qualcosa da mangiare o no? Be’mettere qualcosa nello stomaco era un’ottima scusa per temporeggiare e pensare come procedere.
Si avvicinò al tavolo, quando notò alla sua destra una macchia rossa in movimento. Cavolo, cavolo, cavolo! Era Eliantho! Altro che Nakita! La priorità era placcare Eliantho prima che gli rovinasse qualsiasi chance potesse avere con Nakita! Come poteva provarci con lei sotto lo sguardo indagatore della rossa?
Hugo si voltò di scatto e si mise di fronte alla ragazza prima che potesse fare un altro passo.
“Ehi, Eliantho! Che ci fai qui?” chiese nel tono più casuale che potesse improvvisare sul momento.
“Come ‘che ci faccio qui’?!?! Ti ho anche aperto la porta, Hugo!!! Sei davvero antipatico!”
“Ehm, sì, scusa, Eliantho”
Il cervello di Hugo lavorava freneticamente: come poteva distrarla in modo tale che lo lasciasse in pace? Cazzo, sembrava avesse a che fare con una bambina da allontanare per lasciar divertire i genitori. Pensa, Hugo, pensa: cosa faceva la zia per farmi distrarre quando voleva essere lasciata in pace? Ma sì, mi dava un’altra occupazione, un gioco! Ma non posso dire ad Eliantho di giocare, è piccola ma non è mica una marmocchia. Non posso dirle di giocare a nascondino e farla nascondere per tutta la serata! Ci vuole qualcosa di diverso, qualcosa di...
Eliantho all’improvviso gli afferrò il braccio, al che fece immediatamente per ritrarsi ma la ragazza era stata troppo veloce. “Oh, Hugo, allora non sei così cattivo! Che carino che sei, accetto le tue scuse!”
Il corpo di Eliantho era pressato sul suo. La sentiva farsi più vicina, sentiva il petto di lei contro il suo. Hugo divenne rosso come un pomodoro, un po’ per quel contatto e un po’ perché non aveva mai fatto troppo caso al sen... HUGO, COSA CAZZO PENSI? È MINORENNE! NAKITA! PENSA A NAKITA! AAAAAAH, NO, CIOÉ, NON CI PENSARE ADESSO CHE ELIANTHO È SOPR... AAAAAAAAH
Mentre Hugo sclerava internamente, il volto di Eliantho si faceva più vicino. Poteva sentire il suo respiro sfiorargli la pelle. Era un dolce profumo, di fragola forse. Era una nuova fragranza che aveva acquistato? Era quello che aveva mangiato? O forse non si era mai reso conto del delicato profumo di lei?
Perso un attimo in quei pensieri, le labbra di Eliantho si facevano più vicine. Il suo profumo era inebriante, delizioso...
Hugo si riprese di botto e allontanò Eliantho prima che potesse baciarlo. “ELI, SMETTILA DI CERCARE DI BACIARMI!”
“Davvero vuoi che smetta?” gli sussurrò una voce all’orecchio. La sua coscienza? Hugo si voltò e vide il LED rosso sogghignare.
“NO! NO! CIOÉ, SÌ! DOVE ERAVATE FINITI?? E SMETTETELA DI CONFONDERMI OGNI VOLTA!!”
Eliantho sbuffò con rassegnazione. “Uffa, Hugo, rovini sempre i momenti più belli. E perché ti metti sempre ad urlare da solo?”
“ELIANTHO!”, disse Hugo, voltandosi verso di lei. “NON MI BACIARE PIÙ, OK?”
“Uffa, Hugo, va bene. Io non ti capisco: prima sei distante, poi sei gentile...”
“ELIANTHO, SMETTILA DI VEDERE LA MIA GENTILEZZA COME QUALCOSA DI PIÙ. SIAMO A M I C I, VA BENE?” le disse alzando la voce e scandendo la parola “amici”.
“Ho capito” sospirò Eliantho tristemente. “Vado a prendere altre patatine” sussurrò e mogia mogia attraversò la stanza.
Era stato troppo duro con lei? No, bisognava avere polso fermo in alcune situazioni e questa era una di quelle. Hugo tornò di fronte al tavole delle vivande e prese due bicchieri. Nonostante fosse ancora seccato per quest’ultima conversazione, era ancora determinato ad andare da Nakita e quale modo migliore se non trovarla e offrirle da bere per attaccare bottone? Riempì i bicchieri della prima bevanda alcolica che si trovò sotto mano e andò nell’altra parte della stanza. Si rese conto che era molto più ampia della precedente. Una serie di poltrone era stata disposta a cerchio intorno al caminetto e riconobbe Dani e Greyl seduti sul divano. Al centro c’erano Skull e Jjay che cantavano mentre in un angolo in piedi c’era... Il cuore iniziò a battergli all’impazzata e per un attimo si immobilizzò sul posto poiché le gambe si rifiutavano di cooperare.
In un angolo c’era Nakita in tutta la sua bellezza con un golfino attillato, gonna lunga e senza occhiali in viso. Era così bella che non riusciva  a fare un passo verso di lei, intimorito. Ma fu proprio Nakita che all’improvviso si voltò verso di lui, gli sorrise e gli fece un cenno.
Il cuore gli batteva ancora più forte e, tremante, si avvicinò a lei.
“C-ciao, Nakita. Come va? Ti stai divertendo?”
“Oh, sì” rispose con un sorriso. “I ragazzi sono un po’ ubriachi ed è divertente vederli...” Arrossì un momento, distolse lo sguardo e si corresse: “è bello vederli divertirsi”
Hugo sorrise, imbarazzato. “Ah, sì. Ehm... Da sobri è divertente vedere gli altri ubriachi” Le porse il bicchiere. “Vuoi rimediare?”
Nakita guardò dubbiosa il bicchiere. “Che c’è dentro?”
“Non ne ho idea, ma giuro che non è drogato!” Rossissimo in viso, allungò l’altro bicchiere. “Se vuoi, puoi prendere il mio!”
“Ahah no, tranquillo, Hugo. So che sei un bravo ragazzo. È che non sono solita bere...” Osservò nuovamente il bicchiere e con un sorrisetto lo afferrò. “Ma per una volta potrei fare un’eccezione”
Le mani di Nakita e Hugo si toccarono per un momento e i due si scambiarono uno sguardo. Hugo si perse per un momento negli occhi di lei mentre sentiva il tepore delle sue dita sulla propria pelle bollente. Era un tocco così delicato che gli mandò un brivido lungo la schiena e , mentre lei allontanava la mano, lo lasciò col desiderio di un nuovo contatto con la sua morbida pelle.
Ci fu un momento di silenzio tra loro, che a Hugo sembrò un’eternità in cui poteva bearsi della bellezza della ragazza. Era come se il mondo intorno a lui fosse scomparso, erano solo contorni sfocati mentre lei era a fuoco. Non sentiva più la musica assordante dello stereo, era tutto ovattato in quella contemplazione. Lei, d’altro canto, era rossa in viso ed entrambe le mani erano timidamente congiunte intorno al bicchiere che lui le aveva porto. Se lo portò alla bocca e lasciò che il liquido le varcasse la porta delle labbra, infiammandole la gola.
Nakita allontanò il volto dal bicchiere, contorcendo il viso. “Mi sa che è tequila, Hugo” disse lei, spezzando quella magica fantasia idilliaca che si era creata nella mente di lui.
Riprendendosi a fatica da quella fantasia, Hugo tornò nel mondo reale e, sempre arrossendo, le chiese: “Non ti piace? Scusa, non volevo.... Pensavo che uno valesse l’altro... Io...”
“Tranquillo, Hugo, va bene così” disse Nakita, improvvisando un sorriso, forse per cercare di alleggerire la situazione e non farlo sentire così in imbarazzo. “Provala tu, ora”
Hugo si portò la bevanda alle labbra e ne buttò giù un sorso. Non poté anche lui evitare di fare una smorfia col viso. Era terribile. Perché diamine ne aveva riempito un intero bicchiere?!
Sono fottuto.
Nakita bevve un altro sorso e iniziò a muoversi a tempo di musica.
Che fosse questo il momento adatto? Poteva forse avvicinarsi a lei, chiederle di ballare...?
Bevve anche lui un altro sorso.
Cazzo, che schifo.
Fece un passo avanti verso di lei.
“Nakita...”
La ragazza si voltò verso di lui, ma prima che Hugo potesse porle la domanda, un urlo alla sua sinistra lo interruppe.
“HUGOOOOOOO!!! FINALMENTE SEI ARRIVATO!!”
Era Etan, con in mano un bicchiere che Hugo voleva sperare fosse aranciata. Ondeggiava sul posto con un sorriso a trentadue denti.
“AMICOOOOO, COME VA?”
Per quanto fosse infastidito che Etan lo avesse interrotto in quel momento cruciale, non poté non mostrarsi un minimo preoccupato per lui. “Etan, cos’hai bevuto?”
“Bo, qualcosa... Non lo so, Jjay e Skull mi hanno sfidato a un gioco” Si interruppe per dar sfogo a una fragorosa risata e sempre ridendo disse: “Ho perso, ma... Dovevi...” E non riuscì a terminare la frase per il troppo ridere.
“Etan, siediti in un angolo, fai il bravo e smetti di bere!!”
Improvvisamente l’amico smise di ridere e con le pupille sgranate gli afferrò la mano libera dal bicchiere. La sua mano era bollente e stringeva forte il suo palmo sudato.
“HUGO! HO PERSO PEPPACHU!!”
“ETAN, CHE CAZZO MI IMPORTA DEL TUO PORTACHIAVI!” sbraitò Hugo, che aveva ripreso ad arrossire. Guardò un attimo Nakita, sperando di non star facendo una brutta figura di fronte a lei ma non sembrava infastidita di quella interruzione. Anzi, sorrideva!
Cazzo, pensò Hugo.
“HUGO, TI PREGOOOOO, AIUTAMI A TROVARLO!!”
“Ma fregatene! Era solo uno stupido portachiavi!!”
“NOOOO, ERA BELLISSIMO!!” Etan strinse più forte la mano e avvicinò il volto a quello di Hugo. Sempre con gli occhi strabuzzati, disse a Hugo: “DEVE ESSERMI CADUTO QUANDO ERO DI SOTTO!!!”
“E allora vai là! E lasciami la mano!!”
“Ma, Hugo, ho paura! È tutto buio là sotto!!!”
Hugo sospirò, evidentemente scocciato. Ormai le chance con Nakita erano perdute, no? Era entrata in modalità fujoshi, era chiaro.
Una voce dietro di lui (forse Skull?) lo distrasse un attimo. “Dov’è finita Eliantho? È da un sacco che è scomparsa!”
Cazzo, Eliantho. Ci mancava solo lei. Forse ho esagerato?
Che devo fare?
 
 
 
  1. Rimani con Nakita. La speranza è l’ultima a morire! Chissene frega del momento fujoshi, sembrava contraccambiare!! È per lei che sei venuto!
  2. Aiuta Etan. È pur sempre il tuo amico ed è evidentemente ubriaco. Non vorrai lasciarlo solo mentre si avventura in uno scantinato buio?!
  3. Vai a cercare Eliantho. Che mostro sei a lasciare una ragazzina dal cuore spezzato da sola? E se stesse male, in un angolino a piangere a causa tua?  

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