A Circus life

di Mikarchangel74
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - La cattura ***
Capitolo 2: *** 2- Prigionia ***



Capitolo 1
*** 1 - La cattura ***


~~A circus life
(1 – La cattura)

Il giovane tritone, era ormai abituato alla sua vita solitaria. Per fortuna i sirenidi non erano animali da branco. É vero, mettevano su famiglia e se potevano stavano in compagnia, ma riuscivano benissimo cavarsela da soli e Kael ormai aveva fatto la sua scelta, una scelta obbligata in realtà, ma si era abituato al suo stile di vita anche se ogni tanto sentiva la mancanza di qualcuno al suo fianco.
Se fosse rimasto nel suo regno una volta che il problema riguardo la sua attrazione sessuale per gli esemplari maschili era venuto a galla, avrebbe dovuto essere evirato e la cosa lo aveva spaventato a tal punto che aveva preferito fuggire ed imparare a vivere da solo.
Adesso a distanza di una quindicina d’anni qualcosa riportò alla mente il suo primo incontro con l’uomo dopo la fuga dal regno.
Se ne stava seduto su uno scoglio solitario a riscaldarsi ai primi raggi del sole dopo una notte di mare agitato, dove la temperatura dell'acqua si era abbassata a causa delle correnti che arrivavano dal Pacifico meridionale e lui aveva patito un po’ di freddo, ma per fortuna era tornato il sereno ed il sole avrebbe presto rinnalzato la temperatura.
Stava giocando con alcune chioccioline di mare che avevano scambiato la sua mano per lo scoglio e gli erano salite sul dorso, quando un'oggetto attirò la sua attenzione e uno spiacevole ricordo tornò a galla.
Si trattava di un pezzo di incerato mezzo bianco e mezzo rosso, proprio del colore del tendone di un circo .. Lo stesso circo in cui era stato tenuto prigioniero per quasi un anno dopo la fuga dal suo regno; Quando ancora non aveva idea di cosa lo aspettasse oltre i confini e di come sopravvivere da solo. Come uno stupido era finito pari pari in una rete di pescatori.
Il suo primo incontro con la razza umana. Quanta paura aveva avuto.
Fissò imbambolato il pezzo d'incerata che fluttuava sull'acqua, mentre le immagini di quel brutto ricordo ritornavano alla memoria e un brivido gli corse lungo la schiena, ma stavolta non era causato dal freddo.

***

Era fuggito durante una notte mentre tutti dormivano perché ormai la sentenza era stata emessa: evirazione per disfunzione caratteriale del soggetto. E l’operazione sarebbe stata eseguita il giorno seguente. Ma non poteva.. non voleva perdere la sua dignità né tanto meno il suo onore.
Una volta aveva visto un hijra, come venivano chiamati chi veniva operato e per fortuna erano rari; Questi poveretti, sempre che sopravvivessero all’operazione ed alle infezioni che sopraggiungevano successivamente, venivano emarginati, derisi, guardati nel più sprezzante dei modi, come se non fossero più degni di quel popolo e venivano poi spinti al suicidio, quindi comunque andava era morte certa.
Kael non voleva fare quella fine lì! Forse sarebbe morto comunque, ma lo avrebbe fatto in un modo più dignitoso.
Ma una volta fuori dai confini del regno Kael si rese conto di quanto fosse vasto l’oceano. Non era ancora mai uscito fino a quel momento, ma si fece coraggio e s’inoltrò nell’oscurità più fitta, col cuore che gli martellava nel petto per tutte le emozioni che lo avevano travolto nel momento stesso che si era reso conto di ciò che aveva fatto. Si allontanò il più velocemente possibile nuotando alla velocità della luce, senza pensare ai mille pericoli che potevano esserci intorno a lui, perché adesso non era più nei confini sempre protetti e sicuri e poco prima che sorgesse l’alba finì in una trappola degli uomini: una rete da pesca trainata lentamente da un battello, che si avvicinò silenziosa alle spalle e lo avvolse fatalmente nelle sue maglie.

Il giovane sirenide iniziò a dibattersi in quella trappola che si attorcigliava sempre più al suo corpo, non capiva cosa fosse. Un calamaro gigante? Un polpo? Non ne aveva mai visti fatti così e non sembrava materiale organico.
Preso dal panico continuò ad agitarsi, tentando di strappare e mordere quella cosa che ormai si era incastrata nelle sue spine dorsali e che avviluppava il suo corpo iniziando ad impedirgli di muoversi. E desistette solo quando ormai sfinito e sprecato molte utili energie, si rese conto che non si sarebbe mai riuscito a liberare e che probabilmente la sua sorte era segnata; Non sarebbe morto più per mano dei suoi simili ma lì incastrato in quella ‘cosa’, probabilmente un’oggetto fabbricato dagli umani di cui aveva sentito parlare; Invadevano i mari e prendevano tutto ciò che volevano senza nemmeno chiedere il permesso. Molti oggetti ritrovati venivano esaminati per capire cosa fossero.
Invece gli umani che venivano catturati dalle sirene solitamente finivano subito uccisi e difficilmente ne arrivava qualche pezzo giù nel regno salvo quelli prelibati per il re e le sue guardie reali. Ma si diceva che fosse una carne piuttosto saporita, nutriente e prelibata.
Kael non aveva mai avuto modo di conoscere un essere umano, ma aveva sempre sentito raccontare cose spiacevoli e quando fu' tirato a bordo del battello qualche ora più tardi ne ebbe la conferma.
Uscire dall’acqua e sentire per la prima volta la gravità sul suo corpo fu’ traumatico, tutto era così pensante ed anche il suo corpo. La rete lo stringeva orribilmente e là fuori c’era uno spazio altrettanto vasto come l’oceano.
Pensò che forse veramente si poteva morire di paura, era talmente terrorizzato che il suo respiro era quasi un singhiozzo affannoso.

“Hey guardate cosa c’è nella rete!!” Gridò uno degli uomini del peschereccio “Mi era sembrato che il verricello facesse molta fatica a trainare la rete!!”
“Ma cos’è?!” Chiese un altro avvicinandosi
“Un uomo?... No è mezzo pesce! E’ una fottuta sirena!!”
“Cazzo, ma allora esistono!! Dai tiriamolo fuori!! Forse so già chi potrebbe essere interessato! Con questo ci guadagneremo più di un anno di pesca gente!”

Poco dopo Kael venne liberato dalla pesante rete da cinque creature che avevano più o meno il suo aspetto, salvo che dalla vita in giù il corpo si divideva in due arti che si muovevano autonomamente e riuscivano a stare eretti.
Lo maneggiarono piuttosto rudemente, ma una volta libero il sirenide tentò subito di lottare, liberarsi e tuffarsi di nuovo in mare.
Non ebbe molto successo contro cinque uomini che gli fecero capire immediatamente chi comandava. Lo picchiarono finché Kael smise ti agitare la possente coda con l’intento di colpirli, poi lo immobilizzarono legandogli i polsi e la coda insieme dietro la sua schiena, facendolo inarcare dolorosamente all'indietro ed infine fu gettato nella stiva lercia di quell'imbarcazione e lasciato lì al buio per giorni.
Per Kael ebbe inizio un calvario. Imparò subito cosa volesse dire avere fame, perché gli uomini gli passavano qualche fetta di pane o degli avanzi del loro cibo umano, ma non avendone ancora mai assaggiato, trovò il sapore molto sgradevole e non sempre riusciva a buttar giù.
La sua pelle iniziò a seccarsi perché era una creatura marina, aveva bisogno dell’acqua ed in quella stiva veniva bagnato di rado con delle secchiate d'acqua, che bastavano a malapena a non farlo morire asfissiato Visto che la sua autonomia fuori dall’acqua erano massimo ventiquattr’ore.
Il suo corpo ed il suo spirito s’indebolirono presto le sue belle squame iridescenti che brillavano nell’oceano, iniziarono a prendere un colore verdognolo opaco ed anche se il suo terrore iniziale si affievolì un po’ e subentrò la consapevolezza di essere ormai un prigioniero.
Sentiva la barca muoversi e non sapeva dove lo stavano portando. Probabilmente in un mondo a lui alieno, come già lo sembrava quello in cui era finito. Quelle creature erano insensibili e rozze. Non capiva il loro linguaggio e quindi non aveva idea di che cosa dicessero quando erano intorno a lui.
E un piccolissimo dubbio gli attraversò la mente, era stato un errore fuggire dal regno?

                                                                                                               ***

Poi un giorno finalmente la botola venne aperta e Kael portato di nuovo alla luce del sole, afferrato di peso e appoggiato a terra su una superficie che scottava perché era stata tutto il giorno al sole. Kael si contorse leggermente e gemette, anche se ormai era talmente debole che quasi non riusciva nemmeno a tremare mentre il terrore tornava prepotentemente a fare da padrone in lui.
La luce abbagliante gli ferì gli occhi, rimasti per tutto quel tempo al buio e quando finalmente riuscì a vedere di nuovo, si trovò in un mondo completamente sconosciuto ed assurdo.
Gli umani gli si piazzarono intorno si misero a guardarlo parlando nella loro lingua sconosciuta, ma che avrebbe potuto apprendere grazie alle capacità di cui erano dotati i sirenidi, cioè di poter assimilare ed imparare qualsiasi forma di comunicazione. L’unico problema era che aveva bisogno di entrare in contatto con loro, doveva appoggiare i polpastrelli delle sue dita sulla loro testa per apprendere e lui era legato. .. Non che ci tenesse a toccare quelle creature, ma sapeva di doverlo fare per riuscire a capire cosa ne sarebbe stato di lui.
Il suo cuore batteva più veloce delle ali di un colibrì nel suo petto e gli rimbombava nelle orecchie, ma cosa volevano da lui? L’avrebbero ucciso e mangiato? Forse era una sorta di vendetta perché le sirene alle volte uccidevano e mangiavano loro?
Aveva il corpo intorpidito per la troppa inattività e per la posizione, mugolò di nuovo ma i suoi gemiti non servirono a niente.
Quegli uomini gli misero le mani addosso lo girarono e rigirarono come un calzino, guardando com'era fatto, gli aprirono persino la bocca e lui si sentì completamente vulnerabile ed impotente.
Li osservò discutere tra di loro avrebbe veramente voluto capire cosa stava succedendo. Poi si scambiarono qualcosa e lui fu agguantato nuovamente e portato via lontano da quelli che si erano occupati di lui fino a quel momento.
Fu caricato e chiuso di nuovo in uno spazio buio e ristretto, molto simile alla stiva della barca, ma stavolta il movimento di questo veicolo era diverso, era tremendo. Che tipo di barca era? Sobbalzava e dava scossoni incredibili. Tanto che lui si sentì male e vomitò quel poco di cibo che era riuscito a buttar giù quel giorno.


"Dah che schifo!" bofonchiò Ivan uno di quelli che l’aveva preso in carico aprendo le ante posteriori del furgone, afferrando il tritone e trascinandolo fuori.
"Con delicatezza, maneggiatelo con cura è un esemplare raro e prezioso, ci frutterà un sacco di soldi" disse un uomo basso e corpulento raggiungendoli, aveva due lunghi baffi che scendevano ai lati della bocca e arrivavano quasi alla base del collo. Era accompagnato da una donna alta bionda, con un fisico da urlo ed un bellissimo abito rosso attillato e coperto di strass.
Kael era sfinito al limite della lucidità. Pensò che la fine fosse vicina ormai, faceva fatica a respirare, boccheggiava risucchiando l’aria che per lui ormai era come veleno. Certo, lui poteva sopravvivere sott’acqua e resistere un bel po’ anche fuori, ma aveva bisogno del suo elemento naturale e ormai erano passate troppe ore da quando l’avevano bagnato l’ultima volta. Sollevò debolmente il viso per guardare la coppia ma era uno sforzo immane e gli ricadde penzoloni sul petto.
La donna si avvicinò gli accarezzò una guancia con l’indice e Kael avrebbe voluto sottrarsi, ma era troppo stremato, sentiva che la morte era vicina e lui si stava spegnendo lentamente.
Invece poi inaspettatamente si sentì liberare, gemette per il dolore che corse attraverso gli arti rimasti bloccati per troppo tempo nella stessa posizione anche se avrebbe voluto urlare e poco dopo si ritrovò in acqua. Acqua dell'oceano pura e fresca. Inspirò subito profondamente per varie volte prima di riuscire a riprendere una respirazione regolare.
Si lasciò scendere sul fondo e rimase lì immobile accasciato per un po', troppo debole per fare qualsiasi cosa lasciando che la stanchezza avesse la meglio e crollò addormentato.

Quando riaprì gli occhi era circondato da umani che lo guardavano, ma per Kael c’era qualcosa di sbagliato. Li osservò sbalordito e confuso. Come facevano a stare in acqua come lui? Una volta sola li aveva visti in acqua da lontano, aveva sentito dire che di solito indossavano una strana pelle e se non avevano qualcosa per respirare non resistevano cinque minuti sott’acqua, forse questi erano diversi, forse il suo popolo aveva informazioni errate.
Si guardò intorno cauto, quelle creature lo guardavano immobili e sorridenti. Rifletté, se era in acqua allora poteva scappare, nessuno poteva batterlo in acqua aveva anche vinto più volte gareggiando con altri tritoni durante le prove per diventare guardia reale. Quegli esseri non avevano nemmeno pinne, non lo avrebbero riacchiappato di certo se avesse nuotato veloce e così ci provò, sbatté la coda deciso gettandosi contro quel muro di spettatori, ma non appena si lanciò batté forte il viso su una superficie dura.
Che diavolo era?! Non erano i loro corpi, quelli erano abbastanza morbidi, c’era qualcos’altro tra lui e quegli uomini. Stese le braccia davanti a se’ trovando l’ostacolo in cui aveva battuto. C’era ma non riusciva a vederlo. Com’era possibile? Si spostò lateralmente per sentire dove finisse e fece tutto il giro ritrovandosi al punto di partenza. Era ancora rinchiuso, come aveva anche solo potuto pensare che ci fosse una via di fuga? Era stato uno stupido ingenuo. Gli umani erano intelligenti e furbi, creature da non sottovalutare, come invece aveva fatto lui.
Sentì battere su quella superficie e si voltò a guardare, riconoscendo l’uomo basso grasso e dai lunghi baffi che gli sorrise, lo salutò e gli disse qualcosa di incomprensibile. Ma a Kael adesso non importava più niente. Lui voleva solo tornare libero, alzò il viso sopra di sé, la prigione sembrava aperta, sembrava non ci fosse quel muro trasparente lassù e senza riflettere su ciò che faceva o sulle conseguenze prese la rincorsa e saltò fuori dalla vasca alta quasi tre metri, per atterrare pesantemente e dolorosamente sul suolo duro. Perse tutta l’aria dai polmoni battendo un fianco e gli ci vollero alcuni attimi per riprendersi. Cazzo se era duro il mondo emerso. Vide gli uomini intorno a lui, quello con i baffi stava parlando concisamente con due di loro, si divincolò cercò di colpire i presenti che lo circondavano sferzando l’aria con la coda a destra e sinistra come una frusta, adesso voleva solo andarsene di lì.
Così iniziò a trascinarsi più forte che poté, muovendosi come una foca, nessuno gli aveva mai detto che fuori dall’acqua poteva anche trasformare la parte posteriore del suo corpo e che poteva avere anche lui due gambe per camminare sulla terra ferma.
Gli uomini lo lasciarono andare e forse anche questo avrebbe dovuto mettergli un campanellino d’allarme, ma in quel momento voleva solo allontanarsi da tutto e da tutti.
Così proseguì più veloce che poteva, uscì da quel posto, senza idea della direzione da prendere o dove andare e andò avanti senza fermarsi, nemmeno quando i palmi delle mani iniziarono ad arrossarsi e fargli male come pure la parte della coda che strusciava al suolo nel movimento e che aveva perso molte squame a causa dell’attrito con il terreno.
Ma quando iniziò di nuovo a boccheggiare per mancanza d’acqua, acqua che ancora non si vedeva nemmeno all’orizzonte, appoggiò la fronte sul terreno e pianse sconsolato. Perché gli era capitato tutto questo? Cosa aveva fatto di male lui? Non l’aveva chiesto lui di essere diverso!
Ma era solo stata la sua condanna.
Si rialzò e cercò caparbiamente di proseguire, la sua andatura divenne sempre più debole fino a diventare un trascinamento sofferente. Poi li vide; Quegli uomini, lo stavano seguendo, lo stavano raggiungendo. Tutta quella fatica e quel dolore per niente.
Fu sollevato di peso e riportato indietro, ma stavolta non venne rimesso subito in acqua, ma depositato vicino alla vasca.
Kael si trascinò vicino al vetro toccandolo, cercando di raggiungere la sua preziosa acqua senza riuscirci.
Lo lasciarono a boccheggiare lì fuori. L’uomo coi baffi gesticolò ed indicò l’acqua ma Kael adesso stava di nuovo per perdere i sensi, o forse svenne veramente, perché quando si riprese era di nuovo nella vasca trasparente in acqua.
Una cosa l’aveva imparata. Non c’era via di fuga da quel posto.

I suoi giorni da prigioniero nel famoso circo russo di Nikolai Nikulin ebbero inizio.

(To be continued..)

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Capitolo 2
*** 2- Prigionia ***


~~La prima volta che Kael aveva visto il cielo, era stato da fanciullo insieme a suo padre. Lo aveva portato in superficie e a Kael era sembrato un posto magico. Sembrava ci fosse un oceano anche lassù, sopra le loro teste capovolto e c’erano strane creature che vi nuotavano dentro, ma quando il piccolo tritone aveva provato a saltarci dentro, non c’era riuscito, continuava a fare balzi fuori dall’acqua ricadendoci subito dentro ed era anche stato ammonito da suo padre, perché è vero, erano in un punto isolato dell’oceano senza umani intorno, ma saltando in quel modo avrebbe potuto attirare attenzioni non gradite.
Apprese successivamente che esisteva una forza di gravità sul pianeta e che ciò che aveva visto fuori dall’acqua non era oceano ma spazio e che le creature che sembravano nuotare, non erano pesci ed anziché nuotare, il loro movimento era chiamato volo.
Quanto avrebbe dato adesso per poter ammirare di nuovo il cielo.
Ciò che vedeva sempre era solo una cupola rossa e bianca, sabbia ed esseri umani. Tanti esseri umani puzzolenti. Tutto quel mondo puzzava per lui. La polvere che gli entrava nelle narici ogni volta che doveva tenere la testa fuori dall’acqua gli irritava narici e gola.
Alle volte se tenevano aperto un lembo del tendone, da dove entravano ed uscivano fiumi di persone, poteva vedere un piccolo triangolo di cielo, ma niente di più.
Il tempo in quella minuscola vasca sembrava non passare mai.
E Kael alle volte sembrò rassegnarsi a quel suo triste destino.

Col passare del tempo imparò i ritmi di quel mondo così assurdo; Il circo più o meno seguiva una specie di ciclo: ogni settimana o ogni quindici giorni il grosso tendone veniva smantellato. Ogni cosa veniva smontata pezzo per pezzo e caricata su grosse barche che non andavano sull’acqua, persino gli animali venivano caricati e stipati su questi grossi mezzi.
A Kael veniva svuotata parte della vasca per non farla straripare ad ogni scossone, lasciandogli giusto il minimo per respirare.
Una volta sgomberato tutto, i grossi mezzi si mettevano in marcia e Kael le prime volte non riusciva a resistere dal vomitare, soffrendo terribilmente il mal d’auto. Era veramente una tortura quel movimento peggio del mare in tempesta dove al massimo doveva faticare e lottare affinché non venisse trascinato via dalla corrente.
Alle volte il viaggio era corto, alle volte più lungo di due giorni, poi gli umani rimontavano di nuovo tutto e la folla ricominciava ad accalcarsi al vetro più o meno due, tre volte nell’arco della giornata.

Ognuno in quel posto aveva una sua gerarchia. L'ometto coi baffi era indubbiamente il capo, quello che comandava. Poi c'erano molte altre figure che però non aveva idea di cosa facessero, per adesso le vedeva solamente montare e smontare quella gigantesca e orribile tenda rossa e bianca e spesso sentiva giungere musica (anche quella sembrava più o meno sempre la stessa), da qualche parte oltre un grosso e spesso drappo di tessuto scuro e quando c’era quella musica c’era un gran caos, gli uomini sembravano nervosi ed agitati, si stiravano e correvano su e giù, persino gli animali venivano fatti uscire per un breve lasso di tempo e portati oltre quella grossa tenda. Chissà cosa c’era là dietro, non che poi gli importasse realmente in fondo.
Lui si domandava solamente dove stessero andando e quanto era distante l'oceano, casa sua. Chissà se mai un giorno vi sarebbe potuto tornare.

A quanto pare era diventato un qualcosa di curioso da osservare. O forse lo stavano studiando.. Non doveva fare niente per adesso in quel posto, solo sopportare la miriade di gente che si accalcava attorno alla vasca per guardarlo.
Odiava la confusione, tutte quelle voci odiose, lo schiamazzo e spesso gli esemplari più giovani continuavano a picchiare sul vetro insistentemente, o gli lanciavano oggetti dall’apertura in alto quando non visti.
Una volta era stato anche colpito da un sasso, si era innervosito e per far allontanare tutti quegli abietti bastardi aveva schizzato l’acqua fuori dalla vasca usando la sua coda e facendo fare la doccia a tutti loro. Si era divertito a guardarli correre a destra e sinistra cercando di evitare l’acqua, ma il divertimento era durato poco e gli era costato caro. La sera quando ormai tutta la gente se n’era andata ed il circo era di nuovo avvolto nella calma e nel silenzio, s’era beccato una brutta bastonata.
All’inizio le punizioni consistevano nel fargli saltare solo alcuni pasti, poi però erano diventate più severe e dolorose; Alle volte lo lasciavano fuori dall’acqua a boccheggiare fino a fargli quasi perdere i sensi, altre volte lo picchiavano, ma solo quando il circo doveva spostarsi, così che i segni sulla sua pelle avrebbero fatto a tempo a sparire. Perché ovviamente lui era una delle attrazioni più proficue.
Iniziò ad odiare veramente gli esseri umani.

Anche se non per suo volere pensò che stava infrangendo una delle leggi più importanti del suo popolo: Non avvicinarsi né farsi mai vedere da un essere umano. Ma tanto ormai era stato bandito quindi le leggi dei sirenidi potevano anche andare a farsi fottere! Si disse.
Non sempre veniva punito per aver commesso errori o per aver reagito male.
C’erano tre individui che sembravano trovare il tritone una creatura con cui divertirsi o forse provavano semplicemente diletto nel fargli spregi.
Kael non si spiegava il perché di questa loro avversione verso di lui, ma probabilmente erano esattamente come i suoi simili; Dopotutto i suoi due ‘migliori amici’ sirenidi lo avevano pugnalato alle spalle raggirandolo, ingannandolo e facendo scattare la trappola attorno a lui affinché le guardie reali lo arrestassero. Era stato poi processato su due piedi senza nemmeno avere il tempo di spiegare e difendersi perché era stato colto sul fatto ed infine imprigionato in attesa dell’orribile operazione.
Mactra … era un amico di cui si era fidato cecamente perché lo conosceva fin dall’infanzia e quando ormai adolescente s’era fatto avanti e gli aveva dato un veloce bacio sulle labbra, Kael si era aperto e aveva supposto che Mactra fosse come lui e che provasse qualcosa per lui, invece era stato tutto un imbroglio! Si era solo divertito con i suoi sentimenti, facendolo illudere, facendogli sperare in qualcosa che non esisteva e ferendolo profondamente.
Lasciò andare un sospiro a quei ricordi tristi e dolorosi cercando di scacciarli dalla mente.
Gli umani in fondo non dovevano essere così diversi a quanto pareva.
Purtroppo aveva a che fare con gli addetti agli animali due volte al giorno quando li rifornivano di cibo e pulivano le loro gabbie. Ma erano malvagi, sentiva la loro avversione anche attraverso l’acqua e ne aveva timore. Spesso e volentieri picchiavano gli animali per divertimento o solo perché non si spostavano dove volevano loro. Kael avrebbe voluto intervenire ma come o cosa avrebbe potuto fare nelle sue condizioni? Non era riuscito ancora a mettersi in contatto con nessuno di loro per apprendere il loro linguaggio e non aveva idea che fuori dall’acqua il suo corpo poteva cambiare e prendere sembianze umane in tutto e per tutto.

Un giorno il padrone del circo dovette allontanarsi, anzi, lo faceva spesso quando non c’erano le visite della gente, e gli animali rimasero soli con quegli esseri umani bastardi che decisero di prendere di mira il sirenide.
Mentre Kael si stava controllando la coda fuori dall’acqua su una specie di piattaforma di plexiglass posta a metà parete della vasca, perché un ragazzino per assicurarsi che fosse vero gli aveva tirato via alcune squame, venne afferrato di peso e gettato a terra senza delicatezza, prendendolo di sorpresa alle spalle.
Dopo lo sbigottimento iniziale, Kael cercò di difendersi con l’unica arma che aveva a disposizione, sferzando la coda in aria e cercando di intimorirli puntellandosi con i palmi a terra per bilanciarsi e calibrare meglio i suoi colpi. Ma era in svantaggio, lo circondarono in cinque e non sembravano minimamente spaventati da lui. Due gli bloccarono subito le braccia e uno la coda, Kael si dimenò cercando di liberarsi. Lo ribaltarono sulla schiena mentre un altro tizio senza tante cerimonie gli infilò due dita nella tasca uro-genitale. Kael spalancò gli occhi, sobbalzò e il respiro gli si bloccò in gola per qualche secondo. Che diavolo volevano fare?!
“Dove hai l’uccello? Ce l’hai non è vero? Tiralo fuori! .. Oh! Eccolo qui!!” Disse continuando a rovistare all’interno della sottile apertura che si trovava all’altezza dell’inguine del sirenide (come tutti i mammiferi marini i loro genitali sono retrattili e chiusi in una specie di membrana all’interno del corpo).
Kael si contorse e si dibatté furiosamente era una cosa orribile quella che stavano facendo.
In quel periodo aveva permesso già troppo a quelle creature, ma questo…  Avrebbe voluto urlargli di lasciarlo e che gli stavano facendo male, ma dalla sua gola uscirono solo suoni striduli o gorgoglianti, la sua lingua sconosciuta agli esseri umani.
Quando finalmente poco dopo le dita vennero estratte Kael gemette e singhiozzò pensando che la tortura fosse finita ed invece dietro a quell’uomo se ne avvicinò un altro che reggeva un tubo di gomma, quelli che si usano nei giardini per innaffiare, aprì e diresse il forte getto d’acqua proprio in quel punto, sull’apertura della sacca.
Kael gridò di dolore impaurito perché adesso gli facevano tutto ciò?! Si contorse selvaggiamente ma quegli uomini lo tennero a terra bloccandogli fermamente i polsi con i piedi e le suole crudeli penetrarono nella carne quasi lacerandola e rischiando di spezzargli anche le ossa carpali con il loro peso, mentre l’uomo con il tubo di gomma si sedette in fondo alla coda a cavalcioni continuando a dirigere il getto d’acqua nel suo punto sensibile. Kael ruotava la testa a destra e sinistra strizzando gli occhi e serrando i denti, impolverandosi tutti i capelli nella sabbia, lottando senza possibilità di vittoria.
Ma il movimento dell’acqua ebbe un effetto imprevisto sul sirenide, col passare dei minuti il suo sesso reagì alla stimolazione continua ‘No… Oh no!’ Gemette, non poteva venire, sarebbe stato orribilmente umiliante. Come poteva eccitarsi in una situazione come quella?! Non poteva cedere. No, non voleva, ma il corpo sembrava non essere d’accordo e si comportava autonomamente.
Cercò di concentrarsi e bloccare tutto, il suo corpo iniziò a tremare ed i suoi muscoli inguinali ebbero alcune contrazioni, ma poi successe l’inevitabile non riuscì più a trattenere l’orgasmo e rilasciò il liquido seminale direttamente all’interno della membrana, singhiozzando, tremando per tutto il turbine di sensazioni che lo stavano avvolgendo in quel momento che nemmeno lui riusciva a spiegare a se stesso.
Ovviamente il suo comportamento non sfuggì ai suoi aguzzini.
“Hey! È venuto! Guardate!” Disse uno alla vista dello sperma chiaro, semi-trasparente e lattiginoso che aveva iniziato a colare all’esterno della sua fessura.
Gli altri trovarono il tutto molto esilarante.
“Il pesciolino è arrapato! Ti è piaciuto è?!” Continuarono a prenderlo in giro anche se lui non capiva niente di ciò che gli veniva detto, ma poteva immaginare… Gli sembrò proprio la stessa scena di scherno che era accaduta dopo il bacio dello scandalo. Tutti i suoi compagni lì intorno a ridere di lui o guardarlo con disprezzo.

Quando infine dopo un tempo che a Kael era parso infinito, lo avevano lasciato e se n’erano andati, lui era rimasto per un’altra ora buona lì sul pavimento plastificato polveroso nella stessa posizione, piangendo e tremando, tra l’angoscia, l’umiliazione e la vergogna.
Gli uomini erano molto più crudeli di ciò che veniva raccontato.
Infine si trascinò nella sua vasca lasciandosi cadere sul fondo e si raggomitolò. Rimase così per giorni.. Per Kael fu un’esperienza traumatica e per molto tempo tremò terrorizzato ogni volta che qualcuno si avvicinava alla vasca, smise di mangiare anche quel poco che fino a quel momento era riuscito a buttar giù, perché comunque c’era sempre stata una scintilla di speranza, un qualcosa che lo aveva spronato a lottare per sopravvivere ed andare avanti. Ma dopo quell’esperienza anche provandoci, lo stomaco si chiuse e ciò che inghiottiva veniva poi rigettato.
Il direttore ignaro di ciò che era accaduto e pensando fosse malato lo lasciò stare per un po’, ma poi non potendo esibirlo alla gente in quel modo e rifiutandosi di lasciarlo morire, chiamò un esperto di cetacei per farlo visitare.
Le analisi mediche furono un altro trauma per il tritone; Afferrato, tirato fuori dall’acqua, messo su un tavolo e legato, perché ovviamente lui si dimenava per la paura.
Il suo corpo venne esplorato da mani e strumenti a lui sconosciuti, non un centimetro di pelle fu risparmiato e Kael si agitò a tal punto che il medico decise di fargli un’iniezione con una buona dose di diazepam per metterlo ko e farlo dormire perché era a rischio d’infarto tanto il suo cuore galoppava.
Così Kael sprofondò di nuovo nell’incoscienza e dormì profondamente per quasi mezza giornata.

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