Perfectly Wrong

di Rebelle Fleur 93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** He's Back ***
Capitolo 3: *** Can't Breathe ***
Capitolo 4: *** Next To You, In Malibu ***
Capitolo 5: *** Next To You, In Malibu (Pt. 2) ***
Capitolo 6: *** Paris, With Love ***
Capitolo 7: *** Paris, With Love (Pt. 2) ***
Capitolo 8: *** Fallin' All In You ***
Capitolo 9: *** The Weight ***
Capitolo 10: *** Bring It Back ***
Capitolo 11: *** Lights On ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Prologo                                

Novembre 2005
 

E’ una mattina grigia e fredda come tutte le altre, ma questo non impedisce ad una ragazzina testarda come me di andare fuori in giardino a giocare. Mamma grida di rientrare dietro la finestra della cucina e papà, ormai rassegnato, legge il giornale sul divano del salotto. Sono intenta a far scivolare Stacy, la mia bambola preferita, sullo scivolo che mi ha regalato nonna Debby per il mio settimo compleanno. Quando vedo, nel vialetto di fianco al nostro, una macchina mai vista prima d’ora. Lascio andare Stacy sull’erba e mi arrampico leggermente sulla staccionata bianca del nostro giardino, per sbirciare quelli che sembrano essere i nostri nuovi vicini.
Vedo una signora bellissima. Ha i capelli lunghi sulle spalle, di un castano non molto scuro con dei colpi di sole e due occhi azzurri come il mare. In braccio a lei c’è una bimba paffutella molto dolce e piccola, penso non abbia più di due anni. Affianco a loro, c’è un uomo che porta degli scatoloni in casa. Anche lui è un bel signore. Ha i capelli brizzolati, una leggera barba incolta sul viso e degli strani occhiali da sole.
“Bu!” sento gridare davanti a me. E, improvvisamente, cado all’indietro battendo la schiena sul prato.
Chiudo gli occhi per il dolore, e mi metto seduta massaggiandomi il punto indolenzito con la mano.
“Scusa, ti sei fatta male?” sento sghignazzare.
Alzo la testa e, davanti ai miei occhi, vedo il bambino con il sorriso più bello che io abbia mai visto.
“No…tranquillo” dico imbarazzata per la figura fatta. Lui mi porge la mano e mi aiuta ad alzarmi. I suoi occhi sono dello stesso colore della Nutella. Io ne vado matta.
Ha i capelli castani, lisci sulla fronte, e un paio di orecchie a sventola. E’ molto buffo.
“Ciao, io sono Shawn…il tuo nuovo vicino” sorride.
“Ciao, io sono Julia…piacere di conoscerti” pronuncio timidamente.
“Shawn!” grida la madre.
“Scusa, devo andare. Ci si vede!” mi lancia un veloce sguardo d’intesa e mi saluta, per poi scomparire dietro la porta d’ingresso della sua enorme casa.
Questa, decisamente, non è una solita mattina invernale grigia e fredda come le altre, questa è l’inizio di qualcosa di più bello.

 

Marzo 2010
 

“Che ne dite di giocare ad obbligo o verità?” chiede quell’odiosa di Lauren Arendse, seduta sul divano di casa Camick.
E’ nel gruppo degli amici di Shawn, e non fa altro che provarci con lui.
E’ la più popolare della scuola, la classica bambolona da quattro soldi: bionda e senza cervello.
Ha i capelli lunghi e rovinati, gli occhi scuri quasi neri e delle volgari unghia finte.
I ragazzi cadono tutti ai suoi piedi e, detto sinceramente, mi chiedo come facciano. Sarà per le sue tette enormi, sarà perché indossa sempre roba scollata o per le sue varie parti del corpo rifatte. Io mi chiedo spesso come possa, una madre, permettere alla figlia di dodici anni di rifarsi seno, naso e labbra. E’ scandaloso!
Con la mente torno tra di loro, e spero con tutta me stessa che qualche divinità le faccia esplodere la testa…o che qualcuno si rifiuti di fare questo stupido gioco.
Ho sempre odiato “Obbligo o verità”.
Mai quanto Lauren. Ma diciamo che sono sulla stessa barca.
Dite di no, vi prego.
NO.
NO.
NO!
“Per me va bene” risponde Brian Craigen, il “rosso malpelo” del gruppo.
Alcuni lo chiamano Ginger per via dei suoi capelli color carota. Sta praticamente zitto tutto il tempo, e quando parla dice solo cose stupide. Questo è uno di quei momenti.
“Perfetto. Inizio io allora” continua Matt Camick, il miglior amico di Shawn, facendo l’occhiolino a quest’ultimo.
Lui è uno dei più fighi della Pine Ridge School. Per la sua età è molto ben sviluppato: altissimo, fisico statuario, capelli corvini e degli occhi azzurri che farebbero invidia all’oceano.
Prego affinchè non inizi da me.
“Julia. Obbligo o verità?” ecco, come non detto.
Forse la richiesta di prima è stata troppo azzardata, e adesso un cielo intero ce l’ha con me.
Non so mai cosa scegliere. Se scelgo “obbligo” mi costringono a fare qualcosa che non mi piace, e se dico “verità” mi fanno sicuramente una domanda tremenda.
“Verità” decido, non molto convinta.
Matt fa finta di pensare un pò alla domanda e poi dice secco:
“Ti piace qualcuno presente in questa stanza?” bene. E’ un pò imbarazzante, ma pensavo peggio.
“No, direi di no!” esclamo, ridendo nervosamente davanti agli occhi di tutti puntati su di me.
Fanno tutti finta di crederci, e mentre Lauren guarda la bottiglia per fare la domanda a Brian, il mio sguardo incontra quello di Matt. Sembra…dispiaciuto? Shawn gli da una pacca sulla spalla, quasi a volerlo risollevare, e gli sussurra qualcosa nell’orecchio. Che gli prende a quei due?!
Dopo un paio di giri, tocca di nuovo a me. Ma che fortuna!
“Obbligo o verità?” mi chiede curioso Shawn.
“Obbligo” rispondo ridendo, guardando la sua faccia stupita.
Prima di obbligarmi a fare quello che ha in mente, si scambia un veloce sguardo di intesa con Matt.
“Ti obbligo a dare un bacio sulla guancia a Matt” dice, con un insolito ghigno stampato in faccia. Menomale che prima di venire qui gli avevo detto “niente baci”! Grazie Mendes.
“Ma…ok, d’accordo” mi alzo e corro a dare un bacio sulla guancia a Matt che, inaspettatamente, diventa tutto rosso in viso. Mentre gli altri lo deridono, io torno al mio posto sperando che il gioco finisca presto.
“Ok, ora tocca a Lauren. Obbligo o verità?” cambia discorso Shawn, ridendo compiaciuto. Grazie a Dio. O grazie a Shawn. Sono la stessa persona per me, quindi fa lo stesso.
Con la faccia preoccupata e un pò spaventata da quello che può chiederle, la guardo leccarsi maliziosamente le labbra. Che stronza. Se in questo preciso istante dovesse caderle il soffitto addosso, non mi dispiacerebbe neanche un pò.
“Obbligo” dice decisa. Un moto di gelosia mai provata prima mi pervade, la vorrei uccidere.
“Ti obbligo a dare un bacio a Brian” proferisce sghignazzando. Pensava che Shawn l’avrebbe obbligata a baciarlo. Povera illusa. Ma quanto sto godendo?
“Un altro da aggiungere alla tua lista” penso ad alta voce. Oh cazzo.
Shawn mi da una gomitata trattenendosi dal ridere, e Lauren mi guarda stizzita di fronte agli sguardi divertiti dei ragazzi.
“Guarda e impara, ragazzina” mi sfida, per poi alzarsi e precipitarsi a baciare il povero Brian. Le ficca la lingua talmente tanto in gola che sembra soffocarlo.
“Il gioco si fa interessante” esprime Matt, mentre Lauren mi fa una smorfia e torna a sedersi accanto a Shawn. Stupida oca giuliva.
“Shawn, amico mio, tocca a te. Pronto?” lo guarda.
“Sono nato pronto” scherza, con fare teatrale.
“Obbligo o verità?” domanda Brian.
“Obbligo”. Coraggioso!
“Ti obbligo a baciare Julia…sulla bocca” precisa, calcando le ultime parole. E la Coca Cola che sto bevendo per poco non mi va di traverso. Cosa? Dovrei dare il mio primo bacio al mio migliore amico?! Non se ne parla.
“No, non esiste. Io e Julia siamo amici da una vita, perché mai dovremmo baciarci?” chiede Shawn, alquanto alterato.
“Oh andiamo amico, appunto perché siete amici non dovrebbero esserci problemi” lo sto ufficialmente odiando.
“Se non vogliono, lasciateli stare. Lo bacio io” dice Lauren. Certo, come no. Non ci penso minimamente.
“Avanti Shawn, è solo un bacio innocente tra due amici. Non sarà così male” guardo Lauren. Beccati questo.
“Oh…ok” accetta, senza fare ulteriori storie. Mi alzo e mi posiziono sulle ginocchia di fronte a lui. Le facce dei ragazzi sono le stesse di quelle di un branco di vecchietti seduti al parco che guardano delle ragazze tutte sudate e mezze nude fare jogging in tuta sportiva. Tranne quella di Matt. Ha tutta l’aria di essere infastidito; guarda altrove e si tortura le mani strofinandole nervosamente sui pantaloni.
Cerco per un attimo di capire il perché, ma la voce di Lauren mi distoglie.
“Che c’è novellina, ci hai già ripensato?” sorride vittoriosa.
E in questo preciso istante mi rendo conto che forse ha ragione lei. Forse stiamo facendo un’enorme stronzata, ma non faccio in tempo a pensare altro che le labbra di Shawn toccano le mie. La sua lingua si fa lentamente spazio nella mia bocca, ed è una sensazione…strana. Non era esattamente così che immaginavo il mio primo bacio…questo è decisamente meglio!
Chiudo gli occhi e porto le mani tra i suoi capelli. Gli altri spariscono dalla stanza e il tempo sembra quasi fermarsi.
Sento il cuore esplodermi nel petto, ho le mani sudate, lo stomaco è attorcigliato e un senso di calore si diffonde lungo tutto il mio corpo. Che diavolo mi succede?
 
 Agosto 2014
 

Esco di casa e un’ondata di aria bollente mi travolge. C’è un caldo terribile, ma è un giorno troppo speciale per stare chiusa in casa. Mi affretto a raggiungere la porta di casa dei Mendes e busso con foga, impaziente di entrare. Nell’attesa che qualcuno venga ad aprirmi, mi guardo intorno e non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella questa villetta. E’ la tipica casa americana, interamente fatta di mattoni. Superata la staccionata, c’è un corto vialetto in ghiaia circondato dal verde; alberi, arbusti e fiori di ogni tipo. Sulla porta bianca c’è un pezzo centrale in vetro piombato con delle rose rosse raffigurate. Le finestre sono enormi, anch’esse bianche, e sotto il porticato c’è un bellissimo dondolo. Quello sul quale io e Shawn passiamo spesso le nostre serate.
“Chi è?” domanda una voce femminile.
“Julia!” esclamo ansiosa. La porta si apre e, come immaginavo, c’è Karen ad accogliermi.
“Ciao tesoro! Entra pure” mi sorride, mentre mi accompagna nell’ampio soggiorno. Il parquet è più lucido che mai e i vasi sono pieni di fiori profumati. E’ tutto talmente in ordine, che mi gira quasi la testa.
“Come stai piccola? I tuoi genitori?” mi domanda dolcemente, sistemandosi il lungo vestito di raso blu scuro.
“Tutto bene, grazie. Mamma e papà sono a lavoro” dico, facendo spallucce. I miei sono spesso fuori, non li vedo quasi mai. Mamma è un’ostetrica e papà è uno dei più noti avvocati di Pickering.
“Manuel e Aaliyah?” chiedo, non vedendo in casa il padre e la sorella di Shawn.
“Manuel è andato a comprare qualcosa per la cena, e Aaliyah è uscita con le amiche” sorride.
“Invece Shawn è di sopra, sta ancora strimpellando quell’odiosa chitarra. Mi sta scoppiando la testa!” si porta una mano sulla fronte e ,esasperata, mi indica le scale.
“Vado subito, grazie Karen. A dopo!” la saluto, e inizio a correre per le scale.
Una volta arrivata al piano di sopra, mi tolgo le Converse nere e le appoggio affianco alla ringhiera. Karen mi ucciderebbe se rovinassi la sua adorata moquette bianca.
Arrivata davanti alla porta della camera di Shawn, lo sento cantare. Rimango stregata tutte le volte, e quando lo ascolto vorrei non smettesse mai. La sua voce è una delle più belle che io abbia mai sentito, graffiante e dolce allo stesso tempo.  
 
Together we can just let go,
pretend like there’s no one else here that we know.
Slow dance fall in love as the club track plays,
We don’t care what them people say.

 

Entro lentamente. Il suo profumo preferito, “Cologne” di Kelvin Klein, inebria le mie narici e la luce fioca che entra dalla finestra è abbastanza da illuminare tutta la stanza. Ho sempre pensato che la sua camera sia troppo piccola, troppo verde e piena di cianfrusaglie, ma a lui piace così com’è.
Lo trovo seduto, sul suo letto ad una piazza e mezza, che suona la chitarra. Una Yamaha in legno chiaro. Canta “Life Of The Party”, una delle canzoni scritte da lui che preferisco, mentre si riprende con una videocamera. E’ fissato con uno stupido programma chiamato Vine, dove pubblica tutte le sue cover e ha più di un milione di followers. Non si accorge della mia presenza, così approfitto per vendicarmi di tutti gli scherzi che mi fa giornalmente. Chiudo piano la porta e, con passo felpato, arrivo vicino al letto. Mi posiziono dietro alle sue spalle, e gli metto entrambe le mani sugli occhi facendolo sussultare.
“Oh mio Dio, Julia! Sei impazzita?!” esclama terrorizzato.
“Come diavolo fai a riconoscermi sempre?” sbuffo, sedendomi accanto a lui.
“Sei l’unica ragazza che ha il permesso di entrare in camera mia dopo mia sorella, ricordi?!” sorride, mostrandomi il suo fastidioso apparecchio e le sue adorabili fossette.
“Comunque, che ci fai qui?” chiede, sorpreso.
“Secondo te? Auguri sciocco! Pensavi davvero che mi fossi dimenticata del tuo compleanno?” sorrido, per poi abbracciarlo e stampargli un bel bacio sulla guancia. Proprio sulla cicatrice che ha sulla parte destra. Da piccolo ha provato a rasarsi da solo, e questo lo rende molto stupido ma tremendamente adorabile.
“So che ci eravamo promessi di non farci più regali ma, non potevo non prenderti questi” dico fiera, sfilando dalla mia borsa due biglietti per il concerto di John Mayer.
“Cosa? Stai scherzando? Dove li hai presi?” si alza di scatto dal letto e, ancora incredulo, si rigira i biglietti tra le mani.
“Un amico di mio padre doveva andarci con suo fratello ma…lui si è ammalato, quindi…ti piacciono?” gli chiedo titubante.
“Scherzi?! E’ il regalo più bello della mia vita! Sei la migliore” salta di gioia come una femminuccia e avvolge le sue braccia intorno a me.
“Anch’io ho un regalo da farti” enuncia, lasciandomi perplessa.
“Shawn, non è il mio compleanno. Di che regalo parli?” non capisco.
“Di questo” afferma, mentre prende una cosa dal cassetto della sua scrivania. Quando torna verso di me e mi mostra cosa ha in mano, la mia borsa cade sul pavimento e la bocca mi rimane aperta per lo stupore. E’ il suo primo EP.
“Mi ha contattato la Island Records, Juls. E’ una grande casa discografica, e mi ha permesso di realizzare questo…ci credi?” asserisce, eccitato.
“Oh mio Dio, Shawn ma…ma è fantastico!” grido, saltandogli al collo.
“Non te l’ho detto prima perché volevo farti una sorpresa” mi stringe.
“Ci sei riuscito benissimo. Sono davvero felice per te, te lo meriti” gli accarezzo le spalle leggermente muscolose.
“Grazie, Juls. Ti voglio bene” mi sussurra nell’orecchio. E un brivido mi pervade il corpo come mai prima d’ora.
Cerco di non pensare al fatto che tutto questo lo porterà lontano da me, e mi coccolo con il pensiero che non vorrei essere in nessun altro posto del mondo se non tra le sue braccia, lui è casa.
 
Febbraio 2015
 

In centro, come ogni anno, hanno sistemato delle bancarelle natalizie e una graziosa pista di pattinaggio sul ghiaccio nella piazza principale. Proprio dove io e Shawn siamo soliti incontrarci con il gruppo. In inverno Pickering diventa a dir poco magica, dovreste vederla.
Oggi, con una stupida scusa, il mio migliore amico mi ha rapita e trascinata qui contro il mio volere.
“Shawn, sai benissimo che non so pattinare” mi lamento per la decima volta da quando siamo qui.
“Oh andiamo, non c’è niente di più facile” lo guardo male.
“Mi stai prendendo in giro? E’ normale che per te sia semplice, hai praticato hockey per anni!” rispondo, spintonandolo.
Lui sorride, passandosi una mano tra i capelli. Li adoro, sono così morbidi! Non gliel’ho mai detto, ma amo alla follia quando ha i ricci scompigliati e il ciuffo che gli ricade leggermente sulla fronte.
Lo fa sembrare un ragazzo più grande di quello che è, ed è incredibilmente bello.
“Ti ho portato i pattini” dice improvvisamente, distogliendomi dai miei pensieri.
“Oh, si…i pattini”
“E’ successo qualcosa? Sei strana?” domanda preoccupato.
“No no, tutto ok” sorrido flebilmente.
Finito di mettersi i pattini, si inginocchia davanti a me per sistemarmi meglio questi aggeggi infernali. Non riesco mai ad allacciarli bene.
“Ecco fatto. Sei pronta?” si alza, e devo tirare indietro tutta la testa per guardarlo. E’ alto circa un metro e ottantotto, il che mi fa sentire dannatamente al sicuro e decisamente nana contemporaneamente.
“Secondo te?”
Neanche il tempo di battere ciglio, che mi afferra per un braccio e mi trascina letteralmente in pista.
Non appena metto il piede sulla lastra di ghiaccio, scivolo in avanti finendo addosso a Shawn che, prontamente, evita di farmi cadere.
Lui scoppia in una fragorosa risata ed io lo fulmino con lo sguardo.
“Il ghiaccio è...troppo liscio” commento imbronciata.
“Davvero Juls? Non me ne ero accorto” mi prende in giro.
“Davvero divertente, si. Riderò io quando ti porterò a ballare, piccolo tronco d’albero” sorrido fintamente, deridendo le sue pessime doti da ballerino e scatenando la sua ennesima risata.
Mentre rimango attaccata ai bordi, lui inizia a fare qualche giro per la pista gridando di tanto in tanto per attirare la mia attenzione.
Tra risate e scivolate, mi fermo a guardarlo. Si vede che ha un certo feeling con il ghiaccio, a differenza mia che sembro un cucciolo di ippopotamo alle prese con i primi passi.
Non avevo mai notato lo sviluppo dei suoi muscoli, e non posso fare a meno di pensare che sia diventato dannatamente sexy.
“Che fai, hai intenzione di rimanere lì tutto il tempo a guardarmi?” grida, facendomi vergognare come una ladra.
“Si, sto bene qui” mi metto a braccia conserte.
“Non penso proprio. E’ arrivato il momento, forza” scivola come Flash verso di me, mi prende delicatamente le mani e mi fa staccare dal bordo.
“Shawn Peter Raul Mendes, ho detto di no! Non voglio” piagnucolo.
“Accidenti, Julia. E’ una pattinata sul ghiaccio, non stai andando in guerra!”
“Oh no infatti…andare in guerra sarebbe molto me…” non riesco a finire la frase che scivolo di nuovo addosso a Shawn, stavolta cadendoci sopra.
Scoppiamo a ridere rumorosamente, attirando l’attenzione di tutti. Restiamo a terra per qualche minuto, guardandoci negli occhi.
I nostri visi sono fin troppo vicini, talmente tanto che riesco a sentire il suo respiro caldo sulla mia bocca.
Le mie guance vanno a fuoco. Chiamate i pompieri!
“Sei arrossita”  sussurra, mentre mi sfiora le guance con la punta delle dita. Che sta facendo?
“Sarà…sarà sicuramente il freddo” balbetto, sentendomi a disagio.
Inizia a nevicare, e Shawn non perde occasione per sistemarmi delicatamente il mio ciuffo ribelle dietro le orecchie.
“Alziamoci, o congeleremo” dice sorridendo, per poi farmi alzare.
“Forse è meglio andare, si è fatto tardi” affermo, guardando l’orologio. In realtà non è tardi, ma dopo questa caduta voglio soltanto correre a casa e nascondermi da tutti.
Ultimamente i miei sentimenti per lui sono cambiati. Gli voglio bene, ma in maniera davvero esagerata. Penso a lui continuamente e ogni volta che lo vedo mi batte forte il cuore.
Shawn annuisce leggermente dispiaciuto, mentre ci avviamo verso l'uscita della pista e prendiamo le nostre scarpe.
Una volta tolti i pattini, li posa sul bancone della casetta dove sono gli addetti e paga.
Salutiamo e ci incamminiamo silenziosamente verso casa.
Il tragitto è piuttosto taciturno. L’umore di Shawn è cambiato improvvisamente: da dispiaciuto è passato ad arrabbiato. E non riesco a capire perché.
Una volta arrivati, mi stringo di più nella giacca per il freddo e decido di rompere il silenzio.
“Hey, va tutto bene?” chiedo, quando ci fermiamo davanti al suo vialetto.
“Si” risponde secco, senza guardarmi. Brutto segno!
“Shawn, ti conosco troppo bene, so che menti. Cosa ti prende?”
“Ecco…c’è una cosa che non ti ho detto” cerca le parole, ma senza risultato.
“Che c’è che non va?” domando ancora, ignara di quello che sta per dirmi.
“C’è che…devo partire” quasi bisbiglia, incollando gli occhi ai miei. I suoi sono rossi e pieni di lacrime.
“Cosa?” sono attonita, è come se qualcuno mi avesse lanciato un secchio pieno di acqua gelata addosso. Ancora più impressionanti sono i suoi occhi spaesati e commossi. Non l’ho mai visto così.
“Si, Juls, parto per il mio primo tour mondiale” sussurra, con la testa bassa.
“Ma…siamo cresciuti insieme, io…non puoi lasciarmi così!” grido, senza essermi accorta di star piangendo.
“Juls” altre lacrime scendono amare dai suoi occhi, rigandogli le guance.
“Perché non me lo hai detto prima, eh? Pensavi di sparire senza farmelo sapere?” sputo con rabbia.
“No, niente di tutto questo…è che…avevo paura della tua reazione! Di questo…” stringe la mascella e abbassa lo sguardo stringendo i pugni.
“E’ il mio sogno Juls, da sempre…e non voglio che questo cambi le cose” si passa le mani tra i capelli e comincia a camminare avanti e indietro. Non l’ho mai visto così agitato. E’ sempre stato un tipo fin troppo calmo.
“Pensi davvero che non cambi nulla, Shawn? Davvero?” dico, con il labbro che mi trema.
“Juls, tu non capisci” scuote la testa avvicinandosi a me.
“Non voglio impedirti di realizzare il tuo sogno” continuo, con voce flebile.
“Avrei voluto soltanto che me lo avessi detto prima, tutto qui. Sono la tua migliore amica e non avrei dovuto essere l’ultima a sapere che te ne andrai a chissà quanti cazzo di chilometri lontano da qui” concludo.
“Io stavo solo trovando il momento giusto per dirtelo” dice con la voce rotta, mentre si stropiccia l’occhio sinistro. Il suo occhio pigro. E’ adorabile.
“Quanto manca alla partenza?” si guarda le mani, ma non risponde.
“Shawn” lo supplico.
“Una settimana” sussurra, continuando a non guardarmi.
Non posso credere che mi abbia tenuta nascosta una cosa del genere. E’ come se il mondo intero mi stesse crollando addosso.
Prendo velocemente la borsa che ho poggiato a terra e faccio per andarmene, ma Shawn mi blocca da un braccio e mi tira verso di lui. In una frazione di secondo mi ritrovo con il volto immerso nel suo petto, che sento muoversi velocemente a causa dei singhiozzi.
“Volevo trovare il momento giusto, Juls…non volevo farti soffrire” dice tra i miei capelli.
Al suono di queste parole, il mio cuore perde un battito. Rimango completamente immobile, stretta tra le sue braccia, mentre lui appoggia il mento sulla mia testa.
Ho sempre pensato che fosse una delle persone più forti del mondo. Mi ha sempre difesa e protetta. Ma ora, ai miei occhi, appare come un cucciolo indifeso.
“Scusa” soffia sui miei capelli.
La mia rabbia sta svanendo. Non so perché, ma con lui non riesco a stare con il broncio per più di dieci minuti.
“Sai, mi mancherà tutto questo” sospiro.
“Perché suona come un addio?”
“Sembra un addio?” mi metto a ridere, ripensando al tono con cui l’ho detto, mentre lui piagnucola un “Si” a bassa voce.
Lo stringo il più forte possibile a me.
“Shawn” lo chiamo.
“Mh?” sento vibrare il suo petto sotto la mia guancia.
“Mi prometti” respiro profondamente il suo odore “mi prometti che non cambierà niente tra di noi? Promettimi che quando tornerai, saremo gli stessi di sempre” lo supplico.
Sento il suo respiro fermarsi per un secondo, mentre mi stringe ancora di più.
“Te lo prometto” giura.
“Tu sarai qui ad aspettarmi?”  sussurra, provocandomi un brivido lungo la schiena. 
Annuisco prontamente contro il suo torace.
Io ti aspetterò sempre, dovesse volerci una vita intera.



 
SONO TORNATA! 🎉
Come state? Io bene. Sono completamente fuori di testa per Shawn Mendes, e mi è venuta in mente questa storia pensando a come sarebbe se fossimo amici e lui si innamorasse di me (magari) 😍
Penso troppo a quanto lui corrisponda all'uomo dei miei sogni, quindi ho pensato di trasferire i miei pensieri e le mie sensazioni in questa FanFiction 😊
Spero vi piaccia e, se non le avete già lette, vi consiglio di raggiungere anche le altre mie due storie sui One Direction 
😊
Grazie! 💗
xoxo
G

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Capitolo 2
*** He's Back ***


Capitolo 1
HE’S BACK
(Settembre 2016) 
 
“E adesso, il ragazzo che con il suo viso angelico e la sua voce da ragazzaccio ha fatto impazzire milioni di teenagers. Shawn Mendes con…Stitches!”
Le note della sua canzone iniziano a risuonare per la mia stanza, e questo mi distoglie dal guardare il sosia del suo pupazzo porta fortuna che gli ho regalato. Ne ho presi due, uno per me e uno per lui prima che partisse. Sono leoni, simbolo di forza. E del suo segno zodiacale.
Sono passati sette mesi da quando è andato via. Le prime settimane senza di lui sono state infernali, le ho passate praticamente a piangere. Ora sto decisamente meglio. Io e Shawn ci sentiamo tutti i giorni; mi chiama sempre prima di un concerto e mi videochiama quando ne finisce uno. Sono al corrente di tutto quello che è accaduto in questi mesi; dagli album in programma alle fans più scatenate, dall’amicizia con Taylor Swift a quella con Camila Cabello, dalle numerose relazioni occasionali a quelle un pò più serie.
Tra me e Shawn non è cambiato nulla, nemmeno quello che provo nei suoi confronti.
Stando qui senza di lui ho capito che lo amo. Da sempre. E fino a poco tempo fa ho cercato di nasconderlo e di convincermi che è solo un sentimento d’amicizia, ma mi sono resa conto che non posso più continuare a mentire a me stessa.
Decido di uscire per prendere un pò d'aria, questa stanza inizia a starmi stretta.
Invio un messaggio a Zoey, la mia migliore amica, e mi avvicino all’armadio sfilandomi il pigiama. Prendo dei jeans a vita alta, un crop-top a maniche corte bianco e un paio di Vans Platform nere.
Prima di andare in bagno a truccarmi, apro la finestra per vedere com’è il tempo. Quando sento squillare il cellulare nella mia tasca.
Prendo il telefono e rispondo senza fare caso al nome sul display.
“Zoey sto finendo di prepararmi, arrivo” rispondo scocciata.
“Hai fatto presto a dimenticarmi” la voce di Shawn colpisce dolcemente il mio orecchio.
“Shawn! Scusa, è che mi sto preparando per uscire con Zoey…a cosa devo questa chiamata?” domando, felice di sentirlo.
“Ti stanno bene quei jeans” afferma.
“Grazie! Li ho presi giorni fa ai sald…aspetta, che? Come fai a sapere dei miei jeans?” chiedo incredula, guardandomi intorno.
“Guarda giù” dice ridendo. Mi giro e lo vedo sotto alla mia finestra in tutto il suo splendore. Ha una rosa rossa in mano e sorride come un cretino.
“Shawn!” grido, iniziando a correre per le scale.
Non ci credo.
Passo davanti alla cucina dove mia madre sta facendo i piatti, lasciandola a dir poco allibita.
“Julia, dove diavolo corri?!” confusa, esce dalla stanza per vedere dove sto andando.
“Shawn!” grido di nuovo, sperando che capisca. Il mio respiro aumenta, e il cuore batte all’impazzata. Credo di non aver mai corso così tanto in vita mia.
Apro la porta e mi fiondo su di lui, come un koala che ha appena visto un albero di eucalipto. Gli salto letteralmente in braccio stringendogli la vita con le gambe.
“Non respiro Juls” pronuncia a stento, soffocato dalla mia stretta.
“Non fa niente. Stai zitto e stringimi” gli ordino, chiudendo gli occhi e godendomi il momento. In questo preciso istante, tutto intorno a me si è fermato.
“Mi sei mancato” mormoro, sulla sua solita felpa rosa.
“Anche tu mi sei mancata…da morire” sussurra, accarezzandomi i capelli.
“Come stai?” mi domanda, sciogliendosi dall’abbraccio.
“Adesso molto meglio. Tu? Cosa ci fai a casa?” lo guardo negli occhi mentre si passa le dita tra i capelli, per poi spostare di lato il suo solito riccio.
“Il tour è finito, ho qualche mese di pausa prima di ricominciare a lavorare” sorride.
“Ma è fantastico!” esclamo eccitata.
Lo prendo per un braccio e lo trascino in casa mia.
“Shawn, sei tornato?” lo abbraccia mia madre, fermandoci nel salotto.
“Era ora, sopportarla non è stato facile” manifesta mio padre facendo ridere tutti, tranne me.
“Come state?” domanda, teneramente.
“Tutto bene tesoro” sorride mamma. E, prima che possano dire altro, intervengo io.
“Ok. Mamma, papà, noi andiamo di sopra. Abbiamo da fare” li liquido, portando Shawn per le scale.
“Mi raccomando, tieni le mani a posto ragazzo!”
“Papà!” lo ammonisco dalla cima della scalinata, alzando gli occhi al cielo.
I nostri genitori pensano che stiamo insieme. Lo hanno sempre pensato a dir la verità, ma a me e Shawn non importa più di tanto perché sappiamo che non è così.
Manuel e mio padre, ora che siamo cresciuti, hanno anche difficoltà nel lasciarci dormire insieme. Hanno tutti paura che possiamo fare chissà cosa, ma più che stare svegli tutta la notte a guardare Harry Potter e mangiare cupcake o addormentarci abbracciati, non facciamo niente di che. Le nostre serate sono abbastanza monotone e tranquille.
Una volta entrati in camera mia, ci sediamo sul letto e iniziamo a raccontarci tutto quello che di nuovo non ci siamo detti.
“Julia” sento in maniera ovattata.
“Julia, svegliati” è mia madre. Apro lentamente gli occhi, e la vedo affianco al mio letto che mi guarda. Dobbiamo esserci addormentati.
“Che ore sono?” sbadiglio.
“Tesoro, vi siete addormentati. E’ ora di cena. Ho già chiamato Karen, Shawn rimane qui” bisbiglia per non svegliarlo.
“Tra una ventina di minuti scendete giù, la cena è quasi pronta” mi suggerisce, accarezzandomi i capelli.
Annuisco assonnata, per poi vederla uscire.
Mi soffermo a guardare il ragazzo sdraiato accanto a me. Nonostante abbia la vista ancora un pò appannata per il sonno, fisso nella mia memoria ogni suo dettaglio; ha le labbra lievemente aperte, il che le fa sembrare più carnose del solito, i capelli disordinati come sempre e il viso talmente rilassato che trasmette un senso di pace assoluta. E’ perfetto.
 
“La smetti di fissarmi?” dice con gli occhi chiusi, facendomi trasalire.
“E tu la smetti di accorgerti di tutto quello che faccio, per favore? E’ inquietante” brontolo, facendolo ridere.
Si mette a sedere sul letto e apre gli occhi, stropicciandoli un pò.
“Mamma è salita poco fa per chiedermi della cena”
“Che? Ma che ore sono?” si allarma.
“Le sette e mezza. Tranquillo, mia madre ha già avvisato la tua” sorrido, sentendolo sospirare sollevato.
“Direi di scendere allora, ho fame” si stiracchia.
“Ma dai, che novità!” esclamo sarcastica, beccandomi uno sguardo minaccioso.
Mangia sempre, si rimpinza di carboidrati dalla mattina alla sera ma il suo fisico rimane mozzafiato. Penso abbia fatto un patto con il diavolo o roba simile.
Ci alziamo dal letto e ci incamminiamo al piano inferiore. Una volta arrivati in salone, ci sediamo a tavola. In un primo momento i miei sembrano tranquilli e se ne stanno in silenzio, ma poi cominciano a riempire Shawn di domande.
“Pensi di fare questo per sempre?” chiede mia madre dolcemente, mangiando le patate che ha nel piatto.
“Certo. Finchè la mia voce me lo permette, questo è quello che farò. Ho sempre aspirato a diventare un attore, ma adesso non penso ci sia qualcosa di più gratificante di scrivere canzoni e di gridare al mondo quello che ho da dire. Quando vado in concerto e vedo che tutte quelle persone sono lì per me…penso che non potrei essere più fortunato di così. Mio nonno mi diceva sempre: “fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”. Penso non ci sia niente di più vero” afferma fiero.
Continuano a tempestarlo di domande per tutta la durata della cena, sul perchè ha scelto di seguire la strada del cantante, come ci si sente ad essere famosi, come si trova a viaggiare continuamente per il mondo e mille altre cose strane a cui lui risponde tranquillamente, senza esitazione, mantenendo un tono di voce calmo e tranquillo, affrontando i miei a testa alta, senza nessun timore di sbagliare o dire qualcosa a sproposito. Io anche, esattamente come i miei genitori, lo guardo sorpresa. Sono stupita dal suo modo di comportarsi.
La cena procede benissimo, e dopo aver ingurgitato chili di pollo con le patate aiutiamo i miei a sparecchiare per poi metterci tutti sul divano a vedere “Colpa Delle Stelle”.
Mamma e papà si siedono sul divano a due posti, mentre io e Shawn ci allunghiamo su quello ad isola. Guardiamo l’intero film abbracciati, come siamo soliti fare, sotto lo sguardo geloso di mio padre e quello sognante di mia madre.
“Allora Shawn, ho visto che ti sei fatto tante amiche famose” esordisce mio padre, ricevendo un colpo sul braccio da mia madre e un’occhiataccia da me. Che gli prende?
“Si Ian, hai detto bene…amiche” calca l’ultima parola Shawn, rimanendo pacato.
“Papà smettila!” sbotto.
“E’ solo che si è fatto fotografare con tutta la popolazione femminile e adesso è sul divano abbracciato a mia figlia come se niente fosse” risponde, lasciandoci a bocca aperta.
“Io e Shawn non stiamo insieme, può fare quello che vuole!” alzo la voce, mentre mamma fa alzare papà e lo trascina in cucina. Li sento discutere.
“Scusalo, non aveva mai reagito così prima d’ora” dico mortificata, abbassando la testa.
“Tranquilla, lo capisco. Anche mia madre non l’ha presa bene per quelle foto. E poi tuo padre è sempre stato geloso della sua piccolina” sorride dolcemente, facendomi l’occhiolino mentre mi accarezza la guancia. Non so come faccia ad essere sempre così calmo e comprensivo.
“Bene ragazzi, fila a letto” ordina mamma sbucando dalla cucina, mentre papà scappa di sopra senza salutarci.
“E Shawn, ti chiedo scusa per il comportamento di Ian…sai lui…lui è convinto” mi guarda cercando il consenso nei miei occhi, ma le faccio cenno di “no”.
“Niente, è soltanto un padre che non accetta che sua figlia sta crescendo” afferma a disagio, distogliendo lo sguardo.
Mamma e papà non sono nati ieri, se ne sono accorti. Sanno benissimo che il mio povero cuore non se la sta passando divinamente. Mi dicono sempre che gli occhi non mentono mai, e dev’essere così perché se lo hanno capito pure le pietre, vuol dire che mi si legge in faccia a chilometri di distanza. Maledizione.
“Non preoccuparti, capisco” accenna un sorriso, comprensivo.
“Sono contenta che tu non ti sia offeso” lo abbraccia.
“Bene, adesso che è tutto risolto possiamo andare a dormire. Buonanotte mamma!” taglio corto questa conversazione imbarazzante, correndo a darle un bacio sulla guancia.
“Buonanotte ragazzi” sorride flebilmente.
“Notte Evelyn” diciamo in coro.
Dopo averle dato la buonanotte, saliamo al piano di sopra e entriamo nella mia camera.
Shawn va a cambiarsi nel mio bagno, mentre io ripiego i vestiti e indosso il mio pigiamino rosa di seta con il pizzo a due pezzi.
Mi stendo sul letto e guardo le stelle fluorescenti attaccate al soffitto, pensando a quanto sia stata emozionante questa giornata. Il suo ritorno mi ha scombussolato, non posso essere più felice di così. Anche se per poco, averlo qui è il regalo più bello che io possa mai ricevere.
Il rumore della porta del bagno mi fa tornare alla realtà. Mi volto verso di lui e lo vedo in tutto il suo splendore. Indossa una tuta nera e una canottiera bianca attillata che mette in evidenza ogni suo singolo muscolo. Il mio cuore corre all’impazzata e le farfalle nel mio stomaco prendono il volo. Dio quanto è bello.
Viene verso il letto e si allunga vicino a me.
“Sono esausto” sbuffa, socchiudendo gli occhi.
“Si, anch’io. E’ stata una giornata assurda”
“Già! Soprattutto per l’ultimo episodio” ironizza, facendomi vergognare.
“Vieni qui” alza il braccio e mi fa spazio per accoccolarmi a lui.
Mi giro su un fianco e gli metto il braccio sinistro sul petto, mentre con la mano gli accarezzo i capelli. Non so come faccia ad averli sempre così morbidi.
“Sono contenta che tu sia tornato” sussurro, sentendo il suo cuore accelerare sotto il mio orecchio.
“Anch’io” mi bacia i capelli.
Sbadigliamo stanchi all’unisono, costatando che l’orologio segna già l’una.
Mi stringe di più a sé per i fianchi e mi guarda negli occhi sorridendo, per poi lasciarmi un dolce bacio sulla fronte.
“Buonanotte Shawn” chiudo gli occhi.
“Buonanotte Juls”
Mi beo ancora un pò di questo momento quasi surreale, e in pochi secondi cado tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 3
*** Can't Breathe ***


Capitolo 2
CAN’T BREATHE
 

E' da circa mezz'ora che siamo seduti nella Jeep di Shawn. Ci ha invitati, insieme ad altri amici, a passare una giornata sulla sua nuova barca. Sono seduta sul sedile anteriore accanto a lui e, ogni tanto, mi soffermo a guardare il suo viso concentrato. Quando guida è sempre così estremamente responsabile! E’ per questo che i miei mi lasciano entrare solo ed esclusivamente nella sua auto. Ogni tanto lancia occhiatine anche a Zoey e Matt seduti nei sedili posteriori, e a Lauren e Brian seduti a quelli ancora più dietro.
Le canzoni di John Mayer si diffondono nell'abitacolo facendomi distendere, e nell'aria del mio finestrino aperto si sente l'inconfondibile profumo del mare. Ci siamo.
“Quanto manca?” domando, già stufa di stare qui dentro. Non sopporto i viaggi in macchina.
“Poco, siamo arrivati” sorride Shawn, capendo al volo il mio stato d’animo.
Dopo un paio di minuti, gira in un vicolo fermando la macchina in un piccolo parcheggio di fronte al molo.
"Eccoci qui ragazzi, siamo arrivati!" esclama slacciandosi la cintura di sicurezza, mentre siamo tutti intenti a scendere.
Ci sistemiamo i vestiti, e ci guardiamo intorno prima di vedere Shawn incamminarsi verso un modesto yacht bianco.
Lo seguiamo e ammiriamo con stupore la bellezza della barca: è uno spettacolo. Avete presente quella nel film di Baywatch con Zac Efron? Quella in cui la cattiva, Victoria, diede una festa?  Ecco, questa è uguale ma leggermente più grande.  
"Bella vero?" la voce fiera di Shawn ci risveglia.
"Si amico, è pazzesca!" esclama Matt, esaltato.
"Sono contento che vi piaccia. Il capitano è già arrivato, perciò possiamo salire" dice, battendo un colpo con le mani.
“Bene, prima le donne” prende la mia mano e mi aiuta a salire sulla passerella.
“Trattamela bene Rick, è la mia migliore amica” dice, premuroso, al signore addetto all’accoglienza dei passeggeri.
Una volta saliti tutti, richiama la nostra attenzione.
“Ragazzi, vado a parlare con il capitano. Voi fate come se foste a casa vostra” articola, per poi lasciarci subito dopo.
Mentre ammazziamo il tempo chiacchierando tra di noi, vediamo arrivare sul molo una flotta di ragazzi che si dirige verso l’imbarcazione. Chi diavolo sono questi?
“Shawn!” lo chiamo, vedendolo tornare.
“Chi sono tutte quelle persone?” domando, ancora incredula. Pensavo fosse una cosa tranquilla.
“Amici di amici. Per la maggior parte di Lauren” risponde pacato. Ah, andiamo bene.
“Sei sicuro che sia una buona idea? Insomma i tuoi manager, o chiamali come vuoi, non sono contrari a questo genere di cose? Shawn Mendes su uno yacht pieno di gente che balla e si ubriaca…non nuoce alla tua immagine?” gli chiedo, convinta che non sia proprio una grande idea.
“Oh avanti Juls, siamo qui per divertirci. Che vuoi che succeda?!” sorride, dando una pacca sulla spalla ad uno dei ragazzi della “flotta”.
“Ma” mi blocca le parole, dandomi un bacio sulla fronte.
“Sta tranquilla. Prenditi un drink e rilassati insieme a Zoey. Io vado a salutare, non voglio essere scortese. Ci vediamo dopo” mi liquida qui, andando a salutare i nuovi arrivati.
“Che hai Juls?” appare Zoey, facendomi sussultare.
“Oddio Zoey, mi hai fatto prendere un colpo” mi porto la mano al petto e sospiro, mentre lei se la ride.
“Non lo so, l’idea di stare qui con tutta queste gente sconosciuta non mi sembra tanto buona. Ho un brutto presentimento” abbasso la testa, preoccupata.
“Smettila di preoccuparti, conosci Shawn...sa quello che fa. Perciò adesso andiamo a prenderci un drink, e godiamoci questo yacht fantastico!” esulta eccitata, spingendomi verso l’angolo bar.
Data la minore età, prendiamo due analcolici alla frutta e andiamo a sederci a prua insieme agli altri, su dei soffici e colorati cuscini giganti.
Il sole sta calando lentamente all’orizzonte e il vento si sta alzando. Il panorama è da mozzare il fiato, e comincio a pensare che non sia poi così male stare qui.
Mi giro per cercare Shawn con lo sguardo, quando lo vedo ridere con alcuni amici poco distante da noi. E’ così felice e spensierato in questo momento, e la luce del tramonto gli rende giustizia; i capelli al vento, gli occhi di un marrone leggermente più chiaro, il suo solito sorriso a trentadue denti e la camicia a fiori sbottonata, con la collana che gli ha regalato la nonna in evidenza. Non riesco a smettere di pensare a quanto sia perfetto.
A scostarmi dai miei pensieri è la canzone di Sia, Cheap Thrills, che risuona a tutto volume sulla barca. Tutti, compreso Shawn, iniziano a ballare e a cantare facendoci quasi piangere dal ridere. E’ così buffo quando balla. Muove il bacino e fa degli strani e goffi movimenti. Anche quando fa il perfetto cretino, ai miei occhi appare come la persona più bella dell’intero pianeta.
Anche io e Zoey ci buttiamo nella mischia, e ad un certo punto gli amici di Shawn lo prendono in braccio e lo sollevano in aria per fare i cretini. Non capisco cosa hanno intenzione di fare, fino a quando non vedo Shawn volare in acqua. Nel panico rimango immobile, la paura mi sopraffà per qualche secondo, ma poi mi costringo a reagire.
“Shawn, no!” grido, correndo ad affacciarmi dalla ringhiera.
Quello che vedo mi fa smettere di respirare: Shawn è in acqua che si dimena. Trovarsi da solo in mare aperto è sempre stata una delle sue più grandi paure.
“Shawn!” grido a pieni polmoni iniziando a piangere, mentre il comandante ferma l’imbarcazione.
“Siete un branco di idioti!” grido contro tutti i presenti. Se ne stanno lì, immobili a guardare o a riprendere la scena. Ma che cazzo ha questa gente che non va?
“Zoey, chiama qualcuno!” le ordino. Mi faccio coraggio e mi tuffo nell’acqua gelida dell’oceano senza pensarci due volte. Non lo lascerò da solo.
Inizio a nuotare il più velocemente possibile, vedendolo sbracciare ad una decina di metri da me.
“Shawn! Arrivo, non mollare! Sono qui” lo afferro, cercando di tenerlo a galla con tutte le mie forze. Non ce ne sarebbe bisogno se fossimo in un’altra occasione. Lui sa nuotare benissimo, ma quando ha paura di qualcosa si blocca e non riesce più a muoversi.
“Juls...non lasciarmi, ti prego” annaspa, sputando di tanto in tanto acqua dalla bocca.
“Shawn sono qui, non ti lascio per nessuna ragione al mondo. Però devi aiutarmi, da sola non so se ce la faccio a portarti a riva. I tuoi muscoli pesano troppo” scherzo, facendolo sorridere.
“Va…va bene” annuisce, con la voce affannata e le labbra già leggermente viola.
“Bene…aggrappati a me” gli prendo le braccia e me le porto intorno al collo, iniziando con fatica a nuotare verso la riva. Che, fortunatamente per noi, non è molto lontana.
Sento i muscoli delle braccia e delle gambe tendersi al massimo e mi manca l'aria. La spiaggia è sempre più vicina, e Shawn è sempre più silenzioso. Sono troppo impegnata a nuotare e a prendere fiato per notare il suo stato di salute. Solo dopo essere arrivata sulla battigia, mi accorgo che non è più cosciente. Lo trascino sulla sabbia e inizio a praticargli il massaggio cardiaco che mi hanno insegnato a scuola, ma non funziona molto bene.
“Shawn!” continuo con foga a spingere le mani sul suo petto.
“Andiamo…Shawn!” inizio a piangere e, con le grida, attiro diverse persone che si avvicinano. Tra queste, anche molti paparazzi. Noncurante, continuo con il massaggio cardiaco.
“Oh mio Dio” sussurro, portandomi una mano alla bocca quando sento rallentare i battiti dal suo polso.
In lontananza odo delle sirene, dev’essere l’ambulanza. Andiamo Shawn, non posso perderti ora.
“Juls!” grida Zoey alle mie spalle, mentre si porta le mani in viso e corre al mio fianco. Mi volto un secondo per riuscire a intravedere i volti di tutti quei pezzenti che lo hanno buttato in mare.
L’ambulanza è sempre più vicina, la sento arrivare. Eccola.
“Fate presto!” urlo disperata, per poi tornare a “massaggiare” il petto di Shawn, ormai bianco e ruvido a causa della pelle d’oca.
Il veicolo si ferma a pochi passi da noi e sputa fuori una manica di infermieri e paramedici.
“Ci faccia vedere” accorre una ragazza bionda sulla trentina, mettendo due dita sul collo di Shawn.
“Il battito c’è ancora, ma è debole. Dobbiamo portarlo subito in ospedale!” comanda ai suoi colleghi con sangue freddo, che lo prendono e lo caricano in macchina.
Mi asciugo le lacrime con il braccio e, incazzata nera, mi giro verso gli idioti che non hanno fatto nulla per cercare di salvarlo.
“Pregate che stia bene, perché sennò vi ammazzo uno ad uno con le mie stesse mani” sputo rabbiosa, lasciandoli attoniti alle mie spalle mentre salgo al volo sull’ambulanza.
“Oh Dio ti prego” dico, con un filo di voce incrinata, stringendogli la mano.
Zoey è qui con me e, vedendo le lacrime scorrere silenziosamente sul mio viso, mi stringe forte per le spalle.
“Juls sta tranquilla, starà bene” mi rincuora con tono dolce mentre io, come in trans, accarezzo la fronte del mio migliore amico. Il solo vederlo così, immobile e circondato da una marea di tubi, mi fa mancare l’aria. Non posso perdere la persona più importante della mia vita. Abbiamo ancora tante cose da fare insieme, non può lasciarmi ora.

Durante il tragitto lascio a Zoey l’incarico di informare i signori Mendes e i miei dell'accaduto. Sono troppo scossa per riuscire a parlare in questo momento.
Arrivati all'ospedale, portano subito Shawn dentro il pronto soccorso sotto lo sguardo dei nostri genitori che sono appena arrivati.
“Julia!” grida Karen, correndo verso di me in lacrime, seguita da Aaliyah e Manuel. Mi abbraccia, e il suo contatto mi fa scoppiare a piangere.
“Glielo avevo detto che era una pessima idea, ma non mi ha voluto ascoltare…lui…” singhiozzo, mentre Karen mi culla tra le sue braccia.
“Shhh, andrà tutto bene” bisbiglia, cercando di tranquillizzare più se stessa che me, sotto gli occhi arrossati del marito e della figlia.
“Lo stanno portando in sala operatoria, credo sia meglio entrare” mia madre interrompe l’abbraccio, suggerendoci di raggiungere Shawn.
Siamo tutti seduti in sala d’attesa, aspettando notizie.
Passano ore prima che un signore alto con il camice, la mascherina e la cuffia si avvicini a noi. Dev’essere il chirurgo.
“Salve, siete i parenti di Shawn Mendes?” domanda, vedendoci annuire.
“Come sta?” si affretta a chiedere Karen.
“Sta bene” afferma, facendoci tornare a respirare.
“Il livello di annegamento a cui è andato incontro suo figlio è del secondo/terzo grado. Fortunatamente l’acqua entrata nei polmoni non ha causato gravi danni agli organi interni” dice, facendo piangere la famiglia Mendes sotto i nostri sguardi ancora scioccati.
“Dovrà stare un paio di giorni sotto osservazione, e non potrà cantare fino a quando le vie aeree non si saranno riprese del tutto. Per il resto è tutto a posto, potete entrare a salutarlo. Non tutti insieme, mi raccomando. La stanza è la numero ottantotto” ci raccomanda. E’ capitato nella stanza con il suo numero fortunato: l’otto.
“Grazie dottore, grazie” gli stritola la mano Karen, ringraziandolo una decina di volte insieme a Manuel.
“Dovere signori. Adesso vogliate scusarmi, ma ho un altro intervento che mi aspetta” ci sorride e si congeda, sparendo di nuovo dietro le enormi porte verdi della sala operatoria.
“Allora, noi andremo” dicono i genitori di Shawn, guardandomi.
“Certo” annuisco, vedendoli andare verso la stanza.
Mi alzo e vado alla macchinetta a prendermi una bella camomilla calda, sperando che mi aiuti a rilassarmi.
“Come stai piccola?” mi domanda mio padre, percependo la mia agitazione.
“Sto bene” mi limito a dire. E dopo pochi secondi decido di continuare.
“Sai papà, è buffo” sorrido nervosamente, lasciandolo perplesso.
“Ieri lo hai trattato di merda perché hai paura di vedermi soffrire, ed eccomi qui…in un pronto soccorso a piangere per il mio migliore amico…sembra quasi che tu me l’abbia tirata!”
“Smettila, non mi sembra corretto prendertela con tuo padre in questo momento” mi rimprovera mamma.
“Mi dispiace, hai ragione” abbasso la testa, guardando il bicchierino di carta che ho tra le mani. Sono una persona orribile.
“E’ normale che stia così, è stata lei a salvarlo” spiffera Zoey, beccandosi un’occhiataccia da me. Perché lo hai detto?
“Che?” strabuzza gli occhi mia madre, sotto lo sguardo impietrito di mio padre. Ecco, terzo grado tra tre…due…uno…
“Ma che ti è saltato in mente? Potevi morire!” strilla Evelyn davanti alla mia figura apatica, mentre papà cerca di zittirla.
“Beh, sono qui mamma. E’ Shawn quello che stava per morire, perciò smettila” pronuncio a denti serrati, per evitare di fare scenate. Stranamente smette di parlare. Così me ne torno a sedere.
Non sono mai stata paziente, le attese interminabili mi innervosiscono. Vorrei buttare giù quella porta e andare da lui, ma devo stare calma se non voglio concludere la serata finendo al fresco.
Sembra che qualcuno mi abbia ascoltato, perché la porta della stanza si apre e i Mendes escono fuori tornando in sala d’attesa.
Non mi fermo nemmeno ad ascoltare cos’hanno da dire, che mi fiondo letteralmente dentro la camera di Shawn.
E’ a due passi da me disteso sul letto. La luce asettica dei neon rende il suo viso più pallido del normale, facendo risaltare in modo innaturale il colore dei suoi capelli, che gli ricadono disordinatamente sulla fronte.
“Hey” sorrido flebilmente, mentre lui fa lo stesso. Mi avvicino e mi siedo sul letto. Ha un camice celeste con le maniche corte, flebo ovunque e sotto gli occhi ha delle occhiaie marcate.
Guardo amareggiata il suo volto stanco, che fino a poche ore fa trasmetteva esuberanza. Sposto lo sguardo sulle sue grosse mani distese lungo il corpo, le stesse che ho afferrato prima che lui andasse affondo in quell’oceano maledetto. I ricordi di quel momento riaffiorano prepotenti, e in pochi secondi mi ritrovo a piangere sul suo petto insieme a lui. Continuo a guardare le sue mani, le sue dita lunghe e affusolate, e non freno l’impulso di prenderle e avvicinarle al mio volto bagnato dalle lacrime per baciarle.
“Pensavo di averti perso” confesso, non riuscendo a guardarlo negli occhi.
“Hey” mi alza il mento con un dito.
“E’ tutto ok adesso” dice con voce roca, abbozzando un sorriso bellissimo.
“Come stai?” domando premurosa.
“Come se un treno mi fosse passato sopra. Ma starò meglio” risponde, alzando le spalle.
Poi, il silenzio. E' come se tutti e due volessimo dirci qualcosa ma non riusciamo a trovare il coraggio di farlo. Il suo sguardo ha qualcosa di strano. Non so cosa, ma è diverso.
“Juls, io devo ringraziarti per quello che hai fatto” rompe il silenzio.
“Shawn scherzi?! Sei il mio migliore amico, non ti avrei mai lasciato solo in un momento del genere” dico con fare ovvio.
“Beh gli altri lo hanno fatto, perciò non pensare che sia ovvio. Mi hai salvato la vita, e te ne sarò per sempre grato” continua, con gli occhi lucidi.
Gli sorrido e, senza neanche accorgermene, sono già allungata verso di lui per abbracciarlo.
Come suo solito non perde tempo, e mi circonda la schiena con un braccio mentre con una mano mi accarezza i capelli.
“Ti voglio bene Juls, più di qualsiasi altra persona al mondo” sussurra, sulla mia testa.
“Anch’io Shawn, anch’io” sospiro, mentendo.
Già, perché io non gli voglio bene. Io lo amo. Ma come potrei dirglielo? Come potrei dirgli che lo amo talmente tanto che questo mi sta uccidendo? Come potrei dirgli che sono stufa di essere la sua migliore amica, e che vorrei solo poterlo baciare e farlo mio per sempre? Come potrei dirgli questo senza rovinare tutto? Non posso rischiare. Senza di lui Julia non esiste. Perciò penso di restare ancora un pò aggrappata alla possibilità di rimandare. Proprio come ho fatto in questi anni. Proprio come farò adesso.

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Capitolo 4
*** Next To You, In Malibu ***


Capitolo 3
Next To You, In Malibu
 

Oggi la mia cameretta sembra un campo di battaglia. Costumi, pantaloncini e t-shirt colorate sono buttate alla rinfusa sulle coperte a fiori rosa del mio letto. Jeans e felpe, invece, sono sparsi sul pavimento, rendendo quasi impossibile il passaggio da una parte all’altra della stanza. Creme solari e non, trucchi, shampoo e balsamo, infine, sono riposti alla rinfusa sul mobile bianco del mio bagno.
A terra, davanti ai miei piedi, ci sono circa tre valigie fucsia, all’interno delle quali sono stati ordinatamente sistemati una serie di vestiti, scarpe e biancheria intima. Con una strana euforia e maniacale attenzione, sto controllando attentamente il contenuto dei bagagli, quando una voce femminile alle mie spalle mi fa sobbalzare.
“Sarà la centunesima volta che controlli, Julia!” esclama mia madre, esasperata.
Mi giro verso di lei e, lasciando cadere i panni nel trolley, mi alzo in piedi. Mi passo nervosamente una mano tra i capelli e, sbuffando, rispondo.
“Shawn sta per arrivare ed io ho paura di dimenticare qualcosa, ok?”
“Tesoro è normale, però sono sicura che tu abbia preso tutto il necessario, forse anche di più” scherza.
“E poi devi stare fuori solo pochi giorni”
“Si mamma, in due posti completamente diversi tra loro però” piagnucolo.
Shawn ha bisogno di riposare, così mi ha proposto di partire con lui per andare a vedere il suo studio di registrazione a Malibu. Per poi volare, successivamente, a Parigi. La città dell’amore. Io e lui. Da soli. Voglio morire.
“Forza amore, chiudi queste valigie e non pensarci più. Io scendo di sotto ad aiutare tuo padre con il lavello, non vorrei dover girare per casa con un canotto” dice, facendomi scoppiare a ridere. Papà è sempre stato un tipo “tutto fare”, ma a modo suo. Dice di saper eseguire qualunque cosa, ci prova e incasina tutto peggio di prima.
“Va bene, io finisco di sistemare le ultime cose e mi preparo” sospiro, sedendomi sui bagagli per cercare di chiuderli mentre lei sparisce dietro la porta.
Finito con le valigie, vado in bagno e inizio a truccarmi. Traccio una sottile linea d’eyeliner sui miei occhi nocciola, quanto basta per rendermi presentabile, un po' di mascara, un filo di matita nera che non guasta mai e un leggero strato di rossetto Mac; il Velvet Teddy è uno dei miei preferiti. Piastro i miei bellissimi e lunghi capelli scuri, e mi spruzzo una goccia di “Alien” sulla gola.
Vado in camera e m’infilo un paio di jeans a vita alta strappati sulle ginocchia, una t-shirt semplice grigia, le Converse nere platform con le borchie, la mia adorata giacca di jeans nera e, per finire, mi appendo al collo la collana di Tiffany che non tolgo mai, se non per dormire. Prendo le borse, gli occhiali da sole e il cellulare e volo al piano di sotto.
Neanche il tempo di scendere, che suonano alla porta.
“Shawn, caro, entra pure” mia madre lo accoglie nel salotto, mentre io prendo fiato per la corsa.
“Juls! Pronta a partire?” mi domanda entusiasta, abbracciandomi.
“Prontissima!” rispondo, elettrizzata dall’idea di trascorrere questi giorni da sola con lui.
“Bene, il mio autista ci sta aspettando fuori…dovremmo andare” dice, grattandosi la testa.
“Oh certo…beh allora, divertitevi ragazzi…e state attenti! Per qualsiasi cosa non esitate a chiamare” pronuncia premurosa mia madre mentre ci abbraccia. Nel frattempo spunta mio padre dalla cucina.
“Ciao piccola mia” mi abbraccia forte.
“Mi raccomando, trattamela bene. E scusami ancora per il mio comportamento inappropriato” stringe la mano a Shawn e gli sorride dispiaciuto.
“Non preoccuparti” ricambia il sorriso e mette il braccio dietro la mia schiena, accompagnandomi fuori.
Come avevo immaginato, un furgoncino Mercedes nero lucido è parcheggiato di fronte all'ingresso del vialetto di casa.
L'autista, un bell'uomo sulla trentina in giacca di pelle e jeans, dai corti capelli neri, mi saluta con la mano quando mi vide arrivare.
“Ciao, tu devi essere la famosa Julia. Io sono Ziggy. Sei pronta a partire?”
“Si, grazie” rispondo in imbarazzo.
Saliamo nell'auto e ci accomodiamo sui sedili posteriori in pelle. Saluto i miei dal finestrino, quando sento il rombo del motore.
Ziggy ci accompagnerà all’aeroporto, e nel giro di quattr’ore potrò respirare l'aria salmastra di Malibu, mentre sorseggio dell’acqua in una noce di cocco e sbavo dietro al fisico scolpito di Shawn.
Ziggy dice stupidaggini durante tutto il tragitto, è una persona simpaticissima e alla mano.
Ridiamo talmente tanto che non ci accorgiamo nemmeno di essere arrivati.
“Bene ragazzi, siamo arrivati. E’ stato un piacere conoscerti, Julia” si gira verso di me e mi sorride.
“Anche per me. Ciao Ziggy” ricambio il sorriso.
“Ciao amico, ci vediamo al ritorno” si danno il cinque, mentre io scendo dall’auto seguita poi da Shawn.
Il Pickering Airport ci si para davanti: è enorme. Il nostro aereo decollerà esattamente fra quindici minuti, perciò ci affrettiamo ad entrare per evitare spiacevoli inconvenienti.
“Il volo seicentoventotto diretto a Malibu delle ore sedici e trenta è in partenza dal gate settantasei. Si pregano i gentili passeggeri di recarsi all’imbarco”
Iniziamo a correre all’impazzata per i corridoi dell’aeroporto. I passeggeri che corrono senza sosta da una parte all’altra della struttura creano un gran baccano, che si mescola a quello proveniente dai bar e dai ristoranti.
Camminiamo spediti verso l’imbarco del nostro aereo, e tra il tran tran aeroportuale e il mix di emozioni che mi hanno scombussolato lo stomaco, non mi accorgo di aver lasciato squillare il cellulare a vuoto per diversi minuti; sblocco lo schermo dell’iPhone e trovo due chiamate perse: Zoey. E subito un velo di malinconia si posa sul mio viso.
Da quando è tornato Shawn l’ho decisamente trascurata, e questo non mi fa star bene.
Il secondo annuncio dell’altoparlante mi riporta alla realtà; richiamo Zoey per accertarmi che è tutto a posto e ascolto i messaggi dei miei che mi augurano buon viaggio su Whatsapp. Finito il giro di chiamate e messaggi, proseguiamo la nostra corsa verso il gate.
Dopo il check-in e i vari controlli, mostriamo i biglietti e saliamo in aereo. Ci dirigiamo verso i posti che ci sono stati assegnati e ci accomodiamo.
E’ giunto il momento! Ancora non ci credo che lo sto facendo. Non so perché sono tentata di tornare indietro, ma ormai è troppo tardi.
Un altro altoparlante ci annuncia, in diverse lingue, tutte le precauzioni da prendere sull’aeroplano, mentre un hostess ce le spiega a gesti. Sono così buffi quando lo fanno!
Allacciate le cinture, prendo un bel respiro. E’ la prima volta che salgo su un aereo, credo di stare per morire. Il cuore ha accelerato i battiti e la pelle ha iniziato a sudare freddo.
“Hey, tutto bene?” mi domanda Shawn, visibilmente preoccupato.
“Credo di no…me la sto facendo sotto!” piagnucolo, facendolo ridere.
“Tranquilla, andrà tutto bene” mi prende la mano e mi bacia la fronte.
Deglutisco e chiudo gli occhi per qualche secondo. Quando li riapro, noto dal finestrino accanto a me che la terra si allontana sempre di più fino a quando al suo posto non appare una distesa blu. Cazzo, è andata. Non si torna indietro Julia.
Per non pensare, decido di infilarmi le cuffie. Faccio giusto in tempo a schiacciare “play”, che Shawn mi toglie un auricolare.
“Che ascolti?” mi chiede, prima di metterselo all’orecchio e constatare che ho un’intera playlist delle sue canzoni. Rinominata “Shawn” con un cuore affianco. Un cuore! Che figura.
“Il cuore sta ad indicare che sono il tuo preferito?” sorride, dandomi un colpetto sulla spalla mentre io arrossisco.
“Non montarti la testa, l’ho inserito solo perché mi piace mettere cuori dappertutto” ribatto, sviando lo sguardo sull’oblò.
“Certo, come no” ridacchia.
Dopo svariati minuti di silenzio, con le note di “Never Be Alone” nell’orecchio, mi giro verso di lui e vedo che sta dormendo. Resto a guardare il suo viso angelico per un bel po', fino a quando non sento le mie palpebre farsi pesanti.  
Il volo è breve e tranquillo. Mi sveglio poco prima dell’atterraggio, mentre Shawn è intento a recuperare i bagagli a mano. Appena atterrati all’aeroporto di Los Angeles, ci dirigiamo verso l’uscita per raggiungere il secondo autista di Shawn che ci accompagnerà nello studio a Malibu.
Una volta arrivati, non credo ai miei occhi. Credo che questo sia lo studio di registrazione più fico che io abbia mai visto. E’ l’unico in realtà, ma questi sono dettagli. 
E’ fatto interamente di legno, con enormi finestre in vetro e contornato da terrazze panoramiche vista oceano.
“Shawn ma questo è…semplicemente…wow” sono senza parole.
“Vero? E’ qui che trovo ispirazione per i miei brani. Vieni, ti faccio vedere com’è dentro” prende i bagagli e, aiutato dall’autista, si avvia all’ingresso mentre io resto a guardarmi intorno sbalordita.
“Allora? Non vieni?” grida. Quando ci è arrivato alla porta d’ingresso?!
“Si si, arrivo!” rispondo raggiungendolo, per poi entrare.
E’ decisamente meglio di come la immaginavo. Di solito le sale di registrazione sono scure e cupe, piene di materiale per l’isolamento acustico, fili ovunque e, soprattutto, non hanno camere e cucine. Questa è diversa. C’è parquet ovunque, il profumo del legno mi pervade le narici e le luci soffuse creano un’atmosfera speciale. L’arredamento è di uno shabby chic moderno, tutto color legno d’acero e nero. Dalle ampie e luminose finestre spicca maggiormente la vegetazione, mentre dalle terrazze si può osservare gran parte del Pacifico. E’ uno spettacolo.  
“Perfetto Mike, grazie mille. Vai a riposarti” congeda dolcemente l’autista, che annuisce sorridendo e ci saluta con un cenno del capo, per poi chiudersi la porta d’ingresso alle spalle.
“Che ne pensi?”
“Shawn è…bellissima, davvero” affermo affascinata, guardandomi intorno.
“L’arredamento lo ha scelto mamma” sorride fiero.
Karen ha sempre avuto un ottimo gusto in fatto di case e arredamenti, non a caso fa l’agente immobiliare.
“Bene…io avrei un leggero languorino” dice, facendomi gli occhi dolci.
“Non vorrai farmi cucinare anche in vacanza?!” mi lamento, ricevendo un “si” con il cenno del capo.
“Lo sai che amo la tua cucina” asserisce furbamente.
“Lecca culo” mi metto a braccia conserte in segno di protesta.
“Ti prego” e alla sua faccia da cucciolo non resisto.
“Shawn Mendes, ce l’hai un cuore?!” piagnucolo, dirigendomi verso la cucina mentre lui, tutto contento, se ne va di là.
Appena presa un po' di confidenza con la cucina, inizio a spadellare mentre lui si gode il televisore da sessantacinque pollici sul divano nero in pelle del salone.
“E’ pronto!” grido, vedendolo correre nella stanza in un nano secondo.
“Hai fatto la frittata? Ti adoro!” mi bacia sulla fronte, per poi fiondarsi sul suo povero piatto come una persona che non mangia da mesi.
“Ah, buon appeti…” non finisce la frase a causa della scodella di pomodori che ho preparato per me.
“Cosa sono quelli?” mi chiede, con la faccia leggermente schifata. Lui odia i pomodori. Non so che problemi abbia con loro, ma non riesce nemmeno a guardarli. 
“Sono dei normalissimi pomodori, Shawn” alzo gli occhi al cielo.
“Dei disgustosissimi pomodori vorrai dire” scherza, simulando un conato di vomito.
“Hey! Io li adoro, non offenderli!” ribatto tirandogli una sberla sul braccio, per poi scoppiare a ridere.
Trascorriamo la cena a ridere e a scherzare, e dopo aver lavato i piatti insieme decidiamo di rilassarci un po' nel salotto.
Shawn mi racconta del suo nuovo album, “Illuminate”, e mi fa ascoltare in anteprima qualche pezzo strimpellando la chitarra e suonando il pianoforte. C’è una canzone che attira particolarmente la mia attenzione, si chiama “Mercy”. Il testo descrive decisamente il mio stato d’animo di questi ultimi tempi. 
Devo ammettere che vederlo tra tutti questi strumenti, i fogli, gli spartiti, le cuffie…Dio, è talmente appagante! Quando eravamo bambini diceva sempre che avrebbe voluto fare l’attore, e lo dice tutt’ora, ma io non ci ho mai creduto. Per lui la musica è vita. Non è solo un mucchio di note buttate a caso tra loro, non è solo una vibrazione dell’aria o uno stupido passatempo. La musica è un qualcosa che gli cresce dentro, che scorre nelle sue vene come sangue, che lo manda in estasi come una droga. Lo vedo nei suoi occhi quando canta, quando si lascia trascinare dal ritmo, che è nato per questo. E’ l’unica cosa che lo fa sentire veramente vivo, completo. E fa sentire così anche me. 
“Cavolo, si è fatto tardi!” esclama, dopo aver visto l’orario sul display del suo iPhone. L’immagine di sua sorella come sfondo è la cosa più dolce del mondo.
“Già, sono le due. E’ ora di andare a nanna” mi alzo dal divano, mentre Shawn inizia a mettere a posto.
“La mia camera dov’è?” chiedo.
“Mi dispiace per te, ma abbiamo una camera sola” afferma, facendo spallucce.
“Ah, bene…e dove sarebbe?” mi schiarisco la voce con un colpo di tosse, cercando di nascondere il mio evidente imbarazzo.
“Infondo a sinistra ci sono le scale, scendi direttamente in camera” indica con il dito il punto, per poi continuare a sistemare i fogli sparsi sul pavimento. 
“Ok, allora vado a mettermi il pigiama” prendo la valigia con l’intimo e i pigiami e scendo al piano di sotto.
La camera è stratosferica. Il pavimento, ovviamente, è in parquet; i muri sono bianchi, ad eccezione della parete dove poggia la testiera nera del letto che ha la carta da parati tropicale.
Il letto matrimoniale nero padroneggia nella stanza; è uno di quelli bassi, che poggia quasi a terra, ed è affiancato da due comodini dello stesso colore con sopra due piccole lampade da tavolo trasparenti. Al centro, posizionato sotto il letto, c’è un enorme tappeto di pelo dello stesso colore dell’arredamento e accanto alle scale una scrivania in vetro con la solita sedia a rotelle d’ufficio. Di fronte alla scalinata trovo due porte bianche che, molto probabilmente, sono della cabina armadio e del bagno. Ma quello che mi stupisce di più di questa camera è che, di fronte al letto, vi è un’intera parete di cristallo che mostra tutta la bellezza dei fondali dell’oceano; praticamente un enorme e gigantesco acquario. In camera. Se questo è un sogno, non svegliatemi vi prego!
Dopo essermi ripresa dallo stupore, inizio a spogliarmi e a ripiegare i vestiti mettendoli sulla sedia; sono troppo stanca per sistemarli nell’armadio.
“Hai già visto l’acquar…” lo vedo scendere le scale e strabuzzare gli occhi, quando mi trova in mutande e reggiseno. Bene.
“Scusa! Non volevo guardare, è che…pensavo avessi già fatto” si copre gli occhi con le mani, rischiando quasi di cadere.
“T
ranquillo…non c’è niente che tu non abbia già visto” con le guance in fiamme, prendo la mia camicetta rossa e corro in bagno. Cazzo.
Dopo essermi insultata da sola, struccata e vestita torno in camera cercando il più possibile di nascondere le mie guance rosse. Ma quando lo vedo, capisco che è del tutto impossibile.
E’ allungato sul letto con la schiena appoggiata alla testiera. A petto nudo. Con i boxer. Me lo fa apposta?!
Mi schiarisco la voce e mi stendo affianco a lui nella sua stessa posizione. L’imbarazzo è alle stelle, lo si percepisce dal fatto che passano almeno 5 minuti prima che uno dei due rompa il silenzio. 
“Allora…questa casetta è davvero il massimo. Cioè, un acquario in camera? E’ pazzesco!” dico tutto d’un fiato.
“Già” si limita a dire, con la testa bassa. Cavolo, non l’ho mai visto così a disagio.
“Shawn, riguardo a prima…puoi stare tranquillo, non è successo nulla” lo rassicuro, mettendogli una mano sulla spalla muscolosa.
“No, lo so…è solo che…niente, lascia stare” sbuffa, come se non riuscisse a dirmi quello che pensa realmente. Strano, di solito quella sono io. 
Per non metterlo ulteriormente in difficoltà decido di non tornare sul’argomento, anche se la sua reazione mi ha lasciata un po’ perplessa. 
“Mamma mia, questo letto è comodissimo” dico, tastandolo con il sedere.
“Credo proprio che mi farò una bella dormita” affermo, allungandomi con la schiena.
“Si, anch’io. Buonanotte Juls” mormora, girandosi dalla parte opposta alla mia.
“Notte Shawn” rispondo, tentando di reprimere la sensazione di tristezza che mi pervade.
Sbuffo scocciata e mi giro a mia volta.
Non è mai stato così freddo con me. Dormiamo insieme da una vita, mi ha vista tantissime volte in bikini, abbiamo anche fatto la doccia insieme quando eravamo piccoli, e adesso per un reggiseno e un paio di mutandine si scandalizza? Chi lo capisce è bravo.
A questo punto non so più cosa pensare e mi addormento, mentre la testa mi scoppia e le lacrime mi scendono dagli occhi.

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Capitolo 5
*** Next To You, In Malibu (Pt. 2) ***


Capitolo 4
Next To You, In Malibu
(Seconda Parte)
 


Apro lentamente un occhio e mi accorgo che è già mattina. Sento un leggero movimento al mio fianco, Shawn è sgusciato piano fuori dalle lenzuola ed è andato silenziosamente al piano di sopra. Che diavolo va a fare di sopra?
Richiudo gli occhi e cado di nuovo in un sonno profondo, sono troppo stanca per cercare di capire costa sta tramando.
“Juls” sento chiamare il mio nome in lontananza.     
“Julia svegliati” continuo a sentire il mio nome, questa volta accompagnato da un paio di strattonate al braccio.
“Altri cinque minuti” mugugno, mettendomi il cuscino sopra la testa.
Non amo essere svegliata, ed ho bisogno di parecchio tempo prima di alzarmi.
“Svegliati pigrona, ti ho portato la colazione!” esclama Shawn, seduto accanto a me.
Decido di aprire gli occhi e di guardarlo, finalmente, negli occhi. Bello come il sole, anche di prima mattina con i capelli scompigliati. Ma come diavolo fa?!
Ha preparato il caffè ed ha riempito un piattino con dei deliziosi cookies con gocce di cioccolato e dei muffin, sistemando il tutto su un vassoio che ha delicatamente appoggiato sulle coperte.
“E’ ancora presto per mangiare, ho sonno” piagnucolo, rigirandomi nel letto.
Non faccio in tempo a richiudere gli occhi, che infila la mano sotto le lenzuola e inizia a farmi il solletico, facendo riempire la stanza con le mie risate.
“D’accordo, va bene, mi arrendo! Mi arrendo!” mi siedo a gambe incrociate sul letto e divido il mio caffè con lui. Ma non i muffin. Quando si parla di loro, meglio evitare. Una volta ho provato a rubargliene uno, ed è un miracolo che io sia ancora qui a parlarvene.
“Mh…mmmh, ma sono deliziosi” dico estasiata, dopo aver addentato un biscotto e sorseggiato il caffè.
Ora che ci penso, non mi ha mai portato la colazione a letto. Ma devo ammettere che è stato un bel gesto. Dovrà farsi perdonare il comportamento di ieri.
“Allora? Che vuoi fare oggi?” mi chiede, sorridendo.
“Non lo so…prendere il sole in spiaggia?”
“E’ proprio quello che volevo fare. Qui vicino abitano dei miei amici, potrei chiamarli per fare una grigliata o un qualcosa di simile…che dici?” mi domanda.
“Per me è ok” continuo a sorseggiare il caffè, mentre lui prende il telefono e va al piano di sopra per chiamare qualcuno. Telefono. Per chiamare. Oddio, mamma! Dovevo chiamare appena arrivata!
Prendo il cellulare dal comodino, tolgo la modalità aerea ancora inserita e digito velocemente il numero di mia madre. Dopo un paio di squilli, risponde.
“Juls! Grazie a Dio, stai bene? Ho provato a chiamarti un miliardo di volte! Cos’è successo?” domanda allarmata, tutto d’un fiato. Qualcosa mi dice che oggi dovrà prendere doppia razione di pillole per la sua ansia.
“Mamma sto bene, tranquilla! Ho dimenticato di togliere la modalità aerea” la tranquillizzo.
“Ah, sei la solita! Ci hai fatto morire di paura!” e in sottofondo sento la voce di papà che dice che stavano quasi per chiamare la polizia. Come sono tragici.
“Ciao papà!” lo saluto.
“Ciao tesoro! Tutto bene?”
“Tutto bene, qui è stupendo! La casa è pazzesca, pensa che abbiamo un acquario in camera! Ti rendi conto?!” grido di gioia, come una bambina a Disneyland.
“Abbiamo? Tu e chi scusa?” domanda, confuso. Ci risiamo.
“Io e Shawn papà, chi vuoi che ci sia?” la sua gelosia è esasperante, ma il suo tono di voce è così divertente!
“Tu e Shawn? Tua madre mi aveva detto che ci sarebbero state altre persone lì con voi!” erompe, facendomi ridere. Nel frattempo sento mia madre in sottofondo che cerca di inventarsi altre scuse per coprirmi. Se non fosse per lei, molto probabilmente non sarei partita.
“No papà siamo solo io e lui, e dormiamo insieme. Ma non preoccuparti, è tutto ok! Adesso devo lasciarvi, ciao!” non faccio in tempo a sentire la sua risposta, che attacco.
“Hai appena chiuso il telefono in faccia a tuo padre?” ridacchia il mio migliore amico scendendo le scale, mentre io annuisco e faccio una faccia disperata.
“Comunque ho appena chiamato i miei amici, ci vediamo tutti in spiaggia oggi pomeriggio” dice prendendo i panni, per poi sparire nel bagno.
Scendo dal letto e per poco non rischio di ammazzarmi. Non mi sono resa conto di essere completamente attorcigliata alle lenzuola, manco avessi fatto la lotta giapponese.
Mi libero e vado ad aprire le valigie per scegliere cosa mettere; opto per un costume intero di velluto verde acqua, degli shorts neri e un paio di Converse dello stesso colore del costume.
Shawn, invece, esce dal bagno con addosso solo un paio di Havaianas nere e un costume a pantaloncino dello stesso colore, con degli strani motivi: carte da gioco, ancore, rondini, rose…tutto un pò in stile old school. E’ davvero un gran figo.
Per non perdere altro tempo, entro di corsa in bagno a lavarmi e ad infilarmi la roba che ho scelto.
Dopo una decina di minuti esco e mi avvio al piano di sopra per pranzare insieme a Shawn.
Dopo aver fatto i piatti e sistemato un po’ casa, ci rilassiamo sul divano guardando la tv.
Le ore passano in fretta, sono arrivate le cinque e noi neanche ce ne siamo accorti.
“Juls è ora di andare, i ragazzi ci aspettano” dice, dopo aver letto un messaggio dal suo cellulare.
Prendiamo le borse con i teli da mare e tutto l’ambaradan, e ci avviamo verso la spiaggia che è ad un paio di metri da noi.
E’ bianca, immensa e piena di palme, affiancata da un oceano limpido e scuro allo stesso tempo. E’ uno spettacolo, ma mi vengono i brividi se penso alle creature che ci sono dentro.
Appena arrivati andiamo incontro ad un gruppetto composto da tre ragazze e tre ragazzi, immagino siano i suoi amici.
“Ragazzi vi presento Julia, la mia migliore amica”.
“Ciao a tutti” li saluto un pò imbarazzata.
Davanti a me ho, probabilmente, i tre ragazzi più belli che io abbia mai visto. Dopo Shawn ovviamente.
Lucas, un biondino niente male con un fisico asciutto e tatuato, e due occhi ambrati che farebbero invidia pure ad Edward Cullen; Oliver, con i capelli castani mossi raccolti in una cipolla, gli occhi quasi neri, tatuaggi e piercing quanto bastano e il fisico…bhè, quello mozza il fiato. E’ più muscoloso degli altri ed ha un culo che parla, letteralmente. Credo proprio che questa vacanza mi farà esplodere le ovaie. Non so se mio padre sarebbe fiero dei miei commenti, ma il bello dell’averli nella testa è proprio questo. Poi c’è Alex, che ha una folta chioma di ricci neri, un paio di occhi verdi smeraldo, una sensuale bocca carnosa e un bellissimo fisico scolpito. Per quanto riguarda le ragazze, ci sono: Ashley, che al contrario delle altre credo che mi stia già sulle palle. Ha dei lunghissimi capelli corvini, pelle abbronzata coperta da tatuaggi e due occhioni azzurri contornati da un trucco assai pesante che mi squadrano dalla testa ai piedi; Emma, ragazza bellissima e semplicissima, tutta acqua e sapone, pelle bianca come il latte, con una lunga chioma bionda e gli occhi verdi circondati da delle graziose lentiggini; e infine Victoria, mulatta e con dei grossi rasta rosa in testa. Ha anche lei dei tatuaggi e dei piercing, ma al contrario di Ashley, le stanno bene.
“Allora, noi maschietti andiamo a fare un po’ di surf. Fate amicizia e trattatela bene, arpie” scherza Oliver, facendomi l’occhiolino. Oddio.
“Certo, con piacere” sorride maliziosa Ashley. Deduco che non abbia buone intenzioni. Speriamo bene.
“Per te è ok Juls?” mi domanda Shawn, vedendomi un pò spaesata. Sa benissimo che per una timida come me non è semplice.
“Si si, va pure” sorrido flebilmente, vedendo entrare i ragazzi in acqua con le tavole.
“Che ne dite di prendere un pò di sole? Sono troppo bianca, non va bene” piagnucola Emma, mentre ci avviamo tutte sotto l’ombra di una palma. Stendiamo i teli a terra e ci spogliamo, per poi spalmarci la crema solare e metterci al sole.
“Allora, Julia…parlaci un pò di te. Come hai conosciuto Shawn?” mi chiede Victoria, sorprendendomi.
Non pensavo che una di loro potesse davvero interessarsi a me.
“Beh, che dire…conosco Shawn da quando avevo sette anni, si è trasferito vicino a me e siamo migliori amici da allora”
“Solo amici? Sei lesbica per caso?” articola spocchiosamente Ashley, prendendosi una gomitata da Victoria e un’occhiataccia da Emma.
Io la stavo aspettando a dire il vero.
“Si, solo amici. Ti sembra così strano?” mi difendo.
“Certo, non si può essere “solo amici” con Shawn…io me lo sono fatta tre volte, è così sexy” mi provoca, riuscendoci alla perfezione.
Le sue parole sono come lame. Non che io non sappia che lui è un bel ragazzo e che si sia dato da fare in questi ultimi tempi, ma sapere che persino questa strega ha avuto la possibilità di sfiorarlo, mi fa male.
“Ash basta, smettila di fare la stronza” la rimprovera la bionda.
“Che c’è?! Era per dire” sorride perfidamente. La odio.
“Non starla a sentire, è solo gelosa” la prende in giro Victoria, sorridendomi.
“Io gelosa? Di lei?” scoppia a ridere, mettendosi una mano sul petto.
“E perché mai dovrei essere gelosa di una che Shawn non si scoperebbe nemmeno con il cazzo di un altro?” adesso basta.
Mi alzo di scatto e mi avvento su di lei, iniziando a tirarle i capelli.
Le ragazze iniziano a gridare e cercano di dividerci senza risultato. I ragazzi escono dall’acqua e corrono da noi.
“Uhuh! Ho sempre sognato di vedere una bella rissa tra donne!” esclama Lucas, mentre salgo a cavalcioni su Ashley per riempirla di schiaffi.
“Ragazze basta!” Shawn e Oliver ci dividono.
“Sei una puttana!” grido contro di lei, cercando di liberarmi per dargliene di santa ragione.
Vorrei ammazzarla in questo momento, ma Mendes me lo impedisce. 
“E tu una povera sfigata!” risponde, sputando vicino ai miei piedi.
“Basta, calmatevi!” Oliver trascina Ashley lontano da me, mentre cerco di calmarmi.
“Ma che diavolo è successo? Vi siete appena conosciute!” chiede Shawn a Vic ed Emma.
“Ashley l’ha provocata, Julia non c’entra” mi difende la ragazza dai capelli rosa.
“La solita stronza, ci ha rovinato la giornata” dice dispiaciuta Emma.
“Stai bene?” mi domanda Shawn, prendendomi per le spalle.
“Si, è tutto ok” affermo apatica, pulendomi il rivolo di sangue che ho sull’angolo della bocca.
“Sicura? Ti porto a casa se non vuoi stare più qui” mi prende il mento, sollevandomi la testa.
“Sto bene” lo rassicuro, perdendomi nei suoi occhi.
“Ragazzi, Ash è andata a casa” torna tra noi Oliver.
“Te la senti di proseguire?” si avvicina a me, accarezzandomi premuroso una spalla.
“Si ragazzi, state tranquilli. Non ho rischiato di morire” sorrido.
“Ah, questo lo abbiamo visto” mi da uno schiaffetto sulla spalla Lucas. Me la sono cavata abbastanza bene.
“Allora che ne dite di un pò di beach volley per dimenticare l’accaduto?” propone Alex, ottenendo approvazione da tutti noi.
Mi farà bene svagarmi un pò. Le parole di Ashley continuano a ronzare fastidiose nella mia testa, e in qualche modo devo cercare di farle tacere.
“Giochiamo in acqua, è più divertente!” esclama Emma, saltellando senza sosta.
“Che ne dite di rendere tutto più interessante?” aggiunge Lucas, con aria di sfida.
“Cos’hai in mente?” chiede interessata Victoria.
“Una sfida all’ultimo sangue a schiaccia sette”
Shawn e Oliver si scambiano uno sguardo d’intesa prima che Alex risponda a sua volta.
“Preparatevi a sputare sangue!” scherza, facendo ridere me e le ragazze.
La partita ha inizio. E’ tutto un susseguirsi di urla, schizzi, risate, tuffi e schiamazzi vari.
Ci divertiamo così tanto, che non ci accorgiamo del sole che sta tramontando alle nostre spalle.
“Ragazzi, guardate” dice meravigliata Emma, indicandoci il tramonto.
Mi piacciono i tramonti. Da sempre. E questo penso sia uno dei tramonti più belli a cui io abbia mai assistito.
“Bene, direi proprio che è ora di accendere il fuoco” strepita affamato Shawn, rovinando il magico momento.
Chissà perché la cosa non mi stupisce.
Usciamo dall’acqua e andiamo ad asciugarci. Inizia a fare anche un tantino freddo.
I ragazzi accendono velocemente il fuoco e iniziano a cuocere ogni tipo carne, dal maiale al vitello e dal pollo all’agnello.
Ceniamo nella maniera più tranquilla possibile attorno al focolare, raccontandoci di tutto: dalle storie più divertenti a quelle un po’ meno felici. Rido e mi diverto come non ho mai fatto prima d’ora. Ora capisco perché Shawn li ha scelti come amici, sono delle persone splendide.
Passata la mezzanotte, ci ritroviamo tutti a chiacchierare un po’ sparsi per la spiaggia. Io sorseggio la terza birra consecutiva con Oliver sotto il pontile dove abbiamo acceso un falò, e non molto lontani da noi ci sono Victoria e Alex che pomiciano. Chi lo avrebbe mai detto?!
Shawn, Lucas ed Emma, invece, chiacchierano sulla riva con i piedi immersi nell’acqua.
Devo aver esagerato un po’ con la birra, perchè mi gira la testa e sento il corpo andare a fuoco.
Shawn ci guarda insistentemente da prima, ma non gli do peso.
“Lo sai Julia, sei una ragazza davvero interessante” biascica Oliver, prendendo una ciocca dei miei capelli tra le mani.
Il suo viso è talmente vicino al mio che riesco a sentire il forte odore di birra che esce dalla sua bocca.
Presa dal momento, poso entrambe le mani sui lati del suo viso. Cavoli, è proprio un figo. Rivolgo uno sguardo lascivo ad Oliver e mi fiondo sulle sue bellissime labbra. Ho intenzione di limonare di brutto, tanto da farmi mancare il respiro, ma non faccio in tempo perché qualcuno lo allontana da me. Molto più violentemente. Accade tutto talmente in fretta che ci metto tempo a realizzare. E, quando riesco a collegare bene il cervello, vedo Shawn con le mani nei capelli e Oliver seduto a terra con il sangue che gli esce dal naso. Sono tutti scioccati, compresa me.
“Shawn! Che cazzo ti è preso?” grida Oliver, pulendosi il sangue con la mano.
“Scusami amico, io…” balbetta sotto shock passandosi una mano nei capelli.
Le sue nocche si sono arrossate e il suo petto sale e scende velocemente. Mi guarda mortificato, per poi scappare verso casa.
“Ok, direi che questa serata finisce qui” dice Lucas iniziando a spegnere il fuoco insieme a Victoria, mentre Alex ed Emma aiutano Oliver ad alzarsi.
“Ragazzi io…sono scioccata quanto voi, mi dispiace tanto” mormoro l’ultima frase guardando Oliver desolata.
“Tranquilla, non ce l’ho con te. E nemmeno con Shawn a dire il vero” sorride malinconico. Come?!
“Sappiamo tutti perché lo ha fatto” afferma Emma. A quanto pare sono l’unica che non sa che diavolo sta succedendo qui.
“Tu gli piaci Juls, si vede lontano un miglio. Non hai notato il modo in cui ti guarda?” mi domanda ovvia, mentre io scuoto la testa. E’ impossibile.
Mi sento leggermente nuda sotto il loro sguardo, ma non ci faccio caso; sono troppo confusa e spaventata per preoccuparmene.
Prendo velocemente la mia roba e corro via per la vergogna, in questo momento vorrei soltanto sparire dalla faccia della terra. 

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Capitolo 6
*** Paris, With Love ***


Capitolo 5
Paris, With Love


Sono stanca, e non soltanto per il viaggio. L’ultimo periodo è stato a dir poco folle, e tenersi tutto dentro non è facile.
L’episodio di ieri sera non ha fatto altro che appesantire una situazione che pesante lo era già di suo.
“Volete qualcosa da bere?” Ryan, il bodyguard di Shawn, interrompe i miei pensieri facendomi trasalire.
Starà con noi durante tutta la permanenza a Parigi. E’ il classico omone vestito di tutto punto, con l’auricolare nell’orecchio e poche parole nel vocabolario; molti sarebbero infastiditi dalla sua presenza, ma a me non dispiace.
“No, grazie” gli sorrido, tornando a guardare fuori dall’oblò del mio posto.
Non posso fare a meno di pensare a quello che ha detto ieri Victoria. Non ho mai visto niente di malizioso o particolarmente strano nel modo in cui mi guarda Shawn. E poi andiamo, per quale motivo un cantante famoso che ha attorno donne bellissime, dovrebbe mettersi con una come me?!
“Quanto dovrò aspettare ancora per sentirti parlare?” mi chiede Shawn, seduto al mio fianco.
“Mmm…almeno una decina d’anni”
“Oh andiamo, ti ho chiesto scusa un centinaio di volte!” piagnucola.
“Quello che hai fatto non è stato affatto bello, Shawn” puntualizzo, guardandolo male.
“E tu allora? Anche tu hai picchiato Ashley”
“Scherzi? Io mi sono soltanto difesa” balbetto, consapevole di non aver poi così tanta ragione.
“Certo, come no. Comunque ho parlato con Oliver, è tutto a posto” mi informa.
“Lo so” affermo, lasciandogli un enorme punto di domanda sulla testa.
“Come fai a saperlo?” mi chiede curioso, sorseggiando un pò d’acqua dalla bottiglia che ci ha dato l’hostess.
“Ci siamo scambiati i numeri” faccio spallucce, mentre lui per poco non si strozza.
“E perché?” ma ci fa o ci è?!
“Beh, è un bel ragazzo. E’…interessante” mormoro, abbassando la testa timidamente.
Tra me e Oliver non potrà mai esserci nulla, ne abbiamo già parlato. Lui ha capito perfettamente che nel mio cuore c’è posto solo per Shawn, ed è convinto che sia lo stesso per il mio migliore amico. Ultimamente si comporta in un modo troppo strano, così mi diverto a tenerlo un pò sulle spine.
“Interessante…capisco” deglutisce, e improvvisamente la sua faccia cambia completamente espressione.
Il viaggio procede in silenzio, nessuno dei due si azzarda a fiatare. Ho provato più volte a dialogare, ma lui non vuole saperne. Credo di non riuscire più a stare dietro ai suoi sbalzi d’umore.
Arriviamo a Parigi in tarda serata e, fortunatamente, Shawn dice che è troppo stanco per vedere la città. Anche se provo dispiacere, non posso che essere d’accordo. Siamo decisamente esausti, è stata una lunga giornata e una buona dormita è proprio quello che ci vuole.
Il viaggio verso l’hotel si rivela molto movimentato e chiassoso.
La nostra “abitazione” è parecchio lontana dall’aeroporto ed è per questo che il tassista, dopo aver riconosciuto il mio migliore amico, non ha smesso di parlare per un momento: “Giusto per passare il tempo” ha detto.
Il fulcro principale del suo discorso è stato lui.
Durante il tragitto ha voluto sapere vita, morte e miracoli e non si è dimenticato neanche di punzecchiarlo sulla questione “fidanzata”.
Questo non ha fatto che aumentare la mia malinconia.
Il tassista, naturalmente, non sa quello che provo ogni volta che qualcuno apre questo discorso, dato che sto cercando in tutti i modi di mascherarlo.
Non voglio sentirmi più così, fa troppo male.
Mentre Shawn, Ryan e il tizio chiacchierano, il nostro tragitto ci porta a passare vicino la Tour Eiffel, ed io rimango letteralmente incantata.
Vista da vicino, e illuminata dalla luce artificiale, è molto più bella di come la immaginavo.
“È stupenda vero?” chiede l’autista notando la mia espressione, mentre Shawn ci ignora smanettando con il cellulare. Sarà abituato a vederla, beato lui. 
“Certo, è meravigliosa!” esclamo. Mi piace molto il modo in cui sovrasta gli edifici con la sua bellezza; li rende tutti, praticamente, invisibili.
“Domani veniamo a visitarla” afferma Shawn, spezzando l’interminabile silenzio.
“Davvero?” gli chiedo, eccitata.
“Certo. Non puoi venire a Parigi e non vedere la Tour Eiffel” sorride.
Certo che oltre ad essere lunatico, a volte è davvero imprevedibile. Come quando ha deciso di mollare tutto e di portarmi in questo viaggio oltre oceano. E’ davvero un buon amico.
Peccato che non lo vedo solo come un amico da anni. Ma lui cosa pensa? Mi dice sempre che sono come la sua seconda sorella, ma io posso conoscere a fondo i miei di pensieri non i suoi.
Mentre penso a queste cose, affianco a noi scorre la Senna che, vista di sera, mostra tutta la magia di questa città. 
Parigi è uno dei posti più romantici del mondo, ed io mi trovo qui con lui. 
Ma adesso non mi va di rattristarmi ulteriormente, così cerco di non pensarci.
“Eccoci qui ragazzi, siamo arrivati” dice il tassista, fermandosi davanti al “Four Season”: uno degli hotel più lussuosi della città.
“Sono sicuro che vi troverete bene qui” afferma, aiutandoci a scendere le valigie dal taxi insieme a Ryan.
“Già, lo penso anch’io” mormoro, ancora attratta dall’enorme struttura.
Felice come una bambina al lunapark, mi avvio all’interno insieme a Shawn e al suo bodyguard.
“Ryan è in un’altra stanza, vero?” bisbiglio, avvicinandomi all’orecchio di Shawn una volta arrivati davanti alla porta della stanza.
“Certo, sciocca” ride sotto i baffi.
“Buonanotte Ryan, a domani” lo congeda, mentre io gli rivolgo un sorriso.
Una volta entrati, non credo ai miei occhi.
“Bella, vero?” chiede, divertito dalla mia espressione.
“Bella è dire poco” affermo, continuando a guardarmi intorno.
La stanza è molto spaziosa, e di giorno dev’essere anche molto luminosa. Il pavimento è interamente ricoperto da un parquet di legno scuro in contrasto con le tonalità bianche delle pareti. 
Un piccolo e stretto ingresso ci porta subito in un piccolo salottino, dove domina un divano ad angolo in velluto verde con cuscini in tinta, accompagnato da un enorme tappeto bianco che si trova al centro della stanza. Su di esso, un piccolo tavolino in vetro e di fronte al divano un mobile in legno bianco lucido sul quale è poggiata una TV a schermo piatto. Accanto alla porta d’ingresso, c’è quella del bagno: molto raffinato, completamente rivestito da piastrelle bianche lucide. Ha persino una vasca idromassaggio.
Un’ultima porta, quasi accanto al letto, porta ad un bellissimo balcone con vista sulla torre.
Dopo esserci lavati e sistemati, ci allunghiamo sul letto stremati.
“Buonanotte Shawn” dico sbadigliando, girandomi verso la finestra.
“Buonanotte Juls” sospira, per poi girarsi a sua volta.
Rimango un altro pò a pensare, mentre guardo le numerose stelle che si intravedono dal vetro.
Domani è un altro giorno.

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Capitolo 7
*** Paris, With Love (Pt. 2) ***


Capitolo 6
Paris, With Love
(Seconda Parte)
 

Sono le otto, questa mattina mi sono svegliata presto. Distesa sul letto, faccio fatica a svegliarmi. Poi, guardandomi intorno, mi ricordo che sono a Parigi.
Mi sento ancora un pò assonnata, ma in una città del genere è davvero un peccato restare a letto.
Mi alzo silenziosamente per non svegliare Shawn e, stropicciandomi gli occhi, vado in bagno.
Mi rinfresco subito il viso e, guardandomi allo specchio,  mi rendo conto che ho in volto i segni evidenti del mio malessere interiore: gli occhi gonfi, i capelli arruffati e l’aria distrutta. In poche parole sono un cesso.
Mentre esco tutta pulita, profumata e truccata, mi dirigo verso la valigia per prendere un vestitino nero con il pizzo, un kimono a fiori e un paio di stivaletti simili a quelli che mette Mendes. Li indosso e vado, di soppiatto, a farmi un giro.
Mi aggiro per le vie della città con gli occhi a cuore, penso che sia una delle più belle che io abbia mai visitato.
Scelgo di vedere il famoso mercato di Parigi, un posto davvero unico. C’è un incredibile vastità di prodotti così, da brava amica, compro una confezione di muffin al cioccolato per Shawn.
Ho in programma tantissime cose da visitare. Molte avrei voluto vederle stamattina, ma passeggiando sulle rive della Senna ho perso la cognizione del tempo, non rendendomi conto che è già ora di pranzo.
Non faccio in tempo a prendere il telefono per chiamare Shawn, che mi squilla nelle tasche: è lui.
“Buongiorno raggio di sole” ironizzo.
“Juls, dove diavolo sei? Sono morto di paura quando non ti ho vista…si…accanto a me” confessa, facendomi perdere un battito.
“Oh…scusa, è che…non ho saputo resistere al richiamo della città, così sono venuta a farmi un giro al mercato” dico, un pò in imbarazzo.
“Che…che ne dici di incontrarci in qualche ristorante? Ho una fame da lupi” affermo con una mano sullo stomaco, sentendolo brontolare.
“Certo! Incontriamoci tra venti minuti all’ ”Oi Sushi”, è lì vicino”
“Cioè, sei a Parigi e vuoi mangiare sushi?” domando, incredula.
“Fidati, i francesi non se la cavano molto bene in cucina” ridacchia.
“E va bene” sbuffo, chiudendo la chiamata.
Il locale si rivela bellissimo, molto lontano da quelli che abbiamo in Canada, e anche le persone che ci lavorano non sono niente male.
Siamo qui da un pò ormai, ma già prima di entrare avevo ammirato la bellezza di questo edificio dalle grandi finestre vetrate. Le pareti sono decorate con disegni di cascate, fiori e paesaggi giapponesi. Tutto a tema, comprese le divise dei dipendenti e del proprietario, Sosuke. È un uomo alquanto singolare, ed è strano perchè per me i cinesi e i giapponesi sono tutti uguali. Ma lui no, lui mi ha molto incuriosito. Ha dei modi gentili e ci ha accolto molto bene, prodigandosi per noi. Inutile dire che ha subito pensato che io e Shawn stiamo insieme, tanto che appena entrati ci ha detto: “Benvenuti piccioncini!”. Ma cos’hanno tutti?!
“Beh, come ti sei trovata?” mi chiede Shawn, mentre camminiamo vicini per le strade parigine seguiti da Ryan.
“Molto bene” rispondo sorridendo.
“Lo sapevo, quando sono a Parigi vengo sempre da loro. A parer mio fanno il sushi più buono della città” afferma, entusiasta.
I nostri discorsi continuano ad essere monosillabi e privi di contenuto, dopo l’altra sera Shawn sembra diverso. A volte è lo stesso di sempre,  mentre in altri momenti diventa taciturno e pensieroso ed io non ho il coraggio di chiedergli il perché di questo comportamento.
Non abbiamo più parlato dell’accaduto e nessuno dei due ha più accennato qualcosa riguardo l’episodio con Oliver, nonostante i continui ammiccamenti da parte dei suoi amici per messaggio e le costanti telefonate di mia madre e Zoey che sono al corrente di tutto.
“Che ne dici del Louvre? Ti andrebbe di visitarlo?” chiede, facendomi trasalire.
“Scherzi? Certo che si!” esclamo euforica.
“Ryan che ne dici? Possiamo?” lo supplica, con la sua solita espressione da cucciolo bastonato.
“Va bene, però se attiri troppi fan saremo costretti ad andar via” ordina seriamente, con la sua solita espressione da duro.
“Bene. Faremo in tempo a visitarlo tutto, dato che sono solamente le quattro” dice, guardando l’orologio che ha al polso. Fortunatamente non dimentica mai di metterlo, è praticamente un ossessione per lui.
Saliamo su un taxi e, in poco tempo, arriviamo a destinazione. Non posso credere di stare per entrare nel museo più famoso al mondo. Al suo interno sono custodite alcune delle opere artistiche più rinomate di sempre, come la “Gioconda” di Leonardo da Vinci per esempio. Il museo è parecchio grande, per cui è necessario molto tempo per visitarlo nella sua interezza, ma noi non abbiamo fretta. Shawn indossa un cappellino e un paio di occhiali da sole per cercare di non dare nell’occhio, e spero che funzioni perché non ho intenzione di andarmene da qui prima del previsto.
Tra un quadro e l’altro conosco una nuova parte di lui. L’intensità con cui analizza e studia ogni opera mi sorprende. Non pensavo sapesse tutte queste nozioni sull’arte. Una volta arrivati davanti alla scultura di “Amore e Psiche” di Canova, inizia a raccontarmi la storia del loro amore travagliato, di come Psiche affrontò delle prove durissime pur di stare accanto ad Amore, di come venne ingannata dalla madre di Amore che la fece cadere in un lungo sonno, per poi raccontarmi con aria sognante il lieto fine: Psiche che si risveglia grazie al bacio di Amore. Tra me e me penso che ragazzo più perfetto di questo non esiste. E’ bellissimo, ha una voce stupenda ed è anche romantico. Cosa si può volere di più?!
Giriamo con calma l’intero museo in questo modo: Ryan che ci segue come un cagnolino, Shawn che fa da guida ed io che, completamente catturata, non mi perdo neanche una parola di quello che dice. Di tanto in tanto le persone ci fermano per qualche foto o autografo, ma il tutto avviene fortunatamente in maniera civile e tranquilla, perciò non mi preoccupo più di tanto…anzi, ammetto che è piacevole.
Usciamo completamente soddisfatti verso le sette, e ci affrettiamo a prendere il primo taxi libero.
“Dove vi porto?” chiede il tassista, una volta entrati in macchina.
“Ci porti alla Tour Eiffel” afferma Shawn con nonchalance, prima di rispondere al telefono.
Oh mio Dio, la Tour Eiffel. La parte più romantica della vacanza. Devo prepararmi mentalmente.
“Ciao mamma! Tutto bene, voi come state? Mh mh. Si, è qui con me. Ti salutano i miei” si rivolge a me, coprendo la parte inferiore del cellulare.
“Grazie” bisbiglio, simulando un “ciao” con la mano.
“Risaluta. Si mamma, va bene. Che vuoi che mi succeda? Si, Ryan è qui. Ok, passamela” e improvvisamente cambia espressione e tono di voce, diventa più dolce.
“Hey dolcezza, come stai?” dev’essere Aaliyah. Lui la adora, e di questo ne sono certa.
Non lo ammetterebbe mai, anche di questo sono sicura, ma non può negarlo, glielo leggo in faccia. Il loro rapporto è speciale, davvero molto. Shawn c’è sempre stato per lei, ed Aaliyah questo lo sa. E’ proprio per questo che non può fare a meno del fratello, lo ammira più di qualsiasi altra persona al mondo. Qualunque cosa faccia, lui è sempre perfetto ai suoi occhi, e niente e nessuno potrà mai convincerla del contrario. A volte sono come cane e gatto, litigano e spesso non si sopportano, ma sono inseparabili.
Mi immergo talmente tanto nei miei pensieri, che non mi accorgo nemmeno della fine della telefonata.
“Eccoci qui” siamo arrivati. Bene.
Una volta scesi dal taxi, Shawn si gira verso la sua guardia del corpo.
“Ok Ryan, che ne dici se io e Julia andiamo da soli?” propone, con l’aria di uno che non vuole scendere a patti. Che? Perché vuole stare da solo con me?
“Non se ne parla” afferma duramente, mettendosi a braccia conserte. La vedo male.
“Ryan andiamo, non posso avere un pò di privacy?” piagnucola, disperato.
“Shawn, ti rendi conto di quello che dici? Per un pò di privacy potresti rischiare grosso, lo sai”
“Bene, rischierò allora” non demorde.
“E va bene. Io sarò nei paraggi, se hai bisogno non esitare a chiamarmi” si arrende.
“Grazie amico” lo abbraccia.
“Spero di non rischiare il posto per te, ragazzino” scherza, dandogli una pacca sulla spalla.
“Se mai succederà, continuerò io a pagarti lo stipendio, tranquillo” scherza a sua volta, facendolo ridere mentre si allontana.
“Che hai intenzione di fare?” gli chiedo, ancora perplessa.
“Ceniamo nella torre, che ne dici?”
“Oh mio Dio, Shawn…e me lo chiedi?!” saltello euforica, abbracciandolo.
Arrivati al primo piano della struttura, davanti a noi si presenta il ristorante “58 Tour Eiffel” in tutto il suo splendore.
“Bonsoir, signori Mendes. Vi faccio accomodare subito” dice un signore vestito di rosso, accompagnandoci al tavolo con la vista migliore.
Non sono abituata a tutto questo lusso, ma è fantastico. E sentirmi chiamare “signora Mendes” lo è ancora di più.
“Chissà quanto ti sarà costato tutto questo…tu sei completamente pazzo” mormoro, mettendo le mani sulla sbarra che protegge il vetro per vedere il panorama.
Lo sento mettersi dietro di me, e appoggiare le sue mani poco distanti dalle mie.
“Non così tanto” fa lo spiritoso sfiorandomi, senza farlo apposta, l’orecchio con le labbra. Non posso fare a meno di rabbrividire, e lui se ne accorge. Così, per l’imbarazzo, va subito a sedersi. Faccio lo stesso, e attendo con ansia che venga il cameriere a prendere le ordinazioni.
Sono nervosa, così nervosa che riesco a strappare un lembo del tovagliolo del ristorante, a furia di stropicciarlo con le mani.
Il cibo è davvero buono, si vede che la roba è stata cucinata da uno chef stellato perché i piatti sono di altissima qualità.
Dopo aver messo da parte l’imbarazzo, le ore trascorrono perfettamente tra battute e risate, proprio come ai vecchi tempi. Per la prima volta, dopo giorni, siamo riusciti ad essere gli stessi Julia e Shawn di sempre.
A fine cena decidiamo di goderci il panorama, così usciamo fuori. L’aria fresca ci investe improvvisamente, dando vita ad una leggera pelle d’oca perfettamente visibile sui miei avambracci. Ci appoggiamo al parapetto di ferro, e il vociare di altre persone ci fa da sottofondo. Sono troppo rilassata per prestare veramente attenzione alle parole che svolazzano nelle mie orecchie. L’immensità di Parigi, stesa sotto di noi come un tappeto di luci, case e viali, per un attimo, mi lascia senza fiato. Sono totalmente meravigliata dalla bellezza di questo posto. Per un attimo mi dimentico chi sono, troppo sbalordita per dare spazio a problemi e dolori.
Mi giro a scrutare il viso illuminato di Shawn, percorrendo con gli occhi i suoi lineamenti perfetti. Sono felice di essere qui con lui, talmente felice che avverto il sorriso spingere prepotentemente agli angoli della bocca.
Gli occhi nocciola, la mandibola pronunciata, le labbra carnose, i soliti boccoli scompigliati che gli ricadono sulla fronte piccola e liscia…lo rendono così perfetto che non riesco a trovare abbastanza parole per descriverlo. Per non parlare dei suoi pantaloni neri attillati, la camicia leggermente aperta e stretta nella zona dei bicipiti, e i suoi graziosi stivaletti.
“Ci fa una foto?” domanda Shawn ad una signora sulla cinquantina che è qui con il marito.
“Certo” risponde lei, sorridendo flebilmente.
Prende il cellulare dalle mani di Shawn e si appresta ad inquadrarci. Ci mettiamo in posa: vicini, con la mano di Shawn dietro la mia schiena e viceversa. Ma la signora sembra non gradire.
“Avanti ragazzi, siete a Parigi! Non posso scattarvi una foto del genere. Peter, pensaci tu per favore” le nostre facce sono a dir poco accigliate, dato che non capiamo cosa voglia dire.
Il marito si avvicina e ci posiziona l’uno di fronte all’altra, mettendoci con le mani sui rispettivi avambracci.
“Oh, perfetto!” esclama eccitata la signora. 
Ci guardiamo intensamente negli occhi per qualche secondo, mentre le nostre labbra si increspano in un fievole sorriso. Non so come, ma ci ritroviamo vicinissimi. Il colore delle sue iridi mi fa sprofondare in un mare di infinite ed indescrivibili sensazioni, mentre sento la ragione abbandonarmi sempre più.
Ci guardiamo ancora e poi, forse presi dal momento, ci baciamo. Un bacio improvviso che si trasforma lentamente in un bacio voluto, con le nostre lingue che si sfiorano, facendo volare le famose farfalle nel mio stomaco. 
Istintivamente intreccio una mano nei suoi capelli e poggio l’altra sul suo petto, riuscendo a sentire il suo cuore battere forte.
Mi alzo sulle punte dei piedi per approfondire il bacio, mentre lui mi circonda la vita con le braccia stringendomi forte.
“Bene ragazzi, la foto l’ho scattata…è uscita benissimo” dice.
“Ragazzi” ci richiama, venendo completamente ignorata.
“Molly, lasciali stare…non vedi quanto sono carini?!” la rimprovera il marito, poggiando il telefono di Shawn sul cornicione affianco a noi. Poi prende la moglie sotto braccio e, insieme, vanno via.
Continuiamo a baciarci languidamente come se il tempo si fosse fermato, come se non esistesse più niente all’infuori di noi due.
Le persone ci guardano, ma non ci interessa. Vorrei solo che questo momento non finisse mai. I nostri corpi sono a stretto contatto, le nostre mani si cercano in preda al fervore. Sono inebriata del suo profumo, delle sue labbra, del suo corpo. Gli accarezzo il collo e gli tiro leggermente i capelli.
Sento che mi vuole. Mi desidera, come sa che anche io desidero lui.
Poi ci fermiamo. I nostri occhi lucidi si incontrano di nuovo, mentre io comincio a sentir mancare le forze. Le gambe sembrano non reggere più il peso del mio esile corpo.
Non ricordo di aver provato delle emozioni così intense prima d’ora, è stato tutto così magico e inaspettato.
Ma, improvvisamente, torno alla realtà e realizzo che non sarebbe dovuto succedere. 
Tutto questo è sbagliato.
“Mi dispiace Juls, non posso” dice piano con le mani sulle mie guance, prima di lasciarle andare.
“Hai ragione, tutto questo è sbagliato” affermo, passandomi nervosamente una mano tra i capelli.
“No, non è…non è sbagliato, è che…” sembra quasi mi stia scaricando, così non lo lascio finire.
“Non c’è bisogno che continui, ho capito benissimo. Ora possiamo andare in albergo per favore?” chiedo freddamente, vedendolo annuire.
Mentre scendiamo silenziosamente con l’ascensore al piano terra, Shawn fa una telefonata a Ryan per dirgli di raggiungerci e, una volta usciti, chiama un taxi.
In una quindicina di minuti siamo in stanza, finalmente. Non vedo l’ora che questa giornata finisca, perciò prendo in fretta il pigiama e corro in bagno a lavarmi e a cambiarmi.
Uscita, vedo che Shawn è già sotto le coperte intento a giocare a “Boom Beach” sull’iPad come ogni sera.
Mi stendo accanto a lui e mi giro su un fianco, cercando di evitare qualsiasi tipo di contatto.
“Buonanotte Juls” dice flebilmente alle mie spalle.
“Notte” rispondo fredda.
Mi porto le dita sulle labbra ripensando a quello stupido bacio. Mi sono cacciata proprio in un bel casino, e adesso non so come uscirne. Chiudo gli occhi, sperando di riuscire a mettere a tacere i pensieri che torturano la mia povera mente, e come ogni notte mi addormento con le lacrime agli occhi.

La mattina seguente...

La pacchia, se così possiamo chiamarla, è finita. Questi giorni lontano da casa sono volati. Per noi è giunto il momento di tornare alla base. E’ ora di tornare a Pickering. E, stranamente, non vedo l’ora.
Sento troppo la mancanza dei miei genitori e dei miei amici.
Non vedo l’ora di rivedere Zoey per farmi aggiornare sulle ultime novità. Manca poco all’atterraggio nell’aeroporto della mia città, dove ad attendermi ci saranno mamma e papà.
“Informiamo i signori passeggeri che stiamo per atterrare a Pickering. Vi preghiamo di tenere le cinture allacciate finché l’apposito segnale non sarà spento”
La voce dell’assistente di volo mi distrae, manca davvero poco per tornare alla normalità.
Dopo l’atterraggio perdiamo un pò di tempo per ritirare le valigie. E’ la parte che meno mi piace dei voli. Una volta recuperati i bagagli, usciamo dalle porte scorrevoli e subito riconosciamo i nostri genitori. Manuel è abbracciato a Karen, e accanto a loro c’è un’euforica Aaliyah che corre subito incontro a Shawn per abbracciarlo.
“Bentornata amore mio” mi abbracciano mamma e papà.
“Ciao. È bello essere di nuovo a casa” rispondo, cercando di mandare indietro le lacrime.
“Julia, bentornata!” dice poi Karen, che nel frattempo si è avvicinata.
“Grazie Karen” le rispondo, abbracciandola.
“Forza ragazzi, andiamo a casa. Sarete stanchi” afferma Manuel, prendendo le nostre valigie insieme a mio padre.
Ci dirigiamo alle macchine e ci salutiamo.
“Ciao Shawn” lo saluto atona, con un cenno della mano.
“Ciao Juls” ricambia, guardandomi dispiaciuto.
Entriamo ognuno nella proprio macchina e, guardandoci per l’ultima volta dal finestrino, ci dividiamo.
Durante il tragitto verso casa non apro bocca, e i miei capiscono che c’è qualcosa che non va.
Ma per mia fortuna non mi fanno domande e mi lasciano in pace. Non sanno quanto li sto adorando in questo momento.
Appena varcata la soglia di casa, butto a terra tutto e corro di corsa in camera mia. Non ci sono per nessuno. Tranne che per Zoey, mi ha appena scritto un messaggio: “Stasera Lauren da una festa a casa sua, non puoi mancare! Viene anche Shawn”.
E adesso che faccio?

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Capitolo 8
*** Fallin' All In You ***


Capitolo 7
Fallin’ All In You
 

“Allora, che te ne pare?” mi chiede Zoey, stretta in un tubino nero di paillettes a maniche lunghe, aggrappata al mio braccio.
Avrei dovuto capire subito che non sarebbe stata una festa tranquilla, dato che l’ha organizzata quella poco di buono di Lauren.
Ne ho la conferma all’entrata: la calca di gente che spinge per poter passare da una parte all’altra della casa è impressionante.
La musica è talmente alta che credo di star per diventare sorda. Mi guardo intorno per poter definire questo posto, e vedo solo ragazze mezze nude che ballano ovunque, ragazzi già ubriachi alle dieci, tavoli attrezzati per il beer pong, alcol a fiumi e interi divani occupati da persone in piena crisi ormonale.
“Beh, non c’è male dai” rido, cercando di sdrammatizzare. Stasera non voglio pensare a nulla, se non a divertirmi.
“Hai visto Shawn e gli altri?” mi domanda, guardandosi intorno.
Ecco, questo giusto perché non volevo pensare a niente se non a fare baldoria. Grazie Zoey.
“Sinceramente no” affermo.
“Strano…vabè” dice, facendo spallucce.
“Andiamo a prendere qualche drink!” grida, facendomi cenno di seguirla.
Ordiniamo due Long Island e, per la sete, ce li beviamo quasi tutti d’un fiato. Cavolo, questa roba è davvero forte.
“Ci buttiamo nella mischia?” le chiedo, sistemandomi l’orlo del vestito. Ho scelto anch’io un tubino nero molto corto, ma senza paillettes e senza maniche. Ha uno scollo a cuore sul seno, e uno strato di pizzo dietro la schiena e sul petto.
“Andiamo” mi afferra la mano e mi strascina verso la calca di ragazzi. Il ritmo comincia ad impossessarsi dei nostri corpi, facendoci ballare in maniera incontrollata. Cominciamo a muoverci continuando a bere, e per un istante riesco a non pensare a nulla. Mi sento libera, quasi immortale; come se non avessi più nulla di cui preoccuparmi o a cui pensare. Sento solo la musica che mi pompa nelle orecchie, annullando la nascita di un qualsiasi tipo di riflessione.
Io e Zoey ridiamo a crepapelle, così forte da scommettere che domani mattina mi sveglierò senza voce e con un fastidioso fischio nelle orecchie.
Dopo svariati drink, la temperatura della stanza e del mio corpo si alzano notevolmente, tanto che inizio a non sopportare più quello che ho addosso. Mi sventolo con una mano cercando di creare aria e di riprendere fiato, ma con scarsi risultati.
“Zoey, io vado al piano di sopra! Qui non si respira!” decido di allontanarmi per cercare un po’ di tranquillità, mentre lei continua a ballare e a strusciarsi su persone sconosciute.
I piedi mi fanno un male cane, questi tacchi mi stanno uccidendo. Me li tolgo e li porto a mano,  mentre salgo le scale con i piedi scalzi. Tutte le stanze della casa sono aperte, e dentro ad ognuna c’è qualcuno che sta limonando. Tranne una. E’ lei la mia camera. Apro la porta ed entro velocemente dentro, chiudendomela alle spalle. Quando mi giro, rischio quasi di avere un infarto; Shawn è seduto sul letto, chinato sulle ginocchia, che con una mano regge la bevanda e con l’altra si copre il viso. Non vedo la sua faccia, ma lo riconoscerei tra mille.
“Shawn, che ci fai qui?” gli chiedo, quando mi nota e spalanca gli occhi sorpreso.
“No, tu che ci fai qui?” calca la parola “tu”, rispondendo ad una domanda con un’altra domanda. E’ una cosa che odio.
“Cercavo un pò di pace” affermo, sedendomi accanto a lui sul letto matrimoniale.
“Già, anch’io” sospira, poggiando a terra il bicchiere ormai vuoto.
Restiamo in silenzio per alcuni interminabili minuti e, non avendo da fare, mi soffermo sul suo abbigliamento: indossa semplicemente i soliti jeans neri, i suoi amati stivaletti, una maglia a maniche corte bianca e una giacca di jeans chiara. Come fa ad essere sempre così attraente con qualsiasi cosa indossi?! Personalmente, penso che starebbe bene anche con una busta dell’immondizia. 
“Shawn, so che quello che è successo a Parigi è stato…strano…però non lasciamo che questo rovini la nostra amicizia, ti prego” rompo il silenzio, attirando i suoi occhi nei miei.
“Perché dici questo?”
“Oh andiamo, abbiamo trascorso tutto il viaggio di ritorno in silenzio e stasera ci siamo incontrati per caso” dico tristemente, mentre lui sospira.
“Hai ragione, dovremmo solo…dimenticare ciò che è successo e…andare avanti” ahia. Le sue parole tagliano più di un coltello.
“Amici come prima?” asserisce.
“Amici come prima” sorrido flebilmente, per poi alzarmi e sedermi sulle sue gambe. Allaccio le braccia intorno al suo collo e lo abbraccio stretto.
“Ti voglio bene” sussurro, nell’incavo della sua gola.
“Anch’io Juls” ricambia, cingendomi la vita con le mani.
Rimaniamo così per un pò, prima di sciogliere l’abbraccio.
Con una mano gioco con i suoi capelli e con l’altra lo accarezzo, mentre lui mi liscia la schiena provocandomi brividi per tutto il corpo.
Ci osserviamo intensamente e, un pò per via dell’alcol, un pò per via delle effusioni, ci baciamo di nuovo; prima lentamente, poi con passione.
“Juls…non posso” mormora sulle mie labbra, interrompendo il bacio.
Leggo nei suoi occhi lo stesso desiderio fisico che provo io, così riprendo a baciarlo ignorando quello che ha detto.
Gli lecco il labbro e lui apre la bocca dandomi libero accesso alle sua lingua che accarezzo subito con la mia, iniziando un bacio che di casto ha ben poco. Mentre lo bacio le mie mani vagano ovunque sul suo corpo, e sento che effetto gli fa tutto questo, che effetto gli faccio io.
“Al diavolo Matt” bisbiglia eccitato, con voce roca. Matt? Che diavolo c’entra? Ignoro la mia testa e continuo ad ascoltare il mio corpo.
Le sue labbra scendono sul mio collo, mentre con le mani abbassa le maniche del vestito e mi bacia la pelle libera.
Lo stringo più forte contro di me, e lo spingo sul materasso.
Mi bacia facendomi aprire le labbra con la lingua, attorcigliandola poi alla mia mentre gli affondo le mani nei capelli.
Mi alzo con la schiena e, seduta a gambe divaricate sopra di lui, gli sollevo la maglietta bianca scoprendo gli addominali ben definiti da tutti gli anni di palestra che ha praticato. Finisce di sfilarla lui buttandola sul pavimento, rimanendo a torso nudo. Successivamente mi solleva l’orlo del vestito scoprendomi le gambe, accarezzandomele, per poi tornare a far salire l’orlo oltre le mie braccia, sfilandomi del tutto il tubino.
Mi guarda sopra di lui con solo l’intimo addosso e scruta ogni centimetro della mia pelle, mi studia, mentre aspetta una mia mossa.
Prima di agire, lo osservo ancora un pò: gli occhi scintillanti e pieni di desiderio, le labbra carnose e rosse per i baci, le guance rosee, il respiro ansimante e i capelli scompigliati.
E’ una visione magnifica.
Accarezzo ogni parte del suo corpo, soffermandomi su uno dei suoi cinque tatuaggi. Sull’avambraccio destro ha un paesaggio riflesso sull’acqua a forma di chitarra, con lo skyline di Toronto e il suono della voce della sua famiglia che gli dice “ti voglio bene” al posto del manico. Il mio preferito. E’ così profondo e ben pensato.
Poi mi chino su di lui, baciandolo con una lentezza esasperante sulla fronte, sulle guance, sul mento, sulla gola, per poi risalire, sfiorandogli appena le labbra. Tenta di baciarmi impaziente, ma io lo schivo e riprendo a baciarlo sul collo, sentendo il suo respiro accelerare sempre di più.
Arrivo al petto prima che decide di cambiare posizione.
Mi sovrasta con il suo corpo e inizia a mordermi il collo, mi sfiora appena la pelle sotto l’orecchio, mi morde le labbra, le lecca, le bacia, sempre mantenendo una presa salda sui miei fianchi, tendendo i nostri bacini premuti l’uno contro l’altro.
Mi toglie il reggiseno, lanciandolo da qualche parte nella stanza e mi bacia il seno. Lascio cadere la testa all’indietro sul cuscino, stringendo le lenzuola tra le mani.
Riapro gli occhi solo quando sento la sua voce, più roca che mai.
“Cosa stiamo facendo?”
Lo guardo mordendomi il labbro, per poi sorridere.
“Non lo so, ma mi piace”
Mi inarco sotto di lui quando prende a baciarmi la pancia, per poi finire sul bordo degli slip e infilarci una mano dentro, sfiorandomi appena. Mi abbandono a dei rumorosi gemiti, respirando a fatica. Nessuno mi hai mai fatta eccitare così tanto con così poco.
Mentre lui continua a torturarmi con una mano, con l’altra prende un preservativo dalla tasca dei suoi pantaloni adagiati ai piedi del letto.
“Sei sicura?” mi domanda preoccupato, pensando sia la mia prima volta.
“Non è la mia prima volta, Shawn” affermo imbarazzata.
“Sul serio?” chiede, sorpreso.
“Non sei l’unico che si è dato da fare” puntualizzo, con un pizzico di acidità nella voce.
“E con chi scusa? Perché non ne so nulla?” sembra ingelosirsi.
“Matt. Ma ero ubriaca, e non ha significato nulla. Non te l’ho detto perché non parlo di queste cose con i maschi” rispondo ovvia.
“Matt?” spalanca la bocca.
“Non mi ha detto nulla neanche lui…strano!” esclama pensieroso.
“Dobbiamo parlarne proprio ora?” lo interrompo, piagnucolando.
“No, hai ragione. Dove eravamo rimasti?” sussurra facendomi ridere, per poi fiondarsi di nuovo sulle mie labbra.
Mi abbassa piano gli slip, baciando e succhiando ogni centimetro della pelle circostante, facendomi morire dal piacere. Le mie mani si insinuano tra i suoi ricci, tirandoli leggermente. Riporto la sua faccia a livello della mia e mi perdo nelle sue labbra, che mi fanno ubriacare più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Insinuo la mia lingua dentro la sua bocca carnosa, mentre gli levo velocemente i boxer.
Lui, di risposta, fa aderire il suo bacino contro il mio facendomi emettere un piccolo gemito di piacere quando sento la sua erezione contro di me.
“Ti voglio” mi dice, cogliendomi di sorpresa.
Sorrido e lo bacio con più foga di prima. Sapessi quanto ho atteso questo momento.
Sento di non riuscire più a resistere, così gli metto il preservativo e avvicino, piano, il membro alla mia apertura. Mi apre un pò di più le gambe e comincia a penetrarmi delicatamente.
Mi metto tutte e due la mani sulla bocca, cercando di soffocare i gemiti.
Lui comincia a muoversi, ad ansimare e a gemere insieme a me.
Le sue mani si stringono alla testiera del letto mentre aumenta il ritmo delle spinte.
Sono sul punto di esplodere. Va sempre più veloce.
Una forte spinta finale e viene; con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta e ansimante dal piacere.
“Shawn” ansimo, eccitata nel vederlo così.
Dopo pochi istanti, vengo anch’io.
Stremati, ci lasciamo andare sul letto. Mi sistemo sul suo petto, sentendo il suo cuore battere all’impazzata come il mio.
I nostri respiri sono affannosi, e la pelle è leggermente sudata.
Mi guarda, mentre tenta di riprendere fiato, e noto che i suoi occhi sono…diversi. Il suo sguardo lo è. Non mi guarda più come faceva pochi secondi fa. Che gli succede?
Cerco di non essere paranoica come sempre, e lascio spazio ad altri pensieri.
Non posso credere che sia successo. Finalmente il mio corpo ha avuto la possibilità di gridare il suo amore per lui. Non potrei essere più felice di così.
Mi avvicino e lo bacio sulla fronte, per poi accoccolarmi di nuovo sul suo petto. La mia mano va su e giù e, in pochi minuti, sento le palpebre chiudersi lentamente.
“Juls! Juls, dobbiamo andare!” sento qualcuno che grida. E’ Zoey.
Apro gli occhi e la vedo davanti a me con addosso ancora il suo tubino di paillettes. Dove sono? Che è successo?
“Juls muoviti, dobbiamo andare! Hanno chiamato la polizia!” grida trascinandomi per un braccio, tentando di farmi alzare dal letto.
“Si un attimo, stai calma!” rispondo assonnata scrutando la stanza, cercando di individuare la mia roba.
“Vedo che ti sei divertita eh? Chi è il fortunato?” mi chiede eccitata, mentre mi rimetto l’intimo. Come? Dov’è Shawn?
Mi giro verso il letto e noto che è vuoto. Ero sola.
“Zoey, ti sembra il momento?” mi infilo velocemente il tubino e i tacchi e la prendo per mano.
“Andiamo” la trascino giù per le scale e per poco non mi viene un coccolone: la casa è completamente a soqquadro, e gli invitati corrono come matti a destra e a sinistra scappando dai poliziotti. Io e Zoey spintoniamo un paio di persone e, in poco tempo, riusciamo ad uscire da casa di Lauren. Corriamo ridendo come matte nella sua auto e partiamo sgommando verso casa mia.
“Oh mio Dio, è stato pazzesco!” grida, sbellicandosi dalle risate.
“Già! La festa più bella a cui io abbia mai partecipato!” sorrido a mia volta, ripensando all’accaduto.
“Immagino” mi strizza l’occhio.
“Hai visto se Shawn e gli altri sono riusciti a scappare?” mi faccio seria, mentre cambio stazione radio.
“Mmmh…no” fa spallucce, con lo sguardo fisso sulla strada.
“Anzi, a dire il vero si. Una mezz’oretta prima di salire, ho visto Shawn scendere le scale e andare via con Matt. Era abbastanza sconvolto, non so cosa sia successo” dice.
Qualsiasi cosa sia successa, dev’essere stata abbastanza importante dato che Shawn non si sconvolge facilmente.
Appena arrivate a casa, ci togliamo i tacchi sul pianerottolo e entriamo in punta di piedi per non svegliare i miei. Sono le tre di notte, dubito siano ancora svegli.
Come immaginavo, la casa è completamente al buio e, per arrivare in camera mia, ci aiutiamo con la torcia del cellulare.
“E’ stata una serata pazzesca!” afferma scoppiando di nuovo a ridere, una volta dentro.
“Oh Zoey, decisamente” ammicco, levandomi di dosso i miei insopportabili vestiti.
“Non mi hai ancora detto chi è il ragazzo misterioso” dice, mettendosi a braccia conserte sul letto.
“Se te lo dico prometti di non prendermi in giro?” le chiedo, mentre metto il pigiama.
“Non penso possa essere peggio di quando sei andata a letto con Matt, perciò…” afferma con la faccia più buffa di sempre, indossando anche lei gli indumenti per dormire.
“Sei una stronza” asserisco sorridendo, sedendomi sul mio letto.
“Vai, spara” viene affianco a me, e mi guarda incuriosita.
Prendo un respiro profondo e parlo.
“Quello con cui sono andata alla festa è…Shawn” confesso, coprendomi il volto con le mani per la vergogna.
“Come?!” grida, tappandosi la bocca un secondo dopo essersi accorta del chiasso che sta facendo.
“Juls, scherzi?”
“Secondo te?” la guardo colpevole.
“Porca troia! Conosco quello sguardo” quale sguardo?
“Non ci credo. Ti sei innamorata di lui?” cerco di non guardare Zoey e mi concentro sulle mie unghie che, fino ad oggi, non sono mai state così interessanti.
“Dimmi che sto sognando” Zoey mette entrambe le mani sulle sue guancie e mi guarda con un insolito ghigno sul viso.
“Juls ti sei innamorata di lui” quasi sussurra. La sua incredulità mista a gioia sta diventando alquanto fastidiosa. Però devo ammettere che è strano sentire ad alta voce queste parole, ma liberatorio allo stesso tempo. E’ da un secolo ormai che mi comprimono il cervello, e sentirle da Zoey mi fa realizzare l’accaduto. Da sola facevo fatica ad ammettere di essere innamorata del mio migliore amico.
Si alza improvvisamente dal letto e comincia a fangirlare come una dodicenne. E’ ufficialmente fuori di testa.
“Zoey!” corro a chiuderle la bocca con una faccia scocciata “abbassa la voce, vuoi che lo sappia tutto il vicinato per caso?”
“Julia Anderson innamorata di Shawn Mendes” mormora ancora incredula.
“È così difficile da credere?” rispondo facendo spallucce.
“In realtà no. Me lo aspettavo” confessa.
“Com’è successo? E, soprattutto, quando?” domanda curiosa.
“Più o meno da sempre…ho capito di provare qualcosa per lui quando ci siamo baciati giocando ad “obbligo o verità” a casa di Matt” ammetto.
“Cioè, praticamente sei innamorata di lui da quando avevi dodici anni e non mi hai mai detto niente? Che razza di amica sei?” piagnucola.
“A dodici hanno ho iniziato a vederlo in maniera diversa, quando si cresce lo sai come va a finire no? Però credo di aver capito di essermi innamorata di lui quando è partito” confesso.
“Oddio, che cosa dolce” dice, con gli occhi a cuore.
“E’ tutto così…incredibile!” risponde euforica.
“Cosa c’è di incredibile nell’essere innamorata di un cantante famoso?!” alzo gli occhi al cielo,  tornando a sedermi sulle coperte.
“Tutto, se quel cantante famoso è l’amore della tua vita nonché tuo migliore amico da sempre” dice continuando a guardarmi, sedendosi di nuovo affianco a me.
“Non ne sono così sicura. Cioè, al mondo siamo sette miliardi di persone. Potevo innamorarmi di chiunque, ma perché proprio di Shawn?” rispondo in modo quasi disperato, voltandomi verso di lei.
“Non possiamo scegliere di chi innamorarci Juls, la vita non è una partita a The Sims”
“Sarà…ma sono andata a cacciarmi proprio in un bel casino” ribatto sbuffando.
“Perché non glielo dici?” domanda, come se fosse la cosa più facile al mondo.
“Terra chiama Zoey! Se glielo dicessi rovinerei tutto. E poi mi ci vedi a fare a botte con tutte quelle ragazzine che gli sbavano dietro? Circondata da paparazzi, e quant’altro?” la guardo afflitta.
“Se è questo che ti rende felice…si. E poi, sai benissimo che non sarebbe la prima volta che fai a botte, perciò…” afferma divertita. Non posso far altro che scoppiare a ridere e annuire ripensando ad un episodio accaduto in quarta elementare. Tirai un ceffone ad un’altra bambina perché aveva fatto piangere Shawn. Lo aveva offeso dicendogli che era brutto. Immagino che ora si sia pentita amaramente di aver detto una tale fesseria. Vorrei tanto vedere la sua faccia quando lo googla su internet e vede le sue foto a petto nudo. Comunque, anche se è dura ammetterlo, la pura e semplice verità è quella di Zoey. Cioè che Shawn mi rende felice. Mi hanno resa felice tutti i momenti che abbiamo passato insieme. Mi ha resa felice tutte le volte che mi ha difesa e protetta dalle offese, tutte le volte che si è preso cura di me proprio come fa una mamma con il suo cucciolo, tutte le volte che mi è stato accanto nei momenti peggiori…perché Shawn è così. Sempre pronto a farmi ridere. Mi bastano i suoi sorrisi, i suoi sguardi semplici ma profondi e le sue braccia forti per farmi dimenticare di tutto il resto.
“Ne avete parlato? Quando…si insomma…” mi domanda. Scuoto la testa mandando via i miei stupidi pensieri smielati.
“Mh mh. Ogni volta che fa un passo in avanti, poi ne fa cento indietro. Sento che qualcosa in lui è cambiato, non è più come prima” affermo, mostrandole tutta la mia malinconia.
“Avrà tante cose a cui pensare” dice, sperando di tranquillizzarmi.
“Si…a cose tipo Taylor Swift, Selena Gomez o qualche modella superfiga che non ha niente a che vedere con me” pronuncio, sbuffando.
“Ma smettila! E poi è vero che non hanno niente a che vedere con te. E’ per questo che sei perfetta per lui” risponde dolcemente, strappandomi un sorriso.
“A parte gli scherzi, cosa intendi quando dici che non è come prima?” il suo tono diventa repentinamente serio e teso.
“Non lo so Zoey. E’ sempre così strano…in certi momenti è visibilmente preso poi, improvvisamente, diventa cupo e schivo…i suoi sbalzi d’umore mi fanno impazzire!” esclamo.
“Non hai mai pensato che forse prova le stesse cose per te?” mi chiede. No, a dire il vero no. Per niente.
“No, ma ho pensato a cosa succederebbe se glielo dicessi e non venissi ricambiata” puntualizzo.
“Hai ragione, forse è meglio lasciar passare un pò di giorni. Il tempo ti darà le risposte che cerchi” dice, abbracciandomi. Ma quanto è saggia?
“Già” sospiro, chiudendo gli occhi.
Oh Shawn…se solo tu sapessi.

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Capitolo 9
*** The Weight ***


Capitolo 7
 
The Weight


Una settimana. È passata una settimana dall’ultima volta che l’ho visto. Mi sveglio tutte le mattine con la maledetta speranza di trovare un suo messaggio o una sua chiamata ma, queste puntualmente non arrivano. Sono chiusa in casa e ho smesso di parlare con chiunque. 
Ormai sono uno zombie. Persino il postino, quando apro la porta, crede di aver sbagliato indirizzo; e di certo non posso biasimarlo.
Indosso tutti i giorni la stessa tuta, con i pantaloni nei calzini di lana. Tipico abbigliamento antistupro.
Ho i capelli completamente spettinati, due valigie sotto gli occhi e non ho voglia di far niente, se non di stare sul divano a guardare Netflix.
Mamma è preoccupata per la mia salute, tanto che sente continuamente Karen per saperne di più sulla vicenda; lei dice che anche Shawn è strano, ma io non le credo. Papà, invece, è sempre più convinto di dover andare a casa dei Mendes per dare una lezione al loro figlio più grande. Zoey mi tartassa di chiamate sul telefono di casa per darmi della cogliona patentata, e per incitarmi ad andare a casa di Shawn e rivelargli i miei sentimenti. Ma ho paura. Perciò mi limito soltanto ad ascoltare musica depressa sul mio letto e a cercare di levarmelo dalla testa. 
Ascoltare musica di questo genere di certo non alleggerisce la situazione, ma come si fa a sorridere quando ci si sente vuoti?
Come si fa a vivere, senza avere alcuna ragione per farlo?
Dio, mi faccio pena da sola.
E se avesse ragione Zoey? Se lui provasse qualcosa per me? Certo che se continuo a starmene chiusa in casa non lo saprò mai. E se non ricambia che faccio? Oddio, sto uscendo pazza. In questo momento mi viene in mente quello che diceva sempre mia nonna: “ci sono parole “e” e “se” che da sole non hanno nulla di minaccioso, ma se le metti insieme una vicina all’altra hanno il potere di tormentarti per tutta la vita”. E penso non ci sia niente di più vero.
Basta, ho deciso. Vado a parlargli.
Dopo essermi fatta una bella doccia, mi vesto accuratamente scegliendo una tuta intera nera a maniche corte e un paio di Stan Smith classiche. Prendo il chiodo di pelle nero e il cellulare, e scendo al piano di sotto.
Mamma e papà sono abbracciati sul divano, intenti a guardare un film sdolcinato. In questo preciso istante non so se invidiarli o se vomitare.
Cerco di sgattaiolare fuori senza far rumore, ma il colpo alla sedia del tavolo da pranzo me lo impedisce.
“Julia, tesoro, hai finalmente tolto quella tuta orrenda” dice papà, delicatissimo come sempre.
“E ti sei lavata, vestita e addirittura truccata! Dove vai di bello?” mi chiede felice mamma, ignara del fatto che sto andando praticamente a suicidarmi.
“Oh, beh…penso di uscire un pò con Zoey” mento, dipingendo sui loro volti un pò di serenità.
“Va bene tesoro, divertiti allora!” esclamano, tornando a puntare gli occhi su quello stupido film. Certo, mi divertirò da pazzi a farmi spezzare il cuore!
Esco e, chiudendomi la porta dietro alle spalle, rifletto sul fatto che mi sono agghindata per fare due fottuti passi. Ma d’altronde, al giorno del mio funerale non potevo presentarmi come una stracciona.
Supero il viale di casa mia e incontro subito quello dei Mendes. Guardo in alto, verso la camera di Shawn, e noto che le tende sono chiuse; nel vialetto giace la sua Jeep, e la casa sembra essere più silenziosa del solito. Il cielo è di un grigio quasi nero, il che non è proprio un buon segno. Vorrà dirmi qualcosa anche lui?! L’ansia mi assale, mi tremano le mani e il cuore mi batte all’impazzata nel petto. Credo di stare per morire.
Arrivata davanti alla porta ci poggio la mano esitando, chiedendomi se quello che sto facendo sia davvero la scelta giusta. Respiro profondamente e, senza pensarci ulteriormente, busso.
Dopo un paio di minuti, la porta si apre. I miei occhi incontrano il suo sguardo nocciola, e il mio cuore perde un battito. Restiamo entrambi in silenzio non sapendo esattamente cosa dire.
“Qualcuno dovrebbe spezzare questo silenzio imbarazzante” dice Aaliyah, vicino a lui. 
“L’hai appena fatto” afferma Shawn, atono. 
“Che ci fai qui?” finalmente mi rivolge la parola, con voce flebile e gli occhi un pò lucidi.
“Posso parlarti?” cerco di sembrare sicura di me, ma mi rendo conto che la mia voce trema.
“Certo” mi guarda orgoglioso, e mi fa cenno di entrare con la testa.
Una volta dentro, chiude la porta e invita sua sorella ad andare al piano di sopra. 
Ci sediamo sul divano, e restiamo in silenzio per un paio di minuti.
Lo osservo e, per la prima volta dopo sette giorni, credo alle parole di Karen. Il suo aspetto è terribile; ha il viso pallido come un lenzuolo e delle occhiaie parecchio marcate, segno che ha sofferto anche lui e questo, non so perché, mi fa sentire tremendamente in colpa. 
“Che ci è successo?” lo guardo seria, ma la mia voce mi tradisce; trasuda sofferenza da tutti i pori.
“Non lo so” afferma sospirando, rivolgendo lo sguardo altrove.
“Shawn, io…” prendo tempo, continuando a combattere interiormente con me stessa.
“Continuo a pensare a te, a me, a noi…so che non dovrei, ma non posso farne a meno” stavolta sono i miei occhi a diventare lucidi. Lui mi guarda sbalordito, rimanendo zitto. 
“E lo sai perché? Perché ti amo. Ti amo da tanto, da troppo, da sempre. So che avrei dovuto dirtelo, ma solo da un pò di tempo mi sono resa conto che se tu non ci sei, io non esisto. E’ come se tutto il mio essere dipendesse da te, e questo mi sta uccidendo” dico tutto d’un fiato, sentendomi più leggera.
Lui, con un espressione indecifrabile sul volto continua a stare in silenzio, il che è snervante.
“Potresti dire qualcosa per favore?!” 
“Juls, non posso” si limita a dire, mentre io mi sento come se qualcuno mi avesse ficcato il cuore in un frullatore.
“Che cazzo significa che non puoi? Continui a dirlo da quella sera che ci siamo baciati a Parigi, mi spieghi che vuol dire?” alzo la voce, non credendo alle mie orecchie.
“Tutto questo…io…non posso, ok?” grida, facendosi scappare una lacrima.
“Sono venuta fin qui per dirti che ti amo, e tu sai dire solo che non puoi?! Dio Shawn, sei così...così...ah! Lo sai che ti dico? Vai al diavolo!” urlo in lacrime, spintonandolo. Karen corre in salotto e rimane sorpresa nel vedermi in questo stato. 
"Shawn cosa le hai fatto?" gli domanda preoccupata, mentre lui continua a guardarmi in lacrime. Non reggo più il peso di questo momento imbarazzante, così prendo velocemente la mia giacca di pelle dal divano e mi precipito fuori, sbattendo violentemente la porta d'ingresso.


POV Shawn

"Shawn, che diavolo sta succedendo qui?!" interrompe il silenzio mia madre, mentre io inizio a piangere come un bambino.
Nemmeno nei miei incubi peggiori avrei creduto di poter soffrire così tanto. Il panico...il fottuto terrore di perderla...quello non me l'aspettavo. Non mi aspettavo niente di ciò che è successo ultimamente.
"Non...non voglio parlarne, ok?" dico sperando che mi lasci in pace, mentre mi avvio velocemente verso le scale.
"Ti ama, non è così?" mi chiede dolcemente alle mie spalle, quasi in un sussurro. Annuisco, rimanendo immobile.
"Tesoro, che stai facendo? So che la ami anche tu" afferma, facendomi gelare il sangue. Esterrefatto, mi giro verso di lei e la guardo dritta negli occhi.
"Come fai a saperlo?" le domando, incredulo.
"Una madre le sa queste cose" sorride malinconica.
"Vedo il modo in cui la guardi...è lo stesso di tuo padre quando guarda me" dice, facendomi sorridere leggermente.
"Non è facile mamma" dico, abbassando lo sguardo sul pavimento.
"Non c'è niente di facile in questa vita, Shawn...ma se non rischi non saprai mai cosa ha in serbo per te" afferma saggiamente.
"Cosa c'è di così difficile?" mi chiede, incoraggiandomi a seguirla sul divano.
Tentenno un pò. Non so se raccontarle tutto come sono solito fare. Ma l'ho sempre fatto, e non smetterò di certo ora che ne ho più bisogno.
"E va bene" inizio, strofinandomi nervosamente le mani.


POV JULIA

Sta piovendo. L’aria odora di pioggia, mentre i lampi squarciano il cielo di questa giornata grigia.
Scende talmente tanta acqua che i miei vestiti si zuppano in un secondo, e i miei capelli diventano irrimediabilmente arruffati. Le gocce percorrono il mio viso triste, mescolandosi con le mie lacrime. Corro, corro e annaspo nel traffico. Non sento i clacson, né la pioggia sulla pelle o l’umidità insopportabile di questa città. Riesco soltanto ad avvertire la sensazione, orrendamente familiare, di quando qualcosa ti trafigge il cuore e ti senti cadere a terra. Mi viene da vomitare, come se fossi appena scesa da una montagna russa, ma l’idea di fermarmi non mi passa nemmeno per la testa: non è un’opzione.
“Zoey” dico a Natalie, la madre di Zoey, costretta ad assistere alla scena pietosa di me stravolta, con gli occhi rossi, zuppa, con il fiatone e una probabile polmonite in arrivo. La voce mi esce a malapena, mentre lei mi fissa col capo inclinato come se le fosse apparso davanti un alieno. 
“E’ in casa?” riesco a chiedere, con la voce roca di chi ha appena corso per dei chilometri sotto un acquazzone pazzesco. 
“Certo cara, entra! Vuoi…vuoi un asciugamano?” balbetta indicando i miei vestiti sudici, una volta entrata. 
Non rispondo e, incapace di trattenere le lacrime, parto spedita verso la stanza della mia migliore amica, che grazie al cielo so già dove si trova. Almeno ci arrivo più in fretta, evitando figure di merda con altri membri della famiglia. Il mio passo veloce e scomposto mi fa sembrare una maratoneta dilettante che arriva stremata alla fine di una gara. Le mie scarpe bagnate smettono di scricchiolare sul parquet quando arrivo davanti alla sua porta. Il telefono squilla nella mia tasca, ma lo ignoro. Sta zitto aggeggio infernale, non ora!
Non appena vedo Zoey sdraiata sul letto, corro in lacrime ad abbracciarla facendola trasalire.
“Juls, che è successo? Che ci fai qui?” mi chiede preoccupata, vedendomi in questo stato.
Prendo un sonoro respiro dal naso, chiudo gli occhi e la stringo forte.
“Gliel’ho detto Zoey…ho detto a Shawn che lo amo” sussurro, nell’incavo del suo collo.
Il telefono squilla di nuovo. Non rispondo. La mia mano e la mia voce sono incapaci di reagire al momento.
“E lui che ha detto?” mi chiede, sospirando amareggiata senza alcun tono di rimprovero nella voce.
“Che non può…è stata l’unica cosa che gli è uscita dalla bocca dopo che…” singhiozzo, non riuscendo a finire. 
“Oh Juls, mi dispiace così tanto” mi stringe, accarezzandomi i capelli.
“Il tuo cellulare continua a squillare da un pò…non rispondi?”
“No, non ho voglia di parlare con nessuno” prendo il telefono con una mano e glielo passo.
“E’ Shawn” dice quasi in un sussurro, forse preoccupata per una mia possibile reazione.
“Non voglio mai più vederlo ne sentirlo. Perciò ti prego, butta via quel cellulare!” mi lamento allungandomi sul letto. Non ha il diritto di chiamarmi. 
“Va bene, va bene…ho capito” mi rivolge uno sguardo carico di compassione, mentre poggia il mio telefono sulla scrivania. 
“Dio Zoey…voglio solo scappare dove nessuno può trovarmi. Dove posso essere felice. Ma senza di lui, credo che non abbia più senso” affermo soffocando il mio pianto isterico, con la testa affondata nel suo cuscino.
“Oh Juls, io…sono così dispiaciuta per te, non so nemmeno cosa dirti per sollevarti il morale”
“Mi sento…vuota, come se avessi un enorme buco nel petto...pensi che finirà mai?” le chiedo sospirando, mettendomi a sedere.
"Cosa?"
"Il dolore"
"Non lo so...ma voglio pensare di si. Dicono che il tempo guarisce tutte le ferite...o quasi"
cerca di confortarmi con un mezzo sorriso, mentre mi asciuga le lacrime con il pollice.
Non so se il tempo mi farà stare meglio. Ma se così non fosse, non sopravvivrò.
“Che ne dici se andiamo giù a rimpinzarci di schifezze e a guardare qualche film divertente?” mi propone sorridente, mentre io annuisco e ricambio il sorriso.
“Odio vederti così” piagnucola. 
“Ti prometto che reagirò, e che cercherò di superare tutto. Ma non adesso” spiego abbassando la testa, dispiaciuta di aver fatto rattristare anche lei.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve. Io sono comunque qui come sempre, puoi chiamarmi o venire a trovarmi a qualsiasi ora. Sei una ragazza in gamba Juls, e so che un giorno avrai tutto quello che ti meriti” afferma, facendomi tornare gli occhi lucidi. Mi da un abbraccio, e subito mi sento di nuovo importante per qualcuno.
Ci alziamo e scendiamo al piano di sotto. Natalie e Joe devono essere andati a letto, la casa è troppo silenziosa e buia; Michael, il fratello maggiore di Zoey, invece starà di sicuro partecipando a qualche festino in città come è solito fare. 
Mi accascio sul divano, mentre lei va in cucina a prendere la roba. Dopo qualche minuto, torna nel salotto con ogni tipo di schifezza esistente sulla faccia della terra: caramelle gommose, cioccolata, popcorn dolci e salati, patatine e tutto quello che i supermarket del Canada hanno da offrire. Ho già detto che la amo?
Dopo aver visto ben tre commedie e aver riso come matte, è arrivata l’ora di tornare a casa.
“Non so come ringraziarti Zoey…sei la migliore amica del mondo…ti voglio bene” sorrido nostalgica, abbracciandola.
“Ci sarò sempre per te, ma questo lo sai già…ti voglio bene” mormora sulla mia spalla.
“Mi raccomando, fai la brava…e chiamami” dice, sciogliendosi dall’abbraccio.
“Sarà fatto. Buonanotte” le sorrido ed esco di casa.
“Notte Juls” ricambia, e chiude la porta.
Dovrei chiamare un taxi, ma non mi va. Camminare alle tre di notte sotto il cielo stellato di Pickering è impagabile per me. Se lo sapesse mia madre, probabilmente mi ucciderebbe. Si, perché la notte è pericolosa, soprattutto se una ragazza di diciotto anni si aggira per le strade poco illuminate della città.
Ma a me non importa. Se qualcuno si avvicina troppo, mi metto ad urlare a squarciagola o, molto semplicemente, uso lo spray al peperoncino che mi ha regalato papà il giorno del mio compleanno.
A me la notte piace; mi rasserena, mi culla con il suo silenzio e mi aiuta a pensare.
Una volta tornata a casa, entro piano per non far rumore e corro nella mia stanza.
Mi tuffo sul letto, troppo stanca per spogliarmi. Le forze mi stanno abbandonando, tutta la stanchezza della corsa sotto la pioggia e delle lacrime versate mi investe come un treno.
Julia, perchè l’hai fatto? Perché hai rovinato tutto? Perché non ti sei fermata quando potevi? Il mio rimorso è fisso, e mi gira in testa come una cantilena, mi tormenta. Per farlo smettere, chiudo gli occhi e mi abbandono nelle braccia di Morfeo.

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Capitolo 10
*** Bring It Back ***


Capitolo 8

Bring It Back


Non pensavo che la fine di un legame potesse essere così devastante. Insomma, sono abituata ad immedesimarmi in quelle poverette che soffrono per amore nei film, ma il dolore reale è un’altra cosa. Quando la persona che ami distrugge tutto ciò in cui credevi, quando vieni respinta, quando sai che quello che conta davvero ti sta scivolando dalle mani, fa schifo. L’amore fa schifo.
Sono distesa sul divano di casa mia mentre piango a dirotto e faccio indigestione di gelato alla vaniglia, con addosso il solito pigiama orrendo. Sono stanca, infelice, e mangio schifezze da almeno tre giorni; eppure il dolore che sento nel petto, e il vuoto che ho nello stomaco non se ne vanno. I ricordi sono la parte più difficile da cancellare, ho la casa tappezzata di foto che mi ritraggono con Shawn, il che mi fa pensare ad ogni momento passato insieme e non mi aiuta per niente. 
Sento la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi con delicatezza, i passi rumorosi di un paio di tacchi sul pavimento e poi il cuscino del divano schiacciarsi accanto a me.
“Julia, sono passati tre giorni. Ti prego!” mi giro verso mia madre, e so esattamente cosa sta guardando: i miei occhi gonfi, il mio naso rosso e i miei capelli disordinati. 
Non m’importa affatto del mio aspetto in questo momento, voglio rimanere nel mio dolore ancora per un pò. Sono masochista lo so, ma è l’unica cosa che mi rimane. 
“So che quello che sto per dirti non è di aiuto, ma incominci a puzzare. Non voglio stare a guardarti marcire su questo divano” adoro la sua schiettezza, come adoro lei. E’ tutto quello che ho insieme a papà. Sospiro, e cerco di non ridere mentre mi annuso il pigiama.
“Mamma, ti prego…lasciami morire in pace” la supplico.
Dalla sua espressione mi accorgo che sta iniziando seriamente ad arrabbiarsi. 
“Non esiste! Vuoi che chiami tuo padre?” guardo il barattolo del gelato che ho in mano, e penso che mi mancherà avere una buona scusa per ingozzarmi e non sentirmi in colpa.
“No, per carità” piagnucolo, pensando al sermone che mi farebbe se mi vedesse in questo stato. Ho fatto tanto per convincerlo a non andare a gonfiare la faccia a Shawn, non posso mandare tutto all’aria.
“E poi Julia, non sei tu quella che deve stare così…ma lui. Perché è lui che ha sbagliato, è lui che ha perso qualcosa di prezioso, non tu” afferma convinta.
“Credi che io abbia fatto bene mamma? Insomma, se sto così è solo colpa mia” rivelo, a testa bassa. I suoi occhi verdi perdono la determinazione e la rabbia di prima, e si addolciscono, mentre la sua mano mi accarezza la coscia con fare protettivo.
“Oh, tesoro…non è colpa di nessuno. Forse avete soltanto sogni ed obiettivi differenti” le sue parole mi fanno un po’ male, ma ha ragione. Molto probabilmente quello che ha spinto Shawn a fare la sua scelta è stato proprio questo, il voler realizzare a tutti i costi il suo dannato sogno. 
Non ho mai amato piangermi addosso, odio sentirmi debole e vulnerabile in questo modo.
“Cosa ne sarà di me adesso?” mamma sospira, mi guarda determinata e mi dice:
“Intanto ti alzi, ti fai una bella doccia e poi vieni con me a fare un po’ di shopping, avanti!” mi prende per un braccio e mi costringe ad alzarmi. Mi conosce proprio bene. Ho sempre pensato che non c’è niente che non si possa risolvere con del buono e sano shopping.
Ci abbracciamo e, finalmente, un po’ di quel vuoto va via. Il dolore viene sostituito da una gioia temporanea e per oggi mi basta.


Due mesi dopo...

POV SHAWN

Ho passato i due mesi più brutti della mia vita. Vorrei piangere fino a finire le lacrime, perché dentro sto malissimo; un forte dolore mi lacera il petto e mi sembra quasi di non saper più come si respira.
L’immagine del volto triste di Julia, che corre via piangendo, mi hanno letteralmente tormentato.
Le sue parole mi sono entrate sottopelle, e bruciano ancora come fuoco nelle vene.
Faccio un leggero resoconto della situazione, e per quanto riguarda il cibo direi che è invariata; mangio poco e niente. Credo di aver perso un paio di chili in questi mesi, senza esser mai andato in palestra.
La notte dormo male e il sonno scarseggia ogni giorno che passa. Ho di nuovo gli attacchi di panico, e l’ansia ha ripreso ad assalirmi.
Cerco di mascherare il fatto che ho appena finito di piangere e, dopo qualche minuto, scendo in soggiorno delle persone più care che ho.
Mi rilasso un pò sul divano, poggiando la testa sulla spalla di Aaliyah. Chiudo gli occhi per qualche secondo, sentendo la sua piccola mano posarsi sulla mia.
La stringo per farmi coraggio, e improvvisamente mi sento meglio. Ma solo un pò. Ancora sento un forte peso che mi schiaccia il torace.
Riapro gli occhi e sospiro malinconico sotto lo sguardo insistente di mia madre. Penso si sia accorta che ho pianto.
“Oh Shawn, perché non la smetti e vai da lei?” mi chiede dolcemente, con tono disperato. Da quando le ho raccontato tutto, non fa altro che dirmi di andare da lei.
“Mamma, ne abbiamo già parlato. Ti prego” mi lamento imbarazzato, sentendo di aver attirato anche l’attenzione di mio padre e mia sorella.
“Ma quella ragazza sta soffrendo davvero tanto, tesoro…e anche tu” afferma dispiaciuta. 
Sente la madre di Juls almeno una volta al giorno, immagino glielo abbia detto lei.
“Shawn, non potrai scappare per sempre” mi rimprovera atono mio padre. Ed ha ragione. Non continuerei a scappare se non fosse per…
“Lo so papà, ma è complicato” mi giustifico.
“Adesso, se la paternale è finita, me ne vado in camera mia” mi alzo, avviandomi velocemente al piano di sopra senza il loro consenso.
Mi avvicino alla finestra, che si affaccia su quella di Julia, e dopo tre interminabili giorni la vedo. Sta uscendo con Evelyn, è…strana. Anche se è truccata, riesco ancora a vedere i segni delle mie stupide parole impressi sul suo viso. Ma, nonostante questo, per me è sempre la più bella.
Vorrei tanto poter farla andare via dai miei pensieri, dalla mia mente, e dal mio stupido cuore.
Sono stufo di non fare altro che pensarla e non poterla avere. Il mio corpo è stufo. La mia testa è stufa. Il mio cuore è stufo.
Perché ogni volta che la vedo il battito accelera, e ricomincio a respirare; poi lei si gira, non mi saluta, e il mio cuore smette di nuovo di battere.
Non posso continuare così, devo parlare con Matt. Ora.


POV MATT

I supplementari sono finiti.
Dieci a sette per i New York Rangers.  
I Toronto Maple Leaf non disputeranno ai play-off, il nostro sogno si è infranto.
In questo preciso istante Shawn emette un urlo frustrato e getta con violenza la sua lattina vuota di birra per terra mettendosi le mani nei capelli.
Dopo qualche minuto si guarda intorno, raccoglie la lattina dal pavimento ed incrociando il mio sguardo mi rivolge le sue scuse.
“Mi dispiace, Matt. Non so cosa mi sia preso” poi si butta di peso sul divano, sospirando.
So per certo che Shawn non sta bene. Erano giorni che non rispondeva al telefono, era come scomparso. Oggi si è presentato qui all’improvviso, con le occhiaie sotto gli occhi e un’espressione da zombie mai vista sulla sua faccia. 
“Non preoccuparti…piuttosto, vuoi dirmi cosa sta succedendo? Sono due mesi che te ne vai in giro come uno zombie” rompo il silenzio. Alla mia domanda lo vedo sbiancare, e non so il perché.
“Non succede nulla” dice stizzito, guardando verso il basso.
“Piantala di mentirmi. Ti conosco troppo bene, davvero ti aspetti che io creda a questa stronzata? Avanti sputa il rospo” affermo serio, mettendomi comodo, pronto per sentire cos’ha da dire.
“Succede che nulla va come dovrebbe andare. Avremmo dovuto vincere! Arrivare ai play-off e vincere anche lì!” esclama gesticolando. 
“Interessante, ma so quasi per certo che non c’entrano un cazzo i play-off con la tua faccia da cane bastonato. Perciò mi vuoi dire che diavolo ti prende, Shawn?” lo supplico, vedendolo torturarsi le mani.
Questa sera è diverso, è davvero perplesso. Cos’avrà scatenato la sua reazione?
Ok, anche io sono arrabbiato e frustrato dall’idea che eravamo ad un passo dai play-off e ci siamo lasciati scappare quest’opportunità, ma il suo comportamento deve per forza nascondere un qualcosa di più importante.
“E va bene…dobbiamo parlare” dice, facendo tremare la gamba con uno dei suoi soliti tic nervosi.
“Parlare? Io e te? Devo preoccuparmi?” gli chiedo confuso, ricevendo uno sguardo da “smettila di fare domande e ascoltami”.
“Ok ok, ho capito…me ne sto zitto” alzo le mani in segno di resa e spalanco le orecchie attentamente.
“Da dove inizio” bisbiglia, strofinandosi le gambe con le mani. E’ così agitato che mi sta facendo venire l’ansia.
“Matt io ti voglio bene, sei il mio migliore amico da sempre e sai che non farei mai niente per ferirti” ma che sta succedendo?
“Santo cielo Shawn, arriva al punto” lo interrompo, in preda al panico.
“Ok ok…è che non ce la faccio più. Mi sono sentito così impotente quando Julia…” si ferma incerto. Che c’entra Julia?!
“Si, quando lei…lei ha detto di amarmi” afferma tutto d’un fiato, chiudendo gli occhi come se stesse aspettando un pugno in faccia.
“Cosa?” gli chiedo, guardandolo scioccato. Non riesco a credere alle mie orecchie.
“Amico mi…mi dispiace tanto, ok? Ma è andata così ed io…non posso farci niente. Se potessi cambiare le cose, credimi lo farei!” dice sincero, con gli occhi lucidi.
Julia ama Shawn. In questo momento mi sento come se il mondo mi stesse crollando addosso. Sono innamorato di lei da anni, ma non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. Pensa che idiota. Anche se devo ammettere che avevo già capito che c’era qualcosa che non andava. Tutte le volte che con noi c’era anche lui, lei lo guardava sempre con troppa ammirazione. Per non parlare di quando siamo stati a letto insieme; era distante e fredda. Avrei dovuto capirlo subito, che stupido.
“Io ci ho provato ad allontanarla Matt, l’ho ferita profondamente e mi sento una merda per questo…so che la ami, ma non ce la faccio…non posso più mentire a tutti, e soprattutto a me stesso! Perché la amo anch’io, da sempre…e non posso lasciarla andare” conclude con voce tremolante, dopo avermi pugnalato nel petto per almeno una ventina di volte con le sue parole.
"Spero tu capisca" mormora. Chiudo gli occhi per un attimo e li apro, tentando di frenare le lacrime.
Se costringessi Shawn e Julia a non vedersi più, smetterebbero di amarsi? Io credo di no. Perciò tutto quello che posso fare è accettare la cosa, che mi piaccia o no. Devo chiudere la questione per poter andare avanti con la mia vita.
“Ho così tanta voglia di tirarti un bel pugno in faccia” dico serio, cercando di mantenere un'aspressione inscrutabile. Vedo la sua faccia cambiare espressione: da triste a terrorizzato. Dovreste vederlo, è troppo divertente.
“Ma non lo faccio, perché ti voglio bene. Sei come un fratello per me” esprimo parole di vero orgoglio e stima nei suoi confronti, per poi stringerlo in un caloroso abbraccio fraterno.
“Cristo Matt, per un attimo ho pensato che non avresti capito” confessa sollevato, ricambiando l’abbraccio.
“Beh, lei ama te perciò…hai vinto tu” faccio spallucce, cercando di nascondere la mia amarezza.
“Anche se non capisco cosa ci trovi di bello in te…insomma, guardati!” dico scherzando, facendolo ridere.
“Beh adesso è chiaro che non puoi andare avanti così. Se è davvero lei quella che vuoi allora, invece di rovinarti la vita e piangerti addosso, alza il culo e vai a riprendertela”.
Io e lui, quando dobbiamo dirci qualcosa, non ci giriamo mai intorno. Anche se si tratta di essere un po' brutali a volte, ci diciamo in faccia tutto quello che pensiamo. Lo facciamo per il nostro bene, e perché è questo che fanno i veri amici.
“Non lo so. Dovrei trovare la forza per parlarle, ma non so come fare. Non penso voglia nemmeno vedermi, figurati parlarmi” la sua voce si incrina e qualche lacrima inizia a correre veloce lungo le sue guance. Non lo avevo mai visto in questo stato, fa davvero male. Soprattutto perché in qualche modo mi sento responsabile della sua sofferenza.
“Che sia arrabbiata è normale, Shawn”
“Arrabbiata è un eufemismo! Dovevi vederla…le ho spezzato il cuore” mormora, tremendamente dispiaciuto. Non posso credere che abbia fatto tutto questo per me.
“Sono sicuro che ti perdonerà” affermo, dandogli un colpetto sulla spalla.
“Comunque voglio che tu sappia che io sono qui. Sei il mio migliore amico, e questo non cambierà” sorrido.
“Per me è lo stesso, fratello” sorride a sua volta, abbracciandomi di nuovo.
Per Shawn è sempre stato difficile gestire le emozioni, vive tutto in maniera intensa, e quando le cose diventano troppo pesanti da sopportare, viene sempre qui, a casa del suo migliore amico. Un rifugio sicuro dove sa che qualsiasi cosa combini io sarò qui, pronto a rimediare per lui.
Ci siamo piaciuti subito, c’è sempre stata sintonia tra di noi e dal nostro primo incontro la nostra amicizia è cresciuta, diventando sempre più forte e profonda, sempre più speciale.
Conosco ogni demone che abita nel cuore di Shawn, come lui conosce i miei. Per capirci ci basta uno sguardo, non abbiamo bisogno di nient’altro. E non ci eravamo mai fatti del male prima d’ora. Discutiamo, certo, ma il rispetto e il bene che abbiamo l’uno per l’altro viene sempre messo prima di tutto. E’ questo che ci tiene uniti.
“Parla con Julia, va da lei” gli consiglio, scompigliando i suoi ricci ribelli. 
“E se non vuole vedermi?”
“Io sono qui. Ma dubito che possa respingerti”
lo tranquillizzo.
“Ti voglio bene, Matt” esordisce, abbracciandomi per l'ennesima volta.
“Ti voglio bene anch'io” dico, ricambiando.
Mi ringrazia tacitamente con uno sguardo e si avvia verso la porta d’ingresso.
“Grazie di tutto” sorride, scendendo le scale del pianerottolo.
“Buonanotte” lo saluto.
“Notte” ricambia, entrando nella sua Jeep nera.
Chiudo la porta di casa, e ringrazio Dio per aver messo al mondo il mio migliore amico.
Avrò anche perso l’amore di Julia, ma l’amicizia di Shawn resta. E questo mi basta.


POV SHAWN

Sono davvero grato per aver incontrato persone come Matt lungo il mio cammino. Felice di aver risolto con lui, mi dirigo verso casa di Zoey. So che è tardi, ma ho bisogno di parlarle. Non vive molto lontano da Matt, infatti sono davanti casa sua in una decina di minuti.
Busso alla porta, sperando di non essere mangiato vivo dai genitori, e noto con piacere che è proprio lei ad aprirmi.
“Shawn? Che ci fai qui?” mi domanda perplessa, con addosso un buffo pigiama da unicorno.
“Devi aiutarmi, si tratta di Juls” dico, con aria seria e preoccupata allo stesso tempo.
“Non penso che voglia vederti. E, detto sinceramente, neanche io” afferma acida, mettendosi a braccia conserte.
“Lo so che ho sbagliato, non volevo ferirla. E’ una lunga storia, ma ho dovuto farlo”
“Ah davvero? Vallo a dire al suo cuore spezzato, brutto idiota” fa per chiudere la porta, ma la blocco con la mano prima che possa riuscirci.
“Non ho potuto dirle che la amo perché anche Matt la ama. Da sempre. Contenta?” mi lascio scappare il segreto, pentendomene subito dopo. E’ per una buona causa, il mio migliore amico capirà.
“Che?” apre la bocca stupita, uscendo sul pianerottolo.
“L’ho respinta per non fare un torto a lui, capisci?”
“Si…ma sei stato comunque un idiota”
“Lo so, sono qui per questo” dico, vedendo la sua faccia corrucciarsi.
“Leggermente in ritardo, ma apprezzo lo sforzo” asserisce sarcastica.
“Devi aiutarmi, ti prego” la supplico, mentre lei alza gli occhi al cielo. Fa finta di pensarci e poi risponde.
“E va bene, che vuoi che faccia?” sbuffa.
“Convinci Julia a venire al mio concerto”.

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Capitolo 11
*** Lights On ***


Capitolo 9

LIGHTS ON


Non so che fare.
Non so che aspettarmi, ma nonostante tutto quello che la mia testa non smette di ripetermi, tutti quei discorsi e quei problemi che in fin dei conti sono futili cazzate da ragazzina paranoica, ho deciso nelle ore insonni passate a pensare che la devo piantare di piangermi addosso. Devo accettare le cose come stanno e andare avanti.
Questa mattina ce l’ho fatta. E’ strano ma oggi mi sento bene. Mi sento felice senza un motivo preciso, ed è bellissimo. 
Fuori c’è uno splendido sole che illumina i prati verdi del vicinato, l’aria è fresca e il cinguettio degli uccelli echeggia per la città. E’ proprio un'ottima giornata per passare un pò di tempo all’aria aperta. E’ da un bel pò che non lo faccio. 
Il telefono, dopo un lungo periodo di inutilizzo, riprende a squillare disturbando i miei pensieri. E’ Zoey.
“Ciao” rispondo.
“Julia?!” dice, sorpresa di sentire che sono ancora viva.
“In persona” rispondo ironica.
“Come stai?” chiede, quasi spaventata dalla mia risposta.
“Stranamente sto bene, grazie” dico sincera, con un pizzico di malinconia.
“Ne sono felice, davvero. Sono stati i mesi più sofferti della mia vita” confessa, con un tocco di tristezza nella voce.
“Sto bene” mi limito a dire, cercando di non riaprire il fascicolo “Shawn”.
“Senti, ti andrebbe di andare a fare un giro al parco? Devo parlarti” mi propone, seriamente.
“Devo preoccuparmi?” le chiedo, davvero preoccupata.
“Nah! Ci vediamo al Rotary Park tra mezz’ora” afferma entusiasta, come se aspettasse con ansia questo momento.
“D’accordo. A dopo!” esclamo, posizionandomi davanti all’armadio aperto e scegliendo con gli occhi cosa mettermi.
“A dopo!” riattacca.
Poggio il telefono sulla sedia della scrivania e ed entro in bagno con i vestiti.
Dopo essermi fatta la doccia, mi trucco leggermente e mi vesto.
Ho optato per un maglione oversize grigio a maniche lunghe, un paio di leggins di pelle bucati sulle ginocchia e delle Dr. Martens nere opache. Prendo la mia Michael Kors nera, ci infilo il cellulare e scendo al piano di sotto.
“Buongiorno” saluto i miei, trovandoli in cucina a fare colazione.
“Buongiorno tesoro” mi salutano come se avessero visto la Madonna.
“Già in piedi?” mi domanda mamma, incredula nel vedermi già sveglia.
“Si, vado a fare un giro al Rotary con Zoey” affermo atona, addentando un toast.
“Fai bene, è proprio una bella giornata” dice, guardando sorridente mio padre.
“Beh, io vado” biascico con la bocca piena, avviandomi verso la porta d’ingresso.
“Va bene, non fare tardi per pranzo!” grida, mentre mi chiudo la porta alle spalle.
Respiro a pieni polmoni l’aria fresca e, per un istante, mi sento di nuovo viva. Sorrido e mi incammino verso il parco.
Il sole splende gentile nel cielo, una tenera brezza mi scompiglia i capelli e il suono delle urla giocose dei bambini mi riempie le orecchie.
Chiudo gli occhi per qualche secondo, godendomi questa lieve carezza per poi riaprirli e ammirare le rare nuvole che compaiono sulla mia testa. Sembrano dei soffici batuffoli di cotone.
Una volta arrivata nel nostro posto “segreto”, noto con piacere che la mia migliore amica è già arrivata. Se ne sta lì, seduta sulla stessa altalena che da anni ci fa compagnia quando abbiamo bisogno l’una dell’altra. Significa molto per noi, per me.
Sembra tesa, fissa i suoi piedi come un automa tanto che non mi vede arrivare.
“Posso?” domando, mettendomi lentamente vicino a lei, facendola trasalire.
“Dio Juls, da dove sei sbucata? Non ti ho sentita arrivare!” esclama ridendo, portandosi una mano al petto per lo spavento.
“Me ne sono accorta” affermo, ridendo a mia volta.
Lei si alza, e corre subito ad abbracciarmi. Mi stringe forte, e questo mi basta per capire quanto le sono mancata. Quanto mi è stata vicina, anche se da lontano, in questo assurdo momento della mia vita.
“Mi sei mancata” sussurra, stringendomi ancora di più.
“Anche tu” confesso, con il viso coperto dai suoi bellissimi ricci neri. Profumano sempre di cocco, ed è una delle cose che più mi piace di lei.
“Ok, adesso basta con le smancerie sennò mi viene il diabete” dice, tornando a fare la parte della dura.
Immaginavo. I suoi momenti dolci non durano mai più di qualche minuto. 
Si siede di nuovo sull’altalena, ed io la seguo a ruota.
“Allora…di cosa devi parlarmi?” vado dritta al sodo.
Anche se la sua pelle è nocciola, riesco quasi a vederla sbiancare in viso.
Si gira lentamente, come se davvero fino a questo momento non si fosse accorta della mia presenza.
I suoi occhi neri trasudano paura da tutti i pori. Mi sto seriamente inquietando.
“Juls, ti prego di ascoltarmi senza interrompermi. Non è facile quello che ti devo chiedere, e non so nemmeno se riesco a dirtelo senza impappinarmi. Sai che le parole non sono il mio forte” 
La guardo attonita, sentendo il cuore battermi forte nel petto. Sono agitata, ho una brutta sensazione. E il mio istinto non sbaglia mai.
"Ma non avevi detto che non dovevo preoccuparmi?" le domando allarmata, riferedomi alla telefonata di qualche ora fa.
"Vuoi lasciarmi finire?!" dice disperata.
Mi limito a fare un cenno con il capo, e la lascio parlare.
“Beh ecco…Brian mi ha chiesto…si…di…andare con lui, questo venerdì, al…al primo concerto del nuovo tour di…” capendo cosa sta per chiedermi, la blocco immediatamente.
“No Zoey, non se e parla. Come…come diavolo ti è venuto in mente?!” alzo i decibel, non credendo alle mie orecchie.
“Oh andiamo Juls! Lo so che per te è difficile, ma non potresti fare uno sforzo per la tua cara, carissima amica?” mi supplica, ottenendo un “no” con la testa da parte mia. Non se ne parla.
“Dai, Brian mi piace! Ci sarà anche Matt, non sarai il terzo incomodo"
"Ah no? Lo sai che tra me e Matt la situazione non è delle migliori" affermo, mettendomi a braccia conserte. Da quando gli ho detto che per me la nostra "notte di fuoco" non ha significato nulla, non è più lo stesso e mi evita come se avessi la peste bubbonica. 
"Per favore” insiste, guardandomi con occhi languidi mentre io la fisso inespressiva.
“Ti compro un paio di tappi per le orecchie e una mascherina da notte…ma ti prego, accompagnami” ed il tono con cui lo dice, mi fa scappare un sorriso.
Andare al concerto di Shawn? Sarebbe troppo doloroso per me. Ma non me la sento di ferire Zoey, lei c’è sempre stata. Non posso fare l’egoista e rifiutare la sua richiesta, che amica sarei?!
“E va bene” affermo sbuffando, pentendomene subito.
“Lo sapevo! Grazie, sei l’amica migliore del mondo!” grida felice, saltellando come una matta.
“Ad una condizione però” smette di saltare e torna a guardarmi seria.
“Spara” dice, incuriosita.
“Devo essere un fantasma, non voglio incontrarlo. E non voglio che sappia che vengo” affermo duramente.
“Agli ordini!” improvvisa il saluto militare e mi da un bacio sulla guancia. Ruffiana.
“Come devo fare con te?! Dai, andiamo a farci una passeggiata” prendiamo le nostre cose e ci avviamo verso il laghetto delle papere.


Venerdì...

“Juls, muoviti!” urla Zoey dalla mia stanza. 
“Sono quasi pronta!” rispondo, finendo di ritoccarmi il trucco.
“Arriveremo in ritardo, l’auto è già arrivata!” 
“Ok ok, eccomi. Basta che la smetti di gridare” sbuffo, tornando in camera da lei.
Non faccio mai tardi per le cose veramente importanti. Ma questo concerto non lo è proprio. Ci vado solo per farle un favore. 
Non impazzisco dalla gioia di andare a questo maledetto concerto. E al solo pensiero, il mio cuore inizia già a battere forte. Perchè? Mi sento come se fossi impaziente di vederlo. 
Mi manca, lo ammetto. Ma mi ha ferita profondamente, non dovrei neanche pensarci. Negli ultimi due mesi è stato così difficile dimenticarlo, e adesso che ci ero quasi riuscita Zoey mi costringe a fare questo. Ora che me lo ha ricordato, è difficile non essere nervosa. 
Sono curiosa di sapere se anche lui si sente così. Cosa poco probabile, dato che quel giorno mi ha ferita con così tanta facilità. Ho paura di rivederlo. Ho paura di sentire di nuovo le stesse sensazioni che, in questo periodo, ho cercato di cancellare. Potrei sopportarlo? 
Devo stare calma. Zoey mi ha promesso di non dirgli nulla, e molto probabilmente neanche lo vedremo dai posti che abbiamo.
Devo essere forte. Non è poi così difficile, giusto? 
Faccio il nodo alle Vans e prendo la borsa, pronta per andare. 
Ho scelto un semplice maglione oversize nero da infilare nei jeans, e un paio di Levi’s strappati sulle ginocchia sorretti da una mini cinta nera.
“Hallelujah!” esclama. 
“Non siamo in ritardo” dico, guardando l’ora sul mio iPhone. 
“Lo so, ma se vogliamo stare in prima fila dobbiamo essere lì in anticipo” annuncia sorridendo, tronfia come un pavone. 
“Come? In prima fila? Cristo Zoey, dovevo essere un fantasma ricordi?!” mi infurio, guardandola in canesco.
“Ricordo bene, ma Sha…tu sai chi, ci ha dato i pass per il parterre. Non è colpa mia!” piagnucola. 
“D’accordo andiamo” pronuncio sbuffando. 
La serata non è neanche cominciata e già non vedo l’ora che finisca.
“Non avrai caldo con quella addosso?” mi domanda, guardando il mio maglione.
“Sai, lì dentro sarà pieno di ragazze accaldate…non so se mi spiego” alza le sopracciglia ripetutamente, facendomi ridere e ingelosire allo stesso tempo.
“Andiamo cretina, prima che cambio idea” affermo, spintonandola giocosamente.
Una volta uscite di casa, davanti al mio vialetto troviamo una fottuta limousine nera che ci aspetta.
“Forza ragazze, si va!” grida Matt dal tettuccio apribile della vettura, mentre Brian ci accoglie aprendoci la portiera.
Entro, seguita poi da Zoey e Brian. I miei occhi non credono a quello che vedono: sedili in pelle chiara ondulati, frigo bar pieno zeppo di bevande di ogni tipo, luci al neon che cambiano colore, soffitto stellato e casse enormi.
Mi sembra di essere in un sogno. E mentre guardo fuori dai piccoli finestrini oscurati, penso che, infondo, questa serata non sarà poi così male.
Dopo ben quarantadue minuti di viaggio, finalmente siamo arrivati al Rogers Centre di Toronto.
Un uomo, alto e muscoloso, ci mette al collo i pass e ci scorta all’interno dello stadio facendoci spazio tra la folla. Questo stadio è davvero enorme, non ho mai visto una struttura così grande. Mi metto al mio posto e osservo la situazione. Sono sotto il palco. Una transenna ed un pò di spazio mi dividono dal mio migliore amico. Quando salirà sul palco lo vedrò benissimo, ma spero con tutto il cuore che lui non vedrà me. 
L’atmosfera che c’è è spettacolare; l’arena pullula di ragazze con maglie, sciarpe e oggetti di ogni tipo raffiguranti il viso di Shawn. Gridano, piangono, si agitano sulle sedie e intonano i pezzi dell’album con tutto il fiato che hanno in gola. E’ più affollato di quanto mi aspettassi, il che è notevole dato che il concerto non è ancora iniziato. Noto con piacere che sono presenti persone di ogni tipo di età e sesso, e questo non può far altro che farmi sorridere.
Controllo l'orologio, sono solo le nove. Il concerto non inizierà prima di trenta minuti. 
“Bello vero?” mi domanda Zoey, vedendomi incantata.
“Da morire” quasi sussurro, ancora incredula.
Questo è il primo concerto di Shawn a cui assisto, ed è così assurdo che lui non sappia neanche che sono qui. Io, la sua migliore amica. Quella che non si è mai persa niente e lo ha sempre sostenuto. Sono cambiate tantissime cose, sembra ieri che eravamo in camera sua e mi diceva del contratto. Sospiro frustrata e torno alla realtà quando Zoey mi da una pacca sulla spalla.
“Tutto ok?” mi guarda con compassione.
“Tutto bene” rispondo, abbozzando un sorriso.
Passano dieci minuti. Poi venti. Il prato si è riempito così tanto, che adesso mi è quasi difficile vedere le uscite. Sento delle urla, mi giro verso il palco e lo intravedo, intento a parlare con due ragazzi della band. Incrocio i suoi occhi prima ancora di raggiungere quelli della mia amica. Sono gli stessi, identici, occhi dell'ultima volta. E come l'ultima volta, inevitabilmente, mi colpiscono in maniera spaventosa. 
Sento il cuore accelerare e i nervi tendersi come le corde di una chitarra. Speravo di non sentire più niente, di essere riuscita a cancellarlo...ma più guardo quegli occhi, e più credo di impazzire. Più li guardo, più sembrano perforarmi. 
Distolgo velocemente lo sguardo da quell'infinito che minaccia di inghiottirmi, e spero con tutta me stessa che non mi abbia visto. 
“Zoey, penso che mi abbia visto. Porca troia!” esclamo, coprendomi gli occhi con le mani.
“Juls rilassati, ho provato a salutarlo varie volte ma non mi ha vista. Le luci sul palco ci fanno sembrare al buio, perciò non preoccuparti. Andrà tutto bene” mi tranquillizza dandomi un bacio sulla guancia, per poi tornare a parlare con Brian e Matt piazzati accanto a lei.
Andrà tutto bene, mi ripeto. 
Quasi ci credo. 
Quasi. 
Le luci si spengono e le urla delle fans si diffondono in tutta l’arena. Qualche immagine di Shawn da bambino sullo schermo ed eccolo che entra. Un brivido mi attraversa la schiena, non riesco più a controllare il mio corpo; tremo come una foglia e le lacrime mi rigano il viso. E’ qui, davanti a me. Lo rivedo per la prima volta dopo due interminabili mesi. Sono paralizzata, non riesco a dire una parola.
Brian e Matt gridano e cantano come matti ogni canzone, mentre Zoey passa quasi tutto il tempo a guardarmi. La vedo con la coda dell’occhio, sembra preoccupata. Non si sta godendo lo spettacolo ed io mi sento terribilmente in colpa. Non voglio rovinarle l’appuntamento, ma non riesco a trattenere le emozioni. 
Ho la pelle d'oca. Fatico a respirare e il mio stomaco si sta contorcendo dal dolore.
Non ce la faccio.
"Zoey, non ce la faccio" dico, toccandole un braccio per richiamare la sua attenzione.
"Cosa?" grida, avvicinandosi con l'orecchio a me.
"Credevo di farcela, ma non ci riesco!" urlo anch'io, cercando di sovrastare la musica.
"No Juls, andiamo...è quasi finito!"
"Mi dispiace" quasi sussurro, con le lacrime agli occhi.
Inizio a farmi spazio tra la folla, voglio andarmene il più lontano possibile da qui.
Shawn inizia a parlare.
“Toronto! Come va? Siete belli caldi stasera!” grida, facendo scatenare i fans. 
Matt, Brian e Zoey mi chiamano, ma non gli do peso. Continuo a camminare, guardando di tanto in tanto il palco; Shawn cammina avanti e indietro, è di una bellezza sconfinata. Indossa i soliti pantaloni neri, i suoi affezionatissimi stivaletti e una t-shirt bianca semplicissima. Parla, tutto sudato e con la chitarra appesa al corpo.
“L’ultima canzone si chiama “Lights On”, l’ho scritta pensando ad una ragazza. Ho combinato un casino, e questa sera vorrei rimediare” afferma, facendomi perdere un battito.
I fans vanno in visibilio e, improvvisamente, tutto lo stadio inizia a guardarsi intorno in cerca di questa ragazza misteriosa. La band attacca, e la canzone inizia. Mi volto per osservare le reazioni delle persone, e noto con stupore che gli spalti sono illuminati da una scritta rossa: “Ti amo”.
Sono confusa, non sto capendo niente. In questo momento non riesco a pensare, così mi limito a guardare immobile il palco.
I miei amici sorridono e mi guardano, ed io continuo a non capire cosa succede.
Ascolto attentamente il testo, e penso che sia bellissimo. E' una dichiarazione vera e propria...e non so perchè penso di essere io la ragazza in questione.
Una volta terminata, Shawn saluta tutti con un assolo di chitarra e scompare dietro le quinte.
Matt, Zoey e Brian mi fissano sorridenti mentre io continuo a guardarmi in giro, cercando una spiegazione a quello che è appena successo.
“Juls” sento una voce fin troppo conosciuta alle mie spalle.
Mi giro e lo vedo in tutto il suo splendore mentre tenta di farsi spazio tra le persone, e i bodyguard che cercano di proteggerlo dai fans agitati.
“Shawn, sei impazzito? Che ci fai qui?” gli domando preoccupata, sentendomi leggermente osservata. Inaspettatamente cala il silenzio, tutto lo stadio ci sta guardando. Il led ci ritrae, e i microfoni addosso a lui fanno si che le persone sentano.
“Juls, quella scritta…quella canzone…erano per te! Ho praticamente obbligato Zoey a costringerti a venire, e ti ho dedicato “Lights On” per chiederti scusa...e per dirti che ti amo anch’io” confessa tutto d’un fiato davanti a circa cinquantamila persone, lasciando tutti senza parole. 
“Ti amo Julia, da sempre. E quando sei venuta da me non potevo dirti quello che provavo perché…beh…perchè anche Matt prova qualcosa per te, ed io non volevo ferirlo…così ho ferito te…mi dispiace” dice, guardandomi fisso negli occhi.
Mi giro verso Matt, quando lo sento parlare.
“Confermo tutto. Mi dispiace Julia” si limita a dire, abbassando lo sguardo.
Hanno tutti un espressione sognante in viso, Zoey soprattutto. Io invece, travolta dalle emozioni, scoppio a piangere.
Tutto lo stadio è in attesa di una mia risposta, con il fiato sospeso.
“Tu sei pazzo" rido in lacrime.
"Si, di te" mi regala uno dei suoi sorrisi più belli, e con la mano si tira indietro il suo ciuffo ribelle.
"Shawn…ti amo” affermo, guardando i suoi occhi diventare lucidi e le sue guance accaldarsi.
“Ti amo anch'io” sussurra con la voce leggermente rotta. Mi accorgo solo ora di averlo così vicino da poter sentire il suo respiro. Cattura le mie lacrime con le dita e mi accarezza la guancia.
Le facce attonite dei fans mi fanno capire che quello che è appena successo era del tutto inaspettato per loro. E, ad essere sincera, lo era anche per me. 
Non era previsto, ma è stato il momento più bello della mia vita. 
Non dovremo più mentire a noi stessi, niente più baci rubati e poi restituiti, niente più sbalzi d’umore irritanti e niente più paura di dover gridare al mondo quello che proviamo l’uno per l’altra. 
Siamo liberi, ed è la sensazione più bella che si possa provare.
C'è un momento di silenzio, poi sentiamo l’arena esplodere in applausi.
Si sentono urla indistinte in ogni parte dello stadio, che poi finiscono per unirsi in un unico grido: "bacio!". 
Con questo sottofondo prendo Shawn per la maglia e lo avvicino a me mentre le sue mani raggiungono i miei capelli. E ci baciamo. Ci baciamo con tutto l'amore possibile, con tutte le parole non dette, con tutta la paura di quel che succederà ma con la convinzione che non finirà, con la certezza che questo bacio sia solo il primo di una lunghissima serie e l'inizio di una nuova avventura.
Ci stacchiamo e ci guardiamo di nuovo negli occhi. E mentre lo guardo, finalmente realizzo quello è successo.
Non avrei mai pensato che Shawn fosse capace di fare un gesto del genere, durante un concerto, davanti a tutte queste persone. Ma certe cose, come l'amore, hanno bisogno a volte di gesti eclatanti come questi. Hanno bisogno di baci intensi alla luce del sole, di parole urlate e non più sussurrate, di emozioni forti vissute senza paura, di occhi lucidi come quelli che adesso ho di fronte. Gli stessi occhi che mi hanno fatto innamorare di lui. Gli stessi occhi che non mi stancherò mai di guardare. È questa la felicità. È questa la libertà. 

 

FINE


Eccoci giunte alla fine 😭
Spero vi sia piaciuta come è piaciuta a me 😁
Come sempre vi ringrazio, anche se non recensite...il solo sapere che l'avete letta mi rende felice 💗
Vi voglio bene ragazze, per me siete come una famiglia.
Alla prossima! Vi bacio 
😘
xoxo
G

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