A dark love story

di Anonima Italiana
(/viewuser.php?uid=1088035)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap I ***
Capitolo 2: *** Cap. II ***
Capitolo 3: *** Cap. III ***
Capitolo 4: *** Cap. IV ***
Capitolo 5: *** Cap. V ***
Capitolo 6: *** Cap. VI ***
Capitolo 7: *** Cap. VII ***
Capitolo 8: *** Cap. VIII ***
Capitolo 9: *** Cap. IX ***
Capitolo 10: *** Cap. X ***
Capitolo 11: *** Cap.XI ***
Capitolo 12: *** Cap.XII ***
Capitolo 13: *** Cap.XIII ***
Capitolo 14: *** Cap.XIV ***
Capitolo 15: *** Cap. XV ***
Capitolo 16: *** Cap. XVI ***



Capitolo 1
*** Cap I ***




Questa è la storia di un tempo lontanissimo, il tempo dei miti e delle leggende; il tempo degli dei dell’olimpo, dei signori della guerra e dei re, che spadroneggiavano sulla Terra in tumulto. Un tempo in cui la lotta per la vita era selvaggia, e spesso sia dei che uomini erano costretti a mettere da parte sentimenti come amore, amicizia, fratellanza, speranza  nel tentativo di vincere la propria lotta.
Ma proprio in questo tempo, due personaggi che sembravano incompatibili come il giorno e la notte riuscirono a trovare il vero amore a discapito del fatto di avere contro di loro non solo il mondo degli umani, ma anche quello degli Dei….
 
In una delle più belle regioni dell’ Antica Grecia vivevano Demetra, dea dell’agricoltura e delle messi, e sua figlia Persefone. Demetra era una dea molto amata dagli umani per la sua generosità e la sua giustezza, dato che raramente non concedeva raccolti abbondanti, prati, giardini e frutteti lussureggianti e raramente non veniva in soccorso degli uomini rivelando loro ogni singolo segreto delle infinite tecniche dell’agricoltura. Era molto amata anche perché spesso portava soccorso alle madri in vari momenti difficili della nascita o della crescita dei loro figli, del resto lei stessa era la madre felice di una figlia che amava molto.
Persefone era una bellissima giovinetta: i capelli color del grano che d’estate, al sole, brillavano come oro, gli occhi azzurri, vestita sempre di bianco o colori chiari e vivaci, che rispecchiavano la sua personalità. Era infatti sempre allegra e gioiosa, amava cantare, ballare, divertirsi; amava anche affiancare sua madre nelle sue missioni, soccorrere e alleviare le miserie degli umani dove poteva, e amava imparare tutto ciò che sua madre sapeva e le mostrava volentieri, permettendole di affiancarla nel suo lavoro. A tal punto che, ora che era divenuta una giovane donna, veniva ufficialmente considerata come “Dea della primavera”.
 
Un giorno Persefone era uscita di casa e, accompagnata da alcune ninfe sue amiche, aveva trascorso la mattinata in riva al lago, facendo il bagno, giocando, mangiando frutti;  poco prima che arrivasse l’ora del ritorno, decise di raccogliere dei fiori in un prato poco distante. Vi si recò da sola e comincio tranquilla a cogliere i bei fiori colorati, pensando a come avrebbe potuto usarli: se farne un mazzo per metterlo in vaso e adornare la sua stanza, o farne delle ghirlande…
Mentre coglieva i fiori canticchiando non si era accorta di una figura solitaria nascosta dagli alberi della vicina foresta, che guardava verso di lei; una figura temibile, scura, circondata da un’aura di forte mistero e inquietudine che certamente avrebbero spaventato un occhio più attento. Le sue sembianze erano umane, ma allo stesso tempo si capiva che non poteva essere un essere umano. La figura stava il più possibile nascosta dietro un albero per non farsi vedere, in modo però da potere a sua volta vedere bene nei dintorni. Ed era lì da lungo tempo…

Finito che ebbe di raccogliere i fiori, Persefone posò a terra il mazzo e si alzò, sfilandosi un nastro dai capelli per legarlo in modo da tenerlo assieme. Fu in quel momento che, guardando verso gli alberi, si accorse di qualcuno che nascosto dietro un albero stava guardando proprio dalla sua parte. Incuriosita si fece avanti: che stava facendo costui dietro un albero? Non poteva rivelare la sua presenza?
Troppo tardi l’uomo nascosto dietro l’albero cercò di ritornare nell’ombra: accortosi di essere stato visto, non gli rimase che rimanere immobile dov’era, trovandosi faccia a faccia  con la bellissima fanciulla che, senza badare al suo aspetto minaccioso, si stava avvicinando.
Per nulla intimidita o imbarazzata, Persefone lo fissò incuriosita con i suoi occhi azzurri; poi prese un fiore bianco dal mazzo che teneva in mano e lo porse con un sorriso allo sconosciuto dicendo: “Buona giornata a voi, signore. Qual è il vostro nome?”
L’altro restò interdetto per qualche secondo, poi afferrò esitante il fiore che la ragazza gli tendeva; lo fissò un attimo come si fissa qualcosa di incredibile mai visto prima, poi senza dire nulla si voltò e scomparve nel folto degli alberi, lasciando la nostra giovane dea stupita e incuriosita da quell’insolito incontro.
  
(Fine pria parte)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap. II ***


 
Tornato nel suo Regno Sotterraneo, Ade si chiuse nelle sue stanze. Aveva bisogno di riposarsi e riprendersi dalla tempesta di emozioni contrastanti che la gita sulla Terra gli aveva procurato quel giorno.
Non era certo la prima volta che capitava, nonostante non amasse particolarmente lasciare il suo regno per quelli altrui.
Ma quel giorno…tutto era stato diverso.
Quel giorno non era salito sulla Terra a causa di qualche dovere  come regnante dell’oltretomba, ma spinto da un interesse di ben altro tipo; qualcosa che finora conosceva  bene ma solo per averlo visto negli umani e persino negli altri dei. Quella specie di smania che univa uomini e donne combinandoli, accoppiandoli in modo che affidassero a un gioco la gioia e il dolore; cosa che spesso causava loro anche sofferenza, dolore, e delusione, ma di cui a quanto pare non potevano farne a meno. Quella cosa che chiamavano “amore”.
Lui era il Dio senza amore, condannato alla solitudine nel momento in cui era stato destinato  a governare il regno dell’Oltretomba. Lui era il cattivo, quello che perfino i suoi fratelli e sorelle scansavano quando era costretto a presentarsi sull’Olimpo per qualche consesso. Tutto ciò che lui toccava moriva,nel suo regno non cresceva nulla e viveva solo l’eterno dolore.

Eppure, molto spesso si era sorpreso a considerare quanto la sua immagine pubblica non corrispondesse al quello che lui sentiva di essere veramente. Quella cosa che chiamavano amore, per esempio…lui, nonostante non l’avesse mai provata, né tantomeno suscitata in qualcuno, era quasi sicuro di averne capito l’importanza e di averne più rispetto di molti di quelli che vedeva, soprattutto fra i suoi pari. Vedeva i suoi fratelli e sorelle tradire continuamente i consorti che si erano scelti, incorrendo nelle loro ire, generando figli di cui poi non si sarebbero occupati, scatenando rabbia e sofferenze di ogni tipo. Come era possibile che non potessero fare a meno di calpestare i sentimenti della persona che dicevano di amare, che avrebbe dovuto essere la più importante della loro vita? Era davvero amore, quello?

L’Amore…di nuovo il suo pensiero corse alla giovane donna per cui quella mattina era salito sulla Terra, e che da tempo occupava i suoi pensieri. L’aveva vista la prima volta in un giorno di sole, mentre faceva il bagno nel lago  e da allora non era più riuscito a togliersela dalla testa; era tornato a spiarla più e più volte, e ogni volta quando tornava negli Inferi sentiva uno struggimento sempre più forte, e una sempre più forte voglia di risalire in superficie solo per cercarla.
Non era solo la sua bellezza ad attrarlo; era proprio tutto l’insieme, la luce e la gioia che emanavano dai suoi gesti, dalle sue risate, dai suoi occhi; la dolcezza con cui l’aveva vista rivolgersi alle altre creature, dal piccolo uccello con l’ala spezzata alle amiche ninfe a cui intrecciava fiori nei capelli ripetendo che belle creature fossero, perfino ai fiori di cui strappava delicatamente lo stelo prima di coglierli, quasi non volesse farli soffrire. Si era accorto che la sua sola vista da lontano gli dava una gioia immotivata e mai conosciuta, e che avrebbe desiderato ricevere anche una sola volta una millesima parte di quelle attenzioni ; proprio lui, abituato allo scorrere di giorni solitari tutti uguali, all’oscurità e al silenzio del suo Regno.

Perché doveva essere così?

Perché anche lui non poteva avere una compagna con cui condividere le fatiche e l’enormità del suo Regno?

Davvero non poteva mai cambiare nulla, in tutto ciò?

No, non era vero che non poteva cambiare nulla. Poco prima su quel prato terrestre, era successo qualcosa di straordinario mai accaduto prima.

La giovane fanciulla si era accorta di lui, ma invece di scappare impaurita, si era avvicinata curiosa e amichevole; senza paura, lo aveva guardato negli occhi con quei suoi occhi così azzurri che potevano essere benissimo due pezzetti di cielo, gli aveva sorriso e- questa era la cosa ancora più incredibile- gli aveva porto un fiore regalandoglielo.

Un regalo! Per lui!
Mai nessuno aveva fatto qualcosa di simile, per Ade.
Tolse il fiore bianco dalle pieghe del mantello in cui l’aveva riposto. A contatto con il regno dei morti, il fiore stava già avizzendo molto più rapidamente di quanto avrebbe fatto sulla terra.
Ade sorrise, gli accarezzò piano i petali e lo sfiorò con un lieve bacio. Nella sua mente si stava formando un’idea, e forse tra poco anche il suo lugubre regno sarebbe stato ravvivato almeno un poco dalla luce e dal calore, e lui non sarebbe stato più solo…


N.B: la frase "Quella specie di smania che univa uomini e donne combinandoli, accoppiandoli in modo che affidassero a un gioco la gioia e il dolore" è una citazione dalla canzone "Un chimico" di Fabrizio De Andrè.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap. III ***


Nei giorni che seguirono, Persefone aveva pensato ogni tanto al misterioso incontro nel prato fiorito.
Chi era quello sconosciuto? Certo non era strano che per lei fosse tale: sua madre Demetra era molto protettiva nei suoi confronti, e le aveva sempre impedito di vedere persone se non accompagnata da lei o al di fuori della cerchia delle altre divinità. Addirittura, era stata sull’Olimpo in pochissime occasioni, proprio perché sua madre tendeva a mostrare la figlia il meno possibile, temendo pericoli di ogni sorta. E soprattutto, Demetra temeva i pericoli di natura sessuale: non poteva certo ignorare che gli dei, uomini e donne, a partire dal Padre Zeus, erano dediti a soddisfare i loro impulsi di qualunque tipo sia fra di loro che con mortali, e la Dea dell’agricoltura non desiderava certo che anche la sua innocente figlia venisse presa di mira da qualcuno, Dio o mortale che fosse.
Lei doveva rimanere pura, una Dea vergine dedita solo alla sua missione, come Artemide o come una sacerdotessa.Non avrebbe mai dovuto essere contaminata dal peccato. 
 
Persefone ridacchiò tra sé: chissà che avrebbe detto la mamma se avesse saputo del misterioso sconosciuto? Ma no, certamente lei non gli avrebbe raccontato nulla, e non solo per paura; sentiva infatti fortissimo il desiderio di avere qualcosa che fosse solo suo.
Le erano rimasti particolarmente impressi i suoi occhi: neri come la notte, ma con un fuoco interno che li faceva brillare come…cosa, esattamente? Lanterne? Stelle? No, Persefone non era riuscita a trovare un termine di paragone adatto per quello sguardo tanto affascinante.
Aveva anche sperato, per un po’, di incontrarlo di nuovo. E forse stavolta sarebbe riuscita a farsi dire almeno il suo nome…
Purtroppo però, non ci fu nessun’altro incontro…e quindi anche  quella piacevole novità    dopo un po’ passò in secondo piano nei ricordi della giovane dea.
 
Passò qualche tempo….

Un giorno, Persefone  uscì a fare la solita passeggiata e di nuovo, come sempre, si fermò a raccogliere fiori in un campo  pieno di bellissimi crochi e narcisi. Mentre era china nel prato   non si accorse di una misteriosa figura scura che, alle sue spalle, si avvicinava proprio a lei, nel più totale silenzio, come un’ombra che si allungava coprendo i colori brillanti del prato. La figura si fermò a pochi passi da lei, rimanendo immobile per qualche secondo, per poi sollevare il proprio mantello nero e calarlo improvvisamente sulla fanciulla ignara, la quale fece appena in tempo ad alzare la testa accorgendosi dell’oscurità che stava calando attorno a lei, per poi precipitare nel buio e nell’incoscienza totali.
La figura l’avvolse con cura nel mantello, poi la sollevò fra le sue braccia e si allontanò scomparendo e lasciando dietro di sé solo qualche fiore strappato; se qualcuno fosse passato di lì in quel momento, avrebbe notato il fianco di una collinetta aprirsi e poi subito richiudersi appena la figura nera vi fosse entrata…
 
(fine terza parte)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap. IV ***


Negli Inferi, Ade  era seduto accanto al letto dove Persefone giaceva ancora svenuta, e non riusciva a smettere di guardarla.
Quando aveva concepito la sua idea di rapirla e portarla con sé per chiederle di diventare la sua regina, si era posto il problema del fatto che effettivamente, essendo sempre vissuto solo, la sua dimora da re degli inferi poteva risultare poco adatta ai bisogni di una giovane donna, che oltretutto gli erano praticamente sconosciuti. Così aveva adibito una delle stanze migliori per la nuova arrivata, e aveva promosso come sue ancelle personali tre ninfe decadute scelte tra le anime che arrivavano ogni giorno. A dire la verità, vista la sua scarsa conoscenza del genere femminile, era stata una bella fatica…ma l’aveva affrontata volentieri pensando che la sua futura Regina meritava questo e molto altro. E poi naturalmente l’avrebbe lasciata libera di modificare tutto secondo i suoi gusti.
 
Quando era sceso nel suo Regno tenendola fra le braccia, l’aveva subito portata nella sua stanza, adagiata sul letto, l’aveva ben coperta e si era messo seduto accanto al letto impaziente, sperando e allo stesso tempo temendo che si svegliasse al più presto. Ora che la osservava da vicino, riusciva a stento a trattenere le proprie emozioni guardando la sua bellezza, i suoi capelli biondi arruffati, la pelle rosata, la piccola mano abbandonata sulle lenzuola nel sonno…allungò una mano per accarezzarla, ma si bloccò e ritirò la mano. Ci sarebbe stato tempo anche per questo…
 
Però il tempo passava e la ragazza non accennava a svegliarsi; e anche il Dio degli Inferi aveva dei doveri improrogabili a cui ottemperare nel suo Regno. Così, seppure a malincuore, affidò Persefone alle sue nuove ancelle, con l’ordine tassativo di chiamarlo non appena la giovane si fosse svegliata.
Dopo averle gettato un ultimo sguardo carico di tenerezza, si voltò e in silenzio uscì dalla stanza, mentre improvvisamente sentì nella sua mente l’eco di una canzone ascoltata una volta da un musico:

“Primavera non bussa, lei entra sicura
Come il fumo lei penetra in ogni fessura
Ha le labbra di carne, i capelli di grano
Che paura, che voglia che ti prenda per mano
Che paura, che voglia che ti porti lontano…”

 
Alcune ore dopo, Persefone  si svegliò di soprassalto e rimase sopraffatta da una sensazione mista di panico e stupore accorgendosi di trovarsi in un ambiente che non conosceva. Si sollevò a sedere e sgranando gli occhi mise a fuoco ciò che vedeva attorno: un’elegante camera da letto bene illuminata da torce alle pareti, con di fronte a sé un camino in cui ardeva un bel fuoco scoppiettante.  Lei stessa si trovava su un grande letto di legno di ciliegio, avvolta da lenzuola e coperte blu scuro. Dalla finestra poco distante dal letto, non proveniva alcuna luce.
A fianco del letto, scorse tre minute creature che, nel momento in cui volse la testa verso di loro, fecero un profondo inchino.

- Ben svegliata padrona!- dissero in coro.

- Dove sono?! Chi siete?!- domandò la fanciulla senza tanti preamboli.Dopo aver mormorato qualcosa all’orecchio di una delle compagne, che subito dopo si diresse verso la porta e uscì dalla stanza in gran fretta, una delle tre si fece avanti sorridendo e si presentò:

- Io sono Mynthe, lei è Acasta e quella che è appena uscita è Leuce. E’ andata ad avvisare il nostro Signore e Padrone del vostro risveglio, come lui aveva chiesto. E’ così ansioso di incontrarvi!-

- Chi è il vostro Signore?-

- Non posso dirvelo, non sono stata autorizzata a farlo. Ma sarà qui da un momento all’altro e ve lo dirà lui stesso-

E difatti pochi secondi dopo la porta si aprì di nuovo, e mentre le tre ninfe si profondevano in un nuovo inchino, entrò qualcuno che a Persefone non era del tutto sconosciuto…

(fine quarta parte)


N.B: la canzone ricordata da Ade è, ancora, "Un chimico" di Fabrizio De Andrè. Mi sono concessa questa piccola "licenza poetica" di tipo musicale perchè alcune parti di questa canzone mi sono sembrate particolarmente adatte a questa storia.

- Mynthe e Leuce erano due ninfe che, nei miti originali, ebbero in Ade ben diversa storia. Non ho voluto inserire queste storie nella mia perchè trovo che non c'entrino, ma ho utilizzato i nomi per le ancelle di Persefone. Il nome della terza ancella è preso a caso da una qualunque ninfa (non degli Inferi) della mitologia greca.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap. V ***





Persefone osservava esterrefatta colui che aveva davanti.

- Ma voi…voi siete l’uomo del bosco!- esclamò  la ragazza.

- Vedo che non ti sei dimenticata di me-  rispose Ade sorridendo, avvicinandosi a lei. Ora che era finalmente sveglia avrebbe potuto raccontarle tutto. Da dove cominciare?

- Come ti chiami, dolce fanciulla?-

- Io sono Persefone. E voi?-

- Io sono Ade- rispose lui. A sentire questo nome, la povera Persefone sgranò gli occhi terrorizzata.

- Voi…siete…Ade?! Il Signore degli Inferi?!-

- Al tuo servizio, mia cara- Rispose lui, sospirando dentro di sé. Non era certo una novità quel tipo di reazione quando pronunciava il suo nome.
Persefone  cominciò a balbettare:

- Ma allora…mi trovo negli Inferi?! Allora…se è così…vuol dire che sono morta?! O Dei! E come è successo? Non ricordo nulla, solo che coglievo fiori e poi improvvisamente il sole si è oscurato e….-

A quel punto fu sopraffatta dall’angoscia e scoppiò in un pianto disperato, chinando il viso tra le mani.
 
Ade la guardava dispiaciuto. Non si era aspettato salti di gioia, ma aveva sperato che, forse, ricordandosi del loro incontro nel prato, Persefone non sarebbe stata sopraffatta dalla paura. Non pensava sarebbe stato facilissimo per lei, ma vedere tutto quel dolore addolorava lui stesso, oltrefargli conoscere una sensazione finora sconosciuta: si sentiva in colpa perché consapevole del fatto che quel dolore, glielo stava causando lui.
 
- No Persefone, non sei morta! Vedi…ho deciso di portarti qui con me perché…- ebbe un attimo di esitazione- vorrei tu diventassi la mia Regina.-

 Al contrario di quanto Ade aveva pensato, Persefone reagì nuovamente sconvolta.

- Io….Regina…degli Inferi?! Ma io sono la Dea della Primavera! Non posso andare bene qui dove c’è solo morte e desolazione! Vi prego, lasciatemi libera! Riportatemi a casa!-

Ade si alzò e la fissò, il bel volto diventato una maschera di pietra.

- QUESTA è la tua casa, ora! Sei libera di fare ciò che vuoi e andare dove vuoi, non sei una prigioniera. Di qualunque cosa tu abbia bisogno, puoi rivolgerti alle tre ancelle che ti ho destinato, si occuperanno loro di tutto. Altrimenti puoi chiedere a me: ti darò qualunque cosa tu voglia, soddisferò qualunque tuo desiderio.  Non hai che da chiedere, qui dentro sei la padrona. Ma non chiedermi mai più di riportarti indietro, è l’unica cosa che non posso fare.-A queste parole Persefone crollò di nuovo sulle lenzuola disfatte, seppellendo il viso tra i cuscini e ricominciando a piangere disperata. I singhiozzi laceranti della poveretta avrebbero commosso chiunque, ma Ade senza dire altro si alzò e se ne andò dalla stanza.


Dopo qualche ora, Persefone decise che non poteva continuare così: piangere non sarebbe servito a nulla, doveva reagire e affrontare  la situazione in cui suo malgrado si era venuta a trovare con intelligenza. Solo così sarebbe riuscita a ottenere qualcosa…cosa, solo gli Dei lo sapevano.  Ma non c’era altra via.
Così, si riscosse dal suo torpore e si rivolse alle sue nuove ancelle chiedendo loro di aiutarla : aveva bisogno soprattutto di un  bagno e di vestiti puliti. Le tre ninfe dell’Oltretomba si dimostrarono particolarmente efficienti: come prima cosa condussero la loro padrona presso un bagno termale che si trovava in posizione piuttosto nascosta, nei pressi delle stanze private di Ade. La giovane Dea si stupì che un simile lusso potesse essere presente in un posto come gli Inferi, tuttavia non rifiutò certo la meravigliosa consolazione di immergersi in quelle acque calde e rilassanti, massaggiandosi il corpo con olio profumato di rosa che chissà dove era stato preso. Era la prima cosa piacevole di quella triste giornata, ed ebbe su di lei un particolare effetto rigenerante.

Una volta terminato il bagno e tornate nella stanza   aiutarono Persefone a scegliere dall’armadio che si trovava nella sua stanza una nuova tunica, in sostituzione del vestito che indossava prima. Ve n’erano di vari tipi, tutte realizzate con preziosi tessuti, che la giovane Dea finora aveva visto indossate solo dalle Dee dell’Olimpo;  ne scelse una blu scuro con ricami d’oro, e infine si fece aiutare a pettinare e intrecciare la lunga chioma bionda.

- Come siete bella mia signora! Il Nostro Signore Ade sarà molto felice di vedervi così! Vado ad avvisarlo del vostro arrivo? - disse Leuce guardando ammirata la nuova padrona.

- Ti ringrazio, ma per ora non ho alcuna intenzione di vedere il “Vostro” Signore- rispose Persefone.

 - Piuttosto, voi conoscete molto bene questo regno in cui vivete? Vorrei visitarlo un poco, visto che comunque mi trovo qui e dovrò passarvi del tempo. Una di voi potrebbe farmi da guida, credo.-

- Si padrona, lo conosciamo abbastanza bene, naturalmente mai come il Nostro Signore che conosce ogni angolo del suo regno, anche quello più remoto e oscuro. Se volete, credo che lui sarebbe ben disponibile a mostrarvelo.-

- Non importa, andrà benissimo anche una di voi. Mynthe, sarai tu oggi a farmi da guida- decise Persefone, congedando le altre due ancelle.

Dopo di che, lei e Mynthe uscirono dalla stanza, e seguendo il desiderio della padrona, la ninfa dell’oltretomba cominciò a condurla in giro per il Regno, mostrandole la sua conformazione: i luoghi principali, i fiumi, le anime dirette verso la loro destinazione finale. Persefone osservava tutto con attenzione, domandandosi dentro di sé che tipo di persona potesse essere in realtà colui che da secoli presiedeva questo regno, occupandosi di tutto.
Perché a dispetto di quanto accaduto, a dispetto di ciò che lui le aveva detto poco prima, lei aveva ben impressi i suoi occhi neri e allo stesso tempo fiammeggianti…

(fine quinta parte)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap. VI ***



Nel frattempo….

Alzandosi dal suo trono di ferro nero, dove per ore aveva esaminato l’operato dei giudici degli Inferi che avevano il compito di giudicare le anime dei defunti e indirizzarle  verso il luogo dove avrebbero trascorso l’eternità , Ade si diresse verso  l’uscita della Sala del Trono inquieto come quando vi era entrato.     
Nonostante il gravoso compito che si era sobbarcato da secoli, la sua mente era ora occupata da qualcosa d’altro, di gradevole e spinoso allo stesso tempo.

Realisticamente, non si era aspettato salti di gioia da parte di Persefone, e nemmeno che lei accettasse di divenire Regina degli Inferi solo perché lui aveva schioccato le dita; ciononostante, aveva comunque sperato che, nel momento in cui avesse visto che era l’uomo del suo incontro, a cui aveva rivolto la parola con gioia e a cui aveva regalato un fiore, ci sarebbe stato almeno un briciolo di curiosità verso di lui come…persona? I mortali avrebbero usato questa espressione, ma non era sicuro potesse adattarsi anche a un immortale…
Certo, rapire una persona non era proprio il massimo come corteggiamento, ma del resto che avrebbe potuto fare? Zeus, Poseidone, Apollo: quando desideravano una donna, loro sì che potevano presentarsi con il loro bell’aspetto e averla senza troppa fatica; ma lui, Ade, bastava solo che pronunciasse il suo nome per bollarlo come “mostro” e scacciarlo via o rifiutarlo senza appello.

 Con questi pensieri, stava camminando nei meandri del suo regno senza una direzione precisa, quando vide due delle ancelle di Persefone intente a chiacchierare fra di loro. Si avvicinò alle due fanciulle e con grande disappunto le apostrofò:

- E’ così che assolvete al compito che vi ho assegnato, invece di lasciarvi nella barca di Caronte?-

Leuce e Acasta subito si inchinarono tremanti, rispondendo:

- Perdonateci, mio Signore…ma è stata la nostra Signora e Padrona Persefone a dirci che per oggi potevamo considerarci libere. Ha deciso di visitare il vostro regno e per farlo ha scelto solo Mynthe come guardiana. Voi avete detto che obbedire a lei era come obbedire a voi quindi…-

Ade interruppe la tremante ninfa e le congedò entrambe con un cenno  della mano. Le due ne approfittarono per squagliarsela il più lontano possibile.

Dunque, Persefone  aveva deciso di uscire dal suo guscio, addirittura di vedere il regno…che si stesse già rassegnando e volesse conoscere la sua nuova casa? Aveva fatto presto a decidersi..forse un po’ troppo presto, pensò Ade. Una parte di lui rimaneva scettica, ma l’altra parte, sotto sotto, voleva lasciare il posto alla…speranza? Per i mortali si chiamava così, ma poteva valere anche per il Signore degli Inferi?
Seguendo il filo dei suoi pensieri, Ade si mise alla ricerca della sua amata per vedere cosa stava combinando.
 


- Mia signora, che fate?! Scappate subito o quel mostro vi divorerà!-

Fu grazie all’urlo della terrorizzata Mynthe che Ade riuscì finalmente a scovare la sua Regina (non ancora tale). Seguendo la voce della ninfa, in men che non si dica arrivò nel luogo dove stavano le due ragazze e rimase interdetto trovandosi davanti una scena che sinceramente non si sarebbe mai aspettato. Mentre Mynthe scappava gridando alla padrona di fare altrettanto, Persefone  senza alcun timore si avvicinava amichevole e sorridente nientemeno che al temibile Cerbero, il cane a tre teste che fungeva come guardiano dell’ Oltretomba.

- Ma che curiosa creatura! Non ne ho mai vista una così sulla Terra!-

- Padrona vi prego allontanatevi! Quel mostro non ci metterà nulla a divorarvi!-

- Mostro?! Divorare?! Non ti pare di essere esagerata, Mynthe? A me sembra una creatura molto simpatica. –

La “simpatica creatura”, inizialmente, ringhiò con ognuna delle tre teste all’indirizzo della giovane Dea, che però non si lasciò intimorire; avvicinatasi, posò sorridendo la sua piccola mano sul nasone della testa in mezzo, mormorando dolcemente al mostro   le stesse paroline che i mortali usavano nei confronti degli animali a cui si affezionavano.  A quel punto Ade assistette sbalordito  alla resa  del terribile Cerbero, terrore di mortali e non,  che si accucciò ai piedi di Persefone come un qualunque  cane, uggiolando contento e scuotendo l’enorme coda di serpente  mentre la giovane con entrambe le mani accarezzava le restanti due teste ai lati di quella in mezzo. 

- Hai visto Mynthe? Che bravo questo cagnolone!- disse girandosi verso l’esterrefatta ancella che la osservava a distanza di sicurezza. Mentre Persefone parlava a Mynthe, Cerbero notò il suo padrone e smise di scodinzolare, rivolgendo le testa centrale verso la sua direzione, attirando così anche l’attenzione delle due fanciulle. Il dio fu così costretto a palesare la propria presenza, avanzando verso il terzetto con aria severa, che non riuscì a mantenere a lungo alla presenza di Persefone, abbigliata con uno degli abiti che lui le aveva messo a disposizione, che le dava veramente l’aria di essere una vera e propria Regina.

- Come siete bella mia Regina- le disse guardandola ammirato - E vedo che avete fatto la conoscenza di Cerbero, colui che ha il compito di sorvegliare l’accesso al mio Regno.

- Non sono affatto la “vostra” Regina. E non mi ha fatto molto piacere vedere questo poverino ridotto in queste condizioni di abbandono.-

- Non è un “povero cagnolino”, è un mastino sanguinario pronto a sbranare chiunque cerchi di violare le regole degli Inferi. Non potrebbe svolgere il suo compito altrimenti. E’ il suo carattere-

- Certo, mi pare ovvio. Come reagireste voi a essere chiamato perennemente “mostro” e vedere tutti quanti che scappano terrorizzati al solo vedervi?-

Veramente è quanto mi succede da secoli, pensò Ade, indispettito oltre che dall’osservazione dal vedere che Cerbero in pochi minuti era stato il destinatario di carezze e attenzioni che, in fondo, avrebbe preferito avere per sé. Decise comunque di non demordere e cercò di cambiare tattica.

- Le tue ancelle mi hanno riferito che hai voluto fare una visita del mio Regno…-

Persefone fece spallucce.
- Non aveva senso continuare a rimanere rintanata in quella stanza a piangere. –

- Sono perfettamente d’accordo. E dimmi…cosa ne pensi di ciò che hai visto?-

A Persefone venne da ridere. Cosa voleva che pensasse del Regno degli Inferi? Ma la domanda era posta in modo gentile, e Ade sembrava davvero interessato alla sua opinione. Non aveva senso quindi rimanere arroccatacon rigidità sulle proprie posizioni.
 
- Non è poi così brutto come l’ho sempre sentito dipinto. Ci sono molti posti tranquilli, e ho visto i Campi Elisi, sono molto belli. Ho visto anche un vasto Giardino che però mi sembrava abbandonato a sé stesso…certo- sospirò- sulla Terra è un’altra cosa-

- Hai sicuramente anche visto che non ci sono vie di fuga: una volta entrati è impossibile uscirne. –

 Persefone sospirò ed ebbe un brivido di freddo: ma come aveva fatto a capire le sue intenzioni? Lei se n’era ben guardata dal farne parola con le tre ninfe. Ma fu colpita dal fatto che Ade, notando che rabbrividiva, si tolse il mantello e lo avvolse sulle sue spalle, indugiando per qualche attimo con le braccia attorno alle sue spalle. Stranamente, la cosa le diede una sensazione di piacere e calore che non aveva mai sentito in vita sua. 
Per la prima volta, alzò il viso verso Ade e gli sorrise.

(fine sesta parte)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Cap. VII ***




Camminando fianco a fianco, Ade e Persefone tornarono alla reggia che si ergeva imponente al centro del Regno degli Inferi. Ai due lati della Reggia si trovavano due cipressi dove zampillavano due fontane: quella delle Memoria (di cui bevendo le sue acque si potevano ricordare le cose amate) e dell’Oblio (di cui al contrario, bevendo da essa si cancellava qualunque memoria di qualunque cosa accaduta durante la propria vita mortale). I confini del Regno erano delimitati dal fiume Stige, le cui acque permettevano di vedere cosa accadeva sulla Terra.
Una volta rientrati, mentre percorrevano il lungo corridoio principale, si sentì improvvisamente un brontolìo ben poco divino proveniente dallo stomaco della giovane, la quale piena di vergogna arrossì mettendosi una mano sulla pancia nel tentativo di fare come se nulla fosse successo.
Ade scoppiò a ridere, con grande stupore di Persefone che non avrebbe mai immaginato che il dio degli Inferi sapesse farlo; oltretutto doveva ammettere che aveva una bella risata calda, gradevole, che faceva piacere sentire e strappava un sorriso a chi gli stava vicino. Come stava accadendo in quello stesso momento a lei, ad esempio.
 
- Mi spiace, ma…è da stamattina che non ho mangiato nulla…- spiegò mortificata.

Ade le accarezzò una guancia.
 
- Perdonami Persefone, sono talmente abituato a regolarmi esclusivamente su me stesso che non ho pensato anche a te. Non  accadrà mai più, te lo prometto. Se mi dai un po’ di tempo e potrò invitarti a cena. –

Così si separarono, la giovane dea diretta verso la sua stanza. Qui passò il suo tempo riposandosi dalla lunga passeggiata negli Inferi e dalle varie emozioni che sentiva agitarsi dentro di sé e che riguardavano la sua nuova situazione, il posto in cui si trovava, gli incontri che aveva fatto e naturalmente Ade, che stava prendendo sempre più spazio nei suoi pensieri,  oltre ovviamente a espletare le abluzioni in preparazione della cena.

Non dovette attendere molto per sentire bussare alla porta della stanza; era Ade che, porgendole il braccio, la guidò nel salone della reggia, dove entrambi sedettero a un tavolo già apparecchiato con cibi di vario tipo, in particolare pane, carne e dolci.

Mentre Persefone mangiava affamata, dovette ammettere con sé stessa che la cena non era affatto male, e che Ade, che conversava con lei raccontandole particolari del suo Regno, era una piacevole compagnia. Mentre chiacchieravano, lo osservava con attenzione: aveva sempre sentito descrizioni terribili su di lui, sua madre stessa glielo aveva sempre descritto come un mostro sia nel carattere che nell’aspetto, ma a lei non sembrava affatto così. Fisicamente, anzi, le sembrava piuttosto attraente: certo il colore della sua pelle era molto pallido, ma era alto, fisicamente ben proporzionato e ben fatto, aveva capelli neri e ricci che gli arrivavano quasi fino alle spalle, soprattutto aveva gli occhi neri che a Persefone, suo malgrado, piacevano sempre di più.
 
- Prima hai accennato a un giardino che avevi visto, che ti era piaciuto…qual’è?- chiese Ade

- Oh, sì! E’ un giardino molto vasto, con molti alberi e cespugli, ma quasi completamente invaso dalle erbacce...- 

- Deve essere il Giardino dei Frutti degli Inferi. Vedi, quando ottenni il mio Regno chiesi anche che mi fosse concesso di avere un giardino dove potessero crescere frutti come sulla Terra, nonostante l’ambiente inospitale. Apollo mi mise a disposizione alcune sfere che potevano rimandare la luce del sole, dato che senza di essa non crescerebbe nulla. I risultati non sono però stati quelli sperati: i frutti crescono, ma lentamente e in modo stentato. Ci vorrebbe qualcuno con l’abilità e la passione necessaria per curarlo….- 

Subito Persefone, sentendosi “nel suo elemento”, non perse l’occasione per proporsi.
 
- Potrei pensarci io, che ne dite? L’ho sempre fatto, è la mia abilità da tempo, adoro occuparmi della natura e di tutto ciò che la riguarda!-

Notando deliziato  il colore diffuso sulle sue guance e la scintilla nei suoi occhi, Ade acconsentì con piacere.

- E va bene, mia Regina, dimmi solo ciò che ti occorre e in men che non si dica avrai tutto a tua disposizione. Ti darò carta bianca, in fondo chi meglio della Dea della primavera per occuparsi di queste cose?-

La cena si concluse con Persefone che illustrava con entusiasmo i cambiamenti che avrebbe apportato al Giardino dei Frutti degli Inferi, e Ade che l’ascoltava contento di vedere che si era stabilito un punto di contatto positivo fra loro. Soprattutto, era contento di vedere che Persefone non aveva più paura di lui e che accettava la sua compagnia.
Mentre uscivano a braccetto dal salone, qualcosa attirò l’attenzione della fanciulla: incastonato nella cintura dell'abito vi era  qualcosa che sembrava un fiore brillante. Che strano, pensò Persefone avvicinandosi e guardandolo bene.

- Ma…questo…è il fiore che vi ho regalato quando ci siano visti la prima volta!- esclamò stupefatta.

- Sì mia cara. E’ proprio quello. Il più bel regalo che abbia mai ricevuto. Non avrei potuto conservarlo a lungo una volta tornato qui, così l’ho fatto trasformare in un fiore-gioiello, in modo che potrò averlo sempre con me-

- E’ diventato un oggetto prezioso- disse Persefone osservandolo ammirata.

- Per me lo è sempre stato, a maggior ragione perché viene da te- rispose Ade guardandola intensamente.Persefone arrossì distogliendo lo sguardo senza rispondere, ma di nuovo sentì la piacevole sensazione di calore e piacere che già aveva provato, e dovette prendere atto che anche il suo corpo reagiva ad essa in modo strano, che lei non aveva mai provato…..
 
 


Quando aveva visto che sua figlia non rientrava, Demetra preoccupata aveva cominciato a cercarla nei luoghi preferiti della giovane, invano. Passando le ore e non ottenendo alcun risultato dalle sue ricerche, aveva cominciato a percorrere la Terra in lungo e in largo, cercandola perfino tra i mortali, chiamandola a gran voce, ma nulla. Di Persefone, nessuna traccia.
Demetra era disperata: cosa poteva essere successo? Dov’era sua figlia? La sua ingenua e indifesa Persefone, che lei aveva sempre protetto al massimo delle sue possibilità, dato che ben conosceva i pericoli e i vizi del mondo esterno. Per preservare la sua purezza e mantenerla incontaminata l’aveva cresciuta quasi isolata, fatta eccezione per le ninfe o i mortali che comunque incontrava nel suo lavoro e solo quando affiancava la madre. Aveva certamente notato il carattere fiducioso della figlia e la sua voglia di esplorare nuovi orizzonti, come ogni giovane, ma proprio per questo la marcatura era stata più stretta.
Qualche sera dopo la sparizione di Persefone, Demetra se ne stava depressa e piangente nella stanza della figlia, quando sentì bussare alla porta. Corse immediatamente ad aprire gridando: “Persefone!”, ma sussultò per la delusione trovandosi di fronte Ecate, la misteriosa dea che divideva la sua esistenza tra l’aldilà e il mondo dei mortali trovandosi perfettamente a suo agio in entrambi i mondi.

- Buonasera, Demetra- esordì Ecate con fredda affabilità.

- Buonasera a te, Ecate. Entra pure nella mia umile casa, e perdonami se non ho nulla da offrirti per riverire la tua visita; ma in questi giorni è capitata una cosa terribile.Ecate entrò, accomodandosi. – Ti ringrazio per la tua ospitalità Demetra. Che con mio grande piacere posso ricambiare con qualcosa a te molto gradito. Vengo a portarti notizie di tua figlia.-

- Persefone…dov’è? Come sta?- si agitò subito Demetra.

- Stai tranquilla, cara Demetra: Persefone sta bene e non corre alcun pericolo. Ade l’ha portata con sé nel suo Regno, deciso a farne la sua sposa, e come tale già la sta trattando, circonandola di ogni lusso e di ogni attenzione. Tua figlia sarà Regina! -

L’urlo di disperazione della povera Demetra risuonò per la Terra: tra tutti i destini che poteva immaginare  per sua figlia, era capitato propri il peggiore…sposa del Dio degli Inferi! Quel mostro orribile che viveva circondato dalla morte e dall’oscurità, aveva posato le sue luride pupille proprio sulla sua dolce e pura figlia?!

Ecate, che non si era certo aspettata salti di gioia e che aveva cercato di “indorare la pillola”, intervenne di nuovo.

- Demetra, Ade non è così malvagio come tutti credono! Persefone non mi è ancora stata presentata di persona, ma da quanto ho potuto osservare con le mie arti veggenti, sarebbe una splendida Regina e soprattutto  sa tenergli testa e sa il fatto suo, al punto che…beh, non è proprio così scontato che ci resti, negli Inferi. Da quanto ho potuto vedere lei è ben decisa a tornare qui.-

Ma ovviamente non c’era verso di calmare Demetra.

- Domani stesso mi recherò sull’Olimpo a parlare con Zeus, e se Persefone non mi verrà restituita…-

Ecate la invitò di nuovo alla calma.

- Te l’ho detto, lei non dà alcun segno di voler rimanere lì. Aspetta qualche settimana, potrebbe tornare da sola….- 

Alla fine Demetra si convinse: avrebbe aspettato qualche tempo, non molto, si fidava di Ecate e sicuramente se essa le diceva che Persefone stava bene e non aveva avuto alcun danno era vero.
Ma se entro qualche settimana sua figlia non fosse ritornata a casa allora, che gli Dei cominciassero pure a preoccuparsi…

(fine settima parte)
 
 
N.B: nella mitologia greca, qualunque cibo consumato nell’Oltretomba obbligava chi l’aveva mangiato a rimanervi a vita. Dato che però in questa storia Persefone deve rimanere negli Inferi per un certo periodo di tempo, era impossibile per me fare a meno di farla mangiare del tutto. Ho così modificato il mito mettendo, come cibo “costrittivo” solo i frutti cresciuti nel citato Giardino.

 

 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Cap. VIII ***



Negli Inferi cominciò così un periodo di frenetici “lavori in corso” (come li definiremmo oggi),in particolare per quanto riguarda il Giardino dei Frutti.
Dopo che Ade le ebbe fatto avere tutto il necessario richiesto, Persefone si mise all’opera con grande entusiasmo: ogni giorno si recava nel vasto Giardino assieme alle tre fedeli ancelle, alle quali si era ripromessa di insegnare almeno in parte come prendersi cura di fiori, frutti e terreno (proprio come faceva sua madre Demetra con i mortali), e lavorava con impegno e senza risparmiarsi per molte ore. Come le aveva detto Ade, l’impresa non era semplice: per quanto simile, un Giardino dell’Oltretomba non poteva certo essere identico a uno sulla Terra, dove abbondano aria, acqua e sole. Le sfere donate da Apollo riflettevano sì la luce del sole, ma erano molto più piccole e quindi la luce era minore; l’acqua non mancava dato che il fiume Cocito costeggiava il Giardino, ma certamente non era una fonte pura e limpida come i fiumi terreni; l’aria poi, effettivamente era un grande problema, in quanto quella degli Inferi oltre a essere insufficiente era anche molto più pesante.
Ma una Dea ha sempre dei rimedi segreti contro qualunque inconveniente, e con qualche sforzo in più rispetto a quanto ci metteva sulla Terra, in poco tempo Persefone vide letteralmente sbocciare i frutti del proprio duro lavoro: finalmente meli, peri, melograni, pruni, e molti altri frutti avrebbero potuto essere gustati anche dagli altri abitanti dell’ Averno…o meglio, dagli altri abitanti divini. Ade aveva infatti spiegato a Persefone che oltre a lui nelgli Inferi risiedevano anche la Dea Ecate, i tre giudici infernali, le tre Parche e Thanatos, il vero e proprio Dio della morte.
Certo non era molto, ma ormai Persefone aveva capito come funzionava il mondo di sotto, e che le varie brutture che aveva sempre sentito dire su Ade erano false: non era assetato di sangue e uccisioni, le anime arrivavano da lui quando erano già morte.
Se le giornate passavano lavorando, le serate trascorrevano in compagnia di Ade, sempre interessato ad ascoltare i progressi del suo lavoro, e sempre generoso di doni: sete preziose e gioielli ormai non mancavano nel guardaroba della giovane Dea, che essendo abituata a uno stile molto più semplice a dire la verità non sapeva bene cosa farne; unica concessione, l’aveva fatta per un anello che Ade le aveva descritto come speciale. Un bell’anello d’argento con una pietra viola incastonata nel centro, che Ade le aveva donato raccontandole che, in caso di bisogno, ovunque si trovasse, le sarebbe bastato toccarlo e pronunciare il suo nome, e lui sarebbe immediatamente accorso in suo aiuto. Ma Persefone ormai non aveva più paura, laggiù; al massimo poteva capitarle di perdersi nei meandri dell’Averno, in questo caso l’anello sarebbe stato utile.
 
Un giorno, Ade decise di fare una sorpresa alla giovane e di recarsi di sua iniziativa nel Giardino per vedere a che punto erano i lavori. Non era sicurissimo che a Persefone avrebbe fatto piacere la cosa, forse l’avrebbe vissuta come un’intrusione, d’altra parte lui lì era il Padrone e quindi poteva andare dove voleva. Inoltre era molto curioso di vedere i risultati dell’abilità e dei poteri della fanciulla.
Quando arrivò Persefone e le sue ancelle si erano da poco sedute sotto un albero a riposare un poco; la giovane Dea si alzò andandogli incontro felice, con la luce della gioia negli occhi, identica a quel giorno dove si erano incontrati nel prato. Ade l’ammirò incantato e mentre lei avanzava sentiva il cuore battergli in petto quasi come se stesse per uscirne. Prima di lei non sapeva nemmeno di averne uno, di cuore…
 
- Allora- disse Persefone con una punta di orgoglio- che ne dite del Giardino del vostro Regno?-

- E’ semplicemente stupefacente. Quasi non lo riconoscevo, pari ai più bei giardini della Terra e dell’Olimpo. Ed è tutto merito tuo, mia Regina. – disse Ade senza dissimulare la nota di orgoglio che provava nella voce.

- Sono felice  che vi piaccia. Ma oggi non chiamatemi Regina, non ne ho proprio l’aspetto- disse ridendo e alludendo al fatto che, a causa del duro lavoro, i capelli erano scarmigliati, la tunica sgualcita, le mani un poco rovinate ed era anche un poco sudata.

- Nulla mi impedirà mai di considerarti come la più bella e nobile delle Regine, più bella ancora di tutte le donne del mondo- ribattè con calore Ade, il quale non riuscì assolutamente a trattenersi; stupendo perfino sé stesso, l’afferrò per la vita e la prese fra le braccia, stringendola a sé e baciandola con passione.

A Persefone era la prima volta che accadeva qualcosa del genere. Sentì le labbra morbide e calde di lui posarsi sulle sue e la sua lingua che tentava piano di schiuderle la bocca, sollevata sulle punte, gli arrivava alla spalla e mentre si godeva la meravigliosa sensazione che le dava l’essere avvolta dalle sue forti braccia, d’istinto oltre a poggiare entrambe le mani contro il suo petto premendole, schiuse a sua volta le labbra accogliendo la lingua di lui che le esplorava piano la bocca.
Tutto questo, completamente indifferenti a qualunque cosa, persino alle tre esterrefatte ninfe che però, nonostante l’imbarazzo, non poterono trattenere un sorrisetto davanti a questa versione sconosciuta del loro temibile Signore.

Improvvisamente, tornando in sé, Ade si staccò da Persefone scusandosi e cercando di ricomporsi e riprendere il suo abituale freddo cipiglio, mentre la giovane arrossiva consapevole non solo della presenza delle ninfe che cercavano invano  di fare finta di nulla, ma soprattutto dall’apprendere, come nuova consapevolezza, l’effetto reciproco che ognuno di loro due aveva sull’altro. Abituata com’era alla rigida educazione materna, prima di allora non aveva mai pensato a sé stessa come a una creatura che potesse suscitare desideri e sentimenti che comunque vedeva negli altri.  E non aveva mai pensato nemmeno che potesse accadere il contrario, cioè che qualcuno suscitasse le medesime cose in lei.
In imbarazzo, Ade si voltò e se ne andò, e poco dopo anche Persefone e le ninfe decisero di tornare alla reggia, e di fare come se nulla fosse accaduto. Finora era andato tutto così bene, forse era il caso di fare in modo che le cose continuassero così… 


Ma il tutto non poteva durare a lungo. Improvvisamente, Persefone cominciò a deperire misteriosamente, giorno dopo giorno.
Il suo colorito diventava sempre più pallido, l’appetito cominciò a mancarle, e piano piano cominciarono ad abbandonarla anche le forze: lei tentava di dedicarsi alle quotidiane occupazioni, Giardino compreso, ma la fatica e lo sforzo erano sempre più insopportabili. I suoi poteri di Dea si ridussero al lumicino…finchè un giorno fu trovata completamente esanime su un pavimento del palazzo, e non ci fu modo di farla rialzare.
Dopo averla messa a letto con ogni premura, venne convocato Asclepio, il figlio di Apollo e medico degli Dei, il quale sottopose la paziente ad un’accurata visita, utilizzando al meglio le sue doti mediche.

- Allora?- chiese preoccupato Ade appena lo vide uscire dalla stanza di Persefone. 

- Nulla di anomalo, in realtà caro Ade. Vedi, per chi vive in superficie la luce e il calore del sole sono fondamentali per la sopravvivenza. Chi ne viene privato, inizialmente vive comunque, ma  poco a poco deperisce ed è come se venisse privato della sua forza e della linfa vitale, esattamente come una pianta. Si chiama “malattia del dolore” o anche, se preferisci “dolore dell’anima”. –

- Quindi….Persefone rischia di morire?- chiese Ade con la voce mozzata dal dolore e dall’incredulità.Asclepio si strinse nelle spalle.

- Persefone, essendo figlia di un mortale e di una Dea, non è ancora una divinità consacrata quindi mantiene intatte alcune caratteristiche dei mortali. Quindi la risposta è sì, purtroppo rischia di morire.-

- NO! - gridò Ade sopraffatto dal dolore.

- Allora non vi è che una cosa da fare,  e tu sai qual è- disse Asclepio congedandosi e raggiungendo Ecate, che silenziosa aveva assistito alla scena e che lo avrebbe guidato con la sua torcia verso l’uscita degli inferi, dove lo attendeva Ermes per ricondurlo sull’Olimpo.

Rimasto solo, Ade entrò nella stanza dove Persefone giaceva nel letto dormendo profondamente. Ordinò a una delle ancelle di portargli il suo mantello, e una volta che lo ebbe indossato, indugiò ancora un poco sulla figura amata. Poi si chinò su di lei, e dopo averla dolcemente baciata in fronte la avvolse con cura nel mantello, sollevandola tra le sue braccia e sparendo alla vista di tutti.
Si trasportò così davanti alla casa di Demetra, dove posò con cura Persefone sull’uscio, bussando con energia alla porta; pochi secondi dopo, Demetra aprì  e vedendovi rannicchiata la figlia che credeva rapita, gridò con gioia “Persefone, tesoro mio!”, sollevandola da terra felice e portandola dentro, per sistemarla e curarla a dovere.
 
Non c’erano testimoni a questa scena, ma se vi fossero stati avrebbero forse notato, nascosto dietro un albero nei pressi della casa della Dea, una figura alta e scura che osservava la scena, e sul cui volto, non appena Persefone sparì alla vista venendo portata in casa, cadde una lunga e silenziosa lacrima….
 
(fine ottava parte)

N.B: conosco perfettamente i legami parentali che univano tutti i protagonisti della storia, dato che nel mito Persefone è figlia di Demetra e Zeus (anche se ho trovato che in altri miti il padre è il fiume Stige). Ma dato che, come ho detto, la base della storia era stata ideata per dei bambini, ho voluto mantenerla così e quindi ho scelto di fare questa piccola digressione, dove attribuisco a Persefone uno sconosciuto  padre mortale, e dove accenno a una presunta "consacrazione" che l'avrebbe resa Dea a tutti gli effetti (che presumo inserirò più avanti nella storia, anche se non ne sono sicura). 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cap. IX ***




Appena risvegliatasi, Persefone si accorse subito di essere ritornata nella sua vecchia stanza, nella casa di sua madre. La quale, felice, l’accudiva amorevolmente giorno e notte, e che abbracciò felice di rivedere: nonostante tutto le era mancata molto. In poco tempo Persefone si ristabilì, e Demetra  a questo punto non perse tempo per porre alla figlia domande sulle preoccupazioni che più le stavano a cuore.

- Figlia mia, non riesco nemmeno a immaginare cosa tu abbia passato negli Inferi in balìa di quel mostro spietato di Ade…-

- No madre, vi sbagliate! Non è un mostro, anzi! E’ stato gentilissimo e molto buono con me- lo difese Persefone, raccontando la sua esperienza nell’Averno.
Demetra capì che la figlia era sicnera, e che quindi Ade non aveva attentato alla sua purezza, come essa temeva. E, visto che aveva ottenuto la cosa che desiderava di più, ovvero che la sua Persefone tornasse a casa sana e salva, era disposta a soprassedere a quanto accaduto senza mettere in mezzo Zeus. Aveva anche notato l’anello donatole da Ade, e avrebbe voluto vederlo sparire alla sua vista, ma dato che Persefone l’aveva pregata di lasciarglielo portare perché – diceva lei- non aveva mai avuto un gioiello prezioso in tutta la sua vita, era perfino disposta a concedere a sua figlia questo piccolo capriccio, visto che era una cosa che sembrava desiderare molto. In fondo la sua adorata piccola dea ne aveva passate talmente tante in così poco tempo che…che male poteva farle un anello?

- Non difenderlo figlia mia, sei troppo buona. Ade merita solo disprezzo da chiunque, ma dato che ha avuto il buonsenso di riportati da me, per stavolta ti accontenterò e lascerò perdere qualunque rivendicazione. L’importante è che tu sia di nuovo qui con tua madre- disse stringendola forte al cuore.

Una volta ristabilitasi, Persefone ritornò a condurre la vita di sempre: curava la natura, gli animali, i mortali, quasi sempre assieme a sua madre, la quale dopo quanto era successo aveva triplicato la sorveglianza affiancando alla figlia ninfe, satiri e centauri di sua assoluta fiducia. In questo modo, Persefone si ritrovò a non essere mai sola e a essere sorvegliata ogni minuto della sua vita.
Per fortuna, sua madre non poteva controllare i suoi pensieri…perché avrebbe visto che a Persefone, per quanto se ne stupisse lei stessa, mancava l’Averno. Le mancava la libertà di movimento di cui aveva goduto, accompagnata al massimo (e non sempre, visto che poteva congedarle quando voleva) dalle sue tre ancelle, le mancava la libertà di iniziativa di cui aveva goduto nel momento in cui Ade le aveva dato carta bianca lasciandole prendere le sue decisioni, e non solo per il Giardino dei Frutti degli Inferi, ma anche per gli altri piccoli cambiamenti che aveva apportato qua e là; soprattutto le mancava lui, Ade.
La sua compagnia, la fiducia che aveva sempre riposto in lei (in fondo chi gli diceva che lei non avrebbe tentato la fuga?), le sue attenzioni…e quegli sguardi intensi, quelle carezze accennate, quel bacio mozzafiato…in cuor suo, Persefone desiderava incontrarlo di nuovo, almeno una volta, e quando usciva stava sempre attenta a scorgere un’eventuale figura scura e misteriosa nascosta a osservarla; ma non accadde mai nulla di tutto ciò. Fu perfino tentata di usare il famoso anello per chiamarlo, ma dato che le era stato detto di farlo solo in caso si trovasse in pericolo, rinunciò al suo proposito, convinta che  forse Ade si sarebbe arrabbiato se lei  gli avesse fatto perdere tempo. In fondo era ben consapevole di quanto fossero pressanti le sue giornate come Dio degli Inferi.

Un giorno Persefone uscì diretta ad un frutteto per raccogliere delle pesche, accompagnata dal centauro Nesso. Il quale, a dispetto della fiducia concessagli da Demetra, da tempo aveva messo gli occhi sulla sua bella figlia aspettando l’occasione per farsi avanti, nonostante Persefone non avesse mai manifestato alcun tipo di interesse per lui che non fosse amichevole, come faceva con tutti.
Mentre la giovane era intenta a raccogliere frutti, il centauro le si avvicinò da dietro allungando le mani sul suo corpo fiorente, con carezze impossibili da equivocare; ma al contrario di quanto accaduto con Ade, Persefone reagì male a quel tocco, per cui ebbe subito una reazione di fastidio e disgusto. Quando intimò a Nesso di smetterla, altrimenti avrebbe riferito tutto a sua madre, quello reagì con violenza: ma come si permetteva quella insignificante ragazzina, che chissà quanto aveva concesso al potente signore degli Inferi, di rifiutare lui?  
Per tutta risposta l’afferrò per la vita sollevandola e cercando di mettersela in groppa per portarla dove avrebbe avuto agio migliore per fare tutto ciò che desiderava. Persefone urlò spaventata, si divincolò, lo aggredì con pugni, graffi e calci finchè riuscì a divincolarsi cadendo a terra. Riuscì a rialzarsi e si mise a correre il più velocemente possibile cercando una qualunque via di fuga, mentre Nesso l’inseguiva minacciandola. Persefone correndo si addentrò nel bosco: correva, correva, i piedi nudi feriti da sassi, ramoscelli e altro, ignorando dolore e terrore, mentre sentiva l’altro avvicinarsi comunque.
Continuava a correre nonostante cominciasse a mancarle il respiro, nonostante la paura cominciasse a prendere il sopravvento;  improvvisamente, inciampò nella grossa radice di un albero che sbucava dal terreno e cadde rovinosamente. Ferita ovunque, non riuscì a rialzarsi, sopraffatta dalla debolezza e dalla disperazione, strinse l’anello che portava al dito mormorando “Ade…aiutami…” prima di perdere completamente i sensi.

(fine nona parte)

 
N.B: Nella mitologia greca, il centauro Nesso appartiene al mito di Ercole. Dato che mi serviva un personaggio viscido di quel tipo, l'ho trasferito in questo mito.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Cap. X ***





Dopo la partenza di Persefone, gli Inferi erano tornati alla loro tranquilla routine. Fin troppo tranquilla.
Un cambiamento significativo però c’era stato: Lord Ade si era rinchiuso nelle proprie stanze, senza voler vedere nessuno o sapere nulla di quanto accadeva nel Regno. Le poche volte che era costretto a uscire,  magari per emettere qualche sentenza, lo faceva i malavoglia e solo se obbligato, per poi tornare a chiudersi nel suo dolore.
Tramite un’ampolla contente le acque del fiume Stige (che permettevano di vedere cosa accadeva sulla Terra), aveva visto Persefone curata e rifocillata dalla madre, guarire e rifiorire come prima. Era stata la sua unica consolazione saperla di nuovo felice e in salute, solo così il suo sacrificio aveva acquistato un senso. Però era comunque troppo doloroso da sopportare, ora che- anche se in maniera non del tutto completa- aveva conosciuto cosa volesse dire non essere più solo.
Quando era ritornato, dopo aver riportato Persefone da Demetra, aveva trovato ad aspettarlo Ecate che lo aveva scrutato in silenzio come sempre, con i suoi occhi penetranti che sapevano vedere nell’animo altrui. L’aveva superata senza dire una parola, completamente disinteressato a quello che poteva avere o non avere visto dentro di lui, per andare a rinchiudersi nelle sue stanze.
Nei giorni seguenti Ecate non aveva fatto nessun tentativo per strapparlo dalla sua apatia: sapeva bene che non sarebbe servito a nulla, che bisognava dare tempo al tempo, e forse tutto sarebbe tornato come prima. Forse, appunto.

- Mia Signora Ecate, cosa possiamo fare per lui?- le chiese Mynthe una volta. Anche lei, Leuce e Acasta sentivano la nostalgia di Persefone, grazie alla quale non solo erano state sottratte dal loro destino negli Inferi, avevano passato del tempo piacevole pure nella loro posizione di sottoposte, perché Persefone era sempre stata gentile con loro. Ade si era completamente dimenticato di loro, e ora le tre ninfe trascorrevano le giornate languendo nella noia più totale.

- Nulla- rispose Ecate.

- Lord Ade sta subendo dentro di sé un’importante trasformazione: ha finalmente imparato cosa vuol dire amare davvero, e che talvolta questo può voler dire compiere sacrifici dolorosi per sé, se necessari al bene della persona amata. E’ una delle cose più importanti che può accadere sia a un mortale che a un Dio, e non a tutti succede. E chissà che non porti anche questo qualcosa di nuovo…- 

 

Inizialmente Ade ebbe un moto di incredulità quando sentì la voce di Persefone che lo chiamava.

“Ade…aiutami…”
Si riscosse immediatamente dal suo torpore: ma come? La sua perduta Regina in quel momento era tornata nel suo ambiente, al sicuro con sua madre e con coloro che le volevano bene. Che diavolo……?!

“Ade….!”
 
No, non si stava sbagliando, era proprio la voce di Persefone: fievole, quasi un sussurro….ma era lei. E lo stava chiamando.

Ade prese l’ampolla contenente le acque magiche, vi guardò dentro….e vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere, per nulla al mondo: il centauro Nesso che aggrediva Persefone, lei che divincolandosi riusciva a scappare attraverso il bosco, lui che la inseguiva avvicinandosi sempre di più, lei che esausta e terrorizzata inciampava e cadeva, ferita…evidentemente era riuscita a ricordarsi dell’anello che lui le aveva donato.

Non perse tempo: afferrato il mantello si trasportò immediatamente laddove Persefone giaceva ferita e priva di sensi. A vederla così, inerme e bisognosa per colpa di quello schifoso   , un moto d’ira si impossessò di lui, ma lo soffocò perché in quel momento la priorità era la fanciulla. Come già aveva fatto altre volte, si chinò su di lei avvolgendola con cura nel mantello, poi la sollevò tra le braccia mormorandole “amore, mio, stai tranquilla, sono qui con te” e in men che non si dica la riportò negli Inferi.

Ai servitori apparve subito chiaro che Lord Ade era uscito improvvisamente dal suo stato di apatia e torpore: mentre sistemava Persefone nella stanza che aveva occupato fino a poco tempo prima, ordinò a Ecate di convocare di nuovo Asclepio, e a un servitore di chiamare immediatamente le tre ancelle della padrona; quando Mynthe, Leuce e Acasta si precipitarono sbalordite nella stanza, raccomandò loro di prendersi cura di Persefone e di seguire alla lettera le istruzioni di Asclepio, che sarebbe arrivato a breve.
Poi tornò nella sua stanza, dove indossò la sua armatura, molto famosa nelle storie che circolavano fra i mortali, poi di nuovo grazie al mantello tornò sulla Terra. Grazie ai suoi poteri divini, non gli fu certo difficile trovare il punto dove tra breve sarebbe passato Nesso; resosi invisibile grazie al suo famoso elmo, non diede quasi tempo al centauro di realizzare cosa stava accadendo. Sfoderando la spada, la infilzò più volte nel suo corpo, straziandolo e facendolo a pezzi con una certa soddisfazione. Una volta finito il tutto, non diede a quei resti nemmeno sepoltura; chi aveva toccato Persefone meritava solo di essere lasciato come pasto per gli avvoltoi. Sporco di sangue, rientrò nel fianco della collina completamente indifferente a quanto lasciava dietro di sé.
 
Tornato nell’ Averno, Ade sentì il peso della stanchezza cadergli improvvisamente addosso. Spogliatosi dell’armatura lasciò ai servi il compito di ripulirla, mentre lui a sua volta faceva la stessa cosa immerso nelle terme  private; poi, una volta rivestitosi, si recò subito nella stanza di Persefone. La fanciulla giaceva profondamente addormentata nel letto: Asclepio aveva risanato le ferite più profonde, e lasciato un unguento apposito da applicarvi sopra. Per il resto aveva ordinato il massimo riposo e  tranquillità . Le tre ancelle l’avevano poi lavata e sistemata con grande cura, attente alle sue ferite e a non svegliarla; Ade si complimentò con loro per il lavoro e le loro attenzioni, poi le congedò.
Una volta rimasto solo, si attardò ancora un poco a guardarla; vedere le ferite e le contusioni sul suo corpo faceva male a lui stesso, ma per fortuna ora Persefone era davvero  al sicuro. Si sdraiò sul letto accanto a lei, prendendola fra le braccia; la giovane non si svegliò ma, pur nella sua incoscienza, dovette percepire il calore e la sicurezza emanati dal corpo do Ade, perché si girò posando la testa nell’incavo del suo braccio, e dopo essersi stretta a lui fece un piccolo sospiro soddisfatto. Il Signore degli Inferi le diede un lieve bacio sulla fronte prima di cadere a sua volta addormentato, tenendo finalmente fra le braccia colei che amava.

(fine decima parte)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Cap.XI ***




Negli Inferi il tempo scorre molto più lentamente rispetto al mondo mortale; soprattutto, non essendoci il sole, le giornate non sono scandite dai suoi ritmi naturali e dalla sua luce. Perciò i ritmi di quel mondo sono un po’ lasciati al caso, o ai ritmi naturali dei suoi abitanti.
Fu impossibile quindi per Ade stabilire quante ore aveva dormito quando si svegliò; ma non gli importva, per lui che era immortale lo scorrere del tempo era una banalità relativa
Quello che importava in quel momento, era avere Persefone tra le braccia, sana e salva. Non si mosse nemmeno per paura di svegliarla, e passò alcuni minuti così, a rimirarla mentre dormiva. Poi arrivò il momento tanto desiderato: Persefone fece qualche piccolo movimento contro di lui, per poi aprire gli occhi.
La giovane girò un attimo lo sguardo attorno alla stanza, per cercare di mettere a fuoco dove si trovava; poi una volta capito dov’era…si rese conto di essere tra le braccia del Signore degli Inferi. Alzò quindi il viso e gli sorrise.

- Ade…sei tu…ma cosa….?-

- Sono io, mia Regina, e per fortuna sono riuscito a sentire il tuo grido di aiuto e a venire in tuo soccorso- Alla giovane venne improvvisamente in mente l’aggressione subita dal centauro ed ebbe un moto di paura, strigendosi ad Ade.

- Non temere Persefone, ci ho pensato io. Quell’essere immondo non darà più fastidio né a te né a nessun’altro-

Queste parole e il tono di voce con cui erano state pronunciate diedero un brivido a Persefone che si stirnse di nuovo ad Ade guardandolo negli occhi, in cui quel momento scorse il riflesso fiammeggiante che ben conosceva. Ma sapeva di non doverne avere paura per sé, e che anzi lei avrebbe beneficiato solo della parte positiva di quella forza.
Improvvisamente, sorrise ad Ade e posò una mano sulla sua guancia, accarezzandola. Ade chiuse gli occhi rabbrividendo a sua volta dalla gioia e dal piacere, e girando lievemente il viso baciò il palmo della piccola mano di Persefone con ardore.

- Grazie, mio signore-

- Non ho fatto nulla per cui tu mi debba ringraziare. Occuparmi della mia amata Regina per me è solo una gioia- rispose lui.

- Ade…io…voglio rimanere qui-

Per un momento il Signore dell’Oltretomba credette di avere capito male.

- Sai cosa ti succederebbe in breve tempo se ti privassi della luce del sole. Me l’ha detto Asclepio, è stata quella la causa della tua malattia, poco tempo fa. Credimi, nessuno più di me desidera che tu rimanga qui. Ma non a prezzo della tua vita.

- Ade…dico sul serio….voglio rimanere qui con te. Essere per davvero la tua Regina. Mi sei mancato così tanto…Ti prego, non dirmi di no- disse Persefone fissandolo negli occhi.

Il cuore di Ade cominciò a battere a mille: possibile che il suo desiderio si stesse realizzando, e addirittura che fosse Persefone stessa a desiderarlo?
La giovane Dea gli lesse negli occhi i suoi dubbi e, decisa a fugarli, cominciò ad accarezzargli il viso avvicinandosi poi con il suo e posando le proprie labbra su quelle di lui, premendole e assaporando la bocca dell’altro. A questo punto, lasciarsi andare per Ade fu la cosa più naturale del mondo: stringendo a sé Persefone rispose al bacio riversandovi tutta la passione finora trattenuta. Per la prima vlta nella sua vita secolare, sentiva di sapere cosa voleva dire essere felice… 
 


Grazie alle costanti cure ricevute, Persefone cominciò a riprendersi in pochi giorni. Dopo quella prima volta, Ade aveva voluto essere sicuro che la decisione della giovane non fosse dovuta a un momento di debolezza temporanea; finchè era rimasta a letto nella sua stanza, ogni giorno era andato a trovarla, e avevano parlato della situazione  che si era creata. Come prima cosa, Ade aveva fatto presente a Persefone che non avrebbe più potuto vedere sua madre, perlomeno non come prima: non si può andare e venire dall’Oltretomba a piacimento, a meno di non essere una delle sue divinità, cosa che Persefone sarebbe diventata comunque col tempo.
Ma la giovane Dea era convinta che sua madre avrebbe accettato la sua decisione, dopo aver visto che lei era felice. Certo…ci sarebbe voluto molto tempo e molto sforzo. Ma per quanto la fanciulla volesse bene a sua madre, ora era decisa a vivere la propria vita, e non quella che Demetra aveva deciso per lei.

Appena Persefone si fu rimessa in forze, Ade la portò al cospetto di Ecate per presentargliela. Persefone sapeva che la Dea della magia e degli incantesimi era una personalità molto potente nell’Oltretomba, ed era molto emozionata per l’incontro. Appena si incontrarono la giovane Dea della Primavera fece un profondo inchino:

- Dea Ecate, sono così onorata di fare la vostra conoscenza…- 

L’altra le si avvicinò tendendole una mano, per farla rialzare.

- Regina Persefone, la gioia nell’incontrarvi è la mia. Non inchinatevi, voi tra poco sarete la Regina e saranno gli altri a doversi inchinare a voi.-

Ecate scrutava la bellissima fanciulla che aveva davanti, e che era riuscita a compiere il miracolo di far conoscere l’Amore al Dio dell’Oltretomba. Percepì immediatamente la potenza non ancora espressa che Persefone covava dentro di sé e capì che era la Regina ideale per quel regno.

- Regina Persefone, riesco a vedere un grande futuro per voi. Un futuro di gioia e di potenza- le disse imponendole le mani sul campo in segno di approvazione.

Ade assisteva in disparte all’incontro, compiaciuto di come si stava svolgendo. Non erano molte le altre divinità che aveva in simpatia, ancora meno quelle che stimava. Ecate era una di queste.

Finito l’incontro, presero congedo e Persefone, ancora emozionata, comprese che la sua nuova vita stava davvero cominciando: si stava preparando ufficialmente a divenire la Regina degli Inferi.

(fine undicesima parte)


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Cap.XII ***


Molto presto venne celebrato negli Inferi il primo matrimonio della storia del regno.
Il giorno delle nozze, Persefone indossava una bellissima lunga tunica di colore rosso scuro, con decorazioni in oro; i capelli erano raccolti sulla nuca in un’elegante acconciatura, con un nastro blu intrecciato in essi. Per la prima volta si era anche adornata di gioielli: una raffinata collana d’oro con piccoli rubini incastonati e orecchini abbinati, bracciali d’oro al ogni polso e al dito l’anello magico donatole da Ade. Nonostante la giovanissima età aveva già un’aria regale mentre, emozionata e seria, ascoltava le formule di rito pronunciate dal celebrante, che poi era anche lo sposo. Il quale a sua volta aveva indossato l’armatura nera, tirata a lucido per l’occasione, e sorrideva orgoglioso mentre posava sul capo di colei che era appena diventata sua moglie la corona nera di Regina degli Inferi.
Non era certo una cerimonia tradizionale: i presenti erano molto pochi, Ecate, Leuce, Mynthe e Acasta, Thanatos.
E anche la festa fu molto diversa da quelle che Persefone conosceva, visto soprattutto il luogo in cui veniva celebrata. E tuttavia, per gli sposi fu un giorno felice, Persefone riuscì perfino a convincere il riluttante neo marito a danzare brevemente con lei, al suono della musica di alcuni musicisti presenti nei Campi Elisi reclutati per l’occasione.

Verso la fine del banchetto, Ade prese un melograno dal cesto della frutta e lo aprì, porgendolo alla sposa.
-Prendi, mangiane alcuni semi. Come sai, chiunque mangi del melograno cresciuto nel Giardino dei Frutti degli Inferi vi rimarrà legato per sempre, non potrà più andarsene. Ora sei mia moglie, ma solo così saremo veramente uniti per l’eternità.-
Senza alcuna obiezione, Persefone prese il melograno e ne mangiò alcuni chicchi.
 
Finiti i festeggiamenti, i due sposi si avviarono per io corridoio che portava alle stanze da letto; e solo allora, arrossendo Persefone si rese conto che da ora in poi non avrebbe più avuto la sua stanza personale ma avrebbe diviso la stanza- e il letto- con suo marito. La cosa le provocò contemporaneamente eccitazione, agitazione e timore, il che non sfuggì ad Ade che una volta entrati in camera, prese tra le braccia la novella moglie per rassicurarla
Quando si staccarono, Persefone si sedette sul letto e Ade le si mise accanto, cominciando a spogliarsi la parte superiore del corpo. Man mano che si liberava dell’armatura e mostrava il fisico asciutto ma ben fatto, la giovane sposa non poteva fare a meno di guardarlo curiosa e ammirata, nonostante un’evidente timidezza. Mossa da un’impulso irresistibile, posò le mani sul petto del marito, accarezzando piano la sua pelle calda.
Ade emise un sospiro soddisfatto, poi si chinò verso di lei e, dopo averla nuovamente baciata, le fece scivolare la parte superiore del vestito, lasciandole scoperti i seni bianchi; non essendovi abituata Persefone, arrossendo, istintivamente tentò di coprirli con le mani, ma Ade la fermò:

- Sei bellissima…non coprirti, lascia che ti guardi. Sono tuo marito, non c’è nulla di male-

Prese un seno a coppa in ogni mano, accarezzandoli e strappando un gemito a Persefone. Poi si abbassò e prese tra le labbra un capezzolo, mentre sentiva lei infilargli le mani nei capelli e spingergli la testa fra i seni, cosa che Ade fece con grande piacere, mentre l sue mani abbassavano ancora il vestito della sua sposa, fin a farlo scivolare a terra. Anche la novella regina, a sua volta, accrezzava il corpo del marito, facendo scorrere le piccole mani sulla pelle e soffermandosi ogni qualora si imbatteva in qualche cicatrice ricordo di passate battaglie. Le esplorava con le dita, piano per non fargli male, ma sentiva il bisogno di conoscere tutto di lui.
Mentre Ade scendeva, tracciando una linea di baci che arrivava al ventre, Persefone anismava sentendo ondate di calore provenire da qualche parte nel profondo del suo corpo, che si irradiavano ovunque e diventavano sempre più forti, facendole desiderare sempre di più…di cosa non sapeva nemmeno lei, ma improvvisamente si sentì schiudersi come un fiore aggrappandosi ancora di più ad Ade sollevò le gambe attorno ai suoi fianchi, strusciandosi sul suo corpo, dando baci dove capitava.
Sentiva la mano di Ade che le accarezzava piano il punto più intimo, in mezzo alle gambe, mentre lui le mormorava all’orecchio dolci parole; poi, staccatosi un attimo, finì di spogliarsi mostrando la sua nudità e il suo desiderio alla sua sposa.

La quale osservava curiosa e piena di desiderio, sentendo un bisogno e un languore a cui non sapeva dare nome; Ade si sdraio sopra di lei, baciandola ovunque, e cominciando a infilarsi piano dentro di lei. Persefone sussultò.
 
-Hai paura, amore?- le chiese lui baciandola dolcemente.
- Un po’. Cosa succede?-
- Non devi preoccuparti, è il tributo che ogni giovane sposa deve pagare la prima notte di nozze. Sarà un po’ doloroso, ma non per mia volontà e solo per stavolta. Ti prometto che poi non sentirai più niente del genere-
 
Ade continuò ad avanzare piano dentro di lei, fino a rompere la barriera, riuscendo infine a penetrarla completamente; Persefone si morse un labbro lasciando uscire solo un piccolo gemito di dolore e stringendosi a lui, ma subito dopo, mentre suo marito continuava aspingere, il dolore si confuse con il piacere. Poco dopo, entrambi raggiunsero il culmine e giacquero abbracciati, soddisfatti e felici.
 
- Ti amo, Ade mio- disse la giovane Dea della primavera cingendo le braccia attorno al collo del marito e stringendosi forte a lui.

Era la prima volta che glielo diceva chiaramente. Ade sospirò di gioia.

- Ti amo anche io, mia dolce Persefone. Hai portato il paradiso all’inferno, e l’amore dove c’era il nulla. Potrebbe essere altrimenti?-


N.B: mi sono cimentata per la prima volta nella descrizione di una scena di sesso. Il risultato finale, a essere onesta, non mi soddisfa molto, ma d'altra parte è la prima volta e spero di migliorare col tempo. Spero perlomeno che non risulti troppo ridicola o noiosa.
 
 
(fine dodicesima parte)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Cap.XIII ***



Quando Demetra si accorse che Persefone era nuovamente scomparsa, non ci mise molto a collegare il tutto con Ade. Quel maledetto mostro delinquente, aveva sicuramente preso ancora la sua piccola…ma stavolta gli avrebbe fatto vedere lei di cosa era capace una madre per difendere la propria creatura.
Quando vennero ritrovati i resti di Nesso i sospetti di Demetra diventarono certezze. Non c’era tempo a perdere, doveva andare sull’Olimpo per parlare con Zeus e informarlo dello scempio criminale che suo fratello stava perpetrando ai danni di una povera madre e della sua giovane e vergine figlia.
In meno che non si dica Demetra grazie ai suoi poteri volò sull’Olimpo dove irruppe nel palazzo di Zeus, che in quel momento si trovava nella sala del trono assieme alla moglie Era.

- Demetra! E’ da tempo che non abbiamo l’onore di una tua visita! Ma…cosa ti è successo? Sembri sconvolta!-

- Lo sono Divino Zeus! Tu non sai cosa sta accadendo alle mie spalle e, oserei dire, anche alle tue! Ti prego, aiutami, sono disperata!-

- Calmati Demetra, e spiegami cosa sta succedendo!-
Mantenendo la calma a fatica, Demetra raccontò per filo e per segno ciò che era accaduto a Persefone, ovviamente dipingendo la storia a tinte fosche e tragiche, come del resto era dal suo punto di vista.

Zeus e Era si scambiarono un’occhiata perplessa: nessuno dei due si sarebbe aspettato un simile colpo di testa da parte di Ade. Il padre degli Dei si prese qualche minuto per riflettere.

- Demetra, dici che Ecate ti ha rassicurato sul benessere di tua figlia mentre soggiornava negli Inferi, e che la stessa Persefone una volta ritornata ti ha confermato spontaneamente questa versione, mostrandosi anzi grata per il trattamento ricevuto. Non credi che forse Ade è davvero innamorato di lei e ha davvero  intenzioni serie nei suoi confronti?- 

- Assolutamente no, e comunque non me ne importa nulla! Persefone è mia figlia, è mia, e io la rivoglio! E voglio che Ade sia punito per quello che ha fatto!- 

- Comprendo il tuo stato d’animo come madre, tuttavia anche tu devi comprendere che forse hai sbagliato in alcune cose. Non hai quasi mai portato Persefone qui tra i suoi pari sull’Olimpo, e hai sempre rimandato la sua consacrazione come Dea a tutti gli effetti. Se l’avessi fatto, forse Ade non si sarebbe azzardato a fare ciò che ha fatto, anche se personalmente ne dubito. Comunque, non posso prendere una decisione in merito senza sentire anche l’altra parte. Manderò Ermes negli inferi a parlare con Ade, e quando avrò la sua versione dei fatti ti comunicherò la mia decisione-

Demetra ingoiò l’amaro boccone: aveva sperato che Zeus agisse subito. Si disse disponibile ad aspettare ancora un poco, chiedendo solo che Ermes si accertasse anche delle condizioni di sua figlia, quando fosse andato negli Inferi.

- Non temere, tratterò la questione come una priorità e presto avrai una nuova convocazione.-
Demetra tornò così sulla terra insoddisfatta.
 
 
 


Il giorno dopo Ermes fu mandato negli Inferi. Zeus aspettò il suo ritorno, curioso di sapere come sarebbe andato l’incontro. Per lui quel lato di suo fratello era del tutto sconosciuto, al pari degli altri non aveva mai ritenuto possibile che Ade potesse provare dei sentimenti amorosi o desiderare una compagna…
 
Venne riscosso dai suoi pensieri da un frullare d’ali, che anticipò la vista vera e propria del messaggero degli Dei. Il quale avev un aspetto tra il divertito e l’agitato.

 - Ebbene, Ermes, com’è la situazione negli Inferi?-

- Padre Zeus, a dire la verità anche io ho faticato a credere a ciò che vedevo. Quel menagramo di Ade sembra uno dei mortali quando vengono colpiti dalle frecce di Eros: va in brodo di giuggiole solo a nominare la giovane Persefone che, non credo tu lo sapessi, è diventata sua moglie.-

- Cosa?! Ade sposato?! Ma non è mai stato il tipo!- chiese incredulo Zeus.

- E’ quello che gli ho detto anche io, in effetti. Ma lui ha risposto “Cosa ne sai tu dell’amore, passerotto? E cosa ne sa Zeus, visto che cambia donne come cambia le tuniche?!”-
Zeus fece per qualche minuto l’offeso, evitando accuratamente il sogghigno che in quel momento si era dipinto sul volto di Era. Meglio cambiare argomento, pensò.

- Dunque Ade ha sposato la figlia di Demetra….-

- Esatto, Divino Padre, e ora la giovane è ufficialmente Regina degli Inferi. Come da desiderio della madre, ho voluto incontrarla e devo dirti una cosa che né tu né Demetra, forse, vi aspettate: la giovane Persefone non solo sta benissimo, ma ricambia l’amore del marito, che da parte sua la riempie di premure, attenzioni e doni.-
Di nuovo, sogghigno di Era e veloce cambiamento di argomento di Zeus.

- Dunque non c’è stata alcuna costrinzione?-

- Affatto, Persefone mi ha confermato di essersi innamorata di Ade, e di aver maturato il desiderio e la decisione di divenire Regina degli Inferi per stare con lui, ma anche per avere un proprio regno in cui essere trattata alla pari del marito, come Ade in effetti fa. E un’altra cosa….-

- Si?-

- Al banchetto di nozze Persefone ha mangiato alcuni chicchi di melograno cresciuto nel Giardino dei Frutti degli Inferi-

- Ah! Questo cambia ogni cosa!”- affermò con decisione Zeus. – Del resto, non avremmo potuto fare molto: Ade è signore sui propri domini e può agire come vuole. Ma, se si fosse tratto di vero rapimento e vera violenza, avremmo avuto un appiglio per risolvere il caso a favore di Demetra. Stando così le cose invece….-

- Demetra non accetterà docilmente la decisione- intervenne Era per la prima volta- E’ già tanto che non si sia recata negli Inferi di persona, vista la rabbia che prova per Ade.- 

- Eppure, mia cara, non ha altra scelta. Tanto più che Persefone non ha violato alcuna regola o fatto alcun danno, ma ha semplicemente deciso della sua vita.- 

A questo punto, Zeus spedì Ermes sulla Terra convocando Demetra per il giorno dopo. La dea dell’agricoltura si presentò in men che non si dica. Si guardò attorno frenetica e speranzosa.
 
- Allora Divino Zeus, dov’è mia figlia?- chiese

Seduto  sul suo trono di marmo, Zeus la guardò con aria seria.

- E’ nel suo nuovo regno, assieme a suo marito, che ama e che non vuole lasciare- e Zeus fece riferire da Ermes stesso, parola per parola, tutto quanto da lui appreso durante la visita nell’Averno.Mentre il messaggero degli Dei parlava, Demetra cominciò a schiumare rabbia.
 
-Ade è un mostro! Un assassino! Chissà con quali minacce avrà costretto Persefone a quella sceneggiata! Come puoi credergli? Come puoi difenderlo?!-
A questo punto intervenne Era:

-Demetra, devi rassegnarti. Ade e Persefone sono sposati, e come sai l’unione matrimoniale è sacra. Tua figlia ora è Regina, e a quanto pare Ade sarà un buon marito. Perché non provi a vederla in questo modo?-

Demetra capì che qualsiasi altra sua protesta sarebbe rimasta inascoltata.

- E va bene, fate come volete. Ma ricordatevi che anche io posso fare lo stesso- proferì in tono minaccioso.

E ritornò sulla Terra, pronta ad attuare la sua vendetta…..
 
(fine tredicesima parte)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cap.XIV ***


- Lady Persefone, Lord Ade chiede immediatamente di voi!-

In quel momento la Regina degli Inferi era occupata a dare da mangiare a  Cerbero, lanciandogli pezzi di carne che aveva dato ordine di conservare apposta per lui. Era un compito che cercava di svolgere sempre personalmente, e non solo per la  quasi totale assenza di anime disposte a compierlo; Persefone si era davvero molto affezionata a quello stravagante enorme mastino che terrorizzava tutti solo col proprio nome, e che invece con lei diventava docile come un cagnetto terrestre. Ultimamente, era uno dei pochi momenti di svago delle sue giornate.

Quel primo periodo del suo matrimonio era stato bello ma duro. La giovane aveva preso da subito molto sul serio il suo essere una Regina, e aveva chiesto al marito di mostrarle tutto il suo regno, anche i luoghi più oscuri e pieni di dolore. Rispetto a quanto visto finora, era stata una cosa molto dura da sopportare: vedere le anime urlanti di dolore accalcarsi per essere trasportate sulla barca di Caronte, vedere le anime dei morti non seppelliti correttamente con la moneta d’oro per pagare il barcaiolo infernale rifiutate e costrette a vagare senza pace nell’Averno, indipendentemente da come si erano comportati in vita, scontando una colpa non loro; sentire i pianti, i gemiti, le urla, le suppliche, vedere pene terribili ed eterne anche se meritate…era stato un percorso davvero molto faticoso sia a livello fisico che a livello emotivo. Per la sua natura gentile e amorevole Persefone aveva cercato in molti casi di vedere se era possibile mitigare tutte queste sofferenze, ma era stata redarguita severamente  da Ade che le aveva intimato di non cercare di cambiare il corso delle cose.

- Vi sono regole millenarie da rispettare, che spesso non dipendono nemmeno dagli dei. Il giudizio eterno le anime se lo guadagnano a seconda del comportamento che hanno avuto durante la loro vita, la pietà non c’entra nulla con queste cose, e non spetta né ai giudici infernali e nemmeno a me.
Alcune sentenze possono essere mitigate, entro breve tempo, per questo devo ogni giorno supervisionare il lavoro dei giudici, ma per il resto tutto deve scorrere come è sempre stato, altrimenti si andrebbero ad alterare gli equilibri in ognuno dei tre regni, con conseguenze devastanti innanzitutto per i mortali. Anche tua madre conosce molto bene queste cose.-

Persefone aveva sospirato dentro di sé: era dura accettare tutto ciò ma si sarebbe impegnata a farlo, come ogni buona regina. E chissà che in alcuni casi non potesse comunque riuscire a mitigare la sorte di qualcuno…

Intanto, per fortuna, c’erano le notti e i momenti che i due sposi trascorrevano assieme. Con il passare dei giorni la giovane Dea della primavera aveva scoperto che fare l’amore col marito che amava le arrecava una gioia immensa, finora mai provata: si sentiva completa, felice, amata. Le piaceva anche la sensazione di potere che le dava percepire il piacere che lei dava a lui, la sensazione di completamento e di appagamento che sentiva. Aveva scoperto cose che mai avrebbe neppure immaginato esistessero, e che dubitava avrebbe conosciuto se fosse rimasta con sua madre e avesse intrapreso la strada da lei decisa.
E tutto questo aveva aumentato la sicurezza che provava nel ricoprire il suo ruolo.
 
Quel giorno appunto, quando Acasta era venuta a chiamarla, Persefone aveva lasciato Cerbero e si era incamminata verso la sala del trono.

- Mio marito ti ha detto per caso il motivo di questa chiamata così urgente?-
- No mia signora, ma ho visto che era appena arrivato Ermes, il messaggero. Che, se mi consentite, aveva un’aria piuttosto preoccupata- 

Oddio, e che cosa poteva essere successo di nuovo? Forse…qualcosa che riguardasse sua madre?
 
Quando Persefone entrò nella sala del trono, al messaggero degli dei non sfuggì l’abbozzo di sorriso sul volto di Ade nel vedere entrare la sua sposa, la premura con cui, appena avvicinatasi al trono, le prese la mano baciandogliela e lo sguardo che intercorse tra la coppia nel momento in cui rialzò la testa lasciandole andare la mano. Neanche Eros avrebbe saputo fare di meglio con le sue frecce, pensò Ermes.

- Buongiorno, Regina degli Inferi- fece, inchinandosi-

- Buongiorno a te, Ermes. A cosa dobbiamo l’onore della tua visita?- rispose la Regina sedendosi sul trono che era stato costruito per lei a fianco a quello di suo marito.

- Mia cara, mentre ti aspettavamo Ermes mi accennava a qualcosa di serio che sta accadendo tra i mortali…- le spiegò Ade, invitando poi con lo sguardo Ermes a continuare.

-Purtroppo è così, la situazione non è neanche seria, è proprio tragica- fece Ermes, e muovendo una mano evocò una visione del mondo terreno: neve e ghiaccio ovunque, tempeste di neve perenni, cadaveri di umani e animali congelati, urla di dolore e suppliche a ogni dio esistente di altri umani, debolissimi, malati, senza nulla da mangiare perché (come spiegò Ermes) con freddo e gelo ovunque non cresceva più nulla e quindi era impossibile trovare cibo.

- E noi cosa c’entriamo con tutto ciò?- chiese Ade, che aveva pensato che qualcosa doveva essere successo nel mondo di sopra, notando un aumento esponenziale delle anime che arrivavano nell’Averno ogni giorno.

- Direttamente nulla, ma la colpa di quanto avete visto è di Demetra. Da quando ha scoperto del vostro matrimonio e Zeus le ha spiegato che non può più fare nulla per far tornare a casa  sua figlia, ha giurato vendetta e non solo ha completamente abdicato a qualsiasi suo dovere, ma ha scatenato gelo e tempeste assicurando che tutto ciò continuerà finchè sua figlia non le verrà restituita.-

Persefone sussultò: come poteva sua madre arrivare a tal punto, colpire persone innocenti, solo per riavere lei? Le era sempre stato insegnato che da un grande potere deriva una grande responsabilità, e che gli dei devono innanzitutto utilizzare i loro poteri per aiutare e migliorare le condizioni di vita  degli umani che dipendono da loro. Come poteva venire meno proprio a questo importante insegnamento? La giovane Regina si sentì in colpa: certamente sua madre non avrebbe accettato alcun invito al suo matrimonio, ma Persefone dal canto suo da quando era arrivati negli Inferi non aveva nemmeno provato a contattarla per dirle dove era, spiegarle cosa era successo e informarla della decisione presa in totale libertà. E ora, queste erano le conseguenze della sua incuranza, distratta com’era dalle gioie della nuova vita matrimoniale.
Ade invece non sembrava farsi particolari problemi nei riguardi della suocera.
 
- Dì pure a Zeus di riferire a Demetra che deve rassegnarsi: Persefone è mia moglie ora, e Regina degli Inferi, e come tale rimarrà qui con me, come avviene per qualunque coppia, divina o mortale che sia. Sua figlia potrà andare a trovarla, non è una prigioniera ma la padrona qui, e se finora non le è ancora venuto in mente di farlo, si interroghi Demetra sul fatto che magari non sia proprio colpa  sua…- disse Ade stizzito, con un tono che non ammetteva replica. 
Ermes non ne fu affatto intimorito.
 
- Divino Ade, queste cose le potrai dire di persona tu stesso a Zeus dato che siete stati convocati sull’Olimpo al più presto, sia tu che la tua sposa.-
Dopo aver detto questo, il messaggero degli Dei salutò rispettosamente i due sovrani e si congedò.

Rimasti soli, Ade e Persefone si guardarono.
-Sei pronta per andare sull’Olimpo, tra i tuoi pari, moglie mia?-
A Persefone non rimase altro da fare che annuire: presto ci sarebbe stata la resa dei conti.
 
(fine quattordicesima parte)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Cap. XV ***





Nel palazzo reale dell’Olimpo c’erano proprio tutti gli dei, ognuno assiso sul suo personale trono, compresa Demetra. L’unico trono vuoto era quello di Ade, e uno nuovo di zecca accanto a questo.
Appena prima di entrare, Persefone ebbe un attimo di tentennamento: aveva molto desideraro essere presentata si suoi pari ed essere consacrata dea a tutti gli effetti, ma ora non potè fare a meno di provare un brivido di paura e preoccupazione.

- Hai paura, mia Regina?- le chiese dolcemente Ade sentendola stringere più forte il suo braccio.

- Un po’- rispose la giovane.

- Non devi preoccuparti, ricordati che tu ora sei come tutti loro, e anzi…come Regina, sei la più potente-

- Più potente della Divina Era? Com’è possibile? Marito, non scherzare in questo momento!-

- Più potente di lei, perché il mio è il più vasto dei tre regni ed il più ricco, visto che nel sottosuolo crescono i metalli più pregiati.-

Ade le diede un bacio sulla guancia, ma per  Persefone tale rivelazione non fu affatto consolante: se ormai nell’Averno si sentiva a suo agio, qui sull’Olimpo si sentiva l’ultima delle ninfe: temeva il giudizio che sicuramente avrebbero dato gli altri dei, e in particolare temeva ciò che avrebbe detto (o peggio, fatto) sua madre. Comunque sia, indietro non poteva tornare: preso un bel respiro, cercò di darsi la massima dignità per una regina, ed insieme entrarono nella grande Sala.

- Benvenuti, Ade e Persefone, e grazie di avere accettato il nostro invito- esordì Zeus come se si trattasse di un ricevimento.

- Grazie, mio caro fratello. La mia Regina e io siamo molto felici di poter finalmente presenziare a questa riunione con i nostri cari parenti - rispose Ade sottilmente ironico, ignorando gli sguardi pieni di livore che gli indirizzava la suocera.

- E altrettanto siamo felici noi di potervi accogliere; certo se non aveste fatto tutto di nascosto…ma del resto, quel che è fatto è fatto. Solo, ci sarebbero alcuni chiarimenti da fare…Demetra da tempo asserisce una cosa molto grave: dice che hai rapito Persefone portandola negli Inferi e costringendola contro la sua volontà a sposarti…-

- L’ha rapita, plagiata, brutalizzata!- scattò Demetra senza più riuscire a contenersi, mentre Estia, la dea del focolare domestico che era seduta accanto a lei, la afferrava per un braccia cercando di calmarla.

- Donna, sei fortunata ad essere nata tale, e per di più immortale, altrimenti ti avrei già incenerito!- le rispose Ade fissandola con occhia fiammegianti sdegno a sentire quelle accuse oltraggiose.

- Calma! Demetra, ti abbiamo già ascoltato e abbiamo ben chiara la tua versione dei fatti. Ora ascoltiamo cosa hanno da dirci Ade e Persefone- fece Zeus che cominciava a non poterne più di questa storia.Fu la giovane Regina a prendere la parola per prima.

- Padre Zeus, è vero, inizialmente sono stata portata negli Inferi da Ade con l’inganno. Ma poi, una volta lì, ho potuto vedere una persona diversa da quella che tutti voi credete di conoscere-

L’attenzione degli Dei era totalmente catturata da questa giovane Regina così affascinante e da cui emanava una sicurezza e una serenità molto forti. Lo stesso Ade non poteva fare a meno di rimanere ammirato da sua moglie mentre si esprimeva con voce chiara e senza tentennamenti, soprattutto conoscendo quanto fosse emozionata dentro di sé. Per sostenerla silenziosamente, le posò la mano su quella che lei teneva al suo braccio.
 
- Quando sono tornata sulla Terra, ho realizzato quali erano i miei veri sentimenti nei suoi confronti e per qualche tempo ho resistito, per non dispiacere mia madre e perché ero ancora preda di molti dubbi. Ma alla fine ho capito che non era giusto mentire a me stessa, volevo essere una moglie e padrona di una casa, non una sacerdotessa vergine come mia madre aveva deciso da sempre. e anche se non ci fosse stato l’episodio del centauro Nesso credo che presto avrei voluto tornare nell’Averno, perché avevo capito che lì era il posto in cui volevo stare. Assieme al marito che il mio cuore aveva scelto – disse, volgendo il viso verso Ade e sorridendogli amorevole.

- So cosa tutti credete di vedere o di sapere di lui, e anche di me; lo vedo dai sorrisetti ironici che faticate a nascondere sui vostri volti. Ma permettetemi di dirvi che siete in errore: non potevo sperare in un marito migliore. Lo amo molto e voglio restare con lui- concluse la giovane con passione.Tutti rimasero ancora di più colpiti da queste parole: agli Dei, in generale, non era sconosciuto il sentimento d’amore, anzi…come è noto, si può dire che lo conoscessero fin troppo, viste le molteplici avventure amorose che molti di loro vivevano sia tra di loro che con mortali. Ma tutti loro, vedendo Persefone e Ade, ebbero subito l’impressione di assistere a qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che era più raro da trovare rispetto a quanto vedevano ogni giorno. Qualcosa che solitamente si chiamava “vero amore”.

- Dunque le cose stanno così?- fece Zeus rivolgendosi al fratello.

- Sì, caro Fratello, come vedi Persefone non è costretta a nulla che non voglia lei stessa. L’amo troppo per trattarla come una schiava. Lei è una Regina e una Dea ed è ora che venga riconosciuta come tale da tutti -

- Ed è quello che faremo oggi- disse Era, che si girò verso la figlia Ebe, coppiera degli Dei, facendole un cenno. Al che la giovane si diresse verso Persefone con una coppa in mano, fermandosi accanto a lei.

- Dea Persefone, con il tuo operato e le tue parole oggi hai dimostrato di possedere tutte le qualità e le competenze necessarie per entrare a far parte dell’Olimpo e occuparti così del modo, assieme a tutti noi tuoi fratelli e sorelle. Per questo accetta di bere l’ambrosia che ti viene donata, in modo da poter diventare anche tu immortale- disse Era in tono solenne, pronunciando la formula con cui Persefone veniva riconosciuta Dea a tutti gli effetti.
La giovane Regina, emozionata, accettò la coppa che le veniva porta da Ebe e dopo un attimo di titubanze bevve l’ambrosia, la sostanza che donava l’immortalità. Anche se esteriormente non cambiò nulla di lei, dentro si sentì subito più leggera, fluttuante.
 
- Da oggi, il tuo posto è sul trono che ti è stato riservato accanto a quello di Ade- le indicò di nuovo la Regina dell’Olimpo. Gli altri dei cominciarono a complimentarsi con la nuova collega, e persino Demetra osservando la figlia aveva dimenticato per un po’ il suo astio e si sentiva commossa e orgogliosa. 

- Grazie Divino Zeus e Divina Era- disse Persefone ancora emozionata stringendosi al marito che la guardava orgoglioso come mai era stato in vita sua. 

- Aspettate, in realtà la questione non è ancora risolta- disse Zeus, rivolgendo verso di sé l’attenzione di tutti gli altri, stupiti. Avevano pensato che le cose fossero ormai risolte, no? 
- Rimane la questione di quanto sta accadendo sulla Terra, certamente non è possibile continuare con questo stillicidio che va immediatamente fermato e scongiurato per sempre- Zeus appariva pensoso e preoccupato, consapevole del fatto che quanto stava per dire non sarebbe stato preso benissimo dagli interessati. 

- Ho così preso una decisione a riguardo: Persefone vivrà con Ade per sei mesi dell’anno, i restanti sei mesi tornerà a vivere con sua madre Demetra. In questo modo, tutti saranno contenti e i diritti di tutti saranno rispettati, dato che la quantità di tempo trascorsa con l’uno e con l’altra si equivale - 

- COOOOSAAAA?! Quando mai si è sentita una cosa del genere?! A quale mortale è mai stato negato di vivere con la propria sposa?! Eppure sulla Terra molte donne vengono costrette a sposare uomini contro la loro volontà, ma a nessuna di loro è permesso di vivere metà anno con il marito e metà con la famiglia d’origine!! Non accetterò mai, non è giusto!!- esplose Ade incollerito. Che suo fratello fosse diventato sordo, o pazzo?! Non aveva sentito che cosa quanto gli avevano detto finora? A che gioco stava giocando questo collezionista di amanti e figli in ogni dove?! 

- E allora da quando è consentito rapire le fanciulle alla loro madre e sposarle senza nemmeno avvertirla, escludendola dalla loro vita?! – ribattè Demetra che, altrettanto incollerita e senza più dare retta nemmeno alla povera Estia che tentava di trattenerla, scese dal trono diretta verso l’odiato genero, con gli altri dei che, trattenendo il respiro, aspettavano il corpo-a-corpo. 
E difatti per qualche minuto i due si fronteggiarono, occhi fiammeggianti l’uno e mani chiuse a pugno l’altra, come se volessero davvero scontrarsi; per fortuna intervenne Persefone a separarli mettendosi in mezzo a loro. 

- Madre, Marito! Ora basta! Accettiamo per il bene di tutti la decisione del Divino Zeus…anche per me sarà difficile dividermi tra i due mondi, e sapere di lasciare solo uno di voi metà dell’anno. Non ne sono certo felice…ma l’importante è finire questa faida e ripristinare le cose come sono sempre state! Io mi impegnerò al massimo, e se posso farlo io potete certamente farlo anche voi!- provò a farli ragionare la giovane. 

- Ade! Demetra! Persefone ha ragione e si sta dimostrando più saggia di voi. Adesso smettetela e chiudiamo la questione: Ade, non ti opporrai al ritorno di tua moglie per sei mesi sulla Terra, e tu Demetra, cesserai immediatamente le ostilità che hai scatenato, ripristinando il naturale equilibrio delle cose. Questa è la mia decisione finale!- disse Zeus, con un tono che non ammetteva replica alcuna. 

- Inoltre Demetra accetterai il matrimonio tra tua figlia e Ade; come sai l’unione matrimoniale è sacra e…- riprese il discorso  Era, dando subito dopo la parola a Estia 

- …e a maggior ragione quando è benedetta dall’amore fra i due sposi. Come Dea della famiglia e del focolare domestico do la mia benedizione a Ade e Persefone- concluse Estia, dea di poche parole ma molto rispettata da tutti gli altri Dei, Ade compreso. 
Sia Demetra che Ade  deposero le armi, pur senza alcuna convinzione interiore da parte di entrambi;  andarono a sedersi ognuno sul proprio trono. E accanto ad Ade, da quel giorno anche nelle rare visite sull’Olimpo ci sarebbe stata Persefone, dea della primavera e Regina degli Inferi.

(fine quindicesima parte)

 
N.B: manca ancora un capitolo al finale....

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Cap. XVI ***


Dato che sulla Terra le cose non potevano certo continuare come era stato finora, e dato che i danni a cui riparare erano enormi, apparve subito chiaro che Persefone avrebbe dovuto da subito tornare dalla madre e trascorrere con lei i sei mesi successivi. Quindi, pochi giorni dopo il loro ritorno all’Averno, la giovane Regina si accomiatò dal marito e dal suo Regno, che avrebbe rivisto solo sei mesi dopo.
Non fu facile per nessuno dei due: Ade addirittura, non si presentò da lei per darle un ultimo saluto o almeno accompagnarla. Rimase da solo nella sala del trono, aspettando il momento in cui, uscendo, sapeva che non avrebbe risentito il suono della sua voce, la sua risata, che non l’avrebbe vista vezzeggiare Cerbero o coltivare frutti nel suo Giardino; che per sei lunghi mesi non avrebbe potuto stringerla fra le braccia, baciare la sua bocca, guardarla mentre si spazzolava i capelli o fare il bagno con lei nelle loro terme. Non sarebbe più stato rimproverato perché troppo severo con le anime, non avrebbe sentito le sue mani che lo spogliavano e toccavano….
Solo a pensarci gli sembrava di impazzire, per questo aveva preferito non andare a salutare Persefone alla sua partenza: aveva paura che non sarebbe riuscito a trattenersi alla tentazione di trattenerla con sé in qualche modo, venendo meno al patto previsto e rendendo le cose difficili anche per lei. A lei era un po’ dispiaciuto, ma aveva capito perché anche lei si sentiva così.
 
Tornata in superficie, Persefone si stabilì in casa della madre, che felice di riavere con sé la figlia già le illustrava tutti i suoi progetti per la riparazione della Terra, come se nulla fosse accaduto; aveva messa una sola regola: divieto assoluto di nominare l’Innominabile, ovvero l’odiato genero. Non che Persefone avesse in mente di fare chissà quali conversazioni con Demetra a tema “Ade”, ma certamente le sarebbe piaciuto parlare apertamente con lei per smuoverla dall’opinione negativa che aveva su di lui, visto che non era bastato il suo discorso sull’Olimpo. D’altra parte, se per vivere tranquilla doveva accettare che sua madre continuasse ancora a considerarla la sua bambina pura e vergine, beh…stando così le cose, avrebbe accettato anche questo, era molto più semplice che impelagarsi in eterne discussioni. Ma anche più fastidioso, per lei che ora era una donna, una moglie e una regina…

Del resto, Persefone aveva sempre con sé l’anello magico regalatole da Ade tempo addietro. Ed era proprio attraverso questo che i due sposi potevano sentirsi telepaticamente ogni tanto, con dei brevi messaggi.
“Ade…marito….”  Chiamava con la mente Persefone nella solitudine della sua stanza.

“Sono qui, mia dolce Regina”

“Come stai?”

“Sto bene, non devi preoccuparti. E tu come stai? Come va lì sulla Terra? La mia signora suocera ti fa lavorare duramente? Ha smesso di congelare i poveri mortali obbligando me e tutto l’Oltretomba a fare gli straordinari?” rispondeva Ade tentando di mantenersi sullo scherzoso, per non rattristarla o farla preoccupare.

“Qui va tutto bene, il lavoro è tanto ma le cose si sono già aggiustate. “ E gli raccontava dei fiori e dei frutti che fiorivano, degli uccelli che cantavano, dei mortali che mietevano raccolti  e che poi facevano sacrifici agli dei per ringraziarli, e feste per divertirsi. Lo rendeva partecipe, almeno in parte, del suo mondo di sopra.

“Ade…mi manchi. Ti amo e vorrei che tu fossi qui con me”

“Ti amo anche io, Persefone. E conto i giorni che ci separano ancora…”
 


Ma chi credesse davvero che la lontananza di Ade e Persefone durasse sei interi mesi, si sbaglierebbe di grosso.
In alcune delle caldi notti estive (non tante, ma neanche poche…) eventuali testimoni avrebbero potuto vedere una giovane donna uscire cautamente di casa, interamente copert da un mantello con cappuccio calato sul volto a celarne l’identità, nonostante il bellissimo tempo; la giovane si dirigeva a passo spedito verso il laghetto dove fino a poco tempo prima soleva fare il bagno e divertirsi con le ninfe sue amiche. Una volta arrivata qui, si liberava del cappuccio e guardava ansiosamente verso l’inizio del bosco che stava proprio vicino al laghetto; ad un certo punto, si sarebbe potuta scorgere da questa parte un’alta figura nera, che avanzava sicura venendo dalla profondità della selva. A questo punto, scorgendo la figura, sul viso della giovane donna si dipingeva un sorriso di gioia e, spalancate le braccia,  essa cominciava a correre verso la figura che avanzava e che a sua volta, vedendola, aveva aperto le proprie di braccia; la corsa finiva con i due che si abbracciavano forte e si baciavano, in mezzo alla natura illuminata dalla luna e dalle stelle. Poi, tenendosi per mano, i due innamorati sparivano nel folto del bosco dove, giunti ai piedi di un albero, veniva sistemato il grande mantello nero di lui, sul quale poi la coppia si sistemava per trascorrere la notte insieme. Come, è facile immaginarlo…
 
 
 


Era ormai metà settembre, e anche Ade aveva percepito che il tempo in superficie stava cambiando. Le giornate si erano fatte più corte e più fresche, i colori splendenti dell’estate stavano lentamente mutando.
Ade si era portato fin quasi alla soglia dell’Averno assieme a Cerbero, che invece si era messo di guardia attento proprio sulla porta infernale aperta, e camminava ansioso su e giù, scrutando l’entrata del suo regno. E se lei non fosse tornata? Se in quel periodo avesse cambiato idea, o sua madre fosse riuscita a fargliela cambiare? Se non fosse riuscita a staccarsi di nuovo dai prati, dagli animali, dai mortali che tanto amava? Se avesse preso la palla al balzo per rimanere? Più si avvicinava il momento in cui Persefone sarebbe tornata, più Ade veniva preso da questi pensieri ansiosi e negativi, che cercava di scacciare, ma che sotto sotto lo tormentavano comunque. Cosa avrebbe fatto in caso la sua Regina avesse deciso di lasciarlo? Avrebbe sopportato di nuovo le tenebre e il freddo dopo aver conosciuto la luce e il calore che lei portava?

Improvvisamente, Cerbero si mise a ringhiare, distogliendo il suo padrone da tutte le sue preoccupazioni. Contemporaneamente, si udì un passo leggero avvicinarsi sempre di più e una snella ombra avanzare e fermarsi di fronte al guardiano degli Inferi, che cambiò il ringhio feroce in un uggiolìo festoso, scodinzolando felice..


- Cerberino! Come stai? Non mi hai dimenticato, vero? Mentre ero via ti hanno dato le bistecchine che ti piacciono tanto?-

Felice, Ade si voltò verso la voce tanto amata della sua Regina, che si era fermata ad accarezzare l’adorato Cerbero e riceverne le feste.

- Ora basta, tesoro. Dai, andiamo…dov’è il mio sposo? Se è troppo impegnato con il lavoro, potrei fargli una sorpresa….- ma Persefone, scendendo nell’Averno e lasciandosi l’entrata ormai chiusa definitivamente alle spalle, si bloccò scorgendo Ade che l’aspettava. Gli sorrise felice e gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo e stringendosi forte a lui, coprendosi di baci l’un l’altro.

- Bentornata, amore mio-

- Sono felice di essere a casa, finalmente -

Ade e Persefone, mano nella mano, si diressero verso la loro dimora; una volta entrati, prima di percorrere il lungo corridoio che portava nel salone principale, Ade prese per mano la moglie invitandola a chiudere gli occhi e lasciarsi guidare da lui.

- Chiudi gli occhi, mia Regina, ho una cosa da farti vedere…una sorpresa!- disse tentando di fare il misterioso.

 Persefone divertita stette al gioco e chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dal marito. Quando si fermarono…

- Ecco, ora puoi aprirli!-

La Regina obbedì, e trovo sul tavolo davanti a lei un bellissimo grande scrigno d’oro, con intarsi d’argento e perle  e che, sul coperchio, recava incastonati tanti piccoli rubini rossi che formavano il disegno di un melograno, scelto come proprio simbolo da Persefone. Che lo sfiorò commossa.

- Ade…è bellissimo…io…non so cosa dire…-

- E’ solo un piccolo dono per festeggiare il tuo ritorno- si schermì lui, abbracciandola da dietro e cominciando a baciarle la nuca e il collo.

- Anche io ho un regalo per te, marito…-

- Ah si? Avanti, sono curioso!- fece Ade con espressione interrogativa in viso. Persefone con sé non aveva nulla, forse lo aveva nascosto tra le pieghe interne del proprio mantello?
Ma lei gli sorrise voltando leggermente il volto verso di lui e accarezzandolo con la mano.

- Purtroppo devi avere pazienza…non è ancora pronto, ci vorranno alcuni mesi…-

- Addirittura?! Non mi dire che dovrai tornare in superficie a prenderlo! – cominciò Ade scocciato, ma si interruppe quando la moglie gli prese la mano e se la posò sul ventre. Sbalordito, sentì immediatamente un’aura ancora piccolina ma potente al suo interno…se fosse stato un mortale, si sarebbe potuto dire che sbiancò a tale rivelazione, ma essendo il Signore degli Inferi di carnagione già pallido, è più corretto dire che gli mancò il respiro.

- Da quanto….e quando….?- riuscì solamente a dire felice tenendo Persefone fra le braccia. Che ridendo lo redarguì per la sua domanda.

- Ade! Ma come, non ricordi che questi sei mesi di separazione non sono stati proprio…sei mesi? Nascerà vicino a primavera, comunque-

- Ma come è stato possibile? Voglio dire…non ho mai ritenuto possibile che dalla morte potesse nascere una vita….-

Di nuovo Persefone finse di redarguirlo severa, in realtà le ridevano gli occhi dalla gioia.

- Adesso esageri, marito! E come se non bastasse, dovresti informarti meglio…è vero, qui nell’Oltretomba, per definizione, non è possibile generare la vita. Ma dato che quest’estate qualche capatina di sopra l'hai fatta, pensi forse che sia impossibile che la Dea della Primavera crei una vita nel mondo terreno?- disse la Regina facendo l’occhiolino al marito con aria complice.

I due sposi si abbracciarono felici, pensando che fino a poco tempo prima nessuno avrebbe mai nemmeno immaginato quello che poi era accaduto; e invece ora eccoli qui, con un focolare tutto loro e pronti a diventare una famiglia.
E vissero per sempre felici e contenti…nell’Oltretomba!  :)
 
                                                                                         FINE
 
N.B: ed eccoci giunti alla fine della storia. Devo dire che mi mancheranno questi personaggi con cui mi sono divertita (e spero di avere divertito chi ha letto)e che mi hanno fatto compagnia; ma a dire la verità ho anche altre idee per un breve seguito che non è detto che prima o poi non veda la luce….
Ringrazio di cuore tutti coloro che sono passati almeno una volta a leggere, tutti quelli che hanno lasciato almeno un piccolo commento e soprattutto chi l’ha seguita con assiduità commentando ogni volta, per me questi riscontri sono stati molto importanti, soprattutto visto che sono nuova.
Arrivederci e speriamo di ritrovarci presto!  :)

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3807952