From past to present - Our journey

di Shizuka Grape
(/viewuser.php?uid=117317)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo PLUS ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Questa fanfiction è dedicata alla persona per cui il 27 giugno è un giorno importante.
Anche se credo non leggerà mai. Anche se credo non le interessi più.

Buona lettura a chiunque abbia il coraggio e la pazienza di approcciarsi a questa "cosa", alla quale però ammetto di tenere molto.

*Ogni commento e consiglio di qualsiasi tipo è ben accetto (per favore, no insulti o cattiverie gratuite).



Il profumo di shampoo e bagnoschiuma si espande per tutto l’appartamento, donandomi quel senso di calma e rilassatezza che solo l'atmosfera di casa dopo una giornata di lavoro può regalare.

Mi siedo sul letto, stringendomi nelle spalle. Si sente da lontano il suono dell’acqua scrosciante, un sottofondo tenue ma costante e a provocarlo non ero io.

“Butterfly kyou wa ima made no, donna toki yori subarashii, akai ito de musubareteku hikari no wa no naka e…” 1
La voce sottile ma intonata proveniente dal bagno mi ridesta dal sonno che si stava impossessando di me, ricordandomi che non sono solo.
- Gli piace così tanto Butterfly? – penso fra me e me sorridendo, mentre ascolto Satoshi canticchiare le parole di Kimura Kaera sotto la mia doccia nel mio bagno della mia casa.
 

Ogni volta che uno di noi due finisce le riprese è solito fermarsi un paio di giorni a casa dell’altro. E’ un’abitudine, questa, che abbiamo acquisito pian piano, senza mai accordarci realmente. Allo stesso modo, col trascorrere degli anni ci siamo silenziosamente trovati d'accordo nella nostra congenita incapacità di convivere per più di 3 giorni consecutivi sotto lo stesso tetto. Mi sono reso conto che entrambi abbiamo uno sviscerato bisogno di tutelare i nostri spazi, un bisogno che non si limita solo al coltivare i nostri hobby, ma significa proteggere il silenzio, l’intimità, la bellezza della solitudine, la particolarità di una dimensione solo tua.

Nei momenti più dolci tra noi, quelli delle coccole, delle risate a cena, dei discorsi sussurrati dopo aver fatto l’amore, a volte abbiamo provato ad accennare l’immagine di una nostra convivenza stabile: tutte le volte, tuttavia, la nostra immaginazione annega nell’abisso di qualche risata imbarazzata. I motivi sono più d’uno, in realtà: da un lato sappiamo che la notizia della nostra convivenza trapelerebbe entro pochi giorni, per ovvi motivi burocratici; il motivo principale però è che entrambi siamo restii a devolvere completamente il nostro individualismo. Ormai sono arrivato alla conclusione che il nostro amore per l’altro sia direttamente proporzionale all’amore per la nostra libertà. Spesso mi chiedo cosa sia la libertà, specialmente per un giapponese, un giapponese famoso. Poi penso a Satoshi, a noi due in questi momenti privati, e capisco che il mio significato di libertà è tutto qui, nella sua esistenza, nella sua comprensione di lasciarmi perdere quando ne ho bisogno e nella mia altrettanta pazienza a concedergli i suoi spazi.

“Mi rilasso un attimo in vasca! Ok?”

La sua voce proveniente dal bagno mi ridesta dalle mie riflessioni.

“Ti siedi in vasca dopo aver già fatto la doccia? Ma che abitudini hai?” – gli dico, fingendo un atteggiamento acido.

“E’ che mi è venuta voglia di onsen2 proprio adesso, quindi me ne resto qui immaginando di essere in una vasca termale!” - mi grida.

“Tu sei tutto strano” – poi, subito dopo una piccola pausa – “Senti, Fai un po' come ti pare”.
Mi arrendo e sorrido tra me e me, ascoltando la sua risata puerile al di là della porta.


Mentre aspetto che finisca seduto sul letto, il mio sguardo viene catturato da uno dei cassetti del piccolo mobile vicino al letto, in particolare il terzo cassetto, quello che contiene i ricordi più preziosi o gli appunti che scrivo e non ho il coraggio di rileggere più. Allungo la mano e lo apro, prendo qualche foto, qualche foglietto, qualche portachiavi. Le mie mani scivolano su quegli oggetti guidate da un senso di nostalgia che fa da motore, mentre i miei occhi scorrono da una parola all’altra, da un colore all’altro velocemente, per la paura che il mio cuore possa far riaffiorare qualche pensiero spiacevole, qualcosa che vigliaccamente non voglio portare alla memoria.

Improvvisamente la mia mano scorre su una foto in particolare: è vecchissima, scattata velocemente con una polaroid, i colori sfocati e imprecisi, i bordi leggermente ingialliti, eppure non riesco a passare oltre quest’immagine.
Mi sistemo meglio sul letto, le gambe a cavalcioni, riscaldato dal senso di tenerezza che questo scatto ha iniziato a trasmettermi; attorno a me il silenzio, interrotto soltanto dal leggero movimento dell’acqua in lontananza, probabilmente provocato dai movimenti delle braccia e delle gambe di Satoshi in vasca.
La foto ritrae in primo piano il mio viso di neo 14enne nella sala prove dei Johnny’s juniors. Lo ricordo, era una delle prove per la mia prima esibizione da back dancer: avevo passato i provini da poco, da poco entrato in quel mondo fatto di sudore, ordini, disciplina, ma anche di tanti volti nuovi che non conoscevano me e la mia vita, che io speravo fossero diversi dai miei coetanei viscidi delle scuole medie. Questa foto ritrae il mio viso di 14enne appena catapultato nell’universo meraviglioso e tremendo che sarebbe diventato il mio lavoro, la mia carriera, la mia identità pubblica e – in parte - i miei affetti privati.

Ricordo bene, tuttavia, perché – tra tante foto dei tempi in cui ero un junior - io abbia conservato proprio questa: dietro la mia faccia si scorge la figura longilinea e lo sguardo nel vuoto (tanto per cambiare) di un junior più grande di me, che poi sarebbe diventato il mio compagno di avventura insieme ad altri tre ragazzi, il leader degli Arashi, il vecchio bambino strano che adesso gioca nella mia vasca del mio bagno della mia casa.

Poso inconsciamente un indice sulla foto, facendolo scivolare sulle linee del corpo del giovane Satoshi.
Era bello.
Gli occhi grandi di un bambino, che nascondono un’innocenza in qualche modo già strappata via dal mondo degli adulti. Nello sguardo e nel sorriso appena accennato si scorgeva un’anima selvaggia, che non si esauriva nella semplice ribellione adolescenziale, ma era sintomo di libertà, di un menefreghismo sensuale, perché costantemente coperto dal silenzio e dall’espressione sognante.
Ohno Satoshi era bello.

“Ah! Da dove l’hai tirata fuori questa? Che nostalgia!”
Sento il fiato di Satoshi sul collo. Ha finito il suo bagno e senza che lo notassi si è accovacciato vicino a me, bisbigliando al mio orecchio mentre guarda la foto che tengo in mano.

“Non pensavo conservassi queste foto!” – continua, rubandomela dalle mani – “Sei un bambino qui! Che carino che sei…” – dopo qualche secondo in cui guarda il mio viso giovane – “Ah, guarda guarda, ci sono anche io qui dietro!” – conclude sorridendo, accorgendosi di se stesso sullo sfondo, in piedi dietro di me.

Osservo per qualche secondo il suo viso mentre lui è in contemplazione nostalgica della foto.
Ohno Satoshi è bello.
Ancora. Come prima. Come sempre.
Il mio desiderio corre più veloce della mia razionalità, e inconsciamente mi sporgo con l’intenzione di baciare quel viso. Guardare Satoshi mi fa battere il cuore all’impazzata esattamente come quando non avevo neanche 20 anni, così tanto che a volte questo sentimento mi spaventa. Quindi mi blocco, d’un tratto.

“Guarda come sei diventato brutto rispetto a quando eri un junior, Satoshi” – gli dico, contraddicendo i miei pensieri.

Brutto? Ma perché… Non sei per niente gentile” - Gonfia le guance. E sa che difficilmente resisto a quell’espressione. E io so che tra noi sta iniziando la solita battaglia comica tra due scemi.

“Come faccio a mentire di fronte all’evidenza? Sei diventato un nonnino. Guardati, hai anche voglia di andare alle terme. Proprio come i nonnini”.
Un normale uomo di 38 anni si sarebbe offeso dopo le mie parole. Ma Satoshi è un alieno, quindi non c’è da porsi alcun problema.
Ai miei insulti infatti risponde ridendo, sdraiandosi poi sul letto assaporando già il momento in cui si sarebbe addormentato.

“Se sono un nonnino” – mi risponde sistemandosi sotto le lenzuola – “sono un nonnino molto attivo e sexy.”

So che è stanco a seguito dell’ultimo giorno di riprese e sono stanchissimo anch'io a dire la verità. Eppure mi va di provocarlo ancora un po’. La nostra intimità ha scarseggiato nelle ultime settimane e gli unici momenti in cui potevo davvero godere di lui erano limitati ai dietro le quinte al lavoro e qualche rara telefonata. Ho bisogno di sentire la sua voce, di far sentire la mia, di toccarlo, di essere complici.


“Visto che sei così attivo e sexy facciamo l’amore, adesso.” – lo dico fingendo disinteresse, non guardandolo neanche in faccia, come se avessi proposto la cosa più naturale del mondo.

“Kazunari” – nella sua voce sento stanchezza mista a un sentore di sensualità che mi fa rabbrividire – “non ho voglia di fare sesso adesso, ma soprattutto so che non ne hai voglia neanche tu”.

“E chi te lo dice che non ne ho voglia?” - Mi giro finalmente a guardarlo. Satoshi è ormai steso su un fianco rivolto verso di me. Ha gli occhi chiusi, ma le sue labbra piccole e gonfie sono incurvate in un sorriso dolcissimo.

“Perché sei stremato anche tu. Se ne avessi avuto davvero voglia, a quest'ora ti saresti già buttato su di me.”

Non essere così pieno di te, vecchio.”

Ho torto?”

Ha ancora gli occhi chiusi. Ancora quel sorriso sornione stampato in faccia.
Ohno Satoshi è bello.
Come prima. Come sempre.

Uff, quella tua espressione mi fa saltare i nervi.”

Sento una sua risata in risposta, poi noto che il viso inizia a rilassarsi secondo dopo secondo. Probabilmente si sta già addormentando.

“Aspetta! Non addormentarti, nonnino!”

“Che c'è...” - dalla sua voce un po' impastata capisco di averlo ripreso giusto in tempo.

“Domani mattina devo svegliarmi presto per andare in studio.”

“Lo so...”

“Tu invece hai un'esterna soltanto la sera.”

Lo so...”

“Quindi domani resti qui. Io verrò a casa nel primo pomeriggio. Mi aspetti e passiamo il pomeriggio insieme.”
- La mia voce non è perentoria, anche se la mia volontà lo è. E lui lo sa bene.

“Lo so...” - continua, ancora con gli occhi chiusi e la voce lamentosa.

“Satoshi, mi stai prendendo in giro?”

“No, ho capito, ho capito. Domani aspetto qui finchè torni...” -
vedo che sistema meglio sotto le lenzuola, con l'evidente significato di voler troncare questa conversazione.

“Bene. Bravo nonnino” - mi rilasso, una volta assodato questo aspetto.

“...però se mi stanco a star solo vado subito via.”

“Ohi! Satoshi!”

“Sto scherzando, sto scherzando.” -
si affretta a dire, sogghignando.

“Allora domani aspetti che torno, ok?”

“Sì.”

Il sonno si sta ormai impossessando di entrambi, ma io ho bisogno di lui ancora un po’, un po’ di più, prima di scivolare nel sonno con lui.
Per questo motivo, lentamente, mi stendo al suo fianco sotto le lenzuola e incastro il mio viso nell’incavo del suo collo. Non so se inconsapevolmente o perché ancora sveglio, ma Satoshi alza un po’ la testa per lasciare che il mio viso si accomodi meglio.

Da questa posizione, nella quale amo particolarmente mettermi, vengo invaso da una miriade di sensazioni e profumi, tutti suoi: l'odore del (mio) bagnoschiuma con un sentore vago e lontano di sigaretta; il pomo d’adamo che di tanto in tanto si sposta in alto e in basso; i capelli morbidi che mi solleticano; ed infine il suo respiro, quel respiro rilassato e calmo, che mi culla come fosse il più potente anestetizzante al mondo.

Satoshi è bello.
Ho sempre pensato che la sua bellezza non si limiti alla eleganza dei lineamenti, sensualità dei movimenti, gentilezza del sorriso: Satoshi ha sempre avuto un fascino accattivante, un'aura carismatica ma aggraziata, uno strano compromesso tra l'essere docile e l'essere menefreghista.

Mentre accarezzo il suo collo col mio naso, con un ritmo regolare per lasciarmi scivolare nel sonno, improvvisamente mi torna in mente la fotografia riposta nel terzo cassetto, quella dove il giovane Satoshi era dietro di me: quando avevo incontrato per la prima volta quel ragazzo non sapevo chi fosse, chi sarebbe diventato, chi sarei diventato io e cosa saremmo diventati insieme. Sapevo soltanto che, per la prima volta in vita mia, il mio cuore era stato catturato da una forza misteriosa - una frenesia nel voler conoscere tutto di un solo e unico essere umano - mista al terrore di non rivederlo mai più da un giorno all'altro. Era la prima volta che provavo terrore di non rivedere mai più uno sconosciuto. Era la prima volta che mi batteva il cuore sul serio di fronte alla Bellezza.

Ohno Satoshi era bello.
 


1E' il ritornello della canzone intitolata “Butterfly” cantata da Kimura Kaera (2009). Durante il programma degli Arashi “Himitsu no Arashi-chan”, nella puntata andata in onda il 4 febbraio 2010, Ohno ha dichiarato il suo apprezzamento per questo pezzo.

2Terme tradizionali giapponesi

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Come introduzione a questo capitolo vorrei fare una precisazione “linguistica” che forse il 98% di voi già conosce, ma che ritengo comunque opportuna ai fini di una migliore comprensione di questo capitolo e dei seguenti.
In giapponese è molto comune far seguire al nome della persona che si sta chiamando/con cui si sta parlando/a cui ci si sta riferendo un suffisso. Di seguito i principali:
COGNOME + san → suffisso formale ambosessi, può corrispondere all'italiano “Signor/Signora”;
COGNOME/NOME + kun → suffisso informale maschile oppure suffisso formale femminile in ambito lavorativo e sportivo;
COGNOME/NOME + chan → suffisso informale femminile. Può essere anche un suffisso informale maschile ma nei soli casi di estrema confidenza con l'interlocutore.
COGNOME/NOME + nessun suffisso → denota particolare informalità.
Inoltre:
SENPAI → Persona del tuo stesso ambiente scolastico/lavorativo ma che è più grande di te o ha iniziato quell'attività prima di te.
KOUHAI → Persona del tuo stesso ambiente scolastico/lavorativo ma che è più piccola di te o ha iniziato quell'attività dopo di te.
Buona lettura!
 



1,2,3,4
5,6,7,8
L'ultima
1,2,3,4,
5,6,7,8,
Giro! E STOP!
Ok possiamo fare una pausa di 10 minuti! A chi è ancora insicuro su alcuni passi, consiglio di approfittare di questo piccolo lasso di tempo per rivedere il video della coreografia. Ricordate che i juniors sono molto importanti nei concerti: il back dance deve essere perfetto, affinchè gli idol possano mostrare una performance perfetta. Quindi esercitatevi per bene! A dopo!


Alle parole del nostro maestro di danza che annunciano una temporanea libertà mi accascio al suolo, in ginocchio. Sono stanco. Quella per cui mi sto esercitando fino allo sfinimento è la prima coreografia che eseguirò come back dancer, la prima coreografia da quando sono entrato nell'Agenzia Johnny's Entertainment in qualità di Junior.
I ritmi sono molto duri, ancora di più considerando che i miei esami di terza media son sempre più vicini e quindi anche il carico di studio sta aumentando. Nonostante questo ammetto che qui non mi dispiace, che ho voglia di restare: sono circondato da ragazzi sconosciuti, che nel peggiore dei casi sono del tutto indifferenti alla mia presenza e nel migliore dei casi hanno iniziato persino a rivolgermi la parola. Un ambiente, insomma, completamente diverso dall'atmosfera che respiro a scuola media. E' da considerare, inoltre, che mamma è felice che io sia qui – non mi avrebbe offerto dei soldi per fare i provini altrimenti –, che è un modo per tenere i muscoli in allenamento, per aprire bocca con degli esseri viventi che non siano la mia famiglia e Haru-chan1, e che quell'Aiba Masaki con cui torno a casa in treno è davvero un bravo ragazzo. E' stato gentile con me sin dall'inizio, ha un sorriso che acceca, e ho scoperto che va matto per i giochi di ruolo come me. Anzi, adesso che ci penso potrei consigliargli quel gioco che ho finito ieri e che...

OHNO! HAI INTENZIONE DI NON FARE NEANCHE LA SECONDA PARTE DELLE PROVE? CREDI DI ESSERE DIVERSO DAI TUOI COMPAGNI? CREDI DI ESSERE Più BRAVO DI LORO AL PUNTO DA STARTENE Lì A POLTRIRE STRAVACCATO SUL PAVIMENTO CON LO SGUARDO PERSO NEL VUOTO? ALZA IL CULO E VIENI A BALLARE!

I miei pensieri vengono interrotti dalle urla dell'insegnante di danza, urla talmente alte da farmi rizzare in piedi e cercare con lo sguardo il ragazzo al quale quel rimprovero era rivolto.
Girandomi verso il muro alle mie spalle noto un ragazzo seduto a terra, le gambe sbracate senza particolari convenevoli, lo sguardo assente: all'apparenza mi pare sia un po' più grande di me, nonostante le fattezze corporee molto simili alle mie. Al momento osservo il suo dito, lungo e affusolato, mentre fruga nelle narici con totale nonchalance , infischiandosene dell'assoluta maleducazione di quel gesto.

EHI OHNO, DICO A TE! OHNO SATOSHI!

La bacchettata del maestro viene del tutto ignorata da quel ragazzo, il quale invece - per un motivo che non comprendo - rivolge la sua attenzione a me: i nostri sguardi si incrociano per qualche secondo che a me sembra infinito, un infinito scandito nettamente dal battito del mio cuore che inizia a martellarmi nel petto.
Questo ragazzo, Ohno Satoshi, è bello.
I lunghi capelli lisci color nocciola gli incorniciano le guance leggermente tondeggianti, nonostante il viso magro. Quei capelli così ordinati e regolari sembrano stonare con la sua espressione indomita, quasi eversiva, che nulla ascolta e nulla teme. E quella espressione adesso è tutta per me.
Sento il battito cardiaco pulsarmi nelle orecchie per tutto il lasso di tempo in cui tra me e quel ragazzo resiste quell'inaspettata aura di complicità. Poi, d'un tratto, vedo la sua testa abbassarsi , il suo corpo muoversi nel tentativo di alzarsi in piedi, probabilmente per eseguire – seppur evidentemente controvoglia – gli ordini degli insegnanti.

Io stesso decido a mia volta che è meglio non far arrabbiare ulteriormente il nostro insegnante, quindi mi rivolgo nuovamente verso lo specchio e ricomincio insieme agli altri ragazzi la seconda parte delle prove.
Non nascondo però che durante i passi di danza la mia mente sta dipingendo fantasie aventi come protagonista la stessa persona: quel ragazzo dai lunghi capelli lisci e dagli occhi selvaggi che in questo momento sta ballando alle mie spalle; posso vederlo nello specchio, posso analizzare la sua figura senza che nessuno se ne accorga, senza che lui se ne accorga, godendomi quelle strane sensazioni che il mio cervello e il mio corpo mi stanno regalando: provo interesse per quella persona, non riesco a smettere di guardarlo, spinto da una sorta di linfa nuova, una vitalità a me sconosciuta. Sono incuriosito da questo ragazzo e soprattutto incuriosito da questo me stesso che non riesco bene a capire, non so se riesco a gestire, ma so che voglio scoprire. E per scoprire questo me stesso, so che l'unica soluzione è approfondire la conoscenza di quel junior – peraltro di una bravura straordinaria nel ballo – che non riesco a smettere di fissare nello specchio.

Ok! Questa era l'ultima prova! Ci vediamo dopodomani! Grazie e studiate la coreografia! Esercitatevi, esercitatevi, esercitatevi!

La voce del coreografo che ci congeda per me ha un solo significato: posso raggiungere di nuovo quell'Ohno Satoshi e parlargli, finalmente.

“Ehi” - al mio cenno ricevo da lui solo un'occhiata distratta, ma a me basta per adesso - “Mi dispiace per ciò che è successo prima” - la mia espressione dimostra una costernazione di circostanza.

“Prima? Cosa è successo prima?”

“Eh? Come 'Cosa è successo'... Quando l'insegnante ha alzato la voce contro di te.”
- gli ricordo - “Mi dispiace. Credo che abbia esagerato”.

“Oh
” - questa è l'unica risposta che ottengo, assieme ad un suo sorriso accennato e a qualche capello che sensualmente gli scivola davanti al viso.

“Non ti importa che ti abbia rimproverato?”

Lo vedo chinare il capo nell'atto di riflettere per qualche secondo. Poi mi parla ancora-
“Sei nuovo qui?”

Sì, sono entrato in Agenzia a giugno di quest'anno.”

Mi rivolge uno sguardo di una gentilezza palesemente costruita, eppure il mio cuore batte di nuovo forte, come prima, in quel modo che mai avevo conosciuto.

“Benvenuto. Spero di lavorare bene con te.” - A quella frase pronunciata tanto educatamente quanto freddamente, il ragazzo accenna ad avvicinarsi alla porta per uscire dalla sala prove, evidentemente poco entusiasta della mia compagnia. Eppure trovo questo disinteresse nei miei confronti – nei confronti di tutti, mi sembra – una parte integrante del suo fascino.

“Spero anche io di lavorare bene con te, Oh...Ohno-san.”

E' la prima volta in tutto il pomeriggio che i suoi occhi mi guardano con discreto interesse.

“Come fai a sapere il mio nome?”

“Durante la vostra scenetta, il coreografo ha urlato il tuo nome più volte. Ormai è impossibile che qualcuno in questa sala non lo conosca.”

“Ah... Beh sì. Allora alla prossima, mh...”

“Ninomiya. Mi chiamo Ninomiya Kazunari”.

Sento ancora questa linfa, questa vitalità, questo entusiasmo scorrermi dentro, tanto da presentarmi con allegria come forse non avevo mai fatto in vita mia. E per la prima volta in vita mia desidero ardentemente che qualcuno ricordi il mio nome.

“Alla prossima, Ninomiya-san”. - il suo sorriso, seppur di cortesia, mi rapisce ancora.

Chiamami Kazunari!” - gli dico, mentre lui è già di spalle.

“Per me va bene Ninomiya-san” - mi risponde, pacato, voltandosi per l'ennesima volta a guardarmi.

“Per me non va bene” - insisto - “Comunque ci vediamo presto, Ohno-kun”

Il suo sorriso di circostanza è l'ultimo di quella giornata ed io sento di aver completato una missione difficilissima avendo leggermente accorciato le distanze con quel ragazzo.

Prendo il treno del ritorno con Aiba Masaki, entro in casa, saluto brevemente mamma e salgo in camera mia. Diversamente dal solito la prima cosa che farò oggi non sarà giocare ai videogiochi, né col mio cane.
Mi siedo alla scrivania e apro l'annuario della Johnny's Entertainment, un album di foto che viene regalato a noi Juniors pochi giorni dopo l'entrata in Agenzia2 al fine di ricordare i volti, i nomi e le caratteristiche essenziali degli idol professionisti e di noi ragazzi emergenti.
Supero velocemente le pagine contenenti i volti famosi, per andare alla sezione Junior. Dopo pochi secondi finalmente mi trovo davanti la biografia di Ohno Satoshi, accompagnata – come tutte le altre – da un piccolo book fotografico.
Leggo attentamente il breve profilo:

Ohno Satoshi
Nato nel 1980, Novembre 26 a Tokyo – Città Metropolitana.
Altezza 163cm3; Peso 53 kg.
Data iscrizione presso l'Agenzia: 1994, Ottobre 16.

Principali ruoli ricoperti alla data presente:
- Novembre 1994 - Back dance al concerto dei Tokio;
- Dicembre 1995 - Debutto come membro dei Junichi & JJr con l'Album "0 point Champion";
- Vari: Back dancer ai concerti;
- Vari: Leading voice nei cori.

Con grande ammirazione noto che questo ragazzo, nonostante la giovane età e nonostante siano trascorsi solo due anni dalla sua entrata in Agenzia, può già vantare un discreto numero di lavori e apparizioni. Adesso mi spiego il perchè di quello straordinario talento in sala prove, un talento che io credevo essere provocato solo dalla mia fulminea infatuazione, ma che in realtà è supportato da basi oggettive.
Scorro l'indice sulle poche foto che completano la sua biografia: ritrovo in quelle immagini statiche lo sguardo seducente che mi aveva ammaliato oggi pomeriggio. Adesso che posso osservarlo con più calma, tuttavia, noto ancora ulteriori particolari.
Ohno Satoshi è bello.
In quel viso sembra che tutto sia perfettamente armonioso, tutto perfettamente al proprio posto. Adesso che ci penso, ha i capelli della stessa lunghezza della ragazza che mi piace tanto a scuola, quella nella classe in fondo al corridoio. Però lui è molto diverso da quella ragazza.
Ogni cosa del suo corpo è accattivante, ma soprattutto lui sembra essere in un certo senso consapevole del suo fascino. Spostando l'attenzione dai suoi occhi alle sue guance, noto che il fascino si combina con una delicatezza nelle forme che gli donano dolcezza, che ispirano tenerezza, al punto dal renderlo carino, molto più carino della ragazza che mi piace a scuola.
Mi sistemo meglio sulla sedia, spinto insieme dalla volontà di analizzare ancora quella figura e da un calore, generato nella parte bassa dello stomaco, che ho imparato a conoscere e padroneggiare con l'opera delle mie mani negli ultimi mesi. E' un fuoco che di solito si produce quando penso alla ragazza che mi piace, alle ragazze di scuola superiore che scorgo dalla finestra nel plesso di fronte, oppure quando mi vien voglia di sfogliare il giornale di moda prestatomi dal mio compagno di banco e che ho nascosto dietro i peluche.
Le altre volte, a questo punto, decidevo che per me era arrivato il momento di assecondare le vampate provenienti da sotto la pancia, di mettere le mani nei pantaloni, e lasciare che le dita della mia mano si adoperassero con maestria ad assecondare voglie ben più complesse della fame e della smania per i videogiochi.
Stavolta, tuttavia, per quanto io senta il mio bisogno più forte e più urgente di tutte le altre occasioni, decido che trattenermi è un buon prezzo da pagare, se significa poter restare concentrato a guardare le foto di Ohno Satoshi.
Nella foto più in basso a destra la mano affusolata copre un sorriso imbarazzato. E' la prima volta che posso guardare una sua espressione così timida ed è la prima volta che percepisco che in fondo non è tanto più adulto di me. Qui, infatti, sembra un bambino: per lunghi minuti la tenerezza prende il posto dei bollori, facendomi sorridere tra me e me nel notare quel lato fanciullesco di lui che mi era totalmente sfuggito alle prove.

La foto accanto, poi, comprende anche il collo e le spalle mascoline, coperte dalla giacca della tuta blu. La cerniera si apre fino a un po' sopra il petto, lasciandomi solo immaginare la forma delle clavicole. Il senso di superiorità erotica di quel ragazzo torna d'un tratto a farsi prepotente. Dopo aver fissato quelle labbra piene per l'ultima volta quella sera, i miei occhi ritornano a seguire la cerniera, ed andare ben più giù di quanto fosse realmente chiusa. Cerco di scorgere elementi nascosti, nudità non rivelate e – non trovandoli in quelle foto – lascio che la mia mente li dipinga autonomamente.
A quel punto la mia volontà decide di essere ormai troppo debole rispetto all'impellente desiderio che le mie mani hanno di giocare al mio nuovo gioco solitario.
Sistemandomi ancora meglio sulla sedia, a gambe leggermente divaricate, disegno con la fantasia dei mondi impossibili in cui Ohno Satoshi si fida di me, in cui indulge al suo lato infantile e sfoggia il suo lato sensuale, in cui mi sorride e mi chiama per nome, in cui mi permette di chiamarlo per nome, in cui ridiamo insieme e ci prendiamo in giro, in cui mi rivela le nudità sotto la tuta e mostra la maestria delle sue mani e delle sue labbra sul mio corpo, di più, ancora, finchè tutti i miei istinti si siano placati.
;

;

;

BENE, SIETE MOLTO MIGLIORATI. CREDO CHE FAREMO UN BUON LAVORO. CI VEDIAMO SETTIMANA PROSSIMA PER L'ULTIMA PROVA. GRAZIE A TUTTI!

Sono passati due giorni dall'ultima volta che ho parlato con Ohno Satoshi e, poiché le prossime prove saranno tra ben una settimana e saranno le ultime prima del concerto, devo approfittare per parlargli di nuovo. Assolutamente.

“Satoshi-san! Aspetta!” - vedo che Ohno sta marciando verso l'uscita. Ha davvero troppa fretta di entrare negli spogliatoi. A dire il vero anch'io ne avevo, prima di incontrare lui.

“Satoshi-san!” - alzo un po' più la voce, al punto da destare l'attenzione di qualche altro junior intorno a noi. Eppure Ohno continua a non voltarsi. Esclusa la sordità, mi viene il dubbio che non voglia parlarmi.

“Ohno-san”
Chiamandolo in modo formale, ottengo il suo sguardo su di me.

Ehi”

“ 'Ehi' cosa, mi avevi sentito anche prima! Giusto?”

“Mi stavi chiamando per nome. E mi dà fastidio essere chiamato per nome in pubblico. Quindi non mi sono girato.”


- Che persona diretta penso. Eppure la sua franchezza non mi fa demordere, anzi, ho trovato un'altra cosa che mi piace di questo essere umano.

“Quindi in privato posso chiamarti per nome?”
 

Ninomiya-san” - ridacchia leggermente - “Io e te non ci frequentiamo in privato”.

“Possiamo iniziare a frequentarci oggi! Andiamo al Mc Donald?”

Certo” - mi risponde, sul volto di nuovo stampato quel sorriso di circostanza - “Magari prima o poi ci andiamo”.

Allora” - cambio i piani, forse non gli piace mangiare occidentale - “Andiamo al cinema? Tra mezz'ora dovrebbe iniziare il film che ha come protagonista un nostro senpai”.

“Certo” - mi ripete - “Magari prima o poi lo vediamo.”

“Se non ti va bene né il Mc né il cinema, dove andiamo? Decidi tu. Per me va bene tutto.”

“Mi vanno bene entrambi”
- ribatte, eppure mi pare abbia l'espressione di uno che non è convinto fino in fondo - “Prima o poi andiamo sia al Mc che al cinema. Controllo le cose da fare e ti faccio sapere.”

Mi fai sapere? Non hai il mio numero di telefono, Satoshi-san.” - al momento credo di provare un misto tra attrazione e nervosismo per questo modo che sta avendo di prendermi in giro - “Ci scambiamo i numeri di telefono?”

“Chiamami Ohno-san”
- mi corregge - “E certo che ce li scambieremo, ma magari in un altro momento.”

'In un altro momento' per me equivale a niente, Satoshi-san”.

“Perdonami, sono stanco. Devo andare. Grazie per l'ottimo lavoro.”
- Vedo che china il capo in segno di saluto e capisco che i miei tentativi di approcciarmi a lui sono falliti miseramente.

“Sai, dovremmo uscire insieme” - riprendo, giocandomi l'asso nella manica - “perchè tu non sai niente di me, mentre io ormai so tutto di te!”

I suoi occhi diventano ancora più grandi per la curiosità, proprio come quelli di un bambino. E capisco di aver fatto finalmente centro.
E capisco che è davvero carino.

“Sai tutto di me? E cioè?”

“Sei nato il 26 novembre del 1980, sei di Tokyo e sei entrato in Agenzia ad ottobre del 1994. Hai un talento particolare nel ballo e nel canto, tanto che ti hanno scelto praticamente subito sia per i concerti dei Tokio che per debuttare come cantante, senza contare che sei uno dei pochi ad avere il microfono principale accesso nei cori.”


Forse per la prima volta da quando lo conosco il suo sorriso è realmente sincero. Riesco a distinguerlo dai sorrisi precedenti perchè questa volta brilla un po' di più.

Hai fatto una bella ricerca” - dal tono di voce percepisco che è lusingato - “Come hai scoperto queste cose?”

Ho letto l'album con tutti i profili degli iscritti all'Agenzia, quello che ci danno dopo la firma del contratto.”

“Ah. Giusto. Prima o poi ti stancherai di averlo. Quell'album lo aggiornano ogni anno e ogni anno lo distribuiscono. Ormai ne ho tre a casa. Non ha molto senso darcene uno ogni anno. Ma se questo è il sistema, non posso farci niente”.

“Il senso ce l'ha se ogni anno fai lavori sempre nuovi. E tu ne fai tanti. Il tuo profilo si allungherà sempre più”.


Mi rivolge una risata allegra.

“Ma perchè hai controllato il mio profilo? Chi sei, una specie di 007?”

“No, non sono uno 007. E' che mi piaci.”

Dalla naturalezza con cui ho pronunciato queste parole io stesso non credo di avergli appena fatto una dichiarazione. Propriamente non lo è, infatti. A dire la verità, non l'ho mai fatta a nessuna ragazza, quindi non so esattamente cosa sia una dichiarazione. La cosa certa è che vorrei continuare ad avere una connessione con questo ragazzo ed essere semplicemente sincero è la strada che ho scelto.
E sembra essere la strada giusta, perchè il sorriso brillante di prima si è adesso trasformato in un evidente tenero imbarazzo.

“In ogni caso” - mentre mi parla distoglie lo sguardo da me - “il mio profilo non è niente di che. Ci sono junior con molto più talento. Io faccio solo ciò che mi viene detto. Sono entrato in Agenzia solo perchè mi piace ballare. Tra qualche anno troverò un lavoro vero e me ne andrò.”

“Te ne andrai? Non vuoi essere un idol?”

“No!”
- ride - “Gli idol devono mostrarsi sempre allegri, sempre vitali e avere qualcosa da dire in ogni situazione. Non fa per me.”

“Se te ne andrai presto non avremo molto tempo.”

“Tempo per cosa?”

“Per conoscerci. Io voglio conoscerti meglio e tu non sai ancora niente di me. Quindi? Andiamo al Mc?”

“Te l'hanno mai detto che sei troppo indisciplinato?”
- so che mi sta velatamente rimproverando, ma la sua voce tranquilla è musica per le mie orecchie e la mia ostinazione non mi fa percepire la critica come tale.

“No, non me l'hanno mai detto.”

“Ah sì?”
- ridacchia, poi si ferma qualche attimo - “Beh, te lo dico io. Sei troppo indisciplinato.”

“Ok.”


“Però sei carino così.” - sento il mio cuore distintamente nel petto, forse più delle altre volte - “Ci vediamo. Grazie per l'ottimo lavoro.”


“A presto, Ohno-san.”

A presto, Ninomiya-san”
 


 

1Haru-chan è il nome del cagnolino (razza shiba) che Ninomiya ha accudito in casa durante tutto il periodo della fanciullezza e della prima adolescenza.

2Quest'album-annuario non esiste (che io sappia) nella realtà. E' una mia invenzione ai fini della trama di questa fanfiction.

3L'altezza attuale di Ohno Satoshi (così come da profilo ufficiale) è di 166cm. Io ho “ridotto” l'altezza di -3cm perchè in questo capitolo Ohno ha 16 anni.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


ATTENZIONE: questo capitolo contiene scene omosessuali abbastanza esplicite. E' severamente vietata la lettura ai minori di 18 anni; è caldamente sconsigliata la lettura ad omofobi e ai fan degli Arashi a cui non piace l'Ohmiya. Grazie.
 



Kazunari... Kazunari... Kazu...”

“Mh?”

“Kazu, svegliati!”


Sento una mano scuotermi le spalle. La voce di Satoshi è più profonda rispetto a quella che avevo ascoltato fino ad ora. Impiego qualche secondo prima di capire dove sono e aprire gli occhi. E' notte fonda, ad illuminarci solo spiragli di luce di Tokyo che penetrano dalle finestre.

Parlavi nel sonno. All'inizio mi sono preoccupato perché non è da te, poi ho notato che borbottavi solo ‘Ohno-san, Ohno-san, chiamami Kazunari’ e allora mi sono tranquillizzato.”

Se ti sei tranquillizzato perché cavolo mi hai svegliato!“ - Il mio lamento è indirizzato alla sua gola più che al suo viso. Mi sono appena ricordato che mi ero addormentato incastrandomi nell’incavo del suo collo ed evidentemente sono rimasto così per tutto il tempo - “Adesso ci metterò un'eternità per ri-addormentarmi.”

Ma stavi parlando con me e mi dicevi ‘Chiamami Kazunari’.” - sogghigna - “Perché, come dovrei chiamarti, scusa?”
Satoshi ride genuinamente alla propria domanda retorica. E io mi rendo conto di quanto questa domanda sia diventata retorica solo grazie al trascorrere di più di 20 anni, solo grazie a tutto il nostro percorso.

“Cosa stavamo facendo nel sogno?” - il tono di voce di Satoshi è pimpante, evidentemente la voglia di dormire lo ha abbandonato e ha lasciato posto alla curiosità.

“Niente di che, eravamo dei junior e stavamo facendo le prove per un concerto. Adesso però torniamo a dormire. Buona notte.”

“Quindi non era un sogno, era un ricordo!”

“Sì, era un ricordo. Buona notte.”

“E' raro non sognare un sogno, ma sognare un ricordo. Non credi?”

“Suppongo di sì. Buona notte.”

Kazu” - vedo che Satoshi abbassa la testa al mio livello per guardarmi negli occhi, le nostre labbra prepotentemente vicine - “Ti piacevo così tanto quando ero giovane?”

A sentire quella domanda sussurrata sensualmente mi giro di scatto sull'altro fianco dandogli le spalle - “Mi vai bene anche adesso” - il mio tono di voce freddo maschera il mio imbarazzo - “E sei giovane anche adesso, non farti venire strane idee pessimiste.”

Quindi da giovane ti piacevo, invece adesso ti vado solo bene?” - la sua domanda è accompagnata dal suo indice che mi picchietta sulla spalla. Satoshi sa perfettamente che quel gesto mi dà un fastidio indescrivibile.

Neh, Kazu, adesso ti vado solo bene?” - sento il suo dito picchiettare a ritmo più sostenuto - “Se vuoi posso continuare così tutta la notte. Neh, neh! Kazu! ”

Adesso ti amo!” - gli rispondo, un po’ intenerito dalla sua improvvisa ricerca di certezze, un po’ esasperato da quel dito malefico - “Da ragazzo mi piacevi nel modo in cui tutti i ragazzi hanno le cotte, né più né meno.” - cerco di minimizzare, sebbene i ricordi che il sogno ha appena riaffiorato mi abbiano dimostrato una verità un po’ diversa.

Solo ‘Nè più né meno’? Eppure a me non sembra proprio.”

In che senso? Che vuoi dire?” - mi giro nuovamente per guardarlo negli occhi.

Con un sorriso malizioso Satoshi mi fa cenno di guardare in basso. Eseguendo la sua indicazione, noto che le mie gambe sono fuori dalle lenzuola, ma soprattutto che l'erezione è ormai prepotente. Mi rendo conto che il sogno ha provocato reazioni più evidenti di ciò che pensassi, e adesso comprendo anche il motivo per cui Satoshi sembra così compiaciuto di questa situazione.

È solo un'erezione notturna, non farci troppo caso”- mi affretto a dire, imbarazzato - “Ora tornatene a dormire Satoshi, e non rompermi più le scatole fino a domani mattina, qualsiasi cosa io dica in sogno. Buona notte.”

Sto per sistemarmi di nuovo su un fianco dandogli le spalle quando la sua voce profonda mi fa bloccare - “Io non credo proprio.”

Cosa?”

Senza ricevere risposta, Satoshi blocca con una mano il fianco che stavo per girare, mi fa stendere per bene con la spalla dritta sul materasso e si mette sopra di me, impedendo ogni mio movimento dopo aver sistemato anche l'altra mano vicino all'altro fianco.

Ma che ti prende adesso?”

Continuando ad ignorarmi, lascia prima una mano e poi l'altra dai miei fianchi, prende le mie mani e le intreccia nelle sue. Poi, con le mani ancora intrecciate, porta le mie braccia sopra la mia testa. Rimango così, con lui sopra di me ad inchiodarmi, i suoi occhi che fissano le mie labbra, nell'espressione riesco a scorgere il desiderio di possedermi, l'urgenza di farmi diventare suo.

Mi stai bloccando, non riesco a muovermi, Satoshi”

Ohno-san”

Eh?”

Chiamami Ohno-san”

Rido di gusto a quella richiesta, peraltro fatta con così tanta serietà. Non posso credere alle mie orecchie.

Dai Satoshi, non scherzare. E liberami dalla presa, come faccio a muovermi in questa posizione?”

Sento le sue dita stringersi nelle mie, il suo volto abbassarsi su di me talmente tanto che posso sentire il suo respiro sulle mie labbra.

Ti ho detto, chiamami Ohno-san” - il suo tono di voce e la sua fermezza stanno rendendo l'atmosfera elettrica. Ed io sento l'eccitazione crescere secondo dopo secondo.

Adesso dovrei chiamarti Ohno-san? Io? Ah-ah-ah”

“Sì, tu. E non c'è niente di divertente.”


“Ma se stai cercando di convincere tutta l'Agenzia – dai junior ai nostri senpai – a chiamarti Oh-chan o Sato-chan o non so cos'altro. E io dovrei chiamarti Ohno-san adesso?” - sento il suo sguardo su di me, in particolare sulle mie labbra. Satoshi ha il potere di farmi sentire piccolo piccolo e di annullare ogni mia energia. Ma ammetto che lo trovo altamente eccitante.

“Kazunari, non essere ostinato. Chiamami Ohno-san.”

“In ogni caso, vuoi forse farmi intendere che dobbiamo fare sesso così? Senza che io possa muovermi?” - cerco di divincolarmi - “Forza spostati, Sa_to_shi.” - concludo, scandendo bene il suo nome in tono provocatorio.

“Te l'hanno mai detto che sei troppo indisciplinato?” - le sue labbra adesso pericolosamente vicine alle mie - “Però sei carino così.”

“Te l'hanno mai detto che sei troppo indisciplinato?”
“No, non me l'hanno mai detto.”
“Ah sì? Beh, te lo dico io. Sei troppo indisciplinato.”
“Ok.”
“Però sei carino così.”


Il ricordo apparsomi in sogno mi ritorna improvvisamente, fulmineo.

“Ohno...san...”

La mia voce esce fuori come un flebile sussurro, quel nome pronunciato più in memoria dei miei ricordi che per chiamare Satoshi. Ma lui è evidentemente soddisfatto, o forse qualcosa di più: leggo nei suoi occhi una passione crescente, gli occhi color nocciola grandi e profondi. Sento d'un tratto le sue mani farsi quasi più calde, forti, quasi più grandi. Sotto l'influsso di questa piacevole sottomissione sento la mia resistenza scivolare via e decido ormai di assecondare ogni suo volere.

“Ancora, chiamami ancora Ohno-san”

“Ohno-san...”


Sento che lascia le mie mani per posizionarsi meglio sopra di me facendo leva sulle braccia. Perdere il calore delle sue dita mi lascia un po' interdetto, ma la mia mente non fa in tempo a rendersene completamente conto perchè mi ritrovo le sue labbra sulle mie: un bacio inizialmente umido e delicato, che si trasforma in passione pura quando sento la lingua di Satoshi penetrare nella mia bocca e giocare con la mia. Non è usuale che Satoshi approfondisca così il bacio, specialmente adesso che non siamo più adolescenti.
I movimenti della sua lingua con la mia, sinuosi, lenti, mi trasmettono calore, amore, fanno spegnere il mio cervello e mi riempiono di lui.
D'improvviso sento la sua mano destra frugare sotto la mia maglietta: massaggia la mia pancia con movimenti circolari regolari, fino a risalire sul mio petto, esitare qualche attimo, e raggiungere il mio capezzolo. Anche lì si ostina a disegnare cerchi intorno all'aureola, portandomi ad una piacevole frustrazione.
In quel momento l'eccitazione mi spinge a volerlo toccare e mi rendo conto di avere ancora le braccia alzate sulla mia testa, così come Satoshi me le aveva lasciate: quindi mi alzo solo leggermente, il tanto necessario ad aggrapparmi alla sua maglia e a togliergliela via. Mentre lo faccio lui resta silenzioso, docile, solo per questa volta ubbidiente al mio atto di spogliarlo. Rimasto a petto nudo, si concentra di nuovo su di me e la sua mano si avventa di nuovo sotto la mia maglietta.

Aspetta Riidaa” - lo fermo. Questo pezzo di stoffa è troppo ingombrante sul mio corpo. Non posso godere a pieno dei movimenti languidi delle sue mani. Per questo motivo mi libero io stesso della mia maglietta e mi stendo di nuovo a pancia in su, guardandolo in faccia.
Noto che il suo viso è più compiaciuto di quanto non lo fosse qualche secondo fa.

“Che c'è?”

“Mh, anche chiamarmi Riidaa va bene.”


“Stai ancora pensando a come devo chiamarti?” - il mio tono è un po' esasperato. Vorrei che continuasse a toccarmi e baciarmi, invece di starsene lì impalato a guardare ogni singola parte del mio torso ormai nudo.

“Certo che ci sto pensando. Mentre mi chiamavi Ohno-san in sogno mi hai fatto eccitare.”

“Cosa!?”

“Ma anche Riidaa va bene. In fondo, ho io il comando”.


So bene che in un contesto razionale quella frase non avrebbe avuto alcun senso. Ma in questo momento il corpo di Satoshi si è di nuovo avventato su di me e la sua lingua sta di nuovo esplorando la mia bocca, con un ritmo regolare, estenuante.
Una volta soddisfatto, si stacca dalle mie labbra – ormai rosse e gonfie – e decide di concentrarsi sul mio collo: traccia con le labbra umide piccoli baci seguendo la linea della mia giugulare, ed io sento il battito del mio cuore aumentare violentemente, mentre il mio fiato diventa sempre più corto. Probabilmente Satoshi si accorge del piacere che mi sta provocando e decide generosamente di provocarmene di più, perchè alle labbra sostituisce la lingua: inizia a tracciare lunghe linee sul mio collo dall'alto – alla base del mio orecchio – verso il basso vicino alla mia clavicola, per poi ritornare a leccarmi su. Ripete questa meravigliosa tortura per un tempo che a me pare infinito, finchè Satoshi spezza il ritmo succhiandomi il lobo dell'orecchio. A quel gesto il mio ansimare si trasforma in un suono di piacere che esce incontrollato dalla mia bocca, flebile ma percepibile al punto che Satoshi decide di rincarare la dose e succhiarmi il lobo un'altra volta, poi un'altra volta ancora.

In fondo non sono poi così male come leader” - la sua voce mi arriva ovattata a causa della tremenda eccitazione che sto provando, ma so che in questo caso non si sta riferendo agli Arashi.
Prima che io possa articolare qualsiasi risposta comprensibile, la lingua di Satoshi ha rirpeso il suo viaggio, fermandosi nuovamente sulla clavicola. Stavolta lo sento succhiare, prima piano, poi con una certa veemenza. Riprendo per un attimo lucidità, capendo ciò che sta per farmi.

“Satoshi, fermati!”

“Ohno-san”
- ammonisce.

“Oh... Ohno-san, fermati” - gli dico, con il tono di voce molto più sommesso rispetto al primo richiamo.

“Perchè?” - vedo un sorriso sornione sul suo volto, prima di avventarsi di nuovo tra il mio collo e il mio petto.

Ohno-san, aspetta” - stavolta mi aiuto bloccandolo con le mani - “Non lasciarmi segni evidenti, per favore. Domani... Il lavoro...” - cerco di giustificarmi, ma io stesso percepisco che la mia fermezza è praticamente nulla e sono preda della sola eccitazione.

“Quindi posso lasciarti un segno in parti del corpo non evidenti?”
Satoshi mi guarda con aria interrogativa, come se io davvero abbia risposte negative da dargli. Ma, infatti, non ce ne ho.

Fai... Fai di me quello che vuoi Ohno-san... In fondo il leader sei tu.”

“Merda, Kazu, se mi rispondi così, e con quegli occhi poi, io non resisto molto.”


Dopo aver troncato ogni mia ulteriore risposta con la sua lingua ancora per qualche secondo, Satoshi si stacca dal mio viso per l'ultima volta e si fionda direttamente su un capezzolo, succhiandolo con avidità, mentre con il pollice e l'indice prende l'altro capezzolo e ci gioca.

“Riidaa” - è l'unica cosa che riesco a pronunciare prima di emettere un sonoro gemito, poi mi viene da ansimare più velocemente.
Satoshi fa continuare questo supplizio per molti secondi, per poi scendere con le labbra fino al mio ombelico. Con la lingua bagnata di saliva (l'ha inumidita di proposito, lo so) traccia dei cerchi in quel punto, mentre sento il suo pollice e indice molestare ancora il mio capezzolo. Sento brividi di piacere provenire da diverse parti del corpo – all'altezza del petto, della pancia, dalla mia erezione che ormai pulsa da farmi quasi male – quindi sono invaso da una miriade di sensazioni che mi fanno perdere contatto con la realtà.

Mh, Bene.”
Sento Satoshi ghignare soddisfatto, ma non ne capisco il motivo. Alzo leggermente la testa per guardare in direzione del mio stomaco e noto che ha lasciato un segno rosso e vistoso al lato sinistro dell'ombelico.

“Perchè l'hai fatto, vecchio pervertito!”

“Mi hai detto tu di fare di te quello che voglio” - nella sua voce scorgo un misto tra appagamento e sensualità - “E come vedi ti ho lasciato un segno sulla pancia, dove non si vede. Sono stato generoso, no?”

“Generoso!?” - per parlarmi Satoshi ha smesso sia di baciarmi sia di divertirsi con il mio capezzolo, regalandomi qualche attimo di coscienza - “Anche se è sulla pancia, non c'era alcun bisogno di lasciarmi quel segnaccio! Bastavano i baci, sei un vecchio perv... “
Mentre lo rimprovero con poca convinzione, Satoshi mi abbassa d'un colpo i bermuda del pigiama e gli slip - “E adesso che cavolo stai facendo!?”

Vedo che mi guarda con un sorriso indulgente, quasi compassionevole, e io mi rendo conto di avergli appeno chiesto un'ovvietà tipica solo delle adolescenti giapponesi vergini d'altri tempi.
La mia domanda, infatti, non riceve alcuna risposta verbale perchè il volto di Satoshi è già tutto concentrato sulla mia erezione: la sento rigida, pulsante allo stesso ritmo del mio cuore, e sento l'urgenza di godermi quella stessa umidità che le mie labbra e la mia pancia hanno ricevuto poco fa.
Satoshi decide che non è ancora arrivato il momento di leccarmi, perchè prende i miei testicoli in una mano, accarezzandoli: ormai i miei lamenti sono frequenti e sonori, e – nonostante l'imbarazzo di quella posizione – io non ho alcuna intenzione di frenarli.
Dopo qualche secondo avverto il naso di Satoshi sfiorarmi il pene in tutta la sua lunghezza: i suoi movimenti sono precisi e calcolati, lenti, ripetuti; cerca di toccare la pelle con la punta del suo naso quel tanto da permettermi di percepirlo chiaramente, ma non al punto da creare frizione per l'orgasmo. Questa pratica erotica dura minuti che a me paiono infiniti, minuti in cui Satoshi si ostina a non usare né labbra, né bocca, né lingua. Mi sporgo leggermente con la testa per fargli capire di approfondire il gesto, di succhiarmi, anche solo di leccarmi. Effettivamente lui si accorge del mio sguardo interrogativo e mi sorride. Eppure nel suo sorriso c'è una certa perfidia.

“Dici sempre che ti piace il mio naso, Kazu.” - mi dice, beffardo. E io affondo di nuovo la nuca sul cuscino, esasperato.

“Quanto mi dai sui nervi, Satoshi.” - ma il mio tono esce fuori quasi più simile a un preludio all'orgasmo.

“Ohno-san” - puntualizza, lui, per l'ennesima volta.
Questo gioco del nome deve piacergli particolarmente stanotte, perchè sento che finalmente lecca la punta del mio pene con la lingua. L'ha inumidita di nuovo, e dopo un'altra leccata sento che la inumidisce di più, e ancora di più, lanciandomi in una giostra di piacere dal quale non riesco a destarmi.

“Sato... Ohno-san, per favore” - la mia gola produce una preghiera, anche se neanche io so bene per cosa.

“Dimmi che sono il tuo Leader” - mi ordina lui, poi lecca ancora una volta il glande, senza voler scendere sulla lunghezza.

 

Sperando ardentemente che si decida a succhiarmi come si deve, obbedisco.
“Sei... Sei il mio Leader”.

Dimmi che ti comando io.”

“Da ciò che stai facendo mi sembra chiaro che mi stai comandando tu! Ora smettila con questo giochetto perverso!”
- mi affretto a dire, portato ormai all'estremo del piacere.

“Ti ho detto che sei troppo indisciplinato Kazu, fà come ti dico.”
A quel nuovo ordine la sua lingua tortura ancora la punta, e solo e soltanto quella, bagnandola con più saliva delle volte precedenti.

“Sei...” - cerco di formulare una frase di senso compiuto, assecondandolo - “Sei tu che comandi me.”

“Bene.”


A quella risposta Satoshi finalmente fa seguire un lungo movimento della lingua completo e vigoroso, lungo tutto il pene. Poi lo prende in bocca e comincia a pompare, su e giù.
Con maestria alterna momenti di frizione a momenti in cui sento aria nella sua bocca. Questo scarto, ripetuto varie volte e a ritmo serrato, mi fa avvicinare pericolosamente all'orgasmo.

“Aspetta, ti prego, aspetta.”
Non è l'orgasmo quello che voglio adesso. Questo Satoshi così prepotente mi piace, mi sta mandando in estasi: voglio dargli anche io piacere, voglio sentirlo dentro di me, voglio che mi possegga di più e più forte.

“Riidaa, aspetta” - gli ripeto, fermando la sua testa con le mani - “Se continui così, io...”
Le parole mi muoiono in bocca quando Satoshi mi rivolge un sorriso dolcissimo, per la prima volta uno sguardo gentile da quando mi ha bloccato le mani per fare l'amore. Questo suo sorriso trasmette affetto, protezione, premura. La sua mente sembra si sia per un attimo estraniata dalla nostra pratica erotica per regalarmi piena attenzione e ascolto.

“Se continui così, io credo di non farcela” - concludo la mia frase, quasi a giustificarmi.

Queste mie pseudo-scuse ricevono come reazione un repentino cambio di espressione. Quegli occhi addolciti ritornano ad essere eccitati e selvaggi, come e più di prima, e l'improvviso momento di romanticismo è già evaporato nel nulla.

“Tranquillo, il tuo Leader adesso viene da te” - mi dice.
Lo vedo alzarsi, mettersi in ginocchio sul letto – le mie gambe in mezzo – e dirigersi verso di me. Avanza con le ginocchia lungo i miei fianchi fino a che raggiungono i lati dei miei omeri. Ora ci troviamo così, io steso e lui in ginocchio vicinissimo al mio viso, in silenzio.
Satoshi prende il suo cuscino e lo mette sotto il mio, in modo da alzare ulteriormente la mia testa. Il mio viso adesso è all'altezza del suo basso ventre e io capisco che posso finalmente dargli il piacere che tanto bramavo.
Sorrido e mi lecco il labbro inferiore, pregustando il sapore della sua carne.
I pantaloni di Satoshi sono ormai gonfi e pieni, la forma del pene è ben distinguibile, la sua urgenza è palese.
Portando saliva sulla mia lingua, la esco fuori e lecco la sua erezione da sopra la tuta. Per la prima volta stanotte sento provenire da lui un lamento chiaro , erotico, che è musica per le mie orecchie e fa pulsare di nuovo la mia, di erezione.

“Kazu, non così, spogliami.” - mi guarda dall'alto verso il basso, ancora in ginocchio davanti a me, ma io sono tutto concentrato a sistemare meglio i due cuscini e alzare un po' più la testa per avere pieno accesso alla zona dei suoi fianchi.

“Kazu, hai intenzione di fare...cioè... così vestito?” - il suo tono di voce è un piacevole mix tra l'eccitato, l'intimorito, il curioso e l'imbarazzato. So che stanotte è lui a comandare, ma anche io mi prendo qualche minuto di dominio mentre la mia testa è praticamente tra le sue gambe ancora vestite.

“Che... che intenzioni hai?” - mi ribadisce.

Io lo ignoro, mi inumidisco nuovamente labbra e lingua, poi lecco di nuovo il suo gonfiore coperto dalla tuta. Stavolta lo faccio più lentamente di prima e soprattutto più profondamente, creando più frizione.
In uno scatto irrazionale, Satoshi dà un colpo di fianchi in avanti verso la mia bocca, a voler simulare il pompino che io, al momento, non gli sto regalando. Ma è solo un attimo. Noto che si ritrae subito, forse imbarazzato del gesto istintivo e si accomoda di nuovo in ginocchio con l'erezione davanti ai miei occhi.

Io alzo la testa. Lo guardo. E aspetto che lui guardi me. Una volta ottenuta la sua attenzione, fuoriesco la lingua più che posso, affinchè lui possa vederla chiaramente. Con la lingua così esposta lecco la tuta seguendo tutta la lunghezza. Per me è facile leccargli il pene nonostante la tuta, visto che l'erezione di Satoshi è ormai prorompente e la sento indurirsi via via che la lingua continua il suo tracciato, ripetendolo varie volte. Satoshi mi fissa attentamente, nei suoi occhi affusolati leggo puro godimento.

“Merda, Kazunari”

Satoshi chiude gli occhi e – stavolta credo di proposito – inizia spingere il bacino avanti e indietro, imitando i colpi che, sono sicuro, mi darà tra qualche minuto. Per adesso, tuttavia, ho il totale controllo del suo corpo e del suo cervello; è completamente sottomesso a me.
Dopo aver insistito con la mia lingua sulla sua lunghezza per alcuni minuti, il respiro affannato di Satoshi mi convince ad abbassargli pantaloni e slip insieme, così come lui aveva fatto con me.
Restiamo entrambi nudi, accaldati, eccitati.
Lui comprende benissimo le mie intenzioni: con le ginocchia mi si avvicina un po' di più e fa sfregare il suo glande sulle mie labbra, aspettando che io apra la bocca per accoglierlo. La parte superiore del suo pene è adesso di un colore rosso scuro, calda e rigonfiata.
Prima di obbedire con piacere alla sua silenziosa richiesta, allungo entrambe le braccia dietro le sue spalle, le accarezzo con le mani verso il basso, poi palpeggio con forza le sue natiche. Stringendogli il sedere, lo porto ancora più vicino, apro la mia bocca, e lui emette un gemito di piacere più forte degli altri.
Il puro desiderio mi guida nell'opera di suzione, carezze e spinte ritmate della mia lingua e delle mie labbra.

Molti anni di sesso con Satoshi, ma soprattutto ancor più anni di amore, mi hanno aiutato a comprendere i suoi pensieri, i suoi gusti, le sue espressioni e i suoi gesti. Sebbene Ohno Satoshi sia un essere umano estremamente complicato, e dunque credo che non possa mai diventare prevedibile per nessuno, anni fa mi sono promesso non solo di amarlo, rispettarlo, proteggerlo dalle insidie del nostro ambiente cinico e bastardo, ma anche di trattarlo come il più avvincente dei videogame.
Satoshi ha un'anima pura e indomabile, cristallina e selvaggia, delicata e indipendente, povera di sovrastrutture sociali e piena di tenerezza. Uno dei compiti che mi sono prefissato nella mia vita è interpretare quell'anima, passarci attraverso, vederne le sfumature, vivere la sua dimensione personale insieme a lui.
Per questo motivo anche nel sesso mi sono da sempre impegnato a riconoscere e tradurre ogni suo segnale, ogni suo cenno; mi sono ingegnato in ogni modo a provocargli il massimo piacere e l'ho gradualmente condotto a provocare il massimo piacere a me.
Dopo tanti anni, dunque, anche a letto abbiamo bisogno di poche parole. Ammetto che nel sesso non abbiamo più la frequenza di qualche anno fa, ma in compenso abbiamo più consapevolezza, più maturità e soprattutto minore imbarazzo nel provare pratiche più eccentriche e stimolanti.

“Kazunari...”
Il mio nome pronunciato con affanno da Satoshi mi riporta alla realtà. Il mio pompino sta durando ormai da qualche minuto. Mentre ero immerso nelle mie riflessioni il viso di Satoshi si è arrossato visibilmente, il suo respiro velocizzato e le sue mani hanno afferrato le mie che tastano ancora il suo sedere, con l'obiettivo di esortarmi a palpeggiare le sue natiche con più forza e di guidare lui stesso il ritmo.

Improvvisamente sfila il suo pene dalla mia bocca e si allontana leggermente da me. Noto che cerca con lo sguardo il comodino dove sa che conservo il lubrificante e i preservativi. Si distende per aprire il comodino e prendere ciò che gli serve.
Subito dopo è di nuovo focalizzato su di me: vedo i suoi occhi tondi intenerirsi, le sue labbra curvarsi in un sorriso tenero, le sue mani accarezzarmi le cosce.
Poi, Satoshi prende uno dei due cuscini sotto la mia testa e lo sposta sotto la mia schiena: sistemare un cuscino sotto la mia zona lombare è un gesto che fa da anni, un po' perchè in quella posizione sa bene che le sue spinte riescono a raggiungere meglio la mia prostata regalandomi un piacere più intenso; un po' perchè in questo modo limita i miei dolori muscolari in quella parte del corpo che, purtroppo, è soggetta ad infiammazioni frequenti da quando sono adolescente.
Gli sorrido di rimando per ringraziarlo silenziosamente del gesto premuroso. E' un gesto che fa ogni volta, ma ogni volta anche grazie a questo gesto capisco quanto mi ami.

Il mio sorriso si trasforma in un dolce lamento nel momento in cui sento le dita di Satoshi umide di freddo lubrificante tormentare l'apertura del mio ano. Subito dopo aver disegnato segni circolari attorno, inserisce lentamente l'indice e il medio destro, provocandomi un sussulto. Le dita continuano il loro percorso un po' più a fondo, per poi allargarsi a mo' di forbice all'interno. Questo ulteriore atto mi fa istintivamente scattare con la schiena in avanti e anche la mia erezione scatta in alto d'impulso.

“Sei troppo carino” - mi sento dire. Le sue parole seguite da una risata gentile.

Probabilmente Satoshi ritiene di aver utilizzato ancora poco liquido, perchè sento che estrae le due dita – causandomi un gemito esasperato - spreme la boccetta e ne spalma un altro po'. A questo gesto, lo blocco con una mano.
“Non usarne tanto.”

“Eh?”

“Va bene così. Puoi... puoi entrare. Non voglio che ne usi troppo.”


Satoshi comprende che stanotte desidero sentirlo particolarmente, desidero più frizione del solito. Visto che questa volta sono completamente sottomesso, forse dentro di me desidero provare un po' più di dolore fisico delle altre volte.
E lui capisce senza alcun bisogno che io sia esplicito, perchè asseconda subito la mia richiesta: ancora in ginocchio, mette velocemente il preservativo, poi arretra un po', afferra le mie cosce, se le mette sulle spalle e, piano, entra dentro di me.
Il poco gel mi provoca molto dolore, ma me l'aspettavo e, anzi, è esattamente ciò che voglio.

Dopo essersi accertato dalla mia espressione di non avermi fatto troppo male, Satoshi si sistema meglio dentro di me facendo perno sulle ginocchia e inizia a spingere: colpi prima regolari e poco profondi, poi aritmici e sempre più smaniosi di raggiungere la mia prostata.
Sento il pene del Riidaa, duro, pulsante, insistente, battere dentro di me, ancora, senza sosta; sebbene io abbia gli occhi socchiusi per godermi il piacere del momento, posso notare la bocca di Satoshi aperta, quasi spalancata per il bisogno di inspirare più aria, mentre le piccole labbra gonfie le fanno da cornice; le sue mani che stringono le mie cosce, possenti.

“Ohno-san...” - dico spontaneamente, solo perchè so che stasera lo eccita particolarmente essere chiamato così.

“Chiamami di nuovo” - mi risponde, infatti.
I nostri respiri sono affaticati, ansimanti, i nostri gemiti si intrecciano nella notte divenendo l'unica colonna sonora nel silenzio dell'appartamento.

“Ohno-san... Riidaa...” - con la mia voce, che fuoriesce come un flebile lamento di piacere, voglio dichiarare ad entrambi che ogni parte di me obbedisce a lui, così come ogni cosa di lui deve essere mia.
E mentre Satoshi mi scopa – ostinato, incalzante, martellante – io capisco che questi suoni e rumori fatti di erotismo, complicità e smania dell'altro sono gli unici che voglio sentire, gli unici da cui voglio essere disturbato.

“Vieni qui” - la voce di Satoshi mi arriva ovattata all'orecchio.
Una sua mano si mette sotto la mia schiena e toglie il cuscino, spingendomi verso l'alto per farmi alzare.
Capisco le sue intenzioni e, ancora dentro, mi sistemo sedendomi sopra di lui: Satoshi è adesso seduto con le gambe incrociate ed io sono impalato su di lui, le mie gambe attorcigliate alla sua vita. Mi avvinghio con le braccia a lui, i miei occhi concentrati sul suo volto, i nostri respiri fusi insieme. Amo particolarmente questa posizione, perchè così ho pieno accesso al viso di Satoshi e le mie mani possono accarezzarlo praticamente ovunque, mentre lui con colpi d'anca si impegna a spingere più profondamente per raggiungere la mia prostata. È un faccia a faccia molto intimo, tenero e sensuale al tempo stesso: sento il bisogno di accarezzare le sue guance calde, poi con l'indice sfiorargli il naso e scendere giù fino alle labbra. Satoshi ha le labbra gonfie e ancora aperte, le sue pupille nelle mie ma noto che in realtà il godimento ha portato la sua mente altrove.


Mentre Satoshi continua a spingere con movimenti irregolari e sussultori, il mio indice scende sul mento, sul pomo d'adamo, poi disegna la sua clavicola.
A questo punto Satoshi decide che vuole sentirmi ansimare più forte, che per me è giunto il momento del massimo piacere, perchè il suo pene spinge fino a raggiungere la mia prostata. Ad ogni colpo corrisponde un mio vagito, mentre lui mi sorregge da dietro la schiena, il suo respiro è ormai affanno incontrollabile.
Mentre i movimenti di Satoshi sono sempre più mirati a farci raggiungere l'orgasmo, nasconde il suo volto nell'incavo del mio collo, leccandomelo in tutta la sua lunghezza. Poi scende giù verso la clavicola e succhia di nuovo in quel punto fin quando sento i suoi gemiti più sonori e aritmici, il suo pene dentro di me pulsare fortemente. Poche spinte e Satoshi raggiunge l'orgasmo con un suono rauco e mascolino, il suo viso attaccato alla mia pelle.


Ancora impalato su di lui approfitto dello spettacolo visivo e sonoro che mi ha appena regalato per toccarmi anch'io, ma lui blocca la mia mano tra le mie gambe e sostituisce la sua.
Sposta il viso dal mio collo e mi guarda negli occhi scrutandomi profondamente, il sorriso sensuale e rilassato: ritrovo in quelle pupille la gentilezza mista alla spregiudicatezza che mi hanno fatto innamorare di lui tanti anni fa. Il fatto che quello spirito indomito ora sia tutto concentrato su di me - le sue mani preoccupate di lavorare energicamente sul mio piacere – mi crea un improvviso imbarazzo, che mi porta a volgere lo sguardo altrove.

Non girare la testa. Guardami.” - mi redarguisce, costringendomi ad incontrare di nuovo i suoi occhi - “Voglio che mi guardi.”

“Dai, non rompere, falla finita.” - sento la vergogna invadermi. Mi sento uno stupido perchè dopo tanti anni non riesco ancora a sostenere il suo sguardo attento e premuroso tutto concentrato su di me.

“Obbedisci, Kazu. Guardami.” - per la prima volta stanotte il suo ordine non ha nulla di perentorio. Sembra quasi una preghiera, alla quale mi decido ad accondiscendere, perchè ormai so quanto gli piace la mia espressione mentre godo per l'orgasmo.

Cercando di superare la timidezza lo guardo di nuovo negli occhi e contemporaneamente sento che la sua mano inizia a lavorare molto più velocemente attorno al mio piacere. Alterna veloci movimenti ondulatori su tutta la mia lunghezza a frizioni sulla punta. Il suo viso continua ad analizzare ogni mia singola reazione, Satoshi è completamente assorto nel tentativo di regalarmi l'orgasmo, che infatti arriva dopo pochi secondi, accompagnato da un mio gemito potente e dal suo sorriso soddisfatto.

Dopo qualche istante necessario per rilassare i muscoli e per tornare alla realtà di ciò che ci circonda, ci sistemiamo nuovamente sul letto, più stanchi e spossati di prima.
Io ritorno nella mia posizione preferita – con il mio viso nell'incavo del suo collo – lui asseconda la mia volontà alzando la testa per farmi inserire meglio.

Una carezza sulla mia guancia e tra i miei capelli sostituisce in silenzio il suo “Buona notte”.
Nello stesso silenzioso modo, io gli accarezzo il pomo d'adamo con il mio naso.
E così, insieme, scivoliamo nel sonno fino alla mattina seguente.
.
.
.
Il suono della sveglia del cellulare, del tutto indesiderata, penetra fastidiosamente nelle mie orecchie. Appena riacquisto i sensi e mi sovviene che Satoshi è accanto a me, allungo il braccio verso il comodino e la spengo per evitare che Satoshi si svegli inutilmente: oggi, infatti, ho delle riprese dalla mattina fino al primo pomeriggio, mentre Satoshi è libero fino alla sera, quindi si rilasserà da solo a casa mia fino al mio ritorno.

Dopo aver posto fine a quel rumore fastidioso, mi metto seduto sul letto per qualche secondo, rilassandomi nel silenzio dell'appartamento spezzato soltanto dal respiro pesante di Satoshi.

Adesso ti metti anche a russare come un vecchio? - sussurro tra me e me, poi mi giro a guardarlo mentre dorme: forse una piccola parte di me spera che lui sia sveglio, che sorrida alla mia battuta e che mi dia il buon giorno.
Così non avviene e io mi ritrovo a guardarlo con quell'espressione beata in viso.


Satoshi è bello.
Come prima. Come sempre.
Il profilo del suo viso è elegante e armonico: la fronte ben esposta si unisce al suo bellissimo naso aquilino. Ai lati spuntano le ciglia lunghe quasi quanto quelle di una donna. Le labbra sempre piccole e rimpolpate. Il respiro calmo e regolare.
Con mezza faccia schiacciata sul cuscino le sue guance paiono ancora più gonfie del solito e il suo viso tondo come quello di un bambino. Il cuore mi si scalda riempiendosi di un profondo senso di tenerezza , ed io mi prometto per l'ennesima volta che difenderò questa selvaggia purezza con tutti i mezzi a mia disposizione.

“Ti amo.” - pronuncio a bassa voce, con un tono impercettibile persino a me, poi lo bacio sulle labbra.
Dalla sua bocca passo alle guance, lo accarezzo più volte, poi torno di nuovo alle labbra con tocchi lenti e umidi, finchè una mail del mio manager che mi avvisa di star venendo a prendermi mi ridesta dalle coccole ad un Satoshi dormiente.
Con un altro “Ti amo” detto sottovoce, mi alzo definitivamente dal letto e mi preparo per questa giornata di lavoro.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Ninomiya-kun, siamo arrivati al tuo appartamento.”

Le parole del mio manager invadono l'abitacolo dell'automobile, fino a poco fa catapultato nel silenzio. Siamo arrivati nel garage ed io mi affretto a scendere.

“C'era tanto traffico, vero? Scusami se oggi tornerai a casa più tardi. Il lunedì pomeriggio è terribile.” - gli dico dispiaciuto, tenendo aperta la portella.

“Non c'è problema Ninomiya-kun. E' parte del mio lavoro. Buona serata e a domani.”

 

Sono a casa!”
Mi fermo all'entrata per posare le chiavi, il pacchetto di sigarette e per cambiarmi le scarpe. Nonostante il mio saluto, in casa domina il silenzio.

“Satoshi, sono a casa!” - ripeto. Mi aveva promesso che mi avrebbe aspettato al mio ritorno dal lavoro, ma la mancanza di risposta mi fa venire il dubbio che sia andato a casa sua.

Avanzo nel corridoio e, ad ogni passo, sento un odore di fritto strano, visto che stamattina non avevo fritto nulla. Velocizzo l'andatura verso la zona giorno con il terrore che stia bruciando qualcosa.

Oh! Kazu! Bentornato, non ti avevo sentito!”

“Che stai facendo?”
- non so se sono più sollevato per non aver lasciato olio sul fuoco o per Satoshi che è effettivamente rimasto a casa mia accogliendomi con quell'entusiasmo.

 

Hai visto? Sono rimasto a casa e ti ho aspettato! Sono rimasto a casa e ti ho aspettato!” - Mi parla con un sorriso brillante e alla vista di quel viso ammetto che l'idea della convivenza non mi pare così assurda, alla faccia del mio culto della solitudine.

 

Perchè l'hai ripetuto due volte...” - sorrido, in questo momento mi pare un cane che mi sta facendo le feste.

“Ho quasi finito, guarda!” - il viso di Satoshi è bellissimo, il suo sorriso luminosissimo, ma la sua affermazione mi costringe a spostare l'attenzione sui fornelli. Vedo una padella sul fuoco, qualcosa che frigge all'interno, poi finalmente noto che Satoshi ha apparecchiato spartanamente la tavola.

“Hai quasi finito cosa?” - gli chiedo, avvicinandomi.

Karaage1!” - strepita con il fare di un bambino.

“Cosa!? Davvero? L'hai fatto tu?”

“Sì sì! Ho comprato la carne, le verdure, preparato l'impanatura e tutti gli altri ingredienti. Poi guarda!”
- mi indica il piano cottura – “Ho lavato, sistemato e ordinato tutto e ho iniziato a friggere prima che tornassi! Tempismo perfetto!”

“Ma chi sei, una massaia?” - la mia intenzione era di fare una battuta acida, ma il mio tono di voce tradisce imbarazzo e felicità per la sorpresa.

“Sediamoci e assaggia” - negli occhi l'impeto di un bambino al quale è perfettamente riuscita una sorpresa - “Prendi questo per esempio, è pollo.”

“Va bene va bene” - prendo le bacchette e assaggio il pezzo che mi ha indicato - “Ma è delizioso! E' incredibile Satoshi, è proprio buonissimo”.

“Ho chiamato mia madre perchè lei riesce a fare in modo che non siano troppo unti.”

“Infatti non sono per niente pesanti. L'olio si sente poco. Ne prendo un altro. Ecco, questo.”

“Prendine quanti ne vuoi! Quelle sono verdure fritte. Assaggia.”

“Anche queste sono buonissime! Ma sei grandioso Satoshi, come hai fatto?”


Vedo il viso arrossarsi, le sue guance paffute diventare ancora più tenere.

“Visto che avevo tempo stamattina ho pensato che avrei potuto fare la spesa e cucinare per poi mangiare insieme.” - mi risponde, non riuscendo a guardarmi negli occhi - “Su alcuni pezzi di pollo fritto ci ho aggiunto un po' di paprika. Provali.”

Seguo la sua indicazione e mangio un altro boccone - “Anche questi sono buonissimi. Secondo me questi ti piacciono particolarmente” - prendo un altro pezzo di pollo piccante con le mie bacchette e lo porto verso di lui, imboccandolo.

“Mh. Buono. Mi fai assaggiare le verdure in pastella?” - chiede, ed io scelgo la verdura pastellata più grande del piatto e gliela porto di nuovo alla bocca - “Mh, buona. Avevo paura che si bruciasse invece l'ho cucinata bene. Adesso voglio questa” - mi dice, invitandomi ad imboccarlo ancora.

Trascorriamo un'oretta così, mangiando insieme il karaage cucinato da Satoshi: in realtà per la maggior parte del tempo sono io ad imboccare lui mentre lo vizio lusingandolo con tanti complimenti, ed in cambio ricevo la visione di sorrisi dolcissimi.
Tra un boccone e l'altro chiacchieriamo dei nuovi mobili che vorrebbe comprare per casa sua, mi informa della nuova fidanzatina di suo nipote alle elementari, ridiamo su alcuni video divertenti visti su you tube. Un'ora, insomma, di quotidianità tutta nostra, straordinaria nella sua semplicità, preziosa come il più grande tesoro del mondo.

“Ah, sono pieno!” - esclamo, soddisfatto.

“Ah, anche io!” - vedo Satoshi stiracchiarsi sulla sedia e rilassarsi, allungando gambe e braccia.

“Satoshi?”

“Mh?”

“Grazie per la sorpresa. Era tutto buonissimo.”


Vedo il Leader avvampare vistosamente e ridacchiare per l'imbarazzo, e sono grato alla mia vita perchè mi regala momenti semplici con il mio compagno senza che siano mai scontati.

“Lo sai che per educazione mi dovresti chiedere se voglio che tu mi ripaghi la spesa?”

“Vuole che le ripaghi la spesa, Ohno-san?”
- gli dico col tono scherzosamente formale. Non ho alcuna intenzione di tirare fuori neanche un centesimo.
 

No, non è necessario Ninomiya-san” - mi risponde con la stessa ironica formalità - “Però in compenso puoi fare qualcosa in cambio.”

“Cioè cosa?”
- gli chiedo ingenuamente. Poi mi sfiora un'idea che potrebbe rivelarsi interessante - “Questo, per esempio?”
Seduto dall'altro lato del tavolo, allungo la mia gamba lentamente affinchè il mio piede possa appoggiarsi in mezzo alle sue gambe. Con la pianta del piede inizio a massaggiarglielo con movimenti circolari prima orari, poi antiorari. Il contatto è reso difficoltoso dalla stoffa del mio calzino, dal suo pigiama e dagli slip; in più abbiamo fatto l'amore giusto ieri notte e non siamo più ragazzini in piena esplosione ormonale, quindi non mi aspetto che quel gesto gli provochi una particolare eccitazione né tantomeno un'erezione. Nonostante questo, mi piace l'idea di massaggiarlo e di vedere la sua espressione beata in viso.


“Intendevo dire che in cambio potresti lavare tu la pentola piena d'olio, ma anche quest'idea non è per niente male.”
Con non poca sorpresa, noto che Satoshi – seppur evidentemente in imbarazzo – scivola più giù sulla sedia, avvicinandosi alla pianta del mio piede per creare maggiore attrito.

“Sei proprio un vecchio pervertito” - la mia constatazione nasce dal fatto che Satoshi è scivolato ancora un po' più giù e con movimenti pelvici sta assecondando i massaggi del mio piede per provocare più frizione possibile. Sul suo volto il semplice rilassamento di prima sta adesso diventando eccitazione.

“Non fissarmi, è imbarazzante.” - mi dice, i movimenti del suo bacino appaiono sempre di più come una masturbazione. E la cosa mi piace. E continuo a fissarlo.

“Vuoi che continui?” - glielo chiedo solo provocatoriamente, non ho alcuna intenzione di fermare il mio piede.

“No, fermati” - il suo ordine si perde nel respiro sempre più irregolare - “Sei... sei una peste, Kazunari”

“E tu stai godendo, Satoshi.”
- decreto. La pianta del piede sta adesso torturando un pene semi-duro.

“Ma come fai a dire cose così imbarazzanti con quella faccia angelica!?”

“Io? Ma se tu la notte scorsa mi hai scopato trattandomi come un junior da sottomettere ai tuoi ordini perversi.”
- Il mio piede lo masturba ormai implacabilmente.

“Cosa?”

“ 'Chiamami Ohno-san, chiamami Ohno-san. Sono io il Leader, sono io che comando' “
- gli ricordo, imitando l'Ohno Satoshi di qualche ora prima.

“Era... Era diverso. Sei... Sei incommentabile” - il suo sguardo è ormai perso nel vuoto, probabilmente concentrato a sentire ogni sensazione che gli provoco con la pianta del mio piede.

“E tu sei un nonno pervertito.”

“Smettila adesso.”

“Di chiamarti 'nonno pervertito' o di massaggiarti la pancia?”
- mi lascio sfuggire una risata.

“Non sono un nonno.”

“Ah quindi pervertito sì?”

“E non è la pancia che mi stai massaggiando!”
- conclude, comicamente esasperato.

“Ah sì? Non è la pancia che ti sto massaggiando?” - blocco il mio piede che sta palpeggiando il suo pene - “Hai ragione, scusami. Adesso ti massaggio la pancia” - concludo sorridendo. Poi stacco la pianta del piede dal suo gonfiore e la alzo leggermente raggiungendo la sua pancia.

E adesso che fai?”

“Ti massaggio la pancia.”

“Mi massaggi davvero la pancia?”
- mi chiede, un po' sconsolato.

“Ti piaceva di più prima?” - gli rispondo, spostando di nuovo il piede giù e ricominciando a massaggiare.

“Perchè mi stai facendo questo!”

“Vuoi sapere perchè ti sto facendo cosa?”

“Questo...”

“Questo cosa?”

“Ah... Kazunari... Te l'ha detto mai nessuno che sei indisciplinato!?”

“Sì, me lo hai sempre detto tu.”
- gli ricordo - “Però dici anche che sono carino così”.

“In ogni caso, perchè mi stai facendo questo!? Sai bene che...”
- si sente un gemito - “Che non possiamo farlo, io tra poco devo andare a lavoro.”
I suoi gesti contraddicono le sue parole, perchè vedo che si aggrappa al tavolo con forza per scivolare ancora più giù sulla sedia. I suoi movimenti pelvici ormai inequivocabili.

“Lo faccio per vendetta.” - gli rispondo finalmente.

“Vendetta?”

Mentre il mio piede continua a stimolarlo con vigore, con lo sguardo fisso su di lui inizio a sbottonarmi la camicia. I miei movimenti sono lenti e calcolati, finalizzati a farmi guardare da Satoshi e accrescere la tensione erotica.

“Perchè non te la togli del tutto?” - mi chiede, totalmente ipnotizzato dal mio corpo. E io capisco di aver centrato l'obiettivo.

“Invece di avere fantasie da vecchio porco, perchè non guardi attentamente qui?” - gli chiedo, indicando la mia clavicola sulla quale campeggia un segno rosso scuro e tondo di diametro di quasi 2cm.

“Oh, hai un bel collo come sempre Kazu”

“Non il collo, scemo! Qui qui!”
- indico di nuovo la clavicola -”Ti avevo detto di non lasciare segnacci in posti visibili!”

“Non è un segnaccio, è un bacio un po' più forte.” - mi risponde, serafico. Poi ride.

“Che ti ridi, vecchiaccio! Ho dovuto scegliere una t-shirt accollata a lavoro per colpa tua!”

Non è colpa mia ma tua, mentre ti facevo quel segno non mi hai detto nulla.”

“Non ti ho detto nulla perchè non me ne sono accorto.”

“Non te ne sei accorto perchè stavi facendo cose da adulti.” -
sul suo viso un sorriso malizioso
“Ma come parli!?” - poi mi calmo e decido di continuare ad attuare la mia vendetta - “Allora le faccio anche oggi le 'cose da adulti' “ - ribatto, poi riprendo a torturarlo col mio piede.

Passa qualche minuto di silenzio spezzato solo dal suo respiro che diventa sempre più pesante. Sinceramente questa sorta di “vendetta” non era premeditata, né mi aspettavo che il suo corpo reagisse così prontamente. Il sesso con Satoshi è ancora bellissimo, adesso possiamo permetterci di essere anche più stravaganti e impudichi. Tuttavia entrambi col passare degli anni abbiamo bisogno di toccarci molto più a lungo prima di eccitarci completamente.
Non so quale sia il motivo, ma oggi Satoshi ci ha messo davvero poco. O forse sono stato io particolarmente bravo.

Lo guardo seduto in una posizione strana e scomodissima mentre asseconda i movimenti del mio piede e la sua voglia di eccitazione. All'improvviso però mi viene in mente il suo piano lavoro di stasera e decido che non è il caso che un idol di 38 anni vada negli studi a lavorare con un'erezione evidente. Per questo motivo lo massaggio sempre più lentamente, poi mi fermo e poggio il piede a terra.

“Tra qualche minuto verrà il tuo manager a prenderti” - mi rivolgo a un Satoshi perplesso, direi frustrato per l'interruzione.
“Guarda, manca poco” - continuo, indicandogli l'orologio alla parete, nell'intendo di giustificarmi per l'interruzione. Poi mi alzo - “Forza, ti aiuto a mettere in ordine la borsa.”

“Mh. Questa sì che è una cattiveria Kazunari.”
Afflitto, si alza anche lui. Poi va a cambiarsi ed insieme sistemiamo la sua borsa. Poichè so che stasera finirà le riprese piuttosto tardi, avevo lasciato da parte un po' del suo karaage , quindi l'ho sistemato in una bento box e l'ho aggiunto alle altre sue cose.

Dopo qualche minuto effettivamente il manager di Satoshi gli invia una mail per avvisarlo che sarebbe arrivato presto a prenderlo. Per noi era giunto il momento di concludere queste ore insieme.

“Allora ci vediamo dopodomani per le riprese” - mi dice sulla soglia della porta.

“Grazie per avermi aspettato fino al primo pomeriggio e grazie per il karaage. Era davvero buonissimo.” - alle mie parole faccio seguire un inchino in segno di riconoscenza.

Ancora con la testa in giù e lo sguardo al pavimento, vedo Satoshi sporgersi e cogliere dal basso le mie labbra, in un bacio tenero, delicato, gentile.

Cucinerò per te quante volte vuoi, Kazu. Prima o poi imparerò a fare bene gli hamburger, te lo prometto.” - E alla promessa fa seguire un altro bacio.

Chiude la porta dietro le sue spalle sorridendomi. Un sorriso ampio e luminoso.

Ohno Satoshi è bello.
Come prima. Come sempre.

Ti amo – penso ancora. E ritorno alle mie faccende consapevole che queste ore di vita privata siano solo una goccia del nostro, personale e intimo, oceano.
 


1Il karaage è una preparazione giapponese che consiste essenzialmente in carne (ma anche crostacei e verdure) impanata e fritta. Viene preparato marinando piccoli pezzi dell'ingrediente scelto in salsa di soia, aglio e zenzero, e poi infarinandoli leggermente con un mix di farina di grano o fecola di patata condito. Vengono poi fritti leggermente nell'olio, in modo simile alla tenpura.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo PLUS ***


“Satoshi, possiamo parlare?”

“E' da prima del concerto che me lo ripeti, Nino: 'Satoshi, dopo il concerto dobbiamo parlare.' 'Satoshi, dopo il concerto vengo nella tua camera d'albergo perchè dobbiamo parlare'. Così mi fai preoccupare.”

“Non c'è niente di cui preoccuparsi.”

“Va bene. Allora di cosa dobbiamo parlare?”

“Satoshi... Riidaa... Ohno Satoshi, tu mi piaci.”

“Anche tu mi piaci tanto Nino. Dai, adesso ordiniamo qualcosa. Qui c'è il menù, anche se è in inglese. Cosa prendi?”

“Riidaa non hai capito. Tu mi piaci sul serio.”

“Ho capito Nino. Anche tu mi piaci sul serio. Senza di te sarei perso. E infatti se non mi dai una mano a decifrare i piatti in inglese sarò perso anche sulla cena. Cosa prendi tu?”

“Riidaa posa un attimo quel dannato menù e ascoltami!”

“Ma perchè ti stai arrabbiando adesso, che ti prende!?”

“Mi arrabbio perchè sei un idiota! Ti sto dicendo che mi piaci!”

“Ma te l'hanno mai detto che sei indisciplinato!?”

“Sì tu! Me lo dici sempre tu! Ti ho detto che mi piaci, sul serio!”

“Ho capito! E io ti ho risposto che mi piaci anche tu!”

“Non dirmelo con quella leggerezza, mi fai saltare i nervi!”

“E come dovrei dirtelo? Come se fosse una dichiarazione d'amore!?”

“Sì, perchè è quello che sto tentando di fare io dall'inizio, se solo lo capissi con quella zucca vuota!”

“Cosa? Ma che... che vuoi dire...”

“Dunque. Vediamo. Riidaa... Ohno Satoshi, tu mi piaci.”

“Anche... anche tu, Nino.”

“Ma tu mi piaci come... come uomo. Io ti vedo come un uomo. Sei tu l'essere umano che ho scelto.”

“Scelto... per cosa?”

“Per amare.”

“Nino, stai affrontando un discorso più grande di te. Credo sia colpa dell'adrenalina del concerto che...”

“Riidaa, stasera facciamo l'amore io e te?”

“Ma... Possiamo darci un bacio se vuoi. Ti bacio volentieri. E comunque dobbiamo... Dobbiamo ordinare adesso. Guarda, qui c'è il menù. Mi aiuti a scegliere i piatti scritti in inglese?”

“Dopo cena allora facciamo l'amore io e te?”

“Nino, ok. Mi arrendo. Vuoi serietà?”

“Sì.”

“Allora faccio il serio. Sei mai stato con un uomo?”

“Con un uomo... No.”

“E' molto diverso dal sesso con una donna. Il cuore prova altre sensazioni e soprattutto il culo ti fa male da morire dopo averlo fatto.”

“Non fare il maestrino con me, non sono un poppante.”

“Non sei un poppante ma non sei mai stato con un uomo. C'è bisogno di esperienza, il corpo si deve abituare. Anche se ti preparassi per bene con le dita, ti provocherei comunque tantissimo dolore e...”

“Sì ho capito, ho capito. E smettila di dire cose così imbarazzanti come se niente fosse! Sei disgustoso!”

“Ti sto solo dicendo che non hai esperienza con altri uomini!”

“Lo so che non ho esperienza con altri uomini ma non voglio neanche averne!”

“Perchè?”

“Perchè non voglio farmi scopare da altri uomini! Voglio solo te, idiota!”

“Perchè?”

“Perchè ti amo! La smetti adesso? Spogliati e fai l'amore con me.”

“Nino, non avvicinarti. Aspetta.”

“Che c'è ancora.”

“Questa cosa che vuoi fare con me...”

“L'amore con te, sì.”

“Se lo facciamo, domani non sarà più niente come prima.”

“Sì, ho capito. Il mio culo mi farà male. L'hai già detto.”

“No, non intendo quello. Beh, anche quello. Ma non è quello il punto.”

“E allora cosa? Sei preoccupato per il lavoro?”

“No. Se lo facciamo, cosa succederà tra noi due domani?”

“Succederà che sarò riuscito a fare sesso con la persona di cui sono innamorato”.

“Nino, ascoltami bene.”

“Ti ascolto.”

“Mi stai chiedendo una cosa più grande di te.”

“Perchè?”

“Perchè se lo facciamo, non ti permetterò di lasciarmi andare.”

“Lo so.”

“Se lo facciamo, sarà una cosa seria.”

“E' quello che voglio Riidaa”

“Se lo facciamo, non ti mollerò più. Puoi scordarti qualsiasi altra storia con qualsiasi altra persona.”

“Lo so.”

“Se lo facciamo, puoi avere solo me.”

“E' solo te che voglio avere, infatti.”

“Se lo facciamo, è per sempre. Per l'eternità.”

“Riidaa, quando dici queste cose tipiche di un latin lover italiano mi chiedo dove tu sia nato davvero. Sei realmente giapponese tu?”

“Nino, dico sul serio. Dopo che l'avremo fatto, inizierà una cosa molto seria.”

“Va bene, Riidaa.”

“Se ti prendo non ti lascio più. E tu non puoi più lasciare me.”

“Sono io che non voglio lasciare te. Io... ti amo. Non potrei lasciarti andare. Ora smettila di dire e farmi dire queste smancerie.”

“Quindi... Sei sicuro?”

“Sono sicuro.”

“Ho capito. Allora vieni qui.”


 



Ok, come vedete questo capitolo è un po' diverso dagli altri. E' per questo che l'ho chiamato “Capitolo PLUS”. Non so se si è capito, ma qui ho immaginato il discorso subito precedente alla prima volta di Ohno e Ninomiya. La scelta dell'assenza di parti descrittive e di riferimenti temporali è voluta ed ha molte ragioni: la prima tra tutte è che sono convinta che non sarei capace a scrivere una “prima volta” in modo decente; in secondo luogo, nonostante sia tutta fiction e tutta immaginazione nella mia testa, scrivere la prima notte di sesso tra Ohno e Nino mi sembrava davvero troppo per il mio cervello: mi sembrava di dissacrare qualcosa, anche se non so bene cosa. Quindi ho deciso per uno stile esageratamente minimalista. Inoltre l'assenza di coordinate temporali permettono a tutte le fan Ohmiya di inserire questa "prima volta di sesso" nel momento in cui loro ritengono più opportuno. Ovviamente io un'idea mia ce l'ho e ammetto di averla lasciata un po' trapelare in questo capitolo... ma solo un pochino.
La terza e più importante ragione è che mi sono riservata di sviluppare questa prima volta in futuro o nella mia mente o scrivendoci proprio una fanfiction. Al momento non ne ho alcuna intenzione e lo credo impossibile, vi dico la verità. Ma anche molti anni fa credevo che non avrei mai più scritto fanfiction Ohmiya, volevo addirittura cancellare il profilo EFP. E invece eccomi qui. Con una vita privata un pochino diversa rispetto ad allora, ma su EFP sono sempre la stessa Shizuka.

In conclusione, tengo molto a questa fanfiction perchè per me significa suggellare l'amore immaginario tra Ohno e Nino, mettere su carta il mio “fanatismo” per gli Arashi e tornare dopo molti anni a “parlare” di Arashi in italiano (ormai sono anni e anni che guardo solo la tv giapponese e ho contatti solo con i fan giapponesi).
Grazie a chiunque abbia letto le mie fesserie e le mie considerazioni finali. Sono contenta di non aver chiuso il mio profilo EFP e di aver avuto l'opportunità di pubblicare questa fanfiction Ohmiya dopo tanti anni.
Grazie ancora.
- Shizuka Grape - 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3808201