Kerophobie

di DhakiraHijikatasouji
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un alieno in classe ***
Capitolo 2: *** Definizione di ***
Capitolo 3: *** Are you afraid of others? ***
Capitolo 4: *** Freak Couple ***
Capitolo 5: *** Fotografia ***
Capitolo 6: *** Non può piovere per sempre ***
Capitolo 7: *** Ich liebe dich🖤 ***
Capitolo 8: *** La felicità uccide più della morte ***
Capitolo 9: *** Leukämie ***
Capitolo 10: *** He wanted him to stay ***
Capitolo 11: *** Il Piccolo Principe e la Rosa (il Sole e la Luna) ***
Capitolo 12: *** Ein Sonn durch die Nacht ***
Capitolo 13: *** L'amore vero non si scorda mai ***
Capitolo 14: *** Sommerabend auf der Trogbrücke ***
Capitolo 15: *** You Don't Know How Many Times I Dreamed A Love...A Life... ***
Capitolo 16: *** "Memories" ***
Capitolo 17: *** Petali di cenere ***



Capitolo 1
*** Un alieno in classe ***


Un alieno in classe


La scuola. Un luogo che molti definiscono una prigione, un posto in cui nessuno vorrebbe mai andare, al quale nessuno vorrebbe recarsi la mattina presto con stress e brutti momenti programmati come in un tabellone. Ansia, tristezza, rabbia...ma anche felicità, divertimento e distrazione. La scuola spingeva a sognare, spesso di andarsene, ma ugualmente apriva la mente a qualcosa di nuovo, ad un nuovo mondo. Non per tutti era così. Per molti la scuola rimaneva la stessa e autentichissima merda. Non un semplice fastidio, ma proprio una realtà insopportabile: che sia per le persone, o per l'ambiente in sé, non vedevi l'ora che tutto fosse finito. Poi invece c'era quella piccola percentuale di persone che si comportava come se non ci fosse. Un fantasma, esattamente. Un individuo che nessuno vede, che nessuno sente o calcola. Ed è bello? E' brutto? Beh, nemmeno la persona in questione lo sa. La verità è che chi è un fantasma è perché ha scelto di esserlo, e ne è consapevole. Non contano le emozioni, non contano gli sguardi, non conta più nulla quando sai che il tuo tempo sta per scadere.

***

Un altro patetico anno era cominciato nella scuola superiore di Loitsche. Un gymnasium nella media: non per cervelloni ma nemmeno per nulla facenti. A Tom andava benissimo. I suoi voti erano buoni, non erano né eccellenti né pessimi, ma giusti. Tom non la riteneva importantissima, dato che dopo avrebbe scelto l'università di musica, ma tanto era l'ultimo anno e poi avrebbe finalmente abbandonato tutto. Certo, si era creato delle amicizie come con Gustav e Georg. Tutti lo conoscevano in quella scuola, per il suo look per di più. Felpone e pantaloni XXL, la fascia sui dread legati in una coda che passava per un cappellino con visiera. Non gli importava se lo fissavano, lui stava comodo così. Gustav e Georg erano amici fin da quando erano piccoli. Praticamente all'asilo era iniziato tutto con una lotta di supremazia tra Tom e Georg, mentre un Gustav se ne stava tranquillo e seduto con il suo lecca lecca enorme che almeno una volta alla settimana portava nel suo zainetto. Sua sorella maggiore viaggiava parecchio, e siccome il piccolo era molto goloso, non mancava di portargli dolci quando tornava. Alla fine di quella insulsa lotta, avevano stretto amicizia perché nonostante il labbro spaccato e i vestiti logori si erano divertiti tantissimo a darsele di santa ragione. Sì, leggermente strano, ma da quel momento il rasta se li era portati dietro fino alle superiori, e non si erano mai separati. Credevano di non aver bisogno di nessuno, perché semplicemente stavano benissimo così. Si adagiavano sugli allori, non volevano cambiare la loro vita. Non perché non ne avessero la forza o la voglia, semplicemente perché mancava quell'incentivo che li spingesse a farlo, e così ogni giorno era sempre uguale al precedente. Una monotonia da tagliarsi le vene.
Poi ci fu quella prima mattina, dove le campanelle suonarono imperterrite e gli studenti si incamminavano già fiacchi ancor prima di iniziare. Le aule si riempivano lentamente, gli armadietti chiusi con poca gentilezza rimbombavano nei corridoi e nessuno poteva dire di essere davvero felice di questo. La scuola è un luogo che al massimo può renderti contento fino a quel 75%. Il 100% della felicità è difficile da raggiungere. E' quella felicità che non ti fa capire più niente, che dura un attimo, ma un attimo che sembra durare ore e che vorresti non passasse mai. 
C'era a chi quella felicità mancava e chi non l'aveva ancora provata. Ma c'era anche chi quella felicità sapeva di non poterla provare mai.
Gli alunni presero il loro posto tra i banchi ancora pieni di scritte nonostante fosse passata un'intera estate, ma questo poco importava. In fondo le scritte sono un'impronta, che significa che tu, alunno infame, sei passato di lì e che ti era capitata molto probabilmente l'ora di religione, così, poco interessato, ti sei messo a scarabocchiare e disegnare sconnettendo il cervello come fai nella maggior parte della tua esistenza a scuola. 
Tom aveva lanciato con malagrazia la cartella accanto alla sua sedia spostandola leggermente, e con un sospiro si lasciò cadere sullo schienale stiracchiandosi liberamente, fregandosene degli sguardi indiscreti che se beccava ricambiava con superbia. Lui non si faceva mettere i piedi in testa, proprio no. La campanella suonò nuovamente e la professoressa entrò dando il buongiorno. Tom non si era alzato, non aveva voglia. Piuttosto si era guardato un po' in giro, accorgendosi successivamente che non era stato l'unico a non essersi degnato di alzare il culo dalla sedia. Un ragazzo...o forse una ragazza, con i capelli corvini e una felpa grigia, se ne stava seduta al banco, con la testa china e usando il cappuccio alzato per nascondere il volto del quale si riusciva solo ad intravedere il colore della pelle: candida come la neve dell'Everest. Impressionante. Tom non seppe davvero come sentirsi in quel momento. Una persona così lo aveva un po' spiazzato...

- Quest'anno abbiamo un nuovo compagno con noi: Bill, verresti qui per favore?- Ormai dal nome tutto quell'80% della classe era riuscito ad indirizzare il proprio cervello sulla parola "maschio" riguardo quel tale, che adesso si stava alzando lentamente e si stava dirigendo con le mani nelle tasche davanti a tutti. Non osò volare una mosca, quel tipo sembrava come la morte: che tutto faceva tacere. Ovunque passasse, la gente diventava pietra, peggio della Gorgone di Medusa. Nemmeno Tom riuscì ad emettere un fiato. - Ehm...Bill, potresti gentilmente toglierti il cappuccio dalla testa?- Domandò con gentilezza la prof, come se in un certo senso capisse quel misterioso ragazzo, ma lo invogliasse comunque a fare la cosa idonea all'ambiante in cui era. Bill sospirò togliendoselo con un gesto lento delle mani, e la sensazione che Tom provò fu una suspance assurda. Inspiegabilmente non vedeva l'ora di vedere il suo viso, e quando ci era finalmente riuscito, aveva quasi sussultato. Quegli occhi...ma ne esistevano così? Il tratto orientale era abbastanza marcato per essere tedesco, l'ambrato scuro donava quel mistero e bellezza mistica, ed inoltre quel trucco nero lo rendeva...strano. Sì, ad un primo attrito strano. Solo dopo Tom si accorse che era la cosa più sexy che avesse mai visto in tutti quegli anni che stava sulla Terra; sì, perché quello non poteva essere di quel pianeta. Voleva nome di universo, dimensione e settore, se lì poteva trovarne altri identici a lui! - Puoi cominciare pure- Azzardò la professoressa, forse già stanca di avere una specie statua di sale in classe. Bill si guardò un po' le scarpe, come se fossero stati i Cosmo e Wanda della situazione e potessero suggerirgli delle parole.

- Ciao a tutti- Iniziò. La voce era delicata, e improvvisamente quel metro e ottanta era diventato molto meno non appena aveva aperto bocca. Era piccolo piccolo davanti ai suoi compagni. Sforzò un sorriso. - Mi chiamo Bill Trümper, e...e mi sono appena trasferito in questa città da..Magdeburgo che sta un po' più giù- Era arrossito un po'. Non sembrava un tipo molto socievole. Alcuni stronzi avevano cominciato a ridacchiare, e Tom si irritò. Lui lo aveva trovato davvero adorabile il fatto che si stesse sforzando.

- Bill- Uno alzò la mano. Gli occhi dell'alieno furono subito su di lui. - Perché ti sei trasferito?- Tom avvertì quella domanda come un tabù, perché Bill ebbe un fremito interiore. Si morse il labbro massaggiandosi un po' il braccio con una mano.

- Motivi familiari- Aveva concluso così. Due paroline e si era salvato. Tom aveva inarcato un sopracciglio. Vedeva in Bill qualcosa di strano. Beh, a parte i capelli disparati, il trucco e la sua bellezza stratosferica...riusciva a percepire altro, ma quel qualcosa di astratto, nascosto nel profondo del cuore. - Posso...posso tornare a sedere...se nessuno ha altre domande?- Chiese alla professoressa che stette per accordargli il permesso, prima che una mano si levasse inaspettatamente. Bill si voltò e vide per la prima volta Tom, il quale, con quegli occhi puntati addosso, non era più tanto sicuro di voler chiedere, ma azzardò comunque.

- Ti piace la musica?- Tutti si guardarono come se gli avesse chiesto la teoria della relatività di Einstein. Ma Bill no. Bill rimase un po' fermo, chinò la testa di lato per poi lasciar trasparire un leggero sorriso dalle labbra carnose.

- Sì...e a te?- Il fatto che avesse rigirato la domanda, lasciò perfino la professoressa interdetta. A parte il comportamento timido del ragazzo che aveva acquistato sicurezza, non potevano di certo mettersi a fare conoscenza nell'ora di lezione! Tuttavia le sembrava anche una cosa carina, e lasciò fare.

- A me molto; che musica ascolti?- Gli sguardi tornarono sul moro.

- Non ho un genere preciso, ma i miei artisti preferiti sono i Green Day, David Bowie, Aerosmith, Nena, Coldplay, Keane...e Britney- Aggiunse con tono fiero, di chi la sapeva lunga. Tom rise un po' sconcertato.

- La Spears?- Bill annuì timidamente. - Già non andiamo d'accordo- Disse con tono ironico, ma Bill sembrò quasi dispiacersene. Non lo dimostrò apertamente, ma rimase a guardarlo con un sorrisino forzato, forse sperando che continuasse la conversazione, ma visto che non stava arrivando più niente, rivolse un ultimo sguardo alla classe prima di tornare a posto e rimettersi il cappuccio una volta sedutosi. Tom per tutto il tempo lo aveva guardato con la coda dell'occhio sperando per la prima volta in vita sua che la campanella si muovesse a suonare. Voleva parlarci ancora. Appena successe, si trattenne dall'alzarsi subito. Non voleva sembrare un esaltato, quindi fece tutte le mosse ben calibrate. Si mise in piedi con svogliatezza stando un po' sulle sue, mentre Bill era seduto con un quadernino intento a scrivere qualcosa. Tutta la classe era vuota, perfino la prof si era tolta dalle scatole per scendere al bar e prendersi un caffè. - Ciao- Cominciò piano ma deciso. Bill sollevò lo sguardo da quello che stava facendo.

- Ciao..- Rispose un po' titubante. Tom afferrò una sedia a caso, mettendosi seduto al contrario. Rimase a fissarlo per qualche secondo, dove Bill non sapeva esattamente cosa fare...

- Che fai?-

- Ehm..?- Tom indicò con un cenno del viso il quadernino che tentava di nascondere. - Nulla di importante- Si affrettò a rimetterlo via, poi sospirò incrociando le braccia sul banco. - E tu saresti?-

- Oh, scusa. Io sono Tom, Tom Kaulitz-

- Tom Kaulitz...- Ripeté piano Bill guardandolo dritto negli occhi. -...quello che odia Britney- Tom scoppiò a ridere, ma Bill era serio.

- No, dai, non la odio. Non è proprio il mio genere ma...- Si avvicinò pericolosamente al suo viso fino a farlo arrossire. - Per te posso fare un'eccezione- Bill rimase un po' interdetto, ma alla fine si fece coraggio e si fece più vicino anche lui.

- Ah sì? Tu piuttosto? Cosa ascolti di così...eclatante?-

- Samy Deluxe- Rispose incrociando le braccia al petto. Bill divenne un punto interrogativo.

- E chi sarebbe?- A Tom le braccia caddero letteralmente. Nono, non poteva diventare amico di una persona simile. Idolare Britney era un conto, ma non conoscere nemmeno il caro Sammy era un crimine! Cercò di ricomporsi nel momento che vide Bill un po' incerto sul da farsi, dato che praticamente Tom sembrava non dare più segni di partecipazione.

- Non preoccuparti, se non lo conosci..non è un problema- Disse nervosamente.

- E' per lui che ti vesti così?-

- Eh?- Bill retrocedette nuovamente avendo paura di essere stato un po' invadente, ma decise comunque di ritentare.

- Ho notato il tuo look...un po' da rapper...Samy Deluxe è un rapper, giusto?- Bill si era salvato in corner. Tom annuì. - Ah, perciò...ti piace il rap?-

- Esattamente, ma anche tutti quelli che hai detto prima...a parte Britney- Bill rise per il tono in cui lo aveva detto. Così spontaneo ma senza avere l'intenzione di ferire nessuno. La sua risata, anche se breve, era bellissima. Tom avrebbe voluto registrarla e risentirla...e altro che Samy Deluxe! Quella era musica!

- A parte Britney Spears..- Ripeté in un sussurro abbassando lo sguardo, che Tom si affrettò a riportare su di sé.

- E tu?-

- Cosa?-

- Perché ti trucchi?- La buttò lì, aspettandosi che Bill rispondesse con la sua stessa superficialità, ma non fu così.

- Non...non c'è un motivo- Disse piano. Tom la trovò un po' strana come risposta.

- Ti piacciono gli uomini?- Azzardò. Voleva scoprire sempre di più, ma non si stava rendendo conto del disagio di Bill che stava cominciando a strusciare le gambe insieme.

- A me...io..non lo so...- Questa volta il tono fu così basso che Tom udì la risposta a fortuna. - Voglio dire...a me non importa...tanto nessuno starebbe mai con uno come me-

- E perché no?-

- Perché li farei soffrire..- Tom non prese la cosa seriamente e ci abbozzò un'altra risata.

- No, dai, adesso non facciamo i preziosi eh- Disse ridacchiando.

- I preziosi?-

- Sì, nel senso che fai l'angelo bello e dannato della situazione...su, che hai capito- Bill lo guardava confuso e leggermente boccheggiante, ma prima che potesse emettere anche solo un suono, la campanella trillò segnando la fine della ricreazione. - Beh, ci vediamo Britney- Lo salutò rimettendosi al suo posto. Bill rimase con la stessa espressione sconcertata. Gli aveva dato del prezioso che recitava all'angelo bello e dannato...non gli rimaneva che sorridere.

Se solo Tom avesse saputo che quella non era una recita...

 

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Capitolo 2
*** Definizione di ***


Definizione di "Limite"

Anche la campanella di fine scuola non ci mise molto ad arrivare quel giorno. C'era da dire anche che erano all'inizio e le ore erano meno, andando avanti sarebbero aumentate fino a giungere all'orario completo. Nonostante la cosa non desse fastidio, Tom non capiva il senso di questa cosa. Cioè...perché mettere meno ore all'inizio? Per abituarsi nuovamente al ritmo? Aaaww, e i professori erano così gentili da pensare al bene psicologico dei loro scolari? Ma fatemi il piacere!
Questo era più o meno il pensiero di un Tom che stava tornando a casa senza guardarsi intorno, perché se lo avesse fatto, avrebbe visto che non era solo.

- Ehi, Tom! Oggi a ricreazione non c'eri- Gli disse Georg distraendolo dai suoi pensieri ormai inutili.

- Sì...beh, non avevo voglia di uscire- Gustav li raggiunse e Georg gli si avvicinò lasciando che Tom si immergesse nuovamente nella sua mente non notando le loro presenze.

- Tom che non ha voglia di uscire a ricreazione? Ti sembra normale?-

- Davvero?- Chiese il biondo sistemandosi gli occhiali sul viso. Georg fece spallucce ed insieme posarono lo sguardo sul rasta che sembrava barcollare davanti a loro. Era troppo preso da qualcosa...ma cosa esattamente? - Ehi, amico...tutto bene?- Chiese quindi sperando che Tom rispondesse senza fare finta di niente.

- Sì-

- Sei sicuro? Oggi sei un po' strano...è successo qualcosa in classe?-

- Nulla di particolare- Rispose con un tono monocorde che solitamente lo contraddistingueva quando pensava attentamente. Nemmeno il rumore delle macchine che passavano riuscivano a distrarlo, solo un qualcosa che mai avrebbe potuto vedere ce la fece. Doveva aver attuato l'occhio di falco per riuscire a scorgere tra le vetture una figura mingherlina e incappucciata che camminava sola dall'altra parte della strada. A Georg e Gustav bastò seguire la linea dei suoi occhi per capire, ma non si azzardarono a dire nulla, almeno finché Tom non si decise a volgere lo sguardo altrove, come se quella persona fosse stata solo un miraggio, ma i due amici avevano capito che dentro il cuore del ragazzo non era così.

- Chi è?- Disse Georg con noncuranza, come se della risposta di Tom gliene importasse il giusto. Sapeva benissimo che in realtà non era così.

- Un mio nuovo compagno di classe- Beh, almeno avevano ottenuto qualcosa. Molto vago, ma era pur sempre qualcosa.

- E come si chiama?-

- Bill-

- E perché non vai a salutarlo?- Sinceramente Tom non credeva che Gustav e Georg potessero porgli quella domanda, o forse era lui in prima persona che credeva di non potersi avvicinare a quella specie di fanstasma. Rispostò la sua attenzione su Bill che stava continuando ad avanzare a testa bassa e lentamente. Facendo in quel modo, gli stava anche dando il tempo di riflettere. - Non vai d'accordo con lui? Ci hai parlato?- Era l'unico ad averlo fatto e poteva dire di trovarsi bene, ma c'era qualcosa che gli diceva di stare alla larga, ma anche quella vocina che lo spingeva a correre nella sua direzione...ed ebbe la meglio.

- Va bene, ma venite con me, almeno lo conoscete anche voi- Usò come scusa. La verità era che non avrebbe saputo che argomento prendere e i suoi amici in quel momento capitavano a fagiolo. Attraversarono la strada quasi rischiando di essere messi sotto da quanto era trafficata.
Bill fermò il suo passo come se avesse percepito qualcosa. Si voltò verso il ciglio vedendo tre figure camminare verso di lui. Due completamente sconosciute, una che avrebbe ricordato per sempre. - Ciao Britney!- Lo salutò e lui alzò la mano con uno dei suoi piccoli sorrisi.

- Ciao fan di Samy- Pronunciò in un sussurro solo per sé. Non gli importava se non lo aveva sentito, andava bene così.

- Ciao...Bill, giusto?- Si intromise Georg. Lui aveva un temperamento molto amichevole e socievole. Era gentile e faceva sentire le persone a proprio agio. Per gli amici era capace di fare di tutto, anche tirare un pugno e spaccarti il naso volendo, e Tom questo lo sapeva bene...
Bill annuì e Georg gli porse la mano. - Piacere-

- Il piacere è tutto mio- Rispose con quel velo di voce che Tom aveva imparato ad udire.

- Io mi chiamo Gustav- Bill annuì semplicemente. Adesso stava nuovamente a Tom prendere in mano il discorso.

- Beh, Bill...noi andiamo a mangiare qualcosa qui in città, vieni con noi?- Chiese con tutta la semplicità del mondo. Il moro allargò il suo sorriso e sembrava in procinto di accettare, ma all'ultimo la sua espressione mutò in una più cupa e dispiaciuta.

- Non credo di potere, devo correre a casa- Li congendò in questa maniera prima di scappare lasciandoli lì con un palmo di naso. Tom lo vide svoltare l'angolo. Quella volta era stato Bill a lasciarlo sconcertato e non poco.
Intanto il moro si era fermato proprio davanti a casa. Il respiro sembrava quasi venire a mancare. Chiamava mentalmente sua madre che sperava uscisse per aiutarlo con la cartella. La donna infatti si fece viva correndogli accanto.

- Hai corso!? Hai corso, vero!? Sai benissimo che non devi sforzarti troppo!- Lo rimproverò prendendogli il malloppo e caricandoselo sulla propria di spalla. Sua madre era una donna severa, però solo per il fatto che si preoccupava per lui. Una mamma era capace di riconoscere i limiti del proprio figlio.
Lo aiutò a mettersi in posizione eretta lasciando che si appoggiasse a lei per arrivare almeno al salotto e cadere sul comodo divano. - Fra poco è pronto il pranzo, lì hai le medicine- Cercava di mantenere un controllo, ma aveva la stessa espressione del figlio mentre osservava tutte quelle pasticche in fila: occhi illegibili. Poi andò in cucina e Bill ne prese una dietro l'altra serrando gli occhi. Non che facessero male o altro, ma per lui dover convivere ogni giorno così era una sfida alla quale non poteva sottrarsi. Poi pensò a Tom e ai suoi amici. Non gli era piaciuto scappare in quella maniera, domani avrebbe dovuto scusarsi, si disse.

Già...

***

Anche Tom tornò velocemente a casa subito dopo il pranzo. Doveva mettersi a studiare subito per il compito di matematica (stile test di ingresso) che si sarebbe effettuato a breve (la prof bastarda c'è per tutti). Odiava matematica, per lui era proprio una croce! L'algebra poi! Ditemi che senso aveva unire i numeri con le lettere!? Nella vita ti sarebbero mai capitati calcoli simili!? Veramente assurdo, ma era il suo dovere e doveva farlo, ma non prima che Simone lo salutasse vedendolo sfrecciare sulle scale come un forsennato e fermando così la sua corsa.

- Ciao, tesoro. Tutto bene a scuola?-

- Certo, mamma-

- Ti ho preparato qualcosa da mangiare comunque-

- Ma ti avevo detto che sarei andato fuori con Georg e Gustav- Disse con un lamento. Sua madre a volte non capiva proprio un tubo, si ritrovò a pensare. La donna lo fissò un attimino perplessa, come se cercasse di ricordare quando il figlio gli avesse detto una cosa simile.

- Vabbè, te lo metto in frigo, lo mangi a cena. Io esco con Gordon stasera- Gordon era il patrigno di Tom, il quale lo aveva invogliato a conoscere il mondo della musica. Suonava la chitarra ed era membro di una band chiamata Fatun. Adesso non era in casa, sarebbe venuto quella sera a prendere Simone per portarla fuori. - A proposito, te hai qualcosa da fare? Qualcuno con cui uscire?- Il ragazzo fece spallucce ancora fermo sulle scale.

- Credo che mi eserciterò con la chitarra e poi andrò a fare un giro, magari in compagnia- La mamma sorrise, decidendo di congedarlo siccome lo vedeva di fretta.

- Ok, ma stai attento eh-

- Mamma, ho 18 anni!- Simone rise. Infondo Tom era pur sempre il suo bambino.

- Lo so- E se ne tornò in cucina. Il ragazzo si precipitò nella propria stanza e si rese conto...di non avere per niente voglia di fare matematica. Cioè...perché tutta quella fretta? Non se la spiegava. Tuttavia aveva dei compiti e se non superava il test, quell'anno avrebbe bocciato e l'esame di maturità si sarebbe allontanato, così come l'università di musica. Doveva mettersi sotto e riuscire. Non doveva pensare solamente a quell'angelo nero che in un attimo gli aveva fatto venire voglia di anche solo provare a capire cosa fosse la "Definizione di limite".

Matematica o no, a tutto c'era un limite, ma il punto era che voleva superarlo...adesso sentiva di avere la forza di cambiare le cose.

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Capitolo 3
*** Are you afraid of others? ***


Are you afraid of others?


- Bill Kaulitz- La dottoressa Bachmann fece capolino dal suo studio. In realtà non serviva tutta quella formalità, seguiva Bill da quando aveva poco più di dieci anni. Bill ci era cresciuto in quella stanza ai momenti. - Ciao Bill- Lo salutò una volta dentro. Il ragazzo aveva insistito che la propria madre non venisse, ma invece era proprio lì. - Salve, signora Trümper- Bill, come sempre, si sistemò sul lettino aspettando le attenzioni della Bachmann. Si era spogliato della maglia rimanendo a torso nudo. La donna gli sentì i battiti cardiaci, gli controllò il peso e l'altezza come un normale bilancio di salute, anche se tutti in quella stanza sapevano benissimo che di salute non si poteva parlare. Una volta finito, passò agli esami più specifici, quelli che Bill odiava di più perché erano più lunghi e snervanti. Alla fine si ritrovarono seduti alla solita scrivania dove la Bachmann stava controllando la sua cartella ed i valori. - Le pasticche le stai prendendo regolarmente?-

- Sì...ma per quanto tempo ancora?- Domandò con finta ingenuità. La mamma e la dottoressa si guardarono, e quest'ultima sospirò.

- Bill, lo sai...non posso dirti io quando...ma soprattutto non posso dirti se! La tua malattia non è qualcosa di ben definito e...- Bill la interruppe sbattendo la mano sul legno freddo e alzandosi di scatto.

- E INVECE Sì CHE LO È! IO HO UN CANCRO! UN FOTTUTISSIMO CANCRO! E QUANDO LE DOMANDAVO DELLE PASTICCHE VOLEVO SOLAMENTE SAPERE QUANTO TEMPO MI RESTA! SO CHE LE DOVRÒ PRENDERE PER SEMPRE, O ALMENO FINO A QUANDO IO...!- Gli venne un capogiro e sua madre lo aiutò a rimettersi a sedere domandandogli se stesse bene. - Sì, sto bene- Si calmò piano, facendo dei grossi respiri. Stava già sudando come se avesse corso una maratona e aveva solo gridato. - Mi scusi, non so cosa mi è preso...- Abbassò lo sguardo in procinto di piangere. Avrebbe voluto urlare, prendere qualsiasi oggetto e spaccarlo sul pavimento con una violenza da disintegro!

- Non preoccuparti Bill. Noi qui abbiamo finito, aspettaci pure in sala di attesa che adesso devo parlare con tua madre- Bill annuì non battendo ciglio e se ne andò fuori seguito dalle due che però entrarono in un'altra stanza. Anche non essendo mai entrato con loro, la vetrata soffusa faceva più o meno capire cosa dovessero fare. E poi aveva 18 anni, ma sua madre lo trattava ancora come un bambino che non doveva sapere in merito alla propria condizione. Non doveva sapere che un giorno forse sarebbe dovuto morire.
Invece un Bill era lì a spiarle come sempre. La Bachmann aveva messo delle lastre contro luce e si riusciva bene a vedere dove la malattia fosse e dove avesse intenzione di andare. Mentre la donna parlava, Bill vide sua madre appoggiarsi una mano sugli occhi che scivolò successivamente sulla bocca, annuire un paio di volte e poi abbracciarsi come se fossero amiche. Beh, ormai potevano considerarsi tali siccome lei aveva seguito Bill per ben 8 anni della sua vita, e aveva parlato con la signora Trümper un casino di volte. Tornò a sedersi e guardò l'orologio: le 11:00 del mattino. Non era andato a scuola quel giorno per ovvi motivi, ma avrebbe preferito andarci e vivere la vita come tutti piuttosto che essere lì in quel momento, a fare il finto spettatore esterno di una schifosa e fricchettosa commedia del quale invece era il protagonista indiscusso. Accese il cellulare andando sul gruppo di classe di Whatsapp. Appena intravide la foto di Tom tra i presenti, capì che quello era il suo numero e decise di salvarlo, ma con l'aria di uno che non aveva nulla da fare e passava il tempo così. Volle scrivergli un messaggio, e stette per farlo anche se un po' titubante, se la porta dello studio non si fosse aperta facendo uscire sua madre e la Bachmann. La prima sorrideva con un grande rossore in viso provocato dalle lacrime appena versate, la seconda lo salutò ritornando nel proprio studio sorridendo pure lei. Perché la gente sorrideva!? Perché non piangeva davanti a lui?! Non aveva più 10 anni! Ormai aveva accettato il proprio destino e qualche lacrima in più non avrebbe fatto differenza...ma quei sorrisi...quei FALSI sorrisi...li odiava.

- Vieni, tesoro- Bill si alzò affiancando sua madre all'uscita. Non si parlarono per tutto il tragitto e perfino a casa. Adesso erano due a "vivere" nella Casa dei Fantasmi di Loitsche.

***

Tom aprì gli occhi non appena le 7:00 scattarono e la sveglia cominciò a suonare imperterrita e fastidiosa. Sbuffò pesantemente dandole un colpo spegnendola. Si alzò senza metterci troppo. La scuola sarebbe iniziata tra un'ora e non poteva permettersi ozi. Controllò velocemente le notifiche sul cellulare, solo qualche messaggio dal gruppo di classe. Decise di vedere i vari contatti sperando in uno solo. Infatti lo trovò. Il contatto di Bill era uno di quelli infondo, esattamente come il suo banco a scuola e come la sua vita in generale. Bill era quello messo all'angolino generalmente. Gli era bastato un giorno per capirlo. Già che a ricreazione non se lo era filato nessuno, ed il fatto che non potesse venire nemmeno a pranzo fuori proprio il primo giorno di scuola...era stato abbastanza strano. Inoltre il suo carattere lo portava per forza di cose ad essere ignorato. Lo salvò in rubrica e poi decise di fare tutto il resto. Prese una pesca, anche se non era più la stagione, ed uscì mangiandosela per strada. Sapeva di poco o niente, ma il bisogno di cibo non gli faceva accorgere di questo. Raggiunse l'istituto che l'aveva già finita. Si pulì con la manica della felpa ed avanzò convinto all'interno del cortile dove gli studenti stavano conversando a gruppi. Tranne uno. Sorrise scuotendo la testa. Se l'aspettava troppo.

- Ciao, Bill- Era la prima volta che non lo chiamava Britney. Forse il fatto di non essere venuto per un giorno gli aveva già fatto perdere il vizio. Questo alzò la testa e gli sorrise. - Non lo togli mai questo cappuccio?-

- No- Rispose semplicemente come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- E c'è un motivo?-

- No-

- Hai paura degli altri?-

- Per me non ha senso averne- Tom sbuffò ironicamente alzando gli occhi al cielo e sedendosi accanto a lui.

- Eccolo che fa di nuovo il prezioso- Bill ci abbozzò una risata forzata, ma in realtà odiava quando Thomas glielo diceva, solo che non poteva controbattere rivelando pure il motivo. Tom non doveva sapere niente riguardo la malattia. - E comunque sei troppo bello per nasconderti, è un vero peccato- Gli scostò il ciuffo dagli occhi e Bill si sentì arrossire. Il tocco di Tom era così delicato, e quello che aveva detto... - Beh, almeno io posso vederti...perché posso, vero?- Chiese con quel sorrisino che non si toglieva mai dal viso. Bill sorrise timidamente annuendo piano.

- Ormai- Aggiunse con un'alzata di spalle. - Io volevo scusarmi, però- Lo sguardo di Tom divenne interrogativo. - Per essere scappato in quel modo dopo la scuola...non potevo davvero rimanere. Mia madre è sempre apprensiva e solitamente vuole sapere della scuola, come mi ci trovo...e non vuole che esca subito con gente del quale non le parlo...lo so, è strana- Tom però non sembrò trovare tutto questo strano o assurdo. La sua espressione era mutata in una più seria, lo stava ascoltando attentamente.

- Vabbè, non preoccuparti. Tua madre ha ragione a non fidarsi. Spero che tu le abbia parlato di me- Disse con un sorriso. - Io, Gustav e Georg andiamo al parco questo pomeriggio per fare quattro tiri a pallone, sparare quattro cazzate...-

- Immagino bere, fumare qualche canna...-

- No- Rispose secco Thomas bloccando il discorso sul nascere. Bill alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi e sussultò. Erano seri, freddi come il ghiaccio. Nessuno da 8 anni a quella parte lo aveva più guardato in quella maniera. Nessuno aveva più osato da quando...

- Scusa- Tom sembrò preferire chiudere il discorso, o almeno in un primo momento. Si girò dall'altra parte, come intenzionato a non rivolgergli più la parola, ma non era così. Infatti fu il primo ad attaccare bottone successivamente.

- Insomma vieni?-

- Se mi volete..- Gli arrivò una pacca, e lo vide ridere. Sarebbe rimasto per ore ad osservare il sorriso per Tom. Dio, era così bello! Pensò.

- Certo che ti vogliamo, stupido- Si stuzzicò per un secondo il piercing con la lingua e Bill si sentì come morire. Ma che accidenti gli prendeva? - Allora? Possiamo considerarti dei nostri? Non ti farebbe male avere un po' di amici sinceri- Bill ci pensò. Suo padre lo avrebbe forse ucciso, ma se non lo faceva lui, sapeva benissimo che qualcos'altro si sarebbe fatto carico della sua morte. Non sapeva se prima o dopo, ma ormai il tempo per lui era un concetto astratto. Nulla importava più.

- Ok-

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Capitolo 4
*** Freak Couple ***


Freak Couple


- Eccoci qui- I quattro amici distesero un telo sull'erba che era leggermente ombreggiata da una grossa quercia. - Bene, Georg hai preso il pallone?- Chiese Gustav all'amico che annuì e con un sorriso di sfida cominciò a palleggiare sul campo da Basket che avevano giusto a fianco. - E così osi metterti contro di me? Andiamo, Thomas, diamogli una lezione!- Ecco, e se si scaldava Gustav significava che la cosa sarebbe decolata da lì a poco. - Ehi, Tom, andiamo?- Il biondo sbuffò divertito quando vide Tom che stava osservando un Bill (sempre incappucciato) che si stava lisciando dei ciuffi con le dita non accorgendosi di quella sottospecie di avvoltoio sulla spalla che lo puntava. "Pazzesco", sussurrava rapito. - Oh, Romeo! Vogliamo andare?- Solo a quel punto Bill si accorse dello sguardo di Tom su di lui e gli sorrise, come si sorriderebbe ad un bambino curioso.

- Cioè dico, ma hai visto che unghie!?- Sbottò improvvisamente prendendo la mano di Bill che la distese sul suo palmo arrossendo. - Neanche quella puttanella di Sandy le sa tenere in questa maniera!-

- La puttanella..- Disse sconcertato Gustav. Bill poteva aver inteso male, e Tom se ne accorse.

- Non paragono di certo queste manine a quelle di quella camionista travestita!- Si chinò e gli posò un bacio sul dorso. Ogni pensiero maligno venne cancellato da Bill solo con quel semplice gesto, poi Tom si alzò dal telo facendogli l'occhiolino e raggiungendo un impaziente Georg che gli chiese per quanto tempo ancora intendesse fare il fagiolo con Bill. Quest'ultimo scoppiò in una risata che fece morire la contro risposta di Tom sul nascere. Una volta ripresosi da quello stato di trans, ci tenne a precisare che lui non stava facendo il fagiolo, ma solamente...sì, facendo una semplice constatazione sulle delicate e perfette mani di Bill...certo.

- Meglio giocare va- Concluse Georg con una risata.

- Già, meglio...- E la partita di Basket ebbe inizio. Georg doveva segnare mentre Gustav e Tom dovevano impedirglielo. Bill osservava e basta. Sua madre gli aveva dato il permesso solo perché le aveva detto che non si sarebbe sforzato, inoltre le aveva assicurato che le persone con cui usciva non fossero pericolose, tutt'altro. Adorava stare con loro, si vedeva che erano persone a posto, che si divertivano in modo sano, semplicemente stando insieme. Lui non aveva mai avuto amici, più o meno dall'inizio della malattia se ne erano andati tutti. Non sapeva nemmeno lui perché, perciò avrebbe fatto in modo che non ne venissero mai a sapere niente. Il cancro ti allontana dalle persone, dalla vita in generale. Se hai il cancro ti senti solo, ti senti sempre male...ma Bill in quel momento si sentiva...normale. Ed era quasi una sensazione nuova per lui, come se non l'avesse mai provata in vita sua, anche sapendo che non era così. Sentiva i raggi del sole sulla sua pelle, quel leggero venticello di inizio Settembre, la gente che passava e chiacchierava, i bambini che liberi come l'aria correvano, urlavano, cadevano, si rialzavano, piangevano...loro non ancora stavano bene. Non avevano provato la sensazione di tubi nella loro pelle, di vari tipi di terapie per cercare di capire quella giusta da seguire. Loro erano semplicemente normali. E alzando lo sguardo adesso, vedere quei tre stupendi ragazzi giocare e divertirsi ignari di tutto, era la migliore cura che potesse sperare di trovare. I sorrisi veri e sinceri: quelli voleva vedere, non quelli falsi che stupidamente cercavano di dirgli: "va tutto bene, non stai lentamente morendo, tranquillo". Stronzate.

- Ehi, Bill! Vieni a darmi man forte? Qui mi stanno stracciando- Sentì Georg, e Bill avrebbe tanto voluto annuire, alzarsi e andare con loro, se solo dopo non sarebbe dovuta accorrere un'ambulanza d'emergenza. Perciò scosse la testa.

- Dai, che te la stai cavando bene- Lo incoraggiò.

- Ora sentitelo, solo perché Tom gli ha detto di avere delle belle unghie, adesso guai a usarle- Non aveva certo l'intenzione di offenderlo, ebbe solamente l'effetto di aver fatto arrossire i due diretti interessati.

- Georg, la pianti!?- Sbottò il rasta in procinto di dargli una spinta, che però fu preceduta da una pacca del castano che lo destabilizzò non poco. Accidenta ai suoi muscoli! Pensò Tom. Stava per finire come all'asilo, se solo non fosse intervenuto Gustav.

- Ragazzi, per favore...non davanti a chi sapete- E indicò Bill con un cenno del capo, che non si stava minimamente accorgendo di quel mini conflitto impegnato a raccogliere i fiori. - Non reggerebbe una lotta, è troppo casto e puro, troppo...insomma, capite- Concluse non sapendo ovviamente argomentare. Bill era Bill e basta. Aveva ben pochi aggettivi se non il suo nome stesso. Georg e Tom accettarono di buon grado quello che Gustav stava tentando di dire.

- Hai ragione, io e Tom siamo uomini veri, non ci mettiamo a fare a cazzotti davanti ad un essere così delicato per una stupida, ma autentica, constatazione- Lo provocò comunque Georg.
La giornata trascorse bene. Stettero sul telo con Bill, presero un gelato non appena videro quegli occhi da cerbiatto illuminarsi alla sola vista del camioncino, e poi imbronciarsi perché purtroppo non aveva soldi.

- Beh? Te lo offro io, che problemi ci sono?- Bill aveva alzato lo sguardo sognante incrociando gli occhi dorati di Tom e guardandolo come fosse stato un salvatore. Arrossì sussurrando un debole "grazie", che Tom ricambiò con un sorriso e un diretto: "allora? Come lo vuoi?".

Bill avrebbe tanto voluto che quel pomeriggio non avesse mai avuto fine, ma purtroppo qualsiasi cosa ne ha una. Non furono le ore trascorse, ma bensì il tempo atmosferico. Si mise improvvisamente a piovere, e questa Bill non vide altra scelta che correre insieme a loro a cercare un riparo. - Bill! Vieni! Tom si tolse la grossa felpa coprendo il moro e correndo insieme a lui, con il suo tempo. Il fatto che il riparo fosse vicino e il fatto che Tom fosse stato paziente, aveva evitando l'ambulanza per fortuna e riuscirono ad arrivare sotto una tettoia di un chiosco abbandonato. - Mettitela, per favore- Bill eseguì senza pensare, infilando anche le braccia all'interno dell indumento.

- Cavolo! Prima c'era un sole e adesso la pioggia!?- Sentirono imprecare Georg poco più lontano di loro. Ma i capelli bagnati, le guance rosse e il fiatone impedivano ai due ragazzi di prestargli attenzione. Rimasero a guardarsi negli occhi.

- Ma non hai freddo?- Domandò Bill vedendo il ragazzo solo con la maglietta. Esso scosse la testa.

- No, non preoccuparti- Bill sorrise timidamente.

- Grazie, Tom, sei un tesoro- Si sporse verso di lui poggiandogli un bacio sulla guancia. Tom si sentì rabbrividire, era sicuramente arrossito non poco. Bill poi gli mise le mani sulle sue braccia avvertendo la pelle d'oca sotto il suo tocco. - Sei ghiaccio, Tom!- Sembrò rimproverarlo. - Sei proprio sicuro di...?- Voleva riporgli la domanda, ma era sicuro che la risposta sarebbe stata la stessa di prima, così lasciò perdere e lo abbracciò direttamente per infondergli calore corporeo, per quanto il suo corpo anoressico e quella grossa felpa potessero fare. Tom si irrigidì, ma Bill non ci badò. Era giusto quello che stava facendo, non voleva che Tom sentisse freddo per colpa sua. Tom ricambiò titubante stringendolo a sé.
Georg smise di imprecare contro il tempo nel momento che Gustav lo chiamò con un bisbiglio attirando la sua attenzione. Seguì lo sguardo del biondo che era puntato verso la coppia di ragazzi abbracciati poco più distante di loro. Entrambi sorrisero con un po' di malizia, ma anche di cuore. Vederli così era stupendo. Vedere un Tom un po' impacciato che cercava di proteggere un Bill così piccolo e indifeso tra le sue braccia, era qualcosa di stupendo. Un rasta rapper ed una specie di emo. La coppia più freak dell'anno, ma come mai ad osservarli non avvertivi la minima malizia? Nei loro gesti, nei loro sguardi, che non erano pochi, i due amici avevano notato solo sincerità. Non c'era nessun fine dietro, erano semplicemente loro. Semplicemente un amore che stava sbocciando e neanche se ne stavano rendendo conto.

***

- Ciao ragazzi-

- Ciao Gustav!- Risposero in coro mentre l'amico chiudeva lo sportello sul retro della macchina di Georg, che però stava guidando Tom.

- Ehi, vai piano che i miei non me ne regalano un'altra- Georg stava cercando in tutte le maniere di guidarla lui, ma Tom non voleva sentire ragioni. Anche se era sua, amava guidare, e siccome sua madre una macchina non gliel'aveva ancora regalata, e Georg era il suo migliore amico, era giusto approfittare. - Vuoi rallentare!?-

- Georg, stai calmo, per l'amor del cielo!- A quel punto il castano non replicò più. Fece il finto offeso e si voltò dall'altra parte a braccia conserte e Tom gemette concludendo con un: "finalmente!". Il silenzio calò poi nella vettura. Bill era stato per tutto il tempo calmo e buono vicino al finestrino dietro Georg. Distolse lo sguardo un attimo, e anche Tom lo fece. Entrambi osservarono lo specchietto retrovisore e si trovarono. Tom gli sorrise e Bill ricambiò aspettando che Tom tornasse a concentrarsi sulla strada per puntare di nuovo la sua attenzione alle luci dei lampioni che costeggiavano il loro percorso. - E comunque sono molto ferito, in caso non lo avessi capito- Si rifece vivo Georg. Tom gli diede una pacca sulla spalla.

- Mi farò perdonare, te lo prometto. Bill, questa è casa tua?- Il moro annuì senza parlare e Tom accostò. Bill scese salutando e loro ricambiarono. Tom non riaccese il motore finché non lo vide rientrare. Vide le luci dell'abitazione accese, sentì parole ovattate e incomprensibili, ma nulla di proeccupante. Rimise in moto e partì verso casa propria, da dove poi Georg avrebbe potuto guidare per tornare alla sua di abitazione. Si mise una mano in tasca per prendere una sigaretta con Georg che gemette: "ecco, adesso è la volta buona che ci schiantiamo", ma prima del pacchetto toccò qualcos'altro. Un piccolo oggetto di metallo che tirò fuori e osservò: un anello. Gli venne un flash. Ricordava di averlo visto alla mano di Bill quel pomeriggio. Si vede che quando gli aveva dato la felpa, e il moro aveva messo le mani in tasca, gli si era sfilato e non se ne era accorto. Avrebbe voluto tenerlo egoisticamente, ma magari lo stava cercando e non gli piaceva l'idea di farlo patire. - Georg, amico mio, perdonami ma dobbiamo invertire la rotta-

- Cosa? Perché?- Tom non rispose facendo retromarcia invertendo il percorso e tornando davanti a casa del moro. - Ehi, non è il tempo per le conquiste, che hai intenzione di fare?-

- Nulla, vado a restituirgli l'anello che mi ha erroneamente lasciato in tasca- Gli prese una mano. - Tornerò subito da te, dolcezza, non preoccuparti- Georg ritrasse la mano disgustato.

- Ma falla finita- Tom rise e scese dalla macchina. Vide Bill sulla terrazza ad osservare un po' giro. Non dovette neanche chiamarlo che lo vide subito.

- Tom, che ci fai qui?- Gli sussurrò in modo che potesse sentirlo lui, ma non qualcun'altro.

- Hai dimenticato questo- Gli mostrò l'anello. Bill si guardò la mano che in effetti aveva sentito un po' vuota.

- Ok, ma vattene ora. Non dovresti essere qui!- Tom inarcò un sopracciglio stranito. Perché? Era sotto tiro per caso?

- Bill, con chi parli?- Uscì un uomo dalla porta finestra affiancando il figlio. Sì, aveva capito fosse il padre di Bill, che appena adocchiò Tom sembrò irritarsi. - Tu che vuoi? Sparisci!- Ma si erano messi d'accordo? Qualcuno voleva dargli una spiegazione?! Tom non accennò a fare un passo indietro. - Mi hai sentito? Ho detto che devi andartene! Non sei il benvenuto qui- Tom boccheggiò un attimo, poi trovò la parola giusta nel suo lessico.

- No- L'uomo sussultò. Come aveva osato contraddirlo? - Suo figlio ha dimenticato un oggetto, sono venuto a restituirglielo e non me ne andrò da qui finché non glielo avrò dato- Bill nel frattempo lo stava intimando con lo sguardo di fare come suo padre stava dicendo, ma Tom non voleva sentire ragioni. Vide l'uomo scendere e venire verso di lui. Cercò di non spaventarsi, e di sostenere il suo sguardo una volta che si fu fermato davanti a lui. Allungò una mano. Tom capì e gli mise l'anello sul palmo. Per un attimo il padre di Bill rimase sorpreso. Questo ragazzino era tornato indietro...per un insulso anello? Tuttavia cercò di ricomporsi. Gli diese una spinta.

- Bene, adesso non farti più vedere! Via da qui!- Lo stava cacciando come un cane. Georg accorse e si mise in mezzo.

- Ehi, piano!-

- Tu e il tuo amico fareste meglio a sloggiare, qui non c'è niente per quelli come voi- Ovviamente l'aspetto poteva ingannare, ma quell'uomo già non sembrava molto ospitale...con nessuno proprio. Georg prese Tom per le spalle sussurrandogli che era meglio fare come diceva, ma Tom non voleva abbandonare tutto così. Mentre l'uomo stava facendo dietro front, Bill lo stava ancora guardando.

- Ah, signore, un'ultima cosa!- Ebbe nuovamente la sua attenzione. - Non è vero che qui non c'è niente per noi. Suo figlio è una delle persone più belle che io abbia mai visto. E' gentile, è dolce...e sicuramente non merita un padre come lei che lo rinchiude cacciando persone che gli vogliono bene!- Non balbettò neanche. Era sicuro delle sue parole e di non star esagerando. Il padre si diresse nuovamente nella sua direzione, e Bill temette il peggio. L'uomo puntò il rasta con un dito.

- Tu non sai niente. Smettila di dare aria alla bocca, perché tu davvero NON SAI NIENTE! E mettitelo bene in testa, tu e i tuoi amici con mio figlio avrete a che fare solo per la scuola, per il resto non dovete neanche osare chiamarlo! Se hai il suo numero, cancellalo immediatamente, chiaro? E adesso non fatemelo ripetere, andate via subito!- Tom questa volta accettò di buon grado, ma non prima di aver guardato Bill per l'ultima volta e avergli buttato un bacio, che Bill accolse con un sorriso. Il fatto è che quel dannato sorriso irritò molto il padre che gridò loro di andarsene, questa volta fuori di sé. Ma a Tom non importava. Aveva visto quell'angelo un'ultima volta prima di domani. Quella principessa tenuta prigioniera nel castello.

***

- Papà..- Bill accolse suo padre alla porta. L'uomo gli diede l'anello con cipiglio nervoso. Lo guardò dritto negli occhi e Bill sussultò. - Papà..-

- Tu con quei ragazzi non uscirai mai più, mi sono spiegato?- Bill annuì tremando. Il padre, a vederlo così intimorito si intenerì e gli diede un bacio sulla fronte contento che gli ubbidisse. - Bill, lo sai che quello che faccio, lo faccio solo per il tuo bene, perché io ti voglio bene, Bill- Lo abbracciò stretto. No, suo padre non era cattivo, voleva solo proteggerlo anche se non era quello il modo giusto. Anche lui aveva sofferto molto non appena gli era stata diagnosticata la malattia, e Bill lo sapeva. Il fatto che lo avesse visto piangere di nascosto...
Affondò il viso nel petto del genitore sussurrando impercettibilmente:

- Anch'io te ne voglio...papà-

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Capitolo 5
*** Fotografia ***


Fotografia

Quella mattina Tom era davvero in ritardo. Era rimasto sveglio quasi tutta la notte a pensare al conflitto che aveva avuto con il padre di Bill. Poi erano passati giorni e non lo aveva visto più a scuola. Che gliel'avessero cambiata? Fatto sta che non aveva per niente sentito a sveglia e adesso si ritrovava a correre a rompicollo per le scale. Spalancò la porta per uscire, quando Simone lo fermò.

- Tesoro- Il figlio si voltò. - Non fare cose avventate per favore, e ricordati che oggi pomeriggio hai un impegno, perciò non fissare nulla con i tuoi amici- Tom annuì di fretta e si precipitò fuori.

***

Il banco suo era l'unico vuoto della classe quando entrò e la prof gli intimò di sedersi senza chiedere nulla in merito al suo ritardo. Beh, non è che arrivasse in ritardo tutti i giorni, quindi una volta ci poteva pure stare. Si guardò indietro una volta seduto e sorrise a vedere la figura incappucciata china sul banco. Era tornato a scuola allora, ne era davvero felice. Dopo gli avrebbe parlato, si promise. Dopo l'ora di inglese ci sarebbe stata quella di educazione fisica. Ne avrebbe approfittato negli spogliatoi.
Quando la campanella suonò fu il primo ad alzarsi, Bill fu l'ultimo e non se ne impressionò per niente.

- Adesso che abbiamo?- Gli chiese inaspettatamente il moro.

- Ginnastica- Bill annuì piano, non prendendo nessuna sacca con le scarpe e tutto l'occorrente, come invece stavano facendo gli altri. - Ehm...il prof ci aspetta direttamente giù. Se non conosci la strada, segui me- Bill sorrise e gli andò dietro fino ad arrivare all'immensa palestra. Il professore li raggiunse squadrandoli entrambi.

- Chi è Trümper dei due?- Bill alzò la mano. - Benissimo, lei è esonerato, giusto?- Annuì. - Ok, allora si metta pure in panchina, lei Kaulitz raggiunga il resto della classe- Tom lo salutò con un cenno della mano e fece come il professore gli aveva detto. L'ora di ginnastica non fu una liberazione come al solito, Tom si riempì di un sacco di domande. Perché Bill era esonerato? Stava poco bene? Beh, forse era in un periodo di convalescenza, siccome era stato assente per qualche giorno. La ricreazione la passarono negli spogliatoi, ma Tom trovò qualche minuto per rimanere solo con Bill, che era lì anche se non doveva cambiarsi.

- Perché sei qui?-

- Per farti compagnia- Rispose tranquillamente girellando un po' per la stanza.

- Perché sei stato assente in questi giorni?-

- Motivi familiari-

- Ma te la cavi sempre con questa scusa tu?- Bill sbuffò divertito ma non rispose. - E con tuo padre? Tutto a posto?-

- Ti odia-

- Perfetto- Tom fece spallucce e Bill rise.

- E a te va bene?-

- Certo, tanto che può farmi? Non ti sto facendo niente di male...e poi...- Si alzò una volta finito di allacciarsi le scarpe e si avvicinò a lui. Bill indietreggiò di qualche passo ricordando le parole del suo genitore. Non doveva stare troppo con Tom. - Se ti proponessi di venire a casa mia questo pomeriggio?- Ecco, non poteva dire cosa migliore. Bill distolse lo sguardo dal suo viso e sospirò.

- Non potrei-

- No? Tuo padre, vero?-

- E chi altri, sennò?-

- E perché devi dirgli che vieni da me? Chessò, inventatene una..che vai da un altro amico..-

- Beh, ci sarebbe Andreas, anche se lui non è proprio un mio amico, è più un conoscente di famiglia essendo che mio padre conosce il suo-

- Se puoi usarlo come scusa, fallo- Bill non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Si morse lievemente il labbro.

- Va bene-

***

- Da Andreas?- Domandò Christine, la madre di Bill, mentre era in cucina a lavare i piatti del pranzo appena fatto. - E perché da lui?- Bill fece spallucce.

- Così, per passare un pomeriggio e magari farmi un amico essendo che non ne ho nemmeno uno-

- Ma sai almeno dove abita?- No, non lo sapeva e neanche gli importava, ma doveva fare buon viso a cattivo gioco. Sorrise più convinto e annuì. - Beh, allora se è quello che vuoi, lo sai che per me va bene. Solo perché lo conosce tuo padre, quindi sicuramente è un bravo ragazzo, e poi alla tua età dovresti averne di amici. A che ora avresti pensato di andarci?- Tom non gli aveva dato un orario, perciò si alzò da tavola.

- Anche adesso, ciao mamy- Si era sporto e le aveva lasciato un bacio sulla guancia prima di uscire. Christine notò l'insolita felicità di suo figlio, e si illuse che l'amicizia portava a questo e ne era contenta. Non vedeva mai Bill sorridere, o almeno non lo faceva da un sacco di tempo e gli mancava. Lasciò andare una lacrima che si asciugò subito.

- Christine, non emozionarti troppo- Si disse ridendo nervosamente. Avrebbe voluto gridare se i vicini non l'avrebbero poi presa per pazza.

***

Toc toc.

Qualcuno aveva bussato alla porta. Tom dovette lasciare perdere quello che stava facendo e andare ad aprire. Sorrise a trovarsi Bill con le mani dietro la schiena ad attenderlo facendo strane mossettine con i fianchi. Doveva essere quello chiamato "nervosismo".

- Bill?- Quello smise di ondeggiare e si fermò di colpo sussultando avendo notato che qualcuno era venuto ad aprirgli.

- Oh, ciao Tom- Il rasta si discostò lasciandolo passare. Bill entrò un po' titubante e si sorprese a vedere la casa di Tom che era più piccola della sua, ma già l'atmosfera che si respirava era un'altra. - Non è la casa dei fantasmi almeno- Sussurrò a sé stesso levandosi il giubbotto di pelle.

- Lascia, faccio io- Tom lo raggiunse prendendoglielo di mano e attaccandolo all'attaccapanni vicino alla porta. - Allora? Tutto a posto con i tuoi genitori? Ti hanno creduto?-

- L'ho detto solo a mia madre, e anche se un po' stranita, alla fine ha accettato, quindi...- Tom si sedette al tavolo invitando Bill a fare lo stesso. Stettero un po' ad osservarsi negli occhi, fino a quando il rasta parve risvegliarsi.

- Oh, che sbadato! Vuoi qualcosa da bere?- Bill smise di rigirarsi i pollici per prestargli attenzione. Scosse la testa.

- No, grazie- Voleva tanto chiedergli perché era lì, ma ad un certo punto i suoi pensieri furono interrotti da un pianto. Un pianto di bambino. - Hai un bambino in casa?- Tom annuì semplicemente alzandosi con un sospiro fiacco. Bill ebbe l'istinto di seguirlo dopo un po' che il pianto persisteva e Tom non tornava. Seguì il rumore fino a giungere alla stanza del ragazzo che stava tenendo una bambina in braccio, che avrà avuto più o meno un anno. La stava cullando sussurrandole di dormire e parole dolcissime. - E' la tua sorellina?-

- No, è la figlia di un'amica di mia madre. Delle volte non può starle dietro siccome è spesso fuori casa per lavoro e quindi la affidava prima a mia madre. Io osservandola ho imparato tante cose, così mia madre un bel giorno mi disse di prendermene cura io-

- E perché tua madre avrebbe dovuto insegnarti le cose riguardanti i neonati?-

- Nel caso mettessi incinta una- Rispose con tutta la calma del mondo continuando a cullare la piccola. - A proposito, lei si chiama Kelly- Bill si riprese dalla perplessità e si sedette accanto a Tom facendo piano per non innervosire la bambina che li stava osservando curiosa.

- Dove la fai dormire?-

- Sul mio letto- Bill solo in quel momento notò i cuscini di Tom messi ai lati del letto con solo un piccolo solco dove la piccola poteva riposare senza rischiare di cadere di sotto. - Ha dormito per ben tre ore prima che arrivassi, avrà fame-

- Ok, posso fare qualcosa? Qualunque, basta che chiedi- Tom ci pensò un attimo. Non voleva dare nessun incarico a Bill, o almeno niente che avesse potuto compromettere anche erroneamente.

- Tienimela mentre faccio il latte, ok?- Bill annuì e protese le braccia per prendere Kelly con tutta la delicatezza del mondo e se l'appoggiò al petto. A primo attrito la bimba lo osservò stranita. Aveva proprio quell'espressione da: "chi sei tu? Posso fidarmi?" E Bill non poté fare a meno di sorridere.

- Ciao piccola, mi presento: io sono Bill, e sono un amico di Tom. Me lo fai un sorriso?- Chiese battendo le ciglia a mo' di diva patentata, ma quell'espressione buffa fece sorridere Kelly. - Sì, amore, ma che bella che sei!- Le fece il sollettico sul pancino e Kelly si afferrò un piede stringendoselo in mano mentre rideva della risata grassa dei bambini. Bill non si accorse di essere sotto lo sguardo intenerito di Tom, che ancora non si era alzato, ma aveva pensato bene di prendere la sua Nikon e utilizzarla come si deve, prima di riporla nel cassetto del comodino come se nulla fosse successo.

- Allora io vado- Nel mentre si dirigeva in cucina, pensò alla foto che aveva scattato e sperò che fosse uscita bene. Non l'aveva nemmeno controllata. Mise il latte sul fuoco prendendo i biscotti e il biberon dal borsone che la madre di Kelly gli aveva lasciato. Mentre aspettava non poté fare a meno di pensare a Bill con in braccio la piccola. Sembrava così...materno. Solo a pensarci arrossì. Cioè...uno come Bill quante volte poteva capitarti di conoscerlo nell'arco della vita? Era speciale, e lo era soprattutto per lui. Ripensò a quando aveva detto quelle cose sotto casa sua nonostante c'era suo padre che ai momenti si vedeva gli avrebbe volentieri caricato un pugno in pieno viso. Rise incontrollatamente. Era stato epico, stupendo e...ed era per questo che lo aveva fatto? Per sentirsi fico? Per dimostrare qualcosa a qualcuno? No, se l'era sentita e basta. Quando era tornato indietro, non era tanto per l'anello, era solo per rivedere il suo viso. Voleva che gli sorridesse un'ultima volta prima del domani, come una specie di bacio della buonanotte. E quando lo aveva abbracciato sotto la pioggia aveva avvertito il suo profumo dolce e avrebbe scommesso che le sue labbra in quel momento sapevano ancora di gelato. Era impossibile non innamorarsi di lui...
Sussultò. Cosa aveva appena pensato?

- Tom? Io credo sia pronto adesso- Si voltò di scatto. Bill stava guardando il latte arrivato al punto di ebollizione. Teneva Kelly in braccio che si ciucciava un pugnetto, segno che era affamata. Tom fece alla svelta a mettere il latte nel biberon e controllò che non fosse troppo caldo. Aspettò il tempo necessario, poi invitò Bill a mettersi in salotto con lui sul comodo divano bordeaux. - Posso..?- Chiese Bill con gli occhi brillanti, esattamente quando aveva visto il camioncino con i gelati. Tom gli passò il biberon e Bill porse la tettarella a Kelly, la quale aprì la bocca subito prendendo a ciucciare forte. - Piano...piano amore, così, brava- Tom sorrise lievemente, guardando un po' Bill e un po' le sue mani intrecciate. Si inumidì nervosamente le labbra con la lingua facendo fatica a mantenere quel silenzio.

- Bill- Il moro si voltò ancora con quel sorriso in viso. - Cosa intendeva tuo padre quella sera? Perché mi ha cacciato?- Gli dispiaceva vedere il sorriso svanire lentamente, ma voleva chiederglielo da un po'. - Bill, non avere paura di parlarmi. C'è qualcosa che devo sapere?- Bill rimase un po' impacciato, ma distese le labbra in un calmo sorriso, forse cercando di essere credibile.

- Non preoccuparti, mio padre deve averti giudicato dall'aspetto. Oggi gli ho detto che sei un ragazzo a posto, e forse ha cambiato idea. E poi fin da quando ero piccolo è sempre stato iperprotettivo. Sai, soffrivo di bullismo alle elementari-

- Davvero?- Tom strabuzzò gli occhi.

- Sì, delle marachelle, delle prese in giro. A volte è incredibile, non sai cosa può uscire dalla bocca dei marmocchi- Tolse il biberon vuoto dalla bocca di Kelly e la sollevò davanti a sé. - Ma questa piccola principessina sarà fortissima da grande, non si farà mettere i piedi in testa da nessuno!- Le diede un bacetto sulla guancia mettendola giù sul tappeto guardandola camminare ancora un po' traballante e incerta, però ce la faceva. Infine cadde a sedere e cominciò a tirare i fili di lana giocherellando. - Quando la guardo mi vengono in mente tante cose. Chissà cosa la vita potrebbe riservare a questa splendida bambina? Io le auguro tutto il bene del mondo- Tom lo ascoltava, e più lo faceva, più sembrava che Bill avesse preso Kelly come se fosse sua figlia. Bill aveva amato Kelly dalla prima volta che l'aveva vista, e avrebbe tanto voluto chiedergli se per lui avesse provato lo stesso...
Oh dio santo! Ma che aveva oggi?! Kelly era una bambina, era facile innamorarsene! Ma...cazzo, c'era ancora quel "ma" che lo tormentava! - Tom, però devo chiederti un favore- Si fece tutto orecchi. - Non rischiare più come quella sera. Mio padre con la sua iperprotettività potrebbe causarti danno ed io non voglio, non me lo perdonerei mai, chiaro?- Come poteva chiedergli questo? Se lo aveva fatto, non ci aveva nemmeno ragionato! In quel momento voleva solo..

- In quel momento volevo solo vederti ancora- Disse senza accorgersene, assorto nei suoi pensieri e fermando le parole di Bill che sgranò gli occhi, non essendo sicuro di aver capito bene.

- Come? Tom...-

- No, lascia perdere, non ho detto niente- Stette per alzarsi, ma Bill lo tenne per la felpa.

- Tom, non avere paura-

- Io non ho paura-

- Io sì! Ne ho molta invece- Disse serio. Tom si risedette.

- E perché hai paura?- Gli accarezzò il viso. Bill non rispose in un primo momento, fissando la mano di Tom sopra la sua guancia. Era così fredda...e lui era così accaldato..
Sospirò di sollievo mentalmente.

- Per lo stesso motivo per il quale i miei battiti cardiaci sono aumentati da 60 a 120 al minuto...oh Tom, sono così spaventato! Non ho mai provato una sensazione simile e mi sembra di impazzire!- Avrebbe tanto voluto dire, ma non ce la fece. Aveva caldo, tanto caldo. Aprì gli occhi e si ritrovò quelli di Tom ad un centimetro di distanza. - Tom..cosa vuoi fare?- Il rasta si stava man mano avvicinando. Sentiva il suo respiro sulle labbra. La mano di Tom scivolò dal suo viso al suo petto.

- Batte davvero forte-

- Potrei davvero sentirmi male in questo momento se non ti allontani- Pensò leggermente impaurito da quello che stava succedendo. Stava perdendo il controllo di sé stesso. - Tom...- Non riuscì ad andare avanti che per la prima volta qualcosa glielo impedì. Non era però la prima volta che gli mancava il respiro, ma come mai era così piacevole? Il piercing di Tom gli provocava un certo solletico mentre lo baciava. Nessuno lo aveva mai baciato. Le sue labbra erano vergini fino a quel momento. Bill chiuse gli occhi lasciandosi andare. In quell'istante aveva dimenticato tutto, perfino Kelly che stava ancora giocando indisturbata. Si staccarono solo quando sentirono che l'aria era diventata indispensabile. Si osservarono negli occhi con il fiato pesante. - E' sempre così?-

- No...non è mai così- Tom appoggiò la sua fronte a quella di Bill. - Proprio no- Aggiunse. Le labbra di Bill erano decisamente tutt'altra cosa. Nessuna delle ragazze che aveva baciato gli aveva fatto provare tale sentire. Aveva percepito un miscuglio di sensazioni troppo omogeneo per dare un nome.

- Tom, stai sbagliando- Disse improvvisamente Bill, sapendo bene quello che diceva. Non voleva che Tom si innamorasse di lui. Ma Tom era stanco di dover interpretare quelle frasi in codice. Gli prese il viso tra le mani.

- Allora baciami ancora, mi piace sbagliare- Tom rimase fermo aspettando che lo assecondasse. Bill gli accarezzò piano le guance accostandosi lentamente.

- Anche a me piace sbagliare quando non ho nulla da perdere- Disse prima di unire le loro labbra una seconda volta, cercando di essere possessivo. Provava qualcosa per Tom, un qualcosa di indescrivibile. Non lo avrebbe mai fatto se non avesse completamente perso la testa. Il cancro doveva avergli dato al cervello.

Era la prima volta, però, che trovava piacevoli gli effetti di quella malattia.

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Capitolo 6
*** Non può piovere per sempre ***


Non può piovere per sempre


Una sera come tante, ma quella avrebbe dovuto essere speciale. La casa dei fantasmi si sarebbe spogliata delle sue vesti per trasformarsi finalmente in qualcosa di normale. Bill era in camera sua, davanti allo specchio figura intera. La luce della bajour era accesa e mandava una luce fievole. Dal silenzio che c'era si potevano udire i grilli cantare. Sospirò lanciando quell'ennesima camicia bianca sul letto. Non voleva scendere, non voleva semplicemente stare lì in quel momento. Avrebbe voluto essere da un'altra parte, magari a casa di Tom, e se proprio doveva scendere, allora avrebbe voluto trovare lui al piano terra, non uno della sua famiglia. Non che non volesse bene ai suoi genitori, ma loro lo trattavano come se non stesse morendo (pur sapendo tutto), come un prigioniero. Tom invece lo aveva sempre fatto sentire bene, fatto sentire vivo anche quando sapeva che stava lentamente andandosene. Ma Tom aveva la giustificazione di non essere a conoscenza di niente. Non voleva che i sorrisi di Tom diventassero anch'essi falsi. Tom doveva sorridere davvero, di cuore...di amore. Sì, perché loro si amavano. Quel bacio aveva messo in chiaro le cose, e da quella volta tutto nel corpo di Bill aveva preso una forma, a parte il cancro stesso: quello continuava il suo corso espandendosi dove più gli pareva.

- Bill!- Ma il fatto era che la vera felicità Bill sentiva di averla provata quella mattina, il primo giorno di scuola, il primo giorno che aveva incrociato gli occhi di Tom. Li aveva trovati stupendi, come la sua voce e quel delizioso naso a patata. Sorrise al ricordo e gli si inumidirono gli occhi. - Bill!- Non sapeva se di tristezza, di rabbia, o di felicità. Aveva troppi motivi per essere triste, altrettanti per essere arrabbiato, ma anche a sufficienza per essere felice: Tom. Bastava il suo nome. - Bill, tesoro!- Sussultò e si voltò verso la porta. Sua madre aprì senza aspettare che rispondesse. - Oh, grazie al cielo, se ti degnassi di rispondermi non mi faresti prendere certi colpi!- Bill sospirò e continuò a guardarsi allo specchio. Quel fisico gracile stava man mano conducendolo alle ossa, e la sua pelle cadaverica non aiutava per niente a migliorare quella immagine. - Piuttosto...hai finito di prepararti? Andreas e la sua famiglia saranno qui ai momenti- In quella casa era un manichino da vestire, adesso non si sentiva più una persona.

- Scendo subito- Rispose senza distaccare gli occhi dal vetro. Christine guardando i suoi occhi non poté non constatare che erano di vetro anche quelli.

- Tesoro, stai bene?- La domanda che odiava di più...

- Per quello che mi è possibile...sì- Distolse lo sguardo, ma non guardava lei. La luna che splendeva alta tra le nuvole nere era una visione più interessante. Christine sospirò.

- Sta per arrivare Andreas, non sei felice? L'altro giorno eri così contento del fatto che andavi a casa sua e adesso ti vedo così...-

- Mamma, ti ho detto che scendo subito- Ribadì con voce ferma. Accorgendosi di aver usato un tono troppo duro, cercò di calmarsi e di sorridere. Era difficile, ma non impossibile. - Non preoccuparti. Sto bene, ho solo un leggero mal di testa-

- Vuoi che ti porti qualcosa?- Chiese apprensiva.

- No...passerà- E poi ho già preso fin troppe medicine oggi, avrebbe tanto voluto aggiungere ma si contenne. - Vai pure- Christine annuì uscendo chiudendo piano. Bill finalmente poté togliersi quella maschera assurda e lanciare anche quella vicino alla camicia bianca, solo che a differenza di quella che gli finì subito in dosso, questa si dissolse nel nulla pronta a ricomparire solo e soltanto se Bill l'avrebbe richiesta. Aveva dei jeans neri e quella camicia che lo rendeva...redicolo ai suoi occhi. Sicuramente giù gli avrebbero fatto i complimenti, ma quanto avrebbe voluto mettere una delle sue solite magliette nere e magari dei pantaloni di pelle, che per lui erano il massimo dell'eleganza. Stivaletti anche, e fare finta di essere una battona da tangenziale. Sfigurando la sua famiglia, certo, ma era quello che segretamente aveva sempre voluto: fare come voleva, e non gli era mai stato permesso per colpa di quella fottuta leucemia! E poi, pensandoci bene, la sua morte avrebbe ugualmente rovinato i suoi genitori. Lui non voleva essere protetto, lui voleva semplicemente che lo lasciassero vivere nel momento che poteva ancora farlo e aveva una rabbia dentro che avrebbe volentieri scaricato su quell'ossigenato di Andreas! E quel mal di testa...

- BILL, SONO ARRIVATI!- Sentì gridargli suo padre dal piano di sotto. Doveva scendere o si sarebbero preoccupati. Fece un sospiro.

Maschera, vieni a me...

E s'incamminò al piano di sotto. La signora Guhne fu la prima a notarlo e gli venne in contro con un sorriso che era stato costretto a ricambiare. Anche loro conoscevano la sua situazione, ed erano gente FALSA! Come i suoi genitori...FALSI TUTTI.

- Ciao Bill, è da tanto che non ci vediamo, come stai?-

- Bene-

- Ciao, Bill- Il signor Guhne non era cambiato per niente, il solito uomo d'affari che Bill personalmente odiava, e la moglie: una donna che lo aveva sposato solo per i soldi. Pff, ormai aveva imparato a riconoscere l'amore vero da quello fake. Semplicemente perché lui e Tom non avrebbero fatto come loro. Bill lo avrebbe sposato per amore, non per quello che guadagnava e soprattutto se fossero andati in casa di amici che avevano un figlio malato in stato pressocché terminale, non gli avrebbero fatto quella cazzo di domanda: "come stai?"...ma fottetevi!

- Buonasera-

- Ah, Bill, ti ricordi di Andreas? Anche voi è da un pezzo che non vi vedete- Sussultò. Si augurò che Christine non avesse sentito, perché questo avrebbe mandato all'aria tutto. La donna infatti era in cucina e non sentì nulla. Sospirò di sollievo mentalmente. Andreas aveva fatto come tutti: era cresciuto. I suoi capelli erano rimasti di quel biondo platino vomitevole e dio...aveva anche lui una camicia bianca come la sua...
Pensò a sua madre, gliel'aveva comprata lei...patetico...

- Ciao, Bill. Bella la camicia-

- Grazie...anche la tua- Sforzò una risata che Andreas assecondò. La sua mente remixava ripetutamente un "impiccatemi" di prima categoria. Già non stava reggendo più.

- Finalmente nella stessa città, eh? Sai che fatica tutte le volte dover scendere a Magdeburgo- Sbuffò. Se allora ti rompeva tanto, perché venivi? Volle chiedere Bill in un primo momento, ma non voleva sembrare scortese. - Io ho fame, tu no?-

- No...non molta- Ed era vero. Non aveva fame. Il solo fatto di doversi sedere a tavola con loro gliel'aveva fatta passare. - Eddai, dovrai pur mangiare! Sei pelle e ossa!- Andreas aveva intenzione di scherzare, ma non sapeva che Bill non era dell'umorismo adatto. In quella frase aveva più percepito un insegnamento, oltre che una presa in giro; come il solito: "se non mangi, non cresci". Beh?! A lui che serviva mangiare?! Tanto non doveva crescere più.

- Fatti gli affari tuoi- Sussurrò mentre Andreas si stava comodamente sedendo a tavola insieme alla propria famiglia e alla sua, e quindi non lo aveva sentito.

- Bill, che stai alla porta? Vieni- Lo chiamò suo padre che stava a capo tavola. Si imbarazzò non poco a sedersi con tutto quel silenzio e gli occhi puntati addosso. Prego, mangiate pure, che il piatto si fredda. Pensò. Perché accidenti lo guardavano!? Forse per la prima volta si erano accorti di avere un malato di cancro a tavola. Wow, perspicaci...

- Allora, Bill. Non mi hai mai parlato della nuova scuola, come va?- Domandò Andreas. Quella conversazione avrebbe potuto rovinarlo, lo sentiva.

- Ehm...bene- Scherzava ovviamente. Nessuno lo aveva preso in considerazione dall'inizio dell'anno a parte Tom.

- E dimmi, hai conosciuto qualcuno di speciale? Un amico...l'amore?- Chiese avvicinandosi. Ma che problemi aveva?!

- No, nessuno di cui vale la pena parlare- Sarebbe stato ore e ore a parlare di Tom, lo sapeva, ma se lo avesse fatto, quella cena sarebbe stata presto boicottata dalla furia di suo padre. - E tu?- A dire la verità non gliene fregava proprio niente della risposta, ma non aveva niente con cui intrattenersi. Gli adulti parlavano di affari loro ed era meglio così.

- Oh, anche io niente. Ci sto da cinque anni, le persone sono cambiate...quest'anno abbiamo anche l'esame! Hai paura?- No...

- No- Rispose con un alzata di spalle.

- Beh, forse lo dici adesso ma quando ci arriverai penso che ti cagherai sotto- Ma quanto poteva essere...stupido? Cioè, sapeva tutto e comunque...argh, lasciamo perdere! Con certi soggetti è impossibile ragionare.

Mantieni la maschera, Bill, fra poco sarà tutto finito...

E con tutto...spesso intendeva TUTTO.
Ma adesso era sicuro che intendesse la cena.

- Io non credo- Ribatté. Prima che Andreas potesse fare altrettanto, Christine lo chiamò.

- Bill, non finisci la pasta?-

- No, mamma..non ho molta fame stasera- Ammise e vide le facce degli adulti un po' turbate da questo. Non emisero un fiato, come in una chiesa mentre si prega per il morto nella bara. Oh, tranquilli, sono ancora qui! Fra poco si sarebbe alzato sventolando le braccia a segnalare la sua presenza.

- Beh, allora potrebbe andarti il secondo, forse. Ti prego, fammi contenta e mangia almeno un po'- Provò nuovamente quel senso di imbarazzo, ma si impose di mantenere la calma. Sorrise calmo.

- Eh va bene- Christine si alzò contenta sparecchiando dei piatti sporchi e poi servendo la carne. Bill al solo guardarla gli venne il volta stomaco. Il solo odore gli fece quasi salire un conato. Non si sentiva tanto bene. Mentre sua madre lo serviva, più volte la voce si era spezzata nella sua gola nel tentativo di dirle che non se la sentiva, ma alla fine ci aveva pensato il suo stomaco stesso. Scattò in piedi correndo via con la mano alla bocca. Spalancò la porta del bagno chinandosi sul WC e rimettendo tutto, anche l'anima.

- Amore, eccomi!- Christine accorse subito chiudendo la porta dato che i rumori erano poco gradevoli agli ospiti, e sorresse i capelli al figlio reggendogli anche la fronte. Si bagnò una mano con l'acqua fresca premendogliela poi sulla pelle calda. - La mamma è qui, tesoro...- Non era la prima volta che accadeva. Più notti Christine si era alzata con i rumori dei conati di vomito. Ma faceva sempre male. Quando Bill ebbe finito, con un colpo fiacco tirò lo sciacquone e si alzò sorreggendosi a sua madre. - Tranquillo, va tutto bene- Sono le tipiche frasi che ormai Bill aveva imparato ad ignorare. Christine gli stava ancora tenendo la mano bagnata sulla fronte. - E' colpa mia, vero? Sono stata io a causarti questo attacco. Mi dispiace, non avrei dovuto insistere...tu sei così buono, e nonostante questo cerchi di assecondare le persone alle quali vuoi bene, ma ricorda che questo può costarti la vita figlio mio- Disse con il tono delle lacrime in gola.

- Non preoccuparti, mamma, tanto sappiamo come deve andare, lo abbiamo sempre saputo- Rispose con la voce tremolante. Il vomito gli aveva tolto molte forze, ma in contemporanea gli aveva dato adrenalina a livello morale. Era incazzato marcio con tutto e tutti. In quei momenti avrebbe tanto voluto non essere mai nato. Soprattutto quando aveva visto il colore di quello che aveva rigettato.
Rosso. Rosso...sangue.
Si mise a sedere accanto al WC con sua madre che gli accarezzava le braccia. - Com'è?- Domandò improvvisamente.

- Cosa?- Chiese Christine sull'orlo delle lacrime.

- Avere un figlio e scoprire improvvisamente che ti verrà portato via, e non poter fare niente. Pensare alla mia nascita, a quando mi hai stretto tra le tue braccia convinta che il tuo amore sarebbe bastato a tenermi lontano da un destino come quello che mi è toccato...com'è?- Ripeté calmo, come se desse per scontato che per sua madre sarebbe stato facile rispondere. La donna cominciò a piangere ricordando il momento della sua nascita, quando lo aveva preso e dormiva stanco dal parto non sapendo ancora niente della vita, ma soprattutto completamente ignaro della morte. E poi ritrovarsi a dieci anni, e sapere più della morte che della vita.

- Non...non ci sono parole- Rispose Christine appoggiando la fronte sul petto del figlio e percependo il duro dello sterno, come se sotto quella camicia ci fosse stato direttamente lo scheletro. - Quando succederà...- Continuò titubante, con un briciolo di speranza che ancora premeva nel suo animo. - ...morirò anche io- Bill non se ne accorse, ma una lacrima si liberò dal suo occhio mentre la madre parlava. Una lacrima che gli percorse delicatamente tutta la guancia prima di consumarsi tra le labbra. - Tu sei la mia vita, Bill...sei tutto quello che ho di più caro-

- E papà?- Chiese cercando di non far tremare la voce.

- Certo, amore, anche papà...ma nonostante lui io non so se avrò la forza di superare..te- Concluse scoppiando in un pianto disperato tra le braccia del figlio che la avvolse e la cullò canticchiandole una canzoncina che si ricordava. Non ricordava bene quando e dove l'avesse sentita, ma l'aveva impressionato positivamente perciò gli era venuto di cantarla. Christine alzò lo sguardo. - Dove hai imparato a cantare così?- Chiese debolmente. Bill la guardò senza un'espressione particolare. Le asciugò le lacrime con le dita.

- Da nessuna parte, solo che avendo tanto tempo per me e ho affinato questa cosa del canto, ma nulla di speciale-

- Continua...per favore, figlio mio, continua...voglio...voglio ricordare la tua voce mentre cantavi questa canzone- Così andava bene, così era perfetto. Bill voleva vedere quelle lacrime perché sapeva che erano vere, e voleva sentire quelle parole perché sapeva che erano sincere. Riprese a cantare quasi ridendo mentalmente della situazione. Era in un bagno a consolare sua madre, mentre suo padre e gli altri erano fuori a domandarsi eternamente cosa era successo. Alla fine della canzone sorrise a Christine che ancora singhiozzava.

- Asciugati le lacrime, mamma. Io di te voglio ricordare tutto, ma non questo. Se potessi, il primo ricordo che mi porterei di te nella tomba, sarebbe quello della prima volta che ti ho visto, quando ho schiuso i miei occhi per la prima volta e c'eri tu a sorridermi, a dirmi ciao e donarmi tutto l'amore del mondo...ma purtroppo non è possibile, non ricordo nulla al di sotto dei miei dieci anni e...-

- E invece ti sbagli-

-...-

- La canzone, Bill...la canzone che hai cantato, è quella che ti cantavo sempre quando avevi paura del temporale e venivi di là da me e da tuo padre dicendoci che non avresti dormito da solo. Ti dicevo che eri un bambino coraggioso, ma..non mi sono mai accorta della veridicità di quelle parole fino a questo momento. Tu, Bill, sei la persona più coraggiosa che abbia mai visto. Affrontare il cancro come te...io ho solo da imparare- Bill non si aspettava queste parole da parte della madre e ne rimase senza lui. Le prese quindi la mano baciandola piano e appoggiandosela sulla guancia. Era troppo bello sentire sua madre così vicina. Gli venne in mente di quando era piccolo e canticchiava insieme a lei quella canzone guardandosi negli occhi. E alla fine lei gli diceva sempre una frase nella quale lui credeva fermamente:

"Non può piovere per sempre..."

 

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Capitolo 7
*** Ich liebe dich🖤 ***


Ich liebe dich🖤


Tom non riusciva a dormire. Non sapeva perché esattamente. Avrebbe dovuto dato che tra qualche giorno lo avrebbero già interrogato, se lo sentiva fortemente. Non poteva permettersi di stancarsi e avere le occhiaie già a inizio anno. Le foglie stavano cominciando a seccarsi e il vento stava soffiando forte fuori. L'autunno in sé per sé gli piaceva. Gli piacevano le mezze stagioni. In inverno c'era troppo freddo, in estate troppo caldo. Quindi già il fatto che la scuola iniziasse in una stagione piacevole giovava. Il pensiero ricadde improvvisamente su Bill. Chissà che cosa stava facendo..
Forse stava dormendo, forse invece era sveglio a pensare a lui. Si sfiorò le labbra con le dita. Ricordava ancora quel bacio, e che dopo quello non si erano più visti. Non sapeva perché Bill non lo avesse ricontattato, e nemmeno perché lui avesse fatto altrettanto. Lo amava, ormai non poteva più negarlo a sé stesso. Stava provando qualcosa per Bill, l'aveva provata fin dalla prima volta che lo aveva visto. Lo aveva incuriosito, e il suo carattere aveva avuto l'effetto di una calamita: lo aveva attirato verso di sé. Ma se anche per Bill era stato lo stesso, non andava molto bene: due calamite si respingono. Ma loro erano due opposti, e gli opposti si attraggono. E qui le cose si separavano: stare dietro ai proverbi o alle leggi della fisica?...Oppure fregarsene sia dell'uno che dell'altro e semplicemente seguire il cuore, come inconsciamente Bill gli aveva insegnato. Pur ripetendogli senza una ragione che con lui stava commettendo un errore di cui ignorava ancora l'esistenza, si era lasciato andare e si erano baciati...
Se Bill aveva poi ricontrattato tutto questo non lo poteva sapere. Gli sarebbe dispiaciuto e non poco, ma ci sarebbe passato sopra perché se lo amava doveva rispettare le sue scelte. Non poteva costringerlo, anche perché Bill era un tipo che si faceva trascinare facilmente, non avrebbe voluto approfittarne. Il soffitto illuminato dalla luce della luna che filtrava dalla finestra doveva essere molto interessante per rimanere a fissarlo con le braccia incrociate dietro la testa. Poi apparve un'ombra. Gli ricordava Bill, dato che era fine e in cima aveva la stessa forma disparata del suoi capelli. Allungò una mano verso quella sagoma, ed improvvisamente sussultò. Si voltò verso la finestra e balzò sul letto a constatare che qualcuno lo stava osservando da fuori nel giardino. Si avvicinò e sgranò gli occhi aprendo la finestra.

- Bill, che ci fai qui!?- Chiese sporgendosi dal balconcino. Il moro sorrise senza rispondere. - Oddio, entra dentro...devi essere pazzo- Ma Bill non accennava a muoversi. - Bill...- Si accostò a lui e Bill fece lo stesso. Il vento continuava a soffiare, ma questa volta lentamente. - Perché sei qui?- Chiese sulle sue labbra, che sfiorò nel tentativo di parlare. Bill rispose facendole venire a contatto alzandosi un po' sulle punte. Tom lo prese per i fianchi, e con tutta la forza che aveva lo alzò portandolo dentro e gettandolo sul letto non interrompendo il bacio. Allora non si era scordato di lui...ma perché era lì? Era tardissimo, se li avessero visti sarebbero stati uccisi minimo, soprattutto se fosse stato il padre di Bill ad aprire quella porta, ma non c'era pericolo. Con lui Bill era al sicuro, sempre. Si staccarono con un piacevole schiocco e si guardarono negli occhi. Tom gli accarezzava la guancia e Bill il viso con entrambe le mani.

- Finalmente, non ce la facevo più- Disse che sembrava sul punto di piangere. Appoggiò la fronte alla sua. - Mi mancavi, Tom- Gli mancava così tanto che aveva perfino fatto la pazzia di scappare di casa nel bel mezzo della notte. Tom lo avvolse con un braccio sistemandosi meglio accanto a lui e tirandolo poi a sé.

- Perché hai rischiato così tanto?- Sussurrò.

- Non lo so. La mia vita, tutto intorno a me scorre senza che io possa fare lo stesso. Io sono in mezzo, fermo in un mare di persone che camminano e non mi guardano come se non ci fossi. Mi sento esattamente così quando non sei con me, quando mi lasci solo in quella che io definisco "Casa dei Fantasmi"- Tom osservava il suo viso lisciandogli i crini neri come la pece. 

- Bill, fosse per me...fosse per me vivresti qui! Dormiresti qui con me e mi prenderei cura di te per tutto ciò che hai bisogno, anche se detto sinceramente non mi sembra ti manchi molto a parte...la libertà- Prendersi cura di lui...se avesse saputo cosa comportavano quelle parole...
Bill era come un piccolo uccellino chiuso in gabbia che non conosceva nulla di più, nulla che non comprendesse il suo spazio fatto di ferro e sbarre. Tom in tutto questo era forse un salvatore, era forse un angelo che era venuto a liberarlo. Entrambi non sapevano perché Dio avesse voluto il loro incontro. Bill sentiva di non meritarsi di essere felice, o almeno non adesso che non sarebbe durata molto. Tom non sapeva e gli andava bene così. - Convincerò tuo padre- Disse con un tono fermo e deciso.

- Cosa?-

- Sì, Bill. Tuo padre deve capire che vuoi stare con me- Gli afferrò piano la mano. Bill era arrossito, ma abbassò lo sguardo. Tom non percepì questo come un buon segno. - Cosa c'è, Bill?-

- Niente...forse, come ti ho detto quel giorno qui a casa tua, ho paura. Ho paura che tutto questo possa finire, e non voglio essere felice- Tom certe cose ancora non le capiva, ma infondo avere lì Bill in quel momento era tutto quello che gli interessava.

- Io..pensavo che tu non volessi più andare avanti con me- Disse sinceramente, con un tono molto rattristito nonostante non ce ne fosse motivo siccome non era vero. Bill posò altri piccoli baci sulle sue labbra.

- Non...dirlo...nemmeno- Sussurrò tra un bacio e l'altro. - Io..ti amo, Tom- Il rasta arrossì. Bill lo aveva detto davvero, Bill aveva avuto il coraggio di ammetterlo, lui era ancora lì e la lingua immobile, gli occhi quasi lucidi ed un angelo nero che lo osservava avendo appena detto di amarlo. Con quello sguardo si sentiva un burattino nelle mani del burattinaio, ma non era così. Bill non aveva intenzione di comandarlo, Bill aveva quello sguardo quando...sì, quando aveva appena seguito il proprio cuore e adesso se ne stava pentendo. Perché questo? Per suo padre? Glielo aveva detto che avrebbe sistemato tutto...e allora perché?
Tom stette per controbattere ma poi decise che non c'erano parole da dire. Non era quello il momento, non voleva ammettere i suoi sentimenti solo con un "anch'io". Bill meritava di più.
Allora pensarono bene di ricominciare con le labbra. Era più che sufficiente sentire il sapore l'uno dell'altro senza chiedere di più. Un giorno avrebbero capito tutte le cose irrisolte, lontano o vicino per adesso non faceva alcuna differenza. Per un po' andò avanti solo così. Con le labbra che non la smettevano di cercarsi, le lingue un solo sfiorarsi e le anime un continuo mischiarsi. Erano due semplici ragazzi in un letto a esprimere il loro amore che agli occhi degli altri doveva rimanere nascosto. C'erano ancora troppi segreti, e magari questi venendo alla luce avrebbero potuto causare danni irreparabili, ferire qualcuno...ma la mente era spenta. Solo il cuore a guidarli. - Tom..devo andare ora- Disse ad un certo punto aprendo gli occhi.

- No, ti prego, resta- Bill rise.

- Non posso, lo sai- Si mise a sedere sul materasso, ma prima di alzarsi in piedi, sentì il braccio che gli venne afferrato. - Tom, ti ho detto che...- Le parole gli morirono in gola. Il rasta lo stava fissando con sguardo indescrivibile, avrebbe fatto quasi paura con tutta quella oscurità.

- Un giorno, Bill...un giorno io ti salverò- Pronunciò con tono serio. Non aveva intenzione di dare spettacolo o effetto: era la vita reale, non un film. Ma Bill aveva perfettamente capito. Sorrise lievemente, come suo solito.

- Lo fai già- Sussurrò aspettando che la mano di Tom scivolasse via dal suo esile braccio, per andare verso la finestra che aprì. Saltò nel giardino, e prima di muovere anche solo un passo, si fermò.

- Domani!- Si voltò. Tom era lì, come si aspettava. - Domani...verresti da me? A studiare, intendo..- Bill abbassò lo sguardo mordendosi il labbro cercando di trattenere la troppa felicità.

- Ok...buonanotte, Tom Kaulitz- Si sollevò sulle punte per dargli un ultimo bacio, e quando Tom riaprì gli occhi, l'angelo nero era già scomparso nel vento della notte.

***

Il campanello suonò alle 15:00 puntuali. Bill era sempre stato un tipo preciso quando si parlava di orari, non gli era mai stato insegnato ad arrivare in ritardo.

- Buongiorno, posso fare qualcosa per te?- Inizialmente il moro pensò di aver sbagliato casa quando vide una donna con i capelli rossi sulla porta, ma poi provò ad azzardare un intuizione, ovvero che poteva essere la madre di Tom.

- Lei è...Simone, giusto?- Era capitato in qualche discorso che Tom gli avesse rivelato il nome di sua madre.

- Sì, sono io-

- Io sono Bill Truemper, sono un amico di suo figlio, sono venuto qui per suo invito- Cercò di essere più formale e composto possibile. Non voleva fare brutta impressione. Che sciocco, tanto non avrebbe mai saputo che lui era il fidanzato di Tom.

- Oh, allora entra. Non stare sulla porta- Bill le fece un sorriso oltrepassandola e entrando per la terza volta in quella casa che ormai la vedeva più sua di quella in cui era costretto a vivere. - TOM! C'E' BILL!- Dovette tapparsi le orecchie ma rise. Tom gli aveva detto che Simone era una donna molto spontanea, e la cosa gli piaceva. - Deve avere la musica a tutto volume, non mi sente- La donna si mise le mani sui fianchi, come offesa. - Scusami, tesoro, ma se sei davvero quello che dici di essere, allora credo di poterti dare il permesso di accingerti da solo. Ah, potresti dire a Tom che io esco? Sto andando a fare la spesa, e poi devo andare anche in altri posti, sarò di ritorno tra qualche ora- Bill annuì in procinto di correre nell'altra stanza. - Ah, e, scusami se ti sto affidando così tante cose, ma digli anche che Gordon potrebbe venire qui da un momento all'altro. Gordon è il mio compagno- Bill sorrise e annuì nuovamente. - Bene, allora io vado. Studiate, mi raccomando- La porta si chiuse e quello fu come un segnale per Bill di poter finalmente andare, come un cagnolino sciolto dal suo guinzaglio. Simone non aveva tutti i torti, dalla camera di Tom provenivano certi botti musicali pazzeschi. Bill rise non azzardandosi neanche a bussare sapendo che tanto non sarebbe servito a nulla, essendo che nemmeno le urla di Simone erano riuscite nell'intento di essere ascoltate. Entrò direttamente e lo vide sdraiato sul letto, con la chitarra sulla pancia. La fascia, che solitamente teneva sui dreadlocks, se l'era tirata sugli occhi. Sembrava stesse dormendo. Bill fece in punta di piedi e si avvicinò, si mise in ginocchio osservando il suo profilo per qualche secondo. Ma come faceva a risposare con quel baccano?! Oddio, la musica era bellissima, ma così spaccava proprio i timpani! Si sporse e gli soffiò un po' sulle labbra, prima di poggiarvi le proprie. Lo sentì sussultare e sorrise leccandogli con la lingua le labbra. Lo aveva svegliato. Percepì una sua mano che gli tastava i capelli prima di prenderglieli per stringerlo ancora più a sé.

- Bill, dimmi che sei tu, non vorrei aver fatto una figura di merda- Bill rise alzandogli la fascia nera dagli occhi. - Ma come sei entrato?- Il moro si alzò abbassando il volume della musica, senza che Tom replicasse.

- Fino a prova contraria, hai anche una madre in casa, e questa tua madre mi ha detto di dirti che in questo momento non c'è e sarà così per qualche ora, ma potrebbe arrivare Gordon da un momento all'altro, perciò è bene che ci becchi a studiare- Si stava arricciando i capelli sul dito mentre parlava, e Tom aveva sentito solo mezza parola di quello che aveva detto, impegnato a guardarlo. - Non sapevo che avessi una chitarra- Tom si risvegliò dal suo stato di trans accorgendosi nuovamente di dov'era e cosa doveva fare.

- Sì, ehm...esatto-

- E la sai suonare?-

- Certo che la so suonare!-

- E come hai imparato?-

- Gordon. Lui è un musicista, fa parte di una band ed è il chitarrista. Lo conosco da quando avevo sei anni, e per lui sono stato come un pupillo al quale insegnare tutto quello che sapeva. Con lui ho scoperto il mondo della musica, e mi sono aggrappato ad essa come se potesse salvarmi la vita, e più volte è stato così-

- Wow...- Tom alzò lo sguardo trovando un Bill che lo guardava rapito. - Tom, parli della musica come non avevo mai sentito da nessuno...- Tom sorrise un po' imbarazzato.

- Sì, beh, non ho nemmeno pensato a quello che ho detto..-

- Mi fai sentire come suoni?-

- Bill, vorrei tanto ma dobbiamo studiare...- Tuttavia Bill che si avvicinò a lui appoggiandogli la testa sulla spalla non fu molto d'aiuto, e il suo senso del dovere se ne andò a puttane prima del tempo. Bill era un angelo, ma sapeva tentare come il diavolo. - E' inutile che fai così- La sua voce traballava, non avrebbe convinto neanche Kelly ai momenti. Bill si accostò ancora di più affondando il viso nel suo collo provocandogli un certo brivido.

- Dai..- Lo supplicò lasciando qualche piccolo bacio. Era una tortura, nessuno avrebbe resistito a lungo!

- Ok, va bene, va bene...ma non farlo mai più!- Bill rise.

- Tutte le volte che servirà, amore mio- Tom si stuzzicò il piercing con la lingua per poi sospirare e afferrare la chitarra che giaceva sul materasso.

- Ok...una serenata per il mio amore- Bill gli diede una pacca che lo fece ridere. Stette un po' a pensare a cosa suonargli mentre accordava lo strumento. Cosa poteva essere degno di Bill Truemper? Cosa poteva suonare al ragazzo che amava? Lo guardò e Bill inizialmente non capiva, ma rimase fermo ed in silenzio a farsi analizzare da quegli occhi dorati, poi Tom li chiuse e Bill si sorprese. Non ha nemmeno bisogno di guardare le corde?
Le sue mani esperte iniziarono ad accarezzare le corde piano, andando a tempo. Era una professionalità che mai Bill aveva visto provare dal vivo e riconobbe la canzone.

#I'm lost in your eyes

Reaching out to cross the great divide

You are drifting away

Mind and soul and body

day by day#

Il fatto era che aveva cominciato a cantarla nella sua mente e percepiva quelle parole come vere, come se l'anima di Tom in fondo stesse pensando questo di lui, quello che esattamente il testo comunicava. Tom credeva lui si stesse allontanando giorno dopo giorno, ma lo intendeva prima della notte precedente. In quella canzone c'era l'inizio della loro storia, dal loro primo bacio in poi. Non era molto, ma infatti la canzone parlava di futuro, non di presente e né di passato. Solo di quello che avrebbero dovuto ancora vivere.

#Nothing's stopping you and I

It's do or die tonight#

Morire o vivere...ma sempre insieme.

#So tell me why I'm alone

When we're lying here together

On a night that's so cold

And you're just a touch away

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies#

Era chiaro che si stessero mentendo, ed era chiaro che Tom non ne potesse più di alcune cose ancora non dette, ma Bill non avrebbe ceduto. Era giusto così. In quella canzone c'era quello che Tom voleva dirgli segretamente.

#I've been dying inside

Holding back the tears

I never cried

Now I'm down on my knees

Cause everything you are is what I need#

Perché tu sei tutto quello di cui ho bisogno...ma tu non hai bisogno di piangere. Qui stiamo morendo in due, chi in un modo, chi in un altro.

#You're the meaning of it all

Don't let me fall you've gotta

Tell me why I'm alone

When we're lying here together

On a night that's so cold

And you're just a touch away

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies

We're alive

And the future never dies#

Non posso dirtelo, Tom...non posso proprio.
Una lacrima scese indisturbata per il suo viso.

#We've got to come together

Cause everybody needs

a heart to hold

Can't you see it's now or never

Cause we've got

nowhere else to go

Tell me why I'm alone

When we're lying here together

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies

We're alive

And the future never dies#

Non voleva che si fermasse, ma allo stesso tempo non voleva piangere. Non adesso, non davanti a Tom. Sarebbe stato palese che aveva qualcosa da nascondere, e Tom avrebbe voluto saperla sennò...se ne sarebbe andato, temeva.

#In your eyes, (Bill)

The future never dies#

Aprì gli occhi e lo guardò senza espressione. Tom guardava le sue lacrime senza espressione. Bill ormai singhiozzava senza avere niente da dire, o almeno avrebbe tanto voluto non avere niente. Si asciugò le lacrime.

- E'...stato bellissimo...Tom- Disse tra i singhiozzi. - Mi dispiace- Sussurrò e basta. Tom sospirò posando la chitarra dov'era prima. Lo prese e lo abbracciò stretto cullandolo.

- Ssshh, tranquillo..posso aspettare, ancora posso aspettare- Sì, ma per quanto ancora? Questo si chiedeva il moro. Dopo quel tempo che cosa sarebbe successo? Tom lo avrebbe abbandonato come avevano fatto tutti?  - Ti chiedo io scusa, non dovevo espormi troppo. Non mi immaginavo conoscessi questa canzone, pensavo di star facendo una cosa così, poi ho visto che piangevi e allora ho capito che stavo sbagliando, ma ormai era tardi. Mi dispiace, Bill, mi dispiace- Bill teneva ancora la testa appoggiata sul suo petto nasconendo gli occhi e accarezzandolo come per fargli capire che non ce l'aveva con lui.

- Fa niente, Tom- Disse alzandosi e pulendosi il viso con la manica della maglia. Sorrise battendo le mani sulle cosce. - Allora? Da dove iniziamo?- Tom si stupì di questo improvviso cambio di umore. Come era riuscito a trovare il sorriso in una frazione di secondo? Ma soprattutto: come aveva fatto con un senso di colpa non indifferente addosso? Meglio non chiedere niente.

- Da quello che vuoi tu. Abbiamo storia e tedesco come interrogazioni-

- Vada per tedesco- Si misero a studiare seriamente senza parlarsi. Era difficile, ma si imponevano di non cedere. Ogni tanto si lanciavano occhiatine...ma non potevano nemmeno sfiorarsi o sennò sarebbe andata a finire in tutt'altro modo. Dovevano impegnarsi. Quell'anno avevano la maturità!
Tom lasciò cadere l'occhio verso un oggetto che era appena rotolato ai suoi piedi: una penna. Cercò di fare finta di niente, mentre Bill si alzava mettendosi a gattoni per recuperarla. Cercò di tenere gli occhi lontani dal suo...fondoschiena. Certo, perché lui era un ragazzo per bene, tutto di un pezzo, non si faceva abbindolare da..da quei due problemini che erano proprio lì a portata di mano in quel momento. - Ma dove è finita?- Lo sentì gemere. - Tom, mi dai una mano?- Bill sussultò non appena sentì qualcosa sul suo sedere.

- Eccola- Si voltò trovandoci proprio la mano di Tom.

- Ma che accidenti fai, pervertito!?- Gliela schiaffeggiò e Tom rise roteando gli occhi al cielo. Si mise sotto il tavolo anche lui prendendo la penna e porgendogliela.

- Tieni-

- Grazie- Rispose fintamente stizzito il moro prima di rimettersi a sedere, come se non avesse lasciato il proprio fidanzato sotto il tavolo, il quale stava arrossendo a vedere le gambe accavallate di Bill. Erano così lunghe..fini...
Porca putt...!!
Abbiamo un piccolo problema!
Tom si impose di controllarsi. Bill era concentrato...riusciva a vedere che tra le labbra teneva un lapis mordicchiandolo un po' con i denti. Deglutì. Si avvicinò accarezzandogli una gamba. Il moro non si scompose. Tom sorrise maliziosamente salendo con la mano fino alla coscia. - Tom...- Gli piaceva, lo sentiva. Anche prima gli era piaciuta quella palpatina, ma ovviamente, da vera signorina che era, doveva prima recitare il ruolo di quella offesa e ferita nell'animo. - Tom..la mano-

- La vedo-

- Eh, anche io la vedo- Rispose un po' tremolante. Tom si mise in ginocchio costringendo Bill ad arretrare con la sedia per fare in modo che uscisse allo scoperto. - Ciao, amore- Tom rise per il nervosismo del moro facendo scorrere entrambe le mani più su andando più lento nella zona dell'inguine. Bill sussultò. Che gli stava succedendo? Tom baciò quella parte così vicina al cavallo dei suoi pantaloni. Bill non sapeva che fare, non sapeva come muoversi. Fremeva ad ogni tocco, stava sicuramente arrossendo ed era anche un po' imbarazzato. Però allo stesso tempo gli piacevano questo tipo di attenzioni. - Tom...-

- Amore?- Lo guardava innocente come un bambino. No, non si sarebbe fatto abbindolare. Tom si vide arrivare la copertina del libro in pieno viso.

- Direi che mi hai distratto abbastanza!- Il moro tornò ad aprire le pagine non calcolandolo più. Tom, con il naso dolorante, si rimise al suo posto.

- Guarda che mi hai fatto male...-

- Mh-mh- Non lo stava neanche ascoltando! Ingrato! Era troppo concentrato sulle righe. Il dolore Tom lo dimenticò quasi subito osservando Bill che scriveva sul suo libro, sottolineando cose importanti e riflettendo su cosa tralasciare. Era così sexy!

- Sì, però potevi risparmiartela quella cosa con il libro eh!- Insistette. Ancora niente. Si avvicinò un po'. - Ehi, ci sei?- Nulla. Niente e nessuno sembrava riuscisse a distrarlo in quel momento. - Bill, mi stai ascol..!!!- Sgranò gli occhi nel momento che sentì afferrare il proprio viso e una lingua familiare ficcata letteralmente in gola. Mugugnò per la sorpresa, e non ebbe neanche il tempo di realizzare che quel bacio finì nella stessa maniera rude nella quale era iniziato. Bill era poi nuovamente fermo, lo sguardo ancora fisso sulla carta. Tom non ebbe il coraggio di dire nulla, era stata un'attenzione abbastanza sufficiente e direi anche appagante. Poteva considerarsi soddisfatto. Sorrise girandosi anche lui verso il suo libro di tedesco. Passò un'altra mezz'ora circa, prima che Bill lasciò cadere nuovamente la matita. Tom per un attimo volle scherzarci su, ma voltandosi si accorse che c'era ben poco da ridere. Bill si era alzato in piedi e aveva una mano sul petto. Cercava di respirare, come se qualcosa lo stesse soffocando da dentro. Lo vide correre all'indietro per poi battere la schiena contro il muro opposto e accasciarsi in ginocchio. - BILL!!- Era riuscito a svegliarsi da quello stato di pietrificazione ed era corso nella sua direzione. Lo aiutò a mettersi in piedi, ma in quel momento ricevette una spinta. Bill non voleva il suo aiuto. Ma come poteva rimanere ad assistere impotente!? Bill corse via in direzione del bagno. Non fece in tempo a raggiungerlo che il moro aveva chiuso a chiave. Tom poté solo rimanere davanti alla porta a domandare cosa fosse successo tutti di un tratto. Sentì dei rumori strani. La tosse mista a conati di vomito. Doveva essergli presa davvero brutta.
Bill era dentro e piangeva. Le righe di sangue che attraversavano il bianco dei suoi occhi premevano come per scoppiare. La cosa che lo stava soffocando stava risalendo piano, mentre cercava di vomitare per sopravvivere. Non voleva che Tom lo sentisse, non voleva che Tom lo vedesse così. Quando sentì quel qualcosa essere abbastanza a portata di mano, si infilò un dito in gola tossendo un paio di volte e riuscendo ad afferrare qualcosa di viscido. Tirandolo fuori, sentì nuovamente le vie respiratorie libere. Lo gettò subito nell'acqua del WC senza guardare, il sapore del sangue in bocca. Sì, era un grumo di sangue non indifferentte. Ripresosi dal soffocamento, si lasciò cadere di spalle contro il muro opposto. Sentiva il sangue ancora fresco sulle sue labbra che tremavano. Si mise in posizione fetale a piangere. Aveva avuto paura, paura di morire davanti a Tom...aveva avuto tanta paura quella volta. - Bill...amore, tutto ok?- Tom era ancora lì e si stava preoccupando per lui. La parola "amore" tra loro era cominciata dal primo "ti amo" di Bill, e ormai era diventata come una virgola nelle loro frasi reciproche...una virgola con il suo importante significato. - Fammi entrare, ti prego-

- No...vai via...per favore- Sussurrò così piano, come un desiderio espresso a bassa voce, e infatti Tom non lo sentì.

- Bill, mi sto davvero preoccupando...rispondimi, almeno- Se non gli avesse risposto, Tom avrebbe chiamato un'ambulanza e avrebbe scoperto tutto. Tirò lo sciacquone mettendosi nella posizione più eretta che gli riusciva. Girò la chiave e aprì piano la porta imitando un piccolo sorriso. - Ehi...che è successo?- Domandò, come si chiederebbe ad un piccolo bambino che aveva semplicemente avuto un'indigestione. Il viso ancora più pallido di Bill fece rabbrividire Tom, che fino a quel momento credeva non fosse possibile giungere ad una gradazione così alta di chiaro. - Posso fare qualcosa?- Bill scosse la testa. Essa gli faceva male da morire.

- E' passato, Tom...è passato- Tirò su con il naso sentendo ancora il sapore ferroso del sangue in gola. - Adesso voglio solo tornare a casa e riposare, spero che non ti dispiaccia- Lo disse con rammarico. Dispiaceva più a lui che a Tom lasciare quella casa.
Tom annuì piano, non molto convinto, ma se era quello che poteva fare per farlo stare meglio, allora ok.
Improvvisamente sentirono la porta aprirsi.

- Tom, sei in casa?- La voce di Gordon.

- Sì, ma sto giusto per uscire- Bill lo guardò interrogativo.

- Dove va...oh, ciao- Salutò Bill con un sorriso che il moro si sforzò di ricambiare.

- Salve, mi chiamo Bill, ero venuto qui per studiare con Tom e adesso abbiamo finito, quindi vado a casa- Spiegò più brevemente possibile.

- Sì, ed io lo accompagno- Lo affiancò Tom. - Poi torno-

- Ok, è stato un piacere conoscerti, Bill-

- Altrettanto, signore-

- Chiamami pure Gordon-

- Ok...Gordon. Arrivederci- Si mise il giubbotto ed uscì seguito da Tom. - Sai benissimo anche tu che non è una mossa saggia accompagnarmi a casa!- Sembrò rimproverarlo Bill.

- E rischiare che tu faccia di nuovo una cosa come quella per strada!? Ma sei pazzo!?- Tom aveva ragione, Bill lo sapeva, ma voleva proteggerlo. - Tu non stai bene adesso, e non me ne frega proprio niente di quello che potrà dire o pensare tuo padre, è chiaro!?- Bill non rispose, e Tom si accorse di aver forse esagerato con il tono. Lo avvolse con un braccio stringendolo stretto. - Scusa, Bill...è solo che mi sono spaventato tanto, non puoi avere idea di quanto. Quando ti ho visto andare a sbattere contro la parete con quella violenza, ho temuto per un attimo ti fossi spaccato la schiena..- Bill neanche lo aveva sentito l'impatto. Si appoggiò a Tom. Si sentiva debole. Non riusciva quasi a tenersi in piedi.

- Tom, sto per..- Non riuscì a finire la frase che il cervello parve andare in stand-by. Chiuse gli occhi non percependo più nulla, se non la sua voce allarmata. Poi nemmeno più quella...
Tom se lo era sentito scivolare addosso ed era sussultato. Lo prese subito tra le braccia.

- Bill! Bill, mi senti!?- Nulla. Era svenuto. Doveva portarlo assolutamente a casa. Lo afferrò con un braccio sotto le spalle ed uno sotto le ginocchia tirandosi su e stupendosi di quanto Bill, alto come era, fosse molto leggero. Non lo sentiva quasi. - Ma cosa ti sta succedendo..?- Chiese guardando i suoi occhi chiusi. Notò le sue labbra. Erano secche e leggermente screpolate. Come poteva essergli presa tutta di un tratto così? Arrivò davanti casa sua dopo neanche 5 minuti di camminata con Bill in braccio. Bussò alla porta con qualche calcio, aspettando chiunque gli venisse ad aprire, pronto a litigarci se necessario. La porta si discostò rivelando una donna con i capelli biondi.

- Bill! Che gli è successo!?- Chiese allarmata avvicinandosi. - Che gli hai fatto?- Chiese, dando per scontato che uno come Tom non avrebbe mai potuto amare la persona che aveva tra le braccia.

- Io nulla, gliel'ho solo riportato a casa- Disse con tono più calmo e pacato possibile. - La prego, mi faccia entrare. Solo per adagiarlo da qualche parte, poi tolgo il disturbo, giuro- Christine lo squadrò ancora un po' diffidente, ma non vide malizia negli occhi del ragazzo davanti a lei, perciò lo lasciò passare. Tom si diresse da solo nel salotto mettendo Bill sul divano, sistemandolo a dovere: un braccio gli era caduto penzoloni, lo prese e lo riposizionò su. Sembrava senza vita e per Tom era struggente. Rimase a fissarlo un attimo deglutendo. Toccò la sua mano: era ancora calda. Si guardò indietro, Christine non c'era. Gliela baciò velocemente accarezzandogliela piano. - Ti amo, Bill. Se puoi sentirmi...ti amo- Sussurrò lasciandogli un piccolo bacio anche sulle labbra. Poi si alzò, gli diede un'ultimo sguardo. L'aria in quella casa era così fredda...doveva assolutamente trovare qualcosa per...

- Sei ancora qui?- Chiese Christine spuntando improvvisamente.

- Mi scusi, ha una coperta?- Christine rimase un po' perplessa per la domanda e rispose un po' balbettante.

- Sì..c-certo- Andò subito a prenderla non aspettando neanche che Tom gliela chiedesse specificamente. - Eccola- Vide Tom prenderla e spiegarla per poi adagiarla con cura sopra suo figlio. Rimase ipnotizzata da quel gesto così amorevole e pieno di attenzioni. - Come ti chiami?-

- Tom- Rispose tenendo gli occhi su Bill. Christine si avvicinò attirando quindi la sua attenzione.

- Tom scusami e...grazie infinite- Tom sorrise alla donna, che finalmente non lo guardava più storto. Senza dire niente si diresse alla porta di ingresso sotto lo sguardo di Christine, e con un'ultima occhiata al salotto, uscì. Quel giorno era stato bellissimo fino a quel maledetto intoppo. Non sapeva cosa aveva causato a Bill tale malessere, ma sperava gli passasse presto. Immaginava già che anche domani avrebbe saltato la scuola e non lo avrebbe visto. Quei piccoli momenti che passava con lui, però, li avrebbe custoditi nel suo cuore per sempre. Non credeva di potersi mai innamorare di un ragazzo. Con Bill non ci aveva neanche pensato che lo aveva baciato. Senza prese in giro, senza fraintendimenti. I loro sentimenti erano sinceri. E sapeva che anche la paura di quel pomeriggio lo era stata.

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Capitolo 8
*** La felicità uccide più della morte ***


La felicità uccide più della morte


Tom si era accorto, da quel giorno in poi, che la scuola stava cominciando ad essere pesante senza di lui. Bill lo aveva lasciato che stava male, e quello nemmeno si era curato di scrivergli per non farlo preoccupare. Non poteva avvicinarsi a quella casa, anche quando ci passava davanti e aveva una tentazione che pulsava nelle vene. Voleva poter fare qualcosa e invece...non ne aveva la possibilità, nessuno gliela dava questa benedetta possibilità!

- Ehi, Tom- Alzò lo sguardo dal banco distraendosi dai suoi pensieri e trovando Georg e Gustav che lo fissavano. Sospirò passandosi una mano sugli occhi.

- Ciao-

- E' da tanto che non ti si vede in giro...tutto a posto?- Chiese Gustav sedendosi al banco accanto. Tom annuì distrattamente. Era così stanco...voleva solo tornare a casa, spegnere le luci e risvegliarsi ad un'ora a caso del giorno o della notte senza rompimenti. - Tom, amico..- Il biondo cercò aiuto da parte di Georg con lo sguardo.

- Tom, vuoi parlarne?-

- Non ho nulla da dire- Rispose con un tono parecchio lamentoso.

- Dai, smettila di fare il bambino che hai 18 anni- Lo rimproverò amorevolmente il castano prendendosi una sedia e mettendosi accanto all'amico. - Tu hai un problema, ti si legge negli occhi, caro mio, e adesso ce ne parli- Tom sbuffò pesantemente accasciandosi sul banco. Voleva chiudere gli occhi, ci stava così bene...

- Bill- Solo quel nome, i due amici si guardarono complici.

- Che è successo?-

- Qualche giorno fa era venuto a casa mia per studiare, si è sentito male e l'ho accompagnato a casa sua. Era ridotto molto male, e poi non l'ho più sentito né visto, gli ho lasciato un sacco di messaggi che lui non ha nemmeno calcolato, avrò provato a chiamarlo cinquanta volte solo tra ieri e oggi, ma niente!- Georg e Gustav avevano capito da un po' i sentimenti tra i due. Bill e Tom si erano innamorati l'uno dell'altro, ormai era chiaro, però avevano intuito anche delle certe divergenze. Bill sembrava molto più prudente, senza affrettare le cose. Tom invece si era evidentemente complessato per questa mancanza e la voglia di sapere sempre di più che gli veniva negata. - Ammetto di essere preoccupato per lui, e forse...dico forse...non ho dormito molto in queste ultime notti, ma sto bene, non dovete adesso starmi qui a farmi la ramanzina, sono a posto- Non avevano intenzione di sgridarlo, ma solo di provare a chiarire le cose. Di aiutarlo, come i veri amici fanno. Non erano sua madre, potevano capirlo più di lei al riguardo. I sentimenti degli adolescenti vanno lasciati a loro, c'è poco da dire.

- Tom, è chiaro che lo ami- Andò giù Georg convinto di fare la mossa schiacciante. Infatti aveva fatto centro, e lo capì nel momento che Tom decise di dedicargli finalmente attenzione. - Non voglio prenderti in giro, sono felice per te e posso capire come ti senti..-

- Seh, certo- Sbuffò Gustav.

- Cosa stai insinuando?!-

- Georg, te non hai mai avuto una ragazza...neanche una!-

- Beh, perché, tu sì!?-

- Almeno alle elementari, dio santo!- Georg si offese.

- Sei un'ipocrita!- E si girò dall'altra parte. Gustav sospirò. Che pazienza gli toccava avere!

- Tom, la verità è che tu sei preoccupato così perché lo ami e vorresti sapere, ma credimi, la pazienza saprà ripagarti-

- Gus, non ho deciso di ascoltarti per sentirmi fare discorsi da evangelista!-

- Non sono discorsi da evangelista, Tom- Rispose calmo. - E' la verità pura e semplice. Tu devi solo continuare ad aspettare, per adesso hai fatto il possibile. Vedrai che se deve essere, sarà- In quel momento suonò la campanella di fine lezione e i due se ne andarono, o meglio, Gustav se ne andò con Georg dietro che insultava la sua religione con: "stupido evangelista che non sei altro", ma ormai ci aveva fatto l'abitudine. Il biondo non se la prendeva nemmeno, era una cosa per ridere tra amici, ai quali sembrava una religione così strana. Tom rise un po' a quella scena ma poi guardò l'orologio: ancora due ore e quel tormento sarebbe finito. Venne chiamato a tedesco come se non bastasse. Andò bene per fortuna, ma immagini di quel pomeriggio si fecero vivide nella sua mente, e più volte si era inceppato con la lingua rischiando di perdere il filo del discorso. Vabbé, la sufficienza almeno c'era. Si intascò anche quel voto e aspettò la fine delle lezioni senza più essere importunato. La campanella suonò e si alzò con lentezza. Non aveva motivo di fare più in fretta degli altri, infondo era una cosa stupida correre per uscire per primi.
Una volta per strada, le sue gambe le sentiva pesanti e le trascinava così tanto per. Arrivato a casa, non mangiò nemmeno e andò a dormire. Non calcolò nemmeno Simone che se ne andò subito nella sua stanza. Come toccò il letto, cadde in un sonno profondissimo.
Quando riaprì gli occhi, guardò l'orologio: le 16:00...AVEVA DORMITO SOLO DUE ORE!? Ma come era possibile!? Sembrava passato chissà quanto, e il bello era che non aveva nemmeno più sonno, come ricaricatosi. Si alzò pensando bene di andare a farsi un giro, tanto per schiarirsi le idee, per distrarsi oppure pensare ancora di più ai suoi problemi.

- Tom, dove vai?- Domandò Gordon seduto sul divano insieme a Simone a guardare un programma in tv.

- Esco a fare una passeggiata, torno tra qualche ora- I due annuirono e lui si sentì libero di andare. Il cielo era grigio, le nuvole erano a pecorelle, il che non era un buon segno ma non gliene importava nemmeno. Il vento soffiava e chiunque si sarebbe pentito di indossare un semplice giubbotto di pelle, ma lui non lo sentiva tutto quel freddo. Le strade improvvisamente sembravano deserte, ed i rumori, sia lontani che vicini, quelli che normalmente nessuno avrebbe sentito, adesso erano più chiari e udibili: il canto degli uccelli, qualche chiacchiericcio qua e là e il suo cuore battere non appena pensava a quegli occhi che gli mancavano da morire. Era triste, sì. Tom Kaulitz era triste, di una tristezza che non aveva mai provato. Una di quelle che non ti fa disperare, ma che ti fa sospirare al cielo senza che tu capisca realmente il perché, anche se dentro di te lo sai ma ti stanca ammetterlo. Appunto, quella tristezza che ti fa sentire stanco, che ti fa venire voglia di stare solo e di non parlare con nessuno. Quella tristezza vuota ma che aveva un mondo da raccontare. Praticamente quella tristezza che si prova quando si sente che un amore è irrealizzabile, quando si comincia a credere di non poter fare più nulla anche se vorresti farlo con tutto te stesso. Vorresti combattere, ma sai che senza una spada è un po' difficile vincere. Era senza armi, ma ugualmente voleva fare l'eroe. Si sentiva patetico.
Poi un'ombra...
Sussultò. Corse a perdi fiato. Era sicuro! Lo aveva visto! Era lì! - Bill!- Urlò svoltando l'angolo, ma esso era sparito. Si fermò a riflettere e riprendere fiato mentre si guardava attorno. Ma come era possibile, un attimo fa era lì. Improvvisamente ancora lo vide dall'altra parte della strada che svoltava in una stradina che potrava verso l'alto. Non perse tempo e gli andò dietro. - BILL!- Questo si fermò e si voltò. Il cuore di Tom prese a battere forte riconoscendo quel viso. Aveva solo una felpa addosso, era pazzo ad uscire così? - Ehi...- Il suo sorriso si spense. Perché Bill lo stava fissando senza accennare un movimento? Si avvicinò piano. - Bill, sono Tom-

- Sì, non potrei mai non riconoscerti- Disse. Sembrava triste di questo, però. Cioè...lui era triste perché sarebbe stato in grado di riconscerlo. - Che vuoi?-

- Bill, come che voglio!? Voglio parlarti, voglio vederti, voglio stare con te! Ti senti male a casa mia e poi sparisci per quasi due settimane, e mi chiedi cosa voglio!?-

- Quello che vuoi non è possibile- No, era stanco di sentirlo, basta. Lo prese per le spalle costringendolo a voltarsi verso di lui completamente, in modo che vedesse che adesso ne era pieno fino alle scarpe di questa cosa.

- Perché!? Mi vuoi dire perché!?-

- Non ti basta sapere che non possiamo e basta!? A cosa ti servirebbe una giustificazione!?-

- Magari a dormire la notte! E questa sarebbe una cosa inutile rispetto a tante altre cose per le quali mi servirebbe! Ma non capisci che non puoi giocare con le persone così!? Prima dici di amarle, poi in un minimo momento di difficoltà, paura o sconforto, lasci tutto, e pretendi pure che questa suddetta persona capisca e ti lasci stare! Beh, fino a prova contraria ho anche io un cervello e un livello di sopportazione che hai già superato da un pezzo, Bill Trümper!!- Le parole erano venute fuori da sole, impetuose come un fiume privato improvvisamente della diga e pronto a scorrere nuovamente senza un freno. Gli occhi di Bill divennero lucidi e Tom sussultò accorgendosi troppo tardi del suo errore.

- Allora vattene- Sussurrò con disprezzo Bill prima di girare i tacchi e continuare per la sua strada. Tom in quel momento si rese conto di aver avuto sempre delle armi a sua disposizione, ma l'aveva appena utilizzate sulla persona sbagliata. Gli corse dietro, non poteva lasciarlo andare via così. Lo prende per un braccio.

- Bill, aspetta!-

- Lasciami, Tom...adesso sei tu a non capire-

- Sì, è vero non capisco. Non capisco perché mi vuoi respingere, non capisco perché piangi quando me lo dici...però...però capisco che ti amo troppo e che mi dispiace. Ti amo così tanto che mi sono tormentato fino a credere di odiarti, ma io non ti odio, Bill, non potrei neanche se volessi- Bill abbassò lo sguardo.

- Neanche io ti odio..- Stava piangendo. - Ti amo da morire- Continuò singhiozzando.

- Allora perché vuoi che me ne vada?-

- Perché la felicità mi ucciderebbe- E tu sei la mia felicità, Tom...

Il rasta non se la sentiva di insistere. Aveva rischiato di perderlo, e non voleva più una cosa simile. Bill non era pronto per parlare e Tom non aveva quella stronzaggine per lasciar perdere e andarsene, mollandolo sotto la tempesta di vento e di gocce di pioggia che avevano cominciato a cadere. Questo perché lo amava ancora, lo aveva sempre amato, anche quando pensava di odiarlo. Si sentì prendere per mano e alzò lo sguardo. - Finché saremo insieme, finché saremo felici, tu non avrai bisogno di sapere. Io non ti chiederò niente e tu non mi chiederai niente...e staremo bene- Fino a quel momento staremo bene, Tom.

- Allora mi perdoni?- Bill annuì.

- Ti perdono, ma solo se tu perdoni anche me- Tom sorrise abbracciandolo stretto.

- Tutto...ti perdono tutto- Il freddo parevano non sentirlo. Non era una cosa rilevamente in quell'abbraccio che era mancato ad entrambi. - Dove stavi andando?-

- All'orfanotrofio qua sopra- Si guardò indietro e Tom alzò la sua visuale vedendo una costruzione abbastanza grandicella. - Vuoi accompagnarmi?- Non sapeva che cosa ci doveva andare a fare, ma non aveva alcun impegno, e se lo avesse avuto lo avrebbe buttato all'aria volentieri pur di stare con Bill qualche ora.

- Va bene- Salirono fino in cima e Bill suonò il campanello annunciando la sua presenza. Appena misero piede lì dentro, si sentirono un botto di voci di bambini e bambine che accorsero subito gridando: "C'è Bill!" "Ciao, Bill" "Evviva, è arrivato Bill!". Il moro si mise in ginocchio con un sorriso per abbracciare una di loro. Avrà avuto cinque anni. Erano così piccoli, abbandonati a loro stessi, senza né madre né padre.

- Ciao, piccoli, come state?-

- Bene!- Risposerò in coro.

- Ci leggi una storia? Katrin non vuole!- La ragazza si palesò.

- Oh, ciao, Bill. Meno male sei arrivato, mi dovresti dare una mano. Me li puoi tenere un po' mentre preparo loro la merenda?- Bill annuì.

- Certo, Katrin, fai pure tranquilla- Tom capì che per Bill quello era un ambiente abituale. Non era la prima volta che ci veniva, e dire che lui invece non lo aveva neanche mai visto questo orfanotrofio. - Andiamo in un'altra stanza e lasciamo Katrin in pace, mh?- I piccoli si incamminarono, e Bill li seguì con la stessa bambina di prima che lo teneva per mano. Chiusero la porta. - Fa freddo oggi, eh?-

- Infatti Katrin non ci ha fatti uscire!- Protestò uno di loro.

- Ma chi è lui?- Una bambina indicò Tom che si sentì chiamato in causa.

- Oh, lui si chiama Tom ed è una persona molto speciale, sapete?- Rispose Bill, e i bambini si incuriosirono.

- Ha i poteri?- Domandò uno.

- Qualcuno sì- Rispose Bill con un sorriso sghembo.

- Che poteri hai?- Tom si sentì un po' impacciato, perciò intervenne Bill.

- Beh, vedete, non potete capirlo finché non crescerete- Spiegò loro Bill e alcuni dei piccoli misero il broncio. - Ce lo avete anche voi questo potere, ma dovete prima trovare una persona per usarlo-

- Una cavia?- Chiese uno, e sia Tom che Bill scoppiarono a ridere.

- No, amore, no- Lo corresse subito Bill. - Una persona che ve lo farà usare senza che voi ve ne rendiate conto- Vedendo i bambini un po' confusi, Bill decise di spiegarsi meglio. Si sedette a terra. - Qualcuno vi ha mai detto cos'è l'amore?-

- L'amore...è quando due persone si vogliono bene-

- Bravo Klaus, esatto. Beh, l'amore è un potere molto forte e se lo possedete nel vostro cuore, siete già forti- Ai piccoli piaceva molto stare con Bill perché adoravano sentirlo parlare, le cose che insegnava loro, perché prima non capivano mai e alla fine tutto era loro più chiaro e capivano tutto. Bill parlava delle cose sempre in una maniera nuova e inesplorata, con un linguaggio che nessuno in quell'istituto aveva mai adottato con loro, ma Bill li riteneva dei bambini intelligenti, e lo erano davvero.

- Quindi lui ha il potere dell'amore?- Concluse Sarah, la piccola che teneva in braccio. Bill rise vedendo Tom arrossire e annuì. - Wow...quindi è una persona forte-

- Molto forte- Rise Bill.

- E chi è la cavia?- Azzardò quello di prima facendo ridere nuovamente i presenti. Tom a guardarlo gli ricordava Georg: cocciuto come un mulo, proprio. Solo che la differenza è che quello era un bambino di massimo 7 anni, lui ne aveva 18...

- E' qui tra di voi, piccoli- Bill diede loro un indizio e i bambini cominciarono a guardarsi intorno, finché Sarah concluse sgranando gli occhi.

- Sei tu!- Lo indicò. Bill annuì.

- Indovinato-

- Tom ha usato il potere dell'amore su di te?- Domandò Sebastian.

- Tom non ha fatto proprio niente, sono io che mi sono innamorato di lui. Quando avete l'amore dentro, anche gli altri vi ameranno...capito? Non dimenticatelo mai. Se voi odiate, sarete odiati; se voi amate, sarete amati- I piccoli erano contenti di avere imparato una nuova cosa. - Poi ci saranno delle persone che vi odieranno anche senza conoscervi- Disse con un certo dispiacere nel vedere quelle facce dolci rattristirsi.

- E noi cosa dobbiamo fare?-

- Ignorarli, tesoro. Chi vi odia non vi merita- Tom si sedette accanto a lui e i bambini concentrarono la loro attenzione su entrambi.

- Ma quindi lui è il tuo ragazzo?- Chiese Kaila.

- Sì-

- Due maschi insieme?-

- E chi ha detto che solo un maschio e una femmina possono stare insieme?- Chiese con un sorriso. Non era un rimprovero, voleva sapere solo cosa pensavano.

- E' che Katrin mi ha detto che i miei genitori erano un maschio e una femmina...- Rispose la piccola.

- Anche a me-

- Anche a me-

- Ehm...- Si palesò un altro. - I miei erano due maschi..me lo ha detto Katrin- Disse timido. Doveva essere un segreto che teneva dentro per non essere preso in giro, Bill lo aveva capito.

- Visto? Lukas aveva due papà- I bambini si voltarono verso Lukas emettendo un verso stupito e sorpreso, quasi ammirato. Per loro era una cosa nuova.

- Ma anche il vostro bambino avrà due papà?- Chiese Melika. Bill e Tom arrossirono.

- Ehm...probabilmente sì- Rispose Bill.

- Ma se siete due maschi come lo fate il bambino?- Bill era a corto di risposte sinceramente.

- Noi non possiamo- Rispose Tom per lui. Bill non se l'aspettava essendo che era rimasto taciturno per tutto il tempo. - Bill ed io non abbiamo gli organi dentro di noi per avere un bambino, ma a cosa ci serve un altro bambino? Abbiamo voi, direi che bastano- Bill sorrise teneramente e si sporse lasciandogli un bacio sulla guancia. I bambini non rimasero straniti, ma anzi, li avevano trovati adorabili.

- Possiamo essere i vostri bambini?- Chiese Lukas. Bill annuì.

- Certo, per tutto il tempo che volete- I piccoli esultarono e per poco i due non si commossero. Questi bambini erano così felici di avere finalmente qualcuno... - Fosse per me, vi porterei tutti a casa- Disse Bill fermando il baccano. Allargò le braccia e cercò di abbracciarli tutti per quanto possibile. Si stupì vedendo Tom inginocchiato dall'altra parte a chiudere il cerchio. - Vi amo a tutti-

- Anche noi ti vogliamo tanto bene, Bill...e vogliamo bene anche a Tom- Rimasero così. Tom ormai si era sentito parte di quel piccolo cerchio di cui fino a quel momento aveva ignorato l'esistenza. Dopo quell'enorme abbraccio, cominciarono i giochi. Tom e Bill si divertirono un mondo con i bambini. Katrin portò loro la merenda e si misero a mangiarla seduti.

- Qual'è il vostro più grande desiderio?- Chiese Bill ai piccoli. Gli piaceva vederli creativi, vederli riflettere. Non importava cosa tiravano fuori, ma era importante invece che fossero loro stessi.

- Il mio era di avere una famiglia, ma adesso ce l'ho- Rispose Sarah addentando il pane e nutella. Bill le diede un bacio sulla fronte e Tom sorrise intenerito.

- Il mio è diventare uno scienziato, fare tantissimi esperimenti- Disse Sebastian...quello della cavia.

- Io vorrei tanto essere una principessa con castello tutto mio-

- Io desidero di poter andare sulla Luna-

- A me piacerebbe mangiare tutti i dolci che voglio senza che mi faccia male la pancia- Alcuni fecero ridere, altri erano seri e ben pensati. Bill apprezzò molto questo sforzo e spontaneità da parte loro. - E tu, Bill?-

- Io?- I bambini annuirono. - Beh...- In quell'istante gli venne un capogiro abbastanza forte, e stava rischiando di cadere perfino dalla sedia, se Tom non se ne fosse accorto prendendolo appena in tempo. I piccoli si erano spaventati. - Sto bene, sto bene..- Sussurrò a Tom rimettendosi seduto composto. - Tranquilli, bambini, solo un giramento di testa. Cosa dovevo dire? Ah, il mio sogno. Ho sempre sognato di innamorarmi...e come vedete il mio sogno si è avverato- Tom sorrise arrossendo un po'.

- E il tuo, Tom?- Si sentì un po' preso di sorpresa, ma in verità se lo aspettava.

- Mmh...sapete, io ho una chitarra a casa che so suonare, se avessi saputo che sarei venuto qui ve l'avrei portata. Comunque fin da piccolo mi sono sempre immaginato su un palco a poter suonare, a fare un po' di Rock'n'roll. Infatti dopo il liceo mi iscriverò all'università di musica- Fece tutto soddisfatto. Era l'ora di cena, dovevano andare. - Bill, io credo di dover...-

- Anche io, non preoccuparti- Salutarono i bambini, promettendo loro di tornare presto. Uscirono dall'edificio ridendo ignorando il freddo gelido che li avvolse e pensando alla giornata bizzarra che avevano appena trascorso.

- Tu...tu sei assurdo, Bill Truemper- Bill rise e lo guardò.

- Io assurdo?-

- Sì, non avevo mai conosciuto una persona come te prima d'ora...e ti amo- La risata lusingata di Bill si arrestò di colpo voltandosi verso Tom che lo guardava con occhi sinceri. - Hai sentito bene, ti amo- Tom gli prese le mani. Bill aveva il cuore che gli stava esplodendo nel petto. - Quei bambini non potevano trovare persona migliore di te...- Bill sorrise arrossendo. Tom lo trovò adorabile. Bill era stato adorabile tutto il giorno. Non poteva immaginare che l'orfanotrofio fosse uno dei suoi passatempi...lo aveva sorpreso, ma d'altronde lo faceva ogni giorno.

- Ed io non potevo trovare persona migliore di te...e ti amo- Si avvicinarono per baciarsi, ma un rumore dietro di loro glielo impedì. Alzarono lo sguardo verso le finestre dell'istituto: una fila di bambini a guardarli. Bill roteò gli occhi al cielo con un sorriso mimando loro con le labbra un "andate a mangiare". Fu subito ascoltato, un attimo dopo non c'erano più. - Dove eravamo rimasti?- Tom sorrise e lo baciò sollevandolo per prenderlo in braccio. - Ehi, che ti viene in mente?- Chiese ridendo.

- Ti porto a casa-

- Tu sei pazzo, Tom Kaulitz-

- Pazzo di te-

- Smettila con queste frasi ad effetto, non ne hai bisogno- Fece Bill con un sorriso sghembo. Tom fece il finto offeso.

- Frase ad effetto? Vuoi vedere se è davvero una frase ad effetto!?-

- Tom cosa vuoi...AH!- Cacciò un urletto non appena Tom cominciò a correre con lui in braccio. Si tenne più stretto mentre il vento gli scompigliava i capelli. Lo amava troppo. Non poteva rinunciare alla sua felicità...anche se ne aveva paura.

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Capitolo 9
*** Leukämie ***


Leukämie

- Mamma, ti prego-

- No, Bill, è fuori discussione! Tu non puoi andare con quei ragazzi!- Bill era da più di un'ora che stava cercando di convincere sua madre a mandarlo con Tom e gli altri al Luna Park. Stava bene, si sentiva al cento per cento, e poi non era mai stato a nessun Luna Park, fin da quando era piccolo. Era curioso di sapere come fosse, ma cazzo, pure quello volevano impedirgli! - Ascolta, se tuo padre lo venisse a sapere, hai idea di quanto si arrabbierebbe?! Soprattutto con me che ti ho permesso di farlo-

- Ma mamma, non potete tenermi imprigionato qui dentro! Io ho una vita là fuori! Mi sento più vivo quando esco da questa casa, piuttosto che quando ci rimango!- Vedendo che Christine non lo calcolava, decise di calmare i toni. Fece qualche respiro. - La verità...è che qui dentro io mi sento già morto- La vide sussultare e finalmente voltarsi per ascoltarlo. - Mamma, ti prego...almeno tu, almeno la persona che mi ha pianto tra le braccia...non rendere gli ultimi momenti della mia vita inutili. Io voglio vivere, ci sarà tempo per morire, e lo sai anche tu- Christine non poté fare altro che rimanere sorpresa dai discorsi del figlio. Sapevano fare breccia nel suo cuore come una pugnalata. Si sentiva impotente e a volte si domandava che cosa avesse mai fatto per creare una creatura mistica come quella. Aveva sempre pensato che suo figlio fosse particolare, ma a volte stupiva anche lei e non poco. Sospirò abbassando lo sguardo.

- Tu...vuoi rivedere quel tale, Tom, giusto?- Questa volta fu Bill ad essere colto di sospresa.

- Co-come lo...?-

- Quando ti sei sentito male, Tom ti ha portato a casa...ed ho sentito delle parole e visto delle cose...- Bill pareva confuso, ma stava solo avendo un lento quanto asfissiante infarto. - Bill, lui ti ama...e anche tu- Aveva capito tutto. E adesso che voleva fare? Lo avrebbe detto a papà? - Tranquillo, tuo padre non saprà niente- Disse lasciando trasparire un sorriso. - Però, Bill, dio santo...proprio lui?- Domandò ridendo e anche Bill allora rise annuendo.

- Sì-

- Ma i capelli...come fa a tenerli in quel modo?- Bill scoppiò letteralmente in una risata.

- Non lo so, ma...a me piace anche così- Era bello poter parlare con sua madre così serenamente di Tom. Adesso non doveva più nasconderlo e ne era felice.

- E com'è?-

- Beh, mamma...lui è...l'unica persona che è riuscita e sta riuscendo a farmi affrontare la malattia con il sorriso. E' grazie a lui, mamma, se mi vedi sorridere...solo e soltanto grazie a lui- Christine sorrise commossa prendendo la mano al figlio per poi stringerlo in un abbraccio.

- Se io non ti lasciassi andare?-

- Scapperei- Rispose sincero, non temendo per niente che alla madre potesse prendere la pazzia di sbarrare le finestre e la porta di casa. Christine interruppe l'abbraccio lentamente.

- Sei cresciuto tanto, Bill- Gli accarezzò i capelli e il viso. - Vai, amore mio, vai e non voltarti indietro, però se dovesse succedere qualcosa, anche la minima, ti prego di chiamarmi. Non potrei vivere con un senso di colpa enorme- Bill annuì e andò a mettersi il giubbotto di pelle per uscire. Sentì un clackson e sorrise al vedere Tom al volante di una macchina che lo stava aspettando. Christine affacciandosi rimase un po' scossa, ma poi sbuffò arresa. Era già tutto pronto, mancava solo il suo sì. Bill corse dentro la vettura facendo a cambio con Georg per andare nel posto del passeggero, e sfrecciarono via.

- Questa macchina? E' la prima volta che la vedo- Fece Bill dopo avergli dato un bacio per salutarlo con tanto di occhiatina complice tra Georg e Gustav.

- E' mia- Rispose fiero.

- E' tua!? Wow, finalmente tua madre si è decisa-

- Beh, in realtà l'ha convinta Gordon. Diceva che sembravo John Lennon prima che diventasse famoso e camminava ancora per le strade, ma non so bene cosa intendesse dire- Bill rise. Beh, in effetti vedere un ragazzo che camminava con la chitarra sulla schiena per strada, era una cosa che non si vedeva più dagli anni '60. - Comunque questo gioiellino è una splendida Audi R8, proprio quella che volevo- Fece con occhi sognanti.

- Ehi, McQueen, guarda la strada o non si sa se saluti prima la tua R8 o noi- Lo riprese Georg, e Tom lo ammonì con una pacca sul ginocchio. Bill si sentiva già euforico, e il tutto era appena cominciato. Non gli importava se tornato a casa suo padre lo avrebbe sgridato. Non gli importava proprio di niente. Avrebbe difeso sua madre perché doveva ringraziarla per il permesso. Appena intravide le giostre luminose a distanza, balzò sul sedile tutto contento. - Bill..- Georg lo vide, ma non aveva il coraggio di dirgli niente. Capì da solo quella reazione così spontanea e felice: Bill non era mai stato in un posto del genere, mentre per loro era abituale quasi rispetto a lui. Appena Tom parcheggiò, tutti scesero tranne lui.

- Amore, dai, muoviti- Lo supplicò Bill che saltellava come una bambina in attesa del suo zucchero filato. Ma Tom doveva fare i "dovuti controlli" prima di abbandonare l'altra sua bambina. Poi finalmente scese e Bill lo prese sotto braccio trascinandolo letteralmente all'interno della fiera sotto le risatine di Georg e Gustav. Bill era estasiato. Vedeva le persone, vedeva i sorrisi, vedeva vita in un posto che agli altri sarebbe sembrato un normalissimo Luna Park per passare qualche ora. Vedeva i bambini correre di qua e di là, le montagne russe dalle quali provenivano urla di adrenalina, le luci accecanti e il profumo di qualsiasi leccornia desideravi. Tom lo osservava: il suo sguardo assorto e sorpreso, i suoi sorrisi senza un apparente motivo, e si domandava perché. Sapeva che non era mai stato ad un Luna Park, ma una reazione del genere gli sembrava esagerata quanto affascinante. Sì, perché Bill pareva uno di quei bambini nati ieri in fatto ad esperienze, e che doveva ancora scoprire il mondo. Sorrise e lo tirò a sé baciandolo di sorpresa. - Grazie, Tom- Gli sussurrò. Un punto interrogativo si formò nella sua mente, ma lo mandò via: non doveva chiedere. Se non chiedeva era meglio. Un giorno avrebbe saputo e allora tutto sarebbe stato più chiaro, ma adesso era meglio vivere e basta. - Che facciamo per prima?!- Chiese saltellando. La gente lo guardava, ma non gliene poteva fregare di meno. Lui adesso era felice...e la paura della felicità si era ridotta ad un briciolo nel suo cuore.

- Quella che vuoi...- Bill lo tirò da un'altra parte mentre Georg e Gustav stavano loro dietro aspettando la decisione di sua maestà Queen B.

- Questa mi sembra bellissima- Fece tutto fiero e convinto della sua scelta. Tom alzò lo sguardo accorgendosi che c'era solo il cielo. Allora lo abbassò di qualche centimetro trovando davanti a sé un treno a forma di bruco...no...NO! TUTTO MA IL BRUCO MELA NO!
Georg e Gustav cominciarono a ridere con la paura di non fermarsi più, beccandosi una fulminata da parte di Bill che li fece smettere solo con lo sguardo. - Tom, mi stanno prendendo in giro!- Fece falsamente offeso dalla cosa. Tom era ancora rosso in viso...doveva salire lì? - TOM!- Si risvegliò con una pacca da parte del moro che lo fissava aspettando una qualsiasi reazione.

- Ehm...sei sicuro?- Fu l'unica domanda che gli venne in mente. Sperava in tutti i modi cambiasse idea, ma davvero! Però l'annuire di Bill distrusse totalmente le sue speranze. Sospirò. Guardò il bruco, poi Bill, poi di nuovo il bruco...rabbrividì. Sospirò ancora. -...sicuro sicuro?-

- Eddai, Tom! Sennò che siamo venuti a fare, a guardarci intorno?-

- No, ma...-

- Perfetto, vedi che siamo d'accordo? Andiamo- Lo prese nuovamente sotto braccio e Tom si stava sentendo un cane da passeggio, mentre intanto voleva tagliare le gole a Georg e Gustav che non la smettevano di ridere. Si ritrovò davanti alla cassa in un nano secondo con un omone sulla cinquantina che lo fissava.

- Ehm...no, io non posso farlo- Fece retro front. - No, Bill, è inutile che mi guardi così, non lo faccio!-

Cinque minuti dopo...

- Bene, siamo tutti a bordo, quindi si parteeee- Disse la voce che annunciava la partenza del bruco mela. Tom per tutto il tempo si tenne la visiera del cappellino abbassata sugli occhi. Si vergognava così tanto...però lo aveva fatto per lui. Bill al contrario era contentissimo, guardava fuori come se da lassù, che saranno stati quei 5 metri di altezza, potesse già vedere il mondo. Tom aveva provato a fare lo stesso, ma era impossibile! Dio, era su una giostra per poppanti! Già...era su una giostra per poppanti...con Bill...che rideva...e gli bastava questo. Bill si divertiva perché non aveva mai avuto niente dalla vita. Lo capì in quel momento lì. Che mostri i suoi genitori, si ritrovò a pensare. - La corsa è finita- I suoi pensieri vennero interrotti da quella stessa voce che adesso aveva annunciato l'arrivo.

- E' stata bellissima, dillo che ti è piaciuta!- Fece tutto contento Bill.

- Sì...- Non lo disse per farlo contento, lo disse perché in fin dei conti non era stato male. Scesero da quel trenino, e nonostante tutto Tom lo guardò promettendosi che quella sarebbe stata la prima e l'ultima volta.

- Beh? Piaciuta?- Disse Gustav ancora con le lacrime agli occhi, mentre Georg stava trattenendo un'altra risata da sbattergli in faccia.

- Ehi! Non lo prendete in giro!- Si voltarono tutti e tre verso Bill che aveva goffiato le guanciotte come un bambino di tre anni e li guardava male. - E senti, Tom, se non ti è piaciuto puoi dirmelo, non c'è bisogno di mentire- Fece poi a lui con una presenza più consona alla sua età.

- Bill, ammetto che questo non è esattamente il mio tipo di giostra, e prometto qui davanti a te che la farò chiudere se la rimettono l'anno prossimo...- Bill tuttavia rise. - Però mi è piaciuta, perché nonostante non vedessi l'ora di scendere, c'eri tu lì con me...e comunque sono convinto che la gente guardava più te che me-

- E come mai ne sei così sicuro?- Chiese Bill con le mani sui fianchi. Tom chinò lo sguardo indicando in direzione della cassa dove si vedevano le foto scattate alle persone che avevano appena fatto la giostra. - BEH!?- Tom era come sempre con la visiera davanti e non gli si vedeva il viso, Bill invece aveva le braccia alzate e sembrava esultare come se la Germania avesse vinto i mondiali. - NON E' DIVERTENTE!- Era stato inutile. La risata delle due G stava ormai espandendosi una seconda volta. Bill non ne poteva più, così se ne andò alla cassa con passo deciso e tornò sbattendo loro un foglio plasticato in faccia. Era la foto fatta formato A4.

- AHAHAAHAHAHAHH!!!- Perfino Tom non si trattenne dal ridere, quindi alla fine anche Bill sciolse il broncio scoppiando anche lui in una risata.

No, non sarebbero mai cambiati...

***

Bill guardava con timore l'ultima giostra che avrebbero dovuto fare. Le aveva rette tutte, ma su quella sentiva che ci sarebbe morto. Aveva questa specie di...sensazione, presentimento, PROFEZIA!? Era ansia la sua, nulla di più. Era una palla enorme che veniva lanciata a oltre trenta metri di altezza. Una fionda per esseri umani. Due posti, una morte assicurata almeno. Bill deglutì. Essere rinchiuso in una gabbia a forma di palla, tenuta da due corde elastiche, ed essere fiondato ad un'altezza da capogiro...no, addio Bill.

- Tom, io non ho ancora fatto il testamento, però- Disse non staccando gli occhi dall'attrazione. Tom rise. Ormai avevano i due biglietti, non potevano più tornare indietro. - Ho paura- Ammise sinceramente, e Tom smise di ridere. Bill stava letteralmente tremando. - Ho paura- Ripeté, come se Tom non lo avesse già sentito alla prima. Il rasta lo abbracciò. Erano ormai in mezzo alla fila, neanche volendo sarebbero potuti retrocedere: era pieno!

- Ehi, ascolta, ci sono Georg e Gustav prima di noi. Quando scendono ci facciamo dire come è andata e se si sono divertiti, vedrai che ti divertirai anche tu- Bill tirò su con il naso.

- E se non si divertiranno?-

- Tu non ci metterai piede, torniamo indietro...mh?- Bill annuì, ma non si staccò da lui.

- Pss- Tom alzò lo sguardo. Georg davanti a lui li guardava e gli mimò con le labbra: "paura?". Lo chiedeva seriamente, non voleva prendere in giro Bill, lo capiva. Tom annuì e Georg sospirò. Si avvicinò abbassandosi un po' in modo che il moro lo vedesse. - Bill, tutto a posto? Hai paura?- Bill annuì ancora. - Anche io ce l'avevo la prima volta, ma stai sicuro che la amerai- Bill sorrise sentendosi rassicurato e si rimise accanto a Tom. Non era ancora convinto, ma lo avrebbe fatto per Tom. - Andiamo prima io e Gustav...oh, sta a noi, a dopo!- Corse sulla piattaforma e si mise su un posto e Gustav a quello accanto. L'uomo addetto controllò che fossero ben assicurati e poi chiuse la gabbia palla. Le corde presero a tirarsi e a Bill stava crescendo la tensione. Nel momento che vennero sparati in aria sussultò e si tappò quasi la bocca con la mano per non urlare. La palla si era quasi ridotta ad un punto da quanto era arrivata in alto. Girava su sé stessa, rimbalzava circa un tre volte e poi la giostra era finita. Era la giostra più costosa del Luna Park, ma nessuno se ne lamentava perché dicevano tutti che il brivido ne valesse la pena. Georg e Gustav scesero un po' traballanti. - Aiutatemi a tenermi in piedi- Rise il castano andando verso l'uscita e facendo un occhiolino a Bill. L'uomo fece scorrere la fila e loro salirono. Bill entrò un po' titubante e appena gli fu abbassata la protezione si sentì come in trappola, quasi senza ossigeno. Gli venne messa anche una cintura che venne stretta abbastanza.

- Ehi...tutto a posto?-

- No- Rispose con la paura che gli stava facendo quasi salire le lacrime. La gabbia era ormai chiusa e le corde avrebbero cominciato a tendersi ai momenti.

- Siamo ancora in tempo, se vuoi fermo tutto e scendiamo-

- No...va bene così. Dimmi...la prima volta che ci sei salito tu-

- La prima volta mia è stata epica, Georg dovette trascinarmici a forza! Ho urlato tutto il tempo, ma una volta sceso mi sono detto che la dovevo assolutamente rifare, e da quel momento in poi...per tutti gli anni sono passato di qui- Bill rise lasciando che una lacrima abbandonasse il suo occhio.

- Tom...vorrei tenerti la mano, ma...- Le corde stavano già tirando. -...ho paura- Il rasta vide che le sue mani candide stringevano sulla protezione e tremavano. Allungò quindi una sua mano e prese quella di Bill.

- A maggior ragione devi tenermi la mano allora- Bill la strinse forte e chiuse gli occhi. Al momento del lancio gli mancò il respiro letteralmente, la pancia era così piena di farfalle che temeva gli uscissero dalla gola. I capelli gli si mischiavano davanti al viso, il mondo sembrava girare così forte che non stava capendo più niente. Riusciva solo a sentire le grida felici di Tom che nonostante questo, nonostante la botta della partenza era stata assurda, non aveva pensato minimamente di lasciargli la mano. Rimbalzarono un paio di volte per poi fermarsi sospesi mentre le corde lentamente si allungavano per farli scendere. - Bill...stai bene?- Il ragazzo annuì. - Ti è piaciuta?- Bill rimase un po' senza parlare prima di sgranare gli occhi e rispondere.

- E ME LO CHIEDI!? L'HO ADORATO!- Tom scoppiò in una risata che riempì il cuore di entrambi. Fecero fare una copia anche della foto scattata lì. Tom stava gridando con un sorriso e Bill era ad occhi chiusi strettissimi. E le loro mani intrecciate. Ci stavano ancora scherzando su quando Bill si sentì palpare il sedere. Si voltò vedendo un gruppo di ragazzi ridacchiare poco più indietro di loro. Tom smise di camminare voltandosi un secondo dopo di lui. - Tom...possiamo andare via?-

- Perché?-

- Loro, uno di loro mi ha...toccato il sedere- Bill sentì le mani di Tom stringersi sulle sue spalle.

- Ehi, bella signorina! Lascia perdere quegli sfigati e vieni a divertirti un po' con noi- Gridò uno di loro. Le mani del rasta furono successivamente sostituite da quelle di Georg senza che Bill se ne rendesse conto.

- Fatti più indietro, qui si mette male- Gli sussurrò. Bill se ne accorse solo ora che Tom era partito in direzione di quei ragazzi. Voleva fermarlo, ma Gustav e Georg non glielo permisero.

- Ehi, tu, cerchi guai?- Chiese quello di prima a Tom che non accennò a fermare il suo passo.

- Oh, tu li hai appena trovati, stanne certo- Ringhiò minaccioso prima di scagliargli un pugno in pieno viso facendolo cadere per terra. Gli altri intervennero per proteggere il loro capo, ma Tom, dopo essersi preso qualche pugno, ne atterrò altri due senza difficoltà. Ormai lo temevano. Si fermò ad osservarli bloccando le loro intenzioni di rivolta sul nascere. - Provateci e finite tutti come loro, se non peggio. Non ho mica paura! Forza! AVANTI!- Quelli invece di avanzare, indietreggiarono impauriti. Tom allora tornò indietro prendendosi Bill e stringendolo a sé con un ultimo sguardo che intimava loro di non provarci mai più. - Andiamo- Disse e basta con Bill che lo guardava incantato domandandogli: "Hai davvero fatto a pugni per me?" con un fare così innocente che Tom non poté non sorridere e baciarlo. - Certo, nessuno si deve permettere di toccarti. Solo io posso- Arrossirono entrambi pensando esattamente alla stessa identica cosa: rapporti intimi. Loro ancora non ne avevano avuti, neanche uno. E il solo fatto che Tom abbia accennato un minimo a quello, li aveva un po' destabilizzati. Tuttavia Bill sorrise timidamente seguito da Tom.

- Grazie...ti fa male?- Domandò prendendogli il viso.

- No, sto bene. Non mi fanno niente un paio di pugni- Stettero un po' in silenzio continuando a camminare come se nulla fosse successo, quando Gustav si mise davanti a loro camminando all'indietro per guardarli.

- Visto che Bill ha superato la prova della giostra più tosta di questa fiera, io direi che si è meritato un premio...ti offro una cosa a tua scelta, tutto quello che vuoi, non fare complimenti- Bill balzò contento abbracciandolo, per poi prenderlo sotto braccio e fare come aveva fatto con Tom fin dall'inizio della serata: trascinarlo, in direzione di un carretto che faceva lo zucchero filato. Georg e Tom cercarono posto ai tavoli davanti e si sedettero.

- Sono felice per voi- Disse sinceramente Georg rompendo il silenzio. - Si vede che vi amate molto. Sai, ti confesserò che molte volte ho desiderato essere guardato da una persona...come te guardi lui- Tom non sapeva cosa rispondere. Arrossì e basta sorridendo. Non ci pensava nemmeno quando guardava Bill a come lo stesse facendo! Non sapeva cosa sembrasse agli occhi delle altre persone, ma andava bene così, infondo non doveva rendere conto a nessuno cosa lui e Bill effettivamente fossero: o la gente lo capiva, o sennò non si scervellava più di tanto.

- Tom! TOM!- Gustav arrivò correndo nella loro direzione, e dalla sua faccia Tom stava temendo già il peggio. - Bill...eravamo in fila e ad un certo punto ha iniziato ad ansimare! NON SO CHE FARE!!- Tom era scattato in piedi correndo verso il carretto dello zucchero filato trovando già una cerchia di persone che provvide a spostarle di malagrazia. Bill era a terra che ansimava, come in iperventilazione.

- Bill!...Eccomi, sono qui- Si chinò e gli prese la mano. Bill guardava fisso un punto e non la smetteva di respirare. Tom appoggiò una mano sul suo petto: il cuore di Bill stava battendo così velocemente che non riusciva a contare i battiti neanche a mente. - CHE CI FATE LI' IMPALATI!? SERVE UN'AMBULANZA!!- Odiava quelle persone, erano inutili! - Bill...Bill, tranquillo...adesso ti portiamo in ospedale, tranquillo...- Gli sussurrava accarezzandogli la guancia improvvisamente caldissima. Adesso era lui ad avere paura, come l'aveva avuta quel giorno. Prese a cullarlo dolcemente. Bill aveva cominciato anche a tremare, sembrava quasi avesse delle convulsioni di tanto in tanto. - Dio...MA QUANTO CI VUOLE!?- Gridò ai limiti della disperazione più totale.

- Eccoci! Ci siamo! Spostatevi! Allontanatevi tutti!- L'ambulanza accorse presto con la barella sulla quale misero Bill. Nella testa del moro non si stava formando neanche un pensiero. Mentre veniva trasportato all'interno del veicolo vedeva tutto sfocato. Quello che prima lo aveva fatto sorridere, come le luci, i bambini e le persone in generale, adesso non riusciva più a vederli. - Ci siamo, parti pure!-

- To...Tom- Disse debolmente prima che gli venisse appoggiata una maschera dell'ossigeno sul volto che gli regolarizzò il respiro.

- Sono qui, amore- Tom era con lui. Voleva piangere. Non lo aveva lasciato solo grazie al cielo, ma non ne avrebbe mai dubitato. Si sentì libero di chiudere un po' gli occhi. Improvvisamente erano diventati pesanti. Gli bastava averlo visto lì con lui e sapere che gli era vicino. - Bill...BILL!-

- Non si preoccupi, gli abbiamo messo anche una specie di sedativo nel gas che sta respirando. Sta semplicemente dormendo, almeno il cuore prenderà un battito più normale- Tom annuì rimettendosi seduto lentamente. Si era preso un colpo! Maledetto sedativo!

***

- Tom! Tom, eccomi!- Tom era in sala d'attesa quando vide correre una donna verso di lui, che capì essere Christine. - Che cosa è successo?!-

- Ad un certo punto è andato in iperventilazione, aveva preso a tremare e a volte aveva perfino delle convulsioni. Adesso lo hanno portato dentro in codice giallo, ed io sono qui ad aspettare- Christine stette per andare, ma Tom la fermò. - Non fanno passare nessuno. Dobbiamo rimanere qui. E' asfissiante, lo so, ma non abbiamo altra scelta- Essa annuì mettendosi a sedere accanto al ragazzo. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, la donna con la testa tra le mani, e Tom che si mordicchiava le labbra per l'ansia.

- Tom, ci siamo!- Georg e Gustav erano arrivati finalmente. - Come sta?-

- Non lo sappiamo...ah, dottore!- Christine si alzò seguita da tutti. - Come sta? E' peggiorato?- Tom a sentire quella domanda fece una smorfia: peggiorato?

- Purtroppo sì, signora. La leucemia si è espansa anche nei polmoni. Gli abbiamo applicato...- L'uomo conitinuava a parlare, ma già Tom non stava ascoltando più. Gli era preso un tuffo al cuore quando aveva sentito quella parola: Leucemia. Era confuso, non capiva. NON VOLEVA CAPIRE! COSA VOLEVA DIRE!? No, non era possibile! Bill non poteva avere il cancro, Bill non...Bill non poteva, non...
Quando a casa sua aveva avuto quell'improvviso attacco di vomito, o quando all'orfanotrofio stava avendo quasi un mancamento...quelli erano segnali che doveva cogliere! Il fatto che stesse sempre solo, il fatto che la famiglia lo proteggesse troppo...ora era tutto chiaro.
Bill aveva voluto tenergli nascosto tutto per non ferirlo, e lui voleva tanto sapere credendo che si sarebbe rivelato qualcosa che avrebbero potuto risolvere insieme...
Indietreggiò di qualche passo.
Ma non era così. Bill gli aveva mentito, e lui in quel momento si sentiva tradito, triste e ingiustamente punito! Questo voleva dire che tra un po' Bill sarebbe scomparso per sempre e lui non avrebbe potuto impedirlo...
Quando diceva che un giorno avrebbe scoperto tutto, e poi tutto sarebbe andato bene...
Un mare di sciocchezze...

- TOM!- Corse via.

Una mare di cazzate...

 

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Capitolo 10
*** He wanted him to stay ***


He wanted him to stay


Era entrato in casa sbattendo la porta così forte che Simone aveva sussultato dall'altra stanza ed era corsa subito all'ingresso, ma Tom stava già dirigendosi nella sua stanza.

- Tom!- Solo il rumore dell'altra porta che sbatteva le rispose.

- Cosa è successo?- Accorse Gordon dal seminterrato, dove solitamente provava con la chitarra. Appena aveva sentito quei rumori si era preoccupato.

- Non lo so...è tornato a casa, non ha salutato, e si è chiuso subito in camera sua- Gordon si posizionò subito davanti alla porta di Tom bussando piano. - Tom, sono la mamma, tesoro- Aveva provato Simone, ma nessuna risposta. - Per l'amor del cielo, Gordon, entra- Fece improvvisamente impanicata che al figlio fosse preso qualcosa di veramente brutto e che non potevano rimanersene sulla soglia in quella maniera, senza fare niente. Gordon sospirò. Capiva Tom, si sarebbe arrabbiato, avrebbe provato a mandarli via, ma non lasciava loro altra scelta. Abbassò la maniglia ed entrarono piano. Lo trovarono sul letto, girato dall'altra parte, le spalle scosse da quello che sembrava un pianto. Si guardarono un attimo, come per decidere chi avrebbe dovuto avvicinarglisi. Gordon capì che forse era meglio se ci andava lui. Si accostò piano sedendosi sul materasso.

- Ehi, Tom..-

- Lasciatemi stare- Rispose subito, proprio come si aspettava.

- No...non me ne vado finché non mi spiegherai, e lo sai bene che a noi puoi dire tutto, Tom- Il ragazzo non accennava un movimento, così fu Gordon a fare il giro del letto per incontrare il suo sguardo, e sussultò: non aveva mai visto Tom piangere in quel modo. In 12 anni che lo conosceva Tom non aveva quasi mai pianto, e se lo aveva fatto, mai in quella maniera. Adesso aveva il viso rosso e rigato, gli occhi gonfi, e le labbra che gli tremavano come se avesse voluto urlare, ma si tratteneva. - Tom, non posso vederti così, davvero, potresti dirci cosa è successo? Io e tua madre siamo qui per ascoltarti, non per giudicarti. Se hai combinato qualcosa...-

- L'unica cosa di male che ho fatto è stata non mollare tutto ancora prima di innamorarmi, E' STATO RIVOLGERGLI LA PAROLA!- Aveva urlato improvvisamente. Gordon guardò Simone che si teneva due mani sul cuore, avendo capito, forse, il tipo di problema che aveva Tom.

- Ok, tranquillo, Tom, adesso ne parliamo con calma. Mettiti su, per favore- Tom si mise a sedere strofinandosi gli occhi per asciugarseli inutilmente. Le lacrime sembravano non finire mai. Simone chiuse la porta e raggiunse Gordon davanti al figlio.

- Parla, ti ascoltiamo-

- No, io..-

- Tom, ti prego. Ti pare che noi si possa stare ignoranti mentre tu entri in casa sbattendo la porta e ti rinchiudi in camera tua in lacrime?- Disse Gordon cercando di farlo ragionare. Tom rimase a fissarli. Doveva parlare, ma non sapeva come iniziare, così andò subito al sodo.

- Bill...lui...ha il cancro- Le facce sconvolte di Simone e Gordon gli tolsero un po' di pressione. Adesso che sapevano anche loro, nessuno stava più a fargli domande.

- Oddio...Tom, tu..-

- Mamma, lascia stare, lascia stare...non lo dire, non dirlo- Sapeva quello che sua madre voleva dire, sapeva che voleva.. - Ho sbagliato, tutto qui. Quando tutto questo finirà, mi riprenderò e..e andrò avanti-

- Tesoro, ma ti senti quando parli?- Gli chiese Gordon, e Tom alzò lo sguardo. - Uno sbaglio...tu sei innamorato e lo reputi uno sbaglio...perché?-

- Perché Bill..Bill..-

- Bill cosa, Tom?-

- BILL STA PER MORIRE!!- Gridò loro contro, come se fossero degli stupidi che fino a quel momento non avevano capito niente, ed invece avevano capito più di lui stesso. - Io mi sono innamorato di una persona...che sta per morire- Ripeté con un sorriso amaro, di quelli che ti vengono quando quasi stenti a crederci anche tu. Tom si domandava perché fosse successo proprio a lui, e nel mentre si alzò cominciando a girellare per la stanza, forse cercando di trovare una risposta. - Sono sfortunato, è l'unica spiegazione-

- Tom...puoi fermarti un attimo per favore?- Chiese Gordon e Tom arrestò il suo passo frenetico. - Ancora una volta hai detto qualcosa di assurdo. Cioè, fammi capire...saresti tu lo sfortunato in tutto questo...o Bill?- Lo domandò cercando di farlo riflettere sulla sciocchezza appena sparata, ma Tom non reagì. Abbassò lo sguardo colpevole e lasciando cadere due lacrime.

- Vieni qui- Disse Simone battendo le mani sul materasso. Tom ci si rimise sopra e Simone lo abbracciò. - Bill non ha mai desiderato niente di tutto questo, non ha la colpa di quello che sta accadendo, e non l'hai nemmeno tu. Siete entrambi in balia di un destino dal quale non potete fuggire purtroppo, ma quello che voglio dirti...è che non puoi lasciare che tutto scivoli via così e poi provare rimpianti, capisci?- Simone gli stava dicendo che ogni momento poteva essere l'ultimo, ma ugualmente in Tom c'era una contraddizione. Era arrabbiato con Bill, e non poco. Non voleva soffrire così, voleva che lui rimanesse...

***

Il rumore dell'elettrocardiogramma lo risvegliò, come ripresosi da un incubo. Beh, più o meno era stato così, e non era sicuro che fosse finito. Si guardò addosso vedendo che aveva dei fili attaccati alle braccia, e sentiva un leggero fastidio al naso. Si toccò percependo dei tubicini di plastica che servivano sicuramente a dargli ossigeno. Sospirò. Non aveva più lacrime per piangere, ma nemmeno la voglia per versarne. D'altronde era così...questa volta però non aveva potuto evitare di stare male davanti a Tom. Sussultò. TOM! DOVE ERA ADESSO!? Si mise di scatto a sedere, ma qualcosa glielo impedì.

- Nono, Bill...giù, tesoro, giù- Sua madre si era appena svegliata sentendo qualcosa muoversi e lo prese per le spalle aiutandolo a ridistendersi.

- Mamma..-

- Ssshh, va tutto bene, papà sta arrivando, dovrebbe essere qui ai momenti-

- Mamma, dov'è Tom?- Chiese un po' debole, ma apprensivo. La donna sospirò.

- Tom..-

- Eccomi!- Dalla porta entrò il padre di tutta fretta. - Come stai?-

- Papà...- L'uomo lo prese e lo abbracciò. Appena aveva ricevuto la telefonata da Christine, aveva lasciato il lavoro per presentarsi immediatamente all'ospedale. Si sarebbe arrabbiato scoprendo che era fuori? Ma...lo sapeva?

- Meno male la mamma ti ha portato qui in tempo- Ok, non lo sapeva. Meglio così. Sua madre era stata al gioco. D'altronde era meglio non farlo arrabbiare. La porta si aprì nuovamente ed entrò il dottore.

- Dovrei parlarvi, potreste venire un secondo fuori?- Disse solo. I due si alzarono dalle sedie e uscirono promettendo di tornare presto. Bill rimase solo con quel suono fastidioso e martellante. Guardava l'elettrocardiogramma sperando solo che diventasse piatto da un momento all'altro. Desiderava da quando era nato che tutto quello che lo riguardasse avesse una fine, o meglio, lo aveva sempre desiderato ma lo aveva capito soltanto a dieci anni, quando era certo che un giorno sarebbe finita. Pensava a Tom. Perché sua madre aveva fatto quella faccia quando gli aveva chiesto della sua presenza? Tom...Tom non c'era? Tom non era lì fuori a fare il pazzo, a cercare di fare di tutto per vederlo?
Immerso in questi pensieri poco piacevoli, non si era accorto che la porta si era aperta nuovamente. Sorrise al vedere Georg. Una persona con la quale poteva parlare.

- Sono entrato qui a sgamo, Gustav sta facendo da palo- Rise...li adorava quei ragazzi. Poteva dire che erano davvero veri amici. - Come ti senti?-

- Il solito...penso che ormai tu sappia, che voi sappiate- Disse con rammarico. Georg sospirò occupando la sedia dove poco fa stava Christine.

- Bill...perché non ce lo hai mai detto?-

- Perché non è semplice...e perché per la prima volta dopo tanto tempo ho ricominciato a vedere il mondo a colori stando con voi e con Tom- Georg non rispose. Gli veniva da piangere, aveva un nodo che stava provando a trattenere e parlando Bill lo avrebbe percepito. - Dov'è Tom?- Il castano deglutì. Adesso come poteva dire a quegli occhi di cerbiatto che il suo amore era fuggito chissà dove? Doveva farlo. Non poteva trattarlo da stupido. Da malato sì, ma da stupido no.

- Bill, ascolta, immaginerai che pure Tom adesso è a conoscenza di tutto, e immaginerai anche che non è facile affrontare una cosa del genere...- Bill lo stava guardando come confuso, ma in realtà il moro stava capendo benissimo, solo che voleva sapere dove voleva andare a parare. - Lui...non è qui adesso, lui...è scappato, non appena ha saputo tutto, è fuggito sotto i nostri occhi, quelli di tua madre e del medico. Tom ovviamente non l'ha presa molto bene, ma..-

- Ma voi siete qui...lui no- Disse sull'orlo delle lacrime e con risentimento nella voce. - Georg, io non mi aspettavo che ne fosse contento o che se ne fregasse, ma nemmeno che mi lasciasse solo-

- Ma Tom non ti ha lasciato solo...-

- QUESTO COME LO CHIAMI!?- Urlò lasciando scorrere le lacrime. Dio, che male faceva il petto...

Georg se ne accorse e gli accarezzò la schiena.

- Bill, non devi agitarti. Non preoccuparti...Tom tornerà da te, perché ti ama-

- Lo spero- Georg a sentire quelle parole ci rimase male. Bill era stato così abituato a perdere la fiducia, che l'aveva perfino persa nell'amore di Tom. - Georg...vorrei restare solo, per favore. Vedere voi e non lui mi fa incazzare...mi...rende triste- Disse con il labbro tremulo, le braccia incrociate al petto e gli occhi rossi di lacrime. - Non me lo aspettavo...davvero- Continuò guardando dall'altra parte, senza incrociare il suo sguardo. - Io non lo avrei mai fatto...e hai ragione, forse avrei dovuto dirglielo fin dall'inizio, almeno mi evitavo di soffrire...non voglio trattenerti oltre, buonanotte- Georg non seppe come controbattere. Bill aveva ragione, ma sapeva che anche Tom ne aveva, almeno una buona parte. Si alzò quindi da quella sedia dirigendosi all'uscita. Gettò un ultimo sguardo a Bill, che ancora non si era mosso da quella posizione. Stava lentamente morendo e si vedeva che non ce la faceva più. - Georg, posso dirti un'ultima cosa?- Disse un po' più tranquillo ma lasciando che le lacrime scorressero sulle sue guance.

- Tutto quello che vuoi-

- Se questa fosse una malattia per la quale dovrei rimanere attaccato a delle macchine per sopravvivere...tu me le staccheresti?- Lo chiese tremando. Georg perse un battito. Non poteva rispondere ad una domanda simile. Non se la sentiva, non...non poteva e basta. Capiva perché Bill lo stava chiedendo. Questo ragazzo sentiva di aver perso tutto e di voler morire. Bill voleva morire, Bill voleva soltanto essere un angelo o un fantasma in una vita astratta, perché in quella concreta lo era di già...ma non per tutti. C'era sua madre, suo padre, lui e Gustav...e Tom.

- Buonanotte Bill- E così dicendo chiuse la porta.
Bill rimase solo ancora, e forse questa volta per sempre. Una rabbia gli stava crescendo dentro ripensando a tutti i momenti di quella sera. Il fatto che gli avesse tenuto la mano, quando aveva preso a pugni quei deficienti, quando per accontentarlo aveva accettato perfino di fare una giostra per bambini...e quando gli aveva rivolto la parola per la prima volta, solo e solo lui. Una rabbia cieca...voleva che tutto questo non fosse mai successo!
Prese il vaso con i fiori che aveva accanto e lo lanciò con forza facendolo schiantare contro il muro frantumandolo in mille pezzi.
A nulla servirono le parole della madre, del padre e dei medici. Bill era arrabbiato, e non sentiva più nessuno. Non voleva soffrire così, voleva che lui rimanesse...

***

Quella sera fu triste. Tom si addormentò tra le braccia di sua madre, con il viso tirato dalle lacrime ormai secche. I giorni che seguirono però furono molto peggio. Bill non si era presentato a scuola, ma il punto era che adesso sapeva anche il perché e lo sapevano anche Georg e Gustav. Il loro gruppo non era più riuscito ad essere felice. Tom non voleva parlare, ed i due non sapevano che fare. A scuola stavano cominciando a calare tutti e tre e non andava bene. Tanto che si chiesero che specie di maledizione avesse fatto a tutti quel Bill che improvvisamente aveva invaso le loro vite. Vedevano grigio, il reale colore del mondo. Sicuramente Bill era ancora in ospedale, oppure lo avevano dimesso e non ne sapevano niente. Di Bill sembrava sparita la traccia, perfino in classe non chiedevano niente di lui. Bill non era mai esistito per nessuno, tranne che per Tom e i loro due amici. Bill per tutti era stato un fantasma, e a volte Tom rimpiangeva di aver fatto un'eccezione, di averlo conosciuto, ma il minuto dopo se ne pentiva imprecando contro il suo egoismo.
Era una mattina come quelle, quando Tom sussultò a sentire il rumore di un grosso libro sbattuto sul suo banco, che lo destò dalla sua depressione. Alzò lo sguardo: Georg.

- Adesso basta, non possiamo continuare così- Aveva detto. - Tu adesso alzi il culo da quella sedia, vai sotto quella fottuta casa e se non te lo riprendi io...- Cercò di trattenere la rabbia, ma fece ben intendere cosa volesse dire. - Io ti riempio di botte così forte che qui dentro Bill non sarà più il solo ad essere dimenticato...è chiaro!?- Era arrabbiato, molto. Georg era raro vederlo arrabbiato. Georg era sempre stato gentile, comprensivo...se si arrabbiava era per qualcosa di davvero serio. - Lui sta marcendo ogni giorno...e la persona migliore che gli viene in mente sei tu...io mi farei schifo- Disse con un tono di disprezzo, ma non era a quello che stava puntando. Georg voleva solo una cosa, e l'avrebbe ottenuta. - Sai, nei miei ultimi minuti, ore e giorni di vita...vorrei soltanto che qualcuno di davvero valido mi stesse accanto, qualcuno che ha le palle di affrontare la situazione, qualcuno che mi ama davvero- Si chinò sempre di più verso il rasta, come a volergli impiantare i suoi discorsi nel cervello. - Qualcuno che, come mi è stato detto, mi ha fatto vedere finalmente il mondo a colori...- Tom in quel momento voleva scomparire, voleva che la terra lo inghiottisse facendogli male. - Ma tranquillo che quella persona non sei tu. Adesso devo andare- Era stato veloce e rapido come un mare di proiettili sparati tutti in una volta sola e che avevano mirato tutti al cuore. Bill non era degno di lui...Bill meritava quella persona migliore. Il punto era che Bill non aveva più molto tempo e quella persona non l'avrebbe più ritrovata. Se lo amava davvero, doveva cambiare lui.

- Aspetta Listing- Mai lo aveva chiamato con il suo cognome. Georg si era fermato e si era voltato. - Sono disposto a fare qualsiasi cosa...ma non posso farla da solo- Georg sorrise e gli prese la mano.

- Io e Gustav siamo qui apposta. Dicci quello che dobbiamo fare e lo faremo- Tom ci pensò un attimo, poi gli venne un'idea.

- Io devo riavere Bill assolutamente...ma per farlo ho bisogno assolutamente di voi e di queste mani fatate- Georg le ritirò schifato.

- Smettila, per l'amor di dio- Finì tutto in una risata. Adesso sapeva cosa fare. Bill gli aveva insegnato a non avere paura, e per quello avrebbe dovuto solo pendere dalle sue labbra. Gli aveva detto che lo avrebbe salvato, il suo cuore glielo aveva promesso...doveva seguirlo, anche se gli tremavano le mani.

***

Bill era stato dimesso circa dopo due giorni dall'accaduto. Aveva effettuato degli esami, poi altri controlli con la Bachman, e adesso era in camera sua, disteso sul letto con quegli accidenti di tubi nel naso che gli avrebbero tolto soltanto nella bara, poco prima di chiuderla. Non aveva più pianto. Ormai non si sentiva più niente...non viveva più. Non era uscito dalla sua stanza, non aveva mangiato e si stava lasciando andare lentamente. Sarebbe morto su quel letto con il sorriso di chi non vedeva l'ora. Il cielo fuori era grigio, forse avrebbe piovuto. Meglio. Una delle poche cose che adorava era la pioggia...e la musica Rock. Spalancò gli occhi. Da dove veniva quel rumore?

Sembrava il suono di una chitarra elettrica       

Sembrava il suono di una chitarra elettrica. Si alzò dal letto, un po' intorpidito dato che aveva i muscoli leggermente atrofizzati. Scostò la porta della sua stanza correndo fuori, ignorando i richiami dei suoi. Si affacciò al terrazzo. Nel giardino...nel suo giardino distinse quattro persone. Sussultò. Quei rasta...
Un tuono sembrò squarciare il cielo, ma Bill stava sentendo solo la chitarra sfiorata da quelle mani esperte. Georg aveva il basso, Gustav la batteria e poi vide anche Gordon, anch'esso con la chitarra. Ma quello con il microfono era Tom.

- Bill, torna dentro, sta per piovere- Disse sua madre uscendo, ma appena notò quello che stava succedendo, si bloccò sulla soglia della porta finestra tappandosi la bocca dalla sorpresa.

#Time, it needs time

To win back your love again

I will be there, I will be there

Love, only love

Can bring back your love someday

I will be there, I will be there#

La sua voce...dio la sua voce...
Tom stava cantando per lui...Tom stava gridando al mondo la loro storia, quello che erano stati, e che potevano ancora essere.
Scosse la testa. No, non poteva perdonarlo così...no. 
Ma...lui lo amava.

#And fight, babe, I'll fight

To win back your love again

I will be there, I will be there

Love, only love

Can break down the wall someday

I will be there, I will be there#

- Bill, non hai sentito tua madre?- Suo padre uscì, ma Bill non lo sentì, solo quando percepì il suo furore scattò per fermarlo.
- No, papà...- L'uomo cercò di divincolarsi, ma Christine si intromise bloccandolo.
- Devono andarsene!- Ma Bill era ormai perso nella dimensione che aveva accolto i suoi sentimenti.

#If we'd go again

All the way from the start

I would try to change

Things that killed our love

Your pride has built a wall, so strong

That I can't get through

Is there really no chance

To start once again

I'm loving you#

Bill aprì le labbra tremanti sussurrando.
-

Ti amo anche io- Un lampo illuminò quella band dannata..sì, perché se c'entrava con lui, lo era sicuramente. Ma dannata o no, a Bill non importava. Bill sentiva il suo cuore sul punto di esplodere. Non percepiva le urla di suo padre, ma solo quella musica stupenda. Il Rock che squarciava il cielo come potenti fendenti di spada.

#And try, baby try

To trust in my love again

I will be there, I will be there

Love, our love

Shouldn't be thrown away

I will be there, I will be there#

Bill si portò una mano alla gola. Faceva male, ma era orgoglioso di questo. Era contento di sentire dolore per la gioia che stava provando. Sua madre lo guardava e sorrideva, suo padre lo guardava e sembrava voler incenerire con lo sguardo l'unica cosa che davvero lo aveva fatto felice in tutta la sua vita. E sì, avrebbe provato a fidarsi dell'amore di Tom ancora.

If we'd go again

All the way from the start

I would try to change

Things that killed our love

Yes, I've hurt your pride, and I know

What you've been through

You should give me a chance

This can't be the end

I'm still loving you

Il loro orgoglio aveva davvero costruito muri insormontabili, e come due amanti perduti adesso si trovavano sotto la pioggia, sotto lo sguardo delle persone, ad esprimere il loro pazzo amore come meglio potevano. Ad esprimere il perdono, le scuse e le promesse.
Bill sentiva gli occhi bruciare e il pianto liberarsi lentamente...piano piano. Stava per esplodere il suo cuore, ne era sicuro.
Si stava reggendo alla balaustra del balcone, stava stringendo forte, ma sarebbe stato inutile. Anche solo il fatto di sapere che Tom lo amava ancora, fece in modo che cadesse in ginocchio, urlando tutta la sua felicità in un grido di disperazione che raggiunse i decibel della musica. Bill stava piangendo di tristezza, gioia e commozione insieme. Era Tom a provocargli tutto questo.

I'm still loving you

Tese una mano verso di lui. Voleva raggiungerlo, voleva correre da lui.
-

Tom...- Sussurrò nel pianto.

I'm still loving you

- BILL!- Inutile richiamarlo. Ormai era già corso giù per le scale a tutta velocità, intenzionato a precipitarsi fuori. Mentre scendeva sentiva i tuoni, la musica, e vedeva i fulmini e la pioggia che aveva cominciato a cadere piano dalle nuvole argento, e le finestre ormai perlate. Spalancò la porta.

I need your love

I'm still loving you

E lui era lì: bello e dannato quanto lui mentre le gocce di pioggia si erano posate sul loro corpo. Gli strumenti bagnati, e loro quattro fermi come statue, ad aspettare solo lui. Tutti lo avevano fatto solo ed unicamente per lui...tutti erano lì per salvarlo dalla prigione. Tutti gli amici di Romeo erano venuti in suo aiuto per salvare la sua Giulietta, avrebbe detto se quello fosse stato un romanzo, ma non era così. Era la vita vera. Lui era lì davvero.
Corse sotto la pioggia e si gettò tra le sue braccia piangendo.

- Ti...ti...- Aveva detto tra i singhiozzi. Tom lo aveva avvolto con le sue braccia. Insieme stavano ignorando la pioggia, insieme avrebbero ignorato anche il vento, il fuoco, e tutta la furia della natura. - Ti amo, e non mi interessa di niente, non mi interessa della morte, né della vita, io voglio solo stare con te- Gli era balzato in braccio e avevano unito le loro labbra in un bacio disperato. Quello era forse il bacio più bello di tutti, perché per la prima volta erano solo loro. Tom non era necessario parlasse; cantando aveva detto abbastanza. Tom lo cinse per la vita e l'altra mano tra i suoi capelli. Gli era mancato da morire sentirlo tra le braccia, sentirlo suo. Liberò anche lui una lacrima, mentre ancora le loro labbra non avevano smesso di cercarsi. Giovani come erano, nessuno avrebbe potuto guardarli o giudicarli male. Si amavano agli occhi del mondo, e quindi? Era sbagliato? No, certo che no. Si separarono e poterono nuovamente guardarsi negli occhi. Bill rise abbracciandolo. - Dio, mi dispiace, Tom...non sai quanto-

- Mi ami ancora?- Bill rimase sorpreso. Alzò lo sguardo verso di lui. Credeva che avrebbe dovuto fargliela lui quella domanda...e invece...

- Per tutta la vita...per tutti i giorni e le notti, io ti amerò- Aveva detto. - Ormai il mio cuore è tuo, e forse sarà un po' malato ma...se sei disposto a prenderlo, puoi farne quello che vuoi- Tom si stava nuovamente avvicinando a lui, le loro labbra si sfiorarono appena quando qualcosa costrinse loro ad allontanarsi, o meglio...qualcuno.

- Lascia stare mio figlio!-

- Jörg!- La moglie cercò di chiamarlo, ma ormai il padre era partito spedito in direzione dei due ragazzi. Tom si strinse Bill a sé. Non aveva paura, non più.

- Tu piuttosto! Che diritto hai di intrometterti!?- Invenne Gordon mettendosi in mezzo.

- Come che diritto ho!? Sono suo padre!-

- Papà, MA IO LO AMO!- Aveva urlato Bill interrompendo la discussione che stava venendo a formarsi. Tutti si voltarono verso di lui, stava ansimando dal grido. - Ma non vi rendete conto!? Mettersi a discutere è inutile! Papà, io amo Tom e lui ama me, è con lui che voglio stare- Disse serio e sostenendo il suo sguardo. Il trucco ormai colato per le troppe lacrime, i capelli appiccicati al viso per la pioggia, le labbra arrossate per essersele morse troppo: questa era l'immagine che si stava presentando agli occhi del padre; ma soprattutto lo sguardo del figlio lo aveva completamente reso incapace di parlare: i suoi occhi, che erano sempre stati di un ambrato spento, adesso stavano prendendo colore. Doveva quindi credergli? Dove a quindi accettare che suo figlio stesse con quel...con quel...no, si rifiutava! - PAPA'!- Jörg si voltò rientrando in casa, non guardando neanche Christine in faccia, e chiuse la porta facendo sussultare la donna.

- Jörg, è tuo figlio!-

- Ha scelto con chi vuole stare- Rispose semplicemente prima di andarsene via, ma Christine era una madre. Non poteva lasciare tutto così.

- Jörg, ascolta, se è così che la metti..- Riaprì la porta. - Io me ne andrò con lui-

- No- Essa si fermò sulla soglia. Jörg sospirò e riuscì a intravedere ancora Bill che lo guardava da fuori, fermo come una statua.

- Te ne pentirai, Jörg- Aggiunse Christine. Erano gli ultimi momenti di Bill, quei tubi sul viso lo confermavano. Già si era perso così tanto...

- Va bene- Uscì nuovamente dalla casa avvicinandosi ai due, in particolar modo a suo figlio. - Questa sarà ancora casa tua, ma lui non ci dovrà MAI mettere piede, e adesso rientra in casa!- Lo prese per un braccio strattonandolo così forte che gli fece male. Tom se lo sentì togliere e gli salì la rabbia.

- NON E' QUELLO CHE VUOLE!- Gridò.  Jörg si fermò. - Non è quello che vuole- Ripeté con tono più calmo.

- E che cosa vorrebbe?! NON HA ALTRA SCELTA!!-

- E' LEI CHE NON GLI DA' SCELTA!- Invenne Tom con una furia che nessuno aveva mai visto. Perfino Georg e Gustav si spaventarono, ma non ebbe nessuno effetto su Jörg che continuava a stringere il braccio di Bill. Il moro lo stava implorando di lasciare che per il momento le cose andassero così. Avrebbero trovato un modo per vedersi.

- Tom...- Il padre si voltò verso il figlio. - Ricorda...ogni giorno e ogni notte chi siamo io e te- Questo bastò a far calmare il rasta che annuì piano. Non si stava rassegnando, si stava fidando di Bill. - Non c'è bisogno che mi stringi così!- Fu proprio lui a liberarsi e a voltare le spalle a tutti. - Andiamo a casa- Si fermò sulla porta dove c'era sua madre. Alzò lo sguardo per ammirare tutta la costruzione, poi si girò per vedere gli altri e sorrise. - Grazie- Una parola, mille emozioni.
E quello era stato il giorno dove esse si erano combattute, dove avevano fatto delle scelte.
Avevano scelto di amare, di vivere...seppur con gli ostacoli che la vita implicava.
Ma se stavano insieme, per Bill la morte non era più così interessante e gli ostacoli era pronto a superarli.
Ma solo se lo teneva per mano, solo se lo stringeva e lo baciava come aveva fatto quel giorno.
Solo se continuava a dirgli "ti amo".

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Capitolo 11
*** Il Piccolo Principe e la Rosa (il Sole e la Luna) ***


Il Piccolo Principe e la Rosa (il Sole e la Luna)

Ancora una volta in quella casa buia udiva solo i grilli cantare, ma su quel letto non desiderava più la morte. Suo padre, una volta rientrato, per tutto il giorno non lo aveva considerato. Ce l'aveva con lui, ma ugualmente Bill non poteva fare a meno di sorridere, di cominciare a ridere tra le lenzuola prima di addormentarsi, nascondere il viso rosso nel cuscino, e tutto perché pensava a Tom. Era follemente innamorato di lui, e la paura della morte non si stava facendo neanche più sentire. Intendiamoci, sapeva tutto, era a conoscienza che l'amore che provava per il rasta non sarebbe bastato a salvarlo dalla morte, ma dalla vita sì, e poteva constatarlo. Ecco, quella era una delle tante sere in cui pensando a lui si mordeva le labbra, solo che quella sera aveva adottato pensieri ben poco casti. Non sapeva perché gli fosse presa così. Era partito con loro che si baciavano ed era finito con loro a letto. Film mentali su film mentali, non stava riuscendo più a smettere. Ogni tanto si portava la penna alle labbra e la mordicchiava distrattamente. Il suo quadernino rimaneva per lunghi minuti senza che lui vi imprimesse l'inchiostro, e lui pensava pensava e pensava...ma no a quello che stava facendo. Abbassando poi lo sguardo, si rendeva spesso conto di dover continuare i suoi manoscritti, e si era accorto pure che mai li aveva scritti in quel modo. Era sempre stato bravo e rapido, ma adesso era lento e bravissimo. Cioè, la differenza sostanzialmente è di tempo, il tempo che si prendeva per pensare a cosa davvero fosse l'amore, per riportarlo poi su quel misero quadernino, che per lui era come una preziosa reliquia. Aveva ripreso a scrivere quando sentì un discreto rumore alla porta finestra, nel suo terrazzo. Si alzò camminando lentamente e discostando le tende per riuscire a vedere l'esterno. Deglutì. Improvvisamente gli era presa la paura. I suoi non erano nemmeno a casa! Ebbe il coraggio di aprire e affacciarsi dal balcone. Il rumore di qualcosa che batté sul cornicione lo fece sussultare.

- Ehi...sono io- Guardò i basso riconoscendo quella voce. Tom gli stava sorridendo e stava impugnando una scala che aveva provveduto ad appoggiare al balcone per salire.

- Che ci fai qui?- Chiese mentre Tom stava salendo.

- Come che ci faccio qui?-

- Non puoi entrare in questa casa, i miei non vogliono- Gli sussurrò Bill una volta che lo ebbe viso viso.

- E chi ha detto che non ci posso entrare? Io posso fare quello che voglio-

- No, non puoi, Tom...i miei possono tornare da un momento all'altro- Quel comportamento di Bill fece solo ridere Tom. - Dai, Tom, prendila seriamente, ti prego- Lo implorò Bill, ma Tom non lo stava per niente assecondando.

- Io non prendo seriamente proprio niente- Saltò dall'altra parte ponendosi davanti a lui. - Adesso che hai recitato la parte del ragazzo corretto, me lo dai un bacio?- Chiese avvicinandosi pericolosamente a lui, e Bill arrossì come una fragola, ma non se lo fece ripetere e si gettò tra le sue braccia assaporando le sue labbra. - Così mi piaci- Disse tra un bacio e l'altro facendo sorridere Bill.

- Andiamo in casa-

- Oh adesso sì che mi piaci- Bill rise e Tom con lui facendosi prendere per mano e guidare all'interno della piccola stanza del moro illuminata solo dalla luce fievole di una bajour. - Che stavi facendo?- Chiese notando un quadernino aperto sul materasso. Bill lo prese come se fosse stata una bomba ad orologeria della quale doveva sbarazzarsi e lo chiuse nel cassetto.

- Nulla di particolare- Tom decise di non indagare. Glielo avrebbe detto anche quello un giorno.

- E così sei solo- Disse guardandosi intorno, trovando solo poster di Britney e foto del moro da piccolo. Sorrise a vedere quelle immagini, era dolce. Bill si inumidì le labbra non spostando lo sguardo dal cassettino nel quale aveva riposto i suoi manoscritti. Era nervoso, un po'...eppure era da così tanto che aspettava una cosa del genere. - Bill, tutto bene?- Bill rise nervosamente appoggiandosi una mano sul petto.

- Sì, solo...sono felice che tu sia qui- Era così emozionato dalla cosa che il suo respiro non ascoltava più i comandi del cervello. - Davvero molto felice- Tom tuttavia si preoccupava. Lo prese per le spalle guidandolo a sedere sul letto e mettendosi accanto a lui.

- Anche io sono felice- Per la prima volta a guardarlo nel viso, notò quei tubi di silicone che aveva       

- Anche io sono felice- Per la prima volta a guardarlo nel viso, notò quei tubi di silicone che aveva. Essi passavano da dietro le sue orecchie e concludevano nelle sue narici. Non resistette e allungò una mano per toccarli accarezzandolo contemporaneamente. Bill rimase inizialmente un po' stranito, ma poi capì la curiosità e lo lasciò fare. Sorrise intenerito. Tom sembrava un bambino bisognoso di sapere a cosa servissero quelle cannule.

- Wow...ti danno fastidio?-

- All'inizio abbastanza, ma poi mi sono abituato...questi mi servono per..-

- Respirare- Concluse lui e Bill annuì tenendo lo sguardo basso e altrove.

- Già..- Tom si rattristì. Erano stati costretti ad applicarglieli, sennò Bill non sarebbe sopravvissuto. - E da te come va?-

- Tutto bene. Mamma ogni volta mi chiede di te, ma è difficile risponderle se non ti vedo mai- Disse con un po' di rammarico, ma senza avere intenzione di dare la colpa a Bill. Non era colpa sua. - A scuola non ti fai più vivo da settimane, esci raramente...quindi sono costretto a risponderle sempre che non so niente, ed è strano sai, perché se fossimo una vera coppia dovremmo sapere qualsiasi cosa...invece no. Io ti conosco poco e tu mi conosci poco, ma sai una cosa, Bill?- Il moro alzò lo sguardo. - Non mi interessa, perché non ho mai provato niente del genere, niente di così forte, e quindi mi va bene conoscere quel poco che basta, ma amarti quel tanto che non mi basta mai- Bill era rimasto senza parole ad osservarlo con sguardo indecifrabile. Sembrava triste, ma si scoprì ben presto che era commozione. Due lacrime caddero da quegli occhi. Tom giurava di non averne mai visti di più perfetti. Gli occhi di Bill erano unici, mistici...e si chiedeva sempre se prima non fossero appartenuti ad un angelo caduto dal paradiso, e se a Bill non fosse toccato lo stesso identico destino di quella creatura celeste e allo stesso tempo appartenente agli inferi e condannata a soffrire. - Bill...-

- Scusa, è che...- Stava singhiozzando. - Mi mancherai- Adesso era tristezza. Una profonda e assoluta tristezza. Anche gli occhi di Tom divennero improvvisamente lucidi, ma sospirò per non cedere.

- Anche tu mi mancherai- Rispose cercando di non far sentire il tono delle lacrime.

- Non è la morte a spaventarmi...ma il fatto di non rivederti, il fatto di non sentirti più pronunciare il mio nome...Tom...scusa ma io ho bisogno di piangere, e mi dispiace se sto facendo soffrire anche te, è l'ultima cosa che vorrei, ma poi tu mi chiederesti il motivo delle mie lacrime ed io non avrei saputo cosa dirti- Cercò di scusarsi ormai in lacrime, in ginocchio davanti alla persona che amava. Tom lo guardava e piangeva. La morte di Bill era sicuro che lo avrebbe distrutto, gli avrebbe dilaniato il cuore, e forse gli avrebbe anche fatto perdere il lume della ragione. E lui non piangeva mai...

- Bill...Bill, Bill, Bill, Bill- Ripeté singhiozzando. Bill alzò lo sguardo e Tom lo prese abbracciandolo stretto. - Finché potrai sentirmi, io dirò il tuo nome...hai capito?- Bill annuì nascondendo il viso nella sua spalla.

- Dillo ancora-

- Bill...Bill..-

- Dimmi che mi ami-

- Ti amo, Bill..ti amo da morire, dio se ti amo!- Rimasero così. Abbracciati nella penombra a piangere. Tom fece leva e si sdraiò portandosi Bill con sé e continuando a singhiozzare nel letto, a tenersi stretti, a respirarsi addosso, a mordersi le labbra per non urlare. Bill non aveva mai visto Tom piangere in quel modo, e si sentiva in colpa da morire. Provò in tutti i modi ad asciugargli le lacrime ma era inutile. Tom gli stringeva la maglietta, nascondeva il viso nel suo petto e stringeva i denti così forte da sentire male alle ossa della mandibola. Bill ad un certo punto se lo staccò di dosso, ma Tom lottava per rimanere appeso a lui, e Bill lo respingeva. In quel letto si era scatenata una lotta disperata. Stavano piangendo e si stavano respingendo senza volerlo davvero. Bill gli era salito sopra cercando di bloccargli i polsi e Tom che non voleva saperne di lasciarselo fare, ma con un ultimo grido Bill riuscì a bloccarlo con le mani ai lati della testa. Entrambi respiravano affannati, le guance rosse e bagnate di lacrime salate. Bill sentì che Tom non stava più opponendo resistenza e gli liberò un polso lentamente. La mano scese da sola sul suo viso. Gli accarezzò la guancia con il pollice sulle sue labbra. Tremavano. Bill era ipnotizzato: Tom era bellissimo così fragile. Si morse il labbro scendendo per il suo petto, accarezzando il tessuto della sua felpa, prima di abbassare piano la cerniera. Tom rimaneva fermo ansimante lasciando quelle mani inesperte muoversi. Bill gli alzò la maglietta sottostante abbassandosi a baciare il suo addome. Tom aveva una faccia a dir poco sconvolta. Non poteva credere a quello che stava succedendo...
Bill risalì baciandolo ancora e mollando la presa anche all'altro polso prendendogli il viso. La sua mano destra scivolò nuovamente per il corpo del rasta fino a toccare il cavallo dei suoi pantaloni. Tom prese ad ansimare ancora. Se stava davvero accadendo quello che stava pensando...dio, ne sarebbe stato felice.
Ma non doveva essere così, non in questo modo. Fermò quindi la sua mano.

- Tom, cos..??- Tom ribaltò le posizioni mettendosi sopra e questa volta bloccandolo lui. - Perché?-

- Perché almeno ti spoglio prima- Disse con uno sguardo così serio che Bill arrossì all'invero simile. - E perché...voglio ricordarmi di te così- Sussurrò abbassandosi a baciargli il collo. Bill aprì la bocca in un gemito muto, mentre Tom lo stava anche privando della maglietta. - Lo vogliamo tutti e due, vero?- Chiese prima di farlo e Bill annuì sentendo il tessuto della maglia accarezzarlo per essere sfilato. Tornò a baciarlo con possessione, e adorava sentire le mani di Tom scorrere sulle sue braccia, sui suoi fianchi, sulla sua pelle in generale. Era felice che Tom non si fosse soffermato sulle sue costole sporgenti, sulla sua pancia troppo magra o le gambe esageratamente esili. Lo aveva preso così com'era. Tom lo amava anche con quell'aspetto. - Sei bellissimo, Bill- Gli diceva leccandogli le labbra.

- No..- Rispondeva lui godendosi quei languidi tocchi.

- Sì, invece- Bill non aveva replicato perché stava cominciando a crederci seriamente. Lui era bellissimo...era bellissimo se Tom lo amava.
Tom scese con le mani arrivando alla cintura dei jeans del ragazzo levandola di mezzo, e ben presto tolse anche i suoi pantaloni. Prima però che potesse fare altro, Bill si alzò avventandoglisi addosso. Tom rise. - Che fai?-

- Se stai fermo questa felpa magari te la tolgo- Aveva detto concentrato nel suo intento. Era così dolce che Tom pensò di aiutarlo e sfilò le braccia. Bill ebbe solo la soddisfazione di gettarla via, ma perlomeno la maglia era più semplice da levare. Vederla scorrere rivelando l'addome e il petto del rasta, per Bill era la migliore visione avesse mai avuto. Abbassò lo sguardo arrossendo. I pantaloni. Ok. 
Tom se ne accorse e sbuffò divertito.

- Cioè, fammi capire, prima mi volevi stuprare vivo e adesso ti è andato via il coraggio?-

- Non mi prendere in giro..io..non l'ho mai fatto prima- Ammise cercando di arrivare perlomeno alla cintura, ma le sue mani tremavano. Tom gliele prese in modo che lui alzasse lo sguardo e lo facesse incontrare con il suo.

- Bill, tranquillo...tutto quello che stiamo facendo è perché ci amiamo. Mi ami?-

- Tanto- Disse spontaneamente. Era dolcissimo. - E perciò devo farcela- Concluse da solo andando immediatamente a smanettare il cavallo dei pantaloni del rasta, con una determinazione improvvisamente ritrovata.

- Io non intendevo così, ma insomma se è la strada che preferisci...- Non voleva per niente fermarlo, era contento che avesse preso coraggio. Bill aveva tolto la cintura e tirando forte stava cercando di togliere anche i jeans. Tom rideva come un matto perché Bill lo stava trascinando per levarglieli. - Ehi, sei assatanato- Bill si fermò mollando tutto con uno sbuffo.

- Ascolta, è abbastanza difficile...e sì, Tom, ti voglio così tanto che sarei disposto a strapparteli questi jeans- Buttò fuori tutto insieme, senza ragionare. Tom rise arrossendo un po' per la confessione. Si sfilò da solo i jeans e si mise in ginocchio come Bill. Si guardarono negli occhi.

- Ti amo-

- Ti amo- Tornarono a baciarsi con più foga sdraiandosi come prima. In quel momento a nessuno dei due importava di niente. A nessuno importava se da un momento all'altro la porta di ingresso si sarebbe aperta, Bill non avrebbe risposto al richiamo dei suoi, per lui potevano darlo benissimo per morto. E Tom era con lui, lo appoggiava in tutto. Non importava se era giusto o no.
Le loro erezioni a contatto li fecero rabbrividire di piacere in un primo istante. Le loro labbra fameliche cercavano di esplorare un po' il corpo ognuno dell'altro, ma non potevano neanche smettere di cercarsi. Ben presto si ritrovarono totalmente nudi. Anche l'intimo era uscito di scena. - Non mi vergogno con te-

- Non devi- Mentre le lingue stavano sfiorandosi, la mano di Tom giunse in mezzo alle gambe di Bill, che istintivamente le chiuse un po', ma no perché non voleva. Semplicemente per proteggere quel tocco stupendo che gli stava dando. Bill cominciò e gemere piano, mordendosi il labbro inferiore, ansimando e sospirando se Tom aumentava la velocità. - Non devi vergognarti...- Gli sussurrò all'orecchio leccandogli il lobo facendo rabbrividire il moro. - Non di me, non di noi- Non lo fece venire e giunse direttamente alla sua apertura penetrandolo con un dito provocando un sussulto a Bill che gemette di dolore.

- Tom...-

- Ssshhh, scusa, amore...ero troppo preso- Disse sinceramente dispiaciuto, ma non accennando a ritirare il dito per paura di fargli male.

- Non preoccuparti..sta iniziando a piacermi, ma fai piano, ok?- Tom annuì rassicurandolo e arretrando piano la mano. Si posizionò con il viso tra le gambe del moro tenendole aperte e inumidendo con la lingua la sua apertura. Bill gemette di un insolito piacere. Non aveva mai provato niente di tutto quello. Questo perché nessuno lo aveva mai attratto davvero, nessuno gli era mai interessato, maschio o femmina che fosse, nessuno del quale valesse la pena fare pensieri un po' più spinti. Solo Tom. Lui stava aspettando Tom.
Il dito tornò imperterrito dentro di lui, ma questa volta se lo aspettava e lo accolse con un sospiro compiaciuto. Tom a vederlo così sudato e quasi completamente immerso nel piacere, sentì il sangue ribollire al suo inguine e si morse il labbro. Si mosse subito ad immettere anche un altro dito e poi un altro ancora. Bill si abituò abbastanza in fretta. Tom sentiva che era arrivato il momento ma come un ebete rimase lì a fissare Bill boccheggiando senza sapere che dire e come dirlo. Bill se ne accorse e sorrise. - Ehi..che c'è?- Chiese con un sorriso accarezzandogli la guancia calda.

- C'è che ti amo e..che ho paura di farti male ma ho anche così tanta voglia di fare questo con te..- Cercò di spiegarsi e Bill rise. - Perché stai ridendo?-

- Sei nervoso-

- No, ma che dici...?-

- Sì, Tom Kaulitz, sei nervoso...e sei bellissimo- Si sollevò per posargli un bacio sulle labbra. - Ah e se stai pensando al preservativo non ne ho- Tom lo guardò un po' stranito. - Ma tanto non serve...con me non serve- Tom annuì esitante avendo capito perfettamente quello che intendesse dire. - Se invece stai pensando al mio dolore...beh, se mi ami allora non sentirò mai male, non preoccuparti- Si ridistese con un braccio di Tom che lo teneva da dietro la testa. Era sempre così protettivo nei suoi confronti. Tom osservava tutto, anche quelle cannule sul suo viso che si muovevano a seconda delle sue espressioni. Bill era felice adesso...e sorrideva, e voleva lui, voleva farlo con lui.

- Neanche io sentirò male se mi ami- Gli sussurrò sulle labbra lasciandogli un bacio posato dolcemente. Bill sapeva quello che voleva dire, non c'era bisogno di spiegazioni. Tom si posizionò per bene e vide Bill inarcarsi non appena entrò anche solo con la punta del suo membro.

- Continua- Gli disse ansimante. Tom entrò di più e vide Bill stringere i denti, ma senza emettere un suono. Bill stava bene, o almeno così gli avrebbe detto. Bill non lo avrebbe fermato.

- Bill...mi dispiace, mi dispiace-

- Sssshh, non sto sentendo male, tranquillo...voglio che finisci quello che hai iniziato- Disse ansimante. In realtà stava sentendo male, ma non gliene importava niente, e di conseguenza non lo sentiva...emotivamente non lo percepiva. Tom entrò tutto e Bill gemette senza trattenersi mordendosi forte le labbra. Era arrivato ad un punto meraviglioso. Tom stava toccando un punto che lo stava facendo impazzire, ma per fare in modo che risuccedesse, Tom doveva muoversi. - Tom, ho solo una richiesta..- Disse accarezzandogli le labbra schiuse con un dito. - Fammi dimenticare di tutto, tranne di questo momento insieme a te...voglio, anche solo per un'istante sentirmi più di una malattia- Tom non rispose. Si chinò semplicemente su di lui, come per proteggerlo, poi diede la prima spinta e lo sentì gemere forte. Bill si artigliò alla sua schiena subito dopo la seconda ed iniziò piano piano a dimenticare tutto. Sapeva che quando sarebbe finito e avrebbe ricordato, non sarebbe stata una sensazione piacevole, ma poco importava.
Cinse i fianchi di Tom con le gambe e piegò la testa all'indietro lasciando scoperto il collo che Tom prese a baciare e a mordere piano. Si baciarono respirandosi addosso, le loro lingue si sfioravano per poi toccarsi più voracemente, le loro mani scorrevano le une sul corpo dell'altro.

- Bill...- Lo chiamò Tom e Bill rispose con un gemito ormai perso nel piacere più totale. - Di' anche tu il mio nome-

- Tom..!!- Ad ogni spinta. - Tom!- Ad ogni sospiro. - Tom!- Quel nome doveva essere a fior di labbra. Bill portò le mani sul lenzuolo bagnato del loro amore e lo strinse forte. Tom lo guardava e gemeva insieme a lui. Non credeva che sarebbero mai arrivati a farlo, non sapeva se il cuore di Bill avrebbe retto a tale impeto, era questa la sua paura più grande...di ucciderlo con il suo amore. Voleva che dicesse il suo nome per scacciare quei pensieri. - Tom...oddio...!!- Lo sentì gemere con una mano nei capelli. Stava letteralmente morendo di piacere e Tom non poteva negarsi tale visione, ma allo stesso tempo temeva per lui. Aumentò quindi la velocità delle spinte e Bill dovette reggersi alla testiera del letto artigliando le mani al legno freddo. Sentivano entrambi che non sarebbero durati moltissimo, che fra poco sarebbe successo di perdersi davvero...di perdersi insieme. 
E successe.
Bill venne con un grido e Tom con lui. Per un istante non avevano capito più chi è chi e cosa è cosa. Era sembrato loro di morire mano nella mano. Il cuore arrestato e ripartito tutto insieme come se volesse uscire dal loro petto. Erano accaldati, ma quando Tom riaprì gli occhi, vide Bill ancora lì sotto di lui e sorrideva. Poi aveva riso piangendo. Lui era uscito immediatamente e lo aveva abbracciato stretto. 
Bill stava piangendo di gioia.
Tom lo tenne stretto a sé cullandolo, aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. - Lo abbiamo fatto davvero...lo abbiamo fatto davvero- Lo sentì singhiozzare. Gli veniva da piangere anche a lui, ma cercò di reprimere gli occhi lucidi che si erano creati.

- Sì, Bill- Rispose accarezzandogli i capelli. Sì, finalmente avevano fatto l'amore. 
Bill si staccò dalla sua spalla e lo guardò negli occhi, si morse il labbro prima di gettarsi su di lui e baciarlo con possessione. Si abbracciarono stretti per scaldarsi dal gelido inverno che invadeva la Germania ancora autunnale. Aveva cominciato anche a piovere e le gocce battevano sulla porta finestra ancora aperta. Così presi dalla cosa si erano dimenticati di chiuderla, ma adesso avvertivano freddo. Bill tremò tra le braccia di Tom, e quest'ultimo si alzò andando a chiudere e osservando le gocce di pioggia che si stavano facendo gara tra loro. Sentì delle braccia cingergli il collo e si voltò trovando il viso di Bill. Sorrise dandogli un bacio a fior di labbra e tornarono a guardare fuori.

- Non voglio che tu te ne vada stanotte- Disse Bill. - Anzi, vorrei che tu rimanessi per sempre...nel mio per sempre- Tom gli prese la mano che stava sulla sua spalla sospirando. Anche lui avrebbe voluto tanto.

- Non sto andando via, Bill- Gli sussurrò nel silenzio della stanza. Tom non stava andando via, Tom adesso era con lui e anche quando non poteva vederlo, lui c'era sempre. - Adesso me lo dici cosa stavi facendo prima?- Chiese con un sorriso. Bill roteò gli occhi sorridendo sapendo a cosa si riferisse.

- Nulla di importante, te l'ho detto-

- Tutto quello che ti riguarda per me è importante. Voglio sapere tutto, ogni minima cosa di te-

- Allora sarebbe meglio partire dall'inizio..- Tom accettò di buon grado la cosa essendo che era stata anche una sua richiesta. Prese Bill per mano tornando a distendersi sul letto. Aspettava parlasse, sarebbe rimasto lì tutta la notte pur di ascoltare la sua storia.

- Io non sono nato qui, sono nato a Magdeburgo-

- Che sta un po' più giù-

- Che sta un po' più giù, sì- Ripeté ridendo. - E non ricordo nulla prima dei miei dieci anni, quando mi hanno diagnosticato il cancro. Ero piccolo, ricordo che ero in vacanza con i miei e non mi sentii tanto bene, così mi portarono all'ospedale della zona, quello più vicino. Mi fecero vari esami e controlli, e alla fine lo trovarono. Era una piccola macchia nel mio corpo...o almeno così me la spiegarono i medici a quell'età. Una macchia che sarebbe diventata sempre più grande se non avessero provveduto a fare qualcosa. Non mi dissero ovviamente cosa sarebbe successo se avessero lasciato correre, o se le loro cure non avessero avuto l'effetto sperato. Io quindi andavo tranquillo, anche trovando figa questa cosa della macchia..cioè mi sentivo in qualche modo unico al mondo, sai? Andavo alla scuola e dicevo a tutti questa cosa senza rendermi effettivamente conto di cosa realmente mi stesse succedendo. Le insegnanti non capivano e mi guardavano stranite, i miei compagni neppure...perché una macchia dentro una persona era una cosa che non si sente tutti i giorni- Fino a quel momento tenne il sorriso a fior di labbra, ma poi scomparse. - Però...però quando sei vicino alla morte non scherzi più. Una notte mi svegliai di soprassalto e andai a vomitare in bagno. Vomitai sangue. Mi spaventai e mi misi a piangere. Mia madre mi disse che era colpa della macchia e allora non la credetti più una bella cosa, bensì il contrario. Avevo paura di lei. Mi fecero vari esami e giunsero alla conclusione di tentare con la chemio. I miei capelli se ne andarono tutti in un puff, li vidi cascare ai miei piedi uno ad uno giorno dopo giorno. Come sicuramente saprai, la chemio non è facile, indebolisce molto chi ha il cancro e arrivai ad un punto nel quale dissi ai miei genitori di andare pure avanti, che io mi sarei fermato lì. Per me la chemio divenne il mio capolinea in quel momento. Fortunatamente riuscii a recuperare le forze pian piano, ma i medici dissero ai miei che non c'era più nessuna possibilità di salvarmi. In quel momento sentii e mi nascosi a piangere avendo capito ormai che tutto avrebbe avuto una fine. Fino ad allora sono riuscito a sopravvivere per 8 anni...non so per quanto ancora andrò avanti, ma intendo farlo il più possibile. La questione del quaderno è molto semplice. Quando i miei genitori mi trovarono in lacrime, me lo regalarono dicendomi di scriverci tutto quello che sentivo, come una sorta di diario liberatorio. E' il miglior regalo che avrebbero mai potuto farmi. Da quel momento cominciai a scrivere cose...che io vorrei tanto chiamare canzoni, ma senza una base o che non possono essere definite tali- Tom non parlò. La storia di Bill lo aveva colpito molto, la sua deve essere stata un'infanzia orribile.

- Mi sarei preso io tutto, Bill...lo sai?- Bill annuì piano.

- Ma preferisco averlo io- Alzò lo sguardo e sorrise facendo sorridere anche lui.

- Mi faresti leggere una canzone?- Bill arrossì leggermente, ma non vide ragione di respingere tale richiesta.

- Okay..- Si alzò e Tom lo guardò camminare piano verso la scrivania. Erano ancora nudi, potevano godere l'uno della visione del corpo dell'altro...e a Tom piaceva quello che vedeva. Bill aprì il cassetto estraendo il quaderno porgendoglielo. - Ecco...ehm..sono in inglese-

- Scrivi in inglese?- Chiese sorpreso e Bill annuì timidamente. Tom aprì le pagine sfogliandole fino a trovarne una che dal titolo poteva ispirarlo. Si fermò non appena scorse una frase: "In your shadow I can shine". Cominciò a leggere il testo in silenzio, mentre Bill lo osservava inumidendosi le labbra per il nervosismo. Temeva che non gli sarebbero piaciuti. Tom finì presto di leggere quel lyrics, essendo che era abbastanza breve. Breve ma essenziale. Chiuse piano il quadernino e si passò una mano sugli occhi reprimendo il nodo alla gola che si era venuto a formare man mano che andava avanti con le righe. - Bill...non so cosa dire- Gli riporse il quaderno. - Questa canzone parla di te al cento per cento, di quello che senti in questo momento, di quello che hai provato in un'intera vita...-

- Io aspettavo solo il mio sole, Tom- Disse Bill abbassando timidamente lo sguardo. - Solo il sole che mi illuminasse la vita...io sono quella luna bianca e triste, lasciata da sola al buio, una luna senza stelle...così mi sono interpretato. E tu, Tom, sei il mio sole, quello che tutti notano e amano, ma che per un istante, quando tramonti, vieni a trovare la tua luna, anche solo per un momento, perchè hai bisogno di vederla...- Spiegò con un nodo alla gola anche lui. - ...e sai che solo nell'ombra della luna tu puoi illuminarti davvero- Concluse rimanendo lì in piedi con il quaderno al petto che provvide poi a posarlo sulla scrivania. Rimasero in silenzio. Tom lo fissava e Bill si mise un ciuffo dietro l'orecchio un po' imbarazzato da quello che aveva appena detto.

- Se questo può essere un ricordo, Bill..- Cominciò attirando la sua attenzione. - ...allora io e te faremo questa canzone insieme, te lo prometto...perché hai ragione: solo nella tua ombra io posso splendere. Semmai un giorno dovessi diventare qualcuno nel mondo della musica, io guardando la luna, dedicherò a te questa canzone-

- Ed io la sentirò tutte le volte che me la canterai, piccolo principe- Si sedette sulle sue ginocchia. - Io posso essere anche quella rosa dalla quale un giorno tornerai- Gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi. - E tu sei quel piccolo principe che ha viaggiato in lungo e in largo per salvarmi dai Baobab che crescevano sempre di più sul nostro asteroide e che avrebbero finito per uccidermi...ma alla fine, anche se non ce la farai, è l'amore che proviamo che conta davvero- Tom gli accarezzò la guancia.

- Ciao, mia bella rosa- Bill sorrise poggiando a sua volta la mano sul suo di viso.

- Ciao, mio piccolo principe- Si accostarono nuovamente per baciarsi quando sentirono la porta di ingresso aprirsi e scattarono in piedi.

- BILL! CI SEI!?- Lo chiamò a gran voce sua madre.

- Sì, CI SONO! STAVO PER DORMIRE!-

- OK, NON FARE TARDI!!-

- VA BENE!- Bill sospirò tristemente. - Mi sa che devi andare...- Tom lo voltò verso di lui.

- Ci rivedremo presto, tutte le volte che vuoi, chiamami ed io ci sarò-

- Va bene domani l'altro? Mio padre non è a casa, c'è solo mia madre, e lei ti apprezza- Tom intanto si stava rivestendo.

- Va benissimo- Gli diede un bacio veloce e prese la scala che aveva lasciato sul balcone per riposizionarla in modo da poter scendere. Bill lo seguì mettendosi inavvertitamente la sua felpa per non prendere freddo.

- Stai attento...e buonanotte- Tom riuscì a scendere e si riprese la scala di legno alzando lo sguardo un'ultima volta. Aveva notato il suo indumento addosso a Bill, ma ne era felice. Era bello vederlo con i suoi vestiti. - Oh no..la felpa..-

- Non preoccuparti...buonanotte- Gli buttò un bacio e se ne andò via. Bill rimase qualche secondo fuori, quando la porta si aprì e sussultò voltandosi. Era sua madre, perciò fece un sospiro di sollievo.

- Bill, non sei a letto? Che ci fai lì fuori?- Poi guardò le lenzuola e le vide sfatte totalmente, inoltre notò la felpa che aveva addosso e già aveva una vaga idea di chi potesse essere.

- Mamma, io..-

- Intanto torna dentro che fa freddo- Bill obbedì chiudendo la porta finestra alle sue spalle. - Bill...-

- Mamma, non è successo niente, lo giuro...-

- Bill, ehi...come ti senti?- Bill si strinse nella felpa.

- Bene..- Rispose balbettando e Christine gli sorrise avvicinandosi e baciandogli la fronte.

- Se tu sei felice, io sono felice- Gli disse semplicemente prima di andarsene dandogli la buonanotte. Ora però Bill era tornato ad essere quella rosa che aspettava soltanto il ritorno del suo piccolo principe. Quella notte era stata fantastica, l'unica in cui si era sentito davvero bene e senza vergogna di mostrarsi totalmente per quello che era, per il corpo che possedeva. Si buttò sul letto odorando ancora le lenzuola, sentendo il suo profumo, l'odore del sesso che insieme avevano fatto, e sospirò felice. La felpa che aveva addosso sapeva di lui e decise di tenerla per tutta la notte. Sarebbe bastata a coprirlo. E adesso si stava svolgendo l'eclissi al contrario. Quella notte era stato il sole a proteggere la luna e a coprirla, non viceversa.

Tom si era innamorato della luna che non poteva vedere...
Ma nella sua canzone il sole e la luna tramontavano insieme...

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Capitolo 12
*** Ein Sonn durch die Nacht ***


Ein Sonn durch die Nacht

Sapevano che non sarebbe potuto durare per sempre, che prima o poi alla rosa sarebbero caduti tutti i petali e avrebbe finito così per seccarsi e morire. Sapevano che non potevano impedirlo, evitarsi le corse in ospedale. La malattia era stata data gratuitamente a Bill, ma la cosa triste è che nessuno di quei sorrisi lo era stato. Quei sorrisi falsi non potevano non aver pagato un prezzo per mostrarsi...ma Bill per fortuna non aveva visto solo quelli...
Erano in salotto a casa di Tom il giorno seguente alla loro prima volta. Bill era coperto con un pled, e Tom accanto a lui lo teneva abbracciato sul divano. Gustav e Georg erano con loro, per parlare, per distrarsi un po', ma non erano bravi quando si trattava di questioni di vita o di morte.

- Tom...ho freddo- E tutte le volte che lo diceva le chiacchiere si fermavano e Tom lo copriva sempre di più. Bill era ormai debole, la pelle era più pallida del solito, e a volte pareva che quei tubi non servissero a niente.

- Bill, vuoi qualcosa di caldo? Un thè magari- Aveva detto Gustav poggiandogli una mano sul ginocchio, e Bill annuì piano. Non voleva approfittarsene, odiava ricevere favoritismi per il suo stato, ma d'altronde il cancro implicava anche questo. Gustav si diresse subito in cucina sapendo già dove mettere le mani, essendo che non era la prima volta che ci entrava. Riguardo a Bill e Tom, avevano deciso di provare la canzone a casa sua, ma una volta arrivato, il moro aveva avuto un mancamento e si era risvegliato con la febbre. E adesso era proprio dove voleva stare, con la persona che amava e con i suoi due unici amici.

- Georg- Tom lo chiamò e lui alzò lo sguardo. Il rasta gli fece cenno con la testa di sedersi con loro. Tolsero a Bill il pled ed entrambi lo strinsero tra loro. Il calore di due corpi era più forte e più efficace, piuttosto che quello di un misero pled e un corpo solo. - Grazie-

- Figurati- Tom sorrise. Meno male aveva amici come loro, ed era orgoglioso che pure Bill potesse "approfittarne". Il moro si era nuovamente addormentato tra loro due. - Mi dispiace, Tom- Tom sospirò.

- Staremo bene- Rispose solo, probabilmente cercando di convincere più sé stesso che l'amico.

- Ecco...ops- Gustav giunse, ma notò Bill appisolato con la testa sulla spalla di Georg e perciò dovette posare la tazza rendendola ormai inutile. - Quando si sveglierà lo riscaldo-

- Cosa..?- Bill aprì gli occhi. Era in stato di dormiveglia, ma nessuno se ne era accorto. - Il thé? Oh, scusatemi se mi ero disconnesso per un secondo- Tutti gli risposero di non preoccuparsi mentre il biondo gli porgeva la tazza calda che prese ringraziandolo. L'importante è che non si era disconnesso per sempre..
Pensò Tom in quell'istante guardandolo bere piano. Nonostante questo però gli andò di traverso e tossì riversandosene un po' addosso. - Scusate davvero...ma che vi combino oggi?- Fece seriamente dispiaciuto dopo che ebbe ripreso fiato cercando di pulirsi le piccole macchie o perlomeno di nasconderle. Sospirò lasciandosi ricadere sulla spalliera e stringendo gli occhi.

- Ti fa male la testa?- Gli domandò Tom. Bill annuì.

- Un po', mi bruciano gli occhi- Stava anche lacrimando infatti, come se qualcosa gli fosse andato nell'occhio. Era un mal di testa...

- Ti prendo subito qualcosa...-

- No, rimani qui, ora passa- Cercò di fermarlo Bill non volendo che si alzasse. Tom osservando quegli occhi di cerbiatto doveva trovare da qualche parte dentro di sé il coraggio di dirgli di no.

- Bill, io quello che posso fare lo faccio- Gli lasciò la mano andando a prendere un antidolorifico nello scomparto delle medicine, che Bill non esitò ad ingerire sentendosi meglio al 50%. Tossì un'altro paio di volte accoccolandosi nuovamente sul petto di Tom. Aveva la fronte che scottava e il fiato caldo. Il rasta lo percepiva chiaramente sulla sua pelle. - Io quello che posso fare lo faccio- Sussurrò impercettibilmente accarezzandogli i capelli e lasciando su di essi un bacio. Rimasero in silenzio per un po', prima che la porta si aprisse rivelando Simone. Era avvolta in un cappotto che lasciò subito all'attaccapanni all'ingresso.

- Ciao ragazzi- Non appena notò Bill in quello stato parve preoccuparsi. - Che ha Bill? Devo chiamare...?-

- No, non serve mamma, ora passa...solo un'improvvisa febbrata. Non è la prima volta- Gli spiegò Tom, essendo che Bill pareva essere nuovamente in una stato di dormiveglia. Simone si avvicinò chinandosi a toccare la fronte di Bill.

- Gli avete misurato la temperatura?-

- No, non ho trovato il termometro, dove lo hai messo?- Simone si diresse nella sua stanza recuperandolo dal cassetto del comodino e tornò in salotto. Georg mise le gambe di Bill sopra le sue, e il busto il moro lo teneva su quelle di Tom.

- Sganciagli la felpa che ha, anche stare troppo coperto non gli fa di certo bene- Tom provvedette e Simone gli mise il termometro sotto il braccio. - Ecco, adesso tieniglielo fermo, non si deve muovere per almeno 5 minuti. Intanto io posso prepararvi qualcosa da mangiare...magari quando si sveglierà avrà fame, non lo so..-

- Prima ha detto che non aveva voglia di nulla, ha perfino accettato il thé controvoglia per poi sputarselo addosso- Rispose Georg osservando Bill che respirava piano. Simone assunse un'espressione molto dispiaciuta e un nodo si creò nella sua gola. Poteva anche solo lontanamente immaginare il dolore di una madre che aveva un figlio in quello stato.

- Allora io vado...sì, vado in cucina per rassettare le stoviglie. Se doveste avere bisogno chiamatemi- Si diresse nell'altra stanza con il silenzio di tutti in quella casa. Bill in qualsiasi posto entrava lo trasformava nella sua Casa dei Fantasmi, sembrava proprio come quella. Improvvisamente a Tom venne un flash e ripensò alla notte precedente con lui...al fatto che avesse avuto paura che il cuore di Bill non reggesse a certi sforzi o certe sensazioni. E quella febbre...

- E' colpa mia..- Sussurrò senza accorgersene attirando anche l'attenzione di Georg e Gustav che erano immersi nei loro pensieri.

- Cosa, Tom?-

- Colpa tua?- Il rasta annuì.

- Se Bill adesso sta così è per colpa mia...non può essere altrimenti- I due amici si guardarono straniti. Non capivano come Tom avesse potuto far del male a Bill. Non aveva senso. - Io..sono sicuro che questo è la conseguenza di quello che abbiamo fatto ieri- Georg e Gustav sgranarono gli occhi. Avevano capito a cosa si riferiva, era facile intuirlo. Lui e Bill ieri sera avevano fatto quello che qualsiasi coppia fa quando si ama: l'amore.

- E come può essere?- Chiese Georg stranito, ma il termometro suonò interrompendo Tom nella risposta. Il rasta lo sfilò leggendo il risultato: 38,7°. Sospirò abbattuto dalla cosa. - Tom, non è colpa tua. Quello che dici non può essere assolutamente vero- Georg gli posò una mano sulla spalla accarezzandogliela.

- E invece sì perché Bill è debole di cuore adesso che la malattia è giunta fino ai polmoni e...e lo sapete anche voi che certe cose implicano emozioni forti, sensazioni devastanti e sforzi pesanti...ieri sera ho avuto continuamente paura, anche se ero felice. Amavo l'atmosfera che si era creata, il silenzio attorno a noi, ma per tutto il tempo ho avuto paura che Bill si sarebbe potuto sentire male per l'atto che si stava facendo- Rivelò le sue angosce non smettendo di accarezzare la fronte calda del moro, scostandogli capelli dal viso che magari avrebbero potuto infastidirlo. - Però allo stesso tempo ho amato ogni singolo momento. Lui ed io su quel letto, senza che nessuno potesse farci del male...insomma, alla fine tutto è stato perfetto, ma adesso questo...non posso sopportarlo, non posso sopportare l'idea che sono la causa di questa assurda febbre- No, era troppo da sopportare. Il senso di colpa non lo avrebbe lasciato in pace. Era felice di una cosa che aveva finito ugualmente per fare del male a Bill.

- Tom, ascoltami, ieri sera è stata per entrambi una notte importante, e da quanto ho capito Bill è stato bene, non si è sentito male neanche una volta nel durante- Tom scosse la testa guardando Gustav negli occhi. - E' fuori discussione che il sesso abbia portato a questo, anche perché Bill soffre di problemi respiratori, e quindi deduco che la febbre sia una cosa a sé. Quello che sto cercando di dirti, Tom, è che secondo me per quella notte la malattia ha come voluto interrompersi un istante, sospendendo il suo processo e magari pensando di lasciarvi un po' in pace- Tom rise lievemente e Gustav increspò le sue labbra in un sorriso, ma tuttavia non ci credeva ancora. Poteva comunque essere lui il responsabile di tutto.

- Tom...non ci pensare nemmeno- Una voce debole fece a tutti voltare lo sguardo nella sua direzione. Bill era perfettamente sveglio. - Ricordi quello che ti ho detto ieri? Se tu mi ami, io non sentirò mai male...te l'ho detto o no?- La sua mano calda gli stava accarezzando il viso e Tom la trattenne sulla sua guancia annuendo piano. - Ce l'ho da quando ero piccolo, ed in genere mi veniva per attacchi di freddo...io sono molto debole al riguardo-

- E non solo riguardo a quello- Fece Georg facendolo ridacchiare.

- Già- Bill voltò nuovamente lo sguardo verso Tom notandolo pallido in volto. Lo fissò corrugando la fronte. Conosceva quello sguardo, quella espressione, se la era vista addosso troppe volte. - Oddio, Georg aiutami ad alzarmi!- Fece improvvisamente allarmato e Georg lo tirò su in modo che Tom potesse sgusciare via e correre in bagno. Simone accorse in cucina preoccupata.

- Che succede!?-

- Tom! Nel bagno!- Le rispose Gustav e la donna si diresse subito lì entrando. Trovò il figlio chino sul wc a rimettere. Gli tenne i capelli lasciando che vomitasse tutto, anche l'anima. Fu lunga la cosa, e fu anche molto improvvisa. Nessuno se lo aspettava.

- Tom...TOM!- Lo chiamò Bill dal salotto. Il rasta quando ebbe finito, tirò un colpo allo sciacquone per tirare via l'acqua. Il sapore amaro del vomito era insopportabile.

- Sto bene- Rispose per rassicurare tutti, lasciando che la madre lo aiutasse a rialzarsi. Non sapeva perché gli fosse presa in quella maniera. - Mamma, tutto a posto-

- Perché?- Chiese mentre Tom si sciacquava il viso.

- Non lo so...pensavo a Bill, a lui che soffriva per la malattia...improvvisamente le voci degli altri le sentivo lontane e lo stomaco mi si è contorto tutto insieme- Simone a braccia conserte lo ascoltava e sispirò.

- Dio, Tom...-

- Sì, lo so, non è normale-

- Scherzi, vero?- Tom si asciugò la bocca con l'asciugamano per poi voltarsi verso di lei. Era ancora pallido in volto, ma stava già riprendendo colore. - Tu sei così innamorato di lui che...- Simone aveva capito tutto. Non concluse però il discorso, troppo sorpresa da questa cosa per non lasciare sospesa la frase. Tom doveva capirlo da solo e lo aveva compreso. Amava Bill, non poteva vederlo stare male senza stare altrettanto. Bill si sarebbe arrabbiato a saperlo, sperava non ci arrivasse. Non rispose alla madre e tornò nel salotto dove il moro gli corse in braccio.

- Stai bene?-

- Sì, adesso sì...-

- Ma che ti è successo? Perché?- Gli teneva il viso tra le mani, mani che Tom gli scostò subito.

- Non lo so perché...è successo e basta- Bill però non era stupido e comprese all'istante. Sgranò gli occhi.

- Voglio andare via- Disse solo dirigendosi verso l'ingresso, ma Tom lo fermò per un braccio.

- Cosa!? Fa freddo fuori- Lo riprese con tono calmo.

- Tom...questa volta è colpa mia, e nessuna malattia può reggere il gioco in questo caso, lo sai anche tu- Rispose lasciando che i suoi occhi diventassero lucidi. - E' meglio che tu non mi veda, non puoi stare male a causa mia, non lo posso permettere- Stette per aprire la porta, ma Georg si pose davanti. Bill allora non riuscì a trattenersi e si buttò tra le braccia del castano piangendo. Georg lo abbracciò coccolandolo. - E' colpa mia se voi non siete felici, è colpa mia se state male...- Disse nel pianto mentre Georg gli sussurrava di calmarsi. Tom sentì il suo cuore rimpicciolirsi. Bill soffriva tanto, in una maniera inimmaginabile, ma il fatto era che lui non pensava mai a sé stesso, ma sempre a quello che stava provocando agli altri.

- Bill...ehi...amore? Guardami, per favore- Si avvicinò Tom piano facendo in modo che gli occhi di Bill lo puntassero. - La situazione in cui siamo non può farci sorridere a nessuno, perché tutti ti amiamo...io come non mai- Bill tirò su con il naso cercando di calmarsi. Tom si chinò leggermente lasciandogli un bacio sulle labbra umide e tremanti. - Ti amo, e scusami per prima, scusami se ti ho fatto spaventare. Farò tutto quello che è in mio potere per fare in modo che non riaccada più, ma tu non andartene, ti prego- Bill sorrise lievemente annuendo e prendendolo per mano.

- Scusami tu- Anche Tom sorrise e Bill non poté fare a meno di dimenticare la tristezza. Tom doveva sorridere sempre, nonostante tutto. Si risedettero sul divano distraendosi un po' e parlando del più e del meno insieme a Simone. Poi la porta si aprì di nuovo ed entrò Gordon.

- Ciao, amore- Lo salutò Simone dal salotto.

- Ciao a tutti...come stai, Bill?-

- Bene, grazie- E lo disse perchè stava davvero bene. Era uno di quei pomeriggi normali dove stava vivendo davvero, anche senza fare niente di eclatante.

- Gordon, dovrei chiederti un favore-

- Dimmi Tom- L'uomo si sedette sul divano circondando le spalle della moglie con un braccio.

- Puoi prestare lo studio di registrazione a me e a Bill stasera?- Gordon e Simone si guardarono e si sorrisero.

- Certo, a patto che non me lo distruggiate- Tom sorrise contento e Bill con lui. - Ma cosa dovete fare?-

- Incidere...incidere una canzone..-

- Che ha scritto Bill...e della quale ho passato tutta la notte a fare la base...abbiamo- Ammise Tom. Beh, aveva delle leggere occhiaie, ma non gliene importava niente. Ci tenevano a quel progetto e doveva essere fatto il prima possibile. In fondo, dopo quella notte, era solamente andato a casa delle due G a svegliarle per aiutarlo con gli altri strumenti...nulla di che.

- Non vediamo l'ora di sentirla- Fece Simone felice della cosa.
Le ore tra una parola e l'altra passarono veloci, e Georg e Gustav se ne andarono a casa. Bill rimase a cenare lì con la famiglia di Tom. Si divertì tanto quella sera, anche solo a scambiare quattro chiacchiere, fare quattro risate. Grazie a quello, trovò l'appetito perduto e mangiò per quanto il suo stomaco glielo consentisse. Alla fine di tutto, si ritirarono nello studio di registrazione con Gordon, ché ancora poco si fidava, e anche perché era curioso. Bill si prese il testo e insieme a Tom decisero quando dire le parole, su quali note del suo spartito. Facevano come se Gordon non ci fosse, e questo rimaneva a guardarli compiaciuto della loro complicità. Infine Tom finì con il microfono vicino alle labbra e Tom fece partire la base per la quale aveva lavorato e che aveva fatto ascoltare a Bill circa una trentina di volte prima di provarla anche con la voce. Non importava loro del tempo, adesso erano troppo concentrati a finire quello che avevano desiderato iniziare. Bill si stava tenendo le cuffie un po' eccitato dalla cosa, ma si ricompose subito appena avvertì la prima nota.

#I hate my life

I can't sit sill

For one more single day

I've been here waitin'

For something to live and die for

Let's run and hide#

Gordon rimase ipnotizzato da quella voce.

- Ha una voce stupenda- Sussurrò a Tom che era completamente partito per la tangente una volta che Bill ebbe aperto bocca.

#Out of touch

Out of time

Just get lost without a sign

As long as you stand by my side

In your shadow I can shine

In your shadow I can shine

In your shadow I can shine

Shine#

Tom lo sapeva che nella sua ombra poteva brillare...era così da sempre, anche prima di conoscersi Tom non era altro che una persona sostanzialmente vuota e con pochi valori importanti. Bill gli aveva insegnato tanto. Una lacrima cadde rigando lentamente la sua guancia...

#You see my soul

I'm a nightmare

Out of control

I'm crashin'

Into the dark

Into the blue

Into the world of our cocoon

You are the sun and I'm the moon#

- Sì...sì, Bill- Sussurrò con il tono che le lacrime stavano dando alla sua voce. Bill era la sua Luna, e lui era il suo Sole.

#In your shadow I can shine

In your shadow I can shine

In your shadow I can shine

Shine

Don't let go

Oh, oh no

Don't you know

In your shadow I can shine#

Sì, gli altri non lo sanno.

#In your shadow I can shine#

Che nella tua ombra io posso brillare.

#In your shadow I can shine#

Come mai nella mia vita.

#Shine, shine, shine#

Come mai prima di conoscerti.

#In your shadow I can shine#

Come mai prima di parlarti.

#In your shadow I can shine#

Di ascoltarti.

#In your shadow I can shine#

Di toccarti e di baciarti.

#Shine, shine, shine#

Come mai prima di amarti.

In your shadow I can shine#

La base terminò e Bill aprì finalmente gli occhi rincontrando le luci dello studio e gli sguardi di Tom e Gordon, che stavano a fissarlo. Uscì lentamente non vedendo reazioni.

- Come sono andato?- Chiese timidamente.

- Non ho mai sentito una voce come la tua- Disse Gordon. Peccato, pensò senza dirlo. - Sei stato fantastico- Tom si avvicinò a Bill.

- La nostra canzone- Bill sorrise.

- La nostra canzone- Ripeté per poi darsi un bacio davanti a Gordon che li guardava e non poteva fare a meno di trovarli teneri. Ma come tutti i bei momenti, anch'essi avevano una fine. - E' molto tardi, spero solo che mio padre non sia ancora tornato da lavoro-

- Se vuoi ti accompagno, sei ancora debole, Bill, potresti...- Un dito di Bill poggiato sulle labbra lo zittì.

- Non preoccuparti, sto bene- Gli schioccò un bacio sulle labbra. - Buonanotte- Gli sussurrò per poi sparire salendo le scale e lasciandolo lì. Tom si voltò verso Gordon. Vide delle chiavi volare nella sua direzione e le prese al volo. Erano quelle della sua R8.

- Seguilo-

- Tu sì che mi capisci- Corse di fretta su, ma Bill era già andato, tuttavia non si arrese e si mise al volante della macchina. Bill era solito prendere scorciatoie per arrivare a casa sua, senza passare per le strade pubblicamente frequentate, e di notte sarebbe potuto succedergli qualsiasi cosa. Dal canto di Bill, tutto era silenzioso, le luci illuminavano poco i vicoli e il vento gelido aveva iniziato a soffiare. Aveva un po' di paura, ma casa sua non distava molto quindi continuò a camminare senza voltarsi indietro. Improvvisamente però intravide dei ragazzi con delle moto che stavano bevendo birra e sballandosi. Rabbrividì prendendo in considerazione l'idea di cambiare strada. Aumentò il passo, ma non passò neanche un minuto che una figura gli si parò davanti non lasciandolo proseguire.

- Ciao...che ci fai qui tutta sola a quest'ora?- Gli chiese e Bill indietreggio inciampando. Stette per cadere quando si sentì sorretto. Alzò lo sguardo vedendo gli occhi rossi di uno di loro. Cercò di alzarsi ma questo lo teneva fermo, gli permise solo di ritornare in posizione eretta facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla in modo che la ritirasse indietro. Bill respirava affannoso. Era spaventato. Che volevano fargli.

- Lasciatemi, siete pazzi!- Si dimenò, ma era inutile. Tutti loro ormai lo stavano circondando.

- E se ti portassimo a fare un giretto con noi, che ne dici?- Chiese quello di prima. Bill accumulò tutta la saliva per poi sputargliela in faccia. Quello ringhiò pulendosela dal volto e mollandogli un ceffone che lo riversò al suolo. - Lurida puttana- Sì, perché lui era una puttana, certo. Lo aveva fatto solo una volta e con la persona che amava. In quel momento era la cosa più lontana ad una puttana.

- Voglio andare a casa..vi prego..- Sussurrò ansimante. Gli faceva male il viso, se parlava gli bruciava la parte colpita. Uno lo prese per i capelli facendolo alzare.

- Prima passerai da noi, d'accordo dolcezza?- Bill stava piangendo. Se fosse andato con Tom...
Improvvisamente dei fari illuminarono il vicolo e il rumore dei motori di una macchina di fece sempre più vivido. A Bill si illuminarono gli occhi quando riconobbe la macchina e soprattutto chi era alla guida. Tom scese sbattendo la portiera dalla rabbia.

- Lasciatelo immediatamente- Li minacciò. Bill piangeva e con lo sguardo implorava il suo aiuto.

- Ragazzi, guardate chi è arrivato? Il principino è venuto a salvare la sua principessa. Mi dispiace, ma per stasera starà con noi- Tom notò che Bill aveva una guancia rossa. Quei bastardi avevano osato colpirlo!

- Tom..- Lo sentì pronunciare il suo nome con un fil di voce, ma poi più niente. Aveva visto nero nel momento che cominciò a picchiarli a tutti senza sosta. Avranno avuto per la maggior parte sulla trentina d'anni, ma Tom era così incazzato che non si fece scrupoli e non mostrò alcuna debolezza. Si prese Bill intimandogli di salire in macchina. Bill obbedì senza farselo ripetere e una volta dentro si allacciò la cintura pregando che Tom tornasse illeso. Quando lo vide entrare e chiudere la portiera partendo con una sgommata, il suo respiro poté ripartire.

- Ti avevo detto che non era sicuro uscire da solo, ma mai una volta che mi ascolti- Era arrabbiato con lui, ma non intenzionalmente. Si era spaventato quando aveva visto Bill con quelli.

- Scusa-

- No, non preoccuparti, scusami tu, avrei dovuto insistere invece che lasciarti andare così- Bill osservava il suo profilo con ammirazione. Tom era bellissimo concentrato sulla strada, come quando suonava la chitarra. Tom in quel momento lo vide con un angelo custode che era apparso proprio nel momento del bisogno. Tom entrò nel suo cortile spegnendo la macchina e Bill scese dandogli la buonanotte per la seconda volta. Come sempre, Tom non si mosse finché non lo vide entrare, e fece bene, perché non appena la porta si discostò dalla visuale del moro, esso ricevette un secondo ceffone in pieno viso. Suo padre era a casa e l'ora era tarda. L'istinto lo fece scendere dalla macchina di volata e corse verso di lui chinandosi per vedere se stava bene.

- Tu...lo sapevo che era colpa tua!- Tom lo guardò male senza avere intenzione di lasciare Bill che si stava tenendo una mano sulla guancia tremando.

- Se lei ha intenzione di trattarlo in questo modo me lo riporto via...E' CHIARO!?-

- Ma non vi rendete conto che ore sono!? Bill, posso capire questo scellerato, ma tu...da te proprio non me l'aspettavo- Anche Bill non si aspettava quello schiaffo dato così forte. In confronto quello di prima aveva fatto meno male. Bill si rimise in piedi con l'aiuto di Tom. - Si può sapere dove sei stato fino a tardi!?- Invenne nuovamente il padre.

- E..ero con..Tom, ero a casa sua. Avevo detto a mamma che sarei rimasto a cena..-

- Hai minimamente idea di quanto ci hai fatto stare in pensiero!? SEI UN PAZZO, SEI! UN PAZZO!!- Bill non si era mai sentito così...mortificato in vita sua. Sarebbe scoppiato a piangere se Tom non fosse stato lì con lui.

- La smetta!-

- TU NON TI IMPICCIARE! SPARISCI!! Sei la cosa peggiore che potesse capitare in questa famiglia, e mio figlio non ti rivedrà mai e poi mai, HAI CAPITO!?- Tom non fece in tempo a realizzare che sentì Bill venirgli strattonato via dalle braccia. Il moro finì dietro suo padre. - NON FARTI PIU' VEDERE!- E con questo gli chiuse la porta in faccia. Tom rimase lì per qualche minuto, aspettando un segno che sapeva non sarebbe mai arrivato. Lentamente tornò a casa, mentre per strada ripensava a quella sera, alla canzone che avevano inciso. Era perfetta, era la loro canzone, e anche se il padre di Bill non desiderava che si rivedessero ancora, lui non lo avrebbe permesso. Lui ci sarebbe stato per Bill. Sempre. La sua Luna non poteva sopravvivere da sola. Improvvisamente gli squillò il cellulare in tasca. Era Bill.

- Pronto?-

- Tom!- Quella voce...non era quella di Bill...

- Christine? Christine sei tu!?- Chiese allarmato dal tono della donna che era pressocché lo stesso.

- Tom, vieni in ospedale...PRESTO!- La linea cadde emettendo dei tu tu tu che gli fecero perdere un battito. Sterzò da un'altra parte.
Lo aveva detto che la sua Luna non sarebbe sopravvissuta da sola, senza il suo Sole...

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Capitolo 13
*** L'amore vero non si scorda mai ***


L'amore vero non si scorda mai

- TU SAPEVI BENISSIMO DI NON POTERLO VEDERE!! UGUALMENTE NON HAI CAPITO NIENTE! NON TI E' BASTATO CHE TI IGNORASSI!! MI VUOI SPIEGARE COSA ACCIDENTI DEVO FARE PER FARTELO CAPIRE!?- Aveva sbraitato Jorg una volta in casa. Bill aveva gettato il giubbotto sul divano cercando di ignorare le sue grida. Christine era accorsa in salotto rimanendo pietrificata alla scena. - DOV'E' FINITO IL FIGLIO CHE HO EDUCATO A DOVERE!?- Bill teneva ancora la mano sulla guancia stando in silenzio, ma a quella domanda non si trattenne.

- E' ancora qui- Sussurrò.

- NON MI SEMBRA! IL FIGLIO CHE HO EDUCATO AVREBBE NEANCHE MESSO PIEDE NELLA CASA DI QUEL DECEREBRATO!-

- NON PARLARE DI TOM IN QUESTO MODO!!- Bill non credeva che sarebbe mai potuto invenire in quella maniera, ma era per proteggere la cosa più preziosa che avesse in quel momento fino alla morte.

- COME SE CI FOSSE QUALCOSA DI BUONO DA DIRE! MA FAMMI IL PIACERE!- Bill si sentì ribollire di una rabbia cieca, un po' come quella che provava quando la gente gli faceva falsi sorrisi e gli chiedeva il suo stato di salute sapendo benissimo che non avrebbe mai potuto dire "bene" con sincerità (eccetto che a Gordon quel pomeriggio). Bill diede un colpo forte al vaso sul mobile che perse stabilità e cadde frantumandosi. Christine si portò le mani alla bocca. Non aveva mai visto suo figlio perdere il controllo in quella maniera. Jorg si era fermato a guardarlo, evidentemente stupito anche lui da questa reazione improvvisa.

- PUOI TIRARMI TUTTI GLI SCHIAFFI CHE VUOI, DIRMI TUTTE LE PAROLE PER INSULTARMI!!...MA MAI E POI MAI TI DEVI PERMETTERE DI DIRE QUALCOSA SU TOM, SULLA PERSONA CHE AMO!!- Jorg gli si avvicinò e lo fissò negli occhi. Erano rossi, gli occhi di suo figlio erano rossi, furiosi, ma non lo intimidivano.

- Sennò cosa mi fai? Fino a prova contraria sono ancora tuo padre!- Bill gli diede uno spintone che lo fece indietreggiare e ondeggiare pericolosamente.

- Vorrei che tu non lo fossi!!- Jorg rimase di sasso con quelle parole. Bill aveva davvero toccato il fondo quella volta, Bill forse aveva esagerato, ma era stata colpa sua che gli aveva fatto perdere il lume della ragione. - Hai capito!? Ti voglio lontano da me!! Non toccarmi!!- Aveva afferrato un altro soprammobile in procinto a tirarglielo addosso. Jorg alzò le mani ai lati della testa.

- Bill, per favore, calmati- Ma ormai il figlio non voleva più sentire niente. Gettò ugualmente l'oggetto, ma a terra, e ruppe pure quello. Ne prese un altro e fece la stessa cosa, poi un altro e un altro ancora. Christine si avvicinò cercando di bloccargli le braccia, ma ricevette solo una spinta che la fece cadere, allora cercò di pensarci Jorg, ma ricevette un pugno. Non credeva nemmeno che Bill fosse capace di darne di così forti. Era completamente andato e qualsiasi cosa che trovava aveva il pretesto per distruggerla. I suoi occhi erano neri e rossi, gonfi di capillari. Non avevano altra scelta che lasciarlo fare e aspettare che si calmasse. Jorg aiutò Christine a rimettersi in piedi.

- VI ODIO! VI ODIO DA MORIRE!!- Gridava a gran voce prima di spaccare un qualsiasi oggetto. Ridusse tutte le porcellane a dei cocci rovesciandole con un colpo solo. Non si rendeva più conto di niente, come se nella sua mente ci fosse un'impostazione che gli imponeva di distruggere tutto, ma la verità era che non ne poteva più, e con quella sfuriata, il padre gli aveva fatto superare il limite facendogli avere una crisi isterica come poche. Rovesciò le sedie al suolo, buttò il cesto della frutta per terra, strappò i cuscini del divano e molto altro...
Bill era fuori controllo. Avrebbe potuto anche farsi male, se solo qualcosa di altrettanto maligno non ci pensò prima che potesse farselo da solo. Improvvisamente Bill cadde in ginocchio con una mano sulla bocca cominciando a tossire forte. Christine corse subito da lui, chinandosi per sostenerlo, ma appena il figlio tirò su il viso sussultò. La sua mano era piena di sangue...sangue così scuro che cangiava sul nero. Bill però non aveva ancora finito, e ripartì con una tosse fortissima. La macchia di sangue si stava espandendo sul suolo e tutto quello che poté udire fu suo padre chiamare un'ambulanza. Poteva anche lasciarsi andare. Il resto lo sapeva già.

***

- Come sta!? Che è successo!?- Chiese Tom a Christine non appena arrivato in ospedale. Il rasta non calcolò nemmeno la presenza di Jorg, che cercava di non calcolare la sua stando a camminare avanti e indietro.

- Un attacco isterico, poi ha cominciato a tossire sangue ed è svenuto. Hanno detto i medici che fra poco dovrebbe riprendersi e allo potremmo entrare- Gli occhi della donna divennero lucidi. - Però hanno detto anche un'altra cosa...- Disse piangendo. - Solo...Tom, stagli il più vicino possibile, è te che vuole adesso- Tom aveva capito quello a cui Christine si riferiva. Quelli di Bill sarebbero potuti diventare i suoi ultimi sospiri da un momento all'altro, e nessuno poteva impedire questo. All'ospedale accorsero anche Simone e Gordon, insieme a Georg e Gustav. Erano quasi le tre di notte, ma a nessuno venne la minima idea di chiudere occhio. Tutti erano lì per Bill, tutti aspettavano solo qualche notizia su di lui. A Tom tremavano le mani, non riusciva a smettere di fremere. Simone era lì accanto a lui, Gordon e Gustav in piedi a fare come Jorg, a camminare per la stanza. Tutto questo in un silenzio tombale. Sembrava che fossero già al funerale, mancava solo il prete, la bara...e lui.

- Si è svegliato- Disse il medico e tutti stettero subito sull'attenti. - Prima i genitori, quelli che non sono parenti devono aspettare qui, poi potranno entrare- Tom non avrebbe resistito un minuto di più, ma se quella era la prassi da seguire, avrebbe dovuto adattarsi. Si rimise quindi a sedere vedendo Christine e Jorg sparire oltre la porta. Passarono minuti che parevano ore. Tom ai momenti si sarebbe alzato e sarebbe andato da solo senza tanti complimenti o cerimonie, ma quando vide nuovamente i genitori di Bill rientrare, si trattenne.

- Ha chiesto di te- Disse Christine con grande disapprovo del padre, ma a Tom non importava. Uscì dalla sala d'attesa cercando per i reparti e finalmente trovò la sua stanza. Aprì piano la porta e lo vide lì sul letto con una benda che gli fasciava la testa. Doveva averla battuta al momento dello svenimento. Teneva gli occhi chiusi, ma non stava dormendo, forse per alleviare il dolore. Tom si avvicinò e si sedette accanto.

- Bill...sono qui- Il moro aprì immediatamente gli occhi voltandosi e appena lo vide, le sue labbra si incresparono in un sorriso.

- Tom..-

- Che cosa è successo? Perché hai avuto una crisi isterica?-

- Nulla, ho litigato con mio padre, e ad un certo punto non ho capito più niente, ad essere sinceri non ricordo nemmeno quello che ho fatto. L'unica cosa che so è che per ricomprare tutto quello che ho rotto ci vorrà un patrimonio- Disse con una nota di divertimento nella voce che fece sorridere Tom. - Per quanto puoi restare qui con me?-

- Per tutto il tempo che vuoi- Era una bugia. Sapeva che tra un minuto sarebbe comparsa la infermiera o qualcuno che gli avrebbe intimato di lasciare la stanza, ma il fatto era che lo sapeva anche Bill...quindi non era una totalmente una bugia.
Ad un certo punto la porta si aprì e sussultarono supponendo che il loro tempo fosse ormai scaduto dopo solo 5 minuti. Per loro fortuna non era nessuno del personale, bensì Georg e Gustav che fecero capolino nella stanza.

- È permesso?-

- Abbiamo interrotto qualcosa?- Bill sorrise. Era felice di vederli, molto. I due entrarono prendendosi le sedie rimanenti. - Una stanza tutta per te...che lusso- Disse Georg guardandosi intorno come ammirato dalle pareti vuote e bianche dell'ambiente.

- Proprio- Rispose Bill con calma. - Mi dispiace se vi ho dato di questi problemi-

- Non preoccuparti. Ma con tuo padre? Ci hai parlato prima?- Chiese Gustav sporgendosi un po'. Bill sospirò, ovviamente non aveva potuto sorridergli come se niente fosse successo e parlare simpaticamente.

- Un po' sì...ma solo per dirgli che stavo bene, anche se era una cazzata, come sempre. Per il resto ha parlato mia madre, lui è rimasto in piedi a fissarmi, mi sentivo un po' sotto soggezione ma d'altronde...- Gli amici capivano benissimo. Divergenze familiari, era normale averne per un adolescente della sua età, il suo non era di certo un caso unico, e la sua non poteva essere di certo considerata una crisi anomala. Era semplicemente esploso dopo anni che faceva la stessa vita e non ne poteva più. Tom gli aveva dato il motivo per combattere allo stremo delle forze, solo per lui, nonostante la ferita profonda e mortale, aveva osato riprendere la spada in mano e rialzarsi per tentare un'ultima volta fregandosene di perdere tutte le forze in quello scontro che "all'ultimo sangue" non poteva più essere chiamato.
E nel mentre lo guardava, non poteva fare a meno di sorridere e di stringere di più la sua mano attirando la sua attenzione. Il silenzio era più necessario delle parole. Le parole creavano confusione, potevano essere intese in mille modi, il silenzio in uno solo.

- Beh, speriamo che le cose si risistemino tra di voi, adesso però io e Gustav dovremmo andare-

- Certo, ci vediamo semmai domani- Li congedò Bill. Georg e Gustav lasciarono la stanza e rimasero nuovamente soli. Il silenzio stava diventando quasi disarmante, perciò il moro si sentì di interromperlo.

- Avvicinati- Tom non se lo fece ripetere e si accostò a lui. - Di più- A quanto pare non era abbastanza, perciò si spostò sul materasso. - Mettiti giù e coccolami finché non mi addormento- Quegli occhi scuri erano capaci di stregare e far obbedire all'istante data la loro dolcezza infinita. Tom si sistemò meglio facendolo accoccolare sul proprio petto. - Dimmi qualcosa di bello...qualsiasi- Tom pensò mentre gli accarezzava i capelli profumati di qualche shampoo al miele. - Se non ti viene non importa...la cosa più bella ce l'ho qui, ma se parlassi non hai idea di quanto mi faresti felice- Aggiunse chiudendo gli occhi per provare ad addormentarsi.

- Una volta, quando ero piccolo, pensavo che...o meglio, credevo...che in tutto ci fosse del buono. Un po' come la maggior parte dei bambini pensavo che ogni persona a modo suo potesse essere bella dentro. Avrò avuto cinque anni quando smisi di crederci-

- E perché?-

- Perché una volta ero andato a giocare nel giardino di un nostro vicino. Era anziano e scorbutico, e per sbaglio con il pallone gli spaccai la finestra di casa. Così questo uscì e mi inseguì con il bastone alzato per mezza Loitsche. Rimasi così male e spaventato, che non ci credetti più. Potresti pensare che quello era un futile motivo, anche se per un bambino di cinque anni era più che sufficiente. Con il tempo ho capito che era meglio che mi illudessi di meno e che aprissi di più gli occhi. Poi crebbi con Georg e Gustav come amici, e capii che in alcune persone il buono c'era ancora...poi invece ho incontrato te. Da quel momento in poi sto vivendo con il pensiero che possono esistere persone buone, come possono esistere persone uniche nel loro genere. Tu, Bill Trümper, sei affetto da una malattia e quindi ti senti marcio dentro, ti senti inutile e debole...ma sei più forte di una tigre, e la persona più bella dentro che io abbia mai conosciuto. Inutile...non devi proprio pensarlo, sei la cosa più lontana all'inutilità. Prima di te ero io l'inutile, e una volta che sei arrivato ho capito tante più cose...mi hai cresciuto, io sono cresciuto davvero in questo tempo con te, più che in 18 anni di vita...e non ti dimenticherò facilmente- Bill aveva sorriso. Non aveva avuto una reazione in particolare, solo quella piccola e lieve increspatura sulle labbra che faceva intendere tutto quello che c'era da capire. - Ti amo..lo sai, vero?- Bill annuì sul suo petto stringendolo un po' più forte liberando un sospiro.

- Voglio dormire con te accanto, sei l'unica persona che posso volere in questo momento- Chiuse gli occhi. - E ti amo- Tom sorrise coccolandolo. La luna era ancora visibile in cielo nonostante l'alba si stesse avvicinando rapidamente. Era stupefacente come in un solo giorno fossero successe così tante cose. Bill era stato a casa sua, aveva avuto la febbre, aveva cenato da lui, avevano inciso la canzone, si era fatto aggredire da dei teppisti, e aveva avuto una crisi isterica finendo in ospedale di urgenza...
Tuttavia però sorrise, nonostante la maggior parte degli avvenimenti non fossero positivi. Sorrideva perché guardando la luna si rendeva conto che tutto quel tempo passato a ridere, a piangere e ad amare, non era stato tempo perso. Il tempo che aveva davvero perso, era stato tutto il resto della vita prima di Bill, e ne era sicuro. Solo con lui aveva provato come poteva sentirsi ad esserci per qualcuno, a volergli bene, a proteggerlo e dedicargli il tuo tempo. Solo con lui aveva provato l'amore vero...e l'amore vero, come spesso succede, non si scorda mai, anche se destinato a finire e ad essere sostituito da cotte future...ma che non varranno neanche la metà dell'amore vero che Tom stava vivendo in quel momento. Contava il presente, contava Bill che dormiva respirando tranquillo sul suo petto, contava il silenzio che li circondava, i pensieri che invadevano la sua mente e le emozioni che invadevano il suo animo. Fino a che..

- Tom, devi uscire adesso, Bill deve riposare- 

No...contava ancora, anche nonostante questo.

 

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Capitolo 14
*** Sommerabend auf der Trogbrücke ***


Sommerabend auf der Trogbrücke

I hate my life...

Aprì gli occhi in quella stanza bianca del quale l'odore indigesto non faceva più lo stesso effetto. Era leggermente irrigidito, il corpo gli faceva un po' male anche se non lo aveva sottoposto a nessun sforzo. I tubi sul suo naso non si accorgeva neanche più di possederli, ma quella mattina notò la loro presenza per la mancanza di ossigeno improvvisa. Bill balzò a sedere in cerca di aria e la trovò. Anche sdraiato per lui poteva essere fatale, anche dormire poteva essere mortale. Si guardò attorno cercando di ricordarsi della notte appena trascorsa. Alla memoria gli sovvenne un sogno. Abbassò le sguardo sulle sue mani strette al lenzuolo freddo provando ad assimilare le scene con un ordine cronologico che infondo sapeva non avevano. Immerso nei suoi pensieri, non aveva sentito bussare alla porta.

- Bill, sei sveglio?- Si voltò, era l'infermiera. Ormai lo conosceva, non c'era bisogno di alcuna formalità. - Stenditi, per favore- I soliti controlli veloci, tutto regolare. Tutto regolare per una persona come Bill. La dottoressa si avvicino mettendosi lo stetoscopio alle orecchie e il moro si sollevò la maglietta scoprendosi l'addome. Fremette appena avvertendo il freddo del metallo dell'oggetto poggiarsi sulla sua pelle precedentemente scaldata dal tessuto della sua maglietta e delle coperte. - Respira piano, ma con grandi sospiri- Glielo dicevano tutti come se fosse la prima volta, ma d'altronde era la prassi. Per questo motivo eseguì cercando di non pensare a niente, di tenere la mente libera, di fare dei provini anticipati al non essere più niente da un momento all'altro. - Perfetto, il battito è un po' lento, ma comunque rimane nella norma. Dimmi, hai fame? Fuori sta passando la collega a distribuire la colazione: c'è latte, biscotti, thè, caffè, frutta e qualche brioches- Ma Bill scosse leggermente la testa con un sorriso gentile, come era solito fare a tutti. Aveva detto tanto degli altri, ma non si era mai soffermato su quanto i suoi fossero falsi. Bill...quante volte aveva mentito? A sé stesso e agli altri, quante? Non lo sapeva e nessuno lo avrebbe saputo mai. - Bill, dovresti mangiare, almeno una cosa, magari anche solo bere del latte con qualche biscotto...il thé, se lo preferisci di più- Aggiunse l'infermiera, ma Bill continuò a sorridere e a negare aspettando che cedesse ai suoi occhi. La donna sospirò. - Va bene, allora vuoi farti una doccia? Fra un'ora circa è orario di visita...- Sapeva quello che voleva dire e la ringraziava mentalmente per il pensiero.

- Sì, credo proprio di sì-

- Nel bagno c'è tutto, ma questo già lo sai- E con questo si congedò uscendo dalla stanza. Già, lo sapeva. Sapeva come erano fatti quei bagni all inclusive. Sua madre aveva provveduto a lasciargli un borsone con tutta la roba, anche il pigiama che si era scordato di mettere perché si era addormentato in un posto dove il pigiama non era necessario: tra le braccia di Tom.

I can't sit still for one more single day

Sospirò battendosi le mani sulle cosce e alzandosi prendendo il necessario per poi chiudersi nello spazioso bagno. C'era il WC per i disabili (beh, si apprezza) con l'apposito tubo ricurvo per reggersi, tubo che Bill sospettava avrebbe usato da lì a poco, c'era il lavandino e all'angolino una piccola doccia senza cabina, ma almeno c'erano le piccole mensole per mettere lo shampoo e il bagnoschiuma. Accese l'acqua una volta che si fu svestito e la lasciò scorrere mentre se ne stava accovacciato e nudo accanto aspettando che fosse arrivata alla temperatura che gradiva: bollente. Afferrò la doccia puntandosela sull'addome senza esitazioni e fremendo con un gemito per il bruciore. Strinse i denti, ma non accennava a spostare la traiettoria del getto con la mano che tremava. Se avesse urlato, qualcuno avrebbe probabilmente potuto sentirlo. Abituò la sua pelle bianca a diventare rossa prima si appendere la doccia all'apposito gancio lasciando che l'acqua scorresse il tutta la sua altezza bruciando tutto il suo corpo. La cute sembrava volersi scogliere in modo che il fuoco penetrasse nel cervello, la sua pelle si stava arrossendo gradualmente, gli occhi frizzavano, le labbra tremavano...ma ugualmente non si scostò. Amava quel dolore...
Tirò indietro la testa e la fronte fu colpita imperterrita. Gemette graffiandosi un braccio con le unghie gemendo ancora. Passò alle gambe graffiando anche quelle. La pelle era diventata così morbida, e perciò anche così disposta a staccarsi, che fu facile farle sanguinare. Perché stava facendo questo? Non lo sapeva. Nonostante tutto voleva forse essere morto prima del tempo. Stava inconsciamente provando ad uccidersi senza più pensare a niente. Voleva bruciarsi il cervello perché ormai inutile, e concluse che anche i suoi sorrisi erano stati falsi..lui non stava bene. Lui era un pazzo masochista, e Tom se ne sarebbe dovuto accorgere. L'acqua ardente lavò via il sangue che, copioso, non la smetteva di fuoriuscire. Bill si portò le mani al petto, appoggiò le unghie sulle clavicole scorrendo giù graffiando forte e lentamente. Urlò senza accorgersene. Stava piangendo dal dolore. Anche i suoi polmoni erano inutili. Il suo corpo non apparteneva a nessuno...a nessuno.
Se non appartiene a te, appartiene a me, così gli avrebbe risposto Tom. Oh, Tom...
Se solo avesse saputo che il suo fidanzato in quel momento si stava infliggendo tale dolore...
Urlò ancora...

***

Tom aveva preso un mazzo di fiori dalla fioraia Milda, che lo conosceva da quando era piccolo. Era un'anziana donna, amica di sua madre, e da quando aveva aperto quel posto non aveva mai chiuso. Tom voleva andare a fare visita a Bill e gli aveva chiesto dei fiori bianchi, che Bill adorava e lo sapeva. Bill amava i fiori bianchi. Tutto contento si diresse quindi in ospedale aspettando che cominciasse l'orario di visita per potersi fiondare nella stanza del moro, sperando che dormisse, magari di svegliarlo lui, in modo che se lo trovasse accanto. Appena gli dissero che poteva entrare, non perse tempo e andò a cercare il suo reparto. Stranamemte non si ricordava tanto bene la strada, si raccapezzò non appena lesse: "reparto di oncologia". Decise di tralasciare il significato della parola, proprio perché lo conosceva bene, e arrivò alla stanza di Bill. Aprì piano senza bussare, non era necessario. Non c'erano situazioni di Bill che dovessero implicare la sua assenza. Entrò ma stranamente la stanza la trovò vuota. Le coperte erano disfatte. Magari si era alzato ed era in bagno. Beh, addio risveglio sorpresa, ma gliel'avrebbe fatta appena sarebbe uscito.
U

n rumore ovattato e continuo lo fece sussultare. Un grido. Bill!
Fece cadere il mazzo di fiori per terra precipitandosi nel bagno avendo riconosciuto la sua voce. La porta era chiusa a chiave.

- BILL!! BILL, APRI!!- Urlò allarmato. Sentiva il rumore l'acqua scorrere e che scrosciava a terra. Sentiva Bill singhiozzare e piangere. Cominciò a prendere a spallate la porta con un'energia che mai aveva provato in vita sua. Nessuno sarebbe mai riuscito a buttare giù quella porta...ma lui ce la fece.
Quello che vide lo lasciò letteralmente di sasso.
Bill era inginocchiate a terra, l'acqua scorreva sulla sua schiena rossa. Il suo corpo grondava di rosso e l'odore ferroso di sangue si era mischiato al vapore dell'acqua. Bill si stava autolesionando. Bill si voleva suicidare.
Tom corse da lui spegnendo l'acqua. - AIUTO!!- Gridò avvolgendo Bill ormai svenuto con un grosso asciugamano che aveva trovato nel lavandino adiacente alla doccia. Tom percepì le proprie lacrime calde scorrere sulle sue guance. Coprì meglio Bill. Quell'asciugamano si stava tingendo di rosso sempre di più.

I've been waiting for something to live and die for

- Bill...Bill, amore mio...- Sussurrava nel pianto accarezzandogli il viso caldo a causa dell'acqua. - AIUTO!!- Gridò nuovamente. Strinse Bill a sé. Non si domandò neanche il perché lo avesse fatto. Ormai conosceva tutto di lui, tutto quello che gli passava per la testa. Bill aveva delle maschere che indossava con la gente che non lo capiva e nel momento che questa non c'era, si rivelava per ciò che era davvero: un ragazzo malato di cancro che voleva solo scivolare via dalla vita come un soffio di vento. - Non è il momento...fa' che non lo sia, ti prego- Si diceva baciandogli la mano e cullandolo. Si appoggiò il palmo di essa sulla guancia bagnata. - Bill sono qui, per favore rispondimi, di' qualcosa- Sentì la porta aprirsi e circa quattro medici accorsero accerchiandoli. Allontanarono Tom e presero Bill intimandogli di lasciare la stanza, ma Tom si impose. Era il suo ragazzo, e intendeva rimanere. Lo amava, e intendeva restare. Non vide molto, solo metri e metri di fasce e garze. Poteva solo starsene seduto in un angolino a tremare riflettendo su quello che era appena successo. Lo capiva, ma non lo accettava. Bill non doveva morire, non adesso, non così. Non senza lui accanto.
Riprese a singhiozzare premendosi gli occhi con le dita cercando di reprimere le lacrime. La sua anima però non voleva sentire ragioni e i suoi occhi tornarono nuovamente rossi. Si morse il labbro inferiore e con rabbia si batté un pugno sul ginocchio. - Cazzo!- Imprecò, fregandosene se alcuni medici avessero potuto sentirlo. Piangeva perché doveva andare in questo modo e lui cosa poteva fare? Il tempo scorreva, le lancette correvano e lui poteva solo aspettare e sperare solo di allungare ancora un po' quello che restava a Bill...di allungare il loro tempo insieme. 
I medici lasciarono la stanza così come erano entrati: fulminei. Bill aveva le bende che gli percorrevano il torace, le braccia e le cosce. Era svenuto, ma sembrava morto. I dottori avevano di nuovo riattivato l'elettrocardiogramma che aveva ripreso a funzionare con la sua lentezza. Il cuore di Bill non poteva battere al suo stesso ritmo, lo sapeva. Tom era consapevole che il suo cuore avrebbe dovuto aspettarlo per battere all'unisono con quello di Bill. Avrebbe aspettato, avrebbe rallentato il ritmo. Quando lo aveva visto in quel lago di sangue era sicuro si fosse perfino fermato.
Si avvicinò lentamente e con la mano tremante afferrò la sua. Fredda come sempre. Nemmeno la temperatura di Bill sarebbe stata come la sua, avrebbe voluto dire che doveva riscaldarlo. Si sedette sulla sedia lì vicino. - Bill...non cercare di andare via, rimani con me...io non sto andando via- Gli posò un bacio delicato sul dorso. - Io non ti lascerò mai- Si morse il labbro tremulo. - In queste parole rimarrà la tua promessa...e la mia...per sempre- Si accorse poi dei fiori ancora sul pavimento. Sospirò andando a raccoglierli e ponendoli nel vaso apposito. Fece poi avanti e indietro per distrarsi con la camminata, ma gli era impossibile, era fottutamente difficile non pensare che il proprio ragazzo aveva rischiato la morte quello stesso giorno.

- Tom...- La sua voce debole lo ridestò da quel refrain di movimenti e si voltò verso il letto. -...non dirmelo, Tom- Il rasta lo fissava sconvolto. Bill stava piangendo. - Sono ancora qui, vero?-

- Ma certo che sei ancora qui- Si avvicinò sedendosi nuovamente e prendendo ancora la sua mano.

- Non doveva andare così...- Sussurrò con le labbra che tremavano.

- Ma cosa dici..?-

- Tom, io dovevo morire, io...scusa, ma non ce la faccio più- Tom dovette trattenersi dallo scoppiare nuovamente in lacrime.

- Tu sei una persona forte, sei...tutto quello che ho, Bill-

- Non è vero, non sono forte e non sono tutto quello che hai. Tu hai la musica, tu hai la salute, tu hai due amici che non dovrai mai lasciare e che non ti lasceranno mai..-

- Ma non avrei avuto te se non fossi accorso in tempo- Bill sospirò, come si sospira con un cane che non molla l'osso.

- Forse sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai conosciuti-

- Bill, non puoi dirmi così adesso, non puoi...-

- Tom, non fare così. Sappiamo entrambi che è giusto-

- No, non lo è! Tu vorresti farmi credere di punto in bianco...che avresti intenzione di...?- Tom non voleva neanche pensarci. Bill non poteva dire sul serio, non poteva stare per commettere quell'errore. Bill singhiozzò per i residui del pianto senza parlare. - Bill, guardami- Gli occhi del moro tornarono su di lui. - Mi stai dicendo che non mi vuoi qui, è questo?-

- Sì, è questo, non ti voglio ora...non...ho mai...voluto che...io e te...ci conoscessimo, io...io voglio andarmene ma tu...tu sei l'unica persona che ancora mi tiene legato qui e...non lo sopporto...- Aveva detto piangendo. Tom fece mentalmente un sospiro di sollievo. Allora non voleva lasciarlo...per un attimo gli era presa malissimo. - Però...però sei anche quell'unica persona che è riuscita a togliermi quella maschera anche solo per un'istante- Bill guardava davanti a sé, un punto indefinito. - E ti amo, Kaulitz...ti amo-

- Anche io ti amo- Bill aveva tirato su con il naso.

- Abbracciami, ti prego- Tom non ci aveva pensato due volte e si era sporto non stringendolo troppo per non fargli male e facendo attenzione. La pelle di Bill era ancora molto sensibile. Lo lasciò sfogare, lasciò che gli bagnasse la felpa, che la stringesse così forte da sgualcire il tessuto. Tom era onorato di poter essere quella persona, l'unica, che vedeva piangere Bill così...l'unica alla quale Bill non mentiva mai. - Usciamo un po'?-

- Cosa..? Ma Bill, hai visto cosa ti sei appena fatto? Come ti viene in mente!?- Bill non replicò, semplicemente rimase a fissarlo negli occhi, certamente senza pentirsi di quello che aveva detto, sicuramente impuntandosi. - E' inutile che fai così, e poi non puoi uscire da questo posto-

- Io non ci sono mai voluto entrare-

- Lo so, Bill, lo so!- Tom si era staccato da lui. Stavano di nuovo riprendendo a discutere. - Ma che dobbiamo farci!? Mi spieghi cosa ci vuoi fare!?-

- Non lo so, forse ho voglia di sbagliare per esempio- Aveva risposto sostenendo il suo sguardo. - Ho voglia per una volta di non stare alle regole-

- Tu sei completamente pazzo- Più lo guardava e più lo credeva. Bill era pazzo, ma ugualmente non poteva trattenere il respiro accelerato ogni volta che che posava gli occhi sulla sua figura.

- E allora?- Erano faccia a faccia, i loro respiri si toccavano. - Che cosa vorresti farci? Spiegamelo- Che bastarduncolo che era. Tom non poté fare a meno di sorridere, si avvicinò per baciarlo, ma Bill gli pose una mano davanti. - No, ehi...lo sai che non puoi-

- Zitto e lascia sbagliare anche me- Tom gliela scostò e lo bacio con una leggera irruenza, irruenza che a Bill piaceva. Il moro rise sulle sue labbra tra un bacio e l'altro.

- Quindi? Mi porti fuori?-

***

Tirava vento, ma non importava. La loro pelle non lo percepiva mentre scappavano. Tom teneva sulle spalle Bill e correva più veloce che poteva. I dottori avevano cercato di fermarli, di prenderli arrivando a minacciarli, ma erano sordi al riguardo. Per quello che vale, anche Tom poteva ammalarsi di sordità per la persona che amava. Bill rideva, come un bambino sulle spalle del fratellone. Il rasta corse lontano perdendosi nei sobborghi della città. Appena si resero conto di essersi allontanati a sufficienza, Tom si fermò facendo scendere Bill. Si presero per mano e cominciarono a camminare per una strada senza sfondo. O meglio, loro non sapevano dove stavano andando ma era ok, era tutto ok. Poter finalmente uscire come una coppia normale, ignorando i pregiudizi delle persone, era quello che di più bello poteva esserci al mondo, nel loro piccolo mondo.

- Se dovessi sentirti male, dimmelo- Bill annuì senza ascoltarlo davvero. Se si fosse sentito male non ci sarebbe stato bisogno di dirlo, lo sapevano entrambi. Erano attacchi improvvisi che ti impedivano di parlare. Il moro si appoggiò con la testa sulla sua spalla afferrando il suo braccio e lasciando che il vento freddo li accarezzasse. Si era tirato su il cappuccio della sua felpa grigia tanto amata e camminavano lentamente, come se stessero percorrendo la via per il Paradiso insieme. Solo che Tom ad un certo punto si sarebbe fermato, lo avrebbe guardato negli occhi e gli avrebbe lasciato lentamente la mano scomparendo: Bill avrebbe dovuto così continuare da solo. Ma abbassando lo sguardo, vedeva le loro dita intrecciate per riscaldarsi. Strinse più forte la presa. Tom lo aveva guardato senza dire niente posandogli un bacio sulla testa.

- Non lasciarmi-

- Mai-

- Sul serio, Tomi...stringimi più forte, guardami negli occhi e dimmi che non mi lascerai...neanche quando io sarò...!!- Sussultò quando si sentì afferrato per le spalle. Tom lo guardava penetrando la sua anima con i suoi occhi dorati.

- Se ci fosse un modo per cambiare le cose, se ci fosse la possibilità di seguirti giuro che lo farei...ma finché siamo entrambi su questa terra io te lo giuro, Bill, che la tua mano rimarrà nella mia...e lo rimarrà ancora per molto tempo- Bill si sentì uno sciocco ad aver preteso anche solo per un istante che Tom lo potesse seguire nella morte...Tom doveva vivere.

- Oh Tomi..- Il rasta lo aveva stretto per i fianchi e lo aveva baciato. Erano in una strada dove di macchine ne passavano davvero poche, le persone altrettanto. Erano vicini al ponte che dava sul fiume di Loitsche. Quel ponte generalmente era trafficato, ma quel giorno no. Quel giorno la città pareva essersi fermata, ed in quel bacio perfino il tempo. Quelle lancette avevano rallentato il ritmo. Appena si staccono Bill si morse il labbro in un sorriso. - Che vuoi fare?-

- Quello che vuoi fare tu, possiamo andare ovunque tu voglia- Bill si guardò attorno adocchiando subito un negozio di vestiti. Non ci entrava da molto tempo, sembrava quasi un'eternità. Afferrò Tom come quando erano al Luna Park trascinandolo letteralmente all'interno. C'era di tutto: roba per donna, uomo, bambino, intimo, scarpe...era pieno di indumenti di ogni genere. Era enorme e se Bill avesse potuto scegliere il suo paradiso, avrebbe optato per una cosa del genere. Sgattaiolò subito tra le corsie cominciando a toccare di qua e di là. Tom ai momenti lo aveva perso di vista, però era felice a vederlo così. Bill non doveva piangere, Bill aveva ancora tempo, Bill con lui sarebbe stato sempre felice.

- Guarda, Tomi! Ho preso questi! Ti piacciono?- Gli fece vedere un giacchetto rosso di pelle, una maglietta nera tutta bucherellata, e dei pantaloni zebrati che su nessuno sarebbero stati bene...tranne che a una modella o a lui. Tom li guardò tutti.

- Vuoi provarli?-

- Posso!?- Si guardò intorno in cerca dei camerini e una volta visto il cartello che li indicava, si dissolse in una nuvola e scomparve nuovamente. Una volta giunto dentro, Tom si appostò fuori appoggiando le spalle al muro. Ci avrebbe messo un po', già lo premeditava. Era la donna che era in lui d'altronde. 
Bill intanto si stava togliendo i jeans e la felpa. Gli bruciava ancora la pelle e a vedere quelle bende fermò l'euforia portando una mano a sfiorarle. Le labbra presero a tremare e appoggiò la fronte alla parete del camerino sospirando. Si sentiva uno stupido ora, ma prima era sicuro che non era stato così. Prima era giusto, prima sarebbe morto senza pensarci più di tanto, ora la paura dell'ignoto era tornata. Ormai quello che era fatto era fatto, così pensò bene di indossare quello che aveva preso senza meditare troppo al riguardo.
Tom sbadigliò osservando l'orologio. Cominciava a trovare l'ambiente poco interessante. Se fosse stato lì da solo molto probabilmente si sarebbe addormentato sugli invitanti divanetti là infondo. Sentì il rumore della tendina del camerino scostarsi e si voltò. Bill era lì, un sorriso timido sul volto, i pantaloni zebrati che gli fasciavano le gambe lunghe, quella maglia nera con sopra il giacchetto rosso di pelle che gli arrivava ai fianchi come lunghiezza. Sembrava una star di Hollywood. Né Bill né Tom credevano fosse possibile: che un ragazzo malato di cancro potesse avere certe trasformazioni. Tom sorrise ammirandolo da cima a fondo. Bill non sapeva dove guardare. Non aveva mai chiesto il parere a nessuno su quello che metteva e adesso era lì, appoggiato allo stipite cercando di fare l'espressione più...niente più! Gli bastava fosse decente! Aveva paura di no...

- Bill, mi dici come fai?- Bill rise.

- Come faccio a fare cosa, amore?-

- Cioè diciamocelo, quei pantaloni sono orrendi, o meglio, io non li metterei nemmeno a pagarli, ma su di te...sta bene tutto, qualsiasi cosa metti sul tuo corpo sembra fatto apposta...in sostanza, sei perfetto- Sospirò. - Come sempre- Bill lo osservò prima di scoppiare in uno sbuffo divertito.

- Dimmi la verità, quanto hai pensato ad un copione come questo mentre ero dentro?-

- Molto, in effetti- Rise con lui. - Ma seriamente, Bill, stai benissimo-

- Ok...e..?-

- Mi ecciti da morire anche così- Bill alzò gli occhi al cielo e chiuse la tendina con un sorriso per rimettersi gli indumenti di prima. Poi uscì andando a rimetterli apposto. - Che fai?-

- Sto riappendendo tutto. Non posso permettermeli...-

- Ehmbeh? E che ci sto a fare io qui? Tieni- Gli ridette tutto con lo sguardo perplesso di Bill.

- Tom, non essere sciocco! A che credi potrebbero servire questi vestiti!? Sono veramente troppo per me, io non avrò occasione di metterli- Tom ci rifletté meglio scoprendo che aveva ragione, ma non del tutto.

- E in questa occasione con me?- Bill non rispose rigirandosi i capi tra le mani. - Pensaci, quando ci ricapiterà un'uscita insieme? Forse mai più, ed io voglio che tu, Bill, sia la cosa più perfetta a questo mondo oggi-

- Ma...Tom, io non voglio che tu spenda soldi per me, io non li merito- Tom gli baciò la fronte dolcemente.

- Meriti questo e altro. Aspetta qui, li pago e torni subito a cambiarti- Non gli lasciò neanche il tempo di replicare che se ne andò alla cassa. Bill tuttavia sorrise. Tom aveva ragione.

***

Stettero per tutto il tempo a giro per Loitsche, nella fredda Loitsche che presto si rimbrunì. Il sole disse presto addio e stava lasciando lentamente il cielo con le nuvole e un leggero rosato. Si erano stancati di camminare, ma non della compagnia l'uno dell'altro. Si diressero quindi verso il ponte di prima, quello che dava sul fiume.

- Sommerabend auf der Trogbrücke- Aveva detto Bill una volta che si furono fermati sul cornicione ad osservare l'acqua e la distesa infinita del cielo.

- Sì, sembra proprio così- Se non avesse tirato quel venticello fresco forse sì, Bill avrebbe descritto perfettamente quello che stavano vivendo e vedendo solo con quelle parole.

- Tom, chissà se i medici lo avranno detto anche a mamma, cosa staranno facendo...ci pensi?- Tom annuì. - Però non mi importa, tutto quello che voglio è qui, il mio tempo è adesso e lo sto vivendo al meglio con te, anche senza dire niente. Potrei rimanere qui per sempre, è bellissimo- Disse poi riferendosi al paesaggio sottostante.

- Più bello di me?- Disse Tom. Bill si voltò e sorrise un po' maliziosamente afferrando le sue braccia.

- Allora fai in modo che non possa vedere altro che te...mettimi sul ponte- Tom rimase molto sbalordito dalla richiesta. Saranno stati alti circa una ventina di metri. Un volo da quell'altezza e non ci sarebbe stata speranza di sopravvivenza. Ma gli occhi di Bill erano stregati, di una qualche magia, una magia che ti convince a fare quello che essi vogliono. Tom afferrò Bill per i fianchi e lo alzò mettendolo a sedere sul cornicione della costruzione.

- Stai rischiando, Bill-

- Lo so, reggimi- Poteva seriamente finire male, ma la verità era che sulle loro labbra c'era scritto tutt'altro destino. Non era così che doveva finire, e non sarebbe successo. Bill si sporse all'indietro allargando le braccia e Tom lo teneva saldamente. Stava giocando, entrambi. Stavano giocando con la vita, stavano giocando con la morte. Era parzialmente nel vuoto, se Tom avesse mollato la presa, nessun angelo lo avrebbe salvato, ma come ho già detto, non era scritto nelle stelle che andasse in quel modo. Bill si ritirò su in posizione eretta. Rideva, rideva perché aveva vinto il gioco. Per una volta aveva vinto la partita contro la morte. Tom rideva con lui. I loro visi vicini, la fronte di Bill appoggiata su quella di Tom, le sue mani sul viso del rasta e le sue gambe ad accerchiargli i fianchi. Si erano baciati voracemente, come a mangiarsi le labbra. - Ti amo, Tom-

- Anch'io, Bill...anch'io- Sospirarono tra un bacio e l'altro. Se lo dissero così velocemente per riattaccare le labbra subito. Non avevano mai fatto una cosa del genere, una tale foga non li aveva mai presi come quella sera.

- Tom, saltiamo- Aveva detto Bill improvvisamente.

- Cosa..?- Aveva chiesto Tom senza capire bene davvero.

- Saltiamo, nell'acqua...insieme- Questa volta aveva capito perfettamente ma la sua espressione non era mutata. - Sarà come volare, Tom. Te lo prometto- Tom si morse le labbra. Lo sguardo della persona che amava era sempre lo stesso, solo con una vena di follia, come quella di quel giorno in ospedale quando aveva provveduto a tagliarsi. Tom non doveva giudicarlo, o arrabbiarsi...doveva solo farlo desistere. Gli prese le mani e lo guardò dritto negli occhi.

- Non abbiamo bisogno di saltare da qui per volare, Bill- Gli sussurrò. Il moro voltò la testa osservando dietro di sé. Il vuoto più assoluto. - Bill, guarda me-

- Tom..-

- Tu non lo vuoi davvero, tu non vuoi saltare da questo ponte, tu non vuoi morire oggi- Bill si morse il labbro inferiore annuendo piano. - Scendi e torniamo in ospedale, ti va?-

- Solo se tu resti con me-

- Per sempre, lo sai. Non abbiamo bisogno di morire per restare insieme- Bill scoppiò in lacrime gettandosi tra le sue braccia nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

- Scusami, perdonami, Tom! Lo so, hai ragione, hai fottutamente ragione! Come ho potuto chiedertelo? Io ti amo- Tom gli accarezzava la schiena con un nodo alla gola e sospirò.

- E' tutto passato, Bill. Non preoccuparti, anch'io ti amo- Bill si scostò da lui osservandolo negli occhi.

- Sono stanchissimo- Aveva detto come un bambino che piangeva proprio per quel motivo. Bill era stanco, Bill era esausto. Bill si sentì sollevare da terra. Tom lo aveva preso tra le sue braccia.

- Dormi, Bill...prometto che al tuo risveglio io ci sarò- Bill, sentendosi rincuorato da quelle parole, si addormentò qualche minuto dopo lasciandosi trasportare dalle forti braccia di Tom. Quando arrivarono in ospedale, una cerchia di medici venne loro incontro accusando Tom di essere un pazzo, dicendogli che avevano chiamato la polizia e che non l'avrebbe passata liscia, ma il rasta se ne fregò altamente percorrendo i reparti tranquillo, andando nella stanza di Bill e adagiandolo sul letto. Provvedette a spogliarlo e a mettergli il pigiama, poi lo coprì e si mise con lui tra le lenzuola. Il piccolo corpo del moro si aggrappò al suo ed il suo viso affondò nel suo petto in cerca di calore e protezione per poter dormire tranquillo.

- Ecco, agente, è lui- Dalla porta leggermente accostata, un'infermiera stava facendo vedere alla polizia chi aveva commesso il sequestro di persona quel giorno. L'uomo guardò e vide la scena di due ragazzi, uno sveglio e l'altro no, che si coccolavano in un letto fatto di silenzi e sussurri. Sospirò voltandosi verso i suoi colleghi.

- Andiamocene, non abbiamo nulla da fare qui- Se ne andarono lasciando a quei due ragazzi il poco tempo che gli rimaneva insieme. Non si sarebbero mai permessi di separarli, non dopo che guardandoli aveva sentito il rasta sussurrare:

"Al tuo risveglio ci sarò"

 

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Capitolo 15
*** You Don't Know How Many Times I Dreamed A Love...A Life... ***


You Don't Know How Many Times I Dreamed A Love...A Life...

Bill era sicuro che il sogno di quella notte non era stato brutto come quello precedente, perché si sentiva bene, non aveva istinti suicidi e stava magnificamente nonostante tutto. Si svegliò con la certezza che Tom fosse con lui e infatti era così. Era sdraiato accanto al suo corpo ed aveva gli occhi aperti. Osservava un punto indefinito, forse pensante. Aveva un'espressione seria, molto probabilmente non si era accorto che Bill lo stava guardando. Si mosse piano facendolo sussultare e finalmente voltare.

- Buongiorno...come stai?- Gli chiese con un sorriso. Bill mugugnò qualcosa di incomprensibile che lo fece ridere. - Come amore?-

- Ho fame- Disse e Tom spalancò gli occhi. Aveva fame!? Bill non voleva mai mangiare! Oddio, era troppo felice di questo, ma doveva assolutamente contenere l'euforia, perché aveva qualcosa in mente e non poteva di certo rovinarla.

- Fai bene ad averne perché fra poco porteranno la colazione al reparto bimbi-

- E cosa c'entra questo?-

- Ho una sorpresa per te- Tom si aspettava una reazione contenta, ma Bill sospirò affranto.

- Anche io ne ho una, ma non ti renderà felice- Già presagiva qualcosa che avrebbe rovinato tutto, o almeno una buona parte. L'ansia gli stava salendo imperterrita. Scosse la testa senza un motivo, aveva paura di quello che le labbra di Bill avrebbero pronunciato. - Non mi sento le gambe...- Tom sussultò guardandolo negli occhi.

- Questo significa che...-

- Non dirlo, Tom...non dirlo- Aveva detto in lacrime. Quando prima si era svegliato e aveva visto Tom non ci aveva pensato, ma poi, quando si era mosso, non era riuscito a muovere gli arti inferiori e aveva capito di averli così persi.

- Amore, ti prego, non fare così...lo so, non è facile, ma siamo forti, ce la possiamo fare, tu ce la puoi fare- Entrò l'infermiera bloccandosi sulla porta vedendo Bill piangere. - La prego, venga qui-

- Subito-

- Può portarmi una carrozzina? La prego- Ripeté per far in modo che non si aggiungessero domande in merito e che la donna si muovesse a fare come aveva chiesto. Poco dopo infatti essa rientrò con l'oggetto richiesto accostandolo al letto. - Bill, sshh, ti aiuto io- Gli sussurrava mentre lo prendeva in braccio.

- Tom, non voglio salirci-

- Devi, Bill, non puoi rimanere dentro questa stanza, non adesso- Lo mise a sedere e Bill guardandosi intorno si sentiva così inutile e umiliato che gli venne quasi da urlare. Non voleva che la gente lo vedesse così, non voleva assolutamente.

- Tomi..- Disse solo respirando affannosamente per trattenere le lacrime.

- Sì?-

- Non voglio stare qui sopra, piuttosto striscio per terra-

- Ma che stai dicendo? Bill, questa ti serve ora che le tue gambe non funzionano più- Comprendeva il problema e anche come Bill potesse sentirsi, ma doveva farlo ragionare. Al momento non aveva altra scelta. - Adesso vieni che ti porto fuori, per oggi niente controlli, tanto sono sempre i soliti risultati- Si era rivolto poi all'infermiera che li guardò perplessa mentre Tom scostava la porta spingendo Bill fuori. - Adesso smettila di piangere, non voglio che ti vedano così- Stavano andando nel reparto bimbi, esattamente quello che Tom aveva nominato poco fa. Svoltarono in una stanza.

- Che mi vedano così chi?-

- SORPRESA!!- Bill sgranò gli occhi. C'erano tutti, C'ERANO PROPRIO TUTTI!! C'erano i bambini dell'orfanotrofio con Katrin, c'era Kelly con la sua mamma, c'era Simone, Gordon, Christine e Jorg!! Era questa la sopresa di Tom. Si tappò la bocca con entrambe le mani commuovendosi a vedere che erano tutti lì per lui.

- Bill...- Gli disse Tom vedendolo piangere.

- Oddio, io ti amo! Scusate...sono così felice, venite qui vi prego- Tutti i bambini corsero nella sua direzione abbracciandolo stretto stretto, cercando di non mancare tra le braccia del moro. Bill baciò le loro teste non smettendo di piangere. - Non sapete quanto mi siete mancati, non lo potete sapere-

- Anche tu, mamma- Aveva detto uno di loro facendo sorridere Bill. Erano i suoi bambini, tutti loro erano suoi, solo suoi, e di Tom ovviamente.

- Allora? Perché siete qui?- A quel punto intervenne Katrin.

- Mi ha chiamata Tom...-

Flashback

Mentre Katrin stava letteralmente impazzendo con le urla dei piccoli che litigavano, giocavano o volevano la merenda, il telefono squillò interrompendo il caos generale. Katrin ringraziò Dio per questo e si prestò a ringraziare anche chi stava chiamando in quel momento. Alzò la cornetta.

- Pronto?-

- Katrin, sono Tom-

- Oh, ciao Tom, come sta Bill?-

- E' appunto di lui che volevo parlarti. E' all'ospedale, sta dormendo qui accanto a me in questo momento- Katrin non poteva fare a meno di immaginarsi la scena tenera con un sorriso sul volto. - E volevo chiedervi se tra circa un'ora tu e i bambini vi possiate presentare qui per fargli una sorpresa-

- Certo!- Si sentì tirare la maglia e si girò. Sarah era lì con un lecca lecca rubato molto probabilmente dalla dispensa.

- E' Tom?- A quel nome anche il resto del branco accorse urlacchiando: "E' papà, è papà!". Katrin si ritrovò a balbettare senza sapere bene cosa fare, quando le venne il lampo di genio di attivare il vivavoce del cordless.

- Tom, parla per favore, i bambini vorrebbero sentirti- Si sentì Tom ridere dall'altro capo del telefono.

- Ciao- I piccoli si guardarono quasi sorpresi, come se si chiedessero se Tom fosse intrappolato dentro l'oggetto e come ci fosse finito.

- Ciao papà, come sta la mamma?- Azzardò Klaus sentendosi coraggioso ad essersi avvicinato all'apparecchio e aspettando che Tom parlasse. Questo sospirò.

- Bill sta bene, ma starebbe meglio se voi veniste qui, che ne dite?- Katrin si batté mentalmente una mano in fronte facendosi il segno della croce. Caos in arrivo tra 3...2...1..

- SI', SI', SI'!!- Ecco, adesso poteva anche chiudere la chiamata, era abbastanza così.

- Allora ci vediamo dopo Tom- Premette il tasto rosso mentre i bambini erano già alla porta. - ASPETTATE! I GIUBBOTTI!-

Fine Flashback

-...e così adesso siamo qui- A fine discorso si chinò anche lei per abbracciarlo. - Ci dispiace che tu non possa più venire all'orfanotrofio, devi sapere che noi siamo tutti con te- L'infermiera con il carretto del cibo entrò e i bambini accorsero tutti per cibarsi, tutti tranne una. La piccola Kelly stava in braccio alla sua mamma che si avvicinò con un sorriso.

- Ciao, Bill, come stai?-

- Meglio, assolutamente meglio signora adesso che siete qui- La donna guardò Kelly che stava sorridendo alla vista di Bill.

- Vuoi andare da lui? D'accordo- Bill tese le braccia verso l'alto e prese la piccola che fece un urletto contento. Gli era mancato anche a lei Bill nonostante lo avesse visto solo una volta. Bill aveva un viso dolce e amava i bambini, e queste erano qualità che alla piccola Kelly piacevano molto.

- Ciao tesoro, come va?- Kelly gli porse il pupazzetto che teneva. - Oh che bello, come si chiama?- Era un gattino nero molto morbido e pieno di pelo. Kelly rise soltanto.

- Bill- Disse e Bill sussultò. Aveva detto il suo nome, Kelly aveva appena pronunciato il suo nome. Alzò lo sguardo verso la madre che li guardava basita.

- La sua prima parola! Oddio, non posso crederci!- Aveva detto e Bill era rimasto ancora più sconcertato. Aveva rivolto nuovamente l'attenzione della bambina.

- Lo hai chiamato Bill?- Kelly annuì. - E' davvero molto carino-

- Bill- Ripeté e Tom sorrise tenero. Bill gli diede un bacio sulla guanciotta paffutella stringendosela al petto.

- Bill ti vuole bene- Le sussurrò e anche Kelly posò le proprie labbra umide sulla sua pelle senza farle schioccare in un vero e proprio bacio ma doveva essere preso come tale. D'altronde aveva solo un anno.

- Bill, tieni- Si voltò incontrando lo sguardo di Sarah che gli stava porgendo un biscotto che prese con un sorriso ringraziandola. - Sai cosa ho trovato nell'orfanotrofio?- Domandò come se non vedesse l'ora di rivelarlo. Infatti non aspettò nemmeno una risposta che dalla sua tasca tirò fuori una pietrina, un piccolo ciottolo fatto di vetro colorato. - Non è bellissima? Non ho mai visto un sasso così- Katrin appena la vide gliela tolse di mano con una zampata decisa.

- Sarah! Oddio, Bill mi dispiace molto, ero convinta di averle messe in alto ma lei riesce ad arrivare dappertutto- Beh, quelle non erano semplici pietre, bensì pietre che avevano un'usanza precisa: decorare. E non decorare oggetti qualsiasi, spesso e volentieri...le lapidi.

Bill deglutì e sorrise leggermente. Non voleva far spaventare Sarah, ma nemmeno farle capire che aveva agito male in quel momento. Aveva solo cinque anni, che ne poteva sapere, piccina?

- Non preoccuparti...vedi, Sarah, queste sono pietre speciali- Sarah allargò il suo sorriso. Vederla sorridere era la miglior cura per Bill, il miglior modo per scacciare i pensieri negativi.

- Davvero? E come si usano?-

- Un giorno lo saprai- Le sussurrò mettendole le mani sulle spalle. Sarah se ne andò un po' affranta da questa risposta, non le piaceva, ma avrebbe imparato poi il motivo per le quali quelle pietre fossero speciali così come la mamma le aveva detto.

- Ciao Bill, ti abbiamo portato questi- Simone gli porse un mazzo di fiori bianchi.

- Grazie, come facevi a sapere che mi piacciono le magnolie?- Guardò sua madre che gli fece l'occhiolino, e rise. Era bello che i suoi genitori e quelli di Tom avessero un qualche tipo di confronto. Gli piaceva la cosa. Poi però lo sguardo si spostò automaticamente su suo padre e il ricordo di quello schiaffo di quella sera sovvenne. Non voleva pensarlo in quella maniera ma era inevitabile, era l'ultima cosa che ricordava di lui fino a quel momento.

- Ciao- Iniziò Jorg. Bill abbassò lo sguardo ma non la testa. Jorg si inginocchiò. - Bill mi dispiace...mi dispiace molto, ok?- Bill non rispose e non si mosse nemmeno. Jorg sospirò. - Non avrei mai dovuto picchiarti è solo che ero in pensiero per te...-

- Sapevi che ero con Tom- Lo interruppe Bill. La cosa sarebbe potuta anche funzionare se Jorg non ritenesse Tom un poco di buono. Il perché ancora non si sapeva. Dopo tutto quello che aveva fatto per Bill ancora non si azzardava a demordere.

- Non eri ugualmente al sicuro per me- Disse cercando di non farlo arrabbiare riottenendo la reazione dell'altra sera. Bill sospirò incrociando le braccia al petto.

- Ieri sono uscito da qui, sai?- Sia Jorg che Christine sussultarono, mentre Gordon e Simone guardarono Tom in cerca di spiegazioni.

- Uscito?-

- Sì, papà. Ieri avevo voglia di uscire e Tom mi ha portato fuori..-

- Lo avevo detto io che non c'era da fidarsi..- Sussurrò Jorg in modo da non farsi sentire da Gordon. Già lo odiava a quello, figuriamoci se doveva anche mettercisi a discutere. Ma Bill lo sentì benissimo.

- Ti sbagli, è stato il giorno migliore che io abbia mai passato. Siamo stati fuori finché il sole non è tramontato, e anche dopo, poi mi sono sentito stanco e Tom mi ha riportato qui. E' stato stupendo, ho vissuto davvero in quei momenti passati insieme- Si morse il labbro inferiore. Non gli avrebbe detto dei tagli che si era fatto, non gli avrebbe detto del fatto che voleva morire con Tom lanciandosi dal ponte. Non era necessario che lo sapessero, l'importante per lui era tutt'altro.

- Poteva succederti di tutto, Bill- Cercò di controbattere Jorg alle parole del figlio.

- No, con Tom non poteva succedermi niente- Jorg abbassò lo sguardo ringhiando leggermente. Non era abituato ad essere contraddetto e la cosa lo irritava, ma dovette calmarsi e sorridere. Infondo Bill era lì, stava bene. - Però quello schiaffo...-

- Lo so, ho sbagliato, e mi dispiace. Sono qui, in ginocchio e ti dico che mi dispiace...che posso fare ancora?-

- Nulla, solo...esserci e continuare a fare quello che hai sempre fatto, cercare di...di abituarti a stare senza di me, non di allontanare Tom perché è la cosa peggiore che tu possa fare. Senza Tom io sono già morto, capiscilo, ti prego- Aveva detto. Jorg aveva voltato lo sguardo verso Simone e Gordon che stavano abbracciando Tom. A vederlo sembrava un ragazzo normale, ma no. Avrebbe fatto come Bill chiedeva ma non avrebbe mai accettato Tom. Era più forte di lui.

- Sì, lo capisco, non lo farò più...perdonami- Disse e Bill finalmente gli sorrise.

- Alzati, papà, che non è da te- Lo prese in giro e Jorg rise con lui alzandosi e abbracciandolo. - Mi sei mancato-

- Anche tu, Bill- Tutti erano felici che si fossero riappacificati.

- Siamo in ritardo, per caso?- Bill si voltò verso l'entrata e fece tutto quello che era in suo potere per girare le ruote della carrozzina. Georg e Gustav, voleva troppo vederli. I ragazzi fecero il loro ingresso abbracciandolo. Tom aveva pensato proprio e tutto. E a guardare loro, a guardare i bambini...non poté fare a meno di piangere. Tra un po' non ci sarebbero stati più, sarebbero diventati un miraggio che Bill era stato più che contento di aver visto e vissuto.

- Bill, lo so che sono brutto, ma non è il caso di reagire in questa maniera- Ironizzò Georg per farlo sorridere e ci riuscì.

- Voi non avete idea di quanto siete perfetti invece!- Disse baciandogli le guance premendo bene le labbra su di esse.

- Oh, così ci fai arrossire- Disse Gustav. Ma quanto poteva amare tutto questo? Non si era neanche più accorto di stare dentro ad un ospedale.

- Ho detto a tutti di venire in quest'area dell'ospedale perché c'è più colore, inoltre i bambini sembrano gradirla- Disse Tom avvicinandosi. Infatti avevano cominciato tutti a giocare con le costruzioni, perfino Kelly. Bill alzò gli occhi incontrando quelli di Tom. Gli doveva tutto, non tanto, TUTTO! Se avesse potuto vivere più a lungo lo avrebbe ripagato di tutto il bene che gli aveva fatto e che gli stava facendo.

- Tu non sai quante volte ho sognato...un amore...una vita...- Sorrideva e piangeva come se quello che stava dicendo fosse frutto di un delirio, ma non era così. -...e tu, Tom, sei l'unico che con un solo gesto è riuscito a darmele entrambe in così poco tempo- Bill gli accarezzò la guancia. - E ti amo così tanto...che credo potrei impazzire da un momento all'altro, riuscire a rimettermi in piedi e gridarlo al mondo...tu mi dai la forza di farlo, senza di te io non sarei qui, senza di te già a dieci anni sarebbe finita la mia esistenza, ora so che questi otto anni in più hanno avuto un senso perché ho incontrato te, ed ho appreso che posso ancora vivere anche quando sto per morire- Tom si morse il labbro per non piangere. Le parole, quelle bellissime parole, le avrebbe impresse nella sua mente come...come se fossero state promesse di un matrimonio mai avvenuto.

- Ti amo, Bill- Non c'era altro da dire, era tutto quello che provava e tutto quello che voleva esprimere. A Bill bastò per chiudere gli occhi e far combaciare le loro labbra in un bacio casto ma allo stesso tempo pieno di sentimento. Tutto intorno a loro era silenzio e Tom non aveva resistito a far cadere una lacrima. Doveva godersi ogni momento, ogni tocco...Bill era lì adesso, non domani o più avanti...adesso. Gli strinse le braccia tirandolo ancora più a sé. Tremavano le sue mani. Gli cinse con un braccio i fianchi e l'altra mano la immerse nei suoi capelli. Lo tirò su da quella sedia. Voleva fargli capire che per volare era necessario questo, era necessario l'amore, non la morte. Bill gli cinse il collo con le braccia rimanendo sulle punte. Era Tom a sostenere il suo leggero peso, le sue braccia per Bill erano il suo sostegno maggiore adesso che non poteva fare più affidamento sulle gambe. Si separarono poche volte per poi tornare ad unirsi con le lacrime agli occhi, che scorrevano sulle loro guance. Quando si separarono i loro nasi rimasero a sfiorarsi. - Bill...se io riuscissi ad ottenere il permesso da tuo padre...mi sposeresti?- Aveva sussurrato. Bill sussultò alzando lo sguardo su di lui.

- Io...sposarti?-

- Sì, Bill...io e te, insieme, uniti per sempre- Bill abbassò gli occhi. Le sue gambe erano una chiara risposta, i suoi polmoni lo erano, il suo fegato, il suo corpo marcio in generale lo era...quindi anche il suo cuore. Sorrise annuendo.

- Sì, voglio sposarti- Aveva detto sorridendo nel vedere l'espressione di Tom diventare euforica.

- Davvero!?- Bill annuì nuovamente ridendo e Tom lo prese alzandolo e volteggiando una volta. Lo baciò ripetutamente sulle labbra. - Te lo prometto, farò in modo che Jorg mi dia il permesso. Voglio essere accettato da tutta la tua famiglia prima di farlo perché anche dopo di te io sarò tuo e basta, per tutta la vita, e voglio giurartelo davanti al mondo- Quella era una sfida enorme, ma Tom l'avrebbe comunque affrontata per lui. Tom voleva sposarlo, Tom gli aveva chiesto di unirsi a lui per sempre, in un per sempre che per una volta non finiva con la sua morte, ma continuava anche dopo la fine del mondo, in uno spazio tempo indefinito dalle stelle. Era troppo forte e neanche i corpi celesti potevano spegnerlo. I corpi celesti non potevano impedire l'amore fra il Sole e la Luna, perché non era destinato a finire, né se la Luna sarebbe tramontata...ma neanche se il Sole si sarebbe spento. Il Sole si sarebbe spento per rimanere con la Luna per sempre, la Luna avrebbe commesso la pazzia di tramontare a orari indecenti per fare altrettanto.

Era un amore disposto a combattere per rimanere unito.

 

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Capitolo 16
*** "Memories" ***


"Memories"

Quella spiaggia era il panorama migliore che potessero chiedere. Erano un bel po' distanti da Loitsche, erano approdati in Italia subito dopo il grande evento. Seduti sulla sabbia dorata ad ammirare le onde di un mare placido e calmo, il vento che li accarezzava leggermente fresco dato il mese di Maggio che non permetteva quel caldo soffocante ma andava bene così. Bill ce l'aveva fatta, ancora per un po' ce l'aveva fatta, se così si può dire. I medici pensavano che sarebbe morto intorno ai primi giorni di Gennaio essendoci stati segni di debolezza così forti da confonderli con la morte. Tom però non si era rassegnato e comunque aveva fatto la sua mossa. Gli anelli al dito potevano confermarlo. Si erano sposati, e adesso erano lì, su quella spiaggia silenziosa e quiete, Tom con la testa di Bill appoggiata sulla spalla, il moro avvolto in una coperta per proteggersi dalla brezza leggera che ogni tanto li raggiungeva. Tenevano le mani strette, le stesse che portavano la fede tanto desiderata. Era stato difficile, ma alla fine tutto era andato come era giusto che andasse.

Tom era sicuro che ci sarebbe riuscito. Bill stava male. L'unica cosa che poteva fare prima che morisse era adempiere alla promessa fatta. Entrò nell'officina con passo deciso. Lo trovò proprio lì, Jorg era sotto una macchina e la stava riparando con i dovuti attrezzi. Adesso veniva il difficile. Si mise una mano in tasca toccando la scatolina che aveva preso dal gioiellere e sentì Bill solo con quel tocco, come se ci fosse anche lui e gli desse il coraggio necessario per affrontare quella difficile storia. Si schiarì la voce e vide Jorg fermare i suoi movimenti e uscire da sotto il veicolo. Appena i loro occhi si incontrarono, fu subito una serietà assoluta, quasi preoccupazione negli occhi del padre.

- Che cosa ci fai qui? E' successo qualcosa a Bill?- Naturale che facesse una domanda come quella, la prima preoccupazione di un genitore era per un figlio malato in ospedale. Tom scosse la testa. Jorg intanto si era pulito le mani con un panno altrettanto logoro e che infatti non aveva portato i risultati sperati, ma Jorg non se ne curò nemmeno non staccando gli occhi da quelli del ragazzo. - Allora? Deduco che tu voglia parlarmi-

- E' così infatti-

- Ascolta, se ti riferisci al fatto di essere accettato da me, mi dispiace ma sai benissimo la mia risposta- Già si partiva male.

- Lei ha mentito...a Bill?- Chiese fintamente sconvolto. In ospedale aveva notato quella sfumatura di menzogna nei suoi occhi quando aveva rassicurato Bill che non lo avrebbe più allontanato da lui.

- Non lo chiamerei mentire, Bill capirà-

- In che senso capirà?-

- Oooh, come sei rompiscatole! Puoi andartene? Ho altro da fare. Dimmi quello che vuoi dirmi e poi vattene- Tom sospirò. Non sarebbe stato facile, ma avrebbe dovuto riuscire per Bill perché lo amava e voleva questo per loro.

- Voglio sposare suo figlio- Lo disse senza balbettare, senza attaccare, con il giusto tono di voce, né troppo alto da risultare minaccioso né troppo basso da rischiare di non essere udito. Jorg sussultò sgranando gli occhi. Gli pareva un pazzo, se prima lo presumeva e basta adesso ne era sicuro. Abbozzò una risata incredula.

- No, dai, questa è davvero la cosa più...- Accorgendosi però che il ragazzo non stava ridendo con lui, divenne serio assumendo un'espressione molto perplessa e accigliata. Stava facendo seriamente quel ragazzino con i rasta? - Sei serio?-

- Come mai in vita mia- Confermò. A Jorg gli tremò la palpebra inferiore per un istante. Dio, avrebbe dovuto permettere che quel villico sposasse Bill!? SPOSASSE BILL!?

- E' fuori discussione!- Fece tagliando corto. - Tu non sposerai mio figlio, tu non avresti neanche dovuto considerarti il suo fidanzato per tutto questo tempo, neanche per un istante!- Gli si avvicinò così tanto da impiantargli gli occhi chiari nei suoi ambrati, come a volerlo pugnalare in profondità, ma Tom non indietreggiò neanche di un millimetro e sostenne il suo sguardo. C'era Bill con lui, Bill voleva che lo sposasse. Bill aveva detto sì, e avrebbe fatto in modo che lo pronunciasse un'altra volta, anche se sarebbe stata l'ultima.

- E invece non credo di aver sbagliato a fare quello che ho fatto, a dire quello che ho detto...Bill è stato felice sempre con me, ha sempre sorriso, e mi dispiace, mi dispiace davvero se con voi genitori non è stato lo stesso ma...io ho fatto sempre quello che era meglio per lui...lui dice che gli ho salvato la vita- Jorg fece uno sbuffo divertito.

- Sono le solite cose che si dicono, Bill è un ragazzo di tante fantasie amorose, scrive poesie...-

- Canzoni-

-...e perciò ha sempre avuto quell'animo romantico e gli piacciono le frasi fatte- No, Bill odiava le frasi fatte. Si ricordava quando glielo aveva detto all'orfanotrofio. Sorrise. Suo padre lo conosceva meno di lui, eppure ci aveva passato tutta una vita, lui qualche mese. - E poi lo conosci da quanto? Dall'inizio dell'anno scolastico e credi basti per fare un passo come quello che mi dici? Si vede proprio che sei nato ieri, una persona prima di sposarla bisogna esserne convinti...-

- Lo sono-

- ...e poi Bill...lo sai, Bill non vivrà per molto, non capisco tutta questa ostinazione per una cosa che durerà neanche due settimane o forse non accadrà nemmeno! Non posso acconsentire-

- Lei non vuole acconsentire-

- Non voglio, sì. Tanto il significato è sempre quello- Tom abbassò lo sguardo mordendosi le labbra mentre Jorg aveva preso a maneggiare con alcune cassette contententi bulloni facendo un casino assurdo. Gli caddero anche sparpagliandosi un po' dappertutto. Lo sentì imprecare e trattenere una bestemmia con scarsi risultati. Fu incerto sul da farsi, se aiutarlo o meno, ma stare a guardare non gli avrebbe giovato in nessun caso. Si abbassò quindi a recuperare i pezzi dal pavimento pieno di segni di sgommate. Jorg gli lanciò un paio di occhiate ma non fiatò facendo finta di essere concentrato nel raccogliere i piccoli metalli. Appena finirono, Tom gli passò la cassetta piena che Jorg prese senza neanche ringraziarlo, ma intanto era positivo che non lo avesse sbatutto fuori. - Che c'è, non ti basta la risposta che ti ho dato? Non riesci a fartene una ragione?-

- Me ne farei una ragione se fosse Bill a volerlo...ma Bill vuole sposarmi-

- Bill è troppo giovane per decidere su queste cose, e anche tu, te l'ho già detto. Vi state buttando in un abisso senza sapere cosa trovereste in fondo- A Tom piaceva l'idea. Era quello che voleva. Buttarsi in un abisso con Bill, stare da soli..nella notte più scura, con le stelle più assenti, solo il Sole e la Luna a bruciare d'amore insieme, come lui e Bill desideravano dalla prima volta che si erano visti.

- Ha ragione, sa? Siamo troppo giovani, ma Bill ha solo questo tempo-

- Credi che io non lo sappia?-

- No, non dico questo. Sto cercando di dire che Bill non sarà più grande di così, non sarà più bello di quanto non lo è adesso, non sarà più niente tra un po' ed è giusto che lei come padre voglia solo la sua felicità nel tempo che gli resta-

- Gli ho concesso di stare con te, non vi basta? Perché improvvisamente l'idea di questo matrimonio?- Tom sospirò.

- Perché voglio appartenere a lui per sempre, e lui apparterrà per sempre a me- Jorg si sorprese non poco di quella risposta. All'inizio l'aveva considerata un'altra frase fatta, ma riflettendoci non era così.

- Vorresti farmi credere che tu...dopo Bill...- Tom annuì non aspettando neanche che finisse la frase.

- Se lo sposerò ho intensione di rimanergli sempre fedele, solo lui ho amato così forte e sono sicuro che non ricapiterà mai più. Lui era la mia persona, ed io la sua. Il tempo non è stato abbastanza per viverci, ma abbastanza per capire che siamo fatti per stare insieme...tutto qui-

- Tutto qui...-

- Tutto qui- Jorg lo squadrò un attimo. Dio, ma poteva dire sul serio!? No, era una cosa troppo assurda! Cioè voleva fargli credere che dopo Bill lui non si sarebbe cimentato più in nessun tipo di relazione con nessun altra persona?

- Sei bravo a giocare a fare l'innamorato fino a questo punto, ma non mi inventare frottole come queste, hai meno possibilità di ottenere il mio permesso. Se prima ne avevi zero adesso siamo passati a meno uno- Tom tirò fuori la scatolina.

- No, si sbaglia. Non sono bravo a giocare- La tenne tra le mani senza aprirla. - Però sono bravo a fare sul serio e questo glielo dimostra. Ho bisogno del suo permesso, io amo Bill, lo amo tanto e voglio sposarlo-

- Perché vuoi ottenere la mia benevolenza? Non potresti semplicemente prendertelo e soffiarmelo da sotto il naso così come hai fatto tutte le volte!?-

- Voglio la sua benevolenza perché è giusto, perché neanche per l'anticamera del cervello mi è mai passata l'idea di portarmelo via così. Lui starebbe male a lasciarvi, anche se non lo dimostra spesso...e se lui sta male sto male anche io. Non posso permetterlo. Io voglio che Bill sia felice e per fare in modo che lo sia ho bisogno che tu, Jorg, mi dia il tuo permesso per sposarlo- Aveva concluso con il tu, ma Jorg neanche ci aveva badato, troppo occupato a pensare al significato di quelle parole. Tom era stato un bravo ragazzo, forse un po' impulsivo, ma aveva agito bene. Tom non odiava Jorg, aveva cercato di capirlo, ci aveva messo la pazienza e la costanza perché amava davvero Bill e voleva che lui fosse felice. Non poteva sposarlo con Jorg che poteva rinfacciargli o far vedere che non era d'accordo. Bill doveva solo sorridere.
Sorrise. - Credo di aver detto tutto e se ha bisogno tempo per rifletterci, mi dispiace ma non posso concederglielo. Bill non ce l'ha ed io nemmeno- Ormai il loro tempo scorreva parallelo, così se lo immaginava Thomas: due linee parallele, una più corta e l'altra più lunga. Non era facile capire chi era cosa. Sospirò. - Bill ha cercato di morire più volte, e non saremmo qui a parlare adesso se non lo avessi salvato dall'ultima volta. Non ha voluto dirglielo per non preoccuparla, ma...lui ha provato di togliersi la vita in ospedale. Per fortuna in quel momento arrivai io e chiamai i medici- Jorg rimaneva in silenzio sempre più sconvolto. - Dopo, quando si è svegliato, la prima cosa che mi ha chiesto è stata di uscire. Ho cercando di dirgli che non poteva, ma non ho saputo resistergli e alla fine l'ho accontentato. Siamo usciti ed è stato il giorno più bello che io abbia mai passato. Ci siamo divertiti tanto e Bill pareva aver dimenticato tutto in un attimo. Verso sera siamo andati sul ponte e lui mi ha detto in un momento di delirio che voleva...buttarsi con me, nel vuoto- Deglutì. Non voleva ricordare quella scena. - Gli dissi che non dovevamo per forza saltare per essere felici e lì al coltempo gli feci una promessa: nel senso che abbiamo bisogno dell'amore eterno, quello che rimane anche dopo la morte. Un salto è solo prima, l'amore è prima e dopo- Prese nuovamente la scatolina osservandola nel suo pugno. - Bill deve mettere quest'anello perché anche quando morirà, pure l'angelo che diventerà saprà che ancora su questa terra una persona lo ama e lo amerà per sempre- Jorg non sapeva neanche più come guardarlo quel ragazzo. Quelle parole lo avevano bloccato, sia di movimenti che di parole...non c'era qualcosa che poteva davvero dire dopo quello che aveva sentito. O forse qualcosa c'era, qualcosa dalla quale la sua mente era ben lontana giusto qualche minuto fa. Adesso cosa era cambiato? Era sempre Tom, era sempre Bill, era sempre e comunque un'idea troppo folle...ma vera. Non era una presa in giro, nessuno voleva fingere, dentro quella scatolina molto probabilmente c'era un vero anello che simboleggiava i sentimenti che legavano questi due ragazzi, i quali erano troppo forti anche solo per poter essere compresi. Bisognava quindi permettere loro di fare quello che volevano? Era quella la via giusta da seguire? - Quindi glielo chiedo per l'ultima volta, mi metto in ginocchio se vuole- Si mise giù riponendo la scatolina in tasca per potere poi le mani a terra. Jorg non aveva mai assistito ad una cosa del genere. - Posso sposare Bill? Posso sposare...suo figlio?- Non c'era più nulla da dire, né da spiegare per ottenere. Ora era questione di un sì o un no. Jorg gli porse la mano, gesto che Tom captò subito come positivo. La afferrò tirandosi su. Jorg annuì prima di dire: Sì.

Tom stava per saltare dalla felicità per avercela fatta, ma Jorg fermò la sua euforia sul nascere.

- Ricorda però che una volta promesso una cosa non si torna più indietro- Questo non servì molto comunque a fermarla perché Tom non si trattenne dall'abbracciarlo, gesto che pensavano entrambi non sarebbe mai successo tra loro due.

- Certo, certo, me lo ricorderò, grazie, grazie davvero- E così era scappato fuori con un sospiro di Jorg che lo guardava. Non aveva mai visto felicità più immensa, cosa che lo portò a sorridere. Il solo pensiero di Bill felice a ricevere quell'anello lo faceva sorridere, il solo pensiero di vederlo sull'altare, di potercelo accompagnare lui...sperava solo che Bill ci arrivasse al giorno del matrimonio, al giorno più bello della sua vita.

Bill alzò lo sguardo verso di lui e Tom lo abbassò incrociando i suoi occhi. Bill si morse il labbro inferiore e si baciarono. In silenzio, era un silenzio meraviglioso. Si erano detti tutto quello che c'era da dire. Le parole erano state a stabilirlo e a fare in modo che si capissero anche solo con uno sguardo. Negli occhi di Tom, Bill vedeva ancora quel giorno, quel giorno stupendo, il giorno più bello della sua vita.

Avevano bussato alla sua porta e Bill, siccome era solo in casa, dovette far girare le rotelle della sua carrozzina per arrivare alla porta. Aprì con una leggera difficoltà. Si trovò davanti Georg e Gustav con Sarah. Sorrise.

- Ciao-

- Bill, hai da fare?- Ovviamente no, ma volevano sentirlo dire da lui. Bill fece spallucce.

- Nulla di importante quanto vedervi- Fece con una voce debole, cosa che intenerì i tre che gli stavano davanti. Georg gli mise una mano sulla spalla.

- Allora dovresti seguirci, dobbiamo andare in un posto speciale-

- Speciale?-

- Sì sì, mamma!- Fece Sarah andando dietro la carrozzina e prendendo a spingere. - Però non posso dirti niente perché è una sorpresa-

- Una sorpresa? Per me?-

- Non fare tutte queste domande, sennò va a finire che Sarah se la fa scappare- Fece Gustav accarezzando la testa della piccolina. Stavano incamminandosi per le strade ed infine giunsero in un posto bellissimo, nel verde. C'erano i salici piangenti che ogni tanto gli accarezzavano i capelli quando ci passava sotto. Erano freddi e umidi, ma facevano un solletico piacevole. Scorse poi delle persone riunite in uno spiazzo privo di salici circondato da fiori di ogni colore. Non aveva mai visto quella zona verde a Berlino. Era semplicemente stupenda. Poi si fermarono e tutte quelle persone si voltarono. Bill riconobbe subito tutti i volti e sorrise per salutarli. Erano esattamente tutte le persone che erano venute a trovarlo in ospedale eccetto Kelly e la sua mamma. Tom era vestito come sempre e fu il primo a rispondere al suo sorriso. Si avvicinò a lui ponendosi difronte.

- Cos'è tutto questo?- Domandò Bill con un sorriso.

- La mia promessa- Rispose Tom inginocchiandosi e prendendogli la mano. Sospirò, era leggermente nervoso adesso che doveva farlo davanti a tutti. Voleva farlo, voleva che non fosse nascosto più niente tra loro due. Prese la scatolina dalla tasca e già poté udire i singhiozzi di Bill trattenuti.

- Tom..- Riuscì a pronunciare con voce strozzata dal pianto. Stava succedendo davvero. Tom lo stava guardando, Tom gli sorrideva con una scatolina aperta tra le mani nella quale luccicava uno splendido anello, Tom...gli stava per chiedere...

- Bill, vuoi sposarmi?- Bill avrebbe tanto voluto potergli saltare in braccio ma tutto quello che riuscì a produrre con la bocca furono solo dei versi confusi, mischiati alle lacrime che gli stavano rigando il viso. Tirò su con il naso.

- Tom..- Disse ancora piangendo. - Lo stai facendo davvero? Sul serio tu vuoi passare il resto della vita negarti al cento per cento...per me?- Chiese incredulo e guardandolo negli occhi. Si sosprese quando li vide inumidirsi ma il sorriso di Tom non accennare a scomparire.

- Non avrebbe senso nessuna relazione senza il tuo sorriso, senza la tua voce, senza i tuoi sguardi o la tua risata. Non avrebbe semplicemente senso per me una vita senza di te, e lo so che odi le frasi ad effetto ma non riesco ad esprimere meglio quello che provo se non con questo anello e con queste parole. Bill, io voglio te, voglio un legame con te, un legame che mi farà pensare a te che mi dici: "io ci sono anche quando non mi vedi, io sono qui". Voglio che tu sia sempre qui con me Bill, che tu metta questo anello per renderlo possibile...se lo vuoi anche tu- Bill deglutì per mandare giù il nodo alla gola inutilmente. Tuttavia sorrise piangendo stavolta di goia e si gettò tra le sue braccia sbilanciando la carrozzina che cadde, ma lui non si fece male, no, perché Tom lo aveva preso, erano caduti entrambi per terra e stavano ridendo e piangendo contemporaneamente. Era felici, completi a modo loro. Il cuore gli si scaldò a tutti non appena sentirono Bill gridare: "Se potessi ti sposerei molteplici volte".

E così avevano fatto. Si erano sposati giusto qualche mese dopo, a Maggio. Maggio perché è il mese dove tutto riprende vita, dove iniziano i preparativi per l'estate che verrà, un'estate che molto probabilmente Bill non avrebbe visto e lo sapeva. Un'estate che la sua mente poteva solo immaginare, un'estate senza vacanze, un'estate senza le risate, le cene tarde la sera, i tramonti rossi...un'estate senza i suoi occhi a vederla. Ma andava bene così. Stringendo la mano a Tom in quel momento sulla sabbia, era la sua tacita richiesta: "Vedi tu tutto questo per me".

Era tutto pronto. Finalmente quel giorno era arrivato, e sapevano che nulla sarebbe più stato come prima. Adesso che tutti desideravano la loro unione era perfetto, doveva esserlo assolutamente. Adesso che Bill si trovava nel salone di casa sua con uno specchiò figura intera a provarsi d'abito, tra poco suo padre sarebbe passato a prenderlo con la macchina ben lucidata e l'avrebbe portato là dove avrebbe finalmente sposato Tom. Christine era con il figlio ad aiutarlo a vestirsi, e quasi piangeva commossa dal sapere che Bill stava per fare questo passo, credeva che non sarebbe mai potuto accadere.

- Tesoro, stai benissimo- Lo smoking era chiaro perché il nero lo trovava troppo adulto come colore ed infondo aveva solo 18 anni. 18 anni. Questo pensava mentre si guardava allo specchio: si stava per sposare a 18 anni. Sorrise cercando di non commuoversi come una sposa con indosso il suo abito bianco. - Vuoi che chiami Emily per il trucco?- Bill annuì ma prima che la madre potesse muovere un passo la fermò per un braccio.

- Mamma...mi dispiace se non ho mai dimostrato nessuna emozione con te e papà, ma vedi...in questo giorno sentirò che non riuscirò a contenermi, vedrete tutto me stesso- Christine sorrise poggiandogli una mano sulla guancia e dandogli un bacio sulla fronte.

- Oggi devi splendere, e non importa se sei su una sedia a rotelle, non importa se dall'emozione piangerai un po'...nulla può rovinare questo giorno- Già, Bill sperava solo che la malattia non gli giocasse brutti scherzi. Lo aveva fatto sentire abbastanza male nell'ultimo periodo, ed ora che si era ripreso un minimo non desiderava altro se non che durasse per un bel po'.

Arrivò Emily, la truccatrice e parrucchiera, nonché amica di Christine, che gli applicò il trucco nero sugli occhi e gli sistemò i capelli. Si divertirono insieme, anche perché Emily gli faceva un sacco di complimenti. Gli faceva tantissime acconciature che bocciavano insieme con una risata per quanto fossero assurde. Potevano permettersi di giocare un po', non dovevano esserci pressioni, avevano ancora tempo.

- Senti e se te li piastrassi e basta?- Chiese con una nota di ironia nella voce che Bill accolse con un sorriso e annuendo. - Che bello che sei- Era l'ennesima volta che glielo diceva.

- Non me lo dire troppo che rischio di svenire- Rise Bill guardandosi allo specchio mentre Emily gli passava la piastra calda.

- Come si chiama lo sposo?-

- Tom- Bill disse il suo nome arrossendo un po', come se provasse un leggero imbarazzo per la situazione generale.

- Che fortunato che è a sposare una bellezza come te-

- Emily- La riprese Bill ridendo. - Basta, ahah-

- Mi piace vederti ridere, Bill...è giusto che tu sia felice- Disse con tono serio ma con un sorriso calmo sul viso. Stettero in silenzio fino a che Emily non ebbe finito. - Bene, fatto- Al contempo suonò il campanello. - Wow, che tempismo- Poi si voltò verso Bill. - E' il momento- Il moro annuì deglutendo. - Su, andrà tutto bene- Lo aiutò a spingere la carrozzina fino in cortile dove Jorg li attendeva con una limousine. Bill sgranò gli occhi e guardò il padre che lo prese in braccio come un bambino.

- Per te questo e altro, non chiedere- Gli sussurrò aprendo la portiera e mettendolo a sedere. Bill cercò di allacciarsi la cintura con frenesia e non ci stava riuscendo perché gli tremavano le mani. - Aspetta- Fu Jorg a farlo per lui.

- Papà...grazie- Jorg gli sorrise annuendo e chiudendo poi la portiera sedendosi al posto di guida.

- Sei cresciuto tanto Bill, come ti senti?-

- Come mi sento? Come travolto da un'onda in tempesta..- Jorg rise appoggiandogli una mano sulla spalla.

- Devi stare tranquillo tesoro, già c'è Tom che sta facendo impazzire gli invitati chiedendo di te- Bill si impanicò.

- Siamo in ritardo!?-

- Come la tradizione vuole- Rispose con superficialità il padre. - Ed inoltre Tom ha una sorpresa per te, gli sto dando il tempo per riflettere se sta facendo la scelta giusta- Fece con ironia, però Bill notò i suoi occhi lucidi e gli prese la mano che teneva sul cambio.

- Papà...tutto bene?-

- Sì, è solo che...sono felice e...mi dispiace se a volte ti ho trattato male, mi sto ancora pentendo di quello schiaffo che ti ho dato quella sera, avrei dovuto fidarmi di te ancora di più di come ho fatto...Tom è la persona che meriti, ho sbagliato a giudicarlo. Ha saputo convincermi nonostante quei capelli assurdi..- Bill rise a quel punto, ma tornò subito serio. - Quando è venuto da me e mi ha detto: "Voglio sposare tuo figlio", ho subito pensato: "Neanche morto glielo concederò"...poi mi ha raccontato delle cose e ho capito che era giusto che questo giorno avvenisse, che tu sposassi lui. Tom ha saputo renderti autenticamente felice, con noi sembrava che tu avessi paura della felicità, sempre distaccato...e adesso ho capito perché-

- No, papà, è anche colpa mia, voi non lo meritavate un trattamento simile-

- Bill, se io fossi stato più presente, se io ti avessi lasciato più libertà, tu neanche avresti pensato di trattarmi in quel modo-

- Forse, però io non volevo essere felice a priori. Ho sempre voluto andarmene da qui con tristezza, senza soffrire per nessuno, allontanando chi mi amava. Poi ho conosciuto Tom e inconsapevolmente è successo tutto il contrario...volevo che Tom stesse con me per sempre...e questo anello...Papà, quello che voglio adesso è andarmene senza debiti. Mi scuso con te e con mamma, mi sposo con Tom, saluterò i bambini e voi prima di quel momento, e poi tutto andrà come è giusto che vada- Un sorriso seguì quelle parole. - Dobbiamo essere felici, perché non possiamo pentircene- Jorg sorrise asciugandosi le lacrime e tornando a guardare la strada.

***

- Dio santo, quando arriva!?-

- Non nominare il nome di Dio invano- Lo riprese Georg ricevendo uno scappellotto in testa.

- Georg ha ragione Tom, siamo in un luogo sacro- Tom allora prese le teste di entrambi e le fece cozzare insieme. Non era il momento di scherzare e di prenderlo in giro soprattutto. I due amici si massaggiarono la parte colpita maledicendolo in tutte le lingue oltre che in un tedesco inventato sul momento.

- Voi non capite che qui io sto per andare in iperventilazione!? Ho bisogno di bere..-

- Acqua e cianuro?- Chiese Georg ancora memore della botta presa. Tom non lo stette a sentire e tornò sull'altare vicino al prete in attesa che Bill arrivasse. Georg e Gustav si misero a sedere massaggiandosi le cosce per rilassare i nervi che il rasta aveva fatto saltare loro. Poi iniziò il corteo nuziale e Tom alzò lo sguardo. All'ingresso della chiesa c'era Bill tenuto in braccio da Jorg che avanzava con lui. Bill sembrava imbarazzato e sorrideva lievemente. Si capiva che avrebbe voluto arrivare all'altare sulle sue gambe, ma purtroppo non era possibile...però dovevano essere positivi. Quel giorno dovevano essere positivi. Tom tese le braccia e lo prese piano tra le proprie. Guardò Jorg sorridere loro mentre si metteva a sedere al suo posto accanto a Christine, poi abbassò lo sguardo su Bill.

- Ciao- Gli sussurrò.

- Ciao- Si voltò verso il prete che sorrise solo a vederli. Era impossibile non farlo. Vedere due persone come loro, nelle loro condizioni, pronte a sposarsi...era un'emozione indescrivibile perfino per uno che queste cose poteva benissimo celebrarle un giorno sì e uno no. Era stato facile tenere Bill in braccio per tutta la durata della cerimonia, era così leggero che Tom faceva ben pochi sforzi. Ogni tanto si guardavano sussurrandosi un "ti amo" o semplicemente sorridendosi per poi rivolgere l'attenzione alle parole del prete. Simone piangeva e Gordon la consolava, Christine non era da meno e Jorg le diceva che se continuava faceva piangere anche lui. Gustav e Georg erano felici per loro, così come i bambini che se ne stavano zitti e buoni, chiedendo ogni tanto quando avrebbero mangiato o lanciato il riso. Il momento degli anelli fu quello più tenero. Tom si mise in ginocchio con Bill che sedeva a terra appoggiandosi al suo petto per sostenersi meglio. Tom aveva preso la fede dal cuscinetto rosso e, visibilmente emozionato, aveva preso la mano di Bill, aveva baciato l'anello e glielo aveva messo.

- Con questo anello, Bill, io, Tom Kaulitz, ti sposo. Ti sarò fedele sempre, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia...e dopo- Aggiunse in un sussurro con gli occhi lucidi dall'emozione. Bill sorrise prendendo l'altro anello e successivamente la mano di Tom.

- Con questo anello, Tom, io, Bill Trumper, ti sposo. Ti sarò fedele sempre, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia...e dopo, ovunque io sia- Una lacrima rigò il viso ad entrambi e perfino al prete che li guardava, ma dovette contenersi per dire almeno l'ultima frase, quella che i due giovani aspettavano dall'inizio di tutto.

- Con i poteri di cui sono conferito, io vi dichiaro marito e marito...puoi baciare lo sposo- Mentre il prete pronunciava quelle parole, Tom vide Bill fremere e mordersi le labbra. Non vedeva l'ora di poterlo fare, e una volta finito si tirò verso di lui e lo baciò. Tom si tirò su in piedi con lui tra le braccia non staccando le loro labbra. L'applauso neanche lo sentivano, doveva essere il "loro bacio", quel momento che non sarebbe più tornato, quel bacio particolare che capita a tutti una volta nella vita.

Poi ci fu uno dei momenti che invece aspettavano i bambini: il lancio del riso. Tom uscì dalla chiesa con Bill in braccio e li investì subito un'ondata di chicchi bianchi. La cosa adorabile è che Tom istintivamente in quel momento aveva stretto Bill a sé come in un gesto di protezione nonostante sapesse che non era di certo roba nociva, nonostante lo vedesse ridere. Subito dopo venne il ricevimento con il buffet per tutti, cosa che non mancò certo di risate e divertimento per i piccoli ospiti. I bambini si erano avvicinati a Bill con un pacchettino tra le mani.

- E' per te- Aveva detto Melika. Bill lo aveva preso e scartato. Dentro c'era un bellissimo braccialetto con inciso: "Wir Lieben Dich". Bill si commosse e li abbracciò uno ad uno non mancando di dar loro anche grossi baci sulle guance.

- Siete le mie gioie- Aveva detto poi mettendoselo. Era argento e si promise che non lo avrebbe mai tolto, come per i due anelli di Tom. Poi i piccoli si avvicinarono anche a lui che stava parlando con Simone. Appena li notò si mise in ginocchio per arrivare alla loro altezza. La stessa scatolina e lo stesso regalo con la stessa frase.

- Così tu e la mamma vi ricorderete sempre di noi- Aveva detto Lukas. Tom aveva guardato Bill a sedere al tavolo degli sposi che guardava distrattamente le persone, probabilmente pensando a quanto fosse incredibile tutto questo.

- Non potremmo mai scordarci di voi, qualsiasi cosa accada, io e Bill saremmo sempre i vostri genitori nei vostri cuori- Anche lui li abbracciò ridendo quasi all'idea di essere padre di così tante creature all'età di 18 anni.

Poi arrivò il momento delle danze, danze che ovviamente dovettero aprire loro con un ballo lento. Bill ovviamente non poteva ballare, fu Tom a tenerlo stretto in vita e sollevarlo di poco per farlo muovere in qualche modo insieme a lui. Per Bill era come se stesse ballando, lo guardava negli occhi e la musica diventava un accompagnamento gradevole a quella vista.

- Ci stanno guardando tutti..- Sussurrò Bill guardandosi intorno.

- Lasciali guardare amore-

E così si concluse quella giornata, ma non prima che ad un tavolo, mentre osservavano gli altri ballare, Tom si fosse sporto verso Bill sussurrandogli all'orecchio.

- Partiamo per l'Italia tra qualche ora..- Bill aveva sgranato gli occhi e si era voltato verso di lui. - Finalmente vedrai il mare, e lo vedrai con me- Bill non ci stava credendo. Jorg gli aveva parlato di una sorpresa, ed ironicamente aveva menzionato ad una scelta giusta. Se Tom stesse facendo la scelta giusta. Aveva scelto lui, doveva essere per forza quella giusta.

- Tom...quanti sogni mi vuoi realizzare oggi?- Aveva chiesto arrossendo e abbassando leggermente lo sguardo.

- Quanti ne posso realizzare, e non solo oggi, ma anche domani, e in tutti i giorni che verranno-

- In tutti i giorni che verranno-

- Per sempre-

- Per sempre-

- Insieme-

- Sì- E un bacio aveva sancito nuovamente quella nuova promessa.

Tom sollevò Bill dalla sabbia. Il tramonto era finito e presto il cielo si sarebbe velato di nero e il buio li avrebbe accolti. Il rasta avvicinò la carrozzina e la posizionò sotto Bill per mettercelo a sedere sopra, e con un'ultima brezza leggera, lasciarono la spiaggia con il cuore pieno di ricordi.

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Capitolo 17
*** Petali di cenere ***


Petali di cenere

Dicevano tutti che non sarebbe dovuto succedere, ma come mai lo dicevano solo adesso che era successo e non prima? Forse perché prima doveva ancora accadere, ancora si aveva una speranza nel cuore che spingeva imperterrita nel tentativo di esplodere senza riuscirci. La morte di Bill aveva dilaniato il cuore a tutti. E tutti in quel funerale avevano da raccontare qualcosa. C'era poca gente, ma era tutta quella che Bill avrebbe voluto. Tutti piangevano o gli veniva il nodo alla gola a pensare a prima, a tutti i momenti che ognuno aveva trascorso insieme a lui, ai suoi sorrisi, alle sue parole, e anche alle sue lacrime. Tom soprattutto non avrebbe dimenticato niente di tutti quegli attimi. Non aveva bisogno di un album delle fotografie per ricordare, per piangere, per sentirsi bene e male allo stesso tempo. Non aveva nessuna foto di lui, eccetto quella fatta con la fotocamera a casa sua nel momento che teneva in braccio Kelly e la guardava con quel sorriso di mamma che gli aveva fatto immaginare tante cose. Avrebbe potuto avere una famiglia con lui, avrebbe potuto tante cose, avrebbe potuto...se il tempo non fosse stato così breve, breve ma intenso. Il loro periodo insieme non era stato neanche un anno, erano stati mesi, e la gente potrebbe chiedersi come un amore così forte fosse sbocciato e morto in così poco e ancora vivere seppur una metà mancasse. Non lo sapeva nemmeno Tom come, ma tutto intorno a lui era in grado di spiegarglielo: le persone, gli oggetti, le voci...tutto; solo che non aveva più la forza di capirle, non ce l'aveva più. Bill si era portato via anche quella nell'esatto momento che aveva smesso di respirare in casa sua. Era stato dilaniante, non poco. Ricordare quell'istante lo faceva tremare e guardare un punto fisso, le lacrime gli scorrevano fredde sulle guance e nessuno poteva rivolgergli la parola, perché stava vivendo il frangente in cui aveva smesso di vivere.  

- Mamma! Bill ha la febbre alta! Dobbiamo portarlo in ospedale!- Era una notte di Giugno quando successe. Tom si era svegliato di soprassalto non appena aveva capito che qualcosa non andava. Aveva guardato Bill e lo vide sudato fradicio, respirava in modo convulsivo e le labbra erano secche e avevano un liquido rosso che scorreva fino a bagnare il materasso...sangue. Tossiva leggermente nel sonno senza rendersi conto di quello che gli stava succedendo. Per Tom fu come prendere un infarto, lo prese tra le braccia scuotendolo e toccandogli la fronte: scottava da morire. - Bill, amore, rispondimi, svegliati- Gli ripeteva ma niente. Aveva smesso di tossire e perciò Tom gli appoggiò l'orecchio al petto per controllare se ancora ci fosse battito. Era debole, ma c'era. Si alzò subito accendendo ogni luce che gli capitava a tiro e mettendosi il cappotto. Urlò a Simone l'accaduto e tornò in camera per prendere Bill. - Oddio...- Disse impanicato e piangendo. Non riusciva ad essere forte, a trattenersi, aveva troppa paura di quello che sarebbe potuto succedere. Simone accorse subito e Gordon dietro di lei. Chiamarono subito i genitori di Bill e un'ambulanza.

- Tesoro, se lo portassi tu all'ospedale ci metteremmo troppo tempo- Gli spiegò Simone nel tentativo di tranquillizzarlo mentre gli accarezzava il viso. Tom teneva Bill stretto a se sperando che non fosse troppo tardi. Pregava ogni cosa che poteva essere pregata pur che Bill non lasciasse quel mondo in cui potevano stare insieme. Arrivò prima l'ambulanza che lo prese e gli misurò la temperatura: 40° spaccati. Gli pulirono la bocca ma inutilmente, siccome Bill riprese a tossire e a rigettare sangue. Poco dopo suonarono il campanello e Christine e Jorg entrarono in casa. Christine voleva raggiungere il figlio ma non le fu permesso e pianse per tutto il tempo tra le braccia di Jorg. Aveva uno strano presentimento...il presentimento che avrebbe pianto più spesso da quel momento in poi. 
Improvvisamente il cuore di Bill cessò di battere e Tom sentì il suo fare lo stesso. Vedere quei medici e volontari cercare di fare di tutto per salvarlo, fare respirazioni, usare il defibrillatore su quel corpo così gracile e debole. Tom aveva la morte negli occhi, Tom non era più vivo in quel momento perché aveva capito che era morto insieme a lui.

- Niente! Non funziona!- Imprecò una dottoressa. Vedere Bill sobbalzare in quella maniera era un battito in meno per il rasta, fu lui a dire basta...capì che il corpo di Bill non doveva subire altri scossoni ed essere torturato a lungo.

- Vi prego...- Sussurrò, ma incredibilmente lo sentirono tutti e si voltarono verso di lui. Gli tremavano le labbra, tirava su con il naso, aveva il viso paonazzo e gli occhi rossi. - ...basta...basta...- Scosse la testa ripetutamente. Si avvicinò e i medici lo lasciarono passare. Il corpo esanime di Bill giaceva ancora sul suo letto. Gli prese la mano e la baciò...era fredda. - Credimi, fermare tutto è stato difficile per me...ma è finita, adesso starai in pace- Scoppiò finalmente in un pianto liberatorio cadendo in ginocchio. Non udì più nulla se non l'urlo disperato di Christine.  Alzò lo sguardo sul suo viso perfetto e latteo e lo accarezzò. Si ricordò le ultime parole che gli aveva detto: ti amo. Il suo ultimo "ti amo" prima di andarsene per sempre, spegnersi come una candela che era rimasta accesa anche fin troppo. Bill era stato forte, era riuscito a non morire anche quando qualcuno da lassù lo stava chiamando. Lo aveva pregato di aspettare ancora, almeno per far vivere loro sposati insieme, anche se per poco. E ce l'aveva fatta, ma adesso era arrivato il momento di smetterla. Il cuore non poteva più reggere questo peso. Il peso di una malattia che ormai stava gravando su di lui da ben 8 anni e mezzo. Tom non riusciva a darsi pace pensando forse che prima di morire lo stava chiamando per avvertirlo, ma molto probabilmente non era così, molto probabilmente nemmeno Bill si era accorto di essersene andato in un frangente così lento. Tom si era ancorato al ancorato al corpo di Bill e non voleva lasciarlo andare. Lo sentiva freddo e voleva riscaldarlo. Gli baciava la fronte  e le labbra sporche di sangue. 

- Tom, dobbiamo portarlo via...- Non avrebbe mai voluto lasciarlo. Bill era suo, era il suo piccolo grande amore. Gli baciò un'ultima volta gli occhi chiusi.

- Un giorno ci rivedremo, te lo prometto- Pregò che i medici facessero in fretta a prenderlo perché stava per esplodere. Christine li fermò pregandoli di lasciarla un secondo il corpo del figlio, richiesta che venne accolta, ma proprio per qualche secondo. Poi chiusero quella porta ed il silenzio calò in quella casa, tutto finché Tom non dette un calcio fortissimo ad un soprammobile che fece un volo andandosi a schiantare sullo stereo accendendolo. Sentì la risata...la sua risata...Bill.

I hate my life...

- Bill...- Scoppiò di nuovo in lacrime urlando il suo dolore. Mai si era sentito così male, voleva morire. A guardare quella fede vedeva ancora la promessa che gli aveva fatto. Erano ancora insieme, anche se Bill non era più fisicamente con lui.

I can't sit still for one more single day I've been here waiting for something to live and die for...

Bill stava aspettando lui. Bill voleva essere salvato e Tom lo aveva fatto, Bill voleva un ideale per vivere ancora nel mondo e per andarsene.

Let's run and hide...out of touch, out of time just get lost without a sign as long as you stand by my side

Non si chiese nemmeno perché, il perché lo avesse lasciato solo...non c'erano risposte, era così e basta. Gordon si inginocchiò accanto a lui appoggiandogli una mano sulla spalla e Tom si gettò tra le sue braccia.

- E' morto...è morto...- Continuava a ripetere con un dolore lancinante alla gola, come se una lama gli stesse tagliando le corde vocali una ad una.

In your shadow I can shine, in your shadow I can shine, in your shadow I can shine...shine.

Poi ripensò ai giorni di scuola che vennero successivamente. Uno aveva provato ad avvicinarsi a Tom con aria spavalda. Tornare a scuola per Tom era stato difficile, ma lo aveva voluto lui. Doveva impossibilmente distrarsi, anche se la scuola era proprio il modo sbagliato. Georg e Gustav erano con lui per i corridoi quando ad un certo punto si avvicina questo ragazzo che lo ferma. Era un compagno di classe, uno di quelli che personalmente odiava di più. Non aveva rispetto per nessuno, perché avrebbe dovuto averlo per quelli come lui, per quelli che stavano soffrendo?

You see my soul...I'm a nightmare. I'm out of control and I'm crushing..

- Tu sei il fidanzato di Trumper, vero?- E non era solo, aveva altri due con lui, beh, anche Tom non era solo se era per questo.

- Lasciami in pace- Lo liquidò subito voltandosi ad aprire il suo armadietto.

Into the dark, into the blue, into the world of our cocoon you're the sun and I'm the moon..

- Vuoi essere lasciato in pace? Ti ho fatto solo una domanda..- Continuò quello con tono di strafottenza.

- Ha detto che vuole essere lasciato in pace- Fece Georg mettendosi in mezzo, ma Tom lo scostò ringraziandolo ma aggiungendo che non ce ne era bisogno, che ci avrebbe pensato lui.

- Dimmi quello che vuoi dirmi e poi sparisci- Disse mettendosi meglio la cartella sulle spalle. Si mise la mano con la fede in tasca.

In your shadow I can shine, in your shadow I can shine, in your shadow I can shine...shine.

- Beh, gira voce qui a scuola che avevate una relazione nascosta, e adesso che lui è morto posso dirtelo- Tom strinse la bretella dello zainetto, non era un buon segno. - Come facevi a stare con uno come lui!? E poi chi ti credeva un frocio senza confini?- Tom agì in un attimo, lo prese per il colletto della camicia e ribaltò le posizioni sbattendolo con la schiena contro l'armadietto, ma questo non sembrava aver paura.

- Sarò anche un frocio ma so farti parecchio male- Lo minacciò con gli occhi che lo trapassavano da parte a parte. Georg gli poggiò una mano sulla spalla, non voleva che la cosa degenerasse.

Don't let go oh, oh, oh, oh no! Don't you know! In your shadow I can shine, in your shadow I can shine, in your shadow I can shine...

- Bill non era il mio ragazzo, d'accordo!?- Tirò fuori la mano e la mise davanti agli occhi mostrandogli la fede.

- Tu...te lo sei sposato? Sei matto oltre che frocio! Ma poi quello era anche anoressico, ci credo che sia morto!- Anoressico...ricordò di quando avevano fatto l'amore, non gli era sembrato così. Bill era bellissimo, Bill...non era con lui...era la rosa dalla quale doveva tornare.

Shine, shine, shine!

Sentiva la sua voce. Bill non avrebbe voluto questo, Bill odiava la violenza, e poi con gente del genere non c'era neanche da perdere tempo. Lo lasciò con un ultimo spintone e se ne andò via senza voltarsi indietro seguito da Georg e Gustav ignorando i richiami di quello. Da quel giorno in poi tutti seppero che Tom Kaulitz era legato a Bill Trumper e dovevano rispettarlo o perlomeno accettarlo.

In your shadow I can shine, in your shadow I can shine, in your shadow I can shine...

E adesso erano tutti lì sotto petali di una cenere immaginaria, sì perché i cuori di tutti stavano piangendo e qualcosa dentro stava bruciando. Le lacrime erano di sangue. Kelly piangeva, anche lei sentiva la sua mancanza e aveva capito che non sarebbe più tornato. La bara era chiusa, ma prima di chiuderla, Tom aveva potuto vederlo un'ultima volta e sorrise leggermente al notare la fede e il braccialetto che gli avevano regalato i bambini. I fiori che circondavano il posto erano bianchi, quelli sopra la bara, quelli sulla lapide, quelli che tenevano in mano i bambini...bianchi, siccome era il suo colore preferito.

Shine, shine, shine!

Sarah aveva finalmente capito a cosa servissero quelle pietrine colorate, e tristemente avanzava verso la lapide lasciandone qualcuna un po' in qua e un po' in là.

- Addio mamma...- Disse piangendo. Tom la prese in braccio coccolandola per quanto possibile. Si ricordò delle parole che aveva detto non appena il prete aveva chiamato qualcuno a dire due parole, anche se le sue non erano state propriamente due.

- Anche se non ho un modo per ricordarmi di noi, prometto che non dimenticherò nulla di quello che abbiamo passato insieme. Ogni notte guardando il cielo suonerò la nostra canzone sperando che tu possa sentirla ovunque tu sia...- Si ricordò di quel giorno di pioggia, in cui erano andati tutti insieme al parco e Bill lo aveva abbracciato. Lo sentiva vivido nella sua mente, come se Bill lo stesse ancora abbracciando in quel modo. Lo voleva proteggere pur sapendo di essere il più debole. Lì si era accorto di essersi innamorato di lui. - Fin dalla prima volta che ti ho visto ho avvertito qualcosa dentro di me, qualcosa che in fondo sapevo non mi avrebbe più lasciato- Poi ricordò ogni sua minima risata, ogni sua lacrima versata ed il loro primo bacio... - Avevi paura di essere felice perché non volevi soffrire, ma sei stato tu ad avermi insegnato che la felicità è l'unico sentimento che non ci si pente mai di aver provato...ed io sono stato solo felice con te- Ricordò la loro prima volta insieme, di quando avevano pianto e poi fatto l'amore su quel letto che sarebbe rimasto vuoto e freddo da ora in poi. - Sono stato felice e lo sono ancora, perché ho avuto il privilegio di averti amato e continuerò nonostante tu non sia più qui con me, nonostante non senta più la tua voce...- Tirò su con il naso. - Nonostante io non possa più fartelo sapere...nonostante tu non possa più guardarmi con quegli occhi che diventavano lucidi ogni volta che sapevano che sarebbe dovuto accadere ma ugualmente felici di star vivendo l'attimo- Si passò una mano sugli occhi. In un frangente gli comparve l'immagine del suo sorriso stupendo. - E non ti devi pentire di nulla, Bill, perché tu te ne sei andato avendo ottenuto tutto quello che desideravi dalla vita...hai avuto gli amici, hai avuto i figli...hai avuto l'amore- Si morse il labbro trattenendo un singhiozzo violento. - Ed io sono felice di essere stato il tuo amore...il tuo primo amore, quello che rimane, sia da morti che da vivi, quello che non si scorda mai...quello che solo tu mi hai fatto provare- Non ebbe altro da aggiungere, se ne tornò apposto così. Ogni giorno, in silenzio, Tom passava dal cimitero e lasciava un fiore bianco, accarezzava la foto e gli parlava. Ogni giorno Tom credeva che Bill fosse sempre con lui, e ogni giorno, fino a che un angelo dai capelli neri e gli occhi nocciola non lo venne a prendere nuovamente per mano, Tom mantenne la sua promessa...per sempre.

In your shadow I can shine....


FINE

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