The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black

di Mozaik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tabula Rasa ***
Capitolo 2: *** Orientamento ***
Capitolo 3: *** Il Quidditch ***
Capitolo 4: *** Natale ***
Capitolo 5: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Il Lumaclub ***
Capitolo 7: *** Tarocchi e Sfere di Cristallo ***
Capitolo 8: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Tabula Rasa ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
I Capitolo - Tabula Rasa





 
L’acqua putrida che fino a pochi attimi prima gli stava riempiendo i polmoni scomparve all’improvviso.
Regulus si ritrovò a boccheggiare, in cerca dell’aria che fino a qualche secondo prima gli era stata negata. I suoi polmoni scoppiavano, il petto gli faceva male: ogni piccolo respiro gli stava facendo esplodere tutto il corpo per il dolore. Bruciore, bruciore ovunque, come se avesse letteralmente ingoiato lava invece che semplice acqua.
E poi, nell’arco di qualche momento, anche quella sofferenza scomparve.

Rimedia.

Respirò nuovamente, a fondo, questa volta senza avvertire alcun fastidio, se non una leggera sensazione di torpore. Attorno a sé c’era solo oscurità: tentò di aprire gli occhi, ma con un improvviso brivido di paura si rese conto che essi erano già aperti. Era ancora sott’acqua? Era per questo che non vedeva? No, questo non era possibile…

Rimedia.

Improvvisamente il dolore tornò, più forte, ma diverso. Non erano più i polmoni a scoppiargli, ma la testa: cercò di portare le mani su di essa, a stringersela, ma si rese conto di non poter muovere le braccia.
Aprì la bocca per urlare, ma non uscì alcun suono da essa: e mentre il bruciore aumentava, la voce nella sua testa diventava sempre più forte ed insistente.

Rimedia a ciò che è stato.

Le sue braccia erano ancora immobilizzate, insieme a tutto il resto del corpo: non poteva far altro che boccheggiare, incapace di urlare, di muoversi, di fare qualsiasi cosa che non fosse provare quell’assurda sensazione di dolore…

Rimedia a ciò che sarà.

L’urlo che uscì dalla sua bocca mentre si portava a sedere non era quello di un adulto, bensì quello acuto di un bambino.  Si rese conto di star tremando: portò lo sguardo sulle mani in maniera automatica, e le trovò piccole, delicate, prive di cicatrici o qualsiasi altra imperfezione: non c’era più il segno di quando si era, per errore, segato metà palmo usando un tagliacarte, né quello di quando si era chiuso le dita nella porta. In preda al panico, si guardò intorno e si rese conto di trovarsi in camera sua, lontano dalla caverna, lontano dagli Inferi o dal Medaglione. Una cameretta semplice, senza poster o ritagli di giornale attaccati alle pareti.
E quando il suo sguardo si posò su uno specchio e nel riflesso vide un ragazzino che non poteva avere più di undici, urlò nuovamente.
 
Ci volle almeno un’ora prima che potesse fare qualcosa di diverso dal nascondersi sotto le coperte nel tentativo di far sparire quella strana realtà in cui si era ritrovato: non che un lago pieno di Inferi che lo trascinavano nell’acqua fosse qualcosa di migliore che ritrovarsi nel suo corpo di quando aveva undici anni, certo, ma almeno era qualcosa di logico, che poteva spiegare.
L’ultimo ricordo che aveva era affogare, o meglio star per affogare… era forse morto per davvero? Pensava che dessero la possibilità di poter restare come fantasma prima di passare dall’altra parte, ma forse lui non se l’era meritata per un qualche motivo. Forse era questo che c’era dall’altra parte? La propria vecchia vita, da rivivere ancora e ancora? Beh, almeno la sua era stata corta. Non ci sarebbe voluto molto a finirla di nuovo.
A tentoni si alzò, ritrovando tutto estremamente più basso. Non era mai stato un colosso, ma di certo neanche… così. Era tutto così strano, e diverso. Non era nemmeno sicuro che fosse reale.
Una veloce occhiata all’orologio a muro lo mise a conoscenza del fatto che fortunatamente si era svegliato incredibilmente presto, e che la colazione sarebbe stata servita solo fra un’oretta: avrebbe dovuto muoversi. Non aveva alcuna intenzione di farsi trovare da sua madre nel bel mezzo di un possibile attacco di panico.
Certo, se sua madre era davvero in questo… posto con lui. Forse l’Inferno era un posto da affrontare da soli.
Non incontrò nessuno sulla sua strada per il bagno, nemmeno Kreacher, quindi forse era davvero solo. Vestirsi fu stranamente più veloce del solito, forse perché non aveva dovuto radersi: si passò una mano sul mento, pensieroso, prima di decidere di scendere in cucina per capire cosa stesse succedendo.
A poca distanza dalla porta della cucina incrociò Kreacher, con un vassoio in mano: suo padre, in fondo, amava consumare i pasti nel suo studio, e si univa alla famiglia solo per la cena. Vedere l’elfo domestico provocò a Regulus un tuffo al cuore: prima di tutto, adesso era certo che almeno qualcun altro si trovasse lì con lui… e allo stesso tempo si domandò se l’elfo non fosse riuscito a scappare, se fosse morto lì nel lago.
Ma no, lo aveva visto Smaterializzarsi… forse il Signore Oscuro aveva scoperto il suo coinvolgimento? In fondo, non ci voleva un genio per collegare il messaggio nel falso medaglione, e quindi la famiglia Black, al fatto che solo quell’elfo conoscesse il luogo dell’Horcrux.
“Kreacher!” Si lasciò sfuggire, portandosi poi una mano alla bocca. La sua voce era davvero così acuta, da bambino?
L’elfo domestico alzò lo sguardo dal vassoio, guardandolo con espressione confusa. “Padron Regulus.” Disse, con la sua voce gracchiante. “Voi sta bene? Voi ha un’aria sconvolta.”
Il bambino voltò lo sguardo verso uno specchio situato nel corridoio: in effetti era estremamente pallido, con un’aria piuttosto spiritata e i capelli lievemente spettinati, ma era stato peggio, molto peggio. “Kreacher, che giorno è oggi?”
“Il 31 Agosto, Padron Regulus.”
Regulus deglutì. “A-anno?”
Kreacher lo guardò con un’espressione molto perplessa e sospettosa sul volto, ma si affrettò a rispondere. “1972, Padron Regulus.”
31 Agosto 1972.  Aveva undici anni solo da quattro mesi, e il giorno dopo sarebbe andato ad Hogwarts per la prima volta. L’informazione ci mise un po’ ad essere assimilata. “G-grazie, Kreacher.”
L’elfo domestico fece un inchino, l’espressione ancora confusa, prima di trotterellare via. Una volta solo, Regulus dovette appoggiarsi al muro per evitare di crollare a terra.
Ho undici anni. Domani vado ad Hogwarts. Sono con Kreacher, ma lui non ricorda nulla.
Tutto si faceva sempre più confuso.
Respirando a boccate profonde, aprì la porta della cucina.
“Stavo per salire a svegliarti, Regulus.” Pronunciò sua madre appena lo vide, portandosi una tazza di quello che sembrava caffè alla bocca. “Cosa diamine hai fatto ai capelli? Sembri uscito da un uragano! Vuoi che te li tagli a zero?”
La politica di sua madre sui capelli era semplice: si portavano lunghi solo se portati ordinati. Ma, onestamente, in quel momento a Regulus poco importava, avrebbe potuto anche girare pelato per quel che gli riguardava. Era troppo impegnato a fissare con occhioni spalancati sua madre.
Giovane, molto più giovane di quando l’aveva vista l’ultima volta, ed in salute: sua madre era decisamente diversa da come se la ricordava, ovvero vecchia ed infuriata con il mondo intero. Usciva, invece, direttamente dai suoi ricordi di infanzia: i suoi capelli neri erano raccolti in maniera perfetta anche a quell’ora del mattino e sua pelle non presentava alcuna ruga. Il suo volto non era stato ancora segnato dal dolore di perdere il primogenito, e poi di restare vedova.
Con un tuffo al cuore, Regulus si rese conto che dovunque fosse sua madre nella vita o nel futuro, aveva perso anche l’ultimo membro della sua famiglia.
“Regulus? Mi stai ascoltando?”
“N-no, madre.” Balbettò. “C-cioè, sì madre, no non voglio che mi tagliate i capelli.”
Come se davvero gli importasse!
“Allora siediti a fare colazione e dopo andrai a sistemarti.”
Il ragazzino si ritrovò ad annuire automaticamente, ma quando fece per sedersi un altro shock, forse il più grande di tutti, lo bloccò nuovamente.

Sirius.

Seduto al lungo tavolo, molto più lontano rispetto a sua madre ma abbastanza vicino per attingere al cibo senza doversi alzare, c’era Sirius. Un Sirius giovane, dodicenne, con un’aria ribelle sul volto ma lì in quella casa, con loro.
L’ultima volta che Regulus aveva visto Sirius a Grimmauld Place, il ragazzo stava urlando contro tutto e tutti e riempiendo una valigia il più velocemente possibile. Si era voltato verso Regulus e interrompendo per la prima volta in anni l’espressione che gli riservava, ormai uguale a quella rivolta verso tutto il resto dei Black, gli aveva chiesto di andare con lui. Quando Regulus aveva rifiutato, suo fratello era andato via, e la volta successiva che lo aveva visto, a Hogwarts, non gli aveva rivolto la parola, neanche per provocarlo insieme ai suoi compagni Serpeverde: per lui aveva smesso completamente di esistere.
“Regulus!”
Si rese conto di essere sul pavimento, con braccia calde che lo stringevano al petto, e che lo scuotevano. Sbatté le palpebre, più volte, inquadrando a stento i volti preoccupati sia di sua madre, che di suo fratello. “Vai a chiamare tuo padre.” Sentì un rumore di passi correre via: suo fratello doveva aver ascoltato l’ordine della madre. Merlino, era strano solo a pensarlo… “Regulus, mi senti?”
Annuì, portando una mano su quella della madre, per sostenersi e allo stesso tempo accertarsi ancora una volta che tutto quello fosse reale. “Sto bene.” Mentì. “Ho… ho avuto un calo di pressione, credo.”
“Mettiti a sedere e mangia qualcosa, tuo padre arriverà subito.” Regulus annuì di nuovo, e si lasciò condurre dalla madre alla sua sedia. Qui, portò lo sguardo verso un cesto di biscotti che sua madre gli spinse vicino: la fame era l’ultima cosa che provava, ma si costrinse ad afferrarne debolmente uno.
“Papà è a casa?”
“Sì, Regulus, vuole esserci per domani.” Ah, già. Suo padre aveva chiesto di restare a casa in quel periodo fino al 1975, quando aveva smesso di lavorare al San Mungo ed era rimasto a casa a continuare i suoi studi sulle pozioni da solo.
Altra fitta al cuore: suo padre era morto almeno da tre mesi.
“Walburga.” Proprio la voce di suo padre lo distrasse dai suoi pensieri, ma non osò alzare lo sguardo per incrociare quello del genitore: non sapeva come avrebbe reagito, a quel punto. “Allora?”
“Credo che sia solo un calo di zuccheri, Orion, ma potresti controllare? E’ crollato all’improvviso.”
“Certo.” Il ragazzino sentì qualcuno chinarsi vicino a lui, e a quel punto fu costretto ad alzare lo sguardo: incrociò subito gli occhi di suo padre, aperti e vivi, e si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa. “Va tutto bene, Regulus, resta fermo per me.”
Qualche colpo di bacchetta in giro per il suo corpo e un’acuta osservazione del suo volto, a quanto pare, fu quello che servì a suo padre per dare la sua diagnosi. “Questo non è un calo di zuccheri, questo è stress. Per domani?”
“E di cosa ha paura?” Borbottò Sirius, tornato al suo posto e intento ad inzuppare un biscotto nel latte. “Di non essere smistato nella perfetta casa dei Serpeverde?”
“Visto i precedenti, dovrebbe.” Disse sua madre, la voce fredda. Oh, giusto, era passato a malapena un anno dallo smistamento di Sirius. Quando aveva ricevuto notizia dello Smistamento, sua madre era andata su tutte le furie: lui stesso si trovava nella stanza con lei e l’aveva vista urlare, lanciare le cose e dover essere trattenuta da suo padre per materializzarsi lei stessa ad Hogwarts… o meglio, fuori dai confini. Aveva mandato una strillettera il secondo giorno, ma da quello che sapeva Sirius l’aveva immersa nella caraffa del succo di zucca.
C’era voluto suo padre e molti mesi per farla sbollire, e da quel momento sua madre aveva assunto un atteggiamento di totale ignoranza della situazione: si era convinta che fosse solo uno sbaglio del Cappello o qualcosa del genere, e che il suo Sirius avrebbe superato presto la fase ribelle e si sarebbe comunque mostrato come il Black che era. Questo non le impediva, quando qualcuno tirava fuori l’argomento, di mandare commenti acidi all’indirizzo del figlio maggiore, ma aveva verso di lui ancora un atteggiamento materno che nei successivi anni sarebbe stato rovinato completamente. Da Sirius, da sua madre, da entrambi… ma Regulus tendeva a dare la colpa soprattutto al fratello.
“E’ che…” Deglutì: quale poteva essere una scusa piuttosto convincente per un bambino di undici anni? “Ho paura di non conoscere nessuno.”
“Sciocchezze.” Replicò suo padre, sedendosi a mangiare: a quanto pare la sua colazione nello studio era stata rovinata, quindi tanto valeva restare con la sua famiglia. Con la coda dell’occhio, Regulus notò Kreacher rientrare velocemente, il vassoio precedentemente portato allo studio fra le braccia. “Serpeverde è piena di persone che già conosci. Il figlio di Marcel Avery, ad esempio. O, com’è che si chiamava il nipote di Arcibald? Walden…”
“Macnair, Orion, Macnair. Ma credo che sia piuttosto grande per Regulus…”
“Wow. Le migliori compagnie di Hogwarts.” Esclamò suo fratello sarcasticamente, non distogliendo il suo sguardo dal cibo. I genitori lo ignorarono apertamente.
“E c’è sempre tua cugina Narcissa, e Lucius.” Terminò sua madre. “Se proprio ti senti solo, puoi andare da loro.”
“Ci sarei anche io, veramente.” Sirius alzò lo sguardo dal cibo, puntandolo in maniera decisamente ribelle verso la madre… esattamente come tutte le volte che si cacciava nei guai. “E James!”
James Potter era esattamente l’ultima persona al mondo con cui voleva passare il tempo, soprattutto perché era stato il principale colpevole della distruzione della sua famiglia, avendo corrotto Sirius fin da piccolo e avendoglielo rubato come fratello, nel vero senso della parola. Ma questo di certo non poteva dirlo.
“Potter?” Sua madre aveva un’espressione molto contrariata sul volto. “Ecco…”
Tecnicamente, era un purosangue, e di una famiglia piuttosto importante. Non che questo lo rendesse più idoneo ad essere amico di Sirius secondo Walburga, ma almeno lo status di sangue giusto c’era.
“Non mi piace James Potter.” Disse lui, per poi affrettarsi a trovare una motivazione che non fosse ‘è un fottuto usurpatore’. Anche perché Regulus Black a undici anni e davanti a sua madre non diceva le parolacce. “…Urla troppo. Almeno, alla stazione era così.”
C’era da dire che era vero: le corde vocali di quel ragazzo sembravano fatte d’acciaio.
“Dopo un po’ ti ci abitui.” Replicò Sirius, passandogli un biscotto. Regulus non era abituato ad essere trattato bene, o semplicemente ad essere calcolato da lui, quindi anche un gesto del genere lo turbò, e si ritrovò a guardare il biscotto come se fosse un mostro con tre teste. “Anche perché non potrai vivere ad Hogwarts in pace, se non ti abituerai a gente che urla.”
“Per come la descrivi tu, Sirius, quella non è una scuola, ma un circo.” Disse sua madre. “A quanto pare è di quello che si tratta la casa di Grifondoro.”
L’atmosfera era così nostalgica e familiare e dolorosa che Regulus si alzò, di scatto. “Non mi sento bene.” Disse. “Posso tornare in camera mia?”
“Hai mangiato qualcosa?” No, e non c’era alcun modo di nasconderlo a suo padre, ma fortunatamente l’uomo sembrò comprendere. “Kreacher, a metà mattina portagli del the. A pranzo mi aspetto che tu mangi, però.”
“Certo.”
Cercò di rimanere calmo, ma uscito dalla stanza cominciò a correre il più velocemente possibile verso camera sua, ignorando l’elfo che avrebbe dovuto accompagnarlo e che gli stava trotterellando dietro.
Kreacher e sua madre erano lì. Suo padre era vivo. Suo fratello era ancora suo fratello. Era morto? Se sì, non sapeva seriamente se si trovasse all’Inferno o in Paradiso. Forse era un qualche tipo di Purgatorio. Non sapeva niente, non capiva, lui non…
“Padron Regulus, va tutto bene?”
Si era bloccato sulla soglia della camera.
Sulle mura e sul pavimento era impressa una sola parola: Rimedia. Scritta con  quello che sembrava sangue, impressa ovunque nella sua camera. Indietreggiò, spaventato, e ancora una volta come poche ore prima portò lo sguardo allo specchio, dove un’altra scritta figurava con lo stesso colore.

Cambia il futuro.

“Padron Regulus?”
“T-tu le vedi?”
“Kreacher deve vedere che cosa?”
Nel momento esatto in cui Regulus aveva distolto lo sguardo dalla scritta e lo aveva portato su Kreacher, questa sembrava essere scomparsa insieme a tutte le altre. “Nulla, Kreacher. Nulla…”
 
 

 
Regulus passò il pomeriggio a formulare un piano d’azione.
Prima di tutto, se quello che aveva compreso era giusto, non si trovava in un Purgatorio, ma nel passato. Come ci fosse finito era un mistero. Il perché… beh. Se era abbastanza ingenuo da ascoltare quello che aveva detto una scritta su uno specchio, un qualcosa che poteva anche essere pericoloso, doveva cambiare il futuro. Rimediare ad esso. Come, Regulus non lo sapeva, la sua vita in fondo era stata molto corta dagli undici anni in poi. Era andato ad Hogwarts, smistato in Serpeverde, e poi si era unito ai Mangiamorte. Aveva cercato di sabotare il Signore Oscuro rubando un suo Horcrux. Poi… era morto, o tornato indietro nel tempo prima di poter essere ucciso: su questo non era sicuro.
Ma se doveva rimediare a qualcosa… doveva prima capire che cosa.
Doveva avere sicuramente a che fare con il Signore Oscuro. Se privarlo della sua fonte vitale non era abbastanza, forse voleva dire che doveva controllare Kreacher e assicurarsi che la distruggesse del tutto. O, forse non era l’unico Horcrux: Regulus aveva passato abbastanza tempo fra i Mangiamorte per rendersi conto che Lord Voldemort era esattamente il tipo di persona che avrebbe potuto lacerare la sua anima più e più volte. Ma non aveva certezze, e neanche indizi.
Certo, era tornato abbastanza indietro nel tempo, forse abbastanza per poter passare quegli anni ad indagare…
Ad un certo punto si era sporto dall’uscio della camera di Sirius.
“Sirius.” Aveva cominciato. “Ipotesi…”
“Se venissi smistato in Grifondoro?” Lo aveva provocato il fratello, continuando a preparare la sua valigia.
“Ipotesiun po' più... fantasiosa.” Sirius non era abbastanza intelligente, non ancora almeno, per poter credere che stesse dicendo sul serio. Probabilmente. “Se tu tornassi indietro nel tempo per cambiare qualcosa nel futuro, ma non sapessi esattamente di cosa si tratta…”
“E da dove viene questa ipotesi?”
“Non importa, rispondi e basta!”
“Mhhh…” Sirius si era messo a pensare, e anche seriamente, lasciandosi cadere a sedere sul letto. Doveva solo ringraziare che a quest’età lo prendesse come un gioco e non sospettasse nulla. “Un qualche cosa che ho provocato? Tipo… tipo se per errore avessi distrutto l’Irlanda!”
“Resta serio, te ne supplico, e ipotizza che la tua vita sia stata molto corta e priva di vero significato.”
“Allora… allora forse non devo cambiare qualcosa che ho provocato. Magari devo provocare qualcosa o… vivere più a lungo? Insomma… come una seconda possibilità.”
Una seconda possibilità?
Non era neanche un’opzione da scartare, questo era certo, ma perché Regulus avrebbe dovuto meritarsi una seconda possibilità? Anche nel suo ultimo atto era stato egoista: aveva lasciato il compito del Medaglione a Kreacher e si era affidato agli Inferi perché troppo codardo per poter affrontare Voldemort in persona.
Aveva preferito la morte alla sola ipotesi di poter essere scoperto dal Signore Oscuro mentre lo tradiva. No, se c’era una persona che non si meritava una seconda possibilità, quella era Regulus.
Questo non voleva dire che non potesse approfittarne.
Nell’attesa di scoprire qual era il suo scopo in quel passato, poteva provare a cambiare qualcosa. La sua era stata una vita scialba, coronata dall’errore di unirsi alle forze di Lord Voldemort: poteva cambiarlo.
Ma come?
Prima di tutto, doveva calarsi nella parte. Era un ragazzino di undici anni, non un ragazzo di diciotto appena uscito da Hogwarts e con un’educazione ed un bel po’ di esperienza alle spalle: avrebbe dovuto evitare termini troppo avanzati, o magie che non poteva aver ancora imparato. Lui era Regulus Black, undici anni, appena arrivato ad Hogwarts, e così sarebbe dovuto essere per tutti.
Per seconda cosa, nessuno avrebbe dovuto sapere di quello che stava succedendo. A parte che nessuno gli avrebbe creduto, ma anche se fosse riuscito a dare qualche prova, magari prevedendo qualche evento futuro, poi cosa sarebbe successo? Niente di buono, questa era la risposta. Le forze del bene non erano le uniche che avrebbero potuto approfittare di un potere così grande come quello di conoscere il futuro. Non avrebbe detto nulla a nessuno, soprattutto alla sua famiglia.
Di Silente, poi, non si fidava. Forse era una semplice impressione derivata da anni di suggestioni da parte dei Black o dalla vicinanza con Lord Voldemort, ma quello che Regulus sapeva era che quell’uomo non faceva nulla di concreto per provare a distruggere il Signore Oscuro, nonostante ne avesse le possibilità, Horcrux a parte. Al diavolo l’Ordine del Pollo Arrosto, Silente non ci aveva nemmeno mai provato. E ad una persona così Regulus non poteva assolutamente affidare un segreto del genere.
Per terza cosa, doveva capire ciò da cambiare. Si era fatto una scaletta molto veloce, annotata su un foglio di carta che poi aveva distrutto per paura che lo trovasse qualcuno.
Hogwarts. Mangiamorte. Horcrux. Minus. Sirius?
Nel suo passato… o futuro, aveva passato il periodo precedente alla sua morte in preda al panico e alla paranoia: aveva smesso di mangiare e di dormire, tutto per poter trovare quell’oggetto che avrebbe assicurato, secondo lui, la sconfitta di Voldemort, almeno in parte. Gli era completamente passato di testa, nel suo tradimento, di avvisare Sirius del tradimento di Peter Minus, che da poco si era unito ai Mangiamore. Ma Sirius probabilmente non gli avrebbe neanche creduto: forse una lettera, se l’avesse letta, avrebbe potuto instillare qualche dubbio ma… ormai era andata. Sperava che la sua disattenzione non avesse costato delle vite… o che almeno quel futuro sarebbe stato davvero riscritto.
A questo punto, la cosa migliore da fare era troncare l’amicizia di suo fratello dall’inizio: in fondo, da quello che aveva capito Peter era sì un caro amico per Sirius, ma i primi anni di scuola non era stato che un ragazzino che si accollava a lui e Potter solo per evitare di finire nella mira dei bulli e, oh, suo fratello adorava che si baciasse il pavimento dove camminava quindi lo aveva accolto tranquillamente per quel motivo. E pure Potter, probabilmente. Poi, si erano davvero affezionati a lui e, boom, li aveva traditi.
Non sapeva ancora come, ma doveva porre rimedio a ciò.
Sirius stesso… era l’incognita più grande. Avrebbe potuto cercare di farlo restare a casa, ma dubitava che ci sarebbe riuscito: e come fermare il suo carattere così orridamente Grifondoro? Non sapeva nemmeno se volesse farlo, se volesse mantenere il rapporto: si era mostrato sorpreso quella mattina, ma poi si era ricordato di come Sirius lo avesse abbandonato, di come avesse abbandonato tutti loro. Di come avesse cominciato a trattarlo diversamente una volta smistato in Serpeverde solo perché aveva cominciato a dare ragione, giustamente, ai suoi genitori, e di come si fosse dimenticato della sua esistenza dopo la sua fuga. Di come lo avesse sostituito.
No, Sirius poteva rimanere perfettamente uguale, per quanto gli riguardava.
Il cambiamento più grande, comunque, doveva accadere dentro le mura di Hogwarts: Regulus ricordava benissimo gli anni passati lì dentro, soprattutto una volta che Sirius se n’era andato. I suoi genitori lo avevano caricato di responsabilità enormi, che lo avevano reso fiero e orgoglioso ma che allo stesso tempo lo avevano rovinato; la sua cerchia di “amicizie” si era ristretta fino a diventare composta solo ed esclusivamente da futuri Mangiamorte, e alla fine si era ritrovato convinto degli ideali del Signore Oscuro senza rendersi conto di una cosa: pensare che i Babbani e i Sanguesporco siano inferiori è diverso rispetto all’ucciderli.
No, tutto quello doveva cambiare. Adesso sapeva dov’era la verità, e gli errori da non commettere, ma non voleva mettersi contro ai futuri Mangiamorte a viso aperto, né voleva sentirsi costretto dalla sua famiglia.
Sapeva che per evitare pressioni indesiderate, che avrebbero potuto costringerlo comunque sulla via del Signore Oscuro, doveva cambiare la sua vita a Hogwarts. Le persone che frequentava. Le cose che faceva.
E, soprattutto, nonostante gli facesse male il solo pensiero, nonostante lui sapesse di appartenere a Serpeverde in tutto e per tutto… doveva farsi Smistare in un’altra casa.
 
Quella notte non dormì.
 
 
 
A King Cross Regulus si tormentava le mani, nervoso. Sirius era scomparso nella folla per andare a cercare i suoi amici, ed i suoi genitori stavano parlando con qualche amico di famiglia i cui figli erano, fortunatamente per lui, dispersi sul treno molto probabilmente. Poco prima, sua madre lo aveva preso da parte e gli aveva intimato, un ordine camuffato da suggerimento, di evitare contatti non necessari con gli amici di Sirius e altra feccia del genere, soprattutto i Sanguesporco.
L’ultima volta Regulus l’aveva ascoltata… questa volta, non ne era tanto sicuro.
La sua visione sui Babbani non era cambiata nell’arco di qualche mese: li reputava ancora inferiori, così come i Nati Babbani. Ma la via di Lord Voldemort era sicuramente errata e, forse, per poter comprendere come andare avanti doveva semplicemente ampliare i suoi orizzonti. Questo non significava che doveva diventare il migliore amico di un Sanguesporco, ma avrebbe evitato di ignorarli a lezione, ecco, soprattutto se fosse finito in un'altra Casa e fosse stato costretto a dividere il dormitorio con loro.
Serpeverde! Solo pensiero, quella sera, di non andare a dormire nei sotterranei del Castello lo faceva star male: non sapeva nemmeno se il Cappello avrebbe accettato la sua richiesta. Lui sapeva di essere un Serpeverde, e gli piaceva essere un Serpeverde. Ma non voleva correre rischi inutili e per cambiare il futuro, doveva cambiare tutto ciò che poteva influenzarlo.
Serpeverde, in quegli anni, era la casa dei seguaci del Signore Oscuro, e con il cognome che portava e sua cugina Bellatrix già fra i Mangiamorte, dubitava che lo avrebbero lasciato in pace e non lo avrebbero pressato ad entrare anche lui nell’Esercito.
No, piuttosto avrebbe sofferto per ben sette anni.
Quando il treno partì, Regulus si ritrovò con un baule fra le mani, solo e con un sacco di facce conosciute intorno. Molta della gente che entrava negli scompartimenti, che usciva, che cercava di superarlo in corridoio la conosceva, se non di persona almeno di volto, e tutti loro sembravano così piccoli, così giovani…
Bastava uno sguardo.
Emma Vanity. Serpeverde, purosangue. E’ stata il mio capitano. Mi diceva sempre che ero il migliore della squadra anche quando non era vero solo per motivarmi.
Pandora Grayfall. Corvonero, mezzosangue. Si era infatuata di Sirius e quando lui aveva rifiutato la sua confessione lei gli aveva fatto trovare una cacca bomba sotto il banco dell’aula di Pozioni.
Frank Paciock. Grifondoro, purosangue. Quello doveva essere il suo ultimo anno… lui e la moglie Alice sarebbero diventati Auror, e membri dell’Ordine della Fenice.
Henry Bones, i gemelli Julia e Norman Abbott, Lucinda Talkalot, Mary Macdonald, Roderich Stebbins…
Oh, Sirius e Potter.
“Regulus! Cosa ci fai qui da solo?” Sia Sirius che James erano sprovvisti di baule: probabilmente si erano già sistemati. Potter lo salutò con un gesto della mano, ma Regulus si premurò di ignorarlo. “Vieni, abbiamo trovato uno scompartimento con…”
“Hey, Black.”
Regulus aveva dimenticato la sua voce da ragazzino, ma conosceva bene la persona che aveva pronunciato il suo cognome: Evan Rosier. Voltandosi verso di lui, si rese conto di come era sempre stato grosso: anche quando era più grande lo superava di almeno dieci centimetri, ma non pensava che fosse così alto già da bambino. Accanto a lui c’erano altri Serpeverde: Albert Avery e altri tre ragazzotti che non riuscì a riconoscere, forse perché ancora troppo piccoli e molto diversi da come li aveva conosciuti. Uno di loro non aveva colori sulla divisa appena indossata, ma era sicuro che per stare lì con loro dovesse essere almeno Purosangue, e dello stesso giro.
“Abbiamo trovato due scomparimenti vicino a quelli dei Prefetti e dei Caposcuola, così Malfoy può fare qualche salto a trovarci fra una seccatura e l’altra.” Disse Rosier. “C’è già Narcissa che chiede di te.”
“Rosier, sei davvero un maleducato.” Potter fece un passo avanti, e improvvisamente Regulus si ricordò di quel momento: i Serpeverde avevano l’abitudine di andare ad accogliere tutti i figli di famiglie nobili purosangue e da generazioni Serpeverde, proprio come lui. In un attimo riconobbe, infatti, nel primino William Wilkes, un altro mangiamorte.
L’ultima volta, Sirius e Potter avevano cominciato a litigare con Rosier e gli altri, e lui alla fine era andato via con i suoi futuri compagni di casa. “Non hai notato che stavamo parlando noi con Regulus?”
“Con la stazza che si ritrova, probabilmente tende ad ignorare chiunque sia intorno a lui, James.” Disse innocentemente Sirius. “O forse è solo stupido.”
Prima che potesse sorgere un litigio, Regulus si affrettò a tirarsi fuori dai guai. “Avevo intenzione di trovarmi uno scompartimento da solo.” Esclamò, ad alta voce, per farsi sentire da tutti. “Devo fare le mie esperienze da primino, conoscere nuova gente, spaventarmi per lo smistamento,eccetera eccetera! Ciao!”
Prima che chiunque di loro potesse dire qualcosa, Regulus afferrò il baule e superò James e Sirius di corsa, rischiando anche di investire una Tassorosso del settimo anno che non riconobbe. Dubitava che un semplice viaggio con Rosier ed i suoi avrebbe cambiato qualcosa, ma sapeva che se avesse ascoltato qualcuno di loro parlare del Signore Oscuro come di un dio avrebbe cominciato a prenderli a pugni alla maniera babbana.
E non voleva nemmeno finire nello stesso scompartimento di Potter e Sirius. Eww, no!
Spinse il baule per quasi metà del treno, osservando velocemente gli scompartimenti. Questo è occupato. Qui ci sono altri Serpeverde. Qua ci sono tutti Grifondoro, no grazie, ma no. Qui ci sono troppe persone che conosco.
Lo scompartimento più vuoto che riuscì a trovare consisteva in un ragazzo pressato contro il finestrino ed intento a guardare fuori, e una ragazza che stava leggendo un libro, entrambi primini.
Littleton, Tassorosso. Nato Babbano. Non ricordava di averci mai parlato, non ricordava nemmeno il suo nome, solo la sua presenza alle lezioni frequentate con Tassorosso. Ad un certo punto era diventato così alto che Regulus, che era sempre stato un po’ basso, aveva evitato anche solo di incrociarlo per non sentirsi a disagio.
Morrigan, Corvonero. Non conosceva il suo Status di Sangue, quindi molto probabilmente era una Mezzosangue anonima. Anche a lei non aveva mai rivolto la parola al di fuori delle lezioni, ma l’aveva vista spesso in biblioteca.
Potevano andare bene.
Bussò nello scompartimento per educazione, e quando Littleon spostò per pochi attimi il suo sguardo su di lui e gli fece cenno di entrare Regulus sospirò, e spinse il baule dentro.
Ricordava che issare il baule sopra i sedili il primo anno lo aveva quasi fatto esaurire, ma adesso bastò un piccolo colpo della sua bacchetta per farlo levitare lì sopra. Si rese conto che quella doveva essere una magia avanzata solo quando il Nato Babbano lo fissò un attimo perplesso, e anche Morrigan alzò lo sguardo dal suo libro come per studiarlo.
Ops.
Si era appena sistemato a sedere all’altro finestrino disponibile visto che Morrigan aveva occupato lo spazio vicino alla porta quando essa si spalancò di colpo, lasciando entrare una ragazzina dai lunghi capelli rossi.
“E’ occupato?” Non aspettò neanche la risposta che subito si fiondò dentro, baule al seguito, e chiudendosi la porta alle spalle si stravaccò sul sedile accanto a Littleton, senza nemmeno mettere il baule sopra ma lasciandolo in mezzo allo scompartimento. “Wow! Pensavo di non trovare alcun posto libero.” Una risatina nervosa. “Tutti gli altri sono troppo grandi o già in gruppetto! Pensavo di, non so, dover farmi tutto quanto il treno.”
La ragazza rise di nuovo, aggiustandosi un attimo i capelli mossi che le erano andati davanti al volto. “Sono Eloise, Eloise…”
Shepard. Concluse Regulus, in mente, ignorando le parole della ragazza, improvvisamente terrorizzato. Grifondoro. Purosangue. Suo padre aiutava l’Ordine della Fenice. Il Signore Oscuro ci mandò a casa loro… non ci furono sopravvissuti.
Merlino, no. Sapeva che avrebbe dovuto affrontare qualcosa del genere, ma aveva sperato di rimandare. Regulus non aveva ucciso direttamente quella ragazza, no, ma aveva assistito dalle retrovie e solo questo bastava.
Aveva un’improvvisa voglia di vomitare.
Intanto, Shepard aveva teso la mano verso Morrigan, con l’intenzione di stringergliela. La giovane alzò lievemente lo sguardo dal libro che stava leggendo, scrutandola da sotto la frangetta castana con occhi inquisitori, e poi riabbassò la testa, ignorandola.
“Melody Morrigan.” Disse, con voce piatta. “Non interessata a fare amicizia.”
“Ma se non facciamo amicizia fra noi primini, poi come ci ritroveremo ad Hogwarts? Papà mi ha detto di cercare subito qualcuno con cui stringere amicizia, anche perché credo che si preoccupi che io resti da sola. Dovevo andare a Beauxbatons, sapete, ma ci siamo trasferiti in Inghilterra di nuovo proprio per Hogwarts… e voi due siete?”
Regulus era troppo impegnato a cercare di calmarsi per rispondere, ma Littleton no, e portò insicuro la mano a stringere quella della ragazza. “Damian Littleton.” Si presentò. “Cos’è Beauxbaton?”
“La… scuola di magia Francese.” Rispose quasi automaticamente Regulus, cercando di riprendersi. “Ci vanno, beh, i francesi…”
“Non che io sia francese, eh. Ho vissuto in Francia, solo quello! Forse ho ancora un po’ di accento…” Il senso di colpa ed il terrore erano ancora lì, ma stavano venendo velocemente seppelliti dal fastidio. Mio dio, ma questa qui non stava mai zitta? E lui che si era lamentato di Potter! “E tu sei…?”
“Regulus Black.” Rispose, velocemente, andando ad appoggiare la testa contro il finestrino. Tutta questa situazione sarebbe stata estremamente difficile da fare, ancora di più di come aveva pensato…
“Hogwarts sembra essere fantastica! Ci sono i dormitori, e le scale che cambiano, e i fantasmi, e tanti ritratti che si muovono, cioè a casa ho un ritratto che si muove ma a Hogwarts sono proprio tanti, e le torri, e i banchetti che si cucinano da soli…”
“Sono gli Elfi Domestici nelle cucine a preparare, veramente.”
“…e le Case! Secondo voi dove finirete?”
“Ho il sospetto che tu finirai a Grifondoro.” Borbottò Regulus, a bassa voce, ma Shepard riuscì comunque a sentirlo.
“Grifondoro sembra una figata! Tu hai una qualche idea?”
Serpeverde. Peccato che mi stia dando la zappa sui piedi da solo. “Non lo so. Non riesco ad inquadrarmi bene in una Casa.”
“Allora Tassorosso probabilmente, che prende tutti coloro che non rientrano nelle altre.”
“Scusami…” Si intromise Littleton. “Su Storia di Hogwarts c’è scritto che a Tassorosso vanno i pazienti, i leali e quelli che lavorano duramente.”
“Beh, sì, quelle sono le caratteristiche della Casa, ma il Cappello smista lì dentro anche chi non si identifica bene in un’altra casa, credo. O qualcosa del genere.” Shepard fece spallucce. “E tu, Melody, dove vorresti andare?”
Anche l’altra ragazza fece spallucce. “Qualsiasi posto va bene, tranne Serpeverde.”
A quel punto, Regulus si sentì colpito personalmente. “Scusa…” Disse, cercando di non sembrare troppo aggressivo. “…e perché tranne Serpeverde?”
“Mamma è una babbana.” Rispose, nascondendo il volto dietro il libro. “Avrei problemi. E poi è per i maghi oscuri.”
“Stronzate.” Rispose Regulus, acidamente. “A Serpeverde il problema sono i S- i Nati Babbani, non di certo i Mezzosangue. E anche se fosse, perché rinunciare ad una Casa che magari potrebbe essere quella perfetta per te solo per delle dicerie? Serpeverde non è la Casa del “maghi oscuri”, ne ha semplicemente un numero più elevato rispetto alle altre. Merlino era un Serpeverde.”
“Li difendi proprio animatamente.” Disse Shepard. “Potrebbe essere quella la Casa per-“
“No.” Si affrettò a dire. “Non sono adatto.”
Regulus deglutì: a solo un giorno dal suo “piano”, già aveva reagito male ad un’accusa su una Casa a cui non avrebbe dovuto appartenere. E se fosse successo qualcosa di molto più grave più in là? Non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Era sul punto di inventare una qualsiasi scusa per cambiare scompartimento, quando Littleton tirò fuori dalle tasche un mazzo di Sparaschioppo e lo fissò con occhi verdi che quasi lo imploravano di terminare la discussione. “Le ho comprate a Diagon Alley, ma non ho la più pallida idea di come si usino.” Confessò.
“Fai un castello di carte e cerchi di completarlo prima che esse esplodano.” Rispose Regulus automaticamente, evitando di incrociare il suo sguardo.
“Esplodano? Quindi sono usa e getta?”
“No, poi tornano normali.”
Littleton non sembrava convinto, ma le tirò comunque fuori dalla confezione. “Vuoi giocare?”
“Su un treno?”
“Possiamo vedere se cadono prima per gli scossoni o per l’esplosione.”
Era annoiato, e aveva bisogno di distrarsi da Shepard, che aveva appena cominciato a cercare di attaccare bottone con Morrigan. Inoltre, stava semplicemente giocando a carte con lui. Dubitava che questo volesse dire farci amicizia o interagire più del dovuto.
“Va bene.”
 
 
Alla fine le carte caddero più volte per il treno che per l’esplosione, ma andava bene così. Dopo un po’ passò il carrello dei dolci: Regulus non aveva tanti soldi, perché sua madre sapeva che l’unica occasione in cui spenderli sarebbe arrivata solo al Terzo Anno, ma comprò comunque una scorta di Cioccorane e due sacchetti di Gelatine Tutti Gusti+1. Aveva intenzione di mangiare tutto pian piano ad Hogwarts, ma Shepard gli sfilò una ciocco rana da sotto il naso e cominciò a rubargli gelatine a tutto andare, quindi Regulus finì per aprire un pacchetto e farlo girare fra i suoi compagni di scompartimento. Tanto preferiva comunque il salato, si sarebbe rifatto al banchetto.
Non ebbero conversazioni particolari, soprattutto perché Regulus voleva evitare a tutti i costi contatti troppo profondi con Shepard e Littleton, mentre Morrigan sembrava essere in un mondo tutto suo. In quello che sembrò poco tempo si ritrovarono nei dintorni di Hogwarts, e dopo essersi cambiati-ed essere usciti per permettere alle ragazze di cambiarsi-, arrivarono finalmente in stazione.
E fu quando mise piede fuori dal treno che Regulus si rese conto di non aver previsto un grosso problema.
“Primo anno! Primo anno, da questa parte.”
La prima volta che aveva attraversato il lago nero, Regulus aveva semplicemente avuto un po’ di paura di cadere dalla barca, ma era rimasto sorpreso ed estasiato dalla vista di Hogwarts illuminata nella notte. Adesso, le cose erano diverse. Conosceva già Hogwarts. E sapeva anche che praticamente nessuno cadeva dalle barche.
Ma…
Il ragazzo provò a seguire lo stormo di primini fino alla riva del lago, ma appena vide il primo di loro salire su una barca tutto, dentro di lui, andò in tilt.
Davanti a lui non c’era il Lago Nero di Hogwarts, non c’era una massa di studenti, no. Si trovava in una grotta dall’aria stagna, su una piccola isoletta in mezzo ad un lago melmoso…
“Hey! Va tutto bene, ragazzino?”
Non si era nemmeno reso conto che Hagrid lo aveva afferrato e rimesso in piedi prima che potesse crollare a terra: era troppo concentrato a cercare di non vomitare e a fermare i giramenti di testa. Non rispose a parole: si limitò ad annuire.
“Mica mi convinci a me, sei bianco come un fantasma! Mal di treno? Hai mangiato troppe cioccorane? ”
Regulus scosse la testa, cominciando a respirare pian piano: si guardò intorno, notando che quasi tutti gli studenti lo fissavano: alcuni lo indicavano, altri parlottavano fra di loro. Vide di sfuggita la testa bionda di Damian e si rese conto che stava dando davvero un brutto spettacolo di sé: si scostò malamente da Hagrid, che non sembrò prenderla a male, e chiuse gli occhi: contò fino a cinque, respirando a fondo, e poi riaprì gli occhi, sentendosi immediatamente meglio.
Poi il suo sguardo ritornò sul lago ed emise un verso di puro terrore.
“Te non sei il fratello di Sirius? Di Sirius Black? Se c’hai bisogno di andare in infermeria prima dello Smistamento son sicuro che…”
“Non voglio.” Pigolò, a bassa voce. “Non voglio.”
“Non vuoi?”
“Il lago.” Deglutì, facendo un passo indietro, e a fanculo il centinaio di mocciosi che probabilmente lo avrebbe preso in giro fino alla fine della sua vita scolastica e non. “Non voglio…”
“Ma non c’è nulla da avere paura! La piovra non ti mangia mica. E non è mai caduto nessuno dalla barca… basta non sporgersi!” Hagrid cercava di rassicurarlo, e si permise anche di dargli una manata sulla schiena, abbastanza forte da farlo quasi cadere in avanti: in altre occasioni si sarebbe scostato di nuovo, perché quello lì non poteva avere tutte le rotelle al loro posto, ma era troppo sconvolto per poter reagire. E anche il selvaggio sembrò accorgersene. “Oh… è una cosa seria. E che c’avete tutti voi da guardare? Su, su, tutti sulle barche.”
La folla attorno a Regulus cominciò man mano a disperdersi. “Senti, puoi stare nella barca con me.” Questo lo faceva sentire anche peggio! “Non so se si può farti arrivare in un altro modo a te, è sempre stato così, devo contattare la Professoressa McGranitt e ci vuole un po’ di tempo, sai…”
A quanto pare era senza scampo. O superava quel lago, o non poteva andare ad Hogwarts: il tempo che Hagrid avesse contattato la McGranitt senza magia, che avesse ricevuto il permesso per portarlo con le carrozze, che avesse accompagnato tutti gli altri e poi lui, e lo Smistamento sarebbe finito da un pezzo.
Lui era un Black. Non poteva farsi piegare così da un misero lago, che non era nemmeno quello della caverna! Non c’erano Inferi lì sotto. E dubitava che non ci fosse un modo per salvarli dall’annegamento, se fossero caduti: in tutti quegli anni non potevano non esserci stati incidenti, e per quanto Silente non gli sembrasse una persona degna di fiducia dubitava che avesse affidato tutti i primini a Hagrid ogni anno senza alcun accorgimento.
Ma nonostante la razionalità fosse forte, le emozioni lo erano di più: dovette farsi condurre da Hagrid in una barca, e quasi urlò quando l’uomo entrò dentro di essa e la fece muovere in maniera pericolosa. Si accucciò all’estremità opposta di essa, il più lontano possibile dai bordi, e presto si ritrovò circondato da studenti che continuavano a fissarlo, alcuni divertiti, altri in maniera neutrale o addirittura preoccupati. Si ritrovò, stranamente, di nuovo accanto a Littleton, che lo guardava in quest’ultima maniera.
“L’acqua non deve essere nemmeno tanto fredda, a Settembre.” Tentò di rassicurarlo. “Se cadi, e non cadrai, mantieniti a galla e ti recupereremo subito.”
Non era il modo migliore per aiutarlo, ma almeno ci aveva provato. “Non so nuotare.” Confessò Regulus, a bassa voce, e nonostante fosse vero era davvero l’ultimo dei problemi.
“Oh.” Commentò Damian, pensieroso. “Beh, io sì. Tu cadi e io mi butto, okay?”
Dubitava che sarebbe servito a qualcosa, ma annuì, cercando di concentrarsi su qualcos’altro e non sulle oscillazioni della barca, o sul rumore dell’acqua che si infrangeva contro il legno.
“E quella davanti a voi è proprio… hey, tu! Chioma rossa! Devi restare sedut- no, ho detto seduta!”
Non era la cosa più facile da fare.
 

Evitò a malapena di vomitare, una volta raggiunta la terraferma, e ingoiò la bile semplicemente perché aveva già dato fin troppo spettacolo. Diamine, sarebbe stato lo zimbello di tutta la scuola. Sirius non lo avrebbe più lasciato in pace. Non avrebbe mai dovuto saperlo.
Hagrid gli ripeté almeno quattro volte di correre in infermeria subito dopo lo Smistamento, ma Regulus si limitò a ignorarlo: sapeva benissimo quale era stato il suo problema, grazie tante, e stare il più lontano possibile dal lago lo avrebbe aiutato.
In effetti, forse essere smistato in un’altra Casa, diversa da Serpeverde, non sarebbe stato così tanto un male: i sotterranei si trovavano sotto il maledettissimo lago.
Come tanti anni prima, Regulus si ritrovò a dover aspettare l’arrivo della McGranitt insieme ad un gruppo di mocciosi che dello Smistamento non sapeva nulla. Era quasi una tradizione del Mondo Magico, quella di non raccontare ai futuri studenti come si svolgesse la Cerimonia, ma i Black non avevano mai partecipato ad essa e Regulus sapeva benissimo anche la prima volta cosa lo avrebbe atteso. Ed esattamente come la prima volta i commenti degli altri studenti erano stancanti.
“Ho sentito che ci faranno duellare…”
“Ma io non ho mai lanciato un incantesimo con la bacchetta prima d’ora!”
“Credo che sia un po’ come una caccia al tesoro, dobbiamo trovare i Dormitori…”
“Mia sorella mi ha detto che sono i professori a sceglierti dopo averti fatto fare una serie di incantesimi…”
“Beh, mia sorella invece ha detto che ti mandano nella foresta e-“
“E’ un Cappello.” Tagliò corto Regulus, ad alta voce. “Appartenuto a Godric Grifondoro, incantato dai Fondatori per continuare la loro scelta. Lo mettete in testa e lui decide dove mandarvi. Finisce lì.”
Molti studenti lo guardarono confusi, altri sollevati o delusi. Un ragazzino sembrava indignato. “Non è vero! Mia sorella ha detto-“
“E’ vero!” Confermò una bambina che riconobbe come Eunice Mason, una sua vecchia compagna Serpeverde. O futura. La cosa era davvero molto, molto confusa. “E’ così e basta. Tua sorella ti stava solo prendendo in giro.”
“Non è vero!”
“Sì che è vero!”
“Invece sì!”
“Invece no!”
“Ho solo peggiorato le cose, vero?” Sospirò Regulus, sconfortato. Una ragazzina dai capelli castani a caschetto accanto a lui gli diede delle pacche sulla spalla, come a confortarlo.
Quell’anno, gli studenti erano tanti: solitamente il numero di studenti che arrivava ad Hogwarts variava: Sirius gli aveva detto che i Grifondoro del suo anno erano decisamente pochi, ma che i Tassorosso erano più di venti, ad esempio. Regulus ricordava bene che il suo era stato uno degli anni con più studenti.
Il salone di ingresso era pieno di ragazzini: alcuni li riconosceva, altri no. Erano tantissimi, e tutti diversi: alti, bassi, bianchi, neri, qualche asiatico e pure una ragazza con l’hijab. C’era un ragazzo che continuava a saltare sul posto, come in preda a qualche attacco, probabilmente troppo eccitato per quello che stava per accadere, e due gemelle che continuavano a ridere a voce alta.
Una ragazzina che riconobbe come una futura Corvonero era accompagnata da un Elfo Domestico per via della sua cecità, e stava parlottando con un ragazzo che non poteva decisamente avere undici anni, tanto era massiccio.
Silenzio.”
Improvvisamente, la sala si gelò: tutti i futuri studenti smisero di parlare, volgendo il loro sguardo verso la strega dall’aria severa che li attendeva sopra le scale.
Minerva McGranitt appariva identica a come Regulus se la ricordava: il ragazzo l’aveva sempre considerata una professoressa formidabile, e per niente male per essere una Grifondoro… tranne alle partite di Quidditch, quando spesso e volentieri si vedeva benissimo che non era per nulla imparziale ma, hey, non lo era neppure Lumacorno, quindi non c’erano problemi.
Una donna come lei al fianco di Silente era sprecata, e Regulus aveva sempre pensato che se fosse stata Preside sicuramente le cose ad Hogwarts sarebbero andate decisamente meglio. Prima di tutto, avrebbe trovato un professore di Difesa contro le Arti Oscure che non se ne sarebbe andato, o che fosse almeno competente.
Regulus non prestò molta attenzione al discorso della McGranitt: in fondo lo conosceva già, e non gli avrebbe dato nessuna nuova informazione. Era troppo concentrato a pensare alle possibilità. E se il Cappello non lo avesse ascoltato? E se lo avesse smistato nuovamente in Serpeverde? E se lo Smistamento avesse fatto infuriare i suoi genitori?
Non era un bambino per davvero, non aveva paura di loro e sarebbe andato avanti comunque sulla sua strada, ma non voleva rovinare i rapporti con sua madre e suo padre e avrebbe preferito evitarlo.
E se, e se, e se. Ormai non si poteva tornare indietro… no, a prescindere non avrebbe potuto neanche prima: dal momento esatto in cui si era svegliato nel suo vecchio letto il suo destino era già stato deciso, avrebbe dovuto rivivere tutto. Come, stava a lui. Ma non poteva scappare.
L’unico “e se” che sapeva non si sarebbe mai avverato era uno: “E se fosse stato smistato a Grifondoro?”. Probabilmente si sarebbe gettato volontariamente nel Lago, di nuovo.
Quando le porte della Sala Grande si spalancarono, Regulus non poté fare a meno che andare a cercare volti conosciuti fra gli studenti già smistati. Al tavolo dei Serpeverde incrociò lo sguardo di sua cugina Narcissa, ormai all’ultimo anno, che gli sorrise incoraggiante con Lucius al seguito, la spilla di Caposcuola ben appuntata al petto. A quello dei Grifondoro, James era intento a parlottare con un Sirius dall’aria piuttosto annoiata e stravaccato sulla sedia: probabilmente stava solo aspettando il cibo.
La McGranitt si fece portare uno sgabello e, finalmente, tirò fuori il Capello Parlante: Regulus poté udire tranquillamente il ragazzino di prima emettere un verso di stupore e scosse la testa, già stanco di essere fra bambini che non avevano assolutamente la sua età né la sua maturità.
“Quando chiamerò il vostro nome, verrete avanti e…”
Una cosa era positiva, almeno: Black sarebbe stato uno dei primi cognomi ad essere chiamati, e quell’ansia sarebbe finita al più presto. Eppure, anche con un cognome all’inizio dell’alfabeto un bel po’ di studenti lo intralciarono.
Prima di lui, vennero smistati in Grifondoro Leandra Allen, Matthew Barnes e Barrie Florance; in Corvonero Aaron Austen e Bertram Aubrey;  in Serpeverde Gerard Bennet e in Tassorosso Evangeline Aubert. Una lista di nomi lunghissima che Regulus scordò praticamente subito nel momento esatto in cui “Black, Regulus” venne pronunciato ad alta voce facendogli gelare il sangue nelle vene.
La prima volta che la McGranitt lo aveva chiamato, Regulus si era sentito terrorizzato: aveva paura di non essere smistato a Serpeverde, di deludere i suoi genitori. Adesso le motivazioni erano completamente opposte, ma la sensazione era la stessa. Prima di farsi mettere il cappello sul capo lanciò un’occhiata al tavolo dei Grifondoro: Sirius si era messo a sedere in maniera ordinata, improvvisamente interessato allo Smistamento. Non riuscì a scorgere altro perché improvvisamente il Cappello Parlante gli fu calato ben bene sulla testa, coprendogli per via della sua ampiezza la vista.
Si era dimenticato di quel piccolo particolare: la sua testa era troppo piccola.
“Ah, un altro Black.” Pronunciò la voce familiare del Cappello nella sua testa. “Così diverso da tuo fratello, tuttavia. Credo che sappiamo entrambi…”
Perfavore, non a Serpeverde.  Si affrettò a pensare Regulus in panico: la decisione veloce del Cappello era proprio quella che avrebbe dovuto evitare a tutti i costi. Tutto ma non Serpeverde.
Okay, proprio tutto no…
“Non a Serpeverde?” Chiese il Cappello, confuso e sorpreso. “Non vedo perché no. Sei astuto, molto intelligente, e la tua lealtà nei confronti delle persone a cui ti leghi è assoluta. La tua ambizione è frenata solo dalle tue insicurezze, ma se coltivata…”
Non posso essere smistato a Serpeverde! Protestò. Deve esserci una… seconda casa in cui rientro! Ce ne sono altre due… cioè tre, possibili! E-
“Ragazzo.” La voce del cappello si fece improvvisamente seria, e solenne. “Sei un perfetto Serpeverde, ma non posso obbligare nessuno a far parte di una Casa a cui non sente di appartenere. Se non vuoi andare a Serpeverde, non andrai a Serpeverde, ma avverto la voglia dentro di te. Tu sai di essere un Serpeverde.”
Un Cappello poteva percepire anche questo? Regulus si era letteralmente gelato sul posto: se il Cappello capiva che lui non voleva davvero essere smistato in un’altra casa, allora forse…
“Ma non obietterò.” Il ragazzo sospirò di sollievo. “Devi avere le tue buone ragioni, questa volta, per non scegliere la tua Casa, e non mi intrometterò.”
Un altro sospiro: il primo passo del suo piano era andato, anche se con un piccolo intoppo iniziale, e nonostante la tentazione di dire al Cappello di smistarlo a Serpeverde fosse stata molto a…
Un attimo. Questa volta?
Cosa intendi dire con questa volta!?
“Ragazzo, non sono di certo un Cappello comunque. Ero di Godric Grifondoro in persona, e sono stato incantato proprio dai quattro Fondatori, i maghi più potenti di tutti i tempi. Scoprirai, nel corso della tua nuova vita, che molte creature magiche sono in grado, come me, di comprendere quando il tempo viene modificato… Potrò non ricordare nulla di ciò che sicuramente è stato, ma percepisco dentro di te un’altra scelta, avvenuta in questo stesso giorno e allo stesso tempo molti, molti anni fa.”
Era passato un giorno da quando Regulus si era svegliato, quasi due ormai per essere precisi, e già qualcuno aveva scoperto il segreto che aveva deciso di custodire da solo. E adesso? Il Cappello ‘alloggiava’ nell’Ufficio del Preside: avrebbe parlato a Silente di lui? E a qualcun altro? Sarebbe stato smascherato ancora prima di iniziare?
“Ma non è mio compito intromettermi negli affari del Tempo.” Lo rassicurò il Cappello, facendolo sospirare per la terza e ultima volta. “Adesso basta con queste cose, siamo ancora abbastanza in orario per lo Smistamento ma cerchiamo di non ritardare. Regulus Black! Astuto, leale, intelligente… sento anche del coraggio in te, ma non è la tua caratteristica principale e di certo non sei impulsivo, o almeno, non abbastanza… direi che Grifondoro è fuori discussione. Meglio concentrarci sulla tua intelligenza: molto alta ma, soprattutto, vivace… sei unico, Regulus Black, e nella tua unicità il posto giusto per te, almeno in questo caso, sarà CORVONERO!”
Uno scrosciare di applausi lo accolse mentre la McGranitt gli levava il cappello dal capo. Con il cuore che ancora gli batteva all’impazzata per il rischio appena corso, portò il suo sguardo a cercare quello delle persone che conosceva: molti Serpeverde sembravano sorpresi, ma Narcissa e Lucius stavano applaudendo educatamente, entrambi senza un’espressione delusa sul volto. Sirius, invece, sembrava raggiante. Come se fosse stato smistato in Grifondoro.
Al suo primo Smistamento aveva sbuffato e aveva distolto lo sguardo.
In preda all’euforia, quasi non sentì le ultime parole del Cappello.
“Quando avrai bisogno di risposte, giovane Black, vieni a trovarmi. Il tuo viaggio potrebbe essere più difficile di quanto ti aspetti…”











Ciao a tutti e benvenuti in questa impresa titanica  in cui mi sto cimentando. no davvero perché scrivo le long?
Lavoro a questa storia da moltissimo tempo e ci tengo molto. La storia ha già tutta una trama ben definitiva quindi non verrà mai interrotta, avverto tuttavia che sono un po' lento ad aggiornare ma i nuovi capitoli usciranno senza problemi.
Come avrete potuto tranquillamente notare me ne sbatto altamente di molti headcanon fanonici e famosi sui Black, sopratutto nei primi anni della vita di Regulus e Sirius quando erano ancora bambini e i problemi legati allo Smistamento del primogenito erano minimi. 
Mi sono informato il più possibile sul periodo dei Malandrini per scrivere la storia: molti degli OC che vedete in realtà sono personaggi nominati nei libri solo per cognome e "ricreati", altri sono genitori di personaggi della Golden Trio Generation, altri sono del tutto farina del mio sacco. In un periodo di cui sappiamo solo qualche personaggio, per giunta Grifondoro o Serpeverde, ho dovuto creare un bel po' di studenti (sopratutto Corvonero o dell'anno di Regulus in generale) per poterli far interagire con Regulus.
Si ringrazia Alynna per il betaggio ed Evan per un sacco di consigli per la fanfiction!
Le recensioni sono sempre ben accette, vi ringrazio comunque in anticipo per la lettura!
Max
 

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Capitolo 2
*** Orientamento ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
II Capitolo - Orientamento





 
Regulus si trascinò passivamente fino alla Torre di Corvonero, seguendo i Prefetti e la massa di suoi nuovi compagni di corso. Prestò poca attenzione sia al modo di entrare nella Torre, sia a chi aveva intorno: lo Smistamento lo aveva completamente svuotato di tutte le sue energie. Aveva visto Sirius e James cercare di avvicinarsi a lui subito dopo la fine del banchetto, ma uno dei Prefetti di Grifondoro li aveva presi entrambi per le orecchie e trascinati via verso la loro Torre: meglio, perché non avrebbe avuto le forze per affrontarli.
Dal momento in cui si era seduto al tavolo di Corvonero non aveva rivolto la parola a nessuno, nemmeno ad Amelia Bones, Prefetta Corvonero che aveva cercato di presentarglisi e di fargli uscire almeno una parola dalla bocca. Persino la cena era stata a malapena toccata, l’appetito improvvisamente passato.
Se solamente un giorno di finzione lo aveva stancato così tanto, Regulus poteva solo immaginare come sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi. La consapevolezza che il Cappello sapesse, gli aveva improvvisamente affossato il morale: nonostante ciò che gli aveva detto, il ragazzo aveva tutti i motivi di credere che sarebbe andato a raccontare tutto a Silente al primo accenno di problemi ad Hogwarts.
Solo quando varcò la soglia del dormitorio si riscosse un poco: non aveva mai visto una Sala Comune al di fuori di quella di Serpeverde, e quella di Corvonero non era di certo brutta, né anonima. La prima cosa che lo colpì fu il soffitto, un cielo notturno dipinto con più di centinaia di stelle. Per un attimo Regulus si chiese l’effettiva utilità della cosa: il dormitorio di Corvonero si trovava in una torre, in fondo, e per l’esattezza la più alta della scuola; ai ragazzi sarebbe bastato affacciarsi ad una delle finestre per osservare il cielo stellato. Tuttavia dovette ammettere che l’effetto era decisamente affascinante. Con il grosso tappeto blu dall’aria morbida a coprire il pavimento e i muri chiari, la sala comune aveva un’aria accogliente ma allo stesso tempo quasi mistica. Era sicuramente diversa da quella di Serpeverde e dalle sue luci suffuse, ed era impossibile non notare subito la grossa statua femminile che, da quel che Regulus ricordava, doveva essere quella di Rowena Corvonero.
Per sette anni c’erano stati solo altri tre Serpeverde della sua stessa età: quell’idiota di William Wilkes, Claudius Bulstrode e Gerard Bennet. Adesso i letti del dormitorio maschile del primo anno erano, invece, sei per i Corvonero, e mentre sistemava la roba fuori dal suo baule Regulus poté gettare un’occhiata verso i suoi nuovi compagni e squadrarli: c’era il gigante che aveva notato prima dello Smistamento, un ragazzo di colore che sembrava avere quindici anni invece che undici; un ragazzo dai capelli rossi e tutto lentiggini che non riconobbe come un Weasley, ma di cui non ricordava il nome; un altro ragazzino dalla pelle scura più basso di lui che era intento ad attaccare accanto al suo letto un poster della squadra di Quidditch dei Ballycastle Bats e, infine, un mocciosetto dai capelli ricci castani che Regulus inquadrò subito perché, nelle poche lezioni che Serpeverde aveva avuto in comune con Corvonero nel corso degli anni, aveva sempre fatto casino, quasi quanto suo fratello e quel Potter. Era Stuart, un Nato Babbano per giunta. E a quanto pareva aveva il letto accanto al suo.
 “Hey!” Esclamò proprio Stuart, una volta che ebbe finito di lanciare dei libri fuori dal baule e sul pavimento. “Non ci siamo ancora presentati! Non che non ho…” Abbia, dannazione, abbia! “...assistito allo Smistamento, ma c’erano troppi nomi e non me li ricordo tutti… Io sono Jason. Jason Stuart.”
“Dwayne Turner.” Disse il colosso sbadigliando: si era già cambiato nel suo pigiama e infilato sotto le coperte del letto a baldacchino. “Parleremo domani.” Con questa affermazione, poggiò la testa sul cuscino, chiuse gli occhi e non parlò più. Regulus avrebbe voluto seguire il suo esempio, ma dubitava che senza un po’ di silenzio sarebbe riuscito a dormire.
“Aubrey Bertram-“ Prima che potesse dire qualcos’altro, il ragazzo dai capelli rossi venne interrotto dal ragazzino più basso di cui non si sapeva ancora il nome e che si avvicinò a Regulus. “Tu sei Regulus Black?”
Lui lo guardò un po’ stranito, cercando di fare mente locale: quel ragazzo non era decisamente un Purosangue di una qualche famiglia importante, quindi non capiva perché i suoi occhietti luccicassero tanto mentre lo fissava. Si sentì improvvisamente a disagio. “Sì…?”
“Mio fratello era nello stesso anno di tua cugina Andromeda.” Spiegò lui. “Ha detto che era una bravissima Battitrice, la migliore fra tutte le Case. Sarai anche tu nella nostra squadra di Quidditch?”
Uh… sapeva che Andromeda, quando andava a scuola, aveva fatto parte della squadra di Quidditch di Serpeverde e con ottimi risultati, ma da qui ad essere famosa… Inoltre, quel ragazzino dava per scontato che essendo imparentato con lei, anche Regulus fosse bravissimo. La cosa era vera ma non di certo per il legame di sangue: nonostante amasse il Quidditch, ad esempio, Sirius riusciva a malapena a stare su una scopa in equilibrio, figuriamoci addirittura giocare.
“Quelli del primo anno non possono essere giocatori, Aaron.” Disse Stuart, che evidentemente già lo conosceva, mentre si gettava a sedere sul letto. “Non possono fare le selezioni e non possono avere una scopa personale.”
“Oh.”
Eh, già, oh. Regulus si rese improvvisamente conto che Stuart aveva ragione: lui era del primo anno. Non avrebbe potuto giocare a Quidditch almeno fino a quello successivo: avrebbe dovuto guardare le partite senza poter partecipare dopo aver passato ben sei anni a farlo!
Oh, no, no no. Questa era la cosa più brutta che gli sarebbe capitata ad Hogwarts, altro che dover dividere un dormitorio con cinque mocciosi o vedere Sirius in giro strepitare con i suoi amici. Non avrebbe potuto toccare una scopa se non per la prima lezione di volo!
“Potrei convincerli alle selezioni.” Esclamò, senza rendersi conto di star parlando ad alta voce invece di star pensando e basta. “Se vedessero quanto sono bravo…”
“Non infrangeranno una regola per un primino.” Borbottò Bertram. “Sai quanti altri potrebbero-“
La voce di Turner, che si levò dal suo letto, interruppe nuovamente il ragazzo. “Che diavolo di problema avete con la frase “parleremo domani?” Si lamentò. “E’ notte. Andate a dormire. Ora.”
Il tono era così autoritario che Aaron praticamente scattò verso il letto, come se un fantasma lo inseguisse. Jason tentò di protestare, ma Turner afferrò, sempre senza alzarsi, uno dei due cuscini che aveva sul letto e lo gettò alla cieca verso di lui. Il messaggio era chiaro e, tanto, Regulus era così stanco da voler andare a dormire comunque.
 
 
Buio. Neanche una luce illumina la zona rendendogli impossibile capire dove si trovi. Nessuno parla, nessuno fa rumore: l’unico suono che riesce a sentire è simile a quello della pioggia, un gocciolio lontano che lo fa rabbrividire, anche se non ne sa esattamente il motivo.
Prova a fare un passo in avanti e poi un altro, ma non sa esattamente se funzioni: percepisce le sue gambe come estranee al corpo, ma allo stesso tempo ci sono. E’ una sensazione strana, che non riesce a comprendere, nonostante voglia farlo.
Improvvisamente il rumore si fa più forte, e più vicino: i suoi occhi si muovono insieme al suo capo, cercando in un qualche modo di individuarne la fonte ma è troppo buio per poter vedere qualcosa. Sa solo che il suono si sta avvicinando, sempre di più, e nonostante sia a conoscenza del fatto che potrebbe muoversi quando vorrebbe, scappare via e allontanarsi dal pericolo incombente, rimane fermo. Come se non potesse fare nient’altro.
Mentre il rumore si fa ormai assordante e lui non può far altro che rimanere immobile, qualcosa dietro di lui comincia a respirargli forte addosso, facendolo rabbrividire. Prima che possa girarsi, qualcosa lo afferra alla caviglia e lo trascina giù, sempre più giù, sotto l’acqua…

Questa volta, Regulus non urlò. Si svegliò semplicemente di botto, spalancando gli occhi e respirando velocemente: tremava. A fatica si portò a sedere, guardandosi intorno con fare guardingo nonostante sapesse che la Torre era sicura: le uniche cose degne di nota erano le coperte di Stuart che erano state letteralmente lanciate dall’altra parte della stanza, probabilmente a suon di calci, e il russare proveniente da Turner e Bertram.
Sapeva benissimo cosa aveva sognato: aveva ancora impressa la sensazione delle mani viscide degli Inferi che lo afferravano per trascinarlo via, sotto l’acqua putrida del lago. Era stato così concentrato su quello che era successo, sulla decisione presa e dall’arrivo ad Hogwarts da non rendersi conto della cosa più importante: era morto.
Regulus era morto.
E non era stata una morte indolore: ricordava benissimo il bruciore nei polmoni, la sensazione orrida di voler prendere aria ma non riuscire a trovarla. Gli Inferi non lo avevano smembrato, non erano stati creati per quel compito, ma anche le loro prese lo avevano ferito, graffiandolo con unghie lunghe come quelle di bestie e stringendo così forte da provocare lividi e graffi. Il suo cadavere, se non fosse ritornato indietro nel tempo, sarebbe stato sicuramente pieno di cicatrici su tutto il corpo: uno degli Inferi quando, nonostante la voglia di arrendersi, si era divincolato per naturale terrore lo aveva anche afferrato al collo.
Tentò di sdraiarsi, ma nonostante non avesse dormito la notte precedente il suo sonno era completamente svanito. Senza preoccuparsi di fare molto silenzio scostò le coperte e si alzò, diretto verso la Sala Comune, rischiando anche di inciampare sui libri e sulle lenzuola di Stuart.
La Sala Comune era vuota e silenziosa: a quanto pare nessuno degli altri studenti era sveglio. Regulus non sapeva che ore fossero, forse le quattro, e anche guardare le stelle fuori dalla finestra non lo avrebbe aiutato visto che non era mai stato bravo in Astromanzia.
Si accasciò su una delle poltrone blu scuro della Sala: era così basso e minuto che i suoi piedi non toccavano terra per pochi centimetri. Il rumore del vento, invece di essere un suono rassicurante come uno dei Prefetti il giorno prima aveva spiegato, lo metteva in ansia: certo, molto meglio questo, sicuramente, del suono delle acque del lago che avrebbe sentito se fosse stato nel dormitorio di Serpeverde.
Aveva una vaga sensazione di nausea, ma non sentiva il bisogno di vomitare. Accoccolato sulla poltroncina, portò lo sguardo sul soffitto e tentò di concentrarsi sulle finte stelle. Dimentica il lago. Dimentica gli Inferi. Dimentica il sogno…
L’inquietudine e la nausea non passarono, ma alla fine la stanchezza ebbe la meglio: in fondo, Regulus non aveva dormito neanche la notte precedente. La mattina dopo gli studenti di Corvonero lo trovarono ancora lì.
 
 
La prima cosa che fece il giorno successivo fu dirigersi verso il tavolo di Serpeverde.
Era stato un movimento automatico, dettato dall’abitudine: quando si rese conto di quello che stava facendo decise di avvicinarsi a Narcissa, un modo per sviare eventuali sospetti o prese in giro. Tanto era già intenzionato a parlare con la cugina, quindi perché rimandare e non approfittare dell’occasione?
Mentre si avvicinava al tavolo di Serpeverde, si accorse che fra i primini spiccava qualcuno che non avrebbe dovuto esserci: Melody Morrigan, la ragazza che aveva incontrato sul treno e che avrebbe dovuto invece trovare al tavolo di Corvonero. Confuso, aggrottò le sopracciglia, ma la ragazza in vesti verdi e argentee era troppo impegnata a controllare l’orario delle lezioni per notarlo, e lui la lasciò stare.
Narcissa non aveva ancora quello sguardo perennemente afflitto che la caratterizzava: Regulus sapeva che nonostante fosse già stato adocchiato dal Signore Oscuro Lucius non aveva ancora ricevuto il marchio, per cui avrebbe dovuto aspettare fino all’anno successivo… e Narcissa era ancora una Black, non una Malfoy.
Per ora era libera da qualsiasi legame verso Lord Voldemort, persino con una sorella già nei Mangiamorte: in fondo, Druella e Cygnus avevano chiaramente detto a Bellatrix che non avrebbero sopportato che un’altra figlia si esponesse al rischio di essere uccisa in maniera così plateale. Avevano bisogno di eredi. Fortunatamente per loro, Narcissa non aveva mai avuto intenzione di unirsi alle schiere del Signore Oscuro.
Quando le si avvicinò, sua cugina si girò rivolgendogli un sorriso affettuoso. Erano sempre andati d’accordo, persino Sirius non aveva mai avuto niente da dire su Narcissa… fino a quando lei non aveva sposato Lucius e lui non era scappato di casa, ovvio. “Regulus!” Esclamò. Se fosse stato smistato a Serpeverde, Regulus si sarebbe immediatamente seduto vicino a lei e a Lucius: invece si limitò a rimanere in piedi accanto al tavolo.
“Ciao, Cissy.” La salutò. Quando aveva visto per l’ultima volta sua cugina? Forse al funerale di suo padre, forse dopo… non riusciva a ricordarselo. I ricordi di quel periodo erano fin troppo confusi. “Lucius non è ancora arrivato?”
“Al contrario, doveva incontrarsi con Lumacorno per discutere dei compiti delle vacanze, quindi è già andato via. ” Rispose lei. “Com’è il Dormitorio di Corvonero?”
“Freddo.” Era vero, ma solo perché Regulus aveva passato metà notte su una poltrona e senza lenzuolo. Si trattenne dal paragonarlo a quello Serpeverde. “Ma non è male. Sicuramente meglio di quello Grifondoro, per come l’ha descritto Sirius.”
Narcissa rise, versandosi del succo di zucca. Porse una ciambella a Regulus, ma lui scosse la testa: a prima mattina proprio non riusciva a mangiare dolciumi, gli si chiudeva lo stomaco. “Hai già scritto ai tuoi per riferire l’esito dello Smistamento?”
A quello, Regulus sbiancò. Se n’era completamente dimenticato. Narcissa scosse la testa. “Lo immaginavo. Non preoccuparti, ho mandato io un gufo a Zio Orion. Ieri eri troppo stanco anche solo per pensare, non è vero? Lo ero anche io, la prima sera ad Hogwarts.”
Dubitava che Narcissa avesse avuto le sue stesse preoccupazioni, ma si sforzò di annuire. “Grazie, Cissy.” Esitò. “Secondo te come la prenderanno?”
“Così così, penso.” Rispose sua cugina. “Corvonero è comunque una buonissima casa. Certo, non è Serpeverde, ma non è nemmeno Grifondoro. Smistato lì… allora sì che mi sarei preoccupata, dopo tutto quello che è successo con Sirius. Ma andrà tutto bene. Al massimo Bellatrix ti darà fastidio durante la cena di Natale.”
Regulus fece una smorfia infastidita: non ci teneva proprio a rivedere Bellatrix dopo tutto quello che lei aveva fatto davanti ai suoi occhi e soprattutto dopo che si era dimostrata una completa psicopatica. Averla per tutto il tempo durante le festività, poi…
“Mia madre e mio padre hanno sbagliato due figli su due, giusto? Nostro nonno non li lascerà in pace, persino Andromeda era una Serpeverde.”
Alla menzione della sorella, le labbra di Narcissa si assottigliarono, e Regulus si pentì di averla nominata. Andromeda era scappata di casa per sposarsi con quel Tonks solo l’anno precedente, e a differenza di Regulus che aveva avuto più di sette anni per dimenticarla la ferita era ancora aperta nel resto di Casa Black.
“E’ evidente, allora, che la Casa non è tutto.” Disse Narcissa, portandosi il succo di zucca alle labbra. Regulus cercò di farsi venire in mente qualcosa da dire, ma fu interrotto da qualcuno che gli artigliò improvvisamente le spalle. Sussultò, spaventato, ma la voce squillante di Sirius lo bloccò dallo sguainare la bacchetta. “Hey, Narcissa, posso prendertelo in prestito?”
Narcissa annuì, e Regulus si sentì improvvisamente trascinare via da Sirius verso il tavolo di Grifondoro. “Sirius, dovrei andare a fare colazione…”
“Se puoi fraternizzare con i Serpeverde, puoi spendere dieci minuti anche con me.” Protestò Sirius con un broncio palesemente finto sul volto che si allungò subito in un enorme sorriso. “Corvonero!” Esclamò. “Sei un Corvonero!”
“Ne sei sorpreso?” Chiese Regulus, a disagio. Ovviamente ne era sorpreso: fino all’anno prima, Regulus non aveva fatto altro che esprimere la sua voglia di andare a Serpeverde. “Non sorridere così, Sirius, se fossi stato Smistato a Serpeverde non avresti reagito così.”
“Certo che sì, invece!” Mentì Sirius. Forse pensava pure di star dicendo la verità, ma Regulus aveva già vissuto quel momento: Sirius gli aveva rivolto la parola, certo, ma non si era mostrato tanto entusiasta di vederlo in vesti verdi e argentee. “Non sono mica nostra madre.”
Sei più simile a lei di quanto pensi.
Senza che potesse dire una parola, Regulus venne condotto davanti al Tavolo di Grifondoro, dove gli amici di Sirius, intenti a fare colazione, alzarono lo sguardo per fissarlo. “James lo conosci già.” Disse Sirius, e suo fratello roteò gli occhi. Sì, lo conosceva benissimo, grazie tante. “Questo invece è Remus Lupin, e lui è Peter Minus.”
Remus gli sorrise timidamente, un gesto educato a cui Regulus ricambiò: Lupin non gli aveva mai dato molto fastidio e nonostante non gli stesse simpatico non aveva motivo di non mostrare educazione con lui.
Peter Minus, d’altra parte, ricevette un’occhiata così fredda da farlo squittire sul posto e ritirare la mano che aveva tirato fuori per farsela stringere.
Regulus non aveva alcun problema con Peter in quanto Mangiamorte: lo era stato anche lui, in fondo. E non aveva alcun problema neanche con Peter in quanto traditore, perché anche lui aveva tradito e sapeva benissimo cosa significava voltare le spalle a tutto ciò in cui credi. No, Peter era un doppiogiochista: non era passato dalla parte del Signore Oscuro e basta, lo aveva fatto fingendosi ancora amico di Sirius e gli altri.
Questa era una cosa che Regulus non poteva sopportare e che non poteva permettere accadesse di nuovo. Che Minus imparasse subito che non doveva nemmeno permettersi di guardarlo in faccia.
Sirius e James non si accorsero di nulla: erano troppo impegnati a parlottare fra di loro su… qualcosa. Non aveva molta voglia di ascoltare i loro discorsi. Remus, invece, lo guardò confuso. “Sirius, uh, mi ha detto che volevi andare a Serpeverde. Ti trovi bene a Corvonero?”
Regulus fece spallucce. A parte che non avrebbe saputo come rispondere, visto che non era passato a malapena un giorno dallo Smistamento, non aveva voglia di fare una conversazione di circostanza solo perché Sirius voleva che fraternizzasse con i suoi amici. “Sirius, ho conosciuto i tuoi amici. Posso andare a fare colazione, adesso?”
Suo fratello distolse lo sguardo da James, assumendo un’espressione spaesata. Era evidente che aveva sperato che Regulus si mettesse a blaterare con Remus senza il suo aiuto e che improvvisamente diventassero amiconi. “Uh… certo. Qual è la tua prima lezione?”
“Non ho ancora ricevuto l’orario delle lezioni. Sai, lo avrei avuto, se mi fossi seduto a mangiare.”
“I Corvonero dovrebbero avere Trasfigurazione come prima lezione.” Si intromise un altro studente di Grifondoro più grande che Regulus non riconobbe. Sirius sorrise.
“Minny? Iniziate proprio alla grande. Possiamo accompagnarti noi, se vuoi.”
No grazie, seguirò gli altri primini.” Esclamò Regulus, velocemente, inorridito. Ci mancava solo la scorta dei Malandrini o come diamine si facevano chiamare, per iniziare bene la giornata. Prima che Sirius potesse dire qualcosa il ragazzo fece dietro-front, quasi correndo verso il tavolo di Corvonero per mettere finalmente qualcosa dentro lo stomaco.
 
 
Fu uno dei primi ad arrivare davanti all’Aula di Trasfigurazione: forse gli altri primini si erano persi, visto che ancora non conoscevano minimamente Hogwarts. Entrando scelse un posto in terza fila dove sedersi, piuttosto vicino alla Professoressa per poter sentire la lezione ma abbastanza lontano da evitare il suo sguardo per tutta la durata delle esercitazioni pratiche. Tirò fuori dalla borsa il libro e varie pergamene mentre gli altri studenti entravano e prendevano posto, lanciando ogni tanto un’occhiata al gatto soriano, appollaiato sulla cattedra, che fissava tutta l’Aula. La McGranitt non era mai in ritardo per le sue lezioni, e presto gli altri studenti lo avrebbero imparato, alcuni a loro spese.
Distratto dai suoi pensieri si accorse solo all’ultimo che uno studente Tassorosso, con cui avrebbero condiviso la lezione, si sedette accanto a lui: alzando lo sguardo incontrò gli occhi verdi di Littleton.
“Non conosco nessun’altro.” Sembrò quasi scusarsi, mettendo la borsa sul banco. Regulus cercò di dire qualcosa per protestare, ma tutti gli studenti erano ormai ai loro posti e già il gatto si stava muovendo sulla cattedra, con l’intenzione di trasformarsi da lì a pochi attimi nella professoressa McGranitt e far venire un colpo – o stupire, a seconda dei caratteri- gli studenti del primo anno.
Come la prima volta, gli studenti rimasero delusi dal sapere che non avrebbero trasformato anche loro subito cattedre in maiali o lavagne in arpe dorate: la McGranitt prima fece un enorme discorso su cosa si aspettava da loro e le regole da rispettare durante le sue lezioni –e, sperava, durante anche tutte le altre-, poi spiegò per quasi tutta la lezione e solo durante l’ultimo quarto d’oro consegnò a tutti loro un fiammifero da trasformare in ago.
Regulus era completamente annoiato. Era un mago adulto e diplomato ad Hogwarts: non aveva tempo da sprecare in lezioni come quella, eppure era costretto a frequentarle. Seccato, mosse la bacchetta in un fluido gesto, trasformando al primo tentativo il fiammifero in un ago perfetto.
La McGranitt, che stava girando per i banchi, gli riservò un’occhiata sorpresa ma non infastidita, tutt’altro. Guardandosi intorno, Regulus si rese conto che nessuno era riuscito a trasformare il proprio fiammifero al primo tentativo. Una Corvonero era riuscita a cambiargli colore verso un metallico grigio, ma niente di più.
Come sul treno per il bagaglio, il ragazzo si rese conto che le sue conoscenze magiche erano rimaste le stesse di quando era un adulto: non ricordava solo gli incantesimi, anche la pratica gli riusciva adeguatamente.
Avrebbe dovuto cercare di controllarsi per le lezioni successive: fare tutto perfettamente al primo tentativo, per quanto possibile, avrebbe potuto destare sospetti.
A fine lezione solo altri cinque studenti, tre Corvonero e due Tassorosso, erano riusciti a trasformare il loro ago, anche se uno di loro aveva il buco troppo piccolo per poterci far passare dentro del filo. Littleton era stato uno di questi, visto che Regulus lo aveva corretto nel gesto da usare con la bacchetta, infastidito dai continui tentativi sbagliati.
Le lezioni dei giorni successivi, tuttavia, non furono noiose alla stessa maniera: se per materie pratiche come Incantesimi Regulus non aveva problemi, e anche in Pozioni se la cavasse bene, le parti teoriche erano un inferno. Nonostante la sua intelligenza Regulus era stato uno studente abbastanza mediocre a scuola, abile nelle materie che lo interessavano ma piuttosto debole in quelle noiose, e nonostante amasse leggere falliva spesso nelle materie teoriche perché non riusciva a memorizzare i contenuti che non gli interessavano. Studiava quello che amava, punto.
Il vantaggio  dell’età era completamente assente: Regulus aveva, ad esempio, rimosso completamente tutte le informazioni studiate durante gli anni a Storia della Magia ogni qual volta che superava gli esami, e si ritrovò a dover ricominciare a sentir parlare della fondazione di Hogwarts e di Emeric il Maligno, delle leggi sulla trasfigurazione e di dettagli d’Erbologia che non gli interessavano minimamente.
In aggiunta, a tutte le lezioni che Corvonero condivideva con Tassorosso Littleton si sedeva accanto a lui.
Le prime volte dopo Trasfigurazione, Regulus lo aveva ignorato. Poi, la cosa era diventata seccante. Il Tassorosso non chiedeva neppure il permesso: vedeva che c’era un posto libero accanto a lui e si sedeva, incurante di eventuali scuse. Regulus aveva provato ad arrivare in ritardo a qualche lezione, ma la maggior parte dei Primini aveva cominciato a sedersi a coppie o gruppetti ben precisi ed ogni volta l’unico posto libero era vicino a Littleton, o i professori lo facevano spostare in modo che anche lui avesse un compagno di banco.
A lezioni come Trasfigurazione o Pozioni, poi, i posti scelti il primo giorno erano quelli che si sarebbero portati avanti per il resto dell’anno. Ad un certo punto, Regulus gettò al vento tutta l’educazione che conosceva e si girò  verso il ragazzino di scatto, nervoso.
“Perché diamine continui a sederti vicino a me?!” Sbottò, sbattendo le mani sul banco. Fortunatamente la lezione non era ancora iniziata e Vitious non aveva ancora preso posto alla cattedra.
Damian lo fissò confuso, sbattendo le palpebre più volte, prima di rispondere. “Non posso?”
“A prescindere da questo e, per precisare no, non puoi, non hai altre persone da cui andare? Qualche Tassorosso magari. E non dire che sono l’unico che conosci!” Lo fermò dal parlare, puntandogli un dito contro. “Perché è una menzogna bella e buona.”
L’altro ragazzino continuò a rimanere in silenzio, osservando quel dito come se non capisse esattamente cosa fosse. Sbatté nuovamente le palpebre, esattamente come aveva fatto in precedenza, prima di alzare gli occhi sul volto del compagno. “Voglio solo stringere amicizia.” Disse, candidamente, facendo spallucce come se tutta quella questione non fosse importante.
Adesso era Regulus quello perplesso. “Perché?” Chiese, ad alta voce, ignorando il fatto che alcuni suoi compagni di corso avevano cominciato a fissarli.
“Ci deve essere una motivazione per fare amicizia?”
Prima che potesse rispondergli, il Professor Vitious fece il suo ingresso in aula, iniziando la lezione. Regulus si costrinse a zittirsi e a concentrarsi su di essa, rabbioso.
Stupido Littleton. Voleva solo fare amicizia? Allora perché non cambiava bersaglio? In fondo, lui non si stava dimostrando affatto desideroso di diventare suo amico. Se voleva tanto stringere dei legami poteva farlo con tante altre persone: sicuramente avrebbe trovato qualcun altro.
Questa sua ossessione non aveva senso!
In un impeto di rabbia, quasi urlò il suo “Wingardium Leviosa”. La piuma, che avrebbe dovuto semplicemente svolazzare, scattò velocemente in alto, andando a schiantarsi contro il soffitto dell’aula. Quando ricadde era spiumata e rovinata.
“Emh…” Vitious sembrava colpito e allo stesso tempo a disagio. “Apprezzo l’entusiasmo ma forse quello  era un po’ troppo entusiasimo, Signor Black…”
Finita la lezione, Regulus uscì dall’aula quasi di corsa, e avrebbe continuato a correre se Littleton non lo avesse bloccato afferrandogli un braccio.
“Si può sapere che problema hai?” Urlò, nello stesso momento in cui il Tassorosso disse “Perché non vuoi essere mio amico?”
Regulus lo squadrò, da capo a piedi. La sua espressione era confusa, chiedeva davvero una spiegazione. Intorno a loro alcuni compagni di classe si erano fermati a guardarli.
“Perché sei un Sanguemarcio.” Sibilò. Littleton apparve solo più confuso, qualche studente sussultò. Con un gesto di stizza, Regulus si liberò dalla presa e continuò sulla sua strada.
 
Alla maggior parte degli studenti, abituati da tempo a quei divari e a quelle discriminazione, non importò di un semplice primino purosangue che rifiutava i Nati Babbani. Non era una novità e neanche una cosa che interessava più di tanto.
Tuttavia, Regulus notò immediatamente che i suoi compagni di dormitorio avevano cambiato atteggiamento con lui; se alcuni continuavano a parlargli, ma in maniera piuttosto distaccata o cauta, altri lo ignoravano totalmente. Stuart non gli rivolgeva più la parola: non che gli dispiacesse, ma era seccante, soprattutto se era costretto a chiedergli le cose. A pranzo gli aveva domandato, una volta, se poteva passargli una salsa: il ragazzo l’aveva afferrata e l’aveva addirittura allontanata da lui. Beh, fanculo a Jason Stuart e fanculo alla salsa. Se pensava di dimostrarsi superiore con questi scherzi infantili –e una parte di lui tendeva a dimenticare che, in effetti, aveva a che fare con un bambino- si sbagliava di grosso.
Per il resto, non cambiò nulla. Littleton continuava a sedersi accanto a lui, visto che ormai i posti erano decisi o perché Regulus rimaneva l’unico senza un compagno. Tuttavia non si rivolgevano più la parola se non per cose legate alla lezione, come chiedere un determinato ingrediente a Pozioni. A Regulus andava bene così. Tutto sommato era soddisfatto di come stavano andando le cose da un punto di vista scolastico.
Da altri punti di vista, invece…
La sua insonnia continuava ad aumentare. Dormiva poco e male, tormentato da incubi che non lo lasciavano in pace. Aveva pensato di andare in Infermeria a chiedere qualcosa, ma cosa avrebbe detto? Non era normale che un ragazzino di undici anni avesse così tanti incubi. Alcuni professori, come la McGranitt, avevano cominciato a tenerlo d’occhio, notando il suo calo di attenzione durante le lezioni, e anche Sirius gli lanciava degli sguardi preoccupati quando si incrociavano nella Sala Grande o nei corridoi.
Fu Lucius quello che si avvicinò per primo, tuttavia.
“Regulus, va tutto bene?” Gli chiese, un giorno, fermandolo prima che potesse avviarsi verso la Torre di Corvonero.
Regulus si stropicciò gli occhi, per poi annuire. Il suo futuro cugino alzò un sopracciglio, perforandolo con lo sguardo. “Regulus…”
“Non riesco a dormire.” Confessò, evitando il suo sguardo.
“Stress?”
Il ragazzino annuì, riflettendo. “Incubi.” Aggiunse, rendendosi conto che non aveva bisogno di dire che erano solo quelli a tenerlo in piedi.
“Possono essere una conseguenza dello stress. Ti consiglio di andare subito in Infermeria, dovrebbero darti qualche pozione per dormire tranquillo, giusto per aiutare a riprenderti.”
“Non voglio riempirmi di droga per dormire.” Si lamentò Regulus. “Poi riuscirei ad addormentarmi solo prendendo le pozioni.”
“In effetti hai ragione…”Ponderò Lucius. “Se è un problema di studio o di… compagnie, puoi sempre passare più tempo con me e Narcissa. Se è per Corvonero… non devi preoccuparti. Tuo padre e tua madre non si arrabbieranno con te, di certo non più di quanto non fossero arrabbiati l’anno scorso con Sirius. Mangia leggero prima di andare a letto e stai tranquillo, va bene?”
Lucius, caro Lucius. Che sembrava così freddo all’apparenza, con i suoi occhi di ghiaccio e con i modi alteri, ma la gente non comprendeva quanto potesse amare. Lui e Narcissa lo trattavano più come un fratello minore che come un cugino, o forse si allenavano per il figlio che tardavano a concepire.
Quando Regulus aveva espresso la sua volontà di unirsi al Signore Oscuro, così orgoglioso, così presuntuoso, lo aveva fatto ad un pranzo di Natale in cui era stata invitata quasi tutta la famiglia. Bellatrix mancava, impegnata con il suo nuovo Padrone, ma Narcissa c’era, già sposata e già Malfoy in tutto e per tutto. Mentre a sua madre, ai suoi nonni e ad i suoi zii si illuminavano gli occhi lei aveva lasciato cadere il cucchiaio nella zuppa, in preda allo stupore. Anche Lucius non era sembrato contento.
“Regulus, sei così giovane!” Aveva esclamato, quasi inorridita. “Non hai ancora preso nemmeno i G.U.F.O!”
“Queste sono cose da grandi.” Si era intromesso Lucius. “E pericolose. Ciò che facciamo con il Signore Oscuro ci mette in pericolo davanti a tutti coloro che lo oppongono, e se non si è abbastanza esperti si può finire male. Molto male.”
“Stai forse dicendo, caro Lucius, che il Signore Oscuro vi lascerebbe morire o venir catturati davanti ai suoi occhi?” Aveva chiesto Zia Druella.
“Questo mai, non con lui presente. L’altro giorno, tuttavia, avete sentito di come gli Auror  si sono vantati di aver ucciso ben quattro di noi? E’ stato uno sforzo unico da entrambe le parti: Alastor Moody è abile e scaltro, per quanto si stia avviando probabilmente alla demenza, e quell’idiota di Borvis con un solo errore ha consegnato la sua intera squadra. Un anello debole può spezzare l’intero-“
“Stai forse dicendo che mi consideri debole?!” Aveva sbottato Regulus, alzandosi in piedi di scatto, punto in un orgoglio che non avrebbe dovuto avere. Sua madre lo aveva tirato per una manica, facendogli cenno di sedersi, ma non lo aveva sgridato per le sue parole. Anzi, dal suo sguardo era facile comprendere come fosse dalla sua parte. Non l’aveva forse riempito lei di paroloni su come il Signore Oscuro fosse nel giusto, di come fosse stata coraggiosa sua cugina Bellatrix e valoroso ora Lucius ad arruolarsi?
“No, Regulus, non intendevo questo.” Aveva risposto Lucius. “Guarda Narcissa: lei supporta il Signore Oscuro, ma non è marchiata. Ci sono altri modi per aiutare…”
“Narcissa è una donna.” Si era intromesso Cygnus. “Con Bellatrix arruolata, è l’unica a poter assicurare una discendenza sia ai Black che ai Malfoy.”
“Sempre se ne sia in grado.” Aveva aggiunto, velenosa, Walburga. Narcissa l’aveva guardata con occhi di fuoco, ma era rimasta in silenzio.
Prima che Lucius avesse potuto ribattere, prima che sua madre lo avesse potuto difendere nella sua scelta, Orion aveva smesso di mangiare, guadagnandosi automaticamente il silenzio di tutta la sala. “Aspetterai fino all’uscita da Hogwarts.” Aveva dichiarato, tranquillo.
“Ma p-“
“Aspetterai.” Aveva decretato, tornando a mangiare la sua zuppa. La moglie lo aveva guardato contrariata, pronta a urlargli contro in privato, e anche gli altri parenti sembravano scontenti, ma sia Lucius che Narcissa lo avevano ringraziato con lo sguardo.
Regulus non aveva aspettato. Anche se avesse voluto, ormai il Signore Oscuro lo aveva adocchiato, e non si può rifiutare una sua chiamata. Narcissa lo aveva fatto, ma Narcissa era moglie di Lucius, uno dei più fidati, e con una scusa pronta in quel ventre: Regulus non poteva. Poteva anche essere l’unico erede dei Black fino a quando Narcissa non avesse partorito almeno un maschio, ma questo non lo giustificava. C’erano tanti eredi, fra i ranghi di Lord Voldemort.
Fu marchiato pochi mesi dopo, qualche giorno prima di ritornare ad Hogwarts per il suo sesto anno.
Suo padre non aveva nemmeno potuto sgridarlo, perché nonostante l’entusiasmo e la felicità assoluta per aver ricevuto quel marchio non era stata colpa sua se aveva disubbidito al suo ordine. Sua madre aveva continuato a lodarlo per mesi interi, come se fosse diventato Ministro della Magia, e visto che suo padre non commentava in nessuna maniera ma si comportava come se nulla fosse Regulus aveva compreso che anche lui, secco di parole, ne era felice. I suoi cugini Malfoy, invece, no.
Lucius cercava di dialogare con il Signore Oscuro quanto bastava per non essere sospetto.
“Affidatelo a me.” Diceva. “Per addestrarlo, visto che è inesperto.”
“In questa missione mi servirebbe qualcuno di scaltro. Stavo pensando a mio cugino, se non è un problema sottrarvelo per una giornata...”
“Temo che la furia di Bellatrix non si sposi bene con il pianificare di Regulus. Si manderebbero all’aria la missione a vicenda. Forse, con qualcuno di più simile a lui…”
E lo aveva sempre tenuto vicino. Regulus prima pensava fosse seccante, adesso ne comprendeva il motivo. Caro Lucius, cara Narcissa. Non li aveva salutati, prima di andare via. Lucius aveva notato che sembrava agitato, ma lui non era più uscito di casa e non aveva risposto ai suoi Gufi. Aveva pianto, sua cugina, quando Regulus era scomparso dalla circolazione? Aveva pensato che fosse fuggito, o a qualche incidente? Magari avevano scoperto tutto, avevano capito il messaggio nel finto medaglione. Cosa avevano pensato? Che avevano avuto ragione a non volerlo nelle loro schiere? A proteggerlo?
Non lo avrebbe mai saputo.
“Grazie, Lucius.” Esclamò Regulus, cercando di sorridere, scacciando dalla mente i pensieri del passato – o del futuro? “Forse dovrei proprio fare un salto in Infermeria.”
Lucius annuì, per poi portare una mano a scompigliargli i capelli, un’abitudine che a quanto pare, nei suoi confronti, avevano proprio tutti. Regulus lo osservò allontanarsi senza muoversi, improvvisamente triste, associando al ragazzo che andava via un uomo molto più adulto che non avrebbe più rivisto.
 
 
Una sera un gruppo di studenti di Corvonero ottenne il permesso di infrangere il coprifuoco per andare ad uno dei tanti incontri organizzati dal Professor Lumacorno. Del primo anno solo Sera Pace, la ragazza cieca, fu invitata. Aveva imparato ad affidarsi ad altri sensi, e utilizzava il naso per riconoscere gli ingredienti delle pozioni: il suo elfo le descriveva solo quelli incolore e faceva la parte pratica per lei.
Bertram mise il broncio per tutta la sera, esclamando ogni tanto i suoi ottimi voti in tutte le materie a chiunque gli si sedesse accidentalmente vicino. Una scocciatura, ma la verità era che anche a Regulus rodeva. Il Lumaclub, per quanto piuttosto frivolo e banalotto era un motivo di vanto, e lui ne era stato per molti anni uno dei principali protagonisti: Lumacorno lo sfoggiava come un gioiello da taschino, cercando di presentarlo ad altri giocatori di Quidditch per inserirlo già in Squadre Professioniste.
“Il miglior Cercatore di Serpeverde da almeno due decenni!” Diceva, gonfiando il petto come se Regulus fosse suo figlio, sangue del suo sangue, invece che un suo semplice studente. “Forse persino dai tempi di Alabaster Josif! Non è solo una questione di fisico o bravura sulla scopa… è scaltro, il ragazzo! Distrae gli avversari con finte e riesce a tenere sempre a mente il punteggio, così sa quando può prendere il Boccino e quando lo deve lasciare andare… non è una qualità che hanno molti giocatori, nevvero? Io dico, Robert, che appena si diploma dovresti proprio invitarlo ad un provino…”
Il Lumaclub e il Quidditch, poi, erano le uniche cose in cui era “superiore”  rispetto a Sirius agli occhi di tutti, a Hogwarts. Suo fratello a scuola, nonostante il suo continuo apparire un idiota, era bravo, molto bravo, mentre lui non faceva altro che raccattare voti mediocri. I rapporti sociali, poi… lì Sirius dominava, nonostante a Regulus non importasse molto farsi degli amici. L’importante per lui era andare avanti.
Ma nel Lumaclub lui non c’era, anche se Regulus tendeva sempre ad ignorare il fatto che suo fratello vi era stato invitato, semplicemente non aveva mai deciso di partecipare. E con la scopa, Sirius non riusciva quasi a stare in aria. Per questo poi si era costruito quella… cosa babbana volante.
Sua madre e suo padre a casa lo lodavano per tutto, nonostante Sirius fosse il più bravo a scuola, perché lui era quello che li ascoltava, lui era quello che non sfidava tradizioni e non insultava i propri parenti anche quando magari erano seccati.
Regulus era educato, e rispettoso. Sirius poteva racimolare anche sei G.U.F.O  nella stessa materia e raggiungere in questo modo l’impossibile, ma non andava bene. C’era un problema di fondo. E poi, Sirius se n’era andato.
Ma ad Hogwarts non c’era la famiglia Black a giudicare, c’erano gli insegnanti, c’erano i compagni di classe. E lui era la stella di Serpeverde, il Cercatore più bravo. Ed era lui a venire presentato ai giocatori internazionali, non Sirius. Sirius il traditore rimaneva con Potter e i suoi amichetti a fare scherzi idioti ai Serpeverde.
 
Pian piano le settimane passavano senza molte novità. Agli inizi di Ottobre Regulus, finalmente, ricevette una lettera da casa. Nonostante non fosse davvero spaventato dalla reazione dei suoi genitori, più preoccupato per come avrebbero potuto cambiare le cose se essa fosse stata negativa, il ragazzo la aprì comunque con mani tremanti.
 
Regulus.
Ti chiedo scusa per il ritardo nell’inviare questa lettera. Avrai saputo da tua cugina Narcissa che tua zia Cassiopeia è stata ricoverata al San Mungo per una strana infezione. Alla fine non si trattava di nulla di grave, ma per un po’ ci siamo fatti distrarre dalla sua malattia.
Devo essere sincero: non mi aspettavo minimamente che tu finissi in Corvonero. Tutti i Black a parte tuo fratello, fino ad ora, sono stati Serpeverde, lo sai bene. E fino a pochi mesi fa continuavi a dichiarare di voler essere smistato proprio lì. Ovviamente è il Cappello a decidere, e a quanto pare era Corvonero la casa giusta per te, per quanto sia strano. Ho molti colleghi Corvonero e sono tutte persone sveglie, di acuta prontezza e molto capaci: tutto sommato ne uscirai comunque un buon mago.
Ti consiglio, tuttavia, di aspettare un po’ per contattare tua madre, o che sia lei a fare il primo passo: nonostante adesso si sia calmata, sai come è fatta e sai che dopo Sirius sperava molto di vederti smistato correttamente. Tuo nonno e alcune tue zie, poi, non sono molto gentili nei loro commenti: ti consiglio di prepararti a loro per la cena di Natale. Sai già come si comporteranno da quello che hai visto l’anno scorso, ma credo che con te saranno più miti, visto che non sei un Grifondoro come tuo fratello.
Allego alla lettera qualche galeone per le evenienze, che spero non chiederai a Narcissa di sperperare a Hogsmeade per te, e alcuni Distillati Soporiferi: ho saputo che hai fatica a dormire. Ti prego di prenderli secondo le dosi che già sai e ti ho insegnato, e solo se il giorno successivo hai qualcosa di importante da fare o se non riesci a dormire da troppo tempo. Per il resto, sai i miei consigli per ridurre in maniera naturale il nervosismo.
Kreacher continua a dirci che hai dimenticato la tua sciarpa preferita a casa, e che l’inverno al nord è molto freddo, quindi allego anche essa prima che quell’elfo decida di presentarsi ad Hogwarts per consegnartela di persona. L’altro giorno, mentre puliva camera tua, era così nervoso che quando tua madre l’ha chiamato si è messo a correre per tutto il corridoio del secondo piano, urtando anche quel vaso orribile che ci ha regalato tua nonna. Prima che potessi dirgli che andava tutto bene e che mi bastava un colpo di bacchetta per aggiustarlo aveva già cominciato a punirsi. Temo che la tua mancanza lo renda piuttosto instabile. Ho la strana sensazione che a Natale cucinerà tutti i tuoi piatti preferiti per rimediare alla tua assenza, quindi prepara già lo stomaco.
Studia diligentemente e dai un’occhiata anche a tuo fratello ogni tanto.
Tuo padre, Orion.
 
Tutto sommato, non era andata poi così male, parenti a parte. Sicuramente sua madre era delusissima per il suo smistamento- ma il non essere finito a Grifondoro aveva aiutato. Per di più, nonostante non avesse intenzione questa volta di diventare un Mangiamorte, non avrebbe di certo appoggiato le idee filo-babbane di Silente come avrebbe fatto Sirius, quindi dubitava che ci sarebbero stati problemi in futuro. Il primo ostacolo era superato.
A leggere la lettera, il volto di Regulus si rilassò in un’espressione felice. Kreacher… era sempre stato suo amico, ma mai avrebbe pensato ad un compagno così leale e fedele.
Alla fine, nonostante il dolore che aveva sopportato la prima volta, l’elfo si era offerto di prendere la pozione al posto suo, e lo avrebbe fatto, sarebbe anche rimasto a morire, se Regulus non glielo avesse vietato. E a quel paese Sirius che lo trattava come se fosse uno zerbino. Finita di leggere la lettera, aprì i vari pacchi ricevuti insieme, si strinse la sciarpa al collo e, per la prima volta dal primo giorno di scuola, sorrise.
 
 
Bellatrix cruciava una Nata Babbana. Aveva urlato a squarciagola fino a qualche minuto prima, ma adesso rantolava e basta, incapace di proferire fiato: se la Mangiamorte avesse continuato, la donna prima di morire probabilmente avrebbe perso il senno. Regulus non la conosceva, ma in pochi attimi aveva già imparato tutti i dettagli del suo volto: gli occhi piccoli, che prima saettavano di qua e di là, simili a piccoli insetti scuri, ogni ricciolo di quei capelli neri ora sporchi di sangue e lerciume
Gli occhiali dalla montatura leggera, infranti a terra dal piede cattivo di McNair. Le mani dalle dita lunghe, con le unghie divorate, la pelle pallida e lentigginosa, ogni suo neo; le scarpe con il tacco rotto, una di esse lontana dai suoi piedi. La bocca sottile dalle labbra rovinate  stirata in gemiti e versi di dolore.
Era come se fosse sua madre, una sua zia, qualcuno che conosceva da una vita. Avrebbe potuto riconoscerla dopo anni solo da uno di quei dettagli.
Un altro Crucio, un altro rantolio. Bellatrix tra poco si sarebbe stancata, si stancava sempre quando smettevano di urlare e lamentarsi. Ed ecco, infatti, che la donna sbuffò, roteando la bacchetta fra le dita. Era sudata come se avesse fatto una maratona.
Guardò la Sanguemarcio, poi guardò il Suo Signore e, infine, il suo sguardo vagò sui Mangiamorte presenti, fino a fermarsi su di lui.
“Regulus.” Disse, mentre sul suo volto si apriva un sorriso folle.
Non poté impallidire perché era già bianco come un cencio, ma strabuzzò gli occhi. Sua cugina gli indicava con la bacchetta la donna stesa a terra. Non cercava neanche più di rialzarsi. “Vuoi darle tu il colpo di grazia? O preferisci divertirti un altro po’?”
Aveva la bocca secca: cercò di pronunciare qualche parola, qualche scusa, ma dalle labbra uscì un balbettio confuso. Trattenne un conato di vomito, sperando che nessuno lo avesse notato, ma lo sguardo del Signore Oscuro era su di lui. Regulus poteva anche schermare, grazie alla sua innata abilità nell’Occlumanzia, tutti i dubbi e i suoi sospetti, ma poteva fare poco contro le reazioni del corpo. Bellatrix sbuffò.
“Andiamo, Reguluccio.” Esclamò, con un finto tono amabile. “Non vorrai dirmi che non vuoi vedere questo insetto urlare sotto la tua bacchetta!”
La donna avanzò, fino a infilargli la bacchetta nelle mani. Regulus deglutì, alzando lo sguardo nei suoi occhi spiritati, e poi lo spostò sulla donna. Si mosse lentamente, quasi come se stesse rimandando la sua, di morte.
Gli occhi della Nata Babbana lo guardavano chiedendo pietà, o forse se lo stava immaginando? Era sicuro che ci fosse anche disprezzo, nei suoi occhi. Il ragazzo sollevò la bacchetta.
“Avada Kedavra.” Sussurrò.
Bellatrix emise un verso di delusione mentre la donna si accasciava a terra, gli occhi ancora spalancati che puntavano in quelli di Regulus. Occhi scuri che lo divoravano, che lo avvolgevano…

“Black! Black! Regulus!”

Regulus strabuzzò gli occhi.  Per l’ennesima volta si era svegliato dopo un incubo di soprassalto, in un bagno di sudore, ma questa volta due ragazzi si trovavano sopra di lui a guardarlo preoccupati. Il ragazzino si rese conto di essere stato svegliato proprio da loro.
“Stuart…?” Biascicò, confuso. “Turner…?”
“Tutto bene?” Chiese Turner con un’espressione preoccupata sul volto. “Stavi piangendo?”
Stava…? Si passò una mano sul volto, trovandolo bagnato. Dannazione a questi diamine di incubi e dannazione a Bellatrix Black… cioè, Lestrange. “Ho avuto un incubo…”
“Lo vedo, adesso.” Rispose Turner. “Ma sembrava stessi male, prima. Ti agitavi e sembravi dolorante.”
“Era solo un incubo.” Mormorò lui. A quelle parole, Stuart smise di lanciargli sguardi preoccupati e riassunse la sua solita espressione ostile, per poi voltarsi e tornare a letto.
Regulus si guardò intorno, portandosi a sedere: Bertram e Austen continuavano a dormire, il primo russando piuttosto forte. Da ciò che vedeva dalla finestra non solo non era mattino, ma era addirittura notte fonda. “Mi dispiace avervi svegliato…” Disse, sincero, per poi strabuzzare gli occhi. “Un attimo, ti ho svegliato?”
Turner sbuffò. “Ero sveglio, ero andato al bagno.” Disse. Dall’inizio dell’anno scolastico Stuart e Austen si erano quasi impuntati nel cercare di capire come svegliarlo: quando andava a dormire, il ragazzo a quanto pare quasi sveniva, andando in un sonno così profondo che nemmeno i cannoni riuscivano a destarlo. Lo sapevano, li avevano magicamente provati.“Qualsiasi cosa tu abbia sognato è passata. Non è reale. Torna pure a dormire.”
Mentre il ragazzo tornava nel suo letto, Regulus si rigirò nelle coperte, portandole a coprire quasi fin sopra la sua testa, come se stesse cercando di proteggersi. Già, quel sogno era passato, nel vero senso della parola. Questo non significa che non fosse reale.
 
 
“Hey, Regulus?”
Il ragazzino alzò lo sguardo dal libro che leggeva, confuso. Davanti a lui si trovava Remus Lupin, e lo fissava. Girò la testa di lato e poi dietro di sé, cercando con lo sguardo suo fratello, poi ritornò a guardare Lupin, confuso. “Sirius non è qui.” Disse.
“No, cerco proprio te.” In un gesto veloce, Remus si sedette allo stesso tavolo della Biblioteca, e Regulus si sentì improvvisamente a disagio. Pensava che a parte Potter non avrebbe dovuto avere a che fare con gli amici di suo fratello. “Devo chiederti due cose.”
“Qualsiasi cosa abbia combinato Sirius, io non c’entro.”
Remus rise. “No, no, no… stai tranquillo. Per quello andrei da James. Sai che tra poco è il compleanno di tuo fratello, no?”
“ “Tra poco”? La tua concezione del tempo è sfasata, Lupin. Mancano diciassette giorni esatti al compleanno di Sirius.”
“Uh… sì, certo?” Il Grifondoro gli lanciò un’occhiata piuttosto perplessa. “Meglio pensare alle cose subito, piuttosto che rimandare fino all’ultimo, no? E poi se voglio prendergli qualcosa devo ordinarla via Gufo, e ci vorrebbe un po’ perché il regalo arrivi.”
“Lupin, se quello che necessiti è un consiglio su cosa regalare a mio fratello, allora la risposta è “Non ne ho la più pallida idea”. Mio fratello ha gusti troppo diversi dai miei e mi rifiuto di consigliarti di prendergli il suo ultimo capriccio, un Pastore Tedesco, sia perché i miei genitori non vogliono animali in casa, sia perché dopo qualche settimana Sirius si stancherebbe e si dimenticherebbe di dargli da mangiare. A quel punto sarei io a dovergli dare da mangiare, e io odio i cani, quindi la risposta è sempre “Non lo so”.”
“Chiunque pensi di poter affidare a Sirius più di un pesce rosso è pazzo.” Concordò Lupin. “Anzi, persino un pesce rosso. Ma dovrai sapere qualcosa dei suoi gusti, no? Sei suo fratello!”
Regulus ci rifletté su. “Roba babbana, credo? E’ sempre stato il tipo da interessarsi ad essa. Niente libri, a meno che tu non voglia prendere quelli con le figure.” Okay, non era vero, Sirius leggeva tranquillamente, semplicemente non era uno dei suoi hobby maggiori. “Per il resto adora il Quidditch, anche se è completamente negato su una scopa, quindi qualcosa riguardante esso potrebbe essere una buona idea.”
“Tu cosa hai intenzione di regalargli?”
Ah, giusto. Avrebbe dovuto fargli un regalo. “Dolci.” Rispose, improvvisando. “Dagli del cibo e vai sul sicuro. Ora, la seconda cosa che volevi chiedermi?”
“Sabato ci saranno le selezioni di Quidditch per Grifondoro. Sirius e James parteciperanno-“
SiriusSul serio?” Chiese incredulo. “Sirius parteciperà alle selezioni?”
“Beh-“
“Non lo avete visto sulla scopa nelle lezioni del primo anno? O in qualsiasi altra occasione? Non- esattamente per quale motivo l’intero dormitorio di Grifondoro non ha già elaborato un piano per non farlo uscire dalla Sala Comune, quel giorno?”
“Non può essere tanto male…” Cercò di dire Lupin, ma sembrava incerto. “Certo, è caduto due volte dalla scopa alla prima lezione di volo ma tutti migliorano, no?”
Regulus emise un gemito di dolore, portandosi una mano davanti al volto. “Morirà. Morirà e tutta la responsabilità della Famiglia Black cadrà di nuovo sulle mie spalle. Morirà e si spiaccicherà sul terreno e dovranno raccoglierlo con un cucchiaino nelle migliori delle ipotesi…”
“Sei, uh, molto ottimista…” Lupin emise una risatina imbarazzata, grattandosi la testa guardandolo evidentemente a disagio. “In ogni caso, io e gli altri pensavamo che gli farebbe piacere che suo fratello venisse a fare il tifo per lui. Sappiamo che normalmente persone di altre Case non possono guardare le prove ma se provassimo a chiedere alla McGranitt-“
“No.” Fu la risposta, secca. “Può sfracellarsi tranquillamente senza la mia presenza. Non vedo perché mi devo presentare ad una selezione solo per vederlo fallire.”
Gli farebbe piacere che suo fratello venisse…? Ecco un altro cambiamento sicuramente proveniente dal suo smistamento, visto che Lupin non gli si era mai avvicinato e non era stato invitato a nessuna selezione. Anzi, non sapeva nemmeno che Sirius avesse provato a entrare nella squadra di Quidditch.
No, che Sirius se la cavasse da solo a volare giù dalla scopa. In fondo se era già successo, vuol dire che sarebbe sopravvissuto e probabilmente nemmeno finito in Infermeria.
Lupin fece per dire qualcos’altro ma Regulus chiuse il libro di scatto. “Prepara un kit di pronto soccorso per le selezioni, ti servirà.” Disse, alzandosi e andando via prima che il ragazzo più grande potesse fermarlo.
 
Il giorno dopo le selezioni della squadra di Grifondoro, Regulus lanciò un’occhiata al tavolo di Grifondoro: Sirius, completamente nero di quella che doveva essere per forza rabbia e delusione, mangiava mogio la sua colazione. Aveva il polso fasciato.
Non poté impedirsi di sghignazzare.
 
 
Il pomeriggio della selezione per la squadra di Corvonero, Regulus entrò nel dormitorio del primo anno per trovare Stuart e Austen intenti a lucidare delle scope da corsa. Si bloccò, confuso. “E voi dove le avete prese quelle?”
I due ragazzi sobbalzarono e alzarono lo sguardo, evidentemente beccati in fallo. Quando Stuart vide, tuttavia, che si trattava di Regulus, abbassò lo sguardo, sollevato, e continuò a pulire la sua scopa. “Le abbiamo portate da casa, ovvio!” Poi, si bloccò. “Cioè... in realtà da Diagon Alley. Le uniche scope che ho a casa fanno fatica anche a pulire la polvere.”
“E le avreste nascoste dove?”
In quel momento, Austen finì di aggiustare la “sua” scopa e tirò fuori da una tasca una specie di sacchetto di stoffa: lo aprì, guardò Regulus come a chiedergli di prestare attenzione, e poi cominciò a infilarci tranquillamente dentro la scopa fino a quando essa non scomparve.
“E’ di mia sorella.” Spiegò, sorridendo. “Potrei infilarci dentro anche Aubrey e non peserebbe nulla.”
Fu in quel momento che Bertram e Turner deciso di entrare in Sala Comune. “Dov’è che vorresti infil- OH SANTO CIELO PERCHE’ AVETE UNA SCOPA!?”
“L’hanno portata da casa, e se per questo ce n’è un'altra in quel sacchetto.” Disse Regulus, impassibile, indicando Austen.
“Cosa vuol dire portata da casa?!” Strillò Bertram, rosso in faccia: Regulus non capiva se stesse per svenire o per avere un infarto. “Noi del primo anno non possiamo avere delle scope personali, è proibito!”
“E cosa farai, andrai da Vitious?” Finita di sistemare la scopa, Stuart si alzò e la porse ad Austen, che la rimise a posto. “Fateci il favore di farvi i maledettissimi affaracci vostri e di lasciarci partecipare alle selezioni!”
“Partecipare alle selezioni…” Mormorò Regulus, guardandoli come se fossero impazziti. I due ragazzi gli sorrisero, persino Stuart, raggianti.
“Abbiamo un piano!” Esclamò uno, mentre l’altro alzava un pugno verso il soffitto. “E saremo presi entrambi!”
“Dagli insegnati, intendete.”
“Io voglio sapere solo una cosa.” Disse Turner, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a guardarli. “E’ un piano che potrebbe farvi finire in Infermeria?”
I due si guardarono. “No… forse?”
“Non ne voglio avere niente a che fare, allora.” Il ragazzone si spostò verso il suo baule, cominciando a mettere a posto i libri usati quel giorno durante le lezioni. “Cercate di non farci perdere troppi punti.”
“Figurati! Avrete due nuovi cacciatori bravissimi, e questo è quanto!” Esclamò Stuart, afferrando il braccio di Austen e trascinandolo fuori dal dormitorio. “O battitori, chi lo sa! Aubrey, se dici qualcosa a qualcuno giuro che recupero tutti i rospi del castello e te li faccio entrare in bagno mentre fai la doccia!”
Bertrarm rabbrividì, ma sembrava combattuto. Regulus osservò perplesso la porta per qualche minuto. “Ma battitori nel senso che verranno sbattuti qua e là prima da una scopa, e poi dagli insegnanti?”
“Dovremmo dirlo agli insegnanti! Quei due si potrebbero fare ammazzare, o peggio!”
“Cosa c’è peggio di farsi ammazzare?” Chiese Turner. Regulus rimase in religioso silenzio per ovvi motivi. “Credete davvero che si farebbero del male?”
Gli altri due ragazzi lo fissarono.
“E va bene.” Sospirò Turner. “Seguiamoli. Cosa potrebbe andare storto?”
 
 
Ovviamente, andò tutto storto.












































Vorrei ringraziare tutti per le visualizzazioni e le recensioni, siete stati carinissimi >w< Scusate il ritardo, ma vi ho già detto di essere lento, per di più ho anche avuto problemi.  
Se trovate delle cose strane per il testo, temo che siano gli appunti della mia beta (che ringrazio) che ho dimenticato di eliminare.  
 
 

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Capitolo 3
*** Il Quidditch ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
III Capitolo - Il Quidditch





 
Regulus era sempre stato un ragazzo un po’ infantile. Nonostante da un certo punto di vista fosse sempre stato molto più maturo della sua età, nei ragionamenti ad esempio, e gli dessero fastidio comportamenti da bambini in altre cose si comportava come tale. Mettere il broncio per roba stupida, porsi a tu per tu con ragazzi anche di altri anni… forse era una questione caratteriale o molto più probabilmente derivava un po’ dall’essere stato viziato e trattato come un bambino per molto tempo. Di certo si reputava più serio di Sirius e dei suoi amici, ma non era perfetto nemmeno lui.
Nonostante Regulus fosse dunque un adulto e si trovasse a disagio accanto a degli undicenni che nella sua ottica erano solo bambini, per certi punti di vista riusciva facilmente a non farsi scoprire. Mentre Turner e Bertram correvano verso il campo da Quidditch, Regulus rifletteva proprio su questo.
Come adulto responsabile avrebbe dovuto fermare quei bambini: non facendo la spia, erano suoi compagni di Casa e lui era troppo leale per poterli consegnare ad un insegnante, ma avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Austen e Stuart rischiavano non solo di farsi del male, anche perché Stuart probabilmente non aveva nemmeno mai usato una scopa prima di quel momento, ma anche di finire nei guai con i professori e far perdere un sacco di punti a Corvonero.
Invece, si ritrovò a seguirli con curiosità, interessato a cosa sarebbe successo. Anzi, nonostante non avesse nessuna intenzione di infrangere le regole per una cosa del genere, si sentiva anche abbastanza invidioso: e se il loro becero piano, qualunque fosse, avesse funzionato? Due ragazzini di primo anno si sarebbero ritrovati nella squadra di Corvonero mentre lui, giocatore quasi professionista, avrebbe dovuto guardarli dagli spalti e sperare che il prossimo anno lo prendessero come Titolare. Il cercatore di Corvonero che aveva affrontato per la maggior parte del suo tempo ad Hogwarts non era un granché, ma era più grande e forse il Capitano avrebbe preferito avere qualcuno con più esperienza al posto di un novellino.
Probabilmente era stato lui stesso ad ispirarli, il primo giorno, quando aveva parlato della possibilità di farsi vedere alle selezioni! Che ironia becera sarebbe stata quella di non fruire della sua stessa idea, solo per vedere due mocciosetti finire nella squadra?
Quando i tre ragazzi arrivarono al Campo da Quidditch le selezioni erano già iniziate. C’erano meno persone rispetto ai provini che Regulus aveva frequentato con i Serpeverde, ma questo perché la maggior parte dei giocatori erano circa al sesto anno, e quindi c’erano pochi ruoli da sostituire. Cercavano per la maggior parte riserve, un cercatore ed un portiere: la selezione per quest’ultimo era già in atto.
Stuart e Austen parlottavano con l’unica studentessa del primo anno presente, seduta sugli spalti con un binocolo in mano: Regulus la riconobbe come Violet Lorman, ma sapeva ben poco di lei. Ad un certo punto i due si allontanarono, ridendo, per mettersi in fila con gli altri. Bertram e Turner si sedettero vicino a lei, e Regulus li imitò automaticamente.
“Hey.” Li salutò Violet. Il suo caschetto castano si mosse insieme al suo volto, facendole andare nella foga qualche capello sul viso, ma lei non sembrò curarsene. “Anche voi qui per vedere le selezioni?” La ragazza sbuffò, scuotendo la testa. “Ovviamente che siete qui per vedere le selezioni, siete qui, perché lo chiedo a fare…”
“In realtà, siamo qui per veder loro…” Turner indicò i loro compagni di anno. “…cadere e sfracellarsi a terra, o venir cacciati dallo stadio, o subirsi le ire dei professori. Non avevamo molto altro da fare.”
“Mh-mh”. Violet incrociò le braccia. “Bertram, tu non hai avvertito nessun professore, vero?”
“Cosa? No!”
“Sono stupidi, ma sono affari loro quello che fanno. Quando falliranno impareranno. Spero solo che non ci facciano perdere punti, o almeno non ce ne facciano perdere troppi. Anche se sono curiosa di vedere se ci riusciranno…”
“Ne dubito.” Commentò Regulus. “E quale sarebbe il loro piano?”
“Piano? Sperano semplicemente che li scambino per qualcuno del secondo anno fino al provino, e che poi li tengano in squadra colpiti dalle loro “prodezze”.”
“E se li scoprono?”
“Non lo so. Forse cercheranno di provocare pietà? Saranno anche intelligenti, ma non sono per niente furbi.”
“Aspettiamo almeno di vederli in azione.” Disse Turner.
Le audizioni per i Portieri terminarono dopo un’oretta, e nonostante Regulus trovasse che la ragazza del terzo anno fosse decisamente più brava nelle sue manovre fu un ragazzo del settimo anno, che aveva parato di più, ad essere preso nella squadra come titolare. Con amarezza il ragazzo osservò i provini per i Cercatori sapendo già che ad essere stato preso sarebbe stato un ragazzo del secondo anno precoce per la sua età, ma senza molto talento e decisamente insopportabile.
Quando Elizabeth Clark, capitano della squadra, chiamò i cacciatori, Austen e Stuart fecero un passo avanti insieme ad altri quattro ragazzi. La ragazza sembrò ignorare la loro presenza, ma dopo qualche minuto aggrottò le sopracciglia, portando il suo sguardo sui due. “Di che anno siete, voi due?”
Turner schioccò le dita, deluso. “Ahhh… cavolo.”
Il volto di Austen assunse un’espressione sconsolata, ma Stuart ebbe la faccia tosta di sorridere. “Primo anno!” Esclamò tranquillo. “Perché?”
“Al primo anno non è concesso di entrare a far parte della squadra di Quidditch.” Disse la Clark, sempre più perplessa. “E nemmeno di avere delle scope personali.”
“Oh, no, queste non sono nostre! Le abbiamo prese in prestito!” Esclamò Stuart, assumendo poi un’espressione sorpresa. “Non sapevamo che non si potesse fare il provino, però! Cavolo.”
Stuart scosse la testa, evidentemente dispiaciuto. Accanto a Regulus, Violet sbuffò divertita. E Regulus dovette ammettere che Stuart era proprio bravo a mentire.
“Non lo sapevate?” La Clark, adesso, li guardava con aria di sfida. “Ne siete proprio sicuri?”
“Nella lettera non c’è scritto!” Riuscì a dire Aaron.
“Già! C’è scritto solo che gli studenti del Primo anno non possono avere una scopa personale, ma...”
Regulus distolse lo sguardo dalla scena, per osservare Violet Lorman. “Non abbiamo ancora avuto la prima lezione di volo.” Fece notare.
“No, infatti. Perché?”
“Beh- Stuart è un Nato Babbano. Come fa a sapere come andare su una scopa?”
“Oh, Jason è un vicino di casa mio e di Aaron! Abitiamo a Kirkwall, in Scozia.” Spiegò la giovane. “Quando ha fatto la sua prima magia accidentale ha cominciato a giocare con noi anche con cose non babbane, comprese le scope. Certo, non abbiamo avuto lezioni ufficiali, ma non se la cava male con la scopa. Io, invece, sono una tale frana… Mi piace, questo sì, ma...”
“Sono stupidi.” Tagliò corto Regulus. “Cosa pensano che li renda tanto diversi dagli altri? Più speciali di tutti gli altri undicenni che vorrebbero entrare nella Squadra di Quidditch ma decidono di rispettare le regole com’è giusto che sia? Pensano che li prenderanno così, al posto di tutti quanti gli altri, perché hanno avuto il coraggio di sfidare le regole e presentarsi comunque?”
Lorman lo guardò per qualche minuto, prima di sorridere. “Sei geloso perché vorresti entrare anche tu nella squadra!”
“Oh, stai zitta, Lorman. Come se c’entrasse qualcosa!”
“Lo sei! Ti ho visto prima guardare verso il Campo con quella faccia, quell’espressione!”
“Un’espressione di pura noia, poiché le selezioni sono state noiosissime e la Clark ha selezionato dei giocatori che non avrei mai pres-” Lorman si sporse a dargli un buffetto sul naso, prendendolo alla sprovvista e interrompendolo.
“Ti si legge completamente in faccia.” Disse, fermamente, e ridacchiò quando Regulus la scansò infastidito. “Guarda, hanno finito di parlare!”
“Non sembrano felici.” Notò Bertram.
In effetti, Austen stava tornando verso di loro, un’espressione sconsolata sul volto – Stuart, invece, osservava i provini in corso da un lato del campo, funereo.
“Non c’è cascata.” Mormorò Austen, sedendosi accanto a loro. “Ha detto che possiamo assistere, e se vogliamo dopo anche fare quattro voli con loro,  e che non abbiamo fatto nulla di male a prendere solo in prestito le scope e che effettivamente non c’è una regola ufficiale che impedisca ai primini di entrare nelle squadre, ma che senza una scopa saremmo costretti ad usare quelle della scuola per regolamento e non ci può far giocare su delle vecchie Tinderblast degli anni quaranta...”
“Vi aspettavate davvero altro?” Borbottò Regulus, osservando con la coda dell’occhio Stuart. Ai limitari del campo e con ancora la scopa sotto braccio, osservava gli altri giocatori con occhi assottigliati e un’espressione decisamente seccata.
“Tu sei il primo ad aver proposto di entrare nella squadra!” Esclamò Austen, incrociando le braccia. Ed ecco lo scaricabarile: come se potesse essere responsabile delle loro azioni solo perché aveva pensato ad alta voce. “Però non ci hai nemmeno provato.”
“Perché non sono un idiota. C’è una differenza tra immaginare e pianificare una cosa, ed effettivamente farla. So ad esempio che se provassi a calarmi dal balconcino del quarto piano vicino all’aula di Babbanologia potrei effettivamente atterrare sul davanzale di quello del terzo piano, in teoria: se ci provassi sarei tuttavia un perfetto imbecille.”
“Buoni, state buoni.” Turner afferrò la spalla di Austen con una mano e quella di Regulus con l’altra, come se avesse timore che si saltassero adosso. Per favore. Come se fosse davvero intenzionato a picchiarsi con un bambino. “Quindi potrete comunque far vedere quello che sapete fare?”
No.” Esclamò sconsolato Austen. “Ci hanno chiesto se avessimo fatto la prima lezione di volo, hanno capito che mentivamo, e si sono messi a ridere! Però hanno detto che visto che ormai siamo qui e che dopo la squadra farà, boh, un po’ di allenamento insieme, chiameranno Madama Bumb e le chiederanno se possono mostrarci qualche mossa… oh, non lo so! Avevo smesso di ascoltare!”
“La capacità di concentrazione di un criceto.” Disse Violet.
Regulus sbuffò. “E l’intelligenza di uno gnomo.” Aggiunse.
“HEY!”
Tutti i titolari ormai erano stati presi, ma la Clark voleva delle riserve per i Battitori così continuò le selezioni. Regulus osservò uno di essi cadere dalla scopa ancora prima di riuscire a salirci e sghignazzò, pensando a Sirius: no, suo fratello probabilmente aveva fatto qualcosa di peggiore. Magari la sua scopa era andata in autocombustione per evitare di essere cavalcata. O la Pluffa aveva deciso di prendere vita e scappare dalle sue mani, seguendo il Boccino.
Quanto gli mancava, il Quidditch. Dopo i M.A.G.O. non c’era più stata occasione di giocare, e poche volte avevano usato effettivamente le scope durante una missione. Sarebbe diventato un Cercatore professionista dopo la scuola, se il Signore Oscuro non lo avesse reclutato? Probabilmente no. Un Black doveva ambire a posti importanti, posti decisamente migliori. Cosa c’era di più ambizioso di diventare il Cercatore della nazionale Inglese, di voler mostrare anzi di essere il miglior giocatore di Quidditch del suo decennio? A quanto pare un posto al Ministero, dove avrebbe potuto influenzare la gente a seguire le ideologie della sua famiglia, o in un qualsiasi altro “lavoro rispettabile”. Non che i Black odiassero il Quidditch, anzi: semplicemente non era il posto adatto ad un erede di famiglia. Forse, se Sirius fosse rimasto…
Comunque la guardasse, era sempre colpa sua ad un certo punto.
Non saliva sulla scopa da quasi due anni, e sembravano essere un’eternità. Gli mancava sentire il vento fra i capelli e la sensazione di essere leggero come l’aria. Quando guardava il terreno dall’alto di una scopa, tutto ciò che c’era sotto di lui sembrava così piccolo. Dal cielo, non importava nulla. Non importavano Sirius, suo madre, suo padre, la sua intera famiglia. Non importava il suo Signore Oscuro, o i suoi Mangiamorte. Il suo destino, i suoi ideali. I Babbani e i Maghi. Dal cielo, importava solo l’equilibrio sulla scopa, la sensazione di star effettivamente volando senza avere ali, dal cielo importava solo sé stesso.
Volare per vivere, poiché quando Regulus spiccava il volo su una scopa, era libero. Smetteva di sopravvivere alla sua vita ma ne prendeva effettivamente il controllo.
E su una scopa cosa gli sarebbe potuto importare del tempo, del lago, del suo compito?
Fu per questo motivo che Regulus si alzò dagli spalti, ignorò le voci di Lerman e Turner che lo chiamavano, e si avviò verso il campo. Stuart gli lanciò un’occhiata stranita quando si avvicinò a Clark e attirò la sua attenzione schiarendosi la gola.
La Clark lo guardò confusa. Nonostante stessero tutti facendo una pausa, la maggior parte dei giocatori era a terra in un angolo, a lanciarsi la pluffa nella maniera babbana. Un modo per divertirsi e per allenare i riflessi che facevano anche a Serpeverde: tuttavia il Capitano era in disparte, forse per controllare che Stuart non saltasse su una scopa all’improvviso, forse per altri motivi. Sulla sua pelle ambrata Regulus poté contare, passivamente, ogni sua lentiggine. “Non dirmi che anche tu vuoi fare i provini, perché sono certa che tu sia un primino, Black!”
Magra consolazione. Era sempre stato così basso che era sembrato un primino anche al quarto anno. “Dopo i provini… avete intenzione di far partecipare anche Stuart e Austen?” Chiese, confuso, perché la spiegazione del ragazzino era stata decisamente poco esaustiva. La giovane scrollò le spalle mentre Stuart gli lanciava un’altra occhiataccia.
“Sono Corvonero. Siamo curiosi per natura.” Spiegò. “E spesso superbi. Non sarebbe la prima volta che uno del primo anno decide di provare a fare qualcosa che gli è vietato perché convinto di poterci riuscire. Ho pensato che se magari dopo facessero una prova di Quidditch con noi e Madama Bumb presente, qualcosa di leggero ovviamente, potrebbero togliersi questa curiosità fino all’anno prossimo.”
Era un ragionamento semplicistico e terribilmente stupido, ma forse i Corvonero erano fatti davvero così? O quella Clark era semplicemente inadeguata come Capitano della squadra. Aveva preso Roderich Stebbins come Cercatore, in fondo, ma Regulus si morse la lingua. “Voglio partecipare anche io.” Disse, invece.
Non una domanda, perché Regulus non aveva intenzione di chiedere. No, se Austen e Stuart potevano, poteva anche lui. Non era una questione di essere infantile, o di abbassarsi al livello di due bambini di undici anni; era semplicemente buonsenso. La cosa doveva essere uguale per tutti, e Regulus… Regulus guardava il cielo dove ancora i bolidi giravano liberi e fremeva. Era sofferto, ed era morto, ed era tornato. Aveva bisogno di volare.
La Clark fece spallucce. “Ma certo. Uno in più o in meno non fa la differenza. Hai una sco… ma certo che non hai una scopa. Ci sono quelle della scuola, ovviamente. Se riesci a beccare quella giusta, potrebbero tenerti in sella per almeno due minuti.”
Regulus sorrise. No, le scope della scuola non lo avrebbero fatto rimanere in sella nemmeno per uno. Era un miracolo che le lezioni di Volo del primo anno non finissero in tragedia, o forse Madama Bumb era lì proprio per quello.
Ma una scopa della scuola incantata con protezioni che solo un adulto come lui poteva conoscere, invece
Una risatina uscì dalle sue labbra, quasi involontariamente. Spostò lo sguardo dalla Clark al cielo, e fu in quel momento che si rese conto che una scopa stava sfrecciando verso l’alto.
E che Jason fottuto Stuart non era più a terra.

Ovviamente. Ovviamente. Avrebbe dovuto prevederlo, o avrebbe dovuto quantomeno accorgersene: invece, come qualsiasi altra persona lì, aveva ignorato completamente il ragazzino, i suoi movimenti e persino il rumore di una scopa che prendeva il volo. E nessun altro era in aria, se non i Bolidi.
I fottutissimi Bolidi.

Qualche giorno dopo, Sirius gli avrebbe detto che aveva agito da perfetto Grifondoro. Regulus si distaccava da queste illazioni in maniera decisa. Prima di tutto, per quanto i tratti dell’impulsività, del coraggio e palle varie fossero prettamente Grifondoro, agire in una certa maniera non voleva dire rientrare in quella Casa, altrimenti tutti gli studenti al di fuori dei Corvonero avrebbero dovuto essere dei beoti scansafatiche. In secondo luogo, si trattava comunque di un ragazzino in pericolo e lui, dall’alto dei sette anni di differenza, era in dovere di fare qualcosa. In terzo luogo, su quel campo a quanto pare erano tutti degli incompetenti ed era quasi ovvio che Serpeverde e Grifondoro finissero quasi sempre a disputare la finale della Coppia di Quidditch.
In quel momento, tuttavia, Regulus non pensò a nulla se non a scattare dietro la Clark, ad afferrare la sua scopa prima che potesse dire qualcosa e a saettare verso il cielo.


Una volta in aria, tutto sembrò sparire. Per la prima volta non da quando si era risvegliato, ma anche da prima, da quando si era unito ai Mangiamorte, il suo cuore si rasserenò. Fu come se il suo corpo avesse perso ogni pesantezza, e la sua mente ogni responsabilità. Lì sopra c’erano solo lui, la scopa ed il vento.
E Jason Stuart che perdeva il controllo della scopa a metà del volo, perché ovviamente aveva perso il controllo della scopa. Stupido marmocchio Sanguemarcio.
Scosse la testa, ricordando esattamente perché fosse in aria, e scattò verso di lui. La scopa non era quella a cui era abituato ed era passato tanto tempo, ma era una scopa e Regulus ci mise pochi secondi ad abituarsi all’impugnatura differente e al peso maggiore. Il suo corpo poteva non essere cambiato ma non i suoi riflessi, e fu così che virò improvvisamente a destra e mancò di qualche centimetro il Bolide in rotta di collisione verso di lui.
Saettò, veloce, attraverso il campo e fra gli anelli dei portieri. In quelle che sembrarono ore ma furono in realtà pochi attimi fu lì, a pochi metri dietro Stuart. Con tutta la forza che aveva si sporse in avanti, e ricordandosi di tutti i modi in cui i suoi compagni Serpeverde solitavano imbrogliare durante le partite di Quidditch (esistevano settecento quindici falli nel Quidditch, ed era sicuro che il capitano della sua squadra, Lucinda Talkalot, li avesse provati tutti durante il corso della sua permanenza ad Hogwarts), Regulus afferrò le setole di saggina e tirò.
La corsa della scopa si fermò giusto in tempo prima che un bolide si schiantasse su Stuart, ma il ragazzo perse lo stesso l’equilibrio: Regulus mollò subito la scopa e si spostò verso di lui. “Attento!” Esclamò, cercando di afferrarlo.
Stuart lanciò un gridolino di terrore, atterrando per metà sul manico di Regulus. Entrambi vennero sbilanciati in avanti: per un secondo la scopa non li disarcionò tutti e due, spedendoli verso il terreno in una caduta di circa quindici metri. Invece Regulus si impuntò e trattenne la scopa con tutta la sua forza, ristabilizzandola appena in tempo.
“Reggiti-“ Riuscì a dire, prima di chinare la testa di scatto: un altro bolide gli era passato a pochi centimetri dei capelli. Un altro di quei maledetti aggeggi si avviava verso di loro, e non sarebbe mai riuscito a muovere la scopa appena in tempo. Di istinto si sporse verso Stuart e gli afferrò un braccio, e cercò di Smaterializzarsi, prima di ricordarsi che ad Hogwarts era vietato.
E poi la Clark saettò accanto a loro su un’altra scopa e con la sua mazza da Battitrice, spedì i Bolidi lontano.
Regulus sospirò di sollievo, per poi deglutire di inquietudine quando vide Madama Bumb accanto a lei.
La donna li guardava con occhi di ghiaccio. “Sul terreno. Ora.”
 


Dovettero convincere un Jason effettivamente terrorizzato a lasciare la scopa, ma Regulus scese da essa con la grazia che lo aveva contraddistinto per sei anni di gioco. E con la stessa grazia mantenne una perfetta faccia da schiaffi mentre la Bumb quasi urlava.
“Cosa diamine pensavate di fare?” Aveva sbottato, gli occhi simili a quelli di un’aquila che li scrutavano infuriati. “Questo è il motivo esatto per cui quelli del primo anno prendono lezioni con me e perché non devono possedere scope personali!”
“Non parli con me.” Esclamò Regulus, incrociò le braccia. “Io l’ho fermato dal spiaccicarsi sul terreno.”
“Ma se tu stesso hai avuto l’idea di partecipare ai provini!” Strillò Jason, infuriato. “Non hai solo avuto il coraggio di farlo!”
“Perché era appunto un’idea, piccolo cretino! Non un piano diabolico che consisteva semplicemente nel pregare che non si accorgessero di nulla e poi volare a caso verso il cielo!”
Tu sei un piccolo cretino!” Stuart gli si fece avanti, quasi come se volesse picchiarlo.
“Il miglior insulto che sai tirar fuori è lo specchio riflesso? Che cosa ci fai in Corvonero, Stuart?”
“Brutto bastardo…!”
“Stupido Sanguemarcio-“
“SIGNOR BLACK!” Tuonò la Bumb, mettendosi in mezzo fra di loro. “Signor Stuart! Quindici punti in meno a Corvonero per ciò che avete appena detto e trenta punti in meno per il vostro siparietto lì in aria.”
“Trenta!?” Esclamarono scandalizzati i due, contemporaneamente. Intorno a loro, la folla che si era radunata, composta dai giocatori di Corvonero e il gruppetto di primini sulle gradinate, si unì alle proteste.
“A testa.” Esclamò la donna, ignorando i fischi. Come arbitro probabilmente ci si era abituata. “Signor Stuart, il suo comportamento è stato perfettamente irresponsabile! Sapeva che stava per fare qualcosa di vietato e pericoloso e l’ha fatto lo stesso. Signor Black-“
“Io l’ho salvato.”
“E non le è venuto in mente per caso che nel campo c’erano almeno una decina di ragazzi più grandi fra cui quattro con esperienza nella squadra che erano pronti ad agire?”
“Ma non l’hanno fatto.” Protestò Regulus, e in effetti un piccolo senso di orgoglio gli riempì il petto. Era stato lui quello a correre sulla scopa, non Roderich Stebbins o Elizabeth Clark o gli altri membri della squadra... “Sono stato io a farlo-“
“Probabilmente non te ne sei accorto, ma la maggior parte dei membri della squadra ha agito pochi attimi dopo di te.” Rispose la donna, ma Regulus sapeva di aver ragione. Non avrebbero mai fatto in tempo per fermare il primo bolide! “E che un particolare incantesimo è posto sul campo da Quidditch che mi avverte dei pericoli riguardanti gli studenti fuori dalle partite di Quidditch, e mi permette di smaterializzarmi in casi di emergenza proprio per soccorrerli.”
Ah, lei ce li aveva, i permessi per smaterializzarsi. Brutta stronza. “Sì, ma-“
“E non è forse vero, Signor Black, che lei già sapeva del piano del signor Stuart e del signor Austen-“ Dal gruppetto di primini sentì quasi uno squittio. “-di partecipare ai provini?”
“Io?” Regulus mise su il suo miglior viso angelico e le sue migliori difese mentali. “Di che cosa sta parlando?”
“Dunque mi sta dicendo che il Signor Bertram mi ha mentito?”
Gli occhi di Regulus si spostarono sul ragazzo del primo anno, che stava cercando di farsi piccolo piccolo. Austen si voltò verso di lui, scandalizzato. “Oh, andiamo!”
Turner alzò gli occhi al cielo, in un gesto quasi di arresa. Lerman aveva un’espressione funerea sul volto, e si scrocchiò le nocche in un evidente gesto di minaccia, facendo sbiancare ancora di più il giovane Corvonero. “Sei morto.”
“Cinque punti in meno a tutti voi…” E la Bumb indicò il gruppetto di primini. “…Per non aver avvertito subito un professore! Dieci a lei, Signor Austen, per aver tentato lo stesso piano del Signor Stuart. Ovviamente le vostre due scope verrano requisite, e parlerò di tutto questo col Professor Vitious, statene certi. I quanto a voi due…” E la donna spostò lo sguardo su Regulus e Stuart. “Per punizione, passerete la serata ad aiutare la Professoressa Hookman in qualsiasi cosa lei voglia.”
“COSA!?” Esclamarono di nuovo contemporaneamente i due.
Regulus si sentiva preso in giro. Era questa la gratifica per aver salvato il culo di quel piccolo idiota? Avrebbe fatto meglio a starsene fermo! Stuart, accanto a lui, fumava di rabbia.
“Benvenuti a Hogwarts!” Esclamò la donna, sarcastica. “Imparerete presto che non potete fare tutto ciò che vi pare. Non siete più a casa. E voi tutti altri, cosa avete da guardare? Tornate sulle scope!”
 


Regulus era indeciso se prendersela con la Bumb per la punizione ingiusta, con Bertram per il tradimento o con Stuart per tutto quel macello. Visto che Madama Bumb era un’insegnante e che a quanto pare la Lerman aveva chiesto a tutti di lasciarlo a lei, decise di spostare la sua rabbia verso Stuart e quando si presentò davanti alla porta dell’ufficio della Professoressa Hookman, lo fulminò con uno sguardo che avrebbe distrutto qualunque altro undicenne. Stuart, però, non indietreggiò nemmeno.
Stuart.” Sibilò.
Black.” Rispose lui, altrettanto infervorato.
I presupposti per un ulteriore litigio, o forse davvero l’inizio di una rissa, vennero interrotti dall’apertura della porta. La Professoressa Hookman, una donna anziana e pacata dall’aria sempre malaticcia che insegnava quell’anno Difesa Contro le Arti Oscure, li guardò con aria lontana. “Buonasera.” Mormorò, spostandosi lievemente per farli entrare. “Signor Black, Signor Stuart.” Fece un segno del capo ad entrambi.
“Veramente, io sarei il Signor Stuart, e lui il Signor Black…” Intervenne Stuart.
Regulus scosse la testa, divertito. “Scambiare un Nato Babbano per un Black-“
Un colpo di libro gli arrivò in testa, non abbastanza doloroso da fargli del male ma abbastanza per farlo sussultare. Si voltò verso Stuart, ma era la professoressa ad avere in mano il libro. Era tranquilla.
“Rolanda si ricorda bene delle punizioni che le affliggevo quando non faceva i compiti.” Disse, e i due entrarono nell’ufficio scambiandosi un’occhiata perplessa. Sembrava la casa di una vecchia nonna. Quanto doveva essere anziana, quella donna, per aver fatto da insegnante alla Bumb? “Ho un bel po’ di piatti da lavare, miei cari, e sareste così gentili da aiutare una povera vecchia?"
La donna scostò una tendina, mostrando un angolo della stanza fino a quel momento celato: su un tavolino elegante, almeno un centinaio di piatti erano impalati in una torre così pericolante che poteva starsi mantenendo solo con un incantesimo. Un secchio pieno d’acqua era posto lì davanti.
“Ovviamente, senza magia.” Disse la donna.
“Non è assolutamente possibile che lei abbia mangiato così tanto da sola!.” Esclamò incredulo Stuart. “Lo ha fatto apposta, vero?”
La Hookman gli diede un buffetto sulla guancia e poi si allontanò.
Regulus… non lavava i piatti. Solitamente Kreacher lavava i piatti. O gli elfi di Hogwarts. Non c’erano piatti da lavare, fra i Mangiamorte. Andò a sedersi su uno sgabellino attorno alla postazione che la donna aveva organizzato, prese in mano uno dei primi piatti e del sapone e fissò entrambi come si poteva osservare una verruca inesplosa.
Stuart invece afferrò un pianto con uno sbuffo nervoso, ma ci si mise a lavorare senza problemi. “Allora sei davvero un purosangue figlio di papà!”
“Stai zitto Stuart, prima che ti lanci qualche fattura anche sulla punta delle dita. E che insulto sarebbe “figlio di papà”? Che problemi avete voi babbani? Perché dovrebbe essere un insulto, essere figlio di mio padre?”
Stuart scoppiò a ridere, e continuò a lavare il suo piatto.
Continuarono così per almeno una mezzoretta prima di rendersi conto che i piatti non finivano: era come se nella pila qualcuno con la magia ne infilasse nuovamente di sporchi quando stavano per terminare. Per un attimo a Regulus venne voglia di prenderli e lanciarli uno ad uno contro la parete davanti.
“Hey.” Gli sussurrò qualche secondo dopo Stuart. La Hookman era uscita dall’aula per sbrigare delle faccende, ma si guardava comunque intorno furtivo. “Scommettiamo che riesco a colpire quel punto sul muro e tu invece no?”
Regulus non riuscì a trattenersi. Rise. “Se li distruggiamo, probabilmente ne compariranno altri.” Rispose. “E ci metteremmo ancora di più nei guai. Ma sì, la voglia c’è.”
“Lo sai che c’è?” Chiese il ragazzino. “C’è che te non dovevi finire in punizione. Io sono stato un idiota, anche se avrei potuto tranquillamente venir preso dalla squadra se la scopa non fosse stata una di terza, no, quinta mano, ma tu non hai fatto niente. Cioè, mi hai salvato. Grazie.” A quelle parole, arrossì lievemente. Poi sghignazzò. “Non che non mi faccia piacere, vederti in punizione. Te lo meriti, per quello che dici e per come ti comporti. Papà lo chiama “karma”, o retribuzione divina.”
“Wow, così tanto risentimento… attento, potrebbero scambiarti per un Serpeverde, e non sia mai vero?”
Jason esitò, poi il suo volto si espanse nuovamente un sogghigno. “Beh, non sbaglierebbero.”
Regulus si impappinò, cercando di far uscire dalla sua bocca una frase coerente. “Scusa, cosa?”
“Il Cappello mi voleva mandare a Serpeverde, era la sua prima scelta e ne era anche piuttosto convinto.” Spiegò il ragazzo, facendo spallucce. “Ma io… ho detto di no.”
“Oh.” Forse non siamo così diversi, mormorò una voce dentro di sé. Regulus la zittì immediatamente. “Perché?”
Il ragazzino gli lanciò un’occhiata abbastanza esplicita, come se avesse appena dimostrato di essere intelligente quanto una verruca. O un Grifondoro. Regulus ci mise un po’ a comprendere. “Oh.” Ripeté.
Jason sorrise. “Intendo, non è che sarei stato il primo Nato Babbano a Serpeverde. Anche se amano nasconderlo, ce ne sono stati prima; solo che la maggior parte di loro o ha nascosto per un bel po’ lo stato di sangue, o ha subito anni di inferno, o addirittura ha dovuto cambiare scuola! Ma mi ci vedevi mica a Beau- Beau- insomma, fra i Francesi? Già Hogwarts è una sorpresa per me e la mia famiglia, ma la Francia…” Il ragazzino scosse la testa, osservando poi sconcentrato la tazza davanti a sé. “Sono stato fortunato, perché poi sono finito nella stessa Casa di Violet e Aaron. Mi piace studiare più di tutti e due, anche se non mi interessa molto dei voti; e il dormitorio è figo!”
“È passabile.” Concordò Regulus.
“Certo, quando ho letto per la prima volta di Serpeverde, e mi è stato detto come non accettano quelli come me, ho avuto l’impulso di cercare di unirmi a loro apposta! Per mostrargli che si sbagliavano tutti.” Jason rise. “Però forse quello è un istinto un po’ Grifondoro”
“Ti sbagli.” Negò Regulus. "Un Grifondoro fa una cosa perché la vuole fare o perché segue il suo istinto. Noi Serpeverde facciamo le cose perché le vogliamo fare o perché qualcuno ci ha detto che non possiamo farle, così agiamo lo stesso. Per esempio sono convinto che mio nonno si stia mantenendo in vita puramente per dispetto verso mia madre, che lo detesta.”
L’altro ragazzo ridacchiò ancora, scuotendo la testa di ricci castani. “Se la dici così, mi sa che hai ragione!” Il giovane alzò lo sguardo, osservando Regulus per un po’ di minuti silenziosi prima di parlare. “Noi Serpeverde, uh?”
Oh merda. Merda, merda, merda merda! La mente di Regulus si appellò alla prima scusa che trovò. “Anche io sarei dovuto andare a Serpeverde.” Rispose. “Ho chiesto al Cappello una seconda Casa per puro dispetto nei confronti della mia famiglia.”
Jason annuì. “Va bene.” Disse. “Adesso dimmi il vero motivo.”
Regulus lo fissò, confuso e anche seccato. Il ragazzino lo stava guardando sorridendo: si accorse che gli mancava uno dei denti di lato; probabilmente aveva ancora qualcuno di quelli da latte. Non doveva niente a questo ragazzino che in qualche modo era riuscito a rendersi conto della sua bugia guardandolo solo negli occhi, non doveva niente a un Nato Babbano fastidioso che non poteva assolutamente sapere le vere motivazioni sul perché avesse deciso di farsi smistare volontariamente in Corvonero. Sì, forse anche lui non si trovava nel posto giusto, ma Jason Stuart non poteva sapere nulla dei Serpeverde. Aveva elogiato il dormitorio di Corvonero senza conoscere l’accoglienza fioca delle luci dei caminetti della Sala Comune di Serpeverde, o del fatto che ogni tanto le sirene bussavano alle finestre magicamente sigillate e si divertivano a spaventare i primini. Non gli potevano assolutamente mancare le luci soffuse o i letti a baldacchino, o l’odore di legno e spezie che si poteva percepire nella sala comune, risultato di esercitazioni di pozioni dell’ultimo momento.
Al massimo poteva immaginarlo, al massimo poteva pensarci, ma non provava quella sensazione di desiderio, di brama totale per qualcosa che non avrebbe più potuto ottenere, ma che aveva conosciuto. Regulus si guardava la mattina allo specchio, e sentiva un dolore al petto e allo stomaco quando vedeva la cravatta dai colori diversi. Jason Stuart, probabilmente, immaginava semplicemente come sarebbe stato bello in verde e argento.
Si ritrovò lo stesso a rispondere, e non seppe nemmeno perché. “E’ vero che la mia famiglia è tutta Serpeverde.” Disse. “Ma lo sono anche la maggior parte di una serie di persone che non voglio avvicinare. Gente che so che mi darebbe il tormento se fossi a contatto con loro ogni giorno, e che finirebbe per…” Esitò. Non poteva dirgli come aveva effettivamente paura che, seppur non sarebbe mai tornato fra i Mangiamorte, affezionarsi nuovamente o di più a determinati individui potesse impedire anche in poco la sua crociata.
Era intenzionato, in qualche modo, a rendersi ancora utile per bloccare il Signore Oscuro, e preferiva farlo senza doversi sforzare per anni in una doppia vita in cui i suoi compagni di casa pensavano che avesse le loro stesse idee. Avrebbe già dovuto farlo a casa. Hogwarts, almeno, doveva essere un porto sicuro.
“Intendi dire i bigotti maledetti che girano fra i Serpeverde?” Regulus gli scoccò un’occhiataccia. “Oh, non guardarmi così! Mi hanno già spiegato che alcuni di loro vogliono diventare dei Mangiamorte per quel Lord Coso.”
“Il Signore Oscuro non è un coso!” Esclamò scandalizzato Regulus. Sì, aveva perso tutto il rispetto per il suo vecchio padrone, ma parlarne con così tanta tranquillità…! Se lo avesse sentito davvero uno dei futuri Mangiamorte, lo avrebbe cruciato anche a costo di farsi espellere da Hogwarts.
Stuart sbuffò e fece un gesto con la mano che voleva dire, probabilmente, di lasciar perdere. “Ho capito. Però vai comunque in giro a dire che noi Nati Babbani siamo cattivi, e bla bla bla. Non mi sembra tanto differente.”
“Non vado in giro a dire che siete “cattivi”. Semplicemente non voglio avere a che fare con voi più del dovuto. Le mie idee non cambiano, ma questo non mi rende come loro.”
“E invece sì.” Jason Stuart incrociò le braccia, i piatti dimenticati in un angolino. L’acqua nel secchio era così pregna di sapone che grosse bolle continuavano a scoppierellare sulla sua superficie, e per un attimo fu solo quel leggero rumore, quasi silenzioso, a impregnare l’aria. “Forse non colpisci i Nati Babbani con una magia o li consegni direttamente a Lord Coso, però è come se tu lo stessi facendo. Perché uh…” Il ragazzino sembrò un attimo bloccarsi, come se non gli venissero in mente le parole giuste. “Alimenti? Sì, alimenti il clima. Permetti agli altri di fare le cose che tu non fai, ma in cui credi.”
Regulus non rispose. Rimase invece ad ascoltarlo.
“Mia mamma è ebrea.” Continuò Stuart. “Nonna scappò da oltre mare per sfuggire ai nazisti. E mi ha sempre detto questo, che i primi a farle del male non furono quelli che vennero a cercarla per ucciderla, ma i vicini di casa che la vendettero e le persone per strada che distolsero lo sguardo.” Il ragazzino si tormentò le mani, imbarazzato. “Insomma… è un po’ la stessa cosa, no? Magari non uccidi i Nati Babbani, ma ci chiami Sanguemarcio. Così quelli che hai detto prima a Serpeverde pensano che in molti sono d’accordo con loro, e agiscono. E poi quando succedono le cose brutte si pensa 'ah, mannaggia, io non lo avrei mai fatto, che cattivi, ma meglio così, un Sanguemarcio in meno!'” Fece una smorfia. “E’ esattamente la stessa cosa!”
Regulus lo guardò. “Quanti anni hai, tu?”
“Undici!” Esclamò sorridendo nuovamente il ragazzino. “E il mio compleanno è proprio il primo Settembre!”
“Wow, che fortuna.” Commentò sarcasticamente Regulus, ma poi scosse la testa. Era stato un discorso… inaspettato. E che di certo non si aspettava da un moccioso, e soprattutto da uno così casinaro come Stuart. Si rese conto però che, in effetti, non ricordava nient’altro del bambino davanti a lui: nei suoi ricordi era sempre stato molto vocale, e finiva spesso per farsi togliere punti, ma per il resto… un vuoto totale. Lo aveva giudicato da due urla che ricordava a malapena e l’atteggiamento di un bambino di undici anni.
E dal suo status di sangue, sì. Questo era evidente, e questo per lui era normale. E il discorso di Stuart non cambiò minimamente le sue convinzioni, ma andò a incastonarsi comunque in un angolo della sua mente, pronto per essere analizzato nuovamente, anche se non se ne rese conto.
“Comunque a prescindere dal fatto che sei un razzista pieno di te.” Continuò Stuart. “Non sei tanto male.”
“A prescindere dal fatto che sei un Sanguemarcio con il cervello piccolo quanto una noce, non sei tanto male neanche tu.”
Stuart sorrise. “Ottimo. E comunque sai proprio andare su una scopa! Hai schivato quel bolide come un giocatore professionale.” Il ragazzo prese in mano uno dei piatti. “Ora vuoi vedere se riesci a colpire quel punto, sì o no?”
 

Passarono la mezzora successiva a tirare piatti che si ricreavano contro il muro, prima annoiati, poi presi da una vera e propria sfida. Quando tornò la professoressa Hookman, sospirò ma li congedò. “Avete già fatto abbastanza.” Disse, con la sua voce educata, guardando la pila di piatti.
“E per quelli rotti? E non abbiamo finito.” Regulus si morse la lingua. Ma chi se ne fregava di quelli rotti! E del fatto che non avessero finito. Magari per quanto era vecchia non se n’era neppure accorta.
La donna sorrise, semplicemente. “Signor Black, vi avrei fatto finire se lo scopo di questa punizione fosse stato farvi effettivamente pulire i piatti.”
 


Quando tornarono in Sala Comune, trovarono un bel po’ di primini e qualche membro della squadra di Quidditch ad aspettarli. Bertram, affondato in una poltrona, aveva un occhio nero e Lerman un’espressione soddisfatta, ma erano comunque vicini e qualcosa fece pensare a Regulus che effettivamente la ragazza lo avesse già perdonato.
Turner alzò nuovamente gli occhi al cielo. “Grazie a Merlino, siete vivi. Non vi siete picchiati per davvero.” Si stiracchiò, per poi alzarsi dal tappeto su cui si era steso. “Beh, posso finalmente andare a dormire. Buonanotte!”
E si dileguò verso i dormitori.
“Siete stati così stupidi.” Annunciò la Clark. “Un centinaio di punti tolti perché volevate andare su una scopa o vi credevate troppo bravi da aspettare gli altri! Beh, non che nel tuo caso fosse falso…” La ragazza si voltò verso Regulus, e lui si rese conto che era raggiante. “Hai fatto parte di una squadra giovanile? Sei nato con una scopa nella culla? Quelle schivate! E il modo in cui sei partito, senza nemmeno controllare l’adesione sul terreno! Per non parlare dell’aerodinamica con il vento contrario...”
Regulus sarebbe arrossito, se non fosse stato troppo impegnato a confermare nella sua testa ogni singolo complimento, e a pensare che la Clark doveva avere i prosciutti sugli occhi se non aveva anche notato il modo in cui aveva tenuto fermo la scopa.
“Sei piccoletto, e scaltro.” La Clark si portò una mano al mento, riflettendo. “Mh… sì, sì, materiale da Cercatore! Magari il prossimo anno-“
“HEY!” Esclamò l’attuale Cercatore dei Corvonero, Roderich Stebbins. “E io??”
“Non ho detto che ti caccerò dalla squadra, Rod. Ma lo sai come funziona nel mondo. Se sei bravo e ti impegni, vai avanti. E’ così nello studio, ed è così nel Quidditch! Tu dimostrami l’anno prossimo di saper fare di meglio e ti tengo in squadra e prendo lui come riserva. Oh, ma che l’anno prossimo!? Perché non questo stesso anno?!” La Clark saltò in piedi, eccitata. “E’ vero, quale regola esiste che impedisca a un primino di entrare in una squadra? Se il problema è una scopa, ne compro una io e te la presto a ogni partita! Al diavolo, vado subito a parlare con Vitious e la Bumb!” E si precipitò fuori, sorridendo apertamente, prima che qualcuno potesse fermarla.
“Ma Elizabeth, ormai è il coprifuoco!” Richiamò, invano, una delle Cacciatrici, Melissa Prohalt. “Oh, è inutile…! Possiamo anche appartenere a Case diverse, ma tutti i capitani delle squadre sono uguali! E’ come se una volta ricevuto il titolo si assimilassero in un unico essere a cui interessa solo una cosa: il Quidditch!” La ragazza abbassò lo sguardo su un tavolino. “Non ha nemmeno finito i compiti di Astronomia per domani!” Esclamò, sconvolta.
“Che gran dispiacere.” Borbottò qualcun altro, sarcastico.
“Non ci riuscirà mai.” Disse Stebbins, guardando male Regulus come se avesse implorato lui la Clark di correre via, o gli avesse direttamente rubato la scopa da sotto le gambe. “Non permetteranno mai a un primino di entrare a far parte della squadra, anche se considerato bravo.” Considerato. Come se stesse dicendo che Regulus non fosse un granché! Gli venne voglia di spaccargli il muso pallido con un pugno. “Sono queste, le regole! Vitious non le infrangerà mai. Forse se avessimo la McGranitt come Capo Casa, o Lumacorno e i suoi Serpeverde che tanto amano imbrogliare, ma non è così quindi è inutile che il mocciosetto ci pensi. Si metta l’anima in pace.” E tornò a leggere un libraccio che era quasi più grande di lui.
“Cos’è, Stebbins?” Chiese un altro giocatore, sorridendo. “Hai paura che un primino ti soffi il posto? Non devi essere davvero tanto bravo, allora…”
“Lui? Ma va, figurati!” Sbottò Stebbins. “Se ci riuscirà, sarà perché probabilmente si sarà comprato i Professori, grazie alla sua stupida famiglia.”
Sirius era un idiota. Sua madre un’ottusa, sua cugina Narcissa anche e Bellatrix una folle. Ma erano la sua famiglia, e lui era un Black ed era fiero di esserlo. In un attimo gli fu a pochi centimetri dal viso. “Lascia fuori la mia famiglia da tutto questo, Stebbins.”
“Perché? Lo sappiamo tutti come sono i Black.” Disse lui, spavaldo. “Tutti Serpeverde, tutti sostenitori di Tu-Sai-Chi, tutti quanti dei bigotti immischiati nella magia oscura che corrompono il Ministero per non farsi beccare! Sirius Black è un’eccezione, non un esempio. E guarda come ti comporti, cammini in giro come se Hogwarts ti appartenesse! Sei proprio uno di loro.”
“Come osi tu, piccolo-“
“Hey, smettila Stebbins. Non è una cosa molto carina da dire!” Si intromise Stuart. “Lascialo in pace.”
Stebbins lo guardò come se gli fosse cresciuta una seconda testa. “Ti ha chiamato… in quel modo! Davanti a tutti!”
“Io l’avevo chiamato bastardo.” Disse il primino. “E poi so combattere da solo le mie battaglie, grazie!”
Stebbins balbettò qualcosa, prima di lanciare un’ultima occhiataccia a Regulus e rimettersi a leggere.
Regulus si voltò verso Jason Stuart ed esitò, confuso. Non capiva perché si fosse messo in mezzo, e perché lo avesse difeso in quel modo quando qualche ora prima gli teneva ancora il muso. Effettivamente, per quanto pensasse di avere ragione, lo aveva chiamato con un termine denigratorio, il peggiore di tutti. Forse pernsava che il suo discorsetto gli avesse fatto cambiare idea? “Penso ancora che tu sia un…”
“Sì, lo so.” Esclamò lui, sorridendo. “Ma non credo che mi importi, al momento.”
E si diresse verso i dormitori sbadigliando e stiracchiandosi. Si voltò all’ultimo secondo, lanciandogli un’occhiata. “E comunque ho vinto io. Il quinto piatto non valeva: era troppo alto!”
Il giovane Black inarcò un sopracciglio. Rimase un attimo in silenzio, prima di sbottare. “Due centimentri non sono “troppo alto”! Sei un Corvonero, dovresti riuscire a far di conto.”
“Invece lo erano.”
“Non lo erano.”
“Certo che lo erano!”
No!”
Austen si voltò verso Lerman, confuso. “Che cosa è appena successo?”
“Oh, beh.” Mormorò Violet, andando a prendere i suoi compiti per finirli. “Credo che abbiano fatto amicizia, anche se non sembrano essersene resi conto.”
 
 
 
 
 
 
 
Un’enorme parentesi riguardo agli undicenni: sono imprevedibili. Sono stato a contatto con loro per tanti motivi, da questioni scolastiche a lavorative a semplice frequentazione in quanto parenti o parenti di amici. La pre-adolescenza è quell’età in cui puoi trovare un ragazzino che ancora crede in babbo natale e quello che comincia a interessarsi seriamente di politica e si guarda gli show serali su di essa. Una volta ho avuto una conversazione di quasi un’ora con una dodicenne come se stessi parlando con un’adulta. Certo non sono adulti, non sono nemmeno adolescenti: non potranno mai capire determinate cose come le capisce un adulto, e non potranno mai effettivamente prendere determinate decisioni, soprattutto perché a quell’età si comincia a pensare di avere sempre ragione. Tuttavia non sono nemmeno bambini. Spero che Jason e tutti gli altri non vi facciano pensare, quindi, né ad essi né agli adolescenti o ad adulti, ma una via di mezzo.
In ogni caso: wow! E’ passato più di un anno, credo! Come scritto nella bio, purtroppo ho avuto seri e grossi problemi. Ho continuato sempre a pensare a questa storia, e ho programmato pezzi di capitoli molto più avanti – semplicemente, non ho mai avuto la forza di concludere questo capitolo. Lo avevo iniziato praticamente subito dopo l’altro, quindi è uno dei capitoli più “lunghi” in questioni tempistiche che abbia mai scritto! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e per non aver dimenticato questa storia, ad ognuno di voi appena avrò un momento di tempo libero risponderò personalmente!
Vorrei cercare di rendere il più realistico possibile il “passaggio” di Regulus da un ideale all’altro. E’ irrealistico che un ragazzo cresciuto tutta la vita con le stesse idee e che si era unito volontariamente a Voldemort potesse diventare un filobabbano pochissimo tempo dopo: come già scritto, Regulus crede ancora nella Supremazia del Sangue, pensa solo che Voldemort e i Mangiamorte siano degli invasati e che uccidere la gente sia orrido.
Una cosa di cui ho paura è che Jason sembri un James Potter 2.0! Non è così, i due hanno caratteri differenti e spero che con Regulus ci sarà anche un rapporto differente, ma con un ragazzo esagitato c’è sempre un po’ il rischio almeno all’apparenza, no? Diciamo che anche questa sarà una sfida.
Vi ringrazio per avermi recensito, e ringrazio già in precedenza per chiunque recensirà in futuro! Un grazie anche a chi mi ha messo fra i seguiti, i ricordati o i preferiti!
~Max
 
(Il capitolo non è betato, quindi potrebbe esserci qualche grosso errore qua e là.) EDIT: Ho corretto i vari "Sanguesporco" con "Sanguemarcio". Non ricordavo la traduzione italiana per il termine! Ditemelo se ne trovate altri negli scorsi capitoli.
 

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Capitolo 4
*** Natale ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
IV Capitolo - Natale





 
"Hanno detto di no.” Esalò sconsolata Elizabeth Clark il giorno dopo a colazione. Sembrava volersi spalmare sul tavolo, fra una caraffa di succo di zucca e un piatto di biscotti alla vaniglia. “Hanno detto: ‘La legge è uguale per tutti, poi tutti i primini dovrebbero fare il provino ’ e bla bla bla… Uccidetemi, per favore. Uccidetemi e ponete fine alla mia misera esistenza.”
Per un attimo, Regulus si era illuso. Aveva permesso che l’idea facesse capolino nella sua mente e lo convincesse che, sì, ci sarebbe riuscito e che si potesse fare. Un’altra parte di lui, tuttavia, si aspettava quella risposta, così lo stomaco gli si contorse solo un poco al rifiuto.
Roderich Stebbins, invece, sembrava raggiante. “Ah!” Esclamò, sollevando una forchetta per aria e agitandola: c’era una salsiccia infilzata sopra, che minacciò di cadere sul tavolo. Il ragazzo li guardò tutti con aria saccente e superiore, come se fra di loro non ci fosse solo un anno di differenza. “Ve l’avevo detto!” Cantilenò, petulante.
Turner portò subito una mano sulla spalla di Lerman, che stava cercando di alzarsi. La ragazzina gli lanciò un’occhiataccia.
“Ma guardalo!” Implorò. “Chiede di essere picchiato!”
“No.”
“Potrei usare la salsiccia per mostrargli cosa gli succederebbe se-“
“No.”
Lerman sbuffò, abbandonandosi di nuovo contro lo schienale della sedia. Stebbins aveva saggiamente chiuso la bocca e abbassato la salsiccia. La Clark, invece, aveva cominciato a russare a due centimetri da un barattolo di marmellata, evidentemente esausta dall'essere andata a letto tardissimo la sera prima.
“Dovresti essere felice, Stebbins.” Forse Regulus avrebbe dovuto davvero lasciarlo in pace. Era più grande, era più maturo. Ma proprio come per Stuart o per il Quidditch, sembrò dimenticarsi di tutto. Per giunta, quel ragazzino si era permesso di insultare la sua famiglia. Sapeva benissimo che metà delle cose che aveva detto erano vere, i Black erano sostenitori del Signor Oscuro e, effettivamente, immischiati nella magia nera fino al collo. Ma quando riducevano i Black solo a quello, quando cancellavano tutto il resto di ciò che li rappresentava, lo facevano infuriare. L’accusa di comprarsi il posto in squadra, poi! Come se ne avesse avuto bisogno. Il Quidditch era qualcosa di troppo importante per Regulus, e sapeva benissimo che all’epoca era stato preso nella squadra non per il suo cognome, ma per la sua bravura, una delle poche volte in cui “Black” non era contato nulla. No, al provino a brillare era stato Regulus e non i Black
“Adesso avrai un anno intero per allenarti.” Gli disse Regulus, continuando tranquillo a servirsi del cibo. “Forse così riuscirai a rendere il provino dell’anno prossimo quantomeno una sfida.”
Alcuni accanto a lui ridacchiarono. Se le occhiate avessero potuto uccidere, Stebbins avrebbe posto fine alla sua esistenza in quello stesso momento, ma Regulus aveva avuto preoccupazioni ben più grosse di un ragazzetto idiota. Gli sorrise, invece, ma non in maniera gentile: anzi, sembrava quasi un sorriso predatorio.
“Ad esempio.” Incalzò. “Potresti comprendere come tenerti a cavallo della scopa senza sembrare, perennemente, di sforzarti per andare in bagno.”
A questo, Turner lanciò dietro la testa e ululò dalle risate, come se fosse stata la cosa più divertente che avesse sentito fino a quel momento. Regulus sussultò, confuso. Stuart, nonostante fosse divertito anche lui, lo guardò abbastanza terrorizzato da quel gesto.
Stebbins strinse la forchetta in una presa ferrea. Regulus poteva tracciare con lo sguardo le sue nocche tese e ogni singola vena che risaltava sulla pelle: forse avrebbe dovuto farle controllare da un Guaritore. “Se tu entrassi nella squadra, bareresti e basta.” Disse.
“In un mondo in cui la vittoria è l’unica cosa che conta, l’inganno è perfettamente accettabile per coloro che non riescono ad emergere, quindi non stiamo parlando di me: però se vuoi posso prestarti la mia copia del Quidditch Attraverso i Secoli, così potrai imparare qualche trucchetto per il provino.”
“Parli come un Serpeverde.” Replicò lui. “Che ci fai a Corvonero?”
“Parli come un idiota, che ci fai al secondo anno?”
Stebbins sorrise. “Ti rendi conto che hai appena insultato te stesso e tutti i tuoi compagni vero?”
“Ah, non lo so.” Regulus fece spallucce, versandosi del succo d’arancia. Aveva cercato di servirsi del caffè, ma ogni volta che ci provava uno studente più grande glielo allontanava. “Io stavo pensando più alle scuole pre-Hogwarts babbane.”
Stebbins fece per alzarsi, ma un’altra studentessa lo trattenne. “Non ne vale la pena, Rod.” Disse, guardando Regulus sprezzante. “È solo un piccolo idiota.”
“Fatemi capire bene: Stebbins se la prende con lui perché la Clark ha deciso di volerlo in squadra, gli insulta la famiglia e visto che Black risponde, è un idiota?” Stuart sollevò confuso un sopracciglio. “È così che funziona? No, perché mi sembra stupido.”
“Allora è perfettamente in linea con lui.” Borbottò Regulus.
“Smettetela tutti quanti.” Si intromise uno degli studenti più grandi. Regulus non si era premurato di imparare il suo nome. “Finite di fare colazione e andate a lezione. Ci manca solo che decidiate di farci perdere nuovamente un centinaio di punti!”
Jason si guardò intorno, confuso: sembrò notare che un bel po’ di studenti attorno a loro stava lanciando occhiatacce. “Wow, ci detestano di già?” Chiese.
Regulus sbuffò. “Ne sono devastato.” Ma si alzò comunque dal tavolo, perché era vero che in effetti avrebbe fatto tardi a lezione. Lanciò anche lui un’occhiata intorno a sé: effettivamente, la gente lo guardava ancora peggio del solito. Beh, era un loro problema, non il suo.
 
 

I primi giorni di novembre passarono così velocemente che quasi Regulus non se ne accorse. Aveva ordinato via gufo un grosso pacco speciale di Calderotti al caramello per Sirius, sforzandosi di scegliere un bell’incarto anche perché effettivamente questo Sirius era ancora un mocciosetto e perché, in generale, si sarebbe vergognato a presentarti con qualche Cioccorana in mano come regalo di compleanno. Ne approfittò per prendere anche qualche Rospo alla Menta per sé stesso, ma metà della confezione scomparì il giorno dopo il suo acquisto e gli sguardi colpevoli di metà del suo dormitorio lo aiutarono presto a trovare il colpevole. Piccoli ladruncoli, avrebbe dovuto metterci del lassativo dentro la prossima volta.
Fu durante una delle sue innumerevoli lezioni a Difesa Contro le Arti Oscure, tuttavia, che Regulus realizzò qualcosa. Stava riflettendo sui vari metodi d’insegnamento dei numero professori che si erano susseguita alla cattedra negli anni, ed oltre a stabilire di chi fosse stato il migliore fra essi, si era chiesto più volte quali fossero i motivi per cui ognuno di loro, chi prima e chi dopo, se ne fosse andato. Ai suoi occhi era ormai evidente come su quel posto ci fosse una vera e propria maledizione, nonostante le continue negazioni di Silente.
Mentre ci pensava, si ricordò della ragione per cui la Professoressa Hookman avesse smesso di insegnare. Non era perché fosse andata in pensione, nonostante la veneranda età: a quanto pare era stata una compagna di anno di Silente, non perché volesse nuovamente tornare a casa: a quanto ricordava, prima di prendere la cattedra in Difesa era stata professoressa di Antiche Rune per tanto tempo, prima di ritirarsi per accudire i suoi nipoti. Ed infine, non era perché fosse stata licenziata, come tanti altri Professori prima di lei. No, il motivo era un altro.
Era morta.
Non di vecchiaia e non per via della guerra: era stata una malattia fulminea, non magica ma babbana, a portarla via, non permettendole neppure di finire l’anno. Ad Aprile la donna era stata ricoverata d’urgenza al S.Mungo, e qualche giorno dopo avevano comunicato agli studenti della sua dipartita. Avevano affrontato gli esami con un esaminatore esterno e all’epoca a Regulus non era importato più di tanto.
Ma la consapevolezza di sapere cosa stesse per accadere lo colpì come un ramo del Platano Picchiatore. Essere a conoscenza del fatto che la donna avrebbe lasciato quel mondo a breve, che quelli erano i suoi ultimi momenti, le sue ultime parole… era strano.  Avrebbe forse potuto cambiare qualcosa? Forse, se l’avesse avvisata prima, se le avesse detto di farsi controllare al S.Mungo o addirittura in un ospedale Babbano, la donna sarebbe sopravvissuta?
Ma come? Come poteva giustificare un discorso del genere?
“Buongiorno Professoressa, vorrei chiederle di andare da un Guaritore, perché so sicuramente che lei è malata in maniera terribile e che a fine anno morirà?” Non poteva nemmeno dire di aver visto qualcosa in un fondo di tè o in una sfera di cristallo, perché Regulus non faceva ancora Divinazione – e non l’avrebbe mai fatta, dato che la reputava inutile. Allo stesso tempo, l’idea di non far nulla non gli piaceva. In fondo se parlando avesse potuto salvarla…
Colse l’occasione un venerdì mattina, quando Stuart si sporse dal suo banco mentre rimetteva a posto i libri nello zaino. “Non ti sembra che la Professoressa sta poco bene?”
Stia.” Borbottò Regulus automaticamente, ma alzò comunque lo sguardo verso la donna. In effetti era molto più pallida del solito.
“Sì, sì.” Sbuffò Stuart. “Prima sembrava che stava per svenire. Ha cercato di non farlo notare, ma si è tenuta alla scrivania.”
Bingo. Non che Regulus fosse effettivamente entusiasta che la donna stesse male, ma adesso aveva un’ottima scusa per poterle parlare. Si guardò intorno: tutti gli altri studenti stavano uscendo e la Professoressa si stava ritirando nel suo ufficio.
“Sì, è da un po’ che l’ho notato.” Rispose.
“Dici? Beh, è vecchia, magari è per quello.”
“Dovrebbe farsi vedere da un Guaritore.”
“Beh, c’è Madama Chips.”
“Possibilmente un Guaritore del S. Mungo.” Velocemente, Regulus finì di sistemare la borsa e si alzò. Erano rimasti solo loro in classe, e una Tassorosso che si era addormentata sul banco e stava sbavando sul suo libro di testo. “Vado a, uh… dirle che…”
Si bloccò, nonostante tutto. Fece qualche passo fino a trovarsi davanti alla porta dell’ufficio, ma non procedette oltre. E se la donna stesse già facendo qualche cura, e fosse già stata visitata più e più volte da un Guaritore? E se effettivamente avesse fatto solo la figura dell’idiota? Quella era una donna adulta – beh, molto più adulta di lui, che sapeva decisamente badare a sé stessa. Non aveva motivo di dirle anche solo “ah”.
L’altro ragazzo nella stanza, che aveva capito cosa volesse fare, non la pensava allo stesso modo. Stuart lo spinse in avanti. “Avanti, dillo! Cosa sei, tu, un uomo o un coniglio?”
“Sono una serpe con ali da corvo.” Rispose Regulus, puntando le gambe in modo che il ragazzino non lo spostasse. “Se sei tanto incoraggiante, perché non vai tu da lei?”
L’altro sbiancò. “Io? Dalla Hookman? Ma sei pazzo? Vuoi che mi ammazzi, o ci metta di nuovo a lavare piatti infiniti?”
“E questo è il motivo per cui non sei un Grifondoro.” Disse Regulus. “Hai paura della Hookman? Davvero?”
“Non ho paura!” Esclamò Stuart. “Solo che non vorrei assolutamente che si arrabbiasse. Così come la McGranitt. O la professoressa Sinistra. O il professore pazzo di Cura delle Creature Magiche che ogni tanto ci incrocia nel corridoio e si mette a ridere, così, senza motivo.” Il ragazzino lo sguardò negli occhi, uno sguardo di puro terrore dentro di essi, come se stesse parlando di Gellert Grindelwald e non di Philomena Hookman. “Quando ce ne stavamo andando dalla punizione mi ha scompigliato i capelli. Scompigliato i capelli. Quale professoressa scompiglia i capelli dopo aver dato una punizione?!”
“Uh…” Okay, adesso Regulus era confuso. “La Hookman…?”
“Come i macellai che accarezzano l’agnello prima di mandarlo al macello, convinti che così la carne sia più buona, anche lei ammansisce gli studenti prima di mandarli al patibolo!”
Regulus lo fissò. “Stuart.” Disse, infine, dopo un bel po’ di minuti di silenzio. “Tu sei pazzo.”
“Io sarò anche pazzo.” Mormorò lui. “Ma lei è terribile, ti dico, terribile.”
L’altro ragazzo sospirò, e si scostò da lui. Prima che potesse rispondere o bussare, tuttavia, la porta si aprì da sola. La faccia perennemente pacata della Professoressa Hookman fece capolino dalla soglia. “Cari, non avete le altre lezioni da frequentare?” Chiese, e Regulus sentì effettivamente Stuart rabbrividire accanto a lui. Rabbrividire. “Avete bisogno di qualcosa?”
“Professoressa Hookman, dovrebbe farsi vedere da un Guaritore.” Esclamò velocemente Regulus, senza neanche quasi pensare: diretto, conciso, e tanti saluti.
Ovviamente la donna lo guardò confusa. “Prego?”
Ecco, ovviamente c’era bisogno di una spiegazione. “Professoressa, in questi giorni l’ho… l’abbiamo vista estremamente sottotono. E’ pallida, ed evidentemente con poche forze. Per il suo bene e quello del suo insegnamento e dei suoi studenti, dovrebbe decisamente prendersi un giorno per andare al S. Mungo per farsi controllare. Mio padre è un Guaritore e mi ha avvertito di stare attento a determinati sintomi: se vuole può andare proprio da lui. Insisto pesantemente.”
“P-Per non parlare che, ecco-“ Provò a dire Stuart, ma si ritrovò a balbettargli accanto. Niente, tutta la sua prontezza e faccia da schiaffi che aveva avuto davanti alla Clarke sembravano essere sparite davanti a questa “terrificante” professoressa. La donna, dal canto suo, continuò a guardarli perplessi. Dopo pochi attimi però sorrise, gentilmente.
“Non dovete preoccuparvi per me.” Disse. “Questa vecchia ha semplicemente vissuto troppi anni, ed è normale che il tempo faccia il suo corso e le indebolisca il corpo. Non è niente che un po’ di riposo non possa risolvere.”
“Professoressa, io insisto.”
“Oh, beh…” La donna sospirò. “Se è per farvi sentire sicuri, magari durante le vacanze farò un piccolo salto al S. Mungo. Non guasta mai un controllo ogni tanto, in fondo.” E poi, per la sorpresa di Regulus e il terrore totale di Stuart, si sporse in avanti e scompigliò i capelli ad entrambi. “Siete tanto cari a preoccuparvi per me, ma ora dovreste pensare invece alle vostre prossime lezioni. Soprattutto perché Minerva è molto poco permissiva sugli orari.”
 

Il tredici del mese si disputò la prima partita della Coppa di Quidditch, Grifondoro contro Serpeverde. Era quasi noiosa, per Regulus, perché il giovane sapeva già chi avrebbe vinto l’intero campionato: Tassorosso, sopra cento punti su Serpeverde. Questo non gli impedì di andare a sedersi fra gli spalti tifando nel suo cuore per Serpeverde e lanciando occhiatacce a tutta la squadra di Corvonero nel secondo match a fine novembre. Quell’anno sarebbero arrivati ultimi, e Regulus non riuscì a non pensare a come le cose sarebbero sicuramente cambiate se lo avessero preso in squadra. Quando Stuart lo disse invece ad alta voce, includendosi nel discorso, Turner diede ad entrambi un leggero scappellotto amichevole dal suo posto dietro di loro. “Egomaniaci.” Borbottò, ma sembrava divertito.
Con i primi di dicembre, l’interesse per le lezioni calò e si cominciò a parlare del Natale. Dei primini praticamente tutti decisero di tornare a casa per le vacanze, e quando durante una lezione di pozioni un’undicenne di Tassorosso, Hazel Burke, parlò di quanto era felice di ricevere anche quest’anno doni da “Babbo Natale”, Regulus le mise davanti la dura realtà che la fece scappare a fine lezione via in lacrime.
“Che c’è?” Chiese Regulus indignato ad un certo punto dagli sguardi dei suoi compagni. “Ha undici anni e crede ancora ad una storia babbana in cui un uomo entra nelle case altrui per portare regali ai bambini? Per giunta girando per il mondo intero senza effettivamente smaterializzarsi e infrangendo tutte le leggi, babbane e magiche, sul rispetto della privacy e della proprietà priva…”
“Oh, Black.” Esclamò Lerman, interrompendolo. “E cosa costava lasciarla credere? Bah, tu sembri proprio essere nato vecchio!”
Regulus si zittì istantaneamente.
Dal canto suo, sarebbe tornato a casa per scelta e per obbligo. Non aveva problemi col pensiero di passare il Natale a Grimmauld Place, tutt’altro, e ogni momento passato insieme ai suoi genitori sarebbe stato prezioso come la prima volta, soprattutto sapendo che suo padre li avrebbe abbandonati così presto. L’unica cosa che gli dava un po’ di ansia al pensiero di non rimanere a Hogwarts era la reazione dei parenti al suo Smistamento: come aveva scritto suo padre, sicuramente non se ne sarebbero stati zitti e in generale sarebbero stati altamente seccanti. Regulus era abituato ai loro metodi, ma aveva undici anni e i suoi zii non si sarebbero aspettati sicuramente di vederlo rispondere a tono, quindi avrebbe dovuto rimanere in silenzio.
E poi, ovviamente, c’era il rischio che ci fosse Bellatrix. Regulus non sarebbe riuscito a guardarla negli occhi, o a parlarle. Non dopo tutto quello che aveva fatto.
Ovviamente Sirius era di tutt’altra opinione e se fosse stato per lui si sarebbe incatenato ai cancelli di Hogwarts anche d’estate per non tornare. Ma era ancora piccolo, e si sarebbe dovuto sorbire anche un altro anno lontano dai Grifondoro a Natale se Regulus ricordava bene.
Il 23 dicembre entrambi i fratelli Black scesero, dunque, dall’Espresso di Hogwarts per trovare loro padre ad aspettarli. L’uomo salutò entrambi con una pacca sulla spalla.
“Oggi cammineremo fino a casa.” Annunciò, conducendoli oltre la Barriera del Binario 9/3 quarti dopo aver smaterializzato i loro bauli.
“Sono almeno venti minuti di strada, col freddo di dicembre, e minaccia pioggia.” Commentò, confuso, Regulus. Non era assolutamente successo la prima volta che era tornato a casa. “Per quale motivo non ci smaterializziamo? Se siete stanco, padre, possiamo prendere una Passaporta o addirittura il Nottetempo. So che non è esattamente…” Esitò, cercando le parole giuste. La maggior parte dei Purosangue puristi odiavano il Nottetempo: era troppo simile a un bus babbano, e avevano anche cercato di boicottarlo. “…un trasporto adeguato, ma per una volta potremmo fare un’eccezione.”
“No, abbiamo camminato anche l’anno scorso.” Intervenne Sirius, che sembrava essere estremamente annoiato. Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e cominciò ad andare avanti, senza quasi aspettarli. “Fate quello che volete. Più tardi arriviamo, meglio è per me.”
“Venti minuti vanno più che bene per parlare, Regulus.” Suo padre gli mise una mano sulla spalla, direzionandolo fuori dalla stazione. Sirius camminava qualche metro davanti a loro, ma Orion si tenne alla destra del figlio minore, un’aria seria sul volto. “E per arrivare preparati a casa.”
“Preparati? Oh. Se è per la questione del mio Smistamento, mi avevate già avvertito via lettera. So già che non mi lasceranno in pace.”
“Una lettera può sostituire una chiacchierata padre-figlio?” Orion sospirò. “Sei già a conoscenza di come reagirà tua madre, vero?”
“Se l’avete già fatta abituare alla rabbia, allora sarà con freddezza.” Recitò lui. “Frecciatine. Potrebbe urlarmi contro per le minime cose. Ho già visto l’anno scorso la pantomima, padre.”
Da qualche metro davanti, Sirius emise una risata simile a un latrato. “Non esagerare, adesso!” Esclamò. “Mica sei il traditore Grifondoro, tu. Sei sempre stato il preferito di mammina, vedrai che ti accoglierà con qualche bacetto e tutto passerà.”
“Sirius, chiudi la bocca quando cammini. Potrebbero entrarci le mosche.” Disse tranquillo Orion, e suo fratello si zittì.
Regulus si ritrovò indeciso se rispondere piccato alle accuse di Sirius o rimanere in silenzio: c’era abituato, in fondo. Da un certo punto in poi la loro intera relazione, prima di spezzarsi definitivamente ed arrivare alla totale freddezza, si era basata sulla preferenza evidente che avevano i genitori per lui. Non era colpa sua, però: semplicemente Regulus era un figlio decente. Era ovvio che preferissero qualcuno che non andava in giro a gettare le tradizioni di famiglia al vento, no? Non si trattava neppure del Signore Oscuro o dei Mangiamorte, qui. Si parlava proprio di educazione. E Sirius per giunta rispondeva sempre malissimo! Era il preferito per una ragione, non per ingiustizia. Ma questo non voleva dire che sua madre non potesse essere comunque delusa da lui.
Beh, ci si sarebbe dovuta abituare: ormai il danno era fatto. L’unica cosa che effettivamente provocava rabbia dentro Regulus, era il fatto che effettivamente si sarebbe beccato occhiatacce e frecciatine per nulla, perché lui era un Serpeverde in tutto e per tutto ma no, aveva voluto cercare di cambiare il più possibile e quindi adesso dormiva con i Corvonero. E la sua famiglia non avrebbe mai saputo la verità!
“Ti cercheranno di sminuire.” Continuò suo padre. “Alcuni di loro la prenderanno solo come un’opportunità per poter dare aria alla bocca, come tua Zia Cassiopeia, ma altri metteranno davvero in dubbio le tue capacità. Ma sai effettivamente chi è il vero bersaglio di tutto, non è vero?”
“Mia madre.” Annuì Regulus. “Come l’anno scorso, ovviamente. E Nonna Irma deve in qualche modo distogliere l’attenzione da Andromeda, non è vero?”
“Adorabile famigliola, la nostra. Molto unita.” Sirius sbuffò, voltandosi lievemente per guardarli. “C’è un tale affetto palpabile…”
Orion lo ignorò. “Non cedere alle provocazioni, non dar loro motivo di ferirti. Toujours Pur potrà anche essere il motto della famiglia Black, ma conosci quello del nostro ramo.”
Regulus annuì. “On nous cache tout.” Recitò. Derivava dalla parte paterna della famiglia, dal bisnonno che portava il nome di suo fratello. Bisognava nascondere tutto, non far trasparire nulla: ciò che ci si lasciava scappare era una debolezza che poteva essere sfruttata dagli altri, che fossero semplici rivali di scuola e lavoro a veri e propri nemici. Ed era proprio questo insegnamento ciò che aveva salvato Regulus dall’essere scoperto durante gli ultimi giorni di vita dal Signore Oscuro, insieme ad una spiccata predisposizione per l’Occlumanzia e gli allenamenti del padre a riguardo. Ultimamente Regulus non aveva osservato a pieno queste parole, non nel modo in cui aveva difeso la sua famiglia, non nel modo in cui effettivamente si era messo allo stesso livello di altri ragazzini. Il detto del ramo materno, in fondo, era Fierté avant tout, l’orgoglio prima di tutto: e ciò portava effettivamente ad esporsi quando bisogna difendere i propri valori, le proprie idee, la propria famiglia. E in effetti, sia Sirius che sua madre, il primo senza volerlo, prendevano tutto da quelle parole.
“Ho cose più importanti a cui pensare che qualche commento maligno.” Disse. Orion gli lanciò un’occhiata indecifrabile.
“Non li sottovalutare.” Lo avvisò, ma nel suo tono c’era anche una piccola nota di orgoglio. Il suo sguardo si spostò poi in avanti, sul figlio maggiore. Per un attimo, Regulus pensò di averci visto qualcosa – tristezza, forse. “Fermiamoci.” Annunciò l’uomo. “Prenderemo qualcosa di mangiare in uno di questi café.”
“In un café babbano?” Chiese stupido Regulus, ma Sirius era già corso in avanti a scegliere uno fra i tanti locali che servivano cibo. “Salteremo il brunch di Zia Druella, dunque? ”
“Lascia che siano i tuoi nonni a goderselo.” Replicò suo padre. “È giusto radunare le proprie forze prima di una qualsiasi battaglia, in fondo. Credo che a me servirà decisamente della caffeina, e sono tentato di concederla anche a te e a tuo fratello.”
“Volete davvero dare della caffeina a Sirius? Con permesso allora tornerò subito a casa, da solo, così eviterò almeno l’inizio del disastro.”
 
 
Quando la porta di Grimmauld Place si aprì, tutti i rumori da dentro la casa sembrarono fermarsi. Regulus udì chiaramente il suono di piatti e posate venir appoggiati con forza sul tavolo.
Si comincia. Pensò, sconsolato, seguendo suo padre verso la sala da pranzo. Sirius cercò silenziosamente di avviarsi verso le scale, ma Orion senza nemmeno guardarlo gli afferrò una spalla e lo costrinse a seguirli.
Walburga Black, seduta al tavolo e con davanti una tazza di the e un piattino contenente piccole tartine e dolcetti, aspettò due minuti prima di alzare lo sguardo verso la soglia della porta. Guardò prima Orion, poi incredibilmente Sirius, prima di posare il suo sguardo su Regulus. Ouch. “Siete in ritardo.” Disse.
Freddezza, apatia: forse si era già per metà abituata all’idea, o forse semplicemente non voleva urlare davanti agli altri parenti. Nella stanza, infatti, sedevano anche i suoi nonni materni, Pollux e Irma, sua zia Cassiopeia, e i genitori di Narcissa, Cygnus e Druella: era stata quest’ultima, come ogni anno, ad occuparsi del piccolo pasto che dava inizio alle ufficiali vacanze dei Black, decidendo tutto il menù che la sua Elfa Domestica Hibby stava sparecchiando, aiutata da Kreacher, proprio in quel momento.
“Ho incontrato dei colleghi alla stazione.” Spiegò Orion, per poi spingere lievemente sia Sirius che Regulus in avanti. Entrambi chinarono la testa lievemente verso il basso, e Regulus si accorse che Sirius aveva soffocato uno sbuffo in maniera abbastanza evidente.
“Buongiorno, madre. Nonni, zii.” Borbottarono, in coro, la solita solfa che dovevano sopportare quando il resto della famiglia venivano a trovarli. Di solito a Regulus non importava, ma quelle vacanze sarebbero state decisamente diverse da tutte le altre.
“Sirius, hai messo su peso. Di nuovo.” Disse Walburga. “Sei sporco in faccia, vatti a dare una lavata.” Sirius non se lo fece ripetere due volte: incurante dello sguardo arcigno di sua madre, afferrò al volo una tartina che Hibby stava portando via e scappò di sopra. “Regulus, siediti.”
Dovette trattenere un sospiro, perché non aveva alcuna intenzione di far arrabbiare sua madre. Sia lui che suo padre presero posto al tavolo, ma mentre suo padre si versò – altro – caffè, Regulus non mosse un dito, guardando sua madre.
Fu sua nonna Irma, tuttavia, a iniziare. “Dicono che la Torre di Corvonero ospiti un dormitorio incantevole.” Disse, versandosi del tè prima che Kreacher potesse portare via la teiera. “Abbiamo finalmente qualcuno che ce lo può confermare, non è vero?”
Brutta arpia, non avrebbe mai affrontato il discorso direttamente. “È accettabile.” Rispose Regulus, tranquillo. “La sua posizione è scomoda per raggiungere determinate parti di Hogwarts a determinati orari e da una delle finestre penetrano degli spifferi, ma credo sia adeguata.”
“Certo, che un dormitorio blu e bronzo sicuramente sarà un problema per gli occhi, non è vero?” Pressò lei. “E la divisa! Con la tua carnagione, poi, orripilante. Al pensiero che dovrò cucirti una sciarpa con quelle tonalità, invece che un glorioso verde…”
“Amo il verde, nonna, e una sciarpa in più può sempre far comodo, con il clima del Nord.”
“Oh, piantiamola con i convenevoli!” Esclamò Cassiopeia, che non era mai stata felice di tutti i giri di parole che si usavano, ma amava poter sparlare direttamente della gente. La donna si sporse sul tavolo, artigliandolo mentre guardava Regulus con sguardo predatore. “Beh, Beh. Corvonero di certo è meglio di Grifondoro, non è vero Walburga?”
Walburga si irrigidì. “Di certo.”
“Avevo qualche conoscenza in Corvonero, quando frequentavo la scuola. Perlomeno, avrà degli ottimi voti!” Cassiopeia sorrise, ma sembrava più un ghigno affamato. “Che strano, però. Eri così entusiasta di finire a Serpeverde, come tutti in famiglia…”
“Sfortunatamente, non siamo noi a decidere.” Disse Regulus, congiungendo le mani in grembo. Sentiva lo sguardo di suo padre addosso. On nous cache tout…
“Un vero peccato, non condividere la casa con tua cugina.” Si intromise Cygnus, assottigliando gli occhi. “Dimmi, ti trovi bene, almeno?”
Non potrebbe importartene meno.  “Sono passate poche settimane.” Concesse, diplomatico. Non era un sì, ma neppure un no. “Sono cosciente, tuttavia, del fatto che riuscirò a tirare fuori il massimo dal mio Smistamento e rendere orgogliosa la famiglia.”
“Sarebbe stato molto più facile, in Serpeverde.”
Regulus si preparò mentalmente a ciò che stava per dire. “Non è forse meglio elevarsi sopra le aspettative altrui piuttosto che crollare da una vetta autoproclamata?” Sospirò teatralmente. “Non che la famiglia non ci sia abituata, ormai.”
Ahia. Vide sua Zia Druella sussultare lievemente, e gli occhi di Cygnus si assottigliarono pericolosamente. Oh, se loro potevano cercare di divorarlo vivo in quella maniera, lui poteva tirare in mezzo Andromeda senza che potessero dirgli qualcosa. Sentì lo sguardo di entrambi i suoi genitori addosso ma lui tenne la testa alta e l’espressione innocente, come se non avesse appena detto nulla di male.
Nonno Pollux ruppe il silenzio ridacchiando. “Orion, tuo figlio parla come un libro stampato. È questa l’influenza Corvonero? Ho paura di come sarà da adulto!”
“Chiaramente, eccellente.” Ripose suo padre, e Regulus si sentì sciogliere dentro. “Regulus, vai a farti una doccia anche tu.”
“Ma certo.” Si alzò tranquillamente, e dopo aver salutato con un cenno del capo tranquillo i parenti uscì dalla stanza a testa alta.
“Ma che cazzo.” Mormorò suo fratello, da dietro la porta, seguendolo. Non si era cambiato e aveva un’altra tartina fra le mani. “Hai appena insultato tutta la famiglia tranne noi attraverso ‘Meda senza avere conseguenze o ho sentito male io!?”
“Prendi spunto per i tuoi prossimi capricci. Pensavo che non ti interessassero gli affari di famiglia, Sirius.” Regulus gli rubò la tartina dalle mani, avviandosi poi verso il piano di sopra e ignorando il fratello che lo seguiva.
“Infatti.” Esclamò lui, appena furono il più lontano possibile dalla sala da pranzo. “Ma potrei mica perdermi l’umiliazione annuale di nostra madre? Questo è stato molto meglio, però, Zio Cygnus era livido. Se lo rifai davanti a Bellatrix, ti compro un pacco di quei Rospi che tanto ti piacciono.”
 
Regulus avrebbe voluto tanto rifarlo, ma la prima cosa che fece quando vide Bellatrix fu bloccarsi.
Non è la stessa Bellatrix, non è la stessa Bellatrix. Cominciò a pensare, stringendo forte i pugni dietro la schiena. Non è la stessa Bellatrix…
Fortunatamente, la donna non era mai molto disposta a parlare con i cugini più piccoli a differenza di Narcissa. Regulus approfittò di un reale principio di raffreddore per chiudersi in camera sua e starle il più lontano possibile.
La sera della vigilia di Natale, suo padre bussò alla sua porta con in mano un grosso pacco e appollaiato sulla spalla un gufo sconosciuto. Regulus, confuso, prese il pacco e la lettera che lo accompagnava fra le mani, guardando il rapace cercando di comprendere chi potesse avergli scritto.
“L’indirizzo è di Kirkwall, in Scozia.” Spiegò suo padre. “Una certa ‘Famiglia Lerman’.”
“Oh. È una mia compagna di scuola, allora.” Dopo aver dato la buonanotte a suo padre, Regulus si sistemò sul letto e aprì prima la lettera, confuso. Perché Violet Lerman gli aveva scritto e mandato qualcosa?
Ciao, Black!
So che la tua famiglia ti darebbe problemi, quindi ho usato il gufo di Violet. Ieri sulla BBC (so che non sai cos’è) c’era un film (idem) in cui c’era un ragazzino che diceva cose strane, così ti ho pensato. Purtroppo ho perso l’Hanukkah quest’anno, ma Violet ci ha invitato per il pranzo di Natale quindi domani mangerò un sacco. Ma voi fate come loro per Natale anche se sono tradizioni Babbane? Perché è una festa, nel mondo magico? Boh, io proprio non vi capisco.
Comunque ogni scusa è buona per mangiare e ricevere tanti regali. Non ero sicuro di cosa poterti fare così ho chiesto consiglio ai miei. Prima mi hanno consigliato dei giochi, ma tu sei vecchio dentro e un piccolo stronzo così papà mi ha dato questo libro dalla sua libreria. Scusa se non è nuovo, ma ho comprato un nuovo mangiacassette (l’Advent model 201!!!!!!!! Lo vorrei portare a Hogwarts, ma ho paura che si rompe) (un giorno ti spiegherò cos’è un mangia cassette!!).
Se i tuoi genitori vedono il libro, lancialo fuori dalla finestra e distraili urlando. Funziona sempre. Credo.
Jason”
 
Perché diamine Jason Stuart gli aveva fatto un regalo di Natale? “Troppa confidenza.” Mormorò, andando ad aprire il pacchetto, confuso, e ritrovandosi in mano un libricino sconosciuto. “È già tanto che io abbia fatto il regalo a Sirius.”
Studiò il libricino con aria perplessa, e anche un po’ malfidente. Non riconosceva il nome dell’autore ma se era uscito dalla libreria del padre di Stuart sicuramente doveva essere un Babbano. Si sdraiò sul letto e lo aprì, confuso. “Vecchio dentro e stronzo?” Una descrizione accurata, eppure Jason avrebbe anche dovuto sapere abbastanza di lui da pensare che sicuramente non avrebbe voluto un maledettissimo libro babbano. Se i suoi parenti l’avessero trovato, altro che frecciatine a tavola: lì sì che ci sarebbero state delle grosse litigate, e neppure per colpa sua.
Chissà che diamine di lettura noiosa, poi, gli avesse regalato. Regulus aprì la prima pagina per pura curiosità. Tanto valeva vedere che cosa leggevano i Babbani.
 
Non aveva senso. Regulus non capiva metà dei termini e degli oggetti babbani descritti nel libro, riuscendo a comprenderne alcuni solo grazie al contesto; il colpevole dei due omicidi era stato svelato all’ultimo e la sua storia data “postuma”, impedendogli quindi di cercare di capire prima chi fosse il colpevole e Oh Merlino ma che problemi avevano i Babbani? Sperava proprio che la storia del colpevole non fosse basata sulla realtà. Avrebbe dovuto lanciare il libro dalla finestra proprio come Stuart aveva suggerito, ma per tutti altri motivi.
Eppure aveva passato tutta la notte a leggerlo!
Il protagonista. Doveva essere colpa del protagonista, non c’era altra spiegazione, della sua logica e del suo modo di porsi. Un protagonista che doveva essere un mago, non c’era altra spiegazione al fatto che fosse riuscito a capire tutto di una persona dai dettagli di un orologio. Doveva essere una qualsiasi forma di Legilimens, non poteva essere altro. Regulus lanciò un’occhia truce alla copertina, insultando mentalmente questo Doyle.
“Che diamine regalo a Stuart?” Mormorò, confuso, perché per educazione adesso avrebbe dovuto ricambiare e davvero, che cosa poteva piacere ad un ragazzino babbano?
“Sirius!” Esclamò quindi alle cinque del mattino, irrompendo in camera sua e facendolo sobbalzare sul letto. “Che cosa regalo a un undicenne Nato Babbano!?!?”
“MA CHE CAZZ-“ Sirius gli lanciò contro un cuscino, mancando la mira di almeno due metri. “Torna a dormire, idiota di un fratello! Ti preferivo quando quasi manco sapevi cosa fosse, un Nato Babbano!”
 
 

Erano passati due giorni dal suo arrivo da Hogwarts, ma sua madre ancora non gli rivolgeva la parola davanti ai parenti. Perfetto e fantastico, davvero. Probabilmente gli sarebbe passata quando sarebbe tornato a Hogwarts, ma la situazione era decisamente stressante.
Mai stressante quanto il pranzo di Natale dei Black.
Etichetta, etichetta, etichetta. Era stressante per Regulus, figuriamoci per Sirius che già detestava dire “buongiorno” e “buonanotte” da qui un po’. Vestiti in maniera impeccabile, seduti in maniera estremamente composta, e al posto giusto. Sua madre a capotavola da un lato, con al suo fianco i nonni Pollux e Arcturus, suo padre a capotavola dall’altro con accanto nonna Irma e, in mancanza della defunta nonna Melania, Cassiopeia Black. In quanto più giovani, lui e Sirius si trovavano quasi al centro della tavolata, opposti a Narcissa e Lucius, praticamente circondati dai parenti e impossibilitati ad una via di fuga. Nella sua vita precedente, per festeggiare il suo smistamento Regulus si era seduto accanto a suo nonno Arcturus, ma a quanto pare questa volta non era abbastanza importante da meritare il posto d’onore.
Invece, si era ritrovato accanto a Bellatrix.
La prima mezz’ora del pasto era stata sicuramente tranquilla: gli adulti avevano parlato del più e del meno, e poi dei loro affari, delle varie carriere, cosa stava succedendo in famiglia, eccetera eccetera. Ma Regulus sapeva di non potersi salvare, e fu nel momento esatto in cui sua nonna Irma portò nuovamente lo sguardo su di lui prima di rivolgersi a Narcissa che il ragazzino comprese che stava per iniziare un altro “round” di quel gioco che la sua famiglia amava fare.
“Narcissa cara.” Iniziò. “Ricordo forse che fosti tu, quella a cui il Cappello Parlante chiese se volesse andare in un’altra casa? Corvonero, credo?”
“Zia Lucretia, nonna.” Rispose lei. “Anche se il Cappello mi disse che sarei stata intelligente quanto un Corvonero.”
“E ricominciamo…” Borbottò Sirius, accasciandosi sulla sedia scocciato. Walburga gli lanciò uno sguardo di fuoco, e Regulus gli tirò un calcio da sotto il tavolo. “Ahi!”
“Però Lucretia è Serpeverde. Oh, cielo! Forse potevi scegliere, Regulus.” Irma spostò nuovamente il suo sguardo sul nipote, fingendo innocente preoccupazione. “Oh, se solo tu l’avessi saputo prima…”
Fu Narcissa a rispondere, velocemente ma pacatamente, prima che Regulus potesse aprire anche solo la bocca. “Non sempre il Cappello fa scegliere, temo.” Lo difese. “E Corvonero produce ottimi lavoratori e sapienti del nostro tempo…”
“Se Regulus vuole finire sommerso dai libri e dedicato solo al lavoro, allora ben venga!” Esclamò Cassiopeia, muovendo le lunghe unghie decorate sul tavolo, come se stesse seguendo un ritmo musicale. “Con Sirius in quella casa di barbari e Sanguemarcio e Bellatrix incapacitata, la Casa dei Black finirà per terminare qui! Ah, no, giusto… ci sei anche tu, Narcissa, sempre che tu riesca a produrre un figlio maschio.”
Le nocche di Narcissa si strinsero pericolosamente sulla forchetta, ma non ebbe altra reazione. La donna avrebbe sopportato per anni prima le frecciatine sul fatto che sua madre avesse avuto tre femmine, poi gli insulti velati per l’erede che non arrivava. Regulus vide Lucius muoversi, le labbra assottigliate pericolosamente, e si rese conto che probabilmente le aveva stretto l’altra mano da sotto il tavolo, per darle forza.
Cygnus cercò di difenderla, debolmente. “Ma sì, è giovane, prima o poi arriverà…” Tentò di dire, ma Druella lo interruppe appoggiando il bicchiere sul tavolo: un movimento leggero, ma che ebbe la conseguenza simile allo sbatterlo per attirare l’attenzione.
“Se le donne della Nobile Casata dei Black non produrranno eredi maschi, li produrranno le loro figlie femmine.” Disse, per poi guardare verso Cassiopeia. “E porteranno comunque avanti la famiglia, a differenza di qualcun altro.”
Cassiopeia si zittì. Poteva anche essere uno dei membri più importanti del Wizengamot e un’alta carica del Ministero, ma rimaneva comunque senza figli. Regulus pensò che fosse crudele parlarne, perché Cassiopeia aveva partorito due bambini che le erano stati portati via poche ore dopo dalla malattia, ma rimase in silenzio e si concentrò sul suo piatto. Questo scambio di insulti velati non sarebbe di certo finito solo perché lui trovava ingiusto parlare di determinati argomenti.
“In ogni caso, Corvonero non è di certo Serpeverde.” Disse suo nonno Arcturus. “Sì, sì, un ottimo luogo per studiare, ma non è la stessa cosa. Sempre meglio di Tassorosso, o di Grifondoro.”
Sirius digrignò i denti. “Grifondoro è perfettamente- “
“Sirius Orion Black.” Lo bloccò sua madre. “Pensa a mangiare.”
Regulus sapeva cosa sarebbe successo se Sirius avesse espresso liberamente tutti i suoi pensieri: litigate, urla da parte sua, urla da parte di sua madre che avrebbe perso finalmente il controllo, e parenti insopportabili che ne avrebbero approfittato. “Corvonero e Serpeverde non sono poi così tanto diverse.” Disse, ad alta voce, sentendo nuovamente lo sguardo di tutti su di sé. “Entrambe preparano i suoi studenti al futuro dopo Hogwarts in maniera migliore rispetto a Tassorosso o, ugh, Grifondoro. E non perderò tutti i valori della nostra famiglia solo perché dormirò per sette anni in un dormitorio diverso.”
Avrebbe potuto essere una cosa pericolosissima da dire; uno smacco al nome di Serpeverde e un’offesa a tutti loro per averla paragonata a Corvonero. Ma Cassiopeia era ancora silenziosa dopo l’attacco di Druella, e nessun altro sembrò prenderne offesa: forse per la pacatezza con cui l’aveva detto.
“Alcuni di noi provengono da altre Case.” Intervenne Bellatrix. “Mai da Grifondoro. Il Signore Oscuro li accetta comunque.”
Regulus si bloccò, la forchetta lievemente a mezz’aria. No, no. Non posso affrontare questo discorso, non ora, non davanti a tutti…
“Accetterà anche te.”
No.”
Si ritrovò a trattenere il fiato. Non aveva avuto intenzione di dire qualcosa, o di apertamente rifiutare davanti a Bellatrix. Certo, aveva undici anni, nessuno gli avrebbe detto qualcosa perché adesso non gli andava a genio l’idea di unirsi al Signore Oscuro, ma sua cugina Bellatrix era pazza e non sapeva come avrebbe potuto reagire.
Gli fischiavano le orecchie. Sentì a malapena Bellatrix chiedere spiegazioni, e vide solo con la coda dell’occhio Lucius lanciargli uno sguardo preoccupato.
“Non ho intenzione di…” Deglutì. On nous cache tout. On nous cache tout.
“Unirsi al Signore Oscuro è il più grande degli onori.” Disse Bellatrix, guardandolo dall’alto in basso. “Vuol dire fare qualcosa per la società depravata e filobabbana in cui viviamo. E vuol dire poter servire un Mago come lui – un onore che spetta solo a pochi eletti-“
“Potevi sposarti lui, invece di-“ Regulus tirò velocemente un altro calcio a Sirius prima che potesse finire la frase, ma Bellatrix non sembrava averlo sentito, ma stava continuando a blaterare.
“Regulus ha undici anni.” Intervenne Lucius. “E’ fin troppo piccolo per pensare a qualcosa di più grande di lui.”
“Perché no?” Chiese Cygnus. “Il primogenito è Sirius, in fondo. Che ci pensi lui, agli affari della famiglia, e che Regulus ci porti invece onore.”
Onore? Ma quale onore?
“Credo che un Black disposto a rischiare la vita basti e avanzi.” Disse Pollux, ma Bellatrix rise, amaramente.
Che onore c’era nel stare appresso ad un folle?
“Non ne basterebbero in cento!” Esclamò, sbattendo il pugno sul tavolo. “Un giorno il Signore Oscuro ci libererà dalla piaga dei Sanguemarcio e dei filobabbani, e di tutti i loro simpatizzanti, e quel giorno io gli sarò accanto nella gloria, fedele per sempre.” La donna sorrise, ma non c’era bontà nel gesto, o gentilezza. “Tu lo sai, Lucius. Sarebbe il più grande degli onori…”
“Ma quale onore!?” Sbottò Regulus, sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Prima che potesse fermarsi, prima che potesse rendersi conto di quello che stesse dicendo, un fiume in piena gli scaturì dalla bocca. “Quale onore c’è nell’uccidere i bambini e torturare gli innocenti!?”
Per un attimo, pensò che il tempo si fosse fermato. Poi, Bellatrix parlò. “Sono Babbani, piccolo idiota!” Affermò. “Non equiparabili nemmeno alle scimmie. Il Signore Oscuro fa un favore al mondo a sbarazzarsi di loro.”
Ignorò tutti segnali che gli stava mandando il suo cervello, tutti i fermati rovinerai tutto. “Il Signore Oscuro? A lui non frega niente davvero della purezza del sangue. Lo sai che è un Mezzosangue, vero!? Lui vuole solo il potere e ha trovato una scusa per ottenerlo facilmente!”
Sentì qualcuno sussultare lungo il tavolo, e il rumore di una sedia che si muoveva, ma i suoi occhi erano posati solo su Bellatrix. “Come… osi!” Esalò, evidentemente infuriata e scioccata. “Come osi… dire delle cose del genere…” Si alzò di scatto, e Regulus fece lo stesso, senza distogliere l’attenzione dal suo volto e ignorando i richiami allarmati da parte di sua madre e suo padre. “Mi avevano detto che eri diventato fin troppo amichevole con dei Sanguemarcio, ma mai avrei pensato che ti potessero influenzare così!”
I Sanguemarcio, i ragazzini di undici anni con cui aveva diviso un banco o una camera da letto. I Sanguemarcio con cui aveva riso, aveva tirato dei piatti contro un muro, il Sanguesmarcio che gli aveva fatto un regalo che lo aspettava in camera quando nessuno lo aveva costretto. Jason Stuart che lo difendeva, e Damian Littleton che cercava di essere suo amico, e i filobabbani come Eloise Shepard che aveva contribuito ad uccidere, tanto tempo fa e allo stesso tempo fra pochi anni.
“Saranno anche inferiori a noi.” Sibilò. “Ma sono di certo superiori in tutto e per tutto a Tom Riddl-“
Sentì qualcosa arrivargli addosso e, allo stesso tempo, delle esclamazioni e un verso di sorpresa. Si ritrovò a chiudere gli occhi di istinto, confuso, sentendo un respiro vicino, e li riaprì solo quando le esclamazioni si quietarono.
Sirius era davanti a lui, schiacciato contro il suo corpo in modo da schermarlo del tutto. Bellatrix era bloccata in piedi, con la mano ferma a mezz’aria, pronta a colpire il volto di Regulus: respirava forte, affannosamente, e guardava verso Orion.
L’uomo si era alzato e, con espressione mortalmente seria, puntava la bacchetta contro Bellatrix. Tutti quanti gli altri, al tavolo, sembravano essersi gelati, tranne Cygnus che si era alzato in piedi.
“Regulus.” Disse Orion seriamente. “Vai in camera tua.”
“Padre-“
Subito.”
Deglutendo, Regulus si sciolse dal semi abbraccio di Sirius, mentre la realizzazione di ciò che era appena successo lo colpiva. Cazzo. Pensò. Cazzo, cazzo, cazzo.
“Bellatrix Lestrange.” Disse suo padre, senza distogliere lo sguardo da lei o abbassare la bacchetta. Il suo tono era spaventoso, un tono che Regulus non aveva mai udito, nemmeno nella sua vita precedente. “Non osare mai più provare ad alzare le mani contro uno dei miei figli, o sarò costretto a prendere gravi conseguenze.”
La donna sembrava pronta a ucciderlo sul posto. Invece abbassò il braccio, furente di rabbia.
Sirius prese per mano Regulus. “Andiamo.” Mormorò, conducendolo via.
“Sirius, tu resta qui.” Provò a dire Walburga, ma Sirius la ignorò.
“Col cazzo!” Esclamò, provocando vari versi scandalizzati dal tavolo, prima di sbattere alle loro spalle la porta della sala da pranzo.

 
 
 
 





Che carini, i Black. *Ironico* No, in realtà li amo, e vorrei evitare il solito stereotipo di famiglia kattivah che Crucia i propri figli perché non salutano o non sono abbastanza educati, MA non posso nemmeno negare che sia una famiglia piena di problemi, e anche gravi.
Bellatrix è difficile da scrivere, perché è una pazza psicotica ma non è ancora andata ad Azkaban, quindi immagino sia più controllata che nella saga originale.
Per il prossimo capitolo, gli ultimi giorni prima del rientro a Hogwarts e la conseguenza delle azioni di Regulus.

 
 
 



Orion : Toujours Pur potrà anche essere il motto della famiglia Black, ma conosci quello del nostro ramo.
Regulus: L’inverno sta arrivando.
Orion: nO-
 

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Capitolo 5
*** Ritorno a Hogwarts ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
V Capitolo - Ritorno a Hogwarts





 
Fecero a malapena in tempo a raggiungere il piano superiore prima che le gambe di Regulus cedessero.
Si dovette appoggiare al parapetto della grossa scalinata per evitare di cadere, lasciando la presa della mano di Sirius che si voltò verso di lui a guardarlo, preoccupato.
Oh no. Pensò. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Dopo pochi attimi realizzò di starlo anche mormorando, e che Sirius si era portato più vicino a lui. Gli fece segno di allontanarsi e si lasciò cadere a terra, con la schiena contro il parapetto e le mani nei capelli.
“Porco schifo, Reg.” Esclamò Sirius, portandosi una mano alla fronte. La sua espressione era un misto fra incredulità ed eccitazione. Fece una risatina nervosa. “Ti avevo detto di dar contro a Bellatrix ma… così… nemmeno io sono un folle del genere.”
Non ancora. Pensò per un attimo Regulus.
“Nostra madre ti ucciderà, nostra madre ci ucciderà, sei riuscito a…” Sirius sembrò ritrovarsi senza parole, qualcosa che Regulus avrebbe accolto con piacevole sorpresa se si fossero trovati in qualsiasi altra situazione.
Invece, sospirò. “Sono riuscito a umiliare me stesso, ad umiliare nostra madre, a gettare all’aria tutti i valori in cui la nostra famiglia crede, a mettermi contro metà della famiglia e una pazza psicotica alleata con un terrorista e probabilmente a compromettere tutto quello che… In una conversazione di a malapena due minuti.”
“Cos’è un “terrorista”?” Chiese Sirius.
“Congratulazioni, Regulus Arcturus Black.” Lo ignorò lui, stringendosi ciocche di capelli intere fra le mani e tirando. “Tu sì che sei un totale e perfetto idiota.”
Sirius sembrò esserne scandalizzato. “Non sei un idiota. Diamine Reggie, le cose che hai detto…!” Si bloccò, per un attimo, e poi sorrise. “Sono, beh, sono fiero di te! Okay, c’è sempre quel piccolo fattore dell’inferiorità ma… wow. Ma non era proprio il momento adatto.”
Regulus non alzò lo sguardo. “Non darmi lezioni a riguardo”
“Beh, nemmeno io ho urlato davanti a tutti i nostri parenti che preferirei stare con dei Nati Babbani piuttosto che con il loro idolo assoluto, Voldescem.”
“Non ancora.” Ripeté Regulus, questa volta borbottandolo, ma Sirius lo ignorò.
“E parlavi proprio come un adulto!” Rise. “E la cosa sul suo essere un Mezzosangue!? Non so se tu te la sia inventata oppure…”
“Ho sentito qualcuno parlarne, l’anno scorso, durante le vacanze. Forse era Lucius, forse era Narcissa.”
“Bellatrix era livida. Totalmente. E il nome che stavi dicendo…?”
“Per favore, smettiamo di parlare di ciò che ho fatto e concentriamoci sul fatto che l’ho fatto. Nostra madre ci ucciderà.” Sbottò Regulus, riuscendo finalmente a zittire il fratello. Sospirò e abbassò le mani dalla sua testa, rilassando lievemente le spalle. Provò ad ascoltare i rumori della casa: nessuna voce proveniva dalla sala da pranzo, forse perché troppo lontana. Chissà se stavano tutti parlottando di lui, di loro, o se si erano congedati per poter sparlare meglio a casa o nelle loro stanze. Forse avevano continuato il pranzo in un silenzio imbarazzato e pregno solo delle frecciatine di Irma e Cassiopeia. Forse Bellatrix se ne era andata a schiarirsi le idee.
Bellatrix aveva provato a colpirlo, ed era fortunato che effettivamente non avesse sguainato la bacchetta. Sua cugina era peggiorata nel corso degli anni, pian piano che passava il tempo con Voldemort, ma era sempre stata fuori di testa. Regulus era sicuro del fatto che se un giorno Voldemort avesse ordinato alla donna di sterminare la sua intera famiglia, lei lo avrebbe fatto senza battere ciglio. Si portò una mano alla guancia, quasi di riflesso, prima di congelarsi sul posto.
“Ti sei… messo davanti a me.” Mormorò.
Sirius si voltò, evidentemente confuso. “Uh?”
“Ti sei messo davanti a me” Ripeté Regulus. “Quando Bellatrix voleva colpirmi, stavi per prendere il… volevi essere colpito al posto mio?”
Suo fratello spalancò gli occhi in un’espressione di comprensione, e poi fece spallucce. “Beh, no, non è che volevo essere colpito al posto tuo, nessuno vuole essere colpito! Ma non potevo nemmeno lasciare che ti facesse del male, no?”
“Perché?”
“Perché?”
“Perché no? Perché ti sei messo di mezzo?” Chiese Regulus, incredulo. Non riusciva a capacitarsi di un’azione simile, perché avrebbe capito benissimo se Sirius fosse intervenuto – come stava facendo inizialmente – per difendere le sue idee, per difendere la sua Casa di Hogwarts e lo stato di sangue dei suoi amici, ma per difendere suo fratello?
Non mi hai difeso in nessun’altra occasione. Pensò. Non che Regulus pensasse di aver avuto bisogno di essere difeso, eh, né allora né ora: non ce n’era mai stata l’occasione. Regulus aveva deciso volontariamente di entrare nei Mangiamorte, nessuno l’aveva obbligato, nessuno lo aveva minacciato. Ma Sirius non ci aveva nemmeno provato. Non lo aveva mai preso da parte chiedendogli se fosse quello che voleva, non gli aveva mai chiesto se volesse andare via con lui. Certamente, Regulus avrebbe risposto di no, probabilmente lo avrebbe pure mandato a quel paese, e forse suo fratello questo lo aveva saputo: ma Sirius era sempre stato l’avvocato delle cause perse, quello che difendeva a tavola persino i lupi mannari, chissà poi perché. E con lui non ci aveva nemmeno provato.
Sirius lo guardò un po’ perplesso, e poi sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, quello che faceva cadere tutte le ragazze ai suoi piedi, che faceva avvicinare Potter per abbracciarlo, e che aveva dato la nausea per tanti anni a Regulus. “Beh, sono il fratello maggiore, e tu sei il fratello minore. Devo proteggerti, no?” 
Regulus sentì la rabbia salirgli nel corpo. Strinse i pugni, forte. “Devi? Tu non “devi” niente, Sirius!”
“Perché sei arrabbiato!?” Esclamò Sirius, spalancando gli occhi. “Stavo facendo una cosa per te!”
“Wow, come sono onorato!” Il sarcasmo fuoriuscì da lui in maniera naturale. Non si accorse di aver alzato la voce, ma vide con la coda dell’occhio la testa di Kreacher fare capolino da dietro un angolo, probabilmente per controllare che tutto andasse bene e non si stessero per picchiare.
“Regulus, che cazzo!” Urlò Sirius. “Non ho fatto nulla!”
“È proprio questo il punto.” Sibilò lui, velenoso.
Suo fratello alzò le mani, evidentemente incredulo e arrabbiato – batteva un piede contro il pavimento, come per scaricare la tensione. “Se vuoi torno indietro e li insulto un po’ anche io, ma non è che avessi proprio il tempo al momento, con te che strepitavi tirandomi calci sotto la sedia!”
“No, non volevo dire quest- “
“Che cazzo Reg, non me lo merito! Non sono io quello che ti vorrebbe nell’esercito del male o che ti ha alzato le mani addosso!”
Rimasero in silenzio, entrambi, guardandosi. Sirius respirava affannosamente.
Forse dovrei smetterla di giudicare questo Sirius per le azioni della sua controparte futura. Il pensiero arrivò all’improvviso, e Regulus deglutì. Ma era così difficile non giudicare Sirius per ogni singola azione, non metterlo a paragone con l’altro Sirius. Gli veniva quasi automatico. Continuava a pensare, “E se lo avessi fatto l’ultima volta, magari ancora da Serpeverde, cosa sarebbe cambiato?”.
Però… era vero. Questo Sirius, adesso, non aveva fatto nulla di male. Anzi. “…No. Hai ragione. Non lo sei.” Regulus si passò le mani sul volto, in un gesto evidentemente di stanchezza. “È Bellatrix.”
Si rialzò, tremando ancora un po’ sulle gambe, ma questa volta Sirius non si fece avanti per aiutarlo. Era evidente che Regulus l’avesse indispettito. Il ragazzino sospirò, e fece qualche passo, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo. Nel farlo, i suoi occhi si posarono su una camera degli ospiti semiaperta.
Senza nemmeno pensarci, superò Sirius. Sotto il suo sguardo confuso, e ancora un po’ arrabbiato, Regulus aprì del tutto la porta e ci entrò, notando subito le valigie semiaperte e i vestiti seminati qua e là. E da una borsa semiaperta ai piedi del letto, una maschera estremamente familiare faceva capolino. Sirius, che lo aveva seguito ed era rimasto allo stipite della porta, si bloccò.
“Non lo nasconde nemmeno.” Regulus si chinò, e raccolse la maschera. Era decisamente quella di Bellatrix, perché Lucius era troppo cauto per portare le sue vesti in giro in questo modo, nel caso che qualcuno del Ministero avesse potuto fare irruzione all’improvviso dovunque fosse. E Bellatrix non era mai stata molto brava con gli incantesimi di appello o di evocazione. “È convinta che nessuno le dirà niente, solo perché non trovano prove che possa essere lei.”
E poi, in un improvviso gesto di rabbia che fece sussultare anche Sirius, Regulus scaraventò la maschera contro il muro della camera, con più forza possibile. Lo schianto fu rumoroso, e l’oggetto ricadde a terra ancora intatto, anche se un po’ ammaccato sulla parte destra. Regulus si ritrovò a fissare la maschera ansimando, come se avesse appena corso una maratona. Dopo qualche attimo, sentì la mano di Sirius prendere la sua.
“Già.” Mormorò Sirius. “Che cosa ci impedirebbe di andare al Ministero a denunciarla?”   
Regulus poggiò la testa contro la spalla di Sirius, avvicinandoglisi automaticamente. Non poteva di certo dirgli che il Sirius del futuro, cresciuto e più intraprendente del ragazzino di ora, ancora un po’ affezionato alla sua famiglia, lo aveva fatto, ma che non era servito a nulla. “Zia Cassiopeia e il suo ruolo nell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia?” Rispose, invece. “Il fatto che è un membro estimato del Wizengamot e che Nonno Arcturus ha il resto dei membri nelle sue mani? O i soldi di tutto il resto della famiglia? Coprirebbero tutto, Bellatrix nasconderebbe tutte le prove, e noi perderemmo non solo ogni credibilità, ma verremmo probabilmente diseredati e cacciati di casa. So che è il tuo sogno maggiore, ma non è il mio, grazie tante.”
“C’è pur sempre Silente.” Disse Sirius.
Regulus rise, amaramente. “Sei pazzo. Hai letteralmente le rotelle fuori posto se pensi che io mi andrò a fidare di Silente. Ma accomodati pure. Quando Silente dovrà per forza far riferimento agli Auror che dovranno ottenere un mandato per perquisire Casa Lestrange, saremo punto a capo. E se dovesse decidere di fare da solo, andrebbe per vie non legali e perderebbe tutta la stima e la fiducia del Ministero, e Merlino solo sa che Silente è uno dei pochi di cui il Signore Oscuro ha paura. Certo, c’è sempre il suo Ordine del Pollo Arrosto…”
“Il suo cosa?”
“Non importa.” Sospirò Regulus. “No, quello che possiamo fare è solo tenercela in casa. Lei, la sua stupida cotta per il Signore Oscuro, la sua pazzia totale e la sua fottutissima maschera.” Si staccò da Sirius e andò a raccogliere l’oggetto infernale: la guardò un attimo, e poi la rigettò nella borsa. “Non la lascia nemmeno a casa sua. Patetica. Andiamo, Sirius, ho bisogno di nascondere il mio regalo di Natale prima che nostra madre decida di irrompere in camera mia per farmi la paternale.”
 



Bastò la premessa che tutti i parenti fossero andati a dormire nelle rispettive stanze e un Muffliato intorno alla camera di Regulus per far scatenare Walburga.
Regulus era abituato alle urla e agli strepiti di sua madre: seppur non frequenti con lui quando era più giovane, aveva sempre sentito anche da lontano i litigi con Sirius e le poche volte in cui si era arrabbiata anche con lui erano sempre state memorabili. Ma mai aveva gridato infuriata come aveva fatto adesso contro di lui.
Certo, Regulus se ne curò in parte. Incassò la ramanzina su come si fosse rivoltato contro la sua famiglia e su come l’avesse umiliata davanti a tutti quanti, ma ignorò ciò che disse sulle sue “nuove idee filo babbane” e su come avesse mancato di rispetto a Bellatrix e Voldemort: se avesse potuto farlo senza farla infuriare ancora di più o rovinare per sempre i loro rapporti, le avrebbe riso in faccia. Chiese scusa per determinate cose e rimase in silenzio per altre: alla fine, Walburga se ne andò ancora infastidita e infuriata, urlando ad alta voce su come entrambi i suoi figli la stessero deludendo e sbattendo la porta della stanza. Aveva bruciato con la bacchetta, per la rabbia, il regalo di Natale ancora incartato che lei e suo padre gli avevano fatto. Regulus osservò i suoi rimasugli inceneriti sul pavimento in maniera passiva, sospirando.
Poco dopo la litigata, la porta della sua stanza si aprì lievemente. Il volto di Kreacher fece capolino, mentre l’elfo domestico aspettava educatamente che Regulus gli desse il permesso per entrare. Aveva un vassoio fra le braccia. “Padron Regulus, voi vuole una tazza di tè? È alla menta, il preferito del Padron Regulus.”
Un sorriso sincero si palesò sul volto di Regulus, e il ragazzo rilassò le spalle e la schiena. “Ma certo, Kreacher, grazie.”
L’elfo domestico entrò e poggiò il vassoio sul letto, dove Regulus era appollaiato, ma quando fece per andarsene Regulus scosse la testa. “Kreacher, vieni.” Il ragazzo gli fece segno di sedersi accanto a lui. “Hai portato davvero troppi biscotti, aiutami a finirli.”
Kreacher sbiancò. “Padron Regulus, Kreacher… non può!”
“Kreacher può eccome.” Lo corresse lui. “Solo se vuoi, ovviamente, non devi mangiarli se non ti senti a tuo agio o se non hai fame. Non ti sto obbligando o ordinando a farlo. Ma mi servirebbe davvero un amico adesso.” Il ragazzo gli porse un biscotto. “E so che ti piacciono i biscotti.”
Kreacher lo accettò con mani tremanti. Non si sedette accanto a Regulus, ma si arrampicò comunque sul letto, dalla parte opposta, e cominciò a mangiucchiare il suo biscotto in maniera insicura.
Regulus sorrise. Quella giornata non sarebbe stata completamente da dimenticare.


 
 
Era avvolto dall’oscurità. Ovunque posasse il suo sguardo trovava solo buio, come se fosse stato accecato. Si ritrovò a sbattere più volte gli occhi, per controllare se fossero ancora lì, al loro posto, perché non riusciva a sentirli. Non riusciva a sentire nessuna parte del proprio corpo.
In qualche modo riuscì a cominciare a camminare e poi a correre verso una meta ignota, in una direzione qualsiasi di quel buio opprimente. Come se stesse cercando qualcosa, o scappando da qualcuno. I suoi passi echeggiavano sordamente intorno a lui.
Vieni vieni vieni vieni vieni vieni vieni
Si sarebbe portato una mano alla testa se avesse potuto, per sostenerla mentre voci diverse, sconosciute, di uomini e donne in ugual misura penetrarono nella sua mente in un canto ininterrotto. Rallentò, arrancò, si ritrovò a cadere in ginocchio in preda al dolore. Preferiva l’assenza di prima, il trovarsi dentro un abisso, tutto, tranne questo.
Vieni vieni vieni vieni vieni vieni vieni
Vide una luce, poco lontano. Si rialzò con determinazione e cominciò a correre verso di essa. L’oscurità si avvolse intorno ai suoi piedi come catrame e melassa, cercando di rallentarlo e di fermarlo ma lui continuò ad andare in avanti, senza essersi reso conto di aver alzato una mano verso quella luce che, alla fine, rivelò essere una figura lontana. Ma prima che potesse raggiungerla, sentì un ringhio poco dietro di sé: voltò la testa e si trovò davanti a due occhi, luminosi come fari. E poi, la bestia si avventò su di lui e afferrò la sua gamba fra le fauci, trascinandolo giù. E quando toccò terra, il ragazzo si rese conto che a trascinarlo via erano mani di Inferi…

 


Si ritrovò a dimenarsi fra braccia sconosciute, urlando. Qualcuno stava chiamando forte il suo nome, ma Regulus cominciò a colpire alla cieca intorno a sé, fino a quando il suo gomito non andò a incontrare qualcosa e sentì un lamento. Sgusciò dalle braccia in panico e si ritrovò a cadere dal letto: solo quando toccò il pavimento il dolore sembrò risvegliarlo.
“Regulus!” Il ragazzino alzò lo sguardo, notando come Sirius era sul suo letto, e si stesse tenendo il fianco in un evidente gesto di dolore. “Ma che diamine?”
“Io…” Per un attimo gli mancò il fiato, e osservò in silenzio il fratello. Sentiva il pigiama attaccato alla schiena per il sudore, e aveva voglia di vomitare. “È… stato solo un incubo.”
“Un incubo? Sembrava ti stessero sgozzando, Reggie!” Sirius scese dal letto e lo aiutò a rialzarsi, porgendogli una mano. “Non hai svegliato tutta la casa solo perché siamo su un piano isolato, fratellino.”
“Sembrava così reale…” Mormorò lui, e si rese conto di stare tremando solo quando Sirius gli strinse più forte la mano. Suo fratello lo stava guardando con occhi preoccupati.
“Vuoi che resti qui con te stanotte?”
Per favore.” Sbottò, indignato, Regulus. “Non ho undici… cioè, non ho otto anni.”
Sirius non sembrava convinto. Fece spallucce, e lasciò la sua mano. Si diresse fino alla porta e, prima di uscire, si voltò di nuovo verso di lui. Sembrò voler dire qualcosa, ma poi scosse la testa e se ne andò.
Regulus si ritrovò ad osservare la porta chiusa per quelle che sembrarono ore, appoggiandosi con la schiena al letto. Quel sogno non era stato come gli altri, non era stato come quando aveva ricordato la sua morte più e più volte o come quando aveva letteralmente rivissuto attimi della sua vita, incubi riguardanti il suo periodo a Hogwarts o fra i Mangiamorte. No, era stato così reale, e quasi sentiva ancora l’oscurità intorno a sé, o il dolore delle fauci di quell’animale…
Un momento.
Corse ad alzarsi il pantalone del pigiama, portandoselo fino al ginocchio.
Proprio all’altezza della caviglia, ancora lievemente sanguinanti, spiccavano segnacci rossi a forma di denti.
 
 


Le notti successive, Regulus le passò a cercare di rimanere sveglio. Quando la stanchezza lo faceva crollare, tuttavia, gli incubi che accompagnavano il suo sonno erano normali, semplici, e il ragazzino si ritrovò ad aspettarli felice in confronto a… quello. Durante il giorno era decisamente troppo stanco per litigare con i parenti, ma sua madre l’aveva comunque relegato in camera sua quindi in un modo o nell’altro, riuscì ad evitare tutti quanti. Nessuno sembrò curarsi di lui tranne Narcissa che, poco dopo il primo giorno dell’anno, salì a controllare se stesse bene. Regulus non le aprì la porta.
Il giorno prima del ritorno a Hogwarts, i suoi genitori lo presero da parte per una ramanzina. O meglio: mentre Orion osservava seduto sul divano, in silenzio, Walburga cominciò ad avvertirlo su cosa doveva e non doveva fare a scuola, sulle persone da cui avrebbe dovuto allontanarsi e quelle che avrebbe dovuto, invece, avvicinare.  Nonostante parlasse solo la madre, Regulus sapeva che anche suo padre la pensava allo stesso modo di lei sui Nati Babbani, eppure non si esprimeva mai sull’argomento. Si ritrovò a fissare lui piuttosto che lei durante tutta la ramanzina.
“E ascoltami, quando ti parlo! Non so proprio che cosa ti sia successo in questi mesi!” Strepitò Walburga, quando lo vide distratto. “Prima smistato nella maledetta Corvonero, poi fraternizzante con quegli schifosi Sanguemarcio, e poi…! Oh, ma scommetto che è tutta colpa di Sirius, piccolo ingrato che non è altro, ti ha messo in testa delle strane idee approfittando della lontananza da casa! Le cose qui cambieranno o giuro su tutta la discendenza della nostra nobile, perfetta famiglia, Regulus Arcturus, che le farò cambiare io.”
“Ho capito, madre.” Mormorò lui.
Per forse una delle prime volte in vita sua, Regulus si ritrovò ad essere felice di andare via da Grimmauld Place e tornare a Hogwarts. Narcissa e Lucius erano tornati alle proprie case per prepararsi al nuovo anno scolastico pochi giorni prima, quindi ad accompagnare alla stazione Sirius e Regulus fu soltanto Orion.
“Sirius.” Mormorò Regulus mentre spingevano i carelli con i loro bauli, ricordandosi della lettera di Stuart e del fatto che avrebbe dovuto regalargli qualcosa in cambio. “Cos’è un mangiacassette?”
Il ragazzo sembrò essere confuso. “Un mangiacosa?”
“Non lo so.” Regulus fece spallucce. “Pensavo che tu fossi l’esperto di oggetti babbani.”
“Da quando?” Oh, era vero, Sirius era ancora troppo piccolo e non aveva iniziato la sua campagna di babbanizzazione della sua camera, ad esempio. “E comunque anche se fosse, mica posso conoscere tutti gli oggetti Babbani che ci sono! È già tanto che abbia capito cosa sia quel felefono che usano tanto e solo grazie a Remus.”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma adesso non so proprio cosa fare.” Regulus si guardò intorno: se fosse stato a Diagon Alley, avrebbe potuto comprare qualcosa che conosceva, ma erano in una stazione Babbana e a pochi metri al Binario 9 e ¾. Si ritrovò a osservare un negozietto attorniato da Babbani, ma si rese conto che probabilmente non avrebbe potuto pagare, non con i suoi Galeoni. Sospirò: forse avrebbe potuto prendere a Stuart qualcosa sul treno. Forse il ragazzo non si sarebbe aspettato di avere un regalo di Natale, ma Regulus considerava educazione almeno ricambiare in qualche modo.
Quando attraversarono la barriera del Binario, trovarono Lucius e Narcissa ad aspettarli. E, accanto a loro c’erano anche Evan Rosier, Albert Avery e, ugh, Rabastan Lestrange, il cognato di Bellatrix. Quand’è che si sarebbe diplomato e levato fuori dalle scatole…?
“Adesso ho anche la scorta, padre?” Si ritrovò a sbottare. Orion, invece, sospirò.
“Regulus.” Disse, seriamente. “Siamo solo preoccupati per te.”
“Che parli con qualche Sanguemarcio sul treno e mi insozzi ancora di più le idee? Padre, per favore, vi credevo più intelligente. Dovrò comunque andare nel mio dormitorio, prima o poi, e lì le guardie del corpo non potranno comunque seguirmi, no?” Superò Narcissa e Lucius senza guardarli. “Non sono diventato un Filobabbano, ma non posso nemmeno isolarmi dai miei compagni di classe per stare con gli idioti approvati da mia madre!”
“Regulus.” Chiamò nuovamente Orion, pericolosamente. “Modera i toni.”
“Ci vediamo quest’estate, padre.” Disse lui, prima di salire sul treno e andare in panico subito dopo. Ecco, lo aveva fatto. Aveva risposto nuovamente male alla sua famiglia. Questa volta a suo padre! Lui non rispondeva mai male a suo padre, persino Sirius nel suo “periodo d’oro” si concentrava soprattutto su sua madre! Si appoggiò contro la porta di uno scompartimento e sospirò. La mancanza di sonno lo aveva reso troppo nervoso, era l’unica spiegazione. Ma suo padre era una persona intelligente, avrebbero potuto chiarire in seguito via gufo…
“Chi sei tu, e cosa ne hai fatto di mio fratello Regulus?” Chiese Sirius, che a quanto pare lo aveva seguito. Sorridendo, gli diede una gomitata amichevole. “Felice di sapere che nostra madre non urlerà soltanto contro di me, quest’estate. Vai a cercare gli altri primini?”
“Non credo.” Sospirò Regulus. Doveva ancora comprare il regalo e a questo punto, l’unica soluzione prima di incrociare Stuart era comprare dei dolci. La Strega del Carrello faceva confezioni regalo…? “Non so bene dove andrò.” Sperando che la piccola scorta di Lucius non lo seguisse…
Non l’avesse mai detto. Sul volto di Sirius si aprì un ghigno cagnesco, predatore, e il ragazzo afferrò la mano del fratello minore in una presa ferrea. “Oh, allora non hai scuse!” Esclamò, prima di cominciare a trascinarlo.
“Sirius, Sirius fermati, Sirius per l’amor di Merlino stiamo travolgendo tutti con i bauli, Sirius non osare- “
Raggiunsero presto la fine del treno, con Sirius che continuava a guardarsi intorno. “James, James, James… oh, eccoci qui! Ci siamo proprio nascosti, questa volta!” E aprì le porte di uno scompartimento. Regulus si ritrovò a mugolare, sconsolato, quando Potter si alzò in piedi dal sedile su cui si era stravaccato.
“Sirius!” Esclamò ridendo, e gli lanciò al volo un pacchetto. “Sei in ritardo, vecchio idiota!”
“E tu ancora non hai capito come impacchettare qualcosa.” Disse lui, felice, prima di spingere Regulus dentro lo scompartimento. “Natale è stato interessante. Reggie qui ha avuto l’onore di mettersi contro ogni singolo membro della mia famiglia e di urlare in faccia a Bellatrix!”
Potter fischiò, impressionato. “E quindi sei stato troppo impegnato per fare un regalo al tuo caro amico James?”
“Tieni, brutto idiota.” Sirius gli lanciò un pacchetto decisamente incartato meglio rispetto a quello che gli aveva dato James, e poi si mise a caricare i bauli al loro posto. “E sei costretto ad apprezzarlo, perché ci ho messo un sacco a trovarlo. Dove diamine sono Remus e Peter?”
“Peter è a Hogwarts. Remus non è ancora arrivato, probabilmente.” Sbuffò Potter, e poi fece segno a Regulus di sedersi davanti a lui. Regulus, che fino a quel momento era rimasto in silenzio urlando mentalmente Merlino, perché? ci si accomodò incerto. Almeno non avrebbe passato tutto il tempo del viaggio a guardare male Minus, una magra consolazione, ma era bloccato con Sirius e Potter contemporaneamente. Qualcuno mi uccida. Di nuovo.
Il treno partì in quel momento, e dopo qualche minuto la porta dello scompartimento si aprì, e Remus Lupin ci fece capolino stancamente, salutando sorridente Potter e Sirius. Si accasciò accanto a Regulus, per poi notarlo confuso. “Ciao?”
Regulus fece spallucce.
“Reg non è stato molto un buon Black a Natale e i Serpeverde hanno organizzato una piccola squadra di “recupero” per lui, a quanto pare.” Spiegò Sirius. “Quindi bacchette alla mano se si presenteranno qui.”
Regulus sospirò, seccato. “Adesso non esagerare.”
“Ogni scusa è buona per tirare una fattura a un Serpeverde.” Disse Potter. “Tipo a Mocciosus. Tu l’hai visto, Sirius? Perché io non l’ho ancora visto.”
Sirius sghignazzò. “Sarà rimasto a Hogwarts, dove può accedere a una doccia. Non che lo faccia comunque…”
Mi disgustate.  Avrebbe voluto dire Regulus, ma si ritrovò a cercare di ignorarli, guardando fuori dal finestrino.
Qualche ora dopo arrivò la Strega del Carrello, e Potter e Sirius comprarono praticamente la maggior parte delle caramelle Tutti Gusti + 1. Regulus si ritrovò a guardare fra i dolci, deluso. Ovviamente, non c’era nessun dolce in confezione regalo, solo sfusi o in piccole confezioni commerciali.
“C’è qualche problema?” Chiese Lupin, educatamente. Sì, era decisamente il più sopportabile del trio, anzi del quartetto. “Posso aiutarti?”
Regulus sospirò, facendo spallucce. “A meno che tu non possa tirare fuori dal baule una carta regalo, temo di no.”
Lupin aggrottò le sopracciglia. “In realtà, sì.” Regulus lo guardò come se fosse Merlino stesso, arrivato a salvarlo dalla tomba. “All’incirca.”
Con la bacchetta, fece uscire dal suo baule dei fogli di pergamena, semplici e bianchi. “Presentus.” Esclamò, e i fogli andarono a unirsi e a formare una scatola, legandosi fra di loro: quando si fermarono, sul grembo di Regulus andò a cadere una vera e propria scatola regalo, certamente non commerciale ma decisamente resistente.
“Ma che cazzo!” Esclamò Regulus, incredulo. “Nemmeno sapevo che esistesse, un incantesimo del genere. Di certo non è del secondo anno.”
“Beh, Remus è davvero bravo in incantesimi!” Esclamò Potter. A Lupin diventarono rosse le guance.
“Beh, voi siete certamente più bravi di me in Trasfigurazione…” Cominciò a dire, ma gli altri due Malandrini cominciarono a spintonarlo amichevolmente, lodandolo per le sue qualità. Regulus si ritrovò un attimo a fissarli, confuso, prima di correre appresso alla Strega del Carrello, che intanto se ne era andata.
Comprò vari dolci diversi e si divertì a riempirne la scatola. Potter gli porse un nastro mal ridotto e Regulus lo aggiustò con un veloce incantesimo, prima di richiudere il regalo. “È un po’ ingombrante.” Mormorò, tenendolo sulle gambe.
“È pieno di dolci.” Esclamò Potter. “Fidati, nessuno lo considererà ingombrante!”
Pochi attimi dopo, Sirius gli passò una confezione di Rospi alla menta. Regulus lo guardò perplesso. “Ho già chiuso il pacco.”
“Sì, ma questi sono per te.” Sghignazzò Sirius. “Te li avevo promessi, no?”
 



Quella sera, a cena, Regulus non vide Stuart. Seduti poco più in là rispetto a lui c’erano Lerman e Austen, ma erano impegnati a parlottare fra di loro felici e Regulus non aveva intenzione di disturbarli. In realtà non aveva nemmeno fame: il viaggio lo aveva sfinito, soprattutto avendolo passato insieme ai maledetti Malandrini, che anche se lo avevano aiutato erano comunque, beh, i Malandrini. Stava ponderando se alzarsi o meno quando accanto a lui si sedette una ragazza, seguita subito dopo da un elfo domestico.
“Ciao.” Esclamò lei, e Regulus la riconobbe come Sera Pace, la ragazza cieca di cui era stato geloso qualche mese prima per via del Lumaclub. Ora che ci pensava, era stato abbastanza squallido ad esserlo. “Non ci siamo mai parlati davvero prima, vero?”
“No.” Borbottò lui. “Direi proprio di no.”
Lei sorrise. “Il Professor Lumacorno darà una specie di festicciola per il ritorno a scuola.” Disse. “E possiamo tutti portare un accompagnatore… vuoi venire con me?”
“Cosa?” Regulus aggrottò la fronte, confuso. “Non ci conosciamo nemmeno. Perché io?”
“Dwayne mi ha detto di no. Ha detto che queste cose non gli interessano.” La ragazzina sospirò. “E non posso portare un’amica femmina, altrimenti avrei invitato Saamiya. Non conosco gli altri del nostro anno, ma tu sembri gentile.”
“Gentile.” Ripeté Regulus, incredulo. “Gentile… uh, sì, certo. Va bene.”
“Okay!” Sera Pace si rialzò e, aiutata dal suo elfo domestico si allontanò dal tavolo. Si avvicinò a un’altra primina di Corvonero, Saamiya Alam, e cominciarono a ridacchiare.
“Awwwwww, i primi amori!” Esclamò Elizabeth Clark, che seduta davanti a lui era intenta a ingozzarsi con la cena. “Siete un po’ – gulp – precoci ormai, eh!”
“Dubito fortemente che si parli di cotte, qui, Clark. Ha undici anni e non ero nemmeno la sua prima scelta.” Disse Regulus, semplicemente perplesso. Anche se fosse così, a Regulus non erano mai interessate le ragazze – non aveva mai pensato nemmeno a una relazione. Gli anni della sua adolescenza erano stati caratterizzati prima dalla repressione più totale, per concentrarsi sullo studio e sul Quidditch, e poi dalla vita da Mangiamorte. Non aveva nemmeno avuto il tempo di pensarci, alle cotte. Ne aveva mai avuto una? Non ricordava minimamente. “Gentile.” Ripeté. “Come fa a considerarmi gentile?” Come se non si fosse inimicato mezza scuola pochi mesi prima. Bah. Non li capiva proprio, questi Corvonero. Non erano i Tassorosso, quelli che secondo la gente andavano in giro a fare amicizia a caso?
 
 

Nonostante l’assenza della fame, Regulus si ritrovò a languire nella Sala Grande fino a quando non vide che quasi tutti se ne stavano andando, e anche in quel caso invece di dirigersi verso la Torre si mise a girare per la scuola, ignorando volontariamente il fatto che ci fosse un Coprifuoco. Il pensiero di affrontare un’altra notte con il rischio di ritrovarsi nuovamente in quel “sogno” gli impediva di dirigersi a letto. La ferita alla caviglia stava cicatrizzando ma era sempre lì, un monito che quello che aveva vissuto era reale, non un’illusione della notte. E più Regulus cercava di capire, più si scervellava per comprendere di che cosa si trattasse, più non arrivavano risposte. L’unica cosa che aveva compreso, era che la bestia gli aveva impedito di raggiungere la figura umanoide che aveva intravisto nella luce. Non sapeva nient’altro.
Quando si rese conto che se avesse continuato a vagare probabilmente si sarebbe trovato dinanzi a un insegnante, Regulus sospirò e si fece strada fino alla Torre di Corvonero. Arrivato di fronte alla porta cercò di ricordare la parola d’ordine, prima di spostare il suo sguardo sulla maniglia a forma di testa d’aquila e bloccarsi. Oh.
In tutti quei mesi, non si era mai trovato da solo davanti alla porta del dormitorio di Corvonero. Forse perché era sempre in orario, o perché c’era sempre qualche Corvonero intorno: c’era sempre qualcun altro a risolvere l’indovinello. Ad alcuni, Regulus avrebbe dato facilmente la risposta, ma altri erano impossibili. Deglutendo, bussò contro la porta, sperando con tutto il cuore che l’aquila avesse pietà di lui. O che qualche altro studente fuori dal letto decidesse di tornare.
“Che cosa sta per arrivare sempre, ma non giunge mai?” Chiese l’aquila, con la sua voce musicale, e Regulus imprecò mentalmente.
“Non… lo so?” Cominciò a riflettere, cercò di trovare la risposta, ma non gli veniva in mente nulla. Nulla. “Un incantesimo lanciato da… no, no. Il treno in ritardo? No, non avrebbe senso. Una buona idea da parte di Sirius? Non lo so!” L’uccello rimase in silenzio, e Regulus emise un verso di fastidio. “Non lo so! Andiamo, va bene tutto durante il giorno, ma non puoi lasciarmi qui fuori durante la notte, dai- “
“Il domani.” Disse una voce dietro di lui. L’Aquila trillò felice, complimentandosi, e si sentì il rumore della serratura che scattava. Regulus si voltò, trovandosi dietro Jason Stuart che lo guardava.
“Il domani perché… beh, quando poi arriva non è più il futuro, ma è l’oggi, no?” Sembrava essere imbarazzato. “Tranquillo, ho difficoltà anche io con molti indovinelli.”
“Che ci fai qui?” Chiese, confuso, Regulus. “È tardissimo.”
Stuart inarcò un sopracciglio. “Per me e non per te?” Poi, sospirò. “Una delle scale si è mossa e sono finito in una zona completamente diversa del castello, e i suggerimenti dei quadri non sono stati d’aiuto.”
“Dopo quattro mesi dovresti essere stato abbastanza furbo da memorizzare l’intera scuola.”
“Non tutti possono essere Regulus Arcturus Black.” Esclamò Stuart, per poi strabuzzare gli occhi quando Regulus gli schiaffò fra le braccia il pacco regalo che gli aveva fatto sul treno. “Ma che- “
Regulus si ritrovò a mettersi le mani in tasca, distogliendo lo sguardo. “Tu mi hai dato il libro.”
“Wow, allora anche tu hai un cuore!” Ridacchio Stuart, per poi aprire il pacco. “Tutti questi dolci mi basteranno per tutti gli anni di Hogwarts!”
“Sì, sì, probabilmente ti verrà la carie.” Borbottò lui. “Non so come facciate tutti a mangiare certi dolci. Sono… troppo dolci.”
“Secondo te perché si chiamano così?” Stuart richiuse il pacco e lo mise nella sua borsa, prima di alzare lo sguardo e sorridere a Regulus. “Sono avvelenati?”
Lui lo spinse via, senza metterci troppa forza, e Stuart scoppiò a ridere. Regulus scosse la testa, incredulo, prima di afferrare la maniglia della porta e provare ad aprirla.
Non ci riuscì.
Che cos’ha un occhio, ma non può vedere?”
“Oh, andiamo!”
                                                 
 

“Hey!” Regulus fu svegliato in maniera brusca, da quello che sembrò essere un calcio assestato al suo fianco. Sobbalzò, confuso, guardandosi intorno sbattendo le palpebre. Dove diamine…
Accanto a lui, qualcuno si mosse. “Ancora cinque minuti…” Biascicò Stuart. Regulus rimase a fissarlo per qualche secondo, non capendo come potesse essere poss… oh. Si erano addormentati vicini, seduti per terra, probabilmente cercando di risolvere l’indovinello. Regulus doveva essergli scivolato addosso durante la notte.
Dwayne Turner tirò un altro calcetto al suo fianco, controllando la sua forza in modo da non fargli male, e Regulus si stropicciò gli occhi. “Smettetela di fare i piccioncini e alzatevi, che riprendono le lezioni oggi. Avete dormito qui fuori?”
“Uh…” Riuscì solo a dire Regulus, ancora assonnato. Si staccò da Stuart che perse l’equilibrio e cadde di lato, svegliandosi di soprassalto. “Eh!? Che c’è!? Chi è stato!?”
“Abbiamo dormito qui, idiota…” Mormorò Regulus. La sua schiena doleva come se se la fosse spezzata, e gli si era addormentato il braccio destro. “È già mattina.”
“Stupido corvo.” Borbottò Stuart.
“È un’aquila.”
“Quello che è.” Stuart si stropicciò gli occhi. “Non è normale che non si possa accedere di notte alla Torre solo per via di uno stupido indovinello! E se uno sta male, che succede?”
“La porta è incantata in modo da ammettere gli studenti di Corvonero, e solo gli studenti di Corvonero, se sono in pericolo e devono rifugiarsi nella Torre.” Spiegò una studentessa più grande che era appena uscita dal Dormitorio, sicuramente per andare anche lei a fare colazione. “Nessun’altra eccezione. E poi, beh, è colpa vostra che eravate fuori dopo il Coprifuoco.”
“Mhhhh…” Stuart si rispalmò di nuovo contro Regulus, afferrandogli un braccio. “Ancora cinque minuti…?”
“A meno che tu non voglia vederti cadere quelle manine che ti ritrovi, ti consiglio di staccarti da me, Stuart.”
Il ragazzino rise, stringendosi di più a Regulus prima di staccarsi. “Dopo aver dormito praticamente appiccicati, credo che dovremmo superare i “Black” e “Stuart”, eh?” Chiese, sorridendo. Dopo qualche attimo, Regulus sospirò e ricambiò il sorriso, per poi rialzarsi. Appena la studentessa più grande e Turner si furono allontanati, mosse la bacchetta verso di loro: la divisa di Jason e la sua si raddrizzarono, le pieghe sparirono, e l’evidente odore della notte si acquietò.
“Non è una sostituzione per una bella doccia.” Spiegò. “Ma per ora può andar bene.”
Jason lo guardò per un attimo confuso. “Wow.” Mormorò. “Altro che ciò che stiamo imparando a scuola. Dove hai imparato una cosa del genere? Se io saprei farla- “
“Sapessi, ti prego, sapessi, posso sopportare il tuo sangue o le stronzate che spari spesso e volentieri, ma non la tua grammatica!” Sbottò Regulus. “E comunque ho… letto molto, prima di arrivare a Hogwarts, e ho avuto insegnamenti da parte di mio padre. Non è difficile, dopo.”
“Devi totalmente insegnarli anche a me, amico. Non è giusto che te li tieni tutti per te. Anche perché poi a Incantesimi devi limitarti a…” E Jason agitò una bacchetta in maniera appositamente goffa, facendo un’espressione facciale da tonto. Regulus scoppiò a ridergli in faccia.
“Smettila di pensare alle stronzate e corri a lezione, Jason, che abbiamo Difesa Contro le Arti Oscure.” Disse, e Jason sbiancò, prima di correre via.
“Oh no. Ci ammazzerà. Ci ammazzerà del tutto. Ci squarterà. Ci toglierà le clavicole e le userà per suonare lo xilofono sulla nostra colonna vertebrale!”
“Jason Stuart.” Esclamò Regulus, seguendolo. “Ti ho già detto che sei pazzo, vero?”











Questo capitolo si chiama anche: l'autore non sa dare nomi ai capitoli e la sua Beta piangeva perché voleva andare a dormire ma doveva lavorare al capitolo.
 

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Capitolo 6
*** Il Lumaclub ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
VI Capitolo - Il Lumaclub



 
Quando ancora andavano a scuola, Orion e Alphard Black avevano provocato un disastro al Lumaclub quando, per difendere Cygnus in un litigio con uno dei tanti ospiti, Orion aveva dato un pugno alla babbana sul muso di codesto ospite, forse la prima e unica volta che aveva reagito in maniera “non magica” e così “ribelle”. A quanto pare anche Lucretia non era stata un’alunna modello, provocando parecchio caos a tutte le riunioni a cui era stata invitata, e Walburga non si era mai nemmeno presentata a una cena. Per questo motivo, insieme alla nomea molto oscura della famiglia, Lumacorno aveva smesso di invitare i Black solo per il loro cognome, come per molte altre famiglie Purosangue, ma per i meriti soltanto.
Era per colpa dei suoi parenti, quindi, se Regulus era stato invitato durante la sua prima vita solo dal secondo anno in poi, quando aveva mostrato talento nel Quidditch, mentre Sirius era stato “puntato” per via del suo talento scolastico
Il pensiero lo faceva sorridere, perché sua madre osannava il fatto che i Black a Hogwarts si fossero comportati in maniera impeccabile: a quanto pare non era stato davvero il caso. Almeno Sirius non aveva mai picchiato un Magi zoologo perché la sua squadra di Quidditch aveva perso il campionato. Non ancora.
E significava, soprattutto, che la sua presenza al Lumaclub era una cosa che si era guadagnata, e che si sarebbe guadagnato di nuovo, e non qualcosa servito su un piatto d’argento solo per via del suo cognome.
Regulus non aveva avuto il coraggio di chiedere a casa un vestito elegante, non dopo quello che era successo durante le vacanze natalizie, quindi cercò nel suo baule e tirò fuori un pantalone semplice e una camicia bianca – abbastanza da essere elegante senza sembrare troppo babbano. Da un lato era eccitato per poter finalmente partecipare al Lumaclub e farsi notare: magari così il Professor Lumacorno lo avrebbe fatto partecipe anche prima dell’anno successivo. Dall’altra… aveva solo voglia di sdraiarsi e cadere in un sonno profondo e senza finalmente sogni, incubi o ricordi. Non aveva la forza mentale o fisica per affrontare un’intera nottata di socializzazione.
Sera Pace lo aspettava in Sala Comune: aveva i capelli raccolti e un vestitino lungo color rosa pallido. Accanto a lei c’era sempre il suo elfo domestico, Moodby, che cominciò a scrutarlo con sospetto, come avesse intenzione di trascinare Sera sulle rive del Lago Nero per darla in pasto alla Piovra Gigante.
“Ciao.” Salutò entrambi Regulus, poi guardò perplesso Moodby. Aveva una cravatta intorno al collo. “Indossi un vestito?”
“La Padroncina Sera consegna a Moodby un vestito e poi lo riprende con sé.” Spiegò l’elfo. “Moodby viene liberato almeno una volta alla settimana, ma poi viene sempre riassunto subito dopo.”
Regulus rimase un attimo perplesso. Era… era permesso? In teoria l’idea era geniale, ma… “Ho provato a fare una cosa simile una volta, con Kreacher… il mio elfo.” Spiegò. “Ma ha cominciato a urlare dicendo che sarebbe stato un disonore, e che un vero elfo domestico non potrebbe mai accettare una cosa del genere.”
“Si vede che Kreacher è un elfo domestico con poca intelligenza.” Rispose Moodby.
Se Sera Pace non avesse deciso in quel momento di schiarirsi la gola probabilmente Regulus avrebbe difeso spiccatamente Kreacher, ma la ragazza distolse l’attenzione dal discorso. “Andiamo?” Chiese, porgendogli la mano. Regulus la guardò confuso e, incerto, le offrì il braccio. I due si avviarono verso l’ufficio di Lumacorno, che per l’occasione era stato addobbato a festa. Moodby li seguì poco dietro e Regulus poté sentire per tutta la durata del percorso lo sguardo dell’elfo puntato su di lui. All’entrata dell’ufficio trovarono un seccatissimo Gazza, intento a controllare gli inviti per far entrare solo ospiti e accompagnatori. Chissà come lo avevano convinto a farlo, non rientrava sicuramente fra i suoi doveri di base.
L’Ufficio di Lumacorno era stato addobbato non in maniera natalizia, ma comunque invernale: c’erano finti fiocchi di neve incantati che scendevano dal soffitto e scomparivano quando toccavano qualcosa, tavole color ghiaccio apparecchiate di tipici dolci di quel periodo dell’anno e in un angolo della sala un pupazzo di neve salutava i suoi ospiti spaventando gli studenti più giovani.
Poco dopo essere entrati nella stanza già abbastanza piena, Moodby si schiarì la gola e afferrò delicatamente il polso di Sera. “Moodby crede di aver visto la signorina Rowle verso uno dei tavoli del buffet.” Annunciò.
“Oh.” Sera Pace si voltò verso Regulus e gli lasciò il braccio. “Vado a parlare con una mia amica, non ti dispiace?”
“Beh, no…” Mormorò lui. Lei gli sorrise.
“Allora goditi la festa!”
E si fece immediatamente condurre via da Moodby, il quale si voltò a lanciare a Regulus un’ultima occhiata cattiva.
Regulus rimase sulla soglia dell’ufficio, a guardarsi intorno con aria spaesata. Che senso aveva avuto invitarlo come accompagnatore per poi abbandonarlo lì, da solo? Forse la ragazzina voleva semplicemente non andarci ufficialmente da sola e voleva essere sicura che se non si fossero presentate le sue amiche delle altre Case, allora avrebbe avuto qualcuno con cui parlare?
In realtà salvava Regulus da dover fare conversazioni imbarazzanti con una persona che conosceva pochissimo, ma il ragazzo si avviò comunque abbastanza a disagio verso uno dei tavoli su cui era posto il cibo. In teoria avrebbe dovuto cercare Lumacorno e farsi notare, ma non lo vedeva da nessuna parte e sarebbe stato estremamente scortese se si fosse intromesso da solo in una conversazione fra il Professore e uno dei suoi ospiti. Regulus voleva davvero entrare in questo club.
Non conosceva la maggior parte degli ospiti lì, e non aveva scuse per parlare con quelli che conosceva. C’era un famoso giocatore di Quidditch poco distante da lui, Robert Tinnerbuck, ma stava ridendo con il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro e una strega dalla voce acutissima che continuava a squittire ad ogni battuta. Alla sua destra c’era un tale Jakob Rukbsi, facente parte di un gruppo musicale magico norvegese, con cui Regulus aveva scambiato nel suo tempo non poche chiacchierate ma che al momento non avrebbe saputo come approcciare.  Sospirando, il ragazzo si versò del succo di zucca, fermandosi dall’attingere alla brocca di whisky incendiario poco vicino e continuando a guardare la sala aspettano per una qualsiasi apertura.
Non sentì il ragazzino che si approcciò a lui fino a quando egli non si schiarì la gola: quando Regulus si girò, si ritrovò di fianco Damian Littleton, che lo guardava con in mano anche lui del succo.
“Ciao.”
“…Ciao.” Ripose Regulus, per educazione. E poi continuò, sempre per educazione. “Dov’è il tuo accompagnatore?”
Littleton fece spallucce. “Ho chiesto a una ragazza del mio anno, ma non si è presentata.” Disse. “Non volevo venirci da solo, ma il Professore ha insistito tanto per via dei miei voti in Trasfigurazione quindi…”
Regulus cercò di ricacciare dentro l’invidia: lo sapeva già che non sarebbe mai stato chiamato al Lumaclub per i suoi voti scolatici, lo aveva già messo in conto. Il pensiero però che un sacco di ragazzi del primo anno fossero stati invitati e lui no, lo metteva comunque e a prescindere a disagio.
Aprì la bocca per rispondere, ma Littleton lo interruppe. “Posso farti una domanda?” Chiese, e poi continuò senza aspettare che Regulus parlasse. “Che cos’hai contro di me?”
“Come, scusa?”
“Mi ero detto, okay, va bene così, non gli potrò mai piacere perché non sono un… mago completo o… qualcosa del genere.” Littleton avvampò. “Però ecco…ecco… però anche quello con cui stai sempre ha i genitori Babbani, no?”
“Quello con c- oh.” Ultimamente aveva davvero passato così tanto tempo con Jason? Regulus non l’aveva minimamente notato. Oh diamine, i Serpeverde lo avevano notato? Lo avrebbero detto ai suoi genitori, mettendolo ancora di più nei casini? Non ci voleva pensare.
“Ma perché ce l’hai tanto con me?” Rispose di rimando Regulus al giovane Tassorosso, cercando di ignorare le preoccupazioni per la sua nuova amicizia. “Lo hai detto anche tu, “eri okay” con non essere mio amico. Perché insistere così tanto, anche prima? Sicuramente ci sono tanti altri bamb- studenti con cui socializzare.”
Littleton sembrò rimanere per un attimo senza parole. Distolse lo sguardo, imbarazzato, poi borbottò qualcosa così a bassa voce che Regulus dovette avvicinarsi per sentire.
“A scuola – la scuola babbana, mi prendevano tutti in giro per il mio vecchio accento, e perché sono nato a Boston.” Si confidò. “E poi viaggiavo sempre, con Clive e Diana.”
“Chi?”
“I miei genitori, non amano essere chiamati per nome.” Littleton sembrava a disagio. “Lo considerano una barriera per il nostro rapporto. Sono stato a San Francisco e a Guadalajara e a Otago in pochissimi anni, ho dovuto lasciare il secondo anno di elementari a Pisa perché Clive e Diana volevano per forza andare a Bethel per quel loro strano concerto. Adesso rimaniamo a Londra solo perché io vado a scuola qui, altrimenti probabilmente dovrò trasferirmi di nuovo.”
“Però deve essere stato affascinante visitare così tanti posti.” Concesse Regulus, che effettivamente parlando amava viaggiare, nonostante l’unico luogo che avesse visitato oltre l’Inghilterra fosse la tenuta in Francia della famiglia Black. Damian però scosse la testa.
“Non è bello se sei solo.” Mormorò. “Nessuno si interessa mai al nuovo arrivato, e poi la nostra casa puzza sempre di fumo. Non so mai come comportarmi con gli altri, o come diventare loro amico. Tu hai giocato con me sul treno e sei stato gentile, così ho pensato che se avessi continuato a stare con te, prima o poi saremmo diventati amici.”
Improvvisamente, Regulus si sentì inferiore anche agli scarafaggi. Sangue o meno, si era dimenticato che quello che era davanti era un ragazzino, un ragazzino di undici anni – già di base molti di loro facevano fatica a socializzare, figuriamoci uno che a quanto pare non aveva mai avuto un amico. Littleton non poteva di certo sapere nulla delle ideologie della sua famiglia e del Mondo Magico, e nemmeno dei pensieri che tormentavano Regulus e che aveva messo di fronte a qualsiasi cosa. Littleton aveva visto che un ragazzino aveva accettato la sua richiesta di giocare a carte sul treno e aveva pensato che fosse una porta aperta per diventare amico, perché in effetti era così che si cominciava a diventare amici, fra ragazzini normali.
E poi era stato effettivamente sempre gentile. Tu cadi e io mi butto, okay? Gli aveva detto, solo per rassicurarlo davanti al Lago Nero. Jason Stuart era un’eccezione, quindi Regulus non si sarebbe mai avvicinato a Littleton per via del suo status di sangue, ma si chiedeva come potessero altri ragazzi che non si facevano certi problemi a non volerlo vicino a loro. Sembrava assurdo.
“…Ci devono essere altri con cui hai fatto amicizia.” Provò a chiedere. “Sei nella casa di Tassorosso, no? Qualche primino? Qualcuno del secondo anno?”
Littleton non rispose: ritornò a fissarlo, ma aveva le orecchie rosse dall’imbarazzo.
“Senti…” Cominciò Regulus. “Jason è un’eccezione, mi si è praticamente accollato anche lui, e non puoi ignorare qualcuno che dorme nel letto accanto a te. E poi è un Serpeverde mancato.” E stare con lui lo faceva sentire stranamente bene, nonostante si dimenticasse di essere in realtà un diciottenne nel corpo di un bambino e si abbassasse al suo livello. Era liberatorio, almeno. “Tu non hai niente che non va. Mi sembri molto gentile, anche se dovresti smetterla di assillare la gente. Sono sicuro che ti farai tanti amici, e io non avrei dovuto comportarmi in maniera così sgarbata. Però se ti concentrerai solo su di me, questo non succederà mai, no?”
Lo aveva detto durante le vacanze: i Sanguemarcio potevano essere anche inferiori a loro, ma non si meritavano la morte… e nemmeno di essere trattati in maniera abominevole, soprattutto un bambino di undici anni. Regulus avrebbe cominciato improvvisamente a diventare amico di qualsiasi Nato Babbano incontrasse? No, assolutamente. Le sue idee sarebbero forse cambiate? Ma neanche per sogno.
Però… però un po’ di educazione non guastava mai. Soprattutto con i più deboli.
Le sue parole sembravano aver risollevato un po’ il morale di Littleton. Il ragazzino si grattò imbarazzato una guancia. “Quindi non è che se tu e Jason Stuart…”
“Chi mi cerca?” Esclamò improvvisamente una voce, e Jason in persona si manifestò dietro di loro, le braccia piena di muffin ai mirtilli che doveva aver sgraffignato da uno dei tavoli vicini. Regulus lo guardò confuso per un bel po’ di minuti, prima di realizzare.
“Cosa.” Chiese, con voce piatta. “Cosa ci fai qui? Non sei stato invitato. Jason, che diamine?”
Il ragazzo indicò dietro di lui, mostrando una splendida Elizabeth Clark in abito da sera.
“Non sei mica l’unico che riesce a venire con gli inviti.”
Regulus guardò la Clark, che era intenta a mangiare una tartina quasi più grossa di sé stessa. “Clark, hai sedici anni, per l’amor di Merlino!” Esclamò, indignato.
“Rilassati, piccolo Black!” Rispose lei, con la bocca aperta intenta a masticare. Littleton non nascose un’espressione di disgusto. “Che cavolo hai pensato, che me la faccio con i marmocchi come voi? Il mio ragazzo è in Infermeria per un brutto ceppo di influenza, e le mie amiche sono già state invitate. Stavo per venire da sola, ma qualcuno voleva così tanto partecipare…”
“Sì, perché l’avevano presentata tutti come una roba fighissima, ma sembra una noia, okay c’è il cibo e la musica ma che rottura di scatole parlare e parlare e parlare con la gente sconosciuta.” Ammise Jason, facendo spallucce. “Almeno ti ho trovato, così non devo più nascondermi al tavolo del buffet. Però questi muffin sono buoni! E chi è il tuo amico?”
“Non sono suo amico.” Disse Littleton, lanciando un’occhiata a Regulus. “Sono Damian Littleton, Tassorosso. E quei mirtilli sono troppo asciutti e si sente il lievito, si vede che non era stato setacciato insieme alla farina. Anzi, la farina non è stata probabilmente setacciata proprio…”
“Ma che mi frega.” Esclamò Jason. “Basta che si sentano i mirtilli.”
Damian assottigliò le labbra in una splendida imitazione della Professoressa McGranitt o della madre di Regulus.
“Non parli solo con le persone sconosciute qui, Jason Stuart, incolto cretino.” Disse Regulus, anche se il suo insulto più che maligno era esasperato. “Ogni sconosciuto qui è un lasciapassare per un futuro migliore. Se vuoi fare il giornalista, il Professor Lumacorno ti farà incontrare qualche pezzo grosso del Profeta. Se sei interessato al Quidditch, ecco improvvisamente i capitani delle squadre più importanti a cenare proprio accanto a te. È una miniera d’oro di opportunità, e a prescindere di accrescimento culturale nel parlare con così tante persone di ambienti magici diversi!”
Jason lo guardò poco convinto. “Mh-mh?”
“Beh, se sei così interessato al Lumaclub, non puoi rimanere vicino al tavolo del buffet e basta.” Ponderò la Clark, prima di cominciare a sbracciarsi. “HEY, PROFESSOR LUMACORNO, YO-OOOOH!”
“Shhhh!” Cercò di zittirla subito Regulus. “Ma cosa fai, stupida-“
“Mia cara Elizabeth!” Inutile, il Professore l’aveva sentita. Horace Lumacorno si avvicinò al tavolo insieme ad un uomo imponente dal volto affilato, sorridendo apertamente. “Felice di vedere che tu sia potuta venire! E c’è anche il caro Damian Littleton, sai caro George che è uno dei miei ultimi acquisti? I primini di quest’anno sono molto promettenti… Oh, e invece loro…”
“Professore, professore, conoscete già Jason Stuart, il mio più uno, e Regulus Black vero?” Chiese la Clark. La risposta era ovviamente sì: avevano già avuto parecchie lezioni con il Professore, che non erano andate né bene né male. Nessuno di loro si era distinto molto.
“Ah, ma certo, ma certo, Stewart, spero ti piacciano i muffin.” Disse velocemente Lumacorno, per poi passare lo sguardo su Regulus. “Ah, il minore! Sei venuto qui con tuo fratello? Non mi sembra di averlo ancora visto…”
“No, con Sera Pace, Professore.” Tagliò corto, seppur gentilmente, Regulus. Per quanto ne sapeva, Sirius aveva partecipato a una sola riunione del Lumaclub, la prima, poi aveva gettato tutto all’aria e aveva ignorato ogni singolo invito fino ai suoi M.A.G.O.
Il minore. Il pensiero gli provocava rabbia e sentimenti che pensava di aver sotterrato da tempo.
Regulus si sforzò di aggiungere qualcosa di educato, prima di sbottare qualsiasi cosa sulla faccenda. “E’ un party davvero incantevole.”
“Beh, sì sì, grazie, ho pensato io stesso alle decorazioni…” Borbottò orgoglioso Lumacorno.
“Professore, lo sa che Black è un portento sulla scopa? Nemmeno una lezione di volo, e i suoi movimenti potrebbero essere considerati quelli di uno del settimo anno!” La Clark non stava fingendo: era davvero così entusiasta che le  si leggeva sul volto tranquillamente. “Lo avrei preso subito come Cercatore, se non fosse stato un primino!”
Una luce di interesse si accese negli occhi di Lumacorno, e Regulus trattenne a malapena il fiato. “Ah sì?” Chiese il professore. “Interessante! Beh, se sei così bravo, meglio che tu sia al primo anno signor Black, una possibilità in più per noi di vincere il campionato quest’anno!”
Regulus ridacchiò educatamente, ma spalancò gli occhi quando Lumacorno aggiunse. “Beh, beh, sarebbe davvero interessante, se quello che la cara Elizabeth dice è vero, parlarne alla prossima cena…”
“Ma certo, professore, ne sarei onorato.” Si ritrovò a dire in pieno controllo di sé stesso, mentre dentro di sé urlava dalla felicità. Jason gli lanciò un’occhiata perfettamente non interessata.
“Vedi, George?” Chiese Lumacorno all’uomo che lo accompagnava. “Il talento si vede fin da piccoli! Prendi il signor Damian Littleton qui: i voti più alti del suo anno in Trasfigurazione, e una padronanza degli incantesimi in generale niente male! E direi che nemmeno in Pozione se la cava così male, per nulla… Fra lui, la signorina Evans e la signorina Seki, direi che ultimamente anche i Nati Babbani mi stanno dando delle perle!”
“Mh mh.” L’uomo non sembrava molto convinto. “Una futura carriera come Spezza Incantesimi o Auror, forse?”
“Ma io voglio aprire un negozio di dolci.” Affermò Littleton, stranamente irritato. “E fare il pasticciere.”
L’uomo gli lanciò un’occhiata simile a quella riservata agli insetti, ma Lumacorno invece sorrise. “Oh, allora la prossima volta dovrai proprio portarci qualcosa da assaggiare!” Esclamò, bonario. “Oh, cielo, non è mica Ludovica Jibbins quella? Per Merlino, è la prima volta da quando è uscita da Hogwarts che non la vedo! Con permesso, mi sembra giusto salutarla. Ludovica, cara!”
Presto, il Professore si dileguò fra la folla, il suo accompagnatore a seguirlo silenziosamente. La Clark si voltò verso di loro, entrambi i pollici alzati.
È andata bene, no!?” Esclamò, sorridente, prima di allontanarsi anche lei, in particolare direzione verso il tavolo dei dolci.
“Yay, sei stato preso, urrà.” Esclamò Jason, anche se sembrava particolarmente annoiato. “Almeno mangerai bene. Mi porterai qualcosa di nascosto?”
Regulus era troppo emozionato per rispondergli. “Vado a prendere altro succo di zucca.” Esclamò, un sorriso a trentadue denti a solcargli il volto prima di allontanarsi anche lui.



Forse fu l’aver colpito Lumacorno, o forse qualcuno aveva messo qualcosa nel succo di Zucca, ma Regulus si trovò con un coraggio tutto nuovo per quella serata e la stanchezza dimenticata. Non tornò verso il tavolo: si avvicinò a Rukbsi con una scusa e attaccò bottone, poi interagì con due streghe che a quanto pare gestivano una rivista alternativa al Profeta. Non gli fu difficile, una volta superato il terrore iniziale: in fondo aveva partecipato a questo tipo di feste per sei anni e, beh… se anche qualcuno si fosse ritrovato a meravigliarsi per il suo linguaggio e i suoi discorsi da adulto, poteva essere solo una cosa a suo vantaggio in questo contesto. Non era come a casa: qui, non lo conoscevano. Non potevano notare la differenza.
Stava congedandosi da un ex-studente di Serpeverde che a quanto pare aveva inventato non-sapeva-bene-cosa quando sentì delle voci familiari parlare poco distante. Non si era reso conto di essersi riavvicinato al tavolo del buffet mentre circumnavigava la sala.
Littleton e Jason non sembravano essersi schiodati dal loro posto. Seduti in un angolino, evidentemente a disagio, avevano sulle ginocchia dei piattini con del cibo e lo spiluzzicavano guardando la folla. Non sembravano interagire fra di loro. Poco distante dai due, tre ragazzi bevevano quello che non poteva essere succo di zucca, lanciando ogni tanto loro delle occhiatacce: Claudius Bulstrode, Evan Rosier e Jayne Husher. Dei tre studenti purosangue Serpeverde, solo l’ultima era stata invitata per meriti scolastici, mentre gli altri due erano lì solo ed esclusivamente per le loro famiglie.
“Gli standard si sono davvero abbassati, ultimamente.” Stava spiegando Jayne a Claudius, che era un primino come Regulus e sembrava confuso, come se non sapesse bene dove si trovasse. “Adesso Lumacorno fa entrare anche i porci… si vede che Hogwarts è proprio caduta in basso.
“Per non parlare della puzza.” Aggiunse Rosier, ridendo. “Si sente fino a qui, di marcio…”
Nonostante non stessero guardando verso di loro e non dessero alcun segno di aver sentito, Regulus poté notare come le orecchie di Littleton fossero paonazze, e Jason non riuscisse a tenere bene in mano la forchetta per via del tremolio alla mano.
Ma perché non li lasciano in pace? Pensò Regulus. Anche nella sua prima vita non si era mai abbassato a quella parte della vita dei futuri Mangiamorte, preferendo ignorare coloro che riteneva inferiori piuttosto che prenderli in giro così. Ma Jayne Husher era del settimo anno, e se la stava prendendo con due primini…
“Staremmo molto meglio a Hogawrts senza Silente che fa entrare certi esseri.” Continuò a dire Jayne Husher. “Dovremmo cacciarli tutti quanti.”
“Possiamo sempre aspettare che il Ministero capisca da che parte schierarsi.” Sibilò Rosier, sorridendo maligno. “E cosa fare davvero con loro.”
Ingoiando insulti e retoriche, Regulus li superò senza degnargli di un’occhiata, e si presentò davanti a Littleton e Stuart. “Hey.” Esclamò. “Domani abbiamo lezione di Incantesimi alle nove sicuri di voler rimanere ancora qui?”
Littleton alzò gli occhi, ma Jason continuò a infilzare una pizzetta con la sua forchetta, in silenzio.
Sfortunatamente, avvicinarsi a loro sembrava aver aperto le gabbie. “Allora è vero quello che si dice in giro.” Esclamò Rosier, avvicinandosi insieme al resto del gruppetto. “Regulus Black se la fa con i Sanguemarcio.”
“Ci sto semplicemente parlando, Rosier. E’ quello che succede quando si è una persona educata, invece che un maiale uscito da un porcile.” Regulus sospirò. “Non che tu possa conoscere altro.”
“Stai bene attento a come parli, Black. Qui non hai mamma e papà a proteggerti.”
“Strano. Stavo per dire la stessa cosa.”
Jayne Husher fece una risatina cattiva. “E’ perché non ci sono mamma e papà, che ti mischi con la feccia? Com’è dormire insieme al fango?”
“Non è affar vostro.” Replicò Regulus, seccato. Era stressato, stanco e voleva solo tornare a letto a dormire: l’entusiasmo per il Lumaclub era sparito del tutto, una scarica di adrenalina andata ad esaurirsi. Se avesse potuto, avrebbe Imperiato tutti e tre per lasciarlo in pace. Anzi, due: Claudius Bulstrode sembrava volersi dileguare quasi quanto loro. Era stato suo compagno di dormitorio per sette anni la prima volta e per quanto non fossero mai diventati amici, non era mai stato spiacevole. Almeno quello.
“Non siete parte della mia famiglia né delle mie amicizie, grazie al cielo, e non ho bisogno dei vostri giudizi né tanto meno della vostra scorta.” Lanciò un’occhiata a Rosier, che era stato fra quelli che avrebbero dovuto “intercettarlo” sul treno. “Girate i tacchi e smettetela di prendervela con due undicenni, siete patetici.”
“Altrimenti?” Chiese Rosier facendo un passo avanti. “Mi mordi? Mi tiri i capelli? Mi illumini con un Lumos? Attento, Black, non saresti l’unico a pagare per le conseguenze delle tue azioni, dovresti averlo ben capito.”
“Che diavolo vuol dire, Rosier? Mi stai minacciando!?”
Adesso sia Littleton che Jason si erano alzati in piedi. Jason sembrava essere estremamente preoccupato, ma Littleton guardava la scena come se sperasse che effettivamente Regulus si lanciasse all’attacco.
E avrebbe potuto. Forse quelli del primo anno avevano imparato solo un Wingardium Leviosa, o un Lumos, o varie magie del genere, ma lui conosceva tutto un arsenale che avrebbe fatto implorare Evan Rosier di essere lasciato stare per tornare a casa a piangere dalla mammina. Regulus fu tentatissimo di tirare fuori la bacchetta e schiantarlo così forte da fargli sentire gli effetti fino alla fine della sua carriera scolastica, ma l’arrivo di Lumacorno lo trattenne da commettere quella che sarebbe stata, effettivamente, una cazzata.
“Cosa sta succedendo qui?” Chiese Lumacorno, stupito. Era evidente che avessero alzato la voce e attirato l’attenzione. “Va tutto bene, Signor Rosier e… Signor Black?” Lanciò a Regulus un’occhiata preoccupata e il ragazzino deglutì, nervoso. L’immagine di Orion e Alphard Black giovanissimi intenti a picchiarsi con un uomo sconosciuto gli fece capolino nel cervello. Ma lui non aveva fatto ancora niente, no…?
“Stavamo parlando degli addobbi, professore.” Intervenne improvvisamente Jason. Sia Lumacorno, che Regulus che Rosier lo guardarono perplessi e stupiti. “Tipo il pupazzo di neve, avevamo detto che sono molto carini, anche se Rosier non li apprezza molto. Li ha definiti… pacchiani, credo?”
Rosier aprì la bocca per protestare, ma Jason si affrettò a continuare.
“Professore, domani abbiamo lezione, è un problema se ce ne andiamo adesso?”
“Cosa? Ma no, ma no, figuriamoci, è importante il vostro curriculum scolastico…” Borbottò Lumacorno, che ora stava guardando male Rosier. “Buonanotte, Signor Black, Signor Littleton, Signor Stort.”
Jason afferrò per un braccio Littleton e Regulus, e si affrettò a trascinarli fuori dalla sala, non prima però di aver afferrato un altro muffin al mirtillo ed esserselo portato alla bocca.


“Non capisco.” Mormorò Littleton, confuso, una volta nei corridoi. “Perché non hanno detto niente sulla tua bugia?”
Regulus stava per rispondere, ma Jason lo precedette. “Beh, prima di tutto non gli ho dato molto tempo.” Sembrava essere ora a disagio e in ansia, nonostante fosse sembrato così sicuro di sé poco prima. E in effetti se non messo davanti a qualcuno di “spaventoso” come determinati Professori, Jason aveva sempre una faccia tosta non indifferente. “E poi gli conviene così. La maggior parte dei Professori punisce chi usa certi termini, tipo la McGranitt poco prima delle vacanze lo ha fatto proprio con Rosier, me lo ha detto Freddie Wilson ieri, quindi non è che qualcuno crederebbe a Rosier se dice che non è vero.” Si affrettò a spiegare. “E non gli conviene, no no.”
Regulus lo sguardò, poi fece un sorrisetto. “Verde e argento nell’animo.” E per la prima volta in tutta la sua vita fece qualcosa che non si sarebbe mai sognato nemmeno di pensare fino a poco tempo prima: alzò la mano per dare un batti e cinque al ragazzino.
Jason batté la mano contro la sua, ma debolmente.
“Fantastico.” Disse Littleton, ma sembrava stanco. Portò una mano a stropicciarsi gli occhi, e sospirò. “Va bene… grazie, ci si vede a lezione.”
E con un’ultima occhiata a Regulus, e solo a Regulus, si allontanò.
“Patetici, comunque.” Commentò Regulus, guardandolo allontanarsi. “Davvero patetici. A cercare rogna con quelli del primo anno, come se potessimo difenderci facilmente.” Lui poteva, certo, ma non senza attirare l’attenzione. “A prescindere dalle loro idee, sono proprio stupidi di base. Non è vero?” Si voltò, ma Jason aveva distolto lo sguardo. “Jason?”
Il ragazzino aveva un braccio contro il volto, come a nascondersi, e tirò su col naso. Regulus si rese conto, sussultando, che il giovane stava piangendo.
“Jason.” Ripeté. “Hey, va tutto bene. Non è successo nulla.” Quando il bambino non accennò a sollevare lo sguardo ma anzi, scosse la testa, Regulus aggiunse. “Io ti chiamo sempre con certi termini…”
“Ma è diverso!” Sbottò Jason, singhiozzando. “Cioè, no, è comunque una cosa brutta, ma tu lo so che anche se pensi certe cose, sei mio amico! L’ho capito che è per via della tua famiglia, ne ho parlato anche con papà durante le vacanze, ma poi con me sei gentile e a parte blaterare qualcosa n-non fai nulla!” Il ragazzino si asciugò prepotentemente gli occhi con una mano, ma le lacrime non accennavano a passare. “M-Ma loro no! Loro le pensano davvero perché sono cattivi, queste cose, e se potessero ci farebbero davvero del male!”
“Jason…” Era ironico, come la realtà fosse stata al contrario. Era Regulus quello che era diventato un Mangiamorte, non Jayne Husher: lei si era sposata con un funzionario del Ministero e aveva cominciato la sua vita da casalinga senza dare fastidio a nessuno.
Ma Jason… Jason non lo sapeva. E Jason si era convinto che Regulus non credesse davvero in ciò che diceva. Si era convinto che ripetesse a pappagallo ciò che gli raccontavano i genitori, cosa che non era vera. Regulus aveva sviluppato un senso critico e una sua propria idea da tanto tempo, sia prima di tradire il Signore Oscuro che dopo.
“Sono abbonato alla Gazzetta del Profeta, me lo ha fatto fare Violet.” Singhiozzò Jason. “Quando sono arrivato a Hogwarts ero così tranquillo… sì, c’era della gente che voleva unirsi a quel Signor Coso, e allora? E poi durante le vacanze, ecco. Diciassette Babbani scomparsi misteriosamente solo sotto Natale, due funzionari del Ministero aperti verso il mondo non magico trovati morti nelle loro case, cinque Nati Babbani che non si sa che fine hanno fatto. Io avrò anche undici anni, e la gente pensa che io non capisco, ma io capisco eccome!” Jason tirò nuovamente su col naso, che si era molto arrossato per il pianto. “E anche mamma e papà. Nonna è così preoccupata, ha detto che è così che è iniziata anche fra i Babbani, e che se continua devo tornare a frequentare la scuola “normale”. Io non voglio tornare fra i Babbani, mi piace Hogwarts e ci sono i miei amici, qui!”
Jason era stato così tranquillo, l’ultima volta che avevano affrontato un discorso del genere. Quasi disinteressato mentre parlava di Mangiamorte e paragonava il presente al passato. Adesso, invece, sembrava quasi come se fosse terrorizzato, e a Regulus si strinse il cuore. Il problema è che quello non era nemmeno l’inizio, no: solo negli anni a venire la gente si sarebbe conto che la guerra era già iniziata, era soltanto stata silenziosa. Se davvero la guerra babbana era stata così simile alla loro, era normale che la famiglia di Jason se ne fosse accorta subito, anche se formata da Babbani.
Eppure… “Jason, sono passati solo pochi mesi. E’ successo qualcosa in particolare?”
Jason si irrigidì, poi distolse lo sguardo.
“Niente.” Mentì, perché era evidente che fosse una menzogna.
“Jason.” Ripeté Regulus, freddamente, e infatti vide Jason sussultare. “Sei un pessimo bugiardo, quando sei spaventato. Che cosa è successo? Hai visto qualcosa?”
Il ragazzino rimase in silenzio. Poi, silenziosamente, si alzò le maniche del maglione che indossava.
Le sue braccia erano ricoperte da piccole ustioni, come se qualcuno si fosse divertito a bruciarlo con una candela più e più volte. Era l’effetto di un Exulcero, facilmente riconoscibile. Regulus si ritrovò a trattenere il fiato. “Cosa-“
“La sera del nostro ritorno a Hogwarts, non mi sono perso per davvero.” Mormorò Jason. “C’erano dei ragazzi più grande, soprattutto Serpeverde, anche se ho riconosciuto un Tassorosso. Mi hanno preso da parte e ho saltato la cena.”
“Figli di puttana.” Si ritrovò a dire, sconvolto, Regulus. Sì, sapeva che un sacco di suoi futuri (o ex?) compagni Mangiamorte si divertiva con i Nati Babbani, se la prendeva con loro ma… andare da un ragazzino del primo anno e ustionarlo? Così, al rientro delle vacanze? “Ma perché…”
Jason distolse lo sguardo, a disagio.

Attento, Black, non saresti l’unico a pagare per le conseguenze delle tue azioni, dovresti averlo ben capito.

“Jason.” Ringhiò Regulus. “Dimmi, e per favore sii sincero, che questo non è stato a causa mia. Ti prego, dimmi che non è così, perché altrimenti mi espelleranno per ciò che gli farò.”
“Non è stata colpa tua!” Esclamò subito Jason, scandalizzato. “Mica gli hai detto tu di venire da me! E non mi interessa quello che dicono, io sono comunque tuo amico- “
“Fanculo ‘sta merda.” Regulus lo superò, estraendo la bacchetta, con tutta l’intenzione di tornare dentro alla festa e lanciare una fattura sullo stupido viso di Rosier. No, era troppo poco, certamente solo con qualcosa di molto peggio quel pezzo di merda si sarebbe reso conto che non doveva permettersi mai più di fare una cosa del genere.
Jason gli si attaccò alla schiena, cercando di fermarlo, quasi come un koala. “Smettila, Regulus, non fare il Grifondoro!” Esclamò. “Sto bene, ti metterai solo nei guai così.”
“Non sto facendo il Grifondoro.” Sibilò Regulus, cercando di scrollarselo di dosso. “Tocca qualcuno a un Serpeverde, e sei morto. Non mi sembra giusto che Rosier la passi liscia al riguardo.”
“Prima di tutto, non c’era solo Rosier.” Jason si asciugò le lacrime un’ultima volta, un’azione abbastanza difficile visto che era ancora attaccato a Regulus per bloccarlo. “E secondo, se ti espellono io perdo uno dei miei amici, e a me questa cosa non sta bene. Violet e Aaron sono miei amici, sì, ma li posso vedere sempre quando sono a casa, a te non ti rivedrei mai più.” Rimase un attimo in silenzio. “E a me questa cosa non piace proprio.”
Regulus lo fissò, cercando di calmarsi. Jason aveva ancora gli occhi lucidi, ma adesso c’era un’espressione determinata sul suo volto. Pian piano, il giovane Black abbassò la bacchetta e il braccio, e Jason lo lasciò andare. “Se lo faranno di nuovo.” Sentenziò, però. “Non rimarrò fermo.”
Jason annuì, come se sapesse di non poterlo fermare. Silenziosamente gli prese un braccio, e lo accompagnò fino al dormitorio.
 

 
Quella notte, Regulus rimase a guardare il soffitto in silenzio.

Jason è un’eccezione, mi si è praticamente accollato anche lui, e non puoi ignorare qualcuno che dorme nel letto accanto a te. E poi è un Serpeverde mancato.

Come si poteva, in pochi mesi, arrivare a una situazione del genere? Prima dell’inizio della scuola, o meglio, nella sua precedente vita, era stato un Mangiamorte. Aveva cambiato idea sulle cose più fanatiche, su quelle più crudeli, su quelle così tipicamente del Signore Oscuro, ma era vissuto comunque per quasi diciott’anni con un determinato pensiero. Anche adesso, Regulus sapeva benissimo ciò in cui credeva – i Maghi, soprattutto se Purosangue, erano superiori ai Babbani e, di conseguenza, ai Nati Babbani. Era semplice, era la vita, era una verità che nessuno avrebbe potuto portargli via, tutti i tentativi sarebbero stati inutili.
Eppure… eppure perché provava qualcosa di così forte per Jason? Non aveva mai avuto un amico così, solo conoscenti e contatti che ora realizzava aveva sempre chiamato amici in maniera sbagliata. Per sua stessa scelta, vero, perché Regulus era stato inizialmente un ragazzo timido, e quando si era liberato dall’ansia si era concentrato soltanto sul suo destino al fianco del Signore Oscuro, e su quello da Erede della Nobile Casa dei Black, e su tutto ciò che avrebbe dovuto fare…
E si era andato a scegliere, se scelta poteva essere chiamata, proprio un Nato Babbano. Un Sanguemarcio. In poche settimane, nonostante i suoi pensieri, Regulus aveva fatto e detto cose che lo avrebbero fatto giustiziare o allontanare da non solo il Signore Oscuro, ma da tre quarti delle persone che conosceva in poco meno di qualche secondo. Sua madre in primis, e ci sarebbero stati due buchi neri nell’Arazzo in quella generazione, invece che solo quello di Sirius.
Il pensiero lo terrorizzava, tanto. Jason Stuart lo terrorizzava. Per un attimo gli venne in mente la malsana idea che lo avesse incantato, o che gli avesse fatto bere un qualche tipo di strana pozione, perché non si poteva spiegare altrimenti. Ma Regulus cacciò via questi pensieri assurdi, e si addormentò pensando ancora a ciò che era successo.
Chi diamine sto diventando?
 




 
 
 
L’oscurità lambiva tutto, intorno a lui.
Regulus si ritrovò ad ansimare, spaventato. Riconosceva questo posto, c’era già stato in sogno. Ma questa volta era reale, no? Non poteva star ancora dormendo…
Si guardò intorno, cercando di capire qualcosa, di trovare una via d’uscita, ma prima che potesse succedere sentì un ringhio alle sue spalle e, d’istinto, cominciò a correre.
Corse, e corse, e corse ancora, cercando di seminare la bestia. La sentiva dietro di sé, sempre così vicino ma allo stesso tempo abbastanza lontana da non poterlo raggiungere; le sue zampe veloci sul pavimento oscuro erano l’unico rumore in quel luogo, sovrastavano persino il suo respiro affannoso.
Scappa scappa scappa scappa.
Di nuovo, da lontano, vide la luce. Corse più veloce, sforzando le gambe e i polmoni, costringendosi ad andare avanti, sempre più vicino. Un’ombra lo superò, e gli tagliò la strada: lui frenò così bruscamente che si ritrovò a rotolare a terra, davanti alla creatura.
La bestia ringhiò e gli si parò davanti, così grossa e nera da quasi oscurare la luce, e lui indietreggiò ancora a terra, cercando di scapparle.
Ma la bestia non ringhiò verso di lui, no. Invece voltò il capo verso la luce e…
 
 



Quando Regulus si svegliò di scatto, si rese conto che tutti gli oggetti della stanza ad eccezione dei letti stavano levitando ad almeno un metro del terreno. Compreso sé stesso.
Nel momento esatto in cui se ne accorse, la magia sembrò finire. I bauli, i vestiti abbandonati per terra, le gabbie vuote di alcuni gufi e vari altri oggetti ricaddero a terra con un fracasso enorme. Eppure, l’unico a svegliarsi fu Bertram Aubrey, che si guardò intorno confuso e poi si rivoltò nel letto, tornando subito a russare.
Regulus, che ansimava forte, atterrò sul letto e ci si ancorò, spaventato. Non aveva un eccesso di magia così forte da quando, a otto anni, non aveva fatto volare metà dei libri della biblioteca privata di suo padre per attirare la sua attenzione. La magia era così potente in una persona solo ed esclusivamente prima di prendere una bacchetta, quando i bambini cominciavano a mostrarla per le prime volte, e in maniera del tutto accidentale.
Si portò una mano alla fronte sudata, cercando di calmarsi. Non c’erano segni che potessero accertare, questa volta, che quello non fosse stato un sogno, eppure Regulus era lo stesso convinto che fosse stato tutto reale.
E l’evento questa volta era stato più lucido, persino più lungo. Regulus si sforzò di riportare alla mente ciò che aveva visto per poterlo analizzare, ma era difficile. Tuttavia, si rese conto di due cose.
Numero uno, quella bestia non era un animale indistinto, o una bestia feroce. Assomigliava a un cane nero molto grosso. Per un attimo a Regulus venne in mente il Gramo, il presagio di morte per eccellenza, e gli venne da ridere. Un po’ in ritardo, se davvero si trattava di quello.
Numero due, la bestia non ce l’aveva con lui. No, sembrava quasi che stesse cercando di fermarlo dal correre per proteggerlo dalla luce.
Regulus si ritrovò, alle quattro del mattino e in un dormitorio completamente addormentato, a ridere istericamente.
Avrebbe dovuto proprio bere quel Whisky Incendiario, alla festa.
 










Benritrovati e scusate per il ritardo! So che nel capitolo avviso (ora cancellato) avevo parlato di 21 Novembre, ma ho avuto dei problemi e ho cambiato PC, quindi alla fine mi sono preso un'altra settimana di tempo, anche perché avevo scritto parte del capitolo sotto febbre e ho voluto ricontrollarlo per evitare di lasciare qualche cavolata. Spero che, a parte gli errori di grammatica voluti nei dialoghi, non ci sia più niente di strano nel testo.
Questo capitolo è la metà del solito (normalmente sono diciotto pagine, ma questa volta sono quattordici). Ho voluto tagliare dei pezzi che mi sono sembrati precoci, inutili o prolissi, ma volevo comunque dedicarlo tutto al Lumaclub. Alla fine qualità è meglio di quantità, spero quindi che vada lo stesso bene.
Due piccole specifiche sul capitolo, perché mi piace approfondire quello che scrivo! In primis, Regulus non è cosciente della situazione reale per i Nati Babbani durante il 1972, l'anno in cui è cominciata la storia. Non solo lui era un Purosangue, ma come già specificato non ha mai partecipato alle angherie degli altri suoi compagni contro gli studenti di Hogwarts. Tenendosi sulle sue, non sa quindi che una cosa come prendere Jason da parte per maltrattarlo era del tutto plausibile (in fondo, nei libri c'è scritto che la gang di Mangiamorte andava a maledire ragazzini a caso).
In secondo luogo, immagino sempre che la Prima Guerra magica non sia stata dissimile dalla seconda, sopratutto perché è una cosa confermata nei libri e nei film da vari personaggi ("E' proprio così che è iniziata l'ultima volta"). Immagino che inizialmente ci sia stato un periodo in cui nessuno comprendeva davvero che fossero in guerra, pensavano a Voldemort forse come a un terrorista pazzo isolato (quelli pro Nati Babbani), come a qualcuno che forse forse aveva ragione (quelli contro i Nati Babbani), o a qualcuno che sarebbe stato presto arrestato e basta (quelli neutrali). Solo da un certo punto la gente si è resa conto che erano in guerriglia aperta, e immagino che sia successo circa al terzo o quarto anno di Regulus. 

Un'ultima precisazione, ci tengo a farla. Quello che pensa Jason di Regulus è sbagliato. Essere amici con qualcuno che vi considera inferiore e che ti insulta, seppur non in maniera feroce come tanti altri, è qualcosa che può farvi seriamente del male, psicologicamente e purtroppo in certi casi anche fisicamente. Jason ha undici anni e si è autoconvinto che non solo Regulus sia solo influenzato dalla famiglia, ma che esistano due categorie di persone: quelle che ti trattano male e quindi sono cattive, e quelle che ti trattano bene e quindi sono gentili. Non sa che esistono i grigi, solo il bianco e nero. Ora, noi sappiamo cosa pensa davvero Regulus, e sappiamo che ci sarà un cosiddetto Redemption Arc, che è già iniziato. Jason no. Poiché questa è una fanfiction la questione non è grave, è solo una storia. Nella realtà, per favore, state al sicuro e scegliete solo persone che non giudichino voi o la vostra famiglia, non importa quanto possano sembrare gentili. Be safe and take care of yourself!

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Capitolo 7
*** Tarocchi e Sfere di Cristallo ***


The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
VII Capitolo - Tarocchi e Sfere di Cristallo




 
Quando Regulus bussò alla botola dell’aula di Divinazione alle sette del mattino, mentre tutti gli studenti si preparavano per andare a fare colazione, si aspettò che non gli rispondesse nessuno o che in qualche modo potesse essere mandato a quel paese per via dell’orario. Invece, il Professor Xander Laurent aprì la porta ancora in vestaglia da notte, con l'aria di chi, nonostante si stesse già preparando per la giornata, si fosse svegliato da pochissimo. L’uomo lo squadrò, perplesso, dall’alto verso il basso.
“Tu non sei uno dei miei studenti.” Disse, sorpreso, per poi assottigliare gli occhi. “…Tu non sei uno dei miei studenti, vero?”
“No, Professore. Sono del primo anno, mi chiamo Regulus Black.” Non era stato un suo studente nemmeno nella sua prima vita, visto che aveva sempre considerato Divinazione una materia inutile: non che pensasse che non esistessero persone con il dono della Vista, ma in mancanza di essa era davvero inutile pretendere di poter guardare dentro una sfera di cristallo o leggere delle foglie di tè e vederci qualcosa. E frequentare un intero corso solo per imparare un po’ di teoria quando avrebbe potuto informarsi tranquillamente da casa era, secondo lui, uno spreco di tempo.
Ma dopo quello che era successo quattro notti prima, senza dimenticare le cicatrici del morso di mesi fa ancora visibili sulla sua gamba, era pronto a mettere da parte ogni sua singola convinzione e provare persino qualcosa come la divinazione. I due giorni scorsi li aveva passati in biblioteca, ma senza l’accesso alla sezione proibita o alla collezione di libri oscuri che si trovava a Grimmauld Place il massimo a cui aveva potuto aspirare erano documenti di magia di livello M.A.G.O. e favolette.
Aveva cercato in ogni singola riga, la prima notte non aveva neppure dormito (e la paura di riaddormentarsi non c’entrava nulla. No, proprio per niente.) pur di trovare un qualsivoglia indizio per la sua condizione.
Poi si era reso conto di una cosa: era impossibile trovare la sua situazione in un libro, perché da quello che sapeva nessuno era mai riuscito a viaggiare nel tempo in questo modo. Esistevano le Giratempo, certo, ma non andavano così indietro e soprattutto non funzionavano in quel modo: Regulus aveva riavvolto la sua linea temporale, o aveva sovrastato quella di un altro Regulus sostituendola, o aveva fatto qualcos’altro di mai realizzato prima… o quantomeno, di mai registrato. Maghi e Streghe e persino i Babbani cercavano di carpire i segreti del tempo da forse gli inizi della storia – e la Divinazione era uno dei pochi metodi con cui il Mondo Magico ci si era avvicinato.
Valeva la pena quantomeno tentare.
Il Professor Laurent si fece da parte per farlo salire nell’aula di Divinazione, poi gli fece cenno di aspettare e si ritirò nelle sue stanze. Regulus gli lasciò il tempo di vestirsi e rendersi presentabile, osservando intanto l’aula che non aveva mai visitato prima d’allora. Sapeva che Sirius aveva provato a frequentare Divinazione, ma che lui e Potter l’avevano mollata dopo i G.U.F.O.
Per il resto, non riusciva nemmeno a pensare a qualcuno che conoscesse che si fosse interessato alla materia.
“Allora… Regulus Black, giusto?” Chiese il professore, una volta tornato. La sua pelle scura andava in contrasto con le sue vesti da mago, di un lilla molto acceso, e con i suoi capelli corti bianchi come la neve – da quel poco che sapeva, l’uomo sapeva essere molto eccentrico, soprattutto nel modo di vestirsi. Mai quanto Silente, ovviamente. Gli fece cenno di sedersi su una delle poltroncine dell’aula, educatamente. “Come posso esserti d’aiuto? Se sei del primo anno, non dovremmo vederci almeno fino al terzo.”
Se non addirittura mai. Pensò Regulus. “Ho avuto… problemi a dormire, ultimamente.” Cominciò a spiegare, cauto. “Sono notti, mesi, che continuo ad avere lo stesso identico sogno. E non sembra essere un sogno normale, ma qualcosa di molto più reale - addirittura magico. So che c’è un’intera branca della sua materia che si occupa di analizzare i sogni in cerca di presagi e ho pensato quindi di chiedere a lei.”
Non aggiunse altro: non poteva di certo dirgli che il motivo per cui si trovava lì stava nell’essere lui stesso un “presagio” dal futuro.
L’uomo si grattò la testa, pensieroso. “Sì, è materia del quinto anno.” Rispose. “E hai ragione, Signor Black: un sogno ricorrente può essere un presagio del futuro. Per di più se sembra essere “reale” o addirittura pregno di energia magica, potrebbe trattarsi davvero di una visione. Aspetta un attimo.” Andò a prendere qualcosa da uno degli armadietti: quando tornò, gli consegnò fra le mani quello che sembrava un quaderno. “Questo è un Diario che usiamo in Oniromanzia. Partendo dal primo giorno in cui hai sognato quella determinata cosa, appunta precisamente ogni volta che è riaccaduto, cosa ci è successo dentro, i cambiamenti e le tue sensazioni durante e dopo il sonno. Non hai la metodologia per analizzarlo da solo, ma potrai portarlo a me e lo vedremo insieme.”
Regulus lo cominciò a sfogliare, perplesso. “Per quanto tempo dovrò tenere questo diario?”
“Almeno un mese dal primo sogno.”
“Un mese!?” Esclamò allibito il ragazzo, prima di cercare di contenersi. E se nel prossimo sogno il cane nero non lo avesse fermato dal raggiungere quella figura? O peggio ancora, se fosse stato morso di nuovo dalla creatura? Non avrebbe avuto un mese! “Non è per essere maleducato, Professore, ma speravo… speravo in qualcosa di più veloce. I sogni mi tengono sveglio: negli ultimi tre giorni ho provato a prendere delle pozioni, ma non posso continuare così o la mia salute ne rimetterà.”
Il Professore apparve pensieroso. “No, di certo hai bisogno di dormire.” Disse. Sembrò riflettere a lungo, prima di riprendere parola. “Se si tratta di una visione del futuro, possiamo provare a incanalarla attraverso un’altra branca della materia. Devo però avvertirti: io non sono un Veggente. Sono solo un esperto della materia teorica e visto che la Vista non si può insegnare, vado bene per spiegarvi i concetti… ma non è detto che possa dirottare qualsiasi visione tu possa aver avuto.”
“Tentar non nuoce.” Mormorò Regulus. Come aveva imparato tanti anni prima… o forse come avrebbe imparato fra tanti anni, ogni singolo indizio poteva portare a una soluzione più grande. Tutta la verità sull’Horcrux del Signore Oscuro era partita da qualche frase che il mago si era lasciato sfuggire nei suoi discorsi, in fondo.
“Va bene. Potresti cominciare, intanto, a raccontarmi cosa succede nel sogno.”
“Ero… in un posto buio. No, non era un posto buio. Era l’oscurità stessa.” Cominciò Regulus, esitando su cosa dire e non dire: gli Inferi, ad esempio, sapeva bene che rappresentavano la sua morte, ma sarebbe stato difficile spiegarlo all’uomo. “Inizialmente ero lì, bloccato. Non potevo muovermi minimamente, ma c’era gente che mi chiamava. Il sogno finiva con delle creature che mi… trascinavano via.” Deglutì, nervoso. “In quelli successivi sono riuscito a muovermi. Correvo e prima o poi vedevo una luce. C’era una figura lontana che dovevo raggiungere… ma qualcosa me lo ha impedito, più volte.” Si rese conto di star tremando, e si sforzò di fermarsi. “Una bestia grossa, nera…”
A quelle parole, il Professore si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. Regulus alzò lo sguardo dalle sue stesse mani, sbigottito.
“Oh, chiedo scusa… non c’entra nulla con il tuo sogno in sé.” Si affrettò a scusarsi l’uomo, imbarazzato. “E’ solo che una ‘bestia, grossa e nera’ è una delle cose che la gente tende a dire di più di aver visto nelle visioni… sia chiaro, non sto affermando che tu stia mentendo.” Aggiunse velocemente. “E’ più una cosa personale. Ho avuto una studentessa che si divertiva a predire a tutti i suoi compagni il Gramo, la bestia, almeno una volta ogni due lezioni. È considerato il presagio più assoluto di morte.”
Ovviamente doveva essere un presagio di morte. Pensò, seccato, Regulus. La mia solita fortuna.
“Non è detto nemmeno che fosse un Gramo, certo.” Gli spiegò il Professore. “E… ti impediva di raggiungere la figura?”
“Si avventava su di me… ma so che mi stava proteggendo dalla luce.” Rispose il ragazzo. “In un sogno di mesi fa, mi ha morso per fermarmi. Quando mi sono svegliato… la gamba mi doleva come se mi avesse ferito sul serio.” Non si azzardò a dirgli che, in realtà, un morso c’era stato davvero, e le cicatrici avevano faticato a guarire.
“Spesso coi sogni succede. Ci rimangono sensazioni come se fossero stati reali… E poi ti svegliavi?”
“Sì.” Per non parlare del suo sfogo magico al suo risveglio. Quella era un’altra cosa di cui non avrebbe parlato assolutamente.
“Mh…” L’uomo sembrò riflettere. “A primo approccio, le interpretazioni possono essere tante. La prima, quella che sembra più evidente, che ci sia qualcosa che ti impedisce di raggiungere un obiettivo che ti sei prefissato, o una morale. Ma per essere certi che voglia dire qualcosa, che sia una visione del futuro o anche solo un avvertimento della tua mente su qualcosa che ti affligge, devi completare il Diario. Intanto, però, c’è qualcos’altro che possiamo fare.”
Si alzò un’ulteriore volta, andando a controllare nel solito armadietto. “Dove li ho mess…ah!” Esclamò, soddisfatto, prima di ritornare al tavolo con un mazzo di carte in mano.
“I Tarocchi.” Spiegò. “Potrebbero essere il nostro metodo migliore. Sono, in fondo, la pratica divinatoria più stabile, e l’unica magia che possono fare anche i Babbani.”
Regulus rimase un attimo in silenzio. Poi, assimilò quello che aveva detto l’uomo e strabuzzò gli occhi, scioccato. “Cosa?”
“È normale non saperlo.” Sorrise il Professore. “Non è qualcosa che noi maghi tendiamo ad accettare, soprattutto quelli più conservatori. Solitamente viene detto che usiamo Tarocchi diversi rispetto ai loro, che disegniamo versioni delle carte più “magiche” e riempiamo i lati delle stesse di Antiche Rune nel tentativo di differenziarli… ma non funziona così, ahimè. Nel resto della Divinazione è la persona, se ha la Vista, a infondere di magia gli oggetti. Ma gli Arcani conservano il loro potere come Arcani anche se disegnati da un bambino su un foglio di carta… se quel bambino li percepisce come tali.”
L’uomo prese a mescolare il mazzo, mentre Regulus lo osservava come se fosse uno sciroccato. “Nelle mani di qualcuno che li sa interpretare, i Tarocchi funzionano a prescindere. Magia, o non magia. Ovviamente, la maggior parte dei Babbani che sanno davvero interpretare i Tarocchi vengono presi per pazzi dai loro simili, così il Ministero non è mai intervenuto. Ma è sicuramente il metodo migliore che possiamo usare per direzionare la tua visione. Per favore, Signor Black, mescolale tu ora. È meglio che confluisca anche la tua energia nel mazzo.”
Regulus afferrò le carte che gli porgeva l’uomo, ma ci mise qualche attimo buono per cominciare a mescolarle. Ciò che aveva sentito, se si trattava di qualcosa di vero, era assurdo. I Babbani potevano usare la magia? Certo, sapeva che cercavano di imitarla da tempo, ma usavano solitamente trucchetti che nulla avevano a che fare con il vero potere. Anche a mettergli una bacchetta in mano non potevano di certo usarla, e ora quest’uomo voleva fargli credere che attraverso delle semplici carte alcuni di loro potevano prevedere il futuro?
Impegnato così tanto a pensarci, non si accorse di aver ripassato il mazzo automaticamente all’uomo e che quest’ultimo aveva già cominciato la sua predizione. Quando si riprese, si rese conto che il professore aspettava pazientemente che lo ascoltasse per poter cominciare a parlare. Aveva posto cinque carte sul tavolino che c’era fra di loro, a formare quella che a Regulus sembrava essere quasi una croce, e gli indicò la prima carta– quella all’estrema sinistra rispetto alla visione dell’uomo.
“Cercherò di farti un riassunto semplificato di cosa dovrebbe rappresentare ogni carta, visto che non hai mai studiato Divinazione. La prima rappresenta un’affermazione che solitamente riguarda un percorso già intrapreso, e la seconda ciò che ostacola il tuo percorso… ovviamente, esso è relativo. Se il tuo percorso è negativo, l’ostacolo può essere invece qualcosa di positivo…” L’uomo fece una pausa, si assicurò che Regulus lo stesse seguendo, poi proseguì. “La terza carta rappresenta la discussione ed il giudizio… ti dà un’idea generale di ciò che ti succederà. In risposta a essa, la quarta ti dà una soluzione, un modo di comportarti rispetto a ciò che hai o che avrai in futuro. La quinta carta è la sintesi – rappresenta e quasi “riassume” l’intera lettura. Ovviamente, non è così semplice e ho cercato di snellirti le spiegazioni, ma almeno avrai una qualche minima idea di ciò che ti sto per dire.”
L’uomo gli indicò nuovamente la prima carta. “Questo è il Papa rovesciato… il Papa è una figura religiosa per i Babbani.” Si affrettò a spiegare, allo sguardo confuso del ragazzo. “Il tuo percorso inizia in maniera strana per un undicenne. Una strada che non era quella giusta, una ribellione importante…” L’uomo chiuse gli occhi, sfiorando ancora la carta. Aveva l’aria così solenne che Regulus, che fino a quel momento aveva continuato comunque a rimanere un po’ scettico, si sforzò quasi di trattenere il fiato pur di non disturbarlo. “E una figura maschile legata a te, che causa discordia, che ha provocato tutto ciò da cui parti… come già detto, una lettura insolita per qualcuno di così piccolo.” L’uomo lo squadrò, poi mormorò il nome “Black”, così piano che quasi il ragazzo non lo sentì. “Forse un parente?”
No, pensò subito Regulus. Tutto quello era partito da altro – e se si trattava di una figura, di un uomo che aveva seminato discordia nella sua vita, che gliel’aveva addirittura rovinata, poteva solo pensare al Signore Oscuro. Ma valeva, come figura del passato? O in questo caso del futuro? Chi altri poteva essere?
“In ogni caso, la seconda carta è la Torre.” Disse il Professore, passando alla carta alla sua estrema destra. “La caduta delle presunzioni umane. In rapporto alla discordia nella tua vita e in generale al tuo percorso, vuol dire che il tuo punto di vista è destinato a cambiare in maniera definitiva… forse anche catastrofica, sotto certi punti di vista. Credi in qualche religione, Signor Black?” Regulus scosse la testa. “La carta indica che tutto questo è volere di un bene superiore… se non credi in una divinità, puoi pensare che si tratti del Destino, del vero e proprio Fato che ci sta aiutando in questa visione. Ma andiamo avanti.”
“La terza carta è il Mondo rovesciato. È una carta piuttosto comune… soprattutto in tempi di guerra.” Mormorò l’uomo, sfiorando con la punta delle dita la carta più in alto. “Vuol dire che combatterai contro ostacoli praticamente insormontabili. Fortunatamente, c’è la quarta carta…”
Ad essa, situata nel punto più in basso, l’uomo sorrise dolcemente. “La carta degli Innamoratidritta. Indica gli affetti… ma anche le scelte. In questa posizione, sembra essere positiva. Mostra che i problemi che affronterai saranno vinti, i tuoi preconcetti superati, scegliendo l’amore.”
“Mi sembra una cosa molto cliché. Da fiaba, quasi.” Disse Regulus, inarcando un sopracciglio, poco convinto. L’uomo rise.
“Non sottovalutare la forza dell’amore!” Esclamò l’uomo. “E’ la magia più potente di tutte, in fondo. Non farti comunque trarre in inganno dal nome: non si parla per forza di un amore romantico. È qualcosa di molto, molto più amplio. Può essere un amore familiare, amicizia, persino l’affetto per un animale domestico o per il mondo in sé. Persino per te stesso.” Il Professore si schiarì la gola. “C’è un doppio significato, in realtà, e questo è romantico. La carta rappresenta anche il tuo futuro sentimentale, e in questo caso vedo due persone all’orizzonte. Ma onestamente non mi preoccuperei di questo, non ora: hai ancora un po’ di tempo per queste cose.” E gli sorrise, di nuovo.
Regulus sbuffò. Che cosa stupida – non si era mai interessato all’amore e sicuramente, visto che al momento voleva altre risposte su questioni lievemente più importanti la cosa gli sembrava davvero, davvero superflua. Per di più gli sembrava assurdo che addirittura avesse due persone fra cui “scegliere”, visto che nella sua prima vita… lui non aveva avuto nessuno. Ora che ci pensava, non riusciva nemmeno a ricordarsi se avesse provato interesse verso qualcuno – quando era arrivata la pubertà il suo pensiero era già al suo scopo, a unirsi ai Mangiamorte, e aveva ricacciato qualsiasi istinto dentro, in profondità. Ricordava di essere stato invitato a un appuntamento da qualche ragazza, ma le aveva tutte ignorate e respinte educatamente. Il pensiero non gli era nemmeno passato di mente. Non gli interessavano le ragazze, e aveva avuto troppo altro a cui pensare.
“Per il gran finale…” L’uomo toccò la carta centrale, l’ultima. “Il Giudizio. Rappresenta la rinascita dello spirito ed il ristabilimento fisico. La persona è rinata dopo aver subito prove schiaccianti… ovvero, esattamente ciò di cui abbiamo parlato fino ad ora.” L’uomo guardò le carte, pensieroso. “L’inizio è… decisamente particolare, ma sembra essere una buona lettura. Ti aspettano grandi cose, Regulus Black, questo è poco ma sicuro.”
“Cose molto vaghe.” Non era stato per niente d’aiuto! ‘Ostacoli insormontabili’ che ‘vincerà con la forza dell’amore’… poteva riferirsi a qualsiasi cosa, soprattutto visto che, come aveva fatto notare il professore, erano in una guerra. Tuttavia la prima parte era stata fin troppo accurata – non era normale, infatti, che un ragazzino avesse una figura malvagia a seminare discordia… a meno che non avesse già vissuto qualcosa di diverso. Il professore non poteva esserselo inventato, avrebbe provato a parlare di qualcosa di più vago, più adatto alla sua età. Invece, sembrava aver scelto qualcosa che si sposava troppo con il passato di Regulus. Tuttavia… “Non c’è niente sul mio sogno, qui.”
“No, non apparentemente per noi almeno.” L’uomo lo fissò – forse sembrò notare la sua espressione delusa, perché scosse subito la testa e si alzò. “Possiamo provare un’ultima cosa, se vuoi. Ho poche foglie di tè – devo fare rifornimento – e mi servono per le lezioni del terzo, ma posso provare a leggere qualcosa in una Sfera. Forse, con un’immagine visiva, potremo avere un’idea più chiara.”
Questa volta tornò con una sfera di cristallo e delle candele, togliendo i Tarocchi dal tavolino e poggiandoci il nuovo materiale. “Ovviamente, metti ancora in conto che io non possiedo la Vista. Ma se si tratta davvero di una Visione, potresti essere tu a vedere qualcosa.”
Il professore spense le luci e accese le candele – il ragazzo sentì incenso, e un’altra spezia che a Regulus ricordava menta mista a carbone bruciato. La stanza sembrò calare in un clima estremamente diverso da quello che c’era stato fino a quel momento, molto più riservato, mistico. Il Professor Laurent lo istruì su come posizionarsi, cosa pensare, come concentrarsi, conducendolo passo passo nella tecnica e spiegandogli che non doveva rimanerci male se non succedeva nulla, visto che comunque era una cosa che imparavano alla fine del terzo anno.
Regulus, tuttavia, non poteva permettersi un qualsiasi errore: se c’era anche una sola possibilità di ricevere un indizio, uno qualsiasi, che non fosse una predizione vaghissima su un futuro difficile o il fatto di aver FORSE sognato un presagio di morte, doveva coglierla al volo. Altrimenti gli sarebbe rimasto solo aspettare l’estate per poter accedere alla libreria di Casa Black – e non poteva permetterselo. Se le cose fossero peggiorate, se fosse stato aggredito ancora, ci sarebbe stato il rischio di non arrivare nemmeno all’estate.
Inalò pesantemente le spezie, lasciò che gli rendessero più caldo il petto. Forse per via dell’orario mattutino, forse per via di quel calore improvviso, quasi sentì le palpebre farsi più pesanti, ma rimase comunque concentrato sulla sfera. La superficie di cristallo sembrava essere sempre uguale, nonostante cercasse di sforzarsi il più possibile nel vedere qualcosa. Visualizzava il suo sogno, ogni singola parte di esso nella mente, il più chiaramente possibile, ma nulla.
E poi una piccola nebbiolina, nella sfera. Qualcosa di indecifrabile, intangibile – erano i suoi occhi ad essere appannati, un’allucinazione, o una vera visione? Pensò di aver visto qualcosa, batté le palpebre, mise più a fuoco – un ragazzo, dai capelli neri e i lineamenti troppo familiari, che lo fissava ghignando. Io? Sirius?
Una brezza improvvisa che lo fece rabbrividire, le candele che si spegnevano, e poi un sussurro al suo orecchio sinistro, quasi impercettibile. Una voce.
 
È ancora troppo presto.
 
E improvvisamente, mani che lo scrollavano. “Black!? Regulus?!”
Sbatté le palpebre, rendendosi conto di essere sdraiato a terra. Il Professor Laurent era su di lui, lo scuoteva guardandolo preoccupato.
“Cosa…?” Mormorò Regulus, confuso. Il Professore sospirò di sollievo, lo aiutò a rimettersi a sedere. “Cosa è successo?”
“Hai cominciato a guardare dritto nel vuoto.” Spiegò l’uomo, agitato. “E hai smesso di rispondere – per minuti interi. Stavo per andare a chiamare Madama Chips, perché i miei Reinnerva non sembravano funzionare…”
“Non ho visto niente nella sfera, Professore!” Lo interruppe Regulus. “Solo il mio stesso riflesso, è stato inutile! La prego, mi dica che non è stato così anche per lei.”
Per un attimo, qualcosa passò nello sguardo del Professor Laurent. Un’ombra che contorse la sua espressione in una di puro terrore. “No, io non ho visto nulla.” Mentì l’uomo. “Come ti ho già detto, io non ho la Vista.”
“Sta mentendo!” Esclamò Regulus. “Lei ha visto qualcosa-”
“Non è assolutamente andata così.” L’uomo lo rialzò, forse un po’ troppo bruscamente, prima di ficcargli fra le braccia il Diario dei Sogni. “Non posso aiutarti più di così, Signor Black, mi dispiace. Compila il Diario e torna fra un mese, e passa per favore dall’Infermeria prima di andare a lezione.”
“Ma-” Cercò di protestare il ragazzo, ma l’uomo lo stava già accompagnando alla botola.
“Buona giornata, Signor Black.” Mormorò il professore, prima di assicurarsi che scendesse dalla scala per sbattergli la botola in faccia, un’ultima espressione spaventata sul volto.
Regulus rimase a guardare la botola dal basso per qualche minuto. Poi emise un feroce verso di puro fastidio. Aveva solo sprecato una mattinata! L’unico indizio che poteva avere su quello che era successo quella notte, e il Professore si rifiutava di rivelarglielo! In un moto di ira, gettò lontano da sé il Diario dei Sogni, inutile come poche altre cose. Con un gesto della bacchetta rabbioso gli diede fuoco: sentì alcuni quadri, intorno a lui, lamentarsi del fumo, ma lui li ignorò – si voltò con rabbia verso le scale, abbandonano le ceneri del Diario insieme a qualsiasi cosa il Professor Laurent avesse visto nella sfera di cristallo.
 
 
Nel corridoio che portava all’aula di Incantesimi, Jason lo stava aspettando con in mano anche la sua roba. Regulus si rese conto solo in quel momento di aver dimenticato la borsa dei libri sul suo letto, forse perché convinto di poter tornare nel suo dormitorio prima dell’inizio delle lezioni. Invece, l’incontro col Professore di Divinazione lo aveva così fatto arrabbiare che aveva passato due ore a vagare, infuriato e pensieroso. Si era reso conto di dover andare a lezione solo perché aveva incontrato Bones, il Prefetto di Corvonero, che lo aveva redarguito aspramente per non essere a lezione.
“Non ce n’era bisogno…” Borbottò, accettando la borsa da Jason, ma lui scosse la testa.
“Non era tanto pesante.” Disse. “Ma dove sei stato!? Menomale che prima abbiamo avuto Binns, perché non si è accorto minimamente della tua assenza. Ero già pronto a mentire a Vitious dicendogli che stavi male ma lo sai, non riesco a mentire ai professori!”
“Con Lumacorno non hai avuto problemi, anzi.”
Jason gli lanciò un’occhiata scettica. “Lumacorno non fa paura.” Affermò, prima di trascinarlo in aula. Fortunatamente erano in orario.
“Perché, il Professor Vitious fa paura?”
“Lui personalmente magari no, ma è il responsabile dei Corvonero, no? Meglio non inimicarselo!” Si sedettero in uno dei posti più lontani dalla cattedra, ben sapendo che tanto nessuno avrebbe provato a rubarglieli: i Corvonero tendevano a stare tutti ai primi banchi, per poter seguire meglio, anche se non era sempre questo il caso.
“Allora, come mai sei scappato senza nemmeno fare colazione?” Gli sussurrò Jason, mentre tiravano fuori i libri e le bacchette. Si stavano esercitando al momento con l’incantesimo Lumos, ma era la seconda lezione sull’argomento, il che voleva dire che Regulus poteva smettere di fingere di non aver capito e illuminare senza alcun problema la bacchetta al primo tentativo. Al suo fianco Jason provò due, tre volte, ma non successe nulla.
“Incubi.” Si ritrovò a capire cosa poter dire o non dire al ragazzo. Alla fine, decise che Jason era abbastanza innocente da poter avere una mezza verità. “Sono andato dal Professore di Divinazione per chiedergli una mano a capirli, visto che analizzare i sogni è una branca della sua materia. Ma non è stato minimamente d’aiuto.” L’ultima frase fu sibilata con un tono acido, infuriato. Per distrarsi, e per non far sembrare a Vitious che stesse passando la sua lezione a divertirsi invece che ad allenarsi, si assicurò che il professore avesse notato il suo Lumos prima di mettersi a far volteggiare metà dei suoi libri e delle sue pergamene per aria.
“Quelli per cui urli la notte?” Chiese Jason. La sua bacchetta continuava a non illuminarsi. “Che cosa ti ha detto?”
“Mi ha dato un diario da compilare per un mese. Come se esso possa essere una soluzione!” Infastidito dai continui tentativi falliti del ragazzo, Regulus gli afferrò il braccio e glielo posizionò nella postura corretta. “E poi ha sicuramente visto qualcosa su di me nella sua sfera di cristallo, ma ha mentito dicendo che non era vero.”
Jason finalmente riuscì a illuminare la bacchetta. Il Professor Vitious disse qualcosa rivolto verso di loro su dei punti guadagnati per Corvonero, ma entrambi lo ignorarono. “Magari ha i suoi motivi? Non lo so, una predizione mi sembra qualcosa… boh, persino per il mondo magico sembra essere “strana”. Magari ha visto qualcosa che non c’entrava niente con te.”
“Mh-mh.” Regulus non era convinto per nulla e aveva la sensazione che se avesse avuto altri Diari fra le mani avrebbe bruciato immediatamente anche essi, ma lasciò perdere. Si fece praticamente condurre a pranzo da Jason, dove mangiarono quasi in silenzio, ascoltando passivamente un discorso sulla futura partita di Quidditch Corvonero-Serpeverde di altri studenti seduti accanto a loro. Le successive lezioni di Pozioni e Trasfigurazione passarono quasi in un attimo, lasciandoli di sera esausti nella Sala Comune di Corvonero e tirare fuori libri e pergamene per i loro compiti.
Oltre alle notti insonni, oltre alle mattinate stressanti, anche i compiti. E proprio come all’inizio dell’anno, Regulus non aveva alcun problema con la parte pratica degli esercizi, ovviamente… ma quella teorica lo metteva in enorme difficoltà.
“Sei fortunato che io abbia preso appunti, Black.” Esclamò Violet Lerman, porgendogli una pergamena stropicciata. “Il Professor Binns ha annunciato un test per la settimana prossima – in realtà pensa che sia per domani, ma chissà se ha davvero la concezione del tempo, essendo morto…”
“Non dovresti darglieli.” Disse Bertram, alzando lo sguardo dai suoi compiti. “Si prendesse i suoi appunti da solo.”
“Prima di tutto, fatti gli affari tuoi! Secondo, era assente, Aubrey, non a dormire come il resto della classe. Infatti…” Con un gesto veloce della mano, Lerman allontanò la pergamena dalle mani di Jason, che si era sporto per afferrarla anche lui. “…li darò solo a lui.”
“Dai, Violeeeet…” Si lamentò Jason. “Tu e Aubrey siete gli unici a riuscire a concentrarvi in quella materia del cavolo. E poi ti ho anche suggerito a Pozioni che dovevi mettere due cucchiai di miele di Celestino e non tre, quindi siamo pari!”
“Non mi hai suggerito un bel niente di tuo, hai sentito il Professor Lumacorno che correggeva Dirk Cresswell e poi la pozione era in comune. Avresti dovuto aiutarmi di base! La prossima volta pensa a studiare, o non supererai nemmeno gli esami del primo anno!”
“Ci provo, va bene?? Ma lo sai che non sono mai andato bene a scuola. Questa roba è difficile – e il Professor Binns non aiuta.”
Regulus lanciò un’occhiata al tema di Astronomia a cui stava lavorando e si rese conto che Jason non aveva tutti i torti. Cosa gliene poteva importare delle ‘Proprietà magiche degli Asteroidi’ soprattutto visto che sapeva che nella vita non gli sarebbero servite a nulla? “Pensavo ti piacesse studiare. Avevi detto di essere molto bravo.”
“Studiare? Assolutamente! Amo farlo. Studiare le cose di scuola? Eh…” Jason fece un sorrisetto imbarazzato. “Fammi scegliere l’argomento e ti divoro tutto. Ma questo…” Sventolò il suo tema. “…questo è noioso! Non riesco a concentrarmi.”
“Non riesci a concentrarti su Storia della Magia scolastica… però poi ti divori in un’ora libri “storici” inaffidabili.” Lerman sospirò, sconsolata. “Come si chiamava, l’ultimo che hai ritirato dalla biblioteca, quella noia mortale? Complotti assurdi sullo staff di Hogwarts…?”
Leggende nascoste sui Presidi di Hogwarts, ed era bellissimo” A Jason si illuminarono gli occhi. “Sapete che Gale Colbrin ha avuto una relazione sia con la sua insegnante di Difesa, Miranda Toads, sia con quella di Erbologia, Phyllida Spore, ed è per quello che è andato in pensione precocemente e non perché ha cominciato a perdere la vista? O che Helga Gulls non era una Gulls, ma era stata cacciata dalla famiglia Selwyn per via delle sue idee rivoluzionarie riguardo i Babbani? O che Gawain Gadwyn, il primo preside di Hogwarts, era in realtà un Lupo Mannaro!?”
Regulus inarcò un sopracciglio. “Questo è impossibile. Lo sapremmo, se i Fondatori avessero permesso un Lupo Mannaro come loro sostituto.”
“Questo è quello che dici tu. La storia viene scritta dai vincitori in fondo, magari la cosa è stata solo nascosta da tutti i suoi successori. Scommetto che se Lord Coso conquisterebbe il Mondo Magico, tutti i Presidi Nati Babbani scomparirebbero dai libri di storia!”
Conquistasse.” Lo corresse Regulus, sospirando. “Quindi è per questo che non riesci a capire come fare gli incantesimi? Ti annoi?”
Jason arrossì di imbarazzo. “No… su quelli non sono bravo e basta.” Sconsolato, sembrò affossare nella poltroncina in cui era seduto, coprendosi il volto con la pergamena. “Forse hai ragione, Violet, di questo passo non passerò nemmeno il primo anno…”
Regulus lanciò un’ultima occhiata al suo tema di Astronomia, poi di nuovo a Jason. “Ascolta… posso darti una mano io.” Borbottò. “Non con Storia della Magia o le parti teoriche, ma con gli incantesimi almeno...”
“Sì, così devi fare doppio lavoro. E non posso nemmeno ricambiare il favore, visto che non sono bravo in niente.”
“Sei in bravo in Erbologia.” Concesse Regulus. “Non sarai il migliore del nostro anno ma ci sai fare, con le piante. Io, invece, non… non mi ci interesso abbastanza. Puoi ricambiare così.”
“E io posso aiutare entrambi con Storia della Magia.” Esclamò Lerman. “Così dovremmo aver coperto quasi tutte le materie… tranne per Astronomia e Pozioni, però.”
Jason non sembrava convinto, ma piegò la testa di lato e chiuse gli occhi, pensieroso. “Aaron è bravo in Astronomia.” Ricordò. “In Pozioni non saprei, però. C’è la Pace, ma non ho così tanta confidenza da andare a chiederle una mano…!”
“Ma magari Sera ha bisogno di una mano per qualche altra materia, come io ho un po’ di bisogno per Difesa, e quindi… Ma non sarebbe più semplicemente darci una mano fra noi due, o noi tre. Sarebbe… oh!” Lerman sembrò quasi illuminarsi di luce propria. “Potremmo fare un gruppo di studio!”
“Un gruppo… di studio?” Chiese Regulus.
“Tu sei praticamente un genio negli incantesimi, no?” A quelle parole, Regulus si sentì quasi un imbroglione, visto che la sua conoscenza veniva da aver già frequentato sette anni di scuola… poi, si ricordò che comunque aveva studiato, in quei sette anni, si era impegnato per essere bravo. “Io sono brava nella Teoria, ma non molto nella pratica. Se chiamiamo Aaron per Astronomia, e magari Dwayne come supporto in più in Difesa, e Sera per Pozioni, e magari qualcun altro per Trasfigurazione – non puoi spiegare tutto tu, cavolo, faresti il triplo del lavoro che faremmo noi- potremmo effettivamente aiutarci tutti a vicenda e non avere lacune.”
“Non potete farlo!” Protestò Bertram, indignato. “Prima di tutto, i gruppi di studio sono roba da Tassorosso. E poi, sarebbe come… barare! Non sarebbe il vostro impegno personale!”
“Sarebbe il nostro, invece!” Esclamò la ragazza, piccata. “Aiutarci a vicenda non vuol dire imbrogliare. Nessuno è bravo in tutto. Se non ti interessa, non partecipare e chiudi quella boccaccia che ti ritrovi, ma è un’ottima idea!”
Jason giocherellava con la sua pergamena. Non sembrava molto convinto, e continuava a lanciare sguardi imbarazzati sia a Regulus che a Lerman. “Potrebbe esserlo, ma sarei l’unico a non poter aiutare davvero. Un altro modo per sentirmi inutile…”
“Jason.” Lerman sospirò. “Non sei inutile solo perché hai difficoltà. E non è colpa tua se nel mondo magico non sembra esserci un’alternativa a un Conversatorio…”
Conservatorio.” La corresse Jason.
Regulus inarcò un sopracciglio. “Un cosa?”
“Una scuola in cui si studia principalmente musica – Jason è estremamente bravo, sa suonare tanti strumenti.”
“Strumenti che non posso portare a Hogwarts, però. Come il mangiacassette…”
“Musica è una materia facoltativa dal terzo anno in su.” Gli fece notare Regulus, ma Jason rise.
“Solo se ci sono abbastanza richieste per far partire il corso, e non ci sono quasi mai. Mi sono informato.” Fece spallucce. “Non importa… potrei fare qualche corso estivo babbano, ma prima devo concentrarmi sulla scuola. Un gruppo sarebbe forte…” Il ragazzino spostò il suo sguardo su Regulus. “Ma tu puoi partecipare? Anche se così ti vedono insieme ai Nati Babbani?”
Regulus ci rifletté bene. C’era l’enorme rischio che arrivasse alle orecchie della sua famiglia il fatto che non convivesse e basta con i Nati Babbani, ma che ci socializzasse pure… poi, si rese conto che continuava a girare con Jason senza nascondersi e che da quel punto di vista, il danno era già stato fatto. La domanda giusta era: avrebbe attirato ancora di più l’attenzione di Rosier ed il suo gruppetto di aspiranti Mangiamorte su Jason? Regulus aveva già qualche idea su come farli smettere, quindi sarebbe stato meglio per loro che non ritentassero ciò che avevano fatto al ragazzo al ritorno dalle vacanze di Natale.
“Sarebbe lavorare con i miei compagni di casa e basta.” Concesse Regulus. “Niente che non potrei spiegare.” Jason era ancora convinto, falsamente, che il problema fossero solo i parenti di Regulus e non le sue convinzioni, e niente sembrava fargli cambiare idea. Da una parte Regulus voleva continuare a insistere, a mettere bene in chiaro quale fosse la vera situazione, dall’altra… c’era qualcosa in lui che lo bloccava dal farlo.
Jason sorrise. “Beh… allora va bene. Gruppo di studio sia! Io, voi due, poi quindi chi altro? Aaron dirà di sì sicuramente, ma gli altri?”
“Ad Aaron lo chiedo domattina, ma sicuramente dirà di sì.” Confermò Violet. “Aubrey…”
“Contatemi fuori.” Esclamò Bertram, alzandosi e chiudendo di scatto il suo libro di pozioni, prima di prendere tutto il suo materiale e dirigersi seccato verso il dormitorio. Lerman alzò gli occhi al cielo.
“Niente Aubrey. Allora, abbiamo me per Storia della Magia e per qualche altra parte teorica, Aaron per Astronomia, Jason per Erbologia. Ed entrambi voi due per Volo.” Qualche giorno dopo il disastro ai provini di Quidditch, avevano avuto la loro prima lezione con Madama Bumb. Regulus ovviamente si era dimostrato il migliore della classe ma avevano scoperto che con una scopa decente e senza la fretta di doversi allontanare da tutti per mostrare le proprie abilità, Jason non era per nulla male. “E per Difesa, Incantesimi e Trasfigurazioni Regulus… Dwayne per aiutare in Difesa, se accetta, ma rimane il problema di Pozioni. Se Sera non accetta, abbiamo una materia scoperta. Ma a parte lei, il nostro anno non se la cava molto bene in quella materia…”
A quelle parole, a Regulus balenò nella mente qualcosa di inaspettato. Qualcuno che era suo compagno di banco sia a Trasfigurazione, sia a Pozioni, e che aveva visto più volte all’opera. I voti più alti del suo anno in Trasfigurazione, e una padronanza degli incantesimi in generale niente male! E direi che nemmeno in Pozione se la cava così male… Aveva detto Lumacorno, e lui stesso aveva notato che quando era lui a occuparsi delle loro pozioni, esse sembravano diventare migliori.
Gli aveva suggerito di fare amicizia con altri del loro anno. Poteva fare in modo che questa fosse un’occasione per lui?
“Non se la cava in pozioni il primo anno di Corvonero.” Disse. “Che ne dite di Littleton? È in Tassorosso.”
“Quello che si siede sempre vicino a te, Black? Sembra essere bravo, sì.”
“Non so se accetterà, però.” Esclamò Jason. “Non gli sembravo molto simpatico, alla festa. Continuava a guardami male, ci siamo messi vicini solo perché…” Esitò. Sicuramente si stava riferendo al fatto che entrambi, Nati Babbani, erano stati presi di mira dallo stesso gruppetto. “Forse se glielo chiedi tu. Tu gli sembri simpatico.”
Sembrare ancora più simpatico a Damian Littleton era proprio quello che Regulus voleva evitare, ma se era lui ad averlo proposto era anche normale che fosse lui ad avvicinarglisi. In fondo, nessun altro dei Corvonero sembrava aver mai rivolto la parola al ragazzo. Sì, glielo avrebbe chiesto a lezione, in un ambiente neutro, specificando che non era una questione di amicizia ma-
“Regulus?” Si sentì scuotere, abbastanza bruscamente. Sbatté le palpebre, confuso, notando che Jason lo stava guardando perplesso. Anche Lerman sembrava preoccupata.
“Ti sei tipo… assentato per qualche secondo. Fai anche un minuto buono. È stato strano, mi guardavi fisso ma non reagivi.” Il ragazzo lo osservò meglio, piegando la testa di lato. “Sonno?”
Non se ne era minimamente accorto… probabilmente si era assopito senza volerlo. Era abbastanza tardi, ora che notava. “Credo di sì.” Mise da parte il suo tema di Astronomia, arrendendosi al fatto che non lo avrebbe mai finito quella sera. “Se leggo di un altro corpo celeste, impazzisco. Credo che sia ora di andare a letto.”
“Non ce la fai con l’Astronomia? Abbastanza ironico questo, Regulus.” Sorrise Jason. “Visto? Mi ricordo qualcosa di quella maledetta materia.”
“Sono sicura che ti sarà estremamente utile con la Professoressa Sinistra, sapere che il nome di un tuo amico è una stella!” Lerman sbadigliò. “Sì, è proprio tardi. Se Sera è ancora sveglia, le chiedo per Pozioni. Buonanotte!”
La ragazza si dileguò verso il suo dormitorio, mentre Jason aiutava Regulus a radunare i libri sparsi in giro. “Pensi che sia una buona idea fare un gruppo di studio?”
Non sapeva rispondergli. “Può esserlo come può non esserlo. Se fallisce, posso sempre darti una mano in privato.” Fece spallucce. “Ma senza provarlo, non possiamo saperlo.”
“Forse hai ragione. È solo strano – hai sentito cosa ha detto Aubrey, no? È roba da Tassorosso. Già ho dubbi sull’essere Corvonero visto che il Cappello voleva mandarmi da tutt’altra parte, quindi…”
“L’ha proposto la Lerman, no? E non riesco a pensare a qualcuno più Corvonero di lei.”
“Aubrey. Aubrey è lo stereotipo del Corvonero fatto e finito!”
“Bertram farebbe seccare persino Rowena Corvonero in persona, non credo valga…”
Continuarono a scherzare sull’argomento mentre salivano le scale, abbassando la voce per non svegliare i loro compagni già addormentati. Finalmente, dopo un’intera giornata a rimuginarci sopra, Regulus sembrò dimenticarsi di quell’orrenda mattinata, del Professor Laurent, di Divinazione, dei suoi sogni. E quando si mise al letto, con l’animo più leggero e le preoccupazioni lasciate alle spalle, non sognò la luce, la figura, o il cane nero.
Non sognò assolutamente nulla.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
~ Importante, leggere per favore ~
Queste note dell’autore consistono in un paragrafo un po’ lungo e ovviamente non vi obbligherò a leggerlo, ma sono cose che volevo condividere con voi – sia con chi è con me fin dagli inizi, sia chi comincerà a leggere la fic solo da oggi.
Due anni, circa, dall’ultimo capitolo. Non darò giustificazioni o scuse per il ritardo – sì, ho avuto grossi problemi, ma allo stesso tempo ho scritto altre storie e mi sono dedicato ad altri progetti invece che a questo, quindi non sono molto perdonabile.
La verità è che la Chrono Board AU (prima chiamata “Chrono Time”, ovvero la saga di cui “The Struggles and Rebirth” è il primo capitolo) è qualcosa di davvero importante per me. Andando avanti scrivendo mi sono reso conto che non ci stavo prestando la giusta attenzione: mi ero gettato in questo progetto spinto dall’entusiasmo, senza aver fissato determinati paletti o deciso certi dettagli. Ma la cosa più importante è, forse, che stavo ancora “giocando sul sicuro” – ho evitato certi argomenti o scelte, preferendone altre che reputavo inconsciamente più “tradizionali” (non per questo migliori o peggiori, semplicemente diverse). In particolare sto parlando dell’applicazione di un “trope” che faticavo ad utilizzare perché lo consideravo, seppur utilizzato in molti altri fandom, “poco adatto ad Harry Potter”.
Quando mi sono però reso conto di non star scrivendo qualcosa che mi stesse piacendo, ho fatto un passo indietro e ho rivalutato tutta la fanfiction, mandandola su una strada completamente diversa rispetto a quella che avevo intrapreso con essa nel momento in cui ho pubblicato il primo capitolo. Ho cambiato interi intrecci di trama, relazioni riguardante ai personaggi, personaggi stessi e finalmente posso dire di avere in mente tutto quello che mi serve per far andare avanti la fanfiction, il che vuol dire che i prossimi capitoli potranno uscire senza problemi. Ritardi vari saranno collegati solo a pigrizia ed eventuali problemi esterni, lo prometto, ma non più a revisioni.
Al momento i primi sei capitoli della storia non hanno dovuto subire cambiamenti riguardante questo nuovo approccio, visto che fortunatamente si basavano sulle cose che sono rimaste pressocché invariate.
Chiarito tutto questo malloppo di informazioni, passiamo alle cose interessanti:
 
 
  1. Poiché non ci facciamo mancare niente, la predizione è stata realmente eseguita con i Tarocchi dalla mia amica Vivi. L’ho fatta impazzire: ne ho chiesta una prima del rework della storia, poi mesi dopo me la son fatta correggere in previsione di esso e quando finalmente aveva finito e avevamo quella giusta… ho cambiato di nuovo le carte in tavola. Sorry, Vivi. In ogni caso, seppur la predizione sia stata fatta da qualcuno di competente, io personalmente di tarocchi ne so poco, quindi potrei aver spiegato erroneamente ciò che mi è stato detto.
  2. Il “gruppo di studio” non è completamente una mia idea originale, ma è un prompt molto comune riguardante Hogwarts che ho letto in innumerevoli fanfiction di Harry Potter. Lo trovo un modo perfetto per far avvicinare gli studenti quando non abbiamo a portata di mano Troll che si introducono nella scuola o Professoresse di Difesa che non insegnano la propria materia.
  3. Ho modificato la parte iniziale dello scorso capitolo. Si tratta solo di poche righe e soltanto di quelle riguardanti ciò che han combinato Orion ed Alphard Black ai tempi del loro Lumaclub. Poiché si trattava di “mettere le pezze” ad un errore che avevo commesso nei capitoli precedenti (mi ero completamente dimenticato che Lumacorno avrà sicuramente invitato Regulus dal primo anno per la sua famiglia, e non solo dal secondo per via del Quidditch) ma era risultato un pezzo parecchio confuso, l’ho modificato togliendone i dettagli e riducendolo. Tutto il resto del capitolo è rimasto invariato.
  4. Non ho risposto a tutte le vostre recensioni, non perché non volessi ma semplicemente perché già faccio schifo io a rispondere, son passati due anni e non sapevo se effettivamente fosse “giusto” mandarvi una notifica e rispondervi per una storia così vecchia. Conoscendomi sarei stato ancora altri giorni ad arrovellarmi su cosa rispondere, quando rispondere, come rispondere… rimandando la pubblicazione del capitolo di mesi. Quindi sappiate che ho letto tutto, ho apprezzato TANTISSIMO, potrei rispondere nei prossimi giorni ma al momento non ce la faccio, scusate ;;
  5. Ho modificato la grafica dei capitoli precedenti - adesso hanno tutti Titolo e Sottotitolo, il testo è a dimensioni 14 e le Note d'Autore a dimensione 12. Mi dava l'urto che fosse diverso XD. Inoltre ho ridotto la dimensione dei capitoli, preferisco arrivare a dieci pagine come oggi ma avere un capitolo più coerente che sforzarmi a scrivere 18 pagine e inserire pezzi che "stonano".
  6. Poiché lo stereotipo che tutti i Corvonero siano bravissimi a scuola mi sta un po' sulle scatole, Jason a scuola non è bravo per niente: è bravissimo a studiare, ma solo cose che gli interessano. E' quel tipo di ragazzo che con una biblioteca disponibile ti diventa un pozzo di scienza, ma che racimola voti bassi in ogni materia. Corvonero non è solo la casa dei """secchioni""" ma in generale dell'intelligenza, dell'acume e della creatività. Spero di rappresentarla bene, visto che non è la mia casa! (Chissà se indovinerete la mia, di casa)
 
Per coloro che mi seguono ancora, grazie di cuore e vi chiedo ulteriore scusa per il ritardo. Per chiunque inizierà la fanfiction oggi, benvenuti e grazie di cuore anche a voi. Spero che d’ora in poi la stesura di questa storia vada a gonfie vele, senza problemi.
  • Mozaik

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Capitolo 8
*** Avviso ***


Ci ho messo un po' a decidere cosa fare, ma alla fine questa è la soluzione migliore, e mi sembrava giusto avvertire chiunque stia ancora seguendo la storia e farlo il prima possibile.
Come ho già detto più e più volte, non è mia intenzione abbandonare questa fanfiction. Ci lavoro da anni anche solo "dietro le quinte" ed è mia intenzione portarla a termine. E' però anche vero che iniziare una storia nel 2016 e continuarla nel 2021 ti fa... capire qualche cosa che prima non comprendevi. Di trama, di personaggi, di stile. Sono cambiato e con me è cambiata anche la storia, ed i primi capitoli non solo per nulla in linea con essa. Non è una questione di avvenimenti - il primo capitolo, ad esempio, va bene così, ma di tempistiche troppo affrettate, scene cambiate.
Me ne sono reso conto quando ho cominciato a tradurre la storia in inglese - che stava succedendo tutto troppo in fretta. Ho pensato anche a cosa fare, ad aggiungere semplicemente un capitolo fra quello del Quidditch e quello di Natale, ma non avrebbe funzionato comunque. Servono molti più capitoli prima - e qualche cambiamento. 
Ho deciso, quindi, di ripubblicare completamente la fanfiction. Lascerò questa incompleta per un po' e aggiungerò un link alla fine dell'ultimo capitolo avviso per riderizionarvi. Se i primi due capitoli saranno quasi identici, con qualche scena semplicemente aggiunta o corretta, spero di poter mandare avanti il tutto in maniera migliore e differenze.
Ci saranno scene uguali. Conserverò ad esempio quella a Natale. Ma il processo di editing intorno ad esse sarà così pesante che ho bisogno di ripubblicare il tutto.
Quindi non è un addio, semplicemente un "ci si vede più tardi". 
Salverò tutte le vostre recensioni, che ho apprezzato tantissimo.
Alla ripubblicazione!
-Mozaik

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