Non sono un Robot

di Colpadellestelle_394
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Noli me tangere ***
Capitolo 2: *** Fallacia alia aliam trudit ***
Capitolo 3: *** Alter Ego ***



Capitolo 1
*** Noli me tangere ***


Noli me tangere
(Non mi toccare)

*

*

*

Come sarebbe la vostra vita se foste allergici alle persone?

Non poter nemmeno sfiorare con la punta delle dita una persona senza rischiare di andare in shock anafilattico.

Essere privati del contatto umano.

Cos'è il contatto umano?

Cos'è il tocco confortante di un amico?

Cos'è un abbraccio? Come si abbraccia?

Com'è il tocco della persona a te amata? Com'è una persona amata? Come si ama?

Cos'è l'amore?

Min Yoongi non lo sapeva.

Per quanto lo riguardava, nei suoi ultimi 15 anni di vita le sue uniche "relazioni" umane erano quella con il suo giardiniere, Do Kyung-soo, quel ragazzo di piccola statura che ormai da anni curava l'enorme giardino della sua villa, con cui comunicava solamente tramite lo schermo del citofono di casa sua; e il suo medico, Jung Hoseok, che da ormai quindici anni si scervellava per capire l'origine della sua malattia e che lui reputava (quasi) un amico...

Yoongi sospirò, sedendosi poco elegantemente nel divano in pelle posto davanti il camino nel suo salotto. Davanti ad esso era posto un basso tavolinetto in vetro su cui di solito Kyung-soo depositava la posta arrivata, fu proprio su questa, che gli occhi di Yoongi si diressero.

Una piccola busta gialla spiccava tra le decine di colore bianco, Yoongi la ispezionò. Cosa poteva mai esserci dentro? Probabilmente vista la dimensione non una delle bambole voodoo che spesso riceveva da dipendenti a cui non stava molto a cuore.

In azienda lo chiamavano "Sfollagente" per la specie di bastoncino nero con cui andava in giro e si rivolgeva alle persone, non potendole toccare. Loro non lo sapevano, è ovvio.

Naturalmente dava un grande contributo anche il suo carattere scostante e distaccato, ma Yoongi non poteva farne a meno. Era una cosa che aveva costruito nel tempo, forse senza neanche accorgersene, per evitare di soffrire.

Se era gentile con le persone, in quattro casi su cinque si sarebbe affezionato, e cosa ne ricavava? Sofferenza. Sofferenza che nemmeno meritava.

Yoongi sapeva bene il significato della sofferenza, a differenza di altre parole.

E sapeva di aver sofferto troppo per i suoi anni di vita.

Cautamente aprì la busta, soffermandosi per un momento a scoppiettare le piccole bollicine di plastica presenti all'interno della confezione, poste per attutire l'impatto della busta con altre superfici, sentendosi un'idiota un secondo dopo. Lentamente sfilò il contenuto della busta, ritrovandosi sul palmo una pendrive grigia.

Si diresse verso il computer portatile e inserì la penna digitale, aspettando un attimo che si installasse.

Subito dopo un video si aprì e prese spazio all'interno dello schermo del pc.

La visuale di Yoongi fu subito occupata da un volto di un giovane ragazzo dalla pelle chiara. Yoongi fu subito stupito dai tratti eterei del ragazzo. Aveva dei sottili capelli biondi che gli ricadevano perfettamente sulla fronte lattea, i suoi occhi erano grandi e di un forte azzurro; credette di perdervisi dentro un paio di volte. Dei gentili tratti angelici delineavano le piene labbra rosee, in un primo momento desiderò di toccarle ma si dette dello stupido subito dopo aver formulato quel pensiero.

"Salve AG-3" una seconda figura comparve sullo schermo. Indossava un camice bianco, come se fosse un medico o uno scienziato, ed era davanti al ragazzo di prima.

"Salve Padrone, cosa posso fare per lei?" Il ragazzo biondo parlò, aveva una voce acuta e vellutata. Yoongi aggrottò la fronte, perché lo aveva chiamato padrone?

"Vieni verso di me. Prendi questa racchetta e colpisci questa palla ogni volta che ti viene lanciata contro" 
la figura con il camice porse una racchetta al ragazzo per poi allontanarsi e sparire dall'inquadratura della videocamera.

Un secondo dopo i colpi di racchetta si alternavano perfettamente alla palla che veniva lanciata. Yoongi aprì la bocca, sconvolto.

La palla finì a terra dopo un paio di colpi e ricomparve l'uomo in camice che cominciò a parlare con la profonda voce che lo caratterizzava.

"Salve Min Yoongi. Sono Kim Taehyung, creatore di AG-3, l'androide che vede accanto a me." Le labbra del ragazzo si stirarono in un sorriso cortese.

Yoongi rimase interdetto, quello era un robot?? Non era possibile.

"Secondo questo contratto-" La videocamera inquadrò un paio di fogli in mano al ragazzo col camice. "Lei è il proprietario di AG-3" Yoongi sgranò gli occhi in un espressione di sorpresa.

"Si affretti a venire qui portando 50 miliardi di won a noi dovuti, le assicuro che una volta che avrà visto AG-3 con i suoi occhi rimarrà allibito" Fece una pausa, voltandosi verso l'androide e posandogli una mano sulla spalla.

"Complimenti, lei è il nuovo proprietario di AG-3, l'androide che sconvolgerà il mondo."

Il video si interruppe e Yoongi si lasciò cadere sulla sedia di pelle bianca adiacente alla scrivania. 

"Io... sarei il proprietario di quel robot-umano?" Fisso il proprio riflesso sullo schermo del computer ormai spento.

Velocemente si alzò e prese la busta, leggendo l'indirizzo.

Quante probabilità c'erano che quello fosse uno scherzo? Probabilmente 9 su 10.

Ma era troppo curioso in quel momento per pensarci.

Prese il cappotto, il suo bastoncino "sfollagente" e uscì da casa. Una volta dopo essere entrato in auto e aver inserito l'indirizzo nel navigatore partì alla volta di quella che per Yoongi era una nuova ed improvvisa scoperta, una speranza per lui.

*

*

*

Il quartiere dell'indirizzo era abbastanza povero, e l'idea di essere stato preso in giro subentrò nella mente di Yoongi.

Ma si dovette ricredere quando, una volta dopo aver suonato al campanello dell'abitazione un piccolo robot gli venne ad aprire la porta.

Guardò sconvolto l'ammasso di cavi che tirava fuori dal nulla un braccio metallico e che gli intimava di seguirlo.

Il corridoio dove si trovavano lui e l'ammasso di cavi era disseminato di librerie poste ai muri, l'unico rumore udibile era quello dei suoi passi e il rumore metallico delle rotelline del robot.

Il robot si volto a guardarlo con i suoi occhi digitali e gli intimò per una seconda volta di seguilo.

Lo portò davanti una porta di metallo, che si aprì una volta rilevata la sua presenza.

Quello che Yoongi si ritrovò davanti gli fece quasi cadere la mandibola a terra. La stanza aveva una forma circolare ed era contornata da computer e schermi di qualsiasi tipo e dimensione, al centro però, c'era una cosa che stupì doppiamente Yoongi.

Su una sedia metallica che emanava una forte luce blu era seduto rigidamente il ragazzo biondo del video.

Egli aprì le palpebre rosee, scoprendo i suoi occhi incredibilmente azzurri.

"Lei è il presidente Min Yoongi?"

Yoongi sgranò gli occhi e prese il suo sfollagente in mano, tenendolo verso il ragazzo.

"C-come fai a conoscermi?"

Gli sorrise e si alzò, avanzando a piccoli e lenti passi verso di lui. Lo scrutò con i suoi occhi dall'azzurro innaturale, piegando leggermente il capo. "Lei è il presidente Min Yoongi. Non trovo nessun dato. Piacere di conoscerla, stringiamoci la mano."

"N-no, fermati" la voce di Yoongi era tremante.

Il ragazzo avanzò verso di lui, continuando a sorridergli e gli tese una mano.

"F-fermo..." Yoongi tese lo sfollagente davanti a lui.

"Non le piace stringere la mano? Mi dispiace..." L'espressione del ragazzo si fece triste e congiunse le mani al ventre.

"Diamine! Sei umano, non toccarmi!" Yoongi sbottò e il ragazzo davanti a lui soffocò una risata.

"Le sembro umano?" la sua voce appariva divertita "Il dottore mi ha detto che se le sembro umano mi sto comportando bene. Grazie, ma non sono umano."

"Ma com'è possibile..."

E fu in quel momento che la figura in camice comparve dall'ombra di una delle sue tante creazioni tecnologiche.

"Non è umano."

La sua voce profonda rimbombò nella stanza.

"Provi a toccarlo"

Yoongi alzò un dito, tremante, verso il ragazzo che cominciò a sorridergli, alzando anch'esso un dito.

Il ragazzo connesse la punta del suo dito con quello di Yoongi, poi sorridendo disse:

"E.T.?"

"Ma com'è possibile?"

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Capitolo 2
*** Fallacia alia aliam trudit ***


Fallacia alia aliam trudit.
(Un inganno tira l'altro, Terenzio)

*

*

*

"Bene!" Il professor Kim Taehyung battè le mani, facendo avanti e indietro per la stanza; rivolgeva un sorriso smagliante al suo Team.

"Jungkook, come sono andato?" Fece un occhiolino al compagno di squadra, che alzò gli occhi al cielo.

"Bene professore... è andato bene..."
Il suddetto sospirò, continuando a tenere gli occhi incollati allo schermo del computer.

L'indomani mattina avrebbero dovuto mandare AG-3 a fare un test di prova nella casa del direttore Min Yoongi. Il test sarebbe durato tre ore, ovvero il lasso di tempo della batteria del robot.

"Aish... sono così stanco..." Kim Namjoon sbadigliò, tenendo in mano una lattina di birra; accanto a lui Kim Seokjin, occhi stanchi e occhiaie fino al mento.

AG-3 intanto, era sottoposto agli ultimi controlli, busto scoperto e cavi in vista. Gli occhi azzurri del robot fissavano il nulla mentre un braccio elettrico, controllato da Jungkook, montava alcuni pezzi all'interno del suo petto.

Jungkook si strofinò gli occhi, staccandoli per un momento dallo schermo e rivolgendoli ai compagni.
Impallidì all'istante quando vide la lattina di birra in mano a Namjoon.

"HYUNG" Si alzò di scatto, facendo voltare il collega con sguardo interrogativo

"Lo sai che se solo un goccio d'acqua o di qualunque altra sostanza finisce tra gli ingranaggi tutto va in corto circuito e siamo NELLA MERDA???"
Dopodiché il ragazzo, dopo aver lanciato un'occhiata fulminante al collega, si era seduto nella sua postazione e aveva continuato a fare ciò che faceva prima.

Taehyung si era fermato, facendo per la seconda volta un occhiolino a Jungkook. "Rude, Kookie..."

Namjoon era rimasto per un momento fermo a fissarlo, interdetto, poi aveva annuito.

"Si... sto andando a buttarla, guard-AH"

Jin si era coperto gli occhi.

Namjoon era appena inciampato in uno dei tanti cavi disseminati nel pavimento e la lattina gli era volata di mano.

Quando SeokJin riaprì gli occhi, aveva davanti a se uno spettacolo raccapricciante.

A terra, un Namjoon dolorante si lamentava mentre cercava di rialzarsi, fallendo miseramente visto che aveva i piedi incastrati tra i cavi. 
Taehyung teneva le mani davanti la bocca e sembrava che i suoi occhi dovessero sgusciare via dalla propria cavità oculare da un momento all'altro.
Jungkook era di un bianco cadaverico e fissava con gli occhi sbarrati AG-3, che era completamente ricoperto di fumo, la lattina di birra finita esattamente tra i cavi.

"No ragazzi, io me ne vado di qui..." Jungkook si era alzato, sguardo fisso nel vuoto, e si era diretto verso la porta d'ingresso.

Ma prima che potesse afferrare la maniglia e uscire fuori, un braccio lo bloccò. Quando Jungkook si girò, il professor Kim Taehyung teneva gli occhi inchiodati sulle punte delle proprie scarpe.

"Jungkook aspetta... " deglutì, mordendosi il labbro.

"Ho una soluzione..."

*

*

*

Quando Park Jimin si tolse il casco, la piacevole aria autunnale di Seoul gli accarezzò i sottili capelli biondi.

Jimin ispirò, chiudendo gli occhi e godendo di quella sensazione. 
Adorava l'autunno e tutte le sue sfumature di colore.

Fu riportato alla realtà però, quando il fastidioso suono di un clacson gli perforò i timpani. Sbuffò, guardandosi per un momento alle spalle e mandando un'occhiataccia al conducente della costosa auto nera, per poi rimettere il casco con tutta la lentezza del mondo e riaccendere il suo vecchio motorino bianco disseminato di adesivi, visto il semaforo verde.

Si sentì urlare dietro un "Vuoi anche caffè e cappuccino già che ci sei? COGLIONE" e soffocò una risata.

Park Jimin era così, provava un infinito divertimento nel prendere in giro le persone; "Sadico di merda" era soprannominato da Jong-in, il suo migliore amico.

Park Jimin aveva conosciuto Kim  Jong-in durante uno dei suoi numerosi turni di lavoro.

Che lavoro faceva? Diciamo che "si  batteva per gli acquisti delle persone", (definizione di Jong-in).

Quel giorno di tanti mesi fa, era stato ingaggiato dal suo miglior cliente per comprare un edizione limitata di una delle strane statuette che interessavano a quel ricco pezzo di merda del suo "capo"; Suga si faceva chiamare quel coglione.

Tra colleghi si spettagolava molto sulla misteriosa vita di Suga, 
alcuni dicevano che non avesse una vera identità e che una volta si facesse chiamare Agust D, poi in seguito ad un misterioso evento, era diventato Suga. 
Sinceramente, Jimin non dava molta importanza a questi pettegolezzi, l'importante era che, Suga o Agust D o qualunque fosse il suo nome, sganciasse la paga dal suo borsellino pieno di bigliettoni verdi.

Quel giorno così, dopo ore e ore passate ad aspettare che quel fottuto negozio aprisse, in mezzo a una mandria di nerd incalliti, le porte finalmente si aprirono e Jimin fu il primo ad alzarsi e a correre dentro, seguito dall'ammasso di ragazzine e ragazzini occhialuti.

Però, non tutto andò come Jimin aveva programmato, si sentì tirare da dietro e cadde a terra sbattendo il sedere. Un ragazzo alto come una montagna (ovviamente secondo i criteri di valutazione di Park-sonotappo-Jimin) lo aveva superato solamente dopo avergli fatto un occhiolino con i suoi fantastici occhi castani.

Jimin si era alzato come una furia e aveva spinto il ragazzo-montagna facendo cadere anch'esso a terra.

"Aish, nanetto! Sei forzut-" Ma Jimin non lo stava ascoltando, era corso tra i vari corridoi e scaffali pieni di videogiochi ed edizioni varie, alla ricerca della fantomatica Action Figure.
Quando finalmente il biondo individuò lo scaffale di Action Figure in edizione limitata, si affrettò ad alzarsi in punta di piedi ma, maledetta la sua altezza, lo scaffale era troppo in alto per lui.

Sbattè i piedi a terra disperato e riprovò una seconda, una terza e una quarta volta, ma niente da fare.
Già Jimin pensava con le lacrime agli occhi ai 500000 won* che avrebbe perso se non fosse riuscito a comprare quell'edizione limitata.

Provò ad arrampicarsi sugli scaffali ed era sul punto di cadere e combinare un disastro quando improvvisamente una mano si posò sul suo sedere e l'altra gli cinse la vita, sorreggendolo così. Jimin spalancò gli occhi indignato e cominciò ad urlare insulti e a dimenarsi incastrato tra gli scaffali e il petto di quello sconosciuto

"Brutto pezzo di merda lasciami stare pervertito, appena scendo ti infilo quella tua mano su per il culo, brutto stronzo, vuoi per caso morire?!" 

Sentì una risata provenire dall'individuo dietro di lui

"Ehy Super Mario stai fermo o combinerai un disastro con quelle tue gambe corte."

Jimin aprì la bocca offeso, ma prima che potesse mettere in funzione la lingua e sputare altri insulti, una mano prese l'acquisto per cui era stato ingaggiato e, dopo averlo rimesso a terra, glielo porse.

"Volevi questo, Super Mario?"

Jimin lo guardò sconvolto, era il ragazzo che prima lo aveva spinto e AVEVA SPINTO, perché era così gentile nei suoi confronti?

Jimin un secondo dopo però, aggrottò le sopracciglia.

E PER QUALE CAZZO DI MOTIVO GLI STAVA ANCORA TOCCANDO IL CULO????

"Yah!!" Tolse velocemente e in maniera aggressiva la mano di quel ragazzo dal suo sedere.

E dopo aver preso la confezione che il ragazzo gli porgeva con un sorrisino ed avergli rivolto un'occhiataccia fulminante, si voltò avviandosi verso la cassa, dove un commesso guardava sconvolto la mandria di ragazzini che correvano avanti e indietro per il negozio.

"Hey Jimin!" Si voltò in maniera fulminea verso il ragazzo a qualche metro da lui.

"Come cazzo fai a sapere il mio nome??"

Il ragazzo sventolò in aria il biglietto da visita di Jimin, che solitamente il ragazzo teneva sempre nella tasca posteriore dei jeans.

"YAH MA COME TI PERMETTI!" Jimin urlò, facendo girare mezzo negozio e il commesso, che gli intimò quasi con le lacrime agli occhi di abbassare la voce.

"Comunque io sono Jong-in~ "

E con quella frase era nata un'amicizia che legava i due ragazzi da ormai molti mesi.

Ovviamente aveva consegnato l'acquisto a Suga, che con i suoi occhi da felino aveva ispezionato la scatola nei minimi dettagli e dopo aver individuato un graffietto, probabilmente provocato dalla maniera rude in cui Jimin aveva preso la scatola dalle mani di Jong-in, lo aveva guardato in maniera sufficiente

"Mi dispiace, dovrò darti solo metà della paga, non mi hai consegnato l'acquisto in maniera ottimale"

Da quel momento in poi, Jimin nutriva un profondo odio nei confronti di Suga.

Lui con quei soldi mica giocava! Si costruiva un futuro!

Riemergendo dai ricordi ed essendo quasi arrivato a casa sua, il biondo sospirò e accostò il motorino al lato della strada.

Il suo telefono cominciò a squillare e Jimin, in maniera teatrale si tolse il casco osservando con occhi stanchi e melodrammatici Yeontan, il cagnolino che ormai aveva preso casa (o meglio cuccia) davanti casa sua.

"Ah Yeontan... Sono tropo impegnato..."

Quando rispose al telefono però, il sorrisino che si era formato sulle sue labbra scomparì subito.

"Jimin ti prego ascoltami..." la voce implorante del suo Ex gli parve assolutamente indifferente.

"Cazzo vuoi Taehyung..." gli ringhiò contro

"Jimin ti prego... ascoltami, devo offrirti un opportunità di lavoro... sarai anche ben pagato!"

Il ragazzo sospirò, spostando gli occhi dal cane e posandoli sul manubrio del proprio motorino.

"Parla..."

"D-d-dovresti... ehm... " il tono di Taehyung si era fatto imbarazzato e balbettante

"Se si tratta di qualche sporco lavoro giuro che ti spacco la facc-"

"Devi far finta di essere un robot"

Jimin spalancò chi occhi

"CHE?"

 

N.A. :

*500000 won sono 390,16 Euro

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Capitolo 3
*** Alter Ego ***


Alter Ego
(Un altro io)

*

*

*

"TU..." Jimin puntò un dito verso Taehyung, infuriato come non mai "COSA CAZZO HAI FATTO BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA" il moro abbassò la testa.

"Hey hey hey, non insultiamo le madri eh" Namjoon aveva alzato le mani avvicinandosi ai due, ma dopo un'occhiataccia infuocata da parte di Jimin, il giovane decise di voler vivere ancora per alcuni anni e di non voler bruciare per l'eternità nelle fiamme ardenti e implacabili che gli occhi del biondo emanavano.

"Come hai potuto... creare questo..." Jimin indicò AG-3, che li fissava con i suoi occhi assenti mentre Jin e Jungkook cercavano di cambiare alcuni cavi "... robot... USANDO IL MIO ASPETTO E LA MIA FIGURA???"

Il professor Kim Taehyung deglutì, trattenendo a stento le lacrime "Senti Jiminie..." e fu a quel nomignolo che Jimin scoppiò definitivamente.

"Come puoi usare questo nomignolo... mi fai schifo Taehyung. Mi fai schifo. Vergognati per ciò che hai fatto." 
Detto ciò guardò con ribrezzo colui che una volta era stato l'amore della sua vita e si voltò, pronto ad uscire da quella casa che ormai lo soffocava.

Jimin non era mai stato un tipo che sopportava, se una cosa non gli andava bene, doveva scomparire subito.
Jimin non era neanche mai stato un tipo a cui si potevano tagliare le ali. Tanti ci avevano provato; suo fratello, e anche Taehyung. Questo era stato il più grande sbaglio della vita di Taehyung, commesso anche involontariamente. Taehyung si pentiva amaramente di essersene accorto solamente molto tempo dopo, quando ormai nulla poteva cambiare.

"Aspetta Jimin..." Il moro lo prese per un polso, ormai le lacrime striavano le sue guance.

"Staccati, non voglio avere niente a che fare con te." Jimin pronunciò quelle parole con una tale durezza che anche lui fu sorpreso del suo tono.

Tolse in maniera aggressiva la mano che gli stringeva il polso e uscì definitivamente dall' abitazione, sbattendo la porta d'ingresso.

A quel suono Taehyung crollò, si ritrovò in ginocchio a singhiozzare in maniera ininterrotta.

Subito gli altri gli corsero incontro ma solo Jungkook ebbe il coraggio di avvicinarsi al moro e a cingergli le spalle con le braccia, facendo appoggiare la testa del professore al suo petto.

Poggiò il mento sul capo dell'altro, e strofinò le mani sulle sue spalle in un gesto di conforto.

"Che cosa è successo Taehyung?"
La voce di Jungkook parve un sussurro, che però Taehyung udì e conservò nel suo cuore. Nessuno si preoccupava per lui, dopotutto lui era il creatore di androidi, robot umanizzati a cui venivano impiantate e imposte emozioni artificiali. La gente però dimenticava che lui non era come le sue creazioni, lui non era un androide senza emozioni. Lui era umano. 
L'unica persona che aveva ricordato la sua umanità era Jimin. E ora anche Jungkook.

E le novità facevano paura a Kim Taehyung.

"Lui non capisce..." l'ennesimo singhiozzo scosse le spalle di Taehyung "Io..." il moro seppellì la testa nel petto dell'altro, come a volersi nascondere da tutto "ho creato AG-3 a sua immagine per poter rimediare agli errori che avevo fatto con lui..." Ormai le lacrime di Taehyung avevano bagnato la maglietta di Jungkook "Per poter vedere ogni singolo giorno il suo meraviglioso viso, per poter riempire il vuoto che mi attanaglia il petto da quando lui non è più con me. Mi capisci... Jungkook?"
Quando Taehyung alzò il viso aspettando una risposta, Jungkook fissava il vuoto.

*

*

*

Una volta uscito da quella maledetta casa, Jimin si era subito catapultato sul suo motorino, accendendolo, e sfrecciando a massima velocità tra le strade di Seoul; era sicuro di essersi preso una cosa come cinque multe, ma in quel momento non gli importava.

Mentre le mille luci di una Seoul immersa nella sera gli comparivano davanti, ricordi felici riemersero nella sua mente. Jimin non voleva, non voleva ricordare.
Però ogni cosa gli ricordava lui.
Quel bar, quel negozio, quel semaforo e si, persino quella signora con due borse della spesa in mano che camminava nel marciapiede

Presto gli occhi di Jimin s'appannarono di lacrime e fu costretto a fermarsi. Cominciò a singhiozzare, mentre i rumori di Seoul coprivano il rumore del suo pianto. 
Era così da sempre. Quella città era così bella, ma anche così distruttiva. 
Non potevi fare a meno di amarla, e Jimin la amava, ma nel profondo del suo cuore sapeva anche di odiarla.
I passanti gli rivolgevano un'occhiata indifferente, alcuni anche triste, per poi continuare la loro frenetica vita. A chi sarebbe mai importato del ragazzino che piangeva disperato sulla sua moto? Chi avrebbe osato interrompere la propria vita indaffarata per poter soccorrere ed aiutare quel povero ragazzino? Alcuni probabilmente avrebbero pensavo che fosse un debole, altri forse l'avrebbero compatito. Ma nessuno aveva mai espresso i suoi pensieri o rivolto la parola a quel ragazzo in lacrime.

Così, come ogni volta, Jimin si era ritrovato ad asciugare le proprie lacrime con le maniche della sua felpa e ad alzarsi sulle gambe tremanti, per poi ritornare a casa, invisibile agli occhi di tutti.

Purtroppo per lui, la vita non era affatto facile.

Jimin abitava con la famiglia di suo fratello. E suo fratello, non era affatto contento di lui.

Jimin fin da piccolo aveva un sogno, costruire una cosa di cui tutti avrebbero avuto bisogno. Fu anche questo il motivo per cui, anni prima, si era avvicinato a Taehyung.

Jimin non era altro che uno studente universitario pieno di aspirazioni e aspettative con gli occhi pieni di speranza e Taehyung il suo professore. 
Si erano avvicinati, per poi innamorarsi, e nonostante avessero il mondo contro avevano deciso di fidanzarsi.

Taehyung aiutava Jimin a realizzare il suo sogno. La loro prima creazione fu un ombrello. Ma non un ombrello qualunque. Quando Jimin aveva descritto il suo progetto, ci aveva messo così tanta passione che Taehyung da quel momento in poi non aveva avuto occhi che per lui.

"In apparenza è un ombrello normale. 
Però può trasformarsi in un rifugio per due amanti quando la pioggia cade dal cielo. Basta cliccare il piccolo pulsante sul manico e si potrà ammirare il cielo stellato. L'ombrello diventerà trasparente e un bacio sotto un cielo stellato disseminato di pioggia sarà il panorama perfetto per coronare l'amore reciproco che i due provano l'uno per l'altro."

Taehyung aveva perso la testa per Jimin, e Jimin era completamente innamorato di Taehyung.

Però Jimin non aveva fatto i conti con la superbia di Taehyung.

Quando si lasciarono, Jimin non aveva intenzione però di abbandonare il suo sogno. Mai avrebbe potuto.

Si fece forza, e contando sulle sue sole abilità cominciò a realizzare un altro dei suoi romantici progetti.

Suo fratello però non avrebbe mai approvato.

Dopo essere entrato a casa, Jimin si rinchiuse nella sua stanza prendendo la sua creazione ancora da perfezionare.

Erano le Lampade a Cuore Wi-Fi, una coppia di lampade a cuore collegate tramite Wi-Fi. Ovunque fosse la gemella, se una lampada veniva accesa anche l'altra si accendeva.

Un pensiero così romantico... ma proprio da Jimin.

Proprio mentre Jimin accendeva una lampada, suo fratello entrò in camera ma Jimin non fu così veloce a nascondere le lampade.

"COSA SONO QUELLE, JIMIN?"  Il tono di suo fratello era così arrabbiato che Jimin fece fatica a trattenere le lacrime.

"N-niente..." Jimin aveva già sofferto abbastanza quel giorno, non voleva soffrire ancora.

"NON MI DIRE CHE..." In un movimento fulmineo prese una lampada dopo averla guardata scosse la testa, disperato

"Jimin... scansafatiche... ANCORA A GIOCARE A CREARE COSE?? QUANDO TROVERAI UN LAVORO???"

"I-io..."

"Va bene, visto che non vuoi capire con le buone..." alzò il braccio con la lampada, pronto a buttarla in terra

"N-NO CHANYEOL!" Jimin tese una mano verso di lui, aveva gli occhi sbarrati e ripieni di lacrime che si costrinse a non far uscire.

Ma ormai era troppo tardi. Un rumore di vetri spezzati rimbombò nella stanza, e con quel rumore anche il cuore di Jimin si spezzò definitivamente.

"E domani vai a trovarti un lavoro, sciocco."

Detto questo, Chanyeol attraversò la stanza, calpestando volutamente il vetro vicino ai suoi piedi con le suole delle sue scarpe eleganti e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Jimin si ritrovò per la seconda volta in lacrime, e dopo essersi buttato a peso morto sul letto, seppellì il viso nel piumone, bagnandolo con le proprie lacrime.

Il suono di una notifica lo riscosse dai suoi singhiozzi. Accese il telefono.
Era Kai. 
"Ehy Chim Chim, quanto ti ha proposto quel disgraziato? Spero tanto *^*"

E un'idea gli balneò in mente. 
Guardò i vetri spezzati a terra.

Doveva calpestare la sua dignità pur di realizzare il suo sogno? 

 

Intanto, a molti kilometri da Jimin, un ragazzo avvolto tra le coperte sognava l'indomani, il giorno in cui finalmente avrebbe potuto guardare ed ammirare da vicino i tratti angelici del ragazzo che tanto l'aveva colpito.

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