1956

di T612
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 18 gennaio ***
Capitolo 2: *** 25 gennaio ***
Capitolo 3: *** 30 gennaio ***
Capitolo 4: *** 3 febbraio ***
Capitolo 5: *** 17 febbraio ***
Capitolo 6: *** 27 febbraio ***
Capitolo 7: *** 2 marzo ***
Capitolo 8: *** 3 marzo ***
Capitolo 9: *** 7 marzo ***
Capitolo 10: *** 17 marzo ***
Capitolo 11: *** 22 marzo ***
Capitolo 12: *** 3 aprile ***
Capitolo 13: *** 10 aprile ***
Capitolo 14: *** 5 maggio ***
Capitolo 15: *** 30 maggio ***
Capitolo 16: *** 2 giugno ***
Capitolo 17: *** 3 giugno ***
Capitolo 18: *** 21 giugno ***
Capitolo 19: *** 5 luglio ***
Capitolo 20: *** 20 luglio ***
Capitolo 21: *** 7 agosto ***
Capitolo 22: *** 8 agosto ***
Capitolo 23: *** 20 settembre ***
Capitolo 24: *** 28 settembre ***
Capitolo 25: *** 7 ottobre ***
Capitolo 26: *** 21 ottobre ***
Capitolo 27: *** 27 ottobre ***
Capitolo 28: *** 3 novembre ***
Capitolo 29: *** 4 novembre ***
Capitolo 30: *** 5 novembre ***
Capitolo 31: *** 7 novembre ***
Capitolo 32: *** 30 novembre ***
Capitolo 33: *** 1 dicembre ***
Capitolo 34: *** 31 dicembre ***



Capitolo 1
*** 18 gennaio ***


Disclaimer:
Questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà di Marvel Comics/Marvel Studios. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

Avvisi dalla regia:
La storia che voglio raccontare riporta gli eventi del 1956, un anno decisivo nella vita di Natasha Romanoff. Gli eventi di quell’anno si ripercuotono in tutta la sua vita, nel suo modo di agire, nell’indole di non affezionarsi, nel trattare i sentimenti come una debolezza… tutto è una conseguenza al 1956.
Ciò che descrivo non è scritto ufficialmente da nessuna parte, è solo un’accozzaglia di eventi cardine che coprono la durata di un anno riprendendo stralci di conversazioni da fumetti e film, ricostruendo per deduzione logica cosa deve essere successo a grandi linee. In definitiva è il mio tentativo di spiegare come Natalia Alianovna Romanova sia diventata la Vedova Nera.

Buona lettura, spero.

 

 

 

18 gennaio

 

Natalia ammira la distesa di neve immacolata, così bianca e così pura.

Erano le cinque di mattina, nei dintorni non c’era anima viva e il silenzio regnava sovrano.

Aveva preso come abitudine quella di svegliarsi prima di tutte le altre ragazze, salendo sul tetto del Cremlino per contemplare la silenziosa distesa candida in completa solitudine passando davanti alle guardie incurante del coprifuoco, fiera di essere la pupilla di Ivan Petrovich e beneficiare dei vantaggi di quella pseudo parentela… il patto stipulato con il patrigno prevedeva che ciò che si era guadagnata negli anni non le poteva essere tolto, a patto che non provasse a scappare.

Sono le sei del mattino quando le guardie si danno il cambio, deducendo che ha ancora mezz’ora prima di raggiungere le altre ragazze alla mensa per la colazione, distogliendo l’attenzione da quel ragionamento fugace quando dei furgoni blindati percorrono la strada principale e si fermano ai cancelli della struttura, osservando le guardie del secondo turno avvicinarsi per poi permettere l’accesso ai mezzi. Natalia sposta lo sguardo verso il cortile interno incuriosita, studiando la scorta di venti uomini che conduce a fucili spianati due generali ed un uomo all’interno della base… sono grandi come formiche dall’altezza in cui si trova.

Quando le figure scompaiono finalmente dalla propria visuale, i cardini della porta alle sue spalle cigolano arrugginiti, ritrovandosi nel giro di due secondi a puntare la pistola contro Ivan.

-Vengo in pace Natalia, puoi abbassare la guardia. -le ordina il patrigno eseguendo diligentemente gli ordini, abbassando la pistola riluttante.

-Io non abbasso mai la guardia.

-Questo lo so, Dmitri e Madame B sono ottimi insegnanti.

Natalia si siede di nuovo sul cornicione, la pistola ancora tra le mani e le gambe sospese nel vuoto, continuando ad osservare i furgoni blindati al centro del cortile interno… riscoprendosi incapace di tenere a freno la propria curiosità. 

-Chi è arrivato? -chiede prima che possa mordersi la lingua, autocorregendosi severamente ragionando sul fatto che prima o poi di quel passo la sua curiosità finirà per ucciderla.

-Un nuovo insegnante.

-È bravo?

-Il migliore che possa offrirti Natalia.





 

Edit: 16/09/2019
In seguito ad una recente rilettura per altri progetti in corso, mi sono resa conto della presenza di vari errori grammaticali o di semplice battitura… e niente, è giusto per informarvi che ho iniziato ad apportare lievi modifiche a tempo perso.

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Capitolo 2
*** 25 gennaio ***


25 gennaio

 

Natalia rigira il cucchiaio all’interno della scodella alla ricerca dei rimasugli della sua colazione, ha ancora fame ma dubita che le sia concessa una seconda razione, rimuginando sul fatto che essere l’allieva più promettente del suo anno purtroppo non le garantisce tutte le agevolazioni che vorrebbe. 

Salire di grado e completare con successo tutti i test le avevano fatto ottenere solamente qualche eccezione al coprifuoco, un materasso leggermente più comodo e la rimozione delle inferriate alle finestre… piccole concessioni, a patto che lei non scappasse, e Natalia si ritrova a sorridere appena con ghigno ironico interrogandosi sul dove credevano potesse scappare, l’unica volta che aveva progettato la fuga era in piena rivolta adolescenziale contro il patrigno, aveva creduto di avercela fatta per poi scoprire nei peggiore dei modi che in tutto quell’arco di tempo Ivan l’aveva costantemente monitorata a distanza. La fuga era stata una prova riuscita, il superamento del test le aveva fatto guadagnare l’accesso al tetto dopo il coprifuoco e la collocazione delle telecamere nascoste, insieme al tacito messaggio che la sua vita non le apparteneva davvero e che ogni suo più piccolo movimento veniva registrato costantemente.

L’uragano di nome Marina la distoglie dai suoi pensieri facendo sbattere rumorosamente il vassoio di fronte a lei, spingendo le guardie armate che stazionavano alle porte a girare la testa nella loro direzione, ritornando alla posizione iniziale una volta appurato il falso allarme. 

Marina: capelli neri, occhi azzurri, seconda allieva più promettente del loro anno. La sua compagna d’avventure nella sua prima e ultima “fuga”, l’unica persona che poteva definire amica.

-Ho visto Dmitri discutere con i due generali che sono arrivati la scorsa settimana, è questione di giorni e poi inizieranno le nuove lezioni.

-Non capisco perché serva così tanto tempo per rendere operativo il nuovo insegnante. –commenta distratta rubando un pezzo di pane dal vassoio di Marina.

-Ho sentito dire da uno dei generali, Karpov credo, che devono riprogrammarlo. –riferisce la mora riappropriandosi del pezzo di pane. –Però non so cosa intendano per riprogrammarlo…

-Ivan l’ha definito “la perfetta macchina di morte”. –dichiara Natalia virgolettando in aria il titolo attribuito al nuovo insegnante. –Di solito è abbastanza letterale con i termini… non mi sorprenderei se fosse seriamente una macchina.





 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 3
*** 30 gennaio ***


30 gennaio

 

Per la prima lezione con il nuovo insegnante le avevano schierate in fila mentre in fondo alla stanza Dmitri, il supervisore degli allenamenti fisici, prendeva posto insieme ai due nuovi generali, una decina di guardie armate e, in via del tutto straordinaria, Ivan Petrovich.

In mezzo alla palestra torreggiava un ring e al suo centro si stagliava la figura nera del nuovo insegnante.

Lukin, uno dei nuovi generali, aveva preso la parola e aveva spiegato alle cadette che l’allenamento di quel giorno consisteva nel riuscire a stare in piedi sul ring per almeno un minuto, solo chi ci riusciva aveva diritto ad alcune cure mediche.

Il Soldato d’Inverno, così era stato definito da Lukin, incuteva un certo timore reverenziale ma non rappresentava una reale minaccia… la prima cadetta doveva aver pensato questo, data la spavalderia con cui gli si era lanciata contro, per poi essere messa fuorigioco dopo tre secondi netti e venire trascinata di peso fuori dal ring da un paio guardie armate per far spazio alla seconda allieva. Anche Marina era stramazzata al suolo dopo quaranta secondi, probabilmente con in allegato anche un leggero trauma cranico, oltre ad un livido preoccupate all’altezza dello stomaco. 

Natalia iniziava a capire perché Ivan l’avesse definito la “perfetta macchina di morte”. Era brutale, colpiva preciso come una macchina e usava il minor numero di movimenti possibili per causare il maggior numero di danni. L’aveva studiato attentamente, notando che era più forte dal lato sinistro del corpo e che tendeva a tenere scoperto il fianco destro… quando era arrivato il suo turno era andata a colpo sicuro. Era riuscita a farlo arrancare di un passo piazzandogli un calcio sul fianco a tradimento, ma con la mano sinistra le aveva afferrato la caviglia in una presa ferrea e l’aveva sbattuta a terra facendole mancare l’aria. L’aveva afferrato per la nuca d’istinto rimettendosi in piedi assestandogli una ginocchiata ma, durante la manovra, l’uomo era riuscito ad afferrarla per la gola con la mano sinistra sollevandola da terra. Natalia aveva portato inutilmente le mani alla gola nel tentativo di liberarsi dalla presa che le toglieva il respiro… realizzando spaventata che la tenuta da combattimento celava un braccio di metallo, dominandosi per non far trasparire sul proprio volto un qualsiasi sintomo di paura, seguendo l’addestramento impartitole nella nebulosa speranza che i Capi decidessero di intervenire salvandola dal soffocamento. 

Karpov aveva sbraitato di smetterla e la mano del Soldato d’Inverno aveva abbandonato la presa, facendola cadere a terra scomposta e con le impronte delle sue dita metalliche che iniziavano ad affiorare violacee impresse sul suo collo candido, ringraziando silenziosamente una qualsiasi entità per aver ascoltato le sue preghiere ed essere ancora viva. 

Paradossalmente era riuscita nell’impresa impossibile di resistere quel fatidico secondo in più, guadagnando di diritto le cure mediche promesse da Lukin ad inizio lezione: una sola pastiglia di antidolorifico, un flacone di disinfettante e un paio di bende… avevano comunque dovuto trascinarla di peso fuori dal ring.





 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 4
*** 3 febbraio ***


3 febbraio

 

A pranzo aveva mangiato il minimo indispensabile, la mandibola scricchiolava con un rumore orribile ad ogni morso e Natalia stava iniziando a rimpiangere di non avere altri antidolorifici. Durante l’allenamento di quella mattina il Soldato d’Inverno era riuscito ad atterrarla, le aveva sferrato un pugno sul volto e la ragazza aveva visto le stelle, l’incidente aveva spinto Karpov ad intervenire fermando il suo Maestro mentre Dmitri la trascinava via dal ring… aveva percepito la voce furibonda del Generale inveirgli contro, sgridandolo che poteva colpirle ovunque, ma non al volto. 

L’avevano scortata alla propria stanza per permetterle di medicarsi con quello che le era rimasto del disinfettante e delle garze guadagnate durante la prima lezione con il Soldato d’Inverno, ma all’ora di pranzo il labbro rotto e lo zigomo tumefatto avevano solamente contribuito a farle passare la fame.

Saltando il pranzo, combinato al fatto che fuori imperversava una tempesta di neve che bloccava l’accesso al tetto, aveva raggiunto in anticipo la sala da ballo di Madame B. Erano diversi anni che le lezioni di danza erano individuali, per il semplice motivo che quattro quinti delle allieve non avevano superato i primi tre anni di addestramento. Nelle lezioni individuali Madame B pretendeva la perfezione, la ricompensa ad ogni errore era una bastonata che ti spediva a terra… Natalia aveva imparato a proprie spese che i Capi consideravano la danza classica una disciplina in grado di formare il carattere, a differenza dell’opinione sviluppata dalla ragazza, che dopo anni aveva dedotto che nella danza classica l’unica cosa veramente importante era non cadere dalle punte nonostante le dita sanguinassero. Dovevano essere la perfezione in persona, per questo nonostante le percosse e le torture non potevano mutilarle o sfigurarle, era severamente proibito intaccare esternamente la materia prima. 

Natalia si era affacciata all’ingresso della sala da ballo, osservando le giovani allieve alla sbarra mentre eseguivano diligentemente gli esercizi impartiti, venendo presto raggiunta da Madame B con a seguito tre ragazzine, spedendole in infermeria con tono inquisitorio… non dovevano avere più di dodici anni. 

-Che ne pensi Natalia? -chiede l’insegnante puntando lo sguardo sulle ragazzine che si esercitavano sulle punte gessate, rendendo implicito il soggetto riferito alla propria domanda.

-Sono troppo deboli, non sopravviveranno. 

Non aveva detto che era crudele illuderle di avere una possibilità, che erano troppo giovani ed inesperte per sapere che l’infermeria equivaleva alla morte… l’aveva tenuto per sé, perché mostrare compassione era indice di debolezza.

-Non tutte possono essere perfette come te, Natalia.






 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 5
*** 17 febbraio ***


17 febbraio

 

I capi avevano deciso di sfoltire il numero di cadette che presenziavano alle lezioni del Soldato d’Inverno. Il cambiamento si era tradotto in allenamenti più lunghi dove il Maestro insegnava effettivamente loro qualcosa, assicurandosi personalmente di lavorare solamente con chi aveva la capacità di sostenere le sue lezioni.

In un certo senso i Capi erano stati costretti a sfoltire il numero di allieve, erano rimaste in vita solo le più promettenti, Natalia ignorava se le avevano semplicemente portare in infermeria o se il Soldato si era occupato personalmente anche dell’accumulo e del smaltimento cadaveri. 

Natalia non sapeva nemmeno in quante fossero rimaste effettivamente, Ivan e i due Generali avevano deciso di comune accordo di farla assistere a lezioni private, definendolo uno “spreco di potenziale” che le allieve più promettenti, come lei e Marina, si mescolassero in mezzo a delle cadette mediocri e la ragazza sapeva di dover considerare l’intera faccenda al pari di un onore, considerandola come un’occasione aggiuntiva per dimostrare al meglio le proprie capacità… ma dopo l’ennesima volta che sbatteva il mento a terra, riteneva difficile comprendere dove si nascondesse l’onore in quel turbinio di lividi e percosse, sputando a terra un grumo di sangue rialzandosi in piedi, studiandosi a vicenda girando in cerchio, finendo di nuovo a terra quando il Soldato d’Inverno risponde all’attacco. 

Il Maestro la strattona di nuovo in piedi con un movimento energico del braccio bionico, già dalla terza lezione aveva rinunciato alla tenuta da combattimento ripiegando in una divisa smanicata che gli permetteva maggior libertà di movimento, lasciando in bella vista il luccichio inquietante delle luci della palestra che si riflettevano sul braccio della morte. 

-Tieni più basso il braccio destro, evita di scoprire il fianco. 

Il Soldato d’Inverno è un uomo di poche parole, usa sempre un tono di voce duro ed ispido, mentre lo sguardo che le rivolge costantemente lascia intuire che è il tipo di soldato che preferisce seguire gli ordini invece che impartirli… ha l’aria di qualcuno che non ha voglia di stare su quel ring ma ne è costretto.

Il suo Maestro tentenna appena scoccandole uno sguardo più intenso del solito distogliendolo subito dopo, ma Natalia è ancora inchiodata davanti a quegli occhi enigmatici indecisa se siano grigio fumo o color ghiaccio, riflettendo che è la prima volta che quello sguardo trasmette un qualcosa… e non riesce a reagire in tempo che la sua testa sbatte violentemente di nuovo a terra.

-Ti avevo detto di non scoprire il fianco, non farmelo ripetere una terza volta.






 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 6
*** 27 febbraio ***


27 febbraio

 

Aveva smesso di nevicare da una settimana ma la neve sul tetto non si era ancora sciolta del tutto, Natalia se ne stava sul cornicione con le gambe sospese nel vuoto, sola ed indisturbata alla mercé del vento gelido delle due di mattina che le scompiglia i capelli.

Rabbrividisce appena nel suo pigiama troppo leggero per fronteggiare l’inverno russo, avvertiva il vento ma non percepiva il freddo, riflettendo che il nevischio siberiano non le congelava più le ossa da anni… a dodici anni l’avevano lasciata in mezzo alla tormenta con vestiti più leggeri di quelli che indossava ora, aveva rischiato l’assideramento con la scusante di renderla più forte superando il test con successo, guadagnandosi una coperta per l’inverno.

Da quando Ivan Petrovich l’aveva prelevata dalla sua casa in fiamme le aveva insegnato, con metodi poco ortodossi, che se voleva qualcosa doveva guadagnarsela. L’aveva sempre dipinto come un modo per spronarla a dare il meglio di sé, una garanzia che se si impegnava a fondo ogni cosa era possibile… dopo il tentativo di fuga aveva capito che poteva guadagnare qualunque cosa, qualunque, tranne la libertà.

I cardini della porta cigolano e Natalia punta automaticamente la pistola contro il cranio del patrigno. 

-Come fai a sapere che mi trovavo qui? -chiede senza distogliere lo sguardo dal mirino.

-Puoi abbassare la guardia Natalia. -replica Ivan Petrovich spostando la pistola dalla sua testa, indicandole al contempo una telecamera nascosta all’angolo del palazzo… Natalia credeva di aver usato bene i punti ciechi, evidentemente non era così.

-Cosa vuoi? -cambia discorso constatando che quella telecamera ha troppi punti ciechi per essere efficiente, riprendeva solo metà cornicione… le bastava spostarsi di un paio di metri per tornare a celarsi al resto del mondo.

-Ho una missione per te.

-Non potevi parlarne domani mattina? -lo interroga scorbutica, irritata dal momento di quiete interrotta.

-Non è una missione ufficiale. -afferma il patrigno suscitando la sua curiosità, voltandosi nella sua direzione aspettando istruzioni con sguardo incautamente luminoso. -Karpov e Lukin nascondono qualcosa, ho bisogno che tu segua il Soldato d’Inverno nella sua prossima missione, il target non è un obbiettivo del KGB.

-È impossibile.

-No Natalia, è solo difficile… ma non credo sia un problema, tu non fallisci mai.






 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 7
*** 2 marzo ***


2 marzo

 

Era stanca di seguirlo, Natalia si era svegliata all’alba e dalla cima del tetto aveva visto il Soldato d’Inverno dirigersi a passo spedito fuori dal Cremlino dal cancello principale, aveva impiegato mezz’ora prima di riuscire a rintracciarlo e da quel momento in poi si era tenuta a debita distanza, reputandosi abbastanza soddisfatta di se stessa nel non vederlo voltarsi o far segno di averla mai percepita. 

Ivan le aveva detto che l’obiettivo non era nella lista del KGB, ma dalle cinque di mattina fino alle otto di sera, non c’era stato nemmeno uno spargimento di sangue. In compenso, abituata a studiare chiunque incontrasse, aveva notato che il Soldato dava l’impressione di essere fuori posto: era invisibile, un’ombra alla luce del sole, ma lo sguardo fuggiva da un angolo all’altro dei marciapiedi osservando la vita che gli scorreva accanto con una vaga nota di rammarico. 

Verso metà pomeriggio si era ritrovata a spiarlo mentre rubava una sigaretta e trovava un fiammifero per accendersela, arrestandosi nel suo girovagare solo il tempo necessario per consumare la sigaretta fino al filtro, fissandola come se all’accorciarsi di essa finisse anche il suo attimo di libertà… e Natalia ci aveva messo due secondi in più del necessario per dedurre che non doveva avere il permesso di fumare, che si stava prendendo letteralmente una libertà non concessa, osservandolo rapita mentre ripeteva i gesti come se li riscoprisse ogni volta per la prima volta. 

Mentre fumava sembrava una persona diversa…

Nessuno conosceva nulla di lui, lei e Marina potevano fare tutte le congetture che volevano, ma Natalia era ormai convinta che un soggetto del genere dovevano averlo preso a forza da qualche parte… quello sguardo non apparteneva alla Russia. Il corpo forse, la macchina anche, ma non lo sguardo… quando non pensava di essere visto, come in quel momento, si capiva che proveniva da un’altra parte. 

Si era accorto della sua presenza solo quando lei era intervenuta direttamente. 

Padre e figlia erano usciti da un negozio mezz’ora prima, ora il padre si ritrovava accasciato a terra con un coltello in mezzo alla schiena mentre la figlia di otto anni, una forza della natura dai capelli castani e gli occhi color ghiaccio, si era precipitata senza battere ciglio in mezzo tra il genitore e il suo assassino. Natalia era emersa dalle ombre trascinando via la bambina quando aveva capito che il Soldato avrebbe dovuto ucciderla, anche se lo sguardo si ribellava allo scempio che aveva di fronte.

Se ne era infischiata degli ordini di Ivan, aveva coperto la vista della bimba mentre il Soldato d’Inverno estraeva il coltello dalla schiena del padre e pugnalava l’obiettivo. 

-Non puoi provare pietà per la bimba Natalia. -l’aveva raggiunta la voce dell’uomo a distanza di un paio di minuti con una inflessione inusuale, diversa dal tono duro che sentiva di solito, trapassandola con lo sguardo mentre puliva la lama del coltello contro la tenuta in kevlar. -Siamo armi, non abbiamo sentimenti, non fare azioni per le quali sai che ti puniranno.

-Lei viene con noi alla Stanza Rossa. -ordina perentoria sfidandolo con lo sguardo a contraddirla, stringendosi meglio la bambina al petto, cullandola mentre le lacrime calde le bagnavano il collo mentendole sussurrandole ad intermittenza che tutto andrà per il meglio. -…è innocente, non ha nulla a che vedere con i presunti crimini del padre.

Uno strano luccichio aveva animato gli occhi del Soldato alla parola “presunti”, Natalia non aveva potuto fare a meno di notarlo.

-Okay, ma è una tua responsabilità, io non voglio averci nulla a che fare.



 

Commento dalla regia:
Tralasciando gli orari di pubblicazione improponibili, mi sento in dovere di dire due parole a questo punto.
Finalmente c’è il primo punto di contatto tra i due, ora la storia diventa più “movimentata”, mi piacerebbe sentire la vostra opinione in merito e se sto adempiendo alle aspettative (se ce ne sono) o se semplicemente la storia vi suscita qualcosa.
_T






 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 8
*** 3 marzo ***


3 marzo

 

Quando erano rientrati alla base il Soldato d’Inverno si era dileguato senza darle alcuna spiegazione, non le aveva nemmeno chiesto il perché o da quanto lo stesse pedinando… se ne era sorpreso non l’aveva dato a vedere, mentre Natalia si era diretta a passo spedito verso gli alloggi dei Capi con la bambina ancora avvinghiata al collo.

Aveva aspettato diligentemente alla porta di Madame B, sforzandosi di restare impassibile di fronte alla donna alta e dal cipiglio severo che si era affacciata alla soglia, ascoltando le sue ragioni mentre studiava la bambina.

-Sei consapevole che sarebbe dovuta morire insieme al padre nel vicolo, vero?

-Può esserci utile. –ribatte con una risposta pragmatica, sforzandosi di non abbassare lo sguardo.

-È pietà Natalia? -chiede Madame B soppesando il suo verdetto, studiandola senza esprimere il proprio giudizio al riguardo, instillandole una punta di dubbio che la ragazza si impone di non far trasparire.

A quella domanda aveva distolto lo sguardo pur di non ammettere ad alta voce quella debolezza, limitandosi ad accompagnare Madame B nei dormitori, dove aveva ammanettato la bimba alla testiera del letto come le altre ragazzine, girando i tacchi memore degli ordini di Ivan ed incurante del fatto che fosse notte fonda, Natalia si era dileguata dirigendosi a fare rapporto.

-Rapporto missione, Soldato. -la voce del Generale Karpov l’aveva bloccata sul corridoio quando era passata davanti alla porta del suo ufficio lasciata incautamente socchiusa, ascoltando impensierita la voce del Soldato d’Inverno in risposta che filtrava attraverso l’uscio raccontando un’altra versione dei fatti.

-Target deceduto… ma…

-Non ci dovevano essere “ma” Soldato.

-La bambina. -mormora con una nota di rammarico ben udibile nella voce, e Natalia non sa spiegarsi perché riesce benissimo ad immaginarselo mentre leva lo sguardo colorato di rimpianto verso Karpov, ritrovandosi inconsciamente a trattenere il fiato perchè ormai dopo anni di servizio nella Stanza Rossa conosceva perfettamente quali erano le conseguenze se dai sottoposti si levava un tono del genere. 

-L’hai uccisa?

-Dovevo sapere della bambina. -insiste con voce leggermente più salda, ma non abbastanza.

-No, non faceva alcuna differenza.

-Si invece… mi ricordava qualcuno1, ho deciso di risparmiarla.

Natalia aveva trattenuto nuovamente il fiato perchè quella di risparmiare la bambina era stata una sua decisione, il Soldato l’aveva semplicemente assecondata… aveva detto che lui non si sarebbe preso nessuna responsabilità, non capiva perché ora si assumesse pienamente la colpa. 

-È pietà Soldato?

Lo schiaffo era arrivato così forte che Natalia l’aveva sentito nonostante la porta socchiusa, il Soldato d’Inverno era rimasto in silenzio mentre lo picchiavano a sangue, mentre Natalia ascoltava immobile, interrogandosi sul perchè un uomo che non le doveva niente, si fosse fatto carico delle sue debolezze... identificando la motivazione nel rispecchiarsi in esse. 

Natalia si era defilata correndo dal patrigno mentre all’interno della stanza Karpov discuteva con Lukin di reset cerebrale… imparando indirettamente la lezione più importante di tutte: la pietà non era contemplata in Russia, era solamente l’ennesima debolezza da eliminare.



 

Note:

  1. Riferimento a Rebecca Barnes, la sorella minore di James. Sono dell'opinione che con l'inizio del riaffiorare della sfera emotiva ritornino anche i primi ricordi, in questo caso in particolare visto che esteticamente le due bambine sono molto simili.





 

Edit: 16/09/2019

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Capitolo 9
*** 7 marzo ***


7 marzo

 

Il Soldato d’Inverno era scomparso da cinque giorni, nessuno sapeva che fine avesse fatto e Karpov e Lukin erano stati enigmatici al riguardo. Per ripiegare al disguido gli allenamenti erano ripresi sotto la guida di Dmitri e Natalia, che osservava in un angolo le reclute che sarebbero partite a breve per l’America, non poteva fare a meno di associarsi all’espressione corrucciata di Ivan Petrovich. 

Non aveva idea del perché il patrigno volesse farla assistere all’allenamento maschile, sapeva solo che se quelli che aveva davanti erano i futuri agenti infiltrati la Madre Russia era presa male, molto male.

-Se hai intenzione di mandarli in missione come sono ora, finirà in una carneficina a nostro sfavore.

Il Soldato aveva fatto la sua entrata trionfale criticando il lavoro di Dmitri senza battere ciglio con il tono di chi stava constatando un dato di fatto e Natalia, che non si aspettava minimamente il suo arrivo, iniziava a capire perché Ivan l’avesse voluta lì con lui… nonostante al momento l’unica cosa a cui riusciva a pensare era solo che quella era la frase più lunga che gli aveva sentito dire.

-Cosa suggerisci? -Dmitri osservava il Soldato d’Inverno con astio, rendendo palese il fatto che non apprezzasse né l’interruzione né la critica.

-Prendere uomini migliori, o allenarli meglio.

Dmitri fumava di rabbia, ma Natalia aveva smesso di ascoltare la discussione in corso distraendosi nel fissare le ferite sul volto del Soldato… aveva un livido all’altezza dello zigomo e uno vicino alla tempia, l’orecchio sinistro era incrostato di sangue secco, in quelli che sembravano segni di tortura a primo impatto, ma qualcosa di molto peggio ad un esame più attento1.

-…non dici nulla Natalia?

La ragazza si gira confusa verso il patrigno, realizzando che le avevano appena detto qualcosa, boccheggiando a vuoto nel non sapere minimamente come replicare.

-Smettila di fissargli le ferite, è semplicemente quello che succede quando non si eseguono gli ordini, nulla che tu non abbia già visto. -Ivan le aveva afferrato la spalla scuotendola con forza. -Ripeti Soldato.

-Stavo riferendo i risultati del test delle ultime due settimane, tu sei l’unica ad averlo superato. 

-Quale test? -Natalia era estremamente confusa, non era stata sottoposta a nessuna prova nell’ultimo periodo… ritrovandosi nuovamente di fronte allo sguardo enigmatico del Soldato, chiedendosi che messaggio celassero le sue iridi ghiacciate questa volta.

-Se non ti fossi messa in mezzo cinque giorni fa, non mi sarei mai accorto della tua presenza. 

Natalia percepisce il muto ringraziamento per non avergli permesso di uccidere la bambina, nell’ultima frase le iridi avevano assunto le sembianze di un inferno ghiacciato, distogliendo lo sguardo troppo intenso rivolgendolo nuovamente a Dmitri.

-Sai una cosa? Manda donne come lei in America, se proprio ci tenete a vincere la guerra… per quel che mi riguarda lei è l’unica che vale la pena di allenare. 



 

Note dalla regia: 

  1. Confrontando le ferite visibili dopo la prigionia nel bunker in Austria in “Captain America – il primo vendicatore” e il macchinario che usano per il lavaggio del cervello su “The Winter Soldier”… sarà anche una cavia da laboratorio ma non credo che se ne sia stato sempre buono a subire le torture, come sono convinta che abbia provato più di qualche volta a strapparsi via la protesi dal corpo, altrimenti non si spiegano tutte le cicatrici che ci permettono di vedere nei film.






 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 10
*** 17 marzo ***


17 marzo

 

Natalia si stava fasciando le costole. Quando dieci giorni prima era stata definita l’allieva più promettente, si era instaurato uno strano rapporto che prevedeva costole rotte e pause non concesse… una cosa implicava involontariamente l’altra. 

Il Soldato d’Inverno non ne faceva segreto, Natalia era senza ombra di dubbio la sua allieva preferita e nei primi giorni aveva provato a sfruttare la situazione a suo favore. Non le era servito molto tempo per capire che, uno, il Soldato era troppo intelligente per cadere nella sua trappola come le aveva fatto prontamente notare e, secondo, la sua vita era letteralmente nelle sue mani. Natalia, per quanto ne sapeva, era convinta che se gli fosse ordinato di ucciderla l’avrebbe fatto… dopo quei cinque giorni di pausa sembrava tornato l’essere implacabile di inizio gennaio. 

Per tre giorni non c’era stato più spazio per momenti di respiro, sguardi che infiammavano il ghiaccio e piccole libertà rubate. Poi il quarto giorno l’aveva beccato a osservarla, voleva evitarsi un altro reset e Natalia non poteva biasimarlo… non potevano comunicare a parole, ma la ragazza aveva imparato a dieci anni che le parole concedevano una verità ricca di futili sottintesi che non corrispondevano mai al vero, al contrario del corpo che non era in grado di falsificare nulla e Natalia, dopo anni di addestramento, sapeva attribuire un significato diverso ad ogni sguardo, alla tensione delle spalle, ai tic impercettibili. Dopo averlo notato la prima volta aveva iniziato a compatirlo… l’ennesimo animale in gabbia, come lei, entrambi molto difficili da ammaestrare.

Natalia aveva ormai capito cosa gli succedeva ogni volta che disobbediva agli ordini, le voci di corridoio erano raccapriccianti in merito, ed aveva scoperto che l’unico motivo per cui non le capitava la stessa sorte era perché i Capi non potevano rovinare il suo bel faccino. Per solidarietà tra cavie, combinato a una buona dose di rabbia, era finita a istigarlo a colpirla... i loro superiori non lo punivano e lei si ribellava facendosi carico di un po’ delle sue sofferenze. Era un pensiero contorto ma, tra tutte le morti che aveva sulla coscienza, voleva provare a salvare almeno una vita.

Lo scatto della serratura la riporta indietro dalle sue divagazioni mentali, mentre il suo patrigno entra nella sua stanza senza bussare, sorvolando sul tentativo di medicazione ordinandole gentilmente di andare a fare due passi. Natalia odiava che chiunque fosse decorato di una qualche carica militare potesse entrare nella sua stanza a piacimento, ma non poteva opporsi, la serratura si poteva chiudere solo dall’esterno. 

-Cosa devi dirmi? -la ragazza si era convinta che Ivan la portava sul tetto ogni volta che voleva parlarle perché era l’unico luogo dove non potessero registrare le loro conversazioni.

-La bambina è morta, Madame B l’ha mandata in infermeria questa mattina.

Natalia incassa il colpo restando in silenzio, ma non riesce a nascondere gli occhi lucidi… nonostante i suoi sforzi e buoni propositi, aveva solamente posticipato la sua sentenza di morte.

-È stato uno sbaglio dal principio Natalia, provare pietà… l’amore è per i bambini.

-No… l’amore non esiste. –“come il tuo nei miei confronti”, ma la ragazza si guarda bene dall’omettere i propri pensieri, interrompendosi anche a causa dell’allarme che inizia improvvisamente a suonare a sirene spiegate, mentre Ivan scompare e riappare al suo fianco una volta ripristinata la situazione. -Cosa è successo?

-Il Soldato d’Inverno ha tentato una fuga… cosa ne pensi di lui Natalia? -le pone la domanda a bruciapelo, in un tentativo infruttuoso di coglierla in fallo. 

-È la perfetta macchina di morte. -replica con una risposta preimpostata, celando nuovamente i suoi veri pensieri… perchè sa benissimo che i suoi ragionamenti sono pericolosi, desiderando a tutti costi il volersi evitare un reset mentale.

-Corretto. -prosegue imperterrito Ivan Petrovich, incurante dello sguardo omicida che le stava rivolgendo la figliastra da sotto le ciglia da cerbiatta. -Devi diventare come lui Natalia, se non meglio.





 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 11
*** 22 marzo ***


22 marzo

 

Non aveva chiuso occhio tutta la notte, l’allarme era partito verso le tre del mattino svegliandola di soprassalto, ma le guardie avevano intimato loro di dormire nonostante continuassero a fare avanti e indietro per i corridoi e solamente dopo la resistenza di qualche cadetta si erano decise a chiudere a chiave sistematicamente tutte le loro camere. Gli scarponi sul corridoio facevano un rumore tale da impedirle di riprendere sonno, quindi dalle tre del mattino fino all’ora in cui avevano aperto la porta della sua stanza, Natalia si era scervellata incessantemente sul come fosse riuscito a scappare… perchè ovviamente non metteva in dubbio che ci fosse riuscito, ma la conferma era giunta soltanto quando il Soldato era entrato in mensa con un labbro spaccato, continuando a sorridere sfrontato a chiunque incrociasse il suo sguardo.

Il vassoio che sbatte sul tavolo di fronte a lei all’improvviso la fa sussultare vistosamente, attirando l’attenzione delle guardie che stazionavano alle porte, ritrovandosi davanti a Marina che le sorride raggiante a trentadue denti.

-Indovina chi è tornata dalla missione sotto copertura?

Natalia le getta le braccia al collo d’istinto, la compagna era sparita da una ventina di giorni e nessuno era tenuto ad informarla, non aveva passato giorno senza preoccuparsi all’idea terrificante che fosse morta. La mora si era poi lanciata in una spiegazione dettagliata della sua missione, omettendo le parti che non poteva rivelarle per forza di cose, ma l’attenzione della rossa era scemata gradualmente, calamitata dallo sguardo color ghiaccio che la puntava ormai da cinque minuti, riscuotendosi dai propri pensieri solamente quando Marina le aveva schioccato le dita davanti al naso.

-Visto che non gli stacchi gli occhi di dosso, hai novità sul suo conto?

Natalia aveva negato scuotendo la testa, ne aveva abbastanza di debolezze svelate, non poteva permettersi di far trasparire quanto gli interessasse il Soldato, come non poteva permettersi di far intuire a Ivan le parti del discorso che aveva omesso sul tetto, nemmeno se ne parlava con Marina.

-Io invece ho qualche novità.

Natalia registra appena il movimento della guardia a qualche metro dal loro tavolo, che si gira nella loro direzione per ascoltare meglio simulando finta indifferenza, ma ciò non impedisce a Marina di dare voce ai suoi pensieri sulla faccenda.

-Sono rientrata alla base verso le quattro di mattina, stavo andando a fare rapporto quando dall’ufficio di Lukin sento Karpov discutere dei rischi della sospensione stasi. -la ragazza aveva abbassato il tono avvicinandosi di più alla rossa quando si era accorta di aver suscitato un certo interesse. -Karpov continuava a ripetere che non potevano riavviare il sistema ad ogni fuga, ci avevano provato ma non aveva funzionato, mentre Lukin ribadiva il fatto che non riescono più a contenerlo, che evade troppo spesso.

-Hanno detto se ci saranno provvedimenti?

-Non al momento, Karpov ha deciso solo che non possono più friggergli il cervello per un po’. Tu sai che significa?

A Natalia tornano in mente le ferite al volto, quelle che a un esame più attento sembravano qualcosa di peggio, quelle che Ivan aveva liquidato come una conseguenza all’insubordinazione.

“È stato un errore dal principio, provare pietà… l’amore è per i bambini”

Evidentemente se provi pietà ti friggono il cervello.

-Natalia sai qualcosa? Sai che significa? -insiste Marina analizzando il velo di consapevolezza che le scurisce lo sguardo.

-Significa che devi smetterla di porti domande di cui non vuoi sapere la risposta. -tronca il discorso bruscamente, perchè lei per prima non dovrebbe sapere nulla dell’intera faccenda.

-Sai qualcosa.

-No, non so assolutamente nulla.




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 12
*** 3 aprile ***


3 aprile

 

Natalia poteva indicare con esattezza quante crepe ci fossero sul soffitto a forza di venire atterrata, la schiena scricchiolava in modo preoccupante ogni volta che si rialzava. 

L’allenamento si era intensificato, il Soldato d’Inverno le impartiva anche lezioni per migliorare la sua destrezza nelle armi da fuoco e nella resistenza al dolore. La prima tipologia la trovava divertente, si piazzavano sdraiati sul tetto mentre sparavano ai bersagli sulla palazzina a un chilometro di distanza, aveva una mira da cecchino invidiabile ed era una dote che doveva trasmettere a Natalia. 

La ragazza, dopo aver collezionato diversi insuccessi, era migliorata visibilmente una volta che il Soldato aveva avuto il permesso di accorciare le distanze tra loro. Si era sdraiato al suo fianco, spalla contro spalla, correggendo ogni minima imperfezione: il risultato era un totale di dieci su dieci di bersagli centrati. 

Ad ogni respiro, prima di premere il grilletto, Natalia registrava il profumo del Soldato… un mix di polvere da sparo e ferro. Quando l’aveva percepito per la prima volta si era distratta, il proiettile era rimbalzato mancando l'obiettivo e la sua risata l’aveva colta di sorpresa… roca e sommessa, come una sensazione non provata da tempo. Il sorriso si spegneva puntualmente ogni volta quando erano costretti ai test di resistenza al dolore, lo sguardo del Soldato bruciava di angoscia ogni volta che lo costringevano a torturarla contro la sua volontà… se si rifiutava spariva per qualche giorno e Natalia preferiva non pensare cosa gli facessero. 

Tornava sempre, più violento e scostante di prima, ma nel giro di un paio di lezioni erano di nuovo al punto di partenza… Natalia stava memorizzando tutte le falle nel sistema a forza di percosse, il Soldato ormai aveva capito a che gioco stava giocando.

-Stai giù. -il sussurro del Soldato era stato impercettibile mentre si avvicinava per rimetterla in piedi. Voleva proteggerla a costo di venire torturato, lei voleva farsi torturare per proteggere lui… avanti così in un circolo vizioso. 

Natalia scrollava le spalle ogni volta e si rimetteva in posizione, lo sguardo la supplicava di arrendersi, ma se gli dava retta Karpov poteva pensare che il Soldato fosse negligente. 

-Arrenditi, ti prego. -non aveva mai dato voce ai suoi sguardi prima di allora.

Natalia avvertiva che le sue costole erano sul punto di sbriciolarsi… non voleva farle del male più del necessario. Ma se lei si arrendeva gli friggevano il cervello, di nuovo… per le costole aveva diritto a qualche giorno di riposo, per i reset non c’era margine di recupero e Natalia ne aveva già sette sulla coscienza. 

Il Soldato era inginocchiato sopra di lei, stava per darle il colpo di grazia.

-Io non sono stanca.

Il pugno di metallo si era bloccato a un centimetro dalla sua testa, il pavimento si era crepato sul punto colpito… lui non sbaglia mai.

Natalia aveva sfiorato un nervo scoperto, una sinapsi intatta… oppure, semplicemente, aveva l’ordine di non sfigurarla. 

Per fortuna Ivan e Karpov si convinsero della seconda opzione. 



 

Commento dalla regia:

Quel “io non sono stanca” penso sia ben riconoscibile e capiate quanto sia importante, non mi dilungo troppo sull’argomento.
A questo punto si è capito che tra i due c’è una sorta di riconoscimento reciproco, non possono interagire direttamente ma si “compatiscono” a vicenda a costo di essere puniti. Natalia si è resa conto che il Soldato rappresenta una forma di evasione dalla sua prigione fisica e mentale, mentre Bucky sta riscoprendo a poco a poco la sua umanità grazie a lei (sempre nei limiti dell’ambiente e dei tempi).
Qualunque commento è assai gradito, anche solo per sapere le vostre impressioni o consigli su come migliorare.
Ringraziamento speciale va ai lettori silenziosi (non siate timidi, non mordo) e a _Lightning_ che ha recuperato tutti i capitoli in tempo record, tra un esame e l’altro ;)




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 13
*** 10 aprile ***


10 aprile

Ivan le aveva messo un fermo da una settimana. Le avevano proibito tutti gli allenamenti confinandola a letto, poteva muoversi solo sotto supervisione per assistere agli allenamenti delle bambine.
Dopo averle viste per sette giorni di fila sputare sangue sul ring, spezzarsi le dita dei piedi sulle punte e ripetere per l’ennesima volta l’intera pellicola di Biancaneve in inglese era ad un passo da un esaurimento di nervi1... solo perché aveva recitato troppo bene la sua parte.
Il siero della Vedova Nera non faceva miracoli, avrebbe dovuto dare retta al Soldato e arrendersi prima che le spezzasse le costole… ora rischiava di perforarsi un polmone ad ogni movimento brusco.
Non le avevano dato cure mediche, aveva avuto diritto al riposo il tempo necessario per essere dichiarata fuori pericolo e, nel mentre, le era severamente vietato di avvicinarsi al Soldato d’Inverno. 
Aveva decisamente recitato troppo bene a sua parte ma le sembrava di impazzire, segregata nella sua stanza e controllata costantemente, le mancavano le briciole di libertà che si era guadagnata negli anni.
Principalmente per quel motivo ora si ritrovava ad arrancare in corridoio, muovendosi sui punti cechi, nel tentativo di raggiungere il tetto. Era riuscita a non far cigolare i cardini, ma il rumore infernale era stato sostituito dal rumore distinto di una mano che armava il grilletto.
-Se lo volessi sul serio avresti già sparato.
Il Soldato d’Inverno se ne stava seduto sul pezzo di cornicione che non veniva ripreso dalla telecamera, stava abbassando la pistola con un mezzo sorriso sul volto.
-Non abbasso mai la guardia.
-Lo so.
Natalia non sapeva quale parte del suo cervello era riuscita a convincerla, ma aveva chiuso la porta alle spalle e l’aveva raggiunto sul cornicione sedendosi al suo fianco. 
-Mi dispiace per le costole.
Aveva tentato di non fare smorfie mentre si sedeva ma era stato un tentativo inutile.
-Credo tu sia la prima persona a scusarsi per un paio di costole.
-Credo tu sia la prima, dopo anni, a definirmi persona. –la sincerità disarmante e il tono con cui aveva proferito quella frase la spiazzava completamente.
-Non sei una macchina, avevi più di una buona occasione per uccidermi e non l’hai fatto, perché? 
Nessuno sapeva che erano lì, era la prima volta che avevano l’opportunità di parlare senza avere ripercussioni. Lui le aveva chiesto il perché gli avesse permesso di ridurla in quello stato e lei si era ritrovata a spiegargli cosa aveva scoperto sul suo conto… fino ad arrivare a quella domanda a bruciapelo, le era sfuggita spontaneamente, ma aveva dovuto aspettare un bel po’ per ricevere una risposta.
-Perchè non cedi al panico Natalia… anche quando stai per morire. Le altre hanno il terrore di dimenticare le loro origini, mentre tu non ricordi di aver mai conosciuto una realtà diversa da questa… sopravvivi. Non sei poi così diversa da me, per questo sei la mia preferita.
Aveva parlato fissando un punto indefinito all’orizzonte, solo nell’ultima frase le aveva rivolto quello sguardo di ghiaccio infuocato che lo caratterizzava, come se volesse dire qualcosa che non riusciva a trasmettere a parole ma sapeva che lei avrebbe capito lo stesso. Natalia aveva capito, aveva avuto la conferma che erano entrambi animali in gabbia e la certezza che potevano salvarsi a vicenda. Non li lasciavamo mai soli nella stessa stanza per quel motivo, c’era il rischio che si scannassero, o peggio, c’era il rischio che parlassero come in quel momento. 
-Grazie, qualunque sia il tuo nome.
L’aveva detto senza pensarci, il suo cervello era diviso tra il decretare il colore dei suoi occhi e il registrare il tono di voce con cui aveva proferito la frase più lunga che gli aveva sentito dire.
-James –il tono di voce sorpreso, quello con cui si riscopre qualcosa andato perso nel tempo. 
-Come?
-Mi chiamo James.




Note dalla regia:
1. l’allenamento delle bambine è preso in toto da Agent Carter.
Le cadette vengono addestrate alla danza e al combattimento fisico. Vengono sottoposte anche a lavaggi del cervello, infatti i ricordi dei due allenamenti fisici si sovrappongono, e viene insegnato loro diverse lingue per renderle agenti operativi efficienti al 100%, il metodo più semplice per imparare la lingua è attraverso i cartoni animati (Biancaneve nel caso, come mostrato in Agent Carter).




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 14
*** 5 maggio ***


5 maggio

-È la terza volta in due settimane.
L’allarme era suonato nel cuore della notte svegliando chiunque alloggiasse nel Cremlino. Natalia si era alzata dal materasso per affacciarsi alla porta nel tentativo di capire cosa stesse accadendo, quando Marina l’aveva preceduta confermando i suoi sospetti. 
-Tornate dentro, non è successo nulla. 
Le guardie armate le avevano rinchiuse a chiave, Natalia aveva appoggiato la fronte contro il metallo freddo della porta.
-Vorrei sapere come fa… 
-Te lo insegno se vuoi.
Si era girata di soprassalto, colta in fragrante mentre parlava da sola, lanciando contro la prima cosa che le era capitata sotto tiro. Il cuscino non era un’arma così letale, se scagliata alla cieca contro il Soldato d’Inverno che si stagliava contro la finestra aperta.
-Non sto scherzando, te lo insegno sul serio, ho innescato l’allarme apposta perché chiudessero le porte a chiave.
Natalia era rimasta pietrificata davanti alla mano tesa di James.
-Non se ne accorgerà nessuno Natalia, so quello che faccio.
Dopo lo shock iniziale aveva afferrato la sua mano, l’aveva seguito come un’ombra tra i vicoli di Mosca, erano riusciti a raggiungere la stazione dei treni e salire su un vagone merci diretto a San Pietroburgo. L'aveva seguito senza fare domande, fino a ritrovarsi nel centro esatto del salone principale del Palazzo d’Inverno.  
-Chissà com’era vivere qui quarant’anni fa… -la ragazza stava osservando ogni lampadario, specchio, mobile e ornamento che la circondava, sollevando sbuffi di polvere ad ogni passo sotto lo sguardo indecifrabile del Soldato.
-Se le cose fossero andate diversamente… tutto questo sarebbe tuo, mi sembrava giusto portarti qui oggi.
Natalia l’aveva scrutato con sguardo interrogativo, James doveva aver frainteso.
-Ero in svantaggio, ho rubato il tuo fascicolo e qualche informazione, così siamo pari. 
-Che vuoi dire? 
-Ho rubato il tuo fascicolo Natalia, non è difficile.
-No, il perché mi hai portato qui e… tutto il resto.
-Nessuno te l’ha mai detto? -il Soldato si era avvicinato mentre lei scuoteva la testa. -Oggi è il tuo compleanno Natalia Alianovna Romanova.
-Oh. -poi era ammutolita fissandolo negli occhi… finalmente i tasselli si incastravano.
Una Vedova Nera non ha data di nascita, non ha un nome, non ha sentimenti… esiste semplicemente. Per la Madre Russia avere una Romanoff tra le sue fila era motivo di vanto, una pedina pericolosa e letale solo per ciò che quel nome comporta… una pedina pericolosa quanto un soldato americano senza memoria. 
-Ti insegno a ballare. -era una richiesta che non ammetteva repliche, Natalia si era ritrovata ad incespicare tentando di ballare lo swing.
-Fidati Natalia, prometto di non farti cadere.
Si era fidata quando l’aveva raggiunto sul cornicione quasi un mese prima, si era fidata ogni volta che le puntava la pistola contro quando tentava di coglierlo alle spalle, si fidava delle loro verità scomode… poteva fidarsi di quelle mani che la sollevavano per farla volare in aria, in quell’istante di libertà ed estasi. 
Quando aveva posato nuovamente i piedi a terra, le mani strette ancora dietro la sua nuca, aveva fatto entrare in rotta di collisione le sue labbra contro quelle di James.
Era stato naturale come respirare, ingiusto nelle circostanze, terribilmente esatto perché lo desiderava sul serio. 
-Natalia.
-Lo so, non è mai successo. 
-Solo perché domani non lo ricorderò.
Natalia sapeva cosa sarebbe successo. Avrebbero trovato un altro treno merci diretto a Mosca, lei avrebbe fatto ritorno nella sua cella dove avrebbe finto di non conoscere il suo cognome, il suo compleanno e il sapore delle labbra di James. Lui si sarebbe assicurato che lei non venisse scoperta, l’avrebbero messo in manette appena varcato il cancello del Cremlino e nel giro di due scosse ad alto voltaggio si sarebbe dimenticato di quel ballo e quel bacio.
-Non avresti dovuto innescare l’allarme.
-Sei qui dove dovresti essere… va bene così.
Mentivano entrambi ma fingevano di crederci. Ora le cose si complicavano… è quando fai muovere i tasselli sbagliati che, presto o tardi, crolla tutta la torre.




Commento dalla regia: 
Qualche specificazione è d’obbligo. Non esiste da nessuna parte un fumetto che illustri chiaro e tondo cosa sia successo nel 1956 -qualche vago accenno, troppe poche cose-, come non esiste da nessuna parte la scena del Palazzo d’Inverno.
Loro due che fanno i turisti indisturbati è un mio headcanon, insieme a tutto ciò che ne segue. Diciamo che l’associazione Anastasia-Natalia ha influenzato parecchio.
Quel “crolla tutta la torre” non è messo a caso, secondo voi cosa può inevitabilmente succedere ora?
_T




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 15
*** 30 maggio ***


30 maggio
 
Natalia aspettava di vedere un riflesso a due tetti di distanza, doveva assicurarsi che James si trovasse al sicuro senza che l’allarme iniziasse a spaccare i timpani a tutti, prima che lei si calasse giù dal cornicione per raggiungerlo.
Dopo il suo compleanno non avevano fatto parola di quel bacio e di cosa significasse, in parte perché non era tutt’ora sicura che lui se ne ricordasse, in parte perché meno problemi si poneva e più facile era convivere con tutti quei segreti.
Ogni notte si recava sul tetto, a volte lo trovava lì ad aspettarla, tante altre attendeva un riflesso di un vetro rotto per avere il via libera.
James affittava ogni notte una stanza al motel in periferia, sempre se di affitto si poteva parlare, visto che il proprietario lasciava loro le chiavi gratis in memoria a debiti della vita precedente.
Natalia fremeva all’idea di quelle avventure clandestine… non erano nulla di speciale, se ne stavano tutto il tempo a chiacchierare fino all’alba, ma per lei rappresentavano un attimo di libertà negato troppo a lungo.
Ad ogni evasione imparava qualcosa di nuovo: a sapersi muovere nell’ombra, a captare i sensori, a muoversi silenziosamente in bilico sui tetti, a forzare serrature e a mentire spudoratamente.
Trovava estremamente eccitante che passassero l’intera giornata a pestarsi a sangue facendo finta di non conoscersi, mentre di notte approfondivano quella conoscenza negata a forza di ricordi. Grazie a James era riuscita a richiamare alla mente un vago ricordo di sua madre, la melodia di una ninnananna cantata a mezza voce e degli occhi verdi come i suoi.
Più i giorni passavano e più il Soldato lasciava spazio a James e ai suoi ricordi: ricordava di essere un soldato americano, di aver auto una sorella, del suo Capitano… di Steve aggrappato alla porta di un treno che l’aveva visto… morire. Aveva ricordato di essere morto e di essere tornato in vita.
Quando aveva realizzato la cosa Natalia aveva usato tutte le sue forza per impedirgli di strapparsi il braccio meccanico dalle carni, si era ritrovata a stringere quelle dita metalliche portandosi a pochi centimetri da lui, si era sorpresa a sussurrargli a fior di labbra che andava tutto bene… e poi si era ritratta per non ferirsi più del necessario.
Il luccichio del vetro colpito dalla luna le diede il via libera mentre rimuginava sopra a quanto fosse stato stupido indugiare, stava pensando che ormai non aveva nulla da perdere quando i cardini cigolano, ritrovandosi a puntare la pistola contro Ivan.
-Sei qui, ti ho cercato ovunque.
-Sono sempre stata qui. –risponde sulla difensiva, spiegando tacitamente il fatto di non essere in pigiama e di indossare ancora la tenuta da combattimento, mantenendo la testa del patrigno sotto tiro.
-Puoi puntate la pistola lontano da me, abbassa la guardia Natalia.
Rinfodera l’arma e torna a sedersi sul cornicione dandogli le spalle, muovendo il vetro rotto che ha tra le mani prima di farlo cadere di sotto, avvisandolo che per quella notte non può raggiungerlo.
-Cosa vuoi?
-Sei in missione sotto copertura tra due giorni.
-Lo stesso giorno di Marina…
-Lei diventa un operativo, è l’ultima volta che la vedi, tu ritorni qui e lei se ne va a Cuba.
Natalia sapeva che era questione di tempo prima che le spedissero in giro per il mondo a creare coperture, prima dei trent’anni tutte le Vedove Nere erano dichiarate operative… era solo questione di tempo prima che arrivasse il suo turno.
Prima del Soldato d’Inverno, le missioni sotto copertura erano ciò a cui aspirava di più, erano la sua occasione per fingersi morta e sparire dai radar.
-Ti faccio recapitare il fascicolo domani mattina.
-Okay.
-Ora a letto signorina, ti riaccompagno nella tua stanza.
Natalia fece in tempo a vedere un riflesso in risposta prima di chiudersi la porta alle spalle.
In notti come quella non c’era nessuno da aspettare.




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 16
*** 2 giugno ***


2 giugno

Da quel terrazzo aveva la perfetta visuale del portone d’entrata, riusciva a captare qualunque movimento, registrava sistematicamente ogni spostamento. 
La trattativa era andata a buon fine, tutto era andato secondo i piani, gli altri agenti erano riusciti a ritagliarle una finestra di dieci minuti per recuperare le informazioni senza che il padrone di casa se ne accorgesse. 
Con volto impassibile scrutava l’entrata, osservava i volti che sfilavano sotto i suoi occhi, decidendo di ignorare volutamente la vaga fitta dolorosa quando vide Marina varcare quella soglia. Ci fu una frazione di secondo in cui i loro sguardi si incrociarono, poi la mora le voltò le spalle salendo nell’automobile che l’avrebbe portata lontana da lei… a Cuba. 
Missione conclusa, fine dei giochi, fine di un’amicizia.
-Bambolina, dove sei?
Risponde in russo al richiamo, si stampa in viso il più falso dei sorrisi convincenti, per poi farsi raggiungere dall’uomo più viscido che ha incontrato in vita sua.
“Ignora la cosa. Lui ha soldi, ha informazioni e devi andarci a letto se vuoi mantenere la tua copertura. Fallo o sei morta.”
Continua a ripeterselo mentalmente, mentre sorrideva maliziosa sorseggiando vino, ripercorrendo la scaletta mentale costruita nella sua testa.
L’aveva portata in camera da letto quando era finita la trattativa, lei era l’innocuo premio per aver fornito i finanziamenti al KGB, ma era squillato il telefono e si era aperta la finestra di dieci minuti. Aveva scassinato il cassetto della scrivania, i fascicoli erano stati nascosti all’interno della ventiquattrore che aveva consegnato all’accompagnatore di Marina, le informazioni erano già in viaggio verso il Cremlino mentre lei doveva concludere l’opera.
Se voleva mantenere la copertura doveva finire di calarsi nella parte… era stata presentata a quell’uomo come il suo giocattolino per il dopo cena, non poteva permettersi di deludere le aspettative… e non poteva nemmeno ucciderlo e far sparire il cadavere.
Scartò a malincuore l’ultima opzione, se attuata significava solo un Ivan Petrovich molto deluso e la sua inevitabile morte. Per una frazione di secondo accarezzò l’idea di far fallire la missione, farla finita e far cadere tutte le coperture. Smettere di essere la spia perfetta, la Vedova Nera, una cadetta, una vittima… il giocattolino sessuale del target di turno.
“Ignora la cosa. Lui ha soldi, ha informazioni e devi andarci a letto se vuoi mantenere la tua copertura. Fallo o sei morta.”
Continua a ripeterselo mentre lascia che quelle mani abbassino la zip del vestito, mentre lei sorride affabile, mentre bacia quell’uomo orribile. 
Le avevano insegnato a sedici anni l’arte del sesso, un’attività extracurricolare all’arte della morte. Dopo tutti quegli anni riusciva a fingere che le piacesse, mentiva a sé stessa che la situazione non la toccasse… fredda e calcolatrice anche quando ama. 
La mente provava repulsione, il corpo manifestava assuefazione. 
Mentre si riveste, a servizio concluso, si concede di pensare per un momento al biglietto di sola andata per scappare da lì, sorride deliziata mentre si rassegna al fatto che quello è un treno che non è destinata a prendere… lei era un “regalo”, il KGB non pagava come avrebbe fatto un cliente.
Era un ordine dall’alto, per la sua copertura quello che aveva appena fatto era solo lavoro.
Mentre la macchina la riporta al Cremlino, osservando il pulviscolo di neve fuori dal finestrino, Natalia si ritrova a pensare che lei è destinata agli ordini, al sangue e alla neve.
L’ordine di sedurre, di uccidere, per poi fingersi immacolata come la neve.
Portarsi a letto decine e decine di uomini, sospirare sotto lo sguardo degli sconosciuti, per poi credersi ghiaccio tra le mura del Cremlino… chiedendosi se l’arte del sesso è piacevole se la si brama sul serio.
Se è diverso perché desidera perdersi in uno sguardo color ghiaccio.




 

Edit: 17/09/2019

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Capitolo 17
*** 3 giugno ***


3 giugno

Si era calata giù dal tetto e si era mossa tra le ombre come James le aveva insegnato, raggiungendolo al motel, lontani dall’ombra inquietante del Cremlino.
Respirò a pieni polmoni l’aria tersa, rilassandosi contro la sedia e gettando il capo all’indietro, i piedi sopra il tavolino mentre osservava il cielo notturno. 
In quella terrazza, in quella stanza, in quel motel, Natalia poteva essere Natalia. Poteva chiudere gli occhi e ignorare che ventiquattro ore prima si trovava in missione, poteva fingere di non aver fatto acrobazie tra le lenzuola, poteva mostrare il moto di repulsione al solo ricordo. 
Poteva avere dei sentimenti, in quella terrazza, da dove il Cremlino era solo un puntino luminoso in lontananza. Poteva avere dei sentimenti destabilizzanti e di dubbia entità che si manifestavano ogni volta che posava lo sguardo sugli occhi color ghiaccio di James.
-Sigaretta? –chiese l’uomo mentre le porgeva il pacchetto, ne aveva nascosto una stecca nell’armadio già dalla prima volta che si erano nascosti al motel.
Natalia aveva scosso la testa, si era limitata ad afferrare il pacchetto di fiammiferi e accendergliela al posto suo, una gentilezza disinteressata mentre osservava il suo profilo emettere nuvole di fumo. L’odore del tabacco la rilassava, mentre lo ascoltava decantare i pregi del bourbon rispetto alla vodka, per poi parlare di un pub a Londra e di una ragazza con un vestito rosso.
Si era scoperta gelosa di una donna persa nello spazio e nel tempo, un ricordo offuscato imprigionato dentro alla mente labirintica di James, che quando fumava ricordava tanto e troppo in fretta, lasciandosi sfuggire lo stesso i nomi e i volti ma non le sensazioni.
Natalia osservava pensierosa l’uomo mentre spegneva il mozzicone sul posacenere, la vampata del fiammifero che illuminava le dita di metallo, mentre ne accendeva un’altra e cambiava discorso.
-Non c’eri all’allenamento ieri.
-Ero in missione. –distolse lo sguardo, la voce tradì una nota di disgusto.
-Informazioni?
-Si… certe volte odio mantenere la copertura.
-Hai dovuto…? –la domanda cadde nel vuoto.
-Ho dovuto. –confermò, per niente fiera del suo operato, mentre lo sguardo di James si incupiva e lo distoglieva da lei. 
Il gesto non era passato inosservato, Natalia aveva captato qualcosa in fondo alle iridi color ghiaccio… probabilmente lo stesso sentimento che aveva provato lei quando l’aveva sentito parlare della donna con il vestito rosso. 
L’uomo si ostinava ad osservare il Cremlino in lontananza, non si accorse dei movimenti di Natalia fino a quando non gli sfilò la sigaretta dalla bocca, per poi intrecciargli le dita dietro la nuca.
-Non provocarmi Natalia.
La ragazza sorrise maliziosa mentre James si alzava in piedi cercando di prendere le distanze da lei, lo sguardo che lo tradiva di nuovo.
-Tu mi desideri.
-Non devi venderti con me. –le aveva afferrato i polsi, gli occhi sembravano un mare in tempesta, i desideri dell’uomo in contrasto con gli ordini del Soldato.
-E se lo volessi, James? Vorrei conoscerla la differenza… –il viso sempre più vicino al suo.
Poi la frase era stata stroncata a metà… il braccio di metallo l’aveva sollevava da terra, i vestiti si erano sparsi sul pavimento e i respiri concitati erano stati interrotti dai baci.
Essere desiderati era una bella sensazione.






Edit: 17/09/2019

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Capitolo 18
*** 21 giugno ***


21 giugno
 
Natalia iniziava a capire perché Ivan avesse fatto la specifica richiesta del Soldato d’Inverno.
La ragazza, che ormai aveva imparato a conoscere il soggetto in questione, era riuscita a farsi una vaga idea di quante scartoffie e soldi aveva dovuto consegnare a Karpov e Lukin per interrompere la terapia criogenica. Doveva essere sembrata una richiesta futile e di poco conto, il patrigno doveva aver fatto sorridere molti all’idea che una macchina della morte di quei livelli fosse messa a disposizione a delle ragazzine, per poi farli ricredere quando i capi si erano resi conto che le ragazzine passavano inosservate ed arrivavano dove le spie più qualificate non riuscivano ad entrare.
Avevano riversato una cospicua somma per mettere in piedi il progetto della Stanza Rossa, puntando sulle donne che tanto ingenue non erano, belle da star male e con la capacità di carpire i segreti confessabili solo tra le lenzuola.
Fin da quando era entrata ufficialmente nel programma di allenamento le era stato insegnata ogni tecnica conosciuta del combattimento corpo a corpo, tanto che non ricordava di aver vissuto al di fuori di quelle stanze, con la convinzione di renderle efficienti solo se a stretto contatto con l’obbiettivo.
Poi Ivan aveva cambiato le carte sul tavolo, proponendo ai capi che se volevano battere gli americani dovevano giocare al loro stesso gioco.
Il Soldato d’Inverno aveva spiegato alle cadette che la prima arma che dovevano saper usare era il fucile e non il corpo, non era stato ascoltato, costringendo i capi a sfoltire il numero delle allieve.
La prima volta che Natalia aveva osservato il mondo attraverso un mirino da precisione si era resa conto della prospettiva di James. Il Soldato scrutava la situazione dall’alto ma centrava sempre il cuore del problema, un po’ come aveva fatto con lei… gli erano serviti tre incontri sul ring e qualche mezza parola per capire di che pasta era fatta, lei aveva impiegato mesi solo per sfiorare la punta dell’iceberg della personalità complessa del Soldato.
I capi si erano rassegnati ad accettare l’idea che il combattimento andava affrontato per gradi, più il mirino si avvicinava all’obbiettivo e più la cadetta migliorava.
L’ultima arma da saper impugnare era il coltello, in un connubio di combattimento corpo a corpo e fendenti mortali… una danza pericolosa che il Soldato padroneggiava bene quasi quanto il fucile.
Natalia, armata di coltello, finalmente riusciva a capire l’efficienza del suo metodo di insegnamento. I duri anni di allenamento non servivano a nulla se aveva una mano occupata… cambiavano le distanze e la percezione se c’era un’arma in mezzo. Combatteva, gli teneva testa, ma ogni volta la coglieva impreparata colpendola con la lama… stava imparando da zero a combattere di nuovo.
Stentavano a riconoscersi sul ring, la macchina spietata che le si stagliava davanti era un’immagine inconciliabile con l’uomo che la abbracciava tra le lenzuola di notte.
La differenza stava nei dettagli che solo lei notava, quelli che agli occhi dei capi sembravano azioni giustificate ed innocue, mentre per Natalia rappresentavano la differenza inabissale tra James e il Soldato.
Da quando era iniziato l’allenamento l’aveva colpita sempre con il piatto della lama, aveva evitato i punti mortali, come aveva accuratamente evitato di guardarla negli occhi.
Ma dopo ore di lividi i capi iniziarono a chiedersi dove fosse il sangue, con il brusio tipico che preannunciava il passo falso, quello che decretava la potenza della scarica ad alto voltaggio.
Natalia non si sorprese più di tanto quando l’aveva atterrata con le mani dietro la schiena, conficcandole la lama vicino alla scapola, considerando lucidamente che poteva scegliere punti molto più dolorosi.
Il suo urlo soffocato calmò il brusio, mentre Lukin ordinava la sospensione dell’allenamento e Ivan pretendeva che estraesse il coltello causandole più danni di quelli già inflitti, oltre che a una doppia dose di dolore.
Il Soldato aveva aperto il palmo metallico sulla sua schiena, il tocco della mano congelata fu un sollievo difficile da nascondere.
-Se espiri fa meno male. –il sussurro di James fu quasi impercettibile, mentre Natalia eseguiva impassibile, la ferita in fiamme appena il metallo smise da farle da anestetico.
Era difficile odiarlo di notte tanto quanto era difficile amarlo di giorno, stava diventando complicato gestire la sfera emozionale ed entrambi non potevano permetterselo.
L’unico pensiero per mantenerla sana di mente era che la verità è una questione di circostanze, da quel presupposto riusciva a giustificare anche un coltello nella scapola… in confronto alla morte per dissanguamento se le colpiva la giugulare o l’arteria femorale.
Mentire alla luce del sole è solo un buon modo per non morire.

 

 
 
Commento dalla regia:

 
Credo che qualche delucidazione vada inserita solo per le note di merito.
La lezione impartita dal Soldato d’Inverno circa “la bravura nelle armi da fuoco (e non) si valuta in base a quanto ci si avvicina al target” è stata fornita da “Leon”, che dopo molto tempo sprecato nei meandri dello streaming sono riuscita finalmente a recuperare.
(Recupero cinematografico dovuto, in quanto è colpa di quel film e di Roald Dahl se mi chiamo Matilde)
Informazioni personali a parte, mi sono permessa di trarre ispirazione da te sony97, per quanto riguarda quel benedetto coltello. (Ogni tanto rileggo le storie salvate, consiglio caldamente di recuperarvi “Russian Roulette”, scene di tortura così ben descritte ce ne sono veramente poche).
Infine, ho voluto riprendere il discorso di Natasha sulle circostanze proferito in “The Winter Soldier”, anche se la citazione (personalmente) è abbastanza palese.
Qualunque commento/recensione è assai gradita, etc…
_T





Edit: 17/09/2019

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Capitolo 19
*** 5 luglio ***


5 luglio

-Natalia non sei concentrata.
La voce di Madame B anticipò di pochi secondi la vergata sulla schiena. 
La ragazza ritornò in punta continuando ad eseguire gli esercizi alla sbarra, cercando difficilmente di chiudere fuori dalla sua mente il vociare caotico dei suoi pensieri.
Nella notte appena trascorsa era successo l’inevitabile, i sentimenti avevano offuscato la sfera di giudizio… un passo falso pericoloso, anche se non erano stati scoperti.
James era in missione da una un paio di giorni, gli allenamenti con Dmitri erano insoddisfacenti e la notte prima non si era limitata a contemplare il panorama dal cornicione. Era evasa, consapevole che non avrebbe trovato nessuno, ma con il bisogno disperato di rifugiarsi in un luogo sicuro. 
Aveva volutamente ignorato il fatto che stava rischiando tutto, con il pericolo concreto che la scoprissero, per il futile desiderio di dormire abbracciata al cuscino di James… per essere cullata dall’odore della polvere da sparo che mancava nella sua cella asettica al Cremlino. 
Aveva passato diverse ore a contemplare il soffitto del motel, nel buio illuminato dai suoi respiri che animavano il mozzicone di sigaretta che le pendeva tra le labbra. 
Si era addormentata sul letto intatto, svegliandosi poche ore dopo coperta dal lenzuolo e con accanto un bigliettino spiegazzato. 
“Non dovrei essere qui, come te del resto… non ho ucciso l’obbiettivo, aveva i tuoi stessi capelli rossi, ho sbagliato mira. Domani non lo ricorderò.”
Aveva bruciato il biglietto ed era tornata al Cremlino, aveva passato la notte restante a chiedersi se gli avessero cancellato la memoria, fingendo di non sapere il perché si fossero ritrovati entrambi in quella camera.
“Non dovrei essere qui, come te del resto” …parole consumate dentro a un posacenere sul terrazzo di un motel. 
Quella mattina, mentre rigirava il cucchiaio nella ciotola, il Soldato d’Inverno l’aveva guardata negli occhi senza vederla sul serio… si era sentita morire.
Altra bastonata.
-Natalia concentrati.
Con un’enorme sforzo di volontà aveva messo a tacere la sua mente, non doveva fornire il pretesto a Madame B per farle domande, non doveva intuire nulla perché non aveva una scusa plausibile alla sua poca concentrazione. 
Ad allenamento finito aveva ricevuto un fascicolo e l’ordine di raggiungere Ivan.
-Se tutto procede secondo i piani, dovrai fare meglio di così Natalia, dovrai essere perfetta su quel palco. 
Le parole di Madame B erano state lapidarie prima che varcasse la soglia, aveva finto indifferenza nonostante la minaccia velata le avesse fatto tremare le ossa, dirigendosi nell’ufficio di Ivan Petrovich il più in fretta possibile.
Quando aveva raggiunto la porta si era imbattuta nel bel mezzo di un’animata discussione tra il patrigno e Lukin: il generale stava enunciando tutta una serie di motivazioni circa l’insensatezza del piano d’azione, esponendo tutte le problematiche che implicavano la sospensione della stasi criogenica del Soldato d’Inverno per un tempo troppo prolungato. 
Lukin aveva proseguito la sfuriata, ignaro della presenza di Natalia, spiegando che era un rischio troppo grande radunare così tanti capi di stato e obbiettivi scomodi nel mirino del KGB all’interno del Bol’šoj, per poi scatenare una carneficina usando i loro migliori agenti tra il pubblico. 
-Aleksander, ascolta, sarebbe una follia lasciarci scappare un’occasione simile.
Lukin aveva sospirato, il rumore di una sedia che sfrega contro il pavimento.
-Almeno hai un minimo di piano strategico, Petrovich?
-Natalia sarà la prima ballerina, agenti sparsi tra i soppalchi e il pubblico, compreso il Soldato d’Inverno.
-Potremmo riscontrare qualche problema se sospendiamo la stasi così a lungo, nell’ultima missione ha disubbidito agli ordini.
-Non credo sia un problema, quello di ieri notte è stato un caso isolato.
-Lui è la mia arma Petrovich, come lei è la tua. – la voce di Lukin ribolliva di rabbia, mentre Natalia ascoltava la conversazione valutando quanto lei e James si fossero esposti. –Cosa faresti se lei disubbidisse ai tuoi ordini?
-Ci sarebbero conseguenze, ma come potrebbe… è completamente votata alla causa e finora non ha dato problemi. Natalia è solo uno strumento della Madre Russia, come il Soldato è il tuo.
-Prega che il reset cerebrale abbia dato i suoi frutti, approvo la missione ma se qualcosa va storto sarai tu a pagarne le conseguenze Petrovich.
-Cosa potrebbe andare storto?
-Potrebbe ricordare chi è, disubbidire agli ordini è solo il primo passo, augurati che non arrivi mai a quel punto. 
Natalia si era defilata prima che Lukin uscisse dall’ufficio, era tornata sui suoi passi dopo tempi studiati, aveva finto di non sapere nulla della missione mentre Ivan la aggiornava.
Quella sera, quando aveva raggiunto il tetto, il Soldato d’Inverno le aveva puntato il grilletto contro… ma non aveva sparato. 




Commento dalla regia:
Io nutro dell’odio profondo verso il personaggio di Ivan Peteovich, credo che ormai si sia capito. Trovo ripugnante il modo in cui parlano di James e Natalia, come se fossero oggetti privi di sentimenti. La frase di Lukin non è un errore, non sospettano nulla su quanto quei due sono realmente consapevoli di loro stessi, il che la dice lunga su molti altri frangenti.
In ogni caso, la missione al teatro Bol’šoj è un connubio tra “Bastardi senza gloria” e i fumetti di “The Winter Soldier” di Ed Brubaker. 
Ciò non significa che il Bol’šoj verrà dato alle fiamme, è pur sempre una storia che riporta e ricama sopra ai fatti/luoghi/personaggi reali all’interno dell’universo Marvel, quel teatro è ancora in piedi quindi scoprirete più avanti cosa succederà effettivamente su quel palco (secondo la mia versione dei fatti).
Ciò non significa nemmeno che riporterò fedelmente ciò che avviene in quei fumetti, perchè non sono ancora arrivata cronologicamente a quel punto ed amo i parallelismi tra i miei scritti (tanto quanto li ama la Marvel nell'intera filmografia dell'MCU) e la trovate qui.
_T





Edit: 17/09/2019

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Capitolo 20
*** 20 luglio ***


20 luglio
 

-Dove sei? Lontano chilometri da qui.
Ogni tanto capitava che James si perdesse nei suoi pensieri, afferrava un ricordo e lo seguiva nel labirinto della sua mente, lo sguardo vacuo che la oltrepassava.
-Scusami. -sospira allungando la mano sana per scostarle i capelli dal volto.
-Pensavo che il sesso ti mettesse di buon umore. -Natalia scaccia la sua mano, si avvicina appoggiando la testa sulla spalla di James, mentre quest’ultimo percorre con le dita la sua schiena causandole tanti piccoli brividi.
-Non è solo sesso.
-Allora cos’è?
-Non lo so.
Quelle nottate clandestine funzionavano, erano uno svago, ma entrambi non sapevano definirle.
Era qualcosa di più… ma non era amore, solo l’idea era terrificante, implicava verità scomode e sinceramente Natalia non sapeva se fosse effettivamente in grado di provare certi sentimenti.
A volte si ritrovava a pensare di essere troppo rotta, come se qualcosa fosse andato distrutto irreparabilmente dentro di lei… si odiava troppo per meritare un sentimento puro come l’amore.
-Fa paura.
-Solo perché non puoi averne il controllo. -la mano dell’uomo si sofferma sullo sfregio vicino alla scapola, la sfiora come se da quella cicatrice potesse iniziare una diramazione infinita di crepe, l’espressione del volto indecifrabile. -Non puoi sempre avere il controllo delle tue scelte… dovresti, ma sappiamo entrambi che non ne abbiamo la possibilità.
Natalia percepisce il senso di colpa nel suo tono di voce, mentre la consapevolezza di non avere il controllo su tutta quella situazione li porterà al prossimo passo falso che li farà precipitare nel baratro. Sfidavano la sorte ostinandosi a correre sul filo del rasoio, era solo questione di tempo.
-Finirà male… questa storia intendo.
Non le da risposta, il silenzio prende le sembianze di una conferma.
Tutta quella faccenda non sarebbe mai dovuta iniziare, era pericoloso e da completi incoscienti.
Non aveva senso rimuginarci sopra… ormai erano lì, i corpi avvinghiati mentre aspettavano il prossimo passo falso, in quello che diventava giorno dopo giorno un punto debole… non le interessava, per la prima volta nella sua vita si sentiva viva, arrivati a quel punto Natalia poteva permettersi di fantasticare.
-Ci pensi mai a come sarebbe se noi non fossimo… noi?
James aveva smesso di farle le coccole, visibilmente sorpreso di sentirla pronunciarsi contraria al loro futuro già scritto.
-Sai che non è possibile.
-Lo so, ma per un solo momento immaginalo.
Di norma Natalia si rifiutava categoricamente di fantasticare su un futuro ideale, ma in quel momento di debolezza concessa si vedeva in una grande città europea, vedeva i figli che non avrebbe mai potuto avere, vedeva James tornare a casa da lavoro senza avere le mani sporche di sangue… sognava una vita normale, il genere di vita che le era stata preclusa alla nascita.
-È stupido Natalia, significa farsi del male.
-Cosa può succederci di peggio?
-Potrebbero separarci, potrei dimenticarti e avvertire per il resto della mia misera esistenza un vuoto inspiegabile. Potresti morire in missione o essere uccisa per causa mia. Potrebbero ordinarci di ucciderci a vicenda e non potremmo opporci…
Natalia rabbrividì al pensiero, accoccolandosi contro il petto di James, mentre nella sua testa gli scenari idilliaci venivano spazzati via violentemente da visioni nefaste e realistiche del loro probabile futuro.
James doveva aver intuito il motivo dietro al suo silenzio improvviso, le aveva baciato una tempia riprendendo a farle i grattini lungo la schiena, soffermandosi di tanto in tanto sulla cicatrice che lui le aveva procurato.
-Ci immagino in un appartamento a Brooklyn. -la voce spezzò il silenzio per assecondarla in quel momento di debolezza. -Sogno la mia vita di prima, ma tu saresti la prima cosa che vedrei quando apro gli occhi al mattino e l’ultima che vedrei alla sera. Vedo una giornata normale, di quelle che iniziano bene con un piatto di pancake…
-Cosa sono i pancake?
Aveva sorriso basito, colto di sorpresa da una risata strozzata, mentre realizzava che lei non poteva sapere cosa fossero… era il tipo di sorriso che segretamente Natalia adorava, anche se non l’avrebbe mai ammesso, complice il fatto che non si vedeva poi così spesso.
-La mamma di Steve li preparava ogni mattina quando mi fermavo a dormire da loro… mi mancano tanto quanto le crostate della nonna. Anche volendo, qui non troverei gli ingredienti…
-Non importa. -l’aveva interrotto nel suo tentativo di spiegarle cosa fosse un pancake, come se descrivendone il sapore potesse intuirne anche solo il profumo. -In un'altra vita te li preparerei ogni giorno… qualunque cosa siano.
-In un’altra vita… -se voleva aggiungere qualcos’altro non lo seppe mai, James si era perso di nuovo nel labirinto generato dalla sua mente.
Natalia si concesse qualche altro secondo, poi le sue fantasie si frantumarono in mille pezzi, lasciandola interdetta e spaesata… era il tipo di vita che a lei era stata negata dalla nascita, era inutile desiderarla.
-Tra un paio d’ore tornerò ad odiarti. -già si vedeva stesa sul ring, lividi nuovi che si sommavano a quelli vecchi.
-Mi stai detestando anche ora? -James sorrise malizioso mentre la stringeva di più a sé.
-No, ora decisamente no. -sorrise di rimando prima di avventarsi di nuovo sulle sue labbra.






Edit: 17/09/2019

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Capitolo 21
*** 7 agosto ***


7 agosto
 
Le prove a teatro erano massacranti, anche se non si avvicinavano lontanamente al livello di sfinimento di Madame B, ma nonostante tutto il coreografo non si capacitava ancora dei suoi livelli di resistenza.
Gli organizzatori non avevano battuto ciglio sul cambio di programma, Natalia sospettava che dietro al loro silenzio ci fossero parecchie tangenti, ma erano soddisfatti della sua preparazione al punto di accettare di buon grado la presenza inquietante di Madame B sulle poltroncine della platea.
L’insegnante la seguiva con lo sguardo in ogni movimento, era una presenza fissa ignorabile per le altre ballerine, ma lei si sentiva esposta… la stessa sensazione di quando intuiva di essere nel mirino di qualcuno.
Era da un’ora che tentavano inutilmente di perfezionare le prese del secondo atto, Madame B voleva la perfezione, mentre il coreografo andava fiero di ciò che era riuscito ad organizzare in così poco tempo. La fissava meravigliato mentre volteggiava nei panni di Clara, l’agilità mentre spiccava i salti, le prese impeccabili mentre si muoveva senza peso tra le braccia del compagno.
Le note di Čajkovskij scemarono per lasciare spazio alla voce del coreografo che proclamava una pausa, avvisando i sei ballerini impegnati nella danza del tè e nel trepak di farsi trovare sul palco a pausa conclusa1.
Natalia si defilò nelle quinte seguendo le altre ballerine, l’intento di raggiungere il camerino fu reso impossibile dalla mano metallica del Soldato d’Inverno che la trascinò dietro i fondali della scenografia, per poi baciarla senza apparente motivo.
-Cosa ci fai qui? –chiese in un sussurro appena udibile quando si staccò da lui.
-Ho poco tempo, non sanno che sono qui.
-È pericoloso. –Natalia non si capacitava della sua presenza al teatro, tutti i sensi in allerta per captare ogni possibile minaccia.
-Me ne rendo perfettamente conto Natalia, ma ho colto l’occasione al volo.
-Per fare cosa? –le note della danza del tè furono una benedizione, la musica dava loro qualche possibilità in più per non essere sentiti.
-Per dirti che… come te lo dico? –James si scostò da lei imbarazzato, la mano sana che grattava il retro del collo, lo sguardo rivolto al soffitto in cerca delle parole adatte.
-Cosa devi dirmi di così urgente? –Natalia iniziava a spazientirsi, ogni secondo che passava era un rischio, Madame B poteva andare a cercarla da un momento all’altro e così su due piedi non avrebbe saputo spiegare la sua presenza dietro i fondali.
Dopo attimi eterni James sembrò farsi coraggio, o più semplicemente non trovando le parole adatte aveva deciso di dire la verità nuda e cruda, senza tanti preamboli.
-Ti amo… e questo mi spaventa a morte.
-Perché? –il cervello di Natalia si rifiutò di incepparsi su quelle due fatidiche parole, accettando silenziosamente la conferma dei suoi sentimenti spaventosamente ricambiati, per poi passare al lato pratico.
-Perché ti amo o perché mi spaventa a morte?
-Perché ora… perché così.
Era una legge non scritta e mai proferita che tuttavia conoscevano entrambi, parlare di “amore” era pericoloso nella loro situazione, quasi sicuramente era la firma per la loro condanna a morte.
-Meglio dirtelo prima che sia troppo tardi, è scaduto il nostro tempo. Domani…
Il rumore di una porta che si apriva in lontananza li mise in allerta, Natalia puntò lo sguardo alle quinte assicurandosi che non sopraggiungesse qualcuno.
-Domani cosa? –chiese voltandosi nuovamente in direzione di James, ma si era già dissolto tra le ombre come se non fosse mai stato lì.
Quando tornò sul palco il terzetto stava provando il trepak, Madame B non si era minimamente mossa dalla poltroncina continuando a scrutare con sguardo inquisitorio i ballerini, mentre il coreografo contava la musica tra sé e sé.
Nessuno si era accorto della sua assenza, si sedette sul bordo del palco fingendo di seguire il balletto, ma i pensieri nella sua testa si rincorrevano con la stessa cadenza dei balletti russi. Analizzò tutti i possibili futuri nefasti attualizzabili in meno di ventiquattr’ore, indecisa se avere più paura dello scadere del tempo, o del fatto innegabile che James l’amava… e lei amava lui.
Decretò più terrificante la seconda prospettiva, mentre le note di Čajkovskij facevano da accompagnamento musicale alla sua condanna a morte.

 
 
 
Note dalla regia:
1. Il balletto in questione è lo “Schiaccianoci” di Čajkovskij.
Per chi non conosce il balletto o la tecnica della danza, vi basti sapere che la storia è fondamentalmente quella ripresa dalle varie trasposizioni cinematografiche, mentre per quanto riguarda le annotazioni tecniche i passi del secondo atto sono i più complessi da eseguire, in particolar modo per le prese. La “danza del tè” e il “trepak” sono due coreografie eseguite da un gruppo di tre ballerini, il primo è conosciuto anche come “la danza cinese”, il secondo è visivamente e musicalmente il più riconoscibile in quanto è il tipico balletto russo.
Specificazione sule origini:
La favola viene raccontata nel libro scritto da E. T. A. Hoffman (tedesco), A. Dumas padre ha adattato il racconto ad un pubblico di bambini (perché la versione originale è più un horror che una favola), quest’ultima versione viene poi ripresa da Čajkovskij (su ordine dei Teatri Imperiali Russi) per comporre le musiche del balletto che debuttò nel 1892.
Questo per spiegare questa scelta ovvia, oltre all’ebbrezza di improvvisarsi Alberto Angela.
_T





Edit: 24/09/2019

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Capitolo 22
*** 8 agosto ***


8 agosto 

L’aveva aspettato tutta la notte sul tetto, rabbrividendo al vento notturno dell’estate russa, mentre la consapevolezza che non l’avrebbe mai raggiunta si concretizzava ora dopo ora.
Si sentiva una stupida, sapeva che James non si sarebbe presentato, ma quel barlume assopito di speranza era deciso a non voler morire.
In ogni caso non sarebbe riuscita a chiudere occhio, nella sua mente continuavano a rincorrersi visioni nefaste, mentre il suo cervello si stava arrovellando senza sosta creando piani d’azione su misura contro ogni evenienza. 
Precauzione inutile visto che non poteva fare nulla per venire a conoscenza dei fatti.
Quando era tornata dalle prove in teatro, era stata scortata personalmente da Madame B fino alle docce. Si era fiondata sotto il getto d’acqua gelata, insensibile al freddo, mentre si scrostava il trucco scenico dal volto, il gesso dalle punte dei piedi e la lacca dai capelli. 
Si era rivestita in spogliatoio, aveva rimediato una canotta e un paio di pantaloncini infinitamente più comodi del tutù, per poi dirigersi alla mensa.
Aveva ritirato la cena, ingollando quel cibo insapore, unica commensale nella mensa vuota sotto lo sguardo vigile di due guardie armate.
Tali guardie l’avevano scortata alla sua stanza, non c’era nemmeno un’anima in giro per i corridoi… non si stupiva più di tanto, era notte fonda. Aveva aspettato il cambio delle guardie prima di fuggire dalla sua stanza, muovendosi silenziosamente nell’ombra, con l’intenzione di raggiungere il tetto dell’edificio. 
Era stata avvisata del pericolo imminente, sarebbe stato da incoscienti tentare l’evasione dalla sua finestra e sperava di trovarlo lì ad aspettarla… in caso contrario avrebbe avuto una scusa plausibile se qualcuno fosse andato a cercarla, l’accesso al tetto era sempre una delle sue poche libertà concesse.
Dopo ore seduta su quel cornicione, con il principio di un’alba mozzafiato all’orizzonte, stava valutando quante probabilità ci fossero di trovare James o la sua cella di collocamento all’interno del Cremlino… dopo mesi ignorava ancora dove fosse. 
Verso le sei del mattino un gruppo di furgoni varcò il cancello, decise volutamente di ignorare le persone che si riversarono all’interno della base, mise a tacere la sua curiosità, consapevole che quei puntini in movimento sul cortile erano lì per lei. 
Il tempo era scaduto, era arrivata la resa dei conti.
Non aveva dovuto attendere a lungo perché i cardini cigolassero alle sue spalle, la testa di Ivan Petrovich al centro del suo mirino, mentre il patrigno spazientito le chiedeva di abbassare l’arma, maledicendola e ammirandola allo stesso tempo nella sua bravura di non farsi mai cogliere di sorpresa alle spalle.
-Scendi, voglio farti conoscere una persona.
Aveva seguito il patrigno per i corridoi, non era riuscita a scucirgli nemmeno mezza informazione, ormai rassegnata a compiere quel salto nel buio completamente impreparata.
-Lui è Alexei Alanovich Shostakov. –proclamò il patrigno, indicandole un uomo in uniforme… non che servissero presentazioni, il suo volto era stampato sui manifesti di mezza Mosca.
Ivan lo presentò come la carta vincente di Madre Russia nella corsa allo spazio, mentre il suddetto interessato la scannerizzava dalla testa ai piedi. Natalia provò ribrezzo nell’identificare e catalogare quello sguardo, rendendosi conto che lei rappresentava la merce di scambio in quella trattativa.
-Ci aspettiamo grandi cose da voi due Natalia.
Alle sue orecchie risuonò molto come una minaccia.





Edit: 24/09/2019

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Capitolo 23
*** 20 settembre ***


20 settembre
 
Natalia si sentiva un animale braccato.
Si muoveva nell’ombra più paranoica del solito, guardandosi alle spalle ad ogni minimo rumore, trattenendo il respiro ad ogni spostamento d’aria.
Dopo più di un mese, finalmente, aveva avuto la certezza inconfutabile che quella notte non ci sarebbero stati imprevisti. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli: lo spostamento delle guardie, il giro di ronda di Madame B, gli appostamenti di Dmitri.
Era evasa, rincuorata dal fatto che Ivan e Alexei fossero rimasti a San Pietroburgo per affari ritenendo superflua la sua presenza, facendo ritorno a Mosca per una missione sotto copertura lasciandola finalmente libera dopo mesi di controllo asfissiante e morboso.
Era stanca di essere esibita come un trofeo da Alexei, stanca di sorridere per le foto sul giornale, stanca di presenziare a tutti quei galà pieni di persone altolocate che la credevano una semplice oca giuliva. Al KGB servivano finanziamenti per il progetto spaziale, avevano posto Alexei su un piedistallo promuovendolo come un eroe nazionale, mettendo lei al suo fianco perché la sua bellezza generava consensi.
Natalia si sentiva usata, esposta in vetrina ed impacchettata con un bel fiocco, messa a ricambiare i sorrisi falsi di persone che avrebbe voluto uccidere una dopo l’altra.
Le mancava l’omicidio, un movente per dar sfogo alla sua rabbia… principalmente per questo motivo aveva accettato la missione senza batter ciglio, per poi pentireste amaramente quando aveva letto il fascicolo.
Silenzia il suo cervello, concentrandosi unicamente nell’essere invisibile tra i tetti sfruttando al massimo la combinazione perfetta tra la scarsa sorveglianza e l’astinenza, desiderosa di cancellare in una notte tutti i baci falsi che aveva riservato ad Alexei nell’ultimo mese e mezzo.
Quando era atterrata sul terrazzo del motel ed aveva trovato la portafinestra aperta, era stata questione di secondi prima di saltare letteralmente tra le braccia di James, divorandogli le labbra dopo così tanto tempo senza nemmeno sfiorarsi.
-Dove credi di andare? -tende la mano ad occhi chiusi verso James, nel tentativo di fermarlo quando lo sente alzarsi dal materasso e recuperare i pantaloni dal pavimento.
-Mi serve una pausa prima del secondo round.
Natalia lo segue con lo sguardo mentre recupera il pacchetto di sigarette e se ne accende una sul terrazzo. Si distende a braccia aperte tra le lenzuola, beandosi della quiete e dell’odore di tabacco che si amalgamava alla brezza, sentendosi finalmente in pace con sé stessa, registrando solo in un secondo momento il campo di battaglia che la circondava... da dove si trovava aveva una perfetta visuale del pavimento cosparso di indumenti.
-Sentivo la mancanza di una notte come questa. -afferma raggiungendolo nel terrazzo trascinandosi dietro il lenzuolo.
-Non che potessimo fare in altro modo, ci hanno tenuti sotto osservazione nell’ultimo periodo. -replica l’uomo mentre le porge il pacchetto di sigarette e le allunga il fiammifero acceso. -Quando riparti?
-Tra un paio di giorni, missione sotto copertura.
-Niente galà o scemenze simili?
-No, fino a missione conclusa, poi Ivan tornerà a braccarmi.
-Dobbiamo stare attenti, se ci scoprono possiamo finire in Siberia o peggio. -James spense la sigaretta sul posacenere, scuro in volto e la preoccupazione palpabile nel tono della voce.
-Tu cosa ne sai della Siberia?
-Chi credi sia andato a recuperare Vanko e Tania1 dai gulag, mentre Alexei ti trascinava in giro per mezza Russia?
-Geloso? -Natalia spense la sigaretta appena iniziata a sua volta, osservando James che si ostinava a non rivolgerle lo sguardo, mentre lei si alzava con il lenzuolo appresso e ritornava nella camera da letto.
-Va bene, ignorami… lo so che eri terrorizzato all’idea che mi resettassero la memoria, ma non ci hanno mai scoperti.
James fingeva di non ascoltarla, si era pentito di essersi dichiarato, di essersi esposto in prima persona… avevano ottenuto solamente l’ennesima complicazione. Come si può amare qualcuno, essere ricambiati dalla persona amata, ma avere la consapevolezza che l’altra persona non potrà mai essere tua?
-Sei consapevole che sia solo una facciata, vero? -inizia Natalia, irritata dal suo comportamento, come se non fossero entrambi invischiati in quella situazione da incubo, speranzosa di smuoverlo dalla sua testardaggine.
-Non cambia come mi sento all’idea…
-James. -il modo in cui pronuncia il suo nome lo mette sull’attenti, facendolo girare immediatamente nella sua direzione. -Finora Alexei non è riuscito a guadagnarsi niente in più di qualche bacio, unicamente perché se non mi comporto bene mi uccideranno. -James ammutolisce, ben consapevole che lei non stia esagerando -Sono qui, con te, il resto al momento non importa.
-Che piani hai?
-Torna qui e scoprilo. -lo tenta con fare accattivante, mentre si adagia sul materasso lanciandogli una provocazione spudorata- Ora pensi di raggiungermi per il secondo round, oppure la prossima volta devo perdere tempo con Alexei?
L’aveva punto sul vivo, era ritornato dentro con la visibile intenzione di baciarla, per poi ripensarci e bloccarsi lì a fior di labbra.
-Che aspetti?
-Il perdere tempo non era solo una provocazione, cosa hai omesso? Sincera.
Natalia alza gli occhi al cielo, la mano di metallo salda dietro alla sua nuca che non le permetteva di sfuggire dal suo sguardo, consapevole che appena avrebbe aperto bocca si sarebbe tradita.
-Chiunque al di fuori di te è una perdita di tempo.
KO tecnico ancora prima di iniziare il secondo round, tradita da quella frase che suonava come un “ti amo”, i muri di un motel come unici testimoni.

 
 
 
Note dalla regia:
 1. Nei fumetti di “Agent Carter: Operazione S.I.N.” vengono presentati Anton Vanko (c’è seriamente bisogno che spieghi chi sia?) e Tania Belinsky (la terza Guardiano Rosso, risposta russa a Captain America). Volendo spudoratamente ignorare la serie televisiva, che vede Vanko in America negli anni ’50, la sua controparte fumettistica in quegli anni era stata rinchiusa in un gulag dove fa la conoscenza di Howard tramite Tania (quest’ultima aveva guidato nella missione sotto copertura Stark e Peggy, per poi trascinarli nel gulag alla ricerca del padre scomparso), in seguito Vanko raggiunge Stark Senior solo negli anni ’60 per lavorare al Reattore Arc dopo un “piacevole” soggiorno al Cremlino. Ignoro se nei fumetti di Iron Man tale cosa venga smentita, gli sceneggiatori tendono a confondere le cose spesso e volentieri in questi dettagli marginali.
In ogni caso, Peggy e Howard lasciano lì entrambi in Siberia, per deduzione logica qualcuno doveva andare a recuperarli (chi meglio di James?) visto che Vanko è richiesto per la corsa allo spazio, mentre Tania ha un’innata dote ad uccidere quindi può sempre tornare utile (in Operazione S.I.N. non viene mai specificato, ma nei fumetti postumi lasciano intuire che anche lei faceva parte del programma Stanza Rossa prima di diventare Guardiano).
_T





 

Edit: 24/09/2019

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Capitolo 24
*** 28 settembre ***


28 settembre

-Un’altra… per favore.
-L’ultima poi si dorme, va bene piccolina?
-Va bene.
La bambina era mezza addormentata, era ad un passo dal cedere al sonno, ma era caparbia. 
In quella settimana si era inventata che Tania le leggeva due favole della buonanotte, Natalia non aveva avuto altra scelta che adeguarsi.
-Che fiaba vuoi?
-Quella del soldatino. –la bimba sbadigliò a metà dell’ultima parola.
-Sicura? Riesci a restare sveglia fino alla fine?
-Ovvio, non hai mai voluto leggermela, voglio sapere cosa gli succede alla fine.
Natalia sbuffò sonoramente, la bambina ridacchiò facendole posto sul letto in modo da riuscire a scorgere le figure, lo sguardo leggermente più lucido mentre osservava l’illustrazione del soldatino di stagno.
Nel fascicolo che le era stato consegnato c’era scritto ogni minuscolo dettaglio che riguardava il rapporto instaurato tra la figlia di Dreykov1 e l’agente Belinsky, Natalia aveva scoperto che Tania le aveva regalato per il compleanno il libro illustrato di Andersen e quando era rientrata dalla missione, facendo subentrare lei, aveva lasciato la lettura a metà. 
La bambina era intelligente e furba, aveva creduto alla bugia studiata a tavolino che giustificava il cambio di tata, ma non aveva perso tempo nel contrattare con lei l’orario della nanna, il numero di fiabe e gli spuntini di mezzanotte. 
Natalia era stata al gioco, ma quando la figlia di Dreykov le aveva chiesto di leggere la fiaba del soldatino era riuscita ad aggirarla, rifiutandosi fino a quel momento di concederle il finale della storia, in parte perché voleva tenerla sulle spine, in parte perchè Natalia filtrava la lettura… le parole stampate di quella fiaba descrivevano la sua condanna a morte, ma quella era la sua ultima notte in missione e poteva concedersi uno strappo alla regola.
Più proseguiva con la lettura e più modificava la storia in corso d’opera, narrando più di quello che avrebbe dovuto… raccontandole la storia di un’altra ballerina, di un altro soldato e di un pupazzo a molla color rosso sangue. Le spiegava come il pupazzo controllava i giocattoli, di quanto fosse geloso del soldatino, di come tutti i tentativi di separarlo dalla ballerina risultavano vani. Riprendeva la fiaba, integrando con la sua storia, in quell’allegoria raccapricciante che la bimba ascoltava assorta, fino a quando il soldatino si perse nei canali di scolo in mezzo alla pioggia scrosciante.
-E il soldatino? Si salva vero? –la bimba era visibilmente preoccupata per la sorte dei giocattoli, non si era minimamente accorta delle piccole variazioni di trama, ignara di quanto Natalia le stesse rivelando attraverso la fiaba.
-Tranquilla tesoro, si salva. Viene inghiottito da un pesce, ma viene recuperato da un peschereccio. La cuoca dei bambini, pulendo il pesce prima di cucinarlo, ritrovò il soldatino.
-Per fortuna, altrimenti come sarebbe tornato dalla ballerina?
-Credo che la ballerina progettasse di cercarlo, con il tempo l’avrebbe trovato. In ogni caso il pupazzo a molla non era per nulla contento, la notte stessa, quando i bambini si addormentarono nei loro lettini pianificò il modo perfetto per disfarsi del soldatino… lo gettò nel fuoco. 
-E la ballerina?
-Con un colpo di vento si lasciò cadere anche lei nelle fiamme.
-Ma… ma sono morti… -gli occhioni lucidi della bimba esternavano i pensieri che Natalia cercava inutilmente di sopprimere. –Ha un finale molto triste…
-Guarda il lato positivo, alla fine il soldatino di stagno e la ballerina si fondono insieme… nelle braci rimane un cuoricino di stagno fuso con il lustrino della ballerina. 
-Quindi stanno insieme nella morte?
-Si piccolina…
-Non mi piace questa storia.
-Non piace nemmeno a me tesoro… ora dormi.
La figlia di Dreykov si addormentò poco dopo, cullata dalle carezze di Natalia, mentre quest’ultima ripensava a ciò che James le aveva raccontato sul conto dell’agente Belinsky. 
Tania era stata recuperata in Siberia, era un diamante grezzo che andava perfezionato, nell’ultimo mese James aveva lavorato ininterrottamente per allenarla nella Stanza Rossa prima che le affidassero la prima missione sul campo. In quel momento Natalia la stava maledicendo, era una spia così promettente ma non ancora abilitata ad uccidere, i capi avevano lasciato a lei l’ingrato compito di mettere fine a quella vita innocente. 
Il KGB puntava al padre, si era inutilmente rifugiato a Berlino nella speranza di scappare dall’ombra del Cremlino, la figlia era solo un mezzo per raggiungere Dreykov. Ivan non aveva specificato sul come dovesse sbarazzarsi della bimba, Natalia aveva deciso deliberatamente di graziare nella morte quella vittima innocente, le aveva fatto ingerire il veleno con il latte caldo in uno dei tanti spuntini che avevano contrattato.
Vegliò tutta la notte sulla bimba, aspettando che il suo cuoricino smettesse di battere, il viso sereno mentre la vita l’abbandonava nel sonno… completamente indolore, nulla a che vedere con il suo cuore lacerato in mille pezzi.
Quando scoprì che Dreykov era stato prelevato dal KGB mentre piangeva al capezzale della figlia lei era già lontana, la morte negli occhi mentre sorrideva ad Alexei, il cuore sanguinante quando baciava il suo soldato, mentre pensava agli orrori della Stanza Rossa… morire arsa dalle fiamme sarebbe stata una benedizione in confronto.




Note dalla regia:
1. la figlia di Dreykov è segnalata nella lista che costituisce la famosa “nota rossa” di cui parla Loki in “Avengers”. In realtà questa fantomatica bambina non esiste da nessuna parte, Dreykov non è nemmeno un nome che figura nell’enciclopedia Marvaliana, quindi l’intera vicenda è frutto della mia mente sadica. 
_T




 

Edit: 24/09/2019

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Capitolo 25
*** 7 ottobre ***


7 ottobre

Natalia si aggirava per la camera del motel, il corpo avvolto in un morbido asciugamano, i capelli rosso fuoco indomabili... apatica. Erano cinque minuti buoni che cercava inutilmente di districare quel groviglio, la spazzola era inutile contro i nodi nonostante ci mettesse tutto il suo impegno.
Si arrese all’idea di lasciare i capelli abbandonati a sé stessi, mentre raccattava i vestiti sparsi sul pavimento, riordinando un po’ il campo da guerra ricreato in quella stanza.
Si infilò nuovamente la tenuta, raggruppò i vestiti di James su un angolo del materasso, mentre quest’ultimo canticchiava incurante sotto la doccia nella stanza accanto.
Natalia raccolse le armi, ripose le pistole nelle fondine, inquieta nel scoprirsi prossima al momento di ritornare ai suoi doveri di agente operativo. 
Era tornata a Mosca due giorni fa, sola, nascondendosi dai radar all’insaputa di Ivan, rintanata al motel con James fingendo che il resto del mondo non esistesse… con anche il fantasma della figlia di Dreykov a tormentarla nei suoi incubi più recenti, sopprimendo il bisogno di parlarne con James perché tanto non sarebbe cambiato nulla. 
Dopo l’omicidio era scomparsa da Berlino lasciandosi tutti gli scempi alle spalle, era ritornata da Ivan per fare rapporto ed aveva avanzato richiesta per addestrare personalmente Tania... distraendosi, mascherando l’apatia. 
La proposta era stata accolta con entusiasmo da Karpov mettendo a tacere il volere del patrigno, così si era ritrovata a trascinare Tania in missioni sul campo, scoprendo quanto quella ragazza era simile a lei. Era stato semplice, dopo l’ennesima missione a buon fine, decidere di comune accordo di visitare la tomba della figlia di Dreykov.
Natalia si era concessa di versare qualche lacrima davanti alla lapide della bimba, poi Tania le aveva proposto di approfittare della noncuranza dei capi, troppo presi da Alexei, Vanko e il progetto spaziale per badare a loro, e sparire dai radar per quarantotto ore... sapeva che lei ne aveva bisogno, scoccandole uno sguardo che forse comprendeva fin troppo. Era uno dei tanti piccoli segreti che condividevano, dopo tutto ciò che era successo si fidava ciecamente dell’intelligenza dell’agente Belinsky, così si era rinchiusa nel motel nella speranza di una distrazione.
Cerca di non riportare alla mente tutti gli scempi di Berlino, ripetendosi che il passato è passato, ignorando la piccola parte di sé che obbiettava ricordandole che il “passato” che cercava di eliminare aveva avuto luogo circa una settimana prima. Tentava di sopprimere gli incubi e i ricordi spiacevoli, sforzandosi tuttavia di conservare cocciutamente quel barlume di umanità che rendeva l’intera situazione raccapricciante, ignorando volutamente che nel giro di ventiquattro ore si sarebbe ritrovata sotto i flash dei fotografi al fianco di Alexei, il sorriso falso stampato in faccia mentre avrebbe trascorso tutta la serata a rivivere mentalmente gli ultimi due giorni con James.
L’uomo uscì dalla doccia, asciugamano alla vita, mentre frizionava i capelli nel tentativo di asciugarli più velocemente.
-Cosa c’è Natalia?
-Niente. -gli diede le spalle velocemente mordendosi la lingua, l’angolo del tappeto improvvisamente interessante.
-Lo so che domani Alexei ti trascina ad un’altra commemorazione, galà… qualunque cosa sia.
Natalia notò con disappunto che l’uomo ne parlava come se nulla fosse.
-Accetti la cosa così? Niente scenata di gelosia? Nessun comportamento lunatico?
-Mi consolo che una notte del genere… -si fermò mentre si stava abbottonando i pantaloni per indicare loro due, la stanza e di nuovo lei in un unico gesto volto ad avvalorare la sua tesi. -… Alexei non l’avrà mai. La fuga non è un’opzione, quindi mi accontento di questo.
-E se scappassimo? -Natalia pose la domanda elettrizzata, con forse troppa irruenza ed apprensione a colorarle la voce.
-Non possiamo. -il tono di chi esponeva l’ovvio.
-Perché no? Lasciamo un biglietto e un mazzo di rose come ringraziamento. Vorrei questo… - lo imitò nei gesti, indicando loro due e la stanza in quel concetto non esprimibile a parole. -… ma lontano da qui.
-Vuoi scappare da Ivan?
-Si. Da lui, Lukin, Karpov, Dimitri, Madame B … e Alexei.
-Sai come andrà a finire vero? -il tono rassegnato di chi stava considerando quell’idea folle, ma allo stesso tempo stava valutando il modo per attuarla.
-Preferisco la Siberia ad Alexei… passerei solo da una forma di prigionia ad un’altra. 
Lo vede annuire gravemente, l’ennesima verità scomoda che aleggia fra loro.
-Lui non è te, non abbiamo più nulla da perdere James… tanto vale tentare.
La afferra per la vita avvicinandosi, fronte contro fronte ad occhi chiusi, mentre vaglia mentalmente tutti i piani d’azione.
-È un’impresa suicida Natalia… è folle, spaventosa…
-Ti spaventa più dell’essere innamorato di me?
-Dal mio punto di vista, la tua morte è una prospettiva decisamente più terrificante, ne avevamo già discusso. –si interrompe, un respiro profondo perso nei suoi ragionamenti mentali prima guardarla negli occhi. –Vada per la Siberia, se devo morire voglio farlo da uomo libero. 





Edit: 24/09/2019

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Capitolo 26
*** 21 ottobre ***


21 ottobre

Le lacrime le si erano congelate agli angoli degli occhi, le mani fredde cercavano di cancellare i segni del pianto dal suo volto inutilmente, mentre riduceva i singhiozzi a sporadici sussulti.
Natalia aveva perso il conto di quanti minuti erano passati da quando si era rifugiata nel tetto, si era chiusa la porta alle spalle una volta che era scappata da Ivan, aveva relegato dietro la porta le urla del patrigno che le intimavano di tornare indietro, rifugiandosi sul tetto imbiancato dalla prima neve.
Doveva capirlo prima… doveva intuire che c’era qualcosa di strano già da quella mattina, doveva dedurlo dai comportamenti dei capi, doveva sospettarlo dalle ultime conversazioni con James.
Era stata una sciocca ad illudersi che tutta quella farsa non avrebbe portato a nulla di buono, era palese che Ivan Petrovich avesse dei piani per lei, era questione di tempo prima che la mettesse al corrente dei fatti. 
Lo sapeva, lo sospettava, James l’aveva avvisata ormai da mesi… non si capacitava che la notizia l’avesse sconvolta a tal punto da inscenare una crisi isterica e rinchiudersi in lacrime sul tetto pur di scappare dalle urla del patrigno. 
Aveva provato a rincorrerla per un paio di rampe di scale, urlandole contro che lei era un agente, che Madre Russia si aspettava grandi cose da lei, che non doveva comportarsi come una bambina, che lei gli doveva la vita e non poteva rifiutarsi di fronte ai suoi doveri… Natalia aveva sbattuto con forza la porta, una risposta inequivocabile che esternava tutta la sua rabbia, Ivan doveva aver rinunciato alla strigliata visto che non l’aveva più raggiunta. Doveva aver pensato che le servivano semplicemente un paio d’ore per sfogarsi e poi sarebbe rientrata, sarebbe ritornata da lui e gli avrebbe detto che accettava l’accordo… perché era quello che tutti all’interno del Cremlino si aspettavano da lei. 
-Bang. –la canna della pistola che preme contro la sua nuca fa da accompagnamento alla voce atona di James.
-Sapevo che eri tu. –si passa nuovamente una mano sul volto eliminando ogni traccia del pianto, incrocia le braccia ed evita di rivolgergli lo sguardo.
-Non importa, deve essere la prima e l’ultima volta che ti fai sorprendere alle spalle, non devi mai abbassare la guardia…
-Se sei qui per impartirmi qualche lezione vattene.
Rinfodera l’arma, ma non si schioda da lì. Aspetta in silenzio che lei reagisca, dica o faccia qualcosa, ma dopo diversi minuti che lo ignora si arrischia a sfiorarle una spalla… un gesto che innesca la bomba facendola esplodere.
-Pensavo avessimo un piano, pensavo che fossimo già lontani da qui prima… prima che me lo chiedessero! Non voglio… dovrebbe essere una mia scelta, non un ordine.
-Natalia… -cerca di nuovo il contatto, cerca di afferrarla per le spalle e stringerla, cerca di placarla inutilmente.
-No James. –cerca di scostarsi, si alza dal cornicione nel tentativo di prendere le distanze.
-Natalia ascoltami… -riesce ad afferrarla in un abbraccio, la stringe a sé cercando di trasmetterle un po’ di calore. -… ora tu torni di sotto, cerchi Ivan e gli dici che accetti l’accordo.
-No… scappiamo, ce ne andiamo stanotte.
-Ascoltami, maledizione! –la ragazza ammutolisce, lo fissa mentre inizia a tremare come una foglia, preferisce non indagare se sia a causa del freddo, della rabbia o dell’imminente crisi psicotica. –Se ce ne andiamo stanotte lo sapranno subito, soprattutto se non accetti l’accordo, perché in quel caso sarai sotto stretta sorveglianza… non guardarmi così. 
-Come dovrei guardarti, sentiamo… 
-Natalia se scappiamo stanotte ci sguinzaglieranno dietro i cani e l’intera Stanza Rossa, nel giro di due giorni saremo morti entrambi. 
-Come fai… come fai ad accettarlo? Sai cosa mi hanno chiesto, vero?
-Si lo so… ho sentito Dimitri discuterne con Karpov. –abbassa lo sguardo colpevole, non la biasima se lo sta odiando.
-Allora come puoi chiedermi di accettare l’accordo…
-Perché non voglio ucciderti Natalia! Sai che non si sporcheranno le mani per eliminarti, lo faranno fare a me… se vogliamo scappare devi accettare l’accordo, almeno fino alla sera della prima… serve qualcosa di impegnativo che li distragga tutti, Vanko e i suoi progetti li tengono impegnati ma non assorbono la loro completa attenzione, lo sai. –le afferra il volto tra le mani, la inchioda con lo sguardo tentando di farle capire che non approva nemmeno una virgola dell’accordo presentatole da Ivan… cerca di farle capire che scapperebbe dal Cremlino seduta stante se solo avesse la certezza inconfutabile di non morire nel giro di due giorni.
-E se anticipano? –gli afferra i polsi ricambiando lo sguardo spaventato.
-Karpov vuole aspettare la sera della prima al Bol’šoj, vuole dare tempo a Petrovich di organizzare tutto nei minimi dettagli… se tu risultassi un problema…
-Reset cerebrale, lo so… pensavo di avere libertà di scelta almeno in questo. 
-Non l’abbiamo mai avuta, siamo cavie, la nostra vita ha somma zero.
-Se potessi scegliere…
-Non puoi…
-Zitto. –gli tappa la bocca con la mano. -Se potessi scegliere sposerei te, non Alexei.
Le morde l’interno del palmo in risposta.
-Non zittirmi. -le mostra un sorriso tirato alla sua espressione scontrosa. -Lo so, ma non è quello che i capi hanno programmato per noi, l’accordo riguarda te e il tuo matrimonio con Alexei… io non sono compreso nel pacchetto. 
Natalia chiude gli occhi e respira profondamente, sente le labbra di James posarsi sulle sue, ma una volta che riapre gli occhi lui è scomparso. 
Per tutto il tragitto, dalle scale all’ufficio di Ivan, si ripete come un mantra che lo sta facendo per salvarsi la vita, che quella è l’ennesima bugia che le permetterà di essere finalmente libera, che non raggiungerà mai l’altare… riesce a suonare convincente alle sue stesse orecchie quando comunica ai capi di accettare l’accordo.




 

Edit: 24/09/2019

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Capitolo 27
*** 27 ottobre ***


27 ottobre

Natalia si sentiva sotto giudizio.
Negli ultimi giorni aveva ripreso gli allenamenti all’interno della Stanza Rossa insieme a Tania, il suo addestramento era passato completamente sotto il suo comando all’approssimarsi della prima.
Karpov aveva liquidato l’intera faccenda spiegando che servivano uomini altamente qualificati per la missione al Bol’šoj, ciò implicava che il Soldato d’Inverno dovesse lavorare giorno e notte per mettere in piedi dal nulla un intero squadrone della morte in tempi brevissimi. Le occasioni per vedersi dopo la loro ultima discussione sul tetto si erano ridotte drasticamente a zero, mentre Natalia intuiva il perché James si fosse impuntato così tanto nel posticipare la fuga… tutti i capi erano più tesi di una corda di violino, ogni incrinatura al sistema veniva vista come una catastrofe, rendendo l’intero Cremlino più maniacale ed ossessivo nei controlli. 
Natalia doveva muoversi con i piedi di piombo, doveva stare attenta a come parlava, alle sue espressioni facciali, ai suoi sospiri trattenuti… ogni discrepanza della sua maschera perfetta dava il permesso di aizzarle le guardie contro.
Anche in quel momento stava impiegando quasi tutte le sue energie, non nel combattimento corpo a corpo con Tania, ma nel non far trasparire nessuna emozione dal suo volto mentre ogni suo movimento veniva registrato dallo sguardo indagatore dei capi. Erano disposti in fila in fondo alla palestra, i medici e gli psichiatri appuntavano tutti i progressi, era relativamente indifferente capire se stavano annotando informazioni sul suo conto o sulla nuova cadetta. Karpov si stagliava con cipiglio severo in mezzo a Lukin e Petrovich, osservava vigile anche quante mosche volavano nella stanza, i nervi a fior di pelle esposti ad ogni minima provocazione. 
La missione al Bol’šoj doveva proseguire secondo i piani prestabiliti, era un progetto ambizioso, un azzardo… non potevano permettersi errori. 
Natalia ignorò la schiera di persone in fondo alla stanza, rendendosi conto solo a fine allenamento che si erano aggiunti al gruppo Alexei, James e Dmitri. 
Il primo doveva essere stato convocato a farle visita, era raccapricciante inscenare quei siparietti romantici solo per dar prova della sua fedeltà alla copertura, Alexei sembrava seriamente preso da lei... o provava seriamente un qualche sentimento nei suoi confronti, oppure era un attore bravo quanto lei. 
James e Dimitri dovevano essere stati convocati per controllare il progresso degli allenamenti, il primo per assicurarsi di persona che non mandasse tutto all’aria usando come scusa quella di dover fare rapporto ai superiori, il secondo per valutare di persona che stesse adempiendo correttamente ai suoi doveri di allenatrice.
Quando le avevano ordinato di fermarsi, di riporre le armi e raggiungerli, Natalia si era ritrovata costretta a dipingersi un’espressione di genuina felicità mentre correva incontro ad Alexei, a baciarlo mentre con la coda dell’occhio vedeva James fissarsi le punte degli scarponi. 
Il colpo di tosse da parte del patrigno le diede il segnale di essere riuscita a dare spettacolo.
Ivan si trascinò dietro Alexei per discutere di affari, Natalia sospettava che lei fosse il tema della discussione... dall’occhiata preoccupata di James si rese conto di non essere l’unica ad avere certi pensieri per la testa. 
-Soldato, nel mio ufficio. -Karpov parlava dando loro le spalle, Dmitri già al seguito dando per scontato che James lo stesse già tallonando... sapeva che non avrebbe dovuto, ma stava già origliando dalla porta una volta formulato il pensiero. 
Ascoltava attentamente trattenendo il respiro, sentiva James esporre i progressi con l’allenamento dei nuovi soldati, mentre avvertiva il rumore di una penna che annotava ogni sviluppo significativo. 
-La missione al Bol’šoj è un’impresa temeraria, concorda? -prorompe la voce di Dmitri. -Spero che tutti gli agenti ne siano consapevoli. 
-Cosa sta insinuando? -Natalia riusciva a figurarsi l’espressione di sospetto sul volto del Generale. -Che l’accordo preso con la signorina Romanova non venga rispettato? 
-Esattamente. -la risposta di Dmitri arrivò così immediata da gelarle il sangue nelle vene. -Quella donna non fa nulla per niente, è un pericolo, ci serve che sia completamente sotto il controllo dell’agente Shostakov. 
-Alexei? Davvero siete così stupidi da pensare che lei appartenga a qualcuno? -si costringe a ricordare a sé stessa che James è un attore infinitamente migliore di lei, ma ciò non le impedisce di rabbrividire a quel tono distaccato. -La signorina Romanova appartiene a Madre Russia, sa quali sono i suoi doveri da agente, l’ho allenata personalmente e so per certo che non sarà un problema. 
-Me lo auguro, Petrovich al momento sta organizzando le nozze, dopo la missione avremo tutto il tempo che ci serve. -Natalia avvertí il rumore di fogli che venivano spostati, documenti visionati e firmati. -Questa è la lista di agenti predisposta Generale.
-Perfetto, tutto procede secondo i piani. Sei congedato Soldato. 
Quando James apre la porta, di Natalia non c'è nemmeno l’ombra.





 

Edit: 24/09/2019

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Capitolo 28
*** 3 novembre ***


Note d'autore:
Fatalità pubblico il capitolo proprio oggi:
A Stan Lee (12.11.2018)


3 novembre
 
-Stop!
Natalia sbatte gli occhi riadattando la vista, contempla la platea dal pavimento, le poltroncine rosse sono puntinate d’azzurro a causa della luce improvvisa.
-Non potete fare le prove tecniche delle luci in un secondo momento? –sbraita Madame B, lo sguardo adirato puntato contro i macchinisti.
Il suo partner l’aiuta a rialzarsi, si scusa per aver sbagliato la presa, mentre Natalia alza lo sguardo verso i faretti che rischiarano il palcoscenico a giorno.
-Spegnete i faretti, lasciate accese le luci della platea! –Madame B continua ad impartire ordini, usa il libretto dello spettacolo come ventaglio, cercando inutilmente di placare la crisi di nervi.
Natalia sospira tendendo i muscoli, gli occhi chiusi mentre impreca internamente contro l’ansia ingiustificata dei capi… il comportamento dei suoi superiori era ridicolo, si sentivano in dovere di inscenare crisi nervi plateali per organizzare lo spettacolo, pretendendo allo stesso tempo un lavoro impeccabile da tutti i partecipanti a quell’abominio.
La ragazza tese le braccia, stiracchiò la schiena massaggiandosi il collo, lo sguardo puntato verso i faretti… la luce accecante ricacciò indietro le lacrime, non poteva permettersi un’altra scenata, doveva mostrarsi impassibile all’idea di uccidere a sangue freddo decine di persone.
I macchinisti eseguirono gli ordini, spensero i faretti sopra la sua testa, mentre Natalia si concentrava nel riadattare nuovamente la vista continuando a puntare lo sguardo verso l’alto. Quando le macchioline azzurrognole sparirono, permettendole di distinguere i contorni dei faretti spenti, notò un luccichio metallico sopra la graticcia facendola sorridere impercettibilmente.
-Natalia riprendiamo!
Le note di Čajkovskij invasero nuovamente il teatro, esegue i passi sotto lo sguardo impassibile di Madame B, il lieve rumore delle punte in gesso sul parquet che la accompagnano ad ogni passo.
Le prove generali proseguono senza intoppi, esegue la coreografia con cadenza perfetta, cerca di ignorare i macchinisti in platea e il via vai di soldati che posizionano le armi... si sforza di non ricambiare lo sguardo di James che la osserva dalla graticcia.
Le note scemano e il teatro viene avvolto dal silenzio, l’applauso del coreografo riempie il palco congratulandosi con l’intero corpo di ballo, mentre Madame B accenna un sorriso forzato e palesemente falso, dichiarando che il risultato era accettabile.
-Ora potete riaccendere le luci del palco!
La figura di James scompare, avvolta dalle ombre del soppalco, i faretti posizionati sulla graticcia che coprono la sua presenza con la luce accecante.
-Madame, se vuole seguirmi... -una cadetta raggiunge la sua insegnante dal corridoio esterno, porta con sé una cartellina con documenti e planimetrie del teatro. - ...il generale Lukin l’aspetta all’entrata per stabilire la collocazione delle guardie.
Natalia aspetta il gesto secco di Madame B, la liquida su due piedi annunciando il suo ritorno in una ventina di minuti, intimandole di farsi ritrovare in camerino.
Natalia si accoda al gruppo di ballo in direzione dei camerini, per poi cambiare direzione all’ultimo secondo, trovando e salendo le scale per la graticcia.
-Danzi nello stesso modo in cui combatti. -non la guarda nemmeno, tiene lo sguardo fisso sull’ombra proiettata di Madame B contro le tende d’entrata.
-No, combatto allo stesso modo in cui danzo. -si siede al suo fianco prestando attenzione a non sporcare il tutù.
-Non dovresti essere qui, se i faretti si spengono e ti vedono...
-Qui sotto ci sono solo macchinisti, nessuno di loro alza lo sguardo, dovremmo preoccuparci di loro... –commenta indicando le tende rosse in fondo alla platea. -...hai un’ottima visuale da qui.
Lascia vagare lo sguardo ammirando la magnificenza del teatro, ignorando volutamente il sospiro sommesso di James.
-Devo. -risponde spostandosi, permettendole di vedere la postazione da cecchino improvvisata. -Tu e Tania sarete sul palco, io qui sopra, tre sicari sui balconcini e dieci agenti in platea… Sarà un massacro.
-Immagino che loro si posizioneranno sulla tribuna d’onore...
Non c’era bisogno che specificasse a chi si stesse riferendo, con lo sguardo sembrava volesse incendiare le tende in fondo alla platea.
-Natalia.
-Non ho detto nulla. -Lo sfida con lo sguardo celando a fatica un mezzo sorriso.
-Domani sera non ucciderai nessuno dei capi, siamo intesi?
-Così togli tutta la parte divertente.
-Se torci loro un capello ti trascineranno nella tomba.
Natalia smorza il sorriso udendo la sentenza, la preoccupazione che riaffiora, l’ipotesi di una fuga eclissata dall’immagine del suo abito da sposa provato prima delle prove generali.
-Stanno anticipando. -sente l’impellente bisogno di fargli capire l’urgenza di avere un piano di fuga.
-Dopo domani sera si rilasseranno, finito lo spettacolo invieranno spie ovunque per insabbiare il massacro... ho visto la lista degli agenti nell’ufficio di Dmitri, non rimane quasi nessuno al Cremlino… - si volta nella sua direzione per la prima volta da quando l’ha raggiunto, la venera con lo sguardo mentre stringe con forza la sbarra di ferro che sostiene i fari, per poi tornare a fissare le ombre proiettate sulle tende cercando di concentrarsi sul piano d’azione. - …È un’occasione d’oro e non possiamo permetterci omicidi collaterali, devono mantenere la loro falsa sicurezza.
-Lo so, ho origliato la conversazione. -Ignora volutamente lo sguardo che James torna a rivolgerle, sa già di suo che farsi scoprire ad ascoltare conversazioni contro le porte dei capi equivale alla morte. - Sei stato chiaro. Niente uccisioni.
-Ho bisogno che tu me lo prometta, Natalia.
-Stai seriamente implorando? -il tono di supplica la sconvolge, la gola improvvisamente secca quando capisce ciò che sta tentando di dirle con quella richiesta.
-Te lo prometto.
Le sfiora lo zigomo con la mano sana, non può permettersi di baciala, c’è il rischio che sbavi il rossetto o si rovini il trucco scenico.
-Dio, quanto sei bella…
-Madame abbiamo finito! -la voce di uno dei macchinisti interrompe la frase di James, restano entrambi immobili trattenendo il fiato. -Potete spegnere i faretti!
-Corri.
Quando Madame B la raggiunge in camerino Natalia indossa già la tenuta, l’espressione impassibile mentre finisce di acconciarsi i capelli come se fosse sempre stata lì.





Edit: 24/09/2019

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Capitolo 29
*** 4 novembre ***


4 novembre

Silenzio. 
L’unico elemento che il suo cervello riesce ad elaborare era il silenzio irreale che si propagava nel teatro, la sensazione oppressiva di quel mutismo forzato, sorda ai richiami dei superiori… non riusciva a distogliere lo sguardo dalle sue mani.
Inginocchiata a terra, le canne delle pistole fumanti, l’odore della polvere da sparo che impernia l’aria, il tutù macchiato di sangue… le sue mani macchiate di sangue.
Non osava alzare lo sguardo sulla platea, non vuole vedere le poltroncine cosparse di cadaveri freddati… fino a quando non vede i cadaveri può illudersi che non sia successo niente, rinchiusa nella sua bolla di falsa indifferenza, ancorata alle assi del pavimento e bloccata sul posto.
A metà del secondo atto aveva sentito le porte chiudersi ed i chiavistelli girare, aveva visto con sguardo sfuggevole gli spettatori che ignari di tutto continuavano a seguire lo spettacolo, per poi notare, tra una piroetta e l’altra, i capi che prendevano posto nella tribuna d’onore per godersi il vero spettacolo. Non sapeva da che parte fosse partito il primo proiettile, sapeva solo che a un certo punto Tania era sbucata dalle quinte porgendole un paio di pistole, che James aveva iniziato a far piovere proiettili dall’alto… i cadaveri che di accumulavano minuto dopo minuto, gli spettatori che avevano tentato di raggiungere le uscite ora erano corpi scomposti sparsi nei corridoi.
Un massacro… così definito da James nemmeno ventiquattro ore prima, non osava alzare lo sguardo verso la graticcia per ricambiare l’espressione sconvolta, anche se avvertiva il suo sguardo perforarle la nuca cercando di farla reagire… non poteva continuare a restare in balia dello stato di choc, non poteva rappresentare un problema facendo insospettire i suoi superiori così in prossimità della fuga, ma in quel momento non riusciva a restare indifferente davanti a quell’abominio… era troppo anche per lei, semplicemente troppo.
-Natalia. 
Ivan la scuote con forza, l’istinto di attaccarlo viene assopito, limitandosi ad alzare lo sguardo nella sua direzione… l’ha promesso, niente morti collaterali. 
-Ottimo lavoro Natalia, hai finito, qui puliscono gli altri.
Si alza dirigendosi in camerino senza chiedere il permesso, senza aspettare il consenso, togliendosi il tutù macchiato di sangue appena si chiude la porta alle spalle. Corre ad aprire il lavandino nel bagno privato, scrostando il sangue da sotto le unghie, risciacquandosi il volto come per svegliarsi da un brutto sogno… si abbandona sulla sedia davanti allo specchio, osservando la sua espressione sconvolta con il trucco colato. 
Il bussare lieve alla porta la riporta indietro dallo stato di trance in cui era precipitata, osserva il riflesso allo specchio evitando di girarsi verso la porta alle sue spalle, emotivamente troppo sconvolta per preoccuparsi dell’opinione che i capi possono avere di lei… li vorrebbe morti, tutti, ma l’ha promesso, per quella sera di vittime innocenti ce ne sono state abbastanza. 
-Cosa diavolo ci fai qui? Se ti scoprono ti ammazzano. -la voce ridotta a un sussurro preoccupato mentre punta lo sguardo verso James… James che le porge un mazzo di rose rosse.
-Sono da parte dei capi, un omaggio per lo stupefacente spettacolo… mi hanno mandato loro. -si giustifica chiudendosi la porta alle spalle, posando il mazzo di fiori sul tavolo. -Sei stata meravigliosa… prima della carneficina intendo, per quello che vale. 
-James…
-Si lo so, sei promessa a quell’idiota di Alexei e che è rischioso che io sia qui, lo so.
-Allora se lo sai perché sei qui? Servizio da fattorino a parte.
-Volevo sapere come stavi… ti eri bloccata… - le afferra le spalle risalendo alla nuca, l’intenzione di baciarla ben visibile dallo sguardo. -… e poi ti ho portato le rose, il ringraziamento che volevi per Ivan prima di scappare.
Chiude gli occhi afferrandogli i polsi, vorrebbe piangere abbandonandosi al crollo nervoso, ma mancano ventiquattro ore alla fuga… le ha portato un mazzo di rose rosse come gli aveva chiesto, può e deve tenere duro.
-Promettimi che riusciremo a scappare, che questa è l’ultima volta che mi viene ordinato di uccidere. 
-Se tutto va secondo i piani… si, te lo prometto. – le cattura con il pollice di metallo l’unica lacrima che sfugge al suo controllo… la speranza è un’arma a doppio taglio, deve ricordarselo. –Natalia è tutto okay?
Il tono di voce sfuma dal speranzoso al preoccupato, il russo che si mescola con l’inglese… Natalia dubita che James si sia reso conto di essere scivolato nella lingua madre nell’ultima frase. 
-Ora è tutto okay… -risponde in lingua e ricambia il bacio fregandosene dei minuti che scorrono veloci, cancellando definitivamente l’immagine della platea cosparsa di cadaveri.
-Devo andare Natalia, teoricamente ti ho portato solo dei fiori…
Si allontana, la frase proferita in russo nel tentativo di creare un distacco… lo lascia andare, continua a ripetersi che nel giro di ventiquattro ore la Stanza Rossa sarà solo un ricordo spiacevole, continua a ripeterselo perché ci vuole credere. 




Commento dalla regia:
Ho messo tutto il mio impegno nel rendere “soft” una carneficina, alla fine non me la sono sentita di descrivere una scena spudoratamente “alla Tarantino”… un po’ di misericordia per quelle due povere anime che non sanno ancora cosa le aspetta. 
Spero di non aver deluso le aspettative, qualsiasi commento/opinione/etc è il benvenuto ;)
_T




Edit: 24/09/2019

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Capitolo 30
*** 5 novembre ***


5 novembre

Tutto sembrava essere tornato alla normalità, i capi avevano ripreso il loro comportamento tipicamente cinico ed inquisitorio, di conseguenza Natalia aveva ripreso a sputare sangue sul pavimento della palestra. Quella routine sadica la rassicurava in modo perverso, preferiva sporcarsi le mani piuttosto di sottostare a circostanze e sentimenti che non provava, costellando la sua vita di situazioni raccapriccianti… come quella avvenuta la sera prima.
Dopo che James se ne era andato dal suo camerino era stata raggiunta da Alexei, non si era congratulato per la sua bravura come ballerina, ma per il suo servizio impeccabile reso a Madre Russia… l’aveva bloccato quando aveva tentato di baciarla, la inquietava che Alexei non provasse nessun sentimento di repulsione nei confronti del massacro appena compiuto.
L’aveva scrutata con sguardo perplesso, non si aspettava una reazione così fredda da parte sua, fino a quel momento non si era mai rifiutata nell’esternare dimostrazioni d’affetto.
-Tu mi ami? -non aveva senso chiederglielo, era un rischio porre quella domanda, ma voleva capire se c’era qualcosa di vero in tutti quei siparietti romantici… aveva bisogno di sapere se Alexei possedeva un cuore da spezzare.
Ivan l’aveva cresciuta insegnandole a privarsi dell’amore, un tentativo di renderla incapace d’amare qualcuno all’infuori della Madre Russia, liquidando certi sentimenti mascherandoli da senso del dovere, rispetto o scaramucce per bambini. 
-Non pensarci e baciami. -l’aveva afferrato alla base del collo spingendolo lontano da lei… senza stringere le dita, aveva promesso a James che non ci sarebbero state morti collaterali. 
-Perché mi ami Alexei? –in vista della fuga non aveva senso porsi certe domande, ma lo sguardo di Alexei le dava il voltastomaco, trovava difficile fingere indifferenza ormai.
-Sei bellissima e pericolosa, hai sposato la mia stessa causa, sei fedele a Madre Russia, sei fedele a me. Ti basta come risposta?
Si era convinta a baciarlo, cercando di mantenere la sua copertura impeccabile fino all’ultimo istante. -Sono stanca Alexei, ci vediamo domani.
Aveva cercato di liquidarlo in fretta, non poteva garantire per la sua incolumità se si fosse trattenuto qualche minuto di più… le aveva afferrato il mento osservandola da vicino alla ricerca di qualcosa, aveva mascherato la scansione passandola per uno sguardo molto intenso, per poi salutarla con un freddo bacio a stampo.
Alexei era solo un burattino, era stato educato con gli ideali di Madre Russia, ciò che le piaceva di lei era ciò per cui Ivan l’aveva venduta… era stata messa in vetrina per il miglior offerente.
Alexei era semplicemente l’ennesima pedina nella scacchiera del KGB, era ignaro che qualcuno prima o poi l’avrebbe trascinato fuori dai giochi… probabilmente quell’onore sarebbe stato riservato a lei, quando ai capi non gli sarebbe più servito. I suoi superiori erano dei veri idioti se pensavano che lei appartenesse a qualcuno, che potessero controllarla, tenerla a bada. 
Evidentemente quello che lei aveva sottovalutato era che i capi non erano poi così stupidi e ciechi, avevano fiuto nel scovare le debolezze della gente… dovevano aver notato che, nonostante sputasse sangue, il Soldato d’inverno poteva colpirla in punti più dolorosi o più efficaci. 
La sua reazione al massacro doveva averli insospettiti, dovevano aver notato che stavano conservando le forze, dovevano aver annotato il suo comportamento nei confronti di Alexei… si rese conto con orrore che, se quest’ultimo aveva riferito il suo comportamento della sera prima, la sua copertura e la sua fedeltà cieca a Madre Russia era stata compromessa. 
Se ne rese conto quando Dmitri impartì l’ordine di separarli senza apparente motivo, le guardie armate si avvicinarono con intenzioni tutt’altro che pacifiche… tutto stava andato a rotoli, era crollata la torre, ma aveva mosso i tasselli sbagliati.
James l’aveva afferrata per la nuca, intrappolandola nel bacio più intenso e veloce che le avesse mai dato, la morte negli occhi quando staccandosi le aveva proferito la sentenza.
-Perdonami per tutto il male che ti faranno. –il panico nella voce palpabile, la supplica di perdono nascosta tra le sfumature della sua lingua madre.
Era riuscito ad uccidere tre guardie prima che arrivassero ad immobilizzarlo, Natalia aveva guardato impotente mentre lo trascinavano lontano da lei, non era servito a niente il suo tentativo di ribellarsi alle guardie.
-Non è colpa sua, lasciatelo stare!
L’avevano colpita allo stomaco facendole mancare il fiato, permettendo a Karpov di avvicinarsi prendendo in custodia James.
-D’ora in poi mi occuperò io dei miei soldati, piccola Natalia.
L’avevano trascinata in una cella asettica, l’avevano legata ad una sedia posizionandole degli elettrodi sulle tempie, i medici avevano predisposto tutte le pratiche per il reset cerebrale… attendevano solamente l’ordine di qualcuno dall’alto.
Sentiva le urla di James provenire dalla stanza accanto, le grida si erano protratte per un’infinità di tempo per poi stroncarsi di colpo, non dovette attendere a lungo che Ivan Petrovich fece la sua comparsa scuro in volto.
-Mi deludi Natalia, non ti ho forse insegnato che l’amore è per i bambini?
Si rifiutava di piangere davanti al patrigno, limitandosi a rivolgergli uno sguardo granitico.
-Dimmi che era solo un’infatuazione, tu non sei in grado di provare amore, ti ho cresciuta in modo che non ne fossi capace.
Sapeva cosa sarebbe successo da lì a poco, non esisteva la possibilità che la risparmiassero, a quel punto tanto valeva ammettere ciò che provava.
-Ti sbagli, non importa come mi hai cresciuto, cosa mi hai insegnato… tutte le parti che odio di me le odio a causa tua… -lo schiaffo era arrivato all’improvviso, ma ciò non le impedì di tenere a freno la lingua, di dire le cose che Ivan non voleva ascoltare. -… Dio, lo amo a tal punto che per qualche istante ho dimenticato cosa significasse odiarmi, e questo tu non puoi cambiarlo in nessun modo.
La furia istigata negli occhi del patrigno la spaventò, ma non ebbe il tempo di curarsene… con un gesto sbrigativo della mano diede il consenso alla scarica ad alto voltaggio ed il mondo divenne improvvisamente buio.




 

Edit: 24/09/2019

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Capitolo 31
*** 7 novembre ***


7 novembre

La luce le ferisce gli occhi, continua a sbattere le palpebre cercando di stabilizzare il soffitto in movimento, la testa che pulsa e pesa come un macigno. Le serve qualche minuto per tornare consapevole di tutte le parti del suo corpo, degli arti doloranti, delle dita che formicolano fastidiosamente. 
Con fatica immane riesce a voltare la testa notando la figura di Alexei addormentata sulla poltroncina di fianco al suo letto, prova a chiamarlo con un gracidio orribile della voce, ma riesce ad ottenere comunque l’effetto sperato.
-Natasha, finalmente! -la preoccupazione palpabile nella voce, mentre le stringe la mano convulsamente.
-Natasha? -il mal di testa non le permette di ragionare lucidamente, si riconosce in quel nome, ma avverte qualcosa di strano. 
-È il tuo nome… Natasha Romanoff. Hai sbattuto la testa durante l’allenamento, hai una commozione cerebrale. 
Vorrebbe credergli ma c’è qualcosa di strano nel modo in cui lui le parla, nel modo in cui la guarda… sembra si stia impegnando a scandire nitidamente tutte le parole, a farle entrare in testa i concetti più basilari che a lei in quel momento sfuggono.
-Dove mi trovo? 
-In infermeria. -il tono ovvio della voce, l’ennesimo concetto basilare che le sfugge… dai recessi del suo cervello scatta un campanello d’allarme, la paura le attanaglia improvvisamente le viscere, mentre un vago ricordo la informa che dall’infermeria non se ne esce vivi.
-Come ci sono finita qui?
-Te l’ho detto, hai sbattuto la testa durante l’allenamento…
Le sue parole vengono stroncate dall’entrata di Ivan Petrovich, la preoccupazione fatta persona mentre la raggiunge alla sponda del letto accarezzandole il volto. 
C’è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò che percepisce, ma non riesce ad identificare il problema, il mal di testa le rende quel semplice compito impossibile. Ha come l’impressione che le sue sinapsi navighino nel vuoto, riesce a ricollegare i concetti solo con un aiuto esterno… come il suo nome o il perché si trovasse lì.
-Natasha, finalmente stai bene. -il patrigno le bacia la fronte stringendola in un abbraccio amorevole. -C’è stato un incidente con uno degli allenatori, sei caduta e hai sbattuto la testa… devi essere confusa.
-Dmitri?
-No, un soldato del Generale Karpov, non sarà più un problema… promesso.
Le viene istintivo portarsi le mani alle tempie, sente i neuroni del suo cervello fremere e scontrarsi, le informazioni che si riordinano mandando in tilt tutto il sistema… c’è qualcosa di strano, di profondamente sbagliato.
-Perché sono in infermeria? -non si sente bene, sente il battito del suo cuore che le frantuma i timpani, il dolore alla testa che amplifica le fitte ad ogni parte del suo corpo.
-C’è stato un incidente durante l’allenamento, te l’ho detto. -la rimbecca Ivan mentre armeggia con la cassettiera di fianco al suo letto, estraendone una siringa con un liquido indecifrabile, per poi conficcarle l’ago nella vena del braccio. -È morfina, riposa Natasha.
Il dolore si attenua gradualmente, il mal di testa si placa, ma non riesce ad addormentarsi… riesce ancora a percepire le voci nella stanza, ma il suo corpo non le permette di tenere le palpebre aperte.
-Ha funzionato? Vi ha creduto? -la voce del Generale Karpov giunge nitida alle sue orecchie, il suo cervello sta annegando in balia dell’antidolorifico, è troppo stanca per interrogarsi sulla sua presenza nell’infermeria.
-È uno spreco. -ribatte la voce del patrigno, si deve essere seduto sulla poltroncina di fianco al suo letto.
-Sai benissimo che è una precauzione necessaria. Gli americani e i tedeschi hanno le loro armi, i loro super soldati, le loro armi segrete, ma noi russi… noi russi non abbiamo nulla, a parte le ragazze e il nostro inverno.
-Noi russi… queste storie raccontale a qualcun altro. Hai dato l’approvazione al progetto Stanza Rossa e sei qui su mia richiesta… -il tono di Ivan ribolle di rabbia e risentimento, come se si fosse astenuto dal commentare per troppo tempo. -… Lei era la punta di diamante del progetto, ora per colpa tua è stata danneggiata irreversibilmente.
-Non mia… la mia arma era difettosa.
-Ma fammi il favore, è difettosa! In tutti questi anni non siete riusciti a trovare un modo per controllarlo, un codice di sicurezza per impedire che disattivi il servizio...
-Non osare, sai benissimo di chi stiamo parlando, hai letto il suo fascicolo. -ribatte con veemenza Karpov. -Al momento è rinchiuso nella cella di sicurezza, continuiamo ad azzerarlo, ma è caparbio… sono due notti che parla in inglese e continua a ripetere il nome di Natalia nel sonno. 
Il cervello della ragazza si illumina come un albero di Natale udendo il suo nome, il suo vero nome. 
-Non è un problema mio Karpov, ho altre complicazioni a cui pensare ora… complicazioni come lei.
Natalia percepisce la porta dell’infermeria sbattere all’uscita del Generale, seguito qualche secondo dopo dai passi strascicati del patrigno. 
Sa che le stanno mentendo, nei meandri del Cremlino c’è qualcuno che la chiama nel sonno ed hanno evitato accuratamente di informarla in merito, ma se vuole uscire viva da quel posto e trovare quel qualcuno deve sottostare al loro gioco… le sue sinapsi recise stanno ancora navigando nel vuoto, le mancano troppe informazioni per capire di chi stiano parlando, ma sa che è importante, terribilmente fondamentale.
Precipita in un sonno agitato, sogna di brancolare nel buio mentre qualcuno urla a pieni polmoni. Nei recessi della sua mente sa a chi appartengono quelle grida, ma il suo cervello non riesce a ricollegare quella voce ad un volto.




Commento dalla regia:
Qualche delucidazione è d’obbligo, quindi diamo ufficialmente inizio al momento “Super quark”.
Stando alle mie conoscenze fumettistiche, nel 1956 il KGB/HYDRA/chi ne fa le veci non aveva ancora collaudato il sofisticato reset mentale che si vede in “The Winter Soldier” (e film seguenti), il “codice di sicurezza” contenuto nel libro rosso che si vede in “Civil War” è un’invenzione successiva. Nel caso specifico di Natasha il reset mentale doveva essere il meno “invasivo” possibile, in quanto non è semplicemente una macchina ma una spia, il che porta ad escamotage come le procedure di deprivazione sensoriale e la distruzione dei ponti sinaptici, per poi ricollegare i ricordi falsi a delle basi veritiere… la pecca è che se riemerge un dettaglio vero in mezzo alla bugia, si provoca il ricordo scatenante che si sviluppa come un “domino mentale”, processo che richiede tempo ma azzera tutto il lavoro fatto in precedenza (vedi Bucky alla fine di TWS). 
Per quanto riguarda il sodalizio tra capi dell’HYDRA e capi del KGB, vorrei far presente che nei fumetti Teschio Rosso non viene catapultato a Vormir come si vede in “Infinity War”, dopo la Seconda Guerra Mondiale crea contatti con le organizzazioni criminali di mezzo mondo.
Detto questo, qualunque commento/opinione/etc è ben gradito,
_T




Edit: 24/09/2019

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Capitolo 32
*** 30 novembre ***


30 novembre

-Rapporto missione, Romanoff. -la voce di Dmitri risuona incolore, continuava a sfogliare un fascicolo con aria perplessa, alzando lo sguardo ogni tanto di sfuggita solo per esaminarla.
Natalia se ne stava in piedi davanti alla scrivania attendendo istruzioni, era rientrata dalla missione da una decina d’ore, ma da quando aveva rimesso piede nel Cremlino continuava ad avere qualche difficoltà nel controllare la sua maschera imperturbabile.
-Missione eseguita con successo, tutti i target sono deceduti. -Natalia abbassa impercettibilmente lo sguardo, non andava fiera del suo operato, non le importava quale fosse il volere di Madre Russia.
Era stata dimessa dall’infermeria una ventina di giorni prima, aveva ripreso immediatamente gli allenamenti con Tania, alternando il suo lavoro come spia con le cene al ristorante in compagnia di Alexei. 
I preparativi per il matrimonio proseguivano senza interruzioni, erano state apportate le ultime modifiche all’abito, Ivan aveva procurato gli anelli… tutto procedeva secondo i piani mentre di nascosto Natalia cercava di mettere insieme i pezzi, ma i suoi tentativi di esplorare il Cremlino alla ricerca delle celle di sicurezza non stava dando i frutti sperati.
-Siamo molto fieri di te Natasha, il tuo operato a Cuba è stato impeccabile.
-Grazie Dmitri… -la voce le si assottiglia leggermente, il ricordo della vasca da bagno tinta di rosso le fa perdere momentaneamente la concentrazione. -È stata una settimana impegnativa.
Le avevano chiesto di occuparsi di alcuni oppositori per salvaguardare delle alleanze internazionali, l’avevano spedita in missione suggerendole di sfruttare gli agganci e le coperture predisposte da Marina negli ultimi mesi. 
Era stato piacevole rivedersi dopo così tanto tempo, la tensione della missione sotto copertura non aveva smorzato l’entusiasmo della mora… era a Cuba da nemmeno tre ore e l’aveva già aggiornata su tutto ciò che la riguardava, le aveva raccontato di aver adottato un gatto randagio e che per mantenere la copertura aveva iniziato ad uscire con un ragazzo del posto.
Poi senza preavviso aveva stravolto le carte in tavola, chiedendole a bruciapelo che fine avesse fatto il Soldato d’Inverno… le era andato di traverso il drink, mentre nel suo cervello era apparsa l’immagine di un uomo con un braccio di metallo. Aveva spiegato a Marina dell’incidente e del ricovero in infermeria, per poi cambiare discorso aggiornandola sui preparativi del matrimonio. 
-Hai riscontrato qualche problematica?
-Nessuna. -riesce a suonare convincente, mentre ignora volutamente le immagini che scorrono a rapida velocità nel suo cervello.
Le sembrava di aver impresso a fuoco nella mente i fotogrammi del cadavere di Marina, il corpo che galleggiava nella vasca da bagno, il foro del proiettile che colorava velocemente l’acqua di rosso.
A missione conclusa le era stato ordinato di eliminarla, i capi la accusavano di aver stretto dei legami affettivi molto più profondi di una semplice copertura. 
Aveva eseguito gli ordini senza battere ciglio, imperturbabile, ciò che l’aveva scossa era l’immagine che il suo cervello le aveva proposto subito dopo. Il Soldato d’Inverno era tornato a popolarle la mente, richiamato indietro dall’odore ferroso del sangue misto alla polvere da sparo… era estremamente confusa anche a distanza di così tante ore.
-Perfetto, sei congedata. 
Diede le spalle a Dmitri avviandosi verso la porta quando lo sentì sbuffare richiamandola indietro. 
-Mi faresti un favore? Potresti portare questo fascicolo al Generale Petrovich? -chiese porgendole il fascicolo voluminoso che aveva visionato nell’ultima mezz’ora. -I documenti per il trasferimento sono pronti, Ivan deve solo firmare un paio di documenti e poi può riconsegnarlo al Generale Karpov.
Aveva afferrato il fascicolo senza obbiettare, dileguandosi subito dopo. Una volta percorso un lungo tratto di corridoio, ponderando i pro e i contro delle conseguenze alla sua curiosità, aveva sollevato la copertina del fascicolo tempestato di scritte in cirillico. 
Si era bloccata in mezzo al corridoio pietrificata, il suo nome veniva citato spesso e volentieri tra le righe… teneva tra le mani il fascicolo dell’uomo che la chiamava nel sonno. Si riscosse, rendendosi contro che se qualcuno l’avesse vista a ficcanasare in mezzo ai documenti dei capi si sarebbe ritrovata in guai seri, rifugiandosi nella prima stanza libera iniziando a sfogliare velocemente le pagine che trascrivevano informazioni e cartelle cliniche cercando un nome o un punto di riferimento… avvertiva la necessità quasi fisica di scoprire chi fosse rinchiuso nelle celle di sicurezza a causa sua, era previsto un trasferimento da lì a poche ore, aveva poco tempo per scoprirlo.
Dopo interminabili minuti di ricerca, quando finalmente comparvero i dati anagrafici e il nome in codice del progetto le mancò il terreno sotto i piedi… e il suo cervello esplose in una miriade di immagini, ricordi e sensazioni.
Continuava a rileggere quei caratteri in cirillico all’infinito fino ad imprimerseli a fuoco nella mente: зимний солдат1, Soldato d’Inverno… James.




Note dalla regia:
1. traduzione di Google Translate per “Soldato d’Inverno”




Edit: 24/09/2019

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Capitolo 33
*** 1 dicembre ***


1 dicembre
 
Era ormai notte fonda, aveva trascorso le ultime ore ripercorrendo mentalmente gli eventi dell’ultimo anno, testando quanto fosse stato modificato.
Dopo aver consegnato il fascicolo a Ivan riferendo il messaggio del Generale Lukin, ostentando una finta sicurezza imperturbabile, si era rinchiusa nella sua cella addossandosi contro la porta nel tentativo futile di chiudere fuori chiunque volesse importunarla.
Leggendo il fascicolo di James aveva scoperto che tra quelle parole stampate era nascosta la chiave per ricollegare le sinapsi distrutte, aveva decifrato le informazioni trascritte dal professor Rodchenko1, immagazzinando le nozioni base del processo permettendole di scindere il vero dal falso.
Con il senno di poi capiva il comportamento di Alexei, i suoi modi quasi teatrali forzatamente romantici, la sua continua insistenza nel ricordarle tutti i loro momenti insieme antecedenti all’infermeria… Natalia aveva compreso con orrore che certe informazioni erano state ottenute rimaneggiando i suoi ricordi con James a partire dal suo nome.
Aveva scoperto di essere una Romanoff in una delle fughe con James al Palazzo d’Inverno, niente a che vedere con la vista del palazzo illuminato dal sole scorto attraverso le inferriate dei cancelli d’entrata propinatole da Alexei.
Aveva realizzato con orrore che, nonostante lei e James avessero preso tutte le precauzioni e fossero stati attenti a tutte le accortezze, i capi erano riusciti a monitorarli a distanza lasciandoli in balia di quella falsa sicurezza che dava loro l’illusione di essere protetti, dovevano averli sentiti vociferare sui loro piani di fuga… Ivan doveva averle mentito sulle telecamere e i microfoni nascosti sul tetto del Cremlino.
Ivan, Karpov e Lukin avevano semplicemente aspettato il momento giusto per togliere loro il terreno da sotto i piedi... erano ore che Natalia si stava incolpando e insultando da sola sulla propria stupidità, era la prima lezione che le avevano impartito al Cremlino… ormai faceva parte del suo DNA il non fidarsi di nessuno, il strutturare infiniti piani d’azione e ripiego, il cercare il punto debole in ogni cosa, il garantirsi una copertura su ogni fronte in caso di doppio gioco.
Doveva smetterla di piangersi addosso, doveva alzarsi da quel pavimento e iniziare a fare qualcosa, doveva cercalo fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita.
In mezzo al fascicolo aveva trovato la collocazione delle celle di sicurezza, erano relegate in un’area dispersa nei meandri del Cremlino, nessuno aveva il permesso di spingersi in quella zona della base. Aveva aspettato il giro di ronda delle guardie prima di uscire dalla propria cella, si era nascosta negli angoli cechi con una precisione maniacale, fino a raggiungere la porta blindata.
Digitò il codice sul tastierino numerico di fianco alla porta, nel fascicolo era riportato uno scarabocchio a quattro cifre vicino ai referti medici. Il bip acuto della porta riecheggiò nel corridoio silenzioso permettendole l’accesso, ritrovandosi di colpo all’interno della stanza scarsamente illuminata, notando che oltre la porta era stata allestita una vera e propria sala operatoria.
Vicino al tavolo operatorio era stata collocata una cassetta degli attrezzi e degli elettrodi, insieme agli strumenti chirurgici, evidentemente i medici che lavoravano al progetto ritenevano che il braccio robotico avesse bisogno di manutenzione una volta ogni tanto, oltre ad avere a portata di mano gli strumenti per attuare il reset cerebrale.
Natalia trovò il generatore accendendolo, la stanza si illuminò a giorno con una serie di lampade a neon che pendevano dal soffitto, le lampadine si accendevano gradualmente… Natalia si accorse troppo tardi delle telecamere in funzione ai quattro angoli della cella, ora i capi sapevano ufficialmente che lei si trovava lì, ma quella consapevolezza passò velocemente in secondo piano.
Soffocò l’urlo alla vista della capsula criogenica, il corpo di James congelato, i lineamenti del volto ed i muscoli contratti, la mano protesa conto il vetro nel tentativo di raggiungere qualcosa.
-No…Cosa ti hanno fatto… -le ginocchia cedettero, lasciando i singhiozzi liberi di echeggiare contro la sua cassa toracica… fino a quando le guardie capitanate da Dmitri la raggiunsero qualche minuto dopo, i fucili spianati, accerchiandola tenendosi a distanza.
Le lacrime silenziose ridotte a silenzio continuavano a scendere copiose lungo il suo volto, la mano che teneva premuta contro il vetro in corrispondenza a quella di James bruciava dal freddo, ferma immobile fino a quando Dmitri provò a sfiorarla.
L’uomo cadde a terra in una pozza di sangue, Natalia teneva tra le mani il bisturi sporco che aveva conficcato nella giugulare dell’uomo, mentre il rumore di almeno venti fucili armati venivano puntati contro di lei.
-Natalia metti giù il bisturi. –il tono di voce adirato del patrigno non le sortì alcun effetto.
-Tiratelo fuori, subito. –la minaccia di morte proferita trasudando veleno in ogni sillaba.
-No.
-Allora uccidimi, che aspetti? –sfidava Ivan con lo sguardo, calciando via il cadavere di Dmitri, avvicinandosi alle guardie pietrificate armata di bisturi.
Il patrigno, una volta constatato che le guardie non sarebbero intervenute, sfilò la pistola dalla cintura sparandole alla gamba. Natalia cadde a terra, venne trascinata di peso sul tavolo operatorio dalle guardie improvvisamente collaborative, mentre Ivan ordinava a qualcuno di recuperare Rotckeno mentre le iniettava della morfina in vena.
-Mi servi viva ed obbediente. –le fece voltare la testa in direzione della capsula criogenica, ma si impose di tenere gli occhi serrati. –Guardalo bene un’ultima volta Natalia, è l’ultima occasione che hai prima di dimenticartene definitivamente.
Il suo sguardo corse subito al volto di James, gli occhi nuovamente pieni di lacrime mentre tentava di memorizzarne ogni microscopico dettaglio, fino a quando le palpebre cedettero lasciando posto al buio.

 
 
 
Note dalla regia:
 
1. Professor Rodchenko:
Ormai ho perso il conto di quanti scienziati e luminari vengono citati in causa dalla Marvel, certi sono famosissimi (vedi Armin Zola), altri sono pressoché sconosciuti. Rodchenko e la Kudrin rientrano nella seconda categoria ed entrambi hanno lavorato per il KGB durante la Guerra Fredda, il primo si occupava di sviluppare nuove tecniche di deprivazione sensoriale/modifica ricordi/reset cerebrale su chiunque vivesse al Cremlino, la seconda è quella che ha sviluppato il siero della Vedova Nera (quello usato per la “cerimonia di laurea”).
 
Giusto per la cronaca, manca solo un capitolo.
Qualunque commento/opinione/etc. è il benvenuto.
_T




Edit: 24/09/2019

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Capitolo 34
*** 31 dicembre ***


Avvisi dalla regia: 
Ricordo che nel capitolo precedente Rodchenko ha combinato disastri, tenendo presente questo, vi lascio alla lettura.




31 dicembre

Natasha continuava a far da spola tra il forno e il camino a legna, lanciando occhiate preoccupate in direzione dell’orologio ogni volta che ci passava davanti… Alexei l’aveva chiamata da lavoro avvisandola che si sarebbe trattenuto in ufficio, ma era da più di un’ora che non aveva notizie e il fatto che le strade fossero ricoperte di ghiaccio la metteva in agitazione.
Non poteva lamentarsi più di tanto del lavoro di suo marito, Alexei era acclamato come eroe nazionale da mezza Russia, la paga era buona e da quando si erano sposati non le aveva mai fatto mancare nulla… ma la infastidiva che, nonostante Alexei avesse fatto richiesta di trascorrere il capodanno a casa con lei, i suoi datori di lavoro la pensavano diversamente e quella mattina l’avevano richiamato alla base.
Le aveva assicurato che sarebbe tornato a casa in tempo per cena, Natasha si era messa d’impegno ed ora viveva in un limbo tra l’ansia di bruciare il cibo nel forno e la preoccupazione di presentare il piatto freddo ad Alexei. 
-Amore, sono tornato!
Suo marito fece la sua comparsa tenendo tra le mani un pacchetto regalo, i capelli ancora cosparsi di neve mentre la raggiungeva per baciarla.
-Hai la punta del naso gelata. –rise scostandosi, passandogli una mano tra i capelli, togliendo i cristalli di neve residui. 
-Sarebbe strano il contrario, fuori si gela ‘Tasha. –rise di rimando porgendole il pacchetto regalo.
-Questo per cosa sarebbe? 
-Un regalo da parte di tuo padre, sa che se l’avesse consegnato di persona non l’avresti mai accettato. Non lo rivuole indietro, se proprio devi, fallo sparire e non voglio saperne niente.
Gli aveva rivolto uno sguardo omicida in risposta prendendo tra le mani il pacchetto, aveva azzerato qualunque protesta sul nascere, rassegnandosi a scartare la confezione rivelando una collana d’oro.
-Ho come il sospetto che la rivenderai.
-Esattamente. –aveva rimesso la collana nel sacchetto gettandolo lontano da lei. –Non può ricomprarsi il mio affetto con dei regali. 
Non desiderava affrontare quel discorso nuovamente, scappò dalla discussione con la scusa di controllare la cena nel forno, lasciando Alexei interdetto mentre si scaldava le mani davanti al fuoco.
Il suo rapporto padre e figlia non era decisamente dei migliori anche se, da quando Ivan Petrovich l’aveva adottata, ricordava di aver vissuto un’infanzia abbastanza felice.
Era stato lui a procurarle il primo provino al Bol’šoj, l’aveva sempre supportata nella sua carriera da ballerina ed era grazie a lui se aveva conosciuto Alexei. I rapporti si erano incrinati quando si era opposto al suo matrimonio favorendone uno combinato, non aveva mai fatto la conoscenza dell’uomo scelto da Ivan, ma il padre non l’aveva presa bene quando si era rifiutata di sposarlo.
Era arrivato a metterle le mani addosso quando lei aveva affermato che lui non sarebbe mai riuscito a farle cambiare idea in nessun modo, a causa di quell’episodio era stata ricoverata in ospedale con una pallottola sulla gamba… le infermiere avevano precluso qualunque visita al padre e lei aveva deciso di troncare i rapporti. 
Una volta dimessa avevano fatto le valigie, si erano sposati con una cerimonia in pompa magna finanziata dai datori di lavoro di Alexei, ma Ivan non l’aveva accompagnata all’altare e lei continuava a recidere qualunque tentativo di riallacciare il legame con lui.
Aveva spento il forno richiamando suo marito a tavola, cercando di scacciare i brutti ricordi chiacchierando del più e del meno. Alexei le aveva fatto i complimenti per la cena, per poi raccontarle di come procedevano i test di collaudo delle sonde spaziali, di quanto Petrovich fosse fiero di lui e di quanto fossero fortunati nel poter continuare ad usufruire dei finanziamenti del Generale Karpov, nonostante quest’ultimo e soci avessero fatto ritorno a Berlino dopo alcuni dissapori con suo padre. 
-Tornando a casa ho visto i manifesti della tournee. –commentò Alexei distrattamente con un mezzo sorriso sul volto. –Hai ufficializzato la cosa.
-Non mi andava di vedere stampato “Natasha Petrovich” in ogni angolo della strada.
-Non serve essere così scontrosi, era così per dire… mi fa piacere veder scritto “Natasha Shostakov” sui manifesti nonostante siamo sposati da nemmeno un mese, tutto qui.
Suo marito si era alzato da tavola armato di sigarette con l’intento di rifugiarsi sul terrazzo, mentre Natasha non poteva fare a meno di chiedersi cosa le fosse preso, non sapeva spiegarsi perché a volte fosse così scontrosa con Alexei… forse perché il suo cognome era ancora un tasto dolente. 
Solamente negli ultimi mesi aveva scoperto di essere una Romanoff, Alexei l’aveva trascinata davanti ai cancelli del Palazzo d’Inverno rivelandole quell’ultimo tassello che mancava al suo puzzle… aveva cercato inutilmente di rintracciare i suoi genitori biologici anni prima, ma Ivan non aveva voluto condividere quell’informazione con lei, lasciandola a quell’inutile caccia ai fantasmi.
La notizia l’aveva sconvolta a tal punto che per un lungo periodo aveva sognato di visitare i vicoli di San Pietroburgo nel cuore della notte, di danzare con qualcuno sotto il lampadario di cristallo… qualcuno che non riusciva ad identificare.
Scosse la testa scacciando quei ricordi nebulosi raggiungendo Alexei sul terrazzo.
-Mi passi il pacchetto?
-Da quando fumi Natasha? –la nota di sorpresa nella voce di Alexei la prese in contropiede, non le diede il tempo di pensarci che liquidò la domanda con un’alzata di spalle porgendole il pacchetto di sigarette.
Natasha ne sfilò una portandosela alle labbra… non sapeva il perché si aspettasse che Alexei le offrisse il fiammifero acceso, come non riusciva a spiegarsi la delusione che avvertì quando si accese la sigaretta da sola.
-‘Tasha, iniziano.
Alexei puntò lo sguardo verso l’alto stringendola a sé mentre i fuochi d’artificio illuminavano la notte… Natasha avvertiva una strana sensazione, come se ci fosse un errore di fondo, ma diede la colpa a quei sogni nebulosi che l’assillavano di notte.
Si discostò da Alexei il tempo necessario per spegnere la sigaretta sul posacenere, l’odore del tabacco le annebbiava la mente, per poi tornare a stringersi al marito puntando lo sguardo verso il cielo illuminato dallo spettacolo pirotecnico.
Natasha non aveva mai visto fuochi d’artificio così belli.




Commento della regia:

Prima di tutto specifichiamo il discorso “feste” (fonte Wikipedia):
Durane il comunismo le festività natalizie non erano riconosciute (in linea con la politica di laicizzazione del Paese), per tale motivo la festività più sentita era il capodanno civile (1° gennaio), il Natale vero e proprio torna ad essere considerata una festività a tutti gli effetti negli anni ’90 con la caduta del comunismo.

Per quanto riguarda il capitolo… non so cosa vi aspettavate, è diverso dagli altri perché Natasha in primis è diversa, ho voluto riportare e spiegare quello che crede di portarsi dietro come bagaglio personale, in netto contrasto con quella che sappiamo essere la vera narrazione dei fatti raccontata nei capitoli precedenti. Tutti gli “errori di fondo” ed i “sogni” che percepisce/ricorda sono la manifestazione della subdola modifica eseguita da Rotckeno, infatti ad ogni errore che riscontra, il suo cervello fornisce immediatamente una spiegazione plausibile… tale processo è difficile da “demolire”, a conti approssimativi resta sposata con Alexei fino a quando non viene eliminato dal KGB, principalmente per distogliere l’attenzione di Natasha dai primi cedimenti della riprogrammazione (presumibilmente aveva riconosciuto James come il killer di JFK, almeno secondo il mio headcanon è così).

Ultima piccola specificazione:
Il cervello memorizza in modo più “radicato” gli odori, motivo per cui l’odore del tabacco è il veicolo che scatena i “ricordi nebulosi” sia nel caso di Natasha (visto che lo associa a James) sia nel caso di James stesso (visto che lo ricollega a praticamente tutta la sua vita precedente al Soldato d’Inverno).

Dopo questa digressione infinita, ringrazio tutte le persone che hanno seguito la storia fino a questo punto, chi l’ha inserita tra le seguite/ricordate/preferite e i più temerari che l’hanno addirittura recensita. <3
Con affetto,
_T




Edit: 24/09/2019

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