He's more myself than I am

di padme83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Interlude ***
Capitolo 2: *** Resurrection ***
Capitolo 3: *** Irraggiungibile ***
Capitolo 4: *** Flames ***
Capitolo 5: *** Ovunque ***
Capitolo 6: *** Ragazzo-tempesta ***
Capitolo 7: *** Sleeping Sun ***



Capitolo 1
*** Interlude ***


Ethel, perché con lei è finalmente una soddisfazione andare al cinema.

 

 
- He's more myself than I am -

 


 
Il giorno è ancor lontano: era l'usignolo e non l'allodola, 
a ferir del suo canto l'orecchio tuo trepidante nell'attesa.
Esso canta di notte su quel melograno laggiù.
Credilo, amore: era l'usignolo.
(William Shakespeare – Romeo e Giulietta)
 

 
 
 ~ Interlude ~

 

 
 
"Hear my call, I want it all.
Roses in the wind, bridge from falling in;

may not always know you're there,
but all I am I share with you."
 

 

 
«Ehi ...»
La sua voce mi scivola vellutata addosso, sensuale e morbida come la carezza di una piuma. Sorrido a occhi chiusi, mentre avverto le sue dita sfiorarmi con delicatezza una guancia; mi stringo a lui ancor più saldamente, rannicchiandomi contro il suo petto, lasciandomi cullare dal calore ardente e sicuro delle sue braccia. Albus mi ruba un bacio a fior di labbra, un altro, l'ennesimo, ed è come se fosse il primo – come se, per tutta la notte, le nostre bocche non si fossero rincorse e divorate l'un l'altra –, fa increspare la pelle e tremare il cuore: mi spinge a desiderare di più, molto di più, ad annullare le distanze, di nuovo, fino a non poter distinguere il mio respiro dal suo. Sollevo appena le palpebre, quel tanto che basta per annegare ancora nelle profondità ipnotiche del suo sguardo; avvolte dalla lieve penombra della stanza, le sue iridi, azzurre e trasparenti come cieli di primavera, rilucono simili a lame d'acciaio, mentre sul suo volto, rischiarato a malapena dal fioco bagliore diffuso dalle braci morenti del camino, aleggia un'espressione di pura e incontenibile meraviglia.
«Devi andare?» chiedo, esitante, affondando il viso nell'accogliente incavo tra il suo collo e una spalla. Profumo di tè, sole e rose bianche mi inebria i sensi.
«No» ridacchia fra i miei capelli, chiaramente divertito, prima di sussurrarmi piano contro la fronte «manca parecchio all'alba.»
«E allora perché mai mi avresti svegliato?»
«Prova a indovinare ...»
Cerca tra le lenzuola le mie mani. Le trova. Le intreccia con forza alle sue.
Nessun fremito. Nessuna incertezza.
Si riconoscono. Si appartengono. Come noi.
Che il mattino possa non arrivare mai, amore mio.
 

 
{Words Count: 270}
 

 


 
Nota:

 
Che posso dire?

Ho un carico di angst addosso che non basterebbe un treno merci al completo per contenerlo, ma oggi avevo bisogno di placare un po' la mente, o rischiavo seriamente di implodere.

D'altra parte, avranno pur avuto dei momenti di (quasi) tranquillità (un interludio, appunto) questi due, o no? Ci sarà tempo per la tragedia, eccome se ci sarà, ma non è questo il giorno (cit).

Torno al mio primo e mai scordato amore, le drabble, anche perché, in questo periodo, non ho nemmeno il tempo per vivere, figuriamoci per scrivere. Spero davvero che questa piccina non rimanga sola: lascio lo stato "in corso" come incentivo, può essere che nasca una piccola raccolta (ho notato che vanno tantissimo le raccolte di drabble ultimamente, e chi sono io per oppormi ai dettami della moda?). Non garantisco niente, al solito mio, però... però sono andata talmente fuori di testa per questi due che devo usarmi violenza per star loro lontana. Insomma, vedremo. Vi chiedo di avere pazienza.

La timeline è quella utilizzata per le altre due OS (ormai ho cominciato così e tanto vale che continui), per cui diciamo che questi episodi eventualmente copriranno un arco di tempo che va da fine giugno a fine dicembre 1899.

Il titolo deriva dalla famosissima battuta di Cathrine Earnshaw in "Cime Tempestose": Lui è più me di me stessa (riferito a Heatcliff). L'ho lasciato in inglese perché così assume una valenza assai più onnicomprensiva. Oltre a ciò, il passo di Emily Brontë viene ripreso da André Aciman in "Chiamami col tuo nome", precisamente qui: "... alla fine capivamo entrambi che lui era più me di quanto non fossi mai stato io, perché tanti anni prima, quando a letto lui diventava me e io diventavo lui, Oliver era e sarebbe rimasto sempre, anche molto dopo che ogni strada nella vita ci aveva cambiato, mio fratello, mio amico, mio padre, mio figlio, mio marito, il mio amante, me stesso." Il collegamento è partito in automatico. Vorrei riuscire ad approfondire questo aspetto. Prometto che mi impegnerò.

Intanto vi ringrazio sin d'ora se vorrete scrivermi cosa pensate di questa minuscola drabble, e se vorrete aggiungerla in una delle liste messe a disposizione da EFP.
Se invece preferite rimanere in silenzio, va bene lo stesso.

Un bacione grande alle ragazze del gruppo fb Boys Love – Fanart & Fanfic's World, perché senza di loro in questi giorni sarei persa.

SoundtrackThe Call, Ruu Campbell.

Vi aspetto sulla mia pagina fb, Lost Fantasy :)

A presto!


padme

 
P.S: sono riuscita ad aprire un profilo su Wattpad, nickname Cleindori83 (a quanto pare padme83 era già impegnato, così adesso, oltre alle mie solite rogne, mi tocca pure subire uno sdoppiamento di personalità).
https://www.wattpad.com/user/Cleindori83

P.P.S: sì, le mani intrecciate sono un esplicito riferimento al film. Indovinate chi ha fatto un salto di mezzo metro sulla poltrona quando ha visto quella scena?

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Capitolo 2
*** Resurrection ***


Miryel, per così tanti motivi che non avrebbe nemmeno senso elencarli tutti. Lei sa <3


 


 


 

Quella era la sua vera esigenza. Cercare qualcuno, in quel modo, 
sentire quella vicinanza, quella fusione. Vivere senza la pelle.
(M.Z.Bradley - L'Erede di Hastur)


 


 


 

~ Resurrection ~



 


 


 

"There was a time when I could breath my life in you.
One by one your pale fingers started to move.
And I touched your face and all life was erased.
You smiled like an angel (falling from grace)."


 


 


 

Non ho mai amato il mio nome.
L'ho sempre ritenuto troppo insolito, troppo eccentrico, e assai poco adatto ad una natura, la mia, tutt'altro che accomodante. Il bianco non è certo un colore che mi si addice.
Ma adesso che è lui a pronunciarlo, "Albus Albus Albus", con la voce rotta dal desiderio, mi sembra che non possa esistere suono più seducente al mondo. Il mio nome sulle sue labbra è un incantesimo, una maledizione, una supplica a non fermarmi – come se ne avessi l'intenzione –, a scivolare finalmente in lui, a spingermi – a spingerci – un passo ancora più vicini all'orlo dell'abisso.
È così che voglio vivere, senza freni o inibizioni, facendo l'amore con lui ogni notte come se fosse la prima e l'ultima volta, soggiogato da respiri che si fanno carne, occhi che si cercano, anime che si chiamano, mani che accarezzano, che stringono, che esplorano. Scoprendo voglie inaspettate da assecondare e aneliti nascosti da portare alla luce e soddisfare, bisogni sconosciuti che non si possono contenere e sensazioni troppo intense perché il silenzio sia in grado di seppellirle.
I suoi lunghi capelli, sparsi ovunque sopra i cuscini, creano un'aureola di pallido oro intorno al suo viso angelico, e io non posso fare a meno di annegare in essi, lasciandomi stordire e avvolgere dal loro profumo – sensuale, esotico, inebriante –, pronto a perdermi di nuovo nell'ardore incosciente di una fame – fame di lui – che toglie il fiato, annebbia la vista, artiglia il petto e lacera il ventre. Sentirlo fremere sotto di me, aggrappato alle mie spalle, avvertire le sue unghie affondare possessive fra le scapole mentre la mia bocca si riempie ingorda di gemiti agonizzanti e pelle rovente, mi eccita e mi infiamma il sangue nelle vene come nient'altro – nessuno – è mai riuscito a fare. Le nostre dita (e le braccia e le gambe – tutto), si legano e si annodano in un laccio ferreo, impossibile da sciogliere. Voglio farlo mio fino a renderlo parte di me, fino a non poter distinguere il mio corpo dal suo. Perché lui è più me di me stesso. Morire insieme e insieme risorgere, ancora, ancora e ancora, per restituirci all'alba e alla vita purificati e plasmati in un'entità nuova, perfetta, completa – una cosa sola nello spirito e nel cuore.
Incateno il suo sguardo al mio, senza concedergli alcuna via di fuga, protendendo la mente per catturare con imperiosa dolcezza i suoi pensieri, lasciandomi inglobare a mia volta, in totale abbandono, perché non c'è nulla, nulla che non possiamo condividere, ogni più piccolo spasmo, ogni sussulto graffiante, ogni travolgente brivido d'estasi appartiene a entrambi. Il mio piacere è il suo piacere, il suo dolore è il mio dolore.
Mio, realizzo, un istante prima che un orgasmo feroce ci divori vivi.
La sua risposta non si fa attendere, e mi investe chiara e decisa – ineluttabile – come il più solenne dei giuramenti.
Mio.
Nella buona e nella cattiva sorte.
Finché morte non ci separi[1].
Racchiusa e protetta dal mio palmo sinistro, la cicatrice che ci ha uniti brucia più del fuoco.


 


 


 


 

"We've been slaves to this love
from the moment we touched,
and keep begging for more
of this resurrection."


 


 


 


 

{Words Count: 500}

 



 


 


 

[1] mio personalissimo headcanon sul Patto di Sangue. Sono curiosa di conoscere la formula di questo incantesimo: considerando che per il Voto Infrangibile (più circoscritto rispetto al patto di sangue, poiché riguarda UNA sola azione specifica) viene usata la formula propria del matrimonio ("Vuoi tu..." "Si, lo voglio" che, secondo la tradizione cristiana, richiama il "Sì" di Maria di fronte all'Angelo, quindi è la parola in cui si manifesta e si concreta l'Alleanza di Dio con gli Uomini) non mi stupirei se in questo caso, assai più onnicomprensivo (un patto di sangue riguarda TUTTE le sfere dell'esistenza), venisse usata l'ultima parte della medesima formula, appunto: "nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non ci separi" (trovate comunque un post più approfondito in pagina).


 


 


 


 


 

Nota:

E niente, sto sotto un treno (un treno bello grosso) per Albus e Gellert e sono felice solo quando posso farli stare insieme, possibilmente a rotolarsi in un letto.

Mi aspetto un po' di gratitudine da parte di questi due colombi, visto che sto elargendo loro più gioie di quante il canone ne abbia in serbo.

Meglio non pensarci.

Grazie a chi mi scriverà cosa pensa di questo secondo capitolo, a chi ha aggiunto\aggiungerà la raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP, e a chi invece preferisce non fare niente e rimanere in silenzio.

SoundtrackResurrection, HIM.

Vi aspetto su Lost Fantasy, se vi va ;)

Alla prossima!

 

padme


 


N.B: c'è ancora qualcuno in sala convinto che Albus sia un povero agnellino indifeso, manipolato e innocente, alla mercé del lupo cattivo? Sì? Prego, Signore e Signori, accomodatevi all'uscita.

 

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Capitolo 3
*** Irraggiungibile ***


No, non hai capito niente.
Voglio che tu venga a vivere con me, 

e a morire con me, e tutto con me.
(Vladimir Nabokov - Lolita)
 
 
 
 
 
 
~ Irraggiungibile ~
 
 
 
 
 
 
“Possiamo vivere notti illuminate,
eterne promesse in fondo a piste sterrate.
Possiamo fare mezze maratone
per raggiungere il tuo cuore irraggiungibile …”


 
 
 
 
La linea virile del suo profilo si staglia nitida contro il velluto scuro della poltrona.
Albus siede tranquillo, avvolto dall'atmosfera soffusa e quieta della stanza; la sua chioma fulgida riflette i baluginii vermigli del focolare, e splende nella penombra simile a una fiamma vivida e guizzante. Lo osservo allungare le gambe davanti a sé, fino a sfiorare con le punte degli stivali la grata spessa e rovente del camino; assorto, quasi distaccato, si versa dell’idromele e lo assapora con calma, a piccoli sorsi, le spalle dritte e le dita affusolate chiuse attorno al sottile stelo del calice. Il suo sguardo è fisso nel braciere, e delle braci rispecchia il medesimo fascino, magnetico, ardente, inebriante; un sorriso appena accennato ne increspa le labbra finemente cesellate, e dona al suo volto fiero e traboccante di vita una forte aura di sicurezza, di piena consapevolezza di sé.
Sebbene il mancato contatto con quei suoi splendidi occhi provochi in me un dolore acuto, insopportabile, divorante, non voglio – non posso – smettere di contemplarlo: ha la grazia altera e l’eleganza innata di un re, e la bellezza immota e misteriosa di una rosa scolpita nell’alabastro.
«A che pensi?» chiedo, d’un tratto, incapace di resistere oltre.
Si volta piano verso di me, un lampo divertito nelle iridi color tempesta.
«E da quando Gellert Grindelwald ha bisogno di chiedere per scoprirlo?»
Da quando sento che sei lontano, e mi sfuggi, come un grumo di neve fresca che si scioglie tra le dita.
«A volte mi sembri così… irraggiungibile» rispondo, portandomi un poco più vicino a lui. Ed è in questi momenti che ti desidero, immensamente, e voglio tenerti prigioniero nella stretta delle mie braccia, per farti respirare in me, e vivere in me, e morire in me.
È confuso, adesso. Ferito, forse.
«Irraggiungibile, per te? Mai
Tende le mani e, guidato da un istinto sicuro, le posa, palmo contro palmo, sulle mie.
Il suo tocco è una scossa elettrica, delicata ma inconfondibile. Avverto le pulsazioni d’energia divampare in noi, come folgori vive, e percepisco il potere che serpeggia in entrambi, da me a lui, in tutto il corpo – sulla fronte, alla base della gola, sotto la pelle, nel profondo del cuore.
Lentamente, i miei pensieri cominciano a fondersi con i suoi, limpidi, uniti, quasi fossimo una sola mente, un solo essere, immersi in un calore infinito, dolce e travolgente ad un tempo, legati da una comprensione totale, una vicinanza perfetta, intima, indicibile[1].

Hai almeno una vaga idea di quanto ti amo?

Non può essere più di quanto ti amo io.
 
 
 
 
 
“… poi continuare a vivere 
e non avere niente da perdere.”
 
 
 
 
 
 
{Words Count: 423}
 
 
 
 
[1] citando M.Z.Bradley, che di queste cose se ne intendeva parecchio.
Ormai per me il force-bond (o contatto mentale\telepatia che dir si voglia – d’altra parte, legilimanzia e occlumanzia si fondano sui medesimi principi) fra questi due è canon. Naturalmente, io lo intendo alla maniera darkovana (appunto), un’unione completa, totalizzante, più profonda ed incisiva di qualsiasi altra, anche di quella sessuale. Mi sembra una condizione adatta al tipo di rapporto che ho in mente per Albus e Gellert.
 
 
 




Nota:
 
Non ho molto da dire a parte… buon 2019 a tutt*!
 
Speriamo che il prossimo sia un anno pieno di storie e di grandi emozioni <3

Grazie a chi mi scriverà cosa pensa di questo terzo, breve, capitolo, a chi ha aggiunto\aggiungerà la raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP, e a chi rimane e rimarrà in silenzio anche stavolta.

SoundtrackA forma di fulmine, Le luci della centrale elettrica (che potrebbe tranquillamente essere considerato l'inno di questo fandom: ascoltatela per scoprire a cosa si riferisce quel "a forma di fulmine").

Vi aspetto su Lost Fantasy, se ne avete la voglia ;)
 
A presto :*
 

 
padme
 

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Capitolo 4
*** Flames ***


Profondamente immersi nel nostro amore, 
eravamo come due palombari ostinati, 
che risalgono alla superficie soltanto per riprendere fiato.
(Alexandre Dumas figlio - La Signora delle Camelie)
 
 
 
 
 
 
~ Flames ~
 
 
 
 
 
 
“Close your eyes, let me touch you now,
let me give you something that is real.
Close the door, leave your fears behind,
let me give you what you're giving me.”
 
 





 
Ci sono momenti in cui è fermarsi a essere impossibile.
Ma la sua pelle è così liscia, così calda, così invitante sotto le mie dita, che non posso fare a meno di percorrerla da cima a fondo con adoranti e delicate carezze, partendo dall'incavo sinuoso del collo per poi scendere lentamente lungo le clavicole e il ventre, fino a raggiungere con un fremito nervoso la curva dei fianchi, stretti e candidi come la prima neve d’inverno.
A volte indugio a lungo con la mano sopra il suo cuore, solo per poterne sentire attraverso il palmo il battito accelerato e reso frenetico da un'emozione tanto potente e intima da non aver bisogno di parole per essere descritta. Altre invece gli chiedo di stringersi a me il più forte possibile, per annullare anche l'ultimo e più doloroso residuo di distanza tra i nostri corpi, tra i nostri respiri.
È per questo che mi fa impazzire guardarlo negli occhi mentre facciamo l’amore, che mi struggo quando accenna appena a staccarsi dalla mia bocca: fin dal primo istante in cui ho potuto racchiuderlo fra le braccia, è stato il desiderio pulsante dei suoi baci di seta, di miele e di fuoco a tormentare i miei giorni, e a riempire d’ossessione le mie notti. D'altro canto, sembra che per entrambi non sia pensabile averne mai abbastanza, come se il nostro ultimo fiato sia lì ad attenderci dietro ad un angolo, e l'unico modo per sfuggirgli sia continuare disperatamente a cercare la salvezza l'uno sulle labbra dell'altro.
 
 


 


 
You are the only thing 
that makes me want to live at all.
When I am with you
there's no reason to pretend that.
When I am with you
I feel flames again.”

 
 
 




 
 
E quando, dopo aver infranto insieme ogni barriera – superato ogni limite, svelato ogni mistero –, si addormenta esausto e appagato addosso a me, la bella testa dolcemente abbandonata sul mio petto, io rimango ancora a lungo a vegliare nel buio, paralizzato dal terrore di cedere al sonno e accorgermi al mio risveglio di essermi crudelmente ingannato, e che quello che ho creduto di vivere altro non è in realtà che uno splendido ma folle miraggio.
Tuttavia, per quanto grandi siano gli sforzi con i quali, pur di non rischiare di svegliarlo, cerco di soffocare quest'angoscia, Gellert, in perfetta risonanza con la mia mente, riesce sempre a intuire il mio disagio.
Si muove allora con calma estenuante contro il mio bacino, e riprende a baciarmi, languido, appassionato, sicuro, seguendo le piccole tracce rosse che i suoi morsi roventi mi hanno già lasciato sulle spalle e sull'addome. Percorre piano il mio profilo, dalla gola fino al mento, per poi arrivare a posare ancora le labbra sulle mie – semichiuse nel gesto di una quiete apparente[1] –, che l'aspettano pazienti, arrese, imploranti. Sue.
Cerca placidamente la mia lingua, e il sogno ricomincia, un'altra volta, laddove poco prima lo abbiamo interrotto.

 
 
 


 
“Just put me inside you
I would never ever leave.
Just put me inside you
I would never ever leave you.”
 
 
 
 
 


 
{Words Count: 430}
 
 
 

 
[1] Fabrizio De André, “Il sogno di Maria”
 
 
 






Nota:
 
Buon pomeriggio, popolo di EFP!

Spero che il vostro 2019 sia cominciato nel migliore dei modi ^^
 
Il mio… beh, meglio lasciar perdere.
 
Per cercare di distrarmi, e tirarmi su un po’ il morale, non ho saputo resistere alla tentazione di riadattare ai miei due colombi diletti un vecchio capitolo della raccolta Rumbelle. Spero che mi perdoniate questo peccato puramente veniale; d’altra parte, certe cose hanno il crisma dell’universalità, ça va sans dire.

In qualsiasi caso, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate di questo quarto capitolo.
 
Grazie a chi ha aggiunto\aggiungerà la raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP, e a tutti i lettori silenziosi.

SoundtrackFlames, Vast.

Se volete farvi un giro su Lost Fantasy, sarete i benvenuti ;)
 
Alla prossima! :*
 
 

padme

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Capitolo 5
*** Ovunque ***


Oh sì, io t'amo! Io t'amo come si ama il proprio padre, 
il proprio fratello, il proprio marito! 
Io t'amo come si ama la vita, perchè tu sei per me il più bello, 
il migliore, il più grande degli esseri creati!
(Alexandre Dumas – Il Conte di Montecristo)
 
 
 
 
 
 
~ Ovunque ~
 
 
 
 
 
 
“Perché noi qui, infiniti noi,
siamo il tempo innocente
che nasce dal silenzio
del mondo intorno a noi.”
 
 





 
È notte fonda, a Godric’s Hollow.
La vecchia dimora di mia zia Bathilda è immersa da tempo in una buia quiete sospesa; persino i cigolii sinistri che pare rendano eternamente vive le sue spesse e decrepite mura si sono dimenticati per una sera di adempiere al loro scopo primario, e ogni cosa all'interno del piccolo salotto è incastonata in un silenzio perfetto e quasi irreale.
L'atmosfera è resa tiepida e confortevole dallo scoppiettio allegro del fuoco, che tinge di vibranti pennellate cremisi il vano profondo e angusto del camino.
Sediamo poco distanti, Albus adagiato sopra una logora poltrona di pelle, io accoccolato ai suoi piedi, la testa mollemente appoggiata alla sua gamba destra. I nostri visi sono appena rischiarati dalla luce tenue di una candela. Profumo di tè e rose bianche aleggia nell’aria.
Mi accarezza con delicatezza il capo, affondando languido le dita nei miei capelli, facendone fluire ciocche intere tra le falangi affusolate. Quando arriva a sfiorare la base della nuca, avverto un brivido caldo scorrermi rapido lungo la spina dorsale. Trattengo a stento un sospiro, e mi scosto un poco, assecondando pienamente il movimento sicuro e leggero della sua mano.
«Hai freddo? Devo aggiungere altra legna?» chiede d’un tratto, con una punta di malizia nella voce che nemmeno si premura di nascondere.
Decido di stare al gioco, cercando il suo sguardo e replicando alla sua imbeccata con altrettanto sarcasmo.
«Stai scherzando? Hai una vaga idea di quanto siano rigidi gli inverni in Germania? Questo per me è un clima primaverile, oserei dire quasi estivo, per cui stai tranquillo e smettila di fare la chioccia, grazie.»
Scoppia a ridere, sollevando il mento e scoprendo la gola candida, velata da un accenno di barba; ride, ride in quel suo modo aperto e sincero che non manca mai di incantare chiunque, me compreso. Ride, ride, ride e il mio cuore impazzito perde un battito, e poi un altro, e un altro ancora. Ho mai conosciuto davvero la bellezza, prima di questo momento?
«Ti manca casa tua?» domanda, ora serio, attirandomi a sé, gli occhi accesi da lampi di autentico interesse e da una scintilla di vivida, struggente, infinita dolcezza.
«Un po’» in realtà, per nulla. «Ma sai come si dice in queste circostanze, no? Casa tua non è mai veramente lontana se la porti sempre con te, nella mente e nel cuore.» E, per enfatizzare al meglio il concetto, mi indico dapprima la fronte – casa mia è qui – e poi il centro del petto – e qui.
Allarga le braccia, e io accetto l’invito e mi abbandono a lui, in lui, senza alcuna esitazione o remora; soltanto un respiro separa le nostre labbra, e le sue iridi cristalline, fisse nelle mie, sono così luminose che mi sembra di contemplare nella penombra lo sfolgorio remoto e inconoscibile di un cielo trapunto di stelle.
E io, bredhu[1], io dove sono?
Tu, rispondo, stringendogli le mani e baciandole con fervore, tu, amore mio, sei ovunque[2].

 
 
 
 


 
“Io ti ascolterò, voce di stupito sentimento,
io sarò il tuo tempo e in un momento,
con l’orgoglio di dormirti accanto…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
{Words Count: 485}
 
 
 


 

 
[1] termine darkovano, letteralmente “fratello”, ma non viene quasi mai riferito ai consanguinei, perché indica un legame ancora più profondo (mentale e non), che di solito intercorre tra un re o un principe (o comunque un nobile di alto rango) e il suo scudiero (figura tenuta in altissima considerazione, perché è colui che garantisce l’incolumità al governante, e quindi, per estensione, è come se da lui dipendesse la stabilità stessa del regno), o, ancora, tra compagni d’arme. Chiami bredhu qualcuno che è “fratello, e più che fratello”: in sostanza, questa parola indica l’essenza stessa del Patto di Sangue, inteso alla maniera darkovana (che è come lo intendo io, ma questo credo di averlo già specificato). Fate finta che sia gaelico, gallese, scozzese, quel che volete, ma lasciatemelo usare: mi sono trattenuta fino ad adesso, ma in questo caso dovevo inserirlo. E, d’altra parte, come sa chi ha familiarità con la saga di Darkover della Bradley, il darkovano – o comunque un suo particolare dialetto, il casta – deriva direttamente dall’inglese (l’assonanza tra bredhu e brother direi che è evidente).
[2] scambio di battute che avviene tra Edmond Dantés e la principessa Aidée di Gianina ne “Il Conte di Montecristo”. È sempre lei a pronunciare la frase ad inizio capitolo.
 
 
 






Nota:
 
Oh beh, finché ce n’è si va avanti, quando non ce n’è più ci si ferma. Il che, presumibilmente, avverrà presto, nel momento in cui il #PiccoloSith raggiungerà un peso specifico tale da non permettermi più di reggerlo con un braccio solo.

Cooooomunque, se vi va, fatemi sapere cosa  pensate di questo quinto capitolo.
 
Grazie a chi ha aggiunto\aggiungerà la raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP, e a tutti i lettori silenziosi.

SoundtrackInfiniti noi, Pooh.

Se volete farvi un giro su Lost Fantasy, son lì che vi aspetto ;)
 
A presto! :*
 
 

padme
 
 
 
 
N.B: sulle mani si baciano i re, eh. Capiamoci.
 
N.B.B: nessuna zia è stata maltrattata per scrivere questa flash. Bathilda è ad un convegno di Storia della Magia a Timbuctù e non è stata né schiantata, né avvelenata o altre cose poco carine.
 

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Capitolo 6
*** Ragazzo-tempesta ***


Amore, cos’hai sulle labbra? 
Tenera corolla ti distingue da me 
quel sospiro beffeggiato da crini ribelli. 
Ho perso il sonno, amore 
e la voglia di ricordare sogni. 
Hai qualcosa sulle labbra ch’è mio 
e prima o poi me lo riprendo 
con le mie labbra a morsi, amore mio.
(Megalis – Qualcosa sulle labbra)

 
 
 
 
 
 
~ Ragazzo-tempesta ~
 
 
 
 
 
 
“Burn, let it all burn
this hurricane's chasing us all underground.

No matter how many deaths that I die 
I will never forget.
No matter how many lives that I live 

I will never regret.
There is a fire inside of this heart 

and a riot about to explode into flames.
Where is your God?”
 
 





 
Nel cielo del crepuscolo – una volta oscura punteggiata da uno spolverio di stelle appena sbocciate – il viola si fonde all’azzurro e il porpora si dissolve nell’indaco. È una notte priva di luna, ma una luminescenza tenue, troppo lieve per dirsi luce di astri e troppo evanescente per appartenere alla terra, aleggia come nebbia impalpabile sul sentiero, sfumandone i contorni. Seguo senza esitazione quel baluginio effimero, a malapena consapevole del crocchiare stridulo della ghiaia sotto le suole degli stivali. Gellert, che non ha tardato a raggiungermi, cammina silenzioso e con calma misurata, circospetta quasi, a pochi passi da me.
Decido di fermarmi soltanto dopo aver raggiunto il confine del piccolo bosco che delimita la nostra proprietà, quando sento di essere abbastanza lontano dalla casa – dalla vita – che mi ha tenuto avvinghiato – soffocato – ai suoi tentacoli per l’intera giornata.
Appoggio la schiena al tronco di un vecchio olmo, il respiro corto, le palpebre serrate, gli arti rigidi, contratti, intorpiditi dal freddo pungente e dalla tensione continua, pervasiva, sfinente, accumulata tutta qui, al centro esatto del petto.
Gellert, immobile al mio fianco, mi fissa senza parlare, lo sguardo animato da uno scintillio indefinibile, inquieto e ammaliato ad un tempo.
«Sembri stanco morto. Forse non dovrei tenerti sveglio tanto a lungo, la notte» esordisce d’un tratto, con serafica compostezza, anche se il tono sfrontato della sua voce tradisce una nota preoccupata, nervosa – eppure indubbiamente, inevitabilmente, dolcemente sincera.
«Non è questo il problema, lo sai benissimo» sibilo tra i denti, esasperato, mentre l’aria comincia a crepitare attorno a noi e un rombo di tuono, oltre le cime degli alberi, infrange impetuoso l’apparente staticità della sera.
«Ehi, ehi, calmati ora. Calmati. Sarebbe uno spettacolo interessante da osservare, lo ammetto, ma non credo che scatenare un uragano sopra la valle risolverebbe la situazione.»
Perché no? Che bruci, che bruci tutto.
«E da quando in qua saresti diventato così saggio, tu?»
«Ho anch’io i miei momenti» risponde sornione, alzando con noncuranza le spalle. «Diciamo che sto imparando dal migliore, ecco.»
Sbuffo con forza, roteando gli occhi, ma non riesco comunque a impedire ad un sorriso di farsi strada a fatica sul mio volto tirato. Allento appena la presa sulla bacchetta, e il turbinio furioso del vento lentamente si placa, per poi ridursi ad un refolo innocuo pronto a disperdersi in fretta nel buio.
«Stai cercando di adularmi?» replico, e nel dirlo catturo il suo mento fra il pollice e l’indice, saggiando avido le sue labbra piene, costringendolo a schiuderle in risposta al mio tocco. «Perché se è così, sappi che ci stai riuscendo benissimo.»
Lo attiro a me con un movimento brusco, racchiudendo i suoi fianchi nella stretta urgente e salda delle mie mani. Le sue iridi – gemme d’acqua e di fuoco – sono polle trasparenti, specchi limpidi dentro i quali ritrovo, ancora una volta, me stesso. Gli sfioro piano il collo, carezzandolo con la punta del naso; solleticata dal mio fiato caldo, la sua pelle, liscia e candida come un raggio di luna sul marmo, freme e s'infiamma, si increspa, si lascia invadere e percuotere da brividi incontrollati.
«Che intenzioni hai, ragazzo-tempesta?[1]» esala ansimando, ad un soffio dalla mia bocca.
Affondo deciso le dita nei suoi capelli, obbligandolo a reclinare il capo.
Hai qualcosa sulle labbra ch'è mio e adesso me lo riprendo con le mie labbra a morsi, amore mio[2].

 
 
 
 


 
“The love we had the love we had 
we had to let it go.” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
{Words Count: 545}
 
 
 


 

 
[1] omaggio a Noruard, e al suo magnifico Kylo Ren, il quale, a tutt’oggi, rimane assolutamente imbattuto. Leggere “Ragazza-sole” per credere: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3349983&i=1
[2] se volete saperne di più su Megalis, vi lascio il link dove potrete trovare il libro dal quale è tratta questa poesia. Io l’ho conosciuta leggendo le sue fanfiction pubblicate sul sito www.larosadiversailles.ithttps://www.boopen.it/storia-dun-leggero-vento-daprile-libro-megalis/7655
 
 
 
 
 






Nota:
 
Io sono Albus Percival Wulfric Brian Silente, nato dalla tempesta… ah, no, scusate, ho sbagliato fandom XD
 
E niente, anche Albus ogni tanto ha delle giornate no, come tutti noi comuni mortali. Solo che lui, a differenza nostra, è in grado col suo potere di smuovere cielo e terra, letteralmente e non metaforicamente.
 
Gellert cerca di calmarlo non perché si preoccupa per gli ignari abitanti di Godric’s Hollow, dell’incolumità de quali gli interessa ancor meno che del sistema riproduttivo dei doxy, ma per il semplice fatto che, nei confronti di Albus, ha più insicurezze che certezze: nel senso che sa perfettamente (anche se non lo ammetterà mai, nemmeno a se stesso) che Albus è più potente di lui. Soprattutto, non è per nulla sicuro che il maggiore fra i Silente si tratterebbe davvero dall’incenerirlo, se dovesse perdere effettivamente il controllo (N.B: Albus non perderebbe mai totalmente il controllo, sia chiaro, ma Gellert, ribadisco, non ne è sicuro al 100%, perché lui, invece, il controllo lo perderebbe eccome. Ricordate: più me di me stesso – l’immedesimazione è sempre reciproca; non so se riesco a spiegarmi bene ^^’ Uffa, quanto sono complicati questi due). È inoltre consapevole che in uno scontro diretto le sue possibilità di batterlo – o comunque di riuscire ad arginare il suo potere – non sarebbero poi così alte. E siccome Gellert non è né stupido né tantomeno pazzo (e ci tiene parecchio alla sua pellaccia), cerca in qualche modo di evitare che la situazione degeneri. Almeno fino a quando non vorrà che degeneri.

Al solito, se vi va, fatemi sapere cosa pensate di questo sesto capitolo.
 
Grazie a chi ha già recensito e a chi ha aggiunto\aggiungerà la raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP, e a tutti i lettori silenziosi.

SoundtrackHurricane, Thirty seconds to mars.

Vi aspetto su Lost Fantasy (ormai sarete stufi di sentirvelo ripetere) ;)
 
Il prossimo è l’ultimo, eh!
 
A presto! :*
 
 

padme

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Capitolo 7
*** Sleeping Sun ***


Joy, che vorrebbe sapere cosa vede Grindelwald nello Specchio delle Brame.
 
 
 
 
 
 
 
Avevamo trovato le stelle, tu ed io. 
E questo capita una volta sola nella vita.
(André Aciman - Chiamami col tuo nome)

 
 
 

 
 
 
~  Sleeping Sun ~
 
 
 
 
 

 
 
 
 
I wish for this night-time 
to last for a lifetime, 
the darkness around me 
shores of a solar sea.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dove sei stato fino ad ora?
Se fossi sveglio poggeresti sicuro la mano sul mio petto, sussurrando piano «Sono sempre stato qui.»
E avresti ragione, naturalmente.
Tu sei parte della mia vita, parte di me stesso. In un modo o nell’altro, ci sei sempre stato. Ancora prima di incontrarti, respiravi tra le pagine dei libri che ho letto e amato, negli incantesimi con cui ho imparato a piegare la realtà, nelle formule attraverso le quali il mistero del mondo si è svelato ai miei occhi acuti, ingordi di conoscenza. Eri già nel candore abbagliante della neve, negli eterni sospiri dei ghiacciai, nell’aurora boreale che, fedele compagna, ha dipinto di sogni e illusioni le mie solitarie notti scandinave.
Se mi guardo attorno, tutto mi conduce a te: sei nel riverbero del sole che filtra dai vetri al tramonto, nello scrosciare della pioggia che batte lieve sul tetto, nel canto delle Orionidi che risuona sommesso in queste fredde sere d’autunno. Sei nel sangue che scorre feroce e impetuoso sotto la pelle, nel desiderio che strozza la gola e scuote le ossa, nel fuoco che brucia le vene e fa tremare i polsi e il cuore. Sei nel fiume, nelle vele delle navi, nell’aria, nelle nuvole, nella luce, nel buio, nel vento, nei boschi, nel mare, nelle strade. Sino all'ultima ora della mia vita, non potrai non rimanere parte della mia natura, parte di quel po' di bene che è in me, parte del male[1].
Al mattino, davanti allo specchio, non è la mia immagine a essermi restituita, ma la tua[2], vivida d’inestinguibile ardore. Tu, il mio riflesso perfetto, la sfumatura diversa in un identico cielo, il primo che ha colto il tormento, l’ombra cupa in fondo al mio sguardo, l’unico che ha riconosciuto – accettato, abbracciato – i demoni che mi artigliano l’anima. Tu, che sei più me di quanto non sia mai stato io. Qualunque cosa il destino abbia in serbo per noi, tu sei e rimarrai sempre, anche dopo che ogni scelta nella vita ci avrà cambiati, mio fratello, mio amico, mio padre, mio figlio, mio marito, il mio amante, me stesso[3].
Adesso, però, non è il momento di pensare al futuro, per quanto incerto e nebuloso esso sia; adesso siamo insieme, adesso tu sei qui. Dormi tranquillo accanto a me, le labbra appena schiuse – gonfie e umide e rosse per i baci che hai dato e che non hai esitato a prenderti –, la bella fronte distesa nella quiete del riposo. Tuttavia, ti conosco tanto profondamente da non lasciarmi ingannare dall'apparente pace che leviga i tuoi tratti: il peso che ti grava sulle spalle non ti abbandona mai, nemmeno nel sonno, e io lo so, lo so bene. Ma anche così, addormentato e vulnerabile, risplendi nella penombra come una fiamma fulgida e guizzante.
Mi avvicino e ti stringo fra le braccia, mentre sfioro delicatamente i tuoi capelli con un bacio devoto; ti scosto dal viso una ciocca ribelle, e intreccio le mie gambe alle tue, assecondando il bisogno ineludibile, straziante, dolcissimo, di sentirti ancora più vicino, ancora più vivo, ancora più mio.
Quando le distanze si annullano, svanisce anche la paura.
Da una leggera pressione intorno ai fianchi capisco di non essere più il solo a vegliare in silenzio.
«Scusa, non volevo svegliarti.»
«Credi che mi dispiaccia?»
Il tuo respiro sul mio collo.
Il tuo profumo 
 il tuo sapore  addosso, dentro.
Cerco con la bocca la tua bocca.
«Credi che a me dispiaccia?»
Se l’Amore avesse un nome, sarebbe il tuo.
Albus Albus Albus


 
 


 
Oh how I wish to go
down with the sun, 

sleeping,
weeping
with you.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
{Words Count: 580}
 
 
 


 

 
[1] Charles Dickens, Grandi Speranze.
[2] lo Specchio delle Brame, per quanto peculiare, sempre specchio rimane, e in questo senso nel film la metafora è talmente evidente da risultare quasi banale.
[3] André Aciman, Chiamami col tuo nomeDovevo inserirla, o l’intera raccolta non avrebbe avuto senso. 
 
 
 
 






Nota:
 
Per usare le parole di un certo trailer uscito di recente “la fine è parte del viaggio”.
 
Sinceramente, non credevo nemmeno che ad Interlude sarebbero seguite altre flash, per cui già il fatto di essere arrivata a 7 – numero che nella saga ha molteplici significati – costituisce un piccolo miracolo. Tuttavia, chi mi conosce sa bene quanto io sia allergica ai progetti infiniti e, comunque, non c’è niente che mi metta più ansia della spunta “in corso” su una storia. E allora sì, è giunto il momento di chiudere il cerchio (nel primo capitolo, se ricordate, è Albus a svegliare Gellert, e mi è sembrato quindi giusto che nell’ultimo fosse invece Gellert a svegliare Albus), tirare un grande respiro e mettere la parola FINE a questa raccolta.
 
Sono però ragionevolmente convinta che mi rivedrete ancora da queste parti… non è facile liberarsi di questi due, una volta che ti entrano nella testa. Non si tratta dunque di un addio, ma di un (quasi) certo arrivederci.

Ringrazio ancora e come sempre chi ha seguito, supportato e sopportato “He’s more myself than I am” fin dall’inizio, chi ha recensito e vorrà recensire da qui in avanti, e chi ha aggiunto o aggiungerà questa raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP. Ringrazio tutti coloro che hanno letto e leggeranno in silenzio, nella speranza magari di conoscere prima o poi il loro parere.
 
Un grazie particolare va chi ha colto il senso profondo di questo progetto, ciò che ha significato per me e, soprattutto, per Albus e Gellert: arrivata a questo punto, non posso fare a meno di considerare entrambi un po’ miei (nell’impronta che io ho dato loro, naturalmente, che altro non è che una mia interpretazione personale, niente di più e niente di meno).
 
Ma smettiamola qui, che non son brava con i saluti. 

SoundtrackSleeping sun, Nightwish.


Mi trovate, se vi va, su Lost Fantasy :)
 
A presto allora!

Un bacio e un abbraccio grande :*



padme



N.B: ricordo che, come ogni storia che si rispetti (?), anche questa ha un suo spin-off, "E il cuore ci sussulta di sangue", leggermente più lungo e un pochettino più rosso (giudicate voi) rispetto ai capitoli dell'opera (??) principale.

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