Raccolta OS - Io e te 3

di Yellow Daffodil
(/viewuser.php?uid=107694)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** OS 1 - Scienza e religione ***
Capitolo 2: *** OS 2 - Mac... chiedi a Cortana! ***
Capitolo 3: *** OS 3 - I'll do it my way ***
Capitolo 4: *** OS 4 - Niente di che ***
Capitolo 5: *** OS 5 - Il bello e le bestie ***
Capitolo 6: *** OS 6 - Il tradimento della Belladonna ***
Capitolo 7: *** OS 7 - Hallelujah ***
Capitolo 8: *** OS 8 - Cara amica ***



Capitolo 1
*** OS 1 - Scienza e religione ***


OS 1 - Scienza e religione

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




ATTENZIONE
Questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
o qui  https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1
In particolare, questa è la prima della serie di OS e si colloca, temporalmente, dopo il capitolo 14 di "Io e te 3".

.


OS 1

Scienza e religione

.


“It certainly is a puzzle.” He turned back to the broken road.


“But sometimes to find the answer, you have to take a leap of faith.”

― Dianna Hardy, Summer's End

.

.

.

A mezzogiorno si sentono i rintocchi delle campane arrivare dalla chiesa giù in paese e io, come d'abitudine, mi sporgo dal balcone per ascoltare. Chiudo gli occhi: mi godo i raggi del sole caldo sulla pelle, l'arietta primaverile, profumata di mare e margherite, e il pensiero che accompagna questo momento.

Immagino quando le campane suoneranno per me e Alessandro, fra quattro giorni, e ci uniranno in matrimonio. Sarà il momento più bello della mia vita, anche se, onestamente, ancora non ci credo. Non mi sembra vero.

"Ah, eccoti qua." mi distrae qualcuno, materializzandosi alle mie spalle.

È proprio lui. Il mio quasi marito, che viene a cercarmi ogni dieci minuti, se non mi vede nei paraggi.

Il mio quasi marito... è così strano da pensare.

Purtroppo, però, balconi di villa Magna sono minuscoli. Esistono prettamente a scopo decorativo, come espositori di gerani e decorazioni architettoniche mozzafiato, infatti ci sto a malapena io, che sono gracile e filiforme. Figuriamoci se uscisse pure lui! Non ci staremmo e come minimo uno di noi cadrebbe di basso.

Dunque Alessandro mi mette le mani sui fianchi e mi tira verso di sé, per farmi rientrare. Prima che io possa dire qualsiasi cosa sullo spavento che mi ha appena fatto prendere e su quanto abbia disturbato il mio momento di contemplazione, lui mi chiude la bocca con un bacio e mi mette  una mano sulla schiena per tenermi ben stretta.

Sento le sue dita allo stesso modo in cui sentivo i raggi del sole: calde, protettive, impossibili da staccare, se non spostandomi con una spinta. Vorrei dire lo stesso delle sue labbra e del profumo di margherite, ma invece puzza intensamente di peperoni, ed è quello che mi obbliga a staccarmi.

"Bleah! Che ti sei mangiato?" 

Alessandro sorride colpevole: "Ile e Patrizia sono in cucina a preparare per il pranzo e io ho fatto un mini antipasto."

"Con i peperoni?"

"Quelli gialli, non cotti, chiudono i pori della pelle e stimolano la diuresi. Infatti-" si entusiasma, mostrandomi la mano che finora aveva nascosto dietro la schiena. "Te ne ho portato un pezzo."

Mi esce un'espressione molto tirata: "Grazie, amore."

Prendo l'ortaggio tra l'indice e il pollice e sento già il mio stomaco urlare.

"Che c'è? Non ti va?" domanda Alessandro. "Oppure ti dà la nausea? Non è che per caso..." 

Gli occhi color zaffiro del mio fidanzato volano verso il mio ventre, speranzosi, agitati e curiosi.

Gli mostro un'espressione seccata: per quanto mi dispiaccia dirlo, è decisamente tardo. E in alcuni casi addirittura fastidioso.

Finalmente se ne accorge e cambia radicalmente faccia: "Oh, scusa!"

Non so se lo faccia apposta, o se sia inconsciamente così indelicato, in ogni caso io ho accusato il colpo. Il mio buon umore è ormai andato a farsi friggere, così mi volto di spalle sospirando, tornando a fissare la luce del sole che filtra dal balcone, stavolta con malinconia.

Non posso passare cinque minuti di felicità, senza che torni questo pensiero a farmi visita. O me lo ricorda Alessandro con la sua ingenuità, o vedo Cris e il suo pancione stratosferico, oppure mi passano davanti quelle tre pesti correndo e urlando e io... be', ci penso.

Penso al fatto che sono sterile e che di bambini, molto probabilmente, non ne avrò mai.

L'ho scoperto abbastanza recentemente, ma era svariato tempo che lo sospettavo... chissà, forse perché ormai il mio lavoro fa sempre parte della mia vita, o forse perché, semplicemente, una donna queste cose le sente. Quindi ho fatto i test, segretamente, e ho ricevuto la notizia. Per un po' l'ho tenuto solo per me, ma poi non ce l'ho più fatta.

Alessandro come l'ha presa?

Non lo so, mi sta ancora fissando la pancia.

"Non accadrà un miracolo, mi dispiace." lo stronco, mettendo in bocca il pezzo di peperone e masticandolo nervosamente. "Ne abbiamo già parlato."

Lui percepisce subito il drastico cambio di umore e cerca di recuperare la situazione: "Dai, amore, scherzavo. Stavo solo sperando in un miracolo."

Appunto.

Ancora più depressa, abbasso lo sguardo e fisso il tappeto persiano del soggiorno. 

Io, ad essere onesta, non sono sconvolta dalla mia condizione. Ma lui sì. E non lo vuole dare a vedere, ma io so che nel profondo del cuore ne soffre come non mai. Alessandro voleva una famiglia; era la sua massima aspirazione nella vita, dopo la scoperta della crema anti pori perfetta.

"Ehi..." posa il pollice sotto il mio mento e mi alza il viso. "Scusami, non volevo farti stare male."

"Mi sembrava di averti detto che se continui così, non fai altro che farmi sentire in colpa, quindi perché continui?"

"Non lo faccio apposta."

"Ma lo fai."

Quando gli ho dato la notizia, avrei di gran lunga preferito scappare e non farmi vedere mai più. È successo circa sei mesi fa e sebbene per me non fosse una tragedia, ho pensato a lui e a quanto desiderasse un figlio. Sapere di non poterglielo dare mi ha inizialmente spaventato a morte; avevo paura di averlo deluso e che non volesse più continuare a stare con me.

Lo so che non dovrei affatto sentirmi in colpa per ciò che mi è capitato, dopotutto è umanamente possibile e io stessa un figlio non avrei saputo se volerlo o meno, ma così... così è tutto più complicato. Temo che la gente mi veda diversamente, che mi compatisca, che mi pensi in difetto. Temo che quando lo sapranno i miei amici, l'affronteranno come una tragedia. Temo che quando lo sapranno i miei suoceri, mi ripudieranno. Temo che Alessandro prima o poi lo dirà a qualcuno, e poi mi lascerà.

Non ascoltare gli altri, dicono... sì, ma non è facile. Non è affatto facile, se sei Gloria Ferrucci e hai passato buona parte della tua vita temendo l'opinione altrui.

"Perché tu sei la donna della mia vita e pensarti incinta mi farebbe salire al settimo cielo." si giustifica Alessandro, sfoderando le solite frasone. "Quindi lo desidererò per sempre e continuerò a sperare in un miracolo, ma allo stesso tempo sono comunque felice, Glo." afferma, avvicinandosi ancora di più al mio volto. "Sono felice."

Non lo so, non lo so davvero.

Io sono una persona insicura. Brava, intelligente, educata, ma insicura. Quando si parla delle relazioni con gli altri, do davvero il peggio di me e non so mai come comportarmi. Certo, questo lato del mio carattere era molto più forte un tempo, poi è arrivato Alessandro e mi ha aiutato a smussarlo, a credere in me stessa. Ma il punto è che credo altrettanto fortemente che non cambiamo mai.

Quando succedono questo tipo di cose, poi, ne ho proprio la conferma. Quando c'è un cambio di piani, o un evento negativo, quella parte di me riaffiora, perché, fondamentalmente, non se ne va mai per davvero. Io sono così e, sebbene sia riuscita a migliorare tantissimo, non sarò mai troppo diversa da come sono stata creata.

Essere sterile fa parte di me, lo sento. In fondo, non ho mai desiderato bambini, o sentirmi mamma. Però questo mi fa essere terribilmente diversa dalla maggior parte delle persone, e in particolare proprio da quella con cui mi sto per sposare. Lui sogna in grande, io in piccolo, lui vuole una famiglia, io non posso averla, lui crede nel matrimonio, io no.

Ok quella del matrimonio è un'ulteriore faccenda che va ad aggiungersi allo scoraggiamento attuale, ma non fraintendetemi; sono al settimo cielo per il fatto che di qui a poco mi sposerò.

Quello che voglio dire è che per me è un contratto come un altro, una cerimonia come un'altra. Certo, sarò nervosissima e tesissima e poi contentissima, nel fatidico giorno, ma se ho acconsentito a farlo, è solo per lui. Di base, non sarei fatta per queste cose, perché non mi accontento delle conferme convenzionali e perché le vere conferme me le devo cercare da sola, in altri modi e in molto tempo. E possibilmente con metodi scientifici.

Eppure... eppure non potevo dire ciò ad Alessandro e smontargli l'eccitazione per il matrimonio. Ho acconsentito, e l'ho fatto volentieri, perché farei qualsiasi cosa per lui. Quanto amo questo ragazzo nessuno potrà mai quantificarlo davvero, anche se... è vero, ho sempre paura che possa finire. E non perché non mi fidi di lui o di me stessa, no, ma perché, semplicemente, ho paura.

Sono fatta così. Sono insicura. Anche sulle sicurezze della vita. Da sempre.

"Senti." dice, spingendomi con l'anca contro una colonna del soggiorno. "Ti ricordi quando abbiamo fatto l'amore sul vestito di mamma?"

"Ah-ha." annuisco, leggermente preoccupata dalle sue azioni.

Alessandro ha infilato le mani sotto la mia maglietta e continua a premere contro il mio bacino. Qui, nel salotto della villa.

"Amore, c'è gente in giro..."

"Ma sì." fa spallucce. "È stato epico quella volta, ti ricordi? Ti ricordi il rumore delle molle del letto e mamma e papà ospiti nella stanza a fianco? E quando ci siamo accorti della macchia e abbiamo tentato di tirarla via con l'intruglio di detersivi che avevi creato?"

"Era una miscela omogenea di solventi."

"È stato come nel film di Mister Bean dove lui cancella la testa della tipa nel quadro."

"La madre di Whistler."

"No, Mister Bean."

"Il quadro, amore. Il quadro è La madre di Whistler."   

"Ah. Comunque, anche se faceva ribrezzo e puzzava di vecchio, vederti quel vestito addosso è stato uno dei momenti più eccitanti della mia vita."

"Ti ecciti con poco."

"Non dire sciocchezze." dice, continuando ad accarezzarmi la schiena. "Se non fossi stato così preso, come minimo mi sarei ricordato di mettere il preservativo. E se tu non fossi stata così presa..."

"Te l'avrei ricordato, ok. E con questo?" sfiato, controllando che non arrivi nessuno. 

"Con questo..." con la sua guancia, sposta il mio volto e poi lo fa arrivare a mezzo centimetro dal suo. "Intendo dire che abbiamo fatto l'amore senza protezioni sul vestito di nozze di mia madre ed è stata una mezza cazzata, ma in realtà anche no. Mi fai perdere la testa e non mi importa di niente quando sto con te, ok? Ed è lo stesso anche per te, ammettilo. Tu puoi abbandonarti a me, ti puoi fidare, ogni volta che vuoi. Sempre."

"Non è che non mi fido..."

Alessandro mi bacia di nuovo, appassionatamente e si insinua attorno alle mie forme con bramosia. So perché lo sta facendo: percepisce il mio momento di sconforto e cerca in tutti i modi, con tutti i mezzi che ha, di farmi stare meglio.

È così semplice e ingenuo, ma se non ci fosse lui, sarei persa.

Termina il suo bacio con un'affermazione: "Se dopo quella volta del vestito fossi rimasta incinta, ne sarei stato felice. Se non fossi rimasta incinta, idem. Se non rimarrai mai incinta, idem con patate. Io ti sto per sposare, Glo. Chissenefrega del resto."

Lascio perdere il monitoraggio della zona e lo fisso negli occhi, così vicini ai miei che sicuramente sto per diventare strabica: "Lo so."

Lui evidentemente nota il buffo sforzo delle mie pupille, così fa una mezza risata e mi sfila gli occhiali da vista.

È un gesto che mi fa sciogliere ogni volta. 

Mio Dio... lui mi fa sciogliere ogni volta.

"Ma non sei mai sicura di me."

"No! Non di te..."

"Glo..." non demorde affatto e continua a rassicurarmi, con la semplicità e la spensieratezza che lo caratterizzano. Ho sempre invidiato questo aspetto di lui: ho sempre voluto essere così spontanea, così non curante degli altri e allo stesso tempo una persona che sa piacere. Bella fuori e bella dentro... una persona al cento per cento se stessa.

"Io voglio solo sposarti, te lo giuro, e desidero il meglio con te e per te. A questo punto che altro devo fare perché tu mi creda? Non sono solo le battute sull'essere incinta... c'è dell'altro, no?"

Sospiro, ansiosa, e fisso i miei occhiali posati sul tavolo.

Sì, c'è sempre stato dell'altro. Con Alessandro, sempre.

Quando andavo a scuola, passavo gran parte del tempo sul mio banco in prima fila. Avevo il naso così tanto ficcato nei libri per non dovermi guardare attorno, perché avevo paura di tutto e tutti, perché mi sentivo inadeguata. Non avevo gravi traumi familiari alle spalle, anzi, la mia famiglia è sempre stata un'ottima famiglia, ma i miei incubi peggiori avevano luogo proprio tra le mura scolastiche, dove subivo spesso atti di bullismo.

Per carità; nessuno mi aveva mai messo la testa nel water o rubato la merenda, per fortuna, però venivo costantemente trattata come la pecora nera della classe. Le bambine si voltavano al mio passaggio per ridacchiare, i bambini mi consideravano la più brutta e si schifavano di aver a che fare con me. Ero troppo secchiona e quattrocchi per piacere e troppo timida e silenziosa per trovare un'amichetta. Insomma, ero la classica sfigata, perché sì... perché lo sembravo e perché faceva comodo averne una. 

I miei compagni si dividevano in esclusivi club e puntualmente mi escludevano, non venivo invitata alle feste di compleanno e le mie giornate di scuola erano solo... giornate di scuola.

Alle medie è stato più o meno lo stesso, solo che mi ero abituata, ormai. Ero partita direttamente con la consapevolezza che non mi sarei trovata bene e quindi fu un po' più sopportabile. Continuavo a non avere amici, ma almeno diventavo sempre più brava in tutte le materie e avevo deciso di dare tutta me stessa per avere la media più alta della scuola.

Non era l'attività più divertente del mondo, certo... ma almeno mi distraeva. E mi dava qualche soddisfazione.

Così cominciai il liceo che ero Gloria il super genio e quando lo finii, presi un bel cento e lode. Coltivare la passione dello studio mi è indubbiamente servito e ha fatto di me la persona che sono, però nel frattempo, in quei cinque anni, è successo qualcosa che non mi sarei mai e poi mai aspettata in tutta la vita.

Ormai mi ero davvero conformata all'immagine che i bulletti avevano creato di me: brutta, sfigata, nerd, sola. E per il primo anno di liceo ero talmente convinta di esserlo che nemmeno mi sforzavo di interagire con i miei compagni. Tanto, a che sarebbe servito?

Poi conobbi alcune ragazze, Cristiana, Federica, Marinella e Ilenia, che mi fecero sentire per la prima volta parte di un gruppo. Era bello, ma era comunque difficile non pensare che fossimo amiche perché eravamo nella stessa classe e, bene o male, ci si dava una mano a vicenda. Ero alle superiori, dopotutto, sapevo che ci poteva essere la possibilità di crescere un po', ma ero comunque sempre troppo intimorita per lasciarmi andare con loro, per partecipare alle feste dove c'erano anche dei ragazzi, o semplicemente parlare di ragazzi.

E quando un giorno una di loro mi disse che era evidente che piacessi ad Alessandro Magno, io scoppiai letteralmente a ridere come un'isterica.

Non era umanamente possibile, dovevano aver avuto delle allucinazioni, o si guardavano troppi telefilm, perché non poteva essere vero che il più bello della classe, e quasi della scuola, fosse interessato a me.

Loro dicevano di sì, d'altronde loro si leggevano tutte le fanfiction esistenti sullo stronzo di turno che ama la sfigata di turno, ma io non ci potevo credere. Non capite, per me era come scienza vs religione, dove io ero la scienza e le loro opinioni la religione. 

Alessandro Magno era il ragazzo più quotato della scuola, dopo Lionel Sanchez. Era stato rappresentante della classe, e poi dell'istituto, era in prima pagina sui giornalini di Eva e, come se non bastasse, si era pure messo assieme a Vacca.

Cioè, a Veronica.

Che poi ci stesse davvero, o solo per sport, questo non l'avevo mai capito, ma ehi... chi ero io per essere anche solo messa sullo stesso piano di Veronica Rinaldi? Lei era la più ricca, la più social e la più alla moda della classe. Dava feste a cui la gente avrebbe pagato un rene per partecipare e, anche se non era uno schianto, era comunque molto più gradevole di me, che al contrario ero sempre stata uno stecco pallido e occhialuto.

Come un ghiacciolo Liuk con gli occhiali da vista, pensate che bello spettacolo.

Però le mie amiche erano sempre più insistenti e io, di rimando, sempre più sfuggevole a loro e allo stesso Alessandro. 

Con lui non c'era mai stato rapporto, almeno dal mio punto di vista. Si era sempre dimostrato un ragazzo sicuro di sé, uno che faceva esattamente quello che pensava, e a causa di ciò anche piuttosto antipatico e superficiale. Proprio per questo non mi stupivo quando a volte non mi calcolava e altre volte, invece, prendeva le mie difese come se fossimo stati amici da una vita. Pensavo che lo facesse più per dare fastidio a Vacca che altro, o semplicemente perché preda delle sue tipiche manie di grandezza. 

E invece c'era dell'altro. C'era dell'altro oltre a quello che vedevo, ma non solo di lui, anche di me.

Quanto a lui, c'era qualcosa di nascosto sotto tutta quella autostima, ed era semplice spontaneità. Alessandro era così perché era così, si comportava esattamente nel modo in cui gli veniva naturale comportarsi, e solo anni dopo avrei capito che piacere a se stessi non è un difetto, ma una fortuna. Magno non era un ragazzo antipatico, solo fortunato. Molto fortunato.

Quanto a me, non riuscivo a convincermi di poter essere apprezzata da qualcuno, non sapevo che mentre io tenevo gli occhi puntati sui libri, qualcuno li tenesse puntati su me, non ritenevo che essere timidi e chiusi avesse anche dei lati positivi. Pensavo di essere sbagliata e di non potermi fidare di nessuno che dicesse il contrario; soprattutto se questo qualcuno era Alessandro, bello e impossibile, Magno. 

Ma dovetti ricredermi.

Ho fatto una fatica terribile a lasciare che lui entrasse nella mia vita, ma piano piano ci è riuscito... e ha cambiato tutto. Dal momento in cui ha ammesso davanti a un microfono che io, proprio io, Gloria Ferrucci, potevo fidarmi di lui, a quando si è inginocchiato di fronte a me chiedendomi di sposarlo (be', la seconda volta, non la prima, perché la prima è andata male), è stato la persona più importante di tutta la mia vita.

Mi ha dato la sicurezza per mandare a quel paese i bambini idioti che mi prendevano in giro, mi ha permesso di credere in me stessa e ha aperto il mio cuore di fronte a un sentimento che non avrei mai creduto di poter provare: l'amore.

Una delle classiche fanfiction dove lo stronzo di turno ama la sfigata di turno? Non lo sapremo mai con certezza.

Come dicevo prima, siamo quello che siamo, indipendentemente dalle esperienze che facciamo e dalle persone che incontriamo. E soprattutto alla luce delle esperienze e delle persone che fanno parte della mia vita, avrò sempre paura. Avrò sempre paura di perderle, di deluderle, di non essere adeguata, di non essere abbastanza. Avrò paura di tornare la Gloria bambina circondata da gente che non l'apprezza. 

Ecco cos'altro c'è oltre a Gloria.

"C'è che ho sempre avuto la sensazione di non meritarti." snocciolo infine, guardando Alessandro e vedendolo sfocato. "Non so perché... o forse sì, perché tu sei tu e io sono io. E ogni volta che succede qualcosa di bello, non mi sembra vero, e ogni volta che succede qualcosa di brutto, ho paura che sia finita."

Alessandro ride e annuisce, ma non parla. Ho detto qualcosa con cui è d'accordo. Forse pensa esattamente lo stesso di me.

"Sai come la chiamo io questa?" rilancia dopo un po', quasi con allegria.

"Come?"

"Ansia da matrimonio."

"Ah sì?"

"Già."

Incrocio le braccia: "Quindi io soffro perennemente di ansia da matrimonio?"

"Può darsi." è il parere dell'esperto. "Ed è anche per questo che ti amo. Non cambiare mai, Glo."

Alessandro afferra delicatamente i miei occhiali da vista e me li rimette addosso, aggiustandoli sul mio naso. E io torno a vederci, a vederlo, nitido.

Alla fine, gli vado bene così.

Gli vado bene insicura, impaurita e sterile. Gli vado bene anche se sono una nerd quattrocchi, anche se non sono la popolare Vacca, anche se non posso dargli quello che vuole di più al mondo e dubito di tutto. 

Io non vedo l'ora di sposare quest'uomo... e sì, sarà anche solo una firma che non placherà le mie paure, però almeno avremo fatto un altro passo insieme nel percorso della vita. E chi potrà mai prevedere il futuro? Chi potrà sapere se un domani vorrò provare a risolvere il mio problema, se sentirò il bisogno di diventare mamma, o se, magari, adotteremo un pargoletto.

Dal mio passato almeno una cosa l'ho imparata: non si deve mai dare nulla e nessuno per scontato, men che meno sé stessi. E anche se non cambieremo mai, possiamo sempre trovare qualcosa o qualcuno che ci faccia sentire felici di come siamo.

Non cambiare mai, Glo.

Sono forse le parole più belle che mi abbiano mai detto.

"Scusate se interrompo il vostro scambio di sguardi arrapati, ma noi saremmo qui da cinque minuti."

Chi ci ha così brutalmente interrotti è Marinella Argenti, la nostra testimone di nozze.

Date queste premesse, è difficile credere che possiamo aver scelto proprio lei per salvaguardare la nostra unione civile e religiosa, eppure eccola qui.

Nessuno sarebbe stato più adatto per il ruolo. In un certo senso, è anche merito suo se ora stiamo per sposarci, dato che è stata un cupido non da poco, ai tempi in cui ancora cercavo prove scientifiche per le sue fantasie amorose su me e Magno. Forse lei è la persona che più al mondo si lascia coinvolgere dalle relazioni: le sue, quelle degli altri, quelle inventate,... tutte.

Marinella è assurda. Ma è anche una delle prime, e delle poche, che abbia mai considerato una vera amica.

"Volevo parlarvi di una questione seria. Possiamo farlo ora, oppure...?" ci indica, si sofferma sulla mia maglietta mezza alzata e poi inclina la testa con fare allusivo.

Alessandro si passa una mano tra i capelli, che riflettono la luce facendolo sembrare ancora più biondo: "Nelli, tu non disturbi mai. Io e Glo ci stavamo solo godendo uno degli ultimi momenti pre-matrimonio."

"Magno, è una vita che vi godete momenti pre-matrimonio." ribatte lei, maliziosa, e si mettono tutti a ridere. Tuttavia io mi sento in imbarazzo e sviando lo sguardo, mi accorgo che Nelli non è sola.

"Questo è Sayid." presenta il ragazzo ad Alessandro, che non l'ha ancora conosciuto, e si stringono la mano.

Con me tale Sayid ha già scambiato i convenevoli questa mattina, quando me lo sono ritrovato inaspettatamente davanti alla villa, ma si ripresenta comunque e mi dà un'ennesima conferma scientifica sul fatto che, come tizio, non mi piace per nulla.

Non capisco che sia venuto a fare qui, quale senso abbia partire da New York per recuperare un'ex di cui non te ne è fregato nulla per un mese, che ora si trova in Italia, a un matrimonio di amici. Non riesco a trovare una logica dietro la sua presenza e quando io non trovo una logica, molto spesso, effettivamente, non c'è. O c'è dell'altro.

Sayid ci sta guardando con fare speranzoso, le mani unite in grembo e una postura tutto sommato composta. Nonostante la mia diffidenza, non posso negare che sia un ragazzo piacevole alla vista e sicuramente molto profumato.

È tutto il contrario di Nelli... e non perché lei puzzi, ma perché, in genere, composta non è uno degli aggettivi che useresti per descrivere la mia amica. Se Sayid sembra quasi rappresentare la calma e il controllo sulla situazione, a confronto Marinella dà una leggera sensazione di caos e apocalisse.

Marinella sta per dire qualcosa e illuminarci sul perché della loro presenza, ma Sayid la precede: "Potrei fermarmi qui alla villa e partecipare al vostro matrimonio?"

Come, prego?

La prima che fisso allibita è Nelli, la quale a sua volta è rimasta interdetta dalla prontezza di Sayid, ma, effettivamente, non mi sembra così sconvolta.

Scusate, che cosa sta succedendo? Nelli dovrebbe essere oltraggiata dalla richiesta di Sayid. È il suo ex fidanzato che l'ha trattata malissimo, che l'ha mollata da sola e in difficoltà a New York e che ora si ripresenta senza il minimo preavviso pretendendo di rientrare nei fatti suoi!

"Certo che puoi restare."

Il mio quasi marito, come vi dicevo, alle volte è proprio tardo, e parla a caso. 

"Amore!" gli do un pizzicotto dietro alla coscia, ma lui non ne capisce il motivo, e mi guarda smarrito, e anche un po' risentito.

Oh, Alessandro!

Sicuramente non ha effettuato un minimo di ragionamento prima di acconsentire alla proposta di Sayid, ma non si sta rendendo conto di che cosa significherebbe.

"Un momento, scusate, fermiamoci e pensiamo." mi faccio avanti allargando le mani e cercando di prendere il controllo della situazione. "Nelli, tu sei d'accordo con tutto ciò?"

"Vi volevo spiegare." annuncia, lanciando un'occhiataccia a Sayid. "Io e Sayid ci siamo chiariti. Glo, credimi, tra noi è tutto a posto e siamo amici, ora. Semplicemente Sayid non ha pianificato come tornare a casa e quindi dato che è qui, gli ho proposto di restare per il matrimonio."

"Tu l'hai proposto a lui."

"Esatto."

E Mattia? Vorrei chiederle impanicata, ma non credo che sarebbe molto carino.

Cerco comunque di riformulare: "Marinella, forse non è la soluzione ideale per voi due..."

"Gloria." Sayid si schiarisce la voce e mi interrompe, gentilmente, assicurandosi, con uno sguardo di scuse, di non passare per un maleducato. "Non vorrei dare fastidio. Io posso tornare a casa. Volevo solo avere tempo per parlare con Marinella e sistemare la situazione, di persona. Però capisco che il posto è vostro ed è il vostro matrimonio. Non voglio disturbare."

"Ma non disturbi!" si anima Alessandro, il quale probabilmente continua a concepire villa Magna come un hotel di cui lui è il gestore, dato che potrebbe essere la sua futura occupazione.

Il che rappresenta un problema non da poco, perché Alessandro, con la sua benedetta ingenuità, sta mettendo a repentaglio tutti i piani. Tutti! Non possiamo accettare che Sayid resti.

"Amore, non credi che forse potrebbe aggiungersi solo carne al fuoco?" gli domando, facendogli l'occhiolino di nascosto agli altri due. Poi torno a rivolgermi a Sayid come fosse un bambino da istruire: "Voglio dire, nulla di personale, Sayid, ma io e Alessandro ci sposiamo anche per provare ai miei suoceri che possono passarci la proprietà di villa Magna, così mio marito avrà un lavoro. Ci sono già state svariate complicazioni, la fiducia dei signori Magno vacilla molto e non vorremmo che con l'aggiunta di un altro ospite il lavoro aumentasse. Sai com'è, già stiamo cercando di risistemare il giardino per poter ospitare gli invitati, abbiamo dovuto improvvisare un po' di situazioni e..."

"Oh, ma io potrei aiutarvi." se ne esce lui.

Senza sapere, ovviamente, che il suo aiuto non lo vogliamo.

Ma continua imperterrito e convinto di poter dare qualche valore aggiunto al nostro gruppo: "Ce l'avete già un... come si chiama, Nelli? Un entertainer?"

"Un intrattenitore?" mi acciglio.

Alessandro ride: "C'è Diego."

"Io posso cantare." specifica Sayid. "Canto sempre ai matrimoni dei miei amici e parenti."

"Beh, Sayid ha una voce bellissima." aggiunge Nelli, che si fa garante delle abilità altrui, come sempre quando vuole ottenere qualcosa.

Ok, va bene, siamo onesti: in effetti un cantante non ce l'abbiamo, ma a che cosa serve un cantante ai matrimoni? Sanjay ha le casse super potenti, Davide ha creato una playlist divertentissima e Lionel insegnerà i balli caraibici alle ziette frustrate. Non serve veramente a nulla.

"Che cosa canti?" si incuriosisce Alessandro.

"Oh, di tutto. Principalmente arabo e americano, ma in italiano ogni volta propongo Volare che mi piace un sacco."

Wow, originale.

"Ce l'hai Sinatra nel repertorio americano?" domanda Alessandro, mostrandosi seriamente interessato e consapevole della domanda appena posta.

Il che mi stupisce e non poco. Innanzitutto, non pensavo nemmeno che sapesse chi è Sinatra. E poi, soprattutto, mai avrei immaginato che che gli interessasse.

Per tutta risposta, mentre io e Nelli ancora ci interroghiamo sull'uscita di Magno, Sayid si mette a cantare un pezzo di My Way. E sì, senza che nessuno gliel'abbia chiesto, a pieni polmoni nel salotto di villa Magna, muovendosi esattamente come Sinatra, fingendo di stringere fra le mani l'asta di un microfono.

"Oh mio Dio!" Alessandro impazzisce. "È il cantante preferito dei miei! Al loro matrimonio avevano in sottofondo l'intera colonna sonora di Frank Sinatra! Sarebbero al settimo cielo, Glo!"

"Sembri una directioner." gli fa notare Nelli.

"Andiamo, è pazzesco!" esulta lui. "Sayid, sei assunto."

Nooooo!

"Amore..." tento nuovamente, ma lui nemmeno mi dà ascolto.

È chiaro che ormai sono sola contro tre persone e che sto combattendo una battaglia persa. 

Infatti la mia uscita è del tutto inutile: Alessandro si è già prostrato ai piedi di Sayid con gli occhi a cuoricino, Nelli è presa dall'orgoglio per essere riuscita a far piacere il suo amico e a me non resta che fare un discorsetto al mio fidanzato, più tardi. Io ho fatto del mio meglio, lo giuro, ma ormai la frittata è fatta. Sayid sarà ospite di villa Magna per questi ultimi giorni e Mattia Zingaretti non ne sarà affatto felice.

"C'è la mansarda libera." dice Alessandro al nuovo ospite. "Puoi mettere giù le tue cose e dormire lì."

"Grazie infinite." fa Sayid, a mani congiunte. "Sarà un onore partecipare e cantare al vostro matrimonio."

Lancio un'occhiataccia a Nelli, un'occhiataccia davvero minacciosa, per quanto io possa risultare tale.

Lei impallidisce un po', ma solo perché Magno ha assegnato a Sayid la mansarda, e non perché si sente davvero pentita di aver parcheggiato qui il suo ex. Mi chiedo cosa ci abbia combinato in quella mansarda, anche se non risulta troppo difficile immaginarlo e, comunque, mentre i due uomini fanno i directioner, io me la prendo in disparte per coprirla di improperi.

"Che problemi hai?" le ringhio addosso, non sembrandomi nemmeno me stessa. Io non sono mai così aggressiva e maleducata, ve lo assicuro, ma stavolta Marinella se lo merita!

Infatti risente del mio tono e mi guarda con aria colpevole: "Perché dici così, Glo?"

"Sayid non può restare qui!"

"Perché?"

"Perché è il tuo ex!"

"E quindi?" mi affronta bonariamente, proprio come qualcuno che sul serio percepisce la situazione in modo totalmente innocuo. Be', innocuo lo sarà per lei, certo, ma non per noi. Solo che non glielo posso dire.

"Marinella..." cerco di utilizzare le parole con saggezza. "Sayid potrebbe essere una figura mal vista, dopo quello che ci hai raccontato di lui."

"Io non ho raccontato mai nulla di lui."

"Be', ce l'ha detto Eva."

"Chiaramente." sbuffa. "Ma comunque non conta; per me Sayid è solo un amico, adesso. Anzi, per essere precisi, uno che l'amicizia se la deve riconquistare. Non vedo dove sia il problema, se il posto c'è e Magno è d'accordo; dopotutto, inizialmente, era lui l'invitato che avrebbe dovuto accompagnarmi."

Nelli e le sue obiezioni mirate...

Incrocio le braccia: "Non precisamente."

"Mi vuoi dire che sapevate benissimo che non sarebbe venuto, grazie al vostro piano a prova di scemo?"

"Quale piano?"

"Quello di far ricongiungere le due metà di un cuore spezzato, obbligandomi, attraverso l'inganno, a rivedere Mattia."

"Beh..."

"Gloria." si rasserena, sorridendomi e posandomi le mani sulle spalle. "Senti, non sono arrabbiata per il fatto che mi abbiate incastrata, ok? Né per essere stata usata come pedina in un grande marchingegno che i miei amici hanno messo a punto per me. Anzi, se devo essere sincera, ve ne sono quasi grata."

Eva passa per il salotto in questo momento e si ferma di botto, per intromettersi nella discussione: "Fase cinque, Argenti. Finalmente ci sei arrivata. Brava." 

Nelli sta per picchiarla, così lei si dilegua salutando con un: "Di' al tuo ex che è il benvenuto e che ci mancava un deodorante per ambienti umano!"

Tutto questo mi confonde e mi sconcerta, ma sia io che Nelli decidiamo di ignorare la questione Eva e proseguire il nostro faccia a faccia.

"Gloria, io sto facendo tutto ciò perché finalmente, dopo anni e anni, sono felice." mi rivela accoratamente, con uno sguardo che, effettivamente, non le vedevo addosso da tantissimo tempo. "Voglio ricomporre la mia vita, pezzo per pezzo, in tutto e per tutto."

Sentire ciò mi colpisce davvero nel profondo: era almeno dalla quinta superiore che Marinella Argenti non si mostrava nella sua forma più spontanea. E dopo tutti i discorsi sulla spontaneità che vi ho fatto prima, capirete bene che io me ne intendo. Nelli sembra sul serio felice, serena, innamorata. Sembra quasi cresciuta, come se solo guardandola, si capisse che ha fatto un passo cruciale, che ha raggiunto una consapevolezza da cui non potrà più sottrarsi. 

Marinella è un'adulta. Lo sto pensando per la prima volta.

E non posso sapere che cosa l'abbia spinta così in avanti, ma posso ipotizzarlo, e, improvvisamente, mi sento più tranquilla riguardo quanto appena accaduto. Sono una persona di scienza, ma in rari casi, posso anche fare un atto di fede.

"Ok." le sorrido.

"Sayid resta?"

"Sayid resta." confermo. "Ma tu lo ami ancora?"

"No." mi risponde. "Io amo Mattia."





***


ANGOLO AUTRICE

Scusate se ho pubblicato questa OS con un giorno di ritardo, ma sono stata incasinatissima :'(

Spero che vi sia piaciuta e che finalmente abbia soddisfatto le richieste di chi voleva leggere da questo punto di vista in particolare, o, più in generale, riguardo quest'amata coppia.

So che forse avrete letto qualcosa di non troppo felice riguardo la nostra Gloria, ma come vedete non costituirà affatto un problema insormontabile. A questo proprosito, ci tengo a precisare che quello che leggerete nelle OS di questa raccolta sarà sicuramente arricchente nei confronti della storia principale, ma non sarà indispensabile per capirne la trama. Se vi andà di continuare a leggere solo "Io e te 3" e non le varie OS, potrete tranquillamente farlo senza che questo comprometta la comprensione dell'opera. Anche se, secondo me, leggere qualcosa in più sarà sicuramente divertente e vi permetterà di godervi una vicenda a 360°, magari affezionandovi a pg che non avreste mai nemmeno considerato interessanti.

La prossima OS in programma è prevista per lunedì prossimo, sebbene vi avverto già che sarà più probabile che esca il martedì 27, dato che mi si stanno accavallando diversi impegni per il 26. Ma comunque vi lascio un bel calendario come linea guida XD

26/03: OS n. 2

29/03: OS n. 3

05/04: OS n. 4

13/04: capitolo 15 di "Io e te 3"

Approfitto di questo spazio anche per ringraziarvi infinitamente della vostra partecipazione al compleanno di "Io e te". Venerdì scorso, il 16 marzo, ci sono stati due eventi che ci hanno fatto divertire, proprio in occasione di questa ricorrenza. Uno è stato la pubblicazione di una OS relativa a "Io e te 1" dove finalmente il nostro personaggio maschile per eccellenza ha parlato (LINK: https://www.wattpad.com/545355184-io-e-te-%C3%A8-grammaticalmente-scorretto-il-mio), e l'altro è stato il quiz di compleanno che vi permetteva di vincere svariati premi, tra cui uno spoiler di quanto appena letto qui sopra XD

Mi ha stupito tantissimo che abbiate provato a fare il quiz in ben 98 persone. Non l'avrei mai pensato!!

E tra l'altro, siete stati bravvissimi! In ben 92 avete risposto correttamente a più di 20 domande su 31, il che significa che ormai siete più esperti di me su questa storia U.U

Visto il vostro supporto e il grande successo dell'iniziativa (che ripeto, è stata suggerita dalle ragazze del gruppo Telegram), ci sarà sicuramente un altro test, stavolta un test sulla personalità, dove ognuno di voi potrà vedere a quale personaggio di "Io e te" somiglia di più. #staytuned

Il quiz di conoscenza generale su "Io e te" non verrà rimosso e potrete farlo ogni volta che vorrete al link: https://www.quotev.com/stats/10711990

Solo che, a partire da oggi, i premi non saranno più validi, perché erano stati messi in palio per festeggiare il compleanno XD

Ragazzi, non vi annoio oltre e non vi lascio domande, per questa OS. Mi piacerebbe capire in generale se vi è piaciuta, se desideravate leggere di Magno e Gloria e come avete preso le informazioni ultra segrete che questa coppia ci ha nascosto finora. In quanto al resto della OS, dove ritroviamo il nostro beneamato (non troppo) Sayid, aspetto come sempre chi si schiererà a suo favore e chi invece coglierà l'occasione per coprirlo ancora una volta di insulti XD

Alla prossima!

Daffy



***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** OS 2 - Mac... chiedi a Cortana! ***


OS 2 - Mac

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




ATTENZIONE
Questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
o qui  https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1
In particolare, questa è la seconda della serie di OS e si colloca, temporalmente, dopo il capitolo 14 di "Io e te 3", in concomitanza con la OS 1.

P.S. Questa OS è abbastanza lunga, preparatevi XD

.


Image and video hosting by TinyPic

.

OS 2

Mac... chiedi a Cortana!

.

.

.

.


Quando il Mac mi si impalla per la quarta volta, parte lo sclero più totale.

Mi infilo entrambe le mani nei capelli, grido di gola a labbra serrate e chiudo gli occhi temendo che addirittura possa venirmi da piangere. 

Non ce la posso fare, davvero. Non ce la posso fare.

Arrabbiata, scollego il portatile dalla presa e gli dico di andarsene affanculo. È uno stupido elettrodomestico, quindi non lo farà, ma mi fa sentire meglio insultarlo. Dunque lo chiudo malamente, per poi spostarlo dal letto alla scrivania, e mi catapulto verso la finestra aperta giusto per poter respirare una boccata di ossigeno puro, prima che non me ne arrivi più al cervello e decida di spaccare cose.

Vorrei davvero contenere lo sclero, ma sembra impossibile.

Anche guardare giù in giardino non fa altro che aumentare la mia rabbia. I miei occhi incrociano quelli di Francesco Natale, che sta scrutando beatamente il cielo e che, senza pensieri come il più onesto dei lavoratori, con le mani coperte dai guanti di gomma, prima mi saluta e poi mi fa cenno di scendere.

"Eva!" grida, facendosi ombra con le dita. "Dovresti venire a provare le angolature delle foto! In base a quello decido dove piazzare le sedie!"

"Facciamo che piazzi le sedie dove cavolo ti pare!" gli rispondo brutalmente e non mi sento nemmeno in colpa.

Uno, perché sono troppo alterata e due, perché la mia maleducazione riceve il consenso di Alessandra, che ha assistito alla scena a distanza di pochi passi da Francesco.

"Ho capito, non mi aiuta nessuno!" si lamenta il rosso.

La Gruccia gli passa a fianco proprio in quel momento, urtandogli volutamente la spalla con il pesante rotolo di tulle che sta reggendo.

"Io non sarei nessuno?" si indispettisce, riferendosi alla sua affermazione.

"Oh, tu sei tu." la sminuisce Natale. "È come non avere nessuno."

"Fottiti, Malpelo."

"Ehi, Strega del Male." l'apostrofa lui. "Guarda che sei sotto il sole senza coperture."

"Guarda che pallidi e lentigginosi lo siamo entrambi, e nemmeno tu hai troppe coperture aldilà di quell'elmetto da trincea trovato durante gli scavi nei luoghi interessati dalla prima guerra mondiale."

"Mi riferivo al rischio che ti si crepi la pelle, oh creatura delle tenebre." le risponde sfilandole il tubo di tulle dalle braccia. "Questo va lasciato là sotto, ti avevo detto di spostare quello blu. E, comunque, è un casco protettivo, non un elmetto da trincea."

Sicuramente Alessandra ribatte qualcosa di viperesco e crudele, ma non riesco a sentire a causa delle campane di mezzogiorno che diffondono la loro eco per tutta la zona. Quindi ne approfitto e sparisco dalla visuale dell'addetto ai lavori, prima che parta con le sue solite ramanzine sull'impegno collettivo.

Peccato che la sola vista del mio Mac mi faccia nuovamente rivoltare le budella dallo stress.

Se solo non si fossero verificate una serie di malaugurate coincidenze, non avrei quest'enorme gatta da pelare, al momento. Non starei rischiando la mia faccia, la mia credibilità e la mia reputazione. E non è giusto, sul serio, stava andando tutto benone e poi...

E poi so di chi è la colpa, in realtà.

E sono talmente furente che decido di andarci a parlare di persona.

Afferro il Mac, esco dalla mia stanza di gran carriera e, quasi correndo, sbuco nel corridoio da cui si scendono le scale. Non mi interessa se fare la psicopatica sarà un ulteriore punto a mio sfavore e se la gente inizierà a farsi un sacco di domande; io devo fare qualcosa. E se questo qualcosa non è trovare un rimedio al casino creato, dato che pare impossibile, allora sarà prendermela con la causa.

Tuttavia, qualcuno ostacola il mio passaggio in questo preciso istante. Ci vado a sbattere in pieno, rischiando di mollare a terra i duemila euro di ferraglia e farmi pure del male.

"Oh, scusa..." 

Eoni dopo avermi quasi scaraventato a tre miglia di distanza, lo stronzo mi chiede scusa.

"Stavi per uccidermi." sintetizzo puntando il dito contro il ragazzino e accorgendomi immediatamente della sua faccia sconvolta. "Oddio, o sto sognando di essere in The Walking Dead, oppure tu stai avendo l'hangover peggiore della storia."

Per tutta risposta, Davide si porta una mano alla bocca e mugola che deve vomitare, mentre fa dietrofront verso il bagno.

È una scena iper patetica: il ragazzino che si spacca la notte prima e che il giorno dopo sta da schifo, tutto per il dio alcol e la dea omologazione alla massa. È talmente un cliché che nemmeno sento l'istinto di vloggare il tutto, anche e soprattutto perché non sono nelle ottimali condizioni per pensare al gossip.

Anzi, sono ancora determinata a scatenare l'inferno al piano inferiore, però la remota possibilità che Davide Argenti possa morire mentre io me ne strafrego mi fa sentire leggermente in colpa. Dunque decido di fare una breve tappa al bagno prima di scendere di basso. Non si sa mai che in questo momento di poca lucidità riesca a farmi raccontare dettagli inediti sulla mirabolante vita della famiglia Argenti.

"Ehi, Walking Dead, tutto bene lì dentro?" 

Tira lo sciacquone, quindi ad occhio non è schiattato.

"Che ti sei fatto ieri notte?" domando con una risatina, appoggiandomi con la schiena alla porta del bagno.

"Mattia."

"Che?!"

Ho sentito bene?

"Mi sono fatto Mattia Zingaretti." conferma Davide, aprendo la porta del gabinetto a cui ero appoggiata e quindi facendomi perdere l'equilibrio.

Ma nonostante tutto, lui non si cura del mio stupore estremo, mi supera con passività e va a lavarsi la bocca davanti allo specchio.

"Ti sei fatto Zingaretti nel senso che ci sei andato a letto?"

"Sono andato a letto." spiega pigramente. "E prima mi sono fatto Zingaretti, nel senso che ho tentato di limonarlo. Mi ha fermato in tempo, grazie a Dio, ma comunque l'ho baciato."

Posso misurare a spanne l'altezza delle mie sopracciglia: "È un'ossessione di famiglia, allora! Anche se 'farsi qualcuno' io lo intendo come andare a letto con qualcuno, avere relazioni sessuali, fornicare, copulare. Mi avevi quasi fatto credere di aver fatto sesso con Mattia."

"Sì, ho afferrato il concetto. Ma stai tranquilla, noi nati nel ventunesimo secolo abbiamo usanze diverse."

Sta dicendo che sono vecchia? E poi, in che senso usanze diverse? Che usano il verbo 'farsi' con accezioni diverse o che si comportano diversamente quando si tratta di entrare in intimità con il prossimo?

Davide sospira e si guarda finalmente allo specchio, facendosi paura da solo. 

E comunque la vera domanda, in tutto ciò, è un'altra.

"Sei gay, per caso?" gli chiedo senza preamboli, ponderando se sia meglio posare il Mac da qualche parte e iniziare a registrare questa possibile deposizione.

"Non lo so." risponde lui, tirandosi la faccia fino a mettere in evidenza i capillari. "Ma non credo."

"Lo sei o non lo sei, Argenti."

"Mi piacciono le femmine, quindi credo di no. Ma chi sa se un domani la persona della mia vita sarà un uomo o una donna. O entrambi."

"Per me sei sessualmente disorientato."

"Sono solo di questo millennio, veramente." mi rassicura, implicando una seconda volta il mio essere più vecchia, e antica, di lui.

Cioè, capisco la neutralità della sua osservazione super partes, ma in quanto donna maliziosa e devota alle insinuazioni posso essere tutto, tranne che super partes. 

In ogni caso, pure io non credo che Davide sia gay. E allo stesso tempo sono positivamente stupita dalla sua apertura mentale, che... sì, probabilmente fa parte dell'avanzamento della specie che noi nati nello scorso millennio non abbiamo sperimentato.

"Comunque mi sono fatto anche qualche canna, ieri notte. E sto malissimo." sospira, posizionando le mani sul bordo del lavandino e lasciando cadere la testa in avanti.

"Qualche?"

"Ho fumato un bel po', a dire il vero, ma non dirlo a Nelli e Mattia, per favore. Ho fatto credere loro di esserci andato leggero."

"Sono la persona sbagliata a cui chiedere questo genere di favori. Non credi?"

Davide inclina leggermente la testa e mi lancia uno sguardo in tralice: "Ah, è vero."

"Perché l'hai fatto, se posso chiedere?"

"Cos'è, un'intervista, adesso?"

"Forse." alzo le spalle e mi avvicino a lui, accomodandomi con il sedere sul lavandino, poco distante da dove è posata la sua mano, così da riuscire a leggere cosa c'è scritto sui suoi bracciali di gomma. Su quello chiaramente più nuovo, perché meno annerito degli altri, è riportato il nome Odissey in glitter viola, mentre gli altri due sono più semplici. Uno è arancione con scritto 'Stay hungry, stay foolish' e l'altro è semplicemente verde.

"Se ti rispondo con tanto di dettagli, mi merito qualche ricompensa?" propone, accennando fugacemente alla forma del mio didietro schiacciato contro la ceramica del lavandino.

"Che ne dici di un Moment per il mal di testa da sfiorata overdose?"

"Ci sta, ma niente dettagli." annuisce, tornando a testa bassa. "Che vuoi sapere?"

"Semplicemente il perché."

"Quello è noioso."

"Prova."

Davide sbuffa e ride contemporaneamente: "Odio tutto."

"Wow, più bravo di Montale."

Lui scuote la testa. La cosa un po' lo diverte, ma indubbiamente sta davvero male. Le sue mani ogni tanto stringono più forte il lavandino e probabilmente il suo stomaco è ancora troppo agitato per permettergli di assumere una postura diversa.

"Ti avevo detto che sarebbe stato noioso." mormora.

"Èbanale, ma non noioso. Perché odi tutto?"

"Così." risponde, alzando le spalle. "Perché dovrei amare una vita di merda?"

La sua dichiarazione un po' mi infastidisce e mi spinge a rispondere con supponenza: "Wow. La vita di merda è davvero quella di un Davide Argenti qualunque e non dei bambini che muoiono di fame in Africa? O dei civili bombardati durante le guerre di religione?"

"Sì, ti prego, fammi una predica che non ho mai sentito."

"Non è una predica." ribatto. "È che sei fin troppo egocentrico e drammatico. Sai, mi ricordi una persona in particolare."

"Chi, Amleto?"

"No, tua sorella. I vostri problemi sono i più gravi al mondo, quando in realtà molto spesso si riduce tutto a una cottarella non corrisposta o un amico che non vi risponde ai messaggi."

"Mi avevano avvertito che eri simpatica."

"Grazie."

"È sarcasmo."

"Tranquillo, lo so. A voi Argenti vi si conosce fin troppo."

Davide rotea gli occhi e io incrocio le braccia: "Dico solo che secondo me esageri, oppure c'è un qualcosa di veramente più profondo che non vuoi dire."

"O che non so spiegare nemmeno io."

"Beh, in tal caso puoi sempre fare un tentativo."

Il ragazzo esala un sospiro frustrato: "Ti piace fare la psicologa?"

"No, sono solo curiosa. Molto curiosa."

"Perché dovresti?"

"Perché ho sempre trovato le vite degli altri interessanti."

"E la tua?"

"Come?"

Scusate, la domanda mi ha lasciato un attimo perplessa.

"La tua vita non è interessante?"

"Beh..."

Suppongo che ora sia il caso di passare al contrattacco, invece il ragazzino mi ha davvero lasciato a bocca asciutta. Quindi imbraccio più saldamente il mio Mac, e fingo di controllarne le rifiniture per guadagnare tempo. Alla fine, però, nessuno parla e sento il peso del silenzio farsi fin troppo pesante.

"Sai, Argenti, hai detto bene, hai toccato il tasto più dolente; non sono mai riuscita a trovare la mia vita interessante." affermo. "Ho vissuto per molto tempo all'ombra di mia sorella maggiore e i suoi successi, al punto di pensare che la sua vita fosse un traguardo universale da raggiungere. Ho iniziato allora ad oscurare me stessa per meravigliarmi delle vite altrui e pian piano è diventato sia una passione che una sorta di comfort zone da cui non uscirò mai."

Davide mi guarda con leggero stupore: "Non sei una che fatica ad aprirsi, eh?"

"Non con le persone giuste. Tu mi piaci; penso che siamo simili."

"Sì, forse sì." concorda. "Forse anch'io ho lo stesso problema."

"Con tua sorella maggiore?"

"No, penso che nel mio caso si estenda a tutti. Io odio gli altri perché in realtà li invidio. Invidio le loro vite perfette, la loro capacità di gestire tutto alla perfezione, di tagliare traguardi, mentre io sono anni luce indietro. Alla fine cerco sempre di fottere il sistema perché ad entrarci, nel sistema, non ci riesco. Mi sento troppo diverso, mi sento incompreso."

"Sei solo un adolescente." lo provoco con un sorriso malizioso.

"E tu una sfigata." ribatte. "Anche se non lo sembri."

"Beh, grazie." mi vanto. "Ma immagino sia a causa dei sette anni di vita in più rispetto ai tuoi. Le donne più grandi affascinano sempre."

"Ma non mi dire..." commenta lui, decidendo di prendere coraggio e di rimettersi in piedi. 

Lo sto guardando e noto che i suoi occhi cadono sul mio fisico, forse per soppesarlo in relazione a quanto detto. Sì, è vero, le donne più grandi hanno fascino, ma il mio fascino non si spreca: sono sempre stata piuttosto bassa e magra, per nulla formosa e molto più simile a una ragazzina che a una donna. Probabilmente Davide starà pensando lo stesso; starà mettendo a confronto me con le sue coetanee ben più attraenti, giungendo alla conclusione che forse la differenza d'età non sempre costituisce un punto a favore in quanto al sex appeal.

"Perché vai in giro con un Mac?"

"Oh, questo?"

Oh, stava guardando il Mac?

"Storia lunga. Aggeggio inutile. Odio tutto pure io." gli rispondo molto sinteticamente.

"Magari averlo, invece!" si anima. "Posso vedere?"

"Tieni." gli passo il Mac pensando che, tutto sommato, preferirei avere una Play Station come lui che un dispositivo super bello che però uso solo per lavorare.

"Cos'ha che non va?"

"Non lo so, si pianta sempre." sbuffo. "A volte mi tocca spegnerlo e perdo i salvataggi. Mi dà un nervoso incredibile."

"Posso darci un'occhiata, se ti va."

Alzo un sopracciglio: "Gratis?"

Davide ride e sembra finalmente stare leggermente meglio: "Magari se hai quel Moment che mi avevi promesso prima..."

*

Quando scendo al piano inferiore sono molto meno arrabbiata di prima.

Non dico che ho riacquisito il buon umore, né che ringrazio Davide per essere stato un toccasana alla mia giornata, però devo ammettere che se non ci fosse stato lui come intoppo, avrei sbranato qualcuno.

Voglio comunque parlare con la persona che ha complicato le mie ultime ore e che attualmente si trova in cucina, ma invece di aggredirla e farle passare la voglia di vivere, ci andrò molto piano con lei. Manterrò il mio profilo professionale e, se ce la faccio, mi salverò pure la faccia.

Prima di giungere in cucina, attraverso la grande sala da pranzo di villa Magna, dove Magno ha probabilmente ospitato qualche provino per il cantante che animerà la cerimonia. Ho sentito il gorgoglio di una voce calda fin dall'androne delle scale; qualcuno sta dando il meglio di sé in My Way e io spero che sia proprio il tizio che prenderanno, perché ha una voce assurda.

E poi, quando lo vedo, ci spero ancora di più, perché si tratta dell'ex fidanzato di Nelli, il che renderebbe tutto molto più complicato ed eccitante. Quella per il gossip sarà anche una passione nata per esigenza, ma è comunque una grandissima passione.

Passo appositamente vicino a Marinella, la quale sta subendo un rimprovero da parte di Gloria, ma non sembra per nulla preoccupata. È totalmente a suo agio con l'idea che l'ex fidanzato cornuto stia emulando dei giganti della musica nel salotto della casa dei suoi migliori amici, che ha rischiato di perdere proprio a causa dei suoi turbinii sentimentali, e questo mi gasa ancora di più. È bellissimo.

Marinella è veramente il top per me; è così ricca di disagio che non mi annoio mai, è uno spunto continuo, un susseguirsi di ispirazione. Praticamente, è la mia musa. Lo è stata per anni e finché continua a fare questo tipo di cazzate, lo sarà per sempre.

"Fase cinque, Argenti. Finalmente ci sei arrivata. Brava." la provoco prima di sorpassarla, dopo aver origliato le sue parole piene di gratitudine rispetto alla trappola che le abbiamo teso al suo arrivo, e per cui all'inizio odiava tutti quanti.

Io gliel'avevo detto che sarebbe stata solo una questione di tempo: in primis, perché la conosco e so che in lei ogni giorno nascono, crescono e muoiono centinaia di fuochi paglia e poi perché, fondamentalmente, credo anche io che ricongiungerla con il suo amato sia quello che ognuno vuole.

Tranne forse quest'ugola d'oro libanese, fresca fresca di arrivo a villa Magna.

Se tutto va bene, fra qualche giorno lui e Mattia si picchiano. E se va ancora meglio, succede durante il matrimonio. Che bello! Sono così emozionata!

Marinella come al solito non reagisce con maturità alle mie provocazioni e tenta di strapparmi una ciocca di capelli, quindi mi defilo alla velocità della luce.

Un po' mi spiace provocarla; alla fine è come un gatto che fai impazzire con il laser per puro divertimento personale, però devo mantenere vivo il suo potenziale. Come dicevo, Marinella, e in realtà tutta la famiglia Argenti, è una risorsa fondamentale di gossip, non posso lasciare che un domani diventino persone serie, altrimenti perderei gran parte del mio divertimento. 

In ogni caso, sono ormai arrivata in cucina, dove Ilenia e Patrizia stanno tagliando le verdure e cucinando tonnellate di crocchette di pollo. Solitamente è Magno che si occupa di farci avere il cibo pronto, dopotutto ha i maggiordomi al suo servizio ventiquattr'ore su ventiquattro, ma ogni tanto decidiamo di prendere il controllo della cucina come ai tempi del nostro viaggio di maturità.

È un'occasione come un'altra di ringraziare per l'ospitalità, e contemporaneamente impiegare tutti in attività socialmente utili, onde evitare che con troppo tempo libero a disposizione la gente si dia alla pazza gioia. Questa villa ispira lo svacco più totale, e con esso la possibilità di fare quello che durante le nostre vite lavorative/universitarie non riusciamo a fare.

Come sondare i limiti della nostra sessualità.

"Sbaglio, Ilenia, o questo peperone è tagliato a forma di tette?" prendo una fetta e la piego per mostrare la mia teoria.

"Ogni peperone è a forma di tette." osserva lei.

"Quindi mi stai dicendo che ovunque tu guardi, ti sembra di vedere seni e fattezze femminili?"

"Eva, piantala con questa storia." mi ammonisce Patrizia, infilandosi i guanti da forno. "Sono giorni che vai avanti. Non ti si sente parlare d'altro."

"Posso parlare di tutto quello che vuoi, Cleo." le rispondo angelicamente e lei si zittisce arrossendo come un ladro.

So che nella mia vita non faccio altro che molestare e provocare il prossimo, ma è il mio lavoro e, come ho confessato a Davide poco fa, anche la mia comfort zone. Mi sento bene solo se faccio così... non sono sicura che mi sentirei a mio agio comportandomi come tutti gli altri.

Dannazione, siamo davvero simili io e quell'Argenti.

"Comunque." mi schiarisco la voce. "Ile, non sono venuta per parlare della tua presunta inclinazione lesbo e del fatto che potresti esserti presa un'enorme sbandata per Shymée Delacroix, bensì per dirti che quell'articolo che mi hai chiesto non lo posso fare."

"Come?" Ilenia, sconvolta, molla il peperone sul tavolo. "Perché?"

"Perché no, stavolta la direzione non è d'accordo e io non ho il tempo di supplicare nessuno."

"Ma non è possibile! Te l'hanno sempre fatto fare!"

Vedete, da quando Ilenia è stata cacciata di casa e ha dovuto tirare avanti con le sue forze, mi sono sentita di darle una mano. In questi anni ha trovato lavoro come attrice e dopo un po' di assestamento è entrata in una compagnia semi-conosciuta. Per poter piacere al capo e guadagnare di più, è venuta a chiedermi di farle pubblicità, visti i mezzi e le notevoli capacità di cui dispongo.

Non lo nego; il mio blog negli anni è diventato quasi più famoso di FaviJ, povero ragazzo, e il fatto che lavorassi per un importante settimanale aveva spinto Ilenia a pregarmi di pubblicare un articolo sul loro primo spettacolo. Feci qualche occhiolino ai miei capi, promisi dei favoretti di qua e di là e ottenni uno spazietto per lei.

La piccola sebbene meravigliosa intersezione da me scritta attirò un po' di gente in più a teatro e valse a Ilenia una piccola promozione. Così di tanto in tanto continuò a chiedermi di intervenire per lei e fino al suo ultimo spettacolo, circa un annetto fa, l'aiutai sempre volentieri.

Ora vuole l'articolo per lo spettacolo di Re Artù in cui è finalmente riuscita a ottenere il ruolo di protagonista femminile, ma io non posso farlo. Per lei è di vitale importanza, lo so, e gliel'avevo promesso, lo so, ma non posso. Non posso proprio.

"Mi dipiace, Ile."

"Eddai!" la rossa molla pure il coltello e, molto prevedibilmente, dà il via a un'interpretazione drammaturgica.

Vedo Patrizia assumere un'espressione contrariata nei confronti dei lamenti di Ilenia, ma chiaramente non interviene, fingendo che le crocchette di pollo siano mooolto più importanti.

"Questa volta le cose sono andate diversamente, ma non significa che non abbia fatto il possibile per accontentarti." le ricordo, abbastanza pacatamente. "L'articolo l'ho anche quasi finito, se lo vuoi, ma non verrà pubblicato."

"Èquesto il problema! Si tratta del nostro spettacolo madre! Del capolavoro dei capolavori, di un possibile trampolino di lancio!"

"Da Bologna a Brodway."

"Non c'è da scherzare, mi sta salendo l'ansia." esclama portandosi un polso alla fronte, perché la mano è troppo sporca. "È il ruolo più figo che abbia mai ottenuto, mi sto esercitando da mesi e l'idea che andasse addirittura in stampa aveva eccitato tutti quanti nella compagnia!"

"Perché l'hai detto a tutta la compagnia?!" mi scandalizzo.

"Perché ero troppo gasata! E ora come faccio a pubblicizzare lo spettacolo se l'articolo non è pubblico?"

"Lo condivido sul blog di Svegliati! 2.0. E tutti lo possiamo condividere sui nostri social personali."

"Sì, ma non è la stessa cosa. Il giornale era il top! Era una cosa... ufficiale!"

"Sono sicura che non è colpa di Eva se non puoi avere il tuo articolo, Ile." finalmente la mummia decide di intervenire. 

Patrizia ci ha degnato della sua testimonianza a favore della mia causa e anche se quello che ha detto non è completamente vero, le sono grata. 

"Lo so, ma me l'aveva promesso!" guaisce lei, disperata. "Eva, non ce l'ho con te, sul serio, è solo che... io... ho bisogno di un attimo. Scusate." 

Molto teatralmente, mollando peperoni e coltelli a caso, Ilenia si volta di spalle e corre via, sparendo verso l'uscita della cucina, con i ciuffi rossi che svolazzano e, se prestate la dovuta attenzione, la colonna sonora in sottofondo, in una diretta performance dell'orchestra di Vienna.

"And the Oscar goes to..." mormoro tra me e me.

"Non prendertela. È solo Ilenia." mi ricorda Patrizia con un sorriso, mentre inforna una nuova teglia di crocchette.

"Solo Ilenia e le sue tragedie greche. Letteralmente."

E pensare che fino a poco fa, avevo pensato di dirglielo con un approccio completamente diverso. Alla fine, è meglio così: sono passata io per la vittima della questione, mentre se invece l'avessi aggredita come volevo fare, i ruoli si sarebbero invertiti. 

Sono giorni che provo a trovare una soluzione per questo problema, che scrivo incessantemente, che faccio le ore piccole e ho mille pensieri, ed ero arrivata al limite. Stamani sono esplosa e volevo solo urlare a Ilenia che lei e i suoi favori mi avevano rotto, che doveva trovarsi un altro promoter e che non ero la sua reporter personale.

Ma poi, fortunatamente per tutti, il mio cammino è stato interrotto e gli istinti omicidi hanno trovato il tempo di placarsi.

"Come mai ti hanno detto di no, questa volta?" s'incuriosisce Patrizia, togliendosi una ciocca caduta sulla fronte.

Bella domanda. 

La fisso imbambolata, concentrandomi sui suoi capelli lucidissimi, decorati di tanto in tanto da ciuffi di meches rosse e viola, treccine e ciocche piastrate a effetto frisée. So che dovrei più che altro pensare alla risposta da darle, ma attualmente trovo più rilassante guardare i suoi capelli e associarli a quelli di Miranda Sanchez, la migliore amica di Lizzie McGuire, se qualcuno ha idea di cosa stia parlando.

Ecco, Patrizia si pettina come Miranda, alla evviva gli anni '90, e si trucca sempre, anche quando si va al mare, o non c'è alcun motivo per farlo. Ma lei non si sente se stessa se non è truccata; lo so molto bene. Senza la sua pesante linea di eye-liner e matita, le sembra di essere nuda, e senza un rossetto che vada dal rosso sangue a cinquanta sfumature di nero, non trova nemmeno la voglia di vivere.

"Mh?" mi richiama a un certo punto, alzando gli occhi su di me.

"Oh, problemi di spazio sul giornale." rispondo, finalmente. "Ultimamente sono tutti occupati e la precedenza è di chi paga di più, o di chi fa più notizia." le sorrido, ma poi vedo di cambiare argomento più in fretta possibile. "Invece a te come sta andando all'università? Quanto manca per la laurea?"

Patrizia ridacchia: "Devo ancora decidere se prenderla o comprarla. Comunque bene. Finalmente qualcosa che mi piace studiare."

"Tu psicologia... chi l'avrebbe mai detto?"

Patrizia si stringe nelle spalle: "È bello capire cosa pensano davvero le persone."

"Se uno lo sapesse sin dall'inizio, si risparmierebbe un sacco di fatiche inutili. Vero, Cleopatra?" la punzecchio, facendole l'occhiolino.

Lei guarda subito verso la porta, febbrile che qualcuno possa averci sentito, e io scoppio a ridere: "Eddai, credi che si ricordino ancora chi è Cleopatra?"

"Amerigo se lo ricorda."

"È il minimo." ribatto. "Ok che è un rimbambito, ma quello è stato l'avvenimento più interessante della sua vita, dovrà pur ricordarselo."

Lei sbuffa: "Fidati, ci sono cose molto più interessanti nella sua vita."

"Come?" le chiedo un esempio, iniziando a trovare questa conversazione talmente interessante che mi mangio una crocchetta di pollo come se la pescassi da un sacchetto di pop corn.

"Il calcio." propone lei, vedendo bene di nascondere il viso da me. "Lo chiamate sempre rimbambito, ma ha raggiunto più traguardi di tutti voi nella sua carriera."

Faccio un fischio ammirato: "Non ti scaldare per il tuo Marcantonio; sappiamo tutti che è un valoroso gladiatore, anche se, permettimi di dire, Cleo, la sua strada era già stata spianata da Giulio Cesare, se capisci ciò che intendo."

"No." ribatte, seccata, posando le mani sul bancone da cucina. "E in ogni caso ti ho detto di smetterla di chiamare me Cleo e lui Marcantonio."

"Sono anni che me lo dici. È mai servito a qualcosa?"

"Senti, Eva." sbuffa. "Io ti sono grata per quella storia, lo sarò per sempre. Sei stata una delle prime e uniche persone con cui mi sia confidata e hai fatto di tutto per aiutarmi."

"Ho un talento."

"Sì, ma hai anche una fissazione." osserva. "Per quanto ci siamo impegnate, non ha funzionato."

"Non ha funzionato perché siete due idioti."

"Come ti pare."

Cinque anni fa, quando tutta la questione Amerigo - Patrizia - Alessandra - Cleopatra - Marcantonio - e chi più ne ha più ne metta ha quasi causato morti e rovinato la vacanza, tra Amerigo e Patrizia stava per sbocciare la più tenera e sfigata storia d'amore.

Su mio consiglio, lei si era creata un account fake con il nome di Cleopatra (prendendo spunto da una festa meravigliosa a cui avevamo partecipato e in cui mi ero divertita da matti) e aveva iniziato a scrivere ad Amerigo. Il motivo è che quello sfigato, chissà per quale incomprensibile ragione, le piaceva, ma lei era sempre stata troppo timida per farsi avanti. Non solo; Patrizia è una specie di esserino nero e rabbioso, il suo stile si allontanava troppo dalla semplicità (per non dire banalità) del Ponzaro e lei era convintissima che senza una maschera non gli sarebbe mai piaciuta. Tuttavia, io, che, ormai si è capito, sono una buona samaritana, ho deciso di aiutarla e ho creato tutta la messa in scena di Cleo che scrive ad Ame e si innamorano e bla bla bla.

Questo forse già lo sapete.

Peccato che poi la mia classe si sia messa in mezzo. Avevo sclerato di fronte a tutti perché il mio capolavoro era stato rovinato dalla loro stupidità e avevo svelato con orgoglio che la vera Cleopatra era Patrizia.

Ma per la vergogna e perché ormai si era convinta che piacere ad Amerigo era privilegio di pochi, Patrizia la sera stessa mi implorò di sistemare le cose, di dire che non era vero e che Cleopatra poteva essere chiunque, fuorché lei.

Così mi presi la colpa (direi più che altro il merito) di aver architettato tutto quel trambusto solo per fare notizia. Andai da Amerigo, finsi di essere alquanto dispiaciuta e gli spiegai che, per tutto il tempo, quella a giocare con il suo cervellino da roditore ero stata io. Chiaramente me la presi a morte con Patrizia, ma vidi allo stesso tempo una persona troppo fragile e insicura per poter sopportare quella che per lei sarebbe stata un'umiliazione.

Secondo me, invece, Amerigo avrebbe capito e l'avrebbe amata più di se stesso (ci vuole poco), ma Patrizia insistette fino alla morte e da quel giorno in poi nessuno riparlò più di Cleopatra, tranne ovviamente io per sfizio e il Ponzaro per necessità.

Ecco, per lui quella storia rappresentava e rappresenta tuttora un mistero irrisolto. Il mistero, nonché l'attività, più interessante della sua vita. Non ha mai ben compreso fino a che punto fosse incasinata la questione: inizialmente credeva di star parlando con una turista qualunque incontrata alla festa, poi con la Malvagia per eccellenza, ovvero Alessandra Gruccia, che si è pure baciato, poi con Patrizia, e alla fine con me. Il fatto che sia mezzo scemo mi ha slavato, perché l'ho confuso così tanto che sarà impossibile per lui avere delle certezze, anche se sono sicura che, tra tutti, lui creda ancora che l'unica possibile Cleopatra sia Patrizia.

Però lei non l'ha mai né ammesso né negato e, secondo l'ultima versione ufficiale, il titolo ce l'ho ancora io. Simpatico, vero?

Forse perché non era chiaro che si piacevano da morire, tra i due negli anni non è successo nulla, se non lo sbocciare di una semi-normale amicizia. Non che ci volesse una laurea per fare amicizia, ma forse a quei due serve una spinta divina per fare qualsiasi cosa, e in particolare qualcosa come una gita a Medjugorje per realizzare che sono perfetti l'uno per l'altra. Che non esiste al mondo una coppia più strana ed eterogenea e che, proprio per questo, o si prendono o resteranno per sempre da soli. Io la penso così, ma io sono solo Eva/Cleopatra/Cupido Cantarella. Per quanto mi piacerebbe, non scoprirò mai i misteri della mente umana.

Magari ci riuscirà Patrizia, con la sua laurea in psicologia.

"D'accordo, non ne parliamo più." mi arrendo, alzando le mani. "Per oggi."

"Grazie mille."

Con una spinta mi alzo dallo sgabello su cui ero seduta e nel frattempo, afferro un'altra crocchetta.

"Ma non mi arrenderò mai, lo sai, vero?"

Patrizia incrocia le braccia: "Sì, lo so."

"Ottima cosa. Ci vediamo a pranzo, Cleo!" saluto, mi giro di spalle e ridacchio uscendo dalla cucina.

*

Il resto della giornata passa molto allegramente, per me. 

A pranzo è un vero spasso guardare le facce tese e i musi lunghi di tutti, a causa del nuovo ospite che si è seduto per la prima volta a tavola con noi. Il momento più bello, poi, è quando Ai Zu gli fa un sacco di domande e finiscono a parlare di Allah e Buddha, e Sayid fa amicizia con Shy, e Ilenia dice che le piacerebbe sperimentare nuove religioni, anche se il velo non fa per lei, anche se comunque non ha nulla contro le ragazze che portano il velo, anche se Shy comunque non porta il velo.

In ogni caso, Ilenia non mi parla per tutto il tempo e Patrizia cerca di evitarmi. Il mio modo di aiutare il prossimo è spesso talmente invadente che rischia di rappresentare uno svantaggio per la sottoscritta. Vorrei sempre fare del bene, ma lo faccio in modo particolare, e se dovessi dire chi sono i miei migliori amici, probabilmente non lo saprei, dato che non credo di averne.

Nessuno è mai troppo interessato ad essere mio amico e... beh, ammetto che qualche volta mi dispiace, solo che non posso fare a meno di essere come sono. Alessandra Gruccia e io siamo simili da questo punto di vista; la nostra presenza è scomoda e quindi gli altri si allontanano. L'aspetto positivo, tuttavia, è che io, a differenza sua, non sono cattiva.

I miei compagni mi vogliono bene e forse alcuni sarebbero disposti ad approfondire il legame con me. Marinella, ad esempio, o Ilenia e Patrizia, però anche io dovrei fare un passo verso di loro e, come dicevo a Davide, non credo che ne sarei capace. Non vedo un'altra Eva, al di fuori della curiosa, ficcanaso, molesta Eva che sono sempre stata.

E se smettessi di importunare il prossimo... cosa potrei offrire? Quale altro talento possiedo?

Verso sera, Davide mi scrive un messaggio in cui dice che il Mac è sistemato e che mi aspetta in camera sua per consegnarmelo.

Vado da lui non appena termino le prove per le foto. Alla fine Francesco mi ha obbligato a darmi da fare... e sì, ha fatto la classica paternale sull'impegno collettivo che ormai sappiamo tutti a memoria. Sono stata in giardino per sperimentare tutte le angolature, ma per vendicarmi ho scelto di utilizzare lui e Alessandra come modelli, fingendo che senza soggetti concreti, provare fosse completamente inutile. Li ho fatti sistemare in pose ai limiti dell'imbarazzante e, quindi, a un certo punto, sono stati loro a implorarmi di smettere. Così, me la sono cavata prima, ho trovato il tempo di farmi la doccia e me la sono pure spassata.

Ma ora, a essere sincera, sono un po' in ansia per quanto riguarda la diagnosi del mio amato computer. Mi è rimasta solo quella gioia nella vita e non vorrei doverlo cambiare prossimamente. Non me lo posso permettere.

Salgo da Davide che ormai è il tramonto. Lui ha una camera piccolina, ma privata, il che mi sembra davvero ingiusto. Noi adulti siamo quasi tutti in camere condivise, invece questo sbarbatello gode di vantaggi immeritati, senza aver fatto nulla per meritarselo, se non essere il fratello della testimone.

Quando busso, lui apre subito la porta, ma poi si allontana per tornare a fare i fatti suoi alla scrivania. Molto signorile.

"È permesso?" supero la soglia, attivando immediatamente il mio sensore per i dettagli.

È come se vedessi a infrarossi: ogni angolo della stanza mi profila subito la personalità e i reconditi segreti di Davide Argenti, il quale nemmeno si dà la pena di salutare e continua a imperturbabile a fissare il monitor del suo pc con una cuffietta per la musica addosso e l'altra mollata sul petto.

"Ehi, Walking Dead, ti è passato l'hangover?"

"Più o meno." risponde, totalmente concentrato su altro.

Approfitto della sua non appartenenza al mondo reale per camminare un po' ovunque e ficcare il naso sulle mensole e tra gli oggetti sparsi in giro. Con un ordine praticamente inesistente, trovo degli altri braccialetti di gomma marchiati con nomi di eventi o fiere, una cover per Huawei raffigurante Pikachu, innumerevoli cavetti e un paio di cuffie da dj. Sul comodino da notte ci sono diversi fazzoletti accartocciati; un elemento d'arredo ambiguo, che un po' mi inorridisce e un po' mi fa sorridere maliziosamente. Il letto è rigorosamente sfatto, ma c'è un buon odore che non fa pesare il disordine. 

Sulle lenzuola vedo infatti una boccetta di profumo da uomo, il cui tappo si trova piuttosto distante e buttato in malo modo, cosa che fa pensare che Davide abbia deodorato se stesso e l'ambiente in fretta e furia prima che arrivassi io.

È un dilettante: non può pensare che una come me non sgami le sue mosse.

Ma, tutto sommato, non mi dispiace. È un ambiente allegro e piacevole e lui mi sta simpatico. È un adolescente tipo, propenso al disastro per età e perché è un Argenti, però non è del tutto prevedibile come il resto dei ragazzini e quindi mantiene viva la mia curiosità.

In ogni caso, non mi sta calcolando e quindi, quando mi sono stancata di curiosare, do un significativo colpetto di tosse che lo distrae dalle sue faccende.

"Ah, il Mac, giusto." si ricorda, togliendo la cuffietta e alzandosi dalla sedia.

Si dirige verso il comodino, tira un cassetto ed estrae il mio piccolino con delicatezza. Non dice nulla, ma quando me lo allunga, lo trattiene per un secondo di troppo tra le mani e mi costringe ad alzare gli occhi su di lui.

Mi accorgo con iniziale sorpresa che mi sta fissando intensamente e poi vedo anche che la sua espressione è fin troppo seria. Se fossi una scemotta qualsiasi gli chiederei che cosa c'è che non va, ma sono Eva e ci arrivo benissimo da sola.

"Hai spiato le mie cose!" esclamo, ingrandendo gli occhi.

"Quando il pc si è riavviato si è aperto sulla schermata su cui si era bloccato. Non ho fatto del tutto apposta."

"Sei uno stronzo!"

"Non esageriamo."

"Come diavolo ti sei permesso?"

"Eva..."

"Eva un corno! Questa è violazione della privacy!"

Lui non si lascia turbare, e incrocia le braccia: "Senti da che pulpito."

"Oh mio Dio, non ci credo." sbotto, mettendomi una mano sulla fronte. "È davvero... è inaudito. È una grave mancanza di rispetto."

"Lo sapevi nell'esatto istante in cui mi hai consegnato quel computer."

"Sapevo cosa?"

"Che avresti rischiato." mi risponde, acuto. "Di' la verità, Eva. È inverosimile che una come te non valuti certe possibilità, quando lascia i propri dati sensibili in mani altrui."

E va bene, Walking Dead ha ragione.

Sapevo che avrei corso il rischio, e nel momento in cui ho consegnato a lui il mio Mac ero già scesa a patti con l'evenienza. Ma, sinceramente, non pensavo che l'avrebbe fatto. Ne sarebbe stato tentato, forse, ma credevo che avrebbe chiuso tutto e fatto finta di nulla.

"Pensavo fossi più affidabile di così." ribatto, indicandolo con delusione. "Perché l'hai fatto?"

"Te l'ho detto; mi è apparso automaticamente al riavvio."

"Qualsiasi cosa ti sia apparsa." gli faccio notare agitando le mani. "Potevi benissimo chiuderla, invece di leggerla."

"Nessuno aveva specificato di farlo."

"È questione di etica."

"È questione di scelte."

"E perché hai scelto di leggere?!"

"Perché forse, a differenza tua, io la tua vita la reputo interessante." mi fa, mantenendo quello sguardo di sfida tipico degli spensierati diciassette anni.

"D'accordo." gli concedo, con un cenno della testa. "Quindi appurato che sei venuto a conoscenza della mia interessantissima vita, ora che cosa pensi di fare?"

"Niente."

"Come niente?"

"Che cosa dovrei fare, scusa?"

"Beh, hai scoperto un enorme segreto su di me, hai tra le mani la possibilità di vendicare tutti quelli che sono stati sputtanati da qualche mio articolo e mettermi per la prima volta nella posizione opposta a quella in cui di solito mi trovo. Perché non dovresti fare qualcosa a riguardo?"

La sua espressione è allibita e costernata: "Perché non mi interessa?" risponde con ovvietà estrema. 

"Cazzate."

"Eva, grazie a Dio non sono te. Se scopro qualcosa, a meno che non mi serva per irritare mia sorella, lo tengo per me e molto probabilmente lo dimentico nel giro di due giorni."

La mia reazione è forse quanto di più incomprensibile Davide abbia mai sperimentato, perché sbuffo e mi lascio cadere sul suo materasso con aria sconfitta.

"Che hai, adesso?"

La verità è che quasi quasi avrei preferito che Davide raccontasse il mio segreto a tutti. Avrei voluto che qualcuno si prendesse la responsabilità al posto mio, perché mi diventa giorno dopo giorno sempre più pesante e allo stesso tempo non ho il coraggio di parlare. Essere Eva è un'occupazione non da poco, e ora che tutto sta andando allo sfascio, l'unico modo in cui riesco a gestirlo è alla me stessa, ovvero tramite scoperte incredibili e annunci plateali.

Solo... non essendone io l'artefice. Davide sarebbe stato il mezzo perfetto. E avrebbe spiegato ad Ilenia il vero motivo per cui non posso far pubblicare quell'articolo.

Sospiro: "È che sono in una situazione disperata. E non so come uscirne."

"Questo si era capito." rincara, con un sorrisetto. "Però se ti preoccupa che la voce si sparga, con me puoi stare tranquilla."

"Non so più cosa mi preoccupa, ormai."

"E quindi?"

Fisso Davide con insistenza e aspettativa: "E quindi potrei far tesoro di un consiglio, forse?"

Il ragazzo manifesta confusione e disorientamento: "Vuoi un consiglio da me?"

"Non lo so, se magari nascondi un consulente del lavoro nell'armadio, chiediamo a lui." faccio, con abbondante zelo.

Certo, non mi aspetto un consiglio professionale da Davide, ma anche solo una parola d'incoraggiamento, dato che non sembra intenzionato a rovinarmi la reputazione, potrebbe andare bene. Tipo un 'mi spiace, Eva, che tu te la sia passando male' o 'vedrai, Eva andrà tutto per il meglio', o anche un 'sì, Eva, ho un consulente del lavoro proprio dentro l'armadio che rinnoverà il panorama delle tue possibilità lavorative!'.

"Non che cosa dirti. Non so niente su queste cose."

"Ma avevi un'espressione molto seria quando mi hai consegnato il Mac. Quindi capisci la gravità della situazione."

"Sì." annuisce, sommariamente.

"E quindi le spremiamo queste meningi per partorire un pensiero?" sbuffo, alzando la voce, ma pentendomene all'istante. "Scusa, sono un po' sclerata."

Purtroppo, il problema è che ho perso il lavoro; l'avrete capito.

Da ormai otto mesi non faccio più la giornalista e quel che è peggio è che ho perso uno dei posti di lavoro più fighi del mondo e più ambiti dalla sottoscritta. Non capisco il vero motivo per cui mi abbiano licenziato: è successo dopo un cambio di direzione e blateravano riguardo a un rinnovo del personale, ma alla fine hanno buttato fuori solo me, per sostituirmi con un'altra stronza che sinceramente non reputo affatto più brava.

Forse il mio stile non piaceva al nuovo capo, fatto sta che da un giorno all'altro mi sono trovata disoccupata, dopo quasi un anno che lavoravo per loro.

Chiaramente non l'ho detto a nessuno. Non potevo di certo ammettere una tale umiliazione, specialmente con il rischio che i miei fan di Svegliati! lo venissero a sapere. Quel blog è tutto quello che mi rimane e molti dei miei iscritti ci sono perché ammirano il mio successo e mi hanno conosciuto grazie al giornale. Ultimamente è stato sempre più difficile giustificare la scomparsa dei loro amati articoli firmati da me ed è uno dei tanti motivi per cui mi trovo in certe condizioni psichiche. Sto davvero uscendo di testa.

Poi ci sono le promesse fatte alla gente, come nel caso di Ilenia, e le stronzate che mi sono inventata per far credere agli altri che la mia vita fosse esattamente come la loro, come quando ho detto che Luca il fotografo era il mio fidanzato, e invece Luca il fotografo nemmeno esiste.

Mi sono inventata un personaggio fittizio, per l'appunto Luca, usando foto di tizi a caso. L'ho creato per placare la sete di curiosità dei miei compagni e per far credere loro che fossi una persona normale, dato che non ho mai avuto un fidanzato né interesse sentimentali di alcun tipo per nessuna persona, e successivamente, dato che con loro aveva funzionato, ho deciso di usarlo anche sul blog. La gente iniziava a non accontentarsi degli scoop sui vip; volevano sapere di me e io, che non ho nulla di interessante da offrire, ho semplicemente deciso di inventare cose.

È stato un incredibile passo falso, perché ho profilato qualcuno che non sono e poco alla volta, ciò mi ha portato sempre di più sull'orlo di un dirupo. Avrei potuto essere me stessa e basta, lo so, ma la noiosa persona che sono non può soddisfare i miei fan e quindi ora mi trovo tra le mani un sacco di bugie da motivare e una professione da cercare.

Per questo Davide era così serio; avrà riavviato il mio Mac sulla schermata di stamattina, ovvero sulle pagine e pagine di internet aperte, a cui avevo inviato il mio curriculum e l'articolo sullo spettacolo di Ilenia nella speranza che qualche rivista lo volesse pubblicare.

Dopo aver spiegato tutto questo anche a lui, lo trovo ancora molto serio e pure irritato per il mio comportamento da frustrata.

"Mi ricordi molto una certa persona." dice.

"Chi, tua sorella?"

"Esatto. Di frequente si trova in situazioni enormemente incasinate e, nonostante sia stata lei ad averle create partendo dal nulla, si permette pure di immischiare gli altri e prenderli a insulti se non sanno come aiutarla."

"Quindi sei abituato a trattare casi del genere?"

"Insomma." sbotta. "Dopotutto abbiamo lo stesso sangue, quindi tendo anch'io a fare così."

"Quindi mi capisci?"

"No, per niente."

"Ah, dimmi solo che cosa faresti al posto mio!" mi lamento, costernata.

"Chiederei a Cortana."

"Che?"

"Chiederei a Cortana." ripete, sotto il mio sguardo stralunato.

Davide raggiunge il suo computer e con il mouse clicca sulla barra inferiore, per poi far parlare una voce gentile che lo saluta e lo invita a fare una domanda. È veramente Cortana, l'assistente virtuale di Windows che ora infesta la maggior parte dei computer.

"Ciao Cortana, una mia amica vorrebbe fare la giornalista, ma ha perso il lavoro e raccontato un sacco di cazzate che compromettono la sua reputazione. Che cosa dovrebbe fare?"

Cortana impiega qualche secondo a fare una ricerca e poi invia una serie di link sulla dieta mediterranea.

"Che cazzo ha capito?" sbuffa lui.

"Davide, sul serio chiedi i consigli a Cortana?" mi allibisco.

"Di solito risolve il settanta per cento dei miei problemi." spiega. "Ma credo che appena avrò i soldi per comprare l'iPhone, passerò a Siri."

"Cortana è migliore di Siri." interviene Cortana.

E Davide spegne il computer invitandola ad andarsene affanculo.

Ok, forse siamo davvero molto più simili di quanto credessi.

"Il punto è che non so davvero come fare." spiega Davide, grattandosi la testa e sedendosi per terra, ai piedi del letto su cui io sono seduta. "Nessuno mi chiede mai consigli. Anzi, di solito vengo consigliato dagli altri come modello a cui non ispirarsi nella soluzione dei problemi."

Mi sporgo verso di lui: "Beh, hai spiato nel mio computer, quindi ora, in quanto unica persona al corrente del problema, dovrai darti da fare. A meno che tu non voglia raccontarlo in giro, e mi risparmieresti l'incombenza di ammettere i miei errori."

Walking Dead serra gli occhi e si gratta di nuovo la testa: credo che un enorme conflitto tra giusto e sbagliato stia avendo luogo all'interno della sua mente, evento che di solito non riesce a gestire e lo porta a fare stronzate come la notte scorsa e conseguente bacio a Zingaretti, ricordiamolo sempre.

"Vorresti percorrere questa specie di scorciatoia suicida?" mi domanda, dubbioso.

Io mi chiudo nelle spalle: "Che altre scelte ci sono?"

"Dire la verità."

"Escludi quella a priori."

"Dicono che dire la verità ripaghi sempre. E io ne so qualcosa."

"Per questo hai mentito ai tuoi genitori adottivi, ovvero Nelli e Mattia, sulle innumerevoli canne che ti sei fumato ieri?"

"Innumerevoli è esagerato."

"Ma ho reso l'idea, no?"

Davide mi concede un punto: "Immagino tu abbia molto da perdere nel raccontare la verità."

"Esattamente, Walking Dead." sorrido, felice che inizi a parlare la mia stessa lingua. "Io non posso perdere la faccia, perché è tutto quello che ho. Quello che sono brava a fare è del serissimo e molestissimo gossip; voglio continuare a guidare l'opinione delle masse, ad avere la loro piena fiducia indipendentemente da ciò che scrivo e, se possibile, vorrei pure comprarmici da mangiare e una casa."

"Ok." annuisce. "Allora non dire nulla."

Sbuffo con rassegnazione: "Difficile. Negli ultimi mesi, e giorni, è diventata una vera impresa. E più gente come Ilenia continua a chiedermi favori, meno capisco come mantenere in piedi la recita."

"Chi dice di mantenere la recita?" riflette. "Puoi sempre terminarla, ma con stile."

"Cioè?"

Davide assottiglia ancora gli occhi come per pensare, poi si volta verso il pc e me lo indica: "Proviamo a sentire Cortana?"

"Fanculo Cortana. Sei sulla strada giusta, Argenti, spremi ancora un po' quella ghianda in fase di pubertà che hai sotto la corteccia cerebrale. Sono i giovani che hanno le idee migliori, specialmente durante un hangover; fammi sognare."

"In un modo o nell'altro, ti farò pagare tutto questo." mi mette in guardia, indicandomi minaccioso.

Io gli sorrido, angelica.

"Non lo so, boh..." sbuffa, guardando in giro e accorgendosi con orrore dei fazzoletti sul comodino. "Fingi di essere tu quella che ha deciso di mollare la redazione per seguire qualche altro folle progetto, o fingi che Luca il fotografo sia morto e per il dolore tu abbia deciso di intraprendere strade diverse, conoscere persone diverse..."

Porto una mano al mento e valuto attentamente l'idea di Davide.

"È una bugia sulla bugia."

"Ma manterrebbe in piedi la tua storia e la tua dignità." obietta, continuando a fissare imbarazzato i fazzolettini.

"Argenti, non mi scandalizzo se ti masturbi, ok? Non perdiamo il focus." faccio, schioccandogli le dita davanti alla faccia. "La tua proposta mi piace. Devo dire che mi aspettavo di meglio, ma questa alternativa, se sviluppata con accortezza, potrebbe anche funzionare."

"Io non mi masturbo."

"Siamo stati adolescenti tutti." mi alzo in piedi e torno verso il mio Mac posato sulla scrivania. Lo accarezzo come fosse un gattino, rapita dai pensieri e dalle prospettive che questo nuovo stimolo mi sta aprendo. "Sai, Walking Dead, forse potrei davvero usare questo spunto per ricominciare da zero."

"Ho usato quei fazzolettini perché avevo un brutto raffreddore."

"Nel senso, se veramente Luca muore e io decido di prendere una svolta, allora posso far sì che il mio licenziamento non sia per colpa di come scrivo, ma grazie a come scrivo, che sia una mia decisione. Posso dire che il giornale non mi bastava più, che rievocava troppi ricordi, e che voglio ricostruire me stessa facendo la freelancer. Prenderei due piccioni con una fava e potrei veramente puntare su una professione del genere."

"Perché non ci hai mai pensato, scusa?"

"Certo che ci ho pensato!" sbotto. "Ma il giornale era il giornale, era..."

"L'ennesimo modo per non dover contare solo sulle tue capacità; per mettere il nome di un altro davanti al tuo."

Davide mi stupisce con tutta questa saggezza.

"Io credo nelle mie capacità. Il giornalino del Maffei è nato e cresciuto grazie a me."

"E allora qualcosa da dare ce l'hai." conclude con ovvietà. "Per una volta affidati solo a quello; affidati solo a te stessa. Mettendo insieme chi sei e cosa sai fare, esci dal casino e riparti di nuovo, senza che nessuno si accorga di nulla."

"Questa conversazione sta toccando profondità umane spaventose; e tu sembri un personaggio dei libri di cui ci si innamora."

"Grazie?"

"Anche se sei uno sbarbatello che si masturba e si spacca di canne." ridacchio. "Comunque non sembra così impossibile, dopotutto."

"Sai cosa penso? Che con queste premesse, la strada giusta per te potrebbe essere YouTube. Potresti aprire uno scontatissimo canale che parla di gossip, di cui tutta Italia va matta. Sì, saresti la perfetta YouTuber, ne sono sicuro."

"E tu saresti un fantastico consulente del lavoro!" esclamo, allo stesso tempo stupita e super motivata dalle sue parole. "Wow, Davide, ti ho trovato un'utilità su questa Terra. Ti rendi conto?" 

Io rido per questa frase che ho detto a mo' di presa in giro, ma lui abbassa gli occhi e nasconde un'espressione quasi compiaciuta. Oh mio Dio, lo ha preso come un complimento! Ed ora è tutto rosso e imbarazzato! Non ci posso credere, è addirittura carino.

Termino la risata schiarendomi la voce e tornando più seria: "Walking Dead, grazie, sul serio. Non pensavo assolutamente che schiantarmi contro di te questa mattina avrebbe portato a qualche svolta positiva della vita, e invece sembra che con un po' di impegno tutto potrebbe tornare al suo posto."

"Ti fidi così tanto del mio consiglio?" Davide mi segue, mentre io mi dirigo verso la porta della sua stanza, determinata a fiondarmi in camera mia per mettermi al lavoro sulle nuove idee.

"È il migliore che abbia ricevuto da quando sono stata licenziata."

"Nonché l'unico."

"Da un diciassettenne in hangover del terzo millennio, che si dichiara aperto ad ogni sviluppo sessuale e bacia persone a caso perché odia tutto." specifico, poggiandomi allo stipite della porta prima di uscire completamente. "Deve essere per forza un valido consiglio."

Davide si lascia scappare una risata e si posa sullo stipite imitando la mia posizione, ma non oltrepassando la soglia. Non dice niente, però mi guarda con un'espressione sommariamente contenta e due occhi curiosi e stanchi, dopo la giornataccia di corse al bagno.

Ha un paio di occhi esageratamente grandi, lo devo ammettere. Fanno quasi spavento, ma forse sono anche la sua fortuna, perché attirano verso quel punto del viso, facendo dimenticare tutti gli altri difetti tipici dell'età. Il profumo che si è selvaggiamente spruzzato addosso si sente benissimo, ora che siamo vicini, e avvalora la mia teoria sul fatto che l'abbia messo solo per celebrare la mia venuta e non perché sia un gesto abituale.

Chissà se potrei mai sembrare attraente agli occhi di Davide... non che lo desideri, però sarei davvero curiosa di saperlo. E poi, ho come la sensazione che voglia dirmi qualcosa senza riuscirci, specialmente dopo la mia ultima frase, che sembra averlo lasciato piuttosto assorto nei pensieri.

Alla fine, però, non riesco a sopportare il silenzio e gli sorrido: "Dato che Luca è morto, quando farò il primo video dello scontatissimo canale, ti va di farmi da cameraman?" 

Davide annuisce appena, troppo impegnato ad essere combattuto su non si sa cosa, per aprire quella boccuccia di rose e pronunciare un consenso.

"Perfetto!" gioisco, inviandogli un bacino con la mano. "Allora mi metto subito al lavoro! Ci becchiamo!"

Davide si risveglia dal coma e mi fa il gesto dell'ok, per poi ripigliarsi completamente e tornare nella sua stanza. Faccio per andarmene, quindi, ma nemmeno dopo un passo, mi fermo e torno indietro.

"Ah, Walking Dead?" lo richiamo prima che chiuda completamente la porta.

"Sì?"

"Alla fine che cosa aveva il mio Mac?"

"Oh, un virus." risponde. 

"Un virus? C'era un virus che mi faceva impallare il computer?"

"Ne esistono di veramente invadenti." risponde. "Ma tranquilla, l'ho neutralizzato completamente."

"Grazie. Cercherò di stare più attenta."

"Sì, ti consiglio di installarti qualche antivirus." dice, per poi sorridere maliziosamente. "E soprattutto di cancellare la cronologia."

Chiude la porta e, anche senza aver raccontato il mio segreto a nessuno, Davide Argenti diventa una delle poche persone al mondo ad avermi mai fatto arrossire.


***


ANGOLO AUTRICE

Ho adoratissimo scrivere questa OS.

La cosa simpatica è che ero partita con un'idea totalmente diversa. La protagonista doveva essere Eva sin dall'inizio, ma doveva succedere tutt'altra cosa e... e invece, come al solito, i personaggi hanno preso in mano la situazione e se la sono gestita come meglio credevano.

Difatti nella prossima OS il narratore avrebbe dovuto essere Davide, ma penso che cambierò. Non lo so. Di certo non era previsto che lui avesse così tanta rilevanza in questa OS.

Ma comunque... che ne pensate? XD

Non avevamo mai passato una giornata con la nostra Eva e ora abbiamo scoperto che colei che tutto sa è la prima a nascondere i più succulenti segreti. Ma di segreti, in queste OS della raccolta, ne verremo a sapere taaaaaantiiii...

La prossima OS non sarà così lunga (almeno nei piani che ho fatto non lo è), come anche la successiva, dunque dovrei riuscire a mandarle fuori in tempi utili per tornare a concentrarmi sul filone narrativo principale di "Io e te 3" e quindi aggiornare la storia. Vi chiedo scusa se non sto rispettando i tempi in modo perfetto, ma ovviamente quando uno ha già da fare, il da fare si moltiplica e si aggiungono mille altre faccende.

Quindi vi rimando al 5 aprile per la prossima pubblicazione, e nel frattempo valuto se eliminare una delle Os previste prima del capitolo 15 di "Io e te 3". Non fate caso ai miei sbrodoli (si dice?) con date e pianificazioni: nel privato sono sempre così, ma alla fine ottengo sempre risultati soddisfacenti (non è vero).

Prima di lasciarvi con alcune domande riguardo alla OS, volevo dire 2 cosette:

1 - mi scuso con tutti voi che leggete, se queste OS conterranno errori e refusi. Purtroppo facendo tutto un po' di fretta, evito il passaggio della OS alla beta, quindi, per quanto io controlli e ricontrolli resteranno sempre delle amenità che faranno sanguinare i vostri occhi e quelli di Ellie. Ma sono fiduciosa che, pur di non avere le pubblicazioni a Natale, sopporterete qualche orrore di questo genere.

2 - questa è l'ultima pubblicazione prima di Pasqua, quindi ne approfitto per augurare a tutti di passare delle belle feste :) Ci sentiremo sui vari social per gli auguri ufficiali di quel giorno!

E dunque le domande, prima dei saluti:

1) Siete contenti di aver letto dal punto di vista di Eva? Aspettavate questa narratrice con ansia oppure no?

2) Nel corso di "Io e te 3", man mano che si parlava di lei e della sua vita lavorativa e sentimentale, vi eravate posti dei dubbi? Avevate qualche sospetto?

3) Chi di voi è sconvolto dal fatto che alla fine la vera identità di Cleopatra non sia ancora chiara ad Amerigo?

4) Chi di voi pensa che Patrizia e Amerigo sono stupidi? *IO!*

5) Secondo voi, l'avvicinamento tra Eva e Davide può essere significativo per uno dei due o addirittura per entrambi? In che modo?

6) Vi siete mai masturbati? (domanda opzionale)


Allora vi lascio alle meritate vacanze pasquali. Vi ringrazio ancora per la pazienza nei confronti dei miei ritardi e dei capitoli non corretti dalla beta (per colpa mia). Vi auguro di passare qualche giorno di serenità e di sorridere leggendo questa OS, proprio come è capitato a me.

Alla prossima!

Daffy



***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

***

Colonna sonora, che ci sta sempre :)

VIDEO MUSICALE SU YOUTUBE (cliccare qui) - X Ambassadors, Renegades


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** OS 3 - I'll do it my way ***


OS 3 - I'll do it my way

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.




ATTENZIONE
Questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
o qui  https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1
In particolare, questa è la terza della serie di OS e si colloca, temporalmente, dopo il capitolo 14 di "Io e te 3" e circa un giorno dopo le OS 1 e 2.

P.S. Questa OS è scritta in prima persona, dal punto di vista di un personaggio che non parla italiano come prima lingua. Nonostante ciò, la narrazione è in italiano per ovvie ragioni XD Fate finta che stia pensando nella sua lingua natale con la traduzione automatica XD

.


Image and video hosting by TinyPic

.

OS 3

I'll do it my way

.

.

“For what is a man, what has he got
If not himself, then he has naught
To say the things he truly feels
And not the words of one who kneels
The record shows I took the blows
And did it my way"


― Frank Sinatra, My Way

.

.

Più passa il tempo, più mi chiedo una e una sola cosa: com'è possibile che in una classe delle superiori si formino così tante coppie?

Io, davvero, sono allibito. 

Questi qui hanno fatto il liceo insieme. Si sono trovati nella stessa classe per puro caso, così, com'è capitato a tutti noi, frequentando la scuola. Hanno passato cinque anni con l'obbligo di vedersi ogni mattina, di sopportarsi ogni mattina, di condividere ogni singolo malumore e, nonostante tutto, passano ancora del tempo assieme, di loro spontanea volontà, tutti.

Ma l'aspetto che mi lascia più perplesso è il loro legarsi a vicenda attraverso amicizie di gruppo e/o inciuci amorosi. Voglio dire: quanto surrealismo c'è in tutto ciò?

Tralasciando le due coppie principali che, onestamente parlando, mi provocano grande disagio ed inquietudine, non posso fare a meno di notare come anche tutti gli altri non facciano che flirtare dalla mattina alla sera, nella maggior parte dei casi fingendo di odiarsi, ma in realtà amandosi alla follia.

È uno schema che coinvolge tutti; è assurdo. Secondo me, è una sindrome di Stoccolma di gruppo, non c'è altra spiegazione.

Le due coppie principali sono gli sposini e i proliferi. Gli sposini mi turbano perché stanno insieme da quando avevano sedici anni; nessuno dei due ha mai attraversato un momento di crisi nonostante la giovane età e solo guardandoli si percepisce un elevato livello di sdolcinatezza, che sembra andare in aumento, al contrario di quanto spesso capita, invece, in questo genere di coppie. Io non ho mai visto un fenomeno così: penso che siano le due metà della stessa mela, ma penso anche che il fatto di essere capitati nello stesso stato, stessa regione, stessa città, stessa scuola e stessa classe sia davvero paranormale. 

I proliferi, invece, sono gli altri due piccioncini perversi, che, a quanto vedo, non riescono a smettere di produrre prole. Fanno impressione; la maggior parte dei figli che hanno si motivano con un "Non l'abbiamo fatto apposta!" e questo la dice assai lunga. Se la ricciolina rimarrà fertile fino ai cinquant'anni, come da manuale, potrebbero arrivare ad avere circa venticinque/trenta figli. 

Questi sono i due esempi madre che, anche senza il contorno, mi lasciano confuso di fronte alla vita. Com'è possibile che tutto ciò sia potuto succedere tra compagni di classe? Voglio dire, quante probabilità reali ci sono?

Ma come se l'interrogativo non fosse sufficiente, insorgono altre casistiche correlate: 

- i due pel di carota che si punzecchiano sempre e dichiarano di non sopportarsi, ma che dalla quinta superiore non ce la fanno a superare un bacetto che si sono scambiati da ubriachi;

- Federica, l'amica bacchettona di Nelli, che si è privata di ogni piacere della vita, per via di un amore non corrisposto ancora ai tempi dell'acne giovanile, che l'ha resa la donna acida e frigida che oggi è (della serie, come NON superare i traumi legati alla vita scolastica);

- i due gay che si passano malattie a vicenda, quando, anni or sono, potevano benissimo uscire da scuola e avere rapporti con gente sana;

- i disagiati mentali che continuano a chiamarsi Antonio e Cleopatra da cinque anni, invece di  avere un benedetto rapporto sessuale con persone normali che vivono la vita al di fuori delle chat di Messenger;

- l'unica ragazza con un po' di senno, Shymée, che anziché salvarsi da questo bordello e rappresentare l'innovazione e il progresso della cultura musulmana, si lascia fottere il cervello da una pazza con i codini che, naturalmente, era in classe con lei alle superiori;

- e, infine, il caso peggiore e più stupido di ognuno di quelli citati finora; la pazzia pura e la follia più radicata agli ideali malati di questo gruppo di persone: Marinella e il soldato. Io non lo so fino a che punto questa gente sia stata toccata nel cervello; probabilmente non è nemmeno colpa loro, ma di qualche esperienza ultraterrena che hanno vissuto durante le superiori o di un professore demoniaco, io, davvero, non lo so. Ma i danni che hanno subito, tutti quanti, ancora durante quegli anni bui della loro esistenza, li hanno segnati profondamente, tant'è che non solo le loro, di vite, sono state perennemente rovinate, ma anche quelle dei loro cari (vedi il povero Davide) e dei loro amici (vedi me).

Io non mi ci vedo nella definizione di amico di Marinella. Non l'ho mai voluto essere, e ora mi ci ritrovo proprio perché lei mi sta coinvolgendo in certi raggiri di cui è vittima. Ma io non voglio essere né amico suo, né amico di questi pazzi.

Sono capitato un po' per gioco e un po' per sfizio nella sua vita, ma senza sapere né desiderare il pacchetto prendi uno e ottieni venti. Non avevo la minima idea che nel privato lei, Marinella, vivesse questo morboso rapporto di affiliazione al prossimo ed attaccamento al passato, e invece lo sto scoprendo a mie spese proprio in queste ore. Se l'avessi saputo prima, probabilmente mi sarei ravveduto dal fare certe mosse.

In ogni caso, vi starete chiedendo come sia possibile che a sapere di tutti questi inciuci della classe sia proprio io, Sayid Matar, figlio di Kmer, della tribù di Istar, della terra desolata di Cfinir, uno degli ultimi sette saggi: Puvvurur, Ganer, Astafanirghecusar, Usust e Ghanir, colui che era, colui che è stato e colui che sempre sarà. Scherzo, sto solo citando tre dei miei artisti italiani preferiti, ma mi chiamo semplicemente Sayid Abù Matar.

Scherzo. Volevo solo vedere le vostre facce davanti al nome Abù.

Mi chiamo Sayid Matar, e basta.

Comunque, vi chiederete come faccio a sapere di tutte queste storie intestine, pur essendone stato estraneo fino a poche ore fa. Ebbene, la sera del mio arrivo, cioè ieri sera, me ne stavo un po' in disparte in salotto a cercare di capire che cosa ci fosse di strano nell'aria in questa villa. All'epoca ero ancora ignaro di tutto, ma a un certo punto mi si è seduta vicino una ragazza minuta dall'aria frizzante e allegra, che mi ha prontamente ricoperto di discorsi fino ad ipnotizzarmi.

Tra le tante cose, dopo aver esordito con i complimenti per la bellissima voce di cui sono dotato (grazie, grazie), mi ha anche rivelato tutte le belle notizie di cui sopra. Ovviamente le sue descrizioni non avevano lo stesso tono denigratorio delle mie; anzi, lei sembrava parecchio eccitata nel parlarmene, soprattutto quando si è soffermata sull'ultimo punto, che ha illustrato con tanto di dettagli, gentilmente mimati per il sottoscritto. Mi ha apertamente detto che sperava di innescare qualche lotta per il territorio tra me e quel Zingaretti, ma era talmente scoppiata che ho preferito allontanarmi da lei senza dire troppo. Mi sembrava che si chiamasse Eva, ma ricordare i nomi di tutti è difficile; specialmente quando usano soprannomi imbarazzanti come El Vallinator, o Pierpetua e Frufru.

Come già detto, io sto vedendo cose che voi umani...

In tutti i casi, ciò che voglio fare oggi è davvero semplice: dare un senso al mio viaggio fin qui e cercare di riportare un po' di controllo intorno a me. Anche solo ventiquattr'ore in questo ambiente mi hanno distrutto.

Così, entro nella spaziosa cucina della villa, sapendo di non trovare molte persone, ma una in particolare. Senza troppa fatica, mi sono fatto informare da Eva sulla routine del signor Sono confuso sul mio futuro e per questo cambio idea all'ultimo minuto spezzando il cuore alla mia fidanzata Zingaretti (no, nessun rancore con lui) e ho scoperto che si alza sempre presto per fare una salutare colazione da soldato e poi qualche salutare flessione da soldato, per poi proseguire la sua salutare vita da soldato.

Ovviamente questo non è stalking: la vera stalker della situazione è la mia ex che sto cercando di riconquistare, ma posso dire di aver imparato molto da lei. 

Mattia Zingaretti si trova come previsto davanti al bancone della cucina. Ha appoggiato dinanzi a sé un bicchiere di succo e alla destra di esso, un cornetto ripieno. Alla faccia del salutare; immagino che con l'allenamento che gli fanno fare potrebbe mangiarsi anche un bue e smaltirlo in mezza giornata. Vivrà di rendita come ha sempre fatto; anche la sua relazione con Marinella non è nient'altro che del tempo, tanto tempo, lasciato passare sulla base di un sentimento che li ha fatti sentire potenti in passato. Se non ci fosse stata qualche fortuita circostanza, come capitare nella stessa classe, non si sarebbero mai nemmeno calcolati nella vita, dato che sono compatibili come la metà di una mela e la metà di una banana. Come ho detto, questo idiota vive di rendita.

Già, sicuramente vi dispiacerà sentirlo, ma sono fortemente convinto che quello a dover stare con Marinella sia io. 

Probabilmente vi starete chiedendo con quali diritti e pretese oso pronunciare una tale osservazione, dato che siete tutti, inspiegabilmente, dalla parte di questi straordinari ragazzi, ma magari grazie a me qualcuno aprirà gli occhi. Forse odiate me, e non loro, perché per anni vi hanno fornito dell'intrattenimento gratuito (beh, quasi), o forse perché hanno fatto il lavaggio del cervello pure a voi, facendovi credere che Sì! È possibile rimanere amici del cuore con i compagni di classe delle superiori! e Sì! È possibile trascinare una storia d'amore per dieci anni senza che nessuno si stanchi e si rifaccia una vita!, ma soprattutto Sì! È possibile che Marinella e Mattia coronino il loro grande amore mai sbocciato e non ci sia mai più alcuna incomprensione!. Ma io non sono un cattivo sfasciafamiglie; sono solo un ragazzo che aveva un buon piano per accasarsi con la ragazza giusta e che si è visto rovinare tutto da questi oscuri personaggi.

Non sono loro la vittima della situazione, sono io.

"Ehi, amico!" saluto Mattia, entrando in cucina e controllando che non ci sia nessuno. Sono le sette; difficile che qualcuno, eccetto maggiordomi e schiavitù varia, sia già in piedi.

"Amico." ricambia lui, caricando il tono di disaccordo.

Sarò anche non nativo della lingua, ma le intenzioni hanno un codice internazionale.

Comunque non sono venuto qui per litigare con lui, lo giuro. L'ultima cosa che voglio è accontentare quella Eva e fornire a Marco, Lorenzo e Federica altri motivi per rinchiudermi in una stanza a persiane abbassate (dico, ma non vi rendete conto della gente a cui siete affezionati?). Con Mattia voglio solo essere sincero; mettere in chiaro le cose. Per quanto anche lui sia sicuramente corrotto da questo sistema di amichetti felici, mi sembra comunque uno scaltro e anche più di Marinella. Con lei devo fare il buono e l'accondiscendente: ok, ora che mi hai ufficialmente lasciato, saremo amici del cuore per sempre! e cazzate varie. Ma con Mattia se non parlo ora, perderò la mia motivazione, e resterò un passo indietro a lui. 

E, comunque, anche se non ci voglio litigare, lo odio. E lo odierò per sempre, indipendentemente da tutto.

E no, non solo perché è mio rivale in amore.

"Come mai colazione così presto?" gli domando fingendo che mi interessi.

"Anche se provo a dormire di più, mi svegliano i crampi della fame. Ormai sono abituato." risponde portandosi il bicchiere alla bocca. "E tu?"

Allargo le braccia: "Jet lag."

"Oh, capisco." 

Apro il frigo e cerco qualcosa di appetibile. Questo Magno ha un sacco di latte e cereali, ma nulla che assomigli a una decente colazione americana.

Mattia mi imita e finge di interessarsi a me: "È stato un volo molto lungo?" 

"Pensavo peggio. In tre ore ero già in Italia."

"Tre ore?" si scandalizza. "Non ci vogliono tipo dieci ore dall'America?"

"Non arrivo dall'America." gli rispondo pacato, ma pungente, provvedendo ad appoggiarmi sul bancone con i gomiti per fronteggiarlo adeguatamente. "Ero a Beirut. In Libano."

Mattia si zittisce e inizialmente subisce il mio sguardo fisso su di lui, poi afferra il motivo di questa ostilità non dichiarata.

So benissimo, e lo sanno anche tutti gli altri, che una delle prime missioni militari di questo stronzo è stata in Libano. Non voglio entrare nel merito delle scelte politiche dei nostri paesi o discorsi analoghi, ma diciamo solo che l'idea di un ospite non desiderato, e soprattutto armato, in casa propria, è sempre molto difficile da digerire. 

Questo ragazzo non mi piacerà mai, perché è schierato dalla parte opposta alla mia, perché ha invaso il mio territorio, fisicamente e sentimentalmente parlando, e perché ha una grandissima e fastidiosissima faccia di culo. Non so come a Marinella possa piacere; chi si accompagna meglio alle sue fattezze morbide e calde sono io, non questo grattacielo qui che di caldo ha solo il posto in poltrona dove fino a un mese fa c'ero io.

"Perché ho l'impressione che tu sia venuto qui per un motivo preciso?" chiede l'arguto soldato italiano, violatore di confini ed esecutore eccellente di ordini che nemmeno capisce.

Marinella avrebbe potuto infatuarsi di chiunque, chiunque all'interno di questo stupido branco, e invece ha scelto proprio lui. Ma poco male; il pensiero mi crea solamente più eccitazione. Non c'è gara tra me e questo qui... anzi, sarà davvero un piacere batterlo in tutti i modi e campi possibili. 

Lo so, forse la prima impressione che avete avuto di me è stata diversa. Ma vi correggo; non è diversa, è solo incompleta. Io sono il Sayid pacato, affascinante e diplomatico che avete conosciuto, solo che quando c'è di mezzo qualcosa o qualcuno che voglio, non c'è barriera che abbia paura di superare. Questa parte agguerrita non è mai troppo evidente in me, ma vi assicuro che c'è ed è anche pronta per essere sfoderata.

Marinella io la voglio: la voglio perché è la ragazza giusta per me, la voglio perché mi piace e la voglio perché ho già pianificato una vita con lei. 

"Perché sei un soldato come si deve e fiuti il nemico." rispondo a Mattia con abbondante sarcasmo, poi poso una mano sul bancone con vigore per dare solennità alla mia seguente affermazione: "Sono venuto qui per chiedere a Marinella di sposarmi."

Il soldato, il gran soldato protettore dei civili libanesi afflitti dalle guerre, si strozza con il succo e tossisce mentre gli esce addirittura dal naso.

"Ma che cazzo hai nel cervello?" sbotta tra un soffocamento e l'altro, composto come solo un militare sa essere.

"Perché, c'è qualcosa di sbagliato?" ribatto, sicuro di me. "Stiamo insieme da sei mesi, è la donna giusta per me, non ho nessun dubbio."

"Non state insieme." si permette di correggermi. 

"Non attualmente, ma lo siamo stati."

"Sei sparito per un mese intero!"

"E tu per cinque anni."

Mattia si alza dallo sgabello con un'espressione a dir poco omicida, il succo ancora un po' sparso sul naso, senza preoccuparsi del rumore che crea quando trascina i piedi di metallo contro il pavimento.

"Lei è sparita." decreta, a bassa voce, ma controllandosi a fatica. "Io non l'ho mai abbandonata."

"Fisicamente, si può dire di sì." gli faccio notare. "Ed è la stessa cosa che ho fatto anche io. Ma vedi, luogotenente, io l'ho fatto per uno scopo ben preciso."

"Sentiamo la stronzata." mi invita, recuperando apparentemente la calma e ritornando seduto, mentre si mangia metà cornetto in un morso solo.

"La nostra relazione non andava benissimo." gli spiego, passeggiando un po' attorno al bancone ma non avvicinandomi troppo a lui per evitare di essere azzannato come il cornetto. "Marinella era molto, molto stressata perché nella sua vita c'erano troppe cose unsolved. Mi aiuti con la traduzione?"

"Comprati un vocabolario."

"Ok, ok." alzo le mani, ridendo in modo strafottente e decidendo di ficcare più parole straniere nel mio discorso, giusto per dargli un po' fastidio. "Anyway, prima che arrivasse quel periodo stavamo bene assieme. Avevamo iniziato a fare discorsi importanti. Lei era sempre stata bloccata con me per colpa tua e di quello che era successo, ma io piano piano ero riuscito a farla aprire. Mi apprezzava davvero e me l'aveva detto. She still likes me, actually."

"Possiamo passare direttamente ai pugni in faccia, se vuoi."

"Eva l'aveva predetto." rido, ripensando a lei come a una sorta di folle visionaria. "Ma comunque preferirei finire di parlare. Sai, Nelly e io avevamo pensato di fare un passo avanti nella relazione ed essere più seri. Vederci di più, fare cose tradizionali, etcetera. But then la sua vita universitaria e di lavoro si è complicata e in più Fatima ha lasciato l'appartamento quindi lei è entrata in crisi, facendosi influenzare anche dai suoi amici, tipo Federica e Lorenzo. Sai com'è, Marinella..." gli faccio l'occhiolino.

Anche se non voglio litigare con lui, comunque non resisto al provocarlo.

"Sì, so com'è, direi che lo so."

"Relax, my friend."

"Relax un cazzo, Sayid." si altera di nuovo, alzandosi di spalle per posare (o meglio gettare) le stoviglie sporche nel lavabo. "Concludi questa recita rapidamente, così posso passare a ridere per la tua faccia tosta e possibilmente spaccartela quando ho finito."

"Sono arrabbiato come te." gli ricordo, in un moto di finta comprensione. "Perché è anche colpa tua se a ogni ostacolo che trova, non sa che cosa fare e rovina tutto. Le hai causato un trauma che ha danneggiato sia lei che tutti i ragazzi dopo di te."

"Per lei mi dispiace, per gli altri no."

"Comunque l'ho lasciata per questo motivo."

"Quale motivo?" mi fissa confuso.

"Era chiaro che la sua crisi aveva preso anche il nostro rapporto." gli spiego. "E sapevo che quello che temeva era perdere la persona che ama. Così pensavo che andando via, lei avrebbe capito quanto ha bisogno di me."

Mattia sorride per la prima volta, e anche compiaciuto: "Credo che questo giochetto funzioni solo con me."

"Può darsi." annuisco, dandogli ragione. "Quello infatti è stato un errore da parte mia. Pensavo che senza di me sarebbe stata persa e che sarebbe corsa tra le mia braccia al mio ritorno, perché con la mia assenza avrebbe realizzato l'importanza della nostra coppia."

"Hai fatto male i calcoli, amico."

"Sì, ma non perché lei non mi ami."

"Ah no?"

"No, non ha funzionato perché è tornata da te."

"Lei è tornata da me? Lascia che ti spieghi la dinamica di questo matrimonio-"

"Intendo che lei ha incontrato di nuovo te, dopo così tanto tempo." tento di spiegarmi meglio, tenendo conto di quanto sia difficile parlare in italiano e soprattutto usare il congiuntivo. "Se non ci fossi stato tu, avrebbe funzionato. Il mio piano avrebbe funzionato sicuramente, ma è successa l'unica cosa, assolutamente unlikely, improbabile, che poteva succedere: te. E so benissimo la dinamica di questo matrimonio; me l'ha raccontato Eva." 

"Quindi ora sei qui per mettere in atto la tua vendetta araba?"

"Fucking racist." lo insulto, con un sorrisetto irritato. "Ti ho detto perché sono qui: perché io sposerò Marinella."

"Auguri e figli maschi."

Marinella ha ragione, è davvero odioso.

"Se non ci credi, sono problemi tuoi." gli dico, alterandomi inevitabilmente di fronte alla sua faccia di culo. "Ma è la mia intenzione fin da quando ho conosciuto Nelly e quindi lotterò per lei. Sai perché ero in Libano? Perché ero talmente convinto che il mio piano avrebbe funzionato, che sono andato a fare i preparativi per la festa di fidanzamento. Ho prenotato una vacanza lì, ho avvisato i miei che avrei fatto loro conoscere una ragazza e, hold tight my friend, ho pure chiamato il signor Argenti per chiedergli la mano di sua figlia."

Gli occhi di Mattia sembrano due enormi semafori verdi: "Ti avrà detto di no, spero!"

"Mi ha detto che ci pensa." rispondo vittorioso. "E solo perché anche lui è razzista, altrimenti avrebbe detto sì subito."

"Tu hai dei problemi."

"Io ho delle certezze! Come quella che io amo Nelly e Nelly ama me!"

Nonostante mi abbia detto il contrario, ma dettagli.

"Perché lo pensi?! In base a cosa?" sbotta, sconvolto e frustrato. 

"Non lo pensi anche tu, riguardo a te e lei?"

"No!" esclama. "Infatti te lo sto chiedendo! Come cazzo fai? Perché io non ne sono mai stato sicuro e probabilmente non lo sarò mai."

"Beh, fai bene." alzo le spalle. "Infatti quello che lei prova per te è solo una delle sue tante fantasie."

Con questa frase, è come se avessi tirato il filo di una presa di Mattia e qualcosa in lui si fosse spento. Penso di aver fatto una mossa molto saggia, per cui lascio che il suo effetto rimanga per bene senza rovinare l'atmosfera.

Al mio silenzio, Mattia risponde abbassando gli occhi e il tono di voce: "Perché hai fatto tutti i preparativi così inconsciamente? Perché non hai aspettato delle conferme vere da parte sua?"

"Perché io credo in noi. Nella coppia che creiamo." rispondo, sperando di tirare altri fili e di spegnerlo completamente.

Una cosa che di certo non mi aspettavo è che lui fosse così insicuro. Voglio dire, nonostante sia il favorito, nonostante lei gli stia appresso da anni, e nonostante sembri scegliere sempre e solo lui, il ragazzo qui ha ancora paura che non ci sia nulla tra loro. Avrebbe tutte le ragioni del mondo per crederlo e... da fuori sembra anche avere la situazione in pugno, ma sotto sotto è un buco nero di terrore.

Posso sfruttare questo suo punto debole per guadagnare ancora più terreno verso la vittoria: "My friend, Nelly e io abbiamo condiviso molto prima che succedessero questi ultimi casini. Lei mi ha confessato che non si era mai sentita così bene, dopo quello che era successo tra di voi. L'ho trovata che era k.o., completamente distrutta, e piano piano, giorno dopo giorno, l'ho aiutata ricostruire se stessa. Alla fine lo ha ammesso: stare con te non ha mai fatto altro che farla soffrire. Non vorrai farle ancora del male, luogotenente... ha fatto così tanta fatica a ritrovare un po' di felicità."

Mattia non stacca mai gli occhi dai miei, anche se mi avvicino al suo volto fino quasi a sfiorarlo, ma a un certo punto del mio discorso deglutisce lasciando trasparire qualcosa, sul fondo delle sue iridi, che assomiglia alla disperazione.

Sorrido: "In più, anche io ho già tutto organizzato per lei. Il fidanzamento, la vacanza, il matrimonio e poi un piccolo appartamento a New York su cui aveva messo gli occhi, che le voglio regalare. Zingaretti, io posso darle la vita che desidera. Tu puoi?"

Mi guarda da poco più in alto di me, fermamente come gli hanno insegnato a fare in accademia, ma ormai privo di tutta quella minacciosità che dovrebbe saper incutere. Né la sua statura, né le sue maniere hanno il minimo potere davanti a questa situazione. E non per merito mio, sono costretto ad ammetterlo, ma a causa di quello che ho messo in gioco. L'unica cosa che può piegare questo ragazzo non sono io, né la guerra, né i raggiri, ma Marinella Argenti.

"Non lo so." risponde, leggermente tremante. "Ma è quello che vorrei."

"Good luck, then." ribatto, provocatorio. "Hai un bel po' di lavoro da fare prima di battermi. Ma soprattutto, hai un bel po' di lavoro da fare prima che lei possa amarti davvero."

Con un sorriso vittorioso, gli giro le spalle e cammino verso l'uscita, ma prima di sparire mi soffermo un minuto in più e torno a rivolgerli la parola: "Ah, luogotenente... se pensi di correre da Nelly a raccontarle tutto con le lacrime agli occhi, fai pure, per me non c'è problema. Chiaramente così mi odierebbe ancora di più e passeresti in grande vantaggio. Ma se vuoi vedere come va questa partita senza barare, da vero uomo, lascia le cose come stanno e vedi da chi dei due correrà alla fine."

Mattia sospira, poggia la schiena al bancone e incrocia le braccia: "È un po' tardi per vedere come andrà, senza barare."

"Ma questo vale sia per me che per te, no?"

Touché. Mattia non può far altro che riconoscere la validità della mia osservazione con un cenno della testa e, in questo momento, ho la certezza che non dirà nulla a Marinella del nostro faccia a faccia. Almeno, non fino a quando lei avrà compiuto la saggia decisione di scegliere me.

Mi congedo da lui con il saluto militare e, senza aggiungere nient'altro, me ne vado. 

Finalmente ho messo in chiaro le cose. Ho dato un senso al mio viaggio e ho riportato un po' d'ordine attorno a me. Ne sono felice.

Mi dispiace dirlo, ma questo branco di amici del cuore ha fatto i conti senza l'oste: hanno messo in piedi la trappola perfetta per Marinella Argenti, per reintegrarla nel gruppo e far avere alla sua vita il decorso che tutti sperano, ma nessuno ha tenuto conto del povero Sayid.

Hanno aspettato che mi levassi dai piedi, credendo ingenuamente che con il nostro periodo di pausa fosse tutto finito. Ma non è finito nulla; anzi, forse è solo cominciato. Voglio un futuro con Marinella, voglio una famiglia, dei figli, un cane, un conto in comune, le vacanze e pure la vecchiaia.

E non per gli stupidi preconcetti razzisti di Mattia sulla vendetta araba. È perché lo voglio davvero, perché lei mi piace e mi rende felice.

Come vi dicevo prima, con lei è iniziato tutto quasi per gioco. Erano già svariate settimane che la mia amica Fatima parlava a tutti della nuova inquilina: principalmente, se ne lamentava, perché era strana, perché era rumorosa, perché faceva cadere le cose e combinava un sacco di casini. Quando uscivamo con la nostra compagnia, diventava lo zimbello della serata e Fatty passava ore a parlare di lei. Prima che diventassero amiche, hanno avuto un brutto periodo di assestamento, questo è poco ma sicuro.

Tuttavia, questi racconti di lei mi divertivano. Pur non avendola mai vista, l'idea che ci fosse una sorta di demone a rendere la vita di Fatty difficile mi stuzzicava... avrei voluto conoscerla.

Così, dopo un po', chiesi a Fatty se quella Marinella fosse single e se potessi provarci. A tutti sembrò un'idea troppo divertente e quasi non vedevamo l'ora di conoscerla, proprio per ridere di come si sarebbe comportata di fronte a un flirt da parte mia.

Il giorno del suo compleanno, Fatima organizzò una festa nel loro appartamento. Ovviamente lo fece apposta per poter includere anche Nelly e farcela conoscere direttamente nel suo habitat. Quando la vidi, tuttavia, ne rimasi subito colpito. Era una bella ragazza; del genere che piace a me: piccolina, dolce e anche rotonda al punto giusto. Non pensavo che mi sarebbe piaciuta fisicamente, ma ciò rese le cose ancora più interessanti.

Durante la festa, mentre gli altri se ne stavano a guardare la tv in salotto, ad un certo punto entrai in cucina e la trovai sola, alle prese con il forno e una pirofila bollente. Dall'inizio della serata non mi aveva detto nient'altro che "Hi, I'm Nelly.", ma quando la sentii gridare "Ahia, brucia, porca puttana! Vaffanculo, forno di merda!" in me si accese qualcosa che generalmente chiamano scintilla.

Capivo l'italiano un po' meno di adesso, ma lo adoravo tanto. Adoravo la cultura e i ricordi legati al mio recente Erasmus, ed era un punto a favore che si aggiungeva all'essenza di quella ragazza così particolare e bella. Era come se la conoscessi da tempo, pur avendola vista quel giorno per la prima volta.

"Serve una mano?" le chiesi, sfoggiando subito le mie conoscenze per cercare di fare colpo.

Lei, infatti, si prese benissimo con quelle poche parole e mi guardò con ammirazione: "Wow, parli italiano?" 

Ma nel frattempo stava reggendo la pirofila bollente, che diventò per lei insopportabile e finì dentro il lavabo con un poetico "Cazzo!".

Ripulimmo il disastro insieme e mi chiese scusa per la figuraccia e i termini scurrili.

Uscimmo nel retro dell'appartamento, isolandoci dagli altri per il resto della serata, su un minuscolo balcone che, invece di aprirsi sulla skyline di New York, fronteggiava un grande edificio in mattoni. Ma la brezza calda di luglio faceva già atmosfera per conto suo e la musica araba che arrivava ovattata mi faceva sentire un po' bambino e un po' potente. 

Lei era davvero carina; si era truccata per l'occasione e i suoi occhi castani erano contornati da una linea di matita nera che li rendeva ancora più preziosi. Sembravano due pietre scure che riflettono le luci di un tramonto newyorchese. 

Per scusarsi della cena un po' pasticciata, aveva portato fuori due bicchieroni di tè freddo e, anche se avrei preferito sorseggiare un bella birra con ghiaccio e limone, trovai il tutto comunque elettrizzante.

Parlammo un po' di noi. Mi chiese dove avevo imparato l'italiano, come avevo conosciuto Fatima, e se avessi mai nostalgia di casa. Della vera casa, specificò, del Libano.

Già in quel momento avrei dovuto accorgermi di quanto fosse malinconica, ma mi limitai a rispondere alle sue domande per la fretta di farne a mia volta.

Innanzitutto mi accertai che fosse single, dato che, nonostante le rassicurazioni di Fatima, non lo sembrava affatto. Aveva lo sguardo distante di chi sa che per essere felice deve guardare altrove, a un altrove indefinito e impossibile, come una vedova o come la moglie di un marinaio. Tuttavia, lei stessa mi garantì che non c'era alcuna storia d'amore che al presente la riguardasse. Poi mi parlò d'altro: del suo percorso di studi, della prima laurea triennale e della convivenza con Fatima.

Il fatto che parlare d'amore la mettesse a disagio mi incuriosiva troppo, così cercavo di finire spesso in conversazioni ambigue, finché lei non mi fermò esplicitamente.

"Sayid, che cosa stai cercando di ottenere?"

"Da te o da questa chiacchierata?"

"Entrambe."

"Beh, da te anche un bacio, mentre da questa chiacchierata vorrei intuire il perché sembri presente solo fisicamente, e non con l'anima."

Lei sorrise: "È un mio difetto di sempre."

"Oppure un pregio. È appassionante cercare di capire dove sei davvero con la testa."

"Ho sempre un sacco di pensieri." arrossì, imbarazzata dal mio complimento.

"E con il cuore, invece? Dove sei?"

A questa domanda lei sussultò e si rifugiò con lo sguardo nel suo bicchiere di tè. Non si aspettava che fossi così curioso, o perspicace, e per qualche secondo rimase interdetta.

Poi lasciò che la tensione si sciogliesse e tornò a guardare me, quasi ad esaminarmi, centimetro per centimetro del mio viso: "Sai, Sayid, tu mi ricordi molto una certa persona."

"Ah sì?"

"Ti conosco solo da qualche ora, ma ho notato che c'è una cosa che tu e lui avete in comune, ovvero la capacità di dire esattamente quello che vorrei sentire."

"E lui sarebbe quello che ha rapito il tuo cuore?"

"Esatto."

Me lo confessò subito, che nella sua vita c'era una persona, ma non volle raccontami i dettagli. Mi disse solo che era lontano da lei e che non c'erano rapporti fra loro, se non quelli del passato. Tuttavia, da quel momento in poi mi osservò spesso ed ebbi l'impressione, per tutta la sera, che la sua curiosità nei miei confronti fosse più che altro una ricerca di somiglianze.

Alla fine, comunque, me ne innamorai. Mi piaceva per fuori e anche per dentro: tutta quella fragilità, la consapevolezza di aver fatto del male e di averne subito... erano aspetti che mi facevano credere che una persona come lei avesse bisogno di una persona come me, e viceversa.

C'erano tante altre cose ancora da scoprire, ma non volevo di certo che quella fosse la prima e l'ultima occasione per stare assieme. Le dissi espressamente che mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio e uscire qualche volta. Lei apprezzò la schiettezza e mi rispose che le avrebbe fatto piacere.

Poi la baciai.

Ok, forse avrei potuto risparmiarmelo e stare lontano dal rischio di rovinare tutto. Ma non riuscivo a resistere, davvero, non mi capitava molto spesso di sentire tutta quell'alchimia con una ragazza appena conosciuta.

Invece di schiaffeggiarmi e darmi dell'irrispettoso, Marinella accolse volentieri il mio bacio e lo ricambiò. Sentivo che c'erano un sacco di sentimenti repressi in lei: non di certo sentimenti per me, ma comunque era chiaro che baciare sconosciuti non fosse un'attività che faceva spesso. Il suo bisogno di me sarebbe stato anche fisico, quello era poco ma sicuro... e non mi dispiaceva affatto.

Il nostro primo appuntamento fu decisamente romantico; mi impegnai un sacco e le feci un'ottima impressione. Parlando anche con Fatima, capii che quello che serviva a Nelly erano distrazioni, tonnellate di distrazioni, e la portai ovunque. Dopo un paio di mesi, finimmo a letto assieme e, per l'occasione, le pagai una super cena di pesce dove le feci una proposta che a parer mio era bellissima.

No, non era il matrimonio, non ancora (anche se già allora avevo serie intenzioni), ma le domandai di darmi lezioni di italiano. Intendo, un corso ufficiale, creato ad hoc per me e tenuto da lei in persona. Ma evidentemente non la conoscevo ancora abbastanza e con quella richiesta la misi totalmente in crisi.

Davvero, voi non potete capire quanto... o forse sì, dato che la conoscete meglio di quanto la conoscessi io al tempo. Si bloccò letteralmente davanti a me, iniziò a balbettare, poi mi chiese di riportarla a casa e, secondo i racconti di Fatima, passò tutta la notte a piangere. Non capivamo che le prendesse, ci eravamo preoccupati, così cercammo di parlarle e fu allora che scoprii altri essenziali dettagli sul passato della mia ragazza.

Beh... non era ancora ufficialmente la mia ragazza, ma era come se lo fosse.

Quella sera di ottobre, ci sedemmo di nuovo sui gradini del retro del suo appartamento, stavolta con molto più freddo e con una cioccolata calda tra le mani. Nelly era dispiaciuta per quello che era successo, ma ancora una volta mi parlò senza mezzi termini e mi disse che forse ciò che c'era tra noi non poteva esistere, perché lei non sarebbe stata la ragazza che io volevo.

Si era pentita di aver fatto l'amore con me, di essere venuta agli appuntamenti e di avermi baciato, qualche mese prima. Ovvio che questo mi fece molto male, ma allo stesso tempo la capivo; capivo perché mi stesse dicendo quelle cose e perché avesse fatto con me ciò di cui ora si stava pentendo. Nelly non aveva mai lasciato andare il suo passato e io non le avevo mai chiesto di farlo, o almeno, non intenzionalmente, perché invece scoprii, parlando con lei, che la mia proposta del corso di italiano aveva colpito direttamente quella parte di lei, e l'aveva scossa.

Sono delle dinamiche strane, ma apparentemente un rapporto insegnante-studente le ricordava troppo quell'idiota che le ha rovinato la vita. Tuttavia, io l'avevo ormai fatta entrare nel mio cuore e non avrei voluto separarmene. Io che avevo avuto modo di scoprire com'era stare con lei, ero del parere che forse, con il tempo e la pazienza, avremmo potuto essere perfetti assieme.

Così tentai di convincere anche lei; ormai sapevo come prenderla, e forse perché, come diceva lei, avevo la capacità di dirle esattamente ciò che voleva sentire, riuscii a calmarla. Parlammo a lungo, al freddo, bevendo la cioccolata in tempi biblici, e rassicurando Fatty, che ogni tanto veniva a controllare che fossimo ancora vivi.

Alla fine della giornata, e della cioccolata, le promisi che avrei rispettato ogni sua piccola fragilità, che le avrei dato tutto il tempo di cui aveva bisogno e le chiesi di diventare la mia ragazza.

Lei accettò.

I cinque mesi successivi furono perfetti. Certo, dovevo stare attento ai tasti dolenti, ma imparai a capire quali fossero, piano piano, e non feci la minima fatica. Mi piaceva stare con Marinella; mi rendeva davvero felice. 

Solo guardandomi indietro, poi, mi resi conto di quanto anche lei fosse cambiata e di quanto distrutta fosse quando l'avevo conosciuta. Mi piace pensare che sia merito mio, e in fondo, non sono l'unico di questo parere, dato che anche Fatty si è sempre meravigliata di quanto il mio arrivo nella sua vita avesse reso le cose più facili a tutti. Le due coinquiline avevano smesso di litigare e con la scusa di avermi in comune, una come ragazzo e l'altra come amico, trovarono un primo argomento di discussione, e da lì in poi anche il loro rapporto migliorò. Non sapevo nulla dei veri amici di Marinella, non l'avevo mai sentita parlarne, perciò fui felice che finalmente andasse d'accordo con qualcuno, che potessimo fare delle uscite di gruppo spensierate.

Insomma, tutti sembravamo più felici ma avevo il presentimento che il peggio dovesse ancora venire. Ero consapevole che, prima o poi, io e Nelly avremmo dovuto affrontare quel suo trauma a trecentosessanta gradi, entrando nella sfera privata, quella che riguardava puramente noi due e il sentimento che ci definiva. Di lei e Mattia sapevo l'intera storia e, sebbene facessimo tutte le attività che fa una coppia, sentivo la presenza di quel ragazzo come un fantasma, ovunque, persino tra le lenzuola. La sensazione che lei mi stesse usando per non pensare a lui era sempre più potente e l'impressione che lei mi frequentasse perché ero simile a lui non era mai passata, sin dal primo giorno in cui l'avevo conosciuta.

E difatti, tutto iniziò a complicarsi quando proposi a Nelly di rendere la nostra relazione più seria. Fatty cercava di aiutarmi, lei era dalla mia parte, ma Nelly si rifiutava di fare quel passo. Stavolta non era diretta come all'inzio, quando mi comunicava apertamente i suoi dubbi e problemi. Al contrario, era diventata schiva, super pensierosa e triste. Certo, era successo a causa delle mie richieste forse un po' troppo premature per lei, ma anche in concomitanza con la visita della sua amica Federica a New York. Non sapevo nulla di quella ragazza, ma dopo averla incontrata avevo capito di non piacerle e con il senno di poi, ora so che non poteva di certo essere venuta per spronare Marinella a stare con me.

Quindi avevamo iniziato a vederci più di rado e solo per poi finire a letto, e per quanto mi facesse piacere, tutto ciò mi lasciava con una certa inquietudine. Le mie paure diventavano giorno dopo giorno più reali e non avevo idea di come fare.

Dire esattamente quello che lei voleva sentire non bastava più. Avevo l'impressione che per non lasciarmela sfuggire avrei dovuto essere ancora meno Sayid e ancora più Mattia, e anche se era sbagliato, decisi di provarci, lasciandola sola da un momento all'altro con la scusa di dover prendere una pausa. Mi sentii malissimo, uno schifo.

Ma le volevo troppo bene per permettermi di perderla. Non avevo mai provato nulla di simile con altre ragazze; era quella giusta per me, quella che avrei voluto presentare ai miei genitori, quella con cui avrei vissuto a metà tra Libano e Italia, per sempre.

Così, a malincuore, decisi di imitare il suo caro Mattia, e nel frattempo iniziai a preparare questa super sorpresa per il mio ritorno. Fatima è stata essenziale in questa fase; era la mia complice di fiducia che mi aggiornava su ogni sua mossa. Fu lei a dirmi che Nelly avrebbe partecipato a un matrimonio di amici, non appena ne venne a conoscenza. Le chiesi di raccogliere più dettagli possibile e solo qualche giorno fa mi passò la notizia che temevo di sentire: non solo al matrimonio c'era anche Mattia, ma Nelly sembrava essere già ricaduta nella sua rete. Così ringraziai Fatima e partii senza nemmeno aver terminato i preparativi per la vacanza nel mio paese. Durante il viaggio chiamai il signor Argenti: volevo occupare più caselle possibili con le mie pedine, anche se ora come ora mi rendo conto di aver pensato a un piano troppo debole... anche avendo il consenso di suo padre, dovrò superare ben altri ostacoli prima di dichiararmi vittorioso.

Però, chi avrebbe mai immaginato che dopo cinque anni lei avrebbe acconsentito a rivedere i suoi amici? Chi avrebbe pensato che proprio in quel momento avrebbe smesso di scappare dal passato? Chi avrebbe potuto prevedere che qualcun altro stava preparando un ottimo piano, contemporaneamente al mio?

Se credono di poter mettere i piedi in testa a Sayid Matar, si sbagliano di grosso. Tenterò il tutto per tutto con Marinella, anche se è tornata tra le braccia di Mattia, anche se dice di amare lui, anche se mi ha spezzato il cuore. Loro avranno anche più vantaggi di me, ma io tornerò a New York assieme a Marinella, e lo farò a tutti i costi... a modo mio.

***


ANGOLO AUTRICE

Questa non è una OS, vi avverto, questo è il preludio di una guerra vera e propria XD

Ahaha, eddai, sciogliamo un po' questa tensione, cerchiamo di non arrabbiarci troppo.

Questa OS chiude il primo gruppo di OS che appartengono alla raccolta. La mia prossima pubblicazione sarà - finalmente - il capitolo 15 della storia principale, che riprenderà esattamente da dove ci eravamo fermati. Quello che avete letto finora nelle OS sono informazioni in più, ci tengo a ripeterlo, che però non vanno a creare buchi nella trama principale. Certamente vi avranno aiutato e vi aiuteranno a capire meglio e sapere nel dettaglio che cosa c'è dietro alle scelte dei nostri pg.

Per quanto riguarda questa OS nello specifico, forse è la più succulenta. Prima di questa avrebbe dovuto essercene un'altra dal punto di vista di Davide, ma l'ho ritenuta di troppo. Allo stesso modo, avrebbe dovuto essercene una dopo di questa dove era Nelli a raccontare dei suoi mesi assieme a Sayid, ma si è già preso lui l'incarico, e quindi ho riunito 3 OS in una, e sono contenta. Per quanto mi piaceva l'idea di scriverne ben 10, mi sa che è meglio che il numero sia leggermente diminuito, anche per poter procedere più velocemente rispetto all'abissale ritardo in cui già sono.

Detto questo, vi lascio ad alcune domande...

1) C'è a chi Sayid piace e a chi non piace. Dopo questa os, qualcuno ha cambiato idea, o è tutto confermato?

2) Che ne dite dell'osservazione di Sayid? Anche secondo voi l'ex 5^A soffre di sindrome di Stoccolma di gruppo?

3) Quanti piani organizzati in questa OS, eh? XD

4) Mattia vi è piaciuto oppure no in questo confronto? La sua insicurezza potrebbe essere un problema?

5) Che ne pensate della storia tra Nelli e Sayid? Non sembra anche a voi che lui sia stato piuttosto dolce e lei piuttosto stronza?

6) Ma non ci saremo tutti, per caso, affezionati ai personaggi sbagliati, pieni di brutti principi, come dice Sayid? XD


Ancora una volta chiedo scusa per i capitoli non corretti dalla beta (Ellie mi ucciderà prima o poi, me lo sento) e ringrazio tutti per la pazienza e la sempre presente voglia di leggere. Aspettando con ansia il capitolo 15 io vi saluto e vi mando un bacio <3

Alla prossima!

Daffy



***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** OS 4 - Niente di che ***


OS - Niente di che
Image and video
hosting by TinyPic

Niente di che

"Zingaretti e Argenti." gli occhi castani del professore fissano prima l'uno e poi l'altra. Ci scruta con la palpebra socchiusa, come a voler escludere dal suo raggio visivo tutti gli elementi inutili. Vuole avere nel mirino solo noi due; Mattia e me.

Infatti, ci punta, si assicura che il suo colpo arrivi a segno e poi spara: "Fuori dalla classe."

Tre parole, una pausa un po' troppo lunga tra ognuna di esse, l'inizio ufficiale della tragedia.

Ecco. 

Sapevo che l'avrebbe detto.

Lo sapevo.

Pensavo di essere psicologicamente preparata a questo rischio, invece la mia reazione fisica è tutto il contrario di rassegnata o consapevole. Sono terrificata. E decisamente non pronta per affrontare ciò che si trova fuori dall'aula.

Sento gli occhi di Mattia su di me e vorrei davvero voltarmi, ma ho paura persino di questo gesto.

Mi limito ad alzarmi in piedi, ingessata come mia nonna al risveglio dalla pennichella pomeridiana. Afferro la penna nera, avvito bene la bottiglia d'acqua ed esco dalla mia fila di banchi. Sto tremando.

Mattia e io non siamo né interrogati, né in punizione; siamo solo davanti al momento del giudizio. Del tipo che se questa va bene, siamo graziati per tutto l'anno, altrimenti finiamo direttamente in una lista nera da cui sarà quasi impossibile uscire.

E il bello è che non abbiamo fatto niente di male, eccetto ammalarci prima delle vacanze di Natale e saltare il compito di italiano. Per quanto si consideri un avvenimento normale e, soprattutto, umano, il nostro professore lo fa sembrare l'affronto più grande della storia.

Mattia in italiano non va molto bene; ha la media del sei risicato e questa verifica può rappresentare per lui la salvezza o la condanna al debito di metà quadrimestre. Per questo motivo Spilli ha ritenuto la malattia di Zinagretti un indubbio tentativo di temporeggiare, oltre che una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti.

Spilli è montatissimo. Dice di aver scritto dei trattati sulla linguistica che si fanno studiare agli universitari, ma io sono solo in prima superiore e non me ne frega assolutamente niente della fama dei miei prof. Voglio imparare a scrivere bene e che me lo spieghi qualcuno che sappia davvero insegnare.

Cosa di cui Spilli non sembra molto capace.

Proprio per questo, il superuomo Spilli deve aver fiutato la mia antipatia nell'aria. Ormai sono passati quattro mesi dall'inizio della scuola e lui sta conoscendo meglio i suoi alunni. Quanto a me, sono certa di avergli fatto una cattiva impressione sin dall'inizio, ma poi per il resto del tempo gli ho solo dato altri motivi per non stargli simpatica. E viceversa.

Ecco perché pure io oggi mi trovo nell'occhio del ciclone: non avrei dovuto mancare al compito scritto. Era il primo del suo genere, dato che fino a Natale c'erano state solo interrogazioni, quindi Spilli non è stato affatto contento di non vedermi in aula. Me lo aspettavo, più che altro, Argenti, ripeto nella mia testa, con la sua voce sprezzante.

Cosa volete, pover'uomo... è un quarantenne calvo e brutto che crede che per farsi piacere si debba essere temuti. Guarda caso, in classe, va d'accordo solo con Alessandra Gruccia. E con le sue scollature da meretrice.

La mia classe è un gruppo davvero particolare. Non è da molto che conosco i miei compagni e siamo ancora decisamente troppo all'inizio per poter dire di aver sviluppato delle dinamiche, ma quello che so con certezza è che siamo tutti strani. Forse la preside ci ha selezionato apposta, leggendo i pareri lasciati dai nostri insegnanti delle medie, il che sarebbe davvero figo, il che per un istante mi porta a fantasticare su come un domani, tutti trentenni e stranamente ancora amici, ci ritroveremmo a scoprire che dietro alla nostra convivenza forzata ci sono state delle precise intenzioni.

Che so, magari un esperimento sociale? O un accordo tra i nostri genitori? O addirittura il piano di un professore pazzo che ci ha voluti riunire per poi formare delle coppie intestine da cui generare un determinato tipo di prole. Magari proprio Spilli, dato che tra un libro di linguistica e l'altro, avrà pur bisogno di qualche malata distrazione.

Sono ancora tesa come una corda di violino, ma mi scappa un sorrisetto. Noi divisi in coppie? Non credo proprio che sia possibile. Siamo tutti così diversi. 

E comunque, anche se fosse, spero che non abbia deciso di puntare proprio su di me e Mattia, approfittando del recupero di oggi per osservarci interagire. Non penso davvero che potremmo stare bene assieme, né che uscirebbe una prole sana di mente dalla nostra unione. Tanto per cominciare, lui è un idiota, e in secondo luogo, io mi sa che sono ancora peggio.

"Argenti, c'è qualcosa che trovi divertente nel dover recuperare una verifica di italiano?"

"No, certo che no, prof." deglutisco, riportando i miei muscoli facciali alla loro forma da brava studentessa.

"Se posso permettermi, prof..." 

Ed eccolo lì.

Mattia Zingaretti non sa preservare la sua stessa vita; è sempre quello che compie atti suicidi in classe, sempre colui che non teme l'autorità dei professori, sempre il compagno che sai di poter mandare avanti se c'è un'ingiustizia in atto. Sembra che non gli importi di venire punito; se c'è qualcosa che non va, lui semplicemente lo fa presente.

"Volevo sapere perché ci vuol far recuperare il compito proprio oggi." prosegue infatti, con un tono educato e non supponente, ma comunque sicuro. "È il primo giorno di scuola dopo le vacanze... pensavo che avrebbe almeno aspettato mercoledì."

"Non vedo a che cosa possano giovare due giorni in più, Zingaretti." risponde Spilli, premendo il cappuccio della sua penna un paio di volte. "Avete già avuto ben venti giorni di vantaggio rispetto ai vostri compagni. E poi è un tema; non servirà mica aver studiato... a meno che tu non sia abituato a ripassare il vocabolario di italiano prima di scrivere qualcosa."

Dalla fila dove sono sedute Giorgia e Alessandra sale una risatina, mentre Eva annota qualcosa direttamente sul banco, come se il rischio di scordarla le avesse fatto perdere un po' di civilizzazione.

Immagino che quest'ennesima disquisizione tra Spilli e Zingaretti sarà la sua ragione di vita nei prossimi tre o quattro giorni, lasso di tempo che impiegherà questo dialogo a passare dalle mura della 1^A alle orecchie di tutta la scuola. L'ultima notizia ormai sta diventando vecchia: sarà almeno una settimana che si parla di quel Tommaso Fiore di seconda che ha imbrattato una colonna con un murales sconcio.

"Non ho neanche un vocabolario di italiano." risponde allora Mattia, stavolta sì, con un po' di malizia in più.

Spilli si finge per nulla toccato dalle nostre lamentele e apre personalmente la porta dell'aula, per poi invitarci a uscire con un gesto della mano.

Io, come un soldatino, eseguo all'istante, Mattia mi segue più lentamente e strisciando i piedi.

In corridoio la bidella Alfonsa ha già sistemato due banchi, uno di fronte all'altro, separati da circa un metro e mezzo, ovvero dalla porta dell'aula. Fortunatamente, Spilli la chiude non appena ci ha osservati sistemare le nostre cose, ma prima si assicura di averci ritirato i telefoni e di averci consegnato i fogli protocollo con il timbro della scuola.

"Scrivete due pagine di diario su quello che avete fatto durante le vostre vacanze di Natale." ci ordina, prima di dedicarsi alla sua spassosissima lezione sui complementi d'agente. "Avete un'ora e mezza di tempo. Buona verifica."

Tutto 'sto casino per due stupide pagine di diario.

Ma c'è una valida ragione se siamo così agitati: il prof Spilli è davvero stronzo. E non lo dico perché non mi ha ancora dato un voto superiore al sei e mezzo, nonostante io me la cavi da otto, ma perché lo affermano davvero tutti a scuola, ogni singolo studente!

Beh, forse non Gloria Ferrucci, dato che ama tutte le materie, tutti i professori e tutte le verifiche, ma il resto della gente sì.

I ragazzi di seconda non sopportano il suo modo noioso di spiegare Manzoni, quelli di terza odiano la Divina Commedia da quando lui fa sottolineare parole a caso nei canti e quelli di quinta... oh, quelli di quinta sono davvero disperati. Hanno paura che la loro maturità vada a rotoli, perché in italiano non sono pronti, pensate a come sono ridotti!

Io spero davvero che l'anno prossimo ci mandino un altro professore. Già dobbiamo sopportare la malvagità della Bracci e la severità di Visatti; Spilli è davvero solo un boccone di troppo da mandare giù.

"Preoccupata?"

"Cosa?" 

La domanda di Mattia mi colpisce in modo del tutto inaspettato. In primo luogo, mi fa sussultare, dato che stavo da tutta un'altra parte con la testa, e poi non riesco proprio a capacitarmene. Ok, vi ho raccontato le mie opinioni su di lui, ma non vi ho detto che in realtà io e lui non parliamo.

O meglio, sì, abbiamo parlato, ma è stato in occasioni a sé stanti, come il primo giorno di scuola, in cui ha urlato una parolaccia inciampando contro il mio banco, oppure durante un compito di matematica, quando gli ho chiesto se mi prestava il righello, e quella volta alle macchinette in cui mi si è bloccata la Kinder Delice e lui e Pierpaolo sono venuti a prendere a calci l'apparecchio per tirarmela fuori.

Ma un dialogo vero e proprio non l'abbiamo mai avuto.

Qualche volta ho fatto dei tentativi per cercare di far amicizia, ma mi bloccavo sul nascere, sotto lo sguardo di rimprovero dei miei amici Lorenzo e Federica. Dal canto suo, Mattia è uno piuttosto selettivo; affronta a testa alta tutti i professori, ma passa il tempo con pochi coetanei. Certo, è amichevole e anche piuttosto simpatico, con la battuta pronta verso chiunque, ma raramente l'ho visto cercarsi compagnia. Gli bastano i suoi pochi amici della classe, più una gallina dell'altra sezione che gli starnazza sempre attorno. Ma quella è un'altra storia.

Per cui, a conti fatti, questa è proprio la prima volta in cui Mattia si rivolge direttamente a me. Così, senza pretesti per farlo, o secondi fini per una richiesta. Mi ha fatto una semplice domanda, e io, naturalmente, non ho dato una risposta sensata.

"Ti ho chiesto se sei preoccupata." ripete, con tono seccato. "Stai fissando il nulla da quando Spilli ci ha detto di uscire. Sembri uno di quei video, tipo 'Una capra riflette sul suo passato' o 'David Guetta va in trip sul palco'."

Lo preferivo quando non mi parlava.

"Ehm..." arrossisco, abbassando gli occhi sul foglio protocollo. "Sì, ho un po' di paranoie su Spilli." mi discolpo, sentendomi in realtà tremendamente in imbarazzo.

Quando ero all'asilo, le maestre mi beccavano spesso a fissare l'infinito con la bocca aperta e la lingua mezza di fuori. Dicevano che passavo un sacco di tempo nella mia mente, ed è ancora così. Gli altri bambini mi prendevano spesso in giro per questo, ma io mi rintanavo nella mia testa e non mi importava più.

Se me lo fa notare Mattia Zingaretti, invece, lo sento come non mai un difetto di cui vergognarsi.

Il che mi fa incazzare.

Mattia è un vero e proprio idiota, e non capisco perché da quel primo giorno di scuola abbia tutto questo effetto su di me. Lorenzo, che è una suocera, parla di cotta e istinti repressi. Ma io ho quattordici anni; penso che l'unico istinto represso che abbia mai provato sia quello di andare in garage, rubare la motosega di papà e usarla per fare a pezzi mio fratello Davide.

Non so... non so proprio.

Nel profondo del cuore so che c'è qualcosa che non va in tutta questa storia e che non è affatto normale, ma mi fa strano sentir parlare di cotta. Io ne ho già avute a bizzeffe e saprei sicuramente riconoscerla, se l'avessi nei confronti di Mattia. Invece lui, insomma... è un idiota! La prima volta che mi ha rivolto la parola, è stata per esclamare "porca puttana!" e mi ha pure fatto sporcare il registro di classe.

Non l'ho ancora perdonato.

E, in ogni caso, non può essere una cotta. Non mi sentivo così nelle mie cotte precedenti, quindi si tratterà sicuramente di altro. Tipo odio, o che so... istinto represso di picchiare qualcuno con gli occhi verdi e la media bassa in tutte le materie, soprattutto in italiano.

"Che invidia." ribatte Mattia, riferendosi alla mia ultima dichiarazione. "Io non riesco proprio a prenderlo sul serio, Spilli. Mi fa solo ridere." con un'alzata di spalle, prende in mano la sua penna del Milan e inizia a scribacchiare qualcosa con una calligrafia cuneiforme che si era vista l'ultima volta solo in Mesopotamia.

Per forza ha la media del sei risicato.

Anche se penso che sia piuttosto intelligente. Idiota, ma intelligente. 

Va male a scuola perché vuole, non perché è stupido.

Cioè sì, è anche stupido...

Oh, che nervi! Pensare a lui mi dà i nervi.

E comunque invidio un sacco la sua noncuranza. Vorrei essere come lui.

Sforzandomi di troncare il mio ragionamento, cerco anch'io di buttare su carta qualche idea. È meglio che interrompa qui il mio flusso di coscienza e che mi dedichi alla verifica, altrimenti potrei passare un'eternità a partorire stronzate. Almeno ho una fantasia allenatissima: la dovrei usare per scrivere qualcosa.

Mi piace scrivere, ad essere sinceri; mi viene abbastanza bene. Anche se preferisco di gran lunga parlare, e ancor di più pensare. Scrivere ha indubbiamente delle limitazioni: di spazio, di tempo e di forma. Il pensiero invece è libero.

Mi piace questa frase: la scrivo nel tema.

Caro Diario, 

durante queste vacanze di Natale, ho pensato molto. Mi piace davvero pensare, perché il pensiero è libero.

È una bella introduzione. Potrei prendere sette, questa volta.

Motivata, arricchisco il paragrafo e poi ne aggiungo altri due. Proseguo la mia riflessione sviluppando alcuni punti che ritengo molto importanti, su cui in effetti mi era già capitato di elucubrare, da sola, sul letto a una piazza in camera mia, oppure tramite audio di Whatsapp che mandavo a Federica e che lei non ascoltava, oppure faceva partire. Non so se sia la presenza di Mattia, o l'adrenalina per il compito, o il timore nei confronti di Spilli, ma... sono brava. Sono davvero piuttosto brava. 

Le parole fluiscono bene, messe in fila in modo ordinato e con delle congiunzioni che normalmente non mi sarebbero venute. Alla fine di questo mio moto d'ispirazione, ho scritto tre quarti di una pagina e quando la rileggo, tutta d'un fiato, senza rilevare errori, ne vado fierissima.

"Psst." Mattia richiama la mia attenzione adeguandosi al silenzio in cui è piombato tutto il corridoio.

"Che c'è?" faccio, ricordandomi che qui c'è pure lui. Ero talmente presa dalla scrittura che me ne stavo quasi scordando. Quanto sarà passato? Mezz'ora, forse?

Il suo foglio è ancora quasi del tutto bianco.

"Come procede?" s'informa.

"Bene."

"Senti, ma..." Mattia rigira tra le mani la sua penna rosso nera, poi alza gli occhi di scatto e sento uno strano fremito nel petto. Devo dire la verità: Mattia ha due occhi che vorrei solo poter rubare. "Te che hai fatto a Natale?"

Aggrotto le sopracciglia.

Me lo sta chiedendo perché d'improvviso si interessa alla mia vita, oppure per pura disperazione?

"Cose varie..." rispondo guardinga. "Perché?"

"Bah, così." si stringe nelle spalle, non sapendo bene dove fermare lo sguardo, poi lo ferma sulla mia bottiglia d'acqua e finge disinteresse. "Per chiedere."

Deve essere uno bravo a mentire, lo sento. Solo che l'avere davanti un foglio completamente bianco lo penalizza e non poco. È ovvio che sia a corto d'ispirazione.

"Servono idee?" propongo con un sorriso un po' impacciato. Non so nemmeno perché: forse perché mi fa pena, forse perché mi sento un po' Sigmund Freud dopo il mio monologo sul pensiero e su quanto sia importante approfittare della ricorrenza del Natale per pensare.

Mi stimo un sacco per aver scritto certe cose, potrei dare degli ottimi consigli a Mattia per aiutarlo ad alzare la sua media.

Momento modestia.

"Anche." ammette, allora, spingendosi un po' indietro con lo schienale della sedia. "Ma sono comunque curioso di sapere che cosa hai fatto di così interessante per scrivere una pagina intera senza mai staccare la penna."

Ora arrossisco proprio.

Se ha fatto quest'osservazione, significa che mi ha guardato mentre scrivevo e ciò mi mette contemporaneamente a disagio e mi lusinga. Fino a mezz'ora fa non ci parlavamo nemmeno; ora invece mi osserva e vuole addirittura sapere che ho fatto durante le vacanze di Natale.

"Ho pensato." rispondo pentendomene immediatamente dopo.

Perché devo rivelare questo lato di me agli altri? È quello che mi mette sempre nei guai, oltre a farmi sembrare decisamente strana e spesso anche psicopatica.

Mattia infatti alza un sopracciglio, volutamente perplesso: "Pensato? Venti giorni di pensiero?"

"No, intendo..." ecco, ora parte il disagio, quello vero. "Beh, sono una che pensa molto, ma comunque non è che ho solo pensato dalla mattina alla sera."

"Aaah."

Diffida di me e della mia giustificazione. Infatti ha ancora il sopracciglio alzato.

"Voglio dire." deglutisco. "Ho fatto delle attività. Tipo con i miei genitori e con i parenti... cene, feste, l'albero, i fuochi, sai... le solite cose."

"Bello." butta lì, tanto per dire, mentre ha iniziato a fare cerchi sull'angolo del foglio di brutta. In realtà, non sembra aver dato molto peso alla mia affermazione sul pensare. Grazie al cielo. "Sei andata da qualche parte?"

"No, sempre qui a Venezia."

E basta con le domande! Mi sta facendo sentire sotto pressione. Quasi più di Spilli durante le sue terrificanti interrogazioni mangia alunni.

"Anch'io."

Però non è brutto parlare.

In un certo senso, è intrigante: sto morendo internamente per l'imbarazzo, ma sono tentata ad andare oltre, come in un dualismo di contrasti, lo yin e lo yang.

Vi ho detto che sono psicopatica.

Però se già di mio gradisco molto parlare, farlo con lui sembra doppiamente interessante, nonostante mi stia facendo sudare le mani. Non so bene da quale forza, ma sono spinta ad arricchire il mio racconto, a continuare la conversazione: "Il giorno della vigilia ho visto il presepe galleggiante sul Canal Grande. Poi abbiamo preparato il cenone e i miei hanno fatto arrivare Babbo Natale per mio fratello."

"Ci crede ancora?"

"Ha cinque anni." sorrido, con ovvietà.

Mattia prende atto con una smorfia. Chissà quanto preferirebbe saltare da un ponte che restare qui ad ascoltare me. 

"Anche le tue sorelle ci credono ancora?" provo a cambiare il soggetto delle mie chiacchiere, ma mi accorgo subito di averne scelto uno sbagliato. So che Mattia ha due sorelle perché durante le lezioni ne ha parlato, ma ho l'impressione che non sia un argomento di cui voglia discutere. Dalla faccia deduco sia un no categorico.

"Hanno dodici anni." risponde comunque, con la mia stessa ovvietà, ma con meno garbo.

"Capisco." cerco di sviare nuovamente, mentre mordicchio, tesa, il tappo della penna. "A mio fratello comunque non è piaciuto Babbo Natale. Ha capito che era mio zio dopo trenta secondi e si è incazzato con tutti dicendo che non era un bello scherzo e che si sarebbe chiuso nel forno fino a quando non sarebbe arrivato il vero Babbo Natale a tirarlo fuori."

Mattia ha gli occhi bassi, ma ride. Non so se abbia trovato divertente l'aneddoto su mio fratello o la mia quasi parolaccia (in classe non dico mai le parolacce), ma comunque sento di nuovo un altro fremito nel petto. Ha decisamente un sorriso che mi piace e poi adoro quando la gente ride a quello che dico. In senso buono ovviamente.

Tutto ciò mi gasa e non poco, quindi proseguo il mio racconto: "A Natale sono stata al mega pranzo dei nonni. Mia nonna cucina sempre per un esercito e mio nonno trova difetti in ogni piatto, ma poi mio papà stappa il vino di annata e tronano tutti allegri. Anche troppo; dopo pranzo mio nonno ha iniziato una gara di rutti con i miei zii e i cugini maschi. Ti sorprenderesti se ti dicessi che il mio cugino più grande si è scaricato l'app per misurare i decibel dei vari rutti."

Stavolta Mattia ride proprio e finalmente mostra uno sguardo piuttosto interessato: "Chi ha vinto?"

"Mio nonno." allargo le braccia. "È decisamente poco signorile, a volte, ma io lo adoro. Poi a Capodanno papà ha preso i fuochi di artificio e ne ha sparati alcuni tanto per fare baccano. Uno è andato nel giardino della vicina e le ha bruciato i pomodori, così lei ci ha denunciati."

Mattia allarga gli occhi. Sono proprio verdi, ma di un verde unico nel suo genere. Sono bellissimi.

"Non intercorrono buoni rapporti di vicinato." mi giustifico. "Maggiormente per colpa di mio fratello, ma i fuochi di papà sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così abbiamo passato il resto delle feste con i musi lunghi. Ci siamo ripresi solo il giorno della Befana, perché serviva una tizia brava, onde evitare uno sciopero della fame da parte di Davide, Davide è mio fratello per la cronaca, quindi abbiamo cercato ovunque; mamma ha fatto addirittura dei provini."

"Pure."

"Sì, alla fine è venuta una perpetua di paese e mio fratello ci è cascato in pieno."

"Per fortuna."

"Ma nella sua calza c'era del carbone, quindi si è chiuso nella sua stanza gridando come un pazzo e quando è uscito, si era tagliato metà capelli per protesta."

"Stai scherzando?"

"No." scuoto la testa con aria grave. "Se avessi il telefono ti farei vedere la foto. E poi ha buttato la calza nel water."

"Tranquillo, tuo fratello. Un bambino a modo."

"Ha dei problemi comportamentali." svelo senza troppo riguardo, con un'alzata di spalle. Sì, lo so che sono informazioni solo della famiglia, mamma me lo ricorda sempre, ma sorprendentemente è davvero facile parlare con Mattia. Io sono una persona che potrebbe parlare anche con un sasso, questo è vero, ma c'è qualcosa nell'avere lui come interlocutore che mi rende ancora più fluente nei discorsi, libera da ogni scrupolo.

Un bene per me e un male per lui? Probabilmente sì.

"Figo." sorride, quasi ammirato dal fatto che mio fratello sia uno psicolabile.

"Non tanto." rilancio. "Specialmente se prende i tuoi quaderni e ci disegna sopra la forma del suo piede con le cere. Comunque..." cambio argomento, interessata. "Che hai fatto tu, invece?"

"Oh, niente di che." minimizza, tornando leggermente più freddo e smorzando il mio entusiasmo in letteralmente tre parole.

"Oh."

"Ma immagino che sia il caso di inventare qualcosa, adesso." accenna al suo foglio ancora bianco e poi impugna la penna come a voler dare un termine a questo inaspettato e insolito momento di condivisione.

"Giusto." sorrido forzatamente, pensando che invece avrei di gran lunga preferito rimanere a chiacchierare.

Tzè... queste sono solo le tue solite utopie, Marinella.

In più, mi ricordo del mio super trattato sul pensiero e la scrittura e mi rendo conto che è proprio il caso di darsi una mossa, se voglio finire questo compito in tempo e anche soddisfacendo i requisiti di lunghezza imposti dal professore. 

Curioso, però... prima di iniziare il compito non vedevo nemmeno la luce fuori dal tunnel; ora invece sto cominciando a pensare che sia una delle verifiche più divertenti che io abbia mai svolto. Aldilà del fatto che le mie pagine di diario siano un vero capolavoro filosofico, nemmeno l'occasione di conoscere meglio Mattia Zingaretti è stata del tutto negativa.

Anzi, forse dovrei approfondire il tutto con Federica e Lorenzo.

"...un giorno." nemmeno me n'ero resa conto, ma Mattia ha detto qualcosa. A mezzo tono e con l'espressione tutta concentrata sul suo foglio, ma l'ha detto.

"Come?" chiedo, sperando di non aver fatto figuracce.

"Ho detto..." Mattia lancia uno sguardo fugace verso di me. "Che spero davvero di conoscerlo tuo fratello, un giorno."

"Ah."

Se prima ero solo arrossita, ora divento direttamente una specie di fiammifero con il corpo chiaro e la testa bordeaux. Pure fumante.

"C-certo." balbetto.

Poi abbasso la testa, la ficco nei vari fogli del compito e mi sforzo di pensare a qualsiasi cosa che non sia 'oddio, ho una cotta per Mattia Zingaretti'.


*


"Argenti."

È passata una settimana, il che significa che il prof ha corretto i nostri temi e quindi ora sapremo finalmente qual è il suo giudizio di fine quadrimestre su di noi. Manco fossimo due anime davanti a San Pietro...

A Mattia il compito è appena stato consegnato; è andato super bene, addirittura più di quanto si sperasse... un bel sette! Per lui è sicuramente un voto molto conveniente ai fini della sufficienza in pagella e per il record di Spilli è comunque un punteggio alto, considerato che non va spesso oltre la soglia del sei e mezzo.

Io spero davvero di non essere nuovamente rimasta in quella fascia. Spilli sarà pure brutto e cattivo, ma è comunque un prof di italiano; ci tengo a colpirlo e alzare un po' il mio profitto, oltre che a togliermi da quella zona di antipatia reciproca in cui sono finita con lui.

Infatti, mi alzo per raggiungere la cattedra con una certa ansia, ma allo stesso tempo sentendomi positiva e fiduciosa. Sono orgogliosa del lavoro che ho svolto per questo tema; credo che potrei veramente averlo sorpreso e stavolta aver guadagnato un gran voto.

"Cinque e mezzo."

COOOSA???

Non so nemmeno se lo urlo in mezzo alla classe, o se lo penso e basta.

Giorgia e Alessandra ridono, quindi penso di averlo esternato.

Spilli sporge pirgamente una mano per passarmi il foglio. Lo afferro meccanicamente, ma sono ancora scioccata. Anzi, sconvolta.

Cinque e mezzo? Insufficiente? Come...? Cosa...?

Non può essere.

Non c'è nemmeno un segno rosso; è perfetto!

"Sei andata fuori tema." decreta Spilli, spassionato, quasi annoiato. 

Sicuramente, dall'alto dei suoi studi sulla linguistica e la gestualità, aveva previsto ogni passo della mia reazione. 

"Ma la consegna diceva..."

"La consegna diceva di scrivere due pagine di diario su quello che avete fatto durante le vacanze di Natale, Argenti; non un testo argomentativo sulla psiche umana."

Alcuni miei compagni continuano a ridere e ciò peggiora solamente la situazione. Sono rossa di rabbia e di vergogna.

Non mi contengo abbastanza ed esclamo: "Vengo punita per aver scritto qualcosa di più profondo? Di meno banale rispetto al solito, prevedibile, temino?

Ora capisco veramente quale impulso sente Mattia quando fronteggia così apertamente le ingiustizie.È davvero inaccettabile! I professori non dovrebbero essere così strafottenti e la creatività degli studenti andrebbe incoraggiata!

Spilli mi guarda incredulo; questo nei suoi calcioli non l'aveva di certo preso in considerazione.

"No." mi corregge, calmo, ma per niente amichevole. "Nessuno ti sta punendo. Hai solo il voto che ti meriti per non aver fatto esattamente ciò che ti è stato richiesto. Nella vita reale, quando fai di testa tua, spesso sbagli."

E con ciò, mi toglie tutta la voglia di protesta dal petto e mi spegne definitivamente.

Me ne torno al posto mestamente, ricevendo qualche pacca sulla spalla da Lorenzo e sentendo Federica insultare quel mezzo uomo calvo e appestato dai brufoli post adolescenziali. Dopo un po' chiedo di uscire  e mi rinchiudo mezz'ora in bagno a piangere.

Sì, lo so, piangere per un brutto voto, che mezza pippa.

Ma c'è un insieme di cose che mi ha fatto davvero stare male, stavolta. Non mi sta bene che questo presunto professore abbia una considerazione così mediocre di me, non mi sta bene che mi abbia piazzato un cinque e mezzo al primo compito scritto e alla fine del quadrimestre, non mi sta bene che mi abbia umiliato davanti a tutta la classe e, peggio di tutto, non mi sta bene che Zingaretti sia andato di gran lunga meglio di me.

E sì, pure questo è un pensiero egoista e infantile, però davvero, nel profondo del cuore, sono invidiosa di lui. Vive sereno, non si preoccupa, fa il minimo indispensabile, però si salva sempre per il rotto della cuffia. Ed è bravo; ha un sacco di risorse, i piedi per terra e l'abilità di dire sempre le cose più giuste. Lo ammiro così tanto da darmi fastidio.

A ricreazione esco dal bagno e sono certa di avere ancora i segni rossi sotto le palpebre. Tuttavia, la prossima ora c'è la mia materia preferita, francese, e non ci tengo a farmi vedere in queste condizioni dalla prof. Almeno lei mi sta simpatica, non voglio darle brutte impressioni. Così, scendo fino alle macchinette e mi prendo una cioccolata calda più una Kinder Delice, per essere sicura che la bomba cioccolatosa faccia il suo rispettabile effetto.

Ma ovviamente la merendina si blocca nella macchinetta. 

Odio questa macchinetta.

Mi aggiro per cercare qualche mio nerboruto compagno di classe e purtroppo, o per fortuna, l'unico che trovo nei paraggi è Mattia. Non mi va molto di parlare con lui, ma allo stesso tempo da quando abbiamo fatto il compito, una settimana fa, continuo a pensare alla nostra chiacchierata, a come mi sono sentita bene... al suo sorriso provocato dai miei racconti.

Mattia accetta gentilmente di aiutarmi e molto meno gentilmente placca la macchinetta, facendola addirittura sollevare da un lato e poi ripiombare sul pavimento con un tonfo. A quel punnto la Kinder Delice è bella servita e anche un po' spappolata.

"Grazie." dico, sperando che non noti i miei occhi rossi e allo stesso tempo sperandolo un po'.

Ma a Mattia non può fregare di meno e una volta finito con la macchinetta, fa ovviamente per andarsene senza nessuna dichiarazione alla stampa.

"Ehi. Aspetta un secondo." lo fermo, sapendo benissimo di risultare solo una seccatura durante la sua ricreazione nei pressi della gallinella di 1^B. Però ho questo impulso di sapere, di chiedergli, o solo... di parlargli.

"Che c'è?" mi domanda, infatti, un po' irritato. 

"Volevo sapere una cosa." spiego, trattenendolo per il braccio come se potesse davvero servire a non farlo andare dai suoi amici.

"Dimmi."

"Che cosa hai scritto nel tuo tema di italiano?"

A sorpresa, Mattia si libera dalla mia mano, ma si fa più vicino, controllando attorno come per essere sicuro che nessun altro ci senta: "Niente di che."

Wow. Che rivelazione.

Mattia non fa mai niente di che.

"Eddai." Lo supplico. "Almeno dimmi cosa devo raccontare a Spilli per farlo contento e prendere un sette."

Mattia sospira, un po' irritato, ma anche un po' dispiaciuto. Sembra che si sia accorto dei miei occhi arrossati.

"È estremamente semplice, in realtà." svela, leggermente in imbarazzo e a voce bassa. "Ho scritto che alla vigilia sono andato a vedere il presepe galleggiante sul Canal Grande, che al cenone è venuto babbo Natale ma non ci ha creduto nessuno, che i fuochi di capodanno hanno fatto arrabbiare i vicini e che nella calza della Befana le mie sorelle hanno ricevuto il carbone e hanno protestato gettando tutto nel water."

Spalanco gli occhi e per un secondo percepisco l'indecisione di Mattia sul farmi fuori prima che scoppi in una scenata isterica o sul costituirsi direttamente in una centrale di polizia per questo crimine.

Poi mette le mani avanti: "Ti prego non urlare o non piangere."

In realtà, non faccio nulla di temibile.

Me ne sto semplicemente impalata di fronte a lui fissandolo dal basso con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

"Senti." sospira a disagio. "Alla fine non puoi chiamarlo copiare, perché sul tuo foglio avevi scritto un sacco di roba complicata su altri argomenti. Io ho solo preso spunto dalle storie che mi hai raccontato."

"Non so se sia un sollievo o una bruttissima notizia."

"Sei incazzata con me?"

"No." rispondo istintivamente. Poi mi raccolgo un attimo in riflessione e aggiungo. "Però con me stessa sì. Un sacco."

Tutta la situazione lo mette chiaramente in imbarazzo, eppure sembra dispiacersi davanti alla mia reazione e si trova indeciso se voltarsi di spalle e scappare o rimanere per non peggiorare la situazione.

"A volte penso che..." parla piano, trovando di nuovo difficoltà a posizionare lo sguardo su un punto fermo. "Che forse ti perdi in una goccia d'acqua."

"Solo a volte?" ribatto, tra i denti, furiosa per questa osservazione, ma solo perché è vera.

Mattia non mi sente e continua il suo discorso: "Magari potresti lasciar perdere la fantasia, ogni tanto. Così piaceresti di più a Spilli."

Sì, certo, come se fosse facile.

"Anche se potresti non piacere più ad altre persone." fa mezzo sorriso, un po' insicuro della sua stessa teoria, ma pienamente in modalità incoraggiamento a una psicopatica. "Scegli tu che fare, ma pensa sul serio se ne vale la pena. Tanto te l'ho detto, per me quello è solo un ridicolo e tu... tu sei brava a pensare. No?"

Non so se me lo sogno o se mi fa davvero l'occhiolino, ma prima che me ne possa accertare, si è già voltato per andare via: "Ci becchiamo dopo."

Non mi guarda nemmeno mentre mi saluta e poi raggiunge Silvia Trepalme e il suo gruppetto di amici.

Quanto a me, non riesco a far altro che restarmene qui immobile con la faccia da pesce lesso.

Penso che questa per Mattia Zingaretti non sia affatto una cotta. No, oh no... non può assolutamente essere una cotta. Questo, cari miei, potrebbe essere qualcosa di molto, molto più grave.

Oppure... niente di che.

Seh, ma chi ci crede?

***

Ed eccoci qui!

Questa OS nasce direttamente da un vostro suggerimento e devo dire che è stato proprio carino scriverla... grazie per la dritta :)

Inizialmente l'idea era di farvi vedere 3 o 4 momenti diversi, presi anche dal secondo e terzo anno, insomma... prima dell'inizio di "Io e te". Tuttavia, penso che per questa volta vada bene così. Mi piace come è uscita e spero possa aver fatto sorridere anche voi. Non che avessimo dubbi su come fossero andate le cose tra questi due, ma vederli in azione, per quanto mi riguarda, è sempre curioso.

E comunque, se a qualcuno dovesse interessare, Spilli per fortuna è rimasto solo in prima, poi gli è stata data una cattedra alla facoltà di lettere dell'università più vicina, ma i suoi libri di linguistica vengono tuttora illegalmente fotocopiati e barattati con appunti di altri corsi U.U

Adesso veniamo all'altra parte saliente di questa pubblicazione.

Prima di entrare nel vivo della questione, vi ricordo che il prossimo appuntamento sarà con un capitolo regolare di "Io e te 3", il numero 17, dove proseguiremo con la trama.

E ora, miei diletti, il momento della verità.

E' arrivato finalmente il modo di sapere chi siete, dove vi collocate in questa storia e quanto siete simili, o diversi, dai personaggi che odiate (e amate, si spera).

Per questo, vi presento l'unico e irripetibile... TEST "CHE PERSONAGGIO DI IO E TE SEI?"

Prima che vi catapultiate a farlo, vi scrivo una lista di informazioni e regole che vi permetterà di eseguirlo al meglio, così da poter ottenere il risultato più veritiero possibile. So che magari vi annoierà dover leggere tutto, ma fidatevi che ne vale la pena, per un bene superiore. 

Dunque dunque dunque, partiamo con le info di base:

- il test è composto da 40 domande a risposta multipla e chiusa;

- ci sono 12 risultati possibili, ognuno corrispondente a un diverso personaggio di "Io e te". Ho scelto 12 pg che a parer mio rappresentano i più coinvolti nella trama, ciò non toglie che mi dispiace tantissimo non aver inserito certi altri e che in un futuro si può pensare a una soluzione che li includa.

- ad ogni risposta del test sono collegati uno o più pg. Ad esempio:

Qual è il tuo colore preferito?

Rosso - Nelli, Mattia, Lori

Giallo - Fede

Blu - Marco, Eva

ecc...

Naturalmente voi non vedrete a quali e quanti pg è collegata una risposta, ma quando la selezionerete, ai personaggi corrispondenti verrà assegnato un punto. I vari punti si andranno a sommare durante il test; alla fine vedrete la classifica nel vostro risultato. Il pg che avrà accumulato più punti sarà quello che definirà che pg di "Io e te" siete, ma potrete anche vedere in che misura assomigliate agli altri 11 ed eventualmente calcolare la percentuale. Spero di essermi spiegata XD

- se avete domande prima di effettuare il test contattatemi pure nei vari social!

- alla fine del test, se vi va, potete fare uno screen al vostro risultato e condividerlo su fb, instagram, ecc con l'hashtag #iosononomedelpersonaggio. Questo vi permetterà, cercando l'hashtag, di vedere quante altre persone hanno avuto il vostro stesso risultato e, ovviamente, di far sapere a tutti chi siete! Nel gruppo di Facebook sarà sicuramente interessante scambiarci i risultati.

*

Ecco, ora ne sapete sicuramente di più, ma ci sono ancora un po' di regole da chiarire! Io lo scrivo qui, ma nel sito, alla vostra destra, c'è un menù a tendina che potete sempre consultare durante il test nel caso qualcosa non fosse chiaro (in realtà è tutto estremamente semplice e intuitivo, ma io ho sempre paura di lasciare qualcuno con dei dubbi, quindi spiego).

1 - in alcune domande siete obbligati a scegliere una sola opzione, in altre c'è la possibilità di dare risposte multiple e in altre ancora sarete obbligati a darne un determinato numero. Queste istruzioni vi verranno specificate di volta in volta sotto ad ogni domanda del test con la dicitura sottolineata: una risposta, possibilità di risposta multipla, ecc...

2 - per quanto riguarda le domande con l'obbligo di una sola risposta, una volta selezionata, il test proseguirà automaticamente con la domanda successiva. Cambiarla è tuttavia possibile, selezionando la barra al di sotto delle risposte, che vi fa tornare avanti e indietro nel test, oppure cliccando il tasto "show all", collocato sempre nello stesso punto, che vi permette di visualizzare tutte le domande in un'unica pagina, anziché in più diapositive e dunque anche di modificare le risposte precedenti.

3 - per quanto riguarda le domande con possibilità di risposta multipla, potete cliccare quante risposte desiderate, ma per proseguire dovete cliccare il tastino "next" di fianco a una qualsiasi delle risposte selezionate. Non verrà influenzato il punteggio a causa del tasto "next".

4 - per quanto riguarda, invece, le domande a cui dovete dare un numero preciso di risposte, ad esempio 3, starà a voi fare le persone oneste e selezionarne effettivamente 3. Io non vi posso controllare ;)

5 - Indipendentemente da quante risposte avete dato e quante domande avete ancora d afre, se rispondete all'ultima, ovvero la numero 40, il test di concluderà automaticamente senza darvi la possibilità di completare. Quindi se dovete modificare qualcosa, fatelo prima di rispondere alla domanda 40, e allo stesso modo se avete lasciato delle domande senza risposta, completatele prima della fine, oppure, semplicemente, non verranno contate nel punteggio finale.

6 - prima di effettuare il test, vi consiglio di fare la prova! Ho creato un mini test proprio per questo scopo. Vi permetterà di capire le funzionalità del sito e la struttura del test, anche se è velocissimo. Vi lascio qui il link: QUIZ PROVA 

7 - certe domande saranno davvero malvagie, ma vi suggerisco di rispondere con onestà... tanto le vostre risposte non le vede nessuno. Muahahahaha BUON TEST <3

Ecco il collegamento al mio profilo di Quotev, dove trovate sia il test di prova che il test "Che personaggio di Io e te sei?". Dovete cliccare qui: QUOTEV - Test

Image and
video hosting by TinyPic

*

Con questo, gente, vi lascio al vostro divertimento (almeno spero) e vi saluto alla prossima! Non dimenticate di dirmi cosa ne pensate di questa OS <3

Daffy

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** OS 5 - Il bello e le bestie ***


OS 5 - Il bello e le bestie

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Attenzione: questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è la quinta della serie di OS e si colloca, temporalmente, dopo il capitolo 18 di "Io e te 3", ovvero "Io credo nel matrimonio, lo giuro, lo giuro!".

Sono letteralmente anni che aspetto di pubblicarla XD

Buona lettura!


.

Image and
video hosting by TinyPic

Il bello e le bestie

.

Alla vera Emma e ad Edoardo.

.

.

.

Onestamente, pensavo che Alessandra fosse più una ragazza da dobermann con il collare borchiato. O al massimo da chihuahua con il vestitino leopardato, possibilmente femmina e di nome Chanel. Invece mi stupisco di trovare, nel piccolo giardino antistante casa sua, un grande labrador che si sta leccando le palle.

Inizialmente il fatto che ci sia un cane mi preoccupa, ma poi noto che la mia rumorosa presenza non lo tocca minimamente. Arrivo fino in fondo al vialetto, accosto vicino al portone, parcheggio, e lui si sta ancora leccando le palle. Quando scendo mi guarda per qualche secondo, ma poi decide che le sue parti intime sono molto più interessanti e non solo non mi calcola, ma mi lascia pure entrare, noncurante che io mi sia aperto il cancello da solo.

Ho fretta di raggiungere la porta, certo, ma questo canide mi sta troppo simpatico per non meritare un po' della mia attenzione.

"Ehi, bello!" lo chiamo, mentre con cautela mi avvicino a lui.

È buio, ma non troppo: ci sono faretti sparsi per tutto il giardino e anche un po' di illuminazione che arriva dalla strada, sebbene questo non sia un vialetto troppo popolato. Non mi sono stupito quando ho scoperto, tramite ricerche che rasentano lo stalking, che la casa di Alessandra si trovava fuori dalla laguna, in uno di quei paesetti di terraferma dove stanno costruendo un sacco di nuove ville per tipi con il macchinone.

Beh, ok, di macchinoni non ne vedo, ma di solito i ricchi li tengono ben protetti in garage, per cui.

Il mio amico peloso cessa finalmente di avere rapporti orali con se stesso e mi viene in contro scodinzolando. Mi guardo bene dal farmi leccare, ma lo accolgo affettuosamente, accarezzandogli il collo con entrambe le mani. È di color nocciola chiaro e ha due enormi occhi marroni che comunicano serenità; strano, avrei detto che i cani di Alessandra fossero tormentati divoratori di umani.

Contro ogni previsione, poi, l'amico qui non ha nomi imbarazzanti come Chanel o Dior, ma è un semplice Snoopy. Uno dei tanti, probabilmente, ma di sicuro uno Snoopy felice e un po' indecoroso. Gli rimetto a posto la targhetta del collare, sorridendo al fatto che Alessandra ci abbia messo il suo numero di telefono e non qualsiasi altro. Ancora una volta, non la facevo così affezionata ai cani; la immaginavo più che altro in una caverna, di notte, ad accarezzare pipistrelli.

Quando mi avvicino alla porta, Snoopy dà il primo segnale d'allarme, ergendosi sulle quattro zampe con fermezza e fermando il dondolio della coda. Penso che voglia difendere la porta di casa da estranei, ma poi suono il campanello e lui non abbaia. Ok, probabilmente vuole difendere me da quel che potrei trovare dentro la casa. Comprensibile.

Mentre aspetto che qualcuno apra, mi rendo conto di non essere del tutto in forma. Mi brucia lo stomaco e per qualche ragione non riesco a stare fermo. Chiaramente sono in ansia, ma non capisco perché tutta quest'ansia. Il senso di colpa in questi giorni mi ha abbastanza provato, però ho sempre gestito bene le situazioni difficili. Esami, interrogazioni, addirittura la discussione di laurea; eppure questo sembra l'effetto di un brutto bibitone che non riesco a smaltire. Senso di colpa, più ansia, più fretta di tornare: il mio stomaco non è mai stato così preso d'assalto... sarà che Alessandra mi fa proprio paura.

Neanche fossimo nel mio peggiore incubo, ad aprire dopo un po' è proprio lei in persona.

Lo fa distrattamente, senza nemmeno aver chiesto chi è, perché presa da qualcosa che sta accadendo nell'altra stanza e dalle urla che ora sento inconfondibilmente pure io. Mi fissa con encefalogramma piatto per un po', mentre il concerto continua, poi fa mente locale ed impallidisce.

Io propongo un sempreverde sorrisetto ironico: "Allora è qui che torturi le tue vittime?"

Alessandra non perde nemmeno un millesimo di secondo a rispondermi; afferra la porta e me la sbatte in faccia.

Ma ci sta, ci sta. Ero preparato.

Ciò a cui non ero preparato, ma che sospettavo fortemente, era che ci fossero davvero persone rinchiuse nel suo antro malvagio; possibilmente gente che stesse soffrendo e che avesse, dunque, un buon motivo per urlare. Infatti chi sta dando aria ai polmoni non ha intenzione di smetterla, lasciando così che i propri lamenti trapassino i vetri della finestra; sono solo suoni, senza parole, ma sembrano gemiti di donna; o ancor più precisamente di bambina.

Alessandra mangia i bambini?

Mentre suono insistentemente il campanello, pongo questa domanda anche a Snoopy, il quale a mia insaputa si è messo sotto un piccolo cespuglio a scavare una buca. Probabilmente è lì che la Gruccia nasconde i resti delle sue prede; li fa passare per ossa di costata, ma il realtà dà in pasto al cane pezzi di corpo umano.

Dopo quello che dovrebbe essere il decimo suono di campanello, Alessandra mi apre di nuovo la porta, ancora più trafelata di prima e con una faccia che sembra implicare che la mia non è affatto una presenza gradita. Avete mai visto Dexter che finge di essere un uomo normale, mentre nell'altra stanza sta massacrando qualcuno con la motosega? Io adoro Dexter e Alessandra me lo ricorda.

"Che diavolo vuoi?"

"Un pass per il backstage di questo nuovo horror."

"Chiamo la polizia, Natale."

"O la chiamo io?" la provoco avvicinandomi a lei e mettendo contemporaneamente una mano sullo stipite, per guadagnare un po' di avanzata.

Ora che la vedo meglio, illuminata dalla luce degli interni, mi accorgo con sorpresa delle sue condizioni: ok che è in tenuta da casa (o da antro malefico) però non credevo che potesse assumere tali pietose sembianze. Anzi, in realtà, direi che sembra quasi un'altra persona: non ha un filo di trucco, per cui scopro ora quante lentiggini (segno del male) le infestino il viso, e quante rughe di espressione modifichino il suo volto, e quanto profonde siano le sue borse sotto gli occhi. Dopodiché vedo i capelli raccolti alla bell'e meglio da un mollettone, la canotta sgualcita e più larga di lei e i leggins bagnati. È coperta di macchie un po' dappertutto e non so perché, ma puzza, puzza terribilmente, puzza di... latte?

"Oh, cazzo!" la sento imprecare e, al massimo della meraviglia, la vedo sparire verso quella che dev'essere la cucina, chiaramente per spegnere qualcosa che stava per bruciarsi. A naso, direi latte, ma potrebbe anche essere acido per sciogliere i cadaveri e farne sparire le tracce. Non si sa mai.

In ogni caso, nel frattempo entro  e mi chiudo la porta alle spalle.

Mentre da destra continuano urla e tonfi e a sinistra imprecazioni e spadellamenti, io mi fermo in entrata colpito e affondato dall'enorme quadro che mi ritrovo di fronte:  il ritratto di una donna molto, molto bella, con lunghi capelli ramati e un sorriso identico a quello della Gruccia, quindi malefico, ma in qualche modo affascinante. Non è Alessandra, ovviamente, perché quella del ritratto è chiaramente più vecchia, ma è altrettanto bella e in molti dettagli simile, quindi deduco sia la madre. Giuro che mai come in questo momento ho desiderato di avere rapporti con una MILF. Non che ciò implichi che la madre di Alessandra sia una MILF, ovviamente.

Ho dei pensieri impuri, a volte, ma sono un ragazzo educato.

"Come ti permetti di entrare in casa degli altri?" mi tuona addosso Alessandra mentre trotta dalla cucina alla parte opposta della sala. "Esci subito."

"No."

Alessandra ha in mano degli oggetti - giocattoli? -, li porta nell'altra stanza e poi torna in cucina.

"Vattene via Natale, o mi costringi a chiamare la polizia!"

Passa di nuovo, stavolta con l'iPhone rivolto minacciosamente verso di me in una mano e un enorme pupazzo nell'altra. Arriva nella stanza opposta, posa l'iPhone ed esce con il pupazzo.

"Per caso allevi bambini e poi li mangi, come la strega di Hansel e Gretel?" le domando, curioso.

Lei sbuffa in un moto di ira funesta e si accorge di aver lasciato giù l'oggetto sbagliato, quindi torna nella stanza per riprendere il telefono, si sentono alcune altre grida disumane, e poi un suo ordine tuonante e perentorio: "Miriana, chiudi quella diavolo porta, per favore?!"

E pace improvvisa.

La porta si chiude, il rumore si ovatta all'istante e la rossa esce finalmente con il suo iPhone tra le mani, sudata e a corto di fiato. Miriana, molto probabilmente, è la schiava ipnotizzata che serve inconsapevolmente la famiglia da anni, dopo essere stata strappata dalla sua vita di normale ragazza con dei sogni. Con ogni probabilità, sarà la stessa fine che spetta a me, dopo stasera.

"Allora, te ne vai o no, Natale?" fa lei, posando le mani sui fianchi, e io non so se prenderla come una minaccia oppure come l'ultima opportunità utile per salvarmi la vita. 

"Sono appena arrivato e già me ne devo andare?"

"Non ti ho nemmeno detto che potevi entrare; questo è chiaramente un caso di effrazione."

"Non hai nemmeno chiesto chi era alla porta, se è per questo. Non mi sembri molto preoccupata delle effrazioni."

"Stavo aspettando qualcuno; ero convinta che fossi quella persona."

"Chi, se posso chiedere?"

"Non puoi chiedere. Vattene via, Francesco." mi ordina, mentre con un canovaccio che porta attorno al collo (mio Dio, ma dove sono finiti i choker di Gucci e le collanine di Tiffany?) si asciuga le mani e le braccia.

"Scusa." le sorrido allora, sperando di scaldarle un po' quel ghiacciaio che ha nel petto. "Ero venuto per parlarti. E anche controllare come stavi."

"Davvero?" accidenti, non è per nulla impietosita.

"Davvero."

"Beh, non è il momento. Mi dispiace." con un paio di falcate mi supera e apre la porta, invitandomi con questo gesto e con tutta la sua postura ad attraversarla e sparire.

"D'accordo." alzo le mani in segno di resa, ma prima di perdere così miseramente in partenza, mi gioco una carta, che in realtà solamente gioco non è. Infilo una mano nella tasca ed estraggo il suo bracciale Pandora, che ho conservato per tutto il viaggio sperando che almeno alla vista di quello mi potesse risparmiare la vita in qualche momento critico. Lo so, ho sprecato subito la chance, ma ehi... non potevo andarmene con quel coso. Furto ed effrazione non sono propriamente bei reati e poi, ho come l'impressione che per lei sia importante.

Difatti, quando lo vede, i suoi occhi tradiscono tutta la sceneggiata di un secondo fa. Allunga una mano e lo sfiora, come a dubitare che sia reale: "Oh, l'hai trovato."

"L'avevi perso alla villa. Quando ti sei tolta i guanti da lavoro, credo." le spiego, guardandola dall'alto e notando quanto sembri diversa conciata così. "L'ho trovato tra i pezzi strappati del mio progetto."

Per un istante, brevissimo istante, mi sembra che provi quasi un lievissimo senso di colpa. Ma poi torna acida. 

"Grazie." cinguetta mettendo finalmente gli artigli sul suo prezioso gioiello. Controlla che ci sia in particolare uno di quei mille costosissimi ciondoli e poi lo infila al polso. Mentre tenta di incastrare la chiusura, le sue mani smettono di reggere la porta, così piano piano questa fa per serrarsi e io le do la spinta finale affinché anche la serratura compia il suo scatto.

Alessandra alza gli occhi, mi fissa e poi sbuffa, esasperata.

"Dai, posso restare solo un po'?"

La rossa nemmeno mi risponde. Aggancia il suo braccialetto e poi sparisce di nuovo in cucina, stavolta aspettandosi di avermi alle calcagna, perché quando si volta per parlarmi, ha già un mestolo in mano, pronto per perforarmi un polmone.

"Ti avverto che se fai gesti o discorsi non di mio gradimento, ti sbatto fuori e ti faccio sbranare da Attila."

"Attila?"

"Il mio cane. È un rottweiler ed è incatenato qui fuori."

Sorrido, appoggiandomi a un bancone della cucina e incrociando le braccia: "È un labrador e si chiama Snoopy."

"Come cavolo...?" Alessandra si scandalizza, ma poi sospira, portando una mano alla fronte. "Oddio. Dimmi che non si stava leccando le parti intime."

"Spero che non sia vera la teoria che ogni cane assomiglia al suo padrone, altrimenti..."

Non dovrei essere così spavaldo; Alessandra mi ha appena lanciato il mestolo in testa e prevedo che sappia fare anche di peggio.

"Dimmi quello che mi devi dire." decreta, posando entrambe le mani sul bancone, dalla parte opposta della mia, per guardarmi bene con occhi di fuoco da creatura mitologica del male. "E poi vedi di sparire."

"Ok." la accontento, timoroso di essere nuovamente ferito da qualche utensile da cucina. "Ero venuto per parlare di quanto accaduto alla villa. A... chiederti scusa, in un certo senso, ma prendila comunque con le pinze. Non è uno scusa così gratuito; vorrei delle ammissioni in cambio, o quanto meno delle considerazioni."

"Che cosa dovrei ammettere?"

"Innanzitutto che senza fondotinta sei inguardabile."

"Ti odio, Malpelo." sibila, facendo muovere satanicamente quelle sue ciocche disordinate sul viso. "Va bene come ammissione?"

"In realtà, questo già si sapeva." schiocco la lingua. "Io ero curioso dei perché dietro alla tua fuga e di quanto potresti considerare un eventuale ritorno."

"Cos'è, ti hanno mandato quei mentecatti perché senza qualcuno da colpevolizzare per i mali del mondo si sentono perduti?"

"I mentecatti sarebbero i nostri amici?"

"Sì."

"Allora no, stai tranquilla. Non ci sono di mezzo loro."

"Ancora meglio. Significa che davvero se ne sbattono." a concludere questa triste affermazione, ci pensa una sveglia dell'iPhone, a cui è stata abbinata la canzone di Adele 'Hello'.

Opportuna per sviare l'imbarazzo, questa notifica mette sull'attenti la Gruccia, che torna ad armeggiare con pentole ed oggetti della cucina. Mentre con una mano infila la presina per non scottarsi, con l'altra apre un'anta ed estrae un pacchetto di cereali.

"Tu fai colazione alle undici di sera?"

"Tu fai sempre domande stupide?" mi risponde per le rime.

"Beh, non capisco il funzionamento di questa casa. Il cane non fa la guardia, ma si lecca le parti intime, il citofono è installato, ma non viene utilizzato e c'è il latte sul fuoco, nonostante sia tarda sera. Poi, non parliamo del casino che si sente. Ce li hai o no i bambini chiusi nell'altra stanza?"

Come in risposta a questa domanda, la porta del salotto si apre e lascia uscire una ragazza minuta dalla faccia simpatica, sicuramente poco più vecchia di me, che mi sorride gentilmente: "Buonasera." saluta, educata.

Una schiava ipnotizzata, per l'appunto.

Si fa avanti, mentre Alessandra controlla l'ora sull'iPhone e sembra davvero presa malissimo: "Oh, Miriana, è già ora che tu vada?"

"Mi spiace, Ale, lo sai che sarei già ben oltre l'orario di servizio. Non è ancora arrivata tua mamma?"

Mi aspetto che la rossa le risponda, ma in realtà non parla. Le due si limitano a scambiarsi uno sguardo significativo e io non capisco. O meglio, rafforzo la mia teoria sul fatto che Alessandra le abbia impiantato qualche microchip per il controllo mentale.

"Beh, almeno non sei da sola." afferma Miriana, non riuscendo a cancellarsi dal viso quell'espressione allusiva.

Io le sorrido per educazione, mentre Alessandra si fa ancora più acida: "Oh, lui non dovrebbe nemmeno essere qui. Comunque: Miriana, Francesco, Francesco, Miriana. Lei è la nostra operatrice sanitaria-" me la introduce lasciandomi ancora più confuso. "Lui è uno stronzo." mi presenta poi, affettuosamente, alla ragazza.

Lei ridacchia e mi dà la mano: "Ora capisco perché non è ancora stato annientato dal tuo caratterino."

Ci manca poco, penso.

"Serve una certa somiglianza." conclude Miriana, offendendo sia me che lei, ma uscendosene impunita perché, a quanto ho capito, il suo turno con straordinari è terminato.

"Ci vediamo a giugno, Ale, ok?"

"Mi lasci per un mese, sul serio? Ne sei completamente sicura?" domanda la rossa, mentre versa dei cereali nel latte bollente e li riduce ancora più in poltiglia di quanto già siano. Ha uno sguardo sinceramente supplichevole: mi sta uccidendo il cuore.

"Ne abbiamo già parlato, Ale." osserva lei, pentita, ma non troppo. "Sai che comunque in caso di assoluta necessità puoi usare i contatti che ti ho dato. Buon proseguimento e... buona serata." augura a entrambi, stavolta senza troppa malizia, ma prima di uscire del tutto, si arresta un secondo sulla porta. "Ah, dimenticavo! Emma ora vorrebbe i cereali."

Alessandra, rassegnata, alza la ciotola per far vedere che già lo sapeva e Miriana risponde mimando un ok e poi andandosene definitivamente.

"Chi è Emma?" è forse l'unico tassello che mi manca e che potrebbe restituirmi un quadro generale più chiaro su tutta la situazione apparentemente catastrofica della mia compagna.

Lei prende la ciotola di latte e cereali assicurandosi di non scottarsi, poi mi guarda consapevole che questo momento sarebbe arrivato e risponde solennemente: "Mia sorella."

***

PRIMO BREAK

Coraggio, alzi la mano chi almeno per un secondo ha pensato che Ale avesse una figliola XD

Delusi?

Image and
video hosting by TinyPic

***

Okay, forse questo non risolve i miei dubbi come avrei sperato.

La mia faccia confusa non cambia nonostante la rivelazione e Alessandra decide di lasciarmi a boccheggiare in questo modo, senza darmi altre spiegazioni. Difatti, si alza, trasporta con attenzione la scodella e piano piano si dirige verso il salotto, ovvero la stanza che prima aveva gentilmente ordinato a Miriana di chiudere, onde evitare di far uscire le grida di disperazione del suo ostaggio.

Così, mi affretto a seguirla e mi allungo a giraffa dietro di lei per poter spiare quando apre di nuovo il salotto-prigione.

Finalmente vedo con i miei occhi chi è la vittima di tutto questo: razza caucasica, sulla quindicina, rannicchiata in un angolo del divano e sottoposta al lavaggio del cervello a causa dei cartoni animati di Boing che passano sullo schermo a tutto volume. Sono arrivato troppo tardi; anche se volessi salvarla in un atto eroico, è già chiaramente fottuta.

"Prima che tu faccia qualche battuta infelice." mi precede Alessandra, sussurrando sopra la ciotola di latte per non distrarre la ragazzina. "Lei è mia sorella Emma ed è autistica. Ora vado a darle il latte e nel frattempo tu te ne stai qui muto come un pesce a riflettere sulla tua stupidità. Chiaro?"

Preso in contropiede, annuisco leggermente.

"Quando ho finito, voglio anche il resoconto della tua riflessione. Sempre che il tuo mezzo cervello sia in grado di partorirne una."

Badabum-tsss.

Applausi per la crudeltà dell'affermazione.

Alessandra sculetta verso il divano nella sua maglia inspiegabilmente non succinta e i leggins macchiati, io, invece, eseguo i suoi ordini senza battere ciglio. Immagino una linea virtuale che delimita la mia postazione, mi ci immobilizzo davanti e mi appoggio con il gomito allo stipite; comodo per poter lisciare ciuffi a caso dei miei capelli, utilizzando il mio indice e il mio medio come se fossero una mini piastra. Lo so, sono strano, ma lo faccio da quando sono piccolo perché pensavo di tirare via il colore rosso in questo modo; avrei tanto voluto nascere biondo.

Questa stupida mania è diventata una specie di tic; tendo a farlo ogni volta che sono inquieto e ora lo sono senza ombra di dubbio.

Anche se avevo capito a grandi linee, vedere la sorella di Alessandra, della quale ignoravo le problematiche, mi ha lasciato disorientato. Sembra così fragile e silenziosa, ma appena si accorge del suo latte incomincia di nuovo a gridare; acuti fastidiosi accompagnati da un movimento scomposto della braccia, che impressionano me, ma sembrano essere normale amministrazione per la mia compagna.

Difatti, con una calma inaudita, Alessandra le si siede accanto, posa la ciotola e le chiede se ha fame. La ragazzina non dà una risposta di senso compiuto, ma continua ad agitarsi e lanciare gemiti, cosa che avrebbe già fatto perdere la pazienza a un santo, quindi mi chiedo come diavolo faccia la Gruccia a non aver già sclerato brutalmente.

Mi metto ad osservare a braccia conserte, interessato e curioso, come se avessi davanti uno spettacolo per cui non ho nemmeno pagato.

Beh, un po' sì. La benzina da Cecina a Venezia l'ho pagata eccome.

"Emma, parla piano." la ammonisce pacatamente Alessandra.

'Parla piano' non è assolutamente quello che io avrei detto a uno che sta sbraitando a perdi fiato, ma il fatto che abbia di fronte una ragazza autistica non sembra rientrare tra i suoi accorgimenti. La tratta come se non avesse alcun tipo di problema.

"Prendi il tablet." continua, senza perdere la calma e passandole l'oggetto. "Rispondi alla mia domanda: hai fame?"

Emma sembra calmarsi, rapita per un attimo dalla luminosità dello schermo che ha di fronte, poi preme diverse volte con il dito e dal dispositivo si sente pronunciare 'Fame', nel tono della stessa tizia di Google Maps.

"Ok, bene." approva Alessandra. "Fame di cosa? Cosa vuoi mangiare?"

Ma Emma non sembra molto intenzionata a fare questi giochetti, difatti preme di nuovo "Fame" e torna a lamentarsi. Fame fame fame fame fame.

"Emma, smettila. Che cosa vuoi mangiare?"

Emma indica la ciotola e urla.

"Cerali? Emma, vuoi i cereali?"

La ragazza guarda il dispositivo per un po', poi preme "Sì" e finalmente lo sentiamo tutti quanti. Gruccia, non è il momento di fare la maestrina, dai. Dalle quei cereali, prima che ti uccida a colpi di tablet.

"Brava." sorride Alessandra vittoriosa, in un modo che mi sconvolge un po', perché non pensavo che gli angoli della sua bocca potessero salire lontano da una fotocamera. "Mangi da sola o ti aiuto io?"

Emma è impaziente, non le va di rispondere, quindi sbatte i piedi e indica ancora la ciotola con entrambe le mani. Penso sia tipo un ultimatum, e anche la rossa sembra capirlo. Grazie al cielo.

Difatti si arrende e sospira: "Ok, ok, giornata no, ho capito. Meglio che ti aiuti io."

Sotto il mio sguardo rapito e quasi incredulo, Alessandra afferra la ciotola e si posiziona meglio di fronte alla sorella. Ora che le vedo vicine e di profilo, una certa somiglianza la noto, nel naso perfettamente dritto e nelle lunghe ciglia che abbelliscono gli occhi. Ma Emma non ha i capelli ramati e lisci come quelli di Alessandra; i suoi sono crespi e scuri, direi neri come gli occhi. Le lentiggini, comunque, firma della madre, sono sulla pelle di entrambe.

Sono troppo incantato per accorgermene, ma mentre Alessandra allunga verso Emma il cucchiaio colmo di poltiglia di cereali, qualcosa va storto.

Qualcosa che lei non aveva calcolato, forse, o che comunque fa parte del carattere istintivo di Emma. La ragazza avverte la bevanda troppo calda e, protestando aggressivamente per questo motivo, colpisce la ciotola, che si rovescia in parte sul divano e, in parte, sul viso della sorella.

È solo in questo momento che mi accorgo che i miei piedi hanno sorpassato la linea immaginaria e stanno correndo verso di lei.

"Non ti preoccupare." mi ferma mostrandomi il palmo della mano e mantenendo una calma zen che io, davvero, boh.

Cioè... ha i capelli coperti di cereali e uno zigomo bruciato dal latte, oltre che una sorella urlante di fronte, ma non si muove di un centimetro. Ha solo chiuso gli occhi quando il liquido le è finito in faccia e nient'altro. Non si è digievoluta o trasformata in un mostro verde, è... è un miracolo.

Ed è da non credere: ricordo molto nitidamente quando circa cinque anni fa, durante il viaggio a Mykonos, il povero Amerigo le versò addosso la granita per errore. Certo, era freddissima e non caldissima, ma ehi, in quell'occasione gli aveva riservato un concerto di insulti persino su Twitter; che cosa le è preso adesso? Ok, siamo maturati tutti, è vero, ma questa reazione non è da lei. O meglio, non è dalla lei che conosco. E non che mi stia lamentando, ovvio, però non me lo aspettavo proprio.

Alessandra si alza compostamente dal divano, raccoglie gli utensili e poi si rivolge a Emma, nonostante lei non la stia ascoltando più: "Te lo rifaccio più freddo."

Cambia il canale della tv e finalmente Emma si incanta davanti a Frozen, così mi fa segno di seguirla e lasciamo la sala.

"Cazzo..." sussurra, tornando finalmente umana quando siamo di nuovo in cucina. Il viso le fa chiaramente male, difatti posa la tazza vuota e poi si fionda sul lavabo, per gettarsi l'acqua fresca addosso. Ma non sa come fare finché ciuffi ricoperti di cereali le cadono in fronte.

Così, impavido di fronte al pericolo, decido di intervenire.

"Aspetta." faccio, accorrendo verso di lei. Le tolgo il mollettone dai capelli e la aiuto a tenerli indietro, cosicché si possa rinfrescare senza intoppi. Nel frattempo, rimuovo i maledetti Cheerios, pensando che da piccolo avrei anche potuto farmi degli impacchi di cereali ai capelli, se solo mi avessero detto che tolgono il colore rosso. Non è vero, ovviamente, sono solo viscidi, ma io ero credulone e determinato a diventare biondo.

Tutto questo, comunque, mi ha fatto tornare alla mente quella sera di anni fa, in Grecia, quando lei vomitava per aver bevuto e aver baciato il sopracitato Amerigo e io le tenevo i capelli per limitare il disastro. Fu una nottata nefasta per me. Forse, direi, per entrambi. Ma non gliel'ho mai chiesto.

"Grazie." mormora, tra le gocce d'acqua. 

"Prego. Fammi vedere."

Non vorrei meritarmi un'altra cucchiaiata in faccia, ma la situazione richiede veramente attenzione. Continuo a tenerle i capelli all'indietro, chiedendomi quanto manca ad essere morso dalle sue zanne e contemporaneamente le inclino un po' il volto per valutare il danno. Non l'avrei fatto, se non avessi visto qualcosa di brutto, ma c'è: una bella striatura rossa appena sotto l'occhio, sullo zigomo destro.

"Che cos'ho?" mi chiede, infatti, preoccupata.

"Ti fa male?" testo, posandoci sopra l'indice, e lei si ritrae con un gemito.

"Chi ti ha insegnato il primo soccorso?!"

Mentre si lamenta, le guardo l'altra guancia e vedo che c'è un segno molto simile, solo che ha perso l'arrossamento e sembra essersi cicatrizzato. Lei si accorge di dove sta puntando il mio sguardo e si copre interamente i lati del viso, imbarazzata.

"Dovrei imparare dagli errori, lo so."

"È già successo?" mi preoccupo, ipotizzando che, in realtà, quello di poco fa non sia stato un incidente così isolato.

"È colpa mia." si affretta a precisare. "So come dovrei fare, ma ogni volta non seguo la prassi alla lettera."

"Mh." il mio è un verso di disapprovazione, perché, ci pensate? Tonnellate di fondotinta per coprire ciò che veramente Alessandra vive. Non mi piace venirne a conoscenza solo ora: è come immaginare per giorni il regalo di Natale in base alla forma del pacco e poi scoprire qualcosa di completamente diverso all'interno. A volte può essere positivo e altre invece negativo. Non so perché, ma per me non è bello venire a sapere che lei stia nascondendo tutto questo. Deve farle malissimo.

Infatti, incrocio le braccia e la bypasso con lo sguardo.

"Oh, non quella faccia." commenta lei, antipatica.

"Quale faccia?"

"Quella ancora più ipocrita della solita." mi spiega. "Sono sempre io. La Gruccia. Non è che una scottatura o una sorella ritardata facciano di me una persona diversa."

"In realtà, stavo pensando esattamente questo."

Alessandra fa una risatina amara: "Non l'hai pensato per anni, eppure da anni io sono così."

Incrocio le braccia, indeciso su come rispondere, ma lei mi precede.

"Vado a farmi una doccia. Potresti mettere un po' di latte sul fornello, nel frattempo?"

"Certo."

"Grazie." dice, voltandomi le spalle. "Fruga pure in giro. Tanto ormai hai già trovato tutti gli scheletri negli armadi."

Con una smorfia petulante, la guardo andarsene in bagno e comincio a ripreparare latte e Cheerios.

*


Sì, lo so. Lo so che non era nei patti, ma appena ho avuto un attimo di pace, ho deciso di fare un giretto turistico per la casa. Ho fatto il bravo bambino, ovviamente: prima ho cucinato il latte, poi l'ho posato accanto alla finestra aperta per farlo raffreddare e poi sono andato in avanscoperta.

Ho sbirciato nelle stanze da letto, contando solo tre letti singoli e nessun matrimoniale. O meglio, due di essi sono uniti, però ho ipotizzato che fossero quello di Emma e della madre, dato che la stanza era per metà piena di giocattoli e per l'altra metà di ritratti e gigantografie della stessa MILF dell'entrata. Quanto alla stanza di Alessandra, non ho osato invaderla per più di mezzo metro, onde evitare che una rete invisibile di laser mi facesse a pezzi. 

Finito il mio proficuo hometour e vedendo che Alessandra ci stava mettendo un lustro a lavarsi, ho deciso di entrare cautamente in salotto.

Non so per quale istinto suicida, però mi sentivo attirato dalla figura di Emma e così mi sono avvicinato a lei e l'ho salutata. Lei mi ha guardato per un secondo, dopodiché è tornata a cantare - o più che altro gridare come un'amazzone - sopra 'Let it go' di Elsa.

"Ciao, Emma." ho riprovato, finché lei non ha deciso che in qualche modo, forse perché ho i capelli rossi come sua sorella, sono interessante.

Mi ha risposto per assonanza, muovendo la mano, e allora le ho indicato il tablet, ottenendo un suo consenso per utilizzarlo (insomma, non mi ha urlato in faccia, quindi l'ho preso come un nulla osta). Rapidamente sono riuscito a capire come funziona: è tutta un'unica applicazione, molto colorata e intuitiva, dove si possono comporre frasi e addirittura parole, categorizzate nei grandi campi semantici.

Così, mi sono presentato.

"Io Francesco." le ho detto, digitando di seguito le lettere.

Dopo un po' di strani mugolii, mi ha strappato il tablet dalle mani e ha ripetuto il nome, dimostrandomi di aver capito. Tutto ciò, non so bene il perché, mi ha emozionato, seriamente, ed è per questo che sono rimasto qui con lei svariati minuti.

"Io venticinque anni." le sto spiegando ora, sempre attraverso l'ausilio dell'applicazione e parlando un po' come Tarzan. "Tu?"

Come da copione, ormai, Emma mi ruba il dispositivo e digita: "Ventisette."

"Ma no." la correggo, ridendo. "Io venticinque. Tu, Emma? Quanti anni tu?"

Emma inizia ad arrabbiarsi, forse perché non capisce, e mentre preme ripetutamente i numeri due e sette, decido di lasciar perdere. Ho visto ciò di cui è capace: meglio non rischiare, mi basta già l'ira di una delle due sorelle. 

Dunque ci mettiamo a cincischiare per un po' con qualche giochetto dell'app in cui lei, naturalmente, è un asso, dopodiché ritorna Alessandra dalla doccia più lunga del secolo e guasta la festa a tutti.

"Che ci fai qui?" bercia, guardandomi oltraggiata. "Ti avevo detto di rimanere in cucina."

"No, non l'hai mai detto, e, nel caso mi stessi per sottolineare che era implicito, beh, è sempre meglio esplicitare. Specialmente con me, dato che ho solo mezzo cervello."

"Fottiti, Malpelo." mi invita candidamente, mentre porta il latte ad Emma, stavolta assicurandosi che sia alla giusta temperatura. "Bravo, almeno questo l'hai fatto bene."

"Imparo dagli errori altrui."

Inutile dire che le non-risposte della Gruccia mi spaventano. Ogni volta che decide di ignorare le mie provocazioni, immagino il contenitore della sua cattiveria riempirsi di una goccia in più, in una lenta ascensione verso l'empireo della malvagità. Quando la capienza sarà esaurita, esploderà in uno dei suoi monologhi sottilmente offensivi, di cui ogni singola parola è come una lama che va a conficcarsi negli organi vitali, ma soprattutto nell'autostima, della sua vittima.

Questo giro, fortunatamente, Emma si lascia imboccare senza storie e, alla fine del pasto, si rannicchia ancor di più sull'angolo del divano, cambiando d'umore. Sembra molto più calma, ma triste, e ne ho conferma quando si mette ad imitare l'espressione e la gestualità del pianto. 

"Guarda che lacrime di coccodrillo." dal tono un po' materno di Alessandra, tuttavia, deduco che è in atto un pentimento. Sicuramente nel tablet esiste la parola 'scusa', ma Emma preferisce manifestare così il suo dispiacere per essersi comportata male con la sorella. È una scena davvero insolita e dolce, che si conclude con il perdono, un abbraccio e la ragazzina finalmente vinta dal sonno. 

***

BREAK ARTISTICO

Scusate, ma non potevo non inserire proprio in questo spazietto il meraviglioso disegno di Angelica. Lo trovo semplicemente perfetto e dolcissimo.

Image and video
hosting by TinyPic

***

Così, per non disturbare la pace che si è stabilita nella stanza, Alessandra si alza furtivamente dal divano e mi invita a seguirla. Torniamo in cucina, buttiamo tutte le pentole sporche nel lavabo e poi la Gruccia afferra un guinzaglio.

"Non avrai intenzione di legarmi da qualche parte, adesso." commento, sentendo che potrebbe essere arrivata la mia ora.

"Più tardi; per adesso tocca a Snoopy." risponde lei, enigmatica.

Alessandra esce per catturare il suo povero cane e poi lo porta verso il giardinetto sul retro, mentre io seguo entrambi con il cuore in gola: "Sono ancora in tempo per cambiare idea e andarmene?"

"Non lo faresti, perché sai che la tua presenza mi dà ai nervi e ne gioisci. La gioia di farmi soffrire è più grande della paura di essere tu quello a rischio di soffrire. Sennò saresti già scappato."

"Acuta osservazione. Immagino tu abbia pure un influsso psicologico sulle tue vittime. Come i serpenti che ipnotizzano gli umani."

"Quello era sul Libro della Giungla, Malpelo. Sono gli umani ad ipnotizzare i serpenti, non il contrario."

"Beh, tu ipnotizzi chiunque."

"Non so se sia un complimento."

"No. Cioè potrebbe esserlo, ma no. Non era in quel senso."

Parlando, finiamo per ritrovarci, assieme a Snoopy, in un giardinetto davvero piccolo. Sta dietro la casa, per cui è nascosto dal vialetto d'entrata, però è più grazioso di quello che si vede da fuori. È costituito per un quarto dal muro, attraverso cui si può controllare il salotto grazie alla grande finestra che Alessandra ha lasciato appositamente aperta. Per il resto, invece, è delimitato da una ringhiera piuttosto alta, a cui si sono avvinghiati diversi rampicanti. Ma è tutto ordinato: non so chi delle tre (ipotizzo Alessandra) dev'essere appassionata di giardinaggio. Ci sono vasetti di spezie un po' ovunque e poi delle fioriere dai colori vivaci. 

...a cui Snoopy si è appena avvicinato per marchiare il territorio. Ah, questo cane!

"Snoopy!" Alessandra lo richiama a bassa voce, ma lui chiaramente se ne strafrega e si piazza esattamente due centimetri accanto alla sua pozza di pipì, rotolandosi sulla schiena con contentezza.

"Non fa sempre così." mi assicura lei, mentre a sua volta prende posto su una panchina di cemento, che è per metà occupata da sacchi di terra e attrezzi per l'orto. Se io occupo lo spazio libero e lei si siede sullo schienale, ci stiamo senza problemi, quindi ci sistemiamo in quel modo, finendo per essere molto, anche fin troppo vicini.

Alla mia destra ci sono i sacchi, a sinistra le gambe di Alessandra. E per fortuna che è più in alto di me, altrimenti saremmo stati praticamente guancia a guancia. Guancia a guancia con il diavolo: potrebbe essere un bel titolo per un romanzo esoterico su un viaggio negli inferi. Più o meno quello che sto facendo io, anche se mi sa che non mi risveglierò da un brutto sogno come Dante. La situazione è molto reale e reale pure il momento in cui dovrò avere un confronto serio con questa ragazza.

"Stai dicendo che Snoopy ha un'altra identità?" faccio, rabbrividendo.

"Può essere."

Fisso Snoopy che si rotola: "Mi sembra difficile ipotizzare che in realtà si chiami Chanel e che lo vestiate con pettorine leopardate."

Ad Alessandra scappa una mezza risata: "No, infatti."

"A meno che non si chiami davvero Attila e alla luce della luna assuma sembianze scheletriche ed ali da pterodattilo." alzo gli occhi verso il cielo per controllare. "Per fortuna stanotte non c'è la luna. Siamo salvi."

"Sai che dici un sacco di cazzate?" mi rimprovera lei, perplessa dalle mie povere battute. "Snoopy è il cane più dolce che esista. È un po' imbarazzante, ma è perfetto. Soprattutto per Emma; se ne prende cura come fosse la sua cucciola."

"Oh, wow."

"E pensa che l'abbiamo trovato al canile." mi racconta, chissà perché in vena di condivisione. "Eravamo andati in un allevamento di cani di razza, perché pensavamo che lì ci sarebbe stato qualcosa che facesse al caso nostro, ma la realtà è che nessuno di quei cani sembrava felice di tornare a casa con un umano. Sulla strada del ritorno, allora, abbiamo deciso di dare un'occhiata anche al canile, così giusto per, e abbiamo visto lui. Era piccolo e imbranato e sopratutto sporco come una pallina di fango, ma è letteralmente saltato addosso ad Emma e lei l'ha amato dal primo istante. Anche io a dire il vero."

"Ti piacciono i cani?"

"Certo."

"Ti avrei fatta più un tipo da gatto." o da pipistrello domestico, come dicevo. O anche da cane-pterodattilo mannaro. Ecco, sì, questa è la rappresentazione più adatta.

Alessandra si stringe nelle spalle: "Hai un sacco di pregiudizi."

"Mi sa di sì." 

Mentre tira una leggera brezza piacevole, il profumo dello sciampo di Alessandra arriva alle mie narici e finalmente respiro qualcosa di diverso dal latte.

"Non è che li smentisci sempre, comunque." osservo, apprezzando il ricercato aroma che emana ad ogni spostamento. "Ti sarai lavata con il Dior."

"Quello è fuori discussione." si vanta, muovendo una ciocca ancora un po' umida e sprigionando dunque un'altra folata.

Assieme a questi dolci venti, arriva anche qualcos'altro di meno piacevole e inaspettato: il ritorno dell'ansia. Non capisco bene che cosa la faccia scattare, ma quel bruciore allo stomaco è qui di nuovo e non promette nulla di buono. 

Istintivamente, infilo una mano nella tasca ed estraggo il pacchetto di sigarette.

"Fumi?"

Lo chiediamo entrambi, all'unisono; io rivolto a lei nel senso di 'Sei abituata a fumare?', lei invece me lo chiede stupita, come a dire 'Hai ricominciato a fumare?'.

"No." decreta lei, allora.

"Io sì." sospiro recuperando anche l'accendino.

"Perché?" fa, dando occhiate alterne alla mia sigaretta che si accende e a Snoopy che si rotola. "Voglio dire... non avevi smesso? Perché hai ricominciato?"

"Storia lunga." taglio corto, imbarazzato dal vero perché. "E tu? Perché no? Qualche volta ti ho visto fumare."

"Lo faccio quanto sto in ansissima." rivela. "O quando lo sento assolutamente necessario. Ma mi sforzo di non cedere: il fumo è veleno per la pelle."

"Ah, non per i polmoni."

"Dal mio punto di vista, rappresenta una minaccia anche estetica."

"Quindi fumare ti piace?" domando, esalando un po' per gioco e un po' per provocazione, una boccata vicino a lei.

Alessandra scaccia la nuvoletta con una smorfia: "In realtà, non piace a nessuno. Ma ci serve."

"Che stronzata." scuoto la testa, pensando che a me invece piace eccome. Cioè sì, mi serve, certo, ma ha un fascino... voglio dire, è bello. "Se ti serve solo un calmante, puoi prendere una valeriana. Anzi, nel tuo caso direttamente una confezione di Diazepam."

"Non mi servono dei calmanti."

"Allora fumi perché ti piace; ammettilo."

"È una storia lunga." riassume. "Dai, dammene una." 

Con mia sorpresa, Miss È Veleno per la Pelle fa esattamente ciò che ha professato di saper evitare, ovvero cedere alla tentazione. Ma non posso lamentarmi: in fondo, avere un compagno di sigaretta è sempre cosa gradita, e poi mi diverte il pensiero che per lei sia una vera e propria lotta. Lotta che io le ho fatto perdere.

Sorridendo, poso sul suo palmo aperto una preziosa Marlboro: "Sei in debito."

"Certo, Malpelo."

Quando si china verso di me per incontrare la fiamma del mio accendino, ho modo di osservare il suo viso grazie alla luce del fuoco e rivedo la bruciatura di prima. È lucida perché deve averci spalmato sopra qualcosa, ma per fortuna non sembra peggiorata.

"Come va lo zigomo?" le chiedo comunque.

"Non fa male, non sento nemmeno più bruciore. Il tuo?"

"Il mio?" faccio, toccandomi istintivamente quella parte del viso.

"Non te l'eri rotto?" non so se sia una provocazione o meno, ma a me risulta come tale.

"Me l'hanno rotto." preciso. "E comunque cinque anni fa. Direi che se lo vedi ancora al suo posto, la frattura si è sistemata."

"Era successo anche a mio padre, una volta. Gli ci sono voluti anni prima che si sistemasse del tutto e ad ogni temporale che stava per arrivare, sentiva delle fitte."

È la prima volta che Alessandra mi parla di suo padre, ma comunque non capisco perché stia pensando al mio zigomo, quando per anni non se n'è minimamente preoccupata.

"Mi spiace per lui, ma io sto bene."

"Meglio così." annuisce, facendo un tiro dalla sigaretta con una spigliatezza che indica abitudine. Mi sembra una fissata con la linea che in realtà si fa puntualmente uno spaghetto aglio olio alle due di notte: perché ha così tanta riservatezza sulle sue debolezze? 

Bah, che domanda idiota. Perché è parte del suo carattere, ovviamente. Deve sembrare la perfetta ragazza fortunata, con l'impeccabile intorno di agi e l'invidiabile vita equilibrata. Pure leggermente invincibile e stronza, aggiungerei, cosa che ha provato di non essere, ogni tanto.

"Pensi ancora che sia colpa mia?" mi chiede senza un senso apparente, ma che poi ricollego al famoso pugno in faccia da parte di Pierpaolo.

Quindi mi volto con inquietudine verso di lei: "Perché ne stiamo parlando adesso?"

Si chiude di nuovo nelle spalle: "Sei qui da ore e non hai ancora affrontato il motivo della tua visita. Credevo ti piacesse prendere tempo con conversazioni a caso."

"Questa non è una conversazione a caso." la indico con la sigaretta. "Ci stavo per arrivare al punto, ma ci sono stati degli intoppi. Comunque no, non penso che sia colpa tua e non l'ho mai pensato."

"Ah no?"

"No, è stata colpa mia." rettifico con ovvietà. "Anzi, è stata colpa di Pierpaolo Scilla, perché l'unico squilibrato manesco della situazione è lui. Ho fatto certamente qualcosa di grave, ma non meritevole di un pugno da parte di un represso che non c'entrava un cazzo."

Alessandra ride divertita dal mio modo di elogiare Scilla: "È ancora represso. Dopo tipo dieci anni."

Scuoto la testa, davvero felice di essermi lasciato alle spalle almeno quella gatta da pelare: "Forse è arrivato anche il suo momento. In questi giorni sembra che finalmente abbia rotto la barriera del disagio tra lui e Federica."

Un fischio esce dalle labbra della mia compagna: "Quanta cattiveria, Natale. A volte sembri quasi me. Continua a bruciarti tutta quella questione con la Di Mario?"

"Siamo ancora nel flashback di cinque anni fa, non ci credo." faccio, buttando a terra un po' di cenere e scuotendo la testa. "No, l'ho superata. Non mi brucia per niente."

"Allora perché sei così teso?"

"Perché ne sto parlando con te." la mia risposta è talmente genuina che non riesco nemmeno a tenermela dentro. E un po' stupisce pure il sottoscritto, ma in fondo... è la sacrosanta verità. Conversare così apertamente e così vicino a lei mi disturba, come cinque anni fa, quand'eravamo seduti in riva al mare su quel tronco.

Sapevo che sarebbe finita male allora e adesso è la stessa cosa. Non sono mai tranquillo con lei.

Getto il mozzicone e contemporaneamente tiro fuori un'altra sigaretta: se uscirò da qui, sarà con un tubo di scarico al posto della trachea.

"Ero solamente venuto per sistemare il casino dell'altro giorno." snocciolo allora. "Non pensavo che avremmo passato una serata in famiglia." indico con la Marlboro prima lei, poi Emma dalla finestra e infine Snoopy che, fedele a se stesso e alla razza canina, ha ripreso a leccarsi lo scroto.

"Scusami tanto, Rosso Malpelo." si irrita lei, buttando anche il suo mozzicone e approfittando del mio pacchetto ancora aperto per scroccarsi la seconda sigaretta. "Se mi avessi avvertito che stavi per irrompere nella mia proprietà, avrei finto di abitare da sola in una villa senza persone autistiche e cani pervertiti."

"Non intendevo quello." mi discolpo subito, rendendomi conto del tono sbagliato che ho fatto passare. "E comunque sei doppiamente in debito." aggiungo indicando la sigaretta che si sta accendendo dopo avermi soffiato anche l'accendino.

"Contaci."

"In realtà, mi ha fatto piacere conoscere Emma." affermo, onestamente. "E anche Snoopy, chiaro. E... Miriana la schiava ipnotizzata."

"Ti droghi, secondo me."

"No, sono veramente solo Marlboro."

"Beh, comunque ti sei perso il personaggio più simpatico della famiglia; mia mamma."

"È la bella signora appesa nel ritratto in entrata?"

"So che pensi che sia una MILF." mi addita. "E tanto lo è, quindi non preoccuparti. Comunque sì, quella è mia madre. Avrebbe dovuto tornare stasera, ma non si è vista. Chissà dove cazzo è."

Uh, sento aria di rancore.

"È la persona che stavi aspettando quando hai aperto la porta a me?"

"Esatto. Passo metà della vita ad aspettare lei, ma arriva solo altra gente, spesso e volentieri gente rompipalle, tra l'altro."

"L'ho presa sul personale."

"Era personale, infatti."

"Haha." rido sarcasticamente, inspirando un po' di catrame. "Raccontami di lei."

Sento lo sguardo di Alessandra fisso su di me, perforante come un coltello.

"Se vuoi." aggiungo dunque.

"Non ti sembra di aver già saputo abbastanza sulla mia bellissima vita?"

"Raccolgo materiale per un programma su Real Time." la prendo in giro. "Voglio chiamarlo I miei scheletri nell'armadio oppure La mia vera identità, anche se ho pensato pure a Guancia a guancia con il diavolo, che non è affatto male. Se partecipi senza troppe storie, poi ti do metà degli incassi."

"Sei a una battuta dalla denuncia."

"Dai." ridacchio. "Si vede lontano un miglio che hai bisogno di qualcuno con cui parlare."

"Mio eroe, grazie." schernisce. "Oltre ad avere un certo intuito, sei pure valoroso. Proposte di questo genere si ricevono solo dagli psicologi al giorno d'oggi."

"O dagli amici." le strizzo l'occhiolino, come a sottolineare che è qualcosa di cui attualmente è sprovvista, per via di questa sua avversione all'essere umana.

"Oh, il mio cuore." fa la finta offesa, portandosi una mano al petto e confermando ancora di più la mia teoria.

Come piccolo incentivo a spiattellarmi la sua vita privata, le offro un'altra sigaretta, per esattezza la numero tre della serata, e lei accetta l'insieme con un sospiro sconfitto: "Mi porterai alla rovina."

"Vivo per questo, Pel di carota, ormai dovresti saperlo. E comunque, sei un sacco in debito."

"Tu sei in debito. Mi devi un polmone nuovo e della privacy che mi hai rubato."

"Per mia natura di gentiluomo, un giorno ti ripagherò."

Ma non oggi, penso. Siamo entrambi talmente incasinati che non possiamo far altro che barattare la nostra privacy per qualche sigaretta, senza permetterci beni di lusso come la salute. Comunque, per fortuna ne rimangono solo due e non ho la minima intenzione di darle a lei. Me ne servirà una per festeggiare la mia uscita da questo posto ancora tutto intero e poi un'altra per autocommiserarmi quando sarò tornato a Cecina senza aver compiuto la mia missione. Perché a questo punto della serata, credo che la Gruccia non tornerebbe in Toscana con me nemmeno se volesse.

"Mia mamma fa la rappresentante di un'azienda di creme e cosmetici da tipo una vita." ecco, ci siamo. Mi metto comodo per ascoltare i cavoli della Gruccia: forse mi faccio influenzare dalla morbosità di Eva, ma mi sento troppo attirato da tutto ciò. "Ha sempre lavorato in giro. Convention di qua, fiere di là, soggiorni, corsi di aggiornamento, workshop, un casino di impegni. Insomma, non è nuovo per me che non sia a casa e, sinceramente, non è che me ne freghi più di tanto. Può fare la vita che desidera, per quanto mi riguarda, con tutti i toy boy che trova alle reception degli hotel, ma il problema è che qui." indica il pavimento con la sigaretta. "C'è bisogno di lei."

"Beh, ma tuo padre?" mi scappa, istintivamente. "Cazzo, non dirmi che è morto."

"Magari." sorride lei con malvagità, preoccupandomi. "Sarebbe tutto più facile, se fosse stecchito, invece è ancora vivo, ma sta in Portogallo con una MILF simile a mia madre che non ha avuto progenie handicappata."

Ricordate il discorso del contenitore della cattiveria? Ecco, ha esondato.

"Mi devo preparare a una storia triste?"

"Nah." fa un tiro piuttosto lungo, concentrandosi sul fumo che sicuramente le sta facendo da inibitore delle emozioni forti. "Ho una relazione complicata con lui, sai tipo il classico amore odio. Se n'è andato ancora quando io avevo nove anni."

"Cioè quando è nata Emma?"

"Che? No." sorride lei, aggrottando le sopracciglia. "Emma era già nata da un po'. Guarda che sono io la più piccola delle due."

"Sul serio?"

"Mh-mh." Alessandra sta consumando quel mozzicone fino all'ultimo millimetro: si brucerà le dita. "Emma ha ventisette anni. Papà se n'è andato quando lei ne aveva dodici, perché è stato in quegli anni che il suo problema è peggiorato pesantemente... prima era quasi normale."

"Davvero? Pensavo... ero convinto... insomma, sembra che abbia appena quindici anni."

"Fa parte del suo disturbo." asserisce la Gruccia. "È nata con una leggera forma di autismo, ma nonostante le cure, nel passaggio alla pubertà si è aggravata fino allo stadio in cui la vedi ora, implicando anche altri tipi di problematiche fisiche e mentali. E forse si aggraverà ancora in futuro, questo non lo so."

"A scuola qualche volta parlavi di tua sorella, ma non hai mai accennato a nulla di tutto ciò."

"Perché non ne vedo l'utilità. In più, avrei dovuto specificare che il fatto ha spaventato papà e l'ha spinto a lasciarci da sole."

"Non vedo perché tu te ne debba vergognare; non è mica colpa vostra."

"A nove anni ti prendi la colpa di qualsiasi cosa. Specialmente se tuo papà ha ben pensato che finché poteva, avrebbe fatto meglio ad ingravidare una donna più adatta. Sai com'è, lo trovavo leggermente imbarazzante."

"Lo odi?"

"No." risponde immediatamente. "In un modo un po' perverso, gli voglio pure bene. La me adulta ha capito le sue ragioni e non lo biasima per essersi stufato di una moglie vagabonda, però la me bambina non ha mai smesso di pensare che fosse un uomo di merda per aver messo al secondo posto la famiglia e, soprattutto, per essere scappato dal problema di Emma. Non è colpa sua se l'ha avuto e non poteva di certo risolverselo da sola. E non è nemmeno colpa mia se a nove anni non potevo fare di più, ero troppo fottutamente piccola. Ma questo l'ho capito dopo, ovviamente."

Gioco con il pacchetto, pensieroso: "Io non l'avrei mai fatto."

"Cosa?"

"Abbandonare la mia famiglia."

"Facile dirlo quando non ti capita. Mia mamma la pensa come te, ma in fondo pure lei è sempre un po' in fuga. Dice che il lavoro è lavoro, ma so che per lei è pura e sana evasione."

"Però è rimasta."

"Per potersene andare ogni due settimane alla fiera del makeup a Praga e scoparsi i ventenni che rappresentano le creme corpo della L'Oreal." schiocca la lingua. "È rimasta per modo di dire. Penso che, semplicemente, in una famiglia del genere i deboli di cuore non riescano a rimanere per troppo tempo."

"Quindi non odi né tua madre né tuo padre." riassumo, incredulo.

Alessandra si mostra un po' imbarazzata: "Per te sarebbe giusto che li odiassi?"

"Non lo so. Io i miei li ho odiati per anni, quando mi hanno costretto a seguire una strada che non era la mia. Immagino che a questi livelli si sia ben oltre l'odio."

La rossa sospira, muovendo un po' di buon vecchio Dior nell'aria: "Alla fine sono comunque genitori. Fanno i peggio casini per definizione."

"Questo è vero."

"Mamma è spesso assente, ma quando la situazione si fa ingestibile, torna a sistemare le cose come solo lei sa fare. Papà non ha mai mancato un appuntamento con noi: lo vediamo regolarmente una volta ogni tre mesi ed Emma lo adora. È irritante, stronzo e crudele, ma paga il mantenimento e credo che in fondo non abbia mai cancellato l'affetto verso di noi. L'ha brutalmente soppresso, certo, ma non è assente; lo vedo dai sorrisi. E dai regali fighi che ci fa: il Dior che ho messo ora è suo."

Annuisco lentamente, non molto comprensivo nei confronti di quanto appena sentito, ma ammirato per le dichiarazioni di Alessandra. Mi sarei aspettato il disastro da parte sua, in risposta a tutti questi torti della vita, invece mi scopro essere quello più incazzato dei due.

Quale genitore degenere si laverebbe le mani di fronte a una figlia autistica e alla minore costretta a farle da madre e padre, oltre che da sorella? Quale stronzo creerebbe dei traumi del genere ad una ragazzina? Se la Gruccia fa schifo a relazionarsi, soprattutto con gli uomini, è colpa sua. È ovvio... con un modello di padre così, anche io sarei diventato una diva inacidita che sputa veleno su qualsiasi situazione piacevole della vita. E non mi sarei mai voluto legare sentimentalmente a qualcuno che non fosse, per l'appunto, irritante, stronzo e crudele. Il tipo di ragazzo che piace alla Gruccia e per cui rasenta la prostituzione anziché lasciarsi corteggiare come si deve.

In conclusione, se vedessi ora i suoi genitori, prenderei a pugni entrambi. E sorprendentemente, per la prima volta, mi trovo a capire il gesto di Pierpaolo Scilla di cinque anni fa.

"Sei veramente un po' perversa." concludo.

"Lo dice anche Miriana. Paradossalmente, è lei che litiga con i miei più di quanto faccia io. A volte intraprende battaglie che io lascio perdere a priori. Che ci vuoi fare; è uno spirito ribelle."

"Infatti lei mi piace."

La Gruccia annuisce divertita: "Chissà perché, Malpelo. Miriana mi salva spesso la vita; se esco a fare aperitivo ogni tanto è merito suo, perché fa un sacco di ore extra e mi permette di prendere impegni. È praticamente una di famiglia, nonché una specie di migliore amica a pagamento. Ma è lesbica, ti avverto."

Sbuffo fingendo che la cosa mi dispiaccia, ma in realtà no. Mi sembrava simpatica, ma non ci avrei provato con lei, perché sarebbe stato troppo facile e tranquillo. Sono più per le irraggiungibili acide che creano problematiche in qualsiasi circostanza... tipo... Federica. Solo Federica, non pensate che mi riferissi a qualcun altro. Per l'appunto.

"Però ora va in ferie, mi pare di aver capito."

"Sì, sono le uniche vacanze che prende durante l'anno." mi spiega. "Mamma la paga per dieci mesi interi e non ti dico quante ore in più ci regala. Se lo stramerita, anche se, come vedi, mi sta lasciando alquanto nella merda, almeno fino a giugno."

Alessandra getta finalmente quel briciolo di Marlboro che le è rimasto e si passa una mano nei capelli.

"Quindi se anche ti pregassi di venire con me a Cecina, tu non potresti?"

"Esatto, Malpelo." mi sorride, strafottente. "Non potrei e sopratutto non vorrei seguire uno stronzo travestito da bravo ragazzo come te."

Deglutisco il sapore secco del fumo, faticando ad affrontare il suo sguardo: "Ah, cazzo... mi dispiace."

Non riesco a gestire il senso di colpa, specie alla luce di quanto appena appreso. Mi sento proprio coglione, oltre che impotente. Le ho detto cose così cattive, supponendo realtà che non avevano nemmeno senso di esistere e ignorando, invece, quale fosse il vero ambiente in cui Alessandra deve destreggiarsi. Non è che il suo caratteraccio sia perdonato grazie a tutto ciò, ma nemmeno il mio ha scusanti. Ha ricevuto molte pugnalate allo stomaco da parte mia e questo mi fa stare malissimo.

"Dammi l'ultima sigaretta e sarà tutto dimenticato." scherza lei, strisciando le infradito sul cemento della panchina.

"Oh, non sai quanto ne fumerei un'altra pure io."

"Nulla ti ha fermato finora." mi incoraggia.

Ma io scuoto la testa: "Mi serviranno per sfogare tutto questo malessere dopo."

Alessandra rotea gli occhi: "Non reggi nemmeno un po' di dramma. Che mezza pippa."

A me non va molto di scherzare, purtroppo, difatti rimango serio, stringendo il cartone con un po' più forza: "Se l'avessi saputo prima..."

Avete letto Harry Potter? Se non l'avete letto e non volete spoiler, saltate le prossime tre righe, altrimenti sappiate che mi sto sentendo come quando ho letto di Severus Piton e del suo cazzo di passato strappalacrime. Tutta la mia vita ha preso una direzione diversa, allora, e mi sono sentito un impietoso giudice senza prove. Mi sto sentendo così anche adesso.

"Francesco." la mano che Alessandra mi posa sulla spalla mi stringe ancora di più lo stomaco. "Non hai scoperto nulla di sconvolgente. Io sono sempre io, da quando mi hai visto per la prima volta. Non ho mai fatto nulla per essere una persona migliore, anche se potrei, e quindi mi sono sempre aspettata le reazioni di chiunque attorno a me. Beh, quasi tutte."

"In che senso?"

"Che sei comunque l'unico che è tornato a prendermi. Questo non me l'aspettavo, perché non l'ha mai fatto nessuno."

Mi tornano alla mente le parole di Marinella su quanto secondo lei io fossi l'unico con certe eroiche capacità perché avrei visto qualcuno dietro la bestia che Alessandra è. Ma io non sapevo nemmeno che esistesse questa realtà, non sapevo nulla della sua vita, quando mai avrei potuto vedere dell'altro in Alessandra Gruccia?

"Immagino che entrambi abbiamo un modo di sorprendere." commento, pensieroso.

"Certi pregiudizi vanno smentiti."

"Comunque non mi spiego perché." esclamo allora, sentendo qualcosa montarmi dentro, forse un'evoluzione ancor più pericolosa dell'ansia e dello sdegno. "Perché ti comporti in questo modo?"

"Definisci 'questo modo'."

"Quando stai con gli altri, perché fai la stronza, perché non condividi, perché vuoi sempre passare per il bullo della situazione?"

"Perché è il mio modo di essere forte."

"Ma non lo sei! Anzi, guarda come sei debole. È forte chi non è solo e tu per adesso non fai nulla per evitarlo. Sforzandoti di ottenere il contrario, rischi invece che gli altri piano piano ti abbandonino."

"Ti sbagli: anche stando soli si può essere forti e il mio atteggiamento mi aiuta quanto meno a rendermi conto di chi tiene davvero a me. Per ora sei l'unico candidato."

"Non te ne importa nulla della classe?"

"No."

"Non rispondere come sei abituata, rispondi sinceramente. Non saresti sempre alle rimpatriate, se davvero non ti importasse, non saresti nemmeno parte del gruppo."

"Beh, ok, ci sono dentro, ma so che ho le ore contate. Gli altri mi accettano solo per senso del dovere. So che se potessero, mi avrebbero già sbattuta fuori mille volte. Il post di Eva, per esempio, l'ho letto."

"È più complicato di così. Perché non ti apri con loro? Perché non ne parli?"

"Non sono fatta per queste cose."

"Potrebbe essere dovuto a quello che è successo con tuo padre o a quello che vivi a causa di tua madre, insomma... a qualche trauma del passato, o alla stessa situazione di Emma."

"Wow. Freud, fatti da parte." commenta con sufficienza.

"Io ti posso aiutare, o possiamo parlare con qualcuno. Non è grave, anzi, pure io ci sono andato spesso dallo psicologo ed è qualcosa che consiglio a chiunque."

"Grazie, ma fa lo stesso, ok? La situazione è così da troppo tempo, non credo che si possa rimediare. Non riesco a cambiare me stessa da quando ero una stronzetta che lanciava le palline di carta addosso ai secchioni del primo banco, figuriamoci se riesco a convertirmi nell'anima del gruppo. L'acidità è la mia comfort zone. Quando ci sono entrata era talmente tanto tempo fa che non ho la minima idea di come si esca."

"Loro ti possono aiutare."

"No, loro mi odiano, Malpelo, e mi odieranno per sempre! In più non sono dei fottutissimi psicologi; hanno dei problemi esattamente come me!"

"Appunto, l'amicizia si fonda su questo. E come dicevi riguardo ai tuoi genitori, sebbene si comportino male, loro ti vogliono bene, come tu vuoi bene a loro. Lo sai che funziona così anche nella classe e se non fai qualcosa in tempo, rischi che qualcuno, tu o loro, se lo dimentichi."

"Io sono a mio agio con chi mi disprezza. So come tenergli testa."

"Certo, perché ti hanno solamente insegnato che è giusto fingersi forti. Che i deboli perdono o vengono abbandonati. Ma ti ripeto che l'amicizia è esattamente essere deboli, avere dei problemi e non capire che cazzo fare della propria vita."

Alessandra sospira: "Perché ti stai fissando così tanto? È perché speri che torni a Cecina con te? Ti ho già detto che non posso."

"No, non è per questo." rettifico. "Insisto perché a volte anche io mi sento escluso, ma poi realizzo che ho bisogno di quel gruppo, perché che lo voglia o no, mi ha sempre aiutato ad affrontare meglio la vita, e a crescere. E anche tu ne hai bisogno e, soprattutto, insisto perché non voglio che tu te ne vada."

Alessandra incassa in silenzio.

"...non di nuovo, almeno."

A questo punto si rabbuia, colpita dalle mie parole e stranamente riflessiva. Dopo un po', pronuncia un semplice 'ok' e approfittando della mia distrazione, mi sfila dalle mani il pacchetto di Marlboro, estrae le sigarette e ne distribuisce una a me e una a se stessa.

"Non puoi fumare così tanto." la rimprovero, lasciandomi fregare anche l'accendino.

"Pensavo che da quella porta fosse entrato qualcuno di diverso da mia madre."

"Finiamo il pacchetto." la addito, minaccioso. "E poi non fumiamo mai più."

"Certo, Malpelo."

Alessandra fa scintillare la fiammella dell'accendino ed entrambi ci avviciniamo al fuoco, nello stesso momento, finendo per trovarci sul serio, questa volta, guancia a guancia. Solo che non so più chi di noi due è il vero diavolo, o se c'è mai stato davvero un diavolo, o sei nostri sono sempre stati solamente stupidi pregiudizi.

Il suo profumo sovrasta l'odore del fumo e allora mi ricordo. Ricordo quand'è stata l'occasione in cui ho visto qualcosa in lei. Certo, ero ubriaco fradicio e arrabbiato e triste, ma l'ho baciata e in quel momento non ho sentito nient'altro che il suo profumo e quel vero, completamente folle bacio. Ho sempre etichettato quel gesto come la mossa giusta che mi ha fatto uscire dalla relazione sbagliata che c'era tra me e Federica... ma ho sempre avuto paura che fosse la mossa sbagliata per entrare nell'unica relazione giusta che potrei avere nella vita.

Ecco perché Alessandra mi fa così tanta paura: perché credo di provare qualcosa di davvero folle per lei. Qualcosa che io proprio non capisco, ma che mi brucia lo stomaco, come quella sera in cui pensavo che fosse tutta colpa dell'alcol e della delusione per Federica.

Invece... era tutta un'altra storia.

"Malpelo." sussurra a un millimetro dalla mia bocca e con il fuoco dell'accendino ancora acceso. "Mi stai per baciare."

"Che intuito."

A questo punto, non ho più molta integrità morale. Ho il fumo nel cervello, il Dior nelle narici e le sue profonde parole nella gola. Vorrei tornare di nuovo a quella sera accanto a lei e ricominciare da lì, sapendo, stavolta, chi è lei davvero e, soprattutto, chi sono io. Se veramente è dipeso tutto da un bacio, allora voglio che sia un bacio a descrivermi che cosa diavolo è giusto in questa difficilissima vita.

E prima che me ne renda conto, ho posato una mano sulla sua guancia e inclinato la testa per incontrare le sue labbra. 

Ma lei, esattamente come cinque anni fa, non me lo permette.

"Non osare." mi rimprovera, spingendomi via.

"Perché?" 

"Perché sono fidanzata." risponde con una semplicità disarmante, ricordandomi l'unico dettaglio della sua vita che davvero non mi piace.

"Ok." inspiro, allontanandomi con fatica disumana e intascando la sigaretta intatta. "Ok."

Nella mia testa compare quel faccino da nobiletto del suo tipo, il famoso Johannes, e improvvisamente non voglio più essere biondo. Quello là e biondo e muscoloso; il tipico bambolotto che sta bene con le ragazze come Alessandra, ma che dev'essere arido come il Sahara e vuoto come il Gran Canyon.

Il tipo di uomo che è suo padre e che lei non ha ancora capito se amare oppure odiare. E vaffanculissimo ai traumi del passato.

"Credevo fossi un uomo d'altri tempi, Francesco." afferma lei, riprendendosi molto più in fretta di me. "I bravi ragazzi non tentano di rovinare delle relazioni già in corso con altre persone."

"Hai un sacco di pregiudizi."

Alessandra sorride, un po' imbarazzata per sostenere il mio sguardo: "Immagino che non si possano smentire tutti in una sera, eh?"

Incrocio le braccia, sentendomi decisamente deluso e a bocca asciutta, mentre lei si alza in piedi: "Sarà meglio che porti Emma a letto."

"Aspetta." mi lamento, alzandomi a mia volta e trattenendola per il polso. "Davvero finisce tutto così?"

Mi guarda con due occhi che per la prima volta mi sembrano da cerbiatto, quasi come quelli di Snoopy al mio arrivo, quasi come se si aspettasse che io smentisca per davvero quel pregiudizio e che la baci, qui, ora, nel giardino sul retro di casa sua.

Ma io sono Francesco Natale; non farei una cosa del genere, perché rispetto la sua richiesta e perché non voglio essere il padre stronzo che lei ricerca in ogni uomo a causa di un passato di merda. Magari questa è una provocazione, una prova in tutto e per tutto, per testare chi sono veramente. E non ho idea di cosa voglia vedere in me, quindi non posso far altro che essere me stesso.

Indipendentemente dalle sue intenzioni, comunque, sono convinto che se cedessi, non ci fermeremmo assolutamente a un semplice bacio.

"Vieni con me, almeno." la supplico, deglutendo.

"Non posso, Malpelo." ripete, chiaramente in una posizione difficile.

"Per favore, ti chiedo solo un giorno, solo domani, per essere presente al matrimonio. So che ci tieni... lo so."

Lei sospira, agitando lo sguardo attorno a sé: "Ma anche se fosse, Emma... Miriana non c'è, mia madre non si sa nemmeno dove sia e io non posso piantare qui mia sorella."

"Portala con noi."

"Non se ne parla."

"Gruccia." mi impongo, serio. "Ti prometto che ti aiuterò a starle dietro, che sarò anche più attento di Miriana. Venite con me entrambe."

Alessandra è esterrefatta, ma contemporaneamente si porta una mano ai capelli, grattandosi nervosamente la nuca: "Non hai neanche la più pallida idea di ciò che stai dicendo, Malpelo."

"Sì che ne sono consapevole e poi, mi devi un favore. Ricordi?" cingo le sue braccia con entrambe le mani, per costringerla a darmi retta e a smettere di sfuggire al mio sguardo. "Fallo per lei. E per te stessa."

Mi fissa.

"E anche un po' per me, a dire il vero."

Tutti quei sospiri mi fanno sperare che si stia arrendendo, ma non sembra una battaglia facile da vincere.

"Andiamo, non hai nulla da perdere." insisto. "Casomai da guadagnare e con il mio aiuto, te lo assicuro, guadagnerai un sacco di soddisfazioni."

"Ora non montarti la testa, Malpelo."

"Lo so, ho questo brutto vizio."

Lei riflette per qualche istante, poi alza gli occhi: "Perché ci tieni così tanto a me?"

"Perché al contrario di quello che pensi, o che vuoi, non è impossibile che qualcuno tenga a te." rispondo, arguto. "E anche perché sono un po' masochista."

"Vero." sorride, alzando un sopracciglio. "L'avevo capito quando ti eri messo con la Di Mario."

"Scelgo sempre sfide difficili."

Alessandra mi guarda per un tempo che pare infinito, spostando le pupille sulle mie con una velocità ipnotizzante e sbattendo solo una volta quelle sue lunghe ciglia scure. Nessuno ha idea di quanto vorrei afferrarle la schiena e baciarla, in questo momento, ma con un'ottemperanza inaudita, mi trattengo.

"Purtroppo sei fidanzata, Gruccia." le ricordo a fior di labbra, in realtà parlando più per me stesso che per lei. "Voglio che tu venga, ma non posso convincerti che a parole. Non voglio meritarmi un altro pugno in un occhio."

"Io ho sempre voluto dartene uno." ridacchia, maliziosa. "Maledetto damerino del cazzo."

Ero partito con la paura di essere maltrattato da lei... ora invece sto quasi desiderando che lo faccia.

Ma anziché aggredirmi o dar credito alle mie impure fantasie, solleva leggermente gli angoli della bocca e comunica qualcosa sottovoce: "Vengo con te."

Non è del tutto preferibile a un atto di selvaggia passione, ma mi va comunque bene. Avrò forse superato la sua prova?

"Davvero?" chiedo conferma, sorpreso.

"Sì. E portiamo anche Emma. Poi, se la smetti con le tue stupide usanze medievali, scarico Johannes e ti offro una cena."

Sorrido a trentadue denti: "Tu la offri a me?"

"Natale, porca vacca, l'amor cortese è morto da secoli. Ti va oppure no?"

"Non convenzionale, ma ok. Mi va."

"Perfetto." annuisce, per poi darmi le spalle e una frustata di Dior. "Vado a svegliare la belva."

La guardo rientrare, con l'espressione ebete stampata in viso e un sacco di pensieri che mi ronzano nella testa. Pensavo che la belva fosse lei, ma ho scoperto che le uniche belve sono quelle che l'hanno allevata. Pensavo che sarei tornato sconfitto, invece a quanto pare tornerò vittorioso. Pensavo sarebbe stato difficile trattare con lei, invece è stato facile abbattere i suoi muri. Mi è bastato essere me stesso, come è bastato a lei.

Non so cosa sarebbe successo se l'avessi baciata davvero, ma so che per non averlo fatto, potrei aver vinto l'opportunità di baciarla un sacco di volte.

E, onestamente... non vedo l'ora.

Inaspettatamente, la mia mano viene colpita. Abbasso la testa, vedo Snoopy con il guinzaglio stretto fra i denti, e sospiro.

"Immagino che voglia venire anche tu al matrimonio."

Il cane piagnucola e mi sospinge nuovamente.

"Ho capito, ho capito." mi arrendo inginocchiandomi e agganciando la corda al collare. "Siete davvero una famiglia di belve voi, eh?"

E con questo, mi alzo in piedi e trascino Snoopy fino all'Audi di Mattia. Spero almeno che nessuno di loro mi sfasci la macchina, oppure saranno guai seri.

***


ANGOLO AUTRICE

Sommosse popolari mi attendono dietro l'angolo per non averci fatto scappare nemmeno un bacino. Lo so già.

MA sono preparata a quest'eventualità. Ho deciso di correre questo rischio perché scrivendo ero sempre più convinta che quel tipo di sviluppo non sarebbe stato bene dentro questa os. Nei miei programmi, infatti, non c'è mai stata l'intenzione di farci cadere dentro anche un avvicinamento fisico, in più scrivendo mi sono resa conto che c'erano davvero dei problemi tecnici che il nostro Natale non poteva ignorare. Lui non è tipo da cornificazione, dai. Ha già pagato per aver sbagliato una volta XD

Ma comunque tranquilli, questo non significa che non ci sarà un momento del genere tra i due. Per adesso, accontentiamoci di questa OS, che, come vi ho detto anche all'inizio, bramavo di scrivere da tanto, tanto tempo... per capirci, eravamo tipo a metà di "Io e te 2" quando mi è balenata in testa, per cui.

Tutta la situazione di Emma e Alessandra si è sviluppata nel corso degli anni, mentre scrivevo le trame principali. Tuttavia, non ha mai smesso di essere una mia preoccupazione: ci tenevo molto a superare la superficialità di Alessandra e a dare un po' di dimensione alle sue scelte, nonché al suo caratteraccio. Volevo anche, con questa os, rispondere a chi si chiede che diavolo c'entra uno come Natale con una come la Gruccia e, infine, volevo tantissimo, da veramente un sacco di tempo, farvi conoscere Emma.

Emma io la conosco davvero e, se ci avete fatto caso, le ho dedicato questa os. Assieme ad Edoardo, ovviamente, che per me è la prova vivente di cosa significhi amore, fratellanza e maturità. Sono persone realmente esistenti, quindi non posso raccontarvi i cavoli loro, però sappiate che mi sono stati d'ispirazione dal primo momento in cui li ho conosciuti e se dovessi dirvi i nomi di due persone che ammiro, soprattutto in tema di amore fraterno e sacrificio, sarebbero loro due.

A questo punto non posso far altro che lasciar parlare voi, io vi ho già annoiato abbastanza;

1) Vi aspettavate di fare certe scoperte, seguendo Francesco nel suo viaggio?

2) Sapere della famiglia Gruccia ha influenzato il vostro modo di giudicare Alessandra?

3) Riuscite a capire il punto di vista di Alessandra sul rapporto con i suoi genitori? Vi fa rabbia o tenerezza il fatto che non riesca a odiare nessuno dei due, nonostante tutto?

4) Avete un ciondolo/gioiello di qualche tipo che rappresenta una persona importante della vostra vita?

5) Quanto avreste voluto distruggere il monitor con una mazza da baseball, quando Francesco ha rinunciato a baciare Alessandra?

6) Come vi piacerebbe che proseguisse questa storia, una volta che la Gruccia avrà lasciato Johannes?

7) QUANTO E' CARINO SNOOPY???? <3 <3 <3


Per il momento, io vi lascio rimuginare. Per quanto mi riguarda, fra poche ore ho un appuntamento a Cecina. Due biondini si stanno per sposare e le sorti di un'intera classe potrebbero essere decise per sempre. Chi ha un'ansia pazzesca per questo matrimonio?

A prestissimo con il nuovo capitolo!


Daffy


***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** OS 6 - Il tradimento della Belladonna ***


OS 6 - Il tradimento della Belladonna

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Attenzione: questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è la sesta della serie di OS e si colloca, temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.

Nel giro di 24 ore dalla pubblicazione di questa OS è prevista anche la pubblicazione della OS 7, a cui è temporalmente collegata.

Buona lettura! 

P.S. perdonatemi per la scarsa qualità dei banner; li ho creati alle 6 di mattina su un treno e con un gran mal di testa XD (non è vero, sono solo incapace)


.

Image and
video hosting by TinyPic

Il tradimento della Belladonna

.

.

.

.

.

"Pierpaolo vuole parlare con te."

Ricevo questa comunicazione mentre mi sto versando del Brunello di Montalcino della riserva Benigni dal costo di trentaquattro euro al litro nel bicchiere. Prevedibilmente, mi si allenta la presa, quindi colpisco il calice che cade, si sbecca e macchia di viola la tovaglia bianca. Credo di aver accumulato centocinquanta euro di danni in soli quattro secondi. E mezzo infarto.

"Silvia!" mi volto verso la fonte dell'informazione con la faccia colpevole, accentuandola ancora di più quando vedo le sue condizioni. Ora all'ansia per aver recato danno agli oggetti di villa Magna si aggiunge anche quella di avere davanti la fidanzata del ragazzo che mi piace, nera di rabbia.

Le sue sopracciglia perfettamente ripassate con la matita sono corrucciate verso il basso e le labbra, solitamente piegate in un frivolo sorriso, puntano in giù. Temevo che avrei dovuto trovarmela di fronte, prima o poi.

Non sono mai stata l'amante di nessuno, eppure mi ci sento quando penso alla relazione tra Silvia e Pierpaolo e il mio infelice ruolo nel mezzo. Ruolo che un po' mi sono andata a cercare, ok, ma che per la maggior parte mi è stato attribuito da Pierpaolo stesso, dato che è lui il maghetto delle relazioni capace di far svanire e ricomparire i sentimenti con un tocco di bacchetta. Dopo il casino di poco fa, poi, è inevitabile che tutto sia giunto al punto di non ritorno.

Sicuramente la Trepalme mi odia con tutta se stessa. Se Nelli avesse saputo otto anni fa che ciò sarebbe successo, mi avrebbe ringraziato.

"Mi vuole parlare, dici?" boccheggio, indecisa su quanto amichevole sembrare, mentre il vino si espande sul tessuto.

"Già." conferma, impassibile.

"Spero stia un po' meglio, adesso."

Ma lei non è per niente disposta a fare conversazione e mi lascia con un semplice: "Ti aspetta di sopra nella camera dei ragazzi."

Deglutisco e ringrazio Silvia con un timido cenno. Tanto se n'è già andata via, non mi ha nemmeno guardato.

Al mio tavolo nessuno è più di tanto interessato a me e alle mie diatribe. Stanno seguendo quello che succede sulla pista da ballo, dato che dopo il discorso dei testimoni e il dolce, qualcuno ha fatto partire il karaoke e ora è tutto un gran piano bar.

I vini costosi di Benigni hanno riempito diversi bicchieri, quindi non c'è quasi nessuno di sobrio, meno che meno Diego e Magno, che stanno improvvisando un duetto sulla canzone "Gloria", il primo strisciandosi addosso al secondo e quest'ultimo puntando l'indice ora verso sua moglie ora verso Diego, come dimentico di chi dei due ha appena sposato.

Mi lascio alle spalle il matrimonio certa che nessuno si accorga della mia fuga e mentre raggiungo l'interno della villa a passo spedito, realizzo di avere le gambe molli. Quello che ho spanto sarebbe stato il mio primo bicchiere di vino, quindi non può essere per colpa dell'alcol. Sto così da questa mattina, precisamente da quando ho troncato una frase di Pierpaolo che ha sconvolto l'intera classe. Nonché la sottoscritta.

Senza ombra di dubbio è il motivo per cui ha richiesto di parlare con me.

Busso alla sua porta talmente piano che devo rifarlo una seconda volta, perché non mi sento affatto sicura. Non so a che cosa sto andando in contro e ho paura; per anni mi sono sforzata di ignorare i miei trascorsi con questo ragazzo, negli ultimi giorni è riaffiorato tutto di botto e adesso siamo appesi ad un "ti am-" pronunciato sotto l'effetto di allucinogeni naturali.

Quando lui si accerta che sono io, mi dà il permesso di entrare. Ma sta succedendo tutto così in fretta che quasi mi sembra trovarmi in una realtà parallela.

Spero che quel "ti am-" venga confermato o rinnegato?

Non saprei. Con la fortuna che ho, forse nemmeno si ricorda di averlo detto.

La camera di Pierpaolo è una delle più grandi della villa, perché è in comune con Amerigo, Marco e Francesco. I letti sono comodi, due singoli e uno a castello, ma è anche molto disordinata, essendo abitata da energumeni non civilizzati. Il letto più ordinato è forse quello di Natale, mentre attorno agli altri tre, sui comodini e sui pavimenti, si trovano oggetti di ogni genere.

Io odio il disordine.

Scavalco un pallone da calcio e una fascetta per capelli per raggiungere Pierpaolo, che si è seduto sopra le lenzuola, ma è avvolto da una coperta di pile con le iniziali di villa Magna ricamate ovunque.

Lui e Marco condividono lo stesso comodino; lo indovino notando la piramide di lettere contrassegnate da 'A Rachele' che occupano tre quarti della superficie e su cui Pier ha tranquillamente posato la sua tazzona di tisana depurativa. Così mi faccio coraggio e utilizzo questo argomento come apertura di uno dei dialoghi più imbarazzanti della mia vita.

"Marco ti uccide, se si accorge che usi le sue lettere come sottobicchiere."

"Non gliene importa." ribatte Pier, certo di avere ragione. "Non ha il coraggio di darle a Rachele. Le conserva qui solo perché il cestino è già pieno."

Quindi indica con il gomito l'angolo della stanza dove risiede il povero cesto della spazzatura strabordante di fogli appallottolati. Rabbrividisco per la sciattezza e per quanto tempo abbia sprecato Marco ad autocommiserarsi su inutili fogli di carta.

Poi, torno alla mia situazione tragica: "Non credo che quella roba sia molto buona comunque, vero?"

Lui guarda la bibita con malinconia: "Gloria mi ha detto: 'un litro al giorno toglie Gloria di torno'. Per fortuna che Magno ogni tanto la distrae, perché non si è accorta delle due tazze che ho già buttato nel water."

Sospiro: "Dovresti prendere la situazione più seriamente."

"Se avessi veramente rischiato la morte, ora stareste facendo un funerale invece di un matrimonio." mi ricorda, con un mezzo sorriso.

Grazie a questo gesto, sento la tensione distendersi un po', così lo ricambio, avvicinandomi a lui: "Come stai?"

Se oggi ho davvero un buon motivo per sentirmi agitata, generalmente mi ci sento comunque e non è affatto normale. Con i ragazzi è sempre stato così: non sono a mio agio, non sono rilassata. È come se ci fosse una barriera tra me e loro, contro cui ho il terrore di sbattere. Tutte le altre ragazze non hanno di questi problemi, o almeno non fino a una certa età; io invece sono un'adolescente perenne.

Con lui, poi, è sempre stato ulteriormente difficile. Forse perché è stato la mia prima vera cotta e mi sono traumatizzata anni or sono per uno stupido rifiuto, ma comunque ancora oggi mi traballano le ginocchia e mi sudano le mani quando devo approcciarmi a qualcuno, specie se questo qualcuno mi piace.

Se mi piacessero le donne, sarebbe tutto molto più facile.

O forse no, perché il problema sono io.

"Sto sensibilmente meglio." risponde Pier, facendomi cenno di sedermi sul letto. "Penso di aver espulso tutto."

"Come cavolo hai fatto a confondere quelle bacche?" gli chiedo, accomodandomi con le dovute distanze, sempre per il discorso che ho degli impedimenti di natura sociale.

"Che ne so. Ero sovrappensiero." si giustifica, facendo di spallucce. "Sono troppo simili alle bacche comuni e se non stai attento, rischi di sbagliarti facilmente."

"Ma avevi fame?"

"Ma no." mi guarda strano. "Dovevo testarle perché nella tesina parlo anche del sapore e dell'acidità. Sai che ogni tanto mi capitava di farlo, e solitamente ero sempre molto scrupoloso, ma stamattina, boh... non c'ero con la testa, ecco cosa. E il brutto è che la Belladonna crea dipendenza e assuefazione praticamente da subito."

"Sei troppo dedicato allo studio."

Pierpaolo concorda con un'espressione contemporaneamente orgogliosa e rassegnata: "Grazie a Dio ve ne siete accorti in tempo."

"È stata Silvia a dare l'allarme."

"Ma tu sei corsa più veloce di quanto avrebbe fatto chiunque altro." ci tiene a specificare, senza paura di guardarmi negli occhi. "Infatti, volevo davvero ringraziarti."

Naturalmente io divento bordeaux e sento il collo riscaldarsi per poi portare tutto il calore alle guance.

"Mai sottovalutare i cavalli." è la mia povera uscita.

Pierpaolo mi fissa per qualche secondo e poi scoppia a ridere: "Già. Mai sottovalutare i cavalli..."

Mentre l'imbarazzante riferimento all'illecita attività di scommesse che facevamo da minorenni mi fa sentire ancora peggio, il suo sorriso surriscalda fin troppo la situazione. È evidentemente molto più in sé di qualche ora fa, ma il trasporto con cui ride suggerisce che sia rimasto qualche residuo di esagerazione in lui, che lo fa sembrare ancora più disinibito e carino.

Maledizione.

"Come fai a stare così coperto? Si soffoca, oggi." butto lì casualmente, per giustificare il fatto che mi sia appena servita di una lettera di Marco per farmi da ventaglio. Se continuo così, finirà molto peggio di come avevo previsto....

"Ah, io non ho per niente caldo... anzi." spiega, raggomitolandosi ancora di più. "Tutto l'andirivieni verso il bagno mi ha fatto salire la febbre, credo."

Gli lancio un'occhiata generale ed effettivamente noto che è pallido e meno pimpante del solito. Pierpaolo mi ha sempre dato l'idea di un ragazzo in perfetta forma fisica e salute, perciò è strano vederlo così fiacco.

E comunque, nonostante ciò, riesce ugualmente a scatenare in me un subbuglio di ormoni per niente appropriato.

Credo che il fatto di non sfogare i miei istinti con nessuno - o meglio, di non averli mai completamente sfogati - mi porti ad essere eternamente frustrata, tanto che ogni qual volta in cui si verifica un evento piacevole, il mio fisico lo registra come anche sessualmente piacevole.

Marinella mi ha convinto ad incanalare il mio disagio davanti a dei porno, ma vi assicuro che non bastano. In più, mi vergogno tremendamente a parlarne, anche con lei, il che mi fa sembrare una frigidona fuori e una ninfomane in astinenza dentro.

Perché ho così tante difficoltà ad essere come tutti gli altri?

"Poi..." aggiunge Pierpaolo, suonando per la prima volta a disagio. "Ho appena concluso una provante discussione con Silvia. Già stamattina in condizioni normali mi è stato impossibile affrontarla, figuriamoci adesso che risorgo da un coma da intossicazione."

"Avete litigato?"

"L'ho lasciata."

Da-da-da-daaan.

Lo sapeva già il mondo intero, ma la conferma pronunciata da lui è come un 'visto, si stampi' che mi autorizza ad essere sollevata. Voglio dire, mi dispiace per Silvia e tutto sommato sono delusa per l'ennesima conferma che in campo amoroso Scilla è un vero disastro, ma d'altra parte stava diventando tutto troppo ambiguo e ingiusto.

E poi va bene, ammetto che c'è quella piccola e immorale parte di me contenta di non avere più una rivale così importante, se ipotizziamo che io abbia qualche possibilità con Pier. Senza contare che, comunque, anche io sono un vero disastro in campo amoroso. Solo, nel senso completamente opposto.

"Mi dispiace." commento con quest'enorme cliché, in mancanza di parole più accorate da proporre.

"Era come se non fossimo già più insieme da un pezzo." osserva, a sua volta per niente turbato. "Anche lei l'aveva sospettato, solo che non era d'accordo nel chiudere tutto quanto."

"Voleva rimanere con te?"

"Sì." mi racconta. "Ha detto che può capitare di perdere il mordente, ogni tanto, ma che almeno si può tentare di risolvere, prima di prendere decisioni definitive."

"Strano. Non la facevo tipo da lottare per una relazione."

"Nemmeno io. Ma l'ha detto pure lei che stava cercando di cambiare."

"Solo che tu non vuoi cambiare?"

Pierpaolo mi guarda a lungo negli occhi e, stavolta, sostengo anche io lo sguardo, perché sono curiosa della sua risposta. Per quanto la stia temendo, è fondamentale.

"No." dice quindi, infine.

E non è quello che avrei voluto sentire.

"Capisco."

"Federica." Pierpaolo prende un profondo respiro, che mi riscuote e mi mette il terrore. Sicuramente è ciò che prelude al cuore dell'attuale faccia a faccia, quindi a momenti saprò per certo che cosa prova per me. Ho sempre pensato di saperlo, ma dopo oggi sono così confusa e ho paura di rimanere delusa per la seconda volta.

Siamo sempre e solo amici o siamo qualcosa di più?

"Al telefono poco fa ti ho detto delle cose poco rispettose." esordisce, serio. "Ti chiedo scusa. Soprattutto perché l'hanno sentito anche tutti gli altri e non è stato carino."

Ridacchio, al massimo della tensione: "Erano complimenti non da poco."

"Penso veramente che tu sia sexy."

Oh, cielo.

"E vorrei... cioè, se mi capitasse di finire a letto con te, non mi dispiacerebbe affatto." in questo momento alza gli occhi e il mio cuore finisce davvero chissà dove. "Però tutto il resto merita un discorso a parte."

Ecco, lo sapevo.

"Che cosa sarebbe tutto il resto?" mi precipito a chiedere, troppo poco lucida per sforzarmi di avere contegno.

"Il resto delle cose che ho ammesso. Quelle più sentimentali."

Non ha nemmeno il coraggio di ripeterlo.

"Fede, mi voglio spiegare bene con te, ok?" si arresta un secondo, mettendosi più comodo sul letto per essere sicuro di mantenere il contatto diretto con me. "So di averti già fatto soffrire una volta. So che per quanto futile, quella cosa di anni fa ti ha fatto perdere fiducia in me e forse anche nell'amore in generale e per quello, te lo giuro sulla mia laurea magistrale in matematica, mi dispiace. Ero un ragazzino deficiente e probabilmente lo sono ancora. Ho questo problema che so fare il serio in tutte le cose della vita, tranne le relazioni."

Mi ritraggo, il calore delle guance che scende verso il collo e abbandona il mio viso.

"L'ultima cosa che voglio è farti del male." afferma, mentre allunga le braccia verso di me e lascia cadere la coperta dalle spalle. "Ed è proprio per questo motivo che ti devo parlare. Ci ho pensato per giorni e giorni e se questa mattina mi sono sbagliato ingerendo delle bacche mortali, anziché quelle commestibili, è perché mi stavo arrovellando per te. Per che cosa dirti e come dirtelo. Non per quello che è successo con Silvia."

Anche se le sue mani sulle mie braccia mi fanno sentire più viva che mai, il resto del mio corpo si è irrigidito, quasi immobilizzato: "Onestamente, nemmeno questa mi sembra una cosa molto carina da dire."

"Lo so. Lo so." sospira, arrabbiato con se stesso. "Difatti sarebbe stato tutto meglio organizzato, se nel frattempo la Belladonna non mi avesse tradito."

Mi scappa una risatina amara per tutta la trama di significati che può contenere quest'ultima frase.

"Però, vedi, è questo il punto del discorso." dice, e in seguito snocciola finalmente e in modo fin troppo diretto la verità. "Che attualmente non posso essere ciò che tu vorresti. Non posso stare con te perché sono scostante, perché non riesco ad impegnarmi e se è per questo, non ho neanche idea di come si faccia. Non penso nemmeno di volerlo, ad essere sincero... o comunque, non adesso."

Deglutisco, costretta a far fronte a un bruttissimo ed enormissimo, gigante senso di delusione.

Mi sta rifiutando.

Ancora.

"Io non sento il bisogno di avere una relazione stabile." illustra ulteriormente il concetto, come se già non l'avesse espresso senza pietà, né mezzi termini. "Non che l'abbia mai sentito, ma comunque non è ciò che farebbe per me. Chissà, magari fra un paio di anni assolutamente sì, ma ora voglio essere libero, privo di vincoli. Voglio viaggiare e fare esperienze lavorative di vario tipo. Ci tengo a prendere il master e poi fare carriera. Tutto il resto sarebbe una limitazione troppo grande."

"Lo riassumo in altre parole." mi schiarisco la voce, togliendo le sue mani da me. "Vuoi scopare e basta."

Lui non smentisce, tuttavia si rattrista: "Non voglio litigare con te. Penso che dirti queste cose onestamente sia un segno di rispetto nei tuoi confronti."

"Discutibile."

"Sto cercando di essere più sincero possibile, perché tu sei importante per me."

"Come amica."

"No." mi corregge subito, spontaneamente, e forse anche troppo.

Difatti, sembra essersi un po' pentito di averlo detto, e fa salire una mano alla nuca per grattarsi nervosamente: "Se vuoi la verità, per me sei più di un'amica."

"Più di un'amica, ma meno di una fidanzata."

"Esatto." conferma. "Perché una fidanzata per me non è come una fidanzata per Magno o Diego. Le mie fidanzate rimangono tali per troppo poco tempo, per questo non voglio che anche tu lo diventi."

"Parli come se fossero leggi esterne a decidere tutto ciò, ma in realtà non sei soggetto a nessuna limitazione che non sia imposta da te stesso."

"E questo l'ho ammesso, Federica." mi ripete, calmo. "Ho ammesso che è una scelta mia, o un problema mio, come ti pare. Ma non credere che ti stia friendzonando. Se potessi congelarti qui e poi scioglierti quando sarò pronto per una relazione stabile, lo farei. Ma nemmeno questo mi sembra giusto. Cioè, se tu volessi mantenere quello che abbiamo ora, senza ufficializzazioni, io sarei il ragazzo più felice della Terra, ma so che quello che ti sto dicendo te lo impedirà, esattamente come l'ha impedito un tempo."

"Eh certo, lo impedirebbe a qualsiasi ragazza con un po' di cervello!" sbotto, indignata. "Mi stai praticamente chiedendo di essere una scopamica senza pretese che rimane in standby per quando avrai deciso di rendere il tuo pene privato."

Ops, la rabbia mi rende volgare.

"Infatti non te lo sto chiedendo." rimarca, irritato dal mio attacco. "Come tu non stai chiedendo a me di diventare il tuo ragazzo."

La sua osservazione, estremamente intelligente e lucida, mi colpisce nel vivo e mi lascia senza idee per controbattere, perciò è lui che continua a portare avanti l'opera di esplicitazione di concetti che per anni abbiamo lasciato sottintesi.

"Ti ho solo detto che utopicamente lo vorrei." aggiunge dunque, riferendosi ai desideri espressi poco fa. "Ma so che vali molto di più di questa mia avversione all'impegnarsi sul serio."

Le sue parole mi infastidiscono troppo. Stare qui sta diventando insopportabile, così vicina a lui quasi da sentirmi mancare il respiro, così mi alzo in piedi e cambio letto. Mi siedo su quello di Marco, mentre ho ancora in mano la sua lettera e mi rendo contro di averne distrutto un angolino in preda all'ansia.

"Io penso che impegnarsi sul serio non dipenda solo da se stessi, ma anche dalla persona per cui ci si impegna." contesto, inspirando un po' di sana distanza dal genere umano. "Se trovi qualcuno per cui ne valga veramente la pena, allora devi cogliere l'attimo. E se non vuoi cogliere l'attimo, significa che non ne vale veramente la pena."

Pierpaolo si porta una mano alla fronte per massaggiarla, stanco e dolorante: "Ho sempre avuto un debole per te."

"L'hai avuto per un sacco di gente. L'ultima è uscita mezz'ora fa da quella porta."

"No, è diverso." afferma. "Con te è diverso. Ma non lo so spiegare."

Incrocio le braccia: "Ho visto."

"Ogni volta che parli con un ragazzo o che qualcuno ci prova con te, sono geloso. Tremendamente geloso."

"Beh, sono occasioni più uniche che rare."

"Per fortuna." ribatte. "Perché se ogni volta fosse come con Natale, sarebbe un casino. Quando stavi insieme a lui, mi veniva difficile anche solo starti intorno, perché mi provocava un enorme fastidio. Continuavo a ripetermi che il problema era lui, che era lui che non sopportavo, invece alla fine ho dovuto ammettere a me stesso che non importa chi ti stia accanto, il fatto è che vorrei che non ci fosse nessuno."

"Se vuoi il posto, accaparratelo, perché non resterà per sempre vuoto."

"So che se un giorno volessi la donna giusta, verrei a cercare te." risponde, triste. "Ma non è questo il giorno, Fede. Mi dispiace."

Schiocco la lingua e mi sforzo di non indugiare sulle frasi carine che infila tatticamente nei suoi discorsi: per quanto toccanti e inaspettate esse siano, si tratta sempre e comunque di un magistrale due di picche.

E poi non riesco nemmeno a credergli.

Non può dispiacergli davvero. Se gli dispiacesse davvero, non mi starebbe mandando via. Se fossi la donna giusta, ogni giorno sarebbe il giorno per volermi.

"Allora perché ti sei riavvicinato a me proprio ora, Scilla?" sbotto, iniziando a prendermela con l'altro angolino della lettera.

"Perché tu l'hai fatto." risponde con ovvietà.

E nella mia testa, ahimè, mi trovo costretta a confermare. Sono stata io a voler portare i cavalli nel bosco alla stessa ora in cui lui andava a fare jogging, ho fatto io in modo che ci incontrassimo casualmente, poi io ogni mattina seguivo lo stesso percorso, finché non è diventata un'abitudine di entrambi. Ma se io me ne fossi stata buona, lui avrebbe continuato a trattarmi con la solita indifferenza.

Allora perché io mi sono avvicinata di nuovo a lui?

"Speravo che sarebbe stato come sempre." aggiunge, vedendomi corrucciata e fremente. "Quella situazione di stallo fra noi, avrei voluto durasse di più. E non perché non volessi di nuovo il nostro legame, quello mi è sempre piaciuto da pazzi, fin dal liceo, ma perché so che su di esso non la pensiamo allo stesso modo."

"Non l'abbiamo mai pensata allo stesso modo, purtroppo."

"Già. Ma devi sapere che da quando Natale ti ha fatto quel brutto tiro, anni fa, io ho capito delle cose." continua. "Innanzitutto, mi ha fatto perdere la ragione come nient'altro al mondo ci era mai riuscito. Di mio, non avrei mai preso a pugni qualcuno, men che meno mettendomi in mezzo a dei rapporti che non mi riguardano, ma quella volta ho capito che non potevo sopportare il pensiero che la gente prendesse in giro te o che facesse del male a te. Quindi, costi quel che costi, io non avrò quel ruolo, Federica. Non ti voglio fare del male." ripete, come se non l'avesse già detto un sacco di volte.

Difatti, mi riferisco a questa assurda conversazione provocandolo: "Sei sicuro di aver scelto il metodo giusto?"

"Sì, sono sicuro. E sono anche sicuro che non mi capirai mai. Non capirai quello che ti sto dicendo, né ti sembrerà giusto. Ma io mi conosco, so come sono fatto e so che questo è il modo per evitare di complicarci la vita. Se c'è una cosa che quell'idiota del mio migliore amico mi ha insegnato, è che le relazioni non sono un gioco. Io per il momento mi sento solo di giocare, Fede, e non voglio coinvolgere te in questo."

Scuoto la testa.

Non sono d'accordo.

Non sono per niente d'accordo con lui.

"Tu non solo non vuoi una relazione." dico, alzandomi in piedi e guardandolo con disprezzo. "Tu non vuoi me."

Apre bocca per dire le solite scemenze, ma lo blocco: "E smettila di trovare patetiche scuse della serie che non sei pronto o che stai preservando la felicità di entrambi, o che io sono la donna della tua vita, ma il tempo non è dalla nostra parte. Tu..." stringo forte i pugni per non lasciare che la mia mano gli colpisca la guancia: "Sei solo un coglione."

Pierpaolo gira il volto dalla parte opposta, forse offeso o ferito da quest'accusa, che dal mio punto di vista è più che meritata. E anche incompleta.

"Sei uno stronzo, sei superficiale e sei addirittura così spregevole che hai avuto il coraggio di dirmi tutte queste stronzate direttamente in faccia." di nuovo il calore torna ad irradiare le mie guance, stavolta facendomi letteralmente ribollire il sangue. "Dopo che avevi appena scaricato un'altra ragazza, tra l'altro."

Lui rimane muto e con gli occhi bassi. Ma d'altronde, era prevedibile.

"Hai ragione a dire che non ti capirò mai." decreto. "Perché non hai senso."

Non so se le mie parole lo stiano colpendo o sollevando, e ancor meno lo capisco quando sussurra un sommesso "Mi dispiace".

"Dispiace anche me, un sacco, perché, Dio mio, tu mi piaci ed è dalle superiori che vorrei anche solo baciarti. Esatto, nemmeno finire a letto con te, ma baciarti, come una cretinetta di dodici anni che va in paranoia per la sua nuova cottarella. In questi giorni ritrovo quel sentimento, mi affeziono a te come se fosse tutto passato, tu molli la tua ragazza e oggi mi dici pure che mi ami. Ma poi mi metto di fronte a te, cadendo per l'ennesima volta nello stesso errore, rendendomi vulnerabile e sperando che finalmente tutta la mia paranoia si trasformi in un lieto fine. E a quel punto tu cosa fai? Mi rifili una sfilza di ragionamenti infondati e aridi, semplicemente per rifiutarmi di nuovo, come se il tempo, da quella sera delle superiori, non fosse mai passato."

"Quello che ho detto... quel ti amo." sussurra, apparentemente senza una connessione logica a ciò che gli ho appena rinfacciato. "Era chiaramente fuori luogo ed esagerato e per nulla filtrato dal cervello." alza gli occhi contornati dalle occhiaie. "Però proprio per quello l'ho detto."

"Non ti voglio neanche più ascoltare, Scilla." asserisco, disinteressata alle sue affermazioni incoerenti e, in generale, alla sua grandissima inconsistenza. "Se mi vuoi, mi prendi." inspiro, lasciando apposta una pausa nel mezzo. "Altrimenti, non parlare di amore."

E decido di concludere qui tutta la questione.

Non dico altro e lui non dice altro, che gran novità, e me ne esco dalla stanza sbattendo la porta e... un grande applauso per non aver fatto in modo che cambiasse qualcosa in tutto questo tempo.

Forse il momento di cambiare è adesso.

Forse quella che deve cambiare sono io.

Basta rimanere ancorata a chi non riesce ad andare avanti.

*

Ok, tutta l'autodeterminazione e il furore con cui ho lasciato la stanza di Pierpaolo se ne sono andati.

Ora mi trovo sul terrazzo di Villa Magna a fissare la gente sotto di me che brinda e canta e festeggia e mi sto obbligando con ardore di non piangere.

Non voglio e non devo piangere per ciò che è appena successo.

Perché? Perché è sbagliato.

Enormemente sbagliato.

Tutto quello che ha avuto luogo dalla smusata delle superiori a oggi rientra nella categoria, perché da quel giorno mi sono arenata in un paradosso, mi sono fossilizzata su una persona come Pierpaolo e non sono più riuscita a passare oltre a nulla.

Uno così non è uno che vorrei al mio fianco.

Voglio dire, pensavo di sì, perché è attraente, simpatico e intelligente. Perché abbiamo un'ottima affinità, perché mi capisce, perché mi appassionano i suoi discorsi.

Finché rimane tutto su quel piano, Pier è la persona perfetta, ma poi quando le cose iniziano a farsi serie, tutto cambia. Non è possibile fidarsi di lui, non è nemmeno più lui quello che parla e dice delle cavolate così grandi. Per quale ragione non me ne sono accorta prima? Pierpaolo è fantastico, ma non è capace di amare. Non ha mai amato nessuno.

Mi ero illusa che potesse amare me?

Certo. Sicuramente si tratta di questo.

Ma che enorme stupidaggine.

Anni della mia vita persi così, traumi autoinflitti senza ragione, praticamente, un ciclo continuo di illusioni a cui mi sono appesa perché avevo paura che cadere facesse male. Invece mi sarebbe servito... avrei dovuto farlo molto prima.

Avremmo dovuto chiarirci, per l'amor del Cielo, o meglio, io avrei dovuto farmi avanti e dirgli che la cotta non mi era affatto passata, perché lui era già stato molto chiaro una volta, ma evidentemente, non ho voluto capire.

Anche Nelli ha fatto il mio stesso errore di chiudersi in se stessa e lasciarsi sopraffare dall'insicurezza, ma lei ne aveva motivo. Il suo amore per Mattia è innanzitutto vero e poi corrisposto; senza quello non sarebbe semplicemente lei. Poi, ok, loro sono due emeriti deficienti, ma comunque una base solida c'è.

Io una base nemmeno ce l'ho per me stessa, figuriamoci per un rapporto con il prossimo; sono da sempre solo una ragazza problematica e antipatica, che ha pochi amici e quelli che ha li tratta pure male. Il perché è a tutti sconosciuto: forse ha ragione Giorgia, forse dovrei solamente fare più sesso e la vita tornerebbe a sorridermi.

Rigiro la lettera tra le mie mani, nervosa.

L'ho stropicciata e pure rotta, ma non l'ho ancora buttata la qualche parte. L'ho tenuta come antistress, perché non potevo strozzare Pierpaolo e allora ho accartocciato le parole di Marco, come alternativa pacifista.

Da qui su vedo Rachele giocare a bordo del laghetto, ma non c'è nessuno dei suoi genitori con lei. Marco dev'essere ancora nelle cucine a sistemare dopo il pranzo, mentre Giorgia chiacchiera con Vacca... e Nelli è sparita dalla circolazione assieme a Mattia. Mi viene da ridere; a questo mondo tutti sono bravi a rimproverare tutti, ma nessuno sa risolvere i propri casini.

Quante ramanzine non ho fatto a Marco per come gestire i suoi problemi, quando non avevo realizzato che solo un quarto dei miei? Quante volte lui e Giorgia non hanno rinfacciato a me di essere solo una repressa del cavolo e ora non riescono neanche a scusarsi con la loro bambina?

Povera Rachele... penso, scuotendo la testa e guardandola mentre insegue Filippo e Vittoria. Le cose sono difficili già adesso per lei; figuriamoci quando passerà per l'adolescenza e poi sarà un'adulta disagiata come noi.

Io odio essere cresciuta così male.

A questo punto, do le spalle al panorama e mi lascio scivolare lungo il muretto per sedermi con un gran sospiro.

Anche se vorrei tanto, non devo piangere.

Non lo accetto da me stessa.

Se sono finita qui è per colpa mia. Non sono mai stata capace di darmi una svegliata, non ho mai avuto l'atteggiamento giusto di fronte alle difficoltà, sono uno stupido riccio del cavolo, che si chiude in se stesso ogni volta che ha paura e non fa altro che pungere il prossimo, mentre tutt'attorno la vita va avanti.

Sono triste per essere stata bidonata in questo modo e perché ho ancora e avrò sempre un debole per Scilla, nonostante sia uno stronzo. Ma so che, indipendentemente dal fatto che ormai lui ha deciso e che, no, non mi verrà di certo a prendere, non dovrei piangere.

Pierpaolo non cambierà idea e io non devo sperare nel contrario, né soffrire perché volevo che andasse tutto diversamente fin dalle superiori. Sono io che avrei dovuto fare qualcosa, anziché aspettare che un miracolo piombasse dal cielo.

Per non scoppiare al colmo della sopportazione di me stessa, decido di aprire la lettera per Rachele e leggerla. O quello, o la distruzione del foglio in mille pezzettini intrisi di rabbia.

In questo momento di autoanalisi, mi sto sentendo in colpa pure per la situazione di Marco. È vero che ho sostenuto delle tesi in cui credo, ma non l'ho fatto nel modo giusto. Il mio atteggiamento nei suoi confronti è stato sbagliato e inopportuno; purtroppo non ci ho mai dato il giusto peso perché ero presa da altro, tipo me stessa e le mie stupide convinzioni.

Ma in fondo dall'alto di quale saggezza mi sono permessa di criticarlo?

Cara Rachele,

questa è tipo da ventiseiesima lettera che ti scrivo. Mi sforzo di essere vario, ma mi sono reso conto che sto iniziando a ripetermi; non ho molta fantasia.

Chi sono io per dirgli come fare il papà? Che importanza ho preteso di avere nella sua vita e soprattutto in quella di Rachele? Io che non ho mai nemmeno fatto l'amore con qualcuno.

Però mi piace scrivere queste riflessioni, perché immagino quale faccia potresti fare, un domani, quando le ritroverai in qualche cassetto e io sarò un marinaio solitario con le ancore tatuate sugli avambracci e i capelli bianchi. Ovviamente li tingerò e, no, niente rughe, perché non è previsto dal nostro patrimonio genetico. Noi Ravasi siamo semplicemente perfetti. Immaginami come un vecchio marinaio molto figo, tipo George Clooney. No, vabbè, manco lo conosci. Facciamo che sarò come... com'è che si chiama quel tuo idolo? Ah, ecco, Harry Styles. Sarò come Harry Styles da vecchio, però con i tatuaggi a forma di ancora sugli avambracci.

Mio Dio, Marco.

Ovviamente, sto scherzando.

Non sono perfetto, principessina mia adorata, ma anzi ho molti, molti difetti. E faccio molti, molti sbagli. Però probabilmente diventerò davvero un marinaio tatuato, se tu non mi parlerai mai più. Volevo essere il nuovo Alessandro Borghese, ma come faccio, se non riesco neanche più a sorridere?

Borghese sorride sempre. E lo sai perché noi adoriamo guardare Quattro Ristoranti. Assieme, ci piace fare tutto.

Mugolo, intenerita.

Il fatto è che ho sempre avuto ancora più diffidenza nei confronti di Marco di quanta già ne abbia di mio verso l'intero genere maschile. La nostra rivalità di quand'eravamo piccoli è sempre un po' rimasta e... del tutto immotivato è il risentimento che ancora oggi ne deriva.

Chissà, forse è solo invidia perché lui è stato sempre molto più risoluto di me. Credevo che fosse solo molto più fortunato, ma sono arrivata a realizzare, non da molto tempo, purtroppo, che la fortuna non c'entra davvero nulla, in certi casi.

Siamo noi a decidere chi essere e Marco è molto consapevole di questo, a differenza della sottoscritta.

Ad essere onesto, ho pensato di stare sbagliando sin dal primo momento in cui ho saputo della tua esistenza.

Mamma e io eravamo molto piccoli e, a quell'età, avere la responsabilità di una reginetta urlante come te non è proprio una mossa logica. Quando sei nata, poi, ho pensato per un po' di tempo che avevo sbagliato a metterti al mondo, perché il mondo non era abbastanza accogliente per te e io non avevo la minima idea di come renderlo tale. Mamma era super spaventata, avresti dovuto vederla, e io lo ero ancora di più.

Ma crescendo tu hai fatto crescere noi.

Qualche parola è illeggibile, ormai, per colpa della mia ansia da strappo, però riesco comunque a capire che cosa c'è scritto.

E mi sto quasi sorprendendo di come ciò che Marco scrive sia esattamente ciò che dice e pensa. È così... vero.

Guardandomi indietro, sono riuscito ad apprezzare ogni singolo "sbaglio". Anzi, ora tutto quel che ho fatto per me non è un errore, ma una fortuna. Tu sei la mia fortuna, Rachelina dolcissima, e se dovessi tornare indietro, rifarei tutto quanto.

Ma devi capire che proprio perché mamma e io eravamo piccoli e molto scemi, non possiamo aver fatto sempre i passi giusti al momento giusto. Ti assicuro che io a lei vorrò sempre bene e lei ne vorrà a me, perché anche se non siamo il vero amore l'uno dell'altra, il vero amore lo abbiamo creato, insieme. Ma il vero amore è così difficile da creare quanto da trovare; solo quando l'avrai tra le mani lo capirai, tesorino mio meraviglioso; prima, dovrai solo fidarti di chi l'ha conosciuto davvero.

E so che del tuo papà scemo non ti fidi e non ti fiderai più per anni o, forse, per sempre. Ma io spero comunque, con tutto me stesso, che saprai farmi amare il mio sbaglio ancora una volta. Spero che un domani, voltandomi indietro, mi sentirò ancora incredibilmente fortunato.

Perché io sarò qui sempre. Io ti aspetterò ovunque. Per quante persone allontanerò e da quante persone sarò allontanato, tra le mie braccia ci sarà sempre e solo posto per te. Sei tu il mio unico, vero amore, Rachele.

Non dimenticarlo mai,

Papà

Oh mio Dio.

Sto piangendo.

"Accidenti!" impreco a denti stretti, asciugandomi gli occhi con irruenza.

Non dovevo assolutamente leggere questa roba. Non dovevo piangere!

Guardo in alto, facendomi volontariamente accecare dal sole e sperando che senza sbattere le palpebre i miei occhi si secchino.

Maledetto Marco.

È davvero dura trattenersi dopo tutto questo, ma non posso rovinare gli sforzi, né scendere al matrimonio con il mascara colato e il trucco sfatto. Sarebbe come uscire con un'enorme freccia rossa puntata sulla testa e una scritta che mi passa davanti a mo' di sottotitolo dicendo: Guardate a cosa hanno portato i miei errori.

Ah, gli errori. La paura di sbagliare.

È ciò che paralizza anche il più sicuro di noi e che, alla fine, lo fa sbagliare in modo ancora più deleterio.

Sono così carica di rimpianti che la lettera di Marco mi ha letteralmente preso a calci la coscienza. L'amore non è un gioco per niente. Nessuno ha la più vaga idea di cosa significhi, finché non ci è dentro. E vista così, potrei addirittura arrivare a capire certe affermazioni di Pierpaolo.

In ogni caso - penso, mentre mi alzo in piedi e mi sventolo la faccia con il foglio per far asciugare i residui di pianto mancato - questa lettera non può rimanere a me.

Non posso assolutamente lasciare che parole e sentimenti del genere esauriscano il loro potere in un'anima arida come la mia. Ormai io la speranza me la sono giocata, ma in un cuore ancora tutto da riempire, queste parole sarebbero un'arma incredibile.

Se Marco si è arreso, è perché in questo momento è bloccato da quella stupida paura. Ma non sa che lo sbaglio più grande potrebbe essere ancora da commettere; potrebbe fare come ho fatto io, chiudersi, sparire e diventare un'anonima Federica Di Mario che si è persa il meglio della vita.

E so che probabilmente mi ammazzerebbe, se venisse a sapere ciò che sto macchinando, ma attualmente non mi importa. Ho sempre sbagliato pure io; questa volta so che stare dalla parte dell'amore, quello vero, non sarebbe affatto un errore.

Discutendo con lui in questi giorni, mi sono schierata in tutto e per tutto con Rachele e proprio perché mi immedesimo in lei, nel suo sentirsi rifiutata, nella sua paura di aver perso delle persone importanti, so che questa lettera è quello di cui ha bisogno.

Sono sicura che se lei potesse vedere queste parole, scenderebbe a patti con la delusione e il senso di impotenza. Magari non subito, ok, ma alla lunga, questo potrebbe essere la salvezza del loro bellissimo rapporto.

E non posso lasciare che si interrompa così, perché - mio Dio - è la cosa più bella che esista.

Dunque, mi faccio coraggio e mi decido a ritornare di basso, speranzosa che il matrimonio non ci metta troppo a volgere al termine, per lasciare a tutti il tempo per piangersi addosso.

Scendo le scale un po' a rilento e prima di arrivare al piano terra, faccio una deviazione per la cameretta di Rachele.

La esamino rapidamente e poi vedo ciò che potrebbe fare al caso mio. Non sono convinta di farlo finché non finisco davanti al suo maglioncino giallo, pieno di paillettes, identico a quello che anche Vittoria porta sopra il vestito da paggetta e che Gloria ha fatto cucire appositamente. Rachele l'ha lasciato di sopra, ma ormai è il tramonto e fra poco le servirà.

Qualcuno verrà a prenderlo, o magari manderanno lei, o magari ci verrà da sola.

Non so se faccio bene, però sento che è davvero la cosa giusta.

Alla fine, quando ritorno in giardino, sono distrutta ed estremamente triste, ma soddisfatta della mia decisione.

***


ANGOLO AUTRICE

Sono sicura che questa OS creerà due fazioni nemiche.

Una delle due vorrà uccidermi male, l'altra festeggerà. Giusto per non farci mancare nulla, aggiungo anche che l'idea originale al principio di Io e te 3 era di far mettere insieme Pierpaolo e Federica. Ma poi va sempre tutto a rotoli.

Non vi annoierò oltre con i miei sproloqui; ci tenevo solo a dire che questa sia questa OS che la prossima che leggerete entro 24 ore, sono un po' interpretative. Nel senso che alcuni aspetti, come magari il finale, li ho lasciati nelle vostre mani, di modo che siate voi a fare delle ipotesi o a dare determinate chiavi di lettura piuttosto di altre. Sarà interessante vedere come avete interpretato le due. Poi, comunque, andando avanti con la storia principale avrete modo di confermare o meno le vostre ipotesi.

Lascio a voi l'onere di darmi dei pareri o di comunicarmi quanto mi odiate per avervi fatto struggere su una ship che dopo ben 7 anni è finita nel cesso. Niente domande, sono sicura che ne avrete da dire comunque.

A prestissimo con la OS numero 7, il cui titolo, rivelazione speciale per voi che siete arrivati a leggere fino a qui, è "Hallelujah". Sciao!


Daffy


***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** OS 7 - Hallelujah ***


OS 7 - Hallelujah

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Attenzione: questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è la settima della serie di OS e si colloca, temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.

Questa OS è collegata alla OS 6, pubblicata ieri in questa raccolta. Mi piace pensare che siano OS sorelle, anche per un certo parallelismo che le accomuna.

Buona lettura! 

P.S. i banner fanno sempre più schifo, lo so.


.

Image and video
hosting by TinyPic

Hallelujah

Non devo assolutamente piangere.

È il mio unico pensiero mentre comunico a Federica di andare di sopra e lo stesso che mi accompagna poi, quando facendo slalom tra i tavoli, mi vado a cercare il posticino più solitario e isolato possibile.

Finisco quindi in fondo al gazebo, distante dal resto della confusione, dai brindisi e dallo stupido karaoke che Magno e Vallicroce stanno come al solito protagonizzando.

Non ho voglia di sentire e vedere nessuno, ma purtroppo, non posso scomparire.

Sarebbe facile chiudermi in camera e sfogarmi prendendo a calci i cuscini, se solo avessi una stanza privata. O potrei fare come tutti gli altri, che si piazzano in terrazzo a riflettere sulla propria vita, ma nemmeno quello mi va, perché odio stare da sola.

O meglio... mi fa paura non avere nessuno intorno, anche quando lo vorrei un sacco.

"Ehi."

...come in questo momento.

"Ehi." alzo lo sguardo e incontro quello caldo del ragazzo che mi si è avvicinato.

"Ti sei seduta al mio posto." mi fa notare con il suo accento straniero, indicando il segnaposto rovesciato davanti a me.

Così, lo rimetto in piedi e lo controllo per confermare che effettivamente coincida.

E sì, quei caratteri arzigogolati compongono proprio il nome del mio importunatore: "Scusa, Lionel."

"No es nada." fa l'occhiolino, rubando una sedia a caso nei dintorni e trascinandola senza paura accanto alla mia. Ci piomba sopra e il suo braccio si materializza magicamente attorno alle mie spalle, mentre la voglia di piangere, fortunatamente, mi è appena passata.

Io non piango mai, specialmente in pubblico. Ora che Lionel è qui, lo considero come un ulteriore deterrente, anche se avrei preferito essere lasciata in pace. 

"Qué pasa, nena?"

 Le mie pupille scivolano senza nervo su lui: "Perché parli spagnolo?"

"A) Perché vengo da una sessione di balli latino-americani con la zia milf di Magno." adocchia la signora tra la folla e le fa un occhiolino, mentre porta la mano libera al bacino e lo muove da seduto. "B) perché amo lo spagnolo e C) perché piace un sacco anche a te, specialmente quando ti chiamo nena."

"Sì, una volta mi piaceva." specifico. "Quando stavamo insieme."

"Quale delle tre volte?" strizza di nuovo quella stupida palpebra e io vorrei solamente sbattergli la testa contro il tavolo.

Insomma, è possibile che l'unico argomento di cui voglia parlare con me sia questo? Non vede quanto sono triste e depressa? Non gliene frega nulla?

"Ti lascio il posto, Lion..." faccio per alzarmi, ma appena mi ergo in piedi, mi raggiunge anche lui, e mi trattiene per un braccio.

"Ehi, ehi, ehi..." esclama a mezza voce, azzardando un passo verso il mio viso. "Che succede sul serio, nena?"

Scuoto la testa, esaminando con delusione il suo viso perfetto: "Non capiresti."

"Dai, prova." sorride, incoraggiante, fregandomi con quelle sue labbra perfette e quei suoi lineamenti dannatamente sensuali.

"Pierpaolo mi ha lasciato." snocciolo, troppo imbarazzata per dirglielo a viso aperto. "Poco fa, in camera sua. Ha detto che non sono la ragazza giusta per lui."

Lionel allarga gli occhi e per un secondo ho la speranza che lo ricopra di insulti e che mi dica che è un gran fesso, perché non sa proprio che cosa si perde.

Invece, si mette a ridere.

"E allora?" strascica tra una risata e l'altra.

"Beh, mi ha fatto rimanere male."

"Dai, Silvia, ma che sarà mai!" sbotta, spensierato, colpendomi delicatamente la spalla. "Non ti ho vista triste per una rottura nemmeno quando è successo con me." si indica con entrambi i pollici e dal senso di nausea che mi assale, capisco di star avendo degli enormi problemi con gli uomini.

Lionel è così... arrogante. Pieno di sé. Stupido.

Ma lo è stato anche Pierpaolo nel modo di lasciarmi e, ora che ci penso sul serio - perché Dio sa quanto in questo periodo io stia seriamente riflettendo su me stessa - anche tutti gli altri ragazzi che ho avuto.

"Eddai, beviamoci un po' su." ammicca Lionel, mentre mi tira di nuovo sulla sedia e afferra la caraffa di vino più vicina.

Sono così arresa di fronte alla vita che mi lascio strattonare e accetto senza proteste il bicchiere stracolmo che mi offre.

Non sono un'amante del vino, preferisco di gran lunga i super alcolici, però una bella sbronza adesso la vorrei. Ho davvero bisogno che il mondo cambi o, in alternativa, che il mio cervello si inebri talmente tanto da farmelo vedere diverso.

E me ne rendo conto, è in questo modo che sono riuscita a sopravvivere alla mia adolescenza: spegnendo i neuroni, tenendo ben assopito il buonsenso e soprattutto ignorando il fatto il essere una donna, e non un'idiota.

Ma adesso, oh mio Dio, non riesco più a zittire alcune urla nella testa. Tipo l'attuale: cretina, quel pagliaccio vuole solo farti ubriacare per poi portarti in camera sua e approfittare di te!

Ma ho davanti un bel bicchiere di vino, per fortuna. Quindi bevo.

"Che farai tu, dopo il matrimonio?" mi domanda Lion, prendendo a sua volta un generoso sorso.

"Non so. Forse mi iscrivo a un corso bellissimo che fanno a Roma."

"Ah, figo." annuisce, senza nemmeno chiedermi di che corso si tratti.

Fortunatamente, almeno dal punto di vista lavorativo, ho molte soddisfazioni. Sono uscita dal liceo con appena la sufficienza, ma poi ho iniziato la scuola per estetisti e mi sono appassionata sul serio. Ho migliorato molto la mia scarsa attitudine allo studio e ho aggiunto al mio percorso anche tre anni di scuola per parrucchieri. Solo un anno fa, ho aperto un negozio con una mia amica che fa tatuaggi e sta andando tutto alla grande.

Tutto veramente un sacco alla grande - penso, mentre alzo di nuovo il calice. 

Solo che non sono felice.

"Tu che farai?" chiedo, senza sentimento, mentre finalmente Vallicroce e Magno liberano il palco e danno pace alle nostre orecchie. 

"Ho un contratto con un'agenzia a Buenos Aires. Parto a inizio giugno."

Sanchez fa la guida turistica - e si porta a letto un sacco di turiste.

Ha fatto anche l'animatore nei villaggi e nelle crociere. Non vedo niente di più adatto per lui nella vita.

"Bravissimo." gli sorrido, considerandolo già più sopportabile di prima, grazie all'alcol. "Spero ti facciano fisso."

"Mah, in realtà non mi spiace variare." mi fa l'ennesimo occhiolino e io bevo un paio di sorsi che mi bruciano la gola.

Per non fargli vedere la mia faccia nauseata, guardo in avanti e scopro il prossimo ospite di questo cabaret. Il posto dei due dementi è ora del ragazzo africano di Marinella. O medio-orientale, non lo so nemmeno.

So solo che Sanjay gli ha appena fatto partire una base tristissima e io quasi rimpiango Umberto Tozzi.

"I've heard there was a secret chord, that David played and it pleased the Lord, but you don't really care for music, do you?"

Oh, fantastico.

Beviamo, va.

"Oh cielo, questo Mohammed. Qué pesada." commenta Lionel, mentre anche il resto della sala se ne strafrega un po' e torna a chiacchierare senza dare importanza all'esibizione.

Sbuffo solo perché non sono ancora abbastanza ubriaca da ritenere simpatiche certe uscite.

"Che c'è? È la verità." si discolpa Lionel, captando il mio nervosismo. "È vecchio dentro." 

"Si chiama Sayid." dico semplicemente, stupendomi di ricordare il suo nome, quando già ho iniziato a dimenticare il mio.

Lionel scuote la testa e poi posa una mano sulla mia gamba.

Guardo in basso; che infame di uomo. E che palle, il mio bicchiere è già vuoto!

Appoggio il mento sulle mani e mi concentro oltre questo schifo, oltre le spudorate avances di Lionel e oltre il vino che neanche basta a darmi delle gioie. Quindi osservo Sayid e ascolto la sua voce, che è malinconica quanto me, ma profonda almeno il triplo.

Lui non sta nemmeno rivolgendo gli occhi al pubblico; li lascia indugiare a metà via, come se stesse cantando a se stesso, come se si stesse raccontando la sua stessa storia.

"You're faith was strong but you needed proof, you saw her bathing on the roof, her beauty and the moonlight overthrew you." prende un respiro, ma non è abbastanza controllato e parte con una nota incrinata. "She tied you to her kitchen chair, she broke your throne and she cut your hair, and from your lips she drew the hallelujah."

Mi rizzo con il busto.

"Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."  

Mio Dio, la sua voce è davvero espressiva.

E questa canzone, anche se non la capisco perché facevo schifo in inglese, sono sicura che parli di lui. È palese. Ed è altrettanto palese che qualcosa non va. Lo riesco a capire da come sospira tra una parola e l'altra e da quello sguardo spento, che tuttavia cela un ardore interno che non trova pace.

Che cosa si è spezzato, in lui? Si tratta forse di una consapevolezza che non voleva raggiungere? Di una delusione d'amore?

Forse sto solamente proiettando i miei sentimenti su ciò che vedo e che ascolto.

Forse se sapessi cantare, la canterei anche io così.

"Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."

Però è incredibile come riesca a modulare il suono; prima instabile poi sicuro, poi leggero e di nuovo ancora potente, come nella strofa successiva, che esplode non solo attorno ai tavoli, ma anche dentro di me, pungendomi sul vivo.

"Maybe there's a God above, but all I've ever learned from love was how to shoot somebody who outdrew you." alza gli occhi, finalmente, e sono colmi di lacrime. "It's not a cry that you hear at night, it's not someone who's seen the light, it's a cold and it's a broken hallelujah."

Oddio.

E queste cosa sono?

 "Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."  

Mentre l'hallelujah riecheggia nel giardino, nessuno realmente interessato ad ascoltare, sulle mie guance sono scese delle lacrime che non avevano mai solcato il mio viso.

Io non piango in pubblico.

Io non piango mai.

Mi tasto subito le gote, stupita e imbarazzata, ma anche emotivamente coinvolta dalle note che non hanno ancora smesso di suonare. E proprio mentre sto per realizzare che la canzone mi ha fatto piangere, un nuovo impulso mi prende lo stomaco e fa uscire un singhiozzo, accompagnato da nuove lacrime.

La mano di Sayid trema attorno all'asta del microfono, come anche la sua voce, mentre canta gli ultimi due hallelujah e li fa durare più a lungo, rendendoli ancora più sofferti di tutti gli altri versi.

Qualcuno dalle prime file gli batte le mani e lui ringrazia timidamente, mentre è difficile accettare che la musica abbia smesso. Nemmeno quando lascia il palco riesco a credere che sia finita, da quanto era bella. E mi chiedo dove vada lui ora, che cosa ne sarà di quello sguardo inumidito dal pianto e chi ascolterà il seguito della sua storia.

Quale sarà la mia di storia, adesso, che sono più sola che mai.

"Oh, Silvia, mi stai ascoltando o no?"

Mi volto verso Lionel, scossa e intontita, e lui nemmeno si accorge delle mie condizioni.

"Ti ho detto che è meglio se usciamo, ché 'sto karaoke è un mortorio." mi prende per il polso e mi fa alzare in piedi, per poi dirigersi all'esterno del tendone, dove ci sono pochi occhi indiscreti e molti pavoni.

"Ah, finalmente le mie orecchie hanno smesso di sanguinare." commenta, senza lasciare il mio polso, ma anzi, usandolo per tirarmi verso di lui e far aderire il mio corpo al suo. "Ho io in mente un bel modo per farti passare tutta questa depressione."

Sorride a due centimetri dal mio naso, mentre io sono ancora sconvolta e ubriaca e nauseata dalla sua puzza di alcol, che è praticamente uguale alla mia.

Non ho neanche avuto il tempo di realizzare che cosa sia successo negli ultimi tre minuti.

Sento solo, nella mia testa, riecheggiare quell'hallelujah.

"No, Lion, non mi va..." mugolo, senza in realtà porre troppa resistenza.

Sono distrutta, non voglio restare sola, ho bisogno di distrazioni per non sentire le emozioni. Sono troppo forti e io non ci sono abituata.

"Eddai." mi sprona lui, infilando una mano sotto la mia gonna e facendola risalire con estrema scioltezza fino al gluteo.

Non mi oppongo: lo lascio fare.

E quando arriva all'elastico delle mie collant, alzo la testa e incontro le sue labbra nel bacio che mi sta sollecitando a scambiarci. Accetto subito di passare alla lingua, senza lamentele, senza  inutili carinerie, perché tanto i convenevoli li salto sempre a piè pari, in modo particolare con quelli con cui sono già stata altre volte.

Oh, ora mi riconosco. 

Questa sono io, non quella di qualche minuto fa che frigna se ascolta una stupida canzone.

Io sono questa Silvia Trepalme; fredda, ma sensuale. Seriale, indifferente. Superficiale, non profonda. Per niente profonda.

La Silvia Trepalme che si imbosca con il bello di turno, la Silvia Trepalme che si lascia toccare senza storie, la Silvia Trepalme che passa da un ragazzo a un altro in meno di un'ora.

Questa sono io.

"Oh, ma..." Lionel si stacca da me e mi guarda in modo così strano che appare quasi brutto. "Stai piangendo."

"Cosa? No." mi porto subito le mani al viso, tastando e asciugando le guance con i palmi. "Dev'essere il vino che mi ha fatto un effetto strano."

Le sopracciglia di Lionel toccano l'attaccatura dei capelli: "Stai singhiozzando."

"Oh, ma... no, non è proprio così."

Però mi rendo conto di star ingannando anche me stessa, dato che da quell'hallelujah in poi non il mio pianto non si è mai esaurito. Solo che lui se n'è accorto solo ora e io ho sperato che mi sarei calmata usando il solito metodo chiodo scaccia chiodo.

Ahimè, credo di aver sovraccaricato il sistema.

"Porca merda." commento, mentre mi asciugo lacrime a nastro e porto via gran parte del mascara.

"Te stai proprio da schifo."

"Ma dai? Sul serio, Lionel?" gli sbuffo in faccia, irritata per tutto questo surplus che non ho davvero la più vaga idea di come gestire.

"Sarà meglio che rimandiamo." deduce, indicando la mia gonna sgualcita e facendo un passo indietro, chiaramente intendendo che così sfatta sono inavvicinabile, nonché poco soddisfacente per lui.

E già qui vorrei coprirlo di botte, ma poi aggiunge qualcosa che mi spinge ad odiarlo ancora di più: "Ti va di farci un altro bicchierino e riprovare fra poco, magari?"

Lo fisso, inorridita da come io abbia reso possibile che uno si sentisse in diritto di farmi proposte del genere, in condizioni del genere.

Per fortuna il mio istinto decide di rispondergli a modo.

"Ma vaffanculo." lo insulto, infatti, girando i tacchi e facendo per rientrare nel gazebo.

Ma poi mi rendo conto che non voglio essere vista, così indugio qualche istante.

"Eddai, nena, non fare la difficile, ho solo voglia di divertirmi un po' e sono sicuro che è proprio quello che serve anche a te."

Mi fermo. Penso.

Io odio gli uomini. 

Gli faccio il medio e me ne vado.

*

Allontanarsi da tutti è stata la scelta migliore della giornata.

Certo, non sono sparita completamente come avrei voluto, ma su questo lavorerò in futuro. Per ora ho goduto di questa mezza fuga con molto piacere; era da tanto tempo che non me ne stavo a tu per tu con me stessa e devo dire che mi è servito. Mi è servito davvero.

Mi sono accaparrata un posticino tra le rocce, in un angolo distante del laghetto di villa Magna, da cui però si può comunque osservare il matrimonio.

Beh, oramai lo spettacolo è quasi volto al termine. La luce del sole si è abbassata fino a colpire trasversalmente il capannone e colorarlo del rosa carico che solitamente precede il crepuscolo. La sessione di karaoke è stata rimpiazzata con della normalissima musica e gli sposi si sono ritirati nelle loro stanze per festeggiare al cento per cento.

Chi rimane ancora qui fuori sono gli invitati nostalgici, o quelli abbastanza ubriachi da non sentirsi ancora stanchi. 

E, naturalmente, gli sfigati.

Ho appena visto Federica uscire dal gazebo per fare una passeggiata solitaria verso il bosco.

Poverina...

Sapevo che Pierpaolo intendeva distaccarsi ufficialmente anche da lei ed è per questo che non ho saputo dirle nulla di più poco fa. Ero arrabbiata perché ha palesemente rappresentato il mio rimpiazzo di questi giorni, ma allo stesso tempo provavo compassione nel sapere che di lì a poco si sarebbe sentita delusa esattamente come me. O forse di più.

Ma almeno so che lei ha qualcuno su cui contare.

La sofferenza è molto personale, certo, ma avere una persona con cui dividerla è comunque sempre meglio di doverla sopportare da soli. E Federica, per quanto acidella e a volte intrattabile, ha la fortuna di essere circondata di amici.

Lo stesso vale per Marinella, Lorenzo e Marco. O Mattia, Diego, Lionel, lo stesso Pierpaolo. Tutti hanno qualcuno. Che sia un unico migliore amico, un fidanzato, un trio, o quella cavolo di classe del liceo rimasta inalterata nella dimensione spazio-temporale, le persone di cui sono circondata sono a loro volta circondate; solo io mi sento tagliata fuori da tutto.

Non ho mai saputo creare legami solidi. Uscivo con Alessandra, Giorgia e Vacca, ma a differenza loro non ho mai avuto quella connessione speciale che mi tenesse ancorata alla gente. O, comunque, non ho mai avuto l'istinto di coltivarla.

Forse perché sono statisticamente più stupida della media, come sostengono i miei nemici?

Forse ho solo sbagliato a scegliere con chi stare o forse non sono mai rimasta abbastanza a lungo per saperlo davvero.

Ho provato anche a chiamare la mia collega, così, per vedere se magari le andava di ascoltarmi. Lei è una ragazza silenziosa e tranquilla, che non sembra avere troppi pregiudizi. L'ho conosciuta lungo il mio percorso di studi, ma è solo ultimamente, con la scusa del negozio, che stiamo approfondendo il nostro legame.

Legame che, comunque, non sembra andare molto più in là di un accordo lavorativo. Lei è gentile e tutto quanto, ma non è aperta. Ha già le sue amicizie, una famiglia, una routine. Vedo che da lì non si vuole spostare di molto e non mi stupisco nemmeno troppo, quando ignora anche il tentativo di telefonata che faccio in questo esatto momento.

Praticamente, gli unici che si degnano di condividere con me questo momentaccio sono i pavoni. Si aggirano sulla riva, si appollaiano sulle rocce, ogni tanto bevono e mi guardano facendo le loro silenziose considerazioni. Mi domando se dovrei comprare un animale domestico per iniziare una personale pet therapy che conduca all'accettazione di me stessa nel mondo.

"Silvia, cristo santo!"

L'esclamazione giunge da qualche parte alle mie spalle e solo adesso mi rendo conto di quanto tempo sia passato da quando ho sentito una voce umana.

Tra l'altro, proprio la stessa di adesso.

"Lionel. Che ci fai qui?" gli domando, rimettendo il cellulare nella pochette.

"Tu che ci fai qui? Ti ho cercato dovunque!"

Gli lancio un'occhiata sommaria: "Tu hai cercato me?"

"Sì." annuisce vigorosamente e sembra anche innervosito. Infatti, al non vedermi convinta, sbuffa e decide di avvicinarsi.

Facendosi da leva con il braccio, salta agilmente le rocce che ci separano. Scende senza difficoltà l'argine in pendenza del laghetto e si ferma a un metro da me, allargando le braccia: "Eri sparita."

"Magari."

"Ma che hai?" mi domanda, alterato. "Sono due ore che non ti vedo più in giro e poi ti avvisto per caso in mezzo a tutti 'sti dannati uccelli come se di colpo ti fossi data al birdwatching."

"Non sai neanche che cosa significa."

"Sì che lo so! Lo uso sempre per fare battute sulle guardone alle feste in piscina. Comunque non è questo il punto; pensavo che almeno rimanessi nei dintorni, invece ti sei accampata al lago per ore, facendomi girare per la villa come una trottola. Ho perlustrato praticamente ogni stanza!"

Lo fisso: "Hai del rossetto sul collo."

"Mierda." sussurra sbattendosi il palmo sul punto da me indicato.

Per quanto mi riguarda, ho perso anche l'ultimo briciolo di speranza nel genere maschile. Così lo lascio fare, ignorandolo come se nemmeno fosse qui.

Ma lui sospira e scaccia qualche pavone con i piedi per potersi sedere accanto a me: "E va bene, prima di trovarti sono stato con la zia di Magno."

"Che schifo."

"Lo dici tu."

Sospiro, voltando la faccia da un'altra parte perché so già che se inizia a parlare di quella donna, potrei vomitargli addosso.

"Ma comunque." rimarca, calcando il suo accento strascicato. "Mi sono preoccupato."

Non posso fare a meno di farmi sfuggire un risolino sardonico.

"Non fare quella faccia e guardami!" sbotta, irritato. "Te ne sei andata in lacrime e poi non ho più avuto tue notizie. Pensavo ti fossi annegata qui dentro."

Cosa stanno sentendo le mie orecchie.

Allargo gli occhi, turbata: "Non sono mica Ofelia."

O- chi? Da quando faccio citazioni letterarie?

"O- chi?" domanda, infatti, lui.

"Niente, lascia stare. Vecchi ricordi delle superiori; stare con 'sta gente mi fa uscire di senno."

"Oh, lo vedo che non sei più in te." commenta, incrociando le braccia.

"Non sono una psicopatica." gli parafraso allora, puntandogli l'indice al petto. "Solo perché mostro le mie emozioni, non significa che non le sappia controllare."

"Non mi pare molto."

"Adesso basta!" mi altero. "Vedi di andartene, Sanchez, o mi spingerai a confermare le tue stupide teorie."

"Senti." sbuffa, continuando a non calcolare la mia rabbia o qualsiasi altra mia emozione. "Non so che cosa diavolo ti succede e soprattutto perché mi ci hai tirato dentro, ma-"

"Io ho fatto che cosa?" mi scandalizzo, squadrando quel suo aspetto arruffato dopo l'ennesima avventura segreta e desiderando più che mai di cancellarlo per sempre dalla mia memoria.

Lionel apre le braccia, credendo di mostrarmi l'ovvio: "Perché sei venuta da me con queste lamentele?"

"Tu sei venuto da me, Sanchez! Per ben due volte!" gli abbaio contro, agitando inutilmente le mani. 

A questo gesto i pavoni scappano e io mi sento ancora più sola. Poco fa ho sfogato tutte le mie lacrime in questo lago, ma i sentimenti negativi e le consapevolezze dolorose, quelli no, non se ne sono andati. E nemmeno Lionel se ne va, perché diavolo devo continuare a subire anche questa tortura?

"Se sei venuto qui per raggirarmi di nuovo fino a farmi venire a letto con te o se pensi anche solo che a questo giro me ne starò zitta e buona mentre limoniamo, ti sbagli di grosso. Lasciami stare, Sanchez, oppure ci annego te dentro questo lago, assieme alla vastità del cazzo che te ne frega di me e dei miei sentimenti!"

Lionel fa una smorfia impercettibile, stizzita.

Scorre qualche secondo di prezioso silenzio prima che lui riesca a parlare di nuovo.

"Wow." dice, riportando i toni a una chiave più pacata. "Sei veramente incazzata."

"Vorrei solamente che mi lasciassi in pace." rimarco, guardandolo negli occhi con esasperazione.

Lui sostiene il mio sguardo, sorpreso, ma anche colpito: "Ok."

A questo punto, finalmente, si alza, facendo qualche passo verso le rocce. Ma prima di scavalcarle, si volta verso di me: "Mi dispiace che Pierpaolo ti abbia fatto stare così male. È stato una merda. E lo sono stato anche io, poco fa."

Guardando nient'altro che l'acqua bagnare i miei piedi, sorrido amaramente: "Non ci credi davvero."

"Non avevo capito." si giustifica, parlando a mezza voce. "Non... non me n'ero accorto."

"Perché non era abbastanza chiaro?"

Lionel sospira: "Lo era, ma non ci ho dato il giusto peso. Non pensavo che..."

"Facessi sul serio?" propongo, il respiro veloce. "Che potessi essermi veramente affezionata a qualcuno? Che potessi davvero soffrire per dei sentimenti?"

"Lo siento."

"Sì, come no, Lionel. Tu non senti proprio nulla. Ed è meglio così, fidati." aggiungo mentre lancio un sasso dentro all'acqua.

Lion mi fissa, atterrito: "Forse è meglio che me ne vada davvero."

"Vattene." ripeto. "Tanto è quello che fanno sempre tutti."

Lionel esala un ultimo sospiro, senza dire niente. Poi fa leva sul braccio, come prima, e si issa sulle rocce per tornare sui suoi passi. 

Ecco, così va molto meglio.

Adesso sono in pace.

*

Quando ormai si è fatto buio, decido di tornare nella mia stanza e iniziare a fare le valigie. Domani è l'ultimo giorno in cui staremo a villa Magna, poi si torna ognuno alla propria vita, al proprio lavoro, alla normalità.

Aver avuto l'opportunità di essere presente al matrimonio mi sembra quasi un dono. È stato possibile per una serie di coincidenze e proprio in virtù di ciò, credo che non si ripeterà mai più. Per quanto mi abbia portato a riflettere su di me e sui miei legami in generale, stare qui e condividere il mio tempo con queste persone mi è piaciuto. Rimpiango che sia già finita e soprattutto rimpiango che non avrò mai più un'occasione del genere.

Potrei sempre chiederlo, certo, magari a Marinella, lei mi inviterebbe sicuramente. Anche se dice di odiarmi, so che nel profondo non è così. E poi, è una persona facilmente raggirabile.

Ma le cose si sono messe male anche per lei e io chi ho qui dentro a cui chiedere un favore? A cui comunicare il mio bisogno di essere inclusa? Di essere conosciuta per la Silvia Trepalme che sono adesso?

"Bella canzone."

La mia attenzione viene attirata dal ragazzo che passa davanti alla mia stanza in questo momento e si ferma sullo stipite.

"Come, scusa?" gli domando, guardandomi intorno senza motivo. Le mie compagne di stanza sono da Gloria per aiutarla a togliere il vestito e ripulirsi; io sono l'unica qui nei paraggi.

"Stavi canticchiando una bella canzone." ripete con il suo accento straniero, per poi alzare una mano in saluto e andarsene lungo il corridoio.

Lui era Sayid e io stavo canticchiando la sua Hallelujah.

"Aspetta!" esclamo, lasciando la valigia aperta sul letto e rincorrendolo lungo il corridoio.

Lui si è fermato e ora si è voltato con una faccia leggermente impaurita. Penserà: ma che diavolo vuole questa da me?

"Ciao, Sayid."

"Sai come mi chiamo?" biascica, sicuramente già pentito di avermi rivolto la parola.

"Sì e volevo... ehm... volevo farti i complimenti." snocciolo, un po' sprovveduta e imbarazzante qui in mezzo al corridoio, mentre mi scopro a sistemarmi i capelli con fare maniacale. "Per la canzone che stavo canticchiando. Cioè, per la tua canzone."

Lui sorride, educato: "Non l'ho scritta io."

"Lo so. Però era stupenda." affermo. "L'hai cantata in un modo davvero... emozionante."

Sayid si irrigidisce di fronte questo complimento, mentre io arrossisco di brutto: "Spero che la cosa non ti offenda."

"No." si affretta a precisare. "Solo che non credevo che qualcuno mi avesse effettivamente ascoltato."

Gli faccio l'occhiolino: "Non avrei voluto, ma sei stato abbastanza irresistibile... beh, sonoramente parlando."

Mi vergogno all'istante di ciò che ho appena detto, mentre pure lui si prende male, non capendo in che modo intendere la mia uscita. 

Ed ecco perché solitamente non uso la lingua per parlare, perché, semplicemente, non ci riesco. È molto più allenata a far altro, perciò dovrei cercare qualsiasi pretesto per andarmene da qui, o quanto meno stare zitta.

"Mi piacerebbe sapere di che cosa parla e perché l'hai scelta." butto lì, allora, dando ascolto a una specie di istinto suicida che penso si sviluppi automaticamente quando uno ha subito sufficienti batoste per essersi assuefatto al dolore e volersene solamente procurare dell'altro.

"Vuoi sapere troppe cose." osserva lui, gentilmente, mostrando un paio d'occhi provati quanto i miei. "È tardi; dovremmo fare le valigie."

"Per favore." mi ritrovo a implorare. "Ho avuto una giornata orribile."

Sayid mi guarda inizialmente con l'intenzione di darmi pacco, ma poi qualcosa lo fa desistere e, alla fine, miracolosamente, sorride: "Anche io."

"Quindi ci stai?"

"Sai un posto dove nessuno ci possa disturbare?"

*

"È davvero assurda." è il mio commento alla fine della sua spiegazione.

"Lo so."

"Non pensavo potesse avere tutti questi significati, è incredibile."

"È una delle mie canzoni preferite." afferma Sayid, mettendosi più comodo sulla roccia. "Ma di solito non la porto alle esibizioni, perché è davvero una perla."

"Ah, sì?" faccio, curiosa come non lo sono mai stata, nemmeno quando si studiavano a scuola i grandi poeti. Che io, per l'appunto, snobbavo alla grande.

"Sì. Si deve tenere custodita per non sprecarne la bellezza."

"Quindi perché l'hai cantata oggi?"

Sayid guarda in basso, un po' imbarazzato: "Credo tu possa immaginare il perché."

"Mi dispiace." arriccio le labbra, intuendo che Nelli deve avergli dato il colpo di grazia. "Sai, lei... è innamorata di Mattia Zingaretti. Tipo, da sempre."

Sayid mi fissa con una faccia tiratissima: "Ma davvero?"

Ok, mi rendo conto che forse non aveva bisogno di questa rivelazione.

"Scusa." alzo le mani. "È che sembra così strano, tipo..." mi viene da ridere, mentre spero di strappare un sorriso anche a lui. "Sono anni che si rincorrono ed è così ovvio che debbano stare insieme, solo che qualsiasi cosa continua a mettersi in mezzo a loro due, come se in realtà non fosse ovvio per niente, o semplicemente al mondo piacesse prenderli in giro. Ah, io e te compresi, ovviamente."

"Perché pure tu?" mi chiede, sorpreso.

"Bah, ho limonato con Mattia, tipo... secoli fa, e la cosa ha fatto uscire di testa Marinella." sminuisco con un gesto della mano. 

Sayid rotea gli occhi: "Ma che cos'ha di così speciale quel Mattia?"

"Niente, suppongo." alzo le spalle. "Come tutto il resto del mondo. Sono le persone che vedono qualcosa di speciale nelle persone, perché ne hanno bisogno."

E l'ho capito perché nessuno hai mai visto nulla di speciale in me, nessuno ha mai avuto bisogno di me. Ma il bisogno che Marinella ha di Mattia, o Pierpaolo di Federica, è chiaro come la luce del sole. Sono persone che non brillano per chissà quali qualità, persone che fanno errori madornali e si rovinano la vita a vicenda, eppure... eppure eccoli lì. Secondo un legame illogico che loro hanno creato, che loro hanno voluto e che rimarrà finché entrambi vedranno quel qualcosa di speciale nell'altro. Finché ne avranno bisogno.

Sayid realizza con un suono gutturale e se ne rimane in silenzio perché se la mia teoria è giusta, allora, noi due siamo i veri e indiscutibili perdenti... ed effettivamente, è uno schifo.

Noi abbiamo un sacco di difetti. Ma li hanno anche Marinella e Pierpaolo. Anche Mattia e Federica. Li ha chiunque, a tonnellate. Solo che noi non siamo stati scelti.

Contemporaneamente a tutte queste riflessioni che fanno di me una donna e non più un'idiota, mi arriva un messaggio su Whatsapp. È di Lionel.

Come stai?

Lo ignoro, alzando lo sguardo su Sayid: "Anche a me oggi è andata molto male."

"Lo avevo immaginato dalla faccia."

"Davvero?" mi tocco le guance sorpresa che se ne sia accorto, ma anche inorridita da come debba essere il mio aspetto.

"Tranquilla, ho visto di peggio." si indica in un moto di autoironia. "Di te non si potrebbe mai dire nulla."

"Grazie." arrossisco, pensando invece che questi capelli avranno bisogno come minimo di cinque maschere ricostituenti consecutive.

"Invece Pierpaolo non lo conosco da molto tempo, ma seguendo quello che è successo stamattina, ho capito è uno stronzo." lo dice con una linearità e semplicità tali che mi metto a ridere.

"Gli ci è voluto un allucinogeno naturale per trovare le palle di lasciarmi!"

"Non sa che cosa si è perso."

"Esatto!" esclamo, illuminandomi e distendendo le braccia con soddisfazione. "Cioè, grazie, è quello che dico anche io, e non perché mi voglio vantare, ma perché è così stupido!"

Sayid annuisce tristemente.

"Non ha nemmeno voluto provare a salvare la nostra coppia! Mi ha mollato prima ancora di sapere chi sono davvero e come posso rendere bene in una relazione, se mi ci impegno, perché io so che mi posso impegnare, io mi voglio impegnare! Non l'ho mai fatto nella vita, sono sempre stata una cretina, ma adesso io sono cambiata."

"Mi sento esattamente come te." 

"E allora perché nessuno ci capisce?"

"Perché..." Sayid guarda mestamente il nostro riflesso nell'acqua, ma poi sorride. "Perché è come hai detto tu. Dobbiamo ancora trovare la persona giusta per noi. Quella che abbia bisogno di un cantante medio-orientale un po' maniaco del controllo e quella che abbia bisogno di una ragazza immagine apparentemente superficiale, che però vuole solamente riscattare il suo passato." sospira. "Pensavo che Nelli fosse quella giusta... lo penso ancora, in realtà."

"Forse devi solo essere smentito."

"O forse avrei potuto conquistarla davvero, ma ho sbagliato tutto. Ho molti... come si dice? Quando ti senti in colpa e vorresti aver agito diversamente."

"Rimpianti."

"Ecco, sì."

"Non dirlo a me. Tanto per cominciare, avrei dovuto usare molti meno nomignoli per chiamare le persone. Mi ha sempre fatto sembrare una scema totale."

Sayid ridacchia: "Io adoro i nomignoli."

"Anche io!" ammetto allora, lasciandomi andare a quell'insensata allegrezza post-giornataccia che sembra davvero indispensabile per sopravvivere.

Sayid e io ridiamo un po', così, anche solo per il gusto di farlo, e poi mi viene in mente che lui potrebbe essere la persona di cui io ho bisogno adesso. Insomma, ormai è chiaro che il mio mondo ha preso sfumature diverse, che non cerco più le persone di una volta, ma persone speciali, che mi facciano sentire speciale.

E io lo voglio; lo voglio perché devo avere una conferma, devo sapere che posso essere migliore e che posso trovare di meglio. Non per forza in amore; basterebbe anche solo un'amicizia. Un amico che voglia stare con me non perché sono bella e facile, e prima o poi ci finirò a letto, ma perché sono io.

Voglio vivere le mie emozioni. Non più mascherarle, non più reprimerle. 

Voglio poter cantare un hallelujah, e raccontarci dentro una storia.

"Tutto a posto, Silvia?"

Avvicino il viso a quello di Sayid e osservo i suoi lineamenti rotondi, amichevoli. Il tipo di ragazzo che non avrei mai avvicinato, semmai che si sarebbe avvicinato a me per sperare in una notte fortunata.

Ma comunque un bel ragazzo. 

Che ispira fiducia, che ha delle intenzioni buone. Che ha delle belle storie da raccontare.

Inclino la testa per potermi avvicinare alle sue labbra e mi sporgo, così da unirle in un bacio.

"Scusa." 

Sayid mi ha allontanato e contemporaneamente ha indietreggiato pure lui.

Ora mi sta guardando con fare smarrito: "Mi dispiace, Silvia, io..."

"Oh, no, ehm... scusami tu." mi ritiro, riportando le mie ciocche dietro l'orecchio.

"È che..." Sayid si alza in piedi, dispiaciuto. "Beh, la situazione è complicata, io... sono appena uscito da una relazione importante. Ti chiedo scusa se ho lasciato intendere qualcosa di sbagliato. Davvero, scusa, ma non posso."

Guardo Sayid con un sorriso commosso che affiora alle mie labbra: "Non c'è problema, Sayid. Davvero."

Lui si gratta la nuca, interdetto e imbarazzato: "Io... mi sa che è meglio se vado a preparare le valigie, ora. È stato bello parlare, spero potremmo farlo di nuovo. Buonanotte."

Desolato e oltremodo a disagio, se ne va quasi a gambe levate, per sparire all'interno della villa appena giunge all'entrata.

Io me ne rimango immobile qui sulla mia roccia di fiducia e, mentre la notte cala su villa Magna, sulla mia faccia è finalmente spuntato un sorriso felice.

L'unica cosa che posso dire in questo momento è hallelujah.


***


ANGOLO AUTRICE

Finalmente, cara Succhia Trepalle XD

Quasi quasi ora mi sento in colpa a chiamarla così, voi no?

Avevo voglia, da un po' di tempo ormai, di far sentire la voce di un personaggio così odiato e stereotipato come Silvia. Se mi conoscete, lo sapete: io sono per il riscatto dei cattivi. Mi piace molto quando un personaggio negativo si mostra nelle sue sfaccettature e debolezze, oppure cambia, perché sì. E' la natura umana ed è bella nel suo essere varia e interpretabile.

MA questa OS non parla solo di Silvia; ci sono anche 2 nostri cari amici che si palesano in varie forme. Abbiamo il nostro libanese preferito (bugia) che sta proprio male male. Io capisco che voi lo detestate e che gli avete messo una taglia sulla testa, ma non vi fa tanta pena?? Io Sayid l'ho sempre un po' amato, perché in fondo non è cattivo. Qui si vede quanto effettivamente ci sia rimasto male per Nelli e dunque quanto effettivamente, nonostante le malefatte, ci tenesse a lei.

Poi, il pezzo forte della OS; Lionel. Quando vi ho messo lo spoiler di inizio OS, quando Silvia viene importunata perché ha preso il posto di qualcun altro, quasi nessuno di voi ha preso in considerazione che l'altro straniero avrebbe potuto essere Lion. Ma vi ricordo che Lionel, appunto, ha dei trascorsi con Silvia e che la stessa ha ammesso, nel capitolo del paintball, di ritenerlo uno dei ragazzi più carini con cui sia mai stata. Peccato che sia una cacchetta, a volte.

Tuttavia, come vi annunciavo ieri, ho voluto lasciare un po' di mistero attorno a tutta la situazione e ai personaggi. Come avete letto, Lionel è moooolto superficiale, ma... è solo superficiale, o potrebbe avere una profondità sotto quel guscio di latin lover dalla mano lesta?

E Silvia ha avuto un motivo per provare a baciare Sayid o è solo enormemente incoerente con tutto ciò che vi ha raccontato nella OS?

Perché, alla fine, Silvia si concede quell'hallelujah?

Quale dei tre personaggi vi è piaciuto di più in questa OS e quale di meno?

Questa OS mi ha fatto letteralmente impazzire. Ero partita con certe idee, poi ho avuto un'ispirazione, poi un'altra ancora, è cambiata mille volte, anche in corso d'opera. Ho scritto la OS 6 in un giorno e non di più, mentre questa è rimasta in corso di scrittura per almeno due settimane, con situazioni di stallo e indecisioni non da poco. Mi sono sbloccata solo l'altro giorno; quando ponendo i miei dubbi a mia sorella (si chiama _Heyale sia su EFP che su Wattpad e scrive storie molto gay e sì, sto facendo pubblicità occulta) lei mi ha illuminato. Quindi la ringrazio tanto tanto tanto, come sempre, e spero che, in fede, apprezzerete anche voi il fatto che tanto di "Io e te" è anche merito suo.

Io vi saluto e vi aspetto con il capitolo 20 di "Io e te 3". Qui nella raccolta, ci vedremo con l'ottava e ultima OS, dopo il prossimo capitolo! Alla prossima,

Daffy

Ah, non dimenticate di ascoltarvi la scontatissima colonna sonora della OS. Ho scelto una delle tante versioni, sono tutte belle, ma vi consiglio vivamente di andarvi a cercare su Google i vari significati che la canzone ha. E' davvero interessante e perfetta per Sayid, solo che purtroppo io ho trovato l'articolo solo in inglese (link: ). La canzone, comunque, mi è stata suggerita da Chatkamon Pim su Facebook, un giorno in cui cercavo che cosa avrebbe potuto cantare Sayid per questa occasione. Ho ricevuto un sacco di suggerimenti, che ora mi hanno fatto creare un playlist depressa per i momenti migliori della mia vita XD Ma l'Hallelujah era effettivamente il top e mi ha permesso di ricamarci sopra tutto questo popo' di roba. Quindi grazie infinite del suggerimento e della vostra sempre presente partecipazione ai miei deliri <3

Hallelujah - interpretazione di Alexandra Burke


***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** OS 8 - Cara amica ***


OS 8 - Cara amica

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Attenzione: questa os fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è l'ottava, nonché ultima della serie di os e si colloca, temporalmente, durante la notte tra il 25 e il 26 aprile, dopo il giorno del matrimonio tra Gloria e Magno e prima della partenza per Venezia di Lorenzo, la mattina successiva. Vi suggerisco di leggere l'ultimo capitolo pubblicato, ovvero "Non gli ho mai detto che lo amo", per evitare qualsiasi spoiler. Inoltre, nel caso qualche dettaglio della storia vi sfuggisse, scrivetemi pure direttamente per chiedere; non vorrei che vi perdeste qualche passaggio, ora che tutti i nodi stanno per venire al pettine.

Questa OS è l'ultima - piangiamo insieme.

Buona lettura! 


.

Image and video
hosting by TinyPic

Cara amica

.

.

Vedi caro amico cosa si deve inventare

Per poter riderci sopra

Per continuare a sperare

E se quest'anno poi passasse in un istante

Vedi amico mio come diventa importante

Che in questo istante ci sia anch'io

- Lucio Dalla, L'anno che verrà

.

.

.

"Grazie della comprensione, ragazzi. Sul serio."

Mattia fa un passo verso di me e ammetto che scorre qualche secondo di totale imbarazzo, prima che decidiamo di optare per una neutra pacca sulla spalla, da bravi uomini.

Non è di quelle finte, però, eh, è una di quelle con sentimento incluso, se sapete di cosa parlo.

Sì, quelle dove non ci si stringe, ma si indugia un po', magari dandone non una di pacca, ma due, tre... giusto per perdere tempo, per comunicare che... ok, amico, ti capisco. Tranquillo. Mi spiace che te ne vai e che sia andato tutto così di merda. Tranquillo.

Dopo il nostro breve, ma significativo saluto - forse il primo da quando conosco Zingaretti - lui passa a congedarsi con Federica ed è tutta un'altra storia.

Inizialmente l'abbraccia solo con il braccio sinistro, ma poi lascia andare la valigia e la avvolge con entrambe, chiudendo gli occhi con fare stanco e inspirando a fondo. Lei, incredibilmente, lo lascia fare. Ma suppongo che sia perché conosce Mattia e lo ritiene una bella persona, degna di far parte del suo circolo.

Insomma, lui non è mica un Marco Ravasi qualsiasi.

"Mi dispiace così tanto, Mattia..." pigola. "Sei sicuro che non vuoi che le parli o che provi a farla ragionare o che le dica che-"

"No." la ferma lui, gentilmente, ma con fermezza. "Per ora, non serve dire nulla, davvero. Avete già fatto anche troppo. Grazie infinite." Mattia riserva uno sguardo grato anche per me e io ricambio con un pollicione insù.

"D'accordo..." annuisce lei, ritirandosi e unendo le mani in grembo con fare rassegnato. "Non sarà facile."

"Lo so." annuisce, gettandosi di nuovo la valigia sulle spalle. "Comunque, Fede... per quello che vale, dispiace anche a me per ciò che è successo tra te e Pier. Se avessi potuto fare di più della quantità di insulti che gli ho riservato, l'avrei fatto."

Questa è chiaramente l'ultima cosa che lei voleva che lui dicesse qui di fronte a me. Ma comunque l'ha detta - bravo Zinga - e io non so fingere che non mi interessi. Federica, invece, bugiarda come pochi, tenta di nascondere il rossore delle guance con il capelli e si chiude nella spalle, come se in realtà non le importasse.

Nel frattempo, il cancello di villa Magna si è aperto con uno scricchiolio; parecchio inquietante a quest'ora della notte e con il minaccioso buio che si annuncia alle spalle di Mattia.

"Grazie di nuovo, ragazzi." conclude il nostro amico, con un sorriso.

Io e Federica alziamo una mano per salutarlo, troppo rattristati dalla situazione per poter dire qualcosa di più, e lui ci risponde con il saluto militare; indice e medio alle tempie. Poi, se ne va. Fra meno di cinque minuti, me lo sento, uscirà anche dal nostro gruppo Whatsapp e sparirà come se non fosse mai nemmeno venuto qui.

Non è assolutamente così che speravamo che andasse.

Ma nessuno di noi, purtroppo, è riuscito a fare di meglio.

Ora ci saranno una serie di sensi di colpa che mi attanaglieranno lo stomaco: Marco, non ti sei impegnato abbastanza, Marco, sei stato troppo concentrato su te stesso, Marco, ne hai combinate troppe, perdendo di vista il bene dei tuoi amici, Marco, avresti potuto giocartela meglio e far sì che Mattia e Marinella se ne uscissero da quel portone insieme!

Lanciando una rapida occhiata a Federica, noto che lei sta pensando esattamente lo stesso.

Tuttavia, c'è una convinzione di cui sono sicurissimo e che va interamente a nostra discolpa. Così, per alleggerire il mio malessere e, idealmente, anche il suo, decido di dirla ad alta voce.

"Dai, Marinella è stata una cretina."

Federica si volta di scatto verso di me con gli occhi allargati e tutta l'aria da spirito vendicativo degli anime giapponesi che, oh mio Dio, sono certo che avrò degli incubi bruttissimi stanotte.

"Non offenderla così!"

Naturalmente.

La migliore amica si difende sempre a spada tratta, specialmente se è Marco Ravasi ad attaccarla. E sì, anche quando è palesemente una cretina e Marco Ravasi ha palesemente ragione.

"Devi ammettere che ha sbagliato. Ha sbagliato eeeeenormemente." rimarco, infatti, con un gesto ampio delle mani che vorrebbe emulare abbondanza. Anche se si tratta di Nelli e pure io le voglio bene, non posso negare la realtà in virtù della nostra amicizia.

"Quell'idiota ha sbagliato pure!" ribatte Federica, indicando il cancello che si sta chiudendo. "Guardalo: se ne sta andando! Si è arreso!"

"L'avrebbe fatto chiunque." incrocio le braccia.

Federica fa lo stesso: incrocia le braccia come me e si esibisce in un'espressione di sfida come la mia.

"Eh, certo. Vuoi uomini ragionate tutti uguale."

"Che cosa insinui?"

Federica se ne sta per un po' sull'orlo dell'intraprendenza, allettata dall'opportunità di rinfacciarmi non si sa che cosa, che nella sua mente rappresenta un segno del male firmato Marco Ravasi, progenie di satana, ma che in realtà, è sicuramente un nonnulla.

Infine, decide semplicemente che non ne ha voglia, o che non ne vale la pena. Si spegne la sua scintilla e si distendono tutti i suoi muscoli: "Niente. Meglio se torniamo dentro."

Mi sorpassa con la stessa impalpabilità di un fantasma e si fa strada verso la villa.

Ormai privo di sonno e carico di adrenalina - perché sì, sono come un bambino, mi eccito facilmente - la seguo.

"Dove vai?"

"A dormire. Sono le due."

"Aspetta, sul serio hai sonno?"

"Marco, ho passato l'intera giornata di oggi in piedi su un paio di tacchi. Sì, ho sonno."

"Non mi dirai che sei stata così tanto in piedi, al matrimonio. La funzione era da seduti, il pranzo idem; l'unico che ha sgobbato per ore ai fornelli sono io. Eppure, eccomi qua."

Mi fermo perché lei si giri a guardarmi. E quando accade, mi indico compiaciuto: "Fresco fresco, anche alle due del mattino, e voglioso di godermi l'ultima notte nella villa dove non sarei voluto venire, ma dove sono stato obbligato a venire, da te e da Mattia, per ingannare la nostra migliore amica Marinella."

"Mia migliore amica."

"Nostra."

Lei alza un sopracciglio, irritata: "Sniffi roba buona, non c'è che dire."

Finalmente un po' di spirito: rido alla provocazione e ripenso che, in effetti, non mi sono lasciato convincere troppo facilmente da quei due. Mattia ha avuto l'idea, Fede è stata la sua prima sostenitrice, mentre, Lorenzo e io, invece, eravamo i più titubanti. Alla fine, però, ho compreso a fondo la necessità di Zingaretti di agire concretamente e ho apprezzato che avesse voluto mettersi in gioco, tentare il tutto per tutto. A me non piace chi rimane in un limbo a tergiversare, come ha fatto Nelli per cinque anni e come stava tranquillamente continuando a fare, mentre si piangeva addosso e causava da sola le sue stesse sofferenze. Quindi, ho abbandonato la sua curva e sono passato a quella di Mattia.

Peccato per lo sfacelo in cui è risultato, ma dettagli.

Osservo Federica, che ancora non si è struccata e ancora non ha sciolto la pettinatura per il matrimonio. Porta una treccia molto complessa ai lati della testa, con tanto di perline e fiorellini bianchi. Ma il resto dei capelli sono sciolti e l'umidità ha fatto perdere loro quella forma rigida e liscia che la faceva sembrare di plastica: ora è molto più selvaggia, più vissuta, più spettinata.

È strano che proprio lei, tra tutte le persone, abbia appoggiato per prima questa follia zingarettiana. Da una così, finta moralista e conservatrice fino al midollo, totalmente avversa al rischio e alla spontaneità, non me lo sarei mai aspettato.

Di fatto, su tutto il resto dello scibile umano, lei rimane di quella sostanza, ma con Nelli è... è tutto diverso. Ancor più che con Lorenzo, l'altro del trio meraviglia, nei confronti di Nelli, Federica perde totalmente l'impalcatura da ragazza testarda e tutta d'un pezzo. Per lei lascerebbe andare ogni costruzione, ogni limite auto imposto che la rendono una così grande palla al piede. Penso che Marinella Argenti sia l'unica persona al mondo capace di levarle quel benedetto palo dal...

Ehm, contegno, Ravasi, contegno.

"Così da una rapida analisi, direi che ora come ora, anche tu faresti buon uso di qualche stupefacente." suggerisco, quindi, alla qui presente.

E lei, chiaramente, si offende: "Che cosa insinui?"

"Che mi sembri un po' alla deriva." rispondo, schiettamente, continuando a guardare i suoi capelli eleganti abbinati all'abbigliamento casual e alla faccia trasognata. "Mi sbaglio?"

A questo punto, è indecisa se lanciarsi su di me con aggressività oppure no, ma alla fine sospira: "Che cos'è che vuoi da me?"

"Io niente. È stato Mattia a chiamarci urgentemente qui fuori, a quest'ora. Se ho perso il sonno, è colpa sua e se si è lasciato sfuggire che è successo qualcosa fra te e il Pierpaolone d'Italia suscitando la mia curiosità, è colpa sua."

Lei rotea gli occhi: "Andiamo. Fino a qualche ora fa te ne strafregavi di me e Scilla. E soprattutto di me." sottolinea, indicandosi.

Io mi chiudo nelle spalle, spensierato: "Qualche ora fa la mia vita era una merda. E non me ne strafregavo; semplicemente, non ti tolleravo perché avevi concorso a rendere la mia vita una merda."

"E sarebbe cambiato qualcosa, ora?"

Io vado come al solito per la sincerità, per cui le sorrido rispondendo: "Mi dispiace che tu possa stare male, tutto qui."

Fede schiocca la lingua, non del tutto convinta delle mie parole, ma sicuramente lusingata da esse. Sarà anche una brutta persona, ma questo non mi impedisce di preoccuparmi per il suo dolore.

"Anche a me dispiace per Rachele." ammette, dopo un po' di silenzio, forse perché lo pensa davvero, o forse solo per sviare l'attenzione da lei... non lo so, ma propendo per la seconda.

"Sì, me l'avevi detto." le concedo. "Anzi, oggi avremmo dovuto parlare, ricordi? Me l'avevi scritto per messaggio ieri sera. Hai detto che avremmo discusso del piano di Mattia, ormai miseramente fallito, e che poi avremmo chiarito riguardo le nostre recenti diatribe."

"Oh, ah..." ovviamente se l'è ricordato solo ora. "È vero. Mi spiace, ho avuto un sacco di altre cose per la testa... sai, il matrimonio, ma soprattutto Nelli e Mattia e poi..." allarga le braccia lasciando a me l'onore di concludere mentalmente.

"Non importa." le sorrido, in realtà prendendomela un po'.

Avrei gradito che lei fosse venuta appositamente da me per risolvere i nostri conflitti. Non è per niente nelle sue corde, ma proprio per questo mi avrebbe fatto piacere.

Invece, Federica Di Mario è sempre Federica Di Mario. Purtroppo.

"Comunque, ecco..." tossicchia, arrossendo per chissà quale motivo. "Sono davvero molto pentita per il mio comportamento. Indipendentemente da quello che penso, non avrei dovuto interferire con la gestione dei tuoi problemi familiari. Spero che questo basti." 

Le sue scuse imbarazzate e raffazzonate così non sono proprio il massimo, però so che non posso aspettarmi di meglio, quindi le accetto: "Sì, tranquilla."

"Ok." sorride, un po' forzatamente, continuando ad evitare il contatto con il mio sguardo e sembrando davvero molto psicopatica.

Non so perché l'argomento la agiti così tanto. Non c'è nessun segreto sul fatto che Rachele ha preso così male la questione anche per colpa sua e dei suoi modi tutt'altro che d'aiuto.

Se non avesse assunto il ruolo non richiesto di opinionista, nonché giudice di corte suprema della salvaguardia dei bambini con genitori separati, avrei parlato a Rachele normalmente, senza instillare ulteriori dubbi nella sua mente incorrotta da innocente pargoletta di otto anni.

Invece, Federica ha dovuto fare la sceneggiata elevandosi a colei che ne sa di più, pur non sapendo un cazzo, e le cose sono andate come sono andate, e Rachele si è impanicata inutilmente, subendo la notizia in maniera più traumatica di come l'avrei resa io.

Certo... forse l'unico aspetto positivo della faccenda è che almeno è successo.

Odio chi rimane in un limbo a tergiversare, e io mi stavo comportando esattamente così. Se non si fosse messa in mezzo Federica, avrei mai avuto il coraggio di affrontare mia figlia?

"Comunque ci tenevo a scusarmi pure io." ammetto, prendendo la dignità a due mani. "Non sono stato bravo a gestire il problema come invece avrei dovuto e me la sono presa con te perché te l'eri presa con me. A dire la verità, comunque, fino ad oggi ero del parere che me ne sarei un po' sbattuto le palle della mia parte di colpe, però sei stata fortunata."

Federica finge curiosità: "Davvero? Come mai?"

"Perché se per caso non eri presente all'evento del secolo, la mia Rachelina regina della luce e delle tenebre, mi ha perdonato!" non posso trattenere la felicità che modifica la mia voce. Anche se c'è gente che dorme nei dintorni, sto urlando come una donnella e credo anche di aver fatto un balletto non del tutto virile.

"Sì, ero presente." dice solamente. "Sono molto contenta per voi."

"È stato assurdo!" espiro, con soddisfazione, lasciando perdere tutto il rancore per com'è andata, in favore del sollievo per come si è conclusa. "Non so che sia successo, ma di punto in bianco mi ha chiesto di ballare e durante il ballo mi ha detto che mi vuole bene e che nonostante tutto, io sono il suo papà. Capisci, Fede?" inondato di gioia, la prendo per le spalle e la avvicino a me. "Io - sono il suo papà."

Federica è davvero alle strette e pensa sicuramente che sia un pazzo, però sorride: "Non pensavo che avessi dei dubbi a riguardo."

"Biologicamente no, ma sentimentalmente, quando succedono queste cose, fidati, è la prima certezza che perdi." e non so nemmeno perché lo sto spiegando a lei, che è lontana da questi concetti come Urano dal Sole, però chissene, sono troppo felice.

Federica l'ho perdonata sul serio, perché sono uno che a rimanere arrabbiato non ce la fa e perché, comunque, ora ho Rachele al mio fianco. Non ha senso restare ancorati a delle stronzate; ognuno di noi ha i propri problemi... i miei si sono risolti, e ora mi va solo di festeggiare.

"Allora meglio così, Marco. Tutto è bene quel che finisce bene."

"Sì." sorrido, indugiando per un po' nei suoi occhi grigi. "Ringrazierò Cris per aver ricondotto la mia bambina verso il sentiero dell'amore."

"Ok, Shakespeare, basta così." mi placa lei, dando fine a questa vicinanza fisica e riappropriandosi dei suoi preziosissimi spazi. "Un hurrà per Cris e per l'amore ritrovato." aggiunge, in realtà, con una sorta di risentimento nella voce.

"Non vorrai mica tornare dentro!" mi stranisco, mentre la osservo darmi le spalle e riconquistare il cammino verso la villa.

Lei neanche si volta e continua a calpestare l'erba, prestando attenzione a non rovinare i fiori: "Perché non dovrei?"

"Perché mi devi raccontare di Pierpaolo!" sbotto con ovvietà.

Ma lei è rimasta dell'opinione originale: non ne ha la minima voglia.

"Io non devo proprio niente nei tuoi confronti, Marco, cerca di mettertelo in testa." ribatte, infatti.

Continua la sua ritirata ed è quasi giunta alle scalinate, quando mi stufo di vedere il suo secco lato b allontanarsi da me. Perciò in un paio di falcate la raggiungo e la supero, frenando di fronte a lei ed interrompendo bruscamente la sua fuga.

"Ma che bisogna fare per avere un po' di calore umano da te, eh?"

Lei aggrotta le sopracciglia, terribilmente contrariata dalle mie gesta: "Niente. Io non contengo calore, mi spiace. Sono un involucro vuoto e freddo."

Caspita. 

"Santo cielo, Di Mario."

Alza le spalle, provocatoria: "Sono anche le vostre parole, Ravasi, non solo le mie."

Ci rifletto, mentre tento di occluderle la strada: "Sì, beh, è vero, in fondo lo penso, però vedo che riservi dell'umanità a qualcuno, ogni tanto."

"Tipo chi? Pierpaolo?" rilancia, sarcastica.

"Beh, i fatti parlano." la assecondo. "Ma non intendevo solo quello; Lorenzo e Marinella ti vogliono così bene e tu ne vuoi a loro. Serve forse un braccialetto dell'amicizia come lascia-passare per la tua anima?"

"Oddio, ma perché sei così fissato con questo braccialetto dell'amicizia?"

"Perché sono invidioso!" rispondo, sinceramente e senza giri di parole. "Perché vedo Lorenzo e Nelli che ce l'hanno e, molto banalmente, vorrei averlo anch'io. Da piccoli non siamo mai andati d'accordo e ora comunque ora non è che ci amiamo, però, cavoli, con gli altri c'è almeno dell'amicizia, perché io non posso averla? Perché mi detesti così tanto? Ci sono un sacco di merde lì fuori, perché ce l'hai proprio con me?"

La mia domanda, talmente elementare e bambinesca, addirittura un po' vittimista, se devo dirla tutta, la lascia per un attimo interdetta. Ora la sua attenzione non è più su come tornarsene in camera, ma su quale risposta dare in un'occasione che non richiede finta moralità, ma moralità vera.

Alla fine, crede di salvarsi con un: "Beh, potrei farti la stessa domanda."

Ma non ha speranze di darmi filo da torcere.

"Perché sei antipatica, frigida, bacchettona, acida, saccente e possessiva. Non sai divertiti, attacchi chiunque, non riesci a dire la verità e talvolta mostri livelli tali di ipocrisia che mi tremano le ginocchia. Senza contare che mi hai sempre preso di punta, accentuando questi orribili difetti in particolare nei miei confronti, e questo mi disturba. Ecco qui la risposta." concludo, in tranquillità. "Il tuo turno, ora."

E come volevasi dimostrare, le ho fatto spalancare la bocca.

Marco Ravasi - storia di un eroe.

Federica è punta sul vivo e chiaramente sconcertata di fronte a tale onestà. Non si aspettava affatto che avrei detto certe cose, perché lei non le avrebbe mai dette, perché lei è educata e perbenista. Avrebbe potuto ribattere qualcosa di ineccepibile, che l'avrebbe fatta passare per la superiore di turno, ma ora di fronte ai fatti non può. Quindi per non essere da meno, cerca di ricambiare con la stessa limpidezza, nel tentativo di avere lo stesso effetto disarmante su di me. Ma ovviamente non le riesce, dato che non ci è affatto abituata.

"Ti detesto perché sei amico di Nelli." ostenta infatti, incrociando le braccia.

"Tutto qui? Gelosia nuda e cruda dalla quarta elementare?"

"Certo."

"E com'è che a Lorenzo questo trattamento non lo riservi?"

"Perché... beh..." ci pensa e saprebbe cosa dire, ma ha paura di dirlo, ma alla fine mi guarda e le do ai nervi e quindi finalmente lo dice: "Perché tu sei più bravo di me in tutto, più risoluto e più pragmatico. Non ti importa di cosa pensa la gente, sei sempre coerente e onesto con te stesso. Tu sei semplicemente sicuro di te e dei tuoi stessi difetti. Ti invidio così tanto che mi dai fastidio."

"Oh, finalmente!"

"E sei anche simpatico!" aggiunge, così a gratis, rodendo per l'ammissione e facendomi ridere.

"Quindi..." riassumo. "Invidia e gelosia."

"Esatto."

"Sei una bellissima persona, complimenti."

"Vaffanculo!" Federica è sconvolta da tutto questo aprirsi ed essere sinceri, quindi torna subito a chiudersi nella sua corazza di acidità e sguscia al mio fianco per recuperare terreno verso la villa.

"Eddai, Frufru!" la inseguo, troppo divertito.

"Non mi chiamare così!"

"Scusa."

"Sei proprio un cretino!"

"Scusa..." rido, affiancandola di nuovo.

"Si può sapere perché non mi vuoi mollare?" si lamenta, agitando le mani verso di me come se stesse scacciando una mosca. "Se è un braccialetto che vuoi, te ne cucirò uno, contento?"

Nah, io non sono contento finché non ottengo quello che voglio. E quello che voglio è che lei si comporti con me come si comporta con Marinella e Lorenzo. Perché quella Federica è molto più tollerabile e perché non mi è ancora ritornato il sonno.

Così mi appiccico a lei e allargo le braccia, chiudendola poi al loro interno: "È stata una giornataccia per te, ti chiedo scusa."

"Che cosa fai, mi abbracci?" si divincola impanicata.

"Esatto, piccolo Polaretto senz'anima. Ti abbraccio."

"Guarda che io non sono tua figlia!" protesta annaspando per il troppo contatto, troppo inaspettato, troppo spontaneo, qui, ora, oddio, aiuto! "Vattene! Queste tecniche non funzionano con me!" 

"Non sono tecniche, sono il mio modo di fare."

"Beh, non sono il mio!" sclera del tutto, spingendosi lontano dall'abbraccio.

La guardo, contrito, sinceramente dispiaciuto per lei e per la sua avversione congenita all'affetto. Che brutta vita deve fare; poverina.

"E allora come preferiresti relazionarti con me?"

"Non relazionandomi!" sbotta, sconvolta e con i ciuffi che le spuntano a random dalle trecce. "Mio Dio, Marco, lasciami andare a dormire."

"Non credo tu riesca a recuperare il sonno, ormai." butto lì, alzando le spalle. "Tanto vale che ce ne restiamo qui fuori. Se non ti va un abbraccio, almeno ti va una passeggiata?"

"No." risponde, allucinata.

"Coraggio, siamo entrambi scossi dagli avvenimenti di oggi, dal matrimonio e non meno importante da questa chiacchierata strappalacrime con Zingaretti. Lo vuoi o no un po' di calore per riempire quel vuoto cosmico dentro di te?" sta per sputarmi contro un ennesimo no, ma la mia faccia da papà orso in qualche modo la blocca. "L'offerta non dura per sempre, e sappi che se rifiuti, potresti pentirtene."

Allarga le braccia, apre la bocca, prende fiato e guarda il cielo. Scuote la testa, cambia direzione dello sguardo, è incredula e indecisa e alla fine, ritorna a fissare me.

"...ok. Ok." esala, rassegnata alla sua stessa disfatta. "Facciamoci questa passeggiata."

"Grande idea, Di Mario!" esulto, con il pollicione in su.

Lei mi fissa con astio e incredulità. Penso che mi manderà a quel paese, invece dice solo: "Andiamo nel bosco."

E si parte all'avventura!


*


...in un bosco completamente buio nel cuore della notte. È così da Federica Di Mario.  

Da piccolo adoravo le scampagnate. In genere, adoravo tutti i tipi di iniziative che avevano a che fare con il movimento e l'adrenalina. A partire dall'adorato calcio, poi il basket, canoa, atletica, ho provato un sacco di sport. Ero un cultore del mio fisico - e si vede ancora oggi, perché diciamocelo, sono splendido. Quando andavo al mare, mi trovavano sempre in acqua a nuotare o fare vela. Quando andavo in ritiro spirituale in montagna, mi facevo di quelle scarpinate che Rehinold Messner poteva solo salutarmi dal basso. 

Poi, con il lavoro e con Racky ho smesso di fare molte attività.

Il fisico conturbante è rimasto, ma in tutto ciò avevo dimenticato che c'era una sola cosa che avrebbe potuto fermare la mia innata spavalderia: il buio.

Io ho paura del buio.

Io non mi allenavo mai oltre le dieci di sera.

"Non puoi veramente avere paura del buio a venticinque anni." sospira Federica.

"Non vuoi intraprendere questa discussione." le ricordo candido.

"Ok, no, ma è solo un bosco. Ci sono stata mille volte, quando il sole doveva ancora sorgere."

"Potrebbero esserci delle bestie che non vediamo. O potremmo fare la fine di Scilla perché mangiamo cose che non vediamo."

"Santo cielo, Marco." Federica sospira e si ferma per guardarsi intorno. "Dai, sediamoci qui."

Si fa dare il mio telefono e accende la torcia, poi fa lo stesso con il suo e li posa vicini, sull'erba. Ora è tutto più illuminato, così mi sento molto meglio.

"Grazie, giovane marmotta." la prendo in giro, stendendo a terra la mia felpa e accomodandomici sopra, riservando uno spaziettino anche per le sue natiche secche.

"La finisci di darmi nomignoli da mentecatta?" ringhia lei. "Non sono la tua Rachelina, principessina degli unicorni magici dell'universo degli arcobaleni, oltre le nuove di zucchero e un po' più in là. Ok?"

La fisso, allargando gli occhi: "Hai un potenziale enorme."

Federica geme e si siede accanto a me, adeguandosi forzatamente allo stare appiccicati per non finire sull'erba.

"Di' la verità; cento volte meglio una notte nel bosco con il tuo non-amico che una da sola a piangere sul cuscino perché Pierpaolo è una merda."

Federica assottiglia gli occhi: "Non avrei pianto per lui."

"Ah no? Nemmeno quello fai? Che brava." riconosco, con esagerata ammirazione.

"Non l'avrei fatto perché non lo merita, non perché non ne sono capace."

"Avrei dei dubbi." ridacchio, beccandomi una gomitata tra le costole.

Dopo questa battuta decido di non dire più nulla; lascio che il silenzio regni da padrone. Se è così che doveva andare, mi va anche bene, dopotutto. Federica non è una che si apre, teme di doverlo fare come io temo di dover rimanere al buio.

Le paure non si comandano, o almeno non così facilmente, quindi ritengo già l'essere stati onesti a vicenda un passo avanti. Mi ero sempre chiesto perché lei mi trattasse così male, non ero riuscito a spiegarmelo e quindi avevo cominciato pure io ad avere scatti d'ira senza motivo nei suoi confronti.

Ma io non sono così, affatto. 

Certo, ho dei difetti, come il voler stare al centro dell'attenzione e, per questo, sembrare un po' il galletto della situazione. Il che mi porta ad essere a volte molto prevedibile e... va be', anche un po' patetico perché si nota e... beh, ok, se devo dirla tutta, sono anche un gran permaloso, perché odio se qualcuno, effettivamente, lo nota. Ma tra questi contro del mio carattere non c'è quello di fare lo stronzo ad cazzum solo perché ho delle turbe personali.

L'unica persona che abbia mai trattato di merda per questo motivo è Marinella. Ma me ne sono accorto subito, appena m'è passata la fase da adolescente invincibile, e ho fatto di tutto per farle avere le mie scuse. Io sono una persona onesta. Permalosa, ma onesta. E non mi piace litigare.

Quella fatta stronza, invece, è la signorina qui alla mia destra, ma eviterò di farglielo di nuovo presente. Il successo è avere capito quali erano i suoi motivi personali per cui mi trattava male. E ora che ho scoperto che in realtà è solo invidia, sono molto soddisfatto.

Uno, perché non ho più ragione di essere anche io scontroso ad cazzum e due, perché amo quando la gente mi invidia. La mia autostima va nutrita qualche volta, specialmente in questi ultimi tempi.

E in fondo, quelli di Federica erano complimenti... sono lusingato.

"Quello che non riesco a mandare giù è il rifiuto." se ne esce lei a un certo punto, sorprendendomi. "E non perché io viva in un mondo fantastico dove ricevo solo sì. Il rifiuto di Pierpaolo non aveva semplicemente senso."

Mi volto, inclinando la testa in basso per guardarla, e la lascio continuare.

Mentalmente invece sto replicando il balletto non virile di prima: il Polaretto senz'anima si sta spontaneamente aprendo! Evviva!

"Se mi avesse detto che non mi vuole perché sono troppo magra o troppo antipatica, io... ok, bello schifo, però ok. Me ne sarei fatta una ragione prima o poi. Invece lui ha detto esattamente il contrario; ha detto che sono il suo tipo, che gli piaccio, sia fuori che dentro, ha detto che sono..." ride, scuotendo la testa di fronte alle sue prossime, insensate parole. "La persona giusta per lui. Riesci a credere che un ragazzo trovi la donna della sua vita e nel momento in cui può averla per sempre, la scarichi come un barile?"

Io alzo le sopracciglia, schioccando la lingua: "Ha dei problemi."

"Penso di sì!" esclama lei, sbuffando frustrata. "Ed è per questo che ci sono rimasta così male. È ancora peggio dei classici rifiuti; questo è il rifiuto dei rifiuti, il re della discarica."

Mi viene da ridere per le sue similitudini e quindi guardo a terra, grato che abbia voluto condividere questa disavventura: "Se vuoi piangere, puoi farlo."

"No che non voglio!" ripete di nuovo, offesa. "Oggi l'avrei fatto molto volentieri, ma poi..."

Si ferma e io la incito con lo sguardo.

"Beh, poi ho trovato delle distrazioni." conclude, arrossendo leggermente. "E così mi sono data una calmata e adesso sono solo incazzata, ma non triste. Non piangerò per uno così, mai. L'unica persona che si sia meritata le mie lacrime, in tutta la mia vita, è Marinella."

E chissà perché, me lo aspettavo.

Annuisco, a mia volta con una leggera invidia. Saper scindere le situazioni per cui vale davvero la pena sbattersi da quelle per cui non vale affatto è un'abilità rara. C'è chi confonde persone importanti con persone stupide, chi affonda se stesso, per far restare a galla qualcuno che non lo merita, chi si lascia piegare da eventi per cui si ritiene responsabile, quando in realtà la colpa risiede da tutt'altra parte. Se non altro, il Polaretto qui ha una grande lucidità e un ottimo auto controllo, non c'è che dire.

"Tu perché fai quella faccia?" mi domanda allora, brusca come solo una tal donzella ottocentesca riesce ad essere.

"Perché a me invece queste cose fanno venire una voglia assurda di piangere." rispondo, rivelando senza troppa vergogna la mia debolezza. "Sono stato rifiutato anch'io, non troppo tempo fa, e ogni volta che mi fermo a pensare a Giorgia e all'enorme bidonata che mi ha dato..."

Allargo le mani, già in difficoltà.

"Oh, andiamo." lei rotea gli occhi. "Non vuoi davvero intraprendere questa discussione."

"No, non vorrei. Ma è molto difficile." annuisco sentendo il classico pizzicore agli occhi e la gola annodarsi e... sono sensibile. 

Ok, mooolto sensibile.

"Ora finiamo per litigare, lo sento." dichiara Federica.

"Perché?"

"Perché sai già come la penso su di lei e su quello che ha fatto." mi indica, alludendo a tutta la questione 'hai una famiglia, tieniti i tuoi capricci per te'. Federica è molto vecchio stampo, ha ideali conservatori e una chiusura mentale degna di nota.

Per questo non ha mai capito la mia comprensione nei confronti di Gio. Non ha nemmeno mai sostenuto le mie mosse per cercare di mantenere il concetto di famiglia, quando ormai Giorgia, Rachele e io non siamo più una classica famiglia. Federica non ha mai nemmeno cercato di aiutarmi a venir fuori da questo casino, perché secondo lei abbiamo sbagliato troppo, come genitori, chi in un modo e chi nell'altro.

Secondo lei, Gio ha sbagliato a voltarmi le spalle per inseguire il suo "vero" amore (prima o poi capirà che non è quella cozza vivente), io invece ho sbagliato a lasciarla fare, invece di impormi come pater familias per il bene della mia bambina e bla, bla, bla.

In tutto questo, mai una volta mi ha chiesto come mi sentissi a riguardo.

"Sì, so cosa pensi." concludo, intuendo che se proseguissi veramente su questa strada, finiremmo davvero per litigare.

"Bene." sottoscrive, incrociando le braccia.

Ma ora io sono troppo intrippato nella malinconia per inventarmi qualche nuovo argomento di interesse. Me ne rimango a fissare il terriccio, mentre nella testa mi partono i filmini di famiglia. Sapete, tipo le vecchie registrazioni, con una qualità e un audio scarsissimi, che però fanno un sacco pietra miliare.

Ecco, io i ricordi me li rivivo così. Con una data simbolica in angolo a sinistra e la filigrana che ogni tanto disturba la visuale. Con Racky che corre intorno al tavolo al suo sesto compleanno; Gio che la insegue e infine la afferra e se la spupazza. Io mi fermo, ipoteticamente sto reggendo la telecamera, e faccio uno zoom sui loro volti sorridenti.

Hanno due occhi stupendi.

Per quanto io sia un figo da paura, Rachele e Giorgia mi battono. Hanno delle iridi così blu che nemmeno la scarsa qualità del mio video immaginario riesce a smorzarle.

Sono ipnotiche e limpide, pulite. Mi sposto con la telecamera su Giorgia... è così bella.

Impazzisco per quei capelli dorati e drittissimi che assecondano ogni suo movimento, riversandosi ogni tanto davanti al viso, luminosi. E le labbra rosa, perfette, scolpite da uno scultore. Quella labbra che mi mancano e che, anche se hanno lasciato uscire delle cattiverie tremende, vorrei poter chiudere di nuovo in un bacio.

Ah, se è dura, ragazzi.

È davvero così dura.

"Marco, no, per favore..." si lamenta Federica, appena si accorge che ho iniziato a frignare senza ritegno. 

Lo fa con un tono che, se non sapeste il contesto, pensereste che tipo sto per premere un bottone con scritto 'fine del mondo'.

Ma io sono troppo triste e me ne frego, continuando beatamente a piangere: "È che mi mancano troppo..."

"Non eri felice per Rachele?" mi domanda lei, mettendosi in ginocchio, come se potesse arrestare il mio sfogo con qualche gesto repentino. "Non mi hai detto che sei il suo papà e che è la reginetta più tenera del mondo, o una cosa simile?"

"Sì, ma non è la stessa cosa di prima e non lo sarà mai!" mi lascio scappare, mentre penso che finora è stata dura ripetere a mia figlia il contrario. Ho dovuto farlo per il suo bene, ma chi è che ci crede? Io no di sicuro.

"Coraggio, dai, non fare così..." biascica lei, posando una mano sulla mia spalla, decisamente a disagio. Le andrebbe bene di tutto, ma non dover gestire da sola un tizio in lacrime, di notte, in mezzo un bosco.

Ah-ha. Quello proprio no. Non da Di Mario, assolutamente.

"Mi spiace per te." piagnucolo, egoisticamente, mettendo in secondo piano le sue turbe e in primo le mie. "Ma quando Rachele non c'è, ogni tanto ho bisogno di sfogarmi. Giorgia è una stronza, vero?"

"Sì, hai ragione."

"Ma la capisco! Però è una stronza."

Federica picchietta la mia spalla, cercando goffamente di dare un taglio alla questione: "Puoi anche dire che non la capisci... io non capirei mai ciò che ha fatto."

"Invece è normale!" sbotto, accorato. "È normale che a volte si smetta di amare qualcuno; non è che un figlio congeli i sentimenti e... forse è successo anche a me, forse non ci siamo mai amati o forse sì, io... non lo so, non so queste cose, Federica. So solo che mi manca."

Mi porto le mani al viso, sentendo che il mio pianto si intensifica e maledicendo quella ragazza dagli occhi blu che fin dal primo istante mi ha fatto cadere nella sua rete. Chissà se mi ha mai voluto veramente, o se Rachele è stato l'unico motivo che mi ha tenuto legato a lei per tutto questo tempo.

D'altra parte, che avrebbe mai potuto fare? L'ho messa incinta a sedici anni; non poteva mica mandarmi al diavolo e decidere in tutta tranquillità che avrebbe allevato una bambina da sola! Io mi sono mostrato fin da subito volenteroso di affrontare quell'avventura insieme, e lei ha accolto a braccia aperte il mio aiuto.

Dal canto mio, non sono mai stato sicuro di ciò che provassi per lei. Andiamo, nemmeno la conoscevo quando è rimasta incinta! Però ci ho provato e mi sono affezionato così tanto che ora vivere senza di lei mi sconcerta. Che si trattasse solo di abitudine e non d'amore, questo non lo so. Davvero, non lo so.

So che comunque lei mi piace, è bella ed è una brava mamma. So anche che non posso condannarla per aver deciso di fare altre esperienze e vivere una vita diversa. Dopotutto, siamo giovani e abbiamo bisogno di fare tonnellate di sbagli.

Adesso mi ritrovo a non essere arrabbiato né con lei né con me stesso. Però ci sono giorni in cui ripenso a com'è andata e vorrei che avesse provato a resistere di più. Sarebbe facile cedere alle accuse di Federica e prendersela perché, dopotutto, c'era di mezzo una cosa enorme, che abbiamo costruito a partire da uno sbaglio, essendo poco più che bambini, ma cavandocela egregiamente.

Avevamo fatto un capolavoro... questo mi fa male. Mi fa male che, nonostante tutto, lei l'abbia rinnegato. Mi fa male che lei non abbia avuto la stessa devozione che ho avuto io.

Di fronte a Rachele, tutto questo passa. Per lei, mamma sarà sempre mamma e io mi impegnerò affinché resti così. Non importa quello che fa male a me; mi posso sempre ritagliare un spazio personale per piangere il dolore e dare a Rachele il resto delle cose belle che ci sono state e che continueranno ad esserci nella nostra famiglia.

Poi, in occasioni come questa, quando avrò tenuto duro per troppo tempo e quando il dispiacere del rifiuto diventerà insopportabile, troverò qualcuno a cui scassare le palle e strappare un abbraccio consolatorio nella speranza di sentirmi presto meglio.

Infatti ho abbracciato Federica, di nuovo, sicuramente contro il suo volere.

Ma stavolta, almeno, non decide di scappare.

Rimane un po' irrigidita all'inizio, ma poi si rilassa e ricambia il contatto con un sospiro arrendevole: "Mi dispiace, Marco." dice solamente. "Mi dispiace che tu stia così."

Ed è... già qualcosa, credo. 

Almeno prima o poi anche lei si renderà conto che non mi comporto in un certo modo perché non rispetto la mia famiglia o perché non sono un degno padre. Lo faccio perché sono i miei umili modi di cercare di tenere insieme tre persone senza troppi drammi e sofferenze.

Lo faccio perché non saprei come fare altrimenti, ma comunque avrei preferito di gran lunga che Giorgia non mi lasciasse.

Altrimenti non starei piangendo come un infante, tra le braccia di una che repelle le emozioni.

Federica si stacca da me, rovista nella tasca dei suoi jeans ed estrae un fazzoletto ben piegato e stirato, che mi offre in una tacita implorazione di ricompormi.

"Di stoffa, Frufru?" biascico, inorridito nel prendere l'oggetto tra le mani. "Sei davvero così antica."

"Zitto e asciugati quelle lacrime, ché non ti si può vedere in questo stato."

"Avrei fatto meglio a piangere sulla spalla di un cactus..." mormoro, mentre imbratto il suo bel fazzolettino ottocentesco con le mie scorie.

Quando glielo rendo, lei rifiuta e mi incita a tenerlo per sempre, così mi sforzo di ridere di lei e della sua anaffettività. Potrei rimanere ad autocommiserarmi per ore, in realtà, ma è meglio se mi ripiglio.

"Vedi, posso essere un amichetto modello." le faccio notare, quando finalmente sono riuscito a calmarmi del tutto e tornare normale. "Voglio condividere i miei problemi, piangere sulla tua spalla e sono pure un bravissimo orso abbracciatutti."

"Ora capisco perché è Nelli quella tra le due che ti voleva nel gruppo di amici, da piccoli."

"Ha!" mi porto una mano al cuore, offeso. "Nelli ha molto più gusto di te."

"Nelli è amica di tutti, io sono selettiva." si vanta, forse per aiutarmi davvero a trovare una distrazione, o forse perché ne è veramente convinta. "Mi scelgo le persone con criterio."

Ed è vero, ecco perché poi riesce a gestire la delusione molto meglio di me.

Anche se, comunque, per quanto si sforzi di essere una macchina, è rovinosamente umana, proprio come me, e proprio come me, non sempre riesce a scegliere chi far entrare nella sua vita.

Così ridacchio, decidendo che è meglio alzarsi e tornare indietro, onde evitare che mi scappino considerazioni che potrebbero offenderla seriamente. Raccolgo la felpa da terra e mentre ci avviamo verso casa, mi limito solo a dire: "Beh, belle scelte che hai fatto fino ad adesso, Di Mario."

E lei capisce che mi riferisco a Pierpaolo, così si se la prende per tutto il ritorno e non spiccica più una sola parola.

Era ovvio... ma comunque è vero che Pierpaolo è stato una merda.

La prossima volta ne sceglierà uno meglio... si spera.

*

BREAK ARTISTICO

Grazie Angelica per questo disegno strappalacrime. E' lo stesso usato nel banner del titolo, solo in versione completa: un collage della famiglia che ora non c'è più, ma che Marco vuole a tutti costi mantenere. 

...riuscite a capire perché, ora? :'(

Image and
video hosting by TinyPic

*

"Grazie per la tua calda e affettuosa compagnia." mi sincero di riferirle, una volta entrati nel salotto della villa.

Lei, ovviamente, mi guarda attraverso due fessure arrabbiate: "Ti ricordo che mi ci hai costretto, e io ti avevo avvertito."

"Lo so." alzo le spalle, buttandomici sopra la felpa e sorridendo. "Mi piacciono le sfide."

Federica rotea gli occhi, poi si dirige verso le scale, ma si ferma, notando che io non faccio lo stesso: "Tu non vai a dormire?"

"Mmm... no." rispondo.

"Perché? Non mi dirai che hai ancora poco sonno, saranno almeno le tre e mezzo!"

"Sì, sono stanco, ma..." con una mano dietro al collo, lancio un'occhiata verso la cucina. "Mi sa che mi farò un tè e mi metterò a scrivere una lettera."

"Una lettera? Per chi?" mi chiede, disorientata.

Per Gio, ovviamente.

"Oh, non credo ti interesserebbe." sminuisco con un gesto della mano. "Di solito quando ho qualcosa da dire a qualcuno, lo faccio scrivendo lettere che in realtà non consegnerò mai. Ti stupiresti se sapessi quante ne ho scritte per Rachele, quando ancora non aveva la minima intenzione di perdonarmi."

Federica mi sorprende con un sorriso intenerito e uno sguardo incredibilmente comprensivo, come se in realtà sapesse esattamente di che cosa sto parlando: "Sei davvero un romanticone, Ravasi."

"Invidiosa, eh?" la provoco, con un gesto da strafigo, fiero del suo charme.

Lei si chiude nelle spalle: "A volte... Buonanotte."

"'Notte." le faccio, scuotendo la testa con fare divertito. Anche se non è un granché come supporto morale e ha vedute completamente diverse dalle mie, mi dispiace che mi stia lasciando da solo.

Mi dirigo verso la cucina pensando che magari, un giorno, potrei scrivere una lettera anche per lei. Le direi che potrebbe migliorare il suo carattere e che penso, un po' come tutti, che dovrebbe davvero, davvero, finire a letto con qualcuno. Non perché ogni essere umano lo necessiti, ma perché a lei in particolare farebbe davvero bene.

Se si sciogliesse un po', sarebbe anche quasi simpatica.

"Ehi, Marco!"

Non sono nemmeno giunto alla porta della cucina che mi sento richiamare. Così torno indietro e la vedo in cima alle scale, affacciata in giù, in attesa di me.

"Che c'è?"

Lei mi guarda per un po', come fosse indecisa, poi alza la manica della sua maglietta e strappa il filo colorato che porta al polso. Lo sfila, dunque, e lo lascia cadere dall'alto, in modo che finisca sulla mano che ho allungato per prenderlo.

Fisso quel braccialetto sul mio palmo, inizialmente confuso, poi sorpreso e infine soddisfatto.

Guardo insù: "Sai che hai un polso troppo secco perché possa andare bene a me?"

"Lo so." fa, di rimando. "Ma tienilo. Intreccerò il resto quando avrò deciso che anche tu puoi essere mio amico."

Se ne va, con un sorrisetto un po' da smorfiosa, dandomi le spalle e non aggiungendo nient'altro.

Mmm... quando lei avrà deciso, eh?

Chiudo il braccialetto tra le dita e me la rido da solo. Mi piacciono troppo le sfide... specialmente quando le vinco.


***


ANGOLO AUTRICE

E anche questa piccola parentesi, miei cari, si chiude.

Non posso quantificare il mio dolore in questo momento, perché anche se si tratta di una pubblicazione parallela, di storie brevi e non per forza consequenziali, beh... io mi ci sono affezionata. Nel breve periodo che è intercorso dalla OS 1 a oggi, ho visto nascere, crescere e concludersi questa piccolissima raccolta e... ne vado fiera. Molto fiera. Poi, non meno importante, tutto ciò mi sembra il preludio allo sfacelo che accadrà di qui a poco, quando anche Io e te 3 sarà terminato. Oh, cielo.

Prima di parlare nello specifico di questa os, ci tenevo a lasciare proprio due paroline in onore della raccolta: come sapete, l'avevo iniziata contando di inserirci 10 os, invece è finita oggi con 8 e credo di aver detto, in questo spazio, tutto quello che mi premeva farvi sapere dei personaggi di Io e te. Certo, ho cambiato qualcosa in corso d'opera, ho tolto idee e aggiunto idee, talvolta anche all'ultimo. Vi ho fatto sentire voci mai sentite e altre che invece vi avevano già raccontato qualcosa. Avrei voluto avere il tempo per proporvi anche qualcosina in più, come uno sguardo su Shymée e uno sui cari Cleopatra e Amerigo, ma, purtroppo, per il momento, non riesco a prendere quest'impegno. Ciò non toglie che un domani io possa sempre aggiungere una o due os, oppure che qualcuno di voi possa provare a farlo al mio posto.

E' un argomento di cui abbiamo recentemente discusso nel gruppo Telegram: sappiate che potete sentirvi liberi di scrivere qualsiasi cosa su Io e te, anche una poesia, un racconto alternativo o un approfondimento fantasy su qualcuno/qualcosa che vi è piaciuto in particolare. Non preoccupatevi di stile, genere, o bravura: sono parametri che non contano quando la motivazione che vi spinge a scrivere è autentica e pura passione. Inoltre, lo prenderei come un incredibile dono e, certo, potrebbe anche essere un testo che rientra bene nella raccolta (una long, ad esempio, non potrei inserirla, ma mi piacerebbe comunque!).

Detto questo, spero di avervi lasciato qualcosa di bello. Bello nel senso che vi rimarrà nella memoria e un domani, a caso, vi verrà voglia di venire a rileggere una di queste otto perle. Sarà ovviamente un giorno in cui non siete in voi XD Comunque, ecco, questo è quello che voleva essere la raccolta: una dimensione in più per personaggi che nella trama principale non possono prendersi tutto questo spazio, un momento di leggerezza (o meglio, otto momenti) e, perché no? anche un prolungamento stesso della nostra storia. Finora "Io e te" ha avuto circa sui 21/22 capitoli totali, "Io e te 3", che sarà sempre su quel tiro, vanta in realtà un'aggiunta di ben 8 parti. Non male come volume, eh?

Vi lascio a malincuore senza ulteriori piagnistei. Quelli sono in riserva da sette anni per il gran finale.

Leggete piuttosto, queste domandine sulla os, e scrivetemi come sempre i vostri bellissimi commenti/pareri. A me è piaciuto tanto scriverla e, anche se mi sono resa conto di averlo detto anche delle 7 os precedenti, è sicuramente la mia preferita. Ahaha, coerenza Daffy, coerenza XD

1) Vi aspettavate che avrei riservato l'ultimo spazio di questa raccolta a un narratore come Marco?

2) Che cosa pensate abbia detto Mattia a Marco e Federica, nel cuore della notte, prima di partire?

3) Come giudicate l'unione in amicizia di questi due caratterini piuttosto diversi?

4) Se foste stati in Federica, avreste detto a Marco che il merito della riappacificazione con la figlia è vostro? Perché secondo voi lei non l'ha detto? Lo farà, o rimarrà un segreto che la seguirà nella tomba?

5) Se foste stati Marco, avreste avuto così tanto rispetto nei confronti di Giorgia? Pensate che il suo sforzo di mantenere l'equilibrio familiare funzionerà per sempre?

6) Vi piacerebbe, idealmente, ipoteticamente, follemente, leggere una breve storia sul proseguimento di queste due singolari e disagiate vite?

7) DOMANDA OBBLIGATORIA (scherzo): Qual è, delle 8 os di questa raccolta, la vostra preferita?????

Ragazzi, il tempo è giunto. Io vi saluto, e vi aspetto tra una settimana con il nuovo capitolo di "Io e te 3"

Ah, se è dura, ragazzi.

È davvero così dura.


Daffy


PS: a me tutto questo ha fatto piangere... ecco la colonna sonora del capitolo:

HAPPY NOW - Kygo ft. Sandro Cavazza



***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3754354