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Lista capitoli: Capitolo 1: *** OS 1 - Scienza e religione *** Capitolo 2: *** OS 2 - Mac... chiedi a Cortana! *** Capitolo 3: *** OS 3 - I'll do it my way *** Capitolo 4: *** OS 4 - Niente di che *** Capitolo 5: *** OS 5 - Il bello e le bestie *** Capitolo 6: *** OS 6 - Il tradimento della Belladonna *** Capitolo 7: *** OS 7 - Hallelujah *** Capitolo 8: *** OS 8 - Cara amica ***
“It certainly is a puzzle.” He turned back to the broken road. “But sometimes to find the answer, you have to take a leap of faith.” ― Dianna Hardy, Summer's End
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A
mezzogiorno si sentono i rintocchi delle campane arrivare dalla chiesa
giù in paese e io, come d'abitudine, mi sporgo dal balcone per
ascoltare. Chiudo gli occhi: mi godo i raggi del sole caldo sulla
pelle, l'arietta primaverile, profumata di mare e margherite, e il
pensiero che accompagna questo momento.
Immagino
quando le campane suoneranno per me e Alessandro, fra quattro giorni, e
ci uniranno in matrimonio. Sarà il momento più bello
della mia vita, anche se, onestamente, ancora non ci credo. Non mi
sembra vero.
"Ah, eccoti qua." mi distrae qualcuno, materializzandosi alle mie spalle.
È proprio lui. Il mio quasi marito, che viene a cercarmi ogni dieci minuti, se non mi vede nei paraggi.
Il mio quasi marito... è così strano da pensare.
Purtroppo,
però, balconi di villa Magna sono minuscoli. Esistono
prettamente a scopo decorativo, come espositori di gerani e decorazioni
architettoniche mozzafiato, infatti ci sto a malapena io, che sono
gracile e filiforme. Figuriamoci se uscisse pure lui! Non ci staremmo e
come minimo uno di noi cadrebbe di basso.
Dunque
Alessandro mi mette le mani sui fianchi e mi tira verso di sé,
per farmi rientrare. Prima che io possa dire qualsiasi cosa sullo
spavento che mi ha appena fatto prendere e su quanto abbia disturbato
il mio momento di contemplazione, lui mi chiude la bocca con un bacio e
mi mette una mano sulla schiena per tenermi ben stretta.
Sento
le sue dita allo stesso modo in cui sentivo i raggi del sole: calde,
protettive, impossibili da staccare, se non spostandomi con una spinta.
Vorrei dire lo stesso delle sue labbra e del profumo di margherite, ma
invece puzza intensamente di peperoni, ed è quello che mi
obbliga a staccarmi.
"Bleah! Che ti sei mangiato?"
Alessandro sorride colpevole: "Ile e Patrizia sono in cucina a preparare per il pranzo e io ho fatto un mini antipasto."
"Con i peperoni?"
"Quelli
gialli, non cotti, chiudono i pori della pelle e stimolano la diuresi.
Infatti-" si entusiasma, mostrandomi la mano che finora aveva nascosto
dietro la schiena. "Te ne ho portato un pezzo."
Mi esce un'espressione molto tirata: "Grazie, amore."
Prendo l'ortaggio tra l'indice e il pollice e sento già il mio stomaco urlare.
"Che c'è? Non ti va?" domanda Alessandro. "Oppure ti dà la nausea? Non è che per caso..."
Gli occhi color zaffiro del mio fidanzato volano verso il mio ventre, speranzosi, agitati e curiosi.
Gli
mostro un'espressione seccata: per quanto mi dispiaccia dirlo, è
decisamente tardo. E in alcuni casi addirittura fastidioso.
Finalmente se ne accorge e cambia radicalmente faccia: "Oh, scusa!"
Non
so se lo faccia apposta, o se sia inconsciamente così
indelicato, in ogni caso io ho accusato il colpo. Il mio buon umore
è ormai andato a farsi friggere, così mi volto di spalle
sospirando, tornando a fissare la luce del sole che filtra dal balcone,
stavolta con malinconia.
Non
posso passare cinque minuti di felicità, senza che torni questo
pensiero a farmi visita. O me lo ricorda Alessandro con la sua
ingenuità, o vedo Cris e il suo pancione stratosferico, oppure
mi passano davanti quelle tre pesti correndo e urlando e io... be', ci
penso.
Penso al fatto che sono sterile e che di bambini, molto probabilmente, non ne avrò mai.
L'ho
scoperto abbastanza recentemente, ma era svariato tempo che lo
sospettavo... chissà, forse perché ormai il mio lavoro fa
sempre parte della mia vita, o forse perché, semplicemente, una
donna queste cose le sente. Quindi ho fatto i test, segretamente, e ho
ricevuto la notizia. Per un po' l'ho tenuto solo per me, ma poi non ce
l'ho più fatta.
Alessandro come l'ha presa?
Non lo so, mi sta ancora fissando la pancia.
"Non
accadrà un miracolo, mi dispiace." lo stronco, mettendo in bocca
il pezzo di peperone e masticandolo nervosamente. "Ne abbiamo
già parlato."
Lui percepisce subito il drastico cambio di umore e cerca di recuperare la situazione: "Dai, amore, scherzavo. Stavo solosperandoin un miracolo."
Appunto.
Ancora più depressa, abbasso lo sguardo e fisso il tappeto persiano del soggiorno.
Io,
ad essere onesta, non sono sconvolta dalla mia condizione. Ma lui
sì. E non lo vuole dare a vedere, ma io so che nel profondo del
cuore ne soffre come non mai. Alessandro voleva una famiglia; era la
sua massima aspirazione nella vita, dopo la scoperta della crema anti
pori perfetta.
"Ehi..." posa il pollice sotto il mio mento e mi alza il viso. "Scusami, non volevo farti stare male."
"Mi
sembrava di averti detto che se continui così, non fai altro che
farmi sentire in colpa, quindi perché continui?"
"Non lo faccio apposta."
"Ma lo fai."
Quando
gli ho dato la notizia, avrei di gran lunga preferito scappare e non
farmi vedere mai più. È successo circa sei mesi fa e
sebbene per me non fosse una tragedia, ho pensato a lui e a quanto
desiderasse un figlio. Sapere di non poterglielo dare mi ha
inizialmente spaventato a morte; avevo paura di averlo deluso e che non
volesse più continuare a stare con me.
Lo
so che non dovrei affatto sentirmi in colpa per ciò che mi
è capitato, dopotutto è umanamente possibile e io stessa
un figlio non avrei saputo se volerlo o meno, ma così...
così è tutto più complicato. Temo che la gente mi
veda diversamente, che mi compatisca, che mi pensi in difetto. Temo che
quando lo sapranno i miei amici, l'affronteranno come una tragedia.
Temo che quando lo sapranno i miei suoceri, mi ripudieranno. Temo che
Alessandro prima o poi lo dirà a qualcuno, e poi mi
lascerà.
Non
ascoltare gli altri, dicono... sì, ma non è facile. Non
è affatto facile, se sei Gloria Ferrucci e hai passato buona
parte della tua vita temendo l'opinione altrui.
"Perché
tu sei la donna della mia vita e pensarti incinta mi farebbe salire al
settimo cielo." si giustifica Alessandro, sfoderando le solite frasone.
"Quindi lo desidererò per sempre e continuerò a sperare
in un miracolo, ma allo stesso tempo sono comunque felice, Glo."
afferma, avvicinandosi ancora di più al mio volto. "Sono felice."
Non lo so, non lo so davvero.
Io
sono una persona insicura. Brava, intelligente, educata, ma insicura.
Quando si parla delle relazioni con gli altri, do davvero il peggio di
me e non so mai come comportarmi. Certo, questo lato del mio carattere
era molto più forte un tempo, poi è arrivato Alessandro e
mi ha aiutato a smussarlo, a credere in me stessa. Ma il punto è
che credo altrettanto fortemente che non cambiamo mai.
Quando
succedono questo tipo di cose, poi, ne ho proprio la conferma. Quando
c'è un cambio di piani, o un evento negativo, quella parte di me
riaffiora, perché, fondamentalmente, non se ne va mai per
davvero. Io sono così e, sebbene sia riuscita a migliorare
tantissimo, non sarò mai troppo diversa da come sono stata
creata.
Essere
sterile fa parte di me, lo sento. In fondo, non ho mai desiderato
bambini, o sentirmi mamma. Però questo mi fa essere
terribilmente diversa dalla maggior parte delle persone, e in
particolare proprio da quella con cui mi sto per sposare. Lui sogna in
grande, io in piccolo, lui vuole una famiglia, io non posso averla, lui
crede nel matrimonio, io no.
Ok
quella del matrimonio è un'ulteriore faccenda che va ad
aggiungersi allo scoraggiamento attuale, ma non fraintendetemi; sono al
settimo cielo per il fatto che di qui a poco mi sposerò.
Quello
che voglio dire è che per me è un contratto come un
altro, una cerimonia come un'altra. Certo, sarò nervosissima e
tesissima e poi contentissima, nel fatidico giorno, ma se ho
acconsentito a farlo, è solo per lui. Di base, non sarei fatta
per queste cose, perché non mi accontento delle conferme
convenzionali e perché le vere conferme me le devo cercare da
sola, in altri modi e in molto tempo. E possibilmente con metodi
scientifici.
Eppure...
eppure non potevo dire ciò ad Alessandro e smontargli
l'eccitazione per il matrimonio. Ho acconsentito, e l'ho fatto
volentieri, perché farei qualsiasi cosa per lui. Quanto amo
questo ragazzo nessuno potrà mai quantificarlo davvero, anche
se... è vero, ho sempre paura che possa finire. E non
perché non mi fidi di lui o di me stessa, no, ma perché,
semplicemente, ho paura.
Sono fatta così. Sono insicura. Anche sulle sicurezze della vita. Da sempre.
"Senti."
dice, spingendomi con l'anca contro una colonna del soggiorno. "Ti
ricordi quando abbiamo fatto l'amore sul vestito di mamma?"
"Ah-ha." annuisco, leggermente preoccupata dalle sue azioni.
Alessandro ha infilato le mani sotto la mia maglietta e continua a premere contro il mio bacino. Qui, nel salotto della villa.
"Amore, c'è gente in giro..."
"Ma
sì." fa spallucce. "È stato epico quella volta, ti
ricordi? Ti ricordi il rumore delle molle del letto e mamma e
papà ospiti nella stanza a fianco? E quando ci siamo accorti
della macchia e abbiamo tentato di tirarla via con l'intruglio di
detersivi che avevi creato?"
"Era una miscela omogenea di solventi."
"È stato come nel film di Mister Bean dove lui cancella la testa della tipa nel quadro."
"La madre di Whistler."
"No, Mister Bean."
"Il quadro, amore. Il quadro èLa madre di Whistler."
"Ah.
Comunque, anche se faceva ribrezzo e puzzava di vecchio, vederti quel
vestito addosso è stato uno dei momenti più eccitanti
della mia vita."
"Ti ecciti con poco."
"Non
dire sciocchezze." dice, continuando ad accarezzarmi la schiena. "Se
non fossi stato così preso, come minimo mi sarei ricordato di
mettere il preservativo. E se tu non fossi stata così presa..."
"Te l'avrei ricordato, ok. E con questo?" sfiato, controllando che non arrivi nessuno.
"Con
questo..." con la sua guancia, sposta il mio volto e poi lo fa arrivare
a mezzo centimetro dal suo. "Intendo dire che abbiamo fatto l'amore
senza protezioni sul vestito di nozze di mia madre ed è stata
una mezza cazzata, ma in realtà anche no. Mi fai perdere la
testa e non mi importa di niente quando sto con te, ok? Ed è lo
stesso anche per te, ammettilo. Tu puoi abbandonarti a me, ti puoi
fidare, ogni volta che vuoi. Sempre."
"Non è che non mi fido..."
Alessandro
mi bacia di nuovo, appassionatamente e si insinua attorno alle mie
forme con bramosia. So perché lo sta facendo: percepisce il mio
momento di sconforto e cerca in tutti i modi, con tutti i mezzi che ha,
di farmi stare meglio.
È così semplice e ingenuo, ma se non ci fosse lui, sarei persa.
Termina
il suo bacio con un'affermazione: "Se dopo quella volta del vestito
fossi rimasta incinta, ne sarei stato felice. Se non fossi rimasta
incinta, idem. Se non rimarrai mai incinta, idem con patate. Io ti sto
per sposare, Glo. Chissenefrega del resto."
Lascio
perdere il monitoraggio della zona e lo fisso negli occhi, così
vicini ai miei che sicuramente sto per diventare strabica: "Lo so."
Lui evidentemente nota il buffo sforzo delle mie pupille, così fa una mezza risata e mi sfila gli occhiali da vista.
È un gesto che mi fa sciogliere ogni volta.
Mio Dio... lui mi fa sciogliere ogni volta.
"Ma non sei mai sicura di me."
"No! Non di te..."
"Glo..."
non demorde affatto e continua a rassicurarmi, con la semplicità
e la spensieratezza che lo caratterizzano. Ho sempre invidiato questo
aspetto di lui: ho sempre voluto essere così spontanea,
così non curante degli altri e allo stesso tempo una persona che
sa piacere. Bella fuori e bella dentro... una persona al cento per
cento se stessa.
"Io
voglio solo sposarti, te lo giuro, e desidero il meglio con te e per
te. A questo punto che altro devo fare perché tu mi creda? Non
sono solo le battute sull'essere incinta... c'è dell'altro, no?"
Sospiro, ansiosa, e fisso i miei occhiali posati sul tavolo.
Sì, c'è sempre stato dell'altro. Con Alessandro, sempre.
Quando
andavo a scuola, passavo gran parte del tempo sul mio banco in prima
fila. Avevo il naso così tanto ficcato nei libri per non dovermi
guardare attorno, perché avevo paura di tutto e tutti,
perché mi sentivo inadeguata. Non avevo gravi traumi familiari
alle spalle, anzi, la mia famiglia è sempre stata un'ottima
famiglia, ma i miei incubi peggiori avevano luogo proprio tra le mura
scolastiche, dove subivo spesso atti di bullismo.
Per
carità; nessuno mi aveva mai messo la testa nel water o rubato
la merenda, per fortuna, però venivo costantemente trattata come
la pecora nera della classe. Le bambine si voltavano al mio passaggio
per ridacchiare, i bambini mi consideravano la più brutta e si
schifavano di aver a che fare con me. Ero troppo secchiona e
quattrocchi per piacere e troppo timida e silenziosa per trovare
un'amichetta. Insomma, ero la classica sfigata, perché
sì... perché lo sembravo e perché faceva comodo
averne una.
I
miei compagni si dividevano in esclusivi club e puntualmente mi
escludevano, non venivo invitata alle feste di compleanno e le mie
giornate di scuola erano solo... giornate di scuola.
Alle
medie è stato più o meno lo stesso, solo che mi ero
abituata, ormai. Ero partita direttamente con la consapevolezza che non
mi sarei trovata bene e quindi fu un po' più sopportabile.
Continuavo a non avere amici, ma almeno diventavo sempre più
brava in tutte le materie e avevo deciso di dare tutta me stessa per
avere la media più alta della scuola.
Non era l'attività più divertente del mondo, certo... ma almeno mi distraeva. E mi dava qualche soddisfazione.
Così
cominciai il liceo che ero Gloria il super genio e quando lo finii,
presi un bel cento e lode. Coltivare la passione dello studio mi
è indubbiamente servito e ha fatto di me la persona che sono,
però nel frattempo, in quei cinque anni, è successo
qualcosa che non mi sarei mai e poi mai aspettata in tutta la vita.
Ormai
mi ero davvero conformata all'immagine che i bulletti avevano creato di
me: brutta, sfigata, nerd, sola. E per il primo anno di liceo ero
talmente convinta di esserlo che nemmeno mi sforzavo di interagire con
i miei compagni. Tanto, a che sarebbe servito?
Poi
conobbi alcune ragazze, Cristiana, Federica, Marinella e Ilenia, che mi
fecero sentire per la prima volta parte di un gruppo. Era bello, ma era
comunque difficile non pensare che fossimo amiche perché eravamo
nella stessa classe e, bene o male, ci si dava una mano a vicenda. Ero
alle superiori, dopotutto, sapevo che ci poteva essere la
possibilità di crescere un po', ma ero comunque sempre troppo
intimorita per lasciarmi andare con loro, per partecipare alle feste
dove c'erano anche dei ragazzi, o semplicemente parlare di ragazzi.
E
quando un giorno una di loro mi disse che era evidente che piacessi ad
Alessandro Magno, io scoppiai letteralmente a ridere come un'isterica.
Non
era umanamente possibile, dovevano aver avuto delle allucinazioni, o si
guardavano troppi telefilm, perché non poteva essere vero che il
più bello della classe, e quasi della scuola, fosse interessato
a me.
Loro
dicevano di sì, d'altronde loro si leggevano tutte le fanfiction
esistenti sullo stronzo di turno che ama la sfigata di turno, ma io non
ci potevo credere. Non capite, per me era come scienza vs religione,
dove io ero la scienza e le loro opinioni la religione.
Alessandro
Magno era il ragazzo più quotato della scuola, dopo Lionel
Sanchez. Era stato rappresentante della classe, e poi dell'istituto,
era in prima pagina sui giornalini di Eva e, come se non bastasse, si
era pure messo assieme a Vacca.
Cioè, a Veronica.
Che
poi ci stesse davvero, o solo per sport, questo non l'avevo mai capito,
ma ehi... chi ero io per essere anche solo messa sullo stesso piano di
Veronica Rinaldi? Lei era la più ricca, la più social e
la più alla moda della classe. Dava feste a cui la gente avrebbe
pagato un rene per partecipare e, anche se non era uno schianto, era
comunque molto più gradevole di me, che al contrario ero sempre
stata uno stecco pallido e occhialuto.
Come un ghiacciolo Liuk con gli occhiali da vista, pensate che bello spettacolo.
Però
le mie amiche erano sempre più insistenti e io, di rimando,
sempre più sfuggevole a loro e allo stesso Alessandro.
Con
lui non c'era mai stato rapporto, almeno dal mio punto di vista. Si era
sempre dimostrato un ragazzo sicuro di sé, uno che faceva
esattamente quello che pensava, e a causa di ciò anche piuttosto
antipatico e superficiale. Proprio per questo non mi stupivo quando a
volte non mi calcolava e altre volte, invece, prendeva le mie difese
come se fossimo stati amici da una vita. Pensavo che lo facesse
più per dare fastidio a Vacca che altro, o semplicemente
perché preda delle sue tipiche manie di grandezza.
E invecec'eradell'altro. C'era dell'altro oltre a quello che vedevo, ma non solo di lui, anche di me.
Quanto
a lui, c'era qualcosa di nascosto sotto tutta quella autostima, ed era
semplice spontaneità. Alessandro era così perché
era così, si comportava esattamente nel modo in cui gli veniva
naturale comportarsi, e solo anni dopo avrei capito che piacere a se
stessi non è un difetto, ma una fortuna. Magno non era un
ragazzo antipatico, solo fortunato. Molto fortunato.
Quanto
a me, non riuscivo a convincermi di poter essere apprezzata da
qualcuno, non sapevo che mentre io tenevo gli occhi puntati sui libri,
qualcuno li tenesse puntati su me, non ritenevo che essere timidi e
chiusi avesse anche dei lati positivi. Pensavo di essere sbagliata e di
non potermi fidare di nessuno che dicesse il contrario; soprattutto se
questo qualcuno era Alessandro, bello e impossibile, Magno.
Ma dovetti ricredermi.
Ho
fatto una fatica terribile a lasciare che lui entrasse nella mia vita,
ma piano piano ci è riuscito... e ha cambiato tutto. Dal momento
in cui ha ammesso davanti a un microfono che io, proprio io, Gloria
Ferrucci, potevo fidarmi di lui, a quando si è inginocchiato di
fronte a me chiedendomi di sposarlo (be', la seconda volta, non la
prima, perché la prima è andata male), è stato la
persona più importante di tutta la mia vita.
Mi
ha dato la sicurezza per mandare a quel paese i bambini idioti che mi
prendevano in giro, mi ha permesso di credere in me stessa e ha aperto
il mio cuore di fronte a un sentimento che non avrei mai creduto di
poter provare: l'amore.
Una delle classiche fanfiction dove lo stronzo di turno ama la sfigata di turno? Non lo sapremo mai con certezza.
Come
dicevo prima, siamo quello che siamo, indipendentemente dalle
esperienze che facciamo e dalle persone che incontriamo. E soprattutto
alla luce delle esperienze e delle persone che fanno parte della mia
vita, avrò sempre paura. Avrò sempre paura di perderle,
di deluderle, di non essere adeguata, di non essere abbastanza.
Avrò paura di tornare la Gloria bambina circondata da gente che
non l'apprezza.
Ecco cos'altro c'è oltre a Gloria.
"C'è
che ho sempre avuto la sensazione di non meritarti." snocciolo infine,
guardando Alessandro e vedendolo sfocato. "Non so perché... o
forse sì, perché tu sei tu e io sono io. E ogni volta che
succede qualcosa di bello, non mi sembra vero, e ogni volta che succede
qualcosa di brutto, ho paura che sia finita."
Alessandro ride e annuisce, ma non parla. Ho detto qualcosa con cui è d'accordo. Forse pensa esattamente lo stesso di me.
"Sai come la chiamo io questa?" rilancia dopo un po', quasi con allegria.
"Come?"
"Ansia da matrimonio."
"Ah sì?"
"Già."
Incrocio le braccia: "Quindi io soffro perennemente di ansia da matrimonio?"
"Può darsi." è il parere dell'esperto. "Ed è anche per questo che ti amo. Non cambiare mai, Glo."
Alessandro
afferra delicatamente i miei occhiali da vista e me li rimette addosso,
aggiustandoli sul mio naso. E io torno a vederci, a vederlo, nitido.
Alla fine, gli vado bene così.
Gli
vado bene insicura, impaurita e sterile. Gli vado bene anche se sono
una nerd quattrocchi, anche se non sono la popolare Vacca, anche se non
posso dargli quello che vuole di più al mondo e dubito di
tutto.
Io
non vedo l'ora di sposare quest'uomo... e sì, sarà anche
solo una firma che non placherà le mie paure, però almeno
avremo fatto un altro passo insieme nel percorso della vita. E chi
potrà mai prevedere il futuro? Chi potrà sapere se un
domani vorrò provare a risolvere il mio problema, se
sentirò il bisogno di diventare mamma, o se, magari, adotteremo
un pargoletto.
Dal
mio passato almeno una cosa l'ho imparata: non si deve mai dare nulla e
nessuno per scontato, men che meno sé stessi. E anche se non
cambieremo mai, possiamo sempre trovare qualcosa o qualcuno che ci
faccia sentire felici di come siamo.
Non cambiare mai, Glo.
Sono forse le parole più belle che mi abbiano mai detto.
"Scusate se interrompo il vostro scambio di sguardi arrapati, ma noi saremmo qui da cinque minuti."
Chi ci ha così brutalmente interrotti è Marinella Argenti, la nostra testimone di nozze.
Date
queste premesse, è difficile credere che possiamo aver scelto
proprio lei per salvaguardare la nostra unione civile e religiosa,
eppure eccola qui.
Nessuno
sarebbe stato più adatto per il ruolo. In un certo senso,
è anche merito suo se ora stiamo per sposarci, dato che è
stata un cupido non da poco, ai tempi in cui ancora cercavo prove
scientifiche per le sue fantasie amorose su me e Magno. Forse lei
è la persona che più al mondo si lascia coinvolgere dalle
relazioni: le sue, quelle degli altri, quelle inventate,... tutte.
Marinella è assurda. Ma è anche una delle prime, e delle poche, che abbia mai considerato una vera amica.
"Volevo
parlarvi di una questione seria. Possiamo farlo ora, oppure...?" ci
indica, si sofferma sulla mia maglietta mezza alzata e poi inclina la
testa con fare allusivo.
Alessandro
si passa una mano tra i capelli, che riflettono la luce facendolo
sembrare ancora più biondo: "Nelli, tu non disturbi mai. Io e
Glo ci stavamo solo godendo uno degli ultimi momenti pre-matrimonio."
"Magno,
è una vita che vi godete momenti pre-matrimonio." ribatte lei,
maliziosa, e si mettono tutti a ridere. Tuttavia io mi sento in
imbarazzo e sviando lo sguardo, mi accorgo che Nelli non è sola.
"Questo è Sayid." presenta il ragazzo ad Alessandro, che non l'ha ancora conosciuto, e si stringono la mano.
Con
me tale Sayid ha già scambiato i convenevoli questa mattina,
quando me lo sono ritrovato inaspettatamente davanti alla villa, ma si
ripresenta comunque e mi dà un'ennesima conferma scientifica sul
fatto che, come tizio, non mi piace per nulla.
Non
capisco che sia venuto a fare qui, quale senso abbia partire da New
York per recuperare un'ex di cui non te ne è fregato nulla per
un mese, che ora si trova in Italia, a un matrimonio di amici. Non
riesco a trovare una logica dietro la sua presenza e quando io non
trovo una logica, molto spesso, effettivamente, non c'è. O
c'è dell'altro.
Sayid
ci sta guardando con fare speranzoso, le mani unite in grembo e una
postura tutto sommato composta. Nonostante la mia diffidenza, non posso
negare che sia un ragazzo piacevole alla vista e sicuramente molto
profumato.
È tutto il contrario di Nelli... e non perché lei puzzi, ma perché, in genere, compostanon
è uno degli aggettivi che useresti per descrivere la mia amica.
Se Sayid sembra quasi rappresentare la calma e il controllo sulla
situazione, a confronto Marinella dà una leggera sensazione di
caos e apocalisse.
Marinella
sta per dire qualcosa e illuminarci sul perché della loro
presenza, ma Sayid la precede: "Potrei fermarmi qui alla villa e
partecipare al vostro matrimonio?"
Come, prego?
La
prima che fisso allibita è Nelli, la quale a sua volta è
rimasta interdetta dalla prontezza di Sayid, ma, effettivamente, non mi
sembra così sconvolta.
Scusate,
che cosa sta succedendo? Nelli dovrebbe essere oltraggiata dalla
richiesta di Sayid. È il suo ex fidanzato che l'ha trattata
malissimo, che l'ha mollata da sola e in difficoltà a New York e
che ora si ripresenta senza il minimo preavviso pretendendo di
rientrare nei fatti suoi!
"Certo che puoi restare."
Il mio quasi marito, come vi dicevo, alle volte è proprio tardo, e parla a caso.
"Amore!"
gli do un pizzicotto dietro alla coscia, ma lui non ne capisce il
motivo, e mi guarda smarrito, e anche un po' risentito.
Oh, Alessandro!
Sicuramente
non ha effettuato un minimo di ragionamento prima di acconsentire alla
proposta di Sayid, ma non si sta rendendo conto di che cosa
significherebbe.
"Un
momento, scusate, fermiamoci e pensiamo." mi faccio avanti allargando
le mani e cercando di prendere il controllo della situazione. "Nelli,
tu sei d'accordo con tutto ciò?"
"Vi
volevo spiegare." annuncia, lanciando un'occhiataccia a Sayid. "Io e
Sayid ci siamo chiariti. Glo, credimi, tra noi è tutto a posto e
siamo amici, ora. Semplicemente Sayid non ha pianificato come tornare a
casa e quindi dato che è qui, gli ho proposto di restare per il
matrimonio."
"Tu l'hai proposto a lui."
"Esatto."
E Mattia?Vorrei chiederle impanicata, ma non credo che sarebbe molto carino.
Cerco comunque di riformulare: "Marinella, forse non è la soluzione ideale per voi due..."
"Gloria."
Sayid si schiarisce la voce e mi interrompe, gentilmente,
assicurandosi, con uno sguardo di scuse, di non passare per un
maleducato. "Non vorrei dare fastidio. Io posso tornare a casa. Volevo
solo avere tempo per parlare con Marinella e sistemare la situazione,
di persona. Però capisco che il posto è vostro ed
è il vostro matrimonio. Non voglio disturbare."
"Ma
non disturbi!" si anima Alessandro, il quale probabilmente continua a
concepire villa Magna come un hotel di cui lui è il gestore,
dato che potrebbe essere la sua futura occupazione.
Il
che rappresenta un problema non da poco, perché Alessandro, con
la sua benedetta ingenuità, sta mettendo a repentaglio tutti i
piani. Tutti! Non possiamo accettare che Sayid resti.
"Amore,
non credi che forse potrebbe aggiungersi solo carne al fuoco?" gli
domando, facendogli l'occhiolino di nascosto agli altri due. Poi torno
a rivolgermi a Sayid come fosse un bambino da istruire: "Voglio dire,
nulla di personale, Sayid, ma io e Alessandro ci sposiamo anche per
provare ai miei suoceri che possono passarci la proprietà di
villa Magna, così mio marito avrà un lavoro. Ci sono
già state svariate complicazioni, la fiducia dei signori Magno
vacilla molto e non vorremmo che con l'aggiunta di un altro ospite il
lavoro aumentasse. Sai com'è, già stiamo cercando di
risistemare il giardino per poter ospitare gli invitati, abbiamo dovuto
improvvisare un po' di situazioni e..."
"Oh, ma io potrei aiutarvi." se ne esce lui.
Senza sapere, ovviamente, che il suo aiuto non lo vogliamo.
Ma
continua imperterrito e convinto di poter dare qualche valore aggiunto
al nostro gruppo: "Ce l'avete già un... come si chiama, Nelli? Unentertainer?"
"Un intrattenitore?" mi acciglio.
Alessandro ride: "C'è Diego."
"Io posso cantare." specifica Sayid. "Canto sempre ai matrimoni dei miei amici e parenti."
"Beh,
Sayid ha una voce bellissima." aggiunge Nelli, che si fa garante delle
abilità altrui, come sempre quando vuole ottenere qualcosa.
Ok,
va bene, siamo onesti: in effetti un cantante non ce l'abbiamo, ma a
che cosa serve un cantante ai matrimoni? Sanjay ha le casse super
potenti, Davide ha creato una playlist divertentissima e Lionel
insegnerà i balli caraibici alle ziette frustrate. Non serve
veramente a nulla.
"Che cosa canti?" si incuriosisce Alessandro.
"Oh, di tutto. Principalmente arabo e americano, ma in italiano ogni volta propongoVolare che mi piace un sacco."
Wow, originale.
"Ce
l'hai Sinatra nel repertorio americano?" domanda Alessandro,
mostrandosi seriamente interessato e consapevole della domanda appena
posta.
Il
che mi stupisce e non poco. Innanzitutto, non pensavo nemmeno che
sapesse chi è Sinatra. E poi, soprattutto, mai avrei immaginato
che che gli interessasse.
Per tutta risposta, mentre io e Nelli ancora ci interroghiamo sull'uscita di Magno, Sayid si mette a cantare un pezzo diMy Way.
E sì, senza che nessuno gliel'abbia chiesto, a pieni polmoni nel
salotto di villa Magna, muovendosi esattamente come Sinatra, fingendo
di stringere fra le mani l'asta di un microfono.
"Oh
mio Dio!" Alessandro impazzisce. "È il cantante preferito dei
miei! Al loro matrimonio avevano in sottofondo l'intera colonna sonora
di Frank Sinatra! Sarebbero al settimo cielo, Glo!"
"Sembri una directioner." gli fa notare Nelli.
"Andiamo, è pazzesco!" esulta lui. "Sayid, sei assunto."
Nooooo!
"Amore..." tento nuovamente, ma lui nemmeno mi dà ascolto.
È chiaro che ormai sono sola contro tre persone e che sto combattendo una battaglia persa.
Infatti
la mia uscita è del tutto inutile: Alessandro si è
già prostrato ai piedi di Sayid con gli occhi a cuoricino, Nelli
è presa dall'orgoglio per essere riuscita a far piacere il suo
amico e a me non resta che fare un discorsetto al mio fidanzato,
più tardi. Io ho fatto del mio meglio, lo giuro, ma ormai la
frittata è fatta. Sayid sarà ospite di villa Magna per
questi ultimi giorni e Mattia Zingaretti non ne sarà affatto
felice.
"C'è la mansarda libera." dice Alessandro al nuovo ospite. "Puoi mettere giù le tue cose e dormire lì."
"Grazie infinite." fa Sayid, a mani congiunte. "Sarà un onore partecipare e cantare al vostro matrimonio."
Lancio un'occhiataccia a Nelli, un'occhiataccia davvero minacciosa, per quanto io possa risultare tale.
Lei
impallidisce un po', ma solo perché Magno ha assegnato a Sayid
la mansarda, e non perché si sente davvero pentita di aver
parcheggiato qui il suo ex. Mi chiedo cosa ci abbia combinato in quella
mansarda, anche se non risulta troppo difficile immaginarlo e,
comunque, mentre i due uomini fanno i directioner, io me la prendo in
disparte per coprirla di improperi.
"Che
problemi hai?" le ringhio addosso, non sembrandomi nemmeno me stessa.
Io non sono mai così aggressiva e maleducata, ve lo assicuro, ma
stavolta Marinella se lo merita!
Infatti risente del mio tono e mi guarda con aria colpevole: "Perché dici così, Glo?"
"Sayid non può restare qui!"
"Perché?"
"Perché è il tuo ex!"
"E
quindi?" mi affronta bonariamente, proprio come qualcuno che sul serio
percepisce la situazione in modo totalmente innocuo. Be', innocuo lo
sarà per lei, certo, ma non per noi. Solo che non glielo posso
dire.
"Marinella..."
cerco di utilizzare le parole con saggezza. "Sayid potrebbe essere una
figura mal vista, dopo quello che ci hai raccontato di lui."
"Io non ho raccontato mai nulla di lui."
"Be', ce l'ha detto Eva."
"Chiaramente."
sbuffa. "Ma comunque non conta; per me Sayid è solo un amico,
adesso. Anzi, per essere precisi, uno che l'amicizia se la deve
riconquistare. Non vedo dove sia il problema, se il posto c'è e
Magno è d'accordo; dopotutto, inizialmente, era lui l'invitato
che avrebbe dovuto accompagnarmi."
Nelli e le sue obiezioni mirate...
Incrocio le braccia: "Non precisamente."
"Mi vuoi dire che sapevate benissimo che non sarebbe venuto, grazie al vostro piano a prova di scemo?"
"Quale piano?"
"Quello di far ricongiungere le due metà di un cuore spezzato, obbligandomi, attraverso l'inganno, a rivedere Mattia."
"Beh..."
"Gloria."
si rasserena, sorridendomi e posandomi le mani sulle spalle. "Senti,
non sono arrabbiata per il fatto che mi abbiate incastrata, ok?
Né per essere stata usata come pedina in un grande marchingegno
che i miei amici hanno messo a punto per me. Anzi, se devo essere
sincera, ve ne sono quasi grata."
Eva
passa per il salotto in questo momento e si ferma di botto, per
intromettersi nella discussione: "Fase cinque, Argenti. Finalmente ci
sei arrivata. Brava."
Nelli
sta per picchiarla, così lei si dilegua salutando con un: "Di'
al tuo ex che è il benvenuto e che ci mancava un deodorante per
ambienti umano!"
Tutto
questo mi confonde e mi sconcerta, ma sia io che Nelli decidiamo di
ignorare la questione Eva e proseguire il nostro faccia a faccia.
"Gloria,
io sto facendo tutto ciò perché finalmente, dopo anni e
anni, sono felice." mi rivela accoratamente, con uno sguardo che,
effettivamente, non le vedevo addosso da tantissimo tempo. "Voglio
ricomporre la mia vita, pezzo per pezzo, in tutto e per tutto."
Sentire
ciò mi colpisce davvero nel profondo: era almeno dalla quinta
superiore che Marinella Argenti non si mostrava nella sua forma
più spontanea. E dopo tutti i discorsi sulla spontaneità
che vi ho fatto prima, capirete bene che io me ne intendo. Nelli sembra
sul serio felice, serena, innamorata. Sembra quasi cresciuta, come se
solo guardandola, si capisse che ha fatto un passo cruciale, che ha
raggiunto una consapevolezza da cui non potrà più
sottrarsi.
Marinella è un'adulta. Lo sto pensando per la prima volta.
E
non posso sapere che cosa l'abbia spinta così in avanti, ma
posso ipotizzarlo, e, improvvisamente, mi sento più tranquilla
riguardo quanto appena accaduto. Sono una persona di scienza, ma in
rari casi, posso anche fare un atto di fede.
"Ok." le sorrido.
"Sayid resta?"
"Sayid resta." confermo. "Ma tu lo ami ancora?"
"No." mi risponde. "Io amo Mattia."
***
ANGOLO AUTRICE
Scusate se ho pubblicato questa OS con un giorno di ritardo, ma sono stata incasinatissima :'(
Spero che vi sia piaciuta e che finalmente abbia soddisfatto le
richieste di chi voleva leggere da questo punto di vista in
particolare, o, più in generale, riguardo quest'amata coppia.
So che forse avrete letto qualcosa di non troppo felice riguardo la
nostra Gloria, ma come vedete non costituirà affatto un problema
insormontabile. A questo proprosito, ci tengo a precisare che quello
che leggerete nelle OS di questa raccolta sarà sicuramente
arricchente nei confronti della storia principale, ma non sarà
indispensabile per capirne la trama. Se vi andà di continuare a
leggere solo "Io e te 3" e non le varie OS, potrete tranquillamente
farlo senza che questo comprometta la comprensione dell'opera. Anche
se, secondo me, leggere qualcosa in più sarà sicuramente
divertente e vi permetterà di godervi una vicenda a 360°,
magari affezionandovi a pg che non avreste mai nemmeno considerato
interessanti.
La prossima OS in programma è prevista per lunedì
prossimo, sebbene vi avverto già che sarà più
probabile che esca il martedì 27, dato che mi si stanno
accavallando diversi impegni per il 26. Ma comunque vi lascio un bel
calendario come linea guida XD
26/03: OS n. 2
29/03: OS n. 3
05/04: OS n. 4
13/04: capitolo 15 di "Io e te 3"
Approfitto di questo spazio anche per ringraziarvi infinitamente della
vostra partecipazione al compleanno di "Io e te". Venerdì
scorso, il 16 marzo, ci sono stati due eventi che ci hanno fatto
divertire, proprio in occasione di questa ricorrenza. Uno è
stato la pubblicazione di una OS relativa a "Io e te 1" dove finalmente
il nostro personaggio maschile per eccellenza ha parlato (LINK: https://www.wattpad.com/545355184-io-e-te-%C3%A8-grammaticalmente-scorretto-il-mio),
e l'altro è stato il quiz di compleanno che vi permetteva di
vincere svariati premi, tra cui uno spoiler di quanto appena letto qui
sopra XD
Mi ha stupito tantissimo che abbiate provato a fare il quiz in ben 98 persone. Non l'avrei mai pensato!!
E tra l'altro, siete stati bravvissimi! In ben 92 avete risposto
correttamente a più di 20 domande su 31, il che significa che
ormai siete più esperti di me su questa storia U.U
Visto il vostro supporto e il grande successo dell'iniziativa (che
ripeto, è stata suggerita dalle ragazze del gruppo Telegram), ci
sarà sicuramente un altro test, stavolta un test sulla
personalità, dove ognuno di voi potrà vedere a quale
personaggio di "Io e te" somiglia di più. #staytuned
Solo che, a partire da oggi, i premi non saranno più validi,
perché erano stati messi in palio per festeggiare il compleanno
XD
Ragazzi, non vi annoio oltre e non vi lascio domande, per questa OS. Mi
piacerebbe capire in generale se vi è piaciuta, se desideravate
leggere di Magno e Gloria e come avete preso le informazioni ultra
segrete che questa coppia ci ha nascosto finora. In quanto al resto
della OS, dove ritroviamo il nostro beneamato (non troppo) Sayid,
aspetto come sempre chi si schiererà a suo favore e chi invece
coglierà l'occasione per coprirlo ancora una volta di insulti XD
Quando il Mac mi si impalla per la quarta volta, parte lo sclero più totale.
Mi
infilo entrambe le mani nei capelli, grido di gola a labbra serrate e
chiudo gli occhi temendo che addirittura possa venirmi da
piangere.
Non ce la posso fare, davvero. Non ce la posso fare.
Arrabbiata, scollego il portatile dalla presa e gli dico di andarsene affanculo. È
uno stupido elettrodomestico, quindi non lo farà, ma mi fa
sentire meglio insultarlo. Dunque lo chiudo malamente, per poi
spostarlo dal letto alla scrivania, e mi catapulto verso la finestra
aperta giusto per poter respirare una boccata di ossigeno puro, prima
che non me ne arrivi più al cervello e decida di spaccare cose.
Vorrei davvero contenere lo sclero, ma sembra impossibile.
Anche
guardare giù in giardino non fa altro che aumentare la mia
rabbia. I miei occhi incrociano quelli di Francesco Natale, che sta
scrutando beatamente il cielo e che, senza pensieri come il più
onesto dei lavoratori, con le mani coperte dai guanti di gomma, prima
mi saluta e poi mi fa cenno di scendere.
"Eva!"
grida, facendosi ombra con le dita. "Dovresti venire a provare le
angolature delle foto! In base a quello decido dove piazzare le sedie!"
"Facciamo che piazzi le sedie dove cavolo ti pare!" gli rispondo brutalmente e non mi sento nemmeno in colpa.
Uno,
perché sono troppo alterata e due, perché la mia
maleducazione riceve il consenso di Alessandra, che ha assistito alla
scena a distanza di pochi passi da Francesco.
"Ho capito, non mi aiuta nessuno!" si lamenta il rosso.
La
Gruccia gli passa a fianco proprio in quel momento, urtandogli
volutamente la spalla con il pesante rotolo di tulle che sta reggendo.
"Io non sarei nessuno?" si indispettisce, riferendosi alla sua affermazione.
"Oh, tu sei tu." la sminuisce Natale. "È come non avere nessuno."
"Fottiti, Malpelo."
"Ehi, Strega del Male." l'apostrofa lui. "Guarda che sei sotto il sole senza coperture."
"Guarda
che pallidi e lentigginosi lo siamo entrambi, e nemmeno tu hai troppe
coperture aldilà di quell'elmetto da trincea trovato durante gli
scavi nei luoghi interessati dalla prima guerra mondiale."
"Mi
riferivo al rischio che ti si crepi la pelle, oh creatura delle
tenebre." le risponde sfilandole il tubo di tulle dalle braccia.
"Questo va lasciato là sotto, ti avevo detto di spostare quello
blu. E, comunque, è un casco protettivo, non un elmetto da
trincea."
Sicuramente
Alessandra ribatte qualcosa di viperesco e crudele, ma non riesco a
sentire a causa delle campane di mezzogiorno che diffondono la loro eco
per tutta la zona. Quindi ne approfitto e sparisco dalla visuale
dell'addetto ai lavori, prima che parta con le sue solite ramanzine
sull'impegno collettivo.
Peccato che la sola vista del mio Mac mi faccia nuovamente rivoltare le budella dallo stress.
Se
solo non si fossero verificate una serie di malaugurate coincidenze,
non avrei quest'enorme gatta da pelare, al momento. Non starei
rischiando la mia faccia, la mia credibilità e la mia
reputazione. E non è giusto, sul serio, stava andando tutto
benone e poi...
E poi so di chi è la colpa, in realtà.
E sono talmente furente che decido di andarci a parlare di persona.
Afferro
il Mac, esco dalla mia stanza di gran carriera e, quasi correndo, sbuco
nel corridoio da cui si scendono le scale. Non mi interessa se fare la
psicopatica sarà un ulteriore punto a mio sfavore e se la gente
inizierà a farsi un sacco di domande; io devo fare qualcosa. E
se questo qualcosa non è trovare un rimedio al casino creato,
dato che pare impossibile, allora sarà prendermela con la causa.
Tuttavia,
qualcuno ostacola il mio passaggio in questo preciso istante. Ci vado a
sbattere in pieno, rischiando di mollare a terra i duemila euro di
ferraglia e farmi pure del male.
"Oh, scusa..."
Eoni dopo avermi quasi scaraventato a tre miglia di distanza, lo stronzo mi chiede scusa.
"Stavi
per uccidermi." sintetizzo puntando il dito contro il ragazzino e
accorgendomi immediatamente della sua faccia sconvolta. "Oddio, o sto
sognando di essere in The Walking Dead, oppure tu stai avendo
l'hangover peggiore della storia."
Per tutta risposta, Davide si porta una mano alla bocca e mugola che deve vomitare, mentre fa dietrofront verso il bagno.
È
una scena iper patetica: il ragazzino che si spacca la notte prima e
che il giorno dopo sta da schifo, tutto per il dio alcol e la dea
omologazione alla massa. È talmente un cliché che nemmeno
sento l'istinto di vloggare il tutto, anche e soprattutto perché
non sono nelle ottimali condizioni per pensare al gossip.
Anzi,
sono ancora determinata a scatenare l'inferno al piano inferiore,
però la remota possibilità che Davide Argenti possa
morire mentre io me ne strafrego mi fa sentire leggermente in colpa.
Dunque decido di fare una breve tappa al bagno prima di scendere di
basso. Non si sa mai che in questo momento di poca lucidità
riesca a farmi raccontare dettagli inediti sulla mirabolante vita della
famiglia Argenti.
"Ehi, Walking Dead, tutto bene lì dentro?"
Tira lo sciacquone, quindi ad occhio non è schiattato.
"Che ti sei fatto ieri notte?" domando con una risatina, appoggiandomi con la schiena alla porta del bagno.
"Mattia."
"Che?!"
Ho sentito bene?
"Mi
sono fatto Mattia Zingaretti." conferma Davide, aprendo la porta del
gabinetto a cui ero appoggiata e quindi facendomi perdere l'equilibrio.
Ma
nonostante tutto, lui non si cura del mio stupore estremo, mi supera
con passività e va a lavarsi la bocca davanti allo specchio.
"Ti sei fatto Zingaretti nel senso che ci sei andato a letto?"
"Sono
andato a letto." spiega pigramente. "E prima mi sono fatto Zingaretti,
nel senso che ho tentato di limonarlo. Mi ha fermato in tempo, grazie a
Dio, ma comunque l'ho baciato."
Posso
misurare a spanne l'altezza delle mie sopracciglia: "È
un'ossessione di famiglia, allora! Anche se 'farsi qualcuno' io lo
intendo comeandare a lettocon qualcuno, avere relazioni sessuali, fornicare, copulare. Mi avevi quasi fatto credere di aver fatto sesso con Mattia."
"Sì, ho afferrato il concetto. Ma stai tranquilla, noi nati nel ventunesimo secolo abbiamo usanze diverse."
Sta
dicendo che sono vecchia? E poi, in che senso usanze diverse? Che usano
il verbo 'farsi' con accezioni diverse o che si comportano diversamente
quando si tratta di entrare in intimità con il prossimo?
Davide sospira e si guarda finalmente allo specchio, facendosi paura da solo.
E comunque la vera domanda, in tutto ciò, è un'altra.
"Sei
gay, per caso?" gli chiedo senza preamboli, ponderando se sia meglio
posare il Mac da qualche parte e iniziare a registrare questa possibile
deposizione.
"Non lo so." risponde lui, tirandosi la faccia fino a mettere in evidenza i capillari. "Ma non credo."
"Lo sei o non lo sei, Argenti."
"Mi
piacciono le femmine, quindi credo di no. Ma chi sa se un domani la
persona della mia vita sarà un uomo o una donna. O entrambi."
"Per me sei sessualmente disorientato."
"Sono
solo di questo millennio, veramente." mi rassicura, implicando una
seconda volta il mio essere più vecchia, e antica, di lui.
Cioè,
capisco la neutralità della sua osservazione super partes, ma in
quanto donna maliziosa e devota alle insinuazioni posso essere tutto,
tranne che super partes.
In
ogni caso, pure io non credo che Davide sia gay. E allo stesso tempo
sono positivamente stupita dalla sua apertura mentale, che...
sì, probabilmente fa parte dell'avanzamento della specie che noi
nati nello scorso millennio non abbiamo sperimentato.
"Comunque
mi sono fatto anche qualche canna, ieri notte. E sto malissimo."
sospira, posizionando le mani sul bordo del lavandino e lasciando
cadere la testa in avanti.
"Qualche?"
"Ho
fumato un bel po', a dire il vero, ma non dirlo a Nelli e Mattia, per
favore. Ho fatto credere loro di esserci andato leggero."
"Sono la persona sbagliata a cui chiedere questo genere di favori. Non credi?"
Davide inclina leggermente la testa e mi lancia uno sguardo in tralice: "Ah, è vero."
"Perché l'hai fatto, se posso chiedere?"
"Cos'è, un'intervista, adesso?"
"Forse."
alzo le spalle e mi avvicino a lui, accomodandomi con il sedere sul
lavandino, poco distante da dove è posata la sua mano,
così da riuscire a leggere cosa c'è scritto sui suoi
bracciali di gomma. Su quello chiaramente più nuovo,
perché meno annerito degli altri, è riportato il nomeOdisseyin
glitter viola, mentre gli altri due sono più semplici. Uno
è arancione con scritto 'Stay hungry, stay foolish' e l'altro
è semplicemente verde.
"Se
ti rispondo con tanto di dettagli, mi merito qualche ricompensa?"
propone, accennando fugacemente alla forma del mio didietro schiacciato
contro la ceramica del lavandino.
"Che ne dici di un Moment per il mal di testa da sfiorata overdose?"
"Ci sta, ma niente dettagli." annuisce, tornando a testa bassa. "Che vuoi sapere?"
"Semplicemente il perché."
"Quello è noioso."
"Prova."
Davide sbuffa e ride contemporaneamente: "Odio tutto."
"Wow, più bravo di Montale."
Lui
scuote la testa. La cosa un po' lo diverte, ma indubbiamente sta
davvero male. Le sue mani ogni tanto stringono più forte il
lavandino e probabilmente il suo stomaco è ancora troppo agitato
per permettergli di assumere una postura diversa.
"Ti avevo detto che sarebbe stato noioso." mormora.
"Èbanale, ma non noioso. Perché odi tutto?"
"Così." risponde, alzando le spalle. "Perché dovrei amare una vita di merda?"
La
sua dichiarazione un po' mi infastidisce e mi spinge a rispondere con
supponenza: "Wow. La vita di merda è davvero quella di un Davide
Argenti qualunque e non dei bambini che muoiono di fame in Africa? O
dei civili bombardati durante le guerre di religione?"
"Sì, ti prego, fammi una predica che non ho mai sentito."
"Non
è una predica." ribatto. "È che sei fin troppo
egocentrico e drammatico. Sai, mi ricordi una persona in particolare."
"Chi, Amleto?"
"No,
tua sorella. I vostri problemi sono i più gravi al mondo, quando
in realtà molto spesso si riduce tutto a una cottarella non
corrisposta o un amico che non vi risponde ai messaggi."
"Mi avevano avvertito che eri simpatica."
"Grazie."
"È sarcasmo."
"Tranquillo, lo so. A voi Argenti vi si conosce fin troppo."
Davide
rotea gli occhi e io incrocio le braccia: "Dico solo che secondo me
esageri, oppure c'è un qualcosa di veramente più profondo
che non vuoi dire."
"O che non so spiegare nemmeno io."
"Beh, in tal caso puoi sempre fare un tentativo."
Il ragazzo esala un sospiro frustrato: "Ti piace fare la psicologa?"
"No, sono solo curiosa. Molto curiosa."
"Perché dovresti?"
"Perché ho sempre trovato le vite degli altri interessanti."
"E la tua?"
"Come?"
Scusate, la domanda mi ha lasciato un attimo perplessa.
"La tua vita non è interessante?"
"Beh..."
Suppongo
che ora sia il caso di passare al contrattacco, invece il ragazzino mi
ha davvero lasciato a bocca asciutta. Quindi imbraccio più
saldamente il mio Mac, e fingo di controllarne le rifiniture per
guadagnare tempo. Alla fine, però, nessuno parla e sento il peso
del silenzio farsi fin troppo pesante.
"Sai,
Argenti, hai detto bene, hai toccato il tasto più dolente; non
sono mai riuscita a trovare la mia vita interessante." affermo. "Ho
vissuto per molto tempo all'ombra di mia sorella maggiore e i suoi
successi, al punto di pensare che la sua vita fosse un traguardo
universale da raggiungere. Ho iniziato allora ad oscurare me stessa per
meravigliarmi delle vite altrui e pian piano è diventato sia una
passione che una sorta dicomfort zoneda cui non uscirò mai."
Davide mi guarda con leggero stupore: "Non sei una che fatica ad aprirsi, eh?"
"Non con le persone giuste. Tu mi piaci; penso che siamo simili."
"Sì, forse sì." concorda. "Forse anch'io ho lo stesso problema."
"Con tua sorella maggiore?"
"No,
penso che nel mio caso si estenda a tutti. Io odio gli altri
perché in realtà li invidio. Invidio le loro vite
perfette, la loro capacità di gestire tutto alla perfezione, di
tagliare traguardi, mentre io sono anni luce indietro. Alla fine cerco
sempre di fottere il sistema perché ad entrarci, nel sistema,
non ci riesco. Mi sento troppo diverso, mi sento incompreso."
"Sei solo un adolescente." lo provoco con un sorriso malizioso.
"E tu una sfigata." ribatte. "Anche se non lo sembri."
"Beh,
grazie." mi vanto. "Ma immagino sia a causa dei sette anni di vita in
più rispetto ai tuoi. Le donne più grandi affascinano
sempre."
"Ma non mi dire..." commenta lui, decidendo di prendere coraggio e di rimettersi in piedi.
Lo
sto guardando e noto che i suoi occhi cadono sul mio fisico, forse per
soppesarlo in relazione a quanto detto. Sì, è vero, le
donne più grandi hanno fascino, ma il mio fascino non si spreca:
sono sempre stata piuttosto bassa e magra, per nulla formosa e molto
più simile a una ragazzina che a una donna. Probabilmente Davide
starà pensando lo stesso; starà mettendo a confronto me
con le sue coetanee ben più attraenti, giungendo alla
conclusione che forse la differenza d'età non sempre costituisce
un punto a favore in quanto alsex appeal.
"Perché vai in giro con un Mac?"
"Oh, questo?"
Oh, stava guardando il Mac?
"Storia lunga. Aggeggio inutile. Odio tutto pure io." gli rispondo molto sinteticamente.
"Magari averlo, invece!" si anima. "Posso vedere?"
"Tieni."
gli passo il Mac pensando che, tutto sommato, preferirei avere una Play
Station come lui che un dispositivo super bello che però uso
solo per lavorare.
"Cos'ha che non va?"
"Non lo so, si pianta sempre." sbuffo. "A volte mi tocca spegnerlo e perdo i salvataggi. Mi dà un nervoso incredibile."
"Posso darci un'occhiata, se ti va."
Alzo un sopracciglio: "Gratis?"
Davide ride e sembra finalmente stare leggermente meglio: "Magari se hai quel Moment che mi avevi promesso prima..."
*
Quando scendo al piano inferiore sono molto meno arrabbiata di prima.
Non
dico che ho riacquisito il buon umore, né che ringrazio Davide
per essere stato un toccasana alla mia giornata, però devo
ammettere che se non ci fosse stato lui come intoppo, avrei sbranato
qualcuno.
Voglio
comunque parlare con la persona che ha complicato le mie ultime ore e
che attualmente si trova in cucina, ma invece di aggredirla e farle
passare la voglia di vivere, ci andrò molto piano con lei.
Manterrò il mio profilo professionale e, se ce la faccio, mi
salverò pure la faccia.
Prima
di giungere in cucina, attraverso la grande sala da pranzo di villa
Magna, dove Magno ha probabilmente ospitato qualche provino per il
cantante che animerà la cerimonia. Ho sentito il gorgoglio di
una voce calda fin dall'androne delle scale; qualcuno sta dando il
meglio di sé inMy Waye io spero che sia proprio il tizio che prenderanno, perché ha una voce assurda.
E
poi, quando lo vedo, ci spero ancora di più, perché si
tratta dell'ex fidanzato di Nelli, il che renderebbe tutto molto
più complicato ed eccitante. Quella per il gossip sarà
anche una passione nata per esigenza, ma è comunque una
grandissima passione.
Passo
appositamente vicino a Marinella, la quale sta subendo un rimprovero da
parte di Gloria, ma non sembra per nulla preoccupata. È
totalmente a suo agio con l'idea che l'ex fidanzato cornuto stia
emulando dei giganti della musica nel salotto della casa dei suoi
migliori amici, che ha rischiato di perdere proprio a causa dei suoi
turbinii sentimentali, e questo mi gasa ancora di più. È
bellissimo.
Marinella
è veramente il top per me; è così ricca di disagio
che non mi annoio mai, è uno spunto continuo, un susseguirsi di
ispirazione. Praticamente, è la mia musa. Lo è stata per
anni e finché continua a fare questo tipo di cazzate, lo
sarà per sempre.
"Fase
cinque, Argenti. Finalmente ci sei arrivata. Brava." la provoco prima
di sorpassarla, dopo aver origliato le sue parole piene di gratitudine
rispetto alla trappola che le abbiamo teso al suo arrivo, e per cui
all'inizio odiava tutti quanti.
Io
gliel'avevo detto che sarebbe stata solo una questione di tempo: in
primis, perché la conosco e so che in lei ogni giorno nascono,
crescono e muoiono centinaia di fuochi paglia e poi perché,
fondamentalmente, credo anche io che ricongiungerla con il suo amato
sia quello che ognuno vuole.
Tranne forse quest'ugola d'oro libanese, fresca fresca di arrivo a villa Magna.
Se
tutto va bene, fra qualche giorno lui e Mattia si picchiano. E se va
ancora meglio, succede durante il matrimonio. Che bello! Sono
così emozionata!
Marinella
come al solito non reagisce con maturità alle mie provocazioni e
tenta di strapparmi una ciocca di capelli, quindi mi defilo alla
velocità della luce.
Un
po' mi spiace provocarla; alla fine è come un gatto che fai
impazzire con il laser per puro divertimento personale, però
devo mantenere vivo il suo potenziale. Come dicevo, Marinella, e in
realtà tutta la famiglia Argenti, è una risorsa
fondamentale di gossip, non posso lasciare che un domani diventino
persone serie, altrimenti perderei gran parte del mio
divertimento.
In
ogni caso, sono ormai arrivata in cucina, dove Ilenia e Patrizia stanno
tagliando le verdure e cucinando tonnellate di crocchette di pollo.
Solitamente è Magno che si occupa di farci avere il cibo pronto,
dopotutto ha i maggiordomi al suo servizio ventiquattr'ore su
ventiquattro, ma ogni tanto decidiamo di prendere il controllo della
cucina come ai tempi del nostro viaggio di maturità.
È
un'occasione come un'altra di ringraziare per l'ospitalità, e
contemporaneamente impiegare tutti in attività socialmente
utili, onde evitare che con troppo tempo libero a disposizione la gente
si dia alla pazza gioia. Questa villa ispira lo svacco più
totale, e con esso la possibilità di fare quello che durante le
nostre vite lavorative/universitarie non riusciamo a fare.
Come sondare i limiti della nostra sessualità.
"Sbaglio, Ilenia, o questo peperone è tagliato a forma di tette?" prendo una fetta e la piego per mostrare la mia teoria.
"Ogni peperone è a forma di tette." osserva lei.
"Quindi mi stai dicendo che ovunque tu guardi, ti sembra di vedere seni e fattezze femminili?"
"Eva,
piantala con questa storia." mi ammonisce Patrizia, infilandosi i
guanti da forno. "Sono giorni che vai avanti. Non ti si sente parlare
d'altro."
"Posso parlare di tutto quello che vuoi, Cleo." le rispondo angelicamente e lei si zittisce arrossendo come un ladro.
So
che nella mia vita non faccio altro che molestare e provocare il
prossimo, ma è il mio lavoro e, come ho confessato a Davide poco
fa, anche la mia comfort zone. Mi sento bene solo se faccio
così... non sono sicura che mi sentirei a mio agio comportandomi
come tutti gli altri.
Dannazione, siamo davvero simili io e quell'Argenti.
"Comunque."
mi schiarisco la voce. "Ile, non sono venuta per parlare della tua
presunta inclinazione lesbo e del fatto che potresti esserti presa
un'enorme sbandata per Shymée Delacroix, bensì per dirti
che quell'articolo che mi hai chiesto non lo posso fare."
"Come?" Ilenia, sconvolta, molla il peperone sul tavolo. "Perché?"
"Perché no, stavolta la direzione non è d'accordo e io non ho il tempo di supplicare nessuno."
"Ma non è possibile! Te l'hanno sempre fatto fare!"
Vedete,
da quando Ilenia è stata cacciata di casa e ha dovuto tirare
avanti con le sue forze, mi sono sentita di darle una mano. In questi
anni ha trovato lavoro come attrice e dopo un po' di assestamento
è entrata in una compagnia semi-conosciuta. Per poter piacere al
capo e guadagnare di più, è venuta a chiedermi di farle
pubblicità, visti i mezzi e le notevoli capacità di cui
dispongo.
Non
lo nego; il mio blog negli anni è diventato quasi più
famoso di FaviJ, povero ragazzo, e il fatto che lavorassi per un
importante settimanale aveva spinto Ilenia a pregarmi di pubblicare un
articolo sul loro primo spettacolo. Feci qualche occhiolino ai miei
capi, promisi dei favoretti di qua e di là e ottenni uno
spazietto per lei.
La
piccola sebbene meravigliosa intersezione da me scritta attirò
un po' di gente in più a teatro e valse a Ilenia una piccola
promozione. Così di tanto in tanto continuò a chiedermi
di intervenire per lei e fino al suo ultimo spettacolo, circa un
annetto fa, l'aiutai sempre volentieri.
Ora
vuole l'articolo per lo spettacolo di Re Artù in cui è
finalmente riuscita a ottenere il ruolo di protagonista femminile, ma
io non posso farlo. Per lei è di vitale importanza, lo so, e
gliel'avevo promesso, lo so, ma non posso. Non posso proprio.
"Mi dipiace, Ile."
"Eddai!" la rossa molla pure il coltello e, molto prevedibilmente, dà il via a un'interpretazione drammaturgica.
Vedo
Patrizia assumere un'espressione contrariata nei confronti dei lamenti
di Ilenia, ma chiaramente non interviene, fingendo che le crocchette di
pollo siano mooolto più importanti.
"Questa
volta le cose sono andate diversamente, ma non significa che non abbia
fatto il possibile per accontentarti." le ricordo, abbastanza
pacatamente. "L'articolo l'ho anche quasi finito, se lo vuoi, ma non
verrà pubblicato."
"Èquesto
il problema! Si tratta del nostro spettacolo madre! Del capolavoro dei
capolavori, di un possibile trampolino di lancio!"
"Da Bologna a Brodway."
"Non
c'è da scherzare, mi sta salendo l'ansia." esclama portandosi un
polso alla fronte, perché la mano è troppo sporca.
"È il ruolo più figo che abbia mai ottenuto, mi sto
esercitando da mesi e l'idea che andasse addirittura in stampa aveva
eccitato tutti quanti nella compagnia!"
"Perché l'hai detto a tutta la compagnia?!" mi scandalizzo.
"Perché ero troppo gasata! E ora come faccio a pubblicizzare lo spettacolo se l'articolo non è pubblico?"
"Lo condivido sul blog diSvegliati! 2.0. E tutti lo possiamo condividere sui nostri social personali."
"Sì, ma non è la stessa cosa. Il giornale era il top! Era una cosa...ufficiale!"
"Sono
sicura che non è colpa di Eva se non puoi avere il tuo articolo,
Ile." finalmente la mummia decide di intervenire.
Patrizia
ci ha degnato della sua testimonianza a favore della mia causa e anche
se quello che ha detto non è completamente vero, le sono
grata.
"Lo
so, ma me l'aveva promesso!" guaisce lei, disperata. "Eva, non ce l'ho
con te, sul serio, è solo che... io... ho bisogno di un attimo.
Scusate."
Molto
teatralmente, mollando peperoni e coltelli a caso, Ilenia si volta di
spalle e corre via, sparendo verso l'uscita della cucina, con i ciuffi
rossi che svolazzano e, se prestate la dovuta attenzione, la colonna
sonora in sottofondo, in una diretta performance dell'orchestra di
Vienna.
"And the Oscar goes to..." mormoro tra me e me.
"Non prendertela. È solo Ilenia." mi ricorda Patrizia con un sorriso, mentre inforna una nuova teglia di crocchette.
"Solo Ilenia e le sue tragedie greche. Letteralmente."
E
pensare che fino a poco fa, avevo pensato di dirglielo con un approccio
completamente diverso. Alla fine, è meglio così: sono
passata io per la vittima della questione, mentre se invece l'avessi
aggredita come volevo fare, i ruoli si sarebbero invertiti.
Sono
giorni che provo a trovare una soluzione per questo problema, che
scrivo incessantemente, che faccio le ore piccole e ho mille pensieri,
ed ero arrivata al limite. Stamani sono esplosa e volevo solo urlare a
Ilenia che lei e i suoi favori mi avevano rotto, che doveva trovarsi un
altro promoter e che non ero la sua reporter personale.
Ma
poi, fortunatamente per tutti, il mio cammino è stato interrotto
e gli istinti omicidi hanno trovato il tempo di placarsi.
"Come mai ti hanno detto di no, questa volta?" s'incuriosisce Patrizia, togliendosi una ciocca caduta sulla fronte.
Bella domanda.
La fisso imbambolata, concentrandomi sui suoi capelli lucidissimi, decorati di tanto in tanto da ciuffi dimechesrosse
e viola, treccine e ciocche piastrate a effetto frisée. So che
dovrei più che altro pensare alla risposta da darle, ma
attualmente trovo più rilassante guardare i suoi capelli e
associarli a quelli di Miranda Sanchez, la migliore amica di Lizzie
McGuire, se qualcuno ha idea di cosa stia parlando.
Ecco, Patrizia si pettina come Miranda, allaevviva gli anni '90,
e si trucca sempre, anche quando si va al mare, o non c'è alcun
motivo per farlo. Ma lei non si sente se stessa se non è
truccata; lo so molto bene. Senza la sua pesante linea di eye-liner e
matita, le sembra di essere nuda, e senza un rossetto che vada dal
rosso sangue a cinquanta sfumature di nero, non trova nemmeno la voglia
di vivere.
"Mh?" mi richiama a un certo punto, alzando gli occhi su di me.
"Oh,
problemi di spazio sul giornale." rispondo, finalmente. "Ultimamente
sono tutti occupati e la precedenza è di chi paga di più,
o di chi fa più notizia." le sorrido, ma poi vedo di cambiare
argomento più in fretta possibile. "Invece a te come sta andando
all'università? Quanto manca per la laurea?"
Patrizia ridacchia: "Devo ancora decidere se prenderla o comprarla. Comunque bene. Finalmente qualcosa che mi piace studiare."
"Tu psicologia... chi l'avrebbe mai detto?"
Patrizia si stringe nelle spalle: "È bello capire cosa pensano davvero le persone."
"Se
uno lo sapesse sin dall'inizio, si risparmierebbe un sacco di fatiche
inutili. Vero, Cleopatra?" la punzecchio, facendole l'occhiolino.
Lei
guarda subito verso la porta, febbrile che qualcuno possa averci
sentito, e io scoppio a ridere: "Eddai, credi che si ricordino ancora
chi è Cleopatra?"
"Amerigo se lo ricorda."
"È
il minimo." ribatto. "Ok che è un rimbambito, ma quello è
stato l'avvenimento più interessante della sua vita,
dovrà pur ricordarselo."
Lei sbuffa: "Fidati, ci sono cose molto più interessanti nella sua vita."
"Come?"
le chiedo un esempio, iniziando a trovare questa conversazione talmente
interessante che mi mangio una crocchetta di pollo come se la pescassi
da un sacchetto di pop corn.
"Il
calcio." propone lei, vedendo bene di nascondere il viso da me. "Lo
chiamate sempre rimbambito, ma ha raggiunto più traguardi di
tutti voi nella sua carriera."
Faccio
un fischio ammirato: "Non ti scaldare per il tuo Marcantonio; sappiamo
tutti che è un valoroso gladiatore, anche se, permettimi di
dire, Cleo, la sua strada era già stata spianata da Giulio
Cesare, se capisci ciò che intendo."
"No."
ribatte, seccata, posando le mani sul bancone da cucina. "E in ogni
caso ti ho detto di smetterla di chiamare me Cleo e lui Marcantonio."
"Sono anni che me lo dici. È mai servito a qualcosa?"
"Senti,
Eva." sbuffa. "Io ti sono grata per quella storia, lo sarò per
sempre. Sei stata una delle prime e uniche persone con cui mi sia
confidata e hai fatto di tutto per aiutarmi."
"Ho un talento."
"Sì, ma hai anche una fissazione." osserva. "Per quanto ci siamo impegnate, non ha funzionato."
"Non ha funzionato perché siete due idioti."
"Come ti pare."
Cinque
anni fa, quando tutta la questione Amerigo - Patrizia - Alessandra -
Cleopatra - Marcantonio - e chi più ne ha più ne metta ha
quasi causato morti e rovinato la vacanza, tra Amerigo e Patrizia stava
per sbocciare la più tenera e sfigata storia d'amore.
Su
mio consiglio, lei si era creata un account fake con il nome di
Cleopatra (prendendo spunto da una festa meravigliosa a cui avevamo
partecipato e in cui mi ero divertita da matti) e aveva iniziato a
scrivere ad Amerigo. Il motivo è che quello sfigato,
chissà per quale incomprensibile ragione, le piaceva, ma lei era
sempre stata troppo timida per farsi avanti. Non solo; Patrizia
è una specie di esserino nero e rabbioso, il suo stile si
allontanava troppo dalla semplicità (per non dire
banalità) del Ponzaro e lei era convintissima che senza una
maschera non gli sarebbe mai piaciuta. Tuttavia, io, che, ormai si
è capito, sono una buona samaritana, ho deciso di aiutarla e ho
creato tutta la messa in scena di Cleo che scrive ad Ame e si
innamorano e bla bla bla.
Questo forse già lo sapete.
Peccato
che poi la mia classe si sia messa in mezzo. Avevo sclerato di fronte a
tutti perché il mio capolavoro era stato rovinato dalla loro
stupidità e avevo svelato con orgoglio che la vera Cleopatra era
Patrizia.
Ma
per la vergogna e perché ormai si era convinta che piacere ad
Amerigo era privilegio di pochi, Patrizia la sera stessa mi
implorò di sistemare le cose, di dire che non era vero e che
Cleopatra poteva essere chiunque, fuorché lei.
Così
mi presi la colpa (direi più che altro il merito) di aver
architettato tutto quel trambusto solo per fare notizia. Andai da
Amerigo, finsi di essere alquanto dispiaciuta e gli spiegai che, per
tutto il tempo, quella a giocare con il suo cervellino da roditore ero
stata io. Chiaramente me la presi a morte con Patrizia, ma vidi allo
stesso tempo una persona troppo fragile e insicura per poter sopportare
quella che per lei sarebbe stata un'umiliazione.
Secondo
me, invece, Amerigo avrebbe capito e l'avrebbe amata più di se
stesso (ci vuole poco), ma Patrizia insistette fino alla morte e da
quel giorno in poi nessuno riparlò più di Cleopatra,
tranne ovviamente io per sfizio e il Ponzaro per necessità.
Ecco,
per lui quella storia rappresentava e rappresenta tuttora un mistero
irrisolto. Il mistero, nonché l'attività, più
interessante della sua vita. Non ha mai ben compreso fino a che punto
fosse incasinata la questione: inizialmente credeva di star parlando
con una turista qualunque incontrata alla festa, poi con la Malvagia
per eccellenza, ovvero Alessandra Gruccia, che si è pure
baciato, poi con Patrizia, e alla fine con me. Il fatto che sia mezzo
scemo mi ha slavato, perché l'ho confuso così tanto che
sarà impossibile per lui avere delle certezze, anche se sono
sicura che, tra tutti, lui creda ancora che l'unica possibile Cleopatra
sia Patrizia.
Però
lei non l'ha mai né ammesso né negato e, secondo l'ultima
versione ufficiale, il titolo ce l'ho ancora io. Simpatico, vero?
Forse
perché non era chiaro che si piacevano da morire, tra i due
negli anni non è successo nulla, se non lo sbocciare di una
semi-normale amicizia. Non che ci volesse una laurea per fare amicizia,
ma forse a quei due serve una spinta divina per fare qualsiasi cosa, e
in particolare qualcosa come una gita a Medjugorje per realizzare che
sono perfetti l'uno per l'altra. Che non esiste al mondo una coppia
più strana ed eterogenea e che, proprio per questo, o si
prendono o resteranno per sempre da soli. Io la penso così, ma
io sono solo Eva/Cleopatra/Cupido Cantarella. Per quanto mi piacerebbe,
non scoprirò mai i misteri della mente umana.
Magari ci riuscirà Patrizia, con la sua laurea in psicologia.
"D'accordo, non ne parliamo più." mi arrendo, alzando le mani. "Per oggi."
"Grazie mille."
Con una spinta mi alzo dallo sgabello su cui ero seduta e nel frattempo, afferro un'altra crocchetta.
"Ma non mi arrenderò mai, lo sai, vero?"
Patrizia incrocia le braccia: "Sì, lo so."
"Ottima cosa. Ci vediamo a pranzo, Cleo!" saluto, mi giro di spalle e ridacchio uscendo dalla cucina.
*
Il resto della giornata passa molto allegramente, per me.
A
pranzo è un vero spasso guardare le facce tese e i musi lunghi
di tutti, a causa del nuovo ospite che si è seduto per la prima
volta a tavola con noi. Il momento più bello, poi, è
quando Ai Zu gli fa un sacco di domande e finiscono a parlare di Allah
e Buddha, e Sayid fa amicizia con Shy, e Ilenia dice che le piacerebbe
sperimentare nuove religioni, anche se il velo non fa per lei, anche se
comunque non ha nulla contro le ragazze che portano il velo, anche se
Shy comunque non porta il velo.
In
ogni caso, Ilenia non mi parla per tutto il tempo e Patrizia cerca di
evitarmi. Il mio modo di aiutare il prossimo è spesso talmente
invadente che rischia di rappresentare uno svantaggio per la
sottoscritta. Vorrei sempre fare del bene, ma lo faccio in modo
particolare, e se dovessi dire chi sono i miei migliori amici,
probabilmente non lo saprei, dato che non credo di averne.
Nessuno
è mai troppo interessato ad essere mio amico e... beh, ammetto
che qualche volta mi dispiace, solo che non posso fare a meno di essere
come sono. Alessandra Gruccia e io siamo simili da questo punto di
vista; la nostra presenza è scomoda e quindi gli altri si
allontanano. L'aspetto positivo, tuttavia, è che io, a
differenza sua, non sono cattiva.
I
miei compagni mi vogliono bene e forse alcuni sarebbero disposti ad
approfondire il legame con me. Marinella, ad esempio, o Ilenia e
Patrizia, però anche io dovrei fare un passo verso di loro e,
come dicevo a Davide, non credo che ne sarei capace. Non vedo un'altra
Eva, al di fuori della curiosa, ficcanaso, molesta Eva che sono sempre
stata.
E se smettessi di importunare il prossimo... cosa potrei offrire? Quale altro talento possiedo?
Verso
sera, Davide mi scrive un messaggio in cui dice che il Mac è
sistemato e che mi aspetta in camera sua per consegnarmelo.
Vado
da lui non appena termino le prove per le foto. Alla fine Francesco mi
ha obbligato a darmi da fare... e sì, ha fatto la classica
paternale sull'impegno collettivo che ormai sappiamo tutti a memoria.
Sono stata in giardino per sperimentare tutte le angolature, ma per
vendicarmi ho scelto di utilizzare lui e Alessandra come modelli,
fingendo che senza soggetti concreti, provare fosse completamente
inutile. Li ho fatti sistemare in pose ai limiti dell'imbarazzante e,
quindi, a un certo punto, sono stati loro a implorarmi di smettere.
Così, me la sono cavata prima, ho trovato il tempo di farmi la
doccia e me la sono pure spassata.
Ma
ora, a essere sincera, sono un po' in ansia per quanto riguarda la
diagnosi del mio amato computer. Mi è rimasta solo quella gioia
nella vita e non vorrei doverlo cambiare prossimamente. Non me lo posso
permettere.
Salgo
da Davide che ormai è il tramonto. Lui ha una camera piccolina,
ma privata, il che mi sembra davvero ingiusto. Noi adulti siamo quasi
tutti in camere condivise, invece questo sbarbatello gode di vantaggi
immeritati, senza aver fatto nulla per meritarselo, se non essere il
fratello della testimone.
Quando busso, lui apre subito la porta, ma poi si allontana per tornare a fare i fatti suoi alla scrivania. Molto signorile.
"È permesso?" supero la soglia, attivando immediatamente il mio sensore per i dettagli.
È
come se vedessi a infrarossi: ogni angolo della stanza mi profila
subito la personalità e i reconditi segreti di Davide Argenti,
il quale nemmeno si dà la pena di salutare e continua a
imperturbabile a fissare il monitor del suo pc con una cuffietta per la
musica addosso e l'altra mollata sul petto.
"Ehi, Walking Dead, ti è passato l'hangover?"
"Più o meno." risponde, totalmente concentrato su altro.
Approfitto
della sua non appartenenza al mondo reale per camminare un po' ovunque
e ficcare il naso sulle mensole e tra gli oggetti sparsi in giro. Con
un ordine praticamente inesistente, trovo degli altri braccialetti di
gomma marchiati con nomi di eventi o fiere, una cover per Huawei
raffigurante Pikachu, innumerevoli cavetti e un paio di cuffie da dj.
Sul comodino da notte ci sono diversi fazzoletti accartocciati; un
elemento d'arredo ambiguo, che un po' mi inorridisce e un po' mi fa
sorridere maliziosamente. Il letto è rigorosamente sfatto, ma
c'è un buon odore che non fa pesare il disordine.
Sulle
lenzuola vedo infatti una boccetta di profumo da uomo, il cui tappo si
trova piuttosto distante e buttato in malo modo, cosa che fa pensare
che Davide abbia deodorato se stesso e l'ambiente in fretta e furia
prima che arrivassi io.
È un dilettante: non può pensare che una come me non sgami le sue mosse.
Ma,
tutto sommato, non mi dispiace. È un ambiente allegro e
piacevole e lui mi sta simpatico. È un adolescente tipo,
propenso al disastro per età e perché è un
Argenti, però non è del tutto prevedibile come il resto
dei ragazzini e quindi mantiene viva la mia curiosità.
In
ogni caso, non mi sta calcolando e quindi, quando mi sono stancata di
curiosare, do un significativo colpetto di tosse che lo distrae dalle
sue faccende.
"Ah, il Mac, giusto." si ricorda, togliendo la cuffietta e alzandosi dalla sedia.
Si
dirige verso il comodino, tira un cassetto ed estrae il mio piccolino
con delicatezza. Non dice nulla, ma quando me lo allunga, lo trattiene
per un secondo di troppo tra le mani e mi costringe ad alzare gli occhi
su di lui.
Mi
accorgo con iniziale sorpresa che mi sta fissando intensamente e poi
vedo anche che la sua espressione è fin troppo seria. Se fossi
una scemotta qualsiasi gli chiederei che cosa c'è che non va, ma
sono Eva e ci arrivo benissimo da sola.
"Hai spiato le mie cose!" esclamo, ingrandendo gli occhi.
"Quando il pc si è riavviato si è aperto sulla schermata su cui si era bloccato. Non ho fatto del tutto apposta."
"Sei uno stronzo!"
"Non esageriamo."
"Come diavolo ti sei permesso?"
"Eva..."
"Eva un corno! Questa è violazione della privacy!"
Lui non si lascia turbare, e incrocia le braccia: "Senti da che pulpito."
"Oh
mio Dio, non ci credo." sbotto, mettendomi una mano sulla fronte.
"È davvero... è inaudito. È una grave mancanza di
rispetto."
"Lo sapevi nell'esatto istante in cui mi hai consegnato quel computer."
"Sapevo cosa?"
"Che
avresti rischiato." mi risponde, acuto. "Di' la verità, Eva.
È inverosimile che una come te non valuti certe
possibilità, quando lascia i propri dati sensibili in mani
altrui."
E va bene, Walking Dead ha ragione.
Sapevo
che avrei corso il rischio, e nel momento in cui ho consegnato a lui il
mio Mac ero già scesa a patti con l'evenienza. Ma, sinceramente,
non pensavo che l'avrebbe fatto. Ne sarebbe stato tentato, forse, ma
credevo che avrebbe chiuso tutto e fatto finta di nulla.
"Pensavo fossi più affidabile di così." ribatto, indicandolo con delusione. "Perché l'hai fatto?"
"Te l'ho detto; mi è apparso automaticamente al riavvio."
"Qualsiasi cosa ti siaapparsa." gli faccio notare agitando le mani. "Potevi benissimo chiuderla, invece di leggerla."
"Nessuno aveva specificato di farlo."
"È questione di etica."
"È questione di scelte."
"E perché hai scelto di leggere?!"
"Perché
forse, a differenza tua, io la tua vita la reputo interessante." mi fa,
mantenendo quello sguardo di sfida tipico degli spensierati diciassette
anni.
"D'accordo."
gli concedo, con un cenno della testa. "Quindi appurato che sei venuto
a conoscenza della mia interessantissima vita, ora che cosa pensi di
fare?"
"Niente."
"Come niente?"
"Che cosa dovrei fare, scusa?"
"Beh,
hai scoperto un enorme segreto su di me, hai tra le mani la
possibilità di vendicare tutti quelli che sono stati sputtanati
da qualche mio articolo e mettermi per la prima volta nella posizione
opposta a quella in cui di solito mi trovo. Perché non dovresti
fare qualcosa a riguardo?"
La sua espressione è allibita e costernata: "Perché non mi interessa?" risponde con ovvietà estrema.
"Cazzate."
"Eva,
grazie a Dio non sono te. Se scopro qualcosa, a meno che non mi serva
per irritare mia sorella, lo tengo per me e molto probabilmente lo
dimentico nel giro di due giorni."
La
mia reazione è forse quanto di più incomprensibile Davide
abbia mai sperimentato, perché sbuffo e mi lascio cadere sul suo
materasso con aria sconfitta.
"Che hai, adesso?"
La
verità è che quasi quasi avrei preferito che Davide
raccontasse il mio segreto a tutti. Avrei voluto che qualcuno si
prendesse la responsabilità al posto mio, perché mi
diventa giorno dopo giorno sempre più pesante e allo stesso
tempo non ho il coraggio di parlare. Essere Eva è un'occupazione
non da poco, e ora che tutto sta andando allo sfascio, l'unico modo in
cui riesco a gestirlo è alla me stessa, ovvero tramite scoperte
incredibili e annunci plateali.
Solo...
non essendone io l'artefice. Davide sarebbe stato il mezzo perfetto. E
avrebbe spiegato ad Ilenia il vero motivo per cui non posso far
pubblicare quell'articolo.
Sospiro: "È che sono in una situazione disperata. E non so come uscirne."
"Questo
si era capito." rincara, con un sorrisetto. "Però se ti
preoccupa che la voce si sparga, con me puoi stare tranquilla."
"Non so più cosa mi preoccupa, ormai."
"E quindi?"
Fisso Davide con insistenza e aspettativa: "E quindi potrei far tesoro di un consiglio, forse?"
Il ragazzo manifesta confusione e disorientamento: "Vuoi un consiglio da me?"
"Non lo so, se magari nascondi un consulente del lavoro nell'armadio, chiediamo a lui." faccio, con abbondante zelo.
Certo,
non mi aspetto un consiglio professionale da Davide, ma anche solo una
parola d'incoraggiamento, dato che non sembra intenzionato a rovinarmi
la reputazione, potrebbe andare bene. Tipo un 'mi spiace, Eva, che tu
te la sia passando male' o 'vedrai, Eva andrà tutto per il
meglio', o anche un 'sì, Eva, ho un consulente del lavoro
proprio dentro l'armadio che rinnoverà il panorama delle tue
possibilità lavorative!'.
"Non che cosa dirti. Non so niente su queste cose."
"Ma avevi un'espressione molto seria quando mi hai consegnato il Mac. Quindi capisci la gravità della situazione."
"Sì." annuisce, sommariamente.
"E
quindi le spremiamo queste meningi per partorire un pensiero?" sbuffo,
alzando la voce, ma pentendomene all'istante. "Scusa, sono un po'
sclerata."
Purtroppo, il problema è che ho perso il lavoro; l'avrete capito.
Da
ormai otto mesi non faccio più la giornalista e quel che
è peggio è che ho perso uno dei posti di lavoro
più fighi del mondo e più ambiti dalla sottoscritta. Non
capisco il vero motivo per cui mi abbiano licenziato: è successo
dopo un cambio di direzione e blateravano riguardo a un rinnovo del
personale, ma alla fine hanno buttato fuori solo me, per sostituirmi
con un'altra stronza che sinceramente non reputo affatto più
brava.
Forse
il mio stile non piaceva al nuovo capo, fatto sta che da un giorno
all'altro mi sono trovata disoccupata, dopo quasi un anno che lavoravo
per loro.
Chiaramente
non l'ho detto a nessuno. Non potevo di certo ammettere una tale
umiliazione, specialmente con il rischio che i miei fan diSvegliati!lo
venissero a sapere. Quel blog è tutto quello che mi rimane e
molti dei miei iscritti ci sono perché ammirano il mio successo
e mi hanno conosciuto grazie al giornale. Ultimamente è stato
sempre più difficile giustificare la scomparsa dei loro amati
articoli firmati da me ed è uno dei tanti motivi per cui mi
trovo in certe condizioni psichiche. Sto davvero uscendo di testa.
Poi
ci sono le promesse fatte alla gente, come nel caso di Ilenia, e le
stronzate che mi sono inventata per far credere agli altri che la mia
vita fosse esattamente come la loro, come quando ho detto che Luca il
fotografo era il mio fidanzato, e invece Luca il fotografo nemmeno
esiste.
Mi
sono inventata un personaggio fittizio, per l'appunto Luca, usando foto
di tizi a caso. L'ho creato per placare la sete di curiosità dei
miei compagni e per far credere loro che fossi una persona normale,
dato che non ho mai avuto un fidanzato né interesse sentimentali
di alcun tipo per nessuna persona, e successivamente, dato che con loro
aveva funzionato, ho deciso di usarlo anche sul blog. La gente iniziava
a non accontentarsi degli scoop sui vip; volevano sapere di me e io,
che non ho nulla di interessante da offrire, ho semplicemente deciso di
inventare cose.
È
stato un incredibile passo falso, perché ho profilato qualcuno
che non sono e poco alla volta, ciò mi ha portato sempre di
più sull'orlo di un dirupo. Avrei potuto essere me stessa e
basta, lo so, ma la noiosa persona che sono non può soddisfare i
miei fan e quindi ora mi trovo tra le mani un sacco di bugie da
motivare e una professione da cercare.
Per
questo Davide era così serio; avrà riavviato il mio Mac
sulla schermata di stamattina, ovvero sulle pagine e pagine di internet
aperte, a cui avevo inviato il mio curriculum e l'articolo sullo
spettacolo di Ilenia nella speranza che qualche rivista lo volesse
pubblicare.
Dopo aver spiegato tutto questo anche a lui, lo trovo ancora molto serio e pure irritato per il mio comportamento da frustrata.
"Mi ricordi molto una certa persona." dice.
"Chi, tua sorella?"
"Esatto.
Di frequente si trova in situazioni enormemente incasinate e,
nonostante sia stata lei ad averle create partendo dal nulla, si
permette pure di immischiare gli altri e prenderli a insulti se non
sanno come aiutarla."
"Quindi sei abituato a trattare casi del genere?"
"Insomma." sbotta. "Dopotutto abbiamo lo stesso sangue, quindi tendo anch'io a fare così."
"Quindi mi capisci?"
"No, per niente."
"Ah, dimmi solo che cosa faresti al posto mio!" mi lamento, costernata.
"Chiederei a Cortana."
"Che?"
"Chiederei a Cortana." ripete, sotto il mio sguardo stralunato.
Davide
raggiunge il suo computer e con il mouse clicca sulla barra inferiore,
per poi far parlare una voce gentile che lo saluta e lo invita a fare
una domanda. È veramente Cortana, l'assistente virtuale di
Windows che ora infesta la maggior parte dei computer.
"Ciao
Cortana, una mia amica vorrebbe fare la giornalista, ma ha perso il
lavoro e raccontato un sacco di cazzate che compromettono la sua
reputazione. Che cosa dovrebbe fare?"
Cortana impiega qualche secondo a fare una ricerca e poi invia una serie di link sulla dieta mediterranea.
"Che cazzo ha capito?" sbuffa lui.
"Davide, sul serio chiedi i consigli a Cortana?" mi allibisco.
"Di
solito risolve il settanta per cento dei miei problemi." spiega. "Ma
credo che appena avrò i soldi per comprare l'iPhone,
passerò a Siri."
"Cortana è migliore di Siri." interviene Cortana.
E Davide spegne il computer invitandola ad andarsene affanculo.
Ok, forse siamo davvero molto più simili di quanto credessi.
"Il
punto è che non so davvero come fare." spiega Davide,
grattandosi la testa e sedendosi per terra, ai piedi del letto su cui
io sono seduta. "Nessuno mi chiede mai consigli. Anzi, di solito vengo
consigliato dagli altri come modello a cuinonispirarsi nella soluzione dei problemi."
Mi
sporgo verso di lui: "Beh, hai spiato nel mio computer, quindi ora, in
quanto unica persona al corrente del problema, dovrai darti da fare. A
meno che tu non voglia raccontarlo in giro, e mi risparmieresti
l'incombenza di ammettere i miei errori."
Walking
Dead serra gli occhi e si gratta di nuovo la testa: credo che un enorme
conflitto tra giusto e sbagliato stia avendo luogo all'interno della
sua mente, evento che di solito non riesce a gestire e lo porta a fare
stronzate come la notte scorsa e conseguente bacio a Zingaretti,
ricordiamolo sempre.
"Vorresti percorrere questa specie di scorciatoia suicida?" mi domanda, dubbioso.
Io mi chiudo nelle spalle: "Che altre scelte ci sono?"
"Dire la verità."
"Escludi quella a priori."
"Dicono che dire la verità ripaghi sempre. E io ne so qualcosa."
"Per questo hai mentito ai tuoi genitori adottivi, ovvero Nelli e Mattia, sulle innumerevoli canne che ti sei fumato ieri?"
"Innumerevoli è esagerato."
"Ma ho reso l'idea, no?"
Davide mi concede un punto: "Immagino tu abbia molto da perdere nel raccontare la verità."
"Esattamente,
Walking Dead." sorrido, felice che inizi a parlare la mia stessa
lingua. "Io non posso perdere la faccia, perché è tutto
quello che ho. Quello che sono brava a fare è del serissimo e
molestissimo gossip; voglio continuare a guidare l'opinione delle
masse, ad avere la loro piena fiducia indipendentemente da ciò
che scrivo e, se possibile, vorrei pure comprarmici da mangiare e una
casa."
"Ok." annuisce. "Allora non dire nulla."
Sbuffo
con rassegnazione: "Difficile. Negli ultimi mesi, e giorni, è
diventata una vera impresa. E più gente come Ilenia continua a
chiedermi favori, meno capisco come mantenere in piedi la recita."
"Chi dice di mantenere la recita?" riflette. "Puoi sempre terminarla, ma con stile."
"Cioè?"
Davide assottiglia ancora gli occhi come per pensare, poi si volta verso il pc e me lo indica: "Proviamo a sentire Cortana?"
"Fanculo
Cortana. Sei sulla strada giusta, Argenti, spremi ancora un po' quella
ghianda in fase di pubertà che hai sotto la corteccia cerebrale.
Sono i giovani che hanno le idee migliori, specialmente durante un
hangover; fammi sognare."
"In un modo o nell'altro, ti farò pagare tutto questo." mi mette in guardia, indicandomi minaccioso.
Io gli sorrido, angelica.
"Non
lo so, boh..." sbuffa, guardando in giro e accorgendosi con orrore dei
fazzoletti sul comodino. "Fingi di essere tu quella che ha deciso di
mollare la redazione per seguire qualche altro folle progetto, o fingi
che Luca il fotografo sia morto e per il dolore tu abbia deciso di
intraprendere strade diverse, conoscere persone diverse..."
Porto una mano al mento e valuto attentamente l'idea di Davide.
"È una bugia sulla bugia."
"Ma manterrebbe in piedi la tua storia e la tua dignità." obietta, continuando a fissare imbarazzato i fazzolettini.
"Argenti,
non mi scandalizzo se ti masturbi, ok? Non perdiamo il focus." faccio,
schioccandogli le dita davanti alla faccia. "La tua proposta mi piace.
Devo dire che mi aspettavo di meglio, ma questa alternativa, se
sviluppata con accortezza, potrebbe anche funzionare."
"Io non mi masturbo."
"Siamo
stati adolescenti tutti." mi alzo in piedi e torno verso il mio Mac
posato sulla scrivania. Lo accarezzo come fosse un gattino, rapita dai
pensieri e dalle prospettive che questo nuovo stimolo mi sta aprendo.
"Sai, Walking Dead, forse potrei davvero usare questo spunto per
ricominciare da zero."
"Ho usato quei fazzolettini perché avevo un brutto raffreddore."
"Nel
senso, se veramente Luca muore e io decido di prendere una svolta,
allora posso far sì che il mio licenziamento non sia per colpa
di come scrivo, ma grazie a come scrivo, che sia una mia decisione.
Posso dire che il giornale non mi bastava più, che rievocava
troppi ricordi, e che voglio ricostruire me stessa facendo la
freelancer. Prenderei due piccioni con una fava e potrei veramente
puntare su una professione del genere."
"Perché non ci hai mai pensato, scusa?"
"Certo che ci ho pensato!" sbotto. "Ma il giornale era il giornale, era..."
"L'ennesimo modo per non dover contare solo sulle tue capacità; per mettere il nome di un altro davanti al tuo."
Davide mi stupisce con tutta questa saggezza.
"Io credo nelle mie capacità. Il giornalino del Maffei è nato e cresciuto grazie a me."
"E
allora qualcosa da dare ce l'hai." conclude con ovvietà. "Per
una volta affidati solo a quello; affidati solo a te stessa. Mettendo
insieme chi sei e cosa sai fare, esci dal casino e riparti di nuovo,
senza che nessuno si accorga di nulla."
"Questa
conversazione sta toccando profondità umane spaventose; e tu
sembri un personaggio dei libri di cui ci si innamora."
"Grazie?"
"Anche
se sei uno sbarbatello che si masturba e si spacca di canne."
ridacchio. "Comunque non sembra così impossibile, dopotutto."
"Sai
cosa penso? Che con queste premesse, la strada giusta per te potrebbe
essere YouTube. Potresti aprire uno scontatissimo canale che parla di
gossip, di cui tutta Italia va matta. Sì, saresti la perfetta
YouTuber, ne sono sicuro."
"E
tu saresti un fantastico consulente del lavoro!" esclamo, allo stesso
tempo stupita e super motivata dalle sue parole. "Wow, Davide, ti ho
trovato un'utilità su questa Terra. Ti rendi conto?"
Io
rido per questa frase che ho detto a mo' di presa in giro, ma lui
abbassa gli occhi e nasconde un'espressione quasi compiaciuta. Oh mio
Dio, lo ha preso come un complimento! Ed ora è tutto rosso e
imbarazzato! Non ci posso credere, è addirittura carino.
Termino
la risata schiarendomi la voce e tornando più seria: "Walking
Dead, grazie, sul serio. Non pensavo assolutamente che schiantarmi
contro di te questa mattina avrebbe portato a qualche svolta positiva
della vita, e invece sembra che con un po' di impegno tutto potrebbe
tornare al suo posto."
"Ti
fidi così tanto del mio consiglio?" Davide mi segue, mentre io
mi dirigo verso la porta della sua stanza, determinata a fiondarmi in
camera mia per mettermi al lavoro sulle nuove idee.
"È il migliore che abbia ricevuto da quando sono stata licenziata."
"Nonché l'unico."
"Da
un diciassettenne in hangover del terzo millennio, che si dichiara
aperto ad ogni sviluppo sessuale e bacia persone a caso perché
odia tutto." specifico, poggiandomi allo stipite della porta prima di
uscire completamente. "Deve essere per forza un valido consiglio."
Davide
si lascia scappare una risata e si posa sullo stipite imitando la mia
posizione, ma non oltrepassando la soglia. Non dice niente, però
mi guarda con un'espressione sommariamente contenta e due occhi curiosi
e stanchi, dopo la giornataccia di corse al bagno.
Ha
un paio di occhi esageratamente grandi, lo devo ammettere. Fanno quasi
spavento, ma forse sono anche la sua fortuna, perché attirano
verso quel punto del viso, facendo dimenticare tutti gli altri difetti
tipici dell'età. Il profumo che si è selvaggiamente
spruzzato addosso si sente benissimo, ora che siamo vicini, e avvalora
la mia teoria sul fatto che l'abbia messo solo per celebrare la mia
venuta e non perché sia un gesto abituale.
Chissà
se potrei mai sembrare attraente agli occhi di Davide... non che lo
desideri, però sarei davvero curiosa di saperlo. E poi, ho come
la sensazione che voglia dirmi qualcosa senza riuscirci, specialmente
dopo la mia ultima frase, che sembra averlo lasciato piuttosto assorto
nei pensieri.
Alla
fine, però, non riesco a sopportare il silenzio e gli sorrido:
"Dato che Luca è morto, quando farò il primo video dello
scontatissimo canale, ti va di farmi da cameraman?"
Davide
annuisce appena, troppo impegnato ad essere combattuto su non si sa
cosa, per aprire quella boccuccia di rose e pronunciare un consenso.
"Perfetto!" gioisco, inviandogli un bacino con la mano. "Allora mi metto subito al lavoro! Ci becchiamo!"
Davide
si risveglia dal coma e mi fa il gesto dell'ok, per poi ripigliarsi
completamente e tornare nella sua stanza. Faccio per andarmene, quindi,
ma nemmeno dopo un passo, mi fermo e torno indietro.
"Ah, Walking Dead?" lo richiamo prima che chiuda completamente la porta.
"Sì?"
"Alla fine che cosa aveva il mio Mac?"
"Oh, un virus." risponde.
"Un virus? C'era un virus che mi faceva impallare il computer?"
"Ne esistono di veramente invadenti." risponde. "Ma tranquilla, l'ho neutralizzato completamente."
"Grazie. Cercherò di stare più attenta."
"Sì,
ti consiglio di installarti qualche antivirus." dice, per poi sorridere
maliziosamente. "E soprattutto di cancellare la cronologia."
Chiude
la porta e, anche senza aver raccontato il mio segreto a nessuno,
Davide Argenti diventa una delle poche persone al mondo ad avermi mai
fatto arrossire.
***
ANGOLO AUTRICE
Ho adoratissimo scrivere questa OS.
La cosa simpatica è che ero partita con un'idea totalmente
diversa. La protagonista doveva essere Eva sin dall'inizio, ma doveva
succedere tutt'altra cosa e... e invece, come al solito, i personaggi
hanno preso in mano la situazione e se la sono gestita come meglio
credevano.
Difatti nella prossima OS il narratore avrebbe dovuto essere Davide, ma
penso che cambierò. Non lo so. Di certo non era previsto che lui
avesse così tanta rilevanza in questa OS.
Ma comunque... che ne pensate? XD
Non avevamo mai passato una giornata con la nostra Eva e ora abbiamo
scoperto che colei che tutto sa è la prima a nascondere i
più succulenti segreti. Ma di segreti, in queste OS della
raccolta, ne verremo a sapere taaaaaantiiii...
La prossima OS non sarà così lunga (almeno nei piani che
ho fatto non lo è), come anche la successiva, dunque dovrei
riuscire a mandarle fuori in tempi utili per tornare a concentrarmi sul
filone narrativo principale di "Io e te 3" e quindi aggiornare la
storia. Vi chiedo scusa se non sto rispettando i tempi in modo
perfetto, ma ovviamente quando uno ha già da fare, il da fare si
moltiplica e si aggiungono mille altre faccende.
Quindi vi rimando al 5 aprile per la prossima pubblicazione, e nel
frattempo valuto se eliminare una delle Os previste prima del capitolo
15 di "Io e te 3". Non fate caso ai miei sbrodoli (si dice?) con date e
pianificazioni: nel privato sono sempre così, ma alla fine
ottengo sempre risultati soddisfacenti (non è vero).
Prima di lasciarvi con alcune domande riguardo alla OS, volevo dire 2 cosette:
1 - mi scuso con tutti voi che leggete, se queste OS conterranno errori
e refusi. Purtroppo facendo tutto un po' di fretta, evito il passaggio
della OS alla beta, quindi, per quanto io controlli e ricontrolli
resteranno sempre delle amenità che faranno sanguinare i vostri
occhi e quelli di Ellie. Ma sono fiduciosa che, pur di non avere le
pubblicazioni a Natale, sopporterete qualche orrore di questo genere.
2 - questa è l'ultima pubblicazione prima di Pasqua, quindi ne
approfitto per augurare a tutti di passare delle belle feste :) Ci
sentiremo sui vari social per gli auguri ufficiali di quel giorno!
E dunque le domande, prima dei saluti:
1) Siete contenti di aver letto dal punto di vista di Eva? Aspettavate questa narratrice con ansia oppure no?
2) Nel corso di "Io e te 3",
man mano che si parlava di lei e della sua vita lavorativa e
sentimentale, vi eravate posti dei dubbi? Avevate qualche sospetto?
3) Chi di voi è sconvolto dal fatto che alla fine la vera identità di Cleopatra non sia ancora chiara ad Amerigo?
4) Chi di voi pensa che Patrizia e Amerigo sono stupidi? *IO!*
5) Secondo voi, l'avvicinamento
tra Eva e Davide può essere significativo per uno dei due o
addirittura per entrambi? In che modo?
6) Vi siete mai masturbati? (domanda opzionale)
Allora vi lascio alle meritate vacanze pasquali. Vi ringrazio ancora
per la pazienza nei confronti dei miei ritardi e dei capitoli non
corretti dalla beta (per colpa mia). Vi auguro di passare qualche
giorno di serenità e di sorridere leggendo questa OS, proprio
come è capitato a me.
P.S. Questa OS è scritta
in prima persona, dal punto di vista di un personaggio che non parla
italiano come prima lingua. Nonostante ciò, la narrazione
è in italiano per ovvie ragioni XD Fate finta che stia pensando
nella sua lingua natale con la traduzione automatica XD
.
.
OS 3
I'll do it my way
.
.
“For what is a man, what has he got
If not himself, then he has naught
To say the things he truly feels
And not the words of one who kneels
The record shows I took the blows
And did it my way"
― Frank Sinatra, My Way
.
.
Più
passa il tempo, più mi chiedo una e una sola cosa: com'è
possibile che in una classe delle superiori si formino così
tante coppie?
Io, davvero, sono allibito.
Questi
qui hanno fatto il liceo insieme. Si sono trovati nella stessa classe
per puro caso, così, com'è capitato a tutti noi,
frequentando la scuola. Hanno passato cinque anni con l'obbligo di
vedersi ogni mattina, di sopportarsi ogni mattina, di condividere ogni
singolo malumore e, nonostante tutto, passano ancora del tempo assieme,
di loro spontanea volontà,tutti.
Ma
l'aspetto che mi lascia più perplesso è il loro legarsi a
vicenda attraverso amicizie di gruppo e/o inciuci amorosi. Voglio dire:
quanto surrealismo c'è in tutto ciò?
Tralasciando
le due coppie principali che, onestamente parlando, mi provocano grande
disagio ed inquietudine, non posso fare a meno di notare come anche
tutti gli altri nonfacciano che flirtare dalla mattina alla
sera, nella maggior parte dei casi fingendo di odiarsi, ma in
realtà amandosi alla follia.
È
uno schema che coinvolge tutti; è assurdo. Secondo me, è
una sindrome di Stoccolma di gruppo, non c'è altra spiegazione.
Le
due coppie principali sono gli sposini e i proliferi. Gli sposini mi
turbano perché stanno insieme da quando avevano sedici anni;
nessuno dei due ha mai attraversato un momento di crisi nonostante la
giovane età e solo guardandoli si percepisce un elevato livello
di sdolcinatezza, che sembra andare in aumento, al contrario di quanto
spesso capita, invece, in questo genere di coppie. Io non ho mai visto
un fenomeno così: penso che siano le due metà della
stessa mela, ma penso anche che il fatto di essere capitati nello
stesso stato, stessa regione, stessa città, stessa scuola e
stessa classe sia davvero paranormale.
I
proliferi, invece, sono gli altri due piccioncini perversi, che, a
quanto vedo, non riescono a smettere di produrre prole. Fanno impressione; la maggior parte dei figli che hanno si motivano con
un "Non l'abbiamo fatto apposta!" e questo la dice assai lunga. Se la
ricciolina rimarrà fertile fino ai cinquant'anni, come da
manuale, potrebbero arrivare ad avere circa venticinque/trenta
figli.
Questi
sono i due esempi madre che, anche senza il contorno, mi lasciano
confuso di fronte alla vita. Com'è possibile che tutto
ciò sia potuto succedere tra compagni di classe? Voglio dire,
quante probabilità reali ci sono?
Ma come se l'interrogativo non fosse sufficiente, insorgono altre casistiche correlate:
-
i due pel di carota che si punzecchiano sempre e dichiarano di non
sopportarsi, ma che dalla quinta superiore non ce la fanno a superare
un bacetto che si sono scambiati da ubriachi;
-
Federica, l'amica bacchettona di Nelli, che si è privata di ogni
piacere della vita, per via di un amore non corrisposto ancora ai tempi
dell'acne giovanile, che l'ha resa la donna acida e frigida che oggi
è (della serie, come NON superare i traumi legati alla vita
scolastica);
-
i due gay che si passano malattie a vicenda, quando, anni or sono,
potevano benissimo uscire da scuola e avere rapporti con gente sana;
-
i disagiati mentali che continuano a chiamarsi Antonio e Cleopatra da
cinque anni, invece di avere un benedetto rapporto sessuale con
persone normali che vivono la vita al di fuori delle chat di Messenger;
-
l'unica ragazza con un po' di senno, Shymée, che anziché
salvarsi da questo bordello e rappresentare l'innovazione e il
progresso della cultura musulmana, si lascia fottere il cervello da una
pazza con i codini che, naturalmente, era in classe con lei alle
superiori;
-
e, infine, il caso peggiore e più stupido di ognuno di quelli
citati finora; la pazzia pura e la follia più radicata agli
ideali malati di questo gruppo di persone: Marinella e il soldato. Io
non lo so fino a che punto questa gente sia stata toccata nel cervello;
probabilmente non è nemmeno colpa loro, ma di qualche esperienza
ultraterrena che hanno vissuto durante le superiori o di un professore
demoniaco, io, davvero, non lo so. Ma i danni che hanno subito, tutti
quanti, ancora durante quegli anni bui della loro esistenza, li hanno
segnati profondamente, tant'è che non solo le loro, di vite,
sono state perennemente rovinate, ma anche quelle dei loro cari (vedi
il povero Davide) e dei loro amici (vedi me).
Io
non mi ci vedo nella definizione di amico di Marinella. Non l'ho mai
voluto essere, e ora mi ci ritrovo proprio perché lei mi sta
coinvolgendo in certi raggiri di cui è vittima. Ma io non voglio
essere né amico suo, né amico di questi pazzi.
Sono
capitato un po' per gioco e un po' per sfizio nella sua vita, ma senza
sapere né desiderare il pacchetto prendi uno e ottieni venti.
Non avevo la minima idea che nel privato lei, Marinella, vivesse questo
morboso rapporto di affiliazione al prossimo ed attaccamento al
passato, e invece lo sto scoprendo a mie spese proprio in queste ore.
Se l'avessi saputo prima, probabilmente mi sarei ravveduto dal fare
certe mosse.
In
ogni caso, vi starete chiedendo come sia possibile che a sapere di
tutti questi inciuci della classe sia proprio io, Sayid Matar, figlio
di Kmer, della tribù di Istar, della terra desolata di Cfinir,
uno degli ultimi sette saggi: Puvvurur, Ganer, Astafanirghecusar, Usust
e Ghanir, colui che era, colui che è stato e colui che sempre
sarà. Scherzo, sto solo citando tre dei miei artisti italiani
preferiti, ma mi chiamo semplicemente Sayid Abù Matar.
Scherzo. Volevo solo vedere le vostre facce davanti al nome Abù.
Mi chiamo Sayid Matar, e basta.
Comunque,
vi chiederete come faccio a sapere di tutte queste storie intestine,
pur essendone stato estraneo fino a poche ore fa. Ebbene, la sera del
mio arrivo, cioè ieri sera, me ne stavo un po' in disparte in
salotto a cercare di capire che cosa ci fosse di strano nell'aria in
questa villa. All'epoca ero ancora ignaro di tutto, ma a un certo punto
mi si è seduta vicino una ragazza minuta dall'aria frizzante e
allegra, che mi ha prontamente ricoperto di discorsi fino ad
ipnotizzarmi.
Tra
le tante cose, dopo aver esordito con i complimenti per la bellissima
voce di cui sono dotato (grazie, grazie), mi ha anche rivelato tutte le
belle notizie di cui sopra. Ovviamente le sue descrizioni non avevano
lo stesso tono denigratorio delle mie; anzi, lei sembrava parecchio
eccitata nel parlarmene, soprattutto quando si è soffermata
sull'ultimo punto, che ha illustrato con tanto di dettagli, gentilmente
mimati per il sottoscritto. Mi ha apertamente detto che sperava di
innescare qualche lotta per il territorio tra me e quel Zingaretti, ma
era talmente scoppiata che ho preferito allontanarmi da lei senza dire
troppo. Mi sembrava che si chiamasse Eva, ma ricordare i nomi di tutti
è difficile; specialmente quando usano soprannomi imbarazzanti
comeElVallinator, oPierpetuaeFrufru.
Come già detto, io sto vedendo cose che voi umani...
In
tutti i casi, ciò che voglio fare oggi è davvero
semplice: dare un senso al mio viaggio fin qui e cercare di riportare
un po' di controllo intorno a me. Anche solo ventiquattr'ore in questo
ambiente mi hanno distrutto.
Così,
entro nella spaziosa cucina della villa, sapendo di non trovare molte
persone, ma una in particolare. Senza troppa fatica, mi sono fatto
informare da Eva sulla routine del signorSono confuso sul mio futuro e per questo cambio idea all'ultimo minuto spezzando il cuore alla mia fidanzata Zingaretti(no,
nessun rancore con lui) e ho scoperto che si alza sempre presto per
fare una salutare colazione da soldato e poi qualche salutare flessione
da soldato, per poi proseguire la sua salutare vita da soldato.
Ovviamente
questo non è stalking: la vera stalker della situazione è
la mia ex che sto cercando di riconquistare, ma posso dire di aver
imparato molto da lei.
Mattia
Zingaretti si trova come previsto davanti al bancone della cucina. Ha
appoggiato dinanzi a sé un bicchiere di succo e alla destra di
esso, un cornetto ripieno. Alla faccia del salutare; immagino che con
l'allenamento che gli fanno fare potrebbe mangiarsi anche un bue e
smaltirlo in mezza giornata. Vivrà di rendita come ha sempre
fatto; anche la sua relazione con Marinella non è nient'altro
che del tempo, tanto tempo, lasciato passare sulla base di un
sentimento che li ha fatti sentire potenti in passato. Se non ci fosse
stata qualche fortuita circostanza, come capitare nella stessa classe,
non si sarebbero mai nemmeno calcolati nella vita, dato che sono
compatibili come la metà di una mela e la metà di una
banana. Come ho detto, questo idiota vive di rendita.
Già,
sicuramente vi dispiacerà sentirlo, ma sono fortemente convinto
che quello a dover stare con Marinella sia io.
Probabilmente
vi starete chiedendo con quali diritti e pretese oso pronunciare una
tale osservazione, dato che siete tutti, inspiegabilmente, dalla parte
di questi straordinari ragazzi, ma magari grazie a me qualcuno
aprirà gli occhi. Forse odiate me, e non loro, perché per
anni vi hanno fornito dell'intrattenimento gratuito (beh, quasi), o
forse perché hanno fatto il lavaggio del cervello pure a voi,
facendovi credere cheSì! Èpossibile rimanere amici del cuore con i compagni di classe delle superiori!eSì!È possibile trascinare una storia d'amore per dieci anni senza che nessuno si stanchi e si rifaccia una vita!, ma soprattuttoSì! Èpossibile che Marinella e Mattiacoroninoil loro grande amore mai sbocciato e non ci sia mai più alcuna incomprensione!.
Ma io non sono un cattivo sfasciafamiglie; sono solo un ragazzo che
aveva un buon piano per accasarsi con la ragazza giusta e che si
è visto rovinare tutto da questi oscuri personaggi.
Non sono loro la vittima della situazione, sono io.
"Ehi,
amico!" saluto Mattia, entrando in cucina e controllando che non ci sia
nessuno. Sono le sette; difficile che qualcuno, eccetto maggiordomi e
schiavitù varia, sia già in piedi.
"Amico." ricambia lui, caricando il tono di disaccordo.
Sarò anche non nativo della lingua, ma le intenzioni hanno un codice internazionale.
Comunque
non sono venuto qui per litigare con lui, lo giuro. L'ultima cosa che
voglio è accontentare quella Eva e fornire a Marco, Lorenzo e
Federica altri motivi per rinchiudermi in una stanza a persiane
abbassate (dico, ma non vi rendete conto della gente a cui siete
affezionati?). Con Mattia voglio solo essere sincero; mettere in chiaro
le cose. Per quanto anche lui sia sicuramente corrotto da questo
sistema di amichetti felici, mi sembra comunque uno scaltro e anche
più di Marinella. Con lei devo fare il buono e
l'accondiscendente:ok, ora che mi hai ufficialmente lasciato, saremo amici del cuore per sempre!e
cazzate varie. Ma con Mattia se non parlo ora, perderò la mia
motivazione, e resterò un passo indietro a lui.
E, comunque, anche se non ci voglio litigare, lo odio. E lo odierò per sempre, indipendentemente da tutto.
E no, non solo perché è mio rivale in amore.
"Come mai colazione così presto?" gli domando fingendo che mi interessi.
"Anche
se provo a dormire di più, mi svegliano i crampi della fame.
Ormai sono abituato." risponde portandosi il bicchiere alla bocca. "E
tu?"
Allargo le braccia: "Jet lag."
"Oh, capisco."
Apro
il frigo e cerco qualcosa di appetibile. Questo Magno ha un sacco di
latte e cereali, ma nulla che assomigli a una decente colazione
americana.
Mattia mi imita e finge di interessarsi a me: "È stato un volo molto lungo?"
"Pensavo peggio. In tre ore ero già in Italia."
"Tre ore?" si scandalizza. "Non ci vogliono tipo dieci ore dall'America?"
"Non
arrivo dall'America." gli rispondo pacato, ma pungente, provvedendo ad
appoggiarmi sul bancone con i gomiti per fronteggiarlo adeguatamente.
"Ero a Beirut. In Libano."
Mattia
si zittisce e inizialmente subisce il mio sguardo fisso su di lui, poi
afferra il motivo di questa ostilità non dichiarata.
So
benissimo, e lo sanno anche tutti gli altri, che una delle prime
missioni militari di questo stronzo è stata in Libano. Non
voglio entrare nel merito delle scelte politiche dei nostri paesi o
discorsi analoghi, ma diciamo solo che l'idea di un ospite non
desiderato, e soprattutto armato, in casa propria, è sempre
molto difficile da digerire.
Questo
ragazzo non mi piacerà mai, perché è schierato
dalla parte opposta alla mia, perché ha invaso il mio
territorio, fisicamente e sentimentalmente parlando, e perché ha
una grandissima e fastidiosissima faccia di culo. Non so come a
Marinella possa piacere; chi si accompagna meglio alle sue fattezze
morbide e calde sono io, non questo grattacielo qui che di caldo ha
solo il posto in poltrona dove fino a un mese fa c'ero io.
"Perché
ho l'impressione che tu sia venuto qui per un motivo preciso?" chiede
l'arguto soldato italiano, violatore di confini ed esecutore eccellente
di ordini che nemmeno capisce.
Marinella
avrebbe potuto infatuarsi di chiunque, chiunque all'interno di questo
stupido branco, e invece ha scelto proprio lui. Ma poco male; il
pensiero mi crea solamente più eccitazione. Non c'è gara
tra me e questo qui... anzi, sarà davvero un piacere batterlo in
tutti i modi e campi possibili.
Lo
so, forse la prima impressione che avete avuto di me è stata
diversa. Ma vi correggo; non è diversa, è solo
incompleta. Io sono il Sayid pacato, affascinante e diplomatico che
avete conosciuto, solo che quando c'è di mezzo qualcosa o
qualcuno che voglio, non c'è barriera che abbia paura di
superare. Questa parte agguerrita non è mai troppo evidente in
me, ma vi assicuro che c'è ed è anche pronta per essere
sfoderata.
Marinella
io la voglio: la voglio perché è la ragazza giusta per
me, la voglio perché mi piace e la voglio perché ho
già pianificato una vita con lei.
"Perché
sei un soldato come si deve e fiuti il nemico." rispondo a Mattia con
abbondante sarcasmo, poi poso una mano sul bancone con vigore per dare
solennità alla mia seguente affermazione: "Sono venuto qui per
chiedere a Marinella di sposarmi."
Il
soldato, il gran soldato protettore dei civili libanesi afflitti dalle
guerre, si strozza con il succo e tossisce mentre gli esce addirittura
dal naso.
"Ma che cazzo hai nel cervello?" sbotta tra un soffocamento e l'altro, composto come solo un militare sa essere.
"Perché,
c'è qualcosa di sbagliato?" ribatto, sicuro di me. "Stiamo
insieme da sei mesi, è la donna giusta per me, non ho nessun
dubbio."
"Non state insieme." si permette di correggermi.
"Non attualmente, ma lo siamo stati."
"Sei sparito per un mese intero!"
"E tu per cinque anni."
Mattia
si alza dallo sgabello con un'espressione a dir poco omicida, il succo
ancora un po' sparso sul naso, senza preoccuparsi del rumore che crea
quando trascina i piedi di metallo contro il pavimento.
"Leiè sparita." decreta, a bassa voce, ma controllandosi a fatica. "Io non l'ho mai abbandonata."
"Fisicamente,
si può dire di sì." gli faccio notare. "Ed è la
stessa cosa che ho fatto anche io. Ma vedi, luogotenente, io l'ho fatto
per uno scopo ben preciso."
"Sentiamo
la stronzata." mi invita, recuperando apparentemente la calma e
ritornando seduto, mentre si mangia metà cornetto in un morso
solo.
"La
nostra relazione non andava benissimo." gli spiego, passeggiando un po'
attorno al bancone ma non avvicinandomi troppo a lui per evitare di
essere azzannato come il cornetto. "Marinella era molto, molto
stressata perché nella sua vita c'erano troppe coseunsolved. Mi aiuti con la traduzione?"
"Comprati un vocabolario."
"Ok,
ok." alzo le mani, ridendo in modo strafottente e decidendo di ficcare
più parole straniere nel mio discorso, giusto per dargli un po'
fastidio. "Anyway, prima che arrivasse quel periodo
stavamo bene assieme. Avevamo iniziato a fare discorsi importanti. Lei
era sempre stata bloccata con me per colpa tua e di quello che era
successo, ma io piano piano ero riuscito a farla aprire. Mi apprezzava
davvero e me l'aveva detto.Shestilllikesme,actually."
"Possiamo passare direttamente ai pugni in faccia, se vuoi."
"Eva
l'aveva predetto." rido, ripensando a lei come a una sorta di folle
visionaria. "Ma comunque preferirei finire di parlare. Sai, Nelly e io
avevamo pensato di fare un passo avanti nella relazione ed essere
più seri. Vederci di più, fare cose tradizionali,etcetera.Butthenla
sua vita universitaria e di lavoro si è complicata e in
più Fatima ha lasciato l'appartamento quindi lei è
entrata in crisi, facendosi influenzare anche dai suoi amici, tipo
Federica e Lorenzo. Sai com'è, Marinella..." gli faccio
l'occhiolino.
Anche se non voglio litigare con lui, comunque non resisto al provocarlo.
"Sì, so com'è, direi che lo so."
"Relax,myfriend."
"Relax
un cazzo, Sayid." si altera di nuovo, alzandosi di spalle per posare (o
meglio gettare) le stoviglie sporche nel lavabo. "Concludi questa
recita rapidamente, così posso passare a ridere per la tua
faccia tosta e possibilmente spaccartela quando ho finito."
"Sono
arrabbiato come te." gli ricordo, in un moto di finta comprensione.
"Perché è anche colpa tua se a ogni ostacolo che trova,
non sa che cosa fare e rovina tutto. Le hai causato un trauma che ha danneggiato sia lei che tutti i ragazzi dopo di te."
"Per lei mi dispiace, per gli altri no."
"Comunque l'ho lasciata per questo motivo."
"Quale motivo?" mi fissa confuso.
"Era
chiaro che la sua crisi aveva preso anche il nostro rapporto." gli
spiego. "E sapevo che quello che temeva era perdere la persona che ama.
Così pensavo che andando via, lei avrebbe capito quanto ha
bisogno di me."
Mattia sorride per la prima volta, e anche compiaciuto: "Credo che questo giochetto funzioni solo con me."
"Può
darsi." annuisco, dandogli ragione. "Quello infatti è stato un
errore da parte mia. Pensavo che senza di me sarebbe stata persa e che
sarebbe corsa tra le mia braccia al mio ritorno, perché con la
mia assenza avrebbe realizzato l'importanza della nostra coppia."
"Hai fatto male i calcoli, amico."
"Sì, ma non perché lei non mi ami."
"Ah no?"
"No, non ha funzionato perché è tornata da te."
"Lei è tornata da me? Lascia che ti spieghi la dinamica di questo matrimonio-"
"Intendo
che lei ha incontrato di nuovo te, dopo così tanto tempo." tento
di spiegarmi meglio, tenendo conto di quanto sia difficile parlare in
italiano e soprattutto usare il congiuntivo. "Se non ci fossi stato tu,
avrebbe funzionato. Il mio piano avrebbe funzionato sicuramente, ma
è successa l'unica cosa, assolutamenteunlikely, improbabile, che poteva succedere: te. E so benissimo la dinamica di questo matrimonio; me l'ha raccontato Eva."
"Quindi ora sei qui per mettere in atto la tua vendetta araba?"
"Fuckingracist." lo insulto, con un sorrisetto irritato. "Ti ho detto perché sono qui: perché io sposerò Marinella."
"Auguri e figli maschi."
Marinella ha ragione, è davvero odioso.
"Se
non ci credi, sono problemi tuoi." gli dico, alterandomi
inevitabilmente di fronte alla sua faccia di culo. "Ma è la mia
intenzione fin da quando ho conosciuto Nelly e quindi lotterò
per lei. Sai perché ero in Libano? Perché ero talmente
convinto che il mio piano avrebbe funzionato, che sono andato a fare i
preparativi per la festa di fidanzamento. Ho prenotato una vacanza
lì, ho avvisato i miei che avrei fatto loro conoscere una
ragazza e,holdtightmyfriend, ho pure chiamato il signor Argenti per chiedergli la mano di sua figlia."
Gli occhi di Mattia sembrano due enormi semafori verdi: "Ti avrà detto di no, spero!"
"Mi
ha detto che ci pensa." rispondo vittorioso. "E solo perché
anche lui è razzista, altrimenti avrebbe detto sì subito."
"Tu hai dei problemi."
"Io ho delle certezze! Come quella che io amo Nelly e Nelly ama me!"
Nonostante mi abbia detto il contrario, ma dettagli.
"Perché lo pensi?! In base a cosa?" sbotta, sconvolto e frustrato.
"Non lo pensi anche tu, riguardo a te e lei?"
"No!"
esclama. "Infatti te lo sto chiedendo! Come cazzo fai? Perché io
non ne sono mai stato sicuro e probabilmente non lo sarò mai."
"Beh, fai bene." alzo le spalle. "Infatti quello che lei prova per te è solo una delle sue tante fantasie."
Con
questa frase, è come se avessi tirato il filo di una presa di
Mattia e qualcosa in lui si fosse spento. Penso di aver fatto una mossa
molto saggia, per cui lascio che il suo effetto rimanga per bene senza
rovinare l'atmosfera.
Al
mio silenzio, Mattia risponde abbassando gli occhi e il tono di voce:
"Perché hai fatto tutti i preparativi così
inconsciamente? Perché non hai aspettato delle conferme vere da
parte sua?"
"Perché io credo in noi. Nella coppia che creiamo." rispondo, sperando di tirare altri fili e di spegnerlo completamente.
Una
cosa che di certo non mi aspettavo è che lui fosse così
insicuro. Voglio dire, nonostante sia il favorito, nonostante lei gli
stia appresso da anni, e nonostante sembri scegliere sempre e solo lui,
il ragazzo qui ha ancora paura che non ci sia nulla tra loro. Avrebbe
tutte le ragioni del mondo per crederlo e... da fuori sembra anche
avere la situazione in pugno, ma sotto sotto è un buco nero di
terrore.
Posso sfruttare questo suo punto debole per guadagnare ancora più terreno verso la vittoria: "Myfriend,
Nelly e io abbiamo condiviso molto prima che succedessero questi ultimi
casini. Lei mi ha confessato che non si era mai sentita così
bene, dopo quello che era successo tra di voi. L'ho trovata che era
k.o., completamente distrutta, e piano piano, giorno dopo giorno, l'ho
aiutata ricostruire se stessa. Alla fine lo ha ammesso: stare con te
non ha mai fatto altro che farla soffrire. Non vorrai farle ancora del
male, luogotenente... ha fatto così tanta fatica a ritrovare un
po' di felicità."
Mattia
non stacca mai gli occhi dai miei, anche se mi avvicino al suo volto
fino quasi a sfiorarlo, ma a un certo punto del mio discorso deglutisce
lasciando trasparire qualcosa, sul fondo delle sue iridi, che
assomiglia alla disperazione.
Sorrido: "In
più, anche io ho già tutto organizzato per lei. Il
fidanzamento, la vacanza, il matrimonio e poi un piccolo appartamento a
New York su cui aveva messo gli occhi, che le voglio regalare.
Zingaretti, io posso darle la vita che desidera.Tu puoi?"
Mi
guarda da poco più in alto di me, fermamente come gli hanno
insegnato a fare in accademia, ma ormai privo di tutta quella
minacciosità che dovrebbe saper incutere. Né la sua
statura, né le sue maniere hanno il minimo potere davanti a
questa situazione. E non per merito mio, sono costretto ad ammetterlo,
ma a causa di quello che ho messo in gioco. L'unica cosa che può
piegare questo ragazzo non sono io, né la guerra, né i
raggiri, ma Marinella Argenti.
"Non lo so." risponde, leggermente tremante. "Ma è quello che vorrei."
"Goodluck,then."
ribatto, provocatorio. "Hai un bel po' di lavoro da fare prima di
battermi. Ma soprattutto, hai un bel po' di lavoro da fare prima che
lei possa amarti davvero."
Con
un sorriso vittorioso, gli giro le spalle e cammino verso l'uscita, ma
prima di sparire mi soffermo un minuto in più e torno a
rivolgerli la parola: "Ah, luogotenente... se pensi di correre da Nelly
a raccontarle tutto con le lacrime agli occhi, fai pure, per me non
c'è problema. Chiaramente così mi odierebbe ancora di
più e passeresti in grande vantaggio. Ma se vuoi vedere come va
questa partita senza barare, da vero uomo, lascia le cose come stanno e
vedi da chi dei due correrà alla fine."
Mattia
sospira, poggia la schiena al bancone e incrocia le braccia: "È
un po' tardi per vedere come andrà, senza barare."
"Ma questo vale sia per me che per te, no?"
Touché.
Mattia non può far altro che riconoscere la validità
della mia osservazione con un cenno della testa e, in questo momento,
ho la certezza che non dirà nulla a Marinella del nostro faccia
a faccia. Almeno, non fino a quando lei avrà compiuto la saggia
decisione di scegliere me.
Mi congedo da lui con il saluto militare e, senza aggiungere nient'altro, me ne vado.
Finalmente
ho messo in chiaro le cose. Ho dato un senso al mio viaggio e ho
riportato un po' d'ordine attorno a me. Ne sono felice.
Mi
dispiace dirlo, ma questo branco di amici del cuore ha fatto i conti
senza l'oste: hanno messo in piedi la trappola perfetta per Marinella
Argenti, per reintegrarla nel gruppo e far avere alla sua vita il
decorso che tutti sperano, ma nessuno ha tenuto conto del povero Sayid.
Hanno
aspettato che mi levassi dai piedi, credendo ingenuamente che con il
nostro periodo di pausa fosse tutto finito. Ma non è finito
nulla; anzi, forse è solo cominciato. Voglio un futuro con
Marinella, voglio una famiglia, dei figli, un cane, un conto in comune,
le vacanze e pure la vecchiaia.
E
non per gli stupidi preconcetti razzisti di Mattia sulla vendetta
araba. È perché lo voglio davvero, perché lei mi
piace e mi rende felice.
Come
vi dicevo prima, con lei è iniziato tutto quasi per gioco. Erano
già svariate settimane che la mia amica Fatima parlava a tutti
della nuova inquilina: principalmente, se ne lamentava, perché
era strana, perché era rumorosa, perché faceva cadere le
cose e combinava un sacco di casini. Quando uscivamo con la nostra
compagnia, diventava lo zimbello della serata e Fatty passava ore a
parlare di lei. Prima che diventassero amiche, hanno avuto un brutto
periodo di assestamento, questo è poco ma sicuro.
Tuttavia,
questi racconti di lei mi divertivano. Pur non avendola mai vista,
l'idea che ci fosse una sorta di demone a rendere la vita di Fatty
difficile mi stuzzicava... avrei voluto conoscerla.
Così,
dopo un po', chiesi a Fatty se quella Marinella fosse single e se potessi provarci. A
tutti sembrò un'idea troppo divertente e quasi non vedevamo
l'ora di conoscerla, proprio per ridere di come si sarebbe comportata
di fronte a un flirt da parte mia.
Il
giorno del suo compleanno, Fatima organizzò una festa nel loro
appartamento. Ovviamente lo fece apposta per poter includere anche
Nelly e farcela conoscere direttamente nel suo habitat. Quando la vidi,
tuttavia, ne rimasi subito colpito. Era una bella ragazza; del genere
che piace a me: piccolina, dolce e anche rotonda al punto giusto. Non
pensavo che mi sarebbe piaciuta fisicamente, ma ciò rese le cose
ancora più interessanti.
Durante
la festa, mentre gli altri se ne stavano a guardare la tv in salotto,
ad un certo punto entrai in cucina e la trovai sola, alle prese con il
forno e una pirofila bollente. Dall'inizio della serata non mi aveva
detto nient'altro che"Hi, I'm Nelly.",
ma quando la sentii gridare "Ahia, brucia, porca puttana! Vaffanculo,
forno di merda!" in me si accese qualcosa che generalmente chiamano
scintilla.
Capivo
l'italiano un po' meno di adesso, ma lo adoravo tanto. Adoravo la
cultura e i ricordi legati al mio recente Erasmus, ed era un punto a
favore che si aggiungeva all'essenza di quella ragazza così
particolare e bella. Era come se la conoscessi da tempo, pur avendola
vista quel giorno per la prima volta.
"Serve una mano?" le chiesi, sfoggiando subito le mie conoscenze per cercare di fare colpo.
Lei, infatti, si prese benissimo con quelle poche parole e mi guardò con ammirazione: "Wow, parli italiano?"
Ma
nel frattempo stava reggendo la pirofila bollente, che diventò
per lei insopportabile e finì dentro il lavabo con un poetico
"Cazzo!".
Ripulimmo il disastro insieme e mi chiese scusa per la figuraccia e i termini scurrili.
Uscimmo
nel retro dell'appartamento, isolandoci dagli altri per il resto della
serata, su un minuscolo balcone che, invece di aprirsi sulla skyline di
New York, fronteggiava un grande edificio in mattoni. Ma la brezza
calda di luglio faceva già atmosfera per conto suo e la musica
araba che arrivava ovattata mi faceva sentire un po' bambino e un po'
potente.
Lei
era davvero carina; si era truccata per l'occasione e i suoi occhi
castani erano contornati da una linea di matita nera che li rendeva
ancora più preziosi. Sembravano due pietre scure che riflettono
le luci di un tramonto newyorchese.
Per
scusarsi della cena un po' pasticciata, aveva portato fuori due
bicchieroni di tè freddo e, anche se avrei preferito sorseggiare
un bella birra con ghiaccio e limone, trovai il tutto comunque
elettrizzante.
Parlammo
un po' di noi. Mi chiese dove avevo imparato l'italiano, come avevo
conosciuto Fatima, e se avessi mai nostalgia di casa. Della vera casa,
specificò, del Libano.
Già
in quel momento avrei dovuto accorgermi di quanto fosse malinconica, ma
mi limitai a rispondere alle sue domande per la fretta di farne a mia
volta.
Innanzitutto
mi accertai che fosse single, dato che, nonostante le rassicurazioni di
Fatima, non lo sembrava affatto. Aveva lo sguardo distante di chi sa
che per essere felice deve guardare altrove, a un altrove indefinito e
impossibile, come una vedova o come la moglie di un marinaio. Tuttavia,
lei stessa mi garantì che non c'era alcuna storia d'amore che al
presente la riguardasse. Poi mi parlò d'altro: del suo percorso
di studi, della prima laurea triennale e della convivenza con Fatima.
Il
fatto che parlare d'amore la mettesse a disagio mi incuriosiva troppo,
così cercavo di finire spesso in conversazioni ambigue,
finché lei non mi fermò esplicitamente.
"Sayid, che cosa stai cercando di ottenere?"
"Da te o da questa chiacchierata?"
"Entrambe."
"Beh,
da te anche un bacio, mentre da questa chiacchierata vorrei intuire il
perché sembri presente solo fisicamente, e non con l'anima."
Lei sorrise: "È un mio difetto di sempre."
"Oppure un pregio. È appassionante cercare di capire dove sei davvero con la testa."
"Ho sempre un sacco di pensieri." arrossì, imbarazzata dal mio complimento.
"E con il cuore, invece? Dove sei?"
A
questa domanda lei sussultò e si rifugiò con lo sguardo
nel suo bicchiere di tè. Non si aspettava che fossi così
curioso, o perspicace, e per qualche secondo rimase interdetta.
Poi
lasciò che la tensione si sciogliesse e tornò a guardare
me, quasi ad esaminarmi, centimetro per centimetro del mio viso: "Sai,
Sayid, tu mi ricordi molto una certa persona."
"Ah sì?"
"Ti
conosco solo da qualche ora, ma ho notato che c'è una cosa che
tu e lui avete in comune, ovvero la capacità di dire esattamente
quello che vorrei sentire."
"E lui sarebbe quello che ha rapito il tuo cuore?"
"Esatto."
Me
lo confessò subito, che nella sua vita c'era una persona, ma non
volle raccontami i dettagli. Mi disse solo che era lontano da lei e che
non c'erano rapporti fra loro, se non quelli del passato. Tuttavia, da
quel momento in poi mi osservò spesso ed ebbi l'impressione, per
tutta la sera, che la sua curiosità nei miei confronti fosse
più che altro una ricerca di somiglianze.
Alla
fine, comunque, me ne innamorai. Mi piaceva per fuori e anche per
dentro: tutta quella fragilità, la consapevolezza di aver fatto
del male e di averne subito... erano aspetti che mi facevano credere
che una persona come lei avesse bisogno di una persona come me, e
viceversa.
C'erano
tante altre cose ancora da scoprire, ma non volevo di certo che quella
fosse la prima e l'ultima occasione per stare assieme. Le dissi
espressamente che mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio e uscire
qualche volta. Lei apprezzò la schiettezza e mi rispose che le
avrebbe fatto piacere.
Poi la baciai.
Ok,
forse avrei potuto risparmiarmelo e stare lontano dal rischio di
rovinare tutto. Ma non riuscivo a resistere, davvero, non mi capitava
molto spesso di sentire tutta quell'alchimia con una ragazza appena
conosciuta.
Invece
di schiaffeggiarmi e darmi dell'irrispettoso, Marinella accolse
volentieri il mio bacio e lo ricambiò. Sentivo che c'erano un
sacco di sentimenti repressi in lei: non di certo sentimenti per me, ma
comunque era chiaro che baciare sconosciuti non fosse
un'attività che faceva spesso. Il suo bisogno di me sarebbe
stato anche fisico, quello era poco ma sicuro... e non mi dispiaceva
affatto.
Il
nostro primo appuntamento fu decisamente romantico; mi impegnai un
sacco e le feci un'ottima impressione. Parlando anche con Fatima, capii
che quello che serviva a Nelly erano distrazioni, tonnellate di
distrazioni, e la portai ovunque. Dopo un paio di mesi, finimmo a letto
assieme e, per l'occasione, le pagai una super cena di pesce dove le
feci una proposta che a parer mio era bellissima.
No,
non era il matrimonio, non ancora (anche se già allora avevo
serie intenzioni), ma le domandai di darmi lezioni di italiano.
Intendo, un corso ufficiale, creato ad hoc per me e tenuto da lei in
persona. Ma evidentemente non la conoscevo ancora abbastanza e con
quella richiesta la misi totalmente in crisi.
Davvero,
voi non potete capire quanto... o forse sì, dato che la
conoscete meglio di quanto la conoscessi io al tempo. Si bloccò
letteralmente davanti a me, iniziò a balbettare, poi mi chiese
di riportarla a casa e, secondo i racconti di Fatima, passò
tutta la notte a piangere. Non capivamo che le prendesse, ci eravamo
preoccupati, così cercammo di parlarle e fu allora che scoprii
altri essenziali dettagli sul passato della mia ragazza.
Beh... non era ancora ufficialmente la mia ragazza, ma era come se lo fosse.
Quella
sera di ottobre, ci sedemmo di nuovo sui gradini del retro del suo
appartamento, stavolta con molto più freddo e con una cioccolata
calda tra le mani. Nelly era dispiaciuta per quello che era successo,
ma ancora una volta mi parlò senza mezzi termini e mi disse che
forse ciò che c'era tra noi non poteva esistere, perché
lei non sarebbe stata la ragazza che io volevo.
Si
era pentita di aver fatto l'amore con me, di essere venuta agli
appuntamenti e di avermi baciato, qualche mese prima. Ovvio che questo
mi fece molto male, ma allo stesso tempo la capivo; capivo
perché mi stesse dicendo quelle cose e perché avesse
fatto con me ciò di cui ora si stava pentendo. Nelly non aveva
mai lasciato andare il suo passato e io non le avevo mai chiesto di
farlo, o almeno, non intenzionalmente, perché invece scoprii,
parlando con lei, che la mia proposta del corso di italiano aveva
colpito direttamente quella parte di lei, e l'aveva scossa.
Sono
delle dinamiche strane, ma apparentemente un rapporto
insegnante-studente le ricordava troppo quell'idiota che le ha rovinato
la vita. Tuttavia, io l'avevo ormai fatta entrare nel mio cuore e non
avrei voluto separarmene. Io che avevo avuto modo di scoprire com'era
stare con lei, ero del parere che forse, con il tempo e la pazienza,
avremmo potuto essere perfetti assieme.
Così
tentai di convincere anche lei; ormai sapevo come prenderla, e forse
perché, come diceva lei, avevo la capacità di dirle
esattamente ciò che voleva sentire, riuscii a calmarla. Parlammo
a lungo, al freddo, bevendo la cioccolata in tempi biblici, e
rassicurando Fatty, che ogni tanto veniva a controllare che fossimo
ancora vivi.
Alla
fine della giornata, e della cioccolata, le promisi che avrei
rispettato ogni sua piccola fragilità, che le avrei dato tutto
il tempo di cui aveva bisogno e le chiesi di diventare la mia ragazza.
Lei accettò.
I
cinque mesi successivi furono perfetti. Certo, dovevo stare attento ai
tasti dolenti, ma imparai a capire quali fossero, piano piano, e non
feci la minima fatica. Mi piaceva stare con Marinella; mi rendeva
davvero felice.
Solo
guardandomi indietro, poi, mi resi conto di quanto anche lei fosse
cambiata e di quanto distrutta fosse quando l'avevo conosciuta. Mi
piace pensare che sia merito mio, e in fondo, non sono l'unico di
questo parere, dato che anche Fatty si è sempre meravigliata di
quanto il mio arrivo nella sua vita avesse reso le cose più
facili a tutti. Le due coinquiline avevano smesso di litigare e con la
scusa di avermi in comune, una come ragazzo e l'altra come amico,
trovarono un primo argomento di discussione, e da lì in poi
anche il loro rapporto migliorò. Non sapevo nulla dei veri amici
di Marinella, non l'avevo mai sentita parlarne, perciò fui
felice che finalmente andasse d'accordo con qualcuno, che potessimo
fare delle uscite di gruppo spensierate.
Insomma,
tutti sembravamo più felici ma avevo il presentimento che il
peggio dovesse ancora venire. Ero consapevole che, prima o poi, io e
Nelly avremmo dovuto affrontare quel suo trauma a trecentosessanta
gradi, entrando nella sfera privata, quella che riguardava puramente
noi due e il sentimento che ci definiva. Di lei e Mattia sapevo
l'intera storia e, sebbene facessimo tutte le attività che fa
una coppia, sentivo la presenza di quel ragazzo come un fantasma,
ovunque, persino tra le lenzuola. La sensazione che lei mi stesse
usando per non pensare a lui era sempre più potente e
l'impressione che lei mi frequentasse perché ero simile a lui
non era mai passata, sin dal primo giorno in cui l'avevo conosciuta.
E
difatti, tutto iniziò a complicarsi quando proposi a Nelly di
rendere la nostra relazione più seria. Fatty cercava di
aiutarmi, lei era dalla mia parte, ma Nelly si rifiutava di fare quel
passo. Stavolta non era diretta come all'inzio, quando mi comunicava
apertamente i suoi dubbi e problemi. Al contrario, era diventata
schiva, super pensierosa e triste. Certo, era successo a causa delle
mie richieste forse un po' troppo premature per lei, ma anche in
concomitanza con la visita della sua amica Federica a New York. Non
sapevo nulla di quella ragazza, ma dopo averla incontrata avevo capito
di non piacerle e con il senno di poi, ora so che non poteva di certo
essere venuta per spronare Marinella a stare con me.
Quindi
avevamo iniziato a vederci più di rado e solo per poi finire a
letto, e per quanto mi facesse piacere, tutto ciò mi lasciava
con una certa inquietudine. Le mie paure diventavano giorno dopo giorno
più reali e non avevo idea di come fare.
Dire
esattamente quello che lei voleva sentire non bastava più. Avevo
l'impressione che per non lasciarmela sfuggire avrei dovuto essere
ancora meno Sayid e ancora più Mattia, e anche se era sbagliato,
decisi di provarci, lasciandola sola da un momento all'altro con la
scusa di dover prendere una pausa. Mi sentii malissimo, uno schifo.
Ma
le volevo troppo bene per permettermi di perderla. Non avevo mai
provato nulla di simile con altre ragazze; era quella giusta per me,
quella che avrei voluto presentare ai miei genitori, quella con cui
avrei vissuto a metà tra Libano e Italia, per sempre.
Così,
a malincuore, decisi di imitare il suo caro Mattia, e nel frattempo
iniziai a preparare questa super sorpresa per il mio ritorno. Fatima
è
stata essenziale in questa fase; era la mia complice di fiducia che mi
aggiornava su ogni sua mossa. Fu lei a dirmi che Nelly avrebbe
partecipato a un matrimonio di amici, non appena ne venne a conoscenza.
Le chiesi di raccogliere più dettagli possibile e solo qualche
giorno fa mi passò la notizia che temevo di sentire: non solo al
matrimonio c'era anche Mattia, ma Nelly sembrava essere già
ricaduta nella sua rete. Così ringraziai Fatima e partii senza
nemmeno aver terminato i preparativi per la vacanza nel mio paese.
Durante il viaggio chiamai il signor Argenti: volevo occupare
più caselle possibili con le mie pedine, anche se ora come ora
mi rendo conto di aver pensato a un piano troppo debole... anche avendo
il consenso di suo padre, dovrò superare ben altri ostacoli
prima di dichiararmi vittorioso.
Però,
chi avrebbe mai immaginato che dopo cinque anni lei avrebbe
acconsentito a rivedere i suoi amici? Chi avrebbe pensato che proprio
in quel momento avrebbe smesso di scappare dal passato? Chi avrebbe
potuto prevedere che qualcun altro stava preparando un ottimo piano,
contemporaneamente al mio?
Se credono di poter mettere i piedi in testa a Sayid Matar, si
sbagliano di grosso. Tenterò il tutto per tutto con Marinella,
anche se è tornata tra le braccia di Mattia, anche se dice di
amare lui, anche se mi ha spezzato il cuore. Loro avranno anche
più vantaggi di me, ma io tornerò a New York assieme a
Marinella, e lo farò a tutti i costi... a modo mio.
***
ANGOLO AUTRICE
Questa non è una OS, vi avverto, questo è il preludio di una guerra vera e propria XD
Ahaha, eddai, sciogliamo un po' questa tensione, cerchiamo di non arrabbiarci troppo.
Questa OS chiude il primo gruppo di OS che appartengono alla raccolta.
La mia prossima pubblicazione sarà - finalmente - il capitolo 15
della storia principale, che riprenderà esattamente da dove ci
eravamo fermati. Quello che avete letto finora nelle OS sono
informazioni in più, ci tengo a ripeterlo, che però non
vanno a creare buchi nella trama principale. Certamente vi avranno
aiutato e vi aiuteranno a capire meglio e sapere nel dettaglio che cosa c'è
dietro alle scelte dei nostri pg.
Per quanto riguarda questa OS nello specifico, forse è la
più succulenta. Prima di questa avrebbe dovuto essercene un'altra dal
punto di vista di Davide, ma l'ho ritenuta di troppo. Allo stesso modo,
avrebbe dovuto essercene una dopo di questa dove era Nelli a raccontare
dei suoi mesi assieme a Sayid, ma si è già preso lui
l'incarico, e quindi ho riunito 3 OS in una, e sono contenta. Per
quanto mi piaceva l'idea di scriverne ben 10, mi sa che è meglio
che il numero sia leggermente diminuito, anche per poter procedere
più velocemente rispetto all'abissale ritardo in cui già
sono.
Detto questo, vi lascio ad alcune domande...
1) C'è a chi Sayid piace e a chi non piace. Dopo questa os, qualcuno ha cambiato idea, o è tutto confermato?
2) Che ne dite dell'osservazione di Sayid? Anche secondo voi l'ex 5^A soffre di sindrome di Stoccolma di gruppo?
3) Quanti piani organizzati in questa OS, eh? XD
4) Mattia vi è piaciuto oppure no in questo confronto? La sua insicurezza potrebbe essere un problema?
5) Che ne pensate della
storia tra Nelli e Sayid? Non sembra anche a voi che lui sia stato
piuttosto dolce e lei piuttosto stronza?
6) Ma non ci saremo tutti, per caso, affezionati ai personaggi sbagliati, pieni di brutti principi, come dice Sayid? XD
Ancora una volta chiedo scusa per i capitoli non corretti dalla beta
(Ellie mi ucciderà prima o poi, me lo sento) e ringrazio tutti
per la pazienza e la sempre presente voglia di leggere. Aspettando con
ansia il capitolo 15 io vi saluto e vi mando un bacio <3
"Zingaretti
e Argenti." gli occhi castani del professore fissano prima l'uno e poi
l'altra. Ci scruta con la palpebra socchiusa, come a voler escludere
dal suo raggio visivo tutti gli elementi inutili. Vuole avere nel
mirino solo noi due; Mattia e me.
Infatti, ci punta, si assicura che il suo colpo arrivi a segno e poi spara: "Fuori dalla classe."
Tre parole, una pausa un po' troppo lunga tra ognuna di esse, l'inizio ufficiale della tragedia.
Ecco.
Sapevo che l'avrebbe detto.
Lo sapevo.
Pensavo
di essere psicologicamente preparata a questo rischio, invece la mia
reazione fisica è tutto il contrario di rassegnata o
consapevole. Sono terrificata. E decisamente non pronta per affrontare
ciò che si trova fuori dall'aula.
Sento gli occhi di Mattia su di me e vorrei davvero voltarmi, ma ho paura persino di questo gesto.
Mi
limito ad alzarmi in piedi, ingessata come mia nonna al risveglio dalla
pennichella pomeridiana. Afferro la penna nera, avvito bene la
bottiglia d'acqua ed esco dalla mia fila di banchi. Sto tremando.
Mattia
e io non siamo né interrogati, né in punizione; siamo
solo davanti al momento del giudizio. Del tipo che se questa va bene,
siamo graziati per tutto l'anno, altrimenti finiamo direttamente in una
lista nera da cui sarà quasi impossibile uscire.
E
il bello è che non abbiamo fatto niente di male, eccetto
ammalarci prima delle vacanze di Natale e saltare il compito di
italiano. Per quanto si consideri un avvenimento normale e,
soprattutto, umano, il nostro professore lo fa sembrare l'affronto
più grande della storia.
Mattia
in italiano non va molto bene; ha la media del sei risicato e questa
verifica può rappresentare per lui la salvezza o la condanna al
debito di metà quadrimestre. Per questo motivo Spilli ha
ritenuto la malattia di Zinagretti un indubbio tentativo di
temporeggiare, oltre che una grave mancanza di rispetto nei suoi
confronti.
Spilli
è montatissimo. Dice di aver scritto dei trattati sulla
linguistica che si fanno studiare agli universitari, ma io sono solo in
prima superiore e non me ne frega assolutamente niente della fama dei
miei prof. Voglio imparare a scrivere bene e che me lo spieghi qualcuno
che sappia davvero insegnare.
Cosa di cui Spilli non sembra molto capace.
Proprio
per questo, il superuomo Spilli deve aver fiutato la mia antipatia
nell'aria. Ormai sono passati quattro mesi dall'inizio della scuola e
lui sta conoscendo meglio i suoi alunni. Quanto a me, sono certa di
avergli fatto una cattiva impressione sin dall'inizio, ma poi per il
resto del tempo gli ho solo dato altri motivi per non stargli
simpatica. E viceversa.
Ecco
perché pure io oggi mi trovo nell'occhio del ciclone: non avrei
dovuto mancare al compito scritto. Era il primo del suo genere, dato
che fino a Natale c'erano state solo interrogazioni, quindi Spilli non
è stato affatto contento di non vedermi in aula.Me lo aspettavo, più che altro, Argenti, ripeto nella mia testa, con la sua voce sprezzante.
Cosa
volete, pover'uomo... è un quarantenne calvo e brutto che crede
che per farsi piacere si debba essere temuti. Guarda caso, in classe,
va d'accordo solo con Alessandra Gruccia. E con le sue scollature da
meretrice.
La
mia classe è un gruppo davvero particolare. Non è da
molto che conosco i miei compagni e siamo ancora decisamente troppo
all'inizio per poter dire di aver sviluppato delle dinamiche, ma quello
che so con certezza è che siamo tutti strani. Forse la preside
ci ha selezionato apposta, leggendo i pareri lasciati dai nostri
insegnanti delle medie, il che sarebbe davvero figo, il che per un
istante mi porta a fantasticare su come un domani, tutti trentenni e
stranamente ancora amici, ci ritroveremmo a scoprire che dietro alla
nostra convivenza forzata ci sono state delle precise intenzioni.
Che
so, magari un esperimento sociale? O un accordo tra i nostri genitori?
O addirittura il piano di un professore pazzo che ci ha voluti riunire
per poi formare delle coppie intestine da cui generare un determinato
tipo di prole. Magari proprio Spilli, dato che tra un libro di
linguistica e l'altro, avrà pur bisogno di qualche malata
distrazione.
Sono
ancora tesa come una corda di violino, ma mi scappa un sorrisetto. Noi
divisi in coppie? Non credo proprio che sia possibile. Siamo tutti
così diversi.
E
comunque, anche se fosse, spero che non abbia deciso di puntare proprio
su di me e Mattia, approfittando del recupero di oggi per osservarci
interagire. Non penso davvero che potremmo stare bene assieme,
né che uscirebbe una prole sana di mente dalla nostra unione.
Tanto per cominciare, lui è un idiota, e in secondo luogo, io mi
sa che sono ancora peggio.
"Argenti, c'è qualcosa che trovi divertente nel dover recuperare una verifica di italiano?"
"No, certo che no, prof." deglutisco, riportando i miei muscoli facciali alla loro forma da brava studentessa.
"Se posso permettermi, prof..."
Ed eccolo lì.
Mattia
Zingaretti non sa preservare la sua stessa vita; è sempre quello
che compie atti suicidi in classe, sempre colui che non teme
l'autorità dei professori, sempre il compagno che sai di poter
mandare avanti se c'è un'ingiustizia in atto. Sembra che non gli
importi di venire punito; se c'è qualcosa che non va, lui
semplicemente lo fa presente.
"Volevo
sapere perché ci vuol far recuperare il compito proprio oggi."
prosegue infatti, con un tono educato e non supponente, ma comunque
sicuro. "È il primo giorno di scuola dopo le vacanze... pensavo
che avrebbe almeno aspettato mercoledì."
"Non
vedo a che cosa possano giovare due giorni in più, Zingaretti."
risponde Spilli, premendo il cappuccio della sua penna un paio di
volte. "Avete già avuto ben venti giorni di vantaggio rispetto
ai vostri compagni. E poi è un tema; non servirà mica
aver studiato... a meno che tu non sia abituato a ripassare il
vocabolario di italiano prima di scrivere qualcosa."
Dalla
fila dove sono sedute Giorgia e Alessandra sale una risatina, mentre
Eva annota qualcosa direttamente sul banco, come se il rischio di
scordarla le avesse fatto perdere un po' di civilizzazione.
Immagino
che quest'ennesima disquisizione tra Spilli e Zingaretti sarà la
sua ragione di vita nei prossimi tre o quattro giorni, lasso di tempo
che impiegherà questo dialogo a passare dalle mura della 1^A
alle orecchie di tutta la scuola. L'ultima notizia ormai sta diventando
vecchia: sarà almeno una settimana che si parla di quel Tommaso
Fiore di seconda che ha imbrattato una colonna con un murales sconcio.
"Non ho neanche un vocabolario di italiano." risponde allora Mattia, stavolta sì, con un po' di malizia in più.
Spilli
si finge per nulla toccato dalle nostre lamentele e apre personalmente
la porta dell'aula, per poi invitarci a uscire con un gesto della mano.
Io, come un soldatino, eseguo all'istante, Mattia mi segue più lentamente e strisciando i piedi.
In
corridoio la bidella Alfonsa ha già sistemato due banchi, uno di
fronte all'altro, separati da circa un metro e mezzo, ovvero dalla
porta dell'aula. Fortunatamente, Spilli la chiude non appena ci ha
osservati sistemare le nostre cose, ma prima si assicura di averci
ritirato i telefoni e di averci consegnato i fogli protocollo con il
timbro della scuola.
"Scrivete
due pagine di diario su quello che avete fatto durante le vostre
vacanze di Natale." ci ordina, prima di dedicarsi alla sua
spassosissima lezione sui complementi d'agente. "Avete un'ora e mezza
di tempo. Buona verifica."
Tutto 'sto casino per due stupide pagine di diario.
Ma
c'è una valida ragione se siamo così agitati: il prof
Spilli è davvero stronzo. E non lo dico perché non mi ha
ancora dato un voto superiore al sei e mezzo, nonostante io me la cavi
da otto, ma perché lo affermano davvero tutti a scuola, ogni
singolo studente!
Beh,
forse non Gloria Ferrucci, dato che ama tutte le materie, tutti i
professori e tutte le verifiche, ma il resto della gente sì.
I
ragazzi di seconda non sopportano il suo modo noioso di spiegare
Manzoni, quelli di terza odiano la Divina Commedia da quando lui fa
sottolineare parole a caso nei canti e quelli di quinta... oh, quelli
di quinta sono davvero disperati. Hanno paura che la loro
maturità vada a rotoli, perché in italiano non sono
pronti, pensate a come sono ridotti!
Io
spero davvero che l'anno prossimo ci mandino un altro professore.
Già dobbiamo sopportare la malvagità della Bracci e la
severità di Visatti; Spilli è davvero solo un boccone di
troppo da mandare giù.
"Preoccupata?"
"Cosa?"
La
domanda di Mattia mi colpisce in modo del tutto inaspettato. In primo
luogo, mi fa sussultare, dato che stavo da tutta un'altra parte con la
testa, e poi non riesco proprio a capacitarmene. Ok, vi ho raccontato
le mie opinioni su di lui, ma non vi ho detto che in realtà io e
lui non parliamo.
O
meglio, sì, abbiamo parlato, ma è stato in occasioni a
sé stanti, come il primo giorno di scuola, in cui ha urlato una
parolaccia inciampando contro il mio banco, oppure durante un compito
di matematica, quando gli ho chiesto se mi prestava il righello, e
quella volta alle macchinette in cui mi si è bloccata la Kinder
Delice e lui e Pierpaolo sono venuti a prendere a calci l'apparecchio
per tirarmela fuori.
Ma un dialogo vero e proprio non l'abbiamo mai avuto.
Qualche
volta ho fatto dei tentativi per cercare di far amicizia, ma mi
bloccavo sul nascere, sotto lo sguardo di rimprovero dei miei amici
Lorenzo e Federica. Dal canto suo, Mattia è uno piuttosto
selettivo; affronta a testa alta tutti i professori, ma passa il tempo
con pochi coetanei. Certo, è amichevole e anche piuttosto
simpatico, con la battuta pronta verso chiunque, ma raramente l'ho
visto cercarsi compagnia. Gli bastano i suoi pochi amici della classe,
più una gallina dell'altra sezione che gli starnazza sempre
attorno. Ma quella è un'altra storia.
Per
cui, a conti fatti, questa è proprio la prima volta in cui
Mattia si rivolge direttamente a me. Così, senza pretesti per
farlo, o secondi fini per una richiesta. Mi ha fatto una semplice
domanda, e io, naturalmente, non ho dato una risposta sensata.
"Ti
ho chiesto se sei preoccupata." ripete, con tono seccato. "Stai
fissando il nulla da quando Spilli ci ha detto di uscire. Sembri uno di
quei video, tipo 'Una capra riflette sul suo passato' o 'David Guetta
va in trip sul palco'."
Lo preferivo quando non mi parlava.
"Ehm..."
arrossisco, abbassando gli occhi sul foglio protocollo. "Sì, ho
un po' di paranoie su Spilli." mi discolpo, sentendomi in realtà
tremendamente in imbarazzo.
Quando
ero all'asilo, le maestre mi beccavano spesso a fissare l'infinito con
la bocca aperta e la lingua mezza di fuori. Dicevano che passavo un
sacco di tempo nella mia mente, ed è ancora così. Gli
altri bambini mi prendevano spesso in giro per questo, ma io mi
rintanavo nella mia testa e non mi importava più.
Se me lo fa notare Mattia Zingaretti, invece, lo sento come non mai un difetto di cui vergognarsi.
Il che mi fa incazzare.
Mattia
è un vero e proprio idiota, e non capisco perché da quel
primo giorno di scuola abbia tutto questo effetto su di me. Lorenzo,
che è una suocera, parla di cotta e istinti repressi. Ma io ho
quattordici anni; penso che l'unico istinto represso che abbia mai
provato sia quello di andare in garage, rubare la motosega di
papà e usarla per fare a pezzi mio fratello Davide.
Non so... non so proprio.
Nel
profondo del cuore so che c'è qualcosa che non va in tutta
questa storia e che non è affatto normale, ma mi fa strano
sentir parlare di cotta. Io ne ho già avute a bizzeffe e saprei
sicuramente riconoscerla, se l'avessi nei confronti di Mattia. Invece
lui, insomma... è un idiota! La prima volta che mi ha rivolto la
parola, è stata per esclamare "porca puttana!" e mi ha pure
fatto sporcare il registro di classe.
Non l'ho ancora perdonato.
E,
in ogni caso, non può essere una cotta. Non mi sentivo
così nelle mie cotte precedenti, quindi si tratterà
sicuramente di altro. Tipo odio, o che so... istinto represso di
picchiare qualcuno con gli occhi verdi e la media bassa in tutte le
materie, soprattutto in italiano.
"Che
invidia." ribatte Mattia, riferendosi alla mia ultima dichiarazione.
"Io non riesco proprio a prenderlo sul serio, Spilli. Mi fa solo
ridere." con un'alzata di spalle, prende in mano la sua penna del Milan
e inizia a scribacchiare qualcosa con una calligrafia cuneiforme che si
era vista l'ultima volta solo in Mesopotamia.
Per forza ha la media del sei risicato.
Anche se penso che sia piuttosto intelligente. Idiota, ma intelligente.
Va male a scuola perché vuole, non perché è stupido.
Cioè sì, è anche stupido...
Oh, che nervi! Pensare a lui mi dà i nervi.
E comunque invidio un sacco la sua noncuranza. Vorrei essere come lui.
Sforzandomi
di troncare il mio ragionamento, cerco anch'io di buttare su carta
qualche idea. È meglio che interrompa qui il mio flusso di
coscienza e che mi dedichi alla verifica, altrimenti potrei passare
un'eternità a partorire stronzate. Almeno ho una fantasia
allenatissima: la dovrei usare per scrivere qualcosa.
Mi
piace scrivere, ad essere sinceri; mi viene abbastanza bene. Anche se
preferisco di gran lunga parlare, e ancor di più pensare.
Scrivere ha indubbiamente delle limitazioni: di spazio, di tempo e di
forma. Il pensiero invece è libero.
Mi piace questa frase: la scrivo nel tema.
Caro Diario,
durante queste vacanze di Natale, ho pensato molto. Mi piace davvero pensare, perché il pensiero è libero.
È una bella introduzione. Potrei prendere sette, questa volta.
Motivata,
arricchisco il paragrafo e poi ne aggiungo altri due. Proseguo la mia
riflessione sviluppando alcuni punti che ritengo molto importanti, su
cui in effetti mi era già capitato di elucubrare, da sola, sul
letto a una piazza in camera mia, oppure tramite audio di Whatsapp che
mandavo a Federica e che lei non ascoltava, oppure faceva partire. Non
so se sia la presenza di Mattia, o l'adrenalina per il compito, o il
timore nei confronti di Spilli, ma... sono brava. Sono davvero
piuttosto brava.
Le
parole fluiscono bene, messe in fila in modo ordinato e con delle
congiunzioni che normalmente non mi sarebbero venute. Alla fine di
questo mio moto d'ispirazione, ho scritto tre quarti di una pagina e
quando la rileggo, tutta d'un fiato, senza rilevare errori, ne vado
fierissima.
"Psst." Mattia richiama la mia attenzione adeguandosi al silenzio in cui è piombato tutto il corridoio.
"Che
c'è?" faccio, ricordandomi che qui c'è pure lui. Ero
talmente presa dalla scrittura che me ne stavo quasi scordando. Quanto
sarà passato? Mezz'ora, forse?
Il suo foglio è ancora quasi del tutto bianco.
"Come procede?" s'informa.
"Bene."
"Senti,
ma..." Mattia rigira tra le mani la sua penna rosso nera, poi alza gli
occhi di scatto e sento uno strano fremito nel petto. Devo dire la
verità: Mattia ha due occhi che vorrei solo poter rubare. "Te
che hai fatto a Natale?"
Aggrotto le sopracciglia.
Me lo sta chiedendo perché d'improvviso si interessa alla mia vita, oppure per pura disperazione?
"Cose varie..." rispondo guardinga. "Perché?"
"Bah,
così." si stringe nelle spalle, non sapendo bene dove fermare lo
sguardo, poi lo ferma sulla mia bottiglia d'acqua e finge disinteresse.
"Per chiedere."
Deve
essere uno bravo a mentire, lo sento. Solo che l'avere davanti un
foglio completamente bianco lo penalizza e non poco. È ovvio che
sia a corto d'ispirazione.
"Servono
idee?" propongo con un sorriso un po' impacciato. Non so nemmeno
perché: forse perché mi fa pena, forse perché mi
sento un po' Sigmund Freud dopo il mio monologo sul pensiero e su
quanto sia importante approfittare della ricorrenza del Natale per
pensare.
Mi stimo un sacco per aver scritto certe cose, potrei dare degli ottimi consigli a Mattia per aiutarlo ad alzare la sua media.
Momento modestia.
"Anche."
ammette, allora, spingendosi un po' indietro con lo schienale della
sedia. "Ma sono comunque curioso di sapere che cosa hai fatto di
così interessante per scrivere una pagina intera senza mai
staccare la penna."
Ora arrossisco proprio.
Se
ha fatto quest'osservazione, significa che mi ha guardato mentre
scrivevo e ciò mi mette contemporaneamente a disagio e mi
lusinga. Fino a mezz'ora fa non ci parlavamo nemmeno; ora invece mi
osserva e vuole addirittura sapere che ho fatto durante le vacanze di
Natale.
Perché
devo rivelare questo lato di me agli altri? È quello che mi
mette sempre nei guai, oltre a farmi sembrare decisamente strana e
spesso anche psicopatica.
Mattia infatti alza un sopracciglio, volutamente perplesso: "Pensato? Venti giorni di pensiero?"
"No,
intendo..." ecco, ora parte il disagio, quello vero. "Beh, sono una che
pensa molto, ma comunque non è che ho solo pensato dalla mattina
alla sera."
"Aaah."
Diffida di me e della mia giustificazione. Infatti ha ancora il sopracciglio alzato.
"Voglio
dire." deglutisco. "Ho fatto delle attività. Tipo con i miei
genitori e con i parenti... cene, feste, l'albero, i fuochi, sai... le
solite cose."
"Bello."
butta lì, tanto per dire, mentre ha iniziato a fare cerchi
sull'angolo del foglio di brutta. In realtà, non sembra aver
dato molto peso alla mia affermazione sul pensare. Grazie al cielo.
"Sei andata da qualche parte?"
"No, sempre qui a Venezia."
E
basta con le domande! Mi sta facendo sentire sotto pressione. Quasi
più di Spilli durante le sue terrificanti interrogazioni mangia
alunni.
"Anch'io."
Però non è brutto parlare.
In
un certo senso, è intrigante: sto morendo internamente per
l'imbarazzo, ma sono tentata ad andare oltre, come in un dualismo di
contrasti, lo yin e lo yang.
Vi ho detto che sono psicopatica.
Però
se già di mio gradisco molto parlare, farlo con lui sembra
doppiamente interessante, nonostante mi stia facendo sudare le mani.
Non so bene da quale forza, ma sono spinta ad arricchire il mio
racconto, a continuare la conversazione: "Il giorno della vigilia ho
visto il presepe galleggiante sul Canal Grande. Poi abbiamo preparato
il cenone e i miei hanno fatto arrivare Babbo Natale per mio fratello."
"Ci crede ancora?"
"Ha cinque anni." sorrido, con ovvietà.
Mattia prende atto con una smorfia. Chissà quanto preferirebbe saltare da un ponte che restare qui ad ascoltare me.
"Anche
le tue sorelle ci credono ancora?" provo a cambiare il soggetto delle
mie chiacchiere, ma mi accorgo subito di averne scelto uno sbagliato.
So che Mattia ha due sorelle perché durante le lezioni ne ha
parlato, ma ho l'impressione che non sia un argomento di cui voglia
discutere. Dalla faccia deduco sia un no categorico.
"Hanno dodici anni." risponde comunque, con la mia stessa ovvietà, ma con meno garbo.
"Capisco."
cerco di sviare nuovamente, mentre mordicchio, tesa, il tappo della
penna. "A mio fratello comunque non è piaciuto Babbo Natale. Ha
capito che era mio zio dopo trenta secondi e si è incazzato con
tutti dicendo che non era un bello scherzo e che si sarebbe chiuso nel
forno fino a quando non sarebbe arrivato il vero Babbo Natale a tirarlo
fuori."
Mattia
ha gli occhi bassi, ma ride. Non so se abbia trovato divertente
l'aneddoto su mio fratello o la mia quasi parolaccia (in classe non
dico mai le parolacce), ma comunque sento di nuovo un altro fremito nel
petto. Ha decisamente un sorriso che mi piace e poi adoro quando la
gente ride a quello che dico. In senso buono ovviamente.
Tutto
ciò mi gasa e non poco, quindi proseguo il mio racconto: "A
Natale sono stata al mega pranzo dei nonni. Mia nonna cucina sempre per
un esercito e mio nonno trova difetti in ogni piatto, ma poi mio
papà stappa il vino di annata e tronano tutti allegri. Anche
troppo; dopo pranzo mio nonno ha iniziato una gara di rutti con i miei
zii e i cugini maschi. Ti sorprenderesti se ti dicessi che il mio
cugino più grande si è scaricato l'app per misurare i
decibel dei vari rutti."
Stavolta Mattia ride proprio e finalmente mostra uno sguardo piuttosto interessato: "Chi ha vinto?"
"Mio
nonno." allargo le braccia. "È decisamente poco signorile, a
volte, ma io lo adoro. Poi a Capodanno papà ha preso i fuochi di
artificio e ne ha sparati alcuni tanto per fare baccano. Uno è
andato nel giardino della vicina e le ha bruciato i pomodori,
così lei ci ha denunciati."
Mattia allarga gli occhi. Sono proprio verdi, ma di un verde unico nel suo genere. Sono bellissimi.
"Non
intercorrono buoni rapporti di vicinato." mi giustifico. "Maggiormente
per colpa di mio fratello, ma i fuochi di papà sono stati la
goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così abbiamo passato il
resto delle feste con i musi lunghi. Ci siamo ripresi solo il giorno
della Befana, perché serviva una tizia brava, onde evitare uno
sciopero della fame da parte di Davide, Davide è mio fratello
per la cronaca, quindi abbiamo cercato ovunque; mamma ha fatto
addirittura dei provini."
"Pure."
"Sì, alla fine è venuta una perpetua di paese e mio fratello ci è cascato in pieno."
"Per fortuna."
"Ma
nella sua calza c'era del carbone, quindi si è chiuso nella sua
stanza gridando come un pazzo e quando è uscito, si era tagliato
metà capelli per protesta."
"Stai scherzando?"
"No." scuoto la testa con aria grave. "Se avessi il telefono ti farei vedere la foto. E poi ha buttato la calza nel water."
"Tranquillo, tuo fratello. Un bambino a modo."
"Ha
dei problemi comportamentali." svelo senza troppo riguardo, con
un'alzata di spalle. Sì, lo so che sono informazioni solo della
famiglia, mamma me lo ricorda sempre, ma sorprendentemente è
davvero facile parlare con Mattia. Io sono una persona che potrebbe
parlare anche con un sasso, questo è vero, ma c'è
qualcosa nell'avere lui come interlocutore che mi rende ancora
più fluente nei discorsi, libera da ogni scrupolo.
Un bene per me e un male per lui? Probabilmente sì.
"Figo." sorride, quasi ammirato dal fatto che mio fratello sia uno psicolabile.
"Non
tanto." rilancio. "Specialmente se prende i tuoi quaderni e ci disegna
sopra la forma del suo piede con le cere. Comunque..." cambio
argomento, interessata. "Che hai fatto tu, invece?"
"Oh,
niente di che." minimizza, tornando leggermente più freddo e
smorzando il mio entusiasmo in letteralmente tre parole.
"Oh."
"Ma
immagino che sia il caso di inventare qualcosa, adesso." accenna al suo
foglio ancora bianco e poi impugna la penna come a voler dare un
termine a questo inaspettato e insolito momento di condivisione.
"Giusto." sorrido forzatamente, pensando che invece avrei di gran lunga preferito rimanere a chiacchierare.
Tzè... queste sono solo le tue solite utopie, Marinella.
In
più, mi ricordo del mio super trattato sul pensiero e la
scrittura e mi rendo conto che è proprio il caso di darsi una
mossa, se voglio finire questo compito in tempo e anche soddisfacendo i
requisiti di lunghezza imposti dal professore.
Curioso,
però... prima di iniziare il compito non vedevo nemmeno la luce
fuori dal tunnel; ora invece sto cominciando a pensare che sia una
delle verifiche più divertenti che io abbia mai svolto.
Aldilà del fatto che le mie pagine di diario siano un vero
capolavoro filosofico, nemmeno l'occasione di conoscere meglio Mattia
Zingaretti è stata del tutto negativa.
Anzi, forse dovrei approfondire il tutto con Federica e Lorenzo.
"...un
giorno." nemmeno me n'ero resa conto, ma Mattia ha detto qualcosa. A
mezzo tono e con l'espressione tutta concentrata sul suo foglio, ma
l'ha detto.
"Come?" chiedo, sperando di non aver fatto figuracce.
"Ho detto..." Mattia lancia uno sguardo fugace verso di me. "Che spero davvero di conoscerlo tuo fratello, un giorno."
"Ah."
Se
prima ero solo arrossita, ora divento direttamente una specie di
fiammifero con il corpo chiaro e la testa bordeaux. Pure fumante.
"C-certo." balbetto.
Poi
abbasso la testa, la ficco nei vari fogli del compito e mi sforzo di
pensare a qualsiasi cosa che non sia 'oddio, ho una cotta per Mattia
Zingaretti'.
*
"Argenti."
È
passata una settimana, il che significa che il prof ha corretto i
nostri temi e quindi ora sapremo finalmente qual è il suo
giudizio di fine quadrimestre su di noi. Manco fossimo due anime
davanti a San Pietro...
A
Mattia il compito è appena stato consegnato; è andato
super bene, addirittura più di quanto si sperasse... un bel
sette! Per lui è sicuramente un voto molto conveniente ai fini
della sufficienza in pagella e per il record di Spilli è
comunque un punteggio alto, considerato che non va spesso oltre la
soglia del sei e mezzo.
Io
spero davvero di non essere nuovamente rimasta in quella fascia. Spilli
sarà pure brutto e cattivo, ma è comunque un prof di
italiano; ci tengo a colpirlo e alzare un po' il mio profitto, oltre
che a togliermi da quella zona di antipatia reciproca in cui sono
finita con lui.
Infatti,
mi alzo per raggiungere la cattedra con una certa ansia, ma allo stesso
tempo sentendomi positiva e fiduciosa. Sono orgogliosa del lavoro che
ho svolto per questo tema; credo che potrei veramente averlo sorpreso e
stavolta aver guadagnato un gran voto.
"Cinque e mezzo."
COOOSA???
Non so nemmeno se lo urlo in mezzo alla classe, o se lo penso e basta.
Giorgia e Alessandra ridono, quindi penso di averlo esternato.
Spilli sporge pirgamente una mano per passarmi il foglio. Lo afferro meccanicamente, ma sono ancora scioccata. Anzi, sconvolta.
Cinque e mezzo? Insufficiente? Come...? Cosa...?
Non può essere.
Non c'è nemmeno un segno rosso; è perfetto!
"Sei andata fuori tema." decreta Spilli, spassionato, quasi annoiato.
Sicuramente,
dall'alto dei suoi studi sulla linguistica e la gestualità,
aveva previsto ogni passo della mia reazione.
"Ma la consegna diceva..."
"La
consegna diceva di scrivere due pagine di diario su quello che avete
fatto durante le vacanze di Natale, Argenti; non un testo argomentativo
sulla psiche umana."
Alcuni miei compagni continuano a ridere e ciò peggiora solamente la situazione. Sono rossa di rabbia e di vergogna.
Non
mi contengo abbastanza ed esclamo: "Vengo punita per aver scritto
qualcosa di più profondo? Di meno banale rispetto al solito,
prevedibile, temino?
Ora
capisco veramente quale impulso sente Mattia quando fronteggia
così apertamente le ingiustizie.È davvero inaccettabile!
I professori non dovrebbero essere così strafottenti e la
creatività degli studenti andrebbe incoraggiata!
Spilli mi guarda incredulo; questo nei suoi calcioli non l'aveva di certo preso in considerazione.
"No."
mi corregge, calmo, ma per niente amichevole. "Nessuno ti sta punendo.
Hai solo il voto che ti meriti per non aver fatto esattamente
ciò che ti è stato richiesto. Nella vita reale, quando
fai di testa tua, spesso sbagli."
E con ciò, mi toglie tutta la voglia di protesta dal petto e mi spegne definitivamente.
Me ne torno al posto mestamente, ricevendo qualche pacca sulla spalla da Lorenzo e sentendo Federica insultare quelmezzo uomo calvo e appestato dai brufoli post adolescenziali. Dopo un po' chiedo di uscire e mi rinchiudo mezz'ora in bagno a piangere.
Sì, lo so, piangere per un brutto voto, che mezza pippa.
Ma
c'è un insieme di cose che mi ha fatto davvero stare male,
stavolta. Non mi sta bene che questo presunto professore abbia una
considerazione così mediocre di me, non mi sta bene che mi abbia
piazzato un cinque e mezzo al primo compito scritto e alla fine del
quadrimestre, non mi sta bene che mi abbia umiliato davanti a tutta la
classe e, peggio di tutto, non mi sta bene che Zingaretti sia andato di
gran lunga meglio di me.
E
sì, pure questo è un pensiero egoista e infantile,
però davvero, nel profondo del cuore, sono invidiosa di lui.
Vive sereno, non si preoccupa, fa il minimo indispensabile, però
si salva sempre per il rotto della cuffia. Ed è bravo; ha un
sacco di risorse, i piedi per terra e l'abilità di dire sempre
le cose più giuste. Lo ammiro così tanto da darmi
fastidio.
A
ricreazione esco dal bagno e sono certa di avere ancora i segni rossi
sotto le palpebre. Tuttavia, la prossima ora c'è la mia materia
preferita, francese, e non ci tengo a farmi vedere in queste condizioni
dalla prof. Almeno lei mi sta simpatica, non voglio darle brutte
impressioni. Così, scendo fino alle macchinette e mi prendo una
cioccolata calda più una Kinder Delice, per essere sicura che la
bomba cioccolatosa faccia il suo rispettabile effetto.
Ma ovviamente la merendina si blocca nella macchinetta.
Odio questa macchinetta.
Mi
aggiro per cercare qualche mio nerboruto compagno di classe e
purtroppo, o per fortuna, l'unico che trovo nei paraggi è
Mattia. Non mi va molto di parlare con lui, ma allo stesso tempo da
quando abbiamo fatto il compito, una settimana fa, continuo a pensare
alla nostra chiacchierata, a come mi sono sentita bene... al suo
sorriso provocato dai miei racconti.
Mattia
accetta gentilmente di aiutarmi e molto meno gentilmente placca la
macchinetta, facendola addirittura sollevare da un lato e poi
ripiombare sul pavimento con un tonfo. A quel punnto la Kinder Delice
è bella servita e anche un po' spappolata.
"Grazie." dico, sperando che non noti i miei occhi rossi e allo stesso tempo sperandolo un po'.
Ma
a Mattia non può fregare di meno e una volta finito con la
macchinetta, fa ovviamente per andarsene senza nessuna dichiarazione
alla stampa.
"Ehi.
Aspetta un secondo." lo fermo, sapendo benissimo di risultare solo una
seccatura durante la sua ricreazione nei pressi della gallinella di
1^B. Però ho questo impulso di sapere, di chiedergli, o solo...
di parlargli.
"Che c'è?" mi domanda, infatti, un po' irritato.
"Volevo
sapere una cosa." spiego, trattenendolo per il braccio come se potesse
davvero servire a non farlo andare dai suoi amici.
"Dimmi."
"Che cosa hai scritto nel tuo tema di italiano?"
A
sorpresa, Mattia si libera dalla mia mano, ma si fa più vicino,
controllando attorno come per essere sicuro che nessun altro ci senta:
"Niente di che."
Wow. Che rivelazione.
Mattia non fa mainiente di che.
"Eddai." Lo supplico. "Almeno dimmi cosa devo raccontare a Spilli per farlo contento e prendere un sette."
Mattia sospira, un po' irritato, ma anche un po' dispiaciuto. Sembra che si sia accorto dei miei occhi arrossati.
"È
estremamente semplice, in realtà." svela, leggermente in
imbarazzo e a voce bassa. "Ho scritto che alla vigilia sono andato a
vedere il presepe galleggiante sul Canal Grande, che al cenone è
venuto babbo Natale ma non ci ha creduto nessuno, che i fuochi di
capodanno hanno fatto arrabbiare i vicini e che nella calza della
Befana le mie sorelle hanno ricevuto il carbone e hanno protestato
gettando tutto nel water."
Spalanco
gli occhi e per un secondo percepisco l'indecisione di Mattia sul farmi
fuori prima che scoppi in una scenata isterica o sul costituirsi
direttamente in una centrale di polizia per questo crimine.
Poi mette le mani avanti: "Ti prego non urlare o non piangere."
In realtà, non faccio nulla di temibile.
Me ne sto semplicemente impalata di fronte a lui fissandolo dal basso con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
"Senti."
sospira a disagio. "Alla fine non puoi chiamarlo copiare, perché
sul tuo foglio avevi scritto un sacco di roba complicata su altri
argomenti. Io ho solo preso spunto dalle storie che mi hai raccontato."
"Non so se sia un sollievo o una bruttissima notizia."
"Sei incazzata con me?"
"No."
rispondo istintivamente. Poi mi raccolgo un attimo in riflessione e
aggiungo. "Però con me stessa sì. Un sacco."
Tutta
la situazione lo mette chiaramente in imbarazzo, eppure sembra
dispiacersi davanti alla mia reazione e si trova indeciso se voltarsi
di spalle e scappare o rimanere per non peggiorare la situazione.
"A
volte penso che..." parla piano, trovando di nuovo difficoltà a
posizionare lo sguardo su un punto fermo. "Che forse ti perdi in una
goccia d'acqua."
"Solo a volte?" ribatto, tra i denti, furiosa per questa osservazione, ma solo perché è vera.
Mattia
non mi sente e continua il suo discorso: "Magari potresti lasciar
perdere la fantasia, ogni tanto. Così piaceresti di più a
Spilli."
Sì, certo, come se fosse facile.
"Anche
se potresti non piacere più ad altre persone." fa mezzo sorriso,
un po' insicuro della sua stessa teoria, ma pienamente in
modalità incoraggiamento a una psicopatica. "Scegli tu che fare,
ma pensa sul serio se ne vale la pena. Tanto te l'ho detto, per me
quello è solo un ridicolo e tu... tu sei brava a pensare. No?"
Non
so se me lo sogno o se mi fa davvero l'occhiolino, ma prima che me ne
possa accertare, si è già voltato per andare via: "Ci
becchiamo dopo."
Non mi guarda nemmeno mentre mi saluta e poi raggiunge Silvia Trepalme e il suo gruppetto di amici.
Quanto a me, non riesco a far altro che restarmene qui immobile con la faccia da pesce lesso.
Penso
che questa per Mattia Zingaretti non sia affatto una cotta. No, oh
no... non può assolutamente essere una cotta. Questo, cari miei,
potrebbe essere qualcosa di molto, molto più grave.
Oppure... niente di che.
Seh, ma chi ci crede?
***
Ed eccoci qui!
Questa
OS nasce direttamente da un vostro suggerimento e devo dire che
è stato proprio carino scriverla... grazie per la dritta :)
Inizialmente
l'idea era di farvi vedere 3 o 4 momenti diversi, presi anche dal
secondo e terzo anno, insomma... prima dell'inizio di "Io e te".
Tuttavia, penso che per questa volta vada bene così. Mi piace
come è uscita e spero possa aver fatto sorridere anche voi. Non
che avessimo dubbi su come fossero andate le cose tra questi due, ma
vederli in azione, per quanto mi riguarda, è sempre curioso.
E
comunque, se a qualcuno dovesse interessare, Spilli per fortuna
è rimasto solo in prima, poi gli è stata data una
cattedra alla facoltà di lettere dell'università
più vicina, ma i suoi libri di linguistica vengono tuttora
illegalmente fotocopiati e barattati con appunti di altri corsi U.U
Adesso veniamo all'altra parte saliente di questa pubblicazione.
Prima
di entrare nel vivo della questione, vi ricordo che il prossimo
appuntamento sarà con un capitolo regolare di "Io e te 3", il
numero 17, dove proseguiremo con la trama.
E ora, miei diletti, il momento della verità.
E'
arrivato finalmente il modo di sapere chi siete, dove vi collocate in
questa storia e quanto siete simili, o diversi, dai personaggi che
odiate (e amate, si spera).
Per questo, vi presento l'unico e irripetibile... TEST "CHE PERSONAGGIO DI IO E TE SEI?"
Prima
che vi catapultiate a farlo, vi scrivo una lista di informazioni e
regole che vi permetterà di eseguirlo al meglio, così da
poter ottenere il risultato più veritiero possibile. So che
magari vi annoierà dover leggere tutto, ma fidatevi che ne vale
la pena, per un bene superiore.
Dunque dunque dunque, partiamo con le info di base:
- il test è composto da 40 domande a risposta multipla e chiusa;
-
ci sono 12 risultati possibili, ognuno corrispondente a un diverso
personaggio di "Io e te". Ho scelto 12 pg che a parer mio rappresentano
i più coinvolti nella trama, ciò non toglie che mi
dispiace tantissimo non aver inserito certi altri e che in un futuro si
può pensare a una soluzione che li includa.
- ad ogni risposta del test sono collegati uno o più pg. Ad esempio:
Qual è il tuo colore preferito?
Rosso - Nelli, Mattia, Lori
Giallo - Fede
Blu - Marco, Eva
ecc...
Naturalmente
voi non vedrete a quali e quanti pg è collegata una risposta, ma
quando la selezionerete, ai personaggi corrispondenti verrà
assegnato un punto. I vari punti si andranno a sommare durante il test;
alla fine vedrete la classifica nel vostro risultato. Il pg che
avrà accumulato più punti sarà quello che
definirà che pg di "Io e te" siete, ma potrete anche vedere in
che misura assomigliate agli altri 11 ed eventualmente calcolare la
percentuale. Spero di essermi spiegata XD
- se avete domande prima di effettuare il test contattatemi pure nei vari social!
- alla fine del test, se vi va, potete fare uno screen al vostro risultato e condividerlo su fb, instagram, ecc con l'hashtag #iosononomedelpersonaggio.
Questo vi permetterà, cercando l'hashtag, di vedere quante altre
persone hanno avuto il vostro stesso risultato e, ovviamente, di far
sapere a tutti chi siete! Nel gruppo di Facebook sarà
sicuramente interessante scambiarci i risultati.
*
Ecco,
ora ne sapete sicuramente di più, ma ci sono ancora un po' di
regole da chiarire! Io lo scrivo qui, ma nel sito, alla vostra destra,
c'è un menù a tendina che potete sempre consultare
durante il test nel caso qualcosa non fosse chiaro (in realtà
è tutto estremamente semplice e intuitivo, ma io ho sempre paura
di lasciare qualcuno con dei dubbi, quindi spiego).
1
- in alcune domande siete obbligati a scegliere una sola opzione, in
altre c'è la possibilità di dare risposte multiple e in
altre ancora sarete obbligati a darne un determinato numero. Queste
istruzioni vi verranno specificate di volta in volta sotto ad ogni
domanda del test con la dicitura sottolineata: una risposta, possibilità di risposta multipla, ecc...
2
- per quanto riguarda le domande con l'obbligo di una sola risposta,
una volta selezionata, il test proseguirà automaticamente con la
domanda successiva. Cambiarla è tuttavia possibile, selezionando
la barra al di sotto delle risposte, che vi fa tornare avanti e
indietro nel test, oppure cliccando il tasto "show all", collocato
sempre nello stesso punto, che vi permette di visualizzare tutte le
domande in un'unica pagina, anziché in più diapositive e
dunque anche di modificare le risposte precedenti.
3
- per quanto riguarda le domande con possibilità di risposta
multipla, potete cliccare quante risposte desiderate, ma per proseguire
dovete cliccare il tastino "next" di fianco a una qualsiasi delle
risposte selezionate. Non verrà influenzato il punteggio a causa
del tasto "next".
4
- per quanto riguarda, invece, le domande a cui dovete dare un numero
preciso di risposte, ad esempio 3, starà a voi fare le persone
oneste e selezionarne effettivamente 3. Io non vi posso controllare ;)
5
- Indipendentemente da quante risposte avete dato e quante domande
avete ancora d afre, se rispondete all'ultima, ovvero la numero 40, il
test di concluderà automaticamente senza darvi la
possibilità di completare. Quindi se dovete modificare qualcosa,
fatelo prima di rispondere alla domanda 40, e allo stesso modo se avete
lasciato delle domande senza risposta, completatele prima della fine,
oppure, semplicemente, non verranno contate nel punteggio finale.
6
- prima di effettuare il test, vi consiglio di fare la prova! Ho creato
un mini test proprio per questo scopo. Vi permetterà di capire
le funzionalità del sito e la struttura del test, anche se
è velocissimo. Vi lascio qui il link: QUIZ PROVA
7
- certe domande saranno davvero malvagie, ma vi suggerisco di
rispondere con onestà... tanto le vostre risposte non le vede
nessuno. Muahahahaha BUON TEST <3
Ecco
il collegamento al mio profilo di Quotev, dove trovate sia il test di
prova che il test "Che personaggio di Io e te sei?". Dovete cliccare
qui: QUOTEV - Test
*
Con
questo, gente, vi lascio al vostro divertimento (almeno spero) e vi
saluto alla prossima! Non dimenticate di dirmi cosa ne pensate di
questa OS <3
Attenzione:
questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla
storia "Io e te è semplicemente complicato" (più
conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui:https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1o quihttps://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
In
particolare, questa è la quinta della serie di OS e si colloca,
temporalmente, dopo il capitolo 18 di "Io e te 3", ovvero "Io credo nel
matrimonio, lo giuro, lo giuro!".
Sono letteralmente anni che aspetto di pubblicarla XD
Buona lettura!
.
Il bello e le bestie
.
Alla vera Emma e ad Edoardo.
.
.
.
Onestamente,
pensavo che Alessandra fosse più una ragazza da dobermann con il
collare borchiato. O al massimo da chihuahua con il vestitino
leopardato, possibilmente femmina e di nome Chanel. Invece mi stupisco
di trovare, nel piccolo giardino antistante casa sua, un grande
labrador che si sta leccando le palle.
Inizialmente
il fatto che ci sia un cane mi preoccupa, ma poi noto che la mia
rumorosa presenza non lo tocca minimamente. Arrivo fino in fondo al
vialetto, accosto vicino al portone, parcheggio, e lui si sta ancora
leccando le palle. Quando scendo mi guarda per qualche secondo, ma poi
decide che le sue parti intime sono molto più interessanti e non
solo non mi calcola, ma mi lascia pure entrare, noncurante che io mi
sia aperto il cancello da solo.
Ho fretta di raggiungere la porta, certo, ma questo canide mi sta troppo simpatico per non meritare un po' della mia attenzione.
"Ehi, bello!" lo chiamo, mentre con cautela mi avvicino a lui.
È
buio, ma non troppo: ci sono faretti sparsi per tutto il giardino e
anche un po' di illuminazione che arriva dalla strada, sebbene questo
non sia un vialetto troppo popolato. Non mi sono stupito quando ho
scoperto, tramite ricerche che rasentano lo stalking, che la casa di
Alessandra si trovava fuori dalla laguna, in uno di quei paesetti di
terraferma dove stanno costruendo un sacco di nuove ville per tipi con
il macchinone.
Beh, ok, di macchinoni non ne vedo, ma di solito i ricchi li tengono ben protetti in garage, per cui.
Il
mio amico peloso cessa finalmente di avere rapporti orali con se stesso
e mi viene in contro scodinzolando. Mi guardo bene dal farmi leccare,
ma lo accolgo affettuosamente, accarezzandogli il collo con entrambe le
mani. È di color nocciola chiaro e ha due enormi occhi marroni
che comunicano serenità; strano, avrei detto che i cani di
Alessandra fossero tormentati divoratori di umani.
Contro
ogni previsione, poi, l'amico qui non ha nomi imbarazzanti come Chanel
o Dior, ma è un semplice Snoopy. Uno dei tanti, probabilmente,
ma di sicuro uno Snoopy felice e un po' indecoroso. Gli rimetto a posto
la targhetta del collare, sorridendo al fatto che Alessandra ci abbia
messo il suo numero di telefono e non qualsiasi altro. Ancora una
volta, non la facevo così affezionata ai cani; la immaginavo
più che altro in una caverna, di notte, ad accarezzare
pipistrelli.
Quando
mi avvicino alla porta, Snoopy dà il primo segnale d'allarme,
ergendosi sulle quattro zampe con fermezza e fermando il dondolio della
coda. Penso che voglia difendere la porta di casa da estranei, ma poi
suono il campanello e lui non abbaia. Ok, probabilmente vuole difendere
me da quel che potrei trovare dentro la casa. Comprensibile.
Mentre
aspetto che qualcuno apra, mi rendo conto di non essere del tutto in
forma. Mi brucia lo stomaco e per qualche ragione non riesco a stare
fermo. Chiaramente sono in ansia, ma non capisco perchétuttaquest'ansia.
Il senso di colpa in questi giorni mi ha abbastanza provato,
però ho sempre gestito bene le situazioni difficili. Esami,
interrogazioni, addirittura la discussione di laurea; eppure questo
sembra l'effetto di un brutto bibitone che non riesco a smaltire. Senso
di colpa, più ansia, più fretta di tornare: il mio
stomaco non è mai stato così preso d'assalto...
sarà che Alessandra mi fa proprio paura.
Neanche fossimo nel mio peggiore incubo, ad aprire dopo un po' è proprio lei in persona.
Lo
fa distrattamente, senza nemmeno aver chiesto chi è,
perché presa da qualcosa che sta accadendo nell'altra stanza e
dalle urla che ora sento inconfondibilmente pure io. Mi fissa con
encefalogramma piatto per un po', mentre il concerto continua, poi fa
mente locale ed impallidisce.
Io propongo un sempreverde sorrisetto ironico: "Allora è qui che torturi le tue vittime?"
Alessandra non perde nemmeno un millesimo di secondo a rispondermi; afferra la porta e me la sbatte in faccia.
Ma ci sta, ci sta. Ero preparato.
Ciò
a cui non ero preparato, ma che sospettavo fortemente, era che ci
fossero davvero persone rinchiuse nel suo antro malvagio; possibilmente
gente che stesse soffrendo e che avesse, dunque, un buon motivo per
urlare. Infatti chi sta dando aria ai polmoni non ha intenzione di
smetterla, lasciando così che i propri lamenti trapassino i
vetri della finestra; sono solo suoni, senza parole, ma sembrano gemiti
di donna; o ancor più precisamente di bambina.
Alessandra mangia i bambini?
Mentre
suono insistentemente il campanello, pongo questa domanda anche a
Snoopy, il quale a mia insaputa si è messo sotto un piccolo
cespuglio a scavare una buca. Probabilmente è lì che la
Gruccia nasconde i resti delle sue prede; li fa passare per ossa di
costata, ma il realtà dà in pasto al cane pezzi di corpo
umano.
Dopo
quello che dovrebbe essere il decimo suono di campanello, Alessandra mi
apre di nuovo la porta, ancora più trafelata di prima e con una
faccia che sembra implicare che la mia non è affatto una
presenza gradita. Avete mai vistoDexterche
finge di essere un uomo normale, mentre nell'altra stanza sta
massacrando qualcuno con la motosega? Io adoro Dexter e Alessandra me
lo ricorda.
"Che diavolo vuoi?"
"Un pass per il backstage di questo nuovo horror."
"Chiamo la polizia, Natale."
"O
la chiamo io?" la provoco avvicinandomi a lei e mettendo
contemporaneamente una mano sullo stipite, per guadagnare un po' di
avanzata.
Ora
che la vedo meglio, illuminata dalla luce degli interni, mi accorgo con
sorpresa delle sue condizioni: ok che è in tenuta da casa (o da
antro malefico) però non credevo che potesse assumere tali
pietose sembianze. Anzi, in realtà, direi che sembra quasi
un'altra persona: non ha un filo di trucco, per cui scopro ora quante
lentiggini (segno del male) le infestino il viso, e quante rughe di
espressione modifichino il suo volto, e quanto profonde siano le sue
borse sotto gli occhi. Dopodiché vedo i capelli raccolti alla
bell'e meglio da un mollettone, la canotta sgualcita e più larga
di lei e i leggins bagnati. È coperta di macchie un po'
dappertutto e non so perché, ma puzza, puzza terribilmente,
puzza di... latte?
"Oh,
cazzo!" la sento imprecare e, al massimo della meraviglia, la vedo
sparire verso quella che dev'essere la cucina, chiaramente per spegnere
qualcosa che stava per bruciarsi. A naso, direi latte, ma potrebbe
anche essere acido per sciogliere i cadaveri e farne sparire le tracce.
Non si sa mai.
In ogni caso, nel frattempo entro e mi chiudo la porta alle spalle.
Mentre
da destra continuano urla e tonfi e a sinistra imprecazioni e
spadellamenti, io mi fermo in entrata colpito e affondato dall'enorme
quadro che mi ritrovo di fronte: il ritratto di una donna molto,
molto bella, con lunghi capelli ramati e un sorriso identico a quello
della Gruccia, quindi malefico, ma in qualche modo affascinante. Non
è Alessandra, ovviamente, perché quella del ritratto
è chiaramente più vecchia, ma è altrettanto bella
e in molti dettagli simile, quindi deduco sia la madre. Giuro che mai
come in questo momento ho desiderato di avere rapporti con una MILF.
Non che ciò implichi che la madre di Alessandra sia una MILF,
ovviamente.
Ho dei pensieri impuri, a volte, ma sono un ragazzo educato.
"Come
ti permetti di entrare in casa degli altri?" mi tuona addosso
Alessandra mentre trotta dalla cucina alla parte opposta della sala.
"Esci subito."
"No."
Alessandra ha in mano degli oggetti - giocattoli? -, li porta nell'altra stanza e poi torna in cucina.
"Vattene via Natale, o mi costringi a chiamare la polizia!"
Passa
di nuovo, stavolta con l'iPhone rivolto minacciosamente verso di me in
una mano e un enorme pupazzo nell'altra. Arriva nella stanza opposta,
posa l'iPhone ed esce con il pupazzo.
"Per caso allevi bambini e poi li mangi, come la strega di Hansel e Gretel?" le domando, curioso.
Lei
sbuffa in un moto di ira funesta e si accorge di aver lasciato
giù l'oggetto sbagliato, quindi torna nella stanza per
riprendere il telefono, si sentono alcune altre grida disumane, e poi
un suo ordine tuonante e perentorio: "Miriana, chiudi quella diavolo
porta, per favore?!"
E pace improvvisa.
La
porta si chiude, il rumore si ovatta all'istante e la rossa esce
finalmente con il suo iPhone tra le mani, sudata e a corto di fiato.
Miriana, molto probabilmente, è la schiava ipnotizzata che serve
inconsapevolmente la famiglia da anni, dopo essere stata strappata
dalla sua vita di normale ragazza con dei sogni. Con ogni
probabilità, sarà la stessa fine che spetta a me, dopo
stasera.
"Allora,
te ne vai o no, Natale?" fa lei, posando le mani sui fianchi, e io non
so se prenderla come una minaccia oppure come l'ultima
opportunità utile per salvarmi la vita.
"Sono appena arrivato e già me ne devo andare?"
"Non ti ho nemmeno detto che potevi entrare; questo è chiaramente un caso di effrazione."
"Non hai nemmeno chiesto chi era alla porta, se è per questo. Non mi sembri molto preoccupata delle effrazioni."
"Stavo aspettando qualcuno; ero convinta che fossi quella persona."
"Chi, se posso chiedere?"
"Non
puoi chiedere. Vattene via, Francesco." mi ordina, mentre con un
canovaccio che porta attorno al collo (mio Dio, ma dove sono finiti i
choker di Gucci e le collanine di Tiffany?) si asciuga le mani e le
braccia.
"Scusa."
le sorrido allora, sperando di scaldarle un po' quel ghiacciaio che ha
nel petto. "Ero venuto per parlarti. E anche controllare come stavi."
"Davvero?" accidenti, non è per nulla impietosita.
"Davvero."
"Beh,
non è il momento. Mi dispiace." con un paio di falcate mi supera
e apre la porta, invitandomi con questo gesto e con tutta la sua
postura ad attraversarla e sparire.
"D'accordo."
alzo le mani in segno di resa, ma prima di perdere così
miseramente in partenza, mi gioco una carta, che in realtà
solamente gioco non è. Infilo una mano nella tasca ed estraggo
il suo bracciale Pandora, che ho conservato per tutto il viaggio
sperando che almeno alla vista di quello mi potesse risparmiare la vita
in qualche momento critico. Lo so, ho sprecato subito lachance,
ma ehi... non potevo andarmene con quel coso. Furto ed effrazione non
sono propriamente bei reati e poi, ho come l'impressione che per lei
sia importante.
Difatti,
quando lo vede, i suoi occhi tradiscono tutta la sceneggiata di un
secondo fa. Allunga una mano e lo sfiora, come a dubitare che sia
reale: "Oh, l'hai trovato."
"L'avevi
perso alla villa. Quando ti sei tolta i guanti da lavoro, credo." le
spiego, guardandola dall'alto e notando quanto sembri diversa conciata
così. "L'ho trovato tra i pezzi strappati del mio progetto."
Per un istante, brevissimo istante, mi sembra che provi quasi un lievissimo senso di colpa. Ma poi torna acida.
"Grazie."
cinguetta mettendo finalmente gli artigli sul suo prezioso gioiello.
Controlla che ci sia in particolare uno di quei mille costosissimi
ciondoli e poi lo infila al polso. Mentre tenta di incastrare la
chiusura, le sue mani smettono di reggere la porta, così piano
piano questa fa per serrarsi e io le do la spinta finale
affinché anche la serratura compia il suo scatto.
Alessandra alza gli occhi, mi fissa e poi sbuffa, esasperata.
"Dai, posso restare solo un po'?"
La
rossa nemmeno mi risponde. Aggancia il suo braccialetto e poi sparisce
di nuovo in cucina, stavolta aspettandosi di avermi alle calcagna,
perché quando si volta per parlarmi, ha già un mestolo in
mano, pronto per perforarmi un polmone.
"Ti avverto che se fai gesti o discorsi non di mio gradimento, ti sbatto fuori e ti faccio sbranare da Attila."
"Attila?"
"Il mio cane. È un rottweiler ed è incatenato qui fuori."
Sorrido, appoggiandomi a un bancone della cucina e incrociando le braccia: "È un labrador e si chiama Snoopy."
"Come
cavolo...?" Alessandra si scandalizza, ma poi sospira, portando una
mano alla fronte. "Oddio. Dimmi che non si stava leccando le parti
intime."
"Spero che non sia vera la teoria che ogni cane assomiglia al suo padrone, altrimenti..."
Non
dovrei essere così spavaldo; Alessandra mi ha appena lanciato il
mestolo in testa e prevedo che sappia fare anche di peggio.
"Dimmi
quello che mi devi dire." decreta, posando entrambe le mani sul
bancone, dalla parte opposta della mia, per guardarmi bene con occhi di
fuoco da creatura mitologica del male. "E poi vedi di sparire."
"Ok."
la accontento, timoroso di essere nuovamente ferito da qualche utensile
da cucina. "Ero venuto per parlare di quanto accaduto alla villa. A...
chiederti scusa, in un certo senso, ma prendila comunque con le pinze.
Non è uno scusa così gratuito; vorrei delle ammissioni in
cambio, o quanto meno delle considerazioni."
"Che cosa dovrei ammettere?"
"Innanzitutto che senza fondotinta sei inguardabile."
"Ti odio, Malpelo." sibila, facendo muovere satanicamente quelle sue ciocche disordinate sul viso. "Va bene come ammissione?"
"In
realtà, questo già si sapeva." schiocco la lingua. "Io
ero curioso dei perché dietro alla tua fuga e di quanto potresti
considerare un eventuale ritorno."
"Cos'è,
ti hanno mandato quei mentecatti perché senza qualcuno da
colpevolizzare per i mali del mondo si sentono perduti?"
"I mentecatti sarebbero i nostri amici?"
"Sì."
"Allora no, stai tranquilla. Non ci sono di mezzo loro."
"Ancora
meglio. Significa che davvero se ne sbattono." a concludere questa
triste affermazione, ci pensa una sveglia dell'iPhone, a cui è
stata abbinata la canzone di Adele 'Hello'.
Opportuna
per sviare l'imbarazzo, questa notifica mette sull'attenti la Gruccia,
che torna ad armeggiare con pentole ed oggetti della cucina. Mentre con
una mano infila la presina per non scottarsi, con l'altra apre un'anta
ed estrae un pacchetto di cereali.
"Tu fai colazione alle undici di sera?"
"Tu fai sempre domande stupide?" mi risponde per le rime.
"Beh,
non capisco il funzionamento di questa casa. Il cane non fa la guardia,
ma si lecca le parti intime, il citofono è installato, ma non
viene utilizzato e c'è il latte sul fuoco, nonostante sia tarda
sera. Poi, non parliamo del casino che si sente. Ce li hai o no i
bambini chiusi nell'altra stanza?"
Come
in risposta a questa domanda, la porta del salotto si apre e lascia
uscire una ragazza minuta dalla faccia simpatica, sicuramente poco
più vecchia di me, che mi sorride gentilmente: "Buonasera."
saluta, educata.
Una schiava ipnotizzata, per l'appunto.
Si
fa avanti, mentre Alessandra controlla l'ora sull'iPhone e sembra
davvero presa malissimo: "Oh, Miriana, è già ora che tu
vada?"
"Mi spiace, Ale, lo sai che sarei già ben oltre l'orario di servizio. Non è ancora arrivata tua mamma?"
Mi
aspetto che la rossa le risponda, ma in realtà non parla. Le due
si limitano a scambiarsi uno sguardo significativo e io non capisco. O
meglio, rafforzo la mia teoria sul fatto che Alessandra le abbia
impiantato qualche microchip per il controllo mentale.
"Beh, almeno non sei da sola." afferma Miriana, non riuscendo a cancellarsi dal viso quell'espressione allusiva.
Io
le sorrido per educazione, mentre Alessandra si fa ancora più
acida: "Oh, lui non dovrebbe nemmeno essere qui. Comunque: Miriana,
Francesco, Francesco, Miriana. Lei è la nostra operatrice
sanitaria-" me la introduce lasciandomi ancora più confuso. "Lui
è uno stronzo." mi presenta poi, affettuosamente, alla ragazza.
Lei ridacchia e mi dà la mano: "Ora capisco perché non è ancora stato annientato dal tuo caratterino."
Ci manca poco, penso.
"Serve
una certa somiglianza." conclude Miriana, offendendo sia me che lei, ma
uscendosene impunita perché, a quanto ho capito, il suo turno
con straordinari è terminato.
"Ci vediamo a giugno, Ale, ok?"
"Mi
lasci per un mese, sul serio? Ne sei completamente sicura?" domanda la
rossa, mentre versa dei cereali nel latte bollente e li riduce ancora
più in poltiglia di quanto già siano. Ha uno sguardo
sinceramente supplichevole: mi sta uccidendo il cuore.
"Ne
abbiamo già parlato, Ale." osserva lei, pentita, ma non troppo.
"Sai che comunque in caso di assoluta necessità puoi usare i
contatti che ti ho dato. Buon proseguimento e... buona serata." augura
a entrambi, stavolta senza troppa malizia, ma prima di uscire del
tutto, si arresta un secondo sulla porta. "Ah, dimenticavo! Emma ora
vorrebbe i cereali."
Alessandra,
rassegnata, alza la ciotola per far vedere che già lo sapeva e
Miriana risponde mimando un ok e poi andandosene definitivamente.
"Chi
è Emma?" è forse l'unico tassello che mi manca e che
potrebbe restituirmi un quadro generale più chiaro su tutta la
situazione apparentemente catastrofica della mia compagna.
Lei
prende la ciotola di latte e cereali assicurandosi di non scottarsi,
poi mi guarda consapevole che questo momento sarebbe arrivato e
risponde solennemente: "Mia sorella."
***
PRIMO BREAK
Coraggio, alzi la mano chi almeno per un secondo ha pensato che Ale avesse una figliola XD
Delusi?
***
Okay, forse questo non risolve i miei dubbi come avrei sperato.
La
mia faccia confusa non cambia nonostante la rivelazione e Alessandra
decide di lasciarmi a boccheggiare in questo modo, senza darmi altre
spiegazioni. Difatti, si alza, trasporta con attenzione la scodella e
piano piano si dirige verso il salotto, ovvero la stanza che prima
aveva gentilmente ordinato a Miriana di chiudere, onde evitare di far
uscire le grida di disperazione del suo ostaggio.
Così,
mi affretto a seguirla e mi allungo a giraffa dietro di lei per poter
spiare quando apre di nuovo il salotto-prigione.
Finalmente
vedo con i miei occhi chi è la vittima di tutto questo: razza
caucasica, sulla quindicina, rannicchiata in un angolo del divano e
sottoposta al lavaggio del cervello a causa dei cartoni animati di
Boing che passano sullo schermo a tutto volume. Sono arrivato troppo
tardi; anche se volessi salvarla in un atto eroico, è già
chiaramente fottuta.
"Prima
che tu faccia qualche battuta infelice." mi precede Alessandra,
sussurrando sopra la ciotola di latte per non distrarre la ragazzina.
"Lei è mia sorella Emma ed è autistica. Ora vado a darle
il latte e nel frattempo tu te ne stai qui muto come un pesce a
riflettere sulla tua stupidità. Chiaro?"
Preso in contropiede, annuisco leggermente.
"Quando
ho finito, voglio anche il resoconto della tua riflessione. Sempre che
il tuo mezzo cervello sia in grado di partorirne una."
Badabum-tsss.
Applausi per la crudeltà dell'affermazione.
Alessandra
sculetta verso il divano nella sua maglia inspiegabilmente non succinta
e i leggins macchiati, io, invece, eseguo i suoi ordini senza battere
ciglio. Immagino una linea virtuale che delimita la mia postazione, mi
ci immobilizzo davanti e mi appoggio con il gomito allo stipite; comodo
per poter lisciare ciuffi a caso dei miei capelli, utilizzando il mio
indice e il mio medio come se fossero una mini piastra. Lo so, sono
strano, ma lo faccio da quando sono piccolo perché pensavo di
tirare via il colore rosso in questo modo; avrei tanto voluto nascere
biondo.
Questa
stupida mania è diventata una specie di tic; tendo a farlo ogni
volta che sono inquieto e ora lo sono senza ombra di dubbio.
Anche
se avevo capito a grandi linee, vedere la sorella di Alessandra, della
quale ignoravo le problematiche, mi ha lasciato disorientato. Sembra
così fragile e silenziosa, ma appena si accorge del suo latte
incomincia di nuovo a gridare; acuti fastidiosi accompagnati da un
movimento scomposto della braccia, che impressionano me, ma sembrano
essere normale amministrazione per la mia compagna.
Difatti,
con una calma inaudita, Alessandra le si siede accanto, posa la ciotola
e le chiede se ha fame. La ragazzina non dà una risposta di
senso compiuto, ma continua ad agitarsi e lanciare gemiti, cosa che
avrebbe già fatto perdere la pazienza a un santo, quindi mi
chiedo come diavolo faccia la Gruccia a non aver già sclerato
brutalmente.
Mi
metto ad osservare a braccia conserte, interessato e curioso, come se
avessi davanti uno spettacolo per cui non ho nemmeno pagato.
Beh, un po' sì. La benzina da Cecina a Venezia l'ho pagata eccome.
"Emma, parla piano." la ammonisce pacatamente Alessandra.
'Parla
piano' non è assolutamente quello che io avrei detto a uno che
sta sbraitando a perdi fiato, ma il fatto che abbia di fronte una
ragazza autistica non sembra rientrare tra i suoi accorgimenti. La
tratta come se non avesse alcun tipo di problema.
"Prendi il tablet." continua, senza perdere la calma e passandole l'oggetto. "Rispondi alla mia domanda: hai fame?"
Emma
sembra calmarsi, rapita per un attimo dalla luminosità dello
schermo che ha di fronte, poi preme diverse volte con il dito e dal
dispositivo si sente pronunciare 'Fame', nel tono della stessa tizia di
Google Maps.
"Ok, bene." approva Alessandra. "Fame di cosa? Cosa vuoi mangiare?"
Ma
Emma non sembra molto intenzionata a fare questi giochetti, difatti
preme di nuovo "Fame" e torna a lamentarsi. Fame fame fame fame fame.
"Emma, smettila. Che cosa vuoi mangiare?"
Emma indica la ciotola e urla.
"Cerali? Emma, vuoi i cereali?"
La
ragazza guarda il dispositivo per un po', poi preme "Sì" e
finalmente lo sentiamo tutti quanti. Gruccia, non è il momento
di fare la maestrina, dai. Dalle quei cereali, prima che ti uccida a
colpi di tablet.
"Brava."
sorride Alessandra vittoriosa, in un modo che mi sconvolge un po',
perché non pensavo che gli angoli della sua bocca potessero
salire lontano da una fotocamera. "Mangi da sola o ti aiuto io?"
Emma
è impaziente, non le va di rispondere, quindi sbatte i piedi e
indica ancora la ciotola con entrambe le mani. Penso sia tipo un
ultimatum, e anche la rossa sembra capirlo. Grazie al cielo.
Difatti si arrende e sospira: "Ok, ok, giornata no, ho capito. Meglio che ti aiuti io."
Sotto
il mio sguardo rapito e quasi incredulo, Alessandra afferra la ciotola
e si posiziona meglio di fronte alla sorella. Ora che le vedo vicine e
di profilo, una certa somiglianza la noto, nel naso perfettamente
dritto e nelle lunghe ciglia che abbelliscono gli occhi. Ma Emma non ha
i capelli ramati e lisci come quelli di Alessandra; i suoi sono crespi
e scuri, direi neri come gli occhi. Le lentiggini, comunque, firma
della madre, sono sulla pelle di entrambe.
Sono
troppo incantato per accorgermene, ma mentre Alessandra allunga verso
Emma il cucchiaio colmo di poltiglia di cereali, qualcosa va storto.
Qualcosa
che lei non aveva calcolato, forse, o che comunque fa parte del
carattere istintivo di Emma. La ragazza avverte la bevanda troppo calda
e, protestando aggressivamente per questo motivo, colpisce la ciotola,
che si rovescia in parte sul divano e, in parte, sul viso della sorella.
È
solo in questo momento che mi accorgo che i miei piedi hanno sorpassato
la linea immaginaria e stanno correndo verso di lei.
"Non ti preoccupare." mi ferma mostrandomi il palmo della mano e mantenendo una calma zen che io, davvero, boh.
Cioè...
ha i capelli coperti di cereali e uno zigomo bruciato dal latte, oltre
che una sorella urlante di fronte, ma non si muove di un centimetro. Ha
solo chiuso gli occhi quando il liquido le è finito in faccia e
nient'altro. Non si è digievoluta o trasformata in un mostro
verde, è... è un miracolo.
Ed
è da non credere: ricordo molto nitidamente quando circa cinque
anni fa, durante il viaggio a Mykonos, il povero Amerigo le
versò addosso la granita per errore. Certo, era freddissima e
non caldissima, ma ehi, in quell'occasione gli aveva riservato un
concerto di insulti persino su Twitter; che cosa le è preso
adesso? Ok, siamo maturati tutti, è vero, ma questa reazione non
è da lei. O meglio, non è dalla lei che conosco. E non
che mi stia lamentando, ovvio, però non me lo aspettavo proprio.
Alessandra
si alza compostamente dal divano, raccoglie gli utensili e poi si
rivolge a Emma, nonostante lei non la stia ascoltando più: "Te
lo rifaccio più freddo."
Cambia il canale della tv e finalmente Emma si incanta davanti a Frozen, così mi fa segno di seguirla e lasciamo la sala.
"Cazzo..."
sussurra, tornando finalmente umana quando siamo di nuovo in cucina. Il
viso le fa chiaramente male, difatti posa la tazza vuota e poi si
fionda sul lavabo, per gettarsi l'acqua fresca addosso. Ma non sa come
fare finché ciuffi ricoperti di cereali le cadono in fronte.
Così, impavido di fronte al pericolo, decido di intervenire.
"Aspetta."
faccio, accorrendo verso di lei. Le tolgo il mollettone dai capelli e
la aiuto a tenerli indietro, cosicché si possa rinfrescare senza
intoppi. Nel frattempo, rimuovo i maledetti Cheerios, pensando che da
piccolo avrei anche potuto farmi degli impacchi di cereali ai capelli,
se solo mi avessero detto che tolgono il colore rosso. Non è
vero, ovviamente, sono solo viscidi, ma io ero credulone e determinato
a diventare biondo.
Tutto
questo, comunque, mi ha fatto tornare alla mente quella sera di anni
fa, in Grecia, quando lei vomitava per aver bevuto e aver baciato il
sopracitato Amerigo e io le tenevo i capelli per limitare il disastro.
Fu una nottata nefasta per me. Forse, direi, per entrambi. Ma non
gliel'ho mai chiesto.
"Grazie." mormora, tra le gocce d'acqua.
"Prego. Fammi vedere."
Non
vorrei meritarmi un'altra cucchiaiata in faccia, ma la situazione
richiede veramente attenzione. Continuo a tenerle i capelli
all'indietro, chiedendomi quanto manca ad essere morso dalle sue zanne
e contemporaneamente le inclino un po' il volto per valutare il danno.
Non l'avrei fatto, se non avessi visto qualcosa di brutto, ma
c'è: una bella striatura rossa appena sotto l'occhio, sullo
zigomo destro.
"Che cos'ho?" mi chiede, infatti, preoccupata.
"Ti fa male?" testo, posandoci sopra l'indice, e lei si ritrae con un gemito.
"Chi ti ha insegnato il primo soccorso?!"
Mentre
si lamenta, le guardo l'altra guancia e vedo che c'è un segno
molto simile, solo che ha perso l'arrossamento e sembra essersi
cicatrizzato. Lei si accorge di dove sta puntando il mio sguardo e si
copre interamente i lati del viso, imbarazzata.
"Dovrei imparare dagli errori, lo so."
"È
già successo?" mi preoccupo, ipotizzando che, in realtà,
quello di poco fa non sia stato un incidente così isolato.
"È colpa mia." si affretta a precisare. "So come dovrei fare, ma ogni volta non seguo la prassi alla lettera."
"Mh."
il mio è un verso di disapprovazione, perché, ci pensate?
Tonnellate di fondotinta per coprire ciò che veramente
Alessandra vive. Non mi piace venirne a conoscenza solo ora: è
come immaginare per giorni il regalo di Natale in base alla forma del
pacco e poi scoprire qualcosa di completamente diverso all'interno. A
volte può essere positivo e altre invece negativo. Non so
perché, ma per me non è bello venire a sapere che lei
stia nascondendo tutto questo. Deve farle malissimo.
Infatti, incrocio le braccia e la bypasso con lo sguardo.
"Oh, non quella faccia." commenta lei, antipatica.
"Quale faccia?"
"Quella
ancora più ipocrita della solita." mi spiega. "Sono sempre io.
La Gruccia. Non è che una scottatura o una sorella ritardata
facciano di me una persona diversa."
"In realtà, stavo pensando esattamente questo."
Alessandra fa una risatina amara: "Non l'hai pensato per anni, eppure da anni io sono così."
Incrocio le braccia, indeciso su come rispondere, ma lei mi precede.
"Vado a farmi una doccia. Potresti mettere un po' di latte sul fornello, nel frattempo?"
"Certo."
"Grazie." dice, voltandomi le spalle. "Fruga pure in giro. Tanto ormai hai già trovato tutti gli scheletri negli armadi."
Con una smorfia petulante, la guardo andarsene in bagno e comincio a ripreparare latte e Cheerios.
*
Sì,
lo so. Lo so che non era nei patti, ma appena ho avuto un attimo di
pace, ho deciso di fare un giretto turistico per la casa. Ho fatto il
bravo bambino, ovviamente: prima ho cucinato il latte, poi l'ho posato
accanto alla finestra aperta per farlo raffreddare e poi sono andato in
avanscoperta.
Ho
sbirciato nelle stanze da letto, contando solo tre letti singoli e
nessun matrimoniale. O meglio, due di essi sono uniti, però ho
ipotizzato che fossero quello di Emma e della madre, dato che la stanza
era per metà piena di giocattoli e per l'altra metà di
ritratti e gigantografie della stessa MILF dell'entrata. Quanto alla
stanza di Alessandra, non ho osato invaderla per più di mezzo
metro, onde evitare che una rete invisibile di laser mi facesse a
pezzi.
Finito il mio proficuohometoure vedendo che Alessandra ci stava mettendo un lustro a lavarsi, ho deciso di entrare cautamente in salotto.
Non
so per quale istinto suicida, però mi sentivo attirato dalla
figura di Emma e così mi sono avvicinato a lei e l'ho salutata.
Lei mi ha guardato per un secondo, dopodiché è tornata a
cantare - o più che altro gridare come un'amazzone - sopra 'Let
it go' di Elsa.
"Ciao,
Emma." ho riprovato, finché lei non ha deciso che in qualche
modo, forse perché ho i capelli rossi come sua sorella, sono
interessante.
Mi
ha risposto per assonanza, muovendo la mano, e allora le ho indicato il
tablet, ottenendo un suo consenso per utilizzarlo (insomma, non mi ha
urlato in faccia, quindi l'ho preso come un nulla osta). Rapidamente
sono riuscito a capire come funziona: è tutta un'unica
applicazione, molto colorata e intuitiva, dove si possono comporre
frasi e addirittura parole, categorizzate nei grandi campi semantici.
Così, mi sono presentato.
"Io Francesco." le ho detto, digitando di seguito le lettere.
Dopo
un po' di strani mugolii, mi ha strappato il tablet dalle mani e ha
ripetuto il nome, dimostrandomi di aver capito. Tutto ciò, non
so bene il perché, mi ha emozionato, seriamente, ed è per
questo che sono rimasto qui con lei svariati minuti.
"Io venticinque anni." le sto spiegando ora, sempre attraverso l'ausilio dell'applicazione e parlando un po' come Tarzan. "Tu?"
Come da copione, ormai, Emma mi ruba il dispositivo e digita: "Ventisette."
"Ma no." la correggo, ridendo. "Io venticinque. Tu, Emma? Quanti anni tu?"
Emma
inizia ad arrabbiarsi, forse perché non capisce, e mentre preme
ripetutamente i numeri due e sette, decido di lasciar perdere. Ho visto
ciò di cui è capace: meglio non rischiare, mi basta
già l'ira di una delle due sorelle.
Dunque
ci mettiamo a cincischiare per un po' con qualche giochetto dell'app in
cui lei, naturalmente, è un asso, dopodiché ritorna
Alessandra dalla doccia più lunga del secolo e guasta la festa a
tutti.
"Che ci fai qui?" bercia, guardandomi oltraggiata. "Ti avevo detto di rimanere in cucina."
"No,
non l'hai mai detto, e, nel caso mi stessi per sottolineare che era
implicito, beh, è sempre meglio esplicitare. Specialmente con
me, dato che ho solo mezzo cervello."
"Fottiti,
Malpelo." mi invita candidamente, mentre porta il latte ad Emma,
stavolta assicurandosi che sia alla giusta temperatura. "Bravo, almeno
questo l'hai fatto bene."
"Imparo dagli errori altrui."
Inutile
dire che le non-risposte della Gruccia mi spaventano. Ogni volta che
decide di ignorare le mie provocazioni, immagino il contenitore della
sua cattiveria riempirsi di una goccia in più, in una lenta
ascensione verso l'empireo della malvagità. Quando la capienza
sarà esaurita, esploderà in uno dei suoi monologhi
sottilmente offensivi, di cui ogni singola parola è come una
lama che va a conficcarsi negli organi vitali, ma soprattutto
nell'autostima, della sua vittima.
Questo
giro, fortunatamente, Emma si lascia imboccare senza storie e, alla
fine del pasto, si rannicchia ancor di più sull'angolo del
divano, cambiando d'umore. Sembra molto più calma, ma triste, e
ne ho conferma quando si mette ad imitare l'espressione e la
gestualità del pianto.
"Guarda
che lacrime di coccodrillo." dal tono un po' materno di Alessandra,
tuttavia, deduco che è in atto un pentimento. Sicuramente nel
tablet esiste la parola 'scusa', ma Emma preferisce manifestare
così il suo dispiacere per essersi comportata male con la
sorella. È una scena davvero insolita e dolce, che si conclude
con il perdono, un abbraccio e la ragazzina finalmente vinta dal
sonno.
***
BREAK ARTISTICO
Scusate,
ma non potevo non inserire proprio in questo spazietto il meraviglioso
disegno di Angelica. Lo trovo semplicemente perfetto e dolcissimo.
***
Così,
per non disturbare la pace che si è stabilita nella stanza,
Alessandra si alza furtivamente dal divano e mi invita a seguirla.
Torniamo in cucina, buttiamo tutte le pentole sporche nel lavabo e poi
la Gruccia afferra un guinzaglio.
"Non avrai intenzione di legarmi da qualche parte, adesso." commento, sentendo che potrebbe essere arrivata la mia ora.
"Più tardi; per adesso tocca a Snoopy." risponde lei, enigmatica.
Alessandra
esce per catturare il suo povero cane e poi lo porta verso il
giardinetto sul retro, mentre io seguo entrambi con il cuore in gola:
"Sono ancora in tempo per cambiare idea e andarmene?"
"Non
lo faresti, perché sai che la tua presenza mi dà ai nervi
e ne gioisci. La gioia di farmi soffrire è più grande
della paura di essere tu quello a rischio di soffrire. Sennò
saresti già scappato."
"Acuta
osservazione. Immagino tu abbia pure un influsso psicologico sulle tue
vittime. Come i serpenti che ipnotizzano gli umani."
"Quello era sul Libro della Giungla, Malpelo. Sono gli umani ad ipnotizzare i serpenti, non il contrario."
"Beh, tu ipnotizzi chiunque."
"Non so se sia un complimento."
"No. Cioè potrebbe esserlo, ma no. Non era in quel senso."
Parlando,
finiamo per ritrovarci, assieme a Snoopy, in un giardinetto davvero
piccolo. Sta dietro la casa, per cui è nascosto dal vialetto
d'entrata, però è più grazioso di quello che si
vede da fuori. È costituito per un quarto dal muro, attraverso
cui si può controllare il salotto grazie alla grande finestra
che Alessandra ha lasciato appositamente aperta. Per il resto, invece,
è delimitato da una ringhiera piuttosto alta, a cui si sono
avvinghiati diversi rampicanti. Ma è tutto ordinato: non so chi
delle tre (ipotizzo Alessandra) dev'essere appassionata di
giardinaggio. Ci sono vasetti di spezie un po' ovunque e poi delle
fioriere dai colori vivaci.
...a cui Snoopy si è appena avvicinato per marchiare il territorio. Ah, questo cane!
"Snoopy!"
Alessandra lo richiama a bassa voce, ma lui chiaramente se ne strafrega
e si piazza esattamente due centimetri accanto alla sua pozza di
pipì, rotolandosi sulla schiena con contentezza.
"Non
fa sempre così." mi assicura lei, mentre a sua volta prende
posto su una panchina di cemento, che è per metà occupata
da sacchi di terra e attrezzi per l'orto. Se io occupo lo spazio libero
e lei si siede sullo schienale, ci stiamo senza problemi, quindi ci
sistemiamo in quel modo, finendo per essere molto, anche fin troppo
vicini.
Alla
mia destra ci sono i sacchi, a sinistra le gambe di Alessandra. E per
fortuna che è più in alto di me, altrimenti saremmo stati
praticamente guancia a guancia.Guancia a guancia con il diavolo:
potrebbe essere un bel titolo per un romanzo esoterico su un viaggio
negli inferi. Più o meno quello che sto facendo io, anche se mi
sa che non mi risveglierò da un brutto sogno come Dante. La
situazione è molto reale e reale pure il momento in cui
dovrò avere un confronto serio con questa ragazza.
"Stai dicendo che Snoopy ha un'altra identità?" faccio, rabbrividendo.
"Può essere."
Fisso
Snoopy che si rotola: "Mi sembra difficile ipotizzare che in
realtà si chiami Chanel e che lo vestiate con pettorine
leopardate."
Ad Alessandra scappa una mezza risata: "No, infatti."
"A
meno che non si chiami davvero Attila e alla luce della luna assuma
sembianze scheletriche ed ali da pterodattilo." alzo gli occhi verso il
cielo per controllare. "Per fortuna stanotte non c'è la luna.
Siamo salvi."
"Sai
che dici un sacco di cazzate?" mi rimprovera lei, perplessa dalle mie
povere battute. "Snoopy è il cane più dolce che esista.
È un po' imbarazzante, ma è perfetto. Soprattutto per
Emma; se ne prende cura come fosse la sua cucciola."
"Oh, wow."
"E
pensa che l'abbiamo trovato al canile." mi racconta, chissà
perché in vena di condivisione. "Eravamo andati in un
allevamento di cani di razza, perché pensavamo che lì ci
sarebbe stato qualcosa che facesse al caso nostro, ma la realtà
è che nessuno di quei cani sembrava felice di tornare a casa con
un umano. Sulla strada del ritorno, allora, abbiamo deciso di dare
un'occhiata anche al canile, così giusto per, e abbiamo visto
lui. Era piccolo e imbranato e sopratutto sporco come una pallina di
fango, ma è letteralmente saltato addosso ad Emma e lei l'ha
amato dal primo istante. Anche io a dire il vero."
"Ti piacciono i cani?"
"Certo."
"Ti
avrei fatta più un tipo da gatto." o da pipistrello domestico,
come dicevo. O anche da cane-pterodattilo mannaro. Ecco, sì,
questa è la rappresentazione più adatta.
Alessandra si stringe nelle spalle: "Hai un sacco di pregiudizi."
"Mi sa di sì."
Mentre
tira una leggera brezza piacevole, il profumo dello sciampo di
Alessandra arriva alle mie narici e finalmente respiro qualcosa di
diverso dal latte.
"Non
è che li smentisci sempre, comunque." osservo, apprezzando il
ricercato aroma che emana ad ogni spostamento. "Ti sarai lavata con il
Dior."
"Quello è fuori discussione." si vanta, muovendo una ciocca ancora un po' umida e sprigionando dunque un'altra folata.
Assieme
a questi dolci venti, arriva anche qualcos'altro di meno piacevole e
inaspettato: il ritorno dell'ansia. Non capisco bene che cosa la faccia
scattare, ma quel bruciore allo stomaco è qui di nuovo e non
promette nulla di buono.
Istintivamente, infilo una mano nella tasca ed estraggo il pacchetto di sigarette.
"Fumi?"
Lo
chiediamo entrambi, all'unisono; io rivolto a lei nel senso di 'Sei
abituata a fumare?', lei invece me lo chiede stupita, come a dire 'Hai
ricominciato a fumare?'.
"No." decreta lei, allora.
"Io sì." sospiro recuperando anche l'accendino.
"Perché?"
fa, dando occhiate alterne alla mia sigaretta che si accende e a Snoopy
che si rotola. "Voglio dire... non avevi smesso? Perché hai
ricominciato?"
"Storia lunga." taglio corto, imbarazzato dal vero perché. "E tu? Perché no? Qualche volta ti ho visto fumare."
"Lo
faccio quanto sto in ansissima." rivela. "O quando lo sento
assolutamente necessario. Ma mi sforzo di non cedere: il fumo è
veleno per la pelle."
"Ah, non per i polmoni."
"Dal mio punto di vista, rappresenta una minaccia anche estetica."
"Quindi fumare ti piace?" domando, esalando un po' per gioco e un po' per provocazione, una boccata vicino a lei.
Alessandra scaccia la nuvoletta con una smorfia: "In realtà, non piace a nessuno. Ma ci serve."
"Che
stronzata." scuoto la testa, pensando che a me invece piace eccome.
Cioè sì, mi serve, certo, ma ha un fascino... voglio
dire, è bello. "Se ti serve solo un calmante, puoi prendere una
valeriana. Anzi, nel tuo caso direttamente una confezione di Diazepam."
"Non mi servono dei calmanti."
"Allora fumi perché ti piace; ammettilo."
"È una storia lunga." riassume. "Dai, dammene una."
Con mia sorpresa, Miss È Veleno per la Pellefa
esattamente ciò che ha professato di saper evitare, ovvero
cedere alla tentazione. Ma non posso lamentarmi: in fondo, avere un
compagno di sigaretta è sempre cosa gradita, e poi mi diverte il
pensiero che per lei sia una vera e propria lotta. Lotta che io le ho
fatto perdere.
Sorridendo, poso sul suo palmo aperto una preziosa Marlboro: "Sei in debito."
"Certo, Malpelo."
Quando
si china verso di me per incontrare la fiamma del mio accendino, ho
modo di osservare il suo viso grazie alla luce del fuoco e rivedo la
bruciatura di prima. È lucida perché deve averci spalmato
sopra qualcosa, ma per fortuna non sembra peggiorata.
"Come va lo zigomo?" le chiedo comunque.
"Non fa male, non sento nemmeno più bruciore. Il tuo?"
"Il mio?" faccio, toccandomi istintivamente quella parte del viso.
"Non te l'eri rotto?" non so se sia una provocazione o meno, ma a me risulta come tale.
"Me
l'hanno rotto." preciso. "E comunque cinque anni fa. Direi che se lo
vedi ancora al suo posto, la frattura si è sistemata."
"Era
successo anche a mio padre, una volta. Gli ci sono voluti anni prima
che si sistemasse del tutto e ad ogni temporale che stava per arrivare,
sentiva delle fitte."
È
la prima volta che Alessandra mi parla di suo padre, ma comunque non
capisco perché stia pensando al mio zigomo, quando per anni non
se n'è minimamente preoccupata.
"Mi spiace per lui, ma io sto bene."
"Meglio
così." annuisce, facendo un tiro dalla sigaretta con una
spigliatezza che indica abitudine. Mi sembra una fissata con la linea
che in realtà si fa puntualmente uno spaghetto aglio olio alle
due di notte: perché ha così tanta riservatezza sulle sue
debolezze?
Bah,
che domanda idiota. Perché è parte del suo carattere,
ovviamente. Deve sembrare la perfetta ragazza fortunata, con
l'impeccabile intorno di agi e l'invidiabile vita equilibrata. Pure
leggermente invincibile e stronza, aggiungerei, cosa che ha provato di
non essere, ogni tanto.
"Pensi
ancora che sia colpa mia?" mi chiede senza un senso apparente, ma che
poi ricollego al famoso pugno in faccia da parte di Pierpaolo.
Quindi mi volto con inquietudine verso di lei: "Perché ne stiamo parlando adesso?"
Si
chiude di nuovo nelle spalle: "Sei qui da ore e non hai ancora
affrontato il motivo della tua visita. Credevo ti piacesse prendere
tempo con conversazioni a caso."
"Questa
non è una conversazione a caso." la indico con la sigaretta. "Ci
stavo per arrivare al punto, ma ci sono stati degli intoppi. Comunque
no, non penso che sia colpa tua e non l'ho mai pensato."
"Ah no?"
"No,
è stata colpa mia." rettifico con ovvietà. "Anzi,
è stata colpa di Pierpaolo Scilla, perché l'unico
squilibrato manesco della situazione è lui. Ho fatto certamente
qualcosa di grave, ma non meritevole di un pugno da parte di un
represso che non c'entrava un cazzo."
Alessandra ride divertita dal mio modo di elogiare Scilla: "È ancora represso. Dopo tipo dieci anni."
Scuoto
la testa, davvero felice di essermi lasciato alle spalle almeno quella
gatta da pelare: "Forse è arrivato anche il suo momento. In
questi giorni sembra che finalmente abbia rotto la barriera del disagio
tra lui e Federica."
Un
fischio esce dalle labbra della mia compagna: "Quanta cattiveria,
Natale. A volte sembri quasi me. Continua a bruciarti tutta quella
questione con la Di Mario?"
"Siamo
ancora nel flashback di cinque anni fa, non ci credo." faccio, buttando
a terra un po' di cenere e scuotendo la testa. "No, l'ho superata. Non
mi brucia per niente."
"Allora perché sei così teso?"
"Perché ne sto parlandocon te."
la mia risposta è talmente genuina che non riesco nemmeno a
tenermela dentro. E un po' stupisce pure il sottoscritto, ma in
fondo... è la sacrosanta verità. Conversare così
apertamente e così vicino a lei mi disturba, come cinque anni
fa, quand'eravamo seduti in riva al mare su quel tronco.
Sapevo che sarebbe finita male allora e adesso è la stessa cosa. Non sono mai tranquillo con lei.
Getto
il mozzicone e contemporaneamente tiro fuori un'altra sigaretta: se
uscirò da qui, sarà con un tubo di scarico al posto della
trachea.
"Ero
solamente venuto per sistemare il casino dell'altro giorno." snocciolo
allora. "Non pensavo che avremmo passato una serata in famiglia."
indico con la Marlboro prima lei, poi Emma dalla finestra e infine
Snoopy che, fedele a se stesso e alla razza canina, ha ripreso a
leccarsi lo scroto.
"Scusami
tanto, Rosso Malpelo." si irrita lei, buttando anche il suo mozzicone e
approfittando del mio pacchetto ancora aperto per scroccarsi la seconda
sigaretta. "Se mi avessi avvertito che stavi per irrompere nella mia
proprietà, avrei finto di abitare da sola in una villa senza
persone autistiche e cani pervertiti."
"Non
intendevo quello." mi discolpo subito, rendendomi conto del tono
sbagliato che ho fatto passare. "E comunque sei doppiamente in debito."
aggiungo indicando la sigaretta che si sta accendendo dopo avermi
soffiato anche l'accendino.
"Contaci."
"In
realtà, mi ha fatto piacere conoscere Emma." affermo,
onestamente. "E anche Snoopy, chiaro. E... Miriana la schiava
ipnotizzata."
"Ti droghi, secondo me."
"No, sono veramente solo Marlboro."
"Beh, comunque ti sei perso il personaggio più simpatico della famiglia; mia mamma."
"È la bella signora appesa nel ritratto in entrata?"
"So
che pensi che sia una MILF." mi addita. "E tanto lo è, quindi
non preoccuparti. Comunque sì, quella è mia madre.
Avrebbe dovuto tornare stasera, ma non si è vista. Chissà
dove cazzo è."
Uh, sento aria di rancore.
"È la persona che stavi aspettando quando hai aperto la porta a me?"
"Esatto.
Passo metà della vita ad aspettare lei, ma arriva solo altra
gente, spesso e volentieri gente rompipalle, tra l'altro."
"L'ho presa sul personale."
"Era personale, infatti."
"Haha." rido sarcasticamente, inspirando un po' di catrame. "Raccontami di lei."
Sento lo sguardo di Alessandra fisso su di me, perforante come un coltello.
"Se vuoi." aggiungo dunque.
"Non ti sembra di aver già saputo abbastanza sulla mia bellissima vita?"
"Raccolgo materiale per un programma su Real Time." la prendo in giro. "Voglio chiamarloI miei scheletri nell'armadiooppureLa mia vera identità, anche se ho pensato pure aGuancia a guancia con il diavolo,che non è affatto male. Se partecipi senza troppe storie, poi ti do metà degli incassi."
"Sei a una battuta dalla denuncia."
"Dai." ridacchio. "Si vede lontano un miglio che hai bisogno di qualcuno con cui parlare."
"Mio
eroe, grazie." schernisce. "Oltre ad avere un certo intuito, sei pure
valoroso. Proposte di questo genere si ricevono solo dagli psicologi al
giorno d'oggi."
"O
dagli amici." le strizzo l'occhiolino, come a sottolineare che è
qualcosa di cui attualmente è sprovvista, per via di questa sua
avversione all'essere umana.
"Oh, il mio cuore." fa la finta offesa, portandosi una mano al petto e confermando ancora di più la mia teoria.
Come
piccolo incentivo a spiattellarmi la sua vita privata, le offro
un'altra sigaretta, per esattezza la numero tre della serata, e lei
accetta l'insieme con un sospiro sconfitto: "Mi porterai alla rovina."
"Vivo per questo, Pel di carota, ormai dovresti saperlo. E comunque, sei un sacco in debito."
"Tu sei in debito. Mi devi un polmone nuovo e della privacy che mi hai rubato."
"Per mia natura di gentiluomo, un giorno ti ripagherò."
Ma
non oggi, penso. Siamo entrambi talmente incasinati che non possiamo
far altro che barattare la nostra privacy per qualche sigaretta, senza
permetterci beni di lusso come la salute. Comunque, per fortuna ne
rimangono solo due e non ho la minima intenzione di darle a lei. Me ne
servirà una per festeggiare la mia uscita da questo posto ancora
tutto intero e poi un'altra per autocommiserarmi quando sarò
tornato a Cecina senza aver compiuto la mia missione. Perché a
questo punto della serata, credo che la Gruccia non tornerebbe in
Toscana con me nemmeno se volesse.
"Mia
mamma fa la rappresentante di un'azienda di creme e cosmetici da tipo
una vita." ecco, ci siamo. Mi metto comodo per ascoltare i cavoli della
Gruccia: forse mi faccio influenzare dalla morbosità di Eva, ma
mi sento troppo attirato da tutto ciò. "Ha sempre lavorato in
giro. Convention di qua, fiere di là, soggiorni, corsi di
aggiornamento, workshop, un casino di impegni. Insomma, non è
nuovo per me che non sia a casa e, sinceramente, non è che me ne
freghi più di tanto. Può fare la vita che desidera, per
quanto mi riguarda, con tutti i toy boy che trova alle reception degli
hotel, ma il problema è che qui." indica il pavimento con la
sigaretta. "C'è bisogno di lei."
"Beh, ma tuo padre?" mi scappa, istintivamente. "Cazzo, non dirmi che è morto."
"Magari."
sorride lei con malvagità, preoccupandomi. "Sarebbe tutto
più facile, se fosse stecchito, invece è ancora vivo, ma
sta in Portogallo con una MILF simile a mia madre che non ha avuto
progenie handicappata."
Ricordate il discorso del contenitore della cattiveria? Ecco, ha esondato.
"Mi devo preparare a una storia triste?"
"Nah."
fa un tiro piuttosto lungo, concentrandosi sul fumo che sicuramente le
sta facendo da inibitore delle emozioni forti. "Ho una relazione
complicata con lui, sai tipo il classico amore odio. Se n'è
andato ancora quando io avevo nove anni."
"Cioè quando è nata Emma?"
"Che?
No." sorride lei, aggrottando le sopracciglia. "Emma era già
nata da un po'. Guarda che sono io la più piccola delle due."
"Sul serio?"
"Mh-mh."
Alessandra sta consumando quel mozzicone fino all'ultimo millimetro: si
brucerà le dita. "Emma ha ventisette anni. Papà se
n'è andato quando lei ne aveva dodici, perché è
stato in quegli anni che il suo problema è peggiorato
pesantemente... prima era quasi normale."
"Davvero? Pensavo... ero convinto... insomma, sembra che abbia appena quindici anni."
"Fa
parte del suo disturbo." asserisce la Gruccia. "È nata con una
leggera forma di autismo, ma nonostante le cure, nel passaggio alla
pubertà si è aggravata fino allo stadio in cui la vedi
ora, implicando anche altri tipi di problematiche fisiche e mentali. E
forse si aggraverà ancora in futuro, questo non lo so."
"A scuola qualche volta parlavi di tua sorella, ma non hai mai accennato a nulla di tutto ciò."
"Perché
non ne vedo l'utilità. In più, avrei dovuto specificare
che il fatto ha spaventato papà e l'ha spinto a lasciarci da
sole."
"Non vedo perché tu te ne debba vergognare; non è mica colpa vostra."
"A
nove anni ti prendi la colpa di qualsiasi cosa. Specialmente se tuo
papà ha ben pensato che finché poteva, avrebbe fatto
meglio ad ingravidare una donna più adatta. Sai com'è, lo
trovavo leggermente imbarazzante."
"Lo odi?"
"No."
risponde immediatamente. "In un modo un po' perverso, gli voglio pure
bene. La me adulta ha capito le sue ragioni e non lo biasima per
essersi stufato di una moglie vagabonda, però la me bambina non
ha mai smesso di pensare che fosse un uomo di merda per aver messo al
secondo posto la famiglia e, soprattutto, per essere scappato dal
problema di Emma. Non è colpa sua se l'ha avuto e non poteva di
certo risolverselo da sola. E non è nemmeno colpa mia se a nove
anni non potevo fare di più, ero troppo fottutamente piccola. Ma
questo l'ho capito dopo, ovviamente."
Gioco con il pacchetto, pensieroso: "Io non l'avrei mai fatto."
"Cosa?"
"Abbandonare la mia famiglia."
"Facile
dirlo quando non ti capita. Mia mamma la pensa come te, ma in fondo
pure lei è sempre un po' in fuga. Dice che il lavoro è
lavoro, ma so che per lei è pura e sana evasione."
"Però è rimasta."
"Per
potersene andare ogni due settimane alla fiera del makeup a Praga e
scoparsi i ventenni che rappresentano le creme corpo della L'Oreal."
schiocca la lingua. "È rimasta per modo di dire. Penso che,
semplicemente, in una famiglia del genere i deboli di cuore non
riescano a rimanere per troppo tempo."
"Quindi non odi né tua madre né tuo padre." riassumo, incredulo.
Alessandra si mostra un po' imbarazzata: "Per te sarebbe giusto che li odiassi?"
"Non
lo so. Io i miei li ho odiati per anni, quando mi hanno costretto a
seguire una strada che non era la mia. Immagino che a questi livelli si
sia ben oltre l'odio."
La
rossa sospira, muovendo un po' di buon vecchio Dior nell'aria: "Alla
fine sono comunque genitori. Fanno i peggio casini per definizione."
"Questo è vero."
"Mamma
è spesso assente, ma quando la situazione si fa ingestibile,
torna a sistemare le cose come solo lei sa fare. Papà non ha mai
mancato un appuntamento con noi: lo vediamo regolarmente una volta ogni
tre mesi ed Emma lo adora. È irritante, stronzo e crudele, ma
paga il mantenimento e credo che in fondo non abbia mai cancellato
l'affetto verso di noi. L'ha brutalmente soppresso, certo, ma non
è assente; lo vedo dai sorrisi. E dai regali fighi che ci fa: il
Dior che ho messo ora è suo."
Annuisco
lentamente, non molto comprensivo nei confronti di quanto appena
sentito, ma ammirato per le dichiarazioni di Alessandra. Mi sarei
aspettato il disastro da parte sua, in risposta a tutti questi torti
della vita, invece mi scopro essere quello più incazzato dei due.
Quale
genitore degenere si laverebbe le mani di fronte a una figlia autistica
e alla minore costretta a farle da madre e padre, oltre che da sorella?
Quale stronzo creerebbe dei traumi del genere ad una ragazzina? Se la
Gruccia fa schifo a relazionarsi, soprattutto con gli uomini, è
colpa sua. È ovvio... con un modello di padre così, anche
io sarei diventato una diva inacidita che sputa veleno su qualsiasi
situazione piacevole della vita. E non mi sarei mai voluto legare
sentimentalmente a qualcuno che non fosse, per l'appunto, irritante,
stronzo e crudele. Il tipo di ragazzo che piace alla Gruccia e per cui
rasenta la prostituzione anziché lasciarsi corteggiare come si
deve.
In
conclusione, se vedessi ora i suoi genitori, prenderei a pugni
entrambi. E sorprendentemente, per la prima volta, mi trovo a capire il
gesto di Pierpaolo Scilla di cinque anni fa.
"Sei veramente un po' perversa." concludo.
"Lo
dice anche Miriana. Paradossalmente, è lei che litiga con i miei
più di quanto faccia io. A volte intraprende battaglie che io
lascio perdere a priori. Che ci vuoi fare; è uno spirito
ribelle."
"Infatti lei mi piace."
La
Gruccia annuisce divertita: "Chissà perché, Malpelo.
Miriana mi salva spesso la vita; se esco a fare aperitivo ogni tanto
è merito suo, perché fa un sacco di ore extra e mi
permette di prendere impegni. È praticamente una di famiglia,
nonché una specie di migliore amica a pagamento. Ma è
lesbica, ti avverto."
Sbuffo
fingendo che la cosa mi dispiaccia, ma in realtà no. Mi sembrava
simpatica, ma non ci avrei provato con lei, perché sarebbe stato
troppo facile e tranquillo. Sono più per le irraggiungibili
acide che creano problematiche in qualsiasi circostanza... tipo...
Federica. Solo Federica, non pensate che mi riferissi a qualcun altro.
Per l'appunto.
"Però ora va in ferie, mi pare di aver capito."
"Sì,
sono le uniche vacanze che prende durante l'anno." mi spiega. "Mamma la
paga per dieci mesi interi e non ti dico quante ore in più ci
regala. Se lo stramerita, anche se, come vedi, mi sta lasciando
alquanto nella merda, almeno fino a giugno."
Alessandra getta finalmente quel briciolo di Marlboro che le è rimasto e si passa una mano nei capelli.
"Quindi se anche ti pregassi di venire con me a Cecina, tu non potresti?"
"Esatto,
Malpelo." mi sorride, strafottente. "Non potrei e sopratutto non vorrei
seguire uno stronzo travestito da bravo ragazzo come te."
Deglutisco il sapore secco del fumo, faticando ad affrontare il suo sguardo: "Ah, cazzo... mi dispiace."
Non
riesco a gestire il senso di colpa, specie alla luce di quanto appena
appreso. Mi sento proprio coglione, oltre che impotente. Le ho detto
cose così cattive, supponendo realtà che non avevano
nemmeno senso di esistere e ignorando, invece, quale fosse il vero
ambiente in cui Alessandra deve destreggiarsi. Non è che il suo
caratteraccio sia perdonato grazie a tutto ciò, ma nemmeno il
mio ha scusanti. Ha ricevuto molte pugnalate allo stomaco da parte mia
e questo mi fa stare malissimo.
"Dammi l'ultima sigaretta e sarà tutto dimenticato." scherza lei, strisciando le infradito sul cemento della panchina.
"Oh, non sai quanto ne fumerei un'altra pure io."
"Nulla ti ha fermato finora." mi incoraggia.
Ma io scuoto la testa: "Mi serviranno per sfogare tutto questo malessere dopo."
Alessandra rotea gli occhi: "Non reggi nemmeno un po' di dramma. Che mezza pippa."
A
me non va molto di scherzare, purtroppo, difatti rimango serio,
stringendo il cartone con un po' più forza: "Se l'avessi saputo
prima..."
Avete
letto Harry Potter? Se non l'avete letto e non volete spoiler, saltate
le prossime tre righe, altrimenti sappiate che mi sto sentendo come
quando ho letto di Severus Piton e del suo cazzo di passato
strappalacrime. Tutta la mia vita ha preso una direzione diversa,
allora, e mi sono sentito un impietoso giudice senza prove. Mi sto
sentendo così anche adesso.
"Francesco."
la mano che Alessandra mi posa sulla spalla mi stringe ancora di
più lo stomaco. "Non hai scoperto nulla di sconvolgente. Io sono
sempre io, da quando mi hai visto per la prima volta. Non ho mai fatto
nulla per essere una persona migliore, anche se potrei, e quindi mi
sono sempre aspettata le reazioni di chiunque attorno a me. Beh, quasi
tutte."
"In che senso?"
"Che sei comunque l'unico che è tornato a prendermi.Questonon me l'aspettavo, perché non l'ha mai fatto nessuno."
Mi
tornano alla mente le parole di Marinella su quanto secondo lei io
fossi l'unico con certe eroiche capacità perché avrei
visto qualcuno dietro la bestia che Alessandra è. Ma io non
sapevo nemmeno che esistesse questa realtà, non sapevo nulla
della sua vita, quando mai avrei potuto vedere dell'altro in Alessandra
Gruccia?
"Immagino che entrambi abbiamo un modo di sorprendere." commento, pensieroso.
"Certi pregiudizi vanno smentiti."
"Comunque
non mi spiego perché." esclamo allora, sentendo qualcosa
montarmi dentro, forse un'evoluzione ancor più pericolosa
dell'ansia e dello sdegno. "Perché ti comporti in questo modo?"
"Definisci 'questo modo'."
"Quando
stai con gli altri, perché fai la stronza, perché non
condividi, perché vuoi sempre passare per il bullo della
situazione?"
"Perché è il mio modo di essere forte."
"Ma
non lo sei! Anzi, guarda come sei debole. È forte chi non
è solo e tu per adesso non fai nulla per evitarlo. Sforzandoti
di ottenere il contrario, rischi invece che gli altri piano piano ti
abbandonino."
"Ti
sbagli: anche stando soli si può essere forti e il mio
atteggiamento mi aiuta quanto meno a rendermi conto di chi tiene
davvero a me. Per ora sei l'unico candidato."
"Non te ne importa nulla della classe?"
"No."
"Non
rispondere come sei abituata, rispondi sinceramente. Non saresti sempre
alle rimpatriate, se davvero non ti importasse, non saresti nemmeno
parte del gruppo."
"Beh,
ok, ci sono dentro, ma so che ho le ore contate. Gli altri mi accettano
solo per senso del dovere. So che se potessero, mi avrebbero già
sbattuta fuori mille volte. Il post di Eva, per esempio, l'ho letto."
"È più complicato di così. Perché non ti apri con loro? Perché non ne parli?"
"Non sono fatta per queste cose."
"Potrebbe
essere dovuto a quello che è successo con tuo padre o a quello
che vivi a causa di tua madre, insomma... a qualche trauma del passato,
o alla stessa situazione di Emma."
"Wow. Freud, fatti da parte." commenta con sufficienza.
"Io
ti posso aiutare, o possiamo parlare con qualcuno. Non è grave,
anzi, pure io ci sono andato spesso dallo psicologo ed è
qualcosa che consiglio a chiunque."
"Grazie,
ma fa lo stesso, ok? La situazione è così da troppo
tempo, non credo che si possa rimediare. Non riesco a cambiare me
stessa da quando ero una stronzetta che lanciava le palline di carta
addosso ai secchioni del primo banco, figuriamoci se riesco a
convertirmi nell'anima del gruppo. L'acidità è la mia
comfort zone. Quando ci sono entrata era talmente tanto tempo fa che
non ho la minima idea di come si esca."
"Loro ti possono aiutare."
"No,
loro mi odiano, Malpelo, e mi odieranno per sempre! In più non
sono dei fottutissimi psicologi; hanno dei problemi esattamente come
me!"
"Appunto,
l'amicizia si fonda su questo. E come dicevi riguardo ai tuoi genitori,
sebbene si comportino male, loro ti vogliono bene, come tu vuoi bene a
loro. Lo sai che funziona così anche nella classe e se non fai
qualcosa in tempo, rischi che qualcuno, tu o loro, se lo dimentichi."
"Io sono a mio agio con chi mi disprezza. So come tenergli testa."
"Certo,
perché ti hanno solamente insegnato che è giusto fingersi
forti. Che i deboli perdono o vengono abbandonati. Ma ti ripeto che
l'amicizia è esattamente essere deboli, avere dei problemi e non
capire che cazzo fare della propria vita."
Alessandra
sospira: "Perché ti stai fissando così tanto? È
perché speri che torni a Cecina con te? Ti ho già detto
che non posso."
"No,
non è per questo." rettifico. "Insisto perché a volte
anche io mi sento escluso, ma poi realizzo che ho bisogno di quel
gruppo, perché che lo voglia o no, mi ha sempre aiutato ad
affrontare meglio la vita, e a crescere. E anche tu ne hai bisogno e,
soprattutto, insisto perché non voglio che tu te ne vada."
Alessandra incassa in silenzio.
"...non di nuovo, almeno."
A
questo punto si rabbuia, colpita dalle mie parole e stranamente
riflessiva. Dopo un po', pronuncia un semplice 'ok' e approfittando
della mia distrazione, mi sfila dalle mani il pacchetto di Marlboro,
estrae le sigarette e ne distribuisce una a me e una a se stessa.
"Non puoi fumare così tanto." la rimprovero, lasciandomi fregare anche l'accendino.
"Pensavo che da quella porta fosse entrato qualcuno di diverso da mia madre."
"Finiamo il pacchetto." la addito, minaccioso. "E poi non fumiamo mai più."
"Certo, Malpelo."
Alessandra
fa scintillare la fiammella dell'accendino ed entrambi ci avviciniamo
al fuoco, nello stesso momento, finendo per trovarci sul serio, questa
volta, guancia a guancia. Solo che non so più chi di noi due
è il vero diavolo, o se c'è mai stato davvero un diavolo,
o sei nostri sono sempre stati solamente stupidi pregiudizi.
Il
suo profumo sovrasta l'odore del fumo e allora mi ricordo. Ricordo
quand'è stata l'occasione in cui ho visto qualcosa in lei.
Certo, ero ubriaco fradicio e arrabbiato e triste, ma l'ho baciata e in
quel momento non ho sentito nient'altro che il suo profumo e quel vero,
completamente folle bacio. Ho sempre etichettato quel gesto come la
mossa giusta che mi ha fatto uscire dalla relazione sbagliata che c'era
tra me e Federica... ma ho sempre avuto paura che fosse la mossa
sbagliata per entrare nell'unica relazione giusta che potrei avere
nella vita.
Ecco
perché Alessandra mi fa così tanta paura: perché
credo di provare qualcosa di davvero folle per lei. Qualcosa che io
proprio non capisco, ma che mi brucia lo stomaco, come quella sera in
cui pensavo che fosse tutta colpa dell'alcol e della delusione per
Federica.
Invece... era tutta un'altra storia.
"Malpelo." sussurra a un millimetro dalla mia bocca e con il fuoco dell'accendino ancora acceso. "Mi stai per baciare."
"Che intuito."
A
questo punto, non ho più molta integrità morale. Ho il
fumo nel cervello, il Dior nelle narici e le sue profonde parole nella
gola. Vorrei tornare di nuovo a quella sera accanto a lei e
ricominciare da lì, sapendo, stavolta, chi è lei davvero
e, soprattutto, chi sono io. Se veramente è dipeso tutto da un
bacio, allora voglio che sia un bacio a descrivermi che cosa diavolo
è giusto in questa difficilissima vita.
E prima che me ne renda conto, ho posato una mano sulla sua guancia e inclinato la testa per incontrare le sue labbra.
Ma lei, esattamente come cinque anni fa, non me lo permette.
"Non osare." mi rimprovera, spingendomi via.
"Perché?"
"Perché
sono fidanzata." risponde con una semplicità disarmante,
ricordandomi l'unico dettaglio della sua vita che davvero non mi piace.
"Ok." inspiro, allontanandomi con fatica disumana e intascando la sigaretta intatta. "Ok."
Nella
mia testa compare quel faccino da nobiletto del suo tipo, il famoso
Johannes, e improvvisamente non voglio più essere biondo. Quello
là e biondo e muscoloso; il tipico bambolotto che sta bene con
le ragazze come Alessandra, ma che dev'essere arido come il Sahara e
vuoto come il Gran Canyon.
Il
tipo di uomo che è suo padre e che lei non ha ancora capito se
amare oppure odiare. E vaffanculissimo ai traumi del passato.
"Credevo
fossi un uomo d'altri tempi, Francesco." afferma lei, riprendendosi
molto più in fretta di me. "I bravi ragazzi non tentano di
rovinare delle relazioni già in corso con altre persone."
"Hai un sacco di pregiudizi."
Alessandra
sorride, un po' imbarazzata per sostenere il mio sguardo: "Immagino che
non si possano smentire tutti in una sera, eh?"
Incrocio
le braccia, sentendomi decisamente deluso e a bocca asciutta, mentre
lei si alza in piedi: "Sarà meglio che porti Emma a letto."
"Aspetta." mi lamento, alzandomi a mia volta e trattenendola per il polso. "Davvero finisce tutto così?"
Mi
guarda con due occhi che per la prima volta mi sembrano da cerbiatto,
quasi come quelli di Snoopy al mio arrivo, quasi come se si aspettasse
che io smentisca per davvero quel pregiudizio e che la baci, qui, ora,
nel giardino sul retro di casa sua.
Ma
io sono Francesco Natale; non farei una cosa del genere, perché
rispetto la sua richiesta e perché non voglio essere il padre
stronzo che lei ricerca in ogni uomo a causa di un passato di merda.
Magari questa è una provocazione, una prova in tutto e per
tutto, per testare chi sono veramente. E non ho idea di cosa voglia
vedere in me, quindi non posso far altro che essere me stesso.
Indipendentemente
dalle sue intenzioni, comunque, sono convinto che se cedessi, non ci
fermeremmo assolutamente a un semplice bacio.
"Vieni con me, almeno." la supplico, deglutendo.
"Non posso, Malpelo." ripete, chiaramente in una posizione difficile.
"Per favore, ti chiedo solo un giorno, solo domani, per essere presente al matrimonio. So che ci tieni... lo so."
Lei
sospira, agitando lo sguardo attorno a sé: "Ma anche se fosse,
Emma... Miriana non c'è, mia madre non si sa nemmeno dove sia e
io non posso piantare qui mia sorella."
"Portala con noi."
"Non se ne parla."
"Gruccia."
mi impongo, serio. "Ti prometto che ti aiuterò a starle dietro,
che sarò anche più attento di Miriana. Venite con me
entrambe."
Alessandra
è esterrefatta, ma contemporaneamente si porta una mano ai
capelli, grattandosi nervosamente la nuca: "Non hai neanche la
più pallida idea di ciò che stai dicendo, Malpelo."
"Sì
che ne sono consapevole e poi, mi devi un favore. Ricordi?" cingo le
sue braccia con entrambe le mani, per costringerla a darmi retta e a
smettere di sfuggire al mio sguardo. "Fallo per lei. E per te stessa."
Mi fissa.
"E anche un po' per me, a dire il vero."
Tutti quei sospiri mi fanno sperare che si stia arrendendo, ma non sembra una battaglia facile da vincere.
"Andiamo,
non hai nulla da perdere." insisto. "Casomai da guadagnare e con il mio
aiuto, te lo assicuro, guadagnerai un sacco di soddisfazioni."
"Ora non montarti la testa, Malpelo."
"Lo so, ho questo brutto vizio."
Lei riflette per qualche istante, poi alza gli occhi: "Perché ci tieni così tanto a me?"
"Perché
al contrario di quello che pensi, o che vuoi, non è impossibile
che qualcuno tenga a te." rispondo, arguto. "E anche perché sono
un po' masochista."
"Vero." sorride, alzando un sopracciglio. "L'avevo capito quando ti eri messo con la Di Mario."
"Scelgo sempre sfide difficili."
Alessandra
mi guarda per un tempo che pare infinito, spostando le pupille sulle
mie con una velocità ipnotizzante e sbattendo solo una volta
quelle sue lunghe ciglia scure. Nessuno ha idea di quanto vorrei
afferrarle la schiena e baciarla, in questo momento, ma con
un'ottemperanza inaudita, mi trattengo.
"Purtroppo
sei fidanzata, Gruccia." le ricordo a fior di labbra, in realtà
parlando più per me stesso che per lei. "Voglio che tu venga, ma
non posso convincerti che a parole. Non voglio meritarmi un altro pugno
in un occhio."
"Io ho sempre voluto dartene uno." ridacchia, maliziosa. "Maledetto damerino del cazzo."
Ero partito con la paura di essere maltrattato da lei... ora invece sto quasi desiderando che lo faccia.
Ma
anziché aggredirmi o dar credito alle mie impure fantasie,
solleva leggermente gli angoli della bocca e comunica qualcosa
sottovoce: "Vengo con te."
Non
è del tutto preferibile a un atto di selvaggia passione, ma mi
va comunque bene. Avrò forse superato la sua prova?
"Davvero?" chiedo conferma, sorpreso.
"Sì. E portiamo anche Emma. Poi, se la smetti con le tue stupide usanze medievali, scarico Johannes e ti offro una cena."
Sorrido a trentadue denti: "Tu la offri a me?"
"Natale, porca vacca, l'amor cortese è morto da secoli. Ti va oppure no?"
"Non convenzionale, ma ok. Mi va."
"Perfetto." annuisce, per poi darmi le spalle e una frustata di Dior. "Vado a svegliare la belva."
La
guardo rientrare, con l'espressione ebete stampata in viso e un sacco
di pensieri che mi ronzano nella testa. Pensavo che la belva fosse lei,
ma ho scoperto che le uniche belve sono quelle che l'hanno allevata.
Pensavo che sarei tornato sconfitto, invece a quanto pare
tornerò vittorioso. Pensavo sarebbe stato difficile trattare con
lei, invece è stato facile abbattere i suoi muri. Mi è
bastato essere me stesso, come è bastato a lei.
Non
so cosa sarebbe successo se l'avessi baciata davvero, ma so che per non
averlo fatto, potrei aver vinto l'opportunità di baciarla un
sacco di volte.
E, onestamente... non vedo l'ora.
Inaspettatamente, la mia mano viene colpita. Abbasso la testa, vedo Snoopy con il guinzaglio stretto fra i denti, e sospiro.
"Immagino che voglia venire anche tu al matrimonio."
Il cane piagnucola e mi sospinge nuovamente.
"Ho
capito, ho capito." mi arrendo inginocchiandomi e agganciando la corda
al collare. "Siete davvero una famiglia di belve voi, eh?"
E
con questo, mi alzo in piedi e trascino Snoopy fino all'Audi di Mattia.
Spero almeno che nessuno di loro mi sfasci la macchina, oppure saranno
guai seri.
***
ANGOLO AUTRICE
Sommosse popolari mi attendono dietro l'angolo per non averci fatto scappare nemmeno un bacino. Lo so già.
MA sono preparata a quest'eventualità. Ho deciso di correre
questo rischio perché scrivendo ero sempre più convinta
che quel tipo di sviluppo non sarebbe stato bene dentro questa os. Nei
miei programmi, infatti, non c'è mai stata l'intenzione di farci
cadere dentro anche un avvicinamento fisico, in più scrivendo mi
sono resa conto che c'erano davvero dei problemi tecnici che il nostro
Natale non poteva ignorare. Lui non è tipo da cornificazione,
dai. Ha già pagato per aver sbagliato una volta XD
Ma comunque tranquilli, questo non significa che non ci sarà un
momento del genere tra i due. Per adesso, accontentiamoci di questa OS,
che, come vi ho detto anche all'inizio, bramavo di scrivere da tanto,
tanto tempo... per capirci, eravamo tipo a metà di "Io e te 2"
quando mi è balenata in testa, per cui.
Tutta la situazione di Emma e Alessandra si è sviluppata nel
corso degli anni, mentre scrivevo le trame principali. Tuttavia, non ha
mai smesso di essere una mia preoccupazione: ci tenevo molto a superare
la superficialità di Alessandra e a dare un po' di dimensione
alle sue scelte, nonché al suo caratteraccio. Volevo anche, con
questa os, rispondere a chi si chiede che diavolo c'entra uno come
Natale con una come la Gruccia e, infine, volevo tantissimo, da
veramente un sacco di tempo, farvi conoscere Emma.
Emma io la conosco davvero e, se ci avete fatto caso, le ho dedicato
questa os. Assieme ad Edoardo, ovviamente, che per me è la prova
vivente di cosa significhi amore, fratellanza e maturità. Sono
persone realmente esistenti, quindi non posso raccontarvi i cavoli
loro, però sappiate che mi sono stati d'ispirazione dal primo
momento in cui li ho conosciuti e se dovessi dirvi i nomi di due
persone che ammiro, soprattutto in tema di amore fraterno e sacrificio,
sarebbero loro due.
A questo punto non posso far altro che lasciar parlare voi, io vi ho già annoiato abbastanza;
1) Vi aspettavate di fare certe scoperte, seguendo Francesco nel suo viaggio?
2) Sapere della famiglia Gruccia ha influenzato il vostro modo di giudicare Alessandra?
3)
Riuscite a capire il punto di vista di Alessandra sul rapporto con i
suoi genitori? Vi fa rabbia o tenerezza il fatto che non riesca a
odiare nessuno dei due, nonostante tutto?
4) Avete un ciondolo/gioiello di qualche tipo che rappresenta una persona importante della vostra vita?
5) Quanto
avreste voluto distruggere il monitor con una mazza da baseball, quando
Francesco ha rinunciato a baciare Alessandra?
6) Come vi piacerebbe che proseguisse questa storia, una volta che la Gruccia avrà lasciato Johannes?
7) QUANTO E' CARINO SNOOPY???? <3 <3 <3
Per il momento, io vi lascio
rimuginare. Per quanto mi riguarda, fra poche ore ho un appuntamento a
Cecina. Due biondini si stanno per sposare e le sorti di un'intera
classe potrebbero essere decise per sempre. Chi ha un'ansia pazzesca
per questo matrimonio?
Attenzione:
questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla
storia "Io e te è semplicemente complicato" (più
conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui:https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1o quihttps://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
In
particolare, questa è la sesta della serie di OS e si colloca,
temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per
sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare
alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.
Nel
giro di 24 ore dalla pubblicazione di questa OS è prevista anche
la pubblicazione della OS 7, a cui è temporalmente collegata.
Buona lettura!
P.S.
perdonatemi per la scarsa qualità dei banner; li ho creati alle
6 di mattina su un treno e con un gran mal di testa XD (non è
vero, sono solo incapace)
.
Il tradimento della Belladonna
.
.
.
.
.
"Pierpaolo vuole parlare con te."
Ricevo
questa comunicazione mentre mi sto versando del Brunello di Montalcino
della riserva Benigni dal costo di trentaquattro euro al litro nel
bicchiere. Prevedibilmente, mi si allenta la presa, quindi colpisco il
calice che cade, si sbecca e macchia di viola la tovaglia bianca. Credo
di aver accumulato centocinquanta euro di danni in soli quattro
secondi. E mezzo infarto.
"Silvia!"
mi volto verso la fonte dell'informazione con la faccia colpevole,
accentuandola ancora di più quando vedo le sue condizioni. Ora
all'ansia per aver recato danno agli oggetti di villa Magna si aggiunge
anche quella di avere davanti la fidanzata del ragazzo che mi piace,
nera di rabbia.
Le
sue sopracciglia perfettamente ripassate con la matita sono corrucciate
verso il basso e le labbra, solitamente piegate in un frivolo sorriso,
puntano in giù. Temevo che avrei dovuto trovarmela di fronte,
prima o poi.
Non
sono mai stata l'amante di nessuno, eppure mi ci sento quando penso
alla relazione tra Silvia e Pierpaolo e il mio infelice ruolo nel
mezzo. Ruolo che un po' mi sono andata a cercare, ok, ma che per la
maggior parte mi è stato attribuito da Pierpaolo stesso, dato
che è lui il maghetto delle relazioni capace di far svanire e
ricomparire i sentimenti con un tocco di bacchetta. Dopo il casino di
poco fa, poi, è inevitabile che tutto sia giunto al punto di non
ritorno.
Sicuramente
la Trepalme mi odia con tutta se stessa. Se Nelli avesse saputo otto
anni fa che ciò sarebbe successo, mi avrebbe ringraziato.
"Mi vuole parlare, dici?" boccheggio, indecisa su quanto amichevole sembrare, mentre il vino si espande sul tessuto.
"Già." conferma, impassibile.
"Spero stia un po' meglio, adesso."
Ma
lei non è per niente disposta a fare conversazione e mi lascia
con un semplice: "Ti aspetta di sopra nella camera dei ragazzi."
Deglutisco e ringrazio Silvia con un timido cenno. Tanto se n'è già andata via, non mi ha nemmeno guardato.
Al
mio tavolo nessuno è più di tanto interessato a me e alle
mie diatribe. Stanno seguendo quello che succede sulla pista da ballo,
dato che dopo il discorso dei testimoni e il dolce, qualcuno ha fatto
partire il karaoke e ora è tutto un gran piano bar.
I
vini costosi di Benigni hanno riempito diversi bicchieri, quindi non
c'è quasi nessuno di sobrio, meno che meno Diego e Magno, che
stanno improvvisando un duetto sulla canzone "Gloria", il primo
strisciandosi addosso al secondo e quest'ultimo puntando l'indice ora
verso sua moglie ora verso Diego, come dimentico di chi dei due ha
appena sposato.
Mi
lascio alle spalle il matrimonio certa che nessuno si accorga della mia
fuga e mentre raggiungo l'interno della villa a passo spedito, realizzo
di avere le gambe molli. Quello che ho spanto sarebbe stato il mio
primo bicchiere di vino, quindi non può essere per colpa
dell'alcol. Sto così da questa mattina, precisamente da quando
ho troncato una frase di Pierpaolo che ha sconvolto l'intera classe.
Nonché la sottoscritta.
Senza ombra di dubbio è il motivo per cui ha richiesto di parlare con me.
Busso
alla sua porta talmente piano che devo rifarlo una seconda volta,
perché non mi sento affatto sicura. Non so a che cosa sto
andando in contro e ho paura; per anni mi sono sforzata di ignorare i
miei trascorsi con questo ragazzo, negli ultimi giorni è
riaffiorato tutto di botto e adesso siamo appesi ad un "ti am-"
pronunciato sotto l'effetto di allucinogeni naturali.
Quando
lui si accerta che sono io, mi dà il permesso di entrare. Ma sta
succedendo tutto così in fretta che quasi mi sembra trovarmi in
una realtà parallela.
Spero che quel "ti am-" venga confermato o rinnegato?
Non saprei. Con la fortuna che ho, forse nemmeno si ricorda di averlo detto.
La
camera di Pierpaolo è una delle più grandi della villa,
perché è in comune con Amerigo, Marco e Francesco. I
letti sono comodi, due singoli e uno a castello, ma è anche
molto disordinata, essendo abitata da energumeni non civilizzati. Il
letto più ordinato è forse quello di Natale, mentre
attorno agli altri tre, sui comodini e sui pavimenti, si trovano
oggetti di ogni genere.
Io odio il disordine.
Scavalco
un pallone da calcio e una fascetta per capelli per raggiungere
Pierpaolo, che si è seduto sopra le lenzuola, ma è
avvolto da una coperta di pile con le iniziali di villa Magna ricamate
ovunque.
Lui
e Marco condividono lo stesso comodino; lo indovino notando la piramide
di lettere contrassegnate da 'A Rachele' che occupano tre quarti della
superficie e su cui Pier ha tranquillamente posato la sua tazzona di
tisana depurativa. Così mi faccio coraggio e utilizzo questo
argomento come apertura di uno dei dialoghi più imbarazzanti
della mia vita.
"Marco ti uccide, se si accorge che usi le sue lettere come sottobicchiere."
"Non
gliene importa." ribatte Pier, certo di avere ragione. "Non ha il
coraggio di darle a Rachele. Le conserva qui solo perché il
cestino è già pieno."
Quindi
indica con il gomito l'angolo della stanza dove risiede il povero cesto
della spazzatura strabordante di fogli appallottolati. Rabbrividisco
per la sciattezza e per quanto tempo abbia sprecato Marco ad
autocommiserarsi su inutili fogli di carta.
Poi, torno allamiasituazione tragica: "Non credo che quella roba sia molto buona comunque, vero?"
Lui
guarda la bibita con malinconia: "Gloria mi ha detto: 'un litro al
giorno toglie Gloria di torno'. Per fortuna che Magno ogni tanto la
distrae, perché non si è accorta delle due tazze che ho
già buttato nel water."
Sospiro: "Dovresti prendere la situazione più seriamente."
"Se
avessi veramente rischiato la morte, ora stareste facendo un funerale
invece di un matrimonio." mi ricorda, con un mezzo sorriso.
Grazie a questo gesto, sento la tensione distendersi un po', così lo ricambio, avvicinandomi a lui: "Come stai?"
Se
oggi ho davvero un buon motivo per sentirmi agitata, generalmente mi ci
sento comunque e non è affatto normale. Con i ragazzi è
sempre stato così: non sono a mio agio, non sono rilassata.
È come se ci fosse una barriera tra me e loro, contro cui ho il
terrore di sbattere. Tutte le altre ragazze non hanno di questi
problemi, o almeno non fino a una certa età; io invece sono
un'adolescente perenne.
Con
lui, poi, è sempre stato ulteriormente difficile. Forse
perché è stato la mia prima vera cotta e mi sono
traumatizzata anni or sono per uno stupido rifiuto, ma comunque ancora
oggi mi traballano le ginocchia e mi sudano le mani quando devo
approcciarmi a qualcuno, specie se questo qualcuno mi piace.
Se mi piacessero le donne, sarebbe tutto molto più facile.
O forse no, perché il problema sono io.
"Sto sensibilmente meglio." risponde Pier, facendomi cenno di sedermi sul letto. "Penso di aver espulso tutto."
"Come
cavolo hai fatto a confondere quelle bacche?" gli chiedo, accomodandomi
con le dovute distanze, sempre per il discorso che ho degli impedimenti
di natura sociale.
"Che
ne so. Ero sovrappensiero." si giustifica, facendo di spallucce. "Sono
troppo simili alle bacche comuni e se non stai attento, rischi di
sbagliarti facilmente."
"Ma avevi fame?"
"Ma
no." mi guarda strano. "Dovevo testarle perché nella tesina
parlo anche del sapore e dell'acidità. Sai che ogni tanto mi
capitava di farlo, e solitamente ero sempre molto scrupoloso, ma
stamattina, boh... non c'ero con la testa, ecco cosa. E il brutto
è che la Belladonna crea dipendenza e assuefazione praticamente
da subito."
"Sei troppo dedicato allo studio."
Pierpaolo concorda con un'espressione contemporaneamente orgogliosa e rassegnata: "Grazie a Dio ve ne siete accorti in tempo."
"È stata Silvia a dare l'allarme."
"Ma
tu sei corsa più veloce di quanto avrebbe fatto chiunque altro."
ci tiene a specificare, senza paura di guardarmi negli occhi. "Infatti,
volevo davvero ringraziarti."
Naturalmente io divento bordeaux e sento il collo riscaldarsi per poi portare tutto il calore alle guance.
"Mai sottovalutare i cavalli." è la mia povera uscita.
Pierpaolo mi fissa per qualche secondo e poi scoppia a ridere: "Già. Mai sottovalutare i cavalli..."
Mentre
l'imbarazzante riferimento all'illecita attività di scommesse
che facevamo da minorenni mi fa sentire ancora peggio, il suo sorriso
surriscalda fin troppo la situazione. È evidentemente molto
più in sé di qualche ora fa, ma il trasporto con cui ride
suggerisce che sia rimasto qualche residuo di esagerazione in lui, che
lo fa sembrare ancora più disinibito e carino.
Maledizione.
"Come
fai a stare così coperto? Si soffoca, oggi." butto lì
casualmente, per giustificare il fatto che mi sia appena servita di una
lettera di Marco per farmi da ventaglio. Se continuo così,
finirà molto peggio di come avevo previsto....
"Ah,
io non ho per niente caldo... anzi." spiega, raggomitolandosi ancora di
più. "Tutto l'andirivieni verso il bagno mi ha fatto salire la
febbre, credo."
Gli
lancio un'occhiata generale ed effettivamente noto che è pallido
e meno pimpante del solito. Pierpaolo mi ha sempre dato l'idea di un
ragazzo in perfetta forma fisica e salute, perciò è
strano vederlo così fiacco.
E comunque, nonostante ciò, riesce ugualmente a scatenare in me un subbuglio di ormoni per niente appropriato.
Credo
che il fatto di non sfogare i miei istinti con nessuno - o meglio, di
non averli mai completamente sfogati - mi porti ad essere eternamente
frustrata, tanto che ogni qual volta in cui si verifica un evento
piacevole, il mio fisico lo registra come anche sessualmente piacevole.
Marinella
mi ha convinto ad incanalare il mio disagio davanti a dei porno, ma vi
assicuro che non bastano. In più, mi vergogno tremendamente a
parlarne, anche con lei, il che mi fa sembrare una frigidona fuori e
una ninfomane in astinenza dentro.
Perché ho così tante difficoltà ad essere come tutti gli altri?
"Poi..."
aggiunge Pierpaolo, suonando per la prima volta a disagio. "Ho appena
concluso una provante discussione con Silvia. Già stamattina in
condizioni normali mi è stato impossibile affrontarla,
figuriamoci adesso che risorgo da un coma da intossicazione."
"Avete litigato?"
"L'ho lasciata."
Da-da-da-daaan.
Lo
sapeva già il mondo intero, ma la conferma pronunciata da lui
è come un 'visto, si stampi' che mi autorizza ad essere
sollevata. Voglio dire, mi dispiace per Silvia e tutto sommato sono
delusa per l'ennesima conferma che in campo amoroso Scilla è un
vero disastro, ma d'altra parte stava diventando tutto troppo ambiguo e
ingiusto.
E
poi va bene, ammetto che c'è quella piccola e immorale parte di
me contenta di non avere più una rivale così importante,
se ipotizziamo che io abbia qualche possibilità con Pier. Senza
contare che, comunque, anche io sono un vero disastro in campo amoroso.
Solo, nel senso completamente opposto.
"Mi dispiace." commento con quest'enormecliché, in mancanza di parole più accorate da proporre.
"Era
come se non fossimo già più insieme da un pezzo."
osserva, a sua volta per niente turbato. "Anche lei l'aveva sospettato,
solo che non era d'accordo nel chiudere tutto quanto."
"Voleva rimanere con te?"
"Sì."
mi racconta. "Ha detto che può capitare di perdere il mordente,
ogni tanto, ma che almeno si può tentare di risolvere, prima di
prendere decisioni definitive."
"Strano. Non la facevo tipo da lottare per una relazione."
"Nemmeno io. Ma l'ha detto pure lei che stava cercando di cambiare."
"Solo che tu non vuoi cambiare?"
Pierpaolo
mi guarda a lungo negli occhi e, stavolta, sostengo anche io lo
sguardo, perché sono curiosa della sua risposta. Per quanto la
stia temendo, è fondamentale.
"No." dice quindi, infine.
E non è quello che avrei voluto sentire.
"Capisco."
"Federica."
Pierpaolo prende un profondo respiro, che mi riscuote e mi mette il
terrore. Sicuramente è ciò che prelude al cuore
dell'attuale faccia a faccia, quindi a momenti saprò per certo
che cosa prova per me. Ho sempre pensato di saperlo, ma dopo oggi sono
così confusa e ho paura di rimanere delusa per la seconda volta.
Siamo sempre e solo amici o siamo qualcosa di più?
"Al
telefono poco fa ti ho detto delle cose poco rispettose." esordisce,
serio. "Ti chiedo scusa. Soprattutto perché l'hanno sentito
anche tutti gli altri e non è stato carino."
Ridacchio, al massimo della tensione: "Erano complimenti non da poco."
"Penso veramente che tu sia sexy."
Oh, cielo.
"E
vorrei... cioè, se mi capitasse di finire a letto con te, non mi
dispiacerebbe affatto." in questo momento alza gli occhi e il mio cuore
finisce davvero chissà dove. "Però tutto il resto merita
un discorso a parte."
Ecco, lo sapevo.
"Che cosa sarebbe tutto il resto?" mi precipito a chiedere, troppo poco lucida per sforzarmi di avere contegno.
"Il resto delle cose che ho ammesso. Quelle più sentimentali."
Non ha nemmeno il coraggio di ripeterlo.
"Fede,
mi voglio spiegare bene con te, ok?" si arresta un secondo, mettendosi
più comodo sul letto per essere sicuro di mantenere il contatto
diretto con me. "So di averti già fatto soffrire una volta. So
che per quanto futile, quella cosa di anni fa ti ha fatto perdere
fiducia in me e forse anche nell'amore in generale e per quello, te lo
giuro sulla mia laurea magistrale in matematica, mi dispiace. Ero un
ragazzino deficiente e probabilmente lo sono ancora. Ho questo problema
che so fare il serio in tutte le cose della vita, tranne le relazioni."
Mi ritraggo, il calore delle guance che scende verso il collo e abbandona il mio viso.
"L'ultima
cosa che voglio è farti del male." afferma, mentre allunga le
braccia verso di me e lascia cadere la coperta dalle spalle. "Ed
è proprio per questo motivo che ti devo parlare. Ci ho pensato
per giorni e giorni e se questa mattina mi sono sbagliato ingerendo
delle bacche mortali, anziché quelle commestibili, è
perché mi stavo arrovellando per te. Per che cosa dirti e come
dirtelo. Non per quello che è successo con Silvia."
Anche
se le sue mani sulle mie braccia mi fanno sentire più viva che
mai, il resto del mio corpo si è irrigidito, quasi
immobilizzato: "Onestamente, nemmeno questa mi sembra una cosa molto
carina da dire."
"Lo
so. Lo so." sospira, arrabbiato con se stesso. "Difatti sarebbe stato
tutto meglio organizzato, se nel frattempo la Belladonna non mi avesse
tradito."
Mi scappa una risatina amara per tutta la trama di significati che può contenere quest'ultima frase.
"Però,
vedi, è questo il punto del discorso." dice, e in seguito
snocciola finalmente e in modo fin troppo diretto la verità.
"Che attualmente non posso essere ciò che tu vorresti. Non posso
stare con te perché sono scostante, perché non riesco ad
impegnarmi e se è per questo, non ho neanche idea di come si
faccia. Non penso nemmeno di volerlo, ad essere sincero... o comunque,
non adesso."
Deglutisco, costretta a far fronte a un bruttissimo ed enormissimo, gigante senso di delusione.
Mi sta rifiutando.
Ancora.
"Io
non sento il bisogno di avere una relazione stabile." illustra
ulteriormente il concetto, come se già non l'avesse espresso
senza pietà, né mezzi termini. "Non che l'abbia mai
sentito, ma comunque non è ciò che farebbe per me.
Chissà, magari fra un paio di anni assolutamente sì, ma
ora voglio essere libero, privo di vincoli. Voglio viaggiare e fare
esperienze lavorative di vario tipo. Ci tengo a prendere il master e
poi fare carriera. Tutto il resto sarebbe una limitazione troppo
grande."
"Lo riassumo in altre parole." mi schiarisco la voce, togliendo le sue mani da me. "Vuoi scopare e basta."
Lui
non smentisce, tuttavia si rattrista: "Non voglio litigare con te.
Penso che dirti queste cose onestamente sia un segno di rispetto nei
tuoi confronti."
"Discutibile."
"Sto cercando di essere più sincero possibile, perché tu sei importante per me."
"Come amica."
"No." mi corregge subito, spontaneamente, e forse anche troppo.
Difatti,
sembra essersi un po' pentito di averlo detto, e fa salire una mano
alla nuca per grattarsi nervosamente: "Se vuoi la verità, per me
sei più di un'amica."
"Più di un'amica, ma meno di una fidanzata."
"Esatto."
conferma. "Perché una fidanzata per me non è come una
fidanzata per Magno o Diego. Le mie fidanzate rimangono tali per troppo
poco tempo, per questo non voglio che anche tu lo diventi."
"Parli
come se fossero leggi esterne a decidere tutto ciò, ma in
realtà non sei soggetto a nessuna limitazione che non sia
imposta da te stesso."
"E
questo l'ho ammesso, Federica." mi ripete, calmo. "Ho ammesso che
è una scelta mia, o un problema mio, come ti pare. Ma non
credere che ti stia friendzonando. Se potessi congelarti qui e poi
scioglierti quando sarò pronto per una relazione stabile, lo
farei. Ma nemmeno questo mi sembra giusto. Cioè, se tu volessi
mantenere quello che abbiamo ora, senza ufficializzazioni, io sarei il
ragazzo più felice della Terra, ma so che quello che ti sto
dicendo te lo impedirà, esattamente come l'ha impedito un tempo."
"Eh
certo, lo impedirebbe a qualsiasi ragazza con un po' di cervello!"
sbotto, indignata. "Mi stai praticamente chiedendo di essere una
scopamica senza pretese che rimane in standby per quando avrai deciso
di rendere il tuo pene privato."
Ops, la rabbia mi rende volgare.
"Infatti
non te lo sto chiedendo." rimarca, irritato dal mio attacco. "Come tu
non stai chiedendo a me di diventare il tuo ragazzo."
La
sua osservazione, estremamente intelligente e lucida, mi colpisce nel
vivo e mi lascia senza idee per controbattere, perciò è
lui che continua a portare avanti l'opera di esplicitazione di concetti
che per anni abbiamo lasciato sottintesi.
"Ti
ho solo detto che utopicamente lo vorrei." aggiunge dunque, riferendosi
ai desideri espressi poco fa. "Ma so che vali molto di più di
questa mia avversione all'impegnarsi sul serio."
Le
sue parole mi infastidiscono troppo. Stare qui sta diventando
insopportabile, così vicina a lui quasi da sentirmi mancare il
respiro, così mi alzo in piedi e cambio letto. Mi siedo su
quello di Marco, mentre ho ancora in mano la sua lettera e mi rendo
contro di averne distrutto un angolino in preda all'ansia.
"Io
penso che impegnarsi sul serio non dipenda solo da se stessi, ma anche
dalla persona per cui ci si impegna." contesto, inspirando un po' di
sana distanza dal genere umano. "Se trovi qualcuno per cui ne valga
veramente la pena, allora devi cogliere l'attimo. E se non vuoi
cogliere l'attimo, significa che non ne vale veramente la pena."
Pierpaolo si porta una mano alla fronte per massaggiarla, stanco e dolorante: "Ho sempre avuto un debole per te."
"L'hai avuto per un sacco di gente. L'ultima è uscita mezz'ora fa da quella porta."
"No, è diverso." afferma. "Con te è diverso. Ma non lo so spiegare."
Incrocio le braccia: "Ho visto."
"Ogni volta che parli con un ragazzo o che qualcuno ci prova con te, sono geloso. Tremendamente geloso."
"Beh, sono occasioni più uniche che rare."
"Per
fortuna." ribatte. "Perché se ogni volta fosse come con Natale,
sarebbe un casino. Quando stavi insieme a lui, mi veniva difficile
anche solo starti intorno, perché mi provocava un enorme
fastidio. Continuavo a ripetermi che il problema era lui, che era lui
che non sopportavo, invece alla fine ho dovuto ammettere a me stesso
che non importa chi ti stia accanto, il fatto è che vorrei che
non ci fosse nessuno."
"Se vuoi il posto, accaparratelo, perché non resterà per sempre vuoto."
"So
che se un giorno volessi la donna giusta, verrei a cercare te."
risponde, triste. "Ma non è questo il giorno, Fede. Mi dispiace."
Schiocco
la lingua e mi sforzo di non indugiare sulle frasi carine che infila
tatticamente nei suoi discorsi: per quanto toccanti e inaspettate esse
siano, si tratta sempre e comunque di un magistrale due di picche.
E poi non riesco nemmeno a credergli.
Non
può dispiacergli davvero. Se gli dispiacesse davvero, non mi
starebbe mandando via. Se fossi la donna giusta, ogni giorno sarebbeilgiorno per volermi.
"Allora
perché ti sei riavvicinato a me proprio ora, Scilla?" sbotto,
iniziando a prendermela con l'altro angolino della lettera.
"Perché tu l'hai fatto." risponde con ovvietà.
E
nella mia testa, ahimè, mi trovo costretta a confermare. Sono
stata io a voler portare i cavalli nel bosco alla stessa ora in cui lui
andava a fare jogging, ho fattoioin modo che ci incontrassimo casualmente, poiioogni
mattina seguivo lo stesso percorso, finché non è
diventata un'abitudine di entrambi. Ma se io me ne fossi stata buona,
lui avrebbe continuato a trattarmi con la solita indifferenza.
Allora perché io mi sono avvicinata di nuovo a lui?
"Speravo
che sarebbe stato come sempre." aggiunge, vedendomi corrucciata e
fremente. "Quella situazione di stallo fra noi, avrei voluto durasse di
più. E non perché non volessi di nuovo il nostro legame,
quello mi è sempre piaciuto da pazzi, fin dal liceo, ma
perché so che su di esso non la pensiamo allo stesso modo."
"Non l'abbiamo mai pensata allo stesso modo, purtroppo."
"Già.
Ma devi sapere che da quando Natale ti ha fatto quel brutto tiro, anni
fa, io ho capito delle cose." continua. "Innanzitutto, mi ha fatto
perdere la ragione come nient'altro al mondo ci era mai riuscito. Di
mio, non avrei mai preso a pugni qualcuno, men che meno mettendomi in
mezzo a dei rapporti che non mi riguardano, ma quella volta ho capito
che non potevo sopportare il pensiero che la gente prendesse in giroteo che facesse del malea te.
Quindi, costi quel che costi, io non avrò quel ruolo, Federica.
Non ti voglio fare del male." ripete, come se non l'avesse già
detto un sacco di volte.
Difatti, mi riferisco a questa assurda conversazione provocandolo: "Sei sicuro di aver scelto il metodo giusto?"
"Sì,
sono sicuro. E sono anche sicuro che non mi capirai mai. Non capirai
quello che ti sto dicendo, né ti sembrerà giusto. Ma io
mi conosco, so come sono fatto e so che questo è il modo per
evitare di complicarci la vita. Se c'è una cosa che quell'idiota
del mio migliore amico mi ha insegnato, è che le relazioni non
sono un gioco. Io per il momento mi sento solo di giocare, Fede, e non
voglio coinvolgere te in questo."
Scuoto la testa.
Non sono d'accordo.
Non sono per niente d'accordo con lui.
"Tu non solo non vuoi una relazione." dico, alzandomi in piedi e guardandolo con disprezzo. "Tu non vuoi me."
Apre
bocca per dire le solite scemenze, ma lo blocco: "E smettila di trovare
patetiche scuse della serie che non sei pronto o che stai preservando
la felicità di entrambi, o che io sono la donna della tua vita,
ma il tempo non è dalla nostra parte. Tu..." stringo forte i
pugni per non lasciare che la mia mano gli colpisca la guancia: "Sei
solo un coglione."
Pierpaolo
gira il volto dalla parte opposta, forse offeso o ferito da
quest'accusa, che dal mio punto di vista è più che
meritata. E anche incompleta.
"Sei
uno stronzo, sei superficiale e sei addirittura così spregevole
che hai avuto il coraggio di dirmi tutte queste stronzate direttamente
in faccia." di nuovo il calore torna ad irradiare le mie guance,
stavolta facendomi letteralmente ribollire il sangue. "Dopo che avevi
appena scaricato un'altra ragazza, tra l'altro."
Lui rimane muto e con gli occhi bassi. Ma d'altronde, era prevedibile.
"Hai ragione a dire che non ti capirò mai." decreto. "Perché non hai senso."
Non so se le mie parole lo stiano colpendo o sollevando, e ancor meno lo capisco quando sussurra un sommesso "Mi dispiace".
"Dispiace
anche me, un sacco, perché, Dio mio, tu mi piaci ed è
dalle superiori che vorrei anche solo baciarti. Esatto, nemmeno finire
a letto con te, ma baciarti, come una cretinetta di dodici anni che va
in paranoia per la sua nuova cottarella. In questi giorni ritrovo quel
sentimento, mi affeziono a te come se fosse tutto passato, tu molli la
tua ragazza e oggi mi dici pure che mi ami. Ma poi mi metto di fronte a
te, cadendo per l'ennesima volta nello stesso errore, rendendomi
vulnerabile e sperando che finalmente tutta la mia paranoia si
trasformi in un lieto fine. E a quel punto tu cosa fai? Mi rifili una
sfilza di ragionamenti infondati e aridi, semplicemente per rifiutarmi
di nuovo, come se il tempo, da quella sera delle superiori, non fosse
mai passato."
"Quello
che ho detto... quel ti amo." sussurra, apparentemente senza una
connessione logica a ciò che gli ho appena rinfacciato. "Era
chiaramente fuori luogo ed esagerato e per nulla filtrato dal
cervello." alza gli occhi contornati dalle occhiaie. "Però
proprio per quello l'ho detto."
"Non
ti voglio neanche più ascoltare, Scilla." asserisco,
disinteressata alle sue affermazioni incoerenti e, in generale, alla
sua grandissima inconsistenza. "Se mi vuoi, mi prendi." inspiro,
lasciando apposta una pausa nel mezzo. "Altrimenti, non parlare di
amore."
E decido di concludere qui tutta la questione.
Non
dico altro e lui non dice altro, che gran novità, e me ne esco
dalla stanza sbattendo la porta e... un grande applauso per non aver
fatto in modo che cambiasse qualcosa in tutto questo tempo.
Forse il momento di cambiare è adesso.
Forse quella che deve cambiare sono io.
Basta rimanere ancorata a chi non riesce ad andare avanti.
*
Ok, tutta l'autodeterminazione e il furore con cui ho lasciato la stanza di Pierpaolo se ne sono andati.
Ora
mi trovo sul terrazzo di Villa Magna a fissare la gente sotto di me che
brinda e canta e festeggia e mi sto obbligando con ardore di non
piangere.
Non voglio e nondevopiangere per ciò che è appena successo.
Perché? Perché è sbagliato.
Enormemente sbagliato.
Tutto
quello che ha avuto luogo dalla smusata delle superiori a oggi rientra
nella categoria, perché da quel giorno mi sono arenata in un
paradosso, mi sono fossilizzata su una persona come Pierpaolo e non
sono più riuscita a passare oltre a nulla.
Uno così non è uno che vorrei al mio fianco.
Voglio
dire, pensavo di sì, perché è attraente, simpatico
e intelligente. Perché abbiamo un'ottima affinità,
perché mi capisce, perché mi appassionano i suoi discorsi.
Finché
rimane tutto su quel piano, Pier è la persona perfetta, ma poi
quando le cose iniziano a farsi serie, tutto cambia. Non è
possibile fidarsi di lui, non è nemmeno più lui quello
che parla e dice delle cavolate così grandi. Per quale ragione
non me ne sono accorta prima? Pierpaolo è fantastico, ma non
è capace di amare. Non ha mai amato nessuno.
Mi ero illusa che potesse amare me?
Certo. Sicuramente si tratta di questo.
Ma che enorme stupidaggine.
Anni
della mia vita persi così, traumi autoinflitti senza ragione,
praticamente, un ciclo continuo di illusioni a cui mi sono appesa
perché avevo paura che cadere facesse male. Invece mi sarebbe
servito... avrei dovuto farlo molto prima.
Avremmo
dovuto chiarirci, per l'amor del Cielo, o meglio, io avrei dovuto farmi
avanti e dirgli che la cotta non mi era affatto passata, perché
lui era già stato molto chiaro una volta, ma evidentemente, non
ho voluto capire.
Anche
Nelli ha fatto il mio stesso errore di chiudersi in se stessa e
lasciarsi sopraffare dall'insicurezza, ma lei ne aveva motivo. Il suo
amore per Mattia è innanzitutto vero e poi corrisposto; senza
quello non sarebbe semplicemente lei. Poi, ok, loro sono due emeriti
deficienti, ma comunque una base solida c'è.
Io
una base nemmeno ce l'ho per me stessa, figuriamoci per un rapporto con
il prossimo; sono da sempre solo una ragazza problematica e antipatica,
che ha pochi amici e quelli che ha li tratta pure male. Il
perché è a tutti sconosciuto: forse ha ragione Giorgia,
forse dovrei solamente fare più sesso e la vita tornerebbe a
sorridermi.
Rigiro la lettera tra le mie mani, nervosa.
L'ho
stropicciata e pure rotta, ma non l'ho ancora buttata la qualche parte.
L'ho tenuta come antistress, perché non potevo strozzare
Pierpaolo e allora ho accartocciato le parole di Marco, come
alternativa pacifista.
Da
qui su vedo Rachele giocare a bordo del laghetto, ma non c'è
nessuno dei suoi genitori con lei. Marco dev'essere ancora nelle cucine
a sistemare dopo il pranzo, mentre Giorgia chiacchiera con Vacca... e
Nelli è sparita dalla circolazione assieme a Mattia. Mi viene da
ridere; a questo mondo tutti sono bravi a rimproverare tutti, ma
nessuno sa risolvere i propri casini.
Quante
ramanzine non ho fatto a Marco per come gestire i suoi problemi, quando
non avevo realizzato che solo un quarto dei miei? Quante volte lui e
Giorgia non hanno rinfacciato a me di essere solo una repressa del
cavolo e ora non riescono neanche a scusarsi con la loro bambina?
Povera Rachele...penso,
scuotendo la testa e guardandola mentre insegue Filippo e Vittoria. Le
cose sono difficili già adesso per lei; figuriamoci quando
passerà per l'adolescenza e poi sarà un'adulta disagiata
come noi.
Io odio essere cresciuta così male.
A questo punto, do le spalle al panorama e mi lascio scivolare lungo il muretto per sedermi con un gran sospiro.
Anche se vorrei tanto, non devo piangere.
Non lo accetto da me stessa.
Se
sono finita qui è per colpa mia. Non sono mai stata capace di
darmi una svegliata, non ho mai avuto l'atteggiamento giusto di fronte
alle difficoltà, sono uno stupido riccio del cavolo, che si
chiude in se stesso ogni volta che ha paura e non fa altro che pungere
il prossimo, mentre tutt'attorno la vita va avanti.
Sono
triste per essere stata bidonata in questo modo e perché ho
ancora e avrò sempre un debole per Scilla, nonostante sia uno
stronzo. Ma so che, indipendentemente dal fatto che ormai lui ha deciso
e che, no, non mi verrà di certo a prendere, non dovrei piangere.
Pierpaolo
non cambierà idea e io non devo sperare nel contrario, né
soffrire perché volevo che andasse tutto diversamente fin dalle
superiori. Sono io che avrei dovuto fare qualcosa, anziché
aspettare che un miracolo piombasse dal cielo.
Per
non scoppiare al colmo della sopportazione di me stessa, decido di
aprire la lettera per Rachele e leggerla. O quello, o la distruzione
del foglio in mille pezzettini intrisi di rabbia.
In
questo momento di autoanalisi, mi sto sentendo in colpa pure per la
situazione di Marco. È vero che ho sostenuto delle tesi in cui
credo, ma non l'ho fatto nel modo giusto. Il mio atteggiamento nei suoi
confronti è stato sbagliato e inopportuno; purtroppo non ci ho
mai dato il giusto peso perché ero presa da altro, tipo me
stessa e le mie stupide convinzioni.
Ma in fondo dall'alto di quale saggezza mi sono permessa di criticarlo?
Cara Rachele,
questa
è tipo da ventiseiesima lettera che ti scrivo. Mi sforzo di
essere vario, ma mi sono reso conto che sto iniziando a ripetermi; non
ho molta fantasia.
Chi
sono io per dirgli come fare il papà? Che importanza ho preteso
di avere nella sua vita e soprattutto in quella di Rachele? Io che non
ho mai nemmeno fatto l'amore con qualcuno.
Però
mi piace scrivere queste riflessioni, perché immagino quale
faccia potresti fare, un domani, quando le ritroverai in qualche
cassetto e io sarò un marinaio solitario con le ancore tatuate
sugli avambracci e i capelli bianchi. Ovviamente li tingerò e,
no, niente rughe, perché non è previsto dal nostro
patrimonio genetico. Noi Ravasi siamo semplicemente perfetti.
Immaginami come un vecchio marinaio molto figo, tipo George Clooney.
No, vabbè, manco lo conosci. Facciamo che sarò come...
com'è che si chiama quel tuo idolo? Ah, ecco, Harry Styles.
Sarò come Harry Styles da vecchio, però con i tatuaggi a
forma di ancora sugli avambracci.
Mio Dio, Marco.
Ovviamente, sto scherzando.
Non
sono perfetto, principessina mia adorata, ma anzi ho molti, molti
difetti. E faccio molti, molti sbagli. Però probabilmente
diventerò davvero un marinaio tatuato, se tu non mi parlerai mai
più. Volevo essere il nuovo Alessandro Borghese, ma come faccio,
se non riesco neanche più a sorridere?
Borghese sorride sempre. E lo sai perché noi adoriamo guardare Quattro Ristoranti. Assieme, ci piace fare tutto.
Mugolo, intenerita.
Il
fatto è che ho sempre avuto ancora più diffidenza nei
confronti di Marco di quanta già ne abbia di mio verso l'intero
genere maschile. La nostra rivalità di quand'eravamo piccoli
è sempre un po' rimasta e... del tutto immotivato è il
risentimento che ancora oggi ne deriva.
Chissà,
forse è solo invidia perché lui è stato sempre
molto più risoluto di me. Credevo che fosse solo molto
più fortunato, ma sono arrivata a realizzare, non da molto
tempo, purtroppo, che la fortuna non c'entra davvero nulla, in certi
casi.
Siamo noi a decidere chi essere e Marco è molto consapevole di questo, a differenza della sottoscritta.
Ad essere onesto, ho pensato di stare sbagliando sin dal primo momento in cui ho saputo della tua esistenza.
Mamma
e io eravamo molto piccoli e, a quell'età, avere la
responsabilità di una reginetta urlante come te non è
proprio una mossa logica. Quando sei nata, poi, ho pensato per un po'
di tempo che avevo sbagliato a metterti al mondo, perché il
mondo non era abbastanza accogliente per te e io non avevo la minima
idea di come renderlo tale.Mamma era super spaventata, avresti dovuto vederla, e io lo ero ancora di più.
Ma crescendo tu hai fatto crescere noi.
Qualche
parola è illeggibile, ormai, per colpa della mia ansia da
strappo, però riesco comunque a capire che cosa c'è
scritto.
E
mi sto quasi sorprendendo di come ciò che Marco scrive sia
esattamente ciò che dice e pensa. È così... vero.
Guardandomi
indietro, sono riuscito ad apprezzare ogni singolo "sbaglio". Anzi, ora
tutto quel che ho fatto per me non è un errore, ma una fortuna.
Tu sei la mia fortuna, Rachelina dolcissima, e se dovessi tornare
indietro, rifarei tutto quanto.
Ma
devi capire che proprio perché mamma e io eravamo piccoli e
molto scemi, non possiamo aver fatto sempre i passi giusti al momento
giusto. Ti assicuro che io a lei vorrò sempre bene e lei ne
vorrà a me, perché anche se non siamo il vero amore l'uno
dell'altra, il vero amore lo abbiamo creato, insieme. Ma il vero amore
è così difficile da creare quanto da trovare; solo quando
l'avrai tra le mani lo capirai, tesorino mio meraviglioso; prima,
dovrai solo fidarti di chi l'ha conosciuto davvero.
E
so che del tuo papà scemo non ti fidi e non ti fiderai
più per anni o, forse, per sempre. Ma io spero comunque, con
tutto me stesso, che saprai farmi amare il mio sbaglio ancora una
volta. Spero che un domani, voltandomi indietro, mi sentirò
ancora incredibilmente fortunato.
Perché
io sarò qui sempre. Io ti aspetterò ovunque. Per quante
persone allontanerò e da quante persone sarò allontanato,
tra le mie braccia ci sarà sempre e solo posto per te. Sei tu il
mio unico, vero amore, Rachele.
Non dimenticarlo mai,
Papà
Oh mio Dio.
Sto piangendo.
"Accidenti!" impreco a denti stretti, asciugandomi gli occhi con irruenza.
Non dovevo assolutamente leggere questa roba. Non dovevo piangere!
Guardo in alto, facendomi volontariamente accecare dal sole e sperando che senza sbattere le palpebre i miei occhi si secchino.
Maledetto Marco.
È
davvero dura trattenersi dopo tutto questo, ma non posso rovinare gli
sforzi, né scendere al matrimonio con il mascara colato e il
trucco sfatto. Sarebbe come uscire con un'enorme freccia rossa puntata
sulla testa e una scritta che mi passa davanti a mo' di sottotitolo
dicendo:Guardate a cosa hanno portato i miei errori.
Ah, gli errori. La paura di sbagliare.
È
ciò che paralizza anche il più sicuro di noi e che, alla
fine, lo fa sbagliare in modo ancora più deleterio.
Sono
così carica di rimpianti che la lettera di Marco mi ha
letteralmente preso a calci la coscienza. L'amore non è un gioco
per niente. Nessuno ha la più vaga idea di cosa significhi,
finché non ci è dentro. E vista così, potrei
addirittura arrivare a capire certe affermazioni di Pierpaolo.
In
ogni caso - penso, mentre mi alzo in piedi e mi sventolo la faccia con
il foglio per far asciugare i residui di pianto mancato - questa
lettera non può rimanere a me.
Non
posso assolutamente lasciare che parole e sentimenti del genere
esauriscano il loro potere in un'anima arida come la mia. Ormai io la
speranza me la sono giocata, ma in un cuore ancora tutto da riempire,
queste parole sarebbero un'arma incredibile.
Se
Marco si è arreso, è perché in questo momento
è bloccato da quella stupida paura. Ma non sa che lo sbaglio
più grande potrebbe essere ancora da commettere; potrebbe fare
come ho fatto io, chiudersi, sparire e diventare un'anonima Federica Di
Mario che si è persa il meglio della vita.
E
so che probabilmente mi ammazzerebbe, se venisse a sapere ciò
che sto macchinando, ma attualmente non mi importa. Ho sempre sbagliato
pure io; questa volta so che stare dalla parte dell'amore, quello vero,
non sarebbe affatto un errore.
Discutendo
con lui in questi giorni, mi sono schierata in tutto e per tutto con
Rachele e proprio perché mi immedesimo in lei, nel suo sentirsi
rifiutata, nella sua paura di aver perso delle persone importanti, so
che questa lettera è quello di cui ha bisogno.
Sono
sicura che se lei potesse vedere queste parole, scenderebbe a patti con
la delusione e il senso di impotenza. Magari non subito, ok, ma alla
lunga, questo potrebbe essere la salvezza del loro bellissimo rapporto.
E non posso lasciare che si interrompa così, perché - mio Dio - è la cosa più bella che esista.
Dunque,
mi faccio coraggio e mi decido a ritornare di basso, speranzosa che il
matrimonio non ci metta troppo a volgere al termine, per lasciare a
tutti il tempo per piangersi addosso.
Scendo le scale un po' a rilento e prima di arrivare al piano terra, faccio una deviazione per la cameretta di Rachele.
La
esamino rapidamente e poi vedo ciò che potrebbe fare al caso
mio. Non sono convinta di farlo finché non finisco davanti al
suo maglioncino giallo, pieno di paillettes, identico a quello che
anche Vittoria porta sopra il vestito da paggetta e che Gloria ha fatto
cucire appositamente. Rachele l'ha lasciato di sopra, ma ormai è
il tramonto e fra poco le servirà.
Qualcuno verrà a prenderlo, o magari manderanno lei, o magari ci verrà da sola.
Non so se faccio bene, però sento che è davvero la cosa giusta.
Alla fine, quando ritorno in giardino, sono distrutta ed estremamente triste, ma soddisfatta della mia decisione.
***
ANGOLO AUTRICE
Sono sicura che questa OS creerà due fazioni nemiche.
Una delle due vorrà uccidermi male, l'altra festeggerà.
Giusto per non farci mancare nulla, aggiungo anche che l'idea originale
al principio di Io e te 3 era di far mettere insieme Pierpaolo e
Federica. Ma poi va sempre tutto a rotoli.
Non vi annoierò oltre con i miei sproloqui; ci tenevo solo a
dire che questa sia questa OS che la prossima che leggerete entro 24
ore, sono un po' interpretative. Nel senso che alcuni aspetti, come
magari il finale, li ho lasciati nelle vostre mani, di modo che siate
voi a fare delle ipotesi o a dare determinate chiavi di lettura
piuttosto di altre. Sarà interessante vedere come avete
interpretato le due. Poi, comunque, andando avanti con la storia
principale avrete modo di confermare o meno le vostre ipotesi.
Lascio a voi l'onere di darmi dei pareri o di comunicarmi quanto mi
odiate per avervi fatto struggere su una ship che dopo ben 7 anni
è finita nel cesso. Niente domande, sono sicura che ne avrete da
dire comunque.
A prestissimo con la OS numero 7, il cui titolo, rivelazione speciale
per voi che siete arrivati a leggere fino a qui, è "Hallelujah".
Sciao!
Attenzione:
questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla
storia "Io e te è semplicemente complicato" (più
conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui:https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1o quihttps://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
In
particolare, questa è la settima della serie di OS e si colloca,
temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per
sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare
alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.
Questa
OS è collegata alla OS 6, pubblicata ieri in questa raccolta. Mi
piace pensare che siano OS sorelle, anche per un certo parallelismo che
le accomuna.
Buona lettura!
P.S. i banner fanno sempre più schifo, lo so.
.
Hallelujah
Non devo assolutamente piangere.
È
il mio unico pensiero mentre comunico a Federica di andare di sopra e
lo stesso che mi accompagna poi, quando facendo slalom tra i tavoli, mi
vado a cercare il posticino più solitario e isolato possibile.
Finisco
quindi in fondo al gazebo, distante dal resto della confusione, dai
brindisi e dallo stupido karaoke che Magno e Vallicroce stanno come al
solito protagonizzando.
Non ho voglia di sentire e vedere nessuno, ma purtroppo, non posso scomparire.
Sarebbe
facile chiudermi in camera e sfogarmi prendendo a calci i cuscini, se
solo avessi una stanza privata. O potrei fare come tutti gli altri, che
si piazzano in terrazzo a riflettere sulla propria vita, ma nemmeno
quello mi va, perché odio stare da sola.
O meglio... mi fa paura non avere nessuno intorno, anche quando lo vorrei un sacco.
"Ehi."
...come in questo momento.
"Ehi." alzo lo sguardo e incontro quello caldo del ragazzo che mi si è avvicinato.
"Ti sei seduta al mio posto." mi fa notare con il suo accento straniero, indicando il segnaposto rovesciato davanti a me.
Così, lo rimetto in piedi e lo controllo per confermare che effettivamente coincida.
E sì, quei caratteri arzigogolati compongono proprio il nome del mio importunatore: "Scusa, Lionel."
"No es nada."
fa l'occhiolino, rubando una sedia a caso nei dintorni e trascinandola
senza paura accanto alla mia. Ci piomba sopra e il suo braccio si
materializza magicamente attorno alle mie spalle, mentre la voglia di
piangere, fortunatamente, mi è appena passata.
Io
non piango mai, specialmente in pubblico. Ora che Lionel è qui,
lo considero come un ulteriore deterrente, anche se avrei preferito
essere lasciata in pace.
"Qué pasa, nena?"
Le mie pupille scivolano senza nervo su lui: "Perché parli spagnolo?"
"A)
Perché vengo da una sessione di balli latino-americani con la
zia milf di Magno." adocchia la signora tra la folla e le fa un
occhiolino, mentre porta la mano libera al bacino e lo muove da seduto.
"B) perché amo lo spagnolo e C) perché piace un sacco
anche a te, specialmente quando ti chiamo nena."
"Sì, una volta mi piaceva." specifico. "Quando stavamo insieme."
"Quale delle tre volte?" strizza di nuovo quella stupida palpebra e io vorrei solamente sbattergli la testa contro il tavolo.
Insomma,
è possibile che l'unico argomento di cui voglia parlare con me
sia questo? Non vede quanto sono triste e depressa? Non gliene frega
nulla?
"Ti
lascio il posto, Lion..." faccio per alzarmi, ma appena mi ergo in
piedi, mi raggiunge anche lui, e mi trattiene per un braccio.
"Ehi, ehi, ehi..." esclama a mezza voce, azzardando un passo verso il mio viso. "Che succede sul serio,nena?"
Scuoto la testa, esaminando con delusione il suo viso perfetto: "Non capiresti."
"Dai, prova." sorride, incoraggiante, fregandomi con quelle sue labbra perfette e quei suoi lineamenti dannatamente sensuali.
"Pierpaolo
mi ha lasciato." snocciolo, troppo imbarazzata per dirglielo a viso
aperto. "Poco fa, in camera sua. Ha detto che non sono la ragazza
giusta per lui."
Lionel
allarga gli occhi e per un secondo ho la speranza che lo ricopra di
insulti e che mi dica che è un gran fesso, perché non sa
proprio che cosa si perde.
Invece, si mette a ridere.
"E allora?" strascica tra una risata e l'altra.
"Beh, mi ha fatto rimanere male."
"Dai,
Silvia, ma che sarà mai!" sbotta, spensierato, colpendomi
delicatamente la spalla. "Non ti ho vista triste per una rottura
nemmeno quando è successo con me." si indica con entrambi i
pollici e dal senso di nausea che mi assale, capisco di star avendo
degli enormi problemi con gli uomini.
Lionel è così... arrogante. Pieno di sé. Stupido.
Ma
lo è stato anche Pierpaolo nel modo di lasciarmi e, ora che ci
penso sul serio - perché Dio sa quanto in questo periodo io stia
seriamente riflettendo su me stessa - anche tutti gli altri ragazzi che
ho avuto.
"Eddai,
beviamoci un po' su." ammicca Lionel, mentre mi tira di nuovo sulla
sedia e afferra la caraffa di vino più vicina.
Sono
così arresa di fronte alla vita che mi lascio strattonare e
accetto senza proteste il bicchiere stracolmo che mi offre.
Non
sono un'amante del vino, preferisco di gran lunga i super alcolici,
però una bella sbronza adesso la vorrei. Ho davvero bisogno che
il mondo cambi o, in alternativa, che il mio cervello si inebri
talmente tanto da farmelo vedere diverso.
E
me ne rendo conto, è in questo modo che sono riuscita a
sopravvivere alla mia adolescenza: spegnendo i neuroni, tenendo ben
assopito il buonsenso e soprattutto ignorando il fatto il essere una
donna, e non un'idiota.
Ma adesso, oh mio Dio, non riesco più a zittire alcune urla nella testa. Tipo l'attuale:cretina, quel pagliaccio vuole solo farti ubriacare per poi portarti in camera sua e approfittare di te!
Ma ho davanti un bel bicchiere di vino, per fortuna. Quindi bevo.
"Che farai tu, dopo il matrimonio?" mi domanda Lion, prendendo a sua volta un generoso sorso.
"Non so. Forse mi iscrivo a un corso bellissimo che fanno a Roma."
"Ah, figo." annuisce, senza nemmeno chiedermi di che corso si tratti.
Fortunatamente,
almeno dal punto di vista lavorativo, ho molte soddisfazioni. Sono
uscita dal liceo con appena la sufficienza, ma poi ho iniziato la
scuola per estetisti e mi sono appassionata sul serio. Ho migliorato
molto la mia scarsa attitudine allo studio e ho aggiunto al mio
percorso anche tre anni di scuola per parrucchieri. Solo un anno fa, ho
aperto un negozio con una mia amica che fa tatuaggi e sta andando tutto
alla grande.
Tutto veramente un sacco alla grande - penso, mentre alzo di nuovo il calice.
Solo che non sono felice.
"Tu
che farai?" chiedo, senza sentimento, mentre finalmente Vallicroce e
Magno liberano il palco e danno pace alle nostre orecchie.
"Ho un contratto con un'agenzia a Buenos Aires. Parto a inizio giugno."
Sanchez fa la guida turistica - e si porta a letto un sacco di turiste.
Ha fatto anche l'animatore nei villaggi e nelle crociere. Non vedo niente di più adatto per lui nella vita.
"Bravissimo."
gli sorrido, considerandolo già più sopportabile di
prima, grazie all'alcol. "Spero ti facciano fisso."
"Mah, in realtà non mi spiace variare." mi fa l'ennesimo occhiolino e io bevo un paio di sorsi che mi bruciano la gola.
Per
non fargli vedere la mia faccia nauseata, guardo in avanti e scopro il
prossimo ospite di questo cabaret. Il posto dei due dementi è
ora del ragazzo africano di Marinella. O medio-orientale, non lo so
nemmeno.
So solo che Sanjay gli ha appena fatto partire una base tristissima e io quasi rimpiango Umberto Tozzi.
"I've heard there was a secret chord, that David played and it pleased the Lord, but you don't really care for music, do you?"
Oh, fantastico.
Beviamo, va.
"Oh cielo, questo Mohammed.Qué pesada."
commenta Lionel, mentre anche il resto della sala se ne strafrega un
po' e torna a chiacchierare senza dare importanza all'esibizione.
Sbuffo solo perché non sono ancora abbastanza ubriaca da ritenere simpatiche certe uscite.
"Che c'è? È la verità." si discolpa Lionel, captando il mio nervosismo. "È vecchio dentro."
"Si chiama Sayid." dico semplicemente, stupendomi di ricordare il suo nome, quando già ho iniziato a dimenticare il mio.
Lionel scuote la testa e poi posa una mano sulla mia gamba.
Guardo in basso; che infame di uomo. E che palle, il mio bicchiere è già vuoto!
Appoggio il mento sulle mani e mi concentro oltre questo schifo, oltre le spudorateavancesdi
Lionel e oltre il vino che neanche basta a darmi delle gioie. Quindi
osservo Sayid e ascolto la sua voce, che è malinconica quanto
me, ma profonda almeno il triplo.
Lui
non sta nemmeno rivolgendo gli occhi al pubblico; li lascia indugiare a
metà via, come se stesse cantando a se stesso, come se si stesse
raccontando la sua stessa storia.
"You're faith was strong but you needed proof, you saw her bathing on the roof, her beauty and the moonlight overthrew you."prende un respiro, ma non è abbastanza controllato e parte con una nota incrinata."She tied you to her kitchen chair, she broke your throne and she cut your hair, and from your lips she drew the hallelujah."
E
questa canzone, anche se non la capisco perché facevo schifo in
inglese, sono sicura che parli di lui. È palese. Ed è
altrettanto palese che qualcosa non va. Lo riesco a capire da come
sospira tra una parola e l'altra e da quello sguardo spento, che
tuttavia cela un ardore interno che non trova pace.
Che
cosa si è spezzato, in lui? Si tratta forse di una
consapevolezza che non voleva raggiungere? Di una delusione d'amore?
Forse sto solamente proiettando i miei sentimenti su ciò che vedo e che ascolto.
Forse se sapessi cantare, la canterei anche io così.
Però
è incredibile come riesca a modulare il suono; prima instabile
poi sicuro, poi leggero e di nuovo ancora potente, come nella strofa
successiva, che esplode non solo attorno ai tavoli, ma anche dentro di
me, pungendomi sul vivo.
"Maybe there's a God above, but all I've ever learned from love was how to shoot somebody who outdrew you." alza gli occhi, finalmente, e sono colmi di lacrime. "It's not a cry that you hear at night, it's not someone who's seen the light, it's a cold and it's a broken hallelujah."
Mentre
l'hallelujah riecheggia nel giardino, nessuno realmente interessato ad
ascoltare, sulle mie guance sono scese delle lacrime che non avevano
mai solcato il mio viso.
Io non piango in pubblico.
Io non piango mai.
Mi
tasto subito le gote, stupita e imbarazzata, ma anche emotivamente
coinvolta dalle note che non hanno ancora smesso di suonare. E proprio
mentre sto per realizzare che la canzone mi ha fatto piangere, un nuovo
impulso mi prende lo stomaco e fa uscire un singhiozzo, accompagnato da
nuove lacrime.
La
mano di Sayid trema attorno all'asta del microfono, come anche la sua
voce, mentre canta gli ultimi due hallelujah e li fa durare più
a lungo, rendendoli ancora più sofferti di tutti gli altri versi.
Qualcuno
dalle prime file gli batte le mani e lui ringrazia timidamente, mentre
è difficile accettare che la musica abbia smesso. Nemmeno quando
lascia il palco riesco a credere che sia finita, da quanto era bella. E
mi chiedo dove vada lui ora, che cosa ne sarà di quello sguardo
inumidito dal pianto e chi ascolterà il seguito della sua storia.
Quale sarà la mia di storia, adesso, che sono più sola che mai.
"Oh, Silvia, mi stai ascoltando o no?"
Mi volto verso Lionel, scossa e intontita, e lui nemmeno si accorge delle mie condizioni.
"Ti
ho detto che è meglio se usciamo, ché 'sto karaoke
è un mortorio." mi prende per il polso e mi fa alzare in piedi,
per poi dirigersi all'esterno del tendone, dove ci sono pochi occhi
indiscreti e molti pavoni.
"Ah,
finalmente le mie orecchie hanno smesso di sanguinare." commenta, senza
lasciare il mio polso, ma anzi, usandolo per tirarmi verso di lui e far
aderire il mio corpo al suo. "Ho io in mente un bel modo per farti
passare tutta questa depressione."
Sorride
a due centimetri dal mio naso, mentre io sono ancora sconvolta e
ubriaca e nauseata dalla sua puzza di alcol, che è praticamente
uguale alla mia.
Non ho neanche avuto il tempo di realizzare che cosa sia successo negli ultimi tre minuti.
Sento solo, nella mia testa, riecheggiare quell'hallelujah.
"No, Lion, non mi va..." mugolo, senza in realtà porre troppa resistenza.
Sono
distrutta, non voglio restare sola, ho bisogno di distrazioni per non
sentire le emozioni. Sono troppo forti e io non ci sono abituata.
"Eddai." mi sprona lui, infilando una mano sotto la mia gonna e facendola risalire con estrema scioltezza fino al gluteo.
Non mi oppongo: lo lascio fare.
E
quando arriva all'elastico delle mie collant, alzo la testa e incontro
le sue labbra nel bacio che mi sta sollecitando a scambiarci. Accetto
subito di passare alla lingua, senza lamentele, senza inutili
carinerie, perché tanto i convenevoli li salto sempre a
piè pari, in modo particolare con quelli con cui sono già
stata altre volte.
Oh, ora mi riconosco.
Questa sono io, non quella di qualche minuto fa che frigna se ascolta una stupida canzone.
Io sono questa Silvia Trepalme; fredda, ma sensuale. Seriale, indifferente. Superficiale, non profonda. Per niente profonda.
La
Silvia Trepalme che si imbosca con il bello di turno, la Silvia
Trepalme che si lascia toccare senza storie, la Silvia Trepalme che
passa da un ragazzo a un altro in meno di un'ora.
Questa sono io.
"Oh, ma..." Lionel si stacca da me e mi guarda in modo così strano che appare quasi brutto. "Stai piangendo."
"Cosa?
No." mi porto subito le mani al viso, tastando e asciugando le guance
con i palmi. "Dev'essere il vino che mi ha fatto un effetto strano."
Le sopracciglia di Lionel toccano l'attaccatura dei capelli: "Stai singhiozzando."
"Oh, ma... no, non è proprio così."
Però
mi rendo conto di star ingannando anche me stessa, dato che da
quell'hallelujah in poi non il mio pianto non si è mai esaurito.
Solo che lui se n'è accorto solo ora e io ho sperato che mi
sarei calmata usando il solito metodo chiodo scaccia chiodo.
Ahimè, credo di aver sovraccaricato il sistema.
"Porca merda." commento, mentre mi asciugo lacrime a nastro e porto via gran parte del mascara.
"Te stai proprio da schifo."
"Ma dai? Sul serio, Lionel?" gli sbuffo in faccia, irritata per tutto questosurplusche non ho davvero la più vaga idea di come gestire.
"Sarà
meglio che rimandiamo." deduce, indicando la mia gonna sgualcita e
facendo un passo indietro, chiaramente intendendo che così
sfatta sono inavvicinabile, nonché poco soddisfacente per lui.
E
già qui vorrei coprirlo di botte, ma poi aggiunge qualcosa che
mi spinge ad odiarlo ancora di più: "Ti va di farci un altro
bicchierino e riprovare fra poco, magari?"
Lo
fisso, inorridita da come io abbia reso possibile che uno si sentisse
in diritto di farmi proposte del genere, in condizioni del genere.
Per fortuna il mio istinto decide di rispondergli a modo.
"Ma vaffanculo." lo insulto, infatti, girando i tacchi e facendo per rientrare nel gazebo.
Ma poi mi rendo conto che non voglio essere vista, così indugio qualche istante.
"Eddai,nena, non fare la difficile, ho solo voglia di divertirmi un po' e sono sicuro che è proprio quello che serve anche a te."
Mi fermo. Penso.
Io odio gli uomini.
Gli faccio il medio e me ne vado.
*
Allontanarsi da tutti è stata la scelta migliore della giornata.
Certo,
non sono sparita completamente come avrei voluto, ma su questo
lavorerò in futuro. Per ora ho goduto di questa mezza fuga con
molto piacere; era da tanto tempo che non me ne stavo a tu per tu con
me stessa e devo dire che mi è servito. Mi è servito
davvero.
Mi
sono accaparrata un posticino tra le rocce, in un angolo distante del
laghetto di villa Magna, da cui però si può comunque
osservare il matrimonio.
Beh,
oramai lo spettacolo è quasi volto al termine. La luce del sole
si è abbassata fino a colpire trasversalmente il capannone e
colorarlo del rosa carico che solitamente precede il crepuscolo. La
sessione di karaoke è stata rimpiazzata con della normalissima
musica e gli sposi si sono ritirati nelle loro stanze per festeggiare
al cento per cento.
Chi rimane ancora qui fuori sono gli invitati nostalgici, o quelli abbastanza ubriachi da non sentirsi ancora stanchi.
E, naturalmente, gli sfigati.
Ho appena visto Federica uscire dal gazebo per fare una passeggiata solitaria verso il bosco.
Poverina...
Sapevo
che Pierpaolo intendeva distaccarsi ufficialmente anche da lei ed
è per questo che non ho saputo dirle nulla di più poco
fa. Ero arrabbiata perché ha palesemente rappresentato il mio
rimpiazzo di questi giorni, ma allo stesso tempo provavo compassione
nel sapere che di lì a poco si sarebbe sentita delusa
esattamente come me. O forse di più.
Ma almeno so che lei ha qualcuno su cui contare.
La
sofferenza è molto personale, certo, ma avere una persona con
cui dividerla è comunque sempre meglio di doverla sopportare da
soli. E Federica, per quanto acidella e a volte intrattabile, ha la
fortuna di essere circondata di amici.
Lo
stesso vale per Marinella, Lorenzo e Marco. O Mattia, Diego, Lionel, lo
stesso Pierpaolo. Tutti hanno qualcuno. Che sia un unico migliore
amico, un fidanzato, un trio, o quella cavolo di classe del liceo
rimasta inalterata nella dimensione spazio-temporale, le persone di cui
sono circondata sono a loro volta circondate; solo io mi sento tagliata
fuori da tutto.
Non
ho mai saputo creare legami solidi. Uscivo con Alessandra, Giorgia e
Vacca, ma a differenza loro non ho mai avuto quella connessione
speciale che mi tenesse ancorata alla gente. O, comunque, non ho mai
avuto l'istinto di coltivarla.
Forse perché sono statisticamente più stupida della media, come sostengono i miei nemici?
Forse ho solo sbagliato a scegliere con chi stare o forse non sono mai rimasta abbastanza a lungo per saperlo davvero.
Ho
provato anche a chiamare la mia collega, così, per vedere se
magari le andava di ascoltarmi. Lei è una ragazza silenziosa e
tranquilla, che non sembra avere troppi pregiudizi. L'ho conosciuta
lungo il mio percorso di studi, ma è solo ultimamente, con la
scusa del negozio, che stiamo approfondendo il nostro legame.
Legame
che, comunque, non sembra andare molto più in là di un
accordo lavorativo. Lei è gentile e tutto quanto, ma non
è aperta. Ha già le sue amicizie, una famiglia, una
routine. Vedo che da lì non si vuole spostare di molto e non mi
stupisco nemmeno troppo, quando ignora anche il tentativo di telefonata
che faccio in questo esatto momento.
Praticamente,
gli unici che si degnano di condividere con me questo momentaccio sono
i pavoni. Si aggirano sulla riva, si appollaiano sulle rocce, ogni
tanto bevono e mi guardano facendo le loro silenziose considerazioni.
Mi domando se dovrei comprare un animale domestico per iniziare una
personalepet therapyche conduca all'accettazione di me stessa nel mondo.
"Silvia, cristo santo!"
L'esclamazione
giunge da qualche parte alle mie spalle e solo adesso mi rendo conto di
quanto tempo sia passato da quando ho sentito una voce umana.
Tra l'altro, proprio la stessa di adesso.
"Lionel. Che ci fai qui?" gli domando, rimettendo il cellulare nella pochette.
"Tuche ci fai qui? Ti ho cercato dovunque!"
Gli lancio un'occhiata sommaria: "Tu hai cercato me?"
"Sì."
annuisce vigorosamente e sembra anche innervosito. Infatti, al non
vedermi convinta, sbuffa e decide di avvicinarsi.
Facendosi
da leva con il braccio, salta agilmente le rocce che ci separano.
Scende senza difficoltà l'argine in pendenza del laghetto e si
ferma a un metro da me, allargando le braccia: "Eri sparita."
"Magari."
"Ma
che hai?" mi domanda, alterato. "Sono due ore che non ti vedo
più in giro e poi ti avvisto per caso in mezzo a tutti 'sti
dannati uccelli come se di colpo ti fossi data albirdwatching."
"Non sai neanche che cosa significa."
"Sì
che lo so! Lo uso sempre per fare battute sulle guardone alle feste in
piscina. Comunque non è questo il punto; pensavo che almeno
rimanessi nei dintorni, invece ti sei accampata al lago per ore,
facendomi girare per la villa come una trottola. Ho perlustrato
praticamente ogni stanza!"
Lo fisso: "Hai del rossetto sul collo."
"Mierda." sussurra sbattendosi il palmo sul punto da me indicato.
Per
quanto mi riguarda, ho perso anche l'ultimo briciolo di speranza nel
genere maschile. Così lo lascio fare, ignorandolo come se
nemmeno fosse qui.
Ma
lui sospira e scaccia qualche pavone con i piedi per potersi sedere
accanto a me: "E va bene, prima di trovarti sono stato con la zia di
Magno."
"Che schifo."
"Lo dici tu."
Sospiro,
voltando la faccia da un'altra parte perché so già che se
inizia a parlare di quella donna, potrei vomitargli addosso.
"Ma comunque." rimarca, calcando il suo accento strascicato. "Mi sono preoccupato."
Non posso fare a meno di farmi sfuggire un risolino sardonico.
"Non
fare quella faccia e guardami!" sbotta, irritato. "Te ne sei andata in
lacrime e poi non ho più avuto tue notizie. Pensavo ti fossi
annegata qui dentro."
Cosa stanno sentendo le mie orecchie.
Allargo gli occhi, turbata: "Non sono mica Ofelia."
O- chi? Da quando faccio citazioni letterarie?
"O- chi?" domanda, infatti, lui.
"Niente, lascia stare. Vecchi ricordi delle superiori; stare con 'sta gente mi fa uscire di senno."
"Oh, lo vedo che non sei più in te." commenta, incrociando le braccia.
"Non
sono una psicopatica." gli parafraso allora, puntandogli l'indice al
petto. "Solo perché mostro le mie emozioni, non significa che
non le sappia controllare."
"Non mi pare molto."
"Adesso basta!" mi altero. "Vedi di andartene, Sanchez, o mi spingerai a confermare le tue stupide teorie."
"Senti."
sbuffa, continuando a non calcolare la mia rabbia o qualsiasi altra mia
emozione. "Non so che cosa diavolo ti succede e soprattutto
perché mi ci hai tirato dentro, ma-"
"Io
ho fatto che cosa?" mi scandalizzo, squadrando quel suo aspetto
arruffato dopo l'ennesima avventura segreta e desiderando più
che mai di cancellarlo per sempre dalla mia memoria.
Lionel apre le braccia, credendo di mostrarmi l'ovvio: "Perché sei venuta da me con queste lamentele?"
"Tu sei venuto da me, Sanchez! Per ben due volte!" gli abbaio contro, agitando inutilmente le mani.
A
questo gesto i pavoni scappano e io mi sento ancora più sola.
Poco fa ho sfogato tutte le mie lacrime in questo lago, ma i sentimenti
negativi e le consapevolezze dolorose, quelli no, non se ne sono
andati. E nemmeno Lionel se ne va, perché diavolo devo
continuare a subire anche questa tortura?
"Se
sei venuto qui per raggirarmi di nuovo fino a farmi venire a letto con
te o se pensi anche solo che a questo giro me ne starò zitta e
buona mentre limoniamo, ti sbagli di grosso. Lasciami stare, Sanchez,
oppure ci annego te dentro questo lago, assieme alla vastità del
cazzo che te ne frega di me e dei miei sentimenti!"
Lionel fa una smorfia impercettibile, stizzita.
Scorre qualche secondo di prezioso silenzio prima che lui riesca a parlare di nuovo.
"Wow." dice, riportando i toni a una chiave più pacata. "Sei veramente incazzata."
"Vorrei solamente che mi lasciassi in pace." rimarco, guardandolo negli occhi con esasperazione.
Lui sostiene il mio sguardo, sorpreso, ma anche colpito: "Ok."
A
questo punto, finalmente, si alza, facendo qualche passo verso le
rocce. Ma prima di scavalcarle, si volta verso di me: "Mi dispiace che
Pierpaolo ti abbia fatto stare così male. È stato una
merda. E lo sono stato anche io, poco fa."
Guardando nient'altro che l'acqua bagnare i miei piedi, sorrido amaramente: "Non ci credi davvero."
"Non avevo capito." si giustifica, parlando a mezza voce. "Non... non me n'ero accorto."
"Perché non era abbastanza chiaro?"
Lionel sospira: "Lo era, ma non ci ho dato il giusto peso. Non pensavo che..."
"Facessi
sul serio?" propongo, il respiro veloce. "Che potessi essermi veramente
affezionata a qualcuno? Che potessi davvero soffrire per dei
sentimenti?"
"Lo siento."
"Sì,
come no, Lionel. Tu non senti proprio nulla. Ed è meglio
così, fidati." aggiungo mentre lancio un sasso dentro all'acqua.
Lion mi fissa, atterrito: "Forse è meglio che me ne vada davvero."
"Vattene." ripeto. "Tanto è quello che fanno sempre tutti."
Lionel
esala un ultimo sospiro, senza dire niente. Poi fa leva sul braccio,
come prima, e si issa sulle rocce per tornare sui suoi passi.
Ecco, così va molto meglio.
Adesso sono in pace.
*
Quando
ormai si è fatto buio, decido di tornare nella mia stanza e
iniziare a fare le valigie. Domani è l'ultimo giorno in cui
staremo a villa Magna, poi si torna ognuno alla propria vita, al
proprio lavoro, alla normalità.
Aver
avuto l'opportunità di essere presente al matrimonio mi sembra
quasi un dono. È stato possibile per una serie di coincidenze e
proprio in virtù di ciò, credo che non si ripeterà
mai più. Per quanto mi abbia portato a riflettere su di me e sui
miei legami in generale, stare qui e condividere il mio tempo con
queste persone mi è piaciuto. Rimpiango che sia già
finita e soprattutto rimpiango che non avrò mai più
un'occasione del genere.
Potrei
sempre chiederlo, certo, magari a Marinella, lei mi inviterebbe
sicuramente. Anche se dice di odiarmi, so che nel profondo non è
così. E poi, è una persona facilmente raggirabile.
Ma
le cose si sono messe male anche per lei e io chi ho qui dentro a cui
chiedere un favore? A cui comunicare il mio bisogno di essere inclusa?
Di essere conosciuta per la Silvia Trepalme che sono adesso?
"Bella canzone."
La mia attenzione viene attirata dal ragazzo che passa davanti alla mia stanza in questo momento e si ferma sullo stipite.
"Come,
scusa?" gli domando, guardandomi intorno senza motivo. Le mie compagne
di stanza sono da Gloria per aiutarla a togliere il vestito e
ripulirsi; io sono l'unica qui nei paraggi.
"Stavi
canticchiando una bella canzone." ripete con il suo accento straniero,
per poi alzare una mano in saluto e andarsene lungo il corridoio.
Lui era Sayid e io stavo canticchiando la suaHallelujah.
"Aspetta!" esclamo, lasciando la valigia aperta sul letto e rincorrendolo lungo il corridoio.
Lui si è fermato e ora si è voltato con una faccia leggermente impaurita. Penserà:ma che diavolo vuole questa da me?
"Ciao, Sayid."
"Sai come mi chiamo?" biascica, sicuramente già pentito di avermi rivolto la parola.
"Sì
e volevo... ehm... volevo farti i complimenti." snocciolo, un po'
sprovveduta e imbarazzante qui in mezzo al corridoio, mentre mi scopro
a sistemarmi i capelli con fare maniacale. "Per la canzone che stavo
canticchiando. Cioè, per la tua canzone."
Lui sorride, educato: "Non l'ho scritta io."
"Lo so. Però era stupenda." affermo. "L'hai cantata in un modo davvero... emozionante."
Sayid si irrigidisce di fronte questo complimento, mentre io arrossisco di brutto: "Spero che la cosa non ti offenda."
"No." si affretta a precisare. "Solo che non credevo che qualcuno mi avesse effettivamente ascoltato."
Gli faccio l'occhiolino: "Non avrei voluto, ma sei stato abbastanza irresistibile... beh, sonoramente parlando."
Mi
vergogno all'istante di ciò che ho appena detto, mentre pure lui
si prende male, non capendo in che modo intendere la mia uscita.
Ed
ecco perché solitamente non uso la lingua per parlare,
perché, semplicemente, non ci riesco. È molto più
allenata a far altro, perciò dovrei cercare qualsiasi pretesto
per andarmene da qui, o quanto meno stare zitta.
"Mi
piacerebbe sapere di che cosa parla e perché l'hai scelta."
butto lì, allora, dando ascolto a una specie di istinto suicida
che penso si sviluppi automaticamente quando uno ha subito sufficienti
batoste per essersi assuefatto al dolore e volersene solamente
procurare dell'altro.
"Vuoi
sapere troppe cose." osserva lui, gentilmente, mostrando un paio
d'occhi provati quanto i miei. "È tardi; dovremmo fare le
valigie."
"Per favore." mi ritrovo a implorare. "Ho avuto una giornata orribile."
Sayid
mi guarda inizialmente con l'intenzione di darmi pacco, ma poi qualcosa
lo fa desistere e, alla fine, miracolosamente, sorride: "Anche io."
"Quindi ci stai?"
"Sai un posto dove nessuno ci possa disturbare?"
*
"È davvero assurda." è il mio commento alla fine della sua spiegazione.
"Lo so."
"Non pensavo potesse avere tutti questi significati, è incredibile."
"È
una delle mie canzoni preferite." afferma Sayid, mettendosi più
comodo sulla roccia. "Ma di solito non la porto alle esibizioni,
perché è davvero una perla."
"Ah,
sì?" faccio, curiosa come non lo sono mai stata, nemmeno quando
si studiavano a scuola i grandi poeti. Che io, per l'appunto, snobbavo
alla grande.
"Sì. Si deve tenere custodita per non sprecarne la bellezza."
"Quindi perché l'hai cantata oggi?"
Sayid guarda in basso, un po' imbarazzato: "Credo tu possa immaginare il perché."
"Mi
dispiace." arriccio le labbra, intuendo che Nelli deve avergli dato il
colpo di grazia. "Sai, lei... è innamorata di Mattia Zingaretti.
Tipo, da sempre."
Sayid mi fissa con una faccia tiratissima: "Ma davvero?"
Ok, mi rendo conto che forse non aveva bisogno di questa rivelazione.
"Scusa."
alzo le mani. "È che sembra così strano, tipo..." mi
viene da ridere, mentre spero di strappare un sorriso anche a lui.
"Sono anni che si rincorrono ed è così ovvio che debbano
stare insieme, solo che qualsiasi cosa continua a mettersi in mezzo a
loro due, come se in realtà non fosse ovvio per niente, o
semplicemente al mondo piacesse prenderli in giro. Ah, io e te
compresi, ovviamente."
"Perché pure tu?" mi chiede, sorpreso.
"Bah,
ho limonato con Mattia, tipo... secoli fa, e la cosa ha fatto uscire di
testa Marinella." sminuisco con un gesto della mano.
Sayid rotea gli occhi: "Ma che cos'ha di così speciale quel Mattia?"
"Niente,
suppongo." alzo le spalle. "Come tutto il resto del mondo. Sono le
persone che vedono qualcosa di speciale nelle persone, perché ne
hanno bisogno."
E
l'ho capito perché nessuno hai mai visto nulla di speciale in
me, nessuno ha mai avuto bisogno di me. Ma il bisogno che Marinella ha
di Mattia, o Pierpaolo di Federica, è chiaro come la luce del
sole. Sono persone che non brillano per chissà quali
qualità, persone che fanno errori madornali e si rovinano la
vita a vicenda, eppure... eppure eccoli lì. Secondo un legame
illogico che loro hanno creato, che loro hanno voluto e che
rimarrà finché entrambi vedranno quel qualcosa di
speciale nell'altro. Finché ne avranno bisogno.
Sayid
realizza con un suono gutturale e se ne rimane in silenzio
perché se la mia teoria è giusta, allora, noi due siamo i
veri e indiscutibili perdenti... ed effettivamente, è uno schifo.
Noi
abbiamo un sacco di difetti. Ma li hanno anche Marinella e Pierpaolo.
Anche Mattia e Federica. Li ha chiunque, a tonnellate. Solo che noi non
siamo stati scelti.
Contemporaneamente
a tutte queste riflessioni che fanno di me una donna e non più
un'idiota, mi arriva un messaggio su Whatsapp. È di Lionel.
Come stai?
Lo ignoro, alzando lo sguardo su Sayid: "Anche a me oggi è andata molto male."
"Lo avevo immaginato dalla faccia."
"Davvero?" mi tocco le guance sorpresa che se ne sia accorto, ma anche inorridita da come debba essere il mio aspetto.
"Tranquilla, ho visto di peggio." si indica in un moto di autoironia. "Di te non si potrebbe mai dire nulla."
"Grazie."
arrossisco, pensando invece che questi capelli avranno bisogno come
minimo di cinque maschere ricostituenti consecutive.
"Invece
Pierpaolo non lo conosco da molto tempo, ma seguendo quello che
è successo stamattina, ho capito è uno stronzo." lo dice
con una linearità e semplicità tali che mi metto a ridere.
"Gli ci è voluto un allucinogeno naturale per trovare le palle di lasciarmi!"
"Non sa che cosa si è perso."
"Esatto!"
esclamo, illuminandomi e distendendo le braccia con soddisfazione.
"Cioè, grazie, è quello che dico anche io, e non
perché mi voglio vantare, ma perché ècosìstupido!"
Sayid annuisce tristemente.
"Non
ha nemmeno voluto provare a salvare la nostra coppia! Mi ha mollato
prima ancora di sapere chi sono davvero e come posso rendere bene in
una relazione, se mi ci impegno, perché io so che mi posso
impegnare, io mi voglio impegnare! Non l'ho mai fatto nella vita, sono
sempre stata una cretina, ma adesso io sono cambiata."
"Mi sento esattamente come te."
"E allora perché nessuno ci capisce?"
"Perché..."
Sayid guarda mestamente il nostro riflesso nell'acqua, ma poi sorride.
"Perché è come hai detto tu. Dobbiamo ancora trovare la
persona giusta per noi. Quella che abbia bisogno di un cantante
medio-orientale un po' maniaco del controllo e quella che abbia bisogno
di una ragazza immagine apparentemente superficiale, che però
vuole solamente riscattare il suo passato." sospira. "Pensavo che Nelli
fosse quella giusta... lo penso ancora, in realtà."
"Forse devi solo essere smentito."
"O
forse avrei potuto conquistarla davvero, ma ho sbagliato tutto. Ho
molti... come si dice? Quando ti senti in colpa e vorresti aver agito
diversamente."
"Rimpianti."
"Ecco, sì."
"Non
dirlo a me. Tanto per cominciare, avrei dovuto usare molti meno
nomignoli per chiamare le persone. Mi ha sempre fatto sembrare una
scema totale."
Sayid ridacchia: "Io adoro i nomignoli."
"Anche
io!" ammetto allora, lasciandomi andare a quell'insensata allegrezza
post-giornataccia che sembra davvero indispensabile per sopravvivere.
Sayid
e io ridiamo un po', così, anche solo per il gusto di farlo, e
poi mi viene in mente che lui potrebbe essere la persona di cui io ho
bisogno adesso. Insomma, ormai è chiaro che il mio mondo ha
preso sfumature diverse, che non cerco più le persone di una
volta, ma persone speciali, che mi facciano sentire speciale.
E
io lo voglio; lo voglio perché devo avere una conferma, devo
sapere che posso essere migliore e che posso trovare di meglio. Non per
forza in amore; basterebbe anche solo un'amicizia. Un amico che voglia
stare con me non perché sono bella e facile, e prima o poi ci
finirò a letto, ma perché sono io.
Voglio vivere le mie emozioni. Non più mascherarle, non più reprimerle.
Voglio poter cantare un hallelujah, e raccontarci dentro una storia.
"Tutto a posto, Silvia?"
Avvicino
il viso a quello di Sayid e osservo i suoi lineamenti rotondi,
amichevoli. Il tipo di ragazzo che non avrei mai avvicinato, semmai che
si sarebbe avvicinato a me per sperare in una notte fortunata.
Ma comunque un bel ragazzo.
Che ispira fiducia, che ha delle intenzioni buone. Che ha delle belle storie da raccontare.
Inclino la testa per potermi avvicinare alle sue labbra e mi sporgo, così da unirle in un bacio.
"Scusa."
Sayid mi ha allontanato e contemporaneamente ha indietreggiato pure lui.
Ora mi sta guardando con fare smarrito: "Mi dispiace, Silvia, io..."
"Oh, no, ehm... scusami tu." mi ritiro, riportando le mie ciocche dietro l'orecchio.
"È
che..." Sayid si alza in piedi, dispiaciuto. "Beh, la situazione
è complicata, io... sono appena uscito da una relazione
importante. Ti chiedo scusa se ho lasciato intendere qualcosa di
sbagliato. Davvero, scusa, ma non posso."
Guardo Sayid con un sorriso commosso che affiora alle mie labbra: "Non c'è problema, Sayid. Davvero."
Lui
si gratta la nuca, interdetto e imbarazzato: "Io... mi sa che è
meglio se vado a preparare le valigie, ora. È stato bello
parlare, spero potremmo farlo di nuovo. Buonanotte."
Desolato e oltremodo a disagio, se ne va quasi a gambe levate, per sparire all'interno della villa appena giunge all'entrata.
Io
me ne rimango immobile qui sulla mia roccia di fiducia e, mentre la
notte cala su villa Magna, sulla mia faccia è finalmente
spuntato un sorriso felice.
L'unica cosa che posso dire in questo momento èhallelujah.
***
ANGOLO AUTRICE
Finalmente, cara Succhia Trepalle XD
Quasi quasi ora mi sento in colpa a chiamarla così, voi no?
Avevo voglia, da un po' di tempo ormai, di far sentire la voce di un
personaggio così odiato e stereotipato come Silvia. Se mi
conoscete, lo sapete: io sono per il riscatto dei cattivi. Mi piace
molto quando un personaggio negativo si mostra nelle sue sfaccettature
e debolezze, oppure cambia, perché sì. E' la natura umana
ed è bella nel suo essere varia e interpretabile.
MA questa OS non parla solo di Silvia; ci sono anche 2 nostri cari
amici che si palesano in varie forme. Abbiamo il nostro libanese
preferito (bugia) che sta proprio male male. Io capisco che voi lo
detestate e che gli avete messo una taglia sulla testa, ma non vi fa
tanta pena?? Io Sayid l'ho sempre un po' amato, perché in fondo
non è cattivo. Qui si vede quanto effettivamente ci sia rimasto
male per Nelli e dunque quanto effettivamente, nonostante le malefatte,
ci tenesse a lei.
Poi, il pezzo forte della OS; Lionel. Quando vi ho messo lo spoiler di
inizio OS, quando Silvia viene importunata perché ha preso il
posto di qualcun altro, quasi nessuno di voi ha preso in considerazione
che l'altro straniero avrebbe potuto essere Lion. Ma vi ricordo che
Lionel, appunto, ha dei trascorsi con Silvia e che la stessa ha
ammesso, nel capitolo del paintball, di ritenerlo uno dei ragazzi
più carini con cui sia mai stata. Peccato che sia una cacchetta,
a volte.
Tuttavia, come vi annunciavo ieri, ho voluto lasciare un po' di mistero
attorno a tutta la situazione e ai personaggi. Come avete letto, Lionel
è moooolto superficiale, ma... è solo superficiale, o
potrebbe avere una profondità sotto quel guscio di latin lover
dalla mano lesta?
E Silvia ha avuto un motivo per provare a baciare Sayid o è solo
enormemente incoerente con tutto ciò che vi ha raccontato nella
OS?
Perché, alla fine, Silvia si concede quell'hallelujah?
Quale dei tre personaggi vi è piaciuto di più in questa OS e quale di meno?
Questa OS mi ha fatto
letteralmente impazzire. Ero partita con certe idee, poi ho avuto
un'ispirazione, poi un'altra ancora, è cambiata mille volte,
anche in corso d'opera. Ho scritto la OS 6 in un giorno e non di
più, mentre questa è rimasta in corso di scrittura per
almeno due settimane, con situazioni di stallo e indecisioni non da
poco. Mi sono sbloccata solo l'altro giorno; quando ponendo i miei
dubbi a mia sorella (si chiama _Heyale
sia su EFP che su Wattpad e scrive storie molto gay e sì, sto
facendo pubblicità occulta) lei mi ha illuminato. Quindi la
ringrazio tanto tanto tanto, come sempre, e spero che, in fede,
apprezzerete anche voi il fatto che tanto di "Io e te" è anche
merito suo.
Io vi saluto e vi aspetto con il
capitolo 20 di "Io e te 3". Qui nella raccolta, ci vedremo con l'ottava
e ultima OS, dopo il prossimo capitolo! Alla prossima,
Daffy
Ah, non dimenticate di
ascoltarvi la scontatissima colonna sonora della OS. Ho scelto una
delle tante versioni, sono tutte belle, ma vi consiglio vivamente di
andarvi a cercare su Google i vari significati che la canzone ha. E'
davvero interessante e perfetta per Sayid, solo che purtroppo io ho
trovato l'articolo solo in inglese (link: ). La canzone, comunque, mi
è stata suggerita da Chatkamon Pim su Facebook, un giorno in cui
cercavo che cosa avrebbe potuto cantare Sayid per questa occasione. Ho
ricevuto un sacco di suggerimenti, che ora mi hanno fatto creare un
playlist depressa per i momenti migliori della mia vita XD Ma
l'Hallelujah era effettivamente il top e mi ha permesso di ricamarci
sopra tutto questo popo' di roba. Quindi grazie infinite del
suggerimento e della vostra sempre presente partecipazione ai miei
deliri <3
Attenzione:
questa os fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla
storia "Io e te è semplicemente complicato" (più
conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui:https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1o quihttps://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo
In
particolare, questa è l'ottava, nonché ultima della serie
di os e si colloca,
temporalmente, durante la notte tra il 25 e il 26 aprile, dopo il
giorno del matrimonio tra Gloria e Magno e prima della partenza per
Venezia di Lorenzo, la mattina successiva.
Vi suggerisco di leggere l'ultimo capitolo pubblicato, ovvero "Non gli
ho mai detto che lo amo", per evitare qualsiasi spoiler. Inoltre, nel
caso qualche dettaglio della storia vi sfuggisse, scrivetemi pure
direttamente per chiedere; non vorrei che vi perdeste qualche
passaggio, ora che tutti i nodi stanno per venire al pettine.
Questa
OS è l'ultima - piangiamo insieme.
Buona lettura!
.
Cara amica
.
.
Vedi caro amico cosa si deve inventare
Per poter riderci sopra
Per continuare a sperare
E se quest'anno poi passasse in un istante
Vedi amico mio come diventa importante
Che in questo istante ci sia anch'io
- Lucio Dalla,L'anno che verrà
.
.
.
"Grazie della comprensione, ragazzi. Sul serio."
Mattia
fa un passo verso di me e ammetto che scorre qualche secondo di totale
imbarazzo, prima che decidiamo di optare per una neutra pacca sulla
spalla, da bravi uomini.
Non è di quelle finte, però, eh, è una di quelle con sentimento incluso, se sapete di cosa parlo.
Sì,
quelle dove non ci si stringe, ma si indugia un po', magari dandone non
una di pacca, ma due, tre... giusto per perdere tempo, per comunicare
che...ok, amico, ti capisco. Tranquillo. Mi spiace che te ne vai e che sia andato tutto così di merda. Tranquillo.
Dopo
il nostro breve, ma significativo saluto - forse il primo da quando
conosco Zingaretti - lui passa a congedarsi con Federica ed è
tutta un'altra storia.
Inizialmente
l'abbraccia solo con il braccio sinistro, ma poi lascia andare la
valigia e la avvolge con entrambe, chiudendo gli occhi con fare stanco
e inspirando a fondo. Lei, incredibilmente, lo lascia fare. Ma suppongo
che sia perché conosce Mattia e lo ritiene una bella persona,
degna di far parte del suo circolo.
Insomma, lui non è mica un Marco Ravasi qualsiasi.
"Mi
dispiace così tanto, Mattia..." pigola. "Sei sicuro che non vuoi
che le parli o che provi a farla ragionare o che le dica che-"
"No."
la ferma lui, gentilmente, ma con fermezza. "Per ora, non serve dire
nulla, davvero. Avete già fatto anche troppo. Grazie infinite."
Mattia riserva uno sguardo grato anche per me e io ricambio con un
pollicione insù.
"D'accordo..." annuisce lei, ritirandosi e unendo le mani in grembo con fare rassegnato. "Non sarà facile."
"Lo
so." annuisce, gettandosi di nuovo la valigia sulle spalle. "Comunque,
Fede... per quello che vale, dispiace anche a me per ciò che
è successo tra te e Pier. Se avessi potuto fare di più
della quantità di insulti che gli ho riservato, l'avrei fatto."
Questa
è chiaramente l'ultima cosa che lei voleva che lui dicesse qui
di fronte a me. Ma comunque l'ha detta - bravo Zinga - e io non so
fingere che non mi interessi. Federica, invece, bugiarda come pochi,
tenta di nascondere il rossore delle guance con il capelli e si chiude
nella spalle, come se in realtà non le importasse.
Nel
frattempo, il cancello di villa Magna si è aperto con uno
scricchiolio; parecchio inquietante a quest'ora della notte e con il
minaccioso buio che si annuncia alle spalle di Mattia.
"Grazie di nuovo, ragazzi." conclude il nostro amico, con un sorriso.
Io
e Federica alziamo una mano per salutarlo, troppo rattristati dalla
situazione per poter dire qualcosa di più, e lui ci risponde con
il saluto militare; indice e medio alle tempie. Poi, se ne va. Fra meno
di cinque minuti, me lo sento, uscirà anche dal nostro gruppo
Whatsapp e sparirà come se non fosse mai nemmeno venuto qui.
Non è assolutamente così che speravamo che andasse.
Ma nessuno di noi, purtroppo, è riuscito a fare di meglio.
Ora
ci saranno una serie di sensi di colpa che mi attanaglieranno lo
stomaco: Marco, non ti sei impegnato abbastanza, Marco, sei stato
troppo concentrato su te stesso, Marco, ne hai combinate troppe,
perdendo di vista il bene dei tuoi amici, Marco, avresti potuto
giocartela meglio e far sì che Mattia e Marinella se ne
uscissero da quel portone insieme!
Lanciando una rapida occhiata a Federica, noto che lei sta pensando esattamente lo stesso.
Tuttavia,
c'è una convinzione di cui sono sicurissimo e che va interamente
a nostra discolpa. Così, per alleggerire il mio malessere e,
idealmente, anche il suo, decido di dirla ad alta voce.
"Dai, Marinella è stata una cretina."
Federica
si volta di scatto verso di me con gli occhi allargati e tutta l'aria
da spirito vendicativo degli anime giapponesi che, oh mio Dio, sono
certo che avrò degli incubi bruttissimi stanotte.
"Non offenderla così!"
Naturalmente.
La
migliore amica si difende sempre a spada tratta, specialmente se
è Marco Ravasi ad attaccarla. E sì, anche quando è
palesemente una cretina e Marco Ravasi ha palesemente ragione.
"Devi
ammettere che ha sbagliato. Ha sbagliato eeeeenormemente." rimarco,
infatti, con un gesto ampio delle mani che vorrebbe emulare abbondanza.
Anche se si tratta di Nelli e pure io le voglio bene, non posso negare
la realtà in virtù della nostra amicizia.
"Quell'idiota
ha sbagliato pure!" ribatte Federica, indicando il cancello che si sta
chiudendo. "Guardalo: se ne sta andando! Si è arreso!"
"L'avrebbe fatto chiunque." incrocio le braccia.
Federica fa lo stesso: incrocia le braccia come me e si esibisce in un'espressione di sfida come la mia.
"Eh, certo. Vuoi uomini ragionate tutti uguale."
"Che cosa insinui?"
Federica
se ne sta per un po' sull'orlo dell'intraprendenza, allettata
dall'opportunità di rinfacciarmi non si sa che cosa, che nella
sua mente rappresenta un segno del male firmato Marco Ravasi, progenie
di satana, ma che in realtà, è sicuramente un nonnulla.
Infine,
decide semplicemente che non ne ha voglia, o che non ne vale la pena.
Si spegne la sua scintilla e si distendono tutti i suoi muscoli:
"Niente. Meglio se torniamo dentro."
Mi sorpassa con la stessa impalpabilità di un fantasma e si fa strada verso la villa.
Ormai privo di sonno e carico di adrenalina - perché sì, sono come un bambino, mi eccito facilmente - la seguo.
"Dove vai?"
"A dormire. Sono le due."
"Aspetta, sul serio hai sonno?"
"Marco, ho passato l'intera giornata di oggi in piedi su un paio di tacchi. Sì, ho sonno."
"Non
mi dirai che sei stata così tanto in piedi, al matrimonio. La
funzione era da seduti, il pranzo idem; l'unico che ha sgobbato per ore
ai fornelli sono io. Eppure, eccomi qua."
Mi
fermo perché lei si giri a guardarmi. E quando accade, mi indico
compiaciuto: "Fresco fresco, anche alle due del mattino, e voglioso di
godermi l'ultima notte nella villa dove non sarei voluto venire, ma
dove sono stato obbligato a venire, da te e da Mattia, per ingannare la
nostra migliore amica Marinella."
"Miamigliore amica."
"Nostra."
Lei alza un sopracciglio, irritata: "Sniffi roba buona, non c'è che dire."
Finalmente
un po' di spirito: rido alla provocazione e ripenso che, in effetti,
non mi sono lasciato convincere troppo facilmente da quei due. Mattia
ha avuto l'idea, Fede è stata la sua prima sostenitrice, mentre,
Lorenzo e io, invece, eravamo i più titubanti. Alla fine,
però, ho compreso a fondo la necessità di Zingaretti di
agire concretamente e ho apprezzato che avesse voluto mettersi in
gioco, tentare il tutto per tutto. A me non piace chi rimane in un
limbo a tergiversare, come ha fatto Nelli per cinque anni e come stava
tranquillamente continuando a fare, mentre si piangeva addosso e
causava da sola le sue stesse sofferenze. Quindi, ho abbandonato la sua
curva e sono passato a quella di Mattia.
Peccato per lo sfacelo in cui è risultato, ma dettagli.
Osservo
Federica, che ancora non si è struccata e ancora non ha sciolto
la pettinatura per il matrimonio. Porta una treccia molto complessa ai
lati della testa, con tanto di perline e fiorellini bianchi. Ma il
resto dei capelli sono sciolti e l'umidità ha fatto perdere loro
quella forma rigida e liscia che la faceva sembrare di plastica: ora
è molto più selvaggia, più vissuta, più
spettinata.
È
strano che proprio lei, tra tutte le persone, abbia appoggiato per
prima questa follia zingarettiana. Da una così, finta moralista
e conservatrice fino al midollo, totalmente avversa al rischio e alla
spontaneità, non me lo sarei mai aspettato.
Di
fatto, su tutto il resto dello scibile umano, lei rimane di quella
sostanza, ma con Nelli è... è tutto diverso. Ancor
più che con Lorenzo, l'altro del trio meraviglia, nei confronti
di Nelli, Federica perde totalmente l'impalcatura da ragazza testarda e
tutta d'un pezzo. Per lei lascerebbe andare ogni costruzione, ogni
limite auto imposto che la rendono una così grande palla al
piede. Penso che Marinella Argenti sia l'unica persona al mondo capace
di levarle quel benedetto palo dal...
Ehm, contegno, Ravasi, contegno.
"Così
da una rapida analisi, direi che ora come ora, anche tu faresti buon
uso di qualche stupefacente." suggerisco, quindi, alla qui presente.
E lei, chiaramente, si offende: "Che cosa insinui?"
"Che
mi sembri un po' alla deriva." rispondo, schiettamente, continuando a
guardare i suoi capelli eleganti abbinati all'abbigliamento casual e
alla faccia trasognata. "Mi sbaglio?"
A
questo punto, è indecisa se lanciarsi su di me con
aggressività oppure no, ma alla fine sospira: "Che cos'è
che vuoi da me?"
"Io
niente. È stato Mattia a chiamarci urgentemente qui fuori, a
quest'ora. Se ho perso il sonno, è colpa sua e se si è
lasciato sfuggire che è successo qualcosa fra te e il
Pierpaolone d'Italia suscitando la mia curiosità, è colpa
sua."
Lei
rotea gli occhi: "Andiamo. Fino a qualche ora fa te ne strafregavi di
me e Scilla. E soprattutto di me." sottolinea, indicandosi.
Io
mi chiudo nelle spalle, spensierato: "Qualche ora fa la mia vita era
una merda. E non me ne strafregavo; semplicemente, non ti tolleravo
perché avevi concorso a rendere la mia vita una merda."
"E sarebbe cambiato qualcosa, ora?"
Io
vado come al solito per la sincerità, per cui le sorrido
rispondendo: "Mi dispiace che tu possa stare male, tutto qui."
Fede
schiocca la lingua, non del tutto convinta delle mie parole, ma
sicuramente lusingata da esse. Sarà anche una brutta persona, ma
questo non mi impedisce di preoccuparmi per il suo dolore.
"Anche
a me dispiace per Rachele." ammette, dopo un po' di silenzio, forse
perché lo pensa davvero, o forse solo per sviare l'attenzione da
lei... non lo so, ma propendo per la seconda.
"Sì,
me l'avevi detto." le concedo. "Anzi, oggi avremmo dovuto parlare,
ricordi? Me l'avevi scritto per messaggio ieri sera. Hai detto che
avremmo discusso del piano di Mattia, ormai miseramente fallito, e che
poi avremmo chiarito riguardo le nostre recenti diatribe."
"Oh,
ah..." ovviamente se l'è ricordato solo ora. "È vero. Mi
spiace, ho avuto un sacco di altre cose per la testa... sai, il
matrimonio, ma soprattutto Nelli e Mattia e poi..." allarga le braccia
lasciando a me l'onore di concludere mentalmente.
"Non importa." le sorrido, in realtà prendendomela un po'.
Avrei
gradito che lei fosse venuta appositamente da me per risolvere i nostri
conflitti. Non è per niente nelle sue corde, ma proprio per
questo mi avrebbe fatto piacere.
Invece, Federica Di Mario è sempre Federica Di Mario. Purtroppo.
"Comunque,
ecco..." tossicchia, arrossendo per chissà quale motivo. "Sono
davvero molto pentita per il mio comportamento. Indipendentemente da
quello che penso, non avrei dovuto interferire con la gestione dei tuoi
problemi familiari. Spero che questo basti."
Le
sue scuse imbarazzate e raffazzonate così non sono proprio il
massimo, però so che non posso aspettarmi di meglio, quindi le
accetto: "Sì, tranquilla."
"Ok." sorride, un po' forzatamente, continuando ad evitare il contatto con il mio sguardo e sembrando davvero molto psicopatica.
Non
so perché l'argomento la agiti così tanto. Non c'è
nessun segreto sul fatto che Rachele ha preso così male la
questione anche per colpa sua e dei suoi modi tutt'altro che d'aiuto.
Se
non avesse assunto il ruolo non richiesto di opinionista, nonché
giudice di corte suprema della salvaguardia dei bambini con genitori
separati, avrei parlato a Rachele normalmente, senza instillare
ulteriori dubbi nella sua mente incorrotta da innocente pargoletta di
otto anni.
Invece,
Federica ha dovuto fare la sceneggiata elevandosi a colei che ne sa di
più, pur non sapendo un cazzo, e le cose sono andate come sono
andate, e Rachele si è impanicata inutilmente, subendo la
notizia in maniera più traumatica di come l'avrei resa io.
Certo... forse l'unico aspetto positivo della faccenda è che almeno è successo.
Odio
chi rimane in un limbo a tergiversare, e io mi stavo comportando
esattamente così. Se non si fosse messa in mezzo Federica, avrei
mai avuto il coraggio di affrontare mia figlia?
"Comunque
ci tenevo a scusarmi pure io." ammetto, prendendo la dignità a
due mani. "Non sono stato bravo a gestire il problema come invece avrei
dovuto e me la sono presa con te perché te l'eri presa con me. A
dire la verità, comunque, fino ad oggi ero del parere che me ne
sarei un po' sbattuto le palle della mia parte di colpe, però
sei stata fortunata."
Federica finge curiosità: "Davvero? Come mai?"
"Perché
se per caso non eri presente all'evento del secolo, la mia Rachelina
regina della luce e delle tenebre, mi ha perdonato!" non posso
trattenere la felicità che modifica la mia voce. Anche se
c'è gente che dorme nei dintorni, sto urlando come una donnella
e credo anche di aver fatto un balletto non del tutto virile.
"Sì, ero presente." dice solamente. "Sono molto contenta per voi."
"È
stato assurdo!" espiro, con soddisfazione, lasciando perdere tutto il
rancore per com'è andata, in favore del sollievo per come si
è conclusa. "Non so che sia successo, ma di punto in bianco mi
ha chiesto di ballare e durante il ballo mi ha detto che mi vuole bene
e che nonostante tutto, io sono il suo papà. Capisci, Fede?"
inondato di gioia, la prendo per le spalle e la avvicino a me. "Io -
sono il suo papà."
Federica
è davvero alle strette e pensa sicuramente che sia un pazzo,
però sorride: "Non pensavo che avessi dei dubbi a riguardo."
"Biologicamente
no, ma sentimentalmente, quando succedono queste cose, fidati, è
la prima certezza che perdi." e non so nemmeno perché lo sto
spiegando a lei, che è lontana da questi concetti come Urano dal
Sole, però chissene, sono troppo felice.
Federica
l'ho perdonata sul serio, perché sono uno che a rimanere
arrabbiato non ce la fa e perché, comunque, ora ho Rachele al
mio fianco. Non ha senso restare ancorati a delle stronzate; ognuno di
noi ha i propri problemi... i miei si sono risolti, e ora mi va solo di
festeggiare.
"Allora meglio così, Marco. Tutto è bene quel che finisce bene."
"Sì."
sorrido, indugiando per un po' nei suoi occhi grigi.
"Ringrazierò Cris per aver ricondotto la mia bambina verso il
sentiero dell'amore."
"Ok,
Shakespeare, basta così." mi placa lei, dando fine a questa
vicinanza fisica e riappropriandosi dei suoi preziosissimi spazi. "Un
hurrà per Cris e per l'amore ritrovato." aggiunge, in
realtà, con una sorta di risentimento nella voce.
"Non vorrai mica tornare dentro!" mi stranisco, mentre la osservo darmi le spalle e riconquistare il cammino verso la villa.
Lei neanche si volta e continua a calpestare l'erba, prestando attenzione a non rovinare i fiori: "Perché non dovrei?"
"Perché mi devi raccontare di Pierpaolo!" sbotto con ovvietà.
Ma lei è rimasta dell'opinione originale: non ne ha la minima voglia.
"Io non devo proprio niente nei tuoi confronti, Marco, cerca di mettertelo in testa." ribatte, infatti.
Continua
la sua ritirata ed è quasi giunta alle scalinate, quando mi
stufo di vedere il suo secco lato b allontanarsi da me. Perciò
in un paio di falcate la raggiungo e la supero, frenando di fronte a
lei ed interrompendo bruscamente la sua fuga.
"Ma che bisogna fare per avere un po' di calore umano da te, eh?"
Lei
aggrotta le sopracciglia, terribilmente contrariata dalle mie gesta:
"Niente. Io non contengo calore, mi spiace. Sono un involucro vuoto e
freddo."
Caspita.
"Santo cielo, Di Mario."
Alza le spalle, provocatoria: "Sono anche le vostre parole, Ravasi, non solo le mie."
Ci
rifletto, mentre tento di occluderle la strada: "Sì, beh,
è vero, in fondo lo penso, però vedo che riservi
dell'umanità a qualcuno, ogni tanto."
"Tipo chi? Pierpaolo?" rilancia, sarcastica.
"Beh,
i fatti parlano." la assecondo. "Ma non intendevo solo quello; Lorenzo
e Marinella ti vogliono così bene e tu ne vuoi a loro. Serve
forse un braccialetto dell'amicizia come lascia-passare per la tua
anima?"
"Oddio, ma perché sei così fissato con questo braccialetto dell'amicizia?"
"Perché
sono invidioso!" rispondo, sinceramente e senza giri di parole.
"Perché vedo Lorenzo e Nelli che ce l'hanno e, molto banalmente,
vorrei averlo anch'io. Da piccoli non siamo mai andati d'accordo e ora
comunque ora non è che ci amiamo, però, cavoli, con gli
altri c'è almeno dell'amicizia, perché io non posso
averla? Perché mi detesti così tanto? Ci sono un sacco di
merde lì fuori, perché ce l'hai proprio con me?"
La
mia domanda, talmente elementare e bambinesca, addirittura un po'
vittimista, se devo dirla tutta, la lascia per un attimo interdetta.
Ora la sua attenzione non è più su come tornarsene in
camera, ma su quale risposta dare in un'occasione che non richiede
finta moralità, ma moralità vera.
Alla fine, crede di salvarsi con un: "Beh, potrei farti la stessa domanda."
Ma non ha speranze di darmi filo da torcere.
"Perché
sei antipatica, frigida, bacchettona, acida, saccente e possessiva. Non
sai divertiti, attacchi chiunque, non riesci a dire la verità e
talvolta mostri livelli tali di ipocrisia che mi tremano le ginocchia.
Senza contare che mi hai sempre preso di punta, accentuando questi
orribili difetti in particolare nei miei confronti, e questo mi
disturba. Ecco qui la risposta." concludo, in tranquillità. "Il
tuo turno, ora."
E come volevasi dimostrare, le ho fatto spalancare la bocca.
Marco Ravasi - storia di un eroe.
Federica
è punta sul vivo e chiaramente sconcertata di fronte a tale
onestà. Non si aspettava affatto che avrei detto certe cose,
perché lei non le avrebbe mai dette, perché lei è
educata e perbenista. Avrebbe potuto ribattere qualcosa di
ineccepibile, che l'avrebbe fatta passare per la superiore di turno, ma
ora di fronte ai fatti non può. Quindi per non essere da meno,
cerca di ricambiare con la stessa limpidezza, nel tentativo di avere lo
stesso effetto disarmante su di me. Ma ovviamente non le riesce, dato
che non ci è affatto abituata.
"Ti detesto perché sei amico di Nelli." ostenta infatti, incrociando le braccia.
"Tutto qui? Gelosia nuda e cruda dalla quarta elementare?"
"Certo."
"E com'è che a Lorenzo questo trattamento non lo riservi?"
"Perché...
beh..." ci pensa e saprebbe cosa dire, ma ha paura di dirlo, ma alla
fine mi guarda e le do ai nervi e quindi finalmente lo dice:
"Perché tu sei più bravo di me in tutto, più
risoluto e più pragmatico. Non ti importa di cosa pensa la
gente, sei sempre coerente e onesto con te stesso. Tu sei semplicemente
sicuro di te e dei tuoi stessi difetti. Ti invidio così tanto
che mi dai fastidio."
"Oh, finalmente!"
"E sei anche simpatico!" aggiunge, così a gratis, rodendo per l'ammissione e facendomi ridere.
"Quindi..." riassumo. "Invidia e gelosia."
"Esatto."
"Sei una bellissima persona, complimenti."
"Vaffanculo!"
Federica è sconvolta da tutto questo aprirsi ed essere sinceri,
quindi torna subito a chiudersi nella sua corazza di acidità e
sguscia al mio fianco per recuperare terreno verso la villa.
"Eddai, Frufru!" la inseguo, troppo divertito.
"Non mi chiamare così!"
"Scusa."
"Sei proprio un cretino!"
"Scusa..." rido, affiancandola di nuovo.
"Si
può sapere perché non mi vuoi mollare?" si lamenta,
agitando le mani verso di me come se stesse scacciando una mosca. "Se
è un braccialetto che vuoi, te ne cucirò uno, contento?"
Nah,
io non sono contento finché non ottengo quello che voglio. E
quello che voglio è che lei si comporti con me come si comporta
con Marinella e Lorenzo. Perché quella Federica è molto
più tollerabile e perché non mi è ancora ritornato
il sonno.
Così
mi appiccico a lei e allargo le braccia, chiudendola poi al loro
interno: "È stata una giornataccia per te, ti chiedo scusa."
"Che cosa fai, mi abbracci?" si divincola impanicata.
"Esatto, piccolo Polaretto senz'anima. Ti abbraccio."
"Guarda
che io non sono tua figlia!" protesta annaspando per il troppo
contatto, troppo inaspettato, troppo spontaneo, qui, ora, oddio, aiuto!
"Vattene! Queste tecniche non funzionano con me!"
"Non sono tecniche, sono il mio modo di fare."
"Beh, non sono il mio!" sclera del tutto, spingendosi lontano dall'abbraccio.
La
guardo, contrito, sinceramente dispiaciuto per lei e per la sua
avversione congenita all'affetto. Che brutta vita deve fare; poverina.
"E allora come preferiresti relazionarti con me?"
"Non
relazionandomi!" sbotta, sconvolta e con i ciuffi che le spuntano a
random dalle trecce. "Mio Dio, Marco, lasciami andare a dormire."
"Non
credo tu riesca a recuperare il sonno, ormai." butto lì, alzando
le spalle. "Tanto vale che ce ne restiamo qui fuori. Se non ti va un
abbraccio, almeno ti va una passeggiata?"
"No." risponde, allucinata.
"Coraggio,
siamo entrambi scossi dagli avvenimenti di oggi, dal matrimonio e non
meno importante da questa chiacchierata strappalacrime con Zingaretti.
Lo vuoi o no un po' di calore per riempire quel vuoto cosmico dentro di
te?" sta per sputarmi contro un ennesimo no, ma la mia faccia da
papà orso in qualche modo la blocca. "L'offerta non dura per
sempre, e sappi che se rifiuti, potresti pentirtene."
Allarga
le braccia, apre la bocca, prende fiato e guarda il cielo. Scuote la
testa, cambia direzione dello sguardo, è incredula e indecisa e
alla fine, ritorna a fissare me.
"...ok. Ok." esala, rassegnata alla sua stessa disfatta. "Facciamoci questa passeggiata."
"Grande idea, Di Mario!" esulto, con il pollicione in su.
Lei mi fissa con astio e incredulità. Penso che mi manderà a quel paese, invece dice solo: "Andiamo nel bosco."
E si parte all'avventura!
*
...in un bosco completamente buio nel cuore della notte. È così da Federica Di Mario.
Da
piccolo adoravo le scampagnate. In genere, adoravo tutti i tipi di
iniziative che avevano a che fare con il movimento e l'adrenalina. A
partire dall'adorato calcio, poi il basket, canoa, atletica, ho provato
un sacco di sport. Ero un cultore del mio fisico - e si vede ancora
oggi, perché diciamocelo, sono splendido. Quando andavo al mare,
mi trovavano sempre in acqua a nuotare o fare vela. Quando andavo in
ritiro spirituale in montagna, mi facevo di quelle scarpinate che
Rehinold Messner poteva solo salutarmi dal basso.
Poi, con il lavoro e con Racky ho smesso di fare molte attività.
Il
fisico conturbante è rimasto, ma in tutto ciò avevo
dimenticato che c'era una sola cosa che avrebbe potuto fermare la mia
innata spavalderia: il buio.
Io ho paura del buio.
Io non mi allenavo mai oltre le dieci di sera.
"Non puoi veramente avere paura del buio a venticinque anni." sospira Federica.
"Non vuoi intraprendere questa discussione." le ricordo candido.
"Ok, no, ma è solo un bosco. Ci sono stata mille volte, quando il sole doveva ancora sorgere."
"Potrebbero
esserci delle bestie che non vediamo. O potremmo fare la fine di Scilla
perché mangiamo cose che non vediamo."
"Santo cielo, Marco." Federica sospira e si ferma per guardarsi intorno. "Dai, sediamoci qui."
Si
fa dare il mio telefono e accende la torcia, poi fa lo stesso con il
suo e li posa vicini, sull'erba. Ora è tutto più
illuminato, così mi sento molto meglio.
"Grazie,
giovane marmotta." la prendo in giro, stendendo a terra la mia felpa e
accomodandomici sopra, riservando uno spaziettino anche per le sue
natiche secche.
"La
finisci di darmi nomignoli da mentecatta?" ringhia lei. "Non sono la
tua Rachelina, principessina degli unicorni magici dell'universo degli
arcobaleni, oltre le nuove di zucchero e un po' più in
là. Ok?"
La fisso, allargando gli occhi: "Hai un potenziale enorme."
Federica geme e si siede accanto a me, adeguandosi forzatamente allo stare appiccicati per non finire sull'erba.
"Di'
la verità; cento volte meglio una notte nel bosco con il tuo
non-amico che una da sola a piangere sul cuscino perché
Pierpaolo è una merda."
Federica assottiglia gli occhi: "Non avrei pianto per lui."
"Ah no? Nemmeno quello fai? Che brava." riconosco, con esagerata ammirazione.
"Non l'avrei fatto perché non lo merita, non perché non ne sono capace."
"Avrei dei dubbi." ridacchio, beccandomi una gomitata tra le costole.
Dopo
questa battuta decido di non dire più nulla; lascio che il
silenzio regni da padrone. Se è così che doveva andare,
mi va anche bene, dopotutto. Federica non è una che si apre,
teme di doverlo fare come io temo di dover rimanere al buio.
Le
paure non si comandano, o almeno non così facilmente, quindi
ritengo già l'essere stati onesti a vicenda un passo avanti. Mi
ero sempre chiesto perché lei mi trattasse così male, non
ero riuscito a spiegarmelo e quindi avevo cominciato pure io ad avere
scatti d'ira senza motivo nei suoi confronti.
Ma io non sono così, affatto.
Certo,
ho dei difetti, come il voler stare al centro dell'attenzione e, per
questo, sembrare un po' il galletto della situazione. Il che mi porta
ad essere a volte molto prevedibile e... va be', anche un po' patetico
perché si nota e... beh, ok, se devo dirla tutta, sono anche un
gran permaloso, perché odio se qualcuno, effettivamente, lo
nota. Ma tra questi contro del mio carattere non c'è quello di
fare lo stronzoadcazzumsolo perché ho delle turbe personali.
L'unica
persona che abbia mai trattato di merda per questo motivo è
Marinella. Ma me ne sono accorto subito, appena m'è passata la
fase da adolescente invincibile, e ho fatto di tutto per farle avere le
mie scuse. Io sono una persona onesta. Permalosa, ma onesta. E non mi
piace litigare.
Quella
fatta stronza, invece, è la signorina qui alla mia destra, ma
eviterò di farglielo di nuovo presente. Il successo è
avere capito quali erano i suoi motivi personali per cui mi trattava
male. E ora che ho scoperto che in realtà è solo invidia,
sono molto soddisfatto.
Uno, perché non ho più ragione di essere anche io scontrosoadcazzume
due, perché amo quando la gente mi invidia. La mia autostima va
nutrita qualche volta, specialmente in questi ultimi tempi.
E in fondo, quelli di Federica erano complimenti... sono lusingato.
"Quello
che non riesco a mandare giù è il rifiuto." se ne esce
lei a un certo punto, sorprendendomi. "E non perché io viva in
un mondo fantastico dove ricevo solo sì. Il rifiuto di Pierpaolo
non aveva semplicemente senso."
Mi volto, inclinando la testa in basso per guardarla, e la lascio continuare.
Mentalmente
invece sto replicando il balletto non virile di prima: il Polaretto
senz'anima si sta spontaneamente aprendo! Evviva!
"Se
mi avesse detto che non mi vuole perché sono troppo magra o
troppo antipatica, io... ok, bello schifo, però ok. Me ne sarei
fatta una ragione prima o poi. Invece lui ha detto esattamente il
contrario; ha detto che sono il suo tipo, che gli piaccio, sia fuori
che dentro, ha detto che sono..." ride, scuotendo la testa di fronte
alle sue prossime, insensate parole. "La persona giusta per lui. Riesci
a credere che un ragazzo trovi la donna della sua vita e nel momento in
cui può averla per sempre, la scarichi come un barile?"
Io alzo le sopracciglia, schioccando la lingua: "Ha dei problemi."
"Penso
di sì!" esclama lei, sbuffando frustrata. "Ed è per
questo che ci sono rimasta così male. È ancora peggio dei
classici rifiuti; questo è il rifiuto dei rifiuti, il re della
discarica."
Mi
viene da ridere per le sue similitudini e quindi guardo a terra, grato
che abbia voluto condividere questa disavventura: "Se vuoi piangere,
puoi farlo."
"No che non voglio!" ripete di nuovo, offesa. "Oggi l'avrei fatto molto volentieri, ma poi..."
Si ferma e io la incito con lo sguardo.
"Beh,
poi ho trovato delle distrazioni." conclude, arrossendo leggermente. "E
così mi sono data una calmata e adesso sono solo incazzata, ma
non triste. Non piangerò per uno così, mai. L'unica
persona che si sia meritata le mie lacrime, in tutta la mia vita,
è Marinella."
E chissà perché, me lo aspettavo.
Annuisco,
a mia volta con una leggera invidia. Saper scindere le situazioni per
cui vale davvero la pena sbattersi da quelle per cui non vale affatto
è un'abilità rara. C'è chi confonde persone
importanti con persone stupide, chi affonda se stesso, per far restare
a galla qualcuno che non lo merita, chi si lascia piegare da eventi per
cui si ritiene responsabile, quando in realtà la colpa risiede
da tutt'altra parte. Se non altro, il Polaretto qui ha una grande
lucidità e un ottimo auto controllo, non c'è che dire.
"Tu perché fai quella faccia?" mi domanda allora, brusca come solo una tal donzella ottocentesca riesce ad essere.
"Perché a me invece queste cose fanno venire una vogliaassurdadi
piangere." rispondo, rivelando senza troppa vergogna la mia debolezza.
"Sono stato rifiutato anch'io, non troppo tempo fa, e ogni volta che mi
fermo a pensare a Giorgia e all'enorme bidonata che mi ha dato..."
Allargo le mani, già in difficoltà.
"Oh, andiamo." lei rotea gli occhi. "Non vuoi davvero intraprendere questa discussione."
"No,
non vorrei. Ma è molto difficile." annuisco sentendo il classico
pizzicore agli occhi e la gola annodarsi e... sono sensibile.
Ok,moooltosensibile.
"Ora finiamo per litigare, lo sento." dichiara Federica.
"Perché?"
"Perché
sai già come la penso su di lei e su quello che ha fatto." mi
indica, alludendo a tutta la questione 'hai una famiglia, tieniti i
tuoi capricci per te'. Federica è molto vecchio stampo, ha
ideali conservatori e una chiusura mentale degna di nota.
Per
questo non ha mai capito la mia comprensione nei confronti di Gio. Non
ha nemmeno mai sostenuto le mie mosse per cercare di mantenere il
concetto di famiglia, quando ormai Giorgia, Rachele e io non siamo
più una classica famiglia. Federica non ha mai nemmeno cercato
di aiutarmi a venir fuori da questo casino, perché secondo lei
abbiamo sbagliato troppo, come genitori, chi in un modo e chi
nell'altro.
Secondo
lei, Gio ha sbagliato a voltarmi le spalle per inseguire il suo "vero"
amore (prima o poi capirà che non è quella cozza
vivente), io invece ho sbagliato a lasciarla fare, invece di impormi
comepaterfamiliasper il bene della mia bambina e bla, bla, bla.
In tutto questo, mai una volta mi ha chiesto come mi sentissi a riguardo.
"Sì, so cosa pensi." concludo, intuendo che se proseguissi veramente su questa strada, finiremmo davvero per litigare.
"Bene." sottoscrive, incrociando le braccia.
Ma
ora io sono troppo intrippato nella malinconia per inventarmi qualche
nuovo argomento di interesse. Me ne rimango a fissare il terriccio,
mentre nella testa mi partono i filmini di famiglia. Sapete, tipo le
vecchie registrazioni, con una qualità e un audio scarsissimi,
che però fanno un sacco pietra miliare.
Ecco,
io i ricordi me li rivivo così. Con una data simbolica in angolo
a sinistra e la filigrana che ogni tanto disturba la visuale. Con Racky
che corre intorno al tavolo al suo sesto compleanno; Gio che la insegue
e infine la afferra e se la spupazza. Io mi fermo, ipoteticamente sto
reggendo la telecamera, e faccio uno zoom sui loro volti sorridenti.
Hanno due occhi stupendi.
Per
quanto io sia un figo da paura, Rachele e Giorgia mi battono. Hanno
delle iridi così blu che nemmeno la scarsa qualità del
mio video immaginario riesce a smorzarle.
Sono ipnotiche e limpide, pulite. Mi sposto con la telecamera su Giorgia... è così bella.
Impazzisco
per quei capelli dorati e drittissimi che assecondano ogni suo
movimento, riversandosi ogni tanto davanti al viso, luminosi. E le
labbra rosa, perfette, scolpite da uno scultore. Quella labbra che mi
mancano e che, anche se hanno lasciato uscire delle cattiverie
tremende, vorrei poter chiudere di nuovo in un bacio.
Ah, se è dura, ragazzi.
È davvero così dura.
"Marco, no, per favore..." si lamenta Federica, appena si accorge che ho iniziato a frignare senza ritegno.
Lo fa con un tono che, se non sapeste il contesto, pensereste che tipo sto per premere un bottone con scritto 'fine del mondo'.
Ma io sono troppo triste e me ne frego, continuando beatamente a piangere: "È che mi mancano troppo..."
"Non
eri felice per Rachele?" mi domanda lei, mettendosi in ginocchio, come
se potesse arrestare il mio sfogo con qualche gesto repentino. "Non mi
hai detto che sei il suo papà e che è la reginetta
più tenera del mondo, o una cosa simile?"
"Sì,
ma non è la stessa cosa di prima e non lo sarà mai!" mi
lascio scappare, mentre penso che finora è stata dura ripetere a
mia figlia il contrario. Ho dovuto farlo per il suo bene, ma chi
è che ci crede? Io no di sicuro.
"Coraggio,
dai, non fare così..." biascica lei, posando una mano sulla mia
spalla, decisamente a disagio. Le andrebbe bene di tutto, ma non dover
gestire da sola un tizio in lacrime, di notte, in mezzo un bosco.
Ah-ha. Quello proprio no. Non da Di Mario, assolutamente.
"Mi
spiace per te." piagnucolo, egoisticamente, mettendo in secondo piano
le sue turbe e in primo le mie. "Ma quando Rachele non c'è, ogni
tanto ho bisogno di sfogarmi. Giorgia è una stronza, vero?"
"Sì, hai ragione."
"Ma la capisco! Però è una stronza."
Federica
picchietta la mia spalla, cercando goffamente di dare un taglio alla
questione: "Puoi anche dire che non la capisci... io non capirei mai
ciò che ha fatto."
"Invece
è normale!" sbotto, accorato. "È normale che a volte si
smetta di amare qualcuno; non è che un figlio congeli i
sentimenti e... forse è successo anche a me, forse non ci siamo
mai amati o forse sì, io... non lo so, non so queste cose,
Federica. So solo che mi manca."
Mi
porto le mani al viso, sentendo che il mio pianto si intensifica e
maledicendo quella ragazza dagli occhi blu che fin dal primo istante mi
ha fatto cadere nella sua rete. Chissà se mi ha mai voluto
veramente, o se Rachele è stato l'unico motivo che mi ha tenuto
legato a lei per tutto questo tempo.
D'altra
parte, che avrebbe mai potuto fare? L'ho messa incinta a sedici anni;
non poteva mica mandarmi al diavolo e decidere in tutta
tranquillità che avrebbe allevato una bambina da sola! Io mi
sono mostrato fin da subito volenteroso di affrontare quell'avventura
insieme, e lei ha accolto a braccia aperte il mio aiuto.
Dal
canto mio, non sono mai stato sicuro di ciò che provassi per
lei. Andiamo, nemmeno la conoscevo quando è rimasta incinta!
Però ci ho provato e mi sono affezionato così tanto che
ora vivere senza di lei mi sconcerta. Che si trattasse solo di
abitudine e non d'amore, questo non lo so. Davvero, non lo so.
So
che comunque lei mi piace, è bella ed è una brava mamma.
So anche che non posso condannarla per aver deciso di fare altre
esperienze e vivere una vita diversa. Dopotutto, siamo giovani e
abbiamo bisogno di fare tonnellate di sbagli.
Adesso
mi ritrovo a non essere arrabbiato né con lei né con me
stesso. Però ci sono giorni in cui ripenso a com'è andata
e vorrei che avesse provato a resistere di più. Sarebbe facile
cedere alle accuse di Federica e prendersela perché, dopotutto,
c'era di mezzo una cosa enorme, che abbiamo costruito a partire da uno
sbaglio, essendo poco più che bambini, ma cavandocela
egregiamente.
Avevamo
fatto un capolavoro... questo mi fa male. Mi fa male che, nonostante
tutto, lei l'abbia rinnegato. Mi fa male che lei non abbia avuto la
stessa devozione che ho avuto io.
Di
fronte a Rachele, tutto questo passa. Per lei, mamma sarà sempre
mamma e io mi impegnerò affinché resti così. Non
importa quello che fa male a me; mi posso sempre ritagliare un spazio
personale per piangere il dolore e dare a Rachele il resto delle cose
belle che ci sono state e che continueranno ad esserci nella nostra
famiglia.
Poi,
in occasioni come questa, quando avrò tenuto duro per troppo
tempo e quando il dispiacere del rifiuto diventerà
insopportabile, troverò qualcuno a cui scassare le palle e
strappare un abbraccio consolatorio nella speranza di sentirmi presto
meglio.
Infatti ho abbracciato Federica, di nuovo, sicuramente contro il suo volere.
Ma stavolta, almeno, non decide di scappare.
Rimane
un po' irrigidita all'inizio, ma poi si rilassa e ricambia il contatto
con un sospiro arrendevole: "Mi dispiace, Marco." dice solamente. "Mi
dispiace che tu stia così."
Ed è... già qualcosa, credo.
Almeno
prima o poi anche lei si renderà conto che non mi comporto in un
certo modo perché non rispetto la mia famiglia o perché
non sono un degno padre. Lo faccio perché sono i miei umili modi
di cercare di tenere insieme tre persone senza troppi drammi e
sofferenze.
Lo faccio perché non saprei come fare altrimenti, ma comunque avrei preferito di gran lunga che Giorgia non mi lasciasse.
Altrimenti non starei piangendo come un infante, tra le braccia di una che repelle le emozioni.
Federica
si stacca da me, rovista nella tasca dei suoi jeans ed estrae un
fazzoletto ben piegato e stirato, che mi offre in una tacita
implorazione di ricompormi.
"Di stoffa, Frufru?" biascico, inorridito nel prendere l'oggetto tra le mani. "Sei davvero così antica."
"Zitto e asciugati quelle lacrime, ché non ti si può vedere in questo stato."
"Avrei
fatto meglio a piangere sulla spalla di un cactus..." mormoro, mentre
imbratto il suo bel fazzolettino ottocentesco con le mie scorie.
Quando
glielo rendo, lei rifiuta e mi incita a tenerlo per sempre, così
mi sforzo di ridere di lei e della sua anaffettività. Potrei
rimanere ad autocommiserarmi per ore, in realtà, ma è
meglio se mi ripiglio.
"Vedi,
posso essere un amichetto modello." le faccio notare, quando finalmente
sono riuscito a calmarmi del tutto e tornare normale. "Voglio
condividere i miei problemi, piangere sulla tua spalla e sono pure un
bravissimo orso abbracciatutti."
"Ora capisco perché è Nelli quella tra le due che ti voleva nel gruppo di amici, da piccoli."
"Ha!" mi porto una mano al cuore, offeso. "Nelli ha molto più gusto di te."
"Nelli
è amica di tutti, io sono selettiva." si vanta, forse per
aiutarmi davvero a trovare una distrazione, o forse perché ne
è veramente convinta. "Mi scelgo le persone con criterio."
Ed è vero, ecco perché poi riesce a gestire la delusione molto meglio di me.
Anche
se, comunque, per quanto si sforzi di essere una macchina, è
rovinosamente umana, proprio come me, e proprio come me, non sempre
riesce asceglierechi far entrare nella sua vita.
Così
ridacchio, decidendo che è meglio alzarsi e tornare indietro,
onde evitare che mi scappino considerazioni che potrebbero offenderla
seriamente. Raccolgo la felpa da terra e mentre ci avviamo verso casa,
mi limito solo a dire: "Beh, belle scelte che hai fatto fino ad adesso,
Di Mario."
E
lei capisce che mi riferisco a Pierpaolo, così si se la prende
per tutto il ritorno e non spiccica più una sola parola.
Era ovvio... ma comunque è vero che Pierpaolo è stato una merda.
La prossima volta ne sceglierà uno meglio... si spera.
*
BREAK ARTISTICO
Grazie
Angelica per questo disegno strappalacrime. E' lo stesso usato nel
banner del titolo, solo in versione completa: un collage della famiglia
che ora non c'è più, ma che Marco vuole a tutti costi
mantenere.
...riuscite a capire perché, ora? :'(
*
"Grazie per la tua calda e affettuosa compagnia." mi sincero di riferirle, una volta entrati nel salotto della villa.
Lei, ovviamente, mi guarda attraverso due fessure arrabbiate: "Ti ricordo che mi ci hai costretto, e io ti avevo avvertito."
"Lo so." alzo le spalle, buttandomici sopra la felpa e sorridendo. "Mi piacciono le sfide."
Federica
rotea gli occhi, poi si dirige verso le scale, ma si ferma, notando che
io non faccio lo stesso: "Tu non vai a dormire?"
"Mmm... no." rispondo.
"Perché? Non mi dirai che hai ancora poco sonno, saranno almeno le tre e mezzo!"
"Sì,
sono stanco, ma..." con una mano dietro al collo, lancio un'occhiata
verso la cucina. "Mi sa che mi farò un tè e mi
metterò a scrivere una lettera."
"Una lettera? Per chi?" mi chiede, disorientata.
Per Gio, ovviamente.
"Oh,
non credo ti interesserebbe." sminuisco con un gesto della mano. "Di
solito quando ho qualcosa da dire a qualcuno, lo faccio scrivendo
lettere che in realtà non consegnerò mai. Ti stupiresti
se sapessi quante ne ho scritte per Rachele, quando ancora non aveva la
minima intenzione di perdonarmi."
Federica
mi sorprende con un sorriso intenerito e uno sguardo incredibilmente
comprensivo, come se in realtà sapesse esattamente di che cosa
sto parlando: "Sei davvero un romanticone, Ravasi."
"Invidiosa, eh?" la provoco, con un gesto da strafigo, fiero del suo charme.
Lei si chiude nelle spalle: "A volte... Buonanotte."
"'Notte."
le faccio, scuotendo la testa con fare divertito. Anche se non è
un granché come supporto morale e ha vedute completamente
diverse dalle mie, mi dispiace che mi stia lasciando da solo.
Mi
dirigo verso la cucina pensando che magari, un giorno, potrei scrivere
una lettera anche per lei. Le direi che potrebbe migliorare il suo
carattere e che penso, un po' come tutti, che dovrebbe davvero,davvero,
finire a letto con qualcuno. Non perché ogni essere umano lo
necessiti, ma perché a lei in particolare farebbe davvero bene.
Se si sciogliesse un po', sarebbe anche quasi simpatica.
"Ehi, Marco!"
Non
sono nemmeno giunto alla porta della cucina che mi sento richiamare.
Così torno indietro e la vedo in cima alle scale, affacciata in
giù, in attesa di me.
"Che c'è?"
Lei
mi guarda per un po', come fosse indecisa, poi alza la manica della sua
maglietta e strappa il filo colorato che porta al polso. Lo sfila,
dunque, e lo lascia cadere dall'alto, in modo che finisca sulla mano
che ho allungato per prenderlo.
Fisso quel braccialetto sul mio palmo, inizialmente confuso, poi sorpreso e infine soddisfatto.
Guardo insù: "Sai che hai un polso troppo secco perché possa andare bene a me?"
"Lo so." fa, di rimando. "Ma tienilo. Intreccerò il resto quando avrò deciso che anche tu puoi essere mio amico."
Se ne va, con un sorrisetto un po' da smorfiosa, dandomi le spalle e non aggiungendo nient'altro.
Mmm... quandoleiavrà deciso, eh?
Chiudo il braccialetto tra le dita e me la rido da solo. Mi piacciono troppo le sfide... specialmente quando le vinco.
***
ANGOLO AUTRICE
E anche questa piccola parentesi, miei cari, si chiude.
Non posso quantificare il mio dolore in questo momento, perché
anche se si tratta di una pubblicazione parallela, di storie brevi e
non per forza consequenziali, beh... io mi ci sono affezionata. Nel
breve periodo che è intercorso dalla OS 1 a oggi, ho visto
nascere, crescere e concludersi questa piccolissima raccolta e... ne
vado fiera. Molto fiera. Poi, non meno importante, tutto ciò mi
sembra il preludio allo sfacelo che accadrà di qui a poco,
quando anche Io e te 3 sarà terminato. Oh, cielo.
Prima di parlare nello specifico di questa os, ci tenevo a lasciare
proprio due paroline in onore della raccolta: come sapete, l'avevo
iniziata contando di inserirci 10 os, invece è finita oggi con 8
e credo di aver detto, in questo spazio, tutto quello che mi premeva
farvi sapere dei personaggi di Io e te. Certo, ho cambiato qualcosa in
corso d'opera, ho tolto idee e aggiunto idee, talvolta anche
all'ultimo. Vi ho fatto sentire voci mai sentite e altre che invece vi
avevano già raccontato qualcosa. Avrei voluto avere il tempo per
proporvi anche qualcosina in più, come uno sguardo su
Shymée e uno sui cari Cleopatra e Amerigo, ma, purtroppo, per il
momento, non riesco a prendere quest'impegno. Ciò non toglie che
un domani io possa sempre aggiungere una o due os, oppure che qualcuno
di voi possa provare a farlo al mio posto.
E' un argomento di cui abbiamo recentemente discusso nel gruppo
Telegram: sappiate che potete sentirvi liberi di scrivere qualsiasi
cosa su Io e te, anche una poesia, un racconto alternativo o un
approfondimento fantasy su qualcuno/qualcosa che vi è piaciuto
in particolare. Non preoccupatevi di stile, genere, o bravura: sono
parametri che non contano quando la motivazione che vi spinge a
scrivere è autentica e pura passione. Inoltre, lo prenderei come
un incredibile dono e, certo, potrebbe anche essere un testo che
rientra bene nella raccolta (una long, ad esempio, non potrei
inserirla, ma mi piacerebbe comunque!).
Detto questo, spero di avervi lasciato qualcosa di bello. Bello nel
senso che vi rimarrà nella memoria e un domani, a caso, vi
verrà voglia di venire a rileggere una di queste otto perle.
Sarà ovviamente un giorno in cui non siete in voi XD Comunque,
ecco, questo è quello che voleva essere la raccolta: una
dimensione in più per personaggi che nella trama principale non
possono prendersi tutto questo spazio, un momento di leggerezza (o
meglio, otto momenti) e, perché no? anche un prolungamento
stesso della nostra storia. Finora "Io e te" ha avuto circa sui 21/22
capitoli totali, "Io e te 3", che sarà sempre su quel tiro,
vanta in realtà un'aggiunta di ben 8 parti. Non male come
volume, eh?
Vi lascio a malincuore senza ulteriori piagnistei. Quelli sono in riserva da sette anni per il gran finale.
Leggete piuttosto, queste domandine sulla os, e scrivetemi come sempre
i vostri bellissimi commenti/pareri. A me è piaciuto tanto
scriverla e, anche se mi sono resa conto di averlo detto anche delle 7
os precedenti, è sicuramente la mia preferita. Ahaha, coerenza
Daffy, coerenza XD
1) Vi aspettavate che avrei riservato l'ultimo spazio di questa raccolta a un narratore come Marco?
2) Che cosa pensate abbia detto Mattia a Marco e Federica, nel cuore della notte, prima di partire?
3) Come giudicate l'unione in amicizia di questi due caratterini piuttosto diversi?
4) Se foste stati in Federica,
avreste detto a Marco che il merito della riappacificazione con la
figlia è vostro? Perché secondo voi lei non l'ha detto?
Lo farà, o rimarrà un segreto che la seguirà nella
tomba?
5) Se foste stati Marco,
avreste avuto così tanto rispetto nei confronti di Giorgia?
Pensate che il suo sforzo di mantenere l'equilibrio familiare
funzionerà per sempre?
6) Vi piacerebbe, idealmente,
ipoteticamente, follemente, leggere una breve storia sul proseguimento
di queste due singolari e disagiate vite?
7) DOMANDA OBBLIGATORIA (scherzo): Qual è, delle 8 os di questa raccolta, la vostra preferita?????
Ragazzi, il tempo è giunto. Io vi saluto, e vi aspetto tra una settimana con il nuovo capitolo di "Io e te 3"