Nyctophobia

di by_cecylia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Lily ***
Capitolo 2: *** 2- Spencer ***
Capitolo 3: *** 3- Lily ***
Capitolo 4: *** 4- Spencer ***
Capitolo 5: *** 5- Lily ***
Capitolo 6: *** 6- Spencer ***
Capitolo 7: *** 7- Lily ***
Capitolo 8: *** 8- Spencer ***



Capitolo 1
*** 1- Lily ***


"Coniglietta o diavoletta?" chiede Martha, sollevando due grucce per mostrarmi i suoi vestiti. Squadro gli outfit, sollevando un sopracciglio "Non sono per nulla spaventosi, M..." lei alza gli occhi al cielo e ride "Terra chiama Lily! Ci sei? Oggigiorno non sono più di moda i costumi spaventosi, devi essere anche ad Halloween! Volevo appunto dirti due paroline riguardo quella tonaca che hai addosso..." mi guardo allo specchio, osservando il mio costume da vampiro "Che ha che non va?" "Che ha che non va?! Scherzi?! Non acchiapperai nessuno in disco stasera se ti conci così! Vieni qui dalla buona vecchia Martha, ci penso io a sistemarti... dalle stalle alle stelle!" esclama con un gridolino, prima di trascinarmi in bagno dove sconvolge totalmente il mio look. Le occhiaie da vampiro sono sparite, gli occhi truccati di nero e argento, mentre il sangue finto che mi colava dalla bocca ha lasciato posto ad un rossetto rosso scuro.  “Sei di-vi-na!" Martha mi abbraccia e, senza lasciarmi tempo di replicare, mi spinge fuori dalla porta di casa sua, agguanta le chiavi dell'auto e in men che non si dica siamo davanti allo Space Club.  Da fuori si sente già rimbombare la musica e fasci di luce colorata all'ingresso illuminano tutti gli edifici circostanti. Più mi avvicino all'ingresso, più mi passa la voglia. Ugh. Entro comunque, seguendo Martha a ruota. Lei non si perde nemmeno una serata allo Space, perciò conosce questo posto come le sue tasche. Mi afferra per un polso e mi conduce fino ad una porta con affisso un grande striscione "Halloween party"  Originale. Davvero.  Dentro la musica è a volume altissimo, la sala è piccola e affollata, piena di gente vestita di nero. Tutti visi familiari coperti di trucco, sangue, ferite finte. Martha mi urla in un orecchio che andrà a cercare Mark, la sua cotta più recente (o forse dovrei dire vittima), e che ci rivedremo all'una all'entrata dello Space per tornare a casa. Mi avvicino ad alcune ragazze che conosco, non ho davvero voglia di rimanere sola per ore. "Lily! Ciao! Come stai? Dio non ci vediamo da un sacco! Ma dimmi, come sta tuo fratello? L'ho visto al parcheggio davanti scuola l'altro giorno, scusa se posso sembrarti un po' fuori luogo, ma diventerà un gran figo! Dai racconta, che hai fatto ultimamente?" Violet, una mia vecchia amica, inizia, come suo solito, a sparare domande a mitraglietta, senza darmi nemmeno il tempo di aprir bocca per rispondere, perciò mi limito a sorridere.  Dietro di lei c'è anche Michelle. Non esce mai senza il suo telefono, oramai è più come una protesi del suo braccio. Mi fa un cenno con la testa e torna a smanettare sul cellulare con fare assorto. Violet alza gli occhi al cielo "Non far caso a Michi, non ha alzato gli occhi da quel coso per tutta la sera... se non la smette glielo butto in un cesso!" dice, alzando la voce in modo che Michelle possa sentirla. Per tutta risposta Michi scrolla le spalle, senza curarsi minimamente di quello che ha detto Violet. La musica non è particolarmente di mio gradimento, ma ballare con le mie amiche mi ha sempre divertito tanto che, ridendo e scherzando, è quasi ora di andare. Scuoto la spalla di Violet e mi accosto al suo orecchio "Devo andare... hai visto Martha?" Scuote la testa e mi urla "Buona fortuna... sarà dura trovarla! Io cercherei fuori dal locale, sai com'è fatta la nostra M!" ride, facendomi l'occhiolino. La abbraccio frettolosamente e saluto Michelle facendole un cenno con la mano, che non sembra nemmeno cogliere. Mi avvio verso l'uscita, spintonando la gente che, a quanto pare, non ha alcuna intenzione di lasciarmi passare. Davanti alla porta tiro fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloncini e seleziono il numero di Marta, tra i preferiti. Accosto il cellulare all'orecchio, ma squilla a vuoto e scatta la segreteria:  Ciao! Sono Martha, purtroppo ora non posso risponderti, sono fuori a vivere! Lascia un messaggio dopo il bip okay? Biiiip ahahahah! Riprovo ancora e ancora e ancora. Al quarto tentativo chiudo la chiamata, frustrata "Dove sei finita, M?"  Improvvisamente una mano mi afferra la spalla. Mi giro di scatto esclamando "Alla buon'ora, Martha! Si può sapere dove diamine eri? Ti ho chiamata un centinaio di volt..." ma la voce mi muore in gola, non appena realizzo che la mano non appartiene alla mia amica.  "Vuoi ballare, Caelie?" Davanti a me si trova un ragazzotto alto e ben piazzato, dai capelli corti biondo cenere e un naso piuttosto pronunciato.  Non l'ho mai visto in vita mia, mi inquieta.  Ho davvero una brutta sensazione. "I-in realtà io dovrei... dovrei andare a casa, sai è tardi..." farfuglio, cercando di svignarmela.  Lui fa un sorriso sghembo "Dai una sola canzone, hai ancora tempo prima dell'una."  Ah! Vorrei tanto sapere chi è lui per dirmi che fare! Resto zitta mentre il ragazzo mi trascina in pista, dove inizia ballarmi addosso, tenendo sempre stretti i miei polsi. Poggia la sua testa sul mio collo e sentirmi il suo fiato caldo e le sue mani addosso è davvero la goccia che fa traboccare il vaso.  Non vedo l'ora di andarmene. Martha aiutami, dove sei?  "Devo davvero andare ora..." dico, infastidita, strattonando i polsi cercando di liberarmi dalla sua presa "Davvero? Che peccato... spero potremmo rivederci presto..." sussurra nel mio orecchio, avvicinandosi e cercando di baciarmi.  Oddio no, che schifo. Mi volto dall'altra parte e me ne vado senza rivolgergli nemmeno uno sguardo.  "Molto presto, Caelie..." lo sento urlare alle mie spalle.  Un lungo brivido freddo mi attraversa la schiena, facendomi tremare. Che ragazzino strano. Provo a chiamare Martha di nuovo, senza alcun risultato. Me ne vado a piedi, percorrendo da sola quei pochi isolati che mi separano da casa mia. La strada è illuminata soltanto da qualche lampione, si gela e io mi stringo il più possibile nel cappottino nero.  Continuo a ripensare a quel ragazzo: sapeva il mio nome, eppure non ricordo di averglielo detto... anzi, sono sicura di non averglielo detto. E quelle parole... "Molto presto, Caelie" Rabbrividisco. Per quei pochi, ultimi metri un terrore innaturale mi penetra fin dentro le ossa. Mi sento osservata, ma sto cercando di convincermi che è solo la mia immaginazione.  Finalmente arrivo a casa, apro la porta e trovo mia madre ancora sul divano, mentre guarda uno di quegli scadenti reality shows dove gente dalle terribili abilità di recitazione crea drammi da telenovela spagnola. "Ehi, mami, sono a casa..." Lei si alza dal divano, voltandosi verso di me, e mi sorride "Amore... ciao. Avevo chiuso gli occhi per qualche minuto ma devo essermi addormentata..." farfuglia, con la voce ancora impastata dal sonno. Si passa una mano tra i capelli "Com'era la festa? Ti sei divertita? Hai trovato uno straccio di ragazzo stavolta oppure hai deciso di rimanere zitella a vita?"  "Mammaaa smettila!"  "Hai diciotto anni! Sarà pure ora eh!" Mia mamma mi fa sempre morire dal ridere ma a volte con questa storia esagera, insomma, non è colpa mia se non trovo un ragazzo, no? "Io vado a mettermi il pigiama... 'notte ma" "Buonanotte Lily" Vado in bagno per struccarmi, ma torno subito indietro quando sento che suonano alla porta.  Sento anche mia mamma che borbotta dal salotto "Ma chi diamine suonerebbe all'una e mezza di notte? Non esistono più le buone maniere, che roba!" Arrivo in salotto, solo per la curiosità di vedere chi sia.  Nessuno. Alla porta non c'è nessuno, solo una grande busta gialla. Mi avvicino per vedere meglio e sento tutto il colore defluire dal mio viso. Mi correggo: una grande busta gialla con il mio nome sopra. Mia mamma aggrotta le sopracciglia e me la porge. Afferro la busta con le mani tremanti e mi siedo sul divano. La strappo malamente, presa dalla smania di capire cosa ci sia dentro. Quello che ne tirò fuori mi fa quasi salire conati di vomito: sono mie foto. A scuola, per strada, questa sera alla festa e anche davanti casa mia, pochi minuti fa.  I conati diventano insopportabili e corro in bagno, mentre mia mamma va a svegliare mio padre.

 

Sono tornata!

Vi sono mancata?

"No". 

Ah ok.

Comunque, dopo una lunga assenza una musa chiamata TELEVISIONE è tornata per ispirare la mia nuova fan fiction, questa volta su Criminal Minds! 

Sono abbastanza felice di questo libro anche perché l'ho già finito e posterò regolarmente due capitoli al giorno. Naturalmente il capitolo sarà rivisto e cercherò di eliminare gli errori pre-pubblicazione. Scrivetemi qui sotto cosa ne pensate. Se vi piace lasciare pure una stellina che non mi offendo, se vi fa cagare non esitate a farmelo sapere.

Ily🤟🏻

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Capitolo 2
*** 2- Spencer ***


Oggi è Sabato 7 Novembre, sono le dieci, trentadue minuti e ventisette secondi e sono seduto dietro alla mia scrivania. Riordino dei fogli dentro le rispettive cartelle, mentre Morgan mi parla di qualcosa che non ascolto davvero, ma sembra divertente da come ride. Non colgo sempre a pieno le sue battute, ma accenno un sorriso. Vedo JJ attraversare la sala con una ragazza bionda poco più alta di lei. Bella, oggettivamente. Entrano nell'ufficio di JJ e, esattamente tre minuti e quarantacinque secondi dopo, Hotch varca la stessa soglia. Anche Morgan li ha notati e mi guarda "Caso?" "Probabile." rispondo, poco prima che i nostri due colleghi aprano la porta dell'ufficio, facendoci segno di entrare. La ragazza è china sulla cattedra, con una mano sulla fronte e una busta gialla in mano. JJ è seduta di fronte a lei e le carezza delicatamente la mano, cercando di consolarla. Derek fissa la situazione per una frazione di secondo per poi rivolgersi ad Hotch "Che sta succedendo?" "Abbiamo un nuovo caso. Tutti in sala riunioni, presto." dice risoluto. Esce velocemente dalla stanza senza aggiungere altro e Morgan lo segue a ruota. Io mi soffermo ancora un attimo sulla ragazza, della quale non riesco più a scorgere il viso, ma quando incrocio lo sguardo di JJ intuisco che la situazione è più seria di quanto pensassi e mi affretto a raggiungere gli altri in sala riunioni. Circa un quarto d'ora dopo, Rossi, JJ e Garcia si uniscono a noi, mostrandoci foto di due cadaveri di ragazze morte. Un'unica pugnalata al petto, capelli malamente tagliati. Garcia inizia ad esporre il caso, chiudendo gli occhi pur di non vedere quelle sue povere ragazze. "Queste sono Theresa Mills e Katherine Anderson, due ragazze trovate morte dopo essere andata dalla polizia a sporgere denuncia per stalking. Entrambe le vittime ricevevano quotidianamente loro foto in buste gialle, recapitate a mano dall'S.I. direttamente a casa loro. Sulle missive compariva il nomignolo delle ragazze e le foto, consegnate sempre di sera, ritraevano le vittime durante tutto l'arco della loro giornata. Oggi siamo qui perché la polizia locale ci ha contattato, avendo ricevuto denunce di stalking con lo stesso modus operandi". JJ è accigliata "Dobbiamo soltanto evitare che si ripeta. Salvare l'ultima ragazza". "Fermiamo questo figlio di puttana" sussurra Morgan. Hotch si avvicina alle immagini proiettate e indica il taglio di capelli "Ha tagliato lui i capelli?" Garcia annuisce "Entrambe portavano i capelli lunghi". Decido di intervenire "Questo S.I. è decisamente preferenziale, basta guardare le vittime: bionde, magre, carine, tutte giovanissime, non più di vent'anni direi. Deve ricordargli una qualche donna del suo passato". Hotch fa un cenno d'assenso con la testa e guarda JJ "Che cosa può dirci di più la ragazza?" "Crede di poterci fornire un identikit di un ragazzo di cui sospetta, anche se generico". "È pur sempre un punto di partenza" afferma Morgan. Hotch si sfrega le mani "Bene allora: Garcia, ho bisogno che tu scavi nel passato della testimone, cerca amici, parenti, chiunque abbia una connessione con lei che abbia dei precedenti per stalking, stupro o molestie. Morgan, Prentiss e JJ, voi andate dal commissario della polizia locale e iniziare a lavorare sulla vittimologia, io e Rossi dal medico legale. Reid, tu vai dalla ragazza, sottoponila ad un'intervista cognitiva se necessario, cerca di scoprire quanto più possibile sull'SI". Annuisco e ritorno nell'ufficio, dove trovo la ragazza che singhiozza. Mi schiarisco la voce prima di entrare "Ehi... Io sono il dr. Spencer Reid". Alza gli occhi dalle foto e mi fissa per pochi secondi con due occhi grandi e marroni, gonfi di lacrime. Alza la mano come per salutarmi "Caelie Sheppard. Lily". Apprezzo il fatto che non abbia voluto stringermi la mano, mi avrebbe messo a disagio. Si trasmettono più batteri tramite una stretta di mano che in qualsiasi altro contatto; in pratica sarebbe più sano baciarsi. Caelie mi guarda avanzando un sopracciglio "Lei è qui per interrogarmi, vero dottore?" "In effetti, sono qui proprio per questo..." Scuote lentamente la testa "Non so quanto sarà in grado di ricavarne, il mio è solo un sospetto, ma ne sono stranamente convinta..." Mi siedo di fronte a lei, cercando di guardarla negli occhi "Potresti raccontarmi qualcosa di più? Partiamo dalle fotografie ... posso vederle?" "Tenga" sussurra sibillina, passandomi le foto. Ed è in questo momento, quando le nostre dita si sfiorano per un istante, che una scossa particolarmente forte mi attraversa la mano. Lei si ritira istintivamente, ridendo "M-mi scusi, dottore, le ho dato la scossa..." "Non ti preoccupare, non è nulla" le sorrido. Prendo le fotografie ed inizio a sfogliarle "Sembra che chi ti abbia fatto queste le abbia scattate da molto vicino... sicura di non aver notato nulla?" "Mi sento... mi sento costantemente osservata, ogni sera spero che questa cazzo di busta non arrivi mai, che finisca tutto... come se fossi in una gabbia, una gabbia in cui ho gli occhi di questo maniaco costantemente addosso. Io che pensavo di essere diventata pazza". Mi soffermo ancora un po' sulle fotografie: sono fatte davvero bene, la macchina fotografica dev'essere di ottima qualità e questi sono scatti selezionati. Alzo gli occhi e guardo Caelie: sembra così piccola... spero soltanto non le abbiano fatto vedere le immagini dei precedenti omicidi. "C'è altro, dottore?" chiede, riscuotendomi dai miei pensieri. Strabuzzo gli occhi "Ehm, sì sì scusami stavo... stavo pensando. Mi hai detto di avere un sospetto, dimmi qualcosa di più di questa persona." Abbassa istintivamente gli occhi, evitando il mio sguardo, e comincia "Era la sera di Halloween e la mia scuola aveva organizzato una festa allo Space Club, ha presente? Quello di fianco al supermercato... ecco lì. Io sono andata insieme ad alcune amiche ed è stata una serata normale, almeno fino alla fine. Eravamo delle ragazze normali che ballavano in discoteca, non ci vedevo nulla di strano. Ad un certo punto, vero l'una circa, mi stacco dal gruppo per cercare Martha, una mia amica... dovevamo tornare a casa insieme. Ma non l'ho trovata. Quando stavo per uscire si è avvicinato questo ragazzo, molto alto, con i capelli corti chiari e il nasone. La faccia non mi ispirava per nulla sicurezza quindi ho provato ad andarmene, ma mi ha tenuto per i polsi e portata a ballare. Poi... poi ha iniziato a mettermi le mani addosso, insomma non proprio addosso, ma mi dava comunque fastidio. Quindi mi sono divincolata e a quel punto mi ha lasciato i polsi. Mentre me ne andavo mi ha urlato dietro che ci saremmo rivisti presto. E quella sera stessa, più tardi, sono arrivate le foto. Foto di me in discoteca, con le amiche, in fila per il drink..." Annuisco. Tutto ciò che ha detto fa pensare al profilo dell'S.I. che stiamo cercando. Le sorrido, cercando di rassicurarla "Grazie mille Caelie-" "Lily" mi interrompe "preferisco essere chiamata Lily." "In qualunque caso, sei stata davvero brava. Non è facile ricordare esperienze traumatiche e tu sei stata molto coraggiosa. Sai in realtà soltanto il 27% delle persone rivivono questi avvenimenti senza ricavarne gravi danni psicologici... Ehm. Aspettami qui, torno subito." Si volta di scatto "Dottor. Reid aspetti, l'ultima cosa!" Mi fermo sulla soglia e lei continua "Sapeva il mio nome... ma io sono sicura di non averglielo mai detto." Annuisco ed esco. Ora non mi resta che aggiornare gli altri su quello che mi ha detto Lily.

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Capitolo 3
*** 3- Lily ***


Rimango sola nella stanza. Il dottor. Reid è particolare. Sembra davvero troppo giovane, non gli stimo più di 24 anni. Le foto sono rimaste sulla scrivania di fronte a me. Sono solo fotografie, Caelie, perché ti fanno così paura? Non possono farti nulla. Mi correggo: quelle non possono, non lui sì. Mi sento messa a nudo in questo momento, è orribile pensare che ci sia qualcuno che mi segue e sa tutto ciò che faccio. Probabilmente sa anche che sono qui, forse è qua fuori aspettando solo che io mi affacci da una finestra, o roba simile. Mi stupisce quanta gente psicopatica ci sia nel mondo. Eppure il dottor. Reid sembrava sicuro di quel che diceva... quando mi ha detto che sono coraggiosa, intendo. Vorrei esserlo veramente, ora come ora. Guardo l'orologio in maniera compulsiva: sono qui da più di un'ora e mezza ormai. Vorrei davvero sapere qualcosa. Resisto alla tentazione di uscire da questa stanzetta e cercare di carpire qualche notizia in giro, tra le varie persone che vedo nella sala sottostante. Non mi piace ficcare naso ma qui stiamo parlando della mia vita, che diamine! Mi alzo e inizio a girare in tondo per la stanza che, da quanto ho capito, è l'ufficio dell'agente Jareau, la signorina bionda e gentile con cui ho parlato prima. Una parete è adornata con fotografie dove lei è giovane e sorridente, dimostra più o meno la mia età. Ha una divisa addosso, suppongo che giocasse a calcio quando frequentava il liceo. Era, ed è tuttora, una donna davvero molto bella. Sulle altre pareti invece ci sono parecchie targhe e certificati vari: accademia, college, specializzazioni, lauree... una ragazza di successo non c'è che dire. La porta si apre alle mie spalle e io mi volto di scatto, distogliendo la mia attenzione dalle pareti. Sulla soglia c'è il dottor. Reid. "Io... io stavo guardando... è interessante sa la... laurea in criminologia..." balbetto, adocchiando il primo certificato sul muro verde. Lui accenna quello che sembrerebbe essere un sorriso "Non devi giustificarti, non stavi facendo nulla. Anzi, scusa per averti lasciata qui ad aspettare. Non ci sono stati molti progressi, devi avere pazienza, sono sicuro che presto troveremo qualcosa..." "Non si preoccupi, dottore, non c'è fretta" replico. Pochi secondi dopo realizzo ciò che ho appena detto e scoppio a ridere "Dio, mi scusi ho sparato una sciocchezza. Naturalmente desidero ardentemente morire a diciott'anni!" Rimane in piedi a fissarmi, non penso abbia capito l'ironia e io inizio a sentirmi parecchio a disagio. Passano alcuni minuti e non dice nulla, sembra come alienato. Mi schiarisco la voce e inizio a dondolarmi sui talloni per il nervoso "Quindi..." comincio, senza sapere minimamente come continuare. Si riscuote dalla trance e dice "Eh? Si scusa, nulla, io vado, insomma vedo se riesco a dirti qualcosa e sì, bene, vado-" farfuglia, agitando le mani, voltandosi per uscire. "Posso venire anche io?" chiedo, alzando un po' la voce per farmi sentire più chiaramente. Si gira a guardarmi, come se fosse confuso, ma dopo poco annuisce "Certo, vieni". Lo seguo fuori dalla stanza e non posso fare a meno di fermarmi a guardare tutto ciò che mi circonda. La sede della BAU è enorme, piena di gente che sfoglia documenti, parla al telefono, beve un caffè oppure smanetta sul computer con fare parecchio assorto. Vedo Reid svoltare l'angolo e mi affretto a raggiungerlo, l'ultima cosa che vorrei è perdermi e fare una figura da cretina. Passiamo davanti ad altre stanze simili a quella in cui ero prima: pareti verdi, targhette affisse al porte, lauree appese alle pareti... tutto molto ordinato e uguale. "Anche lei ha un ufficio così, dottore?" chiedo, tanto vale tentare un accenno di conversazione. Si ferma davanti a una porta, facendomi un gesto come per invitarmi a guardare "Questo qui, a dire il vero". Faccio capolino dalla soglia e do un'occhiata dentro: è tutto estremamente disordinato, al contrario degli altri uffici. Le pareti sono spoglie, i fogli sparsi anche sul pavimento. I cassetti della scrivania sono aperti e da dentro sbucano, stropicciati, i certificati non appesi. Alzo le sopracciglia "Sa che non la facevo così?" Mi guarda, interrogativo "Così come?" "Disordinato. Sa, tutto qui è così... pragmatico. Ma sinceramente lei non mi sembrava da meno" ridacchio "Perché non ha nulla di appeso? La stanza sembra più piccola così" Noto che è vagamente sorpreso "Non credo di aver mai trovato il tempo". Si passa la mano sul collo, come imbarazzato. È carino, proprio tanto carino. Ma io non mi capacito ancora di quanto sia giovane questo ragazzo "Mi scusi, lei quanti anni ha?" Sgrana gli occhi per un secondo e io mi affretto ad aggiungere "Intendevo, ha così tante lauree ma sembra davvero giovanissimo!" farfuglio in fretta. Sembra meno in imbarazzo ora "Ventidue" mormora, quasi come se ne vergognasse. Non lo conosco, per cui non so se ho toccato un tasto dolente, ma provo a rimediare "Beh, se così giovane lavora già qui, significa che lei è una specie di... genio?" Abbassa lo sguardo e ripete di nuovo quel gesto imbarazzo di prima, stavolta tormentandosi il colletto della camicia. "Non sono un genio, la perlomeno non credo che l'intelligenza possa essere accuratamente quantificata. Ho una memoria eidetica, la capacità di leggere 20.000 parole al minuto e un Q.I. di 187" mi guarda come per capire se io abbia bisogno di una spiegazione ed effettivamente è così. Mi mordicchio il labbro confusa e lui continua "Con memoria eidetica si intende la capacità di visualizzare i ricordi, come ad esempio le fotografie, in un'immagine mentale con i dettagli mentre la memoria fotografica vera e propria è riferita alla capacità di ricordare pagine di testo o numeri, o simili, in grande dettaglio." Scuoto la testa e sorrido "Lei parla sempre così?" "Cioè?" "Come un libro di scuola" dico, alzando le spalle. Si vede che non sa cosa rispondermi, e mi sento un po' cattiva: è l'ennesima volta che lo metto in imbarazzo in pochi minuti. "Mi scusi, avrebbe dovuto essere una specie di complimento, ma presumo di non essere molto brava a farli!" sorrido cercando di rompere un po' questa tensione e apparentemente ci riesco. Ride anche lui, una risata vera stavolta, non trattenuta come le precedenti. Rimaniamo così per qualche istante, fissandoci le punte delle scarpe, prima che lui mi dica "Siamo leggermente in ritardo... vuoi ancora venire? Se no te la senti puoi... puoi tornare nell'ufficio di JJ oppure... oppure anche restare qui. Sai, credo sarà abbastanza dura affrontare argomenti così... delicati". Scuoto la testa "È di me che si parla, vorrei esserci anche io". Annuisce e mi fa cenno di seguirlo. Arriviamo davanti ad una porta a vetri più grande delle altre. Reid si ferma "Aspetta qui un attimo" mi dice. Entra nella sala dov'è altre persone sono radunate attorno ad un tavolo, parlando fitto, mentre una donna bionda vestita in modo eccentrico scrive velocemente con dei pennarelli su una lavagna bianca. Il dottore dice qualcosa che non sento, ma presumo mi riguardi, visto che tutti si voltano verso di me contemporaneamente. Avvampo e abbasso lo sguardo. Il dottor. Reid si gira e mi fa cenno con la mano di venire avanti. Entrare da sola in una stanza piena di gente che mi guarda mi ha sempre messo a disagio, anche se nella stanza c'era genere che conoscevo. Figurarsi ora.

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Capitolo 4
*** 4- Spencer ***


Caelie è timida, estremamente timida. È da molto ormai che si rigira un anellino e si torce le dita. Non appena è entrata si è seduta su una sedia indicatagli da JJ, proprio in mezzo tra noi due. Non riesce a tener ferma la gamba, ma penso che sia una cosa inconscia di cui non si accorge nemmeno lei. La sue espressione facciale ostenta falsa sicurezza, siede dritta cercando di darsi un contegno. Paura di essere giudicata... abbastanza comune a diciott'anni ma posso assicurare che non ti abbandona mai completamente. Hotch si schiarì la voce per attirare l'attenzione "Iniziamo? Signorina Sheppard, le ripeto che se non è sicura di voler ascoltare può sempre aspettare fuori. Le cose di cui parleremo potrebbero essere... scioccanti, per lei". Hanno deciso di non mostrarle le foto delle altre ragazze o, perlomeno, non dei cadaveri. Saggia decisione. Lei scuote la testa, decisa "Non si preoccupi signore, mi farebbe piacere ascoltare". Hotch annuisce e continua "Allora: cosa abbiamo?" "L'S.I. sa dove vivono le sue vittime e conosce le loro abitudini. È evidente che le ha seguite da molto più tempo di quanto credano" interviene Rossi. JJ aggrotta le sopracciglia "È possibile che abbia qualche rapporto con loro? Magari anche una sua fantasia che lo lega in qualche modo alle vittime". Decido che questo è il momento giusto per aggiornare la squadra su quanto mi abbia scoperto da lei "Caelie mi ha detto che un ragazzo piuttosto strano ha tentato di approcciarla la sera di Halloween. Le foto sono iniziate poche ore dopo che lei lo ha rifiutato" dico. Lei fa un profondo respiro, continuando a giochicchiare con l'anello. Argento, leggermente ossidato, motivo floreale. Delicato. "C'è stato un motivo particolare che ti ha spinto a rifiutarlo?" le chiede Morgan, per poi rivolgersi alla squadra "Potrebbe essere il fattore di stress. È insicuro e un rifiuto scatena qualcosa in lui al punto da portarlo a distruggere le vittime, psicologicamente e fisicamente". Lily scuote la testa "Mi faceva soltanto paura". "Ti faceva paura?" ripete Prentiss, scandendo lentamente le parole. Lei annuisce "Sì, era davvero inquietante. Non parlava come tutte le altre persone, ad alta voce... lui si chinava verso di me e mi sussurrava le cose all'orecchio, con un tono da brividi. Sono uscita dalla festa subito dopo aver parlato con lui e per tutta la strada fino a casa mia mi sono sentita come osservata". "Ma non sei sicura che sia lui, giusto?" chiede ancora Morgan. "Non ho mai detto di esserlo" è più seria stavolta, credo si senta come sotto esame. Gli altri ricominciano a parlare, ammucchiando teorie su teorie: cosa potrebbe voler dire che taglia i capelli alle vittime? Ogni tanto qualcuno sbircia verso Caelie, cerca di cogliere qualsiasi cosa sul suo viso che possa indicarci una pista da seguire. Ad un certo punto lei si alza e tutti smettono di parlare. Stringe le labbra "Io non ho la più pallida idea di cosa vogliano dire tutte queste cose che state dicendo: non ho mai sentito parlare di modus operandi, S.I. e nemmeno di fattore di stress. So soltanto che questo bastardo ogni giorno consegna delle foto a casa mia, si è persino avvicinato a mio fratello e..." Mi volto di scatto verso di lei "Come? Non hai detto nulla su tuo fratello..." La sua espressione diventa confusa "Beh, ne avevo parlato con la polizia e pensavo ve lo avessero detto!" Rossi tira fuori il suo taccuino "Non ha importanza ora, dicci di più su cosa è successo con tuo fratello". Caelie si risiede "È stato questo che mi ha spinto a voler denunciare tutto, prima pensavo che fosse tutto uno scherzo idiota di qualche mio amico... poi due giorni fa la busta non arrivò. Ricordo ancora il mio sollievo, pensavo che finalmente sarebbe tutto finito. Poi mio fratello è tornato con mia madre dal parco. Aveva in mano la busta. Ascoltando il suo racconto abbiamo capito che la busta gli era stata data da lui in persona. Gli disse le stesse cose che quel ragazzo strano aveva detto a me quella sera. Abbiamo chiesto a mio fratello di farci una descrizione, anche solo per capire se i miei sospetti fossero fondati, ma ha detto che non se lo ricordava. Allora sono andata alla polizia e loro mi hanno mandata qui" si passa la mano sul viso "Mio fratello ha solo 8 anni..." JJ e Hotch si scambiano uno sguardo d'intesa, poi lui dice "Dobbiamo separare la ragazza dalla sua famiglia" e poi si rivolge a lei "Hai qualcuno che ti potrebbe ospitare? Abbiamo bisogno di qualcuno che viva da solo, forse uno zio o un cugino. Abbastanza preparato da difenderti in caso di aggressione". Caelie scuote la testa "Nessuno. Ci sarebbero i miei nonni, ma vivono lontano". "Farla allontanare eccessivamente dalla città potrebbe innervosire l'assassino e spingerlo a prendersela con la sua famiglia" intervengo. "No! No assolutamente no, io non mi muovo. Tenete la mia famiglia fuori da questa storia!" esclama agitata. Tutta la squadra si confronta, tirando fuori varie idee ma nessuna di queste sembra effettivamente adatta. A un certo punto qualcosa balena nella mia mente "Potrei avere la soluzione". Si voltano tutti verso di me, inclusa Caelie. È nel suo sguardo, il più speranzoso di tutti, che trovo la forza di andare avanti "La sua famiglia verrà trasferita nella casa dei nonni di cui ci ha parlato, mentre lei potrebbe continuare a vivere qui". Prentiss riflette per un attimo, perplessa "Quella della famiglia è un'ottima idea" dice poi "Ma lei dove vivrebbe? Non può certo rimanere a casa sua da sola!" Faccio un lungo respiro. Lo sto per dire veramente? "Potrebbe stare da me". Ormai è fatta. "Sono l'unico a vivere da solo, lei non si allontanerebbe dalla città e sarebbe costantemente sotto sorveglianza. Se le foto continueranno ad arrivare, ci lavorerò da casa" continuo. I cinque minuti che seguono sono riempiti soltanto da un silenzio terribilmente imbarazzante. Dopo quella che sembra un'eternità, Hotch annuisce "È una buona idea, Reid. Dobbiamo soltanto capire se alla signorina Sheppard vada bene." Gli sguardi di tutti, incluso il mio, si spostano di nuovo verso di lei, che sembra pensierosa "Mi state dicendo che così la mia famiglia sarà al sicuro, giusto?" Rossi quasi sorride "Sicuramente". Lei accenna un sorriso tirato, poi sussurra "Va bene allora. Facciamolo". JJ si alza dalla sedia "Vado a chiamare i tuoi genitori per convocarli qui. Sicuramente il fatto che tu sia maggiorenne ci eviterà molti problemi". Circa una mezz'ora dopo vedo una donna e un uomo di circa cinquant'anni entrare nell' ufficio di JJ. La donna tiene per mano un bambino, che viene preso in custodia da Prentiss e portato in un'altra stanza. Caelie si alza per abbracciare quelli che suppongo siano i suoi genitori. Anche mentre JJ inizia a parlare, esponendo le nostre intenzioni, la madre tiene la mano su quella della figlia, mentre il padre le carezza lentamente i capelli.

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Capitolo 5
*** 5- Lily ***


Non appena entrano i miei genitori corro ad abbracciarli "Dov'è Jack?" chiedo, cercando mio fratello con lo sguardo. "Una donna si è offerta molto gentilmente di tenerlo d'occhio e lo ha portato di là a vedere i cartoni animati. Non volevamo che sentisse... tutto questo" dice mia madre, sussurrando l'ultima parte. L'agente Jareau li fa accomodare e inizia ad avvisarli delle loro intenzioni "Vostra figlia ci ha raccontato che avete dei parenti in un'altra città. La soluzione migliore sarebbe che voi e Jack andiate a vivere da loro per un po', finché noi non riusciremo a catturare quest uomo". Mio padre si acciglia "E Lily?" "Lei continuerà a vivere qui, sotto la protezione di uno dei nostri migliori agenti, il dottor. Reid". A questa affermazione quasi sorrido. "Vorremmo conoscerlo, se non le dispiace, agente" chiede mia madre. Questo me lo aspettavo. Anche JJ evidentemente, perché annuisce per poi fare un cenno a Reid che stava aspettando fuori dalla porta. Lui entra aprendo lentamente la porta "Buongiorno, signori Sheppard. Io sono il dottor. Spencer Reid. È un vero piacere conoscervi, Caelie ci ha parlato molto di voi" dice sorridendo in modo cordiale. È visibilmente a disagio, non credo gli piaccia molto la presenza di tante persone. Un punto per il dottorino. Mia madre sorride, mentre mio padre sembra ancora diffidente. JJ continua "Caelie vivrà nell'appartamento del dottor. Reid sotto costante sorveglianza, in modo da poterla proteggere al meglio e affrettare la cattura del criminale." A queste parole anche il viso di mio padre si distende e lui annuisce. Mentre si scambiano gli ultimi convenevoli, io vado a cercare mio fratello. Lo trovo in una stanza accanto all'ufficio di JJ, intento a guardare i cartoni. Con lui c'è la donna con la frangetta nera che ho visto anche prima. Credo che si chiami... Prentiss? Scanso equivoci busso alla porta prima di entrare "Ehi, Jackie..." Mio fratello si volta di scatto e mi guarda con gli stessi occhi grandi e castani che vedo io ogni mattina allo specchio. Mi sorride "Ciao Lily! La signorina Emily mi stava facendo guardare i cartoni!" Guardo l'agente Prentiss con gratitudine. Mi rivolgo nuovamente a Jack, cercando di spiegargli quello che posso senza spaventarlo "Sai Jackie, da oggi non ci vedremo più per un po'... io devo rimanere qui per risolvere alcune cose, però tu, la mamma e il papà andrete in vacanza a trovare i nonni!" Lo sguardo di Jack si illumina "Sì! I nonni!" esclama, alzando le braccia al cielo. Dopo poco però le riabbassa lentamente "Tu non puoi proprio venire Lily? Mi mancherai tanto..." "Anche tu mi mancherai un sacco, Jackie, ma potremmo sentirci tutti i giorni con il telefono della mamma, va bene?" Annuisce, dandomi un abbraccio. Lo stringo più forte che posso, per poi prenderlo per mano e riaccompagnarlo da mamma e papà. Lancio un ultimo sguardo all'agente Prentiss, che saluta Jack e mi sorride in modo gentile. Prima che io esca la donna mi ferma un secondo "Sai che non portai chiamarli vero?" Annuisco "Me lo aspettavo. Grazie agente Prentiss". I nostri genitori ci stanno aspettando in corridoio. Mia madre si avvicina "Lily, l'agente Jareau ha detto che non puoi rischiare di tornare a casa. Noi dobbiamo andare a fare le valigie, e prepareremo una borsa anche per te da consegnare agli agenti" "Quindi ci salutiamo qui?" chiedo, e la voce mi trema un po'. Mio padre annuisce e ci abbracciamo. Mi carezza ancora la testa, come faceva sempre quando ero piccola, mentre mia mamma mi posa la mano sulla guancia. "Fai attenzione, tesoro mio... ci mancherai così tanto..." "Anche voi... salutatemi i nonni, mi raccomando!" Sento i miei occhi gonfiarsi di lacrime e schiocco un ultimo bacio sulla guancia paffutella di Jack, prima che i miei lascino la sede della BAU, voltandosi ogni tanto a guardarmi. Prima che l'ascensore li porti al piano terra mi salutano facendo 'ciao' con la mano. Poi le porte si chiudono e io mi sento improvvisamente troppo pesante. Sono seduta su una sedia in corridoio da circa una mezz'ora, pensando ancora alla mia famiglia. Questo è l'unico modo per far sì che non siano coinvolti nei miei casini. Qualcuno si avvicina, ma invece di sorpassarmi mi si siede vicino, lasciandosi cadere sulla sedia accanto alla mia. Mi volto e riconosco il dottor. Reid. Approfitto dell'occasione per osservarlo meglio: i capelli sono lunghi e un po' arruffati, il profilo lineare e il volto è pulito e sbarbato come quello di un ragazzino. Lui se ne accorge e sorride "So che è dura separarsi dalla propria famiglia" dice. Arrossisco imbarazzata. "La sua famiglia dov'è?" chiedo. Lui sospira e il suo sguardo si appanna. Cerco disperatamente di rimediare "Mi scusi, sono stata troppo invadente..." balbetto. Reid mi poggia la mano sulla spalla e il suo contatto mi fa rabbrividire "Sono cresciuto senza mio padre e mia madre si trova in una casa di cura. Le spedisco lettere ogni giorno, raccontandole quello che faccio, i casi che risolviamo e i posti che visito, ma per il lavoro non riesco ad andare a trovarla spesso. A dire il vero, quasi mai" sussurra, e io riesco a leggere nei suoi occhi un velo di tristezza. Cerco il suo sguardo, sentendomi in qualche modo in dovere di consolarlo "Sono sicura che sua madre sia molto felice di ricevere le sue lettere, qualsiasi sia il motivo per cui si trova in cura. Credo che ogni madre sarebbe fiera di avere un figlio come lei: insomma, dottor. Reid, lei salva delle vite, aiuta moltissime persone". Lui sorride "Spencer" sussurra solamente. Aggrottò le sopracciglia, confusa "Come scusi?" chiedo. "Mi chiamo Spencer, presumo che tu possa darmi del tu, dato che vivrai a casa mia, sempre che tu non ti senta a disagio, Lily... posso chiamarti Lily, vero? Lo hai detto tu prima, quando ci siamo presentati e... ehm..." ora è lui a balbettare. Fa davvero tenerezza, è carino. Sembra più piccolo di quanto sia in realtà, così impacciato. Sorrido spontaneamente "Certo, mi chiami... ehm, scusa, chiamami pure Lily".

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Capitolo 6
*** 6- Spencer ***


È oggettivamente molto bella. Identica al fratellino, aggiungerei: stessi occhi marroni, stessi capelli biondi. Nelle poche ore in cui è rimasta qui, sono riuscito ad analizzare piccoli dettagli del suo comportamento che mi hanno fatto capire qualcosa in più sul suo carattere: è una ragazza calma, probabilmente riservata. Difficile da conoscere, selettiva nelle confidenze. Una vittima a basso rischio per l'S.I. Per trovare lui dobbiamo capire come si siano incontrati e quali siano i contatti con le altre vittime. Tuttavia a volte appare agli occhi degli altri come una ragazza distaccata, malgrado abbia grandi doti intuitive che sfrutta per riuscire a trattare ogni persona in modo differente basandosi sulla situazione. Sorride molto, spesso in maniera imbarazzata, abbassando gli occhi e inclinando leggermente la testa. Questo indica che non è molto sicura di sé stessa, sebbene qualsiasi altra ragazza lo farebbe, se fosse in lei. Credo che sarà bello poter interagire di più con lei, è una personalità interessante. Dal punto di vista professionale, ovviamente. Cosa vado a pensare. Riprenditi, Spencer, ti sta guardando e tu stai balbettando. Ora sorride "Certo, mi chiami... ehm, scusa, chiamami pure Lily". Restiamo in silenzio per quattordici minuti e trentadue secondi, nessuno di noi due dice assolutamente nulla, ascoltiamo soltanto il rumore delle voci degli agenti poco più in là e delle tastiere, impazzite, dei computer. Lily guarda fisso un punto sul muro, ogni tanto accenna a voltarsi verso di me per dire qualcosa, ma poi sembra ripensarci e torna a guardare altrove. Per quanto mi riguarda, mi sento abbastanza in imbarazzo e troppo impacciato per tentare un qualsiasi tipo di approccio discorsivo. JJ ci trova così, mentre sorride venendoci incontro "Vedo che state facendo conoscenza!" esclama, con quel suo tono sempre così solare. Non mi meraviglio che la gente che viene qui si rivolga prima a lei: è una bella donna e ispira subito simpatia e confidenza. Mi aiuta sempre, ogni qualvolta io abbia bisogno di aiuto o anche solo di parlare con qualcuno. Lily sembra riscuotersi dai suoi pensieri e si volta vero JJ, inarcando le sopracciglia ed accennando un sorriso a fior di labbra "Suppongo si possa dire così". Io mi limito a passarmi la mano sul collo e distogliere lo sguardo, giusto per evitare di arrossire. Tutto questo è assurdo, non ho motivo di sentirmi imbarazzo di fronte a Lily, ma mi fa un effetto stranissimo. Più tardi dovrei prendermi del tempo da solo per analizzare quello che mi sta succedendo e trovare una soluzione logica. Nel frattempo un agente porta una grande borsa e uno zaino e li porge a JJ "Ecco i vestiti della ragazzina". Lily aggrotta le sopracciglia, leggermente contrariata dall'appellativo. JJ annuisce "Grazie Anderson". Lui si congeda in fretta e JJ porge a Lily il suo zaino: è uno zainetto verde militare, pieno di disegni fatti con la scolorina. "Grazie mille agente Jareau" dice, aprendo lo zaino. Non posso fare a meno di notare il piccolo ciondolino appeso sulla cerniera: un ciondolo molto piccolo, ma sul retro si può leggere chiaramente "A Lily, XO M". Intanto JJ le poggi una mano sul braccio "Chiamami pure JJ" dice, sorridendole. "Va bene... JJ" le risponde Lily, incespicando sul nome. Nel frattempo credo che entrambe si siano dimenticate della mia presenza, quindi ne approfitto per alzarmi e andare nel mio ufficio a raccogliere gli ultimi documenti sul caso e a prendere le chiavi di casa. Sono nel mio ufficio e mi sono perso a rileggere tutto ciò che abbiamo per ora. C'è qualcosa che mi sfugge, qualcosa che non abbiamo considerato. Mi alzo e inizio a scrivere sulla lavagna qualunque cosa mi passi per la mente, cercando di capire quel collegamento. Mi allontano lentamente, analizzando tutto l'insieme di ciò che ho scritto, eppure non riesco a giungere a in conclusione. Sento qualcuno bussare alla porta, per poi aprirla senza aspettare risposta. Agito la mano per far segno a chiunque sia entrato di fare silenzio. Avverto i suoi passi fino a quando non si ferma affianco a me ed è ora che realizzo che Lily si è avvicinata e ora sta guardando da vicino le fotografie delle altre ragazze morte. Dannazione. Nessuno voleva che le vedesse. Lei si sposta ancora sempre più verso la lavagna, con gli occhi sgranati. Arriva sotto le foto, sfiorandone una con le dita: le guarda, le prende e se le rigira tra le dita. Dopo alcuni minuti di silenzio, si volta molto lentamente verso di me, con gli occhi pieni di lacrime "S-succederà anche a... a me?" balbetta. La vedo instabile sulle sue stesse gambe "Vieni Lily, siediti ora..." "Non mi stai rispondendo" mormora, la sua voce è tremula come la fiamma di una candela. "No, certo che non succederà anche a te. Sei qui ora, nessuno può farti male" le rispondo dolcemente, cercando di calmarla. È spaventata, le spalle sono scosse dai singhiozzi e il labbro inferiore trema. Le metto le mani sulle spalle e inizio a rassicurarla, dicendole che ora è al sicuro, ma lei non si calma. Ogni volta che il suo sguardo si posa sulle fotografie delle altre ragazze ricomincia a tremare. Si volta verso la porta, dando le spalle alla lavagna e sottraendosi alla mia stretta, ma forse è meglio così. In questo momento lei è l'unica che può trovare la forza di superare quell'orrore che ha appena visto. Aspetto che si calmi ancora un po' prima di sfiorarle il braccio per richiamare la sua attenzione "Andiamo, ti porto a casa mia" dico solo. Lei annuisce, appoggiando le mani sulla scrivania per riuscire ad alzarsi e mi segue fuori dalla porta, tenendo sempre stretto il suo zainetto. Saluto frettolosamente tutti i membri della squadra e guido Lily fuori dall'edificio. Prima di uscire dalla porta le tiro su il cappuccio della felpa nera e la sospingo velocemente verso la mia auto. Non dobbiamo permettere che l'S.I. la veda e sappia dove si troverà da oggi in poi. Durante il viaggio in auto, noto piacevolmente che Lily ha riacquistato un po' del suo sangue freddo e della sua vivacità. "Allora, Spencer, dove stiamo andando?" chiede dopo circa un quarto d'ora. "Abito giusto dietro l'angolo, abbi un po' di pazienza siamo quasi arrivati" replico. Per tutta risposta lei accende la radio e, dopo aver passato parecchie stazioni, trova finalmente una canzone che le piace. Inizia a cantare a squarciagola, facendo un sacco di mosse particolarmente buffe, cercando in tutti i modi di farmi ridere. Cerco di contenermi il più possibile, insomma, non sono mai stato un ragazzo dalla risata facile: mi sono diplomato a dodici anni, un bambino terribilmente nerd e solitario in mezzo ad un branco di adolescenti, peggio degli squali. Eppure questa ragazza mi fa ricordare che io sono quasi un suo coetaneo. Quindi mi abbandono presto a una risata, talmente liberatoria da contagiare anche Lily. Arriviamo a casa così: io con il sorriso ancora sulle labbra e lei che si tiene la pancia dalle troppe risate.

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Capitolo 7
*** 7- Lily ***


Arriviamo davanti all'appartamento di Spencer e, mentre lui cerca le chiavi nelle tasche del cappotto, la porta affianco si apre e ne esce una signora parecchio anziana, che ci guarda in tralice "Buonasera, dottore" lo saluta, con una voce gracchiante. Spencer alza lo sguardo e ricambia il saluto "Oh buonasera signora Miller! Come sta, tutto bene?" "Come sempre, dottore, come sempre. Lei, piuttosto... vedo che ha trovato compagnia..." risponde la signora Miller. Spencer intanto trova le chiavi e le alza, trionfante, poi sorride alla sua anziana vicina "Diciamo che mi porto il lavoro a casa, signora" esclama, aprendo la porta "Buona serata!" tronca poi, sgattaiolando velocemente in casa e trascinandomi con lui. L'appartamento di Spencer è davvero carino, non molto grande, ma abbastanza spazioso. Inoltre, non dovrò stare qui per molto, no? Spencer mi illustra velocemente tutte le stanze della casa, per poi finire in cucina. "Hai fame? Suppongo tu la abbia, dovrebbe esserci qualcosa in frigo, io torno subito!" farfuglia, per poi scomparire nel ripostiglio. A dirla tutta non ho molta fame: tutti gli avvenimenti delle ultime ore mi hanno sconvolto a tal punto da rovinarmi l'appetito. Le immagini di quelle ragazze mi frullando ancora in testa... non devo pensarci. Io sono al sicuro. Gli agenti mi aiuteranno. Prendo un bicchiere dalla credenza e mi verso un goccio d'acqua fresca. Spencer fa capolino dalla porta della cucina "Vieni, ti mostro una cosa" dice, facendomi cenno di seguirlo dove, se non ricordo male, si trova la camera da letto. Entro nella stanza dove, affianco al letto matrimoniale in cui suppongo che di solito dorma Spencer, si trova una branda. Lui ricomincia a strofinarsi il collo con la mano "Non credevo che se avessi dormito sul divano sarei stato in grado di sorvegliarti anche di notte, la finestra della camera da sulla strada... e assolutamente non volevo lasciarti a dormire in salotto... quindi ho pensato che tu potresti dormire sul mio letto e io qui accanto, sulla brand-". Lo interrompo prima che possa continuare "Non se ne parla, questa è casa tua e sono io che mi sono, per modo di dire, infiltrata in casa tua. Dormirò io sulla branda e sembra davvero comoda!" gli sorrido. Lui cerca di ribattere, ma faccio segno di chiudere qui la conversazione e appoggio il mio zaino sulla branda. Lui apre le ante dell'armadio e inizia a spostare di lato i suoi vestiti, lasciando libero due cassetti. "Ho letto molti libri, dove tutti dicono che le ragazze hanno bisogno di spazio per i vestiti e tutto ciò che riguarda l'apparire, spero che due cassetti bastino..." Gli appoggio la mano sul braccio per fermarlo "Ehi, sono venuta con uno zainetto da sfollata a vivere a casa tua per non so nemmeno quanto, i vestiti non sono la mia prima preoccupazione. Spencer non devi disturbarti per me, davvero. Io ti sono già molto grata per ospitarmi qui" gli sorrido e lui ricambia. Mi alzo, cercando di apparire più solare che mai "Anzi, sai cosa ti dico? Voglio ringraziarti, quindi preparerò io la cena stasera!" poi mi volto verso di lui "Oddio non credo sia un ringraziamento, ma voglio rendermi utile!" balbetto, imbarazzata. Non sono esattamente un'ottima cuoca. Anzi, sono esattamente l'opposto. Per sicurezza decido di informarmi "Spero che oltre a una dozzina di lauree tu abbia competenze mediche, Spencer..." lui accenna una risata e io ritorno in cucina. Apro il frigo e penso subito che il deserto del Sahara è meno desolato. Agguanto comunque un po' di verdure cercando di rimediarci almeno un'insalata, per poi cercare nelle mensile altro di commestibile. Alla fine trovo un pacco di pasta e tiro un sospiro di sollievo. Circa una mezz'ora dopo io e Spencer siamo seduti ai due lati opposti del tavolo: la pasta che ho cucinato fa davvero schifo, ma entrambi cerchiamo di scherzarci un po' su. Alla fine la sua compagnia è parecchio piacevole e posso affermare con sicurezza che ho imparato più in queste poche ore con lui che in tutti gli anni di scuola. È tutta la sera che prova a fare battute ma il suo senso dell'umorismo è un po'... complicato, ecco. Mi fa tenerezza, in confronto a tutti gli altri agenti che ho visto oggi alla sede della BAU sembra quasi un bambino. Ho avuto occasione di osservarlo meglio e devo ammettere che è proprio un bel ragazzo: dovrebbe solamente sorridere di più. Da prima, in auto, ho avuto l'impressione che non ridesse da molto tempo. "L'anno prossimo andrai al college... hai già deciso cosa vorresti studiare?" mi chiede. Inarco le sopracciglia "Non mi aspettavo questa domanda, mi cogli un po' di sorpresa... la verità è che non ho ancora deciso cosa studierò l'anno prossimo. Ho delle idee vaghe, ma nulla di preciso: mi piacerebbe occuparmi di qualcosa che riguardi la legge, anche in generale..." Annuisce, e per una volta mi sembra che qualcuno sia davvero interessato a quello che dico. Mi trovo davvero bene con Spencer, che quasi mi dimentico la mia situazione. Sono a letto ed è circa l'una e mezza. È da ore che mi giro e mi rigiro nel letto, cercando disperatamente di prendere sonno, ma improvvisamente tutti i pensieri sulla mia giornata mi assalgono come se fossi la preda di un branco di lupi. "Non dormi?" mi chiede Spencer. Io mi tiro su con la schiena "Scusami non volevo svegliarti..." "Non mi hai svegliato tu, tranquilla... ho problemi a dormire" "Allora siamo in due..." sussurro. Lui si volta su un fianco e mi guarda "Immagino che quella branda sia scomoda, Lily, sei sicura di non voler fare a cambio?" mi chiede. Sembra quasi un fratellone premuroso. "Non preoccuparti, a dir la verità è più comoda del letto di casa mia!" esclamo ridendo. Mi faccio improvvisamente seria "Hai mai notato che la notte è più facile analizzare tutto ciò che ci è successo durante il giorno? Di notte tutto ci appare sotto una prospettiva diversa, abbiamo tempo per rimanere soli, noi e i nostri pensieri. Noi e i nostri... demoni." Il mio sussurro sembra riscuoterlo dai suoi, di pensieri, e Spencer chiude gli occhi per inspirare profondamente "Ma chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?" bisbiglia. Lo guardo e sorrido "Ti piace Shakespeare?" Lui si picchietta con l'indice sulla tempia "Memoria eidetica" mi corregge. Mi viene da ridere "Giusto, giusto!" Rimaniamo in silenzio per pochi secondi, pochi secondi pieni di qualcosa. Quando ormai penso che si sia addormentato, lui mi lancia un'ultima occhiata "Comunque sì, mi piace moltissimo Shakespeare." So che sicuramente è un caso, ma quando per un istante la mia mano appoggiata sul pavimento sfiora la sua che penzola dal letto, io so di non essere l'unica tra noi ad aver sentito quella scossa elettrica e quella strana sensazione di calore alla pancia. Mi ritraggo velocemente e Spencer fa altrettanto. "Il nome del tuo ragazzo inizia per M?" Mi chiede lui dopo un po'. Io aggrotto le sopracciglia, confusa "Io non ho un ragazzo... come mai me lo chiedi?" "Ho visto l'incisione sul ciondolino del tuo zaino" mormora lui, imbarazzato. "Sta per Martha, comunque" rispondo io, di poche parole. "Sei omosessuale? Non che ci sia nulla di sbagliato, ma non me lo aspettavo, insomma..." Adesso scoppio a ridere "Oh Dio, no! Martha è la mia migliore amica!" Lui si unisce alla mia risata "Scusami". "Non ti preoccupare, sbagliano anche i migliori" dico, scrollando le spalle. Mi lascio andare a un lungo sbadiglio. "Notte Spencer" "Buonanotte Lily"

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Capitolo 8
*** 8- Spencer ***


Non sa cucinare, non riesce a dormire la notte, ride spesso e le piace Shakespeare. Ora so per certo quattro cose di lei. Potrebbero aiutarmi in un confronto della vittimologia, magari le altre vittime avevano simili qualità ed interessi. Spera che tenere gli occhi chiusi e concentrarsi l'aiuterà a dormire, ma il suo respiro non si è ancora fatto regolare. Credo che pensi che io stia dormendo, ormai invece ci ho rinunciato: sono mesi che non riesco ad addormentarmi serenamente e le mie occhiaie ne sono la prova. Questo lavoro ti mette ogni giorno a stretto contatto con una realtà che nessuno dovrebbe mai conoscere. Gli incubi ti tormentano ogni notte, li senti strisciare tra le coperte, sotto il letto e poi sul tuo cuscino. Quello che ti sussurrano fa venire i brividi: avresti potuto salvarli, ma non hai fatto in tempo. Questa volta invece ce la farò. Guardo la sveglia: sono le sette e mezza. Un'altra notte passata insonne: ho girato per casa, riguardato i documenti del caso, cercato di sbrogliare quell'enorme matassa che ho in testa e capirci qualcosa, oppure anche solo nella speranza che mi addormentassi sfinito, ma non c'è stato nulla da fare. Ormai si sono fatte le otto, credo che Garcia sia già arrivata in un ufficio. Ho bisogno di chiamarla. Dopo qualche squillo, risponde allegra come sempre "Ecco il nostro bel dottore! Dimmi di cosa hai bisogno e il supremo oracolo di Quantico rilascerà la sua profezia!" Penelope Garcia è sempre stata una donna parecchio... eccentrica, fin da quando la conosco. "Garcia ho bisogno che tu mi dica qualcosa sui corsi extrascolastici frequentati dalle vittime e faccia un controllo incrociato con le materie scolastiche e i corsi frequentati da Caelie Sheppard: dobbiamo trovare un punto in più in comune nella vittimologia". "Agli ordini, capo!" esclama. Sento il rumore delle dita che battono velocemente sulla tastiera per poi rallentare un secondo "Dimmi un po' Reid... Lei... com'è?" Lancio una veloce occhiata a Lily che nel frattempo si sta svegliando. Poi mi riconcentro su Garcia "È... a posto." "Oh mio Dio, tu pensi che sia carina!" "Cosa?! No! Come... come mai lo pensi?" chiedo, stupito: Garcia non è una profiler. Sono davvero così prevedibile? "La tua voce! Hai cambiato tono quando hai parlato di lei!" "Non è vero! La mia voce è sempre così!" Garcia mi ignora "Ti sto inviando i risultati delle ricerche sul tuo palmare, buona giornata bell'innamorato!" mi dice, prima di chiudermi il telefono in faccia. Io penso che Lily sia bella. Ma Garcia come fa a a saperlo? Trovo Lily in cucina mentre sta preparando il caffè "Buongiorno!" mi saluta allegramente. Sono felice per lei, probabilmente è riuscita a dormire almeno un paio d'ore. Mi porge una tazza di caffè per poi dirmi "Non sapevo quale fosse il tuo preferito quindi mi sono buttata sull'espresso, va bene?" "Benissimo" le rispondo tra un sorso e l'altro "Adoro l'espresso" preciso, finendo il caffè. Lei sorride "Immaginavo." "Come mai?" "Hai più scatole di caffè nelle mensole che cibo in frigorifero e più della metà sono di espresso. Inoltre devi esserti fatto circa altri tre caffè stanotte, non lamentarti se poi non riesci a dormire" "Ottima osservazione" rispondo io. Sono sinceramente colpito, sembra molto sveglia. "Non ti biasimo mica" continua lei "Io se non mi faccio quattro cappuccini al giorno collasso, specialmente a scuola" dice, mentre si versa nel cappuccino tre cucchiai abbondanti di zucchero. "C'è del caffè nel tuo zucchero" la prendo un po' in giro e lei ride "Tutto è più buono se è dolce, non trovi?" Annuisco, distratto dalla notifica arrivata sul palmare. Le fanno cenno di avvicinarsi per vedere ciò che ha trovato Garcia. "Conosci queste ragazze?" Lei scuote la testa "Mai viste... vivevano qui? Mi sembra strano che non le abbia mai incrociate nemmeno a scuola, a meno che non andassero al college fuori città" dice, scrollando le spalle. Poi la informo dei corsi e dei club frequentati dalle ragazze e vedo qualcosa che attira la sua attenzione "Il country club Johnson hai detto? Ho frequentato lezioni di tennis lì per circa sei o sette anni con il mio amico Luke, ma ho smesso di andarci pochi mesi fa, ero troppo occupata con la scuola e iniziavo ad annoiarmi. Allora mi sono iscritta alla palestra dietro casa mia." Continuo a scorrere freneticamente i file che mi ha inviato Garcia "Palestra?" le chiedo. Non fa nemmeno in tempo a rispondermi che il telefono squilla e io mi fiondo a rispondere. "Ragazzino sono Morgan" sento che mi dice lui "Abbiamo trovato qualcosa." Mi affretto a rispondergli "Si anche io ho trovato un punto in comune nella vittimolog-" "No Reid, non hai capito. Il bastardo ha portato delle nuove foto a casa di Caelie. Ci sei anche tu" Devo aver spalancato eccessivamente gli occhi, perché Lily mi guarda preoccupata. "Io?" chiedo a Morgan. Anche se non posso vederlo, so già che sta aggrottando le sopracciglia, come fa sempre quando qualcosa lo turba profondamente "Devi stare attento, Reid. Credo che non abbiamo capito nulla di quello che pensa questo S.I..." sospira per poi chiudere la chiamata, dimenticandosi ciò che dovevo dirgli io. Lily si avvicina lentamente "È successo qualcosa?" chiede, quasi bisbigliando. Io annuisco, con fare grave "Ha mandato altre foto a casa tua, ma stavolta ci sono anche io." "Quindi era fuori dagli uffici dell'FBI ad aspettare che uscissi?" "Probabile, ma io non ero nei suoi piani. Dovremmo stare più attenti di quanto mi immaginassi... tutti e due." Lei si siede "Scusami" bisbiglia. Prendo una sedia e mi metto accanto a lei "Scusa... per cosa?" "Tutto questo è colpa mia! Questo tizio ora se l'è presa con te perché io ho fatto qualcosa che lo ha fatto arrabbiare o... non so cosa ci sia nella sua testa malata. Ma tu non saresti in questo guaio se io non avessi attirato l'attenzione!" ora sta quasi urlando e si mette le mani nei capelli. Non sono mai stato un adolescente normale: crisi d'ormoni, scatti d'ira e di pianto... mai avuti. Non so come si senta Lily ora, ma so che ho una laurea in psicologia e sarebbe meglio che me ne servissi. Non voglio che Lily stia male, che si senta in colpa per... me? "Shh... calma... non è colpa tua, è soltanto di quell'uomo, tu non c'entri nulla..." provo a consolarla prendendole delicatamente le mani "Ehi, ehi Lily guardami" richiamo la sua attenzione e fisso i miei occhi nei suoi. Sono sempre grandi ma gonfi di lacrime come la prima volta che li ho visti. "Non avresti mai potuto affrontare tutto questo da sola, è umanamente impossibile. Tu stai vivendo questa situazione relativamente bene, sei molto coraggiosa. Ti sei separata dalla tua famiglia per proteggerla, sei stata disposta a metterti in pericolo per loro. E se, come hai detto prima, ora sono anche io in questo pasticcio, allora io sono molto onorato di poter esserci dentro con te." Lei appoggia la testa sulla mia spalla cercando di fermare i singhiozzi. La abbraccio, perché in questo momento è l'unica cosa di cui abbia bisogno. L'abbraccio dura parecchi minuti e quando Lily solleva la testa sorride, e io mi sento un po' più spavaldo "Ecco così va meglio: guarda quanto sei bella quando sorridi..." le dico, pentendomi quasi immediatamente di averlo ammesso davanti a lei.

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