The Family Business

di AllisonHermioneEverdeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pilot ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***



Capitolo 1
*** Pilot ***


Capitolo uno



Quando Friday attivò la sveglia delle sette e mezzo, Henry era già sveglia. O, meglio, non si era mai addormentata: disattivò la sveglia con un gesto distratto della mano e si tolse le cuffie dalle orecchie. Aveva ancora il giubbotto umido addosso, sopra ai jeans e alla maglietta verde scuro che indossava dal giorno prima. Si alzò sbadigliando, dando un'occhiata alla stanza immersa nel caos: abiti smessi buttati per terra, il tappeto che si intravedeva a malapena sotto i pezzi di metallo esplosi la sera prima (ultimo esperimento fallimentare di lei e Chloe) e i fogli pieni di calcoli e disegni accurati, l'armadio aperto, pieno di pezzi di ricambio, taccuini e, occasionalmente, qualche vestito buttato da una parte; la scrivania con sopra il computer acceso per analizzare una simulazione, altri fogli ancora, stavolta con sopra note di una canzone in lavorazione (lasciati da Iris, senza dubbio, quella smemorata che non era altro...) e i resti della pizza nei cartoni abbandonati accanto al computer, che sembrava essersi impallato: continuava a caricare a vuoto. Henry lo chiuse con un sbuffo: doveva fargli dare un'occhiata da Scott, anche se le costava ammetterlo... erano tre giorni che non riusciva a finire quella simulazione!
La ragazza passò per il bagno giusto per sciacquarsi il viso con acqua gelida, nella speranza di svegliarsi il giusto per non addormentarsi in classe (le notti insonni facevano quest'effetto... ed erano sempre più frequenti) e cercare di dare un segno agli scarmigliati capelli biondi corti (arrivavano poco più già delle spalle), poi tornò in camera, prese la borsa a tracolla che usava come zaino, ci infilò il computer, qualche foglio con gli ultimi calcoli che doveva finire di controllare con Chloe, l'ultima composizione di Iris e i quaderni e i libri di scuola... dovette lottare un po' per infilare anche quelli, ma alla fine chiuse vittoriosa la zeep. Si infilò la borsa a tracolla, mise il cellulare in tasca, collegò le cuffie e se le infilò, pronta ad andare in quell'edificio gonfio di noia e disperazione chiamato scuola.
- Vado! - si limitò a dire a mò di saluto mentre attraversava la sala ed entrava nell'ascensore. La Stark Tower era grande, ma lei sapeva che a quell'ora sua madre Pepper stava preparando qualcosa da mangiare e un po' di caffè al decimo piano (quello delle camere) e suo padre Tony stava in laboratorio a sperimentare qualcosa di nuovo, e non sarebbe stato reperibile per un bel po'.
Al piano terra Happy la invitò a salire sulla limousine di famiglia, ma lei sbuffò e scosse la testa: avrebbe preso il bus, come ogni mattina, nonostante suo padre sembrasse dimenticarsene sempre.

Quando Jane entrò nella stanza di Iris, la ragazza era già sveglia, in vestaglia, con i lunghi capelli castano scuro sciolti e scarmigliati, e suonava il violino davanti alla finestra, dando le spalle alla porta e muovendosi a tempo, totalmente immersa nella melodia. Il letto era sfatto, sul tappeto erano stati abbandonato il sassofono e il clarinetto, e sul pianoforte vicino all'armadio erano piegati con cura i vestiti che Iris doveva mettere quella mattina.
- Tesoro? - la chiamò Jane. Le dispiaceva interromperla mentre suonava, ma era davvero ora che si sistemasse per andare a scuola.
La ragazza si voltò verso di lei, continuando a suonare.
- La colazione è pronta, tra quindici minuti passa il bus, - continuò Jane. Iris sbuffò e interruppe la canzone, posando il violino sul letto.
- Ho lasciato i fogli della mia ultima composizione a casa di Henry, - sbuffò. - Spero non vadano perduti in mezzo al disastro che è la sua camera! -
- Vedrai che oggi a scuola te li ridarà, - la rassicurò Jane.
- E' uguale, tanto pranzo da lei con Chloe e Scott, - scrollò le spalle Iris. - Speravo solo di poterla ritoccare durante la lezione di musica... -
- Stasera resti alla Stark Tower anche a cena? - chiese Jane, sedendosi ai piedi del letto... e alzandosi svelta per prendere il flauto seminascosto dalle lenzuola.
- Oh, ecco dov'era! - lo afferrò Iris. - Cosa intendi, comunque? Stasera torno a casa! C'è papà! -. L'espressione colpevole di Jane doveva essere piuttosto evidente, perchè...
- Non dirlo, - disse rigida Iris.
- Tesoro.... - tentò Jane.
- Non ci sarà, vero? - la interruppe la ragazza. - Sono tre settimane che manca, non può annullare anche stasera! -
- Mi dispiace, ha avuto un contrattempo, - sospirò Jane. Iris non rispose: posò il flauto accanto al violino, si diresse a grandi passi al pianoforte per prendere i vestiti e poi si chiuse in bagno, sbattendo la porta.
- Pancake o toast? -
- Toast... -
- Succo di mela o d'arancia? -
- Mela... -
- E per pranzo? Non mi fido del cibo che servono alla mensa... -
- Quello che vuoi... -
- Chloe, stacca il naso da quesi fogli e fai colazione! -. La ragazza finì l'equazione su cui stava lavorando, poi sollevò gli occhi per dedicare uno sguardo assassino alla sorella, Jennifer, che sedeva di fronte a lei, i capelli biondi ben pettinati e il trucco perfetto attorno agli occhi blu.
- Sto lavorando, - affermò secca.
- A cosa? - replicò con uno sbuffo Jennifer. - Sbaglio o l'ultimo esperiemento che tu e la tua amica da strapazzo avete fatto è esploso? -. Se possibile, lo sguardo di Chloe divenne ancora più assassino.
- Era solo il primo esperimento, oggi ricontrolleremo i calcoli e correggeremo il progetto... -
- Così farete esplodere qualcos'altro? - replicò beffarda Jennifer.
- Ragazze, non litigate, - intervenne Steve, porgendo i toast a Chloe.
- E' lei che ha cominciato, - affermò Chloe.
- Ho solo fatto notare che potresti fare colazione invece di perdere tempo in calcoli inutili e sbagliati, - ribattè Jennifer. - Magari fareste persino in tempo a pettinarti, così sembri un pulcino bagnato -. Chloe si passò una mano fra i corti capelli castano chiaro.
- Jennifer, non essere cattiva con tua sorella, - entrò in cucina Amanda.
- Ma mamma, stavo solo... -
- Litigando per cose futili, - la rimbeccò Amanda. Si era appena alzata, ma le erano bastati due minuti in bagno per sistemare i lunghi e mossi capelli castano chiaro, e con appena un filo di trucco attorno agli occhi era bellissima.
- Vostra madre ha ragione, - affermò Steve, dando a Chloe il bicchiere di succo di mela. - Siamo una famiglia, non dobbiamo perdere tempo a litigare per cose inutili -. Jennifer e Chloe si guardarano male.
- Mi sono limitata a fare un'osservazione, - incrociò le braccia al petto Jennifer. Steve e Amanda si scambiarono uno sguardo esasperato.
- Jennifer, vieni in sala, parliamo un attimo, - disse infine Steve. La figlia maggiore sbuffò sonoramente, ma si alzò da tavola e seguì il padre fuori dalla cucina.
Amanda si sedette accanto a Chloe, che stava mangiucchiando un toast, tutta la sua attenzione rivolta ai fogli pieni di calcoli sparsi per il tavolo.
- Jennifer può essere cattiva a volte, - esordì Amanda. - Ma sai che è solo perchè a volte si sente messa da parte... -
- E se avesse ragione? - disse a sorpresa Chloe, alzando gli occhi castani sulla madre. - Se non fossi brava con i numeri quanto credo? -.
Amanda la guardò, un mezzo sorriso che le spuntava in viso.
- La radice quadrata di due? - chiese improvvisamente.
- 1,414213562373... - rispose subito Chloe.
- Visto? - la interruppe Amanda. - A me sembri piuttosto in forma -. Chloe riuscì a tornare a sorridere.
- Adesso, - continuò Amanda. - Il mio piccolo genietto potrebbe avere un po' di pazienza con sua sorella maggiore? -
- Va bene... - sbuffò Chloe. - Ci proverò... -


- Non puoi attaccare tua sorella in quel modo, - esordì Steve una volta arrivati in sala.
- Ma Chloe non fa altro che stare dietro ai suoi calcoli, tutto il giorno! - ribattè Jennifer. - Qualche volta potrebbe anche alzare gli occhi e partecipare alla vita, magari parlando in maniera comprensibile! -
- Sai che il fatto che è un piccolo genio matematico non la rende superiore a te, vero? - disse a tradimento Steve. Jennifer parve congelarso sul posto.
- Io... io non... non ho mai detto... non penso... - incespicò alla ricerca delle parole giuste, senza successo.
- Io e tua madre vi amiamo entrambe allo stesso modo, - continuò Steve. - Siete i nostri due miracoli, e avete entrambe le vostre qualità e i vostri difetti -.
Jennifer rimase in silenzio.
- Se pensi davvero che Chloe dovrebbe staccarsi più spesso dai suoi calcoli, allora parlane con lei, - continuò Steve. - Non attaccandola, ma come sorella -. Jennifer sospirò.
- Ci proverò... -

Scott quasi non si accorse che suo padre era entrato in camera: stava digitando in tutta fretta sul suo computer, la stanza immersa nel buio: le tapparelle erano chiuse, le tende tirate. Il letto vuoto testimoniava che il ragazzo non aveva neanche provato a dormire, troppo preso da qualsiasi cosa stesse facendo al computer.
- E così voglio proprio vedervi incespicare per cercare di rintracciarmi tra ventidue stati diversi... - sussurrò soddisfatto il ragazzo.
- Spero vivamente che quello non sia il Pentagono, - disse una voce alle sue spalle. Scott sobbalzò, balzando in piedi e afferrando la lampada della scrivania come arma.
- Riposo, soldato, - rise Micheal, suo padre. - Sono solo io -
- Oh, ciao papà... - sorrise imbarazzato Scott, affrettandosi poi a girarsi per chiudere il computer.
- Un'altra notte al computet? - continuò Micheal.
- Perchè, che ore sono? - chiese Scott.
- Le sette e mezzo del mattino, - rispose con un sospiro suo padre. Il ragazzo rimase un attimo in silenzio, poi...
-Oh -. Fu tutto quello che riuscì a dire. Micheal sospirò, andò alle finestre, le spalancò e aprì le tapperelle. La luce invase la camera; Scott cercò di non far vedere quanto gli ferisse gli occhi, e si limitò a sistemarsi nervosamente gli occhiali sul naso. Aveva i capelli rossi tutti scarmigliati e due occhiaie spaventose.
- Non puoi continuare così, - cominciò Micheal.
- Lo so,- disse subito Scott. - Mi dispiace, ho perso la cognizione del tempo, non succederà più -
- Me l'hai detto anche ieri mattina... e l'altro ieri... -. Il ragazzo si agitò sul posto. Micheal gli si avvicinò, sospirando.
- Anche io sono preoccupato per tua madre, - affermò. - Ma questo non è un buon motivo per restare svegli tutta la notte per entrare nei file del Pentagono! So che speri di trovare informazioni su quello di cui si sta occupando, ma c'è una ragione se quelle informazioni sono top-secret! - lo guardò negli occhi. - Dobbiamo fidarci di lei, vedrai che presto sarà a casa -. Scott si limitò ad annuire.
- Dai, - disse allora Micheal. - Prepara lo zaino per scuola, intanto vado a farti un caffè... -.
Appena il padre uscì, Scott tornò al computer, attaccò una chiavetta in cui scaricò tutte le informazioni a cui era riuscito ad avere accesso, poi cancellò ogni sua traccia dai radar informatici e spense il computer, infilandosi la chiavetta in tasca. Gli dispiaceva per suo padre, sapeva che era preoccupato e non voleva aggiungere nuova preoccupazione, ma quando una missione che doveva durare un mese si allungava fino a due mesi e mezzo, qualcosa era andato terribilmente storto, e Scott non si sarebbe arreso finchè non avrebbe scoperto cos'era successo a sua madre, Natasha Romanovv.

Luogo Sconosciuto
L'ufficiale si avvicinò al suo superiore, aspettando di essere interpellato. Non dovette attendere molto.
- Allora, è tutto pronto? -
- Affermativo, signore, se è uno di loro, lo sapremo entro sera -.
- Eccellente... -. L'uomo guardò fuori dalla finestra, accarezzandosi distrattamente la cicatrice che gli attraversava il volto.
- La prigioniera ha detto niente? - chiese poi.
- Niente, signore, ci stiamo ancora lavorando -.
- Bene, sbrigatevi, voglio quelle informazioni il prima possibile -.
- Certo, signore, - si congedò l'ufficiale.
L'uomo continuò a guardare fuori dalla finestra, gli occhi persi nel panorama ghiacciato intorno alla base.
"Ti troverò... Non possono proteggerti ancora per molto..."

ANGOLO MALATA DI MENTE
Ta daaaaa!
Ok, non so esattamente cosa sia uscito fuori, ma questo che avete letto è un esperimento. Un Pilot, per così dire, se ci sarà o meno il seguito dipende se pensate che l'idea sia interessante o meno.
Come avrete capito, questo capitolo ha presentato tutti i personaggi principali:
-Henry (Henrietta) Stark , figlia di Tony Stark e Pepper Popps. (Prestavolto Maddie Hasson)
-Iris Foster, figlia di Jane Foster e Thor. (Prestavolto Alexis Bledel)
-Chloe Rogers, figlia di Steve Rogers e Amanda, un nuovo personaggio (prestavolto Nicole Kidman), (Prestavolto Chloe - Cara Delavigne) -Jennifer Rogers, figlia di Steve Rogers e Amanda, sorella maggiore di due anni di Chloe (Prestavolto Elle Fanning)
-Scott Greyworld, figlio di Natasha Romanovv e Micheal, un nuovo personaggio ( prestavolto Micheal Fassbender), (Prestavolto Scott- Cameron Monaghan)

Allora, cosa ne pensate? Credete potrebbe essere una storia interessante?
Fatemi sapere se continuare o no!
A presto
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due



Musica sparata nelle orecchie. Capelli biondi spettinati. Occhiaie terrificanti senza un minimo di sforzo di coprirle con il trucco. Henry scese dal bus sulle note di Heart of Glass, camminando verso la scuola, attraverso il cortile gremito di studenti. La cosa buona della musica era che non doveva ascoltare tutte le conversazioni inutili che si ripetevano ogni mattina con poche modifiche.
Non riuscì ad arrivare all'entrata: un uragano dai corti capelli castani la travolse, le cuffie blu le si tolsero dalle orecchie proprio sul più bello e nel cadere le tirarono qualche ciocca di capelli.
- Credo di aver capito dove abbiamo sbagliato! - esclamò Chloe senza darle il tempo di riprendersi.
- Buongiorno anche a te, - sbuffò Henry, liberando i capelli dalla morsa delle cuffie e mettendo in pausa la musica che, fino a tre secondi fa, ascoltava in pace.
- Durante il terzo passaggio abbiamo calcolato che la x doveva essere uguale a 3,54, - continuò imperterrita Chloe. - Ma doveva essere 3,55, come ho calcolato stamattina a mente fresca, - e tirò fuori dalla borsa di cuoio a tracolla un fascio di fogli. - Ho rivisto gli ultimi calcoli, e con questa correzione oggi dovremmo riuscire a ripetere l'esperimento senza far esplodere niente! - e le porse i fogli.
- Fantastico, - si limitò a dire Henry, prendendoli e ricontrollandoli per sicurezza. Non voleva suonare sgarbata nei riguardi di Chloe, che sembrava davvero entusiasta per essere riuscita a scoprire l'errore in così poco tempo, ma il mal di testa la stava uccidendo e l'ennesima notte insonne cominciava a farsi sentire con un vago senso di nausea.
- Oggi pomeriggio puoi chiedere a tuo padre se possiamo andare nel suo laboratorio per l'esperimento? - chiese intanto Chloe.
- Oh, sì, - fece Henry, sarcastica. - Approverebbe di certo l'idea dei suoi preziosi oggetti ed esperimenti che esplodono... -
- Ma stavolta lo faremo funzionare! - ribattè Chloe, testarda.
- D'accordo, ci proverò, - sospirò Henry: tanto non sarebbe riuscita a dissuadere l'amica per nulla al mondo, quando Chloe si metteva un'idea in testa, non c'era verso di smuoverla.
- Henry! -. Una voce familiare le fece voltare: Iris avanzava verso di loro, i lunghi capelli castano scuro legate con cura in una treccia. Le raggiunse in pochi secondi.
- Hai notato... -
- ...i fogli della tua ultima composizione? - completò per lei Henry, tirandoli fuori dalla borsa nera. Iris li prese con un sospiro di sollievo.
- Grazie al cielo! - disse. - Avevo paura fossero esplosi o altro... -
- La mia camera è messa male, è vero, - replicò Henry. - Ma non così male! -. Chloe ed Iris si scambiarono uno sguardo significativo, ed Henry sbuffò.
Non poterono continuare a discutere dell'argomento, però, perchè Scott arrivò tutto trafelato, gli occhiali di traverso, i capelli rossi spettinati e due profondissime borse sotto gli occhi.
- Vi devo parlare, - affermò subito.
- Che succede? - chiese Iris, allarmandosi.
- Quando manca all'inizio delle lezioni? - la ignorò il ragazzo.
- Dieci minuti e quindici secondi, - rispose immediatamente Chloe. - Ma cosa...? -. Scott non la lasciò finire: si diresse veloce verso la scuola, e le ragazze non ebbero altra scelta che seguirlo.

Jennifer li guardò dall'altra parte del cortile. Chissà cosa avevano combinato stavolta quelle quattro mine vaganti... Sembravano preoccupati... Sopratutto Scott...
Scrollò le spalle: non doveva interessarle. In fondo -pensò con una fastidiosa fitta al petto- quelli erano gli amici di Chloe, non suoi.
Si dipinse un sorriso radioso in viso e per sentirsi meglio baciò a sorpresa Erik, il suo ragazzo, quarterback della squadra di football della scuola.
- Buongiorno anche a te, - le sorrise questi. Jennifer si strinse a lui, rispondendo al sorriso: non aveva bisogno di tre sfigati come amici per essere felice, stava benissimo così...

Scott continuò ad ignorare le loro domande finchè non entrò nella classe di informatica, a quell'ora vuota, chiudendo la porta non appena le ragazze furono entrare dietro di lui.
- Adesso hai intenzione di dirci cosa sta succedendo? - sbottò Henry, incrociando le braccia al petto. Scott frugò nella tasca e tirò fuori una chiavetta.
- Qui dentro ci sono informazioni top secret prese direttamente dal Pentagono, - spiegò rapidamente.
- Il Pentagono?! - esclamò Iris, scioccata.
- SSSHHH!! - la zittì con rimprovero il ragazzo.
- Scusa, - abbassò la voce Iris. - Ma hai rischiato di metterti seriamente nei guai! -
- C'erano il novantotto per cento di possibilità che ti scoprissero, - le diede man forte Chloe.
- Non avevo scelta, - ribattè Scott, seccato. - Mamma non torna dalla sua missione, doveva stare via solo un mese, ma oggi sono già due mesi e mezzo che non dà sue notizie, le è sicuramente successo qualcosa, ma nessuno vuole dirmi niente -.
- Anche mio padre ci sta mettendo più tempo del previsto a tornare a casa! - esclamò Iris, sgranando gli occhi. - Mamma non mi spiega mai il motivo, dice solo che ha un contrattempo... -
- Lì dentro potrebbero esserci informazioni sulla loro assenza? - chiese Henry, indicando la chiavetta.
- E' quello che spero, - annuì Scott. - Ma non appena la attaccherò al mio computer, considerando tutte le protezioni che ho installato, avrò più o meno sette minuti per cercare le informazioni che mi servono, poi il Pentagono si renderà conto dell'intrusione, perciò devo farlo in un luogo in cui nessuno possa disturbarmi -.
- A casa mia, - disse subito Henry.
- Ma Jarvis... - provò a dire Chloe.
- C'è una stanza nuova, nei sotteranei, in cui ancora non può arrivare, - spiegò Henry. - Scott può sistemarsi lì, e nel caso mio padre capiti da quelle parti, io e Chloe penseremo a distrarlo con calcoli e ipotesi sul nostro nuovo esperimento -.
- Può funzionare... - annuì Scott. Si sentiva più tranquillo ora che avevano un piano: sua madre era in pericolo, ne era assolutamente certo, e se nessuno voleva intervenire o informarlo ci avrebbe pensato da solo.
La campanella suonò, e i quattro amici sobbalzarono: si erano quasi dimenticati di essere a scuola!
- Dobbiamo andare a lezione, - affermò Iris. - Nessuno deve sospettare che abbiamo in mente qualcosa -. Gli altri tre annuirono, pienamente d'accordo.
Uscirono a turno dalla stanza vuota: Iris sgattaiolò via per prima, diretta a lezione di arte, poi toccò a Scott, che invece aveva ginnastica, per sua grande gioia...
Chloe ed Henry condividevano la prima ora di matematica, perciò uscirono insieme. Mentre si guardava intorno per controllare se qualcuno le stesse guardando, però, Henry sentì per un attimo il terreno mancarle sotto i piedi. Si appoggiò alla parete, chiudendo gli occhi e facendo dei respiri profondi.
- Ehi? - la chiamò la voce preoccupata di Chloe. Henry riaprì a fatica gli occhi: si sentiva sfinita.
- Tutto bene? - le chiese ancora l'amica. Agli occhi di Henry era una figura sfocata, ma si sforzò di metterla a fuoco, respingendo la stanchezza e la nausea.
- Sì, - annuì. - Sto bene, sto bene... Adesso andiamo, o faremo tardi -. Chloe la guardò dubbiosa, ma per il momento non insistette.

Scott odiava profondamente lezione di ginnastica: il suo cervello era completamente inutile, il professore non faceva che sbraitare e i giocatori di football si divertivano a fargli lo sgambetto quando meno se l'aspettava.
Quando la lezione finì, era più che felice, ma il suo sollievo durò poco: il tempo di entrare nello spogliatoio e scoprire che qualcuno aveva preso la sua giacca, la giacca che conteneva la chiavetta con le risposte che tanto agonava...
- Chi l'ha presa? - chiese subito, guardandosi intorno. Invece di rispondere, i compagni sogghignarono.
- Sono serio! - esclamò Scott, il panico che gli faceva pompare a mille il sangue nelle vene...
- Perchè ti agiti tanto, Greyworld? - fece Erik, avvicinandosi a lui con un ghigno. - Hai forse perso qualcosa? -. Gli altri sogghignarono ancora più forte.
- Dov'è la mia giacca? - chiese a denti stretti Scott. Non poteva permettere che degli idioti palestrati mandassero a monte il lavoro di tre notti in bianco!
- Provato nel magazzino? - rise Erik.
Ovvio. Certo che l'avevano messa lì. Che razza di idioti...
Il magazzino, come lo chiamavano gli studenti, era un piccolo edificio fuori dalla scuola, sul retro, dall'altra parte del campo da football: per recuperare la giacca, Scott ci avrebbe messo come minimo un'ora e mezzo, perdendosi il resto delle lezioni mattutine, e il bello era che l'unico ad avere le chiavi era il coach, che per niente al mondo gliele avrebbe date...
In silenzio, cercando di ignorare i sogghigni che lo circondavano, uscì dallo spogliatoio e si diresse verso il retro della scuola.

- Signore, nel terzo passaggio c'è un errore -.
Ci risiamo pensò Henry, scuotendo la testa: Chloe correggeva l'insegnante dalle elementari. Anche lei vedeva gli errori che troppo facilmente venivano fatti, ma al contrario dell'amica non alzava mai la mano per farli notare: aspettava che il cervello lento del professore di turno ci arrivasse da solo. A volte ci voleva tutta l'ora...
- Grazie, Rogers, - replicò a denti stretti il professor Manx. Chloe sorrise di rimando: lei era davvero convinta di fare un favore, non le passava neanche per l'anticamera del cervello che potesse risuonare fastidiosa; il professore, d'altro canto, sapendo della genialità della ragazza e dei suoi genitori, non le rispondeva mai male.
In un altro giorno Henry avrebbe preso in giro l'amica, ma quel giorno si sentiva davvero male: la testa le girava così tanto che doveva attaccarsi al banco per non crollare per terra, la vista si faceva sfocata ogni pochi secondi e la nausea sembrava peggiorare ogni minuto che passava. Si chiese se non fosse il caso di chiamare casa... Ma poi si immaginò suo padre che veniva a bordo di un elicottero, preoccupato da morire, e decise che avrebbe cercato di resistere.
Sentì in lontananza la campanella che suonava, ma alzarsi in quel momento le sembrava un'impresa impossibile: avrebbe solo rischiato di vomitare.
Intravide una figura vicino a lei, ma non riusciva a metterla a fuoco... c'erano anche delle voci... sembravano preoccupate...
- Sto... - sussurrò. - Sto bene... -. Un attimo dopo, una fitta le attraversò lo stomaco, facendola piegare in due. Il dolore si diffuse per tutto il corpo... senza sapere come, si ritrovò per terra... sentiva qualcuno gridare... no, era lei stessa a gridare...
Si lasciò sprofondare nell'oscurità, lontano dal dolore, con sollievo.

Luogo Sconosciuto
- Signore? -. Il primo ufficiale era arrivato a fare rapporto.
- Ebbene? - lo incitò l'uomo con la cicatrice.
- Abbiamo un riscontro, - rispose l'ufficiale. - Signore... l'abbiamo trovata -.

ANGOLO MALATA DI MENTE
57 visualizzazioni in poche ore (e continuano a crescere!), 50shadesofLOTS_Always che segue e la recensione positiva di DianaSparks49?!?!?!
Non mi sarei mai aspettava un'accoglienza tale per il mio piccolo e pazzo esperimento, davvero, grazie!
Per ringraziarvi, ecco il secondo capitolo!
Spero che i personaggi vi stiano piacendo, intanto sto sviluppando la storia meglio possibile, in modo che possa appassionarvi. Per ora, siamo agli inizi, i vari pezzetti del puzzle vengono disposti sul tabellone in attesa di formare, poco a poco, il quadro completo.
Spero a presto!
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre



Scott armeggiava con la serratura usando un fil di ferro, sperando di sentire un click da un momento all'altro, ma in realtà non aveva idea di cosa stesse facendo.
- Nei film funziona così, - si lamentò. All'interno di quel dannato magazzino si trovava il suo cappotto, con la chiavetta che poteva essere la risposta a tutte le sue domande... e lui veniva bloccato da una serratura per colpa dei bulletti palestrati della sua scuola! A volte Scott si trovava a desiderare che essere figlio di un'Avenger comportasse qualcosa di positivo, ma lui e le sue amiche riuscivano solo ad attirare prese in giro, paragoni frequenti ai loro genitori, e isolamento.
Tornò a concentrarsi sulla serratura, cercando di scacciare i pensieri deprimenti.
- Lo stai facendo nel modo sbagliato -. Una voce femminile lo fece sobbalzare. Si voltò di scattò, cercando di nascondere il fil di ferro e preparandosi ad inventare una scusa per la sua presenza lì, ma si trovò davanti a...
- Jennifer?! -. Che ci faceva la reginetta della scuola, sempre circondata dai ragazzi e le ragazze più popolari della scuola, sul retro a parlare con lui?
- Sì, - scrollò le spalle lei. - Sono io, e ti pregherei di chiudere la bocca, la mascella potrebbe slogartisi -. Scott non si era neanche reso conto che la stava fissando a bocca spalancata, e si sbrigò a richiuderla.
- Lo stai facendo nel modo sbagliato, - ripetè Jennifer, avvicinandosi. - Guarda... - e gli tolse il fil di ferro di mano, poi lo modellò ad uncino e lo rimise nella serratura. Armeggiò concentrata per qualche secondo, poi... click!.
- Ecco, - si ritirò su, soddisfatta. - Così - e gli sorrise. Gli sorrise!
Scott non l'aveva mai vista sorridere, non così: sembrava illuminarsi.
- Cavolo, - fu tutto quello che riuscì a dire. - Grazie! -
- Di niente, - scrollò le spalle lei. Il ragazzo stava per rispondere, ma un'improvvisa vertigine gli tolse il fiato; si appoggiò alla parete del magazzino, chiudendo gli occhi per non vedere il mondo vorticargli attorno, aspettando che passasse.
- Stai bene? - gli chiese esitante Jennifer. La vertigine cominciava già ad abbandonarlo. "Ho proprio bisogno di una notte passata a dormire" pensò Scott, raddrizzandosi. Sorrise in direzione della ragazza, cercando di ricomporsi: non poteva fare una delle sue solite figuracce, non adesso!
- Sto bene, - affermò. - Ti devo un favore -
- No, - scosse la testa lei. - Non direi -. Il sorriso era scomparso, con rammarico del ragazzo. - Ho saputo poco fa cosa ha fatto Erik, non avrebbe dovuto, non mi è sembrato giusto, così ho deciso di intervenire -. Adesso evitava di guardarlo, come se improvvisamente si fosse pentita di averlo aiutato.
- Ora devo andare, - disse velocemente, occhi bassi. - Non farne parola con nessuno -. E scappò via. Scott non aveva neanche fatto in tempo a ringraziarla sul serio...
Mentre recuperava il cappotto, pensò a quanto poco concoscesse Jennifer. Certo, era amico di Chloe, ma le poche volte che lei li aveva invitati a casa sua, Jennifer era chiusa in camera a parlare al telefono, o fuori a vedersi con le amiche o col fidanzato. Scott non ci aveva mai dato troppo peso: da come la descriveva Chloe, era una sorella terribile! E quando erano a scuola Jennifer non dava mai cenno neanche di conoscerli... Ma adesso, improvvisamente, spuntava fuori e lo aiutava!
"Jennifer Rogers" pensò Scott, uscendo dal magazzino con il cappotto in spalla e chiudendosi la porta alle spalle. "Sei un vero mistero...".
I suoi pensieri furono interrotti bruscamente da Iris: la ragazza correva per il prato gridando nella sua direzione, la treccia ben fatta la mattina ormai tutta spettinata.
- Dov'eri finito?! - lo aggredì appena lo raggiunse.
- Io... - provò a dire Scott, preoccupato per l'agitazione dell'amica.
- Non importa, - lo interruppe subito lei. - Mi manda Chloe, dobbiamo andare subito in infermeria -.
- Cosa?! - esclamò Scott. - Perchè? Cosa è successo?? -
- Henry è svenuta in classe -.
Non servirono altre parole: i due ragazzi sfrecciarono verso la scuola, preoccupati.

All'inizio le sembrava di essere sott'acqua: i suoni erano attutiti, la luce lieve l'avvolgeva, e c'era pace... Non ricordava come fosse arrivata lì, ma non le importava: voleva rimanere immersa nell'oblio, in pace con se stessa...
Ma i suoni erano sempre più insistenti, e riuscirono a rompere il guscio di pace che l'avvolgeva: quasi le sembrò di sentirlo sgretolarsi... Poi, cominciò a distinguere i suoni in parole:
-Dimmi di nuovo com'è andata -
- Eravamo in classe, già prima nel corridoio per un attimo mi è sembrato che stesse male, ma continuava a dire di stare bene, così siamo andate a lezione... -
- E a lezione come stava? -
- Era silenziosa, ma non mi sono preoccupata, è
Henry, è sempre silenziosa a lezione! -
- Ma stavolta c'era qualcosa di diverso? -
- L'unica cosa diversa era che non mi ha preso in giro per i miei interventi, ma per il resto sembrava normale, poi è suonata la campanella, ma lei non dava segni di volersi muovere: si era aggrappata al banco come se temesse di cadere da un momento all'altro... -
- E poi...? -
- Le ho chiesto cosa avesse, ma ha solo fatto in tempo a mormorare di stare bene, poi è crollata a terra... -
la voce tremò. -Avrei dovuto accorgermene! Come ho fatto ad essere così stupida?! -
Socchiuse gli occhi: il bianco accecante sfumò lentamente in un soffitto a lastre di plastica. Abbassò lo sguardo, distinguendo a fatica alcune persone sedute attorno al suo letto.
- Non è stata colpa tua, Chloe, - disse intanto una voce rassicurante.
- Più che altro, - intervenne una terza voce. - Vorrei sapere cosa state facendo esattamente per aiutare mia figlia! -
- Tony, - cercò di calmarlo la voce rassicurante di prima.
- No, sul serio, - continuò Tony imperterrito. - C'è qualcuno in questa scuola che sa dirmi come mai mia figlia sia svenuta?! -.
Svenuta.... I ricordi di quello che era successo le invasero improvvisamente la mente: il malessere, le vertigini, il buio...
- Papà... - intervenne. La sua voce era incredibilmente flebile, ma tutti i presenti si zittirono all'istante. Henry fece un respiro profondo e cercò di mettersi seduta: si sentiva molto meglio di quando era svenuta, quello era poco ma sicuro!
- Fai piano! -. Il primo a riprendersi fu Tony.
- Sto bene, - gli sorrise Henry, riuscendo a mettersi seduta. Intorno a lei c'erano suo padre, il più vicino, sua madre, che le sorrideva sollevata, e Chloe, con gli occhi rossi e dei fazzoletti in mano. L'infermiera della scuola contro cui Tony stava sbraitando poco prima si era ritirata nella stanzetta accanto o, come lo chiamavano gli studenti, "L'ufficio bianco"
- "Stai bene" come quando sei svenuta? - ironizzò Tony.
- No, - rispose Henry. - A dire il vero sto molto meglio, dovevo aver bisogno di una bella dormita! -
- Ecco, hai centrato il punto, - colse l'occasione Pepper. - Perchè non ci hai detto dei tuoi problemi d'insonnia? -. Non sembrava arrabbiata, piuttosto preoccupata e delusa, il che era molto peggio. Henry guardò d'isinto Chloe, l'unica che potesse aver rivelato il fatto ai suoi genitori; la ragazza si soffiò il naso e abbassò gli occhi a mò di scusa, ma Henry non se la sentiva di prendersela con lei: non doveva essere stato bello vederla svenire!
- Non volevo farvi preoccupare, - rispose, spostando lo sguardo su suo padre, che la guardava con rimprovero.
- Non devi mai pensare una cosa simile! - affermò questo con forza. - Siamo i tuoi genitori, preoccuparci per te è il nostro lavoro, tu devi parlarci dei tuoi problemi, siamo qui per questo! -. Henry annuì, cercando di apparire più convincente possibile: si sentiva davvero in colpa per non aver detto niente, ma in qualche modo sperava che ignorare il problema l'avrebbe fatto sparire... Invece era finita in infermeria.
- Ti ho preso un campione di sangue, - continuò suo padre. - Ho intenzione di analizzarlo e capire qual è il problema... Non fare quella faccia! Non mi fido delle infermiere della scuola -. Henry sbuffò, ma decise di non ribattere: suo padre voleva sempre fare le cose a modo suo.
- Adesso andiamo a casa, forza, - si alzò Pepper.
- Ma io ho un test di biologia nel pomeriggio! - esclamò Henry. Lei, Chloe, Iris e Scott avevano passato quattro pomeriggi a studiare, cercando di lasciare il tempo anche per i loro esperimenti serali, ma si erano impegnato davvero, non poteva saltarlo! Chloe emise un suono buffo, a metà tra una risata e un sospiro.
- Parlerò con il professore e lo farò spostare, - ribattè velocemente Tony.
- Non voglio usare il nome Stark per forzare le cose, - incrociò le braccia al petto la ragazza. Tony guardò in direzione di Pepper, probabilmente in cerca di supporto, ma la donna scrollò le spalle e sorrise in quel suo modo enigmatico. Allora, Tony fece un respiro profondo e si voltò di nuovo verso la figlia.
- Allora mi rivolgerò al professore solo come genitore chiedendogli cortesemente di farti recuperare il test domani, - disse. Henry sorrise: quel compromesso poteva andarle bene.
Mentre suo padre usciva dall'infermeria per scendere a parlare con il professore, entrarono Iris e Scott. Erano ansimanti: sembravano essersi fatti tutta la scuola a corsa!
- Henry! - esclamò Iris appena ebbe abbastanza fiato.
- Ciao... - sorrise la ragazza, un po' imbarazzata per aver fatto preoccupare così tanto i suoi amici.
- Chloe mi ha detto cosa è successo, - spiegò Iris. - Sono andata a chiamare Scott e siamo corsi qui... Stai bene?! -
- Benissimo, - la rassicurò Henry. - Sul serio, - aggiunse alla faccia scettica dei suoi amici.
- Per oggi però hai finito con la scuola, - affermò Pepper alzandosi in piedi. - Appena torna papà andiamo a casa... Adesso scusate un attimo, vado a prendere il campione di sangue che Tony ha chiesto gentilmente all'infermiera -. Henry si limitò ad annuire, osservando sua madre scomparire nell'Ufficio Bianco.
- Sicura di stare bene? - chiese Scott, sedendosi.
- Sicurissima, - affermò Henry. - Potete smettere di preoccuparvi per me -
- E' colpa dell'insonnia? - fece Iris.
- Pare di sì, ma mio padre non è convinto, - rispose Henry.
- Beh, - sospirò Scott. - Pare che dovremo rimandare... -
- Cosa? - esclamò Henry. - Perchè? -. I suoi amici la guardarono come se fosse matta.
- Sei svenuta, stai male, non possiamo presentarci tutti a casa tua questo pomeriggio, sopratutto non per accedere a dei file segretissimi, - spiegò Scott.
- Ma che dite! - esclamò Henry. - E' perfetto! Papà e mamma saranno distratti da me per tutto il pomeriggio, così voi potrete agire senza essere disturbati! E il fatto che sono svenuta è un buon motivo per cui i miei migliori amici debbano venire a trovarmi -
- Ma... - provò a ribattere Chloe, ancora non convinta.
- Niente ma, - la bloccò Henry. - Sono seria quando dico che sto bene, mettetevelo bene in testa! -.
Iris, Scott e Chloe si scambiarono uno sguardo dubbioso, ma Henry, decisa ad eliminare la preoccupazione dai loro occhi, si scrollò di dosso le coperte e si alzò in piedi. Riesce a nascondere egregiamente il giramento di testa che la coglse per un attimo, e sorrise ai suoi amici.
- D'accordo, - si arrese Scott. - Ci saremo -.

- Ti prego mamma, dimmi che non siete venuti qui in elocottero! -. Pepper sorrise, accompagnando la fila fuori dall'infermeria e giù per le scale.
- Ci siamo andati vicini, - rispose. - Ma Happy era già pronto con l'auto e l'elicottero era ancora da accendere, perciò sei salva -. Henry sospirò di sollievo. Non è che non fosse felice di essere una Stark, ma durante il suo primo anno non aveva fatto altro che ricevere prese in giro perchè suo padre era il famoso Tony Stark che mandava la figlia a scuola con la limusin... Dopo aver fatto a botte per due volte, lei e suo padre erano arrivati ad un compromesso: niente sottolineature del nome Stark, profilo basso e basta risse... Per due anni era filato tutto liscio, ed Henry aveva intenzione di continuare così.
- Sicura di stare bene? - le chiese Pepper mentre percorrevano il corridoio verso l'uscita.
- Sono stanca che le persone continuino a chiedermelo! - sbuffò la ragazza. - Sto bene, lo svenimento di oggi è stato solo uno stupido incidente... -
- Non puoi biasimarci se ci preoccupiamo, - la riprese Pepper.
- Sì, probabilmente è vero... - sospirò Henry, sperando di aver chiuso il discorso.
Appena uscirono dalla scuola Happy le raggiunse.
- Henrietta! - esclamò. - Sali in auto, appena arriva tuo padre ti porto a casa, così puoi metterti a letto a risposarti... Ho detto a Friday di prepararti una cioccolata calda -
- Non dovevi... - provò a dire Henry.
- Non ci provare! - la interruppe Happy. - Sei svenuta, quindi ora non polemizzare come al tuo solito e sali in auto! -. Henry alzò gli occhi al cielo, ma Pepper poteva giurare di averle visto un sorriso spuntare in volto mentre ubbidiva.

- Che ne pensate? - esordì Iris sedendosi al loro solito tavolo vicino alla finestra, vassoio in mano.
- Penso che Henry stia dissimulando tutto, - sbuffò Scott. - Come al suo solito... - aggiunse poi.
- Non dovevamo accettare, - affermò Iris. - Non importa cosa dica lei, non sta bene e non possiamo mettere in atto un piano segreto in questo momento... -
- Non l'avremmo mai dissuasa, - sospirò Scott. - E poi, non ha tutti i torti: i suoi genitori saranno talmente presi dalla vicenda da non fare caso a noi -.
Chloe continuava a giocherellare con la forchetta, occhi bassi, immersa in tetri pensieri. Iris e Scott si scambiarono un'occhiata significativa: pensavano di sapere piuttosto bene quale fosse il problema della loro amica...
- Chloe... - esordì timidamente Iris. - Lo sai che non è stata colpa tua, vero? -
- Avrei dovuto accorgermente, - borbottò la ragazza in risposta.
- Non farlo, - affermò Scott.
- Fare cosa? - lo guardò seccata Chloe.
- Prenderti tutta la responsabilità dell'accaduto, - rispose Scott. - Tendi a sentirti in colpa anche quando non hai alcun motivo per esserlo... -
- Se mi fossi accorta prima che qualcosa non andava, non sarebbe svenuta, - ribattè Chloe.
- Questo non puoi saperlo, - affermò Iris. - Scott ha ragione: non è stata colpa tua. Se non ti senti convinta, oggi parlane con Henry -.
Chloe si limitò a tornare a fissare il suo piatto cupamente.

ANGOLO MALATA DI MENTE
E sì, eccomi qua. Ancora viva.
Mi dispiace averci messo così tanto a postare questo terzo capitolo, ma sono stata via di casa in un posto in cui non c'è il Wi-Fi neanche a pagarlo oro, cosa che non mi aspettavo, perciò il capitolo è rimasto a marcire, mezzo fatto, sul computer.
Spero che vi piaccia, dopo tutta questa attesa!
Il prossimo capitolo è in lavorazione, cercherò di aggiornare il prima possibile!
Grazie a tutti i lettori silenziosi (aumentate ogni momento che passa!), a DianaSparks49 per la sua recensione (e di nuovo scusa se ti ho fatta attendere così tanto!) e a 50shadesofLOTS_Always per aver messo questa mia piccola pazzia tra le seguite.
A presto con il prossimo capitolo, in cui si comincerà a fare chiarezza sui veri motivi per cui Henry si è sentita male...

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo quattro



Henry stava sorseggiando la sua cioccolata calda quando i suoi amici arrivarono. Era felice di essere riuscita a convincerli a venire nonostante l'incidente a scuola, e non solo perchè così potevano scoprire qualcosa di più sulla mamma di Scott e il padre di Iris, ma anche perchè non voleva restare sola quel pomeriggio: non lo dava a vedere, ma si era davvero spaventata per il fatto di essere svenuta, e passare un po' di tempo con i suoi amici era quello che le serviva per riprendersi sul serio.
- Salve, - esordì una voce artefatta dietro di lei. - Sono delle pompe funebri, come sa mi trovo qui per parlare del funerale da organizzare per la signorina Henrietta Stark... -
- Scott, - sbuffò Henry, voltandosi verso l'amico. - Smettila di fare lo scemo -
Lui si limitò a sorriderle divertito, accomodandosi sul divano bianco circolare accanto a lei, seguito immediatamente da Iris e Chloe.
- Ehi, - chiese subito Iris. - Come stai? -
- Quante volte devo ripetervi che sto bene per riuscire a convincervi? - alzò gli occhi al cielo Henry.
- Ancora una, pare, - sbuffò Iris.
- Com'è andato il test di biologia? - Henry decise di cambiare argomento.
- Credo bene, anche se l'ultima domanda era un po' trabocchetto... - rispose Iris. - La finisci quella cioccolata calda? - chiese poi. Henry gliela passò senza neanche rispondere. Tempo due secondi, l'amica l'aveva finita.
- Allora, - il tono della ragazza diventò improvvisamente serio. - Mio padre è al laboratorio ad analizzare il mio campione di sangue, mia madre lo sta aiutando, anche se ogni tanto risale a vedere come sto, e al momento Friday è impegnato con mio padre, perciò è il momento giusto per agire -. Scott annuì, serio in volto.
- Cercherò di sbrigarmi, - disse alzandosi. - Ma ho bisogno di qualcuno che faccia da palo, non si sa mai -.
- Vengo io, - si alzò anche Iris. - Tanto Chloe deve rimanere qui a chiarire qualcosa, vero? -. Chloe si limitò a sbuffare. Henry guardò confusa Scott ed Iris, ma i due non le diedero nessuno spiegazione: sfrecciarono verso l'ascensore e scomparvero poco dopo.
Nonostante le parole di Iris, Chloe sembrava ben decisa a non guardare Henry, figurarsi parlarle. Passarono così qualche secondo, finchè Henry decise di smetterla con le stupidaggini.
- Ok, - disse, sistemandosi di fronte a Chloe. - Sputa il rospo -.
Silenzio.
- Chloe, sono seria, apri la bocca e dimmi qual è il problema, sai quanto detesto i silenzi tesi -.
Ancora silenzio.
- Chloe... -
- E' una stupidaggine, va bene?! - esclamò la ragazza incrociando le braccia al petto.
- Perfetto, - ribattè Henry. - Allora sarà ancora più semplice parlarne -. Chloe alzò finalmente gli occhi dalle sue apparentemente interessantissime scarpe da ginnastica.
- E' solo... -. Si interruppe, alla ricerca delle parole giuste. - Io... mi sarei dovuta accorgere che non stavi bene -.
- Allora è per questo! - esclamò Henry. - Ti senti in colpa... -
Chloe non rispose. Henry era molto vicina al ridere per il sollievo: si era immaginata chissà cosa!! Ma conoscendo l'amica riuscì a trattenersi.
- E' una sciocchezza, dammi retta, - disse invece. - Non ha senso che ti senti in colpa per il mio incidente... -
- Se non avessi ignorato il mio istinto magari non saresti svenuta! - esclamò Chloe, scaldandosi. - E se fosse stato qualcosa di più grave? Se non ti fossi ripresa? Stavi male e non ho fatto assolutamente niente per aiutarti! Avrei dovuto... -
- EHI! - la bloccò Henry, mani in alto. - Guardami... No, Chloe, guardarmi! Ecco: sto bene. Ficcatelo in testa: sto bene. Non hai nessuna colpa... Non avresti nessuna colpa neanche se fossi entrata in coma o altro: sono stata io a tenere nascosto il fatto che mi sentivo male, io e nessun altro, capito? -.
Chloe ed Henry si guardano negli occhi per secondi che sembrarono ore, la prima incerta, la seconda ben decisa a far sentire meglio l'amica... Finchè Chloe sospirò.
- Capito -. E l'atmosfera, come per magia, tornò leggera.
- Bene, - sorrise Henry, per poi aggiungere: - certo che sei una testona... -. In tutta risposta si beccò una cuscinata in faccia.

Le porte dell'ascensore si aprirono, ma per fortuna non ci fu nessun Friday a dar loro il benvenuto: Henry aveva ragione, quella zona era fuori il controllo di Stark.
Iris e Scott percorsero un lungo corridoio dalle pareti grigio scuro, per poi trovarsi davanti ad una porta color verde metallico.
- Ho l'impressione che questa parte del palazzo non sia stata ancora sistemata, - disse Iris.
Scott aprì la porta e i due ragazzi si trovarono in una stanza molto ampia, spoglia, priva di qualcunque decorazione o mobile.
- Naaaah, - fece Scott. - E' solo una tua impressione... -.
Senza perdere altro tempo, il ragazzo aprì la borsa a tracolla che si portava sempre dietro e tirò fuori il suo computer, poi la chiavetta. Mentre Iris andava a fare il palo sulla soglia della stanza, lui si accovacciò per terra e accese il computer. Nella mano sinistra stringeva la chiavetta: quel piccolo oggetto poteva contenere tutte le informazioni che cercavano...
Senza più indugiare, la attaccò al computer e si mise a lavoro.

Quando Pepper salì a vedere come stava Henry, trovò Chloe che chiaccherava tranquillamente con sua figlia. Era felice di vedere che si erano riprese entrambe "dall'incidente", Chloe sembrava davvero sconvolta l'ultima volta che l'aveva vista.
- Ehi, - le salutò. - Siete solo voi due? Gli altri combinaguai dove sono? -
- Chi, Scott e Iris? Saranno qui tra poco, Chloe è venuta prima perchè voleva parlarmi, - rispose Henry senza voltarsi.
- Va bene, - annuì Pepper, poi si rivolse a Chloe. - Se vuoi rimanere a cena, sei la benvenuta -.
- Grazie, - rispose la ragazza. - Ma stasera è la serata libera di papà e mamma ha già prenotato un ristorante per una cena di famiglia -.
- Nessun problema, - rispose Pepper. - Comunque, - e girò attorno al divano fino a trovarsi di fronte alla figlia. - Tuo padre sta analizzando il tuo campione di sangue... -
- Ancora?! - esclamò Henry. - Ci sta lavorando da ore! -
- E credo ne avrà ancora per molto, - affermò Pepper. - Oggi era sconvolto, se vedere che non hai niente che non va lo fa stare meglio, direi di lasciarglielo fare -. Henry annuì, sospirando.
In quel momento le porte dell'ascensore si aprirono e Iris e Scott corsero verso il salotto, precipitandosi nella stanza. Avevano l'aria sconvolta...
- Ehi! - li salutò Pepper, sorpresa. - Va tutto bene? -. I due ragazzi rimasero congelati sul posto: non si aspettavano di trovare la madre di Henry.
- Che bello! - esclamò Chloe in tono esageratamente acuto. - Siete finalmente arrivati! -.
- Oh -. Iris fu la prima a riprendersi. - Sì, noi... abbiamo... trovato traffico -. E pestò il piede di Scott per scuoterlo.
- Sì! - esclamò lui in tono acuto. - Molto traffico... molte... auto... - e la sua voce si spense.
- Come stai, Henry? - decise allora di chiedere Iris.
- Bene, grazie, - rispose la ragazza, mentre li scrutava come per cercare di capire cosa avessero scoperto.
- D'accordo... - disse Pepper in tono dubbioso. - Torno al laboratorio, vado a vedere se Tony ha fatto -
- Portagli i nostri saluti, - sorrise Scott... o meglio: tentò di sorridere, ma con quell'espressione sembrava più un maniaco...
Appena Pepper scomparve nell'ascensore, Chloe ed Henry cominciarono a bombardare di domande Iris e Scott.
- Cosa avete scoperto? -
- Come sta tua madre, tutto bene? -
- Sai dov'è? -
- Perchè non è tornata? -
- E Thor? -
- Il Pentagono non vi ha scoperti, vero? -
- UNA DOMANDA ALLA VOLTA! -. Il grido di Scott riuscì a calmare le acque.
- Scusate, - sussurrò Chloe. Iris e Scott si scambiarono uno sguardo e si sedettero di fronte alle loro amiche.
- Allora? - Henry non riuscì a trattenersi.
- Siamo riusciti a capire che fine ha fatto mia madre, - cominciò a spiegare Scott. - Era in missione segreta per il Pentagono, doveva spiare un certo Evan Greyback, sospettato di essere a capo di un'organizzazione che si pensava distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale insieme all'HYDRA, ma proprio quando mia madre ha comunicato di avere informazioni importanti, è scomparsa, non riescono a rintracciarla -.
- Di cosa si occupava quest'organizzazione? - chiese Chloe.
- Esperimenti umani all'avanguardia: alterazioni di DNA, elettroschock, sezionamento del cervello, studio del sistema nervoso... -. Il gruppo rabbrividì.
- E su Thor? - chiese Henry. - Avete scoperto niente? -.
Iris abbassò gli occhi per cercare di nascondere il fatto che fossero lucidi.
- Lui... -. Fece un respiro profondo. - Non riescono a comunicare con Asgard, l'ultima informazione che hanno avuto era che il Bifrost non funzionava più e che Heimdall era rimasto ferito in seguito ad un attacco -. Si accorse di star tremando; cercò di intimarsi di smetterla: Scott aveva scoperto che la madre era stata rapita da un'organizzazione segreta che si occupava di esperimenti umani dalla Seconda Guerra Mondiale e riusciva a mantenere la calma, lei invece tremava e aveva voglia di piangere solo perchè c'era la possibilità che non rivedesse più suo padre se il Bifrost non si riapriva... Un singhiozzo la scosse e lei si portò le mani alla bocca, come per nasconderlo.
- Ehi... - sussurrò Chloe, avvicinandosi a lei. - Tranquilla - la abbracciò. Scott sospirò e cominciò ad accarezzarle la schiena. Iris allora si lasciò andare, e pianse. Si sentiva debole e in colpa per questo, ma nessuno dei suoi amici la giudicò: fin da piccoli era sempre la stata la più sensibile tra loro.
Vedendola in quelle condizioni, anche Henry sospirò e fece per avvicinarsi e abbracciarla (cosa che non faceva mai!), ma appena si alzò in piedi una fitta le attraversò la testa, poi tornò la nausea, e prima di rendersene conto Henry era in ginocchio, a tenersi la testa tra le mani e a cercare di non vomitare sul tappeto blu.
- Henry? - la chiamò Iris, asciugandosi gli occhi frettolosamente.
- Che succede? - fece Chloe. - Stai bene? - e si inginocchiò vicino all'amica.
- Cosa possiamo fare? - chiese Scott, preoccupato.
Ma Henry non rispose a nessuno dei tre: le loro voci erano ovattate, lontane, come provenienti da un sogno...

- Allora, - Pepper entrò nel laboratorio. - Come va la ricerca di malattie inesistenti? -. Il suo tono scherzoso, però, si spense non appena Tony si voltò verso di lei, pallido.
- Che succede? - chiese preoccupata.
- Io... - balbettò Tony. - Io credo di aver capito perchè Henry è svenuta -. Non potè continuare, però, perchè improvvisamente si accese l'allarme, seguito dalla voce di Friday.
- Signori Stark, vostra figlia si sta sentendo male -. Fecero in tempo solo a sentie questo: gli oggetti della stanza cominciarono a tremare, le luci a lampeggiare... Tony e Pepper si precipitarono verso i piani superiori.
Dovettero usare le scale (le porte dell'ascensore si stavano accartocciando su loro stesse) e quando arrivarono nel salotto trovarono Iris, Scott e Chloe che cercavano di scuotere Henry, che si teneva la testa tra le mani e tremava. Gli oggetti nella stanza sembravano ripiegarsi su loro stessi, vibrando in direzione della ragazza.
- Henry! - gridò Tony, correndo verso la figlia. Ma non fece in tempo a fare più di tre passi, che Henry scomparve nel nulla.

ANGOLO MALATA DI MENTE
Eh sì, eccomi qua.
Per quanto possiate avermi data per morta, sono ancora qui!
Mi scuso infitamente per il ritardo, ma per scrivere questo capitolo ci ho messo un bel po', cercando di rendere tutto chiaro e di dare il punto di vista dei vari personaggi, rendendoli tutti tridimensionali. Spero vivamente di esserci riuscita!
Cosa ne pensate del capitolo? So che mi odiate per il finale... Ma cosa credete sia successo ad Henry? E cosa avrà scoperto Tony sulla figlia?
Grazie a tutti i numerosi lettori silenziosi, a chi segue, preferisce e ricorda.
Ricordate: non abbandono mai le mie storie!
A presto con il prossimo capitolo
AllisonHermioneEverdeen

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque



Appena la sensazione di star per vomitare scomparve, Henry fece un respiro profondo e aprì gli occhi. Non aveva idea di dove fosse, l'oscurità la circondava, ma tastando intorno a sè sentì delle pareti lisce, umide, strette... un corridoio.
Ancora tremante, si alzò in piedi, cercando di fare mente locale per capire cosa diavolo fosse successo: era a casa sua, stava parlando con Scott, Iris e Chloe delle ultime scoperte, ma quando si era alzata per consolare Iris era successo qualcosa... si era sentita male, proprio come in classe, anche se questa volta non era svenuta, era solo finita in un altro posto.
- Teletrasporto, - sussurrò. Le sembrava assurdo anche solo pensarlo! Certo, sapeva che c'erano individui con capacità fuori dal comune, e conoscendo il lavoro di suo padre non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto... ma perchè lei? I suoi genitori non avevano capacità che potesse aver ereditato, nè aveva partecipato a qualche folle esperimento... Sospirò: non aveva alcun senso.
In quel momento, però, non era la sua priorità: doveva risolvere la situazione in cui era precipitata.
Per non cedere al panico, cercò di stilare una scaletta di cose da fare:
1) cercare di capire dove diavolo fosse finita, quindi in sostanza percorrere il corridoio buio fino ad una porta, un'uscita, un'altra stanza o qualunque cosa ci fosse;
2) trovare un modo per comunicare con la sua famiglia, e per questo bastava una radio da sintonizzare sul canale di emergenza, come le aveva insegnato Tony quando aveva solo sei anni (il cellulare era rimasto a casa sua, dove sarebbe stato molto utile); 3) aspettare rinforzi o trovare un modo per tornare da sola a casa (dipendeva strettamente da dove era finita).
Avere in mente una lista di cose pratiche da fare la rassicurò il tanto che bastava per drizzarsi bene in piedi, fare un respiro profondo e cominciare a percorrere il corridoio immerso nell'oscurità.

Per un attimo, nessuno fece niente. Stettero lì, immobili, a fissare il punto vuoto dove solo un attimo prima stava Henry. Se qualcuno fosse passato in quel momento, avrebbe potuto facilmente scambiarli per statue: Iris in ginocchio, le mani a coprire la bocca, terrificata; accanto a lei Chloe, gli occhi spalancati nella stessa, identica espressione di Scott, che stava in piedi dietro le ragazze. Più indietro, tra il divano e le scale, Pepper e Tony, immobili e con lo sguardo perso di chi deve ancora elaborare ciò che è appena successo.
La prima a riprendersi fu Iris.
- Henry! - esclamò con voce strozzata, rialzandosi in piedi di scatto. - Cos'è successo? Dov'è finita?! - e prese a guardarsi intorno, come sperando di vederla spuntare da dietro il divano gridando: "Scherzetto!".
- E' sparita, - disse Chloe con voce incredula. - E'... è semplicemente sparita... -
- Dobbiamo fare qualcosa! - questo era Scott, già pronto ad indagare, a violare i sistemi di sicurezza di qualunque computer mondiale... - Signori Stark? - si voltò verso i due. - Che cosa facciamo? -
Adesso tutti e tre i ragazzi fissavano Pepper e Tony, ma se la prima resitutuì il loro sguardo e si sbloccò, pronta all'azione, il secondo stava ancora fissando il tappeto vuoto.
- Tony? - lo chiamò gentilmente, poggiandogli una mano sulla spalla per scuoterlo. L'uomo sobbalzò come attraversato da una scossa elettrica.
- Wormhole, - affermò.
- Come? -
- Henry ha aperto un wormhole, un portale che l'ha trasportata da qualche altra parte, - spiegò Tony. Cercava di apparire sicuro di sè, ma era scosso da tremiti.
- Com'è possibile? - chiese Chloe. - Nessuno di voi ha capacità straordinarie... -
- Non al momento, - rispose Tony mentre Pepper lo conduceva sul divano. Si sedettero tutti attorno a lui.
- Signor Stark, può spiegarsi meglio? - lo incitò Scott.
- Bene, - sospirò Tony. Raccolse le idee e riprese: - Sapete che capacità straordinarie possono essere ereditate dai genitori, e avete ragione nel dire che io e Pepper siamo assolutamente privi di super poteri, ma molti anni fa Pepper è stata rapita da un mio vecchio amico... -
La donna sbiancò. - Non starai dicendo...?! -
- Questo mio vecchio amico la sottopose ad un esperimento, e per qualche tempo Pepper ebbe effettivamente capacità straordinarie -
- Ma le avevi cancellate! - esclamò Pepper.
- Non ho potuto cancellarle, erano ormai inserite nel tuo DNA, rischiavo di danneggiarlo, ma le ho soppresse con appositi geni soppressori, ideati artificialmente da me e perfettamente coordinati con il tuo DNA per evitare danni, in modo che i tuoi poteri non si esprimessero -
- Ma Henry non ha ereditato i geni soppressori, solo quelli mutati, così ha sviluppato questo superpotere, - completò Chloe.
- Non credevo sarebbe stata possibile una cosa del genere, ma i geni mutati di Pepper si sono legati ad alcuni geni miei dando luogo a nuove capacità, - affermò Tony. - Me ne sono accorto osservando il campione di sangue -.
Per qualche secondo, nessuno parlò, tutti troppo occupati ad elaborare le ultime scoperte.
- E adesso che facciamo? - chiese infine Iris. - Non possiamo stare con le mani in mano! Henry è scomparsa, adesso è chissà dove senza avere idea di cosa sia successo...! -
- Potrei localizzare il suo cellulare! - esclamò Scott, mano sulla borsa contente il portatile.
- Inutile -. Chloe indicò il telefono di Henry, abbandonato sul divano bianco.
- Non ha altri dispostivi elettronici con sè, - disse Tony quando Scott si voltò a guardarlo.
- D'accordo, allora... - il gruppo si spremeva le meningi per capire cosa fare...
- Le telecamere di sicurezza! - esclamò d'improvviso Iris, voltandosi verso l'amico.
- Ma certo! - si illuminò lui. - Controllerò se è comparsa in un altro punto della città... - e si mise subito a lavoro, impaziente di fare qualcosa.
- Dobbiamo chiamare i vostri genitori, - affermò Pepper.
- Non vorrete rimandarci a casa! - esclamò Chloe. L'idea di passare la serata in un ristorante con i suoi genitori e Jennifer mentre Henry era là fuori da qualche parte, sola e confusa la faceva inorridire!
- Niente del genere, - si affrettò a rassicurarla Pepper. - Ma se non li avvisate della situazione si preoccuperanno. Tony, pensi che... Tony? - l'uomo non era più seduto accanto a lei: si era spostato accanto a Scott.
- Sì, un modo originale per bypassare i sistemi di sicurezza... ingegnoso... - lo sentì sussurrare, indicando lo schermo e annuendo.
- Così è più veloce, - spiegò Scott, le dita che si muovevano veloci sui tasti. - Altrimenti ci metterei il doppio del tempo, lasciando una traccia fin troppo evidente... Ci ho messo due anni ad ideare questo algoritmo... Ecco, ci siamo! - e sul computer apparvero quadranti che ricevevano immagini dalle varie telecamere di sicurezza della città.
- Posso vedere solo quattro telecamere alla volta, ci metterò una vita... - sbuffò l'hacker.
- Friday, - esclamò Tony. - Collegati al computer di Scott e trasmetti le immagini delle telecamere su ologrammi -.
- Subito-. Così le luci della sala si oscurarono e davanti al divano comparvero immagini olografiche delle centinaia di telecamere della città.
- Le collego subito all'ora in cui Henry è scomparsa, - disse Scott.
Iris e Chloe si sistemarono in modo da poter studiare meglio le telecamere.
- Diamoci da fare! -

Dopo quelle che le sembravano ore, finalmente sentì un materiale diverso dalle umide pareti di cemento: una porta metallica. Sospirando di sollievo, Henry tastò nel buio la maniglia, la abbassò e spinse... Niente. Ritentò, con tutte le sue forze, ma non si apriva. Allora provò a tirare, ma la porta non si mosse. Un'orrenda sensazione allo stomaco la nauseò. Non poteva tornare indietro e tentare dalla parte opposta, ci avrebbe messo troppo, e non sapeva neanche se dall'altra parte c'era qualcosa o era solo un vicolo cieco. Si appoggiò alla porta, sconfortata.
Non uscirò mai da qui...
No! Non puoi lasciarti prendere dallo sconforto! Sei Henrietta Stark, figlia di un Avanger, genio e regina delle risse vinte! Adesso usa il cervello e trova un modo!
Sentendosi più determinata, si staccò dalla porta. Per prima cosa controllò che non fosse solo bloccata momentaneamente (sarebbe stato imbarazzante escogitare un modo geniale per aprirla e scoprire che è stato completamente inutile). Non si muoveva. Bene, cosa poteva fare?
Fece un respiro profondo e chiuse gli occhi, concentrandosi per accedere al suo "archivio di memoria" o, come amava chiamarlo "hardisk personale". Andò alla ricerca di quello che sapeva sulle porte: nella maggior parte delle abitazioni si aprivano verso l'interno, negli esercizi commerciali verso l'esterno; le porte potevano essere, principalmente, di quattro materiali: cave, in legno o con qualche altro materiale, molto semplici da sfondare; piene, in compensato, con armature di laminato su ogni lato, per sfondarle occorre un po' più di forza, ma comunque fattibile; in legno massello, che richiedono buona forza per essere sfondate. La sua però non era in legno, perciò le scartò e si concentrò sulle altre due tipologie: quelle rivestite di metallo, realizzate con legno dolce e un sottile rivestimento di metallo e che per essere sfondare richiedono una forza media o sopra la media, e quelle cave in metallo, molto più pesanti di altre, con dei canali rinforzati intorno ai bordi e nella zona della serratura, alcune anche con materiali isolanti, richiedono la massima forza per essere sfondate, e spesso è anche impossibile. Trattenendo il fiato, Henry diede dei colpi di nocche alla porta: non risuonarono. Sospirò di sollievo: non era cava. L'unico problema era che non aveva abbastanza forza per sfondare una porta a calci: il teletrasporto l'aveva sfiancata e la camminata aveva dato il colpo di grazia. Decise che sarebbe ricorsa allo sfondare la porta come ultima opzione. Perciò adesso doveva solo capire se la porta non si apriva perchè era chiusa a chiave o perchè era vecchia e rovinata. L'aria e le pareti umide e la muffa suggerivano un luogo abbandonato, perciò Henry propendeva per la seconda. Se le sue supposizioni erano esatte bastava un oggetto sottile di plastica per aprirla. Si frugò nelle tasche, il cuore che batteva all'impazzata: pochi giorni prima Iris l'aveva trascinata a fare shopping, pur conoscendo la profonda avversione di Henry verso i negozi di vestiti, se non aveva toccato le tasche da allora... Tastò quello che cercava e lo tirò fuori con un sospiro di sollievo: non aveva mai apprezzato tanto la sua carta di credito!
Inserì la carta dal lato più largo, nella fessura tra infisso e stipite (affatto facile con quel buio!), sopra la zona in cui la serratura andava ad inserirsi nello stipite. Spinse la carta verso il basso fino a farle toccare la serratura, poi girò la maniglia e tirò la carta verso di sè. Come sperava, la carta andò a fissarsi tra il lato smussato della serratura e l'infisso. Spinse la serratura in dentro, liberandola dall'infisso. Trattenne il fiato... la porta si aprì.
Con il peso allo stomaco decisamente alleggerito, si affrettò ad uscire dal corridoio da incubo. La porta si chiuse di scatto alle sue spalle, e davanti a lei, al centro di una piccola stanza dalle pareti bianche e ammuffite, c'era un uomo sulla cinquantina, capelli radi, occhi di ghiaccio e un sorriso affabile, e le stava puntando contro la pistola. Dietro di lui c'erano circa cinquanta uomini armati.
- Henrietta... - sussurrò l'uomo, l'inquietante sorriso fisso in volto. - Finalmente -

Jennifer stava avendo una serata tranquilla. Certo, non aveva potuto vedere Erik o andare a fare shopping, ma era riuscita a finire tutti i compiti prima di cena, a chiacchierare una buona mezz'ora con Patty, la sua migliore amica, che aveva comprato un nuovo smalto, e la nausea che in quei giorni l'aveva assalita sembrava scomparsa; doveva essere stata solo un effetto collaterale dello stress scolastico, come aveva detto Patty, perciò non c'era stato neanche bisogno di avvertire i suoi genitori. Ad ogni modo, era di buon umore quando sua madre bussò alla porta e aprì senza aspettare risposta.
- Dobbiamo andare al ristorante? - chiese Jennifer, finendo di sistemarsi i capelli e girandosi verso Amanda. L'espressione di sua madre, però, era incredibilmente preoccupata.
- Che succede? - si allarmò subito la ragazza.
- Cambio di programma, - affermò Amanda. - Andiamo alla torre degli Avengers, da tua sorella, è successa una cosa ad Henry -. Ed uscì dalla stanza. A Jenny non rimase che arraffare il giubbotto viola, infilarsi gli stivali neri e correre dietro alla madre.

- Ho inserito i dati fisionomici di Henry nel programma di riconoscimento facciale che ho creato l'anno scorso, ma fin'ora niente: non è comparsa in negozi o in strada - disse Scott.
- Telecamere interne delle case? - propose Chloe. - Magari è finita in casa di qualcuno -
- Posso sempre controllare, ma credo che se fosse comparsa in una casa privata la polizia ne sarebbe subito stata allarmata - ribattè Scott.
- Allora controlla le ultime chiamate al 911 o le ultime denuncie, - suggerì Tony, che stava analizzando gli ologrammi delle riprese della città. Scott obbedì subito, ma...
- Niente, - sbuffò. Chloe si lasciò cadere sul divano, massaggiandosi le tempie: erano a lavoro da ore e le ricerche erano ancora infruttuose. Henry le diceva sempre che con il suo incredibile cervello avrebbe fatto grandi cose, ma in quel momento Chloe si sentiva assolutamente inutile: a cosa servivano tutti i calcoli matematici e gli schemi che calcolava in un attimo, se non riusciva ad aiutare la sua migliore amica?
Iris si sedette accanto a lei.
- La troveremo, - disse solo.
Pepper entrò in sala con un vassoio di tazze di caffè, che tutti accettarono di buon grado.
- Stanno arrivando Steve e Amanda, Jane è immersa nel traffico e Michael dovrebbe essere qui a momenti - disse. I ragazzi si limitarono ad annuire: non riuscivano a concentrarsi su nient'altro che non fosse la loro amica scomparsa.
- Bene, - disse Tony. - Scott, continua a cercare recenti denunce o chiamate al 911, magari spunterà fuori qualcosa, - il ragazzo annuì. - Iris e Chloe, continuate a controllare i video olografici delle telecamere di sicurezza della città, se entro un'ora non troviamo Henry in città, proveremo anche più lontano -. Le ragazze posarono le tazze di caffè e ripresero il lavoro.
- Pepper, appena arrivano i loro genitori spiega loro la situazione -. Ormai cominciavano ad esaurire le idee, non potevano far altro che continuare la loro ricerca disperata.

- Chi diavolo sei tu? -. Henry non voleva iniziare una conversazione brusca con un tizio che le stava puntando contro una pistola, ma quella giornata stava andando sempre peggio: era svenuta a scuola, quando credeva di stare finalmente bene si era sentita malissimo e si era ritrovata in un corridoio buio e umido,completamente sola e senza possibilità di chiamare casa, e quando finalmente era riuscita a trovare un'uscita, si era ritrovata una pistola puntata contro. Non era esattamente di buon umore.
- Scusa per questa, - continuò a sorridere l'uomo in questione, indicando la pistola con un cenno della testa. - E' solo una precauzione, sei pur sempre figlia di Iron Man -.
- Non hai risposto alla mia domanda, - ribattè la ragazza. Le mani le tremavano leggermente, tradendo il terrore che provava, così le chiuse a pugno e assottigliò lo sguardo, mostrandosi più temeraria possibile.
- Beh... - disse l'uomo. - Potremmo dire che, in un certo senso, sono il tuo creatore -.
- E il mio creatore ha un nome? - insistette la ragazza, ma prestava solo metà della sua attenzione alla conversazione: stava analizzando la stanza, in cerca di una possibilità di fuga. C'era una decina di agenti dai volti coperti alle spalle di Senza Nome, tutti armati a pronti a scattare, la pistola era ancora puntata contro il suo petto, la porta alle sue spalle chiusa ermeticamente da un altro agente. La sua unica possibilità di fuga era far abbassare la pistola all'uomo, poi causare una distrazione e scattare prima che potessero spararle.
- Tutte le risposte a tempo debito, - stava dicendo intanto l'uomo.
Fece una veloce scaletta di obiettivi: primo, fargli abbassare la pistola; secondo, provocare una distrazione; terzo, darsela a gambe. Sulla seconda ci stava ancora lavorando, e per la terza doveva ancora capire come attraversare la stanza invasa dagli agenti.
Un momento! Quella alla sua destra era forse una porta socchiusa? Per poco non si voltò a controllare, ma riuscì a bloccarsi appena in tempo.
- Bene, - disse. - Allora, Senza Nome, cosa vuoi? -
Sì, era una porta. Davanti c'era un'agente, ma di uno solo poteva occuparsene.
- Non voglio farti del male, se è questo che temi, - disse Senza Nome.
Perfetto! Adesso so come fare...
- Ah sì? - incrociò le braccia al petto, guardandolo scettica. - E quella pistola? Se non vuoi farmi del male è completamente inutile, perciò come ti aspetti che ti creda se continui a puntarmela addosso? -.
- Giusto, - rispose l'uomo, un luccichio divertito negli occhi. - Allora seguirò il tuo gioco, - e l'abbassò, per poi riporla nella fondina. Evidentemente riteneva di poterla accontentare, essendo circondato da agenti armati.
Passo uno, completato . - Sai perchè sei qui, Henrietta? - chiese poi l'uomo. Henry lo scrutò, cercando di valutare quanto poteva dire: Senza Nome sapeva già che lei poteva teletrasportarsi? Certo, era la ragione più ovvia per cui l'avrebbe presa di mira, ma se ce ne fosse stata un'altra che ora non le sembrava abbastanza plausibile o che non aveva ancora preso in considerazione, rischiava solo di esporsi.
- Lo prenderò come un no, - continuò Senza Nome. - Vedi, sei qui perchè ti abbiamo attirata qui, - e sorrise di nuovo in quel suo modo affabile, come se le stesse facendo gli auguri di compleanno, invece di rivelarle che era stata attirata in un edificio abbandonato chissà dove da degli sconosciuti.
- Spiegati, - disse solo lei.
- Ti sei sentita male stamattina, non è vero? -. Bastarono quelle parole e cancellarle tutto il resto dalla mente.
- Cosa... - balbettò, perdendo momentaneamente il controllo. - Come lo sai? -
- Ho i miei informatori, - affermò Senza Nome. -Per non parlare del fatto che sono stato io a provocare il tuo malessere... -
- Di che cosa stai parlando? - chiese ancora Henry. Era esasperante come le volesse rivelare tutto poco a poco, invece di andare dritto al punto.
- Intendo dire che ho inserito un macchinario nella tua scuola per trovarti, e attivandolo ho stimolato i tuoi geni mutati che si sono manifestati all'improvviso, facendoti sentire male -.
La testa le girava. Per quanto le stesse rivelando nuove informazioni, si sentiva sempre più confusa. Cosa diavolo voleva da lei quel tizio? Chi era e come faceva a sapere dei suoi poteri, se neanche lei ne sapeva niente fino a pochi minuti prima?
Decise di suotersi: doveva accantonare quelle domande e andarsene da lì, da Senza Nome con tutti i suoi segreti.
Tornò lucida piano piano, ma finse l'opposto. Cominciò a respirare affannosamente, come se avesse uno dei suoi attacchi, e piano piano cadde in ginocchio.
- Non agitarti! Non sei in pericolo! - tentò di dire Senza Nome. Lei non lo calcolò, e continuò la sua recita.
- Aiutatela! - esclamò l'uomo. - Se scatena di nuovo il suo potere potrebbe comparire chissà dove! -
Non appena il primo agente si chinò su di lei per aiutarla, stordirla o chissà che altro, lo colpì con un pugno improvviso, scattò a destra e diede un pugno anche all'agente davanti alla porta, per poi mollargli un calcio nel punto sensibile, poi una gomitata sul fianco e lo buttò da una porta. Fu rapidissima, e gli agenti erano stati colti alla sprovvista, unico motivo per cui riuscì ad arrivare tutta intera dall'altra parte della soglia. Non attese oltre: cominciò a correre veloce come mai nella sua vita, attraversando un'altra stanza ammuffita e completamente vuota e finendo in un intrico di corridoi. Sentì degli spari alle sue spalle mentre girava l'angolo, seguiti da un ordine: - Non sparate! -.

- Che succede? -. Micheal non le lasciò il tempo neanche di uscire dall'ascensore: la raggiunse sulla soglia.
- Scott? - chiese. - Lui sta... -
- Sta bene, - lo rassicurò. - E' di sopra ad aiutare con le ricerche -
- Quali ricerche? Non si sarà di nuovo infilitrato nel database del Pentagono... -
Pepper non fece in tempo a rispondergli: era arrivata la famiglia Rogers, seguita da Jane, tutti con le stesse espressioni preoccupate.
- Qual è l'emergenza? - chiese subito Steve. - I ragazzi stanno bene? -
- I vostri figli stanno bene, - affermò Pepper, facendo entrare gli ospiti in ascensore. - Henry ha manifestato dei poteri che non credevamo potesse avere, è scomparsa, teletrasportata chissà dove, la stiamo cercando per tutta la città -.
Per quanto non volessero darlo a vedere, gli altri erano leggermente sollevati di sentire che i loro figli stavano bene. Il loro sollievo, però, fu subito sostutuito dalla preoccupazione per Henry.
- Hanno trovato niente? - chiese Jane.
- Finora no, ma non si arrendono -.
Le porte dell'ascensore si aprirono e tutti uscirono nel salotto avvolto dall'ombra. Iris stava analizzando gli ologrammi delle riprese della città, Scott smanettava al computer come un matto, alla ricerca spasmodica di nuove informazioni, Chloe era rintanata in un angolo del divano, taccuino in mano, espressione di assoluta concentrazione in volto. Tony girava tra i tre ragazzi, osservando il loro lavoro e aiutandoli. Non riusciva a stare fermo un minuto...
Marisa e Steve si avvicinarono a Chloe, che non sembrava neanche essersi resa conto della loro presenza.
- Chloe? - provò a chiamarla Marisa. Niente. Provò a picchiettarle sulla spalla, allora la ragazza alzò una mano come per scacciare una mosca e, senza guardarli, disse: - Non adesso, sto lavorando -. Steve e Marisa sapevano benissimo che quando la loro figlia entrava in quello stato di concentrazione era quasi impossibile distoglierla dal lavoro, e sopratutto sapevano che non era il caso di provarci, se davvero ci tenevano alla loro vita! Così decisero di lasciarla stare per il momento.
Micheal, intanto, andò incontro al figlio.
- Ciao papà, - lo salutò Scott senza alzare gli occhi dallo schermo. Micheal non disse niente: si limitò a sedersi accanto a lui.
Jane raggiunse Iris quasi di corsa.
- Ehi? - le sussurrò. La ragazza controllava in maniera quasi nevrotica le riprese, muovendosi a scatti. Non guardò verso la madre, ma Jane si accorse comunque che aveva gli occhi lucidi.
- Come stai? - chiese.
- Benissimo, - rispose Iris.
- Iris... - sospirò Jane: conosceva sua figlia, sapeva quanto era sensibile e quanto teneva ad Henry.
- In questo momento non c'è tempo per stare in nessun altro modo, - affermò duramente Iris. - Perciò sto benissimo -.
Jane sospirò, ma evidentemente non era il momento giusto per cercare di parlare con sua figlia. In quel momento le ricordava un po' se stessa nel primo periodo di ricerche di Thor, quando era scomparso dal Messico... Al pensieri di Thor sentì che le stringeva il cuore, così decise di scuotersi: non era il momento adatto per sentirsi tristi.
- D'accordo, - disse allora. - Ti aiuto -. Iris accennò ad un sorriso di riconoscimento.
Pepper, intanto, cercava di avvicinarsi a Tony, ma quello continuava a sgusciare da un ragazzo all'altro, incapace di fermarsi.
- Chloe, come va l'argoritmo? - chiese.
- Ci sto lavorando -.
- Ehi, Tony... - tentò Pepper. L'uomo si voltò e la superò.
- Iris, niente dalle riprese? -
- Non ancora -.
- Tony... - . Le sgusciò accanto e raggiunse Scott.
- Niente dalla polizia? -
- Per ora no -.
- Tony! -. L'uomo si decise a fermarsi e finalmente guardò la moglie.
- Respira un attimo, daccordo? - gli disse lei.
- Non ho tempo, - ribattè Tony. - Dobbiamo continuare a cercare... -
- Certo che dobbiamo! - gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle. - Ma non le saremo d'aiuto se impazziamo in questo modo: dobbiamo ragionare, non cercare alla cieca -.
Tony fece un respiro profondo e annuì. Pepper sospirò di sollievo: aveva paura che non sarebbe riuscita a calmarlo, e ne aveva bisogno, perchè se lui cominciava ad impazzire, lei non sarebbe riuscita a reggere molto.
Jennifer osservava tutto da un angolino, stretta nella sua giacca, completamente inutile. Non faceva che pungolare Chloe perchè stava dietro ai suoi calcoli tutto il tempo, ma almeno sua sorella era utile, lei non poteva fare assolutamente niente per aiutare. I suoi genitori stavano controllando le riprese con Jane ed Iris; Jennifer decise che almeno quello poteva farlo, ma fece appena in tempo a fare mezzo passo avanti che Scott balzò in piedi, rischiando di rovesciare il computer.
- Colpi da arma da fuoco in un edificio abbandonato! - esclamò. - Mi sto connettendo alle telecamere della strada proprio... adesso -. Le immagini olografiche delle riprese cambiarono: adesso mostravano una strada sporca, contornata da edifici semi-disabitati divisi tra loro da recinzioni in fili di metallo.
- Potrebbe essere lei? - chiese Pepper, con l'aria di sperarlo ma di non volerci credere troppo.
- Torna indietro di due ore e quaranticinque minuti, - ordinò Chloe. Scott eseguì all'istante, e tutti studiarono gli ologrammi: dopo pochi secondi, la strada tremò leggermente, qualche lampione si piegò appena, poi tutto tornò normale.
Non ci fu bisogno d'altro.
- Andiamo, - disse Tony.


Angolo malata di mente
Eeeee sì. Non sono stata rapita dai Chitauri, nè rapita dalla DC comisc, e no, neanche fatta sparire dallo schiocco di dita di Thanos...
Non sapete quanto mi dispiace per il ritardo! Non mi sono potuta avvicinare al computer neanche per mezzo secondo e, credetemi, il fatto che sia riuscita ad aggiornare oggi è già un miracolo: non avevo più speranze di farcela prima delle vacanze natalizie...
Ho studiato come una matta, poi mi sono stata male e bloccata a letto per una settimana e, quando finalmente stavo meglio, è morto per uno stupido incidente un mio vecchio compagno di classe... Ancora non ci credo.
Cercherò di aggiornare prima possibile, ma purtroppo non posso promettervi che ci riuscirò prima di Natale. Ce la metterò tutta, però, adesso che sto meglio!
Grazie a tutti voi lettori silenziosi, sappiate che anche se rimanete nell'ombra, per me contate molto.
Grazie di cuore anche a chi segue, preferisce o ricorda.
A presto!
AllisonHermioneEverdeen

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