Renaissance

di Myriru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Renaissance ***
Capitolo 2: *** Casa dolce casa! ***
Capitolo 3: *** Celia ***
Capitolo 4: *** Segreti ***
Capitolo 5: *** Victor ***
Capitolo 6: *** Abbracciami ***
Capitolo 7: *** Inaspettato ***
Capitolo 8: *** Confessioni ***
Capitolo 9: *** Inizio? ***
Capitolo 10: *** Natale ***
Capitolo 11: *** Natale 2.0 ***
Capitolo 12: *** Look what I found ***
Capitolo 13: *** Phèdre ***
Capitolo 14: *** Ritorno ***
Capitolo 15: *** Alti e bassi ***
Capitolo 16: *** Vita ***
Capitolo 17: *** Dolore ***
Capitolo 18: *** Sunset Lover ***
Capitolo 19: *** Medicina ***
Capitolo 20: *** Alloro ***
Capitolo 21: *** Il sogno ***
Capitolo 22: *** Lione ***
Capitolo 23: *** Silenzio ***



Capitolo 1
*** Renaissance ***


Era una noiosa mattinata di novembre: il freddo aveva abbassato drasticamente le temperature, le forti piogge invernali stavano le strade... insomma una perfetta giornata per restare a casa nel letto a dormire sotto le pesanti coperte e, perché no, a guardare netflix con una bella cioccolata calda e qualche biscotto avvolta nel pigiama caldo. Un vero paradiso invernale, se non fosse per quella dannatissima università.Quella mattina non aveva sentito la sveglia e Françoise Jarjayes aveva fatto di tutto, in cinque minuti contati, per sembrare presentabile, una persona che non si era svegliata da poco e a raccogliere tutto il materiale per correre al Louvre. Aveva indossato un maglione bianco e un pantalone nero, ai piedi portava delle semplici adidas e aveva preso di fretta e furia il suo cappotto nero poggiato  sull'appendiabiti e una sciarpa. Durante il tragitto camera-bagno aveva trovato il tempo di mettere la collana con la sua costellazione e qualche bracciale, prima di uscire scrisse sul post-it che quel pomeriggio sarebbe stata dalla migliore amica e lo attaccò al frigo, sperando che il suo fidanzato lo vedesse se fosse mai passato a controllare cosa stesse facendo. Dopo aver gettato con poco garbo i libri nella borsa prese il telefono e una sciarpa e, dopo aver chiuso la porta a chiave, si precipitò dalle scale. Iniziò a correre come una matta non appena si accorse di essere uscita senza ombrello, nella fretta aveva dimenticato di prenderlo ma non volle tornare indietro.Appena riuscì ad entrare nella hall dell'università sentì il telefono vibrare, lo prese e notò il messaggio della sua migliore amica Antoniette:

 

"Zaclay oggi è assente, le lezioni sono rimandate. Ti aspetto dalla Monna Lisa, ho preso il tuo cappuccino preferito, non fare tardi! Ci sono tutti qui che ti aspettiamo con piacere!"

 

Sospirò sollevata, non aveva ritardato alla lezione di arte oceanica e quel pomeriggio poteva tranquillamente tornare a casa senza dover fare la lezione di Storia del disegno. Si avviò verso il museo, mostrò la sua tessera di studente e raggiunse i suoi amici all'interno della sala più famosa di tutto il museo.

 

«Certo che ad essere bella non lo è »

 

Disse Alain guardando con attenzione il volto della figura, studiandone i più minimi dettagli.

 

«E' proprio brutta, ma è di alta qualità alla fine »

 

«Beh stiamo parlando comunque di Leonardo Da Vinci, per essere conosciuto fino ad oggi credo che abbia fatto qualcosa di buono e utile nella sua vita »

 

Esclamò Françoise, poggiando la mano sulla spalla dell'amico.

 

«Cara! Finalmente! Ecco il tuo cappuccino con cioccolato con poco caffè e senza zucchero direttamente dal più simpatico barista di Starbucks di tutta Parigi! »

 

Disse Antoniette porgendole il bicchiere colmo del liquido caldo che tanto adorava.

 

«Grazie, come mai proprio qui l'appuntamento? »

 

«Così... Alain dille la bella sorpresa! »

 

Il ragazzo voltò le spalle robuste al quadro, girandosi verso il gruppo di amici che aveva davanti a sé tutto fiero. Notava dai suoi occhi color nocciola quanto fosse elettrizzato di dare quell'annuncio e, incuriosita, iniziò a chiedersi cosa diavolo gli stesse passando per la testa.

 

«Ti ricordi di quel mio cugino che nomino sempre? »

 

«Quello che sta facendo il master in Spagna? »

 

«Esatto! Finirà i suoi studi di architettura proprio qui, a Parigi! »

 

«Davvero? Mi stai dicendo che avremo l'onore di conoscere questo tuo magnifico cugino metà francese e metà spagnolo? »

 

«Arriverà domani, massimo dopo domani. Non ho se ha affittato un appartamento, non dormirà da me »

 

«Nessuno ti sopporta Alain, solo la tua piccola Diane può farlo! Devono farla santa la tua ragazza! »

 

Disse Jeanne passando un braccio sulle spalle della ragazzina facendola leggermente arrossire.

 

«Non tutti hanno l'ora buca, io devo andare al corso di lingue all'università! Ci vediamo stasera al pub »

 

Disse Bernard prendendo lo zaino poggiato a terra poco distante da lui, seguito a ruota da Nicolas e Hans. Françoise li osservò apatica andare via, senza neanche salutarli, distratta da un altro pensiero.

 

«Oggi non si è fatto vedere il tuo fidanzato, si può sapere che fine ha fatto? »

 

Chiese curiosa Rosalie mentre si avviavano verso l'ingresso dell'aula guardando la loro amica improvvisamente muta.

 

«Parli di Paul? Tornerà oggi da Lyon, almeno credo. Non abbiamo parlato molto durante la sua assenza, era molto occupato o almeno lui così ha sempre detto. Ci stavo appunto pensando, però ora concentriamoci sulla lezione, dobbiamo fare ancor così tanti esami! »

 

///@///

 

«Oggi Odette ti sta scrivendo tantissimo... »

 

Notò Antoniette appena finite tutte le lezioni previste quella mattina, la sua amica aveva posato poche volte il telefono rispondendo ai messaggi dell'amica.

 

«Si deve trasferire, mi ha detto che verso le cinque arriva il nuovo vicino e devo mostrargli tutto. Lei è già partita e non può farlo. Ora devo andare altrimenti faccio tardi, ci vediamo stasera! »

 

«Se ci riesci convinci Paul a venire! »

 

«Contaci! »

 

Urlò la ragazza ormai lontana, camminando a passo veloce verso il palazzo dove abitava. Arrondissement 5, vicino l'arco di trionfo, quinto piano. Prese le chiavi dalla borsa ed aprì il portone velocemente, percorse la prima rampa di scale per poi raggiungere l'ascensore e salire al piano del suo appartamento. Si sentiva troppo stanca quel giorno per prendere l'ascensore, lo usava di rado ma oggi era stata felice di poter provare il brivido di trovarsi dal piano 0 al 5 in un attimo. Appena uscì dall'ascensore  si avviò verso la sua porta, prese le chiavi e aprì quest'ultima, trovandosi finalmente a casa. Sbuffò stanca, si tolse il cappotto e lo appese all'appendiabiti, lasciò le chiavi nella piccola ciotola posta sul mobiletto all'entrata ed entrò. Si affrettò ad aprire le tende bianche lasciando che quei pochi raggi di sole bianco che c'erano per illuminare almeno un po' il piccolo soggiorno, si buttò poi stanca sul divano grigio e strinse uno dei pochi cuscini a sé. Appena sentì il telefono suonare lo prese e vi trovò un numero che non conosceva affatto, con riluttanza rispose sperando vivamente che non fosse uno di quel call center che le chiedevano di cambiare la fibra di casa.

 

«Pronto? »

 

«Ehm salve, sono il nuovo proprietario dell'appartamento di fronte. Odette mi ha dato il tuo numero »

 

«Oh, bene. Scendo così ti vengo ad aprire »

 

« Non c'è bisogno, ho trovato un ragazzo che usciva e mi sono infiltrato»

 

Sentì la risata cristallina del ragazzo e sentì la tensione di quella mattina svanire nel nulla più assoluto, rise anche lei.

 

«E' il quinto piano giusto? »

 

«Sì, ti aspetto fuori »

 

«Perfetto, a dopo! »

 

Il ragazzo le aveva staccato il telefono e, senza prima sbuffare annoiata, si alzò dal morbido divano e si avviò fuori aspettando il proprietario. Non si fece attendere, dopo qualche istante la porta si aprì e comparve un uomo, forse sui due metri, uscire dall'ascensore con un borsone e una valigia.

 

"Ha solo quello? Si è trasferito o cosa?"

 

Françoise gli sorrise, avvicinandosi almeno per aiutarlo con il borsone ma l'uomo rifiutò gentilmente l'aiuto.

 

«Non vorrei rovinare le vostre mani madmoiselle »

 

Aveva uno strano accento: era francese di sicuro, ma non riusciva a capire il perché di quella strana pronuncia.

 

«Ah, il mio nome è André Grandier, è un piacere »

 

«Françoise Jarjayes, il piacere è tutto mio »

 

I due si avvicinarono alla porta e, dopo aver preso le chiavi di casa di Odette dalle tasche, aprì la porta e gli mostrò velocemente la casa.

 

«Ha tre locali di cui uno è una camera da letto. Questo è il soggiorno con cucina mentre di là c'è il bagno e la camera da letto. Come puoi notare è molto luminoso e spazioso. Le persiane sono telecomandate, basta premere l'interruttore vicino le finestre o semplicemente usare questo telecomando. Conosci Parigi? »

 

«Non torno qui da quando avevo cinque anni, credo che in 17 anni sia cambiato qualcosa... »

 

La ragazza si soffermò ad osservare quel ragazzo che, in confronto a lei sembrava un vero gigante. Era davvero molto affascinante, i lineamenti erano marcati, il naso era dritto e leggermente all'insù, aveva gli occhi verdi e i capelli castani erano mossi e leggermente lunghi.

 

«In che zona ci troviamo più o meno? Conosco gli arrondissements ma non riesco ancora ad orientarmi per bene »

 

«Siamo vicino i giardini di Lussemburgo e l'arco di trionfo, qui vicino ci sono  molte metro ed è facile aggirarsi per la città senza perdersi »

 

«Perfetto. Credo sia tutto per il momento... ah! Mi potresti dire dov'è l'Università di arte? Domani ho le prime lezioni e non vorrei fare tardi sono sincero »

 

«L'École du Louvre? »

 

«Esatto! »

 

«Si trova proprio nel museo, ma ha un'entrata diversa ovviamente. Domani posso portarti tranquillamente io, ho anch'io i corsi lì »

 

Disse sorridendogli mentre incrociava le braccia sullo stomaco cercando di scaldarsi e il ragazzo le rispose anch'egli con un sorriso.

 

«Ti ringrazio infinitamente, non so cosa farei senza di te »

 

«È per questo che esistono i vicini! Io ora devo scappare, ho un impegno e ho  mille cose ancora da fare! Ti lascio sistemare casa, ci vediamo domani mattina alle 7! »

 

«Ma certo! Non ti intrattengo oltre, vai e grazie mille »

 

Lei gli sorrise di nuovo e si avviò alla porta accompagnata da André che, dopo che la ragazza uscì, chiuse la porta.

 

«Chi è quello? »

 

Françoise si girò verso la voce maschile dietro di lei e sobbalzò quasi spaventata.

 

«Mio Dio Paul, non puoi comparire all'improvviso »

 

Disse la ragazza aprendo la porta e invitando il ragazzo ad entrare.

 

«Allora? Si può sapere chi è? »

 

«Il mio nuovo vicino. Odette si è trasferita a Nantes e lui ha comprato l'appartamento. Tutto qui.»

 

Il ragazzo si avvicinò al frigo e prese una bottiglia piccola di acqua, iniziando a bere e appena chiuse l'anta del frigo si accorse del biglietto attaccato.

 

«Perché sei qui? »

 

Le disse il ragazzo mostrandole il post-it giallo sul frigorifero, mentre la ragazza si slacciava le scarpe per rimanere poi scalza.

 

«Dovevamo organizzare una cosa insieme per l'esame ma abbiamo rimandato. Stasera andiamo a bere qualcosa, vieni con noi? »

 

Il ragazzo di avvicinò alla fidanzata e poggiò la mano sul suo fianco, avvicinandola sgarbatamente a sé.

 

«Mmm... avevo altri programmi per stasera »

 

«No... ti prego»

 

Disse fingendosi dispiaciuta, non aveva voglia di sentire le sue mani su di sé quel giorno e non voleva neanche iniziare a litigare per una stupidaggine che sarebbe durata si e no qualche giorno.

 

«Ah, già fatto con il vicino? »

 

Gli lanciò uno sguardo di fuoco, come osava solo pensarlo?

 

«Oddio non iniziare... vado a prepararmi, se vuoi venire preparati altrimenti vai a farti un giro a fanculo perché oggi non ti sopporto proprio »

 

«Hey hey... stavo scherzando »

 

«Vaffanculo »

 

Il ragazzo non le rispose e la lasciò andare nel bagno mentre lui si sedette a guardare un po' di televisione sul divano.

 

«Non stavi mentendo allora »

 

Sussurrò a sé stesso ridendo, ripensando alle parole dolci e delicate che le aveva rivolto la sua ragazza.

 

«Lasciami il bagno dopo almeno cinque minuti, vengo con voi!» 

 

Fece finta di non sentirlo. Lo amava, da impazzire, ma alcune volte avrebbe voluto non averlo mai incontrato.

 

///@///

 

Françoise iniziò ad asciugarsi i capelli nella camera con il diffusore, lasciando così il bagno libero al fidanzato e lo sentì canticchiare allegro sotto la doccia. Alzò gli occhi al cielo, sorridendo timidamente. Spense il phon e si incamminò verso la cabina armadio, togliendosi il telo bianco da dosso che la avvolgeva e indossò velocemente l'intimo. Ecco il grande ostacolo. Cosa mettersi. Odiava dover pensare ai suoi "outfit" o come cavolo li chiamava Antoniette, ma non poteva certo andare in giro nuda. Le piaceva scegliere i vestiti ma la maggior parte delle volte che usciva con le sue amiche nei centri commerciali preferiva fermarsi nelle librerie anziché nelle boutiques. Alla fine optò per una maglia nera a collo alto, un jeans strappato sulle ginocchia, un paio di stivaletti neri con il tacco e una giacca color ocra. Si sedette poi sul piccolo sgabello della scrivania dove aveva poggiato uno specchietto con sopra qualche trucco per terminare di prepararsi in santa pace. Nulla di sfarzoso alla fine, applicò solo un po' di correttore e passò un po' di matita sulla palpebra a mo' di eyeliner (senza coda, studiava arte si ma non riusciva proprio a capire come cavolo fare quella dannata coda) e abbondò con il mascara.

 

«Sei pronta? »

 

Disse Paul aprendo la porta della camera della compagna, trovandola intenta a leggere dei messaggi sul telefono.

 

«Va tutto bene ? »

 

Françoise alzò lo sguardo verso l'uomo e sorrise.

 

«Stavo guardando le foto di noi a Roma... mi piacerebbe tornarci »

 

«Appena ti laurei possiamo tornarci, io ci devo tornare tra poco per lavoro »

 

«Ah... potevi dirmelo »

 

«L'ho saputo oggi, ma starò via poco, non ti preoccupare »

 

«Quanto ? »

 

«Una settimana... quella di fine anno-inizio anno  nuovo »

 

«Ah... Muoviti a vestirti, siamo già in ritardo »

 

Paul alzò un sopracciglio ed entrò nella stanza, prendendo dei vestiti che aveva lasciato da lei e si rivestì, lei si girò a guardarlo e non aggiunse nulla. Appena lui terminò di vestirti lei si alzò e lo baciò sulle labbra, prendendo il viso tra le sue mani.

 

«La mia richiesta è stata rifiutata prima »

 

Disse lui ridendo.

 

«Non ti lascio a bocca asciutta »

 

///@///

 

I due arrivarono quasi per ultimi al locale e si sedettero insieme agli altri al tavolo. "Quartier Rouge" era uno dei locali più famosi della strada, nonché il loro preferito.

 

«Ragazzi ma chi manca ? »

 

«Deve arrivare Alain con compagnia »

 

Disse Antoniette sfoggiando il suo dolce decolté e un falso colpo di tosse dal fidanzato fece ridere tutti. Doveva ammettere che non avrebbe mai pensato che un'austriaca e uno svedese, che a prima vista si erano odiati, sarebbero finiti insieme! Belli entrambi, biondi, occhi chiari (verdi quelli di lei, grigi quelli di lui), famiglie facoltose, figli di papà, ma davvero talentuosi. Per non parlare del giornalista fanatico delle lingue e della fanatica della moda, Bernard e Rosalie insieme erano bellissimi. Si erano piaciuti fin da subito, lei così piccola e carina aveva urlato in faccia al moro che lo amava davanti tutta la scuola e lui l'aveva baciata. Alain e Diane? Mai vista una coppia più diversa! Lui rozzo, schietto e testardo. Lei dolce, mite e calma. Forse lei era l'unica che riusciva a calmarlo. Jeanne e Nicolas... come poteva dimenticarli? Lei riusciva sempre con le sue allusioni a far imbarazzare tutti, Alain compreso! Però era davvero un'ottima amica, patita di gioielli studiava insieme alla sorella. Nessuno dei ragazzi studiava all'università, o lavoravano o studiavano alla sorbona.

 

«Oh guardate ! Stanno arrivando ! Ma... sono in tre? »

 

Chiese Jeanne, socchiudendo gli occhi cercando di guardare le tre figure che si stavano a loro. Françoise si voltò curiosa, lei e Paul davano le spalle alla porta e non potevano vedere i ragazzi.

 

«Ragazzi ! E' con immenso onore e anticipo... che vi presento il mio cugino metà spagnolo! »

 

«Salve a tutti, il mio nome è... »

 

«André... »

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Capitolo 2
*** Casa dolce casa! ***


André bussò alla porta della vicina alle 7 precise del mattino come lei gli aveva detto, aveva preparato tutti i documenti da presentare ai docenti e ai piani alti dell’Università e aveva messo in una cartella a parte le certificazioni in lingua straniera raccolte negli anni. Dopo qualche secondo aprì la porta la sua vicina, con una vistosa sciarpa al collo.
«Ciao André, pronto per il pri… oh scusami un attimo »
Françoise prese il telefono dalla tasca della giacca e lesse l’ultima email che le era arrivata e sospirò.  Il ragazzo alzò un sopracciglio e lei alzò le spalle.
«A quanto pare dovrai aspettare un altro po’ Grandier! Troppa neve, la maggior parte dei docenti non può raggiungere l’istituto così come molti studenti. Mi dispiace »
André sospirò a quella notizia, era felice per quel piccolo inconveniente ma dall’altra parte anche molto infastidito, cosa avrebbe fatto nei prossimi giorni?
«Entra qui, lì fuori ti starai gelando! Accendo la stufa e facciamo colazione insieme , cosa ne dici? »
«Se per te non è un disturbo… »
«Affatto! Prego, entra! »
Andrè alzò le spalle avvertendo un brivido attraversagli la schiena ed entrò nella casa della ragazza velocemente. Françoise prese il suo giubbino e lo poggiò sull’appendiabiti vicino l’ingresso insieme alla borsa piena di libri, dopodiché si avvicinò alla stufa automatica sotto il grande televisore del salotto e la accese, sperando di riscaldare l’ambiente il più velocemente possibile.
«Hai una bella casa complimenti »
«Oh, grazie! »
Françoise si mosse verso la cucina, separata dal salotto solo da una penisola dove c’era posizionato il lavandino e la caffetteria.
«Cosa preferisci? Caffè, tè, cioccolata…? »
«Un caffè andrà più che bene! Aspetta… cioccolata? Fai la colazione con la cioccolata? »
André la guardò incuriosito senza nascondere un dolce sorriso e lei arrossì leggermente, dandogli le spalle per prendere il caffè e due tazze.
«Quando fa freddo sì, mi piace molto gustare una buona cioccolata calda e due biscotti, mi fa tornare bambina… »
«In Spagna con la cioccolata si mangiano i churros e ti assicuro che sono ottimi! Sai che ti dico, anche per me una cioccolata! Oggi inizia la mia disintossicazione da caffè »
«Ah sì? Voglio la ricetta! »
I due aspettarono che la cioccolata fosse pronta e nel frattempo parlarono un po’ sul divano del più e del meno. Françoise gli chiese della spagna e lui fu molto felice di poterla accontentare.
«Mia madre è spagnola e mio padre è francese, dopo la morte di mio padre, mia madre mi ha portato con lei in Spagna, più precisamente a Madrid. E’ davvero una bella città, forse un po’ caotica e festaiola ma vivibile! »
«Sicuramente, sai l’unica volta sono uscita fuori dalla Francia era per andare in Belgio in un paesino proprio vicino il confine »
Disse ridendo, per poi alzarsi e controllare la cioccolata per poi versarla in due tazze e porgerla al suo ospite.
«Fidanzato? »
André tossì improvvisamente, mentre beveva la cioccolata calda e Françoise si preoccupò.
«Oh mio Dio.,. stai bene?  »
«Sì… non preoccuparti, colpa mia. Stavi dicendo scusa? »
«Ti avevo chiesto se… eri fidanzato »
«Ci siamo lasciati da poco… non voleva che io tornassi in Francia e alla mia proposta di venire con me si è infuriata ed è scappata via. L’ho rivista quella sera stessa con un altro. Avrei preferito un “no, forse è tempo di lasciarci” ma mi accontento di questa versione. Convivevamo,  non volevo condividere la casa con lei ma era così insistente che alla fine cedetti… Tu invece non convivi con Paul? »
///@///
«André… Sei proprio tu? »
Il ragazzo si voltò verso quella voce che sentiva così familiare e rivide la stessa ragazza che qualche ora prima lo aveva aiutato con la casa.
«Françoise? Ciao!  »
Françoise si alzò e si avvicinò a lui salutandolo, sotto gli occhi esterrefatti di tutti.
«Ora voi due mi spiegate come diavolo vi conoscete, ok? »
Disse Alain indicando con fare minaccioso i due ragazzi, i due si guardarono un attimo negli occhi e scoppiarono a ridere.
«Rilassati Alain, lei è solo la mia vicina! L’ho incontrata proprio questo pomeriggio, nulla di più! »
«Ah quindi sei tu il nuovo proprietario! Françoise mi ha detto dell’arrivo del nuovo vicino… Comunque piacere, mi chiamo Maria Antonia von Habsburg-Lothringen ma tutti mi chiamano semplicemente Antoniette! »
Disse la bionda tutta contenta porgendogli la mano senza smettere di sorridere.
«Hans von Fersen, felice di conoscerti! »
«Rosalie Lamoliere, piacere di fare la tua conoscenza! »
«Jeanne Valois, piacere! »
«Nicolas de la Motte, piacere! »
«Bernard Chatelet, felice di conoscerti! »
«Paul Lefebre, piacere »
André sorrise e , dopo che finirono le dovute presentazioni e quant’altro, si accomodarono anche loro al tavolo e Françoise su ritrovò tra Paul e André e si sentì leggermente a disagio. Sentiva continuamente la mano del fidanzato poggiata sulle gambe e che tentava di intrufolarsi tra di esse ma lei prontamente cercava di scansarla, provando ad essere il più normale possibile.
///@///
«No, non conviviamo. Questa casa doveva essere la nostra. Io prima abitavo con le ragazze che hai conosciuto ieri però…  »
«E’ cambiato qualcosa »
«Esatto, non sono ancora convinta di quello che voglio alla fine da lui. Mi ha chiesto di sposarlo ma… ho detto di no »
André corrugò la fronte e Françoise abbassò lo sguardo, girandosi a guardare fuori dalla finestra. Doveva darle un leggero fastidio parlare di Paul con lui e preferì non chiederle niente al riguardo, o almeno non per il momento.
«Come mai arte? »
Françoise si voltò verso di lui d’improvviso,  quasi come se fosse appena tornata alla realtà.
«Come mai arte? Beh… mia madre è un’artista e mio padre è un carabiniere. Diciamo che mia madre mi ha trasmesso tutto il suo amore per l’arte in generale. Mio padre voleva che entrassi in accademia visto che mio fratello non ha voluto… »
«Hai un fratello? »
«Sì! Si chiama Victor e ha 29 anni, fa il parrucchiere e infatti se lo vedi ha dei capelli meravigliosi! Sono lunghi e morbidi, al contrario dei miei e io li curo eh! »
Disse spostando una ciocca di capelli dalla spalla, scoprendo il collo. Solo allora notò dei lividi su di esso, delle piccole macchie rosse e violacee e gli sembrò anche gonfio. Era forse quello che giustificava la sua voce così roca quella mattina? Lei sembrò non accorgersene e continuò a parlare del fratello fin quando lui non allungò la mano verso di lei e le accarezzò la guancia. Françoise lo guardò stupita e leggermente imbarazzata, il suo volto diventò rosso come il maglione che indossava. André fece scivolare la mano lungo la guancia fino ad accarezzarle il collo e la sentì sussultare.
///@///
«Si può sapere cosa ti prende ora? »
Disse Françoise arrabbiata, lanciando la borsa sul divano appena entrarono nell’appartamento. Paul sbatté la porta d’ingresso, avviandosi pieno di rabbia verso il bagno. Sospirò, si tolse la giacca e, durante il tragitto salone-camera da letto si soffermò a guardare la porta del bagno per qualche secondo. Arrivata in camera iniziò a spogliarsi con malavoglia, voleva solo restare da sola in quel momento e sperava che le sei del mattino arrivassero presto così lui sarebbe andato a lavoro e l’avrebbe lasciata qualche ora sola prima dell’Università. Si stava togliendo gli orecchini quando sentì i suoi passi dietro di sé, non volle darci peso. Nno fece nulla neanche quando le prese violentemente il braccio e la sbatté contro il muro.
“Ancora…”
«Tu sei solo mia, non osare tradirmi »
Non trovò il tempo di ribattere che trovò le sue labbra serrate sulle sue e le sue mani finirla di spogliare. Si allarmò solo quando sentì la sua stretta farsi sempre più forte sul collo quando, appena la stese sul letto e si mise su di lei, iniziò a muoversi nel suo corpo. Tentò di parlare, di gridare, urlare… provò a fermarlo ma lui strinse ancora di più.
«Solo mia… »
Allontanò le mani bruscamente, chinandosi poi su di lei per baciarle il collo e lasciarle altri segni rossi su di esso. Lei pianse in silenzio, trattenendo i gemiti, senza forze e stretta tra lui e il materasso non poteva fare più nulla. Quanto baccano faceva quel diamine di materasso! Sentiva quel cigolio continuo e le sembrò di impazzire.
«Ti… prego… non… farlo… »
Riuscì a dire poggiando le mani sulle sue spalle cercando di respingerlo ma era davvero troppo pesante rispetto a lei, era sempre stato così feroce? Non disse nulla lui quando, al culmine del piacere, rimase dentro e lei trattenne un urlo, dal disprezzo e dalla vergogna.
«Vattene da casa mia… Ti prego »
///@///
«Non guardare… per favore…»
André ritrasse la mano, lasciando che Françoise si coprisse con la sciarpa che aveva tolto prima e nascondesse di nuovo ai suoi occhi i segni che le aveva lasciato. La ragazza si alzò e prese le due tazze vuote dal piccolo tavolino poco distante e le andò a poggiare nel lavandino, dandogli le spalle e senza osare dire una singola parola.
«Scusami… non dovevo prendermi questa libertà… »
«Non ti preoccupare, va tutto bene. E’ normale dopotutto… ti chiedo solo una cosa André… deve rimanere tra di noi, non deve saperlo nessuno. Non voglio che gli altri si preoccupano per una sua noncuranza… perché è solo quello, te lo giuro »
André si avvicinò a lei ma Françoise si allontanò, allungando il braccio verso di lui.
«Scusami, è colpa mia… Tra poco arriverà mio fratello, così potrai conoscerlo se ti va »
Lui non rispose, la lasciò allontanarsi da lui e la seguì con lo sguardo tornare a sedersi sul divano.
///@///
Si era allontanato dalla casa fingendo un appuntamento con una persona, voleva rimanere da sola ma non voleva dirglielo per non offenderlo in qualche modo così se n’era andato. Camminò per un po’ per Parigi e una dolce nostalgia invase il suo cuore. Gli mancava Madrid e il suo calore, ma Parigi sarebbe rimasta sempre nel suo cuore, nel bene e nel male. Per puro caso incontrò per strada Antoniette e Hans e i due lo invitarono a prendere un caffè al bar poco distante e lui accettò volentieri.
«Allora André, com’è tornare a Parigi dopo tanto tempo? »
Chiese Antoniette girando lo zucchero nel suo cappuccino fumante, mentre il suo compagno beveva indisturbato il suo caffè amaro.
«E’ stato un trauma, lo ammetto. Arrivo da una nazione calda e ritrovarmi ora con questo clima così invernale mi destabilizza e non poco! »
«Dovresti venire con me a Stoccolma, poi ne riparliamo! Sempre che tu sia abituato alla notte perenne »
Disse Hans sorridendo e facendogli l’occhiolino, i due lo seguirono a ruota ridendo allegramente.
«Per me questa è quasi estate, lì si gela veramente in inverno! »
«Se questo non è niente non oso immaginare l’inverno svedese… »
André rabbrividì al pensiero e rise mentre Antoniette inziò a bere il cappuccino per poi prendere il telefono in mano.
«Ah, è Françoise… povera amica mia…  »
Si lasciò sfuggire Antoniette, e un leggero colpo sotto il tavolo le colpì il polpaccio, André alzò un sopracciglio e li guardò confuso alzando lo sguardo oltre la montatura degli occhiali.
«Tutta sola a casa… Paul è a lavoro… Speriamo stia pensando a cosa portare all’esame finale »
Aggiunse rapidamente, rispondendo al messaggio dell’amica e posò il telefono nella borsa firmata.
«Paul lavora? »
«Sì, è più grande di un anno, si è laureato l’anno scorso e ora lavora presso una ditta qui vicino ma non ricordo né il nome né il posto che ha preso. So solo che è fuori Parigi e che per raggiungerla deve partire alle cinque di mattina e che spesso fa viaggi all’estero »
André alzò le sopracciglia, e sorseggiò il caffè silenziosamente, pensando ancora a quello che aveva visto a casa della ragazza.
«Non convivono, giusto? »
«No, lui l’aveva quasi forzata ma poi aveva smesso, all’improvviso. Non l’ho mai capito quel ragazzo, è molto misterioso »
«E violento »
Sussurrò il ragazzo, destando la curiosità di Antoniette ed era sicuro di aver visto Hans strozzarsi quasi con il caffè.
«Hai detto qualcosa? »
«Io? Ehm, niente… Oh devo andare, è stato un piacere parlare con voi ragazzi. Ve l’offro io il caffè, rilassatevi e godetevelo per me! »
«Ma…! »
«Aspetta! »
André corse via come un matto, lasciando i due ragazzi esterrefatti.

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Capitolo 3
*** Celia ***


 
Tutte le traduzioni le troverete alla fine del capitolo! ^^
 
Françoise si raggomitolò sul divano, guardando le fiamme della  stufa illuminare di arancione il pavimento bianco sotto di lui; lei alzò la sciarpa di lana fin sopra il naso, nascondendo il rossore sul naso raffreddato. Lo aveva capito anche lui, ed era entrato nella sua vita da neanche ventiquattro ore. Maledizione. Sentì a mala pena la chiave nella toppa della porta d’ingresso tanto era presa da quelle fiamme e dai loro colori caldi e avvolgenti. Avvertì un brivido lungo la schiena, ma non si voltò subito, non voleva vedere nessuno.
«Hey… »
Paul strinse le spalle mordendosi un po’ il labbro inferiore, si inginocchiò davanti a lei accarezzandole poi la guancia. Le sorrise dolcemente, spostando alcune ciocche di capelli dietro l’orecchio.
«Cosa vuoi Paul? »
Chiese con voce roca, strozzata dal pianto.
«Volevo vedere come stavi e… volevo chiederti perdono »
«Ancora? »
Chiese la ragazza con gli occhi umidi, stringendo la sciarpa al collo nervosa.
«Lo so… ma mi conosci! Io… ci tengo a te, lo sai… Ho visto come ti guardava ieri sera e mi ha dato fastidio, ho sentito il bisogno di sentirti mia, di sentirti solamente mia…. »
«Paul… ti prego… voglio stare da sola… Forse è meglio che tu vada via, ci vediamo domani… »
«Ma io… »
«Ti prego, vattene… »
Paul sospirò, si alzò da terra e si avviò alla porta, dando poi un ultimo sguardo alla fidanzata. Allontanò di fretta la mano dalla maniglia e si avvicinò di nuovo a lei, sedendosi al suo fianco e passando il braccio sulle spalle di lei, facendola così avvicinare a lui. Lei provò ad allontanarsi da lui, spingendolo lontano da sé ma lui rafforzò la presa intorno le spalle. Un brivido di paura le percorse tutto il corpo, perché doveva essere così ? Si stese sul divano e se la trascinò sopra, accarezzandole dolcemente la schiena e i capelli biondi. Lei continuò a dimenarsi per qualche istante ma si lasciò andare poco a poco alle sue carezze, poggiando infine il capo sul suo petto, ascoltando il battito del suo cuore. Alzò di nuovo il capo, guardandolo negli occhi, e si mise a sedere sul suo ventre, togliendo lentamente la sciarpa che le avvolgeva il collo mostrandogli così i lividi. Lui non disse nulla, si limitò solo ad accarezzare il collo di lei con il dorso della mano.
///@///
André rientrò nel palazzo dopo un’ora, prima di entrare nel suo appartamento diede un occhiata a quello di lei, spinto da un’improvvisa voglia di entrare e starle vicino, di confortarla e di poter cancellare quello che quel mostro aveva osato farle. Si risistemò gli occhiali sul naso, entrando poi a casa sua. Si svestì velocemente della giacca e della sciarpa, andò nella sua camera e si buttò sul letto, poggiando il braccio sugli occhi cercando di eliminare l’immagine del collo marchiato della sua vicina.
«Maledizione… »
Sentì il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni e rispose, senza vedere chi fosse.
«Pronto? »
«Andrés? »
Si mise a sedere di scatto, quella voce…
«Celia… »
Gli fece uno strano effetto sentire di nuovo la sua voce, quella voce così delicata e così dolce che l’aveva accompagnato in quei ultimi quattro anni in Spagna. Aveva ancora il suo numero? L’aveva rintracciato tramite chi? Era passato un mese dalla sua partenza e solo sua madre sapeva di tutto ciò, e l’università ovviamente. Cosa diavolo voleva ora?
«¿Dónde estás? ¡Te estoy citofonando de cinco minutos! Tenemos que hablar, es urgente... »
«Celia… no estoy en casa »
«Ay entiendo, dime dónde eres te alcanzo, lo sé que tú no quieres hablar conmigo pero es de veras importante...»
Sì passò una mano tra i capelli, poggiando poi i gomiti sulle cosce.
«No puedes alcanzarme, no estoy en Madrid  »
«¿Cuando regreses?»
«Nunca volveré»
«¿Q-Qué...?»
«Estoy en Paris, ¿qué debes decirme de importante?»
Non rispose subito, per qualche istante credette che Celia gli avesse chiuso il telefono in faccia.
«Nada... no hace nada… Perdona que te moleste Andrés...»
«Celia, por favor, ¿que pasa? Si tienes que decirme algo, ¡dilo!»
«No, nada. No te preocupes, voy ahora....»
«Segura?»
«Sì... Espera!»
«Qué?»
«Te quiero...»
Non le rispose, parlava ancora di amore? Davvero?
«No me llames, despedirnos»
«No! Esp»
Chiuse la chiamata ancor prima che lei potesse rispondere, non voleva sentire la sua voce, non più.
«Déjame en paz… por favor... »
///@///
«Va tutto bene André? Sei pallido… »
André alzò lo sguardo verso Alain, girando la cannuccia nel cocktail che aveva di fronte. Si era fatta sera,     Alain era venuto a trovarlo nel pomeriggio e insieme agli altri ragazzi erano usciti a prendersi qualcosa. Non aveva smesso un solo attimo di pensare a Celia, cosa voleva dirgli? Perché lo aveva contattato dopo tutto quel tempo?
«E’ da oggi pomeriggio che non parli, cos’è successo? Chi ti tormenta? »
«Non ne voglio parlare, se sono qui in Francia è proprio per lasciarmi tutto alle spalle. Non pensate a me, passerà! »
Sentì di nuovo il telefono suonare, sospirò e guardò lo schermo, Celia.
«Ancora? »
Sussurrò nervoso, non voleva parlare con lei. Voleva godersi almeno un po’ quella serata, perché continuava a chiamarlo?
«Chi è questa Celia? »
«Nessuno, fatemi rispondere »
Schiacciò l’icona verde e avvicinò il telefono all’orecchio.
«¡Ya te he dicho que no quiero hablar contigo! ¡¿Qué diablo quieres, se puede saber?!»
Disse nervoso, incuriosendo tutti i ragazzi e un gruppetto di spagnoli poco lontano si girarono a guardarlo.
«Lo sé, pero he cambiado idea. Lo siento por lo que ha sucedido. Te quiero a mi lado. ¡Vendré a París, remediaré a todos mis errores! Yo te quiero Andrés...»
«No, no es verdadero. Déjame en paz Celia. Se ha acabado. No me llames»
Chiuse la chiamata così come l’aveva aperta, o forse anche peggio. Si alzò velocemente da tavolo, prese le sue cose e se ne andò.
«Scusatemi ragazzi, è meglio che vada. Alain ci vediamo domani mattina. A presto »
///@///
Françoise si sistemò la felpa che aveva addosso, guardando le strade parigine piene di vita dall’alto del suo balcone. Prese il pacchetto di Marlboro che aveva nella tasca e prese una sigaretta e l’accese. Non era una grande fumatrice, un pacchetto poteva durarle anche un mese, ma quel giorno ne aveva sentito una grande necessità e aveva già consumato metà pacchetto. La luce dell’appartamento vicino si accese, André era rientrato a casa.
“Strano… Paul mi aveva detto che sarebbero usciti tutti insieme stasera…”
André uscì fuori, si appoggiò sulla ringhiera e guardò giù, perso nei suoi pensieri non si era neanche accorto della sua vicina che lo stava ascoltando.
«Non so se ti conviene buttarti, ti faresti solo del male »
Il ragazzo sussultò di scatto, girandosi verso la ragazza intenta a fumare tranquillamente la sua sigaretta.
«Non voglio buttarmi, sono ancora troppo giovane per morire »
«Sigaretta? »
«Con piacere »
Françoise gli passò il pacchetto con l’accendino al suo interno e lui lo prese al volo, dopo essersi preso e acceso la sigaretta lanciò di nuovo il pacco verso la ragazza e lei lo prese, riponendolo di nuovo nella tasca.
«Paul mi aveva detto che sarebbe uscito con tutti i ragazzi stasera, te compreso. Come mai sei qui? »
Lui rise, poggiando la spalla contro il muro e la guardò.
«Mi hanno chiamato dalla Spagna e non è stato piacevole »
«Fammi indovinare, la tua ex »
«Esatto… »
Cadde il silenzio tra i due, si guardarono per qualche secondo negli occhi, cercando entrambi di leggersi dentro.
«Vuoi parlarne? »
«Oggi pomeriggio mi ha chiamato Celia, la mia ex fidanzata. Mi cercava a casa, voleva sapere che fine avessi fatto »
«Non sapeva della tua partenza? »
«No, in pochi. Doveva dirmi qualcosa di importante, quando le ho detto che ero a Parigi non ha voluto dirmi più nulla. Prima di staccare però mi ha detto di amarmi… »
«Sembra quasi un film questa chiamata, cosa le hai detto? »
«Di non chiamarmi più. Non mi è piaciuto come si è comportata e… credo di non provare più nulla per lei »
«Uhh! Una parigina ha fatto colpo nel tuo cuore André? »
«Ahahah… No, no… »
«E allora? Hai detto che ti ha chiamato oggi pomeriggio, cosa c’entra la serata? »
Françoise si affacciò più vicino all’uomo, curiosa.
«Mi ha richiamato dicendo che mi avrebbe raggiunto in Francia perché mi ama e cose così »
«Non le credi… »
«Neanche un po’ »
«Capisco… »
La ragazza si voltò a guardare le strade di Parigi in silenzio, terminando la sigaretta e mettendola nel posacenere che aveva portato con sé. Un leggero vento freddo li colpì, muovendo leggermente i capelli della donna allontanandoli un po’ dal viso.
«Tu come stai? »
Sì voltò verso di lui, guardandolo dritto nei suoi occhi verde scuro. Lui indicò il collo  con il dito e lei arrossì violentemente.
«Tutto intorno al collo ho tanti puntini rossi e ho la pelle tutta rossa, credo sia uno sfogo per colpa di una collanina »
«E i lividi? Ti fanno male? »
«No… non molto. Solo quando muovo molto il collo »
Disse lei abbassando il capo, giocando con il bordo della felpa nera che indossava. André la osservò per qualche istante, trovandola bellissima. I suoi lunghi capelli biondi sembravano così morbidi al tatto, così come la pelle bianca delle sue guance, e le labbra… sicuramente soffici e delicate, invidiò Paul in quell’istante. I suoi occhi… si potevano descrivere? Sembravano un opale… o un zaffiro… o un lapislazzuli… ma erano così profondi e… cupi…
 
TRADUZIONE ITALIANA

«Dove sei? Ti sto citofonando da cinque minuti! Dobbiamo parlare, è urgente »
«Celia… non sono a casa »
«Ah capisco, dimmi dove sei che ti raggiunfo, lo so che non vuoi parlare con me però è veramente importante »
«Non puoi raggiungermi, non sono a Madrid »
«Quando torni? »
«Non tornerò »
«C-Cosa? »
«Sono a Parigi, cosa devi dirmi di importante? »
«Niente…non fa niente…. Scusa per il disturbo Andrés »
«Celia, ti prego, che succede? Se devi dirmi qualcosa, dillo! »
«No, nulla. Non ti preoccupare. Ora vado »
«Sicura? »
«Sì… Aspetta! »
«Cosa? »
«Ti amo… »
«Non chiamarmi, addio »
«No! Asp »
-
«Lasciami in pace, ti prego… »
-
«Ti ho già detto che non voglio parlare con te! Cosa diavolo vuoi, si può sapere?! »
«Lo so, ma ho cambiato idea. Mi dispiace per quello che è successo. Ti voglio al mio fianco. Verrò a Parigi, rimedierò a tutti i miei errori! Io ti amo Andrés… »
«No, non è vero. Lasciami in pace Celia. E’ finita. Non chiamarmi »

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Capitolo 4
*** Segreti ***


Era iniziata l’università, finalmente. Per i primi giorni André aveva potuto contare sull’aiuto delle ragazze per l’orientamento nelle aule e in meno di una settimana era riuscito a memorizzare la maggior parte dell’istituto. Françoise era stupita dalle sue capacità, era davvero talentuoso e l’aveva spesso sorpreso con un foglio e matita in mano a disegnare. Lui invece si era scoperto spesso ad osservare la finestra dell’appartamento della vicina quando passava di lì tra una commissione e l’altra. Li aveva visti più di una volta discutere e giurò di aver visto Paul alzare le mani su di lei più di una volta. Françoise però si era sempre mostrata allegra e solare e questo lo destabilizzava e non poco. Come poteva fingere così bene? Ma prima di tutto… Era sicuro di quello che aveva visto? Era quello che lo tormentava da un paio di giorni ma no aveva osato chiedere nulla né alla diretta interessata né ai suoi amici. Forse era meglio indagare...
«Pronto? »
«Antoniette? Sono André »
«Ciao caro! Dimmi tutto! »
«Sei libera oggi pomeriggio? »
«Mi stai invitato ad uscire con te? »
André rise alzando gli occhi al cielo.
«Certo tesoro, volevo appunto chiederti anche di sposarmi, vedi tu! »
Disse sarcasticamente, senza trattenere un sorriso, mentre usciva dal suo appartamento.
«Ahahah… Comunque sì, sono libera oggi. Vieni a casa mia, va bene alle cinque? »
«Perfetto, ci vediamo dopo allora »
///@///
«Benvenuto a casa mia! Posso offrirti qualcosa? »
«Nulla Antoniette, grazie… »
«Come vuoi, accomodati! »
///@///
Françoise prese il telefono dal tavolo in cucina e chiamò il primo numero che aveva trovato. Si mise a sedere sul divanetto e aspettò che l’altro rispondesse.
«Hey tesoro! Come va? Tutto bene? »
«Ciao… volevo chiederti oggi quando chiudi, ho proprio bisogno di passare un po’ di tempo te »
«Devi dirmi qualcosa? »
«Il solito… vieni a casa mia o ci incontriamo…? »
«Vengo io date, domani hai l’Università e non voglio responsabilità! »
Françoise rise, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sorridendo. Le era mancata la sua voce.
«Ci vediamo stasera: schifezze varie e un film horror, va bene? »
«Va bene… Grazie Victor, sei il migliore »
///@///
«L’hai conosciuto Victor? Suo fratello? »
«Non ancora ma me ne ha parlato molto. Sembra davvero in gamba »
«Per non essere il suo vero fratello, è veramente un grande… »
«Credo di aver perso un passaggio… »
Antoniette rise, sedendosi di fronte a lui sul divano, accavallando le gambe.
«Beh, è complicato. Sua madre si è sposata due volte, nel primo ha avuto Victor e nel secondo Françoise. Il padre di Victor è morto anni fa e lei si è risposata. Ecco tutto! Ma si sono sempre voluti bene e Victor le è sempre stato accanto… »
«Nei momenti duri…? »
«Sì… nei momenti duri… Ma come mai mi hai chiamato? Dalla tua voce sembrava davvero importante… »
André poggiò le braccia sulle cosce e la guardò dritto negli occhi, alzando lo sguardo dagli occhiali.
«Non voglio essere indiscreto… »
«Puoi dirmi tutto, non ti preoccupare. Quello che mi chiederai resterà tra queste mura, te lo prometto »
«Non so se ti piacerà… »
Antoniette lo guardò un po’ perplessa, corrugando leggermente la fronte ricambiando il suo sguardo. All’improvviso lo assottigliò e poteva scorgere uno sguardo minaccioso.
«Tu sai qualcosa… »
«Forse »
«Hans… »
«Cosa? No, non riguarda il tuo fidanzato »
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, ridendo leggermente poggiando una mano sul petto.
«Meno male, mi hai fatto preoccupare! Tornando seri, cosa succede? Sai qualcosa, lo noto dal tuo sguardo preoccupato ma non riesco a capire… Cosa sai su chi? »
«Paul… è violento, vero? »
La ragazza sussultò, sbiancando notevolmente in volto, e lo guardò incredula. Anzi, non era incredula era… strana. Che ne fosse già a conoscenza? E se sapeva tutto perché non ha fatto nulla? Cosa sta succedendo?
«C-Come…? »
«Come l’ho saputo? Françoise non mi ha detto nulla, è molto riservata. Ma ho notato alcune cose che non tornavano… Credo che la convivenza sia una delle cose che ogni donna vorrebbe con il suo fidanzato per stare più vicini e cose simili ma lei sembra terrorizzata da lui ogni volta che la tocca, anche solo per accarezzarle il volto. Lei non voleva assolutamente parlare del loro rapporto, preferisce evitarlo e l’ho notato nelle nostre uscite. Sembra così dannatamente forte, alcune volte sembra senza cuore, quasi un comandante ma… Non so, forse è anche una mia impressione e ho preso un abbaglio… ma devo sapere Antoniette, se dovete dirmi qualcosa… ditemelo! »
///@///
Françoise uscì dal suo appartamento, chiudendo poi la porta a chiave e si voltò verso la porta del suo vicino. Non l’aveva visto per tutto il giorno, neanche all’università, e iniziò a preoccuparsi. Che stesse male? Che quella- com’è che si chiamava? Celia?- ragazza l’avesse di nuovo contattato? Si avvicinò di soppiatto alla porta, bussando leggermente, ma non trovò risposta. Provò con il citofono, ma nulla. 
“Sarà uscito, poi perché mi preoccupo così tanto?”
Sospirò stancamente, avviandosi poi verso le scale.
///@///
Antoniette non rispondeva. Era rimasta in silenzio con il capo chino e gli occhi sbarrati, si stava mordendo le labbra e stava stropicciando l’orlo della maglia. Alla fine lei sospirò, si risistemò velocemente e lo guardò negli occhi.
«L’abbiamo denunciato per violenza domestica qualche mese prima che tu arrivassi, ma lei ci chiese di ritirarla perché se ne sarebbe occupata lei… Credo che questo possa bastarti André per capire la situazione »
«Perché l’avete fatto? Perché avete ritirato tutto? »
Antoniette teneva le mani sul grembo, senza alzare lo sguardo su di lui. I lunghi capelli biondi gli impedivano di vedere quale fosse la sua espressione in quel preciso momento.
«Credo di non aver mai visto Françoise così arrabbiata come quel giorno. Non voleva che noi ci immischiassimo nella sua vita privata. Era una cosa che voleva risolvere lei, a tutti i costi e se quello significava essere picchiata tutti i giorni beh… lei aveva accettato la sfida…»
Arrivò un messaggio alla ragazza ma lei si rifiutò di leggerlo, non alzò il capo neanche per vedere chi fosse. André non osò guardare ma gli sembrò di aver letto che la persona che le aveva inviato il messaggio fosse proprio Paul.
«Lui comunque credo che un po’ ci tenga a lei. Perché prima non era così, anzi… Era così socievole, simpatico, organizzavano sempre loro uscite e roba del genere… Non so cosa sia cambiato. So solo che se lei prova a ribellarsi lui le salta addosso, e il giorno dopo è un miracolo poterla vedere camminare da sola. Ho paura che tutta la violenza che scarica su di lei un giorno la ucciderà »
Antoniette si asciugò una lacrima con le dita, alzando finalmente lo sguardo. 
«Ti prego… Non dire a nessuno quello che ti ho detto »
«Tutto quello che ci siamo detti rimarrà qui, non ti preoccupare »

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Capitolo 5
*** Victor ***


Stava quasi per addormentarsi sul divano quando sentì il campanello della porta, si alzò svogliatamente e andò ad aprire, ritrovandosi il ragazzo che aveva chiamato qualche ora fa tutto allegro.
«Eccomi qua! »
Disse tutto eccitato, mostrando i cd che aveva preso dalla sua collezione e la spesa che aveva fatto. Françoise rise, facendolo entrare e prendendo la busta che aveva in mano.
«Cos’hai comprato? Beignets, Coca-cola, Skittles, pizza surgelata, patatine, birra … »
«Il solito! »
«Vuoi mettermi all’ingrasso per caso? »
«Qualche chilo in più non ti farebbe male, sei troppo magra »
«Non preoccuparti, sto mangiando in più! »
Françoise cacciò le due pizze surgelate e le lasciò scongelare sulla piccola penisola vicino i fornelli, prese alcune scodelle e aprì un pacco di patatine e lo svuotò in esse, prese qualche bicchiere e tovagliolo poggiandoli poi sul tavolino tra il divano e il televisore mentre il fratello inseriva il cd nel lettore.
«Mi sorprendi, oggi niente sushi? »
Chiese lei divertita, mentre finiva di sistemare il tutto.
«Uhm, non ne avevo voglia, sono sincero. Questa sera pizza! »
«Perché non l’hai ordinata da Julia? La pizza surgelata non è da te! »
«Giorno di chiusura, poi questa del lidl* la provai una volta e mi piacque »
Appena finì di sistemare il film Victor si mise a sedere sul divano, sospirando stancamente e Françoise lo imitò, poggiando il capo sulla sua spalla.
«Ho visto un nuovo ragazzo prima, perché non mi hai detto di avere un nuovo vicino? »
«Non pensavo ti potesse interessare »
«Eccome! »
«Lascialo stare Victor, si è lasciato da poco e ne soffre ancora anche se non vuole ammetterlo »
«E tu come fai a sapere queste cose? »
«Viene all’università con me, facciamo alcuni corsi insieme e usciamo qualche volta insieme agli altri »
Victor alzò gli occhi al cielo, allontanando i capelli dal volto esasperato.
«Mi hai quasi illuso… Ma dimmi, come va? »
Françoise alzò le spalle, bevendo un po’ di coca-cola e voltandosi a guardarlo negli occhi.
«Il solito Victor… il solito… Non è cambiato nulla, sempre la stessa routine »
«Sembri più felice, lo sai? »
«Ah si? »
«Sì, e sai da cosa si nota? Dal tuo sguardo... sono anni che non vedevo i tuoi occhi così azzurri e così luminosi. Forse il tuo nuovo vicino ha scombussolato un po’ la tua “routine” »
Françoise spostò una ciocca di capelli dal volto, fermandola dietro l’orecchio e sorrise.
«Forse. Mi rilassa, l’aura che emana intendo… Si mostra così calmo e sereno e sembra riuscir a contagiare tutti. Abbiamo parlato un po’, sia di lui che di me ovviamente, ma era come se lo conoscessi da sempre. E’ un caro amico »
«Sicura che non sia altro? I tuoi occhi stanno brillando… »
«Anche se fosse… la bruciatura della sua ex scotta ancora e ti ricordo signorino che sono fidanzata »
Victor prese la sua mano sinistra e la osservò attentamente, accarezzando il dorso e le dita con la punta del polpastrelli.
«Non c’è alcuna traccia di anello, sei libera cara. Fai quello che vuoi »
«Non posso lasciare Paul »
«E perché? Lui non ti ama e non ti merita. Abusa di tee, ti sta annullando e si vede sorellina. Non sei più il maschiaccio di una volta che voleva farsi rispettare e che comandava tutti quanti, che non voleva farsi mettere i piedi in testa e che mi giurò che non si sarebbe mai fidanzata »
«I tempi cambiano Victor, e tu lo sai… »
«Vi siete sposati? »
«Cosa? »
«Alla mairie, vi siete sposati? »
«No, non ci siamo sposati »
«E allora cosa ti vincola a lui? »
«Io sono innamorata di lui »
«Non dire bugie, perché non sei ancora scappata? Cosa ti rinfaccia? Cosa hai fatto di male per meritarti tutto questo? »
«Lo amo e…  »
«E…? »
Il telefono di Françoise squillò e lei rispose velocemente, senza neanche vedere chi fosse.
«Pronto? »
«Françoise, domani puoi uscire? Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti con i colori per le stoffe e tu sei la migliore! »
«Facciamo gli stessi corsi Antoniette, non puoi farlo da sola o con Rosalie e Jeanne? »
«Dai!!! Ti prego!! Devo confezionare degli abiti e poi Jeanne e Rosalie sono già occupate! Ti regalo un vestito della mia collezione, ti prego!! »
Françoise alzò gli occhi al cielo, perché credeva di comprarla con un vestito?
«Va bene, basta che la smetti di urlare… »
«Ti farò il vestito più bello del mondo! »
Lei scosse la testa, ormai rassegnata e chiuse la chiamata con il sorriso stampato sulle labbra.
«Vado a riscaldare le pizze, fa partire il film ti prego »
«Ma »
«Non ne voglio parlare »
///@///
«Secondo te sa qualcosa? »
«Chi? »
Chiese Victor durante i titoli di coda del film, Françoise stava mangiando l’ultima fetta di pizza indisturbata e si era coperta con un pleid per nascondere il viso durante il film.
«Il tuo  vicino… come si chiama? »
«André… e credo di sì o ha intuito qualcosa. Abitiamo proprio attaccati e le mura non sono spesse. Paul quando è arrabbiato urla, lui sente tutto se è a casa. Ha visto anche alcuni lividi sul collo… »
«Non ti ha detto nulla? »
«Forse fa finta di nulla e non vuole chiedermi spiegazioni. Gli sono grata per questo. Se chiederà agli altri e avrà risposte non darò la colpa a nessuno, non posso farci nulla »
«E’ molto discreto »
«Già… Rimani qui? Ti preparo il letto se vuoi »
«Sarei rimasto lo stesso, vado a farmi una doccia! »
«Mi stai dicendo che ti sei portato i panni? »
«Sì! »
///@///
« “Lamento lo que pasó. Por favor, perdoname. Celia” “Llamame, quiero hablar contigo” “Por favor, no me hagas el vacío” “¿Hay algo que pueda hacer para que cambies de parecer?” »
Spense la segreteria telefonica, era stanco di ricevere tutte quelle chiamate e quei messaggi. Sentire la sua voce gli faceva male, e anche molto. Gli faceva ricordare tutto quello che era successo in tutti quegli anni che avevano passato insieme, tutte le uscite, i viaggi, le parole dolci, i baci, le notti…
«Devo cambiare numero di telefono…  »
Fece girare tra le dita un piccolo anello di oro bianco dalla pietra azzurra, l’aveva comprato due mesi prima, voleva chiederle di sposarlo a Parigi. L’aveva scelto perché gli occhi di Celia erano di un blu intenso, come quello della pietra incastonata in quell’elegante cerchietto. Ma… perché mentre fissava quel piccolo anello il volto di Françoise si era fissato nella sua mente? Perché non quello di Celia? Cos’era Françoise per lui?



*= avete letto bene! Il Lidl è un supermercato presente anche in Francia, ho aiutato la madre della ragazza che mi ospitava a fare la spesa! ^^

Traduzioni:

"Mi dispiace per tutto quello che è successo. Per favore, perdonami. Celia" "Chiamami, voglio parlare con te" "Per favore, non ignorarmi" "C'è qualcosa che posso fare per farti cambiare idea?"

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Capitolo 6
*** Abbracciami ***


Parigi ormai stava iniziando ad aprire le sue porte all’inverno, le temperature si erano abbassate velocemente e di tanto in tanto alcuni fiocchi di neve cadevano dal cielo ma senza posarsi ancora. L’inverno era il periodo più bello dell’anno secondo lei ed era sempre per quello che aveva indossato la corona di “Regina delle nevi” dall’école élémentaire fino al lycee. L’università in quei giorni era insopportabile, la maggior parte dei studenti si stava preparando per gli esami di gennaio e tutti erano in fermento per le prossime vacanze natalizie. Aveva passato la maggior parte del tempo in biblioteca a cercare alcune fonti per l’ultimo esame che doveva dare a inizio anno e poi… la laurea. Le faceva uno strano effetto pensare alla tesi e si riscopriva spesso assorta nel guardarla senza staccare gli occhi dai fogli. Prese alcuni libri e, dopo aver firmato alcune carte, prese la strada di casa avvolta nel giubbino caldo e dalla sciarpa morbida.
«Hey, aspetta! »
La ragazza si voltò distratta verso quella voce, poco distante vide una coppia abbracciarsi e baciarsi davanti l’Università e si rabbuiò un po’, voltandosi di nuovo.
«Biondina! »
André poggiò una mano sulla sua spalla divertito, lei appena sentì la sua mano su di sé sussultò.
«Mio dio André mi hai fatto prendere uno spavento…!»
«Non era mia intenzione scusami ma eri così assorta nei tuoi pensieri che non mi hai proprio sentito »
«Sì, mi sono distratta… »
Il ragazzo alzò lo sguardo verso la coppia che fino a qualche istante prima era stata il centro dei pensieri della sua vicina e anche il suo sguardo si incupì.
«Che ne dici di fare una passeggiata? »
«Con questo freddo? »
Chiese la ragazza divertita mentre stringeva le spalle e lui le sorrise, alzando le spalle. Appena alzò lo sguardo verso il cielo Françoise notò alcuni fiocchi di neve cadere sulle loro teste.
«Sta nevicando… »
«Credo sia il caso di tornare a casa, non trovi? »
Disse il ragazzo alzando lo sguardo verso il cielo grigio sorridendo deluso, gli sarebbe davvero piaciuto trascorrere un po’ di tempo con lei.
«Mi dispiace per la tua passeggiata »
«Ti perdonerò se accetterai una cioccolata calda da me »
Disse lui facendole l’occhiolino, alludendo a quella mattinata tra ottobre e novembre e Françoise annuì, stringendo i libri al petto.
 
///@///
 
«Non sono abituato a questo freddo »
Disse André mentre versava la cioccolata in due tazze mentre la ragazza lo osservava silenziosa dal tavolo della cucina.
«Dubito fortemente che in Spagna le temperature siano così basse… »
«Assolutamente. L’inverno è abbastanza freddo ma l’estate alcune volte è davvero insopportabile. Non abbiamo una via di mezzo alcune volte e da piccolo ricordo che mia madre si lamentava del tempo e che rimpiangeva la Francia solo per quello »
I due risero di gusto e parlarono del più e del meno, sui corsi all’università e sulla prossima uscita che li attendeva la sera successiva.
«Antoniette mi ha detto che si sta già organizzando per Natale e Capodanno, è davvero incredibile quella ragazza »
«Questo non è niente!  La festa dei suoi 18 anni l’ha iniziata ad organizzare due anni prima. E’ una sua fissazione: deve essere tutto preciso, ordinato e perfetto per ogni, singolo, evento »
Disse lei calcando le ultime parole, lasciando il ragazzo stupito.
«Non guardarmi così! E’ la pura verità! »
Françoise alzò le mani ridendo e anche lui la seguì, immaginando una piccola Antonietta organizzare la festa più importante della sua vita. Il cellulare di André iniziò a squillare, controllò il numero ma non lo aveva segnato e non lo riconosceva.
«Chi è? »
«Non lo so, lo riconosci? »
André mostrò lo schermo alla ragazza ma lei alzò le spalle e scosse il capo, rispose incuriosito alla chiamata, ritrovando sempre la stessa persona. Non le lasciò terminare la frase che subito staccò, facendo cadere il telefono malamente sul tavolo. Sospirò amareggiato, poggiò gli occhiali sul legno e si passò una mano sugli occhi.
«Va tutto bene? »
«No, decisamente no »
Si ricompose, passò una mano velocemente tra i capelli liberando la fronte e rimise gli occhiali. Appena alzò lo sguardo verso di lei le sorrise, Françoise sembrava davvero preoccupata dalla sua espressione e cercò di calmare quell’amarezza che gli aveva procurato la chiamata sperando di rilassarla.
«E’ lei? »
«Sì »
«Sei così arrabbiato con lei da chiuderle il telefono in faccia? »
«Non sono arrabbiato, sono deluso. Pensavo che per tutto questo tempo avesse imparato a conoscermi, a sapere i miei sogni. Sapeva quanto io volessi tornare in Francia, quanto fosse importante per me tornare finalmente a casa. Pensavo di conoscerla, la frequentavo dal bachillerato… »
«Il… cosa? »
«E’ come il baccalauréat credo, serve per entrare nelle università. Una sorta di scuola superiore »
«Capisco… scusami ti ho interrotto, continua »
«Oh non ti preoccupare. Pensavo di poterle leggere dentro, pensavo veramente di conoscere tutto di lei, ma mi sbagliavo. Il viaggio in Francia è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sono grato ai miei amici per avermi detto tutto quello che faceva a mia insaputa. Mi dispiace solo non averlo saputo prima di comprare l’anello… »
«Volevi sposarla… »
«Sì, era il mio programma… ma è andato tutto in frantumi… Ora mi sta torturando di chiamate e messaggi. Volevo andare a cambiare il numero di telefono ma non ho avuto proprio tempo in questi giorni… »
Proprio in quel momento il telefono suonò di nuovo e lui si lasciò sfuggire un lamento, poggiando la fronte sul legno liscio.
«Mi fai un piacere? Puoi rispondere tu…? »
«Ne sei sicuro? »
«Sì… »
Françoise prese il telefono del ragazzo e, senza togliere lo sguardo da lui rispose.
«Pronto? »
André alzò lo sguardo, guardandola dritto negli occhi.
«*S-salve* »
«Chi è? »
«*Sono una cugina di Andra… André, è in casa?* »
Il suo francese non era dei migliori, cercò di parlare il più lentamente possibile sperando di riuscire a farsi comprendere dalla spagnola. Sembrava davvero sorpresa dal tono della sua voce.
«Ehm… »
André aveva sentito la domanda e le sussurrò “sotto la doccia”, agitando le mani tra i capelli e sulle braccia come a voler imitare una persona intenta a lavarsi.
«E’ sotto la doccia, se vuoi posso….? »
Lui scosse il capo violentemente, irritato e sbatté di nuovo la testa contro il tavolo. Françoise trattenne una risata.
«*No, non fa nulla. Addio* »
«C-ciao… »
Françoise chiuse la chiamata e poggiò il telefono vicino al proprietario e aspettò che lui alzasse di nuovo la testa.
«Se volevo parlare con lei non ti avrei chiesto di rispondere al posto mio »
Disse borbottando senza muoversi.
«Oh beh… l’ho resa una situazione più realistica »
«Questo è vero… E grazie mille »
«Di cosa? Per aver risposto ad una chiamata? Non esagerare! »
Lui le sorrise imbarazzato, prese una mano tra le sue e la portò alla fronte, intrecciando le dita con le sue.
«Grazie »
Lei arrossì lievemente, sorridendogli di rimando . Rimasero in silenzio per un po’, immobili in quella dolce posizione. Sentiva il suo fiato solleticargli la mano e il calore delle sue dita la stava riscaldando. In quel momento gli sembrò davvero indifeso e bisognoso di affetto e consiglio. Una parte di lei voleva abbracciarlo e dirgli che andrà tutto bene, ma l’altra parte di lei aveva paura di avvicinarsi a lui e sentì la sua stretta farsi sempre più forte.
«Hey… va tutto bene… »
Françoise gli sorrise, accarezzandogli il volto con l’altra mano dolcemente.
«Posso abbracciarti? »
 
///@///
 
Françoise prese un bel respiro e si passò un po’ di ghiaccio sul livido sul braccio, fresco di giornata. Paul era arrivato ubriaco, o molto probabilmente drogato, a casa sua e l’aveva picchiata, senza alcun motivo, come ogni volta. Ora il ragazzo stava riposando sul suo letto, crollato dopo la violenza e la forza che le aveva usato contro. Si avvicinò al frigorifero e prese un po’ di acqua e si sedette sullo sgabello, guardando la boccettina di plastica marroncina che aveva tra le mani. Non era sicura di poter prendere quel farmaco, ma le dava quel po’ di sollievo che le faceva rilassare la mente. Prese fiato e assunse una pillola, lasciandola cadere nello stomaco. Ripensò a quello che era successo prima a casa di André, dell’abbraccio che si erano scambiati. All’inizio ebbe un po’ di timore, ma alla fine si alzò verso di lui e lo abbracciò dolcemente. La sua stretta era davvero forte, sentiva le sue braccia stringerle la vita e si sentì avvampare. Come poteva una donna ridurre un uomo in questo stato? Sorrise tristemente, nascondendo nel cassetto delle posate la boccetta sperando di non farsi notare: Paul si era svegliato.

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Capitolo 7
*** Inaspettato ***


«Prepari la tesi? »
Françoise alzò lo sguardo verso il fratello stancamente, aveva passato tutto il giorno a ripetere e a prendere appunti dai libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca e non si era fermata neanche un attimo. Aveva mangiato velocemente un panino mentre sottolineava con l’evidenziatore dei documenti che aveva stampato il giorno prima. Victor era tornato a farle visita quel pomeriggio dopo lavoro, portandole qualcosa da mangiare e distrarla un po’ da tutto quello studio. Era come il padre, se aveva un obiettivo da raggiungere faceva di tutto per superarlo al massimo. Il generale Jarjayes era una persona fiera e orgogliosa, soprattutto della figlia e non dispiacque quando lei gli disse che avrebbe voluto seguire le orme della madre e quindi diventare un’artista. Anche se non aveva mai accettato al cento per cento la sua scelta, aveva preferito non immettersi nella vita della giovane. Victor era ai fornelli quando la sorella ricevette una chiamata via skype dai genitori.
«France! Tesoro! Come stai? »
«Ciao mamma, va tutto bene non preoccuparti. Come va a Lione? »
«Tutto bene, tutto bene. C’è anche Victor con te? »
«Sì! »
Il ragazzo si avvicinò a lei e salutò allegro la madre agitando il mestolo in aria.
«Come vanno gli esami? Tra poco devi laurearti… »
«Va tutto bene per ora. Sono un po’ preoccupata per l’ultimo esame al dire il vero. Non mi sembra vero! Però sono molto felice, ho degli amici stupendi e posso sempre contare su di loro »
«A proposito di amici, dov’è Paul? »
Françoise fece un sorriso forzato, allontanando una ciocca di capelli dal viso.
«Tra qualche giorno deve partire per lavoro, credo sia andato a fare gli ultimi acquisti visto che mi ha detto che gli mancavano un po’ di cose »
«E dove va di bello? »
«A Roma, resterà fino ai primi di gennaio »
«Non vai con lui? »
«Gli dispiace molto ma non può. Poi non me la sento di andare girando in una città straniera da sola, mi annoierei un po’ e poi ho gli esami e non voglio distrazioni. Fosse per me abolirei Natale e Capodanno! »
«Non fare la sciocca! Devi pur sempre divertirti! E poi non ti dimenticare del tuo compleanno… »
«Già… sono 22 quest’anno…»
Disse sorridendo dolcemente insieme alla madre, ripensando agli eventi che le avevano scombussolato la vita degli ultimi anni.
«Come sei diventata grande, mi sembra ieri che ti tenevo tra le braccia per farti addormentare… »
«E invece sono cresciuta e tra poco anche laureata in arte come te »
«Sì, esatto… »
«Papà non c’è? »
«E’ andato a fare un giro ma… quanti libri hai preso? Hai svaligiato la biblioteca del Louvre? »
«No, ne ho presi in prestito alcuni. La biblioteca, mia cara mamma, conta ben 56.000 libri, io a casa ne ho solo 10 »
«E non sono pochi! Dai, vi lascio mangiare, vedo Victor armeggiare con la tua cucina e visto dallo schermo sembra davvero delizioso! Corri a mangiare bimba mia, non pensare troppo a studiare!  »
«Mamma quando tornerai assaggerai le mie prelibatezze, te lo giuro! »
Disse Victor mentre preparava la tavola e armeggiava con forchette e coltelli.
«Non vedo l’ora! Ci sentiamo domani, ciao! »
La donna chiuse la chiamata e Françoise sorrise, chiudendo il portatile e riordinando le carte e i libri dal tavolo per poi posarli nella borsa che usava per l’Università. Victor si poggiò contro il tavolo, incrociando le braccia.
«Cosa c’è Victor? Come mai sei così… »
Quando la ragazza si girò verso il fratello vide la boccettina che aveva nascosto qualche giorno prima nel cassetto delle posate.
«Non ho detto nulla prima perché c’era mamma e non volevo farla preoccupare, però ora mi spieghi perché diavolo hai degli antidepressivi nascosti nelle posate insieme ad altra merda che non sto a dire »
«Non sono affari tuoi Victor, dammele »
«Sono tuo fratello! Sono affari miei! Perché hai del prozac?! Sei andata da un psicologo?! TI ha prescritto questo farmaco?! O hai avuto la brillante idea di iniziare ad assumerlo da sola senza pensare alle conseguenze?! »
«Non urlare ti prego… »
Françoise abbassò il capo, tenendo la testa tra le mani mentre si inginocchiava a terra. Victor si avvicinò a lei, poggiando la mano sulla spalla di lei abbassando il tono della voce. Perché urlare contro? Era debole, le bastava una sola persona che le urlasse contro ogni volta che la vedeva.
«Perché prendi questi farmaci senza l’autorizzazione del medico? Non hai bisogno di queste cose per sentirti meglio. Se dovessi sentirti male sai chi devi chiamare, io ci sarò sempre per te»
Lei annuì lentamente, asciugandosi una lacrima scapata al suo controllo e con l’aiuto di Victor si alzò e cenarono insieme. Victor non aveva osato chiederle altro e Françoise non aveva avuto il coraggio di parlare e di aprirsi con lui. Avevano riso e parlato un po’ sull’università e sul lavoro di lui, passando una serata allegra e spensierata. Victor aveva cercato in tutti i modi di rasserenarla, ma ogni volta per quanto lei si sforzasse lei non riusciva a rallegrarsi completamente.

///@///

Françoise era uscita fuori al balcone a fumare, nonostante il freddo pungente della capitale. Aveva indossato un sciarpone caldo e aveva legato velocemente i capelli in una coda alta. Non si era resa neanche conto delle lacrime che le stavano bagnando le gote e che le stava sbavando la matita nera e il mascara che aveva usato. Si sentiva così frustata in quei giorni e non era per colpa della sua vita da studente, se non per l’altra sfera della sua vita.  Aveva osservato un punto indefinito del panorama davanti a sé per una decina di minuti, accendendo più di una sigaretta. Aveva voltato più di una volta il capo per vedere se il suo vicino fosse in casa e sempre più di una volta aveva avuto la voglia di andare da lui e parlargli di qualcosa, qualunque cosa o, perché no, abbracciarlo un’altra volta. Come poteva una persona farla sentire così sicura e serena? Aveva sperato di vederlo sbucare dal balcone e affacciarsi ma con quel freddo solo un pazzo sarebbe uscito fuori per fumarsi una sigaretta. Doveva considerarsi pazza. Ancora assorta nei suoi pensieri non si era resa conto che l’oggetto dei suoi pensieri si era fatto vivo fuori al piccolo balcone, accendendosi anche lui una sigaretta.
«Non si può resistere alle sigarette, eh? »
«Già… »
Françoise si voltò verso di lui lentamente, poggiando il capo sul muro retrostante. André poggiò le braccia sulla ringhiera più vicina al balcone della francese, guardandola preoccupato.
«Come va con Celia? Cambiato numero di telefono? »
«Al momento non è il mio problema più grave. Vuoi parlare? »
Lei annuì lentamente spegnendo la sigaretta nel posacenere e poggiandolo sulla sedia poco lontana. André entrò nel suo appartamento, lasciandola sola. Dopo neanche una manciata di secondi sentì il citofono suonare, sorrise lievemente e andò ad aprire, ritrovandosi André davanti.
«Ora puoi dirmi tutto quello che vuoi »
«E se non volessi parlare? »
Disse Françoise incrociando le braccia al petto ma lui alzò le spalle sorridendo.
«Allora ci guarderemo in faccia finché non ti stancherai e sputerai il rospo »
Entrò nell’appartamento senza smettere di sorridere e si sedette sul divano, lasciando una Françoise perplessa vicino la porta. Lei si avvicinò al ragazzo e si sedette vicino a lui, restando in silenzio per alcuni secondi.
«E’ tuo fratello quello che ho visto prima uscire da qui? Stavo tornando e l’ho incrociato per caso »
«Sì, è venuto ad assicurarsi che stessi mangiando e non solo studiando »
Disse lei sorridendo, asciugandosi il volto con le mani cercando di aggiustarsi un po’, doveva sembrare una pazza appena uscita da un manicomio.
«Beh sei un po’ pallida, sicura di aver mangiato? »
«Sì, non ti preoccupare, sto bene »
«Non sembra »
Lei alzò le spalle stancamente, senza staccare gli occhi da lui.
«Mi dici cosa ti prende? Avete litigato? »
«No… sono solo stanca di tutto questo… non so cosa fare, ho le mani legate »
«Stai parlando di Paul, vero? »
«Sì… »
«Perché non lo lasci? »
«Non è facile… non mi lascerà andare tanto facilmente… E’ complicato André. E’ frustato per colpa del lavoro, la sua situazione familiare è complicata e ha tanti problemi per la testa e »
«Si sfoga con te »
«E’ geloso, è partito tutto da questo alla fine. E’ ossessionato dall’idea che io lo tradisco ogni volta che non siamo insieme e non so perché. E’ davvero stressante… Vorrei farla finita una volta per tutte »
«E lasciar vincere lui? »
«E’ questo che mi ferma… Ho paura delle conseguenze »
André poggiò la mano sulla spalla della ragazza per poi farla risalire verso la guancia. Lei la fermò con le mani, stringendola a sé. Lui alla fine si avvicinò di più a lei, stringendola dolcemente a sé, sperando che continuasse a sfogarsi con lui.
«Io non so cosa fare… cerco in tutti i modi di accontentarlo, cerco di farlo felice ma ogni cosa sembra non andare a buon fine… Non so veramente che pesci prendere… Mi sento così inutile certe volte che mi meraviglio del fatto che ancora non mi abbia mollato… »
Lui non disse nulla, rafforzò solamente la sua stretta intorno alla vita di lei e la lasciò parlare. Era così bello poter stringere quel corpo così piccolo tra le sue braccia, poter sentire il suo dolce profumo di rose e poter toccare i suoi capelli lunghi e biondi. Era disordinata, i capelli erano legati in malo modo e il trucco era colato ma non poteva non definirla bellissima. Françoise aveva le braccia legate al suo collo e le lacrime gli stavano bagnando la maglia scura. Non l’aveva mai vista piangere, né mostrarsi così debole davanti a lui. Solo Antoniette gli aveva detto di averla vista così una o due volte, ma gli altri non avevano mai accennato a quel fatto, nonostante sapessero che lui ne era a conoscenza.
«Andrà tutto bene Françoise… non devi preoccuparti, troveremo una soluzione insieme, va bene? »
Françoise si allontanò un po’ da lui, guardandolo negli occhi e annuendo lentamente. Lui allontanò una mano dalla sua schiena e l’avvicinò al volto di lei per asciugare le sue lacrime. Tremava come una foglia, eppure tutte le finestre erano chiuse e l’aria della casa era calda. Non aveva distolto neanche per un attimo lo sguardo dalle labbra di lei e non aveva resistito nel sfiorarle con la punta dei polpastrelli. Françoise sciolse la stretta delle braccia e poggiò le mani sul volto del ragazzo, donandogli un leggero bacio a fior di labbra. Un bacio casto ed innocente da  parte sua e stava per allontanarsi da lui imbarazzata al massimo quando sentì la presa di lui farsi sempre più forte intorno alla sua vita. André l’avvicinò di più a sé, baciandole quelle labbra così morbide al tatto, rosee e piene, portò anche l’altra mano sul suo viso e approfondì il bacio. Adorava quella ragazza, così tanto da averci perso la testa inesorabilmente. E lei non sembrava non accettare quelle attenzioni, anzi, era proprio lei a cercarle da lui. Una dolce lotta che non aveva né vincitori né vinti, un puro combattimento corpo a corpo capace di stordire il cuore e  la mente per una manciata di minuti. La fece sdraiare sotto di sé, continuando a baciare quelle labbra dolci come il miele mentre infilava la mano sotto la maglia di lana che lei indossava. Come diavolo era nata quell’improvvisa passione? Quell’improvviso bisogno di sentire le sue labbra sulle sue? Perché diavolo non l’era mai successo con Paul? Eppure non riusciva proprio ad allontanarsi da lui, la sua pelle era così morbida e calda, le labbra soffici… Era perfetto. Fu lo squillo del telefono a portarli alla realtà e a farli sussultare. André si alzò, allontanandosi da lei velocemente e Françoise gli diede le spalle.
«Forse… Forse è meglio che tu te ne vada André… »
Disse con un filo di voce, nascondendo il rossore che aveva in viso senza girarsi a guardarlo.
«Sì… forse è meglio così… »
André raggiunse la porta con poche e lunghe falcate, senza mai voltarsi per guardarla.
«Buonanotte… »

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Capitolo 8
*** Confessioni ***


Antoniette posò il telefono nella sua borsa italiana preferita e salì le scale del palazzo un po’ preoccupata, bussò alla porta della sua migliore amica, sperando di trovare un po’ di felicità con lei. Era stanca e tutto il lavoro per natale la stava prosciugando. In più erano diversi giorni che non aveva notizie della sua amica: non rispondeva al telefono e non leggeva i messaggi, l’ultimo accesso risultava tre giorni prima alle 11 di sera. Quando Françoise aprì la porta Antoniette non poteva credere ai suoi occhi. La ragazza era distrutta, i capelli scompigliati, il trucco colato, gli occhi rossi e umidi, i vestiti stropicciati e il volto era arrossato.
«Non guardarmi in quel modo, ho la febbre »
Disse lei ridendo leggermente, con voce nasale e un pacco di fazzoletti con lei. Antoniette sembrò rilassarsi per qualche istante ed entrò senza preoccuparsi della raccomandazione dell’amica sul suo stato.
«Perché non hai risposto alle mie chiamate e messaggi? Mi hai fatto preoccupare! »
«Lo so e ti chiedo scusa, ma non mi sono proprio preoccupata del telefono in questi due giorni. Fino a ieri sera avevo la febbre  39, Victor è stato con me tutto il tempo ma oggi è tornato a lavorare, anzi l’ho costretto stamattina »
Françoise tossì lievemente, si schiarì la voce e tornò a parlare.
«Prima è venuto anche Paul, era arrabbiato perché avevo ignorato i suoi messaggi e le sue chiamate ma appena mi ha visto in questo stato è uscito a comprarmi alcune medicine e mi ha fatto la spesa. Se n’è andato circa cinque minuti fa »
«Che carino, si è preoccupato per te! »
«Già, mi ha fatto veramente piacere. Voleva restare ma gli ho detto che è meglio se mi sta alla larga, visto che deve partire. Non voglio rovinargli il suo viaggio di lavoro, sono sincera »
«Ah, è vero! Deve partire! Quando precisamente? »
«Domani mattina. Voleva restare qui oggi ma è meglio di no, lo dico per lui. Prima di andarsene mi ha detto “ora ti lascio andare ma appena torno non ti voglio vedere così giù”. E’ stato davvero bello vederlo così, mi ha fatto davvero bene »
«Mi chiedo solo perché non lo sia sempre »
«Anch’io… Come sta andando all’Università? »
«Bene, tutto bene. Ci hai fatto preoccupare tantissimo! Ho chiesto ad André se sapesse qualcosa ma non mi ha saputo dire nulla… anzi sembrava un po’ turbato… »
Françoise abbassò il capo, ovviamente Antoniette non poteva essere a conoscenza di quello che era successo tra di loro, di quel bacio e di quella passione improvvisa che li aveva colti e che, almeno nel suo caso, non li aveva abbandonati del tutto. Si morse appena il labbro, ricordando quanto fossero morbide  e dolci le sue labbra, come fosse bello sentire le sue mani sulla pelle, con quanto passione le aveva donato con quei baci sul collo, quanto…
«Françoise? Hey? Mi senti? »
«C-Cosa? Hai detto qualcosa? »
«Sì, non mi hai proprio ascoltato, eh? »
«No scusami, mi sono distratta un attimo scusa… dicevi? »
«Cos’è successo tra te e André? Perché dev’essere successo per forza qualcosa tra voi due! Vi ho chiesto la stessa cosa ed entrambi non mi avete risposto! Allora? Cos’è successo? »
«Nulla Antoniette, nulla d’importante, un semplice diverbio, nulla di ché! »
«Non ti credo, dimmi la verità Françoise, tanto verrò a scoprirlo lo stesso »
Françoise non osò alzare lo sguardo verso l’amica, si vergognava di quello che aveva fatto ma l’avrebbe fatto ancora, ancora e ancora e ciò la faceva stare peggio. Sono stati i sensi di colpa a farle salire la febbre? Può darsi. E poi… perché mentire a Antoniette? Insomma… è la sua migliore amica, no?
«Ecco… mi vergogno a dirlo»
«Non devi vergognarti con me, puoi dirmi tutto, lo sai! »
Fece un bel respiro, chiuse gli occhi e lo disse.
«Ci siamo baciati e ci mancava pochissimo per… insomma hai capito! »
Antoniette sbarrò gli occhi e la bocca, sorpresa. Françoise aprì gli occhi e la vide così, ferma e immobile come una statua di marmo e si pentì amaramente di averglielo detto.
«Oh mio Dio… »
«Non so cosa mi sia preso, so solo che avevo tanta voglia di baciarlo e di stare vicino a lui e mi sento in colpa per tutto questo perché sono fidanzata e…»
«E non sei felice? »
Françoise alzò lo sguardo sconvolta mentre alcune lacrime le rigavano il volto.
«Cosa? »
«Non sei felice? Sì, hai ragione, sei fidanzata. Ma quante volte Paul ti ha tradito? Tu l’hai sempre perdonato ma sono sicura che lui non si sia mai pentito di quello che faceva, lo sai? Che ora abbia perso il vizio non lo sappiamo, ma siamo sinceri Françoise, non la vedi la luce del tunnel? Non vedi uno spiraglio di felicità? André ci tiene a te, si vede da come ti parla e da come ti guarda. Non so se è amore o amicizia, ma ci tiene tantissimo a te, non vuole che ti sia fatto del male. Tu cosa provi per lui ?»
«I-Io… non lo so… non puoi chiedermi questo Antoniette! »
«Lo rifaresti? »
Le lacrime scendevano copiose a bagnarle le gote calde, la vista era offuscata e la testa le girava vorticosamente. Non le rispose, come poteva nominare quel caos di sentimenti che provava per lui? Erano amici? Sì, ma gli amici non si baciano, gli amici non provano attrazione fisica tra di loro. Erano più che amici, di questo ne era certa, ma cos’erano realmente?
«Lo rifaresti? »
Chiese Antoniette esigendo una risposta da lei, non poteva credere che la sua migliore amica stesse rifiutando un aiuto da André!
«Altre mille volte Antoniette… Altre mille volte… »
 
///@///
 
«Ti vedo un po’ giù, va tutto bene Grandier? »
Chiese Alain curioso, guardando attentamente la faccia del cugino. Era distratto, era la seconda volta che gli chiedeva come stesse e per la seconda volta lo aveva ignorato. A chi diavolo stava pensando?  A Celia? Peccato, le piaceva quella ragazza, sembrava così seria ed invece… Ah! Le donne! Meno male che la mia Diane non è così, pensò tra sé e sé senza smettere di ridere.
«Si può sapere perché ridi ora? »
Disse André alzando lo sguardo oltre gli occhiali, alzando un sopracciglio.
«Sei così serio che non riesco a prenderti sul serio, scusami. Ti ho chiesto cosa ti prende. Sei strano questi giorni »
Strano, probabile. Forse perché stava per andare a letto con la sua vicina, fidanzata del migliore amico di Alain e di tutto il gruppo. Se voleva rompere l’equilibrio già precario, beh, c’era riuscito. Però come spiegarlo ad Alain, o peggio a Paul? Insomma, se non fosse stato per quel dannato telefono non si sarebbero fermati, di questo ne era certo. E la cosa in fin dei conti non gli dispiaceva.
«Ecco, ti sei isolato di nuovo. Pronto? Terra chiama Grandier, ci sei? »
«Non sei divertente Alain, per niente »
«Mi dici cosa diavolo ti prende allora? »
«Stavo pensando »
«Me n’ero reso conto »
«A una persona »
Alain fischiò allegro, finalmente Celia era scomparsa dalla testolina bucata di André!
«Chi è questa bella donna che ha conquistato il tuo cuore? La conosco? »
André scosse il capo senza nascondere un sorriso, bevendo la birra che gli aveva offerto il cugino poco prima.
«Chi ti dice che stessi pensando ad una donna? »
«Eri troppo concentrato per pensare ad un uomo mio caro, a meno che tu non sia gay »
«Non sono gay, di questo ne sono sicuro »
Disse sorridendo, ripensando a quella serata.
«Allora? Chi è? »
Il sorriso sul volto di André scomparve, e il cugino aggrottò la fronte per poi sospirare rassegnato.
«Ancora lei? Mio Dio André vuoi togliertela dalla testa Celia si o no? »
«Non è Celia, non ti preoccupare… E’ un’altra… »
Alain sgranò gli occhi sorridendo maliziosamente, sorseggiando un po’ di birra anche lui.
«E allora di chi si tratta? »
«Una ragazza che non dovrei neanche guardare, o mi fa fuori »
«E’ fidanzata… »
«Già »
«Fammi indovinare: Françoise, vero? »
André lo guardo sorpreso, come diavolo c’era riuscito?
«Lo sapevo… E no, non sono un veggente o una cosa del genere, si vede da come la guardi André, solo uno stupido non capirebbe cosa provi per lei »
«E come la guardo scusami? »
«Sei dolce con lei, ti prego non negarlo. Me l’ha fatto notare Diane l’altro giorno al dire il vero e non posso darle torto. Davvero ti sei innamorato di Françoise? »
«Non posso parlare d’amore, ma sì… mi piace e le voglio un bene dell’anima »
«Quindi è questo quello che ti affligge? »
«… Sì »
«Dai, spara. Tutto quello che mi dirai morirà qui, in questa casa e nessuno verrà a sapere nulla »
André sospirò amaramente, guardando senza vedere realmente l’etichetta della bottiglia di vetro che aveva tra le mani.
«Non è il caso Alain, davvero »
«E perché scusa? E’ successo qualcosa? »
Qualcosa? Solo qualcosa? Pensò André, dandosi poi dell’idiota.
«L’ho baciata, ci siamo baciati e mancava tanto così per farlo, ti sta bene? »
«Voi avete fatto COSA? »
Disse Alain sconvolto, guardandolo con gli occhi e la bocca spalancati.
«Non abbiamo fatto nulla Alain… nulla di »
«Tu lo sai che se Paul viene a scoprirlo sia tu che lei fate una brutta fine, vero? »
Era preoccupato e felice allo stesso tempo. Ormai era di dominio pubblico il problema della coppia ma non avevano mai osato intromettersi, soprattutto dopo la richiesta di lei di starne fuori. Era felice perché finalmente vedeva per Françoise una via d’uscita, ma a quale prezzo? Paul non era il tipico ragazzo che se la prendeva solo con il terzo incomodo, Françoise sarebbe stata la prima a subirne le conseguenze, come sempre. Eppure lei aveva subito di tutto: tradimenti, insulti in pubblico e in privato, schiaffi, calci… quante volte l’avevano vista dolorante o con il braccio fasciato? Troppe, troppe volte.
«Sì, e sai cosa ti dico? Non mi interessa. Non la merita. Le fa solo del male e la fa soffrire come non mai. E so cosa sto dicendo Alain, lei si è sfogata con me, tu non l’hai vista piangere come una disperata perché non riusciva più a reggere il peso di un ragazzo violento. Tu non sai quanto mi faccia male sentirla piangere quasi ogni notte. Lei si mostra forte, dannatamente forte, ma non lo è. E’ umana Alain, è umana, non reggerà a lungo… »
Alain osservò per qualche istante il cugino, aveva ragione, dannatamente ragione.
«Lo rifaresti? »
«Sì e questa volta non mi fermerei »
 

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Capitolo 9
*** Inizio? ***


Il ritorno all’Università fu traumatico. In quei giorni di pausa non aveva aperto libro e ora si ritrovava sommersa di documenti e pagine da studiare. Dopo la fine dei corsi si era rintanata in biblioteca, cercando di reperire  più informazioni possibili sugli ultimi argomenti lasciati in sospeso e per  arricchire il discorso di tesi. Françoise si era rannicchiata in un angolo con una montagna di libri e quaderni. Aveva portato anche il suo portatile e stava riportando tutte le informazioni utili su word. Erano le 18:30 e  tra poco meno di mezz’ora la biblioteca avrebbe chiuso, così iniziò a mettere in ordine tutti i libri che aveva preso e a posare le sue cose nello zaino. Finì appena in tempo, appena posò il “De re aedificatoria” di Leon Battista Alberti la bibliotecaria la informò della chiusura della biblioteca. Era davvero distrutta, aveva passato tutta la giornata immersa nei libri, a leggere e studiare e non vedeva l’ora di buttarsi sul letto e riposare ma appena mise il piede fuori dalla struttura vide un a fitta pioggia invernale oscurare la via di ritorno. Tranquillamente aprì la sacca anteriore zaino, sicura di trovare l’ombrello ma l’unica cosa che vi trovò dentro fu il portafogli.
“Maledizione! Ho dimenticato l’ombrello stamane!”
Sbuffò esasperata, non voleva ammalarsi di nuovo. Si portò il cappuccio del kway invernale e si rassegnò ad affrontare la nuova impresa. S’incamminò sotto la pioggia battente e gelida ma all’improvviso non sentì più l’acqua bagnarle il giubbino e una voce calda le riscaldò il cuore.
«Non puoi ammalarti di nuovo, no? »
Françoise alzò lo sguardo verso André, leggermente imbarazzata e lui le sorrise dolcemente. Quel giorno non aveva mai smesso di guardarla durante la pausa pranzo, e la voglia di parlare con lei era davvero infinita ma un improvviso imbarazzo l’aveva bloccato ogni volta e quell’acquazzone gli aveva servito su un piatto d’argento l’occasione di poter parlare un po’ con lei e passare un po’ di tempo insieme.
«Sai a che ora è la festa da Antoniette dopodomani? »
Chiese lui poco dopo,  avevano parlato del più e del meno e poteva addirittura toccare l’imbarazzo che si era creato.
«Sì, è alle 9 da loro. Ha detto che sarà la miglior vigilia di natale di sempre! »
«Non so se preoccuparmi o meno… »
«Con Antoniette devi sempre preoccuparti André  »
Disse lei fingendosi seria mentre risalivano le scale del palazzo. Missione riuscita pensò sorridendo, riuscita con l’aiuto di André a tornare a casa senza sembrare un pulcino inzuppato. Una bella doccia calda, il pigiama caldo e il piumone la stavano aspettando a braccia aperte e non vedeva l’ora di perdersi in quel calore.
«Grazie mille André, senza il tuo aiuto sarei tornata a casa zuppa e con la febbre alta, di nuovo… »
«Non c’è di ché, avevi bisogno di un aiuto e te l’ho dato con piacere! »
Le disse lui sorridendole, vide lei arrossire leggermente e dargli le spalle per aprire la porta di casa. Doveva chiederglielo, ora o mai più.
«Che ne dici di andare insieme da Antoniette? »
Lei si voltò a guardarlo sorpresa, i suoi occhi azzurri lo scrutavano sorpresi.
«Va bene… mi faccio trovare pronta a che ora? »
Chiese lei voltandosi di nuovo verso di lui sorridendogli emozionata, cosa c’era di male? Abitavano nello stesso palazzo e dovevano andare alla stessa festa, era un problema? Solo perché lei era fidanzata? Era solo un passaggio!
«Alle 8? Con il traffico che troveremo ci conviene partire prima»
«Perfetto! Grazie mille…»
«Grazie a te per aver accettato »
 
///@///
 
«Ho fatto un vestito da URLO a tutte voi ragazze! Potete venire a prepararvi da me se volete! »
«Va bene Antoniette! A che ora veniamo? Così possiamo darti una mano! »
Chiese Rosalie eccitata, mentre tutte le altre annuivano entusiaste. Antoniette le aveva riunite tutte su Skype una decina di minuti prima e stavano parlando della vigilia di natale, di cosa indossare, di come truccarsi… le solite cose alla fine.
«Purtroppo io vi raggiungo più tardi, ho un impegno! »
«Un impegno? E con chi? »
Chiese Jeanne incuriosita mentre finiva di pettinarsi la chioma nera.
«Con André »
Disse distrattamente, mentre si legava i capelli in una coda alta e si risistemava gli occhiali neri sul naso. Non ricevette risposta, pensò che la connessione non funzionasse ma non ebbe il tempo di formulare quel pensiero che l’urlo delle ragazze le stonò le orecchie.
«Ma siete pazze? Non voglio diventare sorda! Come vi è venuto in mente?! »
Sbuffò la ragazza irritata, mentre teneva le mani poggiate a mo’ di coperchio sulle orecchie.
«Stai scherzando! Ti ha chiesto di uscire! »
Diane era emozionata, così come le altre ragazze.
«Tecnicamente non mi ha chiesto di uscire, mi ha solo detto se potevamo andare insieme da te Antoniette visto che abitiamo nello stesso palazzo e dobbiamo andare alla stessa festa! Ha senso »
«Oh mio Dio! Dobbiamo spiegarti proprio tutto? Insomma, un ragazzo ti invita comunque a passare del tempo con lui fuori casa, è un’uscita! Françoise non negare l’evidenza! Gli piaci e vuole passare del tempo solo con te »
Disse Jeanne sorridendo maliziosamente mentre Rosalie annuiva felice.
«E’ ossessionato, anzi torturato, dalla ex spagnola! E poi chi vi dice che non sia ancora innamorato di lei o che non gli piaccio come ragazza ma solo come amica? Perché dovete sempre guardare il lato perverso di ogni cosa? »
Disse irritata la ragazza, piegando la gamba verso di sé e guardando lo schermo del computer: Antoniette non aveva detto assolutamente nulla mentre le altre erano scoppiate di gioia per la loro amica. Sapeva perfettamente il perché di quella proposta, era stata lei stessa a spronarlo! André le aveva chiesto in privato se fosse stata una buona idea invitarla ad andare insieme alla festa nonostante il suo… delicato rapporto con il fidanzato e lei l’aveva aiutato con molto piacere. A quanto pare i due si piacevano, e anche molto, ma dubitava fortemente che Françoise dopo un’ipotetica rottura con Paul si fidanzasse con André. Eppure non poteva non essere felice per lei!
«Allora te lo vieni a prendere domani mattina a casa? »
Chiese senza badare ai commenti delle altre ragazze, scuoteva lentamente la testa mentre le sorrideva dolcemente.
«Passo domani mattina, va bene? »
«Sì, ti aspetto eh! Tra poco il nostro comandante di ghiaccio fa gli anni! »
Françoise alzò gli occhi al cielo sorridendo: alla fine festeggiavano sempre il suo compleanno, non Natale. Ed era felice, estremamente felice. Forse la lontananza di Paul le avrebbe fatto bene, si disse tra sé e sé, ripensando a quanto si sentisse bene da quando era partito. Probabilmente era arrivato il momento di parlare con lui dei loro problemi.
 
///@///
Françoise si presentò a casa dell’amica alle 10 spaccate, e la ritrovò alle prese con i fornelli per preparare la cena o qualche dolce tipico austriaco che rifilava sempre nella vigilia..
«Che buon odorino… cosa stai preparando? »
La ragazza si avvicinò incuriosita all’amica intenta a girare una crema in un pentolino sul fuoco.
«Ho cercato alcune ricette spagnole su internet per mescolare Francia e Spagna: André ha vissuto a Madrid per tutto questo tempo e fortemente dubito che tutti i piatti che prepariamo noi francesi gli possano piacere. Ora sto provando a fare una sorta di crema, si chiama… dulce de leche? Non lo so spagnolo ma credo si legga così »
«Dulce de leche? »
«Esatto, è un dessert a base di latte. Viene preparato facendo cuocere a lungo il latte e lo zucchero fino a ottenere una crema, e il suo sapore è molto simile a quello delle caramelle al mou. E’ molto dolce, prova! »
Françoise assaggiò un po’ di quella crema simile al caramello nel colore: era molto dolce ma piacevole al palato.
«E’ buonissima! Non mi aspettavo una cucina così… delicata? Credevo fosse più forte di sapori »
«E lo è, ma ci sono alcune ricette davvero delicate. Ora sto solo provando alcune cose, per non fare sbagli e vedere se mi piacciono. Spero di fare bella figura con lui e di non rattristirgli la serata… »
«Lo fai con buone intenzioni Antoniette, rilassati! »
Antoniette sorrise, per poi lavarsi le mani nel lavandino e prendere un abito chiuso nella plastica che aveva appeso dietro la porta d’ingresso.
«Questo è il tuo abito, non voglio foto e nessun messaggio prima del tuo arrivo! Il primo a vedere questa meraviglia su di te dev’essere quell’uomo che ti ha offerto di accompagnarti qui »
Disse facendole l’occhiolino, ridendo leggermente.
«Sei insopportabile, lo sai? »
«Però è per questo che sono la tua migliore amica, no? »

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Capitolo 10
*** Natale ***


«Ci vediamo stasera a casa mia alle 9, non tardate! »
«Non ti preoccupare Antoniette, arriveremo in orario…. »
«Non voglio sentirti triste Jarjayes! Non vedo l’ora di ammirarti con quel bel vestito che ho creato! »
«E’ davvero magnifico, grazie mille. Sono molto stupita dal tuo lavoro »
«Cosa vorresti dire? »
Disse la ragazza al telefono ridendo, mentre Françoise alzò gli occhi al cielo guardando il capo appeso sulla porta dell’armadio in tutto il suo splendore.
«Lasciamo perdere… Come va la tua prova culinaria? »
«Gli spagnoli sono complicati! Spero di non deluderlo! »
«Perché mai dovresti? L’hai fatto con il cuore, sono sicura che apprezzerà! »
«Va bene, ora ti lascio, ho un sacco di cose da fare! Ah comunque ho già prenotato per il 31 sera »
«Ovviamente…. »
«Esatto! Ti spiego meglio stasera, a dopo! E poi ho una bellissima sorpresa per voi! »
La ragazza staccò subito il telefono, senza dare il tempo a Françoise di poterle rispondere. Non si volle dar peso, faceva sempre così alla fine. Era seduta sul suo letto e stava fissando da qualche istante. Antoniette le aveva implorato di crearle un abito per Natale e lei le aveva dato fiducia, anche se dopo qualche istante se ne pentì subito. Conoscendo Antoniette, si sarebbe aspettata quel dannato rosa che odiava indossare, qualche paillettes, una gonna lunga o qualcosa di seducente e scollato, molto scollato… e invece quello che si ritrovava davanti le piaceva. Era una lunga tuta elegante di colore nero, le maniche erano lunghe e il pantalone ricordava il modello a palazzo. In vita aveva messo una cintura dorata, un po’ nascosta dalla maglia che le ricadeva sopra. Era semplice ed elegante, come piaceva a lei.
«Chissà se gli piacerà… »

///@///

André staccò la chiamata con un sorriso stampato sulla faccia, era davvero felice di aver sentito la madre. E no, non era il solito uomo attaccato troppo alla madre che non sapeva neanche aprire una bottiglia di plastica senza di lei. Stava bene, non era cambiato nulla e gli sembrò davvero felice. Aveva cercato dei biglietti per tornare in patria almeno per il Natale e per non lasciare sola la madre ma purtroppo non aveva avuto il tempo di vedere nulla e tutti i voli erano stati rimandati a gennaio. Posò il telefono sulla penisola e poggiò le braccia vicino ad esso.
“Lui ora non c’è… chissà come si sente ora”
Si chiese guardando le ultime chiamate sul telefono e indugiando lo sguardo sulla loro ultima chiamata e non poté non sorridere. Gli arrivò un messaggio da Antoniette, da quando si dava all’astronomia?
“ VERGINE:  Le coppie viaggeranno sullo stesso binario, troveranno nel partner il giusto conforto e la giusta spinta per fare sempre meglio. Mai, come in questo momento, ci si sente vicini e all’unisono. I single prenderanno le giuste decisioni, specialmente nei confronti di alcune persone che si stanno frequentando simultaneamente. La mente inizierà a fare da sola una selezione, accompagnata dal cuore e dalle sue sensazioni”
Aggrottò la fronte non capendo il perché di quel messaggio.
“Mi raccomando, segui l’oroscopo, potrebbe esserti d’aiuto per stasera! ;)”
Scosse il capo sorridendo, perché le aveva chiesto dei consigli?!

///@///

“Maledizione! Sono quasi le nove! Farò tardi”
Si disse Françoise maledicendo il riposino di tre ore che aveva fatto sul divano mentre guardava la televisione. Perché doveva addormentarsi proprio oggi? Corse avanti e indietro per un paio di volte, cercando quell’unico paio di scarpe con il tacco che aveva preso con Rosalie e Jeanne qualche tempo prima. Si truccò velocemente e si pettinò i capelli, lasciandoli cadere lunghi e mossi sulla schiena, scoprì l’orecchio sinistro andando a fermare i capelli con un paio di forcine nascoste sotto la massa di boccoli biondi naturali mostrando al mondo intero l’orecchio adornato dagli orecchini, tre sul lobo e uno sulla cartilagine. Sorrise soddisfatta del risultato finale mentre si guardava velocemente allo specchio ma fu distratta da un messaggio.
“Paul?”
Appena prese il telefono trovò un messaggio di Antoniette, cosa diavolo voleva ora?
" CAPRICORNO: Le coppie accetteranno con rassegnazione, e non con spirito combattivo, le sfide che il destino ha in serbo. L'atteggiamento è tutto, diceva qualcuno, cercate di imparare da chi ce l'ha fatta. Essere trppo poco entusiasti del futuro potrebbe tirarvi brutti scherzi. I single approvederano a nuove consapevolezze, ma poi dovranno sfrutarle a loro favore e non buttarle al vento! Bisogna essere più concreti i amore, proprio come lo si è sul lavoro o nella vita in generale, altrimenti non si conmbinerà mai nulla"
«Mi prende in giro questa? »
Alzò gli occhi al cielo, prendendo la giacca e la borsa per poi avviarsi verso la porta e non appena la aprì si ritrovò André davanti il dito sul campanello.
«Appena in tempo direi »
Disse lui ridendo, con la mano sospesa a mezz’aria. Françoise, invece, arrossì. Era davvero elegante con quella semplice giacca e nera e la camicia bianca.
“«Non so voi ragazze ma quando vedo un ragazzo in camicia… oh mio dio! »”
«Sei bellissima… »
«Oh, ehm, grazie… Anche tu… stai molto bene… »
Il volto della ragazza era diventato completamente rosso e lui sorrise, le porse il braccio gentilmente.
«Madame posso accompagnarla alla mia carrozza? »
Françoise sussultò lievemente, guardandolo dritto negli occhi, stupita da tale galanteria.
“Da quanto Paul non è così con me? Oh, giusto… non lo è mai stato…”
Sorrise imbarazzata e accettò l’invito.
«Con molto piacere monsieur »

///@///

«Dimmi una cosa André…»
«Sì? »
«Anche a te Antoniette ha inviato l’oroscopo? »
André corrugò la fronte, l’aveva inviato anche a lei? Alzò gli occhi al cielo, maledicendo la ragazza.
«Sì! Credo che l’abbia inviato a tutti »
«Può darsi»
Bussarono alla porta dell’appartamento e dopo qualche secondo Hans venne ad accoglierli calorosamente.
«Ragazzi, ciao! Avete trovato traffico? »
«Ringraziando il cielo solo un po’, credo che gli altri troveranno un po’ di problemi perché era chiusa la strada vicino il liceo »
I due entrarono nell’appartamento e si divisero: Françoise si avvicinò ad Antoniette e Diane mentre André a Hans e Alain.

///@///

«Mi spieghi cosa vuol dire quel messaggio? »
Chiese Françoise arrabbiata, cercando di non farsi sentire da André.
«Quale messaggio? Ah! Ma parli dell’oroscopo! Era un semplice messaggio! L’ho letto e ti ho pensato! Ecco tutto! »
«E perché mi hai inviato proprio l’amore?! E perché l’hai inviato anche a lui?! »
Disse la ragazza, tentata dalla voglia di strangolarla ma Antoniette e Diane risero.
«Non preoccuparti cara! L’ho inviato un po’ a tutti! Cosa c’è di male? Ti stai scaldando per nulla, rilassati! Anzi, proprio perché lo nomini… cosa ne pensa di te? »
Françoise si bloccò, voltandosi per un istante verso André: stava parlando con i ragazzi e ad un certo punto la notò e si voltò a guardarla e le sorrise.
«Credo gli sia piaciuto… Oh ma poi perché me lo chiedi insomma! »
«Oh, così! »
Disse ingenuamente la ragazza, alzando le spalle ridendo, per poi andare ad aprire alla porta.

///@///

«Stasera è proprio bella Françoise, non trovi André? »
Chiese Alain divertito, mentre André lo fulminava con lo sguardo.
«Dovrebbe sentirti Diane… »
«Uff… è un commento innocente! Ma tu che sei libero cosa ne pensi? »
«Io lo sono, lei no »
«E dai! Lui ora è in Italia o dove cavolo è lui, non verrà mai a saperlo! »
Disse Hans divertito, mentre offriva ai ragazzi da bere.
«E’ bella, le sta bene, pensate alle vostre ragazze! »
André si voltò a guardarla e la scoprì a fissarlo, le sorrise ma lei si voltò. Si rattristì, alzando poi le spalle.
«Terra chiama Grandier! Mi senti? Oddio, l’abbiamo perso! »
Disse Alain ridendo e André gli diede un pungo nel fianco imbarazzato.

///@///

I ragazzi si erano tutti riuniti a tavola e avevano consumato insieme il pasto divertendosi e chiacchierando allegri. L’aria era proprio serena e tranquilla e Françoise si divertì tantissimo insieme ai suoi amici. Al suo fianco si trovava André e avevano parlato molto durante la serata, anche se ogni tanto lei si distraeva a telefono, sperando inutilmente in un suo messaggio.
«Antoniette complimenti! Sei davvero un’ottima cuoca!»
Disse André sorridendole, ancora stupito dalla presenza di alcuni piatti tipici spagnoli a tavola.
«Oh grazie caro! Sei molto gentile! Ma non devi ringraziare me, bensì Françoise, è stata lei a ispirarmi»
Rispose Antoniette allegra, senza curarsi dell’occhiata fulminea che l’amica le aveva dolcemente regalato.
Ormai mancava poco a mezzanotte e tutti si erano alzati dalla tavola, le ragazze avevano sparecchiato e i ragazzi le avevano aiutate. Françoise si era allontanata per alcuni secondi, rifugiandosi nel corridoio e controllò gli ultimi messaggi e le ultime chiamate. Nulla.
«Hey, tutto bene? »
La ragazza sussultò, girandosi di scatto verso André spaventata.
«Scusami, non volevo spaventarti! Ti ho vista  allontanarti e pensavo che non ti sentissi bene, sei pallida… »
«Non ti preoccupare per me, sto bene. Grazie per esserti preoccupato ma non ne hai motivo »
Disse lei sorridendogli e lui notò il motivo del suo turbamento.
«Non ti ha scritto nulla? »
«Oh, Paul? No, ormai mi sono rassegnata. Speravo che almeno mi informasse del suo arrivo o di altro ma nulla »
«Ne sei sicura? Stai bene? »
«Sì… Sto bene… »
Françoise gli sorrise dolcemente, lui mosse un passo verso la sua direzione, accorciando le distanze. Lei non si allontanò, rimase ferma davanti a lui senza distogliere lo sguardo dal suo. André poggiò la mano sulla sua guancia, accarezzandole dolcemente la pelle morbida e rossa per l’imbarazzo. Lui abbassò lo sguardo, soffermandosi a guardare le labbra morbide e rosee, leggermente schiuse di lei, e sperò di perdersi di nuovo nell’assaggiare il loro sapore e nel poterle sentire di nuovo su di sé. Lei tremava, eppure non sembrò volersi allontanare, anzi, il suo volto sembrava avvicinarsi di più a quello di lui.
«Ragazzi! Siete qui! Su tornate in cucina! E’ appena passata la mezza notte! »
Disse Jeanne sorridendo, per poi tornare in cucina allegra.
I due si allontanarono imbarazzati, per poi ritornare in cucina come se nulla fosse successo, o almeno quello era l’intento. Appena Françoise varcò la soglia della stanza fu travolta da una valanga di auguri.
«Mio dio cosa vi prende! »
Esclamò la ragazza ridendo, mentre abbracciava Antoniette. I ragazzi avevano preparato durante la sua assenza il tavolo con una piccola torta e delle candeline e lei si commosse.
«Grazie ragazzi… siete magnifici! »

///@///

I festeggiamenti durarono fino alle tre di notte, avevano riso, bevuto,  ballato, scambiato i regali, bevuto, festeggiato il compleanno di Françoise, bevuto… non riusciva neanche più a reggersi in piedi. André era più lucido di quanto credesse, aveva guidato per  tutta Parigi tranquillamente, anche se a piedi non era riuscito a compiere un passo senza traballare. Avevano salito le scale fin sopra a ridendo, provando a fare il meno rumore possibile anche se non ci riuscirono del tutto. Appena si fermarono davanti alla porta delle rispettive case sembravano essere tornati lucidi per qualche istante.
«E’ stata una bellissima serata… Grazie…»
Disse Françoise ridendo, mentre poggiava la schiena sulla porta e lo guardava dritto negli occhi.
«Di  nulla… ma non posso ancora definirla perfetta… »
Le rispose lui brillo avvicinandosi a lei; Françoise rise quando poggiò il braccio sulla porta e l’altra mano sul suo fianco, lei prese il suo volto tra le mani e lo avvicinò a sé, baciandolo dolcemente e lui si chinò di più verso di lei, travolgendola completamente. Le sue labbra erano dannatamente morbide e il suo profumo di rosa lo stordì completamente, lei era così dolce tra le sue braccia e si era lasciata completamente andare. Si allontanò da lei solo per riprendere fiato e si spostò verso l’orecchio, baciandole la pelle appena sotto il lobo e la sentì sospirare mentre affondava le dita nei suoi capelli neri.
«André… »
Sussurrò la ragazza lasciandosi sfuggire un gemito, mentre le labbra di lui scendevano a baciarle il collo bianco. Françoise si voltò dandogli le spalle e prese le chiavi di casa, mentre lui gli scostò i capelli dalla spalla e continuò la sua scia di baci, abbassando la cerniera dorata sulla schiena della tuta di lei lentamente. Appena aprì la porta i due entrarono ridendo, André la prese in braccio, caricandola su una spalla e la portò nella camera da letto di lei, buttandola dolcemente sul letto. Françoise si tolse velocemente le scarpe e si alzò a baciarlo di nuovo, iniziando a spogliarlo, mentre lui faceva scivolare la maglia lungo le spalle.

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Capitolo 11
*** Natale 2.0 ***


Un raggio di sole entrava dalla persiana socchiusa nella camera, quei pochi raggi che riuscivano a penetrare il muro di legno rendevano l’atmosfera quasi surreale. André aprì gli occhi e provò ad alzarsi un po’ ma un peso sulla parte sinistra del corpo gli impediva qualsiasi movimento. Si voltò a guardarla per alcuni secondi. I suoi ultimi ricordi erano molto sfocati: ricordava di aver accompagnato Françoise alla festa, di averla intrattenuta nel corridoio in modo che gli altri potessero addobbare la sala per il suo compleanno, di essere tornato a casa e… erano andati a letto insieme? Si portò una mano sulla faccia, sospirando profondamente. Cosa avrebbe pensato di lui? Si era approfittato di lei mentre era più debole e l’aveva fatta sua. Girò il volto dall’altra parte, sperando che tutto quello che stava vedendo, soprattutto sentendo, fosse solo un semplice sogno. Sentì la ragazza muoversi contro di lui e girò il volto di nuovo verso di lei, ritrovandosi due occhioni blu che lo guardavano ancora assonnati. Françoise alzò leggermente il capo guardandosi intorno un po’ confusa, poi tornò a guardarlo negli occhi interdetta. Non si dissero nulla, André fece una smorfia, abbozzando uno strano sorriso e lei rise, accarezzandogli il volto dolcemente.
«Françoise… Io »
«E’ stata la notte più bella della mia vita… »
Gli sussurrò, baciandogli la punta del naso, mentre sentiva le mani di lui accarezzarle il corpo nudo sotto le coperte. André la portò sotto di sé e la riempì di piccoli baci, sulle labbra, sul viso e sul collo e lei rideva divertita a quel piccolo assalto fatto senza malizia. Lui tolse le lenzuola, scoprendola completamente e lei si sedette sul materasso guardandolo dritto negli occhi.
«Non scherzavo prima, è stato davvero bellissimo… »
«Credo di non essere stato molto delicato con te »
Poggiò la mano sulla sua guancia, per poi farla scendere lungo il collo e il petto lentamente.
«Tu non sai cosa significa fare del male ad una donna »
Disse lei tristemente, poggiando poi la mano sulla spalla di lui.
 
///@///
 
«Non credevo avessi tatuaggi »
Stavano facendo colazione tranquillamente, Françoise gli aveva rubato la camicia ed era costretto ad andare in giro a torso nudo. Françoise stava mangiando alcune Madeleine* mentre André beveva un po’ di caffè.
«Solo uno, sulla zona lombare sinistra e va un po’ sul fianco. L’ho fatto a diciannove anni insieme a mio fratello. Lui si è tatuato il simbolo della pace sul polso, molto piccolo, e io invece questo »
Disse lei indicando la zona con la mano: erano dei fiori, precisamente due piccoli mazzi di rose da tre ciascuno, il primo si trovava più o meno al centro della schiena, l’altro più verso il fianco ed erano legati da alcuni fili neri**. La ragazza alzò la camicia mostrandolo di nuovo e lui sorrise poggiando la mano su di esso. All’improvviso il telefono di casa suonò, Françoise non volle rispondere ma André le fece cenno con il capo di farlo.
«Pronto? »
«Era ora, ti sto chiamando da ieri sera »
«Ero da Antoniette, scusami »
André si avvicinò a lei, abbracciandola da dietro.
«Capisco, volevo farti gli auguri. Mi stavo preoccupando, non rispondevi ai messaggi e alle chiamate, ho chiesto ad Antoniette se sapesse qualcosa ma mi ha detto che non sapeva nulla »
Françoise si voltò a guardarlo negli occhi, poggiando il capo sulla sua spalla.
«Oh, scusami. Mi sono svegliata da poco e ieri sono crollata appena sono tornata a casa »
«Non ti preoccupare, ti capisco! Comunque… Buon compleanno amore » 
Le baciò la fronte, cercando di calmarla: l’aveva sentita tremare tra le sue braccia, eppure aveva un dolce sorriso sul volto. Era forse felice di quelle piccole attenzioni da parte sua? Era ovvio, dopo quello che aveva passato.
«Grazie e buon Natale Paul… Ora scusami ma tra poco viene mio fratello a mangiare a casa e non ho preparato ancora nulla, ci sentiamo dopo »
«Va bene, a dopo tesoro »
«A dopo »
Françoise chiuse la chiamata e poco dopo staccò il telefono di casa, sospirando. André la strinse a sé, per poi sollevarla da terra e portarla in braccio per tutta la cucina ridendo, sperando di distrarla. Lei rise, posando poi il telefono sul tavolo e baciando il ragazzo dolcemente.
«Ti amo… sei bellissima quando ridi »
«Solo quando rido? »
Disse lei accarezzandogli il volto sorridendo, mentre le lasciava le gambe permettendole di poggiare i piedi a terra davanti a sé.
«Quando ridi sei ancora più bella »
 
///@///
 
Era entrata nella doccia da un paio di minuti e si stava  insaponando i capelli lentamente, pensando a quello che era successo nelle ultime ore. Non avrebbe mai pensato di finire in una situazione del genere, tanto meno con André. Eppure non riusciva a smettere di pensare a tutte le sensazioni che le aveva fatto provare: le sue labbra che esploravano il corpo, le mani che le accarezzavano le cosce, il suo sguardo travolgente che la guardavano con un’intensità assoluta… Buttò la testa sotto il getto dell’acqua, sperando di fermare quei pensieri poco casti che non erano da lei.
“Non vedo l’ora di vedere la faccia di Antoniette quando le dirò tutto questo…”
Françoise fece scivolare via tutti i pensieri insieme alla schiuma, sperando di chiudere nel cuore tutto quello che era successo con André nella camera, anche se non le sarebbe dispiaciuto affatto poter sentirsi di nuovo sua tra le sue braccia e nella dolcezza dei suoi baci. Sospirò amaramente, doveva uscire dalla doccia ma sentì lui alle sue spalle e sorrise. Françoise girò il volto e trovò André ad accarezzarle il ventre da dietro, mentre con l’altra mano giocava con le ciocche bionde bagnate. Lei si girò e prese il suo volto tra le mani per baciarlo e trovò le sue labbra ad accoglierla, la spinse contro il muro freddo della doccia che, con l’acqua bollente della getto, creavano un forte e piacevole contrasto con la sua schiena. André avrebbe voluto con tutto il cuore lasciarle un segno, seppur piccolo, di quelli innocenti, su di lei per ricordarle di quelle ore passate insieme ma… come avrebbe reagito lui? Cosa avrebbe potuto farle? Non osò andare oltre dei semplici baci; l’acqua ora divenuta tiepida, bagnava i loro corpi e il suo rumore copriva i loro gemiti.
 
///@///
 
André asciugò velocemente i capelli con il phon*** dopo essersi rivestito mentre Françoise andava avanti e dietro per la cucina finendo di preparare il pranzo.
«A che ora viene tu fratello? »
La ragazza guardò l’orologio velocemente, cercando di ricordare l’orario che gli aveva detto il ragazzo.
«Fammi pensare… Alle 11:30 mi sembra. Sono in ritardo maledizione, puoi venire a darmi una mano? »
«Certo »
André si avvicinò al forno controllando il Tacchino e le castagne, Françoise invece stava preparando la tavola e mise al centro il Brûche de Noël e una bottiglia di vino cotto, tornando poi ad occuparsi dei contorni. Tra medo di dieci minuti avrebbe dovuto togliere il tacchino e mettere il prosciutto nel forno, guardò di nuovo l’orologio, era in perfetto orario.****
«Mi sembra inutile chiederti di rimanere con noi »
«Sarei rimasto lo stesso »
 


*= Madeleine: Le madeleine sono dei piccoli dolcetti soffici con una particolare forma a conchiglia, derivata dallo stampo in cui vengono cotte. Spesso confuse con i muffin, il loro sapore è simile a quello del plum cake;
**= http://zone1.sprdit.netdna-cdn.com/wp-content/uploads/2012/01/lady-gaga-tattoo-back.jpg
per vedere il tatuaggio da me scelto. E’ uno dei tanti di Lady Gaga e secondo me perfetto per la nostra Françoise;
***= In Francia non usano molto il phon. Sono più che altro abituati a lasciare asciugare i capelli al vento, anche d’inverno! Due anni fa ho avuto modo di poter vivere uno scambio culturale con il mio liceo con una scuola media francese (lì il sistema è completamente diverso dal nostro, avevano un anno in meno di noi e frequentavano un’ipotetica quarta media italiana) e la mia corrispondente non usò mai il phon;
****= i piatti tipici francesi per il cenone sono pochi, a Parigi abbondano le cozze, il salmone, les escargot, il paté de foie gras, il vino cotto, e il meraviglioso Brûche de Noël, una rivisitazione del tronco al cioccolato.

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Capitolo 12
*** Look what I found ***


 «Non ti ho ancora presentato mio fratello… »
«L’ho visto solo un paio di volte quando veniva a trovarti, spero di non avergli fatto una brutta impressione »
«Affatto… »
Françoise si voltò a guardarlo senza smettere di sorridere, lui alzò le spalle abbozzando un dolce sorriso; lei si avvicinò a lui per abbracciarlo, legando le braccia al collo, ridendo insieme a lui. André le fece incrociare le gambe dietro la schiena per poi avvicinarla sulla penisola della cucina, ormai sgombera da pentole e il resto. Si baciarono dolcemente, accarezzandosi e ridendo.
«Buon compleanno tesoro! »
Victor entrò nell’appartamento come se nulla fosse, lasciando i due soli in cucina per entrare nel bagno e continuare il suo monologo su quanto fosse odioso guidare nei giorni di festa. Françoise scese subito dalla penisola e si aggiustò la camicia rossa nei pantaloni, e André si allontanò da lei imbarazzato.
«Non puoi capire il traffico sorellina! E’ stato davvero stancante! La prossima volta rimango a dormire da te la vigilia, capito?  Ogni anno sempre la stessa storia… Sono davvero esausto e non è neanche mezzogiorno alla fine! Come hai passato la vigilia? Ti sei divertita dai ragazzi? »
Chiese mentre tornava dal bagno e si avvicinava al forno acceso per vedere cosa c’era dentro e Françoise lo raggiunse divertita.
«Mi dispiace Victor, la prossima volta facciamo come dici tu! Come fai ad essere così stanco a quest’ora? Io mi sono svegliata tardi, questo è vero, ma di sicuro ho fatto più cose di te e guardami, non sono per nulla stanca! »
«Uhm… probabilmente. E l’unica cosa che dovevi fare di buono in tutto questi era presentarmi questo ragazzo e non l’hai ancora fatto, sicura di essere sveglia mia cara? »
André sorrise nel vedere il volto arrossato della ragazza che assomigliava molto al rosso della sua camicia. Victor alzò le spalle, avvicinandosi al ragazzo e porgendogli la mano in segno di saluto.
«Victor Girodelle, piacere »
«André Grandier, è un piacere anche per me conoscerti »
«Allora André… Quali intenzioni hai con mia sorella? »
«Victor! »
Il ragazzo non dette ascolto alle lamentele di Françoise, il suo sguardo era fisso in quello della persona che si trovava davanti e neanche lui sembrava voler cedere.
«Di certo non le stesse del suo attuale fidanzato »
Françoise sussultò, girandosi lentamente per guardarlo dritto negli occhi senza dire una singola parola. Victor sgranò un po’ gli occhi a quella affermazione, stupito dalla fermezza della sua voce e dallo sguardo dolce che aveva rivolto per alcuni secondi alla sorella. Sorrise al ragazzo, stringendogli fortemente la mano.
«E’ un piacere averti in famiglia! Ma ora forse è meglio metterci a tavola se non vogliamo che i manicaretti di Françoise vengano sprecati! »
///@///
Avevano pranzato allegramente, parlando del più e del meno e André fu felice di rispondere a tutte le domande che gli poneva Victor, senza esitare neanche per un momento. Françoise si stupì di come si fosse piegato a quelle domande, alcune volte un po’ scomode, del fratello ma non volle darci più di tanto peso. Era così felice in quel momento! Era la prima volta che Victor adorava una persona, soprattutto di sesso maschile, che gli avevano presentato. Neanche quando portò a casa Paul per la prima volta fu così socievole, prima che iniziassero i loro conflitti. Quando finirono di mangiare i due ragazzi aiutarono Françoise a ripulire tutto e a riordinare i piatti e le stoviglie.
«Quindi tu sei più grande di lei… come mai frequentate lo stesso “anno” universitario? »
«Purtroppo ho dovuto saltare un anno per delle cure alla vista che mi rubavano tempo prezioso per studiare, così ho evitato di dover ripetere più volte un esame per nulla e ho avuto tutto il tempo di recuperare e prepararmi per bene »
«Problemi alla vista? »
«Non vedo molto bene, sono nato quasi ceco ma grazie ad alcuni medici spagnoli sono riuscito a recuperare la maggior parte della vista. Due anni fa ho avuto un nuovo calo ma abbiamo risolto tutto con terapie e interventi… per questo ho “perso” un anno »
«Non me l’hai mai detto… »
Sussurrò Françoise guardandolo preoccupata.
«Non lo sa quasi nessuno, poi ora non ho più problemi quindi mi sembra inutile andare a spolverare quest’argomento  »
André sorrise, aggiustando gli occhiali sul naso e alzò lo sguardo verso di lei.
«Ma sono felice di aver perso quell’anno, non ti avrei mai incontrato in caso contrario »
«Questo è vero! »
André sentì il telefono vibrare nella tasca del pantalone e guardò lo schermo.
«Scusatemi, devo rispondere »
«Non ti preoccupare, vai! »
Lui annuì e rispose al telefono sorridendo, si allontanò nel corridoio, lasciando i due fratelli da soli nel salone.
«Quante volte? »
«Cosa? »
«Quante? »
«Quante volte cosa? »
Victor alzò un sopracciglio e le sorrise maliziosamente, Françoise non capì subito ma quando intuì cosa volesse sapere il fratello arrossì violentemente.
«Victor! Non ti ho mai chiesto quante volte ti portassi a letto la tua fidanzata! »
«Forse perché non ne ho una »
«Non cambiare discorso »
«Allora? »
«Oh mio Dio! E poi chi ti dice che io e lui »
«Ti prego, quando sono arrivato si vedeva che ti stava mangiando con gli occhi e vi ho visti sulla penisola, non pensate che sia così sbadato da non accorgermene »
«Victor… »
«Questo è il più bel regalo di Natale che tu potessi farmi, sappilo »
Françoise non disse nulla, iniziò a giocare con una ciocca di capelli pensierosa e Victor non le tolse gli occhi di dosso.
«Non lo so, non mi sono messa a contare… »
«Da quando va avanti questa relazione? »
«Oggi è scoppiata, ma forse va avanti da quando l’ho visto per la prima volta… »
«Ti sei proprio innamorata, eh? »
Lei rise, liberando la ciocca dalla tortura delle sue dita e si voltò a guardarlo dolcemente.
«Cosa faccio con…? »
«Quello che ti dico da tanto tempo, è ora di prendere in mano le redini della tua vita. Sappi però che io ci sarò sempre per te e ti supporterò in ogni tua decisione e sono sicura che anche lui lo farà »
///@///
«Victor mi ha chiesto da quanto fossi arrivato stamattina »
Françoise poggiò il capo sulla sua spalla, accarezzandogli il collo e delineando con la punta delle dita la linea della mascella. Lui si girò verso di lei per guardarla negli occhi e con il dito tracciò il profilo del naso* fino ad arrivare alle labbra.
«Gli hai detto vero che non me ne sono mai andato vero? »
Lei annuì lentamente e André sorrise, liberando nell’aria il fumo della sigaretta. Françoise rise leggermente, poggiò il capo sul suo petto, sbattendo un paio di volte le palpebre assonnata e le lenti carezze che le stava donando André in quel momento sulla schiena avevano un effetto soporifero su di lei.
«Chi ti ha chiamato prima? »
«Mia madre e mia nonna, volevano sapere come stessi  e augurarmi buon Natale »
«Ti sei chiesto il perché di tutto questo? »
André alzò il volto cercando il suo sguardo ma quello di lei era perso nel vuoto.
«Sì, stamattina quanto ti ho vista dormire vicino a me. Credo che fosse destino, sai? »
«In che senso? »
«Dovevamo conoscerci, dovevamo fare tutto questo. Mi hai fatto battere il cuore dalla prima volta che ti ho vista, ma la mia mente era ancora offuscata dal ricordo di Celia e non gli ho dato ragione. Mi sono promesso da quando mi hai parlato di Paul che ti avrei aiutata, in ogni modo possibile, ma non pensavo di innamorarmi di te. Non credevo neanche di poter provare una passione così grande per qualcuno »
André prese la mano della ragazza e le baciò il palmo dolcemente, Françoise alzò il capo per guardarlo negli occhi.
« Tell me something, boy… Aren’t you tired tryin’g to fill that void? Or do you need more? Is there somethin’ else you’re searchin’ for?**  »
André rise, sistemandosi meglio sul materasso e avvicinò il volto al suo, baciandola dolcemente.


*= citazione dal remake di “A Star is Born” di Bradley Cooper e Lady Gaga. Per chi non l’avesse visto: Ally(Gaga) non ha mai sfondato nel mondo della musica perché non la consideravano bella e perché il suo naso era troppo grosso e Jackson (Cooper) le chiede di poter toccare il suo naso, sfiorandolo con la punta delle dita. Questa scena viene ripresa più volte dai due nel corso del film, diventando così quasi un loro simbolo.
**= sempre “A Star is Born”, questa volta dalla colonna sonora, cantata da entrambi. Ecco il link per ascoltare la canzone:  https://www.youtube.com/watch?v=bo_efYhYU2A. 

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Capitolo 13
*** Phèdre ***


Le feste erano terminate, il periodo più caldo e dolce dell’anno era terminato ancora una volta e ormai era arrivato il tempo di tornare alla propria routine. I corsi all’università cominciarono subito, non poteva permettersi più distrazioni. Tra pochi mesi si sarebbe laureata e on poteva perdere tempo dietro feste e discoteche. La sera era l’unico momento di libertà che si concedeva, tra le braccia di André. Arrossì nel pensare a lui e poi sospirò amaramente. Per un paio di giorni non aveva smesso di pensare al problema “Paul” e un brivido le scuoteva la schiena ogni volta che sentiva quel nome. Si passò velocemente la mano sui capelli, spostando una ciocca che le cadeva proprio davanti gli occhi, cercando di focalizzare di nuovo l’attenzione sul libro che stava leggendo, soffermandosi soprattutto sull’iconografia vicina. Le Phèdre di Racine le era stato raccomandato da uno dei suoi professori, così lo prese in prestito dalla libreria e ogni pomeriggio si dedicava alla sua lettura. Ippolito, figlio di Antiope, regina delle Amazzoni, e di Teseo, re di Atene, venera Artemide e non si cura di Venere: offesa, la dea fa innamorare perdutamente di lui Fedra, moglie di Teseo, e quindi sua matrigna. Commossa dalla disperazione di Fedra, che si consuma dal desiderio, la nutrice Enone la convince a confessare il suo amore a Ippolito, visto che Teseo, di cui non si hanno notizie da sei mesi, è dato per morto. Ma Ippolito respinge con orrore la matrigna che, sconvolta dalla vergogna e dall'offesa del rifiuto, tenta di uccidersi con la spada di lui. Enone, che assiste alla scena, la salva. Intanto giunge la notizia che Teseo vive e sta per tornare. Fedra teme che Ippolito dirà tutto a suo padre. Enone la convince a denunciare Ippolito al padre accusandolo di aver tentato di violentarla. Fedra rifiuta di accusare un innocente, ma acconsente che lo faccia Enone. Il destino di Fedra, che è figlia di Minosse (e quindi discendente del Sole) e di Pasife (madre, oltre che di Fedra, del mostruoso Minotauro, nato dall'accoppiamento con un toro, di cui si era innamorata per maledizione divina), è stabilito dal destino. Teseo, tornato, crede alle parole di Enone e non a quelle del figlio, che peraltro, per non recare vergogna al padre, non denuncia direttamente la matrigna. Teseo lo condanna all'esilio e chiede a Poseidone di castigare il figlio snaturato. Quando Enone, maledetta da Fedra per avere approfittato della sua debolezza e aver provocato la morte di Ippolito, si uccide, Teseo sospetta di essere stato ingannato e prega il dio del mare di sospendere il castigo. Ma ormai è tardi: Teramene, il pedagogo di Ippolito, gli racconta sconvolto il supplizio del giovane eroe ad opera di un mostro sorto dal mare. Fedra si avvelena e muore sotto gli occhi dei due confessando la sua colpa.*

Je le vis, je rougis, je pâlis à sa vue ;
Un trouble s’éleva dans mon âme éperdue ;
Mes yeux ne voyaient plus, je ne pouvais parler ;
Je sentis tout mon corps, et transir et brûler.
Je reconnus Vénus et ses feux redoutables,
D’un sang qu’elle poursuit tourments inévitables.
**
 
Allontanò per un istante lo sguardo dal libro, pensando ai righi che aveva appena letto e sul loro significato. Diede uno sguardo all’immagine che c’era al lato, Mademoiselle Champmeslé dans le rôle de Phédre. Accarezzò con la punta delle dita la figura snella della donna, per poi passare sulle parole del testo. Era così attuale, maledizione! Non si era sentita anche lei così quando aveva incontrato André per la prima volta? Non si era sentita così turbata dal suo fascino e dai suoi gesti così cortesi? Come aveva fatto a farla cadere in quella trappola? Non sentì il campanello della porta suonare, o almeno non subito.
«Hey, assorta ancora nei tuoi libri ? »
Disse divertito André mentre entrava nell’appartamento e posava il giubbino sul divanetto bianco. Lei alzò le spalle, avvicinandosi a lui.
«Cosa stavi leggendo? Phèdre? »
André prese il libro tra le mani e osservò la copertina per un istante, poi aprì la pagina che la ragazza aveva lasciato in sospeso e lesse le prime battute.
«Come  mai? »
«Me l’ha consigliato Zaidi… »
«Va tutto bene? »
Il ragazzo poggiò il libro dove l’aveva preso e si girò verso Françoise, prendendo il volto tra le mani e poggiando al fronte sulla sua.
«Pensavo »
«A cosa? »
«A noi »
André sorrise, baciandole le labbra lentamente e avvicinandola a sé con i fianchi. Françoise legò le braccia dietro a l collo, diminuendo la distanza tra di loro. Si allontanò lentamente da lui, poggiando la testa sulla sua spalla chiudendo gli occhi. André la strinse tra le sue braccia, le baciò il capo e con una mano le accarezzava la schiena.
«Mi piace il tuo profumo… »
Sussurrò la ragazza ancora stretta a lui.
«Dubito che sia il mio profumo a renderti triste »
«Non sono triste »
«E’ per Paul, vero? So che tra qualche giorno tornerà »
«Così dice… »
Françoise sciolse il loro abbraccio e si incamminò verso la cucina.
«Come hai fatto a lasciare Celia? »
«Cosa? »
André alzò un sopracciglio, non capendo dove volesse arrivare con quella affermazione.
«Insomma… come…? »
«Vuoi lasciarlo? »
«Sì, sembrerà strano ma ora ho solo bisogno del coraggio per farlo »
Françoise si sedette sullo sgabello vicino alla penisola, passando una mano tra i capelli scomposti e sospirò amaramente.
«Credo di avere un problema, sai? Faccio credere a tutti di essere una persona forte, indipendente e sicura di me… e invece guardami adesso? Ho paura anche della mia ombra… »
«Françoise… »
André si avvicinò a lei lentamente, le prese le mani e le baciò il dorso, senza staccare lo sguardo dal suo.
«Non  hai un problema, assolutamente. Sei una donna forte, metti tutti prima di te e cerchi sempre di nasconderti dietro questa maschera. Io ti conosco, sei semplicemente fantastica »
Françoise abbassò il capo, annuendo lentamente.
«Ok… va bene… devo farlo… ma non ora »
«Non ti sto chiedendo di farlo ora, anzi non te l’ho proprio chiesto »
«Lo so, devo solo trovare le parole per non peggiorare la situazione »
«Prenditi tutto il tempo necessario, nessuno ti obbliga a farlo »
Françoise annuì, alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise, regalandogli poi un dolce bacio a fior di labbra.
«Devo andare da Diane, deve chiedermi delle cose e credo di sapere di cosa si tratti »
«Anch’io… ma non può aspettare ancora un po’? »
Lei rise, scuotendo lentamente la testa e lui depositò un bacio sul collo scoperto. Alzò gli occhi al cielo senza smettere di sorridere e poggiò una mano sulla sua nuca, avvicinandolo ancora di più a sé, e mordendosi un po’ il labbro inferiore.
«Appena torni dal tuo appuntamento romantico con la tua migliore amica passa da me »
Le disse con voce roca all’orecchio, per poi baciarle il lobo dell’orecchio.
«Non lo dimenticherò »
 
///@///
 
«Quindi tu vorresti farmi credere che tra te e LUI ci sia solo sesso? »
«Non ho detto questo »
Françoise alzò lo sguardo al cielo, per poi farlo ricadere sulla sua amica.
«Ma è meraviglioso! Lo sapevo. LO SAPEVO! Ah! Che bello avere ragione!! Voglio sapere tutti nei minimi particolari, T U T T O »
«Calmati, ti prego »
Diane sorrise, bevendo la sua cioccolata calda. Sapeva già dalla prima volta che aveva visto André che Françoise ne era attratta! Stava per esplodere di gioia!
«Sono davvero felice per te amica mia… davvero! »
Françoise arrossì, perdendo lo sguardo nella tazza che aveva davanti a sé e non riuscì a trattenere un sorriso. Diane le sorrise, ma il suo volto si rabbuiò subito. Prese coraggio e le parlò.
«Françoise… non vorrei rovinarti il momento ma…»
Françoise alzò lo sguardo verso l'amica, notando la sua espressione preoccupata.
 
«Paul è tornato »
«Co… cosa? »
Alzò lo sguardo di scatto verso la ragazza che aveva di fronte, iniziando a tremare.
«Ha chiamato Alain, chiedendoci di tenerti lontano da casa per circa un’oretta, massimo due, perché voleva farti una sorpresa. Ho preferito dirtelo io, conoscendo soprattutto quello che è successo in questi suoi giorni di assenza tra te e André »
«André… lo sa? »
«No, anzi chiedo a Alain di dirglielo… mio dio sei pallidissima! »
Françoise si sdraiò sulla poltroncina del bar, deglutì a vuoto un paio di volte. Era tornato, e ora era a casa sua! Ringraziò Dio per non essere ceduta ai suoi baci prima. Portò una mano alla fronte, sospirando pesantemente.
«Sto bene, te lo giuro. Lo chiamo io André… anzi no, va bene, dì a Alain di informarlo… »
«Avevate in mente qualcosa per stasera? »
«Dovevo andare da lui… »
«Mi dispiace… »
«Non è colpa tua… non è colpa tua…  »
Françoise bevve un po’ del tè che aveva ordinato e si calmò.
«Stamattina ho detto ad André che volevo lasciarlo »
«Non so se ti convenga farlo proprio ora »
«Infatti non avevo intenzione di farlo… »
La ragazza sospirò amaramente, forzando poi un debole sorriso quando lesse un messaggio di André.
 
///@///
 
Si era bloccata davanti la porta di casa. Aveva fatto tutto il tragitto dal bar a casa incitandosi e dandosi forza da sola, ora perché si era fermata davanti alla porta? Prese un bel respiro, ma si girò verso la porta dell’appartamento di André. Doveva essere da lui ora! Voleva entrare in quell’appartamento e rifugiarsi tra le sue braccia e nel calore del suo corpo… aveva odiato i suoi tradimenti, e ora era proprio lei a tradirlo.
“Mi sento così sporca ora… ma perché dovrei sentirmi in colpa? Il mio non è un semplice capriccio o un’improvvisa voglia, ma è un bisogno di amore… quello che lui non sa più darmi da tanto tempo”
Sospirò amaramente, prese le chiavi di casa dalla borsa e aprì la porta lentamente, si girò per chiuderla e finse stanchezza. Diane non sapeva cosa le avesse preparato, le consigliò solo di essere il più normale possibile. Si tolse velocemente il giubbino e posò la borsa all’ingresso, appendendo entrambi sull’appendiabiti vicino alla porta.
Appena si voltò notò alcune candele sparse per tutto l’appartamento, accompagnate da pochi petali di rosa rossi.
«Ma cosa… »
“E’ stato veramente lui a farmi questo? Ha sbattuto la testa a Roma?”
Si avvicinò lentamente al piccolo tavolo posto tra la penisola e il balcone, c’erano alcune loro foto stampate polaroid. «Oh… »
Sorrise nel ritrovare la prima foto che si scattarono insieme, con la torre Eiffel sullo sfondo mentre si abbracciavano e sorridevano. Un’altra l’aveva scattata lui mentre lei stringeva la sciarpa che le aveva regalato intorno al collo sempre sorridente.
Non si accorse dei passi dietro di lei, ma quando sentì la sua mano sulla spalla intuì la sua presenza.
“«Tu non sai nulla. Sarà difficile ma… fingi, almeno per oggi »”
Si voltò di scatto verso di lui, Paul sorrideva dolcemente e le accarezzò la guancia. Lei sussultò, irrigidendosi al suo tocco ma le parole di Diane le rimbombavano in testa. Lo strinse forte, legando le braccia dietro il collo, liberando alcune lacrime.
“Perdonami… sarà per la prossima volta”
«Mi sei mancata… Perdonami per tutto quello che è successo tra di noi. Durante questo viaggio ho riflettuto sul nostro rapporto e su quello che ti ho fatto. Ho paura di perderti amore mio, perdonami. Sii mia, oggi e per sempre »
 
 

*= Le Phedre è una tragedia in cinque atti scritta da Racine nel 1677. Si rifà ai classici ellenici e latini di Euripide e Seneca, ma il mito è rivisto sotto la luce di una morale e di una religione nuova: il Cristianesimo monoteista, non più il paganesimo politeista.
 
**=lo vidi, arrossii, sbiancai per averlo veduto
un turbamento scosse il mio cuore sperduto;
 
i miei occhi non vedevano, non potevo parlare;
sentivo il mio corpo raggelarsi e bruciare;
riconobbi Venere e il suo fuoco mortale,
del sangue che perseguita tormento fatale. (atto I, scena III)
 

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Capitolo 14
*** Ritorno ***


«Quindi è tornato »
Disse tra sé e sé steso sul suo letto. L’aveva incrociato prima mentre scendeva le scale, sembrava fuori di sé dalla gioia. Era tornato per aggiustare le cose tra loro due, quel viaggio l’aveva cambiato, o almeno questo era quello che lui sosteneva.
“Hai scoperto che la tua amante è incinta? Per questo sei tornato da lei?”
Non si era affacciato per vedere cosa stesse succedendo in quell’appartamento, né Françoise l’aveva avvertito in qualche modo. Lo sapeva? Per questo gli aveva detto quelle cose? No, non era da lei. Però Alain le aveva detto che Diane l’aveva informata. Prese il telefono dal comodino e aprì l’ultima conversazione che aveva avuto con lei, ripensando ai momenti che avevano passato insieme in quei pochi giorni e a tutte le sensazioni provate. Notò che aveva ancora il numero di Celia e lesse i loro messaggi. Come immagine aveva ancora la loro foto a mare. Lei  sorrideva di cuore, i capelli che le ricadevano ondulati lungo la schiena, avvolta in una camicia leggera a maniche corte aperta a mostrare il costume da bagno bianco. Loro che si guardavano felici, entrambi di profilo, forse prima di un bacio. Sorrise al ricordo della loro vacanza e delle giornate passate in riva al mare e le serate calde della spagna del sud.
“Mañana, cuando vienes, tengo que decirte algo, ¡me muero de ganas!”
“Yo también tengo que decirte algo...¿Qué tienes que decirme?”
“¡Es algo muy especial! Me voy, nos veremos mañana cariño”*
Corrugò la fronte per qualche secondo, alla fine non gli aveva mai detto questa cosa così importante. Alzò le spalle, chiudendo il telefono e cercò di riposare almeno un po’ in quella notte così solitaria.
“Non pensavo di poter sentire così tanto la sua mancanza…”
 
///@///
 
Paul immerse la mano nei suoi capelli, stringendo il corpo della fidanzata al suo. Le era mancata così tanto, amava il suo profumo delicato di rose, la sua pelle morbida e candida, il suono cristallino della sua voce, il calore del suo corpo. Respirò il suo profumo, baciandole il capo dolcemente.
«Paul… Mi sei mancato tantissimo »
Françoise sciolse lentamente il loro abbraccio, tenendogli ancora le mani, senza alzare ancora lo sguardo dal suo.
«Sono davvero sorpresa… non mi aspettavo di trovarti a casa. Non… non ho parole davvero... »
Si sforzò a non sembrare troppo innaturale, anche se quelle cose le pensava davvero. Nonostante tutto, lo aveva amato, voleva costruire un futuro insieme a lui. Arrossì al ricordo, senza forzare un sorriso e alzò lo sguardo sul suo, commosso e sorrideva, come mai l’aveva visto. Roma l’aveva davvero cambiato così tanto?
«Anche tu mi sei mancata tantissimo »
Lui avvicinò le sue mani alle labbra, baciandone il dorso senza staccare lo sguardo dal suo.
«Ma…. Non ti permetto di offendermi in questo modo »
«I-Io non… cosa? »
«Non credere di riuscire ad abbindolarmi con tue candele e due foto. Non ti permetto di trattarmi come una stupida. Hai riflettuto a Roma? Bene anch’io ho avuto modo di pensare… »
Si fermò un attimo, fece un respiro profondo. C’era un caos totale nella sua mente al momento, il cuore le diceva di stare zitta, di non dire nulla, il cervello le diceva di parlare ma di fare attenzione. Paul la fermò, poggiando le mani di lei sul suo petto.
«E’ vero, ho pensato e anche molto. Ma sai a cosa? A noi. Sì perché in questo periodo ho fatto delle cose per cui non vado fiero, e tu lo sai. Purtroppo mi sono lasciato influenzare, ero arrabbiato e mi sfogavo su di te, anche inutilmente. Ma io non voglio perderti. A Roma… ho avuto tutto il tempo per pensare nonostante il lavoro. Posso tornare quello di prima, può tornare come prima… tu sei la mia Françoise »
«Mi hai fatto troppo male Paul, troppo… Ne porto ancora i lividi, e sai che non sto scherzando »
Paul annuì, inginocchiandosi ai suoi piedi. Françoise si irrigidì, sgranando gli occhi.
«Lo so… lo so amore… mi dispiace… mi dispiace. Ma ti prego, dammi un ultima possibilità »
«Te ne ho date già troppe Paul, tutte sprecate »
«Aspetta! Ti scongiuro! Dammi solo qualche giorno per dimostrarti che sono cambiato! Non te ne pentirai! Se dopo questi giorni il tuo giudizio non sarà cambiato… beh… ti lascerò andare per la tua strada e… me ne farò una ragione »
La ragazza rimase immobile per qualche secondo, guardando il ragazzo che nel frattempo aveva lasciato le sue mani per aggrapparsi alle sue gambe.
«Alzati, ti prego… »
Lui eseguì il suo ordine, guardandola negli occhi con lo sguardo lucido. Françoise deglutì a vuoto.
«Va bene, fa’ che ti pare. Se non cambierò idea, cosa di cui sono fermamente convinta,  non farti vedere neanche per sbaglio, ci siamo capiti? »
Il suo tono era freddo, autoritario e Paul sentì un brivido attraversargli la schiena. Che quei giorni di assenza avessero trasformato la sua dolce e mite ragazza in un altero soldato senza cuore? Poco importava, gli aveva dato un’altra occasione! Non poteva essere più felice! L’abbracciò di nuovo, non ricambiato.
«Ora torna a casa Paul… »
 
///@///
 
Françoise uscì di buon ora da casa, senza aspettare André e corse all’Università. Prese un caffè direttamente dal bar dell’Università e corse vicino alla bacheca, cercando il calendario degli esami. Ieri sera non aveva più controllato il sito, era troppo concentrata a non far sentire il suo pianto al ragazzo che abitava di fronte per preoccuparsi della laurea.
“Credevo mi aspettassi come sempre”
Sospirò, riponendo il telefono nella tasca del levi’s. L’aveva completamente ignorato, non l’aveva neanche avvertito del pericolo Paul, anzi aveva preferito fosse un altro a dirglielo perché lei non aveva avuto il coraggio di farlo.
“Sei un’idiota Françoise, un perfetto idiota…”
Alzò lo sguardo verso la tabella, cercando la data del suo esame tra le tante e il suo nome.
-Françoise De Jarjayes 1 febbraio 2018 Beni culturali-
Prese un respiro profondo, mancava poco! Controllò la data sul cellulare, 15 gennaio.
“Maledizione, Zaidi mi aveva detto tra qualche mese, uffa! Beh, ho tutto pronto alla fine, devo solo ripetere e poi…”
Cercò di trattenere l’emozione, coprendo la bocca con le mani, senza smettere di sorridere.
“Calmati Françoise, ti stanno guardando tutti, cerca di non fare una brutta figura ragazza”
«4 febbraio 2018. Ti laurei prima di me a quanto pare »
Sussultò, non aveva sentito i suoi passi. Si voltò lentamente verso di lui: era calmo, o almeno era bravo a fingere, il suo sguardo era spento, osservava la tabella con una tristezza infinita.
«André… »
Il ragazzo non la degnò di uno sguardo, continuando a fissare la tabella che aveva davanti agli occhi.
«Non ti sei presentata »
Esordì lui. Lo sapeva, l’aveva ferito. Il suo tono era basso e la voce un po’ rauca, aveva abbassato lo sguardo verso di lei e si sentì a disagio. Non l’aveva mai guardata così… freddamente.
«I-Io »
«Non mi hai detto nulla »
«Mi dispiace… »
«Credevo ti fosse successo qualcosa »
«… »
«Mi hai fatto preoccupare »
Françoise trasalì, André non aveva staccato lo sguardo dal suo.
«Speravo fossi tu a dirmelo, ma non ti preoccupare. Ti capisco »
«Ho un’ora di spacco tra filosofia e miniatura, verso le 10, se vuoi… »
«Ho un corso importante, non posso saltarlo »
«Ah, capisco… »
Françoise abbassò lo sguardo, fissò per alcuni istanti la punta delle loro scarpe senza motivo. Si sentiva così nuda davanti a lui, riusciva a sentire il suo sguardo entrare nella sua carne, come in quel preciso istante. André le alzò il viso poggiando tre dita sotto il mento di lei, costringendola a guardarlo.
«Ti amo, ti prego non farlo mai più. Io ci sarò sempre per te, non escludermi dai tuoi problemi »
«Mi dispiace, era una cosa che dovevo affrontare da sola »
André le sorrise dolcemente, accarezzò le labbra di lei con il pollice, cercando di non cedere alla tentazione di baciarla lì, nell’atrio dell’Università, sotto gli occhi delle matricole e di tutor.
«Non sai quanta voglia ho di baciarti qui, in questo preciso istante… ma sarebbe troppo pericoloso »
Le confessò, allontanando il volto dal suo e Françoise rimase ferma davanti alla bacheca, guardandolo andare verso la sua aula.
 
///@///
 
Prese posto nelle ultime file, non era per nulla interessata a quella lezione e si sentiva costretta a rimanere seduta al suo posto. Ringraziando il cielo nessuno aveva osato sedersi vicino a lei, e per questo ne era grata. Non aveva voglia di parlare con nessuno, anzi non vedeva l’ora di tornarsene a casa per rintanarsi sotto le coperte. La voce della professoressa era troppo alta e vibrante, le faceva già male la testa. Prese un foglio e una penna dalla borsa, iniziandolo a scarabocchiare annoiata.
«Si direbbe proprio che l’unico posto libero sia accanto a te »
Alzò la testa di scatto, sorpresa dalla sua voce.
«Oh, ciao Alain. Come mai qui? »
«Frequento anch’io questo corso. Da punti in più per la laurea, lo sai? »
«Sì, certo. Scusami ma ho la testa tra le nuvole oggi, non sono di ottima compagnia »
«Me ne sono accorto, va tutto bene? »
Françoise alzò le spalle, continuando a scarabocchiare il foglio che aveva davanti a sé sotto lo sguardo vigile di Alain.
«Avete litigato tu e… »
«Paul? »
«L’altro »
Assottigliò lo sguardo per poi sospirare pesantemente. Scosse il capo.
«E allora perché sei così triste? So quello che è successo con Paul, lui stesso me l’ha raccontato ieri. Quasi dimenticavo… complimenti comandante! »
Lei sorrise, girandosi a guardarlo per alcuni secondi.
«Grazie… ho fatto quello che ritenevo giusto alla fine »
«Ma c’è dell’altro »
«Ho paura di aver ferito André »
Alain corrugò la fronte, alzando poi un sopracciglio.
«Non capisco »
«L’ho incontrato prima, vicino alla bacheca, ed era freddo con me. E ha anche ragione per esserlo ma… non mi sono mai sentita così angosciata. Ora è tornato pure Paul, sento la testa scoppiare! »
«Non hai dormito neanche, vero? Si vede che sei stanca »
Françoise annuì, poggiando le mani coperte dalla maglia di lana sul volto, cercando di alleviare in qualche modo il mal di testa che provava.
«Ho passato la notte in bianco. Si vede tanto? »
«Sembra che un camion ti sia passato addosso più di una volta »
«Grazie, mi sei davvero di grande aiuto »
Disse ironicamente, poggiando la fronte sul tavolo.
«Mi fa male la testa… »
«E, scherzi a parte, sei davvero pallida. Forse è meglio che tu torni a casa Françoise »
«Ce la posso fare, non preoccuparti »
Alzò piano il capo, sedendosi composta sulla sedia, e cercò di seguire il più che poteva la lezione della prof ma un improvviso ronzio alle orecchie l’aveva completamente deconcentrata. Portò una mano alla fronte, chiudendo per alcuni istanti gli occhi, sperando che quel fastidio finisse subito ma si sentiva troppo debole anche per pensare.
«Vuoi che ti porti in infermeria? »
«Non… »
Non riuscì a terminare la frase che la ragazza si accasciò sul banco, priva di sensi. Sentiva intorno a sé ancora le voci preoccupate di Alain e della professoressa, ma era tutto così tremendamente confuso.
«Ma che succede? Signorina! Chiamo subito il…!»
«Lasciatela respirare! Faccio prima a portarcela io! Allontanatevi! Lasciatemi passare! »


*=
"Domani, quando vieni, devo dirti una cosa, non vedo l'ora!"
"Anch'io devo dirti una cosa...Cosa devi dirmi?"
"E' una cosa molto speciale! Ora vado, ci vediamo domani amore"

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Capitolo 15
*** Alti e bassi ***


«Come sta? »
«La sua pressione è molto bassa, ma si riprenderà. Prima l’ho vista riaprire gli occhi, si sta svegliando. Per il momento è meglio che rimanga qui, almeno fin quanto non si sarà ripresa del tutto. Bisogna avvertire suoi i familiari »
«Lo farò io, non si preoccupi. Grazie »
L’infermiere annuì per poi uscire dalla stanzetta dove Françoise stava riposando. Alain si girò a guardarla per alcuni istanti: dormiva beata e sembrava aver ripreso un po’ di colore sulle guance. Inviò un messaggio ad André, scrivendogli di raggiungerlo appena poteva in infermeria, senza dirgli nulla di Françoise.
“Va tutto bene? E’ successo qualcosa?”
“Vieni e basta, ti spiego dopo”
Posò il telefono nella tasca del pantalone, avvicinò una sedia al letto della ragazza e si sedette. Si sentì in colpa per averle presentato, anni prima, Paul e di averla spinta tra le sue braccia insieme agli altri. Ma alla fine, di chi era effettivamente la colpa? Fu tentato di chiamarlo per informarlo dello stato di salute della ragazza, ma Françoise probabilmente non gliel’avrebbe mai perdonato.
“Chiamerò dopo Victor, quando lei si sveglierà”
 Era immerso nei suoi pensieri, Françoise nel sonno si era girata un paio di volte verso di lui, ma non aveva ancora aperto gli occhi.
«Ah Françoise, Françoise… un giorno di questi ci farai lo scherzetto, eh? Non puoi ammalarti per colpa sua, lo sai vero? Hai davvero così tanta paura di affrontarlo? Tu, che sei la prima a batterti per i diritti delle donne? E’ per questo che lo fai? Per evitare che altre cadano nella tua stessa trappola? »
Françoise non si mosse, Alain sorrise.
«Complimenti… vorrei avere la tua stessa forza alcune volte. Sei ammirevole »
Disse alla fine, incrociando le braccia al petto continuando a vegliarla. Un’ora dopo, sentì qualcuno bussare alla porta, André aprì la porta lentamente, dando le spalle ai due.
«Alain? Perché mi hai fatto… ma che succede?! »
André chiuse velocemente la porta alle sue spalle e si avvicinò al lettino, guardando Françoise come paralizzato.
«Cos’è successo? Perché  Françoise è qui?! »
«Calmati André! Ha avuto un calo di pressione improvviso ed è svenuta durante la lezione. L’infermiere ha detto che sta meglio e che si sta riprendendo »
André si girò a guardarla, un piccolo raggio di sole entrava dalla finestra socchiusa, andando a illuminare i capelli sparsi sul cuscino. Si sedette al bordo del letto, prendendo la mano di lei tra le sue e la strinse forte, baciandole il dorso.
«Tiene molto a te… »
Il ragazzo si voltò a guardarlo, senza dire una parola.
«Ha paura di averti ferito con il suo comportamento di ieri, si vede che è tornato, eh? »
«Già… ma tu come »
«E’ meglio che vi lasci soli, meglio che veda te appena si sveglia, salutamela »
Alain si allontanò lentamente, lasciando i due soli nella saletta. André si voltò di nuovo verso di lei, accarezzandole il viso e spostando alcune ciocche di capelli dal suo volto e giocò con alcune ciocche. Quante volte l’aveva fatto in quei giorni mentre lei si addormentava dopo l’amore o mentre avevano guardato un film a casa? Quante volte l’aveva sentita rilassarsi tra le sue braccia quando passava le dita tra i suoi capelli quando si sdraiava sopra di lui? E quante volte, lei, gli aveva detto -ti amo-? Sorrise mentre le accarezzava con la punta delle dita il volto, le guance, il profilo del naso come aveva fatto lei giorni prima, il contorno delle labbra. Si chinò verso di lei, posando su quelle labbra un bacio leggero. Aveva avuto paura di ferirlo? Non era felice di come si era comportata con lui, ma non poteva dargliene una colpa! Per quanto volesse essere anche un po’ arrabbiato con lei… non ci riusciva. André aspettò tutto il pomeriggio che lei si svegliasse e solo in tarda serata sembrò riprendersi del tutto.
«Hey… mi senti? Sono io, André…»
Françoise aprì gli occhi lentamente, girandosi più e più volte nel letto cercando di capire cosa stesse succedendo e dove si trovasse. L’ultimo ricordo che aveva era la battuta di Alain sulla sua faccia, investita dai camion. Portò una mano alla fronte, abbozzando un piccolo sorriso e si voltò verso di lui.
«Hey…»
Françoise gli sorrise debolmente, la sua voce era roca e bassa e un piccolo colpo di tosse la fermò.
«Cos’è successo? Dove sono? »
«Sei in infermeria, sei svenuta durante la lezione. Avevi la pressione molto bassa e Alain ti ha portato qui. Ora l’infermiere ha detto che sei nella norma. Ti ha visitata non meno di 5 minuti fa »
Lei annuì , cercò di alzarsi lentamente ma un forte capogiro la colse impreparata.
«Aspetta, non ti sei ancora ripresa del tutto. Ora rilassati… va tutto bene »
«No… non va tutto bene… non ti ho detto nulla e ti ho ignorato deliberatamente. Mi dispiace così tanto… il ritorno di Paul mi ha letteralmente scosso, non so neanche il perché mi sento così. Voglio solo dirti che mi dispiace così tanto, non era mia intenzione ferirti ma avevo bisogno di un po’ di tempo per pensare… da sola. Mi dispiace amore, non volevo… »
«Perché mi chiedi scusa? Non ha senso. Va tutto bene, è normale. Io non sono il tuo fidanzato, non devi darmi spiegazioni, e anche se lo fossi non ti obbligherei a farlo. Solo non escludermi in questo modo. Lo sai che con me puoi parlare chiaramente di quello che ti accade, bello o brutto che sia. Io ci sono e ci sarò sempre per te, non dubitarne mai. Se hai bisogno di restare da sola dimmelo, così evito di preoccuparmi »
Françoise si commosse, trattenne a stento una lacrima e si buttò tra le sue braccia, circondando il collo con le sue braccia e avvicinandosi il più che poteva a lui. Come aveva potuto solo pensare di accantonarlo, seppur per un giorno? Lui la faceva sentire così bene, così in pace con se stessa! Era capace di calmarla, di farla sentire bene, di farla vivere! Perché l’aveva allontanato? Aveva voglia di restare con lui, di stare da sola con lui, senza il timore di essere scoperti da Paul e senza aver paura delle conseguenze dei loro atti. L’amava così tanto…
«Grazie… oh ti amo così tanto! »
Gli disse in preda ai singhiozzi, mentre le mani di lui le accarezzavano la schiena e la cullavano dolcemente. Lo baciò ardentemente, senza timore, prendendo il suo volto tra le mani e avvicinandolo sempre di più al suo. Un bacio caldo, pieno di passione, senza vergogna e senza alcun timore di essere scoperti da qualcuno, un bacio profondo, una sfida tra nomi sussurrati, tra mani che si toccavano e corpi che si toccavano, tra labbra che combattevano e lingue che duellavano tra di loro. Non era passato neanche un giorno dall’ultima volta che l’aveva baciato, eppure come le erano mancate quelle labbra così morbide e invitanti! Si allontanarono lentamente, lui aveva ancora la mano immersa nei suoi capelli e avvicinò il volto al suo collo, lasciandovi un bacio.
 
///@///
 
Françoise uscì dall’infermeria il giorno dopo, l’infermiere aveva preferito farla rimanere ancora un po’ sotto osservazione e con Victor aveva fatto ritorno a casa.
«Perché non mi hai detto del suo malessere? »
«E’ dovuto allo studio Victor, non ti preoccupare per me! »
«Lo so che è tornato! Ieri mi ha chiamato Alain e mi ha detto tutto »
Françoise sussultò, non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere da parte di Alain. Avrebbe preferito chiamarlo lui, Victor, con una scusa. Non voleva farlo preoccupare inutilmente.
«Non prendertela con lui. Mi ha solo informato del tuo mancamento perché volevano una firma di un parente per venirti a prendere. L’ho costretto io a parlare. Perché non mi hai avvertito? Ti ha fatto qualcosa? »
«Non mi ha fatto nulla Victor, io sto bene. Ora voglio solo tornare a casa e farmi una bella doccia. Ne ho davvero bisogno »
«Resterò qualche giorno da te »
«Non se ne parla proprio! »
«Françoise! Ma ti rendi conto di quello che dici?! Sono preoccupato per te sorellina, ti sei sentita male e ho paura che possa accadere di nuovo. Cosa succederebbe se tu svenissi da sola, a casa tua, e sbattessi la testa? Chi ti soccorrerebbe?  »
«Non ce ne sarà bisogno Victor, ritornerò all’università lunedì e in questi giorni resterò a casa a studiare con calma. Davvero non ho bisogno del tuo aiuto. E’ successo solo una volta, Paul era tornato, avevo letto il giorno dell’esame finale e sono occupatissima con la tesi, credo sia normale no?  »
«Si è fatto sentire? »
Françoise scosse il capo, aprendo la porta del suo appartamento e si avviò verso il bagno, sperando che quella doccia potesse davvero rilassarla in qualche modo.
«Posso restare almeno oggi? »
«Sì »
Victor si sedette sul divano, accendendo la televisione e aspettò che la ragazza uscisse dal bagno, finché un dubbio non lo distolse dal telegiornale.
«Posso farti una domanda? »
Françoise uscì dal bagno pochi istanti dopo, avvolta nell’accappatoio bianco e lo guardò incuriosita mentre tamponava i capelli bagnati con un asciugamano.
«Dimmi »
«Tu e Paul… o André… siete andati a letto insieme, vero? »
«Victor… »
«Bene… non hai pensato alla probabilità… bebè in arrivo? »
Françoise si bloccò, sgranando gli occhi per alcuni istanti. Portò istintivamente la mano al ventre piatto, per poi allontanarla rapidamente sorridendo al fratello.
«No, ma non è questa la causa del mio malore. Prendo la pillola e non mi hanno mai messo in una condizione tale da poter pensare una gravidanza, ringraziando il cielo »
«Oh, peccato. Mi sarebbe piaciuto avere un nipote »
Lei sorrise, tornando in camera sua per cambiarsi e legò i capelli ancora umidi in un chignon, sistemandosi poi al fianco del fratello vicino al fuoco.
«Ho preparato il discorso, puoi leggerlo? Mi piacerebbe sapere la tua opinione su ciò »
«Ma certo. Però dopo promettimi che farai il test, solo per precauzione, va bene? »
 
///@///
 
«Ho saputo che ti sei sentita male »
«Sì, non era nulla di grave. Ho avuto un calo di pressione, nulla di ché »
Françoise si sistemò la coperta di pile addosso, con il telefono poggiato tra la spalla e l’orecchio, mentre tentava di coprirsi dal freddo glaciale che aveva colpito Parigi in quei giorni. Fuori stava nevicando, e non invidiava i ragazzi che stavano appena tornando dall’università.
«Ne sei sicura? Antoniette mi ha detto che sei uscita dall’infermeria il giorno dopo »
«Per accertamenti, semplice. Sono giorni che non sento Antoniette, ma non ti aveva bloccato? »
«A quanto pare no… non lo so. Ora come stai? Non sono venuto, mi dispiace, ma non volevo sembrarti invadente e il capo mi ha fatto fare dei straordinari »
«Non ti preoccupare, anzi ti ringrazio per questo. Rimarrò a casa per i prossimi quattro giorni »
«Va bene, appena posso vengo a trovarti… se non ti dispiace »
Françoise accennò un sorriso, scuotendo lentamente la testa.
«Come vuoi, chiamami prima di venire »
«Ok… ora devo andare. Ci sentiamo »
«Ok, ciao »
«Aspetta »
«Cosa vuoi »
«Ti amo… »
«Va bene, ciao »
Non gli diede il tempo di rispondere che subito chiuse la telefonata. Davvero?
“Pensi davvero che queste tue piccole attenzioni possano aiutarti? Caro mio dovevi farle molto tempo fa. E credi davvero che io non abbia sentito la ragazza che parlava dietro di te? Sei un povero illuso Paul”
Suonò il campanello della porta e lei si alzò a vedere chi fosse, trovandosi davanti André.
«Hey… »
«Disturbo? »
«No, sono sola e mi stavo un po’ annoiando in effetti. Entra »
André entrò nell’appartamento, avvicinandosi rapidamente al fuoco.
«Fa un freddo tremendo in questi giorni, non sono per nulla abituato »
Françoise rise, avvicinandosi a lui stringendolo in un forte abbraccio caldo. André le sfilò la coperta che aveva poggiato a mo’ di mantello sulle spalle e avvolse entrambi, stringendola dolcemente a sé. Poggiò la guancia sul suo capo, con lo sguardo in direzione della cucina e notò uno strano pacchetto sul tavolo e una specie di… test?
«Cosa c’è sul tavolo? »
«Eh? Ah, nulla di importante… »
André sciolse l’abbraccio e andò a controllare, prese la scatola tra le mani: un test di gravidanza. Corrugò la fronte, guardò poi lo stick vicino. C’era una solitaria linea rosa disegnata in un piccolo cerchietto. Si girò verso di lei con il test ancora in mano, confuso. Françoise accennò un sorriso, guardandolo dolcemente negli occhi parlandogli piano.
«Non sono incinta, o almeno ne ho solo avuto la conferma. Victor mi ha pregato di farlo prima di andarsene e l’ho accontentato. Una linea non sei incinta, due sì »
«Qui c’è solo una linea… »
Abbassò lo sguardo verso lo stick, guardando di nuovo la linea. Aveva l’espressione di un bambino dispiaciuto per non aver ricevuto il regalo che voleva, sorrise al pensiero di André bambino che le teneva il broncio.
«Quindi non sono incinta »
Françoise sorrise dolcemente e André fissò per qualche istante il test, per poi posare tutto di nuovo sul tavolo e si avvicinò a lei. Françoise lo guardò un po’ preoccupata, gli prese il volto tra le mani e lo guardò.
«Va tutto bene? Ti ha turbato il test? Lo metto via subito, perdonami »
«No, non ti preoccupare. E’ solo che… »
«Solo che cosa? »
«Mi avrebbe fatto davvero piacere… ma non ti ho mai… insomma… »
«Sì, lo so. Ma forse è meglio così, no? »
André annuì, poggiando la fronte sulla spalla di lei e mise le mani fredde sotto la maglia calda di lei, toccandole la schiena nuda. Lei sussultò, ridendo poi tra le sue braccia e gli baciò il collo, lasciando un piccolo livido rossastro tra il collo  e la spalla.
«Ti stai divertendo? »
Le chiese lui, godendosi il momento. Françoise gli lasciò un altro segno sul collo, accarezzandogli la nuca, soffocando una risata. André la prese in braccio, poggiando le mani sotto le cosce di lei e la portò sul suo letto, riempiendola di piccoli baci. Lei si tolse rapidamente la maglia, sedendosi sopra di lui e tornò a baciarlo, lui invece le slacciò il reggiseno, portandola sotto di sé.
«La prossima volta che farai il test te lo faccio diventare positivo »
Le sussurrò all’orecchio ridendo, privandola rapidamente dei pantaloni e dell’intimo; lei sorrise donandogli un dolce bacio e lui si fece strada in lei, di nuovo.

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Capitolo 16
*** Vita ***


I giorni erano passati rapidi, ormai mancavano poco  a Febbraio e tra poco finalmente si sarebbero laureati. André era rimasto a casa quel giorno per dare gli ultimi ritocchi alla sua tesi. Aveva preparato, senza tralasciare alcun minimo ed insignificante dettaglio, il progetto che la sua facoltà richiedeva: una cellula abitativa, poco fuori Parigi, adatta per famiglie, studenti fuori sede, lavoratori, semplici turisti e, perché no, abitazioni anche in caso di emergenze. Aveva già stampato tutto, in totale era uscita una tesi di  75 pagine, escludendo le piantine. Era molto soddisfatto del proprio lavoro e stava per iniziare a ripassare un’ultima volta quando fu interrotto dal suono del campanello. Si alzò a malavoglia, aprì la porta e si ritrovò davanti Paul Lefebre.
«Ciao Paul, posso fare qualcosa per te? »
«Ciao André, posso entrare? »
André si spostò, dando modo a Paul di entrare e di accomodarsi. Appena chiuse la porta alzò gli occhi al cielo infastidito, per poi voltarsi verso di lui sorridente.
“Dio dammi la forza di non ucciderlo”
«Siediti Paul, allora? Tutto bene? »
I due si sedettero al tavolo dove poco prima André stava riorganizzando tutto il materiale per la tesi e la tesi stessa. Paul diede un’occhiata veloce e sorrise.
«Manca poco, eh? »
«Già, ma dubito che tu sia venuto qui per parlare della mia laurea »
«Esatto. Volevo chiederti riguardo… »
«Riguardo? »
«La mia fidanzata »
Sgranò gli occhi stupito da quella domanda così inattesa, che sospettasse di qualcosa? E perché chiedere proprio a lui? Dove voleva arrivare?
«Non so come aiutarti, sono sincero »
«Ecco… diciamo che con lei non sono sempre stato il… “ragazzo perfetto” »
“Ma non mi dire!”
«In che senso? »
«Françoise non… ti ha detto nulla? »
«Bah… si è sfogata un po’ con me dicendomi che non andavate molto d’accordo e che c’erano dei problemi, ma non è mai andata nello specifico e non ho osato chiederlo per rispetto tuo e suo »
“In realtà so tutto, voglio capire cosa vuoi da me ora”
Paul corrugò la fronte, abbassando lo sguardo per alcuni istanti. André alzò un sopracciglio.
«Bene… »
«Non capisco »
«Vuole lasciarmi »
«Cosa? »
“Dio grazie di esistere”
Finse un’espressione stupita, sperando di sembrare il più naturale possibile ma Paul non aveva ancora alzato lo sguardo per guardarlo negli occhi.
«Hai sentito bene. Ho bisogno di un aiuto e spero che tu possa darmelo »
«Cercherò di fare quello che posso ovviamente »
“Cosa ho fatto di male…”
Paul abbozzò un sorriso, sfregando nervosamente le mani.
«So che avete passato un po’ di tempo insieme »
«Per farci compagnia più che altro, lei ha aiutato me e io lei. Nulla di ché »
«Sì, non ti preoccupare. Mi chiedevo se… ti avesse mai parlato di me »
André in quel preciso istante voleva sotterrarsi, o fare qualsiasi cosa tranne che rispondere alle sue domande. Che scusa inventarsi ora?
«Parlato? Ti ho quasi odiato per tutte le volte che ti ha nominato »
Disse ridendo, seguito a ruota da Paul.
«Davvero? »
«Sì! Però mi è sembrato di capire che non andate molto d’accordo… insomma parlava sempre di te ma alla fine si rattristiva sempre. Non so se per la lontananza o altro »
«Per altro, ne sono certo »
«Vuoi riconquistarla? »
Paul annuì, leggermente imbarazzato e André sfoggiò un gran sorriso, sentendosi però morire dentro.
“Ti strangolerei Paul”
«Il punto è proprio questo, non so come fare »
«Beh… »
Deglutì a vuoto, fingendo di pensare a qualche soluzione ma lui l’anticipò.
«Cosa faresti tu al posto mio? »
“Colpito e affondato”
«Chi? Io? »
«Sì »
Respirò profondamente, alzando le spalle.
«Io le farei sentire la mia presenza ma non le starei molto addosso.  Potrebbe non reagire bene, o almeno è successo così a un mio amico. L’importante è non farla ingelosire, non tutte apprezzerebbero di vedere l’uomo che amano dietro un’altra donna, anche solo per ingelosirle un po’… »
«Quindi è sbagliato »
«Già… »
«Tu hai mai “tradito” la tua fidanzata? »
«Mai, le ho sempre portato rispetto come se fosse mia madre, tu? »
Il sorriso sulle labbra di Paul morì all’istante, André scosse il capo.
«Mio Dio… lo sa? »
«Forse… ma è stato solo una volta ed ero ubriaco, avevamo litigato e »
«Spero per te che non lo sappia »
“Quasi quasi dopo la chiamo e la informo”
«Lo spero anch’io »
«Questo è tutto quello che posso dirti per ora, non mi viene in mente nulla. Prova a chiedere anche agli altri, forse ti sapranno dare una mano meglio di me »
André rise di cuore, Paul annuì lentamente, alzandosi poi dalla sedia.
«Grazie mille André, non so cosa farei senza di te. Mi sei stato di grande aiuto, credimi »
“Ringrazia la tua buona stella”
Gli sorrise di ricambio, Paul uscì, non senza un abbraccio fraterno, e lo lasciò solo nei suoi pensieri non eticamente corretti con un finto sorriso sulle labbra.
 
///@///
 
Antoniette aveva dato a Françoise appuntamento per le 10.30 al café Starbucks, 10 Rue Norvins. Era il loro preferito e quel giorno, ringraziando il cielo, non particolarmente affollato. Era arrivata in largo anticipo, non vedeva l’ora di parlare con la sua amica ma allo stesso tempo ne era spaventata. Aveva occupato un posto in un angolo al primo piano, la grande finestra vicino a lei si affacciava sulla strada innevata. La vide poco dopo arrivare di corsa, probabilmente per il freddo, e la raggiunse rapidamente.
«Fuori fa freddissimo! Stavo congelando! Meno male che la metropolitana ha un minimo di riscaldamento… hai già ordinato? »
«No, ti ho aspettato! Eccolo, arriva il cameriere, scusa! »
Antoniette fece cenno con la mano ad un ragazzo poco distante, attirando la sua attenzione.
«Antoniette, Françoise! Salve ragazze, cosa posso portarvi? »
«Ciao Luc, per me un Caramel Light Frappuccino, per te Françoise? »
«Per me un cappuccino al cioccolato »
«Perfetto, ve lo porto d’asporto ma potete restare qui. Purtroppo si è rotta la lavastoviglie e la stanno appena riparando, non abbiamo le tazze. Scusate »
«Non ti preoccupare caro, grazie! »
Appena il ragazzo si allontanò Françoise tornò a parlare.
«Allora? Sono giorni che non ti fai sentire! Va tutto bene? »
«Sì, sono solo preoccupatissima per la tesi e mi hanno commissionato un sacco di abiti quindi sono un po’ incasinata. Ringraziando il cielo ho quasi finito tutto, devo solo fare una breve revisione e controllare che tutti i modellini siano al proprio posto altrimenti sono nei guai! Hans ha provato più di una volta a farmi uscire ma ogni volta ero troppo stanca. Oggi me la sono presa comoda invece, credo di potermeli permettere almeno due giorni di pausa! »
«Hai tutte le dita incerottate, ci credo! »
«Mi sono punta un sacco di volte! La fretta amica mia, la fretta! »
Nel frattempo il ragazzo aveva portato alle ragazze quello che avevano ordinato, accompagnato da un dolce omaggio da parte della casa. Avevano continuato a parlare del più e del meno, di alcuni pettegolezzi e Antoniette volle sapere tutto riguardo il malore che aveva avuto.
«Ancora con questa storia? E’ dovuto tutto allo stress! Ho passato gli ultimi giorni a rifinire la tesi e ho ancora tanto da scrivere! »
«Quante pagine hai fatto finora e su cosa lo stai facendo? »
«Prassi e teoria dell’immagine dall’armonia classica alla complessità contemporanea, conta 127 pagine, per ora »
«Cosa?! Mio Dio smettila di scrivere! Mi sento a disagio ora! Io ne ho scritte 70 »
«Diciamo che mi ha preso molto quest’argomento »
Le due risero di gusto, ma Antoniette si rabbuiò subito. Françoise se ne accorse, cos’era successo alla sua migliore amica? Non era da lei restare chiusa a casa, non uscire, e dedicarsi solo al lavoro. C’era qualcos’altro sotto e lo stava nascondendo.
«Antoniette? Va tutto bene? »
«No… devo dirti una cosa… »
«Ma certo! Dimmi tutto, mi stai facendo preoccupare sul serio! Riguarda Hans? Avete dei problemi? »
«Non… si tratta di Hans, anzi va benissimo con lui »
«E allora qual è il problema? Non capisco… »
«Ultimamente… sto ricevendo dei messaggi… particolari »
Françoise aggrottò le sopracciglia, messaggi particolari?
«Questo Hans lo sa… vero? »
Antoniette scosse il capo rapidamente, trattenendo a stento le lacrime. Françoise si preoccupò ancora di più, prese le sue mani e le sorrise.
«Non ti preoccupare, non sei costretta a dirmelo. Se non te la senti non fa nulla, è già un grande passo quello che hai fatto finora »
«Non sono solo chat… anche foto… »
«Antoniette… »
«Mi fanno schifo, non posso credere che al mondo esistano persone schiave del sesso »
«Lo so… anch’io stento a crederci. Antoniette ora calmati, va tutto bene. Se vuoi possiamo andare a fare una denuncia anche adesso. Però devi dirlo a Hans, merita di saperlo »
«Non ho il coraggio… e non posso denunciarlo»
«Uhm in effetti… non puoi denunciare una persona a caso…anche se »
«Io conosco la persona che mi invia i messaggi »
«Cosa? Lo conosci?! »
Antoniette annuì rapidamente, una chiamata le colse alla sprovvista e vide l’amica sbiancare tutto d’un colpo.
«P-Pronto? »
Rispose velocemente, Françoise la guardava preoccupatissima mentre l’amica rispondeva al telefono e la vide alzarsi di fretta, raccogliendo le sue cose.
«Antoniette? »
«Devo andare, Hans ha bisogno di me… Mi dispiace Françoise ci possiamo vedere domani? A casa mia? »
«Ma certo, sicura di potercela fare? »
«Sì, grazie amica mia. Mi sento già un po’ meglio… »
«Corri, non ti preoccupare per il caffè te lo pago io »
 
///@///
 
Rincasò poco dopo, ancora scossa da quello che le aveva detto Antoniette. Chi mai poteva inviarle quei messaggi? Lo conosceva? E allora perché non l’aveva denunciato? Sospirò amaramente, neanche lei alla fine aveva denunciato Paul. Che senso aveva farle la predica? Un brivido le percorse la schiena, forse era il momento di fare qualcosa. Bussarono alla porta, sperò vivamente che dietro quella porta ci fosse André o, anche meglio, suo fratello ma i suoi sogni svanirono alla vista di Paul.
«Ah, sei tu… »
«Ciao… ieri mi avevi detto che potevo passare così… »
«Sì, lo so. Entra »
«Va tutto bene? Sembri sconvolta »
Paul si avvicinò a lei, mettendo una mano sulla sua spalla ma lei si allontanò rapidamente, non voleva essere toccata da lui.
«Sto bene, ti prego non mi toccare »
«Non… non ho più speranze, vero? »
Françoise scosse il capo, guardandolo dritto negli occhi freddamente. Paul sospirò, alzando poi lo sguardo su di lei.
«E’ meglio se tu vada a prendere la tua roba, Paul. Non puoi cancellare certe ferite in questo modo, mi dispiace. E’ meglio per entrambi cambiare strada, cercati un’altra che possa renderti davvero felice »
La voce di lei era uscita chiara e autoritaria, tipico di quando veniva chiesto di fare qualcosa senza obiezioni. Paul si rattristì, accennando un sorriso forzato e si avviò nella camera a prendere le poche cose che aveva lasciato in quella casa. Françoise rimase in cucina, soddisfatta di sé e aspettò nel suo ritorno che non tardò ad arrivare.
«Paul? »
Il ragazzo si avvicinò rapidamente a Françoise, rubandole un bacio. Poggiò le mani su suo petto, cercando di allontanarlo da sé ma lui chinò il capo, stringendola a sé. Gli sarebbero mancate tanto le sue labbra, pensò Paul passando poi una mano tra i suoi capelli dolcemente. Françoise non riusciva ad allontanarlo, non riusciva a muoversi tra le sue braccia, ma riuscì a sentire, in qualche assurdo modo, tutto il dolore di Paul in quel bacio. Stava davvero soffrendo così tanto? O era solo un trucchetto per farla sentire in colpa? Lui si allontanò lentamente dalla ragazza, indugiando ancora un po’ sulle sue labbra, per poi allontanarsi. Lasciò le chiavi di casa sulla penisola insieme al telefono, poggiò la giacca sulla sedia e con lo zaino sulle spalle tornò nella camera di lei a prendere le sue cose. Françoise rimase per qualche istante immobile, come una statua, scossa da quel bacio inaspettato. Si sedette sullo sgabello vicino a quello dove l’ormai ex fidanzato aveva lasciato il suo indumento, controllando da lontano cosa stesse facendo. Da quella posizione poteva tranquillamente vedere Paul rovistare nella sua parte di armadio, prendere maglie e pantaloni, e piegarli nello zaino. Sentì alle sue spalle il telefono del ragazzo vibrare e si voltò incuriosita, leggendo solo l’anteprima del messaggio. Era Antoniette.
“Ti prego, smettila di inviarmi queste cose”
Alzò un sopracciglio, aveva letto bene? Un nuovo messaggio:
“Ho parlato con Françoise, devi lasciarmi in pace, sono stanca di ricevere i tuoi messaggi! Non mi interessi! Ti denuncio! Non ti vergogni?!”
Iniziò a tremare, prese il telefono velocemente e iniziò a leggere la loro chat. Non doveva farlo, si sarebbe arrabbiato, ma cosa le importava? Quello che aveva detto Antoniette… Ora capiva. Ecco perché le aveva parlato, ecco perché Hans era all’oscuro di tutto.
«Cosa stai facendo?  »

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Capitolo 17
*** Dolore ***


Il capitolo seguente sarà, ahimè, un po’ forte. Non me la sento di cambiare il rainting della storia, lascio a voi la scelta. Il prossimo sarà molto più leggero, ed è già in fase di scrittura. Ovviamente, per chi deciderà di non leggere il capitolo, tutto sarà spiegato nel prossimo. Vi lascio una piccola curiosità:

All’inizio il fidanzato di Françoise non doveva essere Paul ma Hans, e di conseguenza André e Antoniette erano findanzati. La storia era più romantica, più leggera e si sfociava in piccoli ed innocui tradimenti e, ovviamente, tutto sfociava in un lieto fine. Non so ancora chi e cosa mi ha fatto cambiare idea,ma questo è il risultato!
 
 17:
 
«Cosa stai facendo con il mio telefono Françoise? »
Paul teneva sulle spalle lo zaino pieno della sua roba e guardava Françoise. Lei gli dava le spalle, immobile, con il suo telefono in mano. Il suo tono era severo, ferma, il tipico tono di voce che usava quando era fuori di sé e che stava per perdere il controllo, ma lei non si era mossa di un millimetro. Si avvicinò a lei con poche e ampie falcate, raggiungendola, e lei si allontanò, tenendo stretto il telefono di lui tra le mani.
«Sai Paul… »
Françoise rise, leggendo di nuovo alcuni messaggi provocatori che lui aveva inviato alla sua migliore amica.
«Mi sono sempre chiesta il perché »
Paul cercò di raggiungerla di nuovo, ma lei lo anticipò, spostandosi.
«Dei tuoi tradimenti… cosa ti portasse a farli… e mi sono sempre data una colpa. Di tutto. Sempre »
«Esatto, ti sei fatta una domanda e ti sei data una risposta. E’ solo colpa tua »
«E allora perché non mi hai lasciata, eh? Perché ogni volta che accennavo il discorso tu mi mettevi le mani addosso, eh? Mi vuoi rispondere? »
«Dammi il telefono »
«No »
«Ho detto dammi il telefono »
«Ho detto no »
«Non farmi arrabbiare »
«Lo sei già. E sai cosa ti dico? Mi sono scocciata. Sono stanca di te, della tua famiglia, del tuo lavoro, della tua gelosia, della tua arroganza… di tutto! »
«TU non mi hai mai supportato! TU non volevi che io andassi a lavorare fuori sede come amministratore dell’agenzia! TU non volevi abbandonare i tuoi amichetti per me! TU non sei mai stata al mio fianco! »
Françoise sgranò gli occhi, senza trattenere una grassa risata, sotto lo sguardo indiavolato di Paul.
«Io? Stai scherzando spero! Quando tua madre è stata male, amore mio, IO sono stata l’unica a rimanere al suo fianco in ospedale. IO. Tua sorella e tuo padre se ne sono fregati, IO sono rimasta giorno e notte a vegliare su quella povera donna e Dio l’abbia in gloria ora! Non do una colpa a te, perché alla fine sei mezzo giustificato per il lavoro, ma non ti permetto di dire che IO non ho fatto nulla per te o per la tua famiglia! »
Françoise urlò quelle parole, sentendo una rabbia crescerle sempre di più, lui si avventò contro di lei ancora e ancora una volta lei lo schivò. Paul andò a sbattere contro il divano, lei poggiò la schiena alla penisola.
«Mi fai schifo, anche con Antoniette ci hai provato »
«E’ stata lei ad iniziare! Le avevo chiesto aiuto per una cosa e lei ha iniziato! »
«Ah e credi che io ci caschi? Antoniette ama alla follia Hans e non lo tradirebbe mai! Con te poi! Le ho lette le chat Paul! Le ho lette! Sei un porco! »
«Chi è ad averti spinto a fare ciò, eh? Il tuo André? »
«E anche se fosse? Hai qualche problema Paul? Cosa c’è? E’ bello fare le corna, eh? E riceverle? Brucia, fa male. Secondo te io sono così stupida da aver creduto alla storiella “viaggio di lavoro a Roma”? »
«Ho davvero lavorato! »
Si avvicinò pericolosamente a lui, con aria di sfida. Lui tentò di riprendersi il telefono ma lei era più veloce.
«Oh ma ti prego! Ho chiamato il tuo collega per trovare una conferma nei miei sospetti! Ha detto che ti eri preso dei giorni in più perché dovevi farti il viaggio con la tua fidanzata ed è rimasto sorpreso nel sentire la mia voce! Credi davvero che sia così ingenua?! »
«Tu sei mia! Tu fai quello che dico io! Dammi quel cazzo di telefono all’istante! »
«Altrimenti cosa mi fai? Eh? Mi picchi? Mi uccidi? Ti tormenterò anche da morta Paul, anche da morta »
Paul le diede un pugno sul naso, tanto violento da farla cadere a terra, il telefono le scivolò di mano, nascondendosi sotto il frigorifero. Françoise cadde sul braccio sinistro, senza trattenere un urlo di dolore. Portò la mano destra sulle narici, scoprendole piene di sangue. Provò ad alzarsi, la testa le faceva male e un forte odore di sangue la stordiva, ma Paul si avventò sopra di lei, stringendo le mani al collo il più che poteva. Bussavano alla porta, tentavano di forzarla, sentiva le voci dei vicini chiamarli disperati, chiedersi cosa stesse succedendo in quell’appartamento. Sentì anche la voce di André, urlava il suo nome disperato, cercava di aprire la porta. Françoise tentò di allontanare le sue mani dal collo, riuscì a malapena a parlare.
«P-Pa… »
Una lacrima le bagnò la pelle, confondendosi con i capelli sparsi a terra, e gli sorrise. Paul si bloccò di colpo. Allentò la presa dal collo, guardandola negli occhi. Cos’aveva fatto? In quell’istante la porta si spalancò, André corse verso di loro, allontanò Paul e prese Françoise tra le braccia, cercando di svegliarla.
«Françoise?! Françoise mi senti? Ti prego svegliati! »
«Chiamate il SAMU
*! Muovetevi! »
«Oh mio Dio! Françoise! »
La ragazza tentò di parlargli, guardandolo negli occhi, ma non ne aveva più la forza. Françoise si accasciò sulla sua spalla, priva di sensi. Paul era rimasto seduto a terra, sconvolto, e si guardava le mani tremando. I medici arrivarono pochi minuti dopo la chiamata, presero la ragazza e la portarono di corsa all’ospedale. André li seguì disperato, dimenticandosi completamente di Paul e tentò di seguire la troupe medica lungo le scale. Appena furono fuori, una vettura li stava aspettando per portarli all’ospedale più vicino.
«Oh mio Dio, cosa succede? »
Jeanne e Nicolas passavano di lì per puro caso, incuriositi dalla presenza dell’ambulanza e appena videro André lo fermarono.
«André? Cosa succede? »
«Perché hai la maglia sporca di sangue?! »
Chiese Jeanne impallidendo, coprendosi la bocca con la mano spaventata.
«Quel bastardo… quel figlio di… Françoise… l’ha… »
«Calmati! Calmati! »
Nicolas lo fermò, scuotendolo poggiando le mani sulle spalle. Jeanne vide i medici portare via Françoise, André li lasciò soli, convincendo la troupe medica a farlo salire.
«Avvisate Victor! Avvisate tutti! »
Urlò prima che la porta si chiuse, seduto al fianco della ragazza.
 
///@///
 
«Ma come Victor? Oggi non è il tuo giorno libero? »
«Madame Collard, non si libererà di me facilmente! Ho ancora un sacco di cose da fare! Non posso lasciare i ragazzi a piedi, soprattutto oggi! Oggi si sposa la figlia di Madame Carchon, quindi la maggior parte dei ragazzi si trova a casa sua per i preparativi! »
«Ah! Hai ragione! Me n’ero completamente dimenticata! Meno male che non sono stata invitata! »
Victor sorrise, spazzando via i resti dei capelli tagliati durante quei 5 minuti di inferno. Era stanco morto, non ce la faceva più a tagliare, lavare, tingere, stirare, arricciare… ma gli piaceva, quindi non poteva lamentarsi! Lui e Madame Collard continuarono a parlare amabilmente per un paio di minuti, il cielo era azzurro e si prospettava un magnifico freddo pomeriggio parigino.
«Jeanne! Che bello vederti! Stai bene? »
Victor rimase sorpreso di vedere l’amica di sua sorella entrare come una furia, fuori faceva freddo ma non così tanto da scappare nel primo riparo caldo! Jeanne provò a riprendere fiato, aveva fatto il tragitto casa di Françoise e il Salon di Victor di corsa, sperando di arrivare il prima possibile. Nicolas, invece, era andato a chiamare Bernard e gli altri.
«Cos’è successo Jeanne? Portatemi un bicchiere d’acqua! »
«Victor! Tua… Tua sorella… E’ in ospedale… »
 


*=Per richiedere un’equipe medica d’urgenza potete rivolgervi al SAMU – Service d’Aide Medicale d’Urgence che risponde al 15 (https://www.10cose.it/parigi/emergenze-numeri-utili-parigi)

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Capitolo 18
*** Sunset Lover ***


Consiglio prima del capitolo:
per una migliore lettura, ascoltare "Sunset Lover" de Petit Biscuit:  
https://www.youtube.com/watch?v=DVIFQJiPWvc
Buona lettura! <3
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«Quel bastardo! Dovevo rimanere con lei! Maledizione! E’ tutta colpa mia! Dio mio! »
«Calmati Victor! Arrabbiarsi in questo modo non migliorerà la situazione! André è con lei, forse riuscirà a dirci qualcosa appena arriviamo… »
Nicolas corse per le strade di Parigi, cercando di raggiungere l’ospedale di San Luigi il prima possibile. Jeanne si era seduta nei sedili posteriori, cercando di calmare Victor il più possibile. Piangeva, urlava, dava pugni e calci al sedile anteriore vuoto, si sfogava. Appena arrivarono all’entrata Victor si catapultò fuori dalla vettura, accompagnato da Jeanne. Victor si avventò verso la reception dell’ospedale, chiedendo alla prima infermiera presente notizie della sorella.
«S-Salve io… Françoise de Jarjayes? E’… arrivata prima con l’ambulanza… sono il fratello »
L’infermiera annuì, cercando qualcosa tra i vari fogli che aveva davanti e Victor aspettò impaziente una risposta da parte della donna.
«Ah, la signorina de Jarjayes. Ora si trova in sala operatoria, potete aspettare qui fin quando non sarà tutto finito, la informeremo il prima possibile »
La ragazza gli sorrise, Victor abbassò le spalle, allontanandosi dal bancone e si avviò verso la sala d’attesa, distrutto. Quando entrò, trovò André andare avanti e indietro per tutta la stanza, visibilmente in ansia. Teneva una mano poggiata sulla fronte e l’altra sul fianco, respirava profondamente.
«André! Cosa diavolo è successo?! »
Victor si avventò verso di lui, incurante delle altre persone che erano sedute in attesa. André si schiarì la voce, cercando di calmarsi.
«Hanno litigato… Françoise deve aver trovato qualcosa sul suo telefono e hanno litigato… non ero a casa, stavo salendo le scale e sentivo alcune persone parlare e forzare una porta, ho subito pensato fosse successo qualcosa. Quando ho visto che… che tutti erano davanti alla sua porta io… non ci ho pensato due volte. Appena hanno aperto la porta sono entrato dentro. Lei… aveva il viso sporco di sangue… e…»
«Io lo uccido quel bastardo! LO UCCIDO! »
Disse Victor, sedendosi sulla sedia dietro di lui.
«Ora dov’è Paul? »
Chiese Jeanne avvicinandosi ai due. Erano tutti sconvolti, il resto dei ragazzi li aveva appena raggiunti.
«Non lo so, spero morto sotto una macchina »
Disse André, trattenendo la rabbia che provava dentro.
 
///@///
 
Erano passate due ore dall’arrivo in ospedale, Françoise non era ancora uscita dalla sala operatoria e nessun medico era venuto ad informarli. Victor aveva avvertito i genitori, sarebbero dovuti arrivare tra un paio di ore. Hans e gli altri ragazzi erano andati a denunciare l’accaduto, lasciando Victor all’ospedale in modo da essere il primo ad avere aggiornamenti sulla sorella. Antoniette rimase con lui, aspettando speranzosa nuove e buone notizie dai medici. Anche André era rimasto con loro, frustrato.
«Abbiamo parlato con la police, vogliono delle testimonianze »
«Ne hanno davvero bisogno? Credo che mia sorella su un letto in sala operatoria basti »
Rispose nervoso Victor, cercando di trattenersi. Antoniette sospirò, poggiando la mano sulla spalla dell’amico.
«Lo so Victor, lo so… dopo andrò a depositare… »
«Grazie… »
André si sedette vicino a Victor, tenendo la testa tra le mani. Dalla sala operatoria erano usciti più volte alcuni infermieri ma nessuno aveva saputo rispondere alle loro domande. Antoniette guardò l’orologio che aveva al polso, poi guardò Victor.
«I-Io… credo di sapere il motivo… »
I due ragazzi si voltarono entrambi verso Antoniette, corrugando la fronte. Lei deglutì a vuoto, prendendo un respiro profondo.
«Paul… era da un po’ che mi inviava messaggi… non proprio casti e… mi inviava foto… lo trovavo ovunque andassi e mi sentivo spesso osservata, anche quand’ero a casa mia. Stamattina io… ho accennato il discorso con Françoise e… credo abbia visto un messaggio che gli ho inviato »
La voce le tremava terribilmente, André le prese una mano, stringendola a sé. Antoniette asciugò una lacrima scappata al suo controllo velocemente, cercò di trattenere la vergogna dentro di sé il più possibile.
«Cosa dicevi in quel messaggio? »
Domandò Victor.
«Che non volevo più ricevere i suoi messaggi, che mi imbarazzavano e che doveva pensare a Françoise… »
«Hans lo sa? »
André cercò il suo sguardo, lei si voltò verso di lui, scuotendo la testa.
«Dovresti dirglielo »
«La police lo sa... ho fatto denuncia prima di venire qui »
Soffocò di nuovo il pianto, respirò profondamente.
«Mi dispiace che sia stata Françoise, come sempre, a pagarne le conseguenze… mi dispiace »
Si voltò verso Victor, mordendosi leggermente il labbro inferiore con gli occhi pieni di lacrime. Victor scosse il capo, abbracciando la ragazza.
«Non è colpa tua, le hai parlato, le hai spiegato tutto… non è colpa tua »
 
///@///
 
André tornò a casa quella sera, i genitori di Françoise e di Victor erano arrivati e nonostante le rassicurazioni di Victor aveva preferito lasciarli soli. Lei stava bene, era in mani sicure, non doveva preoccuparsi. Appena raggiunse il piano sentì una fitta allo stomaco, ricordando la mattinata. Si avvicinò alla porta, aprendola lentamente. Avevano rotto la maniglia, sarebbe stato difficile chiuderla a chiave. Entrò piano, e accese la luce. Alcune sedie erano rovesciate a terra, del tavolino di vetro non erano rimaste che piccole schegge a decorare il pavimento bianco, il divano era malamente spostato a bloccare il balcone. André abbassò il capo dove aveva trovato Françoise e Paul, trovando alcune gocce di sangue sul pavimento. Deglutì a  vuoto, avviandosi verso la camera della ragazza. Domani mattina Victor sarebbe passato a prendere le cose di Françoise per portarle a casa sua e lui si era offerto di aiutarlo. Prese i suoi vestiti e li posò nella valigia che Françoise “nascondeva” sotto il letto. Quando aprì il cassetto vicino al letto, per controllare di aver preso tutto quello che poteva servirle, trovò una chiavetta usb con un’etichetta un po’ sbiadita. Incuriosito si chiese cosa contenesse quella pennetta, si avvicinò alla scrivania dov’era posato il computer e, dopo averlo acceso, inserì la chiavetta. C’era una sola cartella, senza nome, contenete varie foto e un video. Cliccò rapidamente sul video, sperando di non trovare quello che stava pensando. Era Françoise. Sorrideva falsamente alla webcam, scopriva il viso.
“«Ho preso una decisione prima… una decisione importante, forse un po’ dolorosa per… me »”
Françoise si bloccò un attimo.
 “«Ho deciso di fotografarmi… sì di farmi delle foto. Ma non delle semplici foto, delle foto dopo la  visita del mio fidanzato. Sì perché lui… lui mi fa male, lui mi picchia. Forse non tutti capiranno il perché di questa cosa ma… »”
La sua voce tremava, si vedeva che quello che stava dicendo era vero e non una semplice bugia inventata al momento. Aveva gli occhi lucidi e il volto arrossato, ogni tanto si fermava per passare una mano sul viso. Sentì un nodo alla gola.
“«Credo sia una cosa importante e… forse chi troverà questo video… non lo so… non lo so… forse chi troverà questo video vedrà anche le foto e… permetterò la divulgazione se… lui mi… ucciderà. Ma è importante per me… tanto… e »”
Sentì un brivido lungo la schiena, lei sembrava così preoccupata e spaventata. Ora aveva di nuovo quel sorriso finto, e aveva chiuso il video. Aprì velocemente le foto, le guardò tutte. In ogni foto Françoise aveva un livido o sulle spalle o sul volto, alcune volte il labbro era spaccato e sanguinante. Nell’ultima foto aveva lo sguardo basso, stava piangendo. Un grosso livido le colorava lo zigomo e aveva il labbro sanguinante. Chiuse rapidamente il computer, tremando. Prese la chiavetta e la posò nella tasca del pantalone. Aveva visto troppo.
 

 

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Capitolo 19
*** Medicina ***


André si sdraiò sul letto esausto, sentiva la schiena completamente a pezzi e la testa sembrava sul punto di esplodere. Forse non aveva mai provato una paura così grande fino a quel momento. Si sentiva veramente a pezzi. Poggiò una mano sulla fronte, guardando distrattamente il soffitto bianco sopra di sé. La sua Françoise stava bene, era stabile, e non correva alcun pericolo. Era quello che aveva detto il medico, e quello che poteva dirgli per il momento, al dire il vero. Sospirò amaramente. Vide nel buio della stanza lo schermo del telefono illuminarsi all’improvviso. Allungò la mano con malavoglia per vedere chi fosse a quell’ora della notte e quasi sobbalzò nel vedere il messaggio di Victor prima, poi di Antoniette.
“«Si è svegliata, ti ha chiamato un paio di volte. Vieni domani mattina, ora riposati »”
Tirò un sospiro di sollievo e sorrise come un idiota, come direbbe Alain, rileggendo il messaggio di Victor.
“«Hans non vuole vedermi, non so cosa fare »”
André corrugò la fronte, rilesse un paio di volte il messaggio.
“«Ti direi di venire da me ma non vorrei peggiorare la situazione. Gli hai detto tutto, vero? »”
Riposò il telefono sul comodino poco distante e si sdraiò, più rilassato, sul letto. Si addormentò poco dopo, come un sasso.
 
///@///
 
Raggiunse rapidamente Victor davanti la camera della ragazza grazie alle sue indicazioni e lo trovò lì, con le braccia incrociate al petto e la schiena poggiata sul muro ad aspettarlo nel corridoio quasi deserto. Aveva l’aria stanca, di sicuro non aveva chiuso occhio per tutta la nottata.
«Ciao…»
«Ciao André »
«Come sta? »
«Il dottore ha detto che è stabile e che sta bene. Oltre vari ematomi sul corpo ha una frattura al braccio sinistro e al setto nasale… »
«Capisco… hai dormito almeno un po’? »
Victor alzò le spalle, tenendo sempre lo sguardo basso.
«Un’oretta, non avevo sonno. Ti vorrei far conoscere i nostri genitori, sono sicuro che le farebbe piacere »
«Certo ma… ora non mi sembra davvero il caso… aspettiamo prima che Françoise si riprenda del tutto »
«Non ti preoccupare per questo André… »
André abbassò lo sguardo, come avevano reagito i genitori di Françoise alla chiamata? Come si sentivano in quel momento?
«A proposito i tuoi dove sono? »
«Stanno prendendo qualcosa giù, li ho costretti io a mettere qualcosa sotto i denti »
«Capisco… la police non ti ha fatto sapere nulla? »
Victor scosse lentamente il capo, sospirando poi amaramente.
«Non riescono a contattarlo, o meglio a trovare il telefono in modo tale da seguirlo e di capire le sue mosse. Sembra averlo spento e il segnale non c’è. Non so cosa stiano facendo al dire il vero e neanche mi interessa, l’importante è che mia sorella stia bene e che chi deve pagare pagherà »
André annuì, entrò nella stanza di Françoise silenziosamente. Lei stava riposando ancora, il capo abbandonato sul lato destro del cuscino, la mano sinistra poggiata sopra le coperte all’altezza del ventre. Prese una sedia e la mise vicino al letto, si sedette e aspettò che lei aprisse gli occhi. Le guardò attentamente il viso, ancora gonfio e rosso. Sotto gli occhi aveva due lividi viola, colpa dell’operazione al naso e alcuni tagli le avevano ferito il volto. Un piccolo taglio, forse il più profondo, era sul labbro inferiore. Sospirò amaramente, prese la mano tra la sua e baciò il dorso più di una volta. Françoise sembrò svegliarsi poco dopo, sbatté rapidamente le palpebre e alzò lo sguardo verso di lui.
«Hey… »
«Ciao… »
Sussurrò lei, accennando un piccolo e debole sorriso. André strinse di più la mano tra le sue, Françoise sorrise dolcemente, ancora stordita.
«Come ti senti? »
Chiese sussurrando, accarezzandole il viso un po’ gonfio e livido. Lei alzò un po’ le spalle, sorridendo.
«Sono stata meglio »
La voce le usciva graffiata, interrotta da vari colpi di tosse.
«Scusami, mi fa male un po’ la gola »
«Non devi sforzarti, pensa a riposare »
«Ho dormito anche troppo »
Rise, portando la mano sul volto, toccò con la punta delle dita il gessetto in plastica dura sul naso e fece una smorfia.
«Non mi è mai piaciuto il mio naso, l’infermiera mi ha detto che mi hanno fatto una… setto plastica o una cosa del genere… ora avrò un naso più bello… mh mi tirano i punti »
Disse contenta, seguendo il profilo del naso da sopra il gesso. André sentì una stretta al cuore, le sorrise a sua volta, allontanando alcune ciocche di capelli dal suo viso. Aveva sotto gli occhi alcuni lividi che, a vederne il colore violastro, stavano iniziando a colorarle il volto.
«A me il tuo naso piaceva »
Disse tristemente. Françoise lo guardò per alcuni istanti, stringendo la stretta delle loro mani. André abbassò il capo, portando la mano di lei al volto e Françoise gli accarezzò dolcemente il viso.
«Ho avuto paura di perderti per sempre… »
Ammise André con la voce tremante, senza alzare lo sguardo. Françoise lo guardò preoccupata, cercò di alzarsi dal letto per guardarlo meglio ma non aveva ancora le forze necessarie. Sentiva alcune lacrime bagnargli le dita, André stava piangendo?
«Sono qui… sono qui adesso… »
André annuì lentamente, stringendo di più la sua mano al volto e rimasero così per alcuni istanti, in silenzio. Lui le aveva baciato più e più volte il dorso della mano, lei invece prese il suo volto tra le mani e gli regalò alcune carezze.  Françoise trattenne una risata quando lui, dolcemente, aveva poggiato il capo sul suo ventre e aveva iniziato a baciarlo divertito. 
«Ti prego smettila, mi fai il solletico, non riesco a ridere…! »
Disse divertita, portò una mano sotto le narici, cercando di trattenere la una risata, poi abbassò lo sguardo su André. Lui sembrò incupirsi e si risistemò sulla sedia.
«Ho detto qualcosa di sbagliato? »
«No… assolutamente. Non c’è nulla di sbagliato in te »
«L’hanno trovato? »
André scosse il capo, Françoise sospirò amaramente, voltandosi a guardare la porta della camera.
«Hanno cercato il suo cellulare, sembra scomparso »
«Io so dov’è il cellulare, o almeno dove l’ho visto l’ultima volta »
Disse Françoise, girandosi di nuovo verso di lui, guardandolo negli occhi.
«E’ sotto il mio frigorifero, mi è sfilato di mano quando mi ha colpito al naso… prova a vedere lì sotto »
«Capisco, riferirò a tuo fratello »
«Come sta Antoniette? Victor mi ha detto che vi ha spiegato quello che è successo »
«Non lo so, tu sei arrabbiata con lei? »
«Perché dovrei? »
Françoise aggrottò un po’ la fronte, senza capire.
«Hans sembra furioso, mi ha chiamato prima mentre ero in macchina e ha iniziato ad urlare per colpa di questa cosa »
«L’ho sempre detto che quel ragazzo è un idiota »
Mormorò tra di se, facendo ridere il ragazzo.
«Sei sempre la solita »
Françoise accennò un sorriso tirato, sentiva il labbro superiore addormentato e ora doveva avere una faccia stranissima.
«Non capisco il perché di tanta rabbia… »
«Sembra essersela presa per la poca fiducia che Antoniette ripone in lui e nella loro relazione. Da quello che ho capito non è la prima volta che gli nasconde le cose »
«Ora sta esagerando. Non tutti hanno il coraggio di parlare quando qualcuno ti perseguita o ti mette le mani addosso. E’ facile parlare quando non si è vittima di una cosa simile. Credi che per me sia stata una passeggiata restare insieme a Paul? Vivere con la perenne paura di potermi svegliare il giorno dopo in un letto d’ospedale, come ieri sera? “Ma perché non lo lasci?” Credete davvero che sia così facile? Gli ho dato un ultimatum e lui l’ha rispettato, ma se non fosse per la mia stupida curiosità e il mio essere ficcanaso io ora non sarei qui ma a festeggiare la rottura. Credimi. Se Hans ha altri motivi per finire la loro relazione ok, ma se baserà tutto su questo è un grandissimo coglione »

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Capitolo 20
*** Alloro ***


Françoise strinse il polso di Victor, le gambe le tremavano tremendamente. Provò a fare un minimo passo, ma il dover essere costretta a non guardare dove metteva i piedi la rendeva ancora più impacciata. Finalmente riusciva ad alzarsi da quel maledetto letto.
«L’infermiera ha detto che devi tenere la testa alta Françoise, guarda me. Non ti faccio cadere, va bene? »
La ragazza annuì lentamente, fecero ancora altri due passi e Victor fece sedere la sorella sulla sedia poco lontana.
«L’anestesia è ancora in circolo, eh? Non riesco a muovere le gambe »
Disse Françoise ridendo, poggiando la mano sulla schiena e cercò di sgranchirsi un po’.
«Ricordati anche che hai dormito due giorni interi e che fino a poco tempo fa sei stata immobile nel letto »
Disse madame inginocchiandosi al lato della figlia, accarezzandole il volto. Françoise sorrise beata dalle carezze del genitore, mentre il padre era in disparte a parlare con la police.
«Ti ho riportato il telefono, così non sarai più fuori dal mondo! »
Esclamò Victor, estraendo dalla tasca il cellulare e lo consegnò alla sorella, divertita. Osservò la data e quasi non le venne un colpo.
«No… non può essere… »
«Cosa c’è cara? »
Françoise si sdraiò sullo schienale, portò la mano al volto e continuò a mormorare parole incomprensibili. I tre si guardarono negli occhi senza capire. Victor si inginocchiò davanti a lei, cercando il suo sguardo.
«Cosa succede? Françoise guardami negli occhi »
La ragazza alzò lo sguardo, distrutta e sconsolata. Il suo sguardo era di una tristezza unica, sentì il cuore andare in mille pezzi.
«Nulla… io… ho solo perso… il giorno della mia laurea… già… »
Victor sussultò, aveva completamente dimenticato la sua laurea! Come aveva potuto? André? Lo sapeva? Aveva fatto qualcosa?
«Oh mio Dio cara! Ci tenevi tantissimo! »
«Non fa niente mamma… »
Françoise accennò un debole sorriso, si asciugò velocemente una lacrima sfuggita al suo autocontrollo.
«Oggi si laurea André »
Sussurrò, sperando nel suo cuore che il ragazzo si fosse presentato all’università quella mattina.
 
///@///
 
«Non volevo andarci, sono sincero. Mi ha chiamato tuo fratello costringendomi ad andare all’università »
«Victor ha fatto bene »
Disse Françoise allegra, stringendo le mani di André tra le sue. Il ragazzo sorrise, baciandole le mani dolcemente. Oramai era passata più di una settimana dall’incidente e tra qualche giorno finalmente Françoise sarebbe tornata a casa.
«Ora saranno tutti a festeggiare la propria laurea mentre tu sei qui, in ospedale… »
«Con l’amore della mia vita »
Françoise arrossì, abbassando lo sguardo. André cacciò dalla busta che aveva portato con sé la piccola corona d’alloro che i loro amici gli avevano dato appena usciti nell’atrio dell’università. La ragazza osservò contenta la semplice composizione e si stupì quando André la poggiò sul suo capo.
«Non mi sono laureata… anzi, non mi sono presentata il giorno della laurea »
«Beh, l’alloro indica non solo la laurea, ma è anche simbolo di vittoria. Tu hai vinto Françoise, meriti la tua corona »
«Mi accontento dei fiori che mi hai inviato stamattina. Sono stupendi »
Disse ridendo, guardando con orgoglio il mazzo di rose bianche che le aveva portato un ragazzo stamattina e con all’interno un suo bigliettino.
«Non devi accontentarti. Mi deludi comunque, non sapevi quest’altro significato dell’alloro? Nei tuoi quadri non l’hai mai trovato? »
Aggiunse ironico, allargando la cravatta rosso scuro che aveva al collo. Françoise lo guardò ammaliata, in quel completo grigio scuro che risaltava il suo fisico agile e muscoloso. Gli accarezzò una guancia e gli diede un bacio, dopo tanto tempo.
«Victor non ti ha fatto conoscere i miei, devo rimproverarlo »
«Gli ho detto io di non farlo, non arrabbiarti con lui »
Françoise aggrottò la fronte, allontanandosi un po’ da lui.
«Perché? Loro non vedono l’ora di conoscere colui che ha salvato la loro figlioletta »
Chiese la ragazza, senza riuscire ad immaginare un motivo valido che avesse spinto André a dire così al fratello.
«So che sono delle persone fantastiche Françoise, non è per questo. Ma… non me la sento di presentarmi a loro dopo Paul. Già con Victor è stato difficile, nonostante fosse sembrato il contrario, e non oso immaginare con i tuoi genitori e con tuo padre »
«Non ha senso quello che dici »
Disse lei dolcemente, accarezzandogli il volto.
«Lo so, scusami »
Françoise alzò le spalle, sorridendogli, capendo alla fine il perché di questa sua decisione e accettò la sua sincerità, commossa.
«Grazie… »
«Quando toglierai il gesso? »
«Le infermiere hanno detto che la mia non è proprio una frattura, non ho ben capito, ma credo che tra poco potrò toglierlo. Domani mi dimettono »
Disse entusiasta, guardandolo negli occhi.
«Dove andrai? »
Françoise alzò le spalle, passando la mano sul profilo del naso incerottato e privo di punti.
«Credo da Victor, non so se ce la faccio a tornare a casa mia e soprattutto ad entrare nel mio appartamento »
«Ti capisco… »
All’improvviso il telefono di Françoise iniziò a squillare, i due si guardarono negli occhi.
«Non conosco il numero… »
«Rispondo io? »
«No, faccio io, grazie »
Françoise rispose titubante, senza allontanare lo sguardo da André.
«Pronto? »
«*Salve buongiorno, è lei Françoise Jarjayes?* »
«Sì, sono io, mi dica »
«*Bene, allora signorina…* »
André osservò la ragazza attentamente, cercando di intuire qualcosa dalla chiamata che aveva ricevuto. Françoise all’improvviso impallidì di colpo e lo guardò confusa. André poggiò una mano sulla sua spalla, guardandola spaventato.
«Va bene… grazie… arrivederci »
Françoise chiuse la chiamata e abbassò il capo, confusa.
«Chi era? Cosa ti ha detto? »
«Era la police… hanno arrestato Paul »
Françoise iniziò a piangere, rasserenata da quella chiamata e André la strinse forte tra le sue braccia, felice anche lui di quella scoperta così rassicurante.
 
///@///
 
«L’hanno arrestato »
Disse André. Erano a casa di Victor e stavano preparando una piccola festa per Françoise, per il suo ritorno dall’ospedale e per la fine del suo incubo soprattutto. Antoniette trasalì e si voltò di scatto verso André, sorridendogli.
«Davvero? Dove l’hanno trovato? »
Chiese Bernard mentre aiutava Diane a sistemare le ultime cose.
«A quanto pare si stava recando in un centro di riabilitazione, o almeno la strada era quella. Appena è arrivato il momento dell’interrogatorio ha confessato tutto. Ha ammesso anche di averla drogata qualche volta »
«Quindi? Cosa succederà ora? »
«Credo che passerà un bel po’ di tempo in gattabuia »
Esclamò Alain, poggiando le spalle al muro ridendo.
«Finalmente siamo riusciti a togliercelo dalle palle, non lo sopportavo più. Eppure lo avevo avvertito io, la prossima volta statemi a sentire voi. Se non dai una bella lezione a persone come queste, non capiranno mai. Soprattutto te giornalista! Con le parole non si risolve sempre tutto, mi dispiace per te »
Continuò, dimenticandosi che André non sapeva nulla di quello che era successo quella sera. Lui corrugò la fronte, cercando spiegazioni.
«Ah, vero, tu non c’eri… cosa ti sei perso cugino mio…! »
«Cos’è successo? »
«Ma niente, le solite cose. Françoise fa qualcosa che Paul non sopporta e lui o la insulta o le da uno schiaffo. Solo che… prima di allora non l’aveva mai fatto davanti a noi »
Disse Jeanne infastidita al ricordo, guardando negli occhi Rosalie per qualche istante.
«Françoise era arrabbiata per un piccolo litigio con Victor, non ricordo cosa successe di preciso, ma alla fine risolsero subito se non sbaglio. Eravamo appena usciti dal pub e ci eravamo “nascosti” nel vicoletto lì vicino. Françoise si accese una sigaretta e lui si arrabbiò ancora di più e le diede uno schiaffo in pieno viso »
Disse Rosalie stringendo le spalle, per poi abbassare lo sguardo.
«Inutile dire che noi abbiamo provato a fermarlo »
Aggiunse Hans, dando le spalle ad Antoniette.
«Lei… ha dormito da noi per qualche giorno. Alain non dovevi picchiarlo, ti sei abbassato al suo livello »
«Mi dispiace Antoniette ma non posso sopportare che un uomo metta le mani addosso ad una donna, va bene? Ho dovuto sopportare mio padre mettere le mani su mia madre quando era ubriaco, per un bel po’ di tempo prima che entrasse in riabilitazione. Scommetto che tutti avrebbero fatto lo stesso se avesse toccato la propria fidanzata, no Bernard? Nicolas? Hans? André? Non l’avreste fatto voi? Ammettetelo! Deve ringraziare la vostra presenza, altrimenti sarebbe morto e sepolto da tempo!»
«Fate silenzio! Stanno arrivando! »
Diane corse a spegnere la luce del soggiorno e tutti si nascosero. Sentirono il rumore della chiave e la porta aprirsi lentamente e le voci confuse di Victor e Françoise.
«Hai deciso? »
«Sì, lo dirò appena… Oh! »
Non riuscì a finire la frase che, appena accese la luce, i suoi amici scattarono fuori, urlando felici. Françoise sussultò, sentendo le mani del fratello poggiarsi sulle spalle e i suoi genitori felici dietro di sé.
«Bentornata Françoise! »
«Ragazzi… »
Antoniette corse ad abbracciarla, stringendola a sé con tutte le forze che aveva in corpo, e pianse, anzi, piansero insieme. Tutti si avvicinarono alla ragazza, abbracciandola e ridendo tutti, felici di vederla bene e felice. Appena vide André lei si allontanò da tutti e buttò le braccia al collo, baciandolo inaspettatamente davanti a tutti, ricevendo un caloroso applauso da tutti.

 
 

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Capitolo 21
*** Il sogno ***


Françoise lanciò un urlo, si alzò si soprassalto dal letto in preda al panico. Tremava come una foglia e il volto era bagnato da mille lacrime che uscivano incontrollate. Provò a calmarsi, a fare respiri profondi, ma i singhiozzi le spezzavano il respiro.
«Françoise! »
Victor la raggiunse subito, insieme ai genitori, nella stanza dove stava dormendo. La ragazza appena vide il fratello corse tra le sue braccia, sconvolta, e pianse tutte le lacrime che aveva nel suo corpo. Il ragazzo tentò di calmarla sussurrandole parole di conforto, le accarezzò i capelli e la strinse forte a sé e lei sembrò calmarsi un po’.
«Tesoro cosa ti prende? Perché piangi? »
Chiese la madre notevolmente preoccupata. Il pianto era diminuito d’intensità e Françoise iniziò a fare respiri profondi, cercando di calmare il battito forsennato del suo cuore.
«E’ sempre qui… è morto… »
«Chi è morto? »
Chiese suo padre confuso, mentre scambiava uno sguardo con Victor che, di rimando, alzò le spalle confuso quanto lui.
«E’ morto… André è morto… è stato Paul… »
Mormorò la ragazza, iniziando a piangere ancora una volta. Victor corrugò la fronte e cercò il suo sguardo. Le sorrise dolcemente e le parlò piano.
«André non è morto… è stato solo un brutto sogno »
«Non è vero… »
Disse la ragazza scuotendo il capo, con i lacrimoni che le bagnavano le gote rosse. Victor l’abbracciò dolcemente, cullandola tra le sue braccia e tornò a parlarle.
«Vogliamo chiamarlo? Se ti risponde però non dirmi che non te l’avevo detto…! »
Lei annuì rapidamente e portò una mano alla fronte, esausta. Victor prese il telefono e lo chiamò, sperò con tutto il cuore che rispondesse ma non poteva pretendere che lui fosse sveglio alle 3 di notte. Si voltò a guardare la sorella, sua madre l’aveva fatta sedere sul letto e aveva preso il termometro per misurarle la febbre, doveva essersi alzata molto per farle fare incubi del genere e per confonderla così tanto. Dopo un paio di secondi André rispose al telefono con voce terribilmente assonnata.
«Dimmi Victor… »
«Scusami se ti chiamo a quest’ora, ma Françoise sta delirando… »
Victor si voltò a guardare la madre e notò che il termometro non superava i 36 gradi, non aveva la febbre.
«Non ti preoccupare… è successo qualcosa? Devo venire »
«No, non ce n’è bisogno, te la passo. Crede che tu sia morto »
«Di sonno sì, lo sono… su, fammi parlare con lei »
Victor passò il telefono alla ragazza e lei lo prese con mani tremanti. Parlarono un po’, o meglio era André a parlare e lei annuiva lentamente, accennando qualche lieve sì ogni tanto. La guarda incredulo, non riusciva a credere che sua sorella fosse così confusa. Non riusciva a capire una singola parola di quello che stava dicendo, ma a vedere l’espressione che aveva Françoise lei doveva sentirti decisamente meglio. La sentì sussurrare un debole buonanotte e, appena terminò la chiamata, imprecò.
«Françoise… »
La ragazza coprì il volto con le mani e respirò profondamente; alzò poco dopo lo sguardo stanca.
«Voglio stare da sola… vi prego… »
Sussurrò appena, si asciugò rapidamente le ultime lacrime e forzò un debole sorriso.
«Sto bene io… ho solo bisogno di restare da sola… »
«Ne sei sicura? »
Chiese suo padre, alzando un sopracciglio e lei annuì lentamente.
«Scusatemi… sto bene… »
 
///@///
 
Aveva passato una nottataccia. Era ancora scossa dall’incubo che aveva avuto quella notte e le sembrava impossibile eliminare dalla sua mente l’immagine di André, ferito a morte, tra le sue braccia. Perché diamine aveva sognato una cosa del genere? Si sentiva terribilmente stanca e priva di forze, aveva fatto una doccia fresca per cercare di svegliarsi ma sembrava aver sortito l’effetto contrario. Il braccio le faceva un po’ male. Indossò velocemente una felpa che aveva gentilmente rubato da André e si sdraiò sul divano, godendosi un’inaspettata solitudine. Per qualche istante fu tentata di chiamare Antoniette, ma cambiò subito idea, con l’intenzione di rilassarsi per tutta la giornata e iniziare ad inviare qualche curricula per un possibile lavoro. Si accorse a malapena del campanello.
«Buongiorno! »
Françoise guardò stupita la figura di André oltrepassare la porta tutto allegro. Lei accennò un sorriso e si avvicinò a lui che, nel frattempo, poggiava sul tavolo una piccola confezione di carta della pasticceria poco lontana.
«Come stai? Ti ho portato la colazione »
André le accarezzò lentamente la guancia, senza mai cancellare il sorriso dal suo volto. Françoise poggiò la mano sulla sua, fermandola, godendo del suo tocco.
«Sto bene… scusami ancora per stanotte »
«L’importante è che tu ora stia bene. Dovresti mangiare, ho preso i tuoi dolci preferiti »
«Così mi metti all’ingrasso »
Aggiunse la ragazza ridendo, mentre abbracciava André con tutta la forza che aveva nel corpo. Oramai era passato più di un mese dall’incidente e Françoise aveva ricominciato la sua routine e già da qualche giorno aveva iniziato a frequentare l’Università. Il direttore era stato particolarmente comprensivo e, per sua grande gioia, le aveva confermato il rinvio del giorno dell’esame finale verso la fine di marzo o inizio di aprile. Era felice di potersi distrarre in qualche modo, così da non pensare più a nulla di quello che le era successo.
«Stasera vieni? »
Chiese Françoise sorridendogli, senza allontanarsi dal suo abbraccio e il ragazzo annuì lentamente.
«Dove sono i tuoi? Victor è a lavoro? »
«Sì, Victor sta lavorando e i miei sono usciti a fare dei servizi »
«E ti hanno lasciato da sola? »
«Riesco a badare a me stessa, André… »
«Non intendevo questo… »
Françoise alzò le spalle e si allontanò lentamente da lui, sedendosi vicino al tavolo e fecero colazione insieme. Risero e scherzarono come un tempo, come avevano fatto la mattina di Natale e di Capodanno prima da lei, poi da lui. Solo che quella volta non c’era nessuno ad ostacolarli, nessuno voleva fargli del male. Françoise sorrise dolcemente, accarezzandosi il braccio libero dal tutore.
«André… »
«Dimmi »
André alzò lo sguardo verso di lei, notando un velo di tristezza nel suo sguardo. Qualcosa non andava? Gli stava nascondendo qualcosa?
«Io credo che… andrò a Lione con i miei »
 

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Capitolo 22
*** Lione ***


«Lione… »
André ripeté quel nome, quasi a volerne carpire il vero significato. Corrugò un po’ la fronte, annuendo lentamente e si morse il labbro, senza aggiungere altro. Abbassò lo sguardo sulla tazza che aveva tra le mani, non riusciva a guardarla in volto. Cosa c’era di sbagliato nel voler dimenticare? Nulla, assolutamente nulla. Si sentì terribilmente egoista in quel momento, avrebbe voluto urlare di restare a Parigi, di non andarsene, di non lasciarlo, ma con quale coraggio l’avrebbe fatto? Non poteva costringere Françoise a restare a Parigi contro la sua volontà, avrebbe deciso lei se tornare o meno. Lui, nel frattempo, cos’avrebbe fatto? L’avrebbe aspettata? Sarebbe rimasto a Parigi o se ne sarebbe tornato a Madrid? Françoise aveva tutte le ragioni del mondo per abbandonare Parigi, era ovvio che la loro "storia", se così riusciva a definirla, non poteva andare in porto. Sospirò, almeno avrebbero passato l'ultimo mesetto insieme, fu l'unica cosa che lo rasserenò un po'.
«André io… mi dispiace »
«E di cosa? Non ti devi preoccupare. Se non te la senti di restare a Parigi sei libera di andartene, non sarò io ad impedirtelo, se è questo quello che vuoi. L’importante è che tu sia felice, ecco tutto »
Rispose lui, senza ancora guardarla, e Françoise poggiò la mano sulla sua.
«Non… non starò via molto… ci sentiremo oggi giorno e poi… non è sicuro… è solo un’idea, io… ti prego guardami »
Il ragazzo la guardo, non aveva mutato espressione e non riusciva a capire cosa stesse provando in quel preciso istante. Era arrabbiato? Era deluso? Era triste? Indifferente? Scocciato? Imbestialito? Felice? Non lo sapeva, le sembrava impossibile entrare nel muro che André aveva eretto in sua difesa in quel momento.
«Se sei felice… lo sono anch’io »
«Sono felice quando sono con te… ma ho bisogno di tempo… per rilassarmi e per dimenticare… mi dispiace io non »
«Non deve dispiacerti… devo andare »
André si alzò lentamente, prese le chiavi della macchina e si avviò verso la porta. Françoise lo raggiunse, tirando la manica della maglia, e si mise tra lui e la porta, cercò il suo sguardo.
«André… »
«Fammi passare Françoise, devo andarmene. Ho un colloquio tra poco e sono in ritardo »
«Sei arrabbiato? »
Il ragazzo non le rispose, si limitò semplicemente a guardarla negli occhi per alcuni istanti.
«Quando hai intenzione di andartene? »
«Dopo… l’esame… ma non cambiare discorso. Sei arrabbiato con me, vero? »
«No, devo andare. Ci sentiamo dopo »
Françoise si allontanò con malavoglia dalla porta e lo lasciò andare via. Lui lasciò l’appartamento in totale silenzio, e lei, una volta chiusa la porta alle sue spalle, poggiò la schiena sulla porta, sconvolta, e si coprì la bocca con entrambe  le mani, iniziando a piangere disperatamente.
 
///@///
 
«Hey amico, dove sei stato fino ad ora? Ti ho chiamato non so quante volte! »
André alzò lo sguardo distrattamente e sorrise nel vedere Hans e Antoniette, insieme, venirgli vicino.
«Ragazzi… sto tornando a casa, sono stato a  Rue du faubourg per un colloquio»
«E com’è andata? Ti hanno preso? »
«Lo saprò tra qualche giorno, ma spero proprio di sì, mal che vada, se non trovo altro, me ne torno in Spagna… »
Antoniette aggrottò la fronte, stupita dalle parole dell’amico.
«In Spagna? Perché mai dovresti tornare in Spagna? E’ successo qualcosa mentre tu…? »
«No, ringraziando il cielo no. Ma non ho nulla qui, sono venuto in Francia solo per finire i miei studi. Se il posto è mio resto, altrimenti… ¡hasta la vista amigos! »
Disse sorridendo, facendo un lieve gesto con la mano.
«E Françoise? »
Il suo sorriso divenne più forzato, abbassò il capo.
«Dopo la laurea lei se ne va a Lione, con i suoi… non so per quanto »
«Cosa…? »
«Già… me l’ha detto poco fa, prima di andare al colloquio sono andato a trovarla e… mi ha detto questo »
«E tu non vuoi che se ne vada, giusto? »
«Mi sembra ovvio Hans, ma non posso costringerla a restare qui. Vuole dimenticare la storia con Paul e ne sono felicissimo, non fraintendetemi, ma sono egoista se chiedo di dimenticarlo con me, qui a Parigi? »
Chiese demoralizzato, forzando un debole sorriso. Antoniette lo abbracciò, d’istinto e lui ricambiò l’abbraccio.
«Non capisco… perché non vai con lei? »
«Perché se mi avesse voluto me l’avrebbe proposto, non credi? Ma sai cosa ti dico, non mi interessa. Spero vivamente che riesca a metterci una pietra sopra, anche se sono sicuro che non sarà facile. Io resterò qui, e l’aspetterò. Lei tornerà, ne sono certo »
 
///@///
 
«Françoise, tesoro, sei sveglia? »
Marguerite entrò nell’appartamento con due borse della spesa piene. Parigi era meravigliosa come sempre e aveva già trovato ispirazione per dei prossimi quadri e non vedeva l’ora di mettersi alla prova. Dopo aver posato la spesa sulle sedie notò due tazze sul tavolino, e intuì che Françoise si era svegliata ed era in compagnia. Sorrise dolcemente pensando al ragazzo che aveva trovato, era così dolce e premuroso con lei! Le piaceva proprio André Grandier, finalmente Françoise poteva essere felice con qualcuno.
«Mamma… »
«Françoise…! Mio Dio perché stai piangendo? Cos’è successo? »
La ragazza scosse il capo, allontanando la madre che nel frattempo si era avvicinata a lei preoccupata. Aveva il volto inondato di lacrime e si era rannicchiata sul divano.
«Perché piangi? Parlami Françoise! »
«Ho… ho detto a… André che… vengo… con voi e… »
«Si è arrabbiato? »
La ragazza scosse violentemente il capo, sconvolta, e Marguerite aggrottò la fronte.
«Ma se non si è arrabbiato perché piangi? »
«Perché non ha detto nulla! Avrei voluto che mi dicesse di restare! O che mi avesse detto di dimenticarlo o qualsiasi altra cosa ma non ha detto nulla! Non… non ha detto nulla… io non… »
Gli occhi di Françoise si riempirono nuovamente di lacrime e il pianto divenne quasi violento, tanto che Marguerite credette che avrebbe avuto, di lì a poco, una crisi di panico.
«Françoise… se c’è una cosa che ho capito di André è che un ragazzo molto rispettoso. Non ti avrà detto nulla perché non voleva costringerti a fare qualcosa che non volevi. Se hai deciso di venire con noi è perché vuoi allontanarti per un po’ da Parigi e André sta rispettando il tuo volere. Non prendertela con lui, l’ha fatto per te. Ora però devi rilassarti, andrà tutto bene… non è detto che tu rimanga per sempre a Lione »
«E se quando torno lui è tornato in Spagna? »
«Io… prendi un biglietto e lo raggiungi. Credi che solo gli uomini facciano pazzie per le donne? »
Françoise accennò un debole sorriso e si asciugò rapidamente le lacrime con il dorso della mano. Marguerite si sedette al suo fianco e l’abbracciò dolcemente.
«Sai… credo che quel sogno di stanotte abbia un senso »
Françoise alzò il capo verso sua madre e la guardò smarrita.
«Ho sempre creduto nei sogni e nel loro potere. Sognare una persona morta, soprattutto se ti è cara, significa che hai paura di ferirlo e di perderlo in qualche modo. Credo che la paura che avevi di dirgli della tua partenza abbia condizionato i tuoi sogni »
«Io… non voglio perderlo… ma sento che se rimarrò un altro po’ a Parigi soffocherò »
«Lui comprenderà, ne sono certa. Poi, chissà, potresti rimanere a Lione anche per una settimana o meno! Chi ti dice che ti piacerà stare lì? »

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Capitolo 23
*** Silenzio ***


« “Questa è la segreteria telefonica di xxxxxxx. Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile la” »
Françoise buttò il telefono sul letto, stanca di sentire quella dannata voce robotica risponderle a telefono. Aveva chiamato André innumerevoli volte e lui innumerevoli volte aveva ignorato il telefono, fino a spegnerlo. Le veniva da piangere. Aveva rovinato tutto, lei rovinava sempre tutto. L’aveva deluso un’altra volta, l’aveva messo da parte e dato per scontato i suoi sentimenti. Come poteva essere così meschina? Come poteva pretendere così tanto da lui? L’avrebbe aspettata o se ne sarebbe tornato in Spagna, forse da Celia? Questa volta le lacrime iniziarono a scendere davvero. Aveva tentato davanti ai suoi genitori di sembrare indifferente alla reazione di André e fredda ma sentiva che prima o poi sarebbe scoppiata. Non riusciva a immaginare André cadere di nuovo tra le grinfie di Celia, non poteva farle questo. Era questo quello che aveva provato lui mentre lei stava con Paul? Anche lui aveva sentito quel maledetto peso sullo stomaco? Non volle più chiamarlo, aveva sperato che le rispondesse anche per sbaglio ma ciò non era accaduto. Lo schermo del telefono si illuminò all’improvviso e Françoise quasi non cadde nel correre a controllare la notifica.
“Antoniette: Si può sapere cos’è questa storia che te ne vai a Lione?”
La ragazza aggrottò la fronte, André era l’unico a sapere della sua partenza. Che si fossero incontrati e le avesse detto tutto? Per questo non le aveva risposto prima? Rispose all’amica e sentì il cuore battere ferocemente nel petto.
“Hai visto André? Non mi risponde a telefono. Ho bisogno di parlargli”
“Antoniette: l’ho visto prima e mi ha detto tutto. Avete litigato?”
“Non lo so… ho paura di aver rovinato tutto. Non so cosa fare”
Abbandonò di nuovo il telefono sul letto, ormai aveva perso le speranze. Non riusciva a credere una simile reazione da parte sua, sperava avesse capito il perché della sua scelta. Non poteva, non riusciva a legarsi a nessuno, per quanto potesse amare André il ricordo di Paul era troppo vivo nel suo cuore e sul suo corpo. Conosceva André, sapeva che non le avrebbe mai fatto del male ma proprio non riusciva ad avvicinarsi troppo a lui, nonostante il suo cuore le urlasse di buttarsi tra le sue braccia. Aveva solo bisogno di tempo per pensare a sé stessa, ai suoi bisogni e alla sua salute. Nonostante avesse smesso di assumere da un po’ quei calmanti non riusciva ancora a farne a meno e aveva tentato in tutti i modi di convincere Victor a prenderle a casa sua. Odiava il fatto che suo fratello sapesse di quelle pillole, ma l’idea di tornare in quella casa la faceva rabbrividire. Forse doveva farsi consigliare da un medico, da uno specialista per superare quella “droga”. Françoise odiò terribilmente il suo essere debole e dannatamente femminile. La vita era più facile quando non mostrava la sua femminilità, quando costringeva il corpo in panni perennemente maschili e fasce per coprire il seno. Maledisse il giorno in cui decise di dare una svolta radicale alla sua vita, mostrando a tutti ma soprattutto a sé stessa e agli occhi di Paul di essere una donna. Portò una mano al petto e fece un bel respiro. Doveva tranquillizzarsi. Si voltò a guardare per l’ultima volta il telefono e lesse distrattamente i messaggi che le stavano inviando le ragazze sul loro gruppo. Sospirò stancamente. Forse una bella dormita le avrebbe fatto bene.
 
///@///
 
Françoise si alzò verso le 9, era sabato e non doveva andare all’Università quel giorno. Era di buon umore, aveva dormito beatamente ma una leggera malinconia aveva accompagnato i suoi sogni. Sarà forse per la maglia di André che aveva usato come pigiama, si chiese mentre si dirigeva verso la cucina. Si guardò distrattamente allo specchio nel salone e notò quanto fossero lunghi e ingombranti quei dannati capelli. Prese l’elastico che aveva al polso e legò velocemente i capelli in una coda alta, le arrivavano a metà schiena.
“Dovrei tagliarli…”
Pensò tra sé e sé, salutò rapidamente Victor che scappava a lavoro e fece colazione con suo padre, dopo tanto tempo, da soli. Era così strano, suo padre non aveva mai apprezzato la sua idea di iscriversi alla facoltà di arte e l’aveva sempre spronata verso una carriera giuridica o verso le armi. Apprezzava lo sforzo che aveva compiuto il padre, ma lei non si sentiva adatta a quel ruolo, nonostante l’affascinasse molto. Riteneva la caserma dove il padre aveva prestato servizio per anni come una gabbia dorata e lei non aveva avuto la benché minima intenzione di farsi rinchiudere lì.
«Hai sentito André? »
Chiese distrattamente lui, cercò di ignorare il modo in cui si era presentata quella mattina. Sebbene la maglia la coprisse fino a metà coscia, non poteva nascondere un certo disagio e fastidio nel vedere sua figlia conciata in quel modo.
«No, non lo sento da tre giorni. L’ho chiamato, gli ho inviato dei messaggi ma nulla, non risponde »
«Avete litigato »
«Non lo so, io non »
«Non era una domanda, ma un’affermazione »
Disse il padre alzando lo sguardo freddo e azzurro su di lei. Françoise rabbrividì e abbassò lo sguardo, forse era meglio cambiare argomento.
«Dov’è mamma? »
Chiese voltandosi in giro alla ricerca del genitore.
«E’ andata a comprare dei colori e a scattare qualche foto. Ha borbottato qualcosa su quanto fosse ispirata ed emozionata e l’ho lasciata andare »
Françoise sorrise, come potevano due persone totalmente diverse poter restare insieme per così tanto tempo? Il padre le versò l’acqua bollente nella tazza e la ragazza portò la tazza fumante sotto al naso, inspirando il dolce profumo del tè ai frutti rossi che lei amava tanto. Sorrise beata da quella dolce fragranza e si sedette sul divano, sollevata e bevve il liquido nero con calma, godendosi ogni minuto. Suo padre uscì poco dopo per delle commissioni e si ritrovò di nuovo sola nell’appartamento del fratello. Sospirò amaramente e finì il suo tè in silenzio. Controllò le notifiche e si sdraiò sul divano. Appena poggiò il telefono sul tavolino il campanello suonò. Probabilmente suo padre aveva dimenticato qualcosa o sua madre aveva perso l’ispirazione. Si avvicinò scocciata alla porta e aprì la porta. Non si aspettava di vederlo davanti a lei. Chiuse la porta, senza degnarlo di uno sguardo ma lui la fermò con il piede.
«Dobbiamo parlare »
«Grazie ma no grazie »
Disse sorridendo, per poi chiudergli letteralmente la porta in faccia un’altra volta ma lui la bloccò di nuovo, entrando.
«Vattene André »
Disse scocciata senza girarsi a guardarlo, la irritava il solo vederlo in quel momento anche se avrebbe voluto dannatamente correre ad abbracciarlo. Il ragazzo la raggiunse con poche e ampie falcate e si posizionò davanti a lei, bloccandola.
«Senti André se sei venuto qui per farmi perdere tempo è meglio che tu te ne vada »
«Dobbiamo parlare »
«Ma davvero? Mercoledì non sembravi in vena di parlare e in questi giorni invece non hai risposto ad una singola chiamata. Ora vuoi parlare? Mi dispiace tesoro, io non voglio discutere »
Gli sorrise falsamente e tentò di raggirarlo ma lui si posizionò davanti la porta del salone, impedendole di raggiungere le altre stanze dell’appartamento. Sbuffò innervosita. André sospirò, colto in fallo ma non si lasciò intimidire dallo sguardo glaciale che gli aveva dolcemente regalato in quell’istante.
«Mi dispiace »
«Scuse accettate, ora potresti spostarti? »
«Non ho finito, ascoltami per una buona volta! »
Françoise alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto. André sospirò irritato.
«Se l’altro giorno ti ho lasciato da sola è perché sarebbe stato inutile farti cambiare idea. In questi due o tre giorni sono stato irraggiungibile per tutti per colpa del telefono che è morto e si è presentata senza alcun avviso mia nonna dalla Spagna. Contenta? »
«Perché non mi hai detto cosa ne pensavi? »
Chiese senza peli sulla lingua, sentendo una morsa allo stomaco. La sua espressione si addolcì ma il broncio rimase sul suo viso. André le sorrise e le lasciò una tenera carezza sulla guancia ma lei girò il volto.
«Chi tace acconsente, non lo sai? E poi… credo che sia giusto così. Forse è meglio separarci »
«Ma io non voglio che la mia partenza rovini le cose tra di noi… »
Ammise a voce bassa senza smettere di guardarlo negli occhi.  
«Senti Françoise… chi ti dice che a Lione non incontrerai un altro? Chi ti dice che io e te riusciremo a stare insieme senza problemi? »
«Il mio cuore »
André sussultò e sgranò gli occhi. Françoise abbassò il capo e si asciugò una lacrima rapidamente con il dorso della mano. Lui tentò di avvicinarsi alla ragazza ma lei si allontanò.
«Forse è meglio che tu te ne vada »
Disse lei avviandosi verso la porta ma André non la seguì, rimase fermo e immobile dove l’aveva lasciato e Françoise sospirò esasperata.
«Ti prego André, vattene. Hai ragione tu, è meglio lasciar perdere. Sei stato una bella distrazione »
«Se ti dico queste cose è perché ti amo e non voglio vederti soffrire. Non potrò raggiugerti a Lione e se tu ritornassi per poco potrei non poterti vedere per il lavoro »
«Tu non lavori »
Mormorò a denti stretti, strinse le mani a pugno abbandonandole lungo i fianchi, voltandosi appena.
«Ho fatto un colloquio, mi hanno preso. Inizio lunedì mattina »
Françoise abbassò il capo. Stropicciò la manica della felpa nervosamente, senza rendersi conto dei passi di André verso di lei. Lui poggiò una mano sulla sua spalla e con l’altra le alzò dolcemente il viso per poterla guardare direttamente negli occhi. Françoise schiuse le labbra e le guance si colorarono di un velo di rosa. Alzò le mani verso il suo viso e gli tolse con lentezza gli occhiali, per poi posarli sul tavolo dietro di lei, e lui la baciò. Sentì le sue dita accarezzarle la schiena dolcemente e lei gli cinse il collo con le braccia. Le sue labbra erano così morbide e si sentì avvolgere dal calore del suo corpo come mai prima d’ora. Perché non aveva mai provato così tanto calore tra le braccia di Paul? Voleva essere arrabbiata con lui, furiosa per non averle risposto alle chiamate ma appena lui l’aveva sfiorata aveva sentito chiaramente la corazza che aveva eretto per difendersi andare in frantumi. Giocò un po’ con il suo labbro inferiore e fu felice di sentire un sospiro uscire dalle labbra rosee della ragazza. André poggiò la fronte sulla sua e si guardarono negli occhi.
«Chiedimi di non partire e io resterò qui »
«Non devi fare quello che voglio io, sei libera di decidere quello che è meglio per te. La mia volontà non conta »
«Per me è importante »
«Per me devi andare, hai bisogno di un posto tranquillo »
«André… »
«Ora devo andare, sono felice di essere passato da te. Mia nonna mi starà aspettando e mi chiedevo se tu fossi libera questa sera »
Sussurrò dolcemente accarezzandole il viso.
«Chi ti dice che io ti abbia perdonato? »
Chiese alzando un sopracciglio e lo sentì ridere di cuore.
«Non hai respinto il mio bacio… allora? Sei libera? »
Françoise non rispose subito, lo guardò per alcuni istanti negli occhi.
«Senza occhiali non ti vedo »
Disse ridendo mentre con una mano cercava le lenti disperato. Françoise si allontanò da lui, prese la montatura tra le mani e li posò sul naso dritto del ragazzo.
«Sì… »

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