La notte dei lemming

di Old Fashioned
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Lemming 1











LA NOTTE DEI LEMMING




Prima parte


Jesús Morales montò in sella alla sua cargo bike e prese a pedalare lentamente lungo il marciapiede. Era un buon orario: si era fatto buio e i turisti cominciavano a uscire dai casinò. Passeggiavano su e giù per la Strip guardando i grandi alberghi pieni di luci, e dopo un po’ ovviamente gli veniva fame.
Ne adocchiò un gruppetto che si faceva fotografare davanti all’enorme piramide nera del Luxor Hotel. Il cielo era già sufficientemente scuro e si vedeva bene il raggio bluastro che usciva in verticale dalla cuspide dell’edificio.
Passò oltre, lasciandosi alle spalle anche l’Excalibur, con le sue guglie dal tetto rosso e blu che sembravano costruzioni per bambini.
Un paio di ragazzotti orientali lo fermarono e si scambiarono selfie mentre compravano hot dog come i tipici personaggi dei telefilm americani. Fecero la foto anche al suo contenitore termico, su cui aveva disegnato, nera sulla superficie bianca, la silhouette di un cane con una fiammata che gli usciva dal culo, giusto per far capire che la sua roba era davvero piccante.
I due ragazzotti non diedero importanza al messaggio, o più probabilmente non lo colsero, fatto sta che in un inglese più approssimativo del suo gli chiesero altro chili, come se la salsa che aveva steso sulle salsicce non fosse già abbastanza forte di suo.
Li accontentò e se li lasciò alle spalle che rantolavano come asmatici, disposti anche a ficcare la testa in una fontana pur di avere un sorso d’acqua.
Salutò con un cenno del capo la Statua della Libertà posticcia davanti al NY Hotel e vendette un paio di hot dog a una coppietta talmente impegnata a sbaciucchiarsi che quasi dimenticava di fargli l’ordinazione. La cosa lo indispettì, per cui prese dalla rastrelliera delle salse quella contrassegnata con il teschio e le ossa incrociate e ne strizzò un bel po’ sui panini. Scomparve nella folla prima che i due li addentassero.
Ghignò tra sé e sé: niente sesso anale per un po’, piccioncini.
Dal Caesar’s Palace uscì una frotta di suoi connazionali che avevano fatto i soldi. Le femmine indossavano sgargianti abiti da sera, che si tendevano su forme perlopiù sovrabbondanti. I maschi erano rasati, vestiti di nero e tatuati ed esibivano pesanti catene d’oro al collo e ai polsi.
Jesús fece un rapido calcolo di quanti hot dog avrebbe dovuto vendere per comprarsi il più semplice di quei monili e il risultato fu sconfortante.
Considerò che invece degli hot dog avrebbe fatto meglio a vendere cocaina come quei tizi.
Continuò a risalire la Strip e nel passare gettò uno sguardo annoiato al Venice Hotel, con le barche nere a forma di banana che andavano su e giù nel canale finto.
Ricordava ancora quanto lo avevano colpito la prima volta che le aveva viste. Ora aveva solo voglia di cagarci dentro, in quel canale: un bello stronzo di quelli lunghi sarebbe sembrato una barca a banana in miniatura e magari nel buio qualche turista avrebbe anche cercato di prenderlo.
Raggiunse la Stratosphere Tower. Come ogni sera guardò in su e si stupì nel notare che le giostre erano tutte ferme. L’insanity pendeva immoto come una specie di ombrello mezzo aperto e l’X-scream, che normalmente basculava nel vuoto carico di turisti urlanti, era immobile e silenzioso.
Fu a quel punto che notò una forma in movimento. Alzò lo sguardo e vide che si trattava di una persona, una donna a giudicare dagli abiti ampi e svolazzanti, che stava precipitando. Sulle prime pensò a un inconsueto bungee-jumping, ma gli bastò un’occhiata per capire che nessun cavo di sicurezza avrebbe frenato la caduta del corpo. “Madre de Dios!” esclamò, più per abitudine che per altro, giusto un attimo prima che si udissero un tonfo sordo e poi delle urla di orrore.
Si voltò quasi con nostalgia verso il punto in cui il corpo era atterrato, nascosto da alti pannelli, e rimpianse di non aver avuto il cellulare pronto: a casa si sarebbero goduti il filmato.
Era ancora immerso in quelle considerazioni quando un secondo corpo, questa volta di un uomo, seguì il primo.
Ci furono un altro tonfo e delle altre urla, più forti delle precedenti, poi si udì una sirena della polizia in avvicinamento.
Fece un rapido calcolo: suicidi, casino, curiosi, folla. Zona transennata. Niente da mangiare per la gente che voleva seguire lo svolgersi degli eventi.
Niente a parte i suoi hot dog, se fosse riuscito a sistemarsi nel posto giusto.
Spinse il carretto alla base della torre, quindi staccò dalla canna della bicicletta un tubo di piombo che vi teneva assicurato per i momenti di necessità e si diresse con fare deciso verso un concorrente, un altro messicano, che si era accaparrato un posto decisamente migliore del suo e aveva un chiosco più grande. “Smamma, qui ci sto io,” gli ingiunse torvo.
“E perché?” protestò l’altro, “Io ero qui prima di te.”
Jesús passò allo spagnolo: “Ma io ti spacco la faccia se non ti togli dalle palle.”
“Chiamo la polizia!”
“Che per prima cosa controlla se sei un irregolare.”
L'altro si mosse a disagio e fissò lo sguardo sul tubo di piombo, che continuava a ondeggiare sinistro a un palmo dalla sua vetrina dei panini. Ringhiò fra i denti cavron e hijo de puta, peraltro attento a non pronunciare le parole in modo troppo chiaro, poi però raccolse il carretto e si spostò di qualche centinaio di metri.
Padrone del campo, Jesús si installò nella piazzola, aprì l'ombrellone anche se ormai era notte fonda e con voce stentorea cominciò a declamare: “Hot dog! I migliori hot dog di Las Vegas! Patate fritte! Chili con carne!”
Frattanto sogguardava quasi con affetto il nugolo di lampeggianti rossi e blu che si stava radunando alla base della torre.
“Hot dog!” ripeté, a voce ancora più alta. “I più piccanti! Mira el perro, fuoco al culo garantito!”



L'agente Schneider smontò dall'auto di servizio e per prima cosa rivolse uno sguardo torvo alla cima della Stratosphere Tower. “Merda,” brontolò, “se quegli stronzi avessero deciso di saltare dieci minuti più tardi, avrei fatto in tempo a finire il turno e adesso sarei a casa mia a guardare la partita in televisione.”
Smontando a sua volta, l'agente Stevenson, che insieme al primo costituiva una coppia affettuosamente definita dai colleghi SS, solennemente proclamò: “Tutti questi tizi che salgono sui cornicioni e stanno lì a rompere le palle per ore sono solo degli stronzi. Ti vuoi ammazzare? Fallo e non rompere i coglioni, dico io.”
In quel momento, qualcuno balzò dalla piattaforma del bungee-jumping, sembrò rimanere sospeso a mezz'aria per un istante, quindi cominciò a precipitare, con gambe e braccia allargate in quello che appariva come un comico tentativo di rallentare la caduta.
I due poliziotti seguirono con lo sguardo i trecento e passa metri di traiettoria, quindi Schneider disse: “Questo è il terzo, stasera. Che cazzo c'è lassù, una colonia di lemming?”
Stevenson si voltò a fissarlo. “Di che?”
“Lemming. Sono quelle bestie che a un certo punto diventano matte, saltano tutte insieme da un'altura e si ammazzano.”
“Ma visti. Come sono fatti?”
Schneider alzò le spalle. “Boh. Come dei topi, credo.”
“Perché saltano?”
“Te l'ho detto, diventano matti.”
“E perché?”
“Che cazzo ne so? Se lo sapevo, facevo il fottuto veterinario, non lo sbirro.”
Memori della strage del Mandalay Hotel, andarono al bagagliaio, infilarono i giubbotti antiproiettile e presero i fucili, poi Stevenson disse: “Guarda là, c'è quel paraculo di Morales. Andiamo a prenderci un panino?”
Schneider annuì. “Per me, qua si fa mattina. È meglio che andiamo a rifornirci prima che quel mangia-tortillas vuoti la dispensa.”
“Ti ricordi quello che era salito sul cornicione e voleva che chiamassimo sua moglie?”
“Pezzo di merda. Cinque ore a parlare di cazzate per farlo scendere. Giuro che se alla fine non si fosse buttato da solo, l'avrei sbattuto giù io con le mie mani.”
“Da solo? Ma non sei stato tu a dirgli che sua moglie era a spassarsela alle Bahamas con dieci negri superdotati?”
“E magari era anche vero.”
Camminarono per un po' in silenzio, poi Stevenson considerò: “Però fece un bel botto, eh?”
“Sembrava che si fosse buttato un cazzo di tricheco.”
“Fu lui che fece fuori la macchina di Ross?”
“Nah. Una vecchia del cazzo gli attraversò la strada durante un inseguimento.”
“Queste vecchie rincoglionite creano sempre problemi.”



Morales stava consegnando un paio di panini a una coppia. Per quanto i due lo infastidissero – continuavano a guardare il telefonino invece di guardare lui – aveva rinunciato alla salsa super-piccante, per il semplice motivo che non poteva allontanarsi da quel posto e non voleva che i due spargessero la voce che la sua roba era immangiabile.
Probabilmente, considerò comunque, avrebbe potuto spalmare sui panini anche la merda di piccione, perché i due erano completamente assorbiti dalla visione di una pagina Facebook.
Guardavano il cellulare come i re magi avrebbero guardato Gesù bambino e ogni tanto si scambiavano smozzicate esclamazioni di stupore.
“Ma...”
“Guarda qui!”
“Oh, cazz...”
“Noo! Non ci credo...”
L'uomo spostò l'attenzione dalla coppietta col telefonino a una coppietta decisamente meno simpatica: gli agenti Schneider e Stevenson, appropriatamente noti come SS, si stavano avvicinando.
“Buona sera,” li salutò compunto, ripassando nel frattempo mentalmente tutte le scuse in grado di giustificare la sua presenza in quella piazza, o più in generale sul suolo statunitense.
Prima che i poliziotti potessero rispondere, la ragazza della coppietta, gli occhi spalancati fissi sullo schermo del telefonino, emise uno squittio particolarmente acuto e si mise la mano sulla bocca.
Schneider buttò un occhio sul filmato, forse aspettandosi un porno particolarmente spinto, ma appena vide di cosa si trattava in tono professionale disse: “Faccia vedere, signorina.”
Approfittando del fatto che nessuno faceva caso a lui, Morales aggirò il chiosco e si piegò a sua volta sull'apparecchio.
Il filmato ripartì. Una donna con un lungo abito chiaro era in piedi contro un cielo notturno. Alle sue spalle si estendeva la distesa di luci della città. Il vento le scompigliava i capelli sciolti.
La donna rivolse a chi la stava filmando un sorriso tranquillo, poi cominciò a recitare:

Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo.
Sani di mente o pazzi.
Stinchi di santo o sesso-dipendenti.
Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.
A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito.

Tacque per qualche secondo, allargò le braccia come una specie di Cristo Redentore quindi concluse: “Ho inventato qualcosa di meglio: scelgo da me. Decido da sola del mio futuro.”
Dopodiché si lasciò cadere all'indietro.
“Merda!” esclamò Stevenson nella generale costernazione. Alzò lo sguardo sulla torre come per avere una conferma che fosse proprio quella la struttura da cui la donna si era buttata.
“Io l'ho vista con questi occhi,” confermò Morales, fissando tutti con aria di importanza. “È stata la prima che è saltata.”



Quando i due agenti, ognuno con un panino in mano e un altro in tasca, raggiunsero i colleghi, la folla di volanti e ambulanze era aumentata ancora. La zona era stata transennata e già frotte di curiosi si assiepavano contro le barriere come se fossero stati a un concerto rock.
Il sergente Wilkes stava parlando in tono concitato al cellulare di servizio.
“No che non ho fatto irruzione!” sbraitò a un certo punto. “Vuole che quei pezzi di merda saltino giù in massa? Ci parla lei, poi, coi giornalisti?”
Il graduato camminò su e giù un paio di volte, come faceva solo quando era bestialmente incazzato. Alla fine chiuse la comunicazione, buttò il cellulare sul sedile dell’auto e ringhiò: “Vaffanculo! Possibile che me le devo beccare tutte io, queste rogne di merda?” Si voltò a squadrare i due poliziotti, poi proseguì: “Settantadue ostaggi del cazzo, tutti asserragliati sulla cima della Stratosphere, vaffanculo a loro!”
I due agenti si scambiarono un’occhiata, poi Schneider disse: “Beh, chiuda tutti gli accessi, sergente. Prima o poi dovranno scendere, in un modo o nell’altro.”
“Me le immagino già, le associazioni politicamente corrette del cazzo, a frignare sulla brutalità della polizia,” replicò Wilkes.
“La polizia deve anche essere brutale, quando serve,” intervenne Stevenson. “Sono i pompieri che trattano qualsiasi stronzo con i guanti bianchi.”
“Anche perché i pompieri raramente hanno a che fare con negri strafatti di crack che gli puntano delle pistole in faccia,” soggiunse Schneider.
Tutti annuirono, poi Wilkes riprese: “La Centrale ci manda un negoziatore, nientemeno.”
Schneider alzò un sopracciglio con aria scettica. “Uno di quei tizi che vanno dai sequestratori e li distraggono finché un cecchino non riesce a stenderli?”
“Già.” Il sergente emise un sospiro che sembrava l'ultima esalazione di un bufalo morente. “Settantadue, ce ne sono, di quegli stronzi. Settantadue. Mi faranno il culo a strisce.”
“Ormai sono sessantanove, capo,” gli fece notare l'agente.



Il negoziatore arrivò due suicidi dopo, quando ormai ai piedi della Stratosphere c'erano una distesa di poliziotti e paramedici in fibrillazione, più giornalisti che alla notte degli Oscar e un pubblico che sembrava quello di un concerto dei Queen. Gli ospiti dell'albergo, evacuati in emergenza, rumoreggiavano in un angolo miancciando interventi legali.
L'uomo dava l'idea del papà buono, o del simpatico curato di campagna: sulla cinquantina, piccolo di statura, un po' sovrappeso, brizzolato, espressione pacifica. Emanava una potente aura di 'Tranquillo, sono qui. Con me puoi parlare.'
Schneider lo scrutò con aria critica, quindi proferì: “Non funzionerà.”
Stevenson scosse la testa. “No davvero. Che cazzo crede di fare quello? È evidente che gli idioti lassù non li sta spingendo nessuno.”
“Già, basta guardare i filmati.” L'agente lanciò una fugace occhiata a un gruppetto di ragazzi che aveva conquistato la prima fila, ma nondimeno era avidamente chino su un cellulare. “Chissà quanto ci metteranno a oscurare la pagina Facebook dove li pubblicano?”
“Bah. Zuckerberg di merda. Se compare un porno, a farlo sparire ci mettono dieci secondi.”
Schneider annuì e imprecò: “Pezzi di merda.” Si voltò verso Morales, che con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro quasi faticava a gestire la frotta di clienti assiepata intorno al suo carretto, e disse: “A proposito di porno, non ti sembra che il mangia-tortillas assomigli a Ron Jeremy?”
Stevenson si voltò a fissarlo, poi rispose: “Cazzo, sai che non ci avevo fatto caso? È uguale. Stessi capelli unti, stessi baffi.”
“Stessa pancia.”
“Chissà se anche la dotazione è la stessa?”
L'altro fece una breve risata. “Perché, ti interessa, per caso?”
“Vedi di non fare lo stronzo,” replicò il primo piccato. “Sei stato tu a tirare fuori la faccenda di Ron Jeremy.”
“Tutti i messicani assomigliano a Ron Jeremy.”
In quel momento dall'alto provenne un urlo che poteva somigliare a “Io scelgo!” e poi un tizio saltò nel vuoto.
I due agenti non seguirono nemmeno più la traiettoria.
“Imbecille,” commentò Stevenson quando si udì il tonfo.
“Stronzo,” rincarò Schneider. “È colpa di questi idioti se adesso non sono a casa mia a bermi una birra e a guardare la partita.”

George Tabacchi, capo negoziatore della Polizia di Las Vegas, fissò il sergente Wilkes con aria comprensiva e gli chiese: “Lei è molto stressato, vero?”
Il graduato gli rivolse un'occhiata velenosa. “Che cazzo fa, Tabacchi, le prove?”
L'altro annuì col sorriso di chi si aspettava esattamente quella risposta, quindi gli assicurò: “Ma la capisco. Anch'io lo sarei, al posto suo, se dovessi gestire tutto questo.”
Wilkes alzò gli occhi al cielo. “Senta, il matto è lassù. Veda di convincerlo a scendere prima che qua sotto si riempia di cadaveri spiaccicati, vuole?”
Tabacchi sorrise come se il sergente gli avesse appena augurato di fare Jackpot in tutti i casinò della Strip, poi con calore gli rispose: “Ma certo, è un ottimo suggerimento. I suoi uomini hanno già approntato una postazione, non è vero?”
Il graduato si limitò a indicargliela con un cenno del capo.
“Lo immaginavo, sono molto efficienti.” Poi, in tono premuroso: “Nel frattempo faccia salire degli agenti, ma per le scale di servizio, mi raccomando. Non vorrei che gli ascensori in movimento mettessero il soggetto sotto pressione.”
“Ok.”
“Sia gentile ancora una volta: dica loro di non intervenire assolutamente, se non do il via libera. La situazione è molto delicata.”
Wilkes si limitò a emettere un grugnito.
“Non faccia avvicinare gli elicotteri.”
“E che cazzo! Vuole anche un pompino con l'ingoio?”
Tabacchi mantenne un cauto silenzio.



Schneider diede un'occhiata alle scale che salivano e disse: “Col cazzo.”
Al suo fianco Stevenson, che stava sbocconcellando distrattamente il secondo panino, chiese: “Col cazzo, cosa?”
“Che mi faccio cento e passa piani di scale.”
“Wilkes ha detto che il tizio non vuole che si usino gli ascensori.”
“E io me ne sbatto i coglioni del sergente, del tizio e di tutti i fottuti lemming che ci sono là sopra. Non ci penso neanche a salire per le scale.”
Stevenson guardò in su. “In effetti...”
“Sai che ti dico?” concluse Schneider, “Che io adesso prendo l'ascensore e fanculo.”
L'altro appallottolò la carta del panino e con un preciso lancio la spedì attraverso la porta, verso la postazione allestita per il negoziatore, poi disse: “Ok, fanculo le scale. Andiamo.”



Il negoziatore raggiunse un portatile e vi si sedette davanti. Sullo schermo c'era il primo piano di un uomo vestito di nero. La scarsa luce rendeva difficile cogliere i suoi lineamenti, inoltre aveva una specie di maschera che gli copriva la metà inferiore del volto. Una corrente d'aria gli agitava appena i capelli, lunghi fin sotto le orecchie. Dietro le sue spalle si intravedevano i tavolini e il bancone illuminato di verde dell'Air Bar. Tutt'intorno, le vetrate panoramiche del locale mostravano la distesa di luci della città, fantasmagorica da quell'altezza.
Secondo le informazioni raccolte, doveva essere una specie di santone e quelli che stavano saltando erano i suoi adepti.
Tabacchi gli rivolse il suo sorriso più amichevole, quindi disse: “Buona sera, Clifford, io mi chiamo George.”
“Jim,” fu la risposta dell'altro.
Il negoziatore si protese appena in avanti. “Scusami, credo di non aver capito bene.”
“Jim. Ho assunto questo pseudonimo quando ho capito qual era la mia strada.”
Tabacchi annuì come se la risposta spiegasse ogni cosa, come se fosse proprio quella che stava aspettando. “La tua strada,” ripeté. “Molto bene, trovo che sia bello avere una strada da seguire, dà senso alla vita. Ti andrebbe di parlami un po' della tua, Jim?”
Gli occhi dell'uomo si strinsero leggermente come per un sorriso. “Ma certo, perché no?”
Il negoziatore pensò agli uomini che stavano salendo, e che avevano bisogno di tempo per raggiungere l’ultimo piano. Sorrise di nuovo. “Beh, ti ascolto.”
Dalla finestra panoramica alle spalle di Jim si vide distintamente la sagoma di un corpo che precipitava verso il basso, qualche secondo dopo su udì il tonfo.
Gli occhi dell'uomo si fecero ancora più stretti, gli comparvero addirittura delle piccole rughe a raggiera sulle tempie. “Ci sei ancora, George?” si informò in tono cortese.
Tabacchi annuì. “Certo.”
Jim emise una risatina. “Avevi una faccia...”
“Ecco, vedi... non sono tanto abituato a certe cose. Sono rimasto un po' scosso, capirai.”
Le sopracciglia dell'uomo si sollevarono. “Come mai?”
“Queste persone... ecco... perché vuoi che saltino nel vuoto? Pensi che non potresti ottenere quello che vuoi senza ucciderli?”
La risposta fu categorica: “No.”
“Possiamo parlarne? Magari posso aiutarti a realizzare quello in cui credi. Magari possiamo provarci insieme.”
“Ma tu mi stai già aiutando. Tutti voi mi state aiutando.”
“Che intendi dire? Temo di non riuscire a seguirti.”
Per tutta risposta, Jim chiese: “Conosci i Veri Credenti?”
“I... Veri Credenti?” fece eco George perplesso. Intorno a lui, fuori dal campo della videocamera, ci fu un frenetico battere di tastiere alla ricerca di notizie. Infine, un agente gli mostrò una schermata su cui compariva la storia della setta russa del seicento.
Il negoziatore annuì e disse: “Quindi stiamo parlando di un problema religioso?”
Jim parve deluso. “No. Masada? Sai qualcosa di Masada?”
L'altro si illuminò. “Masada, certo! La miniserie TV con Peter O'Toole, giusto?”
“Sbagliato.”
Tabacchi si passò una mano sulla fronte per tergersi il sudore che cominciava a imperlarla. “Allora temo di non capire. Puoi aiutarmi?”
“Vedrò di essere più chiaro. Jim Jones. Ti dice niente questo nome?”
Di nuovo ci fu un frenetico digitare, poi su tutti gli schermi comparvero file di siti sul massacro del 1978.
Il negoziatore si costrinse addirittura a sorridere. “Jim come Jim Jones. Ti chiedo scusa, avrei dovuto capirlo subito. Vuoi creare una nuova società? È per questo che stai facendo tutto quanto?”
“No.”
Da dietro le spalle di Jim provenne una voce femminile che in tono ispirato gridava: “Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi, stinchi di santo o sesso-dipendenti...”
Una voce infantile la interruppe: “Mamma, che cos'è un sesso-dipendente?”
Inalterata, la prima voce proseguì: “Eroi o vittime!”
“Mamma, ho paura, perché andiamo così vicino al parapetto? Non voglio cadere!”
“A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi!”
“No, mamma! Torniamo indietro, ho paura!”
“Possiamo scegliere da noi!”
“No, aiuto! Mamma, non voglio! No!” La voce del bambino si trasformò in un urlo raccapricciante. Due figure passarono a tutta velocità fuori dalla finestra panoramica, poi ci furono due tonfi, uno più grosso e uno più piccolo.
“Stavamo dicendo, George?” s'informò soavemente Jim.
Tabacchi si costrinse a riflettere più veloce che poteva. Conosceva la situazione: fare irruzione significava scatenare il suicidio di massa, ma d’altra parte aspettare significava vederli saltare uno dopo l’altro dopo aver proferito le loro massime deliranti, magari coi figli in braccio, magari tirandosi dietro gente che non aveva la minima intenzione di buttarsi.
“Perché lo fai?” chiese. “Voglio dire, è un credo di qualche genere? Pensi che ci sia un paradiso nel quale andrete tutti insieme? È la stella Sirio che vi sta chiamando?”
Jim scosse la testa. “Nessuna di queste cazzate.”
“Allora spiegami di cosa si tratta, per favore. L’ultimo che è saltato era un bambino, Jim.”
“Ho notato,” rispose lui con distacco.
“E allora? Vuoi ammazzare i bambini?”
“Tutti dobbiamo morire.”
“Sì, ma...” esordì di getto Tabacchi, pensando ai suoi due figli. Poi ricordò il motivo per cui si trovava lì, inspirò, espirò e in tono pacato proseguì: “Correggimi se sbaglio: questa mi sembra più che altro una tua questione personale, Jim. Dico bene?”
“Diciamo di sì.”
“E allora, perché non fai scendere gli altri?”
Jim alzò le spalle, quindi rispose: “È semplice: perché non vogliono.” Si alzò in piedi portandosi dietro il telefonino col quale stava comunicando tramite videochiamata, salì alcuni gradini, si affacciò su una terrazza in cui si trovavano almeno una cinquantina fra uomini e donne e chiese: “Amici, chi di voi vuole tornare nel mondo?”
Il coro dissonante di varie espressioni di diniego fece tremare per un attimo l’impianto audio del computer di Tabacchi.
Successivamente, i presenti cominciarono a scandire in coro: “Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sesso-dipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi...”
Jim li abbandonò alla loro recitazione, tornò alla sedia nel bar, si accomodò e chiese: “Hai sentito?”
Sì, certo.”
A me sembra che non vogliano scendere. Perlomeno non con l’ascensore.” Fece una risatina. “Tu che ne dici?”
La risposta di Tabacchi giunse di getto, aggirando alla grande di ogni regola della negoziazione: “E allora spiegami, per favore. Fammi capire, perché tutto questo mi sembra assurdo.”
Gentilissimo, l’uomo rispose: “Ma certo. Vedi, è tutta la vita che mi preparo a questo. È tutta la vita che studio come controllare gli altri, come spingerli a fare quello che voglio dando loro l’impressione di essere essi stessi a volerlo disperatamente. Ho studiato storia delle religioni, psicologia, filosofia, comunicazione, motivazione e sociologia. Ho raccolto i maggiori miti contemporanei, ne ho fatto una specie di dottrina, ho cominciato a insegnarla alla gente e in breve ho avuto i miei seguaci. Questa è una società povera di mitologie, affamata di rituali, vuota. Convincerli ad abbracciare le mie idee è stato facilissimo.”
Quindi la tua cosa sarebbe, una specie di religione new age?”
Jim alzò le spalle, gli occhi gli si strinsero di nuovo come per effetto di ilarità. “Ma no, figurati. La religione non è altro che l’oppio dei popoli. Io voglio entrare nella Storia.”
E come conti di farlo?”
Scatenando un suicidio collettivo. Certo, non saranno i novecento della Guyana, ma sono pur sempre una settantina, più o meno quelli di Waco. È un bel numero. Inoltre, la location è molto più suggestiva, non trovi?”
Un agente mostrò a Tabacchi un tablet su cui era aperta la pagina di Wikipedia che parlava del massacro di Waco, in cui i settantasei membri della setta dei davidiani, assediati dalle forze speciali, avevano dato fuoco al ranch in cui vivevano ed erano periti nell’incendio.
Aspetta,” disse il negoziatore, con una certa precipitazione nella voce. “Aspetta, non puoi fare una cosa del genere.”
Perché?”
Non puoi spingere settanta persone al suicidio solo per entrare nella Storia, come dici tu.”
Non vedono l’ora di saltare, non vedono l’ora di scegliere, di decidere da soli del loro futuro.”
Solo perché tu li hai plagiati!”
Jim emise un teatrale sospiro. “Chi può dire di non essere plagiato da qualcosa o qualcuno al giorno d’oggi? Loro almeno moriranno felici, convinti di essersi liberati del controllo e delle imposizioni della società.”
Ma non è così.”
Magari sì. Magari siamo noi che non abbiamo capito niente, i veri saggi sono loro.”
Il negoziatore respirò profondamente. Ricordò a se stesso che aveva trattato con dirottatori strafatti di crack, con rapinatori chiusi nei caveau assieme a decine di ostaggi, persino con un’infermiera che si era asserragliata nel reparto di neonatologia pieno di incubatrici e minacciava di spegnerle tutte. Si costrinse a non cedere all’emotività. Il tizio mascherato era chiaramente un narcisista con una struttura megalomanica di personalità e come tale doveva trattarlo.
In tono tranquillo chiese: “Puoi dirmi quando hai sentito per la prima volta questa esigenza di controllare gli altri?”
“Andiamo indietro nel tempo,” fu la risposta, proferita col tono di una banale conversazione. “A scuola lessi Demian, di Hesse, e capii tutto.”
Tabacchi annuì, tuttavia chiese: “Puoi essere più preciso, per favore?”
“Hai presente l'interpretazione di Demian del mito di Caino e Abele? Il marchio impresso sulla fronte del fratricida non è segno di colpevolezza, ma di superiorità e forza di carattere.”
“È questo segno che senti di avere, Jim?”
“Avrei potuto diventare un serial killer,” proseguì l'uomo, ignorando la domanda, “Avrei potuto produrre snuff movie, ma a che pro? Che gusto c'è a uccidere un corpo? Non c'è controllo in questo, non c'è superiorità. Dire a qualcuno che farebbe bene a uccidersi e vederlo saltare da una torre di trecento metri, felice di farlo e convinto che sia la cosa più giusta e migliore: questo è controllo, questa è superiorità.”
“Ed è questo che stai cercando?”
“La Storia dovrà fare i conti con me. Potrà chiamarmi mostro, ma non potrà ignorarmi.”
“Ci sono altri modi per non essere ignorati dalla Storia, modi che non comportano la morte di persone innocenti.”
Jim alzò le spalle come di fronte a una considerazione molto sciocca. “Questo è solo stupido buonismo. La Storia va avanti sulla morte di innocenti, come li chiami tu. Cento, mille, un milione muoiono affinché uno possa vivere in eterno.”
“Beh, Fleming non ha ucciso nessuno, eppure la sua memoria vivrà in eterno.”
“Ah, sì? Ferma cento persone per strada e chiedi loro se sanno chi era Fleming, poi fermane altre cento e chiedi loro se sanno chi era Hitler. Vogliamo scommettere su quale sarà il gruppo che ti darà più risposte positive?”
Tabacchi annuì con l'aria del cacciatore che ha appena preso di mira il cinghiale. Dovette faticare per non sorridere fra sé e sé nel momento in cui si preparava a sparare il siluro. Poi chiese: “E secondo te, Jim, quanti sono i passanti che sanno chi erano Jim Jones o David Koresh? Più o meno di quelli che sanno chi era Fleming?”
Alla domanda seguirono non meno di venti secondi di silenzio, durante i quali si udirono distintamente in sottofondo le frasi del proclama sulla libertà di scelta recitate da due voci. Subito dopo, due corpi sfrecciarono verso il basso.
Infine, Jim con calma chiese: “Mi stai provocando, George? Vuoi sapere fino a che punto sono disposto a spingermi?”
Il negoziatore deglutì. Gli venne in mente un filmato che aveva visto su Youtube: un tizio tagliava un albero, ma quando gli dava il colpo per farlo cadere, esso invece di abbattersi sul prato si inclinava, dapprima con estenuante lentezza e poi sempre più veloce, verso il tetto della casa che aveva a fianco e infine vi piombava sopra sfasciando tutto.
Si rese conto con orrore di aver appena dato la fatidica spintarella al tronco. “No, io...” si trovò a balbettare.
Con surreale tranquillità, Jim gli rispose: “Sono più di cento piani e ci sono tre ascensori, io sto per uscire sulla terrazza. Pensi che i tuoi riusciranno ad arrivare su prima che l'ultimo di questi stronzi sia saltato urlando Geronimo?”

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Lemming 2 Salve gente,
eccoci alla fine della vicenda, un enorme grazie a tutti coloro che mi hanno seguito e commentato. Rimando alla fine del capitolo per gli spiegoni.






Seconda parte


Un piano sotto l'Air Bar, padroni del ristorante evacuato, Schneider e Stevenson pescavano distrattamente ghiottonerie dal carrello degli antipasti e intanto parlavano fra di loro.
Silenziata quasi del tutto, la radio di servizio che portavano appesa alla spallina gracchiava di tanto in tanto qualche concitata comunicazione.
Il problema è che qui la sicurezza fa schifo,” disse il primo. Si fece scivolare in gola un'ostrica, le mandò dietro una mezza birra per non farla sentire troppo all'asciutto, poi proseguì: “Ci sono i metal detector come in aeroporto, ma lo sai cosa successe a uno che conosco?”
No, cosa?”
Beh, il tizio è un fotografo, ok? Foto d'arte, roba del genere.”
Donne nude?” chiese Stevenson speranzoso.
Nah, paesaggi. Comunque le vende e ci tira su un bel po' di verdoni.” Altra pausa, altra ostrica. “Insomma, questo tizio va su per fare le foto notturne. Anche un idiota sa che per fare le foto notturne ci vuole il treppiede, dico bene?”
Certo.” Stevenson provò a sua volta un'ostrica, ma dopo tre secondi dovette appropriarsi di un tovagliolo e sputarcela dentro. Optò per nachos e guacamole.
Schneider proseguì col racconto: “Insomma, il tizio sale su, passa il metal detector e ovviamente gli beccano il treppiede che ha nello zaino. Scoppia il casino, manco avesse cercato di portare su una nucleare tattica. Quelli della security gli dicono che deve portarlo giù al guardaroba. Il tizio fa: 'e sticazzi. Ve lo lascio qui un attimo e intanto vado a fare due foto, poi lo riprendo quando torno giù.' Ancora peggio. Salta su il capo di quegli idioti e fa: 'non possiamo assumerci la responsabilità.' Gli affibbiano una squinzia che lo accompagna giù al guardaroba, che rispetto al punto in cui si trovava il banco controlli era praticamente nel culo del mondo. Lui da bravo lascia il suo treppiede, si fa dare la ricevuta e quando è a posto la squinzia gli fa: 'allora ciao, eh?' e se ne va. Lui torna su, i tizi della security lo vedono arrivare da lontano, sempre col suo zainetto in spalla, gli fanno vedere i due pollici alzati per fargli capire che era stato bravo e non lo fanno ripassare sotto il metal detector. È andato su senza fare altri controlli.”
Tra un nacho e l'altro, Stevenson si concesse una risata. “Cioè, quello poteva essere andato a recuperare qualsiasi cosa, anche la famosa nucleare tattica, e la security l'ha fatto passare senza controllarlo?”
Te l'ho detto, sono dei cretini.”
Già.” Stevenson guardò distrattamente la porta che dava sulle scale e disse: “Chissà a che piano saranno gli altri?”
Boh, cazzi loro,” rispose Schneider. “Hai visto gente passare?”
Un paio.” L'altro indicò la vetrata panoramica con un nacho carico di guacamole. “Di là. Sembravano un uomo e una donna, col buio non ho visto bene.”
Teste di cazzo.”
Già.”
Altri corpi sfrecciarono.
Mi sembra che ne stiano cadendo un po' troppi,” constatò Schneider.
Stevenson ghignò. “Fanno i lemuri.”
Non lemuri: lemming.”
Sempre bestie strane sono. Cazzo facciamo? Io ho il cellulare scarico.”
Che te ne fai del cellulare?”
Per le foto, se riesco a beccarne qualcuno.”
In quel momento, provenne dalle radio una comunicazione concitata: “Stato d'allarme! Fare irruzione immediatamente!”
I due, uno con un'ostrica e l'altro con un nacho ancora in mano, si scambiarono un'occhiata.
Irruzione?” ripeté Schneider. Ingoiò il mollusco facendo il rumore di un sifone ingorgato. “Che cazzo di irruzione vuoi che facciano quelli là? Saranno al cinquantesimo piano, con la lingua che gli arriva per terra. Andiamo su a vedere, va'.” Sfoderò la pistola e si diresse a grandi passi verso l'ascensore.



Sempre con l'immagine dell'albero che cadeva davanti agli occhi, il negoziatore scattò in piedi.
E adesso dove vai?” gli chiese Jim in tono ironico. “A mettere le reti tutt'intorno alla torre?”
Tabacchi si piantò con le mani ai lati del portatile e lo fissò con durezza. “Vengo su,” si limitò ad annunciare, quindi raggiunse gli ascensori.
Chiuso nella cabina, l'uomo ascoltava la musichetta di sottofondo e fissava le pubblicità delle varie attrazioni della torre che si susseguivano una dopo l'altra sullo schermo a cristalli liquidi. Per quella settimana, il bungee-jumping era scontato.
Regalato, direi, si trovò a pensare, nonostante gli innumerevoli corsi di assertività, empatia e ascolto positivo frequentati.
Sollevò lo sguardo sul display: i piani aumentavano con velocità crescente. Si mosse a disagio, cercando di contrastare la sensazione che una mano enorme lo schiacciasse sul pavimento.
Terapia d'urto. Per quanto nella sua carriera non gli fosse mai capitato di dovervi fare ricorso, aveva letto da qualche parte che quando tutto il resto falliva, quando il criminale decideva di mettere comunque in atto il suo piano, quello era l'unico tentativo che rimaneva da fare. Poteva darsi che messo così brutalmente di fronte alle proprie responsabilità, chi stava per compiere il gesto estremo decidesse di desistere.
Oppure poteva darsi di no, ma tanto in quel caso la situazione non avrebbe comunque potuto peggiorare.
Il display si fermò sul 108, le ante si schiusero adagio. Tabacchi lesse le indicazioni che si trovavano sulla parete, quindi percorse un corridoio e raggiunse una porta alla cui sommità si trovava un'insegna luminosa che recitava 'Air Bar.'
La varcò.
Al di là vi era un'ampia sala in penombra. Riconobbe il bancone illuminato di verde e le vetrate panoramiche. La sedia su cui sedeva Jim era vuota. Si guardò intorno, poi tese l'orecchio e udì dei clamori, come di parecchie persone che stessero urlando tutte insieme.
Seguendo le voci arrivò alla scala che conduceva alla terrazza panoramica.

I due agenti lo videro passare. Stevenson fece per seguirlo, ma l'altro lo trattenne per un braccio. “Lasciamo che Papà Orso si diverta,” ghignò. “Io quei negoziatori di merda non li ho mai sopportati, quindi prima gli andiamo dietro pian piano e vediamo cosa fa, poi, se mai, interveniamo.”
E se il tizio lo fa secco?”
Uno stronzo di meno.”
I due si incamminarono lentamente.
Dopo un po’, Schneider ripeté: “Io non li ho mai sopportati, quei cazzo di padreterni. Arrivano con la puzza sotto il naso, sanno tutto loro, sono bravi solo loro. Hanno la pretesa di dare ordini ad agenti che stanno sulla strada tutti i santi giorni, quando magari sono dieci anni che non sentono uno sparo se non in televisione.”
Dall’alto cominciarono a giungere clamori sempre più concitati.
Mi sa che stavolta ce lo togliamo dalle palle,” considerò Stevenson.
Beh, andiamo almeno a goderci lo spettacolo,” fu la risposta di Schneider, che poi soggiunse: “Tira fuori il cannone: non si sa mai cosa combinano quei fottuti suicidi, quando decidono di farla finita. Capace che cercano di tirare sotto anche uno di noi.”
Se ci provano, sperimenteranno il suicidio per interposta persona.”
Sarebbe?”
Li faccio secchi io, sparandogli in faccia.”
Ottima scelta.”



I l negoziatore si lanciò verso la scala della terrazza con tutta la velocità che i chili di troppo gli consentivano. Salì i gradini incespicando, mentre i canti e le grida si facevano di attimo in attimo più forti.
Già udiva dei vibranti ‘Io scelgo,’ gravati da un inquietante effetto doppler. Le grida si succedevano a grappoli, prima due, poi tre, poi altri due, poi quattro...
Arrivò in cima alla scala e quando fu sulla soglia della terrazza si offrì ai suoi occhi uno spettacolo granguignolesco: uomini, donne e anche bambini erano aggrappati ai parapetti e tutti ripetevano con foga il mantra del loro maestro:

Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo.
Sani di mente o pazzi.
Stinchi di santo o sesso-dipendenti.
Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi.
A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito.

Le voci erano perlopiù alterate: incrinate dal pianto, non necessariamente di dolore, o vibranti di fanatismo. Nonostante il vento, la zona emanava penetranti odori umani: urina, sudore, il sentore acre del vomito.
Ogni tanto, qualcuno scavalcava la barriera, si fermava oltre il parapetto qualche secondo a braccia aperte e tra le acclamazioni degli altri si lasciava cadere.
Jim passeggiava su e giù con aria soddisfatta, attento a evitare le chiazze di vomito o i convulsi abbracci dei suoi seguaci, ai quali si limitava a indicare il parapetto prima che essi giungessero a sfiorarlo.
Fermi!” urlò il negoziatore con quanto fiato aveva in gola. “Fermi! Ci sono altre soluzioni, possiamo parlarne insieme, possiamo capire! Ci sono tante cose che si possono fare, prima di decidere di morire!”
Tutti si voltarono a fissarlo, la scena sembrò cristallizzarsi in una specie di quadro di Ensor, in cui mille facce stralunate guardavano tutte nella stessa direzione.
Possiamo parlare,” ripeté Tabacchi, facendo qualche passo avanti. Gli adepti, che si erano avvicinati, si ritrassero come una specie di marea. “Possiamo capire insieme cosa fare,” insisté il negoziatore, catturando ora l’uno ora l’altro degli sguardi che lo stavano seguendo, e che perlopiù erano accesi di furore mistico.
Passarono alcuni secondi di silenzio, durante i quali si udì solo il rotolare di qualche cartaccia spinta dal vento, poi una donna fece un passo verso di lui. Era un’afroamericana di mezz’età, obesa, alta non meno di un metro e ottanta. I capelli le si appiccicavano alla testa per effetto del sudore, sulle guance aveva righe di lacrime ormai disseccate.
Gli occhi nerissimi lasciavano vedere un’ampia porzione di sclera, il che le conferiva l’angosciante espressione di un vitello al mattatoio.
Io scelgo,” disse. Fece un altro passo.
Tabacchi tese una mano a incontrare quella che la donna gli stava porgendo, le dita si intrecciarono, ella strinse la presa con tale forza che il negoziatore dovette impedirsi di strattonare indietro il braccio. “Io mi chiamo George, tu chi sei?” le chiese in tono affettuoso, rivolgendole un sorriso.
Tutt’intorno, gli altri rumoreggiavano incerti. L’uomo colse una specie di calo di tensione, un lieve venir meno dell’energia mistica.
Vuoi dirmi il tuo nome?” insisté in tono soave.
Georgine.”
Ma guarda, ci chiamiamo quasi nello stesso modo. Hai voglia di scendere giù con me, Georgine? Ti prometto che troveremo insieme una soluzione ai tuoi problemi.”
Mosse un cauto passo verso la scala. Dopo un iniziale tentennamento, la donna lo seguì.
Molto bene, Georgine, molto bene. Sei davvero molto brava. Ora andiamo a sederci da qualche parte, vuoi?”
No.” La donna si immobilizzò.
Coraggio, non succederà niente di male,” disse Tabacchi. Lanciò un’occhiata di sbieco a Jim, che in piedi al centro della terrazza, le braccia incrociate sul petto, lo stava osservando con gli occhi socchiusi. “Andrà tutto bene.” Poi, a voce più alta, girandosi a parlare da sopra la spalla aggiunse: “Amici, questo vale per tutti. Venite con me, troviamo insieme un modo per risolvere i problemi!”
Un altro paio di persone si mossero nella sua direzione.
Venite, amici!” ripeté il negoziatore con maggiore entusiasmo, “Torniamo giù tutti insieme. Io vi ho a cuore, voglio che stiate bene.”
Jim era ancora immobile.
Quando Tabacchi e la donna raggiunsero il primo gradino, egli disse: “Mi deludi, Georgine. Io credevo in te, mi fidavo di te.” Il tono era quello dell’amara constatazione di qualcosa di molto brutto e completamente inaspettato.
Non dargli ascolto,” intervenne prontamente il negoziatore. “Sta solo cercando di far leva sul tuo senso di colpa. Ma tu non puoi sentirti in colpa se scegli di vivere, non credi?”
Silenzio da parte della donna.
Non credi, Georgine?”
Io pensavo che tu fossi diversa, Georgine,” disse Jim. “Ti credevo più decisa, più libera. Pensavo fossi superiore a questi miseri espedienti da grossista di pentole. Eppure io ti ho insegnato tante cose, ti ho insegnato a riconoscere le menzogne del sistema. Ti ho insegnato che possiamo scegliere, al di là di quello che il mondo cerca di imporci.”
La donna tentennò.
Per quanto fosse già ferrea, Tabacchi risaldò la presa sulla mano dell’adepta, quindi le disse: “Non ascoltare, Georgine, decidi con la tua testa. Tu vali, tu hai ancora tante cose da fare.”
Davvero?” fu la timida domanda della donna.
Non farti fregare,” intervenne Jim alle sue spalle. “Cosa vuoi, Georgine? Cosa cerchi veramente? Un’esistenza misera, triste, fatta di regole imposte da altri, oppure una scelta definitiva, irrevocabile, che toglie al sistema il potere che ha su di te? Vuoi essere tu a decidere o vuoi che sia il sistema a decidere per te?”
Io voglio essere libera,” mormorò Georgine.
E allora salta! Lanciati nel vuoto, dimostra che sei capace di prendere in mano la tua vita!”
Non farlo,” intervenne il negoziatore. “Scegli me, Georgine, scegli la vita.”
Tutt’intorno, i presenti seguivano in silenzio lo scambio. Una ragazza che non poteva avere più di quattordici anni, con un ampio abito bianco e i capelli sciolti, crollò a terra con un gemito e cominciò a contorcersi in preda alle convulsioni mentre un rivolo di schiuma bianca le colava da un angolo della bocca. Un uomo ossuto si inginocchiò, levò le mani al cielo e cominciò a recitare il mantra di Jim mentre copiose lacrime gli scendevano lungo le guance ispide.
Non lasciarci, Georgine!” invocò un’altra donna di colore.
Sempre fermo al centro dello spiazzo, Jim disse: “Coraggio, amici miei! Fatemi vedere che scegliete davvero! Fatemi vedere che non date ascolto alle menzogne di questo emissario del sistema inviato apposta per farvi dubitare!”
L’uomo che aveva recitato il mantra si rialzò in piedi. Inspirò a occhi chiusi inclinando la testa all’indietro, quindi si raddrizzò e in tono fervente disse: “Io non mi faccio dire dal mondo cosa sono. Io scelgo.”
Salì sul parapetto.
Tabacchi, che aveva seguito la scena senza abbandonare la presa ferrea di Georgine, fece per muoversi verso di lui.
Aspetta!” gridò. “Non farlo, possiamo parlare, possiamo risolvere tutto!”
Ma l’uomo era già nella posizione del Cristo Redentore. Un istante dopo ripeté “Io scelgo!” e si lasciò cadere all’indietro.
Aspetta…!” urlò comunque il negoziatore, ma in quello stesso momento Georgine, con voce stentorea, proclamò: “Io scelgo!” E partì decisa verso il parapetto. Tabacchi tentò di ritirare la mano, o perlomeno di fermare l’impeto della donna, ma non riuscì a fare nessuna delle due cose.



Che fine del cazzo,” commentò Schneider.
Già, spiaccicato per colpa di una negra,” rispose Stevenson.
Bella grossa, però.”
Attaccato a un bisonte del genere, ci credo che quello stronzo è finito di sotto.”
Si scambiarono un’occhiata. “Beh, sarà ora che ci guadagniamo la paga, direi,” proclamò il primo, quindi si mosse a grandi passi verso Jim. Gli puntò contro la pistola, estrasse le manette con la mano libera e in una frazione di secondo, con un’abilità degna di un prestigiatore, gliele fece scattare intorno a un polso. L’altro bracciale lo assicurò a un tubo d’acciaio. “Saltano tutti fuorché te, Zorro,” lo informò con un ghigno.
I due poliziotti rimasero poi a osservare la gente che in una frenesia di fuga si assiepava contro le ringhiere, le scavalcava con gesti resi maldestri dall’urgenza e si lasciava cadere.
Schneider si sollevò la visiera del berretto con la canna della pistola, quindi disse: “Chissà a che punto saranno gli altri?”
Stevenson alzò le spalle con indifferenza. “Boh. Guarda come saltano quegli stronzi. Bisognerà che dabbasso stiano attenti a non beccarsene uno in testa.”
Già,” assentì Schneider.
Passò qualche minuto, poi Stevenson chiese: “È vero quello che dicono?”
Cosa?”
Che anche se arrivano giù da quest'altezza non si sfracellano.”
L’altro annuì. “Il coroner dice che restano interi, tanto che quando la gente trova un suicida stecchito per la strada, di solito crede che gli sia venuto un colpo.”
Sì, ma anche da trecento e passa metri?”
Non lo so. Quando torniamo giù possiamo dare un’occhiata, se sei curioso.”
Non che me ne freghi poi più di tanto. È solo che una volta avevo sentito raccontare la storia di uno che era caduto dal deltaplano e il tizio l’ha trovato in mezzo al suo campo pensava che fosse morto d’infarto, solo che non sapeva come cazzo avesse fatto a finire lì, dato che ovviamente non c’erano impronte da nessuna parte.” Stevens fece una pausa, facendosi da parte per lasciare spazio a una donna che stava correndo con aria spiritata verso il parapetto, quindi proseguì: “Volevo vedere se è vero che da fuori sembrano ancora interi, anche se dentro sono sfracellati.”
Interi o sfracellati, sono sempre degli stronzi. Io potevo essere a fare i cazzi miei, adesso, invece per colpa di questi idioti sono qui.”
Però ti sei rimpinzato di ostriche. Quant’era che non ne mangiavi?”
Veramente non le avevo mai mangiate, però costano un sacco di soldi, ho pensato di approfittarne.”
Sei sicuro che erano ostriche?”
Sì, a parte il colore, somigliavano a delle fighe. E avevano quasi lo stesso sapore.”
La figa è molto meglio di quegli affari.”
Solo perché sai che dopo segue una scopata, se no farebbe schifo esattamente come quegli affari.”
Uhm. Preferisci il cazzo?”
Fottiti, Stevenson.”
Scherzavo.”
La gente frattanto aveva finito di saltare. Era rimasto uno sparuto gruppetto di sei o sette persone rannicchiate in un angolo. Un paio piangevano, un altro si dondolava avanti e indietro gemendo parole smozzicate mentre si circondava il torso con le braccia.
Di quando in quando, essi lanciavano qualche fugace occhiata all’uomo con il volto coperto, che rimaneva silenzioso e cupo, saldamente immobilizzato dalle manette d’acciaio.
E voialtri?” chiese Schneider col tono che usava di solito per farsi consegnare i documenti dai fermati.
Nessuno rispose.
L’agente fece un passo avanti. “Dico: che cazzo fate voialtri? Chi siete, i più stronzi?”
Di nuovo i superstiti mantennero un circospetto silenzio.
Ah, benissimo,” disse allora Schneider, puntandosi le mani chiuse a pugno sui fianchi. “Mi butto, scelgo, decido della mia vita… un cazzo! Tutti ammucchiati come delle pecore di merda! Ma li avete visti gli altri?”
Il tizio che si stava dondolando smise di farlo. “Noi vogliamo andare via,” rispose timidamente.
Ah davvero? E pensate che la faccenda si chiuda così? Scusi tanto, scherzavamo, arrivederci e grazie?” Poi, a voce più alta: “Pensate che sia così facile? Avete visto cosa c’è là sotto?” Fece una pausa, in attesa di una risposta che però non giunse. “C’è tutta la fottuta polizia di Las vegas,” proseguì allora, “Mezzo ospedale, una dotazione di ambulanze che non c’era neanche durante lo sbarco in Normandia, elicotteri, profiler, negoziatori e scommetto che sta arrivando anche la Guardia Nazionale. Avete idea di quanto verrà a costare questo casino?”
Alla domanda seguì un silenzio siderale.
Senza contare che vi prenderanno per matti,” insisté l’agente imperterrito. “Vi beccherete un ricovero al mattile come minimo, vi riempiranno di medicine fino a ridurvi come larve sbavanti, poi verrete schedati, apriremo un fascicolo su ognuno di voi.”
A quelle parole fece seguito un silenzio carico d’angoscia.
E forse – anzi, quasi sicuramente – vi faranno anche pagare tutto quanto,” intervenne Stevenson raggiungendo il collega. “Dovrete vendervi la casa per far fronte alle spese, dovrete tirare fuori i soldi che avete messo via per mandare i figli all'Università e comunque non basteranno.”
I superstiti si scambiarono sguardi smarriti.
Saranno cazzi da cagare,” promise Schneider in tono sinistro.
Stevenson annuì grave. “Al posto loro, io salterei. Hai idea dei casini che li aspettano appena tornano giù?”
Se tornano giù con l’ascensore.”
Già, nell’altro modo invece avrebbero risolto tutti i problemi.”



Quando gli agenti che erano saliti per le scale raggiunsero la terrazza panoramica, trovarono il sospettato numero uno ammanettato a un tubo d’acciaio e gli agenti Schneider e Stevenson appoggiati al parapetto, che si indicavano l’un l’altro gli alberghi della Strip con l’aria dei turisti in vacanza.
I nuovi arrivati si fecero avanti col fiato grosso e le uniformi fradice di sudore. “Ci sono gli SS,” ansò un agente, in un tono a metà fra stupore e risentimento.
Ben arrivati, ragazzi,” li accolse Schneider, gentilissimo.
Cosa ci fate qui?” volle sapere il poliziotto di prima.
Abbiamo catturato un pericoloso criminale.” Indicò l’uomo ammanettato.
E gli altri?”
Schneider fece un gesto vago con la mano. “Andati. Del resto, erano saliti quassù con l’intento di suicidarsi, sarebbe stato impossibile fermarli.”
Non è vero!” sbraitò a quel punto il sospettato, strattonando la catena che lo teneva prigioniero. “Questi due hanno spinto al suicidio tutti quelli che avevano rinunciato a saltare.”
Schneider lo fulminò con uno sguardo di ghiaccio. “Nientemeno,” disse. In tono professionale soggiunse: “Signore, a me risulta che sia lei quello che ha spinto tutte queste persone al suicidio. Non ci troveremmo qui, se lei non avesse portato su i suoi fedeli e non avesse cominciato a suggerire loro di saltare nel vuoto.”
Anche voi l’avete fatto.”
L’agente scosse la testa ostentando un’espressione costernata. “Che lei cerchi di negare l’evidenza è non solo meschino, ma anche decisamente controproducente. Scaricare le sue responsabilità su due agenti che fanno con coscienza il loro dovere, poi, è veramente uno schifo. Che idea pensa che si faranno i giudici di lei, se si comporta in questo modo?”
Stevenson intervenne: “Che è uno che cerca di scaricare le sue responsabilità addosso agli altri.”
Schneider scosse la testa. “Gran brutta cosa.”
Veramente brutta,” confermò il collega.



Ma tu guardali, quei due stronzi,” brontolò l’agente Keller.
Teste di cazzo,” replicò il suo compagno, l’agente Page.
L’oggetto delle invettive erano Schneider e Steveson, che si ergevano tronfi, ostentando la loro aria da poliziotti dei manifesti di propaganda, sotto i riflettori improvvisati di un’importante emittente nazionale.
Una giornalista li stava intervistando. Rivolta alla telecamera, cominciò: “Abbiamo qui gli agenti Schneider e Stevenson, coloro che hanno materialmente catturato il pericoloso criminale che ha plagiato e indotto al suicidio settantadue persone.” Si rivolse ai due poliziotti: “Potreste raccontare ai telespettatori qualcosa sulla cattura di Clifford ‘Jim’ Hardy?”
Fu Schneider a rispondere: “Ma certo, signora. A un certo punto è giunto l’ordine di salire sulla torre. Io e il mio collega, il qui presente agente Stevenson, abbiamo valutato la situazione e abbiamo capito che non era possibile esitare. Invece di salire a piedi come ci era stato ordinato, abbiamo utilizzato l’ascensore e siamo arrivati giusto in tempo.”
Avete salvato delle vite innocenti?”
Schneider scosse la testa con l’espressione di chi deve sottostare all’ineluttabilità del destino. “Purtroppo no, signora. Quei poveretti erano stati plagiati, non avevano più una loro vita, non avevano più una loro volontà. Non sarebbe stato possibile salvarli.”
La giornalista emise un sospiro. “Capisco.”
Ma abbiamo catturato Hardy, signora. Lui non ci è sfuggito.”

A qualche passo di distanza, Keller grugnì: “Lo credo bene che non vi è sfuggito, teste di cazzo. Era su una torre presidiata da cinquecento sbirri, dove poteva andare?”
Che paraculi,” disse Page. “Gli SS sono stronzi come sempre. Noi a farci scoppiare le emorroidi su per quelle fottute scale e loro in ascensore, alla faccia degli ordini, dei colleghi e di tutto quanto.”
Bastardi.”
E adesso finiscono al telegiornale, come se fossero loro i due eroi di tutta la faccenda.”
Scommetto che il capo li proporrà anche per un encomio, fanculo a loro.”



Beh, questa cazzo di notte dei lemming è finita,” sospirò l’agente Schneider. Seguì con lo sguardo l’ultima ambulanza che si allontanava, a sirene debitamente spente, quindi si voltò a guardare la Strip. Ormai albeggiava e la magia di luci e colori dei grandi alberghi cedeva implacabilmente il passo a statue di plastica e impalcature polverose.
Passava qualche veicolo, perlopiù furgoni di fornitori diretti ai vari hotel. Una squadra di spazzini stava raccattando le cartacce lasciate in giro da chi aveva seguito la vicenda aggrappato alle transenne.
Arrivarono un paio di tizi in tuta bianca e mascherina sterile e cominciarono a spargere disinfettante sulle macchie di sangue che erano rimaste un po’ ovunque.
Un cazzo di casino, eh?” buttò lì Stevenson.
Già.”
Laggiù c’è ancora Ron Jeremy col suo carretto, andiamo a vedere cosa gli è rimasto? Metterei volentieri qualcosa sotto i denti.”
Schneider si fermò a squadrare il messicano che stava chiudendo l’ombrellone, poi rispose: “No, ho voglia di farmi una pisciata, levarmi di dosso questo cazzo di giubbotto antiproiettile, andare a casa mia e buttarmi sul letto. Va’ tu, se vuoi.”
Stevenson alzò le spalle. “Nah, hai ragione. Ho mangiato troppo messicano stanotte.”
Robaccia. Andiamo a prendere la macchina.”
Ok.”

Edmundo Vasquez seguì con lo sguardo i due imponenti poliziotti che si allontanavano. Quando fu sicuro che se ne stessero effettivamente andando, chiamò i quattro amici che durante la notte si era procurato e indicò loro il carretto degli hot dog di Morales. “Vedete quel cavron?” chiese. “Mi ha minacciato con un tubo di piombo, mi ha cacciato via dal mio posto e si è preso tutti i soldi che sarebbero spettati a me. Voi mi aiutate a sistemarlo e io vi do il cinquanta per cento.”
Settanta.” Un tirapugni brillò sinistro nella luce del mattino.
Sessanta,” rilanciò Vasquez.
Ci fu un giro di sguardi, infine l’uomo col tirapugni disse: “Andata. Quanto male dobbiamo fargli?”
Non deve darmi più problemi.”
L’uomo mise via il tirapugni e fece scattare la lama di un coltello a serramanico.



Agenti, agenti! Vi prego, agenti, correte!”
Schneider e Stevenson si fermarono. “Che cazzo c’è ancora?” brontolò il primo fra i denti, “Eppure mi sembrava che si fossero ammazzati tutti, quegli stronzi.”
Agenti, per favore!”
Si girarono. Una donna orientale – una cameriera appena smontata dal turno di notte, a giudicare dai vestiti – stava indicando concitata un capannello di gente riunito intorno a un ombrellone chiuso.
Ma guarda un po’, è il carretto di Ron Jeremy,” constatò Stevenson. Poi, in tono professionale: “Qual è il problema, signora?”
È morto!” strillò la donna.
Beh, se è morto non c’è più tanta fretta, non le pare?”
Schneider staccò comunque la ricetrasmittente dalla spalla e comunicò il fatto alla centrale, quindi si diresse assieme al collega verso il capannello vociante.
Ron Jeremy, al secolo Jesús Morales, appariva in effetti decisamente morto: giaceva supino, in una posizione che ai due ricordò quella che assumevano gli aspiranti suicidi un attimo prima di saltare, e aveva la gola aperta da un orecchio all’altro.
Ma porca merda,” ringhiò Schneider, i pugni puntati sui fianchi. “Volevo solo tornarmene a casa dopo una notte di servizio. È chiedere troppo, forse? Ce l’avranno anche gli sbirri il diritto di riposarsi, dico io.” Abbassò lo sguardo sul corpo, intorno al quale il sangue cominciava a farsi nero, quindi in tono risentito proseguì: “E invece no. Arriva questo stronzo a rovinare tutto.” Poi, rivolto al collega: “Chiama il coroner, va’. C’è bisogno di un furgone porta-morti.”
L’ultimo è appena partito.”
Merda!” imprecò Schneider. “Adesso si alza il sole e questo stronzo si copre di mosche.” Fece girare lo sguardo sulla gente, che lo stava fissando perlopiù ammutolita, e in tono professionale disse: “Via, circolare. Non c’è niente da vedere.” Afferrò per il braccio un ragazzino che si era sporto a vedere il corpo e lo strattonò indietro. “Fuori dalle palle, moccioso. Va’ a vendere crack davanti alle elementari, invece di startene qui a intralciare un’azione di polizia.”



Schneider rimase per un po’ a guardare i paramedici che raccoglievano le spoglie mortali del messicano, quindi si rivolse al collega e disse: “Che palle. Facci caso, ‘sti stronzi scelgono sempre il momento peggiore per farsi ammazzare: quando devi smontare, quando c’è un tempo del cazzo o quando stai per intervenire in un locale di lap dance.”
Che ci vuoi fare,” replicò Stevenson con filosofia, “mio zio lo diceva sempre: il rompicoglioni ha un sesto senso.”
Andiamo a fare colazione da Hooters?”
Ottima idea, così ci rifacciamo gli occhi. È ancora aperto?”
Hooters è sempre aperto.”
Mi piacerebbe che fosse così anche per le gambe della bionda che serve al banco. Quella piccoletta, hai presente?”
Nah, quella è talmente piccola che ti può fare un pompino stando in piedi. Preferisco la sua amica mora.”
È sua amica?”
Uh-huh.”
Dici che se la brucano?”
Se lo fanno, voglio un posto in prima fila.”
Montarono in macchina. Per prima cosa Schneider spense la radio di servizio, quindi avviò il motore. Il veicolo prese a percorrere la Strip, a quell'ora quasi deserta.
Dopo un po', Stevenson buttò lì: “Certo che... quanti ne sono crepati stanotte?”
Settantaquattro, alla fine.”
Un bel po', eh?”
Avranno intasato l'obitorio,” rispose Schneider. Poi sorrise e disse: “Guarda là: ecco Hooters. Tettone, arriviamo!”














SPIEGONE

Ok, gente, prima le cose pratiche:
- La Strip è la strada di Las Vegas dove ci sono gli alberghi e i casinò più famosi, ovviamente è anche molto frequentata dai turisti.
- La Stratosphere Tower è questa: https://it.wikipedia.org/wiki/Stratosphere_Las_Vegas
- I lemming sono roditori artici. La leggenda vuole che quando le colonie diventano troppo grandi saltino in massa dagli scogli uccidendosi. Ovviamente non è vero, ma la faccenda è rimasta nelle credenze popolari.
- Ron Jeremy è un celeberrimo attore porno, molto amato dagli uomini perché è brutto, laido e con la pancia, ma nonostante ciò ha centinaia di donne.
- La faccenda del Mandalay Hotel è questa: https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Las_Vegas
- Per i suicidi di massa, rimando all'ampia letteratura presente in internet. Jim Jones fu l'ispiratore di uno dei più grandi suicidi collettivi della storia, in cui morirono più di 900 persone.
- Hooters è una catena di locali famosa per le cameriere dal seno particolarmente abbondante e vestite in modo succinto (Hooters in inglese significa “Tettone”).
- La vicenda del metal detector è accaduta, esattamente come la descrivo, al sottoscritto, al momento di salire sulla Stratosphere. Da allora, il treppiede della mia macchina fotografica è soprannominato “Arma di fine di mondo”.
- La storia del deltaplano è a sua volta un fatto vero, raccontatomi dal medico legale che eseguì l'autopsia sul soggetto.


L'idea per la storia:
tutto è partito dalla citazione che ho scelto: mi è sembrato un proclama da imbonitore, una specie di mantra new age nel quale riconoscersi mentre si coltiva l'illusione di aver capito tutto della vita e di essere in grado di scegliere quando in realtà non si sta scegliendo proprio nulla, ma si sta semplicemente aderendo a un'idea massificata e stereotipata di “comportamento alternativo.”
Uno dei protagonisti della storia è infatti un furbastro che ne ha fatto il motto della sua “setta”. La sua intenzione non è ovviamente promuovere una nuova consapevolezza nei suoi adepti, ma spingerli al suicidio collettivo, cosa che a suo parere rappresenta la massima manifestazione di controllo sulla volontà altrui. La sua idea è quella di passare alla Storia per quel motivo, e in pratica ha impostato tutta la sua vita su tale obiettivo.
Fanno da contrappunto al Jim Jones dei poveri i due sbirri SS, cinici e paraculi, che in pratica ci forniscono un commento diretto e politicamente scorrettissimo di quello che succede sulla torre.
Ho aggiunto poi alcuni personaggi collaterali, il negoziatore, il venditore di hot dog, il sergente Wilkes e l'altro messicano (quello che viene sloggiato dal primo) per mostrare un'umanità avida, cinica, che in pratica se ne sbatte le balle del fatto che settanta persone si stanno suicidando e pensa solo a trarre un tornaconto dalla faccenda, a non perdersi lo spettacolo o a non sprecare comunque troppe energie.
Nessuno si salva, e i pochi che più o meno si salvano moralmente non si salvano comunque fisicamente.



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