Naturales reflexiones

di Veronicariel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Natura Naturans ***
Capitolo 2: *** Rapsodia di Dicembre ***



Capitolo 1
*** Natura Naturans ***


Natura naturans
 

L’antropologia distingue due concezioni differenti del tempo. La prima è quella che caratterizza l’umanità ed è detta lineare: inizia con la nascita e, passando per la vita, termina con la morte. La seconda invece è quella più propriamente naturale ed è chiamata ciclica. In essa la nascita e la morte non sono due punti contrapposti, un inizio e una fine, ma si avvicendano ciclicamente, garantendo così la sopravvivenza del grande calderone che noi chiamiamo Natura.

La natura è un avvicendarsi di varie fasi, si rinnova tornando su se stessa sempre uguale. Non so cos’abbia portato a questo scollamento tra il tempo dell’uomo e il tempo della natura, so soltanto che forse dovremmo cercare di assomigliare un po’ di più a quest’ultima. Forse vibriamo di due energie differenti, forse non ci crediamo neanche noi fino in fondo che ci sia qualcosa dopo la morte. Pensiamo solo ad andare avanti con la nostra vita, a raggiungere sempre il prossimo obiettivo a scuola o sul lavoro, a superare il dolore per trovare la felicità, quella vera. E la maggior parte delle volte essa non arriva perché ciò che ci contraddistingue dalla natura è la speranza di rinascita pur rimanendo coerente con la sua essenza più profonda.
 
Tuttavia, se questo scollamento esiste davvero, perché ogni volta che abbiamo bisogno di avere ispirazione o di recuperare energia ci facciamo una passeggiata in un parco, in un bosco, su una spiaggia o ci immaginiamo in una prateria deserta e sterminata sul dorso di un cavallo lanciato al galoppo? Forse anche noi uomini un tempo rispecchiavamo la concezione ciclica del tempo. Tornando alla natura quindi, torniamo in noi stessi.
Basta pensare al modo in cui scorrono le nostre giornate. Anche la nostra vita è fatta di stagioni: ci sono periodi in cui tutto è rigoglioso e emaniamo energia e positività, riuscendo così a raggiungere successi in ogni campo. Segue inevitabilmente un fase di declino, dove i risultati raggiunti sono così maturi da iniziare ad invecchiare, fino a che, ormai sterili, non cadono al suolo. Ci riscopriamo vuoti. Tutto si fa più grigio, più sterile, più sottomesso, allora ci diamo da fare, iniziamo a seminare, facciamo una gran fatica, senza però riuscire a raccogliere risultati concreti. Ma tornerà il calore delle belle giornate, tutto rifiorirà, tutti i nostri sforzi ci torneranno indietro. Dopo l’inverno tornerà la primavera.

Sempre l’antropologia poi, specifica anche che queste due concezioni vengono a coincidere il giorno della festa, con la sua sovversione delle regole e dei ruoli sociali. La festa, come il Carnevale ad esempio, è il momento per eccellenza in cui questi due tempi si uniscono fino ad azzerarsi. Tutto diventa immobile al di fuori della festa, piccola parentesi di gioia, assenza di problemi. Ecco, non credo che sia la festa a svolgere questo ruolo, ma la natura. Più che nella festa è nella natura che le due concezioni del tempo si annullano: tutto diventa immobile e basta osservare un bel panorama per recuperare uno spiraglio di eternità.
 

15/12/18

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Capitolo 2
*** Rapsodia di Dicembre ***


Passeggio lungo l’ingresso del grande parco del Valentino e mentre il vento dicembrino mi batte sul viso, quasi non posso credere di essere riuscita ad alzarmi dal letto anche oggi. Mi volto sulla destra e trovo una piccola diramazione della via principale costeggiata da rocce e valicata poco più in là da un archetto. Sorrido e guardo quello che considero il vero ingresso del parco,  dato che ogni volta decido di iniziare da lì il mio percorso: mi sembra di insinuarmi in un mondo magico. Mentre passo sotto la volta ne osservo le pareti rocciose, con sfumature grigie e venature rossastre, alzo la testa e volgo gli occhi al cielo: sembra più terso. Ho fatto bene ad alzarmi dal letto anche oggi.
Imboccando quella diramazione ho l’opportunità di passeggiare più vicina al lungo Po con tutto il parco sulla mia destra, come se consistesse in una specie di collina e io mi trovassi invece nel sottobosco. Mi sento un po’ più connessa all’acqua e alla terra e alle foglie dei grandi alberi intorno. Sperimento come poche volte nella mia vita cosa sia il silenzio.
Ho il vento contro stamattina e le foglie adagiate sulla terra, cadute dagli alberi ormai da settimane, sono sospinte dal suo soffio: mi si fanno incontro e pare che vogliano darmi il benvenuto.
 
Com’è pittoresco il lungo Po! Sulla sponda opposta intravedo qualche casetta ma predomina l’ambiente naturale. Com’è pittoresco l’autunno! È dicembre, eppure i colori della natura non sono ancora totalmente spenti, conservano tracce del calore del rosso, dell’arancione, dell’ocra e del marrone. Com’è pittoresco questo dicembre!
 
Il primo chioschetto che incontro è ancora chiuso. Penso, immagino e prende vita davanti ai miei occhi un dipinto. In primavera il chiosco dispone tavolini e sedie nello spazio antistante e gli alberi che lo circondano gli offrono una tettoia fatta di foglie fresche, foglie fresche e verdi che, accompagnate dalla luce del sole e dai primi fiori, rendono l’atmosfera romantica. Arriva l’estate e quel posto mi ricorda tanto una terrazza di Amalfi: i tavolini sono occupati, le persone sono socievoli, sul Po scintilla il sole estivo e la tettoia di foglie è più rigogliosa che mai. Foglie, fiori e limoni. Lo scenario diventa meraviglioso in autunno però, quando molte persone rinunciano a venire al parco dopo le prime avvisaglie di freddo. Assisto alla vera magia della natura. La tettoia di foglie c’è ancora anche se più scarna e tendente ai toni del giallo. Qualche foglia inizia a vacillare, poi a cadere, il Po brilla ancora ma della sua luce naturale, perché ormai ha assorbito il sole e ce l’ha dentro. Il quadretto assume una bellezza più posata, più matura. L’autunno è una stagione molto armonica, mantiene ancora un po’ di fermento estivo ma lo spende con più parsimonia. Oh, sento il fruscio delle poche foglie rimaste sui rami sopra di me e mi rendo conto che si tratta proprio di questo: è inverno ed è tutto spento come morto, ma in eredità e in nuce al contempo c’è un barlume di vita.
 
Vedo la torretta del borgo medievale in fondo quando, dopo essere risalita sulla strada, la sinistra del parco mi offre un altro scorcio di natura. Uno spazio affacciato sul Po, coperto di foglie secche e nulla più. Le panchine sono vuote, osservano solitarie lo scorrere del fiume freddo. Nessuno le occupa per scambiarsi promesse d’amore come in primavera, nessuno per mangiare un gelato come in estate o leggere un libro, come in autunno. Nessuno le occupa per fermare un attimo la sua giornata e riflettere contemplando il fiume. Non lo faccio neanche io. Passo prendendo atto del paesaggio, non mi fermo, lo lascio scorrere dietro di me e vado avanti, avanti verso una nuova stagione.

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