La città di smeraldo

di Arashi_art
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Destino ***
Capitolo 3: *** Maschera ***
Capitolo 4: *** Profumo ***
Capitolo 5: *** Promessa ***
Capitolo 6: *** Insieme ***
Capitolo 7: *** Sospiro ***
Capitolo 8: *** Sangue, Sudore e Lacrime ***
Capitolo 9: *** Ancora di Salvezza ***
Capitolo 10: *** Indelebile ***
Capitolo 11: *** Pericolo Costante ***
Capitolo 12: *** Utopia ***
Capitolo 13: *** Dolce ***
Capitolo 14: *** Giorno di Primavera ***
Capitolo 15: *** Tempesta ***
Capitolo 16: *** Festa ***
Capitolo 17: *** Segreto ***
Capitolo 18: *** Sapore Nuovo ***
Capitolo 19: *** Cielo Stellato ***
Capitolo 20: *** Diavolo Tentatore ***
Capitolo 21: *** Angelo e Demone ***
Capitolo 22: *** Oltre il Limite ***
Capitolo 23: *** Gelosia ***
Capitolo 24: *** Caos ***
Capitolo 25: *** Oblio ***
Capitolo 26: *** Migliore Amico ***
Capitolo 27: *** Migliore Amica ***
Capitolo 28: *** La Verità Non Detta ***
Capitolo 29: *** Fantasma ***
Capitolo 30: *** Epifania ***
Capitolo 31: *** Circolo Vizioso ***
Capitolo 32: *** Amaro ***
Capitolo 33: *** Amore e Odio ***
Capitolo 34: *** Inferno ***
Capitolo 35: *** Sempre ***
Capitolo 36: *** Melodia ***
Capitolo 37: *** Guardami ***
Capitolo 38: *** La Mia Cura ***
Capitolo 39: *** Pocky Game ***
Capitolo 40: *** Incidente di Percorso ***
Capitolo 41: *** Sfida ***
Capitolo 42: *** Cuore o Mente? ***
Capitolo 43: *** Acqua ***
Capitolo 44: *** Terra ***
Capitolo 45: *** Aria ***
Capitolo 46: *** Fuoco ***
Capitolo 47: *** Ricordi Lontani ***
Capitolo 48: *** Dentro una Bugia ***
Capitolo 49: *** Frantumi ***
Capitolo 50: *** Pioggia ***
Capitolo 51: *** Eco ***
Capitolo 52: *** Un'altra Promessa ***
Capitolo 53: *** Semplice Felicità ***
Capitolo 54: *** Caput Mundi ***
Capitolo 55: *** Cupido ***
Capitolo 56: *** Natale ***
Capitolo 57: *** Amore Vero ***
Capitolo 58: *** Notte di Fuoco ***
Capitolo 59: *** Gelosia pt 2 ***
Capitolo 60: *** Sacrificio ***
Capitolo 61: *** Lontana ***
Capitolo 62: *** Salvami ***
Capitolo 63: *** Esplosione ***
Capitolo 64: *** Nuda ***
Capitolo 65: *** Dialogo ***
Capitolo 66: *** Vecchio e Nuovo ***
Capitolo 67: *** Rivincita ***
Capitolo 68: *** Epilogo pt 1 ***
Capitolo 69: *** Epilogo pt 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
2015

 
Ero seduta comodamente sul cuscino imbottito di un divanetto rosso scuro, con le spalle rivolte verso la finestra che emanava una luce fioca. Quel gioco di luci e ombre accarezzava, come un tocco delicato, il marmo bianco della statua mozzafiato davanti a me. 
Apollo e Dafne.
Era una delle mie opere d’arte preferite ed avevo sempre desiderato vederla di persona. Avevo attraversato l’immenso giardino di Villa borghese, ispirando l’aria pulita a pieni polmoni, per ammirare quei due personaggi leggendari sapientemente scolpiti da Lorenzo Bernini. Decisi di girare intorno al piedistallo e mi soffermai sui dettagli: le foglie levitate una ad una, la pelle che sembrava morbida sotto la pressione delle dita, gli occhi che esprimevano sorpresa e dolore. L’impulso di toccare quella superficie liscia era troppo forte, mi spinse ad allungare la mano, ma la trattenni a mezz’aria: mi avrebbero arrestato in meno di trenta secondi. L’espressione di disperazione, che esprimevano quegli occhi pietrificati, sembrava terribilmente reale. Cubido aveva giocato un bello scherzo con la sua freccia, costringendo Apollo ad un amore impossibile ed irraggiungibile e poi Dafne a tramutarsi in alloro. 
- L’amore é così crudele? - mi rivolsi piano ai due “innamorati” intrappolati nel marmo freddo. 
I turisti nella sala non badarono a me, con il loro chiacchiericcio riempivano il silenzio. Una guida insieme ad un gruppo consistente di asiatici, si fecero spazio tra me e la statua, così mi incamminai verso l’uscita. Però La mia attenzione era stata catturata dal loro aspetto: era più forte di me. Avevo vissuto fino a 16 anni in Corea del Sud, a Busan precisamente. Il trasferimento in Italia era stato uno dei momenti più sofferenti della mia vita, insieme alla partenza del mio migliore amico l’anno prima. Si chiamava Jimin: era bassino, paffuto e con un taglio buffo di capelli; ero molto affezionata a lui. Eravamo sempre insieme in ogni momento della giornata, infatti alle medie ci chiamavano Gli inseparabili, come quegli adorabili pappagalli. Le nostre vite si era separate all’improvviso, quando lui prese la decisione di muovere verso Seoul per iscriversi ad una accademia di danza moderna. La determinazione che lessi nei suoi occhi quel giorno che me lo comunicò, non l’avevo mai vista prima di allora. Era sempre stato un ragazzino timido ed introverso, riuscivo a coinvolgerlo nelle mie pazzie a stento e faticava a socializzare. Non ero mai riuscita ad esprimere quanto fossi dispiaciuta della sua scelta, ma gli augurai il meglio con il miglior sorriso falso che potessi fare.  Avevo perso il mio punto di riferimento, mi sentivo come una bussola rotta in mezzo al mare. Non l’ho più visto da quel giorno. Le mie abitudini cambiarono radicalmente e mi chiusi in me stessa, incapace di crearmi nuove amicizie e ricominciare daccapo. Poi successe tutto troppo velocemente: mio padre perse il lavoro e la mia famiglia preferì a tornare nel suo paese natio, l’Italia. Ci stabilimmo a Roma dove stavo frequentando gli ultimi mese dell’Accademia di moda per costumisti. Sospirai, in preda ai pensieri malinconici e nostalgici, mentre mi sorreggevo alle sbarre sulla metropolitana cigolante. In più la canzone che stavo ascoltando non contribuiva al mio umore, nonostante la adorassi: You are not alone di Micheal Jackson. Sentii a malapena la voce elettronica che annunciava la mia fermata per colpa della grandi cuffie, che spiccavano come fari sui miei capelli corvini. Tra una gomitata e l’altra, riuscii a scendere e quando emersi dal sottosuolo, vidi il Colosseo pararsi davanti a me in tutta la sua maestosità. Amavo quella città, ma il mio cuore aveva già deciso. 
Seoul, sto arrivando. 


 
"The place you look for." - With Seoul





 
Salve~
Ho appena finito la mia seconda fanfiction e mi butto sulla terza ahahah
In realtà è molto tempo che ho già pronto il prologo perchè avevo già in mente tutto, stranamente.
Il co-protagonista è sempre Jimin. Mi spiace, ma riesco a prendendere ispirazione solo con lui XD
Si capisce molto poco da qui, ma dal prossimo chiarirò molte cose quindi abbiate pazienza.
Cercherò di non farmi prendere dall'hype del momento per curare bene questa storia, sarà dura
.
Grazie a chi leggerè anche solo il prologo per curiosità <3 
Fatemi sapere se vi piace, mi mette ansia non ricevere recensioni ;;
A presto con il primo vero capitolo, spero **
Un bacio

_Arashi_


 
 

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Capitolo 2
*** Destino ***


 

Destino

2016
 

Camminavo a passo svelto per le strade di Seoul. Controllai l’ora sull'orologio da polso per la milionesima volta.

Merda

Ero qualche minuto in ritardo, come sempre del resto. Ero stata capace di perdermi persino quella mattina: il mio primo giorno di lavoro. Tutto l'impegno che avevo impiegato per prepararmi, era servito ben poco dato che stavo praticamente sudando come un corridore durante una maratona. Inoltre il peso della mia borsa non aiutava, sembrava che ci avessi buttato dei mattoni; il mio book pesava come un macigno. Mi era stato chiesto espressamente di portare le foto dei miei lavori con me, così da mostrarle alla capo-costumista.
Prima di partire per la mia nuova avventura, avevo inviato il mio curriculum a qualsiasi agenzia, azienda, sartoria che avevo trovato online, perdendone persino il conto. Venni contattata dal manager di una di queste, qualche giorno prima del volo per la capitale e non avevo idea di quanto fosse importante quell'agenzia, così avevo spulciato un po' su google. Lessi un'articolo che riguardava dei certi BTS, il gruppo di cui più si vantavano perchè avevano raggiunto degli obbiettivi fantastici a livello mondiale, a quanto scriveva il giornalista. Non avevo dato troppo peso a quelle informazioni: dovevo cucire, non diventare fan di qualche idol che promuovevano come una nuova marca di cosmetici. Il colloquio era stato molto breve, ma intenso: da domani sarai in prova per tre mesi, mi aveva detto il direttore barbuto. Potevo vantarmi del fatto che una buona parte l'avevano giocata i miei studi e le mie origini italiani. In Corea tutti avevano questa strana idea che un qualsiasi italiano medio fosse abile in ogni ambito. 

Con il fiato corto, giunsi davanti alla scalinata che conduceva all'interno dell'edificio, il cui nome era scritto a caratteri cubitali sopra l'ingresso: Big Hit Entertainment. Salii le scale cercando di recuperare fiato e, prima di varcare le porte automatiche, controllai il mio aspetto con un piccolo specchietto tascabile. Sollevai sopra la fronte gli occhiali senza lenti, che circondavano i miei occhi azzurri, per verificare che l'eyeliner fosse al suo posto. Mentre passavo il rassegna le mie labbra tinte di rosa antico, alle mie spalle intravidi un'albero oscillare pigro sotto la leggera brezza primaverile. Un ciliegio in piena fioritura agitava i suoi rami a mo' di saluto, disperdendo nell'aria i suoi delicati petali rosei. In un angolo profondo della mia mente qualcosa si stava facendo spazio tra i ricordi, ma avevo troppa fretta per pensarci su. Mi catapultai nella sala, indicatami dall'addetta della reception, fortunatamente in orario e la maggior parte delle persone presenti mi guardò sorpresa. Accadeva spesso quando incontravo per la prima volta dei coreani, mi squadravano dalla testa ai piedi e poi mi sorridevano entusiasti. Inoltre appena dicevo loro che ero italiana, impazzivano come bambini davanti ad un nuovo giocattolo e mi tempestavano di domande. Quella mattina successe lo stesso, prima di mettersi a lavoro. Dopo circa un'ora di osservazioni e spiegazioni, mi sentivo confusa e spaesata. Cercavo di captare il più possibile prendendo appunti sul mio fidato taccuino di cuoio. Notai delle giacche appese su una rella, perfettamente stirare e sistemate: avevano una meravigliosa fattura e mi domandai se sarei stata capace di fare altrettanto.

-Belle queste giacche, vero? Le abbiamo appena terminate, infatti oggi verranno i ragazzi per provarle. - disse la coordinatrice compiaciuta del lavoro del suo team.

Infatti una ragazza con un auricolare annunciò - Stanno salendo. -

Poco dopo entrarono nella stanza sette ragazzi che si chinavano, come telecomandati da qualcuno, per salutare lo staff. Nessuno di loro si accorse della mia presenza perchè mi stavo nascondendo dietro ad una rella carica di vestiti. Ero solita parlare senza timore agli estranei, potevo attaccare bottone persino con i barboni per strada, ma questa volta mi sentivo le gambe di gelatina. La coordinatrice mi richiamò con un cenno della mano e fui costretta ad avvicinarmi, intenta a contenere l'agitazione.

-Ragazzi, c'è una novità. - esordì Yun con un sorriso a trentadue denti.

Tutti e sette si voltarono verso di noi con l'espressione curiosa e subito dopo sorpresa. Mi tremarono le ginocchia e pregai che non si notasse.

-Si chiama Diana, è una sarta in prova. Loro sono i BTS. Siate gentili, per favore. - scherzò per togliere l'imbarazzo.

Si posizionarono a mo' di semicerchio davanti a noi, come per assistere ad uno spettacolo di un'artista di strada.

- Ma Diana come Lady D? - Mi chiese il più alto dai cappelli color menta e dallo sguardo sveglio.

- Si, ma si legge all'Italiana. Come Diana, la dea romana della caccia. - Rispondevo sempre in quel modo quando mi chiedevano chiarimenti; mi piaceva l’idea che il nome fosse legato alla mitologia che tanto adoravo.

Lanciai un'occhiata veloce su ognuno di loro dopo che si inchinarono ed io li imitai. Non li avevo osservati attentamente, ma recuperai quando pronunciarono i loro nomi uno per uno. Il mio cervello era letteralmente in pappa, poteva mangiarlo un neonato come omogeneizzato, e non riuscivo a riconoscermi. Soffermai lo sguardo su uno di loro, soprattutto su un castano, i cui i suoi muscoli tonici spuntavano dalle maniche corte della maglia. Era di una bellezza fuori dal comune e gli altri non erano da meno, ma l'ultimo della fila richiamò il mio interesse: era il più basso, aveva i capelli scuri un poco spettinati e le labbra carnose; il suo volto pallido era illuminato dalla stoffa lucida del bomber, arricchito da palme nere su uno sfondo arancione, che indossava con disinvoltura. Avvertii un formicolio all'altezza dello stomaco mentre guardavo i suoi occhi a mandorla.

-Sono Park Jimin. - pronunciò con un sorriso tirato, poi si passò nervosamente una mano tra i capelli neri come la pece.

Per poco non persi l'equilibrio al suono di quel nome. La mia mente non riusciva e non poteva crederci. Non vedevo Jimin da sei anni e lo ricordavo ancora come quel ragazzino paffuto e buffo con il quale passavo praticamente 24 ore al giorno, sette giorni su sette. La sua mancanza era stata talmente dolorosa che avevo imparato a dimenticarlo, ma non ero mai stata capace di sostituirlo.

Mi rimproverai in silenzio: avevamo 21 anni, naturalmente eravamo cresciuti entrambi; come potevo pretendere che fosse lo stesso ragazzino? Rimasi immobile per un momento, poi mi sedetti come un automa, mentre provavano le giacche che avevo ammirato poco prima.

Come ho potuto non riconoscerlo? Sono una stupida.

Quel formicolio era stato un segnale e io non lo avevo colto. Non credevo nelle superstizioni, ne alle coincidenze o al fato, ma quella strana reazione anticipata del mio corpo mi insinuò qualche dubbio. Lanciai delle occhiate fugaci a Jimin mentre era distratto dalle mie colleghe e notai subito una differenza rispetto al passato: le sue spalle erano perfettamente dritte. Da adolescente tendeva sempre a camminare chino come se dovesse nascondersi per paura di essere giudicato dagli altri, ma in quel momento sembrava esprimere l'esatto contrario.

Mi studiai le scarpe che feci cozzare l'una sull'altra ripetutamente e sorrisi.

Sei davvero cresciuto.

 

''Not all of this is a coincidence.'' - DNA



 


Rieccomi qui~
Ho aspettato un po' prima di pubblicare questo capitolo perchè l'ho modificato diverse volte,
non ero mai soddisfatta..tutt'ora c'è qualcosa che non mi convince, ma vabbè. (faccio sempre così)
Quale fortuna venir assunti dalla Big Hit, eh? Un pò di fantasia ci sta XD
Bene, ora sappiamo che Diana e Jimin sono coetanei. Sorpresi? Per niente, direi ahahha

Ho omesso la descrizione di tutti i membri perchè non mi pareva il caso e quel bel ragazzone castano è Jungkook ovviamente. 
Credo che tutti abbiate capito a quale outfit di Jimin mi riferisco: siamo nella Fire era. 
La mia passione per la sartoria e la mitologia dovevo ficcarcele per forza, abbiate pazienza. 
Grazie a tutti quelli che stanno seguento la storia, spero non vi deluda <3
Un bacione

p.s. le citazioni delle canzone che metterò in fondo ai capitoli sono quelle che mi ha dato l'ispirazione :)
-Arashi-


 

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Capitolo 3
*** Maschera ***


Maschera

2016

{Jimin}

 

Il mio cuore perse un battito quando sentii il suo nome.

Diana

Prima di scoprirlo, i miei occhi non avevano potuto fare a meno di studiarla da capo a piedi. Il suo fisico snello era sottolineato dai jeans a vita alta, talmente attillati che lasciavano poco spazio all'immaginazione. I capelli corvini, strizzati in uno chignon disordinato, racchiudevano il viso fine in una cornice delicata. Al centro di quel quadro ambrato, due occhi azzurri risplendevano come stelle nella notte. Per un momento ero stato ingannato, pensando che quel colore spendente non potesse essere reale perchè non avevo mai visto due iridi così belle, invece mi sbagliavo. Conoscevo fin troppo bene quei due zaffiri, ma il mio inconscio non voleva accettarlo. Mentre il mio stomaco si contorceva su se stesso, avevo finto di non conoscerla per non incappare in situazioni imbarazzanti di fronte a tutti; soprattutto non volevo che la mia conoscenza potesse influenzare il suo lavoro.

Mi avrà riconosciuto? Mi domandai.

Probabilmente sì, dato il suo sguardo attonito quando avevo finito di presentarmi. Avevo saputo da mia madre che lei e la sua famiglia erano tornati in Italia, quindi cosa ci faceva alla Big Hit? Stavo ancora elaborando l'accaduto mentre le sarte mi controllavano la giacca, tanto che Taehyung se ne accorse.

- Stai bene, Jimin? - mi sussurrò.

- Si, sono solo un po' stanco. - mentii, ma sapevo che il mio amico non l'avrebbe bevuta.

Terminare le prove, ci dirigemmo verso lo studio di registrazione al piano superiore e Taehyung mi costrinse a sputare in rospo. Rimase muto per qualche secondi strabuzzando gli occhi, faticava a credermi. Cantavo, ma la mia mente andava sempre fuori strada, senza riuscire a tornare nella retta via. Diana era diventata una ragazza stupenda ed ancora non riuscivo a metabolizzare questo cambiamento.

Alle elementari era un po' sovrappeso e tutti la prendevano di mira per il suo aspetto. La situazione non migliorò durante le medie, poichè iniziarono a soprannominarla ''Ciclone'', sia per il suo carattere esplosivo sia per la sua stazza. Inoltre portava l'apparecchio e i suoi capelli erano di un delicato color miele. Si fingeva forte di fronte agli altri, ma in realtà ne soffriva molto ed io ero sempre la spalla su cui poteva piangere. Non riuscivo a capacitarmi perchè certa gente si comportasse in quel modo così meschino, volevo solo proteggerla da tutta quella cattiveria gratuita. Alla fine mi innamorai di quegli occhi, blu come cielo senza nuvole, che mi chiedevano aiuto. Temendo un suo rifiuto o la fine della nostra amicizia, avevo ingoiato quei sentimenti. Nel più profondo del mio cuore avevo sperato che fermasse la mia partenza, ma non era accaduto. Così mi allontanai con l'illusione di lasciare a Busan quella parte di me che non riusciva a vederla solo come la mia migliore amica. Avevo impiegato anni per placare quell'affetto troppo forte, ed ora mi si parava ancora davanti come un muro insormontabile dopo molto tempo. Diana era sempre sembrata ignara del mio conflitto interiore e sapevo già che avrei dovuto indossare di nuovo quella maschera soffocante, d’ora in poi. Appena conclusa la registrazione, corsi al piano di sotto e quasi annusai l'aria per trovarla. Mi appostai vicino all'ascensore, nonostante non sapessi se fosse già tornata a casa. Sentivo i battiti del cuore persino nelle orecchie mentre aspettavo. L'afferrai per un polso non appena mi assicurai che fosse sola e la trascinai nel ripostiglio delle scope.

- Ma che cazz... - sentii dire in italiano, non conoscevo il significato di quelle parole.

- Scusami. Ma qui non può vederci nessuno. - la tranquillizzai mentre chiudevo la porta con delicatezza.

- Ok...vuoi violentarmi? - chiese con un tono fin troppo calmo.

- Secondo te, sarei capace di fare una cosa del genere? -

- Bè, sei cambiato talmente tanto che potresti essere diventato un criminale, un serial killer, o che so io. - disse mostrandomi le sue adorabili fossette intorno alla bocca.

- Tu non sei cambiata per nulla, cioè fisicamente sì. - risposi. Era sempre stata sfacciata e fin troppo sincera alle volte, quindi aveva conservato quegli aspetti che adoravo.

- Ti riferisci ai capelli o al corpo? Non sono più la pigrona di una volta e tu... - lasciò la frase in sospeso e mi scannerizzò con gli occhi.

- Mi riferisco ad entrambi. Comunque cosa ci fai qui? - interruppi quel silenzio imbarazzante.

Mi raccontò del suo ritorno in Italia, il desiderio di tornare in Corea del Sud ed il colloquio con la Big Hit. La ascoltai incantato dai suoi gesti e dalla sua voce, ai quali non ero più abituato. Dal canto mio, riepilogai brevemente la mia vita e vedevo i suoi occhi sgranarsi sempre di più. Mi travolse di complimenti e mi promise che avrebbe ascoltato tutte le nostre canzoni per recuperare quella mancanza.

- Ti accompagno a casa, così non dovrai prendere la metro. Dove abiti? - domandai, volevo ancora parlarle.

- Per ora sto in un B&B, non ho ancora avuto tempo di cercare una sistemazione migliore. Non voglio scomodarti. - agitò le mani davanti a lei.

Un'idea mi si accese nella testa come una lampadina dei cartoni animati. Forse ero impazzito, ma avevo una voglia tremenda di passare del tempo con lei. Ero egoista?

- Vieni da me finchè non trovi un appartamento, c'è posto a sufficienza. - proposi senza farmi troppi problemi.

Diana rimase qualche secondo a bocca aperta. - Sei molto gentile, ma non potrei mai. Mi sentirei troppo in difficoltà. -

- Bene, dov'è questo B&B? Prendi tutte le tue cose, mi raccomando. - avevo deciso da solo, tenevo già una mano sulla maniglia.

- Non posso rifiutare, vero? In questo non sei cambiato affatto. - commentò lei con la braccia conserte.

Poi successe qualcosa che mi stritolò il cuore fino a farlo soffocare. Diana mi cinse il collo con una mano e con l'altra mi afferrò la nuca: mi abbracciò forte come ai vecchi tempi. Percepii perfettamente il suo seno prosperoso contro il mio, così arrossii nella penombra. Il suo profumo era diverso, aspro e deciso come quello di una donna che sa il fatto suo. La strinsi a me cingendo i suoi fianchi curvi ed inspirai quella nuova fragranza. Come avevo potuto vivere per sei anni senza sentirla?

- Mi sei mancato. - mi sussurrò, sfiorando il mio orecchio con il suo respiro caldo.

- Anche tu. - risposi con un filo di voce.

- Perché mi hai portato qui dentro? - Chiese tornando a guardarmi.

- Ehm...Non lo so. - Ridemmo entrambi e tornammo bambini per un momento.

 

 

"Why do I keep needing you when I know I’ll get hurt?" - I need u








Salve~
Ho deciso di pubblicare questo capitolo oggi perchè non so quando potrò aggiornare..
Da mercoledì sarò al Lucca Comics&Games fino a domenica, quindi abbiate pazienza please.
In questa storia si vedrà anche il POV di Jimin come avete notato. Cercherò di alternarlo in modo
regolare con quello di Diana, ma a volte non riuscirò a farlo. Più che altro mi concentrerò
sul POV di Diana, quindi ci sta che pubblichi due capitoli di seguito senza quello di Jimin.
Qua vengono completamente svelati i sentimenti di Jimin, spero vi piaccia l'idea.
Grazie come sempre a tutti i recensori ed i lettori silenti <3
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima settimana **

-Arashi-



 

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Capitolo 4
*** Profumo ***


Profumo

2016
 

{Diana}


La stanza degli ospiti dell'appartamento di Jimin divenne la mia camera da letto. Era molto spaziosa, poteva contenere persino tutto l'occorrente per cucire, che ancora dovevo procurarmi. Gli altri membri del gruppo abitavano nello stesso condominio, così ognuno poteva avere i suoi momenti di privacy rimanendo comunque vicini. Il tempo scorreva velocemente, dato che dovevo ambientarmi in quella nuova euforica atmosfera; trascorse un mese senza che me ne rendessi conto. La vita con il mio migliore amico, era più divertente e serena di quanto immaginassi. Aveva parlato subito con il suo manager della sua decisione di ospitarmi e lui aveva fatto spallucce, ma dovevano mantenere quel segreto a costo della vita. Per ripagare la gentilezza di Jimin, mi comportavo quasi come una colf: lavavo, stiravo, cucinavo; ma non mi dispiaceva affatto prendermi cura di lui. Sembravamo una coppia sposata, come dicevano tutti, e non potevo dar loro torto. Scoprii che i suoi compagni sapevano della mia esistenza, ma pensavano che fossi una creatura mitologia, visto che non avevano mai visto nemmeno una mia foto. Le uniche foto che avevamo da piccoli erano a casa dei nostri genitori, incorniciate od incollate a degli album d’infanzia. Inoltre non ero una ragazza molto attiva sui social, pubblicavo post sui miei lavoro, mai su me stessa.

Nonostante I turni di lavoro alla sartoria fossero abbastanza massacranti, tutto era alleggerito dalla presenza di quei sette ragazzi. Mano a mano stavo tornando quella di un tempo: sarcastica e senza peli sulla lingua, solo grazie a loro. Stavo instaurando un bellissimo rapporto con tutti, tanto che Jungkook mi propose di allenarmi con lui in palestra. Da qualche anno avevo deciso di prendermi cura del mio corpo e non potevo più fare a meno dell'attività fisica. Non avendo molto tempo a disposizione, accettai l'idea di JK e cominciammo a passare diverse ore assieme.

Un giorno gli chiesi di insegnami qualche mossa di arti marziali e risultò essere un'insegnante molto severo.

- Vacci piano, non ho mai fatto nulla del genere. - lo avvertii, in posizione di difesa.

- Non posso picchiare una donna. Anche se... - disse con lo sguardo che esprimeva tutto il contrario.

- Cosa vorresti dire? Che sono un maschiaccio? -

- Distruggila, Kookie. - gridò una voce familiare.

Jimin comparve tra i macchinari della sala con un sandwich mangiucchiato e la faccia divertita. Mi studiò per un momento e forse ne capii il motivo: indossavo dei leggins ed un top tecnici che mostravano qualsiasi curva del mio corpo. Lessi nel suo volto la frase: ma io non ti ricordavo così.

- Ti sei vestita così per far colpo su Jungkook? - chiese, dopo un fischio di approvazione.

- Simpatico. Mi vesto sempre così per allenarmi. - replicai, sempre nella stessa posizione.

Era la verità. Da quando ero dimagrita, non volevo più nascondermi dietro a capi deformi. Non lo facevo per gli altri, ma solo per me stessa perchè mi sentivo bene.

- Certo, sei una pedofila. - mi schernì mostrandomi la lingua.

In quel momento Il mio maestro prese l'iniziativa, in modo che ripetessi l'azione di difesa che mi aveva appena spiegato. Sfortunatamente mi ritrovai a terra in meno di un secondo, le braccia bloccate dalle sue gambe.

- Ma sei fortissima! - esclamò Jimin con un tono falsamente sorpreso.

- E' la prima volta che lo faccio, taci. - brontolai, schiacciata a terra sotto il peso del mio maestro

Il rumore dello scatto fotografico, mi sorprese: il cellulare di Jimin era rivolto verso di me.

- Diana, la tua faccia è strepitosa. - rise il mio migliore amico mentre allargava le dita sullo schermo per zoomare l’immagine.

Sapevo che mi avrebbe tormentato per l'eternità, d’altronde io ero la prima a farlo. Il nostro modo di scherzare, era una semplice e pure dimostrazione d’affetto; era la nostra quotidianità. Ancora non sapevo quanto potesse diventare importante per me.

Gli allenamenti proseguirono con una certa regolarità, anche se ero una frana nelle arti marziali; ma mi divertivo molto con Jungkook, il quale iniziai scherzosamente a chiamare Sensei. Acquistai una buona prontezza dei riflessi, tanto che un giorno appiccicai Jimin al muro...dico sul serio.

Ero rientrata a casa, dopo una faticosa sessione stretching per sciogliere i miei muscoli rigidi, non mi accorsi che qualcosa si celava nell’ombra. Affamata e soprappensiero, maneggiai alla cieca nella credenza della cucina open space, dando le spalle al salotto. Quando mi voltai una sagoma scura sbucò da dietro l’angolo del corridoio per attaccarmi con un sonoro “Bu!”. Il mio corpo si mosse da solo e scaraventai quello dello sconosciuto contro la parete dietro di lui, inchiodandolo con un braccio sotto al mento.

- Ma sei impazzita? - chiese Jimin con le mani alzate in segno di arresa.

- Mi hai spaventata. Sei un idiota! - sbottai premendo con un po’ di forza l'avambraccio sul suo collo.

- Mi stai stozzando. - indicò il mio braccio con l’indice.

Mollai la presa. Ero una fifona, non potevo negarlo: mi spaventavo con il minimo rumore, soprattutto quando mi ritrovavo in casa da sola. Una volta non avrei reagito a quel modo, infatti mi sorpresi di me stessa e gongolai dentro di me.

- Promettimi che non lo farai mai più. La prossima volta potrei picchiarti sul serio. - lo minacciai

- Abbassa la cresta, piccola. Mi hai solo preso alla sprovvista.- alzò il mento e le spalle spavaldamente.

Sapeva quanto non sopportassi il soprannome Piccola. Ero sempre stata più bassa di lui, quindi doveva sempre ribadirlo per compiacersi; era solo questione di dieci centimetri. Mi limitai a non rispondere per non dargli corda e mi diressi in camera per mettermi qualche vestito comodo. Rovistai in tutti i cassetti alla ricerca della mia felpa preferita, ma scoprii a malincuore di aver calcolato male i lavaggi della lavatrice: tutte le felpe erano ancora nel cesto dei panni sporchi. Mi maledii perché non era la prima volta che accadeva. Inforcai dei pantaloni della tuta ed una maglia, poi mi diressi verso il rumore della tv in salotto.

- Caro amico adorato. - esordii di fronte a Jimin spaparanzato sul divano.

- Cosa ti serve?- rispose cinico.

- Come sei prevenuto. - mi lamentai mettendo il broncio.

Il suo sopracciglio si sollevò verso l’altro come se volesse scappare dal suo volto. - Dai, dillo e basta. -

- Mi presti una felpa?- chiesi con la voce più aegyo che potessi fare. Non mi sarei mai e poi mai comportata così con qualcun altro, riuscivo ad essere me stessa solo con lui.

- Ancora? Sei una sanguisuga. - sbuffò mentre si alzava per sparire in camera sua. Nell’attesa ingurgitai una merendina al cioccolato per placare le proteste del mio stomaco, non avevo voglia di cucire a quell’ora. Pochi secondi dopo Jimin mi porse una felpa gialla e poi tornò a sdraiarsi sulla penisola imbottita. Non appena la indossai, le mie narici furono inondate da quel profumo speziato che conoscevo fin troppo bene. Involontariamente sorrisi mentre tastavo il tessuto morbido come un gatto.


 

"I want to peacefully fall asleep intoxicated with your sweet scent" - Just One Day










Buongiorno~
Sono appena tornata dal Lucca Comics e mi sono messa subito al lavoro.
In questo capitolo ho voluto spiegare meglio la situazione, quindi non è successo
qualcosa di scioccante XD 
Spero non vi abbia annoiato ;;
Volevo far capire meglio il carattere di Diana e quanto stia diventanndo importante 
il suo rapporto con i sette ragazzi, non solo con Jimin. 
Nel prossimo ci sarà qualcosina più emozionante, promesso.
Fatemi sapere cosa ne pensate <3
A prestissimo **

-Arashi-

 

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Capitolo 5
*** Promessa ***


Promessa
 

2016

{Jimin}


La guardai avvicinarsi con la mia felpa addosso: era troppo grande per lei, ma non la ingoffiva minimamente. Era impossibile non rimanere incantati dai suoi occhi azzurri, splendevano persino nella penombra come ghiaccio illuminato da violenti raggi di sole. La seguii con lo sguardo mentre si avvicinava e notai, con piacere, le sue delicate lentiggini che copriva sempre con il fondotinta. Aveva raccolto i capelli come il giorno in cui ci eravamo rincontrati e provai la stessa emozione di allora: lo stomaco contorto in una morsa piacevole ed un calore avvolgente. Ero bravo a nascondere i miei veri sentimenti, un duro allenamento durato anni e anni. Infatti Diana non si accorse di nulla e si insinuò sotto il mio braccio come un serpente. La accolsi un po' timoroso mentre cingeva il mio fianco con la sua mano calda. Solo la mia maglia leggera separava il suo palmo dalla mia pelle e lei superò quell'ostacolo, provocandomi i brividi in tutto il corpo. Era la prima volta che compiva di nuovo quel gesto: anni prima mi aveva confessato che mi sentiva più vicino quando mi toccava così, ed io non avevo nulla in contrario. Accompagnai la sua testa contro il mio petto e sicuramente lei percepì il mio battito cardiaco accelerato. Però si accoccolò dolcemente contro di me ed accavallò una gamba sulla mia come per dire: non andare via da me. Forse interpretavo a mio modo ogni suo gesto nei miei confronti, ma non riuscivo a controllare quei miei pensieri.

La sentii ridere. - Una volta non ti imbarazzavi così. - commentò con un tono divertito. Si rannicchiò ancora di più e strofinò il viso vicino al mio collo. La mia pelle urlava sotto la sua.

- Bé, devo abituarmi di nuovo. - mentii. Non mi sarei mai abituato ad averla vicina, ogni volta il mio corpo reagiva da solo: la bramava con tutto sé stesso.

- Quando ti esibisci, non sembri così timido. - disse, scossa da una flebile risata.

- Hai visto i video? - domandai, sorvolando il commento.

- Sì. E siete fantastici! Adoro la musica, le coreografie...tutto. - si era sollevata per guardarmi negli occhi mentre si complimentava. Ricevevo quel tipo di complimenti molto spesso, ma non mi imbarazzavo mai così tanto. La ringraziai con il viso rosso e si tuffò di nuovo su di me.

- Mi dispiace non avervi scoperto prima. Sarei diventata una fan sicuramente. - confessò contro la mia clavicola.

- Allora ti faccio una domanda: chi è il tuo preferito? - buttai lì. Da una parte stavo scherzando, dall'altra volevo saperlo davvero.

- Non posso scegliere, siete tutti bravi in modi diversi. - rispose e ne rimasi un po’ deluso. - Però posso dirti che hai una bellissima voce e balli divinamente. - aggiunse.

- G...grazie mille. - balbettai come un ragazzino di fronte alla sua prima cotta.

Uno spot pubblicitario interruppe la nostra conversazione, entrambi ci bloccammo. Una strada asfaltata al centro dello schermo tagliava in due un tripudio di fiori danzanti. La luce rosa della TV ci travolse come quella cascata di petali che non ero mai riuscito a dimenticare. Non riuscii a trattenermi.

- Ti ricordi la nostra promessa? - chiesi all'improvviso.

- Quella di ammirare insieme i ciliegi in fiore a Busan? Come potrei dimenticarla.-

Il cuore si strinse quel poco da provocarmi un leggero dolore. Ogni primavera quell'immagine mi tornava nella mente chiara e dolorosa: Diana che mi guardava sorridente sotto una pioggia rosa, ma dietro quel sorriso, i suoi occhi erano sembrati comunque tristi e spenti.

- Il primo giorno di lavoro alla Big Hit, c’era un albero di ciliegio stupendo. Che sia una coincidenza? - dopo un secondo di pausa in cui io non fui capace di proferire parola, propose - Perché non ci tatuiamo un piccolo fiore di ciliegio?-

- Se dovessero vederlo gli Army, sarebbe un problema per me. - dissi a malincuore. L’idea mi allettava parecchio, ma avrei rischiato molto.

- E se lo facessi vicino ai piedi?. - insistette lei. Forse ci teneva davvero molto ed una piccola trasgressione serviva ogni tanto.

- Potrei pensarci, e tu?-

- A me piacerebbe sopra caviglia o sotto al polso. - disse, indicandosi un punto al di sotto del palmo della mano.

Riflettei per un momento in silenzio. Diana non aveva tutti i torti: il piccolo tatuaggio sarebbe rimasto nascosto dai calzini, avrei dovuto fare attenzione solo durante i mesi caldi.

- Ci sto. - approvai alla fine. Il pensiero di avere un marchio sulla pelle che mi legasse a lei per sempre, mi riempiva di gioia. Forse era un po’ infantile, ma me ne fregai in quel momento.

- Però un giorno dobbiamo mantenere la nostra promessa. - affermò lei ed io annuii. Sciolse l’abbraccio, con la mano mi avvolse una guancia e mi baciò l’altra. Rimasi pietrificato mentre mi avvinghiava di nuovo. Avevo le scimmie nel cervello che battevano i piatti, mi stordirono la mente per qualche secondo; sei anni prima avrei dato tutto per scontato, ma ora non ci riuscivo. Giocherellai con una sua ciocca corvina e, quando la sentii respirare profondamente, riempii di piccoli baci la sua fronte ambrata.


 

"But I never stopped thinking about you" - Spring Day







 

Ehilà~
Sono già di ritorno ehehehhe
Ho un po' di fretta perchè mi sono resa conto che questa storia sarà alquanto lunga...
Spero di non annoiarvi e cercherò di aggiornare abbastanza frequentemente.
Bene, qua vediamo un mezzo flashback perchè in realtà non viene raccontato bene, ma
(piccolo spoiler) lo descriverò nei capitoli successivi. Tranquilli ;)
Ce ne saranno altri ovviamente, ma questo credo che sia il più importante. 
Basta, altrimenti va a finie che spoilero ogni cosa ahahahha
Avviso che ci saranno parecchi momenti di tenerezza tra i due, preparatevi contro il diabete XD
Spero che il mio Jimin non vi dispiaccia, nel caso fatemelo sapere! *ansia*
Alcune recensione mi stanno dando qualche spunto, sappiatelo :)
Grazie a tutti come sempre <3 

p.s. ADORO L'MV AIRPLANE PT 2, SONO IN FISSA. VOI?
-Arashi-

 

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Capitolo 6
*** Insieme ***


Insieme
 

2016


{Diana}

 

Non so per quale motivo avevo proposto quel tatuaggio a Jimin. Mi era uscito spontaneo e non me ne pentivo. Mi addormentai sotto il suo tocco dolce, che mi aveva sempre rassicurato, e la mia mente mi riportò indietro di sei anni.

Eravamo soliti girovagare in bicicletta durante la stagione primaverile. Avevamo sistemato un piccolo cuscinetto dietro al suo sellino ed io mi stringevo a lui mentre pedalava tra i viali tempestati di rosa. Faticavo abbastanza per reggermi, ma sopportavo con piacere quello sforzo perchè adoravo quei momenti di svago. Poco prima della sua partenza per Seoul, avevamo abbandonato la bicicletta sul ciglio della strada per risposarci all’ombra di quei ciliegi meravigliosi. Ci sistemammo uno accanto all'altro con le gambe incrociate, sopra all'erba morbida e leggermente umida. Una folata divento scosse i rami ed una cascata di petali piombò su Jimin, macchiando i suoi capelli scuri come spennellate di colore.

- Ti starebbero bene i capelli rosa. - dissi spazzolando le sue ciocche nere.

- Non li tingerei mai, mi piacciono così come sono. - bofonchiò e le sue guance paffute oscillarono.

- Quando diventerai famoso, lo farai. - scherzai.

- Ci facciamo una promessa? - cambiò discorso come se non avessi mai parlato. - Promettiamoci di vedere insieme i ciliegi in fiore quando saremo più grandi. -

Inclinai la testa e lo guardai perplessa, ma lui non ricambiò il mio sguardo. Vidi le sue guance prendere colore, mentre roteava l’indice tra i petali caduti davanti a lui.

- Sei così sicuro che ci rivedremo? - sputai quella domanda senza riflettere.

Lui bloccò il dito ed assunse uno sguardo triste: d’un tratto l’erba sembrava molto interessante. Attesi in silenzio ed aprii la mano per accogliere i petali che dondolavano nell’aria. Un raggio di sole mi accecò per un momento, poi un piccolo fiore rosa si posò sul mio palmo come richiamato da un incantesimo. Non ero superstiziosa, ma rimasi affascinata da dall’accaduto.

- Lo prometto. - risposi al posto suo, rompendo il silenzio.

Jimin si voltò verso di me, fissò la mia mano e ripetè la mia frase con un sorriso meraviglioso.

La primavera successiva tornai da sola sotto quell’albero che era stato testimone della nostra promessa. Mi ero seduta esattamente nel solito posto, ma qualcosa mancava. Guardai accanto a me e per un momento mi illusi che Jimin fosse di nuovo lì, come l’anno prima. Mi mancava terribilmente e avevo sue notizie solo tramite sua madre: ero felice per lui, in fondo. Sollevai gli occhi al cielo, il sole faceva capolino tra i rami danzanti. Aprii la mano ed aspettai.

Nulla.

La richiusi pensando a quanto fossi stupida nello sperare in segni voluti da un Dio, al quale non credevo. Rimase lì ad ammirare quello spettacolo mozzafiato della natura per un tempo indefinito.

- Bello, vero? - mi rivolsi al Jimin immaginario accanto a me, ma non ricevetti mai la risposta.

Mi svegliai di soprassalto, sul divano. Mi stropicciai gli occhi scoprendoli umidi e mi maledii per aver dimenticato momentaneamente la nostra promessa. Jimin stava rovistando tra le tazze nella credenza e non si era accorto del mio risveglio perchè mi stava dando le spalle. Lo attaccai da dietro, sicura delle mie doti feline, e gli circondai la vita con le braccia per posarle sul petto. Mi alzai in punta di piedi e lo salutai con un sonoro bacio sulla guancia.

- Ti avevo sentita, non hai il passo felpato. - disse, pescando la sua tazza preferita tra le altre.

- Sempre in vena di complimenti. - commentai indignata e gli mollai uno schiaffo sul fondoschiena.

Forse ero stata troppo azzardata, me ne resi conto subito dopo averlo fatto. Osservai la mia mano per qualche attimo: non avevo idea di quanto le sue natiche fossero toniche. Stavo per scusarmi, ma mi colse di sorpresa dopo aver posato la tazza sul tavolo. Colpì direttamente il mio punto debole: i fianchi. Mi solleticò fino a farmi piangere, non ero mai capace di ribellarmi a quella tortura.

- Chiedimi scusa o continuo. - mi minacciò, bloccandomi contro il tavolo.

Provai a rispondere tra le risate e l’apnea, ma sbattei il bacino contro lo spigolo del tavolo e persi l’equilibrio. Per sorreggermi, Jimin si sporse in avanti e per poco le nostre bocche non si toccarono. Una strana sensazione di calore mi pervase le viscere: cosa mi stava accedendo? I nostri visi erano pericolosamente vicini e nessuno di noi due si mosse. Studiai le sue labbra carnose con un'attenta osservazione del suo perfetto arco di cupido. Non mi ero mai concentrata così tanto sulle forme delicate del suo viso, spostai lo sguardo dalla bocca ai suoi occhi profondi, ma luminosi.

- Scusa per prima. - dissi per interrompere quell’assurdo silenzio.

Jimin sembrò riprendersi dallo stato di trans e si allontanò da me.

- Non fa niente. So che stavi scherzando. - rispose con un tono leggermente cupo. Tornò ad occuparsi della sua colazione, mentre io cercavo di dare una spiegazione a quella tentazione che avevo provato.


 

"Those moments are now in memories" - First Love









 

Buonasera :)
Ero indecisa se pubblicarlo adesso o domani, ma non ho resistito.
Bene, il flashback della promessa adesso è completo. Che ne dite?
So che questo capitolo è un pochino più corto rispetto agli altri, 
ma mi sembrava carino concluderlo così come lo avevo già pensato. 
Mi sta prendendo l'ansia perchè essendo una storia lunga, ho paura di 
annoiarvi con tanti capitoli. Ma ho tantissime idee che vorrei lasciare..
Fatemi sapere se anche questo vi è piaciuto **
Grazie a tutti, le recensioni mi fanno sentire positiva <3

-Arashi- 

 

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Capitolo 7
*** Sospiro ***


Sospiro
 

2016

{Jimin}



Non avrei mai immaginato che la presenza costante di Diana creasse dipendenza. Avevo dimenticato quella sensazione di tepore che provavo grazie a lei molti anni fa. Più passavano i giorni e più avevo bisogno di lei; non mi bastava mai. Ogni mattina appena mi svegliavo, uscivo dalla mia stanza con il solo pensiero di vederla. La guardavo mentre brancolava verso il bagno con i capelli arruffati e gli occhi chiusi, la trovavo comunque bellissima. Le sue pupille scure, come buchi neri in mezzo ad una galassia blu, mi catturavano ad ogni sguardo ed il suo sorriso migliorava subito la mia giornata. Un semplice tocco, come l’abbraccio che regalava tutti i giorni per salutami, mi stringeva il cuore in una morsa piacevole e dolorosa allo stesso tempo.

Quando eravamo più piccoli non avevo mai avuto il coraggio di ricambiare i suoi baci affettuosi per paura di essere travolto da troppe emozioni che non sarei riuscito a gestire. Mi rimproverava di essere sempre schivo e freddo, ma era solo un’armatura che indossavo per salvaguardare la nostra amicizia. Ma ero cambiato molto da allora, anche grazie ai miei compagni. Cercavo le sue attenzioni appena mi era possibile; l’abbracciavo senza un motivo, la baciavo sempre sulla fronte e la stuzzicavo solo per sentire la sua sonora risata. Agli occhi dei membri non dovevo apparire molto strano perché mi avvinghiavo come una cozza al suo scoglio un po’ con tutti.

Sembrava che il tempo per me e Diana si fosse fermato, come se non fossero mai trascorsi quei sei anni. Avevamo ancora quella complicità che ci aveva sempre legato e ci divertivamo con poco. A volte si precipitava nella sala prove ed iniziava a ballare goffamente, Taehyung la seguiva a ruota coinvolgendo persino i più restii, e tutti apprezzavamo quei piccoli momenti di svago. Spesso Diana era l’anima della festa e ci coinvolgeva nella sua allegria; mi chiedevo come potesse essere così radiosa anche nei momenti più bui. I miei compagni stravedevano per lei, soprattutto Tae, Jungkook e Jin; non potevo esserne più felice. Non avevo detto a nessuno dei sentimenti che provavo per lei perché non volevo che tutti mi guardassero come il povero Jimin non corrisposto dalla migliore amica. Ma ogni giorno le farfalle nello stomaco aumentavano, tanto che non sarebbe più riuscito a trattenerle prima o poi. Fortunatamente riuscivo a distrarmi un po’ grazie all’imminente comeback, forse.

Una mattina mi recai nel camerino che mi avevano indicato per la prova degli abiti del nuovo MV. Spalancai la porta senza troppi complimenti e la scena che mi si presentò davanti, fu agghiacciante. Riconobbi subito il torso nudo di Jungkook che mi dava le spalle e Diana china di fronte a lui, all’altezza del bacino. Rischiai l’infarto e ordinai alle mie gambe di scappare il più lontano possibile, ma disobbedirono.

- Alla buon’ora, Jimin. - biascicò lei come se stesse stringendo qualcosa tra le labbra.

Il mio cuore non riprendeva il suo ritmo regolare, non mi arrivava il sangue al cervello.

- Buongiorno, principessa! - Finalmente Jk si voltò verso di me, mostrando la cerniera dei pantaloni perfettamente chiusa.

Strabuzzai gli occhi per riprendermi dallo shock e sospirai: avevo persino le allucinazioni? Mi rimproverai nella mente per aver anche solo pensato una situazione così assurda. Non risposi al saluto, ma ricambiai con una linguaccia per mascherare il mio disagio interiore.

- Toglili pure. - ordinò la mia amica con un ago racchiuso tra i denti, il motivo della sua parlata strascicata.

Aiutò Kookie a sfilare l’indumento, in modo che non forzasse le cuciture di prova e la vidi arrossire sotto la montatura degli occhiali tondi. Adorava gli accessori come me, possedeva occhiali di ogni forma e colore, nonostante non ne avesse bisogno. Quel miscuglio di vintage e moderno, non la rendeva per niente banale; le donava molto. Ero cotto come uno spiedino sulla brace.

- È il mio turno? - Chiesi divertito quando il mio compagno ci lasciò soli.

- Allora, tu devi provare solo la camicia per ora. - disse con aria pensosa, mentre sfogliava gli abiti appesi sulla rella come pagine di un libro.

Pescò una camicia di seta nera con una stampa a motivi dorati e per poco non si trafisse l’occhio con l’uncino della gruccia quando mi guardò. Nel frattempo mi ero sfilato la maglia a righe che indossavo, aspettando a petto nudo.

Eravamo soliti spogliarci davanti al nostro staff senza timori, durante i concerti dovevamo cambiarci alla velocità della luce. Però l’ultima volta che Diana mi aveva visto senza vestiti, erano sette anni fa durante una gita al mare. Ero molto cambiato da allora, non ero muscoloso come Jungkook, ma avevo un fisico tonico grazie a tutte quelle ore di allenamento. Non ero molto convito dei miei addominali, tanto che avevo promesso alle Army che quell'anno erano spariti. Invece i suoi occhi si posarono proprio sul mio ventre mentre mi porgeva la camicia. Chiuse i bottoni con cura, le sue dita fredde sfiorarono la mia pelle nuda che si accapponò all'istante. Incolpai il freddo e sperai che Diana facesse altrettanto. Abbottonò l'ultimo della fila, quello sul colletto, e ne controllò la fattura senza incrociare il mio sguardo.

- Ah, giusto. Devi provare anche questa. - disse all'improvviso e sventolò una fascia nera.

L'afferrai e lisciai quel tessuto lucido tra le mani, mentre lei mi girava attorno come un corvo sulla sua preda.

- Cosa dovrei farci? - domandai.

- Yoongi dovrà bendarti. Dobbiamo vedere se va bene la misura e se scende sul viso. - mi rispose, poi stropicciò le sue labbra morbide.

Prese la benda, si spostò dietro di me e mi oscurò la luce. Sentivo il suo respiro caldo lambire il mio collo come una brezza estiva, socchiusi le labbra per liberare un flebile sospiro che non riuscii a trattenere. Soffrii maledettamente quando i miei sensi mi illusero di sentire la sua bocca sulla mia pelle. Non so quale forza sovrumana mi impedì di voltarmi per soddisfare la mia fantasia. Alla fine tornai alla realtà con un macigno nel cuore e la osservai mentre riponeva la camicia sulla rella.

- Mi sembra che vada tutto bene, vero? - mi chiese distratta.

- Credo di sì. - risposi mentre mi rivestivo.

Ero rimasto talmente stordito dalle mie emozioni che la benda e la camicia erano gli ultimi dei miei problemi.

Cosa mi stai facendo, Diana?

 

 

"I can’t free myself from this pain" - Lie







 

Rieccomi qui~
Per fortuna riesco a pubblicare ogni tre giorni come avevo promesso, 
spero di mantenere queste tempistiche :)
Posso ammettere che quando c'è una situazione che ruota attorno a Blood, Sweat and Tears
mi sento più ispirata..non posso farci niente ;;
Avrete sicuramente capito a quale camicia mi riferisco, vero? ;)
Poi adesso che Jimin è tornato grigio, posso morire senza rimpiati ahahahha
Non ho molto da dire su questo capitolo perchè semplicemente si capisce quando Jimin sia innamorato
perso di Diana e quanto ne soffra. 
Bene, ci rivediamo presto e grazie a tutti as always <3

-Arashi-


 

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Capitolo 8
*** Sangue, Sudore e Lacrime ***


Sangue, Sudore e Lacrime
 

2016

 

{Diana}

 

Avevo già detto che il mio migliore amico era stupendo?

Il mio cervello lo ribadii un’altra volta quando lo vidi senza maglia, in piedi davanti a me. I miei occhi vennero attirati come calamite dai suoi addominali, separati uno ad uno con precisione, e dovetti fare a pugni con i miei pensieri mentre sistemavo la camicia. Stavano mettendo a dura prova la mia sanità mentale, Jungkook mi aveva colto alla sprovvista un momento prima e adesso ci si metteva pure lui. Mi impegnai a non fissarlo e cercai di essere più rapida possibile; iniziavo a sentire caldo in tutto il corpo.

- Cazzo. - mormorai in italiano mentre mettevo in ordine gli abiti. Nelle situazioni di stress o agitazione mi scappavano delle imprecazioni tipicamente italiane. Avevo appurato che erano più efficaci di quelle coreane, inoltre nessuno le comprendeva. Il resto della giornata prosegui fin troppo tranquillamente, in questi tre mesi avevo imparato a gestire il mio carico di lavoro. Mi gustai un ramen istantaneo in santa pace, scrollando la home di Instagram con poca voglia. Mi ero accomodata ad un tavolino in disparte nell’enorme sala trucco; ognuno mangiava dove capitava. Mi rilassava osservare le truccatrici all’opera con i loro pennelli e le loro palette giganti. Adoravo il make up, così spesso chiedevo consiglio ad alcune di loro per migliorarmi. Ero completamente immersa nei miei pensieri, quando Jin entrò nella stanza. Sobbalzai sulla sedia quando gli prestai attenzione: i suoi capelli erano rosa antico, molto delicato, e non mi dispiacque affatto.

- Ti stanno molto bene! - esclamai.

- Worldwide handsome, you know? - gonfiò il petto compiaciuto con i pugni sui fianchi.

- Perché li hai tinti? - domandai curiosa, ignorando il suo solito narcisismo.

- Per il nuovo MV, adesso stanno tingendo quelli di Jimin. - disse e poi si posizionò di fronte al grande specchio luminoso della ragazza che lo aveva reclamato.

Rimuginai su ciò che aveva detto, Jimin stava benissimo con i capelli neri. Nei video che avevo divorato in una notte su YouTube, avevo apprezzato i suoi vari colori di capelli, ma preferivo lo scuro. Per quel motivo avevo coperto il mio biondo miele, sopratutto perchè ritenevo che il nero facesse risaltare di più i miei occhi azzurri. Tra una riflessione e l'altra, la mia pausa pranzo si concluse più in fretta del previsto, così mi diressi nel corridoio per recarmi di nuovo dalla mia adorata macchina da cucire. Stavo masticando pigramente una gomma da masticare e per poco non mi cadde a terra quando mi ritrovai di fronte un principe. Non sto scherzando, un principe in carne ed ossa. Aveva i capelli argentati acconciati magistralmente, il trucco sfumato sugli occhi che risaltava le iridi grigie ed un piccolo pendente all'orecchio. Mancava un fiero cavallo bianco e potevo illudermi di essere stata catapultata in una fiaba.

- Porca di quella... - iniziai a dire in italiano, ma mi trattenni; non era carino bestemmiare anche se nessuno poteva comprendermi.

Jimin mi rivolse lo sguardo interrogativo. Il suo collo era fasciato da un foulard rosso a scacchi neri, a contrasto con la giacca blu di velluto che portava magnificamente. Mi ricordavo molto bene quante bestemmie avevo ripetuto mentre cucivo quel tessuto che scivolava come un’anguilla sotto la macchina da cucire. Tutto la fatica che avevo fatto, però era stata ripagata a pieno. Una clavicola spuntava spudorata dallo scollo profondo della maglia nera, in pendant con i pantaloni attillati.

- Che c’è? - Chiese ingenuamente.

- Sei meraviglioso. - dissi, studiandolo da capo a piedi. Si accigliò appena e poi mi ringraziò increspando gli angoli della bocca in un timido sorriso. Si passò una mano tra i capelli lucidi, quel colore era nato per stare sulla sua testa e sperai che non lo cambiasse mai.

Nei giorni che seguirono, non riuscii a distogliere gli occhi da Jimin: ero attratta come una falena notturna dalla luce elettrica. Lo seguivo con lo sguardo ogni volta che mi passava accanto e lui se ne rese conto perchè mi ammiccava appena incontrava i miei occhi indiscreti. Per tutta risposta gli urlavo dietro di non montarsi troppo la testa, ma se cedevo io davanti al suo fascino, significava che non c'erano speranze per le Army. Riconfermai quel mio pensiero quando vidi il set per la registrazione del nuovo video per l'album Wings: diverse stanze in stile barocco piene di drappi, quadri, candelabri che rendevano l'atmosfera misteriosa ed accattivante. Tra noi costumisti serpeggiava la fretta, tutti correvano da una parte all'altra per controllare ogni minimo dettaglio; tutto doveva essere perfetto. E quei sette ragazzi lo erano, eccome. Accorsi all'ultimo minuto per sistemare la camicia bianca di Jin che era il protagonista della prima scena e lui mi ringraziò con una scompigliava di capelli affettuosa. Assistetti entusiasta alle prime riprese e risi con loro quando qualcuno sbagliava intenzionalmente. Provavo una profonda ammirazione per quei ragazzi, soprattutto in quei momenti di duro lavoro. Jimin era straordinario come sempre, si poteva vedere quanto si fosse impegnato per preparare quella coreografia complicata.

Furono tre giorni massacranti e pregai per le Army: sarebbe stato difficile non svenire davanti a cotanta sensualità. Mi tornava continuamente in mente la loro posa iniziale che mostrava le loro diverse chiome variopinte, creando un quadro meraviglioso. Jimin alzava la mano verso l'altro lentamente e sembrava mangiare la telecamera con lo sguardo. Quel bambino dolce e timido che si isolava sempre, era completamente sparito per dare spazio ad un uomo sicuro di sè, o almeno così dava a vedere.

Quella sera Jimin invitò i suoi sei compagni a cena nel nostro appartamento. Io e Jin ci offrimmo di preparare la cena. Mia mamma mi aveva sempre insegnato a cucinare italiano con grande orgoglio e Jin voleva imparare qualche trucchetto. Da parte mia, volevo imparare qualche ricetta coreana, dato che non ne avevo mai provata una. Optai per il piatto italiano più conosciuto ed amato dai coreani e dal mondo intero: la carbonara. Trovai molto divertente cucinare insieme a Jin, aveva un modo di fare così spontaneo che mi metteva sempre a mio agio. Risi a crepapelle quando mi lanciò un bacio aereo dopo avergli spiegato come non far scuocere l’uovo. Mentre mangiavamo, chiacchieravano dell'imminente comeback e del prossimo tour mondiale; ero eccitata all’idea di seguirli in diversi paesi del mondo. Poi l’argomento traslò su Jungkook, il quale non smetteva mai di allenarsi e tutti lo - Stai persino insegnando arti marziali a Diana, vero? - domandò Hoseok mimando delle mosse a caso.

- Si, anche se faccio schifo. - sorrisi. Mi offendevo sempre ironicamente.

- Ma scusa, cosa sono tutti questi scambi culturali? A questo punto Namjoon potrebbe insegnarti a scrivere canzoni, Yoongi a suonare il pianoforte, Jimin a cantare, Hoseok a ballare ed io potrei insegnarti qualcos’altro. - disse Taehuyng con il suo tipico sguardo malizioso.

- Forse potrebbe essere il contrario, caro mio. - Replicai ammiccando.

Tutti risero. Adoravo Tae perchè era folle quanto me, forse persino di più; era sempre pronto a divertirsi e ci stuzzicavamo spesso a vicenda. Se avevo intenzione di pianificare uno scherzo a qualcuno, lui era la persona giusta a cui rivolgersi.

Volevo bene ad ognuno di loro in modo diverso.



 

"Enjoy it, you worked hard, we so fine" - I'm fine






 

Buongiorno~
Non sapevo se aggiornare oggi o no, alla fine mi sono decisa perchè non voglio farvi soffrire XD
Un capitolo un po' più lungo del solito perchè volevo dare spazio a B,S&T. 
Anche qui non succede nulla di eclatante, ma ho voluto giocare sul fascino disarmante di Jimin ;)
Poi ho voluto spiegare ulteriormente il rapporto di Diana con gli altri membri perchè 
so di averlo trascurato nei capitoli precedenti. Sono andata fuori dalla Maknae line inserendo Jin, 
i suoi modi di fare mi fanno troppo ridere. Insomma spero che continui a piacervi e soprattutto
a divertirvi. 
Ah, non vi ho mai chiesto se apprezzate la frasi delle canzoni che inserisco a fine capitolo. 
Fatemi sapere cosa ne pensate, soprattutto se devo lasciarle o no **
Bando alle ciance, grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia <3 
A prestissimo!

-Arashi- 

 

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Capitolo 9
*** Ancora di Salvezza ***


Ancora di Salvezza
2016

 
{Jimin}



I giorni precedenti al comeback erano i più faticosi. La tensione era palpabile, nessuno di noi si sarebbe mai abituati a quelle emozioni contrastanti. Ci chiedevamo ogni volta: la canzone piacerà? Avremmo rispettato le aspettative degli Army? Saremo all'altezza? Quelle domande ci tormentavano sempre, accumulando molto stress ed agitazione. Purtroppo tutta quell'ansia accumulata si ripercuoteva sul mio appetito, il quale non mi faceva sentire il bisogno di mangiare. I miei compagni mi conoscevano fin troppo bene e mi costringevano ad ingurgitare cibo in qualsiasi momento. In questo caso ero l'esatto opposto della mia migliore amica che si ingozzava durante quei periodi frenetici. Ci riprendevamo a vicenda. Quei pasti sporadici che riuscivo a consumare con lei, erano una lotta continua. 
- Park Jimin! - mi urlò contro quella sera per la milionesima volta, facendomi sobbalzare sullo sgabello della cucina. - Se non mangi, ti ficco in gola persino il piatto. - 
- Tu, invece, vedi ti tapparti la bocca. - replicai, puntandola con la forchetta.
Aveva cucinato una deliziosa cotoletta, ma sentivo lo stomaco già pieno dopo una sola forchettata. Diana mi guardava con la fronte increspata in un'espressione di disappunto ed esasperazione. Sapevo benissimo che dovevo sforzarmi, ma avrei rischiato di vomitare. 
- Sempre meglio che non mangiare affatto. - rispose alquanto scocciata.
- Non ci riesco proprio. - Spostai lo sguardo sul piatto ed il mio stomaco si chiuse ancora di più.
- Sforzati, almeno. - mi invitò lei tra un boccone e l'altro. 
Riuscii a buttare giù una buona parte della cotoletta e qualche foglia d'insalata, poi mi arresi. Diana aspettava con i gomiti posati accanto al suo piatto vuoto e la testa abbandonata sui pugni chiusi. Insistette perchè io finissi tutto il pasto ed iniziai a spazientirmi. 
- Vuoi lasciarmi in pace?- chiesi con un tono un po' brusco. 
- Fai come ti pare. Lo dico solo per il tuo bene. - ribadì lei e sembrò non dare molto peso alle mie parole quando spostò il suo piatto nel lavabo dietro di lei. 
- Lo so, ma non sei mia madre. - 
- Ripeto: fai come vuoi. -
- Se non mangio, sono cazzi miei. Ok? - gettai il resto della mia cena nel cestino con tonfo sordo.
Sentivo gli occhi accusatori di Diana su di me mentre mi sedevo di nuovo sulla mia sedia e decisi di prestare attenzione al mio cellulare. Mi stavo innervosendo più del dovuto, quindi dovevo distrarmi in qualche modo. 
- E va bene. - esclamò. Rovistò nella credenza, poi posò il barattolo di Nutella sul tavolo e preparò tutto l’occorrente per spalare la crema di nocciola su una spessa fetta di pane. 
- Hai già mangiato un quintale di cioccolata oggi. - brontolai senza guardarla con la testa abbandonata sul palmo della mano. 
- Sono cazzi miei, no? - disse con un tono di sfida, continuando ad aggiungere cioccolata.
- Ok, però non lamentarti quando tornerai obesa. - 
Diana interruppe il suo lavoro, lasciando il coltello sul pane e mi rivolse uno sguardo sofferente. Mi accorsi solo in quel momento di ciò che avevo appena detto. Sapevo di aver toccato un tasto dolente e purtroppo era stata proprio mia intenzione perché non avevo usato un tono scherzoso. Decisi di alzarmi per sbollire quella rabbia bruciante che mi stava consumando lo stomaco vuoto. Una volta in camera mia, mi sedetti sul letto morbido tormentandomi la fronte con le unghie. 
Perché sono così idiota? 
Probabilmente avevo rivangato un passato doloroso e mi pentii di averla ferita. Sapevo quanto avesse sofferto a causa del suo aspetto che odiava. Col passare del tempo aveva imparato a fare dell’autoironia, soprattutto per sdrammatizzare. Molte volte ero stato presente nei suoi momenti di sconforto ed avevo sempre cercato di farle amare se stessa. In quel momento avevo fatto l’esatto contrario. Decisi di scusarmi, ma scoprii la porta di camera sua stranamente chiusa; di solito lasciava sempre uno spiraglio quando andava a dormire. Sembrava che sulla porta ci fosse scritto a caratteri cubitali: non voglio vederti almeno fino a domattina. Tornai in camera massaggiandomi il collo ripetutamente. Il mio cuore non voleva rallentare, mi pompava stroppo sangue al cervello confondendomi le idee. Mi preparai per infilarmi sotto le coperte e tentai di prendere sonno, invano. Mi resi conto di essere più agitato del solito, quel litigio non aveva fatto altro che gettare brace sul fuoco. Cambiavo posizioni senza tregua, così alla fine optai per un buon bicchiere di latte caldo. Gettai un’occhiata verso la camera di Diana e stavo quasi per bussare, ma temevo di complicare la situazione. Invece di rilassarmi, quel maledetto latte mi provocò delle fitte allo stomaco che mi costrinsero a rimanere seduto sul bordo del letto con le mani sull'addome. Scagliai un pugno sul materasso con tutta la frustrazione che stavo provando; mi tremavano persino le mani. Nel compiere quel gesto, i miei occhi si era soffermati sul cassetto chiuso del comodino accanto alla testiera di legno. Lo aprii con cautela, come un esploratore di fronte ad un ignoto tesoro perduto, invece sapevo fin troppo bene cosa vi fosse gelosamente nascosto. Un piccolo libricino dalla rilegatura di finta pelle marrone, accoglieva in sè un'immagine di un antico castello circondato da fiori variopinti che incorniciavano delicatamente il titolo: Racconti perduti. Accarezzai la scritta dorata e poi sfogliai quelle pagine ingiallite dal tempo, sulle quali rimaneva ancora il segno dell'angolo superiore ripiegato a mo' di segnalibro. Ogni tanto sentivo il bisogno di aprirlo e ricordare il giorno in cui Diana me lo restituì. 
Era il giorno della mia partenza per Seoul. Io ero seduto accanto ai miei genitori nella sala d'attesa dell'aeroporto, seguito da due valigie più grosse di me ed i singhiozzi di mia madre. Diana era stranamente silenziosa, in piedi di fronte a noi mentre il suo piede scandiva i secondi che passavano. Decisi di effettuare il check in, altrimenti sarei stato capace di tornare indietro a gambe levate. Poco dopo l'imbarco, la voce elettronica annunciò l'apertura del mio gate e mi incamminai verso l'entrata. Mia madre e mio padre mi abbracciarono fino a farmi soffocare e trattenni a stento le lacrime. La mia migliore amica ci osservava commossa ed attese che i miei genitori si allontanassero per farle spazio. Mi porse un libro che conoscevo, glielo avevo regalato sapendo quando adorasse i racconti fantastici.
- Ma è un regalo, non posso riprenderlo. - la anticipai.
- Voglio che lo porti con te. E' molto prezioso per me, ma voglio che ti tenga compagnia quando ti sentirai solo. - disse con gli occhi lucidi.
- Io...- balbettai in totale difficoltà. 
Presi quell'oggetto che avevo scelto con cura tempo prima e lo infilai nello zaino, consapevole che non avrei mai avuto il coraggio di leggerlo. La maledetta voce robotica richiamò i passeggeri e per la prima volta presi l'iniziativa: mi gettai su Diana come se fosse la mia unica ancora di salvezza. La strinsi a me come non avevo mai fatto e mi pentii di essermi negato quella sensazione di torpore. Mi avvolse la schiena con le braccia ed affogò le lacrime sulla mia spalla. Così dissi addio alla ragazza della quale ero perdutamente innamorato e che avrei rivisto sei anni dopo.  



 
"Don't wanna be lonely, just wanna be yours." - Save me







 
Rieccomi qui prestissimo XD
Quando ho l'ispirazione, viaggio come un treno ahahaha
Qua c'è qualcosa di più rispetto al capitolo precedente, si vede un dolcissimo flashback 
che dovrete tenere ben a mente per il futuro *ride*
Il libro è totalmente inventato da me, quindi non esiste in realà (almeno credo)
Giuro che Jimin non voleva essere cattivo, è solo uno sfogo dovuto allo stress ;)
Bene, ci rivediamo tra 3 giorni! (fosse per me pubblicherei persino un capitolo al giorno, 
ma così sarebbe esagerato ahahaha)
Grazie a tutti as always <3
A presto**

-Arashi-

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Capitolo 10
*** Indelebile ***


Indelebile
 

2016
 

{Diana}

 

Jimin mi aveva ferito con quella frase, soprattutto perché sapeva benissimo cosa avevo passato. I nostri litigi erano molto rari, conoscevamo l’uno i difetti dell’altro e ci comportavamo di conseguenza. Avevo notato che in quel periodo era molto stressato, ma non avevo avuto occasione di parlarne con calma, dato tutto quel trambusto. Non ero arrabbiata, mi sentivo delusa e così decisi di chiudere la porta per lasciarlo sbollire da solo. La mattina successiva mi chiese subito scusa per il suo comportamento, era davvero dispiaciuto ed io feci lo stesso. Era impossibile resistere al suo sguardo triste, non riuscivo a tenere il broncio a lungo di fronte a lui. Ci scambiammo un abbraccio di pace e per tutto il giorno invase la nostra chat privata di cuori animati; lo faceva sempre quando si sentiva in colpa.

Il loro nuovo album Wings, riscosse un enorme successo e ne fui felice. Vinsero il premio come miglior artista dell’anno, oltre ogni aspettativa e io piansi quella sera. Tutto lo staff era incollato ai televisori dietro le cinque quando annunciarono i vincitori e li vedemmo commuoversi. Ci abbracciammo in lacrime mentre ritiravano il premio e mi sentii orgogliosa come una madre dei propri figli.

Erano passati sei mesi dal mio arrivo ed avevo un contratto della durata di un anno come costumista. Avevo ponderato di cercarmi un appartamento tutto mio per non vivere continuamente a scrocco da Jimin, ma lui avevo insistito perché io rimanessi. In effetti quella casa iniziavo a sentirla mia e mi ero abituata alla sua compagnia.

Poco tempo dopo l’uscita di quel meraviglioso album, partimmo per il tour e le prime tappe si svolgevano in Giappone. Impacchettare tutte le attrezzature, abiti di scena, scenografie, ci costò molte energie ed arrivammo all’hotel come un branco di zombie. Erano passate le dieci di sera ed io mi sentivo sola nella mia camera. Scrollavo controvoglia le foto del mio cellulare, sdraiata sul letto immacolato, e constatai che io e Jimin eravamo due maniaci dei selfie. Ne avevamo scattati di ogni tipo insieme, persino mentre gli schioccavo un bel bacio sulla guancia.

Cosa ci faccio ancora in camera da sola?

Ignorai il mio pigiama con i panda e le pantofole coordinate e mi diressi verso la stanza del mio migliore amico. Incrociai Taehyung nel corridoio che mi guardò incuriosito, poi si complimentò per il mio outfit anti-sesso, come lo definì lui.

- Voi due siete inseparabili, sul serio. - esclamò quando capì dove ero diretta.

La porta era aperta, così entrai senza annunciarmi e fu un grosso errore. Jimin era appena uscito dalla doccia con un asciugamano legato precariamente sotto la vita e si stava strofinando i capelli bagnati. Il mio cervello si tramutò subito in un computer: vedevo la scritta Loading ruotare davanti ai miei occhi. Mi scusai per essere stata così stupida da non aver bussato.

- Per fortuna non sono Jungkook che gironzola sempre nudo per la camera. - rise divertito.

Attesi seduta sul bordo del letto ascoltando il suono dell’asciugacapelli provenire dal bagno. Mi sentivo ancora imbarazzata per l'accaduto, però ammisi che quella visione non mi era affatto dispiaciuta. Jimin uscì dal bagno in pigiama, molto più sobrio del mio, e si accomodò con la schiena contro la testiera di legno. Vidi che si stava tormentando le dita: un gesto che faceva quando qualcosa lo turbava.

- Sei agitato? - Gli chiesi dopo essermi posizionata accanto a lui ed aver sovrapposto la mia caviglia sulla sua.

- Te ne sei già accorta? Sei peggio di una mamma. - brontolò gonfiando le guance paffute.

- Sei come un libro aperto per me. Cosa c’è che non va? -

- Ieri durante le prove, ho ballato Lie. Non mi riesce come dovrebbe, sto facendo di tutto per migliorarmi, ma non vedo cambiamenti. - confessò con lo sguardo fisso sul soffitto.

- Jimin, tu pretendi troppo da te stesso. Tae mi ha detto che eri fantastico. -

- Non è vero, voglio solo essere perfetto per gli Army. -

- Sei già perfetto, non hai bisogno di altro. - Non lo dicevo solo per consolarlo, lo pensavo veramente. Era un ragazzo meraviglioso che dava tutto se stesso nel suo lavoro. Però si abbatteva facilmente perché non era sicuro di sé e non volevo che si sentisse così.

- Lo dici solo perché sei mia amica. - sospirò alzando leggermente le spalle.

- Sai che non so mentire. Poi tutti gli Army lo pensavo, fidati. - Continuava a guardare nel vuoto, era evidentemente nervoso.

- Metti la testa sulle mie gambe. - dissi dolcemente e lui obbedì senza parlare. Con una mano iniziai a massaggiare il suo collo e le spalle, rigidi per tutto lo stress e la fatica accumulati. Chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni per cercare di rilassarsi. Dopo un po’ gli accarezzai la fronte dolcemente e scompigliai i suoi capelli grigi appena lavati. Mi dolevano le dita, ma volevo coccolarlo come meglio potevo. Lui socchiuse gli occhi assonnati ed allungò un braccio per sfiorarmi una guancia con le sue nocche.

- Grazie. - mormorò con affetto.

- Sai, penso spesso a quanta strada tu abbia fatto in questi anni. Hai realizzato il tuo sogno partendo da zero. Ti ammiro molto. - confessai mentre continuavo a sfiorargli la testa con i polpastrelli.

- Anch’io ti ammiro per la donna fantastica che sei diventata. Hai lavorato duramente per essere qua e se non l’avessi fatto probabilmente non ci saremmo mai rincontrati. - disse con un sorriso.

- Ok, basta con tutto questo zucchero. Mi sta venendo il diabete. - Scherzai. Si sollevò verso di me per darmi una serie di baci rumorosi sulle guance, i quali accolsi con piacere.

Il giorno dopo decidemmo di attuare la nostra piccola trasgressione, visto che avevamo del tempo a disposizione. Avevamo cercato qualche tatuatore online e avevamo scelto uno dei migliori di Tokyo. Aveva tatuato molti personaggi famosi, così presumevamo che potesse mantenere il segreto con la stampa. Infatti ci promise che avrebbe tenuto la bocca chiusa, conosceva le eventuali conseguenze. Sfogliai il grosso quaderno ad anelli pieno di disegni stupendi e trovai un piccolo fiore di ciliegio dai colori tenui e delicati.

- Si può fare questo con petalo che vola via? - chiesi all’uomo dalle braccia fitte di tatuaggi.

- Certo, potete modificarlo come meglio credete. -

- Mi piace molto questo stile, ma perché vuoi modificarlo? - domandò Jimin accanto a me.

- Sei volato via come quel petalo sei anni fa, no? - Risposi convinta della mia scelta.

Jimin assunse un’espressione triste per un momento, ma sdrammatizzai con una pacca affettuosa sulla spalla. Un’ora dopo uscimmo dal negozio con due cerotti che celavano il nostro piccolo peccato; mi accarezzai il polso e sorrisi.

- Anche se l’ho fatto sul piede, i membri mi scopriranno subito. - disse Jimin mentre camminavamo per la strada.

- Ma dai, chi ti controllerà mai dietro al malleolo?”

- Tu non li conosci abbastanza bene. - fece una smorfia tra il disgustato e lo spaventato.

- Diglielo. Tanto ormai é fatta. - replicai con i palmi rivolti verso l’alto.

- Hai ragione, mi sto preoccupando per nulla. Posso fidarmi ciecamente di loro. -

Era incredibile come si sostenevano l’uno l’altro in qualsiasi momento. Si comportavano come una vera famiglia e Jimin era stato davvero fortunato ad aver trovato quei sei ragazzi.


 


"I always want to be the best." - Magic Shop








 

Salve gente!
In questo capitolo ho riassunto un po' la situazione per andare un po' avanti

cronologicamente, spero non vi disturbi XD
Mi piaceva l'idea che facessero il tatuaggio a Tokyo, ma non so se sarebbe così
facile farne uno in Giappone. La tensione è durata veramente poco, ma come farebbero 
a resistere? Non riescono a stare lontani troppo a lungo ;)
Perchè ho messo proprio Lie? Perchè una volta vidi un video in cui Jimin quasi si mise 
a piangere dopo aver provato Lie e mi strinse il cuore Questo è quanto, spero che vi piaccia anche questo <3
Grazie a tutti come sempre, mi spingete ad andare avanti! 
A prestissimo **

-Arashi-

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Capitolo 11
*** Pericolo Costante ***


Pericolo Costante
 

2016
 

{Jimin}



Il tour in Giappone procedette senza problemi, per fortuna. La presenza costante di Diana, mi inebriava come una droga. Mi controllava sempre da capo a piedi fino agli ultimi attimi prima di salire sul palco. Poi mi augurava buona fortuna con uno splendido sorriso a trentadue denti e mi diceva “ Divertiti.”, seguito da un bacio affettuoso. Quel bacio mi caricava come una batteria e riuscivo a dare il meglio di me sul palco. Ero sempre stato instancabile, ma si poteva notare la differenza durante le esibizioni. Come immaginavo, i miei compagni lo notarono e mi torturarono di domande fino allo sfinimento. Alla fine mostrai loro il piccolo tatuaggio per farli tacere e risposero con un Oh meravigliato all’unisono.

- Secondo me prima o poi vi fidanzerete. - Disse Hoseok.

Magari. Pensai dentro di me.

Arrivò la vigilia del mio compleanno il giorno dopo l’ultimo concerto di Tokyo. Sentivo tutti i muscoli indolenziti, così decisi di fare un po' stretching dietro le quinte dello stadio mentre la mia mente vagava in pensieri poco pudici.

- Wow, sei davvero così snodato? - Quella frase mi fece sobbalzare perché la voce apparteneva proprio al soggetto dei miei pensieri.

- Se faccio una cosa del genere, mi devono rialzare con una gru. - Commentò Diana mentre tenevo le gambe divaricate quasi a formare un angolo piatto.

- Perché sei un’imbranata. - la schernii.

- Ah, si? Vediamo fin dove arrivi, sapientone. - si abbandonò sulla mia schiena con tutto il corpo e mi costrinse a toccar terra con la fronte.

- Non sento nulla. - la provocai con la voce soffocata.

Diana finì sdraiata a terra con un’espressione sorpresa. Massacrai i suoi fianchi provocandole le lacrime tra una risata e l’altra e mi implorò di smettere. Allentai la presa per un momento e lei prese il sopravvento. Con una mossa fulminea, probabilmente insegnatele da Jungkook, mi portò sul pavimento. Mi cinse i fianchi con le ginocchia ed mi bloccò i polsi accanto al viso. Si vedeva lontano un miglio che si stava divertendo come una matta a sottomettermi.

- Posso unirmi anch’io? - Taehyung era apparso sulla porta. La scena che gli si presentava doveva risultare molto ambigua, non potevo dargli torto.

- Certo, due è meglio di uno. - rispose Diana volutamente maliziosa.

- Ok, arrivo. - disse l’altro gettandosi su di noi. Persi il senso dell’orientamento in quel miscuglio di corpi e poco dopo avvertii braccia e gambe di altre persone. Spinti dalla confusione erano accorsi i cinque compagni mancanti e quella “rissa” si concluse prima che potesse diventare ingestibile. Guardavo Diana, piegata in due dal ridere, e pensai a quanto mi rendesse felice la sua risata. Volevo vederla sempre così: sorridente e serena.

- Comunque devo ammettere che Taehyung ha un bel culo. - esclamò Diana lasciando tutti a bocca aperta.

- Non fatevi strane idee, l’ho toccato per sbaglio. - aggiunse subito dopo per niente imbarazzata.

- Grazie cara, me ne vanterò più spesso allora. - ammiccò Tae.

Yoongi tirò fuori la lingua come per vomitare e Jin si sentì punto sul vivo: nessuno poteva battere il sedere del Wordwide handsome. Mi piaceva che la mia migliore amica fosse diventata parte integrante del gruppo, ma da una parte ero un po' geloso. Continuavo a ripetermi che loro si comportavano come se la conoscessero da una vita senza malizia, ma era più forte di me.

Quella sera cenai con Diana nella mia camera dell’hotel. La prima cosa che notai fu il suo abbigliamento: il pizzo nero del reggiseno faceva capolino tra la scollatura della sua maglia a forma di kimono. Il tutto era reso ancora più accattivante dalla lunga catena della collana che terminava proprio al centro del seno. Aveva raccolto i capelli in una coda lenta come per mostrare bene la sua mercanzia ed io non potei fare finta di niente. Durante la cena i miei occhi cadevano continuamente sul ciondolo che ondeggiava provocatorio ad ogni suo movimento, stava funzionando quasi da amuleto per l’ipnosi.

- Fa caldo qui, vero? - disse sventolandosi il viso con le mani

Sembrava la scena di un film, stava succedendo sul serio?

- Io non sento così caldo, però posso aprire un po’ la finestra. - proposi perplesso. Aveva un atteggiamento strano, mi lanciava delle occhiate di sottecchi mentre mangiava.

- Lascia stare, non vorrei che ti prendessi un raffreddore. - si aprì leggermente la scollatura mostrando ancora di più l’incavo del seno toccato dal pizzo delicato.

Deglutii più volte, iniziavo a sentire caldo pure io. Dopo che il cameriere ritirò i diversi piatti vuoti, mi rinfrescai la mente ed il corpo sotto la doccia fredda. Feci per tornare verso il letto e mi bloccai sulla porta del bagno. Diana era di fronte allo specchio con solamente una delle mie camicie lunghe addosso. Il tessuto a quadri copriva appena sotto il suo fondo schiena e mi costrinsi a togliere lo sguardo dalle sue gambe affusolate.

- Scusami, ma avevo troppo caldo e ti ho rubato una camicia. - disse con disinvoltura mentre si abbottonava la mia camicia.

Ok, stai calmo.

- Tanto mi rubi sempre i vestiti. - Cercai di sembrare disinteressato, invece non lo ero affatto. Finsi di rassettare la camera per distrarmi, ma il mio piano andò in fumo.

- Cos'hai stasera? Sembri freddo. - si sovrappose fra me e le cose a caso che stavo spostando senza una logica.

- Niente, sto benissimo. - quasi balbettai.

Ordinai ai miei occhi di non cadere sulla camicia sbottonata che lasciava intravedere la stoffa nera del reggiseno. Incrociò le braccia dietro al mio collo e spiaccicò il seno sul mio petto, rigonfiandolo in due sfere rosee. Ogni volta che mi abbracciava percepito quelle due trappole morbide che mi attiravano come un topo verso il suo adorato formaggio. In quel momento le mie mani si mossero da sole sui suoi fianchi e le obbligai a fermarsi sulla sua vita stretta.

- Perché non mi abbracci? - chiese con il broncio.

- Ci abbracciamo tutti i giorni, non è abbastanza? - dovevo inventarmi qualcosa o le avrei strappato la mia camicia a morsi.

- Non è mai abbastanza. - sussurrò sensualmente, sfiorando il padiglione del mio orecchio con la bocca rovente.

Vuole farmi morire stasera?

Posò la testa sotto il mio mento e le sue labbra sfiorarono leggermente la mia pelle che prese fuoco come un fiammifero. Non risposi perché la mia voce avrebbe smascherato la mia agitazione.

- Perché non facciamo qualcosa di diverso stasera? A casa guardiamo sempre la TV. - mi domandò quando tornò a guardarmi con le braccia allacciate sotto la mia nuca.

- Cosa vorresti fare? -

Domanda sbagliatissima.

Una sua mano percorse il mio collo per giocherellare con la mia collana d’argento; i ciondoli di metallo tintinnarono in risposta al suo tocco.

- Non so, magari potremmo sperimentare nuove cose. Cose da adulti. -

Rimasi completamente sbigottito dalla sua risposta, cosa stava succedendo? Non aveva bevuto, non si era drogata, non aveva nessun motivo per comportarsi in quel mondo. Eppure io non riuscivo a ribellarmi alle sue provocazioni. La guardai impietrito mentre chiudeva gli occhi e si avvicinava pericolosamente alla mia bocca. La mia immaginazione creò una storia folle con noi due come protagonisti, potevo far invidia ad uno scrittore esperto per la mia immediata fantasia. Elaborai infiniti finali diversi e stavo per lanciare Diana sul letto quando la porta della camera si spalancò. Per poco non finii a terra per lo spavento: i miei sei compagni entrarono senza complimenti nella camera cantando “Tanti auguri”. Ripresi fiato mentre Hoseok mi porgeva la torta con la scritta “Buon compleanno Jimin” e diverse candeline accese. Tutti ridevano e mi prendevano in giro per la mia reazione alle avance di Diana, mentre lei mi accarezzava la schiena con un ghigno soddisfatto sul volto.

Quello scherzo avrei tanto voluto che fosse stato vero.


 

"When you smile, I get dizzy." - Dimple








 

Bello lo scherzone, vero?
Rieccomi qui con una buona dose di sofferenza per Jimin XD
A discolpa dei suoi compagni posso dire che nessuno sa dei suoi sentimenti per Diana,
quindi sono giustificati. 
Diana stava allo scherzo o faceva sul serio? A voi il beneficio del dubbio ahahaah
Mi sento un po' sadica in questi momenti, ma mi piace creare queste situazioni..perdonatemi
Nel prossimo si scoprirà chi ha avuto questa magnifica idea e forse potreste arrivarci da soli XD
Sto andando come le palle di fuoco adesso, ma sappiate che non so ancora come far finire 
questa storia (sono un po' preoccupata in effetti), quindi potrei cambiare le carte in tavole
in corso d'opera. 
Rimanete in agguato ;)

Spero vi piaccia il capitolo e grazie as always <3
A presto **

-Arashi- 


 

 

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Capitolo 12
*** Utopia ***


Utopia

2016
 

{Diana}



Una settimana prima del compleanno di Jimin, Taehyung mi aveva placcato nel corridoio con l’atteggiamento di un ladro che fuggiva dalla polizia. Per un momento mi aveva persino spaventato, poi mi aveva illustrato il suo piano malefico, architettato nei minimi dettagli. Con la mia complicità, avrebbe piazzato una telecamera nascosta in camera dell’amico per spiarlo. Io avrei corteggiato il malcapitato e tutti avrebbero visto la sua reazione. Quando mi sarei avvicinata per baciarlo, loro sarebbero entrati con la torta. Accettai senza pensarci due volte.

Stavo solo recitando quella sera, ma non mi sentivo assolutamente a disagio. Vedevo che lo stavo mettendo in difficoltà con il mio fare ingenuo e ne fui compiaciuta. Forse non si sarebbe opposto al mio bacio e una parte di me era curiosa di provare quella sensazione. Rimase molto colpito alla vista della torta e soffiò le candeline ancora scombussolato.

La mattina del 13 ottobre io e lui uscimmo presto per perderci per le strade di Tokyo per l’ultima volta prima di ripartire. Parlammo della sorpresa della sera prima a lungo e mi confessò di esserci cascato in pieno. Pensava che fossi impazzita e non sapeva come comportarsi.

- Però ho fatto colpo, eh?! - mi vantai con diverse spinte del gomito sul suo fianco.

- Bé, una volta eri cicciottella e brutta. Non sono abituato a vederti così. - mi provocò e ricette una spinta scherzosa come risposta.

Mi incollai davanti alle vetrine di diversi negozi, tanto che Jimin dovette trascinarmi con forza per farmi muovere. Eravamo molto pericolosi insieme quando si trattava di shopping, ma trattenemmo il nostro entusiasmo, altrimenti avremmo portato montagne di buste per tutto il giorno. Pranzammo con un ramen squisito, seduti comodamente in una stradina secondaria per non dare troppo nell’occhio. Anche se Jimin, conciato in quel modo, avrebbe attirato molta attenzione. Riuscivo a vedere solamente i suoi zigomi, il resto del visto era coperto da mascherina, occhiali da sole giganti e berretto con la visiera. Allungai una mano per sfilargli la mascherina e lui mi guardò contrariato.

- Mi infastidisce non riuscire a guardarti. - dissi e gli rubai gli occhiali.

Mi sorrise increspando le guance morbide e mi ricordò il bambino paffuto di molti anni prima. Gli stuzzicai la guancia e lui cercò di mordermi il dito. La nostra risata riempi quel pomeriggio così tranquillo e sereno. Decidemmo di smaltire il pranzo con una passeggiata, mentre camminavamo presi la sua mano ed intrecciai le sue dita con le mie. Mi lasciò quando imboccammo la via principale per paura di eventuali paparazzi. Poco più tardi spinti dalla gola, comprammo due coni gelato per gustarceli su una panchina di un parco pubblico. Appena assaggiai la pallina di pistacchio, non riuscii a trattenere una smorfia.

- Non c’è paragone con il gelato italiano. - commentai amareggiata.

- Davvero? Secondo me questo è molto buono. -

- Un giorno verrai in Italia con me ed assaggerai il gelato vero. - gli promisi e lui accetto di buon grado.

Inutile dire che poco dopo svaligiammo negozi interi d’abbigliamento. Tornammo all’hotel poco prima di cena sommersi da buste di ogni forma e colore. Non avevo ancora dato il mio regalo a Jimin, era stato abbastanza difficile decidere. Alla fine avevo optato per qualcosa di molto semplice, ma significativo. Bussai alla porta di camera sua un po' trepidante, mi sentivo sempre così quando dovevo fare una sorpresa. Entrai nella stanza dopo aver ricevuto il permesso, avevo imparato la lezione. Guardò il mazzo di fiori che tenevo tra le mani con un’espressione interrogativa, come se si fosse dimenticato del suo compleanno.

- Auguri. - dissi mentre gli porgevo il regalo.

Mi ringraziò timidamente, mi abbracciò forte e mi stampò un bacio sulla guancia.

- Sono bellissimi. -

Ero davvero contenta e quando lesse il bigliettino ad alta voce, mi sentii un po’ imbarazzata.

Ti auguro tutta la felicità del mondo perché meriti solo il meglio. Stai lavorando duramente per raggiungere i tuoi sogni, continua così.

Per un momento vidi i sui occhi inumidirsi, mi ringraziò di nuovo mentre posava il mazzo sulla scrivania di legno.

- È il primo compleanno che passiamo insieme dopo sei anni. - commentò mesto.

- Giusto, ti ricordi quando dormii per la prima volta a casa tua? Era la notte del tuo compleanno e non riuscivamo a chiudere occhio. -

- Sì, e abbiamo guardato le stelle finché non ci siamo addormentati. - continuò lui sorridendo. Ricordavo bene quella notte, perché era stata la prima e l’ultima che avevamo passato insieme. Avevamo guardato i nostri anime preferiti fino a tardi e poi avevamo ammirato il cielo stellato dalla finestra di camera sua. Nessuno dei due sapeva che avremmo passato i nostri futuri compleanni da soli. Entrambi eccitati all’idea di condividere la stessa stanza, avevamo passato la notte quasi in bianco. Adesso quando dormivo accanto a lui, mi sentivo in pace con il mondo intero. Mi propose di fermarmi in camera sua per quella notte, se non mi fosse dispiaciuto. Dopo trenta secondi ero già in camera mia per lavarmi e mettermi il mio favoloso pigiama. Quando tornai Jimin era già sotto le coperte che mi aspettava e mi fermai un momento per riflettere. Avevamo condiviso la stanza, il divano, il pavimento persino; ma mai un letto. In fondo non c’era nulla di male nelle nostre intenzioni, così mi coricai accanto a lui. Mi invitò a posare la testa sul suo petto, come eravamo soliti fare sul divano di casa. Lo guardai nella penombra: il viso delicato toccato dai capelli grigi, il taglio morbido dei suoi occhi a mandorla, la mandibola dritta come tracciata da un righello, il collo magro spuntava dal colletto del pigiama, le labbra carnose leggermente socchiuse; era perfetto e lui non ne era consapevole. Mi baciò sulla fronte più volte ed io ispirai il profumo speziato della sua pelle. Caddi nel buio cullata dal suo calore e dal suo affetto: quelle emozioni che solo lui sapeva regalarmi incondizionatamente.


 

"Close the door now, when I'm with you I'm in Utopia." - Euphoria







 

Buonasera~
Svelato il malvagio Taehyung che ha architettato tutto XD
Lascio il dubbio sul fatto che Diana volesse realmente o no baciarlo quella sera, a voi le ipotesi ahahaha
Ho poco da dire su questo capitolo perchè alla fine si vedeno dei gesti
teneri tra i due che possono essere abbastanza ovvi. 
Sto calcando un po' la mano sul loro rapporto, sembra andare ben oltre la 
semnplice amicizia, ma vedrete più avanti ;)
Il prossimo capitolo sarà un po' piccantino, diciamo C:
Se riesco, cercherò di pubblicarlo prima di tre giorni visto che l'ho praticamente pronto 
e vorrei velocizzarmi un pochino. (Ho paura che si vada troppo alle lunghe) 
Grazie come sempre a tutti <3 
A prestissimo **

-Arashi- 

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Capitolo 13
*** Dolce ***


 

Dolce 
 

2017

{Jimin}


Concludemmo la prima parte del tour sani e salvi. Ci riposammo giusto il tempo per recuperare le forze, ma ci mettemmo subito all’opera per il nuovo album: You Never Walk Alone. Namjoon e Yoongi si erano spaccati la schiena per scrivere i testi delle canzoni e meritavano tutti i complimenti del mondo. Volevo dare il massimo per ripagare le loro fatiche, tanto che studiavo le parole persino a casa. Diana, molesta come sempre, cercava di spiare i miei fogli appena abbassavo la guardia. Le ripetevo di continuo che avrebbe ascoltato la canzone non appena fosse pronta a dovere, ma non mi ascoltava. Sbucava all’improvviso per cogliermi di sorpresa, sembrava un gatto alla ricerca di attenzioni: mentre stavo sul divano, mentre mangiavo, mentre controllavo il cellulare.

- Se non la smetti, dico a Jungkook di massacrarti. - la minacciai più di una volta, invano.

- Dai, dimmi almeno di che cosa si tratta a grandi linee.- si lamentava con la voce acuta.

Era sempre stata curiosa, ti portava all’esaurimento nervoso.

Un Natale di tanti prima, commisi il grande errore di darle il mio regalo in anticipo. Prima della vigilia aveva strappato la carta colorata in un angolo per sbirciare e me l'aveva raccontato tutta soddisfatta. Da quel momento avevo imparato che era difficile tenerla a bada quando voleva scoprire qualcosa. Adorava le sorprese, ma a causa del suo comportamento, ti beccava subito.

Dovevo portare i fogli dei testi sempre con me e tenerli d’occhio 24 ore su 24. Stavo persino decolorando i miei capelli per prepararli alla nuova tinta e lei voleva sapere ad ogni costo il colore. Era davvero snervante, ma volevo sorprenderla.

Un altro aspetto del suo carattere che non riuscivo a controllare era l’invadenza. Non che mi dispiacesse ricevere tutte quelle attenzioni da lei, non fraintendiamoci. Durante una diretta su Vlive, era entrata in camera mia senza bussare per chiedermi dove avevo nascosto i suoi biscotti. Si era scusata dicendo che non sapeva della mia diretta e se n'era andata subito alla ricerca dei biscotti perduti. Per fortuna la telecamera non aveva ripreso il suo viso, ma le Army mi bombardarono di commenti sulla misteriosa ragazza. Risposi che faceva parte dello staff ed era una mia cara amica e riacquistai il controllo della situazione. Una mezz’ora più tardi, terminata la live, mi diressi in cucina per sgridare la mia amica impicciona. Notai che aveva trovato i suoi adorati biscotti con le gocce di cioccolato che adorava a tal punto da farsi spedire qualche pacco dall’Italia. Poggiai una spalla al muro con le braccia conserte e la osservai pescare un biscotto dietro l’altro.

- Ti stai ingozzando di nuovo. - constatai.

- No. - mi rispose con lo sguardo colpevole.

- Allora cosa stai facendo? -

- E’ solo un’illusione. Stai impazzendo. - disse con la bocca piena di pasta frolla.

- Devo trovare un altro nascondiglio. Diventerai 200 chili se continui così. -
Non riusciva a darsi un contegno di fronte ai dolci, di qualsiasi tipo e forma. Dopo il nostro “litigio” sapevo che non l'avrei offesa con quelle parole, infatti mi guardò divertita.
- Morirò grassa, ma felice. -

Presi il pacco bianco con la scritta rossa e lo richiusi nella credenza. Diana si lagnò come una bambina capricciosa, poi si accasciò sul tavolo fingendo un pianto disperato. Mi limitai ad ignorarla mentre mi allontanavo verso il bagno, ma sentii il rumore dello sportello che si apriva. Tornai subito indietro e la scoprii con le mani nel sacco, o più precisamente nella Nutella. Mi sorrise compiaciuta e poi passò la lingua sull’indice per ripulirlo. Mi stava sfidando o provocando? Teneva il barattolo di cioccolata come un trofeo mentre scappava da me. Alla fine l’acchiappai per la maglietta interrompendo la sua corsa e la intrappolai tra le braccia.

- Sei incorreggibile.- dissi senza mollare la presa.

- Almeno ti rallegro la giornata. -

Mi sporcò la guancia di Nutella ed io feci altrettanto. Il suo sorriso mi illuminava i giorni bui e la sua risata era come una melodia nelle mie orecchie. Bastavano quei piccoli momenti di divertimento per rendermi felice.

- Non si gioca col cibo, non te l'ha insegnato nessuno? Sprecona. - la schernii.

Rubai il barattolo dal tappo bianco e lo nascosi dietro la mia schiena, sul ripiano di marmo del lavello. Diana cercò di acciuffarlo di nuovo, ma era evidente che non si stava impegnando abbastanza. Stava al mio gioco, come sempre. Poi mi guardò con un ghigno furbo sul volto e mi disse - Scusa, rimedio subito. -

Ancora non avevo imparato quanto fosse imprevedibile, se stuzzicata. Le sue labbra accerchiarono la linea di cioccolata sulla mia guancia e la racchiusero tra di esse, fin troppo vicino alla mia bocca. Nel compiere quel gesto, aveva posato una mano sul mio petto coperto da una felpa spessa, temetti che potesse sentire il mio cuore esplodere. Stritolai la sporgenza del ripiano, così tanto che mi dolevano le dita. A volte mi chiedevo se si comportasse in quel modo ingenuamente o consapevolmente; io credevo comunque nella prima opzione. Però questa volta preferii non farmi travolgere dall'emozione del momento e non volevo farmi sottomettere, dovevo reagire a quella provocazione. Tutto d'un tratto le afferrai la nuca e cominciai a ripulire la pelle del suo collo con dei baci poco delicati. Assaporai a pieno quel sapore dolce e stucchevole mentre lei mi implorava di smettere, stava già piangendo per il solletico. Non avevo intenzione di fermarmi, nonostante le sue mani mi spingessero via. Continuai ad assaggiare la sua pelle finchè non rimase solo una parte sporca: la bocca. Fissai quella macchiolina marrone che interrompeva la curva perfetta del suo arco di Cupido. Diana si accorse subito nelle mie intenzioni e mi tappò la faccia con entrambe le mani.

- Ehi, vuoi baciare la tua migliore amica? - mi chiese tra le lacrime.

- Non sia mai, sicuramente saresti una pessima baciatrice. - mentii per convincere me stesso, ma mi meritai quella bella pacca sul sedere.


 

"Forever we are young." – Forever Young






 

Buonasera~
Ho mantenuto la promessa e ho pubblicato prima C:
Vi starete chiedendo come faccio ad essere così veloce, credo XD

Per colpa dell'università faccio 339479427 ore di treno al giorno, così mi metto 
a scrivere soprattutto per passarmi il tempo. Infatti ho già buttato giù altri capitoli
e credo di pubblicarli abbastanza velocemente. 
Dite che sono troppo rapida? Dovrei rallentare? 
Comunque questo è il piccantino di oggi ahahahah (Non preoccupatevi, non sarà finita qui XD)
Ne devo raccontare talmente tante! Nella descrizione della storia avevo avvertito ahahah
Come sempre lascio il beneficio del dubbio ;)
Grazie a tutti davvero <3 
A prestissimissimo **

-Arashi-

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Capitolo 14
*** Giorno di Primavera ***


Giorno di Primavera

2017
 

{Diana}



Un giorno Jimin si presentò a casa con i capelli rosa, ripeto rosa. Appena aveva varcato la soglia con quelle ciocche vivaci, mi aveva persino spaventato; sembrava un'altra persona.

- L'avevo detto che avresti tinto i capelli di rosa, se fossi diventato famoso. - dissi dopo essermi complimentata per il suo nuovo aspetto. 
Quel colore gli donava molto; mi ricordava la tonalità di rosa che avevamo scelto per il nostro tatuaggio e un'idea mi balenò immediatamente nella testa.

- Aspetta, aspetta. Nel nuovo album ci sono dei riferimenti ai fiori di ciliegio? - domandai saltellando come un canguro.

- No, non farti illusioni. - mi rispose, ma sapevo che stava mentendo.

Pensava di essere più furbo di me, ma non l'avrebbe fatta franca. Tentava in tutti i modi di nascondermi qualsiasi indizio sul nuovo comeback, ma non faceva altro che alimentare la mia curiosità. In sartoria stavamo già preparando tutti gli abiti per i nuovi MV, però non avevo notato niente di particolare. Sembrava che tutti si fossero messi d'accordo; appena chiedevo qualche informazione sulle canzoni, rispondevano a grandi linee. Avevo persino fatto una scommessa con il mio sensei di fiducia durante un allenamento: se fossi riuscita ad immobilizzarlo, mi avrebbe svelato almeno il concept. Purtroppo avevo perso clamorosamente, scaraventata a terra come un sacco di patate. Durante le prove delle coreografie, ero riuscita ad intrufolarmi nella sala insieme alla crew di ballerini. Quel simpaticone di Seokjin mi aveva vista accovacciata dietro alle attrezzature e mi aveva sbattuta fuori sollevandomi senza problemi. Mi ripromisi di scambiare il sale con lo zucchero nei nostri prossimi incontri culinari. Me l'avrebbero pagata tutti quanti, nessuno escluso. Prima che potessi mettere in atto la mia malvagia vendetta, arrivò il giorno delle prove ufficiali con gli abiti nuovi. Finalmente mi permisero di entrare nella stanza e tirai un sospiro di sollievo. Controllai accuratamente che Jimin fosse perfetto, mentre un'acconciatrice laccava alcuni ciuffi ribelli. Il total black del suo abbigliamento faceva splendere i suoi capelli come se emanassero luce propria. Invece le ciocche colorate di Junkook mi ricordavano i lecca lecca al gusto panna e fragola. Yun mi richiamò all'improvviso: Namjoon aveva strappato un pezzo di cucitura della fascia per capelli. Non mi meravigliai, riusciva a distruggere qualsiasi cosa, ma rimediai subito fissando velocemente la parte scucita con ago e filo. Dopo pochi minuti tutti e sette erano pronti per iniziare e la musica partì. Non avevo assolutamente idea di cosa aspettarmi, ma rimasi molto colpita dalla loro energia. Sembrava volessero abbattere chiunque si parasse sul loro cammino, con grinta. Il mio sguardo continuava a seguire Jimin, la sua veemenza e carisma mi catturarono come una calamita. Apprezzai molto le parole del testo e la melodia e pensai a quanto lavoro impiegassero quei ragazzi per donare il meglio ai loro fan.

- Bene, facciamo anche la prossima. - pronunciò Hoseok soddisfatto, conclusasi la canzone.

Yun invitò lo staff della sartoria a recuperare le camicie alle quali avevamo lavorato pochi giorni prima; erano tutte dai toni pastello, morbide e con nastri di tessuti che dondolavano come foglie. I ragazzi riuscirono ad indossarle senza il nostro aiuto, ma legai intorno al collo di Seokjin e Jungkook una fascia dello stesso colore della camicia. Sembravano tutti così delicati e puri.

- Questi vestiti non servono per le riprese, ma per una futura esibizione. Quindi abbiamo il tempo per modificare gli eventuali difetti.- annunciò Yun mentre sistemava il colletto azzurro di Namjoon.

Al richiamo di Yoongi, tutti e sette si posizionarono vicino a lui: chini uno vicino all'altro e Jimin rivolto verso di noi. Una melodia dolce e delicata invase tutta la sala, i ragazzi si alzarono all'unisono e Jimin mi lanciò uno sguardo carico di emozioni. Si abbandonò a terra, cingendosi le ginocchia e si mosse sinuosamente per lasciare spazio a Hoseok.

I miss you.

Solo le prime tre parole, mi provocarono delle fitte al cuore. Ascoltai completamente rapita quel canto così melanconico e il mio migliore amico ballò da solo per un momento mostrando tutta la sua grazia. Il ritornello mi travolse completamente come un fiume in piena durante la stagione delle piogge. I loro movimenti mi ricordarono quei petali di ciliegio che caddero quel giorno della nostra promessa. Per molto tempo, ogni inverno, i fiocchi di neve che guardavo tristemente dalla finestra, mi riportavano alla mente quella cascata rosa che tanto adoravamo ammirare. Aspettavo la primavera con la speranza di poter vedere ancora quell'amico indispensabile che mi aveva lasciata indietro.

How much more do I have to wait?

How many more days do I have to stay up all nights?

Until I can see you?

Until I can meet you?

Ripensai a quante volte me lo ero domandato. Probabilmente Jimin provava le stesse mie sensazioni perchè mi guardava malinconico mentre intonavano quella note così disperate. Poi rimasero lui e Yoongi schiena contro schiena chiedendosi chi dei due fosse cambiato. Dentro di me sapevo la risposta, eravamo cambiati entrambi e concordai a pieno con le loro parole. Le lacrime scesero copiose quando iniziarono il secondo ritornello, ora capivo perchè Jimin mi aveva nascosto quella canzone. Mi coprii la bocca con le mani per non fare troppo rumore, ma non riuscivo a smettere di guardare.

You know it all

You’re my best friend

The sun will rise again

No darkness, no season

Can last forever

Taehyung stava cantando le prime frasi, seguito da Seokjin che toccò la spalla del compagno per farlo rialzare. Cercai di trattenere il più possibile i singhiozzi, una canzone non aveva mai avuto quell'effetto su di me. Ma il peggio non era ancora arrivato, ricevetti il colpo finale quando sentii finalmente i tanto attesi fiori di ciliegio.

Seems like cherry blossoms are blooming

The winter is gone

I miss you

I miss you

Esatto, l'inverno era finito. Da quanto ci eravamo rincontrati, non avevo più trascorso un inverno in solitudine. Jimin caricò quelle note con tutta la disperazione che aveva provato e lo vidi sorprendesi della mia reazione. Continuavo a piangere senza sosta, incapace di controllarmi. Qualcuno dello staff mi guardò e mi sorrise con compassione; non potevano capire. Seokjin abbracciò Jimin sul finale pregandolo di rimanere ancora un pò. L'applauso dello staff risultò ovattato nelle mie orecchie: ero completamente in confusione. Non avevo ancora capito il potere immenso che aveva la musica, o semplicemente le parole.

- Wow, Diana si è commossa! - disse Yoongi all'improvviso.

Il mio migliore amico mi raggiunse con il fiato corto e mi spostò le mani dal viso chiedendomi se andasse tutto bene. Non andava per niente bene. Lo guardai con gli occhi appannati ed una sagoma rosa come le chiome dei ciliegi mi coprì la visuale già ridotta. Sentii le sue dita sfiorarmi le guance per asciugarmi le lacrime mentre rideva piano. Mi lasciai su di lui fregandomi degli sguardi inteneriti di tutti i presenti.

- Sei uno stupido. - mormorai con le braccia intorno ai suoi fianchi.

- Ehi, non pensavo che reagissi così. - protestò massaggiandomi la nuca.

Mi limitai a posare il mento sulla sua spalla per non rischiare di sporcare la camicia con il mascara, ma avrei preferito sprofondare nel suo collo profumato. Mi dondolò tra le braccia mentre mi chiedeva scusa per avermi nascosto tutto, ma ci teneva a farmi quella sorpresa.

- È il mio regalo di compleanno, un po' in anticipo.- sussurrò vicino al mio orecchio.

- Grazie, è bellissimo. - baciai leggermente la sua guancia.

- Avete bisogno di una camera, voi due? - ci urlò Tae divertito.

Così mi allontanai da lui a malincuore e lo lasciai tornare ai suoi doveri. Mi sentivo strana, non ero mai stata travolta da emozioni così forti e dirompenti. Gli volevo bene, quella era l’unica certezza che avevo.










Buonasera~
Rieccomi qua! Sembra un capitolo molto lungo, ma in realtà 
le frasi di Spring Day occupano molto spazio. Questo capitolo per me è
molto importante perchè è quello che mi ha dato l'idea per la storia.
Un giorno leggendo il testo di Spring Day mi è venuta l'illuminazione,
soprattutto per la parola Bestfriend. Non ho messo la solita frase a fine
capitolo perchè mi sembrava superflua, visto che ce ne sono già molte. 
Questo è un piccolo regalo per l'imminente compleanno di Diana che arriverà
a breve con qualche sorpresina ;)
Spero che vi sia piaciuta la mia idea iniziale <3
Grazie a tutti per le recensioni e per chi continua a leggere **
A prestissimo!

-Arashi-

 

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Capitolo 15
*** Tempesta ***


Tempesta
 

2017

{Jimin}


La pioggia colpiva insistentemente il vetro e pensai erroneamente che si trattasse di grandine, invece erano gocce grosse come sassolini. Mi sedetti sul davanzale della finestra chiusa: un piede davanti a me e l'avambraccio abbandonato sul ginocchio. Il cielo era piuttosto cupo, ma una linea netta delimitava le nuvole scure, gonfie di pioggia; sembrava che fosse stata disegnata con un righello. Guardai gli ombrelli variopinti camminare lungo il marciapiede sotto di me, l'unica nota di colore in tutto quel grigiore. Un fulmine improvviso squarciò il cielo in due seguito da un suono scricchiolante che fece tremare il vetro. Quella tempesta mi ricordava il giorno in cui vacillai, molti anni prima.

Avevo invitato Diana a casa mia per passare insieme quel pomeriggio uggioso, il quale trascorremmo sul divano davanti alla TV. Io mi avvicinavo a lei raramente, solo quando sapevo di non provocarle fastidio. Invece Diana si gettava su di me senza problemi e senza imbarazzo, non capivo come ci riusciva. Infatti si era sdraiata accanto a me e mi aveva avvolto con un braccio, sotto la coperta a scacchi. Mi ricordavo che sentii subito un calore forte crescere sul mio viso, ma non mi allontanai. Provavo sempre quel fastidio piacevole quando mi toccava, soprattutto quando mi sfiorava la pelle della schiena con la sua mano calda. Sentivo i suoi muscoli irrigidirsi ogni volta che un tuono rimbombava con violenza, sapevo che aveva paura del temporale. La strinsi a me per tranquillizzarla come facevo sempre e lei rispose a quella stretta strofinando il viso contro il mio petto.

- Jimin, tu sei innamorato? - chiese, così dal nulla.

- In che senso? - risposi stupidamente. Il mio cuore perse un battito e pregai che Diana non se ne fosse accorta.

- Che senso dovrebbe avere questa domanda? -

- No, comunque. E tu? - mentii e non capii perchè feci la stessa domanda, non volevo saperlo.

- Ovvio che no, mi prendono tutti in giro. Come potrei avvicinare un ragazzo?-

Non potevo guardarla in faccia, ma sospettai che il suo viso si fosse incupito. Era sempre molto allegra con tutti, nascondeva il suo disagio con una risata o con una battuta a bruciapelo. La conoscevo fin troppo bene per capire che ne stava soffrendo, in realtà. Mi sentii spregevole quando pensai che a me andava bene così: non avrebbe avuto ragazzi intorno svolacchiare come api sul miele.

- Troverai qualcuno che sappia amarti per ciò che sei, ne sono convinto. - risposi come un vecchio saggio, peccato che avevo solo 15 anni.

- Lo spero. A volte mi chiedo come sarà il mio primo bacio... -

Restai in silenzio. Io lo immaginavo spesso e purtroppo la protagonista era sempre la solita: Diana. Accarezzai i suoi capelli chiari che profumavano di vaniglia e mormorai un “chissà” con aria sognante.

-Mi piacerebbe che fossi tu il primo a baciarmi, perchè so che mi vuoi davvero bene. - disse con un sospiro.

Il mio cuore fece il triplo salto mortale all'indietro, degno di un circense esperto. La mia mano esitò per alcuni secondo sulla sua nuca ed una vocina dentro la mia testa urlava: riprenditi dallo shock o sei morto.

- Dai, non scherzare. - balbettai, tanto per dire qualcosa.

- Non sto scherzando. Lo faresti per me? -

Mi stava guardando e sembrava che il temporale si fosse teletrasportato nei suoi occhi: il blu delle sue iridi si agitava come il mare scosso da un uragano.

- Lo farei, ma non mi sembra il caso e...-

- Per favore. - mi supplicò con le mani posate sul mio petto per sorreggersi.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo: volevo tuffarmi in quell'oceano agitato e sprofondarvici fino ad affogare. Era letteralmente un suicidio. La stessa vocina di poco prima mi consigliava di scappare, ma la zittì; ormai avevo deciso. Diana racchiuse quella burrasca sotto le sue palpebre e distese le sue labbra piene verso di me, in attesa. Non avevo la minima idea di come funzionasse quel meccanismo, così mi lasciai guidare dall'istinto adolescenziale. Posai una mano tremante sulla sua mandibola, forse dovevo afferrarle il viso con entrambe o forse era giusto così; non riconoscevo nemmeno più quale fosse la destra o la sinistra. Mi avvicinai alla sua bocca lentamente, verso quel luogo sconosciuto che avevo sognato troppe volte. Peccato che mia mamma decise di tornare a casa proprio in quel momento con tre immensi sacchi di spesa e mi richiamò per aiutarla.

Guardai la foto che ci scattammo quel pomeriggio: il bordo bianco tipico della Polaroid, contrastava con i colori scuri dei nostri visi nella penombra. La tenevo gelosamente sul comodino, l'unica foto che avevo portato con me da Busan. Sorseggiai il tè, ormai freddo, e lo sentii amaro come tutti quei ricordi che ogni tanto tornavano a tormentarmi. In quel preciso momento, fui colpito dal fulmine che precipitò dal cielo. Ero innamorato della mia migliore amica, ma avevo cercato di fare le mie esperienze per sopprimere quel sentimento straziante. La osservavo ogni giorni mentre veniva da me per rubarmi un pezzo di cuore alla volta e la lasciavo fare. Per il nostro bene avevo deciso di non rivelarle mai ciò che provavo e forse un giorno l'avrei persa per questo. Probabilmente stavo sbagliando tutto e mi stavo comportando da egoista, ma non riuscivo a fare altrimenti. Una voce gracchiante mi deconcentrò: Diana stava cantano a squarciagola Blood, Sweat and Tears mentre passava l'aspirapolvere.

Per fortuna che le avevo detto di voler riposare un po'

Mi arresi e mi precipitai nel corridoio per torturarla. Arricciai il naso quando la vidi sculettare felice e spensierata con due cuffie bianche sulla testa quasi più grandi della sua faccia. Era incredibile come in così pochi secondi il nostro duro lavoro per quella canzone fosse svanito, ma sorrisi. Comminai verso la sua schiena senza preoccuparmi di non fare rumore e scossi le sue spalle con veemenza. Gridò e sbiancò come se avesse visto un fantasma, poi si posò una mano sui polmoni per calmare il respiro affannato.

-Park Jimin! Un giorno la mia vendetta sarà spietata. - disse, dopo aver spento l'aspirapolvere e borbottato qualcosa in italiano.

-Cosa? - finsi di non aver sentito per irritarla ancora di più.

-Fallo di nuovo e la tua maglia preferita finirà a strisce. - mi minacciò, scrollando l'indice nell'aria.

Ignorai il dito intimidatorio e l'abbracciai senza un motivo ben preciso; più mi imponevo di starle lontano, più volevo sentirla vicino. Si lasciò dondolare tra le mia braccia e ridemmo insieme, uno contro la fronte dell'altro. Mi accontentavo di poco, ma sapevo che un giorno non mi sarebbe più bastato.


 

"What was I so afrai of? Why did I hide my true self?" - Epiphany










 

Ehilà~
Questo capitolo mi fa emozionare perchè, se devo essere sincera, 
mi immedesimo più in Jimin che in Diana..riesco a capire un po' la sua sofferenza.
(non perchè mi trovi nella sua situazione, eh XD)
Il titolo è significativo perchè il mio nick 'Arashi' vuol dire proprio 'Tempesta' ahahah
Mi piacciono molto gli elementi naturali :)
Comunque spero vi piaccia la solita tenerezza <3
Nel prossimo inizierà l'episodio del compleanno di Diana, stay tuned ahahaha
Grazie a tutti come sempre <3
A presto**

-Arashi-

 

 

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Capitolo 16
*** Festa ***


Festa
 

11.03.2017

{Diana}


La mattina del mio compleanno, ritrovai nel salotto tre pacchi con un grande fiocco rosso nel centro. Aprii la busta abbandonata accanto al fiocco e lessi il bigliettino al suo interno: I BTS e tutto lo staff mi auguravano un buon compleanno. Sciolsi il nastro del primo regalo e scoprii una macchina da cucire, una delle migliori sul mercato. Iniziai a vedere tutto appannato e quando scartai gli altri due pacchi stavo già piangendo come una fontana: un manichino regolabile insieme a tutto l’occorrente per il cucito. Jimin apparii dal corridoio che conduceva alle camere e si accasciò dalle risate. Ero inginocchiata al centro della sala, sommersa dalla carta regalo mentre piagnucolavo a bocca aperta.

- Grazie. - singhiozzai disperata.

Avevo lasciato tutta la mia amata attrezzatura in Italia a malincuore, avevo pensato spesso di ricomprarmi tutto. Jimin si inginocchiò di fronte a me e mi scompigliò in capelli. Intravidi i suoi occhi ridotti a due fessure sorridenti che mi sciolsero come burro al sole.

- Auguri. - disse e mi gettai su di lui per abbracciarlo.

Insieme a lui mi recai nella sala prove e ringraziai tutti con un bacio affettuoso, nonostante il loro imbarazzo. Per tutto il pomeriggio rimasi imbambolata per la felicità come se stessi vivendo un sogno. Ma le sorprese non erano finite lì. Mi permisero di uscire in anticipo dalla sartoria ed ingenuamente pensai che fosse solo un gesto di cortesia. Invece quando tornai a casa Jimin mi gettò tra le braccia quello che sembrava un semplice lenzuolo bianco. Alzai un sopracciglio e un angolo della bocca come se un filo tirasse entrambi verso l’alto.

- Mettilo. Ah, aspetta. - scappò in camera per tornare con qualcosa di dorato tra le mani: una coroncina con delle foglie a forma di alloro.

- Cosa significherebbe? - chiesi mentre posò il gioiello sulla stoffa arricciata.

- Fa valere il nome che porti, andiamo ad un Toga Party. -

- Come? - credetti di non aver sentito bene, forse ero diventata sorda senza saperlo.

- Abbiamo organizzato un Toga Party per il tuo compleanno, muoviti. - mi spinse per le spalle verso camera mia e mi chiuse la porta in faccia.

Poco dopo mi specchiai con il vestito addosso: era semplice, ma d’effetto. Due fasce plissettate si stringevano sulle mie spalle, fermate da un piccolo fermaglio luccicante; la scollatura mostrava leggermente lo sterno, sotto del quale una cintura arricciata enfatizzava il mio punto vita; ad ogni mio movimento una gamba sporgeva timida dallo spacco della gonna leggera. Illuminai la mia treccia scura con la coroncina di foglie dorate e decisi di arricchire il tutto: ero la festeggiata, potevo osare. Per fortuna avevo dei meravigliosi sandali alla schiava con il tacco che mi donavano un’aria ancora più greca. E come se non bastasse, aggiunsi dei lunghi pendenti intonati alla coroncina. Optai per un trucco semplice dai toni del marrone, ma approfondito da una fine linea di eye-liner. Mi sentivo davvero la dea della caccia in persona per la prima volta in vita mia. Uscii dalla stanza per chiedere un parere a Jimin e ritrovai Apollo nel salotto. Il Dio del sole lo avevo sempre immaginato così: chioma bionda ondulata, il viso illuminato dalla stoffa chiara, gli occhi azzurri come il cielo, la rotondità della spalla allo scoperto, un bracciale rigido a racchiudere il bicipite tonico, il corpo snello accarezzato dalle pieghe della toga fin sopra le ginocchia. L'unica differenza era nei suoi tratti orientali, ma lo immaginai sul suo carro infuocato volare nel cielo per dare inizio ad nuovo giorno. Aveva staccato gli occhi dallo schermo del cellulare per guardarmi e il suo pomo di Adamo si sussultò leggermente verso l'alto. Ci studiammo in silenzio, ma sembrava che entrambi provassimo la stessa sensazione: incredulità. Pregai Giove per trattenere la mia mandibola dal cadere a terra.

- Sei bellissima. - disse piano.

- Grazie, anche tu stai molto bene. - risposi con un po’ di imbarazzo. Decidemmo di coprirci con dei cappotti lunghi per raggiungere la macchina che ci aspettava sotto casa. Jin ci stava massacrando di messaggi da cinque minuti, si spazientiva quando doveva accompagnarci. Come sempre, io e Jimin litigammo per il posto accanto al guidatore. Mi lasciai sul seggiolino a tradimento ricevendo il rimprovero della mamma Seokjin.

- Quando crederete voi due? -

- Senti chi parla. - lo scherni Jimin mentre si allacciava la cintura sul retro.

- Siamo carichi stasera, eh? - Non mi ero accorta della presenza di Hoseok nel sedile posteriore.

- Namjoon é già partito con gli altri. Mi fate arrivare sempre in ritardo. E abbiate un po' di rispetto per gli anziani! - brontolò il conducente ed ingranò la marcia facendo stridere le gomme.

- Dopo vedrai quanto ci siamo impegnati per essere fighi. - affermai compiaciuta.

Entrammo da una porta secondaria di una discoteca e seguii i tre ragazzi verso la sala della festa; ne avevano prenotata una privata per avere un po' di riservatezza. Consegnammo i nostri cappotti ad una hostess, sfoggiando i nostri costumi per la festa. Hoseok indossava una fascia rossa sopra la toga, in tinta con i suoi capelli e la corona di alloro gli donava quell'aria da fiero imperatore romano. Jin personificava un vero romano con la gonnella e l'armatura di finto cuoio, mancava solo l'elmetto per essere perfetto. Avevo preso quella festa fin troppo seriamente.

- Si vede che il tuo vestito l'ha scelto Jimin. - constatò Hoseok e sentii tutti i loro occhi su di me.

- Vero? Sono divina. - dissi ammiccando.

- Sembra un'esclamazione di Jin. - commentò Jimin con una risata. 

- Mi spiace, ma io sono imbattibile. -

Dopo quella auto convinzione di Seokjin, facemmo il nostro ingresso trionfale nella sala. Vi erano drappi d’oro e bianchi appesi alle pareti, impreziositi da foglie di alloro. Un lungo tavolo pieno di cocktail e snack faceva da protagonista nella stanza già piena di gente. Salutai i presenti, ma non riconobbi alcune persone, evidentemente avevano invitato anche dei loro amici. Notai alcuni ragazzi niente male, sopratutto uno che aveva solo una fascia per coprirsi i pettorali e gli addominali importanti.

- Kookie vuole fare colpo stasera, eh. - esclamò Hobie mentre ci dirigevamo verso il diretto interessato.

Concordai in silenzio, il mio sensei catturava l'attenzione, nonostante non indossasse accessori vistosi. Agitò una mano a mo' di saluto, mentre l'altra reggeva un bicchiere dal liquido rossastro.

- Ce ne avete messo di tempo. Taehyung, Namjoon e Yoongi stanno prendendo da bere, aspettavamo solo voi per accedere un po' di musica. - ci spiegò mentre la sua bevanda rossa ondeggiava pericolosamente vicino al bordo del bicchiere. I miei occhi faticavano a rimanere concentrati sul viso che sembrava inconsapevole della sua bellezza. Poco dopo i tre mancanti ci raggiunsero, armati di drink, e non potei fare a meno di ridere per l'espressione di Yoongi che diceva: accidenti a me quando ho accettato di venire, voglio tornare a casa. Nonostante la sua faccia contrariata, indossava la toga come i suoi compagni. Non so per quale motivo, ma mi ricordava un piccolo Cupido: pronto a trafiggerti con la sua freccia quando meno te lo aspettavi. Invece Tae mi pareva un putto con i suoi capelli chiari leggermente arricciati, ornati da un lungo orecchino con un ciondolo a forma di piuma. Namjoon lo associai automaticamente a Giove, per il suo ruolo di leader che non abbandonava mai. Riportai la mente sul presente e chiesi chi fossero tutti quei visi sconosciuti. “Non sarebbe stato divertente se avesse partecipato solo lo staff alla festa, no?” Mi spiegarono. La musica partì quando avevamo tracannato il secondo cocktail, qualcuno era già al terzo e gli effetti iniziavano a vedersi. La sala era ghermita da gente saltellante e venni scossa da un improvvisa voglia di scatenarmi. Afferrai Jimin per un polso e mi buttai in mezzo a quel dedalo di corpi. Non ero un assidua frequentatrice di discoteche, ma quella sera volevo divertirmi; dopotutto era il mio compleanno. Jimin mi sorprese quando iniziò a strusciarsi contro di me a ritmo di musica, ma stetti al suo gioco. Mi lasciai guidare completamente da lui, seguendo i suoi movimenti sinuosi e precisi; sprizzava sensualità da tutti i pori. Mi sollevò una mano per farmi roteare su me stessa, accostò il suo petto alla mia schiena e mosse il bacino sorreggendomi per i fianchi. Se non fosse stato il mio migliore amico, probabilmente mi avrebbe conquistata in un secondo. Sentii un fastidio all'altezza del ventre, come una scossa che si ripercosse fino allo stomaco. Tutto d'un tratto avevo caldo, sebbene fossi quasi svestita, così preferii rinfrescarmi la gola con qualcosa di alcolico. Urlai all'orecchio del mio amico per sovrastare la musica ad alto volume, poi mi seguii verso il tavolo. Rischiai di versare il mio prezioso drink quando vidi Yoongi avvinghiato, come un polipo su uno scoglio, ad una ragazza asiatica dai bellissimi capelli ramati. Sgomitai sull'addome di Jimin per indicargli il suo compagno intento a pomiciare pesantemente con una sconosciuta.

- Quando beve, fa sempre così. - fece spallucce.

Il putto Tae sbucò dalla folla con il fiato corto e ci propose uno shot che noi accettammo volentieri. Iniziavo a percepire gli effetti dell'alcol, mi girava un po' la testa e ridevo senza motivo. Le luci si spensero e gli invitati lasciarono passare Hoseok che sorreggeva la torta con qualche candelina accesa. Soffiai sulle piccole fiammelle mentre tutti intonavano la canzoncina di “Buon compleanno” e mi inchinai per ringraziare tutti. Quello fu l'ultimo mio momento di lucidità, dopo di che il buio completo.


 

"Where the party, yah?" - Go Go






 

Buonasera~
Ecco il tanto atteso compleanno, titolo banalissimo per questo capitolo, 
ma ero a corto di idee XD
Non ho molto da aggiungere, l'idea del toga party mi è venuta per caso
come un'illuminazione spirituale (tutto sempre legato alla mitologia ahahah).
Vi dico solo che c'è un motivo per cui ho iniziato con il Pov di Diana ;)
Mi rendo conto che è un po' piuù lungo degli altri capitoli, ma non volevo
correre troppo. Mi dispiace, ma a mio parere Jk ha una bellezza straordinaria..
è stato quasi un obbligo inserirlo così. Senza nulla togliere a Jimin, sia chiaro C:
Bene, questo è tutto. Spero che vi piaccia <3
Non finirò mai di ringraziare tutte le persone che continuano a seguire la mia storia!
A presto **

-Arashi-

 


 

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Capitolo 17
*** Segreto ***


Segreto

2017
 

{Jimin}


Dopo l'entrata della torta, Diana aveva trangugiato altri cocktail insieme a Tae e Jungkook. Io mi ero trattenuto perchè sapevo già come sarebbe andata a finire. Inoltre se avessi bevuto di più, non so cosa avrei combinato. Non riuscivo a togliere gli occhi di dosso dalla mia migliore amica, era fantastica; quell'abito amplificava la sua bellezza. Taehyung ci trascinò al centro della pista più volte, spingendoci a scatenarci. Ogni tanto apparivano gli altri membri per scambiare qualche passo di danza con la festeggiata e poi sparivano, ingurgitati dalla folla famelica. Non potevo negare che mi approfittai un po' della sbornia di Diana per toccarla come non avevo mai fatto: passavo le mie mani sui suoi fianchi continuamente fino ad afferrare le cosce toniche, con non troppa delicatezza.

Ad un certo punto, mentre si strusciava contro di me, mi urlò: Apollo, fammi tua! Capii che era completamente andata in tilt, soprattutto cosa c'entrava Apollo? Sfuggì persino al mio controllo per un momento e la ritrovai addosso a Jungkook che cercava di farla calmare. Alla fine della festa, fu difficile trasportarla a casa: dovetti issarla sulle spalle mentre vaneggiava in italiano. Per fortuna crollò nel sonno durante il viaggio in macchina, ma si riprese non appena posò il piede dentro casa. La costrinsi a sedere sullo sgabello della cucina, ma continuava a lagnarsi senza sosta.

- Antipatico, volevo divertirmi ancora un po'. - biascicò, accasciata sul tavolo con la testa posata sul braccio disteso.

- Mi pare che ti sia divertita abbastanza stasera. - la rimproverai. Non l’avevo mai vista in quelle condizioni e non sapevo nemmeno come gestirla.

- Noioso. Tu non sai divertiti. - ribattè con la voce impastata.

- Hai finito di offendermi? - sorrisi compassionevole. Cercai di sollevarle le braccia per portarla in camera, ma non stava collaborando: mi sembrava di avere a che fare con un cadavere. Ogni tanto tornava in vita, spingendomi e ribellandosi alla mia stretta.

- Non ho sonno. - borbottò tra le mie braccia. - Sicuramente Jungkook mi avrebbe soddisfatta. -

Rimasi perplesso: come dovevo interpretare quella frase? La sostenni mentre ondeggiava come se fosse su una barca nel bel mezzo di una tempesta.

- Cosa vorresti fare a quest’ora? Spiegamelo. - domandai con un tono un po' brusco,ma mi stavo spazientendo. Non ero molto lucido perchè dovevo ancora smaltire i residui di alcol. Cercai comunque di mantenere la calma, ma lei stava tirando un po' troppo la corda.

- Baciami. - pronunciò e subito dopo mi rise in faccia. - Non hai coraggio. -

Il mio cuore aveva perso un battito al suono di quella parola che aspettavo da anni. Insicuro sul da farsi, la guardai ridere mentre si accasciava su di me con le braccia intorno al mio collo.

- Smettila, ora ti porto in camera. -

Non avevo intenzione di approfittare della sua sbornia in modo così meschino; tentai di rimanere presente a me stesso. Invece Diana mi afferrò la fascia della toga, portandomi verso di lei, ed appoggiò la schiena contro la parete della cucina.

- Dai, fammi contenta. Altrimenti mi metto a gridare. - disse senza mollare la presa. I suoi occhi lucidi mi guardavano provocatori e maliziosi. Sembrava perfettamente consapevole dell’effetto che stava avendo su di me. Mi passò un dito sulla guancia per poi scendere sul pomo di Adamo, e poi ancora più sotto fino al ventre. Continuavo a ripetermi come un pazzo che era ubriacata, ma il mio corpo la desiderava con tutto se stesso. Mi obbligò ad avvicinarmi ancora, percependo il suo seno morbido sul mio petto, quando mi tormentò i capelli sulla nuca con entrambe la mani. Brividi di piacere si irradiarono su tutta la superficie della mia pelle come scosse elettriche. Alla fine cedetti a quel richiamo che avevo sempre sperato, così racchiusi le sue labbra, morbide e roventi, tra le mie con fare incerto. Il mio conflitto interiore si spense completamente, lasciando spazio alla voglia soffocata che avevo di lei. Mi sorprese, non appena mi afferrò il viso tra le sue mani delicate per non farmi fuggire. Rovesciò i nostri ruoli in quel momento: mi stava guidando in quel bacio completante sbagliato.

Era tutto sbagliato, ma non riuscivo a fermarmi.

Prese il sopravvento sulla mia bocca, portandomi a dischiuderla per insinuare la sua lingua. Non avevo più il controllo del mio corpo, perciò rimasi immobile con le mani attorno alla sua vita perfetta, quando percorse la mia mandibola per soffermarsi vicino all'orecchio. Mi sfuggì un flebile gemito dopo che mi regalò dei piccoli morsi sul lobo. Sorrise sulla mia pelle e continuò inesorabile il suo cammino eccitante verso il mio collo. Le permisi di abbassarmi la fascia bianca fino all'addome: ogni centimetro che scopriva, corrispondeva ad una piacevole fitta al cuore. Inumidì le mie clavicole sporgenti e stava per scendere sullo sterno, ma un pensiero fulmineo mi riscosse.

Cosa sto facendo?

- Diana, fermati. Ti prego. - la implorai, incapace di bloccarla.

Alzò il capo verso di me, mentre le sue mani attraversarono tutto il mio addome per posarsi sul mio petto.

- E se non mi fermassi? - mi provocò con lo sguardo assente.

- Te ne pentiresti. - replicai sottovoce.

Mi baciò di nuovo e questa volta trovai la forza per allontanarla da me. Avrei fatto l'amore con lei in quel momento, ma non me lo sarei mai perdonato.

- Cattivo. - mi offese con una voce da bambina, alla quale avevano tolto il suo giocattolo preferito.

La condussi in camera spingendola davanti a me per le spalle, dovevo tenerla il più lontano possibile. La abbondai sul letto e feci per andarmene in camera mia, dovevo sbollire quel turbine di emozioni o sarei impazzito.

- Ecco, sei arrabbiato con me. - disse e cominciò a piangere rumorosamente.

- Non sono arrabbiato, cambiati e vai a dormire. - ordinai.
Stavo raggiungendo il limite, per cui il mio tono di voce risultò un po’ troppo perentorio. Dovetti tappare la bocca con una mano perché stava urlando. All’improvviso si riprese completamente e si alzò dal letto come sollevata da una forza sovrannaturale. Borbottava parole che non capivo, probabilmente italiane, mentre calò la parte superiore del vestito con un movimento fulminino. Rimasi sbigottito di fronte a quello spettacolo: indossava un reggiseno di pizzo bianco semi trasparente, sotto del quale si intravedeva la forma tondeggiante del capezzolo.

- C’è qualche problema? Da piccoli ci siamo visti nudi un sacco di volte. - rispose come se fosse tutto normale.

- Sì, ma ora siamo adulti. - dissi, fermando la sua mano intenta a slacciare la cintura della gonna.

- Non posso dormire così, è scomodo. - protestò con un lamento. Ancora barcollava sotto l’effetto dell’alcol, così decisi di aiutarla perché avevo paura che potesse farsi del male. La forzai a sdraiarsi sul bordo del letto, calai la zip e sfilai il vestito. Sentivo i battiti del cuore in gola che pulsava forte e minacciava di uscirmi dal petto. Le sue gambe erano affusolate, ma formose allo stesso tempo. La sua pelle ambrata risplendeva a contrasto con il colore pallido del suo intimo. Una fiamma scottante iniziò a bruciarmi le viscere, così impegnai il mio cervello nella ricerca del pigiama. Dovevo andarmene in fretta, quindi optai per una camicia da notte lucida perché era più semplice da indossare. Per fortuna Diana collaborò questa volta, per cui dopo pochi secondi era finalmente celata ai miei occhi. Tra una sua risata e l’altra riuscii ad infilarla sotto le coperte; ero esausto.

- Voglio il bacio della buonanotte. - mi pregò con lo sguardo pieno di sonno.

- Mi prometti che non berrai più così tanto? - non potevo reggere un’altra serata in quel modo.

- Te lo prometto. - ripose e sembrava aver ripreso un minimo di lucidità.

Sforai la sua fronte liscia con un bacio fugace, poi spensi la luce ed uscii dalla stanza. Solo io avrei ricordato quella sera, quell'emozione e quel bacio rubato.


 

"Kiss me on the lips, This is a secret between the two of us." - Blood, Sweat and Tears








 

Buonasera~
Ecco qua il tanto atteso after party ahahahah
Bello scherzetto che vi ho giocato, vero? 
Posso dire che avevo scritto prima questo capitolo e poi quello del compleanno
perchè era tutto funzionale a questo episodio ;)
Confermo che Diana non ricorda il bacio e vedremo se tornerà fuori prima o poi XD
E' stata molto cattivella qui, ma in vino veritas oppure no? (A voi il dubbio come sempre)

Non ho molto da aggiungere perchè, insomma, parla da sè questo capitolo.
Grazie ancora e a presto <3

-Arashi-

 

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Capitolo 18
*** Sapore Nuovo ***


Sapore Nuovo

2017
 

{Diana}


L'estate a Seoul era piuttosto afosa, ma apprezzavo le molte ore di sole perchè le giornate sembravano molto più lunghe. Guardai fuori dalla finestra del salotto, comodamente seduta sulla mia poltroncina preferita mentre sorseggiavo del tè freddo, come ogni domenica mattina. Il sole troneggiava al centro del cielo senza nuvole, schiaffeggiando gli edifici moderni e le strade sotto il suo dominio. Ipotizzai sulla temperatura esterna: a mio parere vi erano 50 gradi all'ombra. Controllai l'ora sul blocca schermo del mio cellulare e decisi di svegliare la Bella Addormentata. Abbandonai la mia bevanda dissetante sul tavolino di vetro facendo cozzare i cubetti di ghiaccio tra di loro, poi attraversai il corridoio a passo felpato. Spalancai la porta e mi tuffai sul mucchio soffice di coperte mentre urlavo: Sveglia!

La testa bionda di Jimin spuntava dal lenzuolo come un ciuffo d'ananas e lo scompigliai con forza.

- Ma che ore sono? - bofonchiò la principessa.

- E' mezzogiorno, alzati. - risposi sdraiata su di lui.

- Ho ancora sonno. Lasciami in pace. -

Aveva dormito abbastanza per i miei gusti e poi volevo della compagnia, così non mossi un muscolo. Scoprii il suo volto assonnato e tormentai le sue guance morbide come facevo da piccola. Lui sollevò una palpebra a fatica, ma non fermò il mio divertimento. Ero troppo concentrata con il mio giochino che non mi accorsi del arrivo del cuscino sulla mia testa. Mi vendicai aprendo le tende per far entrare tutta la luce possibile e lui si nascose sotto il lenzuolo con un lamento. Strattonai la coperta per strapparla dalle sue grinfie, ma finii di nuovo sul letto, così Jimin riuscì ad intrappolarmi. O meglio, mi lasciai catturare. Mi tempestò di baci sonori su tutto il viso provocandomi il solletico: iniziai a ridere mentre le forze mi abbandonavano. Non smettevamo mai di scherzare, mi piaceva quell'atmosfera così serena; non riuscivo ad immaginare una vita senza di lui. Alla fine si arrese ed abbandonò il suo covo, poi mi spinse fuori dalla stanza. Mi limitai ad andare in cucina per preparare qualcosa da mangiare e mi ricordai di un appuntamento importante. Quella sera avrei raggiunto Jin nel suo appartamento per imparare un nuovo piatto coreano. Erano già due mesi che ci incontravano quasi tutte le domeniche a cena per scambiarci ricette o consigli culinari. Quando era possibile si univano anche gli altri membri del gruppo per assaggiare le nostre creazioni. Avevo scoperto che mi trovavo molto bene con Jin, la sua esuberanza era davvero divertente. Però avevo persino capito di provare un certo interesse nei suoi confronti, soprattutto quella volta che si presentò con degli occhiali da vista in stile retro, i quali gli donavano un aspetto intellettuale, per niente male. Durante quegli incontri le nostre dita si erano inevitabilmente sfiorate diverse volte ed avevo sentito le guance prendere colore. Cercavo di non interrogarmi troppo sulle mie reazioni, ma ci pensavo spesso ultimamente. Non ne avevo parlato con Jimin perchè mi faceva un strano effetto discutere di ragazzi con lui. Percepii i suoi passi strascicati venire verso la cucina e mi riscossi dai miei pensieri. Pranzammo con della pasta al tonno e Jimin si offrì di lavare i piatti al posto mio, un evento da scrivere sul calendario.

- Mi sto quasi commuovendo. - dissi mentre mi tamponavo le lacrime finte.

- Stupida, volevo solo essere gentile. -

- Lascia stare, faccio io. -

Sapevo di viziarlo, ma mi manteneva in casa sua senza che dovessi sborsare un soldo di affitto. Mentre passavo la spugna insaponata su un piatto, Jimin mi abbracciò posando il mento sulla mia spalla. Nonostante fossi abituata a quel gesto, sentii il cuore che scioglieva sotto la sue stretta. Un pensiero fastidioso si infilò nella mia mente e dovetti dargli voce a tutti i costi.

- Rimarrai sempre al mio fianco, vero? -

Percepii i suoi muscoli irrigidirsi intorno a me ed allontanò il mento per guardarmi con la testa inclinata.

- Che domanda è? Certo. - mi rassicurò con un bacio sulla guancia. - Perchè me lo chiedi?-

- Così. Volevo esserne sicura. Anch'io farò lo stesso per te. - confessai e lui mi strinse più forte.

- Stasera mi dovrò fermare in sala prove fin dopo cena, non aspettarmi. - disse mentre rimetteva l'acqua nel frigo.

- Io sono da Jin, quindi non c'è problema. - sapevo che l'aveva dimenticato.

Passammo il pomeriggio insieme per le vie di Seoul per rilassarci un po'. Lui stava lavorando per il nuovo album Love Yourself: Her ed io sgobbavo per cucire i costumi di scena. Poco prima di cena lo accompagnai alla sede della Big Hit ed io mi catapultai nell'appartamento di Jin, scusandomi per il ritardo. Aveva già preparato tutto l'occorrente per insegnarmi una zuppa tipica piccante, così iniziammo subito. Mi sentivo un po' a disagio mentre mi toccava involontariamente, non mi era mai capitato. Avrei dovuto avere una fame tremenda a quell'ora, invece il mio stomaco brontolava all'idea di accogliere del cibo. Seguii le sue spiegazioni cercando di camuffare il mio imbarazzo con delle risatine strategiche; forse mi avrebbe presa per una matta. Studiai le sue spalle curve sul tagliere mentre tagliava con maestria delle cipolle. Tentò di asciugarsi le lacrime con la manica della felpa senza successo, così lo aiutai con un tovagliolo. I nostri occhi si incrociarono e bloccai per un momento la mano sulla sua guancia; però mi allontanai quando il mio viso e le sue orecchie presero fuoco. Procedemmo come se non fosse successo nulla ed accendemmo i fornelli per cuocere quella zuppa. Quando il liquido borbottò pigro, Jin ne raccolse un poco con un cucchiaio e vi soffiò sopra per raffreddarlo.

- Assaggia prima tu. Vediamo cosa ne pensi. - disse porgendomi il cucchiaio sopra la sua mano a mo' di coppa.

Assaporai quella zuppa calda con gusto e mi complimentai per il buon sapore. Mi sorrise soddisfatto mentre riponeva il cucchiaio nel lavabo senza distogliere lo sguardo; eravamo tremendamente vicini. Studiai le sua labbra carnose, poi i suoi occhi scuri, sfiorati dalla frangia castana, che mi chiedevano il permesso di avvicinarsi. Non rifiutai e lasciai che le nostre bocche si toccassero. Chiusi gli occhi per gustare quel sapore nuovo come la zuppa che avevo appena assaggiato: era delicato e dolce. Mi racchiuse il viso tra le sue mani grandi per infondere più decisione in quel tocco che mi aprì la bocca dello stomaco. Divenni insaziabile, così dischiusi le labbra per provare un altro gusto nuovo: la mia lingua affamata cercò la sua e la ghermì. Un calore doloroso e piacevole allo stesso tempo crebbe dentro di me senza controllo. Mi stavo cibando con la sua bocca, ma non ero mai sazia abbastanza. Le sue dita percorsero tutta la mia schiena fino alle cosce e le mie si posarono sul suo collo teso. Non so dove ci avrebbero portato quei gesti, ma un intenso odore di bruciato ci spaventò all'improvviso. Jin spense immediatamente il fornello, ma la zuppa era irrecuperabile.

- Mi dispiace, vedo se trovo qualcosa di veloce da preparare.- disse grattandosi la nuca.

- Non importa. -

Mi gettai di nuovo sulle sue labbra, avevo fame di lui. Inutile dire che non mangiammo quella sera, riempimmo i nostri stomaci con i baci.

 

"But we both found each other tonight "- Waste it on me








 

Buonasera~
Sono un po' cattiva, vero? Date la colpa ad un mio sogno che mi ha fatto da ispirazione per
questo capitolo. Fate conto che dal compleanno di Diana sono passati praticamente tre mesi.
In tutto questo vi chiederete: e Jimin cosa farà adesso? Lo scoprirete solo dal prossimo capitolo ;)
E vi lascio con un altro quesito, Diana e Jin cosa avranno combinato dopo? eheheheheh *ride*
A voi l'immaginazione!
Bene, spero che vi stia piacendo ancora la mia storia <3
Ci vediamo al prossimo capitolo **
A presto!

-Arashi- 

 

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Capitolo 19
*** Cielo Stellato ***


Cielo Stellato

2017
 

{Jimin}


Diana mi svegliò nel cuore della notte. Pensai che un ladro fosse entrato in casa e mi misi a sedere con il sudore freddo.

- Jimin, ti devo dire una cosa. -

La insultai nella mia mente mentre saltellava allegra su materasso.

- Non puoi aspettare domattina?- la pregai con un occhio chiuso, la luce del corridoio mi stava accecando.

- No, ascoltami. - disse battendo una mano sulla mia coscia. - Io e Jin ci siamo baciati. -

Mi bloccai. Aveva il viso in ombra, ma vedevo chiaramente il suo sorriso. Fino a quel momento credevo che fosse impossibile silenziare i pensieri, ma mi ricredetti. Un silenzio cupo si impadronì della mia mente come se avessi il cervello sottovuoto. Mi forzai di sembrare ancora assonnato, in realtà mi ero svegliato improvvisamente.

- Sei felice?- chiesi con il nodo alla gola.

- Sì! E' stato bellissimo, domani ti racconto. - mi stampò un bacio con le stesse labbra che avevano toccato Jin e fuggì in camera.

Mi abbandonai nel letto e fissai il soffitto incredulo. Non avevo lontanamente pensato che potesse accadere una cosa del genere, soprattutto con Seokjin. Sentii un peso opprimermi i polmoni e faticai a riprendere fiato. Non provai nemmeno a fermare le lacrime, chiusi le mani in un pugno e premetti con rabbia sulle orbite. Perchè ero destinato a soffrire così? Avrei dovuto guardarli amoreggiare davanti ai miei occhi e fingere di essere felice per loro. Come avrei guardato in faccia il mio compagno l'indomani?

Aspettai il suono della sveglia con sollievo e finalmente mi alzai per lavarmi il viso rigato. Avevo un forte mal di testa a causa delle poche ore di sonno, ma mi preparai psicologicamente al racconto di Diana.

- Ma stai bene?- mi chiese in cucina.

Era seduta di fronte a me, avvolta nel suo pigiama con i panda, mentre spalmava della marmellata su una fetta biscottata.

- Per niente. Mi sta scoppiando la testa.- risposi, seduto con i gomiti sul tavolo.

- Si vede, hai una brutta cera. - mi sfiorò la fronte con la mano e quel gesto mi infastidì. Avrei voluto scacciarla, ma frenai l'impulso.

- Scusa, ti ho svegliato stanotte. Mi sono fatta prendere dall'euforia. - disse e si versò il latte nella tazza.

- Non fa niente, tranquilla. - mentii per non farla sentire in colpa.

Dopo di che iniziò il calvario. Mi spiegò come avevano finito per baciarsi e non avevano smesso per diverse ore. Tenevo lo sguardo fisso sul tavolo mentre mi raccontava quanto fosse stato dolce e premuroso Jin quando si erano spostati sul divano. La mia immaginazione mi pugnalò alle spalle mostrandomi la scena nei minimi dettagli, persino il mio stomaco mi tradì: si chiuse su se stesso.

- Sinceramente, mi sono dovuta trattenere. Altrimenti non so cosa avremmo combinato. - disse sorridendo alla sua fetta biscottata ed io quasi mi vomitai quel poco che avevo mangiato.

Parlava come una macchinetta, ad un certo punto non riuscii più a seguire il filo del discorso. Le tempie mi pulsavano dolorosamente e mi sentivo uno schifo, non avevo mai toccato il fondo come in quel momento. Ingurgitai un antidolorifico e ci dirigemmo all'agenzia per una nuova giornata di lavoro; ovviamente sprizzavo gioia da tutti i pori.

Non so come sopravvissi per quelle settimane, ogni giorni dovevo sopportare l'immagine quei due che si strusciavano, si abbracciavano, si baciavano. Faceva talmente male vederla tra le mani di un altro che una gamba rotta sarebbe stata una passeggiata in confronto. Invidiavo il mio compagno e odiavo per stesso per quel motivo, ma era più forte di me. Avrei voluto essere al suo posto anche solo per un giorno per veder realizzato quel piccolo desiderio che nascondevo da anni. Diana e Seokjin sembravano felici ed iniziarono a passare molto tempo insieme, tanto che spesso mi ritrovavo a casa da solo. Sprofondavo sul divano, cercando di soffocare quella frustrazione che mi stava logorando le viscere. Evidentemente ero diventano un bravissimo attore perchè Diana non mi chiese mai niente; avrei potuto vincere l'Oscar per la mia lunga carriera.

Un giorno però, arrivai quasi al limite. Entrai in casa, canticchiando tra me e me, e mi pietrificai con la maniglia nella mano destra. Riconobbi i lunghi capelli corvini e la schiena nuda di Diana, le sue ginocchia racchiudevano le gambe di Seokjin, seduto sul divano. Compresi subito ciò che avevo interrotto, soprattutto grazie alla loro espressione attonita. La ragazza si alzò subito coprendosi il reggiseno con la maglia ripescata dal pavimento e l'altro si allontanò imbarazzato.

- Jimin, scusaci. Non pensavo che saresti tornato così presto. - disse Diana rivestitasi.

- Ecco...non importa. - balbettai ancora fermo sulla soglia.

- Perdonaci, ce ne andiamo subito. - si affrettò a dire Jin con un inchino.

- Rimanete pure, mi sono ricordato che devo passare da un negozio. - improvvisai e chiusi la porta senza farmelo ripetere due volte.

Salii le scale del condominio di corsa e uscii sulla terrazza del condominio. Inspirai l'aria estiva della sera, dovevo calmarmi. Stritolai la ringhiera di ferro che delimitava il perimento finchè il sangue non raggiunse più le ultime falangi. Guardai la città risplendere nel buio, ma lentamente le luci dei palazzi divennero sfocate. Con le mani formicolanti, abbandonai la schiena contro il muretto e mi lasciai scivolare sul cemento freddo. Sciolsi il fiocco delle stringe e gettai scarpa e calzino davanti a me. Fissai quel maledetto tatuaggio, avrei voluto scorticarlo con le unghie per cancellare il dolore che mi recava in quel momento. Chi volevo prendere in giro? La amavo e non potevo negarlo. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma nessuno mi avrebbe capito. Mi sentii solo per la prima volta da quando avevo incontrato i membri. Rivolsi gli occhi al cielo stellato e le parole uscirono da sole della mia bocca: la canzone che Namjoon aveva scritto per me, era fin troppo azzeccata.

Serendipity.
 

"Just let me love you." - Serendipity




 

Buonasera~
Non vedevo l'ora di pubblicare questo capitolo! 
Lo faccio oggi perchè non so quando riesco ad aggiornare nei prossimi giorni,
quindi vi lascio un po' di brace sul fuoco. 

Vi dico che ho sofferto mentre scrivevo questo capitolo, stavo male per Jimin ;;
Quindi posso immaginare come vi sentiate voi Quei due zozzoni di Jin e Diana si danno da fare nonostante siano novelli "fidanzati",
però a loro favore dico che quando Jimin li becca, è già passato un mese dal loro
primo bacio.
Bene, vi lascio e spero vi piaccia anche questo <3
A presto **

-Arashi- 

 

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Capitolo 20
*** Diavolo Tentatore ***


Diavolo Tentatore

2017

{Diana}
 

Mi trovato a casa da sola, in compagnia solo del suono lontano della TV. Così decisi di telefonare a mia mamma, quel giorno non l'avevo ancora sentita. Ci tenevamo costantemente in contatto da quando ero partita per Seoul ed era a conoscenza della mia situazione attuale. Le avevo raccontato della mia vita insieme a Jimin, ma ancora non sapeva della mia relazione con Seokjin; volevo esserne sicura prima di parlagliene. Mi rispose dopo qualche squillo con un rumoroso “Ciao tesoro”, a cui facevo fatica ad abituarmi: i coreani non erano soliti salutare con urli di gioia per telefono. Dopo i soliti convenevoli per assicurarsi l'una la salute dell'altra, presi l'iniziativa.

- Mamma, devo dirti una cosa. Tieniti forte. - la avvisai perchè conoscevo fin troppo bene le sue reazioni esagerate.

- Ti sei fidanzata? - mi beccò subito.

- Wow, sei peggio di Sherlock Holmes. -

- Con chi? Con Jimin? - squittì come un topo.

Aveva sempre tifato per lui, d'altronde lo adorava. Lo aveva sempre considerato come suo figlio, il fratello che io avevo sempre voluto. Quando eravamo in Italia, continuava a ripetermi che sarebbe stato l'uomo della mia vita, se fossimo rimasti in Corea. Un giorno però, mi ero spazientita perchè non faceva altro che riaprire quella ferita, la quale avevo cercato di guarire con altre amicizie. L'avevo supplicata di non nominarlo così spesso, tanto non l'avrei più rivisto ed il suo sguardo si era incupito tutto d'un tratto. Non ne aveva fatto parola nemmeno quando mi aveva salutato all'aeroporto insieme a mio padre, dovevo averla ferita in qualche modo. Si era riaccesa come una lampadina quando aveva saputo della nostra convivenza, subito aveva iniziarlo a pianificare il nostro matrimonio.

-No, mamma. Con un suo compagno, si chiama Seokjin. - confessai.

- Ah. - rispose delusa.

Probabilmente avevo infranto i suoi sogni da futura suocera. Mi fece diverse domande con non troppo entusiasmo: quanti anni aveva, quanto fosse figo rispetto a Jimin, dove abitava; tralasciai i dettagli del nostri incontri culinari.

- Potresti fingere di essere felice. - la rimproverai con una piccola risata.

- Sono felice, cara. Ma non smetterò mai di sostenere il mio bambino. - disse.

- Mamma, ha 21 anni ora! -

- Non mi interessa, rimarrete i miei bambini per sempre. -

Stavo per vomitare. Mia mamma era totalmente l'opposto di me, dimostrava fin troppo i suoi sentimenti sdolcinati. Quando Jimin ci faceva visita a Busan, lo strapazzava come un bambolotto tormentando le sue guance paffute fino a farle diventare rosse. Nel frattempo il suo bambino rientrò in casa e sibilai delle parole mute verso di lui: fai silenzio perchè c'è mia mamma al telefono. Se avesse saputo che Jimin era lì, avrebbe sclerato peggio di una fan durante i loro concerti; lo avvisai per preservare il mio udito. Lui comprese subito l'eventuale pericolo e chiuse la porta senza fare rumore, poi sparì verso camera sua in punta di piedi. Per evitare di rimanere un'ora al cellulare, puntai sulle manie iperprotettive di mia madre: avevo i capelli umidi avvolti in un asciugamano da un po' e lei aveva sempre avuto il terrore che mi potesse venire il torcicollo. Mi riattaccò alla velocità della luce urlandomi che dovevo assolutamente asciugare i capelli. Grazie a lei, avevo sempre fretta quando mi facevo la doccia. Mi precipitai verso il bagno, ma trovai la porta chiusa ed il rumore dell'acqua corrente che usciva dalla doccia.

- Cazzo. - mormorai.

Jimin era capace di rimanere nel bagno fino al mattino dopo. Faceva la doccia venticinque volte al giorno, una ogni ora in pratica; maledissi le sue abitudini coreane. Attesi qualche minuto mentre la mia gamba fremeva impaziente, ma non resistetti.

- Jimin, puoi passarmi l'asciugacapelli? - urlai per sovrastare il rumore dell'acqua.

- Sono sotto la doccia! - mi gridò di rimando.

- Devo asciugarmi i capelli, maledetto... - continuai la frase nella mia mente.

- Entra pure, tanto il vetro è opaco. -

Vero. La mia cervicale veniva prima dell'imbarazzo, così varcai la soglia. Una nube bianca mi travolse come in un bagno turco e cercai il salvifico apparecchio con gli occhi. Lo avvistai sul piano del lavandino, proprio di fronte alla fonte di quel calore infernale. Obbligai il mio sguardo a non cadere in quella tentazione, ma quando lo sentii canticchiare, il diavolo mi attirò nella sua trappola. Guardai la sua sagome sfocata che mi rivolgeva la schiena come se indossassi degli occhiali da vista troppo forti. Le sue mani erano intente a ripulire i capelli dallo shampoo con movimenti lenti e precisi. Seguii le curve delle sue spalle muoversi ripetutamente, mentre cercavo a tentoni l'asciugacapelli. La mia fedele vocina interiore mi pregava di non guardare più in basso, ma non obbedivo mai a quei moniti. Bastò una semplice occhiata per mandare fuori uso il mio cervello: quello che stavo guardando a bocca aperta era lo stesso sedere che schiaffeggiavo, inconsapevole del suo reale aspetto. Acchiappai l'asciugacapelli alla cieca, ancora incantata su quelle due forme perfette.

- Puoi asciugarli qui, se vuoi. - mi invitò senza voltarsi, per fortuna.

- No, no. Vado in camera. - mi affrettai a rispondere e me la svignai.

Chiusi la porta di camera mia con il cuore che mi pulsava nelle orecchie. Non potevo avere un migliore amico brutto? No, il destino aveva voluto giocarmi un simpatico scherzo. Liberai la mia chioma corvina da quella stretta dolorante dell'asciugamano e fissai lo specchio con lo sguardo assente mentre districavo i numerosi nodi corvini.

Jin.

Dovevo pensare a Jin e basta.

 

Your front is the best, your back is the best 
From your head to your toes, you're the best. - War of Hormone








 

Buonasera~
Un capitolo con piccolo episodio di vita quotidiana che fa venire qualche dubbio ;)
Chi avrebbe resistito senza guardare al posto di Diana? Diaciamocelo..
Fate conto che il tempo sta scorrendo abbastanza velocemente, sono in piena estate adesso. 
Bè ho veramente poco da dire questa volta perchè in fondo non è successo niente di che.
Volevo risollevare un pochino il morale dopo lo scorso capitolo, ma sappiate che il prossimo
sarà di nuovo un colpo al cuore. 
Spero che continui a piacervi e soprattutto a non annoiarvi!
GRAZIE A TUTTI DAVVERO <3
A presto **

-Arashi-

 


 

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Capitolo 21
*** Angelo e Demone ***


Angelo e Demone

2017

{Jimin}


Fu l'estate più lunga della mia vita.

Diana e Jin sembravo stare bene insieme ed io dovevo comportarmi come se niente fosse cambiato. Era tremendamente difficile. Convivevo con un fastidioso dolore al petto, il quale era diventato mio amico e compagno, ormai. Forse sarebbe stato strano vivere senza quella sensazione; era come se un ago penetrasse sempre più a fondo nella mia carne. Forzavo me stesso, ma appena sfioravo Diana, pensavo inevitabilmente: sto toccando qualcosa che appartiene a Seokjin adesso. Come quel giorno nella sala prove mentre cercavo di legare i suoi capelli corvini in una coda disordinata. Ero seduto con le gambe divaricato per contenere Diana in quello spazio a forma di V. Mantenni una leggera distante tra il mio bacino ed il suo fondo schiena perchè eravamo in compagnia di tutti i miei compagni e lo staff. Mi cadde l'occhio sul tatuaggio sotto il suo polso snello: il segno tangibile del nostro legame che mi sembrò leggermente sbiadito.

- Perchè devi giocare con i miei capelli? - bofonchiò mentre raccoglieva le ginocchia al petto.

- Perchè mi diverto e so che ti rilassa. - risposi con sincerità.

- Hai ragione.- ammise.

Continuai la mia opera d'arte con scarsi risultati: la sua testa sembrava un gomitolo torturato da un gatto. Nel frattempo qualcuno stava sistemando le casse della sala, tanto che impostarono una canzone per controllarne il suono. Rischiai di strozzarmi con la mia stessa saliva quando sentii l'inizio della melodia.

- Adoro Serendipity! - esclamò Diana con un applauso. - Lasciatela, per favore. -

Mi afferrò la mano e mi trascinò in piedi. Mi lanciò uno sguardo d'intesa e capii cosa mi stava chiedendo: “balla con me”. Accedeva spesso che ballassimo insieme per divertirci o per distrarci, ma quella canzone non aiutava. Lei Imitava le parole in silenzio, mi guidava con il suo dondolio insicuro e cercava di invitarmi a prendere le redini al posto suo. Tenevo le sue mani ben salde, soprattutto per non farla avvicinare troppo, poi la obbligavo a roteare su se stessa. Sorrideva mentre ripeteva il mio canto, ma io non riuscivo a ricambiare il suo sorriso. Infatti mi guardò per qualche secondo con gli occhi indagatori, ma era troppo presa da quel ballo innocente per parlare. Jin la richiamò all'improvviso, ricordandole il loro appuntamento di quella sera. Compresi che non ci aveva interrotti per gelosia perchè ci stava sorridendo come una madre che osserva i suoi figli giocare insieme. Lasciai scivolare le sue dita tra le mie e la vidi allontanarsi da me, come ogni giorno, con il nodo alla gola. Quelle stesse mani che avevo tenuto, si intrecciarono a quelle di Jin e spostai lo sguardo sul pavimento.

- Jimin. - La voce di Taehuyng mi riscosse. - Tutto bene? -

Annuii nel tentativo di sembrare convincente. Non mi ero accorto che lo staff si era spostato nell'altra sala ed eravamo rimasti solo io, Tae e Jungkook che mi lanciavano sguardi perplessi.

- Pensi che ce la beviamo? - insinuò il più piccolo a braccia conserte.

- Ultimamente sembri spento e fissi spesso il vuoto. - disse l'altro con la voce bassa.

- Sto bene, solo un po' di stanchezza. - risposi lisciandomi i capelli.

- Quando usi la scusa della stanchezza, vuol dire che c'è davvero qualcosa che non va. - mi smascherò Kookie.

- Jimin, lo sai che puoi dirci qualsiasi cosa. Non farti pregare. - sembrò quasi una supplica di Taehyung.

- Non posso, scusatemi. - feci per andarmene, ma la forte stretta di Jungkook mi bloccò. Non avevo intenzione di confessare i miei sentimenti proprio mentre quei due stavano insieme. Avevo l'impressione di tradire Jin in qualche modo e non volevo. Insistettero per un po', così alla fine cedetti perchè non volevo farli preoccupare per qualcosa di così stupido. Ammisi il mio amore soffocato per lei che stavo nascondendo gelosamente da anni. Raccontai loro qualche episodio della nostra adolescenza che mi avevano fatto perdere la testa ed il sonno in alcuni casi, e della mia scelta di tacere.

- Tae, devi offrirmi una cena. - Jk sgomitò il compagno.

- Avete fatto una scommessa? - commentai incredulo.

- Io l'ho capito praticamente subito, invece Taehuyng era un po' scettico. Sono un genio. - si compiacque di se stesso come se fosse stato posseduto da Yoongi per un momento.

Mi spiegò che aveva notato il mio comportamento energico che mi aveva portato la presenza di Diana. Inoltre il mio sguardo parlava da solo, soprattutto adesso che frequentava Jin. Mi promisero che avrebbero mantenuto quel segreto a costo della vita e volevano fare qualcosa per aiutarmi, anche se era tutto inutile.

- Dev'essere doloroso. - constatò V con gli occhi compassionevoli.

- Lo è, ma non posso farci niente. -

- Scusa per lo scherzo il giorno del tuo compleanno. Non avevo idea di tutto questo. -

Scossi la testa come per dire che non volevo le sue scuse, d'altronde non poteva immaginarlo.

Entrambi si resero disponibili ad ascoltarmi in qualsiasi momento, come erano soliti fare da quando ci eravamo incontrati. Li ringraziai e ammisi di sentirmi meglio dopo aver parlato con loro. Quella notte riposai stranamente bene e con un peso in meno nel cuore.

Peccato che Diana mi sorprese ancora una volta, il giorno successivo.

Stavamo mangiando tutti e sette nello studio accanto alla sala prove, gustando un ramen istantaneo in santa pace. Mi ero alzato per preparami dell'altra acqua calda, dando le spalle ai miei compagni,

quando il chiacchiericcio si fermò.

-Chi sei? - sentii il tono leggermente spaventato di Yoongi.

Mi voltai verso la porta, presumendo di vedere una faccia sconosciuta, dopo aver avviato il timer del bollitore.

- Come sei esagerato. - rispose Diana sulla soglia.

Pensai di essere impazzito per un momento perchè la riconoscevo a stento. I suoi capelli erano tornati quel color miele che solo io avevo visto tanto tempo prima. Le ciocche chiare, stranamente increspate, le incorniciavano il viso ricordandomi le dune di sabbia bagnate dal mare. Il borbottio dell'acqua che iniziava a bollire, mi tuonava nelle orecchie come se fosse amplificato da due casse giganti. Mi sentii risucchiato dal tempo e la vidi di nuovo ragazzina mentre mi correva incontro con il suo sorriso d'argento.

- Stai benissimo! - disse Jin al posto mio e si avvicinò per accarezzarle il viso.

- Grazie. Mi fa un effetto strano vedermi di nuovo con il mio colore naturale. - ammise sollevando un onda bionda.

Non proferii parola mentre mi versavo l'acqua bollente nella ciotola. Il tremolio delle mie mani rischiò di farmi ustionare e sentii li sguardi di Tae e Jungkook su di me. Quel piccolo momento di tregua che avevo provato, era definitivamente sparito.

Perchè mi stai facendo questo, Diana?

- Jimin, non dici niente? - sentii la voce della mia migliore amica accanto a me.

- Ti manca l'apparecchio, poi sei uguale a sei anni fa. - risposi cercando di sembrare divertito, ma non lo ero affatto.

- Mi stai dando della cicciona? - mi accusò ed io finalmente alzai la testa dal mio pranzo.

Aprii la bocca per protestare, ma ogni parola svanì nell'istante in cui incrociai i suoi occhi azzurri. Mi dovetti ricredere sull'esistenza degli angeli perchè ne avevo uno davanti a me. La mia penicillina, il mio angelo, il mio mondo erano lì a pochi centimetri da me, ma allo stesso tempo a chilometri di distanza. Il colpo di tosse forzato di Taehyung mi salvò all'improvviso, risvegliandomi da quello stato di incoscienza nel quale ero caduto. Ringraziai il mio amico con lo sguardo mentre Diana si era gettata sulla mia schiena per solleticarmi i fianchi.

- Sei stupenda. - mormorai vicino al suo orecchio per non farmi sentire; avrei voluto dirle molto di più.

Mi timbrò la guancia con un piccolo bacio e poi mi sorrise stringendomi tra le braccia. Quel sorriso luminoso incupì la mia anima.


 

"When winter passes, spring always comes." - Answer: Love Myself





 

Buonaseraaaa
Volevo farvi il regalo di natale pubblicando prima del 25, ma non ce l'ho fatta ;;
Cerco di farmi perdonare con un capitolo un po' più lunghino.
Ebbene ora Jimin può sentirsi un po' meno solo, ma cambierà qualcosa? ehehehhe
Spero abbiate colto la cit di Serendipity, di nuovo ;)
Spero che vi piaccia ancora la mia storia!
Grazie a tutti e fatemi sapere cosa ne pensate <3
A presto**
 

-Arashi-

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Capitolo 22
*** Oltre il Limite ***


Oltre il Limite

2017

{Diana}


Io e Jin ci frequentammo per qualche mese, però la nostra relazione non prese mai il volo. Stavamo bene insieme, ma c'era qualcosa che ci impediva di consolidare il nostro rapporto. Ci eravamo persino spinti oltre il bacio, ma entrambi non eravamo molto presi l'uno dall'altra. Probabilmente non eravamo compatibili, così ne discutemmo insieme e ci trovammo d'accordo a concludere quel legame. Rimanemmo in buoni rapporti, nonostante tutto ed eravamo molto più sereni. La fine nostra relazione non intaccò l'atmosfera tranquilla del gruppo e Jimin mi rimase sempre accanto, qualsiasi decisione prendessi.

- E' già autunno. - pensai ad alta voce mentre guardavo gli alberi dalle foglie gialle fuori dalla finestra di casa; il tempo sembrava davvero volare da quando lavoravo alla Big Hit.

L'estate insieme a Jin aveva spezzato la mia solita routine e non mi era nemmeno resa conto dei mesi che passavano inesorabilmente.

- Andiamo? - mi chiese una voce famigliare.

Jimin indossava dei semplici jeans con i soliti tagli sulle ginocchia e la felpa rossa che gli avevo regalato, nel mentre si sistemava alcuni ciuffi ribelli davanti allo specchio del salotto. Le mie braccia cinsero la sua vita, poi lo guardai attraverso il riflesso; stava benissimo con i capelli biondi. La sua mano scavalcò la mia testa per stringermi a sé, mi accarezzò il viso con le dita ricoperte da anelli di metallo e mi baciò sulla fronte. Continuai a fissare la nostra immagine avvolta in un dolce abbraccio che mi riscaldò il cuore; inconsapevole che una banale serata a casa di Jungkook potesse degenerare.

Quando Jimin iniziò ad abbracciare chiunque gli si avvicinasse per sussurrare quanto gli volesse bene, capii che dovevo mettergli un tappo in bocca per impedirgli di bere ancora. Il problema di fondo era che il proprietario di casa gli riempiva sempre il bicchiere e persino lui stava diventando preoccupante. Saltellava sul divano come un bambino sui tappeti elastici e Namjoon riuscì a salvare le povere molle da una fine atroce obbligandolo a scendere.

- Ci invita a casa sua, poi noi dobbiamo prenderci cura di lui. - si lamentò Yoongi senza muovere un dito.

Hoseok e Tae costrinsero i due alcolizzarti a sedersi l’uno accanto all’altro sul pavimento con la speranza di farli calmare. Invece Jungkook sembrava ci tenesse davvero ad attaccare briga perché cominciò ad insultare l’altezza del compagno di bevute. Ruotai gli occhi verso il soffitto e pregai che fosse solo un incubo. Jimin, offeso come se non avesse mai ricevuto quel tipo di insulto, strattonò la maglia dell’altro finché non la squarciò in due.

- Credo che sia ora di tornare a casa, vero?- Jin si rivolse a me, mentre trascinava un Jimin agitato per il cappuccio della felpa.

Sospirai e mi inginocchiai davanti al mio migliore amico che temeva il suo minacciosissimo dito paffuto verso Kookie. Cercava di sembrare cattivo, ma l’effetto era esattamente il contrario: sembrava un Chiwawa alle prese con un Dobermann.

- Domani ti vendicherai, ora alzati. - cercai di sollevarlo da sotto le ascelle, invano.

- Non andrò in bagno per molti giorni, così ti cag... - Jin gli tappò la bocca a tradimento.

- Quando é ubriaco diventa abbastanza volgare. - mi spiegò il mio ex con un sorriso mesto.

In effetti non avevo mai visto Jimin in quelle condizioni perchè ogni volta che beveva, non arrivava mai al limite, come se dovesse trattenersi. Purtroppo quella sera non mi ero accorta di quanti drink avesse buttato giù, dopotutto non ero la sua baby sitter. Mentre io e Jin portavamo il barcollante verso la porta, JK continuava ad urlare “Nano” nonostante Yoongi si fosse alzato per farlo tacere: tutti avevano paura di lui in quelle situazioni, soprattutto quando decideva che era ora di finirla.

Ringraziai Jin per avermi aiutato a trasportare il semi cadavere, quando ci salutammo davanti al nostro appartamento e lui mi augurò buona fortuna; ero pronta al peggio.

- Lo ucciderò. - borbottò l'ubriaco mentre lo buttavo sul divano.

Mi limitai a rimanere in silenzio, non sapevo se dover aspettare che smaltisse l’alcol o lasciarlo da solo nel delirio. Selezionai la seconda opzione, così mi diressi verso la cucina per andare in bagno a lavarmi.

- Mi lasci da solo? - piagnucolò Jimin che si era alzato per raggiungermi.

- Cazzo. - dissi in italiano.

Nel profondo del mio cuore avevo sperato che si fosse addormentato in un nano secondo, tanto per rimanere in tema.

- Ho imparato cosa vuol dire, sai. - sembrò quasi una minaccia, poi cambiò espressione. - Mi odi anche tu? - domandò con il broncio.

- Non ti odio, Jimin. Vai a letto, per favore. - sbuffai.

- Solo se tu vieni con me. - dichiarò e si gettò su di me.

Indietreggiai sotto il suo peso quasi morto, così appoggiai le mani sul bordo del tavolo per sorreggermi. Mi afferrò la vita con forza e portò il suo viso a pochi centimetri dal mio: il suo alito puzzava terribilmente di alcol.

- Facciamo l’amore? - buttò li all'improvviso.

- Cosa? Tu non sei ubriaco, sei impazzito proprio. -

Mollò la presa e per un momento ebbi paura. Poi con un movimento fin troppo veloce per i suoi riflessi rallentati, si sfilò la maglia ed i pantaloni. Riuscii a fermare le sue mani pronte a calare i boxer neri di Calvin Klein; ringraziai madre natura per avergli donato della mani piccole perché potevo tenerle ben salde.

- Allora mi odi davvero. - esclamò già in lacrime.

Lo guardai incredula mentre si copriva il viso scosso dal pianto capriccioso.

- Oh andiamo, Jimin. - lo richiamai prendendo di nuovo le sue mani.

- Però con Jin l’hai fatto! - urló lasciando la presa con uno strattone.

- Stavamo insieme, se non lo ricordassi. -

- Allora mettiamoci insieme ora. -

- Certo. Sei davvero divertente. - risi forzatamente.

Non potei impedire ciò che fece in quel momento: mi prese il viso tra le mani e posò le sue labbra piene sulle mie. Mi immobilizzai per qualche secondo, poi lo spinsi lontano agendo d'istinto; avevo il fiato corto come se avessi corso una maratona. Non sapevo se fossi arrabbiata o stupita, ero in pieno conflitto interiore.

Il mio migliore amico mi ha baciata e non mi é dispiaciuto? Pensai terrorizzata.

Improvvisamente lui aveva smesso di piangere e stava ridendo compiaciuto. Quando si accorse della mia espressione, che doveva essere tra lo sbalordito ed il disgustato, cambiò stato d'animo. Ricominciò a piangere accusandomi di odiarlo e minacciò di suicidarsi dalla finestra. Mi riscossi prima che potesse accadere l'irreparabile e lo trascinai in camera sua. Si infilò sotto le coperte mentre protestava in lacrime ed io mi preparai a passare una notte in bianco. Da un lato mi dispiaceva vederlo così disperato, ma dall'altra sapevo che era solo colpa dell'alcol.

- Diana? - mi chiamò mentre gli tamponavo il viso con un fazzoletto. - Ti amo. -

Il mio cuore sussultò appena perchè non si aspettava quelle parole, sembrava averle pronunciate con lucidità.

- Ti amo anch'io. - dissi per non deluderlo.

Provavo amore per Lui, in un certo senso, quindi poteva essere giusta come risposta. Gli augurai la buona notte quando finì di piangere, ma lui fermò il mio polso.

- Resta qui con me. - sussurrò con gli occhi lucidi.

Assecondai la sua richiesta, così dopo essermi cambiata, mi lasciai scivolare sotto le coperte calde. Voltai le spalle a Jimin che sembrava in bilico sul filo del sonno, invece mi avvolse con le braccia per far combaciare la mia schiena con il suo petto nudo. Il suo alito bollente sul mio collo contribuì ad accelerare i miei battiti cardiaci, cosicché impiegai diversi minuti per addormentarmi. Il suo respiro regolare mi cullò per tutta la notte.

 

"My heart beats again." - Run








 

Eccomi quiii
Volevo farvi questo regalo l'ultimo giorno dell'anno! 
Questo capitolo non era proprio previsto, l'ho inserito insieme al prossimo che leggerete.
Ho voluto scambiare i ruoli di Jimin e Diana qui, adesso è lui quello che deve essere frenato ahahah
Spero che non vi abbia annoiato e nel prossimo vedremo cosa gli racconterà Diana il mattino dopo eheheh
Bando alle ciance, VI AUGURO UN MERAVIGLIOSO 2019!!
Grazie per aver reso il mio 2018 un po' più bello ;)
Ci vediamo nel 2019 <3
A presto**

-Arashi- 

 

 

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Capitolo 23
*** Gelosia ***


Gelosia

2017

{Jimin}


Mi ritrovai nel mio letto con solo i miei boxer addosso e mi chiesi per quale motivo avessi dormito senza pigiama. La testa mi stava scoppiando: ricordavo pochissimo della sera prima. Immagini sporadiche apparivano nelle mia mente, ad esempio Jungkook che scherzava sulla mia altezza, poi nient’altro. Voltai la sveglia sul comodino verso di me per vedere l’ora a caratteri digitali. Stranamente Diana non era venuta a svegliarmi nonostante fossero quasi le due del pomeriggio. Indossai una tuta a caso e mi lavai il viso con l’acqua gelata per riprendermi dallo stordimento. Un profumo invitante proveniva dalla cucina insieme al rumore dei piatti che venivano sistemati sulla tavola. Trovai la mia coinquilina ai fornelli che salutai con un bacio sulla guancia ed un abbraccio rigenerante; mi sentivo già meglio percependo il suo corpo incastrarsi con il mio in un perfetto equilibrio.

- Perché non mi hai svegliato? - chiesi vicino al suo orecchio.

- Ieri sera non stavi molto bene. Ho preferito lasciarti riposare un po’. - disse mentre buttava della pasta nell’acqua bollente.

- In effetti non mi ricordo niente. -

I suoi muscoli si irrigarono appena sotto la mia stretta, ma non ci badai molto.

- Dopo ti racconto. -

Finii di preparare la tavola per accogliere i deliziosi spaghetti al pomodoro che Diana stava cucinando, poi mi accomodai sullo sgabello in attesa e non potei fare a meno di osservarla da dietro. I capelli biondi raccolti in uno chignon disordinato lasciavano fuori una piccola fetta del suo collo snello; la mia felpa troppo grande non mostrava le sue curve perfette, ma potevo immaginarle; i pantaloni comodi circondavano il suo fondo schiena e le sue cosce in un modo piuttosto invitante. Distolsi lo sguardo non appena si voltò verso di me per portare il pranzo in tavola. Quei piccoli momenti mi permettevano di illudermi piacevolmente: due fidanzati probabilmente si sarebbero comportati allo stesso modo.

- Non ho cucinato niente di elaborato perché il tuo stomaco non so come reagirebbe. - spiegò mentre arrotolava degli spaghetti con la forchetta.

- Hai pensato bene. - confermai, non avevo molta fame.

Raccontò di come avessi iniziato a litigare con Jungkook e della mia minaccia squallida. Mi scusai più di una volta per il mio comportamento, non avevo pensato alle conseguenze. Kookie mi aveva invitato a bere e non mi ero trattenuto, ogni tanto capitava.

- Mi hai accusato di odiarti. E poi...- fece una pausa come se dovesse scegliere le parole giuste per continuare. - Mi hai chiesto di fare l’amore con te. - disse.

Sputai quasi tutta l’acqua che stavo bevendo e tossii per riprendere fiato. Cosa avevo fatto? Era proprio per quel motivo che cercavo di non bere troppo da quando c’era Diana. Avevo sempre paura delle mie reazioni e questo mi riconfermò i miei timori.

- Non é successo altro, vero? - chiesi titubante dopo aver asciugato ovunque.

- Intendi dire se ti ho assecondato? Ti avrebbe fatto così schifo? -

Sembrava quasi offesa, ma cosa avrei potuto rispondergli? Che avrei buttato giù tutto ciò che era sul tavolo per saltarle addosso? E che l'avrei spogliata a morsi? E...

- Non sto dicendo quello, stupida. - risposi infine.

- Comunque se proprio ci tieni a saperlo, mi hai baciata. - eclissò completamente la mia risposta.

Questa volta bloccai la forchettata di spaghetti prima che potesse soffocarmi. Rimasi fermo mentre un lembo di pasta ondeggiava come un pendolo di un orologio a cucù. Il silenzio tra di noi era riempito solamente dal rumore della sua bocca che masticava e da una piccola goccia d'acqua che cadeva a ritmo regolare dal rubinetto del lavandino. Costrinsi la mia bocca ad allargarsi in un sorriso forzato e poi risi fingendo di trovare molto divertente il suo racconto, ma non lo era affatto.

- Ero davvero fuori di testa, scusami. -

- Basta con tutte queste scuse, è stato solo un bacio a stampo. Ho ripagato il favore, no? -

Sapevo che si riferiva al fatto di averla accudita la notte del suo compleanno, peccato che non ricordava quel bacio per niente fugace. Tirai un sospiro di sollievo al pensiero di non essermi spinto troppo oltre e non aver creato danni irrecuperabili. Il mio cellulare squillò interrompendo il nostro pranzo “tranquillo”, così strisciai il dito sul touch screen per rispondere alla chiamata.

- Allora Jimin, come stai? Io ho vomitato tutta la notte. - la voce di Jungkook non era molto squillante.

- Insomma, potrebbe andare meglio. Scusa per la maglietta. -

- Non importa, amico. Tae mi ha raccontato tutto, siamo stati due cretini. Comunque tu e Diana avete da fare oggi? -

A quanto ricordavo, non avevamo programmato niente di particolare per quella domenica pomeriggio.

- Non penso. Perchè? -

- Io e Tae vorremmo vedere un film. Vi va di guardarlo con noi? -

Una buona mezz'ora più tardi ci ritrovammo i miei due compagni in salotto che pretendevano di poter decidere le nostre postazioni sul divano. Alla fine Diana prese il comando piazzandosi esattamente al centro, così si ritrovò circondata da me e Taehyung. Jungkook infilò il DVD nel lettore senza svelarci il titolo del film: era una sorpresa. Poco dopo scoprimmo che si trattata di un horror, così capii perchè non ne avevano parlato: io e Diana eravamo due fifoni con la “F” maiuscola. Una mano della mia amica cercò subito le mie dita per farsi coraggio, mentre l'altra afferrò quella di Tae. Lui era troppo concentrato sul sangue zampillante per curarsene, invece io non riuscivo ad interessarmi alla TV. Lanciavo occhiate verso le loro dita intrecciate mentre una fitta fastidiosa pizzicava il mio cuore.

Sono così geloso?

Tutti e quattro sobbalzammo all'improvviso quando sbucò l'assassino da dietro un angolo e Diana si catapultò sul mio amico. Quest'ultimo continuava a fissare lo schermo luminoso come se vi fosse collegato con un filo che gli impediva di voltarsi. Non resistetti all'impulso di picchiettare la spalla di Diana per invitarla ad abbracciare me al posto di Tae e così fece. Lasciai che il suo braccio si posasse sui miei fianchi in modo da accoglierla sotto la mia ala protettiva. Ad ogni colpo di scena sussultavamo insieme, non provavo nemmeno a nascondere la mia paura perchè sarebbe stato uno sforzo inutile. Ripensai alla mia gelosia e mi sentii un po' in colpa, ma volevo tenere Diana tutta per me. Almeno in quei momenti volevo godermi a pieno la sua presenza perchè sapevo che prima o poi qualcuno l'avrebbe portata via da me, di nuovo. Forse un giorno avrebbe incontrato l'uomo della sua vita e avrei dovuto lasciarla andare per sempre. Quel pensiero doloroso sovrastò tutti i rumori della sala, non sentivo nemmeno le grida più acute, né vedevo i flash luminosi della TV. Aumentai la stretta su di lei e baciai la sua fronte mentre una lacrima scese lungo la mia guancia. Nessuno se ne accorse quando l'asciugai con un gesto disinvolto.

 

"Take my hand, don't let go." - Love Maze







 

Eccomi qua nel 2019!
Primo capitolo dell'anno nuovo, non vedevo l'ora di pubblicare, ma non avevo tempo ;;
Bene, qua vediamo il racconto di Diana della serata e non sembra molto turbata dalla cosa, oppure 
fa solo finta? Continuo con un po' di tristezza per Jimin, ma le cose non sono molto
cambiate da quando Diana si è lasciata. O almeno non ancora ehehehehe
Un po' di buona gelosia non fa male, dai XD
Il prossimo capitolo sarà scoppiettante, preparatevi perchè entriamo nel vivo della storia!
Grazie a tutti anche ai nuovi lettori ;)
Spero di aver inaugurato un bel 2019, ma il bello deve ancora venire <3
A presto **

-Arashi-


 

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Capitolo 24
*** Caos ***


Caos

2017

{Diana}


Dopo la seratina alquanto bizzarra, trascorsero giorni “tranquilli” nel vortice frenetico della nostra routine lavorativa. Le giornate passavano velocemente tra prove, esibizioni, concerti; in sartoria stavamo impazzendo. Soprattutto perchè Namjoon si impegnava davvero molto nel distruggere i costumi di scena; tutto nella norma, insomma. Da quando io e Seokjin avevamo posto fine alla nostra relazione, Taehuyng sembrava più appiccicoso del solito, come se fosse impaziente per qualcosa; qualcosa che non riuscivo a capire. Così un pomeriggio ci ritrovammo nella sala comune dell'agenzia parlando di amicizia. Mi piaceva molto chiacchierare con lui: emanava un'aura serena ed allegra in qualsiasi momento della giornata.

- Sai, invidio un po' Jimin. - confessò seduto davanti ad un'enorme tazza di caffè americano.

- Perchè vive con una gnocca come me? - ammiccai dopo aver rubato una patatina dal suo pacchetto, abbandonato tra di noi.

- Uh, ti ha insegnato Jin? - disse fintamente ammirato. - Comunque, è molto bello il vostro rapporto. -

Anuii con un cenno del capo perchè avevo la bocca piena di patatine rubate. Ero della sua stessa opinione, il nostro legame aveva cambiato la mia vita per sempre e non avrei mai potuto rinunciarvi.

- E' la persona più importante della mia vita, anche se non gliel'ho mai detto. - ammisi ad alta voce.

- Bè, cosa stai aspettando? - chiese Tae, sorridendo da dietro il semicerchio bianco della tazza.

- Di cosa state parlando? Sembrate due piccioncini al loro primo appuntamento. - Jungkook posò le sue terga toniche su una sedia accanto a me e pescò una patatina, suscitando uno sguardo contrariato nel volto del proprietario.

- Di amicizia. - risposi ignorando il suo solito sarcasmo.

- Vorrei avere anch'io una migliore amica, e tu? - disse Tae con aria sognante.

- Io non ho amiche. Le ragazze vogliono altro da me. - ribattè Jk mentre masticava come un cammello.

- Ed io cosa sarei quindi? Fino a prova contraria sono una ragazza. -

- Se proprio ci tieni, una sera potrei accontentarti. - fece scattare un sopracciglio verso l'alto nel tentativo di apparire sensuale, ma l'effetto fu tutto il contrario.

Tutti e tre ci bloccammo un momento, scambiandoci sguardi d'intesa, e poi scoppiammo a ridere contemporaneamente. Il solo pensiero di me e Jungkook che passavamo una notte di fuoco insieme, mi serrò la bocca dello stomaco: consideravo quei ragazzi come miei fratelli oramai.

Però grazie a quella chiacchierata, decisi di fare un regalo speciale a Jimin perché volevo ripagarlo per tutto cioè che stava facendo per me. Così una notte restai sveglia fino all’alba per iniziare il mio progetto. Qualche giorno prima avevo comprato una stoffa nera dalla trama lucida ed una miriade di cristalli, in gran segreto. Distesi il tessuto setoso sul mio tavolo da lavoro con cura, poi srotolai della carta velina sul pavimento. Iniziai a disegnare il cartamodello senza intoppi: sapevo perfettamente quale modello di camicia donasse al mio migliore amico; conoscevo persino ogni sua misura a memoria. Ritagliai la sagoma di carta fine e la posizionai sulla stoffa fissandola con un’infinità di spilli. Facendo molta attenzione, tagliai tutti i pezzi e li assemblai insieme con delle cuciture provvisorie. Una volta che fui soddisfatta del modello di prova, lo sistemai sul manichino e dormii qualche ora. La sveglia mi spaventò e mi alzai a malincuore, ma dovevo almeno provare la mia creazione su di lui prima di finirla. Decisi di ingannarlo, spacciando la nuova camicia per un prototipo, forse avrebbe funzionato. Spalancai la finestra della mia camera ed il sole ferì i miei occhi assonnati, ma era necessario per svegliarmi. Dopo essermi lavata e resa almeno presentabile, mi diressi verso la camera di Jimin per attuare il mio piano geniale. Sentii un’altra voce che parlava con lui, ma non compresi molte parole. Stavo per toccare la porta con le mie nocche quando udii una frase che mi insospettì.

- La odio, non l’ho mai sopportata. - stava dicendo Jimin con una voce che non sembrava la sua, dolce e delicata.

Sapevo che non dovevo origliare, ma rimasi con il pugno a mezz’aria.

- Le sono sempre stato accanto perché avevo pietà di lei. Tutti la prendevano in giro per il suo aspetto e io mi sentivo un paladino della giustizia. Per questo la consolavo, ma quando sono venuto a Seoul, me ne sono liberato. - continuò con un tono freddo che non riconoscevo.

Non riuscivo a credere che fosse lui a parlare, forse mi stavo sbagliando o stavo arrivando in fretta le conclusioni. Dovevo andarmene, ma il mio corpo non si mosse.

- Mi sta sempre appiccicata come una cozza, non mi lascia i miei spazi. Ho insistito perché rimanesse qui, solo per non risultare cattivo agli occhi degli altri. Poi ti atteggia tanto da santarellina, quando in realtà si struscia addosso al primo che trova attraente. Quel suo modo di sorridermi sempre come se fossi ancora quel bambino stupido che le correva appresso, non lo tollero. -

Le lacrime scesero da sole, solcandomi il volto come artigli pungenti e crudeli. Come aveva potuto mentirmi tutti questi anni? Come aveva potuto nascondere tutto quell’odio che provava nei miei confronti? Mi ero affezionata a lui come a nessun altro in tutta la mia vita. Era una persone indispensabile per me e proprio per questo mi ferì a morte: una pugnalata fatale dritta al cuore.

- Ha rovinato tutto presentandosi alla Bighit. Ero felice senza di lei, adesso vorrei solo che sparisse dalla mia vita. - concluse.

- Stai meglio ora? - chiese la voce tranquilla di Jungkook.

Non udii la risposta, ma la porta si spalancò pochi secondi dopo. Jimin sgranò gli occhi appena mi vide in lacrime e Jungkook fece altrettanto.

- Diana, Da quanto tempo sei qui? - domandò il mio falso migliore amico con la voce allarmata come se stessi per far esplodere una bomba.

- Abbastanza per aver capito quanto tu sia stronzo. - risposi serrando i pugni dalla rabbia.

- Aspetta, hai frainteso tutto... - tentò di spiegare Jungkook, seguito da un gesto della mano che mi invitava a calmarmi.

- Ho sentito anche troppo. - sputai senza distogliere lo sguardo da Jimin che sembrava in preda ad una crisi di nervi.

Mi voltai per andarmene, ma una stretta al polso fermò la mia fuga poco prima del portone di casa.

- Ascoltami, posso spiegarti. Calmati - mi pregò quel bastardo.

Strappai il braccio dalla sua presa e mi girai per guardarlo dritto negli occhi.

- Mi fai schifo. - pronunciai con tutto il disprezzo che avevo in corpo, troppo per contenerlo tutto dentro di me.

Jimin rimase impietrito mentre io sbattevo la porta dietro di me con forza ed uscii dall’appartamento. Stavo scendendo le scale di corsa, quando sentii l’infame che mi chiamava, così accelerai il passo. Purtroppo mi raggiunse fuori dal palazzo, i miei occhi bagnati mi impedivo di avere una buona visuale, quindi dovetti rallentare il passo.

- Diana, per favore. - ripeté per la milionesima volta.

- Non Voglio ascoltarti, ok? Lasciami in pace. -

Volevo attraversare la strada per andare il più lontano possibile da lui. Chi mi avrebbe consolato adesso? Chi avrebbe stretto tra le braccia dicendomi che andava tutto bene? Dove avevo intenzione di andare? Non lo sapevo, non sapevo più niente.

- Comunque, è molto bello il vostro rapporto. -

- E' la persona più importante della mia vita, anche se non gliel'ho mai detto. -

Quelle due frasi mi riecheggiavano nel cervello come una cantilena angosciante, escludendo il mio udito da qualsiasi altro suono. Volevo strapparmi il cuore sofferente dal petto per non provare più nessuna emozione, faceva troppo male. Eravamo sul marciapiede, vicino alle strisce pedonali e lui prese di nuovo il polso, in quel mio attimo di distrazione.

- Non so quanto hai sentito, ma ti assicuro che non é vero. - ribadii cercando di sovrastare il rumore delle macchine che sfrecciavano a gran velocità.

- Stai negando l’evidenza. Lo dici solo perché ho ascoltato. - gli urlai addosso.

Ero ancora scossa dai singhiozzi, liberai il braccio dalle sue piccole mani ed attraversai la strada senza riflettere.

 

"I'm so sick of this fake love." - Fake Love








 

Eccomi quiii con il capitolo centrale di tutta la storia!
Ero molto combattuta e l'ho modificato tipo 2923837263 mila volte.

Questo capitolo diciamo che da inizio a tutta una seria di eventi che cambieranno
il corso della storia, soprattutto il prossimo. 
Vi starete chiedendo perchè Jimin abbia detto quelle cose, bè lo scoprirete più avanti. 
Un po' di sadica suspense ;)
Spero che vi intrighi ancora di più con questo episodio e spero, soprattutto, 
di non deludervi mai <3
Grazie davvero **
A presto!

-Arashi- 

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Capitolo 25
*** Oblio ***


Oblio

2017

{Jimin}


Fu un attimo.

La sua mano scivolò dalla mia ed afferrai l’aria nel disperato tentativo di riprenderla. Una macchina frenò troppo tardi, nonostante la sua moderata velocità. La testa di Diana urtò il vetro anteriore dell’auto, formando un'agghiacciante ragnatela di crepe. A causa del colpo, il suo corpo venne sbalzato sul paraurti per poi finire a terra, davanti alla maledetta auto. L’airbag aveva fatto il suo lavoro, infatti l’autista rimase sommerso da quella ingombrante massa bianca. Assistetti impotente a quella scena, le mie gambe erano schiacciate dal peso di quella scena terribile, come di fronte ad un film dell’orrore. Alcune auto si fermarono ai lati della carreggiata e fu in quel momento che il mio corpo si mosse. Ero il più vicino, così arrivai per primo dalla mia migliore amica priva di sensi.; era accasciata a terra sul ciglio della strada, gli occhi chiusi e la testa abbandonata sull’asfalto ruvido. Ogni organo del mio corpo si fermò.

La distesi delicatamente su un fianco con le mani tremanti e scoprii che stava perdendo sangue vicino alla tempia sinistra. Sperai che avesse nulla di rotto o peggio ancora. Nel frattempo il conducente, liberatosi dell'airbag, si inginocchiò accanto a me, spaventato e preoccupato.

- Oh mio Dio, non l’ho vista. Si é buttata in mezzo alla strada all’improvviso . - si giustificò con la voce preoccupata.

Dedussi che fosse un signore di mezza età, dato che non lo degnai nemmeno di uno sguardo: i miei occhi vedevano solo sul volto pallido di Diana.

- Chiami un’ambulanza, per favore. - dissi con tono piatto.

Altre persone si radunarono intorno a noi, qualcuno mi passò un fazzoletto per tamponarle la ferita. Non distolsi un momento gli occhi da lei, speravo con tutto me stesso che si svegliasse. Poco dopo mi sentii scuotere le spalle da due persone che riconobbi dalla voce familiare: Hoseok e Jungkook. Mi dissero che avevamo sentito il rumore dei freni dell’auto ed erano arrivati per vedere cosa fosse accaduto. Fortunatamente rimasero calmi e non aumentarono la mia agitazione che mi faceva mozzare il fiato a tratti. Cercarono di allontanarmi da lei, ma non avevo intenzione di lasciarla. Accarezzavo continuamente la fronte fredda della ragazza che amavo, mentre pregavo le sue palpebre di sollevarsi per mostrarmi di nuovo le sue iridi azzurre.

Furono i minuti più lunghi della mia vita.

I miei compagni mi sollevarono quando arrivarono i soccorsi e mi allontanarono per fare spazio ai paramedici frettolosi. Una volta in piedi, sentii le forze venire meno, cosi mi aiutarono a sedermi su un muretto lì vicino e i miei muscoli iniziarono a tremare. Hoseok disse ad un addetto dell’ambulanza che non stavo bene e tentarono di tranquillizzarmi. Ma non volevo sentire. Se solo non l’avessi lasciata andare, quel l'incidente non sarebbe successo. Se solo non avessi detto quelle parole, non sarebbe fuggita. Se solo le avessi confessato i miei sentimenti, avrei evitato tutto ciò.

Era tutta colpa mia.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, così affondai il viso tra le mani e liberai la disperazione che avevo accumulato. Piansi rumorosamente mentre Jungkook e Hoseok mi strofinavano le spalle per infondermi coraggio. Alzai la testa solo per vedere Diana avvolta nelle cinghie della barella che veniva caricata nell’ambulanza. Poi ci intimarono di rientrare a casa per non far troppo clamore con i media, mi voltai davanti all’ingresso del condominio per vedere le luci rosse e blu allontanarsi a gran velocità.

Il suono assordante delle sirene mi tormentò per molto tempo.

Ricoverarono Diana in un reparto privato dell’ospedale, in modo tale che potessimo farle visita senza essere disturbati da occhi indiscreti. Subì un intervento per ricucire la ferita vicino alla tempia, per fortuna era rimasta illesa, e dopo qualche giorno riprese conoscenza. Per tutto il tempo non avevo mai lasciato l’ospedale, avevo dormito in uno stanzino riservato agli infermieri. Tutti mi dicevano di tornare a casa per riposarmi e staccare il cervello, ma non potevo; volevo essere lì quando si fosse risvegliata. E poi chi aveva il coraggio di tornare in quell'appartamento senza di lei?

Ero seduto nel corridoio su una di quelle scomode sedie di plastica quando il medico riapparve dalla stanza, sistemandosi gli occhiali sul naso.

- Sta bene. È solo un po’ confusa, ma si riprenderà. - Annunciò e finalmente tornai a respirare dopo giorni di apnea.

Tutti i miei compagni erano lì con me e mi riempirono di dolci pacche sulle spalle. Mi permisero di vederla per primo e così varcai la soglia. Era distesa sopra un ammasso di cuscini e mi rivolse i suoi meravigliosi occhi azzurri, mentre il rumore elettronico dei suoi battiti regolari riempiva il silenzio.

- Ehi. - riuscii a dire solamente, il nodo alla gola mi opprimeva le corde vocali.

- Ciao. - mi salutò con un sorriso, il più bello che avessi mai visto.

- Come ti senti? - chiesi, una volta che mi fui seduto accanto al suo letto.

- Mi sento come se mi fosse passato sopra un camion, poi ho così fame che divorerei un cavallo intero. - rise lievemente.

Spostai con delicatezza una ciocca che le copriva la sua guancia arrossata e lei mi guardò con aria perplessa.

- Ma tu, chi sei? -
 

"I never felt this way before." - Lost








 

Buonaseraaaa
Ecco qua il capitolo boom della storia!
Credo che abbiate capito tutto cosa sia successo a Diana, ma i dettagli verrano nel prossimo.
Sono stata molto molto cattiva, I Know 
E tutto questo per far soffrire ancora di più Jimin, come se non l'avesse fatto abbastanza XD
Ma siamo solo a metà, rincuoratevi ahahahah
Spero vi piaccia il capitolo, fatemelo sapere <3
Grazie as always!
A presto**

-Arashi-

 

 

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Capitolo 26
*** Migliore Amico ***


Migliore Amico

2017

{Diana}

 

Non ricordavo nulla dell’incidente.

Mi svegliai nel letto di un ospedale che non conoscevo, circondata da medici ed infermieri. Mi invasero di domande che mi resero più confusa di prima. Sapevo di chiamarmi Diana, avevo ventidue anni, lavoravo come costumista ed avevo origini italiane.

Fino a qui nessun problema.

Poi era entrato nella mia camera un bel ragazzo asiatico, dai capelli biondi e lo sguardo triste. Mi aveva salutato come se mi conoscesse da molto tempo, ma non sapevo assolutamente chi fosse. Quando glielo chiesi, la sua espressione passò dal dispiaciuto al panico totale.

- S...sono Jimin, il tuo migliore amico. - aveva risposto con la voce titubante.

Avevo un migliore amico? Da quanto tempo? Mi sforzai di ricordare, ma provocai solo una forte fitta alla testa. Vedendo la mia smorfia di dolore, quel ragazzo agitato aveva chiamato il medico per farmi visitare. Rimasi all’ospedale per qualche giorno, durante i quali mi sottoposero a diversi esami. Alla fine conclusero che si trattava di una “piccola” amnesia dovuta all’urto contro il vetro dell’auto, forse la mia memoria aveva bisogno di alcuni stimoli. Erano convinti che potessi guarire, ma non sapevano quanto tempo sarebbe servito.

Il giorno della mia dimissione, Jimin mi accompagnò a casa, la quale non ricordavo di condividere con qualcuno. Incontrai altri sei ragazzi che affermavano di conoscermi, ma per me erano semplici, ma meravigliosi sconosciuti. Arrivai alla conclusione che avevo dimenticato solo le mie amicizie, ma le mie conoscenze erano rimaste. Potevo essere triste di qualcosa che non conoscevo? Sentivo solo un vuoto dentro di me, come se mancasse un pezzo per completare il puzzle della mia vita. Tutti gli oggetto di quella casa sarebbero dovuti essere carichi di ricordi e memorie, invece erano tutti senza vita, come la sabbia arida di un vasto deserto. Scorrevo continuamente le foto del mio cellulare nella speranza di qualche reminiscenza, ma niente. Passavo da un’immagine altra come se stessi guardando un album di famiglia: cercavo di capire la situazione che aveva portato ad un semplice gesto od un sorriso spensierato. Io e Jimin eravamo i protagonisti in quella galleria, i suoi occhi a mandorla avevano sempre un’espressione dolce e piena di affetto. Invece a casa non mi degnava di molte attenzioni, sembrava che non esistessi e faticai a credere che fosse la stessa persona salvata sul mio cellulare. Durante il giorno eravamo impegnati nel nostro lavoro e la sera lui si accasciava sul divano, saltellando da un canale all’altro della TV senza una logica. Cucinavo per lui, ma non consumavano i pasti insieme. Mi sentivo come un pesce fuor d’acqua, lontana dal mio habitat naturale, che purtroppo non sapevo nemmeno quale fosse. Ero fuori posto, smarrita nel vuoto della mia memoria, così apparivo fredda e distaccata; purtroppo ne ero fin troppo consapevole. Fissavo spesso il mio migliore amico, quando era distratto: seguivo le linee delicate del suo viso fino ai suoi occhi color cioccolato e poi la bocca carnosa. Era talmente bello da mozzare il fato, ma nessuna emozione attraversava il mio cuore, mentre lo studiavo nei minimi dettagli. Il mio intero corpo sembrava essersi trasformato in una landa desolata.

Dopo due settimana dal mio ritorno, mi svegliai nel cuore della notte. Avevo le fitte alla testa, così mi alzai per prendere un bicchiere d’acqua dalla cucina. La luce della TV illuminava a tratti il corridoio, per cui percorsi il tragitto senza fare rumore. Mi fermai sotto l’arco che separava la sala dalle camere perchè sentii dei gemiti soffocati. Mi sporsi leggermente e vidi Jimin, racchiuso su se stesso, che singhiozzava con il viso tra le mani. Mi si strinse il cuore e per un momento esitai, poi presi coraggio.

- Tutto bene? - chiesi avvicinandomi con cautela.

Si strofinò gli occhi con la manica della felpa e senza guardarmi mi rispose con la voce rotta dal pianto - Non é niente, tranquilla. -

- Se vuoi parlarne, ti ascolto volentieri. - mi proposi, dopo essermi seduta poco distante da lui.

Questa volta mi rivolse lo sguardo quasi stupito e potei vedere i suoi occhi rossi e gonfi nella penombra.

- Scusami...- sussurrò e si asciugò subito la lacrima che stava scendendo.

Era la prima volta che non evitava il mio sguardo: si comportava sempre come se potessi ucciderlo solo con un'occhiata. Volevo agire come avrebbe fatto un’amica, sembrava averne davvero bisogno, da quando ero tornata dall'ospedale. Poi prese a tormentare la coperta davanti a se con le sua mani minute; erano davvero piccole.

- Non ti devi scusare con me. - dissi sicura.

- Invece sì, perdonami.- pronunciò a fatica quelle parole, perché riprese a piangere disperatamente e si ripiegó su se stesso.

Mi mostrò tutta la sua fragilità in quel momento, anche se tentava di celarla sotto la coperta pesante. Non capivo perché si scusasse con me, ma rimasi colpita dalle sue dita tremanti che si agitavano sul suo viso bagnato. Agii d’istinto e lo strinsi tra le mie braccia. Percepii i suoi muscoli irrigidirsi e poi rilassarsi sotto la mia stretta, come gli fosse mancato quel dolce gesto. Si aggrappò alla mia schiena per non lasciarmi andare e fui colpita dal calore che emanava. In quel momento avrei tanto voluto ricordarmi di lui, di noi, per poter consolarlo nel miglior modo possibile.Tra uno spasmo e l’altro, continuava a ripetermi di perdonarlo, come un’anima in pena che non riusciva a trovare pace. La trasportai con me verso lo schienale imbottito del divano, tenendo la sua testa sul mio petto. Lo lasciai sfogare senza preoccuparmi del mio pigiama che stava bagnando con le sue lacrime di dolore. Il suo respiro si regolarizzò lentamente sotto alle mie carezze ed alla fine si addormentò. Gli sfiorai la fronte con un bacio fugace, prima di seguirlo tra le braccia di Morfeo.

Una piccola goccia di acqua vitale bagnò quella sabbia arida.

 

"I thought the sea was here but it turned out to be a desert." - Sea










Buon pomeriggio gente!
Ecco qua più dettagli sull'amnesia di Diana, farle dimenticare persino le sue conoscenze
mi sembrava troppo esagerato..quindi è più una scelta di logica. 
Il carattere di Diana è cambiato radicalmente, pensatela come un po' instroversa, sulle sue.
Questo vuoto le provoca molta confusione, quindi non sa come comportarsi con gli altri. E Jimin noterà questa radicale differenza..
So che vi faccio patire, ma vogliatemi bene lo stesso ahahahah
Siamo solo alla metà circa, quindi tutto può succedere ancora. Abbiate pazienza!
Vi ringrazio per tutte le belle recensioni e sapere che non vi sta annoiando, 
mi riempie di gioia <3
A presto **

-Arashi-

 

 

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Capitolo 27
*** Migliore Amica ***


Migliore Amica

2017

{Jimin}


Dopo quella notte in cui mi tolsi quella maschera che copriva le mie debolezze, mi allontanai sempre di più da lei. I sensi di colpa mi schiacciavano sotto il loro peso insostenibile. Diciamo che colsi l'occasione della sua perdita di memoria per ricominciare daccapo. Non riuscivo ad incrociare i suoi occhi azzurri, quei due zaffiri che amavo alla follia. Non riuscivo a parlarle perchè volevo evitare di sentire la sua meravigliosa risata. Non riuscivo a toccarla, la sua pelle morbida mi avrebbe fatto cedere tutte le mie auto imposizioni.

Mi mancava terribilmente la mia migliore amica.

La mattina mentre facevo colazione, era solita salutarmi con un bacio sulla guancia ed iniziavo subito bene la giornata. Dal giorno di quel fottuto incidente mangiavo in silenzio, rimuginando sul passato come un depresso. Decisi che dovevo smuovermi da quella situazione di stasi in cui mi ritrovavo, così iniziai a cercare ragazze diverse per una sola notte di svago. Diana mi guardava torva, quando mi vedeva entrare in camera con delle sconosciute appresso, ma non faceva domande. Nessuno le aveva raccontato come fosse realmente andate le cose che avevano portato all'incidente. Avrei dovuto parlargliene, ma non ne avevo il coraggio e non volevo tornare sulla questione.

Scorrevo spesso le foto salvate sul mio cellulare, ne avevo molte insieme a lei. Mi scoprivo a sorridere mestamente, quando guardavo quell'immagine che la ritraeva in un espressione buffa, sotto il peso trionfante di Jungkook. Aveva ripreso i suoi allenamenti con lui in palestra, aveva conservato quell'interesse, come quello per la cucina. Tutti i miei compagni facevano di tutto per metterla a suo agio, la sua difficoltà era fin troppo evidente; tutti eccetto me. Avrei dovuto aiutarla, stimolarla o semplicemente starle accanto, come avrebbe fatto un vero migliore amico, ma era troppo doloroso. Il libro dei racconti perduti era sepolto nel cassetto del comodino, come i miei sentimenti; o almeno, mi auto convincevo di ciò.

Un pomeriggio passai davanti alla porta aperta di camera sua ed un debole luccichio attirò la mia attenzione. Dei cristalli ricamati su una camicia nera risplendevano sotto la luce proveniente dalla finestra. Non era terminata, si poteva notare dalla presenza di un'infinità di fili penzolanti, ma mi piaceva moltissimo la forma. Mi avvicinai per studiarla meglio, ad occhio e croce poteva calzarmi bene.

- Ti piace? - mi voltai verso la voce.

Diana era sulla porta e mi guardava con un'espressione curiosa.

- Si, molto. L'hai fatta tu? -

- Credo di sì, cioè ne sono praticamente sicura. Riconosco la mia mano e dovrebbe essere per te. - fece spallucce.

- Posso provarla? - Tentai. Forse non avevamo mai scambiato più di due o tre frasi, da quanto era tornata dall'ospedale.

- Certo, così vediamo se ti va bene. - rispose entusiasta. Con molta cautela, inserii le braccia nelle maniche, aiutato da lei che mi sistemó il colletto precario ed i polsini. Dal riflesso dello specchi vidi che mi stava divinamente, nonostante mancassero quasi tutti i bottoni. Trattenni le lacrime a stento, perchè la mia mente traditrice mi mostrò la mia Diana, intenta a cucire quella meraviglia.

- È stupenda. - riuscii a dire.

- Grazie. Quando mi torneranno i ricordi, vorrei finirla. - mi confessò, sorridendomi attraverso lo specchio, ma sembrò ignorare la mia commozione.

La riposizionò sul manichino e la spazzolò con cura come un oggetto di inestimabile valore.

- Posso farti una domanda? - esordì all'improvviso.

Annuii, poi posai una spallo sullo stipite della porta ed incrociai le caviglie in attesa.

- Com'ero prima dell'incidente? - mi rivolse i suoi occhi azzurri ed una piccola luce guizzò nelle sue iridi.

Era una domanda tremendamente difficile, avevo paura. Temevo di ferirla e di ferire ulteriormente me stesso. Diana probabilmente vide la mia difficoltà e si affrettò a scusarsi per la sua richiesta inopportuna, un gesto che non avrebbe mai fatto. Non si era mai scusata con me, nemmeno quando mi pestava un piede per sbaglio: iniziava ad insultarmi scherzosamente per aver intralciato il suo cammino.

- Tranquilla, è solo che...non vorrei offenderti. -

- Non mi offendo. Vorrei solo capire com'era la mia personalità. - si sedette sul bordo del letto e mi sorrise: il potere del suo sorriso non era cambiato.

- Eri una ragazza senza peli sulla lingua, dicevi sempre ciò che ti passava per la mente. La tua positività e spontaneità metteva tutti di buon umore, soprattutto me. Sei sempre stata una persona affidabile, sulla quale contare in qualsiasi momento. Eri determinata, leale e sincera. E forse un po' troppo espansiva per i nostri standard. - conclusi con una flebile risata che lei imitò.

- Grazie. Sai, le esperienze cambiano le persone. Io non ne ricordo la maggior parte, quindi tendo a non espormi troppo e rimanere in disparte. - ammise e spostò lo sguardo verso la finestra come se all'esterno vi fossero tutte le risposte ai suoi interrogativi.

- Questo tatuaggio è legato a qualcuno di importante per me, vero? - aggiunse, sfiorandosi delicatamente il polso sinistro.

- Lo abbiamo fatto insieme, ne ho uno uguale sul piede. - risposi e mossi il piede destro.

- Devo aver avuto un bel legame con te. Puoi dirmi qualcosa di noi? - I suoi occhi si incurvarono all'ingiù in un'espressione triste.

Mi avvicinai per sedermi di fronte a lei per la prima volta dopo quella terribile scoperta nella fredda stanza dell'ospedale. Raccontai della nostra quotidianità, dei nostri piccoli gesti, dei nostri scherzi; sorvolai la nostra promessa, non avevo il coraggio di dirglielo. Mi fissava affascinata, come se la protagonista di quella storia non fosse mai stata lei, ma un'attrice sconosciuta nei panni della migliore amica perfetta. Sentii i miei occhi inumidirsi e la mia voce incrinarsi appena, mentre parlavo per non concentrarmi troppo sulle mie emozioni. Abbassai lo sguardo sulle coperte colorate sotto di me ed una lacrima mi segnò la guancia, prima che riuscissi a controllarla. Strinsi il tessuto caldo tra le mie dita con forza, avrei voluto stritolare il mondo intero. Sentii il tocco delle sue dita setose sul mio zigomo e si mossero un poco per asciugarmi la pelle bagnata. Mi limitai a posare la mia mano sulla sua, quando terminai il racconto, ma non riuscii ad alzare la testa. Se l'avessi guardata, anche per un solo instante, sarei scoppiato in un pianto disperato.

 

"Erase all sad memories." - 2!3! (Still Waiting For More Good Days)








 

Ehià, eccomi quiiiii 
Allora come vi sembra questa nuova situazione? Non troppo carina, credo. 
Avevo detto che ci sarebbe stata una svolta e adesso ci entriamo proprio dentro.
So che capirete Jimin fin troppo bene, in questa storia Diana è la cattiva di turno praticamente ahahah
Diana non si sta comportando così con cattiveria, giuro. 
Non so se avete capito a che camicia faccio riferimento, ma più avanti sarà più chiaro ;)
Grazie a tutti come sempre e fatemi sapere cosa ne pensate adesso **
Ci vediamo tra tre giorni, puntuale <3

-Arashi- 

 

 

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Capitolo 28
*** La Verità Non Detta ***


La Verità Non Detta 

2018

{Diana}


Il violento impatto con l’auto mi fece urlare all’improvviso. Mi sollevai con uno scatto e presi la testa dolente tra le mani; la fronte mi pulsava come se tutto il sangue del mio corpo confluisse in un punto solo. Avevo sognato l’incidente per la prima volta. Il mio corpo era scosso tra tremori, la fronte imperlata di sudore e le mani fredde. Jimin doveva aver sentito il mio grido, perché spalancò la porta con lo sguardo spaventato.

- Cosa é successo? - mi chiese, quando si fu inginocchiati accanto al mio letto.

- Io...- tentai di parlare, ma avevo la bocca completamente secca.

- Calmati, va tutto bene. - cercò di tranquillizzarmi, mentre mi accarezzava il viso.

Respiravo a fatica, la testa sembrava scoppiarmi come una bomba ad orologeria. Il tocco delle sue dita era così delicato e preciso, come se per tutta la vita non avesse fatto altro. La mia pelle sembrò riconoscerlo e si distese sotto i suoi piccoli polpastrelli. Mi aggrappai alle maniche del suo pigiama con tutte le forza che avevo. Serrai le palpebre, mentre delle immagini confuse mi passavano davanti agli occhi come la pellicola di un film. Jimin mi richiamò più voltè, ma le mie orecchie erano sorde. Riavvolsi il nastro del mio sogno e finalmente capii il motivo del mio incidente. Rividi me stessa, china su quella camicia nera, che lavorava tutta la notte. Risentii quelle parole assurde che avevo origliato: la causa della mia corsa che mi avrebbe portato all’oblio. Ricordai solo quel particolare, prima di allora tutto rimaneva ancora oscurato da una coltre nera.

Stavo ancora stringendo le braccia di Jimin, quando ripresi fiato ed il controllo di me.

- Bravissima. Vuoi qualcosa da bere? - mi chiese gentilmente.

- Perché non mi hai mai parlato dell’incidente? - domandai all’improvviso.

Lui rimase spiazzato e subito allontanò le mani da me come se scottassi.

- Non ne ho mai avuto il coraggio. - Rispose senza guardarmi.

- Mi ricordo le tue parole, mentre parlavi con Jungkook.- dissi con un tono inespressivo e lui sussultò.

Percepivo tutta la delusione che avevo provato in quel momento, nonostante non ricordassi la nostra amicizia.

- Non mi sono mai perdonato. - mormorò con la testa bassa.

In quel momento compresi il suo comportamento di quella sera sul divano. Lo avevo consolato non sapendo il motivo, ma era sembrato davvero sincero.

- Pensavo che fossi importante per te, invece mi sbagliavo. - commentai amaramente.

- Hai frainteso, come ti avevo già detto. -

- Allora perché stavi dicendo quelle cattiverie a Jungkook, spiegamelo! - ringhiai sbattendo le mani sulle coperte.

Per colpa sua avevo perso me stessa, il mio migliore amico ed i miei legami. Esigevo una spiegazione, ma ero troppo arrabbiata per accettare una qualsiasi scusa, seppur valida.

- Hai ascoltato solo una parte della nostra conversazione. - deglutì - Stavo solo cercando di convincere me stesso. - fece una pausa e tornò a guardarmi con gli occhi di chi era stato incastrato ingiustamente.

- E quindi? - lo incalzai impaziente.

- Perchè ero innamorato di te e cercavo di odiarti. -

Quelle parole piombarono come un incudine sulla mia testa. Rimasi in silenzio, incapace di fare qualsiasi cosa. La vecchia me cosa provava per lui? Non lo sapevo. Nel mio stato attuale ero certa di non ricambiare i suoi sentimenti e provai una forte tristezza.

- Jimin, mi dispiace...io...- balbettai in difficoltà.

- Quel giorno ho cercato di spiegartelo, ma non mi hai ascoltato. Poi è accaduto tutto così in fretta e ho sempre combattuto con i miei sensi di colpa. So che era un sentimento a senso unico, ma va bene così. - Dopo di che mi augurò una buona notte e chiuse la porta.

Quella porta segnò la fine del nostro rapporto.

Non avendo un motivo valido per rimanere a Seoul, chiesi un periodo prolungato di aspettativa per tornare in Italia. Avevo bisogno della mia famiglia e di respirare di nuovo l’aria romana, forse mi avrebbe fatto bene. Partii senza troppi convenevoli, salutai tutti con un po’ di dispiacere, ma dopotutto non li conoscevo così bene.

Trascorsero quattro mesi tranquilli, ogni tanto telefonavano a Taehyung o a Jungkook o Jin, quelli con cui avevo maggiore confidenza. Più volte avevo pensato di contattare Jimin, ma mi sentivo sempre frenata. Durante la mia lontananza uscì un loro nuovo album: Love Yourself Tear. La mia amica Arianna era un’Army sfegatata e mi sventolò subito la copertina nera davanti al naso. L’avevo conosciuta all’accademia, almeno così mi aveva raccontato, e ci eravamo incontrate appena aveva saputo del mio rientro in Italia dai miei genitori. Dovevo mantenere la massima segretezza sul mio lavoro, così fingevo di conoscere i BTS solo perché avevo vissuto in Corea.

- Come sono belli! - esclamò con l’aria sognante, mentre sfogliavo la versione U, caratterizzata da veli bianchi.

- Hai ragione. - Non potevo darle torto.

Avevamo deciso di ascoltare i nuovi singoli insieme, così cominciammo subito con le cuffie alla mano. La musica riempì il silenzio della mia stanza, guardai di nuovo le immagini e mi soffermai su Jimin: aveva un espressione rilassata che non gli avevo mai visto. Le sue iridi color cioccolato erano così calde ed avvolgenti, il mio stomaco formicolò appena. Dovetti ammettere che sentivo la mancanza di quei sette ragazzi, erano sempre stati molto gentili con me. Ma i miei pensieri si interruppero, quando sentii le prima parole della canzone appena iniziata: parlava di un giardino pieno di fiori e di un castello di sabbia. Mi parve di conoscere quella storia, soprattutto quando nominò dei fiori blu. La voce di Jimin che modulava con disperazione quelle note, mi trafisse il cuore come una spada.

- Arianna, come si intitola questa canzone? - Chiesi, mentre la testa mi doleva.

- The Truth Untold, perché? -

La verità non detta.

Un turbine di ricordi mi offuscò la vista e posai i gomiti sulla scrivania davanti a me. Mi sentivo come su una zattera nel bel mezzo di una bufera, sballottata ovunque con forza.

- Diana, stai bene? - la voce della mia amica era molto allarmata, mi afferrò le spalle per sorreggermi.

Ispirai più volte nel tentativo di calmare i conati di vomito, ma un'immagine fin troppo chiara apparì chiara nella mia mente, provocandomi un forte capogiro. Un libro dalla rilegatura marrone con una scritta dorata al centro di un paesaggio tempestato di fiori, tra i quali faceva capolino un castello fatato: Racconti perduti. Il libro che restituii a Jimin il giorno della sua partenza per Seoul, nel quale vi era narrata la storia della Città di Smeraldo.

- Ricordo tutto. - annunciai alla mia amica con il respiro affannato.

 

"But I still want you..." - The Truth Untold







 

Ciao a tuttiiii
Puntale come sempre ahahhaa
Bene, quindi vediamo il passaggio tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018.
Ecco qua spiegato il motivo del titolo della storia. 
La città di smeraldo è la chiave per far tornare la memoria a Diana ed è stata l'idea
da cui è partito tutto, quindi sono un po' emozionata ;;
Diana è veramente arrabbiata con Jimin e non si rende conto che comunque ha una parte di colpa
per quell'incidente. Ma ahimè, la rabbia non fa ragionare a volte.
Spero che vi stia continuando a piacere <3
Grazie a tutti **

-Arashi- 
 

 

 

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Capitolo 29
*** Fantasma ***


Fantasma

2018

{Jimin}
 

Tornai indietro di due anni, quando Diana non era ancora tornata nella mia vita. La sua mancanza mi opprimeva il petto fino a farmi soffocare alle volte. Quella casa che avevamo condiviso iniziava ad essere troppo stretta, nonostante ci fosse fin troppo spazio. Sentivo l'illusione delle sue mani che mi sfioravano, mentre mi sedevo in cucina per fare colazione ed attendevo il solito bacio mattutino, che non arrivava mai. Junkook e Tae facevano di tutto per non farmi sentire solo, apprezzavo i loro sforzi, ma spesso rifiutavo i loro inviti insistenti.

Esattamente come quella sera. Pensai a Namjoon che stava lavorando notte e giorno al nostro nuovo album, così decisi di raggiungerlo nel suo studio. Mi lasciò accomodare su una sedia accanto a lui, mentre maneggiava i mille tasti della console. Ammiravo il suo talento e rimanevo affascinato dalle sue capacità ogni volta che lo vedevo all'opera.

- Ti senti solo, vero? - domandò all'improvviso, senza distogliere l'attenzione dallo schermo di fronte a lui.

- Un po'. - ammisi

- Posso capirlo. Basta che non interrompi un'altra volta la mia live, spiaccicandoti sul vetro del mio studio come una mosca. - mi strappò un mesto sorriso.

Era incredibile come riusciva a capirmi da una semplice frase. Si sistemò gli occhiali tondi su naso con fare nervoso, gli donavano un aspetto più maturo e determinato.

- Odio quando mi mancano le idee. - sbottò, arrabbiandosi con la povera tastiera.

- Non sforzarti, vedrai che trovare l'ispirazione. Vorrei tanto aiutarti, ma...- mi interruppi, quando un ricordo sbocciò nella mia mente come un fiore.

Diana mi aveva raccontato una storia contenuta nel libro, che le avevo regalato per un suo compleanno. Volle narrarla a tutti costi: ne era rimasta incantata, soprattutto perchè era ambientata in Italia. La storia ruotava attorno ad un fiore blu, un castello di sabbia ed un amore non corrisposto, finito tragicamente per colpa del silenzio del protagonista. Mi ero immedesimato immediatamente in lui già all'epoca, nonostante non sapessi che l'avrei persa proprio per aver taciuto. Quando mi aveva riconsegnato il libro, non ne avevo intuito il motivo. Però l'avevo considerato come un segno del destino: avrei portato con me ciò che più mi rappresentava. Diedi voce alla storia sconosciuta della Città di Smeraldo per Namjoon, che mi osservò stringendo gli occhi in una smorfia di interesse. Cominciò subito a prendere appunti sul suo fidato taccuino, sembrava che dalla punta della penna, le parole comparissero da sole sul foglio. Scrisse qualche riga che non riuscii a leggere e poi si voltò di nuovo verso di me, con il riflesso della luce sulle lenti che coprivano i suoi occhi.

- Come intitoleresti questa canzone? - mi chiese dopo un po'.

- La Verità Non Detta. - pronunciai, quasi come una sentenza.

- Mmm...in inglese sarebbe The Truth Untold, mi piace. - concluse soddisfatto.

La verità non detta, il significato di quel fiore blu. La stessa verità che tenevo nascosta da anni senza avere il coraggio di mostrarla.

La prima volta che lessi il testo della canzone, mi sentii stringere il cuore in una morsa dolorosa. Tutti i miei compagni erano a conoscenza dei miei sentimenti e mi sentii osservato, mentre stringevo il foglio con le mani tremanti. Le strofe che avrei dovuto intonare erano tre e sembrava che Namjoon avesse scritto quelle parole sotto mia dettatura. Bastò veramente poco tempo per imparare quei versi a memoria e, ogni volta che cantavo, le mie corde vocali si annodavano scaturendo delle note strazianti.

Quel suono era perfetto.

Quando tornavo a casa la sera, sfinito a causa delle tante ore di pratica a cui sottoponevo il mio corpo e la mia mente, mi buttavo sul letto senza riuscire a prendere sonno. La melodia mi risuonava nella testa come una cantilena e non mi lasciava risposare.

Una sera aprii il cassetto del comodino, raccolsi il libro sui racconti fantastici e lo sfogliai per soffermarmi sulla storia che mi tormentava. Una rabbia improvvisa mi investì e scaraventai il piccolo libro contro la parte di fronte a me. Perchè avevo spinto Namjoon a scrivere quella canzone? Perchè ero così masochista? Guardai le copertina colorata piegata in due sul pavimento, avevo rovinato persino quel piccolo ricordo.

Non sapevo fare altro che distruggere.

Lo raccolsi e lo spazzolai, come se fosse ricoperto di polvere. Scelsi una penna dalla mia scrivania, poi voltai l'ultima pagina bianca per scriverci sopra “The Truth Untold”. Chiusi il libro con uno scatto e lo rinchiusi di nuovo nel cassetto, sperando di celarvi persino i miei sentimenti all'interno.

Nonostante i miei sforzi, Diana rimaneva presente come un fantasma: appariva nei momenti meno opportuni e senza preavviso. I primi mesi erano stati i più difficile, quel silenzio assordante mi infastidiva. Sentivo la sua voce come un'eco lontana che canticchiava allegramente le nostre canzoni. Mi mancava la mia Diana, la mia migliore amica, la mia confidente, la mia complice. Avevo bisogno di lei come l'aria per respirare, provavo la sensazione di essere in un'apnea costante. In certi momenti sentivo il bisogno di chiamarla per ascoltare almeno la sua voce meravigliosa, ma appena prendevo il cellulare, mi bloccavo.

Perchè dovrei contattarla? Mi chiedevo.

Non si ricordava di me, ero un perfetto sconosciuto ai suoi occhi. Sicuramente lei non sentiva la mia mancanza, invece ogni maledetto oggetto di quella casa mi ribadiva la sua assenza. I miei compagni non condivisero la mia scelta di buttarmi tra le braccia di ragazza diverse. Ma loro non potevano capire. Cambiai atteggiamento con l'altro sesso: mi mostravo sicuro, accattivante e disponibile. Era fin troppo semplice accalappiare idol, membri di diversi staff, manager e via dicendo. Utilizzavo sempre la solita banale tecnica che non mi tradiva mai: mi avvicinavo per scambiare qualche parola, davo il mio numero e la sera mi ritrovano una coreana nel letto.

 

"Even if you feel that you are alone, don't throw yourself away." - Promise 








 

Eccomi quiiiii 
Ho un giorno di ritardo, chiedo perdono XD
Torno con un po' di colpi al cuore, sempre con il pov di Jimin.
Ma lo comprendiamo tutti, no? Ve lo immaginate come un donnaiolo? Io no ahahahah
L'ho sempre visto come un ragazzo dolce e sensibile, ma qui gli ho dato una luce diversa. 
Vedremo poi le conseguenze di tutto questo ;)
Ah, qui siamo tornati indietro nel tempo, quando Diana ancora non ha recuperato la memoria, infatti ho inventato la genesi di The Truth Untold
Ho voluto citare Promise perchè è una canzone così tenera e triste allo stesso tempo, adoro <3
Grazie a tutti come sempre **
A presto!

-Arashi- 



 

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Capitolo 30
*** Epifania ***


Epifania

2018

{Diana}


Arianna urlò di felicità, prima di abbracciarmi forte.

But I still want you~

Quell’ultima frase sospirata rimase sospesa nella mia mente: lui mi aveva detto di essere stato innamorato di me. Eppure il suono lontano di quel ti amo, sussurrato nel delirio etilico, per un momento mi destabilizzò. Ricollegai ogni minimo ricordo, che avevo sorvolato in nome della nostra amicizia, e tutto diventò più chiaro sotto quella nuova e potente luce.

Mi riscossi dai miei pensieri ed esulati insieme alla mia amica sorridente. Stavo per scrivere a tutti della mia guarigione, in preda all'euforia, quando mi fermai.

- Pietro non dovrà saperlo. - sentenziai, il mio dito fermo a pochi millimetri dallo schermo del mio cellulare.

- Per quale motivo? -

- Ti ho detto del mio migliore amico, no? Così starà più tranquillo.

- Contenta tu. - rispose lei poco convinta.

Frequentavo Pietro da tre mesi, un ragazzo italiano poco più grande di me. Lo avevo conosciuto per caso in metropolitana e avevamo iniziato ad uscire insieme. Mi ero subito accorta della sua gelosia, quindi non volevo farlo preoccupare per una sciocchezza.

Saltellavo come una cavalletta e chiamai Taehyung senza rifletterci su: volevo dei chiarimenti sulla canzone. Lo salutai con fin troppo entusiasmo, tanto che mi chiese fossi ubriaca. Mi complimentai per le canzoni stupende e lui mi ringraziò timidamente. Poi andai dritta al punto della mia chiamata, volevo sapere se The Truth Untold fosse ispirata alla storia della Città di Smeraldo.

- Wow, la conosci? È stato Jimin a proporre l’idea a Namjoon. -

In quel momento capii meglio il significato del testo: lui aveva celato i suoi sentimenti dietro ad una maschera per moltissimo tempo. Provai un’immensa tristezza, ero seriamente dispiaciuta per lui, perchè potevo solo immaginare, quanto avesse sofferto in tutti quegli anni.

- Si, l’ho letta molti anni fa. Lui come sta? - Non avevo sue notizie da diversi giorni.

- Sempre lo stesso. Ogni sera porta a letto una ragazza diversa, non riesco a capire come faccia. Una volta non si comportava così. -

- Si, lo so. Non lo riconosco, è sempre stato così timido e dolce. - dissi con spontaneità.

- Aspetta un momento. Come fai a dirlo se non lo ricordi? -

Tae risultò più sveglio del previsto, mi aveva beccata subito, così decisi di svelare il mio segreto solo a lui.

- I miei ricordi sono tornati poco fa proprio grazie alla canzone, ma ti prego di non dirlo a nessuno per ora. -

- Oh mio Dio. Jimin ne sarebbe felicissimo, sei sicura che non posso dirglielo? -

- Si, per favore. Lo farò io di persona. -

In realtà non sapevo come comportami, ma decisi di temporeggiare un po'. Arianna, seduta accanto a me, mi fissava, mentre parlavo in coreano come se fosse aramaico antico.

- Con chi stai parlando? - mi chiese con lo sguardo curioso.

Tappai il microfono del cellulare con un mano, per dirle che si trattava di un amico di Seoul. Ma i suoi occhi si accesero come lampadine.

- È figo? - domandò a bruciapelo.

- Bé, sì. Non è male. - rimasi sul vago, anche se Tae non poteva definirsi solo “non male”.

- Come si chiama? -

- È ancora in linea, dopo mi farai l’interrogatorio. - la spensi per tornare da lui, il quale volle sapere chi fosse insieme a me.

- Una mia amica, è una vostra fan. Quindi non posso fare nomi, altrimenti mi sviene sul colpo e mi tocca passare tutto il giorno al pronto soccorso. -

- Passamela. -

- Cosa? - squittii come un topo ed Arianna sobbalzò sulla sedia con lo sguardo interrogativo.

- Dai, sarà divertente. -

- Non posso dire che vi conosco, mi uccideranno. -

- Rimarrà tra noi tre, falle promettere di non dirlo a nessuno. Dai, dai. - insistette convintissimo.

- Ehm, allora. - Deglutii e mi liberai il collo dalla stretta soffocante del colletto. - Se mi prometti di mantenere un segreto a costo della vita, ti porto ad un concerto dei BTS. - buttai lì la prima cosa che mi passò per la mente, ma sapevo che avrei fatto colpo.

Arianna quasi volò dalla sua postazione ed infatti giurò sulla famiglia, sul cane e su tutte le persone che conosceva. Così inserii il viva voce, pronta per calarmi nei panni dell’interprete ed dell'eventuale infermiera, poi intimai Tae a parlare.

- Hi, I’m V. Nice to meet you. - esordì con la voce allegra.

La mia amica mi guardò come se avesse visto un fantasma, poi fece una risata isterica. - Divertente questo scherzo. Chi sa imitarlo così bene? -

Le spiegai che si trattava del V autentico, ma non credeva alle mie parole; lo shock era troppo per lei. A quel punto Tae propose il Face Time, ci teneva proprio a farsi riconoscere. Non appena Arianna vide l’immagine di V che la salutava con un sorriso a trentadue denti, iniziò a piangere come una bambina.

- Ma come fai a conoscere Kim Taehuyng? - mi chiese tra i singhiozzi.

Le spiegai che lavoravo in sartoria alla Big Hit e lei rimase con la bocca spalancata tutto il tempo. Poi mi strattonò per le spalle energicamente, chiedendomi perchè le avessi nascosto una dettaglio così importante.

- Chiedile chi é il suo preferito. - sghignazzò Tae sotto i baffi.

- Jin, ma me li farei tutti e sette contemporaneamente. - travisai la traduzione.

- Ah, Diana’s old boyfriend.- esclamò l’altro.

- Cosa cazzo ha detto? Il tuo ex? - Arianna si voltò verso di me con un movimento macchinoso, simile ad un robot.

- Si, siamo stati insieme. Ma per pochissimo tempo. - mi giustificai sventolando le mani davanti a me.

Ma il peggio doveva ancora arrivare: Yoongi e Namjoon entrarono nella visuale, incuriositi dal fracasso. Dopo avermi salutata, mi chiesero subito chi fosse quella ragazza bionda e li rassicurai, dicendo che si trattava di una persona fidata. Namjoon iniziò a conversare amichevolmente con lei grazie al suo inglese fluente e sembrava molto divertito. Arianna si legò i capelli ricci in una coda, perchè stava sudando per l’emozione. Prima di riattaccare, Yoongi sorprese tutti i presenti con la frase “Come to Seoul”.

- Mi Porterai in Corea, vero? - insistette, quando ritrovammo la calma.

- Va bene, basta che mantieni la promessa. -

- Muta come un pesce.- promise, baciando le dita a forma di croce.

- Dimmi una cosa, il tuo migliore amico è uno di loro? -

- Si, ma lo conoscevo prima che diventasse famoso. -

Sollevò un sopracciglio talmente tanto che i suoi muscoli facciali rischiarono uno stiramento. - E chi sarebbe? -

- Jimin. - sussurrai, come se ci fosse stato qualcuno ad origliare.

- Cioè quello gnocco da paura è il tuo migliore amico? - chiese con la voce stridula da far invidia ad un delfino.

Concordai in silenzio sulla sua bellezza e poi preferii sputare il rospo una volta per tutte, onde evitare eventuali svenimenti a Seoul.

- E conviviamo, da quando mi sono trasferita. -

La mandibola di Arianna precipitò verso il basso con uno scatto e poi la richiuse velocemente. - Quindi l'hai visto...? -

- No, non l'ho visto nudo. - la anticipai e ruotai gli occhi.

- Quindi tu hai vissuto due anni nella sua stessa casa, senza saltargli addosso? Hai qualche problema. -

La ammonii più volte, ricordandole che era solo un amico e lei mi guardava come se fossi una psicopatica da ricoverare. Confessai che diverse volte ero rimasta spiazzata dal fascino disinvolto di Jimin, ma non lo avevo mai guardato come un potenziale amante. Arianna sapeva della sua dichiarazione e mi dette della stupida: molla subito Pietro e corri da lui, mi disse. Lei non poteva capire il mio conflitto interiore, però mi spinse a pensarci. Poi mi rimproverò per non averglielo mai detto e mi bombardò di domande, come se non ci fosse un domani.

 

"I'm just a human." - Trivia: Love








 

Buonaseeeeera!
Non sapevo se pubblicare oggi o domani, ma sono appena tornata dal cinema e quindi sono in super hype!
E'stato tutto così bello ed emozionante che quasi mi sono commossa, voi siete riusciti ad andarci?
Comunque, questo capitolo sembra infinito, ma è solo perchè ci sono molte frasi dialogate.

Diana ha preferito tenere la verità per sè, avrò fatto bene? E' molto confusa con i suoi sentimenti,
soprattutto perchè c'è questo Pietro nella sua vita adesso. 
Arianna non sarà un pg così fondamentale, ma mi era venuta l'idea di quella chiamata tanto per alleggerire
la situazione aahhaahah *Tae sempre pronto a divertirsi a caso XD*
Spero di avervi incuriosito e stupito di nuovo <3
A presto!
 
-Arashi-

 









 

 

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Capitolo 31
*** Circolo Vizioso ***


Circolo Vizioso

2018

{Jimin}
 

Taehyung mi disse di aver ricevuto una chiamata da Diana, la quale chiedeva spiegazioni sulla canzone. Avevo fatto spallucce, mi interessava poco e nulla; o almeno così pensavo. Lui aveva insistito, spiegandomi che la mia ex migliore amica cercava sempre di informarsi sulla mia salute, sembrava che volesse farmi sapere quando fosse preoccupata per me. Ma io stavo imparando a sopravvivere senza di lei, anche grazie ai membri. Solo in quei momenti mi ero reso conto di quanto fossi dipende dalla sua amicizia. Tentavo di andare avanti con le unghie e con i denti, ma forse stavo solo facendo del male a me stesso.

Ogni volta che sentivo l'odore amaro del caffè, rivedevo Diana che sorseggiava la sua bevanda amara con soddisfazione e mi sorrideva dietro la tazzina. Avevo provato a farmi piacere quel sapore, ma ogni volta che lo assaggiavo, facevo delle smorfie che la facevano ridere di gusto. La sua risata non ero mai riuscito a dimenticarla. Il tatuaggio che avevo sempre custodito sotto il calzino, era scomparso per me; evitavo persino di guardarlo quando mi toglievo lo scarpe.

Uno squillo del cellulare mi spinse a controllare controvoglia la notifica ricevuta: mi ricordava che quella sera avevo un appuntamento. Avevo conosciuto una ragazza dalle origini inglesi, bella e solare che riusciva a farmi dimenticare i miei problemi per qualche ora, così attesi il suo arrivo sul divano, sfogliando la galleria del mio cellulare. Sorrisi mestamente, quando aprii una foto di molti mesi prima che ritraeva Diana addormentata su quello stesso divano. Avevo trattenuto a stento la mia risata con una mano sulla bocca, mentre premevo il tasto dello scatto. Indossava la mia felpa preferita, rubata dal mio armadio senza permesso. Il suo viso era rigato da segni rossi per colpa della cerniera del cuscino ed un rivolo di saliva usciva dalla bocca spalancata. Una volta sveglia, le avevo mostrato la mia opera d'arte ed era stato difficile impedirle di eliminarla. Dopo una dura lotta, degna dei lottatori di Sumo, eravamo finiti a terra con il fiato corto. Mi aveva preso la testa tra le mani e mi aveva baciato la fronte per un lungo istante. L'avevo trattenuta sopra di me per spostarle una ciocca corvina dietro l'orecchio. Avevo studiato le sue iridi nei minimi dettagli quel pomeriggio: un oceano blu macchiato dalla spuma chiara delle onde. Mi ci sarei tuffato senza rimpianti.

Una sola foto mi provocava quell'effetto, mi sorpresi ancora dei sentimenti che non volevano mollarmi.

Per fortuna la mia ospite arrivo in orario altrimenti avrei iniziato a sbattere la testa contro al muro, pur di eliminare quella tristezza. Nessuno di noi due indugiò, ci dirigemmo in camera sicuri sul da farsi. Prese possesso delle mie labbra avidamente, quando la ancorai contro la porta chiusa. Per un momento mi sembrò di aver già sentito quel tocco morbido, ma scacciai quei pensieri fastidiosi. Mi lasciai percorrere la pelle con le sue labbra dalla guancia fino alla clavicola, quello stesso tragitto che qualcuno aveva già attraversato. La allontanai con una leggera spinta, mentre stringevo le palpebre nel tentativo di cancellare quel ricordo.

Faceva male, troppo male.

Lei mi guardó con aria confusa e mi chiese se stessi male. Mentii, dicendole di aver avuto un capogiro e decisi di prendere il controllo della situazione. Poco dopo ci ritrovammo immersi tra le mie coperte gonfie come nuvole cariche di pioggia, ansimanti e soddisfatti. Avrei potuto vederla di nuovo, ma mi ricordava troppo il passato, così non la cercai più.

Per fortuna, a volte riuscivo a distarmi con una delle mie passioni: il ballo. Ripresi in mano la danza moderna che avevo accantonato da un po'. Mi immergevo nella musica come in un bagno caldo; stranamente riuscivo a rilassarmi. Svuotavo la mente ad ogni passo, mentre osservavo il mio riflesso nel grande specchio davanti a me. Quel giorno prestai attenzione a qualsiasi movimento, cercando di essere preciso e controllato. I vestiti leggeri che avevo scelto, danzavano insieme a me nell'aria come prolungamenti del mio corpo. Quando la musica si spense, guardai la mia immagine riflessa ansimante e stremata: ero patetico. Più rimanevo in piedi ad osservare il mio corpo fradicio, più la rabbia aumentava. Sbattei le mani contro lo specchio con forza ed abbandonai la testa verso il parquet della sala. Non riuscivo a calmare il mio fiato corto, così cercai di espandere i polmoni il più possibile, ma respiravo sempre peggio.

- Jimin, tutto bene? Ho sentito un botto e... - la voce di Jungkook si interruppe e corse verso di me. - Jimin? - mi richiamò, scuotendo appena le mie spalle rigide.

Tentavo di prendere aria, ma la mia gola sembrava non accettare tutta quella quantità di ossigeno e continuava a chiudersi. Jungkook capì subito la situazione e mi costrinse a sdraiarmi sul pavimento, mentre mi diceva di rimanere calmo. Stava per andare a prendere la maschera per l'ossigeno, quando finalmente ripresi un po' di controllo su me stesso. Avevo portato il mio corpo allo stremo, era esausto e ne pagavo le conseguenze.

- Non puoi sovraccaricarti così. - mi rimproverò il più piccolo.

- Lo fai anche tu. - dissi tra un respiro e l'altro.

- Appunto. So come ci si sente. -

- Non dirlo agli altri, non voglio che si preoccupino. -

Mi aiutò ad alzarmi e mi sostenne per un momento, finchè non fui sicuro del mio equilibrio.

- Non riesci a dimenticarla, vero? - domandò piano.

La risposta era talmente ovvia che la tenni per me. Sulla spalla del mio amico piansi tutte le lacrime che avevo trattenuto in quei tre mesi.



"Why did you kick me out?" - 134340







 

Eccomi quiii <3
Sto andando leggermente a rilento perchè sono un po' incasinata in questi giorni, scusate ;;
Poi sto anche traducendo una fanfiction in inglese su il mio profilo Wattpad, 
quindi devo riuscire a rimanere regolare anche con quella..
Comunque, torno a spezzarvi il cuoricino con Jimin che, nonostante tutto, soffre tantissimo.

Ci sta provando con tutte le forze, poverino. 
In tutto questo ho scoperto adesso che 134340 è il numero della orbita di Plutone e la canzone parla 
anche di Ade, appunto e nomina Eris. Flippata come sono per la mitologia adesso sono tipo così :OOOOOOOO
Buonasera a me comunque XD
Spero che vi piaccia, fatemelo sapere e alla prossima <3

-Arashi- 



 

 

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Capitolo 32
*** Amaro ***


Amaro

2018

{Diana}


Nonostante fingessi la mia amnesia, la mia relazione con Pietro procedeva tranquillamente. Era un ragazzo davvero carino: alto, biondo e con gli occhi verdi. Capii cosa mi avesse attirato inconsapevolmente verso di lui: era un misto di diversi aspetti che conoscevo bene ed amavo, anche se non li ricordavo all'inizio. La sua spontaneità ed allegria richiamavano molto Seokjin, soprattutto quando si auto definiva il “più figo del mondo”; mancava solo che lanciasse i baci volanti con la mano. Poi il suo portamento era quello tipico di ogni ballerino, ma non potevo paragonarlo a Jimin, perchè lui andava oltre ogni livello standard di eleganza. Comunque gli piaceva scherza e mangiare bene, come un classico italiano. Stavo molto bene in sua compagnia, nonostante la sua gelosia alquanto esagerata in alcuni casi, ma non ci badavo molto. Gli avevo raccontato della dichiarazione di Jimin, perchè non volevo avere segreti con lui. Mi aveva guardato con la fronte corrucciata in un'espressione torva, come se cercasse di capire, se provassi qualcosa nei confronti del mio migliore amico.

- Già il fatto che ci convivi, non mi piace tanto. - mi aveva confessato, mentre mi stringeva sul divano.

- Dai, lo conosco da una vita. Puoi stare tranquillo. - avevo risposto con un piccolo bacio.

- Va bene, però non girarci troppo intorno. -

- Non preoccuparti, non siamo più amici come prima. Sarà già un passo avanti, se ci salutiamo. -

Purtroppo era la triste e dura verità.

Ero praticamente scappata dal problema “sentimenti di Jimin per me” per evitare di affrontarlo e quei quattro mesi non avrebbero risolto niente, lo sapevo. Il solo pensiero di aver perso il mio migliore amico, mi strinse il cuore, perchè non avevo mai pensato a quell'eventualità. Era sempre stato al mio fianco come nessun altro, avrei mai potuto sostituirlo con Pietro? Il mio inconscio sapeva già la riposta, ma tentai comunque di dedicarmi totalmente a quella nuova relazione.

Il giorno del mio ritorno a Seoul si stava avvicinando velocemente e Pietro voleva a tutti i costi seguirmi. Mi faceva piacere vedere questo suo interesse, ma non potevo ospitarlo a casa di Jimin. Inoltre avrei dovuto invitare persino Arianna: se non avessi mantenuto la promessa, mi avrebbe strangolata, rinchiusa in un pacco e spedita al polo nord. Odiavo il freddo, quindi dovevo portarla con me a costo della vita. Alla fine prenotarono due stanze singole in un hotel vicino al mio appartamento, così potevamo gestire meglio la loro permanenza. Pietro sarebbe rimasto un mese con me, siccome aveva chiesto le ferie al suo datore di lavoro. Invece Arianna sarebbe rimasta solo una settimana.

Atterrammo a Seoul sani e salvi ed io toccai il pavimento, ringraziando il cielo. Avevo una paura folle degli aerei, ma me lo ricordavo solo una volta seduta sulla poltroncina scomoda. Lasciai i miei due compagni di viaggio al loro hotel, perchè preferii tornare a casa da sola. Mentre giravo le chiavi nella serratura, il mio cuore prese ad accelerare il battito inspiegabilmente. Mi sentivo come se, varcata la soglia, ci fosse uno sconosciuto ad aspettarmi. Non avevo sentito la mancanza di Jimin, finché non avevo ricordato tutto. Avevo deciso di fingere sia con il mio ragazzo sia con il mio migliore amico, per il bene di entrambi; o almeno così credevo. Allora indossai la maschera della Diana smemorata e feci scattare il chiavistello.

- Sono a casa. - mi annunciai, spazzolando i piedi sullo zerbino.

Richiusi la porta con un tonfo e poco dopo Jimin apparve nella sala, seguito da una bellissima ragazza asiatica. Non era cambiato di una virgola, ma era tornato ai suoi naturali capelli scuri che io avevo sempre adorato. Indossava la solita tuta della Puma, con la banda bianca laterale, che risaltava perfettamente i suoi muscoli delle gambe; troppe volte i miei occhi aveva indugiato quelle forme.

Il mio cuore sussultò ai troppi ricordi che mi affollarono la mente in quel momento.

- Non sapevo che arrivassi oggi. - mi disse, la voce era piatta e cupa.

- Non l’ho detto a nessuno, volevo fare una sorpresa a tutti. - risposi con un sorriso tirato.

- Bentornata comunque. Lei è Naomi. -

La ragazza dai folti capelli neri si inchinò ed io feci lo stesso. Mi disse che stava uscendo e così se ne andò senza aggiungere altro. Jimin mi guardò incerto per un momento e poi mi domandò se avessi bisogno di aiuto per portare i miei bagagli in camera. Rimasi con dell’amaro in bocca, come dopo aver venuto un caffè; forse mi aspettavo un accoglienza diversa, ma dovevo convincermi che la nostra amicizia era finita.

- È la tua ragazza? - chiesi a bruciapelo, mentre trascinavamo le pesanti valigie.

- Più o meno, ci frequentiamo da un po'. - Non sembrò molto convinto.

Da una parte speravo che si fosse rifatto una vita, perché dovevo dirgli di Pietro ed avevo paura di ferirlo.

- Io sto con un ragazzo da tre mesi invece. - sganciai la bomba con noncuranza.

Lui continuò a curarsi delle valigie, come se non avessi detto una parola e poi rispose. - Ah si? Sono felice per te. È Italiano? -

- Si, però rimarrà a Seoul per un mese. - dissi in difficoltà. - C’è anche una amica amica. - mi affrettai ad aggiungere, come se dovessi giustificarmi.

- Arianna? Ce ne ha parlato Taehuyng, è davvero entusiasta di conoscerla. - aveva eclissato completamente l’argomento ‘fidanzato a Seoul’.

Mentre mi cucinavo della pasta, rimase con me in cucina per chiedermi come fosse stata la pausa in Italia. Mi parlava con un tono freddo che non avevo mai sentito, mi stava mettendo a disagio. Sembrava un dialogo forzato, dettato solo dalle convenzioni. Non mi ero mai sentita così con Jimin e provai una profonda nostalgia per i vecchi tempi: le nostre cene, i nostri scherzi, i nostri abbracci. Ancora ricordavo bene, quando mi aveva dedicato Spring day e dovetti trattenere le lacrime. Avrei voluto voltarmi verso di lui e urlare: Sono di nuovo io! Ma la paura prese il sopravvento, cosa sarebbe cambiato?

Ero una codarda e basta.

Lo studiai, mentre mangiavo e vidi solo due occhi scuri senza espressione: lo sguardo che si rivolge ad un semplice conoscente. Si alzò dallo sgabello per nascondersi in camera sua, quando mi girai per lavare il piatto vuoto. Il rumore dell’acqua sul lavabo d’acciaio coprì il mio pianto pieno di malinconia.

 

"Do you remeber that feeling?" - Coffee








 

Buona domenica!
Et voilà il nuovo capitolo, vi ho fatto attendere un po' di più questa volta ;;
Ebbene, Diana è tornata, ma vi sareste aspettati che lei tornare tutta pimpante ed allegra, vero?
E invece no, ha deciso di fingere per guadagnare tempo, perchè non sa nemmeno lei come interpretare 
i suoi sentimenti. Jimin possiamo capire che si stia sforzando di sembrare indifferente, ma sarà così?

Vedrete nel prossimo capitolo cosa penserà quando vedrà Pietro XD
Spero vi piaccia anche questo <3
La storia sta diventando più lunga del previsto ahahahah
Grazie a tutti davvero!

-Arashi-

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Capitolo 33
*** Amore e Odio ***


Amore e Odio

2018

{Jimin}


Diana era tornata.

Non avevo mai preso in considerazione l’ipotesi che potesse tornare con il fidanzatino appresso. Naomi era solo l’ennesima ragazza che mi faceva sfogare, però era l’unica che non avevo mollato dopo una notte. C’era qualcosa in lei che non mi dispiaceva, ma il ritorno di Diana mi aveva totalmente destabilizzato. Ero ancora innamorato di lei, non potevo negarlo. Avrei voluto abbracciarla e dirle quanto mi fosse mancata, però volevo rivolgermi alla mia “vecchia” migliore amica.

Non riuscivo e non potevo dimenticare tutto ciò che c’era stato; avevo bisogno di lei in ogni istante. Senza farmi notare, la guardavo mentre era indaffarata a casa: i suoi capelli erano tornati a quel meraviglioso nero che risaltava l’azzurro dei suoi occhi luminosi e le sue curve si erano leggermente addolcite, come se non si fosse più allenata; in ogni caso era stupenda.

In quei quattro mesi spesso mi ero sentito schiacciato dallo stress e dalla mia scarsa autostima, così mi ero rinchiuso in me stesso. Seokjin era riuscito a farmi uscire da quel circolo vizioso grazie alla sua solarità, ma era stato molto difficile. Continuavo a rimuginare sul passato e la immaginavo mentre mi consolava tra le braccia, come era solita fare. Il profumo dolce della sua pelle ancora lo sentivo nelle narici e mi pugnalava il cuore a tradimento. Quel bacio della sera del suo compleanno era marchiato a fuoco nella mia mente, come se fosse accaduto solo qualche giorno prima; ma erano passati mesi. Avevo persino pensato di strappare quella maledetta polaroid sul mio comodino, che mi sbatteva in faccia la nostra vecchia e meravigliosa amicizia, ma una forza nel mio inconscio mi aveva impedito di farlo.

The Truth Untold era davvero la canzone che più mi rappresentava e riuscivo ad interpretarla come nessun'altra; infondevo tutta la mia disperazione e le mie sofferenze in quelle note. Mi ero illuso di poter riportare indietro i ricordi di Diana con quella canzone, ma ero stato solo uno stupido.

Il giorno dopo il suo ritorno mi presentò quel damerino del suo ragazzo, Pietro. Nonostante fosse italiano aveva qualcosa che ricordava Jin, forse nei suoi modi di fare. E poi notai subito dal suo portamento che doveva essere un ballerino, quasi mi sentii offeso nel constatare che Diana avesse preferito lui, quando aveva sempre avuto un ballerino accanto. Però dovetti ammettere che era un bel ragazzo, ma aveva uno scintillio strano negli occhi, come se volesse urlare a tutti che la sua ragazza era intoccabile.

Se solo sapessi che l’ho persino baciata. Pensai, mentre gli stringevo la mano e resistetti alla tentazione di mettermi in punta di piedi per raggiungere la sua altezza.

Per fortuna Arianna allentò la tensione tra di noi e gliene fui estremamente grato. Quasi svenne quando vide Seokin, il suo preferito. Purtroppo non parlava coreano e dovevamo arrangiarci con quel poco inglese che riuscivamo a masticare; invece Diana e Namjoon riuscivano a comunicare senza problemi. Yoongi sembrava particolarmente loquace con la nuova arrivata, non potevo biasimarlo perché era davvero carina: minuta, con i boccoli biondi e due occhi grandi. Purtroppo tornò Italia troppo presto e promise di tornare a trovarci appena possibile. Così ci lasciò con i due piccioncini che non smettevano mai di ricordarci quanto si amassero; più che altro era Pietro che non si staccava mai da Diana. Durante i turni di lavoro stava seduto in un angolo della sartoria che la vigilava come un cane addestrato. Sembrava che chiunque potesse rapirla da un momento all’altro. Faticavo veramente a credere che a Diana piacesse un tipo del genere, ma non era più la ragazza che conoscevo meglio delle mie tasche. Avevo notato che lei cercava di interagire con me, soprattutto a casa, ma uno spesso velo di disagio ci separava ogni volta. Quel velo troppo pesante da scostare, era opprimente e soffocante. Pensai persino che starei stato meglio senza di lei, senza averla mai conosciuta, senza averle permesso di ritornare nella mia vita.

In realtà volevo indietro la mia Diana, e basta.

Cercavo di distarmi con la musica, perchè non avevo tempo per quelle cazzate. Un pomeriggio mi diressi in sala registrazioni per cantare qualsiasi cosa e scelsi proprio The Truth Untold, tanto per essere masochista. Intonai tutto il testo, rubando le parti degli altri vocalist, perchè mi aiutava a migliorare la mia voce. Quando arrivai al primo ritornello, dal vetro di fronte a me vidi apparire proprio Diana, ma non fece nulla per interrompermi. Si limitò a sedersi sulla sedia vuota davanti alla console per ascoltarmi con gli occhi lucidi. Strinsi le palpebre per non guardarla, mi concentrai solo sulla melodia, come se tutto intorno a me fosse svanito. Alla fine della canzone, posai le cuffie sul leggio e la raggiunsi oltre il vetro.

- È davvero incredibile.- Si complimentò con un applauso. - È la storia della Città di Smeraldo, vero? -

Per un attimo vacillai. Com’era possibile? Vidi uno spiraglio di luce infondo a quel tunnel buio.

- Sì, la ricordi? - chiesi speranzoso.

- Ricordo vagamente la storia, ma nient’altro. - rispose distogliendo lo sguardo.

Svanirono tutte le mie illusioni come polvere mossa dal vento. Taehyung mi aveva detto della loro telefonata subito dopo l'uscita dell'album, ma non avevo voluto sapere i dettagli. Probabilmente avevano parlato della storia, allora perchè mi aveva fatto quella domanda? Mi riscossi subito, non appena notai una macchia violacea sulla sua clavicola che mi incuriosì.

- Ti sei fatta male? - domandai con l’indice che indicava il livido vistoso.

Mi osservò la mano sorpresa, come se avesse appena scoperto quella ferita. Sembrò titubante e con uno sguardo strano mi rispose: - Ho sbattuto contro l’anta del mobile stamani, lo sai che sono maldestra. - poi rise appena.

Non ne capii il motivo, ma sapevo che mentiva.
 

"Maybe I'm your enemy and friend..." - Outro: Her







 

Buonasera~
Questa settimana non ho veramente avuto tempo di mettermi al pc, quindi mi dispiace avervi fatto aspettare un po' di più.
Comunque Jimin conosce Pietro e, come era prevedibile, non gli piace molto. Anche solo per l'altezza ahahahaha
Posso dire che Diana si sta convincendo che Pietro sia la scelta giusta e quindi prova ad
andare avanti in quella relazione. Tenete presente che lei e Jimin non si parlano molto adesso,
cioè non hanno più quella confidenza che c'era prima. 
Dal prossimo capitolo ci sarà un altro cambiamento ;)
Grazie a tutti come sempre <3
A presto **

-Arashi- 


 

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Capitolo 34
*** Inferno ***


Inferno

2018

{Diana}


Pietro era a Seoul da tre settimane ormai e si comportava in modo strano. La sua presenza stava diventando soffocante, tanto che iniziò ad infastidirmi la sua vicinanza. Non riuscivo a parlare con nessuno, soprattutto con i ragazzi.

Qualche giorno dopo il mio ritorno, avevo chiamato Taehuyng per chiedergli se li avessi trovati nella sala prove. Pietro mi aveva rivolto uno sguardo accusatorio ed era evidente che non gradiva la mia confidenza con loro. Solo Tae sapeva la verità su di me e quel pomeriggio cercai di parlargli nel camerino con la scusa di sistemare la sua camicia.

- Sei sicura di voler mantenere il segreto? Soprattutto con Jimin? - mi aveva domandato senza farsi sentire.

- Si, almeno finché Pietro non torna in Italia. - bisbigliai vicino al suo orecchio.

- Come vuoi. Sappi che Jimin ne sta soffrendo molto, non ha mai smesso di incolparsi. - si premurò. Apprezzavo quanto tenesse al suo amico e gliene fui infinitamente grata.

- Lo so, ti prometto che glielo dirò. -

Poi lo ringraziai con un piccolo bacio sulla guancia. Tae rimase un attimo spiazzato perchè non era abituato a quel contatto fisico. Il suo viso prese colore e mi scompigliò teneramente i capelli corvini.

Nonostante Pietro fosse con me, avevo bisogno di affetto. Non potevo più contare su Jimin, il quale si confondeva con Naomi, per cui “ripiegavo” sui gli altri sei. Arrivai persino ad abbracciare Yoongi un giorno, per aver ammesso che in fondo ero mancata anche a lui. Ma non mi resi conto del malessere che stava crescendo dentro al mio ragazzo.

Erano quattro mesi che non mi allenavo con Jungkook ed una sera decisi di rimediare alla mia accidia. Pietro assistette all’intero allenamento, seduto a braccia conserte, senza distogliere lo sguardo nemmeno un secondo.

- Deve rimanere qui per forza? Mi sta mettendo ansia.- mi confesso Kookie nell’orecchio, mentre mi mostrava una presa.

- Ignoralo, tanto tra qualche giorno se ne va. - risposi sottovoce.

Scollegai il cervello per quell’ora e mi sentii finalmente rinata. Riuscivo a scaricare tutta la tensione accumulata durante il giorno. Per un attimo la mia vista mi ingannò, vidi Jimin al posto di Pietro che mi guardava con il suo meraviglioso sorriso. Scossi la testa per riprendermi e il mio insegnante mi bloccò con una mossa fulminea.

- Ti sei distratta.- mi rimproverò, mantenendo la stretta.

- Perdonami, Sensei.- risposi e ridemmo insieme.

Pietro attese che mi fossi lavata e cambiata, poi lo accompagnai all’hotel. Non avevo ancora passato una serata con i miei amici a causa sua, voleva tenermi tutta per sè. Avevo deciso di assecondarlo, perchè più avanti non avremmo avuto occasione di rivederci così spesso. Entrammo nella stanza e mi abbandonai sul letto con poca grazia, ero sfinita.

- Ho notato che con loro hai molta confidenza. - disse Pietro dopo aver riposto il giubbotto sull'attaccapanni.

- Si, sono come una famiglia per me. - risposi con sincerità, guardando il soffitto.

- Bè, con alcuni hai degli atteggiamenti non proprio adatti ad una famiglia. - mi guardò torvo.

- Cosa vorresti dire? - mi sollevai di scatto con la fronte corrucciata.

- Mi da fastidio che ti strusci a tutti. - Pronunciò avvicinandosi al bordo del letto, sembrò veramente irritato.

- Ti assicuro che non c’è niente di male. Se avessero voluto, mi sarebbero saltati addosso molto tempo fa. Fidati. -

- Ok. - pronunciò poco convinto.

Si chinò su di me e cominciò a baciarmi con passione. Sapevo bene che intenzioni aveva, ma in quel momento non volevo accontentarlo; quella discussione mi aveva turbata. Riposi al bacio controvoglia e quando posò le labbra sulla clavicola dolorante, mi uscii un gemito di dolore. Pietro non parve darci peso e continuò imperterrito il suo percorso sul mio collo.

- Aspetta, sono troppo stanca stasera. - lo allontanai piano con le braccia.

- Anche ieri sera seri stanca, quanto dovrei aspettare? - Vidi un qualcosa di strano nei suoi occhi che mi scombussolò.

- Sono davvero esausta. Il lavoro, gli allenamenti... -

- Esatto, potevi evitare di allenarti stasera. -

- Pietro, per favore. Non ne ho voglia, ok? Jimin mi ha persino visto il livido oggi e non sapevo cosa dirgli. - stavo perdendo la pazienza, così mi alzai per allontanarmi ancora di più.

- Perché? devi giustificarti con lui? - sbattè i palmi delle mani sul materasso.

- No, però mi hai fatto male. Potevi evitare di mordermi così forte."

- Ah, si? Vediamo, poi chi è il tuo caro amichetto? Quel Taehyung? Ti ho vista che lo baciavi l’altro giorno. - Era furioso.

- Tu mi hai spiata? - chiesi indignata, indicandomi il petto con l'indice.

- Passavo davanti al camerino, quando ho visto quella scena. -

- Ma era solo un bacio sulla guancia! - esclamai esasperata, era troppo ridicola quella litigata.

- Allora. Ti strusci a quel rapper nano, baci Taehyung, fai vedere il collo a quello che dice di essere il tuo migliore amico e poi tocchi il tuo Sensei ovunque con la scusa di allenarti. Cosa dovrei dire? - Stava urlando in piedi di fronte a me e mi stava spaventando.

- Abbassa i toni, hai capito? Io faccio quel cazzo che mi pare della mia vita. - Quella frase fece scoccare una scintilla nei suoi occhi. Sentii un colpo sulla guancia che mi costrinse a voltare la testa verso la finestra. La mia vista si annebbiò per qualche istante e poi la mia pelle prese fuoco nel punto dove avevo ricevuto lo schiaffo. Non reagii ,perché ero troppo sorpresa ed incredula, soprattutto terrorizzata.

- Sei la mia ragazza e fai come voglio io. - spuntò con una rabbia folle, mentre mi stringeva le guance tra le dita per costringermi a guardarlo.

Il mio corpo non si muoveva, nonostante il mio cervello mandava impulsi a tutti i muscoli. Ero pietrificata dal suo sguardo di ghiaccio che non avevo mai visto. Non capii cosa lo fece impazzire, ma mi mollò un secondo schiaffo che mi portò a sbattere il bacino contro la scrivania. Mi accasciai a terra dal dolore e sentii un colpo sulla bocca dello stomaco. Mi mancò il fiato, poi percepii il tipico sapore ferroso del sangue sulla lingua. Boccheggiavo, mentre Pietro si accucciava su di me e mi afferrava i capelli.

- Hai capito o devo spiegartelo di nuovo? - Non era la sua voce, era quella di un mostro.

Finalmente le mie braccia si mossero e lo colpii sul trapezio con la mano tesa. Si accasciò a peso morto su di me e riuscii a spostarlo per uscire da quell’inferno. Era notte fonda e l’hotel era avvolto nel sonno, il silenzio era spaventoso. Oltrepassai la hall con il fiato corto e chiamai un taxi cercando di coprirmi il voltò con il cappuccio della felpa. Non riuscivo a ragionare, la mia mente non poteva elaborare tutto ciò: sembrava un incubo. L’adrenalina mi spinse fino davanti alla porta di casa mia, ma le mani mi tremavano a tal punto da non riuscire ad azzeccare la serratura. Suonai il campanello insistentemente e stavo per telefonare a qualcuno, quando Jimin mi aprì la porta.

- Diana, che ci fai a...? - si interruppe e sgranò gli occhi pieni di sonno.

 

"Why is there no end and always hell?" - Whalien 52








 

Eccomi quaaaaa
Scusate l'attesa, ma ultimamemente sono incasinata e riesco a mettermi al pc solo la sera troppo tardi ;;
Cercherò di riprendere il ritmo con i prossimi capitoli, ma non garantisco all 100%
Scusate T_T
Comunque, questo capitolo è stato pieno di modifiche e dubbi fin dall'inizio. 
Non sapevo se sarebbe stato troppo "crudo" per il mio geenere di storia, ma alla fine mi sono buttata lo stesso.
Fate conto che Diana non hai mai notato niente di strano nel suo comportamento, solo quella gelosia che
A seoul è aumentata e poi sfociata in altro. 
Spero di non aver offesso nessuno <3
Grazie a tutti come sempre!

-Arashi-

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Capitolo 35
*** Sempre ***


Sempre
2018
{Jimin}
 

Il campanello mi svegliò di soprassalto ed impiegai qualche secondo per connettere il cervello. Ipotizzai che fossero le due di notte; le due e mezza secondo la mia sveglia sul comodino. Preferii non abbagliarmi con le luci, così mi diressi verso il portone come uno zombie, brancolando nel buio. Il suono del campanello mi martellava le orecchie; chiunque mi fossi ritrovato di fronte, l’avrei ucciso. Feci scattare il chiavistello controvoglia e riconobbi subito la mia migliore amica.

- Diana, che ci fai a...? - il mio tono alquanto irritato si spense, non appena notai che qualcosa non andava.
Aprii gli occhi di colpo, quando vidi un rivolo di sangue uscire dalla sua bocca per finire sullo scollo della maglia.

- Jimin... - sussurrò in una supplica.

Si teneva un braccio con una mano, come se volesse nascondersi per la vergogna e tremava vistosamente. La presi per le spalle per guardarla meglio sotto la luce gialla dell’ingresso: il labbro inferiore era gonfio, la guancia leggermente violacea ed i capelli arruffati.Si afflosciò su di me, come un fiore appassito, così la trascinai in casa, prima di poterle chiedere cosa fosse successo. Non riusciva a reggersi sulla gambe, allora la issai tra le braccia e poi la adagiai sul divano con delicatezza. Era continuamente scossa da tremori e stringeva gli occhi in una smorfia di dolore.

- Ma cosa cazzo è successo? - riuscii a chiedere, cercando di mantenere la calma.

Spalancò gli occhi, come se avessi risvegliato qualcosa in lei ed iniziò a respirare affannosamente. Mi sentii in colpa per averle fatto quella domanda, ma sapevo come comportarmi. Decisi di prendere del ghiaccio dal congelatore, perchè la bocca iniziava a scurirsi. Non parlava e non piangeva, forse questo mi preoccupò più di tutto. Avvolsi il ghiaccio in un panno e, dopo aver ripulito la macchia di sangue, lo posai sul labbro ferito. Diana sussultò appena e le lacrime uscirono come una cascata.

- Jimin, io... - provò a dire tra i singhiozzi.

- Non importa. Stai tranquilla. - le afferrai la mano tremante per calmarla, ma si stava agitando sempre di più.

Sentii le viscere contrarsi in una morsa dolorosa, non l’avevo mai vista così.Tolsi il ghiaccio dal suo viso per asciugarle le lacrime con un fazzoletto, ma non bastava. Mi avvicinai per sussurrarle che andava tutto bene e lei mi accarezzò il viso con le dita agitate. Gemeva sotto quel pianto così disperato e respirava a fatica. Cercavo di tranquillizzarla con delle piccole carezze sul volto e con le mie parole. Nonostante il ghiaccio, la guancia stava diventando scura e gonfia, così ipotizzai che avesse ricevuto un pugno.

- Sono qui, piccola. - ripetevo senza sosta, mentre mi cresceva la rabbia.

All'improvviso vidi un attimo di lucidità nei suoi occhi, poi si tappò la bocca con una mano.

- Mi viene da vomitare. - mormorò dietro le dita.

Decisi di non costringerla ad alzarsi, così le porsi il cestino della cucina. Era poco elegante, ma non vedevo altre soluzioni. Raccolsi i suoi meravigliosi capelli corvini, rovinati in quel groviglio di nodi, e sentii gli spasmi della sua gola.

Cosa l'ha ridotta così? Mi chiedevo di continuo.

- Diana, ascoltami. Devi dirmi cosa è successo, altrimenti non so cosa fare. - la intimai, mentre le tamponavo la bocca con un tovagliolo. Ritraendo il braccio, colpii accidentalmente la sua anca con il gomito e lei urlò di dolore. Senza chiedere il permesso, alzai la maglia per controllare il punto colpito e mi abbandonai sulle ginocchia: dei grossi lividi rossastri percorrevano il suo ventre dal bacino fino all’inizio dello stomaco.

- Devo portarti in ospedale. - dissi con un tono inespressivo.

Diana si dimenò all’improvviso e mi ripeteva implorante: “ No, no.”

- Potresti avere delle ferite interne! - esclamai esasperato.

Con tutto me stesso speravo che non fosse nulla di grave. Non mi ascoltava e ricominciò a piangere rumorosamente. Perché non voleva farsi visitare? Cosa doveva nascondere?

- Allora chiamo il nostro medico. -

Nonostante le sua proteste, il medico arrivò una decina di minuti dopo. Durante la visita cercava di captare più informazioni possibili circa l'accaduto, ma Diana non collaborava. Alla fine l’uomo si arrese e ci lasciò una pomata e degli antidolorifici. Quando lo accompagnai alla porta, feci per ringraziarlo, ma lui mi fermò.

- Non sono ferite gravi e per fortuna non ha lesioni interne. Posso dirti con certezza che ha ricevuto dei colpi. Domani falle qualche domanda. Se sa chi è stato, lo deve denunciare. - mi spiegò sottovoce.

Se ne andò con uno sguardo dispiaciuto sotto gli occhiali piccoli, tipici dei dottori. Tornai verso il divano e mi inginocchiai vicino a Diana che rantolava. Era avvolta da una coperta leggera, ma non poteva rimare in intimo per tutta la notte. L’elastico dei pantaloni probabilmente le avrebbe fatto male sulla pancia, così scelsi una mia felpa molto lunga. Si lasciò aiutare per indossarla e bevve l’antidolorifico in un solo sorso. Preferii non tempestarla di domande, adesso che si era finalmente calmata. Sistemai un cuscino sotto la sua testa e rimboccai la coperta con cura.

- Risposati un po’, ok? - la invitai dopo averle baciato la fronte.

Una lacrima solitaria scese sulla sua tempia, bagnandole la vecchia ferita. Mi sfiorò una guancia con le nocche, quello stesso gesto che avevo compiuto nella mia stanza a Tokyo, quando mi stava consolando. Un sospetto si formulò nella mia mente in quel preciso istante: l'utima volta che avevo visto Diana era insieme a Pietro.

No, non poteva essere vero.

Forse era successo qualcosa mentre stava tornando a casa, anche se mi aveva detto che sarebbe rimasta con lui quella notte. Non dovevo arrivare a conclusioni affrettate, ma il sospetto si insidiò in me come veleno. Per fortuna Diana interruppe quei pensieri tormentati, perché si sollevò appena per abbracciarmi. Sentire nuovo il suo corpo contro la mia pelle, mi diede il capogiro: erano mesi che non provavo più quella sensazione a cui mi ero abituato per anni. Ispirai il suo profumo dolce mischiato ad un’altra aroma sgradevole, quello di un uomo.

- Non andare via - mi pregò con un filo di voce.

- Tranquilla, sto qui con te. - la rassicurai lisciandole i capelli sulla nuca.

Questa volta pianse in silenzio. La cullai tra le braccia per farle capire che non l’avrei lasciata sola, mai. Avrei voluto dormire accanto a lei, ma temevo di farle male. Così intrecciai le mie dita alle sue, seduto per terra, e lei mi guardò con gli occhi gonfi per qualche secondo.

- Ti voglio bene. - sussurrò infine.

- Anch’io ti voglio bene. - risposi prima di vederla chiudere gli occhi e scivolare nel mondo dei sogni.


 

"Forever with you." - For you








 

Buonasera!
Aggiorno tardi, ma ho deciso di farlo lo stesso oggi XD
Bene, Jimin adesso sta ancora metabolizzando l'accaduto e non sa ancora cosa è successo.

Diana adesso è scombussolata e confusa, quindi si rifiuta di farsi portare in 
ospedale perchè è ancora sotto shock.
Bè, non ho molto da aggiungere qui...
Spero che vi piaccia questo capitolo un po' diverso ;;
Grazie a tutti come sempre <3

-Arashi-


 

 

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Capitolo 36
*** Melodia ***


Melodia

2018

{Diana}


Socchiusi gli occhi con fatica, persino le mie palpebre erano esauste. Dedussi che era già mattina inoltrata, dati i forti raggi di luce che sbucavano dalle fessure delle tende. Prima di svegliarmi, ero convinta di trovarmi in camera mia, mi chiesi perché stavo dormendo sulla penisola del divano. Guardai attorno alla ricerca di indizi, così mi mossi appena: un dolore lancinante mi invase l’addome.

Quindi non è stato un sogno.

Rividi quegli occhi verdi, i quali mi avevano sempre ricordato un campo di fiori, diventare una distesa di ghiaccio impenetrabile e fredda. Scossi la testa per scacciare quei pensieri e mi misi a sedere contro lo schienale. Chiamai Jimin più volte senza ricevere risposta, dopotutto era un giorno lavorativo. Allora acchiappai il mio cellulare abbandonato sul tavolino di vetro. C’erano una decina di chiamate perse e tutte della stessa persona: Pietro. Scorsi le notifiche, finché non vidi un messaggio lungo quanto un poema. Quell’infame mi implorava perdono e mi chiedeva scusa per il suo comportamento. Non capivo con quale coraggio mi avesse scritto e mi rifiutai di rispondere. Ci conoscevamo da quattro mesi ormai, ma non avevo mai colto quell’aspetto così aggressivo del suo carattere. Mi diedi della stupida per non averlo intuito, la sua morbosa gelosia doveva farmi insospettire.

Mi ero fidata della persona sbagliata ed ero corsa da quella che non mi aveva mai tradito.

Il mio corpo non aveva reagito sotto le sue percosse e non me ne spiegavo il motivo; ero stata travolta dal terrore. Quella paura mi aveva annullato la ragione, non ricordavo nemmeno bene la visita del dottore. Avevo provato solo un’immensa vergogna, per essere stata così stupida e così debole; soprattutto mi domandavo cosa avesse pensato Jimin di me in quel momento.

Toccai lo schermo luminoso con il dito e trascinai verso sinistra le notifiche per eliminarle. Sentivo il bisogno fisico e mentale di ascoltare una canzone, così aprii la playlist del cellulare e cliccai sulla prima che vidi. Abbandonai la testa sullo schienale morbido del divano e sorrisi al soffitto.

La melodia delicata iniziò ed intonai le prime note insieme a V in un sussurro, adoravo cantare. Avevo imparato ogni respiro, ogni pausa, ogni parola di The Truth Untold. Modulai la voce insieme a quei quattro meravigliosi ragazzi, provando le stesse emozioni della prima volta che avevo ascoltato quelle frasi. Inevitabilmente mi chiesi se Jimin provasse ancora gli stessi sentimenti nei miei confronti.

Ed io cosa provo per lui?

Bella domanda.

Avevo deciso di recitare tutta quella farsa sulla mia amnesia per temporeggiare. Lo amavo, sì. Ma non capivo che tipo di amore fosse e non avevo intenzione di illuderlo, perché non meritava di soffrire. Dovevo essere sicura prima di parlargliene, ma mi dispiaceva molto mentirgli.

La suoneria del mio cellulare interruppe la canzone ed i miei pensieri, Jimin mi stava cercando. Mi chiese come stavo e se Taehuyng e Jungkook potessero pranzare con noi a casa. Poteva farmi bene un pò di compagnia, così accettai la proposta. Un po’ di minuti più tardi, mentre guardavo un episodio a caso di un drama strappalacrime, si catapultarono dentro il salotto armati di cibo take away. Dopo aver sistemato il prezioso pranzo sul tavolo della cucina, Tae e Jungkook mi saltarono addosso facendo attenzione a non provocarmi dolore.

- Lasciatela respirare! - li riproverò Jimin dalla cucina.

- Ci siamo preoccupati molto stamattina, quando non ti abbiamo vista con Jimin. - disse Tae ignorando il rimprovero.

- Jimin ci ha raccontato qualcosa. - spiegò Jungkook. - Ha quasi pianto, mentre lo diceva. - aggiunse con un sussurro, si era seduto accanto alle mie ginocchia.

- Mi dispiace, ragazzi. - dissi mestamente. - Devo raccontarvi cosa è successo. -

- Diana, se vuoi parlarne solo con Jimin, noi ce ne andiamo. Non vogliamo forzarti. - mi propose Jungkook con un tono pacato.

- No, restate pure. Siete come fratelli per me. - sorrisi.

Tutti e tre si scambiarono sguardi di intesa e poi Jimin si accomodò accanto a me, invece Taehuyng si inginocchiò di fronte al tavolino di vetro. Narrai tutto per filo e per segno, cercando di soffocare quel ricordo doloroso perché provavo solo un forte disprezzo.

- Non è possibile. - commentò Tae alla fine del mio racconto.

- Lo ammazzo. - affermò il più piccolo alzandosi in piedi.

- Jungkook, siediti. Non risolverai nulla. - lo richiamò Jimin con lo sguardo perso nel vuoto.

- Come fai a rimanere così calmo, eh? Ha picchiato la tua migliore amica! -agitò un braccio con veemenza e sembrava furibondo.

- Pensi che non sia incazzato? Pensi che se fosse qui, starei fermo?- Jimin era in piedi di fronte al suo amico e vidi che i suoi pugni, abbandonati lungo i fianchi, tremavano per la rabbia.

Guardai quella scena impotente, finché il loro compagno non si intromise tra di loro.

- Calmatevi, tutti e due. Jimin ha ragione, finiresti solo per andare in prigione e diventare uno scandalo internazionale. E cosa otterresti? Nulla. Diana deve denunciarlo e la giustizia farà il suo dovere. -

Stritolai la coperta tra le dita con forza per trattenere le lacrime, ma uscirono comunque. Stavano litigando per colpa mia; se solo fossi stata più forte, niente di tutto ciò sarebbe successo. Si ammutolirono non appena videro la mia reazione e Jimin mi asciugò le lacrime con un’espressione dispiaciuta.

- Scusaci. - disse flebilmente, cercando il mio sguardo.

Scossi la testa come per rispondere che non volevo le sue scuse.

- Ho fame. - bisbigliai tirando su col naso.

- Giusto, mangiamo altrimenti si raffredda. - Tae battè le mani impaziente.

- Stupido, è sushi. È già freddo. - esclamò scherzosamente Kookie.

Pranzammo tutti e tre intorno al piccolo tavolino davanti al divano chiacchierando del più e del meno. Riacquistai un poco di serenità che mi era mancata molto nell’ultimo periodo. Mi portarono a sorridere con spontaneità e mi parve di tornare indietro nel tempo, prima di quel maledetto incidente. Il ricordo della sera prima, però tornava a farsi spazio nella mia mente. Ero decisa a denunciarlo e l'avrei fatto appena possibile, ma non mi sentivo sollevata. Il riso si mischiava al sapore metallico del sangue che ogni tanto usciva dalla ferita nella mia bocca. Ingoiavo quel gusto amaro con l'intento di buttare giù tutta quella delusione e tristezza. Guardai i tre ragazzi sparecchiare e liberare il tavolino, li ringraziai in silenzio per l'effetto che mi stavano dimostrando. Taehyung mi aiutò a sdraiarmi sul divano: iniziavo a sentire dolore all'addome ed il mio viso si incupì.

- Ti va di ascoltare una canzone? - mi chiese con lo sguardo preoccupato.

Annuii con un cenno del capo e poi lo appoggiai allo schienale morbido in attesa. Il castano si allontanò per borbottare qualcosa all'orecchio dei suoi compagni, i quali concordarono a quel bisbiglio. Li fissai incuriosita, mentre si sistemavano vicino al divano: Jungkook e Tae incrociarono le gambe sul pavimento, Jimin si sedette accanto a me con un braccio a circondare le mie gambe.

- Servirebbe Jin con la chitarra. - constatò Kookie sorridendo e poi socchiuse la bocca.

Don’t think of anything

Don’t say anything, not even a word

Just give me a smile

Si portò gli indici accanto alle guance e sollevò gli angoli della bocca in un sorriso meraviglioso. Le mie labbra seguirono il suo movimento involontariamente e rimasi di nuovo sorpresa dal potere della loro musica. Dopo di lui, seguirono gli altri due liberando nell'aria note dolci come un rivolo di fumo sospinto verso il cielo. Improvvisamente non sentivo più il bisogno di piangere e mi unii al loro canto sottovoce.

Butterfly, like a butterfly...

A malincuore conclusero a metà la canzone: Tae stava imitando il movimento della farfalla, ma sembrava più un'oca impazzita.

- Vi abbraccerei tutti insieme, ma non ce la faccio. - dissi aprendo e chiudendo le dita ripetutamente.

- Allora lo facciamo noi. - esclamò Jimin.

Mi ritrovai a stringere sei braccia e tre teste come una madre che aveva partorito tre gemelli. Li ringraziai con la voce soffocata dai loro corpi caldi, finalmente mi sentii in pace.














Allora eccomi quiiii
Non c'è la solita frase finale, perchè le ho inserite nel capitolo ;)
Bene, adesso Jimin sa cosa è successo, però non agirà di sua iniziativa. 
Non volevo che diventasse una situazione surreale. 
Diana si sta chiedendo cosa effettivamente provi per lui, ma è confusa.
L'affetto per i migliori amici è difficile da capire quanto sia profondo..
Bene, scappo a studiare...purtroppo.
Spero vi piaccia questo capitolo dolce <3
Grazie a tutti immensamente**
A presto!

-Arashi-

 

 

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Capitolo 37
*** Guardami ***


Guardami

2018

{Jimin}


Diana denunciò Pietro appena ebbe le forze sia fisiche sia psicologiche per farlo. Quel bastardo non lo vedemmo mai più, anche perchè tornò in Italia con la coda tra le gambe. Mano a mano lei sembrava tornare la ragazza che amavo: schietta, affettuosa e sorridente. In quel periodo la accudii come meglio potevo, arrivai persino a cucinare per lei. Infatti chiamai spesso mia madre per chiederle qualche consiglio, perchè ero un frana in cucina. Diana mi guardava con lo sguardo compassionevole dal divano, mentre tentavo di preparare qualcosa di mangiabile, ma si lasciava coccolare. Volevo farmi perdonare nel miglior modo possibile, avevo privato entrambi del nostro amato legame con la mia testardaggine. Qualche giorno più tardi i lividi iniziarono a scomparire, come il suo dolore a livello psicologico; o almeno così sembrava. Quando riusci a camminare, la portai con me alla Big Hit per non lasciarla sola a casa. Così ogni volta si accomodava nella sala prove su una piccola poltrona in un angolo e si divertiva a guardarci o a filmarci con il cellulare. I miei compagni la circondavano con la loro allegria, persino Yoongi diventò più spiritoso del solito. La guardavo ridere spensierata, cercando di dimenticare quello sguardo disperato delle sere prima. In alcuni momenti di sconforto, quando quel maledetto ricordo ritornava, le avvolgevo le spalle dallo schienale della poltrona e la riempivo di baci affettuosi: dovevo recuperare tutti quei mesi di astinenza. Lei mi grattava la testa dolcemente e mancava poco che riuscissi a fare le fusa come un gatto. Completamente guarita, tornò a dedicarsi al suo amato lavoro e riacquistammo quella serenità che avevamo perso. Averla di nuovo al mio fianco, era una sensazione stupenda.

Una sera, dopo un mese dall’incidente, Diana preparò la cena come era solita fare. Mi servì una deliziosa fetta di carne che lei quasi non toccò, la fissava con il viso pallido.

- Diana, cosa c’è? -

- Ho un po’ di nausea. - rispose con un espressione schifata.

Non la obbligai a mangiare, ma le consigliai di sdraiarsi un po’. Rifiutò la mia proposta ed iniziò a pulire i piatti sporchi. Era stranamente silenziosa, però incolpai il suo stomaco in subbuglio. Ripose le stoviglie sopra al piano d’acciaio per lasciarle asciugare e poi sentii un suono strano come un singhiozzo, ma sofferente. La vidi tapparsi la bocca con una mano e sorreggersi con l’altra sul ripiano di marmo. La raggiunsi subito per scostarle i capelli dal viso e chiederle cosa stava succedendo. Mi rivolse uno sguardo terrorizzato e cercò di inspirare a fondo per calmare i conati di vomito.

- Se ti agiti, è peggio. - dissi tenendola per la vita.

- Jimin...- provò a parlare e capii che la situazione era più grave del previsto.

Il tuo tono di voce era identico a quello della sera in cui la ritrovai davanti alla porta ansimante. La invitai a sedersi sullo sgabello della cucina e la lasciai riprendere fiato tenendomi ad una breve distanza.

- Jimin...io ho un ritardo. - sussurrò.

- Cosa? - forse avevo intuito, ma non volevo crederci.

- Le mestruazioni sono in ritardo. - confessò con l’attenzione rivolta al pavimento.

- Di quanto? - chiesi cautamente

- Due settimane. -

- Diana, non sospetterai mica...-

- Lui non voleva usare precauzioni e io sono stata una stupida. - le tremava la voce mentre parlava e continuava a guardare in basso.

- Aspetta, forse ti stai fasciando la testa inutilmente. -

- Ho la nausea da qualche giorno, ma non te l’ho mai detto. -

Notai che stava trattenendo a stento le lacrime, così mi abbassai per cercare il suo contatto visivo che non riuscii a trovare. Alla fine bloccai il suo viso fine tra le mani e la costrinsi a guardarmi: i suoi occhi luminosi erano lucidi e tremolanti. Si morse il labbro con forza fino a farlo sbiancare ed increspò le sopracciglia in un'espressione sofferente.

- Probabilmente hai la nausea perchè ti stai agitando troppo, sarà la conseguenza di tutta quella assurda situazione. Cerca di calmarti. - Spostai il pollice sul suo labbro tormentato nel tentativo di sciogliere quella morsa dolorosa.

Sembrò infastidita da quel gesto, tanto che si alzò e si allontanò da me per darmi le spalle. Rimasi indeciso sul da farsi, mi sentivo in difficoltà. Dentro di me avevo sempre sperato che non avesse mai avuto quel tipo di rapporto con Pietro, ma stavo solo cercando di tranquillizzare me stesso. Pensai a quanto fosse stato subdolo e convincente con Diana, era riuscito ad imbambolarla con le sue parole false.

- E se fossi davvero incinta? - esordì all'improvviso.

Per un attimo non seppi rispondere. Le mie viscere si arrotolarono su se stesse e non vollero saperne di sciogliersi.

-Prova un test di gravidanza, così starai più tranquilla. - mi affrettai a dire. Dovevo essere forte per lei e sperare.

Annuì con il capo e mi disse che ne aveva comprato uno quel pomeriggio, ma non aveva avuto il coraggio di provarlo. Pescò una lunga scatolina bianca dalla borsa e si diresse in bagno senza parlare. Aspettai in cucina, la gamba che traballava freneticamente per l'ansia.

Quell'attesa era estenuante.

Poi sentii qualcosa cadere con un tonfo cupo, mi spaventai e bussai alla porta del bagno.

- Non entrare. - mi ordinò con la voce spezzata.

-Mi stai facendo preoccupare. Diana, per favore. - la implorai.

- Non... - concluse la frase con i singhiozzi.

Decisi di entrare senza aspettare il suo permesso e la vidi inginocchiata a terra, mentre si teneva il viso tra le mani. Mi precipitai accanto a lei e controllai lo stick cercando di capire cosa significassero quei colori.

- E' positivo. Jimin, è positivo. - urlò tra le dita.

Il mio cuore si fermò.

Andai nel panico totale e mi pietrificai accanto a lei, il mio cervello era spaventosamente silenzioso. Fissai immobile le sue spalle che sussultavano come le ali di un aeroplano durante il decollo. Cosa potevo dirle per consolarla? Cosa potevo fare? Mi sentii impotente e quella fu la cosa più dolorosa che potessi provare. Allungai una mano per toccarle la spalla, ma mi scacciò con un gesto brusco e corse verso il salotto. Cercai di bloccarla e la richiamai più volte senza risultato: continuava a sfuggirmi.

-Non mi toccare! - mi sputò addosso esasperata, quando la fronteggiai in salotto.

Finalmente riuscii a vedere il viso: gli occhi gonfi erano disperati e le guance rigate da una valanga di lacrime; era devastata. Continuava a scacciarmi con forza come se vedesse Pietro al posto mio, come se potessi ferirla anche io. Riuscii ad afferrarla per le spalle, poi la scossi e sembrò turbata dalla mia reazione. Chinò il capo per evitare il mio sguardo ed abbandonò le braccia lungo i fianchi: sembrò arrendersi sotto la mia presa decisa.

-Guardami! - ordinai con la voce ferma.

Diana alzò la testa quel poco che bastava per rivolgermi i suoi occhi azzurri che cercavano aiuto. Quello stesso sguardo che mi colpiva al cuore ai tempi delle medie e che mi ero ripromesso di non vederlo mai più sul suo volto.

- Non sei sola. Ti starò sempre accanto, qualsiasi cosa accada. - dissi legando saldamente le sue pupille alle mie come due magneti scuri.

La sua espressione cambiò: da disperata passò ad implorante. Altre lacrime scesero sulle sue guance rosse e le sue mani tremanti impugnarono la mia maglia sul petto, poi le coprì con il viso. La avvolsi in un abbraccio dolce, mentre tornava ad essere scossa dal pianto rumoroso. Restammo così, sorreggendoci a vicenda, per un tempo che parve infinito. Cercai di accogliere tutta la sua rabbia e delusione in me, ma non potevo capire a pieno ciò che stava provando. Percepii il peso di quel fardello che avrebbe dovuto portare e ne presi una parte del carico per alleggerire un poco la sua schiena.

Avrei fatto qualsiasi cosa per lei.

Qualsiasi.
 

"Still, I want to struggle and fight." - Awake










 

Buonasera!
E' tardi, ma credo che domani non riuscirei a pubblicare ad un'ora decente..

Mi dispiace avervi fatto aspettare, volevo pubblicare prima, ma non ce l'ho fatta ;;
Comunque, qui non si può stare un attimo tranquilli eh? 
Vi ho fatto tirare un sospiro di sollievo veramente per poco tempo ahahhahah
I capitoli più light arriveranno, tranquilli ;)
Mettiamo che Diana era veramente scombussolata, quando non aveva i ricordi e si 
è fatta raggirare dai discorsi di Pietro..però, insomma, bisogna stare molto attente.
Grazie a tutti come sempre <3

-Arashi-

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Capitolo 38
*** La Mia Cura ***


La mia cura

2018

{Diana}


Non sei sola. Ti starò sempre accanto, qualsiasi cosa accada.

Quelle parole riecheggiavano nelle mie orecchie come una ninnananna rassicurante. I miei muscoli si rilassarono sotto la sua stretta: solo lui era capace di tutto ciò. Posai le mani sulla sua schiena e sprofondai ancora tra le sua braccia, volevo fondermi con quel calore. Lo ringraziai con dei sussurri e per un momento dimenticai tutto. Non avevo nemmeno bisogno dell'alcool, lui mi provocava quell'effetto senza nuocere alla mia salute. Scostai il capo dal suo petto e percorsi il suo viso con l'indice: passai dalla fronte, allo zigomo, al mento per finire sulle sua bocca carnosa. Prestai attenzione al mio dito che indugiò un momento sul labbro inferiore. Una contrazione del mio stomaco mi chiese di allentare quella tensione, testando quel contatto sconosciuto. Jimin socchiuse le labbra sotto il mio tocco, ma i suoi occhi mi imploravano di non farlo. Riuscii a tornare lucida grazie alle sue sopracciglia inarcate in un'espressione sofferente. Perchè desideravo baciarlo? Probabilmente il mio inconscio sapeva che quel bacio avrebbe potuto cancellare ogni mia preoccupazione, ogni mia agonia.

Ma non era giusto per entrambi.

Mi scusai in silenzio e cercai di riscuotermi per gettare via quell'assurda voglia.

- Quante volte hai fatto il test? - mi chiese, dopo essersi schiarito la gola.

- Una volta. - risposi sciogliendo l'abbraccio.

- Dovresti farne un altro. Oppure domani potresti andare da un ginecologo. -

- Hai ragione. Mi sono fatta prendere dal panico prima. - dissi amaramente.

Appena avevo visto il risultato positivo, ero precipitata in un baratro senza fine. La mia mente aveva divagato subito chiedendosi cosa ne sarebbe stata della mia vita, del mio lavoro, del mio futuro. Non era il momento adatto per avere un figlio e, soprattutto, crescerlo senza un padre. Sapevo bene che Jimin mi avrebbe aiutato, ma non poteva farsi carico di un bambino non suo; era il mio migliore amico, non il mio fidanzato.

Chiamai il ginecologo e fissai un appuntamento per il mattino successivo, poi mi preparai psicologicamente ad affrontare quella notte in bianco. Mi infilai sotto le coperte con il mio adorato pigiama, ma non avevo il coraggio di spegnere la luce. Fissavo il soffitto cercando di calmare il mio cuore impazzito, invece mi agitavo sempre di più. Soffocai le lacrime imminenti con il cuscino, mentre gli occhi spietati di Pietro mi tornavano nella mente. Maledivo me stesse per essermi illusa e ingannata dai suoi discorsi senza senso. Jin non aveva mai cercato di raggirarmi, era sempre stato un ragazzo sincero e spontaneo. Come avevo fatto a non accorgermi dei suoi strani comportamenti? Bastava che mettessi a confronto le due relazioni per capirlo, ma non l'avevo mai fatto. Potevo giustificarmi nel periodo che avevo perso i miei ricordi, ero piena di insicurezze e confusione.

Ma il resto del tempo, no.

Sentii una forza che mi spostò il cuscino dal viso e rimasi accecata dalla forte luce del lampadario. Intravidi la chioma chiara di Jimin ed il suo pigiama a righe bianco e blu.

- Sapevo che non saresti riuscita a dormire. - disse Jimin, affondando il sedere sopra le coperte pesanti.

- Mi conosci troppo bene. -

Stavo per dire che mi ricordava i tempi prima dell'incidente, ma mi ammutolii subito. Avevo lasciato quella questione in sospeso e ancora non sapevo come gestirla. In quel periodo ero confusa, sballottata qua e là dalle troppe emozioni come una foglia nel mezzo di un violento turbine. Pensai a Jimin, a quanto avesse sofferto vedendomi tra le braccia di due diversi uomini, soprattutto di un suo compagno. Quella sera che lo svegliai nel cuore della notte per raccontagli del bacio, avevo intravisto un guizzo strano percorrere i suoi occhi scuri, ma ero troppo concentrata su di me per rendermene conto. Mi rimproverai per tutte quelle volte che mi aveva fatto intendere cosa provasse per me ed io avevo fatto finta di non vedere. Non ero mai riuscita ad affrontare quell'argomento ed anche lui sembrava comportarsi come se quella confessione non ci fosse mai stata.

Da una parte potevo comprendere il suo comportamento da playboy, ma sperai che avesse superato quella fase. Sentii un leggero fastidio al pensiero di lui a letto con altre ragazze.

- Vuoi che rimanga qui con te? - domandò con un dolce sorriso.

Acconsentii di buon grado, poi mi trascinai verso il muro per lasciargli un po' di spazio. Si distese vicino a me: la schiena posata su due cuscini impilati ed il corpo sopra le coperte.

- Preferisci dormire al freddo? - gli chiesi.

- In realtà pensavo di rimanere un po' finchè non prendi sonno. -

Avevo deciso da sola che sarebbe rimasto accanto a me tutta la notte, così lo coprii con il piumone e posai la testa sul suo petto bollente. Lui rise appena e posò una mano sulla mia nuca per stringermi di più a sè. Dovevo ricordarmi che lui mi considerava ancora la Diana smemorata che non aveva molta confidenza, ma era più forte di me. Volevo sentirlo vicino il più possibile e quella notte sarebbe stato solo mio. Percepivo il suo battito sordo sotto il suo pigiama che accelerò un poco, quando portai una gamba sulla sua. Sospirai serenamente sopra di lui ed azzardai, spinta dall'istinto. La mano, che tenevo sul suo fianco, scivolò sui suoi lombari per intrufolarsi sotto la mia maglia a righe. Toccai la sue pelle setosa e sentii i brividi crescere sotto i miei polpastrelli, come il suo batticuore. Sollevò il petto per immettere più aria nei polmoni e poi la rilasciò con un sospiro liberatorio. Ero perfettamente consapevole di ciò che stavo facendo, ma chiusi gli occhi travolta da mille emozioni diverse.

Il mattino dopo spalancai le palpebre prima del suono della sveglia. Scompigliai delicatamente i capelli folti di Jimin e lui dischiuse le labbra come per rispondere al mio tocco. Lo lasciai dormire mentre mi preparavo per andare dal ginecologo, avevo persino dimenticato quella visita grazie a lui. Tornai a casa verso l'ora di pranzo, mi cambiai e mi recai all'agenzia con un bel carico di agitazione. Nessuno sapeva della situazione tranne Jimin, infatti avevo chiesto la mattina di permesso senza specificarne il motivo. Percorsi il corridoio che portava alla sala prove, entrai ed aspettai in un angolo che terminassero gli allenamenti. Jimin mi notò poco dopo e mi corse incontro appena ebbe un momento di pausa. Mi gettai su di lui e trattenni la sua testa vicino alla mia con la mano ferma. Sentii le sue spalle irrigidirsi sotto la mia stretta e non si mosse in attesa della sentenza.

- Non sono incinta. -

Avvolse la mia schiena con le braccia e mi sollevò per roteare insieme a lui. - Davvero? - chiese conferma, quando mi ripose a terra.

Annuii con il capo e gli spiegai che il mio ritardo era dovuto allo stress: tutta quella situazione mi aveva destabilizzato. Lasciai che baciasse la mia fronte affettuosamente e poi tornò dai suoi compagni saltellando. Rimasi lì per qualche secondo e mi sfiorai il polso con le dita: il tatuaggio sembrò prendere vita per un momento. Dovevo ancora dirgli che avevo recuperato i ricordi, perchè stavo aspettando così tanto?


 

"All I know is how to love you." - Run








 

Helloooo~
Bene, con questa storia della gravidanza volevo solo spaventarvi un po' *risata malvagia*
Però è servito anche a far capire come si senta Diana in questo periodo, cioè un caos totale XD
Con i prossimi capitoli vedrete che si farà molte domande.
Dal prossimo ci sartanno degli episodi più soft e divertenti, così alleggeriamo un po' tutta la situazione.
Ah, qui più o meno siamo verso fine settembre, quindi la storia continuerà fino al 2019 e oltre.
Abbiamo superato la metà della storia, ma ne devono succedere ancora e non mi aspettavo che 
diventasse così lunga.
Spero di non ripetermi e di non annoiarvi mai <3
Grazie a tutti i fedeli lettori che ancora hanno tanta pazienza :)
A presto!

-Arashi-

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Capitolo 39
*** Pocky Game ***


Pocky Game

2018

{Jimin}


Il mio rapporto con Diana stava tornando quello di un tempo, insieme ai miei sentimenti. Dopo quei giorni di tensione, ci eravamo avvicinati di nuovo, tanto che mi dimenticai dei suoi ricordi perduti. Mi disse che ogni tanto qualche episodio del suo passato tornava nella sua mente ed i miei sensi colpa di alleggerirono un poco.

Un giorno attese il mio ritorno a casa per consegnami una scatola nera, avvolta da un nastro argentato. Fremeva come un cane davanti al suo biscotto preferito, mentre snodavo il fiocco. Posai il pacco sul tavolo della cucina per scostare con delicatezza la carta velina che celava il mio regalo. I piccoli brillantini della stoffa nera cangiavano sotto la luce del lampadario, riflettendo diversi colori sul mio viso. Sollevai la camicia per ammirarla al meglio: sembrava un capo di alta moda, era curato nei minimi dettagli. I cristalli argentati cadevano come una cascata di gocce d'acqua sul tessuto scuro, sicuramente avrebbero risaltato al meglio sotto i riflettori. Diana mi aiutò ad indossarla e mi ammirai allo specchio sorpreso: mi calzava perfettamente. La forma sembrava essere stata disegnata e plasmata su di me, ero meravigliato della bravura di Diana. Potevo immaginarla quella notte, prima dell'incidente, impegnarsi a fondo con la sua tipica espressione concentrata.

- Ti avevo detto che l'avrei finita quando avessi recuperato la memoria, ma non ho resistito. - confessò guardandomi tramite lo specchio.

Racchiusi il suo viso tra le mani e la ringraziai con un lungo bacio sulla guancia, che gonfiò in un sorriso. Avrei portato quel dono sul palco con orgoglio e già mi immaginai sfoggiarlo durante Serendipity. Diana mi svegliò dall'incantesimo ricordandomi della cena nell'appartamento di Tae, aveva invitato persino qualcuno dello staff. La principessa si fece attendere come sempre, persino per una normalissima cena doveva imbellettarsi per bene. Sbucò di corsa dal bagno, mentre si infilava una cintura nera tra i passanti della gonna di jeans e poi si gettò in camera sua.

- Muoviti! Non ho voglia di sentire i lamenti di Seokjin. - urlai.

Jin ci rimproverava sempre per i nostri ritardi, stranamente ero pronto prima di lei. Mi raggiunse con lo sguardo contrariato sotto gli occhiali rotondi e mi chiese di allacciare la piccola collana d'argento che le avevo regalato anni prima. Si raccolse i capelli da un lato per mostrarmi il collo nudo e il suo profumo dolce stordì le mie narici. Chiusi velocemente il gancetto in modo che non potessi cadere in tentazione e ci dirigemmo da Tae. Arrivammo a destinazione con qualche minuti di ritardo, ma Jin ci risparmiò la ramanzina. Jungkook si complimentò per le gambe toniche di Diana, perchè doveva ribadire che era solo grazie a lui, se era tornata di nuovo in forma. Avevo notato anche io quel piccolo cambiamento e non riuscii a fermare i miei occhi che si posarono su suoi muscoli atletici. La mia migliore amica andò verso le altre ragazze dello staff per salutarle ed io dai miei compagni.

- Guarda un po' là. - mi invitò Tae con una gomitata. - Vogliamo vedere cosa combinerai stasera. - aggiunse indicandomi il tavolo sommerso di bottiglie alcoliche.

- Non succederà un bel niente. - affermai per auto convincermi.

Il mio amico fece spallucce e poi si accomodò al tavolo, dopo aver ammiccato maliziosamente. Da quando Diana e Pietro si erano lasciati, lui e Kookie mi spingevano ogni santo giorno a rivelare i miei sentimenti, convinti che fossi ricambiato. Sapevo che mi sarebbe stati con il fiato sul collo come due avvoltoi quella sera, così mi sedetti tra Yoongi e Namjoon per star loro il più lontano possibile. Mentre mangiavamo quel delizioso pollo fritto, si premuravano di riempire il mio bicchiere di alcool, ma ero deciso a mantenere il controllo. Nonostante le nostre proteste, Diana e le altre ragazze insistettero per ripulire il tavolo e fare un po' di spazio nel salotto. Ogni volta che guardavo la mia coinquilina, sentivo gli sguardi dei miei compagni su di me, come se aspettassero che mi buttassi su di lei di fronte a tutti. Sistemata la sala, Jungkook decise di farci divertire imitandoci uno per uno: Hoseok si accasciò a terra quando lo vide ridicolizzare MAMA. Nel frattempo la mia testa iniziò a girare, tanto che Tae mi abbracciò da dietro e gli accarezzai la testa scambiandolo per Diana. Ero leggermente confuso e quando il padrone di casa propose il Pocky game, non mi rifiutai.

Un grande errore.

Ci sedemmo in cerchio sul pavimento casualmente ed ognuno scrisse il suo nome su un foglietto per poi riporlo in una ciotola di plastica.

- Peschiamo i primi due a sorte. Chi si allontana per primo, dovrà sfidarsi con la persona successiva e così via. - Tae sfoggiò vari pacchetti di Pocky come fossero trofei.

Non so se fosse già stato pianificato tutto perchè notai che eravamo in quattordici precisi, era una coincidenza troppo sospetta. Hoseok si offrì di pescare la prima coppia e, dopo una bella mescolata, lesse il nome di Yoongi ed una truccatrice. Lui sbiancò e fece per andarsene, ma Jungkook lo acciuffò in tempo. Guardammo le loro bocche avvicinarsi inesorabilmente, finchè Yoongi non si arrese con il viso paonazzo. Ripeteva di voler andare a casa, ma mischiò i fogliettini per acchiappare il nome del nostro Golden Maknae, il quale bloccò la risata a metà. Si ripete la scena precedente, ma questa volta fu Yoongi a vincere, così si risedette compiaciuto di se stesso. Kookie odiava perdere, quindi infilò subito la mano nella ciotola e sorrise beffardo.

- Diana. - pronunciò mostrando la scritta sul foglio.

Il sorriso di Diana si spense in un attimo ed io la guardai sbalordito mentre si alzava. Non avevo pensato a quell'eventualità e mi pentii subito di aver accettato quella proposta.

- Non posso baciare il mio sensei... - si lamentò, ma era tutto inutile.

- Vincerò ad ogni costo. - biascicò l'altro con il pocky tra i denti.

Ogni morso era un battito perso per me: volevo essere al posto del mio compagno, quella era la verità. Quando le loro labbra si sfiorarono Diana non resistette e si allontanò, spezzando il pocky a metà. Lo sfidante esultò felice, mentre la perdente acciuffò un bigliettino ed io pregai tutte le divinità che conoscevo.

- J...- I miei polmoni si fermarono. - Jin. - disse infine.

Seokjin si accigliò un momento e poi sorrise. - Poteva andarmi peggio. -

- Baciare la tua ex non dovrebbe essere così semplice. - ipotizzò Namjoon.

- In realtà è una passeggiata. Abbiamo fatto ben altro. - buttò lì Diana e tutti fischiarono ammirati. - Presumo. - aggiunse.

- Cosa pensavate? Che per tre mesi ci siamo solo stretti per mano? - confermò Jin, nonostante non volessimo saperlo.

Mi ricordavo fin troppo bene quella volta che li beccai sul divano ed immaginai le scene successive, purtroppo. Stavo per distogliere lo sguardo quando si baciarono, sommersi dalle risate di tutti i presenti, ma alla fine Jin rinunciò. Diana si lanciò sul divano con le braccia verso il soffitto, mentre masticava.

E' solo un gioco e abbiamo bevuto tutti.

Mi ripetevo all'infinito, finchè non sentii il mio nome.



"Just in jeans, a white tee and converse high tops, that make me wanna party with your body." - Miss Right









 

Buonaseraaaaa
Ecco qua uno dei capitoli un po' soft, come avevo anticipato ;)
I Bangtan sanno come divertirsi, eh? Ancora Jimin rosica come un matto ahahahah
Lui non sa che Diana ha finito la camicia proprio perchè ha recuperato i ricordi
e nemmeno lo sospetta, perchè è in buona fede.
Si, ammetto..lei è un po' stronza qui. Ma ricordate che tutto ha un motivo ;)))
Nel prossimo toccherà a Jimin sfidare qualcuno ehehhehe 
Spero vi diverta <3
Grazie a tutti i fedeli che continuano a leggere! *sembro il capo di una setta ahahahah*
A presto! 

-Arashi- 

 

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Capitolo 40
*** Incidente di Percorso ***


Incidente di Percorso

2018

{Diana}


Sentire di nuovo le labbra di Jin, ebbe uno strano effetto. Provavo solo un dolce affetto verso di lui, ma mi riportò alla mente dei teneri ricordi; era stata una bella relazione, anche se breve. Udii il nome di Jimin, seguito da quello di una mia collega e mi sollevai subito con uno scatto. Lo vidi sogghignare mentre si avvicinava alla ragazza gongolante ed iniziare il viaggio verso le labbra di lei. Una flebile morsa mi strinse lo stomaco, quando lui non allontanò da lei. Osservai le loro bocche toccarsi appena, poi la mia collega si distaccò con il viso in fiamme. Jimin si voltò verso di me come per accertarsi che fossi ancora lì ed io risi per nascondere il mio turbamento. Cercai di dare una spiegazione alla mia reazione, ma non potevo continuare a negare tutto ciò; ero gelosa, lo sapevo. L'effetto dell'alcool sembrava svanito tutto d'un tratto e per la prima volta mi chiesi se avessi cercato Pietro solo per sostituire Jimin.

Probabilmente sì.

Quando avevo recuperato i ricordi, non avevo più provato quell'interesse che mi aveva spinto a frequentarlo. Ingenuamente avevo creduto che sarei stata bene insieme lui, soprattutto perchè avevo paura di rimanere sola.

Ero stata doppiamente stupida ed egoista.

Avevo ferito il mio migliore amico e, nonostante questo, lui era tornato da me per starmi accanto nei momenti difficili. Stavo iniziando a capire che lui era tutto ciò di cui avevo bisogno.

Nei giorni che seguirono, ripartimmo per il tour mondiale e non avevamo tempo di pensare ai nostri problemi personali. Sebbene fosse molto faticoso, li seguivo ovunque con piacere e soddisfazione. Jimin indossò magnificamente la camicia che gli avevo regalato, facendo impazzire le Army sui social.

Più il tempo passava, più i miei occhi lo guardavano in un modo diverso, anche mentre ballava. Lo avevo visto centinaia di volte, eppure rimanevo sempre incantata dai suoi movimenti precisi. Ricordai quando assistetti ad un allenamento di Pietro: era molto bravo nella danza moderna, ma non esisteva paragone con Jimin: ti catturava gli occhi con un semplice gesto e finivi per lasciarli incollati sul suo corpo senza accorgertene.

Un pomeriggio aprii un video su Youtube per caso che ritraeva Jimin volteggiare con grazia insieme alla musica. Non potei fare a meno di notare le sue gambe muscolose sbucare dai un paio di pantaloncini neri. Sembrava molto piccolo ed ipotizzai che si trattasse di un anno dopo la sua partenza per Seoul. Il diretto interessato mi si avvicinò, proprio mentre studiavo accuratamente ogni suo muscolo, forse aveva riconosciuto la melodia.

- Cosa stai guardando? - cercò di spiare lo schermo del mio cellulare che coprii con una mano.

- Niente. - risposi con lo sguardo colpevole.

- Ho già sentito quella canzone. - mi avvertii.

Visto che il mio segreto era stato svelato, decisi di mostrargli lo schermo. - Mi spieghi perchè sei dimagrito così tanto? -

Non mi rispose, ma mi chiese di chiudere l'applicazione perchè si vergognava.

- Perche dovresti vergognarti? Avevi un gran bel... - mi bloccai non appena mi accorsi di ciò che stavo per dire. -Cioè non sto dicendo che adesso non ce l’hai, però...- aggiunsi per sollevare la situazione, ma stavo andando sempre peggio.

Mi morsi il labbro e ruotai gli occhi per evitare i suoi, ma lo sentii ridere appena.

- Sei sempre un disastro. - disse infine.

Mi abbraccio per sollevarmi dalla sedia del camerino ed io schiaffeggiai il suo petto dolcemente per protestare. Ci studiammo per un momento. Percepii le sue mani salde stringere la mia vita spingendomi ad avvicinarmi ancora. Così affondai le dita sotto il cappuccio della sua felpa morbida e non volevo toglierle più; come i miei occhi che non avevano la minima intenzione di allontanarsi. Quel piccolo attimo sembrò sospeso nel tempo come se fossimo racchiusi in una bolla sottovuoto. Abbassai lo sguardo sulle sue labbra, così piene e perfette, e la mia mente diventò spaventosamente silenziosa, perchè volevo solo...

Jungkook fece sobbalzare entrambi quando entrò per richiamare il compagno. Mentre i due ragazzi uscivano dalla stanza, il più piccolo ammiccò verso di me senza farsi vedere. Trascorsi la mia breve pausa a calmare i miei battiti cardiaci che non riuscivo a spiegare per la prima volta da quando conoscevo Jimin. Era stato come perdere il controllo del mio corpo per un momento, non riuscivo nemmeno a riconoscermi.

Uscita dalla sartoria, mi diressi nella sala prove per accertarmi che avessero concluso gli allenamenti. Vidi Jimin voltato di spalle con il cappuccio a coprirgli i capelli, in fondo alla sala che sistemava dell’attrezzatura. Taehyung si impossessò di me in quel momento: succedeva spesso quando vedevo il mio migliore amico da solo. Mi avvicinai in punta di piedi mentre aprivo e chiudevo le dita ripetutamente. Una volta dietro di lui, afferrai con forza le sue natiche sode ed urlai - Beccato! -

Il mio amico si irrigidì talmente tanto che una statua di marmo non avrebbe retto il confronto, ma io non mollai la presa. Proprio in quel momento Jimin apparve sulla porta di fronte a me e sgranò gli occhi come se avessi una mitragliatrice puntata su di lui. Sentii il terrore pervadermi dalle viscere in un attimo e mollai il sedere del malcapitato:Yoongi si voltò verso di me come un robot, la faccia rossa e lo sguardo sconvolto.

- Io...- balbettai in preda all’imbarazzo.

Tutti e tre non parlammo per quella che mi parve un’ora. Jimin non si era mosso di un millimetro, con il cellulare in mano sulla soglia, solo gli angoli della sua bocca si sollevarono.

- Ma quella felpa è di Jimin! - dissi con l’indice tremante puntato su Yoongi.

- Gliel’ho prestata perchè aveva freddo. - mi rispose Jimin trattenendo una risata.

Mi prostrai a terra di fronte al rapper toccando il pavimento con la fronte per scusarmi. Jimin si accasciò sul pavimento ridendo a crepapelle e Yoongi mi chiese di alzarmi, era in totale difficoltà. Ripensando “all'incidente”, avrei dovuto accorgermi subito dell’errore: non avevo sentito i soliti muscoli tonici sotto la mia presa. Mi sollevai e continuai ad inchinarmi mentre fulminavo il mio amico, piegato in due, con lo sguardo.

- Non è successo nulla di grave, tranquilla. - mi disse Yoongi con un sorriso tirato. - Mi faccio solo una domanda. Ma voi due vi salutate così? - aggiunse dubbioso.

- Ecco...- balbettai.

- Va bene, non voglio saperlo. - ci salutò, prima di sparire nel corridoio.

Jimin si avvicinò asciugandosi le lacrime e complimentandosi per la mia figura di merda con delle pacche sulla spalla.

- Siete identici visti da dietro. Avete persino i soliti pantaloni oggi. - mi lamentai a braccia conserte.

- Quindi mi stai paragonando a Yoongi?- chiese ridendo. - Se vuoi, puoi constatare tu stessa. - aggiunse rivolgendomi il fondo schiena.

Mi servi la vendetta su un piatto d’argento: ricevette una schiaffo deciso con la mano tesa.

 

"Now let's try to smile everyday, in that paradise." - Paradise










 

Buon pomeriggio!
Oggi non ero molto in vena di aggiornare dopo la seconda delusione per i biglietti del concerto, 
ma voglio risollevarmi il morale con voi <3
Ecco che Diana inizia ad interrogarsi un minimo e Jungkook potevi farti gli affari tuoi, no? XD

A chi pensavate che toccasse il pocky game con Jimin? Sono curiosa ahahha
Comunque, non so cosa prende al mio cervello, ma l'altro giorno mi è venuta un'idea (anzi più di una) 
per una nuova storia..così a caso, mentre riflettevo sulla vita. 
Sicuramente prima porterò a termine questa che è gia impegnativa, poi ci lavorerò su. 
Non vi abbandono hahahah
Grazie a tutti i fedelissimi che recensiscono in meno di trenta secondo XD 
*dai, voglio bene anche ai lettori silenziosi ;)*
A presto!

-Arashi-


 

 

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Capitolo 41
*** Sfida ***


Sfida

2018

{Jimin}
 

Io ed i miei compagni ci stavamo preparando per il concerto che sarebbe iniziato tra qualche minuto. Diana stava controllando che ogni dettagli fosse perfetto, come sempre. Il mio cuore accelerò il battito, non per colpa della sua presenza, ma per permettere alle mie gambe di non cedere. Deglutii e poi strabuzzai gli occhi, cercando di non attirare i suoi occhi vigili su di me.

- Cosa c’è?- chiese invece.

- Niente. Perché?-

- Stai barcollando.- sussurrò, mentre le sue iridi blu mi sondavano come dei raggi X.

Cazzo. Non me ne ero reso conto.

- Tranquilla. - dissi solamente.

- Non sto tranquilla, sei sfinito. E scommetto che non l’hai detto a nessuno. -

Bingo.

Feci per voltarmi, ma la sua mano stretta sul mio avambraccio fermo la mia fuga.

- Jimin... - la sentii sospirare - Se sali sul palco in queste condizioni, potresti farti male sul serio. Avresti dovuto...-

- Tu non puoi capire. - la ammutolii senza voltarmi.

- Hai ragione, non ti capisco. Non pensi a ciò che potrebbe succede? -

- Non succederà. -

- Fa’ come ti pare. Poi non venire a piagnucolare da me. - mollò la stretta per lasciarmi andare verso le conseguenze da solo.

- Puoi starne certa. -

Sul palco dimenticai completamente la nostra discussione, ma durante un cambio abiti Diana non si avvicinò nemmeno. Sentivo il suo sguardo arrabbiato su di me ed io facevo di tutto per non mostrare un minimo di stanchezza. Sembrava più una sfida tra di noi, su chi avrebbe mollato.

Ed io persi, purtroppo.

Alla fine del concerto tornai in camerino, cercando di non zoppicare troppo. Mentre cantavamo le ultime canzoni, avevo sentito un dolore lancinante colpire la mia schiena, ma ero riuscito a camuffare la sofferenza. Posai le mani sul ripiano davanti allo specchio, poi le mie gambe cedettero all’improvviso. Diana accorse subito, come se mi stesse osservando dalla soglia e mi impedì di finire rovinosamente a terra. Chiamò aiuto, dopo avermi costretto a sedermi sulla poltroncina imbottita. I miei compagni si allarmarono, non appena sentirono i richiami di Diana, e si scusarono per non essersi accorti del mio malessere generale, ma loro non avevano nessuna colpa. Per fortuna non avevamo altri impegni nei giorni successivi, altrimenti avrei messo loro in difficoltà. Il medico disse che avevo stirato un muscolo della schiena e dovevo stare a riposo.

A casa Diana mi aiutò a sdraiarmi sul divano e mi rimboccò la coperta come una mamma amorevole, anche il suo sguardo diceva a gran voce: te l'avevo detto. Poi si allontano in cucina per preparare la cena e la guardai incantato tutto il tempo. Avevamo parlato solo il minimo necessario durante il tragitto, da una parte non volevo ammettere che aveva avuto ragione. Ad un tratto la suoneria del cellulare mi spaventò e sorrisi amaramente prima di rispondere.

- Come stai? - la voce stranamente squillante di Tae mi rimbombò nelle orecchie.

- Adesso un po’ meglio. - risposi dispiaciuto.

- Mi raccomando, non fare sforzi.- fece una piccola pausa. - Passami Diana. -

Esaurii la sua richiesta e vidi Diana corrucciare la fronte perplessa mentre ascoltava. Annui diverse volte, poi mi porse di nuovo il cellulare e tornò ad occuparsi dei fornelli.

- Il fisioterapista mi ha chiesto di dirle che hai bisogno di qualche massaggio per sciogliere i muscoli doloranti. - disse con il tono soddisfatto.

- Cos...- stavo per urlare, ma abbassai subito il volume. - Maledetto. -

- Un giorno mi ringrazierai, divertitevi. - riagganciò ridendo.

Rilassai ogni muscolo contro l’imbottitura morbida del divano e sospirai verso il soffitto. Diana si avvicinò con un vassoio tra le mani che posò sul tavolino di vetro. Mi allungò un piatto caldo e poi mangiammo, scambiandoci degli sguardi di sottecchi; nessuno dei due sembrava intenzionato a chiarire quella piccola questione in sospeso. Ogni minimo movimento mi provocava un lamento e lei prontamente sistemava i cuscini sotto di me. I suoi semplici gesti di affetto, mi acceleravano i battiti cardiaci. Credetti persino di avere la febbre, per quanto caldo stavo provando in quel momento.

- Tae mi ha detto che dovrei massaggiarti la schiena.- disse, dopo aver ripulito la cucina.

- Non importa...- dissi in difficoltà, non volevo disturbarla.

Diana aveva imparato a fare dei massaggi rilassanti, quando suo padre soffriva di forti mal di schiena ed ogni tanto aveva sciolto anche il mio collo rigido. Mi disse che mi avrebbe aiutato volentieri e si inginocchiò di fianco a me per aiutarmi a sfilare la maglietta. Strinse il tessuto leggero tra le mani e le sue dita sfiorarono la pelle dei miei fianchi. Andai in apnea, mentre mi spogliava e avrei voluto prenderla tra le braccia per baciarla senza sosta. La vidi strofinare le labbra tra di loro nervosamente e poi mi aiutò a sdraiarmi sul petto. Percepii il tocco delicato delle sue mani bagnate ed inspirai l’odore speziato dell’olio essenziale. Strinsi i pugni con forza, quando percorse tutta la mia schiena per soffermarsi sui trapezi.

- Capisco che ti fa male, però devi cercare di rilassare i muscoli. - mi ammonì dolcemente.

Purtroppo non era dolore quello che percepivo, ma un immenso piacere. Cercai di fare come mi aveva consigliato, nonostante ogni suo movimento mi provocasse fitte in tutto il corpo. Dopo un tempo indefinibile, mi chiese di voltarmi verso di lei per continuare sul collo. Chiusi le palpebre, mentre i suoi polpastrelli insistevano sulla mia pelle arrossata. La mia mente vagò tra diversi piacevoli scenari, per fortuna un leggero dolore mi riportò alla realtà, prima che fosse troppo tardi.

- Scusa, sono stata poco delicata. -

- Non fa niente, tranquilla. -

- Vuoi che ti rilassi anche il viso? Giá che ci siamo. - propose con un mezzo sorriso.

- Come vuoi tu. - accettai e poi aggiunsi. - Diana...scusami per prima. Non volevo essere aggressivo con te. -

- Scusami tu. Ti ho solamente agitato e non dovevo. Ma ero molto preoccupata. -

Avanzò appena verso di me ed iniziò a distendermi i muscoli delle guance. Cercai i suoi occhi azzurri per legarli ai miei, ma lei sciolse quella stretta concentrandosi sulle sue mani.

Perché mi stava evitando?

Era la prima volta che non rispondeva al mio sguardo, in più vidi la punta delle sue orecchie arrossire.

Si stava imbarazzando come me?

Non era possibile.

Quella reazione mi spiazzò per un momento e si attaccò come un virus: il mio viso stava prendendo fuoco.


 

"Stop trying, it's ok to lose." - Fire








 

Helloooo
Allora continuiamo con gli "episodi di vita quotidiana" XD
Un piccolo battibecco ci sta, no? Mica posso andare sempre d'accordo su qualsiasi cosa e Diana qui era solo preoccupata per lui. 
Il nostro Tae simpaticone che ci mette sempre lo zampino, grazie caro aahhahaha
Bè, possiamo capire perchè Diana sia in difficoltà ;)
Bene, il prossimo sarà la pt 2 di questo episodio..vedrete come andrà a finire.
Spero che vi stia comunque incuriosendo, perchè qui le cose si fanno più intriganti <3
Grazie a tutti!!

-Arashi-

 

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Capitolo 42
*** Cuore o Mente? ***


Cuore o Mente?

2018

{Diana}


Fingevo di essere sicura di me, come se la vista di Jimin a petto nudo non mi facesse ne caldo ne freddo.

Invece sentivo molto caldo.

Più volte avevo ammesso in silenzio, e non, la sua bellezza straordinaria, ma in quel momento mi guardava tra le ciocche scure scompigliate, sdraiato sul nostro divano. Sembrava un modello che posava per una copertina di una rivista, gli occhi intensi ed accattivanti. Lo obbligai a voltarsi per iniziare il massaggio, ma soprattutto per nasconderlo ai miei occhi troppo curiosi. Mi bagnai le mani con l’olio essenziale e toccai la sua pelle fresca e setosa. Sentii ogni fibra, ogni muscoli, ogni tendine della sua schiena e provai una strana sensazione. Lo vidi stringere i pugni, quando passai le dita sulle spalle ed incolpai il dolore per la sua tensione. Mi morsi più volte il labbro nel tentativo di frenare tutte quelle emozioni, insolite ed incomprensibili, che mi stavano portando alla follia. Lo aiutai a girarsi verso di me ed evitai il suo sguardo insistente, mentre mi concentravo sul suo viso. Non capivo perché mi sentissi così in difficoltà, non mi era mai capitato. Sentivo la presenza dei

suoi occhi su di me, ma avevo paura di quel contatto visivo. Temevo di fraintendere, di provare sensazioni nuove nei confronti del mio migliore amico; era tutto così insolito. Le mie orecchie si scaldarono in un attimo e pregai perché non si notasse.

- Ho bisogno di fare una doccia. - disse, rompendo finalmente quel silenzio assurdo.

- Ce la fai da solo? - chiesi con un tono ingenuo, poi mi resi conto di ciò che avevo detto.

- Vorresti aiutarmi? - rise lui, mentre passava una mano tra i capelli folti.

Il mio cuore perse un battito.

Anzi, più di uno.

- Certo, voglio vederti nudo. Se avessi voluto, ti avrei già visto come mamma ti ha fatto. - lo provocai per nascondere la mia agitazione interiore.

- Davvero? Quindi ti volteresti dall’altra parte, se mi trovassi nudo per casa? -

- Non saresti il primo uomo nudo che vedo, non mi scandalizzerei. - avevo mentito senza ritegno. Solo aver visto la sua sagoma attraverso il vetro della doccia, mi aveva mandato in panne il cervello.

- Mi stai facendo venire voglia di spogliarmi, solo per vedere la tua reazione. - disse con un sorriso beffardo stampato sul volto.

- Non avresti mai il coraggio di farlo. - affermai solo per farlo desistere dal suo eventuale intento, perché non sapevo davvero come mi sarei comportata.

- Hai sempre la battuta pronta, eh. - sorrise divertito e poi mi scompigliò i capelli, come se fossi una bambina che faceva i capricci. - Comunque, forse mi servirà una mano per asciugarmi i capelli. -

Si lasciò aiutare per alzarsi e poi si diresse verso il bagno, scrocchiandosi il collo. Percorsi le linee schiena tonica, mentre si allontanava, e non potei fare a meno di fissare più in basso: quei pantaloni della tuta, dai quali spuntava l'elastico nero dei boxer, risaltavano fin troppo bene il suo sedere.

Ok, devo riprendermi. Mi ammonii con un piccolo schiaffo sulla guancia.

Attesi seduta sullo sgabello della cucina con una gamba che dondolava pigra nel vuoto. Mi sembrava di essere tornata ai tempi della mia infatuazione per Jin, quando ogni piccolo gesto mi faceva battere il cuore all' impazzata. L’unica differenza era che non mi aspettavo queste reazioni involontarie con Jimin, in tutti quegli anni mi ero sempre sentita tranquilla e serena in sua presenza. Inoltre qualche notte prima avevo fatto un sogno strano che si ripeteva sempre uguale: vedevo noi due, la sera del mio compleanno, che ci baciavamo appassionatamente contro la parete della cucina. Più precisamente io stavo divorando le sue labbra e sentivo il contatto della sua bocca come se fosse stato reale. Era incredibile il fatto che non mi infastidisse per niente quel bacio, piuttosto mi piaceva. Però era tutto confuso ed appannato a tratti, la sua voce che mi chiedeva di smettere e mi svegliavo di soprassalto ogni volta.

Avrei voluto parlargli di quel sogno, ma era davvero ridicolo.

Colui che mi stava facendo dubitare di me stessa, comparve dal corridoio come lo avevo lasciato, ma con un asciugamano intorno al collo, come un lottatore di box, dopo aver finito il suo incontro sul ring. Strabuzzai gli occhi, deglutii e lo invitai a sedersi sullo sgabello della cucina. Iniziai a strofinare piano i suoi capelli bagnati in piedi davanti a lui, con l'aiuto dell'asciugamano umido. I battiti del mio cuore raggiunsero la gola e poi le orecchie come un tonfo assordante.

- Mi dici qualcosa in italiano? - domandò all'improvviso.

- Perché questa richiesta? -

- Quando ti sento parlare al telefono con tua mamma, penso sempre che l'italiano sia una lingua davvero fantastica. È bello sentirti parlare così. -

Bloccai le mani sulla sua testa e pensai a cosa potessi dirgli, non avrebbe comunque capito.

- Ricordo ogni cosa. La nostra meravigliosa infanzia, il mio arrivo qui, la nostra quotidianità. Eppure non riesco a dirtelo. Mi dispiace. - dissi in italiano.

Jimin mi fissò confuso e poi increspò le guance tonde in un sorriso affettuoso, che mi spaccò a metà il cuore.

- Cosa avresti detto? -

- Ehm. Due versi di una poesia. - risposi e ricominciai a strofinare le sue ciocche scure.

Tutto d'un tratto mi circondò la vita con la braccia, mi trasse a sé e posò la testa sul mio stomaco.

- Ti dispiace se rimaniamo un attimo così? - disse con la bocca contro la mia maglia.

Lanciai l'asciugamano sul tavolo e risposi al suo abbraccio. Mi inserii tra le sue gambe finché i nostri bacini non si toccarono e spinsi il suo capo tra i miei seni, tenendo una mano sulla sua nuca. Lo sentii esitare e trattenere il respiro, ma mi strinse ancora di più. Mi ricordò quella sera che lo avevo sentito piangere sul divano poco dopo il mio incidente, e come allora, si lascio coccolare dolcemente.

- Ti aiuto a rivestirti, ti sta venendo freddo. - sentivo la sua pelle accapponarsi sotto la mia mano.

Inforcò la maglia in silenzio e poi mi sussurrò piano un “grazie”. I suoi occhi scuri spiccavano come diamanti neri dai suoi capelli umidi e mi studiavano indagatori come se cercassero qualcosa sul mio viso.

Era terribilmente sensuale.

Scostai delle ciocche bagnate dai suoi occhi per vederli meglio e posai le labbra sulla sua fronte nuda. Poi accesi l'asciugacapelli ed il rumore forte mi allontanò dalla realtà. Risentii le parole che Taehyung mi aveva detto molto tempo prima: il confine tra migliore amico e amante è veramente sottile, basta che uno faccia un passo avanti e si può superare quella linea. Era stato terribilmente saggio quel giorno e gli avevo persino chiesto se avesse fumato qualcosa di buono, invece era serio e lucido.

- Diana, mi stai bruciando. - mi disse Jimin ad un certo punto.

Mi scusai e finii di pettinarlo: avevo lasciato il getto di aria calda sul lato destro del suo viso un po' troppo a lungo. In quell'istante il mio cellulare trillò spaventandomi, così lasciai che Jimin tornasse sul divano per rilassarsi.

- Come va? - mi chiese Arianna dall'altra parte della cornetta.

- Tutto bene, a parte Jimin che si è infortunato oggi. E tu? -

- Si è infortunato? - domandò preoccupata.

- Niente di grave, uno stiramento muscolare. Si rimetterà presto. - la tranquillizzai subito

- Ah, quindi...tu fai la crocerossina? -

- Smettila, perché devi pensare a queste cose? -

- Perché voi due, da soli in casa, lui che ha bisogno di cure ed attenzioni... - lasciò la frase in sospeso per far intendere il finale malizioso.

- Leggi troppi romanzi. Gli ho fatto solo un massaggio e l'ho aiutato ad asciugarsi i capelli, tutto qui. - dissi, ma non pensai alle conseguenze delle mia parole.

- COME? UN MASSAGGIO? E POI IO COSA DOVREI PENSARE? DOVE L'HAI FATTO? - strillò come un fringuello.

Lanciai un'occhiata a Jimin che mi guardava perplesso, probabilmente aveva sentito Arianna urlare fino là.

- Alla schiena. Non interpretare male le mie parole. Non è successo niente. -

- Peccato. Sbrigati a ficcargli la lingua in bocca, perché non ne posso più di sentire questi discorsi. -

Mi ammutolì in un secondo con la bocca spalancata, che richiusi subito non appena Jimin se ne accorse.

- Ma cosa stai dicendo? Non lo farei mai. -

- Sì, e io sono il Papa. Però con il mio Jin sei andata subito al sodo, eh? - piagnucolò come se le avessi rubato il fidanzatino.

Continuammo a battibeccarti per un po' finché non riagganciai esasperata.

- Era Arianna, vero? Perché stava urlando? - domandò Jimin dal divano. 

- Ehm...niente. Lo sai com'è fatta, no? Appena ha sentito che ti sei fatto male, è impazzita. -

 

"Looking like you don't know." - I like it pt 2








 

Bonsoir <3
So che è tardi per aggiornare, ma volevo farlo oggi a tutti i costi.
Cara Diana..questa è una vera tortura, vero? XD
Ancora una volta ha avuto la possibilità di dirgli la verità, eppure non l'ha fatto. 
Chissà chissà
Mano a mano si interroga sempre di più sui suoi sentimenti, arriverà mai ad una conclusione? ehehehhe
L'aspetto di Jimin non la aiuta affatto ahahhaha
Tra non molto ci sarà un'altro cambiamento radicale nella storia, ve lo anticipo per farvi fremere un po'
*Sono cattiva, I know.*
Grazie a tutti, vi voglio bene <3

-Arashi-


 

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Capitolo 43
*** Acqua ***


Acqua

2018

{Jimin}


Il nostro ultimo singolo Idol era uscito da più un mese e noi eravamo di nuovo partiti per il tour mondiale. Per la prima volta avevamo in programma delle tappe europee e Diana diceva di sentirsi più vicina a casa, anche se non saremmo andati in Italia. Infatti continuava a ripetermi che un giorno mi avrebbe portato a Roma con lei ed io non avevo nulla in contrario. Per infastidirla scherzosamente, facevo numerosi complimenti a Parigi per la sua bellezza e lei rispondeva sempre che non poteva competere con la capitale romana; l'idea di visitarla mi eccitava parecchio. Soprattutto, sarebbe stata la prima vera vacanza con Diana, noi due completamente soli in una città lontana da Seoul. Non vedevo l'ora.

Rientrati in hotel, dopo l'ultimo concerto di Parigi, io e Diana ci accomodammo a bordo piscina per chiacchierare un po'. L'acqua calda accarezzava i nostri piedi in ammollo come una carezza rilassante. I capelli scuri di Diana lasciavano riflessi azzurrini che riprendevano il colore dei suoi occhi meravigliosi; Da parte mia, avevo stupito tutti gli Army con un bel azzurro che stava già svanendo a malincuore.

- I tuoi capelli sembrano più blu con i riflessi dell'acqua. - disse ad un certo punto, dopo che mi aveva fissato qualche secondo in silenzio.

Mi guardai nel vetro dietro di noi e concordai con le sue parole. Poi notai una sagoma passare veloce dietro il vetrata, ma non riuscii a vedere chiaramente chi fosse per colpa dei giochi di luce sul vetro: probabilmente Tae ci stava spiando, ultimamente lo faceva spesso.

Me la pagherai.

Dopo la sua furba idea del massaggio rilassante, era rimasto molto deluso dal fatto che non ci fossimo baciati. In ogni occasione ribadiva che dovevo buttarmi, altrimenti l'avrei fatta fuggire un'altra volta.

Era facile parlare per lui.

- Cosa c'è? - chiese Diana e guardò nella mia stessa direzione.

- Niente, non riuscivo a vedermi bene. - mentii.

Riportammo la nostra attenzione sui nostri piedi galleggianti e i miei occhi si posarono sul tatuaggio rosa: il nostro legame. Ogni volta che lo guardavo, mi trovavo davanti ad un conflitto interiore: da una parte mi sentivo felice, dall'altra mi ricordava la nostra promessa che ancora non avevamo mantenuto. Diana sicuramente non ricordava quell'episodio, altrimenti me ne avrebbe parlato. Ogni tanto venivo assalito dai dubbi sulla sua amnesia, perchè avevo la sensazione di trovarmi di nuovo insieme alla Diana che conoscevo da una vita. Comunque ero fermamente convinto che se avesse recuperato la memoria, me lo avrebbe detto.

Studiai il suo viso illuminato dai riflessi e sentii come se potessi confessarle qualsiasi cosa, persino il mio amore nascosto.

- Non ti ho mai detto quanto tu sia importante per me. L'ho sempre dato per scontato, ma non riesco ad immaginare la mia vita senza di te, adesso. Se quel giorno non avessi mandato il tuo curriculum all'agenzia, non staremmo parlando sul bordo piscina di un hotel di Parigi. Per questo ti sono infinitamente grato. - confessai tutto d'un fiato.

Non le avevo mai parlato a cuore aperto come in quell'istante. Milioni di volte provavo ad immaginare il mio presente senza Diana, ma non ci riuscivo. Forse avremmo percorso strade diverse ed ognuno di noi avrebbe vissuto inconsapevole della vita dell'altro; forse il destino ci avrebbe fatto incontrare lo stesso in un'altra occasione; forse avrei incontrato un'altra ragazza da amare. Ma non mi ero pentito nemmeno un secondo di averla incontrata di nuovo.

Posai il palmo della mia mano sul dorso della sua, appoggiata sulle mattonelle bagnate, ed afferrai le sue dita sottili. Diana spostò il suo sguardo azzurrino sulle nostre mani annodate e poi su di me: sembrava sorpresa e dispiaciuta allo stesso tempo.

- Jimin...- mi chiamò piano. - So di averti deluso. Mi dispiace. -

Mi accigliai per lo stupore, non capii davvero a cosa si potesse riferire.

- Deluso per cosa? -

- Per tutta la situazione con Pietro, mi sono fatta imbambolare come una stupida, e poi...-

Posai l’indice sulle sue labbra carnose per farla tacere, non potevo concepire che la sua mente avesse anche solo pensato una cosa del genere.

- Davvero ti preoccupi di questo? Non mi hai mai deluso. Come ti ho già detto tempo fa: sei una ragazza meravigliosa e non cambierò mai idea. -

E ti amo da una vita, avrei voluto tanto dirle.

Abbassò gli occhi, fissando attentamente le increspature luccicanti dell’acqua. - Credo di non averti nemmeno mai dimostrato quanto tengo a te. -

- Non devi dimostrarmi niente. Lo vedo ogni giorno, da come mi guardi, da come mi ascolti, da come mi parli. -

- Sei sempre così dolce con me. - disse, sorridendo all’acqua sotto di noi.

Si spostò per avvicinarsi e poi posò la testa sulla mia spalla. Circondai i suoi fianchi con un braccio e li strinse a me. Rimanemmo così abbracciato per un po', ma Diana ad un certo punto si sollevò e socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma Tae apparve dietro di noi, spaventandoci.

- Tappatevi il naso. - sussurrò tra di noi e ci gettò in piscina.

Riemersi con un profondo respiro, perchè non avevo avuto il tempo di inspirare abbastanza aria, e Diana fece altrettanto accanto a me.

- Siamo vestiti! Per fortuna non abbiamo il cellulare. - protestai, mentre mi tenevo a galla.

- Che vuoi che sia! Avevo visto che i cellulare erano su quel tavolino laggiù. - indicò il punto corretto.

- Devo vendicarmi di troppe persone, qui dentro. - esclamò Diana.

Taehyung ci salutò con un ampio gesto della mano, per poi scomparire oltre la vetrata. Io e Diana nuotammo verso la parte meno profonda della piscina e ci bloccammo, quando l'acqua scese sui nostri bacini. A quel punto Diana tentò di strizzare la sua maglia bianca che era diventata praticamente trasparente.

- Posso toglierla, tanto è come se fossi nuda. - sentenziò e stava per sfilarsi l'indumento, quando la fermai.

- Potrebbe arrivare qualcuno. - l'avvertii.

Non potevo permetterle di spogliarsi davanti a me, mi salì il cuore in gola al solo pensiero. Mi guardò perplessa, come se non avesse pensato a quell'eventualità. Eravamo vicini ed io fissai ogni goccia che scendeva lungo il suo viso con interesse, ma non riuscivo a muovermi. Però, i suoi zaffiri sembrarono spenti nonostante il luccichio dell'acqua, come pietre grezze che dovevano ancora essere lucidate dalle sapienti mani di un orafo. Pareva che la loro luce fosse rivolta verso qualcun altro, verso altri pensieri. Lasciai i suoi polsi lentamente e lei si riprese all'improvviso. Mi abbracciò lanciandosi su di me e finimmo rovinosamente sott'acqua. Riaffiorammo ridendo insieme ed i suoi occhi erano tornati a splendere come ogni giorno. La sollevai tra le braccia per lanciarla in acqua e dopo si aggrappò a me come un piovra dai mille tentacoli.

- Inizio a sentire freddo. - disse, mollando la presa.

Ci avvicinammo agli scalini sommersi cercando di non colpirli malamente con i piedi. Uscimmo dall'acqua e mi sorpresi a ringraziare in silenzio Tae. Potevo vedere ogni forma del suo corpo attraverso le pieghe dei vestiti, incollati alla sua pelle ambrata. Studiai una ad una le gocce pigre che scendevano dalla sua fronte fino alle labbra. Volevo dissetarmi con quell'acqua invitante e prosciugarla avidamente. Non mi preoccupati del mio sguardo insistente, volevo che cogliesse i miei pensieri, come se stessi urlando a gran voce quanta voglia avevo di baciarla. Forse indugiai troppo o i miei occhi parlarono da soli perchè lei mi disse:

- Sono irresistibile, vero? -

La spinsi dolcemente e tornammo nelle nostre camere in silenzio.

 

"Come back to my arms." - Love is Not Over









 

Buonaseraaa
Allora credo che pubblicherò sempre verso questo orario, tanto prima non ci riesco quasi mai.

Così potete regolarvi <3
Sono stata molto combattuta su questo capitolo, l'ho modificato tantissime volte e 
comunque non ne sono soddisfatta. Ero quasi al punto di cancellarlo e proseguire con quelli dopo,
ma avrei perso l'alternanza dei POV e anche una parte della storia. 
Qui ho voluto far capire quanto Jimin si fidi di Diana. 
Se Tae non li avesse interrotti cosa stava per dire lei? Lo scoprirete più avanti ;)
Il prossimo capitolo sarà della serie divertenti, almeno per la prima parte. 
La svolta si avvicina! 
*non per mettervi ansia, no no...XD*
Grazie a tutti davvero, sono davvero felice che stiate continuando a seguirmi <3
A presto!

-Arashi-

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Capitolo 44
*** Terra ***


Terra

2018

{Diana}


Un giorno di riposo, mentre eravamo di nuovo a Seoul, Jimin mi propose qualcosa di insolito.

- Vuoi farti beccare con me da solo e creare uno scandalo mondiale? - gli chiesi confusa, quando mi disse di volermi portare al mare.

Era assolutamente felice di passare una giornata con lui, visto che erano piuttosto rare e soprattutto correvamo sempre il rischio che qualche paparazzo potesse fotografarci.

- In questo periodo non ci sarà nessuno, fidati di me. - mi rispose.

Come potevo dire di no a quel sorriso meraviglioso?

In effetti le spiagge erano deserte nei primi giorni di novembre. Era una bellissima giornata, il sole brillava alto riscaldando l’aria, così accettai senza farmi troppe domande. Inforcai i miei jeans a vita alta preferito, un maglione over size e il mio adorato cappotto color senape, sperando che mi tenesse abbastanza caldo. Guardai Jimin che, come al solito, era ricoperto da mascherina e berretto: odiavo non poterlo vedere in volto, però adoravo i suoi pantaloni neri con i tagli sulle ginocchia a contrasto con il suo ingombrante bomber; sembrava davvero un vip in incognito. Scendemmo le scale e quando arrivammo nel cortile sul retro, mi invitò ad aspettare un momento. Poco dopo un rombo scoppiettante riecheggiò tra le pareti del condominio e mi voltai verso quel suono: una BMW nera lucidissima si fermò davanti a me, pareva essere appena uscita dalla concessionaria. Jimin mi sorrise compiaciuto da dietro al volante e rimasi attonita per cinque secondi buoni.

- Da quando hai la patente? - chiesi, mentre mi accucciavo per entrare.

- Mentre tu eri in Italia a divertirti, io ho fatto progressi. - ammiccò.

- Ok, non mi fido molto dei neopatentati. - lo schernii allacciandomi la cintura.

- Spiritosa, è un prestito di Jin. Se dovesse succede qualcosa, la colpa sarà tua. - mi minacciò e regolò lo specchietto retrovisore.

- Jin mi vuole bene, non ci crederebbe mai. - affermai e lui partì facendo stridere le gomme.

Finalmente aveva tolto sia la mascherina sia il berretto mostrando tutta la sua bellezza al mondo intero, anzi a me soltanto. Mentre chiacchieravamo, lo guardavo continuamente; lo trovai terribilmente sensuale con una mano sul volante e l’altra sul cambio. Ogni tanto ricambiava il mio sguardo insistente e temetti che potesse leggermi nel pensiero. Nel tragitto, alla radio proposero Idol e cantai a squarciagola imitando tutti e sette; Jungkook era un bravissimo insegnante anche nelle imitazioni. Jimin si accasciò su se stesso in preda alle risate, tanto che dovetti afferrare il voltante con la paura che potesse sbandare da un momento all'altro. Dopo un'ora buona, imboccò una strada che percorreva tutto il lungo mare e parcheggiò vicino ad una spiaggia desolata. La sabbia chiara contrastava con gli alti grattacieli che caratterizzavano la città ed il sole regalava splendidi riflessi sulla superficie dell’acqua. Scesi dall’auto, carica di entusiasmo, e mi diressi verso la spiaggia senza aspettare Jimin che mi richiamò offeso. Tolsi immediatamente le scarpe ed affondai i piedi nella distesa sabbiosa, inspirando l’aria salina. Il mio migliore amico mi rimproverò per essere andata avanti da sola, ma mi sorrise teneramente. Poi camminammo sul bagnasciuga, rabbrividendo al tocco del mare gelato. Per la seconda volta in quei due anni di convivenza, non sapevo come comportami; ero in difficoltà. Avrei voluto stringergli la mano mentre affondavamo nella sabbia umida, ma temevo di essere troppo indiscreta. Non mi riconobbi, il mio rapporto con Jimin era sempre stata l’unica certezza che avevo nella vita. Tentavo di nascondere il mio disagio con uno scherzo o una battuta e lui rispondeva come sempre. L’ora di pranzo arrivò in fretta, cosi ci gustammo del pesce delizioso in un piccolo ristorante vicino alla spiaggia. Non facevo altro che fissarlo in qualsiasi momento, stava indossando dei bellissimi occhiali scuri che celavano gli occhi di cioccolato, ma gli donavano a livelli estremi. Tornammo verso il mare con i nostri stomaci soddisfatti e ci accomodammo su una duna per ammirare quel meraviglioso panorama marino.

- Mi ricorda Spring Day. - confessai, seduta accanto a lui.

- Anche a me. Non so se ricordi quanto facesse freddo quel giorno che abbiamo girato il video. - rise appena.

- Non molto. - mentii, ma rividi il momento in cui ero corsa da lui per riscaldarmi sotto il suo maglione caldo.

Non vedevo i suoi occhi, ma dalla montatura fine intravidi la sua espressione triste. Una morsa avvolse il mio stomaco, facendomi presente che gli avevo mentito un'altra volta. Scossi la testa per scacciare quei pensieri, quel giorno volevo concentrarmi solo su noi due. Poi mi resi conto che eravamo davvero soli, non si vedeva una persona nel raggio di chilometri. Sentii la pressione sanguigna aumentare mano a mano che il sole scendeva verso la linea dell’orizzonte. Mi alzai nel tentativo di tranquillizzare il mio cuore agitato e lasciai che le onde gelate mi bagnassero di nuovo i piedi. Jimin mi raggiunse e rabbrividì al contatto con l’acqua fredda, ma intrecciò le sue dita alle mie.

- Perchè continui a nasconderti il viso? - brontolai subito dopo.

Spostai i suoi occhiali sulla testa e finalmente potei vedere le sue iridi scure illuminate dalla luce dorata. Un brivido mi percorse la schiena e sentii improvvisamente freddo. Mi avvicinai di più per riscaldare le mani sotto il suo giubbotto aperto, così cinsi i suoi fianchi; come ero solita fare in inverno. Jimin si morse il labbro inferiore e per un momento distolse lo sguardo per poi posarlo di nuovo su di me. Mi liberò il viso dalle ciocche scure che il vento mi aveva spinto sulle guance. Inaspettatamente quel gesto cosi naturale e banale, mi provocò una stretta allo stomaco, intensa e piacevole. Jimin si abbassò appena su di me, così potei respirare il suo alito caldo mischiato alla brezza marina. Per un istante studiammo i nostri occhi che avevamo visto fin troppe volte, ma mai così da vicino. Il taglio della palpebra sembrava tracciato da un abile disegnatore: una linea sinuosa senza un difetto. Provai a cercare un'imperfezione sul suo viso, ma tutto era armonioso e delicato.

Alla fine annullai il poco spazio tra i nostri volti per tuffarmi in un altro mare: la sua bocca. Quel primo contatto mi diede la scossa che si ripercosse fin sulle punte dei miei capelli corvini. Lo sentii sospirare sulle mie labbra come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo. Mi racchiuse il viso tra le sua mani minute e premette la bocca sulla mia con decisione; poi esplorammo insieme quei luoghi sconosciuti, muovendoci all’unisono. Un ondeggiare lento scandiva il ritmo dei nostri baci, poi mi sorpresi di voler raggiungere il fondale di quell’oceano rovente; le nostre lingue danzarono come due delfini che si rincorrevano tra le onde frizzanti. Premetti le dita sulla sua schiena per invitarlo a continuare ciò che mi stava facendo impazzire: i movimenti sensuali delle sue labbra. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva, copriva ogni suono tranne quello dei nostri respiri che si scontravano. Per un secondo socchiusi gli occhi, totalmente incredula che davanti a me ci fosse il mio migliore amico. Ero stata così accecata dalla nostra amicizia che non avevo mai capito veramente i sentimenti che provavo per lui.

Questa sensazione inspiegabile e travolgente, è davvero amore?

Decisi di scoprire la risposta insieme a lui, perchè in quell'istante non volevo altro che fermare il tempo e rimanere su quella spiaggia, tra le sue braccia.

Ci bloccammo a malincuore, quando il sole scomparve timido dietro l’orizzonte, intimandoci di tornare a casa. Per tutto il viaggio di ritorno nessuno di noi osò parlare, entrambi inondati da oceani di emozioni.


"What is it that you really want?" - Boy in Luv








 

Hellooooo
Ve l'ho fatto sudare tantissimo, ma alla fine il tanto agoniato bacio è arrivato! 
Non potete immaginare quante volte abbia riscritto questo capitolo e sarei potuta 
essere più cattiva, perchè prima di questo ne avevo previsti altri due nel mezzo.
Però rileggendo e riflettendoci su, mi sembrava di andare troppo alle lunghe, così
ho deciso di accorgiare i tempi. 
Come vi sembra tutto ciò? So che il mare è un classico da romanticoni, ma mi sembrava
un posto insolito per loro, visto che abitano in una metropoli. 
Fatemi sapere cosa ne pensate <3
Non finirò mai di ringraziarvi abbastanza, davvero <3 <3 <3
A presto!

p.s. ah, se vi state chiedendo il motivo della scelta del titolo, è molto semplice:
era solo un malvagio tentativo di depistaggio ahahahahha 
(però credo che utilizzerò tutti e quattro gli elementi perchè mi piacciono ahahah)
Spero abbia funzionato XD


-Arashi-
 

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Capitolo 45
*** Aria ***


Aria

2018

{Jimin}


Riposi l’auto di Jin in garage e lasciai che Diana entrasse in casa nel frattempo.

E’ successo davvero? Mi ero chiesto sulla via del ritorno.

Avevo aspettato talmente tanti anni che non riuscivo a capacitarmene. Il tocco delle sua labbra lo percepivo ancora, come se non avessimo mai interrotto quel bacio. Il primo passo non ero stato io a compierlo, quindi dentro di me stavo esplodendo dalla gioia. Non mi ero mai illuso, avevo solo sognato per anni e non riuscivo a crederci. Avevo perso il conto di quante volte avevo immaginato quella scena, ma aveva superato ogni mia aspettativa. Era stato totalmente diverso rispetto alla sera del suo compleanno; quella volta avevo sentivo che era tutto sbagliato, il modo in cui ghermiva le mie labbra, come mi spogliava lentamente. Eppure non ero mai riuscito a dimenticare il fare incerto della sua bocca contro la mia, i suoi respiri e, soprattutto, i suoi occhi che risplendevano nella penombra.

Salii le scale del palazzo e mi fermai davanti alla porta di casa.

Come mi sarei dovuto comportare adesso?

Afferrai la maniglia con la mano sudata e tremante, mentre venivo assalito da stupidi dubbi, non sapevo davvero cosa fare. Varcai la soglia con cautela e scoprii che Diana non era in soggiorno, così sospirai di sollievo. Lanciai il giubbotto sul divano e cominciai a preparare la tavola per la cena.

- Arrivo subito. - mi urlò Diana dalla sua stanza ed il mio cuore perse un battito.

Finalmente era accaduto ciò che avevo sempre sperato, ma volevo starle lontano? Cosa stavo facendo?

Sentii la risata di Diana dietro di me e mi voltai per capirne il motivo: avevo apparecchiato per tre persone.

- Abbiamo un ospite? - domandò lei con un sorriso.

- Sì, la mia stupidità. - sbuffai e liberai la tavola dagli intrusi.

Diana mi sorrise dolcemente e prese possesso dei fornelli, ma mi proposi di aiutarla a cucinare. C'era una strana elettricità tra di noi mentre stavamo accanto e dovetti frenare i miei impulsi. Mi chiese di arrostire la carne sulla piastra e lei avrebbe preparato qualcosa come contorno. Più volte passò dietro di me per prendere i vari ingredienti e sfiorandomi i fianchi con noncuranza; mi stava facendo impazzire. Mangiammo scambiandoci qualche parola sulla giornata, entrambi sorvolammo l'argomento “bacio al tramonto” come se non ci fosse mai stato. Probabilmente troppo imbarazzati o troppo increduli per accettare che fosse successo realmente. Dopo aver ripulito la cucina insieme, Diana frugò nella credenza alla ricerca di qualcosa. Scommisi una cena con me stesso che stava cercando del cioccolato, infatti impugnò un piccolo pezzo di carta d'alluminio.

- Diana. - la richiamai appoggiando il fondo schiena contro al tavolo e le braccia conserte.

- Si? - chiese con la voce da innocente

- Rimetti la cioccolata nella credenza. -

- Dai, è l'ultimo pezzo. - si lamentò come una bambina.

- Ti sei mangiata due barrette di cioccolato in un giorno! -

- Ma è un pezzetto così piccolo. -

Mi avvicinai minaccioso e la fronteggiai, ma avrei voluto solo che mi baciasse come poche ore prima.

- Non ne ho assaggiato nemmeno un pochino. Le hai divorate. -

- Ah, è per questo allora. Va bene, te lo concedo in via eccezionale. -

Scartò l'involucro e mi porse il quadratino marrone, ma quando feci per morderlo, se lo gettò tra i denti. Rimasi con la bocca aperta, mentre lei masticava soddisfatta e mi sorrideva con le guance gonfie. Fissai le sue labbra rosee arricciarsi e la sua gola contrarsi per mandare giù quel piccolo boccone. Volevo sentire anch'io quel sapore che mi aveva negato, così la baciai sorprendendola. Sentii il gusto dolce del cioccolato come quella volta che avevamo scherzato con la Nutella, ma adesso aveva tutto un altro sapore. Presi il suo viso tra le mani ed infusi più trasporto in quel bacio, costringendola ad indietreggiare. Appoggiò il sedere contro al ripiano della cucina e poi passò le dita tra i miei capelli per stringerli nei suoi pugni. Allora le mie mani percorsero la sua vita, i fianchi e le sue cosce per afferrarle con forza. I nostri movimenti si fecero più passionali e quando rallentai quel ritmo sensuale, la sentii ansimare lievemente. Quel piccolo gemito mi fece impazzire: la mia lingua cercò la sua per stuzzicarla più volte. Dopo un po' mi allontanai per riprendere fiato, però mantenni salda la presa sul suo bacino perchè volevo continuare a guardarla. Aveva i capelli scompigliati, le guance rosse e le labbra gonfie, eppure volevo buttarmi di nuovo su di lei e non fermarmi più. Iniziò a giocherellare con delle ciocche sulla mia nuca, mi sorrise poi sfiorò le mie labbra con un piccolo bacio.

- Chi l'avrebbe mai detto? - disse ridendo appena.

- Cosa? -

- Che mi sarei innamorata del mio migliore amico. -

Sgranai gli occhi nella confusione più totale, non me lo sarei mai aspettato. Sentii gli occhi pizzicare sotto quell'immensa emozione che mi stava facendo tremare il cuore. Mi morsi il labbro inferiore per non cedere, ma una lacrima scappò dalla mia presa e rigò la mia guancia.

- Scusa! Io non volevo... - si affrettò a dire Diana. - Ho detto qualcosa di sbagliato? -

- No, è che...- ispirai per riprendere il controllo. - Sono innamorato di te da anni e mi sembra un sogno. - confessai tutto d'un fiato.

Abbassò il capo dispiaciuta. - Mi dispiace di non aver mai capito i suoi sentimenti, e soprattutto i miei. -

- Non importa, io ho fatto di tutto per nasconderlo. Ma adesso non succederà più. -

Diana tornò a guardarmi e la tristezza di poco prima sembrava aver lasciato i suoi occhi azzurri che brillavano di felicità. Ci sdraiammo sulla penisola del nostro divano ed io accesi la tv, anche se sapevo che nessuno di noi due l'avrebbe guardata. Infatti ci limitammo a far parlare le nostre bocche per noi e sembravano instancabili, finchè il mio cellulare non squillò.

- Tae, dimmi. - risposi con un po' troppo entusiasmo.

- Ti senti bene?

- Sì, sono solo felice. -

Diana rise tra le braccia e si accoccolò contro il mio petto.

- Ok...volevo chiederti se tu e Diana siete liberi stasera. Io e Jungkook abbiamo un bel film da farvi vedere. -

- Ecco...io e Diana saremmo un tantino occupati stasera. -

- Eh? Cosa stai...No, aspetta. E' successo qualcosa? - balbettò lui, preso alla sprovvista.

- Ne parliamo domani. Adesso ho da fare. - ammiccai alla ragazza che mi stava guardando esasperata.

- Oh mio dio! - Tae scandì ogni parola. - Non mi dire che vi siete baciati! - urlò e poi lo sentii chiamare Jungkook.

- Si sono baciati! - ripetè per tipo una decina di volte.

- Appunto, lasciali in pace. - la voce lontana del più piccolo lo rimproverò.

- Devo dirlo a tutti. -

- Sei peggio di una pettegola. - Jungkook non sembrava per niente sorpreso.

Ascoltai i miei due compagni, poi decisi di intromettermi. - Bene, possiamo sentirci domani? -

- Sì, sì. Scusate e mi raccomando le precauzioni! - riagganciò senza salutare.

Sospirai mentre posavo il cellulare sul tavolino di vetro; Taehyung era incorreggibile. Però mi piaceva quella sua spontaneità e preoccupazione nei miei confronti. Aveva sempre cercato di aiutarmi, anche se a volte appariva invadente.

- Non ho capito niente, chi stava parlando con Tae? - mi chiese Diana, quando riportai la mia attenzione su di lei.

- Lascia stare, sappi che domani sapranno tutti cosa è successo. -

Lei fece spallucce e poi mi afferrò la maglia per trarmi a sé. Il suono flebile della TV si mischiò a quello delle nostre bocche che ripresero ciò che avevano interrotto.

 

"What's your dream?" - No More Dream









 

Helloooo
Volevo pubblicare ieri, ma avevo la febbre e non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto ;;
Ma ora sto meglio, quindi ho subito sistemato alcune cosine.
Non sono molto brava a descrivere i sentimenti delle persone, e in questo caso quelli di Jimin
mi sono risultato alquanto difficili. Spero di aver reso l'idea ;;
UNA GIOIA PER JIMIN FINALMENTE!! 
*Sia lode all'eroe trionfatoreeeeee* 
Ok, la smetto. Inizialmente non avevo previsto che Diana confessasse di essere innamorata di lui,
ma mi è sembrato carino, soprattutto per il povero Jimin che si è commosso. Capiamolo!
Nel prossimo si vedranno i due piccioncini alle prese con questa nuova avventura <3
Grazie a tutti!

-Arashi-

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Capitolo 46
*** Fuoco ***


Fuoco

2018

{Diana}


Quei giorni furono i più felici della mia vita.

Morivo dalla voglia di stare con Jimin in qualsiasi momento della giornata, sembravo un’adolescente alle prese con la sua prima cotta. Appena mi svegliavo, mi lanciavo sul suo letto per riempire la sua bocca morbida di baci e lui borbottava contrariato, ma non si ribellava mai a quelle carezze. Mi confessò che non aveva mai smesso di amarmi, nonostante la mia perdita di memoria e la mia lontananza. Finalmente capii che l’amore che provavo per lui non era semplice affetto, ma qualcosa di più profondo.

Un pomeriggio attraversavo tranquillamente un corridoio dell’agenzia, quando una mano mi afferrò il polso e mi trascinò di lato. Prima che potessi metabolizzare l’accaduto, mi ritrovai in un noto ripostiglio.

- Avevi nostalgia di questo stanzino? - chiesi a Jimin che stava chiudendo la porta dietro di se.

- Avrei scommesso che bestemmiassi in italiano. -

- Ti ho sorpreso, eh? - ammiccai.

- Sorprendimi ancora. - disse prima di buttarsi sulle mie labbra.

Indietreggiai fino a sbattere il bacino contro l’angolo di un tavolino abbandonato in un angolo dello stanzino, trattenni un gemito di dolore.

- Dai, ci potrebbe scoprire qualcuno. - riuscii a dire con difficoltà tra un bacio e l’altro.

Ma Jimin teneva le mani ben salde sui miei fianchi, come se non fosse per nulla preoccupato o

intenzionato di interrompere quel momento di lussuria.

- Colpa tua che mi provochi. - rispose stringendo gli occhi in un sorriso furbo.

- Ma non ho fatto nulla. -

- Basta la tua sola esistenza. - sussurrò.

Poi mi sollevò tra le braccia per farmi sedere sulla superficie liscia del tavolo dietro di me e si fece spazio tra le mia gambe. I suoi occhi divennero intensi come cielo notturno privo di stelle, le pupille si allargarono mangiando un po' le iridi scure ed io mi sentii risucchiata da quei due meravigliosi buchi neri. Addentai le sue labbra corpose con un movimento lento e delicato, ma avrei le avrei strappate a morsi, se avessi potuto. Ormai conoscevo bene quell'universo ardente, ma non mi stancavo mai di tuffarmici per fluttuare nell'infinito spazio di emozioni. Jimin si sporse in avanti in modo da infondere più decisione ed io mi aggrappai alla sua schiena per non perdere l'equilibrio. Eravamo così avvinghiati l'uno all'altro che fu difficile persino respirare, ma a cosa serviva l'ossigeno quando avevo i suoi baci per vivere?

Proprio in quell'istante occupato solo dal nostro ansimare, il suo cellulare vibrò nella tasca posteriore dei suoi jeans, come se volesse ammonirci per il nostro comportamento. Lo invitai a rispondere, ma lui sembrava troppo concentrato sulla mia bocca per ascoltarmi, allora tastai il suo sedere alla ricerca dello smartphone. La vibrazione mi intimava di sbrigarmi, ma mi approfittai della situazione per temporeggiare sui suoi muscoli sodi.

- Ehi, ehi. Cosa stai cercando di dirmi? - domandò bloccandomi le mani sul suo fondo schiena.

- Sto semplicemente cercando il cellulare. - risposi con un tono innocente.

- Dai, ammetti che non ti dispiace. -

- Non mi dispiace per niente, ma dovresti rispondere. -

Presi il cellulare che ormai aveva smesso di squillare e lessi il nome di Jk sullo schermo.

- Ti stanno cercando. - constatai.

- Chiama tu. -

Dopo qualche secondo il mio sensei rispose con un tono sorpreso, quando sentii la mia voce.

- Ah, capisco. Vi state divertendo nascosti da qualche parte... -

Jimin non mi lasciava parlare, continuava a tapparmi la bocca con i suoi baci insistenti, mentre cercavo di allontanarmi con il suo cellulare schiacciato tra la mia spalla e l'orecchio.

- Kookie, ma avete assunto qualche droga oggi? - chiesi con il fiato spezzato

- Che io sappia, no. Altrimenti me ne sarei accorto, credo. Ma che state combinando? -

- Niente, Jimin ha voglia di essere picchiato. -

- Addirittura? Gli piace violento, allora. - disse seguito da delle risate di sottofondo.

- Non...hai capito....- brontolai e Jimin rischiò di farmi uscire un gemito, quando passò la punta della lingua sulle mie labbra.

- Non voglio ascoltare mentre voi due fate cose. Voglio solo sapere quando la principessa ha intenzione di tornare alle prove. -

- Jimin arriva subito. - tagliai corto e riagganciai.

Rideva, mentre mi marchiava il collo con le sue labbra morbide. La mia pelle godeva di quel tocco sensuale e dolce allo stesso tempo e fu molto difficile fermarlo.

- Sembra che non mi vedi mai, ma vorrei farti notare che conviviamo. -

- Non è mai abbastanza. - rispose al mio stesso modo la sera del suo compleanno. - Quella volta se i membri non fossero entrati, ti avrei strappato via la maglia. - aggiunse.

- Non te l'avrei mai permesso perchè è la mia maglia preferita. -

- Quindi vai in giro così scollata? -

- Sei geloso? E comunque mi ero vestita così solo per te. - strizzai l'occhio.

- Sai, non mi piacerebbe che i miei compagni ti vedessero il reggiseno. -

- Uno di loro ha visto molto di più. -

Jimin sgranò gli occhi come se avesse rimosso la mia vecchia relazione. Avevo fatto quell'osservazione solo per vedere la sua reazione ed avevo fatto centro. Era troppo divertente stuzzicarlo.

- Dovremmo recuperare... - mormorò a pochi centimetri dal mio viso.

Quando eravamo a casa, i miei pensieri finivano su quell'argomento e spesso mi chiedevo quando avremmo fatto quell'importante passo avanti. Ero dell'idea che non doveva essere una forzatura, ma un'occasione spontanea.

- Si, nello sgabuzzino con la possibilità che qualcuno entri all'improvviso. -

Scesi dal tavolino ed allungai una mano verso la maniglia della via d'uscita, ma questa venne bloccata dal corpo di Jimin.

- Riusciresti a resistermi? - il suo tono di voce si era fatto stranamente basso.

Posò i suoi pozzi scuri su di me e mi scrutò come se fossi la ragazza più sexy del mondo. Mi morsi il labbro inferiore per trattenere quell'improvvisa voglia di renderlo completamente mio. Riprese a torturarmi il collo, il mento e poi la mandibola: i suoi denti stuzzicavano la mia pelle che strideva di piacere. Non riuscii a trattenere un gemito, quando giunse al lobo dell'orecchio ed indietreggiai con la speranza di farlo desistere. Ma lui era una macchina da guerra, brutale ed inarrestabile, che doveva raggiungere il suo obbiettivo. Mi ritrovai di nuovo con le spalle al muro, intrappolata dalla sua veemenza e sensualità, e non riuscii a resistere. Contraccambiai i suoi baci passionali e sentii le guance bruciare come fuoco, quando si fermò per scrutarmi intensamente. Inevitabilmente la mia mente immaginò un intero film fatto di piacere con noi due come protagonisti, ma dovevo ricordarmi che eravamo nello stanzino delle scope.

- Jimin...devi andare, sul serio. - dissi tra gli affanni.

Mormorò un suono di assenso e, dopo un'infinità di piccoli baci, uscimmo velocemente come due fuggitivi inseguiti da un esercito di poliziotti.

 

"I will make my move on you first. " - Where Did You Come From?








 

Buonasera!
Avrete ben capito perchè ho intitolato il capitolo così, no?
Jimin è su di giri, FER MA TE LO! XD
Un episodio un po' spensierato per risollevare il morale di tutti ;)
Fate conto che sono passate due settimane dal loro primo bacio, quindi sono ancora freschi freschi ahahah
Noi ridiamo e scherziamo, ma L'AVETE VISTO IL TRAILER OGGI? io ancora non me ne capacito...
Vabbè, spero che vi piacciano questi episodi amoreggianti <3
Grazie a tutti!!
Al prossimo capitolo :3

-Arashi- 

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Capitolo 47
*** Ricordi Lontani ***


Ricordi Lontani

2018

{Jimin}
 

Io e Diana giravamo per le strade di Seoul godendoci quel pomeriggio libero senza nessun Taehyung invadente attorno: era diventato il nostro fan numero uno. Spuntava sempre nei momenti meno opportuni per ribadirci il fatto che ci fossimo baciati solo grazie ai suoi sforzi.

Lanciai un’occhiata al mio fianco dove c’era Diana, coperta a sua volta da occhiali da sole e berretto, che camminava sorridente. Ogni tanto mi sfiorava le dita con le sue ed avrei tanto voluto stringerle per urlare al mondo intero che finalmente era mia. Ad un certo punto Diana si fermò sul largo marciapiede circondato dagli alberi carichi di foglie arancioni.

- Perchè ti sei fermata? - chiesi affiancandola.

- Io...- iniziò e seguii il suo sguardo perso lungo il viale alberato. -Sono ciliegi. -

- Certo che sono...- la frase morì a metà, quando capii meglio la sua affermazione.

Si stava osservando il polso tatuato, mentre si mordicchiava nervosa il labbro inferiore.

- La prossima primavera ci organizziamo per vedere insieme la loro fioritura, ok? - dissi prendendole finalmente la mano.

Fortunatamente in quel momento il marciapiede era poco affollato e sperai che nessuno dei passanti mi riconoscesse. Volevo che mi ricordasse la nostra promessa spontaneamente, così rimasi in silenzio mentre si voltava verso di me.

- E’ una promessa?- chiese con gli occhi lucidi.

Il mio cuore tentennò, quando alzò il mignolo roseo davanti al mio viso sorridendo emozionata. Intrecciai il mio dito al suo e rimanemmo così per diversi istanti. Forse portarla a Busan l'avrebbe aiutata a ricordare tutto, o almeno così speravo.

- È una promessa. -

Quelle ore insieme a lei volarono, senza rendercene conto il sole stava già tramontando da un pezzo. Così ci liberammo degli occhiali da sole quando imboccammo una stretta strada secondaria.

E poi Diana mi sorprese.

Svoltammo un angolo e mi gettò con le spalle al muro in un piccolo vicolo deserto. Afferrò il collo del mio cappotto e si fiondò sulle mie labbra. Per un istante rimasi completamente spiazzato, poi mi lasciai andare sotto la sua guida spericolata. La sua bocca mangiava la mia con foga, come se fosse assolutamente sicura di non essere osservata. La trattenni per i fianchi contro di me mentre buttavo altra energia sui nostri movimenti.

Era tutto così surreale, ma piacevolmente reale.

- Posso farti una domanda? - chiese il respiro spezzato.

Anuii con un cenno del capo, mentre lei posava entrambe le mani sul mio petto.

- Ho fatto un sogno in cui noi due ci baciamo la sera del mio compleanno, ma è successo davvero? -

-Ecco...sì. Mi hai chiesto tu di baciarti. - risposi respirando a fondo.

- Non ci credo, ti sei approfittato della mia sbornia! -

- Non è vero, sono stato fin troppo bravo. A casa ti faccio vedere la scena. -

Infatti appena varcammo la soglia, la portai ad appoggiare la schiena sulla stessa parete di quella sera ed incrociai le sue mani dietro la mia nuca. - Mi hai detto: baciami, altrimenti mi metto a gridare. -

Alzò un sopracciglio in una smorfia divertita, forse sapeva che era da lei fare una cosa del genere. La presi per i fianchi e mi appiccicai a lei, ricordavo ogni singolo gesto di quella sera.

- Siccome io mi sono rifiutato, mi hai passato un dito... - afferrai la sua mano e percorsi la mia pelle con il suo polpastrello dalla guancia fino al ventre.

- Stai scherzando? -

- No, per niente. Aspetta il dopo. -

Riportai le sue dita sulla mia nuca e mi avvicinai ancora, poi racchiusi le sua labbra tra le mie impaziente. Per un momento non sentii il suo respiro caldo sul mio viso, forse stava trattenendo il fiato per lo stupore.

- Hai messo la lingua per prima. - sussurrai sulla sua bocca ad un certo punto.

Spalancò gli occhi all'improvviso, ma sorrise subito e poi fece come le avevo detto. Fu difficile staccarsi da quel vortice che mi risucchiava sempre più a fondo, ma obbligai me stesso a farlo.

- Ora arriva la parte divertente. Faccio la stessa cosa che hai fatto tu. - sembrava quasi una minaccia per dire: guarda quanto mi hai tentato.

Percorsi la linea delicata della sua mandibola con le mie labbra bollenti e morsi piano il lobo dell'orecchio; andò in apnea in quel momento. Mossi la bocca verso il collo profumato e calai la camicia sotto la rotondità della sua spalla per bagnare la sua clavicola. Non mi stava fermando, così continuai verso lo sterno e la sentii deglutire con forza.

- E qui ti ho bloccata. - dissi tornando a guardarla.

Non capivo quale forza sovrumana mi aveva portato a staccarmi dalla sua pelle invitante. Sembrava sorpresa e confusa, i suoi occhi azzurri erano lucidi e le sue guance di un bel rosso acceso.

- E poi? - mi chiese quasi terrorizzata.

- Peccato che non lo ricordi, è stato molto movimentato. - mentii per farla spaventare.

Infatti boccheggiò come un pesce fuori dalla sua acqua vitale, probabilmente stava cercando di ricordare.

- Sto scherzando. Ti ho aiutata a cambiarti e poi ti sei addormentata. - battei il palmo della mano sulla sua fronte.

- Quindi mi hai vista nuda! -

- No, in intimo. Ne avevi uno bianco di pizzo semitrasparente. - dissi solo per farla imbarazzare.

Diana si coprì istintivamente il seno come se stesse rivivendo quella scena, poi si riprese.

- Oh, andiamo. Ti ho vista talmente tante volte in reggiseno che ormai...-

- Ormai cosa? -

- Non mi fa alcun effetto. - mentii di nuovo.

Inclinò la testa di lato ed alzò un sopracciglio mentre mi interrogava con lo sguardo per capire se fossi sincero.

- Tu dici? -

Aprì il terzo bottone della camicia con un movimento lento senza distogliere gli occhi dai miei. Passò al quarto bottone e i miei battiti cardiaci accelerarono inviando troppo sangue al cervello. Così il mio viso si colorì magicamente, quando raggiunse il quinto bottone e la forma del suo seno erano ben visibile. Cercai in tutti i modi di non abbassare lo sguardo, ma mi arresi quando Diana arrivò in fondo. Le coppe di pizzo raccoglievano perfettamente le sue curve generose che si sollevarono quando trasse un profondo respiro. Stava aspettando che facessi la prima mossa, ma la mia mente era completamente annebbiata.

- Vedo che non ti fa nessun effetto. - disse mentre un sorriso maligno cresceva sul suo viso.

Si sporse in avanti e quelle due trappole tentatrici cozzarono contro il mio petto, come accadeva ogni volta che mi abbracciava. Socchiuse le labbra morbide e le fermò a pochi millimetri dalla mia bocca, lambendo la mia pelle con il suo alito caldo.

- Sei perfida, ma ti adoro per questo. -

Me ne fregai del mio raziocinio e la baciai trattenendola per la nuca. La mia mente diventò muta all'improvviso mentre le mie dita camminavano lungo la sua figura. Volevano di più, volevano impadronirsi di tutto quel corpo perfetto che mi tentava sempre. Forse quella serata sarebbe finita in un modo che nessuno dei noi due si sarebbe aspettato, se non fosse stato per Taehyung che suonò il citofono.

 

"Take me to the sky." - Outro: Wings









 

Helloooo
Altro episodio di vita quotidiana, ma ho voluto inserirlo più per far vedere che Diana 

sta sbagliando a tacere. Il povero Jimin le ha fatto una seconda promessa, incosapevole
di ciò che gli sta nascondendo. Tutto questo aggrava la posizione di Diana..
Più avanti spiegherò perchè si sta trattenendo, ovviamente c'è una spiegazione
perchè lei non vorrebbe fargli del male.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia!
Fatemi sapere se vi sta annoiando la storia, o qualsiasi altra critica vi venga in mente. 
Mi serve per capire dove sto sbagliando e quindi migliorarmi per farvi leggere capitoli sempre migliori <3
Grazie as always <3 <3
A presto!

-Arashi- 

 

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Capitolo 48
*** Dentro una Bugia ***


Dentro una Bugia

2018

{Diana}
 

Era tutto così strano.

Avevo vissuto fino a quel momento con la convinzione che Jimin mi sarebbe sempre rimasto accanto come migliore amico. In quelle tre settimane mi era mancato un po' quel rapporto di complicità che avevamo prima del nostro bacio, ma dovevo solo metabolizzare il cambiamento. Anche se, in fondo, non era cambiato molto da allora. Il nostro legame si era rafforzato ed eravamo entrambi felici, quello contava più di ogni altra cosa.

Mia mamma era letteralmente impazzita, quando l'avevo aggiornata, ed aveva subito fantasticato sul futuro.

- Almeno tre nipoti! - mi aveva urlato al telefono in prenda alla gioia.

Invece Arianna sbuffò esasperata, rimproverandomi di averci impiegato una vita per quel passo avanti ed era convinta che fossimo fatti l'uno per l'altra.

Risi appena mentre eravamo sul nostro amato divano, sdraiati l’uno accanto all’altro sotto il pile caldo. Alzai lo sguardo per osservare i fiocchi di neve che scendevano pigri sotto le luci della città, quella sera era particolarmente freddo. Con quella tacita scusa, mi portai sopra di lui lentamente per inglobare le sue labbra nelle mie: erano morbide e bollenti. Inspirò gonfiando il petto sotto il mio peso e mi strinse le cosce con forza. Indugiai un momento sulla sua bocca, non mi stancavo mai del suo tocco dolce e sensuale allo stesso tempo. Mentre il nostro bacio diventava più passionale, la sue mani sgattaiolarono sul mio fondoschiena, come faceva spesso.

- Ti stai prendendo un po’ troppe libertà. - dissi tra un piccolo bacio e l'altro.

- Sono anni che mi tocchi la schiena, adesso è il mio turno. - rispose con una risatina.

- Potevi scegliere un’altra parte. -

Si allontanò leggermente ed alzò un sopracciglio, poi arricciò la bocca in un sorriso malizioso.

- Fai tanto la simpatica, ma in realtà so che ti piace. - mi impedì di replicare coprendomi la bocca con un bacio. - Ah, aspetta un momento. -

Mi lasciò sul divano per andare in camera sua e tornare con un piccolo libro tra le mani. Riconobbi subito la copertina, così lo raccolsi tra le mani come un piccolo tesoro prezioso. Non sapevo che lo avesse ancora, perchè l’aveva sempre tenuto nascosto nel cassetto senza dirmi nulla.

- Tutte le notti, prima di addormentarmi, leggevo un racconto. Quando arrivai alla storia della Città di Smeraldo rimasi incantata, non conoscevo una storia così bella. Mi ricordo che te ne parlai subito quel pomeriggio di pioggia sul divano di casa tua. Avevamo scattato una foto con la tua amata polaroid e ti avevo persino chiesto di baciarmi. - risi e poi mi resi conto di ciò che avevo appena detto.

Istintivamente mi tappai la bocca con le mani, ma così facendo, mi smascherai da sola. Jimin mi guardava con gli occhi sgranati, seduto di fronte a me. Dopo un silenzio che parve infinito, si schiarì la gola e sembrò interrogarmi con lo sguardo.

- Perché non mi hai detto che hai recuperato i ricordi? - chiese con la voce fin troppo calma.

- Io... - ormai dovevo dirgli la verità, così mi arresi. - Perché sono tornati un po’ di tempo fa. -

- Quanto tempo fa? -

- Prima che tornassi dall’Italia, quando ho ascoltato The Truth Untold per la prima volta. - confessai con un sussurro e non riuscii a sostenere il suo sguardo.

Mi sentivo pessima, egoista e bugiarda.

Dopo il nostro bacio al mare avevo persino dimenticato quella questione in sospeso, avevo accantonato tutto in angolo della mia mente.

Soprattutto avevo paura.

Temevo che avesse imparato ad amare la nuova Diana e quindi nel suo cuore non poteva esserci spazio per quella vecchia. In realtà non avevo capito niente, non avevo capito quanto Jimin mi amasse a prescindere dai miei ricordi.

Si alzò senza proferire una sola parola, mentre continuavo a fissare il tappeto, e lo sentii infilarsi le scarpe. Allora corsi verso di lui e lo bloccai vicino alla porta, come lui aveva fatto con me il giorno dell’incidente.

- Dove stai andando? - chiesi preoccupata.

- Lontano da qui. - mi rispose con la voce piatta.

- Aspetta, che significa? Io non...-

- Perché mi hai mentito? - mi interruppe all’improvviso.

Cercai delle parole giuste per dargli una spiegazione valida, ma la mia mente non voleva ragionare.

- Perché? - mi urlò in faccia.

Quella reazione mi spaventò facendomi indietreggiare un poco e sentii i miei polmoni soffrire sotto un enorme macigno. Avrei dovuto dare retta a Taehyung, invece avevo sbagliato tutto e ne pagavo le conseguenze.

I suoi occhi erano roventi, potevo vedere la fiamma della rabbia danzare nelle sue iridi scure. Non lo avevo mai visto così ed era solo colpa mia.

- Jimin, ascolta. Volevo dirtelo a Parigi, ma... - mi fermai quando lui liberò la mia stretta sul suo polso con uno scatto.

- Hai solo finto con me, vero? Ti sei divertita abbastanza? Ti è piaciuto giocare alla fidanzatina desiderata? - alzò il tono in preda all’ira.

- Non è vero. Non ho mai finto con te, giuro. - lo implorai sull’orlo del pianto.

Ma lui aprì la porta di casa, sorpassò la soglia con un piede e poi si voltò con un espressione piena di disprezzo.

- Come faccio a fidarmi di una persona che mi ha mentito per così tanto tempo? - la sua voce si incrinò appena, quando i suoi occhi divennero lucidi.

Mi prosciugò ogni parola come un fiume durante un periodo di siccità estrema. Deluso dal mio silenzio, chiuse la porta lasciandomi sola nel mio pianto pieno di dolore.

 

"Who the heck are you?" - Fake Love









 

Eccomiiii
Il fatidico momento della verità è arrivato, nel peggiore dei modi però ahahhah
Diana si è fregata con le sue stesse mani e, in questo modo, non riesce a 
spiegare bene le sue ragioni..anche se le scuse servono a poco. 
In realtà non voleva fargli del male, aveva solo delle paure "stupide" che 
l'hanno fata agire nel modo sbagliato (esperienza personale, purtroppo).
Errare è umano, no?
Jimin ovviamente non l'ha presa bene, vedremo come reagirà nel prossimo capitolo ;)
Ultimamente sto avendo il dubbio che la mia storia cominci ad annoiare, forse
mi sto dilungando un po' troppo e sto pensando di accorciarla...
Non so cosa fare sinceramente, nel frattempo grazie a tutti quelli che spendono il loro 
tempo per leggere ancora questi capitoli <3
A presto! 

-Arashi- 

 

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Capitolo 49
*** Frantumi ***


Frantumi

2018

{Jimin}


Ero uscito di casa in preda alla rabbia e stavo salendo le scale del condomino quasi di corsa. Mi bloccai sul pianerottolo del quarto piano, poi decisi di prendere una boccata d’aria fresca. Arrivai fino alla terrazza sul tetto, dove avevo rivolto Serendipity alle stelle molto tempo prima. Una ventata fredda scompigliò i miei capelli, mentre appoggiavo i gomiti sulla ringhiera per guardare la città dormiente sotto di me. Delle nuvole cariche di pioggia sfioravano i tetti dei grattacieli più alti: un tempesta si stava avvicinando.

Diana aveva fatto quel terribile incidente quasi un anno prima ed ero sempre stato convinto che mi avrebbe informato subito, appena fossero tornati i suoi ricordi.

Ma mi ero sbagliato.

La mia fiducia si era frantumata in mille pezzi come uno specchio gettato dall’ultimo piano di un palazzo: l’udito mi illuse di poterne sentire lo schianto sull’asfalto.

Ero a pezzi anch’io.

Perché me l’aveva tenuto nascosto? Perché aveva indossato quella maschera per tutti quei mesi? Non conoscevo la risposta e, forse, non volevo nemmeno saperla perché ne avevo paura. In quei giorni avevo ottenuto tutto ciò che avevo desiderato ardentemente per anni e l’idea di perderlo mi faceva male. Sarei potuto tornare da Diana per chiarire, ma mi avrebbe detto la verità? Era una domanda inevitabile e dolorosa.

- Che mi sono innamorata del mio migliore amico. -

Mi aveva detto quella sera in cucina prima di baciarmi dolcemente. Il suo sguardo si era fatto triste quando le avevo confessato che i miei sentimenti non erano mai cambiati, l'avevo sempre amata nonostante avessi cercato di negarlo. Mi era sembrato tutto così reale e forse era stato troppo bello per essere vero.

Spensi il cellulare e dopo un po’ suonai il campanello di Taehyung, finchè quest'ultimo non mi aprii con gli occhi assonnati.

- Mi sono addormentato sul divano. - si giustificò grattandosi la nuca.

Mi invitò ad entrare e mi chiese subito cosa mi turbasse; mi conosceva bene quanto Diana. Ci sistemammo sulle sedie in cucina, uno di fronte l’altro, insieme a due tazze di tè caldo. Probabilmente avrei dovuto tenere tutto quanto per me, ma avevo bisogno di qualcuno che mi potesse ascoltare. Non parve meravigliarsi troppo del ritorno dei ricordi, rimase solo in silenzio finché non conclusi il racconto.

- Jimin, voglio essere sincero con te. Però ascoltami bene. - portò le mani avanti. - Io sapevo la verità. -

- Cosa? - non potevo reggere due delusioni in una sera sola.

- L’ho scoperto per caso quando Diana mi ha chiamato per chiedermi spiegazioni su The Truth Untold, ma mi ha pregato di non dirtelo. -

La sua calma mentre parlava, mi fece ribollire il sangue.

- Taehyung, stai scherzando? - urlai e mi alzai di scatto facendo ribaltare la sedia.

- Ascoltami, lo so quanto hai sofferto. Ti ho visto ogni giorno spegnerti sempre di più mentre Diana era in Italia e stavo male persino io. Ma pensavo che te l’avesse detto visto che vi siete baciati. - si avvicinò per posarmi una mano sulla spalla, avrei voluto toglierla. - Mi dispiace tanto. Lo sai che odio mentire. -

Conoscevo Tae molto bene ed era la persona più leale che avessi mai incontrato. Mi scusai per il mio scatto d’ira, mi sedetti di nuovo ed ingoiai il tè ormai tiepido. La tazza tra le mie mani tremava, cercavo di concentrare tutta la mia agitazione sulle dite per non perdere di nuovo il controllo.

- Scusami. - non potevo incolpare Tae.

In quel preciso istante il cellulare del mio amico squillò e capii che Jungkook era dall’altra parte della cornetta.

- È qui con me, dille di non preoccuparsi. - disse mentre giocherellava con il cucchiaio tra le dita.

Non avevo detto a Diana dove ero diretto perché non lo sapevo nemmeno io, avevo agito seguendo l’istinto.

- Posso fermarmi qui stanotte? - chiesi dopo che riagganciò.

- Per me non c’è problema, ma dovresti tornare a casa per chiarire. -

- Voglio riflettere senza essere influenzato da lei. -

Dopo qualche secondo di pausa, Tae mi rivolse uno sguardo perplesso. - Vuoi che provi la stessa sofferenza che hai provato tu, vero? -

Il tremolio delle mie dita si fermò all’improvviso. Fissai il fondo giallognolo della tazza con la speranza di trovarvi una risposta all’interno. Da quando Diana era entrata di nuovo nella mia vita, avevo patito ogni volta una tortura diversa: il suo fidanzamento con Jin, la sua perdita di memoria, la sua lunga assenza, il suo rapporto con Pietro e poi quel tradimento. Erano stati due anni intensi e non le avevo mai fatto pesare tutte le mie preoccupazioni.

- È così? - mi incalzò lui.

- Ho solo bisogno di pensare un po'. - risposi infine.

- Io credo che se Diana ha agito così, ci deve essere un motivo. - constatò.

Sapevo solo che non volevo ascoltare le sue bugie che avrebbero solo alimentato la mia rabbia. Il solo pensiero di aver vissuto immerso nella sua finzione, mi sentivo scoppiare la testa perché io l’amavo ed era troppo doloroso da sopportare. Mi buttai sul letto che Tae mi aveva preparato con la consapevolezza che non avrei dormito quella notte, troppo tormentato da tutti i ricordi insieme a lei.

 

"My feel above the clouds." - Airplane pt 2









 

Buonasera!
Ecco qua Jimin alle prese con la delusione, bè ha ragione. 

Quando la fiducia cieca verso qualcuno si infrange, è difficile ripararla. 
Ovviamente Tae ha voluto essere sincero, ma lui ha rispettato la scelta di Diana, quindi
non ha colpe. Non volevo pugnalare Jimin ancora di più, poverino ;;
Nel prossimo vedremo quando Diana si senta in colpa perchè non voleva farlo soffrire. 
Spero che vi piaccia <3
A Presto!

-Arashi-

 

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Capitolo 50
*** Pioggia ***


Pioggia

2018

{Diana}


Guardai fuori dalla finestra, seduta sulla poltroncina scura del salotto, mentre buttavo giù del tè caldo a mo' di medicina per cercare di riscaldarmi. Era tutto come ogni domenica mattina da quando abitavo a Seoul, c'era solo una "piccola" differenza: Jimin non era in camera sua.

Scossi leggermente il cellulare per controllare l'ora sul blocca schermo, ma non dovevo svegliare nessuno quella mattina. Jimin si era rifiutato di tornare a casa la sera prima, Tae mi aveva mandato un messaggio per avvisarmi: Ho provato a convincerlo, ma dice di volere rimanere qui stanotte. Lanciai il telefono sul divano, avevo continuato a fissare lo schermo per tutto il tempo, con la speranza di leggere il nome di Jimin in una notifica.

Niente.

Avevo provato a chiamarlo un milione di volte, ma la linea era staccata; avevo iniziato ad odiare persino la voce robotica che mi ripeteva sempre la solita frase.

Perchè devo rovinare sempre tutto?

La suoneria del mio cellulare partì all'improvviso, così mi tuffai sul divano, ma il mio entusiasmo svanì subito.

- Jungkook, dimmi. - risposi con poca voglia.

- Allora è davvero grave. - disse senza salutarmi.

Ero solita chiamarlo Sensei, anche quando rispondevo alle sue chiamate, ma quel giorno non ero in vena di scherzare.

- Abbiamo litigato. - dissi e cercai di stabilizzare la mia voce.

- Oh.. - fece una piccola pausa - Ieri sera quando mi hai chiesto se Jimin fosse da me, non pensavo che aveste discusso. Vuoi salire un momento da me? -

Dopo essermi resa almeno presentabile, mi recai all'appartamento di Jungkook. Non suonai nemmeno il campanello, perchè conoscevo a memoria il codice per sbloccare il portone d'ingresso. Mi salutò con un piccolo abbraccio e poi mi chiese se avessi gradito una tazza di caffè; un espresso mi avrebbe tirato un po' su, forse. Ci sedemmo l'uno accanto all'altro sul divano chiaro del salotto e fissai la mia bevanda, non sapevo da dove cominciare.

- Ho recuperato la memoria. - esordii.

- Ma è fantastico! Jimin ne sarà contento. - disse entusiasta e quasi fece cadere il caffè americano sul soffice tappeto sotto di noi.

- Sì. Sarebbe stato contento se glielo avessi detto subito. - non riuscivo a guardare negli occhi nemmeno Jungkook.

- In che senso? -

Gli raccontai del giorno in cui avevo ascoltato The Truth Untold per la prima volta, della mia decisione di fingermi smemorata e della scoperta di Taehyung. Rimase un po' in silenzio, forse stava scegliendo le parole giusto per dire quanto fossi stata meschina ed egoista.

- Speriamo che Jimin non se la prenda con Tae. - commentò solamente.

- Non voglio che litighino per un mio errore. Era talmente arrabbiato...ha ragione. - una lacrima finì nella tazza vuota che rigiravo nervosamente tra le mani.

- Ehi, vedrai che ti ascolterà. Sei troppo importante per lui. Aspetta solo che si sia calmato un po'. - mi confessò sollevandomi il mento con le sue dita lunghe.

Strinsi il labbro tra i denti per non cedere al pianto, ma il mio sforzo fallì quando Jungkook mi racchiuse tra le sue braccia forti. Non mi ero mai sfogata con nessun altro oltre Jimin, era sempre stato il mio unico supporto, ma mi lasciai andare completamente. Jungkook mi sostenne mentre affondavo il viso sul suo petto caldo e mi accarezzò la testa con dolcezza, sussurrandomi che tutto si sarebbe risolto. Si allontanò un momento per tornare con una scatola di fazzoletti e mi tamponò le lacrime sulle guance arrossate.

- Sai, posso capire Jimin. Il giorno dell'incidente io e Hobi siamo accorsi subito, eravamo tremendamente preoccupati per te, ma Jimin era spaventoso. Non ti ha lasciato un secondo prima che arrivassero i soccorsi e dopo tremava come una foglia. Piangeva senza sosta ripetendo che era tutta colpa sua. -

Le mie lacrime si fermarono di botto ascoltando il suo racconto, nessuno mi aveva mai parlato dell'incidente.

- Non hai abbandonato l'ospedale mentre eri ricoverata e quando ha scoperto dell'amnesia è sprofondato. Continuavamo a ripetergli che eri sempre tu, ma non servì a molto. Si è buttato in quelle relazioni malsane solo per affogare i suoi sensi di colpa e per annullare la tua mancanza. Ma non hai mai smesso di incolparsi e ne ha sofferto molto. - concluse con un sorriso mesto.

Quel discorso non aveva affatto migliorato il mio umore già basso, era precipitato al centro della Terra. Sapevo di averlo deluso, tradito, ferito, ma non potevo tornare indietro e ricominciare daccapo.

- Volevo solo che non soffrisse più...- dissi a fatica.

- Aspetta. - mi intimò Jk.

Prese il cellulare e digitò velocemente un numero. Non capii con chi stava parlando, ma chiese dove fosse andato qualcuno prima di riagganciare.

-J imin sta tornando a casa di Tae. Se ti sbrighi, puoi parlarci. - mi disse felice.

Lo baciai sulla guancia per ringraziarlo e corsi fuori dal condominio per aspettare Jimin. Ero sul marciapiede che aveva assistito al nostro litigio e poi al mio incidente, dove tutto era cominciato. Attesi sotto un terrazzino per ripararmi dalla pioggia battente, era talmente forte che sembrava quasi grandine. Avvistai un ombrello rosa pallido avvicinarsi piano verso l'entrata del palazzo e riconobbi subito il proprietario. I suoi capelli scuri si confondevano con il grigiore circostante e i suoi occhi profondi si bloccarono quando incontrarono i miei. Jimin fece per voltarsi, ma mi tuffai tra le gocce di pioggia e lo abbracciai con uno slancio in avanti. L'ombrello cadde sul selciato fradicio lasciandoci sotto quella cascata piovana. Le sue braccia rimasero abbandonate lungo i fianchi, inermi, per la prima volta non stava rispondendo alla mia stretta.

- Ascoltami. - lo supplicai senza lasciarlo.

- Tu mi hai ascoltato il giorno dell'incidente? -

Mollai la presa, come se improvvisamente la pioggia fosse diventata fuoco ardente e lo guardai incredula. Un rivolo di vapore uscì dalla mia bocca quando lo implorai di nuovo; non sentivo il freddo pungente. Le mie lacrime si mescolarono all'acqua che mi stava bagnando completamente, ma lui non cedette alla mia supplica. Raccolse l'ombrello in silenzio e si coprì la testa bagnata mentre mi guardava senza espressione.

- Per favore.- gracchiai piano, stavo quasi per inginocchiami davanti a lui.

Volevo solo rimediare a tutti gli errori, a tutta la sua sofferenza, perché meritava di essere felice.

- Non voglio ascoltarti. - disse, come risposi io prima di gettarmi in mezzo alla strada. - Hai avuto fin troppe occasioni per parlarmi, ma non mi hai mai detto la verità. -

- Lo so, non ho scusanti. Però... -

I suoi occhi scuri, nei quali avevo sempre trovato riparo, in quel momento mi terrorizzarono come un pozzo senza fondo. Avrei voluto confessargli tutte le mie paure e dubbi che mi avevano spinta a tacere per così tanto tempo, invece allungai una mano per stringere la sua in un gesto disperato; ma lui si lasciò nemmeno sfiorare, quasi infastidito dalla mia presenza.

Si voltò facendo ondeggiare le sue ciocche umide e si allontanò da me senza esitazione. Ed io rimasi li, immobile, tra i singhiozzi e sotto la pioggia gelata.

 

"I'm standing here alone." - Let Me Know








 

Buonasera!
So che è un po' tardi per pubblicare, ma dopodomani ho un esame e non so quando riuscirò ad aggiornare..
Non volevo lasciarvi troppi giorni senza mie notizie XD
La pioggia per me ha sempre significato qualcosa di poetico e malinconico, inutile dire che 
la scena l'ho ripresa dall'Highlight Reel. 
Jimin è parecchio arrabbiato e non gli si puo' dar torto, poverino. 
Diana davvero non voleva fargli del male, ma lui la perdonerà?
Vi lascio il beneficio del dubbio <3
Spero vi piaccia tutto questo e sono in super hype per Persona!!!
Grazie a tutti!

-Arashi- 

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Capitolo 51
*** Eco ***


Eco

2018

{Jimin}


Verso metà mattina Yun arrivò di corsa in sala prove per richiamarmi. - Diana non sta bene, puoi venire un momento? -

La seguii tra sbuffi esasperati, con la convinzione che Diana stesse fingendo tutto solo per attirare la mia attenzione. In parte mi ricredetti, quando la vidi rannicchiata sul divanetto di un camerino coperta da un lungo piumino.

- Ha la febbre alta. Dovrebbe tornare a casa, ma noi non possiamo assentarci. - mi disse Yun dispiaciuta.

Mi inginocchiai accanto al divanetto e guardai un momento Diana: aveva gli occhi chiusi in una smorfia sofferente, la bocca socchiusa, le guance arrossate e sembrava respirare a fatica. Toccai la sua fronte bollente e lei socchiuse leggermente gli occhi stanchi; stava tremando. Chiesi le chiavi dell'auto di Jin in prestito per accompagnarla a casa, per fortuna quel giorno la mia presenza non era particolarmente necessaria per le prove. Diana si abbandonò totalmente contro di me, quando la sollevai per coprirla con il suo cappotto, non poteva fingere così bene.

- Scusa... - mi sussurrò piano mentre uscivamo dall'edificio.

Si sedette sul sedile del passeggero immergendosi nei vari strati di tessuto come se cercasse di riscaldarsi, poi posò la nuca sul poggia testa e chiuse gli occhi. Il motore rombò sotto di noi e occupò quel silenzio forzato dal nostro disagio.

- Sei rimasta sotto la pioggia ieri, vero? - chiesi con l'attenzione rivolta alla strada.

La sentii annuire con un suono di assenso, ma non aprì bocca.

- Sei una stupida. E' freddo, sapevi che ti saresti ammalata. - la ammonii perchè ero quasi convinto che avesse architettato tutta quella messa in scena, come aveva fatto da un anno a quella parte.

Di nuovo non mi rispose e si voltò verso il finestrino per osservare la pioggia battente che non aveva smesso di cadere dal giorno prima.

Nonostante mi sforzassi di focalizzare la mia mente su altro, mi appariva sempre il suo volto bagnato che mi guardava implorante. Ero arrabbiato, deluso, amareggiato, ma sarei comunque corso da lei. Mi stavo costringendo a rimanerle lontano, eppure il mio cuore ferito la cercava continuamente come se fosse la sua medicina lenitiva.

Una volta a casa, la condussi fino al divano sottobraccio e poi stesi una coperta pensate sopra di lei. Quel semplice gesto fece vacillare tutte le mie convinzioni: tremava come quella volta terribile in cui suonò il campanello nel cuore della notte. Diana tirò la coperta fin sotto al mento e si distese di lato, verso di me, stringendo gli occhi. Sembrava sentire molto freddo e fermai il mio istinto di abbracciarla per riscaldarla. Scossi appena la sua spalla per invitarla a bere un po' d'acqua, così si mise a sedere contro lo schienale del divano. Afferrò il bicchiere con le dita tremanti e mi chiese un asciugamano per pulirsi la fronte dal sudore febbrile. Così tamponai la sua palle lucida e sentii i suoi occhi insistenti su di me, sapevo che voleva dirmi qualcosa.

- Grazie. - mormorò solamente.

Il silenzio calò come la lama di una ghigliottina ed era insopportabile per entrambi.

- Vuoi cambiarti i vestiti? - chiesi con gentilezza.

Annuì di nuovo con un solo piccolo gesto del capo, così la accompagnai in camera e non ebbe bisogno di aiuto. Indossò la felpa che mi aveva rubato nell'armadio tanto tempo prima e che avevo sempre trovata carina su di lei, nonostante fosse enorme. La fissai mentre tornava sul divano per sdraiarsi e le porsi una seconda coperta.

- Riposati un po'. - la intimai, mentre sistemavo gli strati di tessuto caldo.

Guardai un momento i suoi occhi azzurri, lucidi per la febbre, che si inumidirono di più finchè una lacrima non scese lungo la sua guancia arrossata.

- Ti faccio solo soffrire, vero? - disse con la voce roca.

Volevo dirle che non era vero, che la sua sola presenza mi rendeva felice, che non mi importava quante volte mi ferisse; ma il nodo alla gola mi impedì di parlare. Distolsi lo sguardo perchè non sopportavo vederla piangere, soprattutto se la causa del suo dolore ero io. Le parole do Taehyung mi risuonarono nella mente: vuoi che provi la stessa sofferenza che hai provato tu, vero?

Ero davvero così perfido con la persona che amavo di più al mondo?

Diana piangeva in attesa della mia risposta e si accoccolò contro lo schienale del divano dandomi le spalle. Rimasi immobile mentre ascoltavo i suoi singhiozzi che mi ferivano come infiniti pugnali. Quando il pianto si fece più forte, sentii uno strano rantolio seguito da dei forti colpi di tosse, così la obbligai a sollevarsi per riprendere fiato. Tossì con forza diverse volte sorreggendosi il petto, poi cercò di calmare il fiato corto con scarso successo.

- Hai ragione, sono una stronza. - urlò tra uno spasmo e l'altro. - Ho rovinato tutto, non ti merito. Ti ho sempre amato, Jimin. Ma non capivo che tipo di amore fosse, per questo ho aspettato. Avevo paura di illuderti o ferirti, invece ho sbagliato tutto. - La sostenni per le spalle scosse dai singhiozzi mentre parlava disperata.

Rimproverai la mia testardaggine ed il mio orgoglio per non avermi permesso di ragionare lucidamente. Mi posizionai accanto alle sue gambe e portai il suo viso sul mio petto con una mano. La avvolsi sopra le coperte e lei si aggrappò alla mia schiena stringendo la felpa tra le dita.

- Scusami. - gridò piangendo contro i miei vestiti.

Respirava pesantemente e tossì di nuovo, forse stava peggiorando.

- Ne parliamo quando starai meglio. Ora stai tranquilla. - cercai di infonderle più calma possibile.

- No, non ce la faccio più. Voglio discuterne ora. - mi rivolse i suoi meravigliosi occhi azzurri che mi pregarono per la seconda volta.

- Pensa solo a riposarti adesso. - insistetti.

Protestò per un po' in preda al delirio febbrile, così la invitai a prendere una medicina per far abbassare la temperatura alta. Alla fine si arrese e borbottò qualcosa mentre la aiutavo a sdraiarsi di nuovo, le sue labbra morbide fremevano ancora.

- Ho freddo. - confessò con la voce assonnata.

Rincalzai bene le due coperte, ma sapevo che sarebbe servito a poco e poi notai che respirava a bocca aperta. Doveva essere rimasta davvero molto sotto la pioggia per ridursi così. La immaginai mentre mi chiamava tra le lacrime ed io me ne ero andato senza preoccuparmi di lei.

- Stai davvero male, eh. - mormorai tra me e me mentre accarezzavo la sua fronte calda.

Mi sedetti sul bordo del divano per controllare che riuscisse ad addormentarsi, sarei potuto rimanere a guardarla per ore. E finalmente chiuse gli occhi, ma non sembrava tranquilla. Continuava a tormentare la coperta con le dita agitate, così le strinsi tra le mie per rassicurarla che io ci sarei sempre stato, in qualsiasi caso.

- Ti amo. - sussurrò dopo qualche secondo di silenzio.

Ogni muscolo del mio corpo si fermò, persino quelli involontari. Avevo fantasticato milioni di volta la sua voce che mi rivolgeva quelle due semplici, ma potenti parole. Sapevo che non avrei mai dimenticato il suono di quella frase, infatti rimasi con l'eco nella testa, finchè non si addormentò profondamente.

 

"A remedy that will make my heart beat again." - Jamais Vu









 

Buona domenica!
Volevo pubblicare ieri, ma non ho avuto tempo ;;
Allora cosa ne pensate? Ho immaginato Jimin che, nonostante tutto, cede perchè la ama troppo <3
Ancora non hanno chiarito, ma verrà il momento del confronto ;)
Diana non ha per niente architettato tutto, verrà spiegato meglio nel prossimo capitolo. 
Non so voi, ma le canzoni di Persona le adoro tutte, quindi ho deciso di inserire già alcune cit. 
Grazie a tutti come sempre <3

-Arashi-




 

 

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Capitolo 52
*** Un'altra Promessa ***


Un'altra Promessa

2018

{Diana}
 

Per tutto il giorno e la notte mi agitai sul divano in uno stato di semi coscienza, coprendomi e scoprendomi di continuo. La mattina dopo mi sentivo uno schifo sia per sfebbrata sia per il litigio con Jimin. Non ricordavo bene cosa fosse successo dopo essere tornata a casa, avevo la mente confusa e sentivo un fastidio sullo sterno quando respiravo.

- Idiota. - mi ripresi.

Dopo aver discusso sotto la pioggia, ero rientrata a casa completamente fradicia ed infreddolita; la doccia calda non aveva fatto un gran lavoro. Da quando Jimin aveva scoperto la verità, avevo dormito pochissimo e tutto quel sonno accumulato si era aggiunto sul mio fisico già debole. Mi sollevai a sedere con la testa che chiedeva pietà, ma dovevo farmi un bagno. Mi immersi nell'acqua bollente rabbrividendo appena, a confronto il mio corpo stava bruciando. L'orologio sulla parete segnava le 6, quindi ipotizzai che Jimin stesse ancora dormendo. Non riuscii a rilassarmi, così abbandonai la vasca e mi avvolsi i capelli in un turbante: avrei svegliato il mio coinquilino con il rumore dell'asciugacapelli.

- Coinquilino? - sbuffai amareggiata.

Come avrei dovuto definirlo? Non eravamo più migliori amici, ma nemmeno fidanzati. Mi rivestii chiedendomi se avessimo mai definito il nostro rapporto dopo quel litigio, poi mi ributtai sul divano con il mio fedele pigiama. Il termometro mi avvisò che la febbre non era ancora passata, ma almeno era diminuita un po'. Sentii una porta aprirsi e poi il suono dell'acqua corrente, poco dopo un Jimin assonnato apparve dal corridoio con il suo pigiama a righe. I suoi capelli scuri erano dritti ed arruffati come ogni mattina, ma persino loro mi erano mancati in quei due giorni.

- Come stai? - chiese mentre frugava nei cassetti della cucina.

- Meglio, grazie. - risposi tormentando la coperta.

Si avvicinò a me per posarmi una mano sulla fronte e quel contatto mi fece trasalire, come se non mi avesse mai toccato in quegli anni.

- Infatti non scotti come ieri. - constatò. - Hai fame? -

- Sì, molto. - risposi sottovoce.

Pochi minuti dopo mi lasciò un vassoio sulle ginocchia con un po' di latte, caffè e biscotti a volontà. Masticai in silenzio, mentre lanciavo qualche occhiata verso il tavolo dove era seduto per godersi il suo riso mattutino. Volevo abbracciarlo e baciarlo più di ogni altra cosa, in soli due giorni mi era mancato da morire. Non potevo nemmeno immaginare quanto avesse sofferto durante i miei quattro mesi in Italia e mi sentii di nuovo schiacciata dai sensi di colpa.

- Non vado all'agenzia oggi. - mi disse dalla cucina.

- Come mai? -

- Devo prendermi cura di te. - ammise con un dolce sorriso ed io riportai lo sguardo sul vassoio.

- Non voglio che salti un giorno di prove, sto meglio. -

In quel momento fui scossa da un colpo di tosse; ogni volta che parlavo sentivo la gola che pizzicava e i bronchi che dolevano. La mia vista si offuscò per un momento e non riuscii a smettere di tossire. Jimin corse subito da me e mi prese per le spalle mentre mi coprivo la bocca con le mani.

- Non stai per niente bene. - disse quando tornai a respirare.

- Se sto peggio, ti chiamo. Per favore, vai alle prove. - lo pregai a fatica.

Non volevo essere la causa delle sue assenze, gli stavo creando un problema dietro l'altro.

- Non preoccuparti. Ti aiuto ad asciugarti i capelli. -

Sparì nel corridoio prima che potessi controbattere e tornò armato di pettine ed asciugacapelli.

- Faccio da sola. - protesi la mano timidamente.

- Ricambio il favore, no? -

Abbassai gli occhi verso il pavimento, mi sentivo come se avessi commesso un grave crimine e mi trovavo davanti ad un commissario di polizia. Mi limitai a sedermi sullo sgabello per abbandonarmi alle sue cure. Allora sciolse il nodo del turbante e strizzò le punte bagnate dei miei capelli. Affondai i polsi tra le mie cosce mentre mi stropicciava i capelli sotto il getto di aria calda. Inevitabilmente rividi me stessa che titubava di fronte al suo migliore amico a petto nudo. Provai una difficoltà simile di quel giorno: il non sapere come comportarsi e sentirsi a disagio, odiavo quell'atmosfera.

L'amore è così crudele? mi chiesi come tre anni prima davanti alla statua di Apollo e Dafne.

In quel caso mi sentii come Apollo che cercava di afferrare Dafne, ma continuava a sfuggirli. All'epoca ero totalmente ignara di ciò che mi avrebbe portato il mio ritorno a Seoul e non mi ero mai pentita un secondo della mia scelta: avevo ritrovato l'uomo della mia vita. I miei occhi si appannarono lentamente e cercai di cancellare le lacrime imminenti con il dorso della mano, sperando di non essere vista. I miei capelli lunghi mi celavano come un sipario che Jimin separò per guardarmi.

- Hai bisogno di sdraiarti? -

Scossi la testa e mi liberai da quella massa scura che mi nascondeva, ma non alzai la testa.

- Guardami. - mi ordinò, ma io non obbedii.

Il peso dei sensi di colpa mi stava schiacciando la nuca verso il basso come la forza di gravità aumentata. Jimin prese una parte di quel carico sollevandomi il mento tra le dita minute. Le sue iridi erano tornate quelle di un tempo: un porto sicuro in cui attraccare dopo giorni di smarrimento nel mare tormentato.

- Ti amo anch'io. - pronunciò.

In quel momento ricordai la sera prima quando gli avevo confessato il mio amore in balia della stanchezza. Bagnai subito le sue dita ancora sul mio viso e lui mi regalò il sorriso più bello che avessi mai visto. Lo conoscevo da una vita, ma certi aspetti del suo carattere mi erano ancora sconosciuti; era capace di sorprendermi andando oltre ogni mia aspettativa. Ogni dubbio, ogni problema, ogni tormento venne spazzato via con quelle poche parole e le mie labbra sembravano impazzite: fremevano per il pianto e per la gioia. Jimin le tranquillizzò con il tocco delle sue, morbide e calde, un movimento dolce che guarì persino la mia febbre per un momento.

Quel giorno parlammo a lungo sul nostro divano, alternando le parole ai baci. Finalmente gli confessai ogni cosa, dalla più banale alla più complicata e lui mi rimproverò per non avergli mai parlato a cuore aperto.

- Ho persino avuto paura che tu ti fossi innamorato della Diana senza ricordi... - dissi ad un certo punto imbarazzata.

- Seriamente? - chiese lui accigliato.

Annuii con un cenno del capo contro il suo petto caldo senza guardarlo, sapevo che non avrei nemmeno dovuto metterlo in dubbio.

- Sei una stupida, sai? Con o senza ricordi, sei la stessa ragazza di cui mi sono innamorato dieci anni fa. -

Mi lasciai baciare la fronte mentre sorridevo, ascoltando quelle parole rassicuranti. Era davvero un ragazzo meraviglioso, meritava solo di essere amato a sua volta e mi promisi che l'avrei fatto con tutte le mie forze.

 

"Love is nothing stronger than a boy with love." - Boy With Luv







 

Eccomi di nuovo qua!
Volevo aggiornare prima di Pasqua, e quindi...
Tutto si è risolto per il meglio perchè Jimin ha perdonato Diana, è troppo innamorato per rimanere arrabbiato.
Poi dopo che Diana gli ha parlato sinceramente, si è tranquillizzato.
*Ah, ho immaginato che il bagno è talmente grande da avere anche la vasca oltre la doccia, dettaglio importante XD*
La mia storia sta andandi verso la fine, ma ho ancora qualche cosetta da dire, quindi ci vorrà ancora un po'.
Farò un conteggio generali dei capitoli che mancano e poi vi saprò dire!
Spero che vi piaccia anche questo capitolo e BUONA PASQUA A TUTTI <3
A presto!  

-Arashi-

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Capitolo 53
*** Semplice Felicità ***


Semplice Felicità
2018
{Jimin}
 

Nonostante solo Jungkook e Taehyung fossero a conoscenza del nostro litigio, il giorno dopo scoprii che si era sparsa la voce tra i miei compagni a mo' di reazione a catena.

- Ti diverti a sparlare di me, vero? - schernii Tae in un angolo della sala prove.

- Erano tutti preoccupati, dovevo tranquillizzarli in qualche modo. - si difese con un sorriso furbo.

In fondo mi aveva risparmiato la fatica di dover spiegare la mia permanenza da lui a tutti e sei, poi non c'era motivo di nasconderlo. Sia io sia Diana li consideravamo come nostri fratelli, quindi potevamo raccontare loro qualsiasi cosa senza timore o imbarazzo. Nessuno degli altri ascoltò la nostra conversazione e non mi chiesero nemmeno se avessimo risolto, sapevo che avrebbero aspettato che fossi io a parlargliene, come sempre. Proprio in quel momento qualcuno mi abbracciò da dietro e mi stampò un bacio sonoro sulla guancia: Diana.

- Come vanno le prove? - chiese allegra.

- Ma tu, vuoi smetterla di apparire da dietro all'improvviso? - la indicò Yoongi indignato.

- Perchè? cosa è successo? - chiese Namjoon e tutti si girarono verso di me come cagnolini addestrati.

- Ho palpato il culo di Yoongi per sbaglio. - si giustificò Diana muovendo il mento sulla mia spalla.

Il nostro leader si pietrificò sul posto; Hoseok sputò il sorso d'acqua che aveva appena messo in bocca; Tae rise mostrando tutti e trentadue denti; Jin spalancò la mandibola e Jungkook guardò terrorizzato il diretto interessato che incrociò le braccia offeso.

- Yoongi, dovevi approfittarne. Non ti ricapiterà mai più! - esclamò Taehuyng che ricevette un bel calcio sulle natiche, tanto per rimanere in tema.

- Ehi! Si sta parlando della mia ragazza, vacci piano. - dissi fintamente arrabbiato.

Tutti e sei risposero con una sonora esclamazione di meraviglia come se facessero parte di un coro.

- Attenzione! Jimin potrebbe uccidere. - mi derise il più piccolo gonfiando le spalle muscolose; poteva schiacciarmi con un battito di ciglia.

Però non mi lasciai intimidire e, come un toro convinto di poter prendere il torero, caricai l'attaccabrighe. Lo incatenai con braccia e gambe e mi trasportò a mo' di zainetto per la scuola: era una scena quasi umiliante. Dalla sua spalla vidi Diana con un sorriso timido stampato sul volto che ci seguiva con lo sguardo assente, mentre si grattava la nuca con una mano. Forse intuivo i suoi pensieri: avevo dichiarato che era mia davanti a tutti per la prima volta.

- Parlando di cose serie, quindi avete fatto pace? - domandò Hoseok all'improvviso.

Confermai mentre combattevo amorevolmente con Jk, il quale mi stava soffocando con una presa di arti marziali.

- Ah, e come? - chiese Tae con il suo tipico sorriso malizioso.

- Nel più classico dei modi: con la bocca. - rispose Diana posando l'indice sulle labbra piene.

Non capii se avesse usato quel doppio senso volontariamente.

- Sporcaccioni! - urlò Namjoon con un tono dieci volte più acuto del suo.

- Ma cosa hai capito? Poi senti da che pulpito. - disse lei ed alzò gli occhi verso il soffitto.

Continuarono a battibeccare per un po' con doppisensi e battute finchè non mi liberai dalla stretta di Jungkook e presi la parola. - Non abbiamo fatto niente di quello che la tua mente pervertita sta pensando.-

- Quindi ancora non avete...? - Taehyung lasciò la frase a metà e la concluse con un debole gesto della mano.

Diana gli coprì la bocca con le mani, ma non gli impedì di continuare. Gli lanciai uno sguardo ammonitore perchè il tutto era alquanto imbarazzante, ma sapevo che lui se ne sarebbe fregato.

- Ero curioso di sapere come fosse Jimin sotto le coperte. Però posso chiedere di Jin. - biascicò sotto le dita della mia ragazza che arrossì insieme al suo ex.

- Tu che fai tanto il gradasso, come te la cavi? - lo spense Diana.

Finalmente uscimmo da quei discorsi "delicati" quando ricominciammo le prove. Dopo qualche giorno avremmo avuto due esibizioni importanti e poi le vacanze di natale, non vedevo l'ora di rilassarmi un po' con Diana. Alla fine vincemmo il premio più ambito dei MAMA: il miglior artista dell’anno ed escogitai un piano per festeggiare al meglio la nostra vittoria e la pausa meritata. Controllai di nascosto l’agenda di Diana per assicurarmi che non avesse impegni per le feste di fine anno e poi mi buttai.

La sera del 22 dicembre cenai insieme a lei, mentre dentro di me fremevo come un Army durante i nostri concerti. Mi guardò più volte quando il tremolio della mia gamba faceva fremere il mio sgabello, ma sembrò non darci troppo peso. Dopo averla aiutata a sistemare la cucina, la seguii in camera dove stava sistemando dei vestiti puliti nel suo armadio.

- Sulla scrivania ci sono le tue magliette. - mi avvertii indicandole con l’indice.

- Grazie, ma non servirà metterle apposto. -

Si accigliò per un momento e posò le mani sui fianchi scocciata, sembrava una madre che voleva rimproverare il proprio figlio.

- Vuoi lasciarle lì sopra a prendere la polvere? Io non le metto nel tuo armadio, non sono mica tua...- la ammutolii con un bacio improvviso afferrandola per la vita.

- Perché dovrò metterle nella valigia. -

- Dove vai? - chiese preoccupata.

- Dove andiamo, semmai. -

- Cosa stai dicendo? - era sempre più confusa.

- Ho preso due biglietti per Roma, partiamo domani sera. -

Spalancò i suoi bellissimi occhi azzurri, poi mi scrutò per capire se stessi scherzando o meno, ma io ero serissimo.

- Davvero? -

Anuii con un sorriso, così ricevetti un bel bacio come premio per i miei sforzi. Per vederla sempre con quell'espressione felice, avrei persino comprato la luna, perchè era il dono più grande che la vita mi aveva offerto. Allora mi ripromisi di non far spegnere mai quella luce che illuminava i suoi occhi, ad ogni costo.

La mattina dopo mentre preparavamo le valigie, Tae stava tra i piedi come uno scarafaggio fastidioso. Saltellava qua e lá e cercava in tutti i modi di disturbarci: rischiò di essere defenestrato dal terzo piano più di una volta. Purtroppo, non mi accorsi che la sua presenza era giustificata da qualcosa che scoprii solo quando riaprii la mia valigia in Italia.

 

"With you I'mma feel rich." - HOME








 

Heilaaaa
Un comeback subito dopo Pasqua XD Volevo aggiornare per forza oggi ahahha
Devo ammettere che questo capitolo è uno di quelli che mi convincono meno, ma è necessario ;;
Forse avrei dovuto aggiungere qualcosa, ma alla fine l'ho lasciato come lo avevo pensato. 
Ebbene sì, Jimin e Diana andranno a Roma per una settiman, quindi alcuni capitoli 
saranno ambientati nella capitale (che adoro!!)
Saranno capitoli zuccherosi, vi avverto già e per una anti-romantica come me, è alquanto strano 
scriverli ahahhaah 
Spero che non vi annoino!
Alla prossima e grazie come sempre ovviamente <3

-Arashi-

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Capitolo 54
*** Caput Mundi ***


Caput Mundi

2018

{Diana}


Toccare di nuovo suolo italiano, mi infuse una nuova energia ed un entusiasmo unico nel suo genere. Dall’aeroporto di Fiumicino prendemmo un taxi che ci avrebbe portato all’hotel scelto da Jimin. Avremmo potuto dormire dai miei genitori, ma la consideravamo più una vacanza romantica che una visita di cortesia. Avvertii Arianna del nostro arrivo, sani e salvi, mentre il taxi sfrecciava nel traffico di Roma; sarei andata a trovarla uno di quei giorni. A Seoul faceva veramente freddo in quel periodo, era persino nevicato, ma lì c’era un sole splendente che riscaldava l’atmosfera invernale. Jimin ancora non si era ripreso del tutto dal viaggio, infatti sonnecchiava sulla mia spalla.

Alla faccia della star mondiale abituata a viaggiare.

Gli accarezzai il viso delicato e lui si riscosse appena, ma non abbandonò la sua posizione comoda.

- Da dove venite? - chiese il taxi sta con il suo tipico accento romano.

- Da Seoul. Io sono nata lá, ma i miei genitori sono italiani. - risposi sorridendo allo specchietto retrovisore.

- Infatti parli molto bene l’italiano. Sei venuta a trovare la tua famiglia? -

- Sì, i miei vivono qua. Io invece lavoro in Corea. - risposi, ero davvero felice di poter parlare con un italiano.

- Lui é il tuo fidanzato? - chiese con un cenno del capo.

- Sì, vorrei fargli vedere la città. -

- Roma è unica, se ne innamorerà. -

Chiacchierammo per tutto il tragitto finché non avvistai la caratteristica architettura del Colosseo, ma non sapevo dove fossimo diretti: Jimin aveva mostrato l’indirizzo solo al conducente. Accostammo poco distante dall’anfiteatro e pagai l’uomo perché Jimin sarebbe stato capace di dargli 100 euro in più, visto che non era per niente lucido. Non si era risparmiato nella scelta dell’hotel, quasi mi sentii fuori luogo in tutta quella eleganza. Tappeti, lampadari, scalinate, vetrate: tutto era curato nei minimi dettagli e la camera non era da meno. Rimasi senza fiato quando aprii le tende bianche perché il Colosseo si mostrava in tutta la sua magnificenza antica e vissuta.

- Wow. - esclamò Jimin di fronte a quel panorama mentre si avvicinava.

Ero felice come mai lo ero stata in vita mia, con il ragazzo che amavo nella città che adoravo. Buttai l’occhio rientro di noi, sul letto matrimoniale ancora immacolato. Deglutii il nodo alla gola che mi bloccava le corde vocali. A casa dormivano ancora ognuno nella propria camera perché non avevamo ancora affrontato quel “problema”; forse avevamo evitavamo l’argomento per imbarazzo. Iniziai a sentire caldo, così aprii la finestra con la scusa di voler ammirare la città dal piccolo terrazzo in ferro battuto. Il sorriso di Jimin era luminoso e splendido come tutto il panorama circostante e lo spensi con un dolce bacio per ringraziarlo. Nonostante avessimo dormito poco e male, entrambi eravamo in fibrillazione, così ci buttammo per le strade della capitale romana. Obbligai Jimin a non indossare la mascherina, gli concessi solo il berretto di lana che lasciava intravedere la sua chioma argentata. Afferrai una sua mano mentre camminavano lungo i fori romani, ma sentivo che voleva mollare la presa.

- Nessuno baderà a noi, rilassati. - lo rassicurai.

- Non ci sono abituato. -

Baciai le sue labbra calde, ma lui si guardò subito intorno con fare furtivo come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

- Non importa a nessuno se ci baciamo, non siamo a Seoul. Fidati di me. -

Avvolsi il suo viso delicato tra le mie dita fredde e gli regalai un bacio dolce, al quale rispose ancora poco convinto.

- Voglio farti vedere una cosa. -

Lo guidai nei sotterranei nella metropolitana fitta di gente frettolosa per condurlo verso Città del Vaticano. Quando tornammo in superficie, rimase colpito dalle costruzioni antiche, ma la vista del colonnato di piazza S. Pietro lo meravigliò più di tutto. Passammo il controllo del metal detector e camminai sicura all’interno della cattedrale con Jimin che teneva il naso all’insù.

- Guarda lá. - indicai una vetrata.

- Ma quella...- iniziò a dire, ma io continuai per lui.

- E’ la Pietà di Michelangelo. -

Ci accostammo al vetro, quanto le misure di sicurezza consentivano, per ammirare il liscio marmo di Carrara. Non fiatò, totalmente rapito dalla statua davanti a lui; sembrava entrato in un mondo nuovo e sconosciuto, per cui ogni minima cosa aveva quell’effetto di meraviglia su di lui. Iniziammo ad accusare la stanchezza sulla via del ritorno, così ordinammo la cena in camera per non faticare troppo. Ci stavamo spegnendo lentamente come la batteria del mio cellulare, peccato che avevo dimenticato il caricatore a Seoul.

- Ti rubo il carica batteria. - annunciai dirigendomi verso la sua valigia aperta.

Mi ignorò per un momento, poi si tuffò all’improvviso sul suo bagaglio per rovistare tra i vestiti.

- Posso prenderlo da sola, ci vedo. - dissi insospettita dal suo comportamento.

- Non mi ricordo dove l’ho messo. - si giustificò, ma notai un leggero timore nella sua voce.

Mi chinai accanto a lui per aiutarlo nella ricerca perché stava solo facendo della confusione.Poi avvistai una scatolina scura, ancora avvolta nella plastica, far capolino tra i suoi maglioni pesanti. Riconobbi immediatamente la marca e mi bloccai quando capii il motivo della sua agitazione.

- Aspetta, posso spiegare. - tentò con le mani avanti. - E’ stato Tae. -

- Non c’è bisogno di dare la colpa a Tae. È normale, credo. -

Mi sentii imbarazzata davanti a quella scatola di preservativi perché non avevamo fatto ancora quel passo avanti. Era l’unico argomento di cui non riuscivo a parlarne liberamente, sdrammatizzavo o fuorviavo sempre con delle battute sarcastiche.

- È la verità. - insistette.

- Prevenire è meglio che curare, no?- chiusi il discorso acciuffando il cavo bianco.

 

"Get drunk on art." - Dionysus








 

Salveeee
Allora qua inizia la vacanza di Jimin e Diana!
Non ho molto da dire perchè c'è poco da spiegare XD

Penso che si sia capito il riferimento a Blood, Sweat and Tear grazie alla Pietà. Io amo quella statua. 
La simpatica premura di Tae è stata accolta con molto imbarazzo ahahhahah
Nel prossimo la vacanza continuerà e il POV alternato in uno dei capitoli più avanti verrà spezzato...
Lascio questo indizio a caso ahahah
Grazie a tutti veramente <3
A presto!

-Arashi-

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Capitolo 55
*** Cupido ***


Cupido

2018

{Jimin}


Perché Tae doveva sempre metterci lo zampino?

Avevo fatto quella simpatica scoperta non appena avevo aperto la valigia. La scatolina scura emergeva dai miei vestiti come uno scoglio in mezzo al mare, ero riuscito a nasconderla senza che Diana se ne accorgesse. Purtroppo mi ero dimenticato di spostarla e non mi ricordavo che accanto c’era il mio carica batteria. Il mio piano mal studiato andò in frantumi e non sapevo cosa dire perché non volevo che Diana si facesse una strana idea su di me. Non volevo forzarla in qualcosa che dovrebbe essere spontaneo e voluto da entrambi, anche se non vedevo l'ora. Diana non sembrava offesa, ma nemmeno divertita: era impassibile e si comportò come se non avesse visto niente. Rimase comunque quell'alone di leggero imbarazzo che ci avvolse, quando giunse il momento di prepararci per andare a dormire; in tacito accordo avevamo stabilito che ci saremmo cambiati in bagno a turno. Ad un certo punto vidi Diana lanciare i suoi vestiti sul letto uno dopo altro finché non raggiunse il fondo della valigia. Disse qualcosa in italiano che risultò non troppo carino alle mie orecchie, anche se non capii il significato.

- Ho dimenticato pure il pigiama. - esclamò affondando il sedere sul materasso.

- Ti presto qualcosa. -

Rovistai di nuovo tra le mie cose, ma non pescai nulla di adatto, eccetto una camicia abbondante.

- Quella andrà benissimo. Domani prendo un pigiama a casa mia. -

Poco dopo uscì dal bagni e mi ricordò subito la sera del mio compleanno. La studiai dalla testa ai piedi: i capelli scuri leggermente spettinati, la camicia scesa appena su una spalla, i bottini aperti poco prima del seno abbondante e gli occhi blu che mi chiedevano cosa avessi da fissare. Afferrai la sua vita coperta dal tessuto leggero arricciando la stoffa verso l’alto, ma lei non se ne curò. Per un momento ci studiammo entrambi sospesi sul da farsi, come facevamo molto spesso. Poi allacciò le mani dietro al mio collo e strinse lievemente il mio labbro inferiore tra i suoi denti candidi. Nasceva sempre quella specie di campo magnetico tra di noi che ci attraeva verso il centro per soddisfare la voglia che avevamo l’uno dell’altro. Così cancellai quei miseri millimetri che impedivano ai nostri corpi di toccarsi e premetti di più le dita sulla camicia sollevandola ancora un poco. Questa volta furono i miei denti a rubare il suo labbro con un movimento lento e preciso; volevo custodire quel tesoro morbido, perchè era mio e di nessun altro. Allontanai il viso per poter cogliere ogni dettaglio dei suoi zaffiri che mi guardavano con un’espressione incantata.

- Ancora. - sussurrò.

Per un istante non mi mossi.

Erano passati quasi due mesi dal nostro primo bacio e non l’avevo mai vista così: le sopracciglia piegate in una curva sognante, le iridi lucide che riflettevano la mia immagine e le labbra formose socchiuse per lasciar passare quella singola parola sospirata. Sembrava che non desiderasse altro in quel momento, così la accontentai.

- Ancora. - ripetè dopo una piccola pausa.

Continuai ad assecondarla finché i suoi occhi assonnati non chiesero un po’ di riposo dopo tutte quelle ore di volo.

La mattina dopo venni svegliato da un violento raggio di sole che tagliava come una lama sui miei occhi stanchi. Diana era stesa su un fianco verso di me e i miei occhi non poterono ignorare le curve del seno che si affacciavano dall’apertura della camicia. La sua coscia ripiegata lasciava intravedere il delicato ricamo di pizzo della sua biancheria ed il suo indice spingeva verso il basso il labbro che avevo morso solo poche ore prima.

Come ho fatto a resistere ieri sera? Mi chiesi tra me e me.

Sfiorai appena la pelle nuda della sua gamba, posata sopra le coperte, per poi risalire verso il bacino, ma Diana decise di farmi morire d’infarto.

- C’è un ragno nel letto! - urlò sollevandosi con uno scatto.

- Ma sei pazza? - posai una mano all’altezza del cuore per controllare che fosse ancora al suo posto e soprattutto funzionante.

- Mi stavi toccando? - chiese mentre cercava qualcosa nel letto con lo sguardo.

- Ti ho solo sfiorata. -

- Pervertito. -

La catturai tra le braccia in modo da bloccarla sopra di me mentre si dimenava come un’anguilla. Constatai più volte con piacere che la nostra complicità non era affatto cambiata.

A pranzo ci ritrovammo a casa dei genitori di Diana: sua mamma aveva insistito per prepararci uno “spuntino” coi fiocchi. Appena varcata la soglia, rischiammo di morire strangolati dalle braccia della signora e di diventare sordi.

- I miei bambini! - aveva strillato con gli ultrasuoni. - Quanto sei cresciuto, tesoro! - aggiunse mentre mi stuzzicava le guance.

Perchè tutti erano fissati con i miei zigomi?

Mentre questa domanda di vitale importanza mi tormentava, ci accomodammo a tavola accompagnati dalle scuse del padre per il comportamento della moglie; in effetti non la ricordavo così rumorosa. Riuscivano entrambi a parlare ancora coreano, così mi sentii più a mio agio perché l’ultima volta che li avevo visti, io e la loro figlia eravamo solo amici.

- Allora, a quando il matrimonio? - chiese Anna tutto d’un tratto.

- Mamma! Stiamo insieme da due mesi! - la rimproverò Diana.

- E quindi? Vi conoscete da quando avevate 5 anni. -

Paolo roteò gli occhi e sbuffò, mentre buttava giù un'abbondante forchettata di spaghetti. -Lasciali in pace. -

- Se Diana non avesse perso tempi con altri ragazzi, a quest’ora... -

- Mamma! - la richiamò per l’ennesima volta la figlia.

- Io ho sempre tifato per te, tesoro! - disse.

- Grazie, mi fa piacere saperlo. - sorrisi appena.

- Almeno tre nipoti, mi raccomando. Ho sempre sognato diventare nonna. - si abbracciò le spalle ed io mi strozzai con il boccone che stavo masticando.

Quel pranzo sembrò durare tre ore, non vedevo l’ora di alzarmi per sgranchirmi le gambe e soprattutto cambiare argomento.

Finalmente Diana mi guidò per il tour casalingo fino in camera sua e poi immerse la testa dei cassetti alla ricerca di un pigiama. La lasciai frugare nell'armadio a malincuore perchè adoravo vederla con la mia camicia addosso, però tentai comunque.

- Perchè non tieni la mia camicia? E' comoda, no? -

Spostò la sua attenzione azzurrina su di me mentre le sue mani affondavano tra i vestiti. - Ti piace vedermi vedermi mezza nuda, vero? - chiese con uno sguardo malizioso.

- Dovrei negarlo? -

Nel frattempo mi ero avvicinato lentamente, così da poter afferrare i suoi fianchi morbidi e stavo per divorarla, ma sua madre decise di spalancare la porta.

- Oh, scusate. - disse ed io lasciai la stretta. - Te lo dico dopo, Diana. Continuate pure. - ammiccò ed uscì dalla stanza.

Diana sospirò e si portò una mano sulla fronte. - Per fortuna abitiamo a Seoul. - 

 

"The reason I survived in hell, it's for you." - Make it Right









 

Eccomi quaaa dopo diversi giorni..
La verità è che mi ricordavo di aggiornare sempre troppo tardi, quindi ho preferito aspettare.
Bene, anche qui ho poco da dire perchè non sta succedendo niente di eclatante..
Il nostro Tae aiuta sempre in questi casi (il titolo ovviamente è riferito a lui ahahah)
Ho voluto dare un piccolissimo spazio alla mamma di Diana che ha sempre tifato per loro XD
Spero che questi capitoli più soft vi piacciano <3
Grazie a tutti come sempre!
A presto!!

-Arashi- 

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Capitolo 56
*** Natale ***


Natale

2018

{Diana}


Più i giorni passavano, più capivo quanto Jimin fosse la persona che avevo sempre sognato di avere al mio fianco. Quella vacanza non fece altro che rafforzare il nostro rapporto: eravamo una coppia a tutti gli effetti. Anche se ci conoscevamo profondamente, ogni giorno scoprivo un lato del suo carattere che non avevo mai notato, accecata dalla nostra amicizia. Jimin riuscì ad assaggiare il vero gelato italiano, nonostante la temperatura invernale non lo consigliasse e ne rimase folgorato. Non fu stupito solo dal cibo, ma anche dalle abitudini italiane: i saluti rumorosi, il contatto fisico, la confusione. Mi disse che il mio comportamento era molto più chiaro in quel momento, ma non l'avrebbe mai capito a pieno. Durante una nostra passeggiata per Roma, non potei fare a meno di paragonare quei due mesi al tempo che avevo trascorso con Pietro.

Era stato diverso e soprattutto io ero diversa.

Senza i miei ricordi mi ero affidata totalmente a lui, perchè mi sentivo smarrita e sola. Avevo pensato ingenuamente che lui avesse potuto guidarmi nel vuoto della mia memoria e trovare la strada giusta. Invece mi aveva condotto in un vicolo cieco con le sue bugie ed io mi ero fatta cullare in quell'abbraccio ingannevole e falso.

Strinsi più forte le dita tempestate di anelli di Jimin: non dovevo più preoccuparmi, era solo acqua passata. Notai un cartellone pubblicitario luminoso che ribadiva a tutti i passanti che era il 24 dicembre 2018 ed io non avevo nemmeno pensato ad un regalo per il mio ragazzo. Forse avevo ancora un'opzione: impacchettarmi con un nastro rosso gigante e presentarmi con un "IL TUO REGALO DI NATALE SONO IO!"

- Ridicola. - mi ammonii in italiano.

- Eh?- chiese jimin accanto a me.

- Niente, niente. -

Stavo ancora ragionando sul da farsi, per la disperazione stavo davvero prendendo in considerazione la mia unica idea. Così non mi accorsi di essere stata trascinata in un negozio di alta moda da Jimin, perchè stavo pensando a come avrei potuto procurarmi tutto l'occorrente.

- Scegli un vestito elegante - mi riscosse dai pensieri ridicoli.

- Perchè? -

- Per una volta non farti domande, io vado di là e non seguirmi. - sparì come un fulmine in mezzo alla vastità di vestiti.

Rimasi imbambolata sul posto e poi lo sentii urlare. - Non guardare il prezzo! -

A fine giornata tornammo in hotel con due buste giganti, ma non conoscevo il contenuto di una delle due. Mi chiese di prepararmi per andare a cena, così sparii nel bagno per una buona mezz'ora. Riuscii a chiudere la zip del mio vestito di velluto bordeaux senza slogarmi una spalla, odiavo quelle dannate cerniere. Mentre acconciavo i capelli, guardai le mie spalle ed il seno evidenziati dalle sottili spalline e lo spacco accattivante che mostrava la mia gamba da metà coscia. Per i miei gusti ero fin troppo scoperta, ma la commessa mi aveva convinta a prendere quel vestito perchè avrei sicuramente ucciso il mio ragazzo; in fondo era ciò che volevo. Però non avevo scelto dei tacchi vertiginosi, altrimenti lo avrei superato in altezza.

Nano. Dissi tra me e me sorridendo.

Un'ultima controllata al mio adorato rossetto intonato al vestito ed uscì non sapendo bene cosa aspettarmi. Jimin si alzò di scatto dalla sedia come un soldato al richiamo del capitano. Non era la prima volta che lo vedevo in ghingheri, ma lo smoking scuro abbinato ad una camicia nera sbottonata al punto giusto, senza cravatta...avevano un effetto fatale su di me. Come se tutta quella eleganza non bastasse a farmi contorcere le viscere, i suoi capelli grigi erano sistemati all'indietro con un po' di gel.

Era divino.

Entrambi non rovinammo il momento con le parole, potevamo sentire l'uno i pensieri dell'altro solo tramite gli sguardi perchè erano fin troppo palesi. Lo seguii nei corridoi dell'hotel insieme al rumore dei miei tacchi che risuonavano sul pavimento come i miei battiti cardiaci.

Era euforia quella che sentivo?

Una piccola saletta ben decorata di bianco e rosso ci venne presentata da un giovane cameriere in uniforme: la vista era sempre meravigliosamente sul Colosseo illuminato.

- Non siamo mai stati ad una cena elegante, vero? - constatò Jimin ed io annuii.

Non uscivamo spesso insieme, soprattutto perchè non potevamo frequentare qualsiasi ristorante che volessimo. Il pericolo di qualche paparazzo incallito era sempre dietro l'angolo e non potevamo rischiare.

- Sarà la prima volta stasera, allora. - sorrisi mentre mi accomodavo sulla sedia dall'alto schienale imbottito.

Eravamo soli, l'unico nostro compagno era un albero decorato in un angolo che illuminava a tratti la tovaglia candida con le sue luci intermittenti. Ci portarono diversi piatti deliziosi ed impedii a Jimin di chiedere le bacchette per mangiare gli spaghetti. Mi beccai una pernacchia e dopo un po' arrivò il dessert che stavo aspettando dall'inizio della cena. Bloccai la forchettina tra i denti quando sentii una manciata di note che conoscevo a memoria: Spring Day riecheggiò nella saletta. Jimin iniziò a cantare tutte le strofe e poi mi prese la mano per farmi dondolare insieme a lui. Il suo sguardo non era malinconico come quel giorno in cui me l'aveva dedicata, ma i suoi occhi profondi sembravano sereni e limpidi. Fissavo le sue labbra rilasciare quella melodia delicata, la sua voce mi penetrò nella mente piacevolmente. Non versai nemmeno una lacrima, ma sussurrai le parole insieme a lui senza sovrastare il suo canto armonioso. Non mi spiegavo cosa mi avesse trattenuto dal baciarlo, ero stregata da quella magia musicale.

- E' il mio regalo di natale, un po' monotono forse. - disse alla fine della canzone.

- Non potevi farmi regalo migliore, grazie. - bisbigliai sulle sue labbra carnose. - Non sai rappare comunque. - scherzai.

- Non ce la fai proprio a rimanere seria per più di cinque minuti, vero? - rise divertito.

- Lo so che mi adori per questo. - mi baciò per farmi tacere.

Tornammo alle nostre postazioni per finire la nostra cena ed io cominciai a sentirmi davvero in colpa per il regalo. Stavo per confessargli la mia mancanza quando scoccò la mezzanotte e brindammo, ma il mio voltò si intristì.

- C'è qualcosa che non va? - mi chiese subito Jimin con l'aria preoccupata.

- No, cioè...non ti ho fatto nemmeno il regalo. - ammisi in difficoltà.

La sua risata riempì la saletta con un suono meraviglioso e poi si alzò per avvicinarsi a me che lo guardavo confusa. - Mi basta che tu sia qui con me adesso, non ho bisogno di nient'altro. -

L'aveva detto con un sorriso dolce, ma allo stesso tempo i suoi occhi erano seri per farmi capire che lo pensava davvero.

- Sì, però tu hai organizzato tutto questo per me, io invece non ho fatto niente. -

Sembrò riflettere per un momento arricciando la fronte, poi posò la mano sulla tovaglia e si sporse verso di me. Il suo sguardo intenso mi perforò nel profondo facendomi vibrare persino l'anima, un suo solo semplice gesto era sensualità pura.

- Ci ho ripensato, puoi farmi un regalo adesso. - la sua voce bassa provocò dei brividi lungo la mia spina dorsale. - Stai zitta e baciami. -

Risi appena perchè proprio mi sarei aspettata di tutto, ma non una cosa così semplice da realizzare. Avvolsi il suo viso tondo con le mani e mi sollevai un poco per incontrare le sue labbra soffici che presero vita. Ogni volta risultava difficile per entrambi mantenere un freno sulle nostre emozioni, tanto che Jimin mi issò tra le braccia per farmi alzare dalla sedia e temetti che mi lanciasse sul tavolo dietro di noi. Invece tenne la stretta salda sulla mia vita per impedirmi di allontanarmi mentre mandava in panne il mio cervello con i movimenti rudi della sua bocca. Mi aveva completamente in pugno, avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva di me ed io non lo avrei fermato per nessun motivo. Ci risvegliammo entrambi quando sentimmo i passi del cameriere avvicinarsi alla saletta, così Jimin mi prese per mano e si incamminò verso la nostra camera mentre il mio cuore continuava a pulsare forte.
 

"Can I touch your heart?" - Crystal Snow








 

Ecco qua il capitolo!
Sono veramente di fretta, quindi dirò ben poco oggi.
Tutto molto zuccheroso e natalizio, Diana apprezza sempre quando Jimin canta per lei ;)
Forse l'idea della cena è un po' banale, ma loro non vivono una vita da normali fidanzati, quindi ci può stare.
Il prossimo capitolo sarà sempre con il POV di Diana, avevo avvertito C:

Ho già detto fin troppo XD
Ci vediamo presto, lo prometto!
Grazie mille <3

-Arashi-

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Capitolo 57
*** Amore Vero ***


Amore Vero

2018

{Diana}
 

Stavo cercando la camicia di Jimin per cambiarmi quando le sue braccia mi circondarono la vita da dietro all'improvviso. Il suo mento si incastrò perfettamente nell'incavo della mia spalla e lo sentii inspirare il mio profumo.

- Che c'è? - chiesi posando le mie mani sulle sue.

- Niente, sono felice. -

Sorrisi mentre mi lasciava diversi baci rumorosi sulla guancia e mi contorsi appena per il solletico lieve. Quando le sue labbra scesero lungo il mio collo per finire sulla spalla scoperta, il pizzicore sparì per lasciare spazio a brividi di piacere. Poi si allontanò, andando verso il letto e prese la maglia bianca che solitamente usava per dormire.

I miei occhi si piantarono sulla sua figura mentre si sbottonava la camicia; un bottone alla volta con una grazia fuori dal comune. Rimasi con la trousse tra le mani, sospesa a mezz’aria, quando lasciò la camicia aperta per prendere il cellulare e rispondere ad un messaggio.

Non puoi farmi questo.

Deglutii un dolorosissimo nodo che mi si era fermato in gola per colpa di quella visione stupenda. I due lembi di cotone mi impedivano di vedere a pieno il suo corpo ed iniziarono ad infastidirmi.

Perché non vi levate di mezzo? Rivolsi quella domanda muta al tessuto leggero.

Jimin non si accorse assolutamente del mio sgomento, scriveva velocemente sulla tastiera touch. Sembrava che quella camicia leggesse i miei pensieri e facesse di tutto per non farmi vedere. Mi stavo davvero arrabbiando. La minacciai col pensiero di ridurla in mille striscioline appena fossimo rientrati a Seoul, ma lei continuò imperterrita nel suo giochino vedo-non-vedo.

Mi avvinai a Jimin, ancora distratto dal cellulare, ed abbracciai la sua schiena proprio come aveva fatto lui pochi minuti prima. Le mie mani sfiorarono il suo addome coperto dalla camicia dispettosa, la quale avrei strappato senza rimpianti. Stava rispondendo ai diversi messaggi della chat con i membri che avevano chiesto come stesse procedendo la nostra vacanza.

- Hai le mani gelate. - brontolò continuando a scrivere.

Quella era la mia occasione.

Feci scivolare le dita sotto la camicia ed aggrappai i suoi fianchi per fargli sentire più freddo possibile. Si allontanò quasi urlando e lanciò il cellulare sul letto in un gesto di sfida.

- Dovresti conoscermi abbastanza bene da prevedere che l’avrei fatto. - dissi soddisfatta.

Mi mostrò la lingua con un ghigno divertito e poi indietreggio come se volesse dirmi: “vediamo se riesci a prendermi.”

Infatti corse verso il tavolo della camera e piazzò le mani sulla superficie di legno, la camicia dondolava spudorata. Girammo intorno al tavolo inutilmente, era una rincorsa senza fine, ma divertente. Mentre ci studiavamo da un capo all’altro del tavolo, Jimin mi sorprese all’improvviso scattando verso il letto. Si fece acciuffare contro la parte della camera ed io posai le mani sul suo petto nudo, ma ormai erano calde.

- Ho vinto. - pronunciò con un sorriso furbo.

Il suo cuore pulsava forte sotto le mie dita, probabilmente per quella corsa improvvisa. Amavo giocare con lui, ma soprattutto amavo giocare con le sue labbra. Jimin anticipò il mio intento perché mi prese la vita e si lanciò sulla mia bocca. Se solitamente era dolce e delicato, quella volta fu tutto il contrario. Percepii tutte le emozioni che aveva trattenuto in quegli anni mentre lambiva le mie labbra.

E sapevo che voleva molto di più.

Le sua mani salirono lungo la mia schiena per circondarmi il viso ed indugiare ancora, e ancora, sulla mia bocca che dischiusi per lasciar passare la sua lingua. Ogni suono della stanza si spense per le mie orecchie, riempite solo dal rumore del suo respiro affannoso. Azzerai i pensieri per fare spazio al mio istinto che mi fece afferrare il colletto di quella maledetta camicia per calarla sotto le sua spalle. Allontanai il capo e morsi delicatamente il suo pomo di Adamo che sussultò per lo stupore. Quando passai la lingua sull’incavo del collo, mi afferrò i capelli sulla nuca come se tentasse di trattenersi. Ma mi aiutò a sfilargli definitivamente quel maledettissimo ostacolo di tessuto. Lo guardai per un istante: lo sguardo intenso, la bocca socchiusa ed il fisico perfetto.

Era troppo bello per essere vero, per essere mio.

Sembrò indeciso in quel momento, così abbassai la zip del mio vestito per fargli capire che poteva andare avanti. Infatti i suoi occhi si illuminarono e poi scomparirono sulla mia spalla. Spostò uno spallino dopo altro con i denti e poi lasciò cadere il mio abito sul pavimento. Annullammo quella manciata di centimetri che speravano i nostri copri facendo cozzare i nostri bacini. Ero coperta solo dall’intimo rosso che avevo accuratamente scelto per la serata perché dentro di me avevo sperato in quel finale piacevole. Eppure mi sentivo terribilmente intrappolata in quei due miseri pezzi di pizzo. Trascinai Jimin con me sul letto, spingendolo a distendersi sopra di me. Poi mi accorsi di un dettaglio che mi era sfuggito: la cintura dei suoi pantaloni. Non fu semplice slacciare la fibbia nella foga del momento, i suoi vestiti sembravano impegnarsi davvero tanto per rovinarmi la serata perché i suoi pantaloni non avevano solo un bottone, ma ben tre.

Farò fuori anche voi. Pensai con una voce minacciosa.

Per fortuna Jimin capii la mia difficoltà e mi aiutò una seconda volta finché non si ritrovò solo con i boxer scuri. Aspettai che raggiungesse il gancetto del mio reggiseno per liberarmi da quella stretta soffocante, ma sembrava girarci intorno come se avesse paura che potessi fermarlo. Senza mollare un secondo le sua labbra scottanti, sollevai appena la schiena in modo da eliminare quell'intralcio di pizzo. Sentii il suo respiro fermarsi e poi riprendere velocemente, era in balia delle sue emozioni come lo ero io. Così sfilai anche l’ultimo straccio che avevo addosso e poi afferrai l’elastico dei suoi boxer senza esitazione. Sono in quel momento si riprese dall’incanto e mi strinse le cosce con forza mentre esplorava il mio corpo con le sua labbra, scoprendo i miei punti deboli. Era talmente sicuro di sè che sembrava conoscere a memoria le mie curve; mi mandò letteralmente in estasi.

Ero una marionetta sotto il suo controllo.

Impugnai le coperte accanto a noi per impedirmi di graffiargli la schiena, quando finalmente fece il grande passo. I nostri corpi bollenti si incastrarono in un equilibrio perfetto, come lo yin e lo yang, Ogni mio gemito lo caricava di una nuova energia, intensa ed inesauribile. Incrociai i suoi occhi profondi più volte accarezzati dalla frangia scura dalle punte sudate. Non resistetti a quei movimenti passionali e sinuosi, tanto che Jimin mi coprì la bocca con la mano minuta. Non avevo mai provato niente del genere, ero scossa dalle scariche elettriche che percorrevano i nostri corpi. Esaurimmo le forze insieme in quegli ultimi sospiri, i nostri respiri caldi si scontrarono piacevolmente. Jimin posò la fronte sulla mia mentre cercava di recuperare fiato, poi mi bacio dolcemente la punta del naso.

- Wow...- mormorò tra gli affanni ed io non potei che concordare.

 

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei.

Contai sei piccole colline mentre tenevo ancora gli occhi chiusi. Sollevai le palpebre a fatica, ma non avevo mai avuto un risveglio migliore. La mia mano ne aveva approfittato subito per fermarsi sui suoi addominali ben definiti: sei perfetti cuscinetti. La luce del sole mattutino faceva brillare la sua pelle candida come se fosse un vampiro, ma era tutt’altro che un morto. Inclinai la testa sulla sua spalla per vedere il suo viso sereno accarezzato dai raggi luminosi, creando un magico gioco di luci e ombre che lo rendevano quasi surreale. Forse solo Caravaggio sarebbe stato capace di rendere quell’immagine così perfetta, o forse nemmeno lui. Pensai alla notte appena passata: avevamo finalmente condiviso tutta la nostra essenza, non avevamo più niente di nascosto o sconosciuto.

Capii cosa significava l'amore vero.

"Take it off, girl. Just take it off." - Expensive Girl








 

Eccomi quaaaaa
Quando vi ho fatto sudare questo capitolo? Troppo ahahaha
Non molto da dire perchè mi sembra tutto abbastanza esplicito, anche se ci ho girato intorno alla grande XD
Mi imbarazza scrivere questi generi di capitoli, non riesco ad essere troppo diretta ;;
Ovviamente ho usato il POV di Diana perchè non me la sentivo di immedesimarmi in un uomo XDDDDD
Per chi non avesse mai letto il testo di Expensive Girl, VADA SUBITO! Stavo ridendo tantissimo e ho scelto
l'unica frase soft ahahahah
Spero di non avervi deluso!
Grazie a tutti i lettori che continuano a seguire la mia storia, LOVE YOU <3

-Arashi-

 








 

 

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Capitolo 58
*** Notte di Fuoco ***


Notte di Fuoco

2018

{Jimin}
 

Avevo sempre sognato di fare l'amore con lei, ma quella notte aveva superato ogni mia aspettativa. Quei lunghi anni di attesa erano valsi la pena. Mi ero svegliato sotto il tocco insistente della sua mano sul mio addome, anche se era infinitamente piacevole.

- Pervertita. - mormorai e lei rise appena.

Mi accoccolai tra le sue braccia per sentire il suo profumo dolce e posare la testa sul suo petto nudo. Potevo morire così e non avrei avuto nessun rimpianto. Diana abbassò il volto e mi scostò una ciocca dagli occhi, mentre mi sfiorava la pelle della schiena con un tocco leggero. Rabbrividii piacevolmente a quelle carezze che non mi stancavo mai di ricevere, poi mi raccolse il viso tra le mani e mi baciò lentamente. Ancora non mi capacitavo di tutto ciò, avevo paura di svegliarmi all'improvviso e scoprire di non aver mai vissuto quei momenti. Ma le sue labbra erano vere, reali perchè non ero capace di immaginare l'infinita bellezza dei suoi baci.

- Jimin...- mi richiamò quando si allontanò per guardarmi. - Ieri sera, ecco...-

- Qualcosa ti ha dato fastidio? -

- No, no. Io... - distolse lo sguardo concentrandosi sulle coperte sotto di noi.

Sembrava davvero in difficoltà e mi preoccupai da morire. Pensai di aver sbagliato qualcosa oppure che si fosse pentita, tanto che mi sollevai per sedermi e lei mi imitò. Nel compiere quello scatto la coperta era scesa sulle mie cosce mostrando una parte della mia intimità, ma non mi disturbai a coprimi. Invece Diana aveva raccolto una parte del lenzuolo per celare il suo seno nudo come se non l'avessi visto ne toccato la sera prima. I suoi occhi caddero proprio nel mio punto allo scoperto, ma cambiarono subito direzione mentre le sue orecchie presero fuoco.

Si stava seriamente imbarazzando con me, dopo ciò che avevamo fatto solo poche ore prima?

Risi intenerito dalla sua reazione, ma lei continuò a fissare la parete della stanza come se stesse prendendo le misura per appendervi un quadro.

- Sei così carina quando arrossisci. - dissi con un tono infantile mentre le sfioravo una guancia che diventò ancora più rossa.

- Puoi coprirti? - domandò con un filo di voce.

- Andiamo, Diana. Abbiamo appena scop...- mi tappò subito la bocca con entrambe le mani, così la sua copertura cadde.

Sondai la sua figura nuda con gli occhi divertiti e la ringraziai per avermi permesso di vederla alla luce del sole. Si nascose di nuovo con il lenzuolo e mi guardò arrabbiata, come se fosse stata colpa mia. Allora mi buttai su di lei e coprii entrambi con il piumone caldo assaporando di nuovo quella meravigliosa sensazione delle nostri pelli che si toccavano.

- Così va bene lo stesso? - chiesi prima di baciarla con passione.

Avrei potuto ricominciare tutto daccapo, ma prima volevo davvero sapere cosa volesse dirmi. Così mi fermai e incatenai i suoi occhi di zaffiro ai miei, non distinguendone i dettagli perchè eravamo troppo vicini. Posai i gomiti accanto al suo viso per non schiacciarla troppo con il mio peso e rimasi in attesa.

- Volevo dirti che... - iniziò e di nuovo sciolse il legame dei nostri sguardi. - E' stata la notte più bella della mia vita. -

Mi accigliai un momento perchè avevo pensato a qualsiasi cosa, ma non mi aspettavo quella confessione. Sembrava che le fosse costata una fatica immensa ammetterlo ed arrossì ancora di più. Era sempre stata schietta e diretta con me, senza fronzoli o peli sulla lingua, ma capii che persino lei aveva degli argomenti che la impacciavano. Il sesso era uno di quelli, ma non l'avevo mai saputo. Afferrai il suo mento tra le dita per riportare la sua attenzione su di me e lei mi guardò quasi con timore.

- Anche per me è stata la notte più bella della mia vita. - dissi con la voce bassa.

Sorrise timidamente, poi il suo sorriso si trasformò in un ghigno malefico. - Posso fare il confronto adesso. -

Aggrottai la fronte in confusione, non capendo a cosa si potesse riferire, ma la sua espressione divertita mi riscosse. - Non mi dire che... - iniziai.

- Sì, tra te e Seokjin. -

- Sentiamo. - la sfidai perchè volevo vedere quanto sarebbe riuscita a dire.

- Ecco...Jin era più delicato, diciamo. Sembrava che fossi fatta di vetro e potessi rompermi da un momento all'altro. Invece tu non l'hai mai pensato, perchè eri...- si fermò come avevo previsto.

- Ero?- la incalzai.

- Eri famelico. -

- Tutto qui? - domandai un po’ deluso.

Annuì con un espressione furba così capii che non avrebbe detto nient’altro solo per infastidirmi. Allora mordicchiai la pelle del suo collo senza pietà come se fosse una punizione, ma non lo era affatto. Anche se la sua sensibilità al solletico era talmente elevata che iniziò a ridere e cercò di allontanarmi.

- Sai, potrei fare anch'io il confronto con le varie ragazze che ho avuto. - esclamai mentre lottavamo.

- Quali ragazze? Perchè ne hai mai avute? -

Quella punta di gelosia nella sua voce mi rese piuttosto soddisfatto da non inferire oltre.

A malincuore abbandonammo il nostro nido d'amore per tuffarci di nuovo per le strade di Roma, Diana si muoveva con sicurezza tra i turisti. La seguivo mentre tenevo rischiai un torcicollo per cogliere qualsiasi dettagli di quella meravigliosa e caotica città. Ad un certo punto ci inoltrammo in quello che mi sembrò un parco pubblico, finchè non giungemmo ad una costruzione simile ad una villa. Scoprii che si trattava di un museo e mi preparai psicologicamente ad ammagliarmi con le meravigliose opere d'arte. Diana sembrava impaziente e proseguiva con una certa fretta da una stanza all'altra, ma poi si fermò di botto. Eravamo in un'ampia sala nella quale una singola statua faceva da protagonista: due corpi di marmo lucente che si avvolgevano. Notai che le mani della ragazza raffigurata si stavano trasformando in una specie di pianta e rimasi qualche minuto in silenzio cercando di capirne il significato. Nel frattempo la mia ragazza sembrava totalmente rapita di fronte a quella scultura e la riscossi appena per riportarla alla realtà.

- Ah, scusa. Ti ho portato qui perchè è la mia statua preferita: Apollo e Dafne. -

Udendo i due nomi, mi ricordai della sua festa di compleanno quando mi chiamò proprio Apollo. Trattenni una risata mentre lei mi spiegava la loro “storia d'amore” e non rovinai il momento solo perchè adoravo sentirla raccontare. Proseguimmo nella stanza successiva e due ragazze passarono dietro di noi parlando allegramente tra di loro. In quel momento Diana mi rivolse uno sguardo terrorizzato come se avesse appena visto un quadro prendere vita, poi mi prese per mano e mi trascinò oltre.

- Cosa stai facendo? - chiesi con la voce bassa perchè mi fece cenno di tacere.

- Quelle due ragazze stavano parlando di voi...-

Il panico prese il sopravvento e la portai fuori da quella che poteva trasformarsi nella nostra trappola fatale. Per fortuna non mi avevano visto in faccia.

- Solo per curiosità, cosa stavano dicendo? -

- Stavano commentando una foto del tuo culo. - sorrise maligna mentre mi posava una mano sul sedere. - Ma non sanno che è solo mio. -

 

"I like the feeling of being with you." - Just Dance








 

Buonaseraaaa
Non sapevo se aspettare domani o no per aggiornare, ma alla fine mi sono decisa.
Non aver ricevuto nemmeno una recensione nel capitolo precedente mi ha un po' rattristata, 
perchè per scrivere quel capitolo ci ho impegnato molto.
Anyway, ho visto che comunque l'avete letto in tanti <3
Questo è un po' più tranquillo e spero vi piaccia!
Da questo momento la loro vacanza è finita, quindi nel prossimo saranno di nuovo a Seoul ;)
Grazie a tutti!!

-Arashi- 

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Capitolo 59
*** Gelosia pt 2 ***


Gelosia pt 2

2019

{Diana}


Ero pronta.

Controllai il mio body di pizzo trasparente in modo che non mostrasse più del dovuto. Sistemai il reggiseno nero che spuntava sotto la trama scura ed infilai una cintura di pelle tra i passanti della gonna. Lanciai un’occhiata allo specchio di fronte a me: Jimin mi stava guardando di sottecchi dalla cucina.

- Dove stai andando?- chiese appoggiato contro il tavolo a gambe incrociate.

- Jin mi ha chiesto di uscire. - dissi mentre continuavo a studiarmi.

- Eh? -

Aveva cambiato espressione: dall'indifferente, all’improvviso interessato. Gongolai dentro di me perché stavo raggiungendo il mio scopo.

- Stavo scherzando, stai calmo. - mi voltai per infilare la giacca dal taglio maschile. -Esco con Hyejin, quella ragazza che ho conosciuto dietro le quinte del Music Bank. - ammiccai con un sorriso divertito.

Lui sbuffò rumorosamente. Coglievo qualsiasi occasione per farlo ingelosire e lui cercava orgogliosamente di non mostrarlo.

- E ci vai vestita così? - alzò il mento verso di me.

- Perchè? C’è qualche problema? - raccolsi con noncuranza la borsa dal divano per riporta sulla spalla.

Jimin si accigliò ed i suoi occhi si spostarono sul mio petto e sembrarono dire: “bè, ce ne sono ben due.”

- No, no. - quella risposta gli era costata uno sforzo immane.

- Dici? -

Camminai verso di lui legando saldamente i suoi occhi scuri ai miei. Vidi il suo pomo di Adamo muoversi per deglutire un groppone grosso quanto un masso. Si allontanò dal tavolo indietreggiando per impedire che mi avvicinassi ancora, ma il mio indice raggiunse il petto comunque. Lo spinsi con la mano in modo da farlo cadere sulla sedia dietro di lui, sembrava quasi l’inizio di una scena passionale di un film. I suoi occhi marroni come il cioccolato fondente percorsero la mia figura da capo a piedi. Mi beai del suo sguardo incantato e creai un pizzico di suspense fermandomi a pochi centimetri da lui. Poi lentamente divaricai le gambe per sedermi sopra le cosce toniche ed aspettai una sua qualsiasi mossa. Infatti le sue mani viaggiarono sull'esterno delle mie gambe fino all’orlo della gonna e lo sollevarono quel poco che poterono. Inspirai a fondo, quando alzai la testa per suggerirgli silenziosamente la seconda mossa. Così Jimin attaccò il mio collo con una delicatezza che quasi riconobbi a stento perché di solito non si tratteneva. Quasi non mi mossi mentre le sue labbra mi accarezzavano fino a raggiungere la mia bocca che, in effetti, non aspettava altro.

Ma il mio obbiettivo in quel momento era uno solo.

Risposi al bacio affettuosamente e, quando capii che la situazione si stava facendo più scottante, mi allontanai.

- Devo andare, sono in ritardo. - ero già in piedi, quando lui rimase con le mani a mezz’aria e la bocca socchiusa.

- Ma...- provò a protestare, ma io avevo aperto il portone ed un mio piede era pronto per uscire.

- Ciao tesoro. - gli lanciai un bacio volante seguito da un occhiolino.

Risi a crepapelle mentre scendevo le scale di corsa, era fin troppo facile ingannarlo. D’altronde non faceva altro che negare la sua gelosia, era diventata quasi una sfida.

Rientrai a casa verso mezzanotte, per cui aprii la porta d’ingresso cura immaginando che Jimin dormisse già. Sorprendentemente la luce lampeggiante della TV illuminava a tratti il salotto, mostrando un ammasso di coperte sul divano. Tolsi le scarpe per infilare le mie adorate ciabatte e camminai in punta di piedi. Jimin si era addormentato sul sofà, il cellulare in una mano ed il telecomando nell’altra, sicuramente aveva tentato di aspettarmi sveglio. La guancia che poggiava sul cuscino mi ricordava un grosso marshmallow da tanto che era morbida. Ma ancora una volta mi stupii della sua bellezza innata, soprattutto quando dormiva. Lo osservai un po’, inginocchiata sul tappeto, mentre il suo petto si alzava ed abbassava a ritmo regolare sotto la coperta, poi toccai le sue labbra rilassate con un bacio delicato. Stropicciò la punta del naso e sollevò le palpebre per decifrare la mia figura nella penombra. Mi salutò con un “ciao” strascicato e si stiracchiò le braccia indolenzite, sbadigliando come un bambino.

- Vedo che ti sei preoccupato molto, mentre io ero a scatenarmi in discoteca. C’era un ragazzo davvero figo che...-

Jimin sembrò svegliarsi all’improvviso, tanto che si sedette con uno scatto, ma si ricompose subito per camuffare la sua reazione.

- Ballava meglio di me?- domandò inclinando la testa verso di me.

- Va bene, hai vinto. - alzai le mani in segno di resa, nessuno poteva ballare meglio di lui. -E comunque stavo scherzando, lo sai che non mi piacciono le discoteche. -

Il giorno dopo durante il turno di lavoro, pensavo continuamente a come far cedere l’orgoglio di Jimin, anche se avevo creato una breccia la sera prima.

Incontrai Jungkook nel corridoio nel pomeriggio e condivisi il mio piano malefico con lui, il quale accettò di essere mio complice. Così conclusi i nostri doveri quotidiani, ci ritrovammo in palestra per un sano allenamento e sapevo che Jimin sarebbe comparso da un momento altro. Infatti dopo una mezz’ora buona entrò dalla porta di vetro con il suo fedele berretto ed io lanciai uno sguardo d’intesa al mio sensei. Quest’ultimo mi accompagnò sotto la sbarra di acciaio e la afferrò con le mani protette dai guanti imbottiti. Io feci lo stesso, posizionando i miei pugni nello spazio tra i suoi pugni: eravamo l’uno di fronte l’altro, a separarci una manciata di centimetri. Incrociai le gambe intorno alla sua vita stretta ed attesi il suo segnale per cominciare. Così ci sollevammo insieme verso l’alto portando le braccia al petto; provai una fatica immensa perché non avevamo mai provato quel tipo di trazioni. Spostai leggermente la testa di lato in modo da vedere la faccia allibita di Jimin che avrei voluto fotografare per rinfacciargliela a vita. Jungkook simulò una risata muta e, nel trattenerla, la sua faccia diventò completamente rossa.

Io ed il mio ragazzo che rodeva tornammo a casa insieme scambiandoci qualche parola; mi stavo crogiolando in quel silenzio di disagio. Stavo solo aspettando che lui facesse il suo primo passo falso per colpirlo a tradimento. Lo lasciai in cucina per fare una doccia rigenerante e tornai da lui con l'accappatoio. Tenne la testa china sui ramen che stava preparando, ma alzò un momento gli occhi come per controllare in che condizioni fossi.

- Non te l’ho mai chiesto, ma come dovrebbe essere il tuo ragazzo ideale?- esordi fingendo la totale indifferenza.

- Mmm...- creai un po’ di suspense mentre mi avvicinavo al tavolo. - Alto, moro, muscoloso, qualcuno a cui piaccia fare sport. -

Cucinare dei ramen instantanei sembrò la procedura più rompicapo del mondo perché Jimin era concentratissimo su di essi.

- Il contrario di me, quindi. - risposte mestamente, mentre chiudeva le ciotole per non disperdere il calore dell’acqua.

- Perché me lo chiedi? C’è qualcuno che ti infastidisce?-

- No, no. - quasi spaccò il coperchio di plastica.

Mi studiai le unghie con noncuranza, poi alzai gli occhi solo per vedere una sua reazione e mi preparai un bel discorsetto mentalmente.

- Bè, in effetti Jungkook sarebbe stato perfetto. Anche Tae non è niente male, poi ha una voce così suadente. Yoongi ha quel fascino misterioso che incuriosisce, Namjoon è molto intelligente e maturo. Invece Hoseok si sa muovere divinamente e Jin...-

Uno schianto tagliò la conclusione della mia frase: Jimin aveva spaccato in due le bacchette di legno, invece di separarle.

- Va bene. Hai raggiunto il tuo obbiettivo. Sono geloso dei membri, ok? - sbuffò mentre gettava i pezzettini di legno nel cestino.

- C'era bisogno di prendersela con le povere bacchette? - girai intorno al tavolo per raggiungerlo e legare le mani dietro al suo collo.

Mi guardò con il broncio, ma mi afferrò per la vita in modo da avvicinarmi a lui. - Sei veramente perfida. Scommetto che prima in palestra l'avete fatto apposta. -

- No, facciamo sempre gli esercizi così. -

Aggrottò la fronte talmente tanto che le sopracciglia quasi si toccarono, ma quando lo tranquillizzai dicendo che stavo scherzando su tutto, finalmente si rilassò.

- Tu sei il mio ragazzo ideale, sei perfetto. -

- Non...non sono perfetto. -

- Allora d'ora in poi ti dirò che fai schifo, così sarai più contento. -

Rise e poi mi ammutolii con il tocco delle sue labbra, lo faceva sempre quando diventavo insopportabilmente logorroica.

Se non ci fossero stati due ramen bollenti dietro di noi, forse avremmo finito col fare l'amore sul tavolo.

- Dato che ho ammesso la mia gelosia, tu smettila di stuzzicarmi. Altrimenti comincio io. -

 

"Wanna be loved same love as you." - I Like It









 

Buonasera!!
Un altro capitolo di vita quotidiana. 
Come avrete capitolo sono di nuovo a Seoul e Diana non smette mai di sfidarlo.
Voleva solo che ammettesse di essere geloso dei suoi compagni XD
Ho ancora diverse cose in serbo per voi, anche se la fine si sta avvicinando sempre di più.
Giuro che all'inzio non pensavo che venisse una storia così lunga, ho aggiunto diverse cose in corso d'opera.
Spero vi piaccia sempre!!
Grazie a tutti <3

-Arashi- 


 


 

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Capitolo 60
*** Sacrificio ***


Sacrificio

2019

{Jimin}


Il suono odioso della sveglia mi irritò come tutte le mattine, così allungai il braccio verso il comodino per farle tacere subito. Sospirai dopo aver posato il dorso della mano sui miei occhi, era sempre difficile alzarsi così presto quando la sera prima di “divertivamo.” Diana era sdraiata su un fianco con le spalle rivolte verso di me, si allontanava sempre durante la notte rubandomi le coperte. Posai il mio petto contro la sua schiena nuda e la circondai con le braccia.

- Lasciami in pace. - borbottò, ma non si mosse di un millimetro.

- Ieri sera non dicevi così. - risposi sfiorando la punta del suo orecchio con le labbra.

La vidi increspare le sopracciglia con disappunto, ma non aggiunse altro. Poi aprì gli occhi ed inclinò la testa per guardami della penombra. Un rivolo di saliva segnava il suo angolo della bocca fino al mento, così ridacchiai.

- Stavi sognando me? - chiesi indicando le labbra.

- Non fare tanto lo sbruffone. Piuttosto vorrei sapere cosa stavi sognando tu. - sorrise, stringendo gli occhi pieni di sonno.

- Perchè? -

Mi allontanai per lasciarla sedere ed attesi la risposta mentre lei si stiracchiava le braccia. Raccolse una parte del piumone per coprirsi il seno e poi posò la schiena contro la testiera di legno.

- Dopo che...insomma...- cominciò in difficoltà.

Nonostante fosse passato un po’ di tempo, ancora si imbarazzava. Erano passati quattro mesi dal nostro primo bacio ed avevamo deciso di considerarlo l'inizio della nostra relazione. Mi stupivo sempre della sua timidezza nel parlare della nostra intimità.

- Abbiamo fatto quello che dovevamo fare. - riprese qualche secondo dopo ed io ruotai gli occhi verso il soffitto.

- Si dice fare sesso, ok? - scherzai per farla arrossire, infatti le sue guance si colorarono di un adorabile rosso acceso.

- Grazie per la lezione. E comunque preferire dire fare l’amore. -

-Quello non era fare l’amore, fidati. - ribadii, perchè era stato abbastanza focoso ed intenso.

- Si, si. Fammi finire. Dopo un po’ mentre cercavo di prendere sonno, te ne sei uscito con: “Diana, ricominciamo?” -

- Davvero? -

- L’ho capito dopo che stavi già dormendo. Perchè ti ho detto che era troppo tardi e tu mi ha risposto con un “ok” assonnato. Allora ti ho chiesto se stavi dormendo e tu: “Si, si. Sto dormendo.” Poi non hai più parlato. Avrei voluto assecondarti per vedere cosa avresti fatto. - rise di gusto.

Non ricordavo assolutamente quella conversazione, ma potei immaginare perché l’avevo chiesto. Mi ero addormentato con il rumore dei nostri corpi che si muovevano l’uno contro l’altro ed i suoi gemiti di piacere.

- Si vede che mi piace quello che facciamo.- la baciai fugacemente. - Potrei ricominciare anche adesso. - dissi prima di morderle la linea della mandibola.

- Dai, smettila. - ridacchiò appena, ma non prese le distanze.

Le mie dita camminarono sulle coperte fino al suo petto e feci per calarle, sapevo che non avevamo tempo, ma adoravo tentarla.

- Rimandiamo a stasera. Ma vedi di non urlare troppo, altrimenti ti sente persino Jungkook al piano di sopra. -

Lei arricciò il naso e poi mi spinse lontano, mentre io ridevo divertito. Ci alzammo di fretta quando mi accorsi che stavamo tardando, dovemmo persino fare colazione in piedi.

Verso metà mattina, Diana comparve nella sala prove mentre stavamo studiando la nuova coreografia. Notai subito che qualcosa non andava, perchè rimase sulla soglia con il cellulare in un mano mentre fissava lo schermo spento. Chiesi un momento di pausa per tutti i miei compagni e poi gesticolai per farle capire di avvicinarsi. Aveva lo sguardo assente e non salutò nessuno. Quel silenzio catturò l’attenzione di tutti i presenti e l’atmosfera si fece stranamente pesante.

- Diana, c’è qualcosa che non va? - chiesi stringendo la mano libera, era fredda e sudata.

- Io...devo...- balbettò in ansia e le sue labbra iniziarono a tremare.

I membri non parlavano e non sapevano cosa fare, come me del resto. Tutti si era bloccati.

- Diana? - mi stavo preoccupando da morire, qualcosa la stava agitando.

Le avvolsi il viso tra le mani e accarezzai le guance con i pollici, volevo solo tranquillizzarla.

-Mi ha chiamato mio padre poco fa. Mia mamma è in coma. - disse con uno strano tono pacato.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non uscì nemmeno un respiro. Jungkook dietro di me si avvicinò per offrirle una sedia, ma lei rifiutò continuando a guardarmi.

- Una macchina l’ha investita mentre era in motorino. Mio padre è in Cina per lavoro e non può tornare in Italia. Quindi devo partire il prima possibile. - deglutì piano.

Non vedevo nemmeno una lacrima nei suoi occhi, era come se fosse svuotata da qualsiasi tipo di emozione. Nessuno osava parlare, tutti avevano sentito e quel silenzio era opprimente.

- Mi dispiace. - disse solamente, qualsiasi altra parola sarebbe stata superflua.

Così la avvolsi tra la braccia perché era l’unica cosa che potessi fare, ma lei rimase inerme nel mio abbraccio. Mi stava spaventando quell’apatia. Era strano da pensare, ma avrei voluto che piangesse in quel momento.

- È giusto che tu torni a casa, non preoccuparti. -

- Non so quando potrò tornare, forse passeranno mesi. - rispose con la voce monotona.

- Non importa. Solo che non potrò venire con te, scusami. -

Mentre la cullavo dolcemente, Namjoon mi rivolse uno sguardo triste perché capiva il peso di quel sacrificio. Il nostro lavoro ci privava di troppe cose, persino di stare accanto alle persone che amavamo.

- Ti starò accanto in qualsiasi momento, lo sai. - sussurrai vicino al suo orecchio.

- Diana, ci scriveremo tutti i giorni così ti sentirai meno sola. - affermò Tae cautamente.

Lei non rispose nemmeno quando lasciò la sala per tornare in sartoria. Alla fine riuscii a tornare a casa solo dopo cena, invece Diana era lì già da qualche ora per preparare le valigie. Infatti tutto l’appartamento era nel caos più totale, sembrava quasi un trasloco. La ritrovai sotto le coperte nella mia stanza buia, stranamente non mi aveva aspettato. Mi preparai e mi sdraiai accanto a lei muovendomi il più delicatamente possibile per non svegliarla; doveva essere esausta. La circondai con le braccia e la strinsi forte. Si mosse appena e si accoccolò contro il mio petto, ma non pronunciò nemmeno una parola.

Nel cuore della notte la sentii agitarsi nel sonno, tanto che iniziò a borbottare frasi senza senso. Chiamò più volte sua mamma affannosamente, così accesi la luce sul comodino per la preoccupazione.

- Va tutto bene. - mormorai mentre le accarezzai il viso accaldato.

Teneva le palpebre strette come se provasse un dolore fisico ed io non potevo fare niente per alleviarlo. All'improvviso spalancò gli occhi di colpo e si sollevò rischiando di sbattere la fronte contro la mia. Sembrava smarrita, come se il sogno che stava facendo fosse fin troppo reale. Non mi guardò nemmeno per un momento, portò le ginocchia al petto e vi affondò il viso coperto dalle mani.

- Diana...- mi avvicinai piano. - Sono qui con te, come sempre. - dissi e raccolsi le sue mani.

Alzò il capo e mi rivolse uno sguardo ferito, vederla in quello stato mi faceva male al cuore.

- Ma non ci sarai da domani. - disse con la voce soffocata dalle lenzuola.

Strinse gli occhi stanchi e delle lacrime silenziose solcarono le sue guance rosse. Così accompagnai la sua testa sul mio petto e posai le labbra sui suoi capelli profumati per baciarle la fronte più volte.

- Farò tutto il possibile, piccola. -

- Grazie. - sussurrò mentre strappava via le lacrime con forza dal suo viso.

Poi calò di nuovo il silenzio che venne riempito solo dai suoi piccoli singhiozzi, sapevo che si stava trattenendo. Dopo un bel po' si addormentò nel mio abbraccio, nonostante sapessimo entrambi che l’indomani sarebbe stato uno dei giorni più dolorosi della nostra vita.


"I want to place you first in my life." - Intro: Skool Luv Affair









 

Buona domenica!
Bene, siamo ad un'altra svolta e non avevo avvisato ehehheeh
Ci ho pensato su molto prima di pubblicarla perchè all'inizio avevo pensato
di concludere qui questa storia. Ma mi sono buttata e vedremo come va. 

Adesso siamo nel 2019, marzo circa e quindi i cigliegi stanno per sbocciare... 
Comunque ci sono ancora alcune cose che devono succedere, state pronti. 
E sono davvero in ansia per il finale perchè non lo immaginavo nemmeno io XDD
Grazie come sempre e alla prossima!!

-Arashi-

 

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Capitolo 61
*** Lontana ***


Lontana

2019

{Diana}


Eravamo seduti in macchina, entrambi nei sedili posteriori, senza avere il coraggio di scendere. La mia mano tremava terribilmente contro il freddo sedile di pelle.

- Diana, farai tardi. - disse l'autista quasi sottovoce.

Così Jimin aprii lentamente la portiera e si spostò lasciandomi lo spazio necessario per scendere. Ci incamminammo verso l'entrata speciale dell'aeroporto, quella riservata alle persone importanti che non desideravano essere viste. Jimin aveva chiesto espressamente di poter utilizzare quell'entrata in modo da accompagnarmi fino al gate. Guardai il mio gonfio e rosso nel riflesso delle porte automatiche, tutto il trucco che avevo ormai era completamente svanito. Avevo salutato i ragazzi al condominio ed era stata una valle di lacrime. Non aveva nemmeno provato a trattenermi, anche perchè Jungkook aveva ceduto subito, ed il suo sguardo triste mi aveva squarciata in due. Ci eravamo promessi di non piangere, ma uno ad uno avevamo seguito il maknae e avevamo finito in un abbraccio di gruppo singhiozzante. Tutti tranne Jimin, che ero rimasto a fissarci con gli occhi lucidi.

La voce elettronica annunciò che mi rimaneva ancora un po' di tempo prima di dover lasciare il mio ragazzo. Sospirai quel momentaneo sollievo ed entrammo in una piccola sala d'attesa con un monitor che segnava tutti i voli del giorno. L'autista parcheggiò le mie valigie accanto alle seggioline e poi si inchinò per salutarmi lasciando me e Jimin da soli. Mi aiutò a trasportare i bagagli verso il check e poi tornammo nella saletta, in totale silenzio. Evitavo continuamente il suo sguardo nascondendomi sotto la visiera del cappello, non ce la facevo. Il pensiero che non avrei potuto toccarlo per un tempo indefinito, mi struggeva il cuore. Avrei potuto sentire la sua voce stupenda solo tramite un dannato cellulare. Il tremolio delle mie mani aumentò e si spostò persino sulle labbra, così decisi di camminare nel tentativo di smaltire la rabbia.

Sì, provavo molta rabbia.

Il destino sembrava continuamente remarmi contro, ed io con la mia piccola zattera non potevo sperare di combattere quella corrente. Ero inghiottita da quel mare di sfortuna.

Una mano salda afferrò la mia impazzita, costringendomi a fermare il mio tragitto sempre uguale.

- Diana... - Jimin sussurrò dietro di me.

Non volevo voltarmi, non volevo guardarlo, non volevo abbandonarlo. Una domanda mi frullava nella testa di continuo. Ero terribilmente preoccupata e disperata per mia madre, ma Jimin avrebbe aspettato il mio ritorno? Avrebbe sopportato tutta quella distanza? Avrebbe...

L'aria si bloccò a metà della mia gola, mi sentivo i polmoni schiacciati dalle preoccupazioni. Rimasi immobile con il braccio teso verso Jimin che aspettava una mia qualsiasi reazione, ma non accadde. Lui si mosse per me, mi costrinse dolcemente a girarmi e mi tolse il capello per vedermi bene il viso.

- Ti prego, dì qualcosa. - mi supplicò con la voce bassa.

- Cosa dovrei dire? - chiesi piano ed pregai i miei occhi di non lasciar andare le lacrime.

- Qualsiasi cosa, ma parla. -

Sapevo perchè me lo stava chiedendo, entrambi odiavamo il silenzio. Il silenzio era sempre stato il protagonista delle nostre incomprensioni e disagi, le parole ci avevano sempre salvato e lui sperava che fosse così anche in quel momento. Ma qualsiasi parola avessi pronunciato, non avrebbe cambiato il mio destino. Avvolse le mie mani e poi mi rivolse uno sguardo interrogativo come se non si fosse accorto del forte tremolio. Obbligai le mie labbra a controllarsi, perchè dovevo chiederglielo a tutti i costi.

- Jimin...mi aspetterai? - domandai con un filo di voce.

- Certo, che domanda è? - rispose come se la risposta fosse fin troppo ovvia, ma non lo era per me.

Chinai la testa, incapace di reggere il suo sguardo dolce che mi sarebbe mancato da morire. Non resistetti più, le lacrime caddero violentemente sul pavimento liscio dell'aeroporto seguite dai miei singhiozzi. Due braccia forti mi avvolsero le spalle agitate ed una mano sorresse mia nuca.

- Non so quando potrò tornare...come fai a dirlo? - urlai, ma la mia voce era soffocata dall'incavo del suo collo.

- Amore, ti ho aspettata per tutta la vita. Qualche mese non cambierà niente. - Non c'era insicurezza o paura nella sua voce, solo una forte determinazione.

Amore.

Era la prima volta che mi chiamava così. Afferrai il tessuto morbido della sua felpe e affondai ancora di più sul suo petto, avrei voluto sparire dentro il suo corpo per poter rimanere con lui per sempre.

Un suono squillante fece illuminare la scritta sul monitor del gate che si era appena aperto: era il mio volo. Jimin allentò la presa su di me e il terrore mi invase completamente. Mi gettai su di lui con la paura di doverlo lasciare sul serio, così incatenai le braccia sul suo collo tra le lacrime disperate.

- Per favore... - mi pregò lui e questa volta la sua voce era spezzata e roca, ma mi abbracciò di nuovo per un momento.

- Non ce la faccio...non posso... - mi lamentai sulla sua pelle setosa e profumata.

- Devo darti una cosa. - riuscii a farmi allontanare quel poco che bastava per consegnami un pacchetto sottile. - Non aprirlo adesso. Fallo quando sarai sull'aereo. - disse sorridendo.

Lo conoscevo abbastanza bene da capire che stava trattenendo le lacrime con tutte le forze per mostrarsi forte davanti a me.

Non avevo più tempo.

Lo ringraziai con un bacio lento e poi afferrai le sue dita per l'ultima volta prima di lasciarle scivolare via. Oltrepassai il metal detector trascinando i piedi come se pesassero dieci volte di più, poi commisi un grave errore. Mi voltai per controllare che fosse ancora lì e lo vidi nascondersi il viso completamente rosso con le dita minute. Corsi il più lontano possibile per impedirmi di sfondare le barriere e tornare da lui, così arrivai davanti alle scalette dell'aereo con il fiato corto. Mi risvegliai dallo stato di trance, quando mi ritrovai seduta al mio posto con quel piccolo regalo tra le mani sudate. Strappai la carta fine ed il mio cuore perse un battito quando lessi il titolo del libro: Racconti Perduti. Raccolsi il piccolo bigliettino scritto a mano che bagnai subito con le lacrime.

The morning will come again

No darkness, no season is eternal

Lo infilai tra le pagine del libro e poi mi accoccolai contro lo schienale della poltroncina, stringendo quel piccolo tesoro.












Buona domenica!
E' passata una settimana dall'ultimo aggiornamento, sorry ;;
Ho ricominciato a studiare, quindi sono super incasinata, ma cerco di organizzarmi meglio <3
Non ho aggiunto la frase finale perchè c'è già Spring Day e volevo che rimanesse solo quella.
Diana non dovrebbe avere dubbi sull'amore di Jimin, ma credo che chiunque abbia timore di 
mesi di lontananza. 
Il prossimo capitolo sarà un altro Diana POV solo per una scelta narrativa perchè non mi veniva 
in mente niente di carino..
Grazie come sempre!
A presto, prometto!!


 

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Capitolo 62
*** Salvami ***


Salvami

2019

{Diana}


Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte, come accadeva spesso ormai. La mia vita era già alquanto tormentata di giorno che persino la notte non riuscivo a dormire in pace. Ero sommersa dagli incubi e spesso era lo stesso terribile sogno che si ripeteva. Quello più gettonato era la scomparsa improvvisa di Jimin, una telefonata di Tae mi annunciava che se n'era andato all'improvviso. Ogni maledetta volta mi svegliavo completamente sudata, in preda alla disperazione. Poi mi guardavo attorno con la convinzione di essere a Seoul e che il mio ragazzo fosse accanto a me per consolarmi. Invece ciò che trovato alla mia destra era solo un posto vuoto e freddo. Non ero mai stata capace di gestire le situazioni di forte stress ed in quel periodo l'ansia mi stava divorando la mente, un pezzo alla volta. Mia madre era stabile, ma non dava segni di miglioramento e mio padre non poteva ancora tornare dalla Cina.

Ero sola, completamente sola.

Per un momento mi mancò il respiro sotto quella terribile consapevolezza e delle lacrime amare bagnarono la coperta sotto di me. Presi il cellulare e digitai il numero di Jimin, avevo troppo bisogno di sentirlo.

- Diana! - mi rispose allegro.

- Jimin... - dissi solamente.

- Tesoro, cosa succede? -

- Niente. Io...volevo solo sentirti. -

- Ma lì è notte fonda, perchè sei sveglia? -

- Mi sono svegliata per caso e mi è venuta voglia di chiamarti. - mentii, non riuscivo a dirgli la verità.

- Amore, ascolta. Mi piacerebbe davvero molto stare al telefono con te, ma devo andare adesso. Scusami. - disse dispiaciuto.

- Scusa, se ti ho disturbato. -

- Non disturbi mai. Adesso riposati e più tardi ti richiamo, ok? -

- Ok. Ti amo. -

- Ti amo anch'io. -

Rimasì così, con il cellulare premuto sull'orecchio mentre ascoltavo il suono ripetuto di fine chiamata.

Non dormii quella notte e mi alzai esasperata alle prime luci dell'alba insieme ad una rabbia crescente. Andai all'ospedale per fare visita a mia madre come ogni giorno da quando ero atterrata a Roma. Uscivo sempre senza nessuna buona notizia o sviluppo, in più aspettai la chiamata di Jimin che non arrivò per tutto il giorno.

In quel periodo ero giunta persino ad odiare il suo lavoro che mi aveva negato la sua presenza accanto a me. Arianna cercava in tutti i modi di farmi compagnia appena poteva, ma quando nominava i BTS mi si rivoltava lo stomaco. Cambiavo sempre discorso e mi ero accorta di non sopportare più le canzoni che avevo tanto amato. Infatti una sera avevo girato canale per caso e mi ero ritrovata tutti e sette che ballavano Fake love. Avevo sentito montare la rabbia come mai in vita mia ed avevo scagliato il telecomando sul pavimento, facendo balzare fuori le pile.

Adesso non sentivo nessuno di loro da giorni, Jimin mi aveva scritto qualche messaggio, ma era finita lì. Mi sentivo abbandonata a me stessa. Quando iniziai finalmente a calmarmi, il cellulare decise di squillare per farmi irritare di nuovo: Jimin si era degnato di farsi vivo. Riposi alla video chiamata con poca voglia, invece lui sembrava davvero felice e spensierato. Mi salutò con un sorriso luminoso che avrebbe dovuto scaldarmi il cuore, invece mi incupì.

- Scusa se non ti ho richiamata in questi giorni, ma siamo stati davvero troppo impegnati. Appena torno a casa, crollo per la stanchezza. -

- Tranquillo. -

- Novità? -

- Nessuna. -

- Lo so che sei arrabbiata. Scusami. Sto facendo il possibile per sentirti ogni giorno, vorrei solo essere lì. - si passò una mano tra i capelli come faceva sempre quando era nervoso.

- Ma non ci sei. -

-Diana... - sospirò appena. - Non sai cosa darei per starti accanto. -

Non risposi, mi stava solo innervosendo.

- Domani sera vado con Arianna in discoteca, ho bisogno di distarmi un po'- lanciai la novità con noncuranza.

- Ah.- commentò, poi aggiunse. - Mi hai sempre detto che non ti piacciono quei posti. -

- Ho cambiato idea. -

Fece una pausa come per metabolizzare quel cambiamento, poi mi rivolse uno sguardo preoccupato.

- Non bere troppo e stai attenta, per favore. -

- Non ti fidi? Pensi che ti possa tradire?-

- Diana, non ho detto questo. Mi sto solo preoccupando per te. -

- No, ti preoccupi per te. Poi cosa mi chiederai? Di stare alla larga da ogni singolo ragazzo che ci sarà la dentro?

- Ma cosa stai dicendo? Non mi piacerebbe che qualcuno allunghi le mani su di te, ma... -

- Tu te la spassi a Seoul ed io invece devo rimanere chiusa in casa in depressione? -

- Cosa vuoi che ti dica? Vai e pomicia tutti i ragazzi del locale? Portateli pure a letto? Sei la mia ragazza, cazzo.-

- Lo sapevo! Sei uguale a Pietro! -

Lui sgranò gli occhi in totale incredulità, persino io ero stupida di me stessa, ma non avevo più il controllo delle mie emozioni.

- Hai esagerato adesso. - disse con un tono irritato che non avevo mai sentito e riagganciò.

Rimasi a fissare lo schermo del mio cellulare mentre la mia mente non ragionava in preda alla rabbia. Non me lo sarei fatta ripetere due volte, sarei andata con Arianna in discoteca.

Infatti la sera dopo mi ritrovai in un locale nel centro di Roma a parlare con un ragazzo davvero figo: alto, moro e con un splendidi occhi azzurri. Arianna stava chiacchierando con il suo amico seduta sul divanetto accanto a me ed ogni tanto mi lanciava delle occhiate fulminee. Sapevo che voleva controllarmi, così mi allontanai non appena si alzò per ordinare un altro drink. Mi lasciai trascinare al centro della pista affollata e seguii i movimenti scoordinati del mio compagno sconosciuto. Ad un certo punto un fotografo si avvicinò a noi due chiedendoci il permesso di scattare una foto da pubblicare sulla pagina della discoteca. Accettai ed il ragazzo mi afferrò la vita per metterci in posa davanti all’obiettivo. L’alcol che avevo buttato giù iniziò a confondermi leggermente le idee, e così cinsi il suo collo con un braccio.

- Ti va di prendere una boccata d’aria?- mi urlò il moro vicino all’orecchio.

Confermai con un cenno del capo e così seguii la sua mano tra il dedalo di corpi scatenati. Le mie orecchie sospirarono di sollievo una volta fuori, non mi accorsi che gli occhi vigili di Arianna mi stavano osservando.

- Non ci siamo nemmeno presentati, mi chiamò Luca. - disse lui accostandosi vicino alla parete del retro.

- Hai ragione, che stupida. Diana. - risposi mentre gli stingevo la mano grande.

All’improvviso mi prese i fianchi per farmi sbattere il bacino contro al suo. Sentivo i muscoli forti del suo petto sotto il leggero cotone della camicia, ma ritraendo la mano sinistra, vidi il mio piccolo tatuaggio che mi rimproverava a gran voce. Rimasi immobile finché non mi afferrò il viso e mi avrebbe baciata, se non lo avessi spinto via.

- Sono fidanzata. - pronunciai con la voce ferma.

- Da come ballavi prima, non sembrava proprio.- rispose lui stizzito.

Non potevo dargli torto. Non mi ero trattenuta, volevo distrarsi e non pensare a Jimin almeno per un po'. Ma quel fiore di ciliegio mi aveva salvata da una fine disastrosa, a cui non avrei mai più potuto porre rimedio. In una frazione di secondo mi portò con la schiena al muro, intrappolata dalle sue braccia e capii che non si sarebbe arreso. Stavo per sfoderare una mossa insegnatami da Jungkook, quando Arianna scansò Luca per pararsi davanti a me.

- Ehi, lei sta con me. - affermò con i pugni sui fianchi.

- Seriamente? Siete lesbiche?- chiese lui incredulo.

- Si, c’è qualche problema? -

Non avevo mai visto quell'aspetto così determinato della mia amica e ne rimasi ammirata. Poi lo sorprese, e soprattutto sorprese me, perché toccò mie labbra con un bacio rapido. Luca allora ci salutò e raggiunse il suo amico con cui Arianna aveva parlato per tutta la sera.

- Andiamo via. Prima che tu possa fare una cazzata.- disse mentre mi trascinava lontano verso il parcheggio.

 

-Ma dico, sei fuori? Stai con un ragazzo meraviglioso che ti ama alla follia da anni e tu lo ripaghi così? - mi ringhiò contro quando salimmo in macchina.

- Arianna, lo so. Ero veramente incazzata e non stavo ragionando. Non sarei mai stata capace di tradirlo. Grazie comunque. - dissi con la testa china.

- Diana, nessuno può capire a pieno come ti senti in questo periodo. È un momento molto difficile, ma non devi buttare via tutto ciò che hai trovato. Per qualsiasi cosa, anche la più banale, io ci sarò sempre. -

Quelle parole erano molto simili a quelle che Jimin mi aveva detto molto tempo prima. La colpevolezza di ciò che avevo fatto, mi investì in quel momento e non riuscì a reggere tutto quel peso. Erano mesi che non piangevo, avevo consumato tutte le lacrime il giorno della mia partenza da Seoul, così mi lasciai andare. Arianna mi abbracciò nonostante lo spazio ristretto e scomodo, non sapevo come ringraziarla perchè mi aveva impedito di fare del male a Jimin.

- Non volevo...mi manca così tanto...- la mia voce era soffocata dalla sua spalla.

Arrivammo a casa sua sorreggendoci a vicenda ed io riuscii a malapena a lavarmi per poi crollare sul letto che mi aveva preparato.

Inconsapevole che qualcuno taggò il mio nome nella foto con Luca.


 

"I need your love before I fall." - Save Me








 

Heilààà
Un altro Diana POV perchè non mi era venuta nessuna idea con il POV di Jimin XD
Bene, so che il comportamento di Diana è sbagliato, ma ho cercato di far capire quanto
lei soffra in questo momento. E' stata accecata dalla rabbia e dalla solitudine, brutte bestie.

Non mi sono dilungata troppo nelle descrizioni perchè era già abbastanza lungo così il capitolo,
quindi avevo paura che diventasse un poema. 
Ho aggiontato adesso perchè domani SIGNORE E SIGNORI SARO' A LONDRA! 
Eh, sì. Sarò al concerto del 2 e torno il 4, quindi godetevi questo capitolo ;)
Spero vi piaccia questa svolta!
Alla prossima settimana <3

-Arashi-

 

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Capitolo 63
*** Esplosione ***


Esplosione

2019

{Jimin}


Il telefono mi tremava tra le mani. Non ero incazzato, di più. Una forza sconosciuta mi impedì di frantumare quel maledetto aggeggio sul pavimento, volevo farlo sparire.

Con quale coraggio mi aveva paragonato a quel bastardo?

Non avevo mai osato alzare un mano su di lei, quell'intenzione non mi aveva nemmeno sfiorato l’anticamera del cervello. E lei cosa faceva? Mi poneva sullo stesso piano, non potevo accettarlo. Sapevo che era arrabbiata perché non ero riuscito a richiamarla quel pomeriggio, ma non mi stavo divertendo. Stavamo tutti lavorando duramente per il tour mondiale e per il nuovo album, eravamo esausti. Avrei pagato oro per essere accanto a lei in quel momento così drammatico della sua vita, ma il mio lavoro non me lo permetteva. Dovevo averne la colpa? Cercavo di essere il più presente possibile, fuso orario permettendo e lei mi trattava così? Stavo per prendere a pugni il muro, così chiamai Jungkook per auto invitarmi a casa sua.

- Jimin, stai per fumare dalle orecchie. Calmati. - mi consigliò lui, quando gli raccontai della telefonata.

- Ci sto provando, ma è tutto inutile. -

- Diana ha sbagliato, vedrai che si scuserà. Ma cerca di comprendere la sua situazione: è sola, lontana da tutti, soprattutto da te. Sua madre non sta migliorando, non possiamo nemmeno immaginare cosa provi. -

- Me lo sto ripetendo da un’ora, Jungkook. Lo so. -

Sopratutto dovevo distrarmi dal pensiero discoteca, perché ero terribilmente preoccupato. Il dubbio che potesse tradirmi solo per farmi un dispetto, mi stava divorando le viscere.

- Fidati di lei. Ti ama, Jimin. - disse jk dandomi una pacca sulla spalla.

Lentamente riuscii a riprendermi, in fondo non ero mai stata una persona rancorosa. Nam e Tae ci raggiunsero poco dopo per bere una birra insieme, invece gli altri membri erano tornati nei loro appartamenti per riposarsi. Eravamo seduti attorno al piccolo tavolo nel salotto, dove avevamo giocato al Pocky game tutti insieme, quando aprii Facebook.

Forse il destino voleva rinfacciarmi di essere troppo in buona fede, perché la prima foto della home era di Diana. L’immagine la ritraeva con un braccio alzato in mezzo alla folla, accanto ad Arianna che guardava la sua amica. Aveva i suoi capelli scuri raccolti in una coda alta, sfocata per il movimento improvviso, ed il vestito attillato che lasciava intravedere una fetta di coscia prima degli stivali alti. Arricciai il naso alla vista di quell’abito a dir poco accattivante, poi scorsi le altre foto dell’album finché non mi paralizzai.

La mia ragazza abbracciata ad uno sconosciuto.

- Jimin?- mi chiamò Tae, ma io non risposi.

Quella mano maschile posata sul suo fianco con troppa disinvoltura, mi bloccò il sangue nella carotide. Stritolai lo schermo luminoso finché le mie dita non divennero bianche, a quel punto Jungkook allungò il collo per vedere cosa mi stesse turbando così tanto.

- Oh mio...- disse quando capì.

- Cosa succede?- chiese Namjoon preoccupato.

- Niente, la mia ragazza mi ha solo tradito. - risposi con un amarezza fuori dal comune.

Mostrai a tutti i presenti la prova e subito Taehyung si affrettò ad aggiungere. - Aspetta. Questa foto non vuol dire niente. -

- Vuol dire molto invece. Sono stato un idiota ad essermi fidati ancora di lei. - chiusi l’applicazione e gettai il cellulare sul divano.

- Dovresti chiamarla, sicuramente è meglio che rimanere nel dubbio. - mi consigliò Namjoon, ma non avevo intenzione di farlo.

Se l’avessi sentita, sarebbe finita male. Troppo male.


 

-Un numero sconosciuto dall’Italia?- chiesi ad alta voce quando lessi il prefisso della chiamata.

- Rispondi, potrebbe essere successo qualcosa. - mi intimò Jungkook, seduto sul divano accanto a me. 

Premetti il tasto verde e salutai in inglese, ma non sapevo cos’altro dire perché ero una frana.

- Hi! Excuse me, Jimin. I’m Arianna, Diana’s friend. Can I talk with Namjoon?- chiese, ipotizzai che avesse preso il mio numero da Diana.

-Oh, Hi. Sure.- passai il mio telefono al leader di fronte a noi che mi lanciò uno sguardo perplesso.

Lo guardai annuire con le sopracciglia increspate mentre Arianna parlava. Temetti che potesse essere successo qualcosa alla mamma di quella che doveva essere la mia ragazza, invece Namjoon si rivolse a me con ancora il cellulare attaccato all'orecchio

- Vuole raccontarti cosa è successo in discoteca, io farò da traduttore. - si fermò aspettando un mio qualsiasi cenno.

- Non mi interessa. Grazie lo stesso.-

- Jimin, non essere testardo. - mi rimproverò il leader, poi attivò gli alto parlanti e chiese ad Arianna di cominciare. - Dice che Diana era molto scossa dopo aver litigato con te, ma l’ha tenuta d’occhio tutta la sera per paura che potesse fare una pazzia. Hanno chiacchierato con questi due ragazzi per un po’, poi Diana si è allontanata sulla pista per ballare. Le hanno scattato la foto e dopo sono usciti per respirare un po’ d’aria fresca. Ha visto che quel ragazzo si stava avvicinando troppo e Diana l’ha spinto via. Poi è intervenuta Arianna per portarla via e in macchina si è resa conto del torto che ti stava facendo. - Arianna tacque per un momento e sospirò. - Da quando è tornata a Roma, è stata la prima volta che l’ha vista piangere. Dice che è veramente distrutta. Poi le ha detto che ti non avrebbe mai tradito e che le manchi molto. Adesso sta ancora dormendo e lei ne ha approfittato per chiamare. -

Dovevo crederle? Cosa dovevo fare? Non lo sapevo.

Sembrava peggio di un rompicapo, non ne vedevo la soluzione. Tutto quel discorsetto di Arianna aveva buttato altra brace sul fuoco, alimentando la mia rabbia.

La ringraziai prima che Nam riportasse il cellulare incollato al suo padiglione e poi riagganciò.

Dopo di che riacchiappai il cellulare con forza, ignorando i richiami di Jungkook. Salvai la foto nella galleria e poi aprii la chat privata con Diana. Inviai la foto con un semplice didascalia: vedo che ti stai divertendo.

Avevo lanciato una bomba ed ora dovevo aspettare lo scoppio disastroso.

- Ah, ha detto che cancellerà subito il tuo numero. In compenso ha chiesto quello di Yoongi. - concluse con uno sguardo tra il divertito e il dispiaciuto.

 

 

"I betray all those who had faith in me." - Born Singer








 

Sono tornata!!
Scusate l'attesa, ma il viaggio a Londra è stato molto movimentato e stancante
MA SONO RIUSCITA A VEDERLI AL WEMBLEY!
Un'emozione unica e meravigliosa, loro sono stati fantastici e mi mancano già ;;
Comunque, Jimin è parecchio incazzato ed è da capire. Credo che sia normale che dubiti 
di Diana in questo momento e Arianna ha cercato di tamponare la situazione. 
Siamo sempre più vicini alla fine e sono davvero triste, ma non mi assenterò per molto.
E'da tempo che sto pensando ad una nuova fanfic, il problema è che ho in mente già tutta 
la storia, ma mi mancano proprio i capitoli iniziali. Forse vi farò aspettare un po'.
Voglio fare una storia completamente diversa dalle due che ho scritto ;)
Grazie a tutti come sempre, soprattutto a chi è rimasto con me fino alla fine <3

-Arashi-

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Capitolo 64
*** Nuda ***


Nuda

2019

{Diana}


Mi sentii chiamare e scuotere più volte, ma risposi solo con qualche verso degno da uomo delle caverne.

- Cazzo, svegliati. Ti ho appena salvato il culo! -

La testa mi pulsava come se mi fossi ubriacata la sera prima, invece avevo preso solo un drink. Una nuvola bionda copriva la luce proveniente dalla finestra e ci vollero alcuni secondi rima di riuscire a focalizzare bene la figura di Arianna.

- Ma che ore sono?- chiesi con la voce impastata.

- Chissene frega di che ora è. Vedi di riprenderti in fretta. -

Mi levò le coperte di dosso con forza e non capii il motivo della sua agitazione. Almeno finché non presi il cellulare dal comodino.

Jimin-oppa❤️ ti ha inviato una foto.

Trascinai la notifica mentre i miei occhi erano ancora mezzo accecati dalla luce dello schermo. Avevo già il sorriso stampato sul volto pensando di vedere un selfie di Jimin, e invece. Ricordavo benissimo quando il fotografo aveva scattato quella foto ed io non avevo rifiutato la mano invadente di Luca, perché sapevo che Jimin l’avrebbe vista. Infatti avevo avvolto il suo collo con un braccio proprio con l’intenzione di infastidirlo ed avevo centrato l’obiettivo. Ma quel ‘vedo che ti stai divertendo’ aveva fatto affondare tutte le mie convinzioni della sera prima. Ero riuscita a ferirlo di nuovo e dovevo esserne contenta? Ero soddisfatta di aver raggiunto il mio scopo?

No, per niente.

- Non mi merito di essere amata da lui. - mormorai mentre bloccavo lo schermo luminoso; non avevo il coraggio di rispondergli.

- Ho chiamato Jimin prima. - affermò Arianna sedendosi accanto a me sul bordo del letto.

- Come hai fatto? Il mio cellulare è impostato sul coreano. -

- Google translate, poi è l’unico numero salvato con un cuoricino. Comunque Namjoon ha tradotto per me, gli ho raccontato cosa è successo ieri sera.-

- Ti ringrazio, ma credo che tu abbia solo sprecato il fiato. - risposi.

- Non penso, però adesso tutto dipende da voi due. -

Aveva ragione, ma mi sentivo una merda ambulante.

Ripresi il cellulare ed aprii Facebook; una notifica mi informò che ero stata taggata da Luca, il quale era riuscito a trovare il mio profilo in qualche modo. Eliminai il tag e la sua richiesta d'amicizia, ma il danno consapevole era stato fatto.

Quando chiamai Jimin qualche ora dopo, avevo la nausea come se avessi viaggiato in auto per le strade tortuose di montagna. Inspirai cercando di calmare lo stomaco in subbuglio mentre ascoltavo uno squillo dietro l’altro, finché non rispose.

- Ah, ti sei degnata di farti viva? Com’è andata la serata? - la sua voce era graffiante e pungente.

- Vorrei parlare, se hai tempo. - dissi quasi sussurrando.

- Non ho tempo. Sai, sono impegnato a spassarmela. - enfatizzò molto l'ultima parola.

- So che ho sbagliato, voglio rimediare. -

- Non hai niente da rimediare, Diana. Sono stanco delle tue bugie. -

Quella frase fece tremare il mio cuore, ma dovevo accettare le conseguenze delle mie azioni idiote. - No, Aspetta. Non stai dicendo sul serio? -

- Io non mento a differenza tua. Devo andare adesso. -

- Posso...posso richiamarti più tardi? - chiesi con timore.

- Non so se avrò voglia di parlarti. -
E così riagganciò senza nemmeno salutarmi.

 

Ero seduta davanti alla scrivania di camera mia, il computer acceso e la webcam attiva. Le mie dita sudavano sulla tastiera mentre guardavo me stessa attraverso lo schermo.

Facevo pena.

Ero appena tornata dall’ospedale e mia madre era leggermente peggiorata, i suoi battiti si erano fatti più deboli. Non avevo parlato con nessuno, nemmeno con Arianna, ero rimasta in silenzio da quando ero uscita da quella fottuta stanza. Avevo vagato per le strade di Roma senza una meta, il mio stomaco sembrava aver dimenticato la fame, così non avevo nemmeno cenato. Senza rendermene conto era arrivata la mezzanotte e non avevo telefonato a Jimin prima che andasse a dormire. Chissá cosa aveva pensato, sicuramente non avevo migliorato la situazione. L’idea che avrei potuto perderlo mi terrorizzava e non sarei mai riuscita a dormire in quelle condizioni. Così avviai la video chiamata, anche se a Seoul era mattina presto; dovevo tentare. Dopo pochi squilli, che a me parvero un’infinità, il volto assonnato di Jimin occupò tutto lo schermo, le sue occhiaie erano profonde quanto le mie.

- Scusa se ti ho svegliato. - iniziai con la voce roca.

- Non importa, tanto ero sveglio già da un po’. - aggrottò la fronte mentre mi studiava. - Ti senti male? -

- Non è niente. - tirai le labbra in un sorriso forzato.

- Aspettavo la tua chiamata ieri sera. -

- Lo so, scusa. Possiamo parlare adesso? -

Sembrò pensarci su mentre si passava una mano tra i capelli, poi sospirò lievemente per farmi capire di poter continuare. Si sollevò dal cuscino e posò la schiena contro la testiera del letto, il nostro letto. Avrei venduto l'anima al diavolo per essere sotto le nostre coperte e toccarlo di nuovo. Invece non avevo fatto altro che buttare al vento tutto ciò che era importante per me, tutto ciò che spingeva ad andare avanti. Tutto il mio mondo era esattamente di fronte a me che aspettava una qualsiasi ragione per ciò che avevo fatto.

- Scusami. Non dovevo paragonarti a Pietro, non pensò assolutamente quello che ho detto. Ero arrabbiata e purtroppo mi sono sfogata su di te, e non dovevo. Non ti avrei mai tradito, volevo solo farti provare la stessa rabbia che stavo provando io. Sono pessima. - pronunciai tutto d’un fiato.

- Arianna mi ha raccontato cosa è successo. Vorrei tanto crederle, soprattutto crederti. -

Ovviamente dubitava di me, avrei fatto lo stesso al suo posto. Cominciai a capire che questa volta non sarei riuscita a risollevare la mia posizione, ma continuai.

- Sai cosa mi ha fatto riprendere? Questo. - indicai il piccolo fiore sul mio polso. - In quel momento ho ricordato quel giorno che ci siamo tatuati a Tokyo e tutto ciò che abbiamo passato insieme. Non potevo cancellare tutto con una follia insensata e Arianna è stata una vera amica. Però capisco, ti ho mentito per due volte e non potrò mai tornare indietro. -

Chinai il viso verso la superficie del tavolo, stringendo le labbra in una linea sottile, ma i miei occhi si offuscarono. Le lacrime salate mi bagnarono le labbra dolenti, sapevo come sarebbe finita: anche lui mi avrebbe abbandonata.

Ed era solo colpa mia, della mia debolezza.

Desideravo solo urlare per fargli capire quanto avevo paura di perderlo, ma i singhiozzi mi impedirono di farlo. Maledii quella parte così vergognosa e senza dignità di me stessa che non avrei mai voluto fargli vedere. Forse fu la prima volta che mi sentii nuda di fronte a lui, priva di qualsiasi maschera o camuffamento. Ma lo lasciai sondare nella mia anima cosicché potesse notare quanto lo amassi davvero.
 

"The real myself inside the smiling mask, I reveal it entirely." - Epiphany









 

Buona domenica!
Non ho molto da dire, solo che Diana si sente davvero in colpa anche se non l'ha tradito. 

Sa di aver sbagliato e spera nella grazia di Jimin un'altra volta.
Spero che vi stia piacendo questa parte della storia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Si avvicinando sempre di più la fine..mancheranno 5/6 capitoli secondo i miei calcoli.
Grazie a tutti davvero <3
A presto!!

-Arashi-



 

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Capitolo 65
*** Dialogo ***


Dialogo

2019

{Jimin}


- Ti prego, non piangere. - dissi sottovoce.

Non sopportavo vederla piangere, soprattutto se non potevo essere accanto a lei per consolarla.

- E come faccio? Ho troppa paura di perderti. - confessò con la voce spezzata.

Le sue lacrime erano davvero per quel motivo? Pensava davvero che avrei potuto lasciarla? Il silenzio tra di noi ero occupato solo dai suoi singhiozzi che cercava di trattenere. Si strofinò gli occhi più volte mentre una fitta dolorosa mi pungeva il petto: avrei voluto teletrasportarmi a Roma in quell'istante per stringerla tra le braccia. Poi mi rivolse appena lo sguardo come per accertarsi che fossi ancora in linea: gli occhi rossi sembravano tremendamente gonfi per colpa della fioca luce della lampada sulla scrivania, ma le sue guance erano troppo pallide.

- Diana, non stai per niente bene. Perchè non mi hai detto niente? - chiesi un po' ferito.

- Non volevo farti preoccupare, ti sto dando già troppi problemi. Ieri notte ero troppo agitata per dormire, non ho chiuso occhio. - disse mentre si soffiava il naso, ma sentivo che c'era dell'altro.

- E' tua mamma, vero? E' successo qualcosa? -

Richiuse il fazzoletto e lo lanciò nel cestino dietro di lei, prima di rispondere. - Sta peggiorando. -

- Sei andata a trovarla? Per questo non mi hai chiamato, vero? -

Annuì con un cenno del capo senza guardarmi e mi sentii impotente come troppe volte in vita mia. Il mio lavoro non mi permetteva di stare accanto alla ragazza che amavo, era difficile da digerire. Sapevo che qualsiasi cosa avessi detto, non avrebbe cambiato il suo dolore, ogni parola era priva di significato in quel momento.

- Pensavo di essere forte, ma non è così. In questi giorni non riuscivo ad ascoltare le vostre canzoni, sono arrivata persino ad odiare Spring Day. Ho odiato la tua vita, il tuo lavoro, tutto quanto. - fece una pausa perchè la sua voce si incrinò. - Ho solo bisogno di te. -

Finalmente alzò lo sguardo per rivolgermi quell'ultima frase che suonò come una supplica. Le sue iridi, solitamente luminose come le stelle in una serena notte d'estate, erano spente sotto il velo pesante delle lacrime. Sentii il cuore spezzarsi un due, come se due mani tirassero le estremità in direzioni opposte.

- Mi dispiace, Diana. Vorrei davvero essere lì. - risposi avvicinandomi alla telecamera.

Era terribilmente vicina, quanto lontana. Avrei voluto un solo super potere in quell'istante: inserire una mano nello schermo per accarezzarle il viso arrossato.

- Non è vero che non sei forte. Hai avuto la forza di denunciare Pietro, quando ti ha fatto del male. Hai avuto la forza di dirmi che mi ami. Hai avuto la forza di ammettere i tuoi errori. E soprattutto hai avuto la forza di rimanere con me, nonostante la mia vita piena di sacrifici. Chiunque avrebbe ceduto nella tua situazione attuale, forse io sarei impazzito. - ammisi con sincerità.

- Sei troppo buono con me, come sempre. -

- Perchè ti amo e non smetterò mai di farlo. -

La osservai mentre si copriva il viso tra le mani e ricominciava a singhiozzare, così strinsi le palpebre per trattenere tutte le emozioni che mi avrebbero fatto piangere a dirotto. Poi mi schiarii la gola per riscuotermi e decisi di risollevare la situazione, avevamo discusso abbastanza per i miei gusti.

- Se mi fai un sorriso, ti faccio un regalo. - proposi con il tono più dolce di cui ero capace.

Sembrò confusa, quando sollevò il capo dalle mani, e si asciugò il viso con le maniche della felpa. La conoscevo bene da sapere come sorprenderla e soprattutto come renderla felice almeno per quei pochi minuti.

- Allora? Dov'è questo sorriso? - la intimai dopo una piccola risata. - Mi raccomando, deve essere bello. - alzai l'indice verso l'alto per apparire convincente.

E lei gonfiò la guance, due piccole fossette solcarono gli angoli della bocca rivolti verso l'alto in una meravigliosa mezza luna felice. Era da troppo tempo che non la vedevo così, mi ammonii di non averla resa così contenta altre volte. La mia mente riprodusse la melodia giusta, così liberai le mie corde vocali dalla stretta del pianto trattenuto e cominciai.

On days I hate being myself, days I want to disappear forever

Let's make a door in your heart

Open the door and this place will await

It's okay to believe, the Magic Shop will comfort you

Vidi il suo sguardo incredulo mentre cantavo su quelle note dolci che erano solo per lei in quel momento. Volevo davvero che la sua tristezza si trasformasse in qualcosa di sereno e spensierato. Perchè il mio mondo non poteva fare altro che orbitare intorno a lei: il centro del mio universo.

While drinking a glass of hot tea

And looking up at the Milky Way

You’ll be alright, oh, this here is the Magic Shop

So show me

Allungai la mano verso lo schermo per farle dire I'll show you e poi conclusi la strofa abbassando gradualmente la mia voce. Rimanemmo in silenzio per diversi secondi in silenzio, Diana non smetteva di sorridere e quello fu il regalo più bello che potesse farmi.

- Mi mancava molto sentirti cantare. Lo sai che amo la tua voce. - confessò asciugandosi gli occhi gonfi.

- Me l'hai sempre detto. - ammiccai.

- Non so cosa dire...grazie, Jimin. - allargò il suo sorriso che mi alleggerì il peso sul petto.

- Appena possiamo, ti prometto che andiamo a Busan. - dissi, sapevo quanto avesse sofferto quella primavera.

- Sono sicura che ce la faremo, prima o poi. - finalmente ridemmo insieme, riempiendo le nostre stanze di una nuova allegria. - Ah, dimenticavo. Qualcuno mi ha baciato quella sera in discoteca. -

Il mio cuore che aveva appena trovato la calma, svenne sul colpo.

- Cosa? - chiesi mentre la rabbia cresceva di nuovo, più forte di prima.

- Arianna mi ha baciata per allontanare quel ragazzo, abbiamo finto di essere fidanzate. - rise per la mia reazione, quando mi rilassai sulla sedia senza grazia.

- Non fare mai più una cosa del genere, ne va della mia salute. - dissi con una mano sul petto, però ero felice di vedere la vecchia Diana che adoravo.

Rischiai un secondo infarto quando disse che non era stato poi così male, dovette rassicurarmi che stava scherzando perchè stavo per crederle. Continuammo a parlare per un po' finchè il mio fitto programma giornaliero me lo permetteva. Diana sembrava finalmente serena, anche se notavo una costante malinconia nei suoi occhi, ma era più che comprensibile.

La nostra video chiamata si concluse con due semplici parole di Diana: Ti amo.












Holaaaaa
Bene bene, hanno fatto pace! 
Lo immaginavate sicuramente ;)
Diana è tornata sulla retta via e Jimin alla fine si fida molto di lei nonostante tutto. 
Non ho molto da dire..solo che nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresina C:
La frase finale non c'è ovviamente perchè ho già inserito Magic Shop.
Spero vi piaccia come hanno risolto la questione <3
Grazie a tutti per la pazienza!

-Arashi- 

 

 

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Capitolo 66
*** Vecchio e Nuovo ***


Vecchio e Nuovo

2019

{Diana}


Mi guardai nel riflesso dello specchio e mi riconobbi a stento. I boccoli viola mi ricadevano pigri sulle spalle, gli occhiali tondi lasciavano intravedere le finte iridi marroni e la mascherina celava la mia bocca carnosa.

Ero pronta ed il mio cuore galoppava come un cavallo in corsa.

Mi diressi verso l'edificio con Arianna che scalpitava dietro di me, era stata veramente gentile ad accompagnami. Aveva preso due piccioni con una fava, visto che voleva realmente partecipare alla fansign. Ero rimasta in contatto con lo staff dell'agenzia in modo da poter camuffarmi meglio tra le Army esaltate, soprattutto per non farmi scoprire prima del momento giusto.

Poco prima dell’inizio dell’evento scrissi un messaggio a Jimin per augurargli un buon lavoro e lui mi rispose subito ringraziandomi. Non appena entrarono tutti e sette, davanti al lungo tavolo, sorrisi sotto i baffi e mi feci più piccola in modo da non incrociare i loro sguardi. Erano meravigliosi, l'uno accanto all'altro nei loro completi di tutti i colori, mentre salutavano i presenti. Jimin mi tolse il fiato con il tuo look total black ed i capelli rosa acceso, come il mio primo giorno alla Big Hit.

Ancora faticavo a credere che quel meraviglioso essere umano avesse scelto me tra milioni di abitanti sulla Terra.

Quasi dimenticai il bigliettino che avevo in una mano, troppo rapita dal fascino del mio ragazzo. Mi avevano affidato un numero verso la fine dell'infinita coda che si era creata per incontrare i "nostri" idoli. Lanciai uno sguardo dietro per controllare che Arianna fosse ancora lì, semi nascosta dietro ad un gruppetto di ragazzine urlanti. Entrambe indossavamo persino un berretto con la visiera in modo da non farci riconoscere quando la fila diminuiva. Non mi ero mai ritrovata in mezzo a così tante Army, tutte in preda all'esaltazione, che commentavano uno ad uno i membri. Risi moltissimo ascoltando le loro conversazioni, ma rimasi in disparte per non dare troppo nell’occhio.

- Jimin-oppa! - urlò all’improvviso una ragazza poco più avanti di me, ma lui sorrise appena in imbarazzo.

Oca. Pensai tra me e me.

Non ero mai stata gelosa delle fan, era piuttosto ridicolo esserlo, ma quella volta fu inevitabile. Però sorrisi al pensiero che nessuna avrebbe avuto l’esclusiva su di lui, come me. Quando la fila si fece più piccola davanti a me, mi voltai verso Arianna che alzò un pugno timido per incoraggiarmi. Sentivo le gambe molli come se fossero di gelatina, mi erano mancati tutti.

Salii i pochi scalini con il cuore che minacciava di uscirmi dal petto e mi inginocchiai davanti al lungo tavolo capeggiato da Namjoon. Tolsi il berretto e la mascherina cautamente mentre gli porgevo l’album rosa immacolato. Nel farlo, puntai il polso verso lui in modo tale da mostrargli il piccolo tatuaggio sul mio polso sinistro. Lui guardò distrattamente in quella direzione e poi posò gli occhi sorpresi su di me. Sembrò riconoscermi solo in quel momento e spalancò la bocca come se volesse gridare a squarciagola che fossi tornata. Il mio indice ammonitore si posizionò prontamente sulle mie labbra per fargli capire di tacere.

- Ma che ci fai qui? - mi chiese sottovoce.

- È una sorpresa, soprattutto per Jimin. - ammiccai.

Autografò il fronte della copertina scura, poi la passò ad Hoseok che mi lanciò un sguardo confuso. Sentii gli occhi inumidirsi quando mi disse “Bentornata” con un gran sorriso e la voce dolce. Seduto accanto a lui c’era Taehyung che mi riconobbi subito, anche se stavo piangendo come una fontana. Intrecciò le mie dita con le sue grandi e mi regalò il suo tipico sorriso furbo.

- Lo farai morire. - disse piano.

Trascinai l’album con i tre autografi verso il successivo: Jin. Tentavo di asciugarmi le lacrime con la manica della maglietta senza risultato, così lui mi porse un fazzoletto. Per fortuna Jimin era concentrato sulla ragazza davanti a lui e non si accorse assolutamente di me. Quando la fan andò verso Jungkook, Jimin prese il cellulare per scattarsi un selfie nel frattempo.

- Jimin, questa Army sta piangendo a dirotto. Trattala bene, mi raccomando. - Jin fece l’occhiolino mentre scivolavo davanti al mio ragazzo.

- Quando mai ho trattato male...- iniziò Jimin, ma si bloccò non appena mi rivolse lo sguardo.

Lo salutai agitando la mano sinistra in modo da avere il tatuaggio in bella vista. Appoggiò il cellulare sul tavolo con un gesto lento mentre mi studiava ogni parte del viso. Una scia luminosa come una coda di una cometa passò, solcando sue iridi scure. I suoi denti bianchi strinsero il labbro inferiore mentre portava verso di se l’album con le mani tremanti.

- Diana... - sillabò muto.

Sorrisi in silenzio mentre una valanga di lacrime mi travolse le guance. Volevo lanciarmi sul tavolo, fregandomene delle persone presenti, per sentire di nuovo le sue labbra morbide sulle mie.

- Possiamo confrontare le nostre mani? - chiesi con la voce spezzata.

Allungai la destra e la incastrai con la sua minuta: il solo tocco delle sue dita mi scosse ogni cellula epiteliale. Nessuno di noi parlò mentre la penna firmava tremolante e poi scrisse qualcosa su un biglietto che venne subito nascosto tra le pagine dell'album. Arrivai di fronte a Jungkook che rimbalzò i suoi occhi su di me e su Jimin, come se stesse guardando una partita di tennis.

- Sembri una bambina, ti prenderò in giro per sempre. - mi schernii per risollevarmi il morale.

Ero troppo felice per poter smettere di piangere, avevo sognato quel giorno per troppo tempo. Yoongi mi sorrise come non aveva mai fatto da quando ci conoscevamo, sembrava un'altra persona.

- Ti sei drogato prima di venire qui? - domandai ridendo.

- Bene, non dimostrerò più niente d’ora in poi. - rispose offeso.

Avrei voluto strapazzargli le guance, invece mi limitai ad agitare le dita a mo' di saluto. Scesi i gradini e poi controllai la mia amica che si era appena seduta di fronte a Namjoon. Una guardia mi fece uscire dalla stanza senza essere notata, dopo avergli ricordato chi fosse Arianna per lasciarla passare. Salutai lo staff nei camerini ed attesi la fine dell’evento con ansia. La mia complice arrivò qualche minuti dopo in preda all’euforia, così saltellammo insieme come due bambine sui tappeti elastici. Non riuscivo a stare ferma, dovetti percorrere il corridoio più volte nel tentativo di smaltire la frenesia.

Volevo vedere Jimin.

- Cosa ti ha detto? - chiese Arianna dopo avermi bloccata per le spalle.

- Niente, era senza parole. Ma mi ha lasciato questo. - rivolsi il bigliettino che avevo trovato in mezzo alle pagine del photobook.

"Come faccio ad aspettare la fine della fansign? Sei crudele, me la pagherai."

Mi strofinò le braccia con un sorriso tenero sul volto, ma ripresi a consumare le mattonelle del pavimento.

Poi lo vidi, all’inizio del corridoio con il fiato corto. Portò una mano sulla bocca come se non credesse nella mia presenza. Strinse le palpebre finché le lacrime non scesero copiose sulle dita paffute. Le sue spalle iniziarono a sussultare mentre chinava la testa verso il basso. La sua reazione mi inchiodò sul posto impedendomi di raggiungerlo. Tutta l’agitazione che avevo inglobato, si era riversata sulle mie gambe che si sentirono schiacciate da quella forza.

- Avete intenzione di rimanere così? Va’ da lui. - mi riscosse Arianna.

Avevo vissuto quei sei mesi aspettando quel momento, eppure non riuscivo a muovermi. Tutto d’un tratto corse verso di me, mi prese il viso tra le mani e finalmente mi baciò. Il sapore dolce delle sua labbra era mescolato a quello salato delle lacrime, era qualcosa di nuovo insieme a qualcosa che avevo già assaporato. Vecchio e nuovo si intricarono come le nostre bocche che non si curarono delle persone circostanti. Ci guardammo più volte senza distinguere l'uno i dettagli dell'altro perchè eravamo troppo vicini. Tutti i miei cinque sensi erano focalizzati su di lui come il giorno del nostro primo bacio in riva al mare.

- Smettila di piangere. - mormorai sulle sue labbra.

- Ma stai piangendo anche te. - rispose piano ispirando con il naso.

Le nostre fronti si scontrarono dolcemente ed io chiusi gli occhi assaporando il tocco delle sue mani sulle mia guance. Aumentai la presa sulla sua vita per non lasciarlo andare, non volevo più allontanarmi.

 

"Sometimes my dreams come true." - Dream Glow









 

Eccomi di nuovo!!
La fine di questa storia si sta davvero avvicinando...sigh
Ho scritto un epiologo piuttosto lungo che ancora devo decidere come dividere, ma devo 
pubblicare un altro capitolo prima: il pov di Jimin ovviamente.
Spero che l'incontro tra i due vi abbia soddisfatto, è una parte che ho pensato fin da 
subito e ho voluto lasciarla così. 
L'album in questione è Persona come avrete capito, ma quando ho scritto questo capitolo ancora 
non si sapeva niente di niente ahahhaha 
Grazie a tutti davvero, mi avete accompagnata per così tanto tempo e ne sono felicissima <3
A presto!!

-Arashi-

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Capitolo 67
*** Rivincita ***


Rivincita

2019

{Jimin}


Ormai erano quasi sette mesi che non vedevo Diana, almeno non fisicamente.

La fansign mi aveva risollevato un po' il morale perchè riuscivo a distarmi e a divertirmi grazie a tutti i nostri Army. Prima di entrare nella stanza chiassosa, avevo ricevuto un messaggio da Diana che mi aveva riscaldato il cuore. Poi mi ero accomodato tra Jin e Jungkook mentre aspettavo di firmare le diverse copertine con il mio fedele pennarello indelebile. Dopo un po' intravidi una ragazza dai capelli corti viola davanti a Seokjin e nell'attesa presi il telefono per scattare un selfie da caricare su Twitter in un secondo momento.

- Jimin, questa Army sta piangendo a dirotto. Trattala bene, mi raccomando. - si preoccupò il mio compagno.

Non badai molto al suo commento perchè era solito scherzare durante quegli eventi, ma solo dopo realizzai.

- Quando mai ho trattato male... -

Per un momento credetti che Diana mi avesse tenuto nascosto di avere una sorella gemella, ma ci conoscevamo dall'asilo, quindi non era possibile. Notai subito il delicato fiore di ciliegio con un piccolo petalo fluttuante, identico al mio. I suoi capelli lilla mi ricordarono un campo di lavanda in fiore, riuscii persino a sentirne il profumo speziato. Cercai le sue iridi azzurre con un po' di delusione perchè amavo quei due zaffiri brillanti che, purtroppo, erano coperti da un paio di lenti marroni. Posai piano il cellulare sul tavolo per non rischiare di mollare la presa all'improvviso e di frantumare malamente lo schermo. I suoi occhi rossi liberarono una cascata di lacrime quando sillabai il suo nome, mi inchiodai alla sedia per impedirmi di fare una mossa avventata. Il mio cervello non voleva saperne di formulare un semplice concetto, ero consapevole che se avessi detto anche solo una parola, sarei scoppiato a piangere insieme a lei.

- Possiamo confrontare le nostre mani? - mi chiese come migliaia di ragazza facevano durante quegli incontri.

Le nostre mani combaciarono come se fossero nate per toccarsi. Inspirai profondamente per cercare di calmare la voglia che avevo di lei, della sua pelle e soprattutto delle sue labbra. Poi infilai il biglietto tra le pagine del photobook e la lasciai andare verso Jungkook. I minuti seguenti sembrarono ore e non appena uscii dalla sala, corsi come un matto. La gola mi bruciava ed i polmoni mi dolevano quando frenai all'inizio del corridoio. Allentai la presa sulle mie emozioni in quel preciso istante, quando la vidi che mi aspettava. Mi accasciai sotto il peso delle mie lacrime, poi mi precipitai su di lei come non avevo mai fatto in vita mia. Il tocco delle sue labbra ravvivò i miei ricordi sbiaditi dal tempo: era mille volte meglio di come lo immaginavo, anzi infinitamente meglio. Accarezzai le sue guance bagnate nell'inutile tentativo di asciugarle, era di nuovo tra le mie braccia e non riuscivo a crederci. Ci abbracciammo a lungo assaporando a pieno la sensazione dei nostri corpi che si toccavano di nuovo, quel calore avvolgente era mancato ad entrambi.

- Ma tua mamma? Come sta? - chiesi ancora scosso dai singhiozzi.

- Si è ripresa al meglio, adesso dovrà fare della riabilitazione. Mio padre è tornato dalla Cina, quindi starà bene. - rispose finalmente serena.

- Non mi hai detto niente. -

- No, volevo farti una sorpresa e direi che ci sono riuscita. - si allontanò per sorridermi tra le lacrime.

Non mi ero assolutamente accorto che i membri ci avevano raggiunti e stavano aspettando che lasciassi andare Diana per salutarla. Quest'ultima si lanciò tra le braccia di Taehyung e Jungkook che la accolsero entusiasti, poi abbracciò i restanti uno ad uno mentre Arianna piangeva come una fontana per la commozione. Diana mi disse che alloggiava in un hotel con l'amica e stavo già per lasciarla a malincuore, quando Arianna insistette affinchè dormisse insieme a me quella notte. La mia ragazza si premurò che la compagna di viaggio non rimanesse sola e poi ci avviammo verso l'hotel. Ebbi appena il tempo di chiudere la porta della mia stanza che Diana mi saltò letteralmente addosso. Preso alla sprovvista, sbattei la nuca contro la parete mentre lei mi travolgeva con i suoi baci pieni di nostalgia. Ma cos'era il dolore di una botta alla testa in confronto al tocco vigoroso delle sue labbra?

Niente.

- Mi sei mancato come l'aria per respirare. - confessò con il fiato corto ad un certo punto.

- Anche tu, infatti sono rimasto in apnea fino ad ora. -

Era la pura verità. Ogni giorno mi sembrava di vivere sott'acqua, i sensi ovattati e sordi, perchè senza di lei tutto era senza significato. Avrei voluto assecondare la sua foga al meglio in quel momento, ma avevo appena finito una lunga giornata di lavoro: avevo bisogno di una doccia veloce. Diana mi suggerì di fare un bagno, così avrei tolto tutta la tensione di quelle ore faticose. Accettai il suo consiglio non capendo perchè mi proponesse di rilassarmi, ma più tardi ne avrei capito il motivo.

Allora immersi il mio corpo stanco, ma pieno di adrenalina, nell'acqua calda e posai la testa sul bordo della vasca. Sentii la porta aprirsi lentamente e Diana entrò nella stanza sommersa dal vapore. In completo silenzio, si sbottonò la camicia lentamente come se si gustasse il mio sguardo incantato su di lei. Poi sfilò i pantaloni con delicatezza, mostrandomi l'intimo rosso di pizzo che conoscevo molto bene e che tolse senza esitazione. Tornai di nuovo in apnea, ma a causa della sua bellezza naturale che amavo follemente ogni giorno di più. I miei occhi non la mollarono nemmeno per un secondo, la seguirono mentre si avvicinava ed affondava nell'acqua insieme a me. La vasca non era molto grande, così si sdraiò su di me facendo scontrare i nostri corpi che non aspettavano altro. Le nostre bocche parlarono per noi, imbastendo discorsi movimentati e lussuriosi. Non riuscivo a non toccarla ovunque, perchè volevo sentirla di nuovo totalmente mia. E lei fece lo stesso, come se volesse ricordare perfettamente ogni mia forma e curva. Allentammo ogni freno sulla ragione cosicchè i nostri istinti potessero guidarci dove desideravano. I nostri gemiti si mescolarono insieme al rumore dell'acqua che avvolgeva il nostro momento di rivincita. Avevamo vinto la battaglia contro il destino che ci aveva voluti separare per così tanto tempo, ne eravamo usciti più forti ed uniti di prima. Mi sorpresi di aver dimenticato quanto fosse ogni volta più bello e travolgente fare l'amore con lei.

- Ti amo. - disse alla fine.

- Anch’io. Troppo. - mi rispose lei tra gli affanni soddisfatti.

Quando uscimmo dal bagno, la nostra pelle si era quasi cotta per la nostra lunga permanenza nell’acqua calda. La lasciai rivestirsi a malincuore, incantato dai suoi gesti naturali, e solo dopo mi accorsi che aveva indossato una mia camicia. Quella camicia che mi riportò indietro nel tempo di quasi un anno, in quella camera di hotel dove avevamo fatto l’amore per la prima volta.

Repressi la voglia matta di strapparle quel misero indumento, ma la colpii alle spalle con un abbraccio pieno di malinconia. Inspirai il profumo dei suoi capelli e della sua pelle a pieni polmoni, ancora non riuscivo a metabolizzare che fossi di nuovo accanto a me. Si voltò tra le mie braccia per guardarmi e capii che anche lei stava provando le mie stessero emozioni, quell’euforia smisurata che riuscivamo a controllare faticosamente. I suoi occhi brillavano di una luce che era rimasta spenta per troppo tempo, invece adesso poteva persino accecarmi. Poi lentamente si affievolì come il suo sorriso contagioso, e forse potei immaginare quale fosse il motivo.

- Jimin, mi dispiace per tutto. - disse lei confermando i miei dubbi. - Ti ho mancato di rispetto e mi sono comportata come una bambina capricciosa. Mi sarei meritata di essere lasciata, ma tu non l’hai fatto. Non meritavi di essere trattato così. - sospirò appena ed abbassò lo sguardo dispiaciuto. - Volevo scusarmi di persona e ringraziarti per avermi permesso di restarti ancora accanto. -

La sua presa sui miei fianchi diventò più salda e decisa come per sottolineare quanto fosse grata nei miei confronti. Mi aveva fatto infuriare, era la verità, però non volevo che si sentisse così in colpa. Ero arrivato a dubitare della sua fedeltà e del suo amore, quindi anch’io in qualche modo avevo commesso un errore. Eravamo pari, in un certo senso; o almeno io volevo pensarla in quel modo.

- Non voglio le tue scuse, amore mio. Ne abbiamo già parlato e non roviniamo il nostro momento, ok? -

Nel frattempo avevo sollevato il suo mento con le dita e lei mi aveva sorriso di nuovo cancellando ogni traccia di tristezza. Poi gli angoli della sua bocca meravigliosa si alzarono in un’espressione furba, mentre le sue mani corsero sul colletto del mio pigiama. Ricambiai il suo sguardo sperando che facesse proprio ciò che stavo aspettando ardentemente.

- E allora cosa vuoi?- chiese infatti con la voce talmente suadente da far smuovere ogni fibra del mio corpo.

Rimandai la risposta per un momento, perché la mia mente era concentrata sui suoi gesti che stavano sbottonando la maglia lentamente. Non ero obbligato a parlare, entrambi sapevamo fin troppo bene cosa desiderassimo. La mia pelle gridò di piacere quando i suoi polpastrelli tracciarono disegni contorti sul mio addome, ripassando con insistenza i contorni dei miei muscoli tesi.

- C’è bisogno di rispondere? -

- Bè, potrei non aver capito bene. -

Sollevai un sopracciglio di fronte a quella spudorata bugia che era servita solamente a provocarmi ancora di più.

- Mi impegnerò di più, allora. -

La sollevai afferrando le sue cosce con forza e la lasciai cadere sul letto per stendermi sopra di lei. La stessa voglia che mi scuoteva tutto il corpo, la vidi nei suoi occhi azzurri carichi di lussuria. E così ci ritrovammo di nuovo nudi, l’uno sopra l’altro, che ricominciamo daccapo il nostro percorso fatto di passione e godimento.
 

"Change the rules." - Baepsae 








 

Hellooooo
Ecco qua il POV di Jimin, spero vi faccia sciogliere il cuore <3
Avevo calcolato male i capitoli, prima del luuuuungo epilogo ce ne sarà un'altro più leggero e spesierato ;)
Non so se ho precisato questa cosa, ma ci tengo a dire che Diana prende la pillola, non vorrei 
che il tutto venga interpretato male.
Mi fa molto "ridere" scrivere questi capitoli zuccherosi perchè io sono la persona più antiromantica 
del mondo, tanto che non ho mai letto romanzi d'amore o cosa simili ahahahaa
Quindi spero di non aver scritto cafonate e che vi piaccia XD
Inzia il contro alla rovescia per la fine e io piango un po'
Grazie davvero per avermi accompagnato fino a qui, ve ne sono molto grata <3
A presto!

-Arashi- 

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Capitolo 68
*** Epilogo pt 1 ***


Epilogo pt 1


3 anni dopo


{Diana}


I BTS continuavano a far sognare milioni di Army in tutto il mondo, ma la scadenza del loro contratto si avvicinava sempre di più. Ancora nessuno sapeva cosa avrebbero deciso e forse tutti cercavano di non pensare ad un eventuale scioglimento. Avevano trascorso troppi anni insieme, condiviso troppe emozioni e traguardi che era difficile immaginarli ognuno per la sua strada.

A parte questo, io e Jimin avevamo trovato la nostra armonia, nonostante il nostro passato alquanto turbolento, ma non potevamo essere più felici. Un anno dopo il mio ritorno a Seoul, l'agenzia aveva deciso di ufficializzare la nostra relazione onde evitare un bombardamento mediatico e, per fortuna, era stata accolta abbastanza bene dai fan. Da quel momento, però avevamo dovuto sacrificare ancora di più i nostri piccoli momenti di svago, perchè venivamo assaliti dai fan non appena mettevamo piede fuori di casa. Era stato un periodo piuttosto stressante per entrambi, ma ci eravamo sostenuti a vicenda fino in fondo e non eravamo mai crollati. Abitavamo sempre nel solito appartamento che avevamo persino pensato di vendere per cercarne uno più grande, ma vi eravamo troppo affezionati. Quella casa aveva assistito al nostro incontro, ai nostri litigi, alla nascita del nostro amore, quindi non potevamo lasciarla così facilmente. E poi c'erano gli altri ragazzi a pochi passi da noi, sempre pronti ad ascoltarci. Erano parte integrante della nostra vita, non riuscivo ad immaginare la nostra quotidianità senza di loro. Inoltre avevo un'altra persona accanto che non mi sarei mai aspettata: Arianna. Dopo quella notte di fuoco con Yoongi, il giorno della fansign di tre anni prima, aveva fatto la pazzia di trasferirsi nella capitale sudcoreana per inseguire il suo amore. All'inizio il rapper non l'aveva presa benissimo perchè era piuttosto diffidente al riguardo, ma stavano insieme ormai da due anni con i loro alti e bassi; sapevo che prima o poi anche loro avrebbero trovato un loro equilibrio.

Per quanto riguarda gli altri cinque, non avevano avuto relazioni serie, soprattutto per il poco tempo che avevano a disposizione. Speravo solo che ognuno di loro potesse essere felice un giorno perchè nessuno se lo meritava più di loro.

- Perchè stai sorridendo come una stupida? - scherzò Jimin seduto di fronte a me con i suoi grandissimi occhiali scuri.

- Niente, stavo solo pensando ai ragazzi. - ammisi facendo spallucce.

- Cioè, siamo io e te da soli a Busan e tu pensi a loro? Potrei quasi essere geloso. - finse il broncio prima di buttare giù una manciata di noodle piccanti.

- Porta rispetto, sono più grande di te in questo momento.

- Oh, hai ragione. Bisogna trattare con cura le vecchie. - 

Si beccò una pacca sulla mano che gli fece scivolare via le bacchette. Mi lanciò un'occhiata maligna perchè aveva appena rischiato di schizzarsi tutta la camicia bianca. Guardai verso il porto, ricco di barche ed edifici enormi, il mare ondeggiava tranquillo sotto il sole primaverile e non potei fare a meno di ricordare il nostro primo bacio. Quel momento era talmente vivido ed intenso nella mia mente che sembrava essere passato solo pochi mesi da allora. Sorrisi di nuovo verso Jimin che si stava scattando un selfie con le dita in segno di vittoria.

- Ti avvicini ai trent'anni, ma sei sempre lo stesso. -

- Lo faccio solo per gli Army. - rispose soddisfatto e finalmente ci alzammo dal tavolo del ristorante.

I genitori di Jimin ci accolsero a braccia aperte, era davvero da molto tempo che non li vedevamo. Jimin era tornato nella nostra città natale qualche volta per salutarli, mentre io andavo sempre in Italia in quei periodi. Quel giorno, il mio compleanno, avevamo deciso di mantenere la nostra lontana promessa. Così prendemmo due bici e pedalammo verso il viale alberato che non vedevamo da tredici anni.

Tutto sembrava essere stato congelato nel tempo, ogni ciliegio era al suo posto, carico di fiori rosa. Mi pentii subito di non essere più stata lì perchè sentii un'emozione unica nel suo genere invadermi tutto il corpo. Posammo le bici sul ciglio della strada e rividi noi due adolescenti correre verso il prato sommerso di petali in preda all'entusiasmo. Jimin mi prese per mano e si fermò proprio dove mi aveva detto della sua partenza. Quella volta non avrei lontanamente immaginato come sarebbe diventata la mia vita e soprattutto che il destino mi guidasse di nuovo tra le sue braccia. Posai la testa sulla spalla dell'uomo che volevo al mio fianco per tutta la vita e non sentii nemmeno un accenno di tristezza, ero felice di fronte a quelle fronde che danzavano sotto la brezza primaverile. Non c'era bisogno di parlare, il silenzio diceva molto di più: raccontava tutte le emozioni che agitavano i nostri cuori. Jimin protese una mano in silenzio mentre i piccoli petali ondeggiavano pigri verso l'erba.

- Dai, non crederai... - mi bloccai con la bocca aperta quando un fiorellino si posò sul suo palmo con delicatezza.

Ricordai quando rimasi con la mano tesa invano, come se tutti i fiori volessero evitare il mio tocco, come se avessero voluto negarmi anche quella lieve speranza di rivederlo. Ma la ragazzina che si sentiva sola ed abbandonata dal suo migliore amico, non c’era più da molto tempo.

- Perché abbiamo aspettato così tanto? - chiese mentre cercava di incastrare il fiore tra i miei capelli.

- Perché siamo due idioti. - risposi e lo lasciai giocherellare con le mie ciocche come faceva sempre.

Mi spinse dolcemente e per un po’ tornammo quei due bambini che non avrebbero mai immaginato di amarsi ogni giorno di più.


 

- Si sta facendo freddo, forse è meglio se ci sbrighiamo. - disse Jimin rivolgendo lo sguardo verso il cielo tinto dai caldi colori del tramonto.

- Non c'è bisogno di correre. - lo rimproverai cercando di farlo rallentare.

Raggiungemmo le biciclette e lui montò in sella pieno di energie come un ragazzino. - Vediamo chi arriva prima? Il perdente lava i piatti per una settimana! - disse entusiasta.

- Ehm...non credo che sia una buona idea. -

Jimin mi guardò perplesso perchè mi conosceva fin troppo bene da sapere che non avrei mai rifiutato una sfida.

- Ti senti male? -

- Ecco...non credo che sia molto salutare pedalare così veloce per una donna incinta. - sorrisi con un'espressione ingenua.

Il suo viso si trasformò in una maschera sconvolta, tanto che mollò la presa sul manubrio e la bicicletta cadde di lato sull'asfalto con un rumore metallico.

- Cosa hai detto? Mi stai prendendo in giro? -

- Volevo aspettare il momento giusto per dirtelo, ma...credo che sia proprio questo. - mi grattai la nuca quasi in imbarazzo.

Lui stropicciò le labbra carnose e si avvicinò a me lentamente come se potessi esplodere da un momento all'altro; mi faceva solo una grande tenerezza.

- Da quanto...? - sussurrò, quando si fermò di fronte a me.

- Da tre mesi, sono stata brava a nasconderlo. Ancora non si vede niente. - ammiccai fiera di me.

Mi fissò intensamente per qualche istante e non riuscii a decifrare le sue emozioni, ma all'improvviso mi prese il viso tra le mani e mi baciò con forza. In quei tre mesi mi ero chiesta come avrebbe reagito alla notizia, in fondo non ne avevamo mai parlato, soprattutto a causa di quel brutto episodio con Pietro. Non potevo sapere se si sentisse pronto per fare il padre e nemmeno se fosse il momento adatto per avere un figlio, però ero certa che sarebbe stato un padre meraviglioso.

Quando avevo scoperto la gravidanza, ero corsa da Arianna perché ero molto spaventata. Grazie a lei, ero riuscita a trasformare quella paura in gioia ed avevo deciso di aspettare qualche mese prima di dirlo a Jimin. E Con a quel gesto capii che era felice, infatti sorrise sulle mie labbra tenendomi stretta e così sospirai di sollievo.

- E' il tuo compleanno, ma sei stata tu a farmi un regalo stupendo. -

Quasi mi commossi sentendo quelle parole e tutti i dubbi che avevo volarono via insieme alla brezza leggera.

Per tutto il tragitto di ritorno, mi trattò come un malato in riabilitazione: qualsiasi sforzo facessi, controllava che stessi bene. Si preoccupò persino per il volo e dovetti quasi minacciarlo di morte per farlo smettere. Sull'aereo non parlammo d'altro e lui sembrava veramente entusiasta, quella sua allegria era davvero appagante.

- Dovremmo decidere il nome. - disse dopo aver posato la mano sulla mia pancia per la milionesima volta.

- Non sappiamo nemmeno se sia maschio o femmina. -

- Potremmo pensare ad un nome neutro, così andrà bene in qualsiasi caso. -

Non aveva tutti i torti, allora iniziai a pensare a qualunque cosa avesse un significato per noi due, quando un'idea si formulò nella mia mente.

- Che ne dici di Young? Significa fioritura, in qualche modo è vicino ai fiori di ciliegio. -

Vidi i suoi occhi accendersi di esaltazione, poi disse. - Solo Young? Dovremmo aggiungere qualcos'altro. -

Ci scambiammo uno sguardo d'intesa e, come se fossimo telepatici, decidemmo silenziosamente quale sillaba avremmo aggiunto. Entrambi non vedevamo l'ora di dare quella notizia ai ragazzi, eravamo troppo curiosi di vedere le loro reazioni. Infatti quella sera stessa invitammo tutti e sei nel nostro appartamento per un dopocena tranquillo, o almeno a loro facemmo credere questo. Erano tutti stanchi come sempre, ma non avevano rifiutato il nostro invito. Arianna era in Italia in quel periodo ed avrei voluto che fosse lì con noi per assistere all'annuncio. Si erano ammassati in salotto tranne Tae e Jungkook che si erano alzati per offrire le birre ai loro amici e poi mi porse una bottiglia.

- Non bevo stasera. - Tutti mi guardarono come se avessi detto una bestemmia in aramaico antico.

- Hai deciso di disintossicarti dall'alcool? - mi schernii Namjoon sorridendo dietro ai suoi occhiali tondi, sembrava davvero che fossi diventata un’alcolizzata.

- Ecco..io e Jimin dobbiamo dirvi una cosa. - annunciai cogliendo la palla al balzo.

- Vi sposate? Finalmente! - urlò Hoseok e tutti iniziarono ad applaudire.

Jimin rise di gusto e gli disse che erano fuori strada, così tutti tornarono a guardarmi con aria confusa.

- Sono incinta. -

Fissai uno ad uno negli occhi mentre un silenzio indecifrabile calò nella sala, nemmeno i loro respiri si sentivano. Poi Hoseok si coprì la bocca e scoppiò a piangere proprio come un bambino. Jungkook era letteralmente sotto shock con la bocca spalancata, mentre Yoongi continuava a rimbalzare lo sguardo da me a Jimin, come se si stesse chiedendo in che modo funziona la riproduzione tra due mammiferi. Namjoon e Jin avevano gli occhi lucidi e cercavano di mantenere un certo contegno, mentre Taehyung rimase pietrificato con la bottiglia in mano.

- Devo preoccuparmi sul serio? - chiese Jimin rompendo il silenzio.

Finalmente si mossero all'unisono e mi bombardarono di domande, ma intravidi Tae che stava fissando sconvolto il pavimento. Lasciai tutti i ragazzi andare da Jimin e mi sedetti accanto a lui per capire cosa lo tormentasse così tanto.

- C'è qualcosa che non va? -

Inclinò la testa verso di me sorridendomi. - No, per niente. Sono contentissimo per voi, non mi aspettavo per niente una cosa del genere. Sai quanto adoro i bambini, no? Un giorno spero di essere felice come voi due. -

Non c'era tristezza nella sua voce, mi aveva sempre detto che ci ammirava come un modello da seguire. Aveva sempre fatto di tutto per spingerci tra le braccia dell'altro ed in parte era stato anche merito suo. Per questo io e Jimin avevamo pensato ad un modo per ringraziarlo di tutto l'amore che ci aveva dimostrato ed io dovevo scusarmi per avergli chiesto di mentire anni prima.

- Sicuramente trovai la persona giusta, quando meno te lo aspetti. - posai una mano sulla sua, grande e sottile, e lui mi ringraziò sottovoce.

Poi Jimin alzò la voce per sovrastare il vociare dei suoi compagni, così io e Tae ci alzammo dal divano.

- Vuoi dire tu come si chiamerà? Me lo stanno chiedendo in continuazione. -

Guardai il ragazzo che avevo accanto, tirai fuori un biglietto scritto a mano e lasciai che lo leggesse ad alta voce.

- Taeyoung. -

Tae spalancò gli occhi scuri incredulo perchè quel nome si pronunciava esattamente come il suo, anche se aveva un significato diverso e speciale. Si portò una mano sugli occhi mentre una smorfia di commozione increspò le sue labbra ed iniziò a singhiozzare. Lo abbracciai dolcemente mentre tutti ridevano e lasciavano delle flebili pacche sulle spalle di Jimin.

- Io...non so cosa dire. - mormorò lui con la voce soffocata dalle mia braccia.

- Non dire niente. Sarai lo zio Tae di Tae. - Risi mentre lui affondava il viso bagnato tra le mie braccia.

- Grazie. - disse infine.

Sorrisi al mio ragazzo che contraccambiò felice e poi ci stringemmo in unico abbraccio di gruppo come una vera famiglia. Nostro figlio o figlia avrebbe avuto un padre meraviglioso e sei zii altrettanto fantastici, poteva considerarsi il bambino più fortunato del mondo ed io la persona più amata di chiunque altro.











Allooooora
So che il capitolo è molto più lungo degli altri, ma non sapevo davvero come spezzarlo.
Dopo una lunga riflessione ho deciso di non pubblicare il capitolo che avevo detto.
Mi sembrava sufficiente passare al finale, anche perchè era un episodio poco rilevante. 
Anticipo che il prossimo sarà quello conclusivo di sicuro. 
Ebbene ho voluto fare questo regalino ad Arianna visto che ha aiutato Diana XD
E pure a Tae che mi è sempre sembrato il più romanticone ahhaha

Sinceramente non avrei mai pensato che riuscissi a sviluppare un finale del genere, 
mi riferisco alla gravidanza di Diana, ma l'ho proprio immaginato così e lasciato tale. 
Spero che vi faccia un po' emozionare come ha emozionato me mentre lo scrivevo. 
Grazie a tutti come sempre <3
Ci vediamo presto per il finale ;;

-Arashi- 

 

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Capitolo 69
*** Epilogo pt 2 ***


Epilogo pt 2 


3 anni dopo
 

{Jimin}


- Lo zio Tae mi ha regalato questo! - disse Taeyoung mostrandomi il dito paffuto che navigava all’interno dell’anello tempestato di gemme colorate.

- Che bello! È un anello molto prezioso, non lo perdere. - feci l’occhiolino a quella chiacchierona di mia figlia.

Si voltò trionfante e saltellò verso Diana urlando a gran voce che era diventata la fidanzata dello zio Tae. Poi trotterellò di nuovo verso il divano, dove Taehyung la sollevò per farla sedere di accanto a lui.Vidi il suo viso illuminarsi mentre interagiva con mia figlia, stravedeva per lei.

Erano passati tre anni dalla sua nascita, ma ricordavo ancora come stava per svenire al posto mio il giorno del parto. Diana aveva concluso da qualche giorno i nove mesi di gravidanza e tutti stavamo aspettando all’ospedale. I dottori mi aveva consigliato di rimanere fuori dalla sala parto perché avevano visto che ero troppo agitato per assistere. Mi sentivo le gambe di gelatina e stavo per vomitare persino gli occhi dal nervoso. Ma non sembravo io il padre, Taehyung era pallido ed immobile come una statua seduto su una sedia nel corridoio. Infatti un’infermiera aveva chiesto se fosse lui il padre perché sembrava rischiare un infarto da un momento all’altro.

- Lo zio è mio! - strillò la bambina attaccandosi al collo dello zio sorridente, sapevo che era una frecciata alla fidanzata di Tae: Hiseul.

Fin dai sui primi mesi il mio compagno era sempre stato presente, come tutti gli altri del resto, ma lui aveva un posto speciale nel cuore di mia figlia. Si vedeva da come lo cercava ogni giorno, da come ci giocava ed era persino diventata gelosa di Hiseul. Quest'ultima e Tae si era incontrati assolutamente per caso, come aveva predetto Diana, poco dopo la nascita di Taeyoung. Ci aveva sempre raccontato di essere rimasto incantato dai suoi occhi fin dal primo momento e da allora non si erano mai lasciati. Ero felice per loro ed ero convinto che fossero perfetti per stare insieme. 

- Cosa avrà mai di tanto speciale Taehyung rispetto a noi. - borbottò Hoseok.

- Tae, spiega allo zio antipatico il motivo. - la incitò Tae.

- È il più simpatico e mi fa sempre dei bei regali. - rispose lei con la vocina stridula.

- Bravo! Compri una ragazzina con i regali! - scherzò Namjoon.

- Non é vero, mi vuole bene a prescindere. -

- Taeyoung, di un po’ a tutti cosa ti ho insegnato! - esclamò Jin all'improvviso con la sua solita irriverenza.

- Lo zio Jin è il più bello del mondo. - rispose lei al comando mentre giocherellava ancora con l’anello.

- Oh, andiamo. Mi sarei aspettato che gli insegnassi Wordwide Handsome. - si lamentò Tae scherzosamente.

- Ci stiamo lavorando su, tra qualche mese ce la farà. - ammiccó Seokjin fiero della sua creatura.

Avevo sempre saputo che i miei compagni avrebbero trattato Taeyoung come una loro figlia, ma vederlo ogni giorno con i miei occhi, era una sensazione indescrivibile. Guardai Diana che stava pensando sicuramente la mia stessa cosa perché ne parlavamo spesso a casa; entrambi non potevamo chiedere di meglio. Poi squillò il citofono all'improvviso e così mi allontanai per aprire la porta ai soliti ritardatari, scendere una rampa di scale sembrava volerci un'ora per loro.

- Nonno Yoongi! - strizzò la bambina correndo verso l'ingresso.

- Ancora con questa storia? - disse il rapper mentre la issava tra le braccia. - Poi non sono il più vecchio qui dentro. -

- No, tu sei sempre stato vecchio. - rispose Jungkook dietro di lui con il suo tipico sorriso da coniglio.

Ci sistemammo tutti in salotto per trascorrere qualche ora insieme come eravamo soliti fare appena ne avevamo la possibilità. Diana mi sorrise con due dolci fossette sulle guance e poi tornò a guardare la nostra bambina che stava giocando con Yoongi: persino lui aveva lasciato da parte quella sua armatura apatica di fronte a lei. Sembrava trasformarsi in un'altra persona e faceva di tutto per spodestare Tae dal suo piedistallo di “Zio migliore”. Ogni volta finiva carponi con mia figlia sulla schiena che lo cavalcava a mo di destriero del far west; era sempre così esilarante quella scena che potevamo rimanere a guardarli per ore. Jungkook salvò il cavallo Yoongi chiamando Taeyoung per farla sedere sulle sue cosce.

- Farai innamorare tutti i ragazzi della scuola quando sarai grande. - disse.

Sapevo perche l'avesse detto, mia figlia era l'esatta unione di me e Diana. I suoi tratti erano prettamente asiatici, forse la linea a mandorla degli occhi era leggermente meno marcata, ma mi somigliava davvero molto. I capelli erano un bel castano scuro, dritti come spaghetti, ma le iridi erano quelle di sua madre: azzurre e luminose. Quegli stessi zaffiri che mi avevano fatto innamorare, li aveva aveva ereditati e sicuramente avrebbero catturato il cuore di qualcuno un giorno.

- Non voglio. -

- E perchè?-

- Io sono la fidanzata dello zio Tae. - ripetè di nuovo mostrando l'anello con fierezza.

- Bravissima! - esclamò il "fidanzato" esaltato.

- Usate mia figlia come una cavia, che bravi zii. - esclamò Diana ridendo.

- Namjoon, uno dei maknae ci ha battuti sul tempo. Dobbiamo rifarci. - Jin sgomitó il suo vicino.

- Pensa per te, io sto bene così. -

Partirono dei fischi da stadio in tutto il salotto e Jungkook provó ad insegnare persino a Taeyoung come fare, ma arricciava le labbra carnose senza riuscirci.

- Che carina!- esclamó il più piccolo toccandole il labbro inferiore con l'indice. - Me lo dai un bacino? - si indicò la guancia che Taeyoung prontamente baciò per poi riportare l'attenzione sull'anello.

Continuammo a parlare per un po' di qualsiasi cosa ci venisse in mente, soprattutto ricordammo i vecchi tempi ed il periodo turbolento tra me e Diana. Loro ci avevano sempre detto che eravamo destinati a stare insieme, invece io non l'avevo mai capito. Avevo sempre sognato, sperato e pregato per ottenere tutto ciò che avevo in quel momento; facevo fatica a crederci ancora. Il tempo volò letteralmente e ci accorgemmo di quanto fosse tardi quando Taeyoung si addormentò tra le braccia di Jungkook. Raccolsi la piccola addormentata premurandomi di non svegliarla e salutai tutti con un cesto della mano mentre camminavo verso la sua cameretta: la vecchia stanza di Diana. La adagiai delicatamente sotto le coperte e tornai dalla mia compagna che si stava cambiando in camera, così mi fermai sulla soglia per osservarla. Non era cambiata molto dopo la sua gravidanza, solo il suoi fianchi si era leggermente allargati, ma non aveva mai rinunciato ai suoi allenamenti con il suo sensei.

Per me era sempre più bella.

Posai le mani sulla sua vita e la costrinsi a voltarsi per baciarla intensamente come non facevo da un po' di tempo. Quando Diana si allontanò timorosa, la rassicurai che Taeyoung stava dormendo profondamente e così ci concedemmo quel momento di pace per lasciare andare i nostri istinti.

 

Doveva essere notte fonda, quando sentii Taeyoung chiamarmi nella penombra. Accesi la lampada sul comodino e la vidi stropicciarsi gli occhi con le manine paffute mentre singhiozzava piano.

- Che succede? - le chiesi e le feci cenno di avvicinarsi al bordo del letto.

- Papà, ho fatto un brutto sogno... - disse piano.

- Dov'è Chimmy? - chiesi perchè non si separava mai dal suo adorato cagnolino di peluche.

- E' di là, ma è tutto buio... - la sua vocina si spezzò per il pianto, mi intenerì molto.

- Vieni qua, piccola. - la invitai ad intrufolarsi sotto le coperte calde e si accomodò nel centro del letto.

Subito si accoccolò contro il mio petto ed io la strinsi a me sussurrando che tutto andava bene, visto che mamma e papà erano lì per lei. Anche se Diana non si era assolutamente accorta di tutti quel "trambusto" perchè dormiva a bocca aperta. Negli ultimi tre anni non era mai successo che si svegliasse prima di me, sarebbe potuta scoppiare una bomba e lei sarebbe rimasta a dormire tranquillamente.

Così la richiamai, spingendola con un piede, e lei borbottò parole senza senso in italiano, forse mi stava offendendo.

- Adesso la mamma va a prenderti Chimmy. -

- Cosa? Jimin, ma a quest'ora...- si interruppe quando realizzò cosa stava succedendo. - Oh, aspetta. Lo porto subito. -

Si alzò e tornò con il pupazzo tra le mani che Taeyoung incastrò tra noi due per abbracciarlo forte. Continuava a piagnucolare borbottando che aveva avuto tanta paura e non voleva tornare nella sua cameretta.

- Tesoro, cerca di dormire adesso. - le sussurrò Diana scostandole una ciocca dal viso.

- Papà... - mi supplicò con i suoi occhioni azzurri.

Ogni volta che faceva quello sguardo, mi scioglievo completamente, anche quando la rimproveravo per qualcosa. Per questo veniva sempre da me in caso di bisogno, Diana aveva più man forte e spesso non gliela faceva passare liscia. Per farla breve: io la viziavo.

- Vuoi che ti leggo una favola? - chiesi rivolgendo lo sguardo verso il comodino dove era posato Racconti perduti.

Taeyoung scosse la testa sul mio petto e forse capivo perchè non volesse: sapeva quei racconti a memoria ormai, quasi tutte le sere ne leggevamo uno per aiutarla ad addormentarsi. E come la madre, il suo preferito era La città di Smeraldo.

- Perchè non le canti una ninnananna? - propose Diana che si era avvicinata a noi per avvolgerci con un braccio.

Guardai nostra figlia che tentava disperatamente di tenere gli occhi aperti, ma stava fallendo. Così decisi di aiutarla ed iniziai con la canzone che aveva unito il nostro passato. Intonai piano il ritornello di Spring Day mentre Diana mi guardava con gli occhi lucidi e luccicanti. Non avevo mai cantato quella canzone per nostra figlia ed in quel modo stavo condividendo con lei qualcosa che era stato fondamentale nella nostra vita, che aveva portato al nostro amato presente. La piccola finalmente si lasciò andare al sonno e Diana le baciò piano la testolina prima di stringerei entrambi ancora più forte. Quei gesti spontanei ed incredibilmente dolci affollavano la nostra quotidianità che ogni volta mi scaldavano il cuore. Eravamo la famiglia che avevo sempre sognato, ma mancava ancora un dettaglio per completare il tutto.

- Amore.- richiamai sottovoce Diana dopo qualche istante.

Lei alzò gli occhi assonnati su di me, forse l’avevo svegliata di nuovo, ma sentivo che quello era il momento adatto.

- Dimmi.- mi incoraggiò.

- Ci sposiamo?- chiesi senza troppi giri di parole.

Vidi i suoi occhi ingrandirsi nella penombra per la sorpresa e la spontaneità con cui l’avevo detto. Ne avevamo già discusso in passato, ma la nascita di Tae aveva rimandato ogni piano. In più eravamo sempre stati d’accordo che potevamo essere una famiglia anche in quel modo. Però sapevo quanto Diana ci tenesse anche se affermava l’esatto contrario, ormai riconoscevo quando mentiva.

- Ma avevamo detto che non importava, che eravamo felici così. - disse lei quasi balbettando.

- Lo so, ma Taeyoung ha cambiato tutto. Ci ho riflettuto molto e voglio che lei cresca come una bambina normale in una famiglia stabile e sicura. Non sto dicendo che non lo siamo, però voglio che tutto sia perfetto per lei. - confessai mentre accarezzavo la guancia della ragazza che amavo più della mia stessa vita.

Quasi si commosse sentendo le mie parole, poi si allungò verso di me per baciarmi intensamente.

- Diventerò la signora Park, allora. - rise sulle mie labbra.




Fine.









 

Wow..
Vi giuro che ancora non ci credo di aver finito questa storia..
Va avanti da agosto dell'anno scorso e mi sembra ieri quando ho iniziato a pubblicarla. 
Avrei un sacco di cose da dire, ma cerco di farla breve per non annoiarvi.
Ho voluto mostrare la piccola Taeyoung, ma non ho specificato il futuro dei BTS perchè
non voglio nemmeno pensare a quando si scioglieranno. Quindi lascio a voi il beneficio del dubbio. 
Non ho parlato di Arianna perchè volevo che questo capitolo fosse concentrato solo su loro 7 e Diana ovviamente. 
Spero davvero che questa storia vi sia piaciuta, come il finale. 
Ringrazio infinitamente chi ha sempre recensito e chi è rimasto con me fino alla fine.
Vi sarò sempre grata perchè mi avete spinto a concludere il mio lavoro e spero vi abbia soddisfatto <3
Come ho già detto, sto abbozzando una nuova Fanfiction diversa da questa e Jimin sarà il protagonista (non riesco a tradire il mio bias XD).
Però ho molti dubbi e la trama è alquanto complicata, quindi non so tra quanto tempo tornerò.
Abbiate solo un po' di pazienza, ma prometto che mi farò viva in una veste diversa!
Questo è tutto, alla prossima *con una lacrimuccia*
Mi mancherà aggiornare ;;
A presto!

-Arashi-








 

 

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