Il morso del diavolo

di G RAFFA uwetta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 - L'urlo inghiottì il silenzio ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 - Harry Potter è morto ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 - Crucio ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 - Una corsa contro il tempo ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 - Ti chiedo perdono, Lily ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 - Le mille e una nota di Mastro Merlino ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 - Lily... after all this time? Always ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 - Quando le certezze si sgretolano lasciano il posto ad un autentico sorriso ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 - Accadde tutto in un giorno ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 - Continuò ad accadere in quello stesso giorno ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 - Ti ho donato il mio cuore su un piatto d'argento, non farmene pentire ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 - Ti guardo impotente frantumare la mia anima ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 - Come pittori affreschiamo tele... ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 - ...diventeranno le tessere del mosaico della nostra vita ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 - Distruggo me stesso... ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 - ... per far nascere un nuovo io ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 - Ogni filo... ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 - ...trova sempre il suo nodo ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 - Veleno ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 - Ad ognuno... ***
Capitolo 21: *** Cap. 21 - ...le proprie strategie ***
Capitolo 22: *** Cap. 22 - Il duello... ***
Capitolo 23: *** Cap. 23 - ...e le sue conseguenze ***
Capitolo 24: *** Cap. 24 - Una casa in rovina ***
Capitolo 25: *** Cap. 25 - Un duro confronto ***
Capitolo 26: *** Cap. 26 - La fine dei giochi ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 - L'urlo inghiottì il silenzio ***


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Il morso del diavolo

Cap. 1 – L’urlo inghiottì il silenzio

Privet Drive non era mai stata così poco frequentata come quella sera del 20 giugno. Infuriava una terribile tempesta e i lampi illuminavano il cielo disegnando guizzanti saette che scuotevano nel profondo gli animi, i tuoni percuotevano i vetri facendoli tremare così tanto da rasentare la rottura. Pesanti scrosci d’acqua si riversavano sul suolo che ormai era diventato una palude mentre venti impetuosi sferzavano e piegavano al loro volere le piante inermi e mulinelli di foglie danzavano impazziti. Proprio in quel momento, le luci dei lampioni lampeggiarono debolmente per poi spegnersi del tutto; anche le finestre, disperati occhi ciechi, rimasero buie, in attesa.

Nell’aria densa, i tuoni coprirono il cigolio di una porta che si aprì fagocitando tre losche figure che frettolosamente raggiunsero la macchina parcheggiata nel vialetto della loro abitazione anonima. Subito dopo, con circospezione, una quarta ombra raggiunse le precedenti; venne acceso il motore e, a fari spenti, l’auto si allontanò lungo la via, incurante del diluvio che rendeva impraticabile la guida.

Poco importa cosa avvenne all’interno dell’abitacolo, quello che ci interessa sapere è la destinazione dell’auto. Intanto, la tempesta era scemata e languiva lontana, in un turbine di luci e brontolii, laggiù, verso l’orizzonte. Dopo parecchi chilometri, guidati con prudenza, l’auto si fermò ai margini di un parco trascurato; ne scese la più piccola delle figure che, con passo strascicato, si inoltrò tra la vegetazione. L’auto partì quasi sgommando, sicuramente felice di aver lasciato indietro quel pesante fardello.

Il parco era isolato, relativamente buio e soprattutto abbandonato. Il giovane arrancò verso un circolo di panche di legno, era evidente la conoscenza del luogo, vista la sicurezza con cui si muoveva al buio. Prese posto sul legno e si rannicchiò sperando di proteggersi dal fresco venticello e dalla bruma che si alzava dai campi bagnati. Passò un po’ di tempo e il giovane, ormai infreddolito e stanco, cercò conforto scaldandosi le dita intorpidite con il fiato. Nel mentre, un leggero sibilo attirò la sua attenzione facendolo inevitabilmente rabbrividire dall’ansia. Sebbene spaventato, cercò di spostarsi per vedere meglio e, allungando le membra rattrappite, cadde riverso a terra battendo malamente la faccia; il colpo, unito al freddo che ormai aveva raggiunto le ossa, intontì il ragazzo, che rimase accasciato sul cemento umido.

Ripresosi un attimo, attraverso le ciglia socchiuse, vide un’ombra strisciare verso di sé. Allarmato, cercò di nascondersi trascinandosi all’interno delle rigogliose siepi alle sue spalle. L’ombra, però, si mosse veloce e, in un attimo, lo raggiunse. La bestia si erse in tutta la sua altezza mentre con le spire della sua coda, sfregandole tra loro, produceva una dolce melodia atta ad ammaliare la preda. Il giovane si bloccò, terrorizzato, aspettando e valutando le mosse di quello che gli sembrava il più grosso serpente mai apparso sul suolo britannico. Inconsapevolmente, dalla bocca del ragazzo con gli occhiali rotti poggiati di sghembo sul naso e le iridi fisse in quelle verticali dell’animale, uscirono suoni zufolanti e striduli che bloccarono per un attimo il grosso serpente. Sembrò tentennare, ma durò solo un battito di ciglia e, con un colpo deciso e fulmineo, spalancando l’enorme bocca, agguantò il dorso della preda e strinse.

L’urlo che si propagò nell’aria fu talmente pregno di dolore e angoscia che accapponò la pelle di alcuni passanti che, raggiunto in fretta il luogo, rimasero inorriditi ad osservare l’enorme bestia avvolgersi intorno al gracile corpo. Per evitare che il serpente incominciasse a inglobare la vittima, un uomo, recuperati dei calcinacci abbandonati lungo il ciglio della strada, incominciò una fitta sassaiola; un altro, a debita distanza, schiamazzò saltando sul ripiano ferroso dello scivolo nello spazio giochi dei più piccoli. Un terzo, attaccato alla cabina rossa in fondo al vicolo, cercò disperatamente di spiegare l’assurda situazione per ottenere dei rinforzi. Altri, scesi in strada richiamati dalla confusione, con i rami spezzati trovati in terra, cercarono di colpire la coda della bestia che frustava nervosa nell’aria. Finalmente la zona si illuminò a giorno mentre un elicottero sorvolava il cielo, costringendo il rettile a lasciare la preda e ritirarsi nell’ombra. Ormai non aveva scampo: uomini armati fino ai denti erano sulle sue tracce e presto innumerevoli colpi d’arma da fuoco crivellarono il suo corpo. Per qualche strana ragione, le forze dell’ordine si limitarono a transennare la zona abbandonando la carcassa al suo destino.

Un’ambulanza con sirene spiegate arrivò sul posto; gli uomini che ne scesero, avvezzi ad ogni tipo di sciagura, indietreggiarono agghiacciati: sul suolo, in una pozza di sangue, languiva scosso da spasmi involontari il corpo martoriato di un giovane. Le membra erano scomposte e piegate in strane angolazioni, le ossa bianche fuoriuscivano dalla carne in più punti. Sul viso emaciato spiccavano le labbra bluastre, segno evidente di una prolungata asfissia, il petto si alzava debolmente sospinto dalla scarna attività respiratoria. Gli occhi spalancati erano due pozzi vuoti, le iridi si intravvedevano appena sul candore marmorizzato di rosso. Dei rantoli sfuggivano dalle labbra semichiuse per disperdersi nell’aria umida.

La cosa più sorprendente, era rappresentata da una impalpabile luce che gli avvolgeva il corpo come un sudario, quella forma sconosciuta sembrava tenere radicato al suolo lo spirito del ragazzo che, indomito, non voleva soccombere alla morte. La luce, al massimo del suo fulgore, si divise in minuscole particelle: due di queste si posarono delicate, una sulla fronte del giovane da cui entrò rapidamente, svanendo alla vista, l’altra si depositò sul petto e lo penetrò fino a quando riuscì ad illuminarne brevemente il cuore caparbio. Il resto dell’aura magica si disperse sotto forma di pulviscolo sugli esseri viventi che attorniavano il giovane: una pace ultraterrena invase i loro cuori.

Con delicatezza, vennero portati i primi soccorsi al corpo martoriato; lacrime di pena si mescolarono ai medicinali somministrati. Il battito era così debole che furono costretti a rianimarlo per ben due volte prima di raggiungere l’ospedale. Arrivati, depositarono il fardello nelle mani esperte dei migliori medici del Paese e, dopo un fugace bacio sulla fronte del ragazzo, tornarono alle loro mansioni sicuri che i luminari sarebbero riusciti a mantenerlo in vita. Tornarono spesso a trovare quel disgraziato per tutto il tempo che rimase ricoverato.

Il ragazzo rimase in coma farmacologico per quasi un mese. Essendo stato trovato senza documenti, la polizia diramò volantini e appese manifesti per tutta Londra. Purtroppo, l’immagine stampata era quella di un corpo avvolto in un intreccio di tubicini, la faccia deforme e bluastra, certo non utile al riconoscimento. Solo gli occhi, illusoriamente aperti, risultavano stranamente vividi e intensi, smeraldi di un colore e una profondità che speravano fossero inconfondibili. Al notiziario locale, durante un servizio serale, vennero richieste alla popolazione notizie che permettessero di identificare lo sconosciuto: non si fece avanti nessuno, come se il ragazzo appartenesse ad un mondo a loro ignoto.

Finalmente, dopo settimane di attesa, il ragazzo si svegliò dal coma; spaesato, osservò il luogo che lo circondava. Un rumore improvviso alla sinistra lo spaventò a tal punto da offuscargli la vista e fargli cacciare un urlo straziante: sembrava uno sfregamento di ferraglia arrugginita che si sbriciolava. Gridò fino a cedere all’incoscienza, i medici accorsero, allarmati.

Al suo nuovo risveglio, il giovane trovò al suo capezzale visi sconosciuti ma che stranamente gli risultavano familiari. Con calma e con le dovute parole, i medici gli spiegarono la situazione; solo due lacrime gli rigarono il volto chiuso in un composto dolore. Gli chiesero anche il nome ma purtroppo il lungo silenzio e il trauma alla gola gli impedirono di parlare. Con domande accurate e mirate, i medici capirono che non aveva perso la memoria. Infatti, ricordava perfettamente chi era e soprattutto non aveva scordato gli attimi prima dell’aggressione da parte dell’animale. Provarono a fargli scrivere il nome su un foglio ma le ossa del braccio non erano del tutto saldate, impedendone l’utilizzo.

Mentre si applicavano in un semplice gioco a indovina la lettera per ottenere almeno il nome, improvvisamente, con un tonfo sordo che si propagò per i corridoi asettici, la porta si spalancò. Una figura nera si affacciò ammantata di rabbia e autorità. Il ragazzo spalancò gli occhi e, per la prima volta, dette segno di agitazione cercando di alzarsi e districarsi dai tubi che lo legavano alla macchina respiratoria. In un balzo l’uomo lo raggiunge per tenerlo saldo al materasso e, con un tono di voce mai rivolto a lui, lo ammansì fino a farlo addormentare. Poi, con calma, si volse a guardare i medici per chiedere spiegazioni.



Note dell’autrice: questa long è stata scritta di getto quasi tre anni fa, poi, è finita in un angolo dimenticata. L’ho ripresa in mano in un momento della mia vita in cui ho sentito la necessita di cambiare, di rivalutarne alcuni aspetti. Se andando avanti vi sembrerà scritta da due persone non è un’allucinazione ma il ‘me stessa’ di ieri ha trovato una sorte di pace interiore. Buona lettura e sono graditi i commenti.



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Capitolo 2
*** Cap. 2 - Harry Potter è morto ***


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Il morso del diavolo

Cap. 2 – Harry Potter è morto

Severus Piton si era sempre chiesto il perché delle cose. La sua mente analitica ricercava continuamente risposte per soddisfare il suo bisogno di avere tutto sotto controllo.

In quel momento, mentre sorseggiava un ottimo tè nero seduto nel suo studio a Hogwarts, teneva in mano una pergamena appena consegnata da un superbo falco albino: la provenienza della missiva era ovvia, la sua perplessità stava nel mittente. Infatti, oltremodo stupito, si chiedeva perché mai il suo figlioccio spediva volatili per attraversare infinite lande quando bastava semplicemente usare il camino? E ancora, cosa significava quel tono afflitto che traspare nitido dalla lettera? Troppe poche informazioni su cui avere presa resero il Professore di Pozioni maldisposto verso il ragazzo e le sue assurde richieste; un incipiente mal di testa fece capolino rendendolo inquieto e poco propenso ad accettare benevolmente quell’imminente incontro. Comunque non poteva di certo ignorare la richiesta di recarsi immediatamente a Malfoy Manor, Draco su questo punto era stato piuttosto categorico e ridicolmente accorato; quello che gli sfuggiva, invero, era il perché non potesse in alcun modo menzionare il biglietto ricevuto. Sbuffando spazientito, si accinse a raggiungere i colleghi consapevole che qualcosa di importante fosse successo se Draco era così turbato da usare dei metodi infantili per forzare la sua presenza alla Villa.

Qualche problema con Lord Voldemort? Chiese curioso Albus Silente notando il suo sguardo assorto mentre risaliva gli ultimi scalini della rampa che lo stavano portando nel grande atrio del Castello.

Come? Rispose assente Severus, mentre meccanicamente massaggiava il braccio nel punto in cui stava il marchio. Intanto, il Pozionista sorrideva tra sé: Ci casca sempre il vecchio barbagianni, mi basta fare questo gesto e tutti arrivano alla stessa conclusione. Ah sì certo, Albus, il Signore Oscuro ha attivato il marchio per richiamarci al suo cospetto, ma… si interruppe sfoderando la sua migliore espressione perplessa, ero sicuro si fosse recato fuori dal Paese per mantenere un basso profilo, visto che ormai tutti sanno del suo ritorno.

Allora non perdere tempo, Severus, lo sai quanto è importante il tempismo in questa battaglia del Bene contro il Male. Ti giustificherò io, qui, e la tua assenza si noterà appena. Lo incitò il suo mentore mentre gli occhi glauchi venivano attraversati da un lampo di preoccupazione.

Ti farò avere mie notizie appena saprò qualcosa di preciso. Asserì austero il Professore congedandosi, infine, dal Preside. Mentre inforcava il portone pensò con ironia che essere il Mangiamorte favorito del Signore Oscuro aveva dei grossi vantaggi, tra cui le uscite fuori programma e per di più non giustificate.

Smaterializzarsi era da sempre faticoso, soprattutto se si dovevano affrontare lunghe distanze, ma farlo in preda ad una leggera ansia rendeva lo spostamento decisamente disturbante. Una strana irrequietezza brulicava sotto pelle mentre, con il lungo mantello nero che si sollevava leggero a ogni passo, oltrepassava il cancello finemente cesellato. Allungò appena il braccio per sfiorare quelle volute intrecciate in un inusuale moto d’affetto: ammirava quei disegni gotici che evocavano le spire intrecciate di un serpente. Quel giorno, purtroppo, non apprezzò appieno la maestosità dell’opera d’arte: si respirava un’aria di aspettativa che trasudava dai muri di un candore gelido e gli scivolava addosso come viscida melassa; l’elfo domestico che lo accolse, dopo essersi prostrato in sgraziati ossequiosi salamelecchi, lo condusse nel grande salone.

Una magnifica stanza si offriva alla vista subito dopo le massicce porte in legno pregiato; se ci si soffermava un attimo a chiudere gli occhi, si poteva carpire il delicato profumo di bosco che le assi antiche non si stancavano di elargire agli ignari visitatori. Il pavimento, in prezioso marmo importato dall’Italia, risplendeva sotto il gioco di luce di migliaia di candele poste sugli immensi lampadari di cristallo, esempi di maestria degli abili elfi dei boschi. Pesanti tendaggi, di finissimo broccato, cadevano morbidi dal soffitto, impedendo parzialmente la vista dell’immenso giardino splendidamente curato che attorniava il Maniero. Divani e poltroncine, in velluto damascato, si alternavano a deliziosi tavolini da tè in acero rosso, posti strategicamente davanti alle vetrate opportunamente celate, quadri di antica fattura abbellivano le altrimenti spoglie pareti, vetrinette contenenti costose chincaglierie completavano l’arredamento. In un monumentale camino, sovrastato dal ritratto della famiglia e ornato con statue raffigurati dei serpenti intrecciati tra loro, scoppiettava un allegro fuoco che, purtroppo, non riusciva a riscaldare l’aura gelida che ristagnava nell’antico Maniero.

Ormai indifferente allo sfoggio di tanta ricchezza, attraversò la sala con passo sicuro. Si accorse subito della presenza del Signore Oscuro: era seduto sotto lo sguardo arcigno del ritratto di Archibald de Sournois1 e lo accolse con un’espressione esaltata sul volto serpentesco.

Bene, bene, Severus. Sibilò mellifluamente, Unisciti a noi in questo giorno di grande gloria: gioisci per la perfetta riuscita del mio piano. la sua risata satanica rimbombò macabra e fuori luogo tra le preziose opere esposte.

Con il volto impassibile, seppur l’animo colto da un brutto presentimento, cercò di intuire cosa volesse sottintendere il Mago Oscuro osservando velocemente gli astanti mentre percorreva gli ultimi metri che lo separavano da lui. Sulla sinistra, defilata tra le pesanti tende, Narcissa Black, sempre composta e nobile, si aggrappava al braccio del marito che mostrava con fierezza la decadenza dei giorni passati rinchiuso in una cella. Quando è uscito da Azkaban? Pensò infastidito per un’altra domanda senza risposta. Bellatrix Lestrange, i capelli indomiti e una folle espressione negli occhi scuri, si agitava inquieta guardando il Lord con rinnovato ardore, ridendo sguaiatamente con quella vocetta infantile e fastidiosa. Vorrei tanto poterla sopprimere,pensò irritato. Gli altri Mangiamorte, distribuiti sui vari divanetti, sedevano spaparanzati bevendo rumorosamente da calici gemmati i preziosi vini recuperati dall’antica cantina dei Malfoy. Che spreco,pensò truce rendendosi conto che nulla traspariva da quei volti se non il compiacimento di ciò che era avvenuto a sua insaputa.

Mio Signore. Severus si inchinò a terra per baciargli la veste e, mentre lanciava con discrezione un ultimo sguardo intorno, nell’ombra dell’uscio spalancato, scorse il viso emaciato di Draco. Il ragazzo, intelligentemente, si teneva fuori dalla visuale degli uomini presenti: il terrore era ben visibile negli occhi dilatati tanto che la pupilla era inglobata dall’iride spiccando come un faro nella notte, tremava e si rannicchiava coprendosi le orecchie con le mani diafane.

Caro Severus, siedi qui con me ed esulta brindando alla mia vittoria: Harry Potter è morto!



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati e si sono emozionati per questo inizio di storia. Buona lettura e sono graditi i commenti.

1Sornione in francese

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Capitolo 3
*** Cap. 3 - Crucio ***


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Il morso del diavolo

Cap. 3 – Crucio

Potter è morto. Harry Potter, il ragazzo che per anni ho vessato, tormentato e tiranneggiato, giace senza vita in qualche luogo dimenticato da Merlino.

Un manto gelido scivolò lungo la schiena del Professore pietrificandolo e facendolo annegare in un terrore folle. Il sorriso, in realtà una smorfia sghemba, si cristallizzò sul volto cadaverico sbriciolando per un attimo la sua maschera; la sua proverbiale compostezza venne messa a dura prova mentre rivoli di sudore gli appiccicavano le vesti alla pelle gelida, all’improvviso anche l’aria era divenuta soffocante. Gli occhi, antri bui e cavernosi, si offuscarono; una persona attenta avrebbe saputo scovarvi la paura. Barcollò, leggermente, mentre accettava la sedia che un solerte elfo gli porgeva. Rifiutò il calice colmo di vino aromatico perché altrimenti la mano tremolante avrebbe rivelato il suo stato d’animo. Non ho provato un’emozione così intensa dalla morte della mia adorata Lily. Pensò frastornato. Ed ora anche suo figlio è morto, com’è possibile?

Alzò gli occhi vitrei sull’essere ripugnante che era diventato Lord Voldemort, costringendosi a mascherare le emozioni, stampandosi sul volto allibito una muta domanda; il Lord, ridendo con scherno, non lo degnò di nota. Solo alle insistenze di un subalterno sembrò riscuotersi dalla sua gelida euforia.

Mi chiedi di Nagini? Per una frazione di secondo sembrò soppesare quelle parole, Ha svolto pienamente il suo dovere non capisco di cosa dovrei preoccuparmi, soggiunse noncurante.

Ma non è rientrata... balbettò quello stupido uomo, evidentemente aveva sprezzo della sua miserabile vita perché continuando su quella linea avrebbe sicuramente meritato...

Crucio! Esclamò il Signore Oscuro. Osi mettere in dubbio il mio dire? Crucio!

L’uomo si accasciò a terra urlando dal dolore. Gli altri Mangiamorte si ritirarono lievemente per non incappare anche loro nella furia devastatrice che sembrava essersi impossessata del loro leader. I loro visi, improvvisamente ricolmi di timore, vennero prontamente abbassati mentre tra i più audaci serpeggiava un sorriso malvagio e accondiscendente.

Ha servito fedelmente la causa, solo questo importa. Ha disposto del mio volere molto meglio di voi, stupidi zotici. Ha portato a termine la missione assegnatale con successo, cosa che invece tu, miseranda creatura, non sei stato in grado di fare. Mentre parlava non urlava mai, il Lord, non ne aveva bisogno per incutere terrore, bastava la sua potente aura per sottomettere a sé ogni cosa, girava intorno alla sua vittima tenendo il braccio alzato e la bacchetta in una presa molle tra le dita scheletriche, sul viso emaciato spiccavano gli occhi resi rossi dalla furia.

Avada Kedavra, pronunciò secco verso l’uomo ridotto a una larva terminando così le sue sofferenze.

Portatelo via, ordinò agli elfi subito accorsi. Qualcun altro deve pormi inutili domande? aggiunse con malignità rigirando la bacchetta bianca tra le dita. Si guardò intorno, assaporando deliziato quella patina di follia reverenziale, mischiata alla paura, che serpeggiava negli animi di quei bifolchi dei suoi proseliti.

Bene, disse con finto sussiego, mio caro Severus, la vittoria finale è prossima. Silente sputò il nome con disprezzo, nemmeno sospetta. Mi compiaccio. Non è necessario che sappia di questa nostra conversazione, voglio che si crogioli ancora nella sua illusione di onnipotenza.

Soddisfatto, si allontanò verso i Lestrange, scambiò con loro qualche parola e, girando su se stesso, abbandonò il Manor.

Severus, come un automa, non dando adito alle chiacchiere che erano esplose alla dipartita del Signore Oscuro, si alzò e si diresse verso la porta.

Draco, richiamò il giovane con voce piatta che, pallido, uscì dalle ombre in cui si era rintanato. Vieni, devo parlarti del nuovo programma di Pozioni. Lo sai, non ammetto tuoi errori soprattutto quest’anno che non sarò io a insegnare tale materia. Detto questo, appoggiò la propria mano sulla spalla del ragazzo e, stringendola un po’ più del dovuto, lo guidò fuori dalla stanza. Dietro di loro lasciarono una scia di inutili ciance e suoni ovattati consistenti in brindisi e gridolini di esultanza.

Severus era impaziente, voleva delle risposte e le voleva subito. In quel momento, l’unico in grado di fornirle, era sicuramente quel ragazzino scosso che lo stava accompagnando nella biblioteca privata: potenti incantesimi la isolavano e nessuno, anche provandoci, avrebbe potuto ascoltare la loro conversazione; quindi era il posto ideale per ottenere ciò che voleva senza ficcanaso ad interromperli.

Una volta dentro, dopo aver sigillato la porta, obbligò Draco a sedersi su un basso sgabello a lato dell’unica e immensa finestra alta fino al soffitto.

Spiega, si limitò a dire e Draco lo fece, parlò per quelle che sembrarono ore del piano attuato dal Signore Oscuro.

Seppe così che l’attacco al Ministero, oltre che una scusa per recuperare la profezia, aveva assunto un altro ruolo fondamentale. Il Lord, informato da Draco dei miglioramenti di Potter in Difesa contro le Arti Oscure, non che costituisse un vero problema ma la caparbietà del ragazzo gli era ormai nota, e visto l’impossibilità di incrociare le bacchette, per via di quello strano fenomeno avvenuto al cimitero la notte del suo ritorno, aveva ritenuto opportuno volgere la sua attenzione verso gli amici Babbanofili del ragazzo. Infatti, aveva deciso di servirsi di loro per ottenere informazioni sull’ubicazione della casa dove abitavano gli zii dell’odiato Potter. Sicuro che una volta fatta scattare la trappola al Ministero il ragazzo si sarebbe presentato con gli inseparabili amici, aveva istruito personalmente Lucius su come castare un particolare incantesimo incrociato, che lui stesso aveva ideato, sul giovane dai capelli rossi: l’incantesimo di localizzazione si intrecciava a uno più sofisticato in grado di rilevare qualsiasi conversazione fatta dal ricevente. Così, alla fine dell’anno scolastico, Draco si ritrovò costretto a vivere in una casupola fatiscente, ai confini del territorio dei Weasley, intento a riportare ogni possibile notizia pervenuta da quell’inutile Grifondoro. Fortunatamente per lui, il traditore del suo stesso sangue, amava chiacchierare e si divertiva, seppur velato dal disprezzo, a immaginare la vita di Potty dai suoi parenti Babbani. Dopo neanche tre giorni di quell’insulsa accozzaglia di parole, finalmente Draco aveva ottenuto l’indirizzo, ponendo fine a quel supplizio, che prontamente aveva riportato al Lord, il quale, compiaciuto, aveva liberato il padre da Azkaban.

Nella fretta di organizzare il piano, il Signore Oscuro aveva dimenticato di sciogliere l’incantesimo permettendo così, ad uno stupefatto Draco, di venire a conoscenza di alcuni retroscena della vita del Sopravvissuto; era stato mortificante apprendere degli abusi subiti dal ragazzo, che ormai nella sua testa era divenuto Harry, e quanto male lo avesse giudicato.

Per giorni, Avery si era insediato in una abitazione Babbana in fondo a Privet Drive ad osservare ogni spostamento per poter cogliere il momento propizio; il quale si era presentato, appunto, la sera precedente. Infatti, Potter era stato abbandonato solo in un parchetto isolato ed Avery, che l’aveva seguito appollaiato sulla sua scopa, ne approfittò per liberare Nagini, dopo che era tornato a riprenderla dalla teca rimpicciolita che teneva nella casa. Come da precedenti istruzioni, aveva prontamente avvisato il Signore Oscuro attraverso il marchio poi si era accertato che il serpente adempiesse il suo dovere. Aveva aspettato finché l’urlo di dolore del Mezzosangue non lo aveva raggiunto ma, accortosi dell’accorrere di alcuni passanti, per non essere scoperto, si era dileguato nella notte per rientrare furtivo al Manor lasciando Nagini al suo destino. Nel frattempo, Lord Voldemort, che stava nello studio privato di Lucius, attraverso la connessione con il ragazzo, aveva percepito tutto il dolore e l’angoscia di Potter, gioendone e godendone. Successivamente, il Signore Oscuro si era accasciato a terra tenendosi la testa tra le dita scheletriche. Soccorso da Bellatrix, si era ripreso immediatamente per constatare euforico che finalmente Potter era morto. All’urlo di vittoria della più spietata Mangiamorte erano accorsi in molti e, saputa la novità, erano scoppiate manifestazioni di giubilo e urla selvagge in tutto il Manor.

Era stato a quel punto che Draco aveva pensato di mandare un gufo al suo padrino affinché si presentasse a palazzo: era terrorizzato. Ora che Potter non c’era più, per l’intero Mondo Magico si prospettava l’incubo di dover strisciare ai piedi del Signore Oscuro.



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati, soprattutto a quelli che apprezzano la storia.

Inoltre, approfitto per far sapere che i prossimi aggiornamenti slittano al meno di una settimana, dovendo tener fede al contest a cui mi sono iscritta.

Buona lettura e sono graditi i commenti.



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Capitolo 4
*** Cap. 4 - Una corsa contro il tempo ***


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Il morso del diavolo

Cap. 4 – Una corsa contro il tempo

Severus Piton era senza parole: aveva fallito, aveva deluso l’unica ragione della sua vita, aveva tradito la promessa fatta anni prima davanti alla tomba della donna che, nonostante il tempo scorresse impietoso, continuava ad amare.

Una strana calma scese su di lui, sebbene avvertisse l’urgenza di correre e sfidare ogni legge conosciuta per sciogliere le briglie che intrappolavano il tempo. Deciso a cambiare la situazione, costrinse Draco a bere una pozione calmante per poi spedirlo in camera, lontano da quel delirio, cercando di assicurarlo e confortarlo quanto un cuore arido come il suo era in grado di fare. Lasciò il Manor senza salutare nessuno, raggiungendo Hogwarts in uno stato quasi catatonico; per calmare l’animo in tumulto, decise di concedersi una breve passeggiata lungo le rive del Lago Nero e quello che vide riflesso nelle acque scure lo spaventò. Sembrava un Inferius con quei solchi neri scavati dalla disperazione sotto gli occhi spenti; le lacrime, che nemmeno aveva il sospetto di poter evocare, scivolavano lente sulle guance smunte; le labbra martoriate avevano assunto un colore violaceo per il troppo rovinio dei denti. Accecato dalla furia verso la sua stupidità, scagliò alcune maledizioni sullo specchio d’acqua illuminandolo come facevano gli stupidi giochi di luce dei Weasley. Urlò in preda alla disperazione disturbando il riposo dei volatili che si alzarono in volo stridendo alla luna, unica testimone di cotanta sofferenza. Per un attimo si accasciò su se stesso, chiuso nel suo bozzolo d’angoscia, cominciò a dondolarsi e, piano piano, ritrovò il controllo della propria mente: era essenziale riuscirci, per non destare sospetti. Per il momento, decise che avrebbe obbedito all’imposizione del Lord: avrebbe taciuto. Seppur con la mente ancora incapace di accettare la situazione, riuscì lo stesso a pianificare le successive mosse; in fondo al cuore albergava una minuscola fiammella alimentata da una forza a lui del tutto estranea.

Se è vero che Potter è morto,pensò determinato da un obbiettivo da perseguire, voglio ritrovare il corpo per poterlo unire ai resti di sua madre.

Rientrando al castello, davanti al portone, incrociò Silente accompagnato da Gazza che, allarmati dalle luci che si erano alzate dal Lago Nero, avevano deciso di indagare. Severus, visibilmente stanco e con un cipiglio seccato, ragguagliò il Preside sulla riunione appena conclusasi rimanendo sul vago e riportando le solite mezze verità condite da altrettante bugie. Inoltre, con finto imbarazzo, aggiunse che, mentre rifletteva su alcune questioni alzate dal Signore Oscuro, attardatosi più del dovuto sulla riva del lago, era incappato nella Piovra Gigante in un suo momento troppo esuberante finendo, così, bagnato dalla testa ai piedi.

Allora sei stato tu a deliziarci con quei giochi di luce, sorrise bonario il Preside. Visto, signor Gazza, non era necessario allarmarsi e munirsi di bastone, era solo il nostro vecchio Professore di Pozioni che si attardava con la nostra amata piovra. Divertito prese sotto braccio Severus ed entrando nell’atrio poco illuminato continuò: Mio caro ragazzo, che combinazione originale di incantesimi hai utilizzato, dimmi… la sua voce si perse lungo le scale che portavano al suo ufficio.

Per Severus cominciò un periodo di ricerca frenetica. Il primo luogo a cui fece visita fu il parco: in terra, tra il cerchio delle panche dov’era avvenuta l’aggressione, alcuni ragazzi avevano posto dei fiori di campo accompagnati da lettere di auguri e candele ormai consumate: tra i giovani girava una leggenda su un serpente divoratore di uomini che si aggirava nel sobborgo per divorare chiunque venisse sorpreso da solo nelle notti più buie. In effetti, poco distante, in un angolo transennato e sotto cumuli di immondizia, giaceva la carcassa di Nagini che, essendo un animale magico, sembrava non aver subito danni. Assicuratosi che non ci fosse nessun curioso, con un incanto Severus bruciò i resti del disgustoso animale. Rimase in zona e cercò di parlare con più persone ma queste non erano a conoscenza di dove potesse essere stato portato il corpo del ragazzo; molti di loro erano convinti che fosse stato divorato.

Frustrato, dopo quasi un mese di inutili ricerche, decise che era giunto il momento di bussare alla casa dei parenti di Potter con la vana speranza che fossero d’aiuto. Da loro, in un resoconto particolarmente ricco e condito da una certa dose di soddisfazione, venne a sapere tutti i retroscena della misera vita trascorsa da Potter in quell’abitazione: le violenze psicologiche, quelle fisiche, le umiliazioni, la privazione di un’adeguata alimentazione e la poca istruzione impartitagli, fecero perdere il poco raziocinio rimasto in quell’uomo distrutto dai rimorsi. Si accanì sulle loro carni, li smembrò, li vivisezionò, li ricompose giocando e mischiando i pezzi, formando un puzzle raccapricciante. Infine non pago, ancora grondante del loro fetido e malsano sangue, bruciò i resti. Rimase lì in silenzio ad osservare le fiamme ingrossarsi ingorde intorno ai corpi deformi; per un solo istante cedette all’idea di farsi baciare da quel benefico e purificante calore ma poi l’immagine felice della sua Lily lo riportò alla ragione. Con un incanto si ripulì, cancellò ogni sua traccia, e si materializzò a Spinner's End, la via dove era ubicata la sua casa Babbana.

Quella sera, una leggera brezza sospirava sparpagliando le cartacce accumulate ai lati del marciapiede. Una folata più forte sollevò in alto un volantino che gli finì sulla faccia, già pronto ad incendiarlo, osservò distrattamente la fotografia ormai sbiadita: vi era rappresenta una figura agonizzante in un letto d’ospedale.

Il suo cuore si fermò per un lunghissimo istante, rimase pietrificato nel mezzo della via, trattenendo tra le dita il foglio sgualcito, ad osservare gli occhi sperduti di un ragazzo imbottigliato tra strane apparecchiature: l’immagine gli restituiva un Harry Potter distrutto ma ancora vivo.

Finalmente ti ho trovato! Sussurrò incredulo.

Se fosse stato un uomo dedito ai sentimenti si sarebbe lasciato andare in balia della felicità come un bambino alla vista dei regali di Natale, invece rimase fermo e tremebondo pensando che fosse solo un abbaglio della sua mente stanca. Sospirò forte per darsi un contegno e lesse l’indirizzo del luogo dove era ricoverato il ragazzo; incurante dei divieti magici vi ci materializzò immediatamente.

Raggiunto l’ospedale Babbano, dopo aver chiesto informazioni a una infermiera agitata, con un rumore sordo che si propagò per gli asettici corridoi, spalancò la porta della stanza di degenza: come una fiera spietata incombette sugli sventurati presenti carico di rabbia e autorità. Potter, riconosciutolo, spalancò gli occhi e prese ad agitarsi dimenandosi e cercando di districarsi dai tubi che lo circondavano. In un attimo, Severus lo raggiunse e, intonando una dolce nenia, lo incantò addormentandolo, poi, con la dovuta calma, si voltò, un cipiglio serio dipinto in volto, chiedendo spiegazioni agli uomini presenti.

Il Professore di Pozioni, dopo aver opportunamente obliato lo staff, condusse un ancora incosciente Potter nella propria abitazione: sarebbe ripartito da lì, un gradino alla volta, per tentare di guadagnarsi almeno la stima di quel giovane uomo che, nonostante tutto, lo sorprendeva sempre.



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati, soprattutto a quelli che apprezzano la storia e l’hanno commentata.

Inoltre, approfitto per far sapere che il prossimo aggiornamento slitta di una settimana, dovendo tener fede al contest a cui sono iscritta.

Buona lettura e sono graditi i commenti.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 - Ti chiedo perdono, Lily ***


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Il morso del diavolo

Cap 5. – Ti chiedo perdono, Lily

Dietro la fornitissima libreria che copriva un’intera parete nella casa di Spinner's End, c’era una confortevole stanza un tempo utilizzata dalla madre di Severus come zona lavoro nella quale si dilettava a cucire vestitini su commissione per le donne del quartiere. Sotto la finestra una grande cassapanca era stata trasfigurata in un letto in ferro esattamente come quello degli ospedali Babbani, fornito di un incantesimo riscaldante permanente. Calde coperte bianche coprivano il corpo di Harry che vi rimase sedato per le due settimane successive. Lungo le pareti colorate di un tenue giallo, erano posti degli scaffali vuoti in legno scuro, un comodino e un paio di sedie completavano l’arredamento.

Severus aveva castato dei complicatissimi incantesimi diagnostici che vorticavano incessantemente intorno al corpo smunto del ragazzo: con crescente orrore si rese conto delle sue reali condizioni. La compressione del morso aveva spappolato parte degli organi interni costringendo i dottori a effettuare il trapianto parziale del fegato, l’asportazione di un rene e l’inserimento di un congegno senza il quale il cuore si sarebbe fermato; la scatola toracica si era quasi polverizzata. – I dottori gli avevano detto che era in lista d’attesa per l’intervento di ricostruzione delle ossa. Nonostante i segni vitali fossero stabili, loro lo consideravano un miracolato: un altro individuo nelle sue stesse condizioni non sarebbe sopravvissuto più di un minuto, figuriamoci riprendersi dall’eventuale trauma psicologico.

Eppure c’era qualcosa che non quadrava, Severus si scoprì preoccupato per la mancata reazione magica agli incantesimi di guarigione lanciati. Perché la magia non riesce a curarlo? Si chiedeva frustrato il Pozionista. Per giorni spulciò un antico tomo egizio, sapientemente trafugato dalla biblioteca dei Malfoy, e in esso trovò una formula che permetteva di rivivere determinati momenti di vita di un uomo. – utilizzabile solo per scopi scientifici – Elettrizzato e oltremodo curioso, si preparò a osservare l’agguato di Nagini ed avere finalmente un quadro completo di quello che era successo. Le immagini presero a scorrere lente propagando nell’aria, fotogramma dopo fotogramma, l’odissea vissuta dal ragazzo; per Severus non fu facile rimanere calmo, l’orrore evidente di quegli attimi prevaricò la sua razionalità.

Dopo il morso del serpente, la magia innata di Harry aveva cercato di contrastare la bestia rendendosi visibile”, assumendo la consistenza di un manto luminoso che aveva avvolto il corpo in modo da impedire a Nagini di spezzarlo in due, una barriera luminescente sufficientemente forte da contrastare il primo colpo mortale. Fortunatamente, gli aiuti dei passanti avevano distratto l’animale tanto da impedirgli il successivo attacco, un altro affondo e per Harry non ci sarebbe stato più nulla da fare. Lentamente, la magia si era consumata per mantenere in vita il corpo agonizzante, col passare dei minuti l’intensità si era affievolita fino a scindersi. Severus riconobbe quella protettiva di Lily, per via del suo colore candido, mentre si disperdeva nell’aria investendo i soccorritori come un ultimo ed estremo grido d’amore per aver aiutato il suo bimbo. Suppose che quella verde screziata di rosso appartenesse all’Horcrux del Signore Oscuro, – il Preside aveva discusso con lui di questa eventualità proprio nei giorni seguenti ai fatti del Ministero – la vide sfiorare soffice la fronte del ragazzo per poi morirvi dentro; l’unico gesto umano di un’anima votata al male. Infine, quella più intensa, variegata da tutte le tonalità del blu, era sicuramente la magia di Harry, indubbiamente potente ma, essendo lui giovane e inesperto, non era stato in grado di contrastare per molto il sopraggiungere della morte. Lo vide arrendersi in un sospiro esausto, come un eroe che non aveva più nulla da dare, guardò la sua energia avvolgere impotente un ultima volta il cuore del ragazzo per donandogli l’ultimo sprazzo di vita prima di soccombere al nulla.

Uscì distrutto dalla visione. Barcollando, raggiunse la sedia davanti al camino della biblioteca di casa e si accasciò tenendosi la testa tra le mani. Le lunghe dita, rovinate dalle pozioni, afferrarono i capelli e li strinsero forte fino allo sbiancamento delle nocche. Un forte senso di impotenza lo investì nel momento esatto in cui capì cosa esattamente era avvenuto, sussultò e quasi cadde dalla sedia quando avvertì l’ondata di panico che lo colse nel rendersi conto, con indubbia certezza, dell’avvenuta Morte di ogni Speranza: Harry Potter era un Magonò.

Il realizzarlo rese l’idea ancor più brutale.

Perdonami, Lily.



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Capitolo 6
*** Cap. 6 - Le mille e una nota di Mastro Merlino ***


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Il morso del diavolo

Cap. 6 – Le mille e una nota di Mastro Merlino

Una lacrima solitaria sfuggì agli occhi serrati dell’uomo, segno inequivocabile del suo stato d’animo. Non si rese conto del trascorrere del tempo, rimase lì, seduto su quella sedia, impotente e, per la prima volta nella sua vita, senza sapere cosa fare. Fu così che lo trovò il suo figlioccio, appena sputato fuori delle fiamme verdi del camino in cucina: sconfitto e rassegnato.

Approfittando del suo stato dimesso, Draco riuscì a farlo parlare di sé, della sua orribile infanzia in quella casa, dell’amicizia sbocciata tra lui e Lily, la madre di Harry, e il suo successivo amore non corrisposto. Gli descrisse l’odio istintivo provato da subito per James Potter e i suoi stupidi amici e come aveva preso la decisione di entrare nelle schiere dei Mangiamorte, affascinato dalle idee di Tom Riddle. Venne così a sapere della profezia che univa le vite di Harry e del Signore Oscuro e che fu proprio a causa di questa che Severus aveva condannato a morte la sua amata. Pentito, era ritornato strisciando ai piedi di un compiaciuto Silente che lo aveva costretto a prendere una decisione radicale per garantire la sopravvivenza del più piccolo dei Potter. Seppe come non fosse stato facile per il suo padrino mantenere una dura facciata davanti agli occhi espressivi di quel ragazzino, così simili a quelli di Lily; della lotta interiore intrapresa per dissimulare il crescente affetto e orgoglio che si faceva strada a spintoni dentro di lui mentre lo osservava tenergli testa testardo come nessuno; della soddisfazione nel vederlo uscire vincente, seppur ammaccato, da ogni scontro con Lord Voldemort. Raccontò del suo doppio ruolo in quella guerra che ormai si protraeva da troppo tempo e del logorio fisico e mentale nel cercar di tenere in vita quello che da tempo si era accorto di amare come un figlio, esattamente come amava lui, Draco. Infine, si lasciò sfuggire con voce roca dall’usura la più triste delle verità: il piano attuato da Lord Voldemort aveva avuto un risvolto imprevisto: seppur vivo, Harry Potter non aveva più un briciolo di magia nelle vene.

Draco, contrariamente a quello che ci si sarebbe aspettati, seppur scosso da tutte quelle informazioni, rimase per lunghi minuti stretto al padrino in religioso silenzio, meditabondo. Infine, con delicatezza sciolse l’abbraccio e, prendendo tra le mani il viso abbattuto di Severus, lo alzò fino ad incrociarne lo sguardo: per un attimo rimase spiazzato dal vuoto contenutovi. Poi, con fermezza e determinazione, provò a scuotere l’animo amareggiato dell’uomo narrandogli una vecchia leggenda che suo nonno soleva raccontargli da piccolo mentre lo teneva sulle proprie ginocchia davanti al camino nelle buie e fredde sere d'inverno.

Moltissimi anni fa, tra i Babbani viveva un imbonitore figlio di maghi, ripudiato perché nato Mago1. Dotato di una intelligenza superiore, ingrassato nel risentimento e nel desiderio di rivalsa verso la sua famiglia d’origine, studiò ogni possibile libro che riuscì a trafugare per trovare una soluzione che l’aiutasse a sviluppare il suo abortito nucleo magico. Passò tutta la vita a cernere, distillare, correggere, affinare ingredienti preziosi e rari finché non creò quello che i Babbani chiamarono la panacea di ogni male: l’Elisir di lunga vita2. Mastro Merlino, questo il nome che si impose, forse con l’intento di eguagliare la leggendaria fama del suo più famoso avo, dopo una lunga, soddisfacente e brillante carriera accademica tra i Babbani, bevve la pozione appena creata. Tornò trionfante tra i suoi simili che lo acclamarono il più potente dei maghi mai esistito. Quanto è ironica a volte la vita! Visse tra i suoi simili pochi anni ma con grande scorno dell’antica famiglia che nel frattempo era caduta in disgrazia, non rivelando mai a nessuno la formula magica. In realtà, alla sua morte fu reso noto che lasciò in eredità dei manoscritti assolutamente indecifrabili per i comuni mortali, infatti, con una calligrafia stentata li aveva vergati in Serpentese, l’ambigua lingua dei serpenti. Una certa famiglia Gaunt detiene ancora gli scritti originali e, si dice, al suo interno sono segnate alcune delle più potenti misture mortali, nonché una in particolare in grado di ridonare un corpo nuovo.

Quando il ragazzo smise di parlare, Severus strabuzzò gli occhi: Ora mi è chiaro come il Signore Oscuro ha ottenuto il corpo, pensò calcolatore. è in possesso delle memorie di questo sedicente Merlino.Trasportato da un rinnovato vigore, il Pozionista baciò su una guancia un esterrefatto Draco che, suo malgrado, si lasciò coinvolgere dall’entusiasmo, perché era lampante che nella testa del suo padrino un nuovo piano si stesse pian piano delineando. Infatti decise che il primo obiettivo consisteva nel riabilitare il corpo e lo spirito di Harry, cercando anche di conquistare la sua fiducia provando a fargli da padre; il ragazzo aveva perso da poco quel cane randagio di Sirius ed ora che era solo al mondo, poteva e voleva fare qualcosa per lui. Il secondo era trovare il libro e procurarsi gli eventuali ingredienti della pozione per l’Elisir di lunga vita che avrebbe ridonato vigore al nucleo magico; terzo, maledire Silente e il suo Ordine della fenice perché ai suoi occhi si erano rivelati uno specchio per le allodole ed infine, quarto: ristabilire l’ordine delle cose e, se necessario, uccidere lui stesso quel bastardo del suo, ancora per poco, capo”.

In tutto questo fermento, nemmeno per un secondo si porse la domanda sul perché Draco gli avesse raccontato quella storia. Da tempo, era a conoscenza del suo rancore scaturito della mancata stretta di mano di Harry, dell’odio che, senza scrupoli, lui stesso aveva alimentato. Eppure, memore degli occhi melanconici che il suo figlioccio cercava di nascondere quando guardava Potter, decise di rischiare e coinvolgerlo nel suo folle e pericolosissimo piano; in realtà l’unico incarico che gli diede fu quello di aiutarlo a prendersi cura del bel addormentato quando lui era costretto ad allontanarsi da casa per altre faccende.

Cominciò così una nuova vita per entrambi, con una certezza radicata nel cuore paurosamente simile alla speranza.



1La mia idea di Magonò è di un uomo/donna che possiede un nucleo magico ma, per svariati motivi, non è in grado di generare magia. Ho avuto questa “illuminazione” pensando a Gazza. Lui vive tranquillamente nel castello ed è risaputo che i non-magici, cioè i Babbani, non possono farlo quindi nel suo corpo deve esserci una qualche “fonte magica” sebbene solo abbozzata. La storia si sviluppa interamente su questa mia personalissima idea.

2Per i Babbani risulta un semplice intruglio corroborante, se bevuto dai Magonò ne libera il potenziale magico.

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Capitolo 7
*** Cap. 7 - Lily... after all this time? Always ***


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Il morso del diavolo

Cap. 7 – Lily… after all this time? Always

Riacquistata la sua naturale compostezza, Severus rispedì Draco al Manor con la scusa che doveva cercare notizie su Merlino e scovare dove si fosse rintanato Peter Minus. Se davvero il Signore Oscuro è in possesso del libro di Merlino, sicuramente il topo è l’unico che sa dove lo tiene.Questo era il pensiero che tormentava il Pozionista. Dopo aver bevuto un tè e letto le ultime notizie sulla Gazzetta del Profeta, ritornò da Harry. La porta della stanza era socchiusa e dallo spiraglio traspariva una soffusa luce azzurra, sembrava respirare in tutti quei continui mutamenti. Una volta entrato, l’eterea cerva che apparteneva a Lily l’accolse girandogli intorno mendicando una carezza; trasudava amore quella stanza, un calore così intenso da riuscire a mitigare anche il cuore più aspro.

Severus decise di continuare a tenere Silente all’oscuro di tutta la faccenda, almeno fino al ritrovamento dei cadaveri dei Dursley, e quel giorno sarebbe stato a breve, visto che la data del compleanno di Harry era ormai prossima; data in cui l’Ordine della Fenice era solito prelevare il ragazzo per poi condurlo alla Tana, la fatiscente casa dei Weasley.

M’immagino già l'imbarazzo quando renderanno pubblica la notizia della presunta morte del loro Prescelto. Sogghignò malefico Severus mentre si preparava a partire per il Surrey con alcuni Mangiamorte; i suoi compagni si scostarono intimoriti e sollevati di non essere la causa della strana euforia del professore, con quell’espressione feroce in volto suscitava una recondita paura.

Nel frattempo, l’attività di Lord Voldemort si intensificò. Il Marchio Nero spuntava agli angoli delle strade di una Londra sprofondata nel caos e nel terrore. I lunghi mantelli neri dei suoi seguaci svolazzavano irriverenti per tutto il Paese portando distruzione che si abbatteva sulla popolazione inerme come la furia dei venti del Mare del Nord. Le scintillanti maschere d’argento, baluardi dei loro sghembi sorrisi stampati sui visi folli, erano portatrici d’angoscia e dolore nelle case che, sempre più spesso, visitavano: nessuno si salvava. Con precise macchinazioni, il Signore Oscuro raggirò le più alte cariche del Ministero della Magia piegandole alla sua volontà e isolando, come in un’abile mossa di scacchi, il Ministro in persona, costringendolo alla resa per divenire così un fantoccio nelle sue mani: Silente, impotente, stava a guardare.

In quella cappa di terrore, Draco muoveva i passi nell’ombra stando attento a non attirare troppo l’attenzione su di sé; girava voce che il mago oscuro volesse marchiare i figli dei suoi più fedeli servitori. Sapeva per certo che Theo Nott e Pansy si erano proposti ed erano i prossimi candidati per quella mattanza mentre Blaise, con la scusa del nuovo matrimonio materno, stava passando l’estate in Giappone. Sua zia Bellatrix opprimeva la sorella perché lo cedesse al suo Signore, facendole notare lo scherno con cui ultimamente i Malfoy venivano accolti tra le schiere dei Mangiamorte. Draco cercava di non dare peso alle idee folli della zia e passava tutto il tempo libero a sua disposizione a casa del padrino sentendosi fiero della fiducia che egli gli dimostrava. Non che avesse molto da fare, infatti, se ne stava seduto a sorvegliare il sonno di Potter accertandosi che le strane macchine Babbane, a cui era collegato, continuassero a fare il loro lavoro di emissione costante di sibili, sbuffi e strani ticchettii.

Guardando le nuvole rosse del tramonto rincorrersi nel cielo malato di Londra, Draco ripensò al momento in cui era entrato per la prima volta nella stanza dove riposava il Grifondoro. C’era odore di chiuso e la puzza di morte aleggiava intorno al letto rischiarato dalla luce emessa dalla cerva, il magnifico Patronus di Severus; alla vista di quel corpo dimesso, che forse non sarebbe più tornato a gareggiare contro di lui per i bui corridoi di Hogwarts, un dolore sordo gli schiacciò il petto facendolo boccheggiare. Stordito e impreparato alla portata dei suoi stessi sentimenti, si piegò in terra battendo le ginocchia sul pavimento a lato del letto, urtando la sedia in ferro che produsse un suono sgradevole. In un lampo, ripercorse alcuni dei più salienti momenti della loro rivalità fatta di piccole cattiverie e drammi, all’epoca, insormontabili. I loro bisticci erano diventai la sua quotidianità, un pretesto per sentirsi forte e importante agli occhi degli altri, un universo che girava intorno a uno sguardo sporcato dall’odio. Senza avvedersene, prese delicatamente tra le proprie mani quella smunta dell’altro portandosela al petto mentre appoggiava il capo stranamente pesante sulle candide lenzuola. Calde lacrime abbandonarono i suoi occhi diventati lastre liquide d’alabastro, li strinse forte, giusto per darsi un contegno, sebbene Potty non potesse di certo vederlo. Poco signorilmente, tirò su col naso stropicciandolo poi con il maglione blu pervinca che fece risaltare ancora di più le gote arrossate sul suo volto di porcellana. Intuendo il suo dramma, la cerva, a cui aveva dato il nome di Tournesol1 per il suo instancabile girare in tondo, lo sfiorò con il muso all’altezza dello sterno in un punto dove lui sapeva esserci una piccola cicatrice che gli aveva fatto quello stronzo di un Grifone in una delle partite a Quidditch che avevano disputato uno contro l’altro. Poi, con la stessa delicatezza, toccò il collo appena sotto l’orecchio di Potter dove un irregolare solco increspava la pelle; Draco sorrise, il primo vero sorriso da quando tutta quella storia era cominciata: erano eterni rivali ma simili in tutto. Sospirando rumorosamente e per nulla imbarazzato da quella scoperta, certo solo lui poteva crederci si sedette sulla scomoda sedia ad osservare minuziosamente i delicati tratti del viso del ragazzo, resi fanciulleschi dal pallore. Si ritrovò così a venire a patti con un nuovo sentimento che gli bucava lo stomaco rendendolo inquieto; non sapeva dove tutto ciò lo avrebbe portato ma decise comunque di viverlo, per Harry e per se stesso. Turbato, fece una promessa: Ti proteggerò a costo della mia stessa vita.

Dopo lunghi giorni di attesa, finalmente Harry aprì gli occhi.



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati, soprattutto a quelli che apprezzano la storia e l’hanno commentata.

Buona lettura e sono graditi i commenti.

1Girasole in francese

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Capitolo 8
*** Cap. 8 - Quando le certezze si sgretolano lasciano il posto ad un autentico sorriso ***


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Il morso del diavolo

Cap. 8 – Quando le certezze si sgretolano lasciano il posto ad un autentico sorriso

Harry era sveglio e in quel momento si trovava da solo, immerso nel rassicurante ronzio dei macchinari. La prima cosa che notò, oltre al fatto che ci vedeva benissimo anche senza occhiali, era la cerva che scivolava leggera intorno al letto, – un ricordo lontano si fece strada in lui, quasi sussurrato, lieve, sapeva di fiori e mani intrecciate, di risate; per qualche strana ragione gli sembrava assomigliasse al Patronus di sua madre, ma non poteva esserne certo. – Ancora stordito, si lasciò andare a un sorriso stanco mentre l’animale con il suo muso lattiginoso gli accarezzava il viso, un attimo dopo scomparve al di là della porta socchiusa. Si udì un disordinato scalpiccio e Severus, accompagnato da un raggiante Draco, si affacciò all’uscio: il tempo si congelò insieme al sorriso che aleggiava ancora sulle labbra diafane di Harry, gli occhi si colmarono di terrore.

Severus, rimanendo cautamente a debita distanza per non farlo ulteriormente agitare, cominciò a parlare con un tono che mai il ragazzo gli aveva sentito, per lo meno rivolto a lui. C’è forse una sfumatura di affetto mischiata a rimorso?Pensò Harry visibilmente spaventato e disorientato. Nel mentre, la cerva ritornò e si strusciò prima addosso al professore, poi ad un impaziente Draco per poi finire acciambellata sul corpo disteso di Harry, che se ne stava rigido e immobile sul letto. Alla fine il ragazzo cedette e le sue esili dita tornarono ad accarezzare l’animale mentre, forse per la prima volta, si accinse ad ascoltare l’uomo che gli raccontava gli ultimi due mesi della sua non vita.

Non fu facile aprire il proprio cuore ma Severus aveva promesso, in nome dell’amore che portava per Lily, di prendersi cura di lui, di proteggerlo e di stargli accanto, nel bene e nel male. Non voleva che ci fossero più fraintendimenti tra loro, che fosse ben chiaro dove pendeva e su cosa verteva il suo affetto, la sua lealtà. Nel buio profondo del proprio cuore, dove solo la cerva era riuscita a entrare, sperava con tutto se stesso che Harry lo perdonasse. Fu una lunga e stancante chiacchierata che vide i due Serpeverde alternarsi nel racconto fino a quando furono costretti a rivelargli il suo piccolo problema magico. Il Grifone sbiancò, alzò le proprie mani all’altezza degli occhi e le rigirò come a cercarvi qualche difetto, come se il problema dipendesse dalla lunghezza delle dita piuttosto che dal colore delle unghie. Le strinse forte per poi rilassarle in un continuo alternarsi finché caddero pesanti a lato delle cosce. Harry non pianse – non ne vedeva il motivo – chiuse le palpebre agitandosi piano come a cacciare un pensiero molesto, – certamente era un incubo, uno di quelli che Voldemort era solito propinargli per sfiancarlo, non poteva di certo essere un Magonò, no? No?

Calò il silenzio.

Severus rimase ad osservarlo, indeciso in fondo al letto, le mani serrate intorno al ferro gelato. Cautamente, senza abbassare lo sguardo da quello vacuo del ragazzo, allungò il braccio e gli strinse leggermente la caviglia: fu come assistere alla rottura di una diga. Harry scoppiò in un pianto disperato, denso di un muto dolore che grondava da quegli occhi un tempo così vividi, diventati lo specchio stagnante di una palude satura di sofferenza. Veloce arginò il letto e si fiondò al suo capezzale, per un secondo parve esitare, timoroso di peggiorare la situazione, ma poi, annegando in quel mare in tempesta, tremando visibilmente, lo abbracciò inizialmente cauto e poi via, via con più vigore. Harry, seppur seppellito nell’oscurità che circondava sempre il Pozionista, si sentì a casa, protetto, inguainato in una calda coperta che pian piano lo calmò fino a farlo addormentare quasi sereno. La cerva, che non aveva smesso un attimo di aggirarsi inquieta per la stanza, si placò solo quando il ragazzo crollò, stremato dalle troppe emozioni, stretto nelle braccia del Professore. Draco, che per tutto il tempo si era morso le labbra dal nervoso, poté tirare un sospiro di sollievo, dopodiché si sedette scomposto sulla sedia permettendo a Severus di tornare alle proprie faccende mentre lui si apprestava a vegliare il sonno agitato del Grifone.

Direi che è andata bene, Disse all’uomo prima che tornasse nell’altra stanza, almeno non ha dato di matto. sogghignò sollevato.

Nei giorni seguenti, Draco, approfittando dell’immobilità di Harry e soprattutto della sua temporanea condizione di mutismo, passò intere giornate ad assillarlo parlandogli in continuazione. Rassegnato, Harry alzava gli occhi al cielo sentendosi molto spesso sfinito da tutto quel ciarlare. Il Serpeverde descrisse minuziosamente la vita di un giovane e bel rampollo dell’aristocrazia magica, lo bombardò con aneddoti su come sarebbe stata la loro vita se fossero diventati amici fin da subito, invece che rifiutargli la mano sul treno in quel dannato giorno del loro primo anno a Hogwarts, lo asfissiò ribadendogli in continuazione quanto era stato stupido nell’aver scelto come compagni quegli straccioni Babbanofili dei Weasley, la Sanguesporcozannutasotuttoio e, non per ultimo, quel vecchio bacucco del Preside. Harry, spesso in difficoltà per la travolgente vitalità dell’altro ragazzo, continuava a sorridere nonostante scuotesse il capo quando parlava male dei suoi amici e Draco non poté fare a meno di affezionarsi a lui, ammirando la stoica pazienza con cui subiva rassegnato le sue ciance.

Draco, la mattina di buon’ora del sedicesimo compleanno del Grifone, convinto che lui stesse ancora dormendo, intavolò una discussione a senso unico con la cerva che stava, come suo solito, acciambellata sulle gambe del ragazzo. Le parlò di alcuni dubbi riguardo la strana amicizia intrapresa con Harry e del ruggito che a volte gli esplodeva nel petto quando si perdeva ad ammirare il suo sorriso. Sottovoce le precauzioni non erano mai troppe – rivelò al Patronus che lui e Severus avevano preparato una sorpresa per celebrare l’evento, nulla di che invero, però Draco sperava che in futuro, per Harry, diventasse un ricordo felice. Soprappensiero – e finalmente silenzioso! il Serpeverde si perse via in un mondo tutto suo costellato da sguardi sinceri e sorrisi felici, da prati verdi in fiore e azzurre distese d’acqua cristallina.

Mi piaci disse deciso alzando la voce, drizzando la schiena e spingendo il mento in fuori, esattamente come quando provava un discorso davanti allo specchio, sì, così dovrebbe andare, annuì convinto col capo.

Abbassò gli occhi verso Harry e trovò che il colorito che si era diffuso sulle sue guance gli donasse molto rendendolo, ai propri occhi, molto carino. Trasportato dall’entusiasmo – e sempre convinto che l’altro dormisse – allungò il collo e gli sfiorò la guancia con un lieve bacio. Imbarazzato per il gesto avventato – non si accorse che Harry aveva spalancato gli occhi e lo guardava a bocca aperta – si mosse a disagio sulla sedia cominciando a blaterare frasi sulla sua mancanza di buon senso finché, dal letto, arrivò una vocina gracchiante:

Draco, per cortesia, vorresti chiudere la bocca per un attimo? Te ne sarei infinitamente grato. balbettò ansante il Grifone.

Il mondo smise di girare.

Due occhi grandi come una Pluffa guardarono verso il ragazzo sdraiato trovandolo sveglio e intento a massaggiarsi la gola.

Per tutti i numi di settembre! esclamò agitato il Serpeverde cercando di raggiungere la campanella posta a fianco del letto che, per la fretta, cadde miseramente al suolo. Indispettito, si alzò con troppo slancio e la sedia su cui era seduto si rovesciò anch’essa finendo rumorosamente a terra. Harry in tutto questo sorrideva sornione, divertito per la grande confusione che aveva scatenato Draco.

Che hai da ridere? Lo aggredì cercando di darsi un contegno, ottenendo solo un luccichio birichino negli occhi dell’altro.

Nel frattempo, il trambusto aveva attirato l’attenzione di Severus, che era intento a leggere antichi tomi e, quando entrò seccato nella stanza, gli bastò alzare un sopracciglio per rimettere al suo posto il figlioccio.

Buona sera, Professore. disse quieto Harry, approfittando del momentaneo silenzio.

Dopo un attimo di sbigottimento, lentamente e inesorabilmente un sorriso prese forma sul volto pallido dell’uomo, il viso si trasfigurò in una maschera di selvaggia felicità che spaventò i due ragazzi.

Il momento del riscatto è finalmente giunto. Disse il Pozionista con voce roca, Proprio ieri sono riuscito a duplicare il libro di Merlino che, come pensavo, era custodito da quell’inetto di Minus, continuò rivolgendosi poi al Grifone, Il tempo di farti tradurre il libro, Harry, di preparare la pozione e tornerai ad essere più potente di prima. Tanto potente da poter sconfiggere Lord Voldemort.

Intanto, nell’aria afosa di quella mattina di fine luglio, due gufi planarono dolcemente sul davanzale di una delle finestre delle case fatiscenti di Spinner’s End.



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati, soprattutto a quelli che hanno apprezzato la storia e l’hanno commentata.

Buona lettura e sono graditi i commenti.



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Capitolo 9
*** Cap. 9 - Accadde tutto in un giorno ***


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Il morso del diavolo

Cap. 9 – Accadde tutto in un giorno

Harry Potter è scomparso! – Urlò il titolo in prima pagina della Gazzetta del Profeta quando Severus l’aprì.La casa Babbana in cui viveva è stata data alle fiamme, nessun superstite; se ne fa portavoce lo stesso Albus Silente, Preside della prestigiosa scuola di stregoneria di Hogwarts frequentata dal Bambino Sopravissuto. La paura dilaga e Coluichenondeveesserenominato rafforza le sue schiere.

Severus aggrottò la fronte, mentre scorreva velocemente le parole vergate sulla missiva che un gufo postale gli aveva appena recato.

Hanno divulgato la notizia, fece sapere spiccio ai due ragazzi che parlottavano tra loro nell’altra stanza, mentre recuperava il mantello da viaggio, mi dispiace ma sarà una giornata ben diversa da come avevo programmato, disse loro affacciandosi sull’uscio. Volevo essere presente al tuo primo passo fuori dal letto, Harry, ma a quanto sembra questo privilegio spetterà solo a Draco. Starò fuori fino a pranzo, aggiunse, osservandoli con occhi stretti, non combinate disastri.

Severus guardò perplesso il folletto della Gringott che, tutto impettito, gli allungava una pergamena scritta da Lily Evans; nella lettera, gli stava appunto dicendo con voce nasale, datata 31 agosto 1981, era scritto che la madre di Harry lo aveva nominato padrino del figlio davanti al legale dei Beni della Banca.



Caro Severus, mi manchi.

Non sono qui per rivangare il passato ma per affidarti la vita del mio bambino. James non sa nulla, è fuori con gli altri ed è inutile che ti spieghi a fare cosa, lo sai. Non importa come è andata tra noi: io mi fido di te.

Non ho più tempo, la guerra ha preso molte vite e temo che i prossimi saremo noi; non posso divulgare i particolari, se questa mia cadesse nelle mani sbagliate, sarebbe la fine per molti.

Ho paura, non lo nego. Ultimamente, poi, trovo inadeguate certe decisioni prese da chi dice di tenere alla vita di mio figlio. Mi sembra di offrire il fianco alla tempesta che, so per certa, sta per scoppiare proprio qui, sulle nostre teste.

Abbi cura di te stesso e, se non dovessimo più incontrarci, sappi che non ho mai smesso di volerti bene, sei stato un balsamo che ha lenito ferite troppo grandi per una sciocca bimba nata Babbana.

Allego i documenti con cui ti nomino padrino di Harry, so che sarai perfetto e lo guiderai nella sua crescita fino a che diventerà un bravo ometto. Scusa se non mi dilungo, non voglio piangere...

con infinito affetto,

tua Lily.



Severus era sbigottito. Per lunghi istanti fissò con occhi vitrei il muro di pietra grezza della camera blindata dei Potter; l’omuncolo al suo fianco stava ancora parlando ma a lui sembrava di sprofondare nella melassa.

Il funzionario che aveva sottoscritto i documenti è deceduto tempo fa, quindi deve scusarci se solo ora ne siamo entrati in possesso. Severus cercò di scrollarsi di dosso il rimorso che lo aveva investito come un Nottetempo che viaggiava a folle velocità, per prestare attenzione alle parole del folletto. Esiste un antico incantesimo che lega l’ultimo discendente di una nobile dinastia al suo lascito qui depositato: in caso di morte prematura, le porte della camera blindata si aprono permettendo a noi folletti di accertarci di eventuali lasciti. Il Pozionista ipotizzò che alla dipartita di Sirius Black fosse successa la stessa cosa. — È così che, il mese scorso, siamo venuti a conoscenza di questo documento, Signor Piton, il Signor Harry James Potter è deceduto e il vincolo ha aperto la sua camera. La cosa ci è parsa subito anomala in quanto sapevamo che, Severus assottigliò gli occhi attento.il Signor Albus Percival Wulfrin Brian Silente era subentrato come tutore alla scomparsa del Signor Sirius Black, padrino del ragazzo.

Alla sorprendente notizia il professore spalancò gli occhi sorpreso, Ma guarda quella vecchia volpe, ha più fiuto di uno Snaso. – pensò irritato. Poco importa, ora sarò io a prendermi cura di Harry e farò in modo che questa notizia non arrivi a orecchie indiscrete. Deciso a mantenere fede al volere della sua Lily, prese accordi con il funzionario della Gringott per mantenere l’anonimato. Se Harry vorrà riconoscermi qualche merito, lo farà perché si è affezionato a me, non come ultimo volere di sua madre. Con questo pensiero e schiacciato dai sensi di colpa, si apprestò a tornare a casa dove lo attendeva un gufo dall’aria malaticcia con un messaggio da parte di Silente, con cui convocava i membri dell’Ordine della Fenice per un incontro straordinario.

Gli dirà di me? — La voce di Harry lo distolse dai propri pensieri.

No, almeno non subito. Aggiunse notando la luce triste nei suoi occhi. Il Pozionista sospirò. Harry, in questo ultimo periodo nessuno ti ha cercato, Alzò una mano per smorzare qualsiasi rimostranza. Manchi da casa dei tuoi parenti da quasi due mesi e nessuno si è preoccupato di cercarti, o per lo meno di farlo in modo adeguato. Nessun gufo ti ha raggiunto, anche solo per chiedere come stavi, dove ti eri cacciato, perché non ti facevi più sentire. Gli mise una mano sulla spalla e strinse appena richiamando su di sé quello sguardo di un verde intenso. Andrò a quella riunione e li ascolterò attentamente valutando di chi mi possa fidare per, eventualmente, metterlo al corrente della reale situazione. Più di così non posso promettere. Harry lo osservò in silenzio per alcuni minuti, poi scosse piano il capo in segno d’assenso. Bene. Ora fammi vedere i tuoi progressi, Gli disse, ma prima dimmi, dove si è cacciato Draco? chiese indagatore guardando in giro circospetto.

Harry rise deliziato riferendo che il ragazzo, dopo averlo assistito negli esercizi e averlo aiutato nei sui primi passi fuori dal letto, si era dileguato con fare misterioso lasciandolo in compagnia della cerva. Scese la sera, Harry e Draco per la prima volta si trovarono da soli – Severus aveva raggiunto il Preside a Grimmauld Place consapevoli che sarebbe bastato davvero poco per rovinare tutto. Imbarazzati, ma decisi a far funzionare le cose tra loro, intrapresero una innocua partita a scacchi magici. Durante una sfida v’erano poche regole da seguire: rimanere concentrati, fare la propria mossa, aspettare il turno successivo; ma chissà perché ben presto si ritrovarono a battibeccare con la scacchiera scaraventata contro il muro e i pezzi sopravvissuti che se le suonavano di santa ragione. Insomma, perché esserne stupiti? Erano sempre Malfoy e Potter: per loro, competere per la supremazia era un dovere cosmico a cui difficilmente avrebbero rinunciato. Fu così che li trovò Severus seduti e imbronciati in quella baraonda mentre si davano le spalle: uno troppo orgoglioso per ammettere la sconfitta, l’altro troppo stanco anche solo per dargliela vinta; il Pozionista non lesinò sulla ramanzina – una lavata di capo con i contro fiocchi – e nemmeno sulla successiva punizione, così come si conveniva per dei mocciosi recalcitranti.

Il giorno del compleanno di Harry ormai era agli sgoccioli e lui, rivivendolo a occhi aperti, mentre si accoccolava meglio sotto le coperte calde, credeva, anzi era convinto, che fosse stato il migliore mai vissuto prima, nonostante non avesse ricevuto regali. In fondo che si possono regalare delle persone che si sono fatte la guerra da tutta una vita? Eppure una vocina dentro di sé gli faceva notare che il tenero bacio che il Serpeverde gli aveva dato quella stessa mattina e venire a scoprire di piacergli – poteva chiamare come testimone la cerva – potevano tranquillamente considerarsi degli splendidi regali, vista la gioia con cui il proprio cuore li aveva colti. Strofinando il viso sul cuscino, sorrise ebete al ricordo dell’imbarazzo di Draco quando, tutto arruffato e con uno sbuffo di zucchero a velo sulla punta del naso, si presentò in camera, mentre Severus lo sorreggeva perché ancora troppo debole per fare più di quattro passi lontano dal letto, con una piccola torta – ad essere onesti era un mattoncino bruciato ma era da ammirare il fatto che l’avesse preparata con le proprie delicatissime mani da Purosangue – al cioccolato intonando un augurio di buon compleanno. In fondo, cosa sono i beni materiali di fronte alla concreta possibilità di riuscire finalmente ad aprirsi e avere un dialogo civile con le due persone che più lo avevano osteggiato – Voldemort a parte – negli ultimi anni? Finalmente chiuse gli occhi e, prima di essere vinto dalla stanchezza, un ultimo fotogramma gli apparve dietro le palpebre serrate: il sorriso sul volto di un uomo che – forse non ne era mai stato capace – da tempo immemore non era più in grado di sorridere. Ormai sconfitto da Morfeo, con un sentore gradevole che gli scendeva dolce fino in gola, il cuore del Grifone si calmò pian piano perché oramai era certo di aver ritrovato il suo Futuro.



Note dell’autrice: grazie a tutti i lettori che sono passati, soprattutto a quelli che apprezzano la storia e l’hanno commentata.

Inoltre, approfitto per far sapere che il prossimo aggiornamento slitta di una settimana.

Buona lettura e sono graditi i commenti.



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Capitolo 10
*** Cap. 10 - Continuò ad accadere in quello stesso giorno ***


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Il morso del diavolo

Cap. 10Continuò ad accadere in quello stesso giorno

Severus non aveva voglia di presenziare alla riunione dell’Ordine, non tanto perché c’era il serio rischio che una volta tornato a casa non l’avrebbe più trovata – con quei due le precauzioni non erano mai troppe – ma perché gli dispiaceva non concludere la giornata con Harry. Mi sto rammollendo, pensò stizzito per poi contraddirsi piegando le labbra in un sorriso lieve. Riprenditi Severus, contegno, nessuno deve sospettare nulla, men che meno Albus. Si rimproverò mentalmente ridisegnandosi sul volto la solita maschera burbera; mentre varcava l’uscio che lo portava nella fatiscente cucina dei Black, constatò soddisfatto che c’erano proprio tutti. Distribuiti un po’ ovunque le zazzere rosse dei Weasley donavano un tocco di colore all’ambiente tetro, la Signorina Granger, con la sua aria spocchiosa e i capelli stopposi, era aggrappata al braccio del più piccolo dei Babbanofili intenta a tirare su col naso rumorosamente. Sarà anche la strega più in gamba del secolo, a dire di molti, ma in quanto a buone maniere fa desiderare. Pensò disgustato. Il licantropo Remus Lupin, nella sua solita mise dimessa, abbracciava stretto la Tonks – così voleva che tutti la chiamassero la Metamorfomagus – che sfoggiava per l’occasione i capelli grigio fumo. Mundungus Fletcher, il ladro di carabattole, sedeva annoiato vicino al camino non perdendo di vista un paio di piatti in peltro appesi sulla cappa in mattoni rossi. Il gigante afro Kingsley Shacklebolt, con il suo orecchino tribale che luccicava sinistro alla luce delle candele, parlottava sottovoce con Alastor Moody, il segugio dall’occhio magico. Sul lungo tavolo, al centro della stanza, tra tazze di tè sporche e piattini di biscotti allo zenzero fatti in casa, erano sparpagliate alcune copie della Gazzetta del Profeta dove, a caratteri cubitali, spiccava la notizia della scomparsa di Harry Potter. Severus scivolò inosservato lungo le ombre delle pareti polverose e si sedette in un angolo buio ad osservare: c’era chi piangeva ponendo molte domande, chi esprimeva la propria perplessità preoccupato per il futuro, chi soffocato dal timore cominciava a cedere. L’arrivo di Silente scatenò una cacofonia di suoni per le infinite domande che gli rivolgevano in contemporanea. Il Preside, perso in chissà quali pensieri, tratteneva al petto la barba candida non prestando attenzione a nessuno in particolare; infine, dopo lunghi attimi, alzò la mano e ottenne il silenzio.

Vengo ora dal Ministero, cominciò con voce grave, per via della restrizione magica, gli Auror, come potrà benissimo confermare anche la nostra Tonks, le rivolse un sorriso di circostanza, non hanno potuto fare molto se non constatare che il corpo di Harry non si trova da nessuna parte, sebbene abbiano castato numerosi incantesimi di localizzazione. Sospirò affranto sedendosi stancamente su una sedia vicino all’amico Alastor.

Tutto qui? pensò indignato il Pozionista dal suo angolo buio, Harry è scomparso e l’unica cosa che hanno fatto è stato lanciare un banale incantesimo di localizzazione?si chiese stupito.

Ritengo che se Harry si è fatto sorprendere nel sonno come un povero Troll, tanto bravo non doveva essere, no? Prese improvvisamente la parola Ron Weasley, lasciando tutti di stucco, Insomma, uno come lui che, parole sue, aveva sconfitto più volte Voisapetechi, capite che avrebbe dovuto saper difendersi da solo. Miseriaccia, lui era il grande Harry Potter, sottolineò gesticolando nervoso con le lunghe braccia il Prescelto, quello che doveva difenderci tutti dal Male.

A Severus non era sfuggito il tempo passato con cui parlava di Harry, come se lo ritenesse un argomento superato concluso e archiviato.

Insomma, è ovvio che si è rivelato un gran buco nell’acqua, un incapace.

Parla quello che le poche cose che sa gliele ha insegnate il Troll incapace! Si intromise Fred ringhiando offeso.

Ron arrossì ma non cedette; aveva passato l’ultimo periodo a rimuginare sull’avventura al Ministero ed era arrivato alla conclusione che la morte di Sirius, il padrino di Potter, e la totale disfatta della missione, fosse da imputare unicamente al Salvatoredistepuffolepigmee: per colpa dell’arroganza e della troppa fiducia in se stesso con cui Potter si era rivestito per calarsi nella parte dell’unico in grado di sconfiggere Tusaichi, si erano ritrovati a tornare a scuola malridotti. Basta, è giunto il momento di cambiare le cose, pensò euforico, con Potter fuori dai giochi c’è bisogno di un nuovo leader, di un nuovo simbolo di giustizia, e perché non proporre me stesso?ragionò; era stanco di vivere all’ombra di un incapace che lo faceva finire regolarmente in infermeria. Così, finalmente, farò vedere a tutti quanto valgo. Sono io la persona giusta di cui hanno bisogno.Sorrise soddisfatto.

Credo di parlare a nome di tutti se dico che ci vuole un nuovo prescelto, uno vero, uno che non si nasconde dietro una stupida profezia credendosi un dio... Un pugno ben assestato da George fermò lo sproloquio del fratello più giovane.

Piccolo stupido ingrato millantatore, se non fosse stato per Harry tu ora...

Ma che fai! strillò la loro madre cercando di dividere i due ragazzi che avevano preso a darsele di santa ragione.

George, esordì infuriato Fred, trattenendo il gemello per un braccio, abbiamo sentito abbastanza. Se volete scusarci noi ce ne andiamo, non disturbatevi ad accompagnarci. Conosciamo la strada. Un’ultima cosa, aggiunse rivolgendosi a Ron, mentre spingeva l’altro gemello fuori dalla stanza, non ti azzardare a mettere più piede nel nostro negozio. Con questa ultima minaccia se ne andarono sbattendo forte la porta svegliando il quadro all’ingresso che cominciò a vomitare ingiurie.

Dal suo cantuccio Severus, impressionato da quello che era appena successo, prese in considerazione l’idea di poter avvicinare i gemelli e coinvolgerli nella ricerca degli ingredienti per la pozione. Sono certo che un aiuto anche da parte loro sia fattibile. Pensò meditabondo; in passato aveva notato il loro attaccamento a Harry, l’assoluta devozione e la particolare discrezione dimostrata in alcuni casi. Nel mentre, Hermione cercava di calmare un agitatissimo Ron ricordandogli che, se voleva fare il capo, doveva anche cominciare a comportarsi di conseguenza. Dopo aver ripristinato l’ordine e cercato, di nuovo e inutilmente, di staccare il quadro di Walburga Black dalla parete, tutti guardarono verso Silente in trepidante attesa.

Condivido il pensiero del Signor Weasley, tempi bui ci attendono e abbiamo bisogno di una nuova figura che ci guidi nel cammino verso la Luce. Farò tesoro del suo entusiasmo, Signor Weasley, e, se me lo permetterà, vorrei provvedere io stesso a prepararla in vista dell’imminente scontro con Voldemort. Concluse immerso in un silenzio sbigottito, ignorando bellamente i brividi scatenati dal nome appena pronunciato; Ron esultò. Però, prima che qualcuno potesse intervenire, continuò: — È sopraggiunto un nuovo problema, se Harry è davvero morto, e ci auguriamo tutti che non lo sia, alcuni scossero mesti la testa, Molly si portò una mano alla bocca per trattenere l’ennesimo singhiozzo, speriamo che nessun erede si faccia avanti per sfrattarci, comunque, essendo io il Custode Segreto, momentaneamente possiamo ancora usufruire di questa antica magione come sede per l’Ordine della Fenice. In ogni caso, ho già preso accordi per un appuntamento con i folletti della Gringott domani stesso.

Mentre gli astanti borbottavano tra loro, Ron, felice per aver avuto un’altra brillante idea e pregustando l’osso come un cane affamato, propose a tutti di dividere i galeoni, che lui stesso sapeva esserci nel caveau dei Potter, come risarcimento per le perdite subite a nome di uno stupido ragazzino che non era stato in grado di sopravvivere alla sua stessa fama. – Severus, dal suo angolo, tremò di disgusto, Come può essere così mercenario? Sta banchettando sulla tomba di Harry, non era il suo migliore amico?Il vecchio Preside trovò l’idea attuabile e la mise ai voti, anche se qualcuno provò debolmente a protestare; Mundungus, interessato tanto quanto il giovane Weasley, zittì tutti ricordando che da morto a Potter dei soldi non sapeva certo che farsene. – Il Pozionista era davvero furioso, parlavano del Grifondoro come se fosse un estraneo, come se negli ultimi anni non avesse condiviso con loro gioie e dolori. – Il signor Weasley cercò di protestare ma sua moglie lo fermò facendogli notare che i soldi potevano sempre far comodo in quei tempi così ristretti, soprattutto per le spese scolastiche. Infine la decisione fu presa: si sarebbero divisi l’intero patrimonio dei Potter ma solo, tra chi di loro, aveva aderito all’iniziativa. Che nobile gesto. Pensò schifato Severus.

Bene, Una voce fredda scaturì dall’ombra. ora che avete fatto a pezzi anche l’ultimo brandello della vostra patetica dignità, vi ringrazio per l’ottimo spettacolo e prendo congedo.

Tutte le teste si girano in sincronia e guardarono basite il Pozionista emergere dall’ombra in cui si era rintanato. Elegantemente, nel più totale silenzio, attraversò il locale e raggiunse l’uscio; nel momento in cui toccò la maniglia il canuto Preside lo fermò.

Vai via di già, Severus? La voce arrivò alle orecchie del Professore irritante come il ronzio di un nugolo di Doxxi nel loro nido. Speravo di sentire il tuo punto di vista sull’intera faccenda.

Di quale faccenda parli, Albus? La spartizione dei beni dei Potter o l’aver dimostrato che non avete riguardo per nessuno, nemmeno del vostro Salvatore. Sputò con disprezzo.

Severus, Severus, non essere precipitoso.

Precipitoso, dici, mi sembra che gli unici a essersi precipitati come sciacalli siate stati voi.

Come si permette! urlò infervorato Ron pronto a colpirlo. In men che non si dica il ragazzo si ritrovò scaraventato addosso al muro con la testa insanguinata accerchiata da un aureola fatta dalle bacchette che quegli stolti avevano osato puntare contro l’oscuro Professore.

Non osi mai più mancarmi di rispetto! Sillabò con voce glaciale il Pozionista bloccando ulteriori interventi. Poi, rivolgendosi al Preside:

Vuoi la mia opinione? domandò retorico. Nessuno di voi si è preoccupato di accertarsi della veridicità della notizia andando sul luogo a controllare. Ancora, nessuno di voi si è sentito in dovere di indagare abbastanza a fondo per scoprire quale fosse la verità. Eppure sbandierate al vento l’amore che dite di provare per Potter.

Cosa vuole saperne lei, sporco Mangiamorte... Ron cercò di parlare, nonostante fosse ancora intontito per il colpo subito, mentre strisciava lungo il muro nel tentativo di rialzarsi in piedi.

SBAM

Evidentemente non mi sono espresso abbastanza bene, prima. Severus lo guardò con ribrezzo schiantarsi di nuovo contro la parete; Hermione accorse per sorreggerlo.

Sono la nuova promessa del...

Ahah. La risata crudele del Pozionista fece rabbrividire ogni persona presente in quel momento nella cucina, Lei, Signor Weasley, in che modo pensa di salvare chiunque se i suoi stessi incantesimi le si ritorcono sempre contro? La derisione era palese sebbene il viso fosse inespressivo.

Cosa proponi di fare? La voce gutturale di Moody attirò l’attenzione; il suo occhio magico era puntato sulla figura di Piton.

Caro Alastor, non sono un esperto Auror, ironizzò Severus. Eppure, continuò, facendo vagare il proprio sguardo glaciale sui presenti, stamani, appena appresa la notizia dal giornale, mi sono recato sul posto. Con discrezione, mescolandomi tra i Babbani, ho controllato le macerie constatando che tra i resti non c’era traccia di Potter: niente cadavere, niente oggetti personali, niente di niente. Nell’aria era rimasto un residuo di magia, presumo un incanto temporale, non ne sono certo, comunque nulla che facesse presupporre la presenza di magia nera e di conseguenza quella dei seguaci del Signore Oscuro. Severus fece una breve pausa contento dell’interesse che aveva suscitato. Ho anche fatto visita alla casa della Signora Figg che, come ben sapete, è il cagnolino fedele di Silente che lui stesso ha designato come controllore di Potter. Alzò la mano per frenare qualsiasi protesta. Ho scoperto, mio malgrado, che era morta da mesi, mangiata dai suoi stessi gatti. Un brivido di ripugnanza serpeggiò sui loro volti insieme alla consapevolezza che c’era ben altro in gioco. La casa era impregnata di magia oscura, un tale tanfo che superava sia quello della cancrena che quello degli escrementi dei gatti; indubbiamente, per un certo periodo vi ha soggiornato un Mangiamorte che, simpaticamente, ha ridecorato gli arredi in modo creativo. Ora, alla luce di tutto questo, una domanda mi sorge spontanea: come è possibile che Potter, conclamato Prescelto, l’unico che deve affrontare il Signore Oscuro, non sia stato sufficientemente sorvegliato da permettervi di accorgervi della sua sparizione per tempo? Perché, dovete sapere, i cadaveri dei Dursley sono vecchi di settimane.

Dal volto di Silente non traspariva nulla però i suoi occhi avevano perso il solito luccichio divertito. Lo sgomento era palese e tra i membri dell’Ordine cominciarono a serpeggiare le prime incertezze, sguardi sospettosi venivano rivolti l’un l’altro.

Per essere un disprezzato Mangiamorte e un uomo a cui non accordare nessun tipo di fiducia, ritengo di aver fatto più del necessario per sostenere la tua causa, Albus. Con la sparizione di Potter ogni mio obbligo verso il figlio di Lily, con mio grande rammarico, decade.

In un turbinio delle lunghe vesti nere, Severus lasciò la cucina. Senza perdere ulteriore tempo, raggiunse la stanza dell’arazzo e chiamò l’elfo domestico che si prendeva cura della casa dei Black, esso apparve immediatamente obbligato dal vincolo magico.

D’ora in poi obbedirai solo a me, fino a nuovo ordine. Osserverai ogni cosa e ascolterai ogni parola pronunciata in questa dimora. Ti presenterai a me per riferire tutto quello di cui sarai venuto a conoscenza nel momento in cui sarai sicuro che sarò completamente solo. Infine, nulla di quello che appartiene a me deve abbandonare questa dimora.

Poi, si smaterializzò a casa in tempo per sgridare i due ragazzi.

Un mese passò in fretta tra gli esercizi per la riabilitazione di Harry e le traduzioni dal Serpentese; gli incubi che facevano visita regolarmente al Grifone e il ripasso delle materie scolastiche per i due ragazzi; le frequenti incursioni di Kreacher e la stancante ricerca degli ingredienti per la pozione. Per fortuna esistevano i gemelli con la loro sadica allegria e la propensione agli scherzi potenzialmente mortali.

Finalmente giunse il primo settembre e l’indomani sarebbero tornati tutti a scuola.



Note dell’autrice: sono terribilmente dispiaciuta per l’immenso ritardo con cui aggiorno la storia: non è dipeso da me! Il mio computer mi ha abbandonato e ho dovuto aspettare finora perché venisse ripristinato. Spero di ritrovare i vecchi lettori e di aggiungerne di nuovi. Buona lettura.





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Capitolo 11
*** Cap. 11 - Ti ho donato il mio cuore su un piatto d'argento, non farmene pentire ***


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Il morso del diavolo

Cap. 11 – Ti ho donato il mio cuore su un piatto d’argento, non farmene pentire

Draco Malfoy, giovane rampollo di una delle famiglie più antiche e facoltose del Mondo Magico, era un ragazzo dotato di un’intelligenza brillante e intuitiva. Buon osservatore, era in grado di individuare velocemente i punti deboli dell’avversario e, da bravo Serpeverde, ne approfittava astutamente. Diabolico e di animo debole, assecondava il volere del padre ritenendo il suo pensiero la Verità Assoluta. Vissuto nell’agiatezza e viziato dall’apprensiva madre, temeva altresì il giudizio paterno così, fin dalla tenerà età, aveva cercato, al meglio delle proprie possibilità, di renderlo orgoglioso studiando tutte le discipline che l’avrebbero fatto diventare un ottimo mago. Egocentrico e narcisista, caratteristiche coltivate con il bene placido dei genitori, indiscusso leader tra i suoi coetanei, poteva vantarsi di un discreto numero di ammiratrici. Bello, di un’avvenenza eterea e sofisticata, aveva i capelli candidi come il riverbero della luce lunare; il viso appuntito ed efebico era impreziosito da due gemme alabastrine come le acque cristalline dei ruscelli sorgivi di montagna. Disinteressato all’amore, i suoi unici obiettivi erano ottenere l’approvazione del padre e diventare potente e temuto esattamente come lui, schiacciare sotto i piedi gli arroganti Grifondoro e distruggere lo spocchioso Potter. Almeno queste erano le sue intenzioni prima di conoscere Coluichenondeveesserenominato.

Durante gli anni scolastici, Draco si era reso conto che la Purezza del Sangue, tanto decantata dal padre, nulla aveva a che fare con l’intelligenza, infatti, la capacità di risultare un ottimo mago non risiedeva nella discendenza nobiliare ma nell’ingenio con cui si utilizzava la magia. Altrimenti non sarebbe riuscito a spiegarsi come quei due scimmioni di Tiger e Goyle potessero considerarsi maghi visto che le loro capacità magiche erano a un livello appena superiore ai Mago. A fatica – solo nella sua testa e quando era particolarmente ubriaco – si ritrovava costretto ad ammettere la superiorità del CastorosotuttoioGranger in tutte le discipline, lei che era una Sanguesporco. Infine, e in questo suo padre avrebbe dovuto rivedere un attimo i suoi discorsi razzisti, era stato costretto a prendere in considerazione anche il proprio padrino: Severus Piton, infatti, era un potentissimo mago sebbene le sue origini lo abbassassero a Mezzosangue. Lo stesso SfregiatoPotty, per quanto tonto Draco lo volesse ritenere, era potente; gli scontri con Tusaichi lo dimostravano: nessuno era mai uscito vivo da un duello a bacchette incrociate con il Signore Oscuro.

Nelle lunghe serate noiose, quando la nostalgia lo assaliva, invece di ricordare le cene sontuose e i ricchi regali che i suoi genitori si prodigavano a fargli avere, rivangava il suo primo incontro con Potty; ogni volta aggiungeva dei particolari diversi cambiando, di fatto, lo scenario finale. Da sempre abituato ad essere al centro dell’attenzione, era rimasto folgorato da quello spaesato e arruffato mucchietto d’ossa, con cui si era ritrovato a condividere lo sgabello da Madama MacClan, che sembrava interessato a tutto tranne che a lui. Indispettito da tanta insolenza, aveva gonfiato il petto e lo aveva travolto con la propria parlantina forbita cercando, nel contempo, di mettersi in mostra. L’apparente remissività del ragazzino lo aveva fuorviato portandolo, – una volta a casa e nella tranquillità della propria camera, – a fare sogni ad occhi aperti in cui lo costringeva a diventare un suo subalterno – perché, come spesso gli ricordava suo padre: i Malfoy non hanno amici ma alleati e si circondano di lacchè! – Fedele ai suoi progetti, era salito pieno di speranza sull’Espresso per Hogwarts senza curarsi dell’insistente notizia – che qualche zelante individuo dalla chioma rossa aveva divulgato – della possibile presenza sul treno del tanto decantato Harry Potter: Draco aveva in mente solo due occhi verdi come i prati di Villa Malfoy. Era stato davvero scioccante scoprire che l’amico immaginario che scorrazzava nei suoi sogni e il famoso Harry Potter erano lo stesso individuo. Forte della sua faccia di bronzo – collaudata per anni davanti allo specchio – aveva incassato con apparente freddezza lo schiantarsi al suolo dei propri numerosi castelli campati in aria davanti al deciso rifiuto di Potter di accettare la sua amicizia, in quanto gli aveva preferito quel pezzentediunweasel. Che disonorevole vergogna essere surclassato da un traditoredelpropriosangue, un’onta che andava disciolta nel Distillato della Morte Vivente. Laggiù nei freddi sotterranei, dietro le spesse tende del baldacchino, Draco covò uno smisurato odio per tutto ciò che era rosso.

Gli anni erano passati e le radicate convinzioni avevano subito sostanziali cambiamenti. Il Serpeverde, che non toglieva mai gli occhi di dosso a Potter, si era reso conto ben presto che il Grifone non era poi così retto come tutti, e lui stesso, credevano. Seppur spalleggiato apertamente dal Preside, il vecchio bacucco Babbanofilo, Potter si districava a meraviglia, con grande sprezzo della paura, in un labirintico ipogeo dove, suo malgrado, si trovava costretto, insieme agli inseparabili amici – il tanto decantato Triodellemeraviglie – ad affrontare creature spaventose e risolvere intricati misteri. Per lungo tempo, nel regno dei Serpeverde nei sotterranei del castello di Hogwarts, non si era parlato d’altro che del disappunto nel venir a conoscenza della morte del Basiliscola leggendaria bestia appartenuta a Salazar Serpeverde – per mano dell’odioso Grifondoro. In seguito, Draco avrebbe sempre provato uno strano senso di oppressione nel rivangare l’argomento per via di uno strano episodio che collegava suo padre a un libro consunto, Coluichenondeveesserenominato, una serie infinita di Maledizioni Cruciatus e l’apertura della Camera dei Segreti, un luogo che avrebbe dovuto rimanere sepolto nelle viscere del tempo. Al suo quarto anno, mentre stava seduto insieme ai propri compagni sugli spalti di un’arena improvvisata, Draco aveva avvertito il sudore freddo accapponargli la pelle della schiena alla vista di Sanpotter teneramente intento a gestire un gigantesco e arrabbiatissimo Ungaro Spinato: nient’altro che lui, il drago e la sua fedele Firebolt. – da non credere!L’anno scolastico appena conclusosi, per un certo verso, era stato davvero divertente perché Draco, finalmente, aveva il Potere di far del male impunemente. Era stata una lunga e snervante corsa agli ostacoli per riuscire a beccare Potter e la sua combriccola in flagrante, e quando ci era riuscito, sebbene aiutato da metodi non troppo ortodossi – sottigliezzesi era convinto di aver definitivamente sconfitto il Grifone. – beata ingenuità!Ma la realtà aveva ben altro da offrire; infatti, non solo Potter e i suoi amici si erano fatti beffe della Squadra d’Inquisizione, capitanata da lui stesso, e dell’Autorità scolastica, non contenti, avevano trovato il tempo di distruggere un’intera area ministeriale, permettendo la cattura di suo padre, e di svelare all’intero Mondo Magico che Sanpotter, non solo non era un visionario, ma che Voisapetechi era tornato in tutta la sua macabra persona.

Draco, all’inizio di quell’interminabile estate, costretto a rimanere sdraiato sul proprio letto intarsiato d’oro, per recuperare le forze dopo il doloroso scherzo fatto dall’Esercito di Silente alla propria preziosa persona, seppur annegando in un mare d’odio, si era posto la giusta domanda: Non è che mi trovo dalla parte sbagliata della bacchetta di Potter? Si potrebbero scrivere trattati su come è sempre uscito indenne dopo aver fatto quattro amichevoli chiacchiere con il mago più potente degli ultimi decenni; chiedetelo a Cedric Diggory, se non vi fidate della mia parola. Forse è un pessimo suggerimento ma rende l’idea su chi è riuscito a spuntarla e chi invece è diventato concime per il Platano Picchiatore. E la lista sarebbe davvero lunga. Ma per Draco, la vera svolta, era avvenuta durante il traumatico incontro con Coluichenondeveesserenominato, quando gli era stato assegnato il compito di sorvegliare la Donnola. Sconvolto, si era ripetuto come un mantra che il futuro era una scalinata d’oro lastricata di pietre preziose in cima alla quale i Malfoy avrebbero detenuto il Potere; eppure questo dogma, di cui si era cibato fin dal seno materno, si era inacidito a contato con la cruda realtà. Al Signore Oscuro interessava soltanto raggiungere il proprio obiettivo e i propri interessi, se per ottenerli avesse dovuto calpestare la vita di qualcuno, Mangiamorte, Babbano o chicchessia, per lui non avrebbe fatto alcuna differenza. Soggiogava le persone riducendole a schiave e cibandole con il terrore verso la propria figura; nessuno era in grado di contrastare quella pericolosa aura di potere che lo circondava, nessuno tranne Potter che, come spesso accadeva, si faceva beffe di Lui e del suo volere. Con l’animo tormentato e sempre più diviso tra il terrore di non rivedere più suo padre e la paura di non riuscire ad accontentare il suo Signore e padrone, nel Serpeverde si era insinuata come una biscia tentatrice l’idea che forse Potter potesse vincere. Per colpa di quel nefasto pensiero, Draco aveva avuto la tentazione di prendersi a testate contro gli spigoli dei mobili in una simpatica caricatura degli elfi domestici di Villa Malfoy. Ma non ebbe modo di piangersi addosso, – no di certo! Era un Malfoy e i Malfoy non esternavano le proprie emozioni – anche dopo esser venuto a conoscenza di tutti i retroscena della vita vissuta dal povero Grifone, che lui stesso, in parte, aveva contribuito a rendere tale, perché Potter era morto stritolato nelle fauci dell’innocuo animaletto da salotto di Voisapetechi.

Delirio. Puro delirio.

In tutta quella terrorizzante incertezza che si era venuta a creare, Draco aveva fatto l’unica cosa che sapeva fare meglio di chiunque altro: scappare; era stato così che si era rifugiato a casa del suo padrino. E quello che aveva trovato era stato ben altro – tuttora ringraziava Merlino per aver avuto quella brillante idea – perché davanti ai propri occhi increduli il SempiternoHarryPotter giaceva in un letto, sì malconcio, ma decisamente vivo.

Investito da un nuovo entusiasmo, di cui non riusciva a capacitarsi, aveva aiutato Severus nel prendersi cura di quell’esile corpo, ammirando ogni sua espressione e la forza di volontà con cui rimaneva caparbiamente attaccato alla propria vita. Vergognosamente euforico, aveva imposto la propria presenza in quella casa così tetra e fredda – sebbene la cerva cercasse di trasmettere un po’ di calore – soffocando Harry – perché per il Serpeverde ormai era diventato solo Harry – in caldi abbracci e punzecchiandolo con battute sagaci; la propria fervida immaginazione e l’inaspettata disponibilità altruistica, con cui l’aveva aiutato nella snervante e molto spesso deludente riabilitazione, aveva cementato quella che tutti avrebbero definito come un’improbabile amicizia.

Fu con questo ritrovato animo sereno, forte di quello speciale legame che si era creato tra lui e Harry, che affrontò il primo giorno del loro nuovo anno scolastico.



Note dell’autrice: grazie a chiunque leggerà. Sono graditi i commenti.

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Capitolo 12
*** Cap. 12 - Ti guardo impotente frantumare la mia anima ***


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Il morso del diavolo

Cap. 12 – Ti guardo impotente frantumare la mia anima

Sotto la cupola ingrigita e piangente del cielo scozzese, il castello di Hogwarts si ergeva come la vetta più alta del sapere. Le finestre, intente a spiare l’orizzonte, sembravano piccole fiammelle tremolanti per ogni sospiro rubato al vento. Al suo interno, timidi ragazzini, stretti e tremati nei loro mantelli neri della divisa scolastica – perché era risaputo che una gita in barca sul lago di notte non era di certo come crogiolarsi al tepore dei camini accesi – si affacciavano, colmi di aspettativa e timore, per la prima volta sulla maestosa e imponente Sala Grande descritta dai loro genitori. Impacciati, sotto l’occhio curioso degli altri studenti, si sedevano sperduti al tavolo che un logoro Cappello Parlante designava per loro. L’atmosfera, tuttavia, non sembrava delle più felici: tra i quattro tavoli che rappresentavano le quattro Case dei Fondatori serpeggiava il malumore. Alcuni giovani irrequieti alzavano il tono di voce in cerca di risposte che purtroppo nessuno sapeva dare. Sui visi dei professori, seduti rigidi sotto la grande finestra al lato opposto della grande porta d’entrata, non traspariva nessuna espressione; spiccavano però gli insegnanti assenti. Il preside, che si lisciava pensieroso la lunga barba bianca, infine, alzandosi dal suo scranno, prese la parola interrompendo il brusio.

Benvenuti e bentornati. Come ben sapete da tutti i giornali, quest’anno Harry Potter non prenderà parte alla nostra vita scolastica, vi assicuro che stiamo facendo il possibile per rintracciarlo, ogni immaginabile pista è stata vagliata e considerata. La sua voce sembrava stanca e sofferente. Comunque non perdiamoci d’animo, il nostro Harry non lo avrebbe voluto, uno spirito indomito come il suo si sarebbe rimboccato le maniche e avrebbe proseguito verso la Luce. Sorrise incoraggiante, mentre i volti di alcuni ragazzi si fecero più attenti. Un nostro talentuoso studente seguirà lezioni private, che io stesso gli impartirò, per prepararsi all’imminente guerra. Un brusio interrogativo si snodò tra i tavoli Sono più che certo che rappresenterà degnamente il giovane Potter. Il Preside sorrise bonario all’indirizzo delle pagliacciate inscenate al tavolo dei Grifondoro per via degli schiocchi delle manate assestate sulla schiena di un impettito Weasley, che si innalzavano nel silenzio incredulo della Sala Grande; al tavolo dei Serpeverde tutto taceva, i loro volti erano maschere indifferenti, impassibili e per nulla impressionati. Per la prima volta, Proseguì l’anziano preside, all’apertura delle lezioni, non è qui con noi il nostro amatissimo professor Piton. una serie di bassi fischi dispregiativi misti a giubilo riempirono l’aria. Comunque non temete, tornerà tra qualche giorno e insegnerà Difesa contro le Arti Oscure. Il sorriso di trionfo, sfoggiato finora dai Grifoni, si gelò sui loro visi, soprattutto su quello del loro nuovo idolo. A rilevare la Cattedra di Pozioni è una giovane donna appena uscita dall’Accademia, fate un bell’applauso alla nuova Professoressa Jennifer dalla Lungavista1. Proprio in quel momento, da una porticina secondaria, entrò una corpulenta figura avvolta in una veste color vinaccia, il volto, coperto in parte da folti capelli color melanzana, era rubicondo e gioviale, un sorriso simpatico ne illuminava i tratti. Un ultima raccomandazione, riprese a parlare il Preside, come ogni anno è bene ricordare che è vietato e oltremodo pericoloso addentrarsi nella Foresta Proibita. Inoltre, su suggerimento di Gazza, il nostro carissimo custode, devo informarvi che chiunque verrà trovato in possesso degli straordinari prodotti Weasley verrà severamente punito; sappiate che appesa fuori dall’ufficio del custode vi è una lista di cose che è meglio non fare, vi invito a leggerla con attenzione. Bene ora che ho finito di tediarvi passiamo a cose più piacevoli, buon appetito! Con uno svolazzo della mano le tavole si trovarono imbandite dalle appetitose pietanze abilmente cucinate dagli elfi.

Iniziò così il nuovo anno, stancamente, tra interminabili lezioni, noiosi compiti e passeggiate nel parco approfittando del sorridente sole autunnale.

Ma guarda chi si rivede: il pezzente promosso a supereroe. Evidentemente la fama non paga visto gli stracci che continui ad indossare. Così si rivolse al Traditoredelsuostessosangue un sarcastico Draco qualche mattina dopo mentre si incrociavano fuori dalla Sala Grande; le serpi che erano con lui scoppiarono a ridere crudeli.

Come ti permetti lurido figlio di un Mangiamorte! Ron, sguainata immediatamente la bacchetta, forte del suo nuovo status, urlò inferocito: Stupeficium! Con un’abile mossa Draco allontanò il colpo.

Cento punti in meno a Grifondoro e la requisizione della bacchetta per un mese, signor Weasley. Dalla cima delle scale stava scendendo, in uno svolazzo delle vesti nere, Severus Piton, al suo fianco la Professoressa McGranitt sfoggiava un cipiglio duro.

Signor Weasley, si vergogni, Disse quest’ultima. chieda immediatamente scusa e si consideri in punizione per i prossimi due sabato.

Ma professoressa... Cercò di protestare il Grifondoro.

Preferisce subire la punizione durante gli allenamenti di Quidditch? Offrì falsamente conciliate l’inflessibile donna, le labbra serrate in una linea severa. Non ricevendo risposta continuò: È atteso nell’ufficio del Preside. Detto questo e considerando la questione archiviata, disse: Su, vada. Incitò il ragazzo ad avviarsi.

La bacchetta, prego. Intervenne Severus con la mano tesa, Le verrà riconsegnata in classe ad ogni lezione in cui ne è previsto l’uso. Buona giornata. Noncurante dell’espressione rabbiosa del Grifone, voltò le spalle in segno di concedo e, fatto un cenno ad un felicissimo Draco, insieme si avviarono per il corridoio che portava ai sotterranei.

Qualche minuto dopo, ad un piano imprecisato del castello, una porta sbatté violentemente. Ron Weasley, – pestando i piedi in terra decisamente furioso, borbottando tra sé e sé: Quel figlio di una cagna me la pagherà cara! – entrò nello studio del Preside senza guardarsi in giro, alzò la testa e si rivolse a lui, credendo di essere stato convocato per il piccolo diverbio avuto con quello stronzo di Malfoy, dicendo:

Non è colpa mia, Signore, Malfoy...

Ron…?

Una voce, che apparteneva ad una persona creduta da tutti morta, squittì incredula. Proveniva da una delle poltroncine poste davanti alla scrivania dove stava seduto, con le dita incrociate tra loro appoggiate sul tavolo, il canuto Preside; una scintilla dell’antico fulgore gli illuminavano le iridi, da troppo tempo spente.

E lui che ci fa qui? Miseriaccia, non sarà mica tornato dal mondo dei morti, vero? Domandò balbettante e incredulo, additando Harry con il dito tremante.

Non dica sciocchezze e si accomodi, Signor Weasley. Come vede il nostro caro Harry è tornato, disse gioviale, ignorando le espressioni dei due ragazzi.

Ron, con malagrazia, si accasciò sulla seduta senza più degnare di uno sguardo il vecchio amico, disegnandosi in faccia un’espressione sprezzante. Harry, dal canto suo, era rimasto pietrificato nell’atto di alzarsi per abbracciare finalmente l’amico, ma sconcertato dal comportamento di Ron, ricadde mollemente sulla sedia estraniandosi dai loro discorsi; con il volto rabbuiato continuava a chiedersi perché il ragazzo al suo fianco si fosse comportato così. Intanto il Preside stava aggiornando il Grifone sulle ultime novità che il Professor Piton gli aveva snocciolato sull’incredibile avventura vissuta da Harry.

Vede, stava raccontando ad un indifferente Ron, all’attacco del serpente Harry è sopravvissuto, non è meraviglioso? chiese a nessuno in particolare e, dopo il suo successivo ricovero in un ospedale Babbano, è stato riconosciuto come il Presceltoallo sguardo oltraggiato di Ron, il Preside si vide costretto a rassicurarlo adducendo che erano parole della strega che aveva ritrovato Harry, non sue – da una strega che lavorava come volontaria in quello stesso nosocomio. Quest’ultima ha preso l’azzardata decisione di portarlo a casa propria e, per proteggere se stessa e Harry, ha Obliato i dottori. Una volta nella sua dimora, l’ha curato pazientemente fino alla totale riabilitazione. Purtroppo lo shock subito da Harry ha ridotto le sue capacità magiche, problema a cui lei non è stata in grado di porre rimedio. Quando finalmente Harry è riuscito a parlare, la strega si è fatta spiegare l’ubicazione della casa dei suoi zii. La sua intenzione iniziale era di prendere gli oggetti appartenuti a Harry, ma poiché si sono rifiutati di collaborare, ha usato su di loro la Legillimanzia, violando almeno dieci Leggi Restrittive. Quello che ha visto nelle loro menti, ha scatenato in lei la furia che ha portato alle conseguenze che già sappiamo. Una volta tornata calma, è uscita dall’abitazione in fiamme sparendo nella notte, portando con sé i beni di Harry.

Mi scusi se l’interrompo, Signore, ma in tutto questo cosa c’entra il professor Piton? chiese Ron agitandosi sulla sedia, cercando di arrivare al dunque. Il Preside sorrise indulgente davanti all’irruenza del giovane Grifondoro.

È una bella età, la vostra, siete sempre impazienti di arrivare alla fine per poi perdervi il meglio di ciò che la vita vi offre. arrise nostalgico; un discreto colpo di tosse, da parte di uno di soggetti dei quadri appesi alle pareti, lo fece ridestare e riprendere il filo del discorso. Dove eravamo rimasti? Ah certo, la strega, mi domando come mai Severus non le abbia mai chiesto il nome, Borbottò perplesso tra sé e sé. Comunque, non potendo più fare molto per il nostro Harry ed essendo il primo settembre ormai alle porte, ritenne giusto affidarlo a un suo vicino, che sapeva essere un mago molto dotato. Così, una settimana fa, ha contattato il mio buon caro e vecchio Severus che, con sua grande meraviglia, una volta giunto nella casa di lei, ha trovato vivo, seppur provato, Harry Potter. Il Preside si interruppe di nuovo davanti all’evidente disappunto del Grifone. Non disperi, Signor Weasley. Caramella al limone? Offrì allungando un piattino colmo di lucenti confetti gialli, Ron scosse la testa grugnendo indispettito. Io le adoro, mi aiutano a calmarmi e a pensare meglio. Strizzò l’occhio con fare sornione. Tornando a noi, il Professor Piton, tenendo segreta a tutti la succulenta notizia, si è prodigato per Harry e, dopo tutta una serie di accertamenti ha scoperto che, per via della sua brutta avventura, il nucleo magico si era momentaneamente, come dire, si fermò un attimo per trovare il vocabolo giusto e nel frattempo guardò Harry con un’espressione compassionevole. ecco ci sono, il nucleo si è “congelato”, rendendolo a tutti gli effetti un Mago.

È un Mago?! lo interruppe Ron con voce scettica ma impregnata di speranza. Harry sobbalzò sulla sedia, per tutto quel tempo si era rintanato in se stesso, deluso dal comportamento dell’amico, Che abbia sempre avuto ragione Draco? pensò amareggiato.

Sembrerebbe proprio di sì. Scosse la testa canuta Ma il Professor Piton ritiene che sia solo una condizione temporanea.

Non m’importa, asserì spavaldo il Grifone, è un essere inutile e io ora pretendo di essere nominato ufficialmente come nuovo prescelto.

Di questo abbiamo già discusso in altra sede e sappiamo entrambi cosa è stato deciso, infatti è per questo che l’ho messa a conoscenza dei fatti. Quello che mi preme, ora, Signor Weasley, è la sua parola che non rivelerà a nessuno che Harry è vivo e ciò che ha sentito qui non uscirà da questa stanza. Il Grifone si vide costretto ad acconsentire.

Con lo sguardo colmo di risentimento Ron si voltò verso Harry, nella propria testa stavano crollando, una dietro l’altra, tutte le speranze di gloria per via della presenza del giovane al suo fianco. Una cocente rabbia prese vita intrecciandosi con le spire rosse del fuoco della gelosia e gli offuscò la mente tanto da fargli ideare un piano diabolico.

Harry, nel proprio angolino, era stupito della fredda furia che percepiva irradiarsi da Ron e rimase annichilito quando avvertì dentro di sé la portata del dolore per la perdita del compagno di tante avventure. Con occhi vitrei prese a fissare inebetito la parete di fronte e fece molta fatica a tornare alla realtà. Da lontano sentiva una voce che lo chiama con insistenza ma tutto dentro di lui era ovattato e confuso. Improvvisamente, una mano, che un tempo considerava amica, si posò con forza sul braccio strattonandolo senza grazia, ridestandolo. Harry alzò gli occhi di un insolito verde cupo e si scontrò con quelli freddi e sprezzanti di Ron; impreparato, cercò di trattenere un brivido di sgomento per la cattiveria ivi contenuta. Nel frattempo il Preside aveva ripreso a parlare.

...ti accompagnerà nei tuoi nuovi alloggi presso gli appartamenti del Professore Piton che continuerà a provvedere alla tua salute. Harry lo guardò confuso finché non si sentì strattonare di nuovo da Ron. Andate ora e mi raccomando non fatevi vedere da nessuno. Concluse sorridendo incoraggiante a entrambi.

In silenzio uscirono dall’ufficio e con riluttanza si avviarono lungo il corridoio sotto lo sguardo imperturbabile dei due Gargoyle posti a guardia. Harry camminava lento tenendo la testa bassa, scrutando il pavimento in cerca delle parole giuste da rivolgere a Ron; fu per quello che non si avvide subito che, girato l’angolo, il rosso, adducendo a un impegno precedente, lo abbandonò per allontanarsi in tutta fretta.

Trovatosi improvvisamente solo, per Harry fu come diventare all’istante cieco. Essendo poco più di un Babbano, le barriere del castello si attivarono per respingerlo, rimandandogli la visione di un luogo desolato; in men che non si dica si ritrovò inginocchiato con le unghie che grattavano la pietra a lottare contro “l’obbligo” di allontanarsi e la “consapevolezza” di essere all’interno del tanto amato castello. La sensazione della perdita dell’orientamento fu così intensa da lasciarlo senza fiato, un dolore acuto pulsava appena dietro l’orecchio mentre stille lucenti pungevano gli occhi, la gola bruciava dopo il violento sfogo dello stomaco. Disperato, provò a chiudere le palpebre in cerca di sollievo ma fu tutto inutile: luce e nebbia si alternavano in una macabra giostra.

Fu così che lo trovò Draco: inginocchiato, terrorizzato e in lacrime.

Il Serpeverde era stato avvertito da Severus che Harry era nel castello e così, felice di riabbracciarlo, si era appostato in una rientranza del corridoio, in attesa. Quando il pezzentetraditoredelsuostessosangue, palesemente arrabbiato, lo superò, impaziente svoltò l’angolo per andare incontro ad Harry e invece, il sorriso di benvenuto, che gli era sorto spontaneo, si congelò sul bellissimo volto e un’ansia terribile lo investì mentre si chinava verso quel corpo tremante. Con infinita premura se lo strinse addosso donandogli un po’ di conforto; in contemporanea lanciò un messaggio di carta, che spedì alla ricerca del padrino, e disilluse entrambi per sfuggire a eventuali sguardi indiscreti. Quando Severus li raggiunse rimase sconcertato delle condizioni in cui versava Harry e per la prima volta in vita sua si trovò in difficoltà. Sebbene fosse una persona lungimirante non aveva preso assolutamente in considerazione le barriere antiBabbani2 adottate per il castello. “Come aggirale?” Si chiese febbrilmente il Pozionista, mentre aiutava Harry a mettersi sotto le coperte dopo avergli dato un leggero sedativo. “Non posso di certo portarmelo appresso per tutto il giorno sotto il mantello dell’invisibilità, troppi fattori ci rendono vulnerabili e facilmente esposti, in gioco c’è molto di più.” Proprio in quell’istante apparve Kreacher per il resoconto sulle attività di Grimmauld Place; Severus lo guardò contemplativo per interminabili istanti tanto che l’elfo, convinto di esser venuto meno agli ordini, cominciò a prendersi a testate contro gli spigoli dei mobili.

Fermo! intimò con disgusto il Professore. Dimmi quello che devi dire e vattene. Una volta rimasto solo, nella propria testa prese piede una folle idea. Dopo essersi accertato che Harry dormisse, si recò nelle cucine dove gli elfi, pur essendo indaffarati, interruppero le loro attività per accoglierlo festanti. Impaziente, con imperiosa freddezza zittì tutti per informarsi su dove potesse essere una particolare elfa; una volta trovatala, le ordinò di presentarsi al più presto nei propri alloggi. Quando vi fece ritorno, trovò il piccolo esserino rannicchiato in un angolo, le vesti erano sporche e il personale emaciato e malaticcio.

Winky, disse perentorio, ho un compito speciale e delicato da assegnarle.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

1Coi nomi faccio proprio pena.

2Non so come funzionano nello specifico, comunque ho deciso di “riadattare” alcune misure alla storia. I Babbani accedono al castello solo se accompagnati da un mago o creatura magica abilitata allo scopo, ecco per cui Harry reagisce così una volta abbandonato nel corridoio da Ron; infondo è diventato molto meno di un Magonò.

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Capitolo 13
*** Cap. 13 - Come pittori affreschiamo tele... ***


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Il morso del diavolo

Cap. 13 – Come pittori affreschiamo tele...

Severus stava impettito in piedi al centro di una stanza dalle pareti di un tenue color azzurro, i pochi mobili essenziali, fatti su misura, erano stati ricavati dal legno Obeche – Severus stesso aveva scelto le assi e disegnato i modelli – e insieme ai pesanti tendaggi viola scuro lasciavano all’occhio un piacevole contrasto; una intera parete era stata adibita a biblioteca ricca di antichi volumi.

Winky avrà un nuovo padrone? Chiese la piccola elfa con voce arrochita per il troppo bere; i suoi enormi occhi acquosi guardavano con malcelata speranza verso quell’uomo alto e scuro. Il Pozionista la osservava senza espressione, in silenzio, cercando le parole adatte; infine, muovendo impercettibilmente il capo in segno d’assenso si decise a parlare:

Sarai alle dipendenze del giovane Harry Potter. Alzò una mano per interrompere l’improvviso scoppio di felicità della creatura. Dovrai prendertene cura nel modo in cui Harry riterrà più opportuno. Devo importi solo un’unica, ma imprescindibile condizione: non dovrai mai lasciare il fianco del ragazzo, a meno che una causa di forza maggiore non lo imponga; non dovrai mai farti notare da nessuno, è importante. In caso di necessità farai riferimento a me o al giovane Draco Malfoy. Prenderai ordini unicamente da queste persone. Attieniti strettamente a questo ordine, se non vuoi che ti punisca in modo molto più severo di quanto puoi anche solo immaginare. l’istruì con voce inflessibile. Ora puoi andare, ti chiamerò in tempo per il risveglio di Harry per darti le ultime disposizioni. Non mi deludere. Concluse rigido Severus.

Quella sera, quando Harry riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il muso di un elfo chino su di lui. Per un solo terrificante istante pensò di essere tornato al suo secondo anno, quando Dobby, nel suo modo rozzo e irruente, aveva cercato di proteggerlo dal proprio padrone cattivo. Tutto quel periodo era stato difficile ma aveva potuto contare sull’aiuto degli amici di sempre; al solo pensiero di quanto aveva perso, gli occhi si inumidirono e una tremolante lacrima solcò la pallida guancia.

Ma come siamo malinconici. Una voce sarcastica e leggermente ansante arrivò dal lato opposto della stanza. Harry girò di scatto il collo e rimase attonito davanti alla scena che si presentò: Draco stava lottando contro un elfo – dagli abiti indossati pareva più un esemplare femmina – per impedirgli di fracassarsi la buffa testa contro il muro. Piacevolmente colpito, cominciò a ridere.

Nello stesso istante, Severus irruppe nella stanza chiedendo in tono burbero: Cos’è questa confusione? Poi, sorprendentemente, rise; tre figure pietrificate guardavano meravigliate quel viso, di solito inespressivo, aprirsi in una risata brillante. Per un attimo rimase tutto fermo, statico come un filo di ragnatela lucente di brina nelle fredde mattine invernali. Harry, colto da un irrefrenabile impulso, il cuore colmo di un nuovo sentimento, si alzò e abbracciò quell’uomo austero fossilizzato dentro un bozzolo di indifferenza, cercando di trasmettergli, con il calore del proprio corpo, tutto quello che la voce non era in grado di comunicare. Stupito e commosso, Severus ricambiò, stringendosi addosso quello scricciolo d’uomo. Draco e l’elfa osservarono emozionati la scena: fu un evento raro e prezioso che scavò nel cuore di ognuno un solco da cui germogliò un amore reciproco e indissolubile. La notte li colse intenti a gettare le basi del loro futuro.

Si susseguirono giorni snervanti in cui Harry e l’elfa – diventata nel frattempo l’ombra discreta che lo seguiva ovunque – impararono a sincronizzare i movimenti affinché fosse credibile che stesse usando la magia. Winky non lo lasciava mai da solo, nemmeno nei rari momenti in cui Draco, tra una lezione e l’altra, riusciva a incontrare Harry, diventando ben presto una presenza costante e rassicurante, soprattutto nei frequenti spostamenti per il castello, quando veniva convocato dal Preside.

In una stanza fatiscente della locanda Piede di Porco, a Hogsmeade, Piton e i gemelli Weasley avevano costituito il loro quartier generale dove, qualche volta, li raggiungeva anche Harry. Per quieto vivere, tra di loro non parlavano mai di quello che era successo quell’estate, si limitavano a scherzare e condividere i momenti rubati allo studio e al lavoro. Nel frattempo, gli ingredienti per la pozione venivano sistematicamente recuperati, selezionati, preparati e distillati in attesa di unirli in un unico calderone. A Severus sembrava che il tempo scorresse troppo lentamente; una strana inquietudine lo teneva sempre all’erta, come se ci fosse una minaccia appostata dietro l’angolo pronta a colpire al primo passo falso. Avvertiva il pericolo alitare direttamente sul collo di Harry, un’insidia che rischiava di distrarlo portandolo a danneggiare tutto l’operato svolto finora; avrebbe voluto accelerare le cose, ma un bravo Pozionista sa che il lavoro ne sarebbe stato danneggiato.

Anche le giornate di Draco erano sempre piene, infatti il suo tempo lo divideva tra gli impegni scolastici, la vita sociale e Harry; sinceramente avrebbe desiderato trascorrere più ore con il ragazzo, ma la propria ingiustificata assenza tra le mura del castello, avrebbe sicuramente attirato troppe attenzioni. La porta per accedere alla stanza del Grifone era posta in una nicchia, celata magicamente, lungo il muro del corridoio del dormitorio dei Serpeverde, tra quella della camera del Prefettoutilizzata da Draco stesso – e quella degli appartamenti privati di Severus. Draco, tra una lezione e l’altra, aiutava Harry a tenersi al passo coi compiti scolastici sommergendolo con i propri appunti scritti su pergamene vergate con una grafia minuta e ordinata; appena potevano, inscenavano finti duelli atti ad aiutare Harry a sincronizzarsi con l’elfa. Nonostante tutto, tra loro due non filava tutto liscio. Draco, per non rovinare il delicato equilibrio che si era instaurato tra di loro, ometteva il motivo che lo teneva lontano per un paio di sere alla settimana; dal canto suo Harry non insisteva troppo, aveva paura di perderlo. a impensierirlo bastava l’odore dolciastro che impregnava gli abiti del ragazzo quando stava con luiEppure il loro rapporto cresceva: finiti gli esercizi si stendevano insieme sul grande letto e parlavano per ore, instancabili, spesso fino a notte fonda, scoprendo così di avere parecchi interessi in comune, di percepire il mondo similmente e di amare le stesse cose. Entrambi avvertivano come un flusso sotterraneo aggredire lo stomaco e attorcigliarlo, proprio lì all’altezza dell’ombelico. Quella strana sensazione calda e avvolgente, schiuse i loro cuori portandoli a vivere emozioni acerbe, per lo più incomprensibili. Di frequente, durante le fredde notti nei sotterranei, Harry si svegliava urlando e, accanto a lui, avvertiva la presenza amica di Draco che, con tocco gentile della sua mano fresca, gli accarezzava i capelli spedendogli un brivido lungo la schiena sudata. Sentiva le sua braccia stringerlo e la sua voce carezzevole – solo per lui – sussurrargli dolci parole di conforto che gli facevano sussultare il cuore, nonostante fosse divorato dall’angoscia. In preda allo sconforto, si stringeva al suo corpo caldo, rannicchiandosi con il capo nascosto nell’incavo del suo collo, per poter piangere tutte le proprie lacrime fino a quando non si addormentava stremato.

Era in quei momenti che Draco, stretto al corpo esausto di Harry, si riprometteva di proteggerlo, di donargli, una volta che tutto quell’incubo fosse finito, un futuro felice, un futuro insieme, un futuro d’amore.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

Aggiungo due cose: tanti auguri a me che compio gli anni! – anche se non credo vi importi molto ; ) – domani vado alla fiera dedicata al mondo di Harry Potter! Buon tutto.

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Capitolo 14
*** Cap. 14 - ...diventeranno le tessere del mosaico della nostra vita ***


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Il morso del diavolo


Cap. 14 – ...diventeranno le tessere del mosaico della nostra vita

In un’aula, tenuta in ombra da pesanti tendaggi e arredata con quadri grotteschi raffiguranti la devastazione di chi subisce le tre Maledizioni Senza Perdono, gli alunni di Serpeverde e Grifondoro sedevano silenziosi e composti in attesa del professore di Difesa contro le Arti Oscure; uno svolazzo del lungo mantello nero e la voce profonda del professore riempì la stanza ragguagliando i ragazzi su cosa si aspettasse da loro.

Aprite il libro e andate alla pagina che parla del Basilisco. Disse imperiosamente girando tra i banchi incutendo timore con il solo sguardo severo. All’istante la mano di una studentessa scattò verso l’alto e, muovendo le dita nervosamente, cercò di attirare l’attenzione. L’uomo, per nulla sorpreso, deliberatamente si posizionò al centro dell’aula voltandole con astuzia le spalle, continuando imperterrito con la presentazione della lezione. Notando che l’attenzione degli alunni scemava perché intenti a guardare la ragazza che si sbracciava quasi sdraiata sul banco, si decise a rivolgerle la parola.

Signorina Granger, non ammetto uscite fuori programma durante le mie lezioni, se ha bisogno di andare in bagno doveva farlo prima di prendere posto nella mia aula. riuscì a schernirla pur usando un tono piatto, i ragazzi Serpeverde sorrisero sardonici.

Ma professore... provò a intervenire uno studente notando l’espressione ferita della ragazza.

Cinque punti in meno per aver disturbato, signor Finnigan. Posso continuare con la lezione o devo togliere altri punti? chiese retorico. In quanto a lei, Signorina Granger, mi presenterà domani, oltre ai soliti compiti, una ulteriore pergamena in cui spiega, in modo creativo, perché non deve disturbare una mia lezione con i suoi patetici interventi. Infatti, ritengo che chiunque, leggendo le pagine del libro in dotazione, sarebbe stato in grado di sciorinare le stesse informazioni con cui ci stava per annoiare. Ora, proseguì voltandosi verso il rosso. visto che il suo focoso compagno di banco sembra deciso a emulare sul viso il colore dei propri capelli, nell’inutile speranza di dire qualcosa di eclatante, proporrei anche a lei lo stesso elaborato. Inoltre le suggerirei, se proprio deve copiare, lo faccia in modo intelligente. Ma ahimè dovrò già rassegnarmi all’idea di tale mancanza visto la penuria di questa caratteristica. concluse dipingendosi sulle labbra un ghigno malefico mentre i Serpeverde scoppiavano a ridere e i Grifoni a protestare.

Silenzio! tuonò. Cinquanta punti in meno ai Grifondoro ed ora riprendiamo la lezione, non ammetto nessun’altra interruzione.

Il malcontento sul volto di Ron era lampante. Dentro di sé rimuginava: “L’atteggiamento negativo del professore nei confronti di noi Grifoni è da attribuirsi unicamente all’odio profondo che prova verso quell’inetto di Potter, e se cambiasse qualcosa?”

Il giorno della prima partita del campionato di Quidditch arrivò senza ulteriori scosse. In una giornata particolarmente fredda e ventosa scesero in campo, a contendersi il Boccino d’oro, le squadre di Corvonero e Grifondoro. Eletto all’unanimità dalla sua Casa come capitano, un orgogliosissimo Ronald Weasley in quelle settimane aveva allenato duramente i componenti della propria squadra che, a suo avviso, era la più quotata come pretendente al titolo. Aveva mantenuto per sé il ruolo di portiere, dando per scontata la propria bravura senza considerare minimamente la possibilità di essere sostituito, e a sua sorella il ruolo che era appartenuto al più giovane cercatore di tutti i tempi: Harry Potter. Il restante dei componenti era stato scelto più per simpatia che per reale bravura. La conoscenza del Grifone verso questo straordinario sport era leggendaria e visto la mancanza di Harry, l’intera Casa rosso–oro si affidò completamente a lui; così quella mattina, appena dopo la solita abbondante colazione, scese in campo tronfio, esibendo come un pavone la fascia da capitano. Sugli spalti, gli spettatori elettrizzati schiamazzavano, chi inneggiando slogan, e chi fischiando derisorio; tutto il castello era presente alla partita curioso di conoscere le tattiche adottate dal sostituto del famigerato Harry Potter.

Fu una totale disfatta.

Infatti, sorprendentemente, i Grifondoro persero contro quelli che sulla carta erano considerati i più deboli. A nulla era servito che una intraprendente Ginny Weasley avesse preso il boccino poiché il fratello si era fatto rifilare ben cinquantuno centri con la pluffa in poco più di mezz’ora di partita. Poco prima della fine dell’incontro, il morale del capitano era sprofondato nel baratro quando si rese conto che sugli spalti erano rimasti solo gli striscioni incantati e qualche Corvonero che esultava lanciando scintille con la bacchetta.

Ho volato in modo impeccabile, riuscendo con la scopa in alcune mosse davvero difficili e pericolose ma non è stato abbastanza perché il tanto decantato Re del Quidditch ha vanificato ogni sforzo fatto dalla squadra. gli vomitò addosso infuriata la Cercatrice, una volta raggiunto lo spogliatoio. Ma il peggio li attendeva in Sala Grande dove, al loro ingresso, i Serpeverde si alzarono tutti in piedi per applaudirli inneggiando canti beffardi al loro ritrovato Re. Scoppiò il putiferio: da un lato all’altro del locale volarono gli incantesimi che costrinsero i ragazzini più piccoli a nascondersi impauriti sotto i grandi tavoli; vennero tolti molti punti alle quattro Case e alcuni dei contendenti finirono in infermeria; tra di essi vi era Ron che, sdraiato sul proprio letto, rimuginava incattivito sulla fama dell’ex compagno che continuava a perseguitarlo.

In un tardo pomeriggio di novembre, nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure regnava sovrano il silenzio. Fuori, oltre i secolari muri del castello, imperversava da giorni una bufera di neve.

Oggi non faremo uso dei libri, Disse il professore entrando con passo deciso, posizionatevi in due file ordinate, una di fronte all’altra lasciando due metri di spazio libero. L’aria fu immediatamente satura di eccitazione: finalmente per ogni studente era arrivato il momento di mettere in pratica i frutti del loro intenso studio. Con un gesto della bacchetta, il docente impilò i banchi contro la parete e fece apparire dei morbidi cuscini in terra, alle spalle di ogni studente. In questa prima prova valuterò la vostra preparazione: quelli alla mia sinistra lanceranno un incantesimo di disarmo e l’avversario di fronte dovrà difendersi con uno protettivo; poi vi scambierete i ruoli. Ora osservate attentamente il movimento del polso e ripetetelo mentre passo tra di voi a correggere la postura. Lentamente risalì la fila osservandoli e criticandoli in ogni loro più piccolo errore. Noto che la nostra nuova celebrità si sta annoiando, disse fermandosi a un passo da Ron Weasley, cinque punti in meno a Grifondoro per la scarsa attenzione dimostrata.

Il Grifone, per nulla turbato rispose strafottente: Sono magie che pure un ragazzino al primo anno è in grado di fare.

Perfetto, Signor Weasley, ora darà a tutti noi una dimostrazione delle sue eccezionali doti. Signor Paciock, disse improvvisamente facendo sussultare il ragazzo in questione, prego si posizioni davanti al suo compagno di Casa mentre la Signorina Granger andrà davanti al Signor Zabini. Tutti gli altri si accomodino in fondo all’aula ad assistere a questo straordinario evento. Aspettò paziente che gli studenti eseguissero l’ordine per poi rivolgersi ai ragazzi al centro dell’aula Mettetevi in posizione, cominciò a elencare il Professore, fate il saluto e al mio tre il Signor Weasley e la Signorina Granger attaccheranno rispettivamente il Signor Paciock e il Signor Zabini che dovranno difendersi. Siete pronti? Uno… due… tre!

Contemporaneamente i fasci di luce scaturiti dalle bacchette illuminarono la stanza. Subito dopo si sentì lo schianto di un corpo che cozzava contro la parete e quello ovattato di uno che scivolava sul cuscino. Nel silenzio più totale, l’esterrefatta classe osservò il del Re dei Grifoni, semi svenuto, giacere scomposto in terra mentre la sua bacchetta era rimasta esattamente dove prima poggiavano i piedi del proprietario; più composta e aggraziata la figura femminile della Grifondoro si era accasciata sul cuscino. Mortificata, la ragazza si rialzò in fretta per raggiungere Ron e cercare di alzarlo. Soddisfatto del suo operato, Zabini ritornò tra le schiere sorridenti dei Sepeverde che presero subito a sbeffeggiare il traditoredelpropriosangue; in mezzo all’aula rimase da solo un impietrito Neville con tanto di occhi strabuzzati come piattini da caffè.

Perfetto, venti punti a Serpeverde per questa ottima dimostrazione di padronanza della materia. Poi si rivolse al ragazzo che continuava a stare pietrificato al centro dell’aula. Signor Paciock, chi l’ha istruita così bene? Non credo siano stati i miei colleghi precedenti. Sono oltremodo colpito, con una semplice formula come il Protego, ma di inaudita potenza, aggiunse con voce sorpresa, abbia sbaragliato l’autoproclamatosi salvatore di tutte le genti.

Neville, intimorito, balbettò: Harry Potter.

Chi l’avrebbe mai detto. Cinque punti al Signor Paciock per aver dimostrato una perfetta sincronia nei movimenti non lasciando scampo all’avversario.

L’intera classe rimase sconvolta e a bocca aperta: era la prima volta che il Professore assegnava punti alla Casa dei rossooro!

Quella stessa notte, una figura furtiva si aggirava nei freddi corridoi del castello approfittando delle ombre. Poco dopo, dalla Guferia, uno strampalato ospite si tuffò nella tormenta stringendo tra le zampette il suo prezioso carico.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 15
*** Cap. 15 - Distruggo me stesso... ***


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Il morso del diavolo

Cap. 15 – Distruggo me stesso...

L’incidente subito da Harry, oltre a renderlo un Magonò, lo aveva privato quasi del tutto della capacità di percepire la magia intorno a sé. Camminare per il castello lo faceva sentire esposto e inadeguato ad affrontare qualsiasi evenienza. Era come muoversi in un tunnel buio mentre le pareti ti franavano addosso e, allo stesso tempo, era come cadere dalla scopa dopo aver volato a folle velocità in una splendida giornata inondata dal sole. Era come avvertire ogni minimo rumore ma, al contempo, non essere in grado di identificarlo. Era vivere in totale silenzio, all’interno di una bolla immersa in un mare in tempesta; perché Harry, da allora, non aveva più percepito il brusio, proprio lì, in quell’angolo della testa dove Voldemort era solito parlargli. Si sentiva tradito e abbandonato da quando non sentiva più lo scoppiettio vivace degli incantesimi nel momento in cui si distaccavano dalle bacchette ma, soprattutto, da quando non coglieva più il formicolio della magia che dimorava dentro di lui.

Quella sera Harry si svegliò urlando in preda al panico, incredulo e frastornato, sommerso dalla collera di Lord Voldemort. Nella testa pulsava dolorosamente la furia di quell’essere che, essendo particolarmente violenta, aveva polverizzato il velo che l’aveva tenuto isolato finora. Accanto a lui, la piccola elfa singhiozzante combatteva contro il desiderio di farsi del male per non aver accudito in modo adeguato il padrone. Harry si sedette boccheggiante sul bordo del letto, incurante dei piedi nudi appoggiati sul gelido pavimento di pietra, tenendo la testa reclinata sul petto e le mani serrate nei capelli arruffati. Il respiro affaticato gli scuoteva le spalle curve mentre tutto il corpo tremava in preda alla paura. Dopo quelle che gli sembrarono ore, un lamento sfuggito dalle proprie labbra serrate lo riscosse e lo fece precipitare fuori dalla stanza senza curarsi delle possibili conseguenze se l’avessero visto; l’elfa lo seguì appresso nella speranza di dissuaderlo. Concitatamente percosse la porta situata affianco alla propria finché Draco, palesemente infastidito, non l’aprì. Accortosi subito di chi aveva di fronte, il Serpeverde richiuse repentinamente la porta dietro si sé. Draco, impacciato per la situazione e tenendo il viso rivolto alla propria stanza, sospinse con urgenza Harry verso la nicchia che celava l’entrata della sua camera; l’aspetto leggermente trasandato non lasciava dubbi su chi avesse appena lasciato, visto l’alone di profumo floreale che lo seguiva. Vergognandosi della propria condizione e temendo di leggere il rimprovero negli occhi di Harry, Draco indugiò un attimo prima di alzare lo sguardo, ma quello che vide subito dopo gli fece rilasciare un verso strozzato: Harry era una maschera terrorizzata – una lunga scia rossastra scendeva dalla cicatrice sulla fronte – e tremava in modo convulso biascicando parole senza senso. D’impulso lo abbracciò stretto, nel vano tentativo di rassicurarlo e, contemporaneamente, cercò di aprire la porta dietro la schiena di Harry perché temeva che qualcuno potesse sopraggiungere e li scoprisse; un occhio era incollato alla propria stanza, da dove avvertiva il proprio ospite dare segno di irrequietezza. Finalmente, con voce flebile Harry riuscì a biascicare: Lo sa.

Cosa!? Urlò Draco staccandosi di colpo dal corpo tremante di Harry.

Winky eseguì con prontezza l’incantesimo di Disillusione per sé e per il proprio padrone, mentre sospingeva quest’ultimo al di là dell’uscio ormai aperto. Nello stesso istante, la porta della camera di Draco si spalancò e ne uscì una infastidita Pansy richiamata dall’urlo; Draco fece appena in tempo a leggere il dolore negli occhi di Harry prima che questo svanisse ai propri occhi. Il Serpeverde ignorò le fastidiose lamentele della ragazza e la liquidò in malo modo distratto da un pensiero. “Chi ci ha tradito? Eppure siamo stati molto attenti.Sospirò Ho sacrificato così tanti momenti preziosi con quella noiosa ragazza ed è stato tutto inutile. Dove abbiamo sbagliato?” Perso in queste elucubrazioni entrò senza bussare negli alloggi del suo padrino. Severus, preso in contropiede, si bloccò nell’atto di usare la Metropolvere e dal suo pugno chiuso scivolò un po’ di Polvere Volante sul tappeto bianco.

È questo il modo di entrare in una stanza? Lo apostrofò indispettito l’uomo.

Severus, dove stavi andando? Chiese perplesso Draco, poi, scuotendo il capo riprese, Non importa, Harry si è svegliato tutto agitato e mi ha detto che Tusaichi ha scoperto che è ancora vivo, lo guardò apprensivo. Questo vuol dire che ora sospetta di te. Finì terrorizzato.

Chi è stato? Sibilò furioso l’adulto, raggiungendolo in due falcate. Senti, non ho molto tempo: mi ha convocato il Signore Oscuro e ora ne comprendo il motivo. Devo trovare immediatamente una scusa plausibile da presentare a mia discolpa o verrò sicuramente ucciso. Ascolta, disse con tono fermo mettendo le mani sulle spalle del ragazzo per rassicurarlo, prendi la mia bacchetta ed esegui l’incantesimo che c’è scritto su quel foglio. Con la mano indicò una pila di libri su un basso tavolino incastrato tra due colonne. È pronto da giorni ma non sono riuscito a testarlo quindi leggi bene le istruzioni e vedi di non sbagliare perché abbiamo una sola possibilità, spiegò velocemente, poi va’ da Harry e fagli bere la pozione rossa, quella di Merlino per intenderci, e assistilo tutta la notte se necessario, ti avviso che non sarà una cosa facile. Intanto il giovane Serpeverde scuoteva la testa, gli occhi erano enormi e stravolti. Non ho ancora finito, disse trattenendolo e fissandolo con gli occhi neri come l’ossidiana, devi istruire Winky in modo tale che, se entro due ore non sarò ancora tornato, venga a prendermi ovunque io sia: il Signore Oscuro se lo aspetta. Ricordati, sospirò, prima che l’elfa si prenda cura della mia persona tu, lo sottolineò con enfasi, dovrai farmi il contro incantesimo. È importante, devi eseguirlo prima, sono stato chiaro? Scandì lapidario.

Draco camminò avanti e indietro più volte in cerca della calma interiore poi, con mano tremante, prese il foglio e lo lesse attentamente facendo fare al polso vari movimenti, infine eseguì perfettamente l’incantesimo. Dopodiché Severus sparì nel camino in una nuvola verde. Rimasto solo, il Serpeverde prese la fiala, contenente un liquido rosso rubino, nascosta dietro a tre file di barattoli colmi di occhi di salamandra e si recò da Harry. Quando entrò nella stanza del Grifondoro, lo trovò appallottolato sul letto, chiuso in una muta disperazione. Senza perdersi d’animo, Draco istruì in modo preciso Winky e la spedì negli alloggi del padrino, in attesa. Poi raggiunse il letto e, avvolto tra le proprie braccia il corpo di Harry, con parole dolci, lo convinse a bere la pozione.

Un urlo straziante rimbalzò tra le pareti disadorne.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 16
*** Cap. 16 - ... per far nascere un nuovo io ***


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Il morso del diavolo

Cap. 16 – … per far nascere un nuovo io

La stanza era pregna di dolore, sembrava che trasudasse dalle pareti stesse. Le poche candele accese illuminavano fiocamente il letto; sulle lenzuola sfatte e intrise di sangue, giaceva, contorcendosi come una biscia, Harry. Draco, inorridito e spaventato, aveva lanciato un Incaceramus per bloccargli i polsi alla testata del letto, per evitare che si grattasse la pelle a sangue; il Serpeverde lo guadava impotente inarcare la schiena e agitarsi, mentre tentava di liberarsi. Entrambi sapevano a cosa sarebbe andato incontro il Grifone – nel suo libro Merlino era stato piuttosto esplicito – ma quello che non avevano previsto era l’intensità con cui il corpo di Harry era stato investito dal risveglio del suo nucleo magico. Durante il processo, il corpo del ragazzo aveva raggiunto una tale elevata temperatura che Dracoa un certo punto ne fu assolutamente certoarrivò a pensare che il sangue stesse bollendo: con i propri occhi vide scorrere un fiume nero che si irradiava dal cuore di Harry fino a raggiungere il più remoto capillare, sulla sua pelle era come se ci fosse tatuato un albero spoglio in attesa dell’arrivo della primavera. Mosso da un impulso irrefrenabile, il Serpeverde salì sul letto e si sdraiò sul corpo di Harry, inchiodandolo al materasso, abbracciandolo stretto. Posando la bocca sull’orecchio dell’altro, cominciò a sussurrare parole di conforto e nel contempo asciugare con lievi baci le lacrime che scendevano lungo le gote bollenti.

Sh. Non durerà ancora per molto. Sh.

Dopo essersi dimenato e aver urlato per un tempo indefinito, finalmente Harry crollò esausto in un sonno agitato. In quel momento, c’era un silenzio innaturale e Draco, seppur esausto, si perse ad osservarlo senza accorgersi che egli stesso stava piangendo. Nella testa gli vorticavano molti pensieri cupi: “In pochi sanno che Harry è vivo e quei pochi sono tutti suoi amici o, per lo meno, dovrebbero esserlo. Dunque, chi trarrebbe vantaggio da questa rivelazione?” Non fece in tempo a formulare possibili ipotesi che gli apparve dinnanzi Winky, terrorizzata, incitandolo a seguirla. Disturbato dal rumore secco della Materializzazione, Harry aprì gli occhi cerchiati di rosso.

Devo andare un attimo da Severus, gli disse premuroso Draco, baciandolo sulla fronte umida, torno subito. Aspettò che chiudesse di nuovo gli occhi e velocemente si diresse verso la stanza del padrino, ma quello che trovò gli ghiacciò il sangue nelle vene.

L’uomo era ridotto ad un ammasso sanguinante di carne – segno evidente di un incanto Lamataglientela schiena, un mosaico di lacerazioni che denudavano le ossa, sicuramente fatti con la frusta – l’incantesimo preferito dalla cara Bellatrix – si muoveva con scatti spasmodici – certamente hanno abusato con le Cruciatus – ma ciò che lo sconvolse di più fu l’espressione del viso: era uno sguardo alienato, gli occhi annebbiati erano intenti a scrutare il nulla, dalla bocca schiumava la bava alternata a parole bofonchiate. Seppur spaventato a morte per la sorte del padrino, celermente effettuò il contro incantesimo, appreso qualche ora prima – Memoriam redeat ad Maximum1 – per poi lasciare campo libero all’elfa permettendole così di prendersene cura. Riluttante, lasciò la stanza per tornare da Harry, entrò nel letto e se lo strinse addosso.

È ridotto male, vero? sussurrò con voce spenta il Grifone, in risposta Draco lo abbracciò più stretto.

Qualche ora prima, Severus entrò con passo sicuro nel salone di Villa Malfoy, tra le pieghe di un tendaggio a sinistra partì uno Stupeficium che gli sfiorò il naso adunco; per nulla impressionato, proseguì imperterrito fino ad arrestarsi ai piedi del Signore Oscuro, inginocchiatosi, gli baciò la veste. Un poderoso calcio lo colpì in pieno viso mandandolo disteso a terra tra le risate di scherno degli altri Mangiamorte presenti; nell’aria divenuta elettrica, Severus, con grazia, riconquistò la posizione genuflessa e rimase in attesa.

Crucio! sibilò con rabbia Lord Voldemort, Crucio! disse con più foga. Il corpo del professore si contorse per il dolore ma, stoicamente, nessun lamento abbandonò le sue labbra.

Mi hai deluso, lo apostrofò il Signore Oscuro. Avevo grandi progetti su di te, continuò dopo aver lanciato di nuovo la Maledizione Cruciatus Parlami di Potter.

Ma, mio Signore, balbettò Severus lanciando uno sguardo perplesso, non capisco, chi è questo Potter?

Non mentirmi! l’interruppe furioso. Crucio!

Cercando di ritrovare il respiro, Severus gli rivolse uno sguardo interrogativo:Mio Signore, continuo a non capire, in tutta la mia vita non ho mai sentito quel nome.

Ma davvero? disse dubbioso, Nemmeno se ti accenno il nome di quella Babbana, come si chiamava? chiese a nessuno in particolare, da dietro il grande divano uscì tremante Peter Minus: Lily Evans, mio Signore, suggerì mellifluo, mentre sbirciava di sottecchi il Pozionista. Severus non si scompose e continuò a guardare dritto negli occhi il Lord, nessun cenno di aver riconosciuto il nome dell’amata. Uscite tutti, intimò Lord Voldemort a tutti i presenti. Tranne Lucius e Bellatrix.





No... Lily... no!

Un uomo, corroso dal dolore, coccolava e accarezzava il corpo esanime di una giovane donna dalla delicata bellezza: i capelli rosso Tiziano erano un ventaglio spalancato mentre le iridi, un tempo di un verde prato inglese, lo guardavano spente e opache. Dondolava, l’uomo, accucciato sulle proprie gambe, cullandola dolcemente; in sottofondo, l’eco di un pianto fanciullesco accompagnava quello più adulto.





Severus consegna la tua bacchetta a Lucius, gli ordinò il Signore Oscuro; una volta fatto, colpì la bacchetta del Pozionista con l’incanto Prior Incantatio per scoprire quale incantesimo avesse fatto perdere la memoria al suo più prezioso alleato. Nella pergamena che l’aveva raggiunto nottetempo, era scritto a chiare lettere che Severus era a conoscenza che l’odiato Potter fosse ancora vivo. Incapace di pensare a un reale tradimento, era più propenso a ritenerlo vittima di un sortilegio. “Forse l’autore della missiva voleva tendermi una trappola e allo stesso tempo vendicarsi di Severus,pensò Tom Riddle osservando ciò che la bacchetta rivelava. “Infatti il Maximum Memoriam Eius2 non solo priva la memoria di uno specifico ricordo ma solo chi ha eseguito l’incantesimo può ripristinarlo.” Furioso, scagliò incantesimi ovunque distruggendo tutto quello che toccava.

Legillimens, disse fissando negli occhi Severus, che accolse con mitezza l’intrusione. Tom Riddle era talmente furioso che la propria magia lo rese una presenza quasi corporea all’interno della testa dell’uomo; cercò ovunque un qualche accenno della Babbana nella vita di Severus ma fu tutto inutile: il sortilegio era insormontabile persino per un mago potente come lui. Con stizza abbandonò la mente così repentinamente da costringere il capo dell’uomo a seguirlo come mosso da fili invisibili; Severus, come una bambola di pezza, si accasciò a terra, gemendo.

Bellatrix, Lucius, divertitevi. Concesse il privilegio ai due Mangiamorte, Non uccidetelo, se conosco Albus manderà un suo servo a soccorrerlo. Poi sparì in un turbine nero.





Un ragazzo smilzo camminava rasente i muri concentrato sugli appunti appoggiati in bilico sui libri, varcò l’uscio del grande portone del castello e fu colpito da un incantesimo: il naso gli si gonfiò diventando enorme, mentre due studenti poco più in là ridevano trattenendosi l’addome.

Guardatelo! rideva il più alto appoggiato a quello occhialuto indicandolo con il dito tremante.

Finite Incantatem. proruppe una ragazza dai fiammanti capelli rossi appena sopraggiunta poi, voltatasi infuriata verso gli aggressori, urlò: Siete i soliti cretini; tolgo...

Non ho bisogno del tuo aiuto, stupida Sanguesporco. l’interruppe rancoroso lo smilzo raccogliendo i fogli sparsi; la ragazza si allontanò indignata.

Nessuno si avvide di quella lacrima abbarbicata sulle lunghe ciglia nere che ombreggiavano gli occhi tristi, di quella mano tesa ad artigliare inutilmente l’aria, del sospiro doloroso che fuoriuscì dalle labbra socchiuse: Lily...





Povero, povero, piccolo Severuccio, che gran peccato non ricordarsi di quella Evans, vero? La risata infantile di Bellatrix arrivò a Severus attraverso la nebbia del dolore. Diffindo. Il Pozionista inarcò la schiena urlando, mentre le pelle si squarciava in profonde ferite. Non disperare, appena avrò finito con te nemmeno tua madre ti riconoscerà, Flagellum. Una frusta apparve nelle mani della donna che, invasata, cominciò a colpire alla cieca.

Improvvisamente al centro della stanza, accompagnata da un rumore sordo, apparve Winky con le vestigia di Hogwarts ricamate sulla camiciola lisa. Armata del famoso coraggio dei Grifondoro, si frappose tra la donna e il proprio padrone in una sorta di sfida; vedendo che nessuno si muoveva, allungò la scheletrica mano verso il corpo esanime di Severus e, con un sonoro schiocco, smaterializzò entrambi. Dal lato opposto della stanza, Lucius lanciò appena in tempo l’incanto Pessimum Somnum Exterreri Solebat3 che riuscì ad attraversare la cortina formata dal risucchio della materializzazione, centrando in pieno Severus.





Severus correva veloce lungo un infinito corridoio candido intervallato da anonime porte spalancate da cui uscivano densi lamenti che appestavano l’aria come fumi tossici. Finalmente giunse alla fine di quel tunnel insolitamente niveo e quasi cadde quando slittò per colpa di una patina vischiosa che invadeva il pavimento. Infatti, da sotto la porta blu cobalto che sbarrava la strada, filtrava un fiume scarlatto che espandeva tutt’intorno un olezzo ferroso. Terrorizzato, spalancò l’uscio e fu investito da un torrente vermiglio in piena; quando riuscì a riprendersi, vide il corpo di Harry adagiato su lenzuola immacolate: da sotto il materasso colavano rivoli cremisi. Improvvisamente il ventre del ragazzo si squarciò e ne uscì Nagini a fauci spalancate.

No! urlò impazzito, accasciandosi a terra, immergendosi nel fluido ancora caldo. No! Dalla bocca del serpente fuoriuscì una risata cattiva insieme al riflesso di una maledizione: Afflictionem Animi4.







Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta.

Buona lettura.

1Ritorna ricordo massimo

2Svanire ricordo massimo

3Incubo peggiore

4Dare dolore alla mente

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Capitolo 17
*** Cap. 17 - Ogni filo... ***


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Il morso del diavolo



Cap. 17 – Ogni filo...

Harry si svegliò dolorante, avvolto nel calore confortevole del corpo solido di Draco stretto a lui. Con le membra ancora formicolanti, stando attento a non svegliare il Serpeverde, si divincolò e, barcollando dalla stanchezza, raggiunse il bagno. Si sentiva esausto e al contempo troppo carico, come se avvertisse l’impellente necessità di scaricare l’eccesso di magia. La pozione di Merlino, assunta poche ore prima, nella sua grezza funzionalità, ricordava uno stimolatore cardiaco Babbano; una volta preso possesso del nucleo magico, la mistura, attraverso i vasi sanguigni, mandava impulsi alle specifiche cellule per riattivare i canali atrofizzati; il Grifone, nella propria testa, percepiva quell’incessante assordante ronzio che cavalcava in ogni direzione per raggiungere ogni singolo punto. Sospirando rassegnato, Harry appoggiò la fronte alle fredde mattonelle grige del bagno: purtroppo il processo intrapreso era lungo e doloroso, avrebbe dovuto prendere altre fiale, dall’intensità decrescente, fino al completo risveglio della magia. “Però, se tutto and secondo i piani, la notte di Santo Stefano non solo i fuochi del Dottor Filibuster illumineranno il cielo di Hogwarts.” Pensò con una punta di soddisfazione.

Scusa non era mia intenzione svegliarti. Rientrato in camera, Harry vide Draco seduto alla scrivania, era evidente l’agitazione che cercava di nascondere tenendo le mani occupate a riordinare i fogli di pergamena sparsi sul ripiano.

Noi dobbiamo parlare, Harry, si decise a parlare, girandosi verso di lui, con voce leggermente insicura. di Severus, del Signore Oscuro, del pazzo che ti ha tradito, della pozione e... di ieri sera. Draco tentennò un po’ sulle ultime parole sebbene si fosse imposto di non vacillare e mantenere il proprio sguardo fisso sul Grifone, anche se opacizzato dal timore.

Draco, non mi devi nessuna giustificazione, non è necessario, davvero, cercò di rassicurarlo Harry.

Invece sì! scattò con veemenza il Serpeverde facendo sussultare l’altro ragazzo. In questi mesi, per poter passare del tempo in tutta tranquillità insieme a te, mi sono costruito un alibi così da non destare sospetti su ciò che facevo in realtà. Nervosamente si passò le mani tra i capelli, stranamente ancora arruffati dal sonno. Frequentare Pansy mi dava un ampio raggio di azione, mi permetteva di sparire senza dare troppe spiegazioni, tutti avrebbero pensato che ero con lei; la mia fama di stronzo avrebbe coperto le mancanze nei suoi confronti. Frustato intrecciò le mani nei capelli canditi abbassando il capo.

Devi sapere, riprese appoggiando i gomiti sulle ginocchia appena divaricate. che sono cresciuto con il nome di Harry Potter bisbigliato di bocca in bocca nei salotti che la mia famiglia era solita frequentare. Inoltre, il fatto che avessimo la stessa età, mi permise di fantasticare su una nostra possibile cooperazione. L’estate prima di partire per Hogwarts l’avevo trascorsa a preparare discorsi con cui sorprendere e affascinare il grande eroe, costringendo gli elfi a stare seduti per ore e ore ad ascoltare. Una leggera risatina di scherno provenne dal muro dove, nel frattempo, Harry si era appoggiato. Draco sbuffò spazientito. Poi incontrai te: uno scricciolo di bimbo spaesato con i capelli più incasinati che avessi mai visto, avvolto in abiti deformi, gli occhiali dozzinali che nascondevano lo sguardo più verde e determinato che si fosse mai posato su di me. Ogni cosa perse importanza, da quel momento sei esistito solo tu e il mio crescente desiderio di far parte della tua vita. In quegli istanti, cercando di fare una buona impressione, mi gonfiai il petto e ti assillai raccontandoti stupidi aneddoti, perfino il mio interesse per Harry Potter diventò un ricordo lontano. Sorrise malinconico.

Ero così elettrizzato all’idea di rincontrarti, che il primo settembre costrinsi mio padre, Draco rivisse quei ricordi con l’amaro in bocca. ad arrivare a King’s Cross in anticipo di ore. Salito sul treno, quasi mi dimenticai di salutare i miei genitori per la fretta, presi posto davanti al finestrino che aveva la visuale migliore sul muro divisorio. Mi piazzai lì in attesa del tuo arrivo, incurante di alcuni dei miei compagni che prendevano posto nello scompartimento. Voltò leggermente il capo per non far scorgere a Harry le proprie guance rosate. Mi ricordo ancora tutta quella agitazione provata che mi faceva tremare le mani perché il treno stava per partire e di te non c’era traccia, finché finalmente sbucasti da dietro una mandria di capelli rossi. Vergognandosi un po’ abbassò la testa fino a quando il mento non gli sfiorò il petto. Scattai immediatamente come una molla sul sedile di pelle e Blaise, incuriosito, intercettò subito la direzione del mio sguardo. Con il suo sorriso più falso mi disse che aveva l’onore di farmi sapere che quel bambino – cioè il ragazzino a cui non riuscivo a smettere di pensare – che guardava meravigliato intorno, a bocca spalancata come un povero Troll, era nientemeno che il grande Harry Potter. Immagina lo shoc alla notizia; nonostante tutto, volli lo stesso mettermi in gioco e offrirti la mia amicizia. Sappiamo entrambi come andò a finire. Arrabbiato sbatté un pugno sulla scrivania prima di raggiungere velocemente Harry e inchiodarlo al muro, trattenendolo con le proprie mani sulle sue spalle.

Non hai idea della frustrazione che ho avuto in questi anni perché, sebbene desiderassi far parte della tua vita, ogni giorno seguivo il volere di mio padre. Con una spinta decisa si allontanò e iniziò a camminare nervoso. Ambivo a starti vicino per apprezzare, come meritava, l’Harry che ti ostinavi a nascondere al mondo, bramavo di abbracciare quel ragazzino triste che soffocava dietro i propri sorrisi, volevo sentirmi libero di parlare con quel bambino ostinato che affrontava i pericoli a testa alta. Una lacrima scappò dalle ciglia bionde di Draco, mentre voltava in fretta il capo per non far scorgere il proprio turbamento. Volevo condividere l’aria che respiravi.

Con delicatezza una mano gli voltò il capo facendogli scorrere un brivido lungo la schiena, Draco spalancò gli occhi umidi e li immerse nella profondità di un lago montano, nella sincerità di due limpidi occhi verdi che lo osservano con affetto.

Ho imparato ad apprezzarti, esordì Harry, mentre abbracciava il ragazzo biondo, intensificando la presa al primo tentativo del Serpeverde di allontanarsi. Stavo dicendo che ho imparato ad apprezzare il ragazzo che si nasconde dietro i soldi del padre, che, seppur soffocato dall’ipocrisia di un’educazione rigida e superata, è riuscito comunque a mantenere integro il suo vero io dietro quella maschera che usa come scudo per non soccombere. Le dita del Grifone accarezzavano lievemente il volto di Draco, spruzzato di un delicato rosa.

Sei speciale, continuò, hai un cuore generoso che ti ostini a ignorare, timoroso delle conseguenze nel caso le tue azioni non dovessero compiacere tuo padre. Sei caparbio perché, nonostante gli insuccessi, ti rialzi e trovi nuove strade per andare avanti. Sei dolce e ti preoccupi per le persone a cui vuoi davvero bene. Sei bello, di una bellezza eterea perché, nonostante l’orrore che ti circonda, sei rimasto puro e candido dentro il tuo cuore. Draco sbuffò imbarazzato, sentiva le proprie guance bollenti, segno evidente che era arrossito oltre ogni limite. Harry sorrise intenerito e intensificò la presa avvicinando il proprio volto fino allo sfiorarsi dei loro nasi; il fiato dell’altro ragazzo risultò un fresco sollievo per le guance accaldate di Draco.

Potrei andare avanti ma mi preme dirti che voglio bene a questo Draco, non importa quanto stronzo e crudele tu sia stato. Il Serpeverde piegò le belle labbra in una smorfia imbronciata. Perché lo sei stato, rimarcò serio Harry, io ti voglio al mio fianco in questa guerra. A questo punto non potrei più concepire la mia vita senza di te: senza le tue continue lamentele da principino viziato, senza i tuoi logorroici discorsi, senza la tua vanità, senza i tuoi preziosi sorrisi perché gemme uniche e rare, senza il tuo affetto, senza la possibilità di dimostrarti ogni giorno quanto tengo a te, senza il calore dei tuoi abbracci. Il Grifone tentennò un attimo prima di raddrizzare la schiena e proclamare con gli occhi brillanti di determinazione: Io vincerò e lo farò per te, per Severus, per noi due. E mentre combatterò tu sarai al mio fianco, dalla parte giusta.

Spinto da una nuova emozione ancora acerba e inspiegabile, Harry baciò le lacrime che avevano preso a scorrere sulle guance diafane di Draco. Erano baci soffici e delicati che infransero ogni reticenza dell’altro ragazzo, baci caldi e umidi che finirono per sfiorare gli angoli della bocca. Infine, i baci divennero salati e profondi dati a labbra accoglienti e frementi.

Abbracciati tanto stretti da fondersi, i due cuori si scambiarono promesse.

Draco, Harry a malincuore interruppe il bacio, è ora di andare.

Perché devi sempre interrompere sul più bello? chiese indispettito un arruffato Serpeverde.

Sempre questo inutile sarcasmo, Sospirò il moro. Comunque è quasi ora di colazione e voglio che tu sia in Sala Grande in tempo per assistere all’entrata di ogni studente, dovrai osservare e capire chi non è affatto stupito dell’assenza di Severus: perché il traditore è più che convinto che lui ormai sia morto. Draco aggrottò la fronte segno della sua ritrovata serietà, annuì e, a malincuore, si staccò da Harry con un ultimo bacio. Ora vado da Severus a vedere come sta, proseguì il Grifone, poi, verso la fine della colazione, verrò in Sala Grande.

Sei sicuro? chiese ansioso Draco. Non è troppo presto?

Non ha più senso nascondersi ora che Voldemort sa che sono vivo. Scambierò due chiacchiere con il Preside davanti a tutti e vada come deve andare. rispose deciso Harry. Ora vai nella tua stanza e fatti bello. Sorrise sarcastico mentre lo agguantava per il colletto della camicia per scambiare un ultimo veloce bacio, poi entrambi uscirono dalla stanza. Mentre Draco si cambiava e raggiungeva la Sala Grande, un preoccupato Harry si ritrovò ad affrontare l’inferno in cui era sprofondato Severus, nel momento stesso in cui varcò l’uscio dei suoi alloggi.

Padron Harry, padron Harry. L’elfa spaventata gli corse incontro per aggrapparsi ai pantaloni e tirarlo verso il divano su cui giaceva irriconoscibile il Pozionista. Venga, venga, strillava con voce piagnucolante. Winky non sa che fare.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 18
*** Cap. 18 - ...trova sempre il suo nodo ***


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Il morso del diavolo



Cap. 18 – ...trova sempre il suo nodo

Harry entrò lentamente nella stanza, quasi in punta di piedi, timoroso che un rumore improvviso avrebbe ridotto in frantumi quel poco che restava dell’anima del Pozionista; intanto, l’elfa lo tirava per i pantaloni, incitandolo a fare presto, continuando a borbottare tra sé: “cattiva Winky, cattiva Winky.” Ogni ricordo che il Grifondoro riuscì a evocare su Severus lo rammentava con la postura orgogliosa e rigida di un uomo costruitosi da sé. Su quel divano sfatto, invece, vi era raggomitolato un corpo consunto e dallo sguardo vacuo, le membra sobbalzavano scosse da forti tremori e le labbra, piegate in una smorfia atroce, trattenevano le urla che sarebbero state pungenti come spine di rovo.

Presto, Winky, passami il libro degli incantesimi, è quello con la copertina blu e gialla su quello scaffale laggiù, disse Harry, mentre si accostava al divano per detergere la fronte sudata di Severus. Ti ricordi se qualcuno ha pronunciato qualche incantesimo mentre lo portavi via? chiese con voce stanca e preoccupata Harry.

Winky ha sentito dire da uomo biondo Pessimum, pessim... L’elfa prese a battere la lesta contro il muro. Spiace me, spiace me, non ricordo, non ricordo. Piagnucolò.

Basta! La sgridò Harry, Non è colpa tua. Calmati e prova a pensare di nuovo.

Cattiva Winky, cattiva Winky, si disse il piccolo esserino mentre ritrovava la calma, come le era stato ordinato; Harry, affranto, scuoteva la testa sempre più nervoso e preoccupato.

Ecco ora me ricorda, sorrise soddisfatta Winky con i suoi tondi occhi acquosi, Pessimum Somnum Este.

Bravissima, la lodò il Grifone. Ora cerco la formula sul libro, intanto tu riordina la stanza e procuragli dei vestiti puliti. Febbrilmente prese a leggere le note finali del libro in cerca della pagina riservata a quell’incantesimo. Per una frazione di secondo, prima che l’elfa ricordasse, pensò di usare la Legilimanzia su Severus – aveva appreso quell’arte in modo teorico durante gli studi fatti insieme a Draco in quell’interminabile estate appena passata – ma scartò subito l’idea perché sarebbe stata invasiva e troppo intima: “Non voglio più sbagliare con lui, tengo troppo alla sua stima.”

Finalmente l’ho trovato! Balzò in piedi felice. Winky preparati. Harry rilesse più volte il testo per essere sicuro di aver capito quali fossero i movimenti giusti da eseguire, la perfetta sincronia ottenuta con la magia elfica avrebbe fatto il resto. Una volta pronunciato il contro incantesimo, si inginocchiò a lato del divano a scrutare ansioso, sul volto scavato dal dolore del Pozionista, i primi effetti positivi sulla mente del professore.

Per anni aveva inteso quell’uomo burbero un essere cattivo e crudele, anche per via del suo infantile perseguitare un ragazzino solo perché figlio dell’odiato rivale. Aveva creduto ciecamente ai racconti dei grandi e di conseguenza lo aveva profondamente odiato; non si era mai soffermato a comprendere perché Severus si impegnava tanto dal toglierlo sempre dai guai – forse perché spesso era lui stesso a mettercelo.

Ripensò – con una certa dose di vergogna – a quando, l’anno precedente, aveva rubato i ricordi del Pozionista e ne era rimasto profondamente turbato: James, insieme agli amici, si era rivelato un vero bullo. Ogni figlio dovrebbe ammirare incondizionatamente il proprio padre ma quella fede in lui stava vacillando. Ai propri occhi, il gesto eroico del padre, nell’aver affrontato più volte Voldemort, veniva offuscato dalle ingiustizie perpetrate quando era un annoiato ragazzino a Hogwarts: il fatto che appartenesse alla Casa di Grifondoro non giustificava in nessuna maniera l’intenzione arbitraria di ledere qualcun altro solo perché della fazione contraria. Inoltre, a proprie spese, aveva imparato che i pregiudizi infierivano ferite ben più profonde di qualsiasi spada.

Severus gli era sempre apparso come una figura scura e solitaria, ora sapeva che la sua era solo una maschera dietro la quale annegava nella propria disfatta, nella consapevolezza delle scelte sbagliate e soprattutto nel dolore della perdita. Nonostante tutto, non si era mai tirato indietro davanti alla prospettiva di proteggere proprio lui: il figlio di James Potter e della sua adorata Lily; rivestendo così un doppio ruolo barcamenandosi tra “buoni e cattivi” mantenendo comunque intatto il proprio carattere riservato e scorbutico. Come unico appoggio per non impazzire aveva trovato nel preside un valido mentore.

Harry, con gli occhi vacui come se fosse immerso in un Pensatoio, rammentò il terrore provato, il giorno in ospedale dopo il risveglio, nel trovarsi davanti la figura arcigna dell’odiato professore. Eppure Severus riuscì, con la pazienza e la dedizione con cui si prese cura della sua persona e l’affetto donatogli ingenuamente attraverso la cerva, a fare in modo che Harry si fidasse completamente di lui. Pian piano, scoprì che gli piaceva quella presenza discreta, sempre pronta a sorreggerlo – così diversa eppure così simile – che trovava un doveroso onore guadagnarsi il suo rispetto attraverso i progressi e si ritrovò, sempre più spesso, a desiderare di vedere, su quel volto pallido, quei sorrisi sinceri che gli donava così di rado.

Quando era rimasto solo, nella stanza buia lievemente rischiarata dalla cerva, Harry si era spesso domandato se era così che ci si sentiva quando si aveva accanto un padre. In fondo il genitore era una guida devota a cui aggrapparsi nei momenti bui, un’esplosione di complicità nei giorni grigi e noiosi, un abbraccio amorevole dato al momento giusto, magari mentre si condividevano gioie e dolori davanti a una tazza fumante di tè.

Harry, dopo l’incidente, con grande rammarico, si era reso conto che l’allora odiato professore era stato l’unico che si era davvero dato da fare per ritrovarlo. Anche dopo la sua ricomparsa, l’unico interesse che si era risvegliato nel preside era stato quello inerente alla sua salute magica. “Perché?”, pensò triste, “ Per loro ha così poco valore la mia persona?” Quella piccola incertezza lo destabilizzava. “A pensarci bene, forse Draco aveva visto giusto: mi sono circondato delle persone sbagliate.” Convintosi dell’ultimo pensiero appena espresso, Harry prese una drastica decisione: “Rivaluterò le mie amicizie seguendo canoni diversi, forse un po’ egoistici, ma ne va della mia stessa vita. Per ora posso sicuramente contare su Draco, i gemelli e soprattutto su Severus, benché non abbia ancora capito che ruolo abbia assunto nella mia vita.

Alzando gli occhi si accorse di essere osservato in modo bonario da due occhi d’onice finalmente lucidi, forse un po’ adombrati, ma indubbiamente presenti. Una forte sensazione di sollievo misto a gioia invase il cuore del Grifone che decise d’impulso di gettarsi tra le forti braccia dell’uomo che lo accolse titubante; Harry soffocò i propri singhiozzi nella veste sgualcita del Pozionista.

Bentornato, professore. Tutti noi abbiamo temuto per lei, Harry lo strinse ancora più forte, dando libero sfogo alle lacrime, ho avuto paura che non tornassi più da me. Severus rimase un po’ sorpreso da tali parole e mascherò l’imbarazzo con una leggera risata, Harry se la gustò con la guancia appoggiata al suo petto. Bentornato, Padre. Sussurrò piano assaporando ogni singola lettera – mai frase detta fu più sentita.

Frastornato, Severus allontanò da sé un reticente Harry per sondargli gli occhi limpidi e cercarvi della derisione, invece vi trovò traccia di un sentimento appena sbocciato e lui, con cautela, decise di custodirlo nel proprio cuore. “Avremo tutto il tempo per chiarirci,” pensò il professore emozionato, “ora voglio solo godermi questo momento speciale, rimanendo abbracciato a Harry.” Nessuno di loro due fece molto caso all’elfa che, felice, saltellava per tutta la stanza.

Purtroppo, a malincuore dovettero staccarsi: avevano una faccenda in sospeso da sistemare.

Padre, Entrambi assaporano, con un piacevole brivido, la parola, ho mandato Draco a scoprire chi, tra gli studenti, perché è certo che sia stato uno di loro, mi ha venduto a Voldemort. Tra poco entrerò anche io in Sala Grande, te la senti di affrontare la scolaresca subito dopo? Un’espressione insondabile si dipinse sul volto di Severus, ancora un po’ sofferente, mentre gli accarezzava con il dito la cicatrice lievemente arrossata sulla fronte, poi, con un sorriso ferino, gli occhi incattiviti, fece un impercettibile gesto di assenso.

Che la commedia abbia inizio.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 19
*** Cap. 19 - Veleno ***


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Il morso del diavolo

Cap. 19 – Veleno

Draco era seduto al tavolo della sua Casa da ben dieci minuti, il broncio accentuato sul volto affilato tenne lontano i possibili scocciatori, tutti tranne il suo miglior amico Blaise Zabini, ormai avvezzo ai suoi modi di fare; lo sguardo chiaro sorvolava i tavoli cercando ogni possibile indizio sul volto di ogni studente. Non riscontrò niente di diverso: c’erano le solite teste che ciondolavano sulle tazze fumanti della colazione, mani stanche impiegate a coprire gli enormi sbadigli e libri sparsi qua e là, giusto per darsi un contegno. Draco alzò stupito un sopracciglio: un insolito fermento arrivava da un angolo del tavolo dei Grifoni che, assiepati intorno al loro giullaredicortepeldicarota, vociferavano eccitati indirizzando sguardi famelici verso il tavolo dei professori. Il posto vuoto di Severus sembrava una voragine inquietante, un buco nero pronto a fagocitare ogni cosa; lo sconcerto era evidente anche sui visi dei professori, mentre il volto serafico del Preside strideva con l’occhio attento che luccicava inquieto dietro le lenti tonde. Ormai, quasi tutti gli studenti erano entrati e, seppur intenti a fare colazione, tra di loro cominciarono a serpeggiare le prime perplessità: solo i Grifondoro mantennero quell’aria saputa e ilare.

Cacciate i soldi. La voce strafottente di Ronald Weasley, petto in fuori e un grande ghigno soddisfatto in faccia, si impose sul cicaleccio della Sala Grande mentre allungava la mano avida verso i propri compagni di Casa che stavano ammucchiando un bel gruzzolo d’oro sul tavolo: sorrise ferino. Facili guadagni con voi plebei.

Come facevi a saperlo? La voce timida di Neville Paciock si insinuò tra il vociare concitato dei commensali.

Sono il prescelto, rispose prontamente Ron, ti deve bastare solo questo. E, per affermare il concetto, si batté orgoglioso la grossa mano sul petto, mentre con l’altra arraffava lesto le ultime monete.

Nel frattempo, annichilito, Draco realizzò che era stato il miglior amico di Harry a tradirlo: “È stato lui a vendere Harry al Signore Oscuro condannando a morte certa il mio Padrino”. Pensò furioso stringendo i pugni lungo le cosce snelle. Troppo confuso per ragionare, non si accorse di essersi alzato in piedi in preda a una rabbia accecante che gli incendiava gli occhi chiari. A riportarlo nei ranghi ci pensò una mano scura che lo strattonò in tempo per fermarlo prima che si facesse scoprire; dal corpo di Draco si sprigionava ad ondate un aura negativa indirizzata verso il peldicarotaweasel: tremava per lo sforzo di trattenersi, le belle labbra erano piegate in una smorfia cattiva e lo sguardo era attento a bersi ogni smorfia del Grifone. Inviperito, Draco si voltò pronto a maledire chiunque lo avesse fermato, invece si perse negli occhi blu come il mare più profondo di Blaise che, sereni, lo aiutarono a calmarsi. “È sempre stato così con Blaise,” Pensò grato Draco. “quando la rabbia mi sopraffaceva, lui era il porto sicuro su cui spiaggiare.”

Blaise era amico di Draco fin dall’infanzia, quindi poteva vantarsi di riconoscere i turbamenti che il Serpeverde cercava di celare dietro le ciglia di quegli occhi tersi come il cielo d’inverno. Mentre accarezzava distrattamente la pallida mano dell’amico, ancora artigliata al bordo del tavolo, Blaise ripensò all’estate appena passata quando una strana inquietudine si era impadronito di lui; un inquietante sibilo nella testa gli suggeriva in continuazione di cercare di tenere calmo il bel ragazzo al suo fianco.

Da tempo si era accorto che qualcosa di diverso aveva dato un po’ di luce alla tetra vita che Draco conduceva relegato in casa, per colpa dei numerosi Mangiamorte che frequentavano il Maniero. Invero, si riscoprì molto felice per lui ma anche terribilmente curioso, cosicché aveva passato i primi mesi di scuola a tenerlo d’occhio. Rimase quindi molto sorpreso quando Draco decise di frequentare Pansy. “Non credo a un ritorno di fiamma, come pensano quegli stolti dei miei compagni,” considerò tra sé quando apprese la notizia, “al quarto anno l’aveva invitata solo perché costretto dal padre.” Sbuffò spazientito. “Quindi non è altro che un diversivo; ma per cosa?” Se voleva scoprirlo doveva agire con astuzia e assecondare Draco aiutandolo a fugare ogni possibile sospetto con i Serpeverde e magari a provare a divertirsi insinuando qua e là qualche battutina sarcastica. “Scommetto il mio intero patrimonio che il motivo del turbamento ha a che fare con la scomparsa di Potter,” se ne uscì la solita voce nella testa un pomeriggio che se ne stavano tutti annoiati in riva al Lago Nero.Già, il presunto odiato Potter.” Sorrise sotto i baffi pensando alle notti in bianco passate ad ascoltare i progetti di vendetta di Draco. “Era davvero esilarante ascoltare con quanta inventiva cercava di raggiungere l’obiettivo.” Niente destava l’interesse del suo amico come SanPotter. Blaise aveva il sospetto – anzi ne era certo – che Draco provasse un forte attaccamento verso quello sparuto ragazzino perennemente disordinato. Al loro primo anno, era stato presente quando l’amico si sgretolò in mille pezzi – era riuscito a percepire il suo cuore schiantarsi dal dolore – davanti al rifiuto dello Sfregiato e, successivamente, gli stette vicino anche quando nel Serpeverde cresceva sempre di più il bisogno di attirarne l’attenzione. Amava Draco di quell’amore puro e incondizionato che si scambiano due fratelli abbandonati e obbligati ad affrontare da soli le cattiverie del mondo e, davanti allo sconforto dell’amico, dopo l’ennesimo litigio con Potter, si era ripromesso di proteggerlo da se stesso, facendo in modo di preservare quell’anima che lui sapeva nobile e gentile.

All’improvviso le ante del pesante portone si schiantarono contro le pareti della Sala Grande facendo tintinnare le vetrate dell’alto soffitto, creando scompiglio tra i presenti. Il preside si alzò in piedi con la bacchetta sguainata tenuta nella mano ferma, con un cipiglio severo e preoccupato disegnato sul volto rugoso, intimando a tutti di mantenere l’ordine. Dal fondo buio, oltre l’uscio, una figura ammantata di nero avanzò con l’andatura elegante, seppur leggermente claudicante, di un cavaliere d’altri tempi. Il cappuccio del mantello scivolò lentamente sulle spalle scoprendo una folta capigliatura scura, due occhi verdi e determinati, labbra rosse strette in una morsa seria, la cicatrice che spiccava sul volto pallido: tutto in quella persona emanava potere e autorità.

Harry? La voce sorpresa del Preside si distinse nettamente nel silenzio attonito.

Preside. Era una voce matura, roca e profonda quella che rispose, incutendo timore e determinazione, generando ondate di ammirazione e paura. Harry avanzò con calma al centro, tra i tavoli, e gli occhi verdi puntati sull’uomo canuto, che si risedette stanco.

Draco portò immediatamente mano alla bacchetta senza perdere di vista un solo momento lapiattola sul cui volto si era congelato il sorriso di trionfo, che presto si trasformò in una smorfia di disappunto mentre stringeva gli occhi in due fessure colme d’odio. Blaise, beffardo, alternò lo sguardo tra Draco, Harry, Ron e il Preside pregustandosi le prese in giro a discapito dell’amico.

L’ha saputo, dunque. Esordì Silente senza una particolare intonazione.

Perché hai permesso che accadesse? Lo accusò il ragazzo contenendo l’indignazione. Con un gesto lento della mano il preside fece in modo che la conversazione rimanesse tra loro, mentre in sala si scatenò il putiferio.

Cerca di capire... Tentò di giustificarsi il vecchio canuto. Harry con rabbia picchiò il palmo sul tavolo facendo rovesciare i boccali di succo di zucca sulla linda tovaglia di broccato.

Grazie a questa “bravata”, sottolineò sarcastico, ha condannato a morte Severus e lei lo discolpa?! seguì un silenzio colpevole. Capisco. Per lei il fine giustifica i mezzi, ogni azione è lecita per la sua campagna per il Bene Superiore: tutti diventano sacrificabili, anche il suo alleato più prezioso. Il preside cercò di giustificarsi ma Harry, alzando una mano, lo interruppe irritato. Bene, ho ben presente la situazione e mi tiro fuori dai suoi giochi. Ora ha il suo nuovo gingillo con cui divertirsi, io ci tengo alla mia vita e a quella di mio Padre. Harry voltò il capo verso una porta laterale e, attento a non farsi scoprire, osservò con sguardo amorevole l’entrata nella sala dell’arcigno professore di D.A.D.A.

Ron, La voce di Finnigan sovrastò lo schiamazzo degli studenti, come prescelto sei davvero scadente: non solo è riapparso Harry dal nulla ma pure Piton è resuscitato. Dacci indietro i soldi della scommessa e paga pegno. Concluse ridendo sguaiatamente. Ron lanciò con malagrazia le monete all’Irlandese, mentre la panca su cui stava seduto si rovesciò in terra con uno schianto trascinandosi dietro alcuni malcapitati, poi, con passo furioso, abbandonò la sala inseguito dall’ilarità dell’intera tavolata rossooro. L’odio che provava affondò le proprie radici nel terreno fertile: “Conosco il segreto di Potter,” Meditò livido tra sé e sé il rosso. “devo inventarmi qualcosa per togliermelo dai piedi, magari mentre lo ridicolizzo davanti all’intera scolaresca così tutti riconosceranno che sono l’unico in grado di sconfiggere Tusaichi.”

Intanto, con pochi passi, mentre il lungo mantello nero svolazzava ai lati delle gambe, il professore si avvicinò a Harry ignorando gli sguardi torvi puntati su di lui. Una volta raggiuntolo, dopo aver fatto un lieve cenno al preside, disse con voce abbastanza alta da farsi sentire da chiunque:

Mi spiace di aver ritardato Albus, ma una sgradevole questione richiedeva tutta la mia attenzione, cominciò con voce irritata, lanciando uno sguardo al vetriolo al Grifone. Mi è stato fatto presente, Signor Potter, che il letto a lei designatogli nei precedenti anni, in quella ridicola torre riservata ai Grifondoro, non esiste più. Ignorò le proteste che si erano alzate prontamente e, con fare seccato si girò verso la sua collega. Per caso, ne eri a conoscenza, Minerva? Senza attendere risposta, tornando a guardare in faccia Harry, riprese. Pertanto, mi duole informarla che sarò costretto a ospitarla temporaneamente nella mia onorevole Casa. Lo disse piegando le labbra in una smorfia schifata per poi allungare il braccio verso la porta. Prego, mi segua. Le mostro la strada per i sotterranei. Un lampo di sollievo passò negli occhi ridenti di Harry perché non si sentiva ancora pronto ad affrontare i propri compagni. L’unica nota positiva di tutta questa inutile faccenda, è che non sarò costretto a farmi tutte quelle scale per portarle le pozioni che i Medimaghi sono stati così solerti a procurarle.

Io non lo voglio nella nostra Sala Comune, proruppe arrabbiata una ragazza dai corti capelli neri a caschetto, subito appoggiata da altri Serpeverde, se neanche quelli della sua casa lo vogliono, che se ne vada pure. Sono certa che la fuori, fece un gesto vago alla propria sinistra, più di un mio conoscente lo ospiterebbe volentieri. Sogghinò cattiva ammiccando all’indirizzo di Draco. Quest’ultimo – che avrebbe tanto voluto avadakedravizzarla – si stampò in faccia un’espressione neutra; Blaise ne fu molto fiero mentre, intorno a loro, si alzavano molte proteste.

La ringrazio per la sua onesta opinione, Signorina Parkinson, davvero sentita da parte mia e, se fossimo da soli, l’avrei già messa in pratica, ma, con mio grande disappunto, non sono io il preside e quindi si adeguerà anche lei, esattamente come mi sono adeguato io. La minaccia implicita venne accolta con un lieve brusio tra le file dei Serpeverde. Ora, se non ci sono altre interruzioni, vorrei portare il Signor Potter ai suoi alloggi così da poter iniziare per tempo la lezione del mattino. Girando su se stesso, con uno svolazzo del mantello, prese la via del portone sicuro che il Grifone l’avrebbe seguito senza fiatare. Harry, dal canto suo, camminando a testa bassa dietro Severus, si arrischiò a sbirciare verso Draco trovandolo intento a fulminare Pansy, che, ignara, se la rideva con l’amica vicina. Portandosi repentinamente una mano sulla bocca, il cuore che batteva felice nel petto, nascose l’enorme sorriso che rischiava di tradirlo.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.





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Capitolo 20
*** Cap. 20 - Ad ognuno... ***


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Il morso del diavolo

Cap. 20 – Ad ognuno...

Riprendere le attività all’interno del castello non fu affatto facile per Harry che veniva continuamente fermato e bombardato da infinite domande e lui cercava di rispondere come meglio poteva, evitando di scendere troppo nei particolari. A chiunque lo avvicinasse diceva di essere caduto in una imboscata vicino all’abitazione dove viveva con gli zii e che dei Babbani l’avevano soccorso. Una volta in ospedale – un luogo come il San Mungo per i maghi, spiegò – venne riconosciuto da una strega di passaggio che si prese l’onere di accudirlo fino alla sua quasi totale guarigione, dopodiché lo consegnò al professore Piton – non prima di aver incantato entrambi in modo da non rivelare a nessuno la propria identità – il quale, a sua volta, si ritrovò vincolato a tenerlo nei dormitori della propria Casa. Ovunque andasse riceveva pacche solidali sulla spalla e sorrisini di scherno appena girava l’angolo; i Serpeverde si tenevano a debita distanza nascondendosi dietro una velata stima nel riconoscerlo, ancora una volta, come il Sopravvissuto. Ma quello che gli faceva più male era l’apatica indifferenza che mostravano i Grifoni, capeggiati dal loro nuovo idolo. Spesso girava da solo per i corridoi bui – le brutte abitudini erano proprio dure a morire e Winky, anche se non era più necessario, non lo perdeva di vista un solo attimo – a volte affiancato da Neville, l’unico Grifone che gli rivolgesse la parola, e di rado si accompagnava con Luna che lo intratteneva con i suoi lunghi monologhi su creature che solo lei poteva vedere. Eppure non era mai del tutto solo perché, se rallentava appena l’andatura, con la coda dell’occhio, poteva scorgere uno svogliato Draco, insieme all’inseparabile amico Blaise, che sfoggiava un sorriso sempre più divertito, seguirlo come ombre, e non poteva fare a meno di sentirsi rincuorato. Harry si prese la sua rivincita sui recalcitranti Grifoni quando, alla sua prima lezione di Pozioni con la nuova insegnante, fu l’unico a consegnare in tempo la mistura della giusta consistenza e colore, persino Hermione non era stata in grado di raggiungere il suo livello.

Come ci sei riuscito? chiese incredula la ragazza leggermente arrabbiata, o forse solo un po’ invidiosa. Non hai mai capito niente di Pozioni!

Ciao Hermione, io sto abbastanza bene, grazie dell’interessamento, cominciò sardonico Harry per poi interrompere sul nascere qualsiasi scusa avesse da rifilargli la ragazza, che ora mostrava due guance rosse dall’imbarazzo. Mi sembra di essere tornato al quarto anno, quando evitavi accuratamente di far ragionare Ron nella speranza che ti portasse al ballo. Comunque, per tua informazione, continuò sorridendo enigmatico, ignorando l’espressione mortificata della Grifondoro, la persona che mi ha salvato, oltre ad essere un’ottima strega, non tollerava l’ignoranza e l’ignavia così, seppur con molta difficoltà, nel suo piccolo, ha cercato di prepararmi per il mio eventuale rientro a scuola e, allargò le braccia come a constatare l’ovvio, visto l’ottimo risultato credo proprio che ci sia riuscita in pieno. Detto questo se ne andò, lasciando Hermione in mezzo al corridoio con gli occhi lucidi di lacrime e i capelli più crespi del solito, la borsa in pelle appoggiata sul fianco e alcuni libri, dall’aria di essere pesanti, stretti sul petto.

Fu difficile per Harry, dopo l’episodio con Hermione, arginare il crescente malumore dei Grifoni. Spesso si era sentito braccato dai suoi stessi compagni di Casa che non gli perdonavano la presunta familiarità con cui si intratteneva con i Serpeverde. Era stato del tutto inutile cercare di spiegar loro che non aveva voce in capitolo sull’ubicazione della propria stanza, senza contare – fece notare Harry, parecchio risentito – che il proprio letto era stato precedentemente sostituito con un armadio per riporre le loro cianfrusaglie. Durante i pasti sedeva in disparte insieme a Neville e Luna che parlavano a ruota libera, con suo grande divertimento, in modo che non sentisse i continui scherni da parte del suo ex amico. Solo una volta restarono muti e a bocca spalancata, per interi minuti, per poi finire sotto le panche a rotolarsi dalle risate. Infatti, quella particolare mattina, mentre i gufi stridevano lasciando cadere la posta, accadde…



Miseriaccia ragazzi, Ron saltò sulla lunga tavolata attirando l’attenzione di tutti i commensali della Sala Grande, il braccio, inguainato in un maglione di bassa fattura, si agitava sventolando orgoglioso una lettera rosa. guardate qui, ho ricevuto la mia prima lettera da parte di una ammiratrice. Rise forte mentre le guance, rosse come i capelli, spiccavano sul volto lentigginoso; voltava le spalle a Hermione che se ne stava a capo chino su un tomo alto come due mattoni, per nascondere l’espressione ferita. Mi scrive una certa Erred Foe Egg1 di AwWeSly2.Nel mentre, Seamus batteva forte le mani sul legno in accompagnamento alla voce del rosso. Ora l’apro e vediamo che scrive.

Forse dovresti prendere in considerazione anche Hermione. Gli suggerì sua sorella Ginny piegando la testa verso la ragazza che, alquanto stizzita, stava correndo fuori dalla sala.

Perché? domando Ron per nulla interessato, mentre freneticamente cercava di togliere il sigillo alla pergamena; infilò il dito tra i fogli piegati e tirò forte. Che c’è di male, anche lei riceve sempre lettere da Kr… non finì la frase che un forte boato si espanse tra le mura mentre il suo corpo veniva avvolto da una nuvola fucsia. In molti urlarono per lo spavento e sguainarono le bacchette ma rimasero pietrificati una volta che il fumo si disperse: Ronald Weasley era in piedi tutto cosparso di coriandoli fucsia, la faccia livida era dipinta come una di quelle bambole russe che si incastrano le une con le altre, i capelli rossi erano legati a fontana sopra la testa e, sopra gli indumenti smessi, indossava una sgargiante maglietta arancione con scritto, in un colore psichedelico dalla sfumatura gialla, I Visit Rip3. In men che non si dica, l’intera scolaresca scoppiò in una fragorosa risata mettendo ancora più a disagio il Grifone che schizzò letteralmente fuori, ma non prima di aver fulminato i Serpeverdi che se la ridevano alla grande additandolo.



Nella sua prima uscita ufficiale a Hogsmeade, durante il tragitto, Harry venne raggiunto da Neville. Mentre arrancavano a fatica nella neve, si imbatterono in Ron e la sua cricca che sembrava proprio lo stesse aspettando, visto come saltellava sul posto cercando di scaldarsi soffiando il fiato caldo sulle dita gelate. Per tutto il restante viaggio, Harry cercò di ignorare la cattiveria con cui lo prendeva in giro, sostenuto anche dai sorrisi sinceri che gli regalava Neville. “Questa guerra sotterranea mi sta sfiancando,” pensò frustato Harry, “potrei reagire ma ogni sforzo fatto finora verrebbe vanificato.” Una volta giunti nel caratteristico villaggio, si immersero nella via principale mescolandosi alla folla di ragazzi intenti nelle loro commissioni. Dopo un salto a Mielandia e una capatina al Serraglio Magico, per rifornire Neville di insetti da dare al suo rospo Oscar, entrarono al Piede di Porco dove, seduti a uno sbilenco tavolino in un angolo in ombra, li aspettava Luna assieme ai gemelli Weasley.

Non vi siete fatti seguire, vero? chiesero i gemelli alternandosi.

Non credo, si intromise Luna con voce pacata. Ho visto dei Gorgosprizzi orbitare vicino all’orecchio di Ron, sono sicura che l’hanno distratto a sufficienza da non farlo accorgere che Harry è entrato; lui e i suoi amici lo stanno ancora cercando lì di fuori. Con un sorriso dolce e al contempo birichino, indicò un punto oltre i vetri sporchi della locanda. Gli altri componenti del gruppo sorrisero indulgenti alla stravaganza della loro amica.

Ordiniamo una burrobirra che sono infreddolito? domandò Harry ad alta voce, per poi chinarsi verso gli amici, Poi saliamo di sopra, gli altri dovrebbero essere già arrivati, bisbigliò loro, per poi riprendere come se nulla fosse, prima che qualcuno cominci a farsi strane idee. Piegò il capo leggermente a sinistra per indicare tre tizi incappucciati che confabulavano tra loro mentre li osservavano di sottecchi. Mise una mano sul ginocchio di un agitato Neville e strinse leggermente mentre gli parlava sottovoce in un orecchio: Non preoccuparti di loro, il proprietario del locale sa cosa fare.

Aberfort Silente, gli spiegò brevemente Harry, era il fratello del Preside. La prima volta che Harry era entrato nella bettola, quel vecchio dall’aria burbera, l’aveva riconosciuto e subito preso in disparte nel tentativo di dissuaderlo nell’intraprendere qualsiasi cosa stesse per fare. Gli fece notare, inoltre, che non valeva la pena seguire il fratello perché in ogni caso la vita, per Albus, valeva meno di niente davanti al raggiungimento dei propri obiettivi; mentre parlava non toglieva gli occhi umidi dal viso di una graziosa fanciulla dipinta su un quadro appeso dietro il lurido bancone: era Ariana, la sorella morta in circostanze misteriose. Gli unici testimoni del fatto erano stati il fratello e un ragazzo biondo che, nel tempo, era diventato un Mago Oscuro.

Vedi, Neville, continuò Harry, lui è convinto che Silente è il solo responsabile della morte della sorella e in tutti questi anni ha disperatamente cercato di dissuaderlo dall’applicare la politica del Bene Superiore, a cui è tanto affezionato, perché non porta a nulla. In questa grande scacchiera che è la vita, secondo Aberfort, il fratello ha sacrificato più pedoni di quanti in realtà ne avesse a disposizione.

Lasciarono la tetra sala e si infilarono su per le anguste scale dove il legno cedeva ad ogni passo; attraversarono un corto corridoio male illuminato e storsero il naso quando una capra dal pelo candido li superò impettita, belando in continuazione; più in là, si fermarono davanti a un’anonima porta dalla maniglia rotta e bussarono nel modo convenuto: tre tocchi leggeri, uno forte, due leggeri e di nuovo uno forte. La porta si spalancò e una mano diafana agguantò il braccio di Harry con malagrazia. Draco, il proprietario del braccio, si strinse addosso il ragazzo moro per poi baciarlo con foga rilasciando mugolii soddisfatti. Fred, mentre entrava nella stanza, si premurò di chiudere con due dita la bocca di un Neville pietrificato sull’uscio; all’interno, in un angolo, seduto su una sedia fatiscente, Blaise se la rideva di gusto facendo l’occhiolino a un sempre più disorientato Grifone mentre Luna, con quella sua solita aria svagata, prendeva posto sul letto sgangherato assieme ai gemelli.

Voi due, finitela di dare spettacolo, proruppe la voce irritata di Severus da dietro una porta scrostata. Harry, ti ho lasciato del tempo ma ora mi devi delle spiegazioni. Il professore rientrò nella stanza mentre si strofinava le mani con un asciugamano verde.

Rassegnato, il Grifondoro si allontanò da un recalcitrante Draco e, sospirando forte, tenendo gli occhi rivolti a terra, cominciò a sciorinare tutto.

Innanzitutto scusa, Neville, ma non potevo anticiparti nulla: nel castello ci sono troppe orecchie indiscrete. Si strinse nelle spalle mentre l’altro ragazzo gli sorrideva comprensivo, seppur ancora lievemente scioccato. Non so come spiegartelo, padre, Da sinistra giunsero un paio di versi strozzati e, giratosi allarmato, Harry scoprì che, sia Neville che Blaise, si erano entrambi strozzati con il succo di zucca: gli altri ridevano forte mentre davano bonarie pacche sulla schiena ai due malcapitati.

Finitela di fare i buffoni, disse alquanto irritato Severus, e tu, rivolto a Harry, vedi di spicciarti senza interromperti di nuovo.

Per farla breve, riprese il Grifone alzando entrambe le braccia in segno di resa, mentre Draco, le reni appoggiate al cassettone, sovrastato da un imponente specchio scheggiato, se lo attirava addosso per stringerlo in un tenero abbraccio. non vi racconterò cosa mi è successo con Nagini, tremò appena alla menzione del grosso serpente, credo che ormai lo sappia pure il Platano Picchiatore, però vorrei soffermarmi su un particolare che è sfuggito anche a Voldemort. Fu il turno degli altri di rabbrividire. Colui–che–non–deve–essere–nominato, Harry sorrise di sbieco nel vedere i loro volti rilassarsi, leggendo il libro di Merlino, aveva scoperto che il nucleo magico risiede nell’anima di ogni mago e non… il ragazzo fu prontamente interrotto dal Pozionista.

Ora si spiegano molte cose, continuò meravigliato con gli occhi accesi da una nuova comprensione, i Dissenatori non rubano l’anima dei maghi ma sgretolano il loro nucleo, ecco perché impazziscono.

Non proprio, padre, lo corresse Harry, agitandosi nell’abbraccio caldo di Draco. Il nucleo non può essere diviso dall’anima, però l’anima può essere scissa. Calò il silenzio come un manto gelido. Harry chiuse gli occhi e lasciò che gli altri assimilassero bene quel concetto perché aveva scoperto che era il fulcro attorno al quale avrebbe vinto quell’assurda guerra. Voi–sapete–chi, riprese a parlare mantenendo un tono atono, aveva trovato il modo di dividere in più parti la propria anima e trasferire ogni singolo pezzo creato in “contenitori” debitamente preparati, ma non solo, aggiunse in fretta prima che qualcuno lo interrompesse, aveva scoperto che ogni singolo frammento dell’anima ricostruiva, in modo autonomo, l’identico nucleo magico del donatore. Quindi, risucchiò l’aria all’interno della bocca prima di sparare fuori come stilettate roventi le parole successive: il mago che applica questa antichissima maledizione, chiamata ARectoEm, p contare, in caso di bisogno, su una inesauribile fonte di potere extra. Harry non aveva il coraggio di guardare in faccia gli altri; dietro di sé, sentiva Draco tremare vistosamente.

Per la barba di Merlino, quella parola la conosco! Balbettò esterrefatto Neville. Sono le lettere che farfugliarono i miei genitori quel giorno quando... Il ragazzo deglutì a fatica guardandosi attorno spaesato e con gli occhi lucidi, quando li trovarono... si interruppe di nuovo per poi voltarsi per non far vedere le lacrime che ora scendevano copiose lungo le gote accaldate. Luna si avvicinò e prese ad accarezzargli la schiena borbottando parole di conforto, Blaise e i gemelli si osservavano i piedi imbarazzati e Severus tossicchiò un paio di volte facendo scorrere gli occhi d’ossidiana su tutti i presenti.

Neville... si arrischiò a dire preoccupato Harry, sempre stretto tra le braccia del Serpeverde.

Scusate, è che, nonostante sia passato così tanto tempo, fa ancora male. Il Grifone cercò di darsi un contegno mentre, titubante, accettava un fazzoletto candido passatogli da Blaise. Forse è per quello che sono stati aggrediti? Chiese speranzoso a Harry, raddrizzando le spalle in un moto di feroce orgoglio. Si erano avvicinati alla verità?

Non credo, Harry gli sorrise mesto, Volde… Colui–che–non–deve–essere–nominato mandò dei Mangiamorte in cerca dei tuoi genitori per colpa dellasi interruppe indeciso mordicchiandosi le labbra.

Della profezia, vero? Finì per lui Severus con gli occhi adombrati dalla colpa inchiodati ai suoi: Harry scosse piano la testa. Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore, nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese,sussurrò il Pozionista. Anche Neville è nato verso la fine di luglio e di certo Voi–sapete–chi non lasciava mai nulla al caso.

Esatto, rispose Harry con voce triste e gli occhi persi in lontani ricordi. Tralasciando tutto quello che c’è a monte, in questo momento ha poca importanza. Sfidò suo padre con rabbia a stare zitto, dandogli modo di capire che lui sapeva, Voldemort ha creato almeno tre ARectoEm.

Allora non c’è nessuna speranza, si arrischiò a dire Neville, sussurrando inorridito mentre tirava rumorosamente su con il naso. Scoppiò un putiferio che Harry lasciò sfogare fino a quando non tornò il silenzio. Solo allora riaprì gli occhi verdi e tutti poterono vedere il fuoco della determinazione che li divorava.

È qui che ti sbagli. Il sorriso feroce che gli distorceva i lineamenti fece preoccupare più di una persona, tranne Luna che si alzò con calma, lo raggiunse e lo baciò in fronte, proprio sulla cicatrice, esclamando, con la sua voce perennemente trasognata:

Sei un mago potente, Harry, le Rugaj Steloj4 che vivono sotto i sassi bianchi sulla riva del Lago Nero mi hanno rivelato che adesso il tuo nucleo magico è perfettamente armonico.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta.

Buona lettura.

1Anagramma di Fred e George

2Anagramma di Weasley

3Anagramma di I Tiri Vispi

4Stelle rosse in esperanto

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Capitolo 21
*** Cap. 21 - ...le proprie strategie ***


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Il morso del diavolo

Cap. 21 – … le proprie strategie

Qualche giorno prima, in una casa vittoriana di una anonima cittadina nella campagna inglese, dietro le finestre ornate da pesanti tende in broccato verde, il Signore Oscuro stava seduto su una poltrona dall’alto schienale posta a lato di un imponente camino spento: teneva in mano una pergamena proveniente da Hogwarts.

Minus, sibilò mentre si alzava e raggiungeva la scrivania in mogano al centro della stanza, i suoi piedi nudi scivolavano leggeri sull’assito di legno scuro. rintraccia Bellatrix. Dietro di lui un omino dai denti prominenti come quelli di un topo, la mano sostituita da un arto artificiale in acciaio, assentì col capo quasi calvo, che luccicava alla luce delle candele, per poi sgusciare fuori dal locale in un continuo prostrarsi. Due ore dopo, il secco rumore della materializzazione si propagò per la casa vuota; fuori i candidi fiocchi di neve, che scendevano lenti dal cielo plumbeo, avevano già cominciato a imbiancare le strade, mentre lungo il marciapiede un passante infreddolito si affrettava a entrare in un androne poco illuminato.

Mio Signore. Bellatrix si inginocchiò a terra fino a sfiorare con la fronte il pavimento e gli baciò, con esagerata riverenza, l’orlo della veste; le punte dei suoi lunghi capelli indomabili avvolsero i piedi del Lord Oscuro come un sudario.

Tempo fa ti consegnai un oggetto, lo conservi ancora? chiese il lord con voce falsamente dolce. Al segno d’assenso della donna, che nel frattempo si era alzata silenziosamente e lo guardava con avida aspettativa, intimò secco: Portamelo! Bellatrix, in risposta all’ordine, mise entrambe le mani dentro la tasca della lunga gonna nera, alzandone i bordi e scoprendo delle basse scarpe in tinta e una scheletrica caviglia bianca. Rovistò un po’ e poi, con cautela, estrasse un cofanetto d’argento tempestato di pietre preziose: lo porse con deferenza all’uomo che le stava davanti tenendolo sospeso con entrambe le mani, il capo chino tra le braccia tese. Sei stata molto brava. la lodò affettato, afferrando rudemente l’oggetto; nemmeno rispose al sorriso orgoglioso della donna che scoprì i denti marci. Minus, sai già cosa fare. ordinò, mentre allungava la mano rinsecchita verso il proprio servo. Appena hai finito chiama Tiger e Goyle, ho una missione per loro.

Ma, mio Signore, perché non manda me? Sarei molto felice di eseguire ogni suo ordine. Si arrischiò a chiedere un po’ risentita la Mangiamorte.

È un affare che non richiede eccessiva intelligenza e che possono benissimo portare a termine da soli, rispose indulgente il lord. Per te ho un altro compito, continuò con la sua parlata inframezzata da agghiaccianti sibili. Quando te lo dirò, ti recherai a Hogwarts per osservare da lontano il duello che, se tutto procede come voglio, quello stupido ragazzo filoBabbano, cioè il nuovo pupillo di Silente, organizzerà per deliziarmi. Batté le mani compiaciuto. Mi riferirai immediatamente l’esito.

Solo questo, mio Signore? Non mi è permesso catturare e torturare qualche nato Babbano? Chiese speranzosa la donna, spalancando gli occhi spiritati.

Nulla di tutto questo, per ora. Ci sarà tempo. Detto ciò la congedò con un gesto secco della mano. Bellatrix piegò la testa e la schiena in un abbozzato inchino e scomparve in una nuvola scura. Lucius! Imperò il lord; dalle ombre che trasudavano dalle pareti si staccò una figura incappucciata avvolta in un mantello di lana viola. L’elegante figura esitò impercettibilmente mentre avanzava con grazia al centro della stanza; la fioca luce proveniente dalle candele, per un attimo catturò i bagliori dei lunghi capelli chiari dell’uomo sotto il bavero. Il Signore Oscuro, sicuro di sé, non esitò a voltare le spalle e recuperare, da sotto una pila di antichissimi tomi, un foglio di pergamena dall’aria vissuta. Consegna questo mio scritto al giovane Draco, Lucius, sibilò, si è dimostrato degno della mia fiducia e vorrei servirmi ancora di lui, cosicché possa essere i miei occhi e le mie orecchie tra le mura del castello.

Ma, mio Signore, non è troppo pericoloso? Si azzardò a chiedere apprensivo l’uomo dopo aver letto le poche righe vergate sul foglio ingiallito.

Osi mettere in dubbio il mio volere? Disse sprezzante, con gli occhi accesi da bagliori rosso sangue. Senza attendere risposta attraversò la stanza fredda e spalancò l’uscio che dava su una camera circolare stipata fino al soffitto da scaffali contenenti libri pregiati di varie dimensioni e argomenti. Qualcuno tiene soggiogato a sé Severus e pretendo di sapere chi è costui che mi sfida così apertamente!

Sospetta dei traditoridellorosangue?

No, fu la risposta lapidaria, è qualcuno vicino a me, che mi conosce così bene da indurlo a credere di essere più furbo: ti assicuro che pagherà cara la sua avventatezza. Il lord puntò gli occhi serpentini in quelli cerulei dell’altro, che deglutì a vuoto, impaurito. Ora vai, aspetto tue notizie. Lo liquidò con un gesto noncurante, aspettò la solita riverenza per poi afferrare con mano sicura un basso libricino nascosto fra mille altri.



********



La conversazione al Piede di Porco riprese vigore e, come al solito, tutti avevano qualcosa da dire in contemporanea.

Basta, urlò Severus sovrastando la confusione e, ottenuto il silenzio, si rivolse a Harry: spiega.

Voldemort ha diviso la sua anima in più parti e le ha, diciamo, conservate, tentennò sull’ultima parola, in corpi estranei che lui stesso aveva precedentemente preparato. Il primo ARectoEm creato è stato senza dubbio il diario che ho distrutto con il dente avvelenato del basilisco nella Camera dei Segreti alla fine del secondo anno.

Per tutte le cornamuse d’oro di un onesto Lepricano, allora è vero! esclamarono in coro i gemelli. Pensavamo che Ron avesse esagerato come suo solito. Harry, non togliendo gli occhi dal volto impassibile del padre, fece spallucce.

Racconterai dopo le tue mirabolanti avventure extrascolastiche, ora procedi, — incalzò Severus.

Un altro è Nagini, che tutti ben sappiamo è stata distrutta da te. Sorrise all’uomo serio che gli stava di fronte. Poi ne ha sicuramente preparato un terzo, ma purtroppo non ho ancora idea di cosa possa essere. Scosse la testa sconsolato davanti alle espressioni deluse. Prima di proseguire devo fare una premessa: la profezia, come tutti la conosciamo, non è completa, fermò con la mano i possibili interventi, Silente, alla fine dello scorso anno scolastico, una volta rientrati dal Ministero, ha provveduto a riportarmela per intero e, soggiunse, sono più che certo che l’abbia male interpretata. Si guardò intorno sorridendo sghembo alle loro espressioni sorprese e perplesse; solo Luna sedeva tranquilla accarezzando piano il copriletto infeltrito. Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore; nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese; l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, così che avrà un potere a lui superiore; e l’uno non potrà uccidere l’altro, finché l’Unione non gli permetterà di sopravvivere; il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese.” Sapete l’ironia? Bastava che Voldemort la ignorasse, continuò quasi urlando allontanandosi da Draco che lasciò ricadere mollemente le braccia lungo i propri fianchi, che andasse avanti per la sua strada incurante di tutto e di tutti come aveva sempre fatto. Invece, dando retta a una pazza farneticante, nel momento stesso in cui cercò di uccidermi, fece in modo che io potessi diventare l’unico in grado di fermarlo: ora, sottolineò, posso distruggerlo in modo definitivo. Finì sfidando tutti con aria bellicosa.

Quindi tu sei, tu hai... balbettò Draco spaventato, non riuscendo a finire la frase.

Questo è stato palese dal momento stesso in cui hai iniziato a parlare, minimizzò spazientito il professore. Dimmi solo se c’è ancora, Harry. Gli occhi accesi da una luce calcolatrice. Per un solo istante, il Grifone lo guardò con rabbia che via via scemò nella tristezza.

Sono vivo grazie al pezzetto di anima che Voldermort non sa di aver scisso: in parole povere sono un ARectoEm. Quando Nagini mi attaccò, il supplementare nucleo magico, non volendo morire, si rinchiuse all’interno di una spessa barriera inglobando anche il mio, perché senza di esso, era consapevole, sarebbero morti entrambi. In pratica, padre, si isolò così bene che entrambi abbiamo creduto che fossi diventato un Magonò. Cercò di spiegare confusamente Harry, mentre nervoso si lisciava i palmi umidi delle mani sui jeans scoloriti. Quando Voldemort venne a sapere che ero ancora vivo, divenne così furioso e incontrollabile che l’eco della sua rabbia mi raggiunse e spezzò la barriera.

Cosa è cambiato da far esclamare agli amici immaginari di Luna che tu sei diventato molto potente, perché, secondo quello che hai appena detto, il Signore Oscuro dovrebbe avere ancora accesso al proprio potere dentro di te.

Semplice, si sono fusi.

Cosa? — Urlarono tutti insieme sbalorditi. Severus si irrigidì in piedi al centro della stanza nell’atto di prendere da bere da una caraffa posta su un basso tavolino a tre gambe. Blaise e Neville si alzarono di scatto finendo quasi addosso a Luna che sorrideva tranquilla, mentre si arricciava intono a un dito una ciocca di capelli biondi e teneva gli occhi fissi su un punto macchiato del soffitto. I due Weasley spalancarono le bocche talmente tanto che c’era il serio rischio che i loro visi rimanessero paralizzati in quell’assurda espressione. Intanto Harry se la rideva di gusto, ma tornò subito serio quando, girato il capo verso Draco, incrociò il suo sguardo perso. Preso dal rimorso per essere stato così diretto, Harry tentò di allontanarsi ma, prontamente, il Serpeverde lo agguantò e, cingendolo di nuovo con le braccia, gli appoggiò la fronte alla base del collo per nascondere la propria espressione angosciata.

Scusate, non ho resistito al desiderio di vedere le vostre facce, — bisbigliò mortificato il Grifone, riprendendo poi la spiegazione, — la pozione di Mastro Merlino, che sto tuttora prendendo, oltre a rendermi di nuovo un mago, ha fuso i due nuclei. In questo modo, non solo ho acquisito parte della conoscenza e abilità di Voldemort, ma, in qualche maniera, mi rende molto più potente di prima. — Harry, distrattamente, aveva preso ad accarezzare lentamente le braccia snelle che lo cingevano; gli piaceva la sensazione soffice della seta della camicia sotto le dita, era come se, invece della stoffa, sfiorasse la pelle serica e senza difetti di Draco.

Ho capito cosa vuoi dire quando affermi che il Preside ha inteso male la profezia, — Tutti si voltarono a guardare interrogativamente Neville che se ne stava impalato al centro della stanza con gli occhi sgranati. — L’ha interpretata in modo letterale. Ha pensato che bastasse la vostra reciproca vicinanza perché tu potessi sconfiggere il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. — Severus assottigliò gli occhi, rimbalzando lo sguardo tra i due Grifoni, mentre, sempre più sbalordito, cominciava a comprendere l’enorme errore commesso da Albus.

È l’unica spiegazione a cui sono giunto anche io, — assentì piano sospirando affranto, — vedete, anni fa, il Preside aveva deciso di sottrarre a mio padre, a suo dire per scopi scientifici, il Mantello dell’Invisibilità lasciando...

Cosa? Ma si era bevuto la Bevanda della Disperazione1 invecchiata in un bacile di cristallo in fondo a una grotta? — urlarono contemporaneamente i gemelli, interrompendolo. — Un mantello dell’invisibilità! — esclamò perplesso Blaise allungando prontamente una mano verso Neville per sorreggerlo dopo che era inciampato in un asse del pavimento. — Ne sei più che certo? — si arrischiò a chiedere Draco soffocando le parole tra i suoi capelli. — Non può essere! — Severus sbiancò, — Non l’avrebbe mai fatto, mi aveva giurato… — balbettò l’uomo accettando, con mani tremanti, un grosso bicchiere dal liquido azzurrognolo che Luna gli porgeva.

Purtroppo è ciò che è successo, — confermò atono. — Non credo si aspettasse tutto quello che è accaduto; semplicemente, ai suoi occhi, l’eventuale mia morte era il Male Minore. — Sospirò, allargando le braccia rassegnato. — Ora che ci penso, in passato, ogni volta che ho avuto a che fare con Voldemort, lui è rimasto sempre sorpreso dall’esito, come se si aspettasse, in qualche maniera, un finale diverso. — Harry si grattò la cicatrice a disagio. — All’epoca, ingenuamente, avevo pensato che il suo genuino stupore fosse indirizzato alla mia abilità nel districarmi dai guai, invece, a quanto pare, la sua natura era ben diversa, — finì deluso.

Prima che qualcuno senta il desiderio di aggiungere altro, — la voce soffocata di Draco interruppe il pacato silenzio che si era creato, — ho questa da farti leggere, Severus, — disse allungando una pergamena sgualcita, — è da parte di mio padre. — Il Serpeverde si ostinava a tenere il volto nascosto contro il collo di Harry nonostante quest’ultimo cercasse di girare la testa per guardarlo curioso negli occhi. L’insegnante lesse attentamente scuotendo appena il capo.

Non vedo complicanze, Draco, anzi questo tuo nuovo incarico giustificherà, agli occhi dei tuoi compagni di Casa, l’eventuale interessamento nei confronti di Harry che, con il passare del tempo, sarà sempre più palese, — aggiunse sarcastico facendo arrossire i due ragazzi. — Bene, se questo è tutto io torno al castello; con te, Harry, avrò modo di approfondire l’argomento in privato. La pozione che sta bollendo nel calderone è l’ultimo tassello per completare il procedimento inventato da Mastro Merlino dopodiché, che i Fondatori ci aiutino. — Severus sbuffò alzando gli occhi scuri al cielo. — Ogni cosa sarà compiuta, a quel punto non sarà più possibile tornare indietro, — dichiarò solenne e inforcò la porta, con la discrezione tipica della sua persona, non prima di essersi accertato che nessuno si trovasse fuori nel corridoio. Dietro di sé lasciò i ragazzi alle loro chiacchiere, mentre risoluto risaliva la strada verso Hogwarts immerso in pensieri sempre più cupi. “Non permetterò che soffra, Lily,” si ripeteva nella testa come un mantra, “mai più soffrirà: è una promessa.



********



Natale si avvicinava velocemente, e Ron, tutto preso dalla personale battaglia contro il suo ex amico, non riusciva a capire perché qualsiasi incantesimo che rivolgeva a quello sporco traditore – tutti lanciati coraggiosamente alle spalle di Harry – in qualche modo venivano prontamente deviati. Eppure sapeva perfettamente che Potter – masticò di malagrazia il cognome – non aveva più un briciolo di magia in corpo. L’idea di ridicolizzarlo davanti agli amici si era definitivamente frantumata dopo che era finito in infermeria, svenuto per colpa di un potente Protego che l’aveva sbattuto contro un muro.Sicuramente è stato Paciock,” pensò rancoroso, “a interferire con il mio Schiantesimo.” Quindi urgeva correre ai ripari anche perché, tra i suoi nuovi accoliti, cominciavano a spuntare i primi dubbi: doveva subito fugarli con un piano geniale. Dentro di sé fremeva d’impazienza però non voleva ricorrere all’aiuto di Hermione, voleva cavarsela da solo: era o non era il nuovo prescelto? Sempre più convinto di questa verità assoluta, finalmente ebbe l’idea giusta quando assistette in Sala Grande a uno scontro molto animato tra due Grifoni del secondo anno – sapientemente portatici da un infido Draco – finiti presto in Presidenza. Rigirando euforico le mani, pensò: “Perché non sfidare Potter a duello? La vecchia folaga mi sta allenando regolarmente e, durante l’incontro, solo Harry p effettuare magie: chiunque intervenga in suo favore decreterebbe la mia vittoria.” Un sorriso cattivo gli piegò le labbra che, su di lui, con la faccia da bambinone poco cresciuto che aveva, assunse un tono decisamente grottesco. Da quel momento, per lui, la priorità fu convincere l’odiato professore di D.A.D.A. a organizzare l’evento e decidere la data giusta in modo che tutti gli studenti potessero assistere al suo trionfo durante le vacanze natalizie.

La notte di Santo Stefano il mito di Harry Potter crollerà per sempre sotto i miei colpi. Sarò io, Ronald Billius Weasley, il nuovo idolo del Mondo Magico, canticchiava tra sé e sé il rosso. Parola di Grifone!



Note dell’Autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta.

Buona lettura.

1È il nome della pozione bevuta da Silente nella caverna che custodiva il Medaglione di Salazar

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Capitolo 22
*** Cap. 22 - Il duello... ***


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Il morso del diavolo

Cap. 22 – Il duello...

La radura ai piedi del Platano Picchiatore era illuminata a giorno; un incanto riscaldante smorzava la morsa gelida dell’inverno. La neve, caduta abbondante in quei giorni, era stata tolta e usata per creare sculture di ghiaccio rappresentanti antichi maghi intenti a duellare tra loro e poste ai lati di un lungo tappeto rosso. Nella notte erano sorti gli spalti come per una finale del Torneo Tre Maghi; gremiti all’inverosimile, rumoreggiavano sommessamente sotto la volta stellata di quella quieta serata di fine anno. Al centro della pedana rotonda, richiesta così da Harry, la nera figura di Piton, voluto come arbitro da Ron per cercare di avvantaggiarsi sull’avversario, visto il suo riconosciuto odio verso Potter, troneggiava imperturbabile aspettando i due contendenti per dare inizio al duello.

Severus, volgendo attorno gli occhi attenti alla minima anomalia, ripercorse gli ultimi eventi della propria vita. Il primo fra tutti a fargli visita fu il risentire, sulla propria pelle, la claustrofobica sensazione generata dalla paura di morire che aveva vissuto quando era stato chiamato al cospetto del Signore Oscuro, dopo la bravata di quell’inutile inetto di un Grifone. A seguire, arrivarono a fargli compagnia gli strazianti momenti in cui aveva subito le torture di Bellatrix e Lucius che, in seguito, gli avevano provocato allucinazioni così vivide che tuttora insistevano a popolare i suoi sogni. Ma non tutti i ricordi erano nefasti, infatti, non poté evitare di provare una profonda gioia, che riusciva sempre a scalfire un pezzetto in più del suo cuore avvizzito, ogni volta che evocava il “bentornato, padre” dettogli da Harry quando si era ripreso dalle violenze subite. Un moto di orgoglio gli gonfiò il petto al pensiero che, con la riuscita della pozione di Merlino, di cui proprio quella mattina Harry aveva preso l’ultima fiala, aveva contribuito a far riemergere tutto il potenziale magico di suo figlio; socchiuse leggermente gli occhi per assaporare fino in fondo la sconcertante verità: “Harry Potter è mio figlio”. Ora, mentre gli occhi incrociavano quelli della figura che avanzava con passo sicuro, non poté esimersi dal sentirsi onorato dell’affetto che quel ragazzino caparbio, sempre pronto a fare la cosa giusta, gli dimostrava in ogni momento. Avrebbe voluto andargli incontro e accarezzare quei soffici capelli ribelli con indolenza fino alla totale espiazione delle proprie colpe; stringersi addosso quel corpo troppo magro per proteggerlo da tutti i mali del mondo e affrontare con lui, e per lui, i pericoli che il destino gli aveva riservato e osservarlo fiero mentre combatteva a testa alta. Distrattamente, si chiese se fosse questo era essere un padre: riempire Harry di attenzioni amorevoli, così poco conosciute da entrambi, eppure così bramate.

Intanto, da destra, salì sulla pedana un irascibile Ron accompagnato da un allegro e fin troppo ciarliero Finnigam; a sinistra, invece, Harry, accompagnato da un guardingo Neville, era tranquillo. I due contendenti, sotto lo sguardo vigile di Severus, fecero il saluto di rito e presero posto, uno di fronte all’altro, in due punti precisi della pedana; essendo rotonda avevano il vantaggio di potersi muovere in ogni direzione, invece che essere costretti ad affrontarsi in linea retta. Severus, con voce dura, spiegò brevemente le regole dell’incontro poi, dopo essersi posizionato fuori dal cerchio e aver trascinato con sé gli altri due Grifoni, alzò la bacchetta in aria facendo scaturire dal nulla un fascio colorato che diede il via al duello magico; sugli spalti, gremiti all’inverosimile, scese un attento silenzio.

Il primo a lanciare l’offensiva fu il rosso che, con un movimento grossolano del polso e la vana gloria ad ingrossarne l’ego, mise subito in chiaro l’intenzione di far del male. Il suo avversario, invece, non emise un fiato; solo gelida collera guidò le mani di quel ragazzo moro dallo sguardo maturo nell’erigere uno scudo in propria difesa. I colpi sferzati da Ron con brama di sangue e vendetta si schiantarono contro un muro invisibile, consumandosi in mille scintille di luce fredda, simili a stelle nella volta celeste. Ron, col fiato grosso per lo sforzo, gli urlò contro provocatorio: Tutto qui quello che sai fare?

In risposta un fendente preciso gli graffiò la guancia destra, appena sotto l’occhio; una goccia di sangue scarlatto rigò la pallida epidermide lentigginosa.

Soddisfatto? Senza battere ciglio Harry riabbassò il braccio.

Come osi farti beffe di me! gridò con rabbia il Grifone. Sono io il prescelto e conosco il tuo segreto, ti distruggerò dimostrando a tutti la tua inutilità!

Se è questo quello che pensi, vieni a prendermi, lo istigò Harry allargando le braccia. Ron, come una furia, si avventò sull’altro ragazzo bersagliandolo con colpi alla cieca; Harry, come un abile spadaccino, schivò, parò, volteggiò e danzò con la magia plagiandola ad ogni suo desiderio.

Bombarda Massima! abbaiò Ron con voce ansante.

Un boato raggiunse ogni anfratto della radura azzittendo immediatamente ogni creatura presente; una nuvola densa di fumo nero, nel punto in cui un attimo prima c’era Harry, si innalzò dalla pedana oscurando l’aria. Tutto era immobile, sembrava che la natura stessa fosse in fremente attesa. Improvvisamente un grido di giubilo spezzò il silenzio.

Ho vinto! Ho vinto! Ho battuto il grande Harry Potter. Ron, gridando a più non posso, saltellava felice come un grosso scimmione intento in una strana danza tribale; a fargli da eco, la casata Grifondoro rispose cantando inni di giubilo.

Non così in fretta. la voce pacata di Harry emerse dal fumo che si stava lentamente diradando. In quel momento, dalla punta della sua bacchetta scaturì un sottile raggio di luce che aprì una seconda ferita sul viso attonito di Ron; Silente abbandonò gli spalti nonostante la professoressa McGranitt lo richiamasse perplessa.

Non può essere! Ron boccheggiò esterrefatto. Come puoi essere sopravvissuto, ho usato tutto il mio potere, dovresti essere morto!

È questo che vuoi Ron? Che io muoia? chiese Harry senza tradire nessuna emozione.

Sì, rispose semplicemente Ron.

Perché? sfuggì al moro.

Perché? Hai il coraggio di chiedermi perché!? Tutti pensano che io sia il tuo cagnolino fedele, quello che fa il lavoro sporco al posto tuo, mentre tutto il Mondo Magico si affida a te soltanto. Ti ho seguito in ogni tua stronzata e ne sono uscito regolarmente malconcio. Per tutto questo tempo sei stato come una maledizione malefica e sono stufo di pagarne le conseguenze. Gesticolò come un ossesso sputando invettive.

Bastava non seguirmi, se temevi così tanto per la tua vita, rispose Harry imperturbabile, mentre parava un Diffindo.

Sei solo una piaga, insistette Ron. Sirius non sarebbe morto se solo tu non fossi stato così presuntuoso da pensare che raggiungere il Ministero senza l’aiuto degli adulti potesse salvarlo. Si è rivelato un disastro, come era prevedibile, eppure, in quell’occasione, anche un bambino se la sarebbe cavata meglio. Engorgio.

Davvero? Harry inarcò il sopracciglio con finto stupore parando con maestria l’incanto. Quindi vorresti farmi credere che, siccome non sei stato colpito da un Mangiamorte, sei stato migliore di tutti noi? ironizzò Harry, poi, battendosi una mano sulla fronte, continuò. Eppure mi sembra di ricordare che tu, durante lo scontro, giacevi svenuto perché eri caduto accidentalmente in una strana vasca piena di cervelli-tentacolari. Pensavi di acquistarne l’intelligenza? domando derisorio. Le guance di Ron divennero livide dalla rabbia.

Sta zitto! urlò isterico per poi lanciargli contro un Artis Tempurus, prontamente respinto.

Neville, ferito e senza bacchetta, si è comportato con più onore di te. Fu il turno di Harry di infierire.

Dissendio. Ron non si diede per vinto e continuò a lanciare incantesimi sempre più inviperito. Sono io l’uomo giusto per Silente, mi sta dando lezioni private per prepararmi alla guerra, cosa che con te non ha fatto, sottolineò derisorio, spedendogli addosso un Glacius.

Sono tutto un fremito, Ron, ma mi sento obbligato a farti notare che, visto che, qui, tu sei l’unico ferito, credo tu abbia bisogno di più lezioni. Sorrise beffardo.

Non riuscirai a scavalcarmi, io sono destinato ad affiancare Silente. Inflantus.

Ma io non ho nessuna intenzione di prendere il tuo posto, rispose serafico Harry.

— … —

Ma come, soffiò con finto sgomento Harry, ti vanti tanto di essere in confidenza con il Preside eppure lui ritiene opportuno tenerti nascosto un particolare così importante? Non si fa così, non credi? Scosse la testa incredulo. Comunque, a scanso di futuri equivoci, ti cedo volentieri tutta la fama del prescelto, se è questo a cui aspiri. Io, invece, ho deciso che mi è bastato vedere la morte in faccia una volta in più per tenermi stretta questa vita e le persone che ritengo importanti.

Guardati attorno e apri gli occhi, qui nessuno ti vuole, gli disse con cattiveria il Grifone.

Ad essere sincero l’unico momento in cui mi sono sentito davvero abbandonato è stato al mio risveglio in ospedale, gli disse in tono colloquiale e, senza battere ciglio, parò con un Protego il Levicorpus che Ron gli lanciò addosso sempre più indispettito. Ma poi, delle persone inaspettate si sono prese cura di me. Ed è allora che ho realizzato che, fece una piroetta per schivare un Orbis, tutta la mia vita passata era solo una grande menzogna.

L’unica vera bugia sei tu. Ti sei nascosto per tutta l’estate mentre Tu-sai-chi decimava interi villaggi, ansimò per la stanchezza il rosso, non un solo gufo, niente di niente.

Non credi che avessi altro a cui pensare dopo esser stato sputato fuori dalle fauci di un gigantesco serpente magico? gli rispose sarcastico.

Perché non riveli a tutti il tuo segreto? chiese improvvisamente Ron fermandosi in mezzo alla pedana e allargando le braccia esasperato dai suoi continui insuccessi.

Segreto? gli fece eco Harry, fintamente sorpreso, di quale segreto parli, Ron?



Note dell’Autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 23
*** Cap. 23 - ...e le sue conseguenze ***


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Il morso del diavolo



Cap. 23 – ...e le sue conseguenze

Le stelle erano ormai sbiadite dietro a cumuli di nuvole, così addossate le une sulle altre da soffondere la volta celeste con una luce opaca e lattiginosa. Spirava un leggero vento che faceva ondeggiare i secolari alberi al limitare della Foresta Proibita sussurrando, tra le fronde, antiche canzoni ormai perdute nel tempo. L’aria fredda era riuscita a intrufolarsi tra le pieghe dell’incantesimo riscaldante, ormai quasi del tutto privo di efficacia, insinuandosi dentro i risvolti di pelliccia dei pesanti mantelli in dotazione agli studenti. Sembrava che a nessuno importasse che quella notte la temperatura fosse scesa così tanto da far cadere grassi fiocchi di neve somiglianti a migliaia di boccini che vagavano senza meta, orfani del loro Cercatore. I volti dei pochi coraggiosi spettatori rimasti erano arrossati e il fiato caldo, che si ostinavano a far uscire dalle labbra screpolate, non riusciva a riscaldare le dita intorpidite, seppur agghindate in guanti multicolori. I piedi, ormai intirizziti, battevano forte sugli assiti di legno accompagnati da sonori “oh” ogni qualvolta un incantesimo, sfuggito ai due contendenti, si abbatteva sulla ferrea barriera eretta a proteggerli; le urla di incoraggiamento avevano lasciato da tempo l’arena, sostituiti da curiosi bisbiglii passati di bocca in bocca come una marea al calar del sole, finché, le persone ancora presenti all’incontro, si zittirono come un sol uomo colpito da un Silencio.

Segreto? gli fece eco Harry.

Draco, trattenuto per il polso da Blaise, si guardò in giro preoccupato mordendosi nervosamente le labbra rese livide dal freddo; in quel momento, la manona di Greg calò sulla sua spalla per richiamare la sua attenzione.

Non temere, gli disse con un cipiglio serio in volto, se quella sottospecie di piattola lo offende ci pensiamo noi a sistemarlo. Dietro di lui, Vincent scrocchiava le dita serrate in un ferreo pugno, mentre annuiva convulsamente con la testa senza perdere di vista i ragazzi sulla pedana. A quelle parole, un mormorio di approvazione serpeggiò lungo tutta la fila dei verde-argento assiepati addosso alla balaustra. Draco, preso alla sprovvista, si accorse solo in quel momento delle bacchette strette nelle mani di alcuni dei propri compagni che, con discrezione, lanciavano fuggevoli sguardi ai Grifoni seduti poco distante. Alzando un sopracciglio perplesso, guardò interrogativo Theo che, scrollando le spalle, gli fece notare come Potter, in quel mese, si fosse guadagnato la loro stima e fiducia aiutando e difendendo, in varie occasioni, i più piccoli dalle spacconate delle altre Case. Seppur scosso, sul volto di Draco si aprì un bellissimo sorriso di gratitudine. Intanto, al centro della pedana, il diverbio continuava.

Sei un Magonò! urlò Ron con tutto il fiato che aveva in gola cercando di farsi sentire da tutti i presenti.

Ne sei proprio certo? Allora, come potrei fare: Herbifors! Puntò la bacchetta sulla testa del rosso e dei fiori sgargianti sbocciarono tra i suoi capelli. Come stavo dicendo, come potrei fare questo senza magia? chiese retorico; forti risate riempirono la vallata.

Signor Weasley, per quanto vederla denigrato e umiliato sia uno spettacolo decisamente soddisfacente, devo ritenere concluso l’incontro. Una voce dura si intromise nel diverbio facendoli sussultare: troppo presi dalla lotta, si erano dimenticati della vigile presenza di Severus.

È un imbroglio! Indignato, il Grifone cercò di protestare roteando le lunghe braccia come fossero pale di un mulino a vento.

Piuttosto seccato, Severus si accinse a chiarire: Signor Weasley, come sempre deve dimostrare la sua ignoranza in qualsiasi materia. Si faccia spiegare dalla Signorina Grenger perché, in un duello magico, il vincolo creato non dia adito a qualsivoglia imbroglio, e mi porti una relazione dettagliata sull’argomento: minimo cinquanta righe, per il rientro delle lezioni. Detto questo, senza perdere altro tempo e ignorando ogni possibile rimostranza, guardando schifato il rosso come se fosse budella di Troll essiccate, alzò il braccio di Harry decretandolo vincitore; sugli spalti le poche persone ancora presenti, quasi tutti Serpeverde, batterono le mani e fischiarono in approvazione.

Harry, finalmente rilassato e sorridente, cercò Draco tra la folla rimasta mentre Neville, euforico, gli si avvicinava per abbracciarlo.

Chi speri di trovare tra la folla, nessun Grifone ti è più amico. Sputò velenoso Ron sorridendo soddisfatto.

Seamus, cominciò beffardo Harry che, senza perdere il sorriso, affiancato da Neville, si incamminava verso le tribune ignorando il rosso e voltandogli incautamente le spalle; intanto, il Grifondoro interpellato stava fermo sul bordo della pedana con le mani in tasca e il capo chino a scrutare impacciato le proprie scarpe. Hai poi detto a Ron che hai puntato su di me come unico vincitore? chiese Harry indicando se stesso con sguardo innocente.

Avada K… Ron non riuscì a finire di pronunciare l’incantesimo che un indignato Harry si girò di scatto lanciandogli contro uno Stupeficium; nessuno, visto la notevole distanza, si accorse che non aveva usato la bacchetta.

Gli ultimi gruppi isolati di spettatori, che stavano sciamando lentamente dagli spalti, rimasero impietriti ad osservare il volo e il successivo schianto del corpo di Ron contro il Platano Picchiatore che, oltremodo infastidito, lo rispedì prontamente al mittente. In un silenzio tombale, la professoressa McGranitt accorse, insieme all’infermiera della scuola, verso il corpo esanime che giaceva scomposto poco distante da Harry, il quale tentava di riprendere compostezza sotto l’occhio vigile del padre; il malcapitato fu soccorso e, fortunatamente per lui, non era conciato poi così male. Ciò nonostante, con un cipiglio inflessibile, mentre il corpo svenuto del Grifone veniva trasportato in infermeria, la professoressa si avvicinò a Harry pronta a fargli una ramanzina.

Era necessario ridurlo così, Signor Potter? Sono costretta a fare rapporto al Preside, togliere cinque punti alla nostra Casa e metterla in punizione per una settimana, gli disse caustica.

Ma, ma... balbettò indignato Neville.

Signor Paciock, non peggiori la situazione con inutili balbettii. Intervenne Severus e, mentre lo osservava spalancare la bocca, continuò sarcastico. E per amor di Merlino, chiuda la bocca, non ne giova di certo la sua nota espressione ottusa. Harry rifilò un piccolo schiaffo al braccio del padre, accompagnandolo con un’espressione infastidita, quando la donna, dopo aver mostrato il proprio disappunto per la spiacevole uscita del collega, serrò le labbra e, fatta una mezza giravolta, si diresse con passo impettito verso il castello per raggiungere la barella fluttuante.

Poco lontano, Draco, che non vedeva l’ora di raggiungere il proprio ragazzo, venne trattenuto da un certo Foxcnos, che frequentava il settimo anno e apparteneva alla sua stessa Casa. Bisbigliando, lo avvertì di tenere gli occhi aperti su Pansy perché era certo che stesse macchinando qualcosa. Infatti, incurante dello spettacolo offerto dai due Grifoni, non aveva perso di vista lo strano via vai di gufi che si libravano nel cielo dal cantuccio dove la ragazza si era rifugiata durante l’incontro. Spero che in futuro tu tenga conto della mia lealtà. concluse, per poi eclissarsi con un leggero cenno del capo e risalire il sentiero che conduceva al casello. Per un istante, Draco lo guardò allibito e poi sorrise compiaciuto e sollevato. “Potrebbe essere un ottimo alleato,” pensò, “chiederò a Blaise di prendere informazioni sulla sua famiglia.”

In quel momento, un battere d’ali attirò la sua attenzione e, dal cielo plumbeo, si staccò un grosso gufo dalle sgargianti piume arancioni; ne osservò il volo discendente finché, dopo qualche evoluzione, l’animale emise un verso rauco e si lasciò cadere esausto sul braccio teso del ragazzo.

Leggermente allarmato, e conscio di sapere a chi apparteneva l’insolito volatile, Draco si avvicinò trafelato al gruppetto ancora fermo sulla pedana e consegnò al professore una pergamena. In realtà, il biondo avrebbe solo voluto congratularsi con Harry e baciarlo fino a farlo svenire ma si limitò a sorridergli timidamente, ignorando l’occhiata sbieca di Paciock, e a fare in modo che le loro dita si sfiorassero leggermente.

Harry. La voce preoccupata di Severus interruppe quello scambio di sguardi colmi di dolcezza. È una pergamena dei gemelli, disse soltanto mentre gliela porgeva. Subito, l’espressione del ragazzo cambiò facendosi seria e concentrata: una nuvola nera gli adombrò il viso, solo un attimo prima così solare. Guardò il Padre negli occhi e attese il suo consenso.

Glielo devo. Sospirò, cercando di convincerlo.

Harry? chiesero in contemporanea gli altri due ragazzi, allarmati.

Devo assentarmi per qualche ora... cominciò a spiegare Harry ma fu prontamente interrotto dal Serpeverde.

No! Se c’entra il Signore Oscuro vengo anche io! asserì categorico Draco. Dietro di lui Neville annuiva convinto, mentre il Grifone cominciava a spazientirsi.

Harry, Severus attirò l’attenzione su di sé, un aiuto servirebbe comunque, ti devi presentare anche all’Ordine, ricordi?

Va bene, rispose rassegnato il moro. Verrete anche voi due. Draco, tu avvisa Blaise perché ti copra coi vostri compagni mentre tu, Neville, ti atterrai strettamente alle istruzioni del professor Piton. Penseremo dopo a cosa dire agli altri per giustificare la tua assenza. Winky! chiamò e l’elfa, che per tutta la durata del duello aveva tremato di indignazione, palesò la sua figura. Portaci alla Tana, le ordinò.



Note dell’Autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 24
*** Cap. 24 - Una casa in rovina ***


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Il morso del diavolo

Cap. 24 – Una casa in rovina

Precedute da un sonoro schiocco, cinque figure apparvero all’interno di una accogliente cucina che profumava di biscotti allo zenzero appena sfornati. Nel grande lavello, sotto la finestra, una spazzola incantata era tutta intenta a insaponare pentole di rame e piatti sbeccati, dallo sfondo magico floreale, facendoli cozzare tra loro creando una sorta di sinfonia maldestra; una pezza lisa e sfilacciata color vinaccia volava leggiadra di mobile in mobile e, lieve come una farfalla, sfiorava le superfici attirandone la polvere. L’ingombrante tavolo al centro della stanza pareva spoglio e abbandonato, con tutti quei segni lasciati dall’usura, lui, che su di sé, aveva portato il peso di ogni pasto servito in quella casa. Cianfrusaglie di ogni genere riempivano, fino a farli straripare, dozzinali mobili in legno chiaro e ogni centimetro delle pareti, un tempo di un tenue giallo, era coperto da quadri e pentole di ogni forma e dimensione. A lato del divano consunto, i vecchi cuscini in pizzo ormai ingrigiti, a ridosso della porta che nascondeva la scala che portava ai piani superiori, una ramazza era concentrata su un’ostinata macchia viola che aveva tutta l’intenzione di non demordere tanto facilmente. A Harry si strinse il cuore al pensiero dei momenti felici che aveva condiviso con quella che, fino a quell’estate, aveva ritenuto fosse la sua famiglia adottiva; una lacrima, sapida di frustrazione e malinconia, scese furtiva lungo la guancia.

Winky, procura dei bauli magici, ordinò nervosamente Harry all’elfa che era rimasta in trepidante attesa. Poi, rivolgendosi agli altri: Dobbiamo fare in fretta, abbiamo poco meno di mezz’ora prima che i Mangiamorte arrivino. Distribuitevi nelle varie stanze e raccogliete solo quello che ritenete importante. Dai rumori che giungono da sopra presumo che Fred e George stiano facendo altrettanto.

Come sai che sono loro? Chiese preoccupato Neville che guardava la stanza girando su se stesso tenendo ben salda la bacchetta tra le dita.

Perché Harry, cominciò George sbucando dalla scala con in mano un sacco che tintinnava ad ogni movimento, conosce ogni cosa che ci riguarda, proseguì Fred, arrivando di soppiatto dietro a Draco e scompigliandogli i capelli chiari. Il ragazzo, indignato, mentre si ricomponeva, mugugnò di atroci ritorsioni.

Vero? conclusero insieme i due ragazzi facendo l’occhiolino e scoppiando a ridere davanti alle loro facce sgomente. Harry corse a stringersi addosso ai due nuovi arrivati, seppellì il viso sul panciotto di George biascicando parole sconnesse. Al loro sguardo perplesso, alzando un sopracciglio in memoria dell’affronto subito, a Draco non rimase che spiegare, seppur con sarcasmo, che quello era il modo con cui Harry cercava di scusarsi per aveva spedito il loro ‘preziosissimo’ fratellino in infermeria.

Harry! intervenne scandalizzato Neville, Ti ha lanciato contro la Maledizione senza Perdono.

Fred scostò leggermente il corpo del moro da quello del gemello per cercare di piantare i propri occhi increduli in quelli schivi del ragazzo più piccolo.

È vero? chiese George scrutando, al di sopra della testa arruffata di Harry, i visi seri dei presenti che annuirono piano, quasi timorosi della loro reazione. Harry non ti devi rammaricare per noi, cercò di convincerlo Fred. Siamo sempre stati consapevoli della stupidità di Ron, gli fece eco il fratello. Perché credi che fosse il nostro soggetto preferito per gli scherzi? concluse Fred strizzandogli l’occhio e facendolo sorridere. La loro capacità di parlare in sincronia era uno spettacolo che aveva sempre affascinato Harry e, finalmente rasserenato, si spostò per guardarli meglio. Prontamente due braccia calde lo afferrano per stringerlo con possessività; un leggero profumo di sandalo e vaniglia lo avvolse, rassicurandolo.

Tenete le vostre manacce lontano dal mio ragazzo, chiarì con fervore Draco.

Ohi ohi ohi, attento Fred, che il furetto morde! rise George alzando esageratamente in alto le mani in segno di resa. Harry arrossì per l’evidente premura di Draco nel sottolineare il loro appartenersi e chinò il capo imbarazzato, sentendo le guance ribollire, davanti al cipiglio severo del Padre, lo sguardo sorpreso di Neville e quello canzonatorio dei gemelli.

Hai ucciso un Basilisco e ti imbarazzi davanti agli amici? Abbiamo un sacco di cose da insegnarti, amico mio, si affrettarono a dire, alternandosi, i due gemelli, mentre sghignazzavano senza pudore. Draco serrò di più la presa.

Harry, colto da una improvvisa morsa malinconica, svicolò dalle braccia del proprio ragazzo e corse su per le scale raggiungendo quella che era stata la stanza che aveva condiviso con Ron in un passato ormai lontano. Si bloccò al centro della stanza e socchiuse gli occhi alla vista del colore accecante dei poster della squadra di Quidditch preferita da Ron. Si guardò in giro e notò che quasi nulla era cambiato. Con dita tremanti sfiorò le figure in movimento sulle pareti e gli oggetti sparsi in ogni angolo, si sedette sul letto e per un secondo saggiò la durezza del materasso sorridendo triste al ricordo di quante volte, lui e Ron, si erano presi a cuscinate, ignorando le urla isteriche di Molly provenienti da sotto, finché, stanchi per il gran ridere, crollavano esausti a terra. Con mani instabili prese la foto, quella che era anche il suo scatto preferito, in cui lui e il rosso davano la caccia agli gnomi da giardino dietro la “Tana”; una lacrima rotolò lungo la guancia accaldata andando a macchiare la cellulosa. Stizzito si raddrizzò e, con uno schiocco delle dita, impacchettò tutto; insieme, stipò anche i propri ricordi. Finito, indugiò ancora un attimo per poi voltare le spalle e uscire a passo spedito; nella stanza vuota rimase soltanto la foto, quella in cui erano ritratti insieme e che Ron aveva mutilato della sua immagine. In breve tempo dei grossi bauli ingombrarono la già stracolma cucina; al loro interno vi era pigiata l’intera storia della famiglia Weasley.

Era stato davvero per un caso fortuito che i gemelli, in giro per affari a Nocturne Alley, erano incappati proprio in Tiger e Goyle senior. Questi ultimi, orgogliosi per l’incarico assegnato loro dal Signore Oscuro, si stavano rifocillando seduti al tavolo di un fumoso locale di bassa lega. Brindavano con un boccale di Burrobirra scadente con chiunque prestasse loro attenzione, vantandosi dell’imminente attacco alla casa di quegli stupidi Babbanofili amici di Silente; presi dall’euforia, si erano lasciati sfuggire il luogo dello scontro, allarmando così i due ragazzi.

In quell’istante, dall’esterno, si udirono i primi “pop” delle materializzazioni.

Winky, si affrettò ad ordinare Harry, porta i bauli a casa di Severus e, quando torni, farai ciò che lui ti dirà. L’elfa sparì in un soffio. Io vado, mi raccomando state attenti e non fatevi scoprire. Poi diede un bacio veloce a Draco, mentre i primi incantesimi cercavano di forzare le deboli barriere intorno alla casa, abbracciò frettolosamente il Padre e lanciò uno sguardo preoccupato ai gemelli e uno di raccomandazione a Neville. Infine, Harry, con il cuore gonfio d’ansia, sparì in uno sbuffo di fumo.

Perfetto, hanno già iniziato. Lanciate solo qualche debole incantesimo per tenerli a bada evitando così che entrino. Ai primi segni di cedimento della struttura ci spostiamo ai confini della proprietà, sulla collina che si intravvede da quella finestra e, quando tutto sarà finito e se ne saranno andati, la ricostruiremo mettendo delle nuove e più potenti protezioni, li istruì Severus, mentre teneva d’occhio i fasci di luce che, in quel preciso istante, ruppero le barriere. Signor Paciock, venga qui e non si stacchi dal mio fianco, disse sbrigativo. Draco vai con Winky dall’altro lato della casa, sarà lei a portarti sulla collina. E voi due, guardò rigido i due gemelli, salite di sopra. Mi raccomando, nessun atto di coraggio, intimò a tutti.

Nell’aria antistante il cortile sibilarono i primi incantesimi diretti alle mura; le finestre si accesero come alberi agghindati per il giorno di Natale. La casa, complice la sua strana forma, colpita ripetutamente, iniziò a ondeggiare e a scricchiolare; sembrava di assistere al lamento di una belva ferita. A una certa distanza, trattenuti dal contrattacco mirato proveniente dalla costruzione, i Mangiamorte urlavano oscenità come piccoli barbari davanti a un falò acceso per propiziare la caccia. L’intensità degli incantesimi fece tremare violentemente l’edificio fino alle fondamenta, ormai lungamente provate; i vetri s’infransero e le schegge schizzarono in ogni direzione mentre le mura, irrimediabilmente danneggiate, si accartocciarono su se stesse come se volessero essere l’ultimo baluardo contro i feroci colpi: tutto fu vano. Con un fragoroso schianto la “Tana” si arrese, afflosciandosi inerme al suolo in un turbinio di polvere nera; in quella bolgia, nessuno si avvide di alcune ombre apparse sulla cima del colle che dominava la vallata. Spire di fumo denso, inframezzate da lingue di fuoco, salirono fino ad oscurare il cielo stellato mentre, al suolo, ciò che restava dell’abitazione ardeva nell’abbraccio folle dell’Ardemonio. La furia dei Mangiamorte si placò e, dopo aver lanciato in aria il simbolo di morte del loro signore e padrone, si dileguarono lasciandosi dietro il pietoso silenzio delle rovine.

Sulla cima della collina, impotenti, i gemelli osservarono quello scempio con i visi duri e le mani strette a pugno: era la loro casa, il luogo dove erano nati e vissuti ed ora era persa per sempre. Nessuno dei due sentì la stretta ferrea sulle spalle con cui Severus li tenne fermi, timoroso di una loro avventata rappresaglia. Nemmeno avvertirono le timide carezze, sulle loro braccia rigide lungo i fianchi, che Neville si prodigava a fare per cercar di calmarli. Erano chiusi in una bolla di rabbia che neanche Draco era riuscito a perforare con il suo insistente chiacchierare per cercare di distrarli. Winky, poco distante, quasi si ritenesse l’unica responsabile, davanti al loro immenso dolore si prendeva a testate contro un albero, piagnucolando istericamente.

Entrambi i ragazzi, nel momento stesso in cui avevano realizzato che là fuori, da qualche parte, si combatteva una guerra, avevano messo in conto che avrebbero potuto soffrire per delle perdite, però quello a cui stavano assistendo era diverso. Quella casa, seppur bizzarra, rappresentava la Famiglia, il luogo da cui discendevano, era il loro personale “arazzo”. Vi erano angoli sparsi per la casa che portavano le loro firme come, per esempio, la bruciatura sul soffitto in salotto, che nessuna magia era riuscita a eliminare, con grande scorno della madre, causata dal loro primo esperimento di fuochi d’artificio. Anche i metri magici per misurare l’altezza, appesi dietro la porta della camera da letto dei genitori, portavano la loro firma; ancora adesso ridevano quando la notte di Natale, seduti davanti al camino, ricordavano quello di Ron che loro, a insaputa di tutti, avevano incantato affinché il fratello risultasse sempre alto 50 centimetri. Fred alzò un braccio e si grattò un punto sulla spalla dove sapeva esserci una piccola cicatrice; se l’era procurata quando con George, incuranti del pericolo, aveva voluto imitare i Babbani scivolando lungo la scala, prontamente ghiacciata dalla magia involontaria, con una tavola di legno recuperata dalla casetta degli attrezzi del padre. George, al suo fianco, sghignazzò quasi sapesse a cosa stava pensando. Ne avevano combinate tante in quella casa: avevano riso e pianto, avevano visto i loro sogni prendere forma su mille pergamene sparse sotto i loro letti, si erano presi cura uno dell’altro immersi nell’atmosfera calda e accogliente dell’abbraccio dei loro cari, erano cresciuti ma non abbastanza per comprendere quella barbarie. Con odio osservarono una giovane donna allontanarsi soddisfatta, alle sue spalle il fuoco divampava sinistro, un attimo prima che si volatilizzasse.

Mentre sporadiche vampate trovavano ancora gioco tra le macerie, le figure, ognuna persa in tristi pensieri, discesero guardinghe il colle. Dopo un cauto sopralluogo, constatato che tutto era andato perduto, collaborando con la magia elfica, ricostruirono dalle ceneri la bizzarra casa. Il compito più arduo, affidato al Pozionista, fu quello di erigere una barriera che non permettesse agli estranei di vedere al di là dello scudo: chiunque si fosse avventurato fin lì avrebbe scorto soltanto le rovine di un antico casolare. Era ormai notte inoltrata quando l’ultimo incantesimo protettivo venne lanciato; si scambiarono degli abbracci solidali per poi separarsi: ci fu chi rientrò a scuola e chi raggiunse Harry nell’antica dimora dei Black.



Note dell’Autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 25
*** Cap. 25 - Un duro confronto ***


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Il morso del diavolo

Cap. 25 – Un duro confronto

Harry osservò stralunato la porta d’ingresso di casa Black, puntiglioso, cercò possibili cambiamenti nel colore e nella sostanza ma sapeva bene che stava solo procrastinando; quindi stava fermo lì, un po’ chino su se stesso e con l’espressione da beota stampata in faccia, poco convinto di entrare. Sapeva che il rimorso lo avrebbe assalito a tradimento, quindi attese quieto, sull’ultimo gradino, con la mano già sulla maniglia, che i ricordi di Sirius lo travolgessero come cavalli imbizzarriti, lasciando che la rabbia verso se stesso, Voldemort e il destino avverso, lo investisse in pieno. Stanco, appoggiò la fronte contro il legno freddo e attese che il diluvio di emozioni si placasse prima di aprire silenziosamente l’uscio, per non disturbare il quadro raffigurante la madre di Sirius, e inoltrarsi nel corridoio buio evitando appena in tempo un portaombrelli dall’inquietante forma a zampa di Troll. Poi, proseguì spedito fino alla porta della cucina, da sotto la quale, si allungavano tremolanti delle ombre, segno evidente che erano presenti molte persone, che macchiavano la striscia di luce. Ad un passo dall’uscio, distinse chiaramente i loro sommessi borbottii e un timore lo colse: “Mi accetteranno di nuovo?” si chiese titubante, mentre apriva uno spiraglio per sbirciare dentro. Tuttavia, per lui non faceva ormai nessuna differenza.

A capo tavola, Silente sedeva pensieroso davanti a una tazza di tè fumante; intorno a lui, persone che non aveva mai visto prima, parlottavano tra loro cercando di coinvolgere il vecchio preside. Remus e Tonks, appoggiati entrambi contro il lavello dall’altra parte della stanza, intrattenevano una intima conversazione scambiandosi, di tanto in tanto, un’affettuosa carezza; poco distanti, in un angolo buio, Mundungus e Moody stavano litigano per un oggetto lucido dalla forma particolare. Tra tutti loro si aggirava un’indaffarata Molly che distribuiva biscotti appena sfornati, mentre il marito la seguiva reggendo una brocca di succo di zucca. Fu proprio il padre di Ron a scorgere per primo la figura silenziosa di Harry che si intravvedeva sull’uscio.

Harry? disse incerto con un filo di voce. Sei proprio tu?

Al suono di quel nome tutti i presenti si congelarono all’istante assumendo ridicole posizioni mentre scrutavano sorpresi la figura che, guardinga, avanzava all’interno della stanza; uno scalpitio di passi e, in men che non si dica, Harry fu travolto da quel fiume in piena che era la signora Weasley.

Oh, Harry caro, quanto siamo stati in pena. Sei davvero tu, fatti toccare, ma guardati ci hai fatti proprio preoccupare, sai. Dove sei stato finora? Si sono presi cura di te? Mi sembri troppo magro, aspetta che riesca a tenerti con me per una settimana e vedrai. Oh caro, che felicità! Sono sicura che il mio Ron sarà felice di sapere che stai bene. Ci sei mancato. Fatti abbracciare, disse tutto d’un fiato, troppo emozionata per riuscire a controllarsi, mentre se lo stringeva addosso facendo sprofondare il volto paonazzo di Harry, nell’abbondante seno.

Molly cara, credo che non giovi molto a Harry se lo stritoli così, e poi anche altri aspettano con ansia di riabbracciarlo, suggerì il marito, trattenendo a stento la gioia mentre dava leggeri buffetti sulla spalla del ragazzo; furtivamente si asciugò una lacrima.

Sì certo, scusate, piagnucolò Molly scostandosi a fatica da quello che amava come un figlio. Ecco, ecco, mi faccio da parte, contenti?

Tutti nella stanza risero con discrezione davanti all’entusiasmo della Signora Weasley; poi fu il turno di Remus, con la sua aria sempre così dimessa, ad abbracciarlo stretto e sussurrandogli, con voce commossa, tutto il proprio affetto mai scemato. Il licantropo, guardandolo dritto negli occhi, gli confessò felice che stava per costruirsi una famiglia con Tonks e, inoltre, con un pizzico di timore, asserì che, se voleva, poteva considerarsene un membro onorario. Harry gli sorrise imbarazzato ma non fece in tempo a rispondere perché anche gli altri lo vollero salutare chi con una battuta, chi con una stretta di mano, chi con una pacca sulla spalla. Il Grifone, mentre veniva strattonato dai membri dell’Ordine della Fenice, mantenne un’espressione serena che non si estese mai agli occhi perché troppo occupati ad osservare il preside.

Vedo che non hai avuto difficoltà a trovare l’entrata, esclamò Silente; Harry si chiese se era una nota sardonica quella che avvertiva nella voce del preside.

Non capisco che intendete dire, signore, disse con finta ingenuità Harry. È forse cambiato qualcosa dall’ultima volta che sono stato qui? Bella domanda, vero?” Sogghignò nella propria testa battendo un immaginario “cinque” con se stesso; imbarazzati, tutti gli adulti sfuggirono lo sguardo, divenuto improvvisamente penetrante, di quel ragazzo così misterioso.

No, Harry, si affrettò a intervenire Tonks incespicando sulle proprie parole. Cosa vai a pensare! Piton ci ha riferito cosa ti è successo, temevamo per la tua vita e così...

Davvero? L’interruppe vagamente perplesso Harry. Lusingato di tanto interesse, infatti fuori dalla casa di Severus c’era la fila per entrare a farmi visita. Sprezzante, Harry pensò che c’era una certa soddisfazione nel veder arrossire gli adulti.

Però anche tu avresti potuto mandare un gufo. gli fece notare uno dei Weasley, forse Charlie. “Curioso,” pensò distrattamente Harry, “come è possibile che tra parenti stretti spesso i pensieri e le parole pronunciate, anche a distanza, risultassero sempre gli stessi.

Quando? Prima o dopo essere uscito dal coma? chiese irritato, inchiodando lo sguardo negli occhi chiari del giovane uomo. Forse ti è sfuggito che in quel mese sono rimasto inchiodato nel letto per riprendermi dal morso di Nagini.

Suvvia, lasciamolo respirare! si intromise Molly evitando così la lite che si stava addensando nell’aria. Harry caro, vieni a sederti qui che sarai stanco. Lo esortò la donna indicandogli la sedia vicino al Preside. Bravo, ora raccontaci, concluse mettendosi comoda a propria volta lì accanto. Harry, ubbidiente, si sedette mentre guardava interrogativamente Silente: in quel momento, capì che nessuno sapeva esattamente cosa aveva passato. “Ma perché non dirlo? A che gioco stai giocando?” Perso in quei pensieri si accorse troppo tardi che la donna non aveva smesso di parlare. Sono felice che sei tornato, caro. Gli elargì una carezza che riportò Harry al presente. Così riprenderai il posto di Prescelto e Ron non correrà più inutili pericoli.

Prego? chiese basito, mentre un ingombrante silenzio calò nella stanza.



Note dell’Autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta. Buona lettura.

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Capitolo 26
*** Cap. 26 - La fine dei giochi ***


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Il morso del diavolo



Cap. 26 – La fine dei giochi

La cucina di Grimmauld Place era fiocamente illuminata da un grande lampadario annerito dal tempo che sovrastava un lungo tavolo affiancato da alcune sedie spaiate e una vecchia panca malferma. Sugli otto bracci, le candele economiche avevano incrostato di sego disciolto i rilievi intarsiati a mano. In più punti, l’intonaco si era inscurito per l’umidità e le pregiate mattonelle, che graziosamente ornavano una porzione di parete, si stavano sbriciolando sull’assito del pavimento macchiato. Nel camino in mattoni, così incrostati di fuliggine che la magia ormai non poteva più far nulla, ardeva un allegro fuoco sopra il quale un paiolo in ghisa borbottava, diffondendo nell’aria un buon odore d’arrosto.

Sono felice che sei finalmente tra di noi, Harry caro, così riprenderai il posto di prescelto e mio figlio non correrà più inutili rischi.

Dopo le parole pronunciate con tanta leggerezza dalla Signora Weasley, una bolla acida scoppiò al centro del petto di Harry che si agitò incerto sulla sedia guardando prima uno, poi l’altro, i presenti nella stanza, senza riuscire a focalizzare nessuno. Avvertiva un senso di inadeguatezza, le orecchie fischiavano e il sangue smise di scorrergli nelle vene mentre un vischioso torpore lo avvolgeva facendogli tremare lievemente le mani.

Non pensare,” si ripeteva come un mantra, “non dare credito a ciò che senti, sei stanco, vedrai che è tutto un malinteso.”

Ma certo caro, continuò imperterrita la donna, battendo affettuosamente la propria mano su quella scossa del Grifone. Sono sicura che Silente ti avrà già informato che Ron si è offerto coraggiosamente di sostituirti ma, ora che sei qui, non è più necessario che metta a repentaglio la propria vita. Ci sei tu per questo, vero? chiese speranzosa. Non ricevendo risposta, si accorse del silenzio sbigottito che aveva inghiottito la cucina e dello sguardo perso di Harry.

Harry, Remus si avvicinò guardingo afferrandogli piano le spalle. È il cuore di una mamma che parla… Al tocco dell’adulto, come se fosse stato punto da migliaia di Doxxi, il Grifone scattò bruscamente in piedi rovesciando in terra la sedia.

Parole di una mamma? lo interruppe Harry con voce lievemente stridula. La mia, di mamma, sottolineò, non ha supplicato Voldemort di risparmiarmi la vita offrendogli in cambio quella di Neville, Orgoglio e una punta di amarezza trasparirono dalle sue parole. Sacrificò la propria! quasi urlò. Addolorato al pensiero, piegò la testa verso il basso per poi rialzarla di scatto puntando gli occhi, di un verde divenuto cupo, dritto davanti a sé. Tutti i presenti scorsero l’immenso potere che si agitava all’ombra delle ciglia insieme alla determinazione maturata in quei mesi di sofferenza. Lasciate questa proprietà immediatamente, raccogliete le vostre cose e andatevene, disse risoluto.

Non ci puoi cacciare: è la sede dell’Ordine e Silente... provò a intervenire Mundungus, intimorito al pensiero di non poter più attingere alle risorse della casa per guadagnare illegalmente qualche Falci.

Silente non può nulla. La casa è mia e decido io, Harry osservò le facce stupite dei presenti e sorrise sardonico all’indirizzo del vecchio preside. Ma come, non gli ha accennato dei suoi infruttuosi viaggi al Ministero? Tipico di lei nascondere notizie utili. Comunque, è stata una mia gentile concessione lasciarvi in questa casa per tutto questo tempo, ma ora basta, è tempo di ripulisti. Dovete andarvene, ribadì serio mentre incrociava le braccia al petto.

Harry, cerca di comprendere, provò a farlo ragionare Remus, fuori da qui siamo tutti un bersaglio facile. In molti asserirono alle parole del licantropo, altri guardavano perplessi il preside che se ne stava quieto mentre si lisciava la candida barba.

Non c’è dubbio! esclamò il Grifone, per nulla propenso a cedere. Ma, come gentilmente mi è stato fatto notare, sono io il Prescelto e sulle mie spalle grava il peso del Mondo Magico. Quindi, visto che ho intenzione di abitare qui, sareste tutti più sicuri andando altrove e, soprattutto, stando ben lontani da me, ribadì sarcastico. Intanto il preside osservava senza intervenire.

In quel momento, dal corridoio giunsero dei rumori concitati e il quadro della madre di Sirius, posto all’ingresso, cominciò a vomitare invettive anticipando l’irruente entrata di Ron nella stanza. Senza degnare nessuno di uno sguardo, il rosso, individuato subito Harry, lo afferrò per la collottola e lo sbatté contro il muro urlandogli contro:

Non mi ruberai la ribalta, brutto figlio di puttana, avermi battuto a uno stupido duello non ti rende superiore a me! gli sputò in faccia.

Ron! gridò scandalizzata la madre. Lascialo andare e modera i termini, non è così che ti ho educato. Poi, ricordandosi all’improvviso quello che suo figlio aveva detto, con voce incerta chiese: Che vuoi dire?

Signora Weasley, come vede, non solo il suo adoratissimo Ronnino è mesi che sa che frequento Hogwarts, ma è determinato a ricoprire il ruolo da cui lei non vede l’ora di sollevarlo, fece eco Harry, piegando le labbra in un sogghigno.

Non mancare di rispetto a me e a mia madre, Ron lo scosse con violenza facendogli cozzare di nuovo la nuca contro la parete.

Tu lo sapevi? chiese allibita la madre, allungando le braccia per cercare di fermare il figlio, ma bloccandosi a mezz’aria.

RonRon, evidentemente la botta in testa ti ha procurato più danni del previsto. Ti ho già ribadito che non sono più interessato a quel ruolo dal giorno in cui Voldemort ha saputo che ero ancora vivo. La voce gli uscì frammentata e rauca a causa della presa ferrea sul collo. O forse mi sono arreso molto tempo prima, sibilò piano, ormai paonazzo per la mancanza d’aria.

Successe tutto talmente in fretta che nessuno ebbe modo d’intervenire, anche perché la maggior parte dei presenti era intenta a discutere delle nuove direttive imposte da Harry. In ogni caso, Ron non ebbe modo di rispondere nulla perché, come evocati, irruppero nella cucina i gemelli.

Togligli le tue luride mani di dosso, ringhiò Fred, puntando la propria bacchetta alla tempia del fratello che, preso in contropiede, mollò immediatamente la presa. Stai bene? chiese apprensivo George controllando che Harry, una volta libero, non avesse ferite.

Fred! George! esclamò Molly, portandosi una mano alla bocca, sorpresa dall’atteggiamento aggressivo dei propri figli.

È andato tutto bene? Ignorando i presenti, Harry si rivolse ai gemelli massaggiandosi la gola martoriata; sulla pelle candida cominciarono ad apparire dei segni bluastri. Ricevuta una risposta affermativa chiamò l’elfa.

Quando Winky apparve in molti sussultarono per via della tensione accumulata, quindi le disse, allontanando gentilmente da sé le mani del piccolo essere che cercava di sistemarlo: Accompagnami a finire il lavoro. Poi continuò, rivolgendosi agli adulti. Al mio ritorno voglio la casa libera, intimò lapidario prima di svanire con un lieve pop.

Siete una vera delusione. I due gemelli scossero la testa, gli occhi puntati dove stava Harry un attimo prima di smaterializzarsi. Soprattutto lei, Silente. Si voltarono di scatto sfidando con lo sguardo l’uomo anziano. Harry si è fidato di lei, ha rischiato di morire più volte solo per compiacerla e lei lo ha ripagato così? Abbandonandolo!? Meritate di andarvene, tutti.

Io non lascio ciò che mi appartiene, iniziò Ron, gesticolando come un folle, questa è la casa del prescelto e la sede dell’Ordine della Fenice ed essendo io il membro più rappresentativo, non me ne vado! scandì pomposo puntando un dito su se stesso.

Ahahahah! Risero i gemelli, mimando il gesto di asciugarsi le lacrime. Non conoscevamo questo tuo lato comico. Sogghignarono all’indirizzo del fratello che li guardava sempre più furioso. La casa appartiene a Harry e ti ha appena cacciato.

Non mi interessa, io rimango e se ha qualcosa da obiettare, lo uccido quel bastardo!



Ron! Molly, sconvolta, urlò di nuovo, rimanendo pietrificata con le mani piazzate sui fianchi larghi.

Quel bastardo, come dici tu, in questo preciso istante, nonostante sia ben consapevole del tuo odio, sta usando il suo potere per proteggere, con un potente incantesimo, casa nostra, gli ringhiarono in faccia i due gemelli.

Ma cosa state dicendo! strepitarono allarmate più voci, mentre loro padre si avvicinava agitato chiedendo spiegazioni.

Presi in contropiede, i due ragazzi sospirarono frustrati: “Harry ci ammazzerà quando lo verrà a sapere.” Deglutendo a vuoto più volte, si accinsero a spiegare, limando un po’ la storia: Ci trovavamo a girare l’angolo di una traversa a Diagon Alley quando, per mera fortuna, abbiamo assistito allo scambio di battute tra alcuni Mangiamorte che si vantavano di aver ricevuto l’incarico di distruggere la Tana questa notte. Arthur strinse la moglie tra le braccia cercando di calmarla mentre il figlio più grande, Charlie, imboccava veloce la porta. Abbiamo subito contattato Harry e, grazie a lui e alcuni suoi amici, li abbiamo preceduti di un soffio riuscendo a salvare il salvabile. Purtroppo per la casa non c’è stato modo di evitare il peggio. Entrambi ignorarono le battute sarcastiche sul perché non avessero contattato l’Ordine, invece che Potter, sostenendo che magari avrebbero fatto un lavoro migliore.

Comunque, una volta che quegli stronzi se ne sono andati, l’abbiamo ricostruita portando sostanziali migliorie, o meglio, grazie all’ingenio di Harry, ora la casa è più stabile e sicura. Tutti guardarono George sconvolti, non solo per ciò che aveva appena detto, ma anche perché quella era la prima frase pronunciata senza la voce intercalante del gemello.

Sai, Ron, ripresero a parlare all’unisono i due gemelli, per Harry sarebbe stato facile ignorare la faccenda, far rimbalzare la pluffa a qualcun altro, guardarono di sbieco il preside, che avrebbe sicuramente perso minuti preziosi a convincere tutti delle sue tesi per poi stilare un piano ben congegnato delegando a altri l’esecuzione. Invece, guarda un po’, nonostante tu gli abbia lanciato alle spalle un Avada Kedavra, un gesto molto nobile da parte tua, dobbiamo riconoscerlo, sorrisero con scherno al fratello più piccolo mentre la madre si accasciava a terra distrutta dall’ultima notizia, non ha indugiato un secondo precipitandosi di persona e ha tanto brigato che ora hai ancora una casa dignitosa. Sorprendente, vero? concluse Fred.

È il minimo che potesse fare! ribadì sicuro di sé, Ron. Miseriaccia, ma non lo capite? Siete degli Schiopodi o cosa? Sono certo che è colpa sua se hanno attaccato la Tana, tutti sanno che passa l’estate da noi. Rabbrividì dal disgusto al solo ricordo. Il suo nome è sinonimo di sventura ed essere accompagnati a lui è romantico come prendere il tè assieme a un Dissennatore.

Un poderoso pugno lo fece volare contro la credenza, in un frastuono di pentole e vasellame che cozzava a terra. Gli adulti, pronti a intervenire con la bacchetta alla mano, rimasero basiti davanti alla rabbia con cui uno dei gemelli Weasley aveva colpito il fratello.

Brutto deficiente, se tu non avessi avuto l’ingegnosa idea di denunciare Harry a Tu-sai-chi, non sarebbe successo tutto questo. Ron impallidì, sul suo volto le efelidi spiccavano in modo macabro, mentre, balbettando, chiedeva come lo avessero saputo. Hai forse scordato la connessione tra Harry e Colui-che-non-deve-essere-nominato? Ovvio che sì! Visto che eri certo fosse diventato un Magonò, hai ritenuto ormai superfluo quel piccolo e significativo particolare. I due ragazzi gesticolavano enfatizzando le parole. Avresti dovuto nascere con un enorme pustola in fronte come il Clabbert, con una variante, invece di avvisarti del pericolo, quando si illumina, avverte tutti noi che stai per combinare una delle tue solite idiozie! Indignato, Ron cercò di alzarsi inciampando e scivolando sul disastro creato prima, mentre le sue giustificazioni si perdevano nel fracasso. È tardi per chiedere scusa: Tu-sai-chi ha ottenuto quello che voleva e la Tana ha pagato il prezzo della sua generosità. Mi fai schifo, conclusero entrambi con rabbia mentre la madre, stretta nell’abbraccio del marito, singhiozzava forte.

Fred, George, una voce penetrante bloccò i ragazzi, basta così, grazie. Severus avanzò nella stanza, le sue vesti nere svolazzavano facendolo sembrare un avvoltoio in cerca della preda. Signore, Signori, disse rivolgendosi ai presenti, piegando il braccio verso l’elfo che attendeva sull’uscio strofinando felice le mani, Kreacher vi farà strada accompagnandovi alla porta. Arthur, pur non approvando, la tua casa ora è sicura. Si girò verso l’uomo e, senza battere ciglio, porse un foglietto verde oliva. Qui troverai le istruzioni per raggiungere la Tana, ogni tuo discendente vi potrà accedere così come qualsiasi creatura a loro affiliata. Invece, per eventuali ospiti, dovrai semplicemente scandire per esteso il loro nome al rappresentante del quadro riportato sul foglio. È inutile che sbirci, Molly, l’apostrofò Severus, infastidito per l’ingerenza. Solo tuo marito è in grado di leggerlo. Non guardarmi con quell’espressione Arthur, sbuffò spazientito. Siamo in guerra e ogni precauzione è più che giustificata. Superò Ron ancora in terra, guardandolo con disgusto, e raggiunse il preside seduto al tavolo; gli altri, mestamente e a testa bassa, si apprestarono a uscire dalla casa, consapevoli che nulla potevano contro l’arcigno professore.

Albus, piegò il capo in segno di saluto stiracchiando le labbra in un mezzo sorriso. Volevo farti presente che stamattina ho depositato gli incartamenti per l’adozione di Harry, essendo il suo padrino. All’espressione perplessa del vecchio mago aggiunse: A mia totale insaputa, Lily Evans mi ha nominato padrino di suo figlio qualche giorno prima della sua morte e, se te lo stai chiedendo, esiste un documento depositato alla Gringotts che lo dimostra. Da questo momento dichiaro la mia dissociazione dalla fatiscente compagnia dell’Ordine della Fenice. Non sarò più la tua spia, Albus, e ogni voto fatto in precedenza è decaduto. La mia priorità, d’ora in poi, è prendermi cura del ragazzo. Nell’angolo dov’era ancora accasciato a terra, Ron sbuffò, già pregustando di farsi scappare quella succulenta informazione al momento giusto. Signor Weasley, non creda che non sappia cosa nasconde la sua espressione e di conseguenza l’invito, in futuro, a non fare ulteriori sciocchezze perché io non sono portato alla clemenza. Lo incenerì con lo sguardo. In ogni caso, lo dico a suo beneficio, il Signore Oscuro è a conoscenza della mia decisione e, sebbene abbia vivacemente protestato, temo che dovrà farsene una ragione anche lui.

Come? Per la prima volta, in quella lunga serata, intervenne la voce del preside. Severus sospirò piano, incerto su cosa potesse rivelare.

Voldemort pensa che qualcuno tenga sotto scacco il suo miglior alleato e si sta prodigando per scoprire chi è e, quando crederà di averlo scovato, per costui non ci sarà scampo. Tutti intenti ad ascoltare il Pozionista, nessuno si era accorto dell’entrata silenziosa di Harry nella stanza; Ron ringhiò e quando cercò di avventarsi sull’altro ragazzo ricevette un calcio negli stinchi da Fred. Come se non fosse stato interrotto, il Grifone continuò: Noi additò se stesso e il padre abbiamo tutta l’intenzione di fare in modo che le cose non cambino: Voldemort avrà la sua vendetta e lei, preside, ha il suo prescelto. Sono sicuro che non sentirà minimamente la nostra mancanza. Buona serata, concluse allegro, invitando i presenti rimasti ad affrettarsi verso l’uscio.

Forza ragazzi, disse rassegnato il Signor Weasley aiutando Ron ad alzarsi, andiamo a casa.

Mi dispiace, padre, ma noi restiamo con Harry. parlarono all’unisono i gemelli. Arthur li guardò entrambi negli occhi, ignorando il verso esasperato della moglie mentre usciva aggrappata al braccio di Ron, che li scrutava interdetto, poi, soddisfatto di ciò che vi lesse, posò orgoglioso le proprie mani sulle loro spalle.

Perfetto, sorrise, improvvisamente stanco, abbiatene cura.

Sei sicuro ragazzo? Il preside si alzò con studiata calma e, abbandonata la sua aria svagata, forte della sua autorità, cercò di imporsi scrutando Harry fin nell’anima. Il Grifone non si sottrasse a quell’esame e, dentro di sé, riconobbe quel fastidio creato dall’invasione di un’altra mente. Sorridendo scaltro, si apprestò a percepire una voce, quella che un tempo credeva fosse la propria coscienza, suggerirgli di rivedere la propria decisione. In un batter di ciglia, la volontà del preside si ritrovò scaraventa fuori dalla mente del ragazzo. Sorpreso da tanta forza, il vecchio mago, per non cadere in terra, fece due passi in dietro; Harry sfoggiò un ghigno compiaciuto, gemello a quello del padre poco distante. Sperando che nessuno si fosse accorto dello scambio di occhiate appena avvenuto, Albus Silente, a malincuore, lasciò Grimmauld Place.

Io sto dalla tua parte, disse Moody avvicinandosi a Harry. Qualunque essa sia. Al suo occhio magico non era sfuggito lo strano colloquio avvenuto tra il ragazzo e il suo vecchio amico; aveva cominciato a nutrire forti dubbi sul preside sin dalla conclusione del Torneo Tre Maghi e, in qualche misura, quella sera erano stati confermati: Albus aveva usato la Legillimanzia per controllare il loro Salvatore.

È l’inizio di una nuova era, osservò giocosa Tonks, con i capelli rosa confetto, mentre prendeva da uno scaffale dei grandi bicchieri opachi. Brindiamo! esclamò, passando a tutti i calici ed evocando una bottiglia di vino rosso; Remus scosse la testa davanti all’esuberanza della donna.

In quel momento, il pendolo del salotto, rintoccò dodici colpi.

Buon anno, padre. Harry, commosso, alzò il bicchiere verso Severus trattenendo a stento le lacrime di gioia. Buon anno a tutti! gridò sovrastando il rumore del camino nella sala dell’arazzo che vomitava fuori Draco, Blaise, Neville e Luna, che indossava stravaganti orecchini in oro raffiguranti dei Troll obesi. I gemelli, trasportati dall’entusiasmo, fecero scoppiare un paio dei loro fuochi d’artificio magici riempiendo tutto il piano di fumo.

Weasley! urlò Severus, rimediate subito o farò di voi l’elemento segreto di una nuova pozione di mia invenzione. Tutti risero e si rilassarono, ringraziarono in gran segreto Molly per l’arrosto sul fuoco, e si sedettero affamati al tavolo in cucina.

Tra quelle antiche mura, aleggiò una gioia mai assaporata prima; una nuova vita e nuove sfide erano in serbo per ogni commensale: una nuova intesa, un nuovo obiettivo, un nuovo destino tutto da riscrivere.



Note dell’Autrice: con questo capitolo si conclude la storia.

È stato un viaggio lungo, cominciato più di tre anni fa, durante il quale io sono cambiata così come il mio modo di scrivere.

Ringrazio particolarmente la Beta che mi ha aiutata in questo cammino ma anche tutti i lettori che sono passati di qua. Siete stati in molti, più di quelli che mi sarei aspettata.

Grazie per tutti i commenti ricevuti e un grazie anche ai lettori che si sono affezionati alla storia. Grazie di cuore a tutti.

P.s. è previsto un seguito.

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