Stardust

di hermioner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


CAPITOLO UNO



 
Fu un attimo. L’aria intorno al suo corpo incominciò a incresparsi, a mutare, a dissolversi. 
Il vuoto si formò sotto di lei, facendole mancare la terra da sotto i piedi, facendola precipitare sempre più in basso. 
Qualcosa incominciò a bruciare dentro il suo petto, qualcosa di diverso rispetto alla fiamma che fino a quel momento l’aveva tenuta in vita. 
L’ossigeno le riempì i polmoni per la prima volta dopo tanto tempo, i suoi occhi incontrarono la luce del sole, calda e soffocante. 
I raggi battevano imperterriti su di lei, il corpo dolorante disteso sulla sabbia di quella sperduta spiaggia in mezzo all’infinito mare dell’Est del mondo di Narnia. 
La sua aurea rossa si affievolì, sparendo del tutto facendo spazio a lunghi capelli marroni. SI guardò le mani e le braccia dalla carnagione olivastra, una paura crescente dentro il suo animo.
Un lieve ruggito arrivò alle sue spalle, facendole rizzare i capelli. 
Si girò di scatto, gemendo poi per la fitta alle costole. 
Aslan se ne stava davanti a lei, la postura fiera e regale. La criniera dorata rifletteva i raggi solari e sembrava circondare il muso del felino come una corona reale. 
- Alzati, Figlia di Ramandù- la voce pacata del leone la investì, spingendola a fare ciò che il protettore di Narnia le aveva ordinato senza obbiettare. 
Quella volta l’aveva combinata grossa, lo sapeva, lo sapeva bene.
- Ogni atto porta ad una conseguenza, gradita o sgradita che sia. Come punizione per le tue azioni, perderai la tua posizione di prestigio che fino ad ora hai rivestito e sarai costretta a vivere fra gli umani sui quali vegliavi. La tua condanna sarà quella di aiutare coloro che necessiteranno delle tue conoscenze affinché l’equilibrio di Narnia possa rimanere stabile e sereno.- un ordine chiaro e netto, una consapevolezza sempre più tagliente nella testa della ragazza. 
Alzò lo sguardo verso quello del maestoso e nobile Leone davanti a se e un nodo le si formò in gola. Annuì, affranta, guardando la sabbia sotto al suo corpo, pallida e fine. 
Che cosa aveva fatto.

Camminando fra le strade di Telmar, l’odore di gelsomino e primule le inebriava i sensi. I fiori, sparsi qua e le fra i muri delle case, profumavano l’aria rendendola magica. 
Erano anni, secoli, che non percepiva quei profumi e quelle fragranze e, se da un lato la cosa la terrorizzava perchè andava a sottolineare il suo essere nuovamente umana, dall’altro le faceva tornare alla mente ricordi di tempi lontani e magici. 
Tempi felici. 
Passando accanto ad una taverna, il rumore dei bicchieri che si scontravano tra di loro brindando a giorni futuri e ad avventure passate, decise di entrare e prendere posto in uno dei tavoli più in disparte. 
Il cappuccio le nascondeva completamente il viso e i capelli, facendo intravedere unicamente il lieve bagliore rossastro dell’occhi castani. L’unico elemento appartenente alla vecchia sé. 
Il gracchiare e lo schiamazzare festoso degli uomini di Telmar e delle creature di Narnia cessò nel momento esatto in cui un uomo di mezza età, alto e completamente rasato entrò nella locanda. 
Il suo passo sicuro, accompagnato dal cigolare della spada legata al suo fianco, era l’unico rumore percepibile nella stanza in mattoni. 
- Capitano Drinian- un fauno si inchinò al passaggio dell’uomo in segno di riverenza, rivelando la sua identità alla ragazza. 
L’uomo chinò leggermente la testa accennando un saluto, per poi ordinare. 
Girando la testa per perlustrare l’interno del locale e i suoi ospiti con lo sguardo attento, captò immediatamente la figura incappucciata che lo stava fissando. 
Si riscosse, battendo il calice sul bancone per poi rivolgersi a tutti gli ospiti di quella umile locanda. 
Marinai e artigiani lo fissarono, incuriositi. 
- Uomini di Telmar, cittadini di Narnia. Re Caspian X mi manda ad informarvi che il Veliero salperà alla fine di questa settimana. Chiunque voglia imbarcarsi in questa avventura, si presenti domani al porto.-
Fra i mormorii incuriositi, la ragazza si alzò lentamente dalla sua sedia, il boccale ancora completamente pieno sul tavolo, dirigendosi verso l’uscita. 
Passando davanti all’uomo, chinò la testa in segno di rispetto. 
L’aria profumata di gelsomino la colpì nuovamente, lasciandola finalmente respirare e liberandole i polmoni da quell’odore acre di alcolici e testosterone.
Cambridge quel giorno era fredda e grigia. Le strade erano ancora bagnate dalla pioggia della notte precedente e Lucy non sapeva dove Edmund fosse finito. 
Si guardò intorno, notando che poco distante dal negozio di alimenti dal quale era appena uscita, un cartello indicava un ufficio dove dirigersi per arruolarsi nell’esercito britannico per servire la patria. 
Con un sospiro affranto salì gli scalini, per poi entrare nell’edificio trovandosi in una sala piena di giovani ragazzi. 
Edmund era davanti all’ufficiale incaricato, discutendo di come il nome sul suo documento, Alberta Scrubb, fosse un semplice errore tipografico. 
- Dovrebbe essere Albert A. Scrubb- aggiunse infatti.
- Edmund, dovresti aiutarmi con la spesa- affermò quindi la ragazza, calcando sul suo nome. 
Dopo una serie di battuttine ed una “Pulce” ghignato da una ragazzotto biondino e basso, i due fratelli raggiunsero la bicicletta legata alla ringhiera, tra lamentele di Edmund e del suo essere Re.  
L’attenzione della piccola Pevensie si spostò dalle proteste del fratello ad una coppia appoggiata alla colonna in mattoni del porticato. 
La giovane donna bionda si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sotto le avance del soldato fermo davanti a lei e, quasi come reazione spontanea, Lucy la imitò sotto lo sguardo perplesso del fratello. 
- Che stai facendo?- le chiese effettivamente subito dopo con un sopracciglio inclinato. 
- Niente, andiamo- rispose prontamente lei afferrando il manubrio della bici e incamminandosi verso casa. 
Una volta dentro la poco accogliente dimora appartenente ai parenti dei due fratelli, Lucy e Edmund, dopo un inefficace tentativo di comunicare con lo zio troppo preso a leggere il giornale seduto sulla sua solita e amata poltrona, raggiunsero la camera provvisoria della ragazza per leggere la missiva di Susan appena arrivata dall’America. 
- Vorrei che fosse qui con noi, è una tale avventura! 
Ma niente a che vedere con i nostri giorni a Narnia. 
L’America è eccitante anche se non vediamo mai papa, lavora moltissimo.
Questa settimana sono stata invitata ad un te del console britannico da un ufficiale di marina 
Che per altro è molto affascinante.
Credo si interessi a me - lesse Lucy ad alta voce, sospirando per la frase della sorella, un leggero moto di gelosia nel suo cuore. 
- Sembra che a causa dei tedeschi la traversata sia sconsigliabile, sono tempi duri.
La mamma spera che non vi dispiaccia restare qualche altro mese a Cambridge. - concluse poi.
- Qualche altro mese? Come faremo a sopravvivere!- esclamò affranta, lasciandosi andare mollemente sul letto. 
Edmund, che fino a quel momento era rimasto in piedi contemplando un quadro presente nella stanza, raggiunse la sorella prendendole la lettera tra le mani.
- Tu sei fortunata, hai la tua camera! A me tocca stare con quel pesce lesso- si lamentò, riferendosi al cugino.
- Susan e Peter sono fortunati. Loro ce l’hanno l’avventura- 
Lucy si alzò, dirigendosi allo specchio posto vicino alla finestra. Era leggermente consunto e rovinato, con la cornice un tempo tinta di bianco e ora scorticata in più punti. Fissandovisi, si spostò una ciocca di capelli, sistemati con un semplice viola, dietro ad un orecchio, incurante del commento acido del fratello.
- Loro sono i più grandi e noi siamo i più piccoli. Noi contiamo meno di loro -
- Secondo te io ricordo Susan? -
Il fratello si alzò di scatto dal letto, fissando il quadro raffigurante il mare appeso al muro.
- Lucy, hai mai visto questo veliero?- 
- Si, sembra un veliero di Narnia non è vero?
- Si, proprio per ricordarci che siamo qui e non lì- la frase pronunciata in modo sprezzante venne interrotta dall’apertura della porta alle loro spalle e dal commento in rima del cugino, Eustace Scrubb.
La camicia bianca era coperta con un gilet color cachi a rombi viola e arancioni, i pantaloni in velluto marroni ricoprivano quasi interamente le scarpe dello stesso colore
- C’erano due orfani che annoiavano con una tiritera, sulla storia di Narnia e della sua era.- la canzoncina, seguita con una faccia divertita del ragazzino biondo, fece sbottare il più grande dei due fratelli che, rivelando quanta voglia avesse di picchiare il cugino fu fermato dalla sorella con una mano sul braccio. ​
- ​Non bussi mai tu?- esclamò poi sprezzante nei confronti del consanguineo che, con un espressione stranita dichiarò: -È casa mia e faccio come mi pare, voi siete degli ospiti.-
Osservando come l’attenzione dei due cugini fosse ritornata sul dipinto, si sedette sul letto a braccia incrociate. 
- Che ha di affascinante per voi quel quadro, è disgustoso- continuò quindi.
- Se esci da quella porta eviti di vederlo - fu il commento sarcastico di Edmund, seguito da una risata della sorella. 
Lucy fissò nuovamente il quadro facendosi incantare da esso. Sembrava seriamente che le onde spumose del mare si muovessero sotto i raggi del sole, risplendendo. 
- Dando voce ai suoi pensieri, la risposta secca e piccata dal biondo non tardò ad arrivare.
- Che sciocchezza. - gracchiò infatti -Ecco che cosa succede a leggere quei vostri stravaganti libri e quelle vostre favole.
- Un ragazzo che Eustace si chiamava, di libri ricchi di sciocchezze si beava. - cantilenò Edmund ​
​- Le persone che leggono soltanto le favole finiscono per essere un orrendo peso per gente come me anche legge libri con notizie vere. - con questa dichiarazione, Eustace portò l’attenzione le moro completamente su di se.
I due ragazzi iniziarono a litigare, incuranti del fatto che, mentre Edmund affermava di aver leccato tutte le caramelle nascoste del cugino, l’’acqua nel dipinto aveva iniziato a muoversi.
Schizzi salmastri uscirono dalla cornice, bagnando Lucy che fissava la scena incredula. 
Con un urlo distolse l’attenzione dei due ragazzi dalla lite, mettendoli al corrente di ciò che stava accadendo. 
L’acqua dell’oceano rappresentato sulla tela iniziò a strabordare dalla cornice, inondando la stanza. Il livello dell’acqua continuò a salire, incessante, e quando Eustace tentò di distruggere il quadro, la potenza delle onde riempì completamente la camera, inondandola.
I tre ragazzi si ritrovarono sommersi, i mobili della stanza che galleggiavano intorno a loro. Guardando in alto, però, si resero conto che il soffitto era stato sostituito da i raggi del sole. Si dettero una spinta, arrivando a galla e traendo profondi respiri. 
Dei brevi urli di gioia furono sostituiti da degli incitamenti a nuotare per evitare la gigantesca nave dalla vela viola che si dirigeva verso di loro. 
Lucy si sentì afferrare da dietro e quando girandosi notò la presenza di Caspian, un sorriso felice le si dipinse in volto. 
Furono portati a bordo, aiutati dagli altri elementi dell’equipaggio del veliero e, nel momento in cui Lucy si girò per vedere dove fosse suo fratello e Eustace, una presenza femminile di fianco al cugino - che nel frattempo stava sperimentando un tentativo di rianimazione bocca a bocca con Reepicheep- catturò subito la sua attenzione. 


 










 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


CAPITOLO DUE



 
- Il mare non è un luogo per le signore.- il commento del marinaio irritò la mora.
Osservò l’uomo, i radi capelli scuri malamente sistemati sulla testa, la tipica divisa composta da una blusa bianca coperta con un gilet rosso, pantaloni scuri e stivali, rivestiva il corpo tozzo e tarchiato.
- Fidati, sono molto più capace e preparata di quanto tu possa pensare- rispose lei con disprezzo, facendo muovere il suo sguardo su tutta la sua figura.
Sarebbe salita su quella barca, a qualunque costo.
Era oramai una buona mezz’ora che quel battibecco andava avanti.
Si era presentata per ultima a quell’arruolamento per la marina del Re Caspian X, pronto per fare vela verso i mari dell’Est, e aveva capito che quel viaggio, aiutare quel Re, sarebbe stato il suo modo per riscattarsi e per poter tornare nel luogo che le spettava di diritto.
- Ascoltami bene, bellezza, a bordo non troveresti i bisogni di cui necessita una donna come te per vivere. In più, scommetto che non hai nemmeno idea di come utilizzare quella spada che hai al fianco, o un arco o addirittura un pugnale.- affermò l’omuncolo, ghignando.
Un sorriso sornione si aprì sul volto della ragazza, facendo diminuire quello del marinaio davanti a lei.
Secoli prima era una delle migliori guerriere al servizio di Aslan in persona, o in felino per essere più precisi, e poche volte aveva trovato qualcuno che potesse realmente fronteggiarla.
Sua sorella era sempre stata la dama perfetta: di una bellezza sconvolgente con i suoi lunghi capelli biondi e i suoi profondi occhi azzurri. Era dolce, posata, sempre educata e mai sprezzante.
Quando si trovava in pubblico, ovviamente.
In privato, Lillandil era tutto ciò di più simile ad un acida vecchia bisbetica che avrebbe staccato la testa ad un drago pur di ottenere ciò che voleva.
Non si poteva certo dire che sua sorella non fosse tenace, questo è certo, ma il fatto che quella umana, in quel momento, fosse lei e non la bionda, sottolineava anche la sua perfidia e falsità.
- A giudicare dalla tua visione della cosa, allora, non ti dispiacerà batterti a duello con me, dico bene?- propose la mora, sfidandolo.- Se pensi seriamente che io non sia capace di maneggiare una spada, non ti ci vorrà molto per disarmarmi e mettere fine a questa storia- lo incitò lei, sbattendo le lunga ciglia scure.
- Non combatto contro le donne.-
- Hai paura di perdere?- il commento sottile e sarcastico della ragazza fece leva sull’orgoglio maschile del marinaio che, sotto lo sguardo esaltato dei suoi amici, estrasse la spada dal fodero al suo fianco.
Uomini, sempre pronti a salvare e proteggere l’onore oltraggiato e l’orgoglio ferito. pensò la ragazza, contenta di essere riuscita attraverso l’astuzia a convincere quello stupido ometto moro.
Il sorrisetto serafico della mora fece spazio ad una espressione imperturbabile. Estrasse la spada a doppia lama dal fodero in cuoio al suo fianco, facendola volteggiare con un movimento esperto del polso. Erano anni che non combatteva, ma la sensazione di adrenalina che provava molto tempo prima tornò prorompente dentro di lei, accendendola.
Con tre abili mosse e una leva sulle gambe dell’uomo lo disarmò sotto lo sguardo esterrefatto dei suoi compari.
Puntandogli la punta della spada alla gola, notò lo sguardò stralunato e gli sorrise con scherno.
- Credo proprio che dovrai aggiungere il nome Siria su quel tuo bel libro. - soffiò, ad un palmo dal suo viso, riferendosi al quaderno in carta ingiallita rilegato in cuoio sul quale erano elencati i nomi di tutti i componenti dell’equipaggio.
Rinfoderò la spada, spostandosi da sopra quel corpo pietrificato e, attraverso il piccolo pontile, raggiunse il ponte del veliero.
Lì, uomini, gnomi, fauni e minotauri erano indaffarati ognuno con qualche compito, tutti impegnati per poter fare salpare la nave il giorno dopo così come richiesto dal Re.
Nave sulla quale sarebbe stata anche lei, Siria, figlia della stella caduta Ramandù, pronta per proteggere le chiappe nobili del re di Telmar e di aiutarlo nel mantenimento dell’equilibrio.
 
 
Erano passate due settimane da quando si erano messi in mare e non passava giorno in cui alcuni degli uomini dell’equipaggio non le lanciassero strane occhiate di diffidenza. Anche riuscire a conquistare la fiducia del Re sembrava quasi impossibile, ma almeno era riuscita ad intavolare un rapporto pacifico con il saggio capitano Drinian che, senza nemmeno capire perché, aveva consigliato al Re Caspian di tenerla a bordo.
Oltre al capitano, tuttavia, Siria era riuscita ad intavolare discorsi anche con Reepicheep, un topo spadaccino con la coda intoccabile perché regalo di Aslan stesso ed altri marinai.
Se ne stava abbarbicata sull’albero maestro, la schiena appoggiata al legno e una gamba rivestita con pantaloni scuri e stivali al ginocchio neri lasciata a molleggiare.
Fissava l’orizzonte infinito di quel mare sul quale aveva vegliato per anni, ora così vicino a lei. L’aria salmastra la investiva facendola sorridere e i caldi raggi del sole le riscaldavano il volto.
Delle urla concitate la riscossero dai suoi pensieri e, afferrando una cima, si calò velocemente giù raggiungendo la ciurma.
- Qualcuno deve buttarsi! Dobbiamo portarli a bordo- urlò un marinaio, indicando tre figure che stavano nuotando nel limpido oceano blu, cercando di evitare di essere schiacciati dallo scafo della nave.
Senza aspettare nemmeno un secondo, si sganciò la spada dal fianco e si avvicinò alla balaustra. Caspian la fissò per poi tuffarsi in mare seguito dalla ragazza.
Un ragazzino biondo stava scalciando in acqua tentando di rimanere a galla e, quando la ragazza afferrò la sua camicia, incominciò ad urlare di voler tornare in un posto nominato Inghilterra prima di perdere i sensi.
Siria trasportò il ragazzo fino al ponte dove lo lasciò alle amabili cure di Reepicheep. Ringraziando uno dei fauni che gli aveva appena porto un asciugamano, fece vagare il suo sguardo sui naufraghi.
Una ragazza la stava fissando, mentre dietro di lei, un ragazzo dalla carnagione chiara e gli occhi scuri stava abbracciando in maniera quasi fraterna il Re.
Siria chinò leggermente il capo rivolta verso alla ragazza, che le sorrise leggermente prima di spostare lo sguardo verso il biondino irritante che aveva iniziato ad urlare, scalciandosi Reepicheep da sopra il corpo.
- Urla come un poppante!- commentò il Topo, prima di esser calciato via. Lo spadaccino di rimise sulle zampe.
La nuova ragazza lo chiamò con tono felice, facendo voltare l’animale verso i nuovi arrivati.
Subito si sistemò la cintura che teneva legata al corpo per la spada, salutando con un inchino i due ragazzi.
Non dovevano essere molto grandi, probabilmente entrambi sotto i 20 anni.
- Che ne facciamo di questo, questo, isterico intruso?- domandò poi, indicando il biondo ansimante che cercava di rimettersi in piedi.
Eustace si girò di scatto, indicando il topo.
- Quella sorta di ratto gigante voleva graffiarmi la faccia!- lo accusò tossendo.
Nel momento in cui Reepicheep rispose che il suo intento era solo quello di espellere l’acqua dai suoi polmoni, Eustace sbiancò. Guardò l’animale con occhi sbarrati e la sua espressione fece ridere la mora.
Se ne stava seduta sul bordo in legno mentre con l’asciugamano frizionava i lunghi capelli castani prima di acconciarli in una treccia semplice e veloce.
- Ha parlato! Avete visto? Qualcun altro l’ha sentito? Ha parlato!- esclamò incredulo il ragazzino.
- Parla sempre- affermò quindi la ragazza, guardandolo.
- La difficoltà è farlo stare zitto veramente.- aggiunse Caspian, le braccia incrociate al petto.
La lunga blusa bianca era completamente bagnata così come i capelli scuri che gocciolavano lentamente sul legno del ponte e sul suo viso.
La ragazza lo guardò e quando lui si girò sorridendole allegro, Siria non potè fare altro che ricambiare.
- Nel momento in cui non vi sarà niente da dire, vostra Altezza, io vi prometto che me ne starò zitto.-
 











 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


CAPITOLO TRE



 
Lucy se ne stava in piedi appoggiata alla polena del Veliero raffigurante un grande drago dalle fauci aperte. Aveva appena concluso una breve conversazione con Reepicheep e ora fissava l’orizzonte infinito del oceano blu. 
Delle sirene, il cui corpo trasparente era interamente fatto di acqua, la salutarono felici prima di tuffarsi in mare tra schizzi di acqua salata e piroette aggraziate. 
Un rumore di passi alle sue spalle la fece smettere di sognare ad occhi aperti. Si girò verso la figura e notò che era la ragazza di prima. 
I lunghi capelli scuri erano acconciati in un treccia morbida e, dopo essere stati a contatto con l’acqua del mare, alcuni ciuffi si erano arricciati dolcemente ai lati del viso magro. La donna la fissava curiosa, la posa disinvolta. Indossava una camicia bianca leggera, simile a quella che Caspian aveva dato a Lucy, e, al contrario degli altri marinai che indossavano un semplice gilet rosso, la ragazza aveva una fascia scarlatta a rivestirle i fianchi. Sulla destra, poco sopra i pantaloni scuri, una fodera in cuoio con ricami in argento ricopriva una spada dall’impugnatura elaborata. Un gemma rossa, più brillante perfino di un rubino, emanava un bagliore caldo dal pomolo dell’elsa. 
La regina di Narnia la guardò, sorridendole. 
- Vostra maestà, il mio nome è Siria- si presentò allora, chinando leggermente il busto in un inchino aggraziato. 
Tutto di quella ragazza emanava regalità, eppure Lucy era convinta di non averla mai vista durante le due volte che era stata a Narnia. 
- Chiamami Lucy, per favore - l’accolse allora, indicandole il punto accanto a lei.
Siria si avvicinò, appoggiandosi al raffinato intaglio della polena. 
- Se posso chiedere, che cosa ci fai su questa nave?- 
Fra i quattro fratelli Pevensie, la più piccola era sempre stata la più diretta. Notando la ragazza al suo fianco, fin da subito si era chiesta cosa l’avesse portata a spingersi ad arruolarsi per un viaggio a capo del mondo conosciuto.
- Diciamo che qualcuno molto più potente di me mi ha ordinato di aiutare il Re in questa folle avventura.- spiegò la mora, aprendo gli occhi che aveva tenuto chiusi fino a quel momento, assaporando i raggi caldi del sole sul viso. 
Il sole non era mai presente nell luogo dal quale veniva e la sensazione dei suoi barlumi dorati sul viso le era mancata.
- Intendi Aslan?- chiese allora sorpresa ed eccitata la giovane Pevensie.
Siria annuì semplicemente, un sorriso leggero sul volto oramai abbronzato. Conosceva il profondo sentimento che legava la Valorosa al nobile Leone protettore di Narnia.
- Hai conosciuto Aslan?- continuò infatti, guardandola direttamente negli occhi e scrutandola in cerca di menzogne.
- Ho combattuto per Aslan, tanti anni fa.- una risposta breve ma carica di significato che le andò ad intaccare leggermente il cuore.
Aveva combattuto per Aslan e per Narnia e ora lo stesso Leone l’aveva confinata in quella forma mortale e debole. 
Lucy la guardò stranita, socchiudendo gli occhi. Tanti anni fa poteva essere un periodo di tempo relativamente breve, come poteva ricoprire un lasso temporale molto più ampio, eppure la ragazza che si trovava difronte a lei non sembrava avere più di ventisei anni, probabilmente doveva essere poco più grande di sua sorella Susan.
La Valorosa lasciò cadere il discorso, sicura che lo avrebbe intrapreso nuovamente. Un rumore di spade che cozzavano fra di loro distolse le due ragazze dai loro pensieri, facendole entrambe dirigere verso il luogo in cui Edmund e Caspian si stavano sfidando a duello, parando, affondando e schivando i vari fendenti dell’avversario. Si muovevano entrambi con leggiadria e grazia, andando a formare la coreografia per una danza. Quando entrambi puntarono la spada alla gola dell’altro, sorridendosi, la sfida fu dichiarata terminata in parità tra gli applausi della ciurma.
Caspian abbracciò il ragazzo che considerava come un fratello, per poi  voltarsi verso Lucy. Rendendosi conto che la misteriosa ragazza era di fianco a lei, il Re fece scorrere il suo sguardo sulla figura di quella donna.
I pensieri che li rimbombarono nella testa furono fermati dall’urlo della vedetta posizionata in cima all’albero maestro. 
- Land-oh!- urlò infatti quest’ultima, indicando con il braccio un punto qualche miglia più lontano dalla loro posizione.
Il Re di Telmar corse verso la Poppa della nave dove Drinian stava scrutando il mare.
Passò il cannocchiale a Caspian che, localizzando quelle che era sicuro fossero le Isole Solitarie, si rese conto della completa assenza di bandiere di Narnia.
- Scendiamo a terra, preparate le scialuppe- ordinò quindi, lasciando il compito a Tauros, il Minotauro, di far preparare le imbarcazioni e gli uomini.
Siria si posizionò su una di esse, Lucy e Eustace seduti davanti a lei. Dall’altra parte della scialuppa, Caspian e Edmund scrutavano le abitazioni in pietra antica.
- Non potevate aspettare domattina- si lamentò Eustace.
- Non vi è onore nel tirarsi indietro di fronte all’avventura, ragazzo- lo ribeccò Reepicheep, prima di cercare di aiutarlo a scendere dalla scialuppa. 
- Ascoltate, ma dov’è tutta la gente?- chiese Lucy, rendendosi conto del silenzio sovrannaturale che circondava l’isola.
Nel frattempo, il ragazzo biondo, rifiutando l’aiuto del topo e cercando di scendere autonomamente dalla barca, scivolò sui gradini in pietra suscitando reazioni sarcastiche.
- Sicuri che appartenga alla vostra famiglia?- commentò infatti Caspian, sotto lo sguardo indecifrabile di Lucy.
Raggiungendo la banchina posta poco sopra alle gradinate, Siria estrasse la spada dal fodero al suo fianco, scrutando lo spazio circostante. I muri di pietra erano resi color ocra dai raggi del sole che stava tramontando alle loro spalle.
Ad un tratto, il rintocco di una campana fece mettere tutti in posizioni di difesa.
Caspian armò la balestra, puntandola verso il campanile che si erigeva solitario al di sopra delle altre abitazioni in pietra.
- Reepicheep, con gli uomini di Drinian resta a difendere questo posto. Noi proseguiamo.- ordinò Caspian, incamminandosi su per la salita che li avrebbe portati all’interno della città. - Siria, tu vieni con me.- le ordinò poi, guardandola.
La ragazza annuì, seguendolo assieme ai due fratelli e al cugino imbranato.
- Se all’alba non siamo tornati- continuò poi il Re - manda degli uomini.-
Detto ciò, si avventurarono fra le stradine rese buie dall’imbrunire del giorno. Ogni porta e finestra di ogni abitazione era sbarrata da logore assi di legno. L’intera città sembrava disabitata.
Facendo molta attenzione, raggiunsero la piazza principale sulla quale svettava impotente quella che doveva essere una chiesa.
- Si, non c’è proprio nessuno, non è il caso di proseguire.- suggerì agitato Eustace.
- Tu preferisci stare di guardia, immagino?- propose Edmund girandosi verso il cugino.
Il biondo lo raggiunse correndo, accettando la sua proposta definendola logica.
Siria alzò un sopracciglio, fissando il ragazzino davanti a lei, la spada ancora ben stretta nella mano. Sfilò un pugnale dallo stivale e glielo passò, fissandolo negli occhi.
Eustace lo afferrò, conscio del fatto che non avrebbe saputo come usarlo se ce ne fosse stato il bisogno, affermando di aver capito e che non si sarebbero dovuti preoccupare.
La mora raggiunse i tre reali, lanciando uno sguardo a Caspian, prima di procederli all’interno della chiesa.
L’aria era pesante e l’intero ambiente era inquietante: campane pendevano a metà altezza, sorrette da grandi corde. Ai lati della stanza, invece, grandi statue in pietra chiara che raffiguravano tutte la stessa immagine - figure umane che sorreggevano con le mani teste di uomini con corone- rendevano l’atmosfera più lugubre di quanto già non fosse. L’unica luce era quella proveniente dalle vetrate ai lati dell’edificio.
Al centro della sala svettava un grande tavolo ricoperto di libri impilati.
Lucy vi si avvicinò, seguita da Edmund e da Caspian, mentre Siria osservava attentamente ciò che la circondava, irrigidendosi per l’assenza di qualsiasi tipo di suono.
I passi risuonavano sul pavimento in pietra mentre il soffitto malandato, con fori tra le travi in legno, era alto ed imponente sopra di loro.
Con un oggetto in metallo che emanava uno strano fascio di luce, Edmund illuminò quello che doveva essere un libro mastro lasciato aperto sul tavolo.
- Chi sono tutte queste persone- chiese Lucy, leggendo i nomi cancellati scritti sulle pagine ingiallite e invecchiate dal tempo.
- Sembra quasi una sorta di tariffario- continuò quindi.
Nel momento esatto in cui Caspian, rendendosi conto di cosa significasse realmente quel libro, esclamò che apparteneva a dei mercanti di schiavi, le campane cominciarono a rintoccare.
Dalle spesse cime iniziarono a scendere uomini armati, che, gridando, ingaggiarono una lotta con i quattro ragazzi.
Siria disarmò subito un paio di uomini, affondando la sua spada con attacchi precisi e calcolati nello stomaco di un terzo.
Il silenzio surreale all’interno della chiesa fu presto sostituito dalle urla e dal rumore di lame che si scontravano.
Mettendosi con le spalle contro quelle di Lucy, le due ragazze iniziarono ad abbattere quanti più nemici potessero, con mosse attente.
Nell’esatto momento in cui Siria stava per infilzare un ennesimo mercante, un urlo sovrannaturale arrivò alle sue spalle. Distraendosi, la lama del suo avversario le graffiò il braccio, strappandole la manica della camicia lasciandole una ferita superficiale che le fece ribollire il sangue nelle vene. 
Umani, delicati e mortali pensò acida, guardando la pelle perfetta del suo braccio rovinata da quella ferita.
Prima di rendersene conto, la lama della sua spada aveva già ucciso il suo aggressore.
Un uomo con un copricapo color ocra e il collo ricoperto di gioielli e collane teneva puntato un coltello, il suo coltello, alla gola di Eustace.
Si avvicinò ai quattro combattenti, intimandoli di buttare le armi sotto le proteste del ragazzino.
Con sguardo furente, Lucy gettò la sua spada a terra, seguita da Edmund e da Caspian. Riluttante, anche Siria appoggiò a terra la sua arma, sotto lo sguardo carico di desiderio di un uomo appostato poco più in là.
Quando l’uomo con il copricapo dette l’ordine di metterli in catene, lo sporco individuo si gettò sulla sua spada, appropriandosene sotto le lamentele e le minacce di morte della mora.
- Questi tre li portiamo al mercato. - affermò quello che doveva essere il capo indicando Lucy, Eustace e Siria, che scalciando cercava di levarsi le mani di dosso. Cercando di divincolarsi dalla presa dei mercanti, uno di loro la schiaffeggiò in pieno volto, rompendole un labbro e facendo montare ancora di più la sua rabbia.
Furono trascinati fuori dalla chiesa e incatenati al muro, mentre Caspian e Edmund venivano trasportati nelle prigioni.
Le legarono il collo con un collare di ferro, la cui estremità era conficcata direttamente nel muro. Ai piedi e alle mani, spessi ceppi in metallo le irritavano la pelle, innervosendola. Accanto a lei, Lucy se ne stava in silenzio e immobile, pregando che qualcuno venisse a salvarli.
- Stai tranquilla - mormorò la mora, cercando di confortare la Valorosa. - All’alba verranno ad aiutarci- affermò infatti, girando la testa verso di lei e facendole un occhiolino.




 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


CAPITOLO QUATTRO




Passarono la notte così e, alle prime luci dell’alba, Siria fu risvegliata dal suo leggero assopimento da delle urla. Un uomo, seguito da una bambina con un vestitino rosa, correva dietro ad un carro pieno di donne, uomini e bambini.
Le urla strazianti di una donna la fecero svegliare del tutto, portandola a concentrare tutta la sua attenzione su quello che stava succedendo. L’uomo, dai riccioli scuri e la pelle abbronzata, venne afferrato da una delle due guardie e lanciato a terra, sotto le lamentele della moglie che implorava.
Il carro in legno trainato da cavalli sparì alla sua vista, ma le urla provenienti dal mare poco dopo non furono assolutamente rassicuranti.
Un mercante si avvicinò alla ragazza, levandole il collare e, forzandola a mettersi in piedi, la trascinò accanto ad altre vittime davanti ad un gruppo di distinti individui.
Compratori pensò Siria, facendo vagare lo sguardo disgustato su di loro.
Lucy fu la prima. L’asta incominciò e, alla fine, fu venduta ad un uomo con una lunga barba scura, un copricapo rosso ed una veste color senape. 
Un cartello con la scritta “Venduto’’ fu messo al collo della ragazza.
Lucy si girò verso Siria che le rivolse un sorriso confortante e un occhiolino.
- E ora, per questo bell’esemplare - continuò il mercante afferrando Eustace e posizionandolo su di un rialzo del terreno. - Chi fa la prima offerta?-
Risate di scherno si levarono tra i gruppo di compratori quando uno di loro scherzò sull’odore pessimo del ragazzo.
Siria si guardò intorno, cercando di vedere se vi fosse qualcuno che avrebbe potuto salvarla.
Oltre alla folla di compratori, la mora si rese conto che anche gli abitanti di quell’isola sperduta erano usciti dalle loro case per assistere all’asta.
Uomini, donne e bambini se ne stavano nascosti dietro a carri o a colonne, osservando la scena con sguardi privi di speranza e di rassegnazione.
- Vi libero io di lui- una voce conosciuta arrivò da una figura coperta da un mantello azzurro.
Subito un sorriso si dipinse sul viso della ragazza.
- Vi libero di tutti anzi!- urlò poi, levandosi il cappuccio. Il pelo marroncino di Reepicheep fu ben visibile alla ragazza che, con un sospiro di sollievo, osservò il topo parlante posizionato su di una spalla del Capitano Drinian.
- Per Narnia - incitò quest’ultimo, dando il via ad uno scontro tra i membri dell’equipaggio del Veliero e i mercanti. 
Siria, le mani ancora bloccate per via dei ceppi, calciò via l’uomo che la stava tenendo ferma, abbassandosi per schivare un fendente diretto alla sua testa e bloccando quello dopo con la catena. 
Arrotolando il ferro delle manette alla lama della spada, con una leggera pressione, ruppe le catene rendendo libere le sue mani.
Con un calcio ben assettato alla bocca dello stomaco, abbatté un secondo uomo, prima che la sua attenzione fosse catturata da un bagliore rossastro proveniente da lì vicino.
L’uomo della sera prima brandiva la sua spada, fendendo l’aria intorno a se per evitare che due fauni si avvicinassero a lui. 
La rabbia che aveva provato la sera prima tornò prorompente dentro di lei, incendiando le sue viscere.
Afferrando la cima di una corda, la ragazza la utilizzò come frusta sferzandola sul braccio del mercante. 
Quest’ultimo si girò stralunato verso di lei e, non appena riconobbe la ragazza, deglutì tremante.
Siria gli fu addosso così velocemente che quest’ultimo non se ne rese neanche conto ma, quando la voce piena di ira della donna li arrivò alle orecchie, si pentì di aver preso quella stupida spada la sera prima.
- Non - iniziò a sibillare la guerriera di Narnia, mentre con un piegamento del ginocchio colpiva il suo stomaco.
- Toccare- afferrò i suoi capelli, utilizzando il gomito sinistro per colpirgli il volto 
- La mia - con la gamba destra fece leva sul suo piede, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cascare all’indietro 
- Spada- ruggì infine, disarmandolo e affondando la lama del suo gioiello nel suo petto.
Con un sorriso fiero si girò verso i due fauni, facendo loro un occhiolino e raggiungendo gli altri membri della battaglia. 
Notando come gli abitanti della cittadina stessero contribuendo alla lotta, aiutò due donne con un paio di individui, per poi dirigersi verso Lucy.
La ragazzina aveva appena atterrato tre mercanti con il solo utilizzo di un libro mastro e, afferrando la spada di uno di loro, alzò lo sguardo verso la ragazza.
- Te lo avevo detto che sarebbero venuti ad aiutarci!- urlò, per sovrastare il rumore di lame che cozzavano tra di loro. 
Iniziarono a combattere, abbattendo quanti più nemici potessero.
Siria si guardò intorno, notando Caspian e Edmund che stavano lottando con due uomini. Dietro al Re, però, un terzo si stava avvicinando di soppiatto pronto per coglierlo di sorpresa con un pugnale dalla lama ricurva.
La guerriera assettò un colpo al grasso mercante davanti a lei, prima di correre nella direzione del terzo uomo.
Con il piatto della lama tirò un colpo alla spada dell’avversario che, preso alla sprovvista, si ritrovò disarmato. Ruotando l’arma con una mossa esperta del polso, Siria utilizzò l’elsa per stordire l’uomo. Con la punta dello stivale dette una spinta alla daga a terra, alzandola e afferrandola al volo, prima di afferrare la punta della lama e lanciarla contro un quarto individue che si stava avvicinando a lei.
Caspian la guardò facendola un cenno di gratitudine e restituendo il favore afferrando una lancia e gettandola alle sue spalle, colpendo un ennesimo mercante.
Difendendosi le spalle l’un l’altro, abbatterono quanti più nemici possibili e, nel momento in cui perfino l’ultimo mercante fu disarmato, un urlo di gioia si espanse fra la città.
Lucy raggiunse i tre ragazzi e li abbracciò contenta.
Siria, afferrando uno straccio a terra, si sedette su di un carro poco distante da quella scena di amore fraterno e tentò di pulire la lama sporca.
Il Re di Telmar si avvicinò alla mora, sedendosi di fianco a lei osservandola mentre ripuliva la sua preziosa spada.
- È stato abbastanza divertente vederti riprendere quella spada- esclamò poi, accennando all’arma.
Siria ghignò, afferrando l’elsa e alzando la lama. Un raggio di luce la investì, facendo risplendere l’acciaio affilato. 
- Nessuno tocca questa spada senza il mio permesso.- soffiò poi, facendo un occhiolino al suo re e rinfoderando il suo gioiello.
La gemma rossa risplendette.
- E grazie- continuò - per prima intendo-
Siria lo fissò senza proferire parola, indecisa su come rispondere. Decise quindi di fare un semplice cenno del capo, sorridendogli genuinamente.
La treccia era oramai disfatta alle sue spalle e ciuffi di capelli sporchi di terra e sudore le ricadevano sul viso abbronzato irritandola.
Erano tornati a bordo del veliero e avevano arruolato un nuovo marinaio, l’uomo che la mattina prima aveva visto correre incontro alla moglie.
Aveva navigato per i mari tutta la sua vita e, in quel momento, l’unico obbiettivo che si era prefissato era stato quello di ritrovare la donna che amava, scomparsa nella Nebbia Verde che da anni oramai terrorizzava i mari del Est esigendo sacrifici.
Uno dei Sette Lord, Lord Bern, aveva spiegato il motivo del viaggio intrapreso dai sette Lord anni prima, consegnando infine una spada creata da Aslan in persona per proteggere Narnia dal Male.
Erano giorni che Edmund tentava di pulirla dall’incrostatura andatasi a formare a causa degli anni passati in una grotta, luogo in cui Lord Bern l’aveva nascosta. 
Erano oramai giorni che stavano navigando alla volta del nulla, in cerca dei rimanenti sei Lord scomparsi, e in quel pomeriggio nuvoloso Siria stava cercando di aiutare Lucy con il rammendo della sua giacca.
- Non sono mai stata brava con il cucito- ammise la guerriera guardando la giovane Pevensie rattoppare perfettamente la sua casacca.
Lucy rise leggermente, continuando con la sua attività, cercando di non bucarsi le dita delle mani come più volte aveva fatto. 
Guardandosi intorno, Siria si rese conto che il cugino dei due fratelli stava cercando di intavolare un discorso con un gabbiano.
Taurus, notando anch’esso la cosa, non mancò di fargli notare la stupidita delle sue azioni, ridendo in modo potente dopo che Eustace, alla domanda sul perchè stesse parlando con quell’uccello, aveva risposto: - Ho dato per scontato che lui potesse…- senza tuttavia finire di parlare a causa della sguaiata e animalesca risata che aveva suscitato nel Minotauro.
Qualche ora dopo, quando il cielo aveva appena iniziato ad aprirsi e a lasciar passare i raggi caldi del sole, il biondo e Reepicheep avevano intrapreso un duello, che aveva visto come vincitore il piccolo guerriero di Narnia e il cugino inglese finire gambe all’aria su di alcune ceste.
A causa di quella sua caduta, tuttavia, si era venuti a scoprire che un ulteriore umano era salito sul  Veliero dall’Isole Solitarie: Gael, la giovane figlia di Rhince, il marinaio.
- A quanto pare abbiamo un altro membro dell’equipaggio- aveva affermato Drinian porgendole un’arancia.
Subito dopo Lucy si era occupata di lei, prendendola sotto le sue ali materne.
Siria aveva guardato la scena, per poi mettersi al lavoro arrampicandosi sull’albero maestro per poter riparare una cima. 
Da lassù, la vita sembrava che non fosse mai cambiata.
Abituata com’era a vedere le cose dall’alto, non si era resa conto che vederle in una prospettiva umana, il più delle volte, aveva più pregi che difetti. 
Molti spettacoli, come quello a cui stava prendendo posto in quel momento, erano gioie delle quali la vecchia lei non avrebbe mai potuto godere. 
Le nuvole violacee e rossastre ricoprivano il cielo sui toni dell’arancio e il sole, oramai prossimo a tramontare, si stava tuffando con tutta la sua nobiltà fra le onde del oceano cristallino.
La ragazza poggiò i piedi sul chiaro legno del ponte e, nel momento in cui si slacciò la corda dai fianchi e si voltò su se stessa, non si rese conto della figura del Re dietro di lei, sbattendoci contro e perdendo l’equilibrio. 
Caspian la sorresse per i fianchi ma, facendo ciò, i loro visi finirono pericolosamente vicini. 
Si fissarono negli occhi, immobili, prima che Lucy richiamasse la ragazza.
Siria si allontanò lentamente dal corpo tonico del ragazzo davanti a se, senza tuttavia interrompere quell’intimo scambio di sguardi.
Quando, deglutendo, ringraziò a mezza voce il re, il cuore le pompava velocemente nel petto.





 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


CAPITOLO CINQUE


 
- Terra in vista -
L’urlo risuonò per tutto il ponte, così come il suono della campana. 
La ragazza si spinse contro il parapetto, cercando di mettere a fuoco quella che sembrava un’isola disabitata. 
I pendii scoscesi che si vedevano erano completamente ricoperti di alberi verdi e rigogliosi. Conosceva quell’isola, o almeno credeva di conoscerla considerando che aveva camminato su quelle spiagge secoli prima.
Caspian ordinò di preparare delle scialuppe, affermando che avrebbero passato la notte sulla spiaggia per poi occuparsi di perlustrare la zona il giorno seguente. 
Una volta lì, accesero un fuoco e prepararono i giacigli per dormire intorno ad esso. Siria stese il telo che avrebbe utilizzato per dormire, sedendosi poi con la schiena appoggiata alla roccia scrutando le stelle sopra la sua testa. 
- Posso?- le chiese Caspian indicando il posto vuoto accanto a lei.
L’aveva vista contemplare il cielo in maniera così nostalgica e si era reso conto solo in quel momento che, al contrario di tutti i suoi altri marinai, non conosceva niente di quella donna così misteriosa che aveva tenuto a bordo.
Stettero in silenzio per qualche minuto, osservando insieme la volta celeste sopra di loro. Intorno a loro, l’unico rumore percepibile era quello del russare dei loro compagni di avventure, in particolare quello di Eustace che padroneggiava sopra tutti gli altri. 
Parlarono di poco o niente, prima che Caspian si coricasse nel suo giaciglio con, fissi nella mente, i penetranti occhi rossastri di quella ragazza.
Stava dormendo beatamente, quando qualcosa la destò dal suo sogno, alzandola in aria e comprimendole lo stomaco.
Una forza invisibile la trascinò per aria, bloccandole la bocca ed impedendole di urlare. Accanto a lei, Lucy tentava di divincolarsi da qualcosa esattamente come lei, chiudendo gli occhi ogni qual volta un ramo la colpiva in faccia. 
Le due ragazze furono scaraventate a terra e quando la guerriera fece per prendere la sua spada ancora legata al suo fianco, quel qualcosa gliela levò di mano, facendola volare dall’altra parte della piccolo giardino nel quale erano state trasportate. 
Una voce profonda si propagò per l’aria, generando una nuvola di condensa poco più lontano dal viso di Siria.
- Non c’è scampo- affermò, ottenendo l’appoggio da altre voci, alcune più acuta, altre più roche.
- Ma voi che cosa siete?- domandò agitata Lucy, che nel frattempo era stata spintonata a terra e si guardava intorno confusa.
- Siamo bestie terrificanti e invisibili- gongolò uno di quegli esseri, prima che un secondo prendesse la parola. - Se potessi vederci, sareste decisamente terrificate.-
Le due ragazze si guardarono, deglutendo. Lentamente, Siria si avvicinò all’amica, mettendosi al suo fianco e guardandosi intorno.
- Beh, e che volete?- chiese quindi, rivolgendosi direttamente a quelle creature.
Dopo un attimo di silenzio, la voce che per prima si era propagata minacciosamente nell’aria affermò un secco ‘voi’.
- Voi farete quello che vi chiederemo.- aggiunse, sotto i commenti dei suoi compagni.
- Altrimenti?- chiese decisa Lucy, alzandosi in piedi.
- La morte.-
La parola fu ripetuta più volte in coro da quegli esseri, una lugubre incitazione e una perenne condanna. 
Le voci risuonarono tutte intorno a loro, portando la Valorosa ad avvicinarsi cautamente alla mora.
- Beh, non vi saremmo tanto utili da morte, non credete?- affermò con sarcasmo la guerriera, guardandosi intorno con un sopracciglio alzato.
Quella situazione la stava irritando e voleva trovare una situazione per mettervi un punto il prima possibile, senza rischiare di rimetterci la pelle ne di far uccidere Lucy.
L’osservazione parve riscuotere le bestie, che iniziarono a discutere tra di loro a riguardo. 
- Giusta osservazione- mormorò qualcuno.
- E va bene, allora uccideremo i vostri amici.- 
Lucy e Siria si fissarono, sconfitte, prima che la valorosa acconsentisse a portare a termine quella misteriosa faccenda.
- Che cosa volete da noi?- sibilò con una smorfia. 
- Voi dovrete entrare nella casa dell’oppressore- una voce simile ad un ringhio sopraggiunse alle loro spalle, prima che entrambe si trovassero ad essere sospinte in avanti. 
Siria immaginò chi l’Oppressore potesse essere, ma rimase in silenzio.
Quando però una porta invisibile si aprì davanti a loro emanando una luce dorata, le sue ipotesi si dimostrarono essere fondate.
Conosceva quella casa, ci era già stata molti secoli prima.
- Di sopra troverete il libro degli incantesimi, recitate l’incantesimo che rende visibile l’invisibile.-
Siria fece un passo all’interno del maniero, mentre Lucy, alle sue spalle, stava cercando di capire a cosa fosse collegata quella porta, guardando dietro ad essa con una espressione sbalordita.
Lentamente, le due ragazze raggiunsero la lunga scalinata.
Il corridoio che collegava ad essa era decorato con statue di grifoni poste l’una di fianco a l’altra.
Raggiunsero il piano superiore e, mentre la guerriera si fermava ad osservare la vasta biblioteca nella quale erano finite, Lucy si diresse verso quello che sembrava a tutti gli effetti un libro degli incantesimi.
Provò ad aprire l’intricato lucchetto ma esso non vedeva ragioni di cedere.
- Prova a soffiarci sopra- le consigliò la mora, osservandola. 
Lucy fece come le era stato suggerito: subito le lettere sparse sull’ampio piatto anteriore si ordinarono all’interno della cornice sovrarialzata che decorava la copertina il cuoio marrone.
La mora non le prestò molta attenzione, conscia che la piccola Pevensie avrebbe svolto l’incarico che quelle creature avevano richiesto, e si fermò davanti ad uno scaffale.
Ogni tomo era rivestito in pelle e decorato con volute d’oro e d’argento. Una parte del sapere di Narnia dimorava in quella stanza, lasciando vagare lo sguardo della ragazza su ogni libro, foglio e pergamena che i suoi occhi potevano mettere a fuoco.
Il soffitto, alto e magico, era stato incantato e volumi di ogni forma e dimensione volteggiavano liberi nell’aria, tra le stelle.
Un fiocco di neve le si appoggiò sulla punta del naso, facendola sorridere.
Fisso Lucy, che incantata si guardava intorno: fiocchi di fredda neve scendevano dall’alto ricoprendo il pavimento di soffice candore.
Tornò a concentrarsi su un libro dalla dorso spesso in cuoio nero quando, d’un tratto, un ruggito arrivò potente dietro di lei facendola balzare su se stessa. 
Subito il suo pensiero andò al Nobile Leone, ma girandosi, l’unica cosa che trovò furono Lucy e il libro che, autonomamente, spinto da una forza magica iniziò a girare le pagine.
Siria si avvicinò alla ragazza, notando che la pagina sulla quale si era fermato era quella dell’incantesimo richiesto. 
- Come la prima ‘I’ in sociologia,
L’ ‘H’ in psichiatria
L’inchiostro invisibile e la verità in teologia
L’incantesimo è completo,
Ora tutto e visibile.- recitò la Lucy.
Inaspettatamente, un bagliore rossastro iniziò a espandersi sul capo della guerriera sotto lo sguardo stranito e confuso della Regina Valorosa.
- Ma che?- chiese Lucy, prima di voltarsi verso un tavolino pieno di teche in vetro e piccoli alberi.
Un uomo iniziò a manifestarsi dal nulla, un lungo mantello cangiante a cingergli le spalle, il volto coperto da una barba bianca.
Lucy si voltò nuovamente verso l’amica e ciò che vide la lasciò di stucco.
I lunghi capelli mori avevano ora sfumature rossastre ed erano intrecciati con pezzi di stoca cremisi sulla sua testa, andando a formare un’acconciatura simile ad una corona. Al posto della camicia e dei pantaloni, il corpo magro della ragazza venne rivestito da un lungo abito scarlatto con decorazioni in pizzo sul petto.
Gli occhi, che fino a qualche istante prima erano marroni, adesso ricordavano due carboni ardenti, e riflettevano la luce. A Lucy parve che del magma incandescente fosse andato a sostituire le iridi dell’amica.
- Asteria - il vecchio mago le si avvicinò preoccupato.
- Coriakin- sospirò la ragazza, rifuggendo allo sguardo sgranato dell’amica.
Si guardò allo specchio alla parete, l’immagine rifletté ciò che fino a quel momento la magia di Narnia aveva nascosto.
Si voltò verso Lucy, un leggero sorriso sulle labbra cremisi.
- Giuro che ti spiegherò tutto appena saremo nuovamente a bordo- cominciò allora, sul viso un’espressione di scuse.- ma ora Coriakin devi farmi tornare alla forma di prima- pregò quindi il mago.
L’uomo apparso dal nulla la guardò per qualche secondo, rimuginando sul da farsi, quando si intravide un lampo all’interno dei suoi occhi chiari. 
Velocemente, afferrò una boccetta contenente del liquido grigiastro da sopra di uno dei tanti tavolini presenti nella stanza e la porse alla ragazza, che la bevve tutta d’un sorso. 
Le sue sembianze cambiarono nuovamente, tornando a quelle umane, ma un aurea purporea continuava a circondarla, ben visibile.
- Scomparirà tra qualche ora, metti questo nel frattempo e copriti il più possibile- affermò l’uomo porgendogli un mantello nero.
Siria lo indossò velocemente, sotto lo sguardo della piccola Pevensie che, incredula, avrebbe voluto rivestirla di ogni tipo di domande e questioni. 
- Ti spiegherò tutto- ripetè quindi, avvicinandosi a lei e prendendole una mano. - Ma ora dobbiamo andare dagli altri.- suggerì, iniziando a dirigersi verso il corridoio.
- Ah, Lucy, questo è Coriakin. - presentò l’uomo alla ragazza. - Coriakin, lei è la Regina Lucy.- il mago fece un inchino.
I tre si diressero quindi al piano inferiore, aprendo la porta ed uscendo da quella che si era manifestata come un’enorme ed elegante magione.
Subito delle voci concitate le raggiunsero.
- L’Oppressore!- 
Edmund e Caspian si girarono verso di loro. Dovevano essere venuti a cercarle, pensò Siria osservandoli.
- Lucy- esclamò rincuorato il fratello, sorridendole. 
Coriakin fece un inchino rivolto ai due Re - Vostre Maestà!- affermò poi con riverenza portandosi una mano al cuore.
- Caspian ed Edmund vi presento Coriakin. L’isola è la sua.- fece le presentazione Lucy.
- E’ quello che crede lui!-  gracchiò una voce nascosta dietro la schiena di Edmund. 
Quelli che fino a qualche ora prima erano bestie violente e pericolose, in realtà, non erano altro che stupide creature da un piede solo, che scapparono terrorizzate non appena Coriakin gli lanciò contro della semplice garza affermando che l’unico motivo che lo aveva spinto a renderli invisibili era stato per il loro bene.
Siria rise leggermente attirando su di se lo sguardo di Caspian, che la guardò incuriosito dal fatto che stesse indossando un mantello.
Decise, tuttavia, che le domande le avrebbe fatte più in là, curioso di seguire il mago all’interno della sua casa per poter trovare delle risposte. 




 


 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


CAPITOLO SEI


 
- Che intendevate quando avete detto che li avete rese invisibili per il loro bene?- chiese curiosa Lucy rivolta al mago.
- Sembrava il modo più semplice di proteggerli dal male- rispose con una pausa eloquente il vecchio, guardando per qualche secondo la guerriera dietro alla ragazza.
- Volete dire dalla nebbia?- suggerì Edmund dopo essersi scambiato un’occhiata con il Re.
Coriakin si fermò sullo stipite della porta, invitando gli altri ad entrare all’interno della grande stanza. - Voglio dire da ciò che la nebbia copre.- 
Siria si voltò verso il mago, soppesando le sue parole.
Allora era questo ciò che intendeva Aslan. pensò.
Coriakin sembrò leggerle nella mente, perchè si avvicinò a lei annuendo leggermente con il capo.
Si diresse poi verso una delle tante scrivanie al’interno della biblioteca afferrando quella che, una volta srotolata a terra, dimostrò essere una mappa.
La testa della guerriera, nascosta sotto al cappuccio, schizzò in direzione del vecchio uomo una volta aver riconosciuto la mappa.
L’aveva fatta commissionare lei stessa per l’amico, molti anni prima.
Al centro, in un ellisse, era rappresentata la vastità dell’oceano di Narnia, capace di muoversi secondo i desideri del mago e di localizzare il punto da lui voluto. Ai lati, invece, vi erano raffigurate delle scene della Storia del mondo, come della battaglia che portò alla sconfitta di Jadis e all’inizio dell’Epoca D’oro di Narnia.
- È piuttosto bella.- proruppe Eustace osservando incantato la pergamena, sotto lo sguardo sbalordito dei due cugini. - Per essere una mappa immaginaria di un mondo immaginario.
- È lì l’origine dei vostri problemi- spiegò Coriakin, mentre la distesa azzurra si muoveva. - L’isola delle Tenebre.-
Un’isola il cui aspetto era più inquietante dello stesso nome si materializzò sulla pergamena. Una fitta nebbia grigiastra la circondava, lasciando intravedere bagliori verdognoli fuoriuscire tra sporgenze nere e appuntite.
-Un luogo dove si annida il male. Può assumere qualsiasi forma, può fare avverare i vostri sogni più oscuri- Coriakin iniziò a camminare intorno alla mappa, soffermandosi davanti a ciascuna delle persone presenti nella stanza. - Cerca di corrompere tutti i Giusti e di gettare il mondo nell’oscurità.- pronunciando quelle parole si fermò davanti alla ragazza incappucciata, scrutandola.
- Come si pò fermare?- chiese Lucy.
- Rompendo il suo incantesimo- l’uomo le si avvicinò, per poi girarsi verso Edmund ed indicare la spada che aveva legata al fianco. - Di spade come la vostra altre sei ne esistono.-
- Le avete viste?- chiese il diretto interessato.
- Si.-
Caspian, che fino a quel momento era stato in silenzio ascoltando attentamente le parole del saggio uomo, prese la parola: - I sei Lord, sono passati di qua?- chiese, con una lieve nota di speranza nella voce.
Il suo viso era parzialmente illuminato dal bagliore della mappa, dandogli un aspetto regale.
La barba, curata nonostante le settimane passate in mane, ricopriva la mascella squadrata.
Gli occhi scuri e profondi si puntarono sul mago mentre poneva la domanda.
Coriakin si avvicinò a lui, confermando la sua ipotesi.
- E dove erano diretti?-
- Dove io gli ho mandati.-
L’oceano ricominciò a spostarsi mentre il vecchio saggio camminava su di essa.
Lanciando un’occhiata tra il dispiaciuto e il divertito verso Siria, tornò a concentrare la sua attenzione sulla pergamena magica, che adesso si era fermata su una isola in particolare.
- Non è possibile - mormorò la ragazza attirando su di se l’attenzione di Lucy in piedi di fianco a lei. Sollevò la testa di scatto, inchiodando Coriakin con il suo sguardo fiammeggiante.
- Per rompere l’incantesimo…- incominciò lui - dovete seguire la Stella Azzurra…- continuò poi, sotto lo sguardo sempre più furente della ragazza.
Ovviamente dovevano seguire la Stella Azzurra. Perchè mai seguire quella giallognola o quella arancione. Già sento quella serpe ridere. pensò, facendo scattare la mascella. Una delle sue mani emise un bagliore rossastro, attirando l’attenzione di Caspian. Siria la nascose prontamente sotto al mantello, sperando che il Re pensasse di aver avuto un abbaglio o un semplice riflesso dovuto alla carta.
- … Fino all’Isola di Ramandù.-
Un sibilo proruppe dalle labbra della ragazza, senza che essa se ne rendesse conto. 
Coriakin attirò nuovamente l’attenzione su di se, lanciando un’occhiata di ammonimento alla ragazza.
- Lì, le sette spade dovranno essere deposte sulla Tavola di Aslan. Solo allora riusciranno a sprigionare il loro vero potere magico. Ma in guardia, state tutti per essere indotti in tentazione. -
La tentazione di uccidere qualcuno? Non è la Nebbia ne il male che causa questo mio sentimento. 
- In tentazione?- chiese Lucy confusa
- Sinché  la settima spada non sarà consegnata, il male si ritroverà in vantaggio. E farà ciò che è in suo potere per mettervi alla prova. -
La guerriera si guardò intorno, scrutando i volti preoccupati dei suoi compagni di avventure.
Gli umani sono esseri volubili pensò Cedono facilmente in tentazioni e desiderano sempre di più di quanto in realtà non possano ottenere. 
Se in tutta quella storia c’era una cosa a farla stare tranquilla, risiedeva proprio nel fatto che lei, al contrario degli altri, aveva solamente la forma di un umano, ma non l’anima.
I suoi sentimenti, la sua visione della vita, la sua percezione del bene e del male erano diversi da quelli di chiunque altro.
Aveva ceduto, al male - seppur non del tutto colpevole per le sue azioni - ma la causa che aveva spinto Aslan a relegarla in quella forma non era stato dettato da malizia ne cattiveria ma dalla semplice ricerca della pace.
Pace personale, tuttavia, che non era stata vista di buon occhio dall’Equilibrio del mondo.
Coriakin si avvicinò nuovamente alla piccola Pevensie, fissandola negli occhi, scovandone ogni desiderio più oscuro e recondito.
Lucy si ritrovò ad abbassare lo sguardo, un accenno di colpevolezza sul giovane viso, mentre il vecchio li intimava di Essere Forti.
- Non cadete in tentazione. Se volete sconfiggere le tenebre, dovete sconfiggere le tenebre dentro di voi.-
Le sue parole provocarono emozioni contrastanti nei loro animi.
Terminata la conversazione, i tre Re di Narnia si congedarono dal mago e, seguiti da Eustace e Drinian, si incamminarono verso il corridoio.
La ragazza fece per seguirli quando la voce dell’uomo la fece fermare.
- Asteria- chiamandola con il suo vero nome, il vecchio le si avvicinò con passo cadenzato.
- Veglia su di loro, amica mia, perchè essi stanno per essere messi alla prova nel loro animo, per prima cosa.-
- Grazie Coriakin, di tutto.- la ragazza fece un inchino, l’orlo del mantello scuro toccò a terra mentre la spada le cigolava al fianco. 
- Quando tornerai al posto che ti spetta?- le chiese il mago.
- Quando il Nobile Aslan vorrà.- affermò lei - A presto, amico mio. Abbi cura di te- si congedò poi, raggiungendo gli altri. 
Erano giorni oramai che la Stella Azzurra non si vedeva in celo ma la ragazza sapeva che stavano navigando nella giusta direzione. Sapeva anche che non ci avrebbero messo ancora tanto per raggiungere quell’Isola, la sua Isola. 
L’isola di suo padre.
L’isola di suo padre che avrebbero dovuto raggiungere grazie alla Stella Blu, ovvero sua sorella.
Quella situazione le sembrava surreale ma, nel momento in cui quel pensiero le passò nella mente, si rese conto che tutta la situazione lo era. Non solo quella. 
Stava appoggiata sul bordo di uno delle grande vetrate e scrutava il mare in tempesta.
Le onde si infrangevano potenti e distruttive contro lo scafo, mettendo a dura prova le vele dell’imbarcazione e la pazienza dei suoi marinai.
Un sentimento di malcontento e agitazione si stava già annidando nei cuori di chiunque fosse presente all’interno della nave, animali o uomini che fossero.
Perfino i tre Reali non sembravano essere immuni a quella situazione.
L’unico che sembrava mantenere un minimo di lucidità, seppur ricca di diffidenza e di sarcasmo, era Eustace che se ne stava tutto il giorno, tutti i giorni, a scrivere cose su quel suo inseparabile quaderno.
C’era da dire, tuttavia, che la pesante situazione aveva temporaneamente fatto passare di mente a Lucy il fatto dell’Isola, rimandando l’inevitabile spiegazione che la ragazza avrebbe dovuto concederle. 
Siria, o per meglio dire Asteria, sapeva dal momento in cui l’aveva vista che quella ragazzina avrebbe scoperto ciò che aveva fatto, ciò che era, ma ciò che la metteva a disagio era l’indefinibile futuro che avrebbe incontrato una volta rivelato tutte le sue azioni alla giovane Regina. 
Non avrebbe potuto rimandare quella conversazione, lo sapeva, ma nonostante i suoi secoli di maturità aveva deciso che avrebbe avuto a che fare con quell’argomento solamente quando Lucy no avesse fatto.
Sperava solo che la Nebbia Verde e il non cadere in tentazioni la tenesse occupata per un 
po’ di tempo ancora. 








 



 
 



 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


CAPITOLO SETTE



 
 
 
C’erano voluti ben sedici giorni prima che il maltempo cessasse definitivamente e l’umore di tutta la ciurma era al di sotto dell’oceano.
I loro animi irrequieti erano desiderosi di trovare, o almeno di scorgere, il ben che minimo accenno di terra, per quanto impossibile sembrasse. 
Siria, Asteria, sapeva che il mare dell’Est pullulava di isolette deserte, ma la maggior parte di esse erano di natura vulcanica e con una minima quantità di cibo. 
Si rendeva però conto che anche lei, come gli altri componenti dell’equipaggio, aveva bisogno di scendere da quel Veliero traballante e di potersi sgranchire le gambe sulla terra ferma. 
Molti di loro si erano ritrovati a fare strani sogni durante le loro notti insonni. Incubi su incubi si erano ammassati su di loro ogni volta che chiudevano gli occhi, facendoli svegliare ancora più stanchi di quando si erano andati a coricare.
L’unica persona a non risentirne era proprio la ragazza, che con il suo solito portamento sprezzante e la sua andatura fiera non sembrava aver problemi a dover gestire tutta quella situazione, anche perchè si era riscoperta a sognare lo stesso di sempre, senza alcun tipo di mutamento.
Il cielo era finalmente scoperto sopra le loro teste e i raggi del sole asciugavano il ponte e gli animi della ciurma.
Caspian se ne stava appoggiato con i gomiti al cassero di poppa, osservando il sole che dolcemente si immergeva tra le onde del mare finalmente calmo, dipingendo il cielo con colori violacei e rossastri.
Asteria si avvicinò al Re, mettendosi al suo fianco nella stessa posizione.
Nel trovarsela così vicino, il ricordo del bagliore rossastro della sua mano si fece spazio nella sua mente, portandolo a chiedersi nuovamente per quale motivo stesse indossando un mantello, con tanto di cappuccio, all’interno di una camera scura.
L’aveva vista toglierselo lentamente e in disparte, lontana dagli occhi indiscreti di chiunque passasse vicino a lei.
Si era guardata attentamente le mani e le braccia, per poi osservare le sue lunghe gambe ricoperte dai pantaloni scuri e a vita alta che più di una volta avevano attratto l’attenzione di Caspian, e degli altri marinai, su di alcuni punti in particolare del suo corpo.
Sarà anche stato un Re, ma era prima di tutto un giovane uomo che da mesi, oramai, non godeva di un pò di sana compagnia del gentil sesso.
Da quando Susan aveva abbandonato Narnia, il ricordo della Regina si era annidato in lui, portandolo a mettere chiunque si trovasse davanti a paragonarla a lei.
Lo aveva fatto con tutte, tranne che con quella misteriosa ragazza, e questo lo aveva reso diffidente e incredibilmente attratto allo stesso tempo.
Aveva fin da subito dimostrato il suo valore, senza mai lamentarsi per i compiti da lui assegnatole e senza aver paura di sporcarsi le mani. 
Per non parlare della sua capacità nella lotta: ricordava ancora come aveva steso quell’uomo sulle Isole Solitarie per potersi riprendere la sua amata spada.
Non sapeva niente di lei, se non il suo nome, e se da una parte quella nube di mistero lo spiazzava rendendolo cieco, dall’altro andava ad aumentare l’attrazione che provava per lei.
- È sempre incredibile quanto la natura possa essere mozzafiato.- la voce delicata della ragazza ruppe il silenzio intorno a loro.
Il giovane Re si voltò a guardarla, rimanendo stregato dalla bellezza del suo volto.
Le lunga ciglia scura, il naso dritto e le labbra carnose.
- Già- assentì semplicemente, più che una parola a lui parve un soffio mormorato. 
La ragazza spostò il suo sguardo dall’infinita distesa d’acqua all’uomo al suo fianco.
Si trovò a scrutarne ogni minimo particolare, accorgendosi realmente di quanto fosse bello.
Le sopracciglia scure erano leggermente aggrottate, segno di quanto fosse teso e preoccupato, mentre gli occhi vagavano sul suo viso scagliando ogni singolo centimetro di esso.
Stettero fermi, a fissarsi in silenzio, per qualche minuto e quando Edmund richiamò l’attenzione del Re per discutere di alcune cose riguardanti la rotta, Asteria si trovò a fissare nuovamente il mare salato davanti a lei, confusa dopo anni.

- Dubito che i Lord si siano fermati qui, mio signore- la voce di Reepicheep arrivò chiara alle orecchie della ragazza, impegnata a remare per raggiungere le sponde di una delle tante isole vulcaniche caratteristiche di quella parte di mondo. 
- Non v’è traccia di esseri viventi- continuò poi il Topo, controllando attentamente ogni pendio di quella terra ignota.
- D’accordo, beh una volta sulla spiaggia prendi i tuoi uomini e cerca cibo e acqua. Noi quattro vediamo se c’è qualche traccia.- rispose Caspian.
- Noi cinque, vorrai dire- gracchiò Eustace piccato, seduto sulla prua della scialuppa alle spalle della donna.
Asteria si trovava infatti seduta accanto a Re Edmund, mentre davanti a lei, la possente schiena del Re si muoveva in sincronia mentre remava poderosamente.
In contemporanea, tutti gli abitanti di quella piccola imbarcazione si girarono verso di lui, osservandolo con facce stranite e divertite.
- Insomma, vi prego, non rimandatemi dal ratto.- supplicò il biondino, guardandoli.
La voce di Reepicheep li raggiunse nuovamente dall’altra barca. - Ti ho sentito, sai - 
Lucy rise leggermente, impegnata a mandare il timone.
- Ficcanaso- mormorò allora Eustace, ottenendo prontamente una risposta dallo spadaccino.
Il loro scambio di battute rallegrò leggermente gli umori dei marinai, suscitando dei sogghigni sui volti di Caspian e Edmund. 
Arrivati sulle sponde dell’isola, tutti iniziarono a lavorare e ad attivarsi con lo scopo di svolgere i propri compiti.
Edmund, Caspian, Lucy e Asteria, invece, iniziarono a perlustrare il territorio circostante nel tentativo di trovare qualcosa, qualsiasi indizio, che avrebbe potuto ricollegare il passaggio dei Lord da quell’isola dimenticata da tutti.
Nell’aria, la ragazza poteva percepire uno strano sentore: acre, pungente, la circondava.
Il suo sesto senso continuava a dirle che non si sarebbero mai dovuti fermare su quell’isola. 
- Guardate, non siamo i primi ad arrivare su quest’isola!- esclamò Caspian quando, guardandosi intorno, aveva notato una fune fissata ad un largo masso color ocra.
La corda scendeva all’interno di un buco nel terreno, abbastanza ampio da poterci passare senza problemi, ma scendendo in basso, alcune rocce rendevano il passaggio più arduo.
I quattro di trovarono all’interno di una caverna sotterranea con grandi stalattiti e stalagmiti a decorare l’ambiente illuminato.
Nel centro della grotta, un piccolo laghetto rifletteva la luce solare, i cui raggi filtravano da delle piccole aperture poste sul soffitto.
Avvicinandosi allo specchio d’acqua, la ragazza notò che al suo interno una statua a dimensioni umane se ne stava immobile.
- Che cos’è?- chiese Caspian, arrivandole alle spalle.
- Non lo so- rispose la ragazza, sporgendosi leggermente per avere una visuale migliore.
- Sembra una specie di statua d’oro- commentò Edmund,  prima di staccare una radice dal muro di pietra e tentare di toccare la statua con essa.
Una volta immersa in acqua, però, il pezzo di legno iniziò a cambiare colore, tramutandosi in oro.
La pozza di Mydas pensò, sbalordita dal fatto che esistesse sul serio e che non fosse una semplice leggenda.
Come un lampo, l’attuale realtà delle circostanze fulminò i quattro ragazzi. 
- Deve esserci caduto dentro- mormorò Caspian avvicinandosi alla pozza e fissando quello che un tempo era un uomo.
- Pover’uomo- sussurrò Lucy guardandolo.
- Vuoi dire, Povero Lord- la corresse Edmund indicando quello che aveva tutta l’aria di essere uno scudo.
Una spada era decorata al centro della lamina in metallo, ora d’oro, e dalla sua impugnatura si allargavano quelli che sembravano rappresentare dei raggi di sole. 
- Lo scudo di Lord Restimar- dichiarò Caspian, prima di posare lo sguardo sull’acqua circostante lo scudo in cerca della spada del Lord. 
Fu localizzata subito e Edmund, utilizzando la sua arma, la tirò fuori dal lago passandola al Re.
- La tua spada non è diventata d’oro- costato Lucy rivolta al fratello.
- Perchè sono entrambe magiche- spiegò Asteria, guardandole.
Non appena la parola magia proruppe dalle sue labbra, lo sguardo della piccola Pevensie scattò verso di lei. 
La guerriera la guardò, conscia del fatto che quella frase le avesse riportato alla memoria cosa era successo settimane prima da Coriakin. Con la mano, le fece un gesto eloquente.
Lucy tornò a concentrarsi sull’uomo nell’acqua - Non dev’essersi accorto di nulla.-
- Forse- mormorò Edmund - Ma forse qualcosa ha intuito.- 
Il tono con cui pronunciò quelle parole fece mettere in guardia la donna: se l’esistenza di quella pozza era vera, allora anche gli effetti che essa poteva suscitare sugli uomini lo erano, avarizia in cima alla lista.
- Di che cosa stai parlando?- chiese Caspian, un accenno di diffidenza per il comportamento dell’amico.
Il ragazzo intinse una conchiglia nell’acqua, prima di lasciarla trasformare in oro sulla superficie di un masso. Una volta tramutata, la prese in mano fissandola come se fosse la cosa più bella al mondo. Se la rigirava tra le mani, osservandola e studiandola, gli occhi sgranati e con una vaga espressione di pazzia e meraviglia sul volto.
Asteria lo fissò, affilando lo sguardo.
- Perchè la guardi così?- chiese Lucy vagamente preoccupata scrutando il fratello.
-Avendo accesso a questa pozza una persona può diventare la più potente del mondo- esclamò Edmund - Lucy, ci renderebbe così ricchi che nessuno potrebbe dirci che cosa fare o con chi vivere- 
La Valorosa e Caspian si scambiarono uno sguardo impensierito e allarmato.
Asteria continuava a starsene in silenzio, giudicando se fosse necessario da parte sua intervenire per evitare che la situazione potesse precipitare.
- Niente si sottrae a Narnia, Edmund - la voce chiara di Caspian la riscosse dai suoi pensieri, rendendosi conto che il dado, oramai, era stato tratto.
- Chi l’ha detto?- 
- Io - 
All’esclamazione autoritaria del Re, Edmund si alzò in piedi afferrando la spada abbandonata poco prima su una delle rocce circostanti.
-Non sono un tuo suddito.- la voce del ragazzo era carica di risentimento.
La tensione iniziò ad essere percepibile all’interno della grotta: quella pozza, quell’intera situazione stava inebriando le menti dei due Re in modo malsano.
-Non aspettavi altro, vero?- con sarcasmo Re Caspian rispose alla provocazione, incominciando a girare in tondo seguendo i movimenti di Edmund - Volevi sfidarmi, mettere in discussione il mio ruolo?- la rabbia iniziò ad essere percepibile attraverso la voce del Re di Telmar.
Asteria portò una mano alla brillante elsa della sua spada, pronta ad intervenire se la situazione fosse degenerata. 
- Lo stai facendo tu stesso- con un tono carico di disprezzo, Edmund si avvicinò all’uomo.
- Sei un ragazzino-
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo pieno di apprensione.
Lucy tentennava, immobile e ferma in piedi vicino a quelli che considerava entrambi con due fratelli. Attraverso il suo sguardo, la guerriera riuscì a percepire la preoccupazione aumentare in lei, oscurandole lo sguardo e velandole gli occhi.
- E tu sei uno stupido rammollito! - i due si trovavano oramai ad un palmo di naso.
Lucy tentò di afferrare il braccio del fratello ma egli la scansò continuando, mettendo a nudo i suoi pensieri e la sua oscura invidia. - Mi sono stanco di essere sempre secondo. Prima era Peter, e ora sei tu. Sapete che sono più coraggioso di voi. - a quelle parole, sul viso di Caspian nacque un sorriso di scherno. - Perchè devi avere tu la spada di Peter? Ho diritto ad un regno tutto mio. Ho diritto di governare!- esclamò, il volto trasfigurato in una maschera di rabbia e risentimento che covava da molto tempo, oramai.
- Se credi di essere così bravo- incominciò Caspian, la voce sibilante - Provamelo- urlò poi, spingendo Edmund indietro.
Il clangore delle spade che si scontravano riecheggiò in maniera cupa e oscura per la caverna.
Uomini si ritrovò a pensare Asteria prima di estrarre anch’essa la spada ed intervenire seguita da Lucy. 
Con due decisi fendenti riuscì a mettersi nel mezzo ai due, prima che l’urlo di Lucy li facesse fermare del tutto. Con il solo scopo di proteggere la ragazza se la situazione fosse degenerata, sinceramente insofferente ai problemi tra i due uomini, li fissò attentamente, pronta ad anticipare ogni loro mossa.
- Smettetela- continuò poi la Valorosa, posando lo sguardo prima sul fratello maggiore poi su Caspian - Tutti e due!- urlò.
- Ma guardatevi, non vedete che cosa vi sta capitando? Questo posto vi ha messo alla prova. Vi ha stregato. Ed è quello di cui Coriakin ci aveva avvertito.- al nominare l’uomo la ragazza si girò verso la figura alle sue spalle. Asteria le sorrise leggermente facendole un cenno del capo.
- Andiamocene via subito- concluse la ragazza prima di avviarsi verso la corda che gli aveva aiutati a scendere nell’intercapedine.
La mora fissò i due uomini, prima di ringuainare la spada e seguirla.
Dopo qualche minuto, furono raggiunte da entrambi.

Una volta tornati alla barca, così come Asteria aveva predetto, quel poco cibo che i marinai avevano trovato in quella vulcanica isola erano foglie e diversi tipi di frutti secchi.
La guerriera si guardò intorno, quello strano presentimento ancora più pressante all’interno della sua anima. Dovevano lasciare l’isola e lo dovevano fare al più presto altrimenti, se lo sentiva, qualcosa di brutto sarebbe capitato, qualcosa per cui solamente Aslan avrebbe potuto far qualcosa.
- Dov’è Eustace?- chiese Lucy, notando che il cugino non era lì.
Reepicheep depositò qualcosa all’interno di una delle scialuppe prima di rispondere - Credo sia in giro per non aiutarci a caricare le barche.-
Dopo aver urlato il suo nome cercando di attirare l’attenzione del parente scomparso, la piccola di casa Pevensie si girò verso il fratello - Edmund, ho un brutto presentimento.-
L’affermazione della Valorosa mise definitivamente in allerta la guerriera, ora sicura più che mai che qualcosa sarebbe successo.
Sbuffando, il ragazzo, seguito da Caspian, tornò sui suoi passi per andarlo a cercare.
Asteria si avvicinò alla ragazza, posandole una mano sulla spalla - Stai bene?- le chiese, osservandola attentamente.
Lucy annuì, sbuffando leggermente. - Perchè gli uomini devono risolvere tutti i loro problemi con l’uso della forza?- chiese retoricamente, guardando la mora davanti a lei.
- Perchè sono uomini e non sono capaci di farlo in altri modi.- spiegò facendole un occhiolino e invitandola ad andarsi a sedere all’ombra di un masso aspettando per il ritorno di Edmund, Caspian e Eustace.
Una volta accomodate, Asteria si rese conto che era il momento di spiegare alla ragazza al suo fianco chi realmente fosse.
Con un sospiro, si girò verso di lei.
- Ciò che sto per raccontarti non deve essere rivelato a nessun’altro fino a tempo debito, d’accordo?- incominciò, cercando la rassicurazione che, con Lucy, il suo segreto sarebbe stato al sicuro fino al momento debito. La Valorosa annuì curiosa.
- Quello che hai visto sull’Isola di Coriakin, ero io, era la vera me. La me prima della caduta almeno.- con un sospiro, si perse con lo sguardo sull’orizzonte dell’oceano azzurro davanti a lei. - Il mio nome non è Siria, ma Asteria e- prese una breve pausa, girandosi verso la ragazza. -E sono una Stella caduta.- 



 
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


CAPITOLO OTTO



 
 
 

- Quello che hai visto sull’Isola di Coriakin, ero io, era la vera me. La me prima della caduta almeno.- con un sospiro, si perse con lo sguardo sull’orizzonte dell’oceano azzurro davanti a lei. - Il mio nome non è Siria, ma Asteria e- prese una breve pausa, girandosi verso la ragazza. -E sono una Stella caduta.- 

 
Lucy sgranò gli occhi, prima di aggrottare lo sguardo non capendo.
- Una stella caduta? In che senso?-
Indecisa se spingersi o no in quel racconto, la guerriera tentennò qualche minuto, prima di decidere che quello era il momento di mettersi a nudo, di raccontarsi, di rivelare ciò che aveva fatto e di dividere quel fardello che si portava sulle spalle dal giorno in cui Aslan l’aveva punita, giorno oramai risalente a mesi prima
- Tanti secoli fa, la mia famiglia era al cospetto di Aslan in persona e proteggeva Narnia e le sue creature in attesa dell’arrivo dei figli di Adamo e delle figlie di Eva- incominciò a raccontare, guardandola con sguardo eloquente nel pronunciare l’ultima frase - Combattevamo per lui cercando di mantenere l’equilibrio magico nel mondo e la pace. 
Dopo secoli, prima ancor dell’avvento della Strega Bianca, Aslan decise di ringraziare la mia famiglia rendendola immortale. 
Ci rese Stelle, con il compito di guidare i marinai e le creature e di dar loro speranza dall’alto della volta celeste. Ognuno di noi aveva un compito diverso e un’aurea diversa. Io ero…sono una Stella Rossa: portatrice di fortuna e di onori. Ero una delle quattro Stelle Regali.- si fermò nuovamente, conscia che le informazione lanciate sulla ragazza non erano semplici da poter digerire. 
- Una Stella Regale? E come sei finita qui?- chiese Lucy, una malcelata curiosità ben visibile attraverso gli occhi chiari, cosa che fece ridacchiare la donna che riprese a raccontare:
- Io, assieme a tre dei miei fratelli, fummo i guerrieri più leali e coraggiosi in terra e Aslan ci ringraziò rendendoci Stelle Regali: stelle che guidavano le altre stelle. Io ero a guardia delle sentinelle dell’est. Brillavo in questo cielo e osservavo il mondo dall’alto del mio incarico, fiera del mio operato. - Asteria osservò la volta azzurra sopra di loro con un tuffo al cuore.
- Un giorno, però, alcune stelle, tra cui mia sorella, si ribellarono al mio potere e- deglutì, il battito del cuore accelerato.
- e io le spensi tutte, tranne Lillandil. Ora, devi capire che la magia del mondo è dominata da regole precise e infrangibili: una Stella Guardiana non può in nessun modo intaccare altre Stelle, seppur in buona fede o per protezione, rischia altresì di sovvertire l’ordine degli eventi e l’equilibrio stesso del mondo.  Pochi giorni dopo il mio atto, caddi per volere di Aslan. Sapevo di aver agito erroneamente, andando contro al mio giuramento, seppur ad esser sincera una parte di me rifarebbe ciò che ho fatto pur di proteggere la mia vita, ma per punizione Aslan rese invisibile la mia aurea e mi relegò in questa forma umana, volubile e delicata, inutile.- concluse, guardandola. - Senza offesa, ovviamente.-
Lucy se ne stava ferma e in silenzio, metabolizzando la notizia appena ricevuta. 
Non riusciva a capire per quale motivo la punizione fosse stata così dura per la ragazza che si trovava davanti, dato che la colpa non era stata la sua.
- E tua sorella e le altre stelle?-
- Lillandil… beh, ti sorprenderà saperlo, ma è proprio lei la stella che stiamo seguendo. La Stella Azzurra è mia sorella.- una smorfia le dipinse il volto. - Per quanto riguarda le altre stelle, credo che Aslan le abbia salvate, immagino.- fece spallucce
- Noi stiamo seguendo tua sorella? Non potresti guidarci te all’isola allora?- 
Asteria rise, scuotendo la testa.
- Potrei ma no, non è il mio compito. Il mio compito era quello di concedere il sapere e la conoscenza, non di guidare in mare. Nonostante io sappia la rotta per dove siamo diretti, non posso rivelarla. -
- Quindi come dovrei chiamarti, d’ora in poi? Asteria o Siria? - chiese Lucy
- Nessuno deve sapere chi sono, Lucy, fino a che Aslan non si ripresenterà e mi accetterà al suo cospetto-
La ragazzina annuì - Quello che ti è successo da Coriakin, quindi, ha rivelato la vera te?-
- In parte.- rispose - Ogni Stella ha un’aurea particolare che la rende diversa da chiunque altro, la rende magica e unica. La mia, essendo io stessa una Stella Rossa, ha quel colore. Ognuno di noi può avere un cambiamento differente: mia Sorella può assumere varie sembianze, seppur il suo corpo rimanga per la maggior parte delle volte incorporeo. Il mio aspetto reale è la proiezione della mia essenza, della mia anima. Essendo stato Aslan stesso ad assopire la mia aurea per punizione, la me dopo l’incantesimo era una me intermedia. Durante i miei anni da guerriera, però, le sembianze che avevo sulla terra erano queste.- disse indicandosi. 
- E questa situazione, la Nebbia, il male, può influenzarti in qualche modo?-
- La Nebbia Verde non ha nessun effetto su di me: il mio corpo è umano ma la mia anima è sempre la stessa e fidati, dopo secoli di vita sulle spalle, impari a non cedere alle tentazioni. - affermò Asteria, prima che la loro conversazione fosse interrotta da Reepicheep che le informava che sarebbero tornati al Veliero per deporre le poche provviste che erano riusciti a racimolare. 
La Stella si alzò, porgendo una mano alla ragazza al suo fianco per aiutarla.
Raggiunsero le scialuppe per poter raggiungere la nave, il cuore di Asteria molto più libero e leggero fino a quel momento. 
Lucy non sembrava aver reagito male alla notizia ne sembrava odiarla per ciò che aveva fatto. 
Aveva rotto l’ordine del mondo, spengendo quelle stelle, ma ora si stava impegnando per poter aggiustare la situazione.
In fin dei conti, dovette ammettere a se stessa che quella situazione stava iniziando a piacerle: le piaceva poter stare nuovamente tra gli umani, aiutarli e proteggerli stando tra di loro, invece che confinata nel cielo.
Le mancava, la sua casa, ma non era più molto sicura di volerci tornare in quel covo di serpi.
Asteria stava sistemando delle cime sull’albero maestro, quando un profondo ruggito arrivò dall’isola. Versi animaleschi e pericolosi iniziarono a riecheggiare nell’aria, prima che una vampata di fuoco facesse la sua comparsa tra i pendii della montagna. 
- Tutti in coperta- dette l’ordine il Capitando Drinian, scendendo sul ponte unendosi ai suoi marinai. - Arcieri, armatevi, svelti!- urlò poi. 
Asteria raggiunse Lucy e Gael, la piccola bambina.
All’improvviso, un battito di ali fece alzar loro le teste verso il cielo: quello che aveva tutto l’aspetto di essere un feroce e possente drago si stava avvicinando velocemente alla loro imbarcazione, ruggendo e sputando fuoco. 
La guerriera abbracciò una balestra, caricandola e mettendosi pronta per colpire la bestia.
- Prendete posizione e aspettate il mio comando!- urlò nuovamente Drinian.
Il drago si appoggiò sull’albero maestro, attorcigliando i suoi lunghi artigli alla vela maestra.
All’ordine del capitano, i marinai armarono le balestre, iniziando a scagliare frecce contro il drago cercando di colpirlo. Asteria fece lo stesso, graffiandoli una zampa facendogli perdere in parte l’appoggio.
- Romperà l’albero- urlò poi, prima che la creatura aprisse le ali. La potenza dei battiti fece spostare la nave, facendo perdere l’appoggio della ragazza e sbattendola all’indietro. Da terra, vide Reepicheep darsi la spinta sulla spalla di un marinaio per tentare di raggiungere il drago, arrampicandosi sull’albero e infilzando il suo corto ma affilato spadaccino nelle zampe della bestia. 
Il drago, con una fiammata, tornò indietro, prima di rivolare verso di loro con Edmund stretto fra gli artigli, planando sulla nave e trascinandoselo dietro nuovamente in direzione dell’isola.
 


 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


CAPITOLO NOVE



 
 
 
- Si sarà fatto tentare dal tesoro- affermò Edmund osservando il drago che, sbattendo la zampa contro il terreno, tentava di levarsi quello che aveva l’aria di essere un braccialetto d’oro troppo stretto per lui.
Asteria si avvicinò cautamente, lo sguardo di tutti puntato su di lei, tendendo le braccia verso la zampa per aiutando a levarlo. Con un po’ di fatica, riuscì a sfilarlo ricevendo uno sguardo di ringraziamento da parte di quello che era in realtà Eustace.
- Chiunque sa che il tesoro del drago è una lusinga- affermò Caspian per poi ricevere una sguardo sprezzante dal drago. - Beh, chiunque sia di qui, almeno.- concluse poi, sotto lo sguardo divertito della ragazza. 
- C’è un modo per farlo tornare com’era?- chiese Edmund, osservando il cugino.
Lucy si voltò di scatto verso Asteria che, incrociando le braccia, storse la bocca. 
- Non che io sappia- dichiarò Caspian, cercando conferma dal Capitano in piedi alle se spalle.
- Siria?- calcò Lucy, lo sguardo denso di preghiere.
- Solo Aslan può interrompere la maledizione del drago, Lucy- affermò lei, il volto dispiaciuto.
- A Zia Alberta non farà molto piacere- commentò Edmund, continuando a guardare il cugino.
Per poter capire come risolvere la situazione e poter evitare di abbandonare il drago-cugino su quell’isola deserta. Caspian decise che si sarebbero accampati la per la notte.
Asteria sistemò il suo giaciglio accanto a quello di Lucy, la piccola Gael posta fra le due ragazze. 
La notte scese e, al caldo del fuoco acceso da Eustace, Asteria se ne stava con le spalle appoggiate ad una Roccia osservando quel cielo, quelle costellazioni che fino ad allora aveva chiamato casa.
Le era sempre piaciuto fissare il cielo, perdersi fra i meandri di quel vasto mondo, e quando aveva finalmente potuto farne parte, si era sentita finalmente felice.
- Non ho mai visto queste costellazioni- mormorò Edmund sdraiato pochi centimetri da lei.
- Neanche io- affermò Caspian, entrambi rivolti con lo sguardo verso quella meraviglia della natura.
- Quella sopra di noi è la costellazione dei Pesci- affermò la ragazza, indicando le quattro stelle sopra la loro testa.
Entrambi i Re si girarono verso di lei, per poi seguire con lo sguardo e cercare di localizzare il punto indicato dalla guerriera.
Notando che nessuno dei due riusciva a mettere a fuoco le quattro stelle, Asteria si alzò per poi inginocchiarsi di fianco al Re di Telmar.
Indicò nuovamente il cielo, avvicinandosi a lui. 
- Le quattro stelle luminose sopra di noi, appartengono alla costellazione dei Pesci: Alrisha, la stella più luminosa e unica stella bianca della costellazione, il cui nome significa ‘il nodo’ e rappresenta il nodo centrale che tiene insieme i due pesci, Kullat, Vernalis e Simmah.- si girò verso Caspian e quest’ultimo distolse lo sguardo dal cielo stellato puntandolo verso quello della ragazza.
Si trovavano così vicini che i loro respiri si legavano e i loro nasi si sfioravano.
Sarebbe bastato un solo piccolo movimento per far combaciare le labbra dei due, per coronare quello che entrambi stavano agognando da tempo. 
L’attrazione tra i due era palpabile: erano due calamite, due forze opposte che presto o tardi si sarebbero scontrate producendo scintille.
- Quando ero bambino immaginavo di navigare fino ai confini del mondo- ammise Caspian, il respiro caldo produsse una nuvoletta bianca che si infranse contro la ragazza.
Asteria si sistemò meglio, sedendosi accanto al Re senza mai distogliere lo sguardo dai suoi.
- E di trovare mio padre, là.- concluse poi, distogliendo lo sguardo puntandolo nuovamente sulla volta infinita.
- Potrebbe succedere- affermò lei, sussurrando.
Il silenzio intorno a loro dovuto ai loro compagni addormentati non li infastidì, anzi.
- Quali altre costellazioni conosci?- chiese il Re.
La ragazza gli sorrise, prima di tornare a fissare il cielo in cerca di altre stelle conosciute.
- La vedi quella stella arancione, a ovest di Alrisha?- chiese, indicando una stella particolarmente appariscente e riconoscibile. Caspian annuì. - Quella è Hamal, la stella principale della costellazione dell’Ariete. Le altre stelle principali sono Sheratan, Bharani e Mesarthim. A est dell’Ariete, vi è la costellazione del Toro: una delle più luminose tra tutte le costellazioni. La stella principale, Aldebaran è anche conosciuta con il nome di Asteria, ma stasera non si vede bene.- un colpo al cuore le fece rendere conto che quel punto nel quale il l’aurea rossastra di una delle quattro stelle regali manca, era il suo.
- Conosco la storia di Asteria, il mio tutore reali me la raccontava spesso: era una dei quattro guerrieri più vicini a Aslan tanto che, quando essa fu tramutata in stella, ricoprì il ruolo di Stella Regale protettrice della conoscenza. Si dice che fosse animata dal fuoco della guerra e del coraggio e che è questo il motivo per il quale la sua aurea è rossa.-
Il fatto che il Re sapesse in parte la sua storia e che la raccontasse con reverenza e meraviglia fece commuovere la ragazza che annuì sorridendo.
- Come le conosci?-
La ragazza tentennò indecisa su come spiegare quella sua conoscenza a riguardo.
Decise quindi di optare per una mezza verità: - Ho già navigato per queste acque quando ero ancora una bambina: mio padre mi portò con se durante uno dei suoi viaggi e mi insegnò a scrutare il cielo e a riconoscerne le stelle. Poco dopo sparì: mio padre che mi insegna a riconoscere le costellazioni è l’ultimo ricordo che ho di lui.- sospirò, perdendosi nei meandri della memoria. 
Appoggiò la testa sulla spalla muscolosa rivestita dal giacca in cuoio dell’uomo, osservando il cielo e pensando che se la sua vita da umana fosse stata bella come era quel momento, sarebbe stata capace di chiedere a Aslan in persona di lasciarla così.

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