Survival

di tano
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


SURVIVAL

-avventure su un isola deserta-

La tempesta invadeva il ponte della Going Merry con la sua acqua biancastra. Il motore della barca era acceso nel disperato tentativo di manovrare in mezzo a quell’inferno di schiuma. Per un attimo la testa d’ariete dell’imbarcazione puntò in alto, verso le nere nuvole gonfie di pioggia, ma poi si rigettò nell’acqua impietosa dell’oceano. Poi all’improvviso… la vela principale si era sciolta! Il teschio con il cappello di paglia sorrise sprezzante alle onde che minacciavano di distruggerlo. Il vento la gonfiò di colpo. La nave cominciò a girare vorticosamente su se stessa, come un guscio di noce in balia della corrente. La nave si piegò paurosamente su una fiancata, gli alberi sfiorarono l’acqua. L’onda successiva si abbatté sulla Going Merry con un incredibile accanimento, quasi fosse dotata di vita propria. L’acqua salata spazzò il ponte dell’imbarcazione. Probabilmente qualcuno gridò quando il corpo cadde in mare, ma la furia della tempesta coprì il grido.

§§§

Domenica 9 Luglio, Ore 21:40

Sora entrò nell’angusto spazio della porta massaggiandosi i capelli castani che partivano in ogni direzione. Sapeva che doveva restare su quella tinozza per il resto del mese, ma non sapeva che sarebbe stata una continua lezione di vocabolario. “Non si dice pareti” ripassò mentalmente il ragazzo “ma paratie. Non si dice apertura per uscire ma tambuccio” Non letti ma cuccette. La cucina è la cambusa e le stanze da letto si chiamano cabine. Non sarebbe mai riuscito a ricordare tutti quei nomi! Ma in fondo che gli importava, era comunque costretto a un mese di navigazione sulla Going Merry. A un tratto qualcuno bussò alla… si chiamava ancora porta quella? «Ragazzo? Che stai facendo li dentro? Riscrivi la divina commedia? Muoviti!» L’odiosa voce sibilante di Darkos, il comandante in seconda della Going Merry lo raggiunse. Sora si slacciò veloce la cintura dei pantaloncini corti ma batté violentemente il gomito contro il lavabo. «Ahia!» gridò. «Tutto a posto ragazzo?» esclamò Darkos. Sora bofonchiò un si poco convinto, quello non era un bagno, sembrava piuttosto una cabina telefonica. Persino i bagni pubblici erano più spaziosi. Sora riuscì a completare l’operazione ma si bloccò interdetto davanti al grosso cartello appeso sopra il water. C’erano le istruzioni per usare lo sciacquone.

1. Aprire la valvola

2. Pompare tre volte

3. Chiudere la valvola

4. Pompare tre volte

5. Chinarsi

Chinarsi? E perché? Sora non aveva ancora finito di chiederselo che uscendo andò a sbattere violentemente contro lo stipite della porta. «Occhio alla capoccia!» gli urlò Darkos nelle orecchie. Sora era sulla Going Merry da circa due ore e già odiava quell’uomo. Aveva l’abitudine di urlare sempre, sembrava incapace di parlare normalmente. Come se non bastasse aveva una lingua mostruosamente lunga che finiva sempre tra i denti e che finiva per bagnare di saliva i suoi interlocutori. «Ti sei ricordato di chiudere la valvola?» Sora annuì distrattamente e chiese «Perché va chiusa?» «Il turbine dello scarico finisce in mare! Se non si chiudesse la valvola l’acqua continuerebbe a entrare! Sarebbe un disastro! Coleremmo a picco!». Sora sentì crescere la sua ansia. Da quando aveva saputo che avrebbe dovuto imbarcarsi sulla Going Merry i suoi incubi erano stati invasi da onde anomale, uragani, calamari giganti e sconti con petroliere. Il suo amico Riku inoltre gli aveva fatto vedere a oltranza tutti i film della serie “Lo squalo”, uno scherzo di pessimo gusto. Ci mancava solo che dovesse preoccuparsi anche del gabinetto! «Emmm, starò attento… dov’è la mia cabina?» sospirò rassegnato. Darkos sogghignò maligno «Ci sei dentro!». «Ma questo è il…» le parole “corridoio del bagno” gli morirono in gola quando scorse nella penombra due letti a castello e due minuscoli armadietti. «Questo è il tuo quarto di alloggio!» gli urlò Darkos nelle orecchie indicando uno dei letti. «Cooosa???» esclamò Sora indignato. «Ti ricordo che non sei su una crociera di lusso! Benvenuto sulla Going Merry ragazzo! Luci spente alle 22:00». Darkos se ne andò fischiettando in coperta lasciando un sbalordito Sora a fissare il minuscolo letto. «Una cosa è certa -mormorò il ragazzo a mezza voce- questa non è una crociera di lusso».

Mente Sora continuava a guardarsi intorno smarrito una testa rosso fuoco spuntò alle sue spalle. «Scusa, che ore sono?». Sora guardò il display del suo orologio da polso. «Le dieci meno un quarto, anzi le 21 e 45». «I miei bioritmi sono tutti sballati, ho fatto undici ore di aereo per arrivare qui» si lamentò il rosso. «Racconta» disse Sora rinunciando a far stare tutti i suoi vestiti nel minuscolo cassetto assegnatoli. «Perché hai scelto di imbarcarti sulla Going Merry?». «Perché saremo solo noi e l’oceano, niente porti, niente soste, solo migliaia e migliaia di metri cubi di acqua, il depliant diceva che potremmo anche non incontrare nemmeno un imbarcazione o un aereo per tutto il mese» ironizzò il ragazzo. Detto così sembrava proprio una condanna. «A me non hanno mostrato nessun depliant». «Davvero?» il rosso sembrava sorpreso «E come sei finito qui?». Davanti all’occhio interiore di Sora passarono di nuovo quelle maledette immagini. Il giudice che pronunciava la parola “colpevole”. Le lacrime di sua madre. Il giudice che, nel suo ufficio, discuteva con i suoi genitori «Mandare un ragazzino di soli tredici anni in riformatorio non mi pare una scelta saggia, tanto più che è il suo primo reato. Ci sarebbe un’altra possibilità. Si tratta di un programma di rieducazione chiamato “GB”, Giro di Boa…». Sora lanciò al suo neo-compagno di cabina un sorrisetto enigmatico. «Sono un carcerato, mi chiamo Sora».«Che figata! Io invece sono Ron » disse il ragazzo sbarrando gli occhi eccitato «Ronald Wesley» precisò. «I miei genitori mi hanno spedito qui perché ho litigato con mia sorella». Sora alzò un sopracciglio divertito «e solo perché avete litigato i vostri genitori hanno pensato di mettere un oceano di distanza tra di voi?». «Magari! Mia sorella è qui accanto, nella cabina delle ragazze. Ti assicuro che è odiosa. Avrei preferito di gran lunga essere figlio unico!». Sora fece un risolino «io sono figlio unico, e ti assicuro che è la cosa peggiore del mondo. Se non hai fratelli o sorelle i genitori ti stanno sempre addosso». All’improvviso le luci si spensero e la cabina fu invasa dalle tenebre. L’unica lama di luce filtrava dal boccaporto. «Bhè, mi sa che mi è venuta voglia di dormire» ironizzò Sora arrampicandosi su un letto alto, Ron si sdraiò sotto di lui. «Che reato hai commesso?» chiese Ron a bruciapelo. Sora rise amareggiato «Tranquillo, non ho ucciso nessuno». Il rosso insistette «Dai! Io ti ho detto perché sono qui! Cosa hai fatto? Furto con scasso? Vandalismo? Rissa?…» «Di sicuro quello sarebbe stato il mio secondo capo d’accusa» lo interruppe Sora irritato «Se solo fossi riuscito a trovare il furbastro che mi ha messo una pistola nell’armadietto di scuola».

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Capitolo 2
*** II ***


Lunedì 10 luglio, Ore 08:20

Il capitano Reed Richards aveva due folte basette bianche. Era molto alto e doveva chinarsi sempre per passare dalle strette aperture della Going Merry. Nonostante questo si muoveva sulla sua barca con una tale grazia e naturalezza che sembrava quasi ci fosse nato e vissuto da sempre. Al capitano non piacevano molto i discorsi, tranne quando era lui a tenerli. «Nessuno di voi è qui di sua spontanea volontà, per il semplice desiderio di imparare a navigare» La sua voce era ferma e sicura di se. «Molti di voi arrivano da situazioni difficili, alcuni hanno avuto problemi con la legge» Sora arrossì visibilmente a quell’affermazione. «Ma a me non interessa chi eravate prima di salire sulla Going Merry. Adesso siete una ciurma, la mia ciurma. Questa è l’unica cosa che conta ormai, seguitemi e navigheremo insieme verso l’avventura!». «Abbiamo forse scelta?» sibilò Sora nell’orecchio di Ron. Darkos si occupava di mettere in riga. «Zitto moccioso! Quando il capitano parla solo lui ha diritto di parola!»

La prima “avventura che dovettero affrontare fu la pulizia del ponte. Sora si ritrovò a passare straccio e spazzolone, mentre la sua collera cresceva sempre di più Solo tre dei sei membri erano li a fare la ciurma, dove erano finiti gli altri tre? Accanto a lui lavoravano Ron e sua sorella Ginny Wesley, e non avevano smesso un attimo di litigare. «Perché passi lo straccio lì? L’ho già fatta io quella zona!». «Davvero? Ecco perché bisogna ripassarla!». Sora sorrise suo malgrado. Ron e Ginny erano così diversi che era logico che litigassero. Lui era robusto, lei pelle e ossa. Lui aveva il viso tondo, lei triangolare. Gli occhi di Ron continuavano a vagare guardandosi attorno, Ginny non staccava mai lo sguardo dallo spazzolone. L’unica cosa che i due fratelli condividevano erano i capelli, rosso fuoco. «Ho saputo che sei un delinquente?» gli disse allegramente Ginny a un certo punto. Sora arrossì violentemente, forse i fratelli Wesley non si sopportavano ma non potevano evitare di dirsi tutto. «È una lunga storia» borbottò il castano evasivo. «Anche noi una volta stavamo per finire sotto processo ma il nostro avvocato è riuscito a farcelo evitare» continuò Ginny allegra. «Ehi!» urlò Darkos dall’albero maestro dove si era arrampicato per controllare il sartiame. «Meno chiacchiere! Più olio di gomito! Capito ragazzi?!» Urlò con il suo solito tono sibilante.

Sora osservò Ron e Ginny mentre continuavano a beccarsi. Certo che quella famiglia era proprio un capolavoro! Che delicatezza parlare di processi scampati a chi, come lui, ne aveva subito uno vero. E poi quale genitore spedisce i propri figli al “Giro di Boa” solo perché litigavano come qualsiasi fratello e sorella del mondo? Ma poi… accadde. In mezzo secondo Ginny era passata dalla semplice provocazione verbale alle mani. La rossa prese lo spazzolone e lo tirò sulle gambe del fratello. Ron schivò il colpo saltando e lanciò alla ragazza il secchio con il quale stava pulendo. Furono mosse fulminee. Darkos scese veloce dall’albero e si frappose tre i due che stavano per saltarsi addosso. «Se volete mettervi nei guai non fatelo con me di guardia!». E fratello e sorella si rimisero a lavoro come se niente fosse. “Pazzi scatenati” pensò Sora impressionato. “Sono circondato da pazzi scatenati”.

Fortunatamente lavare il ponte fu un lavoro rapido, anche se sgradevole. La Going Merry infatti era lunga solo ventuno metri e lo spazio lasciato libero dalle attrezzature di bordo era pochissimo. In più anche gli alberi ingombravano molto. “Geniale” pensò Sora sarcastico “c’è posto per tuttoi tranne che per le persone. Perfino il riformatorio aveva più spazio! Uno che, come Sora, non aveva mai dovuto condividere la sua stanza con nessuno si sentirebbe male anche solo all’idea di dover trascorrere un mese su quella scatola di sardine galleggiante.

Oltre a essere il comandante in seconda e responsabile della disciplina a bordo Darkos era anche il cuoco della Going Merry. Effettivamente aveva un incredibile talento naturale ad aprire le scatole di fagioli lessi. Dopo pranzo Sora e Ron ebbero modo di scoprire un’altra eccitante “avventura” che prevedeva il GB: lavare i piatti e mettere a posto la dispensa.. Questa zona prendevaaria solo da un piccolissimo boccaporto ed era la stanza più calda di tutta la barca. I due ragazzi svolsero il lavoro in silenzio e grondando sudore, il soffocante caldo umido di Guam non lasciava loro neanche la forza di parlare. Più tardi mentre Darkos andava all’aeroporto a prendere altri due malcapitati della ciurma il capitano Richards propose a Sora, Ron e Ginny di visitare la zona di poppa. «Qual è lo strumento più importante che vedete qui?». «Il timone?»Suggerì timido Ron. «Ovviamente no!» scattò Ginny scandalizzata. «Allora la radio?» tentò Sora. «Ma no, ragiona, la radio sta giù da basso, con gli altri strumenti di navigazione» commentò Ron. «Sotto coperta» corresse Ginny. Ron ci riprovò energicamente «La bussola?». Il capitano fece un cenno di dinnego con la testa «Tutti gli strumenti che avete nominato sono importanti, ma…» Ginny intervenne «Ma il più importante è il pulsante del compressore». Sora e il capitano guardarono Ginny stupiti. «Fa girare la ventola del motore, se non lo si aziona prima del motore i vapori del gasolio potrebbero far esplodere la nave» spiegò la ragazza con tono saccente. Sora guardò il capitano chiedendo conferma e Richards fece si con la testa. «Incredibile, effettivamente quello che la signorina Wesley ha appena detto è giusto, non bisogna mai accendere il motore senza prima aver azionato il compressore» disse il capitano indicando un piccolo bottone rosso sulla pulsantiera accanto al timone. «Dimenticatevi pure tutto quello che vi ho detto ma ricordatevi almeno questo». Quest’ultima s dimostrò essere la frase preferita del capitano Richards. La usò anche quando spiegò loro che una barca ci mette un po’ a reagire ai movimenti del timone. «Non è come una bicicletta, che va dove volete nel momento in cui volete. Un timoniere inesperto infatti vira sempre troppo, perché non smette di girare il timone finché non sente che la nave cambia direzione. Dimenticatevi pure tutto quello che vi dirò ma ricordatevi almeno questo.». Alla fine della lezione il capitano indicò il molo. «Guardate ragazzi, il signor Darkos sta per presentarci altri due membri della ciurma. È importante che li facciate sentire subito a proprio agio.». «Dimenticatevi pure tutto quello che vi dirò ma ricordatevi almeno questo» sussurrò Sora all’orecchio di Ron. Il rosso soffocò la risata in un colpo di tosse.

I due nuovi arrivati avevano un’aria distrutta, probabilmente per via del volo transoceanico. Nihal aveva quattordici anni, la stessa età di Sora; era alta, magra come uno stecco e si muoveva come un gatto. Aveva lunghi capelli blu, due magnetici occhi viola e un buffo paio di spropositate orecchie a punta. Vestiva semplicemente e  nel complesso aveva un aspetto… efficiente. Archimede Pitagorico aveva tredici anni; era un ragazzo esile e alto, con gli occhi tristi. La pelle del ragazzo era molto pallida, praticamente bianca, e aveva un grosso naso aquilino. In effetti molto di lui ricordava un aquila. In quel momento stava discutendo animatamente con Darkos, che gli aveva proibito di portare a bordo il suo computer portatile nuovo di zecca. Archimede aveva tutta l’aria di voler restare sul molo piuttosto che salire a bordo se non avesse potuto portarlo con se. Il capitano li interruppe. «Ragazzo, qui lascerai la tua vecchia vita per una nuova e migliore». «E internet?» chiese il ragazzo mesto. «Sulla Going Merry troverai qualcosa di meglio, i chiama lavoro di squadra, solidarietà e collaborazione. Un aggeggio elettronico può offrirti simili esperienze?»

Darkos vedeva le cose in modo molto meno tragico.«Niente computer a bordo sapientone! È la regola!» Archi aveva un’aria disperata. «Coraggio» gli disse Sora in tono cordiale «Quando vedrai la tua stanza sarai felice di aver lasciato il PC a terra. Abbiamo meno spazio di sardine in scatola». Subito dopo Sora rifletté su quello che aveva appena detto: quella era una consolazione?

«Bene, abbiamo caricato tutti, possiamo partire» esclamò allegro Reed Richards. «No capitano! Manca un passeggero!» lo corresse Darkos. «Ma, non ci sono più voli in arrivo». Darkos sogghignò. «Questo non è il tipo da prendere un volo qualunque! Arriva con un jet privato!»

Note dell’autore: ecco il nuovo capitolo finalmente, spero che vi piaccia. Ormai manca solo un membro della ciurma e poi i ragazzi potranno salpare. Grazie a tutti quelli che mi hanno lasciato un commento.

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Capitolo 3
*** III ***


Lunedì 10 luglio, ore 18:05

Non appena il portellone del jet privato si aprì, gli occhiali firmati di Bart Simpson si appannarono per via dell’umidità pesante dell’isola di Guam. «Aloha!» esclamò il ragazzino passando gli occhiali all’uomo che lo accompagnava perché glieli pulisse.

Ned Flanders in realtà era il segretario personale di suo padre, il famosissimo attore di Hollywood Homer Simpson, ma da qualche tempo aveva ricevuto l’ingrato compito di fare da baby-sitter a quel moccioso viziato di Bart. «È alle isole Hawaii che si dice aloha, qui non so come ci si saluta». Gli suggerì Flanders. Bart fece spallucce «E allora stupido Flanders? Chi se ne importa!» disse saltando sulla pista di atterraggio. «Dov’è il mio bagaglio?». Flanders si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto mentre gli tendeva una sacca di tela. «Scherzi?» insistette Bart stupito «C’è almeno una mezza dozzina di valige nella carling dell’aereo!». Flanders scosse il capo «Le abbiamo scaricate tutte a Honolulu». Bart incrociò le gracili braccia sul petto e disse risoluto «io non ci vado!». «Come vuoi, in ogni caso con me non torni. Passa pure il tuo mese qui a Guam… a proposito sappi che la tua carta Gold è stata bloccata». «Ho ancora la Silver». «Giusto, provvederò appena torno a Los Angeles». Una smorfia di rabbia impotente si dipinse sul volto del ragazzino. «E va bene, chiamerò papà!». Tirò fuori il cellulare, un blackberry di ultima generazione, e si mise a digitare il numero con rabbia. Rimase in ascolto qualche secondo per poi gettare a terra l’apparecchio con rabbia. «Cacchio, non ho più credito». «Sei fortunato, a Los Angeles è mezzanotte, e credo che tuo padre non sarebbe stato entusiasta di essere svegliato a quell’ora… in effetti, tuo padre odia essere svegliato in generale». Bart continuò a stringere i pugni e Flanders assunse un tono dolce e comprensivo. «Bart, ascoltami. Quando hai cercato di vendere il video della festa privata di tuo padre ho dovuto faticare parecchio perché la cosa non finisse sui giornali. Quando hai compiuto tutti quei furti nei negozi del centro di Los Angeles sono stato io a convincere tuo padre che in fondo lo facevi solo per attirare la sua attenzione. Ma quando hai preso la sua moto e ti sei messo a scorazzare a tutta velocità per il quartiere… beh, allora abbiamo deciso che ti serviva una bella lezione e che dovevi cambiare aria». «Si, va bene cambiare aria ma questo è troppo» protestò il ragazzo arricciando il naso. «Se ti può consolare io avevo pensato alla chiesa» aggiunse Flanders. Bart ignorò l’ultimo commento e disse «Di la verità, sei contento di vedermi in questa situazione vero?» Un largo sorriso illuminò il volto di Flanders «Ci puoi giurare ragazzo, ti servirà di lezione». Poi il segretario notò un uomo pallido e massiccio che camminava spedito verso di loro. «Quello deve essere il signor Darkos». Si voltò verso il marinaio con aria cordiale «Sono Ned Flanders, dell’ufficio di Homer Simpson». Darkos gli passò accanto veloce e afferrò la sacca di tela di Bart. «Perfetto! Ragazzo, salpiamo tra un ora!». «Stupido Flanders» mormorò Bart tra i denti mentre Darkos lo portava via. Completamente ignorato Flanders ritrasse la mano e guardò Bart che si allontanava. Per un istante si chiese se dovesse salvare Bart dal duro destino che lo aspettava. Ma poi gli ritornarono in mente tutti i disastri che il ragazzino aveva combinato. Allora si voltò, risalì sul jet, e chiuse il portellone.

Nota: Nihal è la protagonista del libro “Le Cronache del Mondo Emerso” di Licia Troisi

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