Caos

di Lost on Mars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mia sorella non si tocca ***
Capitolo 2: *** La vostra dolce Lily ***
Capitolo 3: *** Sull'orlo dell'autodistruzione ***
Capitolo 4: *** Quella megera della Babbling ***
Capitolo 5: *** Il Ponte di Pietra ***
Capitolo 6: *** Un piccolo sacrificio per un bene superiore ***
Capitolo 7: *** Operazione 'Eliminare Zoe Caplan' ***
Capitolo 8: *** La regola del lunedì ***
Capitolo 9: *** Come sei orgogliosa ***
Capitolo 10: *** Pozione Polisucco ***
Capitolo 11: *** Potter smemorato, Paciock addormentato! ***
Capitolo 12: *** Ammira... trice ***
Capitolo 13: *** Dolcetto o scherzetto? ***
Capitolo 14: *** Il lancio del purè ***
Capitolo 15: *** Un Prefetto perfetto ***
Capitolo 16: *** Memoria tattile ***
Capitolo 17: *** Cassiopea ***
Capitolo 18: *** Scacco matto ***
Capitolo 19: *** Ti ho fatto una promessa ***
Capitolo 20: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 21: *** Come le giraffe ***
Capitolo 22: *** Levicorpus ***
Capitolo 23: *** Galeotto fu il Ceppo di Yule ***
Capitolo 24: *** Intrusa ***
Capitolo 25: *** Team Potter ***
Capitolo 26: *** Notturn Alley ***
Capitolo 27: *** Pipistrelli argentati ***
Capitolo 28: *** Wildflower ***
Capitolo 29: *** Una porta chiusa ***
Capitolo 30: *** Scontro fra titani ***
Capitolo 31: *** Effetti collaterali ***
Capitolo 32: *** Questione di prospettive ***
Capitolo 33: *** Il gioco del silenzio ***
Capitolo 34: *** Sospetti e duelli ***
Capitolo 35: *** Rivelazioni potenzialmente letali ***
Capitolo 36: *** Profumo d'aglio ***
Capitolo 37: *** Il brindisi mancato ***
Capitolo 38: *** La giornata delle delusioni ***
Capitolo 39: *** Dalla stessa parte ***
Capitolo 40: *** Una di noi ***
Capitolo 41: *** Verità sepolte ***
Capitolo 42: *** L'unica figlia femmina ***



Capitolo 1
*** Mia sorella non si tocca ***


I – ALBUS
 
Mia sorella non si tocca
 
«ALBUS POTTER!»
Sono sicuro che stavolta la Trent mi uccide. Dal momento che sarebbe leggermente illegale uccidere uno studente magnifico come me, credo che si limiterà semplicemente a tirar fuori la peggior punizione della storia, che non so davvero in cosa potrebbe consistere perché nei miei anni ad Hogwarts ho scontato letteralmente di tutto. In questo momento, però, non riesco a ricordare ed elencare tutte le mie mirabolanti punizioni, perché credo proprio che la professoressa Trent stia per uccidermi. È così minacciosa nel suo abito scuro, nel suo capello appuntito e con quei suoi occhietti chiari ma infuocati. Potrebbe essere arrabbiata perché ho erroneamente rischiato di impiccare Pucey col suo schifosissimo cravattino, oppure perché ho minacciato di affatturare Malfoy, intervenuto in suo soccorso, ma adesso che ci penso potrebbe essere arrabbiata con me perché qualche giorno fa ho, sempre per sbaglio, appiccato fuoco alle tende del baldacchino di Frank e… oh, chi se ne frega, sto per morire!
Nel frattempo, noto solo di sfuggita che Pucey ha ricominciato a respirare come qualsiasi essere umano e che Frank se la sta ridendo a non finire poco dietro di me. Devo ricordarmi che, se sopravvivo, devo riempirgli il letto di polvere pruriginosa. Non vedo Derek e Bellamy da nessuna parte, ma credo che loro abbiano avuto il buon senso di rimanere nella torre a finire il tema di Storia della Magia per domani, tema che peraltro non ho nemmeno iniziato e che nei miei piani copierei da Bellamy questa sera, ma ho appena realizzato che se non muoio, ma finisco in punizione, non avrò tempo di copiare il tema e morirei comunque per mano di Rüf domani perché non gli ho consegnato i suoi amati venticinque centimetri di pergamena sulla ripresa economica dei Goblin.
Devo assolutamente trovare un modo per farmi uccidere dalla Trent! O ad evitare la punizione, il che sarebbe fantastico, se solo fosse possibile. Tuttavia, reprimo i miei pensieri, mi costringo a reprimerli e noto che la professoressa mi ha finalmente raggiunto in tutta la sua minacciosità. A questo punto, devo solo fingere di essere calmo e sfoderare il mio immenso fascino.
«Sì, professoressa?» chiedo con molta nonchalance, mentre Frank ha finalmente finito di ridere a crepapelle e nel corridoio è calato uno strano silenzio che, devo essere sincero, mi mette non poco a disagio.
«Esigo sapere cosa sta succedendo» dice lapidaria. E la sento, sento la voglia di mettermi in punizione nella sua voce, quella di farmi rimpiangere il giorno in cui ho messo piede in questo castello, ma non riesce a terrorizzarmi davvero. Mi sto pian piano calmando e mi sto convincendo di avere tutto sotto controllo. Sono Albus Potter. Io la faccio sempre franca.
«È stata tutta legittima difesa, professoressa» rispondo. Lei mi guarda con gli occhi assottigliati e capisco che non ne è molto convinta. «Pucey stava attentando al mio udito con quel suo vocione da scimpanzé, poi ci si è messo anche Malfoy, che attentava alla mia vista e soprattutto al mio olfatto. Stavano per fare fuori tre dei miei cinque sensi e ho ritenuto giusto difendermi.»
La Trent ha mutato espressione solo per alzare un sopracciglio. Non devo averla convinta. Ma proprio per niente. In tutto ciò, sento anche la fastidiosa voce di Malfoy junior blaterare qualcosa a proposito del fatto che mi sto inventando tutto.
«Potter stava per strozzare Alec, professoressa!» esclama, mentre mi costringo ad ignorarlo, puntando lo sguardo da qualche altra parte. «Se non fossi intervenuto io…»
«Toglierò ben quindici punti a Grifondoro per questo teatrino» asserisce, con la voce ferma. «Malfoy, smettila di elogiarti o toglierò dei punti anche a te.»
La mia professoressa preferita è lei, senza alcuna ombra di dubbio. Può mettermi in punizione, togliermi dei punti, sgridarmi, ma ce l’ha con i Serpeverde tanto quanto me, anche se non lo da a vedere. Inoltre, insegna Trasfigurazione, la mia materia preferita in assoluto. Ho ancora un sorrisetto soddisfatto sulle labbra quando sento il suo sguardo di fuoco ancora su di me.
«E tu, Potter, vieni nel mio ufficio dopo cena.»
E in quel momento realizzo di non aver evitato nessuna punizione.
 
«Dovevate vedere la faccia di Malfoy quando la Trent l’ha fatto stare zitto!» Frank ride da un quarto d’ora, più o meno da quando ha cominciato a raccontare a Derek e Bellamy dell’episodio del pomeriggio appena trascorso. Deve essere stato esilarante per lui guardare come ho sollevato Pucey da terra solo incantando il suo cravattino e vedere la sua faccia da scimmione diventare tutta rossa perché il cravattino lo stava effettivamente strozzando, così come deve essere stato divertente vedere Malfoy che cercava di riportare il di dietro del suo compagno giù sulla terraferma e poi cercare di schiantarmi per farmi perdere la concentrazione sul cravattino di Pucey. È stato un po’ meno divertente, almeno per me, sentir risuonare la voce della Trent per tutto il corridoio e vederla avvicinarsi a me come una furia, ma Frank non smette di ridere nemmeno quando parla della mia punizione e per questo riceve un cuscino in faccia da parte del sottoscritto.
«E dai, ha detto di raggiungerla nel suo ufficio, mica di pulire i bagni con Gazza» esclama, tirandomi indietro il cuscino. E questo lui non doveva farlo, perché lo sa che adesso inizieremo una lotta di cuscini coinvolgendo anche quelle altre due povere anime di Derek e Bellamy, se non fosse che il più intelligente, avveduto, e soprattutto curioso dei miei amici non interrompe il mio imminente attacco, chiedendomi qualcosa.
Cosa, di preciso, non lo so. Sono troppo impegnato ad escogitare un piano per far capire a Frank che non può prendermi in giro gratuitamente, né parlare della mia punizione, ricordandomi che dovrò passare i prossimi due mesi praticamente ai lavori forzati. Ah, già. Ecco cosa mi ha chiesto Bellamy.
«Devo catalogare i libri di Erbologia dal 1950 ad oggi. Tutti i venerdì per due mesi» dico, guardando il mio amico, seduto a gambe incrociate sul letto di Derek. «Insomma, Erbologia!»
«Poteva andarti peggio» constata Derek, scartando una merendina. Immagino lo sguardo di Frank, accanto a me, e so che sta pensando esattamente quello che penso io. Abbiamo finito di cenare più o meno un’ora fa e Derek sta mangiando. Di nuovo.
«E cioè?» chiedo io. Cosa può esserci di peggio che passare i propri venerdì sera rinchiuso in biblioteca a catalogare libri che parlano di maledette piante? Sicuramente solo la morte.
«Poteva toglierti il Quidditch» risponde Derek con una tranquillità inaudita. Io spalanco gli occhi e penso che togliermi il Quidditch sia una punizione ancor peggiore della morte. Ora nella mia mente si susseguono immaginari disastrosi: la Trent che mi rimuove dal mio ruolo di capitano, la mia squadra che viene affidata a quell’incompetente di Jeremy Bolton, sempre la mia squadra che potrebbe potenzialmente perdere anche se giocasse unicamente contro quell’incapace di mia sorella, che al primo anno è riuscita a farsi esonerare dalle lezioni di volo da nostro padre, e infine, la mia squadra in fondo alla classifica, schiacciata dal sorrisetto tronfio e canzonatorio di Scorpius Malfoy.
Grazie a Merlino, la Trent non mi ha tolto il Quidditch.
«Se mi avesse tolto il Quidditch, avrei minacciato di gettarmi dalla Torre di Astronomia e, qualora fossi sopravvissuto, di incatenarmi in fondo al Lago Nero e offrirmi in pasto alla piovra gigante» dico frettolosamente. «Sono sicuro che la Trent non vuole che io mi uccida.»
«Certo che no, alzi la media complessiva della classe solo con la tua presenza» dice Bellamy, trattenendo una risata. Poi pensa e aggiunge: «Anzi, alziamo la media complessiva.»
«A proposito» esordisce Frank. Stare zitto per più di un minuto e venticinque secondi per lui è un record, tant’è che cominciavo a preoccuparmi fosse morto. «Possiamo dare un’occhiata al tuo tema di Storia della Magia, Bellamy?»
Io comincio ad annuire molto vigorosamente. Non voglio anche una punizione da Rüf.
«Giusto per trarre ispirazione» aggiungo, ma non devo sembrare molto convincente, perché Bellamy sospira, alza gli occhi al cielo e poi con un balzo si tira in piedi e va a prendere una pergamena sulla scrivania. Poi ce la porge.
«Ti dobbiamo un favore» gli dico, con un sorriso sornione.
«Se vogliamo essere fiscali mi dovete all’incirca ottantaquattro favori, contando tutte le volte in cui vi ho fatto copiare i compiti da quando ci conosciamo» risponde Bellamy.
«Ma tu non sei fiscale perché sei il nostro migliore amico» dice Frank. «E poi noi non copiamo.»
«È vero, ne facciamo solo una libera interpretazione» dico io, per appoggiare il mio migliore amico e salvare la situazione. «E poi Rüf non se ne accorgerà mai.»
«Fcufate, ma Rüf non mette i voti a fimpatia?» dice allora Derek, con la bocca piena di… aspettate, con la bocca piena delle mie merendine energetiche ai frutti di bosco? Oh no, Derek. Questa me la pagherai molto cara.
«Cosa stai mangiando?» lo interrompo immediatamente, quasi incenerendolo con lo sguardo.
«Oh, no…» Bellamy sembra già aver capito cosa sta per succedere e raggiunge furtivamente il suo letto a baldacchino, buttandocisi sopra. Frank, alla mia sinistra, si muove e con la coda dell’occhio lo vedo raggiungere la scrivania in fondo alla stanza per copiare i venticinque centimetri di pergamena che sono da consegnare tra esattamente dodici ore. Penso che dovrei prendere una sedia e mettermi vicino a lui a scrivere, ma Derek sta mangiando le mie merendine energetiche e giuro a me stesso che questo crimine non resterà impunito.
«Non lo fo…» mi risponde il mio amico, allontana dal suo viso paffutello la mia merendina e ne legge il nome sull’involucro multicolore, che reca il logo di Mielandia. Mi guarda. Poi guarda di nuovo la carta della merendina. Poi di nuovo me. Ingoia quello che ha in bocca senza staccarmi gli occhi di dosso. Devo avere un’aria molto minacciosa al momento, perché Derek da l’impressione di uno che sta per farsela nei pantaloni.
«Albus…» comincia a dire. Lo sento. Sta per dire che gli dispiace e che non succederà mai più. E poi vedo me stesso elargire un magnanimo perdono. «Non pensavo fossero tue, è dall’altro ieri che le mangio.»
Ed è in quel momento che l’intera Torre Grifondoro capisce che nessuno può mangiare le mie merendine energetiche ai frutti di bosco per due giorni di seguito e passarla liscia.
 
Rüf ha dato un misero Scadente al mio tema sulla ripresa economica dei Goblin. Cioè, il tema di Bellamy che io ho liberamente reinterpretato togliendo a me stesso due, lunghissime, importantissime ore di sonno quattro notti fa. Lo trovo semplicemente assurdo, specialmente perché Frank ha preso Accettabile, mentre Bellamy e Derek hanno preso un fantastico Oltre ogni Previsione.
Assurdo, ripeto.
E sapete cosa c’è di ancora più assurdo in tutto questo? Che condividiamo questa maledetta lezione con i Serpeverde e che Malfoy ha preso Eccellente. Lo vedo gongolare dal mio posto in fondo all’aula, così come vedo l’elegante E scritta sulla parte superiore della pergamena, che al momento sta sbandierando sotto agli occhi di sua cugina Clemence Zabini. Lei non sembra infastidita né seccata dal comportamento di Malfoy, non c’è da stupirsi, anche lei ha preso un voto altrettanto alto. Credo che Rüf da vivo debba essere stato un Serpeverde, altrimenti non si spiega perché metà della classe abbia preso voti altissimi e l’altra metà, che guarda caso coincide con i Grifondoro, eccezion fatta per quei due traditori dei miei amici, abbia preso voti perfettamente nella media, o peggio.
Credo sia giunto il momento di ricevere spiegazioni adeguate. Così mi alzo in piedi, attirando l’attenzione dei presenti, e mi avvicino alla cattedra con la pergamena tra le mani. L’evanescente professor Rüf sembra quasi infastidito dal mio gesto, ma credo che quest’azione rientri perfettamente nei miei diritti da studente.
«Cosa c’è, Paciock?» mi chiede, con la sua solita voce cupa e trascinata. Io assottiglio lo sguardo per guardarlo meglio, mi è sempre stato difficile cogliere bene i suoi tratti, essendo un fantasma, ma mi dico che non si può capire a quale casa sia appartenuta una persona solo guardandola, specialmente se si ha a che fare con il suo fantasma e non con la persona in carne ed ossa. Sospiro.
«Sono Potter, professore» gli dico. Perché mi confonda sempre con Frank rimane un mistero. «Vorrei sapere perché ho preso Scadente. Insomma, non credo di meritarmelo.»
Riesco quasi a sentire i pensieri di Bellamy che mi maledicono in quindici lingue diverse, perché ho copiato il compito e mi sto lamentando del voto ricevuto. Lo so, ma non sarei Albus Potter se non facessi questo tipo di cose, no?
Rüf mi guarda per qualche istante, forse sta ancora cercando di associare la mia faccia al mio nome e successivamente al mio compito, poi scrolla le spalle e mi sorprende, sfoggiando una memoria mai vista prima. «L’accordo che aboliva i dazi al confine con le terre dei giganti è stato sugellato nel 1456, tu hai sbagliato di circa mezzo secolo. Fu Harg Pietra di Luna e non Horb Mezzaluna a fondare il primo istituto di garanzia per i beni di grande valore, e tra l’altro lo fece nel 1402 e non nel 1702, Potter. Hai fatto anche altri errori, ma non abbiamo tutto il giorno, temo.»
Sospiro. Sono tutti errori di distrazione, dovuti al fatto che mi sono messo a copiare il tema a notte fonda, perché ho passato il pomeriggio a cercare di strozzare Pucey e affatturare Malfoy. Ho ragione quando dico che, in un modo o nell’altro, è sempre e solo colpa di quei famigerati Serpeverde!
Annuisco senza dire una parola e me ne ritorno in silenzio al mio posto. Devo preparare la mia vendetta entro la fine della settimana.
Mentre passo tra i banchi, Malfoy mi strattona, ma io in quanto essere superiore mi costringo a rimanere calmo e mi limito ad incenerirlo con lo sguardo.
«Andiamo Potter, come fai a prendere Scadente a Storia della Magia?» mi canzona. «Non sei capace a ricordarti qualche nozione elementare?»
Avrei una risposta perfetta per far tacere quell’essere platinato da qui fino alla fine dei suoi giorni, se solo sapessi in quale materia fa cilecca. Ma più ci penso, più credo che Scorpius Malfoy vada bene, anzi benissimo, in tutte le materie, per cui non ho fronti su cui poterlo attaccare. E io so, nel mio subconscio, che non posso rimanere impassibile di fronte alla sua provocazione, ne andrebbe del mio orgoglio, della mia dignità e della mia buona reputazione. In nome della profonda amicizia che mi lega con Frank sin dal giorno in cui siamo nati, credo che questo sia il punto in cui lui si alza e viene a salvarmi da questa situazione imbarazzante, ma Frank in questo momento è troppo impegnato a sbavare dietro a Roxanne, che per la cronaca è mia cugina, per potermi prestare soccorso. Devo cavarmela da solo, anche perché Bellamy e Derek stanno confrontando ancora i loro compiti e confabulano come se stessero parlando di segreti di stato.
«Almeno io sono capace a relazionarmi con l’universo femminile, Malfoy» ribatto, poi sposto lo sguardo su sua cugina, seduta al banco vicino al suo. E poi torno a guardarlo. «Mentre tu… sembra che l’unica ragazza che riesca a sopportare il tuo fetore sia la povera Clemence.»
Soddisfatto della mia risposta, aspetto qualche secondo, e dopo aver constatato che Malfoy non è stato capace di rispondere a tono e mi guarda come se vorrebbe spezzarmi l’osso del collo da un momento all’altro, mi dirigo verso il mio banco e mi siedo felice sulla sedia. Poi, decido che è giunto il momento di distogliere l’attenzione di Frank dalle grazie di mia cugina Roxanne.
«Hai sentito cosa ho appena detto a Malfoy?» chiedo al mio migliore amico, dopo averlo preso per una spalla per farlo girare verso di me.
«Eh? No. Cosa?» mi dice lui, ancora con lo sguardo inebetito. Sospiro. Devo trovare a Frank una ragazza che non faccia parte della mia famiglia.
«Gli ho detto che l’unica ragazza che riuscirà mai a sopportarlo è sua cugina» gli rispondo, soddisfatto. «Lui mi ha provocato, dovevo rispondergli!»
«Paciock!» dice il professore dalla cattedra. Stavolta non so se si stia riferendo per davvero a Frank, ma dato che ci confonde sempre, credo proprio che si stia riferendo a me. L’unico problema è che io e Frank ci giriamo all’unisono e sempre all’unisono esclamiamo: «Mi dica!»
Qualcuno soffoca risolini divertiti. E per qualcuno intendo Derek, mentre il resto della classe sembra completamente ammutolita.
«Smettila di parlare o abbasserò il tuo voto da Scadente a Desolante» dice. E allora ho la conferma che si sta riferendo a me, perché Frank ha preso A.
«Sì, signore» sospiro.
Rüf allora si alza, si mette come al solito le mani dietro la schiena e comincia a vagare avanti e indietro, in quello spazio che divide la prima fila di banchi dalla cattedra. «Adesso che avete avuto modo di visionare i vostri compiti e di porgere le relative lamentele» esordisce. Io mi sento chiamato in causa. «Iniziamo l’argomento che sarà oggetto del prossimo tema. L’invasione dei maghi nelle terre dei giganti. Dopo l’abolizione dei dazi per lo scambio di merci con i giganti del 1456 e la fondazione della Gringott nel 1474, tra la comunità magica nacquero numerosi scontenti, che portarono il ministro dell’epoca, Sir George Cussington, ad emanare una serie di provvedimenti che…»
Io mi accascio morente sul mio banco, mentre decido di aspettare che il supplizio finisca. Devo ancora elaborare la mia vendetta contro Malfoy, necessità ancora più pressante dopo il battibecco avvenuto poco fa, ma come? Dovrei trovarlo e sfidarlo a duello, ovviamente ridicolizzandolo. Dovrei farlo in Sala Grande, ma non durante un pasto, anzi, ora che ci penso non dovrei farlo in Sala Grande, rischierei un’altra punizione oltre quella che già ho e non voglio giocarmi il Quidditch. Forse dovrei aspettare la fine della mia punizione, oppure escogitare un metodo che non mi veda direttamente coinvolto nella faccenda. Scarto immediatamente quest’idea, giocare senza sporcarsi le mani è un atteggiamento che meglio si addice alla vigliaccheria della mia nemesi platinata, non certo a me. Non ho affatto paura di prendermi le mie responsabilità. E poi, davvero, chi oserebbe lamentarsi se dovessi battere Malfoy in un duello, spedendolo con le chiappe a terra dall’altra parte del Lago Nero? Ecco, forse dovrei sfidarlo laggiù, così, nel migliore dei casi, gli farei fare anche una bella nuotatina in compagnia della piovra gigante. Non che per lui debba essere un problema: la piovra abita praticamente a ridosso della loro Sala Comune, ormai devono aver fraternizzato.
«E quindi, il capitano Umbert Saltiger oltrepassò il confine nell’inverno del 1489 con quasi diecimila uomini…» Rüf continua a parlare. Frank alla mia destra sta scarabocchiando sulla pergamena, Derek si diverte a far rotolare una matita sul banco, salvandola, quando ci riesce, dal cadere a terra e Bellamy ogni tanto annota qualche parola, ma da qualche minuto si regge la testa con la mano e sembra sul punto di cadere in un sonno profondo.
Finalmente, dopo non so quanto tempo, la lezione si conclude e io mi permetto di sospirare di sollievo. Bellamy si risveglia dal suo torpore, Frank e Derek capiscono che è finalmente tutto finito dal fatto che gli altri si sono alzati in piedi e si accalcano verso la porta. Noi quasi siamo tra gli ultimi ad uscire e nel bel mezzo del corridoio, trovo di nuovo Malfoy, intento a parlare con Clemence e Alec Pucey. Io, ovviamente, dall’alto della mia superiorità, decido di ignorarlo e di passargli accanto, facendo finta che la sua semplice esistenza non mi dia affatto fastidio. L’unico problema, come al solito, dato che non sa accettare la sconfitta, né tantomeno venire a patti con il fatto che io sono e che sarò sempre migliore di lui, è che Malfoy non decide di ignorare me.
«Comunque, Potter» mi dice, seguendomi per qualche passo lungo il corridoio. «Perché non provi a chiedere a tua sorella se anche lei trova insopportabile il mio fetore, come dici tu? Credo rimarresti sorpreso dalla risposta.»
Io mi pietrifico all’istante e mi volto lentamente verso di lui. Mi prendo qualche secondo per realizzare quello che ha detto e nella mia testa cominciano a crearsi immagini davvero poco carine. Insomma, deve aver detto una bugia, una terribile, infamante menzogna.
Deve averlo fatto per forza, perché nonostante siano ben quindici anni che mi chiedo se io e Lily condividiamo davvero lo stesso patrimonio genetico, lei è pur sempre mia sorella. Mia sorella minore. E poco importa che sia stata smistata in Serpeverde, che non le piaccia il Quidditch e che vada decisamente troppo bene in Pozioni, è mia sorella. E mia sorella non si tocca. Eh no, Malfoy, mia sorella non si tocca.
È in quel preciso momento che decido di mandare totalmente all’aria la pianificazione attenta della mia vendetta e che il mio pugno colpisce Malfoy in pieno viso, lui indietreggia di qualche metro, con entrambe le mani a coprirsi la faccia e poi cade all’indietro, finendo effettivamente con le chiappe a terra. Solo che ci finisce ai piedi della McGranitt, che sta camminando nientemeno che con la professoressa Trent.
Penso di essermi appena giocato il Quidditch per il resto della mia vita.
 

Ciao a tutti! Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino alla fine e spero che questo primo capitolo sia stato di vostro gradimento. Lo ammetto, io sono un po' pazza a pubblicare a ridosso della sessione invernale, ma era da un po' che volevo provare con questa storia ed eccomi qui. È una fanfiction senza troppe pretese, con una Nuova Generazione un po' ribaltata, un po' diversa dal solito. Premetto già da adesso che ogni capitolo sarà narrato da un personaggio diverso, questo è dal punto di vista di Albus: volevo dare una visione a tuttotondo della faccenda e dei personaggi, ma non volevo usare la solita terza persona e ho voluto sperimentare la prima, che uso davvero raramente quindi spero di fare un buon lavoro! :) Non so ancora con quale frequenza riuscirò ad aggiornare, spero comunque in tempi relativamente brevi. Vi ringrazio ancora una volta se siete arrivati fin qui, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, quali sono le vostre prime impressioni, non esitate a lasciarmi una recensione, o anche solo un piccolo commento. ♥
Mars
PS: La storia non terrà conto degli eventi di "The Cursed Child", personalmente io preferirei fare finta che quel libro non sia mai esistito e per eventuali riferimenti mi rifarò unicamente alla saga originale.  

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Capitolo 2
*** La vostra dolce Lily ***


II – LILY
 
La vostra dolce Lily
 
Ho sempre avuto la sensazione che la mia esistenza fosse in certo qual modo maledetta. L’ho capito quando a nemmeno due anni la mia magia accidentale ha bruciato le sopracciglia alla mamma, l’ho capito quando James, alla tenerissima età di cinque anni, ha cercato di affogarmi nella vasca da bagno perché stavamo giocando a mostri e pirati, e lui stava prendendo la cosa del pirata un po’ troppo seriamente, l’ho capito quando ho realizzato, con un certo orrore, che sono la prima Potter in tutta la storia dei Potter ad essere finita nella casa di Salazar Serpeverde. E lo capisco anche in questo momento, mentre sto cercando di aggiustare il naso a Scorpius per la seconda volta in questo mese, grazie al temperamento per nulla irascibile di mio fratello.
Ho sempre pensato, anche, che Albus sia il meno riuscito dei miei fratelli. Gli voglio bene, certo, ma sono sicura che debba aver presto qualche botta in testa da piccolo, oppure che la mamma mentre era incinta non abbia tenuto un comportamento saggio e soprattutto sano e che, di conseguenza, Albus sia nato con qualche problema al cervello che lo porta ad azzuffarsi alla babbana con uno dei miei migliori amici ogni due settimane.
Sospiro, mentre cerco di eseguire correttamente l’incantesimo. Certo, non sarei qui se Scorpius fosse andato in infermeria a farsi rimettere a posto la faccia dalla signorina Bell, e di certo tutto sarebbe molto più facile se non sentisse l’impellente bisogno di muovere la testa ogni tre secondi e se solo tenesse chiusa quella sua boccaccia, magri riuscirei a pensare e a non cavargli gli occhi con la bacchetta.
«Mannaggia a Merlino, Scorpius! Se non stai zitto ti schianto» sbotto, sbattendo un pugno sulla moquette verde scuro della stanza. Siamo nel suo dormitorio: i ragazzi non possono entrare in quello femminile e non mi è parso il caso di ricostruirgli la faccia in Sala Comune di fronte a tutti. Come dicevo, neanche è voluto andare in infermeria, chissà per quale ragione.
Maschi.
«Tuo fratello ha cercato di uccidermi» mi risponde di rimando.
«E ci proverò anche io se non smetti di parlare» lo minaccio nuovamente, rivolgendogli uno sguardo torvo.
«Perché non mi fai smettere tu di parlare?» chiede. Ora ha adottato un tono del tutto diverso che per mia sfortuna conosco molto bene. Sbuffo seccata e alzo gli occhi al cielo, non mi sono nuove certe frasi da parte sua, ormai penso che per lui sia diventato un gioco. D’altronde, ho scoraggiato le sue intenzioni così tante volte e in così tanti modi diversi che voglio sperare si sia definitivamente rassegnato e continui a stuzzicarmi per il semplice e puro fatto che Scorpius Malfoy, per certi versi, è più simile a mio fratello di quanto gli piaccia pensare: è un po’ sbruffone, gli piace attaccare briga con chiunque gli dia fastidio e sente sempre il bisogno di dimostrare quanto sia migliore degli altri. Ah, e sono entrambi maschi, sono limitati per definizione. È una cosa intrinseca al loro essere, non possono farci niente.
«Taci» dico ancora. È la volta buona che mi riesce l’incantesimo. Pronuncio la formula, accompagnandola con un preciso movimento della bacchetta e sento un rumore provenire dal viso di Scorpius, lui stringe gli occhi e arriccia le labbra in un’espressione di dolore, poi torna a rilassarsi e con le dita va a tastarsi il naso. È ancora un po’ sporco di sangue, ma non sembra che gli faccia più male.
«Come va?» gli chiedo allora.
«Benissimo» mi risponde, mentre continua a toccarsi la faccia. Poi mi guarda come se volesse dirmi qualcosa e io aspetto, perché so quanto sia difficile per questo zuccone di Scorpius Malfoy ringraziare le persone. «Grazie, Lily.»
«Non c’è di che» gli rispondo, abbozzando un sorriso. Gli passo dei fazzoletti umidi per pulirsi dai residui di sangue che gli sono rimasti sotto le narici e lui alla loro vista aggrotta la fronte. Sospiro. «Lascia stare, faccio io.»
Gli pulisco il viso e mentre lo faccio i suoi occhi chiari mi indagano come al solito, forse cercano di capire se riuscirò mai a provare qualche sentimento diverso dal semplice affetto che si nutre per un amico, anche se spero vivamente che sia pensando ad altro. Nonostante spesso e volentieri ci scherziamo sopra, mi reca un certo senso di disagio pensare che Scorpius potrebbe davvero essere interessato a me. Insomma, no!
Quando ho finito, butto il fazzoletto sporco per terra, chiedendomi dove sia un cestino per buttarli. Scorpius sembra leggere i miei pensieri e li raccoglie, alzandosi poi di scatto per andare in bagno. Immagino che li abbia gettati lì. Mentre lui è nella stanzetta adiacente mi alzo anche io, lisciandomi la gonna della divisa.
«Bene» dico, quando mi ritrovo di nuovo Scorpius davanti. Incrocio le braccia al petto. «Adesso vuoi dirmi perché Albus ti ha preso a pugni nel bel mezzo del corridoio?»
Lui sospira e si siede sul suo grande letto a baldacchino, io decido di rimanere in piedi, ma poi mi fa cenno di sedermi accanto a lui. Senza protestare inutilmente, mi avvicino e mi accomodo sul materasso, in attesa di una risposta.
«Potrei avergli fatto capire cose che non esistono solo per rispondere ad una cosa che mi aveva detto e per provocarlo» mi dice. «Insomma, tu sai quanto io adori vederlo andare su tutte le furie. È il mio passatempo preferito!»
«Sì, ma chissà perché ogni volta finisce per prenderti a pugni e poi sono io quella deve riaggiustarti la faccia» gli dico, con un velo d’ironia a coprire il mio tono amareggiato. Non ho chiesto io che mio fratello e Scorpius diventassero nemici giurati, anzi, mi sarebbe piaciuto poter stare con entrambi allo stesso momento, ma dato che ci tengo alla mia incolumità e soprattutto alla vita di entrambi, per il bene comune è meglio non farli stare per troppo tempo nella stessa stanza.
«Perché stavolta penso di averlo fatto incazzare» mi spiega Scorpius. E adesso mi preparo psicologicamente per ascoltare la colossale stronzata che avrà sparato in presenza di Albus per farlo reagire in quel modo. Non nascondo che a volte mio fratello sa essere particolarmente violento per nessun motivo apparente, e sa essere anche abbastanza cattivo quando ce l’ha  con qualcuno, ma so che Scorpius non è una persona che si fa mettere i piedi in testa e che, sicuramente, una parte di colpa ce l’ha anche lui, in tutto questo macello.
«Sì, ma devi capire che è tutto partito da lui. Lui ha insinuato che io fossi talmente sfigato che l’unica ragazza al mondo che potrebbe mai starmi intorno è Clemence, mentre sia io, sia tu che tuo fratello sappiamo che è ben altra la verità.»
Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo per l’ennesima volta nelle ultime due ore. Sì, sappiamo tutti benissimo qual è la verità: è che persino uno scaldabagno sarebbe fisicamente attratto da Scorpius, se lui si mettesse lì a fargli qualche moina e gli occhi dolci. Ho, oggettivamente, un amico con una bellezza al di fuori del normale. Scorpius ha dei capelli biondi folti e sempre in disordine, gli occhi chiari, di un grigio brillante, e un sorriso accattivante perennemente stampato in faccia. Ad esser bello è bello, ed è anche costantemente circondato da ragazze. Albus non aveva proprio niente da dirgli, per tirare fuori una cosa del genere.
«E tu cosa hai fatto?» gli chiedo io. Ancora non so la risposta che ha fatto innescare la rabbia di mio fratello e, onestamente, ho paura ad ascoltarla.
«All’inizio niente, poi ci ho pensato sopra mentre Rüf spiegava e dopo la lezione potrei avergli detto che tu non trovavi esattamente così insopportabile stare con me e…»
«Scorpius» inizio immediatamente, impedendogli di finire la sua frase. Penso di aver già capito tutto e la cosa non mi sta piacendo per niente. Oh no, lui non ha idea della bomba che presto esploderà su tutte le nostre teste. Non ne ha la più pallida idea. «Hai per caso fatto capire a mio fratello che io e te siamo insieme?»
«Beh, io…»
Non c’è bisogno che mi risponda. Quando non sa cosa dire generalmente la risposa è sì. E quando non sa cosa dire, generalmente riconosce di aver sbagliato, e sempre generalmente io dovrei rintanarmi nel mio angolo di razionalità a trovare una soluzione per il disastro che tra poco si abbatterà su tutti noi. Ma in quel momento non riesco a formulare pensieri concreti, così riciclo quelli che ho già avuto.
«Quindi ora Albus crede che noi stiamo insieme» ripeto, guardandolo sconcertata.
«Credo di sì. Ma che importa?» mi chiede,  cercando di fare un sorriso innocente che di innocente non ha proprio niente. E ora nella mia mente si profilano due possibilità: in qualsiasi caso, dovrei prepararmi psicologicamente per il Discorso che Albus verrà a farmi e alle conseguenti lettere che arriveranno preoccupate da parte di tutti i membri adulti della mia famiglia, se questa innocente menzogna si venisse a sapere, ma a questo punto potrei negare tutto fino al mio ultimo respiro, oppure, potrei mandare avanti le folli convinzioni di Albus.
Mi si accende un luccichio negli occhi e senza accorgermene piego la bocca verso l’alto in un espressione che non deve avere nulla di buono, perché Scorpius mi sta guardando e sembra essere molto preoccupato.
«Lily?» mi richiama, scuotendomi per un braccio. Mi giro immediatamente verso di lui mentre mi chiedo ancora se sia giusto dirgli quello che sto per dirgli. Pensandoci, una cosa del genere potrebbe porre la parola fine una volta per tutte all’astio che intercorre tra mio fratello e Scorpius, potrebbe portarli ad avere un rapporto umano, civile, che non comprenda fatture e pugni ogni volta che si rivolgono la parola.
«Scorpius» gli dico io. «Quanto sei bravo a recitare?»

 
«Chi sa dirmi gli ingredienti principali della bevanda della pace?»
Ad ogni parola che dice, sembra che Lumacorno debba esalare il suo ultimo respiro. Non che ci sia da sorprendersi, se alla veneranda età di centoventicinque anni ci si ritrova ad insegnare ad un esercito di adolescenti. Ciononostante, a me il vecchio Luma è sempre piaciuto e io sono sempre piaciuta a lui. La mia mano scatta in alto prima di quella smorfiosa di Lucinda Ackerman, che crede di essere la pozionista più famosa del mondo, tanto lo so che Lumacorno darà a me la parola e non a lei. D’altronde, a differenza di Lucinda-so-tutto-io, faccio anche parte del Lumaclub. È stato strano, l’anno scorso, quando sul treno ho ricevuto l’invito da parte del professore. Insomma, sapevo cos’era il Lumaclub e sapevo anche che avrei probabilmente dovuto aspettarmelo, dato il mio cognome, ma a lungo andare ho scoperto che non è niente di così entusiasmante. L’unica cosa che rende le cene e le festicciole organizzate da Lumacorno sopportabili, è la presenza di Scorpius. E anche quella di mio fratello, quelle poche volte che si degna di presentarsi, cosa che a mio avviso per lui sarebbe molto vantaggiosa:  non brilla per particolare bravura con le pozioni e non capisce che partecipando agli eventi di Lumacorno potrebbe far lievitare la sua media, specialmente in vista dei M.A.G.O., ma ormai ho rinunciato a farglielo capire. Credo di averlo fatto qualche mese fa, durante l’estate, quando mi ha detto testuali parole: “Io e Malfoy alla stessa festa, che condividiamo lo stesso cibo e la stessa aria? Lumacorno sarà costretto a chiudere il club per sempre.”
Ragion per cui, la situazione attuale è che Albus si presenta solo quando io gli assicuro che Scorpius non ci sarà.
«Sì, Lily?» La voce di Lumacorno mi riporta alla realtà e io faccio mente locale per una frazione di secondo, prima di rispondere.
«Pietra di luna, biancospino, sciroppo di elleboro, giunchiglie strombazzanti, tiglio e valeriana» dico velocemente, elencando alla perfezione gli ingredienti della pozione.
«Esattamente, dieci punti a Serpeverde» esclama il professore, soddisfatto della mia risposta. Tuttavia, nemmeno un secondo dopo sento una fastidiosa voce tossire nel modo più finto possibile. Non ho bisogno neanche di girarmi per capire chi è.
«Signorina Ackerman?» fa poi Lumacorno, volgendo lo sguardo da qualche parte dietro di me. Come previsto, è quella saccente di Lucinda che deve dire la sua ad ogni costo. Voglio proprio vedere cosa tirerà fuori adesso, non ho dimenticato nessun ingrediente, la mia elencazione era a dir poco impeccabile.
«La pietra di luna s’intende polverizzata e non va inserito direttamente il tiglio, ma il suo infuso» precisa.
«Oh, beh, è vero» borbotta Lumacorno. «Cinque punti a Corvonero per la precisazione della signorina Ackerman.»
Almeno non le ha dato tanti punti quanto me, una magra consolazione. Non devo farmi distrarre da lei. Lucinda Ackerman deve essere l’ultima delle mie preoccupazioni, è solo gelosa perché io sono la studentessa preferita di Lumacorno, faccio parte del suo club e l’anno scorso sono stata promossa con un voto in più di lei. È ovvio che il suo obiettivo sia quello di spodestarmi, ma non ci riuscirà affatto. Io sono Lily Potter e chiunque in questa scuola dovrebbe sapere che chi si mette contro me, ha i giorni contati. Ma per Lucinda farò un’eccezione, perché ho cose più importanti a cui pensare.
Devo ancora convincere Scorpius della genialità del mio piano. Ieri quando gliene ho parlato non mi è sembrato molto convinto: dopo aver tirato fuori una delle sue solite battute dicendo che fingere di stare insieme avrebbe comportato anche diversi scambi di effusioni in pubblico, ha detto che per quanto l’idea lo attirasse, non voleva rischiare la vita per colpa di Albus. Ho dovuto dargli ragione almeno in parte. A pensarci bene, a me non attira per niente l’idea di dover limonare con Scorpius in Sala Grande, e inoltre, Merlino solo sa come potrebbe reagire Albus.
“Albus finirà per uccidere Scorpius in ogni caso.”
Odio la mia coscienza, ha sempre così ragione! Penso che il mio piano sia stupido e che non riuscirà mai a portare al risultato sperato. Se facciamo finta di stare insieme, Albus diventerà una belva feroce capace di sbranare chiunque entri a far parte del suo spazio vitale, se ci comportiamo come al solito, si struggerà notte e giorno per scoprire la verità e solo adesso mi rendo conto di quanto quest’ultima prospettiva possa essere divertente e soprattutto più utile al mio scopo. Devo assolutamente lasciarlo nel dubbio più assoluto, e qualora venisse a chiedermi informazioni, rispondere nel modo più vago possibile e, perché no, fare addirittura affermazioni ambigue. Oh, Albus imparerà a non giudicare un libro dalla copertina, proprio come non l’ho fatto io. L’inimicizia tra lui e Scorpius finirà e, finalmente, non sarà più necessario togliere tempo all’uno per stare con l’altro e potrò vivere una vita serena, come qualsiasi quindicenne che si rispetti merita di vivere.
Torno con la testa nell’aula di pozioni solo quando noto che i miei compagni si stanno alzando e stanno cominciando a tirare fuori calderoni e ingredienti. La cosa si fa ancora più strana quando Lucinda Ackerman si para di fronte al mio banco con la sua solita espressione scocciata. È odioso persino il modo ridicolo con cui si acconcia ogni santo giorno i capelli, con uno chignon così tirato che credo si ritroverà calva tra non molti anni.
 Anzi, me lo auguro.
«Che vuoi, Ackerman?» le chiedo stizzita e soprattutto infastidita dalla sua presenza.
«Mi duole distoglierti dai tuoi pensieri, ma Lumacorno ci ha messe in coppia per preparare la pozione di oggi» mi risponde, incrociando le braccia al petto. «Non ci tengo a farmi rovinare la media dal tuo essere nullafacente.»
Io serro le labbra in una smorfia infastidita e maledico l’esistenza di Lucinda Ackerman con tutte le mie forze.
 

Se c’è qualcosa al mondo che odio più delle scope volanti, quella cosa sono gli spinaci. Il fato ha voluto che per cena, dopo la brodaglia che hanno osato chiamare zuppa di carne e verdure, ci fosse una misera porzione di pollo accompagnato per contro da una generosa quantità di spinaci. Kelsey alla mia sinistra ha appena esclamato «Guardate, c’è del pollo nei miei spinaci!» facendo ridere alcune persone sedute di fronte a lei. Davanti a me, Alec sta cercando di spiegarmi perché sia assolutamente inaccettabile il fatto che la nuova Nimbus 2500 non sia ancora entrata in commercio, come se non sapesse che a me tutto ciò che riguarda il Quidditch non interessa, e alla fine, Scorpius, seduto alla mia destra mi chiede se mangio gli spinaci, do una veloce occhiata al suo piatto e lo noto spaventosamente vuoto. Ma per quale motivo sono amica di queste persone?
«No, prendili pure» dico annoiata, allungandogli in mio piatto. Scorpius mette il mio piatto direttamente sopra il suo e comincia a divorare quella sottospecie di pianta a mio avviso peggiore del veleno con una voracità che mi lascia a bocca aperta.
«Chiudi la bocca o entreranno le mosche» mi prende in giro Alec, dandomi un leggero calcio da sotto al tavolo. Il mio sguardo si sposta da Scorpius a lui e lo sa che in questo momento gli taglierei volentieri la lingua. Alec non fa altro che sperare nel prossimo matrimonio mio e di Scorpius da ormai due anni. Ogni tanto si ritrova in combutta con Kelsey. Ha avuto tutto inizio quando, al mio terzo anno, hanno provato ad organizzarci un appuntamento a sorpresa ad Hogsmeade che si è concluso con Scorpius che ha passato metà del tempo all’Emporio del Quidditch e con me che, dopo aver aspettato la bellezza di cinque, lunghissimi minuti fuori da quel negozio maledetto, me ne sono andata ai Tre Manici di Scopa a fare scommesse con Hugo e a farmi offrire da bere e da mangiare perché, ovviamente, le ho vinte quasi tutte io. Dopo quell’episodio, io e Scorpius non ci siamo parlati per tre giorni: lui troppo offeso perché non lo avevo aspettato e io decisamente oltraggiata perché aveva preferito il Quidditch alla mia compagnia. Poi abbiamo fatto pace e ci siamo ripromessi di non uscire mai più da soli per andare ad Hogsmeade, da quel momento in poi, lui si è sempre portato dietro Alec e io andavo a braccetto con Kelsey. Siamo diventati un bel gruppo, nonostante io e Kelsey siamo di due anni più piccole rispetto agli altri due.
«Lily» mi richiama la mia amica, attirando la mia attenzione. «Robinson e Nott non fanno altro che parlare del pugno micidiale che si è beccato Scorpius questa mattina. Ne sai qualcosa?»
«So che mio fratello è un idiota» rispondo, senza girarci troppo attorno. «E che Scorpius è più idiota di lui.»
«Come mai non vedo lividi su quel visino perfetto?» continua Kelsey, alzando un po’ di più la voce per farsi sentire anche da Scorpius e Alec. Quest’ultimo ridacchia tra sé e sé, per poi infilarsi in bocca un pezzo di mollica di pane. Prima che io possa dire qualsiasi cosa per smontare le già evidenti teorie che stanno prendendo vita nella testa dei miei amici, Scorpius risponde, confermandomi per la millesima volta in cinque anni, il suo innato talento dell’essere inopportuno.
«Oh, Lily mi ha rimesso a posto il naso subito dopo» dice, per poi tornare a mangiare i suoi amati spinaci.
«Da quando sei diventata una mini infermiera?» mi chiede Alec, dopo aver deglutito. Lo guardo male, anzi, malissimo.
«Da quando Albus ha rotto il naso a Scorpius la prima volta» risponde rapidamente Kelsey. «Mi chiedo cosa gli abbia fatto per meritarselo.»
E adesso, devo assolutamente precedere Scorpius.
«Le solite cose. Scorpius da aria alla bocca, Albus si arrabbia e lo prende a pugni. Solita routine.»
«Sarà» commenta Alec, poco convinto. «L’ultima volta mi pare di ricordare che sia stato per la partita.»
«No, Alec» interviene subito Kelsey. «Scorpius lo ha accusato di spiare i vostri allenamenti.»
«Ha spiato i nostri allenamenti» conferma Scorpius, ma Kelsey lo ignora e torna a rivolgersi ad Alec.
«E la volta prima ancora credo gli abbia detto di essere estremamente patetico, narcisista e di scendere dal piedistallo» continua la mia amica. Vedo Alec annuire e a questo punto sono decisamente confusa: come è possibile che si ricordino alla perfezione tutti i motivi per cui Scorpius e mio fratello si sono azzuffati? Scommetto che Alec saprebbe riportare per filo e per segno addirittura il primo litigio che abbiano mai avuto, durante il primo anno ad Hogwarts. Non è possibile! Mi chiedo ancora una volta che razza di amici io abbia e perché, soprattutto, continui a passare il mio tempo con loro. Sospiro. Gli amici sono come la famiglia, piombano nella tua vita senza che tu possa effettivamente sceglierli e poi ti ritrovi a doverli accettare così come sono. Credo di doverlo fare anche io: alla fine, ci conosciamo da cinque, lunghissimi anni.
«Davvero, Lils» mi dice Alec. «Dicci cosa è successo questa volta, siamo curiosi!»
«Non è importante» rispondo risoluta, sperando che capiscano. Per nessuna ragione al mondo questi due pazzi visionari dei miei amici devono venire a conoscenza delle parole di Scorpius, o sarebbero capaci di tormentarmi per il resto della mia vita, oppure mi ritroverei incastrata in qualche appuntamento sgradito prima di subito.
Ovviamente, Scorpius, che come ho già detto ha uno specifico talento ed è quello di essere inopportuno e di parlare quando non dovrebbe farlo, decide che è loro diritto saperlo, per fargli fare quattro risate.
Così a caso.
«In realtà è divertente!» esclama, mentre mi guarda e ride. Neanche rispondo, non voglio sprecare energie per evitare l’inevitabile, ossia  l’imminente presa per il culo che perdurerà fino al giorno del mio diploma.
«Ti ascoltiamo» dice Kelsey, con una luce preoccupante negli occhi. Anche Alec si è avvicinato col busto a me e Scorpius e tiene il mento poggiato su entrambe le mani come se fosse una ragazzina di undici anni che ascolta i pettegolezzi delle ragazze più grandi in Sala Comune.
«Potter ha osato mettere in dubbio la mia bella presenza e il mio successo con le ragazze, quindi potrei avergli fatto credere che nostra dolce Lily la pensi diversamente a riguardo» dice, e sembra anche molto soddisfatto mentre parla.
Maledetto e stupido. Non sa che questa mattina ha firmato la sua condanna a morte. E probabilmente anche la mia, che tuttavia non avverrà per mano di Albus, bensì a causa delle battute di Alec e delle continue allusioni e frecciatine di Kelsey. Difatti, non appena Scorpius finisce di parlare, lei emette un sospiro sorpreso e si porta entrambe le mani davanti la bocca, mentre Alec inizia a ridere sguaiatamente, attirando l’attenzione di qualche nostro compagno di casa e di qualche Corvonero alle sue spalle. Grandioso, come se servisse anche il pubblico per il meraviglioso teatrino che sta per andare in scena.
«E la nostra dolce Lily» inizia Alec, prima rimarcando il modo in cui Scorpius mi ha chiamata e poi riservandomi un’occhiata che di rassicurante ha ben poco. «Come la pensa a riguardo?»
Lo sto guardando come per chiedergli di quali problemi abbia sofferto da piccolo e sento una fastidiosa vocina nella mia testa che mi dice di mantenere la calma e di non affatturarlo proprio qui in Sala Grande, nel bel mezzo della cena, dove tutti i professori possono vedermi e assegnarmi ognuno una punizione diversa.
«La vostra dolce Lily» dico allora io. Se vogliono giocare, io di certo non mi tiro indietro. «Non pensa un bel niente a riguardo. È inutile che provi anche a pensare qualcosa, perché Scorpius finirà al San Mungo prima di quanto creda, se continua a provocare mio fratello per ogni singola stronzata. E il San Mungo è così lontano da Hogwarts…»
«Me la stai tirando?» mi chiede Scorpius, fingendosi offeso.
«Anche se fosse?» faccio io di rimando e lo sfido con lo sguardo.
«Se così fosse, ne rimarrei profondamente ferito» risponde.  «Ma come, io combatto per te e tu non mi mostri nemmeno un briciolo di riconoscenza?»
«Devo ricordarti chi ti ha rimesso a posto la faccia oggi?» gli chiedo ancora.
«E ti ho già ringraziato per quello» mi dice Scorpius. «Ma se preferisci, posso ringraziarti in altri modi…»
Solo adesso mi accorgo di tre cose.
Io e Scorpius stiamo parlando a voce troppo alta e stiamo dando spettacolo perché vedo troppi occhi puntati su di noi; questa è la cosa più ambigua che mi abbia mai detto da quando lo conosco; Kelsey si è fatta scappare una sottospecie di urletto molto imbarazzante e Alec sta coinvolgendo metà tavolo Serpeverde in un coretto che mi pare stia intonando la parola “bacio” un po’ troppe volte.
E di nuovo, mi chiedo perché sono ancora amica loro.
 
Ciao! Eccoci al secondo capitolo. È stata una settimana molto travagliata, tra influenza, università e altre cose, ma sono sopravvissuta abbastanza da poter aggiornare xD Questo è dal punto di vista di Lily, prima Serpeverde di tutto l'albero genealogico Potter. Purtroppo Lily Luna in Serpeverde è un mio chiodo fisso, dal quale non mi staccherò mai, voi ce la vedete? Ho intrdotto anche due nuovi personaggi: Alec (già visto anche nello scorso capitolo) e Kelsey, amica e compagna di stanza e di corso di Lily. Ringrazio infinitamente Gin24 che ha recensito lo scorso capitolo, e tutti coloro che hanno messo la storia nelle seguite. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo, vi aspetto :3
Un bacio
Mars

 

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Capitolo 3
*** Sull'orlo dell'autodistruzione ***


III – FRANK
 
Sull’orlo dell’autodistruzione
 
Per definizione noi Grifondoro dovremmo essere coraggiosi, impavidi, dal cuore nobile e tante altre belle cose. Peccato che tutte queste qualità, quando l’umore del mio migliore amico è più nero di un dissennatore, si trasformino in sconsideratezza, irascibilità e testardaggine. E quando Albus racchiude in sé queste tre cose, di solito non sta tramando nulla di buono e io perdo per un po’ il coraggio che dovrebbe contraddistinguere il mio essere Grifondoro, perché Albus in questi casi mi fa davvero paura.
Stavamo cenando, o meglio ci stavamo provando, quando dal tavolo dei Serpeverde si è levato un coretto alquanto singolare. Io e Derek ci siamo girati per vedere di cosa si trattasse e abbiamo intravisto Alec Pucey condurre con molta energia il coro che inneggiava ad un bacio nientemeno che tra Malfoy e Lily Potter. Ora, io credo per certo che qualsiasi essere vivente presente su questo mondo preferisca una morte lenta e dolorosa se si ritrova davanti all’alternativa di dover baciare Malfoy, e anche l’espressione seccata di Lily mi suggerisce che possa essere così, ma temo che Albus in questo momento non sia capace di pensare razionalmente. Lo so perché lo conosco da tutta la mia vita, perché ha il solito sguardo che preannuncia un’imminente calamità naturale e perché sta stringendo talmente forte la sua forchetta che potrebbe spezzarla da un momento all’altro. E le forchette sono fatte di metallo.
Bellamy è seduto al suo fianco ed è il cervello del nostro gruppo, per cui decide di prendere in mano la situazione e cerca di fargli vedere la cosa con calma, obiettività e razionalità. Prima, però, lo vedo deglutire e capisco che anche lui teme per la sua incolumità qualora dovesse rivolgere ad Albus mezza parola sbagliata. Do un’occhiata anche a Derek, vicino a me, ma lo vedo ancora imbambolato sul tavolo dei Serpeverde: che anche lui speri nel bacio?
«Albus» inizia Bellamy, toccandogli piano il braccio. Il mio amico lascia andare immediatamente la forchetta, che cade con un tonfo sul tavolo, e gira lentamente la testa verso sinistra, evidentemente per capire chi abbia osato rivolgergli la parola, dato che la sua mente in questo istante deve essere così annebbiata da non riconoscere nemmeno la voce di Bellamy. Albus non dice niente e forse è meglio così, credo che la sua espressione a dir poco furente valga più di mille parole.
«Non è successo nulla» continua allora Bellamy. «Stanno solo facendo quello che gli riesce meglio, no? Essere stupidi. E guarda, Lily sembra volerli ammazzare tutti, dal primo all’ultimo, per cui non credo che tu debba preoccuparti.»
«Non devo preoccuparmi» ripete Albus lentamente, scandendo bene ogni parola. Il suo sguardo si sposta da Bellamy, poi al piatto vuoto sotto il suo naso e poi su un punto alle mie spalle, che non è tanto difficile da immaginare quale sia. Sta riflettendo. Lo capisco dal modo in cui sembra totalmente su un altro pianeta, dall’espressione decisamente troppo seria e dal fatto che sembra in procinto di scatenare l’inferno in terra. Non è mai buon segno quando Albus si mette a riflettere, perché significa che sta adoperando il suo cervello per qualcosa di diverso dalle formazioni di Quidditch o dai test scolastici. Se poi, mentre pensa, sta fissando il tavolo dei Serpeverde e in particolare Malfoy, è decisamente un pessimo segno. «Ho capito bene, Bellamy? Stai davvero suggerendo che non devo preoccuparmi? Hai davvero pensato che io non debba preoccuparmi? Non ho mai sentito cosa più stupida.»
Albus Potter è decisamente in collera con il resto del mondo, è ufficiale, perché ha appena risposto male a Bellamy e nessuno sano di mente o in uno stato psicologico stabile e tranquillo si sognerebbe mai di rispondere male a Bellamy, che è l’intelligenza, la calma e la razionalità fatta persona. Insomma, Bellamy! È lui che salva sempre me e Albus dalle situazioni più sconsiderate, lui che ci fa copiare i temi di Storia della Magia, che ci aiuta a studiare per i test di fine semestre, ed è sempre lui che una volta lo ha salvato da morte certa riuscendo, Merlino sa come, a bloccare il Platano Picchiatore, che stava letteralmente schiaffeggiando Albus con i suoi rami malefici. Credo che Albus gli debba essere riconoscente da qui a per sempre e invece si sta facendo sopraffare dalla rabbia.
Tuttavia, Bellamy non si lascia scoraggiare e sospira. «Vuoi spiegarmi che motivo c’è di allarmarsi tanto?»
«C’è che un quarto di questa scuola sta incitando quell’ameba platinata a baciare mia sorella. Mia sorella, Bellamy! E come credevo di avergli fatto capire abbastanza chiaramente questa mattina, mia sorella non si tocca» dice. Alla fine, sembra che non gli sia rimasta più aria nel polmoni per quanto ha parlato veloce. Provo ad intervenire: magari riesco a salvare Bellamy.
«Al… lo stanno incitando, ma non l’ha mica fatto» osservo. Mi convinco che finché Malfoy non fa niente di sconsiderato può ritenersi al sicuro dalla furia omicida di Albus, il mio migliore amico può continuare a vivere fuori da Azkaban e tutti noi lontani dal reparto Infermità Mentale del San Mungo. Realizzo che in questo momento, l’unica cosa ad impedire tutti questi catastrofici avvenimenti è la speranzosa espressione di fastidio mista a disgusto impressa sul volto di Lily Potter e giuro che mai mi sarei ritrovato a dirlo, ma la nostra intera esistenza dipende esclusivamente da lei. Cavolo, che bella responsabilità!
«Non l’ha ancora fatto, Frank» mi corregge Albus. «E quando lo farà, dimmi, cosa mi impedisce esattamente di alzarmi e distruggerlo con le mie mani?»
«Per esempio il fatto che se lo fai la McGranitt ha giurato di toglierti il Quidditch» gli risponde Bellamy al mio posto. Stavo pensando esattamente la stessa cosa: quella mattina, in seguito all’elegante cazzotto piazzato proprio sul nasino principesco di Malfoy, la preside ha personalmente minacciato Albus di rimuoverlo dal suo ruolo di capitano e conseguentemente dalla squadra fino alla fine dell’anno scolastico, qualora avesse provato di nuovo ad aggredire Scorpius Malfoy, e Albus se ne è stato zitto senza replicare, perché questo è il nostro settimo anno e ne morirebbe se gli venisse tolta la possibilità di guidare la squadra verso la vittoria del torneo, anche questa volta. Come ha spesso detto dalla fine dello scorso anno ad oggi, deve fare un’uscita di scena memorabile. Ragion per cui non può permettersi di azzuffarsi ancora con Malfoy o da qui fino a maggio. E ho la vaga impressione che saranno dei mesi molto lunghi: non è nemmeno finito settembre.
Derek poi si risveglia dallo stato catatonico in cui il coretto di Serpeverde l’aveva gettato e riprende la facoltà della parola, rivolgendosi direttamente ad Albus – che, per inciso, non credo l’abbia ancora perdonato per la storia delle merendine.
«Non puoi rischiare il Quidditch, Al» gli dice. Dal tono agitato e pieno di fervore con cui l’ha detto, pare che abbia scoperto l’acqua calda, ma è la pura verità. Per Albus non poter giocare a Quidditch potrebbe configurare un valido motivo per suicidarsi. «Non ti ricordi? La tua uscita di scena memorabile, la coppa che devi vincere per il terzo anno di fila!»
«Non avrei mai pensato di dirlo, Derek, ma credo che tu abbia ragione» dice a quel punto. Noi tre ci illuminiamo come se fosse appena accaduto un evento più unico che raro. Albus ha ammesso che qualcun altro al di fuori di lui ha ragione. Ciò significa che lui ha torto e qualcun altro ha ragione. Il fatto che questo qualcun altro sia Derek, poi, rende il tutto ancora più straordinario.
Tuttavia, mentre stiamo per gridare al miracolo, ecco che Albus ricomincia a parlare, distruggendo ogni nostra convinzione e speranza. «Ed è per questo che studierò un piano che farà capire non solo a Malfoy, ma a tutta quella combriccola di idioti, di non provare mai più neanche a pensare di fare una cosa del genere, che sia baciare mia sorella o incitare qualcuno a farlo. Ovviamente, per essere perfezionato nei minimi dettagli, richiederà del tempo, ma quando voglio so essere molto paziente. E voi dovrete aiutarmi a renderlo ineccepibile. Bellamy, tu capirai come non farci scoprire dai professori, mentre io e Frank provvederemo a fare scorta di materiale dai Tiri Vispi Weasley, infine, Derek, tu raccoglierai informazioni in giro per la scuola per capire qual è il loro punto debole. Abbiamo tutto l’anno scolastico per fargliela pagare in un modo esemplare, credo che sarà il colpo della nostra vita!»
Io e Derek ci guardiamo alla ricerca di un reciproco aiuto, mentre Bellamy si batte una mano sulla fronte in segno di sconfitta. Come già detto, saranno dei mesi molto lunghi.
 
«Albus Severus, sono molto contrariata dal tuo comportamento incivile e selvaggio. Capisco bene che fra te e il giovane Malfoy non è mai trascorso buon sangue e non spetta a me dirti chi devono o non devono essere i tuoi amici, tuttavia, mi auguro di non ricevere altre lettere dalla preside. Mi ha comunque informata che se viene a sapere di una qualsiasi altra zuffa con Malfoy, ti proibirà di prendere parte alle partite del torneo di Quidditch. Sapendo quanto ci tieni, spero che questo possa tenerti buono per un po’. Tra l’altro, ho ricevuto anche una lettera di Lily in cui si dimostra particolarmente preoccupata per il tuo atteggiamento irascibile e si lamenta di dover riaggiustare le ossa di Malfoy ogni due settimane. Cerca di avere un po’ di rispetto anche per tua sorella: Scorpius nonostante tutto è suo amico e non hai il diritto di pestarlo non appena ti provoca. E se mi arriva un’altra lettera in cui vengo a sapere che hai anche solo torto un capello a quel ragazzo, ricordati che come ti ho creato posso sempre distruggerti. Spero di essermi fatta capire.»
Albus ha appena finito di farsi dare una bella strigliata dalla strillettera di sua madre, arrivata poco fa a colazione, non prima che un qualche gufo espletasse elegantemente i suoi bisogni fisiologici dentro il succo di zucca di Derek. Noi due lo fissiamo in attesa di una sua qualsiasi reazione. Sono anni che le lettere e anche le strillettere di Ginny Weasley non lo spaventano più, e come da copione, Albus sospira, guarda la pergamena autodistruggersi in mille pezzettini, poi addenta il suo toast imburrato come se niente fosse e cerca di ignorare gli sguardi che mezza Sala Grande gli sta riservando, inclusi quelli divertiti e canzonatori di Malfoy e combriccola. Bellamy non è ancora arrivato. In realtà, non c’era nemmeno stamattina in stanza quando ci siamo svegliati e la cosa sarebbe stata sospetta in circostanze tranquille, ma dato che Albus nelle ultime ventiquattro ore ha creato un clima tutt’altro che tranquillo, la cosa non mi sorprende più di tanto.
«Mi aspettavo di peggio, sinceramente» commenta, con la sua solita aria di sufficienza.
«D-di p-peggio?» gli chiede Derek. È cadaverico in volto e ha gli occhi spalancati, sembra che la strillettera sia arrivata a lui e non ad Albus. Effettivamente non ha tutti i torti, persino io se avessi ricevuto una cosa del genere in questo momento avrei paura anche di respirare nel modo sbagliato. Mando giù il mio sorso di latte caldo: grazie al cielo mia madre non si chiama Ginny Weasley.
«Non ti ricordi quelle che mandava a James, ecco perché dici così» risponde ancora Albus, sempre pacato. «Quelle sì, che ti facevano venir voglia di non essere mai nato.»
«Lily sta morendo dalle risate, comunque» gli dico, mentre la osservo da lontano. Tuttavia, non saprei dire con certezza se sta ridendo per la strillettera di Albus o per quello che le ha appena detto Malfoy all’orecchio. Merlino, forse Albus non è pazzo e visionario come pensiamo, forse Malfoy ha ragione e tra lui e Lily c’è davvero qualcosa. «Ma forse è per qualcosa che ha detto Malfoy.»
«Lily non ha mai ricevuto una strillettera» mi spiega Albus. «Capisci ora perché a volte mi chiedo se siamo davvero fratelli? Insomma, guarda io e James, siamo praticamente identici in tutto e per tutto, ci piacciono le stesse cose, qui ad Hogwarts facevamo le stesse cose e poi guarda me e lei, due poli opposti.»
«Forse Lily sta solo attenta a non farsi beccare dai professori quando decide di fare a cazzotti con qualcuno» dice Derek, mentre esamina ancora il contenuto del bicchiere dove poco fa un gufo ha letteralmente cagato dentro. Non credo ci sia una parola per esprimere lo schifo di certe azioni di Derek. Poi mi ritrovo a pensare su quello che ha detto e ne rimango sorpreso. Derek adora Albus, lo venera come se fosse un dio e sarebbe disposto anche a pulire il bagno di Mirtilla con la lingua se lui glielo chiedesse, e allora perché le mie orecchie lo hanno appena sentito mentre gli lanciava una palese frecciatina? Ci manca solo che Bellamy prenda meno di Oltre ogni Previsione in una qualsiasi materia, allora sì che il mondo potrebbe davvero essere sull’orlo dell’autodistruzione.
E mentre Albus escogita un modo per far bere a Derek la cacca di gufo e farla passare comunque per una buona azione, ecco che Bellamy entra in Sala Grande, trafelato per la corsa, e ci raggiunge al tavolo col fiatone di uno che si è fatto sette piani di scale in meno di un minuto.
«Non potete capire cosa è appena successo!» esclama. Ha un’espressione a metà tra l’infuriato e lo sconvolto. Siamo tutti molto confusi.
«Siediti e calmati» gli fa Albus, trasformandosi in meno di un secondo da ragazzaccio di strada a mammina apprensiva. Mi viene da ridere. È questo il motivo per cui tutti noi vogliamo così bene ad Albus: insomma, a volte è un cazzone e fa delle cose davvero sconsiderate, ma quando succedono cose serie o quasi, che non rientrano nella normale amministrazione, come Bellamy che entra in questo modo in Sala Grande alle otto e mezza di mattina, si preoccupa subito per noi e ci aiuta come meglio può.
«Che cosa è successo?» gli chiede ancora con tranquillità, mentre Bellamy ha cominciato a respirare come tutti gli esseri umani normali.
«Quella stronza!» esclama ancora. Albus aggrotta le sopracciglia e penso di averlo appena fatto anche io. Stronza? C’è di mezzo qualche ragazza? Impossibile, insomma, Bellamy è talmente preso dal risolvere tutti i nostri guai e allo stesso tempo essere lo studente perfetto che non ha tempo da dedicare alle ragazze. È una verità primordiale e non può sconvolgerla così, di punto in bianco.
«Di chi parli?» domanda Albus. «Ti giuro che se è stata Melissa Aberdeen di questo passo le piazzo una palude portatile nel bagno e poi le somministrerò pasticche vomitose per sempre. È stata lei, vero? Ha fatto la stessa cosa dell’anno scorso con Frank? Ti ricordi, Frank? Di quando ti ha fatto credere di essere incinta perché voleva vedere se è vera questa storia che scappiamo dall’altra parte del mondo?»
«Non mi pare il caso di ricordare certe cose, abbiamo un patto…» gli dico subito io. L’anno scorso, Melissa Aberdeen mi ha fatto perdere quarant’anni di vita in trenta secondi, poi Bellamy e Albus le hanno fatto sputare il rospo sbriciolandole una Mou Mollelingua nel pudding. Ricordo di averla vista così disperata mentre cercava di liberarsi della sua nuova, abnorme lingua viola e allo stesso tempo piangeva come una fontana. Ha confessato di avermi semplicemente fatto uno scherzo, ovviamente ci siamo lasciati e io e gli altri abbiamo solennemente giurato di non parlarne mai più in tutta la nostra vita. Albus, evidentemente, ha la memoria corta.
Adesso è Bellamy ad apparire alquanto confuso ed è qui che capisco che, grazie al cielo, Melissa Aberdeen non sta cercando di rovinare anche la sua vita.
«Cosa? No!» esclama ancora. Allora tira fuori qualcosa dalla sua sacca scolorita e stropicciata, una pergamena, e la sbatte con violenza sul tavolo. Albus gli da una rapida occhiata, io da lontano noto dei segni incomprensibili scarabocchiati sopra e Derek, strano a dirsi, sta mangiando e osservando la scena rapito.
«Che cos’è?» gli chiede allora Albus.
«La mia impeccabile traduzione del brano di Antiche Rune» risponde Bellamy. «Ma guarda quella stronza della Babbling che voto di merda mi ha dato! Accettabile, ragazzi. Uno schifoso, orribile, disgustoso Accettabile. Stamattina sono andato a parlarci per chiarire questa cosa, insomma, doveva essersi sbagliata per forza. E invece sapete cosa ha fatto? Ha riletto velocemente la traduzione, mi ha guardato con quella faccia da pesce lesso che si ritrova e mi ha detto che non aveva sbagliato affatto. Ma vi sembra una cosa normale?»
«No» diciamo tutti e tre in coro. Questo caso eccezionale, mai accaduto prima nella storia della nostra amicizia, si rivela essere molto delicato. Sia io, che Albus, che Derek, capiamo che non è il caso di contraddire Bellamy in questo momento. Afferro di nuovo la mia tazza e cerco di capire se esiste un modo per affogarsi con il latte, perché Bellamy ha davvero preso un voto più basso di Oltre ogni Previsione e di conseguenza il mondo sta per implodere. Quando constato che non esiste un modo per affogare bevendo del semplice latte, mi dico che morire in una gigantesca esplosione che parte del centro della Terra non deve essere poi così male.
 
«Psst, Weasley.»
Mi rendo conto solo dopo aver parlato che non è stata una mossa intelligente. Sono in biblioteca, seduto ad un enorme tavolo di almeno quindici persone: loro  intente a leggere in silenzio o a studiare in pace, e io ad aspettare che Bellamy torni dalla sua missione esplorativa alla ricerca di un libro di Antiche Rune che possa dimostrare alla Babbling che la sua traduzione meritava molto più di un Accettabile, e ho appena realizzato che almeno cinque persone diverse si sono rivolte verso di me. Maledetti Weasley, ma quanti siete?
L’unica Weasley con cui voglio parlare è Roxanne, che in mi sta guardando come se avessi qualche problema al cervello, e magari ha pure ragione a pensarlo: avrei dovuto rendermi conto prima che ero seduto allo stesso tavolo dove, oltre a lei, ci sono quasi tutte le sue cugine. Noto che Rose ha smesso di darmi attenzioni ed è tornata a leggere il suo libro, Dominique è tornata a scribacchiare su una pergamena, Lucy invece mi sta guardando adorante, mentre sua sorella Molly mi fissa con insistenza, quasi volesse staccarmi la testa dal collo. Mi schiarisco un po’ la voce.
«Volevo dire, Roxanne» specifico. Chiunque non sia Roxanne allora torna a fare quello che stava facendo, tranne lei. Lei continua a guardarmi e probabilmente sta aspettando che io dica qualsiasi cosa, per cui cerco di concentrarmi sul suo viso e non su altro. È così carina, con quei suoi capelli scuri e indomabili, bloccati ai lati per impedire che le diano fastidio, gli occhi castani sfumati di un leggero verde…  devo darmi un tono. «Cosa stai studiando?»
Lei aggrotta le sopracciglia e butta uno sguardo sul libro sotto al suo naso, poi senza dire una parola lo solleva nella mia direzione per farmi vedere la copertina, e io leggo “Manuale di Incantesimi, volume settimo.” Piego le labbra in un sorriso divertito.
«È una lettura leggera» commento, cercando di risultare almeno un po’ simpatico. «Ma non ricordo che Vitious abbia messo un compito a breve.»
«Per Morgana, Paciock, vuoi smetterla?» mi interrompe a quel punto Molly, seduta di fronte a me. I suoi occhi ambrati mi vorrebbero incenerire in questo istante, riesco a percepirlo. «Siamo in una biblioteca e il fatto che tu ti stia girando i pollici non ti da il diritto di disturbare le persone.»
Sto per controbattere quando sento una mano poggiarsi sulla mia spalla destra. Mi giro in quella direzione e vedo Bellamy che a quanto pare ha finalmente completato la sua missione. Nel braccio sinistro tiene un libricino dall’aria molto vecchia e con la copertina molto impolverata.
«Andiamo» mi dice, e io mi alzo, prima però riservo un’occhiataccia a Molly e un sorriso a Roxanne. Lei mi risponde con un cenno della mano e fine, io e Bellamy usciamo dalla biblioteca. In corridoio, mi sento di nuovo libero di parlare ed esprimere i miei pensieri.
«Quanta pesantezza» commento, riferendomi all’atteggiamento di Molly Weasley. «Potrebbe benissimo prendere il posto di Madama Pince, quando andrà in pensione. Tanto ce la vedo a rimanere sola e acida per il resto della sua vita.»
«Non ha tutti i torti, in realtà» mi dice Bellamy, mentre ci incamminiamo insieme verso le scale. «In biblioteca ci si va per studiare, non per rimorchiare.»
«Io stavo solo cercando di intrattenere una conversazione del tutto rispettabile» ribatto. Rimorchiare? Bellamy a volte giunge a conclusioni che sono del tutto fuori luogo. Cioè, sì, stavo cercando di parlare con Roxanne, che è una bella ragazza  e mi piace molto, ma le mie intenzioni erano del tutto cavalleresche.
«Con Roxanne Weasley» completa Bellamy.
«Esatto, e che c’è di male?» gli dico io. Lui mi guarda con uno sguardo che vuole dire tutto e niente, è il solito sguardo alla Bellamy, quello che ti intima di pensare dieci volte a quello che stai facendo, perché è solo alla decima volta, che ti renderai conto che c’è qualcosa che non avevi considerato e, all’improvviso, tutto si fa molto più complicato.
«Stai dimenticando un dettaglio fondamentale, Frank» sospira il mio amico, appoggiando la mano sulla mia spalla. «Roxanne ha un ragazzo. Damien Skeeter.»
Ha ragione, l’avevo completamente dimenticato.
Che qualcuno mi uccida.

Ciao a tutti! Spero abbiate passato un buon Natale, che abbiate mangiato tanto e che siate stati con le persone a cui volete bene ♥
Oggi ritorno con il terzo capitolo, dal punto di vista di Frank, che ci descrive un Albus in collera con il mondo intero e ci fa capire un po' di più i personaggi di Bellamy e Derek. Vorrei ringraziare chi continua ad inserire la storia nelle varie categorie, sono curiosa di sapere cosa ne pensate e come sta procedendo la storia :3 Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Bellamy, lo vedremo alle prese con la famigerata Babbling e con un incontro inaspettato. Dato che non penso di riuscire ad aggiornare prima che inizi gennaio, vi auguro un buon anno nuovo sin da ora ♥
Un bacio,

Mars
 

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Capitolo 4
*** Quella megera della Babbling ***


IV – BELLAMY
 
Quella megera della Babbling
 
Per il resto del mondo sono le dieci e venticinque di un qualsiasi venerdì mattina, ma per me è il momento del mio assoluto trionfo contro quell’incompetente della Babbling.
Ho passato tre giorni sepolto tra gli archivi della biblioteca, dopo essermi quasi fatto scuoiare vivo da Madama Pince per la mia richiesta molto al di fuori del comune, e poi l’ho trovato. Il libro da cui la professoressa ha tratto il brano da farci tradurre per la scorsa settimana, quello che è stato valutato con un insulso accettabile. L’ha scritto un certo Vladimir Opzecovich nel quindicesimo secolo, e ho immaginato che fosse una specie di eremita che non aveva altro di meglio da fare che scrivere trattazioni su una sorta incantesimo dalle proprietà mediche che probabilmente egli stesso esercitava incidendo rune a caso su un tronco d’albero dietro la sua casetta di legno sperduta e abbandonata sulla cima di una montagna. Ebbene, ho trovato il libro, ho ritrovato il passaggio con la relativa traduzione a fronte e l’ho portato alla Babbling.
«In oltre vent’anni di insegnamento non mi era mai capitato di avere uno studente che passasse tre giorni in biblioteca per trovare un libro di Opzecovich» mi dice la professoressa, mentre sfoglia con attenzione il volume che le ho portato. «Vuoi avere ragione a tutti i costi, eh, MacMillan?»
«Immagino semplicemente che il Cappello abbia fatto il suo dovere sette anni fa» le rispondo. Se non volessi avere ragione a tutti i costi quando so di averla e non facessi tutto ciò che è in mio potere per dimostrarlo, non sarei affatto un Grifondoro. «Tuttavia, l’ottima organizzazione della biblioteca mi ha permesso di… approfondire le mie conoscenze sul trattato di Opzecovich e ho pensato fosse corretto portarlo a lei.»
«Di fronte a così tanto amore per la mia materia non posso che assegnare cinque punti a Grifondoro» dice a quel punto. Sul mio volto si allarga un sorriso soddisfatto. Io sapevo sin dal principio che la mia traduzione fosse corretta e quel voto assolutamente immeritato. L’unica cosa che non mi torna, però, è che non ha menzionato il compito. Insomma, io le ho portato quel libro per farle vedere di aver tradotto alla perfezione e lei lo ha appena richiuso e poggiato sulla cattedra, senza degnarlo più di uno sguardo. Stringo i pugni dietro la schiena: non ho passato tre giorni in biblioteca per ottenere cinque fottutissimi punti, ma per avere un voto più alto!
«Comunque, non è questo il motivo per cui ho cercato il libro» dico di nuovo. Sento che tutta la classe mi sta fissando. Forse immaginavano che volessi solo dare sfoggio delle mie conoscenze? Che volessi fare il leccaculo con la Babbling? Cretini. Tutti loro. No, forse il povero Thomas Cattermole non lo è, ma tutti gli altri lo sono decisamente.
«Ah, no?» chiede sorpresa la Babbling.
«Eppure, dovrebbe ricordare che il compito della scorsa settimana era un brano tratto dallo scritto di Opzecovich, professoressa» le rispondo io. «Credo che si trovi all’incirca a pagina cinquantadue. Ho letto la traduzione a fronte, l’ha scritta il rispettabile sir Drake dopotutto, e ho ravvisato una certa somiglianza con la mia traduzione. Solo che poi mi sono chiesto: come è possibile che la mia misera traduzione, valutata con Accettabile, possa essere così simile a quella di uno dei più importanti traduttori di tutti i tempi?»
«Ne sei davvero sicuro, MacMillan? La tua impudenza non mi sta piacendo affatto, non vorrai farti togliere i punti che ti ho appena dato, no?»
«Con tutto il dovuto rispetto, signora» le dico io, cercando di essere il più educato possibile. Ma è così difficile riuscirci con lei davanti! Ha quell’espressione apparentemente calma e stupida, quegli occhiali ridicoli e i capelli metà bianchi e metà castani lasciati a loro stessi e sparati da tutte le parti. «Preferirei farmi togliere cinque punti, ma sapere che il compito della scorsa settimana venga valutato sulla base del libro che le ho appena consegnato.»
In questo momento, so di aver vinto. La Babbling non dice più niente e apre il libro a pagina cinquantadue, poi ci invita a posare sulla cattedra i nostri compiti. Io sono il primo a consegnarglielo soddisfatto. Mentre si mette a riguardarli uno per uno, ci ordina con fare molto minaccioso di iniziare a leggere il nuovo capitolo e di cominciare a trascrivere sulla pergamena le prime dieci rune di quel nuovo argomento. Poi ci intima, di nuovo con quel tono di voce così incazzato, che ci chiamerà a turno alla lavagna per vedere se le abbiamo effettivamente assimilati.
E così l’ora passa. Ovviamente sono il primo a venir chiamato alla lavagna, credo sia una sorta di ripicca, ma la cosa non mi spaventa perché trascrivo bene le rune che mi vengono chieste.
Alla fine dell’ora, la Babbling dice di riprenderci i nostri compiti e di toglierli il prima possibile dalla sua vista. Noi non ce lo facciamo ripetere due volte e con una certa soddisfazione noto che il mio Accettabile è diventato un dignitoso Oltre ogni Previsione. Certo,  se consideriamo certi aspetti, mi sarei meritato addirittura un Eccellente, ma penso che la Babbling mi abbia odiato morte e mettermi il massimo dei voti doveva essere fuori discussione. Thomas Cattermole mi ringrazia per aver portato il suo Desolante ad un meno tragico Scadente e anche una ragazza che non conosco mi fa i complimenti per la mia audacia.
Vorrei che gli altri abbiano assistito a questa scena, ma loro non seguono Antiche Rune con me. Non posso dargli torto: devo riconoscere che è una materia abbastanza ostica e non adatta a tutti. Per esempio, Albus darebbe di matto dopo i primi cinque minuti, Frank comincerebbe ad insultare pesantemente chiunque abbia inventato quel linguaggio e Derek rinuncerebbe sin dall’inizio a comprendere cose che vanno al di là delle sue possibilità intellettive. Non è cattiveria, Derek ha molte qualità, ma la perspicacia e l’intelligenza penso siano incompatibili con la sua essenza.
Mi sistemo la borsa con i libri in spalla e comincio a scendere le scale soddisfatto della mia prode impresa, diretto verso la prossima lezione, Incantesimi, che per fortuna condivido anche assieme agli altri.
Non vedo l’ora di raccontargli tutto.
 
Albus sta facendo lievitare la sua piuma con aria annoiata. Ha il gomito poggiato sul tavolo e la testa abbandonata sul palmo della mano. Siamo in Sala Grande a studiare insieme. Dobbiamo scrivere passo per passo le fasi di estrazione dell’essenza di dittamo dall’omonima pianta e Albus ovviamente ha bisogno di un aiuto, dato che oggi a pranzo ha detto: “Sono super impegnato! Devo intensificare gli allenamenti in vista della partita, cercare di tenere Malfoy lontano da mia sorella e scontare quella maledetta punizione per altre sette settimane.”
Non ho neanche provato a dirgli che la partita si terrà tra più di un mese, quindi c’è tutto il tempo per prepararsi, né gli ho fatto notare che non può tenere Malfoy lontano da Lily dato che sono amici praticamente da anni e stanno sempre appiccicati come cozze, e di certo non gli ho detto che un paio d’ore di punizione il venerdì sera non gli tolgono chissà quanto tempo allo studio. È meglio non far capire ad Albus la stupidità di alcune sue affermazioni, tanto il risultato non cambia: mi troverei comunque qui con lui che sbuffa e preferisce giocare con la piuma, invece di cominciare seriamente a pensare a cosa scrivere sulla pergamena.
«Allora» esordisco, attirando l’attenzione del mio amico. «Come cominciamo?»
«Sei tu quello bravo» mi risponde Albus. Smette di muovere la bacchetta, perdendo la concentrazione sul suo semplice incantesimo, e la piuma cade sul tavolo.
«Sei tu quello che cataloga libri di Erbologia» ribatto. Vedo Albus sospirare, per l’ennesima volta. Certo che è davvero fastidioso quando sospira.
«Ma li catalogo, mica li leggo» si lamenta ancora. E poi, per rimarcare ancora la drammaticità della situazione e la sua insofferenza, allunga entrambe le braccia sul tavolo e poggia la testa su di esse, accasciandosi con un lamento.
«Possiamo iniziare descrivendo la pianta di dittamo, tu che dici?» gli propongo, e Albus si alza di scatto, abbandonando la sua lenta e fittizia morte sul tavolo della Sala Grande. Ora, ironia della sorta, sembra aver ripreso la sua solita vitalità.
«Sì, buona idea» mi dice. Allora riprende la sua piuma, la bagna con l’inchiostro e l’avvicina alla pergamena, senza però scrivere alcunché. Lo guardo un po’ perplesso.
«Tu sai descrivere la pianta di dittamo, vero Albus?» gli chiedo io, nella speranza di una risposta pienamente affermativa.
«Be’, ovvio» risponde. «È una pianta dalle proprietà curative e rigenerative.»
«E poi?»
«E in linguaggio tecnico si chiama Dictamnus-qualcosa.»
«Dictamnus albus.»
«Oh, Merlino» esclama. «Io e il dittamo abbiamo lo stesso nome!»
«A parte questo dettaglio irrilevante…» inizio io.
«Irrilevante?» Vengo immediatamente interrotto da Albus. «Insomma, non capita tutti i giorni avere lo stesso nome di una pianta. Dici che posso farlo notare nel compito o Neville non ne sarà contento?»
«Non credo che sia necessario specificarlo, Al» sospiro. «Comunque, fisicamente, sai com’è fatta la pianta?»
«Non saprei, come qualsiasi altra pianta? Radici sottoterra, fiori e foglie?»
«Ma tu hai mai aperto il libro di Erbologia?»
«Quello di quest’anno ancora no.»
«Dovrei malmenarti in questo momento» gli dico, trattenendo una risatina. Al capisce che sto scherzando e anche lui abbozza un sorriso. Poi si sistema al meglio sulla panca e mi giura che cercherà di essere il più serio possibile per non farmi venire crisi nervose. Lo ringrazio, con un cipiglio di ironia, e poi ci mettiamo davvero sotto a scrivere qualcosa per questo compito.
Dopo non so quanto, riusciamo a dire che innanzi tutto la pianta di dittamo è un arbusto e fa parte della famiglia delle Rutacee, ha una radice di colore bianco molto spessa e robusta, presenta dei fusti che possono essere alti fino ad un metro e che sono legnosi solo alla base, che i fiori possono essere di colore bianco o rosa e sono composti da una corolla di cinque petali. Dopodiché, Albus si blocca.
I suoi occhi sono puntati verso la porta della Sala Grande. Seguo anche io la traiettoria del suo sguardo e vedo sua sorella Lily che trascina un ragazzo alto, dai capelli castani chiari e un accenno di barba sulla mascella, verso il tavolo dei Serpeverde, tenendolo saldamente per mano. Come se l’allusione di Malfoy, qualche giorno fa, non sia stata abbastanza, non credo che faccia bene ad Albus vedere Lily che se ne va mano nella mano con un altro ragazzo. O con qualsiasi essere di sesso maschile presente in questa scuola.
«Che c’è?» gli domando, cercando di capire quale sia il problema, anche se posso benissimo immaginarlo.
«Pucey» mormora a denti stretti e io ricordo improvvisamente chi sia quel tipo misterioso. Alexander Pucey, nonché capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, compagno di stanza e presumibilmente amico di Scorpius Malfoy. E a quanto pare anche di Lily. Ma certo! Stanno sempre insieme, come ho fatto a non ricordarmelo? Deve essere Albus che mi influenza negativamente con la sua irrazionalità.
«Che cosa ti ha fatto adesso?» gli chiedo ancora. Insomma, non può averla con tutti i singoli studenti di quella casa, no? Non penso sia umanamente possibile e soprattutto moralmente corretto. Sono persone come tutti noi.
«Esiste, e mi duole ammettere che è un bravissimo giocatore. Pertanto, la sua esistenza minaccia le mie possibilità di vincita contro i Serpeverde» mi spiega. Da una parte, meglio così, pensavo ce l’avesse con lui semplicemente perché è amico di Lily.
«Non puoi impedire la sua esistenza» gli faccio notare. «Ma puoi essere più bravo di lui.»
«Io sono più bravo di lui» risponde immediatamente, guardandomi. «È solo che dovremmo essere tutti più bravi di lui, in squadra.»
«Sei il capitano, è compito tuo migliorare la tua squadra» gli dico, cercando di incoraggiarlo un po’. «E sono sicuro che avrai un gran successo. È la prima partita, siete carichi!»
«Già» sospira. «Mi hai ricordato che dalla prossima settimana devo intensificare gli allenamenti.»
Mi ritrovo a compatire tutti i membri della squadra di Quidditch della nostra casa e torno a rileggere le poche righe che abbiamo scritto. Sto per dirgli di continuare la nostra descrizione, passando magari alle peculiari proprietà della pianta, ma noto che Albus non smette di fissare il tavolo dalla parte opposta della stanza.
«Bellamy» inizia. «Ma tu ci credi davvero a quello che ha detto Malfoy l’altro giorno?»
Io aggrotto le sopracciglia, sinceramente sono un po’ confuso. Insomma, so che ormai il pensiero che stiano insieme è diventato il suo chiodo fisso e lo cruccia ogni giorno da quando ha avuto quella specie di conversazione con Malfoy, ma non capisco perché gli stia venendo in mente anche adesso. Sta guardando sua sorella, giusto, ma non è in compagnia di Scorpius, bensì di un altro suo amico.
«Secondo me l’ha detto solo per provocarti» rispondo, cercando di disincentivare le sue teorie. Ho bisogno che Albus abbia la mente lucida e priva di simili preoccupazioni, se voglio finire questo compito di Erbologia e sopravvivere fino agli esami. «Lo sai che fa sempre così, io non mi preoccuperei troppo. Nonostante tutto, tua sorella sembra una ragazza coscienziosa, di certo ci penserebbe dieci volte prima di mettersi con Malfoy.»
«Coscienziosa? Merlino, sembri mia nonna Molly…» mi prende in giro bonariamente. «Comunque, forse hai ragione. E poi, se stessero davvero insieme me ne accorgerei.»
«Eh sì» gli dico. «Due persone che stanno insieme hanno atteggiamenti diversi da quelli che hanno loro due.»
«Anche se quella specie di coretto, l’altra sera…»
«Intendi quella specie di coretto iniziato da Pucey, seriamente?» gli chiedo. «Sarà anche bravo a Quidditch, come dici tu, ma ha il cervello di Schiopodo Sparacoda.»
Albus si mette a ridere e spero di averlo distolto da quell’idea decisamente poco salubre per la sua salute mentale. Purtroppo, ho avuto modo di capire negli anni che Malfoy ha una tendenza alla premeditazione che sfocia nella pura cattiveria, a differenza di quella di Albus che è adoperata solo per rivalsa nei confronti di qualcuno. Non che il mio amico abbia un atteggiamento moralmente giusto, ma sicuramente più giusto di quello di Malfoy. È del tutto probabile, quindi, che abbia detto una cosa del genere solo per farlo arrabbiare e per mettergli in testa idee strane, che lo distraggano dai suoi veri impegni.
Credo che sia finalmente giunto, per chissà quale grazie divina, il momento di continuare il nostro maledetto compito, specialmente perché Albus non solo ha ripreso in mano la piuma e l’ha nuovamente bagnata con l’inchiostro, ma ha anche tirato fuori quello che assomiglia al nostro libro di Erbologia e ha sollevato la copertina, cercando svogliatamente l’indice tra le prime pagine.
Poi sentiamo una fragorosa risata maschile invadere l’aria e alziamo entrambi la testa, per poi ritrovarci a guardare, senza troppa sorpresa, di nuovo il tavolo dei Serpeverde. Pucey sta ridendo a crepapelle, forse a causa della pergamena che tiene tra le mani. Noto Lily che ad un certo punto gliela strappa dalle mani per leggerla e un’altra ragazza bionda, accanto a loro, sorridere divertita dalla scena. Non capisco cosa sta succedendo, ma poi  un po’ anche Lily scoppia a ridere di gusto e subito dopo la sentiamo esclamare: «Dobbiamo dirlo anche a Scorpius!»
Comincia dunque ad avviarsi verso l’uscita della Sala Grande, controllando solo quando è sotto lo stipite della grande porta se i suoi amici la stiano effettivamente seguendo. Pucey e l’altra ragazza si sono appena alzati e la stanno raggiungendo lentamente, lei li incita a sbrigarsi, come se andare a dire a Scorpius chissà cosa sia una priorità assoluta. Immagino alla perfezione l’espressione di Albus, accanto a me, e quando mi giro verso di lui vedo esattamente ciò che mi aspettavo di vedere: uno sguardo furente e la mano sinistra chiusa a pugno sul tavolo. Tossisco per schiarirmi la voce e attirare la sua attenzione.
«Che dicevamo sul dittamo, quindi?»
 
«E quindi la Babbling ha alzato il voto a tutti?»
Derek è a dir poco estasiato dalla mia impresa di questa mattina alla lezione di Antiche Rune. Lo vedo dal luccichio nei suoi occhi acquosi e dal tono concitato con cui pronuncia qualsiasi parola. Siamo in Sala Comune a rilassarci un po’ dopo la giornata appena trascorsa. Frank sta semisdraiato su un divano, occupandone quasi tutto lo spazio, mentre io, Albus e Derek siamo seduti su delle poltrone. Non ci sono molte persone, il coprifuoco è scattato da un pezzo e ormai deve essere quasi mezzanotte, ma domani è sabato e non ci sono lezioni, per cui possiamo anche permetterci di alzarci un po’ più tardi. È bello stare in Sala Comune a quest’ora, quando è semi vuota, sembra più pacifica, più nostra.
«Non poteva non farlo» dico io. «L’ho praticamente sputtanata di fronte alla classe.»
«Mi sorprende che tu sia ancora vivo» mi dice Frank, soffocando una risatina.
«Ma la Babbling non fa paura» gli rispondo.
«Da oggi in poi è lei che avrà paura di te» dice Albus, allungandosi dalla sua poltrona per assestarmi una forte pacca sulla spalla. Ci mettiamo tutti a ridere. Derek scarta un grosso pacco di caramelle al miele e, strano a dirsi, ce le offre buttandolo sul tavolino al centro del nostro cerchio. Ne prendiamo un po’ a testa e tempo dieci minuti che il pacco è già decimato. Non c’è da stupirsi, sono le preferite mie e di Frank.
«Scusate.»
Siamo interrotti da una voce femminile che è nuova a tutti noi. Proviene da dietro il divano dov’è sdraiato Frank. Lo vedo ricomporsi subito e girarsi di scatto, noi tre invece rimaniamo fermi dove siamo, in quanto la ragazza che ha appena parlato ci sta di fronte. Credo di conoscerla di vista. Ha un viso leggermente allungato, una bocca piccola, grandi occhi castani e capelli del medesimo colore lunghi fino alle spalle, sciolti e arricciati.
«Ciao» la saluta subito Frank, sfoggiando un sorrisone. Sto ripensando alla scioccante scoperta che gli ho fatto fare il giorno prima riguardo al fidanzato di Roxanne Weasley e adesso deve star sicuramente cercando un modo per dimenticarla, e dato che è di Frank che stiamo parlando, l’unico modo atto a tale scopo che lui conosca è il classico chiodo scaccia chiodo. Tuttavia, lei gli riserva uno sguardo solo per un momento, poi punta gli occhi altrove, e precisamente su di me.
«Volevo ringraziarti per oggi, MacMillan» mi dice velocemente. Aggrotto le sopracciglia, senza riuscire a capire chi sia. «Per Antiche Rune, intendo. Ho preso Eccellente grazie a te.»
«Oh» esclamo sorpreso. Io non l’avrò preso perché la Babbling voleva uccidermi, ma almeno sono riuscito a far raggiungere il massimo dei voti a qualcuno. Mi sento ancora più soddisfatto di stamattina. «Non c’è di che. Andava fatta giustizia!»
Lei si mette a ridere e nel farlo abbassa leggermente lo sguardo e si tira una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Già, hai proprio ragione» mi dice, ancora con le labbra incurvate in un sorriso.
«Tu sei?» le chiedo. È nella mia classe di Antiche Rune e siamo addirittura compagni di casa, è possibile che io non sappia il suo nome?
«Zoe» mi dice subito, come se si aspettasse quella domanda da parte mia. «Zoe Caplan.»
«Io sono Bellamy» rispondo, poi guardo velocemente i miei amici. «E loro sono Albus, Frank e Derek.»
«Sì, so chi siete» dice di nuovo. «Scusate ancora per l’interruzione.»
«Tranquilla, ci vediamo a lezione» le dico io, con un tono gentile.
Dopodiché se ne va, tornando da altre due ragazze dall’altra parte della stanza, sedute accanto al camino. Non si riesce a sentire quello che dicono da qui, ma vedo una di loro sorridere e l’altra alzarsi, per poi raccattare la sua amica e Zoe e trascinarle verso le scale che portano ai dormitori femminili. Solo dopo che sono andate via, mi accorgo di un preoccupante particolare.
I miei amici non hanno fiatato e so per esperienza che quando i miei amici non parlano, specialmente quando Albus non parla, non sta per accadere niente di buono.
Li guardo uno per uno e sembrano tutti abbastanza perplessi.
«Che c’è?» gli chiedo.
«Quella era una ragazza» comincia Albus.
«E allora?» ribatto.
«Una ragazza carina» continua Frank.
«Non so, era carina?» domando.
«Una ragazza non solo carina, ma che ha preso anche Eccellente ad Antiche Rune» conclude Derek.
«Si vede che ha fatto bene la traduzione» provo a dire, ma nel momento in cui noto che i miei amici si guardano pericolosamente tra di loro, ignorando qualsiasi parola che mi esce dalla bocca, comincio davvero a preoccuparmi.
«Ragazzi!» li richiamo, mentre cerco di capirci qualcosa. «Si può sapere che vi prende?»
«Niente» decreta allora Frank. Poi si alza svogliatamente dal divano, stiracchiandosi un po’. «Andiamo? Ho giusto un po’ di sonno.»
Vedo Derek e Albus annuire e alzarsi a loro volta, allora sospiro e anche io mi tiro in piedi e decido di seguirli nel nostro dormitorio, rassegnandomi al fatto che probabilmente non saprò mai cosa gli sia passato per il cervello qualche momento fa. E che con un po’ di fortuna, forse, non lo verrò mai a sapere, perché sicuramente non è qualcosa di buono.

Ciao a tutti e buon anno! ♥ Con questo capitolo rimaniamo ancora un po' a osservare le vicende dei nostri quattro Grifondoro, eravamo rimasti ad aspettare che il mondo implodesse per il voto preso da Bellamy ed ecco che qui facciamo giustizia xD, in realtà questo capitolo mi è servito per introdurre un personaggio che darà qualche gatta da pelare. Non potevo poi non inserire di nuovo Albus che impazzisce al minimo sentore di Lily con Scorpius, come dice Bellamy, per lui ormai è un chiodo fisso. Il prossimo capitolo sarà di nuovo dal punto di vista di Lily, ma dato che ho un esame tra una settimana esatta potrei ritardare di qualche giorno :( Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, come al solito fatemi sapere cose ne pensate :3
A presto ♥
Mars

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Capitolo 5
*** Il Ponte di Pietra ***


V – LILY
 
Il Ponte di Pietra
 
Kelsey ha ricevuto una lettera d’amore e tutti, e dico davvero tutti, ne stanno parlando in Sala Comune. I miei compagni sono sull’orlo di dichiarare aperta la caccia all’uomo, perché la grande intelligenza che è Alexander David Pucey ne sta parlando da ore come se avesse appena visto un unicorno volare nel cielo. Io e la mia migliore amica siamo sedute su uno dei divani di pelle nera e cerchiamo di ignorare il vocione di Alec che continua a ripetere scioccato come sia possibile che qualcuno abbia davvero fatto recapitare in forma anonima una lettera d’amore a Kelsey. Io cerco di spiegarglielo per circa la settima volta da quando lo abbiamo scoperto, quel pomeriggio in Sala Grande.
«Kelsey è una bellissima ragazza, è normale che qualcuno si sia invaghito di lei» cerco di dire, sollevando per un attimo lo sguardo dall’ultimo numero del Settimanale delle Streghe. «E poi che c’è, Alec? Non sarai per caso geloso?»
«Geloso io? Ma ti pare, sono semplicemente sconcertato ed entusiasta allo stesso tempo!» esclama, poi si appoggia con molto slancio al bracciolo del divano, quasi travolgendomi. Per salvarmi dal tornado Alec mi sposto più che posso verso sinistra, addossandomi a Kelsey, che ci osserva divertita. Lei, stranamente, non sembra infastidita da questo putiferio e dal fatto che letteralmente quasi tutti i nostri compagni di casa stanno parlando di lei. Sotto questo punto di vista siamo completamente diverse e io non credo che riuscirò mai a capirla: fosse capitato a me, avrei prima spedito Alec in infermeria affatturandolo più volte e poi avrei messo a tacere qualsiasi chiacchiericcio su di me, con le buone o con le cattive.
«E di grazia, per quale motivo saresti così sconcertato ed entusiasta?» chiedo nuovamente ad Alec, guardandolo. Lui arriccia la bocca in una strana espressione, segno che sta pensando – e fidatevi, sono rare le volte in cui lo fa – poi mi guarda con una strana luce negli occhi.
«Sconcertato perché, beh, quale sfigato farebbe mai una cosa del genere? Non siamo mica nel diciannovesimo secolo» dice. «E poi entusiasta, perché ovviamente sono felicissimo per la nostra Kels. Nonostante le modalità imbarazzanti, questo tipo potrebbe essere l’amore della sua vita.»
«Per Morgana, no!» esclama Kelsey alla mia sinistra. «Ho quindici anni, non voglio trovare l’amore della mia vita adesso.»
Sorrido, divertita dalla sua risposta, ma non me la sento di condividere pienamente la sua idea, nonostante anche io a volte sia del suo stesso parere. Non credo che si possa trovare l’amore di una vita mentre si è ad Hogwarts, anche se quasi tutta la mia famiglia dimostra concretamente il contrario: i miei zii Hermione e Ron sono la prima coppia che mi viene in mente,  poi ci sono zio George e zia Angelina, anche se dai loro racconti pare che la scintilla sia scattata solo molti anni dopo la fine della scuola, e poi ci sarebbero anche i miei genitori, se solo tra loro non fosse in atto una guerra fredda in piena regola dall’inizio dell’estate.
Menomale che James adesso vive a Londra da qualche parte e io e Albus siamo tornati a scuola, un’altra settimana con quel clima bellico in casa e penso che saremmo impazziti. Non so onestamente cosa sia successo tra loro, né sono sicura di volerlo sapere, so per certo che se le acque non si calmano prima di Natale, io rimarrò qui, e mi auguro che per la fine dell’anno scolastico sia tutto tornato alla normalità. I miei pensieri vengono interrotti dalla conversazione che ha preso vita tra i miei due amici.
«Anche se non sarà l’amore della tua vita, secondo me devi dargli una possibilità» sta dicendo Alec alla povera Kelsey. Lei non è molto convinta e ho la sensazione che non seguirà il suo brillante consiglio.
«Ma non so nemmeno chi sia!» controbatte Kelsey a voce alta. Nonostante la palese esasperazione nel suo tono di voce, mi sembra comunque molto divertita dalla situazione, per cui non mi preoccupo molto e li lascio continuare a scambiarsi pareri opposti. Mi scuso velocemente con loro e mi alzo dal divano, Alec senza neanche rispondermi scivola dove poco prima ero seduta io e continuare a blaterare sul fatto che, proprio perché nessuno sa chi sia il misterioso mittente, è necessario organizzare un piano per scoprirlo. Dunque, io mi dirigo con la mia sacrosanta rivista verso i dormitori femminili, per mettermi a leggere in santa pace cosa succede nella vita privata di quel gran figo di Léon Foyer, un giovanissimo mago e cantante francese che ultimamente sta spopolando ovunque. Tuttavia, credo che la mia sete d’informazioni su Léon dovrà aspettare, perché Scorpius è appena entrato in Sala Comune e non appena mi ha vista sfrecciare via, al riparo da quel trambusto, ha avuto la geniale idea di richiamarmi a gran voce e di impedirmi di farmi i fatti miei.
«Dove scappi?» mi chiede divertito. La mia espressione però deve essere tutt’altro che divertita, perché vedo il suo sorrisetto  spegnersi un secondo dopo avermi rivolto la parola.
«Stavo cercando un posto per leggere in tranquillità e scoprire il nome della nuova ragazza di Léon Foyer e capire a chi devo lanciare qualche maledizione» gli dico, mostrandogli il Settimanale delle Streghe. Lui osserva perplesso la copertina piena di fotografie incantate e cerca di non ridere. So che odia queste cose, che lui definisce elegantemente “stronzate da femmina”, ma dal momento che io ritengo che le sue continue zuffe con mio fratello siano e per sempre saranno solo delle “stronzate da maschio”, direi che siamo pari.
«Mi spieghi meglio questa cosa di Kelsey?» mi chiede a bruciapelo. «Magari fuori di qui, c’è troppa gente e la gente mi fa venire il mal di testa.»
«Okay» sospiro. Condivido appieno l’idea di Scorpius. Volevo andare nella mia stanza, ma dato che lui non può venirci, l’unica opzione è uscire dalla Sala Comune. Il coprifuoco, tanto, scatterà tra circa un’oretta, e abbiamo tutto il tempo di trovarcene un posto tranquillo per parlare.
Ci dirigiamo velocemente verso la parete di pietra, che scivola via facendoci uscire in corridoio. Percepisco l’aria un po’ più fredda rispetto alla Sala Comune e lo trovo alquanto piacevole. Ce ne andiamo subito dai Sotterranei, né io né Scorpius vogliamo stare in posto buio e tetro, così dopo aver presto al volo la rampa di scale prima che se ne andasse altrove, saliamo finché non raggiungiamo il primo piano e camminiamo per tutto il corridoio. So dove stiamo andando e involontariamente sorrido: era il novembre del mio primo anno e avevo appena compiuto dodici anni, e nonostante fossi un po’ più grande rispetto ai miei compagni, non mi ero mai sentita così piccola e sola. Non conoscevo quasi nessuno, i miei fratelli non erano nella mia casa, e nemmeno uno dei miei cugini. Un giorno ero in ritardo per una lezione e stavo correndo a perdifiato per lo stesso corridoio su cui sto camminando adesso, ricordo che un quadro mi ha suggerito di prendere il Ponte di Pietra per arrivare prima dall’altra parte, senza fare tutto il giro, e così ho fatto. Su quel ponte ho incontrato Scorpius, andandogli a sbattere platealmente contro. Era insieme ad Alec, ma io non conoscevo ancora nessuno dei due. Ricordo che lui si è messo a ridere e mi ha detto di stare più attenta, poi ha continuato per la sua strada e io per la mia. Non potevo neanche immaginare che sarebbe diventato uno dei miei migliori amici.
Il Ponte di Pietra è una sorta di posto solo nostro. Quando ci andiamo, siamo sempre e solo io e lui. Delle volte, ci comportiamo da amici normali, raccontandoci tutto e niente, o anche a stare semplicemente in silenzio, o dire cose senza senso. Quando devo dirgli qualcosa o confidargli un segreto, non necessariamente che riguardi me, Scorpius mi porta sempre in questo posto e si fa serio tutto d’un tratto. Strano a dirsi, ma le parole “serio” e “Scorpius” possono coesistere nella stessa frase senza essere necessariamente accompagnate da una negazione.
Questa sera non ci sono nuvole e si vedono le stelle. Io e Scorpius siamo appoggiati con i gomiti al parapetto, le torri di Hogwarts s’innalzano imponenti sopra le nostre teste e c’è un silenzio quasi irreale.
«Allora» dice, guardando dritto di fronte a sé. «Che ha combinato Kelsey?»
«Per una volta, lei non ha fatto davvero niente» rispondo divertita. Kelsey è nota per essere quella che, nel nostro gruppo, combina guai a non finire. Guai dai quali siamo noi tre, e più nel particolare io, che dobbiamo tirarla fuori.
«Merlino, se stavolta lei non c’entra niente la prossima quale sarà? Grifondoro che vince la partita?» commenta scherzosamente Scorpius. Anche io sorrido. Scorpius gioca nella squadra insieme ad Alec  ed è il Cercatore, un ruolo bello importante. Alec e Scorpius sono entrati nella squadra insieme, tre anni fa, quando il capitano era ancora un certo Norton, e hanno fatto il provino per lo stesso ruolo. Grazie al cielo, Norton ha deciso di inserire anche Alec nella squadra, come Cacciatore, altrimenti lui e Scorpius se ne sarebbero date di santa ragione.
«Volevo dirtelo subito, ma non ti abbiamo trovato né in Sala Comune, né in biblioteca, né da nessuna altra parte» dico subito.
«Oh no, io… ero nell’aula di Pozioni con Lumacorno» mi risponde. «Mi ha chiesto se voglio aiutarlo con alcune ricerche, quando ho del tempo libero. Mi ha promesso dei crediti extra ai M.A.G.O..»
«Fighissimo!» esclamo. Scorpius adora Pozioni, è la sua materia preferita ed è bravissimo. Credo che negli anni abbia trasmesso questo suo amore per la materia anche a me, dato che non me la cavo affatto male: non mi stupisce che Lumacorno abbia chiesto proprio a lui di aiutarlo, una cosa del genere non gli dovrebbe pesare neanche un po’.
«Già» dice Scorpius. «Mio padre ha detto che se riesco a prendere il M.A.G.O. di Pozioni con Eccellente, mi comprerà un appartamento tutto mio a Londra, per quando andrò a studiare al Centro Pozionologico Nazionale.»
«Sono sicura che ci riuscirai.» Sorrido. «E poi quando vivrai da solo, e quando anche io e Kelsey avremo finito Hogwarts, ci ospiterai praticamente tutti i giorni, vero?»
«Ovviamente» mi conferma lui. «Sempre che tuo fratello non mi uccida prima.»
«Tra pochi mesi Albus non sarà più un problema per te» gli dico. «Insomma, finita la scuola, finite le liti no? Tra i nostri genitori è andata così.»
«Penso perché ognuno di noi prenderà strade diverse, dopo. Non vedendosi più tutti i giorni sarà difficile litigare come facciamo adesso» risponde Scorpius. «E poi, credo che per i nostri genitori ci sia stato molto di più che la fine della scuola a farli riappacificare.»
Non replico. Scorpius ha ragione. Tra i miei genitori e i suoi c’è stata la guerra di mezzo.  È stata quella a farli cambiare e a decretare la fine di qualsiasi, stupida ostilità ci fosse prima. Sospiro, questo discorso mi sta rendendo un po’ triste, perché volevo evitarlo il più possibile. È dal primo settembre che penso al fatto che questo sarà l’ultimo anno che io e Kelsey passeremo assieme a Scorpius e ad Alec. Il solo pensiero che il prossimo anno prenderemo il treno senza di loro, ci siederemo a cena senza le continue battute di Alec, e poi andremo in Sala Comune senza Scorpius che ci obbliga a giocare con lui a qualche stupido gioco da tavola mi fa rabbuiare come non mai. Loro due per me ci sono sempre stati, sono come dei fratelli maggiori e mi riesce difficile immaginare la vita qui a Hogwarts senza di loro.
«Lils?» mi richiama Scorpius. Lo vedo con la fronte corrugata: è preoccupato. Deve aver notato il mio repentino cambio d’umore.
«Sto solo pensando che l’anno prossimo sarà troppo strano senza di voi» gli confesso. Non ci sono e non ci saranno mai segreti tra me e Scorpius. «Senza di te.»
«Beh, su di me puoi star sicura che ti romperò le palle praticamente ogni giorno» mi dice, sorridendo. « Su Alec non posso garantire, però. È facile che lui se ne dimentichi.»
«Comunque, riguardo Kelsey» dico subito io, per cambiare discorso. «Ha ricevuto una lettera d’amore… ovviamente anonima.»
«Una lettera d’am… Che cosa?» esclama sorpreso. Ha un’espressione che trasuda confusione da ogni poro e non posso biasimarlo, è stata la mia stessa reazione.
«Già» gli dico. «Ma a lei non importa, credo. Mentre Alec sembra come impazzito, vuole trovare a tutti i costi il mittente.»
«Non è che Alec è geloso?» mi chiede Scorpius.
«L’ho pensato anche io!» esclamo. «Ma lui dice di no.»
«Che dici, gli crediamo?»
«Sì dai. Ormai siamo tutti troppo legati» rispondo, senza neanche pensarci. «Ci conosciamo da troppo tempo perché a qualcuno di noi piaccia l’altro, non credi?»
«Hai ragione» mi risponde Scorpius. Ha ripreso a guardare le strutture del castello davanti a noi e ha un’espressione serena e rilassata, le labbra distese in un sorriso. E poi rimaniamo in silenzio, ma è un silenzio che non ci pesa, né ci mette a disagio. Io alzo gli occhi e guardo le stelle, cercando di riconoscere qualche costellazione, e ritorno con la mente a quei ricordi lontani delle settimane estive passate a Villa Conchiglia e di mio zio Bill, quando dopo cena portava me e Dominique sulla spiaggia e ci insegnava i nomi delle stelle.
 
«Ragazzi miei, oggi sono lieta di annunciarvi che faremo una lezione interattiva!»
Quando la Cooman dice di voler fare le sue lezioni interattive non va mai a finire troppo bene. Io neanche volevo scegliere Divinazione come materia opzionale, ma le altre alternative erano a dir poco fuori discussione. Fortunatamente, Kelsey ha deciso di accompagnarmi in questa meravigliosa avventura alla ricerca del nostro occhio interiore, così condividiamo assieme queste ore di totale follia e poi ci ridiamo su una volta uscite dall’aula. Inoltre, la Cooman non mette mai insufficienze, perché a detta sua quando non riusciamo a fare qualcosa significa che in quel momento il nostro io interiore non è predisposto all’arte divinatoria.
Da un cassetto della cattedra tira fuori un mazzo di carte e so già cosa sta per succedere, dato che la scorsa settimana ci ha addirittura assegnato i compiti per casa, che consistevano nel leggere il capitolo due del nostro libro, riguardante la cartomanzia e il significato dei ventidue Arcani Maggiori dei Tarocchi. Io mi sono fermata dopo i primi tre, se devo essere sincera, quindi non ho la più pallida idea di cosa fare in questa maledetta lezione interattiva.
«Signorina Potter!» esclama la Cooman, guardandomi da dietro i suoi spessi, giganti occhiali. Dandomi della stupida, noto che io e Kelsey ci siamo sedute al tavolo all’estrema sinistra della stanza e che è naturale che la professoressa inizi da questo punto. «Vuoi cominciare tu, leggendo le carte alla signorina Higgs?»
«Va bene» rispondo, con un sorrisetto tirato. Cerco di essere tranquilla, ma non lo sono proprio per niente dato che non so un accidente sul significato dei Tarocchi. Dovrò inventare, come faccio sempre.
La Cooman mi porge il mazzo di carte e io le mescolo grossolanamente, giusto per dare l’impressione di sapere, esattamente cosa sto facendo. Dopodiché mi fermo qualche secondo e guardo Kelsey in cerca di aiuto: come diavolo dovrei distribuire le carte?
«Allora, cara, ricordi? Lo schema della croce semplice» mi suggerisce la Cooman. Come un flash, ricordo di sfuggita il disegno sul libro, nella pagina accanto a quella degli Arcani. Dispongo prima tre carte in fila e poi e ne metto una sopra e una sotto la carta centrale, ora tutto quello che mi rimane da fare è scoprirle esattamente nell’ordine in cui le ho date.
Scopro la prima carta a sinistra e guardo prima Kelsey e poi la Cooman. «Allora, la Ruota della fortuna» dico, spostando lo sguardo dalla professoressa alla carta. La Cooman mi guarda per incitarmi ad andare avanti, solo che da quel che leggo questa carta è solo la numero dieci e io mi sono fermata alla terza.
«Ehm, la prima carta rappresenta sempre il passato» dico. La professoressa annuisce. «E quindi significa che a Kelsey deve essere accaduto qualcosa di particolarmente… fortunato?»
«Oh, cara, non simboleggia solo un evento fortunato» dice la Cooman. «Sei sicura di aver studiato i significati degli Arcani Maggiori?»
«Io…  sì, più o meno» rispondo, non sapendo davvero cosa dire.
«Uno studio superficiale» dice subito la Cooman, ma non pare prenderla come una cosa grave. «Continua.»
Annuisco e scopro la seconda carta, quella centrale, che dovrebbe simboleggiare a questo punto il presente.
«Il Diavolo» annuncio, guardando con un po’ di orrore la figura ritratta sulla carta. Mi viene improvvisamente una brillante idea: fare a Kelsey il peggior pronostico della sua esistenza. Credo che la Cooman ne rimarrà profondamente soddisfatta. «Sicuramente simboleggia una cosa negativa, un nemico da affrontare e che non sarà facile sconfiggere.»
E non appena pronuncio queste parole, da un lato vedo Kelsey che sta cercando di trattenere le risate e dall’altro c’è la professoressa che pare seguire con molto più interesse la mia lettura dei Tarocchi.
“Avanti, Lily” dico a me stessa. “Mancano solo tre carte e hai tante catastrofi ancora da predire.”
«La terza carta, che simboleggia il futuro, è l’Impiccato» dico, scoprendo l’ultima carta a destra. Aggrotto le sopracciglia, neanche questa so cosa stia davvero a significare. «Può significare che forse Kelsey non riuscirà a sconfiggere il nemico di cui parlavamo prima? Oppure che le cose potrebbero ribaltarsi completamente e prendere una piega inaspettata.»
Ma la Cooman mi sembra tutto fuorché convinta delle mie parole.
«Oh, Potter, non è necessario che tu finisca la lettura della croce semplice. Oggi il tuo occhio interiore è un po’ annebbiato, non importa» dice, probabilmente inorridita dalle mie fantasiose invenzioni. «Signorina Higgs! Ho sempre pensato che tu sia molto portata per la nobile arte della divinazione, vediamo se i Tarocchi sono la tua strada!»
Kelsey raccatta le carte con un’espressione indecifrabile sul volto. La cosa mi insospettisce, non è che Kelsey ha davvero studiato il capitolo sui Tarocchi e che quindi risulterà molto più preparata di me? Se l’ha fatto, dopo le darò una bella strigliata. La regola madre, quella fondamentale che vige tra di noi per quanto riguarda Divinazione, è che non possiamo presentarci con una preparazione differente. O andiamo bene entrambe, o facciamo entrambe pena.
Dopo aver mescolato le carte, le dispone sul tavolo e comincia a scoprirle, enunciando il loro relativo significato.
«Il Carro generalmente significa determinazione e autodisciplina, dato che qui rappresenta il passato significa che per Lily forse è trascorso un periodo in cui ha imposto delle regole a se stessa,  oppure dei limiti o ancora delle proibizioni, forse per superare un ostacolo.»
Guardo la mia migliore amica a bocca aperta. Ha davvero studiato Divinazione e non credo di poterglielo perdonare mai. La Cooman, accanto a noi, sembra molto convinta delle sue parole. Povera me.
«E poi abbiamo la Giustizia. Significa che in questo momento, quindi nel presente, Lily dovrà stare molto attenta alle sue azioni e valutarne attentamente le conseguenze, non deve esprimersi in modo ambiguo, anzi, dire chiaramente come stanno le cose, sia agli altri che a se stessa» continua Kelsey. Guarda sempre le carte o la Cooman, mai me. Sta evitando il mio sguardo perché sa che probabilmente la incenerirei se potessi, ma ormai non posso farci niente. Se ha studiato è giusto che lo dimostri, solo che poteva avvertirmi prima e saremmo arrivate a questo teatrino entrambe preparate. Merlino, neanche sto facendo caso a quello che dice, ma mi sembra maledettamente accurato. Mi mordo nervosamente le labbra, se solo ripenso al mio piano malefico da attuare contro Albus, per fargli credere di me e di Scorpius.
«E per il futuro abbiamo ancora la Ruota della fortuna» dice Kelsey. «Significa che il futuro di Lily è difficile da stabile anche per le carte, infatti questo Arcano rappresenta il destino, e preannuncia di essere aperti all’imprevedibile, al cambiamento e di cogliere l’occasione non appena essa si presenta, perché poi potrebbe non essere più possibile» spiega. La Cooman sembra ancora più soddisfatta. In poche parole, Kelsey ha detto che esco da un momento di autodisciplina in cui ho limitato me stessa, che devo stare attenta alle mie azioni e che non si può sapere cosa mi succederà in futuro. Ora capisco perché la professoressa la adora.
«Questa carta simboleggia i desideri inconsci» dice Kelsey, scoprendo la carta in alto. «Gli Amanti.»
Aggrotto le sopracciglia. Questa carta la conosco addirittura io, o comunque immagino molto facilmente cosa possa significare.
«È molto semplice, questa è una motivazione inconscia per cui Lily non sa di averla» dice Kelsey.
«Già» confermo.
«E comprendo la tua espressione molto confusa» aggiunge, rivolgendosi a me. Poi continua a sproloquiare sulla carta degli Amanti, dicendo che a livello interiore il mio unico desiderio è trovare qualcuno che mi stia accanto, che devo seguire il mio cuore e non la mia ragione e altre fesserie.
«E alla fine, l’ultima carta mostra il desiderio conscio, cioè quello che Lily vuole e sa di volere» spiega infine Kelsey, e gira anche l’ultima carta. Questa è la terza carta e l’ho studiata anche io: l’Imperatrice. «Significa che vuole essere una persona forte, determinata e piena padrona della propria vita, che vuole essere creativa e raggiungere i propri obiettivi. Generalmente, è collegabile al desiderio di indipendenza.»
«Una lettura davvero ottima, signorina Higgs!» esclama la Cooman, facendosi spuntare un sorriso che va da un orecchio all’altro. «E dimmi, se lo sai, possiamo fare ulteriori osservazioni?»
Kelsey questo non lo sa, perché ha appena sgranato gli occhi e mi guarda, come se potessi darle un qualche aiuto materiale. Scrollo le spalle e comincio a scuotere la testa.
«No, professoressa, non lo so» risponde sinceramente Kelsey. Ah! C’è qualcosa che non ha studiato allora, credo di essere già sulla via per perdonarla.
«Oh, non importa» dice la Cooman, poi si riprende le carte e decide di andare ad importunare altri studenti. Dopo di noi non segue un ordine preciso tra i tavoli, non lo fa mai. «Signorina Ackerman, vuoi provarci tu?»
E io giro di scatto la testa verso Lucinda la Smorfiosa. Ecco, lei in Divinazione fa davvero pena, addirittura più pena di me. Al nostro terzo anno la sua lettura delle foglie di tè è stata la peggiore di tutta la classe, tant’è che la Cooman in quell’occasione le ha detto il suo occhio interiore, più che leggermente assonnato o annebbiato, come dice solitamente, era proprio bendato e avrebbe avuto bisogno di molta esercitazione. Così, mentre Kelsey sta cercando di spiegarmi il motivo per cui fosse perfettamente preparata sui Tarocchi, io ho deciso che non è importante e che va bene se lei studia Divinazione in mia assenza. Tutte le mie energie interiori adesso sono focalizzate sul pregustare l’assoluta incapacità di Lucinda Ackerman.

Ciao a tutti! Scusate per il piccolo ritardo, ma sto avendo problemi di connessione: stavo aspettando che lo risolvessero, ma dato che la cosa sta andando per le lunghe sto utilizzando i router del telefono, per cui sarò velocissima per non sprecare troppi dati. Eccoci già al quinto capitolo, di nuovo dal punto vista di Lily: Kelsey riceve una lettera d'amore anonima, Alec impazzisce e scopriamo un po' di più sul rapporto di Lily e Scorpius, che dolcini ♥
E poi una bella lezione interattiva di Divinazione con la nostra cara Cooman xD Lily non la ammira molto, ma riceve una lettura dei Tarocchi molto interessante ;)
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto, ringrazio chiunque mi segua e mi legga, anche se in silenzio. Come al solito, io sono sempre molto curiosa di conoscere i vostri pareri in merito.
Un bacione ♥
Mars
 

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Capitolo 6
*** Un piccolo sacrificio per un bene superiore ***


VI – SCORPIUS
 
Un piccolo sacrificio per un bene superiore
 
«Io continuo a non riuscire a credere che ti piaccia Divinazione!»
«Per Merlino! Non è che mi piace Divinazione…»
«Ieri mi è sembrato che fosse così»
«Mi piaceva quell’argomento, va bene?»
«E allora perché l’altra volta ti sei messa a ridere quando la Cooman lo ha spiegato?»
«Scorpius?»
Non appena sento il mio nome venir pronunciato da una Kelsey molto esasperata e con il tono di una che non desidera altro che gettarsi dalla Torre di Astronomia, interrompo il mio sacrosanto riposo settimanale nel parco e sposto il mio sguardo su di lei. Davvero, non riesco a credere che lei e Lily stiano litigando – discutendo? – perché a Kelsey sono piaciuti i Tarocchi. Chiariamoci, a me hanno fatto schifo come più o meno il resto della materia, ragion per cui non ho conseguito il G.U.F.O. in Divinazione al mio quinto anno, ma se Kelsey li ha trovati interessanti non vedo cosa ci sia di male.
Cerco di prepararmi psicologicamente, comunque, perché Kelsey mi ha interpellato mentre sta discutendo con Lily e non credo di potermi permettere di prendere posizione se voglio arrivare a fine giornata con la testa ancora attaccata al resto del corpo. Ho scoperto con gli anni, e in particolare in occasione dello scorso San Valentino, quanto queste due possono essere violente quando vengono contraddette.
«Sì?» le domando, cercando di far trasparire una calma assoluta dal mio tono di voce.
«È davvero tanto strano che mi siano piaciuti i Tarocchi?» mi domanda allora. Lei e Lily sono entrambe sedute sull’erba non molto distanti da me.  È un mercoledì pomeriggio, abbiamo finito di mangiare da un bel po’, io e Alec non abbiamo lezioni, mentre Kelsey e Lily hanno Difesa verso le quattro. Dato che è uno dei pochi pomeriggi che abbiamo liberi tutti e quattro contemporaneamente, ne approfittiamo sempre e ci mettiamo all’ombra di questa enorme quercia nel Parco di Hogwarts. Oggi è bel tempo, c’è il sole e non fa affatto freddo. Più che fine settembre, sembra essere maggio.
«Direi di sì. Sono la cosa più assurda di questo universo!» dice Lily, come se la domanda fosse rivolta a lei. Tossisco per zittirla e farmi dare attenzione da entrambe.
«Devo dire quello che volete sentire o devo essere sincero?» domando.
«Sincero!» esclamano all’unisono. Io sospiro.
Alec accanto a me sta facendo un sonnellino di quelli epici. Kelsey e Lily si stanno urlando contro da circa dieci minuti e lui continua a dormire imperterrito, penso che stia facendo un sonno così profondo che solamente qualche avvenimento di dimensioni mastodontiche potrebbe svegliarlo.
«Allora, oggettivamente i Tarocchi sono un’invenzione stupida» inizio, e vedo subito sul volto di Lily un sorriso soddisfatto. “Ma non ti farò vincere, mia cara. Non farò vincere nessuna delle due.” «Ma non è strano che ti piacciano, Kelsey. Sei libera di farti piacere quello che vuoi.»
«Cosa?» esclama Lily, dopo aver realizzato di non avere ragione. Mi diverto tantissimo in queste situazioni, perché Lily vuole sempre avere ragione, e quando capisce di aver torto si arrabbia talmente tanto che risulta estremamente esilarante.
«Beh, Lils, se a Kelsey non possono piacere i Tarocchi, allora a te non può piacere quell’idiota di Nott, non credi?» continuo a dirle, sapendo di farla arrabbia ancora di più.
«Innanzi tutto, Samuel non mi piace più da mesi!» esclama. È diventata tutta rossa in viso e ha un’espressione a metà tra l’imbarazzato e il furente, anche se credo che potrebbe prevalere questa seconda caratteristica e che nulla, in questo momento, le impedirebbe di alzarsi, raggiungermi e strangolarmi con le sue stesse mani. D’altronde, i geni Potter si fanno sentire ogni tanto e non gliene posso di certo fare una colpa.
«E poi, vogliamo parlare della cotta che tu hai avuto per mia cugina?» continua. Alzo gli occhi al cielo: nonostante tutto, non posso non riconoscere a Lily che se qualcuno va a toccare un tasto dolente per lei, si può star sicuri che lei andrà a toccare tutti i tasti dolenti del suo interlocutore, senza alcuna pietà. Il fatto che sia la mia migliora amica e che conosca praticamente tutto su di me, e io su di lei, a volte rende questa cosa estenuante e andiamo avanti a prenderci in giro per giorni.
«È successo tre anni fa, santo cielo» sbuffo. «Ancora sono convinto che qualcuno di voi mi drogasse, in quel periodo.»
«Purtroppo eri fin troppo lucido, Scorp!» esclama Kelsey, trattenendo le risate. Aspettate, adesso si sono coalizzate entrambe contro di me? Fino a due minuti fa stavano cercando di prevaricarsi l’un l’altra e adesso sono diventato il loro bersaglio? Mi chiedo cosa ci sia nel cervello femminile a spingerle ad essere così… così strane, ecco.
«La cosa peggiore è stato il suo due di picche, vero?» continua Lily. «A Rose importava di più riuscire a sconfiggere un molliccio che uscire con Scorpius.»
«Forse il suo molliccio si trasformava in Scorpius?» si chiede Kelsey, portandosi due dita sotto il mento e atteggiandosi a grande pensatrici. Questo è stato un colpo basso.
«Sempre meglio che avere uno stalker, Kelsey» le dico, riferendomi alla misteriosa lettera che ha ricevuto qualche giorno fa. Lily ride, ma neanche lei sta per salvarsi dalle mie precisazioni. La guardo. «O essere sputtanati da Lucinda Ackerman.»
«Ho già risolto quel problema» mi dice Lily, lapidaria.
È stata una scena indimenticabile, a detta di Kelsey. Questa mattina erano nell’aula di Pozioni, Lumacorno ha riportato le pozioni preparate in classe la settimana scorsa, con le relative votazioni. A quanto ho capito, Lily aveva preparato la pozione con Lucinda e il professore l’ha valutata con un Oltre ogni Previsione. Inutile dire che entrambe volevano Eccellente e quindi si sono messe a discutere in classe, di fronte a tutti, quando Lucinda ha esclamato senza alcuna remora che la maggior parte della pozione l’aveva preparata lei, perché Lily si era ritrovata con la testa tra le nuvole tutto il tempo e aveva addirittura confuso il biancospino con un’altra pianta e stava infilando quella nel calderone, anziché quella giusta. Solo che l’estrema tranquillità con cui Lily reagisce alla mia provocazione mi lascia leggermente confuso. Cosa avrà mai combinato?
«Che intendi dire?» le chiedo, aggrottando le sopracciglia. Anche Kelsey mi sembra molto interessata, neanche lei deve saperlo. Lily sospira, rigirandosi tra le mani qualche filo d’erba.
«Avete presente i gemelli Scamandro?» ci domanda. E chi non li conosce? «Anche loro sono dei Corvonero e potrei aver offerto loro una piccola somma di denaro e un prodotto esclusivo dei Tiri Vispi Weasley in cambio di un favore.»
«Quindi li hai corrotti» afferma Kelsey, quasi ovvia.
«Non li ho corrotti!» esclama Lily. «Li ho pagati!»
«Va be’» dice ancora Kelsey, mettendo a tacere l’argomento. «Cosa gli hai chiesto di fare?»
«Da fonti certe so che venerdì mattina i Corvonero hanno il primo test di Incantesimi, quello che noi faremo lunedì, per capirsi» dice velocemente lei. «E venerdì mattina Lucinda si ritroverà una palude giamaicana in stanza, così, per qualche strano scherzo del destino.»
«Molto interessante» commento io. Ma non sono molto convinto, c’è un piccolo dettaglio di cui credo che Lily non abbia tenuto conto. «E come faranno i gemelli Scamandro, che sono dei maschi, ad entrare nel dormitorio femminile, venerdì mattina?»
Lily non sembra affatto sorpresa dalla mia domanda, al contrario, mi guarda tranquillamente e incurva le labbra come se fosse soddisfatta di quello che sta per dire. «E secondo te il prodotto esclusivo che gli ho promesso cosa permette di fare?»
La mia migliore amica è un genio. Un genio del male, certo, che adopera le sue idee geniali solamente a scopo vendicativo, ma è comunque un genio. Mi soffermo poi a pensare su quello che ha detto: suo zio ha davvero inventato un qualche congegno magico che permette di eludere gli incantesimi dei dormitori e lei lo promette ai gemelli Scamandro e non a me e Alec? Sono piuttosto sicuro che questo sia catalogabile nell’alto tradimento, secondo il codice dell’amicizia. Insomma, sono letteralmente anni che io e Alec  stiamo cercando un modo per andare indisturbati nei dormitori femminili.
«Scusa, da quando esiste questa specie di coso che ti fa andare nei dormitori femminili?» le domando.
«Non esiste ancora, in realtà» mi dice Lily. «Zio George lo metterà in commercio presto, però, qualche mese al massimo. Aveva dato un prototipo a Fred, per chiedergli di testare il suo funzionamento, ma Roxanne gliel’ha immediatamente tolto dalle mani perché Fred è l’invadenza fatta persona. Così, dato che lei non se ne faceva nulla, lo custodisco io.»
«Quindi ne esiste uno solo in tutta Hogwarts?»
«Praticamente sì.»
«E tu lo dai ai gemelli Scamadro e non a noi? Sei una traditrice.»
«I gemelli Scamandro mi faranno un favore. Non capisci? È una merce di scambio, devo darlo a loro. E poi sai che m’importa se lo usano nella torre Corvonero. Se finisse in mani vostre il nostro dormitorio si trasformerebbe in un campo di guerra e non ci teniamo, vero Kelsey?»
«Verissimo» conferma la bionda.
«Mah» commento, poco soddisfatto delle risposte ottenute. «Non sarebbe poi un tantino illegale mettere in commercio certe cose?»
«Non ha un utilizzo illimitato, scemo» mi spiega Lily. «Funziona al massimo tre volte, poi devi ricomprarlo. E poi figurati se il Ministero sta a pensare agli studenti che eludono gli incantesimi sui dormitori. Sono cose obsolete ormai.»
«La McGranitt disapproverebbe» le faccio notare.
«Se ne venisse a conoscenza, certo» ribatté poi Kelsey, mettendosi a ridere.
Io non riesco ad immaginare un universo in cui la McGranitt non viene informata di qualsiasi cosa. Lei sa tutto e onestamente non so come faccia, la cosa mi terrorizza e non poco: è praticamente onnisciente! Voglio dire, è da quando sono in questa scuola che viene a sapere qualsiasi cosa io combini, ma ora che ci penso meglio, le volte in cui viene a sapere che ho combinato qualcosa coincidono sempre con le volte in cui combino qualcosa per colpa di Potter, quindi in un certo senso suppongo che sia lui la calamita che attira la McGranitt verso lo smascherare l’illecito. Certo, anche io se fossi il preside di questa scuola piazzerei su Potter una specie di incantesimo di localizzazione e terrei sotto stretto controllo ogni sua mossa, quel ragazzo è un pericolo pubblico, dico io, qualcuno che va disciplinato, represso… qualcosa!
Ritorno alla realtà quando sento Alec sbadigliare rumorosamente e poi mi giro per vederlo stiracchiarsi. Il mio orologio segna le quasi le tre e quaranta del pomeriggio, siamo qui da quasi due ore e lui ha dormito esattamente per quasi due ore, nonostante i toni concitati tra me, Lily e Kelsey.
«Che mi sono perso?»
 
Alec sta parlando da qualcosa come un quarto d’ora e io non sto ascoltando affatto. Complice il fatto che ho sentito questo discorso almeno sei volte nell’ultima settimana, avendo accettato di ascoltarlo pazientemente mentre lo provava. Che poi, perché esercitarsi su un discorso da fare alla propria squadra prima di iniziare dei banalissimi e ordinari allenamenti? Mi appoggio ancora di più al muro dello spogliatoio e scivolo in avanti sulla panca, mentre mi concedo un grosso sbadiglio. Voglio volare e rincorrere il boccino, non stare a sentire Alec che sproloquia sul fatto che, nonostante la prima partita con i Grifondoro sia quella che spaventa di più, non dobbiamo affatto sottovalutare le altre squadre, che hanno un’eccellente preparazione e bla, bla, bla…
«Ovviamente, la nostra priorità al momento è umiliare i Grifondoro, ma dopo che avremo vinto, non dobbiamo adagiarci sugli allori e pensare di avere in pugno l’intero Torneo. I Tassorosso quest’anno hanno Skeeter in squadra e da quello che so da fonti molto attendibili, sarà un osso duro da battere. Capito, Scorpius? Potrebbe rivelarsi un avversario ancor peggiore di Potter!»
Al suono del mio nome a quello della parola Potter alzo subito la testa e guardo Alec fisso negli occhi.
«Skeeter peggio di Potter?» domando, non molto convinto. «Impossibile.»
«Il tuo odio personale non conta» esordisce Quinn e quasi mi fulmina con lo sguardo.
«Il suo odio personale lo incattivisce quando giochiamo contro i Grifondoro» fa notare Samuel.
«Il che non è sempre un bene» continua Eric. «Insomma, vi ricordate l’anno scorso quando stava per disarcionarlo dalla scopa?»
«Era una tattica» preciso. «Se cadi per terra non puoi prendere il boccino.»
«Potevano darci una penalità per quello» ribatte ancora una volta Quinn. Merlino, adesso la strozzo. Non capisco perché questa ragazza mi odi così tanto. Insomma, non le ho mai fatto niente di male in vita mia! Credo. Non lo so. E va bene, forse qualche anno fa potrei averle fatto accidentalmente qualche scherzo, ma giuro che non avevo cattive intenzioni.
«Smettetela con queste stupidaggini» dice allora Alec. Ha finalmente detto una cosa sensata e nel nostro spogliatoio cala il silenzio. «Dico soltanto che dobbiamo esordire col botto quest’anno e lo faremo stracciando i Grifondoro. Solo che nelle partite seguenti, non dobbiamo essere da meno e non sottovalutare gli avversari.»
Nessuno dice niente e Alec continua a parlare. «Allora, Potter ha deciso di massacrare la sua squadra con quattro allenamenti settimanali. Da quello che so, l’altro ieri se ne è tenuto uno, ma non siamo riusciti a capire bene cosa stessero facendo. Non hanno ancora uno schema di gioco e aspettano di vedere il nostro prima di crearne uno, poveri idioti. Per cui, per questa settimana ci alleneremo con lo schema dell’anno scorso, così li confonderemo, tutto chiaro?»
Annuiamo tutti senza mostrare il minimo dissenso. Quando si parla di Quidditch, per Alec non si scherza mai. Una volta, l’anno scorso, Wilmon ci ha provato e ha dovuto allenarsi insieme ad Alec per altre due ore dopo la fine degli allenamenti. Quel giorno non ricordo di averlo visto a cena, né a colazione il giorno dopo, e tutti pensavamo che fosse morto da qualche parte per la troppa fatica.
Io sono il primo ad alzarmi e a dirigermi verso la porta dello spogliatoio per andare finalmente al campo e iniziare ad allenarmi in solitudine. Io mi alleno sempre da solo, anche quando sto con gli altri. Il mio compito non è lanciare pluffe, colpire bolidi o proteggere gli anelli. Io devo prendere il boccino e devo farlo da solo. Alec mi segue subito, insieme al resto della squadra. E mentre cammino sull’erba rigogliosa e mi avvicino al centro del campo, vedo qualcosa che non mi piace per niente.
Qualcosa che assomiglia ad un gruppo di persone, ad occhio e croce una decina, vestite spaventosamente di rosso, che si avvicinano come noi al centro del campo e che tengono in mano delle scope. E cosa peggiore, quello di fronte a tutti somiglia in modo spaventoso ad Albus Potter.
Mi correggo. Quello è davvero Albus Potter e non capisco perché si si trovi qui, su questo campo, con la divisa da Quidditch addosso e le scopa da corsa in mano.
Voglio dire, sono le quattro di un tranquillo giovedì pomeriggio e questi sono i nostri allenamenti. Non i loro. I nostri.
«Potter!» esordisce Alec, raggiungendomi e mettendosi di fianco a me. «Che cosa ci fai qui?»
«Potrei farti la stessa domanda» risponde Potter, con un tono che vuole sembrare calmo, ma che di calmo non ha un bel niente. «Io personalmente sono qui per far allenare la mia squadra, così da essere ancor più sicuri della nostra prossima vittoria.»
«Si da il caso che anche io sia qui per far allenare la mia squadra» risponde Alec pacato, anche se dentro sta già ribollendo di rabbia, lo capisco.
«Oh, beh» borbotta Potter. «Questo è impossibile.»
«Il professor Cylon mi ha firmato il permesso per utilizzare il campo oggi, dalle quattro alle sei» ribatte Alec. «Ci stai solo facendo perdere tempo, quindi fate dietrofront e tornatevene da dove siete venuti.»
«Anche io ho un permesso firmato, razza di idiota» dice ancora quell’altro. Si sta spazientendo, lo vedo da come stringe il pugno sulla scopa e dalla sua mutata espressione. Sto per scoppiare a ridere, ma devo trattenermi o credo che scatenerò il finimondo. «Solo che sul mio c’è il nome della McGranitt che, scusami, penso abbia un po’ più autorità di Cylon.»
«Il mio permesso è stato firmato prima, Potter» dice Alec, frugandosi nelle tasche per trovare il pezzo di pergamena firmato dal nostro Capocasa. «E non ho intenzione di muovermi da qui, dovesse intervenire il Ministro in persona.»
«È un peccato, Pucey, perché neanche io ho intenzione di andarmene» dice Potter. Lui e il mio migliore amico si scambiano uno sguardo infuocato, i miei compagni di squadra se ne stanno muti e immobili come delle statue, quelli di Grifondoro non sono da meno e allora decido che è giunto il momento di intervenire, perché all’improvviso ho avuto un’idea geniale. Ricordo come fosse ieri la voce di Ginny Weasley che rimbomba tra le pareti della Sala Grande e so che Albus non potrà reagire a tutto questo.
«Non hai sentito, Potter?» inizio. «Vattene, questo campo è nostro oggi. Potrete allenarvi dopo di noi, o domani, o anche mai più. Nessun allenamento migliorerebbe lo stato pietoso della vostra squadra.»
«Malfoy, evita di farmi perdere la pazienza» mi rimbecca. «So essere magnanimo, ma se continui a sparare stronzate potrei non rispondere delle mie azioni.»
«Avanti allora, che cosa aspetti? Non sarebbe la prima volta» continuo.
La sua presa sul manico della scopa si fa sempre più forte, le nocche gli diventano biancastre e leggo nei suoi occhi verdi e furiosi che in questo momento vorrebbe prendermi di nuovo a pugni e sfogare la sua rabbia su di me. Solo che non può, e questo lo sappiamo entrambi.
«Non ne vale neanche la pena» dice a denti stretti. «Discutere con un’ameba come te.»
«Che c’è? Adesso ti tiri indietro?» domando con aria di sfida. «Dillo, te la stai facendo sotto. E menomale che voi dovreste essere quelli coraggiosi e impavidi!»
«Non mi abbasserò mai al tuo livello, Malfoy» continua. «Sei patetico.»
«Almeno io non ho paura di te, Potter.»
So che questo ha fatto esplodere la bomba dentro di lui, ma se ne sta ancora fermo a fissarmi. Se gli sguardi potessero uccidere a quest’ora me ne starei già tre metri sottoterra, ma quello che importa è che sto prendendo Potter per il culo e lui non può fare niente per fermarmi, se non sloggiare e andarsene via di qui con la coda in mezzo alle gambe, mentre cerca di digerire l’umiliazione. Stavolta ho vinto io, Potter, non c’è niente che tu possa fare.
«Me la pagherai, Malfoy. È una promessa!» esclama, senza staccarmi gli occhi da dosso, mentre mi punta l’indice contro.
E detto questo, gira i tacchi e se ne va, insieme ai suoi insulsi compagni di squadra. Io sorrido soddisfatto, senza aggiungere niente. Ho alimentato abbastanza la sua rabbia per oggi.
«Accidenti, Scorp, ci devi una spiegazione» mi dice immediatamente Alec. Anche lui deve essere rimasto particolarmente sorpreso dal fatto che mi sono messo liberamente ad umiliare Potter senza temere le conseguenze. In genere, quando lo provoco pesantemente finisce che ci riempiamo di botte, io finisco con il naso rotto, lui con tanti lividi sparsi per il corpo. Ma questa volta non è successo, e credo che tutti si stiano chiedendo il perché.
«Il fatto è che Potter non può farmi più nulla ormai» spiego velocemente. «Se lo fa, la McGranitt lo butta fuori dalla squadra. E se c’è qualcosa che non sopporterebbe, quello è una vita senza Quidditch.»
«Beh, Scorpius» continua Alec. «Cosa aspetti allora a farti picchiare di nuovo? Senza di lui quella squadra raggiunge davvero livelli pietosi, li batteremmo in men che non si dica! «Questa sì che una strategia!» esclama Quinn, intromettendosi nella nostra conversazione. «Che bisogno c’è di ideare nuovi schemi e di spiare i loro allenamenti se possiamo sabotarli?»
«Davvero nessun bisogno, Quinn» conferma Alec, con un sorrisetto che non preannuncia niente di buono.
«Aspetta, Alec…» lo fermo, trattenendolo per un braccio. «A cosa diavolo stai pensando?»
«Ragazzi, nuovo piano!» esclama il mio migliore amico, ignorandomi completamente, neanche fossi il nuovo professore di Cura delle Creature Magiche. «D’ora in poi, vorrei che ognuno di voi s’impegni per provocare Potter e per fare in modo che cominci ad azzuffarsi con Scorpius. In questo modo, sarà espulso dalla squadra e la partita sarà molto più facile da vincere. È tutto chiaro?»
«Alec, io non voglio farmi picchiare di nuovo da Potter» gli dico di nuovo e stavolta lo strattono per la manica della divisa.
«È un piccolo sacrificio per un bene superiore, Scorp» mi spiega con un sorrisone sulle labbra. «Qualche livido per vincere la partita, è del tutto fattibile.»
«Io ti odio, cazzo» sospiro, infilandomi una mano tra i capelli.
«È per questo che sei il mio migliore amico» mi dice lui, ancora sorridente. «Avanti, adesso dobbiamo comunque allenarci!»
E così se ne va al centro del campo. Pluffe e bolidi vengono liberati e gli altri si alzano in volo per esercitarsi con lo schema dello scorso anno. Io mi trascino svogliatamente alla valigetta e prendo il boccino tra le mani. Osservo la piccola pallina dorata per un po’, poi la lascio libera e subito le spuntano le due piccole ali. Poi si alza in volo e sfreccia via, sparendo dalla mia vista. Sospiro e monto sulla scopa: saranno due ore molto lunghe.

Buon fine settimana! ♥ Eccoci con il sesto capitolo, dal punto di vista di Scorpius. Ho voluto far emergere alcuni particolari che rendono i nostri quattro ragazzi proprio dei Serpeverde: Lily che per prendersi la rivincita con Lucinda decide di vendicarsi senza prendersi alcuna responsabilità; Kelsey che non perde l'occasione di fare osservazioni pungenti; Scorpius che si spinge troppo oltre solo quando sa di avere una sorta di "protezione", attacca Albus in modo così strafottente perché sa che non possono esserci conseguenze e Alec che elabora un piano tutt'altro che tradizionale per vincere la partita, agendo anche qui trmite sotterfugi e furbizia. Non temete, con i prossimi capitoli torneremo a parlare anche degli altri :D il prossimo sarà infatti proprio dal punto di vista di Albus. Spero di riuscire ad aggiornare, perché sto studiando per un esame mooolto difficile che ho tra una decina di giorni, in caso contrario posterò direttamente dopo. Come al solito, vi ringrazio per essere arrivati fin qui e aspetto un vostro riscontro, piccolo o grande che sia.
Un bacione! ♥
Mars
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Operazione 'Eliminare Zoe Caplan' ***


VII – ALBUS
 
Operazione “Eliminare Zoe Caplan”
 
Entro nella mia stanza e mi butto sul letto a peso morto con tutta la divisa di volo addosso. Ovviamente il tutto viene accompagnato dalla teatralità che mi scorre nelle vene e che caratterizza geneticamente i Potter. Nella stanza ci sono solo Frank e Derek, che stanno mangiando delle caramelle tutti i gusti + 1 e che non appena mi vedono arrivare come una furia richiudono il pacchetto e mi guardano come se fossi Hagrid con un tutù rosa addosso. Frank, che mi conosce dal giorno in cui sono nato, subito capisce che c’è qualcosa che  non va. E menomale, altrimenti non sarebbe il mio migliore amico.
«Che hai fatto?» mi chiede, con la bocca ancora piena di caramelle. È buffo a vederlo così, ma sono così arrabbiato che non riesco nemmeno a ridere. Maledetto Malfoy!
«Niente» dico istintivamente, perché la parte razionale di me sa che trovare il campo occupato per gli allenamenti è un’eventualità che potrebbe accadere, soprattutto se non c’è un briciolo di dialogo tra il corpo docenti, e sa anche che non me la sarei presa così tanto se ci avessi trovato Damien Skeeter con i Tassorosso, anche perché sicuramente avrei prevalso io e a quest’ora mi starei allenando; tuttavia, c’è un’altra parte del mio cervello, quella sconsiderata, ovvero quella che mi spinge a fare quel che faccio per almeno il novanta percento dei casi, che mi dice che questo sopruso da parte dei Serpeverde e soprattutto da parte di Malfoy è inaccettabile e devo fargliela pagare a tutti i costi.
«Sei sicuro?» mi chiede di nuovo Frank. Merlino, questa cosa che riesce a capire quando dico bugie è terribile.
«No» rispondo, cercando di essere il più conciso possibile.
«Bene» continua Frank, guardandomi. La sua espressione indecifrabile mi impedisce di capire se sia serio o se stia semplicemente pensando a qualche cosa da dire per prendermi per il culo. Conoscendo Frank, per il novantanove percento dei casi è alla seconda opzione che punterei, ma credo che questa situazione – io che sconvolgo la tranquillità quotidiana come un urgano – rientri in quel minuscola parte rappresentata dall’un percento dei casi in cui Frank non è mai stato più serio di così.
«Ho trovato il campo occupato dai Serpeverde» dico subito, senza girarci intorno.
«E avevano anche loro il permesso?» mi domanda Frank, aggrottando le sopracciglia. Nel frattempo, Derek si è avvicinato a noi, buttandosi a peso morto accanto a me e ci sta guardando curioso.
«Sì, firmato da Cylon» rispondo. «Ma il mio era firmato dalla preside!»
«E allora!» esclama Derek. «La McGranitt è più importante di Cylon!»
«Non è questo il punto» continuo io. «È che Malfoy si è messo a fare lo sbruffone come al solito e io non ho potuto fare assolutamente niente per mettere a tacere quella stupida voce che si ritrova e ho praticamente dovuto incassare tutte le provocazioni che mi stava lanciando. Mi bruciano ancora le mani per non averli mollato un pugno da qualche parte e perché non ho potuto far allenare la mia squadra!»
Derek assume un’espressione sconsolata, mi si avvicina e mi mette una mano sulla spalla. Poi essenzialmente si comporta da Derek, tirando fuori tutta la sua bontà e innocenza. «Potrete allenarvi domani, Al! E farete sicuramente un lavoro migliore di Malfoy.»
«Derek» lo riprende subito Frank, spostando su di lui i suoi occhi scuri. «Ad Albus non importa un fico secco degli allenamenti adesso.»
«Beh, in realtà sì» cerco di controbattere. Gli allenamenti sono di vitale importanza se vogliamo vincere la prima, importantissima partita del torneo, che si terrà nientemeno che con quelle maledette serpi. In me nasce il desiderio, adesso più forte che mai, di umiliarli come non ho mai fatto prima. Devo inventare uno schema di gioco che mi permetta di stracciarli senza pietà, che non lasci loro nemmeno un attimo di respiro per passarsi la Pluffa. Però adesso il mio vortice di pensieri viene interrotto da Frank.
«Ad Albus importa che non ha potuto dare una lezione a Malfoy» dice ancora il mio migliore amico. E per quanto mi duole ammetterlo, ha pienamente ragione. Per la prima volta da quando ho messo piede in questa scuola sono praticamente sottostato a Malfoy, non ho reagito e me ne sono andato come un vigliacco, come se fossi uno di loro. Rabbrividisco e guardo i miei amici.
«Dov’è Bellamy?» chiedo, notando immediatamente la sua assenza. Sto per decidere una cosa, ma ho bisogno di tutti loro. Ho bisogno del parere illuminato di Bellamy, dell’appoggio sconsiderato di Frank e dell’ottimismo di Derek per attuare quello a cui sto pensando.
«In biblioteca a studiare Antiche Rune» mi risponde Derek. «Perché?»
«Perché mi serve anche lui per dare vita all’operazione “Umiliamo Malfoy per il resto dei suo giorni”»
«Ma che razza di nome è?» esclama Frank, scoppiando a ridere. Lo fulmino con lo sguardo.
«È il primo nome che mi è venuto in mente» mi giustifico immediatamente. «Sicuramente cambierà e migliorerà in corso d’opera. Adesso dobbiamo andare a prelevare Bellamy dalla biblioteca e poi decideremo cosa fare.»
Senza aggiungere altro mi alzo e mi dirigo fuori dalla nostra stanza, fuori dal dormitorio del settimo anno e mi fiondo giù per le scale che portano in Sala Comune, a quest’ora del pomeriggio c’è un sacco di gente. Aspetto che Frank e Derek mi raggiungano. Quando sono abbastanza vicini sento Derek blaterare a proposito del fatto che non posso sfiorare Malfoy neanche con un dito, perché altrimenti verrei espulso dalla squadra. Questo lo so, ma il mio piano sarà molto più articolato di così e non lascerà sospetti. A poca distanza dal buco nel ritratto della Signora Grassa, sento un tocco delicato e leggero sul braccio. Troppo delicato e legger per essere di Derek o Frank, così delicato e leggero che può essere solo il tocco di una ragazza.
Mi giro e vedo subito il viso raggiante di Zoe Caplan. E sento subito la sua voce prima che io riesca a formulare qualsiasi pensiero che abbia senso, tanto sono sorpreso di vederla.
Insomma, ci siamo davvero mai parlati, io e Zoe Caplan?
«Scusate ragazzi» esordisce. «Sapete dov’è Bellamy?»
Derek fa per rispondere, le sta per dire che Bellamy si trova in biblioteca, ma questo Derek non può farlo, perché adesso Bellamy dovrà venire con noi e aiutarmi ad escogitare il mio piano, per cui non posso assolutamente permettere che Zoe Caplan interferisca con tutto questo andando a rapire Bellamy. Ragion per cui, sovrasto il povero Derek con la mia voce e rispondo al posto suo.
«In effetti no, lo stiamo andando a cercare» le dico, cercando di essere il più gentile possibile. «Appena lo troviamo, però, gli possiamo dire che lo stavi cercando.»
L’espressione della ragazza muta e da luminosa qual era si spegne pian piano. La vedo abbassare lo sguardo, puntarlo nel vuoto, ma un secondo dopo i suoi occhi castani sono di nuovo puntati nei miei e sul suo volto si è allargato nuovamente un sorriso.
«Posso venire con voi a cercarlo?» mi chiede.
Apro la bocca, ma non so cosa dirle. Mi giro per chiedere soccorso a Frank, supplicandolo di intervenire prima che Derek le conceda il permesso di starci appiccicata per tutto il pomeriggio. Ma neanche Frank sa cosa dire e allora succede l’inevitabile.
«Certo!» esclama contento Derek, mentre io appunto mentalmente di eliminarla il prima possibile.

 
«Ho un’idea!»
Devo liberarmi di Zoe Caplan prima di arrivare in biblioteca, ma dato che Derek si è messo a fraternizzare con il Nemico e Frank ha cominciato a tartassarmi di domande su cosa io abbia intenzione di fare con Malfoy, non so assolutamente cosa fare: da un lato perché questa ragazza sta cominciando a sentirsi troppo a suo agio assieme a noi, e dall’altro perché le continue domande di Frank mi impediscono di pensare. Ma all’improvviso, ho un colpo di genio.
Non appena parlo e mi fermo sul posto, Derek, Frank e il Nemico si voltano a guardarmi, in attesa.
«Perché non ci dividiamo?» propongo. «Io andrò a cercare Bellamy in biblioteca, Frank e Derek, voi potreste controllare in quell’aula al quinto piano, mentre tu, Zoe, potresti andare a cercarlo sulla Torre d’Astronomia.»
«Perché mai Bellamy dovrebbe essere sulla Torre? Sta per diluviare!» mi contesta immediatamente il Nemico. La guardo, cercando di rimanere composto e di non urlarle in faccia che lei non può per nessun motivo al mondo distrarre Bellamy da noi. Da me.
«Perché Bellamy ama la Torre, mia cara» le rispondo subito. Mi avvicino a lei, le poggio entrambe le mani sulle spalle e comincio ad indirizzarla verso le scale: ci sono altri due piani a dividere il nostro triste corridoio dalla Torre d’Astronomia. Prima che lei possa ribattere ancora, aggiungo: «E non ringraziarmi per averti fatto scoprire questo piccolo particolare su di lui.»
Il Nemico mi guarda con un’espressione di pura confusione sul volto, poi sospira, si arrende, e si lancia sul primo gradino della rampa di scale, prima che questa cominci a muoversi, portandola verso il settimo piano.
«Al…» mi dice piano Derek. «Bellamy odia la Torre d’Astronomia.»
«Lo so» rispondo soddisfatto.
«Non starai mica cercando di mandare all’aria tutte le deboli possibilità di Bellamy di avere una vita sentimentale, vero?» mi chiede subito Derek.
Ma di che cosa stanno parlando? Io volevo solo liberarmi di Zoe Caplan perché in nessun universo conosciuto una come lei può decidere di aggregarsi a me e ai miei amici per cercare Bellamy e tenerlo impegnato per chissà quanto tempo!
Aspettate un momento, però…
«Tu non stai cercando di farlo, vero Albus?» mi domanda ancora Derek, e qualche lampadina comincia ad accendersi nel mio cervello: decido di fare finta di niente.
«Non capisco» confesso, guardando sicuro il mio amico negli occhi.
«Per Merlino, Albus!» esclama lui. «Sei cieco? Ti ricordi cosa è successo ieri sera in Sala Comune?»
Cos’è successo ieri sera in Sala Comune? Dunque, ci siamo seduti, abbiamo mangiato delle buonissime caramelle al miele, Bellamy ci ha raccontato della sua eroica impresa contro quella megera della Babbling e poi siamo andati a dormire… no, non proprio, manca qualcosa.
«Persino Frank se ne è accorto!» continua Derek, mentre ci dirigiamo verso la biblioteca.
«Ehi!» protesta Frank, ma io non lo sto a sentire.
«E io non me lo ricordo, va bene?» esclamo di rimando. «Che cosa sarebbe successo di così strano?»
«Beh, Zoe Caplan ieri sera è venuta da noi, ha avuto occhi solo per Bellamy e lo ha apertamente ringraziato per tutta la storia di Antiche Rune» mi spiega pazientemente Derek, mancano pochi metri all’entrata della biblioteca.
«E quindi?»
«E quindi era una palese tecnica di approccio!» esclama Frank all’improvviso. «Ma certo, c’erano le sue amiche che ridacchiavano tutte contente!»
«No» rispondo sinceramente. «Dunque, Zoe Caplan è interessata a Bellamy.»
«Io penso di sì…» mormora Derek.
«E Bellamy lo sa?» chiedo ancora.
«No» dice Derek. «Almeno, non penso…»
«Bene, non deve saperlo finché non delineeremo il nostro piano contro Malfoy» decido, dopodiché varco le porte della biblioteca, beccandomi un’occhiata sorpresa da parte della vecchia Madama Pince. Come darle torto? La mia presenza in biblioteca è un evento più unico che raro.
Accumulo velocemente pensieri nella mia testa.
Zoe Caplan ha una cotta per Bellamy, cosa che probabilmente Bellamy ignora del tutto, ed inoltre, non riesco ad immaginare quale potrebbe essere la sua reazione se lo venisse a sapere: nell’ipotesi in cui il mio amico ricambiasse tale interesse, cambierebbe una verità immutabile posta a fondamento della nostra amicizia e noi tutti dovremmo venire a patti con la nuova realtà che si creerebbe, sconvolgendo la nostra routine quotidiana e, Merlino non voglia, dovendo arrivare anche a discutere perché è logico che Bellamy non riuscirà mai a gestire contemporaneamente lo studio, noi e una ragazza, ragion per cui rinuncerà sicuramente ad una delle tre cose. E dato che in nessun universo conosciuto Bellamy rinuncerebbe allo studio, tra noi e Zoe Caplan è guerra aperta.
Devo assolutamente tenerla fuori dalle nostre vite.
 

Io odio ufficialmente il buon senso di Bellamy.
Certo, è sempre stato suddetto buon senso a salvarci dalle situazioni impossibili in cui ci siamo cacciati nel corso degli anni, ad evitarci non so quante punizioni e a fare in modo che queste si limitassero ad essere delle semplici strigliate, è il buon senso di Bellamy che spesso ci ha impedito di ritrovarci in Infermeria un giorno sì e l’altro pure, ma in questo momento io lo odio e non lo comprendo. Voglio dire, le mie idee su come farla pagare a Malfoy non sono neanche così cattive: nessuna di esse ricomprende eventi catastrofici quali la sua morte o la sua compromissione fisica permanente, oppure qualche lesione grave. Eppure Bellamy è stato quasi categorico e mi ha sputato in faccia un “no” grande quanto una casa e si è rifiutato di prendere parte a qualsiasi mio “piano malato che non porterà a nulla di buono”. Quando gli ho accennato, poi, che avrei trovato il modo di dargli una lezione senza essere esplicitamente coinvolto nella cosa, mi ha addirittura detto che non posso usare le persone per scopi illeciti così come se niente fosse e che se voglio fare una cosa devo prendermi le mie responsabilità, anche se dovesse costarmi il Quidditch per sempre.
E d’accordo, non è totalmente sbagliato, anzi, Bellamy ha ragione e io, a malincuore, non posso fare altro che riconoscerglielo, però ho tutto il diritto di odiare il suo buon senso e di provare qualsiasi cosa sia in mio potere per fargli cambiare idea.
Frank, neanche a dirlo, è dalla mia parte. Lui propendeva per le lesioni fisiche irreversibili, ma dato che io sono infinitamente magnanimo, ho deciso che Malfoy merita di continuare a camminare indisturbato sulle sue gambe, perché il fronte su cui voglio attaccarlo è un altro e con la forza fisica non c’entra proprio niente. Eh no, perché io voglio umiliarlo e fargli capire che non può rivolgersi a me con quel tono da bulletto, che non può insinuare cose strane su mia sorella come se niente fosse e che non può, decisamente, continuare a credere di essere un dio sceso in terra, ad essere sempre così arrogante e a dover dimostrare di essere sempre un passo avanti agli altri.
Quando ho spiegato queste mie idee agli altri, Derek mi ha fatto notare una cosa su cui sto riflettendo ancora adesso, nel buio della stanza e nel silenzio della notte: ossia che ci sono delle volte in cui anche io mi comporto un po’ da Malfoy. E d’accordo, anche questo è vero, ma c’è una sostanziale differenza che pone me e Malfoy ad anni luce di distanza l’uno dall’altro, e questa differenza è che lui si comporta da stronzo con tutti, mentre io lo faccio solo ed unicamente con lui perché la sua esistenza mi da fastidio.
Al di fuori di Malfoy, io sono una persona diversa e loro, che sono i miei migliori amici, possono benissimo testimoniarlo.
E adesso che non posso più attuare un piano contro Malfoy, perché Bellamy mi ha negato il suo appoggio illuminato, non mi resta che eliminarlo per un po’ dai miei pensieri e concentrarmi su altre cose che minano la mia tranquillità quotidiana. Ad esempio, il problema Zoe Caplan.
Intendiamoci, sarei felicissimo se Bellamy si trovasse una ragazza, ma non così in fretta, non così all’improvviso! Una non può semplicemente piombare così nella vita di Bellamy e soprattutto nella nostra, ci deve essere un complesso procedimento prima che questo possa accadere. Innanzi tutto, la ragazza in questione andrà osservata nei suoi comportamenti abituali, andrà valutata la sua attitudine a rompere le palle e andrà misurato il suo grado di gelosia nei confronti di un potenziale ragazzo, poi andrà interrogata e sottoposta al fedele giuramento di non imporre mai e poi mai al proprio ragazzo di dover scegliere tra lei e i suoi amici – anche se Bellamy sceglierebbe noi, senza ombra di dubbio – dopodiché le verrà concessa una settimana di prova in cui sarà sempre tenuta sotto controllo e solo al termine di tale settimana, se nessuno di noi si opporrà, le daremo il permesso di essere la ragazza di Bellamy.
Ma Zoe Caplan sta saltando direttamente alle ultime fasi del procedimento, per esempio andando a cercare Bellamy per proporgli chissà che cosa, e questo è del tutto inaccettabile.
Una volta qualcuno di importante ha detto che le migliori decisioni vengono prese nel bel mezzo della notte, ed è proprio alle due e quarantasei di una piovosa notte tra il sabato e la domenica, che decido di dare vita all’operazione: “Eliminare Zoe Caplan dalle nostre vite.”

Ciao a tutti! Sscusate il ritardo: ho dovuto preparare un esame un po' complicato che ha assorbito praticamente tutte le mie energie vitali xD Fortuntamente, anche questo parto trigemellare è andato via e adesso posso permettermi una settimana di relax. Scrivere di Albus mi fa sentire male dalle risate ogni volta, semplicemente lo adoro, nonostante molti dei suoi comportamenti negativi.
Uno di questi è purtroppo la gelosia, davvero una brutta bestia. Prima per Lily, ora per Bellamy... chissa per chi altri in futuro ehehe. Qui inizia un piccolo periodo di tregua tra Albus e Scorpius, ovviamente si accettano scomesse su quanto durerà effettivamente xD
Un bacione a tutti, ci sentiamo la settimana prossima con il nuovo capitolo, che sarà dal punto di vista di Alec :3
Mars♥
 

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Capitolo 8
*** La regola del lunedì ***


VIII – ALEC
 
La regola del lunedì
      
I lunedì mattina fanno schifo e questa è una regola universale. Il lunedì è una giornata che andrebbe definitivamente eliminata dalla settimana, o quantomeno trasformata in una sorta di domenica alternativa, in cui è possibile abituarsi pian piano al ritmo delle lezioni e dei compiti senza uscirne troppo traumatizzati.
Tuttavia, come tutte le regole, anche quella che sancisce lo schifo del lunedì ha una sua eccezione e io la scopro proprio oggi, lunedì 2 ottobre. Mi alzo dal letto con una strana energia a scorrermi dentro, sveglio Scorpius dicendogli che ho una strana sensazione a proposito della giornata, lui per tutta risposta mi spinge via dal suo letto e chiude le tende del baldacchino mugugnando qualcosa a proposito del fatto che sono pazzo e ho bisogno di farmi curare, dopodiché mi preparo per nulla spaventato dalla doppia ora di trasfigurazione che ci attende tra meno di due ore e non mi pesa nemmeno aspettare che Scorpius si decida ad alzarsi e vestirsi, mentre i nostri compagni di stanza, Samuel Nott e Justin Davies, stanno ancora beatamente poltrendo.
In Sala Grande, a colazione, ho un appetito inaudito e mangio qualsiasi cosa che mi capiti a tiro, sotto lo sguardo scioccato di Lily e quello assonnato di Kelsey. Dopodiché, quando Lily dice una cosa all’orecchio a Scorpius ed entrambi puntano lo sguardo dal lato opposto della Sala Grande, capisco cos’è a rendere quel lunedì mattina straordinariamente meraviglioso. Mi giro anche io e guardo il fantastico spettacolo che mi si para davanti: Albus Potter con un muso lungo fino a terra che non rivolge la parola a nessuno.
Fantastico, ripeto. La soddisfazione che io e Scorpius abbiamo provato sabato agli allenamenti non è nemmeno misurabile. Io l’ho sempre detto che il karma prima o poi avrebbe fatto il suo dovere e ci avrebbe ripagati di tutte le volte in cui l’ha passata liscia grazie ai suoi amici o al fatto che suo padre è nientemeno che l’uomo più famoso del Mondo Magico. Ma tutti questi soprusi, oggi lunedì 2 ottobre, sono finalmente giunti al termine.
«Come sono andati gli allenamenti sabato?» chiede ad un certo punto Kelsey, forse per evitare di addormentarsi sul suo piatto di porridge.
«I migliori allenamenti di sempre» rispondo immediatamente, con un sorrisone.
«In realtà abbiamo capito di dover rifare metà della squadra» borbotta Scorpius, prima di prendere un sorso veloce dalla sua tazza di succo di zucca. Non ha tutti i torti: il nostro portiere si è ufficialmente rammollito e uno dei battitori ha deciso che studiare per i M.A.G.O. non può coincidere con il Quidditch.
«È un dettaglio, aprirò le selezioni oggi e domani sera ci penseremo» aggiungo velocemente.
«Cos’è successo con mio fratello, invece?» domanda subito Lily. Lei è sempre così diretta e non si fa scrupoli a porre domande scomode. Per questo la adoro, è un autentico cavallo di battaglia e quando sorge qualche problema, va dritta a chiedere spiegazioni. Spesso senza alcuna pietà.
«Perché credi che sia successo qualcosa?» le chiedo di rimando, incrociando le braccia sul tavolo.
Lily sospira. «Conosco Albus da quando sono nata e quando non rivolge la parola nemmeno a Frank possono essere successe due cose» inizia a spiegare velocemente. «Papà si è schierato contro di lui, oppure c’entra il Quidditch.»
Annuisco e lei continua: «E dal momento che nostro padre non è qui a fingere che Albus non sia il suo figlio preferito, c’entra per forza il Quidditch.»
Scorpius soffoca una risatina e lei si volta subito verso di lui guardandolo con aria interrogativa. Anche io guardo Scorpius, e decido che questa storia è meglio che la racconti lui, dopotutto ne è il protagonista.
«Albus era al campo per gli allenamenti. Avevamo entrambi un permesso per il campo, lo stesso giorno alla stessa ora» inizia Scorpius. «Ma dato che al momento godo di una specie di immunità nei suoi confronti, mi sono permesso per una volta di fare come dico io e gli ho detto di sloggiare e lui se ne è andato via senza ribattere, dato che adesso non può più comportarsi da selvaggio e sferrare pugni a destra e a manca.»
Lily rimane in silenzio per un momento. Evidentemente sta ragionando. Mi aspetto che ne sia divertita, ma non c’è traccia di divertimento sul suo volto: il suo viso è una maschera di serietà, ha le labbra serrate e lo sguardo duro, ancora rivolto verso Scorpius. Dopodiché sospira, ma io rimango comunque in allerta, perché chiunque conosca Lily sa che un sospiro è solo l’inizio di una tempesta.
«La prossima volta evitate di fare i coglioni» dice semplicemente, la sua voce è fredda e piatta. Non sembra neanche arrabbiata, è come se fosse… non so, delusa?. «Albus entro la fine del mese avrà trovato un modo per farvi fuori entrambi e io sono davvero stufa di tutte queste azzuffate.»
Si alza dal tavolo senza nemmeno aver finito i pancakes che ha nel piatto, cosa decisamente grave dato che li ha ricoperti di cioccolata e lei adora visceralmente la cioccolata, recupera la borsa con tutti i libri e se ne va di fretta. Kelsey, accanto a me, la guarda preoccupata e dopo qualche secondo di realizzazione la segue a ruota, dimenticandosi di portare persino i libri con sé.
Anche Scorpius è sconcertato e non sa cosa dire. Ed inoltre, l’uscita di Lily non ha attirato solo la nostra attenzione: anche gli occhi verdi di Albus Potter sono puntati sulla pesante porta della Sala Grande, e un momento dopo si puntano infuocati su di noi, come se sapesse e avesse ascoltato la nostra conversazione.
«Dici che si è arrabbiata?» mormoro a Scorpius. Ma lui non mi risponde. Ha lo sguardo perso nel vuoto e capisco che è con la mente su tutt’altro pianeta.
Mi ero decisamente sbagliato prima: i lunedì fanno davvero schifo e per questa regola non esiste nessuna miracolosa eccezione.
 
«E finalmente, nel 1528, venne siglato l’armistizio. L’esercito del capitano Saltiger subì tragiche perdite, e nel frattempo in Gran Bretagna l’assetto sociale della comunità magica andava incontro a numerosi cambiamenti, in quanto l’anno prima era stato eletto come primo ministro…»
«Psst, Scorpius.»
Il mio migliore amico è l’unico essere vivente in questo castello che riesce a seguire e addirittura a capire quello che dice Rüf. Lo sto chiamando da qualcosa come cinque minuti e non mi calcola minimamente, mentre i suoi occhi volteggiano al seguito del fantasma del professore e non si degnano nemmeno per un momento di posarsi su di me. Ma davvero, come si fa a seguire le lezioni di Rüf senza addormentarsi sul banco?!
«Scorp!» gli dico ancora, stavolta accompagnando il mio sussurro disperato da una gomitata. Lui distoglie finalmente lo sguardo dalla figura evanescente e dondolante del professore e si volta verso di me, rifilandomi uno sguardo così tagliente che pare che io gli abbia appena ammazzato il gatto. E Merlino solo sa quanto Scorpius ami il suo gatto, penso sia l’unica cosa che ami più di se stesso, il che è tutto dire.
«Che vuoi?»
«Facciamo qualcosa?»
«Sto seguendo la lezione.»
«Ma io mi sto annoiando a morte.»
«E quindi?»
«E quindi tu sei il mio migliore amico.»
«Anche tu, ma ciò non ti ha impedito di dire alla squadra di trovare un modo per farmi picchiare da Potter. Di nuovo.»
«È un piano geniale ed è per il bene di tutti i Serpeverde. E tu lo sai.»
«Ho praticamente una taglia sulla testa!»
«Dai, non esagerare. Non è una taglia, è un piccolo sacrificio per un ben-»
«Pullock, Mcfly!» tuona ad un certo punto il professor Rüf. So che si sta riferendo a noi, perché è dal primo anno che ci chiama così. Alziamo istintivamente la testa e lo guardiamo, senza dire niente. «Smettetela di parlare o vi incollerò le labbra con un incantesimo adesivo.»
Sbuffo, mentre noto le guance di Scorpius assumere un colore più rosato del solito. Dopo un po’ prende la piuma e comincia ad annotare distrattamente qualcosa sulla sua pergamena, leggo le parole “primo ministro”, “riforma”, “sommosse sociali” e so che sta prendendo appunti. Che caso disperatamente perso. A questo punto non ho altra scelta se non quella di accasciarmi sul banco e farmi cullare dalla soporifera voce del professore che parla di tutti i problemi che ci sono stati  nel sedicesimo secolo tra il ministero della magia e il governo della regina Elisabetta. Mentre parla, scruto i miei compagni di classe: Clemence scrive china sul banco, non che ci sia da stupirsi, ha voti altissimi in quasi tutte le materie e Scorpius dice che sua zia Daphne, la madre di Clemence, non fa che vantarsi dei voti della figlia e va a dire in giro che la sua bambina collezionerà sicuramente tutti i M.A.G.O. con il massimo dei voti; Albus Potter e il suo amico Frank Paciock si stanno scambiando di continuo una pergamena, probabilmente stanno giocando a qualche gioco stupido come tutti i migliori amici di questo mondo fanno durante le lezioni noiose; nel banco accanto, anche Bellamy MacMillan sta prendendo appunti fittamente, mentre Derek Canon si è appisolato sul banco; Dorothea Rosier, seduta a poca distanza dal nostro banco, ha il libro di pozioni aperto sulle ginocchia e sta appuntando le fasi della preparazione di un filtro d’amore su una pergamena, facendo ogni tanto delle correzioni sul libro. Io sento gli occhi diventare sempre più pesanti e dopo quello che mi sembra solo un momento, il trillo della campanella mi fa destare all’improvviso.
Grazie a Merlino questa lezione è finita.
Ci alziamo tutti insieme dalle nostre sedie e davanti la porta si crea in poco tempo una fila per uscire. Dopo di noi hanno lezione quelli del quinto anno, insieme ai Tassorosso: intravedo Lily e Kelsey che camminano a passo spedito per il corridoio e parlottano tra di loro a bassa voce. Lily sembra furiosa proprio come qualche ora fa, mentre Kelsey la tiene sottobraccio e la ascolta, ogni tanto replica con calma. Io e Scorpius decidiamo di aspettarle accanto alla porta dell’aula per salutarle, ma solo Kelsey si ferma  per qualche secondo di fronte a noi, rivolgendoci un saluto accompagnato da un sorriso sconsolato, mentre Lily è entrata senza degnarci nemmeno di uno sguardo e si è addirittura seduta in prima fila. Kelsey entra e si siede accanto a lei, mentre sempre più ragazzi cominciano ad entrare in aula. Decidiamo di andarcene.
«Ma si può sapere perché è così arrabbiata?» mi chiede Scorpius, mentre aspettiamo che una rampa di scale ci raggiunga e ci permetta di salire al terzo piano.
Io scrollo le spalle. «Non lo so, è da stamattina che è strana.»
«Sì, ma perché?» continua, scompigliandosi i capelli. «Cioè, che le abbiamo detto?»
«Uhm, allora…» inizio. «Stavamo facendo colazione, poi Kelsey ci ha chiesto degli allenamenti, e poi tu hai detto di aver mandato via Potter a calci in culo dal campo…»
«Dici che è per quello?» scatta subito Scorpius, parandosi di fronte a me. «Cioè, io lo so che è suo fratello, ma stavo semplicemente narrando un fatto divertente, e poi non l’ho mica insultato o cosa, ho solo detto che per una volta ho imposto il mio volere.»
«Ma non può essere per questo» osservo. Le scale sono arrivate e ci sbrighiamo a salire i gradini e a scendere nel corridoio che ci interessa, prima di essere sballottati qua e là per la scuola. «Non è mica la prima volta che parli di tutti i battibecchi con Potter, e non si è mai arrabbiata.»
«E quindi che cosa abbiamo fatto?»
Prima di rispondere, aggrotto le sopracciglia. Non ho mai visto Scorpius interrogarsi così tanto per qualcosa, qualcuno, e tutto ciò è molto sospetto. Certo, Lily non si è mai comportata così con noi, quindi anche io sono ovviamente un po’ preoccupato per questa situazione, ma non credo che sia così tragica come la vede il mio migliore amico e non sento il bisogno di incaponirmi così tanto su cosa possa essere successo. Scorpius, invece, si sta letteralmente logorando. Lo vedo dal suo sguardo che vola da tutte le parti e dalle sue povere labbra che cominceranno a sanguinare se non smetterà di mordersele. Penso che la definizione giusta da attribuirgli in questo momento sia disperato e mi fa davvero uno strano effetto. Non ho mai conosciuto la versione disperata di Scorpius, ma adesso che ce l’ho di fronte non mi piace per niente e voglio assolutamente che torni la persona che è sempre stata.
«Forse la Cooman ci darà qualche risposta» provo a dire, per sdrammatizzare il tutto.
«La Cooman è pazza» ribatte Scorpius, con voce tagliente. Poi si ferma sul posto, sta in silenzio qualche secondo e poi alza lo sguardo su di me. «E di certo non ne sa niente di Lily.»
Detto questo, scompare dentro uno dei bagni e io so, che in qualità di suo migliore amico, dovrei probabilmente andare a recuperarlo e dovrei chiedergli cosa c’è che non va, ma so anche che quando Scorpius fa questo genere di cose è meglio lasciarlo sbollire in santa pace e mentire se qualcuno mi chiede che fine abbia fatto.
«Scorpius non si sentiva bene, professoressa, è andato in Infermeria» mi ritrovo a dire alla Cooman venti minuti dopo l’inizio della lezione, quando finalmente si accorge dell’assenza di Scorpius. E lei mi risponde che l’aveva previsto, che qualche problema l’avrebbe tenuto lontano dall’aula.
Solo che a pranzo, quando Kelsey mi chiede dove si sia cacciato Scorpius, mentire diventa improvvisamente difficile, perché anche se è stata la voce composta e delicata di Kelsey a farmi quella domanda, sento lo sguardo infuocato di Lily su di me, e non ho il coraggio di dire una bugia, perché lei lo capirebbe e io probabilmente farei più casini di quanti non ce ne siano già.
«Non lo so, è da dopo Storia della Magia che non lo vedo» rispondo. Nessuno aggiunge più niente e cominciamo a mangiare in silenzio, ma Lily non prende nemmeno in mano la forchetta e guarda il suo piatto per un po’.
«Scusate, devo andare in bagno» dice ad un certo punto. Né io, né Kelsey osiamo dire qualcosa e la lasciamo uscire dalla Sala Grande.
 
«E dai, Kels! Devi sapere qualcosa!»
Sto implorando Kelsey di dirmi cosa sia successo a Lily quella mattina e ho anche minacciato di impedirle di andare a lezione di Ebologia nel pomeriggio, ma non ha funzionato perché lei, in tutta risposta, ha detto che le avrei fatto un favore se l’avessi tenuta fuori dalle serre. Approfitto di questo momento perché dopo pranzo Lily ha statuito che non si sarebbe presentata a nessuna lezione del pomeriggio perché non si sentiva molto bene e da quel che so è chiusa in Infermeria da un paio d’ore.
«Ovvio che so qualcosa, Alec!» esclama, mentre camminiamo per il corridoio del primo piano. «È che non posso dirtelo, Lily mi ha fatto una confidenza e non posso di certo dirla a te.»
«E perché? Mi riguarda? Sono coinvolto?» le chiedo a raffica. Kelsey sbuffa esasperata, portandosi un ciuffo di capelli biondi all’indietro, poi si ferma sul posto e mi trascina accanto ad una colonna.
«No, tu no c’entri niente» mi dice. «Ma non posso dirtelo lo stesso.»
«Allora ce l’ha con Scorpius» concludo.
«Congratulazioni, genio. Adesso posso andare a lezione?» mi chiede, un po’ infastidita.
«No!» esclamo. «Perché ce l’ha con lui? Voglio dire, sono quasi quarantotto ore che non insulta Potter per qualcosa, direi che è un record, no? Perché prendersela?»
«Alec, non posso dirti niente, mi dispiace» mi dice ancora. «Quando vorrà, te ne parlerà Lily, d’accordo?»
«Ti giuro che sarò muto come un pesce!» continuo, cercando di convincerla. Lei scuote la testa e ricomincia a camminare spedita, ma io la seguo e non mi do per vinta. Salazar mi è testimone, sono disposto a seguirla fin dentro la serra e a sorbirmi la voce del professor Paciock per un’ora intera, pur di scoprire quello che è successo.
«Sono solo curioso!»
«No, non sei tu quello curioso!»
«Cosa intendi dire?»
«Intendo dire che me lo stai chiedendo per dirlo a Scorpius e mettere fine ai suoi dilemmi esistenziali e alla sua disperazione, ecco.»
«Ma per piacere!»
«Alec, non sai dirmi le bugie. Arrenditi.»
Maledizione se ha ragione! Non riesco a mentire a Kelsey, non so perché. Non riesco a farlo con nessuno dei miei amici, neanche con Lily e Scorpius. Sarà che loro mi conoscono talmente bene che capiscono immediatamente quando sto cercando di raccontar loro una stupidaggine. In questo caso, Kelsey ha ragione: mi fa strano vedere Scorpius in una simile condizione, vorrei poterlo aiutare e l’unico modo che ho di farlo è scoprire cosa sta succedendo e dirglielo, in modo che lui possa risolvere pacificamente la situazione con Lily. D’altra parte, nemmeno Kelsey sa mentire con me, quindi nei suoi occhi verdi leggo la sofferenza che prova nel vedere Lily così turbata e arrabbiata per chissà cosa: anche lei vorrebbe aiutarla, ma penso che Lily e Scorpius siano più simili di quanto tutti noi crediamo e che nessuno dei due farà mai la prima mossa, perché l’orgoglio è qualcosa che gli scorre nelle vene e non c’è verso di fargli capire le cose: finché non ci sbattono la testa, finché non si fanno male, è difficile che realizzino cosa hanno sbagliato.
«E va bene» mi arrendo. «Voglio aiutare Scorpius, non l’ho mai visto struggersi così tanto.»
«Anche io voglio aiutare Lily…» mormora lei, abbassando lo sguardo. «Ma dobbiamo lasciar fare tutto a loro, Alec.»
«Non faranno niente se lasciamo fare tutto a loro.»
Kelsey comincia a scuotere lentamente la testa. «Non stavolta. È una cosa che va avanti da troppo tempo, non possiamo metterci in mezzo come quando cercavamo di farli uscire insieme.»
«Bei tempi, quelli» sospiro, sorridendo di sottecchi. «Pensi che potrebbe funzionare adesso?»
Kelsey scoppia a ridere fragorosamente, stranamente divertita dalle mie parole e io mi ritrovo a pensare al fatto che non ho mai notato di quanto sia allegra, bella e coinvolgente la sua risata. Poi mi guarda, con gli occhi verdi ancora illuminati e divertiti e comincia a scuotere la testa.
«Oh no, Alec» mi dice, cercando di non ridere. «Ormai sono praticamente fratelli.»
Ma in quella frase ho fiutato una piccola bugia, anche se non riesco ancora a spiegarmela. Mi ci interrogo, mentre Kelsey mi saluta con un abbraccio ed esce dal castello per andare ad Erbologia, continuo a farlo quando finalmente Scorpius si presenta ad Incantesimi con la faccia di uno che sembra essere stato appena investito dal Nottetempo, e non smetto neanche la sera in Sala Comune, quando vedo Lily che se ne sta seduta davanti al fuoco tutta sola, con un libro tra le mani che non sta leggendo davvero, perché le pagine sono girate al contrario e il suo sguardo si perde in realtà tra le fiamme che danzano nel caminetto.
E adesso capisco in cosa consiste la bugia di Kelsey: Lily e Scorpius non sono come fratelli, perché i fratelli non stanno così male dopo aver litigato tra loro e non si tengono il muso per tutto questo tempo.
 

Vi chiedo scusa per il ritardo a dir poco mostruoso ^^" varie cose mi hanno tenuta lontano, e anche se il capitolo era pronto da qualche giorno ormai riesco a publicare solo oggi. Questo è il primo capitolo narrato da Alec, che però ben poco si concentra su di lui e va invece ad approfondire un po' i caratteracci di Lily e Scorpius. Il prossimo, invece, sarà dal punto di vista di Lily e poi vi prometto che torneremo a parlare di quei quattro sciagurati Grifondoro che soo Albus e i suoi amici.
Ah, poi scusate per il titolo del capitolo precedente che è rimasto "Operazione" per chissà quanto tempo, risultando così incompleto ahaha, ho scoperto che a quanto pare EFP non accetta le virgolette nei titoli e così ho dovuto sostituirle con l'apostrofo ^^" vabbé.
Spero come al solito che vi sia piaciuto, e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere :3
Spero a presto! <3
Mars

 

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Capitolo 9
*** Come sei orgogliosa ***


IX – LILY
 
Come sei orgogliosa
 
 
Albus compare improvvisamente nel bel mezzo di un corridoio del settimo piano, accanto a lui volteggia anche il nome di Frank Paciock. Si avviano verso le scale e poco dopo scendono al sesto piano. Aggrotto le sopracciglia. Non dovrebbero trovarsi lì, ma in Sala Grande con il resto della scuola a cenare. Beh, in teoria neanche io dovrei starmene nascosta nell’aula di Trasfigurazione a controllare gli spostamenti di mio fratello e non dovrei neanche farmi troppe domande. D’altronde, la Mappa non mente mai.
È stata una lunga lotta tra me e Albus, dopo i M.A.G.O. di James. Fino a quel momento, sia il Mantello che la Mappa sono appartenuti a lui senza alcuna eccezione, non ce li ha mai fatti provare, in dormitorio li nascondeva magistralmente e li incantava con un incantesimo di disillusione per non farli trovare ad Albus, perché aveva paura che lui potesse insinuarsi in camera sua all’improvviso e rubarglieli. Ahimè, finiti i suoi sette anni di scuola, sono finiti anche i suoi soprusi nei nostri confronti e all’inizio delle vacanze estive è iniziata una battaglia all’ultimo sangue. Ovviamente, sia io che Albus volevamo entrambi gli oggetti magici di nostro padre, e ovviamente nessuno dei due era disposto a cederli all’altro, né riuscivamo a trovare un compromesso. Quel compromesso è arrivato direttamente da mamma che, stanca di sentirci litigare ad ogni ora del giorno e della notte - forse perché così rubavamo la scena ai suoi litigi con papà - ha deciso che io avrei tenuto la Mappa e Albus il Mantello. Scelta a mio parere sconsiderata, perché Merlino solo sa cosa sia capace di fare Albus in giro per la scuola senza essere visto. È altresì vero, però, che almeno con la Mappa posso controllarlo ed evitare che faccia stupidaggini. Non che la cosa mi sia riuscita molto bene finora, ma l’anno scolastico è appena iniziato. Mai dire mai.
Resta il fatto, comunque, che mio fratello non è in Sala Grande a cenare, ma a zonzo per il castello assieme al suo migliore amico, nonché la persona che lo conduce lentamente verso il degrado e che lo appoggia in qualsiasi cosa stupida abbiano in mente di fare. Torno con la mente alla realtà quando noto che si stanno avvicinando all’aula dove sono nascosta: è il momento di agire. Punto la bacchetta sulla mappa e sussurro: «Fatto il misfatto.», poi esco in corridoio e mi guardo furtivamente intorno, quando sento due voci maschili che si avvicinano, mi nascondo velocemente dietro una colonna e aspetto che mi raggiungano. Nel frattempo le loro parole si fanno sempre più distinte e non mi lasciano presagire nulla di buono. Che novità!
«Dovremmo dirlo anche a Derek, secondo te?» Questa è la voce di Frank, che ovviamente intende coinvolgere anche gli altri nei suoi pani malefici.
«Nah» risponde Albus con sufficienza. «Derek è troppo buono per questa cosa.»
«Mi sa che hai ragione» riconosce allora Frank. «E poi Bellamy non deve saperlo…»
Oh, fantastico. Stanno escogitando qualcosa senza l’unica persona dotata di buon senso, non può che essere qualcosa di terribile.
«Esatto, quindi se lo dicessimo a Derek lui sputerebbe il rospo in meno di un secondo» dice ancora Albus. «No, è una cosa che dobbiamo fare noi due. Fidati, entro Halloween non ci darà più alcun problema, dobbiamo solo delineare lo scherzo perfetto.»
«Entro Halloween potrebbe essere troppo tardi, Al!» esclama ad un certo punto Frank. «Voglio dire, e se anche loro progettano qualcosa, sai quanto possono essere terribili?»
Loro chi? Non intenderà per caso noi? Lo giuro su Salazar, se questi due stanno architettando qualcosa contro Scorpius e anche contro Alec, Kelsey e me, è la volta buona che faccio venire mamma a scuola, non è possibile!
«Impossibile» risponde Albus, sicuro di sé. Ah sì, fratellino? Ci crede davvero così codardi e stupidi da non reagire ad un loro probabile scherzo? «Non riuscirebbero mai a raggiungere i nostri livelli.»
Adesso è davvero troppo. Fumante di rabbia, aspetto che si avvicinino alla mia colonna. A quel punto salto fuori, parandomi di fronte a loro, con la bacchetta ben salda in pugno. Noto subito una strana espressione sui loro volti. Stupore e confusione su quello di Albus, fastidio su quello di Frank.
«Che ci fai qui?» mi chiede subito mio fratello, incrociando le braccia al petto. Io gli faccio vedere la Mappa, sventolandola di fronte ai suoi occhi. Ora è una semplice pergamena vuota, ma lui l’ha riconosciuta.
«Ti aspettavo» rispondo. Poi il mio sguardo si posa su Frank. «Ti dispiace andartene, Frank? Devo parlare con mio fratello.»
«Quello che devi dirmi può sentirlo anche Frank» inizia subito Albus.
«Voglio che se ne vada» continuo, ancor più risoluta. I due si guardano e poi Frank dà una pacca sulla spalla ad Albus, mi riserva un’occhiata di sufficienza e se ne va, lasciandoci soli in corridoio. Non voglio che i quadri o i fantasmi ci ascoltino, così lo trascino di nuovo nell’aula di Trasfigurazione, chiudendomi con un po’ troppa enfasi la porta alle spalle.
Albus sospira e si siede con tranquillità su un banco in prima fila, mentre io mi appoggio alla cattedra.
«Che dovevi dirmi?» mi chiede. Già, che dovevo dirgli prima di ascoltare la loro conversazione sospetta?
«Di cosa stavate parlando tu e Frank?» domando immediatamente, senza troppi convenevoli.
Albus fa un mezzo sorriso. «Non sono affari tuoi.»
«Invece sì!» esclamo. «Parlavate di liberarvi di qualcuno, di Halloween e di uno scherzo. Volete organizzarlo contro Scorpius, non è vero? E volete coinvolgere anche me, Kelsey e Alec!»
«Oddio, Lils» mormora Albus. Sta trattenendo le risate e tutto quello che vorrei fare è dargli uno schiaffo. Lui ride e io non sono mai stata più seria di così in tutta la mia vita. «Tu sei… sei visionaria!»
«Come scusa?» gli domando, avvicinandomi a lui quel che basta per ritrovarmici faccia a faccia. Il suo metro e ottanta, però, tradisce la mia effettiva impotenza fisica contro di lui.
«Non stavamo parlando di voi» mi dice semplicemente Albus.
«Dovrei crederti? Dopo tutto quello che continua a succedere?» gli domando, alterandomi sempre di più.
«Cosa succede, esattamente?» ribatte lui, che al contrario mio sembra essere estremamente calmo. Il guaio con Albus è che lui mi conosce dal giorno in cui sono nata e sa esattamente come gestirmi in quelle situazioni.
«Tu e… Scorpius. Vi azzuffate ogni due settimane, litigate, vi picchiate, vi insultate per i corridoi. Io… io non ce la faccio più!» Mi ritrovo quasi ad urlargli contro dalla frustrazione. È una situazione che mi sfinisce da troppo tempo e prima o poi dovevo scoppiare. «Mi sono bastati i litigi tra mamma e papà quest’estate, non voglio anche i vostri!»
«Non è con me che devi prendertela!» esclama subito. «Sul campo da Quidditch ha iniziato lui!»
«Lo so!»
«E allora vai ad arrabbiarti con lui!»
«Sono già arrabbiata con lui!»
E all’improvviso il silenzio. Alzo lo sguardo: gli occhi verdi di Albus mi scrutano curiosi e cercano di capire cosa mi sta passando per la testa, io cerco di non far trasparire alcuna emozione, il mio volto non deve tradirmi, eppure, sento già un pizzicore agli angoli degli occhi, che mi diventano appena lucidi, senza tuttavia lasciarsi sfuggire nemmeno una piccola lacrima.
«E allora non è a me che devi dire queste cose» dice Albus a bassa voce, mentre con una mano mi scompiglia i capelli e mi sorride. E inconsciamente io questo lo so, ma non voglio farlo quindi mi rifiuto di credere che Albus abbia ragione.
«Puoi promettermi di non dargli più fastidio?» gli chiedo.
Albus si morde nervosamente le labbra e so già che quel gesto significa “no”. «Non posso promettertelo, ma posso provarci se lui fa lo stesso.»
Annuisco lentamente. Dicendomi questa cosa Albus mi sta spingendo a parlare con Scorpius, cosa che mi rifiuto di fare perché so di non averne davvero il coraggio. Non so cosa dirgli, né come dirglielo. Non voglio far intercedere qualcuno per me, non posso chiedere a Kelsey o ad Alec di farlo.
«Senti una cosa, Lils» riprende ad un certo punto Albus. Alzo lo sguardo e lo incito a continuare. «C’è davvero qualcosa tra te e Malfoy?»
Ripenso a quando, qualche settimana fa, ho pianificato di fargli credere che io e Scorpius stessimo assieme. Non voglio creare ulteriore astio tra di loro, né voglio procurargli problemi, inoltre Albus è mio fratello e ha il diritto di sentirsi dire la verità.
«Non essere ridicolo, Severus.»
 
Per tutte le cose c’è una prima volta ed è inevitabile. Primi passi, prime parole, primo amico, primo bacio, prima insufficienza e così via. Ma mai, in tutta la mia breve esistenza, ho mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui mi sarei alzata, nel bel mezzo dell’aula di Divinazione, e avrei detto alla Cooman: «Professoressa, lei è un genio!»
Eppure è quello che è appena successo. Il mio odio per Divinazione e per la Cooman è paragonabile a poche altre cose al mondo. Ho sempre trovato la materia priva di ogni fondamento – avendola scelta solo perché era la più facile, tra le altre materie opzionali – e ho sempre trovato la Cooman una pazza svitata, ma quest’oggi ho dovuto ricredermi e ho ammesso di fronte a tutta la classe che la Cooman è semplicemente un genio.
Abbiamo smesso di studiare i Tarocchi da una settimana ormai e siamo passati al nuovo argomento: la chiromanzia. Sono circa  venti minuti che scruto il palmo di Kelsey alla vana ricerca di qualcosa da dire, il libro non dice niente di utile a riguardo e io non so cosa fare.
«Dai, Lils. Dice di partire dalla forma della mano» mi sussurra Kelsey, per incoraggiarmi.
«Non riesco a capire che diavolo di forma ha la tua mano!» esclamo sottovoce. «Sembra affusolata, ma anche conica, ma si assomigliano tutte!»
«Facciamo conica» dice ancora Kelsey. «Da come la descrive il libro è più probabile che mi capiti qualche disgrazia se ho la mano conica!»
«D’accordo» sbuffo, mentre con la mano libera continuo a sfogliare il libro alla ricerca del prossimo passaggio, che dovrebbe essere l’osservazione delle dita. Merlino, perché non sono andata a fare Antiche Rune?!
«Signorina Potter.» La voce della Cooman è calma e sognante mentre mi richiama. Mi volto verso di lei e forzo un sorriso. «Hai qualche difficoltà, mia cara?»
«Ehm, sì… io… non capisco bene come proseguire e…» biascico, nella speranza di togliermela di torno il più presto possibile.
«Non preoccuparti, cara, abbiamo appena iniziato questo affascinante argomento! La chiromanzia è un’arte per pochi, attenti osservatori» dice. «Vieni, dammi la mano: ti mostrerò come fare una lettura.»
La guardo per un po’ e rimango immobile. Non voglio farmi leggere la mano dalla Cooman, ho seriamente paura di quello che potrebbe accadere. L’anno scorso, leggendo la mappa astrale del povero Gordon Kirby di Tassorosso, l’ha terrorizzato dicendogli che nel mese di maggio una catastrofe si sarebbe abbattuta sulla sua casa e la sua famiglia: Kirby ha scritto lettere su lettere per tutto il mese di aprile, cercando di avvertire i suoi genitori, i quali fortunatamente non gli hanno mai dato ascolto, perché la famosa catastrofe non si è rivelata altro che un’infestazione di topi nello scantinato che il padre di Kirby ha risolto in un paio di giornate con qualche incantesimo. Agghiacciante.
Un po’ titubante, perciò, sollevo la mano e la pongo alla professoressa, che la prende gentilmente tra le sue. La Cooman ha le mani bollenti e scruta attentamente il mio palmo.
Dopo circa un minuto di imbarazzante silenzio, mi guarda con gli occhi spalancati e comincia a mormorare parole incomprensibili.
«Mia cara ragazza… mia cara, povera ragazza!» esclama, quasi disperata. Ecco, lo sapevo. Mi preparo psicologicamente e mi impongo di rimanere perfettamente rigida e stoica nel momento in cui annuncerà la mia imminente dipartita. «Tu non sai… non sai cosa stai per perdere!»
Mi guardo un po’ intorno: Kelsey è confusa come me, mentre Lucinda Ackerman sta sghignazzando in fondo alla stanza. Megera. Spero che la Cooman predica anche per lei una disgrazia irreparabile.
«Potrebbe spiegarsi meglio, signora?» chiede coraggiosamente Kelsey. La Cooman punta lo sguardo su di lei, e poi di nuovo su di me. Mi si avvicina tutta tremante.
«Mia cara, la tua mano parla chiaro, hai un orgoglio che non si può scalfire, ma sarà la tua rovina!» esclama teatralmente. «Smetti di essere sempre così arida, ragazza mia, se continui così allontanerai tutte quelle poche persone che ancora ti sopportano! E poi sarai tutta sola, persa nella tua disperazione e nel rimorso!»
In questo momento non so se essere offesa per ciò che ha appena detto o se sorridere, annuire e ringraziare. Non faccio nessuna di queste cose, perché la Cooman, nonostante i termini un po’ rudi – poi sarei io, quella antipatica – ha perfettamente ragione e nella mia testa, adesso, c’è solo un nome che rimbomba ovunque e non sembra lasciarmi in pace. C’è solo quel nome e poi ci sono io che pongo delle scuse, c’è lui che mi dice che è tutto a posto e che mi abbraccia, e poi ci siamo noi che continuiamo ad essere gli stessi ragazzini che cinque anni fa si sono scontrati sul Ponte di Pietra senza sapere assolutamente niente di quello che sarebbe successo. E c’è che io sono davvero troppo orgogliosa, solo che a volte non me ne rendo conto e dovrei semplicemente fare un passo indietro e mettermi in discussione, solo che non lo faccio mai e adesso è giusto che ne paghi le conseguenze.
So solo che mi serve la Mappa.
Ad un certo punto, quando mi libero dal vortice dei miei pensieri, mi alzo in piedi, abbraccio la Cooman di slancio, sotto lo sguardo a dir poco scioccato di Kesley e del resto della classe, e piena di entusiasmo le dico: «Professoressa, lei è un genio!»
E mentre recupero la borsa dei libri e mi avvio verso l’uscita dell’aula, la sento dire: «Oh cielo! Proprio l’altro giorno la sfera mi aveva fatto vedere una flebile luce in te, Potter!»
 
Quando Scorpius ha ricevuto la sua lettera per Hogwarts, i suoi genitori gli hanno regalato un gatto bianco e non gli ha dato un nome fino a due anni fa: l’ha chiamato Casper, perché in quel periodo Kelsey lo stava istruendo sul mondo babbano e gli ha parlato del suo film preferito da bambina, che parlava appunto di questo piccolo fantasma di nome Casper. Scorpius, non si sa come, ha ravvisato una certa somiglianza tra Casper ed il suo gatto e dopo tre lunghi anni ha finalmente deciso di dargli un nome. Adesso sto giocando con lui sul pavimento della stanza di Alec e Scorpius. Sono stata tentata di andare a prendere la Mappa, cercare Scorpius e aspettarlo ovunque lui fosse, ma non volevo tendergli un’imboscata, così ho deciso di aspettarlo qui.
Casper è sdraiato sulla schiena e agita le zampe per riuscire ad afferrare le mie dita. È il gatto più dolce che io conosca, niente a che vedere con quello che aveva zia Hermione anni fa, quando frequentava ancora Hogwarts, almeno stando ai racconti di papà e dello zio Ron. Quando si stanca di cercare di afferrare la mia mano, rotola e si rimette sulle zampe, poi comincia a gironzolarmi intorno. Gli do qualche altra carezza sulla testa e poi sotto il muso, e lui comincia a fare le fusa. Sorrido senza accorgermene: Casper è anche come se fosse il mio gatto, o meglio io gli voglio bene come fosse mio. Io non ne ho mai avuto uno, perché James è allergico al pelo e non potevamo tenerne uno in casa o sarebbe scoppiato il finimondo, così è stato bellissimo diventare amica di Scorpius e scoprire che aveva un gatto così dolce a fargli compagnia, che proprio in momenti come questi è pronto a fare compagnia anche a me, regalandomi l’affetto che solo gli animali sanno dare.
Dopo un po’, sento il rumore della maniglia che viene abbassata e il cigolio della porta che si apre. Alzo gli occhi per scoprire che è proprio Scorpius il ragazzo ad essere entrato. Ad un tratto, la mia mente si svuota e io non so più cosa dirgli. Era tutto ben delineato mentre scendevo a perdifiato le scale, subito dopo aver lasciato l’aula di Divinazione: mentre i miei piedi si spostavano di gradino in gradino, di mattonella in mattonella, sceglievo le parole da dire con cura e attenzione, creavo un discorso, un qualcosa che avesse senso. L’ho fatto proprio per evitare situazioni del genere, ovvero averlo davanti e non sapere cosa dire o fare. Non che sia un problema insormontabile, perché ci pensa Scorpius a parlare al posto mio, l’unica differenza è che lui, quando non sa cosa dire, dice la prima cosa che gli passa per la testa, senza nemmeno chiedersi se sia pertinente o meno.
«Perché sei seduta per terra?»
Eh? Voglio dire, per Morgana, non ci parliamo da due giorni e la prima cosa che fa è chiedermi per quale motivo io sia seduta sul pavimento?
«Stavo giocando con Casper» rispondo allora, poi faccio per alzarmi, perché mi rendo conto solo adesso che il pavimento è freddo, che Casper è balzato sul letto di Scorpius e adesso se ne sta appollaiato lì sopra con aria indagatoria. Quando sono in piedi mi sistemo la gonna e non appena rialzo la testa noto che Scorpius si è avvicinato di qualche passo a me e ha richiuso la porta.
«Bene» sospira, senza staccarmi gli occhi di dosso. Non ho mai litigato con Scorpius. Neanche adesso ci ho litigato, a dire la verità, non so nemmeno perché io sia arrabbiata con lui, non so perché non ci parliamo da lunedì mattina, non so perché non sono mai stata così triste e angosciata per qualcosa, qualcuno, in tutta la mia vita. Tutta questa tensione tra di noi mi è nuova e mi fa paura, non so come gestirla. E io odio non avere le cose sotto controllo.
«Bene cosa?» gli chiedo. E odio Scorpius quando non parla e quando non riesco a capire cosa gli passa per il cervello. Lui è il mio maledetto migliore amico e non sapere cosa succede non mi fa stare bene.
«Niente. Ti ho chiesto come mai fossi seduta per terra, tu mi hai risposto. Bene» mi risponde. Si mette seduto sul letto e accarezza piano Casper sul dorso della schiena.
Avanti Lily, devi solo chiedergli scusa. Fosse facile, mia cara coscienza. So benissimo che dovrei scusarmi per aver smesso di parlargli così, da un momento all’altro, so benissimo di dover chiarire con lui la stessa questione che ho provato a chiarire con Albus ieri sera, e persino mio fratello, che è sempre così pieno di sé, ha capito che se c’è qualcuno con cui devo chiarirmi quello non è lui, ma è Scorpius. Io lo so, ma non so come farlo: la Cooman l’ha detto, sono troppo orgogliosa e se non faccio qualcosa per cambiare mi rovinerò la vita con le mie stesse mani. Oh, per Merlino, sto dando ragione alle parole della Cooman! Devo stare davvero male per pensare certe cose.
«Ti stavo aspettando in realtà» mi lascio sfuggire, quasi a fatica. «Stavo giocando con Casper perché aspettavo che arrivassi.»
«Ho capito» dice allora Scorpius, che ancora non si degna di guardarmi, ma continua a fissare Casper che piano piano si sta appisolando. Faccio un bel respiro profondo, allora mi avvicino e mi metto in piedi di fronte a lui, incrociando le braccia al petto. Lui ha notato questo mio movimento e adesso è costretto a guardarmi. E lo fa. Mi guarda con i suoi occhi chiari in cui non so cosa leggerci.
Mi dispiace. È facile dirlo nella mia testa, non ha nemmeno un suono tanto brutto, ma è come se la voce si rifiutasse di uscire e se le labbra si rifiutassero di formulare le parole. Lui continua a guardarmi impassibile, sta aspettando che io dica qualcosa, ma io non riesco a dire assolutamente niente. Ad un certo punto anche lui si alza, e io sollevo un poco la testa, perché lui è molto più alto di me. Non devo sembrargli molto minacciosa o determinata adesso, neanche io credo di esserlo. Anzi, non mi sono mai sentita così impaurita e piccola.
Scorpius si lascia sfuggire una sorta di risatina soffocata, che ha ben poco di allegria e spensieratezza, è una risata amareggiata, spezzata, che non significa niente di buono.
«Accidenti» sospira. «Come sei orgogliosa.»
Deglutisco e di nuovo le parole della Cooman cominciano a vorticarmi nel cervello. Sono maledettamente e stupidamente orgogliosa, ma devo imparare a mettere da parte questo mio orgoglio, perché non mi porterà a nulla di buono, perché mi farà perdere qualcosa… lui.
Scorpius fa per superarmi e andarsene, ma con tutta la forza di cui sono capace gli afferro un braccio e lo guardo, supplicandolo di rimanere lì con me. Coraggio, Lily.
«M-mi dispiace!» esclamo, tenendo ancora le dita salde attorno al suo braccio destro. Ecco, l’ho detto. Adesso mi sento incredibilmente più leggera, come se per tutto questo tempo avessi portato uno Schiopodo Sparacoda adulto sulle spalle e finalmente l’avessi gettato per terra e me ne fossi scappata via. Guardo Scorpius, cercando di fargli un sorriso: adesso la sua espressione si è un po’ addolcita, ma non mi convince del tutto. Non è ancora finita.
«Ti dispiace per cosa?» mi chiede.
Ecco, lo sapevo io. Sa benissimo per cosa mi dispiace, ma vuole sentirselo dire da me. Ha ragione, voglio dire, anche io avrei fatto esattamente la stessa cosa, perché provo una certa soddisfazione nell’avere ragione e nel sentire gli altri che ammettono di aver torto. Solo che questa volta sono io a ritrovarmi nella parte del torto e non è davvero una cosa carina. Sospiro. Se ce l’ho fatta ad iniziare, posso anche continuare.
«Per essermi arrabbiata senza motivo lunedì» dico subito. «E per non averti parlato questi due giorni.»
«E poi?» mi chiede ancora lui. È davvero una serpe.
«Per averti evitato e per essermela presa anche con Alec, perché lui non c’entra niente» rispondo, abbassando lo sguardo. Credo di aver finito e ne prendo assoluta consapevolezza quando all’improvviso sento le braccia di Scorpius circondarmi la schiena e le sue mani premere piano la mia testa contro il suo petto. Chiudo gli occhi, è stato davvero così facile? Non aggiungo nient’altro e ricambio l’abbraccio, stringendolo forte. Ci separiamo solo quando qualcosa s’intromette tra di noi: Casper è evidentemente geloso.

Buon sabato a tutti! ♥ Scusatemi per questa assenza di due settimane, ma a parte impegni vari e studio tengo particolarmente a questo capitolo su Lily e non mi andava mai bene, quindi l'ho cambiato un sacco di volte! Il rapporto tra Lily e Scorpius almeno per ora è difficile da spiegare e voglio mostrarlo piano piano e farlo crescere grdualmente. Ho voluto fare Lily orgogliosa perché la vedo come una persona che non abbassa quasi mai la testa di fronte a niente e a volte si rifiuta anche di ammettere i propri sbagli, solo che con persone della sua stessa pasta come Scorpius poi lo "scontro" è inevitabile xD Ringrazio Dreamer_imperfect per aver recensito lo scorso capitolo e ringrazio chiunque continua a starmi dietro nonostante tutto :3
Un bacio e a presto! ♥
Mars 

 

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Capitolo 10
*** Pozione Polisucco ***


X – DEREK
 
Pozione Polisucco
 
Devo essere onesto: ci sono delle volte in cui Albus e Frank mi mettono seriamente paura. Per esempio, fino a trenta secondi fa stavo camminando indisturbato per il corridoio del piano terra, con decine di squisiti regali che gli elfi domestici delle cucine mi hanno messo tra le braccia non appena vi sono entrato, e adesso mi ritrovo ad essere praticamente catturato e chiuso in quella che mi sembra una vecchia aula in disuso. Il mio primo istinto è quello di gridare, ma non appena vedo le figure familiari dei miei amici decido che non c’è alcun bisogno di chiamare aiuto e mi limito a guardarli sconcertato, per poi esclamare: «Ma siete matti?!»
Nel frattempo, il mio cestino di prelibatezze è finito – non so come – su un banco e Frank lo sta ispezionando con interesse, ma fortunatamente per lui e per tutti noi decide di tenere alla larga le sue manacce dal mio bottino.
«Scusa» dice allora Albus, che ritrovo alla mia sinistra. Solo adesso noto che io per lo spavento mi sono spiaccicato contro il muro accanto alla porta dell’aula abbandonata, dunque cerco di darmi un contegno.
«Che cosa è successo? Si tratta di Malfoy? E dov’è Bellamy?» Nella mia testa si profilano così tante domande che sento la necessità di esplicitarle tutte. Quando Albus e Frank fanno una cosa di questa gravità, ossia rapire le persone mentre cercano solo un posto tranquillo per fare merenda, sicuramente deve essere successo qualcosa di una certa rilevanza, sicuramente qualcosa in cui c’entra Malfoy, per l’appunto, altrimenti non sentirebbero l’urgenza di trasformarsi in rapitori e potenziali serial-killer. E di nuovo, perché non c’è Bellamy?
«Calmati, Derek»  dice Frank, affiancandosi ad Albus. «È stata un’idea di Albus quella di rapirti e…»
Albus lo interrompe e inizia a parlare, sovrastando la sua voce. «Non è ancora successo niente, Malfoy stranamente non sta invadendo il nostro spazio vitale e Bellamy non è qui perché Bellamy non deve sapere.»
Aggrotto le sopracciglia, mentre Albus fa un passo in avanti, verso di me. «Mi prometti che Bellamy non verrà a saperlo?»
«Okay, okay, promesso» borbotto. «Ma adesso spiegami!»
Se Bellamy non lo deve sapere allora hanno in mente qualcosa di proibito, poco ma sicuro. E se è proibito, però, deve essere assolutamente una figata! Anche se è strano, perché in sette anni di scuola non abbiamo escluso nessuno, siamo sempre stati noi quattro, e non mi pare carino non dire a Bellamy cosa stiamo combinando solo perché lui è il cervello pensante e razionale del gruppo e spesso limita le idee folli di Albus, è che lo fa per evitare che qualcuno di noi ci rimetta la pelle e soprattutto la carriera scolastica.
«Allora…» esordisce Albus, grattandosi la testa. Frank ha cominciato a fare avanti e indietro dalla porta alle finestre, io sono ancora appoggiato al muro e Albus è di fronte a me. «In sintesi, io e Frank abbiamo deciso che niente e nessuno può sconvolgere l’equilibrio e l’armonia del nostro gruppo, sei d’accordo?»
«Sì» rispondo, abbastanza convinto. Noi quattro siamo inseparabili e tali dobbiamo rimanere.
«Pertanto, dobbiamo cercare di limitare qualsiasi compromissione esterna che potrebbe potenzialmente dividerci, un giorno» continua Albus e io mi ritrovo ad annuire.
«Ed è per questo che dobbiamo preparare le Pozione Polisucco» conclude.
Aspettate, non ho sentito bene.
«La Pozione Polisucco» ripeto, per afferrare bene il concetto. Merlino, è ovvio che preparare la Polisucco rientra tra il concetto di assoluta figata, ma credo che sia anche leggermente pericoloso farlo, soprattutto senza conoscere lo scopo che hanno in testa i miei amici e il motivo per cui Bellamy non può saperlo. Insomma, fossi stato in loro sarei andato dritto da lui a chiedere se potesse aiutarmi a preparare una pozione così complessa, Bellamy è un genio e sicuramente più preparato di me!
«Esatto» ribadisce Frank. «La Pozione Polisucco»
«E a che ci serve?» domando. Vedo Albus sospirare e girarsi verso Frank, quest’ultimo fa spallucce e poi Al ritorna a guardarmi.
«Per l’operazione “Eliminare Zoe Caplan”» risponde, con una tranquillità assoluta. E io, di nuovo, temo di non avere un udito eccellente e sufficientemente sviluppato. Cosa significa, esattamente, eliminare Zoe Caplan?
«Non vorrete mica ucciderla?!» esclamo, preoccupatissimo. Ma come, pochi giorni prima gli ho detto che non è giusto rovinare la potenziale vita sentimentale di Bellamy e adesso vogliono far fuori quella povera ragazza? Che a me sta anche simpatica, per quel poco che ho potuto vedere, perché mai dovrebbero eliminarla? Ed è davvero legale farlo?
«Certo che no!» sbuffa Frank. «Vogliamo solo prendere le sue sembianze per un po’, ecco perché ci serve la Polisucco ed ecco perché Bellamy non deve saperlo.»
«Aspetta, credevo che avremmo preso le sembianze di Bellamy e avremmo detto a Zoe che non siamo interessati a lei e mai lo saremo» gli dice Albus voltandosi repentinamente verso Frank.
«Bellamy non ci rivolgerà più la parola se facciamo finta di essere lui…» osservo a bassa voce, come se stessi parlando tra me e me.
«Derek ha ragione!» dice Frank, e io alzo subito lo sguardo su di lui. «È meglio trasformarsi in lei, digli chiaramente le cose come stanno in modo che Bellamy non possa provare alcun tipo di interesse e tanti saluti Zoe Caplan.»
«Posso dire una cosa?» intervengo, attirando l’attenzione di entrambi su di me. «Anzi due.»
«Spara» mi dice Albus, con le sopracciglia aggrottate.
«Innanzi tutto, io a cosa vi servo in questo piano malefico? E due, come facciamo a sapere che a Bellamy piace Zoe? Insomma, potrebbe non ricambiare l’interesse, e allora perché preoccuparsi tanto?»
«Hai ragione…» mormora. Non ci credo, sia Frank che Albus mi hanno detto che ho ragione in nemmeno dieci minuti, questa è una giornata decisamente strana, non ci sono dubbi. Solitamente non dico cose molto intelligenti, me ne rendo conto da solo, però so essere molto divertente e mi fa stare bene vedere i miei amici ridere spensierati quando dico qualcosa di buffo, sapere di renderli allegri, di fargli dimenticare anche solo per il breve momento di una risata tutte le loro preoccupazioni. Ma riscopro che mi fa sentire bene anche vedere che apprezzano quello che dico, vedere che danno un valore e un peso alle mie parole, che non fanno solo ridere e basta.
«Okay, venite qui» conclude ad un certo punto Albus. Io e Frank ci avviciniamo furtivamente. «Prendiamoci qualche giorno per indagare e scopriamo se a Bellamy piace Zoe. Se vediamo che non c’è pericolo, lasciamo perdere la Polisucco, se invece c’è anche un minimo indizio, cominciamo subito a preparare la pozione.»
«Volevi dire che Derek preparerà la pozione…» borbotta Frank, tossendo. Ah ecco, mancava il mio ruolo. In effetti, ora che ci penso, né Frank né Albus sono molto abili nel preparare pozioni e non potendo chiedere aiuto a Bellamy, è normale che lo chiedano a me che ho una media leggermente decente.
«Non vi assicuro niente eh…» gli dico. «È una pozione complicata.»
«La prepareresti sicuramente meglio di me e Albus messi insieme» mi dice Frank con un sorriso e una pacca vigorosa sulle spalle.
«Indagherò io» decido, offrendomi volontario. Merlino solo sa quanto potrebbero essere fastidiosi, creativi e invadenti Albus e Frank con queste strane indagini che si sono messi in testa di fare. Certo, non che io sappia nel concreto come si fa ad indagare in modo discreto, ma qualcosa proverò ad inventarmi.
«Non essere ridicolo» dice subito Albus. «Lo faremo tutti e tre insieme!»
 
La cena questa sera è decisamente imbarazzante. Ci siamo io, Albus e Frank seduti davanti a Bellamy che non sta facendo nulla se non mangiando in santa pace questo delizioso polpettone aromatizzato, accompagnato dalle patate al forno a dir poco perfette. Anche io sto mangiando questo ben di dio con una certa gioia, ma lo farei sicuramente con più tranquillità se non avessi Albus e Frank rispettivamente alla mia destra e alla mia sinistra che hanno lo sguardo puntato su Bellamy da mezz’ora e hanno a stento toccato il polpettone. Mi correggo, la cena non è imbarazzante questa sera, la definizione giusta sarebbe inquietante a livelli estremi.
«Per caso mi è venuta la Spruzzolosi e non lo so?» domanda ad un certo punto Bellamy, posando con delicatezza la forchetta accanto al piatto.
Albus pare risvegliarsi dalla sua trance per rispondere. «Affatto, mi sembri in ottima salute» dice, con un sorriso smagliante che di spontaneo ha ben poco.
«Perché ce lo chiedi?» fa poi Frank, anche lui con un tono di voce palesemente forzato. Io continuo a mangiare, perché non mi viene in mente nulla da dire per cercare di salvare la situazione.
«Perché mi state fissando da quando ci siamo seduti» spiega Bellamy. «Sono sporco in faccia? Ho qualcosa tra i denti? Un gufo mi ha cagato in testa?»
«No, sei a posto» risponde Frank.
«E comunque, da quando ti preoccupi così tanto delle tue apparenze, mh?» chiede Albus assottigliando gli occhi. Non so perché, ma mi sa proprio che siamo già entrati nella fase delle indagini. Ero convinto che almeno per stasera avremmo lasciato perdere e ci saremmo goduti in santa pace la cena! Sospiro, mandando giù l’ultimo pezzo del mio polpettone.
Bellamy aggrotta le sopracciglia. Deve aver capito che l’atteggiamento di Albus non è del tutto normale, tra poco elaborerà tutto e smaschererà il nostro piano. Merlino, lo sapevo io che non era una buona idea nascondere l’operazione “Eliminare Zoe Caplan” a Bellamy. Di sicuro, non appena lo scoprirà ci metterà il muso per giorni interi, se non settimane.
«Beh, non vorrei esattamente andare in giro con della cacca di gufo tra i capelli» dice.
«Niente cacca di gufo» lo rassicura Albus. Fortunatamente smette di fare domande strane: forse Bellamy non ci scoprirà mai e possiamo continuare a vivere tranquilli e senza sensi di colpa.
«Menomale» sospira allora Bellamy, scrollando le spalle. «Vi ho cercato dappertutto dopo le lezioni, si può sapere dov’eravate finiti?»
«Io ero nelle cucine!» esclamo immediatamente.
«Sai che novità» sospira Frank accanto a me, facendo finta di non avermi proprio visto questo pomeriggio. Reggigli il gioco, Derek, non farti scappare cose strane.
«Io ero in biblioteca» dice tranquillamente Albus.
A quel punto, per quanto la bugia detta da Albus sembra reale, sia io che Bellamy esclamiamo sorpresi: «In biblioteca?!»
«È l’unico posto in cui non sono andato a controllare!» aggiunge poi Bellamy, infilandosi una mano nei capelli. E come biasimarlo? Io vado in biblioteca solo quando mi ci trascina lui, mentre Albus e Frank non ci entrerebbero nemmeno sotto tortura.
«Beh, gli schemi di Quidditch non si scrivono da soli» si giustifica Albus. «E non riesco a pensare con tutto il baccano che c’è in Sala Comune.»
Bellamy tace per qualche breve momento, senza staccare gli occhi da Albus. Ha smesso addirittura di mangiare e si è portato entrambe le mani sotto al mento. «Beh, Al, sono veramente contento che finalmente ti stai concentrando su qualcosa che non è Malfoy, davvero.»
Frank scoppia a ridere, penso che non abbia nemmeno elaborato le parole di Bellamy, ma la sua risata s’infrange nelle mie orecchie e contagia anche me, Albus incurva solo gli angoli della bocca verso l’alto.
«Al momento ho altre priorità, a Malfoy ci penserò a tempo debito.»
«Ossia dopo il Torneo di Quidditch, voglio sperare» borbotta Frank, tra una risata e l’altra.
«Io speravo mai più» precisa invece Bellamy.
«Questo non succederà mai, lo sappiamo tutti.» risponde Albus. «È solo che ho altro a cui pensare, per adesso.»
Devo rubare una fetta di polpettone dal piatto di Frank per non vuotare il sacco e dire che il nuovo bersaglio di Albus è la povera Zoe, e intanto dentro di me cresce la sensazione che tutta questa faccenda non andrà affatto a finire nel modo giusto.
Il resto della serata trascorre in modo relativamente tranquillo: Zoe Caplan rimane nel suo angoletto di Sala Comune assieme alle sue due amiche, ridacchiano tra loro come al solito e qualche volta il suo sguardo è puntato su di noi, ma Bellamy sembra non accorgersene e rimane a chiacchierare tranquillamente con noi per tutto il tempo. Non riusciamo a scoprire niente di concreto, comunque, perché parliamo di compiti, di Quidditch, della presunta tresca tra il professor Cylon e quella megera della Babbling, e anche un po’ di Malfoy, ma non tocchiamo l’argomento “ragazze”.
Il guaio accade la mattina seguente, mentre siamo a lezione di Erbologia nella serra numero sei, dove il professor Paciock nonché padre di Frank ha disposto circa una ventina di vasi sui lunghi tavoli da lavoro, ognuno contenente una pianta a dir poco strana: sembra una specie di cactus, ha un colore grigio-verde ed è ricoperta di enormi bolle che sembrano essere sul punto di esplodere. Non ho mai visto pianta più brutta.
«Quelle che vedete sono piante adulte di Mimblus Mimbletonia!» esclama tutto contento il professore «Avevo consigliato di iniziare a leggere sul libro qualcosa a riguardo, allora, chi sa darmi qualche informazione?»
La mano di Bellamy scatta in aria più velocemente della luce e il professore gli da subito la parola: «È una pianta molto rara, originaria dell’Assiria, le bolle che ne ricoprono il fusto contengono la puzzalinfa, una sostanza molto sgradevole ma fortunatamente non velenosa.»
«Eccellente! Dieci punti a Grifondoro!» esclama ancora Paciock. «Adesso vi chiederete perché non c’è una pianta per ognuno di voi… beh, è alquanto semplice. La Mimblus Mimbletonia è molto difficile da maneggiare e da curare, proprio per il fatto che se si sente attaccata si difende sprigionando la puzzalinfa, così ho deciso di dividervi in coppie per aiutarvi a vicenda.»
Ad un certo punto vedo la mano di Albus alzarsi e spalanco la bocca sorpreso: insomma, lui odia Erbologia, penso sia una verità universale intoccabile, e non si è mai interessato a nessuna lezione che facciamo.
«Sì, Albus?» dice gentilmente il professore.
«È possibile raccogliere la puzzolinfa?» domanda Albus con voce calma e un sorrisetto stampato in faccia.
«Certo che sì, ma a chiunque venga in mente di fare una cosa del genere durante la mia lezione toglierò un notevole numero di punti» risponde Paciock.
«Peccato, già pensavo di usarla su Tu-Sai-Chi» dice a Frank, ma io sono abbastanza vicino da sentirlo.
«E per evitare che si ripetano sciocchezze come quelli dell’anno scorso» inizia il professore. Si riferisce a quando Frank e Albus hanno dato in pasto un ciocca di capelli di Jemima Colton ad un cucciolo di Geranio Zannuto. «Le coppie saranno decise da me. Albus e Derek, venite qui vicino a me, e tu Frank vai lì in fondo con Charles… vi voglio lontani anni luce.»
Per ironia della sorte, Bellamy finisce proprio con Zoe Caplan. Albus li osserva intensamente per tutta la durata della lezione, tant’è che ad un certo punto sento prima un odore disgustoso di… cacca di drago, credo, e subito dopo la sensazione di bagnato e appiccicaticcio che mi ricopre la faccia. Guardo Albus, anche lui è ricoperto di un liquido denso e verde scuro. Deduco che abbiamo appena fatto scoppiare la nostra Mimblus Mimbletonia. Il professor Paciock a pochi passi da noi scuote la testa sconsolato.
 
«Merlino, che schifo!» esclama Albus. Siamo in bagno da più o meno venti minuti, siamo riusciti a toglierci la puzzalinfa dalla faccia, ma per l’odore non siamo ancora riusciti a fare nulla. «Non voglio puzzare di merda per il resto della mia vita, Derek!»
«Dovevamo chiedere al professore di togliercelo» mi lamento io, mentre cerco di pensare a tutti gli incantesimi che conosco.
«Io odio Erbologia!» dice ancora Albus, appoggiandosi al lavandino.
«Li ho trovati!» la voce di Frank echeggia per tutto il bagno. Entra in tutta fretta, seguito da Bellamy, con la bacchetta alla mano. «Si può sapere cosa state facendo?»
«Cerchiamo di toglierci la puzza di dosso» risponde bruscamente Albus.
«Credo che per quello dobbiate andare dall’infermiera Bell» sospira Bellamy.
«Non esiste un incantesimo?» domando io, devo sembrare disperato. Non voglio girare per il castello e salire fino in Infermeria con questa puzza tremenda addosso. E se incontrassi qualcuno che conosco? O peggio, se io e Albus incontrassimo Malfoy? Sicuramente lui farebbe una di quelle battutine stupide, provocherebbe Albus, e lui darebbe di matto, finirebbero di nuovo per picchiarsi e a quel punto Albus dovrebbe rinunciare al Quidditch e questo non possiamo permetterlo, perché significherebbe la fine del quieto vivere.
«Se aspettate qui, provo a chiedere a Zoe se conosce qualche rimedio» sospira dunque Bellamy, e poi si volta, dirigendosi verso la porta del bagno.
«Chiedere a chi?!» esclama Albus. Okay, adesso ho paura di lui. La sua voce sembra non appartenergli, è più bassa del solito, quasi gutturale. Sembra un verso più che una voce umana.
«Ehm… Zoe Caplan? Abbiamo fatto Erbologia insieme oggi, è… è molto portata per Erbologia, sapete? Credo che sia la studentessa preferita del professore, a fine lezione parlano sempre un sacco di piante, libri e tante altre cose. Lei potrebbe saperlo!»
Frank tossisce. «Non è la stessa ragazza che ti ha ringraziato per la storia della Babbling?» domanda cauto. Per Morgana, il mio migliore amico è un genio!
«Sì, proprio lei. In effetti, è portata un po’ per tutte le materie, è davvero bravissima» dice ancora Bellamy. Ma mentre parla, le sue orecchie si colorano leggermente di rosso e subito dopo serra le labbra in un sorriso imbarazzato. «Vado a chiederglielo e torno!»
Io, Frank e Albus rimaniamo in silenzio nel bagno a guardarci confusi. Solo dopo qualche minuto di vuoto, Albus riprende nuovamente la capacità di parlare e si rivolge sia a me che  a Frank. «Appena ci liberiamo di questa puzza maledetta, andiamo nell’ufficio di Lumacorno a prendere gli ingredienti della Polisucco.»
Sospiro un po’ sconsolato: Albus ha mandato ufficialmente al diavolo le indagini e ha deciso che anche a Bellamy piace Zoe Caplan e che di conseguenza dobbiamo assolutamente rovinare tutto.

Ciao a tutti! ♥ Avevo detto che sarei riuscita ad aggiornare prima, ma mi sbagliavo per due motivi: non erano ancora usciti gli orari delle lezioni e non avevo ancora cominciato a frequentare. Col fatto che passo quasi tutta la giornata fuori casa adesso ho davvero poco tempo per dedicarmi alla storia, specialmente perché i weekend li devo usare per studiare. Significa che procederò un po' a rilento, con un ritmo di dieci giorni/due settimane tra un capitolo e l'altro. . Questo è il primo capitolo che scrivo dal povd di Derek, nella speranza di farvi capire anche qualcosina su di lui :3
I prossimi capitoli saranno tutti incentrati su questa fantomatica pozione polisucco e su tutti i guai che ne deriveranno, quindi se ne vedranno delle belle xD 
Spero che vi sia piaciuto e vi ringrazio per essere arrivati fin qui.
Un bacio,
Mars 

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Capitolo 11
*** Potter smemorato, Paciock addormentato! ***


XI – FRANK
 
Potter smemorato, Paciock addormentato!
 
Lunedì 16 ottobre, settimo giorno di preparazione della Polisucco.
Nel calderone davanti a me, nel maleodorante e allagato bagno di Mirtilla Malcontenta, bolle lentamente lo stufato di Mosche Criospa. Albus è accanto a me e sta sonnecchiando. Non lo biasimo, è notte fonda e stavolta tocca a noi fare la guardia alla pozione. Questo pomeriggio Albus è stato al campo ad allenarsi con la squadra per quasi tre ore ed è talmente sfinito da riuscire a dormire perfino sul pavimento umido del bagno. Fortunatamente per me, questa notte Mirtilla non è qui a tormentarci: ha detto che una sua amica sirena, giù al Lago Nero, doveva confidarle un segreto su un affascinante tritone ed è sparita giù per le tubature, senza nemmeno salutarci. Guardo l’orologio: sono le due ventisei. Alle tre devo aggiungere un po’ di brodo di sanguisuga, e poi dovremmo rimettercelo alle cinque di domani pomeriggio, esattamente tra quattordici ore. Non credevo che questa pozione fosse così impegnativa! Menomale che Derek ci ha scritto per filo e per segno gli ingredienti giusti da procurarci, o io e Albus avremmo fatto un disastro colossale ancor prima di iniziare a prepararla. Anche i singoli passaggi ce li ha spiegati Derek: fino al ventiduesimo giorno di preparazione in realtà c’è solo da monitorare lo stufato di Mosche Criospa, e per quanto riguarda l’aggiunta degli altri ingredienti, ce ne occuperemo tutti insieme. Ovviamente per controllare lo stufato dobbiamo fare dei turni e dividerci. Durante il giorno non è difficile: basta passare in bagno ogni tanto e dare un’occhiata, ma di notte dobbiamo essere sempre almeno in due, con il Mantello dell’Invisibilità di Albus, onde evitare che qualcuno ci scopra.
Fare quello che stiamo facendo è un tantino meschino, ma Albus ha ragione e non possiamo permettere che una ragazza rovini tutto. Lo sto notando anche io, che ultimamente Bellamy è sempre disperso per il castello, che a lezione a volte si siede vicino a lei e non più vicino a Derek, o a me o ad Albus. Sono già passati sette giorni, quasi otto, da quando abbiamo appurato di dover preparare la pozione, e ce ne servono altri quattordici per ultimarla e realizzare il nostro piano. Chissà, forse tra quattordici giorni sarà già troppo tardi. Faccio un rapido conto a mente… finiremo di ultimare la pozione esattamente il giorno di Halloween! La trovo una magnifica coincidenza, e speriamo che ci porti anche un po’ di fortuna e che tutto fili liscio come l’olio. L’esperienza mi insegna che in questo genere di cose l’imprevisto è proprio dietro l’angolo. Sono giorni che dico ad Albus che dobbiamo trovare un modo per tenere la vera Zoe Caplan fuori dai giochi mentre la falsa Zoe, cioè uno di noi, agirà indisturbata nella sua missione. E lui continua a dirmi che ci sta pensando, che c’è tempo, che prima o poi ci verrà in mente qualcosa, ma l’unica cosa a cui ho pensato per adesso è drogarla e rinchiuderla da qualche parte, solo che non penso sia una cosa molto corretta da fare e sicuramente sospetterà di qualcosa se si risveglierà stipata nello sgabuzzino delle scope di Gazza.
Mentre penso a tutte queste cose, riesco a scorgere sempre meno l’ambiente che mi circonda e mi riesce difficile mettere a fuoco i lavandini di fronte a me. Questa mattina mi sono svegliato alle sette e non ho fatto nemmeno il mio pisolino pomeridiano perché il grande genio che è mio padre ha deciso di trascinarmi nel suo ufficio e di chiedermi perché io sia andato così male all’ultimo compito di Erbologia. Quando ero più piccolo tutti mi dicevano che ero fortunato ad avere mio padre come insegnante: ebbene, lasciatemi dire che non esiste menzogna più grande. In primo luogo, non sono mai stato avvantaggiato rispetto a nessun altro, perché mio padre è una persona onesta e professionale, quindi se non studio e faccio schifo ai compiti mi becco il mio più che meritato Troll, come è successo al test di qualche settimana fa, in secondo luogo perché sono monitorato almeno dodici ore su ventiquattro e questa cosa ha cominciato a pesarmi un po’, specialmente negli anni in cui ho scoperto il meraviglioso universo femminile e quando, a quindici anni, mio padre non mi ha fatto uscire dalla serra numero sei per farmi il Discorso, facendomi notare inoltre di avermi visto passare tutta la lezione a guardare le tette di Serena Fassman. Anche Albus l’aveva fatto, tanto per la cronaca, ma giustamente a lui è stato permesso di uscire indisturbato dalla serra, mentre io sono dovuto rimanere lì a sentirmi dire cose imbarazzanti da mio padre, che era più imbarazzato di me nel momento in cui gli ho detto che certe cose, io, le sapevo già da tempo. Certo, poi è successo tutto il disastro con quella pazza di Melissa Aberdeen, ma questa è una storia che ho giurato di non raccontare mai più.
Dopo un po’ – non so dire quanto, perché credo di essermi appisolato – un frastuono invade l’aria: Mirtilla è già tornata dalla nuotatina notturna nel Lago Nero, ma almeno non è in lacrime come sempre, anzi, dalla voce credo che sembri quasi arrabbiata, ma non riesco ancora a captare bene le sue parole.
«Vattene dal mio bagno, screanzato di un poltergeist!» sta urlando Mirtilla, volteggiando qua e là per il bagno. Pix la sta rincorrendo, con un ghigno divertito stampato sul suo piccolo volto. Scuoto Albus alla mia destra, perché mi sono appena svegliato da un pisolino che probabilmente non avrei dovuto fare e non so gestire questa situazione da solo. Albus mugugna qualcosa a proposito del fatto che vuole dormire altri cinque minuti, peccato che non appena finisce di parlare un rotolo di carta igienica completamente fradicio gli fa a finire in faccia.
Ed ecco, signore e signori, come ha inizio la fine del mondo.
Albus spalanca gli occhi, come se fosse posseduto da qualche spirito malvagio, guarda prima me, che gli indico Pix, e poi sposta lo sguardo sul poltergeist, fulminandolo. Afferra subito la bacchetta nella tasca e si alza in piedi.
«Maledetto Pix!» tuona. «Questa è l’ultima volta che ti intrometti nei nostri piani!»
«Oh, diglielo Albus!» squittisce Mirtilla. «Fallo uscire dal mio bagno!»
«Penso proprio che andrò a chiamare il Barone Sanguinario» dice allora il mio migliore amico, facendo finta di avviarsi verso l’uscita del bagno. A questo punto, Pix dovrebbe smettere di fare qualsiasi cosa stia facendo e sparire da qui alla velocità della luce, perché è terrorizzato dal fantasma del Barone Sanguinario. Solo che Pix, per tutta risposta, continua a lanciare rotoli di carta igienica, inzuppandoli prima accuratamente nel water.
«Il Barone non darà mai ascolto a due Grifondoro come voi» dice Pix. «E poi, di certo non vorrete far sapere alla preside della vostra pozione illegale, non è vero?»
Merlino, la Polisucco!
«Albus» lo richiamo, mentre i miei occhi fissano con insistenza il calderone in cui sta bollendo lo stufato.
«Smettila di startene lì impalato, Frank!» mi dice lui in tutta risposta. «Facciamo uscire Pix di qua.»
«Albus» ripeto io, ignorandolo. Non ho il coraggio di guardare l’orologio che porto al polso. «La Polisucco.»
«E allora?» mi chiede lui. Chiudo gli occhi e faccio un sospiro profondo, prima di mettergli il braccio sinistro davanti la faccia, il quadrante dell’orologio perfettamente allineato con la traiettoria dei suoi occhi.
«Cazzo, Frank! La Polisucco» esclama lui, capendo finalmente che tra il mio sonnellino e l’imboscata di Pix, abbiamo perso del tempo e chissà quanto. Facendomi coraggio, guardo anche io l’orologio: siamo in ritardo di circa venti minuti e spero che non sia una cosa grave. Così, mentre Albus si sta precipitando davanti al calderone per aggiungere il brodo di sanguisuga e poi mescolare, io cerco di tenere a bada Pix, deviando i suoi rotoli di carta igienica, e nel frattempo cerco anche di isolare le mie orecchie dai gridolini di Mirtilla, che si stanno trasformando pian piano in singhiozzi rumorosi. Accidenti a loro, con tutto questo baccano ci faranno sicuramente scoprire. E a quel punto penso che mio padre, nonostante sia il direttore della nostra Casa, ci toglierà centinaia di punti a testa, poi alla madre di Albus non basterà una strilettera per sgridarlo e ho come il presentimento che sarebbe capace di presentarsi qui al castello e di dargli uno schiaffo davanti a tutti in Sala Grande.
Pix nel frattempo ha cominciato a canzonarci, cimentandosi in una canzoncina che continuerà a cantare anche nei giorni seguenti, ogni volta che ci incrocerà per i corridoi.
«Potter smemorato, Paciock addormentato! Paciock smemorato, Potter addormentato!»
 
***

Martedì 24 ottobre, sedicesimo giorno di preparazione della Polisucco.
Mancano cinque giorni al completamento della nostra pozione e oggi Derek mi ha fatto notare che non possiamo drogare Zoe Caplan e rinchiuderla nello sgabuzzino delle scope; dopodiché ha fatto notare ad Albus che non possiamo nemmeno intrappolarla nel dormitorio, prima di tutto perché ci servirebbe un’alleata che possa effettivamente salire le scale senza essere buttati giù, e poi perché non sappiamo come convincere una ragazza a rinchiudere Zoe nella sua stanza. Infine, sempre Derek mi ha severamente proibito di provare a convincere una delle nostre compagne di casa con i miei metodi da ragazzo affascinante, che lui ha indelicatamente definito “rozzi e molesti”.
Resta il fatto che la vera Zoe non può saltare fuori mentre la falsa Zoe è nel bel mezzo della sua missione, perché a quel punto Bellamy non ci rivolgerebbe più la parola e nessuno di noi lo biasimerebbe per questo.
Io e Derek stiamo facendo un breve salto a controllare la pozione, mentre Albus sta trattenendo Bellamy fuori dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure e sta cercando di impedire qualsiasi contatto umano tra lui e Zoe.
Derek ci ha rassicurato sul piccolo incidente avuto quasi dieci giorni fa con la Polisucco: venti minuti di ritardo, specialmente allo stadio iniziale, non sono un grosso guaio, ma siamo stati fortunati perché già se ci fossimo ricordati di occuparci dell’intruglio con circa quaranta minuti di ritardo avremmo potuto buttare tutto all’aria. Dopo quella notte, comunque, Albus ha cominciato ad esercitarsi con un incantesimo protettivo che è riuscito, almeno finora, a tenere fuori Pix dal bagno di Mirtilla Malcontenta, ma deve ripeterlo all’incirca tre volte al giorno perché abbia effetto per ventiquattro ore filate. Inutile dire che questa trovata geniale ha anche avuto dei piccoli effetti collaterali, come ad esempio il fatto che adesso Mirtilla è innamorata di Albus perché l’ha liberata dalla presenza di Pix
«Paciock smemorato!» trilla Pix volteggiando per il corridoi. Io lo ignoro, mentre alcuni ragazzini del primo anno ridono divertiti. Anche Derek sta ridendo divertito sotto i baffi, e per questo ottiene una gomitata da parte del sottoscritto. Chissà fino a quanto sarò “Paciock addormentato, Paciock smemorato”… Come se non bastasse, ogni volta che incontro mio padre per la scuola mi chiede perché Pix ora si sia fissato con me ed Albus, e puntualmente la mia risposta è che deve farsi gli affari suoi. È snervante e non vedo l’ora che arrivi il trentuno per poter finalmente utilizzare questa pozione e farla finita.
Non appena entriamo nel bagno, Mirtilla si mostra molto delusa che Albus non sia insieme a noi e per questo decide di otturare il water centrale e di tirare ripetutamente lo sciacquone: il pavimento comincia ad allagarsi dopo pochi minuti.
«Comunque è troppo strana questa cosa» commenta Derek, mentre gira accuratamente il mestolo dentro il calderone: adesso la pozione ha assunto un colorito molto scuro.
«Che cosa?» gli chiedo io, guardandolo.
«Fare tutto senza Bellamy» risponde Derek, semplice e conciso. «Ecco… un po’ mi manca. È da quando ci conosciamo che facciamo tutto insieme.»
«Lo so, Derek» sospiro sconsolato. «Ma dobbiamo farlo senza di lui. Sarà solo stavolta.»
«Non so, Frank. Ho uno strano presentimento» conclude lui. E io non aggiungo nulla, perché quello strano presentimento lo sento anch’io, ma ho cercato di seppellirlo più in fondo possibile, perché l’alternativa è altrettanto disastrosa e io non voglio affatto che le cose cambino.
«E poi mi chiedo un’altra cosa» riprende Derek. «Tu e Albus avete sempre avuto delle ragazze. Perché Bellamy non può?»
Punto per Derek. Già, perché abbiamo deciso che Bellamy non può? La prima cosa che mi viene in mente è che Bellamy non è come me e Albus: lui è una persona che ci tiene, che quando vuole bene ad una persona lo fa con tutto il cuore e con tutta l’anima, che non si perde in sciocchezze e valuta bene ogni azione prima di compierla. Io e Al siamo un po’ più sconsiderati. Io sono molto più sconsiderato, perché finora non c’è mai stata una ragazza che mi abbia rapito nel modo in cui Zoe Caplan ha rapito Bellamy, non ho mai sentito quella sottospecie di attrazione magnetica e irresistibile di cui parlano tutti e se non riesco a provarla mi stanco e preferisco rimanere da solo con i miei amici.
«Una ragazza seria è impegnativa, ecco perché» rispondo, dopo averci riflettuto su.
«In che senso una ragazza seria?» mi domanda Derek, mentre rimette il coperchio e abbassa il fuoco.
«Secondo te, se Bellamy e Zoe si mettessero insieme, dici che durerebbero meno di un mese, come succede sempre a me?» gli chiedo io di rimando, cercando di fargli capire che Bellamy non sarebbe mai capace semplicemente di stancarsi di qualcuno così preso da lui.
«Beh… no, non credo. Se Zoe gli piace così tanto non vedo perché dovrebbe lasciarla così presto» risponde allora Derek.
«Appunto» concludo. «Le mie non sono mai state ragazze serie. Lo sapevo io e lo sapevano loro. Ma questa Zoe… sarebbe impegnativa.»
«Così impegnativa da non lasciarci nemmeno un po’ di tempo per stare con Bellamy?» chiede Derek.
Io scrollo le spalle, perché non ho il dono della Vista e non so prevedere il futuro. «Non lo so» gli rispondo sinceramente. «Ma in genere va così. E io non voglio perdere Bellamy per colpa di una ragazza.»
 
***

Lunedì 30 ottobre, penultimo giorno di preparazione della Polisucco.
«Frank, oggi ho parlato con la tua dama.»
È così che esordisce Albus mentre ci dirigiamo in Sala Grande per Il pranzo, insieme anche a Derek e Bellamy.
«La mia che?» domando io, mentre aggrotto le sopracciglia in un’espressione confusa.
«Roxanne. Mia cugina» specifica allora Albus.
«Tua cugina è fidanzata e io sono un ragazzo onesto» borbotto. Scoprire che Roxanne è impegnata con quel damerino di Damien Skeeter è stato un colpo che non ho ancora incassato come si deve. Ma bene o male sto cercando di farmene una ragione e di concentrarmi sul presente e sui miei amici.
«Sì, comunque, ho cercato di estorcerle qualche informazione sugli schemi di gioco dei Tassorosso» continua Albus.
«Ma lei non è in Grifondoro come noi?» s’intromette allora Derek.
«Il suo ragazzo è il capitano della squadra dei Tassorosso» risponde Bellamy, spiegando a Derek la correlazione che intercorre tra Roxanne e Skeeter. E mentre Derek si perde in un “ohh” abbastanza sorpreso, io guardo Albus e cerco di capire cosa sta macchinando il suo cervello.
«Hai ottenuto qualcosa?» gli domando.
«Ovviamente no.» Bellamy precede Albus, che annuisce sconsolato. «Dubito che Roxanne tradirebbe la fiducia di Damien. Noi siamo fatti così, no? Sinceri e leali.»
Ogni parola che Bellamy pronuncia assomiglia ad una coltellata nello stomaco. Sinceri e leali. Così sinceri e leali che stiamo preparando la Polisucco alle sue spalle per trasformarci nella ragazza che gli piace e azzerare qualsiasi interesse amoroso ci sia tra di loro. Ma ormai è fatta, domani ultimeremo la pozione e la utilizzeremo. Inoltre, durante questi lunghissimi ventuno giorni di attesa la situazione tra Zoe e Bellamy pare non essersi evoluta molto: a volte parlano in Sala Comune, studiano assieme in biblioteca e ad Erbologia trovano sempre un modo per finire in coppia, con la grande gioia di mio padre, che in questo può assegnare me, Albus e Derek a gente a caso in modo da non farci finire abbastanza vicini da scatenare disastri con le sue amate piante. Resta il fatto che non li abbiamo mai visti scambiarsi effusioni, non si abbracciano nemmeno, non si sono mai presi per mano. Tutte questi fattori mi convincono del fatto che forse la Polisucco non sarà disastrosa come penso e che tutto filerà liscio.
«Non è questa la cosa importante, comunque» riprende Albus. «Sapevo che era un tentativo disperato, ma dovevo provarci, la cosa strana è che non la vedo mai in sua compagnia. Insomma, non vi sembra sospetta come cosa?»
«Che intendi dire?» domanda Derek.
«Forse lui è impegnato. Essere capitano della squadra non è una passeggiata, Al, tu lo sai bene» tenta di dire Bellamy. «Oppure sono molto discreti e non amano farsi vedere in giro.»
«Mia cugina discreta?» domanda Albus, per poi scoppiare in una fragorosa risata. «Roxanne è esibizionista a livelli stratosferici. Quando ha imparato a trasfigurare i legnetti in fiori ha invaso la Tana di fiori di tutti i generi e solo per mostrare quanto fosse brava. Ricordo ancora l’odore nauseabondo di quegli stupidi gelsomini…»
«Beh, io se avessi un ragazzo come Damien Skeeter lo metterei su un piedistallo» commento distrattamente, rendendomi conto solo dopo pochi secondi dell’ambiguità di quello che ho detto. Bellamy sta trattenendo una risata, mentre Derek mi guarda confuso. Albus è decisamente oltraggiato perché sto facendo indirettamente un complimento ad un cercatore che non è lui.
«Che intendi dire, scusa?» mi chiede allora Albus.
«Che oggettivamente è un bel ragazzo» rispondo, scrollando le spalle. «È bravo a scuola, sa giocare a Quidditch, è stato Prefetto, è gentile. Ha un sacco di qualità, quindi non vedo perché non vantarsene.»
«Frank non ha tutti i torti» mi da ragione Bellamy. «Se Roxanne è così esibizionista come dici… allora è decisamente strano.»
«Scusate» si intromette ancora Derek. «Adesso dobbiamo indagare anche su di loro?»
Non lo ha detto davvero.
Guardo Albus con gli occhi pieni di tacito terrore, ma anche lui sembra essersi congelato e mi conferma che purtroppo Derek lo ha detto davvero. Mancano ventiquattro ore alla realizzazione del nostro piano e Derek lo ha detto davvero.
«Perché, su chi altro stiamo indagando?» chiede Bellamy, trattenendo una piccola risata.
Derek si rende conto della colossale stronzata che gli è appena uscita dalla bocca e diventa tutto rosso in faccia, apre la bocca per dire qualcosa e io prego che non cominci a balbettare, altrimenti Bellamy si accorgerà che sta dicendo una bugia grossa quanto questo castello.
«Ass-assolutam-mente n-ne-nessuno»
La nostra vita è ufficialmente finita.
 

Ciao a tutti! ♥ Sì, lo so, sono in ritardo sul ritardo e sono un'autrice pessima! >_<  Vi invito a prendervela con gli orari delle lezioni e con i miei professori, come vi spiegavo anche l'altra volta. Ecco qui dal punto di vista di Frank la preparazione della Polisucco. Ho voluto far vedere comunque che tutti loro hanno qualche dubbio sulla presunta moralità del piano, ma che siano troppo terrorizzati dall'alternativa di dover vedere Bellamy allontanarsi da loro per poter pensare con il cervello. Per il prossimo capitolo, prometto che non arriverà così tardi perché so precisamente cosa far succedere e ho già cominciato a buttare giù qualche cosa, devo solo dare un forma al tutto.
Se siete arrivati fin qui vi ringrazio e spero che vi sia piaciuto il capitolo, come al solito mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate :3
Un bacio,
Mars

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Capitolo 12
*** Ammira... trice ***


XII – KELSEY
 
Ammira…trice
«Non è possibile.»
Fisso con un certo orrore la pergamena un po’ ingiallita posata ai piedi del mio letto. Mi sono fermata sotto lo stipite della porta e per poco non vengo travolta da Lily che si è girata a salutare non so chi ed evidentemente non si è accorta che non sono entrata nella nostra stanza. Sento le mani della mia migliore amica poggiarsi sulle mie spalle e barcollo leggermente in avanti.
«Ma che c’è?» domanda Lily ad alta voce.
«Un’altra lettera» mormoro in risposta, prima di spostarmi leggermente per permetterle di entrare. Lily si chiude la porta alle spalle e poi i suoi occhi vanno a cercare la pergamena, ma il suo volto rimane impassibile e non si accende di curiosità come mi aspettavo: quando ho ricevuto la prima lettera, quasi un mese fa, non ho fatto in tempo nemmeno ad aprirla che me l’ha letteralmente strappata dalle mani.
Si avvicina lentamente al mio letto e la raccoglie, poi alza lo sguardo in direzione di Harriet Davies, che si sta quasi addormentando sul libro di Storia della Magia, e le chiede: «Hai visto chi l’ha portata qui?»
La ragazza mora, che insieme alla gemella Rowena condivide la stanza con noi, guarda prima Lily e poi la lettera, poi comincia a scuotere la testa.
«Era già lì quando sono arrivata» risponde. «Pensavo fosse una pergamena vuota lasciata lì, dato che Kelsey è così disordinata.»
«Io non sono disordinata!» ribatto, incrociando le braccia al petto. È solo che nel caos mi trovo meglio. «Nemmeno Rowena ha visto chi l’ha portata?»
«Rowena non entra in dormitorio da ieri sera» dice svogliatamente Harriet. «Doveva vedersi con uno di Corvonero.»
«Merlino, non sarà di nuovo quel Simon…» commenta acidamente Lily, assumendo un’espressione schifata.
Harriet scuote le spalle, facendoci capire che non ne ha idea. «Se è tornata con lui, Salazar mi è testimone, non la considererò più mia sorella.»
«E ci credo» concludo io, sovrappensiero.
Mi riprendo la pergamena dalle mani di Lily e mi siedo su una poltrona in un angolo della stanza a leggerla, mentre Lily si siede sul suo letto e mi guarda, cercando di capire quali sensazioni mi attraversano la mente. La prima è senza dubbio inquietudine, perché chiunque sia la persona che mi sta mandando queste cose, il fatto che riesca ad entrare indisturbato nella mia stanza per recapitarmele mi mette a disagio. La seconda è perplessità, perché su questa pergamena ci sarà scritto almeno cinque o sei volte che quando mi ha vista nel Parco, i miei capelli splendevano al sole come oro fuso, o ancora che quando mi vede ridere in Sala Grande il suo cuore straripa di arcobaleni. Sì, ha scritto davvero che gli escono degli arcobaleni dal cuore. La terza sensazione, infine, è curiosità, perché nonostante non riesca davvero a sentirmi lusingata da tutte queste parole, muoio dalla voglia di sapere chi è che mi sta scrivendo. E soprattutto per quale motivo lo sta facendo. Voglio dire, è logico che il motivo sia solo e soltanto quello di conquistarmi, ma quello che mi chiedo è perché si nasconde dietro queste pergamene vecchie e non si fa avanti, scambiando qualche parola con me, invece di spiarmi nel Parco o in Sala Grande. Quando ho finito, allungo il foglio a Lily per farglielo leggere.
«E io che pensavo fosse un Serpeverde» borbotta lei, per poi alzare lo sguardo su di me.
«Perché?» le domando, aggrottando le sopracciglia. Se fosse  uno di noi, non si nasconderebbe mai dietro queste ridicolaggini.
«Beh, solo un Serpeverde conosce la parola d’ordine della Sala Comune e può fartele recapitare in camera» mi dice lei. «Ma dopo gli arcobaleni dal cuore direi che non ci siamo proprio.»
Mi faccio scappare una risata divertita. Lily ha ragione, con gli arcobaleni abbiamo toccato il fondo. «Guada il lato positivo, abbiamo ridotto il campo di ricerca a tre quarti della scuola» le dico.
«Chiediamo anche ad Alec e a Scorp?» mi domanda Lily, si è già alzata in piedi, è impaziente di informare i nostri due amici di quest’altra lettera ricevuta, ma io non credo che sia una buona idea.
«Meglio di no» sospiro, mentre sprofondo ancora di più nella poltrona. Lily mi guarda con un’espressione che trasuda un pizzico di delusione. Mi sta chiedendo spiegazioni. «Non… non è una cosa importante.»
«So fiutare le tue bugie, Kels» mi riprende la mia amica, avvicinandosi a me con fare abbastanza minaccioso.
«E poi non mi interessa nemmeno sapere chi me le sta mandando» continuo a dire, sperando che il bugie-radar di Lily non fiuti anche questa. Tuttavia, so di aver fallito nel mio intento quando lei alza le sopracciglia in quel modo tutto suo, che sta a significare che non crede nemmeno a mezza sillaba di quello che ho detto.
«È solo che l’altra volta Alec è come impazzito» dico infine. Questa è la verità e lo sa anche Lily, perché c’era anche lei in Sala Comune quando Alec è andato a chiedere a tutti i ragazzi presenti se avessero scritto quella lettera.
«Di cosa hai paura? Che vada ad interrogare tutti di nuovo?» chiede Lily, incrociando le braccia al petto. «Insomma, è Alec! Si esalta per qualsiasi cosa.»
«Non voglio che si esalti perché uno stalker mi manda lettere d’amore anonime!» esclamo, alzandomi dalla poltrona. «Non c’è niente per cui esaltarsi. Mi fa venire i nervi.»
E subito dopo aver detto questa frase, me ne pento con tutta me stessa. Maledico me e la mia linguaccia, il mio essere un po’ irascibile e il continuo bisogno di esternare quello che penso, senza nemmeno ricordarmi che in stanza oltre a me e Lily c’è anche Harriet che sta ascoltando quello che diciamo, mentre fa finta di studiare.
Sei una stupida, Kesley!
E mi vorrei scaraventare dentro le viscere della Terra, adesso, perché Lily ha sollevato un sopracciglio in un’espressione sorpresa, e mi sta guardando con quello sguardo, che significa che gli ingranaggi del suo cervello stanno macchinando qualcosa che non finirà affatto bene.
Deglutisco e raccolgo un briciolo di coraggio per chiederle: «Che c’è?»
Onestamente, ho paura della risposta, perché conosco Lily e quindi conosco anche quello che potrebbe potenzialmente dirmi. Il problema, però, che porta a farmi avere ancora più paura, è che Lily non mi dà una vera e propria risposta. Si limita semplicemente a risvegliarsi dallo stato catatonico in cui è caduta qualche istante fa e a pronunciare: «Niente.»
«Lily…» la riprendo, consapevole che quel “niente” è una bugia grande quanto l’intero castello. Lily saprà anche fiutare le mie bugie a distanza, ma io non sono da meno.
«Ho detto niente» ribadisce, poi getta una veloce occhiata a Harriet, che sta ancora facendo finta di studiare perché il suo libro di Storia della Magia è girato al contrario, e allora capisco che quella di Lily è una bugia che dovevo riconoscere, perché evidentemente quello che ha da dirmi non può essere ascoltato da orecchie altrui, specialmente se tali orecchie appartengono a Harriet Davies.
Mi alzo dalla poltrona e invento una scusa veloce per congedare me e Lily dalla stanza: «Andiamo a prendere qualcosa da mangiare nelle cucine» dico ad Harriet. «Vuoi qualcosa?»
La nostra compagna di stanza alza la testa e poi comincia a scuoterla leggermente, senza degnarsi di sprecare nemmeno un po’ della sua voce. Faccio un sorrisetto tirato e non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che Lily è già in corridoio. La raggiungo a passo svelto e lei mi porta nei dormitori del primo anno.
Aspettate, che ci facciamo nei dormitori del primo anno?! Come se fosse in grado di leggermi nel pensiero, non appena Lily fa irruzione in una stanza vuota molto simile alla nostra, ma molto più disordinata, mi dà una spiegazione. «Quale tenera bambina di undici anni se ne sta chiusa nei sotterranei durante una bel sabato mattina come questo?»
Sospiro, ha ragione. Ricordo che io e lei non stavamo quasi mai in Sala Comune, a me faceva paura il buio e i nostri sotterranei non sono proprio la parte più luminosa del castello, preferivo di gran lunga il Parco durante le giornate di sole e la Sala Grande quando invece il cielo era scuro e pesante.
«Adesso che Harriet non può ascoltarci» inizio. «Dimmi a cosa hai pensato.»
«Kels, tu sei la mia migliore amica, quindi è mio dovere appoggiarti in gran parte delle cose sconsiderate che fai, come faccio circa da cinque anni a questa parte, purché ovviamente queste cose non danneggino la tua salute psicofisica e quella di chi ti sta attorno, cioè la mia, però…»
«Vai al sodo!» sbuffo spazientita. Quando Lily fa preamboli del genere, vuol dire che il suo cervello si è davvero applicato troppo ed è giunto ad una conclusione che lei definirebbe devastante per tutti noi, quindi cerca di addolcire quello che sta per dire nel modo che le riesce meglio, ossia parlando a vanvera.
«Dicevo» riprende, seccata dalla mia interruzione. «Se tu vuoi fare una cosa, è mio dovere aiutarti a farla, ma per nessuna ragione al mondo ti aiuterò con Alec!»
Eh?
«Con Alec?»
«Esatto! Non è normale che ti dia fastidio quel tipo di atteggiamento, perché sappiamo che lui è fatto così, quindi l’unica spiegazione logica a tutto questo è che lui ti piace. E, oddio, questo spiegherebbe anche perché le lettere di Romeo dei Poveri non ti facciano alcun effetto!» esclama, camminando avanti e indietro per la stanza.
Per Morgana, la mia migliore amica è pazza. Non bastava l’aver detto alla Cooman di essere un genio e di averla abbracciata nel bel mezzo della lezione, qualche settimana fa, adesso devo anche sentirla vaneggiare.
«Sei sicura di star bene?» provo a chiederle, leggermente titubante.
«Vuoi dirmi che non ho ragione?» mi risponde lei, con un’altra domanda. Tipico di Lily.
«Ehm, sì?» le dico. «Insomma, posso assicurarti che non mi piace Alec, mi dà solo fastidio il fatto che abbia preso questa cosa come una questione di Stato, specialmente perché lui non c’entra un fico secco!»
Lily assottiglia gli occhi castani e mi scruta dietro quelle due fessure che si sono create. Non mi crede. Sospiro, non mi rimane che giocare l’ultima carta e rigirare le frittata a mio favore.
Scusa Lils, ma devo ripagarti con la stessa moneta.
«Piuttosto, se c’è qualcuno che ha atteggiamenti strani, quelli siete tu e Scorpius» le dico, lasciandomi pervadere dalla calma. La mia voce è placida, ho sganciato una bomba, lo so, ma la mia mano è stata leggera e delicata, tant’è che Lily non ha afferrato subito quello che ho detto. Lo so perché sono passati circa quindici secondi e lei non ha ancora trovato qualcosa per controbattere. Segno che forse nemmeno io sono tanto visionaria come credevo e che, in qualche modo, ho proprio colto nel segno.
«Me e Scorpius?» ripete, strabuzzando gli occhi.
«Proprio voi» continuo, cercando di mostrarmi il più risoluta possibile.
«Poi sono io quella che non si sente bene» borbotta, incrociando le braccia al petto. Ma mentre parla evita il mio sguardo e questo è decisamente strano. «Solo perché abbiamo discusso qualche tempo fa…»
«Lily, hai mangiato pochissimo per due giorni quando-» cerco di ricordarle, ma porre sotto gli occhi di Lily l’evidenza dei fatti non è una buona idea. Non è contenta se non riesce ad avere ragione, ed è ancora meno contenta se qualcuno le fa notare cose che distruggono la sua tesi.
«Ancora con questa storia!» esclama. «Io… ero solo nervosa per i compiti, e perché c’era questo clima strano tra noi quattro, e mio fratello che faceva il coglione e tutto il resto!»
Sospiro. «Va bene, ma adesso calmati e andiamocene di qui, non mi va di occupare abusivamente delle stanze degli altri, specialmente se sono del primo anno.»
Lily annuisce e insieme ce ne andiamo dai dormitori femminili, ritornando in Sala Comune, dove vediamo proprio Alec e Scorpius seduti ad un tavolino, intenti a scrivere qualcosa. So che dopo tutti i discorsi strani che abbiamo fatto non le va di stare con loro, tra l’altro stanno anche studiando e a me non va di disturbarli. Trattengo dolcemente Lily per un braccio.
«Ti va se andiamo veramente a prendere qualcosa da mangiare?»
«Ti prego sì!»
 
Ai Tre Manici di Scopa non c’è più un posto libero nemmeno a pagarlo oro, e come se non bastasse si è alzato anche il vento, come se le continue lamentele di Lily non siano già abbastanza.
«Sapevo di dovermi portare almeno la sciarpa!» sta sbraitando adesso la mia migliore amica, mentre cerca di scaldarsi strofinandosi le braccia. «Com’è possibile che non ci sia posto?!»
«Succede quando ti svegli tardi e ci metti quattromila ore per prepararti» la prendo in giro io, facendole pesare un po’ il fatto che questa mattina ha perso un sacco di tempo in bagno. E per cosa, poi? Perché voleva provare a farsi una graziosa acconciatura vista sul Settimanale delle Streghe, ma Lily non ha mai voluto accettare il fatto di non saper padroneggiare decentemente gli incantesimi per capelli.
Inutile dire che è uscita dal bagno con i capelli sciolti, arruffati e gonfi come al solito, che io ho dovuro sistemare facendole una treccia.
«Rowena ci è stata più di me!» protesta Lily, cercando, come al solito, di affibbiare le colpe a qualcun altro.
«E dai, Rowena doveva vedersi con il suo quasi-ragazzo» rispondo. «È normale che ci abbia messo tanto.»
Lily sbuffa e comincia a camminare silenziosamente accanto a me. È l’ora di pranzo e sia io che lei abbiamo un certo appetito. Essendo il giorno di Halloween, però, è normale che il locale più rinomato di Hogsmeade sia straripante di persone: non ci sono solo gli studenti di Hogwarts, ma anche un sacco di altri maghi giunti appositamente al villaggio per festeggiare la notte più eccitante dell’anno, che ovviamente alloggiano tutti ai Tre Manici di Scopa.
«Allora… dove andiamo?» provo a chiedere.
«Non che ci sia molta scelta» borbotta Lily. «Madama Piediburro o la Testa di Porco.»
«Mh, come vogliamo morire? Inorridite da centrini, merletti e coppie che limonano o rapite e ammazzate da qualche criminale?» le chiedo, con un velo di ironia. Lily sorride divertita e poi mi si para davanti.
«Ho un’idea migliore» esordisce. «Scorta da Mielandia e Stamberga Strillante.»
«La Stamberga proprio il giorno di Halloween?» le domando, adesso un po’ scettica.
«Andiamo, non crederai mica a tutte quelle stupidaggini! Te l’avrò spiegato cento volte che non è davvero una casa infestata» mi riprende. In effetti, quando abbiamo cominciato le gite ad Hogsmeade, al nostro terzo anno, io ero a dir poco terrorizzata dalla Stamberga: avevo sentito storie terribili a riguardo, ma quando ho visto Lily addentrarcisi per la prima volta ed uscirne indenne mi sono fatta un po’ di coraggio, poi lei, l’anno successivo, mi ha rivelato che nessuna delle leggende sulla Stamberga era vera e che si trattava di una semplice casa abbandonata.
«Va bene» mi arrendo, mentre sul volto di Lily nasce un ampio sorriso e la sua mano destra si stringe attorno al mio braccio, trascinandomi per la strada principale di Hogsmeade verso Mielandia.
«Kelsey!»
Mi sento richiamare da una voce femminile che non mi è nuova. Io e Lily ci arrestiamo sul posto e ci voltiamo verso sinistra, più precisamente verso un piccolo vicolo, tra l’edificio che ospita Mielandia e una piccola casetta a due piani. Harriet Davies si è appena allontanata da altre due ragazze, che confabulano sottovoce, e si è avvicinata di qualche passo a noi. Vestita di tutto punto – ha avuto anche la lungimiranza di indossare una sciarpa – ha uno strano sorrisetto sul volto.
«Ciao Harriet» la saluto gentilmente. Lily rimane in silenzio a guardarla. «Cosa c’è?»
«So che non sono affari miei, ma ieri hai lasciato quella lettera misteriosa sul letto e spero mi scuserai se le ho dato una sbirciatina» mi dice, facendo un sorrisetto che non mi sta piacendo per niente.
«Figurati» le dico. «Grazie ad Alec ormai lo sanno tutti.»
«Ecco, se vuoi scoprire chi è, ho notato un particolare che potrebbe esserti utile» dice ancora Harriet.
A questo punto, senza nemmeno lasciarmi il tempo di rispondere, Lily si intromette nella conversazione, mostrandosi visibilmente interessata.
«Certo che vogliamo sapere chi è!» esclama, attirando l’attenzione di qualche ragazzino del terzo anno, appena uscito dal negozio di dolci. Le do una leggera gomitata per farle capire di moderare il tono della voce.
«Ovviamente, mi piacerebbe avere qualcosa in cambio» mormora Harriet, portandosi le mani dietro la schiena.
«Quanto?» le chiedo, andando dritta al punto.
«Non voglio soldi» risponde prontamente Harriet. Il vento le scompiglia un po’ i capelli bruni e già mossi. «Voglio un appuntamento con Malfoy. Voi siete le sue amiche più strette, sicuramente riuscirete a convincerlo.»
Io non so cosa dire. Guardo Lily alla mia sinistra, che sta a sua volta fissando Harriet. Non riesco a decifrare il suo sguardo, tant’è seria e impassibile la sua espressione. Potrei giungere a due conclusioni: o sta pensando, oppure sta cercando un modo per ucciderla.
«Andata» dice dopo un po’ la mia migliore amica, con una sicurezza nella voce che mi lascia sbalordita. Come sarebbe a dire andata?! Lily sta praticamente vendendo il suo migliore amico al tipo di ragazza che Scorpius tollera a malapena. Senza parlare del fatto che io sono ancora fermamente convinta che lui non le sia affatto indifferente, per cui questa faccenda si fa ancora più strana.
«Lily, forse prima dovremmo parlarne con lui?» provo a chiederle sottovoce. «Lo stai vendendo ad Harriet!»
«Andiamo Harriet» dice ancora, rivolta alla nostra compagna di stanza. Mi ha ignorata senza pietà. «Ti porto da lui, e nel momento in cui ti avrò procurato la sua compagnia tu ci dirai tutto.»
 
Trovare Scorpius si sta rivelando un’impresa più difficile del previsto. Non ci credo che Lily sta facendo tutto questo, per di più saltando anche il pranzo, solo per scoprire chi si nasconde dietro le mie lettere d’amore anonime. Anzi, nemmeno per quello, solo per avere un misero indizio, desunto da Harriet Davies che, lasciatemelo dire, non è poi così intelligente come vuole far credere.
Facciamo un ultimo, disperato tentativo all’Emporio del Quidditch, preceduto da un forte sospiro da parte di Lily, e fortunatamente lo troviamo proprio lì, intento a confrontare due paia di guanti all’apparenza identici. A non molta distanza da lui c’è Alec, che invece sta pagando qualcosa che la commessa dietro al bancone ha già sistemato in un’elegante bustina rossa.
Senza esitare nemmeno un momento, Lily si fa largo tra kit di pulizia e mantenimento per manici di scopa, ginocchiere e occhialini e Harriet la segue a ruota, mentre non ha occhi che per Scorpius. Io mi avvicino ad Alec, che si dice molto sorpreso di vedermi lì dentro. Io per tutta risposta, lo invito ad osservare lo strano teatrino che sta per andare in scena a meno di due metri da noi.
«Scorp, ti presento la mia compagna di stanza, Harriet» dice Lily, con finto entusiasmo. Lui aggrotta le sopracciglia in un’espressione alquanto confusa, poi poggia i guanti sullo scaffale vicino a lui e tende la mano destra verso Harriet.
«Piacere» mormora, guardando prima lei e poi  Lily. Harriet è sognante, le tremano le ginocchia e il suo viso si è accende di un inaspettato porpora, quando la sua mano esile va a stringere quella di Scorpius.
«Sarebbe carino da parte tua tenerle compagnia finché… ehm, finché sua sorella non torna!» spiega velocemente Lily. «Io e Kelsey purtroppo abbiamo un impegno e dobbiamo tornare al castello.»
«Io…» mormora Scorpius, senza riuscire a finire la frase, interrotto nuovamente da Lily.
«Finisci pure, ti aspettiamo qui fuori» continua la mia migliore amica. Poi raccatta me e Harriet e ci porta fuori dal negozio.
«Parla» le intima Lily, divenuta tutto d’un tratto minacciosa, dopo che la porta si è richiusa con un tintinnio alle nostre spalle. Il volto di Harriet è ancora in fiamme, ma lei sembra essersi data un tono, e prima di parlare si schiarisce la voce con un colpo di tosse.
«Beh, ecco… è palese che le non sia stata scritta da un ragazzo» dice semplicemente, come se fosse l’ovvietà più grande del mondo.
«Come, scusa?» le domando, alzando la voce.
«La calligrafia, in primo luogo» ci spiega. «Ordinata, tondeggiante, a tratti addirittura elegante. Non è quella di un maschio.»
Lily si lascia sfuggire una risatina di scherno. «Conosco un sacco di ragazzi che hanno una calligrafia ordinata, non vuol dire assolutamente niente.»
«E quanti altri ragazzi che conosci userebbero mai un’espressione come “il mio cuore  straripa di arcobaleni”?» ribatte seccata Harriet, incrociando le braccia al petto. Mi mordo nervosamente l’interno della guancia, devo ammettere che Harriet non ha tutti i torti e che nessun essere umano di sesso maschile utilizzerebbe una frase del genere. Men che meno per cercare di conquistare una ragazza.
«Quindi ci stai dicendo che l’ammiratore segreto di Kelsey in realtà è… un’ammiratrice?» domanda Lily, abbassando il tono di voce.
«Proprio così» conferma Harriet.
Io credo di essere troppo sconvolta per dire o fare alcunché. Le ultime cose che mi ricordo prima di cominciare a ridere come una pazza isterica, sono che Alec e Scorpius sono usciti dal negozio, Lily mi ha preso per un braccio e ha cominciato a trascinare me e Alec lontano da lì, e Scorpius, rimasto solo con un’adorante Harriet, ci sta osservando con uno sguardo che vale più di mille parole.
Più precisamente, penso che voglia dirci: “Io vi ammazzo.”
 

Ciao a tutti! Lo so, avevo detto che non sarebbe arrivato tanto tardi il capitolo, quindi vi chiedo scusa perché invece un po' tardi lo è ^^" in realtà, l'ho finito di scrivere relativamente presto, il problema è stato trovare un giorno in cui mettermi davanti al pc a rileggerlo e postarlo. Lasciando stare le mie scuse, parliamo delle tre cose salienti del capitolo: l'ammiratore di Kelsey è in realtà un'ammiratrice. Ebbene, chi? Si accettano scommesse. Conosciamo Harriet Davies che esisterà al solo scopo di farci innervosire tutti. In più, Kelsey comincia a far funzionare qualche ingranaggio mentale e ha la sensazione che Lily stia mentendo a tutti, ma soprattutto a se stessa. So che le cose tra gli Scorily stanno procedendo un po' a rilento, ma per necessità narrative mi serve che sia così xD a parte il fatto che molti capitoli sono dedicati anche alla storyline di Albus e gli altri, non mi sono mai piaciutele situazioni in cui si va subito al sodo, i nostri Scorily dovranno penare ancora per un po'. Evito di dilungarmi ancora, ringrazio chi sta seguendo la storia, chi la legge in silenzio e everlark4e per aver commentato lo scorso capitolo :3
Un bacione ♥
Mars

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Capitolo 13
*** Dolcetto o scherzetto? ***


XIII – BELLAMY
 
Dolcetto o scherzetto?
 
È una tranquilla serata autunnale, il cielo è privo di qualsiasi nuvola e dalla nostra Torre si vedono le stelle brillare luminose, la luna è un semicerchio perfetto che si riflette sull’acqua leggermente increspata del Lago Nero. Le cena è appena finita e sempre più studenti stanno affluendo nella Sala Comune, il fuoco è acceso nel caminetto e riscalda la grande stanza circolare in cui ci troviamo. Frank e Albus si stanno cimentando in una partita a scacchi piuttosto aggressiva, mentre Derek scarta una Cioccorana, trovandoci dentro la figurina sorridente di Harry Potter, il padre di Al. Sbuffa un po’ seccato, perché ne ha circa otto, di figurine di Harry Potter.
E sarebbe tutto meraviglioso e perfetto, se solo questa non fosse la sera del trentuno ottobre.
È Halloween e i miei amici bighellonano in Sala Comune, invece di mettere in atto qualche piano malefico da attuare contro qualche ignaro Serpeverde e la cosa è decisamente strana. Non è nel naturale ordine delle cose che Albus sia più preso dal distruggere quella povera torre bianca che dall’escogitare uno scherzo, o che Frank faccia funzionare il cervello per salvare i pochi pezzi che gli rimangono sulla scacchiera invece di andare a provarci con qualche ragazza con la solita, scadente battuta del “Sei un dolcetto o uno scherzetto?” che ricicla praticamente ogni anno. L’unica cosa al suo posto è Derek che scarta merendine, ma solo perché nessuno non ha ancora proposto niente da fare.
Devo assolutamente rimediare.
«Ragazzi» esordisco. Tra paia di occhi si sollevano immediatamente su di me e mi guardano, in attesa che io continui. «Nessuno scherzo quest’anno?»
«Oh, Merlino» si lascia sfuggire Frank. «Bellamy, sei davvero tu?»
Corruccio la fronte, mentre sposto lo sguardo da Frank ad Albus e poi su Derek. «Ma state bene?» domando ancora.
«No, non credo sia lui, Frank» esordisce Albus. «Bellamy non ci chiederebbe mai in modo così spudorato di infrangere le sue amate regole.»
«Al, non ricominciare» sbuffo, passandomi una mano tra i capelli. Solo perché l’anno scorso mi avevano fatto Prefetto e cercavo in tutti i modi di impedire che i miei amici infrangessero l’intero codice scolastico per non togliere punti alla mia stessa casa, non significa che Albus deve tirare fuori questa storia ogni volta. Fortunatamente, il fardello quest’anno spetta a Dorian McLaggen, che ha perennemente la testa tra le nuvole e non si accorgerebbe di un’infrazione nemmeno se questa avvenisse sotto i suoi occhi.
«Forse qualcuno finge di essere lui con la Polisucco e il vero Bellamy è chiuso da qualche parte a chiedere disperatamente aiuto» dice a quel punto Derek, con un tono di voce quasi apatico, assente. Scarta un’altra Cioccorana, sovrappensiero. «Evviva, ho trovato Kingsley Sha-»
Non continua la frase perché Albus, al suo fianco, gli ha tirato una gomitata nelle costole e lo ha fulminato con uno sguardo di fuoco. Povero Derek, chissà che avrà mai detto di tanto sbagliato.
«Lo trovo semplicemente strano» continuo io, riportando l’attenzione dei miei amici su di me. «Nessuno di voi sta pianificando… che ne so, di sommergere la Sala Comune Serpeverde di qualche sostanza viscida?»
«Ottima idea» commenta Frank, sporgendosi con il busto verso di me. «Me la segno.»
«Si da il caso che qualsiasi mia azione volta a danneggiare Malfoy sarà punita crudelmente» sospira Albus, accasciandosi invece addosso al bracciolo del divano. «E poi, lì dentro ci vive praticamente mia sorella, non voglio sommergere anche lei.»
Albus non ha tutti i torti. Anche se lo scherzo coinvolgerebbe tutti i Serpeverde senza distinzione, di essi fanno parte anche Malfoy e Lily, quindi non è un’idea molto intelligente. Ad un certo punto, Albus si alza, dicendo di dover andare urgentemente in bagno, perché «Credo sia colpa di tutte quelle polpette al sugo» e Derek gli chiede di aspettarlo, perché deve prendere altre cose da mangiare in dormitorio: in effetti, mi accorgo con un certo orrore che ha già finito tutte le Cioccorane che si era portato dietro prima. Così, in Sala Comune rimaniamo solo io e Frank, che comincia a parlarmi di una certa Lizzie Blossom, che la mia mente cataloga come una ragazza bionda, presumibilmente di Corvonero, che condivide Trasfigurazione insieme a noi. Al che io gli domando se si sia già stancato di correre dietro a Roxanne Weasley, ma Frank a questo punto si rabbuia e abbassa lo sguardo, dicendomi che correrle dietro è un po’ come cercare di far ballare la McGranitt sui tavoli della Sala Grande: inutile, impossibile e assolutamente controproducente.
Dopo un po’, Frank mi picchietta sulla spalla, suggerendomi di voltarmi, e poi indica in direzione delle scale che portano ai dormitori. Io mi giro e vedo Zoe che ha appena poggiato il piede sull’ultimo gradino e che si guarda intorno, come se fosse spaesata.
Mi rigiro di nuovo verso Frank.
«Che c’è?» gli domando, perché non capisco dove vuole arrivare. Frank sorride si sbieco e poi si alza dalla poltrona.
«Credo che andrò a farmi una passeggiata fino alla Torre Corvonero» borbotta, stiracchiandosi.
«E mi lasci qui come un deficiente?» gli domando.
«Ma che deficiente!» replica subito lui. «Al e Derek torneranno subito, e poi non mi pare proprio che tu sia da solo.»
Mi fa l’occhiolino e poi si avvia senza aggiungere altro verso il buco del ritratto. I miei occhi lo seguono, a dir poco sconcertati, finché non sparisce. Tuttavia, la mia attenzione è catturata immediatamente da qualcuno che si siede di fronte a me e che mi saluta dolcemente, impedendomi di pensare a maledire Frank.
«Ciao Bellamy.» La voce di Zoe questa sera è particolarmente squillante e il suo viso è contratto in un sorriso alquanto nervoso. Non l’ho mai vista così, mi sembra molto tesa.
«Ehi» la saluto di rimando, provando a sorriderle in modo rassicurante. Non vedo nemmeno le sue amiche da nessuna parte. «Come stai?»
«Bene, bene…» mi risponde velocemente. Il suo sorrisetto si spegne lentamente e noto che sta facendo volteggiare lo sguardo ovunque, pur di non posarlo su di me. Cattivo segno.
«Sei sicura?» le chiedo ancora, con un tono calmo. Accidenti, ma che cosa ho fatto? Perché si sta comportando così? Da quando la conosco l’ho sempre vista tranquilla e allegra, sempre sorridente e spensierata, e molto loquace. Adesso mi sembra tutto il contrario.
«In realtà… no, sono un po’ nervosa» ammette, mentre con le mani stringe il tessuto della gonna a scacchi.
«È per la scuola?» le chiedo. Se è nervosa, è sicuramente colpa di qualche test imminente, o di qualche compito particolarmente difficile. Però Zoe scuote vigorosamente la testa. «E allora che c’è?»
«Ti devo dire una cosa» dice a bassa voce. Nel suo tono, così diverso da quello che sono abituato a sentire, c’è qualcosa di familiare che non so spiegarmi pienamente, un interrogativo a cui non so rispondere. Non c’è traccia della solarità che caratterizza Zoe in quello che mi ha appena detto, quindi credo sia lecito cominciare a pensare a tutte le cose che ho fatto a partire da un mese fa e cercare di individuare quella madornalmente sbagliata. Solo che non riesco a capire quale sia, anzi, credo fermamente che non esista nemmeno, una cosa sbagliata.
«Possiamo uscire da qui, per favore?» mi chiede ancora, mentre si alza dal divano.
Io mi ritrovo incapace di rispondere, così mi limito ad alzarmi a mia volta e a dirigermi insieme a lei verso l’uscita della Sala Comune. Una volta in corridoio, l’aria leggermente più fredda mi distoglie dai miei mille pensieri.
«Dimmi pure» comincio, un po’ in ansia. Lei mi sta guardando ed è indecifrabile, non le ho mai visto uno sguardo del genere sul volto: i suoi occhi sembrano quasi non appartenerle.
Comincia ad annuire piano con la testa e poi incrocia le braccia al petto, alla fine, con il capo leggermente abbassato, prende un respiro profondo e punta gli occhi nei miei.
«Io… non so come dirtelo, davvero, e se tu non vorrai più parlarmi io… io lo capirò, e andrà bene così» comincia a farfugliare. Direi che è confusa e che non sa la metà delle cose che sta dicendo, direi che è titubante e che ha paura di qualcosa… lo direi, se solo qualcosa nella mia testa non mi stesse suggerendo che questa situazione ha del surreale e mi sembra quasi una finzione, qualcosa a cui non credere. Però non dico niente e la lascio andare avanti, perché ormai sono troppo curioso di sentire cosa sta succedendo.
«È che io non credo che dovremmo continuare ad essere amici, Bellamy» dice alla fine, tirando poi un sospiro.
Una freccia invisibile mi ha appena colpito in mezzo alla schiena e per un attimo credo di aver sentito male, credo di essermelo immaginato. Eppure, Zoe continua a guardarmi nervosa, non riesce a tenere nemmeno un muscolo fermo.
«Seriamente?» le domando, le uniche azioni che faccio sono deglutire e aggrottare la fronte. Per il resto, al contrario suo, ogni altro muscolo del mio corpo è come paralizzato. Vedo Zoe annuire.
«Mi sono accorta… cioè, ho capito che c’è qualcosa da parte tua che io… che non potrò mai ricambiare. Mi dispiace, è meglio che non ci vediamo più, lo dico per il tuo bene» risponde prontamente e tutto il mondo si congela. Mi prendo un momento per analizzare la frase.
Qualcosa da parte mia: più o meno vero. Ho sempre pensato che Zoe sia molto interessante, è intelligente e a me piacciono le persone intelligenti, e poi è anche molto carina. Sì, insomma, Zoe Caplan ha cominciato ad interessarmi da quella sera in Sala Comune, quando è venuta a ringraziarmi per aver fatto giustizia nella classe di Antiche Rune.
Che lei non potrà mai ricambiare: nonostante una parte di me volesse credere che anche Zoe potesse ricambiare il mio interesse, sono sempre rimasto con i piedi per terra e questa è un’ipotesi che avevo previsto e con cui ero quasi sceso a patti, ma che non mi aspettavo sarebbe stata così… così strana, come se avessi costruito un immenso castello di carte e poi fosse arrivato un semplice soffio a distruggerlo.
Meglio se non ci vediamo più: Merlino, che cosa totalmente irrazionale. Abbiamo diciassette anni, so gestire una delusione, e se lei mi conoscesse un dovrebbe immaginarlo. Ma ecco che un’altra freccia invisibile si conficca accanto alla precedente e mi fa realizzare qualcosa che ho ignorato fino a questo momento: Zoe Caplan non mi conosce per niente.
«Ma cosa ne sai tu del mio bene?» dico a denti stretti, senza nemmeno pensarlo davvero. Solo dopo averlo detto, non riesco a pentirmene. Cosa ne sa Zoe Caplan di quello che è meglio per me? Solo io posso saperlo, io e i miei amici. Sono loro che mi conoscono da quando solo salito per la prima volta sull’Espresso Hogwarts, sono loro che mi sono sempre stati accanto senza pretendere mai niente in cambio, e non l’hanno fatto perché sono riuscito a fargli prendere Eccellente ad Antiche Rune.
Sento una strana sensazione impossessarsi di me, la registro come rabbia. È qualcosa che mi fa stringere i pugni e che mi fa venire voglia di buttare giù qualche muro attorno a me. Deve essere la stessa cosa che prova Albus quando Malfoy lo prende in giro per i corridoi e che lo spinge a prenderlo a pugni, la stessa cosa che prova Frank quando si ricorda che correre dietro a Roxanne Weasley è deleterio e controproducente, la stessa cosa che prova anche Derek quando la Trent gli mette un brutto voto nonostante sia stato giorni a studiare. Sono decisamente arrabbiato e, cazzo, che qualcuno mi porti via di qui e mi tolga Zoe Caplan da sotto agli occhi!
«Mi dispiace, Bellamy…» mormora, incrocio i suoi occhi che… aspettate, da quando gli occhi di Zoe hanno quella sfumatura verde? Non faccio in tempo a pormi altri quesiti, perché la vedo strabuzzare gli occhi e irrigidirsi tutto d’un tratto.
«S-scusa devo scappare» dice ancora, con la voce che le è improvvisamente diventata roca. E poi corre via, bisbigliando la parole d’ordine al ritratto della Signora Grassa.
Io rimango solo in corridoio e mi sento davvero un deficiente. Penso che in questo momento prenderei a pugni qualcosa, se solo non vedessi Frank camminare nella mia direzione. Ma non era andato a trovare qualcuno alla Torre Corvonero?
In questo momento non mi interessa, però, e non interessa più nemmeno a Frank, perché non appena mi vede nello stato catatonico in cui mi trovo, affretta il passo e mi raggiunge, posandomi una mano sulla spalla.
«Avevi proprio ragione, Frank» riesco a dirgli, dopo qualche secondo. «Correre dietro alle ragazze fa proprio schifo.»
 
Non mi sono mai trovato in una situazione meno virile in vita mia: io, Albus, Frank e Derek siamo in dormitorio, ammassati tutti sul mio letto che, per quanto ampio, difficilmente riesce ad accogliere quattro ragazzi di diciassette anni come noi, e ci passiamo una scatola di dolci gelatinosi mentre espongo quello che è successo nemmeno mezz’ora fa in corridoio con Zoe Caplan. Di fatto, sembriamo un gruppetto di ragazzine dodicenni alle prese con quello che i babbani chiamano “pigiama party”. Ognuno dei miei amici, in questo momento, sta svolgendo una funzione diversa. Frank mi sta dicendo un sacco di frasi di circostanza che avrebbero lo scopo di farmi sentire compreso e di migliorare il mio umore, Albus si sta sprecando in decine e decine di insulti, mentre Derek mi passa da mangiare. Non ho nemmeno bisogno di questa specie di terapia intensiva di gruppo, ho solo bisogno di… pace, credo. Di starmene un po’ da solo e magari di lanciare qualche incantesimo distruttivo contro oggetti a caso. Ho bisogno di starmene in biblioteca con i miei libri, con i miei compiti, e ho bisogno che i miei amici abbiano voglia di fare qualcosa di stupido, ho bisogno di appoggiarli e di evitare che si caccino nei guai. Voglio che mi facciano divertire, non che si mettano a sproloquiare su quanto le ragazze siano inaffidabili e che quelle come Zoe Caplan, che prima si fingono carine e gentili e poi ti relegano nella cosiddetta “friend-zone”, siano quelle della peggior specie. Peccato che io sia stato proprio esiliato dalla sua esistenza, altro che amici e basta.
«Ragazzi, possiamo semplicemente metterci una pietra sopra?» sospiro ad un certo punto, stanco di sentire la voce di Albus, che mi spiega accuratamente il motivo per cui una ragazza seria vada cercata dopo i vent’anni e assolutamente non prima. Come se fosse quello il mio scopo… Zoe Caplan è semplicemente qualcuno che è capitato per pura coincidenza nella mia vita, non la stavo cercando e di certo lei non stava cercando me.
«Hai ragione. Scusaci» mormora Frank. «È che pensavamo dovessi esorcizzare la cosa parlandone.»
«Non c’è niente da esorcizzare» dico, grattandomi la testa. «Davvero, sto bene.»
«In ogni caso, noi saremo sempre qui, pronti ad interrompere qualsiasi cosa per aiutarti» interviene allora Albus.
«Grazie» sospiro, facendo a tutti loro un sorriso sincero.
«Com’è andata la tua passeggiata alla Torre Corvonero?» chiedo all’improvviso a Frank, per cambiare discorso e risollevare gli animi. Dalle loro facce sembra che sia morto qualcuno e invece tutto ciò che è successo è che ho preso un palo in testa.
«Oh, alla fine non ci sono più andato» mi risponde Frank. «Però ho incontrato Damien Skeeter.»
«Davvero?» chiede Albus, sorpreso quanto me. «Dove l’avresti incontrato esattamente?»
«Per il corridoio. Non ci siamo né parlati, né salutati» continua Frank. «Forse stava andando nel bagno dei Prefetti.»
«Il bagno dei Prefetti è al quinto piano non al settimo» intervengo subito. «Se voleva andarci, non aveva motivo di essere quassù, a meno che non stesse andando da qualche altra parte..»
«Forse stava facendo una ronda?» domandò Derek, improvvisamente interessato all’argomento.
«Le ronde si fanno in due» dice subito Albus, precedendo quello che stavo per dire.
«È vero, io le facevo sempre con Rosalie Blossom» concordo immediatamente: i Caposcuola ci convocavano e ci dicevano quale area del castello perlustrare, e prima di mezzanotte era meglio che ci facessimo trovare tutti nelle rispettive Sale Comuni.
«È sospetto, comunque…» borbotta Frank.
«Accidenti, se solo Lily non avesse la Mappa!» esclama Albus. «Potremmo pedinarlo senza muovere un muscolo e vedere che cosa sta combinando.»
«E a che ci serve sapere dove se ne va a spasso Damien Skeeter?» chiedo io all’improvviso.
Frank e Albus mi guardano in silenzio, poi si guardano tra loro in un modo che conosco fin troppo bene e che mi spaventa, perché significa che stanno pensando alla medesima cosa. Guardo Derek alla ricerca di un appiglio, lui comincia a scuotere la testa sconsolato, o forse disperato, o forse entrambe le cose. All’improvviso, la mia mente comincia a lavorare e in pochi secondi giungo ad una conclusione che, me lo sento, è la stessa a cui hanno pensato Albus e Frank.
«Non ci pensate nemmeno» dico risoluto, con un certo tono di severità nella voce.
«Non stiamo pensando assolutamente a nulla!» esclama subito Albus, per giustificarsi. Frank sta in silenzio perché sa che ho ragione.
Persino Derek si fa coraggio e contesta l’affermazione di Albus con un debole «Non è vero, Al…»
«Voi due non indagherete su Damien Skeeter nella speranza di trovare qualcosa di losco, sono stato chiaro?»
«Perché mai dovremmo farlo?» mi chiede Frank, con un innocente sorriso sulle labbra.
«Esatto» gli dà manforte Albus. «Abbiamo già perso in partenza, è un Tassorosso: non ha niente di losco per definizione.»
«Diciamo che se trovaste per puro caso qualcosa, potreste accidentalmente riferirlo a Roxanne e rovinare quello che c’è tra loro.»
«Figurati se siamo così cattivi» mormora Albus, ma abbassa lo sguardo e non mi guarda mentre lo dice, anzi, dopo un po’ gira anche la testa dall’altra parte. Questo comportamento così schivo non fa altro che confermare la mia ipotesi iniziale, ossia che sono perfettamente capaci di farlo.
Dannazione, questa sorta di astinenza da Malfoy sta facendo tirare fuori ad Albus il peggio di sé! Non avrei mai pensato di dirlo, ma forse è sempre stato un bene il fatto che Albus lo odi sin dal primissimo giorno di scuola, almeno fino a qualche tempo fa aveva qualcuno oltre al Quidditch in cui incanalare tutta la sua evidente iperattività e voglia di attaccar briga. E adesso che non ha più Malfoy da prendere di mira.. il suo cervello sta lavorando decisamente troppo.
«Al, credo che tu veda troppi complotti in giro. Prima tua sorella e Malfoy, adesso Damien Skeeter, entro la fine dell’anno ti brucerai i neuroni. Ti serve qualcosa per distrarti» inizio.
«Il Quidditch mi distrae a sufficienza» risponde prontamente Albus.
«No, il Quidditch ti incattivisce e basta perché ti fa vedere tutti i tuoi avversari come mostri da abbattere» ribatto.
«È vero, però» s’intromette Frank, aprendo un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti + 1. Se ne mette una in bocca e due secondi dopo la sputa per terra. «Terriccio bagnato!»
Derek ride mentre Frank corre in bagno, probabilmente a sciacquarsi la bocca. Io riporto la mia attenzione su Albus, che sta borbottando qualcosa a proposito che non è affatto vero che il Quidditch lo incattivisce, che per lui il Quidditch è vita e che senza di esso sarebbe probabilmente già impazzito da un pezzo.
Solo quando torna Frank, decido di esternare la conclusione a cui sono arrivato in questi minuti.
«Dobbiamo seriamente trovarti una ragazza.»
«Una ragazza?» mi chiede.
«Una ragazza?» gli fanno eco Frank e Derek all’unisono.
«Sì, una ragazza» confermo. Poi decido di chiudere la discussione, almeno per stasera. «Adesso vorrei dormire, vi ricordo che domani è solo mercoledì e il mercoledì…»
«Doppia ora di Trasfigurazione di prima mattina» piagnucola Derek, coprendosi il volto con le mani. Non lo biasimo: a me piace Trasfigurazione e come in tutte le altre materie vado piuttosto bene, ma due ore consecutive con la Trent che ci strilla nelle orecchie per ogni minuscolo errore sono davvero insopportabili, per di più di mercoledì, che è un giorno talmente odioso che non avrebbe quasi ragione d’esistere.
Guardo distrattamente l’orologio sul mio comodino, sono solo le undici, forse un po’ presto per andare a letto, ma mi sento addosso una stanchezza strana e non mi va di fare assolutamente nulla. Inoltre, se continuassimo l’argomento “ragazza per Albus” temo che potremmo andare avanti fino a notte fonda, e io ho bisogno di almeno sette ore di sonno per poter affrontare Trasfigurazione domani mattina.
I miei amici, comunque, non protestano e mi lasciano il letto libero, andando a fare ognuno qualcosa di diverso. Anche se sento Albus torturare Frank a bassa voce e la cosa mi fa sorridere mentre cerco di prendere sonno.
«Io cattivo? Mi serve una ragazza? Ha per caso detto che ho bisogno di una sana scop-»
«Shh.»

Ciao a tutti! Vi prego, scusatemi per il ritardo come al solito indecente, ma tra Pasqua, Pasquetta e qualche disperato tentativo di infilare qualche ora di studio nel mezzo riesco ad aggiornare solo ora. Vi faccio gli auguri in ritardo, spero abbiate passato delle belle feste. ♥ Partiamo dal presupposto che questo capitolo ha cominciato a farmi schifo, dopo avero finito, per cui ho cercato di modificarlo 100 volte con scarsi risultati. Avrei voluto dire di più, ma non ci sono riucita. E vabbé, può capitare, perciò se farà schifo anche a voi lo comprendo e lo accetto xD
Mi sono sentita davvero una merda mentre scrivevo l'ultimo pezzo, e anche Albus si è sentito come me e di ciò ne avremo la riprova ne prossimo capitolo, che è proprio dal punto di vista di Al: solo che il nostro moretto non è quel che si dice una grande testa, quindi finirà per ingigantire il tutto come suo solito xD 
Ringrazio everlark4e per aver recensito lo scorso capitolo e ringrazio chi mi legge in silenzio, (spero) a presto! ♥
Mars

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Capitolo 14
*** Il lancio del purè ***


XIV – ALBUS

Il lancio del purè
 
Io credo di avere un problema. È dalla mattina del primo novembre, o più precisamente dalla notte di Halloween, che non riesco a fare decentemente nessuna delle seguenti cose: mangiare, dormire ed essere magnifico. Frank ha iniziato a farmi credere di avere un problema quando, facendomi una battuta che nella sua testa doveva suonare divertente, mi ha detto che per non mangiare la seconda e la terza porzione di bistecca ai ferri dovevo avere qualche strana malattia esotica e incurabile e, in effetti, solo in quel momento ho realizzato di non avere più appetito e che non volevo mangiare altro, nonostante la bistecca sia uno dei miei piatti preferiti. Ci si è messo anche Bellamy, qualche giorno dopo, chiedendomi come mai fossero ormai tre giorni che mi alzavo prima del sorgere del sole e mi mettessi a girovagare per la stanza come un disperato. E infine. Derek mi ha dato il colpo di grazia dicendomi che sono diventato irascibile, intrattabile e ho due occhiaie che mi arrivano fino a terra.
Ho un’ulteriore conferma di tutto ciò durante gli allenamenti, quando mio cugino Fred mi si para davanti, con il viso arrossato da quella che credo sia rabbia mista ad esasperazione, perché comincia letteralmente ad urlarmi in faccia: «Che cosa cazzo fai, Albus? Il boccino ti è passato davanti otto volte! Otto!»
La mia mente registra ed elabora lentamente le parole di mio cugino, e sempre molto lentamente, quasi troppo lentamente, capisco che io sono il capitano di questa squadra, sempre io sono il Cercatore e sono solo i miei occhi che dovrebbero inseguire il boccino e non quelli dei restanti componenti della squadra, e che di nuovo io sono nato ben due mesi prima di lui e quindi ho una certa superiorità.
«E tu perché non vai a fermare quel bolide impazzito invece di dire a me cosa devo fare?» ribatto, indicandogli un bolide che sta davvero facendo a zig-zag per il campo, rischiando di beccare in testa qualcuno. Fred si volta a guardarlo, ma fortunatamente il bolide viene spinto via dalla vigorosa mazzata di Jeremy, l’altro battitore. Sì, proprio Jeremy Bolton, che è bravo a respingere bolidi, ma incapace di applicare il cervello per seguire anche un minimo di strategia.
«Hai la testa tra le nuvole, Al…» finisce di commentare Fred, abbassando i toni. «La partita è la prossima settimana.»
«Lo so» rispondo semplicemente. Maledizione, lo so! E so anche che non dovrei sentirmi così, perché esattamente tra otto giorni si disputerà la prima, importantissima partita di campionato, nientemeno che con i Serpeverde, e dobbiamo assolutamente vincerla. E poi anche perché non manca molto alla fine del primo trimestre e i professori cominceranno a fissare verifiche su verifiche, da cui si aspetteranno voti eccellenti, dal momento che quest’anno abbiamo i M.A.G.O.
Per Merlino, ci credo che sto così male ultimamente, i miei livelli di stress sono alle stelle e non so come farli calare, necessità più pressante che mai perché penso che ogni essere vivente e non di questa scuola è a conoscenza di una verità immutabile: l’operazione Albus Potter più stress più Scorpius Malfoy sullo stesso campo meno qualsiasi barlume di lucidità e razionalità conduce ad un risultato piuttosto drastico, ossia espulsione dal Quidditch per sempre.
Ed io non posso permettermelo.
Ho cercato di distrarmi da Malfoy, di fingere che la sua esistenza non mi dia affatto fastidio e di frenare quel bisogno quasi primordiale che ho di torturarlo, dati gli scarsi risultati ho cercato quindi di contenere me stesso e di ignorare quel prurito alle mani ogni volta che avrei voluto mollargli un pugno in faccia, dicendomi che dovevo attaccarlo su un fronte che non fosse quello fisico e che quindi avrei dovuto studiare la sua umiliazione nei particolari. Dunque, nel frattempo, mi sono dedicato all’operazione Zoe Caplan. Operazione che, modestamente, pare essere riuscita coi fiocchi, ma di cui non riesco a sentirmi soddisfatto al cento per cento. Non mi procura nessun senso di vittoria o di trionfo aver arginato il pericolo che Bellamy si distacchi da noi e non riesco a spiegarmi perché io mi senta come se niente in realtà sia cambiato.
Più mi guardo attorno, durante le lezioni o la sera in Sala Comune, più mi rendo conto che è tutto esattamente uguale a prima. L’unica differenza è che se prima ci sedevamo sempre pericolosamente vicino a Zoe Caplan e alle sue amiche, adesso Bellamy ci impedisce quasi categoricamente di farlo: ci trascina ai primi banchi se loro sono agli ultimi, non ci permette di starcene ai nostri soliti posti in Sala Grande se loro sono nelle vicinanze e, infine, se le vede in Sala Comune decide di andarsene in dormitorio, e noi ovviamente lo seguiamo perché non vogliamo stare senza di lui.
E mentre il boccino mi sfreccia davanti per la nona volta e io mi appresto immediatamente ad inseguirlo, per evitare di nuovo le prediche per nulla piacevoli di Fred, penso che questa minuscola differenza nel naturale ordine delle cose a me non piace per niente, nonostante sia la diretta e naturale conseguenza del successo del mio piano.
E di nuovo, il motivo riesce a sfuggirmi, mentre per contro, le mie dita catturano il boccino con una facilità inaudita e poi lo liberano quasi subito, lasciandolo innalzarsi ancora una volta sopra la mia testa. Dopo qualche momento di smarrimento, la piccola pallina dorata ricomincia a sfrecciare veloce da una parte all’altra, e io mi getto di nuovo al suo inseguimento, convincendomi che impegnarmi negli allenamenti riuscirà ad impedire ai miei pensieri di fare così rumore, almeno per un po’.
 
Il mio malessere continua ad aumentare per tutta la giornata, raggiungendo picchi epici durante la cena, durante la quale passo un non quantificabile lasso di tempo a giocare con l’unica oliva superstite dello spezzatino di coniglio, facendola oscillare di qua e di là sul mio piatto con la forchetta. Sono rapito dal movimento dell’oliva e non riesco a curarmi davvero di ciò che succede attorno a me: sento vagamente la voce di Derek che ci annuncia con un’eccitazione quasi febbrile il fatto che oggi, durante Cura delle Creature Magiche – che io non seguo più da dopo i G.U.F.O. – l’austera e algida regina di ghiaccio Clemence Zabini gli ha rivolto la parola. Non faccio notare a Derek che dire a qualcuno di spostarsi un po’ più in là perché il suo Porlock ha fatto i bisogni e questi puzzano terribilmente, così tanto da appestare l’aria circostante, non sia esattamente una cosa carina da dire, ma molte persone in questa scuola sono affette da una strana forma di amore platonico verso la Zabini, e il tenero Derek non ha potuto fare a meno di cadere nella trappola.
Io la trovo sopportabile, al contrario del cugino. È una ragazza intelligente e credo che sia molto scaltra, però è silenziosa e riservata e preferisce sempre starsene per i fatti suoi. Probabilmente è una combinazione di qualità alquanto letale, ma nonostante le continue discordie e controversie che corrono tra me e Malfoy, lei non si è mai intromessa cercando di farmela pagare o di difendere in qualche modo suo cugino, fatto che l’ha resa sempre più tollerabile e innocua ai miei occhi.
Bellamy, comunque, concretizza tutti i miei pensieri sulla lezione e sul Porlock, borbottando qualcosa del tipo: «Alla faccia della gentilezza…»
«Ma non mi aveva mai rivolto la parola prima di oggi!» esclama ancora Derek, con tutto il viso arrossato. «Lei ha… ha una bella voce.»
«Mah» commento distrattamente, distogliendo gli occhi dall’oliva per alzarli verso Derek e Frank, seduti davanti a me.
«Accidenti ragazzi» sospira Frank, con un sorriso sornione che conosco bene e che non mi sta piacendo. Quando Frank sorride così sta per prendere per il culo qualcuno, e ho la sensazione che quel qualcuno sia proprio io. «Albus ci ha degnati della attenzione dopo… - controlla distrattamente l’orologio che porta al polso – trentacinque minuti da quando siamo qui. Fantastico!»
Assumo un cipiglio infastidito e per tutta risposta abbasso lo sguardo e ritorno a giocare con l’oliva. Ripeto: il mio malessere è arrivato a livelli stratosferici se oltre a non prestare attenzione ai miei amici non mi sento neanche in vena di rispondere ad una banale presa in giro di Frank, che considero al pari di  un fratello. È proprio il mio silenzio, però, a far sì che Bellamy mi poggi gentilmente una mano sulla spalla sinistra e me la stringa un po’. Mi giro verso di lui.
«Ma stai bene?» mi chiede, assumendo un tono leggermente preoccupato. Inizialmente non dico niente, ma mi limito a guardare anche Frank e Derek: non c’è più l’ombra di un sorriso sui loro volti, solo fronti aggrottate e sguardi confusi. Non ci riesco a mentire.
«Non proprio» rispondo a bassa voce. Loro mi sentono, nonostante il fracasso della Sala Grande. «Ma non so che cosa mi è preso. Oggi durante gli allenamenti mi sono fatto scappare il boccino otto volte! A momenti Fred mi prendeva a mazzate…»
«E che cosa è successo?» mi domanda ancora Bellamy, senza darsi per vinto. Io inconsciamente lo so, so che ho una strana inquietudine, che lo sguardo spesso pensieroso e assente di Bellamy nasconde qualcosa che non so spiegarmi e che deve essere qualcosa di serio se deve distrarmi così tanto da farmi perdere di vista il boccino per ben otto volte durante gli allenamenti.
«Non lo so… forse è l’ansia per la partita, o per le verifiche…» rispondo. Ma è una mezza verità, perché quelle non sono le uniche cose a preoccuparmi. Frank capisce che sto mentendo, lo noto perché mi sta guardando in modo strano, con le labbra strette tra di loro in una linea sottile e gli occhi scuri che sembrano volermi scavare dentro.
«Ma lasciamo stare, dai! Sono sicuro che è una cosa passeggera» dico immediatamente, ritrovando un po’ d’entusiasmo. «Piuttosto, avete sentito cosa si vocifera riguardo al Ceppo di Yule?»
«Riguardo al cosa?» domanda Derek, che si interessa subito.
«Non è niente di sicuro, ma Rose mi ha detto che la preside ha intenzione di indire una specie di… festa, celebrazione, per osservare l’antica tradizione del Ceppo di Yule»
«Non l’ho mai sentito…» borbotta Frank.
«Certo che no, era un’usanza praticata fino al diciannovesimo secolo» risponde prontamente Bellamy. «Poi è caduta in disuso.»
«Comunque» mi intrometto io per riprendere il mio discorso. «Rose è attendibile: è Caposcuola e la McGranitt la adora visceralmente, sicuramente le avrà già rivelato tutto nei minimi dettagli, anche se non ha voluto accennarmi nient’altro. So solo che ci sarà questa festa la sera del ventuno dicembre.»
«Grazie a Merlino, ogni tanto qualcosa di interes-» comincia a dire Frank, ma la frase rimane a metà, perché la Sala Grande cade nel silenzio più totale a seguito di un grido infuriato, proveniente dal tavolo dei Serpeverde.
«POTTER, GIURO CHE ADESSO TI AMMAZZO!»
Gli occhi di centinaia di studenti sono puntati su una ragazza alta e mora, dalla corporatura un po’ robusta e dalla divisa verde-argento, il cui viso non mi è per niente familiare, ma che la mia mente la registra immediatamente come Meghan Goyle. Un secondo dopo capisco anche che il Potter in questione non sono io, bensì mia sorella, seduta non molto lontano da dove si trova Meghan. Sghignazza per nulla preoccupata da quello che sta succedendo: mi chiedo cos’abbia combinato per scatenare la furia di qualcuno in quel modo. Il silenzio viene ben presto riempito da un vociare fitto fitto di persone, per cui, quando Lily decide di risponderle, per niente intimidita, non riesco a capire le sue parole, però vedo chiaramente Meghan Goyle prendere a mani nude una quantità notevole di purè di patate e lanciarlo direttamente in direzione di Lily. Il purè la colpisce in pieno viso, imbrattandole i capelli e la camicia bianca.
La Sala Grande si ammutolisce di nuovo. Vedo Malfoy alzarsi in piedi e cominciare a difendere Lily a spada tratta, prende del purè e riserva lo stesso trattamento a Meghan, e ben presto l’intero tavolo dei Serpeverde si trasforma in un campo da battaglia. Anche qualche innocente Corvonero che si trova nelle vicinanze viene colpito, tra cui Dominique, che comincia a strillare e a cercare di togliersi dai capelli biondissimi una sostanza verdastra molto appiccicosa. Vedo mia sorella cercare di difendersi con una mano e lanciare pezzi di non so cosa verso una ragazza seduta al tavolo dei Corvonero, con i capelli neri stretti in uno chignon molto tirato. Tutta la situazione mi fa ridere a crepapelle e mi accorgo che non sono l’unico ad aver avuto questa reazione: quasi tutti i Grifondoro si stanno sbellicando dalle risate. Trovandoci all’altra estremità della Sala, questa ridicola battaglia di cibo non ci raggiungerà mai.
Ma è nel momento in cui una polpetta al sugo mi arriva dritta sulla fronte che devo ricredermi e devo ammettere, seppur a malincuore, che Scorpius Malfoy è un ottimo cecchino. Quello che probabilmente Malfoy ha sottovalutato, però, è che se voglio anche io posso avere un’ottima mira, dunque per tutta risposta prendo anche io una manciata di purè dal piatto di Bellamy e salgo sul tavolo per avere più probabilità di riuscita. Anche il mio purè arriva a destinazione, e precisamente sulla guancia destra di Malfoy, cadendogli poi addosso fino alla cintura dei pantaloni.
«Albus, scendi per l’amore del cielo!» mi intima Bellamy, strattonandomi per i pantaloni. Ritorno sulla panca senza obiettare, ho fatto quello che dovevo fare, ossia non lasciare impunito il torto di Malfoy. E mentre il tutto viene fermato dalla voce di Minerva McGranitt che tuona e rimbomba per tutta la Sala Grande grazie ad un incantesimo amplificatore, io cerco di pulirmi il colletto della camicia con un fazzoletto imbevuto d’acqua, con scarsissimi risultati.
La preside intima a tutti di lasciare la sala e di ritornare nei rispettivi dormitori, aggiungendo che evidentemente siamo abbastanza sazi da cominciare a lanciare il cibo anziché mangiarlo. E infine pronuncia le parole che mi fanno tremare dalla testa ai piedi. «Tutti i Serpeverde rimangano… e anche Albus Potter!»
Godric, ti prego, fa che non mi tolga il Quidditch.
 
La McGranitt non mi ha tolto il Quidditch, ma mi ha costretto ai lavori forzati insieme a quasi tutti i Serpeverde: ha confiscato le bacchette a chiunque le avesse con sé e ci ha detto di voler vedere tutto risplendere per la mattina seguente.
Non ho per niente voglia di mettermi a strofinare il pavimento, così, per adesso, mentre tutti i Serpeverde decidono sul da farsi, io me ne sto seduto sulla panca del tavolo dei Tassorosso e mi chiedo perché devo finire in mezzo ai guai anche quando le cose non mi riguardano. Mi ritrovo costretto a cominciare a scontare la punizione, comunque, quando un ragazzina che avrà sì e no quattordici anni, lasciatasi convincere presumibilmente dal suo gruppo di amiche non molto distante da me, mi viene incontro con uno scopettone nella mano e uno straccio nell’altra, con tanto di commento acido: «Non startene con le mani in mano, Potter.»
Io afferro i due oggetti interdetto e le rivolgo una smorfia infastidita, che lei tuttavia non può notare perché ha già girato i tacchi ed è tornata da dove è venuta. Mi alzo lentamente e non capisco di cosa dovrei farmene di uno straccio asciutto, così perlustro la Sala Grande alla ricerca di qualcuno che abbia un secchio con l’acqua e il sapone: fortunatamente, quel qualcuno è proprio mia sorella Lily, che sta cercando di trasportarne addirittura due. Mi avvicino  velocemente.
«Lils» la richiamo a voce abbastanza alta. Lei fa appena in tempo ad alzare lo sguardo su di me. Ha l’aria di una che sta per perdere l’equilibrio da una parte all’altra e quei due secchi sembrano incredibilmente pesanti. «Ti aiuto io.»
Lei non dice niente e posa un secchio a terra, per lasciarmelo prendere. Io ci butto dentro il mio straccio.
«Si può sapere che hai fatto a quella poveraccia della Goyle?» le chiedo ad un certo punto, per rendere meno noiosa quella tortura. Lily si tira fuori dalla tasca del mantello un paio di guanti dal dubbio materiale e se li infila.
«Se la conoscessi come la conosco io non la definiresti poveraccia» mi dice, sospirando. «Comunque niente di così terribile, le ho solo detto che è talmente disperata e in ricerca di attenzioni che se Christopher Burke le sputasse nel piatto lei continuerebbe a mangerebbe lo stesso, forse anche con più appetito.»
«Perché mai lo avresti detto?» le chiedo, curioso di sapere cosa ha scatenato tanta – seppur ingegnosa e ammirevole – cattiveria da parte di mia sorella.
«Beh, lei ha detto che a momenti bacio la terra dove cammina Scorpius» risponde, senza traccia di vergogna o di rabbia. E comincio più o meno a comprendere il comportamento di Lily. «Dato che ovviamente non conosce l’esatta definizione di migliori amici
«In questo caso sono fiero di te, sorellina» le dico, accennando un sorriso. Le scompiglio i capelli rossi con la mano libera e lei si fa sfuggire una piccola risata.
«Mi dispiace che ci sia finito in mezzo anche tu» sospira, mentre raccoglie con un certo disgusto tutti i residui di cibo solido da terra e li mette tutti insieme da una parte sul pavimento.
«Me lo sono meritato» le dico. «Ho risposto all’attacco di Malfoy.»
«Non avrebbe dovuto farlo» dice ancora Lily. Non è la prima volta che davanti a me critica un determinato atteggiamento del suo migliore amico, e devo ammettere che trovo la situazione alquanto strana. Tuttavia, dallo sguardo leggermente sconsolato di Lily penso che lei questo discorso con Malfoy lo abbia già fatto, ma che probabilmente non abbia portato al risultato sperato.
Stiamo un po’ in silenzio, mentre lei raccoglie i residui di cibo da terra e io passo lo straccio per pulire. È strano che ci sia silenzio tra me e Lily: di solito sappiamo sempre di cosa parlare, ma questa sera non riesco a tirare fuori neanche mezzo argomento. La vedo pensierosa, mentre esamina con un po’ di disgusto un pezzo di quella che doveva essere stata una polpetta. Forse sono pensieroso anche io, mi preoccupo di lei che attacca briga con la Goyle, di Malfoy, dei miei amici, di Bellamy…
E Lily sembra in grado di percepire i miei pensieri senza nemmeno parlarmi o guardarmi troppo a lungo, le basta un’occhiata veloce e qualche secondo di riflessione per capire che c’è qualcosa di strano in me, questa sera. Ringrazio che se ne sia accorta, perché nonostante le mille differenze che ci dividono, ci sono altrettante cose che ci uniscono: siamo terribilmente orgogliosi, e probabilmente moriremmo al posto di chiedere un qualsiasi aiuto a qualcuno.
«Che hai?»
Sono solo due parole, dette anche con un tono abbastanza seccato, ma che riesce a risultare ugualmente delicato. Alzo gli occhi su di lei: ha smesso di raccogliere cibo e adesso è semplicemente rannicchiata per terra a scrutarmi curiosa. Lily assomiglia tutta a mamma, ha i suoi occhi marroni e profondi e i suoi capelli rossi, ribelli però come quelli di papà. Chi non ci conosce – davvero poca gente – non direbbe mai che siamo fratelli. Ha il volto stanco e probabilmente solo una gran voglia di buttarsi sul letto a parlare di sciocchezze con le sue compagne di stanza. Eppure è seduta su questo pavimento a chiedermi che cosa ho che non va.
«Niente» rispondo istintivamente, quasi senza neanche pensarci. Ma lei sa che è una bugia, perché evito il suo sguardo, mentre lo dico. Tuttavia, non dice niente. Rimane lì a guardarmi e ad aspettare semplicemente la verità. Conosco mia sorella, sarebbe capace di rimanere a fissarmi e ad aspettare una mia risposta per tutta la notte.
«Cioè… ho paura di aver fatto una cosa stupida» le dico finalmente, non so neanche quanto mi sia costata questa frase.
La vedo incurvare leggermente le labbra e soffocare una risata bonaria. «Che grande novità.»
«Guarda che sono serio» la riprendo. «Una grossa cosa stupida.»
«Sentiamo» sospira a questo punto Lily.
«Allora… se, per esempio, a te piacesse un ragazzo e Malfoy facesse qualcosa di stupido come preparare la Pozione Polisucco per fingere di essere quel ragazzo e distruggere qualsiasi tipo di possibilità esistente tra di voi… tu quanto ti arrabbieresti?» le chiedo.
Lily sbatte le palpebre un bel po’ di volte e poi aggrotta leggermente la fronte. Non mi dà la risposta che mi serve, ossia non quantifica la rabbia che proverebbe in una situazione del genere, perché Lily, a differenza mia ed esattamente come nostra madre, è intuitiva e arriva subito alla conclusione.
«Contro quale dei tuoi amici hai esattamente usato la Polisucco?» mi chiede, prendendosi la testa tra le mani.
«Bellamy» confesso, senza più alcuna remora.
«Okay» sospira. Smette di guardarmi, adesso il suo sguardo volteggia per la Sala Grande. Inizialmente seguo la traiettoria dei suoi occhi, ma quando mi rendo conto che non sta guardando niente in particolare e che sta solo pensando, torno a concentrarmi su di lei.
«Che vuol dire okay?» le chiedo.
«Vuol dire che hai fatto una cosa stupida, ma di dimensioni spropositate» risponde, con una tranquillità che mi lascia interdetto per un po’. «Fossi stata in te gli avrei detto sin dall’inizio quale fosse il problema, però ormai la stronzata l’hai fatta, quindi se vuoi fare in modo che Bellamy non ne sappia niente di questa storia, conosco qualcuno che può darti una mano.»
Improvvisamente sgrano gli occhi e mi si illumina il volto. Com’è possibile che mia sorella abbia sempre la soluzione a tutto?
«Dici sul serio?» esclamo, e forse alzo un po’ troppo la voce perché alcune persone si voltano a guardarci.
Lily annuisce. «Si chiama Cassiopea Stewart. È di Corvonero.»
«E tu come la conosci?» le chiedo ancora.
«Dominique» si limita a rispondere lei. Lily e Dominique sono sempre state molto legate tra loro, complice, forse, la passione che le accomuna per le stelle e l’astronomia. Nostra cugina è stata smistata in Corvonero ben sei anni fa ed effettivamente non mi sembra troppo strano il fatto che Lily conosca diverse sue amiche, o comunque persone che appartengono alla stessa Casa di Dominique.
«E in che modo dovrebbe aiutarmi?»
Tuttavia, nel momento in cui Lily fa per rispondermi, si avvicina a noi Malfoy con un secchio pieno di pezzi di cibo appiccicati tra di loro.
«Ti ho portato qualcosa per buttare quella roba, Lils» le dice, porgendole il secchio. Il modo in cui l’ha chiamata mi irrita un po’, ma cerco di non darlo a vedere. Mi limito a guardare Lily, che gli sorride in un modo genuino, spontaneo, che non ha niente di forzato. Se devo dirla tutta, Malfoy non sembra avere più quell’aria da dio sceso in terra, né quell’atteggiamento tanto odioso che lo caratterizza. Il modo in cui la sta guardando, in cui le si rivolge, o anche il semplice tono calmo e gentile della sua voce, lo fanno sembrare tutt’altra persona.
O almeno così sembra finché non si volta verso di me e mi scruta con la solita aria di sufficienza.
«Ho interrotto qualcosa?» chiede, rivolgendosi di nuovo a Lily, che nel frattempo ha buttato tutti i residui di cibo che aveva accumulato per terra all’interno del secchio.
«Roba tra fratelli» risponde, incurvando poi le labbra in un sorrisetto allegro. «Non impicciarti, Scorp.»
Maledizione, mi sta irritando persino il modo in cui mia sorella chiama Malfoy. Che io abbia forse un problema di gelosia?
«Posso darti una mano?» le chiede ancora lui. «Kelsey e Alec mi stanno facendo fondere il cervello.»
«Puoi ad una condizione» gli risponde Lily, con uno sguardo negli occhi che conosco molto bene e che è la prima volta che le vedo questa sera. È lo sguardo di chi ha appena avuto un’idea geniale e cattiva allo stesso tempo. «Albus rimane con noi.»
Non riesco a capire se mia sorella abbia appena compiuto una buona azione, per evitare di farmi lavorare da solo per chissà quanto tempo ancora, oppure se abbia agito con lo specifico intento di tenere me e Malfoy a stretto contatto, ben consapevole del fatto che nessuno dei due tollera la presenza dell’altro. Penso che anche Malfoy si stia chiedendo la stessa cosa, mentre con un sospiro affranto mormora un “va bene, come vuoi”.
Io propendo per la seconda ipotesi: dopotutto, cinque anni fa, anche se dopo ben due minuti d'esitazione, il Cappello Parlante ha esclamato "Serpeverde!"

 
Holaaa! :D Scusatemi per il tempo abominevole che ci ho messo per aggiornare, stavolta, ma sono entrata in quella fase del trimestre in cui uso il computer principalmente per studiare e apro Word per fare i riassunti. Ho un parziale tra una decina di giorni, sto studiando alla cieca perchè il prof. non si è degnato di dirci su quali argomenti sarà l'esame, in più sto preparando altri due esami per giugno. Quindi sto lentamente delirando e a breve penso diventerò pazza. Bando alle ciance! Eccoci qui con il quattordicesimo capitolo, su Albus. Sì, siamo al quattordicesimo e non è manco arrivato Natale, pensate quanto la tirerò per le lunghe ancora ahahaha, onestamente non penso di essere mai arrivata oltre i 30/35 capitoli, ma considerando che non siamo nemmeno a metà della storia, uhmm, non so dove potrei arrivare onestamente. Ho voluto dare spazio non solo ai sensi di colpa di Albus, che sono grandi quanto una casa e merita di averli, ma anche un po' al rapporto che ha con Lily: ho scelto di trattare le loro storyline in maniera separata, inserendoli in due blocchi narrativi diversi (il gruppo Grifondoro e quello Serpeverde, per capirsi), ma rimangono pur sempre fratelli ed è giusto dare spazio anche a loro due. Avremo altri momenti del genere, specialmente quando arriveremo al Natale :3
Per l'idea del Ceppo di Yule devo ringraziare la nuova serie tv su Sabrina xD è una tradizione comune all'intera cultura delle streghe e degli stregoni in generale, quindi perfettamente adattabile all'universo di Harry Potter. D'altronde lo stesso Ballo del Ceppo si chiama così, e in inglese infatti si chiama Yule Ball. Non volevo far riorganizzare il Ballo perché sappiamo che è una cerimonia legata al Torneo Tremaghi, e non essendoci qui alcun torneo ho pensato di dare a questa festa un motivo un po' più generico, comunque verrà spiegato meglio nei prossimi capitoli!
Ringrazio come sempre chi legge e segue silenziosamente e everlark4e per aver recensito lo scorso capitolo! Spero che questo vi sia piaciuto, aspetto i vostri pareri :3 Per quanto riguarda il prossimo, sarà dal punto di vista di Lily stavolta e non so dirvi tra quanto tempo arriverà. Spero non troppo, ma dipende tutto da come riuscirò a gestire il tempo (sicuramente male, ma speriamo di no xD).
Un bacione a tutti, alla prossima! ♥
Mars

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Un Prefetto perfetto ***


 
 
 
XV – LILY
 
Un Prefetto perfetto
 
Questa mattina sono particolarmente intrattabile. Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre: sono circa due notti che dormo sì e no quattro ore – la prima notte a causa della battaglia di cibo, la seconda perché io, Kelsey e Harriet abbiamo dovuto far sparire un brutto incantesimo spara foruncoli dalla faccia di Rowena –, tra esattamente quattro ore ho la prima verifica di Trasfigurazione, e Amelia Nott sta singhiozzando da quando ci siamo seduti a fare colazione e lo sta facendo così rumorosamente che riesco a sentirla anche se sono abbastanza distante da lei. È circondata da Esther Robinson e Florence Montague, le sue migliori amiche, una le sta dando un abbraccio di conforto e l’altra invece le sta dicendo qualcosa con molto fervore, probabilmente le sta dando consigli a modo suo: Florence è sempre stata una con pochi peli sulla lingua.
Scorpius sbuffa per la quarta volta, lanciando uno sguardo omicida al magnifico terzetto, mentre Alec sembra quasi divertito dalla scena; Kelsey, invece, le fissa passivamente, con uno sguardo perso nel vuoto e la testa un po’ ciondolante. È così stanca che il pianto della Nott potrebbe benissimo conciliarle il sonno.
«Qualcuno può spiegarmi perché la Nott si sta lagnando così tanto?» sbotto ad un certo punto, sono stanca di questo piagnisteo. «Tra poco la schianto!»
«Non è ben chiaro…» cerca di rispondermi Kelsey, per poi lasciarsi travolgere da un sonoro sbadiglio. «Credo c’entri un ragazzo.»
«Colpa tua, Alec?» s’intromette ironico Scorpius, dando una gomitata al diretto interessato, seduto accanto a lui.
«Stavolta non c’entro proprio niente» dice con tranquillità Alec, per poi sorseggiare il suo tè nero bollente. «E poi stiamo parlando della Nott. Merlino, ma l’avete vista?»
Faccio una smorfia. In effetti, Amelia Nott non brilla affatto per fascino e bella presenza. È sottile come uno spillo, ha gli occhi scuri come il carbone, tondeggianti e sporgenti, una bocca sottilissima, le orecchie a sventola e i capelli lisci, di un castano chiaro alquanto pallido, che certe volte sembra quasi grigio.
«Non la sopporto più» borbotto ancora, infilzando con molta poca grazia un pezzo di frittella con la forchetta. «Potefa beniffimo pianfere in dormi’otio fenza difturbare  ‘a co’affione.»
«Signorina Potter.»
Mi sento richiamare all’improvvido da una voce maschile che, non appena mi volto, scopro appartenere al mio insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, nonché capo della Casa Serpeverde: il professor Cylon. Mi affretto a mandare giù il mio boccone.
«Buongiorno, professore» lo saluto educatamente.
«Non appena avrai finito di mangiare, dovresti raggiungermi nel mio ufficio, prima dell’inizio delle lezioni» mi dice impassibile. Io comincio ad annuire, mentre sento ogni muscolo del mio corpo irrigidirsi e il mio volto perdere qualsiasi traccia di colore. Una sensazione di panico mi pervade all’improvviso: sono solo le otto di mattina, che diavolo posso aver combinato?
Cylon deve aver notato la mia inquietudine, perché si lascia scappare una risatina divertita e mi dice: «Continua a mangiare tranquilla, non hai fatto niente di male.»
Rassicurata un poco dalle ultime parole del professore, lo saluto di nuovo e lui congeda, uscendo dalla Sala Grande. Nonostante tutto, il mio stomaco rimane chiuso e l’unica cosa che riesco a fare è prendere un generoso sorso di succo di zucca.
«Questa giornata è iniziata da meno di un’ora e già sono successe due cose al di fuori dell’ordinario» commenta Alec, divertito.
«Sarebbe a dire?» gli chiedo.
«La Nott che piange senza ritegno davanti a tutta la scuola e Cylon che convoca qualcuno senza preannunciare una punizione» risponde Alec, come se fossero due ovvietà. Non ha tutti i torti: Cylon è un finto buono, come dico io. È una persona molto pacata, non alza quasi mai la voce, è molto bravo nel suo lavoro e ci insegna la materia in modo davvero impeccabile – questo, almeno, secondo quanto dice mio padre – tuttavia, basta il minimo sgarro che non si fa scrupoli ad affibbiare punizioni o compiti aggiuntivi. E la cosa peggiore, è che non si arrabbia nemmeno, mentre lo fa: generalmente, si limita ad osservare il povero malcapitato con i suoi piccoli occhi di ghiaccio da dietro gli occhiali quadrati e poi si mette a scribacchiare qualcosa su un quadernino, dopodiché lo convoca privatamente nel suo ufficio in un momento qualsiasi della giornata. E chi esce da quella stanza ha sempre l’aria di qualcuno che ha passato il peggior quarto d’ora della sua vita.
È comprensibile il fatto che, non appena sono stata io a ricevere tale comunicazione, il mio stomaco abbia deciso categoricamente di rifiutare altro cibo.
«Mah, non ci giurerei. Forse l’ha detto per sdrammatizzare e la punizione me la dà lo stesso» commento distrattamente, mentre rigiro una piccola forchetta per dolci tra le mani.
«C’è qualcosa che hai fatto recentemente con cui hai infranto le regole?» mi chiede Scorpius.
«A parte tirare del purè addosso alla Goyle? No, ma mi pare che siamo già stati puniti per quello» sbuffo. «Oppure ha scoperto della Mappa e me la vuole confiscare.»
«Ma ti pare! La tieni sempre in camera protetta da chissà quanti incantesimi» mi dice subito Kelsey, per tranquillizzarmi.
«Un incantesimo solo» preciso. «Che funziona se voglio tenere alla larga persone come Harriet e Rowena, non di certo Cylon»
«Ma perché Cylon dovrebbe venire a frugare nel vostro dormitorio?» domanda all’improvviso Alec.
«Forse è un pervertito…» aggiunge Scorpius.
Kelsey sbuffa e prende la mia mano da sopra il tavolo, distogliendo la mia attenzione dalle insensate supposizioni degli altri due.
«Rilassati Lily, non hai fatto niente di male.»
E la mia migliore amica non ha idea di quanto io voglia crederle in questo momento.
 
Ci siamo. Sono le otto e trentacinque, tra venticinque minuti inizieranno le lezioni e io sono nei Sotterranei di fronte all’ufficio di Cylon. Merlino, che ansia! Neanche quando, al terzo anno, ho chiesto a Dave Warrington di uscire avevo tutta questa ansia… e all’epoca Dave Warrington era al settimo anno e io non sapevo ancora che non avrebbe degnato nemmeno di uno sguardo una nana da giardino come me. Parole sue queste, parole per cui Kelsey stava già tirando fuori la bacchetta per lanciargli qualche fattura, ma questa è un’altra storia…
Busso con decisione sulla porta di legno scuro e dopo qualche secondo di attesa, abbasso la maniglia dorata e apro la porta quel tanto che basta per infilare la testa nella stanza.
«Posso?» domando, cercando di non farmi tremare la voce. Cylon è seduto dietro la sua scrivania, tutte le luci della stanza sono accese e l’ambiente risulta quindi luminoso e accogliente. Il professore alza lo sguardo su di me e mi invita ad entrare e successivamente ad accomodarmi su una sedia di fronte a lui. Senza perdere tempo, dunque, entro velocemente e mi richiudo la porta alle spalle, poi mi siedo composta.
Ora, mi aspetto che dica qualcosa. Qualsiasi cosa. Potrebbe allungarmi un foglietto con scritta sopra la mia punizione e congedarmi con un “divertiti stasera a pulire il bagno di Mirtilla”, oppure potrebbe esordire tirando fuori un chissà quale giorno di questo anno scolastico, descrivendo per filo e per segno tutte le mie azioni che hanno in qualche modo trasgredito le regole, potrebbe dire di essere molto deluso dal mio comportamento, e tante altre cose. Il problema, però, è che Cylon non dice niente e se ne sta muto come un pesce e questo atteggiamento è così inusuale da parte sua che la mia ansia aumenta sempre di più. Basta, se non parla lui, allora parlerò io.
«Voleva vedermi, signore?» gli domando.
«Sì, Potter» mi risponde immediatamente lui. Non sembra arrabbiato per qualcosa, ha un’espressione alquanto tranquilla: i suoi occhi azzurri sono meno glaciali del solito, anche se la montatura nera e squadrata degli occhiali gli indurisce i tratti del viso e lo fa sembrare quasi seccato. «Volevo comunicarti di un cambiamento che ci sarà d’ora in poi per la Casa Serpeverde.»
Aggrotto le sopracciglia. Ma è ubriaco o cosa? Per quale sconosciuto motivo Cylon vuole comunicare a me qualcosa che riguarda la nostra Casa?
«Mi scusi» esordisco subito, magari risultando anche sgarbata, ma non riesco a capire. «Perché lo sta dicendo proprio a me? Non dovrebbe parlarne con i Prefetti? Io che c’entro?»
Cylon incurva le labbra sottili in un sorriso che definirei intenerito, se solo avessi la certezza che quest’uomo possa provare tenerezza verso qualcosa o qualcuno. Dopodiché, apre un cassetto della scrivania e prende qualcosa, un oggetto che rimane stretto a pugno nella sua mano destra finché, con molta delicatezza, non lo fa scivolare sotto i miei occhi. È una spilla da Prefetto.
«Che ci dovrei fare con questa?» gli chiedo.
«È tua adesso» mi risponde Cylon.
Lo fisso per qualche istante con gli occhi spalancati. Probabilmente mi sta prendendo per pazza e alla fine di questa conversazione forse mi metterà davvero in punizione, ma il mio cervello ha smesso di ragionare e filtrare i pensieri da circa mezzo minuto.
«Ma mi sta prendendo in giro?» domando ancora, a voce più alta. «Insomma, i Prefetti vengono scelti prima della fine dell’anno, non a novembre inoltrato.»
«Questo lo so bene, Potter, ma io e la Preside abbiamo concordato che, purtroppo, la signorina Nott non poteva più ricoprire questo ruolo. Di conseguenza, abbiamo ben pensato di conferirlo a te.»
«La Nott…» mormoro tra me e me. Allora non c’entrava nessun ragazzo con quel suo pianto isterico di poco fa! Piangeva perché le avevano tolto la spilla… deve averla combinata grossa, però, per farsi addirittura rimuovere da un ruolo del genere.
«Ehm, io… io la ringrazio, signore, ma non credo di essere la persona più adatta» gli confesso, abbassando lo sguardo.
«E perché mai?» mi chiede lui, assottigliando gli occhi.
«Beh… non voglio annoiarla con i drammi della mia vita, ma ho troppe cose per la testa per poter essere un bravo Prefetto» gli rispondo. «Mio fratello e il mio migliore amico si odiano e spendo buona parte delle mie giornata ad impedirgli di ammazzarsi a vicenda, per non parlare di tutte le volte in cui tiro Kelsey e Alec fuori da guai, o le volte in cui riesco a non farmici trascinare e…»
Non continuo. Non solo perché mi rendo conto che a Cylon tutte queste cose non interessano, ma anche perché lui ha sollevato una mano, come se volesse dirmi di fermarmi e respirare un po’.
«Credo tu abbia già trovato la spiegazione da sola» dice semplicemente.
«Non la seguo» ribatto io.
«Il compito di un Prefetto è togliere punti agli studenti della propria Casa che infrangono le regole, ma dal momento che non è così piacevole togliere punti alla propria Casa, possiamo dire che un bravo Prefetto deve evitare che i propri compagni commettano infrazioni. Mi segui, Potter?» inizia il professore. Io annuisco convinta. «Ora, da quel che dici sembra che tu non faccia altro che impedire ai tuoi amici di fare stupidaggini e quindi di infrangere le regole. Io credo che se ci riesci con loro, ci riuscirai anche con tutti gli altri.»
Non replico, ma mi limito ad osservare la spilla che giace sulla scrivania. Dopodiché, allungo una mano e la prendo tra le dita. Nessuno dei miei fratelli è stato Prefetto, nemmeno mio padre lo è stato, e nemmeno la mamma. Sarebbe una bella novità in famiglia, di sicuro li renderei felici, orgogliosi, forse questa notizia potrebbe portare un po’ di spensieratezza nella vita di mamma e papà. Non pretendo che li faccia riappacificare, ma almeno riavvicinare un po’, eliminare solo un po’ dei dissapori che ci sono tra di loro. Natale si avvicina sempre di più, e sarebbe bello avere qualcosa di cui parlare che non siano le solite discussioni. Soprattutto, sarebbe bello tornare a casa e non rimanere al castello per paura di sentirli litigare.
Sposto lo sguardo di nuovo su Cylon.
«Posso indossarla già da ora?» gli chiedo, con una traccia di eccitazione nella voce. Il professore annuisce e poi mi congeda, dicendo che non posso fare tardi ad Incantesimi per colpa sua. Lo ringrazio ancora una volta ed esco dal suo ufficio, ritrovandomi nel corridoio buio dei Sotterranei.
Rimango ferma per qualche momento, ancora incredula e inconsapevole di quanto appena successo.
Benedetta Morgana, sono diventata Prefetto!
 
Amelia Nott mi ha guardato male per tutta la durata delle lezioni. Giurerei che abbia provato a lanciarmi un Confundus durante la verifica di Trasfigurazione, e che sia stata sul punto di lanciarmi il calderone in testa a Pozioni, è tutto il giorno che evito la Sala Comune e che mi sorbisco le ripetute domande di Kelsey su come io abbia fatto, esattamente, a diventare Prefetto.
«Cylon ha detto che hanno tolto la spilla alla Nott e hanno deciso di darla a me, fine» mi ritrovo a spiegarle per la quindicesima volta. Eppure non è difficile da capire!
«E perché gliel’hanno tolta?» mi domanda Kelsey, sempre più curiosa.
Io alzo le spalle e scuoto la testa, per farle capire che non ne ho la più pallida idea. Di certo deve aver fatto qualcosa di grave o non le avrebbero tolto la spilla, ma Cylon non ha voluto spiegarmelo.
La parte peggiore di tutto questo, però, è che ancora non abbiamo incontrato Scorpius e Alec per i corridoi o in qualsiasi altro posto, per cui loro ancora non sanno, solo che adesso le lezioni sono finite e stiamo andando a cena in Sala Grande, e dopo la cena dovrò tornare in Sala Comune ed è lì, probabilmente, che dovrò prepararmi all’inferno.
A tavola ci sediamo ai nostri soliti posti e non passa molto tempo che ci raggiungono anche Alec e Scorpius. Inizialmente nessuno dei due nota la cosa e una piccola parte di me spera che la cena continui in questo clima pacifico e sereno. Ed è così per almeno una decina di minuti, mentre Alec ci sta spiegando per filo e per segno lo schema della partita di dopodomani ed è troppo preso da quello per notare la mia spilla. Solo che ad un certo punto Scorpius gli dice di smetterla.
«A loro non gliene frega niente del Quidditch, Alec» esordisce. «E io conosco questo schema a memoria e se te lo sento ripetere un’altra volta ti ammazzo nel sonno.»
Ed è nel momento in cui Scorpius finisce di parlare che il cervello di Alec smette di lavorare per qualche secondo, per poi spostare lo sguardo qua e là in cerca di qualcosa di interessante da commentare.
Mio fratello questa sera è girato di spalle, quindi non possono nemmeno guardarlo in faccia e parlare di lui e della partita, nessuno al nostro tavolo sta piangendo, o è in procinto di iniziare un’altra lotta con il cibo, tutto sembra maledettamente ordinario. C’è solo un piccolo dettaglio fuori posto, e io sento già la terra tremare nel momento in cui lo sguardo di Alec si posa su di me. O meglio, sul maglione della mia divisa.
Respira Lily, magari Alec ti sta solo guardando le tette.
Tuttavia, non c’è molto da guardare se non la spilla, ed è proprio quella che lui sta guardando, perché strabuzza gli occhi, poi alza lo sguardo sul mio viso, apre la bocca per parlare e poi si rimette a guardare la spilla.
Salazar, ti prego, fa che non si metta ad urlare.
«MA DA QUANDO SEI DIVENTATA PREFETTO?!»
Come non detto. Adesso, credo che la cosa più intelligente da fare sia scavare una fossa fino al centro della Terra e buttarmici dentro ad occhi chiusi, ovviamente senza dimenticare di trascinare con me Alec e la sua maledetta lingua. Inutile dire che tutti i miei compagni di casa che ancora non fossero al corrente della cosa mi stanno guardando: chi scioccato, chi confuso, e chi con l’aria di chi vuole ammazzarmi – e quest’ultima parte coincide con la Nott e le sue amichette. Anche quasi tutto il tavolo dei Corvonero si è girato a guardarmi e persino qualche Tassorosso, inutile dire che percepisco lo sguardo di mio fratello senza nemmeno controllarlo.
Sì, direi che sprofondare è proprio quello che farebbe chiunque. Però, la parte razionale del mio cervello decide che devo assolutamente calmarmi, respirare, ignorare il mondo circostante e concentrarmi solo sull’imminente omicidio di Alec.
C’è qualcosa, tuttavia, che inibisce anche la parte razionale e omicida di me e che mi fa tornare con i piedi per terra per rispondere semplicemente alla domanda: Scorpius mi sta sventolando una mano davanti al viso, perché devo essermi persa un po’ nei miei pensieri e devo avere un’aria abbastanza sconvolta e furiosa sul volto, non appena me ne accorgo mi giro verso di lui e noto che sta abbassando lo sguardo su questa maledetta spilla.
Beh, lui forse mi sta veramente guardando le tette.
Merlino, ma sono scema o cosa?!
Prendo un grande respiro, cercando di svuotare completamente il cervello da qualsiasi pensiero stupido e rispondo.
«Da stamattina. Cylon mi ha detto che hanno tolto il titolo alla Nott e hanno deciso di darlo a me.»
«A te?» continua Alec con molta enfasi, adesso sembra che sia sull’orlo di una risata.
«Già, è stata la mia stessa reazione» borbotto e mi affretto a trangugiare un intero bicchiere d’acqua, perché all’improvviso mi sento la gola secca. «Ma Cylon ha detto che se riesco a tenere voi lontano dai guai di sicuro ci posso riuscire anche con tutti gli altri.»
«Convinto lui…» ridacchia ancora Alec.
«E dai, secondo me invece può farcela!» esclama all’improvviso Kelsey. «È abbastanza minacciosa da impedire alla gente di fare cose stupide.»
«Ehi!» mi lamento. «Io non sono minacciosa. È solo che… è la mia faccia che trasmette minacciosità, ma io non sono minacciosa.»
«Su, lasciatela in pace. Secondo me Lily sarà bravissima» dice finalmente Scorpius, dopo essere rimasto in silenzio per un bel po’. «Un Prefetto perfetto.»
 
In Sala Comune decido che ho voglia di sapere perché hanno tolto la spilla alla Nott. Do una gomitata a Kelsey, che sta ripassando svogliata qualche argomento di Erbologia.
«Secondo te perché hanno tolto la spilla alla Nott?» le chiedo, ma Kelsey alza le spalle e arriccia le labbra, mentre scuote di poco la testa.
«Non ne ho idea» mi dice allora, poi ributtarsi a leggere.
«Glielo vado a chiedere» annuncio, ma nemmeno un secondo dopo la mano di Kelsey è stretta attorno al mio braccio.
«Ma sei scema?» mi chiede, quasi sconcertata. «Amelia vuole vederti strangolata dalla piovra gigante per questo e tu vai a rigirare il dito nella piaga?»
Mi mordo il labbro inferiore: ha ragione, la Nott probabilmente mi pugnalerebbe se ora andassi a chiederle perché hanno deciso di sollevarla dal ruolo di Prefetto. Vuol dire che agirò per vie traverse.
«Allora lo chiederò a Florence» sospiro. «È tanto aggressiva quanto pettegola.»
Kelsey sta per controbattere, ma io mi sono già alzata dal divano e sto attraversando la Sala Comune fino a raggiungere le poltroncine sotto le grandi vetrate. Amelia fortunatamente è china su uno dei tavoli a scrivere qualcosa – probabilmente una lettera – ed è abbastanza lontana da Florence, che invece sta giocando un’accesa partita a scacchi con il cugino, Terence Montague.
Senza farmi troppi scrupoli, appello con la magia una sedia non molto distante e mi metto seduta vicino a loro. Osservo la partita finché non vedo Terence assumere un’espressione alquanto infastidita.
«Non pensavo fossi così intelligente da seguire le partite a scacchi, Potter» commenta acido. Faccio un sorrisetto divertito, per dimostrare che la sua battuta pungente non mi ha toccata minimamente e decido di ignorarlo.
«Devo chiederti una cosa, Florence» dico subito, rivolgendomi alla ragazza alla mia sinistra. Lei mi guarda con uno sguardo di sufficienza, assottigliando gli occhi chiari.
«Che vuoi?»
«Perché hanno tolto la spilla ad Amelia?»
«E a te che importa? Tanto l’hanno data a te.»
«Non l’ho chiesta io, pensavo che Cylon fosse ubriaco quando me l’ha data. Sono solo curiosa.»
Florence sospira e si guarda per un attimo intorno, furtivamente, come se avesse paura che qualcuno, oltre me e Terence, possa ascoltarla.
«È colpa di Burke.»
Adesso sono davvero confusa. Come può aver fatto un decerebrato come Christopher Burke, che non pensa con il cervello ma con qualche organo più in basso, a far rimuovere Amelia Nott dal ruolo di Prefetto?
«Stiamo parlando della stessa persona?» domando, un po’ confusa. «Perché quello che conosco io non è capace nemmeno a trasfigurare un cucchiaino in un piatto, figuriamoci ad escogitare piani del genere.»
«Praticamente, all’inizio dell’anno lui e Amy si sono… ehm, frequentati, ecco» inizia a spiegarmi Florence, mantenendo sempre un tono di voce molto basso. «Premetto che io l’avevo avvertita, ma che lei non ha voluto darmi retta, e quando Burke ha provato a fare sesso con lei, Amelia gli ha detto di no.»
«Oh, Merlino, non dirmi che…»
«Invece sì. Qualche giorno fa le ha scritto un biglietto, dicendo che gli dispiaceva per non aver rispettato i suoi tempi e altre stronzate smielate, e le ha chiesto di vedersi dopo il coprifuoco nel Parco» continua Florence. «Io le ho detto di non andare, ma Amy non ha voluto darmi ascolto… il fatto è che nel Parco non c’era nessuno, e Amy è stata beccata dai Caposcuola, che lo hanno detto a Cylon, che probabilmente ha parlato con la McGranitt, che le ha tolto la spilla.»
Sono così… così schifata che non riesco a trovare nemmeno le parole per replicare, o per ringraziare Florence delle informazioni. L’unica cosa a cui il mio cervello riesce a pensare, in questo momento, è che devo alzarmi dalla sedia e spaccare qualcosa. Possibilmente il naso di Christopher Burke.
Questi sono i geni Potter che mi rendono quella che sono e che oscurano il buon senso ereditato da mia madre. Sento Florence chiamarmi per nome, e se addirittura ha rinunciato a pronunciare il mio cognome con aria sprezzante, deve essere sensibilmente preoccupata. Credo che lo sia perché mi sto dirigendo pericolosamente verso un gruppetto di studenti del settimo anno, stravaccati come animali su un divano nero molto ampio.
«Burke! Razza di cretino!» esclamo, non appena ho raggiunto la mia destinazione. Il mio sguardo è puntato su ragazzo alto, leggermente scuro di carnagione, seduto al centro del divano, oggettivamente bello da morire, ma idiota come pochi. Non sembra affatto infastidito dal modo con cui mi sono rivolta a lui, e mi sta… sorridendo.
«Per Circe, Potter, se volevi la mia attenzione non c’era mica bisogno di tutta questa scena» mi dice, facendomi l’occhiolino. Alzo un sopracciglio e lo guardo male, ma lui non si da per vinto. «E purtroppo sono già impegnato per la prossima gita ad Hogsmeade, mi dispiace, ma possiamo fare il mese prossimo, che dici?»
«Non voglio le tue attenzioni» ribatto immediatamente. «E poi, preferirei uscire con Gazza piuttosto che con te.»
«Siamo acidine oggi, eh?» controbatte lui, alzandosi dal divano. «Ti serve una mano per rilassarti? Ce ne andiamo nei dormitori?»
Ecco, ora che mi guarda dall’alto del suo metro e ottanta e con quei minacciosi occhi scuri, penso di aver perso parte della sfrontatezza che avevo fino a qualche secondo fa, ma non mi do per vinta.
«Tu sei un pezzo di merda, Burke, e adesso che sono Prefetto puoi scordarti tutte le tue scappatelle notturne in giro per il castello, ti controllerò notte e giorno se necessario e se ti vedo trattare male qualsiasi ragazza ti toglierò dei punti, anche a costo di svuotare la nostra clessidra e di far vincere la Coppa delle Case ai Grifondoro. È una promessa» gli dico, gonfiando fiera il petto, proprio dove è appuntata la mia nuova spilla. Lui fa per dire qualcos’altro, ma io non glielo permetto e vado avanti. «E se vuoi togliere la spilla anche a me, buona fortuna. Non avrai vita facile.»
«Dovrei avere paura di una nanetta come te? Che mi fai, eh?» mi risponde lui. Io sospiro e abbasso per un attimo lo sguardo, quando lo rialzo lui ha già un mezzo sorriso vittorioso stampato sul volto, convinto di avermi zittito. Tuttavia, Christopher Burke non deve conoscermi bene, perché chiunque mi conosca un po’, sa che un sospiro è solo l’inizio di una tempesta.
Senza nemmeno ragionarci sopra, gli mollo uno schiaffo sulla guancia destra con tutta la forza che ho, e il silenzio cala dentro la Sala Comune, mentre cerco di nascondere il fastidio che mi sta procurando il bruciore sul palmo della mano.
«Questo è per Amelia Nott» gli dico, e senza aggiungere altro mi giro e cerco di allontanarmi il più possibile da lui. Non vedo cosa sta facendo e nemmeno mi interessa, so solo che mi sento un po’ frastornata e che mi gira leggermente la testa. Per fortuna, qualcuno mi tocca gentilmente una spalla e mi riporta alla realtà.
È proprio Amelia Nott.
«Non dovevi farlo» mi dice a bassa voce. «Grazie.»
Io e la Nott non siamo mai state amiche e a dir la verità ci siamo sempre state antipatiche. Io la trovo troppo frivola e superficiale e sicuramente lei mi vede come una che se la tira, ma in questo momento sento che qualsiasi barriera o divisione ci sia tra di noi non esiste più, e le rivolgo un sorriso intenerito.
«Sei libera di dire di no tutte le volte che vuoi, Amelia, senza dover aver paura delle conseguenze» le dico schietta. «No significa no, e lui non aveva il diritto di vendicarsi.»
Lei annuisce con le lacrime agli occhi e io sento il bisogno di abbracciarla, però mi trattengo e mi limito solo a stringerle la mano e a farle un ultimo sorriso, poi ritorno a Kelsey, che nel frattempo è stata raggiunta anche da Scorpius e Alec.
Probabilmente stanno commentando quello che ho appena fanno e mi staranno per dire che sono una pazza suicida e che mi sono guadagnata l’odio di Burke e compagnia bella per l’intero anno scolastico. Solo che nessuno di loro mi dice niente di tutto questo: Kelsey mi dice che sono stata meravigliosa, Alec aggiunge che era ora che qualcuno desse una lezione a quel cretino. Solo Scorpius rimane in silenzio, e aspetta che Alec e Kelsey si allontanino per parlarmi.
«Se Burke prova a farti qualcosa, dovrà prima vedersela con me» mi sussurra. Io lo guardo un po’ preoccupata, specialmente perché non sta ridendo e non ha nemmeno l’aria di qualcuno che lo dice tanto per scherzare.
«Non devi preoccuparti, Scorp, Burke è solo un deficiente» gli rispondo.
«Lo so, ma… non mi piace e non voglio che ti infastidisca» continua lui, sempre serio in volto. «Quindi d’ora in poi considerami la tua guardia del corpo personale.»
Con quest’ultima frase mi strappa una mezza risata. «Allora grazie, ma speriamo che non ci sia bisogno di fare a pugni anche con lui.»
«Con lui userei fatture e maledizioni, in realtà.»
«E come mai invece con Albus finisce sempre alla babbana?»
«Perché Albus infastidisce me e nessun altro, mentre se qualcuno infastidisce te voglio essere sicuro di fargli male. E le maledizioni fanno più male dei pugni.»

Vi giuro che esiste una spiegazione alla mia assenza di un mese e questa spiegazione si chiama università o più precisamente sessione estiva. Da metà maggio sto studiando tutti i giorni ininterrotamente ed è stato davvero difficile trovare ogni tanto qualche ritaglio di tempo per dedicarmi alla storia, soprattutto perché nel mentre cercavo anche di avere un minimo di interazioni sociali con il mondo per non impazzire. Dopodomani ho un esame difficili, ma a forza di ripetere mi stava venendo la nausea quindi ho deciso di prendermi qualche ora di stop, di rileggere il capitolo e di pubblicarlo. A questo capitolo ci tengo particolarmente, so che questa è una storia leggera e divertente, io stessa l'ho iniziata quasi per gioco, per trovare un passatempo piacevole, però ho voluto trasmettere un messaggio che ritengo importante per tutti: no signifca no. Non so se sono riuscita ad inserirlo bene in un  contesto "leggero" come quello di questa storia, ma spero comunque di aver fatto qualcosa di decente.
Spero vi sia piaciuto e che mi perdoniate per l'assenza.
Un bacione ♥
Mars
 
 

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Capitolo 16
*** Memoria tattile ***


XVI – SCORPIUS
 
Memoria tattile
 
Un’ordinaria domenica mattina, nella nostra Sala Comune, vede come protagonista il silenzio. La maggior parte degli studenti dormono fino a tardi nei dormitori, per recuperare le ore di sonno perse durante la settimana di lezioni e quelle che invece hanno perso la sera prima, per rimanere svegli fino a tardi. In un’ordinaria domenica mattina, mi sveglierei anche io tardi, andrei nelle cucine con Lily a prendere da mangiare, perché in Sala Grande la colazione è già finita da un pezzo, e poi ritorneremmo insieme in Sala Comune per mangiare i nostri dolcetti assieme ad Alec e Kelsey, e aspetteremmo l’ora di pranzo stravaccati su divani e poltrone, mentre parliamo delle cose più stupide.
L’unico problema è che oggi non è affatto un’ordinaria domenica mattina.
C’è un motivo ben preciso se quest’oggi è stato Alec a svegliare me ad un orario anche abbastanza indecente – ovvero le sei e mezzo! C’è un motivo se ho lo stomaco chiuso e non riuscirei a mangiare nemmeno una fetta della mia torta preferita. E c’è un motivo che spiega anche il fatto che ho deciso di tagliare fuori Lily Potter e Kelsey Higgs dal giro delle mie amicizie. Tutte queste motivazioni, possono essere facilmente desunte dalla Frase della Discordia, pronunciata da quella traditrice che è – o era – la mia migliore amica intorno alle nove e venti di mattina, esattamente quaranta minuti prima dell’ora X.
«Non ci trovo niente di interessante a vedere quattordici persone che si rincorrono sulle scope, non penso che verrò a vedere la partita.»
E con queste semplici ma amare parole, Lily Potter ha firmato la fine della nostra pluriennale amicizia.
«Ma sei diventata scema?» le grido quasi contro, nel bel mezzo della Sala Comune, attirando non pochi sguardi su di me. Lily mi guarda perplessa e poi sposta lo sguardo in giro per la grande stanza, infine ritorna con gli occhi su di me.
«Al contrario, credo che studiare per le verifiche di fine trimestre invece di perdere tempo al campo da Quidditch sia indice di grande intelligenza» mi risponde, e nella sua voce c’è una tranquillità che mi mette a disagio e mi incute paura. Ora, se fosse un’ordinaria domenica mattina, ad una qualsiasi cosa pronunciata con questo particolare tono di voce, il mio cervello risponderebbe mettendosi a cercare qualsiasi cosa sbagliata detta o fatta nelle scorse tre settimane, ma dal momento che questa non è un’ordinaria domenica mattina, ma è la mattina della prima, maledetta, partita del torneo di Quidditch, faccio quello che mi riesce meglio quando sono sotto stress: ovvero, elimino qualsiasi barriera ci sia tra le mie sinapsi e la mia bocca.
«Tu non studi un cazzo oggi, Lily Luna Potter! O vieni di tua spontanea volontà o ti ci porto di peso!»
Lily si alza dal divano dov’era seduta fino a pochi secondi fa e si mette davanti a me, incrociando le braccia. Se il suo sguardo adesso vuole essere minaccioso, il fatto che sia quasi venti centimetri più bassa di me le fa perdere un po’ di credibilità. Tuttavia, questa ragazza è la prova vivente che le apparenze ingannano.
«Come te lo devo dire che questo sport maledetto mi fa schifo?!» sbotta dopo un po’, facendo un passo in avanti verso di me.
«Esattamente come a me fanno schifo quei quattro cantanti mezzi scemi, ma devo ricordarti chi ti ha portato al loro concerto quest’estate?»
«Quella è stata un’emergenza! Roxanne mi ha dato buca all’ultimo momento!»
«Me lo devi.»
«Neanche se mi paghi.»
«È la mia ultima prima partita del torneo!»
«Bene. Dovrai portarmici di peso allora, perché non ho intenzione di muovermi da qui.»
Involontariamente, un sorrisetto compiaciuto si fa strada sul mio viso. L’espressione di Lily, da severa e minacciosa qual era, ha assunto un cipiglio nervoso e confuso, ma io non ho più modo di vedere in che modo cambia il suo sguardo, perché ho fatto esattamente quello che mi ha chiesto di fare: in meno di mezzo secondo le mie mani sono scivolate ai lati del suo bacino e l’hanno tirata su senza troppo sforzo, facendola ritrovare adagiata sulla mia spalla destra, a testa in giù e con le gambe che scalciano a non finire. Con tutta la sua poca forza mi batte pugni sulla schiena, mentre strilla con il tono di voce degno di un’arpia: «Mettimi immediatamente giù! Scorpius, mettimi giù o ti crucio!»
Non replico perché le mie facoltà mentali mi servono ancora per giocare la partita, quindi decido di ignorarla e di portarla di peso fino agli spalti, precisamente come lei ha detto. Durante il mio tragitto, dopo che Lily ha smesso di darmi pugni sulla schiena e di scalciare e ha cominciato semplicemente ad elencarmi una serie di lesioni fisiche che mi riserverà non appena finita la partita, se non la rimetto immediatamente con i piedi per terra, incontriamo nientemeno che la Preside, la quale ci scruta per un momento quasi allibita e subito dopo mi richiama: «Malfoy, cosa stai facendo con la signorina Potter?»
«La obbligo ad assistere alla mia ultima prima partita di Torneo, professoressa» rispondo, senza alcuna traccia di esitazione o paura nella mia voce. Mi defilo prima che possa richiamarmi ancora.
Nel frattempo, penso che Lily stia dicendo qualcosa a proposito dell’evirazione. Pivella, mi ha minacciato di farlo troppe volte per poter essere ancora un minimo credibile.
Quando comincio a salire le scalette degli spalti, una fastidiosa voce alla mia sinistra mi fa fermare di botto, tant’è che rischio quasi di lasciar cadere Lily a terra come un sacco di patate.
«Belle mutande, Potter!»
A parlare è stato quell’ameba di Christopher Burke. Fortunatamente, non appena lascio la presa su Lily per voltarmi di scatto verso di lui, lei riesce comunque a tenersi per qualche momento aggrappata alle mie spalle e poi si rimette in equilibrio sui suoi piedi. Si gira così velocemente verso Burke che i suoi capelli mi colpiscono in faccia.
«Stai zitto, deficiente» gli risponde immediatamente lei, riservandogli uno sguardo infuocato.
«Andiamo» le sussurro semplicemente io, prendendola per un braccio. Lily non sembra interessata a continuare a discutere con lui, quindi mi segue e continua a salire e salire, fino ad arrivare all’ultima fila, quella più in alto, quella più lontano possibile da Burke.
«Soddisfatto ora che il mio nuovo acerrimo nemico ha potuto ammirarmi il culo?» mi chiede Lily senza neanche guardarmi in faccia, ha le braccia conserte e lo sguardo fisso su un punto imprecisato del campo. Penso che sia arrabbiata, ma sono sicuro che le passerà in fretta.
«Sì perché ti ho portato alla partita» rispondo. «E no, perché mi da fastidio che Burke ti abbia guardato il culo.»
«Non sarai mica geloso, Malfoy?» mi dice ancora, ma adesso è divertita e mi sta prendendo in giro. Le labbra strette e leggermente incurvate verso l’alto ne sono la riprova.
«Ovvio che lo sono» le rispondo per stare al suo gioco. «Albus lo è, quindi dato che sono quasi paragonabile ad un fratello per te, possono esserlo anche io.»
«Sai che ne ho anche un altro di fratello, sì?» mi chiede di rimando Lily, senza abbandonare il suo cipiglio ironico.
«Il caro vecchio James non è qui a terrorizzare mezza Hogwarts» le faccio notare. «Qualcuno deve fare le sue veci.»
«E quel qualcuno saresti tu?»
«Meglio io che Alec.»
Lily si mette a ridere e io mi guardo intorno per vedere chi sta arrivando: vedo quell’appiccicume di Harriet Davies che si avvicina pericolosamente a noi e mi chino verso Lily per dirle qualcosa all’orecchio.
«Dovevo stare negli spogliatoi dieci minuti fa, ci vediamo dopo» le dico, per poi accingermi a scendere le scale e a defilarmi.
«Ehi, Scorp!» mi riprende lei dopo qualche secondo. Mi giro e la guardo, in attesa. «Spacca il culo a mio fratello, va bene?»
Può dirlo forte.
 
Ci siamo. Alec sta stringendo la mano di Potter con una certa riluttanza, mentre lo guarda con gli occhi iniettati di sangue e pieni di ostilità. Madama Bumb fa i soliti avvertimenti, ma da quando sia Potter che Alec sono diventati i capitani delle rispettive squadre, sembra che le sue parole ormai siano una sorta di formula rituale e non degli avvertimenti veri e propri: sappiamo tutti che questa partita sarà tutto fuorché pulita e che la metà dei punti sarà segnata grazie ai tiri di punizione e ai rigori.
Io sono già a cavalcioni sulla mia meravigliosa Firebolt Platinum, tra le mani stringo il manico di legno chiaro e i miei occhi sono fissi su Potter. Oggi l’aria è rigida, ma è una bella giornata di sole, cosa che comporta tanti vantaggi quanti svantaggi – ricordo ancora quando, l’anno scorso, Alec voleva trasfigurare il colore dei miei occhi da azzurro a marrone scuro, perché aveva letto da qualche parte che la luce del sole dà meno fastidio alle persone con gli occhi scuri.
Dopo qualche secondo, il suono acuto del fischietto pervade l’aria circostante, facendomi alzare di scatto in volo, insieme al resto dei miei compagni. Salgo abbastanza in alto per avere una visione completa del campo e fare una prima perlustrazione alla ricerca del boccino, ma ancora non si vede nulla. Sono molto rare le volte in cui il boccino riesce a farsi vedere sin dall’inizio della partita, quindi non mi preoccupo più di tanto. Potter ha avuto la mia stessa idea e ispeziona il campo volando lentamente, appena poco sopra gli spalti. Hugo Weasley inizia a commentare la partita in modo abbastanza imparziale: merito della preside, che sta seduta accanto a lui ed è pronta a disintegrare il microfono nel caso in cui il cugino di Potter dica qualcosa di sgradevole.
«Il numero 4 di Grifondoro, la meravigliosa Laurel Regan, sfreccia a tutta velocità con la pluffa tra le braccia! Attenzione! Schiva magistralmente Quinn Chestwood di Serpeverde e continua spedita verso gli anelli. È in fase di lancio… tira la pluffa e… oh no! Il capitano Alexander Pucey la intercetta e se ne appropria.»
Controllo cosa sta facendo Potter: continua a girovagare per il campo con gli occhi che volano da una parte all’altra, nemmeno lui nota ancora niente e deduco che del boccino non ci sia nemmeno l’ombra. Decido di spostarmi un po’ più in basso, per volare in mezzo ai cacciatori avversarsi e mettergli un po’ i bastoni tra le ruote.
«Scorpius Malfoy entra nella mischia e attraversa il campo a zig-zag. Avrà visto il boccino o lo sta ancora cercando? Albus Potter si trova ancora qualche metro sopra rispetto agli altri, com’è sua abitudine fare anche nella vita reale per giunta e…»
«Weasley!» lo richiama immediatamente la preside.
«Per la barba di Merlino!» esclama Hugo Weasley, ignorando completamente il richiamo della professoressa McGranitt. «Samuel Nott scaglia un bolide micidiale contro Frederik Henderson, che perde la pluffa, e subito dopo si scontra accidentalmente con Michael Donnox che l’ha recuperata. Siamo sicuri che fosse un contatto accidentale? Ah! Ecco che Madama Bumb fischia il fallo e assegna un rigore a favore dei Grifondoro. Il lancio sarà effettuato proprio da Donnox. Si prepara in posizione, tira e… MITICO DONNOX! CON IL SUO TIRO A EFFETTO CONFONDE IL PORTIERE E SEGNA I PRIMI DIECI PUNTI DELLA PARTITA!»
Cerco di non lasciarmi scoraggiare: la partita è appena iniziata e quei rammolliti dei Grifondoro sono riusciti a segnare unicamente grazie ad un rigore. Non posso permettermi di distrarmi su certe cose, devo concentrarmi unicamente sul boccino, su come vederlo prima di Potter, su come confondere Potter e, ovviamente, su come prenderlo prima di Potter. 
Dagli spalti s’innalza qualche coretto d’incoraggiamento per Potter e io cerco di non farmi distrarre, salendo di nuovo in alto rispetto a tutti gli altri giocatori per osservare meglio il campo. Nel frattempo,  grazie ai commenti dettagliati di Hugo Weasley, apprendo che Alec ha segnato dieci punti, facendoci raggiungere la parità; un battitore Grifondoro ha lanciato un bolide che ha quasi preso in pieno Quinn, ma per fortuna, lei è riuscita a muoversi abbastanza rapidamente e il bolide le ha semplicemente sfiorato la spalla, senza farle male; i Grifondoro si stanno accanendo contro di noi e riescono a tirare per sette volte di fila, ma solo due pluffe attraversano gli anelli e ai nostri avversari vengono assegnati venti punti; noi recuperiamo in fretta, Quinn segna dieci punti, Eric tira due rigori e Alec segna di nuovo, per un totale di quaranta punti. Adesso siamo trenta a cinquanta per noi. Faccio ancora un giro di campo, all’altezza delle ultime file degli spalti, per perlustrare il più possibile la zona circostante, ma del boccino d’oro pare non esserci ancora traccia.
Per un istante i miei occhi vanno a posarsi sui posti in cui ho lasciato Lily poco prima dell’inizio della partita. La immagino alla perfezione: seduta a braccia incrociate, ammusata e con uno sguardo torvo, mentre osserva in silenzio la partita, probabilmente in attesa che finisca, e immagino anche Kelsey vicino a lei che cerca invano di coinvolgerla un po’ nel tifo generale. Solo che non è affatto questa la scena che mi si presenta quando, per una frazione di secondo, sposto lo sguardo in quel punto.
Kelsey non c’è, ma al suo fianco c’è Harriet Appiccicosa Davies e davanti a loro c’è Christopher Burke, che non sta affatto guardando la partita, ma è girato all’indietro e sta parlando. Lily è rossa in volto e sta probabilmente discutendo con lui in maniera abbastanza concitata, perché alcuni ragazzi seduti nelle vicinanze sono girati a guardarli, tra cui Florence Montague, che si sta alzando in piedi, ma che viene trattenuta da Amelia Nott.
Sento qualcosa di strano scorrermi nelle vene e per un secondo mi dimentico di essere in sella ad una scopa, a non so quanti metri di altezza da terra. Ritorno alla realtà solo quando mi accorgo di star andando fuori campo e quando, nello stesso momento, la voce di Hugo Weasley mi rimbomba nelle orecchie: «ALBUS POTTER HA VISTO IL BOCCINO D’ORO!»
Che cosa?!
Come un fulmine mi butto in picchiata alla ricerca di Potter, che si trova quasi a rasoterra. Durante la mia discesa quasi rischio di travolgere Delilah, a cui Alec stava passando la pluffa, e poi finalmente raggiungo il mio nemico. Non deve essersi nemmeno accorto che sono dietro di lui. Cerco di andare il più veloce possibile e riesco a recuperare la distanza che ci separa, affiancandomi alla sua destra. Adesso vedo anche il boccino abbastanza nitidamente, il sole scaglia i suoi raggi sulla pallina e la sua superficie dorata luccica più che mai. In tutto ciò, non so a quanti punti siamo, ma suppongo che lo scarto sia davvero piccolo, per cui se acchiappo il boccino vinciamo sicuramente.
Il boccino cambia la sua rotta e comincia a salire all’improvviso, impenno quasi subito, Potter lo fa un secondo dopo di me, a causa di qualche riflesso più lento, e adesso mi trovo in un leggerissimo vantaggio. La pallina dorata continua a salire e salire e poco dopo mi ritrovo di nuovo in alto, più in alto degli spalti; poi interrompe la sua salita e continua a sfrecciare di qua e di là, in un moto leggermente irregolare. Potter mi raggiunge, a bordo della sua Nimbus 2300 Plus. Abbiamo entrambi delle scope eccezionali, ma mentre la mia arriva ad una maggior velocità, la sua accelera più rapidamente e quindi riesce ad affiancarsi a me in meno di quanto abbia potuto prevedere.
«Arrenditi, Malfoy. Questa partita è mia e lo sappiamo entrambi» esclama, senza nemmeno guardarmi. Neanche io lo faccio, i miei occhi seguono soltanto il boccino. Decido di non rispondergli e di non aumentare ulteriormente il suo ego, cerco di andare ancora più veloce per raggiungere il boccino. Stacco la mano destra dalla scopa e allungo il braccio il più possibile, anche Potter fa lo stesso e si avvicina pericolosamente a me, con il braccio sinistro teso. I nostri gomiti si scontrano mentre voliamo e questo non lascia presagire assolutamente niente di buono. Infatti, nemmeno dieci secondi dopo Potter mi spintona leggermente, ma per fortuna non perdo il controllo della scopa e riesco a mantenermi sulla stessa traiettoria e non perdo nemmeno tanta velocità. Lo recupero in fretta e gli riservo lo stesso trattamento, senza staccare gli occhi dal boccino, che continua a fare il giro del campo alla stessa altezza. È ora di acchiapparlo, perché ho la sensazione che tra poco la nostra cara pallina impazzita cambierà totalmente tragitto e ci costringerà a strampalate acrobazie.
Ad un certo punto, non ci capisco più niente. Un momento prima io e Potter volavamo vicinissimi, il boccino davanti a noi, le braccia tese in avanti, i gomiti che si toccavano sempre più violentemente, e il momento dopo mi ritrovo la mano destra stretta a quella sinistra di Potter, ma tra le mie dita sento la superficie liscia e fredda del boccino, qualcosa che mi solletica il palmo della mano. L’ho preso? Se l’ho preso io, perché la mano di Potter non si stacca dalla mia?
«Levati, il boccino è mio!» gli intimo, mentre con l’altra mano cerco di staccare le sue dita, ancorate alle mie e al boccino.
«Neanche per sogno, l’ho preso prima io!»
«Non pensavo fossi così scemo, onestamente.»
«Tu sei patetico se credi di aver vinto la partita.»
«Io ho vinto la partita, Potter!»
Continuiamo così finché non sopraggiunge la stessa Madama Bumb a separarci le mani, dopo averci sgridato perché abbiamo ignorato tutti i suoi richiami da terra, con tanto di fischietto. La nostra vecchia insegnante di volo si prende il boccino e ci dice di seguirla, così, con l’adrenalina a mille e una voglia sconsiderata di ammazzare Albus Potter perché ha osato contestare la mia palese vittoria, comincio a planare verso il basso.
Una volta a terra, le nostre rispettive squadre ci circondano e Madama Bumb ci chiede chi abbia preso il boccino per primo. Inutile dire che la parola “io” esce sia dalla mia bocca che da quella di Potter. La donna sospira sconfitta.
«Beh, i boccini hanno una memoria tattile per un motivo» borbotta. «Adesso toccherete il boccino e lui spiegherà le ali solo al tocco di chi lo ha preso per primo. Chi vuole provare?»
Si ripete la stessa scena di pochi secondi fa, perché io e Potter esclamiamo all’unisono: «Lo prendo io!»
«Avanti, signor Malfoy» dice sbrigativa Madama Bumb, porgendomi la pallina dorata. Con una certa fierezza sul volto prendo il boccino in mano, ma una strana inquietudine comincia a pervadermi, dal momento che esso rimane immobile. A questo punto, Potter me lo strappa letteralmente dalle mani e non appena lo tocca, due lunghe ali bianche fuoriescono dalle piccole fessure incise sulla superficie, il boccino si apre, e io penso di sentirmi male.
Potter ha davvero preso il boccino d'oro prima di me e i Grifondoro hanno vinto la partita, sento Hugo Weasley blaterare qualcosa a proposito del punteggio finale, mi sembra un duecentotrenta a centodieci.
«Te l’avevo detto che questa partita era mia, Malfoy» mi dice infine Potter, con un viscido e schifoso sorrisetto stampato in faccia.
Penso che Alec abbia sviluppato, negli anni, la straordinaria abilità di leggermi nel pensiero, perché lo sento stringermi con forza la spalla destra, mentre poi cerca di tirarmi leggermente indietro. In questo momento, infatti, sto pensando che quello che rischia il Quidditch fino alla fine dell’anno è Potter e non io, quello che ha ricevuto la strillettera dalla terrificante da Ginny Weasley è lui e non io.
“Quindi vaffanculo, Potter.”
Ed è con questo pensiero che prendo a pugni Albus Potter davanti a tutta la scuola.
 
Sto fissando il muro dello spogliatoio da un tempo non quantificabile. Dopo aver mollato un pugno in faccia a Potter, i nostri compagni di squadra ci hanno divisi, impedendoci di ucciderci a vicenda e Madama Bumb ci ha minacciato in modo abbastanza colorito di squalificarci entrambi dal torneo. Abbiamo promesso che non sarebbe più successo e ce l’ha fatta passare liscia, così siamo riusciti a ritornare ai nostri spogliatoi più o meno indenni. Solo che noi abbiamo comunque perso la partita.
Siamo rimasti solo io e Alec. Lui è sotto la doccia da quaranta minuti e penso stia cercando un modo per affogarsi sotto il getto d’acqua, mentre io riesco solo a fissare il muro e a pensare che avrei dovuto vedere prima io il boccino, e non rendermene conto quando Hugo Weasley ha annunciato al microfono che Potter si era già fiondato a ricorrerlo.
Ad un certo punto, qualcuno bussa alla porta e io mi risveglio dallo stato catatonico in cui ero caduto, rendendomi conto che devo ancora finire di vestirmi e che effettivamente sto sentendo freddo.
«Avanti!» esclamo, mentre cerco la mia felpa sulla panca. Sento la porta aprirsi e richiudersi, mi giro con ancora la testa infilata nella felpa verde, me la tiro giù e vedo Lily in piedi, avvolta dal mantello e dalla pesante sciarpa verde e argento: deve averglieli portati qualcuno perché non li aveva con sé quando l’ho portata al campo. Mi sta guardando con un mezzo sorriso sul volto.
«Ehi» esordisce. La sua voce non è squillante come al solito, è stato poco più di un sussurro.
«Ehi» le rispondo io, con un tono completamente apatico. L’unica cosa che provo in questo momento è rabbia, ma non credo sia giusto riversarla su di lei, così cerco di reprimere quell’unica emozione il più che posso.
«Dov’è Alec?» mi domanda.
«Sotto la doccia» le rispondo io. Lei annuisce e abbassa lo sguardo sul pavimento.
«Mi… mi dispiace per la partita» sospira ad un certo punto, facendo un passo verso di me, ma senza mai alzare lo sguardo. «Però, penso che siate stati comunque bravissimi.»
«Non lo siamo stati abbastanza» dico immediatamente. Se lo fossimo stati, avremmo vinto la partita. Se io fossi stato migliore, avremmo vinto sicuramente la partita.
«A me lo siete sembrati» mi dice ancora Lily, solo che adesso mi guarda e continuare a reagire così freddamente come sto facendo mi si prospetta all’improvviso come una cosa impossibile. Credo di aver capito cosa sta cercando di fare: probabilmente vuole solo tirarmi su di morale.
«A te neanche interessa il Quidditch» ribatto, maledicendomi nemmeno un secondo dopo.
«No, è vero… però mi interessa di voi due!» continua. «Siete miei amici e… mi dispiace se state male.»
«Non stiamo male, tranquilla» cerco di rassicurarla, ma non devo sembrare troppo convincente perché mie parole non ci credo nemmeno io.
«Alec sarà sotto la doccia da quando è finita la partita» mi fa notare. «E gli altri se ne sono andati mezz’ora fa, mentre tu sei rimasto qui a far niente.»
Dannazione, Lily, perché hai sempre ragione?
«È colpa mia se abbiamo perso, va bene?» ammetto, dopo qualche secondo.
«Colpa tua? Ma se hai preso il boccino praticamente insieme ad Albus!» esclama Lily, incredula.
«Se io l’avessi visto prima, invece di distrarmi, l’avrei preso prima di lui» le spiego. «E non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di…»
«Quando ti saresti distratto, scusa?»
Mi sono distratto quando ti ho vista discutere con Burke, perché eri da sola e avevo paura che potesse farti qualcosa. Mi sono distratto perché stavo pensando di portarti dall’altra parte del campo, lontano da quell’essere, e non ho visto il boccino.
«Non lo so» mi limito a rispondere, ricacciando via qualsiasi mio pensiero. Non credo di sapere bene perché io abbia appena detto una bugia a Lily, né sono sicuro di volerlo realmente sapere. So solo che è strano, perché io le dico sempre la verità, ma questa volta c’è qualcosa che blocca quelle parole e le fa rimanere saldamente ancorate al mio cervello, senza permettere loro di raggiungere la mia bocca. E non so spiegarmi che cos’è.
«Ascolta» riprendo subito dopo. «Rimango  ad aspettare Alec, perché intanto non torni in Sala Comune? Fa freddo qui.»
Lily mi scruta con uno sguardo che si è fatto improvvisamente duro, e anche quando parla, qualche secondo dopo, la sua voce ha abbandonato quella delicatezza che aveva quando è arrivata qui.
«Se hai finito di trattarmi di merda, sì. Forse è meglio tornare dentro» mi dice, guardandomi fisso negli occhi.
«Non ti sto trattando di merda» cerco di dirle.
Lily scrolla le spalle e sposta lo sguardo da un’altra parte. «Se lo dici tu, Scorpius.»
E mi sento un maledetto codardo, perché non riesco a guardarla quando si gira e se ne va, e chiudo gli occhi quando sento la porta sbattere.

 
Okay. Non so bene cosa dire se non che sono mortificata per questi cinque mesi di silenzio. C'è stata la sessione estiva, e poi le vacanze, e poi altri esami e poi ho ricominciato l'università a tempo pieno. Ho scritto qualcosa, non sono stata davvero ferma, mi sono un po' portata avanti. Non di molto, ma almeno ho qualche settimana di autonomia, per così dire xD
Continuerò a pubblicare in tempi abbastanza brevi e decenti finché avrò capitoli scritti, nel frattempo cercherò di andare avanti e di tenermi in pari, anche se gli impegni sono tanti e difficili da gestire. Su questo capitolo... beh, avrete capito che trovo difficilissimo descrivere le partite di Quidditch e che Scorpius non ce la racconta giusta ;)
Non so se qualcuno stia ancora dietro a questa storia, ma se c'è, colgo l'occasione per ringraziarlo. Grazie mille se siete arrivati fin quaggiù e se avete voglia di andare avanti in questo viaggio. ♥ 
Mars
 

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Capitolo 17
*** Cassiopea ***


XVII – FRANK
 
Cassiopea
 
«Non funzionerà mai, Albus.»
La situazione attuale ci vede nel bel mezzo del corridoio ovest del sesto piano, proprio fuori dalle porte della biblioteca. Albus ha in mano la famosa Mappa del Malandrino, che è riuscito ad ottenere per esattamente un’ora e mezza da sua sorella, dopo aver esercitato su di lei chissà quale misteriosa persuasione. Io un’idea ce l’avrei: conoscendo Albus, probabilmente l’avrà riempita di chiacchiere inutili e l’avrà convinta portandola all’esasperazione. Tuttavia, il problema qui non è come Albus è riuscito a farsi prestare la Mappa, è che non capisco perché devo essere sempre e solo io quello a fare il lavoro sporco e a collezionare figure di merda per “il bene superiore”.
«Certo che funzionerà, Frank» mi smentisce Albus con il suo solito tono ovvio e tranquillo. «Non sottovalutare il tuo fascino da finto bravo ragazzo e gli addominali sotto la tua camicia.»
«Io non li sottovaluto, Al, ma sono consapevole che non possono funzionare sempre…» ribatto, sempre più convinto che se adesso entro in biblioteca e metto in atto il nostro piano, fallirò miseramente davanti ad un sacco di gente.
«Perché mai non dovrebbero?» mi domanda Albus, dandomi una vigorosa pacca sulla spalla. Gentilmente, gli prendo il polso e lo allontano da me, per poi sbuffare sonoramente.
«Perché da quel poco che siamo riusciti a scoprire su questa ragazza, non mi sembra affatto il tipo che si fa convincere da me» tento di spiegargli, nella vana speranza di farlo ragionare e di convincerlo ad elaborare un piano diverso, che possibilmente non comporti la mia inevitabile umiliazione.
Al mio migliore amico, infatti, è venuta la brillante idea di chiedere l’aiuto di una completa sconosciuta per risolvere il problema di Bellamy. La mattina dopo la battaglia di cibo in cui è riuscito a farsi misteriosamente coinvolgere, mi ha confessato quello che io e Derek sospettavamo già da un po’ di giorni: di essere preoccupato a morte per la situazione che avevamo creato e che dovevamo aggiustare le cose il prima possibile. La mia prima idea è stata, ovviamente, quella di un qualsiasi essere umano diverso da Albus: ho proposto di raccontare la verità a Bellamy e di implorare il suo perdono, promettendo che non avremmo mai fatto una cosa del genere di nuovo.
E, ovviamente, Albus non era d’accordo e mi ha invece proposto un’altra cosa, che io reputo, secondo il mio modestissimo parere, a dir poco folle: ha deciso, dietro consiglio di Lily, di andare a cercare questa ragazza di cui non avevamo mai sentito parlare prima, che sicuramente potrebbe aiutarci nella risoluzione del nostro problema esistenziale. In che modo? Questo non mi è dato saperlo, perché Albus non ne ha la più pallida idea. Ed è per questo che ha deciso di mandare avanti a me, dicendo che il mio fascino totalizzante avrebbe sicuramente convinto questa ragazza ad aiutarci nella nostra prode impresa.
Peccato che abbiamo scoperto chi è, esattamente, questa ragazza: Cassiopea Stewart, smistata in Corvonero ancor prima che il Cappello le toccasse la testa, Prefetto per il terzo anno di fila, l’anno scorso ha vinto la Medaglia al Merito Magico per aver ottenuto il massimo dei voti in tutte le materie. Ecco, io dubito fortemente che il mio fascino da finto bravo ragazzo possa funzionare su una ragazza del genere, ma Albus non se ne vuole rendere conto.
«Allora facciamo così» inizia Albus, dopo essere stato a ragionare per una notevole quantità di tempo. «Entriamo insieme, tu tenterai il tuo classico approccio alla Frank, poi, se la situazione si mette male, intervengo e ti porto via.»
«Non vedo come questo dovrebbe convincerla ad aiutarci» rispondo, perché se mi porta via e ce ne andiamo entrambi, Cassiopea Stewart penserà che siamo matti e allora non vorrà di certo avere a che fare con noi in futuro, e l’ultima nostra speranza sarebbe mandare l’indifeso Derek, che cederebbe sicuramente sotto il peso di cotanta intelligenza.
«Allora non ti porto via, ma mi metto in mezzo e vado dritto al punto» continua Albus. «Se non funziona con le tue buone maniere, proviamo le mie.»
«Le tue sono terribili» gli faccio notare.
«Appunto. Se non funzionano quelle buone, per forza di cose devono funzionare quelle cattive. Andiamo! Derek non riuscirà a trattenere Bellamy nelle serre per molto!»
Ancora non sono molto convinto di tutto ciò, ma a malincuore mi lascio trascinare da Albus all’interno della biblioteca. Madama Pince ci scruta da dietro la sua scrivania con un cipiglio già arrabbiato: in sette anni le abbiamo dato non poche gatte da pelare e una numero spropositato di motivi per allarmarsi ogni volta in cui io e Albus – specialmente se in coppia – facciamo il nostro ingresso nella sua amata biblioteca, ma almeno stavolta spero che non ci sarà bisogno di cacciarci via a suon di minacce. Ignorandola, ci aggiriamo tra gli scaffali in cerca della nostra preda. Fortunatamente abbiamo la Mappa, perché io non l’ho mai vista e non ho idea di come possa essere fatta questa Cassiopea Stewart, quindi mi limito a seguire Albus, che sembra sapere esattamente dove stiamo andando e procede a passo spedito tra i vari scaffali.
Ad un certo punto, lui si blocca sul posto e io quasi lo travolgo, andandogli addosso: qualcuno ci guarda divertito, qualcun altro ci guarda male.
«Trovata, Frank» sussurra, indicandomi con l’indice un punto verso l’ultima finestra della parete di fronte a noi. Seguo la traiettoria indicatami dal suo dito e vedo, proprio all’angolo, seduta ad un tavolo pieno di libri aperti e pergamene, una ragazza che assomiglia ad una bambola. Sarò onesto e forse anche poco delicato, ma immaginavo che questa Cassiopea Stewart assomigliasse a Mirtilla Malcontenta, e invece ha un viso tondeggiante, le guance arrossate, i capelli mi sembrano lunghissimi, rossi e lisci, anche la bocca è piccola e ben disegnata, sul naso porta un paio di occhiali grandi, ma dalla montatura leggera e quasi invisibile. Tutto del suo volto è armonico, non c’è un particolare che stona con il resto.
«Vai» mi intima Albus, dopo avermi messo una mano sulla schiena per spingermi verso di lei.
«Che cosa dovrei dirle?» gli chiedo, dato che non ho la minima intenzione di esordire con qualcosa di stupido.
«Quello che ti viene in mente» mi risponde Albus. «Tu sei Frank, saprai sicuramente cosa fare.»
Detto ciò, Albus sparisce dalla mia vista e si va a nascondere dietro una libreria, da dove può osservare quello che faccio e intervenire con le sue cattive maniere nel caso in cui mi trovassi in difficoltà. Faccio un grosso sospiro, mi sistemo la cravatta e comincio ad avanzare verso il mio obiettivo, cercando di stamparmi in faccia la mia espressione più attraente e mi siedo senza troppi convenevoli davanti a Cassiopea Stewart.
Lei in un primo momento non alza nemmeno lo sguardo dalle sue pergamene, sembra non essersi nemmeno accorta di me, allora mi schiarisco la voce con un leggero colpo di tosse.
«Ciao» le dico. Semplice e lineare. Lei mi guarda con un paio di grandi occhi azzurri e poi solleva il sopracciglio sinistro verso l’alto. Percepisco fastidio nell’aria e non è affatto un buon segno. In più, non mi ha nemmeno risposto, quindi devo portare avanti io la nostra inesistente conversazione. «È da molto che sei qui?»
«Non credo di averti mai rivolto la parola in sette anni, Paciock» dice lei, accompagnando il tutto con un sonoro sospiro, mentre continua a guardarmi dritto in faccia. «Perciò che vuoi?»
«Tu… tu mi conosci?» le chiedo. Insomma, io non sapevo nemmeno chi fosse fino a ieri e lei invece sa addirittura il mio cognome. Beh, non è molto difficile in realtà sapere come mi chiamo, dato che mio padre insegna in questa scuola e che io sono suo figlio lo sanno anche i muri, ma la cosa mi lascia comunque molto sorpreso.
«Chi non ti conosce?» ribatte lei con un’altra domanda e con un tono abbastanza pungente.
Ok, non si sta mettendo affatto bene. Questo dovrebbe essere il momento in cui Albus esce dal suo nascondiglio e viene a soccorrermi, cercando di persuadere Cassiopea Stewart ad aiutarci, forse portando all’esasperazione anche lei, chissà…
«Meglio se mi conosci già, allora» dico, cercando di sembrare divertente. «Tu dovresti essere Cassiop-»
«Non chiamarmi con il mio nome intero» mi blocca immediatamente lei, mentre mi incenerisce con lo sguardo.
«Perché?» le domando, senza mostrarmi intimidito.
«Perché i miei genitori quando mi hanno chiamata così probabilmente erano ubriachi» dice tutto d’un fiato. «Cassie va bene.»
«D’accordo, Cassie» inizio, cercando di trasudare sicurezza da ogni poro. «Vorrei chiederti una cosa.»
«Non esco con te, Paciock» risponde tempestivamente. Adesso ha anche smesso di guardarmi, è tornata a leggere un libro dall’aria molto vecchia e ad annotare alcune cose su una pergamena. «Non sei il mio tipo, senza offesa.»
«Quanto ti stupiresti se ti dicessi che non voglio uscire con te?» le domando. «E tra parentesi, neanche tu sei il mio tipo… troppo intelligente.»
Vedo un sorrisetto divertito farsi largo sul suo volto. Posa la piuma, incrocia le braccia e torna ad osservarmi, adesso sembra piuttosto curiosa di sapere cosa ho da dire.
«E allora che cosa vuoi da me?» mi chiede.
«Un favore» le confesso. «Io e un mio amico…»
«Intendi Albus Potter» mi blocca lei, quasi immediatamente. La osservo a bocca aperta per qualche secondo. Ma come fa?
«Sì. Insomma, abbiamo combinato un casino e adesso vorremo rimettere tutto a posto e ci è stato detto che tu puoi aiutarci» continuo. Spero con tutto me stesso che questa assurdità possa funzionare, nonostante sento ancora l’irrefrenabile voglia di alzarmi, correre da Bellamy e dirgli tutto.
«Che genere di casino e chi vi ha parlato di me?» mi chiede a bruciapelo.
«Lily Potter ci ha parlato di te» rispondo. «E in pratica abbiamo preparato la Polisucco, Albus l’ha bevuta e ha fatto finta di essere una persona, che poi ha… ehm… litigato, con un’altra persona e adesso noi vorremmo che tutto tornasse come prima. Prima della Polisucco, intendo.»
Cassie rimane in silenzio a scrutarmi per un po’. Di sicuro sta applicando la sua straordinaria mente al problema e in men che non si dica giungerà ad una soluzione brillante. D’altronde, da una che al suo sesto anno ha vinto la Medaglia al Merito Magico non mi aspetterei niente di meno. Passano i secondi, penso siamo arrivati ad un minuto. Non ha mai spostato lo sguardo dal mio viso, ma quando lo fa, puntandolo di nuovo sui suoi libri, capisco che ha smesso di ragionare. Adesso probabilmente sta pensando alla frase da formulare: stringe le labbra sovrappensiero e poi torna a guardarmi.
«Si può fare» annuncia, con un mezzo sorriso sulle labbra. «Ma ovviamente voi dovrete fare qualcosa per me.»
«Qualsiasi cosa» mi lascio immediatamente sfuggire dalla bocca. Capisco di avere esagerato e di essermi cacciato in qualcosa più grane di me nel momento in cui lei alza le sopracciglia sorpresa.
Senza dire niente, strappa un pezzo di pergamena e ci scrive sopra qualcosa, poi mi porge il frammento di carta. Ci leggo sopra: “I segreti della mente, P.R. Flemont, G.T. Stewart.”
«Cos’è?» le chiedo, dato che queste parole non mi dicono assolutamente niente.
«È un libro» mi risponde lei, un po’ seccata. «Tu e Potter lo ruberete per me dal Reparto Proibito.»
«G.T. Stewart… è tuo padre?» le chiedo ancora, ignorando completamente l’ordine che ci ha appena dato. Lei arrossisce all’improvviso, ma non credo che sia imbarazzo quello a colorare il suo volto, mi sembra più qualcosa simile alla rabbia.
«Sì. L’autore principale è Flemont, ma dato che è morto da più di mezzo secolo, mio padre ha aggiornato il libro con i suoi recenti studi» mi spiega, per niente contenta. «E ha dato precise disposizioni alla scuola per non farmelo leggere. Credevo che dopo la Medaglia al Merito Magico i professori mi lasciassero prendere qualsiasi libro io volessi dal Reparto Proibito… è così è stato, in effetti. Tutti tranne uno…»
«Tuo padre quindi che cosa studia, di preciso?»
«Sai leggere, Paciock? Occlumanzia.»
«Capito. Va bene, io e Albus prenderemo questo libro e poi tu risolverai il nostro problema.»
«Affare fatto.»
Sorrido soddisfatto e mi alzo dal divanetto, mi infilo il pezzo di pergamena nella tasca dei pantaloni. Cassie è già tornata a leggere avidamente il libro. Prima di andarmene, però, devo farle un’ultima domanda.
«Solo per curiosità… com’è che avresti intenzione di procedere?» domando.
«È ovvio, Paciock» mi risponde, con una calma disarmante. «Diventerò amica di questa persona  e poi gli cancellerò la memoria.»
 
 
«La memoria, Al! Vuole cancellargli la memoria!»
Albus mi guarda pensieroso, dall’altra parte del tavolo. Siamo in Sala Grande a cercare di farci entrare qualcosa in testa per la verifica teorica di Difesa, che abbiamo esattamente tra meno di ventiquattro ore.
«Non è una cattiva idea, però…» mi risponde. Pazzo. Il mio migliore amico deve essere diventato completamente pazzo. «Mi chiedo perché io non ci abbia pensato prima.»
«Forse perché gli incantesimi di memoria sono difficilissimi e anche moralmente sbagliati?» ribatto, cercando di farlo ragionare un po’.
«Cassiopea Stewart sa farli, però» mi fa notare.
«Lei ha vinto la Medaglia al Merito Magico… mi stupirebbe il contrario» borbotto. «E poi, suo padre è uno studioso di Occlumanzia e Derek ha scoperto che la madre è a capo degli Obliviatori al Ministero.»
«Questo spiega molte cose…»
«In ogni caso, non possiamo farglielo fare!» esclamo. Qualche ragazzino del secondo anno mi guarda curioso, decido di ignorarli e mi limito ad abbassare la voce. «E se si sbaglia e manda a puttane il cervello di Bellamy per sempre? Potrà essere bravissima, ma non è infallibile.»
«Hai un’idea migliore?» mi chiede. Lui non ce l’ha, o meglio: sa qual è l’idea migliore, ma si rifiuta categoricamente di metterla in atto.
«Ehm, sì? Dire a Bellamy la verità, per esempio» rispondo, quasi ovvio. Dovremo metterlo ai voti: sicuramente io e Derek vinceremmo e Albus sarebbe costretto ad accettare di fare quello che sembra più giusto.
Godric Grifondoro, ci sei? Perché non fai rinsavire Albus per mezzo secondo?
«Un’idea che non ci procuri l’odio di Bellamy per sempre, intendo» continua, abbastanza seccato. Da una parte comprendo bene questa paura di Albus, è una paura che ho anche io. Il pensiero che Bellamy si arrabbi seriamente con noi mi mette i brividi, ma se lo facesse io non gli darei tutti i torti. Oggettivamente, abbiamo fatto una stronzata colossale, preparando la Polisucco, quindi sarebbe anche giusto pagarne le dovute conseguenze. A quanto pare questa prospettiva terrorizza Albus più di quanto terrorizzi me.
«Potremmo rubare una Giratempo e impedire ai noi stessi del passato di preparare la Polisucco» dico, con l’intendo di essere ironico, ma Al non coglie il mio tono scherzoso e mi prende addirittura sul serio.
«Le Giratempo sono state distrutte» mi risponde, di conseguenza.
«E tu che ne sai?»
«Mia zia.»
Sospiro. Devo provare a convincere Albus. Ormai credo di aver passato con lui abbastanza anni della mia vita per poter agire secondo il suo modus operandi, ed è per questo che intendo portarlo all’esasperazione. Non sarà un lavoro facile, certo, ma qualcuno deve pur farlo.
«Non possiamo comunque permettere ad una sconosciuta di cancellare la memoria di Bellamy» gli dico, cercando di rimanere il più serio possibile.
«Dobbiamo, Frank. È solo questione di tempo perché Zoe Caplan vada a chiedergli spiegazioni. L’altro ieri mi ha avvicinato e mi ha chiesto perché Bellamy non la saluta più» mi risponde Albus. Adesso le sue orecchie si sono colorate leggermente di rosso, segno che si trova in imbarazzo o che si sta arrabbiando.
«E tu che le hai risposto?» gli chiedo subito. In effetti, il fatto che Zoe Caplan voglia spiegazioni non ci voleva proprio… se andasse direttamente da Bellamy e lui le dicesse del litigio, la verità verrebbe comunque a galla, ma non da noi e questo peggiorerebbe solo le cose.
«Che non ne avevo idea, ovviamente» dice immediatamente Al. «Ma ripeto, è solo questione di tempo…»
«Appunto! Per questo dobbiamo dirlo a Bellamy prima che lo scopra da solo» insisto io, per poi fare una breve pausa. «Non è di certo stupido!»
E nel momento in cui sento una mano sulla spalla, penso che l’Universo ci stia mandando dei segnali, degli ovvi suggerimenti da seguire e che gridano da tutte le parti: “Ditelo a Bellamy”. Perché è proprio lui quello che mi ha appena dato una pacca sulla spalla e che si è seduto accanto a me, facendomi sobbalzare dallo spavento.
«Chi non è stupido?» domanda. Il suo volto è rilassato e luminoso come sempre, il che significa che ha sentito solo la mia ultima frase e non tutta la conversazione. Questo mi fa ritornare a respirare decentemente.
«Malfoy» risponde prontamente Albus, disinvolto. A volte mi chiedo come faccia ad esibire sempre tutta questa sicurezza e tranquillità. «Dicevamo che, anche se abbiamo vinto la partita, Malfoy non è stupido e starà studiando una strategia per vincere il Torneo.»
«Beh, è plausibile» concorda Bellamy, tirando fuori un libro pesantissimo: Incantesimi.
«Ma non abbiamo la verifica di Difesa domani?» gli chiedo, guardando il libro di testo con circospezione. Bellamy fa un sorriso divertito e sospira, mentre solleva la copertina e comincia a sfogliare le pagine.
«Ho già studiato per quello e ho ripassato tutto dopo pranzo» mi risponde. «Fra una settimana però c’è Incantesimi, che è un po’ più complicato di Difesa.»
Giusto, Bellamy è sempre dieci passi avanti a noi. Ennesimo particolare fornitoci gentilmente dal cosmo per farci capire che dobbiamo dirgli tutto e subito.
«Bellamy» esordisce Albus, con un tono molto serio. Così serio che per un attimo penso che abbia abbandonato l’idea malsana di ricorrere a Cassiopea Stewart per risolvere la questione. «Tu ci vuoi bene, vero?»
«Non vi farò copiare tutto il compito di domani, se è questo che vuoi chiedermi» ribatte scherzosamente Bellamy, ma Albus non muta espressione.
«Dico sul serio» continua, guardando Bellamy dritto negli occhi.
«Certo che vi voglio bene, Al» risponde, facendosi anche lui serio tutto d’un tratto. «Perché me lo chiedi?»
E Albus allora scrolla le spalle e dice: «Così, nessun motivo in particolare.» Ma io fiuto immediatamente la bugia e mi limito a guardarlo, mi chiedo se anche Bellamy si sia accorto che quella uscita dalla bocca di Albus non è stata la verità, ma è tornato a sfogliare il libro di incantesimi senza insistere o dire nient’altro, quindi voglio sperare che non si sia fatto strane idee. Non so più a che gioco sta giocando Albus e questo è uno di quei momenti in cui stento a riconoscerlo e la cosa mi mette paura. Deve esserci qualcosa che non va, qualcosa che non dice e che forse non ha mai detto.
Devo parlare con Derek: è il momento di dare vita ad un’altra operazione.
 
Quando vedo Derek sbucare da dietro il quadro con il piatto di frutta non mi stupisco neanche: sono le cinque e questa è l’ora della merenda. O almeno, della seconda merenda.
«Dobbiamo parlare di Albus» esordisco, non appena il mio sguardo incrocia il suo.
Derek, che tra le braccia tiene un fagotto di stoffa pieno di qualche cibo sicuramente ipercalorico, mi scruta curioso e poi aggrotta le sopracciglia.
«È possibile che io non riesco mai a mangiare in santa pace?» dice Derek in risposta. Mi si affianca e cominciamo a camminare insieme per il corridoio. «E prima dobbiamo eliminare Zoe Caplan, e poi la Polisucco, e poi Bellamy… che ha adesso Albus?»
«Si sta pentendo dell’operazione contro Zoe» gli spiego velocemente. «Ma non vuole dire tutta la verità a Bellamy e ha ingaggiato una cervellona di Corvonero per cancellargli la memoria.»
«In che senso cancellargli la memoria?» domanda Derek, facendosi tutto d’un tratto pallido come un lenzuolo.
«Nell’unico senso possibile» gli rispondo, nella speranza che Derek comprenda la gravità della situazione e, soprattutto, che si renda conto che adesso siamo io e lui contro la distruzione totale e che non sarà un compito facile da portare a termine.
«Non possiamo cancellargli la memoria!» esclama allora il mio amico, sobbalzando e rischiando quasi di far cadere un muffin al cioccolato dal fagotto che tiene tra le braccia.
«Certo che non possiamo farlo, per questo dobbiamo convincere Al a dire la verità prima che lo faccia qualcun altro» rispondo. «Solo che non ho idea di come fare. Lo conosci, fargli cambiare idea è impossibile.»
«Possiamo chiedere a Lily di parlare con lui…» suggerisce Derek, non troppo convinto.
«No» gli dico subito. «È stata proprio lei a consigliargli di parlare con questa ragazza per non dover fare il lavoro sporco.»
«Allora dobbiamo dirglielo noi due» continua Derek. «E non dire niente ad Albus.»
«Dovrebbe esserci anche lui, dobbiamo prenderci tutti le nostre responsabilità.»
Non è una cattiva idea quella di parlare con Bellamy senza Albus che ci mette i bastoni tra le ruote, ma non sarebbe giusto. Prendere la decisione di preparare la Polisucco e mandare tutto all’aria è una cosa che abbiamo fatto tutti e tre insieme ed è giusto che Bellamy lo venga a sapere da tutti e tre. Non possiamo esonerare Albus dalle conseguenze delle sue azioni e non possiamo nemmeno agire alle sue spalle… se c’è qualcosa che tutto questo disastro mi ha insegnato, è che tenere le cose nascoste non porta mai a nulla di buono e provvede solo a complicare all’infinito la situazione.
«Ehm, Frank?» mi riprende dopo un po’ la voce tremante di Derek. Ritorno con la testa alla realtà e guardo il mio amico. I suoi occhi azzurri sono puntati in alto, in cima alla rampa di scale di fronte a noi e le sue sopracciglia bionde sono aggrottate in un’espressione di preoccupazione e curiosità insieme.
«Cosa c’è?» gli domando, mettendogli una mano sulla spalla. Lui non si volta verso di me, ma continua a tenere lo sguardo puntato là in alto.
Mentre mi giro e vado a cercare con gli occhi il punto che Derek sta fissando con tanta insistenza e disperazione, lui mi risponde con un’altra domanda. «La cervellona di Corvonero di cui mi parlavi prima… non ha mica i capelli rossi, gli occhiali, e sta parlando con Bellamy in questo momento, vero?»
In cima alle scale, invece, ci sono proprio loro due. Cassiopea Stewart sta sfogliando le pagine di un libro e un momento dopo lo porge a Bellamy, che comincia a leggere con molto interesse. Dopo pochissimi secondi, lui alza il capo e la guarda e si mettono a parlare su chissà che cosa. Bellamy non sembra affatto infastidito, al contrario, direi che è molto interessato alla conversazione. Cassiopea avrà sicuramente trovato un interesse che hanno in comune e avrà deciso di sfruttarlo per iniziare a fare amicizia con lui.
«È proprio lei, Derek…» rispondo, con la gola diventata secca all’improvviso: mi sembra di aver ingoiato un bicchiere pieno di sabbia bollente.
Non ci posso credere. Ho ingenuamente pensato che, prima di entrare in azione, Cassiopea Stewart aspettasse che io e Albus rubassimo il libro per lei, e invece non ha aspettato nemmeno un giorno. Ed eccola lì, pronta a complicare solo di più le cose.
«Okay, nuovo piano» mormoro a Derek, mentre cerco di far mettere in moto ancora una volta i miei neuroni. «Stasera leghiamo Albus al letto e diciamo tutto a Bellamy in dormitorio.»
 

Buonasera (o buongiorno)! Eccomi qui con il nuovo capitolo di nuovo incentrato sui nostri quattro matti, o meglio, su tre di loro. Il prossimo sarà interamente dedicato a Bellamy e alla nuova nascente amicizia tra lui e questa misteriosa Cassiopea. Non ho molto da dire, ringrazio chiunque legga silenziosamente: so che ci siete, vedo un sacco di visualizzazioni! Se vi va, fatevi sentire, ma in ogni caso spero la storia vi stia piacendo, anche se sta ricominciando un po' a rilento. Fino al 18/19 dicembre purtroppo non avrò molto tempo libero perché ho un esame in quei giorni, ma dopo e soprattutto durante le vacanze di Natale spero di veloccizare un po' il ritmo!
Alla prossima ♥
Mars

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Capitolo 18
*** Scacco matto ***


XVIII – BELLAMY
 
Scacco matto
 
«Una volta ho visto mia madre evocare un patronus… ero molto piccola, ma la formula dell’incantesimo mi è rimasta impressa nella mente sin da subito. Ci ho pensato per anni, finché non avuto la mia bacchetta, a quel punto giravo per casa strillando expectro patronum, ma non succedeva niente. I miei genitori ridevano e io diventavo rossa dalla rabbia!»
Conosco questa da ragazza da qualcosa come otto minuti e mi ha già raccontato i primi cinque anni della sua vita. Sono un ascoltatore per natura, mi piace stare in silenzio mentre gli altri parlano, mi piace di meno dover essere io a parlare, così comincio a camminare senza una meta, e lascio che questa ragazza dal nome molto curioso continui a seguirmi e a parlarmi di come ha quasi fatto esplodere la testa ad un povero gatto quando aveva sei anni.
In realtà, quando l’ho vista la prima volta, ovvero dieci minuti fa, mi sembrava una ragazza molto timida e taciturna, ma mi sto rendendo conto adesso che è tutto il contrario, estroversa ed esuberante, con una parlantina che non finisce più.
Avevo sentito parlare di Cassiopea Stewart lo scorso anno: come potevo non sapere chi fosse la famosa studentessa che, dopo tantissimo anni, ha vinto la Medaglia al Merito Magico di Hogwarts? Tuttavia, devo ammettere che non mi ricordavo per niente quale aspetto avesse, per questo non l’ho riconosciuta subito, quando è venuta a presentarsi.
«Comunque scusami ancora per averti braccato così, in mezzo al corridoio» dice. Questa frase cattura la mia attenzione, perché finalmente non sta più parlando di gatti esplosivi o di altre cose strane.
«Tranquilla» le rispondo, accennando un sorriso. «So quant’è raro trovare qualcuno che legge i tuoi stessi libri. O almeno una parte di essi.»
Cassiopea Stewart ha letto il mio nome sul registro della biblioteca: a detta sua, ero l’unico, negli ultimi dieci anni, che avesse preso in prestito proprio il libro che stava leggendo, per questo doveva assolutamente conoscermi. Si tratta di un saggio storico sulle streghe in Bulgaria, e con una leggera punta d’imbarazzo le ho dovuto confessare che non l’avevo letto tutto, ma che mi servivano solo alcune informazioni per scrivere un tema di Storia della Magia, l’anno scorso.
«Meglio una parte che niente» mi risponde. «In effetti, alcuni passaggi sono proprio noiosi, ma ne è valsa la pena per i capitoli su Krasimira la Miracolosa!»
«Temo di non conoscerla» le dico. Devo riconoscere, però, che quel premio Cassiopea Stewart deve proprio averlo meritato: ha una vastissima conoscenza, sa qualcosa di tutto, molte cose le conosce approfonditamente, altre meno. È curiosa e quando vuole sapere qualcosa va a cercarlo e lo fa suo, ricordandolo per sempre.
«Si dice fosse la figlia più giovane dello zar bulgaro Smilec.  Nessuno dei sovrani bulgari ha mai avuto poteri magici, ma lei sì. La storia babbana dice che fu dispersa durante l’invasione dei mongoli, o addirittura molti sostengono che venne addirittura uccisa, ma la nostra storia dice che Krasimira era una strega, ma scoprì di esserlo proprio durante la guerra. Era molto portata per gli incantesimi curativi e riuscì a salvare moltissime persone, chi aveva assistito alle sue magie non ne fece mai parola, in nome della gratitudine che li legava a lei. Quando le sommosse cessarono e suo fratello maggiore salì al trono, Krasimira decise di non fare ritorno a palazzo. Era una donna molto bella e anche molto colta: cambiò nome, aprì una scuola per ragazze nobili, per istruirle nelle arti femminili e tra molte di queste trovò altre giovani streghe e le aiutò a controllare la loro magia.»
«Sembra una storia molto affascinante, in effetti» commento alla fine, cercando di sembrare il più convincente possibile. Mentre parlava, Cassiopea aveva una tale luce negli occhi, che ne sarei davvero dispiaciuto se pensasse che non la stessi ascoltando. Fortunatamente, credo di non averle dato quest’impressione, perché lei cambia subito argomento.
«Comunque, mi è giunta notizia della tua impresa con la Babbling, qualche tempo fa» dice Cassiopea. «Ho mollato Antiche Rune al quarto anno, impossibile da seguire assieme ad Artimanzia, ma se devo dirti la verità, la Babbling l’ho sempre odiata un po’.»
«Impossibile non odiarla» rispondo, lasciandomi sopraffare da una leggera risata. Mi fermo quasi subito, però, senza nemmeno spiegarmi il perché.
«Sei stato davvero coraggioso, io non so se sarei mai riuscita a contraddire una professoressa!» dice la ragazza accanto a me, e mentre lo fa mi mette una mano sulla spalla e sorride, le sorridono anche gli occhi azzurri, dietro le grandi lenti rotonde degli occhiali. Vorrei poter sorridere anche io e ringraziarla per il complimento, ma qualcosa mi blocca e mi frena dal farlo. Cosa, di preciso non lo so, e mi fa sentire alquanto strano questo mio non riuscire a spiegarmi quello che mi succede. Ho lo sguardo basso e pensieroso, sto cercando di capire cosa mi impedisce di guardare Cassiopea Stewart e ringraziarla, come ogni essere umano civile dovrebbe fare dopo un complimento.
Lei se ne accorge, e come potrebbe non farlo, dato il suo acume così spiccato?
«Va tutto bene, Bellamy?» mi domanda, con un tono di voce che ha assunto una nota preoccupata, che stona un po’ con l’entusiasmo con cui mi ha parlato fino ad ora.
«Sì, scusami» farfuglio velocemente, costringendomi a posare gli occhi su di lei. «Ero solo sovrappensiero.»
«Ti ho fatto venire in mente qualcosa di spiacevole? Se così è stato, sappi che non era mia intenzione e…» comincia a dire velocemente, nervosamente oserei dire, perché mentre parla si sistema i capelli dietro le orecchie e le dita sottili della mano tremano leggermente, mentre lo fa.
«No, tranquilla!» esclamo subito, e mi sforzo quanto posso per incurvare le labbra all’insù. Poi, una luce si accende nel mio cervello: Cassiopea Stewart ha inconsapevolmente dato la risposta al mio quesito.
Non riuscivo a guardarla e a ringraziarla, perché non è stata lei la prima persona a complimentarsi con me per l’impresa contro la Babbling; non è stata lei la prima ad ammettere che non ci sarebbe mai riuscita, se fosse stata al posto mio.
È stata Zoe Caplan a dirmi tutto questo prima che lo facesse Cassiopea Stewart, ed è sempre stata Zoe Caplan ad impedirmi, pochi secondi fa, di sorridere e ringraziare, e di rivivere la scena. Ma non posso lasciare che qualcosa di così… così stupido condizioni le mie relazioni sociali, così mi spingo di nuovo al limite, e pronuncio le stesse parole che ho detto a Zoe tante sere fa, seduto su una poltrona della Sala Comune.
«E comunque non ho fatto niente di che…» inizio. «Andava fatta giustizia!»
E Cassiopea ride divertita, i capelli rossi un po’ arruffati le scivolano davanti agli occhi ed io mi guardo intorno: non me ne sono nemmeno accorto, ma dalla biblioteca siamo arrivati sin davanti alla Sala Comune. Eppure, sembra quasi che io non abbia memoria del percorso appena fatto, delle rampe di scale scese, dei volti incontrati o dei quadri alle pareti.
 
Sto cercando di studiare la preparazione del ricostituente alla mandragola da un tempo indefinito. Siamo in un’aula al piano terra, che generalmente viene utilizzata per studiare, insieme ad altre aule vuote per il castello. Normalmente, avrei preferito la biblioteca, dove avrei potuto leggere in santa pace e riassumere il capitolo nel silenzio più assoluto, se non fosse che Frank mi ha supplicato di studiare assieme. Non credo ci sia bisogno di dire che, dopo nemmeno dieci minuti, Derek ci ha trovati e ha deciso di unirsi a noi, dopo aver visto che stavamo studiando pozioni, ma ho deciso di perdonarlo perché ci ha portato dei tortini al cioccolato e ho constato che qualche zucchero avrebbe senza dubbio aiutato il nostro cervello. Solo che adesso Frank e Derek stanno facendo dei commenti su una ragazza seduta ad un tavolo non molto distante da noi. Quando alzo la testa, arrendendomi all’evidenza e venendo a patti con il fatto che non riuscirò a concludere nulla, questo pomeriggio, intravedo che anche Albus è entrato nell’aula e sta venendo verso di noi, accompagnato da suo cugino Fred Wesley, che tiene in mano una quantità spropositata di pergamene, le quali vengono rovesciate sul nostro tavolo senza troppi complimenti. Albus si siede nel posto vuoto accanto a Derek.
«Questi schemi vanno rivisti tutti, ormai Malfoy li conosce troppo bene. L’ultima vittoria è stata pura fortuna» commenta Albus deciso, rivolto al cugino, senza nemmeno salutarci. Non dò troppo peso alla cosa: quando Albus pensa al Quidditch, tutto attorno a lui potrebbe cominciare ad esplodere e lui non se ne renderebbe conto.
«Il numero sei è ancora buono, l’anno scorso non l’abbiamo mai usato» risponde Fred, prendendo posto di fronte ad Albus. «Dovremmo modificare il numero tre e il numero cinque, nell’ultima partita li abbiamo usati entrambi.»
«Io rivedrei anche il numero uno…» aggiunge Albus. «Mi preoccupa per la partita contro i Tassorosso, l’abbiamo usato l’anno scorso proprio con loro, ed è l’unico che risulta vincente contro Skeeter, ma quello è troppo intelligente e di sicuro se lo ricorderà.»
Li osservo e ascolto la loro conversazione rapito, sarà che vedere Albus così serio e calmo è quasi un toccasana per il mio cervello.
Ritorno alla realtà e decido di mettermi a studiare, o almeno di provarci, ma evidentemente l’universo ha deciso che oggi non è la giornata giusta per aprire qualsiasi volume scolastico e concentrarsi su quello, perché proprio da dietro la testa di Albus vedo una ragazza che cammina spedita proprio nella nostra direzione: la mia maledizione personale.
Non era sufficiente che Zoe Caplan sbraitasse ad ogni angolo del mio cervello per farsi sentire, perché adesso me la ritrovo proprio davanti a me in carne ed ossa, con il volto serio e gli occhi che, al contrario, tradiscono preoccupazione.
«Ti devo parlare» statuisce, a braccia incrociate e con voce ben ferma. Io non rispondo subito, perché ammetto che questo suo atteggiamento mi spiazza: prima mi molla come un deficiente nel bel mezzo di un corridoio, tagliando qualsiasi cosa ci fosse tra me e lei, e adesso mi deve parlare?
«Io non ho niente da dirti, invece» rispondo, senza arrabbiarmi. Come se qualcosa nel mio cervello mi avesse ordinato di farlo, poi, chiudo velocemente il libro di pozioni e raccatto la piuma e la boccetta d’inchiostro.
«Non m’importa» continua lei. «Devi solo ascoltarmi.»
«Non ne ho voglia» le dico, e non credo di essere mai stato più sincero di così. Non ho voglia di sentire chissà cosa, non mi interessa più, ho archiviato la faccenda e non intendo riaprirla o avere ulteriori drammi. Cerco di evitare il suo sguardo, e ricerco un appiglio in quello dei miei amici: il volto di Albus è diventato pallido con delle sfumature verdognole, ha la faccia di uno che sembra di star per vomitare, e Derek non è da meno, dato che ha cominciato a mangiarsi le unghie e a sfogliare freneticamente il libro di pozioni.
L’unico che fa qualcosa di concreto è Frank, che essenzialmente comincia a fare quello che gli riesce meglio: intromettersi e cambiare discorso.
«Merlino solo sa quanto mi dispiace evitare il terzo conflitto mondiale» esordisce, e poi si rivolge a me. «Ma mi sono appena ricordato che mio padre mi aveva detto di dirti che ti voleva vedere nel suo ufficio più o meno… dieci minuti fa, fossi in te correrei, Bel.»
Annuisco non molto convinto, ma guardo Frank e abbozzo un sorrisetto, cercando di fargli capire quanto io gli sia riconoscente in questo momento. Senza aggiungere nient’altro, alzo dalla sedia, mi sposto leggermente verso destra e supero Zoe Caplan, dirigendomi il più velocemente possibile verso l’uscita dell’aula.
 
L’ora di cena è passata da un pezzo. Siamo tra i pochi rimasti ancora in Sala Comune a chiacchierare, assieme a noi ci sono un paio di ragazzine del terzo anno e altri ragazzi del sesto. Il divano e le due poltrone davanti al caminetto, ovviamente, ce le siamo aggiudicate noi senza troppi sforzi. Albus e Frank stanno giocando una partita a scacchi, io e Derek assistiamo. In realtà, sarebbe meglio dire che Derek mangia dolciumi vari e solo mentre mastica riserva la sua attenzione alla partita, mentre io la sto guardando con gli occhi, ma il mio cervello è da tutt’altra parte.
Se Frank, questo pomeriggio, è riuscito a sbarazzarsi della Zoe Caplan in carne ed ossa, quella nella mia testa è ancora qui, immobile e irremovibile e continua ad urlarmi contro le cose che mi ha detto la sera di Halloween, a ripetizione, senza mai stancarsi.
«Alfiere in C7» dice Frank deciso. Un alfiere bianco si sposta nella casella indicata e in modo abbastanza cruento disintegra il cavallo nero di Albus. Lui, però, non sembra perdersi d’animo, nessuna espressione tradisce il suo volto.
«Torre in E5» sibila a bassa voce. La torre si muove e va a posizionarsi poco sotto il re di Frank, peccato che Frank abbia sottovalutato la posizione del re di Albus, mentre era impegnato a distruggergli i cavalli.
«Scacco matto» aggiunge poi Al. Il re nero sguaina la spada e taglia letteralmente a metà il re bianco.
Frank sbuffa sconsolato. «Ci rinuncio, mi batti sempre.»
«Che vuoi farci, Frankie? Sono portato» risponde Al, con un sorrisetto divertito.
«Merlino, non chiamarmi più Frankie… mi ricordi mia madre.»
«D’accordo, Frankie.»
«Ragazzi, io penso che me ne andrò a dormire» annuncio ad un certo punto. Tre paia di occhi cominciano a fissarmi come se avessi appena detto che la McGranitt sta ballando nuda sui tavoli della Sala Grande.
«Perché?!» mi chiede Albus.
«Perché mi sto annoiando e domani mattina c’è Pozioni alla prima ora» rispondo innocentemente. Adesso invece mi stanno guardando come se avessi detto che Voldemort è resuscitato e ha aperto un negozio di animali dove vende teneri porcellini d’india.  
«Questo è totalmente inaccettabile!» esclama Albus. «Innanzi tutto, sono appena le dieci, e adesso faremo qualcosa che ti piace e ti diverte, okay? Vuoi provare anche tu a sfidarmi agli Scacchi dei Maghi?»
«Sappiamo entrambi che non sopporteresti la sconfitta, Al» gli rispondo, leggermente divertito.
«Vero, ma tu ti divertiresti» insiste Albus. «Spara Schiocco? Poker? Chiedi e noi esaudiremo i tuoi desideri.»
Mi scappa una risata sincera.
«Per prima cosa, vorrei una Cioccorana» inizio, voltandomi verso Derek, che custodisce gelosamente tutto il cibo sotto il cuscino del divano. Me la lancia e io la prendo al volo. «Poi, vorrei chiedervi un consiglio.»
«Dicci tutto!» esclama Frank. Apro la Cioccorana e cerco di non farmela scappare, cosa che fortunatamente questa volta non accade. Dopo averle dato un bel morso, do un’occhiata alla figurina: Nicolas Flamel. La ridò a Derek e lui strabuzza gli occhi entusiasta.
«Non l’avevo mai trovato Flamel!»
«Perché Zoe voleva parlarmi oggi pomeriggio? Non credete che sia già stata abbastanza… chiara?» domando, rivolgendomi a tutti loro.
«Limpida, direi» commenta Albus. Frank e Derek non rispondono, ma hanno lo sguardo basso; Derek, in particolare, sembra anche aver perso appetito.
«Non lo trovate strano?» gli chiedo ancora.
«Posso farti una domanda?» mi chiede Frank, che sembra essersi risvegliato dal suo stato catatonico. Annuisco, per lasciarlo poi continuare. «Ma questa Zoe… ti interessa ancora così tanto?»
Non so come faccia Frank, certe volte, così come anche Albus e Derek, a capire tutto quello che mi passa per la testa, come quando oggi pomeriggio in quell’aula tutto ciò che volevo era sparire nel nulla. Rifletto per qualche secondo, prima di dare una risposta sincera. Sarebbe facile dire che, no, non mi è mai interessata davvero, ma non sarebbe neanche la verità, se dicessi che invece ancora spero in qualcosa.
«No, ma non mi è indifferente» gli dico. «Nel senso, credo che se mai dovessimo riavvicinarci, potrei essere al massimo un suo amico. Nulla di più. Ecco.»
«Dobbiamo dirti una cosa!» esclama a questo punto Derek, alzandosi. Sembra disperato, è rosso in volto. Spalanco gli occhi dalla sorpresa e poi guardo Albus e Frank: il primo sembra voler uccidere il povero Derek, mentre il secondo è pensieroso e probabilmente sta pensando ad un modo per impedire ad Albus di compiere il sopracitato omicidio.
E comunque, perché mai Albus dovrebbe uccidere Derek?!
«Che cosa?» domando, cercando di trasmettere tranquillità.
«Dovresti dare una seconda possibilità  a Zoe!» esclama Albus.
«Ma sei scemo?!» Frank quasi gli urla nell’orecchio. Io, onestamente, non ci sto capendo più niente.
«Ragazzi…» tento di dire, per cercare di calmare le acque, ma loro sembrano non ascoltarmi.
«Sto solo dicendo che è meglio riconciliarsi e risolvere qualsiasi equivoco, invece che mettere in atto una guerra fredda!» continua Albus. «Ne so qualcosa, di gente che vive sotto lo stesso tetto e non si parla!»
Guardo Derek alla ricerca di un aiuto disperato: se non interveniamo, qui le cose non andranno a finire bene, perché quando Al accenna ad entrambi i suoi genitori insieme e alla situazione in casa non va mai a finire bene.
«RAGAZZI!» dico a gran voce, ed entrambi si ammutoliscono. «Non c’è bisogno di discutere così, è ovvio che vorrei che non ci fosse tutta questa tensione e vorrei anche poter fare finta di niente, ma… ma Zoe ha detto delle cose terribili e dovrebbe prima di tutto chiedermi scusa. Poi potrò passarci sopra.»
«Quindi accetterai di parlarle?» mi domanda Frank. Io scrollo le spalle.
«Non lo so. Vediamo.»
Lui annuisce e si rimette seduto sulla poltrona, io credo che adesso sia davvero giunto il momento di andarmene a dormire: Cylon alla prima ora è davvero una tortura e vorrei aver dormito decentemente prima di affrontarlo.
«Adesso vado veramente a dormire, voi che fate?» gli chiedo, alzandomi.
«Io vengo con te» dice subito Derek.
«Anch’io» aggiunge Frank.
«Al?» domando, rivolto al mio amico che, in piedi davanti al divano, osserva le fiamme scoppiettare nel caminetto.
«Arrivo tra poco.»
E quando Albus vuole essere lasciato da solo, è meglio assecondarlo. Non servirebbe a niente chiedergli cos’ha che non va, perché lui direbbe che non ha assolutamente niente, ma che ha voglia di stare da solo. Insistere è deleterio, perché lo fa arrabbiare. Lo so perché non è la prima volta che succede, specialmente da quando ci ha raccontato che i suoi genitori sono sul punto di lasciarsi.
Non deve essere stato facile per lui passare l’estate a casa: quando ne aveva occasione, infatti, ogni pretesto era buono per uscire, per dormire a casa di uno di noi, per andarsene e basta. Non ci ha fornito molti dettagli, credo che neanche volesse fornirceli. Purtroppo, Albus ha la caratteristica di voler essere sempre il più forte, quello che non cede mai, quello sempre pronto a tirare su il morale agli altri, a distrarli, a coinvolgerli, ma non lascia che gli altri facciano lo stesso con lui e quando sta giù, si chiude in se stesso e chiede di essere lasciato da solo.
Io, comunque, non sono riuscito a chiudere occhio finché non l’ho sentito rientrare in camera e infilarsi nel letto. La mezzanotte era scoccata da un bel po’.

 
Buonasera e buona domenica! :) Colgo l'occasione per aggiornare adesso, perchè per i prossimi 3/4 qualsiasi tipo si congegno elettronico per me sarà offlimits causa studio e ripasso intensivo xD Eccoci qui con il capitolo su Bellamy. Gli altri tre ragazzi stanno rischiando sempre di più a tenersi dentro il segreto della Pozione Polisucco e chissà se prima o poi qualcuno di loro non scoppierà ;)
Cosa ne pensate di questa nuova "amicizia" con Cassiopea? E secondo voi Zoe prima o poi combinerà qualche macello, facendo scoprire a Bellamy tutta la verità? Fatemi sapere, sono molto curiosa! A questo punto spero, ma non vi assicuro niente, si poter aggiornare appena prima di Natale, altrimenti immediatamente dopo. In caso non dovessi riuscirci prima, vi auguro buone feste! :3
Alla prossima,
Mars ♥
 

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Capitolo 19
*** Ti ho fatto una promessa ***


XIX – LILY
 
Ti ho fatto una promessa
 
Sto fissando il muro di fronte al mio letto da qualcosa come quaranta minuti, mentre penso a qualcosa di divertente da fare, qualcosa che possa essere fatto in solitudine e senza l’uso di troppe energie.  Questa mattina, infatti, mi sono svegliata con un senso di pesantezza che pareva volermi spingere verso il basso, farmi cadere a terra e farmici restare. Kelsey mi ha consigliato di andare in Infermeria dopo aver fatto una ricca colazione, e Scorpius si è offerto di accompagnarmi. Di questo gli sono molto grata, perché non me la sentivo proprio di fare tutte quelle scale con le gambe molli e il mondo circostante che, ogni tanto, cominciava a girare: non so se sarei riuscita ad arrivarci da sola.
Il verdetto della signorina Bell è stato: febbre alta e un intruglio strano dal colore azzurro da prendere ogni quattro ore fino a domani mattina. Voleva trattenermi in Infermeria, ma io odio l’Infermeria, così l’ho letteralmente pregata di poter ritornare nella mia stanza. Fortunatamente, la signorina Bell ha un animo tenero e ha ceduto quasi subito. Così mi ha rispedito in Dormitorio, raccomandandomi di starmene sotto le coperte finché non mi sarei sentita meglio, ma mi ha severamente proibito di uscire dalla Sala Comune, di fare sforzi fisici o cose che avrebbero potuto affaticarmi troppo. Ha infine dato a Scorpius un foglio scritto e firmato da lei che lo autorizzava a prendermi del cibo dalle cucine, qualora mi fosse tornato l’appetito.
Inutile dire che questa è la giornata più noiosa della mia vita.
Sto per mettermi a studiare dalla disperazione, perché non ho intenzione di guardare il muro davanti a  me per un minuto di più. Se non che la porta della mia stanza si apre. Dovrebbe essere più o meno l’ora di pranzo, quindi non capisco perché a Kelsey, Harriet o Rowena sia venuta la malsana idea di tornare fin quaggiù, anziché mangiare tutte le deliziose pietanze che le attendono in Sala Grande, dal momento che almeno loro hanno ancora appetito e riescono a distinguere i sapori l’uno dall’altro.
Ciò che mi lascia sbalordita è la persona che mi ritrovo davanti non è nessuna delle mie compagne di stanza, bensì una ragazzina tutta pelle e ossa, bassina, con due grandi occhi marroni. Appena capisce, però, che la stanza non è vuota, diventa bianca come il mio lenzuolo e quasi sussulta dallo spavento.
«Sono malata e non sono un bello spettacolo, ma non credo di essere così spaventosa» borbotto. La ragazzina non muove un muscolo e continua a guardarmi, non so se è terrorizzata o imbarazzata. Nel dubbio, cerco di non rimanere in silenzio. «Hai confuso i dormitori? Anche a me capitava all’inizio. Sei del primo anno, vero?»
A questo punto, lei mi dà un flebile segno di vita e annuisce piano con la testa. Solo dopo il mio cervello comincia a mettersi lentamente in moto e nota che la ragazzina nella mano destra sta stringendo un pezzo di pergamena dall’aria molto vecchia.
«S-Scusa io… io pensavo… che adesso… non ci fosse nessuno» comincia a dire, con la voce che le trema un po’.
«Già, dovrebbe essere ora di pranzo» commento. «E anche tu dovresti essere a pranzo, ora che ci penso.»
«S-sì, io dovevo solo…» balbetta ancora. Solo dopo il mio cervello comincia a mettersi lentamente in moto e nota che la ragazzina nella mano destra sta stringendo un pezzo di pergamena dall’aria molto vecchia.
«Cos’hai in mano?» le chiedo gentilmente, per quanto la mia voce trascinata e morente possa sembrare gentile. La ragazzina sposta gli occhi sulla pergamena, diventa, se possibile, ancora più pallida, così tanto da sembrare quasi trasparente.
«Ti giuro che non è mia, io l’ho solo portata!» esclama, sull’orlo della disperazione, dopodiché getta la pergamena ai piedi del mio letto e scappa via.
Rimango interdetta per alcuni minuti e poi mi dico che, almeno, qualcosa di interessante è successo e non sono rimasta a guardare il muro. Con uno sforzo che mi sembra sovraumano, piego le gambe e cerco di puntare le ginocchia sul materasso, dopodiché mi allungo per recuperare la pergamena.
Dannata ragazzina, non potevi poggiarla sul comodino?!
Non mi stupisco più di tanto quando scopro che è un’altra lettera proveniente dall’ammiratrice segreta di Kelsey. Sospettavo usasse qualcuno della nostra Casa per poter arrivare fin qui a consegnare le lettere, solo che non mi aspettavo avesse terrorizzato una ragazzina del primo anno. Devo ammettere, però, che questa mossa più o meno discutibile mi ha portato a rivalutarla e a non considerarla una totale rammollita: deve essere una tosta, anche se non a tal punto da farsi avanti di persona. Ho la tentazione di aprirla e leggerla: in un primo momento penso che non sarebbe rispettoso nei confronti di Kelsey, ma subito dopo in realtà decido che lei non deve per forza sapere che l’ho letta. In più, la lettera non è sigillata: si tratta di una pergamena piegata a metà con scritto sopra il nome di Kelsey.
Tuttavia, non riesco a leggere nemmeno la prima riga, perché bussano di nuovo alla porta. Ripiego velocemente la lettera e la butto sul letto di Kelsey, poi mi getto di nuovo all’indietro tra i cuscini, con un altro sforzo inimmaginabile.
«Avanti» biascico, la mia voce è ancora quella di qualcuno che sta per scivolare dritto nella tomba. Ad abbassare la maniglia e farsi largo nella stanza, anche stavolta, non è nessuna delle mie compagne, ma non è nemmeno un’undicenne smilza e impaurita. È invece un ragazzo alto, biondo, i soliti occhi grigi dal taglio affilato, ma che stavolta non hanno nessuna traccia di furbizia o strafottenza, sono pacati, tranquilli, forse un po’ preoccupati.
Scorpius si è comportato in modo strano, da quando c’è stata la partita, nemmeno due settimane fa. Io ho cercato di non dare molto peso alla situazione che si era creata, ho immaginato che fosse ancora a causa della delusione per aver peso, ma qualcosa mi diceva che c’era dell’altro. Non ho indagato, ma mi è sembrato che tutto sia tornato alla normalità quando, stamattina, si è preso la briga di accompagnarmi in Infermeria per accertarsi che non svenissi in mezzo ai corridoi.
«Come sei arrivato fin qui?» È la prima cosa che gli chiedo, aggrottando le sopracciglia. I ragazzi non possono accedere ai dormitori femminili, a meno che non eludano l’incantesimo, ma è quasi impossibile farlo.
«Ho promesso a Lorcan Scamanddro che gli avrei presentato mia cugina» risponde distrattamente Scorpius. Quasi impossibile, infatti. Deve essersi fatto prestare l’aggeggio che mio zio George ha costruito per eludere questo tipo di incantesimi. «Sono passato a vedere come stavi. Se ti è venuta fame posso andare a prenderti qualcosa.»
«Niente fame» rispondo, a bassa voce. «Ma grazie.»
«Hai preso la pozione?» mi chiede. Nel frattempo la porta dietro di lui si è richiusa e Scorpius ha fatto qualche passo verso il mio letto. Ci si siede sopra, sul bordo.
«Sì, l’ho ripresa poco fa» gli rispondo. «Il prossimo sorso alle quattro e mezza.»
«Per fortuna non sei rimasta in Infermeria, oggi» Scorpius mi guarda con l’accenno di un sorriso divertito, sta pensando a qualcosa di buffo, lo capisco.  
Lo vedo molto sereno in questo momento, a differenza degli ultimi giorni. Mi sento molto più tranquilla anche io, mi accorgo di non star cercando di capire cosa gli passa per la testa, cosa gli possa essere accaduto nelle ultime ore o se sia infastidito da qualcosa. 
Pochissimi secondi dopo, riprende il discorso: «A Pozioni, Neckstone si è fatto esplodere il calderone in faccia. Lumacorno ha detto a Burke di portarlo immediatamente in Infermeria. Probabilmente sono entrambi ancora lì dentro, e la faccia di Neckstone non era davvero uno spettacolo piacevole.»
«Poveraccio» commento io, corrucciando la fronte. Deve essere stato particolarmente doloroso e non voglio nemmeno pensare alla nottataccia che Neckston dovrà probabilmente passare in Infermeria, tra bende e unguenti.
«Era solo questione di tempo» dice Scorpius. «Neckstone è un incapace, non so nemmeno come ha fatto ad arrivare a frequentare Pozioni al settimo anno.»
«Non so se l’hai notato, ma da quando Lumacorno ha deciso di non voler più coordinare la nostra Casa è diventato molto più tollerante verso chi ha dei G.U.F.O. non proprio eccellenti» gli rispondo io.
«Sarà, ma Neckstone rimane comunque un incapace.»
«Io non lo conosco.»
«Meglio così» sospira Scorpius. «È amico di Burke.»
Ma è possibile che ormai in ogni nostra conversazione debba esserci sempre quell’inetto di Christopher Burke? Non si riesce più a parlare con Scorpius per più di dieci minuti senza che lui lo nomini. Non mi piace molto questa cosa, considerando che non è mai successa una cosa simile prima d’ora. Pensandoci bene, tutte le stranezze che sto notando in Scorpius ultimamente sono iniziate dopo la rovinosa partita contro i Grifondoro. E se per quanto riguardava la sua taciturnità o il suo essere con la testa altrove potevo pensare che fosse a causa della sconfitta, questa ossessione per Burke con la partita non c’entra assolutamente niente e quindi mi preoccupa.
«Mi sembra di sentire mio fratello quando parla di te» gli confesso. Sono sincera: quando Albus nomina Scorpius in qualche suo discorso, lo fa con lo stesso atteggiamento ossessivo con cui Scorpius sta parlando di Burke ultimamente.
Scorpius aggrotta la fronte, visibilmente non convinto dalle mie parole. «Io non odio Burke senza motivo da sette anni.»
«Tu odi Burke e basta e il motivo è ancora un mistero» rispondo a tono, per quanto le mie poche energie me lo permettano.
«Un motivo c’è, solo che non mi va di dirlo» continua Scorpius, senza scomporsi.
Sospiro, sta tirando su il suo solito muro di ghiaccio che usa quando vuole finire un discorso. A malincuore, devo dire che gli riesce sempre a meraviglia, quindi lo faccio vincere e lascio stare il discorso.
«A Kelsey è arrivata un’altra lettera» dico prontamente, attiro la sua attenzione e il suo volto perde la durezza acquistata pochi secondi prima. «È entrata una ragazzina prima e l’ha lasciata qui, credeva non ci fosse nessuno.»
«L’ammiratrice di Kelsey è una ragazzina?» mi domanda Scorpius, visibilmente confuso.
«No» rispondo. «La ragazzina è solo il tramite, abbiamo già appurato che non può essere una Serpeverde, perciò deve servirsi per forza di qualcuno che conosca la nostra parola d’ordine e che possa girare tranquillamente per i dormitori femminili. E quale preda migliore che una ragazzina del primo anno per farlo?»
«Ma noi siamo sicuri si tratti di una ragazza?» chiede ancora Scorpius. «Insomma, sì, mi avete già spiegato quelle stronzate della calligrafia e degli arcobaleni che escono dal cuore, ma… l’ha pur sempre pensata Harriet Davies questa cosa. Voi vi fidate?»
«Senti, io lo so che Harriet è stupida» inizio, mentre Scorpius soffoca una risatina. «Ma quello che ha detto non è impossibile, potrebbe essere una possibilità. Il fatto che dopo quasi due mesi non si sia ancora fatto vivo nessuno non è un po’ strano? Se fosse stato un maschio si sarebbe già stufato di tutto questo e sarebbe uscito allo scoperto dopo al massimo due settimane.»
«Ognuno ha i suoi tempi, Lily. Maschio o femmina che sia» mi dice Scorpius, facendosi serio tutto d’un tratto. Nel frattempo, si è alzato per prendere la lettera che ho malamente gettato sul letto di Kelsey prima che lui entrasse. E io che mi stavo addirittura facendo problemi, prima, quando volevo leggerla.
«Che cosa dice?» gli chiedo, dopo qualche interminabile minuto di silenzio.
«Le solite cose su quanto Kelsey sia troppo bella per questo mondo, commenti sul modo in cui… “ondeggi con grazia per i corridoi”…» inizia. «Ah! Qui ci ha dato un indizio. Senti un po’: “Mentre siamo a lezione cerco di concentrarmi il più possibile sulla spiegazione, ma se tu sei seduta qualche fila davanti a me, come l’altra volta a Pozioni, tutto diventa più difficile.”»
«Allora è del nostro anno e frequenta Pozioni con noi… è una Corvonero!»
«Una Corvonero la facevo più intelligente, sinceramente» borbotta Scorpius, riponendo con cura la pergamena sul letto di Kelsey.
«Credo che in queste faccende anche la persona più intelligente del mondo comincerebbe a perdere qualche rotella» gli rispondo io.
«Quali faccende?» mi domanda, aggrottando le sopracciglia. Maschi!
«L’amore, Scorp!» esclamo. «Quali altre faccende riuscirebbero a far diventare così scema una persona?»
«Esagerata» mi apostrofa. «Dubito che questa… persona sia addirittura innamorata di Kelsey. Nemmeno la conosce, non ha il coraggio di parlarle dal vivo, tutto quello che scrive in queste lettere si riferisce solo al suo aspetto fisico. Non puoi dire che ne è innamorata.»
Rimango molto sorpresa dal tono assunto da Scorpius, sfiora quasi la veemenza, sembra essere arrabbiato con chiunque stia mandando queste lettere a Kelsey, o addirittura con me, per aver ingenuamente parlato del fatto che potesse essere amore.
«Lo intendevo in senso generale» mormoro, affondando sui cuscini dietro la mia schiena. Lo so bene che amare davvero qualcuno è qualcosa che si sviluppa lentamente, che succede solo conoscendo, giorno dopo giorno, quella persona speciale. A volte ci vuole poco, altre volte ci vuole un’infinità di tempo. In alcuni casi, non bastano nemmeno vent’anni vissuti insieme, o forse sì, ma sono sufficienti solo per accorgersi di aver sempre sbagliato. Per contro, a cambiare idea ci vuole meno di un minuto, e per scendere a patti con questa nuova idea non si sa nemmeno da dove cominciare.
«Lily?» la voce di Scorpius mi riporta alla realtà. Mi accorgo di essere rimasta a fissare le mie dita che stringono ancora con forza il lenzuolo. Sposto lo sguardo su di lui, che mi guarda preoccupato. «Vuoi che vada? Hai bisogno di riposarti?»
«No» gli dico. «No, fammi compagnia.»
Le parole mi escono dalla bocca come fossero una preghiera. Sto pensando ai miei genitori, al fatto che sono loro quelli che si sono illusi di amarsi per vent’anni e poi hanno cambiato idea all’improvviso, sono loro che non riescono ad accettare la nuova realtà, che non vogliono farlo, forse, perché troppo legati a ciò che hanno avuto e poi hanno distrutto.
Non voglio rimanere sola.
Scorpius si avvicina a me, gli faccio un po’ di posto, lui si siede vicino al mio fianco destro. «Tutto bene?»
Scuoto la testa, e lui non mi chiede nient’altro. Sa che non ce ne è bisogno, in cuor suo sa anche lui a cosa sto pensando, lo sa perché è l’unica cosa che riesce a farmi rabbuiare così all’improvviso. Mi prende la mano e cerca di sorridermi, ma è un sorriso che mescola dolcezza e tristezza insieme. Con l’altra mano comincia ad accarezzarmi i capelli, non credo che lo abbia mai fatto prima, non in un contesto del genere, ma è un gesto che mi fa stare bene. Mi ricorda di quando ero piccola, di quando tutto in casa mia emanava calore e non si sentiva quel gelo tagliente anche in piena estate.
 
In meno di due giorni sono miracolosamente guarita e mi sento più energica di prima. Ho raccontato della lettera e Kelsey e lei ha avuto un atteggiamento molto passivo a riguardo: mi ha detto che sta perdendo sempre di più l’interesse e la curiosità di conoscere questa persona, che vuole che si faccia viva e che smetta di nascondersi dietro composizioni a tratti imbarazzanti. Non ho potuto darle torto.
Non le ho ancora parlato dei miei dubbi su Scorpius, da una parte perché sono spariti quasi del tutto quando è venuto in camera a chiedermi se avessi fame o se avessi bisogno di qualcosa. Quel pomeriggio mi ha fatto compagnia finché Harriet e Rowena non sono tornate in stanza, dopo la fine delle lezioni pomeridiane. Io non ricordo molto, perché Scorpius ha detto che dopo un po’ mi sono addormentata.
È quasi ora di cena. Oggi io e Kelsey siamo state in biblioteca a studiare per tutto il pomeriggio: domani abbiamo la verifica di Storia della Magia e io non ricordo assolutamente niente, soprattutto perché ieri e l’altro ieri non avevo abbastanza energie per studiare seriamente e quindi mi sono dovuta ridurre all’ultimo minuto.
Con ancora i libri nelle borse ci stiamo dirigendo direttamente in Sala Grande per la cena, non faremmo mai in tempo a tornare in dormitorio a posare tutto e a risalire, tanto vale portarseli dietro.
«Lils» esordisce la mia migliore amica, ad un tratto. La guardo e rimango in silenzio, per permetterle di continuare. «Hai notato anche tu che ultimamente Scorpius si comporta in modo strano?»
Questa sua domanda mi spiazza: credevo di essere io l’unica paranoica che pensasse che Scorpius avesse un atteggiamento sfuggente, ma Kelsey con questa domanda non sta facendo altro che confermarmelo. E io che non volevo chiederle niente…
«Sì» ammetto. «È dalla partita che si comporta in modo strano.»
«Solo che non credo sia colpa della partita» mi risponde Kelsey. «Anche Alec ci è rimasto di merda, ma a lui è passata dopo qualche giorno. E poi, non è la prima partita che perdono e Scorpius non ha mai fatto così per tutto questo tempo.»
«Già» mi limito a darle ragione. «Non so cosa dirti, Kels… l’altro giorno era normalissimo.»
«L’altro giorno quando?» mi chiede lei, aggrottando le sopracciglia.
«Quando avevo la febbre e sono rimasta in camera tutto il giorno» le rispondo. «È venuto a trovarmi all’ora di pranzo, usando quel coso che avevo dato ai gemelli Scamandro… voleva vedere come stavo.»
«Strano» commenta lei, guardando dritto di fronte a sé. Imbocchiamo una rampa di scale e aspettiamo che si sposti. «Non ce l’ha detto.»
«Vallo a capire» sbuffo. Una volta che la rampa si ferma dove ci interessa, cominciamo a scendere le scale velocemente, e ci ritroviamo nel grande corridoio di fronte alla Sala Grande. Finalmente si cena, ho una fame imbarazzante.
Ci stiamo dirigendo verso le grandi porte spalancate, quando noto in un angolo poco illuminato, nei pressi di una grande colonna, qualcosa che non mi piace per niente.
C’è una ragazza appoggiata alla colonna, è seria e sembra molto infastidita, tiene le braccia ben serrate sul petto e sta cercando di appiattirsi quanto può contro la superficie liscia di marmo, per allontanarsi il più possibile dal suo interlocutore, che è di fronte a lei e tiene un braccio teso accanto alla sua testa, con la mano poggiata sulla colonna.
Comprendo alla perfezione il motivo del fastidio dipinto sul volto di lei, dal momento che il ragazzo che le sta di fronte è Christopher Burke.
Sento i geni Potter che mi mandano in sovraccarico il cervello e mi fanno ribollire il sangue nelle vene. Mollo la mia borsa per terra e senza nemmeno rifletterci mi avvicino a grandi falcate ai due, con la mia spilla da Prefetto ben in vista, appuntata sul maglione nero della divisa.
Ti ho fatto una promessa, Burke, e puoi star certo che non ti darò mai pace.
Riesco a malapena a sentire Kelsey che mi sta richiamando e chiedendo che cosa sto facendo. Quando sono abbastanza vicina ai due da riuscire a sentire quello che stanno dicendo, sono ancora più convinta della mia azione.
«Ti vuoi levare, cazzo?!» esclama all’improvviso la ragazza, cercando di spintonare Burke all’indietro senza troppi risultati. Lui per tutta risposta le ride in faccia. Io mi avvicino ancor di più.
«Certo che sei proprio un maniaco, Burke» esordisco, attirando l’attenzione di entrambi. «Non ti fai nemmeno un po’ schifo?»
Lui mi guarda per qualche secondo, poi si allontana dalla ragazza e viene verso di me. Riesco a percepire il sollievo di lei e per un attimo mi sento soddisfatta, l’attimo dopo, tuttavia, mi sento pervasa da un’irrazionale paura.
«Forse non hai capito chi hai davanti» mi dice, con un ghigno minaccioso.
Non ho paura di te. È quello che cerco di dirmi per impedire alle mie ginocchia di tremare, per fare in modo che il mio sguardo continui a sostenere il suo e per cercare la bacchetta nella tasca del mantello senza darlo a vedere.
«Ho davanti un pezzo di merda» rispondo duramente. «Una persona insensibile che pensa che tutto il mondo gli appartenga e pensa di poter trattare chiunque come gli pare e piace.»
«Ma chi ti credi di essere, Potter?» mi domanda, è arrabbiato.
«Un Prefetto. Quindici punti in meno a Serpeverde per aver importunato quella ragazza» ribatto prontamente. Sarà abuso di potere quello che ho appena fatto? Sinceramente, non mi interessa: l’ho detto quella sera in cui ho difeso Amelia Nott che gli avrei reso la vita un inferno.
«Stronza» sibila. «Devi smetterla di starmi sempre in mezzo ai coglioni, Potter.»
«Pensavo non ti dispiacesse» gli rispondo, cercando di restare calma.
Con gli occhi cerco qualcuno, ma scopro che la ragazza di prima è scomparsa nel nulla. Non posso girarmi a controllare che Kelsey sia dove l’ho lasciata, perché credo che Burke sarebbe capace di attaccarmi alle spalle.
«Sinceramente? Non sei il mio tipo» continua. «Anche se… forse una bottarella te la darei.»
Deglutisco. Sento un peso sullo stomaco, qualche secondo dopo lo registro come nausea. Vomitargli addosso sarebbe un modo abbastanza chiaro per fargli capire quanto sia un essere schifoso, ma mi renderebbe alquanto vulnerabile e non credo di potermelo permettere. Le mie dita sfiorano la bacchetta, pian piano il mio palmo la avvolge e la stringe.
Ti ho fatto una promessa, Burke. E io sono una Potter, dovresti sapere bene cosa significa.
«A te non dispiacerebbe di sicuro» continua, avvicinandosi sempre di più a me. Sto indietreggiando. «Scommetto che avresti voluto esserci tu, al posto di quella ragazza.»
Chiudo gli occhi per un istante. Quando li riapro, con una voce che non credo nemmeno mi appartenga ho lanciato uno Schiantesimo. Quando mi rendo conto che Burke ha evocato un protego è solo dopo averlo visto ancora in piedi sulle sue gambe, con quello stupido sorriso viscido stampato in faccia. Ha usato un incantesimo non verbale. Avrei dovuto ricordarmi che quelli del settimo anno sanno già utilizzare questa tecnica, prima di iniziare una sottospecie di duello con lui, ma ormai penso sia troppo tardi.
Mi lancia un qualche incantesimo sempre in silenzio, io lo schivo, ma ad un certo punto, un lampo di luce rossa viene verso di me e la bacchetta mi vola via dalla mano destra.
Mi ha disarmato con una facilità inaudita, dopo nemmeno cinque minuti.
Non ho nemmeno il coraggio di voltarmi per controllare dove sia andata a finire. So solo che adesso sto davvero morendo di paura.
Vaffanculo ai geni Potter, e vaffanculo a Burke. Vaffanculo a me!
Burke mi si avvicina di nuovo, puntandomi addosso la bacchetta. Lo guardo dritto negli occhi scuri, cercando di capire a quale incantesimo sta pensando. Sicuramente qualcuno che mi faccia male.
Tuttavia, dalla bacchetta di Burke non fuoriesce alcun incantesimo. Qualcosa lo ha sbalzato all’indietro per parecchi metri e lo ha fatto finire quasi contro la parete opposta. Mi accorgo solo in questo momento che ho trattenuto il respiro. Mi giro e la prima cosa che vedo è Albus con la mia bacchetta tra le mani. Attorno a lui c’è un gruppetto di persone, intravedo Kelsey, ha gli occhi rossi, come se avesse pianto, c’è anche Alec accanto a lei, le sta tenendo un braccio attorno alle spalle.
Mi gira la testa e cerco di nuovo mio fratello con lo sguardo, ma lui non sta guardando me, né Burke che giace disteso a terra di fronte a noi, sta guardando alla nostra destra.
È verso quella direzione che mi volto anche io: Scorpius sta tenendo la bacchetta tesa verso il muro, verso Burke, e sta avanzando pericolosamente verso di lui, con un volto indecifrabile.
Burke si rialza a fatica, e Scorpius gli lancia qualche altro incantesimo, in religioso silenzio. Sembra essere caduto in una sorta di trance.
Il mio nuovo nemico giurato tenta debolmente di difendersi, ma ad un certo punto Scorpius lo disarma e Burke alza le braccia verso l’alto, in segno di resa.
La prima cosa che io e Albus facciamo, pensandola quasi allo stesso momento, è avvicinarci ai due: io per evitare che si ammazzino a vicenda, Albus forse per rincarare la dose.
La testa mi gira un po’ e l’unica cosa che riesco a percepire con chiarezza è la voce dura e furiosa di Scorpius che pronuncia una frase. Una frase che fa scappare Burke a gambe levate. Una frase che non credo dimenticherò mai.
«Tu sfiora di nuovo Lily Potter anche solo con un dito e giuro che ti ammazzo.»

 
Sono unsacco dispiaciuta per aver detto che avrei aggiornato ad un ritmo decente e poi mi ripresento dopo quasi un mese e mezzo. Il fatto è: pensavo di aver tempo per scrivere e invece no. O meglio, lo avevo, ma davvero pochissimo e ogni volta ne usciva fuori poca roba. Ora, sono quattro giorni che invece non faccio altro che scrivere, perché ho avuto una brutta dermatite infettiva intorno alla bocca e mi sono autoreclusa in casa, in più ho rinunciato anche ad un esame che devo dare tra poco perché le creme che metto mi seccano un sacco la pelle e non riesco a parlare moltissimo, ergo non riesco ripetere per l'esame e di sicuro non credo sarò in grado di presentarmi, perché sono abbastanza oscena al momento. 
E quindi niente, la sfiga è palpabile, ma almeno mi ha fatto scrivere il capitolo. Penso di avervi annoiato abbastanza con la mia cartella medica ^^" Spero vi sia piaciuto, ci tenevo tanto a questo capitolo, contiene una delle vicende chiave per i prossimi sviluppi.
Un abbraccio
Mars ♥
 

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Capitolo 20
*** L'inizio della fine ***


XX - DEREK

L'inizio della fine 

 
Mi chiamo Derek, ho diciassette anni e da quando ho iniziato a frequentare Hogwarts ne ho viste di tutti i colori. Non sto scherzando, è successo veramente di tutto, e io sono ne sono stato sempre testimone. Mi correggo, quasi sempre: in alcuni casi, sono stato anche artefice, ma solo perché è inevitabile finire in qualche guaio quando si hanno Albus Potter e Frank Paciock come amici. L’episodio più memorabile che io ricordi è sicuramente quello in cui la cara, vecchia Trisha Lynch ha praticamente dato fuoco all’intero dormitorio femminile del sesto anno, perché era estremamente convinta che Vanessa Thompson le avesse rubato il ragazzo. La realtà era ben altra, ma questa è tutta un’altra storia. Quello che intendo dire, è che Trisha Lynch che gioca a fare la piromane è stato l’episodio più memorabile di sempre. Ora non lo è più.
Ha perso il suo primato da più o meno cinque minuti, ed è sempre da cinque minuti che io, Frank e Bellamy stiamo guardando quello che, a nostro avviso, è diventato l’evento che rimarrà per anni nella storia di Hogwarts, o  che sarà l’inizio dell’apocalisse… a seconda dei punti di vista.
Cinque minuti fa, abbiamo appena assistito ad una scena incredibile: Albus Potter e Scorpius Malfoy si sono stretti la mano e hanno iniziato a parlare come due persone normali, in modo civile, senza puntarsi le bacchette addosso o tirarsi pugni a destra e a manca. Non credevo che avrei vissuto abbastanza per vedere qualcosa di simile, invece è proprio quello che è successo, davanti ai miei occhi e a quelli di mezza scuola, a giudicare dall’intenso vociare che mi circonda.
D’accordo, magari il resto della scuola è in subbuglio non tanto per la stretta di mano tra Albus e Malfoy, quanto per il fatto che Christopher Burke ha quasi rischiato la pelle… ma per me questo è del tutto irrilevante. Voglio dire, Albus e Malfoy si stanno parlando pacificamente, questo sì che è qualcosa di eccezionale!
Credo di essere sul punto di esplodere dalla curiosità, quando la voce di Frank mi riporta con i piedi per terra.
«Voglio anche io la droga che si è preso Al stasera» farfuglia, con gli occhi scuri ancora incollati alla nuova, improbabile coppia. Lily si è aggiunta a loro adesso, siamo troppo lontani per capire cosa sta succedendo, ma sembra indispettita. Albus le mette le mani sulle spalle e gliele accarezza piano.
«Non credo si tratti di qualche droga» dice ad un certo punto Bellamy. «Credo che Albus sia… uhm, riconoscente a Malfoy, forse?»
«Albus a volte non ringrazia nemmeno te che ci fai copiare i compiti, perché dovrebbe ringraziare Malfoy?» domanda Frank, che sembra essere sotto shock.
«Beh, forse perché Malfoy ha appena difeso Lily. Credo che, per Al, sua sorella sia più importante dei compiti» continua Bellamy, che al contrario sembra aver recepito con molta razionalità quello che è appena successo.
«Io non ci sto capendo niente» mi limito a dire, ancora con lo sguardo perso davanti a me. Subito dopo, sento una vigorosa pacca sulle spalle da parte di Frank.
«Ben detto, Derek» dice. «Nemmeno io.» 
«Non possiamo semplicemente aspettare che Albus venga qui e ci spieghi tutto?» domanda Bellamy. Sta cercando di rimanere calmo, ma so che in fondo anche lui muore dalla voglia di sapere cosa diavolo è appena successo.  
«Per me è impazzito e non saprà nemmeno dire una parola che abbia senso» statuisce Frank. 
Io non faccio in tempo a dire nulla, perché Al si sta avvicinando a noi, mentre Lily e Malfoy stanno parlando con il professor Cylon.  
Accidenti, sono così scioccato e scandalizzato che nemmeno mi sono accorto del professore che arrivava. 
«Che cosa cazzo è appena successo?!» esclama Frank, non appena Albus è abbastanza vicino a noi.
Nonostante il tono quasi aggressivo di Frank, Al rimane impassibile. Sul suo volto, un’espressione di estrema serietà e preoccupazione che non si lascia scalfire da niente. Che sia successo qualcosa di grave? Che la stretta di mano con Malfoy fosse tutt’altro che l’inizio di una tregua, o ancora meglio, di una pace? 
«Ve lo spiego dopo» dice semplicemente, per poi lasciarsi sfuggire un sospiro. «Cylon mi ha detto di far entrare tutti in Sala Grande per la cena, mi date una mano?»
 
Questa sera è parecchio strana. Al tavolo dei Serpeverde mancano quattro persone: Lily, Malfoy, Burke e un’altra ragazza di cui non so il nome. Albus mangia in religioso silenzio, ogni tanto Frank cerca di cavargli qualcosa dalla bocca e Bellamy lo riprende, dicendogli che prima o poi Al ci spiegherà tutto. Credo che Bellamy abbia ragione: forse Al non ne vuole parlare qui, in mezzo a tutta questa gente che aguzza le orecchie per non farsi scappare niente. Tutti abbiamo visto Lily attaccare Burke dopo una discussione, tutti abbiamo visto Malfoy spedirlo dall’altra parte del corridoio in maniera abbastanza violenta e tutti abbiamo visto Albus e Malfoy che parlavano civilmente tra di loro. Credo sia normale che vogliano sapere cosa sia successo, specialmente perché non è di certo un segreto l’astio che da sempre esiste tra di loro e sembra estremamente strano che, apparentemente, entrambi abbiano deposto le armi. Quello che ci stiamo chiedendo tutti, soprattutto, è: per quale motivo? 
Quando finiamo di cenare, la salita fino alla Torre Grifondoro sembra infinita: scale che non arrivano, fiumi di persone che camminano come lumache per i corridoi, e addirittura una fila per entrare nella nostra Sala Comune, dovuta al fatto che un ragazzo del terzo anno si è dimenticato la parola d’ordine e, dopo averla quindi sbagliata, la Signora Grassa gli ha risposto che lei se ne sarebbe andata a fare un giro con la sua amica Violet, mentre lui cercava di ricordarsela. Di conseguenza, per entrare stiamo tutti aspettando che la Signora Grassa ritorni.  
Nel frattempo, Frank, visibilmente frustrato e infastidito dal fatto che Albus non voglia ancora parlare di quello che è successo prima di cena, ha cominciato a parlare di altro, senza quasi mai prendere fiato. Io cerco di ascoltarlo, Bellamy ogni tanto risponde, cercando di tenere in piedi una debole conversazione, mentre Albus lo guarda, ma si nota che è totalmente disinteressato e sta pensando a tutt’altro.  
Ed è in questo momento di confusione che accade qualcosa che contribuisce a rendere questa serata ancora più movimentata e agitata. Siamo ancora tutti in fila davanti l’ingresso della nostra Sala Comune e ci stanno passando accanto diversi gruppetti di Corvonero, che si stanno presumibilmente dirigendo verso la loro Torre e che ci guardano divertiti. Una ragazza dai capelli rossi che, purtroppo, la mia mente riconosce e registra subito come Cassiopea Stewart, si avvicina pericolosamente a noi. 
«Ciao, Bellamy!» lo saluta, poi gli si avvicina e i due si scambiano un abbraccio amichevole. «Che sta succedendo qui?» 
«Stiamo aspettando la Signora Grassa» risponde Bellamy, con un tono gentile. «E tu?» 
«Torno alla Torre, speriamo che almeno il nostro batacchio non ci faccia scherzi stasera» risponde la ragazza, con un grande sorriso sul volto. «E se la Signora Grassa non dovesse tornare, sei il benvenuto sui nostri divani.»
«Non credo di riuscire a rispondere a nessuna domanda, in questo momento» scherza Bellamy. «Sono un po’ stanco, probabilmente finirei per rimanere in corridoio comunque.»
Cassiopea ride divertita, dopodiché si scambiano ancora qualche parola, finché lei non viene richiamata da altre due ragazze, probabilmente sue amiche. Tra la calca generale, si scontra con Albus e lui la saluta distrattamente. Lei gli risponde in maniera leggermente fredda, nulla a che vedere con la gentilezza mostrata meno di trenta secondi fa a Bellamy. 
«L’avete preso?» gli chiede, a bassa voce. Albus si limita a scuotere la testa, ben attento a non proferire parola. «Quando me lo darete, procederò.» 
Nonostante la calca generale, sono riuscito a sentire questa breve conversazione. Spero solo che non l’abbia sentita nessun altro. 
Un sospiro di sollievo generale mi fa capire che la Signora Grassa è finalmente ritornata e, sommersa da una moltitudine di voci che esclamano la parola d’ordine, si fa da parte e ci lascia entrare in Sala Comune. Noi quattro ce ne andiamo dritti in dormitorio: Albus ancora non ha proferito parola sull’accaduto di Burke, Malfoy e Lily. 
Non appena ci sediamo, io e Frank sul suo letto, Bellamy e Albus sul mio, Frank non lascia ad Al nemmeno il tempo di pensare a cosa dire: «Parla.» 
«Io e Malfoy abbiamo deciso di darci una tregua» dice allora Albus, con tutta la tranquillità del mondo. Nessuno di noi dice nulla, perché a questo c’eravamo arrivati. 
«Per quale motivo?» chiede allora Bellamy, dopo un minuto buono di silenzio. 
«Perché adesso abbiamo trovato un nemico comune.»
 «Intendi Burke?» continua Bellamy, con il suo solito tono rilassato e tranquillo. Albus annuisce debolmente, puntando lo sguardo in un punto imprecisato davanti a lui.
«Esatto» risponde. «Per il bene di Lily, gli faremo capire che deve starle alla larga.»
Una risatina del tutto fuori luogo si fa strada fino alla mia bocca. Mi porto le mani davanti alle labbra quasi subito, rendendomi conto che effettivamente non c’è molto da ridere, ma mi sono appena ricordato di un accaduto, all’inizio di quest’anno, che mi ha fatto sorridere.
«Che c’è da ridere?» mi chiede Albus. Non è infastidito, dalla mia reazione, ma piuttosto confuso.
«No, nulla» mi affretto a dire velocemente. «È solo che ho pensato a quando hai dato un pugno a Malfoy davanti alla McGranitt, quando lei ha detto che ti avrebbe tolto il Quidditch.»
«E quindi?» commenta ancora Albus.
«E tu ci hai detto che lo hai fatto perché pensavi che Scorpius ci stesse provando con tua sorella o che stessero insieme» continuo. «E niente, è quasi buffo adesso che tu e lui vi coalizziate contro questo brutto ceffo proprio per proteggere lei.»
«Messa così sembra che Malfoy sia geloso di Lily e voglia evitare un suo qualsiasi contatto con il genere maschile» scherza Frank, accanto a me. Anche Albus sorride a questa battuta e l’atmosfera si alleggerisce un po’.
«Neanche io sono così ossessivo, credo che Scorpius stia solo facendo il bravo amico» dice Albus.
«Oh, attenzione!» esclama Frank. «Adesso è Scorpius? Tra qualche settimana lo chiamerai “fratellino”?»
«Dai, smettetela» cerca di dire Bellamy. «Io sono contento che invece tu abbia fatto questa tregua, Al. Potrebbe anche essere l’inizio di una convivenza civile a prescindere da Burke.»
«In che senso?» gli chiede Albus.
«Nel senso che se riesci a mantenere questa pace senza cercare di affatturarlo ogni due per tre, potrai continuare a farlo anche dopo aver isolato la minaccia di Burke.»
«In effetti, ha senso…» borbotto sottovoce.
«Non posso prometterlo, ma posso vedere come va e poi decidere se continuare ad odiarlo o meno.»
«Rinunciaci, Bel» commenta divertito Frank, mettendosi a gambe incrociate. Io e Albus ridiamo, ma Bellamy rimane stranamente serio: fa un sorriso tirato e abbassa lo sguardo, i capelli castani gli coprono la fronte e gli occhi scuri. Noi altri ci guardiamo preoccupati.
«Bellamy?» domanda Albus, gentilmente, mettendogli una mano sul braccio. Nel momento in cui lo fa, noto che la mano destra di Bellamy si stringe in un pugno e che sta tenendo i muscoli in tensione. Deve esserci qualcosa che non va.
Dopo un po’, il nostro amico rialza la testa ed è leggermente rosso in viso. Ci guarda con una serietà mai vista prima.
«Ragazzi, posso chiedervi una cosa?» ci dice. «Però dovete giurarmi che sarete sinceri.»
«Qualunque cosa» gli assicura Albus. Anche io e Frank annuiamo convinti.
Bellamy fa un gran bel respiro e ci guarda uno ad uno. E poi eccola, la domanda della discordia, quella su cui avevo un cattivo presentimento nemmeno mezz’ora fa, mentre aspettavamo che la Signora Grassa ritornasse: «Che specie di accordo avete con Cassiopea Stewart?»
Io mi congelo. Spalanco gli occhi, non so se per lo stupore che Bellamy abbia fiutato qualcosa, o se per la paura di quello che accadrà di qui a poco. Percepisco che anche Frank, alla mia destra, si è irrigidito e adesso sto guardando Albus: lui sostiene lo sguardo di Bellamy e sembra che abbia smesso di respirare. Credo che la paura si sia impadronita anche di lui, perché sono passati lunghissimi secondi e non ha ancora dato una risposta che sia convincente. Di solito, Albus ci riesce; riesce sempre ad inventare qualcosa di estremamente credibile sul momento e riesce sempre a passarla liscia, ma stavolta sta rimanendo colpevolmente in silenzio e capisco che non vuole dire a Bellamy l’ennesima bugia.
Il silenzio permane e viene rotto nuovamente dalla voce di Bellamy: «Da questo deduco che ne avete davvero uno, bene.»
«N-non… lo avevi g-già capito?» mormoro, con la voce che mi trema.
«Pensavo fossero solo idee mie, e anche abbastanza infondate, ma evidentemente no» risponde Bellamy. «Di che si tratta?»
Frank fa un respiro profondo e poi decide di dire la verità, o almeno una sua parte.
«Le abbiamo promesso che avremmo rubato per lei un libro dal Reparto Proibito» dice, sospirando poi sommessamente.
Bellamy adesso appare alquanto confuso. «E per quale motivo? Lei ha libero accesso a tutti quei libri.»
«Tutti tranne uno.» La voce di Albus è diversa da come sono abituato a sentirla, sembra spezzata, roca, quasi come se non gli appartenesse. Credo se la stia facendo sotto e io non posso certo biasimarlo. Mi chiedo solo, a questo punto, a chi toccherà rivelare a Bellamy del casino che abbiamo fatto con la Polisucco. «Il libro di suo padre, lui non vuole che lei lo legga.»
«Capisco» dice ancora Bellamy, la sua voce è tornata quella di prima: tranquilla, serena, non sembra neanche arrabbiato. Forse crede ancora che sia tutta una grande coincidenza, ma io non credo sia giusto lasciarglielo pensare. «E lei cosa vi ha promesso in cambio?»
«Beh, noi le abbiamo chiesto se poteva aiutarci a sistemare una cosa che avevamo fatto… una cosa un po’ brutta» risponde Albus, con sincerità. I suoi occhi verdi ancora reggono il confronto con quelli di Bellamy e non si piegano.
«Che cosa?» chiede ancora Bellamy.
Albus esce sconfitto, smette di guardare Bellamy negli occhi, abbassa lo sguardo e poi lo punta su Frank, un secondo dopo su di me. Io deglutisco e non riesco a muovere un muscolo, sento uno strano formicolio che mi percorre tutto il corpo.
«Noi volevamo solo far finta che questa cosa non fosse mai successa!» esclama Frank. Una momento di lucidità improvviso mi acceca: «E io volevo dirtelo subito, così non lo saresti venuto a sapere da qualcun altro, però poi non l’abbiamo più fatto! Scusaci, non lo faremo mai più, Bellamy!»
«Ehi» mi dice con calma lui, mi si avvicina e mi tocca la spalla. «Calmati, va tutto bene. Vorrei solo sapere cosa è successo perché non ci sto capendo niente.»
«Okay, ti chiedo in anticipo scusa a nome di tutti, ma soprattutto mio perché l’idea è venuta da me, Derek e Frank mi hanno solo appoggiato, a loro non sarebbe mai venuto in mente» statuisce Albus. Tutti i nostri sguardi adesso sono puntati su di lui.
«Che cosa sarà mai di così terribile?» azzarda a dire Bellamy, cercando di fare un debole sorriso. Albus si schiarisce la voce con un colpo di tosse.
«Hai presente quando ti chiedevi perché Zoe volesse parlarti?»
Bellamy annuisce.
«Ecco, lei vuole parlarti perché non ha effettivamente idea del perché abbiate smesso persino di salutarvi da un momento all’altro.»
«Questo non ha senso, Al. È stata lei in primis a voler tagliare qualsiasi tipo di rapporto con me, a me andava bene anche essere semplicemente amici, ma a quanto par-» Bellamy inizia a parlare, ma la sua frase viene bloccata di nuovo dalla voce di Albus, che non riesce a tenersi dentro la verità per un secondo di più. Se prima non voleva assolutamente che questa storia uscisse fuori, adesso sta esplodendo.
«No!» esclama, facendo calare il silenzio. «Non lo sa, perché lei non le ha mai dette quelle cose. Sono stato io! Sono stato io a dirtele!»
«Okay, Al… credo che tutta la storia di Burke e di Malfoy non ti abbia fatto bene… forse è meglio se ti riposi.»
«Abbiamo preparato la Polisucco» esordisce allora Frank.
«E io le ho preso in prestito la spazzola per capelli…» dico a bassa voce, vergognandomi come un ladro.
Si susseguono momenti di terrificante silenzio. Il mondo sembra essersi fermato, l’aria è immobile e la nostra stanza è immersa nel silenzio. Non so cosa potrebbe succedere adesso, ma sento di essermi liberato di un peso, mi sento leggero come una piuma, anzi, più di una piuma! Sento che potrei cominciare a fluttuare da un momento all’altro. Guardo velocemente Frank e Albus. Anche loro si sentono così? Dalle loro espressioni mortificate faccio fatica a capirlo, ma la mia è solo una sensazione temporanea. Quando Bellamy apre bocca, infatti, sento di essere diventato di nuovo pesante; peso tonnellate e tonnellate, così tanto che potrei e vorrei sprofondare in una voragine.
«Io non ci posso credere» inizia. «Sono stato settimane a chiedermi che cazzo avessi fatto di sbagliato con Zoe e adesso venite a dirmi che non è mai successo niente e che siete stati voi? Mi avete addirittura detto di lasciarla stare e di pensare ad altro… e quando ho conosciuto Cassiopea, io… ma anche questo era pilotato a quanto pare. Sentiamo, in che modo dovrebbe risolvere quello che avete fatto?»
Solo Albus ha il coraggio di ammetterlo. «Noi non lo sapevamo, Lily mi ha detto di cercarla e le abbiamo chiesto se poteva aiutarci. Lei ha solo detto di sì, solo dopo ci ha detto cosa intendesse fare.»
«E cioè?»
«Lei voleva… toglierti il ricordo del litigio con Zoe.»
«Voi state male» taglia corto Bellamy. Si alza di scatto dal letto, recupera il mantello nero dall’appendiabiti e si dirige verso la porta.
«Ci dispiace da morire, Bel!» esclama Frank. «Volevamo fermarla!»
Bellamy non ci risponde, ci rivolge solo uno sguardo carico di rabbia, incredulità, delusione forse.
«Possiamo spiegarti tutto!» provo a dire, in un ultimo, disperato tentativo di non mandare tutto a rotoli. Tuttavia, Bellamy afferra il pomello dorato della porta e se ne va, sbattendola violentemente alle sue spalle.
 
Sono passati tre giorni da quella che definiamo la Serata della Discordia. Quella notte non abbiamo sentito Bellamy rientrare in camera e ancora ci stiamo chiedendo dove abbia dormito. Le due notti seguenti ci ha degnato della sua presenza, ma al mattino si è svegliato sempre molto presto, se non addirittura prima di noi ed è sempre sparito senza dire o lasciare scritto nulla. Durante i pasti non si siede vicino a noi, ma accanto a Rosalie Blossom e altri ragazzi del nostro anno. Ieri Frank, in preda ad un impeto di coraggio e forse annebbiato dall’adrenalina che gli scorreva nel sangue a seguito di un’interrogazione di Pozioni di cui sapeva poco e niente, ha provato a salutarlo e a rivolgergli la parola. Bellamy ha fatto finta di non vederlo.
Questa mattina ci ho provato io, a me ha rivolto un saluto, anche se abbastanza distaccato.
Albus è taciturno da quando è successo tutto, ma è convinto di sentirsi meglio e cerca di rassicurarci dicendo che prima o poi si sistemerà tutto. Frank fa finta di niente e cerca di tirarci su il morale con i suoi soliti aneddoti che dovrebbero essere divertenti, ma non è la stessa cosa senza Bellamy che puntualizza che non fanno ridere.
In compenso, Bellamy sembra aver deciso di continuare a passare il suo tempo con Cassiopea Stewart, nonostante le sue scoperte. Non sappiamo se le abbia raccontato già l’accaduto oppure se stia tacendo sul fatto, sappiamo solo ciò che vediamo: le lezioni che condividiamo con i Corvonero le passa seduto accanto a lei e non è raro vederli camminare insieme per i corridoi tra una lezione e l’altra. Ne deduco che ormai siano diventati grandi amici e da una parte sono felice per Bellamy, dall’altra sono estremamente preoccupato perché non voglio che arrivi a sostituirci con qualcun altro.
È la stessa irrazionale paura che aveva Albus quando credeva che Zoe avrebbe potuto portarci via Bellamy per sempre e mi accorgo che non abbiamo risolto davvero niente con tutto questo putiferio: impedire a Bellamy e Zoe di diventare ottimi amici, di frequentarsi, ha portato allo stesso identico risultato. Solo che adesso c’è di mezzo una ragazza diversa, una ragazza che non è Zoe, che è forse l’esatto opposto di quella che è Zoe Caplan.
Chissà come abbiamo fatto ad essere così stupidi. È una domanda che mi sono fatto sin dall’inizio e a cui non ho mai trovato risposta, ma adesso penso di avercela: semplicemente non avevamo considerato che non potevamo impedire a Bellamy di provare sentimenti. Io non so se riuscirei a perdonarmi al posto suo e questa prospettiva mi mette i brividi.
Nel frattempo, mentre la cena finisce, lo vediamo alzarsi e raggiungere subito il tavolo dei Corvonero. E anche questa sera finisce nello stesso modo delle precedenti: ce ne ritorniamo alla Torre, poi dopo un po’ saliamo in dormitorio e ci mettiamo a dormire. Uno di noi non lo farà finché non sentirà Bellamy infilarsi sotto le coperte.
Sarà questo, forse, il motivo per cui Albus da giorni ha due occhiaie spaventose.

 
Ciao a tutti!Questa volta sono stata più veloce, visto? La prossima non lo so, perché comunque adesso che sono più o meno guarita mi tocca recuperare lo studio per gli esami, ma spero, in una pausa e l'altra di buttare giù qualcosa di decente. La trama c'è tutta nella mia testa, l'unico problema è trasformarla in parole che abbiano una sequenza logica ahahaha. Come si dice, la verità viene sempre a galla, e più tempo passa peggio è. Prima o poi Bellamy doveva scoprirlo e la sua reazione non era difficile da immaginare. Prossimo capitolo, finalmente, dal puntodi vista di Kelsey! C'è una scena che muoio dalla voglia di scrivere da quando ho iniziato la storia e spero di renderla bene, ho ansia! 
Ringrazio ancoa di cuore Dreamer_imperfect che ha recensito questa storia dopo mesi di raganatele e balle di fieno, e ovviamente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! ♥
Un bacione,
Mars
 

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Capitolo 21
*** Come le giraffe ***


XXI - KELSEY
 
Come le giraffe
 
«Allora, dimmi gli ingredienti della Pozione Dimenticante.»
«Facile: essenza di Elleboro, succo di Pugnaceo e radice di Radigorga!»
Lily non ha bisogno nemmeno di controllare sul libro, mi sorride soddisfatta e mi dice che ho dato la risposta esatta.
«Fammi un’altra domanda» le dico, quasi perentoria. Ho estremamente paura di questa verifica di Pozioni. Sono molto difficili le pozioni, quest’anno, sicuramente per via del fatto che affronteremo i G.U.F.O. e dobbiamo avere una preparazione adeguata per superarlo.
«D’accordo, vediamo… nella Pozione Risvegliante bisogna mettere prima i pungiglioni di Billywig o i rametti di Aconito?»
«I rametti!» esclamo, estremamente convinta.
«No, prima i pungiglioni insieme alle zanne di serpente» mi dice invece Lily.
«Sei sicura?» le chiedo.
«Controlla» risponde, porgendomi il manuale. Sfoglio freneticamente le pagine alla ricerca del capitolo sulla Pozione Risvegliante e, a malincuore, vedo che la mia migliore amica  ha maledettamente ragione. Chiudo sconsolata il mio libro di Pozioni, e lo rimetto nella mia borsa. Non supererò mai questa verifica, è ufficiale. Abbiamo dovuto imparare i procedimenti di cinque pozioni diverse, tra le quali Lumacorno estrarrà a sorte quella che dovremo preparare. Prego che non sia la Pozione Invecchiante, è la più complicata di tutte.
«Cari studenti e studentesse, vi chiedo un momento di attenzione!»
Centinaia di teste si voltano verso il tavolo dei professori. La Preside si è appena alzata in piedi, con i palmi poggiati sulla candida tovaglia bianca. Il silenzio cala velocemente nella Sala Grande: non si sente nemmeno un respiro.
«Prima che affrontiate questa nuova giornata di lezioni, sono lieta di informarvi che Hogwarts dopo molti anni sarà teatro di una grande festa!» annuncia. «Io e il resto del corpo insegnanti, insieme al Ministro della Magia, abbiamo deciso di reintrodurre nella tradizione della scuola l’antica festa del Ceppo di Yule. La sera del ventun dicembre ci ritroveremo tutti qui, in Sala Grande, a celebrare la notte più lunga dell’anno, il solstizio d’inverno! Accenderemo in un grande camino il Ceppo di Yule, che brucerà per tutta la notte, fino al sorgere delle prime luci dell’alba. Al vostro ritorno in Sala Comune troverete tutte le informazioni necessarie nei rispettivi dormitori, buona giornata!»
La professoressa McGranitti si rimette seduta e un secondo dopo la stanza si riempie di un vociare fitto fitto. Vedo fibrillazione ed eccitazione su tutti i volti, neanche io riesco a nascondere le mie emozioni. Hogwarts non ospita eventi del genere veramente da molti anni!
«Secondo voi dovremmo vestirci eleganti?» esordisce Alec, con un tono abbastanza preoccupato. Mi viene da ridere: lui tollera a malapena la camicia bianca e la cravatta della nostra divisa, riesco solo ad immaginare cosa potrà succedere se si vedrà costretto ad indossare un abito elegante!
«Credo proprio di sì, Alec!» esclama Lily, scoppiando a ridere. «Questo sabato, prima della festa, shopping obbligatorio ad Hogsmeade.»
«Oppure fatti spedire qualcosa dai tuoi» s’inserisce Scorpius. «Io farò così, sono pieno di vestiti eleganti, non ho proprio voglia di comprarmene un altro.»
«Deve essere schiacciante il peso dell’alta società» scherzo io. «Un armadio pieno di vestiti eleganti, non vorrei proprio essere al tuo posto!»
«Tu non hai idea di cosa significhi passare una serata intera a sentire discorsi inutili tra le amiche di tua madre o il nonno che si lamenta di tutti quelli che conosce… almeno, quelli ancora vivi.»
«Allora ci accompagnerai e ci aiuterai a scegliere i nostri vestiti» statuisce Lily, con un sorrisetto malefico. «Non esiste che faccio scegliere a mia madre quello che devo indossare. O peggio, a mio padre. Mi manderebbe un vestito da suora.»
Alec scoppia a ridere, quasi strozzandosi con tè. Scorpius, con fare abbastanza insolito, le avvolge le spalle con il braccio e l’attira a sé per arruffarle i capelli. Lily non sembra infastidita o confusa per questo suo gesto. Si limita a ridere per la sua stessa battuta, poi si scansa velocemente e si risistema i capelli dietro le orecchie.
A me è parso abbastanza strano, ma ho la testa divisa a metà tra il libro dei pozioni e il “come diavolo mi vesto per la festa?”. Molto velocemente, tuttavia, il libro di pozioni prende il sopravvento.
«Adesso comunque abbiamo problemi più importanti» esclamo, battendo una mano sul tavolo. Allungo il libro verso Lily. «Un’altra domanda.»
 

«Lils!»
Sto cercando di attirare l’attenzione della mia migliore amica da un paio di minuti, ma lei sembra essere stata risucchiata dall’intruglio che sobbolle nel suo calderone ramato. Siamo nel bel mezzo di un compito in classe, d’accordo, ma io non ho idea di come continuare la mia Pozione Invecchiante. Esatto, proprio quella che non volevo venisse estratta!
Guardo di soppiatto Lumacorno, che è sul punto di appisolarsi dietro alla cattedra e mi giro di nuovo verso Lily, che adesso sta sminuzzando qualcosa. Guardo i miei ingredienti e prendo quelle che dovrebbero essere le radici del Tranello del Diavolo, l’unica cosa che si possa effettivamente sminuzzare, e comincio ad imitarla. Se non mi risponde, almeno posso fare quello che fa lei.
«Non ci pensare nemmeno» una voce femminile che proviene dalla mia destra mi fa sobbalzare e il coltello mi sfugge di mano, cadendo sul banco con un tonfo che fa risvegliare Lumacorno dal suo pisolino.
«Tutto bene, signorina Higgs?» mi domanda.
«Sì, mi scusi, signore, mi è solo scivolato il coltello» rispondo, sfoderando uno dei miei migliori sorrisi finti.
«Stia più attenta» brontola, dopodiché lancia uno sguardo generale alla classe, controlla il vecchio orologio da taschino e torna ad ignorarci come sempre. Finalmente mi giro nella direzione di chiunque mi abbia parlato e con sommo stupore mi trovo puntato addosso lo sguardo affilato di Lucinda Ackerman.
«Se stai imitando Lily, lascia stare, le pozioni le fa di testa propria» dice sottovoce, con un cipiglio infastidito.
«Scusa?» le chiedo, aggrottando la fronte. Ma non ha la sua pozione a cui badare?
«Stavi infilando le radici prima della ghianda di quercia» mi fa notare Lucinda. «Ne sarebbe uscito fuori un gas lacrimogeno.»
«La pozione di Lily mi sembra ancora innocua e la sua ghianda è ancora sul banco» le faccio notare.
«Ripeto, lei fa tutto di testa sua. Di sicuro avrà preso altri accorgimenti per evitare disastri» continua, scrollando le spalle. «Ti serve una mano?»
«No, grazie» dico di rimando, come fosse un gesto automatico. Metto da parte le radici tagliuzzate e butto la ghianda di quercia nel calderone: l’intruglio aranciato emette delle enormi bolle, ma poi ritorna pian piano a sobbollire. Prendo il mio mestolo, e comincio a girare. Guardo Lily: si è chinata ad annusare il suo composto, dalla sua faccia non credo che debba avere un buon odore, ma d’altra parte non credo che questa pozione sia famosa per essere piacevole da assumere. Allo stesso modo, guardo cosa sta facendo Lucinda alla mia destra: non vedo più la sua ghianda e adesso si sta dedicando a sminuzzare le radici. Ogni tanto gira la pozione in senso orario.
«Professore?» Lily tiene la mano alzata e ha un’espressione serena sul viso. Non appena Lumacorno la guarda, lei continua a parlare. «Sa se negli armadietti delle scorte potrei trovare dei guanti?»
Sento qualcuno ridere in fondo all’aula e un po’ incurvo le labbra anch’io.
«Credo di sì, signorina Potter! Vada pure a vedere» le risponde Lumacorno. E così Lily si sposta dalla sua postazione e va a rovistare negli armadietti, uscendone vittoriosa con un paio di guanti marroni e malconci tra le mani. Se li infila e comincia letteralmente a spappolare lo Stridiosporo. Anche Lucinda Ackerman, alla mia destra, ha gli occhi fissi sul banco di Lily, mentre tra le mani tiene ancora stretti pestello e mortaio. È così che lei ha fatto a pezzi le sue foglie di Stridiosporo, ma dall’espressione corrucciata che ha deduco che ciò che sta facendo Lily sia più intelligente. Scuoto la testa: dal momento che Lumacorno da me non si aspetta di certo la brillantezza di Lily, anch’io mi limito a disintegrare il mio povero Stridiosporo nel mortaio, dopodiché lo aggiungo insieme alle radici, come ha fatto Lucinda Ackerman qualche secondo fa. Sorprendentemente non esplode niente, ma la mia pozione assume un colore verdognolo. Getto uno sguardo al banco di Lucinda, ho appurato che Lily vola troppo in alto per le mie capacità: la Corvonero ha appena preso una fialetta con dentro un capello, la apre delicatamente e versa il capello nel composto. Decido di imitarla. Adesso se ne sta semplicemente ferma: deduco che abbiamo finito perché non ci sono più ingredienti sul nostro tavolo.
Qualche minuto dopo, Lumacorno ci annuncia che il tempo a nostra disposizione è finito. Si alza dalla sua poltrona e comincia a fare un giro per i banchi.
«Come saprete, l’ultimazione di questa pozione richiede altri ventisette giorni e costante cura, cosa che adesso non possiamo fare. Per cui adesso versate un po’ del vostro composto in una provetta e consegnatemelo. Fra qualche giorno vi comunicherò i risultati.»
Faccio come ha detto il professore e con un colpo di bacchetta faccio comparire il mio nome sulla fiala, dopodiché vado in cattedra a consegnarla. Quando ritorno al banco per mettere in ordine le mie cose, Lucinda mi si piazza davanti.
«Non c’è di che» dice, consegna la sua fiala al professore ed esce dall’aula. Non ho neanche il tempo di risponderle, scuoto la testa e sospiro.
A Lily, tuttavia, non deve essere sfuggito, perché mi sta guardando con la faccia di chi vuole ammazzare qualcuno.
 
«Perché non hai chiesto aiuto a me?»
Siamo appena tornate in Sala Comune quando Lily sbotta davanti a metà dei nostri compagni di Casa. Il mio primo impulso è lanciarle un silencio  per evitare che metta su, come al solito, un teatrino divertente. Tuttavia, respiro e mi calmo, e le dico la verità.
«Ho cercato di chiedertelo, ma tu non mi rispondevi! Eri così assorta nella tua pozione…» cerco di spiegarle.
«Ma perché proprio Lucinda Ackerman?!» esclama nuovamente.
«Non ho chiesto io il suo aiuto! È lei che ha cominciato, io stavo solo guardando quello che facevi tu, ma fortunatamente lei mi ha fermata, al-»
Non riesco nemmeno a finire di parlare, che Lily inarca le sopracciglia e assume un colorito rosso pomodoro. Ora è ufficialmente arrabbiata.
«Fortunatamente cosa?!»
«Stavo per mettere le radici senza prima aver messo la ghianda, proprio come hai fatto tu, ma lei mi ha detto che avrei fatto un casino in questo modo, perché tu le pozioni le fai sempre a modo tuo.»
«Non è assolutamente vero, non succedeva nulla, puzzava solo un po’!» esclama. Come un flash rivedo il momento in cui Lily si è chinata sul calderone e la sua faccia schifata dopo averlo annusato.
«E io che ne sapevo? Perché stravolgere l’ordine poi?» le domando. Se il risultato non cambiava, perché ha dovuto apportare quella modifica? Comincio a fare qualche passo verso i dormitori per andare a posare la borsa, prima di andare a pranzo. Come previsto, Lily, che non lascia mai una discussione in sospeso, mi segue e continua a parlare.
«Perché in quel modo le radici, che sono secche, avrebbero meglio assorbito il liquido e l’essenza della pozione, cosa che consente una maggior efficacia, dato che è proprio il Tranello del Diavolo a far scattare l’effetto invecchiante. Non ha senso buttarci dentro prima la ghianda, che è un ingrediente secondario!» mi spiega. «Ma non è questo il punto!»
«Senti, non importa. Ho visto quello che faceva lei e la pozione è uscita lo stesso» le dico, cercando di dare un taglio a questa storia. «E poi, è morta d’invidia quando ha visto che stavi spappolando lo Stridiosporo con le mani, lei lo aveva già disintegrato con il pestello.»
Lily si lascia sfuggire un sorriso soddisfatto. «Be’, farlo a pezzi con le mani è meglio, ma se li tocchi a mani nude cominciano a strillare, per questo cercavo i guanti.»
«È che tu sei troppo brava per me, Lils, mi era difficile starti dietro.»
Lily fa un sorriso imbarazzato, abbassando lo sguardo. Non porta avanti la discussione, segno che qualsiasi cosa avesse le è già passata. Dopo qualche secondo, aggrotta la fronte in un’espressione accipigliata, ha ancora la testa rivolta verso il basso. Allunga la mano verso la mia borsa, semiaperta, e ne estrae un foglio di pergamena un po’ stropicciata.
«Attenta, potrebbe caderti» dice, porgendomelo. Lo afferro un po’ titubante: sono sicura che non sia roba mia. Non lo avevo prima di entrare nell’aula di Pozioni per la verifica e di sicuro non mi sono messa a scribacchiare su qualche vecchio foglio durante quell’ora maledetta. Lo dispiego e noto che ci sono scritte delle brevi frasi.
«Credo sia un altro messaggio dalla mia ammiratrice segreta» dico e poi sospiro, stufa di tutto questo mistero. Ma c’è qualcosa di diverso stavolta. «E credo sia anche l’ultimo»
«Cosa?!» esclama Lily, strappandomelo letteralmente dalle mani. Senza troppi complimenti, legge le frasi ad alta voce, dimenticandosi, come al solito, che in questa stanza ci sono come minimo altre venti persone.  «Spero di vederti al Ceppo di Yule. Vieni da sola davanti la scalinata nell’androne principale a mezzanotte, ti aspetterò lì.»
«Finalmente sapremo chi è» cerco di dire, non troppo convinta. Non mi entusiasma in realtà, scoprire finalmente l’identità di questa persona. Ho perso velocemente il mio interesse tra un complimento troppo dolce e l’altro.
«Tu non ci andrai mai da sola» ribatte prontamente Lily. «A mezzanotte verrà acceso il Ceppo, tutti saranno in Sala Grande e nessuno in giro per la scuola. Potrebbe succederti qualcosa.»
«Lils… è una ragazza come noi, e poi so difendermi discretamente. Inoltre, la scalinata di cui parla non è nemmeno così lontana dalla Sala Grande» le dico, cercando di rassicurarla.
«Non lo sappiamo se è una ragazza.» È la sua unica risposta.
«Per me con questa storia di Burke che va in giro a molestare le persone stai diventando paranoica» sospiro. «Te lo dico da amica.»
Dei gridolini interrompono la nostra conversazione. Dal corridoio che porta ai dormitori femminili compaiono Harriet Davies insieme alla sorella Rowena e ad altre due ragazze, loro amiche. Hanno tutte e quattro dei sorrisi smaglianti e sembrano elettrizzate. Noi gli siamo abbastanza vicine, per cui riusciamo ad ascoltare quello che dicono.
«Sei bellissima Harriet, non puoi fallire» le dice Rowena, accarezzandole dolcemente il volto. In effetti, ha qualcosa di diverso: i capelli, solitamente dritti e lisci, sono luminosi e le cadono sulle spalle in onde morbide; anche la sua pelle è radiosa e priva di imperfezioni.
«Aspetta, un’ultima cosa» dice una ragazza bionda alla sua destra. Sorride maliziosa e con un colpo di bacchetta accorcia di almeno cinque centimetri la gonna della divisa di Harriet.
«Okay, ragazze. Sono pronta» dice Harriet, facendo poi un respiro profondo. «Stavolta è mio.»
Guardo velocemente Lily. Anche lei è confusa quanto me, scrolla le spalle e scuote la testa per farmi capire che nemmeno lei ha idea di cosa stia succedendo.
A questo punto, credo solo che dovremmo goderci lo spettacolo, qualunque esso sia.
Harriet comincia a camminare, sicura di sé, e raggiunge il davanzale di una delle grandi vetrate colorate che danno sul fondale del lago. Su quel davanzale, nientemeno che Scorpius sta svogliatamente sfogliando un taccuino, credo siano degli appunti di qualche materia, passandosi distrattamente le mani tra i capelli.
«Ci avviciniamo?» sussurro a Lily. Muoio dalla voglia di capire cosa sta succedendo. Lily non mi risponde nemmeno, getta un’occhiata veloce alle amiche di Harriet, poi guarda di nuovo nella direzione di Scorpius e mi afferra il polso.
«Kels! Ho dimenticato una cosa in Sala Grande, mi accompagni?» esclama, dal completo nulla. Non dico niente, perché in qualche modo capisco che è una frase di circostanza: in teoria, per raggiungere l’uscita, dobbiamo passare davanti a Scorpius e Harriet.
«Fai finta di doverti allacciare la scarpa quando siamo vicino a loro» mi dice all’orecchio. Io annuisco, continuando a camminare lentamente.
Quando siamo abbastanza vicine da sentirli, sbuffo scocciata e chiedo a Lily di tenermi la borsa, poi mi chino a terra e armeggio con i lacci delle scarpe.
«Non so se hai letto il biglietto sulla celebrazione del Ceppo di Yule…» sta dicendo Harriet. La guardo con la coda dell’occhio: ha lo sguardo sognante. Scorpius, invece, come suo solito sembra non veda l’ora di togliersela dai piedi.
«Non ancora» le risponde, rivolgendole però un sorriso educato.
«Beh, ecco… c’è scritto che bisognerà avere un accompagnatore, dunque mi chiedevo… vorresti venirci assieme a me?»
Devo tapparmi la bocca con una mano per impedirmi di scoppiare in una fragorosa risata. Mentre cerco di ricompormi, mi rialzo e mi riprendo la borsa. Lily deve aver mandato completamente a monte il suo piano per passare inosservate, perché adesso li sta fissando spudoratamente e ha la bocca aperta, come se questa richiesta da parte di Harriet l’avesse completamente scioccata.
«Se non ci vai già con qualcun altro» aggiunge Harriet, forse per rimediare all’imbarazzante silenzio creatosi tra lei e Scorpius, dato che lui non ha ancora dato una risposta.
«Ehm, no, non sono impegnato, non sapevo nemmeno che ci si dovesse andare in coppia» dice Scorpius. Oh Merlino, mica le starà dicendo di sì, vero? «Guarda, mi farebbe senza dubbio molto piacere…»
Calma, Kelsey. Pensa lucidamente, cosa che sicuramente Scorpius non sta facendo. Tocco il braccio di Lily, credo sia meglio per tutti se ce ne andiamo da qui. Quando le mie dita si stringono attorno alla sua pelle sento tutti i suoi muscoli in tensione, e neanche questo è un segno positivo. E poi, perché darsi tanta pena se Scorpius accetta di andare alla festa con Harriet? Lily in primo luogo ha negoziato una specie di appuntamento con loro per scoprire l’identità della mia ammiratrice segreta.
Fortunatamente per tutti noi, però, Scorpius ad un certo punto termina la sua frase.
«Ma non so neanche se mi va di andarci, onestamente. E poi sono un tipo abbastanza noioso, odio ballare, non ti divertiresti.»
«Oh, neanche a me piace ballare!» esclama Harriet, divenuta rossa in viso.
«Mi vedo costretto a declinare comunque l’invito, Harriet. Scusami.» Detto questo, le sorride di nuovo, chiude il suo taccuino e scende dal davanzale. Per poi dirigersi verso i dormitori maschili.
Nessuno sembra essersi accorto di niente. Lily ha ancora stampata in faccia quell’espressione da pesce lesso che aveva prima e Harriet sembra essere sull’orlo di una crisi di nervi. Ed effettivamente è quello che succede: comincia a respirare velocemente, sventolandosi con la mano e le vengono gli occhi lucidi. Ad un certo punto scoppierà anche a piangere dal nervoso, senza ritegno, in mezzo alla Sala Comune.
Ovviamente, non senza aver prima esclamato: «E tu che cazzo guardi, Potter?!»
 
Oggi è un nuovo giorno. La disastrosa verifica di Pozioni è ormai alle nostre spalle, a me è tornata un po’ di curiosità per la persona che si nasconde dietro le lettere e ho voglia di sapere chi sia, Lily ha ricevuto e rifiutato due inviti per la festa del Ceppo di Yule, dichiarandosi completamente disinteressata ad andarci con uno sconosciuto. Inoltre, è mercoledì pomeriggio: io e Lily abbiamo due ore libere e i ragazzi non hanno lezioni per il resto della giornata. Purtroppo, abbiamo dovuto abbandonare la vecchia quercia nel Parco: nevica incessantemente da stanotte e fa un freddo cane. Abbiamo ripiegato per un loggiato al piano terra, seduti sul muretto di pietra.
«Abbiamo sentito la penosa dichiarazione di Harriet, ieri pomeriggio» dice ad un certo punto Lily.
Scorpius si copre il volto con entrambe le mani. «Per favore, non ricordatemelo. Non sapevo come dirle di no.»
«È stata tanto penosa?» chiede Alec, sporgendosi un po’ per guardare Lily. Lei si limita ad annuire.
«Una sua amica le ha accorciato l’orlo della gonna per farle avere più chances» aggiungo, rivolta ad Alec.
«Beh, poteva essere una buona tecnica. Ha funzionato, Scorp?» dice lui, di rimando.
«Eh? Neanche ci ho fatto caso!» risponde Scorpius. «Stavo pensando ad un modo gentile per dirle di no.»
«Potevi anche farlo in modo non gentile» borbotta Lily. «Tanto si è messa comunque a piangere senza ritegno davanti a tutti.»
«Certo che sei proprio senza cuore» le dice Scorpius, dandole una gomitata in modo amichevole.
«No, sono solo realista» si giustifica Lily. «Io non mi sono fatta tanti problemi, quando me lo ha chiesto Montague.»
«Montague il cugino di Florence?!» esclama Alec, alla mia sinistra. O meglio, lo urla, proprio nel mio orecchio.
«Alec, mi spacchi i timpani!» mi lamento, dandogli uno schiaffo sulla spalla. Lui mi chiede velocemente scusa, senza mai spostare lo sguardo da Lily.
«Proprio lui» risponde. «Dice che mi trova interessante dopo il mio raffronto con Burke in Sala Comune, bah.»
«E che gli hai detto?» domanda Scorpius. Ha qualcosa di strano nella voce, come se fosse preoccupato, come se sapere cosa Lily ha detto a Montague sia di vitale importanza. A me qualcosa puzza, qui. Mi annoto mentalmente che dopo devo confrontarmi con Alec su questi atteggiamenti strani.
«No, grazie» risponde brevemente Lily. «E me ne sono andata.»
«Decisamente brutale» commento. «Brutale, ma giusta.»
«Comunque, io credo che dovremo andarci noi quattro insieme. Come sempre» dice ad un certo punto Scorpius. Si alza dal muretto e si mette in piedi, rivolto verso di noi. Ha le mani infilate in tasca e le guance rosse per il freddo. «Che ne dite?»
«Il biglietto sui nostri comodini dice chiaramente che bisogna partecipare in coppia, Scorp» gli fa notare Alec.
«Noi siamo in quattro. Due coppie» puntualizza Scorpius, scrollando le spalle. «Potremmo fare… che ne so, tu con Kelsey e io con Lily.»
«E se io ed Alec volessimo andare con qualcun altro?»
«Buon per voi, avete il vostro accompagnatore. Io non voglio cercarne una, non mi interessa» dice Scorpius.
«E chi ti dice che Lily voglia venire con te?» lo prende in giro Alec. Scorpius si raggela e gli lancia uno sguardo omicida, subito dopo abbassa gli occhi e gli spunta sul volto un sorrisetto strano. Credo abbia recepito la battuta di Alec come una sfida. Ah, stupidi maschi!
Si schiarisce la voce con un colpo di tosse e si volta verso Lily. «Vuoi venire con me alla festa?»
«Come vuoi, almeno avrò una scusa per rifiutare chiunque altro tipo strano» risponde lei, senza troppi problemi.
D’accordo, adesso sì che la faccenda si fa strana.
Mi alzo di scatto dal muretto e mi piazzo davanti ad Alec, mettendogli una mano sulla spalla. «Bene! Allora vi lasciamo a scegliere i vostri completi coordinati, io e Alec andiamo a cercare degli accompagnatori, a dopo!»
Alec sembra aver capito le mie intenzioni e si alza senza fare troppe storie, con un cenno della mano li saluta e si allontana insieme a me. Velocemente raggiungiamo una porta per rientrare nel castello, dove l’aria nettamente più calda subito dà sollievo alle mie mani e al mio viso. Si congelava davvero là fuori.
«Sono pazza io o Scorpius si comporta in modo strano dalla partita?» gli domando subito, ora che siamo da soli e possiamo sparlare liberamente.
«Ti correggo, Kels, si comporta in modo strano da quando ha quasi ammazzato Burke di fronte a mezza scuola» mi risponde Alec. Allora non sono pazza, se ne è accorto anche lui che c’è qualcosa di diverso del solito, dei cambiamenti...
«Anche» concordo. «E che diavolo gli prende?»
«Non ne ho idea» ammesse Alec, pensieroso. «Non l'ho mai visto così, nemmeno ai tempi di Rose Weasley.»
«Intendi dire che... che gli piace qualcuno e non ce lo vuole dire? Chi potrà mai essere?» domando, forse rivolta più a me stessa che ad Alec. Se lui associa questi comportamenti a quelli che aveva anni fa per RoseWeasley, di certo c'è qualche ragazza di mezzo.
«Credo che conosciamo entrambi la risposta» mi risponde Alec. Spalanco gli occhi, la mia mente si rischiara, si illumina all'improvviso. Merlino, come ho fatto a non accorgermene prima? Scorpius che si distrae durante la partita, che cerca di ammazzare Burke davanti amezza scuola, lo stesso Scorpius che stamattina scompigliava i capelli di Lily come se fosse un gesto abituale e senza essere minacciato di morte per averlo fatto, quello che nemmeno cinque minuti fa le ha chiesto con una facilità e semplicità inaudita di andare alla festa insieme, facendo finta che non gli importasse nulla della risposta...
«Diciamo che Scorpius assomiglia sempre di più ad una giraffa» aggiunge allora Alec. Aggrotto le sopracciglia e lo guardo confusa, chiedendogli tacitamente spiegazioni. Che si sia rivoltato il cervello anche a lui?
«Una giraffa» commento, incredula e decisamente poco convinta.
«Sì. Sai come si dice, no? La giraffa ha il cuore lontano dai pensieri. Si è innamorata ieri e ancora non lo sa.*»
 
*Una bellissima frase di Stefano Benni.

Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui, di nuovo in ritardo. Vi chiedo scusa. Purtroppo la mia pelle non mi da pace, sto andando da una nuova dermatologa sperando che almeno lei ci capisca qualcosa. Per ora ho tutte le prove allergiche possibili ed immaginabili in programma! Una vita dentro gli studi medici, la mia ormai xD
Ci tenevo molto a questo capitolo, soprattutto alla parte finale. La frase, come ho evidenziato prima, non è mia, ma di Stefano Benni. Tuttavia, io l'ho scoperta guardando la seconda stagione di Skam Italia, mi è piaciuta così tanto che mi è rimasta impressa, e l'ho trovata adatta alla situazione. Che dite, il nostro Scorpius ci assomiglia o no ad una giraffa? :D
Per quanto riguarda il Ceppo di Yule, non so se ne avevo già parlato in qualche capitolo precedente, comunque, ringrescare la memoria non fa mai male: quella dei Ceppo di Yule è una tradizione celtica a cui credo abbia fatto riferimento alla la Rowling quando, nel Calice di Fuoco, ha inserito il Ballo del Ceppo (non a caso, the Yule Ball, in inglese). Dato che avevo voglia di queste feste in grande, e che non volevo in alcun modo riesumare il Torneo Tremaghi, ho pensato di inserire questa festività. Mi ha dato l'idea anche la serie tv Le Terrificanti Avventure di Sabrina, in cui in un episodio appunto parlano del Ceppo di Yule e del fatto che si dovesse tenere acceso nel camino per tutta la notte del Solstizio d'Inverno per tenere lontani dalle case gli spiriti malvagi.
Un mix di cose, insomma xD Lo dico perché non mi sono inventata nulla, ecco.
Durante questa festa succederà DI TUTTO, lo preannuncio, per cui credo proprio che dividerò le faccende in più capitoli. Forse due, ma sto pensando ad un terzo per poterci finalmente infilare la fantomatica ammiratrice segreta di Kelsey, che ha deciso di rivelarsi proprio quella sera. Se ne vedranno delle belle, insomma.
Io spero che vi sia piaciuto questo capitolo, e come sempre ringrazio Dreamer_imperfect che mi recensisce e mi fa sentire decisamente meno sola :D ♥
Un bacione a tutti, spero a presto!
Mars
 
 
 

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Capitolo 22
*** Levicorpus ***


XXII – ALBUS
 
Levicorpus
 
C’è un sole meraviglioso, unico e immobile in mezzo ad un cielo senza macchie, di un azzurro così chiaro e uniforme che sembra quasi irreale. Io me ne sto sdraiato a terra, sull’erba soffice. Mi sento più leggero di una piuma, immerso in una sensazione di tepore e leggerezza, quasi mi gira la testa per la tranquillità. Non riesco a pensare a qualsiasi tipo di problema, il mio cervello mi dice di non averne, e dunque capisco che, forse, per la prima volta in assoluto nella mia vita, è tutto esattamente al suo posto. È tutto perfetto, impeccabile e non ho alcuna preoccupazione ad appesantirmi.
E poi un cuscino atterra per nulla delicatamente sulla mia faccia.
Apro gli occhi: sono nel mio dormitorio, il cuscino proveniva con ogni probabilità dal letto di Frank, è martedì, oggi ho la verifica di Trasfigurazione, un pazzo maniaco Serpeverde è il nuovo nemico giurato di mia sorella e Bellamy è ancora arrabbiato con tutti noi.
Che bello tornare alla realtà.
D’altronde, il fatto che le prime parole che pronuncio questa mattina siano «Che cazzo succede?!» fa presagire in maniera alquanto chiara e trasparente quanto, anche questa, si rivelerà una giornata di merda.
«Bellamy mi ha chiesto di svegliarti» risponde Frank, innocentemente, stampandosi sul volto quel finto sorriso a trentadue denti. «Ha detto che deve dirci una cosa.»
«Due cose» precisa Bellamy. Mi volto verso sinistra e lo vedo seduto sul suo letto, perfettamente rifatto. Lui è già vestito, ha messo addirittura il cravattino. Frank è ancora in pigiama invece, mentre Derek sta uscendo dal bagno. Nudo.
L’ho già detto che si prospetta una giornata di merda?
Mi stropiccio gli occhi, desiderando con tutte le mie forze tornare al mio sogno, a rilassarmi su un prato, sotto il sole cocente. Mi serve qualche minuto per mettere in moto il cervello, nel frattempo mi tolgo le coperte di dosso e mi alzo, stiracchiandomi.
Derek sta ancora cercando le sue mutande.
«Che cosa ci devi dire?» chiedo a Bellamy, con la voce ancora leggermente impastata dal sonno.
«La prima cosa è che non sono più arrabbiato con voi e vi perdono.»
Lo dice velocemente e poi butta fuori un sacco d’aria. Immagino sia stato liberatorio per lui dire questa frase, mentre io non riesco a credere alle mie orecchie. Ci perdona?! Anche il viso di Frank trasuda incredulità da tutti i pori, mentre Derek, che ha finalmente trovato la sua biancheria ed è in procinto di infilarsela, è rimasto con una gamba a mezz’aria e la bocca spalancata.
«I-In che senso?» domanda Frank, esplicitando più o meno quello che stiamo pensando tutti.
«Nel senso che ci ho riflettuto e queste due settimane non mi sono piaciute. Per cui, trovavo stupido continuare questo teatrino e vi perdono» dice nuovamente Bellamy. Abbassa lo sguardo per un momento. «Insomma, mi mancavate.»
All’improvviso, mi sento davvero come nel sogno: leggero e fluttuante. Bellamy ci sta perdonando ed è assolutamente fantastico! Alla sua frase segue un silenzio, ma non è imbarazzante, né fuori luogo. Forse stiamo pensando tutti e quattro alla stessa cosa: è bello aver messo fine alla situazione delicata che si era creata, sempre sul filo del rasoio, sempre a pesare le parole, addirittura i pensieri.
«Voglio dire,» ricomincia Bellamy, schiarendosi la voce con un colpo di tosse. «Siete comunque dei deficienti impulsivi, permalosi e paranoici. Mi avete fatto incazzare come non mi sono mai incazzato in vita mia, però mi siete mancati e ho capito che vi voglio bene proprio perché… siete fatti così. C’è un motivo se siamo diventati amici, questo non l’ho dimenticato.»
A questo punto, Derek, che si è finalmente – e per fortuna, aggiungerei – infilato le mutande, con uno slancio si butta sul letto di Bellamy e lo stritola in un abbraccio.
«Oh, grazie Bellamy! Anche tu ci sei mancato, grazie, grazie, grazie!» esclama. Bellamy tenta di ricambiare l’abbraccio, ma le braccia di Derek lo hanno intrappolato in una morsa letale. Anche io e Frank ci avviciniamo, sedendoci sul letto, ma senza l’esuberanza di Derek.
«Grazie davvero, Bel» gli dico, accennando un piccolo sorriso. «Io… io non so se al posto tuo ci sarei riuscito.»
«Io credo di sì, invece» mi risponde Bellamy, dopo essersi liberato dai tentacoli di Derek. «È davvero strano stare senza di voi. Insomma, ho fatto le stesse cose di sempre, ma erano diverse. Mi sembravano… vuote.»
«Anche per noi c’era sempre qualcosa che mancava» dice Frank, mettendogli una mano sulla spalla.
«E quale sarebbe l’altra cosa che dovevi dirci?» domando io a questo punto, curioso di sapere quali altre novità ha in serbo per noi il nostro amico.
«Oh, ehm… io e Cassiopea andremo alla festa del Ceppo di Yule insieme» dice, abbassando leggermente lo sguardo. Le orecchie gli stanno velocemente diventando rosse. «Ma prima di chiederglielo volevo assicurarmi che fosse sul serio, ehm, mia amica, così ho dovuto raccontarle di aver scoperto il vostro accordo. Inizialmente credo fosse molto imbarazzata per la faccenda, ma poi abbiamo continuato a passare del tempo insieme, quindi ho capito che non stava con me solo per cancellarmi la memoria. Così, ieri gliel’ho chiesto.»
«Beh, questa sì che è una notizia come si deve!» esclama Frank. «Ben fatto!»
«Quindi ora anche noi dovremo trovarci delle ragazze!» dice all’improvviso Derek, mettendosi le mani tra i capelli. Ha uno sguardo piuttosto disperato, ma allo stesso tempo è molto buffo. Scoppio a ridere.
«No, se non vuoi, Derek» gli dico. «Frank di sicuro ne troverà una nel giro di qualche ora, ma io non programmo di cercarne una.»
«Ma il biglietto della McGranitt diceva…»
«Che serve un accompagnatore? Eccomi, pronto al tuo servizio!»
Scoppiamo tutti a ridere, e per la prima volta da un sacco di tempo mi sento davvero bene. Mi sembra di essere tornato ad essere un ragazzino smilzo di undici anni, lo stesso ragazzino salito per la prima volta sull’Espresso Hogwarts con la paura di finire in Serpeverde, quello che su quel treno, mentre Frank setacciava tutti gli scompartimenti, ha conosciuto altri due ragazzini altrettanto smilzi, che sono diventati subito i suoi migliori amici. Sette anni dopo, non siamo più ragazzini smilzi, forse, ma c’è ancora quel qualcosa che ci ha legati tutti. Quel legame forse scritto dal destino, che quel lontano primo Settembre ha spinto Derek a tenderci la mano e a presentarsi con quel suo sorriso innocente e due enormi occhi blu ancora infantili, quella stessa cosa che dopo nemmeno cinque minuti di chiacchiere ha fatto perdere a Bellamy quella sua innata compostezza.
Ed era forse destino che quei quattro ragazzini senza niente in comune, seduti dentro ad un treno magico, in viaggio verso qualcosa di nuovo e terrificante, siano stati smistati tutti in Grifondoro, e che sette anni dopo si trovino ancora in questo stesso dormitorio, sugli stessi letti, come se niente fosse cambiato, anche se nel frattempo, in realtà, è cambiato tutto.
Tutto tranne la nostra amicizia.
«Ah, e comunque, oggi il compito di Trasfigurazione non ve lo faccio copiare.»
 
 
Mi sbagliavo di grosso questa mattina, oggi è una fantastica giornata!
Oltre al fatto che Bellamy ci ha finalmente perdonati e tutto è ritornato alla normalità, il mio cervello ha rimosso l’immagine di Derek che esce nudo dal bagno e compito di Trasfigurazione è andato meravigliosamente. Oserei dire che è uno dei migliori compiti che io abbia svolto in tutti i miei anni di onorata carriera scolastica, nonostante abbia studiato gli argomenti con l’umore sotto i piedi e con la testa su un altro pianeta.
L’ora di pranzo è passata da un po’, abbiamo finito le nostre lezioni, per oggi, e stiamo andando a goderci una sana battaglia a palle di neve, dato che fuori c’è ancora un manto bianco abbastanza alto per fabbricare palle da combattimento in quantità accettabili per le prossime due ore.
Mentre scendiamo le scale, tuttavia, veniamo intercettati da Malfoy, che tiene in bella mostra la nostra Mappa del Malandrino! Okay, la Mappa di Lily, precedentemente posseduta da James e ancora prima da nostro padre, però, non è questo il punto! Lui sta sbandierando un oggetto notoriamente proibito ed unico nel suo genere in mezzo alla scuola. Chiunque potrebbe vederlo. Andiamo, io non mostro il Mantello dell’Invisibilità a chiunque. E poi, per quale diavolo di motivo Lily gli avrebbe ceduto la nos- sua mappa?
«Potter, ti stavo cercando!» esclama, afferrandomi con un braccio.
«Lo vedo» commento, indicando la mappa. «Mettila via, non è qualcosa da far vedere a cuor leggero.»
Sbuffa e pronuncia la formula per far sparire qualsiasi macchia d’inchiostro dalla Mappa, che subito si trasforma in un qualsiasi foglio di pergamena vuoto, dopodiché la nasconde dentro al mantello.
«Ascolta, mi è venuta un’idea, ma devi venire con me ora» mi dice, con una certa urgenza nella voce. Capisco immediatamente che si tratta nel nostro accordo, della nostra tregua civile, dell’alleanza contro Burke per il bene di Lily. Sono tutt’orecchi.
Mi volto velocemente verso i miei amici: «Andate pure senza di me, a quanto pare si tratta di Burke.»
«Sicuro? Possiamo venire con te se vuoi» si fa subito avanti Frank.
«Tranquilli, andate pure, credo che il divertimento non mi mancherà» rispondo. «Vero, Malfoy?»
«Ci puoi scommettere» mi risponde il biondo, con un sorriso che sfiora il malvagio e non ha nulla di buono. Tanto meglio, se quello che ha in mente comporta un rischio, sono ancor più motivato a farlo.
«D’accordo, poi raccontaci» continua Frank. Saluto anche gli altri, che si affrettano a finire di scendere le scale prima che la rampa cambi direzione.
«Che cosa hai in mente?» chiedo a Malfoy, dopo che i miei amici si sono allontanati.
«Uno scherzetto a Burke, così, giusto per fargli capire chi comanda» risponde lui, iniziando a salire le scale, che adesso si sono ancorate ad un altro corridoio. Lo seguo.
«Del tipo?»
«Una cosa un po’ plateale.»
«Senti, non so tu, ma per la McGranitt quest’anno ho già sforato il limite di zuffe…»
«Hai sforato il limite con me. Se non sbaglio, ti ha minacciato di toglierti il Quidditch solo se avessi attaccato di nuovo me. Non ha detto niente riguardo a chiunque altro.»
«Credo fosse implicito.»
«Io non credo. E poi, la McGranitt non verrà a sapere che siamo stati noi.»
«E come, genio del male?»
«Con il tuo Mantello dell’Invisibilità, ovviamente. Che domande!»
«C-Cosa?! Io non ho niente del genere!»
«Merlino, Potter, non devi mentirmi. Lo so che ce l’hai, me l’ha detto Lily. In caso te lo fossi dimenticato, siamo amici da una vita, pensavi che non sapessi del Mantello e della Mappa?»
Non riesco a credere che mia sorella abbia commesso un atto di tradimento così notevole. Dire sia della Mappa che del Mantello a Malfoy?! Assolutamente incredibile.
Io e Malfoy stiamo camminando per il settimo piano adesso, siamo quasi arrivati di fronte al dipinto della Signora Grassa.
«Aspettami qui mentre vado a prendere il Mantello» dico, perentorio. «Non pretenderai mica di voler conoscere la nostra parola d’ordine.»
«Troverei più interessante seguire una lezione della Cooman, Potter, che ascoltare la vostra parola d’ordine» mi risponde lui, incrociando le braccia al petto. «Basta che ti muovi, Burke non rimarrà dov’è per sempre.»
Non gli rispondo. Se devo essere sincero, ancora non lo tollero e il mio pizzicore alle mani è sempre latente, pronto ad uscir fuori, ma continuo a ripetermi che è per una buona causa se abbiamo dato vita a tutto questo. Perché se prima Malfoy mi sembrava un problema solo mio, adesso Burke è un problema di Lily e questa cosa è inaccettabile. Così, quando ho visto Malfoy spedirlo addosso al muro con una furia inaudita, e poi quando ho l’ho sentito rivolgergli quelle parole così sprezzanti, mi sono detto che noi due qualcosa in comune lo abbiamo, e invece di indirizzare le nostre energie l’uno contro l’altro, sarebbe stato più efficacie rivolgerle verso un nemico comune.
Inoltre, non ho mai visto Malfoy comportarsi in quel modo: sono rimasto davvero stupito. L’ho sempre visto come un tipo posato, che difficilmente si scompone ed esce dalle righe, uno che pensa dieci volte prima di parlare e cento prima di fare qualsiasi altra cosa – mi sembra ovvio, dato che le sue battutine pungenti contro di me sono sempre state palesemente il frutto di un’attenta elaborazione logica – così, vederlo reagire in modo così impulsivo mi ha lasciato senza parole. Insomma, credevo che fosse veramente sul punto di uccidere Burke, quella sera, e probabilmente avrebbe continuato ad inveire contro di lui se sono Lily non gli si fosse parata davanti, pregandolo di calmarsi. E lui, in quel momento, è cambiato completamente.
Il suo sguardo si è addolcito, il suo braccio si è subito abbassato verso il pavimento, e ricordo abbastanza chiaramente che la prima cosa che ha chiesto a Lily è stata: “Stai bene?”
Mia sorella però gli ha mentito. Gli ha detto di sì, nonostante si vedesse a distanza che fosse scossa e che non stava per niente bene. Malfoy deve averci creduto, o forse deve aver fatto finta di niente, perché in quel momento mi sono intromesso anche io e nemmeno qualche minuto dopo è arrivato il professor Cylon a sottoporci ad una sana, corroborante inquisizione delle sue.
Fatto sta che da quel giorno in poi, ai miei occhi ha assunto una sfumatura diversa e adesso sto imparando a vederlo più come un complice che come un nemico.
Fortunatamente, la Sala Comune è quasi vuota: i ragazzi più piccoli saranno sicuramente a lezione e tutti gli altri in giro a studiare o a divertirsi come i miei amici. Salgo velocemente in dormitorio e apro il mio baule, sul fondo c’è il Mantello. Lo metto accuratamente nella borsa dei libri, per non farlo vedere a nessuno mentre ci aggiriamo per il castello, e veloce come sono salito, scendo nuovamente ed esco dalla Sala Comune.
Raggiungo Malfoy e lo ritrovo esattamente nel punto dove l’ho lasciato.
«Preso» gli dico, mostrandogli la borsa. «Adesso spiegami il piano.»
«Come te la cavi ad Incantesimi?» mi chiede schiettamente, ricominciando a camminare da dove siamo venuti.
«Abbastanza bene» ammetto. Non per vantarmi, ma è una delle materie in cui vado meglio, insieme a Difesa contro le Arti Oscure e Trasfigurazione. A mio modesto parere, i tre pilastri della formazione di ogni mago.
«Ottimo. Ci servirà tanta concentrazione, sappilo» continua lui.
«Ancora non mi hai spiegato cosa hai intenzione di fare, Malfoy» puntualizzo.
«Non ti fidi di me?»
«Certo che no!»
«Okay, appenderemo Burke per i pantaloni.»
Interessante. Ma che dico? Geniale! Questo ragazzo è pieno di risorse, non l’avrei mai detto.
«Sai, Malfoy, comici a starmi simpatico, se devo dirti la verità.»
«Tu invece no, Potter. E non starmi così vicino!»
 

Quando Malfoy ha detto di sbrigarci perché Burke non sarebbe rimasto per sempre dov’era, non immaginavo che Burke si trovasse in Sala Grande, per tutte le sottane di Morgana! E io che avevo addirittura cominciato a pensare che fosse furbo… avrei dovuto saperlo: uno come lui, che ha sempre avuto la testa sulle spalle, non sa escogitare piani del genere. Avrebbe dovuto chiedere a me e lasciarmi organizzare il tutto.
Mentre cammina spedito verso la grande porta, lo trattengo per la manica del maglione, strattonandolo leggermente.
«Che c’è?» mi domanda, leggermente stizzito e infastidito dal mio gesto.
«In Sala Grande, Malfoy? Sei stupido o cosa?» esclamo, cercando di fargli capire che non possiamo fare una cosa così plateale in un posto così pieno di gente e, presumibilmente, anche di professori.
«Certo che sì, abbiamo il tuo mantello» mi risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Basta un semplice incantesimo per farci scivolare di dosso il mantello» gli faccio notare.
«Beh, è per questo che siamo in due, no? Uno di noi si occuperà di Burke e l’altro farà da palo, impedendo a chiunque si avvicini di smascherarci.»
«Come, con un confundus?» gli chiedo.
Malfoy annuisce e scrolla le spalle. «Sì, dovrebbe andar bene.»
«D’accordo, tu fai da palo e io appendo Burke.»
«Mi pareva ovvio il contrario, Potter, tu fai da palo e io finisco quello che ho iniziato due settimane fa e mi vendico di Burke.»
«Tu gli hai già dato la tua lezione, io non ancora, quindi spetta a me. Lily è mia sorella.»
«È come se fosse anche la mia» ribatte immediatamente, alzando il tono di voce. Mi lascia un attimo di sasso. «Inoltre, l’idea è venuta a me.»
«Io sono bravissimo con gli incantesimi di concentrazione, sai che basta un nonnulla per fare un disastro?» continuo.
«Certo che lo so» ribatte. «Ed è sempre per questo motivo che siamo in due. Se avessi avuto la certezza matematica di non fallire o essere scoperto non te lo avrei chiesto.»
«Chissà quanto ne ha risentito il tuo ego» dico, soffocando una risatina. Non riesco a non prenderlo in giro, è un gesto naturale, automatico… credo sia scritto nel mio DNA il dover prendermi gioco di Malfoy.
«Di sicuro meno di quanto ne sta risentendo il tuo in questo momento» mi risponde. «Dato che tu farai da palo e io appenderò Burke.»
«Beh, sai cosa? Tanto nessuno saprà mai chi ha davvero appeso Burke, perciò tieniti questa effimera vittoria, se ti fa stare meglio» lo rimbecco, stringendo la tracolla dove ho infilato il mantello.
«Vedi che ho ragione, allora?» dice, con un sorrisetto soddisfatto sul volto.
Non replico. Innanzitutto, perché non voglio alimentare la sua mania di protagonismo ed onnipotenza, e poi perché siamo quasi arrivati alla nostra meta. Le grandi porte della Sala Grande sono spalancate e si trovano a pochi metri da noi. Prima di entrare, ci andiamo a nascondere dietro una delle grandi colonne. Io tiro fuori con cura il mantello e faccio cenno a Malfoy di avvicinarsi il più possibile, dopodiché sistemo il mantello in modo che ci copra dalla testa ai piedi.
Più o meno. Come se non bastasse, Malfoy è un maledetto spilungone e ci si vedono le scarpe.
«Dobbiamo accovacciarci, sei troppo alto.»
«Sono alto come te!»
«Sì, come no. Io ci sono sempre entrato tutto sotto questo mantello!»
Malfoy non mi risponde, ma fa qualcosa di decisamente peggiore: mi schiaffa letteralmente una mano sulla bocca, impedendomi di parlare, mentre si porta l’indice dell’altra mano davanti al viso, facendomi segno di stare zitto. Il mio primo istinto è quello di piazzargli le nocche della mia mano destra in un occhio, ma poi faccio un respiro profondo e mi giro leggermente, per vedere che alcune ragazze stanno facendo il loro ingresso in Sala Grande, passando pericolosamente vicino alla colonna dietro cui siamo nascosti. Magari non si accorgeranno di qualche scarpa nella penombra, ma di sicuro non sono sorde. Decido di giustificare questo eccessivo contatto fisico tra me e Malfoy e di passarci su, facendo finta di niente.
«Avanti, accovacciamoci» dico, in maniera sbrigativa. Fortunatamente, lui non ha nulla da aggiungere e, dopo aver emesso un sonoro sbuffo, forse di disapprovazione, si abbassa sui talloni e poi appoggia le ginocchia a terra. Lo stesso faccio io e procediamo a carponi verso l’ingresso.
Facendo attenzione a chiunque ci passi davanti, ci andiamo ad addossare ad un angolo, quello vicino al tavolo dei Serpeverde. Con lo sguardo cerco Burke: lo trovo seduto circa a metà del tavolo. Le sue viscide chiappe sono proprio sul legno dove tutti gli altri pranzano e cenano ogni giorno e i piedi appoggiati alla panca, che è dove la gente normale si siede. Le altre persone, vicino a lui, stanno chiacchierando tranquillamente, altre stanno facendo i compiti. Lui sta sghignazzando con altri tre ragazzi, anche se da dove siamo noi non riusciamo a sentirlo bene. C’è anche Lily, non molto lontana da noi, sta sfogliando assieme alla sua amica Kelsey una rivista molto colorata. Kelsey ogni tanto le indica qualcosa sulle pagine, ma Lily fa sempre una smorfia di disapprovazione.
Femmine.
«Sei pronto?» domando sottovoce. Malfoy annuisce, senza distogliere lo sguardo da Burke. «Quando vuoi.»
Tira fuori la bacchetta e la agita, senza pronunciare una parola. Sgrano gli occhi per un secondo: sta eseguendo un levicorpus in forma non verbale, ammetto di aver sottovalutato le sue capacità. Mi guardo furtivamente intorno, per assicurarmi che nessuno ci venga accidentalmente addosso – anche se lo vedo un po’ difficile, dato che siamo accucciati in un angolo – e nel frattempo sento Burke strillare qualcosa di incomprensibile.
Non posso perdermelo.
Burke è sospeso a mezz’aria, a testa in giù. Si dimena con tutto il corpo, agita le gambe e le braccia spasmodicamente e sta gridando. Strilla come una scimmia impazzita, mentre Malfoy continua a farlo salire ancora più su.
I suoi amici si sono alzati tutti in piedi di scatto e tengono il naso all’insù. Sono come pietrificati, immobili, non riescono a muovere un muscolo, non fanno niente, se non guardare il loro amico, che credo gli stia chiedendo di riportarlo a terra, o di fare qualsiasi cosa. Ma quello che mi lascia sbigottito è che nessuno di loro fa effettivamente niente: non so se per paura o se perché davvero non vogliono agire.
Finalmente, la salita di Burke si arresta. Con una precisione millimetrica e formidabile, Malfoy è riuscito a far appigliare un passante dei suoi pantaloni all’orecchia appuntita di un gargoyle di pietra, posto in cima al capitello di una colonna.
Mi viene troppo da ridere. Guardo per un secondo Malfoy, ma lui è serissimo, sembra che stia ancora eseguendo l’incantesimo, non muove un muscolo e tiene gli occhi chiari fissi sul nostro nemico.
«Mettetemi giù! Mettetemi immediatamente giù! Se scopro chi è stato… io… e voi che cosa vi ridete, razza di trogloditi! Che possa un troll sbranarvi tutti!»  
Burke sta ancora dando di matto e io non capisco come faccia Malfoy a non ridere, nemmeno un po’. Insomma, questa scena è esilarante: vorrei che anche gli altri fossero qui per godersela appieno, per poi poterla commentare insieme stasera. La cosa certa è che non vedo l’ora di raccontargli tutto.
Mi guardo di nuovo intorno con circospezione, ma nessuno sembra fare caso a noi. Stanno tutti guardando Burke che cerca di scendere da lassù senza ammazzarsi, dato che se cadesse farebbe un bel volo di almeno cinque o sei metri. Tutti tranne una persona, da dir la verità: Lily ha lo sguardo puntato sul muro, proprio alla mia destra. Sembra sia riuscita a percepire che siamo qui… o meglio, che Malfoy è qui, dato che i suoi occhi sono fissi non su di me, ma su di lui. Tuttavia, Kelsey riesce a coinvolgerla nella vicenda. Mi chiedo se Malfoy se ne sia accorto….
«Che facciamo? Lo tiriamo giù?» sussurro, sperando che Malfoy riesca a sentirmi dal suo mondo.
«Io pensavo di lasciarlo là per almeno un’oretta» brontola, sempre a bassa voce.
«Cosa?»
Malfoy non fa in tempo a rispondermi, però. Uno degli amici di Burke, che a questo punto penso di meriti davvero l’appellativo di troglodita, decide di distruggere il gargoyle, con la brillante conseguenza che adesso Burke sta davvero facendo un volo di circa sei metri, solo che dietro lui lo sta facendo anche un pezzo di roccia.
Io non voglio un morto sulla coscienza, anche se si tratta di Burke, per cui faccio ciò che mi è sempre riuscito meglio nella vita: agire senza pensare.
Sento il mantello che mi scivola di dosso, mentre mi alzo in piedi. Punto la bacchetta verso Burke e i pezzi di gargoyle ed esclamo: «Arresto momentum!»
La faccia di Burke si ferma a meno di dieci centimetri da terra, poi cade delicatamente con un leggero tonfo, e così i pezzi di roccia accanto a lui.
So di aver appena mandato all’aria il piano. Mi giro, ma Malfoy è rimasto nascosto. Dovevo aspettarmelo, da bravo codardo qual è. Adesso mi daranno la colpa e mi beccherò una punizione, e oltre il Quidditch, la McGranitt probabilmente mi toglierà anche la voglia di vivere.
Solo che nessuno si chiede niente. Probabilmente, nessuno ha fatto caso al fatto che fino ad un momento prima io non fossi dove mi trovo adesso, forse credono che io sia sempre stato qui, in Sala Grande.
Nessuno tranne Lily, ovviamente.
«Da dove sei saltato fuori tu?!» esclama, venendo verso di me. Io deglutisco. Posso mentirle? Certo che posso farlo, non sarebbe la prima volta, e non mi sembra una questione troppo seria, questa.
«Sono entrato poco fa» le dico, cercando di mostrarmi il più sicuro possibile. Dal suo sguardo capisco che non ci crede, ergo sa che le ho detto una bugia. Forse non mi parlerà per la prossima settimana, chi lo sa. Tuttavia, ad un certo punto, i suoi occhi cambiano. L’espressione dura, quasi arrabbiata, muta dolcemente. Lily rilassa i muscoli, sbatte gli occhi per qualche secondo e poi mi guarda.
«Oh, non me ne sono accorta» dice, ma è più rivolta a se stessa che a me. «Scusa.»
E poi ritorna dov’era seduta prima, e guarda curiosa Burke che si rialza e scappa via dalla Sala Grande.
D’altronde Scorpius l’aveva detto, un confundus sarebbe bastato per impedire a chiunque di smascherarci. Solo che non credevo che nella sua idea di “chiunque” rientrasse anche Lily.

Ciao a tutti ragazzi e scusatemi per l'assenza! Che dire? In questi giorni di clausura forzata in casa mi sono dedicata a terminare questo capitolo che avevo a metà da troppo tempo! Adesso non ho davvero più scuse per i ritardi negli aggiornamenti, le ie giornate ormai consistono in studio, qualche lezione online e infinito tempo libero. E da voi come procede? 
Come promesso, ecco uno dei primi frutti - marci xD - dell'alleanza Potter-Malfoy. Che ne pensate? A mio avviso è troppo frettolosa come scena, ma vi giuro che ero arrivata a metà capitolo l'altra settimana e mi sono proprio bloccata, costirngendomi a terminarlo in questi ultimi tre giorni, per questo sono molto curiosa di conoscere la vostra opinione a riguardo. Nello scorso capitolo mi sono arrivate più recensioni del previsto e mi sono quasi commossa, giuro! xD Per questo, un caloroso benvenuto ai nuovi lettori e un abbraccio (a distanza u.u) a chi segue da più tempo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Nel prossimo ci sarà finalmente questa benedetta festa, ma come vi ho già detto credo la dividerò in due capitoli perché ho troppe idee in mente e non mi va di annoiarvi con qualcosa di eccessivamente lungo. Cosa vi aspettate di leggere? :D
Con questo interogativo, vi ringrazio per essere arrivati fin quaggiù e spero di sentirvi presto!
Un bacio
Mars ♥

 
 

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Capitolo 23
*** Galeotto fu il Ceppo di Yule ***


XXIII – LILY
 
Galeotto fu il Ceppo di Yule
 
Io sono una completa idiota.
Ho categoricamente rifiutato la proposta di mia madre, quando mi ha scritto che, se volevo, poteva cercarmi un vestito per il ballo e spedirmelo a scuola. Ovviamente, non mi fido dei gusti di mia madre nemmeno per sbaglio, così le ho detto che non doveva preoccuparsi e che ci avrei pensato da sola, facendo qualche giretto ad Hogsmeade insieme a Kelsey.
In questo preciso istante, in un nebbioso sabato mattina, mi ritrovo nel camerino di Strachy&Sons, con un orrendo vestito verde mela addosso e un’immensa voglia di piangere. Sento Kelsey, al di là della tenda, che parla con la commessa.
«In genere non trattiamo questo tipo di abbigliamento, ma abbiamo ricevuto moltissimi abiti in occasione della festa, riusciremo a trovare quello adatto alla tua amica, non preoccuparti!»
«Ma ne abbiamo già provati cinque…» sta cercando di dirle Kelsey. Cinque, uno peggiore dell’altro.
«Siamo solo all’inizio» ribatte la commessa, senza abbandonare il suo tono gentile. Poi, alza poco di più la voce. «Coma va lì dentro, cara?»
«Male!» esclamo io, buttandomi sullo sgabello. Mi infilo le mani nei capelli: non troverò mai un vestito adatto, sarò costretta a scrivere a mia madre, costringendola a trovarmene uno in tempi record.
Sì, perché oggi è il 19 dicembre e mancano solo due maledetti giorni!
Kelsey sospira. «Sai di che colore è il completo di Scorpius?» mi domanda.
«No!»
«Oh! Stiamo parlando di un fidanzato?» s’impiccia la commessa, con fare civettuolo. Basta, mi arrendo. Sono pronta a subire il terzo grado e a farmi rimproverare per non essere stata capace di fare una cosa così stupida da sola. Scosto la tenda, sempre con questo terribile vestito addosso.
«No, è il mio migliore amico. Io non credo di essere fatta per i vestiti, mi sta tutto malissimo!» rispondo.
«Forse è il colore che non va…» tenta di dire Kelsey.
«E la lunghezza» aggiunge la commessa. «Non sei molto alta, cara, i vestiti al ginocchio ti spezzano la figura. Proviamone uno lungo, che ne dici?»
«Sono d’accordo!» dice Kelsey, entusiasta. «Te ne portiamo subito qualcuno.»
Dopodiché, spariscono insieme verso il magazzino. Mi siedo su una poltroncina appena fuori dal camerino ad aspettarle. Chissà quale diavoleria avranno in mente… che poi, perché non posso andare a scegliermelo da sola, questo maledetto abito? E poi, davvero mi sono fatta dire da una perfetta sconosciuta che sono bassa? Questa storia della festa mi sta decisamente facendo esplodere il cervello.
 Ad un tratto, sento la campanella della porta d’ingresso tintinnare, segno che è entrato qualcuno in negozio. Mi sbrigo ad alzarmi e a rinchiudermi nuovamente dentro al camerino, non esiste che mi faccio vedere in queste condizioni da qualcuno.
Mi rilasso quando sento la voce di Alec.
«Non avevano detto di essere qui?»
Faccio un sospiro di sollievo: sono solamente loro.
«Sono qui!» dico a voce abbastanza alta da attirare la loro attenzione. Sento i loro passi avvicinarsi, e poi, di nuovo la voce di Alec.
«Qui dove, esattamente?»
«Nel camerino» rispondo. «Sto aspettando che Kelsey torni con un nuovo abito da provare.»
«Non ti sembra un po’ tardi ormai per il vestito?» chiede Scorpius. «Insomma, la festa è tra due giorni.»
«Sì, lo so» dico, cercando di mantenere un tono calmo. «Ma un abito vale l’altro, insomma.»
«E allora perché siete qui da un’infinità di tempo?» chiede ancora Scorpius, evidentemente non convinto dalla mia risposta. Maledetto.
«Okay, sono stupida e mi sono ridotta all’ultimo momento» ammetto, emettendo poi un sonoro sbuffo. «È che non volevo che mia madre facesse tutto di testa sua, quindi l’ho rassicurata dicendole che ci avrei pensato da sola.»
«C’era da aspettarselo, insomma» commenta Alec divertito. La risata di Scorpius si aggiunge velocemente alla sua, mentre io mi innervosisco sempre di più.
Strano a dirsi, ma sono quasi sollevata quando sento di nuovo la voce della commessa.
«Buongiorno giovanotti, perdonatemi, ma ho una questione urgente da risolvere. Sarò subito da voi» la sento dire.
«Oh, no… non si preoccupi» inizia Scorpius. «Stiamo aspettando le nostre amiche.»
«Ah, capisco!» esclama la commessa. «Beh, accomodatevi. Due pareri maschili non ci faranno affatto male.»
«Lils» mi richiama Kelsey. «Abbiamo trovato altri quattro abiti che potrebbero andarti bene.»
Altri quattro? Voglio morire.
«Quale colore vuoi provare per primo?»
«Qualsiasi cosa che non sia il verde.»
E così, Kelsey scosta di poco la tenda, passandomi un ammasso di stoffa rosso. No, guardandolo meglio non è esattamente rosso, è un colore altrettanto accesso, ma più delicato, con una sfumatura fredda, rosata. Qualsiasi colore sia, credo sia meglio del verde che ho addosso adesso.
Mi svesto non con poche difficoltà, e altrettanto difficilmente provo a capire da che verso si infila l’abito che devo provare. Una volta trovate le maniche e capito qual è il davanti e quale il dietro, trovo anche dei bottoncini posteriori e, pazientemente, li sbottono uno ad uno. Infilo le gambe e tiro tutto su, dopodiché faccio entrare le mie braccia nelle maniche, che mi sembrano in pizzo e arrivano fino al gomito. Il vestito non è scollato, ha un taglio dritto che lascia scoperta la clavicola, si stringe appena sotto il seno e la gonna scende giù liscia e dritta e senza troppi fronzoli.
È sobrio e non credo mi stia troppo male. Inoltre, la mia voglia di rimanere in questo negozio per chissà quanto tempo è nulla.
«Mi piace questo!» annuncio, da dentro il camerino.
«Facci vedere» mi incita Kelsey. Ma in realtà, non so quanto voglio far vedere agli altri come sto. I miei amici sono brutalmente sinceri e ognuno di loro probabilmente troverà qualcosa che non va o non funziona, io mi farei condizionare dai loro pareri e passerei le prossime due ore a provare altri abiti. Come ho già detto, non ne ho per niente voglia.
«No, no, non importa, va bene questo» rispondo. Mentre lo dico, mi sto già sfilando le maniche.
«Ma vogliamo vedere come ti sta!» dice adesso Alec.
«Lo vedrete dopodomani» ribatto, il vestito scivola giù a terra. In tutta fretta mi rimetto i miei pantaloni scuri, il mio maglione caldo e cerco di infilarmi le scarpe stando in equilibrio su una gamba sola. Cosa che, ovviamente, non mi riesce molto bene e rischio quasi di cadere, arrendendomi al fatto che devo per forza sedermi sullo sgabello. Raccolgo sia il vestito che voglio comprare, sia quello orribile che ho provato prima e finalmente esco dal camerino.
La faccia della commessa è impagabile, credo che siamo pensando alla stessa cosa: finalmente ho deciso e sono pronta ad andarmene da questo posto.  
Spero per sempre.
Dopo aver pagato, cammino vittoriosa per le strade di Hogsmeade con il mio bottino tra le mani.
«In camera me lo fai vedere, chiaro?» mi dice Kelsey, minacciosa. Deve essersela presa per il fatto che non abbia voluto il loro parere, specialmente il suo, ma non importa. In dormitorio lo proverà di nuovo e la farò contenta. Tanto ormai l’ho comprato, di certo non me lo farà riportare indietro.
«Anche io volevo vederlo» si lamenta Alec.
«Io no» dice finalmente Scorpius, dopo essere rimasto in silenzio per chissà quanto tempo. «Sarà una sorpresa, no?»
«Nessuna sorpresa, è un abito come un altro» gli dico, con calma. «È solo che non avevo voglia di provarne altri, sono sfinita. Voglio solo buttarmi sul letto e dormire fino a dopodomani sera.»
Le ultime parole famose.
 
Negli ultimi due giorni ho fatto di tutto, fuorché dormire decentemente come tanto desideravo. Credevo ingenuamente che, una volta trovato l’abito, non avrei avuto più alcun pensiero. Kelsey, appoggiata con grande stupore da Harriet e Rowena, ha statuito che dovevamo fare le prove trucco e capelli. Io non avevo nemmeno pensato allo stato dei miei capelli finché Harriet non mi ha fatto notare, con la sua solita mancanza di tatto e gentilezza, che non potevo presentarmi ad un evento del genere spettinata come mio solito. Io ho ribattuto molto ferocemente che non sono spettinata per mia scelta, che io ci provo, ma poi gli agenti atmosferici e in generale l’aria che mi circonda decidono al posto mio e non posso davvero farci molto. Per raffreddare gli animi, Rowena, con fare molto più pacato rispetto a quello della sorella, mi ha prestato la sua Tricopozione Lisciariccio, assicurandomi che per la sera della festa avrei avuto dei capelli liscissimi.
E così, la giornata del 20 dicembre l’ho passata a farmi impacchi ai capelli e a cercare di aiutare Kelsey a farsi una complessa acconciatura che ha visto su una rivista qualche giorno fa: i primi tentativi non sono stati davvero strabilianti, poi ho accettato con un po’di riluttanza l’aiuto di Harriet, che ha migliorato un po’ la situazione. In ogni caso, abbiamo continuato ad esercitarci per tutto il pomeriggio, con la promessa che il giorno seguente saremmo riuscite ad eseguirla alla perfezione.
La situazione, tuttavia, non è ancora degenerata.
È la mattina del tanto atteso 21 dicembre, le lezioni sono ufficialmente finite, tutti gli studenti sono in fibrillazione. Ormai nel nostro dormitorio non si parla d’altro e anche a colazione il clima è lo stesso: pettegolezzi su pettegolezzi riguardo alla festa, a chi va con chi. Nessuna menzione di Scorpius, grazie al cielo. Nessuno ha ancora scoperto che andremo insieme, e menomale, aggiungerei, perché se fosse stato altrimenti, probabilmente qualche ragazza già vorrebbe la mia testa appesa da qualche parte.
E per “qualche ragazza” intendo proprio Harriet.
Finisco di mangiare la mia fetta di crostata, quando arriva la posta. A Kelsey il Settimanale delle Streghe, ad Alec arriva Guida ai Manici di Scopa, mentre a me e Scorpius due semplici lettere, accomunate però da una cosa: i mittenti sono le nostre rispettive madri.
Lascio stare la fetta di crostata e apro velocemente la busta, strappandola con non poca brutalità, al contrario di Scorpius, che la sta aprendo con una precisione certosina e con tranquillità.
 
Cara Lily,
Abbiamo dovuto aspettare fino all’ultimo minuto per dirvelo, perché non sapevamo se gli impegni lavorativi di tuo padre ce l’avrebbero permesso, ma siamo stati invitati dalla Professoressa McGranitt a partecipare alla celebrazione del Ceppo di Yule, assieme a molte altre persone al di fuori della scuola, e siamo molto entusiasti. Ci vediamo questa sera, ci mancate molto.
La mamma”
 
«Fantastico» commento, atona e per niente entusiasta. Guardo velocemente il tavolo dei Grifondoro, cercando di individuare mio fratello: anche Albus sta leggendo una lettera, deduco che mamma ce l’abbia mandata uguale ad entrambi.
«Che cosa c’è?» mi chiede Alec, notando il mio repentino cambio di umore. Anche Kelsey mi sta guardando, e dopo un po’ comincia a farlo anche Scorpius.
«Questa sera potremo assistere al raccapricciante spettacolo dei miei genitori che fanno finta di essere perfetti davanti a tutti gli altri» dico. Nessuna emozione riesce a pervadermi: non sono triste, arrabbiata o altro. Non sento… nulla. Sapere che i miei genitori verranno qui stasera non mi procura nulla. Certo, un po’ sento la loro mancanza, ma non so cos’è peggio tra stare tra le quattro mura della nostra casa e vedere la gelida realtà tra di loro, o vederli tra i corridoi della scuola a far finta di niente.
«Anche i miei verranno» dice Scorpius, appoggiando la lettera sul tavolo. «Addio alcol.»
«Coraggio ragazzi» ci esorta Kelsey, facendo uno dei suoi sorrisi rassicuranti. «Questa sera è nostra, dobbiamo solo pensare a divertirci. Lasciamoli stare, gli adulti, ce li sorbiremo a casa, ma stasera no. Non ve la dovrete far rovinare da loro.»
«Sono d’accordo» continua Alec. «Capiranno se non vorrete stare tutta la sera appiccicati a loro, e capiranno se ci concediamo qualche bicchiere di… di qualcosa. E poi, io e Kelsey siamo qui proprio per salvarvi da situazioni scomode, giusto?»
«Giustissimo» conferma lei.
Mi fanno scappare un sorriso e mi ritrovo subito ad annuire. Guardo velocemente Scorpius, alla mia destra. Lui non sta sorridendo, però con delicatezza mi prende la mano da sotto il tavolo e si gira verso di me.
«Hanno ragione» dice, dopodiché si rivolge anche a loro, che ci sono seduti davanti. «Questa sera, pensiamo solo a noi.»
 
Non mi rendo conto del peso schiacciante dell’ansia finché io e Scorpius non siamo davanti l’entrata della Sala Grande. Non so se voglio davvero entrare: prima di tutto perché allora tutti vedrebbero che siamo venuti insieme e allora dovrei cominciare seriamente a preoccuparmi per la mia incolumità, e poi, c’è il fatto che non ho voglia di passare del tempo con i miei genitori. Al primo problema posso ovviare con una bella dose di minacce e parole cattive, non sarebbe nemmeno la prima volta; al secondo, beh… non credo ci sia soluzione.
Faccio un sonoro sospiro e guardo fisso davanti a me. Percepisco gli occhi di Scorpius su di me, e il suono della sua voce pochi secondi dopo lo conferma.
«Se vuoi possiamo fare un salto nelle cucine e passare la serata in Sala Comune a riempirci di schifezze» mi dice. Sorrido, è proprio quello che ci vorrebbe: uscire da questo vestito, buttare via queste scarpe e starmene in pigiama, comodamente stravaccata su un divano.
«No, devo affrontarlo» dico risoluta. Razionalmente, non c’è niente di cui avere paura: è solo una festa, un momento di allegria e convivialità, di divertimento e affetto. E allora perché ho così paura di varcare la soglia della Sala Grande? Una piccola parte di me conosce molto bene la risposta, ma non riesce ad esplicitarla. La cosa che mi fa tanta paura la conosco bene, eppure ne rifiuto la piena consapevolezza. Forse perché spero sia tutto cambiato, in questi mesi, forse voglio davvero illudermi e credere che sia tutto tornato come tanto tempo fa.
«Allora andiamo» dice Scorpius. Mi posa piano una mano sulla schiena e mi sospinge leggermente in avanti, incoraggiandomi ad entrare.
La Sala Grande, per l’occasione, è stata completamente trasformata, ed è magnifica. Le quattro grandi tavolate sono sparite e al loro posto ci sono tantissimi tavoli tondi, coperti da tovaglie candide e apparecchiati accuratamente; due file d’abeti decorati si estendono sui lati lunghi della stanza; anche il tavolo dei professori è scomparso e al suo posto, sulla piattaforma rialzata, è stato fatto apparire un enorme camino. Ci sono già molte persone, noto con un certo senso di sollievo che nessuno è meno elegante di me, che il mio abito è perfettamente nella norma, per niente esagerato, e ho un po’ meno il desiderio di togliermelo di dosso e scappare via.
«Regola numero uno» comincio, rivolgendomi a Scorpius, mentre avanziamo lentamente. Lui alza gli occhi al cielo, facendo finta di essere scocciato. Questa sera ha fatto qualcosa di strano ai capelli, non ci sono più ciocche a coprirgli la fronte, ma sono tutti tirati all’indietro e stanno fermi chissà grazie a quale diavoleria. Ha un completo blu scuro e una semplice camicia bianca.
«Se incontriamo i tuoi genitori, vado a cercare Kelsey ed Alec e poi tutti insieme ti porteremo via da loro» risponde meccanicamente. Abbiamo stilato una sorta di codice comportamentale da adottare in particolari situazioni, prima tra tutte, lo spiacevole incontro con mamma e papà.
«Adesso tu dimmi la regola numero due» continua Scorpius.
«Se incontriamo i tuoi genitori e tu sei ubriaco, mi assumerò personalmente la responsabilità, dicendo che sono stata io a convincerti» gli rispondo. «Sempre se non sarò più ubriaca di te.»
«Devo ricordarti di quando ti abbiamo fatto assaggiare un sorso di idromele e hai quasi vomitato?» mi rimbecca lui. «Non ci riusciresti neanche ad ubriacarti.»
«Ride bene chi ride ultimo, caro mio» ribatto, facendo un sorrisetto impertinente. «Mi hai appena sfidato.»
«Ah, adesso capisco che sei davvero sorella di Albus» mi prende in giro lui. In questo caso, sta alludendo ai geni Potter, che solitamente fanno scattare qualcosa nel mio cervello che mi porta a fare cose leggermente stupide e sconsiderate.
«Adesso è Albus?» gli domando. «Mi sono persa qualcosa? Hai finalmente capito di essere perdutamente innamorato di lui dopo anni di odio e soprusi?»
«Non esageriamo» mi dice lui, assumendo un’espressione abbastanza schifata. «Te l’ho detto, stiamo facendo una tregua per il bene comune.»
«Oh, quella famosa tregua di cui non mi hai mai voluto raccontare i dettagli.»
«Non posso, è una cosa tra me e lui.»
«Merlino, per me vi siete davvero messi insieme.»
«Ti scioccherà sapere che il mio interesse sentimentale è rivolto solo al genere femminile.»
«Ah, già. Avevo quasi rimosso il periodo in cui morivi dietro mia cugina.»
«Fortunatamente anche io.»
A questo punto, scoppio a ridere genuinamente. Mi piace ogni tanto prenderlo in giro sulla questione di Rose, so che anche lui ci scherza su e non se la prende, ed è divertente ritirare fuori quel periodo oscuro in cui creava dei veri e propri piani strategici per attirare l’attenzione di mia cugina. Sono contenta, da una parte, che lei non gli abbia mai dato corda: allora non mi sarebbe affatto piaciuto dividere Scorpius con qualcuno che non fosse Kelsey o Alec.
«Finalmente!»
Alec si butta tra di noi, mettendo un braccio attorno alle spalle di Scorpius e l’altro attorno alle mie. Anche lui indossa un completo, ma al contrario di Scorpius non credo riesca a tollerare cravatte e farfallini, ha il collo libero da qualsiasi costrizione e anche la camicia un po’ sbottonata.
«Finalmente cosa?» gli chiedo io, divertita dal suo atteggiamento.
«Finalmente siete arrivati! Cominciavo a pensare che aveste fatto dietro front e foste tornati in Sala Comune a mettervi il pigiama» dice Alec.
«Ci abbiamo pensato» rivela Scorpius. «Ma non siamo così asociali.»
«Kelsey dov’è finita?» domando, guardandomi intorno. Ha lasciato il dormitorio prima di me, quindi dovrebbe essere qui già da un pezzo. La Sala è molto affollata e non riesco a trovarla.
«Bagno» dice Alec. «Credo che sia successo qualcosa di spiacevole, era viola di rabbia quando è venuta a dirmi che doveva allontanarsi.»
«È davvero così agitata per l’ammiratrice segreta?» chiede Scorpius, corrugando la fronte.
«Non credo» borbotto io. «Le sarà venuto il ciclo. Il corpo di Kelsey ha un tempismo imbarazzante, certe volte.»
«Non voglio sapere altro» commenta Alec, mentre il suo viso assume un’espressione alquanto schifata.
«Merlino, Alec, è una cosa naturale. Noi femmine abbiamo il ciclo, tutti i mesi, che ci piaccia o no. Credi che sia piacevole per noi perdere una quantità spropositata di sangue dalla…»
«Signorina Potter?»
Mi raggelo nel momento in cui sento il mio cognome pronunciato dalla voce della professoressa Trent, nonché coordinatrice dei Grifondoro. Mi volto lentamente, sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
«Mi duole interrompere la tua… brillante esposizione sul funzionamento del corpo femminile, ma devo chiedere a tutti voi di prendere posto. Comincerà il banchetto, tra non molto.»
«Subito, professoressa» le dico, cercando di non diventare rossa come un pomodoro, mentre Alec e Scorpius sghignazzano sotto i baffi.
Velocemente, cerchiamo di trovare un tavolo con ancora quattro posti liberi. Ne troviamo uno, occupato solo da due ragazzini. Alec si toglie la giacca e la sistema su una sedia tra lui e Scorpius, riservando il posto a Kelsey che, a quanto pare, è ancora dispersa nei bagni. Mi guardo intorno: intravedo i miei genitori, seduti ad un tavolo fortunatamente non troppo vicino al nostro. Assieme a loro ci sono anche i miei zii, Ron ed Hermione, e altri due signori che non conosco. Ad Albus non è andata bene quanto me, dato che il tavolo dove lui e i suoi amici sono seduti, insieme ad altre due ragazze, è pericolosamente vicino a quello dei miei genitori. Credo che, finito di mangiare, mi toccherà andare a salutarli.
Tutti i professori sono seduti ai tavoli più vicini al grande camino, ormai ci sono rimaste pochissime persone ancora in piedi, tutti si accingono a trovare posto.
Kelsey ancora non si vede, e proprio mentre mi chiedo che diavolo di fine abbia fatto, la vedo entrare trafelata in Sala Grande, e vedo chiaramente il suo colorito perdere vivacità quando vede che la maggior parte degli studenti sono già seduti. Agito le braccia in aria per farmi notare, dato che non siamo troppo distanti da lei, e tiro un sospiro di sollievo quando la vedo avvicinarsi al nostro tavolo e sedersi velocemente sull’unica sedia libera, senza prima aver ridato la giacca ad Alec.
«Sei viva!» esclamo.
«Lasciamo perdere» ribatte lei, con il fiatone. Deve aver corso. «Ma vi pare normale che proprio stasera doveva venirmi il ciclo? Tre giorni di anticipo, ma ci rendiamo conto?!»
«Ve l’avevo detto» dico, rivolgendomi ad Alec e Scorpius. «Hai risolto?»
«Sì, sono corsa in bagno. E poi sono tornata in Sala Comune a cambiarmi, ora è tutto a posto. Mi sono persa qualcosa? Perché siete già tutti seduti?»
Non faccio in tempo a risponderle, perché la preside si alza in piedi e richiama tutti i presenti all’attenzione.
«Signori e signore, cari studenti, questa sera e per tutta la notte celebreremo il Solstizio d’Inverno. Sarà il momento di abbandonare tutte le nostre paure e insicurezze, di lasciarci alle spalle il passato e di guardare invece a ciò che questo nuovo inverno ci regalerà. Questa sarà la notte più lunga dell’anno, ma al sorgere del sole, l’indomani mattina, la luce del giorno non potrà che essere sempre più presente, un po’ alla volta, nelle nostre giornate. E allo stesso modo dovrà esserlo nelle nostre vite: abbandoniamo ogni pensiero cattivo, ogni rancore, ogni incertezza, e cominciamo ad aprirci verso il prossimo.
E adesso, diamo inizio al nostro banchetto!»
Una notevole quantità di cibo spunta sui nostri piatti, ma per un po’ rimango ancora persa nelle parole della McGranitt: è il momento di dimenticare il passato e di vivere il presente, di gettare via le cose negative e di rinascere tra le cose belle. Varrà per chiunque, questa cosa? Solo io sono rimasta colpita da queste parole, o hanno avuto un impatto anche sugli altri? Lo avranno avuto su mio fratello? E soprattutto, avranno spinto a riflettere, almeno un po’, i miei genitori? Per questa sera, voglio affidarmi totalmente a queste parole stracolme di speranza e credere davvero che, a partire da domani mattina, sempre più luce entrerà nella mia vita, nella vita di tutti noi, illuminandola e rasserenandola.
«Lily?»
La voce di Scorpius mi riporta gentilmente alla realtà. Intorno a noi tutti hanno cominciato a parlare tra loro, la sala è colma di voci che si sovrastano, di bicchieri che sbattono e di posate che vengono poggiate sui piatti.
«Sì?» rispondo, voltandomi verso di lui. Mi sento ancora un po’ estraniata.
«Tutto bene?» mi chiede ancora lui.
Annuisco velocemente e prendo in mano forchetta e coltello. «Sì, sì. Stavo solo pensando ad una cosa. Niente di che.»
«Avete visto? Harriet è venuta con il cugino di Florence alla fine.» Kelsey s’intromette nella conversazione, indicandoci con il dito i due malcapitati.
«Contento lui» commenta Alec, trattenendo una risatina.
«Contenta lei, vorrai dire» lo corregge Scorpius.
«Contenti entrambi» concludo io, iniziando a mangiare. Gli altri due ragazzi seduti al nostro tavolo ci guardano un po’ straniti e intimiditi e parlottano tra di loro a bassa voce. Scorpius e Alec cominciano a prendere bonariamente in giro Kelsey per via del suo “incidente” e lei non si fa mancare risposte ironiche e pungenti. La cena trascorre normalmente, sembra quasi essere un qualsiasi pasto in Sala Comune, con l’unica differenza che siamo relegati ad un tavolo tondo e vestiti eleganti, e che tra non molto questi tavoli spariranno, per fare spazio alla musica e ai balli. Io smetto di mangiare a metà delle seconde portate, sono arrivata al limite e credo che a breve esploderò, se ingurgito qualcos’altro. I miei amici, invece, continuano a mangiare a sbafo qualsiasi cosa gli compaia nel piatto, tranne Kelsey, che rinuncia alle costolette di maiale per fare spazio al dolce.
Quando tutti hanno finito di mangiare, veniamo invitati ad alzarci. Dopodiché, con un colpo di bacchetta, la preside fa spazio al centro della sala, addossando tavoli e sedie alle pareti. Inizia a diffondersi nell’aria una musica dolce e calma, solo dopo mi rendo conto che proviene da un gruppo di persone in fondo alla sala, una piccola orchestra. Non riconosco nessuno, ma mi sembrano troppo grandi per essere studenti.
«Sorellina!»
Appena sento questa voce quasi non ci credo. Per un momento mi immobilizzo per lo stupore, ma il secondo dopo mi sono già voltata e non faccio nemmeno in tempo ad incrociare gli occhi scuri e caldi di James, che il momento dopo gli sono saltata al collo.
«Jamie!» strillo, incurante del fatto che gli ho probabilmente distrutto un timpano, in quanto la mia bocca, mentre gli sto abbracciata, è eccessivamente vicina al suo orecchio. «Che ci fai tu qui? Oddio, non pensavo ti avrei rivisto fino a Natale!»
«Qualcuno doveva pur controllarli, quelle mine vaganti di mamma e papà» mi risponde lui, mentre ci stacchiamo. È cambiato in questi mesi, si è fatto crescere i capelli e la barba, sembra più grande dei suoi diciotto anni. «Albus è già brillo, mamma stava per affatturarlo prima.»
«Da me non sono ancora venuti» gli dico, aggrottando la fronte.
«Questione di tempo, Albus era seduto vicino al loro tavolo. Io, se te lo stai chiedendo, ero di là – e qui indica con la mano il posto in cui prima doveva esserci il suo tavolo – vicino a Finnigan e ai suoi amici. Merlino, nessuno è cambiato di una virgola, sua sorella ha ancora una cotta per me!»
«Trovami una ragazza che non ha avuto una cotta per te, James» gli rispondo, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. Anche lui scoppia a ridere.
«Eccovi, finalmente!»
Io e James ci giriamo contemporaneamente. La mamma ci si avvicina frettolosamente e mi stritola in un abbraccio, è molto elegante questa sera, come anche papà: anche lui mi stringe piano e poi mi piazza un bacio sulla fronte, per poi sistemarsi gli occhiali sul naso, che gli sono un po’ calati.
«Accidenti, come sei bella, tesoro!» mi dice mia mamma. «Cosa hai fatto ai capelli?»
«Rowena mi ha prestato la sua Tricopozione Lisciariccio» le spiego. «Voi come state, tutto bene?»
«Come al solito» risponde papà con un sorriso. Non ci sono significati sottesi, significa che nulla è cambiato da quando io ed Albus siamo saliti sul treno, il primo di settembre. «Ma è stato un gesto davvero bello invitarci qui, da parte della professoressa McGranitt.»
«I tuoi amici dove sono?» mi chiede ancora mamma. Aggrotto le sopracciglia, dovrebbero essere esattamente qui, poco dietro di me, dato che eravamo tutti insieme quando è arrivato James. Mi giro, ma non li ritrovo più. Sono al tavolo delle bevande, credo che Scorpius abbia appena mandato a benedire il nostro codice comportamentale, ma non posso avercela con lui: forse voleva solo lasciarmi un po’ da sola con mio fratello.
«Oh, saranno andati a prendere qualcosa da bere» rispondo. «Insomma, nessuna novità a casa? Quella vecchia antipatica della nostra vicina si è finalmente decisa a smettere di infestarci il giardino con i suoi maledetti Doxy?»
«Sì, abbiamo risolto il problema con la signora Sinclair» risponde mamma. «Le abbiamo regalato sei bottiglie di Filtro Doxycida per il compleanno.»
«Bastava così poco, pensa un po’» commenta mio papà. Non ha mai smesso di sorridere da quando mi ha salutato, forse è un buon segno. Mi ricordo che questa estate l’ho visto raramente ridere o parlare in modo così spensierato. «E a proposito di simpatiche creaturine, ho incontrato Hagrid prima, mi ha detto che hai preso in simpatia il suo Snaso.»
«È bellissimo!» esclamo. «Ne voglio uno anche io, è l’animaletto più dolce che io abbia mai visto.»
«Lily, ti ho preso da bere!»
La voce di Scorpius mi sembra una scialuppa di salvataggio. Mi si affianca e mi porge un bicchiere, contenente un liquido aranciato, non mi interrogo nemmeno su cosa possa essere e lo ringrazio.
«Signor Potter, signora Potter, buonasera!» saluta i miei genitori con disinvoltura e naturalezza, poi guarda anche James. «Potter numero uno.»
«Malfoy» risponde James, con voce piatta.
«Ciao Scorpius!» esclama invece mia madre, che lo saluta con due cordiali baci sulle guance. Mio padre gli stringe solo la mano. «Come stai?»
«Tutto bene, grazie» risponde lui, sempre cordiale e con il sorriso. Io annuso il contenuto del mio bicchiere, è pericolosamente simile a quello dell’idromele con cui, qualche hanno fa, ho rischiato di vomitare.
Ma chi se ne frega, lo bevo tutto d’un sorso. Sento una sensazione strana sul palato, e poi nella gola, faccio quasi fatica a deglutire a mandarlo giù. Almeno, ancora non vi viene da rimettere.
Nel frattempo, Scorpius e miei genitori hanno cominciato a parlare della scuola e del suo promettente e brillante futuro al Centro Pozionologico Nazionale, Scorpius sta dicendo che non è sicuro di riuscire ad entrare e mio padre lo sta invece rassicurando, dicendogli che non è da tutti aiutare il professor Lumacorno nelle sue ricerche.
Devo mettere fine a tutto questo.
«Dove sono i tuoi, Scorp?» gli chiedo, appoggiandomi al suo braccio.
Lui si guarda velocemente intorno. «Non lo so, ma possiamo andare a cercarli.»
Annuisco abbastanza convinta.
«Ora vi lasciamo tranquilli ragazzi, andate pure a divertirvi» s’intromette mia madre. «In caso ci vediamo dopo.»
Li salutiamo e ci allontaniamo, io mi permetto di tirare un sospiro di sollievo e sento un urgente bisogno di bere di nuovo quello che Scorpius mi ha portato prima.
«Era idromele, quello che mi hai dato?»
«Proprio lui.»
«Bene, me ne serve un altro.»
«Agli ordini!»
E così, mi dimentico velocemente del tempo che passa, dei genitori di Scorpius che non siamo ancora andati a salutare, dei miei genitori che sono stati più criptici che mai, e del fatto che a me l’idromele fa proprio schifo, ma che non riesco a smettere di berlo perché mi fa sentire meglio. Ogni mio senso è amplificato: la musica arriva più chiaramente alle mie orecchie, i colori attorno a me sono vividi, le persone che si muovono lo fanno velocemente, mi trasmettono allegria, sento il suono della mia risata anche se non so cosa l’abbia provocata. Ad un certo punto, credo che Albus sia accidentalmente venuto addosso a me e Scorpius, si è scusato e ha continuato a ridere come un pazzo, mentre una ragazza del suo anno lo inseguiva con un’espressione alquanto arrabbiata.
E poi, devo aver messo male un piede, o non aver visto qualcosa per terra che mi ha quasi fatta inciampare. Quasi, perché mi ritrovo con le braccia attorno alle spalle di Scorpius, mentre lui mi sorregge delicatamente per i fianchi.
«Lils, ti senti bene?»
«Sì! Mai stata meglio!» esclamo ad alta voce, mentre cerco di rimettermi in equilibrio. «Questa festa è fantastica! Dove sono gli altri? Balliamo? Dai, lo stanno facendo tutti!»
Sul volto di Scorpius nasce un sorriso divertito e spontaneo. Lo diverto? Sto forse facendo qualcosa di buffo?
«Che c’è?» gli domando.
«Niente, è che mi fai ridere. Sei ubriachissima!» mi risponde lui, senza smettere di sorridere.
«Non è vero!» protesto.
«Dimostralo, allora. Fai quello che faccio io» dice lui di rimando. Si allontana da me di circa un passo, tira su una gamba e si tiene in equilibrio sull’altra, nel mentre unisce le mani e si porta gli indici alla fronte. Mi sembra lui quello fuori di testa, non io.
Comunque, per dimostrargli che sto benissimo, imito il suo gesto. L’unico problema è che appena sollevo la gamba destra, non riesco affatto a tenermi in equilibrio, barcollo e mi comincia a girare la testa.
Di nuovo, Scorpius mi afferra prima che io possa cadere rovinosamente sul pavimento davanti a tutta la scuola.
«Te l’avevo detto» sussurra e incurva le labbra in modo soddisfatto. Non mi sono passati i giramenti di testa e all’improvviso non mi sento più tanto bene come prima: non capisco più cosa fanno le persone attorno a me, non mi interessa vedere i colori sgargianti dei loro vestiti, non so che tipo di musica stiano suonando in questo momento e ho solo una gran voglia di accasciarmi da qualche parte e dormire, mentre sento lo stomaco in subbuglio.
Forse mi sta venendo da vomitare.
Forse no.
Non capisco se sto male o se sto bene, non saprei dirlo. Le uniche cose che riesco a capire scorrono fugaci nella mia mente, appena ne individuo una, quella precedente scompare. So solo che in questo momento sento davvero molto molto caldo, ho voglia di togliermi questo vestito e scivolare nel pigiama, ma ho anche voglia di rimanere esattamente qui, in bilico su questa mattonella e con solo le braccia di Scorpius ad impedirmi di cadere.
Lo so perché all’improvviso le mie mani, strette sopra le sue spalle, si muovono anche se io non ho ordinato loro di farlo, e si vanno a posizionare dietro il suo collo, sotto la sua nuca. E non ci sto capendo niente, ma c’è qualcosa nel mio cervello che assolutamente non mi appartiene che mi sta comandando a suo piacimento.
Sarà l’idromele, sarà la consapevolezza che sono l’unica cretina che riesce ad ubriacarsi con l’idromele, che è una bevanda così poco alcolica da metterla addirittura a disposizione degli studenti ad una festa, o forse sarà la paura di vomitare davanti a tutti, compresi i miei genitori.
I miei genitori a cui non voglio pensare, a cui non devo pensare. E come faccio a non pensarci, se tra pochi giorni dovrò tornare a casa, vivere con loro per due lunghissime settimane, piangere sotto le coperte, dopo cena, dopo l’ennesima litigata? Come si spegne il cervello?
La forza misteriosa che mi muove, comunque, mi fa conoscere presto la risposta.
Precisamente, la conosco non appena mi accorgo che ho chiuso gli occhi perché non mi interessa più vedere cosa succede attorno a me. L’unica cosa che mi interessa, in questo momento, è che sto baciando Scorpius, anche se non ho ordinato al mio cervello di farlo. Non ci siamo mossi di un millimetro, lui mi tiene ancora per i fianchi per impedirmi di cadere, ma adesso sento la sua presa ancora più salda. Non mi spinge via, non si tira indietro, continua a baciarmi. Non so per quanto tempo le mie labbra e le sue continuano a scontrarsi: la McGranitt potrebbe aver acceso il Ceppo nel frattempo, e questo potrebbe essersi consumato fino a diventare cenere, magari fuori è già mattina e io non me ne accorgerei.
Mi gira sempre più forte la testa, ma questa volta, l’idromele non c’entra proprio niente.

Ciao a tutti! ♥
Questo credo sia il capitolo più lungo che io abbia mai scritto per questa storia, è stato come un parto! Non so se ve lo aspettavate, ma finalmente i nostri due testoni hanno combinato qualcosa di grosso. Ci tenevo molto a questo capitolo e soprattutto alla scena finale, spero di non essere risultata troppo sbrigativa, ma in queste situazioni la percezione del tempo è alterata e lui scorre davvero tanto velocemente xD
Volevo poi fare una precisazione per l'idromele... la farò breve: mi serviva qualcosa per far partire Lily di cervello xD 
L'ho voluto assimilare tipo al nostro classico spumante che si usa per brindare, che un goccio lo si dà anche ai bambini. Tra le poche bevande alcoliche che conosciamo del mondo magico, l'idromele mi sembrava davvero la cosa "più leggera", tant'è che lo mettono a disposizione di tutti nel banchetto, a cui per altro c'erano anche maghi adulti, quindi la sua presenza mi sembra giustificata. Il fatto che Scorpius riesca a procurarselo, lo possiamo attribuire al fatto che ormai avendo 17 anni è considerato maggiorenne... mi sto probabilmente arrampicando sugli specchi xD Scusate, spero mi concederete questa castroneria per esigenze di trama ahahaha
E spero ovviamente che il capitolo vi sia piaciuto, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! Ringrazio di cuore chi mi segue, chi mi scrive e chi legge in silenzio ♥
Vi mando un bacione!
Mars

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Capitolo 24
*** Intrusa ***


XXIV - ALEC
 
Intrusa
 
«E questa, signore mie, era la storia di come io e Scorpius ci siamo quasi fatti ammazzare da un centauro.»
Un sospiro di stupore si solleva dal mio esiguo pubblico di sole ragazze, che pochi secondi dopo cominciano ad applaudire. Kelsey mi guarda con disapprovazione, mentre una ragazzina che avrà si e no dodici anni fa coraggiosamente un passo avanti e mi chiede: «E dov’è Scorpius, adesso? Vogliamo sentire anche la sua versione!»
Già, bella domanda. Dov’è Scorpius adesso?
«Ehm, non ne ho idea. Ma lo andrò a cercare e ve lo porterò!» esclamo. Tutte loro annuiscono e poi si disperdono, tornando ognuna a farsi gli affari suoi. Io raggiungo Kelsey, poco dietro di me.
«Te ne sei accorto, vero?» mi chiede, incrociando le braccia al petto. Inarca anche un sopracciglio, segno che è nervosa o infastidita da qualcosa.
«Di cosa?» le domando, con fare innocente.
«Che Scorpius e Lily sono spariti! Tu li hai più visti, dopo che siamo andati a prendere da bere?» continua. D’accordo, è ufficialmente nervosa. Aggiungiamoci che ha anche il ciclo e siamo a cavallo. Cavolo, io una Kelsey così scontrosa da gestire da solo non me la meritavo, quei due mentecatti mi hanno lasciato con una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro, volatizzandosi nel nulla.
«In effetti no» le rispondo. «Ma non avevano molta voglia di essere qui, da quello che ho visto. Forse se ne sono tornati in Sala Comune…»
«Okay, senti. Normalmente riverso tutta la mia ansia su Lily, perché lei ha questo magnifico atteggiamento passivo che sembra che ti stia ascoltando, mentre in realtà sta pensando a tutt’altra cosa, e in genere io riesco a parlare da sola anche per mezz’ora, quando sono particolarmente in ansia. Ma adesso Lily non c’è, quindi mi dispiace, ma dovrò riversarla su di te, d’accordo?»
Kelsey è ufficialmente impazzita. Neanche prende fiato, mentre parla, è diventata tutta rossa in faccia e sta… sudando? Non smette di gesticolare con le mani e io non credo di avere altra opzione se non quella di assecondarla. Probabilmente, una scelta diversa mi condurrebbe lentamente alla morte, stasera. E io sono troppo giovane per morire, per di più in una maniera così bizzarra.
«D’accordo» acconsento, le metto gentilmente una mano sulla schiena e la porto vicino alle sedie. La faccio sedere e mi metto accanto a lei.
«Non appena la McGranitt accenderà il Ceppo, a mezzanotte, io incontrerò la mia ammiratrice segreta» mi spiega, cercando di scandire bene le parole e di fare dei respiri profondi.
«E il problema qual è? Era ora, direi!» cerco di dirle. Non c’è alcun bisogno che Kelsey sia preoccupata, si tratta di incontrare una persona. Una persona che probabilmente avrà visto centinaia di volte durante questi anni, senza mai sapere realmente chi fosse.
«Il problema è che lo sto realizzando solo adesso» mi dice, appoggia i gomiti sulle ginocchia e il mento sui palmi delle mani. «Finora per me questa persona è sempre stata solo delle parole su un pezzo di pergamena, una specie di gioco divertente che ad un certo punto mi ha stancato. Il fatto che dietro quelle parole c’è una persona in carne ed ossa, una ragazza… mi spaventa. E non so nemmeno io perché!»
«Forse ti spaventa perché le parole ti piacevano, ma non sai se può piacerti lei?» le domando.
«Perché non so se può piacermi una lei e basta, Alec.»
Colpita e affondata. Devo ammettere che ho un discreto successo, quando si tratta di far ammettere agli altri i propri problemi. Dovrei fare il pepsicologo… oddio, forse non si dice davvero così, ma a quanto ne so, tra i babbani è una persona che ti aiuta ad aprirti e a stare meglio con te stesso. Direi che, per adesso, sto facendo davvero un buon lavoro.
«Spiegati meglio» incito Kelsey ad argomentare le sue paure, mi sembra l’unica cosa ragionevole da fare in questo momento.
«Io non mi sento attratta dalle ragazze» spiega. «E da una parte spero di… non lo so, odiarla, questa persona. Perché avrei davvero paura se… se chiunque sia, questa ragazza mi piacesse. Perché significa che allora mi piacciono sia i ragazzi che le ragazze, anche se io so che non è così e – sospira, buttando fuori un sacco d’aria – non so che cosa fare.»
«Kels, qual è il problema se ti piacciono sia i ragazzi che le ragazze?» le chiedo, scrollando le spalle.
«Non lo so!» esclama, in preda al nervosismo. Merlino, ti prego, fa che non si metta a piangere: non saprei davvero come gestire una ragazza, in quel periodo del mese e in lacrime. Sarebbe qualcosa che esula dalle mie capacità. Non si può essere perfetti in tutto: io molte qualità e ne sono consapevole, ma so anche riconoscere di non essere bravo a fare altre determinate cose. Gestire qualcuno che sta andando nel panico credo che sia qualcosa in cui sono totalmente negato.
«È che mi sembra tutto così strano… io… sono sempre stata convinta di essere normale, e invece…»
«Ehi!» la interrompo. «Tu sei normalissima! Lo saresti anche se ti piacessero, che ne so… i troll di montagna, capito?»
Annuisce debolmente, mentre le strappo un sorriso divertito. Forse ho evitato la crisi di pianto.
«Quindi tra poco tu andrai ad incontrare questa ragazza, vedrai che impressione ti fa, e se non ti piace, pazienza! Ma non vuol dire che se non ti piace lei non può piacerti in assoluto nessun altra ragazza. Devi fare quello che ti senti dentro, Kels, anche se ti fa paura.»
«Tu la fai facile» mi dice lei. «Sto avendo una specie di… crisi d’identità. Proprio stasera!»
«E puoi superarla benissimo» continuo io. «Cerca di non dare alla cosa tutta questa importanza, vedila come qualcosa di assolutamente ordinario. Ti faresti tutti questi problemi, se a mandarti le lettere fosse stato un ragazzo? No, forse neanche di presenteresti! Ma è la stessa identica situazione, avrai davanti solo una persona. Nulla di più.»
«Giusto» sospira. «E poi, non sono mica obbligata a ricambiare.»
«Tra l’altro. E poi, non sarebbe la prima volta che spezzi qualche povero cuoricino.»
«Scemo.»
«Io ti aspetto qui fino ad una certa ora… se non ti vedo, vuol dire che è andato tutto bene, d’accordo?»
Kelsey annuisce e poi mi abbraccia, sussurrandomi un “grazie” all’orecchio. Le strofino le mani sulla schiena e ci stacchiamo quando sentiamo la voce della McGranitt. Capisco che è quasi mezzanotte e che tra poco verrà acceso il Ceppo, il che significa che Kelsey tra pochi minuti incontrerà finalmente questa misteriosa ammiratrice segreta che, se devo ammetterlo, si è fatta piuttosto desiderare da tutti noi. Sono quasi tentato di andare assieme a lei per scoprire la sua identità, ma è meglio farle affrontare questa sfida da sola.
E mentre tutti alzano la testa e aguzzano lo sguardo verso il grande camino, io sono girato dalla parte opposta: Kelsey è appena uscita dalla Sala Grande.
 
Devo essere sincero: mi aspettavo che fosse qualcosa di molto più particolare e scenografico, questo Ceppo di Yule. Una volta acceso il fuoco, siamo rimasti tutti alcuni istanti in silenzio, ad individuare i pensieri negativi e a scacciarli via, proprio come il fumo che risale nella canna fumaria e poi si disperde nell’aria, una volta uscito dal comignolo. Dopodiché, la festa è ripresa. Le persone sono diminuite, ma ho ricevuto diversi inviti a ballare da un sacco di ragazze, e generoso come sono, le ho accontentate quasi tutte.
Kelsey non si vede da più di un’ora, le possibilità sono due: o è andata bene, oppure è andata così male che, invece di tornare qui, è scappata in Sala Comune a disperarsi.
Spero sia andato tutto per il meglio, o domani dovremo fare una seduta di gruppo tutti insieme, per cercare di consolarla.
Decido di tornarmene in dormitorio: mi sento piuttosto stanco e comincio ad annoiarmi. I miei tre migliori amici sono spariti e non ho voglia di stare con la squadra di Quidditch, dato che la metà di loro al momento è occupata a dondolare sul posto con la propria dolce metà, a ritmo di una musica lenta e romantica.
I corridoi sono semideserti… dovrebbero essere quasi le due del mattino. Arrivato davanti alla consueta parete di pietra, pronuncio, con voce molto assonnata, la nostra parola d’ordine e la parete scivola via, consentendomi di entrare. Al contrario di come mi aspettavo, la Sala Comune non è del tutto vuota: ci sono alcuni ragazzi ancora in piedi, che si confrontano sulla festa, ci sono anche le gemelle Davies, su un divanetto. Quella che ha chiesto a Scorpius di andare alla festa sta praticamente inzuppando il vestito della sorella di lacrime, chissà cosa le sarà mai successo…
Io, senza impicciarmi di nulla, vado dritto verso i dormitori maschili e poi verso la mia stanza. La apro e, come previsto, i letti dei miei compagni di stanza sono ancora vuoti, tutti tranne quello di Scorpius.
La cosa che mi fa aggrottare la fronte, però, è che non c’è Scorpius, sotto le coperte.
Lily sta dormendo una posizione alquanto buffa, ha i capelli stravolti, indossa una maglietta nera e il suo vestito è ai piedi del letto, le scarpe sono per terra. Scorpius lo trovo rannicchiato su una poltroncina di fronte al grande letto a baldacchino: è sveglio, ha ancora addosso il suo abito elegante, si è solo tolto la cravatta, ha lo sguardo perso nel vuoto e non sono sicuro che si sia accorto della mia presenza.
«Scorpius?» lo richiamo, cercando di risvegliarlo dal suo stato di trance.
Lui si volta di scatto e quasi si spaventa, non appena mi vede. Da quanto tempo è che si trova immobile su quella poltrona, senza rendersi conto di quello che succede attorno a lui?
«Che ore sono? Che ci fai qui?» mi chiede, preoccupato.
«Saranno le due» biascico, muovendomi lentamente per raggiungere il mio letto. «La festa è quasi finita. Kelsey è sparita dopo aver incontrato l’ammiratrice segreta e io sono rimasto da solo, mi stavo annoiando.»
«Ci siamo persi il Ceppo…» borbotta, infilandosi le dita nei capelli.
«Che cosa è successo?» gli chiedo, senza troppi fronzoli. «Ad un certo punto siete spariti.»
«Sì, Lily…» inizia, spostando lo sguardo su di lei, che dorme tranquillamente. «Lily non si sentiva bene. E non sapevo come riportarla nel suo dormitorio, così l’ho fatta dormire qui.»
Mentre parla, però, evita attentamente il mio sguardo. Lo posa dovunque: Lily, il pavimento, le scarpe per terra, le vetrate scure, ma mai su di me. C’è qualcosa che non mi sta dicendo e che lo tormenta: se sono tornati qui addirittura prima che venisse acceso il Ceppo di Yule, significa che Scorpius è seduto su quella maledetta poltrona a guardare il vuoto da più di due ore, e non mi sembra affatto una cosa normale, né una una cosa che farebbe abitualmente
«Scorpius» gli dico, cercando di attirare la sua attenzione. «Siamo amici da sette anni e abbiamo affrontato ogni cosa schifosa insieme, quindi qualsiasi cosa ti abbia tenuto sveglio per due su quella poltrona, puoi dirmela.»
«Non è una cosa brutta» si limita a rispondere, abbastanza frettolosamente. Per la barba di Merlino, ma allora il pepsicologo è davvero il mio mestiere! Dovrebbero introdurlo nel mondo magico, secondo me riscuoterebbe molto successo.
«E allora perché hai l’aria di uno che sta per ricevere il bacio del Dissennatore, eh?» gli domando, incrociando le braccia, e premurandomi di non alzare troppo la voce per non svegliare Lily.
«Perché è complicato» mi risponde, senza aggiungere altro. Scorpius sa essere meravigliosamente criptico anche quando ci siamo solo io e lui nella stanza – e una ragazza addormentata, ma Lily non si sveglierebbe nemmeno se la Piovra Gigante ci sfondasse la finestra, in questo preciso istante. Mi chiedo come riuscire a farlo parlare un po’ di più… forse devo avanzare ipotesi che lui può smentire fino a trovare la risposta giusta?
«Cosa è complicato? Non ti capisco, e non mi piace vederti così abbattuto. Qualche ora fa eri tranquillo, ci stavamo divertendo e prendendo per il culo Potter e compagnia bella. Adesso cosa ti succede?» gli chiedo di nuovo, senza nascondergli la mia preoccupazione, forse questo lo spingerà  spiegarsi meglio.
«Lily mi ha baciato» dice, solenne e tutto d’un fiato, e finalmente si degna di alzare lo sguardo e guardarmi negli occhi.
Oh, porca Circe! Questa non me l’aspettavo di certo… o meglio, sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa tra di loro, ma non credevo che sarebbe successo questo, che sarebbe successo così presto, e soprattutto, mai avrei immaginato che sarebbe stata lei a farlo!
D’accordo, Alec, adesso devi trovare qualcosa da dire.
Non posso certo rimanere in silenzio, dopo che Scorpius mi ha fatto una confidenza del genere: insomma, ora capisco che è questo il motivo della sua disperazione, anche se non capisco esattamente perché. So già da un po’ che i suoi pensieri verso Lily sono mutati, ma se lei lo ha baciato, perché Scorpius si comporta come se gli fosse appena crollato il mondo addosso? Non era forse quello che voleva?
Deglutisco, cercando di scegliere attentamente le mie parole: «E… E sarebbe una cosa brutta?»
«No» ribatte lui, prontamente. «Te l’ho detto. Non è una cosa brutta.»
«Dalla tua faccia invece sembra proprio di sì» gli faccio notare. «Guarda che io lo avevo capito, eh.»
«Hai capito cosa?» mi chiede. C’è poca luce nella stanza, è accesa solamente l’abat-jour sul mio comodino, ma riesco chiaramente a vedere che il volto di Scorpius diventa ancor più pallido di quanto già non lo sia.
«Che provi qualcosa per lei» gli rispondo, con tutta la calma del mondo. «Ho cominciato a vedere che avevi un atteggiamento strano da quando abbiamo perso la partita, ma ho dato la colpa alla delusione e ho lasciato perdere… solo che non sei mai ritornato quello di prima. E poi, quando è successo tutto il casino con Burke, lì ho capito che c’era qualcosa che non stavi dicendo a nessuno. Non ti ho mai visto così arrabbiato, neanche quando Vitious al quarto anno ti ha accusato di aver copiato il compito da Neckstone, e allora ho capito che c’era qualcosa di grosso sotto.»
Capisco di averlo smascherato quando Scorpius non dice niente, ma si limita a sospirare e ad abbassare il capo, puntando di nuovo lo sguardo su un punto imprecisato del pavimento. Per un po’ se ne sta in silenzio, senza dire niente, si morde le labbra, le sue mani non si danno pace e comincia a scrocchiarsi le dita in continuazione. Me ne sto zitto insieme a lui, forse ho parlato fin troppo, adesso è il suo turno.
Quando finalmente si decide a parlare, mi accorgo che stavo per appisolarmi.
«Io non so da quanto tempo è cominciata questa cosa» dice a bassa voce, alzando piano la testa. «È solo che all’inizio l’ho presa sottogamba. Alla partita, mi ha dato fastidio vederla litigare con Burke. Sono stato giorni a tormentarmi perché è colpa mia se abbiamo perso: io mi sono distratto per controllare che cosa stessero facendo, non ho visto il boccino, e Potter l’ha preso prima di me. Da quel giorno non ci ho capito più niente. All’inizio credevo che fosse solo perché, insomma, Lily è la mia migliore amica, e avrei fatto la stessa identica cosa se al suo posto ci fossi stato tu, o Kelsey. Però poi, quando l’ho visto puntarle la bacchetta addosso… io… io non ci ho visto più. Credo di aver vissuto il tutto come se non fossi stato io a fare tutte quelle cose, mi spiego?»
Scuoto debolmente la testa.
«Era come se qualcosa si fosse preso possesso del mio corpo e mi avesse costretto ad affatturare Burke. Io so che razionalmente non avrei mai fatto una cosa del genere, eppure l’ho fatta. E gli ho anche detto che lo avrei ammazzato, se ci avesse provato di nuovo. Io non intendevo veramente dirlo, ma quelle parole mi sono uscite dalla bocca senza passare per il cervello. Probabilmente avrei anche continuato ad attaccarlo, se Lily non mi avesse chiesto di smetterla. E io ti giuro, Alec, quando mi ha guardato in quel modo, quella sera… è cambiato tutto. Ho cominciato a desiderare che mi guardasse sempre così, e ho ricercato quello sguardo ogni volta, ma non l’ho più visto. Dopo quella volta lei è tornata a comportarsi come sempre. Quando ha detto di aver rifiutato tutti gli inviti per la festa, mi sono sentito inspiegabilmente felice, e mi sono detto che dovevo impedire che si ritrovasse ad accettarne qualcuno, per questo gliel’ho chiesto subito. E sai cosa? Non credevo che mi avrebbe detto di sì con così tanta facilità, avevo quasi… paura del suo rifiuto.»
«E allora scusa, Scorp, ma non dovresti essere felice?» gli chiedo.
Lui sorride amaramente.
«È che io non credo che lei ricambi. Ha accettato l’invito perché siamo amici da una vita e con me non sarebbe stato tanto strano, e quando mi ha baciato… era praticamente andata. Le sono bastati quattro bicchieri di idromele e non ci ha più capito niente. Solo che lì per lì io… io non ce l’ho fatta ad allontanarmi e a chiederle cosa diavolo le fosse saltato in mente. Perché mi è piaciuto e lo rifarei di nuovo anche adesso.»
«Cos’è successo, quando siete tornati qui?»
«Ho preso una pozione anti-sbornia dalla scorta di Gerard» mi spiega. «E dopo averla presa, ha detto solo di aver mal di testa e si è messa a dormire. Le ho dato il mio pigiama.»
«Quindi non sai davvero lei cosa ne pensa di tutto ciò, non ha avuto occasione di dirtelo. Non è ancora successo niente» gli faccio notare. «Non disperarti.»
«È probabile che neanche si ricordi cosa è successo» dice a mezza bocca. «E onestamente non so cosa mi farebbe stare peggio… sapere che lei non prova lo stesso, o sapere che non se lo ricorda.»
«Questo non possiamo saperlo fino a domani mattina, quindi adesso io direi che ti togli quei vestiti e ti fai una bella dormita» gli dico, mi alzo dal mio letto e lo raggiungo, sedendomi su un bracciolo della poltrona.
Scorpius incurva leggermente le labbra all’insù e io mi sento un po’sollevato: forse, non sono stato del tutto inutile.
«In quale letto, esattamente?» mi chiede, cercando di trattenere una risatina.
«Nel mio, ovviamente. In campeggio, quattro anni fa, abbiamo dormito nello stesso sacco a pelo perché il mio l’avevo accidentalmente bruciato, ricordi?» gli dico. «Non sarà poi tanto diverso, adesso.»
«Mi ricordo tuo padre che voleva ammazzarti» mi risponde lui, e gli ritorna un po’ di colore sul viso. «E va bene, ma se racconti a qualcuno che abbiamo dormito insieme, probabilmente dovrò ucciderti.»
«Non minacciare di morte anche me, Scorp» lo prendo in giro. «Funzionerà con quel cagasotto di Burke, ma di certo non con me.»
 
La mattina dopo, non appena mi sveglio, noto un biglietto sul mio comodino. La scrittura è di Gerard e dice: “Mi dovete una fialetta di pozione anti-sbornia, maledetti.”
Lo accartoccio e mi tiro su a sedere, stiracchiandomi per bene. Scorpius sta dormendo al bordo del letto, il più lontano possibile da me, e dà l’impressione che stia per cadere a terra da un momento all’altro. Il suo letto però adesso è vuoto e perfettamente rifatto, perlustro velocemente il resto della stanza e, con molta sorpresa, ritrovo Lily sulla stessa poltrona dove Scorpius era seduto questa notte.
Mi sta guardando e in mano ha… la mia rivista sul Quidditch. Curioso.
«Buongiorno» mi saluta, con un sorriso molto placido. Già che è di buon umore è buon segno. La trovo molto buffa, il pigiama di Scorpius le va grandissimo e sembra ancora più minuta del solito. Si è raccolta i capelli in una cipolla alquanto disordinata: l’effetto della Tricopozione Lisciariccio non è durato a lungo.
«Buongiorno a te» le dico, alzandomi dal letto. «Come stai?»
«Bene» mi risponde. «Tu e Scorpius vi siete messi insieme?»
«No, è solo che il letto di Scorpius era misteriosamente occupato, questa notte, da un’intrusa» le dico, per prenderla un po’ in giro. Sorrise e le guance le si colorano appena di rosso.
«Mi sono addormentata» risponde, abbassando lo sguardo.
«Da quando ti interessa il Quidditch?» le chiedo, avvicinandomi alla poltrona. Credo che d’ora in poi la chiamerò Poltrona delle Anime in Pena: sia Scorpius questa notte che Lily stamattina, non mi sembrano avere una bella cera. Lily che di prima mattina si mette a leggere una rivista che parla di uno sport che non le piace? Di sicuro, non rientra nella normalità.
«Oh, no… io stavo solo aspettando che Scorpius si svegliasse. Cercavo qualcosa da leggere per passare il tempo e ho trovato solo questa» mi dice, sventolandomi davanti la rivista. «Volevo ringraziarlo per ieri sera.»
Faccio finta di non sapere niente e aggrotto le sopracciglia con fare confuso. «Ieri sera? Che cos’è successo?»
«Non mi sentivo molto bene, ho esagerato con l’idromele. E lui mi ha accompagnata qui» risponde, senza aggiungere altro. Interessante.
«Capisco» mi limito a borbottare tra me e me. «C’è davvero qualcuno che si ubriaca con l’idromele? È praticamente un succo di frutta.»
Lei arrossisce ancor di più e poi cambia discorso: «Però, forse ora che ci penso dovrei tornarmene in dormitorio. Kelsey si sarà preoccupata da morire non vedendomi più alla festa, e se si è già svegliata starà sicuramente dando di matto» comincia a dire, chiude velocemente la rivista e me la lancia letteralmente addosso, alzandosi di scatto dalla poltrona.
«Sempre che sia rientrata anche lei.»
«Che intendi dire?»
«Che ieri sera doveva incontrarsi con la ragazza misteriosa, a mezzanotte» dico, mentre poso la rivista sul mio letto. «Ma poi non l’ho più vista, non so dove sia finita.»
«Oh Merlino!» esclama, per poi coprirsi la bocca il momento dopo. Getta un’occhiata preoccupata verso Scorpius: lui, a differenza sua, ha il sonno molto leggero, ma fortunatamente non sembra muoversi di un millimetro. «Me ne ero completamente dimenticata. Sarà stata nervosissima e io non c’ero, non me lo perdonerò mai.»
«Tranquilla, ho assorbito io tutta la sua ansia.»
«E come è andata?»
«Non lo so, ti ho detto che non l’ho più vista.»
«A maggior ragione, devo correre in dormitorio» dice, perentoria. Velocemente, recupera l’abito di ieri sera e le scarpe. «Quando Scorpius si sveglia, ringrazialo da parte mia. Per favore.»
Sospiro. «Lo farò.»
«Grazie mille, Alec» mi dice a bassa voce, mi sorride, apre la porta e la richiude con delicatezza. La sento correre a piedi nudi per il corridoio per qualche secondo, poi di nuovo il silenzio.
Anche lei non me la racconta giusta, in ogni caso, ci sono troppe coincidenze sospette, troppi atteggiamenti strani. Ripongo la rivista nello scaffare da dove Lily l’ha presa, poi mi volto a guardare Scorpius che ancora dorme.
Mi chiedo proprio che faccia farà quando gli dirò che Lily si ricorda ogni singola cosa di ieri sera. Mentre aspetto che si svegli, decido di vestirmi e andare a fare qualcosa in Sala Comune.
Tuttavia, nel momento in cui apro la porta, una voce purtroppo molto familiare invade l’aria. Non so con quale fiato nei polmoni Lily sia riuscita ad emettere un suono così acuto, tanto che dalla Sala Comune è arrivato fino ai domitori maschili del settimo anno, ma quando la sento gridare: «LUCINDA ACKERMAN?! È UNO SCHERZO?!», capisco che forse è meglio se me ne rimango in camera.
Chiudo la porta e mi metto sulla Poltrona delle Anime in Pena a leggere la mia rivista di Quidditch.
 

Ciao a tutti, non lapidatemi per il ritardo! :D 
Con questa quarantena sto avendo meno tempo libero di quando si poteva uscire, non chiedetemi né il come né il perché. Sarà che i professori si stanno sbizzarrendo e credono di non essere abbastanza per il XXI secolo, così oltre alla lezioni online carino materiale integrativo a non finire, e io mi ritrovo con una marea di roba in più da studiare.
In ogni caso, la colpa era anche dal fatto che non sapevo come impostare bene questo capitolo. Non volevo subito fare il pov di Scorpius, perché è un personaggio che io vedo molto chiuso e voglio farlo aprire pian piano, quindi un primo assaggio di cosa gli frulla per la testa lo abbiamo attraverso Alec che, come ci ricorda lui stesso, suo amico da sette, lunghi anni e insieme hanno affrontato qualsiasi cosa. In più, non credevate mica che mi fossi dimenticata dell'appuntamento di Kelsey, per questo ho dovuto dare spazio un po' a lei (ovviamente si è capito chi era l'ammiratrice segreta, no?In ogni caso, approfondiremo anche questo aspetto), e al povero Alec ho affibbiato la parte dell'amico che si sorbisce tutti i film mentali degli altri. Ne abbiamo tutti uno così, non neghiamolo xD
Che ne pensate? La Poltrona delle Anime in Pena si merita davvero questo nome? Scorpius avrà bisogno di un vero "pepsicologo"? (Chi ha letto la storia che scrissi sui Malandrini ben 6 anni fa, quando ero piccola e purtroppo amavo lasciare i buchi di trama, si ricorda bene questa parola xD non potevo non renderle nuovo onore). Fatemi sapere ♥
Buona notizia: i prossimi due capitoli sono ben delineati nella mia testa, quindi si spera che non ci metterò così tanto tempo a scriverli. Prometto che tempo una settimana, massimo 8 giorni e sarò di nuovo qui con il prossimo.
Alla presto, un bacione! ♥
Mars

 
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** Team Potter ***


XXV – ALBUS
 
Team Potter
 
Ho soppesato molto attentamente la scelta di tornare o meno a casa per le vacanze natalizie, stilando una lista dei pro e dei contro per tutte e due le alternative.
Aspetti positivi del rimanere a Hogwarts: non vedere i miei genitori, potermi allenare per un tempo quasi illimitato a Quidditch, non essere obbligato ogni due per tre a fare le faccende di casa. Tuttavia, tutte queste cose perdono il loro valore nel momento in cui sarei da solo a farle, dato che tutti i miei amici non hanno intenzione di rimanere.
Per contro, gli aspetti positivi del tornare a casa sono: poter vedere i miei amici come e quando voglio, invitarli a casa mia, andare a casa loro, fare gli scherzi a Lily e rivedere James.
Ha prevalso la seconda opzione, anche se significa dover assistere allo spettacolo pietoso di mamma e papà che se ne dicono in continuazione di tutti i colori.
Già dovremmo capire che la situazione sia particolarmente critica quando, alla stazione, ad aspettare me e Lily ci sono solo James e Teddy, insieme ad una rotondissima Victoire.
«Caspita!» commenta Lily, dopo i convenevoli. «È cresciuta tantissimo, la pancia!»
«Siamo stati via per ben quattro mesi, certo che è cresciuta» le dico io. «Allora, quanto è fastidioso Teddy Junior, lì dentro?»
«Innanzi tutto, nessuno ha detto che sarà un maschio» s’intromette il futuro padre, mentre i suoi capelli si colorano di un rosso acceso. Lily ride spontaneamente: ha sempre adorato l’essere metamorphomagus di Teddy, specialmente da bambina. Lui, nonostante sia più grande di noi, l’accontentava sempre ogni volta che lei gli chiedeva di assumere la faccia di qualche animale.
«E nessuno ha detto che sarà femmina, Ted» lo blocca immediatamente James. «Il mio figlioccio crescerà a mia immagine e somiglianza.»
«Scordatelo, James» Victoire lo fulmina con lo sguardo, accarezzandosi la pancia con fare protettivo, poi volge lo sguardo su di me, incurvando le labbra rosse in un sorriso dolce. «È abbastanza irrequieto ultimamente, scalcia moltissimo.»
«Posso sentirlo?» domanda Lily, con la voce piena d’eccitazione e un sorriso che va da un orecchio all’altro.
«Forse prima è meglio che torniamo a casa» dice a questo punto Teddy. «Per la vostra gioia, niente Smaterializzazione questa volta. Ci muoveremo con la Metropolvere.»
«Metropolvere? Ci sono dei camini a King’s Cross?» domanda Lily, affiancandosi a James, che le sta trasportando il baule.
«E io ho preso la licenza da poco, non vedevo l’ora di tornare a casa per Smaterializzarmi!» protesto, mentre io mi trascino il baule da solo. Solamente uno dei tanti svantaggi di essere il fratello di mezzo.
«Il Ministero ha recentemente installato dei camini anche qui alla stazione… ovviamente sono nascosti ai babbani» spiega Teddy. «E se tu preferisci, Al, puoi Smaterializzarti da solo. Ginny ormai avrà dittamo in quantità industriale a casa.»
«Ha ancora le bottigliette che ha comprato per quando ho preso la licenza io» ridacchia James. «Non so perché fosse convinta che mi sarei spaccato di continuo…»
«Forse perché hai sempre la testa tra le nuvole» lo prende in giro Victoire, i suoi boccoli biondi ondeggiano qua e là mentre camminiamo.
«Vic non ha tutti i torti» commenta Lily, ridendo sotto i baffi.
«Guarda che puoi portare il tuo baule anche da sola, signorina!» le risponde a tono James, fingendosi offeso. Noialtri scoppiamo a ridere, mentre Teddy ci conduce verso questi misteriosi, nuovi caminetti.
«Quest’anno Malfoy dove lo hai lasciato, piccoletta?» Victoire intende fare questa domanda con molta innocenza, non c’è mai stato niente di malizioso in Victoire da quando ne ho memoria, ma credo di essere l’unico a notare che Lily arrossisce molto violentemente, cosa che non mi sembra affatto da lei.
«I suoi genitori dovevano andare via subito» risponde Lily sbrigativa, mentre il suo viso perde pian piano colore e ritorna ad assumere una tonalità normale. «Quindi ci siamo salutati di fretta, ma tanto l’ultimo dell’anno lo passerò da lui.»
«Prova a chiederlo a papà» borbotto, consapevole che farà non poche storie, di fronte a questa richiesta.
«Papà dirà di sì!» esclama Lily. «Se permette a te di vedere i tuoi amici, deve permettere a me di vedere i miei.»
«Non fa una piega» commenta James, mettendo un mano sulla spalla di nostra sorella. «E in caso contrario, attueremo le nostre per nulla petulanti ed esasperanti tecniche di persuasione, vero, ragazzi?»
Ripensandoci bene, mamma e papà possono passare benissimo in secondo piano, durante queste settimane: io, Lily e James siamo sempre stati una squadra, e credo che in questo periodo saremo più uniti che mai.
 
Rettifico tutto ciò che di positivo ho pensato nelle ultime ventiquattro ore: si prospettano le peggiori vacanze di Natale della mia vita.
Siamo tornati a casa da due ore e tutto è andato, finora, come ci aspettavamo: mamma ci ha aperto la porta e ha abbracciato prima me e poi Lily, per poi salutare gli altri e farli accomodare; poi papà è uscito dalla cucina con la testa fra le nuvole, come se quasi non si ricordasse che saremmo tornati di lì a poco, e ha salutato prima Lily e poi me. James ha scaricato il baule di Lily ai piedi delle scale e io ho fatto lo stesso con il mio. Teddy e Victoire sono rimasti a prendere un tè, con immensa gioia per la mamma, e mentre la seguivano in cucina per chiacchierare un po’, papà ha cominciato a chiedere a Lily della scuola. Tra l’altro, sia lui che la mamma le hanno fatto i complimenti per essere diventata Prefetto. Mia sorella che passa dal lato della legge sarà probabilmente uno degli argomenti cardine del pranzo di domani, finalmente, forse, svelerà a tutti noi comuni mortali come abbia fatto a farsi nominare Prefetto a metà novembre.
Poi, papà comincia a chiederle della festa di qualche giorno fa.
D’altronde, io l’ho vista, mentre era praticamente avvinghiata a Malfoy. Devo ammettere che, per i miei standard, sono rimasto anche abbastanza tranquillo, ma è solo perché l’alcol che Frank si è portato dietro di nascosto – roba seria, altro che quell’idromele annacquato – mi aiutava a non pensare lucidamente ai modi in cui avrei lentamente potuto uccidere Malfoy. Onestamente, ho pensato per un momento che James fosse già partito in quarta, ma sorprendentemente, l’ho visto solo mentre guardava la scena con gli occhi e la bocca spalancati.
Non ho avuto occasione di chiederle nulla: in primis perché non l’ho praticamente più vista, dopo il fattaccio, se non quando siamo scesi dal treno, in più, quando Victoire ha nominato Malfoy alla stazione, lei non sembrava avere molta voglia di parlarne. Anche se adesso, riflettendoci, il fatto che abbia detto di voler passare l’ultimo dell’anno da lui mi dà da pensare… se anche papà ha visto quel che ho visto io, Lily si ritroverà barricata dentro questa casa penso per sempre. Fortunatamente, però, papà non sta facendo nessuna battuta particolarmente imbarazzante, come suo solito, il che mi fa pensare che non abbia visto proprio niente. Inoltre, Lily risponde in maniera semplice e disinvolta, con l’atteggiamento proprio di chi non ha davvero niente da nascondere, è serena e sorride sempre. Piccola serpe… l’ho sempre detto, io, che sarebbe capace di farla sotto al naso di tutti senza venir mai beccata.
Io e James, nel frattempo, ci siamo seduti sul divano in salone, tra i morbidi cuscini rossi scuri, davanti al caminetto accesso, già addobbato insieme a tutto il resto del salone. Nell'angolo, accanto alla finestra, c'è anche un grande albero illuminato e decorato, e sotto di esso un sacco di pacchetti colorati.
«Allora, come sta andando la mia squadra?» mi domanda lui, offrendomi una caramella tutti i gusti + 1.
«Ora è la mia squadra, Jamie» lo correggo, prendendo il dolcetto dalla confezione. Non faccio nemmeno a metterla in bocca che gli sputacchi di James vanno a finire sul pavimento, e più precisamente sul tappeto. Lancio velocemente l'incantesimo gratta e netta per evitare che mamma ci faccia ritrovare la testadi James da qualche parte, stasera.
«Carciofo» si lamenta lui. La mia invece è alla fragola. «E col cavolo che è solo tua, Laurel Regan l’ho forgiata io!»
«Laurel è stata la tua ragazza» gli ricordo. «Il tempo che non passavate a letto lo passavate al campo ad allenarvi.»
«Dettagli» continua James, sbrigativo.
«Comunque, per ora bene. Abbiamo vinto contro Serpeverde, la prima partita del Torneo» gli dico, per poi guardare i suoi occhi che si illuminano di contentezza.
«Merlino, Al, fantastico! Sapevo che saresti stato il mio degno erede» esclama, quasi saltando in piedi dalla gioia.» Mi porge il palmo della mano e gli batto il cinque, sorridendo.
«Sì, beh, è stata pura fortuna, a dir la verità» ammetto, sospirando. «I Serpeverde sono tosti, quest’anno. Pucey è diventato capitano, e credo ti ricordi bene com’è Malfoy come cercatore. Mi ha dato filo da torcere, ma si è distratto, così ho avuto molto vantaggio.»
A questo punto, Lily si unisce a noi, sedendosi al centro del divano: evidentemente, papà ha finito il suo interrogatorio.
«Se si è distratto non è un bravo cercatore» commenta James. «Almeno non quanto te.»
«Di chi stiamo parlando?» si intromette a quel punto Lily, rubando una caramella dalla scatola che James ha in mano.
«Di Malfoy» risponde James. Provo un po’ di pena per Lily: sopravvissuta alle domande di papà, adesso dovrà fare i conti con James che… beh, sa esattamente cosa è successo poche sere fa. La vedo sbiancare, come prima alla stazione, ma si tratta solo di un momento.
«Io non ne so niente di Quidditch» si limita a dire. «Ma credo che Scorpius sia molto bravo.»
«James ha solo detto che io sono più bravo» le rispondo io, scompigliandole i capelli, mentre lei borbotta qualcosa di incomprensibile. Ben presto, arrivano anche Victoire e Teddy, che avranno finito di prendere il tè insieme alla mamma.
«Sapete, abbiamo deciso i nomi» dice Teddy, guardando Victoire con uno sguardo a dir poco adorante. È strano avere sia loro che mamma e papà dentro la stessa casa, in questo momento: negli occhi di Teddy è davvero possibile leggere il sentimento travolgente che prova per Victore e per quella piccola creaturina che sta crescendo dentro di lei. Mi chiedo se anche papà guardasse la mamma in questo modo, prima che nascesse James, o prima che nascessimo io o Lily. Sono sicuro di sì, e vorrei tanto sapere cosa diavolo sia successo nel frattempo: tutto sommato, siamo sempre stati una famiglia felice. Certo, James e papà una volta si sono quasi presi a botte, ma si è tutto sistemato nel giro di una sera, per non parlare di quando Lily ha minacciato di togliere la parola a tutti noi per qualche cosa che la mamma le aveva proibito di fare, ma non credo esista adolescente sulla faccia della terra a non aver mai litigato con i propri genitori. Il problema, qui, non sorge tra noi e loro, ma tra loro due e basta: tra i nostri genitori c’è sempre stata, da che ne ho memoria, una complicità affascinante. E poi ad un certo punto, come un fulmine a ciel sereno, è tutto finito.
«Ah sì?» domanda Lily. «E quali?»
«Ovviamente, James, se sarà maschio» s’intromette nostro fratello, scatenando l’ilarità generale.
«No, ne abbiamo già parlato, Jamie» gli dice Victoire. «Al massimo, il tuo glielo metteremo come secondo nome.»
«Se sarà maschio si chiamerà come mio padre» rivela allora Teddy, facendosi serio tutto d’un tratto. Anche i capelli mutano di colore e diventano di un pallido biondo sabbia, che si abbinano molto bene con l'intenso nocciola dei suoi occhi, che al contrario dei capelli mutano difficilmente colore. Vic gli accarezza una guancia, sorridendogli dolcemente, sembra che capisca qualsiasi cosa gli stia passando per la testa. Noi tre rimaniamo in silenzio: sappiamo bene chi era il padre di Teddy e cosa gli è successo. Papà ce lo avrà raccontato decine di volte, così come anche la storia di uno dei fratelli di mamma, quello che per noi sarebbe stato lo zio Fred, ma che non abbiamo mai conosciuto, e come le storie di tante altre persone, troppe persone, che hanno pagato con la propria vita la follia di Voldemort.
«Ma se è femmina» riprende allora Victoire, attirando di nuovo la nostra attenzione. «Siamo indecisi tra Selene e Andromeda.»
«Non come tua madre, Ted?» gli domando allora io, con tono serio.
Teddy sorride. «Harry mi ha sempre detto che a mia madre non faceva particolarmente piacere essere chiamata con il suo vero nome, e quindi non credo che le farebbe piacere, se la chiamassimo così. Ho pensato più a mia nonna, è lei che mi ha cresciuto» mi spiega, poi posa nuovamente gli occhi di Vic. «Ma anche Selene mi piace molto.»
Lily sta per parlare, ma ad un certo punto chiude la bocca e si volta di scatto verso la cucina. Anche io ho sentito un rumore strano, ma non ci ho fatto molto caso. Lei sì, e devo riconoscere che ha un certo fiuto per le brutte situazioni, perché la voce di mamma non si fa attendere per molto.
«Sono stufa, Harry!» sta sbraitando, deduco che il rumore che abbiamo sentito era qualche sportello della cucina che veniva chiuso con violenza. «È l’ennesima decisione che prendi da solo. Te lo ricordi o no che fino a prova contraria siamo ancora sposati, eh?»
«Io me lo ricordo benissimo, Ginny» risponde nostro padre, sempre a voce alta, ma senza che dalla sua voce traspaia rabbia. «Sei tu che ormai dubiti di qualsiasi cosa io faccia, per te sono sempre colpevole di qualcosa!»
«Ah, quindi adesso sarebbe colpa mia se hai deciso di fare tutto di testa tua?!» risponde mamma, ma subito sentiamo la porta sul retro sbattere e non è difficile capire chi dei due se ne sia appena andato fuori in giardino.
Io, James e Lily ci guardiamo l’un l’altro e sembriamo pensare tutti la stessa cosa: che si preannuncia un Natale tremendo. Teddy e Victoire sono visibilmente imbarazzati, lui ad un certo punto si alza e si schiarisce la voce con un colpetto di tosse.
«Forse è meglio se andiamo. Dobbiamo passare a prendere delle cose a casa, prima di andare a Villa Conchiglia.»
«Ma ci vediamo domani, d’accordo?» ci dice Victoire, facendoci un sorriso rassicurante. Dopodiché, da un bacio sulla guancia a tutti e tre, mentre Teddy va a controllare la situazione in cucina, in modo che possano salutare anche mamma e papà prima di andarsene.
«Io… credo che andrò a svuotare il mio baule» dice Lily, con un filo di voce. Istintivamente, senza neanche pensarci, mi avvicino a lei e le metto una mano sulla spalla: io sto cercando di farmene una ragione, James anche, ma vedo chiaramente che Lily è quella che più risente di questa situazione. È la più piccola, e anche se lei non lo dimostra, è la più fragile.
«Anch’io» le dico.
«Vi do una mano» dice allora James.
Senza dire una parola, saliamo le scale e poi, dimenticando del tutto i nostri bauli, ci ritroviamo tutti in camera di Lily. La parete sopra il letto è tappezzata di fotografie di lei, Malfoy, Kelsey e Pucey. Un’immagine in particolare mi fa sorridere: doveva essere il compleanno di Malfoy e lei gli sta spiaccicando un tortino in faccia, mentre Pucey dietro di loro se la ride.
Ora è seduta a gambe incrociate sul suo letto, si è legata i capelli in una coda disordinata, io sono seduto sulla sedia della sua scrivania, e James sul davanzale della finestra.
«Io dico che è arrivato il momento di scoprire cosa sta succedendo a mamma e papà» Lily spezza il silenzio, parlando con risolutezza. Se prima le tremava la voce, adesso è più decisa che mai. È una cosa che ho sempre ammirato di lei: il poter trovare forza dentro se stessa nel momento del bisogno.
«Sono d’accordo» dice James, mentre sta guardando pensieroso fuori dalla finestra.
«Anch’io» concludo. «Dovremmo affrontarli direttamente, metterli con le spalle al muro.»
«No» mi blocca subito Lily. «Quella dovrà essere l’ultima spiaggia.»
«Lily ha ragione» le dà manforte James.
«E come credi di fare, allora?» le domando.
«Gli zii devono saperlo per forza. E forse anche la nonna» comincia a dire Lily, guardando un punto indefinito del pavimento. Chissà quanto si sta applicando, il suo cervello, se nemmeno ci guarda in faccia. «Domani! Domani faremo loro delle domande.»
«Domani è Natale, Lils» commenta James, poco convinto della cosa.
«E quindi? Tanto il nostro farà schifo comunque» gli risponde lei, alzandosi di scatto dal letto. «Tu, James, parlerai con lo zio Ron. Invece tu, Al, parlerai con la nonna. Quanto a me, io mi occuperò di zia Hermione.»
Dopodiché allunga il braccio in avanti, allargando bene la mano, e ci guarda: prima me e poi James. «Team Potter, no?»
James scende dal davanzale e poggia la sua mano su quella di Lily, allora io mi alzo dalla sedia e faccio lo stesso, sfiorando con il palmo le nocche di James.
«Team Potter.»
 
Sono passate esattamente ventiquattro ore. Non è stata una giornata poi così terribile come mi aspettavo: ci siamo svegliati abbastanza presto e abbiamo fatto colazione tutti insieme, come ai vecchi tempi. Stranamente, qualsiasi diverbio fosse nato ieri sera tra mamma e papà, questa mattina sembrava non essercene più alcuna traccia. Certo, mamma ha versato del succo di zucca a tutti noi tranne che a papà e lui è stato per buona parte del tempo a leggere il giornale in silenzio, ma almeno non si sono messi a litigare.
E vorrei ben vedere, urlarsi addosso persino a Natale forse è troppo anche per loro.
Dopo esserci preparati, siamo andati alla Tana dai nonni, dove già molti della nostra famiglia ci stavano aspettando. Lì, io ho perso totalmente di vista i miei genitori e in attesa del pranzo sono stato tutto il tempo con Fred e Hugo, almeno finché Lily e Dominique, a braccetto, non sono venute a chiamarci dicendo che dovevamo prendere posto in tavola.
Io mi allarmo sempre, quando le vedo insieme, perché il cervello diabolico di Lily, unito all’intelligenza disarmante di Domi da sempre vita a qualcosa di mostruoso. Spero che almeno quest’anno, essendo i pensieri di Lily focalizzati su qualcosa di estremamente importante, ci risparmieranno dalle loro angherie. Sono sempre state molto legate, Lily e Dominique, anche se a scuola si vedono raramente insieme: certo, ognuna di loro ha le sue amicizie, ma quando sono insieme sembra che siano abituate a vivere in simbiosi tutto il giorno. Un po’ la invidio, io certamente voglio bene a tutti i miei cugini, ma non ho un rapporto così speciale con nessuno di loro.
Mentre mangiavamo, la mamma si è messa seduta tra nonna Molly e lo zio Geroge, mentre papà era seduto di fronte a lei, ma senza mai guardarla davvero.
Dopo il pranzo abbiamo scartato i nostri regali: io ho ricevuto un mucchio di cose inutili, ma so che ogni regalo è stato fatto con affetto sincero e sono rimasto contento persino per gli orribili guanti marroni che mi ha regalato lo zio Percy. Nel primo pomeriggio, ho visto James uscire a fare una passeggiata insieme allo zio Ron, Lily salire le scale con zia Hermione e ho capito che dovevo darmi da fare anch’io, così, sotto lo guardo scioccato di mamma, mi sono offerto per andare ad aiutare la nonna a sistemare tutto.
Nemmeno due ore dopo, ci ritroviamo di sopra, nella vecchia stanza di zio Charlie, o almeno a tutto ciò che ne rimane, dato che Hugo l’ha trasformata nella sua serra personale.
«Si può sapere come ha fatto a far sopravvivere tutte queste piante durante il viaggio?» si chiede Lily, prima di venir colpita da un violento attacco di tosse, dovuto probabilmente a qualche sostanza presente qui dentro.
«Credo che Rose l’abbia aiutato» le rispondo.
«Ahia!» si lamenta James, tirando all’indietro il gomito. «Qualcosa mi ha morso!»
«Oh, Merlino! Ha anche un Geranio Zannuto?»  esclamo. È incredibile davvero che Hugo sia riuscito a portare qui tutta questa roba senza che nessuno gli abbia detto nulla, mi chiedo dove li tenga tutti questi vasi, quando siamo a scuola.
«Venite qui» ci richiama Lily: ha trovato un po’ di spazio libero, lontana da piante potenzialmente offensive: c’è un modesto tavolo di legno al centro della stanza, credo che si possa definire come una sorta di banco da lavoro. Lei ci si siede  sopra senza alcun problema, dandosi una leggera spinta con braccia e gambe per saltarci su. Io e James, invece, rimaniamo in piedi.
«Allora?» ci chiede. «Avete scoperto qualcosa?»
«Lo zio Ron spergiura di non sapere niente» inizia James. «Prima siamo andati di fuori a parlare un po’ del Campionato di Quidditch, dei Cannoni Chudley, poi abbiamo cominciato a parlare di scope… ha detto che al negozio gli è arrivato il primo modello di Nimbus 2500 e…»
«Davvero?!» esclamo io, in fibrillazione. La casa produttrice delle Nimbus ha tenuto nascosta la data di messa in commercio della nuova scopa, ma se allo zio Ron è arrivato un modello, significa che il lancio non deve essere lontano. Devo assolutamente averla.
«Ragazzi!» esclama Lily, richiamandoci alla realtà.
«E allora ho cambiato discorso e gli ho detto che sono ormai alcuni mesi che ho notato qualcosa di strano tra mamma e papà, ma il punto è che non mi ha nemmeno fatto finire di parlare e ha cominciato a dire di non sapere niente, che lui non notava niente di strano e cose così.»
«Quindi sa ovviamente qualcosa» concludo io, incrociando le braccia al petto.
«Certo che sa qualcosa, zia Hermione sa tutto» dice allora Lily, sospirando.
«Ti ha detto qualcosa?» le chiede speranzoso James.
Ma lei scuote la testa, assumendo un’espressione sconsolata. «Però non ha negato niente. Mi ha detto solo di non potermi dire niente, che le uniche persone che possono decidere di parlarcene sono proprio loro, e di non pensarci, per quanto possibile, perché sono persone adulte e saranno capaci di risolverla. Lei sa per filo e per segno cosa è successo tra di loro, e di sicuro lo saprà anche lo zio Ron, insomma, loro due e papà sono amici da sempre! È che non ci vogliono dire niente.»
«E la nonna che ti ha detto, Al?» mi chiede James, dopo che Lily ha smesso di parlare. Guardo entrambi i miei fratelli e mi rabbuio un po’: io, al contrario loro, non ho portato a termine la mia missione.
«Non ho chiesto niente alla nonna» ammetto, leggermente sconfitto. Non me la sono sentita. «Cioè, ho provato ad introdurre l’argomento, ma non ne voleva parlare. Ho lasciato perdere.»
È stato brutto: quando sono andato in cucina con lei per aiutarla con le cose del pranzo, non appena le ho nominato mamma e papà, è diventata stranamente silenziosa e taciturna. Per un po’ non abbiamo detto niente, poi ho intravisto che aveva gli occhi lucidi e ho cambiato discorso, cominciando a raccontarle cose a caso su quello che avevo combinato a scuola negli ultimi mesi, comprese le zuffe con Malfoy, e tutte le buffe figuracce fatte con Frank, e allora le è tornato il sorriso.
Il fatto è che non ho mai visto nonna Molly rattristarsi in tutta la mia vita e questo pomeriggio mi sono sentito così in colpa, come se quasi fossi io, la causa della sua tristezza e non la situazione tra mamma e papà. Evidentemente, anche lei saprà qualcosa, ma non ho ritenuto giusto chiederglielo.
«Non volevo arrivare a tanto, ma ci rimane una cosa sola da fare…» sospira Lily, si morde nervosamente le labbra.
«Affrontarli di petto?» propongo io, dato che mi sembra l’unica opzione ragionevole. Chiedere agli altri non ha funzionato, credo che dovremmo affrontare la situazione con i diretti interessati, faccia a faccia. James mi dà man forte stavolta, aggiungendo che anche secondo lui non si può fare altro. Dall’espressione corrucciata di Lily, però, deduco che lei non è del nostro stesso ordine di idee.
«No! Non ce lo direbbero mai! Sanno che ce ne siamo accorti, se avessero voluto ce l'avrebbero detto prima!» esclama. «Vi avverto, però, sarà un po’ pericoloso e non esattamente legale.»
«Ora mi spaventi davvero, Lils» biascica James, guardandola preoccupato. «Che cos’hai in mente?»
«Notturn Alley» risponde lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Ci procuriamo del Veritaserum e lo versiamo nel caffè mattutino di papà.»

Buona sera e buona Pasqua a tutti voi! ♥
Avrei voluto aggiornare ieri, ma poi per vari motivi non ho potuto, e quindi eccomi qui oggi. Piccolo zoom sui Potter, che si trovano non proprio nella più rosea delle situazioni, e anche qualcosina su Teddy e Victoire (io solitamente simpatizzo più per la coppia James/Teddy, ma non volevo impicciarmi, creando complicazioni su complicazioni, e quindi per una volta mi sono affidata al caro vecchio canon xD). Lily che pur di non affrontare una lite o una discussione faccia a faccia decide di gettarsi in qualcosa di infinitamente pericoloso... chissà se le cose andranno davvero come crede lei. Non mi sono volutamente soffermata troppo sul momento "Natale", avrei dovuto presentare e introdurre tutti gli altri personaggi e sarebbe uscita fuori, come si dice dalle mie parti, 'na pecionata, per cui secondo me ci stava meglio questo "flash" veloce, raccontato da Albus, con alcuni riferimenti, ma nessuna vicenda in particolare. Sono curiosa di conoscere le vostre idee a riguardo :)
Detto questo, vi ringrazio come sempre per seguire questa storia e spero stiate tutti bene, vi mando un bacione! ♥
Mars

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Capitolo 26
*** Notturn Alley ***


XXVI – LILY
 
Notturn Alley
 
«Questo mantello puzza di muffa.»
«Anche il mio, è disgustoso.»
«Per la barba di Merlino, volete stare in silenzio per cinque minuti?»
Smetto immediatamente di camminare e per poco Albus e James non mi travolgono. Odio doverlo ammettere, persino a me stessa, ma venire qui è stata davvero una pessima idea: non so orientarmi e non so nemmeno in quale specie di bettola andare a cercare illegalmente una delle pozioni più controllate dal Ministero della Magia. Solo che, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per sgattaiolare via da casa nostra, questa mattina, non possiamo tirarci indietro proprio adesso.
«Se anche il tuo mantello emanasse una puzza del genere non staresti zitta neanche tu» mi rimbecca immediatamente James.
«Non è colpa mia se non avete mantelli decenti e se ho dovuto riesumare quelli vecchi di papà» gli rispondo prontamente. «Non potevamo di certo venire qui vestiti come se fosse carnevale, no?»
«Se ti stai riferendo al mio mantello azzurro, io…» inizia James, affiancandosi a me, ma gli piazzo subito una mano di fronte alla bocca, facendogli capire che deve stare in silenzio. Non ci saranno più tanti maghi oscuri come una volta, di questi tempi, ma di certo non sono diventati improvvisamente tutti dei santi… e questa strada è un ricettacolo di brutta gente: meno attiriamo l’attenzione, meglio è.
«Senti, Lily, ma tu hai idea di dove stiamo andando?» mi chiede ad un certo punto Albus, precisamente quando passiamo per la seconda volta davanti ad un locale chiamato La Viverna Bianca.
«No, io so solo che se vogliamo comprare… quella cosa, questo è l’unico posto in cui possiamo sperare di trovarla» gli rispondo.
«D’accordo, cerchiamo di fare mente locale» James s’infila in mezzo a noi, avvolgendoci le spalle con le braccia. Ci allontaniamo dal centro della strada e andiamo a metterci seduti su una piccola sporgenza addossata ad un muro. «Che tipo di posto potrebbe vendere quella cosa
«Un posto che si occupa di pozioni?» azzarda Albus.
«Non so voi, ragazzi, ma a me questa strada comincia a fare schifo» si lamenta James, sbuffando. Non ha tutti i torti, ma dobbiamo cercare di rimanere calmi. Cerco di guardarmi intorno, finché un cartello un po’ sbiadito non attira la mia attenzione. Mi alzo e mi avvicino lentamente alla parete di pietra dov’è attaccato il cartello, assottiglio gli occhi per cercare di leggere quello che c’è scritto.
«Ragazzi?» cerco di richiamare i miei fratelli.
«E fa maledettamente freddo… è una mia impressione o a Diagon Alley non faceva così freddo?» James continua a blaterare. Io sospiro.
«Ragazzi!» esclamo, alzando un po’ la voce. Finalmente ho la loro attenzione. «Credo di aver trovato una soluzione.»
E nel dirlo, gli indico il cartello, le cui lettere sbiadite e rovinate recitano: “Intrugli e Veleni da Brivido”. La freccia punta verso destra.
I miei fratelli non sembrano molto convinti e se ne rimangono seduti sul muretto, mentre mi guardano perplessi. Faccio cenno di avvicinarsi, per far leggere anche a loro cosa c’è scritto qua sopra, e solamente Albus, dopo una bella dose di secondi passati a stare immobile, si fa avanti. Tuttavia, anche leggendo l’indicazione, non dà l’impressione di qualcuno che vuole muoversi.
«Oh, ma insomma!» mi lamento. «È l’unico posto dove potremmo trovarla. A meno che voi non ne conosciate altri.»
«Io continuo a pensare che forse dovevamo chiedere direttamente a loro» farfuglia Albus.
E menomale che loro due dovrebbero essere quelli che non si tirano mai indietro… maledetto Cappello, mi chiedo se con loro ci abbia indovinato: voglio dire, con Albus sicuramente dato che non sa tenersi un pensiero o un’azione in testa per più di due secondi consecutivi, che ha già fatto scoppiare il finimondo, ma James che se ne rimane seduto là a guardarci come un pesce lesso è davvero il colmo.
Non mi rimane che fare leva sull’unica cosa che so che li farà scattare come molle: l’istinto da fratelli protettivi.
«Sapete cosa? Fate come vi pare, io ci vado lo stesso.»
E detto questo, mi giro verso destra e comincio a camminare imperterrita tra l'aria leggermente nebbiosa, guardando dritta di fronte a me e senza voltarmi indietro.
Non faccio nemmeno dieci metri, che me li ritrovo entrambi alle calcagna. Sorrido soddisfatta.
 
Intrugli e Veleni da Brivido è un posto terribile. Da fuori sembra quasi abbandonato: l’unica finestra è sbarrata malamente con qualche asse di legno, sul davanzale c’è un gatto nero che ci sta squadrando da capo a piedi e non sembra avere uno sguardo amichevole, l’insegna è parzialmente distrutta. Siamo tutti e tre in piedi davanti alla porta, solo che nessuno di noi ha il coraggio di abbassare la maniglia ed entrare.
Ad un certo punto, però, James comincia a starnutire.
«Maledetto gatto» farfuglia, frugando all’interno delle tasche alla ricerca di un fazzoletto. Albus gliene porge prontamente uno e James si soffia sonoramente il naso. Io sono ancora immobile e in silenzio davanti a questa porta malridotta.
«Allora?» domanda Albus, schiarendosi poi la voce con un colpo di tosse. «Entriamo?»
«Prima tu» gli dico prontamente, spingendolo leggermente avanti.
«Seriamente?» ribatte «Sei tu che ci hai trascinato qui!»
«Basta, entro io» si fa avanti James. «Sono il più grande e quel gatto mi sta facendo sentire male.»
Né io, né Albus osiamo opporci a questa sua presa di decisione e ci scansiamo leggermente, per permettergli di farsi avanti e di entrare per primo. Abbassa la maniglia, leggermente arrugginita, con decisione, e spalanca la porta, dopo qualche secondo di esitazione, in cui dà un’occhiata all’interno del negozio, comincia a camminare ed entra, facendoci cenno di seguirlo.
L’interno forse è ancora peggiore dell’esterno. Non è un ambiente molto grande, si percorre un piccolo corridoio fino ad arrivare ad un bancone, mentre le pareti sono coperte di mobili alti fino al soffitto, sugli scaffali barattoli con dentro le cose più strane, e chissà che altro si nasconde dentro gli sportelli. Sembra che nessuno pulisca decentemente questo posto da mesi: fortuna che nessuno di noi è allergico alla polvere.
«C’è qualcuno?» tenta di dire James, avanzando lentamente.
All’improvviso, due mani grassocce sbattono sul bancone, facendoci sobbalzare. Io penso di aver anche emesso un imbarazzante urletto e, senza neanche accorgermene, mi sono attaccata al braccio di Albus. Dalla penombra spunta l’uomo più brutto che io abbia mai visto: ha il viso rotondo e bitorzoluto, un enorme e orrendo neo sul mento e gli occhi sporgenti, è quasi completamente calvo, se non fosse per un ciuffo di capelli bianchicci al centro della testa.
«Qual buon vento, ragazzini…» biascica, guardandoci uno ad uno. Non ci siamo tolti i cappucci, fortunatamente. «Sapete, non è proprio questo il posto giusto per comprare materiale per la scuola…»
«Non ci serve niente per la scuola» ribatte prontamente Albus, cercando di assumere un tono di voce duro e deciso. «Siamo qui per una pozione.»
«Una pozione, dite?» chiede ancora l’uomo. Ha un modo di parlare trascinato e a tratti viscido, non mi piace per niente. Comincio a ricredermi: forse avremmo dovuto veramente far sedere mamma e papà e non lasciarli alzare finché non ci avessero detto tutto. «Cercate forse qualche filtro d’amore?» continua, posando gli occhi chiari su di me. Assumo ben presto un’espressione alquanto disgustata.
«Come se le servissero» borbotta James.
«Cerchiamo del Veritaserum» taglio corto, senza troppi convenevoli, desiderosa di uscire di qui al più presto possibile. «E non vogliamo perdere tempo, se non lo hai, dillo subito.»
«Certo che ce l’ho, ragazzina» risponde subito l’uomo, con un tono più sprezzante. «Anche se mi chiedo perché dovrei vendervi una cosa così pericolosa…»
«Forse perché ti paghiamo?» ribatto, sospirando. Sto diventando leggermente impaziente, e credo che stia trasparendo anche all’esterno. «Se avessi voluto sentirmi fare domande su quello che volevo comprare, me ne sarei andata da un’altra parte.»
«Lily…» mi sussurra Albus, toccandomi leggermente la mano. Lo guardo velocemente e sul suo volto è sceso un velo di preoccupazione: non riesco a dargli completamente torto, questo tizio non piace neanche a me e non credo sia ben intenzionato, ma ormai ci siamo.
«E va bene… torno subito» sibila, guardandoci di nuovo uno alla volta, poi comincia ad abbassarsi pian piano fino a sparire.
Io e i miei fratelli ci guardiamo confusi, ma poi Albus si sporge leggermente in avanti per vedere cosa ci sia al di là del bancone.
«Una botola» dice, a bassa voce. «Deve avere una specie di magazzino, lì sotto.»
Io e James annuiamo, mente attendiamo che il terrificante ometto si rifaccia vivo con quello che ci serve. Dopo un po’, sentiamo dei rumori provenire da dietro al bancone e il momento dopo, è tornato a guardarci con un’espressione spaventosa.
«Eccolo qua» dice piano, mostrandoci una piccola bottiglietta contenente un liquido incolore. La posa delicatamente sul bancone e la allunga verso di noi.
«Quant’è?» gli domanda James, tirando fuori dalla tasca del mantello un piccolo sacchetto di galeoni.
«Oh… non mi serve denaro, vi chiedo in cambio qualcosa di davvero… irrisorio» ci dice, strofinandosi le mani grassocce. Poi punta pericolosamente lo sguardo su di me. «Solo qualche goccia del sangue di questa… giovane signorina.»
Credo di essere sul punto di vomitare. Istintivamente, faccio un passo indietro e deglutisco. Me lo sentivo che quest’uomo nascondeva qualcosa di losco.
Albus mi prende per un braccio. «Andiamocene, troveremo un altro modo.»
Non appena ci voltiamo, però, la porta d’ingresso si spalanca, cigolando tremendamente, e rivela un uomo abbastanza alto e dalla corporatura robusta, ha anche lui un mantello scuro e il cappuccio tirato sopra la testa. Data la poca luce non riesco a vederlo in faccia, tuttavia, quando sento la sua voce, è come se qualcuno mi avesse pietrificato.
«Buongiorno, Thelesius!» esclama, mentre desidero che si apra una voragine nel pavimento e che risucchi me, Albus e James.
«S-signor L-Lupin!» balbetta l’omuncolo, chiaramente spaventato dal fatto che Teddy abbia appena fatto irruzione nella bottega. Fa qualche passo verso di noi, che lo stiamo fissando a bocca aperta da quando è entrato.
«Cos’avevamo detto sul chiedere sangue come merce di scambio?» gli domanda Teddy, avvicinandosi. In un primo momento ci rifila uno sguardo abbastanza preoccupato, poi si rivolge solamente all’uomo dietro al bancone, che a quanto pare si chiama Thelesius.
«M-mi dispiace, signor Lupin! Erano mesi che facevo affari normalmente, glielo giuro! Ma questa ragazzina… l’odore del suo sangue è così… particolare!»
«Sto per sentirmi male» borbotto.
«La prossima volta mi ritroverò costretto a segnalarti al signora Chang, intesi?»
«N-non lo farò, glielo prometto, signor Lupin, ma non mandi qui il suo capo. Lei mi farà chiudere!»
«E avrebbe ragione» dice James a bassa voce.
«Stammi bene, Thelesius» gli dice Teddy, poi si volta verso di noi, ma non ci guarda più preoccupato. Direi che se gli sguardi potessero uccidere, probabilmente adesso saremmo tutti e tre morti stecchiti. «Voi con me. Adesso.»
Non vola una mosca mentre seguiamo Teddy fuori dalla bottega, in fila indiana e con la testa bassa.
Non mi è difficile immaginare dove stiamo andando.
 
Non sono stata molte volte nello studio di papà al Ministero, nel quartier generale degli Auror, ma è una stanza davvero grande, per una persona sola, e piena delle cose più disparate. Fotografie di qualche criminale appese al muro, ritagli di giornale, alcuni dei disegni che realizzavamo da piccoli. La scrivania è piena di pergamene, fascicoli, boccette d’inchiostro vuote. Ai due lati ci sono delle cornici: ci siamo noi tre da piccoli, una foto di papà insieme agli zii Ron ed Hermione quando erano più giovani, una che ritrae i nostri nonni paterni e alla fine una dove la mamma, incinta di me, tiene per mano James, mentre papà ha in braccio Albus.
«Come diavolo vi è saltata in mente una cosa del genere?»
Teddy ci sta sgridando da quando siamo arrivati al Ministero, ci ha portato dritti dentro l’ufficio di papà e lo ha fatto chiamare da qualcuno, e ora stiamo aspettando che arrivi e che proclami probabilmente la nostra condanna  a morte.
«Vi rendete conto di quello che stavate facendo? Andare a Notturn Alley, da soli, e comprare qualcosa da Intrugli e Veleni da Brivido? Ci sarà un perché se si chiama così, quel maledetto negozio, e poi, la finestra sbarrata avrebbe dovuto farvi intuire che è un posto da cui stare alla larga. Per Merlino, è il 26 dicembre e credo che questa sia la prima volta in cinque anni che lavoro il giorno dopo Natale!»
«Non capiresti, Ted, senza offesa» gli dice James, mentre cammina avanti e indietro per lo studio.
«Mi sorprende che tu abbia appoggiato questa… missione suicida!» esclama ancora Teddy, rivolgendosi a James. «E poi, si può sapere che cosa volevate farci con il Veritaserum? È illegale, benedetta Morgana. I-L-L-E-G-A-L-E!»
«Credo che chiedere sangue alla gente sia più illegale» sospiro, massaggiandomi le tempie. «Che poi, chi era quel tipo? Un vampiro?»
«Se quello ti sembrava un vampiro, sei davvero scarsa a Difesa…» mi riprende Albus.
Teddy, tuttavia, non fa in tempo né a risponderci, né a continuare la sua invettiva contro di noi: la porta dello studio di spalanca e papà ha uno sguardo di fuoco che non gli ho mai visto in faccia prima. Sembra davvero… incazzato, ecco, e temo che non andrà a finire bene per nessuno di noi tre.
«Grazie, Teddy, non ti trattengo oltre» dice, mentre attraversa a grandi falcate la stanza fino a raggiungere la sua poltrona dietro la scrivania. Davanti a lui ci siamo seduti io e Albus, mentre James, che fino a poco fa girovagava come un’anima in pena, si è arrestato sul posto e sembra quasi non respirare.
Teddy se ne va in silenzio, lasciandoci da soli con lui.
Ripensandoci, forse sarebbe stato meglio morire quella volta, al terzo anno, quando per inseguire Samuel Nott nella Foresta Proibita io e Kelsey siamo state quasi sbranate da un’acromantula.
«Sono certo che avrete una spiegazione per tutta questa storia» inizia a dire papà, con un tono di voce all’apparenza pacato, ma che nasconde in realtà una gran voglia di strangolarci. Io guardo James e Albus, pregando che uno di loro inizi a parlare per riempire il silenzio ed evitare che continui a farlo papà, altrimenti sarò costretta a farlo io, ma mi conosco, ed è meglio che non succeda.
«Ce l’abbiamo, infatti» si fa avanti coraggiosamente Albus.
«E sarebbe?» ci chiede ancora lui, congiunge le mani e le poggia sulla scrivania. Ci passa in rassegna con lo sguardo, forse sta cercando di capire a chi è venuta l’idea di addentrarsi a Notturn Alley, anzi no, sicuramente già sa che è stata mia. Mi conosce troppo bene.
«Beh, noi stiamo indagando su una cosa, e questo era l’unico modo che ci era rimasto per scoprire la verità» dice a questo punto, James, tenendosi abbastanza vago.
«Ah, davvero?» continua nostro padre, non particolarmente convinto. «L’unico modo?»
«In realtà no» ammette ancora James. «Ma forse era il più facile.»
«Non mi sembra che escogitare qualcosa del genere, così… pericoloso, possa definirsi facile, James» continua ancora lui, mentre, come previsto, la pacatezza nella sua voce viene meno e comincia ad affermarsi l’arrabbiatura. «Spero che vi rendiate conto di quello che poteva succedervi. Notturn Alley non è e forse non diventerà mai un luogo sicuro, o un luogo per maghi giovani e inesperti come voi. Thelesius Bottwick, in passato, si è fatto un anno ad Azkaban per contrabbando, e sapete di cosa?»
«Fammi indovinare, sangue di bambine?» commento, cercando di sdrammatizzare un po’ la situazione.
«Esattamente, Lily» risponde invece papà, cogliendomi del tutto di sorpresa. «Sangue di ragazze vergini, per la precisione. Già raccogliere il sangue di una persona è illegale, figuriamoci venderlo. Non è area di mia competenza, ma Cho Chang lo sta tenendo sotto controllo da mesi, tramite Teddy.»
«Già, a proposito di Teddy, come ha fatto a sapere che eravamo lì?» chiede Albus.
«È stato il gatto» borbotta James. «Il gatto doveva tenere d'occhio quel tipo per lui.»
«Non siete comunque nella posizione di farmi domande, adesso» dice bruscamente nostro padre.
«Ah, no?» esclamo io, alzandomi dalla sedia. «D’accordo allora, noi rispondiamo alle tue e tu rispondi alle nostre. Vuoi sapere a che ci serviva il Veritaserum? Sarò lieta di spiegartelo!»
Perfetto, sta accadendo esattamente quello che non deve accadere, ovvero: io che mi arrabbio, che tengo testa a papà come ogni maledetta volta, lui che strilla, io che esplodo e poi me ne vado da qualche parte. Quando siamo in casa, generalmente mi chiudo in camera mia, ma qui… è un’altra storia, ecco perché non può verificarsi questo tragico decorso causale. Spero che Jamie e Al mi fermano prima che possa effettivamente rivelare tutta la verità.
Papà mi guarda sorpreso per un momento, poi si sistema gli occhiali sul naso e sospira. «Ti ascolto.»
«È venuta a me l’idea di andare a Notturn Alley…» inizio.
«No!» mi interrompe Albus. «È venuta a tutti noi, l’abbiamo deciso insieme, vero James?»
«Sì, è vero. Abbiamo acconsentito tutti e tre.»
«Il punto è… volevamo sapere che cosa sta succedendo tra te e la mamma, che cosa è successo questa estate, perché non vi riconosciamo più» parlo velocemente e non prendo quasi fiato, nel pronunciare queste parole. Tengo lo sguardo basso, ho paura ad incrociare quello di papà, ho paura di quello che posso vederci dentro.
«Abbiamo chiesto a zio Ron e a zia Hermione» continua Albus, al posto mio, vedendomi in difficoltà. «Abbiamo capito che sanno qualcosa, ma non ci hanno detto niente.»
«E allora, per sapere la verità rimaneva solo una cosa…» dice allora James.
«Darci il Veritaserum?» conclude papà, ma la sua voce adesso non è né pacata, né arrabbiata. Gli trema.
«Beh, sì» gli risponde James.
«Anche se io avevo detto che potevamo prima provare a chiedervelo direttamente» borbotta Albus tra sé e sé, ma in questo momento gli do pienamente ragione e, forse, se avessimo fatto così, adesso non rischierei di far scoppiare la maledetta Apocalisse.
Papà non dice ancora niente, credo abbia smesso di ascoltarci: ha lo sguardo puntato verso la foto di lui e della mamma con James e Albus da piccoli, e con una me non ancora nata. Per un tempo che non so definire, nella stanza regna il silenzio più assoluto. Mi concedo di guardare papà per qualche secondo, ha ancora lo sguardo perso, sta pensando, forse sta per dirci davvero tutta la verità, ed è in questo momento che realizzo che non so se sono pronta per ascoltarla.
Saprò guardarli con gli stessi occhi, dopo aver saputo cosa ha portato così tanto turbamento nel loro amore? Mi fiderò ancora di loro come ho sempre fatto, o cambierà qualcosa? All’improvviso, ho paura. Ho paura che tutto cambi, anche se è ciò che ho sempre sperato. È dall’inizio della scuola, a settembre, che spero che la situazione cambi e smetta di essere quella che è, ma forse sapere la verità non cambierà proprio niente, forse sarà solo peggio.
«Volevamo tenervi fuori da tutto questo» dice all’improvviso papà, concedendosi di fare un respiro profondo, per poi buttare fuori tutta l’aria. «Ma avete ripreso in tutto e per tutto da noi, quindi forse avremmo dovuto immaginarlo. Questo ovviamente non giustifica la vostra gita a Notturn Alley, né l’idea di comprare illegalmente una pozione pericolosa.»
«Senti, papà, se devi metterci in punizione… allora fallo» gli dice Albus. «Ma, per favore, dicci la verità adesso.»
«Avete ragione, da un po’ di tempo io e la mamma non andiamo molto d’accordo, ma vi prometto che stiamo facendo davvero molto per poter far tornare tutto com’era prima, d’accordo? Non ci stiamo arrendendo, se l’avessimo fatto, forse sarebbe finito tutto molti mesi fa» comincia a dire papà, leggermente affranto.
«Questa estate» dice sovrappensiero James.
«Sì» sospira ancora papà. Non so quanto gli stia costando, adesso, raccontarci tutto. Probabilmente mamma neanche sa che adesso siamo qui, o magari sì, dato che Teddy avrà avvertito anche lei, ma di sicuro non sa che papà ci sta raccontando tutto. E se lei non vuole? Si arrabbierà ancora di più con lui, le cose peggioreranno ancora. Ad un tratto, se penso che se questa nostra idea possa contribuire ad incrinare tutto ciò che è rimasto tra di loro, mi viene da piangere.
«Voi siete piccoli ancora, ma… vedete, dopo tanti anni che due persone passano insieme, molte cose cominciano a cambiare. Quando si è giovani ci si sente invincibili, convinti che niente e nessuno potrà mai separarvi dalla persona che amate… poi si cresce, si invecchia, e insieme invecchiano le convinzioni e le certezze. Si vacilla, si vivono momenti davvero difficili. È facile avere figli? Assolutamente no, ma voi siete le più grandi gioie della nostra vita ed è proprio pensando a voi che io la mamma stiamo lottando per poter riavere quello che avevamo prima. Io… io ho sbagliato. Ho fatto qualcosa di… di molto brutto, me ne sono pentito amaramente, ho chiesto scusa in qualsiasi modo possibile, e piano piano sto cercando di rimettere tutto in ordine. Non è facile, ma è qualcosa per cui ne vale la pena.»
Deglutisco, mi accorgo che ho quasi smesso di respirare, mentre lui parlava. Ho visto negli occhi di papà quello che più temevo di vedere: sofferenza. Non mi ero resa mai conto di quanto lo facesse soffrire, questa situazione, anche se è stato lui a crearla. Anzi, forse proprio perché è stato lui a mettere tutto in moto.
«E… e tu che cosa hai fatto, esattamente, papà?» prova a chiedergli James, dando voce alla curiosità di ognuno di noi, ma io non sono davvero sicura di volerlo sapere. Ha detto che si tratta di una cosa brutta. Brutta quanto? Non lo voglio sapere, ma allo stesso tempo sì. Ormai sono qui, mi sono fatta beccare a comprare Veritaserum da un ex contrabbandiere che voleva il mio sangue per venderlo a chissà chi. Devo saperlo, a questo punto.
«Vedi, James, quando si vivono momenti difficili, in amore, molto spesso uno cerca di prendersi una pausa da tutto, per riflettere, per cambiare abitudini, per capire cosa c’è che non va. Solo che molto spesso questo momento di… questa pausa non va secondo i piani e possono subentrare altre persone che…»
«Aspetta!» esclama Albus, mi volto repentinamente verso di lui, perché il suo scatto mi ha quasi spaventata: è bianco come un lenzuolo, i suoi occhi verdi riflettono un’amara consapevolezza. Forse ha già capito tutto. «Ti prego, dimmi che ho capito male… che mi sto sbagliando!»
«Al…» cerco di dirgli io, cercando di capire cos’è che non va
«Papà, dimmi che non c’è di mezzo un’altra donna» dice lapidario Albus. Io mi porto entrambe le mani alla bocca, stupita da quello che mio fratello ha appena pensato. «Dimmi che sono un pazzo visionario e che non è successo questo.»
Tuttavia, tutti i pensieri di Albus si concretano in realtà e non c’è nemmeno bisogno che nostro padre lo ammetta: lo si capisce dal fatto che non nega niente e che, in un primo momento, si limita a sospirare affranto e ad abbassare leggermente lo sguardo.
«Non c’è cosa che io desideri di più, Al… poterti dire che ti sbagli» dice, dopo un po’. Poi guarda anche me e James. Mi prendo qualche secondo per realizzare meglio quello che è appena successo, passa un minuto, ma io non riesco a realizzare niente, neanche riesco ad accettare che sia vero. Mi sembra un incubo, deve esserlo per forza. Insomma, mio padre, Harry Potter, che tradisce la mamma? È ridicolo e senza senso, non può essere vero.
Ma la veridicità della sua ammissione di colpa ad un certo punto mi colpisce tutto insieme, mi piomba sulla testa e fa male come se mi fosse caduto addosso un incudine. Sento lo stesso senso di impotenza sul mio corpo che ho provato al Ceppo di Yule, solo che mentre quella sera era colpa dell’idromele, adesso non c’è nessuna bevanda alcolica a farmi agire senza che io voglia effettivamente farlo.
Mi alzo velocemente dalla sedia e guardo tutti i presenti. «Io voglio andare a casa» annuncio, e rimango quasi stupita del fatto che nessuno dei miei fratelli cerca di fermarmi, quando mi volto e comincio a camminare velocemente verso la porta.
Papà mi richiama, ha un tono supplichevole. Ma la mia mano si è già posata sul pomello dorato della porta, il mio cervello vuole rimanere, ma il mio corpo no.
Quando mi ritrovo fuori in corridoio, comincio a correre senza sapere bene dove andare. Come si torna a casa, da qui? Con la Metropolvere, certo. Chiedo confusamente indicazioni a qualcuno, neanche sto pensando alle parole che pronuncia la mia bocca.
Non ci riesco ancora a credere, ma è tutto vero. Adesso capisco perché non si siano parlati per quasi due mesi, capisco perché la mamma lo tratta sempre male, capisco un sacco di cose. È evidente, reale e tangibile, come la polvere magica che sto stringendo nella mano destra, che trema incontrollata.
Mi accorgo di star quasi per piangere quando sento la mia stessa voce avere un tono disperato, mentre dico ad alta voce l’indirizzo di casa mia, e sono definitivamente scoppiata quando atterro con poca grazia nel camino del salotto, imbrattandomi di cenere.
Dopo pochi secondi mi ritrovo mamma davanti, venuta probabilmente a vedere cos’abbia provocato tanto trambusto. Non appena mi vede, fa cadere quello che aveva in mano e mi aiuta ad uscire fuori dal camino, ci sediamo entrambe per terra, sul tappeto, poi lei comincia ad accarezzarmi i capelli e poi mi abbraccia, mentre non smette di chiedermi cosa sia successo.
Io dico un mucchio di parole che non hanno senso, non riesco a formulare una frase, perché i singhiozzi mi interrompono sempre.
«M-mamma, mi dispiace, mi dispiace tanto!» le dico, abbracciandola forte. Forse lei non sta capendo niente, ma non importa. La mia testa sta esplodendo, i pensieri si rincorrono l’uno dopo l’altro. Ad un certo punto, penso a come mi sentirei se venissi a sapere che Scorpius dopo di me abbia per caso baciato un’altra ragazza. Sicuramente il mio primo istinto sarebbe quello di ucciderlo, ma poi forse mi sentirei solo infinitamente triste. Non so neanche perché sto pensando a Scorpius, in un momento del genere, ma odio il fatto che la mamma debba essersi sentita in questo modo così orribile.
«Amore… Lily, cosa è successo? Mi fai preoccupare» mi dice allora la mamma. Mi stacco un po’ da lei e cerco di respirare profondamente, mentre con la manica del maglione mi asciugo le lacrime.
«T-Teddy ti avrà sicuramente scritto» riesco a dire, ancora tra qualche sporadico singhiozzo.
«Sì» sospira lei. «Dove sono Jamie e Al? Perché sei tornata tutta sola?»
«Loro sono ancora n-nell’ufficio di p-papà, credo» le dico. «Io sono dovuta andare via… non ce la facevo a rimanere lì. Sono scappata, come faccio sempre.»
«E perché?» mi chiede ancora lei, spostandomi i capelli dietro le orecchie.
«Lui ci ha detto tutto, mamma» le rivelo. «Non so neanche se tu volevi che sapessimo, ma… ma era per quel motivo che volevamo comprare la pozione, perché non ce la facevamo più a non sapere. Forse, però, era meglio non sapere niente.»
Sto di nuovo parlando a vanvera, ma non so come, la mamma riesce a capirmi. Lei ci riesce sempre, ha un potere speciale per capire quello che mi passa per la testa. A volte, lei ci arriva prima che lo capisca io stessa.
«Stai tranquilla, tesoro» mi dice dolcemente. Non sembra sorpresa, né tantomeno arrabbiata. Forse si aspettava che prima o poi tutta la verità sarebbe saltata fuori. D'altronde, anche papà prima ha detto che avrebbero dovuto prevedere che avremmo cercato di scoprire la verità. «Tornerà tutto alla normalità.»
«D-davvero?» le chiedo, mentre le lacrime tornano a scendere incontrollate sulle mie guance. «Io non so se… n-non so se al posto tuo sarei capace di perdonare papà.»
«Tu hai solo sedici anni, Lils» mi dice ancora, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, come se il mio avere solo sedici anni spiegherebbe il perché di tutta questa sofferenza.. «Mamma e papà sanno cosa fare, devi solo fidarti di noi.»
«E perché allora litigate sempre, se sapete che tornerà tutto normale?»
«A volte, perché ci sia armonia occorre passare per la distruzione.»
 

Buonasera! :)
Per prima cosa, voglio assolutamente scusarmi per aver reso Harry così OOC. Boh, davvero, mai nell'universo canonicamente conosciuto lo ritengo capace di fare una cosa così brutta a Ginny, ma... boh, storia mia, regole mie, I guess. E poi, serviva una cosa abbastanza grave per spiegare tutto questo macello, non certo la scaramuccia su chi va a buttare la spazzatura. Spero possiate non uccidermi. Ci mettiamo tutti l'anima in pace sapendo che non verrà detto chi è la donna in questione perché non ha rilevanza ai fini della storia, nella mia testa è una totalmente a caso che magari lavora al Ministero: NON Cho Chang, assolutamente, il fatto che io l'abbia nominata è che ce la vedo a stanare e reprimere attività illecite xD in questo caso, l'ho messa a capo dell'Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche (tra le quali, appunto, la preparazione e la conseguente vendita di pozioni), roba di cui non credo si debbano occupare gli Auror, insomma, nonostante siano comunque due sezioni dello stesso Ufficio.
Ultima precisazione: sono stata convinta fino a circa un'ora fa che si scrivesse "Nocturn Alley" e invece è "Notturn Alley". Disonore su di me, sono anche andata a correggere il capitolo precedente xD
Okay, fatte tutte queste premesse, mi sento come se avessi partorito due gemelli. Non è stato facilissimo scrivere questo capitolo, mi ci sono addannata e nonostante tutto spero che sia comunque venuto fuori qualcosa di bello. Mi sento realmente e pienamente soddisfatta solo del dialogo finale tra Lily e Ginny, mentre per la parte con Harry al Ministero è tutto un grosso BOH, ma sostanzialmente perché credo di essere caduta nell'OOC e dovrei solo farmene una ragione. Comunque, se non erro, per sicurezza dovrei averlo messo come avvertimento, quindi spero di non avervi colto troppo alla sprovvista.
Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, aspetto i vostri pareri e intanto vi mando un abbraccio! ♥
Mars

 

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Capitolo 27
*** Pipistrelli argentati ***


XXVII – SCORPIUS
 
Pipistrelli argentati
 
Ho riletto tre volte il biglietto che Lily mi ha mandato questa mattina con il gufo di suo fratello James. “Puoi venire a prendermi oggi? Non riesco ad aspettare altri due giorni in questa casa.”
Non sono quasi riuscito a finire la colazione, per il senso di preoccupazione che mi attanagliava lo stomaco. Mia madre mi ha chiesto più volte se stessi bene ed io le ho semplicemente detto di sì, e sono tornato su in camera mia. Lily ha sempre amato passare le feste in famiglia, rare volte è rimasta a scuola durante le vacanze e quindi mi chiedo cosa sia successo, stavolta, per farla stare così a disagio.
Da mesi sospetto che c’entrino i suoi genitori, anche se lei non ci ha mai detto nulla apertamente. Me lo ha implicitamente confermato poco prima del Ceppo di Yule, quando ha ricevuto la lettera di sua madre con la notizia che sarebbero venuti anche loro alla festa, e lei non pareva affatto entusiasta.
Scuoto la testa, imponendomi di non pensare alla festa, adesso. Quello che è stato uno dei momenti migliori degli ultimi anni si è in poche ore trasformato in uno dei peggiori: nessuno di noi due ha minimamente accennato alla cosa, né il giorno successivo, né sul treno di ritorno per Londra. I momenti, d’altronde, sono stati riempiti da un’altra scioccante notizia, ovvero il fatto che la misteriosa ammiratrice di Kelsey si è finalmente rivelata.
Lily era troppo presa a fare i conti con il fatto che, per tutto questo tempo, Lucinda Ackerman ha scritto lettere d’amore e bigliettini imbarazzanti alla sua migliore amica. Non faceva che parlare di quello e nessuno di noi ha osato distogliere la sua mente dalla quantità smisurata di pensieri e di idee sull’argomento. Dapprima, non ne era affatto entusiasta, per qualche ora si è addirittura rifiutata di parlare con Kelsey, poi, dopo che Alec l’ha fatta ragionare un po’, ha accettato di ascoltare le spiegazioni della diretta interessata, che l’ha rassicurata, dicendo che non le potrà mai piacere qualcuno come Lucinda Ackerman, anche se, a detta sua, quando si sono incontrate sembrava tutt’altra persona rispetto a ciò che vedono in classe, durante le lezioni.
A me tutta questa storia ha interessato relativamente poco, perché non facevo che ripensare a Lily che mi bacia in mezzo alla Sala Grande, di fronte a tantissima gente, e a tormentarmi per non essere riuscito a parlarne, dato che tuttora non so se lei se lo ricordi o meno.
Alec dice di sì, ma forse lo ha detto solo per farmi stare meglio. E ora che ci penso, non mi fa affatto stare meglio pensare che lei ricordi tutto: significa che non vuole parlarne e preferisce far finta di niente. Chissà, forse è davvero meglio così… almeno non rischiamo di rovinare niente.
L’unica cosa che so per certo, in ogni caso, è che non posso lasciarla a casa sua, se mi ha chiesto di portarla via con così tanta urgenza.
Lascio il biglietto sul letto, prendo la bacchetta e mi infilo velocemente la giacca. Scendo al piano di sotto e vado nel grande salone, dove i miei genitori stanno parlando di chissà cosa sul divano davanti al caminetto acceso.
«Dove vai, tesoro?» mi chiede mia madre, vedendomi completamente vestito e pronto per uscire.
«Vado a prendere Lily» le rispondo, senza troppi convenevoli.
«Di già?» domanda mio padre. «Se non sbaglio, avevi detto che i tuoi amici sarebbero venuti tra qualche giorno.»
«Lo so, ma Lily mi ha chiesto se  poteva venire già da oggi» dico ancora, sospirando. «Ha detto che non vuole stare a casa sua, non so perché.»
«Ah, beh… con tutto quel trambusto di zii e cugini che si ritrova» commenta mio padre, scrollando le spalle.
«Draco» lo riprende mia madre. Lo fa sempre, quando lui si lascia sfuggire qualche commento spiacevole sulla famiglia di Lily. Non si tratta mai di cose eccessivamente brutte, solo battutine che a volte mi fanno persino ridere, ma alla mamma non piace questo suo atteggiamento.
«Che avrò detto mai?» sbuffa a questo punto lui, trattenendo una risatina. Nonostante tutto, sa che la mamma non se la prende davvero. «Vai pure, Scorpius, nel frattempo diremo a Dixie di prepararle una stanza.»
«Ci vediamo dopo» gli dico, prima di smaterializzarmi.
 
Godric’s Hollow è un bel posto, mi è sempre piaciuto molto venirci, soprattutto d’estate. Le strade sono tranquille, ma mai deserte, le persone che si incontrano si salutano e scambiano qualche parola, ci sono molti alberi e un sacco di animali. Da una parte, credo di preferire questo posto, rispetto alla desolata collina dove si trova Villa Malfoy. Noi non abbiamo vicini di casa da incontrare e salutare, ci siamo solo noi, lassù, insieme alla campagna sconfinata. Mi sono smaterializzato proprio davanti casa Potter, un cottage a due piani e con un grande giardino. Il cancello grigio in ferro battuto è solo accostato, come sempre, lo apro e percorro il piccolo sentiero di ghiaia fino ad arrivare alla veranda. Salgo velocemente gli scalini e una volta di fronte alla porta, suono in campanello.
Viene ad aprirmi una donna che conosco abbastanza bene, di cui ho sentito parlare molto, e che non di rado compare nei discorsi dei i miei genitori: Hermione Granger, capo dell’Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche, nonché la madre della mia prima, imbarazzante cotta, Rose Weasley.
«Ciao» mi saluta, fa un sorriso rassicurante, ma aggrotta la fronte. Forse non sa chi sono, o forse lo sa benissimo e si sta chiedendo che diavolo ci faccio qui. E comunque, cosa ci fa anche lei, qui?
«Buongiorno» ricambio il saluto, educatamente. «Sto cercando Lily.»
«Oh, certo! Accomodati» mi invita in casa, lasciandomi la porta aperta, ed io entro. Non è la prima volta che vengo qui, ormai non dovrei più sentirmi uno sconosciuto, ma ogni volta che varco la soglia di questa casa mi sento come se fosse la prima volta, e mi sento come un estraneo qualsiasi.
Mi chiudo la porta alle spalle e percorro il corridoio, poi vado verso il salotto e rimango in piedi accanto al divano a guardarmi intorno. Mi ha sempre trasmesso molto calore, questo posto. Hermione Granger sta salendo le scale e poco dopo scompare dalla mia vista, forse sta andando ad avvertire Lily che sono arrivato.
«Ciao, Scorpius!» mi volto di scatto per vedere la madre di Lily che mi viene incontro, seguita nientemeno che da Harry Potter. «Non ti aspettavamo, Lily non ci ha detto nulla… si sarà dimenticata di avvertirci, come al solito. Vuoi qualcosa? Hai fatto colazione?»
«Sono a posto, grazie» rispondo, sorridendo. Guardo anche suo padre, che mi saluta con un cenno della testa e un sorriso bonario. «Sono venuto a prenderla, abbiamo deciso di passare qualche giorno tutti insieme a casa mia per capodanno, verranno anche Alec e Kelsey.»
All’improvviso, sul volto di entrambi compare un’espressione confusa e corrucciata, come se fosse la prima volta che sentono di parlare di questa cosa. Non fanno però in tempo a chiedermi nulla che si sente un tonfo provenire dalle scale. Una piccola valigia è atterrata con poca grazia sul pavimento, mentre intravedo Lily che scende di corsa.
Deglutisco, non so come, ma sento che il mio cuore sta per sfondare le ossa e la pelle.
Lei scansa entrambi i genitori per raggiungermi e senza neanche pensare a loro mi abbraccia di slancio, sfondandomi le orecchie con un «Ciao, Scorp!». Io ricambio l’abbraccio con un po’ di imbarazzo, che non avrei se fossimo da soli.
Quando ci stacchiamo, si rivolge ai suoi genitori. «Non so se ve l’ha detto lui, ma passiamo il capodanno tutti insieme.»
«E quando l’avresti decisa, questa cosa?» le chiede il padre, incrociando le braccia al petto.
«Ve l’avevo accennato prima di Natale e voi avevate risposto “vedremo”» risponde Lily, sicura di sé. «Poi evidentemente ci è passato di mente, e dato che chi tace acconsente....»
Vedo Ginny Weasley sospirare e portarsi una mano alla tempia, dopodiché lei ed Harry si guardano brevemente: all’apparenza sembrano turbati per qualcosa, o comunque non molto contenti.
«Avevi comunque detto che saresti andata il trenta… se non sbaglio» le dice il padre, mantenendo sempre un tono molto gentile e per niente alterato.
«È vero, ma…» inizia a dire Lily, la guardo e la ritrovo con gli occhi su di me: mi sta tacitamente chiedendo di aiutarla ed è ufficialmente arrivato il momento di mentire.
«Ma Alec e Kelsey arriveranno già questo pomeriggio. Avevamo deciso quella data perché Alec sarebbe tornato dal suo viaggio in Irlanda quel giorno, ma hanno avuto un imprevisto e sono tornati ieri sera» intervengo immediatamente, cercando di essere il più convincente possibile. «Quindi, ho pensato che potevamo vederci anche oggi.»
«Sì, esatto. Ho ricevuto anche io da poco la notizia» continua Lily, stampandosi addosso un sorriso fintissimo.
«Ma se ci sono problemi posso ritornare tra qualche giorno» aggiungo, infine. Lily non dice niente, ma non mi sembra sorpresa da quello che ho appena detto: sa anche lei che è solamente una tattica.
«Oh, no, Scorpius. Ormai sei arrivato fin quaggiù» mi dice allora sua madre, facendomi capire che non c’è bisogno che io mi disturbi due volte; poi si rivolge nuovamente a Lily. «Ma la prossima volta vorremmo essere avvisati, sono stata chiara?»
«Sì, mamma» risponde Lily, alzando gli occhi al cielo.
«E comportati bene, non costringermi a venire a controllarti» aggiunge suo padre, anche se non c’è niente di scherzoso nel suo tono, io lo percepisco maledettamente serio e ritengo che sia davvero capace di irrompere in casa nostra con estrema facilità.
«Non si preoccupi, signor Potter, la cosa peggiore che può succedere è che lei e Kelsey si coalizzino con mia madre contro di me. Non sarebbe nemmeno la prima volta che succede» dico, per spezzare un po’ la tensione.
Riesco a strappare una risata a tutti, fortunatamente. Lily si appresta a salutare i genitori, mentre io le vado a prendere la valigia abbandonata alla base delle scale. Saluta anche sua zia Hermione, mentre Harry e Ginny continuano a farle raccomandazioni su raccomandazioni.
Finalmente, quando usciamo di casa e ci ritroviamo in strada, ho occasione di chiarire tutti i dubbi che mi sono venuti in mente in questi ultimi dieci minuti.
«Come mai non gli hai detto che volevi venire prima?» le chiedo, mentre siamo fermi sul marciapiede.
«Loro non mi hanno mai detto un sacco di cose» si limita a rispondere, per poi puntare lo sguardo da qualche altra parte, sulla strada. Capisco che è un argomento delicato, forse legato al motivo per il quale non voleva più rimanere in casa, così evito di farle ulteriormente domande.
«Dammi la mano» le dico, cercando di addolcire il tono di voce. Lei mi guarda con gratitudine e capisco di aver fatto la cosa giusta. Intreccia le dita con le mie, io gliele stringo forte e cerco di concentrarmi sulla mia destinazione anziché su di lei. Non è molto facile, ma alla fine ci ritroviamo davanti l’imponente portone di Villa Malfoy senza esserci persi qualche arto per strada. E adesso che ce l’avrò vicina per tutti questi giorni, mi chiedo se sarò mai capace di riuscire a pensare a qualcosa che non sia lei.
 
Non sono trascorse nemmeno dodici ore e, come avevo sventuratamente previsto, Lily e mia madre già hanno fatto comunella. Stiamo cenando e dopo che Lily ha tirato fuori per la centesima volta la storia di quando mi sono spaventato a morte nella Stamberga Strillante al quarto anno, mia madre ha ben pensato di raccontare degli imbarazzantissimi aneddoti di quando ero piccolo, il tutto sotto lo sguardo divertito di mio padre e il mio, che di divertito ha davvero ben poco.
«Quando aveva cinque anni era convinto che avessimo un pipistrello argentato per casa e ed era terrorizzato al pensiero di vederlo» sta dicendo mia madre, dopo aver bevuto un sorso d’acqua.
«Ed era solo il mio patronus» commenta mio padre, guardandomi.
«I pipistrelli non sono gli animali più rassicuranti del mondo» sospiro, accasciandomi sulla sedia. «Ed era gigantesco.»
Lily invece ride divertita.
«Come quelli alla Stamberga!» esclama, ricordandomi un particolare che avevo rimosso di quella terribile esperienza: i pipistrelli che mi sono volati a due centimetri dalla faccia.
«Tu aspetta che riesca ad infilarti dei ragni nel letto, poi ne riparliamo…» la minaccio, guardandola male, ben sapendo quanto tema qualsiasi cosa che sia pelosa ed abbia otto zampe.
«Scorpius, non è questo il modo di rivolgersi a qualcuno» mi riprende mia madre, che non è abituata ai battibecchi quotidiani tra me e gli altri. Temo che lei mi veda diversamente rispetto a come sono davvero, quando sono con i miei amici. D’altronde, sono poche le occasioni in cui mi vede con persone della mia età. Eccetto Clemence, quando non sono a scuola ho poche occasioni per vedere miei coetanei, e mia cugina, poi, sembra già un’adulta. Terribilmente noiosa.
«Scusa…» biascico, mentre Dixie con uno schiocco delle dita fa lievitare piatti e posate dal tavolo, per portarli via in cucina.
«Qualcosa da bere, Lily?» chiede ad un certo punto mio padre.
«Forse un po’ di idromele» dico subito io, sorridendo sotto i baffi. Lily mi tira un calcio sotto al tavolo, senza darlo a notare, e mantiene stampata in faccia quella sua espressione radiosa e gentile.
«No, grazie… non sono abituata» risponde cortesemente.
«Non ti fanno mai bere niente, a casa tua?» si lascia sfuggire mio padre. Ed ecco in ordine cosa succederà: mamma che lo riprende, papà che si giustifica con qualche battuta innocente e io che spero di essere risucchiato da una voragine.
«E fanno bene, Draco» dice, come previsto mia madre. «Lily ha solo quindici anni.»
«Ne ho sedici» s’intromette allora lei, a bassa voce, un po’ imbarazzata, ma non credo che i miei l’abbiano sentita.
«Scorpius a quindici anni aveva già assaggiato del Whiskey Incendiario e mi pare sia ancora vivo. Dai, Astoria, che sarà mai un goccetto?» continua mio padre, per di più tirandomi in mezzo.
«Tuo padre ha glielo ha fatto assaggiare, Merlino solo sa quanto mi sono arrabbiata quella sera» continua mia madre. Io sospiro e guardo Lily: sta cercando con tutte le sue forze di non ridere, e non la biasimo: quando i miei fanno così sono esilaranti.
«In ogni caso, Lily non gradisce nulla, quindi non c’è di che preoccuparsi…» borbotta mio padre, per non continuare un discorso già perso in partenza. «Ma io sì. Dixie, puoi portarmi un bicchiere di brandy, per favore?»
La nostra elfa annuisce e poco dopo torna con il brandy per papà, mia madre la ringrazia e la congeda. Mia madre è sempre stata una persona estremamente gentile con chiunque, ma mai troppo accondiscendente. Da piccolo mi dava delle belle strigliate se facevo il prepotente con qualcuno, motivo per cui ho sempre cercato di evitare di informarla delle mie brighe con Potter: le volte in cui, per cause di forza maggiore, è venuta a sapere delle nostre zuffe, ho sempre ricevuto lettere brevi e concise in cui mi diceva di essere delusa e che non era quello il modo in cui mi aveva educato. Rimanendo comunque una persona pacata, i suoi rimproveri sono sempre stati discreti e non ho mai ricevuto una strillettera come qualcun altro di mia conoscenza…
«Tu non vuoi nulla, Scorpius?» mi chiede mio padre, rigirandosi il bicchiere tra le mani. Stavolta, mia madre si limita a sospirare sconsolata.
Scuoto la testa. «Possiamo andare?» chiedo semplicemente, perché non voglio rimanere ancora seduto qui a farmi prendere in giro dai miei genitori.
«Le cose di Lily sono già state sistemate di sopra?» mi chiede allora mia madre.
«No, ma le porto io» mi affretto a rispondere.
«Oh, ma è una valigia leggerissima, posso portarla anche da sola!» dice a questo punto Lily, che è rimasta in silenzio finora.
«Mamma ovviamente non mi perdonerebbe mai se te lo lasciassi fare» dico, riservando a mia madre uno sguardo affettuoso, lei in tutta risposta si lascia sfuggire un piccola risata e ci da il permesso di salire di sopra.
I miei genitori hanno fatto preparare per Lily una delle innumerevoli stanze della villa, proprio accanto alla mia. Faccio entrare prima lei e poi la seguo, posando il suo bagaglio sulla sedia davanti al mobile da toeletta.
«Ma… è tutta per me?» domanda, sedendosi sul grande letto al centro della stanza.
«Beh, sì» le rispondo, mentre mi avvicino per sedermi accanto a lei. «Non ti piace?»
«Al contrario, sembra una stanza da principessa» dice divertita. «È che non ci sono abituata… a casa mia è tutto più semplice.»
«A me non dispiacerebbe vivere a casa tua» le dico, sinceramente. Ci sono state situazioni in cui mi sono ritrovato a volere che Lily fosse davvero mia sorella, che fossimo sempre insieme a combinare disastri e a divertirci, a non essere mai solo. Ovviamente, prima che la mia testa decidesse di esplodere e di non farmi capire più nemmeno quello che voglio davvero.
«Non so se ti conviene, in questo periodo» commenta, guardando dritta di fronte a sé. Sta di nuovo pensando a qualsiasi cosa sia successa da farla scappare via così velocemente.
«Dico in generale» mi affretto a riempire il silenzio, per non farle più pensare a quello. «Intendo che mi piacerebbe avere una famiglia come la tua, sembra che da voi sia difficile annoiarsi e deve essere bello… non sei mai veramente da solo.»
«È un’arma a doppio taglio, però» mi risponde Lily, che adesso ha puntato di nuovo lo sguardo su di me. «Quando vuoi veramente stare da solo, poi, non ci puoi stare.»
«Io non voglio mai stare da solo» le dico. «Per questo credo che mi piacerebbe.»
«Guarda che poi avresti Albus come parente» scherza, incurva le labbra all’insù e quell’ombra di pensierosa tristezza sembra essere già andata via, come se niente fosse.
«Accidenti, non l’avevo considerato» dico io, fingendomi sorpreso. «Dovrò trovare un rimedio alternativo, allora.»
«Tu non avrai una famiglia rumorosa e numerosa come la mia, Scorp, ma hai noi» mi dice ad un certo punto, senza smettere di sorridere, ma adesso quel sorriso non è più determinato da divertimento, sembra che sia intenerito. «E gli amici sono un po’ come la famiglia, solo che te li scegli.»
«Io non vi ho scelto» puntualizzo, e senza sapere perché le mie sinapsi hanno deciso di smettere di funzionare tutto insieme, le prendo delicatamente le mani. «Siete voi che avete scelto me.»
«Chissà che droga ci hanno dato, quel giorno.» Lily dice una cosa stupida, ma il suo volto tradisce un’espressione molto seria.
«Una bella forte, se siete ancora amici miei.» E a questo punto ride piano, e poi inclina la testa, poggiandola sulla mia spalla. «Sei stanca?»
«No» risponde Lily. «È che sono felice di essere qui adesso. Mi sento… al sicuro.»
Deglutisco, perché sento le sue mani aggrapparsi delicatamente al mio braccio destro. «E come?»
«Perché non sono da sola, ci sei tu» dice a bassa voce. Fa una breve pausa, che a me sembra durare un’eternità.
«Ho scoperto cosa è successo tra i miei genitori.»
È tipico di lei, lanciare la bomba in questo modo, inaspettatamente. Devo aver fatto un movimento brusco, perché Lily ha lasciato la presa sul mio braccio e si è risollevata con la testa. La guardo e, forse per la prima volta in vita mia, non so  cosa le sta passando per la testa.
Non sono abituato a non saper riconoscere i suoi pensieri, è qualcosa che mi fa paura, perché tutta la situazione tra di noi sembra gridare da ogni parte che c’è qualcosa che cambia lentamente, che si muove, e che io non possono controllare come vorrei. E ho paura che a mettere in moto questo cambiamento invisibile sia stato proprio io.
«Ne vuoi parlare?» le chiedo, senza lasciarle la mano.
Lily scuote leggermente la testa e poi sospira, mi guarda ancora negli occhi, e anche se la sua mente è ancora indecifrabile, capisco che sta facendo appello a tutto il suo autocontrollo per non piangere.
Mi sento improvvisamente impotente… deve esserci qualcosa che posso fare. Devo trovare qualcosa da poter fare. Così, senza sapere se sia o meno la cosa giusta, neanche io dico niente, ma mi limito ad abbracciarla.
L’ho consolata tante volte in questi anni, non è la prima volta che mi ritrovo ad averla tra le braccia, cercando di calmarla, eppure questa volta tutto sembra strano. Lily sembra più triste e arrendevole di quanto lo sia mai stata, e io vorrei che ci fosse un incantesimo per poter prendere un po’ di tutta questa tristezza, così da non farla portare interamente a lei.
«Quando arriveranno anche Kelsey ed Alec vi dirò tutto» dice, tenendo ancora il volto premuto contro il mio maglione. «Preferisco parlarne una volta sola.»
«Va bene» mi limito ad acconsentire, senza aggiungere nient’altro. Anche perché non posso darle torto, da quello che sta succedendo adesso non sembra essere niente di particolarmente facile da affrontare.
«Sentì, Lils, se vuoi… se non vuoi stare da sola stanotte, puoi dormire in camera mia. Mi metterò sul divanetto, se vuoi.» Questo pensiero mi passa velocemente in mente, e arriva subito alla bocca, sentivo di doverlo dire come se fosse un bisogno fisico.
«Ti ho già rubato il letto una volta» mi dice lei, scostandosi un po’. Allude alla notte del Ceppo di Yule, quella in cui ho smesso di capirci definitivamente qualcosa. «Non ti preoccupare.»
«Se cambi idea, la mia stanza è qui accanto, comunque.»
 
Per i due giorni seguenti, Lily sembra aver sconfitto definitivamente la malinconia che le ho visto negli occhi la sera in cui è arrivata. Il primo giorno, mia madre l’ha convinta a farle vedere i tulipani che ama coltivare, in questo periodo dell’anno, nella serra in giardino. Grazie ad un incantesimo, mamma riesce a ricreare nella serra le condizioni ambientali ottimali per la crescita di quei fiori, in modo da poterli curare in ogni momento dell’anno. Io sono riuscito a convincerla a farle fare almeno un po’ dei compiti che ci hanno assegnato per le vacanze, e alla fine, a cena, mio padre l’ha convinta ad assaggiare il Whiskey Incendiario, come ha fatto il nonno con me qualche anno fa. La reazione di Lily, però, è stata decisamente più divertente della mia: credo che qualche goccia le sia andata involontariamente di traverso, e così si è ritrovata a tossire e a non riuscire a smettere, nonostante i bicchieri d’acqua che mia madre le ha prontamente dato. Mio padre, che per fortuna fa il Medimago, con un velocissimo incantesimo ha riportato tutto alla normalità. Il tutto è finito con mia madre che diceva che lei l’aveva detto, che era una pessima idea, e tutti ci abbiamo riso su. Prima di andare a dormire, abbiamo fatto una partita infinita agli Scacchi dei Maghi in camera mia e poi Lily, nel suo imbarazzantissimo pigiama di pile rosa e bianco, è tornata nella stanza accanto.
Il secondo giorno, un patronus con le sembianze di un cavallo ha fatto irruzione in sala da pranzo, mentre facevamo colazione, e papà è dovuto andare d’emergenza al San Mungo. Io ho istintivamente pensato all’aneddoto che mia madre raccontava nemmeno due giorni fa, sul fatto che avessi paura del patronus di mio padre. E mentre guardavo Lily finire in silenzio il suo muffin al cioccolato, ho pensato che adesso il pipistrello argentato non riesce più a spaventarmi, ma c’è qualcos’altro che ha preso il suo posto, qualcosa che riesce a farmi paura allo stesso modo. Mi fa paura l’idea di poter rivedere i suoi occhi così belli, grandi e pieni di lacrime, pieni di tristezza, di malinconia… di qualsiasi cosa che la possa far star male.
Quello che ho visto l’altra sera riesce a farmi paura quanto il pipistrello argentato, se non di più. Perché con il tempo ho capito che il patronus di mio padre era qualcosa di bello e che non poteva fare del male a nessuno di noi, ma non si può trovare la bellezza nella sofferenza di Lily; la si può trovare solo nel rossore delle sue guance quando è emozionata, nel suono della sua risata, o nella smorfia che fa quando si accorge che il tè è ancora troppo caldo.
 
Alec e Kelsey sono appena arrivati e in questo momento mi sento diviso a metà tra il sollievo più totale e la voglia di rimanere solo con Lily per altre ventiquattro ore. Tuttavia, non appena la voce profonda di Alec invade l’aria, insieme alla risata squillante di Kelsey, capisco che essere di nuovo tutti e quattro insieme è la cosa migliore.
Alec e mio padre, come previsto, si salutano come fossero ormai amici di vecchia data; lo stesso succede con mia madre. Kelsey è un po’ più distaccata e imbarazzata, nei saluti, ma lei è venuta qui pochissime volte.
«Oh Merlino, che cosa hai fatto ai capelli?!» esclama Lily, non appena Kelsey si toglie il cappotto e la pesante sciarpa. Mi volto a guardarle, ed effettivamente Kelsey è diversa: i suoi lunghissimi capelli biondo cenere sono stati tagliati fino a qualche centimetro sotto le orecchie, in una sorta di caschetto.
«Li ho tagliati appena tornata a casa, ti piacciono?» risponde Kelsey, con entusiasmo. Lily apre la bocca per rispondere, ma non riesce a dire niente per un bel po’ di tempo.
«Neanche mia madre era convinta» continua Kelsey, facendo spallucce.
«Non mi ci abituerò mai…» sospira Lily, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Sei diversa» le dico io, avvicinandomi. «Ma credo ti stiano bene, sembri… più grande.»
«Io le ho detto che sembrava più tosta e pronta ad uccidere qualcuno» s’intromette Alec.
«Il solito esagerato» lo rimbecca Lily, dandogli un leggero colpetto sul braccio.
Veniamo interrotti da mia madre, che esorta Alec e Kelsey a lasciare le loro cose a Dixie, affinché possa sistemarle nelle loro stanze.
Di fuori c’è un bel sole,  anche se l’aria è rigida e Alec mi propone di volare un po’ sopra il giardino e fare qualche tiro di Pluffa, io accetto volentieri, mentre Lily e Kelsey non perdono occasione di prenderci in giro, dicendoci che non riusciamo a pensare ad altro che non sia il Quidditch, e poi spariscono di sopra, presumibilmente nella stanza di una di loro.
Vado a prendere la mia fidata Firebolt Platinum in camera mia, mentre ad Alec presto la mia vecchia scopa, che si trova nel piccolo magazzino appena fuori la villa, un ottimo e ancora ben funzionante modello di Nimbus 2100. Ci alziamo in volo e dopo qualche giro mi sento già incredibilmente bene, Alec si diverte a parare tutti i miei tiri, facilissimi, perché non gioco in questo ruolo da un bel po’ e devo riprenderci la mano.
«Allora, tu e Lily ne avete parlato?» mi chiede ad un certo punto, dopo essere andato a recuperare la Pluffa, finita dentro una fontana.
«Di che cosa?» gli chiedo, anche se dentro di me so benissimo di cosa sta parlando.
«Lo sai» mi risponde, senza mezzi termini, e poi mi lancia la Pluffa. Un tiro debole: ha smesso di giocare. «Insomma, quanti giorni siete stati qui da soli?»
«Due» gli dico, mentre mi rigiro la palla tra le mani. Gliela rilancio. «Ma non ne abbiamo parlato.»
«Be’, forse dovreste» continua, dopo aver abilmente afferrato la Pluffa. «Domani sera, per esempio.»
«E se poi rovino tutto?» Mi avvicino a lui, facendo qualche metro a bordo della scopa. «E poi ci siete anche voi, con quale scusa posso trascinarla in un posto sicuro per parlare?»
«Con la verità, Scorpius» mi risponde lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Le dici che dovete parlare del Ceppo di Yule, senza se e senza ma.»
«Credo che per lei non ci sia niente da dire» gli confesso alla fine. «Perché non me ne ha parlato lei, allora, in questi giorni?»
«Potrebbe essere la stessa domanda che si sta facendo su di te, adesso» continua Alec, senza arrendersi. Poi indica un punto verso il secondo piano della villa, lato est. «Magari lei e Kelsey ora sono proprio dietro una di quelle finestre a parlare della stessa cosa.»
«Per te è facile, non hai mica il terrore di rovinare tutto.»
«Se tu e Lily non vi parlate più, la cosa riguarderà anche me» mi dice, senza traccia di rabbia. «Siamo un gruppo, se succede qualcosa a qualcuno di noi, succede a tutti.»
«Grazie, Alec, non hai per niente alimentato ancora di più la mia paura di fallire» gli dico, sarcastico. Faccio pressione sul manico della scopa, facendo un’inversione, e me ne ritorno lentamente a terra. Odio ammettere che Alec ha ragione e se seguissi i suoi consigli probabilmente farei solo del bene a me stesso, perché chiuderei finalmente questa storia che mi sta letteralmente divorando vivo da quel maledetto ventun dicembre.
Dopo qualche secondo che sono tornato a terra, all’ombra del grande padiglione che ricopre la veranda, oltre a sentire improvvisamente tutto il freddo di fine dicembre, sento anche la mano di Alec che mi afferra con forza la spalla. Mi giro, i suoi occhi azzurri sono attraversati da qualcosa di strano.
«Ehi, mi dispiace» mi dice, a bassa voce. «Non volevo farti venire ancora più ansia.»
Scuoto la testa. «Tranquillo.»
«È solo quello che farei io al tuo posto.»
«Ma è risaputo che tu fai sempre le scelte giuste.»
«Ho da dissentire su questo.»
«Ragazzi, finalmente siete tornati con i piedi sulla terraferma» ci interrompe la voce placida e affettuosa di mia madre, che esce in veranda e si avvicina a noi, stringendosi le braccia al corpo. «Ci è arrivato un gufo da parte dei nonni, Scorpius, domani sera saranno a cena con noi, sei contento?»
«Sì, certo…» le dico, accorgendomi di avere la voce roca. Sarei molto contento di vedere i nonni, se solo fossimo in condizioni normali… ma dato che seduti allo stesso tavolo ci saranno anche i miei amici, credo proprio che sarà un completo disastro.
 

Buonasera! Come state? Spero bene. ♥
Allora mentre scrivevo questo capitolo non mi stavo regolando e ho deciso che questa sarà una prima parte, poi il prossimo capitolo sarà ugualmente dal punto di vista di Scorpius. Ho realizzato che non potevo infilare tutto in un capitolo solo perché sarebbe venuto fuori qualcosa di lunghissimo, e allo stesso tempo tutte le premesse fatte in questo sono assolutamente irrinunciabili, così la prossima volta avremo "Scorpius Bis", praticamente xD
Ho cercato in lungo e in largo quale potesse essere il patronus di Draco, ma la Rowling ci limita a dirci che almeno fino agli eventi narrati nei libri Draco non è in grado di produrne uno, perché non ha un ricordo abbastanza felice, ma io credo che poi con l'età adulta, Astoria e la nascita di Scorpius qualche ricordo felice deve averlo per forza, e allora ho cominciato ad interrogarmi su quale forma potesse avere. Ho scelto il pipistrello perché facendo alcune ricerche ho scoperto che, soprattutto nella cultura dei nativi americani, simboleggia la rinascita, crescita spirituale, e la ricerca dentro se stessi di un nuovo "io". Ho pensato che si adattasse bene al personaggio di Draco, perché non so voi, ma nel mio piccolo ho sempre pensato che crescendo abbia totalmente preso le distanze da quella che era stata la sua vita durante l'adolescenza e si sia redento.
Finito lo spiegone xD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se è più un capitolo di transizione che altro, vi prometto che il bello accadrà nel prossimo. Fatemi sapere che ne pensate ♥
Mars

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Capitolo 28
*** Wildflower ***


XXVIII – SCORPIUS
 
Wildflower
 
 
«Non sono più abituata a questo freddo artico, Astoria, in Provenza il clima è così mite… pensa che lì non ho mai indossato una pelliccia pesante, quest’anno.»
Sedermi accanto alla mamma e alla nonna è stata la cosa che mi sembrava più intelligente, per evitare situazioni imbarazzanti: il peggio che può capitarmi è che la nonna mi dica, per la ventesima volta, quanto sono bello e quanto sono cresciuto.
Per l’occasione, mia madre ha deciso che avremmo cenato nell’altra sala da pranzo. È molto più grande di quella in cui mangiamo solitamente, due grandi lampadari di cristallo illuminano tutto l’ambiente, ha voluto accendere anche i candelabri alle pareti e ne voluti due a tavola, accuratamente puliti e lucidati; poi ha incantato un vecchio pianoforte, in fondo alla stanza, affinché suonasse musica piacevole e rilassante per tutta la serata.
La mamma è sempre così, ogni volta che arrivano i nonni: rivoluziona tutto, perché dice che deve essere tutto impeccabile. Non che solitamente non sia attenta alla perfezione, ma in genere le fa solo piacere vedere che tutto sia in ordine e al suo posto: questa volta, si è data da fare e si è buttata in prima linea assieme a Dixie per assicurarsi che non ci fosse nemmeno un microscopico difetto.
«Nei mesi primaverili deve essere ancor più bello» risponde mia madre. «Draco ed io vorremmo venire a trovarvi più spesso, ma come ben sai Draco per lavoro può spostarsi molto poco… al San Mungo ogni giorno è un’incognita.»
«Sì, lo so… ma non dovete preoccuparvi, ormai io e Lucius abbiamo tanto di quel tempo libero…»
Mi giro dall’altra parte del tavolo, dove mio nonno sta sbraitando per qualcosa che non riesco a capire, mentre mio padre ha la faccia di qualcuno che vorrebbe strisciare via da questa tavola senza farsi vedere. Devo ammettere che non posso dargli tutti i torti.
«Dally…Dussie… come si chiama la tua maledetta elfa, Draco?» brontola.
«Dixie» commenta mio padre, passivamente.
«Ecco, Dixie… portami un bel bicchiere di Whiskey Incendiario, ben invecchiato, mi raccomando!»
«Nonno, lo sai che non potresti» gli faccio notare, consapevole di quanto gli dia fastidio sentirsi dire cosa può o non può fare.
«Sciocchezze» mi dice velocemente. «Portane uno anche a mio nipote.»
Riesco a percepire chiaramente il sospiro di mia madre, accanto a me, e ad immaginare il suo sguardo scioccato. Non so perché mio nonno abbia questa fissa di volermi far probabilmente diventare un alcolizzato, ma i miei genitori non hanno mai osato contraddirlo davvero.
«Ma non lo voglio, dai» continuo, anche se probabilmente non c’è niente da fare. Il nonno insiste, dicendomi che un po’ di sano alcol non ha mai fatto del male a nessuno e che ormai sono praticamente un uomo fatto. E si spinge oltre, dicendo a Dixie di portarne uno anche ad Alec, che fa di tutto per riuscire a rifiutare, ma ben presto sia io che lui ci ritroviamo con un bicchiere di Whiskey Incendiario sotto gli occhi.
Inutile dire che Lily ha quasi le lacrime agli occhi dalle risate, mentre Kelsey cerca di rimanere più composta, seppur con qualche difficoltà.
«Voi, ragazze, volete qualcosa?» domanda allora mio padre, probabilmente per rimediare al fatto per nulla delicato che mio nonno non abbia minimamente pensato a loro, nell’ordinare a Dixie di portarci da bere.
«Ma sì, è l’ultimo dell’anno» s’intromette mia madre, non dando loro il tempo di rispondere. «Possiamo tutti concederci qualcosa.»
«Io credo che Lily vorrebbe un po’ di Idromele» si lascia sfuggire Alec. Io rischio di strozzarmi con il Whiskey, mentre mi appunto mentalmente che Alec non arriverà vivo all’alba: adesso Lily saprà che ho parlato con lui di tutto quello che è successo.
Noto Kelsey fulminarlo con lo sguardo, e capisco che anche lei probabilmente sa qualcosa, quindi o glielo ha detto Lily, che quindi ricorda tutto e ha evitato l’argomento fino ad oggi, o gliene ha parlato Alec mentre venivano qui, dato che sono arrivati insieme.
Mi sta esplodendo il cervello, non ce la faccio più!
«Scorpius?»
Rialzo la testa quando mi accorgo che mia madre mi sta chiamando e mi sta guardando con un accenno di preoccupazione negli occhi. Ho sempre pensato che mia madre sia una donna davvero bella, ha la pelle molto chiara e un viso dolce, i capelli castano chiaro sempre in ordine, e ha dei grandi occhi azzurri, sempre luminosi, ma quando si preoccupa le vengono dei piccoli solchi tra le sopracciglia e il suo volto assume una durezza che non le si addice.
«Sì, che c’è?»
«Aiutami a portare da bere.»
Senza pensarci due volte, mi alzo dalla sedia e seguo mia madre prima nella grande cucina, adiacente alla sala dove solitamente consumiamo tutti i pasti: Dixie sta finendo di lavare i piatti della cena, e noi scendiamo giù in cantina a prendere “un po’ di tutto”. Me ne rimarrei volentieri qua sotto, anche perché bevendo il nonno diventa più scontroso del solito e ho paura che possa fare qualche uscita spiacevole delle sue. È già successo una volta: i nonni mi hanno accompagnato a King’s Cross insieme ai miei genitori e il nonno ha detto qualcosa a proposito del fatto che non riusciva a credere che mi fossi fatto amico una nata babbana come Kelsey – era già stato un duro colpo per lui accettare che fossi amico di una Potter, con Kelsey credo di avergli dato il colpo di grazia, è stato un miracolo se non ci è rimasto secco.
Ricordo che mi sono scusato con lei per una settimana di fila, e che lei ad un certo punto, con il suo perenne sorriso, mi ha detto che non dovevo preoccuparmi, che lo sapeva, che certi anziani erano fatti così e che non ci era rimasta male. Kelsey non sapeva molto della seconda guerra magica, a spiegarle tutto siamo stati noi, a cui invece l’hanno raccontata infinite volte. Ho capito che sarebbe stata davvero mia amica quando le ho detto cosa significa avere Malfoy come cognome e quello che ha fatto la mia famiglia in quegli anni, e lei è rimasta, dicendomi che non importava, perché per lei ero sempre stato “Scorpius e basta”.
«Mamma» dico ad un certo punto, mentre lei sta finendo di sistemare alcune bottiglie su un vassoio d’argento, ce n’è un altro già pronto sul tavolo di legno rustico della nostra piccola cantina. «C’è un modo per evitare che il nonno mi faccia fare figuracce con gli altri?»
Lei mi sorride intenerita e mi indica il primo vassoio. «Porta questo di sopra, e poi andate pure.»
«Davvero?»
«Non credo che vorrete passare la mezzanotte insieme alla nonna che parla di quanto siano eleganti le sue amiche francesi, no?» mi chiede, con un sorriso. «O con il nonno che ormai sarà già ubriaco…»
«Non proprio…»
«E se papà ti dice qualcosa, digli che ti ho dato io il permesso» conclude. «Fidati che non ribatterà.»
 
Siamo finalmente tutti e quattro in camera mia, Alec sta raccontando la barzelletta più noiosa della storia, Lily si è appena finita un pacchetto di apifrizzole e Kelsey sta ascoltando con poca convinzione la barzelletta di Alec.
Come previsto, finita la barzelletta, nessuno di noi ride, lui si finge offeso e ruba l’ultima ape frizzola dalle mani di Lily, scatenando probabilmente la terza guerra magica. Kelsey si alza velocemente dal mio letto, per evitare di essere travolta dagli altri due e mi guarda.
«Ho un’idea per dare un po’ di brio alla serata» mi dice.
«Alec e Lily che si ammazzano a me sembra abbastanza divertente» commento io.
Lei fa un’espressione che trasuda disappunto. «Aspettatemi qui.»
E senza dire nient’altro, esce dalla stanza, lasciandomi con due mine vaganti ed imprevedibili che stanno per strangolarsi a vicenda. Sul mio letto. Forse dovrei intervenire e separarli, o forse dovrei solo vedere chi cade per terra per primo.
Non faccio in tempo a decidere, però, che Kelsey è già tornata e stringe tra le mani un curioso oggetto rettangolare, molto sottile e tutto nero.
«Che cos’è quello?» le chiedo.
«È uno smartphone» mi risponde, come se le avessi appena chiesto la cosa più ovvia del mondo.
Lily smette subito di cercare di uccidere Alec a mani nude, o di fargli vomitare l’ape frizzola che le ha rubato, e scende velocemente dal letto con tutti i capelli in disordine e il vestito nero spiegazzato.
«Lo hai portato?!» le chiede, in fibrillazione.
«Certo che l’ho portato» le risponde Kelsey, soddisfatta.
«I miei nonni ne hanno regalato uno a Rose, per Natale» dice Lily. «Ma lei ovviamente non me l’ha voluto far provare e poi...»
All’improvviso, il viso di Lily si rabbuia. Credo che ripensare al giorno di Natale sia la causa di questo repentino cambio di umore. Si allontana dal piccolo cerchio che abbiamo formato attorno a Kelsey e al suo misterioso oggetto babbano e se ne ritorna sul mio letto, si siede, calcia via le scarpe e si porta le ginocchia al petto. Per una frazione di secondo, incrocio lo sguardo degli altri e dopo mi precipito immediatamente vicino a lei. Kelsey si accomoda alla sua sinistra, mentre Alec rimane in piedi di fronte a tutti noi.
«Che c’è?» tenta dolcemente Kelsey, prendendola per mano. Lily alza lentamente la testa e qualche ricciolo le cade di fronte agli occhi: se lo sistema immediatamente.
«Scusate» inizia. «Ho pensato a… devo dirvi una cosa, così forse potrete darmi dei consigli.»
«Quello che vuoi, Lily» le dice Alec. Io rimango in silenzio, credo di capire esattamente quello  che Lily deve dirci.
E poi mi guarda, come a chiedermi conferma, per essere sicura di star facendo la cosa giusta. Con la testa faccio un leggero cenno di assenso e avvolgo le sue spalle con un braccio.
«È che… ho scoperto cosa è successo tra i miei genitori. Cioè, in realtà è stato mio padre a dirmelo, e anche ad Albus e a James solo che…»
«Che vuol dire che è stato tuo padre? Non vi hanno detto nulla per mesi e adesso di punto in bianco vi hanno…» comincia Kelsey, ma Lily la blocca immediatamente, senza neanche lasciarle finire la domanda.
«Io avevo in mente un’altra cosa. Ho convinto James ed Albus ad andare a Notturn Alley a cercare del Veritaserum, l’avevamo anche trovato, ma il venditore era un pazzo ex contrabbandiere che voleva delle gocce del mio sangue al posto del denaro, ma questo non c’entra niente… il fatto è che ci hanno scoperti e ci hanno portato dritti al Ministero da papà e… e arrivata a quel punto io volevo sapere. Così lui ce lo ha detto.»
«E che cos’è successo?» le chiedo, mi accorgo di avere la voce tremante. Ho quasi paura di scoprire cosa le ha arrecato tanto turbamento.
«Io… io avevo pensato a qualsiasi cosa, ve lo giuro» risponde, guardandoci uno ad uno. La vedo incerta, come se avesse paura ad ammettere a voce alta quello che è successo. «Le avevo pensate tutte, ma non mi ero spinta fino ad immaginare che… che mio padre potesse tradire mia madre.»
Mi sento un nodo in gola che non riesco a sciogliere. Deglutisco più volte, ma lui rimane lì, e mi fa sentire come se nella stanza non ci fosse abbastanza aria da respirare. La sensazione di impotenza che mi ha travolto la prima sera che Lily ha passato qui, a casa mia, è tornata e mi sta facendo sentire malissimo. Sì, perché come faccio io, adesso, a cancellare tutto questo con le mie sole forze? O come può pensare, Kelsey, che stringendole forte la mano e sporgendosi per abbracciarla possa risolvere tutto? Una forza invisibile, tuttavia, mi spinge ad aggiungermi all’abbraccio delle due ragazze, a posare la testa sulla spalla di Lily. Anche Alec ci travolge, mentre sento come un’eco lontana la voce di Kelsey, che dice: «Mi dispiace tanto, Lils.»
Anche io vorrei dirle che mi dispiace, se non fosse che non è esattamente dispiacere, l’emozione che sto provando, è un miscuglio indefinito tra delusione, frustrazione e tristezza. No, sono anche profondamente arrabbiato e incredulo, fatico quasi a credere che possa essere successa una cosa del genere: non si direbbe mai, a guardare la famiglia Potter dall'esterno, che possano esserci problemi di tale calibro. Provo per un secondo a mettermi nei panni di Lily, ma mi risulta estremamente difficile. Come avrei reagito io, al suo posto? Cosa avrei fatto se avessi scoperto che mio padre fosse stato con una donna che non è mia madre? Non penso di esagerare se la prima cosa che mi viene in mente è che gli avrei come minimo tolto la parola, ma non riesco ad andare oltre, perché non mi ritengo in grado di sopportare una delusione del genere, e poi perché conosco i miei genitori, so tutto quello che hanno passato, e so che dietro le battutine di mio padre e i rimproveri di mia madre c'è una quantità spropositata d'amore e sarei pronto a giurarci senza alcuna remora.
Ma ora che ci penso, se Lily non mi avesse mai detto tutto questo, non avrei mai esitato ad affermare che anche tra i suoi genitori ci sia lo stesso tipo di amore che lega i miei.
E come fa lei, adesso, a sopportare tutto questo?
«Ne ho parlato con mia madre» aggiunge ad un certo punto, dopo che abbiamo sciolto l’abbraccio, facendoci un debole sorriso. «Lei dice che devo fidarmi di loro, perché stanno cercando di rimettere tutto a posto. Ma io trovo difficile fidarmi di loro, adesso.»
«Forse devi farlo e basta» le dice dolcemente Kelsey. «Forse stanno davvero provando a far tornare tutto alla normalità.»
«Non lo so, ci crederò solo quando li vedrò essere gentili l’uno con l’altra» dice ancora, sospirando.
«Credo sia un po’ difficile essere gentili, se è successa una cosa del genere» le dico, cercando di essere il più cauto possibile. «Non… non ti hanno detto nient’altro?»
«Quando mio padre e i miei fratelli sono tornati a casa sono andata di sopra e ci sono rimasta fino alla mattina dopo, quando ti ho chiesto di venirmi a prendere.»
«E i tuoi fratelli come l’hanno presa?» le chiede Alec. Lily scuote la testa senza dire niente, e credo significhi che forse non hanno avuto modo di parlarne.
«James è venuto a chiamarmi per cena, ma non sono scesa. E poi Albus mi ha portato lo sformato di patate riscaldato» dice a bassa voce, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso. «Ma quando Scorpius è venuto a prendermi, Albus dormiva ancora e James era andato a casa di Teddy… quindi non… non so cosa ne pensino loro.»
«Capito…»
«Ma adesso basta! Mi sento meglio adesso, avevo solo bisogno di dirlo a qualcuno.»
«Sicura?» le chiede ancora Alec, che nel frattempo si è seduto per terra a gambe incrociate.
Lei annuisce con convinzione e, con uno scatto, prende l’aggeggio strano dalle mani di Kelsey e si alza dal letto. Fa sempre così, quando è davvero triste: smette di parlarne, per allontanare da sé i cattivi pensieri. È una forma di difesa che riesco a comprendere alla perfezione, perché è la stessa cosa che faccio anche io. Né io né Lily amiamo particolarmente lamentarci dei nostri problemi, si soffre il doppio. «Allora, che ci dobbiamo fare con questo, esattamente?»
«Innanzi tutto, cosa sarebbe questo coso esattamente?» domando, mentre Alec si alza velocemente da terra per raggiungere Lily.
«È un telefono, con cui puoi chiamare altre persone» risponde Kelsey, che si va a riprendere il telefono. «Ma puoi anche utilizzare Internet e un sacco di applicazioni, ma io l’ho portato principalmente per…»
«Che cos’è Internet?» s’intromette a questo punto Alec.
«Lasciamo perdere, ci metterei troppo a spiegartelo» borbotta Kelsey, mentre tocca un punto in mezzo all’aggeggio e questo si illumina improvvisamente, rivelando una fotografia. È quasi… magico!
«Praticamente è un posto dove puoi trovare qualsiasi cosa tu voglia cercare» risponde frettolosamente Lily, che poi ritorna a guardare rapita, come me del resto, quello che sta facendo Kelsey. Tocca la superfice del telefono e quello che vi è raffigurato sopra muta completamente ad ogni tocco: adesso, per esempio, è diventato tutto nero con alcune scritte bianche e delle immagini rettangolari vicino.
«Adesso mettiamo un po’ di musica, scacciamo via tutti i brutti pensieri!» esclama Kelsey, mentre muove il pollice verso l’altro e le scritte bianche cominciano a scorrere velocissime. Ad un certo punto si fermano, Kelsey tocca con il dito una scritta e dal telefono comincia a sentirsi della musica, delle voci che cantano armoniose e nulla di tutto questo ha a che vedere con il pianoforte incantato di poche ore prima.
 
Wildflower
Wildflower

I hear you callin' up my name
I love the sound, I love the taste

And I can see it in your face
You've got a side you can't explain

 
Kelsey posa il telefono sul mio comò, lasciando che la musica invada l’aria presente nella stanza, poi lei e Lily cominciano ad ondeggiare insieme, mano nella mano, al ritmo della canzone che, almeno per adesso, è calmo e controllato, quasi rilassante. Kelsey sorride e Lily cerca di togliersi le lunghe ciocche di capelli rossi che le cadono di fronte al viso ad ogni movimento troppo ampio. Alec le osserva curioso, mentre io mi chiedo se i movimenti che stanno facendo abbiano un senso o meno. Probabilmente no, se li stanno inventando sul momento.
Adesso Alec si è messo a ridere, a causa di Kelsey, che prima ha puntato l’indice e il medio della mano sinistra verso il suo viso, e poi li ha rivolti verso Alec, come a volergli dire “ti tengo d’occhio”, cercando forse di riprodurre il significato della canzone. Lily si è avvicinata a lui per tirarlo dentro con la forza, nonostante Alec stia dicendo qualcosa di incomprensibile sul fatto che non vuole fare parte di questa baggianata. Io faccio qualche passo indietro, fino a sbattere il retro delle mie ginocchia contro il morbido materasso del mio letto, e rimango lì in piedi ad osservare il divertente teatrino.
 
You're tellin' me, you're tellin' me, you're tellin' me you wanna come over
You wanna be, you wanna be, you wanna be, you wanna be closer

I love it when you wear your hair down over your shoulder
'Cause I wanna hold ya
'Cause I know where tonight is going

 
Come previsto, Alec si è fatto coinvolgere e adesso anche lui, stranamente in linea con i tempi ancora lenti della musica, si sta cimentando in mosse che dovrebbero avere, nel suo immaginario, un non so che di sensuale, ma che risultano solo incredibilmente buffe, come confermato dalle sonore risate di Lily e Kelsey, che quasi coprono le note della canzone. I capelli di Lily continuando ad andare dove vogliono loro, e lei sta ogni secondo a cercare di riportarli dietro le orecchie, da dove continuano a sfuggire. Mi perdo nel movimento ondulatorio e ipnotizzante dei suoi capelli mossi, che sobbalzano ad ogni movimento della sua testa. Lei forse comincia a sentirsi un po’ osservata, perché poco prima che la strofa finisca, mi guarda e sorride, e poi si lancia verso di me, stringendomi i polsi in una morsa inaspettatamente delicata e piacevole, costringendomi ad avvicinarmi a loro e ad unirmi a quell’assurdo balletto.
 
You're the only one who makes me
Every time we
I'll tell you what I like
My wildflower

You know you are my favorite fantasy
A fatal love song, waterfall is overflowin

 
Adesso il ritmo esplode e acquista velocità, Kelsey è decisamente la più coordinata di tutti, mentre il peggiore è Alec, che sta sbagliando tutto. Io non sto capendo molto di questo che sto facendo, perché mi limito a muovere avanti e indietro i piedi. Lily sembra invece aver preso alla lettera le parole di Kelsey e si muove saltando qua e là, agita le braccia in aria ed è interamente presa da un moto frenetico, che tuttavia non risulta scoordinato o sgraziato, al contrario, è perfetto così com’è.
Lily è a tutti gli effetti un vero e proprio fiore selvatico: senza che nessuno abbia mai frenato la sua voglia di vita, sempre alla ricerca del sole e della sua luce, ma anche della pioggia e del suo potere lenitivo e rigenerante, è forte e bellissima e in questo momento mi sembra indistruttibile, nonostante nemmeno cinque minuti fa ci stesse raccontando di qualcosa che pareva averla prosciugata di ogni linfa.  Ma adesso capisco che in realtà, per quanto la si possa calpestare, lo stelo che la sorregge è incredibilmente robusto, più di quanto non appaia. E proprio come un fiore selvatico, Lily non la si può controllare in nessun modo, non si può recidere senza provare nemmeno un po’ di vergogna. E mentre mi afferra di nuovo la mano, io alzo il braccio in alto e lei fa una giravolta, per poi quasi cadermi addosso.
 
I see the color in your face
It makes me smile, it makes me shake
I see the shadow in my brain
And I like its look, and I like its shape

 
Scoppia a ridere, il suo viso è arrossato dall’affanno e, ancora una volta, mi ritrovo investito da una sensazione di totale impotenza, ma questa volta è diversa: è meravigliosa e travolgente.
E mentre mi domando come sia possibile che in dieci giorni tutto sia cambiato così velocemente, per me, subito un altro milione di domande mi invade i pensieri, impedendomi di ascoltare la canzone, di capire quanto sta scorrendo veloce il tempo. E mi ritrovo a stringere entrambe le mani di Lily, che adesso è tornata a muoversi piano, proprio come prima faceva con Kelsey.
Solo che adesso lo sta facendo con me.
Non ho idea di quando ha cominciato a prendere forma l’idea che Lily per me rappresentasse molto di più che la mia migliore amica, forse c’è sempre stata, oppure è germogliata così in silenzio che me ne sono accorto solo nel momento in cui ho avvertito del pericolo, come se qualcosa mi avesse colpito forte alla testa e mi avesse fatto aprire gli occhi. E stranamente, tutto ciò che ho visto da quel momento in poi, mi è piaciuto da morire.
 
You're the only one who makes me
Every time we
I'll tell you what I like
My wildflower

Wildflower

 
Neanche riesco ad accorgermi che la canzone è finita e nella stanza è ripiombato di nuovo il silenzio, spezzato solo dai nostri respiri affannati.
«È la peggior canzone di sempre!» esclama Alec, con il fiatone e lo specifico intento di far arrabbiare Kelsey.
«Ma per favore!» esclama proprio quest’ultima. «Che ne sapete voi di musica babbana?»
«A me è piaciuta» s’intromette Lily, per poi buttarsi a peso morto sul mio letto.
«Carina» borbotto io, ma solo per non dare soddisfazione a Kelsey, che mi guarda insospettita. Capisco che le è appena venuta un’idea, perché non si sta adoperando per rispondermi a tono, e questo è già di per sé preoccupante. Inoltre, si è appena scambiata uno sguardo d’intesa con Alec, e se lui sa cosa le sta passando per la testa, la faccenda è doppiamente preoccupante.
«Senti, Scorp, perché tu e Lily non andate giù a prendere qualcosa da bere? Mi è venuta una sete!» mi chiede. Non dubito sul reale bisogno di bere, ma mi convinco che non è casuale la richiesta di andare a prendere qualcosa assieme a Lily.
«Magari anche qualche alcolico avanzato dalla cena?» aggiunge Alec, facendo un sorriso che vuole sembrare innocente, ma che di innocente ha ben poco, se non nulla.
Io mi giro verso Lily, che nel frattempo si è tirata su e si sta aggiustando i capelli arruffati, legandoseli dietro alla testa. Mi chiedo se abbia sentito, ma ottengo la mia risposta quando si alza e mi raggiunge, mettendomi una mano sulla spalla.
«Faremo questo sacrificio.»
 
Siamo riusciti a sgattaiolare in cucina senza che nessuno ci vedesse, ma le bottiglie aperte durante la cena sono scomparse: evidentemente Dixie se ne è già disfatta, così io e Lily riempiamo semplicemente qualche bottiglia d’acqua. Riesco a sentire il disappunto di Alec fin quaggiù.
«Dici che i tuoi se ne accorgono se prendiamo davvero qualcosa dalla cantina?» mi domanda ad un certo punto Lily, che come me sa già immaginando lo sguardo deluso di Alec e il muso che ci metterà per quindici, lunghissimi minuti se non portiamo di sopra almeno qualcosa di alcolico.
«Non penso, in genere laggiù ci va solo Dixie, ma posso chiederle di coprirci» rispondo, chiudendo una delle bottiglie di vetro che abbiamo riempito. Lei sorride dolcemente, abbassando lo sguardo sulle mattonelle scure del pavimento.
«Che c’è?» le chiedo, appoggiandomi ad un bancone per poter guardare nella sua direzione.
«Niente, è solo che… è bello che siate tutti così gentili con lei» risponde, dopo aver rialzato lo sguardo su di me.
«Perché, è strano?» le domando, aggrottando le sopracciglia. È da quando ne ho memoria che Dixie è parte integrante della mia famiglia e sono sempre stato abituato a volerle bene.
«Beh, adesso magari non lo so, ma mia zia Hermione dice che anni fa gli elfi domestici venivano davvero maltrattati…pensa che quando era a scuola aveva fondato una specie di comitato per tutelare i loro diritti» mi dice.
«Considerando dove lavora, ha avuto successo» ribatto io, alzando le spalle.
«In realtà no» sospira Lily, sorridendo ancora. Vorrei davvero baciarla di nuovo. «A quanto pare, ad un sacco di elfi domestici piace fare quello che fanno.»
«Forse è perché adesso nessuno li tratta più come una volta?» chiedo, e faccio un breve passo verso di lei, che si trova appoggiata al bancone addossato al muro opposto rispetto a dove mi trovo io.
«Forse» sospira. «Scendiamo?»
E così mi sfugge, passandomi velocemente davanti agli occhi, e si dirige verso le scale di mattoni che portano alla cantina nel seminterrato. Senza dire niente annuisco e la seguo, non appena siamo entrambi di sotto, con un colpo di bacchetta accendo la luce.
«Cosa prendiamo?» mi domanda, mentre comincia a guardarsi intorno, tra i vari scaffali.
«Quello che vuoi» le rispondo. Non ho voglia di bere, mi sento già completamente fuori dal mondo di mio, senza che ci si metta anche l’alcol a complicare le cose.
«Non me intendo, lo sai» ribatte, soffocando una risatina. Si volta di nuovo verso di me. «Ma non dire Idromele anche adesso, altrimenti è la volta buona che ti ammazzo.»
Sorrido, ripensando a quando, sia io due sere fa, che Alec stasera abbiamo ironizzato su questo maledetto Idromele, riferendoci alla serata della festa del Ceppo di Yule.
Un’evidente riprova del fatto che non mi serve l’alcol per mandare ancora di più il mio cervello in pappa sono le parole che mi escono dalla bocca un secondo dopo.
«Ma allora te lo ricordi, quello che è successo con l’Idromele?»
E in questo preciso istante, vorrei che qualche maledizione mi piombasse addosso e mi facesse sprofondare nel pavimento, vorrei che qualcuno scopra che siamo venuti qui sotto a prendere qualche cosa da bere, vorrei che succedesse qualsiasi cosa che possa impedirle di rispondere, perché non so se voglio davvero sapere la verità, adesso.
Perché Lily smette di sorridere e comincia a scrutarmi di nuovo con quel suo sguardo indecifrabile, gli occhi castani e quelle sfumature dorate che sembrano poter prendere fuoco da un momento all’altro. Spero davvero che mi ammazzi.
E invece, quello che fa, forse è solo peggio.
«Certo che me lo ricordo» risponde, completamente atona. La sua voce è ferma e composta, non tradisce alcuna emozione: non riesco a capire se è triste, felice o arrabbiata. E in ogni caso, lei lo ha sempre saputo e ha sempre fatto finta di niente.
Cazzo, lo sapevo! Lo sapevo che non dovevo parlargliene! Ma ormai ci sei, deficiente, tanto vale continuare.
«E perché non ne hai mai fatto parola?» le chiedo, cercando di rimanere calmo.
«Perché neanche tu lo hai mai fatto» risponde prontamente lei, allontanandosi dagli scaffali che stava esaminando. «Pensavo ti stesse bene così.»
«E a te sta bene così?» le chiedo, raggiungendola. Siamo accanto alle scale, adesso, e lei si volta di scatto verso di me: riesco a vedere chiaramente che le sue guance stanno assumendo un colorito paonazzo e, forse, se potesse, mi ammazzerebbe davvero.
«A te, invece, sta bene così?» ribatte con una domanda semplicissima, ma a cui non so come rispondere. No che non mi va bene così, ma che succede se adesso le dico la verità? Decido di giocare al suo stesso gioco.
«Secondo te?» le chiedo ancora, alzando la voce. Non riesco più a sembrare tranquillo, a fingere che la cosa non mi tocchi e so che probabilmente sto sbagliando, ma non riesco più a controllare le mie emozioni.
«Non lo so!» esclama, mettendosi le mani nei capelli. Indietreggia leggermente, fa una smorfia di dolore quando le sue spalle sbattono con poca delicatezza contro il muro di pietra. «Non lo so…»
Rimango per qualche secondo in silenzio di fronte a lei, mi sta guardando negli occhi, ma adesso il suo sguardo ha perso la compostezza e ogni mistero, adesso riesco a vedere chiaramente ogni suo pensiero, anche se non riesco a controllare i miei, a metterli in ordine e a dare loro un senso.
Avevano senso, quando Lily ti ha baciato in mezzo alla Sala Grande? Assolutamente no.
E decido che i miei pensieri non devono necessariamente avere senso nemmeno adesso, e quindi provo addirittura a sopprimerli e ad azzerarli, quando faccio un passo avanti, riducendo drasticamente la distanza fra di noi; mi sento la mente piacevolmente vuota, come non la sentivo da giorni, quando le mie dita, incredibilmente fredde, bruciano venendo a contato con le guance bollenti di Lily; e probabilmente qualcosa mi uccide davvero quando la bacio.
Ma stavolta è tutto diverso. Se alla festa ricordo tutto come se fosse successo al rallentatore, adesso tutto quello che faccio sembra andare alla velocità della luce; alla festa, Lily mi ha baciato delicatamente, senza fretta, c’era dolcezza in ogni nostro gesto, mentre adesso c’è poco di delicato nei suoi capelli stretti e aggrovigliati nelle mie dita e nelle sue mani che stringono il tessuto della mia camicia, adesso più che dolce mi sento disperato e sento un forte bisogno di sentirla sotto le dita, di capire che è tutto vero e che non mi sto immaginando niente.
Nella mia testa, tutto sembra essere durato meno di un secondo e quando mi scosto leggermente da lei, per guardarla di nuovo, credo davvero di essere morto: Lily è ancora appoggiata al muro, immobile, ma ha i capelli in disordine, il volto in fiamme e fa dei respiri profondi con la bocca aperta, le sue labbra sono lucide.
«Adesso mi sta bene» sospiro, con un po’ di fiatone. Lei non dice niente e si limita a guardarmi. Mi sento meravigliosamente bene, e neanche il suo strano silenzio riesce a disarmarmi. Mi sposto e mi appoggio al muro accanto a lei, aspettando che dica o faccia qualcosa.
Ma Lily non fa niente, e rimane a guardare gli scaffali pieni di bottiglie addossati alla parete di fronte a noi.
«Guarda che, se vuoi, facciamo finta che non sia successo nulla» comincio. «E lasciamo che non esca da questa cantina.»
«A me non stava bene, prima» dice, finalmente, ma senza ancora guardarmi.
«E adesso?» le chiedo.
«Adesso ho paura» sospira, abbassando la testa. Quando la rialza è tornata a guardarmi. «Ho paura che possa finire tutto, come è successo ai miei.»
«Io non farei mai quello che-» inizio, ma Lily mi afferra le mani e comincia a scuotere la testa, interrompendomi.
«Non ho paura di quello» continua. «Ho paura che adesso sarà tutto bello e semplice, ma tu che ne sai di quello che succederà tra un mese, o ancora più avanti?»
«È questo il punto, Lils…» le dico, sfiorandole la guancia. «Non lo puoi sapere, ti devi buttare.»
«Lo stai dicendo ad una che ha sempre calcolato tutto, io non-»
«Non hai calcolato di diventare Prefetto, eppure mi pare che finora tu abbia fatto un ottimo lavoro» le dico. «Non hai calcolato un sacco di cose nella tua vita, Lils, ma non significa che debbano andare male perché non le hai previste.»
«Io voglio stare con stare te, Scorpius» mi dice ad un certo punto, risoluta, con la voce ferma e decisa. Anche il suo sguardo muta e s’indurisce leggermente, senza però perdere il suo calore. «Ma non voglio che insieme a noi ci siano anche tutte le mie paure.»
«A me non danno fastidio le tue paure.»
«Sul serio?» chiede, mentre tutto il suo viso si rilassa e assume un’espressione sorpresa
«Non mi hanno dato fastidio negli ultimi cinque anni, perché dovrebbero farlo adesso?» ribatto io, scrollando le spalle. «Alla fine, non cambierà poi molto…»
Sorride di nuovo adesso e si avvicina me, stavolta è lei che mi fa ritrovare con le spalle al muro. Mi passa le braccia dietro al collo.
«Siamo sempre io e te, no?» mi domanda. «Lily e Scorpius»
«Saremo sempre io e te» sussurro, a pochi centimetri dalla sua bocca. La bacio un’altra volta, oppure è lei che adesso bacia me. Non importa saperlo, mi importa solo che adesso mi sento scorrere nelle vene così tanta adrenalina che sarei capace di… di vincere da solo contro l’intera squadra dei Grifondoro, di rimanere sveglio per due giorni di fila, di prendere il massimo dei voti in tutte le materia.
Mi sento come se mi fossi scolato un litro intero di Felix Felicis e assolutamente niente sulla faccia della Terra potrebbe rovinarmi l’umore, in questo momento. Nemmeno il fatto che ci siamo dimenticati di prendere non solo gli alcolici, ma anche le bottiglie d’acqua che avevamo preparato sul ripiano della cucina; nemmeno Alec che sta sbraitando contro di noi e mi sta di nuovo trascinando di sotto, minacciandomi in tutte le lingue che conosce; e nemmeno mia madre che ci becca a risalire le scale con due bottiglie d’acqua e due di gin tra le braccia.
 

Ciao a tutti! ♥ AHH, AIUTO, non so da dove iniziare. Allora, partiamo dal fatto che con questo capitolo ho un rapporto di amore e odio. Amore perché finalmente siamo arrivati a questo secondo fatidico bacio, più consapevole e più importante del primo e perché sono riuscita a finirlo, perché vi giuro che sembrava che non riuscissi mai ad arrivare al punto, e poi perché finalmente i nostri testoni si sono finalmente arresi ai loro sentimenti. ♥ E odio perché sono sicura che poteva essere reso meglio, ma mi sono letteralmente prosciugata e sono scesa a patti con me stessa e con il fatto che non sarei riuscita a modificare nient'altro.
Trovavo carina l'idea di far sentire un po' di musica del mondo babbano - e infatti la canzone esiste veramente, è "Wildflower" dei 5SOS, sto in fissa con il nuovo album e mi hanno gentilmente ispirata nella stesura del capitolo xD - dato che Kelsey appartiene a quel mondo, a differenza di tutti gli altri che, bene o male, sono nati e cresciuti nel mondo magico.
Spero di essere riuscita a rendere bene anche Lucius e Narcissa: sappiamo che dopo la seconda guerra magica i Malfoy hanno perso il loro prestigio, e mentre ho voluto far redimere Draco e comunque fargli riacquistare un posto di rispetto nela società magica, Narcissa e Lucius li vedo un po' come se fossero stati quasi costretti ad andarsene per sempre dall'Inghilterra, ma dato che comunque non erano degli straccioni e avevano i soldi a proteggerli, gli è andata piuttosto bene e adesso vivono di rendita in Francia. Mica scemi. Ho voluto poi fare Lucius un po' ubriacone: mi ha fatto venire l'idea una dichiarazione dell'attore che lo interpreta nei film, Jason Isaacs, che ha detto che secondo lui, Lucius,distrutto da Azkaban e dalla caduta di Voldemort, avrebbe continuato il resto della sua esistenza a dipendere dall'alcol fino addirittura a morirne. Ora, io non sono stata così tragica, ma il vizio dell'alcol mi è venuto in mente grazie alla sua intervista xD
Fine delle mie dovute spiegazioni, che stanno diventando sempre più frequenti. Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, o che vi abbia almeno un po' emozionato, io scrivendolo non riuscivo a starmene buona e calma nemmeno per un minuto :')
Mi mando un abbraccione, al prossimo capitolo, dove torneremo in casa Potter ancora per un po' :3 ♥
Mars

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Capitolo 29
*** Una porta chiusa ***


XXIX – ALBUS
 
Una porta chiusa
 
«In parole povere, questo è quello che è successo.»
Sono sdraiato sul mio letto, gli occhi rivolti verso il soffitto bianco, mentre tra le mani mi rigiro una pallina antistress vecchia, rovinata, edi un blu ormai sbiadito.
Frank è seduto sul tappeto accanto al mio letto a gambe incrociate e dopo aver fatto un bel respiro, tutto quello che dice è: «Bella merda.»
E io non avrei saputo sintetizzare meglio tutta la faccenda.
«Già» gli rispondo. «All’inizio è stato… strano? Però una parte di me l’ha sempre immaginato.»
«Io non so cosa fare per aiutarti, Al. Sono sincero» sospira il mio migliore amico, io mi volto verso di lui e incrocio il suo sguardo dispiaciuto. E come posso dargli torto? «Quindi se posso fare qualcosa, basta che chiedi, lo sai.»
«Non c’è bisogno» gli dico, tirandomi su a sedere. Gli lancio la pallina, cogliendolo completamente alla sprovvista: la smorfia che fa quando se la ritrova tra le braccia mi fa sorridere divertito. «L’unica cosa che devi promettermi è che non lo dirai a nessuno. Specialmente ai tuoi.»
«Mi porterò questo segreto nella tomba, promesso» risponde, mi rilancia la pallina e poi si mette una mano sul petto, con fare teatrale.
«Se scoprono che questo fattaccio è uscito fuori da questa casa sono morto» commento. Mamma e papà non mi hanno detto esplicitamente di tenere la cosa segreta, ma credo che non vogliano che si sappia in giro. Tuttavia, Frank è il mio migliore amico e dovevo dirlo a qualcuno, confrontarmi con una persona esterna alla famiglia. Non nego che mi abbia fatto bene, ma è meglio che i suoi genitori non lo sappiano: suo padre Neville, oltre a essere il nostro professore di Erbologia, è anche un grande amico dei miei genitori.
«Non lo dirò a nessuno. Se vorrai lo dirai a Bellamy e Derek. Magari possono darti altri consigli» dice Frank. Si alza da terra e si viene a sedere accanto a me.
«L’avevo dato per scontato, certo che glielo dirò» rispondo. «E poi sto bene. Nel senso, passerà come passa ogni cosa. E tra una settimana si torna a scuola. Lì la mia routine ricomincerà inesorabile.»
«Per tua routine intendi fare comunella con Malfoy contro Burke?» mi chiede Frank, dandomi una gomitata.
«Perché no?» rispondo, sorridendo. «Dovremo recuperare ben due settimane di scherzetti.»
Veniamo interrotti da James che, senza nessun tatto e senza preoccuparsi minimamente di bussare, spalanca la porta con un grande sorriso sulla faccia.
«È tornata.»
Non dice altro, e se ne va. Lascia la porta aperta e si sentono i suoi passi pesanti sui gradini delle scale.
«Chi è tornata?» mi chiede Frank, visibilmente confuso.
«Mia sorella» gli rispondo, alzandomi velocemente dal letto per scendere di sotto a salutarla. La piccola, tenera serpe ha pensato di rifugiarsi da Malfoy per cinque giorni, lasciando me e James da soli a cenare con mamma e papà tutte le maledette sere. Come ho fatto a non pensare anche io ad una cosa del genere, Merlino solo lo sa. Tuttavia, scappando avrà preservato la sua sanità mentale, ma si è persa un sacco di cose, per questo motivo io e James dobbiamo assolutamente aggiornarla.
Quando io Frank raggiungiamo il salotto, papà sta sistemando il suo mantello e quello di Lily sull’appendiabiti, mentre lei è stravaccata sul divano e tiene le braccia attorno alla pancia, per difendersi da James che ha cominciato a farle il solletico.
«Dai J-Jamie… ahaha… ti prego, sono stanca morta» si lamenta, tra le risate.
«Stanca morta? Che hai combinato con Malfoy per essere stanca morta, eh?» continua a prenderla in giro nostro fratello. Lily, tuttavia, che non si fa beffare così gratuitamente, non perde tempo a togliersi il cuscino imbottito da sotto la testa e ad usarlo per cominciare a colpire James.
«James, smettila di dare fastidio da tua sorella» lo riprende velocemente papà, senza sortire alcun effetto.
«Tutto a posto?»
Mi volto e quasi mi sorprende vedere mamma rivolgersi a papà così tranquillamente, rivolgergli una domanda normalissima. Mi stupisce però ancor di più ascoltare papà rispondere che i Malfoy sono stati straordinariamente gentili.
Rabbrividisco.
«Ehi! Non si saluta?» esclamo, cominciando ad avanzare verso il divano dove adesso il povero James sta soccombendo sotto le cuscinate di Lily, che sembra piuttosto energica per essere “stanca morta”. Lei si ferma, concedendo a James una breve tregua, e dopo essersi sistemata i capelli mi raggiunge e mi abbraccia con slancio, quasi stritolandomi.
Se non altro, a quanto vedo, questi giorni lontana da qui le hanno fatto senz’altro bene: è davvero radiosa, ha una strana luce negli occhi e sembra piena di adrenalina.
«Ciao, Al» mi dice finalmente. Posa lo sguardo anche in un punto poco dietro di me, e sempre con un grosso sorriso saluta anche Frank.
«Menomale che eri stanca morta, eh?» le dice lui scherzosamente. Lily ride e non tarda a rispondere.
«È così, sento che potrei cadere per terra da un momento all’altro. Stanotte siamo andati a dormire alle cinque, ma io comunque non sono riuscita a prendere sonno, quindi saranno più di ventiquattro ore che non dormo, solo che allo stesso tempo mi sento piena di energie!»
«Si chiama iperattività» commento, poi le prendo delicatamente la mano. «Andiamo su, dobbiamo parlarti.»
James, non appena sente le mie parole, si rimette in piedi e ce ne andiamo tutti e quattro di sopra: io e Frank con la scusa di andare a fare i compiti per le vacanze, Lily con la scusa che si sarebbe messa a riposare un po’, e James con la scusa di portare di sopra la piccola valigia di Lily. Così ci ritroviamo di nuovo chiusi in camera mia, solo che stavolta Lily  e James si sono appropriati indebitamente del mio letto, mentre Frank è tornato al suo posto preferito, cioè sul tappeto, e io ho preso la sedia della mia scrivania e l’ho avvicinata a tutti loro.
«Che mi dovete dire?» domanda Lily, sistemandosi a gambe incrociate.
«Ti aggiorniamo. Tu te ne sarai anche andata nella tana del nemico per quasi una settimana, ma noi siamo rimasti al fronte con le testate nucleari pronte a farci saltare in aria» rispondo. Lily, decisamente poco convinta dalle mie metafore, prima alza un sopracciglio e poi si mette a guardare Frank.
«Un momento… Frank sa tutto?» chiede.
«Sì, so tutto, ma ho giurato di non dirlo a nessuno» risponde velocemente Frank, alzando le mani verso l’alto.
«Non essere così sorpresa, anche tu avrai detto tutto a Malfoy e ai tuoi amici» taglio corto. Lei mi fa la linguaccia. «Comunque, James, a te l’onore.»
«Andando in ordine cronologico, ricordi che il giorno che te ne sei andata zia Hermione era a casa, no? Ecco, è rimasta anche a pranzo e lo zio Ron l’ha raggiunta. Dopo io e Albus abbiamo trovato in mansarda uno dei primissimi modelli delle Orecchie Oblunghe di zio George e abbiamo ovviamente origliato tutto quello che si sono detti. Ha avuto l’idea più geniale di tutti i tempi e ha consigliato a mamma e papà da andare da un terapista di coppia» inizia James.
«Che sarebbe, scusate? Forse me l’avete detto, ma l’ho dimenticato» s’intromette Frank, aggrottando le sopracciglia.
«Una persona che aiuta, appunto, le coppie a risolvere i loro conflitti. Maghi o babbani, queste cose sono una merda per chiunque» rispondo velocemente io, poi mi volto verso Lily e la vedo annuire.
«Mi sembra una buona idea» dice. «E poi?»
«E poi abbiamo scoperto che… beh, ricordi quando questa estate papà è tornato a casa con un occhio nero e ha detto che se l’era fatto mentre stava inseguendo un criminale, ma poi per fargli perdere le sue tracce dei suoi complici lo hanno preso a pugni?»
«No…» dice Lily, scrollando le spalle.
«Beh, non importa. Ciò che importa è che non c’è mai stato nessun inseguimento e nessun complice. Lui e lo zio Ron si sono presi a botte.»
«Aspetta, che cosa?!» esclama Lily, quasi saltando in piedi. La sua reazione sarebbe addirittura divertente, in un altro contesto. «E questo come l’avete saputo?»
«Ce l’ha detto mamma…» mormoro.
«Porca Circe, non ci posso credere!» esclama ancora, stavolta mettendosi le mani tra i capelli.
«Beh, cosa ti aspettavi? Lo zio Ron è lo stesso che lo scorso Natale si è dichiarato pronto a tagliare le mani a chiunque si avvicini a Rose…» borbotta James, soffocando una risatina. «Sinceramente, se un ragazzo ti facesse stare male, anche io farei lo stesso.»
«Sì, ma… lui e papà sono amici da… da sempre!»
«Appunto» continuo io. «È come se… come se tu e Frank vi metteste assieme e poi lui facesse lo stronzo. Non mi importa che è il mio migliore amico, gli spezzerei le gambe!»
A tutti noi viene da ridere per l’esempio buffo e assolutamente improbabile che ho fatto, ma la sostanza è quella. Io non ho dato tutti i torti allo zio… alla fine, mamma è sua sorella e io farei lo stesso per Lily.
«Però poi si sono chiariti, credo che la mamma sia intervenuta in qualità di intermediatrice» la rassicuro. «Gli avrà detto che se stava cercando di perdonarlo lei, di sicuro poteva farlo anche lui.»
«Ultima cosa» continua James, attirando nuovamente l’attenzione su di sé. «Nessun altro in famiglia, eccetto zia Hermione, zio Ron e la nonna, lo sa. Non dobbiamo dire niente a nessuno di loro. Per me è stato difficile mantenere il segreto con Teddy e Vic, ma cercate di fare lo stesso con gli altri, va bene?»
«Il nonno non lo sa?» chiede Lily, ad un tratto visibilmente preoccupata.
«No» rispondo con un filo di voce. «Mamma dice se lo sapesse gli verrebbe un colpo, nessuno di loro ha avuto il coraggio…»
«Che situazione del cazzo…» sospira Lily, appoggiando la fronte ai palmi delle mani.
E per la seconda volta in un giorno, non saprei fare una sintesi migliore.
 
Questa sera, dopo che Lily ha passato gran parte del pomeriggio a dormire indisturbata, siamo per la prima volta tutti e cinque insieme a cena e sembra che tutto sia ricoperto da un sottile velo di normalità. Papà ha chiesto a Frank di fermarsi, ma lui ha inventato una scusa ed è tornato a casa sua, nel villaggio di Hogsmeade. Verso le otto, mamma mi ha chiesto di andare a svegliare Lily, ma quando sono entrato in camera sua, la luce era accesa e lei se ne stava semplicemente sdraiata sul letto a guardare nel vuoto.
Con un po’ di preoccupazione, le ho chiesto se andasse tutto bene, lei mi ha guardato e mi ha rassicurato dicendomi che stava solo pensando a cose sue. Cose belle, ha precisato, e allora io le ho detto solo di scendere perché era pronta la cena.
E adesso ci ritroviamo tutti e cinque con il nostro gustosissimo piatto di zuppa di legumi sotto il naso, ognuno seduto al proprio posto storico: mamma a capotavola, papà alla sua destra e James alla sua sinistra, Lily accanto a papà e io vicino a James.
Mamma ha addirittura intavolato una conversazione con Lily riguardo i giorni passati da Malfoy, ma stavolta vedo che mia sorella ha qualche difficoltà a mantenere la sua solita tranquillità e sembra in realtà piuttosto imbarazzata, liquida le domande di mamma con risposte brevi e veloci. Non so che fine abbia fatto la sua solita disinvoltura, ma capisco che deve essere successo qualcosa di strano.
«Sembra quasi che non ti sia divertita» la prende in giro la mamma.
«Sì che mi sono divertita» ribatte prontamente Lily. Sono due minuti che riempie il cucchiaio di zuppa e lo svuota nel piatto, questa volta lo fa con un po’ troppa enfasi e qualche schizzo va a finire sulla tovaglia. Sospirando, papà si gira e prende la bacchetta, appoggiata sul mobile dietro di lui, e velocemente lancia un incantesimo che fa ritornare la stoffa bianca e immacolata come prima.
«Scusa» mormora Lily, riferendosi alla macchia. «È che non è successo niente di che, mamma, davvero, non c’è bisogno dell’interrogatorio.»
«Mamma non ti sta facendo l’interrogatorio, Lils» osserva gentilmente papà. «Vuole solo sapere se sei stata bene.»
«Sì, sono stata bene» risponde, con più gentilezza stavolta. «Sono stati tutti molto gentili con me. La madre di Scorpius mi ha fatto vedere la serra dove coltiva i tulipani e suo padre ha fatto un sacco di battute divertenti. Addirittura i suoi nonni sono stati… normali. Pensavo che avrebbero fatto qualche uscita spiacevole su di me o Kelsey, poverina, ma stranamente no.»
«C’erano anche i nonni di Scorpius?» chiede allora papà, ha uno sguardo preoccupato che gli ho visto poche volte sul volto.
«Sono pur sempre parte della loro famiglia, certo che c’erano» osserva Lily. «Lo sai meglio di me che non vivono più in Inghilterra, Scorpius non li vede quasi mai.»
«Non ti ci avrei mai mandata se l’avessi saputo» osserva a questo punto nostro padre. La mamma nel frattempo si è alzata in piedi, anche lei sembra preoccupata adesso e onestamente non ci sto più capendo niente. Si prende tutti i nostri piatti e li porta in cucina.
«Perché?» esclama allora Lily. «Io… io capisco che i genitori Scorpius erano dalla parte sbagliata in quel periodo, va bene? Ma sono delle brave persone, papà!»
«Questo lo so, Lily» risponde ancora nostro padre. «Ho personalmente archiviato ogni indagine su Draco Malfoy quasi vent’anni fa… ma suo padre, il nonno di Scorpius, ha fatto cose davvero…»
«Che cosa?» chiede James, mosso dalla curiosità. Io e i miei fratelli stiamo guardando con ansia nostro padre, in attesa di sapere la verità. Ad un tratto, però, si sente un tonfo, qualcosa che sbatte sul tavolo. La mamma ha appena posato con poca delicatezza una pirofila con delle verdure cotte al forno: è pallida e sembra che abbia voglia di prendere a schiaffi qualcuno.
«Per esempio, mi ha quasi ammazzato.»
E lo dice con una tale semplicità e naturalezza, che penso che la mamma non si stia sentendo molto bene. Sembra quasi una notizia da niente, come se ci stesse raccontando qualche stupidaggine che si è raccontata con le sue ex compagne di squadra. Vedo chiaramente Lily deglutire e guardarla con gli occhi spalancati e già pericolosamente lucidi.
«Che stai dicendo?» mormora James, al mio fianco.
«Ginny…» tenta debolmente di dire nostro padre.
«No, Harry… ci siamo detti che ormai devono sapere tutto. Anche le cose brutte» gli risponde prontamente nostra madre. «Sono grandi e hanno il diritto di sapere qualsiasi cosa, non possiamo più proteggerli da quello che ci è successo e… e dalle nostre scelte.»
«Qualcuno vuole spiegarci che cosa sta succedendo?» sbotto io ad un certo punto, perché non ci sto capendo niente e, gettando una rapida occhiata ai miei fratelli, noto che anche loro sono confusi quanto me.
«Quando dovevo iniziare il mio primo anno ad Hogwarts, incontrammo i Malfoy a Diagon Alley, e Lucius Malfoy fece scivolare un diario tra i miei libri di scuola» risponde la mamma. Adesso si è seduta e sembra essersi calmata appena un po’.
«Il diario di Tom Riddle» aggiunge a quel punto papà e nella nostra piccola sala da pranzo cala il silenzio più totale, non si sente nemmeno un respiro. Non c’è bisogno che papà ci spieghi chi sia Tom Riddle, ormai il questo nome è stampato anche sui manuali di Storia della Magia.
E così, mentre le verdure cotte al forno diventano fredde e rimangono intatte dentro alla pirofila di vetro, mamma e papà ci raccontano cos’è successo dopo che la Camera dei Segreti è stata aperta.
Sapevamo che papà ha ucciso un basilisco a dodici anni, ma non abbiamo mai saputo come è successo, né per quale motivo. Ci hanno raccontato di come il mero ricordo di Voldemort, contenuto in un oggetto oscuro, abbia controllato la mamma come un burattino, fino quasi ad ucciderla. Non so fino a che ora siamo stati seduti a tavola ad ascoltarli parlare, ma sono abbastanza sicuro che non ho mai visto James così pallido e così taciturno, né ho mai sentito la voce di Lily, sempre così tagliente e sicura, incrinarsi e tremare; e sono assolutamente certo che questa sera è stata la prima volta in tutta la mia vita che ho visto quanto dolore può arrecare ricordare determinate cose.
L’ho visto negli occhi verdi di papà, nel distratto gesto che ha fatto, ad un certo punto, di andarsi a toccare la cicatrice, come se avesse paura che potesse di nuovo fargli male; l’ho visto attraversare come un lampo gli occhi scuri di mamma, e per un certo verso mi ha ricordato quando, il giorno di Natale, ho visto che la nonna stava male al solo pensiero di ciò che era successo tra i miei genitori.
Alla fine, la mamma ha decretato che abbiamo il diritto di sapere come vanno le cose e che da questo momento in poi da parte sua e di papà ci sarà la massima trasparenza: ci diranno qualsiasi cosa vogliamo sapere.
E così, sono io a chiedere, una volta per tutte, cosa è successo tra di loro questa estate.
Scopriamo anche che il terzo incomodo di tutta questa situazione è un’impiegata del Ministero, che a settembre ha richiesto di venir trasferita in un altro ufficio, che è successo una sola volta e che papà non l’ha più rivista, neanche per sbaglio. La mamma ci ha confessato che, all’inizio, aveva solo voglia di fare le valigie e andarsene per un po’, allontanandosi da tutto e da tutti, ma che alla fine il buon senso ha avuto la meglio e che la sua priorità, così come anche quella di papà, eravamo noi e non volevano in alcun modo coinvolgerci in questa storia.
Dopo che James ha osservato, per spezzare un po’ la tensione, che tanto valeva dircelo sin dall’inizio, perché alla fine l’abbiamo scoperto comunque, papà ha detto che proprio per questo, d’ora in avanti, verremo informati di qualsiasi cosa.
Quando è giunta l’ora di andare a dormire, io non sono riuscito a prendere sonno, e allora sono andato in camera di James per vedere se anche lui avesse il mio stesso problema. Sono entrato, ho visto che la lampada sul comodino era accesa ed emanava una flebile luce aranciata: lui e Lily se ne stavano teneramente abbracciati sul letto. Lily dormiva profondamente, ma James no, perché non appena mi ha visto, mi ha indicato il poco spazio libero accanto a Lily e io non ci ho pensato due volte a fiondarmi sotto le sue coperte, di un rosso scarlatto – come quelle che aveva ad Hogwarts, nel mio stesso dormitorio.
Non dormivamo tutti e tre insieme da anni.
La cosa positiva è che, nonostante io non sia comunque riuscito a chiudere occhio per tutta la notte, non ho mai sentito la porta della stanza dei miei genitori aprirsi.
Non di rado, quest’estate, quando io e James rimanevamo svegli fino a tardi, dopo un po’ sentivamo la porta aprirsi e i passi pesanti di papà scendere le scale. Evidentemente lui andava a dormire di sotto, ma lo faceva quando pensava che noi dormissimo, forse per darci la dolce illusione che lui e la mamma dormissero ancora insieme.
E adesso, forse per la prima volta in sei mesi, la loro porta è rimasta chiusa per tutta la notte.

Ciao a tutti! Scusatemi per il capitolo un po' di passaggio e arrivato anche un po' in ritardo, ma sta tornando quel periodo dell'anno... la sessione estiva! D: Quindi devo entrare in modalità robottino e cercare di finire il programma di tutti i corsi (o almeno quelli di cui ho l'esame in tempi relativamente brevi) in un tempo decente. Ma veniamo a noi, capitolo di passaggio ma alla fine neanche troppo, perché Lily doveva confrontarsi con i fratelli e doveva pur sapere cos'era successo in casa nei suoi lunghi giorni d'assenza. Forse è un po' inverosimile che Harry e Ginny non abbiamo mai raccontato ai figli del diario e della brutta fine che stavano per fare entrambi nella Camera dei Segreti, però boh, secondo me ci sono cose troppo "forti" da sentire quando si è più piccoli, quindi magari adesso che tutti e tre sono abbastanza grandi da capire è il momento giusto.
Non so spiegarmi, scusatemi :')
Nel prossimo capitolo torneremo ufficialmente ad Hogwarts a riprendere un bel po' di cose lasciate in sospeso... ritornerà un personaggio che non vediamo da un po' ;)
Come sempre, vi ringrazio per seguirmi, per le recensioni e spero che questo capitolo vi sia piaciuto ♥
Vi mando un abbraccio,
Mars

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Capitolo 30
*** Scontro fra titani ***


 
XXX– BELLAMY
 
Scontro fra titani
 
Non cosa mi aspettassi che sarebbe successo oggi, sette gennaio, ma di sicuro non credevo che sarei stato sottoposto ad un terrificante interrogatorio da parte dei miei migliori amici. Mancavano solamente le catene e un bella bevanda a base di Veritaserum e allora sarei stato trattato alla stregua di qualsiasi criminale.
Sono venuto a patti con il loro essere curiosi e invadenti già da anni, ormai, e mi sono sottoposto a questa tortura più o meno volontariamente.
È successo tutto a causa di una sciocchezza: ci siamo ritrovati al binario 9 e ¾ verso le dieci e trenta, come tutti gli anni. Albus è arrivato leggermente in ritardo e prima di avvicinarsi a noi l’ho visto parlare fittamente con sua sorella Lily, che poi è sparita dalla mia vista assieme a Malfoy e agli altri suoi amici. Erano all’incirca le dieci e quarantanove minuti, quando Cassiopea ci ha notati seduti su una di quelle scomode panchine in ferro battuto, e già vestita di tutto punto con la divisa, il mantello ed il cravattino impeccabilmente annodato, è venuta a salutarmi.
E poi, il gesto della discordia: mi ha dato un bacio sulla guancia.
Le reazioni dei miei amici sono state impagabili, lo ammetto. Derek ha spalancato la bocca e per poco la mascella non gli cadeva fino a terra, Frank è stato per un paio di minuti a spostare lo sguardo da me a Cassiopea, che nel frattempo si era avvicinata ad un gruppetto di ragazze davanti ad una delle porte del treno, mentre Albus è rimasto pericolosamente in silenzio finché non ci siamo decisi a salire, in quanto il treno aveva fatto il primo fischio.
Una volta trovato uno scompartimento libero, ha avuto luogo l’inizio della fine. Derek si è seduto di fianco a me e mi ha offerto una Cioccorana, mentre Frank ed Albus si sono messi sui sedili di fronte. A questo punto, mi aspettavo che Albus avrebbe iniziato a parlare, mentre con mia grande sorpresa, la prima, inequivocabile e direttissima domanda è provenuta da Frank.
«Ma… Cassiopea Stewart adesso è la tua ragazza o cosa?»
E adesso, sono seduto su questo morbido sedile imbottito, mentre il treno si è messo in partenza e si addentra nelle campagne che circondano Londra, e non ho la minima idea di come rispondere. Io, che ho sempre avuto le idee chiare su tutto, che so sempre la risposta a qualsiasi domanda, ho una seria difficoltà a trovare una risposta veritiera e che corrisponda alla realtà. Passa qualche minuto prima che io arrivi ad una conclusione logica.
«Sinceramente non lo so.»
E se possibile, le facce che fanno loro adesso sono ancora più divertenti di quelle al binario.
«Beh… come fai a non saperlo?» borbotta a questo punto Albus, gesticolando. È nervoso, non so se per questa situazione o per quello che è successo durante le vacanze.
Due giorni fa ci siamo incontrati al Paiolo Magico e ci ha raccontato tutto: aveva in mente di farlo una volta scuola, ci ha detto, ma che dopo averlo detto a Frank sentiva ancora di più il bisogno di informare anche me e Derek. È stato strano, all’inizio, ma dopo un momento di smarrimento iniziale, ho capito che Albus non voleva sentire i nostri pareri a riguardo, né voleva dei consigli su come affrontare il tutto, perché a quello forse ci stagià pensando da solo: voleva solo che noi sapessimo e capissimo il perché di tutti i suoi momenti bui, durante il primo trimestre, e voleva informarci perché non era giusto tenerci all’oscuro di una parte così importante della sua vita.
«Non lo so, perché… perché siamo amici, ma certe volte mi sembra di no.»
«Certe volte… quando?» continua Albus.
«Prima, ad esempio» gli rispondo, ripensando alla disinvoltura con cui si è avvicinata a noi e la totale assenza di imbarazzo nel salutarmi con un bacio sulla guancia di fronte ai miei amici. Certo, non è strano esternare queste manifestazioni d’affetto tra amici, ma io e lei ci conosciamo da pochissimo e non so quando è subentrata, nel nostro rapporto, una confidenza tale.
«Ma è stato un bacetto innocente sulla guancia» osserva Frank, aggrottando le sopracciglia. Una parte di me, sente di dovergli dare ragione…
«Sì, ma a volte può significare che una ragazza è interessata a te, no?» s’intromette a questo punto Derek. E l’altra parte di me, quella meno razionale e che prima non sapeva dare una risposta, vuole dare ragione a lui. «E magari non vuole fare il primo passo, forse è un segnale…»
«Ma stiamo trascurando l’aspetto più importante» dice allora Albus, forse con un tono di voce un po’ troppo alto, dato che dentro questo scompartimento così piccolo ci siamo solo noi quattro e ci sentiamo tutti benissimo. Passano alcuni secondi di silenzio, prima che Albus capisca che può continuare.
«A te piace, Cassiopea Stewart?» mi chiede finalmente. Io lo guardo intensamente negli occhi verdi, ombrati da una strana sensazione: non so dire con esattezza se sia malinconia o altro, ma mi viene istintivo ripensare a quando ha escogitato quell’assurdo piano contro Zoe Caplan. L’ombra che gli attraversa gli occhi è forse quella della stessa paura che aveva mesi fa, la paura di perdermi, la paura che potessi trovare in lei qualcosa di migliore, di più bello, e che quindi li avrei lentamente lasciati andare. Ragazza diversa, ma stessa, tremenda sensazione. Solo che stavolta credo che Albus la stia combattendo, o quantomeno stia cercando di arrivare ad un compromesso con se stesso.
E allora so che posso essere sincero, perché hanno imparato dai loro stessi errori e io non ho paura che possa accadere di nuovo una cosa del genere.
«Beh… è interessante. Ci piacciono le stesse cose, andiamo d’accordo e poi… è anche abbastanza carina» dico, mentre sento tutti e sei gli occhi dei miei amici su di me. «E poi durante le vacanze ci siamo scritti molto, sono anche andato a casa sua per portarle un libro e ho conosciuto sua madre.»
«Già siamo arrivati allo step genitori» ridacchia Frank. «Direi che sei a buon punto.»
Segue una risata generale e poi arriva, inaspettato quanto la grandine in estate, il consiglio di Albus.
«Allora prova a farti un po’ avanti» mi dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Le ragazze non vogliono mai fare il primo passo, se lo fanno è più per esasperazione che per altro, quindi anticipala.»
«Facile a dirsi» sospiro, ripensando al fatto che non avevo la minima idea di come rispondere alle sue lettere, e che ci ho riflettuto dieci volte prima di dirle che sarei passato di persona a portarle il libro, quando avrei potuto tranquillamente spedirglielo via gufo. C’è da ammetterlo: io non sono come Frank, che sa avere la faccia tosta quando serve e sa essere buffo e simpatico quanto basta per farsi piacere dalle ragazze; né come Albus, a cui  a volte basta il fascino del Cercatore; ma non sono nemmeno come Derek, che spergiura di innamorarsi dieci volte al giorno di ogni ragazza carina che incrocia. Io non ci faccio molto caso, penso alle mie cose, sono timido, ma riesco chiaramente a capire che adesso, in questo momento della mia vita, Cassiopea Stewart mi interessa, e i miei amici stanno provando a convincermi che anche io interesso a lei e devo quindi darmi una mossa.
Ma, esattamente, come si fa?
«È per questo che ci siamo noi!» esclama allora Frank. «Ma per aiutarti dobbiamo sapere quante più cose possibili: quante volte ti ha scritto? Quanto tempo sei stato a casa sua? Ride alle tue battute?»
«Quali battute?» sghignazza Derek, dandomi una gomitata amichevole.
«Cosa fa quando ti vede? Ti guarda sempre negli occhi quando le parli? Hai mai visto le sue amiche che ti guardavano?» continua Albus.
Sono seriamente inquietato e preoccupato.
«Ma io che ne so!» esclamo. «Non ci faccio caso!»
«Errore gravissimo, Bel» mi riprende Frank, con aria da finto intellettuale. «Avremo molto da lavorare.»
Fortunatamente, il mio supplizio viene interrotto dalla porta del nostro scompartimento che si spalanca violentemente e si richiude qualche secondo dopo, non prima che una scarmigliata Lily Potter si sia fiondata dentro, quasi cadendo addosso a Derek.
«Lily?!» esclama Albus, quasi scattando in piedi.
«Ciao, ragazzi» sospira lei, come se niente fosse. Ha il fiatone e i capelli arruffati, deduco che si sia appena fatta tutto il treno di corsa. «Fate come se non ci fossi, mi sto nascondendo.»
«Da chi? A chi hai rovinato il nuovo anno stavolta?» le domanda Albus.
«A nessuno!» risponde lei, con un tono quasi indignato. Ma Albus incrocia le braccia e non smette di guardarla, anzi, inarca anche un sopracciglio a dimostrazione del fatto che non è molto convinto della cosa. «D’accordo. Lucinda Ackerman, ma è una storia troppo lunga e tu non la capiresti.»
«Che ti avrà mai fatto di tanto brutto?»
«È come se Scorpius volesse a tutti i costi mettersi con… Frank! D’accordo? Bisogna impedirlo, è logico, ma lei non la sta prendendo tanto bene e…» ad un certo punto si blocca, con lo sguardo puntato sul mio polso. O meglio, sul mio orologio. «Merlino, la riunione dei Prefetti. Devo scappare!»
E fortunatamente, il mio interrogatorio finisce e hanno luogo una serie teorie e crisi di nervi basate su vari scenari apocalittici in cui Scorpius Malfoy si innamora perdutamente di Frank, mentre Derek cerca di ricordare quando, esattamente, Lily Potter sia diventata un Prefetto ed io, ridendo per le strampalate congetture di Albus, mi chiedo come diavolo si fa a fare il primo passo con una ragazza.
 
Il resto della giornata è trascorso in maniera tranquilla: Albus e Frank non mi hanno più fatto domande invasive a proposito di Cassiopea, si sono limitati a lanciarmi occhiate divertite quando siamo scesi dal treno e io l’ho intravista, salutandola. Anche la cena è trascorsa nel migliore dei modi.
I guai sono, ovviamente, cominciati in Sala Comune. O, almeno per me, quando stavamo salendo le scale per raggiungere il ritratto della Signora Grassa. Eravamo in molti ad andare in Sala Comune, e la maggior parte degli studenti erano stanchi dopo il viaggio, così quando mi sono sentito tirare leggermente per la manica del maglione grigio, sono rimasto fermo su un gradino, mentre gli altri hanno continuato a salire.
Quasi non ho creduto ai miei occhi, quando ho visto chi aveva la mano stretta attorno alla lana del maglione.
Avrei trovato più verosimile che Scorpius Malfoy mi fosse venuto a cercare per aiutarlo a trovare un modo per conquistare Frank, come stavano scherzosamente ipotizzando gli altri sul treno, qualche ora fa, piuttosto che essere femrato da Zoe Caplan su una rampa di scale.
«Posso parlarti, per favore?»
È seria in volto, ma non sembra arrabbiata, né particolarmente agguerrita. Inoltre, adesso che so tutta la verità, trovo stupido continuare ad ignorarla come facevo prima: anche lei, come me, non deve averci più capito nulla.
«Di che cosa?» le chiedo gentilmente, abbozzo anche un sorriso.
«Volevo chiederti se potessi spiegarmi cos’è successo tra di noi, perché più ci penso e più trovo come… delle falle» dice, è costretta ad alzare un po’ la voce, per farsi sentire tra la calca generale. «Non preoccuparti, so che ti stai vedendo con un’altra ragazza. Cerco solo spiegazioni.»
«D’accordo» le rispondo. «Però togliamoci da qui.»
Così ricominciamo a salire e abbordiamo al pianerottolo subito prima che la rampa di scale decida di muoversi e cambiare direzione. Gran parte dei nostri compagni sono già entrati, e quando anche noi attraversiamo il buco nel ritratto, la Sala Comune è gremita di persone. Dobbiamo accontentarci del freddo davanzale della grande vetrata accanto alle scale che portano ai dormitori. Mentre mi siedo, perlustro la stanza con lo sguardo, fino a ritrovare i miei amici sul solito divano davanti al camino e sorrido: come facciano ad accaparrarselo sempre, rimane un mistero.
«Allora» inizia Zoe, attirando la mia attenzione. Oggi è piuttosto cupa: ricordo che quando ci ho parlato la prima volta, mi aveva dato l’impressione di una ragazza sempre allegra, con il sorriso perennemente stampato in faccia, mentre adesso mi sembra diversa. «So che non è colpa tua.»
Sbatto gli occhi per un paio di volte, prima di rendermi conto di quello che ha detto. «Come, scusa?»
«So che c’entra uno dei tuoi amici» continua, cogliendomi ancor più di sorpresa, non avrà mica scoperto della Polisucco? E se sì, come? «Perché parlando con le mie compagne di stanza, ho scoperto che la mia spazzola è sparita per una buona mezz’ora dal mio comodino, un giorno, e nessuna di loro l’ha presa, men che meno io. Inoltre, Olivia Erkins-»
«Chi?» domando, dato che quel nome mi è nuovo.
«Una ragazza del quarto anno, lascia stare» risponde velocemente lei. «Comunque, Olivia mi ha detto che un ragazzo stava per entrare nella sua stanza, direttamente in sella ad una scopa. Ma che si era sbagliato e in realtà stava cercando un’altra stanza. La mia.»
«E quindi?»
«E quindi, ci ho messo un po’ per capire tutto. Perché i tuoi amici volevano fare irruzione nella mia stanza? Per farmi uno scherzo, o per rubarmi la spazzola per capelli? Ho capito tutto durante le vacanze, mentre studiavo Pozioni…»
«Senti, Zoe… io non ne sapevo niente, ma Albus è fatto così e…»
«Albus?» domanda a quel punto Zoe, aggrottando le sopracciglia brune. E allora capisco di aver appena fatto un mezzo casino. «Olivia mi ha parlato di Derek… non di Albus, è lui che mi ha preso la spazzola.»
Poi, punta lo sguardo proprio sul divano davanti al caminetto, proprio su loro tre e sospira. Li osserva a lungo, come se stesse pensando a qualcosa di importante.
«Per favore, non fare scenate» sussurro, nella speranza che mi abbia sentito, dato che i sembra che la sua mente ormai viaggi su tutt’altro pianeta. Neanche a dirlo, con un balzo scende dal davanzale e comincia a camminare. Dopo brevi istanti di realizzazione, scendo anche io giù e la inseguo, trattenendola per una spalla.
«Sono serio, Zoe, non fare scenate. Promettimelo» le dico, con un tono autoritario che non penso di aver mai avuto in vita mia.
«Non farò nessuna scenata, ma ho tutto il diritto di arrabbiarmi» dice, a bassa voce, e si divincola facilmente dalla mia presa. Si avvicina al divano, fino a raggiungerlo definitivamente. Dice qualcosa, e Albus si volta a guardarla: tiene le mani sui fianchi, una piccola ciocca di capelli scuri è sfuggita alla molletta che porta dietro la testa e sembra che voglia uccidere il mio migliore amico. Vedo Albus alzarsi e insieme poi si incamminano verso l’uscita della Sala Comune e l’unica cosa che riesco a pensare è che adesso devo assicurarmi che nessuno ci rimetta qualche organo vitale. Corro su in dormitorio e vado a cercare il Mantello dell’Invisibilità che Albus custodisce gelosamente nel doppiofondo del suo baule.
 
«La Polisucco, Potter? Hai idea di quanto sia illegale prepararla?»
Zoe ha trascinato Albus nel bagno delle ragazze del settimo piano e ha lanciato un incantesimo muffliato per non farsi sentire da nessuno.
«Sì, ma stavo per fare anche di peggio, quindi…» borbotta Albus, appoggiato ad un lavello. Sembra piuttosto scocciato da questa situazione, spero che non pensi che io abbia detto tutto a Zoe, ma a quanto devo aver capito, ha spiegato già anche a lui la storia della spazzola e di Derek che si aggirava attorno ai dormitori femminili.
«Hai fatto di peggio, l’hai usata!» lo rimbecca Zoe. «Si può sapere come ti è venuto in mente?»
«Senti, mi dispiace, va bene? Era l’unico modo che avevo per essere sicuro che Bellamy non ti parlasse mai più. Ho capito di aver fatto una stronzata, ho scontato la mia punizione divina e ho chiesto scusa a Bellamy, lui mi ha perdonato. Fine della storia.»
«Beh, io non ti perdono!» esclama a questo punto Zoe, avvicinandosi a lui con fare minaccioso. «Hai preso le mie sembianze e hai detto cose orribili ad un ragazzo che mi piaceva! Ora, ci sono passata sopra, anche se all’inizio sono stata malissimo…. e tutto per colpa tua!»
«Ti ho già detto che mi dispiace» ribatte Albus, che non sembra per niente scalfito dai toni di Zoe, né da quello che lei gli sta dicendo. «Che altro posso fare?»
«Spiegarmi perché non volessi che Bellamy uscisse con me, ad esempio» risponde Zoe. «Adesso si sta vedendo con un’altra ragazza… li ho visti al Ceppo di Yule, perché con lei non vi state facendo problemi?»
«Perché ho capito di aver fatto una cosa terribile, va bene?» dice Albus. «Che non posso rifarla. E che non posso impedire a Bellamy di avere una relazione, per quanto la cosa possa spaventarmi… è che si impara dagli errori. Mi dispiace che ci sia andata di mezzo tu, ma poteva essere chiunque altro.»
«Dovresti capire anche certe cose hanno un peso nelle vite degli altri, non solo nella tua» dice secca Zoe. «Non puoi giocare con le persone come se stessi facendo una partita agli Scacchi dei Maghi.»
«Mi spieghi perché mi hai portato qui, se non vuoi nemmeno accettare le mie scuse?» domanda Albus. Io nel frattempo, sto attento persino a non respirare troppo rumorosamente.
«Perché volevo sapere la verità… e adesso so che ti sei trasformato in me!» esclama lei. «Morgana, che schifo…»
«Se ti fa stare meglio, ti assicuro che non sono un maniaco e che non mi sono spogliato» comincia a dire Albus alzando le mani verso l’alto. Mi sforzo per non scoppiare a ridere. «Certo, mi faceva strano sentire quel peso sul petto e… ed era strano non avere qualcosa in mezzo a…»
«Ti prego, stai zitto!» esclama Zoe, schiaffandogli una mano sopra la bocca. «Non peggiorare ancora di più le cose.»
Albus allontana malamente la mano e il braccio di Zoe dalla sua faccia e le riserva un’occhiataccia. Per un po’, nel bagno scarsamente illuminato, regna solo il silenzio, ma la tensione è palpabile e appesantisce l'aria 
«Sai cosa?» esordisce Zoe. «Credo proprio che domani lo dirò al professor Paciock.»
«Non hai prove» si difende subito Albus. «E il professor Paciock è amico di mio padre.»
«La legge è uguale per tutti, Potter» ribatte Zoe, stizzita. «Se pensi che io non abbia il coraggio di farlo, puoi anche continuare a vivere la tua vita in attesa della tua imminente espulsione.»
«Adesso mi ricatti, Caplan?» comincia Albus. «Non è molto nobile da parte tua. Oppure vuoi solo farmi paura, convincendomi ad autodenunciarmi?»
«Stai farneticando» gli risponde a tono Zoe. Si allontana da lui e gli da le spalle, guardando da un’altra parte.
«Oppure sei tu che stai temporeggiando perché non hai le prove» continua Albus. Ammiro, da una parte, la calma e la compostezza che sta mantenendo in questa situazione: Zoe avrebbe tutte le carte in regola per andare a riferire a qualche professore quello che ha fatto Albus con la Polisucco, perché di certo troverebbero che dalle scorte di Lumacorno mancano degli ingredienti, faranno domande anche a quella ragazza del quarto anno che si è vista Derek irrompere in camera sua in sella ad una scopa… e ogni professore dotato di raziocino darebbe ragione a Zoe.
E questo Albus lo sa benissimo.
«Allora facciamo così» dice ad un certo punto Zoe, voltandosi di scatto verso Albus. «Facciamo una scommessa.»
«Vai» le dice semplicemente Albus, incrocia le braccia al petto, mentre rimane inattesa.
«Tu mi stai sulle palle, Potter, ai miei occhi sei la persona meno desiderabile dell’intero universo, quindi se entro il giorno di San Valentino riesci a convincermi ad uscire con te, faremo finta che tutto questo non sia mai accaduto» inizia Zoe, molto convinta.
Che cosa?!
«Ma se non ci riesci, il quindici di febbraio mi troverai davanti all’ufficio di Paciock, o perché no? Anche quello della McGranitt, magari. E stai tranquillo, che per quel giorno avrò tutte le prove che mi servono» aggiunge, gli tende la mano destra. Albus la osserva per qualche secondo… sicuramente starà pensando che gli conviene rifiutare.
«Ci sto» dice, senza esitazione, e le stringe la mano con energia. Io mi sento come se qualcuno mi avesse pietrificato: Albus è impazzito o cosa?!
«Ottimo, dato che sarà impossibile per te vincere» lo canzona Zoe, mentre si dirige verso l’uscita del bagno.
«La parola impossibile non esiste nel mio dizionario, Caplan!» esclama Albus a gran voce. «Lo scoprirai presto!»
«Ma la parola coglione evidentemente sì!» dice lei di rimando, non si volta nemmeno e gli riserva un dito medio. Mi duole ammetterlo, ma è stata un’uscita decisamente degna del suo nome.
Albus borbotta qualcosa tra sé e sé, e finalmente realizzo che siamo rimasti da soli, così mi libero subito del Mantello.
«E tu che ci fai qua?» esclama lui non appena mi vede. «Hai… hai sentito tutto? E da dove hai preso quello
«Sì, dovevo assicurarmi che non ti staccasse la testa» gli spiego. «Ha capito tutto da sola, io non le ho detto niente…e lo sappiamo che tieni il Mantello nel doppiofondo del baule.»
«Lo so» sospira Albus, appoggiandosi di nuovo ad uno dei lavelli. Stavolta con le braccia. «Ma non succederà niente. Non può dire che sono stato io, non ne ha le prove.»
«In realtà, potrebbe facilmente reperirle» gli faccio notare. Mi avvicino a lui e mi appoggio con il bacino al lavabo vicino al suo. «Ma adesso torniamo in Sala Comune… abbiamo bisogno degli altri per elaborare un’altra operazione.»
«Sarebbe a dire?» domanda Albus, leggermente confuso.
Faccio un grande respiro, prima di rispondere. Butto fuori tutta l’aria e poi lo guardo negli occhi, dicendogli: «Operazione “Conquistare Zoe Caplan”.»
Ed è la prima volta da quando ci siamo visti, questa mattina a King’s Cross, che lo sento ridere genuinamente.

Ciao a tutti e buon sabato! ♥
Con questo capitolo di ritorna ad Hogwarts, Bellamy viene messo di fronte alla dura realtà dei suoi sentimenti e non so... è stato bello scrivere degli altri che vogliono aiutarlo a mettersi assieme a Cassiopea, dopo tutto il trascorso che c'era stato con la questione "ragazze". E a proposito di ragazze, ecco il grande ritorno su questi schermi di Zoe Caplan! Pensavamo di esserci liberata di lei... e invece no! Riuscirà Albus in poco più di un mese a convincerla ad andare ad  Hogsmeade con lui? E dato che stiamo parlando di Albus, che razza di piano escogiterà con gli altri stavolta? xD
Come vi avevo anticipato, purtroppo, sto entrando a pieno regime nella sessione estiva. Spero di riuscire a mantenere questo ritmo di aggiornamento, ovvero un capitolo ogni 10 giorni, ma se dovessero allungarsi i tempi, sappiate che non è colpa mia e che preferirei di gran lunga scrivere che piazzarmi sui libri ogni giorno, cerco sempre di ritargliarmi un po' di tempo ogni giorno, ma non sempre ne esce fuori qualcosa di proficuo xD
Spero in ogni caso che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere! ♥
Un bacione e al prossimo!
Mars

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Capitolo 31
*** Effetti collaterali ***


XXXI  – FRANK
 
Effetti collaterali

 
La prima notte ad Hogwarts dopo le vacanze l’abbiamo passata svegli fino alle cinque del mattino, nonostante oggi abbiamo doppia ora di Incantesimi come prima lezione della giornata. Abbiamo delineato a grandi linee l’operazione “Conquistare Zoe Caplan” per evitare che qualche professore venga informato della Polisucco.
Se penso che quasi tre mesi fa stavamo mettendo appunto un’operazione contro la stessa ragazza, per farla scomparire definitivamente dalle nostre vite, e adesso stiamo studiando un piano per farcela rientrare, mi viene da ridere.
Fatto sta che questa mattina siamo tutti e quattro tremendamente stanchi, con tre ore di sonno che dovranno bastarci per tutta la giornata. Bellamy ha bevuto tre tazze di caffè, non appena ci siamo seduti sulla panca in Sala Grande, per poco Derek non si addormentava dentro al pudding e io ho rovesciato rovinosamente il mio succo di zucca sul tavolo, beccandomi anche un rimprovero da una ragazzina nelle vicinanze, che stava ripassando qualcosa sul suo manuale di Trasfigurazione. Sorprendentemente, ne appare di nuovo uno proprio di fronte a me, ma Albus me lo ruba e se lo scola in pochissimi secondi.
«Grazie, eh» bofonchio. Lui per tutta risposta mi sorride e si allunga per prendere la brocca, me ne versa subito un po’ in un altro bicchiere. «Perdonato.»
Dopo un po’, Albus comincia ad essere stranamente energico, nonostante come noi abbia dormito pochissimo. Io e Derek lo guardiamo come se fosse un alieno, mentre Bellamy sembra non darci troppo peso.
«Fare colazione è stato straordinario!» esclama «Mi sento benissimo!»
«Tutto bene?» gli domanda debolmente Derek, che lo osserva con le sopracciglia aggrottate.
«Sì, tutto fantastico» risponde Albus. Si alza e raccoglie la borsa con i libri dal pavimento. «Devo assolutamente andare nell’aula di Divinazione!»
«Ma tu non segui Divinazione, Al» gli ricordo io, per poi lasciarmi sfuggire un sonoro sbadiglio. «E poi, dobbiamo essere ad Incantesimi tra poco.»
«Io non seguo Divinazione…» borbotta Albus, con lo sguardo perso nel vuoto. «Ma lei sì!»
«Non è pedinando Zoe che la convincerai ad uscire con te, non è questo il piano!» esclama Bellamy, dopo essersi assicurato che la diretta interessata o le sue amiche non siano nei paraggi.
«Zoe?» domanda Albus, confuso. «Chi ha parlato di Zoe?»
E detto questo, getta una rapida occhiata al tavolo dei Serpeverde, a guardare chissà cosa, e poi si fionda fuori dalla Sala Grande di corsa, travolto da un’energia sorprendente. Io e gli altri osserviamo la scena esterrefatti. Mi giro verso Bellamy.
«Gli elfi hanno messo qualcosa nel cibo o cosa?» domando.
«Vorrei avere almeno metà della sua energia» borbotta Derek, quasi contemporaneamente, stropicciandosi gli occhi azzurri come un bambino.
«Non ne ho idea…» dice allora Bellamy, per rispondere alla mia domanda. «Ma di sicuro c’è qualcosa di strano.»
«Vado a recuperarlo» annuncio. «L’aula di Divinazione è dall’altra parte del castello.»
E così, anche io esco in tutta fretta dalla Sala Grande, con meno energie, e comincio a salire le scale per cercare Albus. Fortunatamente, una volta arrivato al terzo piano lo vedo: è fermo sul pianerottolo e batte impazientemente il piede a terra, in attesa che una rampa di scale si stabilizzi davanti a lui per portarlo al piano superiore.
«Albus!» esclamo, mentre affretto il passo per raggiungerlo. Lui si volta e ha un sorrisone stampato in faccia. «Eccoti! Andiamo, abbiamo lezione di Incantesimi adesso.»
«Non posso andare ad Incantesimi, Frank» statuisce lui, senza smettere di sorridere. «Devo andare a Divinazione!»
«No, devi venire con me. Vitious si arrabbierà da morire se non vieni» lo avverto. «Poi, quando avremo finito le lezioni, potrai andare a cercare Zoe ovunque tu voglia. So che hai paura che possa dire tutto a mio padre, ma… ti coprirò io se succede. Abbiamo un piano B.»
«Ma non mi importa di Zoe!» esclama, alterato. Sembra quasi che si stia arrabbiando per qualche strano motivo. «Basta parlare di lei!»
«E allora perché vuoi andare nell’aula di Divinazione?!» gli chiedo, tenendolo fermo per un braccio.
Albus sembra impazzito. È la prima volta che lo vedo comportarsi così e non so spiegarmi questo suo atteggiamento.
«Per vederla, Frank!» esclama ancora, e gli ritorna il sorriso, e lo sguardo sognante.
«Vedere chi, per Circe?» domando ancora. Le scale sono arrivate, io stringo la presa sul suo braccio.
«Clemence! Chi altri?» risponde, poi in qualche modo riesce a divincolarsi e comincia a salire di corsa le scale.
Non ci posso credere. L’unica persona che conosco in questa scuola che si chiama Clemence è Clemence Zabini, la cugina di Malfoy, desiderata da tutti e mai avuta da nessuno. Derek la idolatra e adora da anni come se fosse una divinità, ci manca solo che tenga una sua fotografia sul comodino; mentre io, Bellamy ed Albus siamo tra i pochi che sono rimasti intoccati dal suo inspiegabile fascino.
Almeno fino ad oggi.
Non mi lascia altra scelta, non posso lasciare che il mio migliore amico faccia una figuraccia di dimensioni spropositate davanti a quell’arpia: non appena raggiunge il pianerottolo del quarto piano, tiro fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e gliela punto contro: «Pietrificus totalus!»
Albus si immobilizza, e poi cade a terra come un sacco di patate.
 
Con molta difficoltà, sono riuscito a riportare Albus nell’aula di Incantesimi. Il professor Vitious, non appena mi ha visto entrare – in ritardo –  trascinando un Albus pietrificato, per poco non è svenuto, poi ha cominciato ad urlarmi contro, minacciandomi di darmi una punizione.
Pazientemente, gli ho spiegato che Albus voleva saltare la lezione e che pietrificarlo era l’unico modo per fermarlo e portarlo in aula. Vedo chiaramente Bellamy sospirare e sbattersi una mano sulla testa: probabilmente lui sarebbe stato più diplomatico e avrebbe evitato di fare una cosa del genere, ma io non avevo tempo di pensare. Derek mi aiuta a sistemarlo sulla sedia e poi il professore fa svanire gli effetti del mio incantesimo.  Incomincia la lezione.
Albus non proferisce parola fino all’ora di pranzo. Apre bocca solo per chiedere a Bellamy di passargli l’acqua o il sale. Credo che mi odi, adesso, per quello che gli ho fatto: ho già spiegato anche agli altri che era necessario, e Derek mi ha persino dato ragione.
«Quindi, ricapitolando, voleva andare nell’aula di Divinazione per parlare con Clemence Zabini?» mi domanda Bellamy, mentre stiamo finendo di mangiare. Albus è con la testa da tutt’altra parte, spesso si gira verso il tavolo dei Serpeverde, e la nostra conversazione pare non toccarlo affatto. Per lui è come se non esistessimo.
«Esattamente» confermo. «Quando gli ho nominato Zoe, si è quasi arrabbiato. E lo vedi adesso? Ci ignora e fa l’offeso, e tutto perché non gli ho permesso di andare a lei.»
«Ho un terribile presentimento…» sospira Bellamy, passandosi le mani tra i capelli castani. Per un attimo guarda Albus e poi torna a rivolgersi a me e Derek. «Datemi un minuto.»
Sotto il nostro sguardo confuso e disperato, Bellamy si alza, incurante del fatto che probabilmente il regolamento vieta di spostarsi da un tavolo all’altro durante i pasti, supera il tavolo dei Tassorosso e si dirige a grandi falcate verso quello dei Corvonero. Tiro un sospiro di sollievo: per un attimo, ho temuto che volesse andare a parlare con la Zabini.
Io e Derek lo seguiamo con lo sguardo, finché non si avvicina a Cassiopea Stewart e le dice qualcosa all’orecchio; lei spalanca gli occhi e rimane a fissare il vuoto per qualche istante, poi si riavvicina a Bellamy e gli dice qualcosa, sempre sottovoce.
Bellamy annuisce e le sorride, poi ritorna velocemente al suo posto, accanto ad un Albus sempre più rincoglionito.
«Come me, anche Cassie pensa che sia stato un filtro d’amore.»
«Filtro d’amore?!» esclama Derek, sputacchiando qualcosa qua e là.
«Cassie?!» esclamo al contempo io, sorpreso del nomignolo affettuoso che Bellamy ha appena affibbiato a Cassiopea Stewart.
«Sì, solo un filtro d’amore ti rimbambisce così tanto» risponde Bellamy. «E sì, non le piace essere chiamata con il suo nome per intero.»
Non so perché, ma questa frase mi ricorda qualcosa…
«E come lo facciamo ritornare normale?» domanda Derek: sembra disperato, se non lo conoscessi bene, direi che mi dà proprio l’impressione di qualcuno che è sull’orlo di mettersi a piangere.
«Ci serve un banalissimo antidoto, ma lo dobbiamo preparare» dice Bellamy. «Cassie ha detto di vederci in un’aula vuota appena dopo pranzo, deve dargli un’occhiata personalmente.»
«E credete che lui verrà?» domanda Derek, che non ha tutti i torti. Se penso che prima ha ignorato ogni mio richiamo e ho dovuto pietrificarlo, per non farlo salire fino all’aula di Divinazione…
«Albus?» gli domanda dolcemente Bellamy, toccandogli la spalla. Lui si volta di scatto, con uno sguardo a dir poco omicida sul volto: evidentemente, non ha apprezzato che qualcuno abbia distolto i suoi pensieri da Clemence. «Ho appena saputo che dopo Clemence andrà a studiare in un’aula al primo piano, che ne dici se ti portiamo a cercarla?»
Improvvisamente, lo sguardo smeraldino di Albus si illumina, e di nuovo un largo sorriso si fa strada sul viso. «Davvero mi accompagnereste da lei?» ci domanda, esterrefatto.
«C-certo» gli dice subito Derek, cercando di mantenere il più possibile la calma.
«Devo farmi perdonare per prima» aggiungo, facendogli un sorriso rassicurante. «D’altronde, adesso sarà da sola, prima sarebbe stata insieme ad altre persone.»
«Hai ragione…» mormora, e torna a guardare sognante il tavolo all’estrema sinistra della Sala Grande.
Io sospiro sconsolato: se arrivo a fine giornata senza avergli piazzato un pugno da qualche parte, dovranno farmi santo.
Quando finalmente finiamo di mangiare, trasciniamo Albus nell’aula concordata con Cassiopea Stewart. Ci segue volentieri, farneticando su quanto sia felice finalmente di vederla, di poterle parlare… non oso immaginare a cosa sarà capace di fare quando, ad aspettarlo, ci troverà un’altra ragazza. Probabilmente tenterà di affatturarci, ma è un rischio che dobbiamo correre, per cercare di aiutarlo.
Giungiamo finalmente davanti alla porta dell’aula, Bellamy la spalanca e ci fa entrare, poi se la richiude dietro. Cassiopea è seduta su un banco in fondo alla stanza, ma non appena ci vede si dirige velocemente verso di noi.
Io e Derek facciamo sedere Albus sulla prima sedia che ci capita davanti e senza dire una parola, Cassiopea comincia a guardarlo attentamente: gli prende la testa tra le mani, mentre lui realizza che lo abbiamo ingannato e comincia ad insultarci a destra e a manca.
«Questa non è Clemence! Mi avete mentito, maledetti! Io vi strozzo!» inveisce contro di noi. «Non è così che mi convincerai a rubare il libro per te, Stewart, ormai il piano è saltato.»
Cassiopea sbuffa, si allontana e tira fuori la bacchetta: «Silencio» mormora, poi alza lo sguardo su di noi, che dobbiamo sembrare abbastanza perplessi. «Che c’è? Non mi concentro se parla.»
Posso dire che questa ragazza mi spaventa, esattamente come mi ha spaventato quel giorno in biblioteca, quando ha detto con tranquillità inaudita che avrebbe cancellato la memoria di Bellamy? Non so, è talmente tanto sveglia e pragmatica che mi mette paura, perché non riesco nemmeno lontanamente ad immaginare quello che ha luogo nel suo cervello.
Gli tira delicatamente la pelle sotto l’occhio, per osservare meglio… non so, i suoi vasi sanguigni? Poi si allontana bruscamente da lui e guarda Bellamy: «Filtro d’amore, non ci piove. E anche bello potente.»
«Dici che si tratta di Amortentia?» le chiede Bellamy, la voce gli trema e capisco che questa ipotesi lo preoccupa particolarmente.
«No» risponde Cassiopea, sembra abbastanza sicura di sé. «Ma non è nemmeno uno di quei filtri leggeri dei Tiri Vispi Weasley. Se non interveniamo l’effetto può durare anche giorni.»
«Si può sapere perché Clemence Zabini in primo luogo dovrebbe somministrare ad Albus un filtro d’amore?» sbotto, infilandomi le mani tra i capelli. «E poi come ha fatto? Non si è mai avvicinata a noi e Albus ha cominciato ad impazzire dopo la colazione e…»
«Aspetta!» esclama Bellamy, facendo uno scatto. È il segno che indica che ha appena capito qualcosa di importantissimo. Tiene un indice sospeso per aria e guarda il vuoto con la bocca aperta. «Il succo di zucca! Dopo che hai rovesciato il tuo, ne è apparso subito uno nuovo sul tavolo. È impossibile che lo abbiano fatto apparire gli elfi, perché il succo è contenuto nelle caraffe e ognuno può versarlo da sé…»  
«E quindi come ha fatto ad apparirne uno nuovo e già pieno?» domanda Derek, grattandosi la nuca.
«Evidentemente Clemence Zabini l’ha semplicemente trasportato dal suo tavolo al vostro, con un incantesimo» risponde pacata Cassiopea. «Il succo è sempre stato vicino a lei, e non appena ha visto che Frank ha rovesciato il suo, ha colto l’occasione e l’ha semplicemente fatto apparire da un’altra parte.»
«Ma Albus te l’ha rubato da sotto il naso prima che potessi prenderlo, e l’ha bevuto lui» continua Bellamy.
Oh, no. Per favore, ditemi che non è vero.
«E quindi il filtro d’amore era… per me?» domando a mezza bocca, mentre comincio a sbattere ripetutamente le palpebre.  «Non è possibile.»
«Invece credo proprio di sì…» sospira Bellamy.
«Comunque, mi servono degli ingredienti per preparare l’antidoto» esordisce a questo punto Cassiopea. «Io e Bellamy rimarremo qui a prepararlo e a tenere a bada Albus, voi due potreste andare nel magazzino di Lumacorno e prendere quello che ci serve. Ora vi scrivo tutto su un foglio…»
Ed è Derek che afferra la lista degli ingredienti e mi trascina fuori dall’aula, perché io credo di essere ancora troppo scioccato per fare alcunché.
 
«Non ci posso ancora credere.»
Siamo quasi arrivati nei Sotterranei e tra poco arriveremo alla nostra destinazione per prendere gli ingredienti che servono per preparare l’antidoto. Io quasi non riesco a fare caso a dove metto i piedi, perché mi sembra assurdo che al posto di Albus avrei potuto esserci io. Avrei perso ogni briciolo di dignità.
«Vorrei esserci io, al tuo posto» scherza Derek, divertito. Ma cosa, esattamente, lo diverte di tutta questa tragica situazione? La Zabini è semplicemente pazza.
«A te non serve un filtro d’amore» gli rispondo. «Tu la ami già follemente, quella.»
«Però gli devi piacere davvero tanto!» esclama Derek, mentre camminiamo per i corridoi poco illuminati dei sotterranei.
«Sì, ma ciò non toglie che è inquietante» sospiro. «Nemmeno mi conosce, poi. E se non ha abbastanza coraggio per venirmi a parlare, non mi interessa.»
«Forse è solo timida…» tenta ancora Derek. Non replico: lui è davvero su un altro pianeta, quando si parla di lei, e credo che continuerebbe a giustificarla all’infinito. È meglio non proseguire questa conversazione, perché non credo affatto che una come lei sia timida, penso che sia solo… perfida e assolutamente inquietante, dopo quello che è successo oggi.
Finalmente, giungiamo davanti alla porta che ci separa dalle scorte di ingredienti di Lumacorno. Faccio per tirare fuori la bacchetta, per aprire la serratura, quando Derek mi posa una mano sul braccio.
«Ehi, è già aperta» mi fa notare. Ed è vero, la spessa porta di legno non è completamente chiusa, ma semplicemente accostata. «Forse è meglio tornare dopo…»
«Non possiamo!» ribatto prontamente. «Albus ha bisogno dell’antidoto, dobbiamo prendere gli ingredienti il prima possibile… non mi sorprenderebbe se Bellamy adesso lo avesse legato alla sedia per non farlo scappare.»
E così dicendo, mi faccio forza e spingo la porta in avanti. Quello che vedo, mentre siamo ancora sulla soglia, possibilmente mi sciocca ancor di più di Clemence Zabini che si è misteriosamente innamorata di me.
Non so se la prima cosa che i miei occhi vedono sono i capelli rosso fuoco di Lily o la sua mano destra che stringe il cravattino verde e argento di Malfoy, ma di sicuro la seconda cosa a cui faccio caso è che si stanno baciando. Lei ha la schiena appoggiata al muro, in realtà tutto il suo corpo è premuto addosso al muro da quello di Malfoy, neanche mezzo centimetro li separa. Lui ha le mani poggiate sui fianchi di Lily e stringe il tessuto soffice del suo maglione nero. Per qualche breve istante, nessuno dei due si accorge di noi, poi smettono di baciarsi e lui… le sorride.
Il secondo dopo, le mie mani si fanno scivolare la bacchetta a terra, rivelando così la nostra presenza.
Si allontanano bruscamente. Malfoy si aggiusta il cravattino e ci guarda come se volesse ammazzarci, mentre Lily rimane immobile contro il muro, e non appena vede me e Derek spalanca gli occhi, come se fosse terrorizzata. Deglutisce e poi ricomincia a respirare.
«Che cavolo ci fate qui?!» esclama. Si stacca dal muro e fa un passo verso di noi, i capelli già arruffati le finiscono davanti al viso.
«Beh… noi…» inizia Derek.
«Che cosa ci fate voi qui?» ribatto immediatamente io, dopo essermi piegato a raccogliere la bacchetta.
«Secondo te, Paciock?» domanda Malfoy. È visibilmente scocciato e per la prima volta in vita mia riesco quasi a mettermi nei suoi panni, ma ci si rivolge con aria sprezzante.
«Non dirlo ad Albus» continua Lily. Ecco, a questo punto credo che dovrebbe almeno aggiungere un “per favore”, ma il tono perentorio con cui l’ha detto, i capelli in disordine, il volto in fiamme e gli occhi minacciosi, mi suggeriscono che non ne ha la minima intenzione.
«Albus ha già troppi problemi, senza che io gli dica anche questo» borbotto.
«Siamo solo venuti a prendere degli ingredienti» dice allora Derek. Fa due coraggiosi passi avanti, entrando a tutti gli effetti nel magazzino. In mano tiene saldamente il biglietto che ha scritto Cassiopea, ma Malfoy glielo strappa velocemente dalle dita e lo legge in qualche secondo.
«A chi hanno somministrato un filtro d’amore?» ci chiede, aggrottando le sopracciglia. È impressionante che solo leggendo quella semplice lista, Malfoy abbia già capito quello che Bellamy e Cassiopea stanno cercando di preparare.
«Ad Albus» risponde genuinamente Derek.
«Che cosa?» domanda Lily. Adesso non ha più quell’aria minacciosa, ma è semplicemente stupita.
«Già» mi limito a dire. «Vallo a chiedere alla Zabini.»
Malfoy scoppia a ridere incredulo. «Perché mai mia cugina dovrebbe rifilare un filtro d’amore a… Potter?» chiede, forse rivolto più a se stesso che a tutti noi.
«Non era per lui, in realtà» gli rivela ancora Derek.
«Era per me, Albus ha bevuto il mio succo di zucca, stamattina» preciso, per poi fare un sonoro sospiro.
«Riformulo» dice Malfoy. «Perché mia cugina dovrebbe rifilare un filtro d’amore a te?»
«Non lo so e neanche mi interessa!» esclamo. «E stai tranquillo, Malfoy, non ho intenzione di assecondarla.»
Lui stavolta non risponde, bensì ci dà le spalle e comincia a cercare qualcosa negli scaffali. Non ci credo… sta prendendo gli ingredienti per noi?
«Mi prometti che non lo direte ad Albus?» Lily, nel frattempo, si assicura con Derek che non ci faremo scappare neanche una parola su questa terrificante scenetta a cui abbiamo assistito. Penso che me la toglierò difficilmente dalla testa e che continuerà a popolare i miei incubi per non so quanto tempo.
«Non so se lui vorrebbe saperlo…» borbotta Derek. Non posso di certo dargli torto: lui deve aver fatto pace molto tempo fa con il fatto che Lily è la migliore amica di Malfoy, ma se dovesse sapere che adesso hanno una specie di tresca, non so come la prenderebbe. Sicuramente, la tregua con Malfoy andrebbe a farsi benedire, e poi… potrebbe essere la volta buona in cui la McGranitt gli toglie veramente il Quidditch per sempre.
«Ecco qui» annuncia Malfoy, dopodiché senza alcun preavviso mi molla tra le braccia delle cose che non saprei nemmeno classificare. Deduco che siano gli ingredienti che ci servono. E immagino anche che non ce li abbia presi per pura gentilezza, bensì per spedirci fuori dal magazzino il prima possibile. «Addio.»
In meno di cinque secondi, infatti, Malfoy ci spinge con poca delicatezza fuori dal magazzino, chiude accuratamente la porta e noi ci ritroviamo in corridoio con un mucchio di roba che nemmeno conosciamo e che non sappiamo se è quella giusta, dato che non abbiamo più nemmeno il bigliettino per verificare che ci abbia dato tutto. Derek sospira, e probabilmente sta pensando alla stessa cosa a cui sto pensando io: non riusciremo a rientrare tanto facilmente per controllare.
 
Dal calderone poggiato sul banco sale un fumo rosato. Come temevo, Bellamy ha davvero legato Albus ad una sedia: ci ha spiegato che ad un certo punto si è alzato e gli ha quasi messo le mani addosso perché, a detta sua, lo aveva ingannato e a quel punto sapeva bene che Clemence non sarebbe mai venuta in quell’aula a studiare, così per ovviare al problema, con un Incarceramus ben piazzato lo ha bloccato sulla sedia.
Povero Albus… questa mattina ho dovuto pietrificarlo, poi Cassiopea l’ha zittito e Bellamy l’ha legato. Deve essere una pessima giornata per lui, senza menzionare il fatto che questa notte avrà dormito sì e no tre ore.
Io e Derek siamo in silenzio da più o meno quando siamo tornati: l’immagine di Lily e Malfoy nel magazzino continua a balenarmi in testa e si fa più vivida ogni volta che i miei occhi si posano su Albus, che si dimena inutilmente. Lancio un’occhiata veloce a Derek: io saprò resistere e tenere la bocca chiusa, ma lui? Devo assicurarmi che sia così, altrimenti daremo vita alla terza guerra magica.
Cassiopea spegne il piccolo fornelletto sotto il calderone e Bellamy prende prontamente un bicchiere, con un mestolo lo riempie di un liquido trasparente e molto caldo, come se fosse acqua, poi tira fuori la bacchetta e lancia un incantesimo non verbale. Non so esattamente cosa sia successo, ma il bicchiere ora non è più fumante. Deduco che lo abbia raffreddato affinché sia più facile da bere.
Dopodiché, Bellamy lo porta ad Albus e Cassiopea fa velocemente scomparire le corde che lo tenevano ben fermo alla sedia. Albus afferra il bicchiere con poca convinzione e ne annusa il contenuto.
«Che roba è?» domanda, guardandoci uno per uno. Cassiopea sospira e se ne torna al tavolo a sistemare tutti materiali, Derek abbassa lo sguardo e Bellamy mi guarda in cerca d’aiuto.
«Un po’ d’acqua» mento, cercando di sembrare convincente.
«E l’acqua l’avete preparata dentro un calderone?» continua Albus, aggrottando le sopracciglia. Mi mordo le labbra: i filtri d’amore, per quanto possano rimbecillire, non rendono davvero così stupidi.
«È una pozione tranquillante, Al» interviene Bellamy. «Sei così agitato per Clemence che se dovessi incontrarla non sapresti nemmeno cosa dirle, quindi bevi e ti sentirai meglio, promesso.»
«Derek» sospira Albus. «Tu sei l’unico che non mi ha pietrificato, legato o quant’altro, oggi… posso berla?»
«C-certo che sì!» risponde subito Derek, con voce tremante. «È che sei davvero molto agitato, credo ti farà bene.»
«Io non mi sento così agitato…» borbotta Albus, poi guarda nuovamente il contenuto del bicchiere e con un ultimo gesto riluttante, se lo porta alle labbra e beve fino all’ultima goccia.
Comincia a sbattere le palpebre velocemente, deglutisce, guarda il bicchiere che tiene ancora stretto in mano e alza lo sguardo su di noi.
«Mi sento come se mi fosse passato un treno addosso» mormora Albus, poi si porta subito la mano libera alla tempia. «E mi fa malissimo la testa…»
Tutti noi tiriamo un sospiro di sollievo, Bellamy gli si avvicina e gli dà una pacca sulla spalla «Bentornato tra noi, Al» gli dice, con un sorriso rassicurante.
Questo, se possibile, getta Albus ancora più in confusione. «Che? Dove sono stato?»
«La Zabini ti ha rifilato un filtro d’amore» dice velocemente Cassiopea. «Io e Bellamy abbiamo preparato l’antidoto.»
«Ehm-ehm» faccio un finto colpo di tosse per attirare l’attenzione della cervellona, che ci ha automaticamente escluso dal piano di salvataggio di Albus. Lei mi guarda scocciata, ma poi sospira.
«Con gli ingredienti che Frank e Derek hanno coraggiosamente rubato dal magazzino del vecchio Luma…» aggiunge.
Albus, tuttavia, sembra non dare ascolto alle parole di Cassiopea… pare, piuttosto, che si sia fermato alla prima metà del suo discorso.
«LA ZABINI?!» grida, dopo qualche secondo di realizzazione, alzandosi violentemente dalla sedia e rischiando di spaccare il bicchiere sulle mattonelle del pavimento.
«Calmati» intervengo subito io, avvicinandomi. «Ero io la preda, tu hai solo bevuto il mio succo di zucca.»
«Sì, ma è altrettanto assurdo… la Zabini odia tutti gli esseri viventi presenti in questa scuola, perché dovrebbe rifilarti un filtro d’amore?!» continua, sbraitando.
«È la stessa domanda che si è fatto Malfoy» si lascia sfuggire Derek. Io mi giro e lo fulmino con lo sguardo, sperando di fargli capire che se gli esce anche una sola parola dalla bocca riguardo a quello che abbiamo visto nemmeno un’ora fa, l’intero castello verrà raso al suolo entro stanotte.
«Malfoy lo sa?!» esclama ancora, se possibile con un tono di voce ancora più alto.
«Quando siamo andati a prendere gli ingredienti, lui era al magazzino… lo sai che ormai è tipo l’assistente di Lumacorno, no?» rispondo prontamente io. «E, insomma, ha riconosciuto gli ingredienti, sapeva che c’era di mezzo un filtro d’amore e ci ha chiesto chi fosse il malcapitato. Gli abbiamo solo detto la verità, tanto ormai siete quasi amici, no?»
«Pft! Amici? Io e Malfoy?» domanda, come se fosse indignato. «Siamo colleghi, per ora, e poi chissà…»
«La speranza è l’ultima a morire» commenta Bellamy, fingendo un sospiro sconsolato e alzando gli occhi al cielo. A quel punto, sento Cassiopea ridere e mi accorgo che è la prima volta che sento la sua risata: l’ho sempre vista così seria, composta e metodica, che sembra quasi che questo suono strida con l’immagine che ho di lei.
«Un momento!» dice ancora Albus. «Zoe Caplan non mi avrà mica sentito mentre spergiuravo di amare la Zabini, vero? Altrimenti dovremo pensare il piano tutto da capo!»
«Che mi sono persa?» domanda Cassiopea, ricordando esattamente chi è Zoe Caplan. Giustamente, adesso dovrà essere abbastanza confusa.
«Un piano troppo rozzo per essere udito dal gentil sesso» le risponde Albus. Accorgendosi di avere ancora il bicchiere in mano, si dirige verso il tavolo a posarlo.
«Senti, Potter…» inizia Cassiopea.
«No, no… niente Potter» la blocca immediatamente Albus. «Volente o nolente, oggi mi hai salvato da morte certa. In più sei amica di Bellamy, quindi da ora niente più freddezza o cognomi. Chiamami Al, se vuoi. Sei approvata!»
«Sono cosa?» chiede ancora  lei, ancora più confusa di prima. Certo, deve essere frustrante per una come Cassiopea Stewart non capire quello che succede attorno a lei. Con Albus le va decisamente male, dato che con lui non si capisce niente la metà delle volte.
«Sei approvata. Non dico che sei parte del gruppo, ormai siamo una cerchia chiusa, ma sei la benvenuta, in quanto amica di Bellamy» risponde lui, rimarcando le ultime parole. «O in quanto potenziale ragazza, non lo so…»
Vedo, come al rallentatore, Bellamy che prima sgrana gli occhi e poi si sbatte una mano sulla fronte, solo dopo riesco a sentire il suo sospiro sconsolato. Cassiopea è rimasta immobile davanti ad Albus con la bocca semi aperta e senza una risposta pronta. Lo guarda per un momento e poi sposta lo sguardo su Bellamy, ma nei suoi occhi azzurri c’è qualcosa di strano… come se avesse appena avuto un’illuminazione.
Sul volto di Albus, almeno, si fa strada un sorrisetto malizioso: evidentemente, aveva già pensato a tutto.
«Che c’è?» dice, con aria innocente. «Ho solo intravisto un po’ di… chimica, tutto qui.»
Lei ancora sta guardando Bellamy, ma adesso sembra caduta in uno stato di trance. Quando pare che sia tornata nel nostro mondo, non perde tempo a rispondere ad Albus, si avvicina a Bellamy e gli chiede di uscire in corridoio.
«Che cosa hai fatto, Al?» tenta di chiedere Derek, che come me deve aver capito molto poco di tutta questa faccenda.
«Ho dato una spinta a Bellamy… così almeno si decide a fare il primo passo» sospira. «Dato che quella ragazza è palesemente cotta di lui.» 


Ciao a tutti! ♥
Non so voi,ma questo capitolo, anche se di passaggio, mi piace un sacco! Segnatevi questa data perché è raro che io esordisca con una cosa del genere. Non so, sarà che l'ho scritto sempre a fine giornata dopo aver studiato e avevo sostanzialmente bisogno di uccidere i miei neuroni con qualcosa di scemo, però sono abbastanza soddisfatta di com'è venuto.
Cassiopea si sta guadagnando poco alla volta l'approvazione di tutti i ragazzi: stranamente, Albus è stato il primo ad averlo fatto, chi se lo aspettava? Neanche io a dir la verità xD Gli ultimi dialoghi mi sono venuti fuori dal nulla, non li avevo minimamente pensati, però rileggendo mi sono detta che mi piacevano e li ho lasciati. 
Mentre Frank e Derek si ritrovano davanti a qualcosa di totalmente inaspettato. E sappiate che non ho ancora deciso cosa farmene di questo "segreto", quindi al momento li vedo come due mine vaganti che solo io ho il potere di far esplodere.
Spero che questo capitolo sia piaciuto anche a voi, fatemi sapere! ♥
Un abbraccio grande,
Mars


 

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Capitolo 32
*** Questione di prospettive ***


XXXII - KELSEY
 
Questione di prospettive
 
«Ho fatto fermentare tutte le vostre pozioni per il tempo necessario e ho qui il risultato finale.»
La voce lenta e trascinata di Lumacorno non è proprio quello che ci vuole, di prima mattina. Io e Lily siamo sedute al nostro solito banco, in seconda fila. Io sono malamente accasciata sul legno scuro e mi reggo il mento con la mano sinistra, mentre Lily, accanto a me, siede dritta e segue il professore con attenzione. Quando abbiamo avuto i risultati della verifica, a metà dicembre, io ho preso una O, con sommo stupore, ma Lumacorno ha detto che avrebbe fatto fermentare le nostre pozioni per arrivare ad un risultato più preciso, e quindi il voto sarebbe potuto cambiare: sono completamente pronta al disastro.
«Signorina Potter, ti riconfermo il tuo Eccellente.» Lumacorno si congratula con Lily, consegnandole una pergamena contenente la descrizione della pozione e alcuni commenti valutativi. La mia migliore amica sorride soddisfatta: di certo non si aspettava nulla di meno.
«Complimenti anche a te, signorina Higgs» dice poi il professore, facendomi spalancare gli occhi dalla sorpresa. Poggia la mia pergamena sul banco: mi ha confermato il voto. «Ho notato un visibile miglioramento, rimani su questa strada.»
Istintivamente, mentre Lumacorno continua a consegnare pergamene a tutti gli altri, mi volto verso destra e senza alcuna sorpresa incontro lo sguardo di Lucinda Ackerman. Mi costa un po’ farlo, ma mimo un “grazie” con le labbra: sappiamo entrambe che il mio Oltre ogni Previsione non è affatto frutto di un miglioramento.
Dopo aver consegnato a tutti la scheda riepilogativa, Lumacorno comincia a spiegare e io dopo due minuti, come al solito, mi perdo nei passaggi. Lily, al mio fianco, legge attentamente il libro e ogni tanto annota a margine qualcosa, probabilmente qualche aggiunta del professore.
Giro gli occhi per tutta l’aula finché non arrivo ad osservare il banco alla mia destra. Anche Lucinda Ackerman sta scrivendo fittamente su una pergamena.
Ogni volta che ripenso alla notte del Ceppo di Yule mi sembra difficile credere che sia vero.
Quando sono uscita dalla Sala Grande, mentre tutti gli altri erano girati verso la professoressa McGranitt e il grande camino, mi sono aspettata qualsiasi cosa: un’imboscata, una tipa inquietante, o al contrario, una ragazza talmente timida da aver utilizzato per tutto quel tempo l’espediente delle lettere… ma mai avevo pensato che, alla base della grande scalinata della Sala d’Ingresso, vi avrei trovato proprio lei.
 
Tre settimane prima
 
Il corridoio è deserto. Ci siamo solo io e il rumore che le mie scarpe emettono ad ogni passo. Mi fa tremendamente male la pancia, ho appena avuto una crisi di nervi che Alec è riuscito a calmare solo per cinque secondi e sto per incontrare la persona che per mesi mi ha mandato lettere d’amore anonime.
Cosa potrebbe mai andare storto?
Dopo nemmeno un minuto arrivo nel grande androne del castello. La massiccia porta d’ingresso è chiusa già con dei pesanti chiavistelli, ma la mia attenzione si rivolge alle scale: è lì che mi ha detto di incontrarsi.
Mi avvicino e quasi stento a riconoscere la persona che mi sta aspettando. La prima cosa che noto della ragazza a qualche metro da me è che ha dei lunghissimi capelli corvini, sciolti sulle spalle in onde ampie e morbide; mi fanno uno strano effetto, considerando che sono sempre stata abituata a vederli raccolti in uno stretto e tiratissimo chignon. I capelli sciolti fanno sembrare il viso di Lucinda Ackerman meno arcigno e più bambinesco, oserei direi quasi dolce, se non la conoscessi. Indossa un abito lungo ed elegante, stretto, di un intenso blu scuro e senza maniche.
Quando mi vede, sembra sorpresa: spalanca gli occhi castani e sbatte le palpebre per qualche istante. Io non so che cosa sento, non mi sembra di sentire niente di particolare… mi sembra ancora una grande assurdità.
«Sei venuta…» sospira, inclinando la testa. Anche se completamente diversa nell’aspetto, Lucinda Ackerman ha la solita voce penetrante e fastidiosa, anche se di un tono leggermente più basso adesso, e anche abbastanza sbalordito.
«Ero troppo curiosa» mi limito a rispondere, con compostezza, incrociando le braccia al petto. Faccio un sospiro. «E avevo provato ad immaginare chiunque, ma…»
«Non ti aspettavi una ragazza?» domanda prontamente lei, inarcando un sopracciglio, proprio come fa quando deve rispondere a tono a qualcuno.
«Non mi aspettavo te» rispondo, secca e forse anche un po’ fredda. Non è mia intenzione trattarla male, in realtà, solo che non riesco a capire come mi sento in questa situazione e non è un buon segno. Insomma, se fossi contenta dovrei capirlo, così come dovrei facilmente capire se invece voglio solo scappare a gambe levate da qui. Il problema è che non si tratta di nessuna delle due cose.
«Insomma, che eri una ragazza l’avevo capito… sul serio, gli arcobaleni dal cuore?» continuo, lasciandomi scappare una leggera risata per spezzare la tensione. Anche lei accenna un sorriso, anche se abbastanza tirato.
«Cercavo solo di essere carina…» dice, a bassa voce. Accidenti, le parole “carina” e “Lucinda Ackerman” non riesco ad immaginarle nella stessa frase, però devo riconoscere che, in questo momento, nell’androne deserto, mi sembra che non ci sia più la solita Corvonero saccente e antipatica che vedo ogni giorno a lezione o in Sala Grande.
Mi sembra di avere davanti semplicemente una persona timida, con un’enorme cotta per me. E non mi viene più naturale mantenere la mia aria di sufficienza.
«Ascolta, io sono venuta qui stasera, senza la più pallida idea di quello che sarebbe successo» ammetto. «Ma avrei potuto benissimo ignorarti e starmene con i miei amici a guardare la McGranitt che accende il Ceppo. Eppure non l’ho fatto.»
«Hai detto che sei venuta solo per curiosità» mi appunta lei, avendo pienamente ragione.
«Sì, ma… sono stati i tuoi messaggi a farmi venire questa curiosità. Nonostante le frasi smielate» dico io. «È solo che io… io non credo di aver mai provato qualcosa per…»
«Per una ragazza?» Lucinda finisce la frase al posto mio con una naturalezza strabiliante. Mi chiedo come abbia fatto ad intuire i miei pensieri. «Era un rischio che dovevo correre, fa niente…»
«No, non mi hai capito» aggiungo. «È solo che non ci ho mai pensato davvero. Non mi è mai successo, tutto qui.»
«Ma supponiamo che dovessi renderti conto che possono piacerti tutti indistintamente, credi che io potrò mai piacerti?» mi domanda schiettamente.
Io scrollo le spalle. «Beh, le premesse non sono delle migliori» borbotto, riferendomi a tutta la situazione di astio e rivalità tra lei e Lily. «Ma possiamo in ogni caso conoscerci. E poi, come faccio io a piacerti se non ci siamo mai parlate?»
«Non ti parlo, ma ti vedo, Kelsey» risponde. Il mio nome pronunciato da lei ha un suono strano, diverso da come sono abituata a sentirlo. «Ti sento parlare con i tuoi amici, vedo quello che fai, capisco come pensi… e tutto questo mi piace.»
«Sì, ma non puoi basarti solo su questo» le faccio notare.
«E chi l’ha detto?» domanda lei, inarcando di nuovo le sopracciglia.
«Lo dico io!» esclamo. «Perché se anche io mi basassi solo su ciò che vedo e sento, non avrei alcuna remora ad ammettere che non potresti mai piacermi. Per questo credo sia utile provare a diventare prima di tutto… non lo so, amiche?»
«Amiche?» mi chiede, ma adesso non inarca più le sopracciglia. È confusa, credo che non si aspetti un risvolto del genere. Probabilmente, nella mente di Lucinda, stasera possono accadere solo due cose: che io la ricambi, oppure che la rifiuti senza pietà.
«Beh, sì, per conoscerci. Io non so niente di te, se non il fatto che sei brava a Pozioni e che tu e Lily vi odiate.»
«Io non la odio…» borbotta Lucinda, spostando lo sguardo da un’altra parte. Oh, questa è bella!
«Da fuori sembra di sì» le dico, con calma, senza che sembri che io la stia attaccando.
«Lasciamo stare Potter, adesso» ribatte, tornando a guardarmi. «Accetto la tua proposta.»
Se possibile, rimango ancor più sorpresa di quando l’ho vista da lontano.
Non so cosa sperassi, in realtà… che dicesse di sì per non sentirmi in colpa, o che dicesse di no per togliermela dai piedi, però non riesco a credere, man mano che il tempo passa e noi ce ne stiamo sedute su questi gradini freddi e duri, che Lucinda Ackerman è in realtà una persona totalmente diversa da quella che sono abituata a vedere.
Ad un certo punto abbiamo cominciato a parlare di cose stupidissime, e ci siamo messe a ridere senza riuscire a smettere. Mi sono tolta le scarpe perché cominciavano a farmi male e dopo qualche minuto, Lucinda mi ha imitato, ma una scarpa le è sfuggita di mano e ha rotolato per qualche scalino prima di fermarsi.
Ho scoperto che non odia davvero Lily, segretamente la ammira perché con le Pozioni è intuitiva e brillante, e vorrebbe essere come lei. Quando me lo ha rivelato sono rimasta per un po’ con la bocca e gli occhi spalancati, perché non me lo sarei mai immaginato.
Insomma, anche Lucinda prende sempre ottimi voti, proprio come Lily, e non vedo alcuna differenza da questo punto di vista.
Non so dire, dopo solo stasera, se ci sia anche una minima e remota possibilità che una persona come Lucinda possa interessarmi dal punto di vista romantico. Probabilmente rimarrà per sempre una prospettiva lontana anni luce, però se c’è una cosa che ho capito, parlando fino a notte fonda con lei, è che in fondo è una ragazza amichevole, con molto da dire e tanto affetto da dare, ma con poche persone a cui darlo e che sappiano ascoltarla davvero.
A fine serata, non so nemmeno che ore sono mentre cammino scalza, stordita e assonnata verso la Sala Comune.
 
Ritorno con la testa nell’aula di Pozioni quando mi accorgo che Lily ha sgombrato il banco e ha infilato tutto nella borsa. La lezione deve essere finita.  Scuotendo la testa, inizio anche io a riordinare tutto.
«Kels, che cosa hai scritto nella mappa astrale di questo mese?» mi domanda all’improvviso Lily. Mappa astrale? Ah sì, oggi dobbiamo consegnare alla Cooman la mappa di Gennaio. «Io ho dimenticato di farla, quindi magari potevo copiare la tua, modificandola un po’…»
«Sì… ora te la prendo» rispondo distrattamente, mentre afferro la borsa per cercarla. Quando la trovo, porgo la pergamena arrotolata a Lily. «Ho azzardato un po’ con la posizione di Marte, tu potresti aggiungere che Nettuno è a tuo sfavore questo mese.»
«Uhm, okay» borbotta, perplessa. «Vado a copiarla al volo, ci vediamo alla torre di Divinazione.»
«Va bene» le dico, facendo un sorriso. Dopodiché Lily esce frettolosamente dall’aula assieme agli altri studenti e io finisco di riordinare lentamente il banco.
«Ciao!» La voce squillante di Lucinda mi fa alzare di scatto la testa in alto. Si è piazzata davanti a me, ha già la borsa in spalle e il mantello addosso.
«Ehi» la saluto.
«Ottima idea quella di Nettuno contro» mi dice, sorridendo.
«È la prima cosa che mi è venuta in mente» rispondo. Mi alzo dalla sedia. «Tu che ci hai scritto nella tua?»
«Niente di che» dice lei. «Previsioni assolutamente ordinarie, come la Cooman si aspetta da una come me.»
«Perché, che ha una come te?» le chiedo. Ci accingiamo ad uscire dall’aula, salutando educatamente il professor Lumacorno, per poi ritrovarci nell’aria fredda del corridoio.
«Niente, appunto» mi risponde, scrollando le spalle. «La Cooman non si aspetta disastri o calamità naturali, quando si parla di me. Per fortuna!»
Sorrido divertita.
«Comunque ti ringrazio per la verifica di Pozioni» le dico, dopo qualche secondo di silenzio. «Non prendevo una O da…»
«Non mi ringraziare» risponde prontamente lei. «Suppongo che le amiche facciano anche questo.»
«Beh, sì…» sospiro, e poi controllo distrattamente l’orologio che ho al polso. «Cominciamo a salire?»
Lucinda annuisce e allora ce ne andiamo dai sotterranei in tutta fretta, sperando di arrivare in tempo per l’inizio della lezione.
 
«Alec!»
Lui e Scorpius stanno camminando a qualche metro di distanza da me per un corridoio del secondo piano. Alec è evidentemente sordo, perché sono tre volte che lo chiamo senza attirare la sua attenzione.
«Scorpius!» provo ad esclamare ancora, e tiro un sospiro di sollievo quando la testa bionda del mio amico si gira di scatto nella mia direzione. I due si fermano sul posto ed io mi affretto a raggiungerli.
«Avete visto Lily?» domando loro, con il respiro leggermente affannato. Alec e Scorpius si guardano corrucciando la bocca e poi scuotono la testa.
«No» aggiunge anche Alec. «Ma non avevate Divinazione insieme fino a cinque minuti fa?»
«Sì, ma appena è finita, Lily è scappata di corsa dicendo che doveva fare una cosa importante» gli spiego. «Per questo ho pensato che fosse con voi.»
Il comportamento di Lily è stato decisamente strano. In realtà, per tutta la durata della lezione ha avuto un atteggiamento ambiguo. Quando io e Lucinda siamo arrivate in aula, non tutti erano arrivati. Io ho preso posto al solito tavolino che occupo con Lily e sono rimasta ad aspettarla, mentre tiravo fuori il libro. Quando è arrivata, aveva un aspetto trafelato, evidentemente aveva corso, ha salutato velocemente la professoressa e mi ha raggiunto. Senza dire una parola, mi ha restituito la mappa astrale, biascicando un “grazie” abbastanza tirato e freddo, e poi è rimasta senza dire una parola per tutta la durata della lezione. Non si è nemmeno messa a ridere quando la Cooman ha avvertito solennemente Tamara Roster di stare attenta a quello che sarebbe potuto succedere ai suoi capelli durante la prossima luna nuova.
E poi, alla fine, si è defilata propinandomi quella che a questo punto credo sia una scusa.
«Bene» annuncio, dopo averci riflettuto per un po’. «È arrabbiata con me.»
Scorpius scoppia a ridere, dato che è un evento più unico che raro il fatto che Lily possa arrabbiarsi con me. Sarà successo… non so, una volta sola, da quando ci conosciamo?
«Perché dovrebbe?» mi chiede allora Alec.
«Non lo so, appunto!» rispondo. «Beh, comunque tra poco abbiamo Storia della Magia, la troverò lì, immagino.»
«Forse doveva andare a parlare con suo fratello» azzarda Scorpius. «Con la situazione che hanno a casa… forse è successo qualcosa.»
Sospiro, sistemandomi i capelli dietro le orecchie. Sono sinceramente preoccupata per lei: è assurdo tutto quello che le sta succedendo. Non lo ammetterà mai con nessuno, nemmeno con noi, ma questa situazione la sta facendo soffrire più di quanto le piaccia ammettere, e io mi sento come se stessi camminando dentro una stanza fatta interamente di cristallo, dove anche solo un passo troppo pesante potrebbe portare alla distruzione di tutto.
E poi c’è Lucinda, e il fatto che Lily sul treno ha praticamente rischiato di appiccare il fuoco nel suo scompartimento. Nonostante io l’abbia rassicurata sul fatto che non sono interessata a lei in quel senso, Lily sembra essere più paranoica del solito. Non so ancora come dirle che… beh, Lucinda è amichevole e non così fastidiosa e noiosa come pensavo.
Oh, Merlino. Lucinda! Ecco cosa è successo!
«Non credo c’entrino i suoi genitori, Scorp…» mormoro sovrappensiero. «Devo scappare, ci vediamo a pranzo.»
E così, dopo aver lasciato i due immobili e imbambolati in mezzo al corridoio, comincio a correre verso l’unico luogo che mi balena nella mente, il posto dove Lily va quando tutto ciò che vorrebbe fare è distruggere qualcosa – possibilmente il mondo intero – e rimanere l’unico essere vivente sulla faccia della terra, anche se questo significa arrivare tardi a Storia della Magia.
Il piccolo orto dietro la capanna di Hagrid.
Dalla sua piccola abitazione non proviene alcun rumore, segno che dentro non c’è nessuno. Non c’è nemmeno il guinzaglio di Thunder appeso fuori alla porta: deduco che siano andati nella Foresta.
Faccio il giro della capanna e non mi sorprendo quando la vedo seduta in mezzo al terriccio, con la schiena appoggiata ad un’enorme zucca: è quasi buffo vedere quanto i suoi capelli si siano mimetizzati bene.
Mi avvicino con cautela, attenta a non calpestare le poche piante che sono sopravvissute al gelo invernale, e sento il cuore che comincia a battere più velocemente del normale, e uno strano formicolio alle mani: odio l’idea che Lily sia arrabbiata con me, mi spaventa.
«Ehi» mormoro, quando sono abbastanza vicina a lei. Lily alza gli occhi e mi guarda brevemente, poi stringe ancora di più le ginocchia al petto e si gira dall’altra parte. Sospiro.
«Che ci fai qui?» mi chiede, guardando sempre un punto tra gli alberi, verso l’entrata della foresta.
Con qualche impaccio, mi siedo al suo fianco e mi appoggio sulla grande zucca, sul terriccio ghiacciato.
«Dopo Divinazione sei sparita, sono venuta a cercarti» le rispondo, pacata. «Scorpius mi ha suggerito che potessi essere andata da tuo fratello, ma… ho pensato di seguire il mio istinto.»
«Non dovresti essere già a lezione seduta vicino a Lucifera Ackerman?» dice, dopo un po’, rimanendo girata dall’altra parte. Sospiro, ma almeno so di aver fatto esattamente centro. Lily ha cominciato a chiamarla Lucifera quando siamo ritornati ad Hogwarts dopo le vacanze, è per questo che sul treno Lucinda la voleva quasi ammazzare e Lily per tutta risposta ha cercato di bruciare il suo sedile.
«No, fino a prova contraria il banco è mio e tuo, e di nessun altro» le dico. Cerco di mantenere la calma, ma non mi riesce molto facilmente. Perché oltre a farmi paura, questa situazione, mi irrita anche terribilmente. «E poi cos’è adesso questa storia?»
«”Non ringraziarmi, è questo che fanno le amiche”» Lily scimmiotta la frase di Lucinda, ma finalmente si gira verso di me a guardarmi.
Ha sentito la nostra conversazione… forse stava tornando indietro per chiedermi qualcosa sulla mappa astrale e ci ha sentite.
«Era una frase di circostanza, Lily…» sospiro. «Non sarai mica gelosa?»
«Non è quello» ribatte prontamente lei, alzando la voce. Segno che ho evidentemente ragione e lei è gelosa marcia. «È lei il problema. Non mi sarebbe importato nulla se fosse stata un’altra persona. Ma lei… proprio non la sopporto! E non sopporto il fatto che ora voglia essere tua amica!»
«Quindi sei gelosa» concludo. «Se hai paura che Lucinda possa prendere il tuo posto, beh… è una paura stupida. Sai come me che non succederà mai.»
«Io non la sopporto. E quando siete insieme io non posso stare con voi, non intendo fingere che mi stia simpatica» dice ancora.
«Forse se non ti fermassi alle apparenze, capiresti» ribatto allora io, mentre una strana delusione si fa largo dentro di me. Lily sta per rispondere quando sentiamo abbaiare in lontananza e ci voltiamo entrambe verso la Foresta.
«Hagrid sta tornando» dice, sovrappensiero. «Meglio che non ci veda qua. Io vado in classe.»
A malincuore, mi costringo ad alzarmi e a seguirla verso il castello. E il resto della giornata passa in modo decisamente strano: a lezione e a pranzo siamo sedute accanto, ma è come se fossimo distanti anni luce.
 

Chiedo perdono, sono in ritardo di un bel po' di giorni >_<
La giustificazione è che sono in piena sessione estiva e sto preparando un esame non proprio facilissimo, quindi anche quando mi ritrovo ad avere un po' di tempo libero ho i neuroni completamente morti stecchiti e carbonizzati e non riesco a fare cose che richiedono una buona quantità di energia celebrale xD la maggior parte delle volte mi alleno o rimango in stavo vegetativo sul divano a sentire musica o a guardare video stupidi. Spero di poter andare leggermente più veloce una volta tolto questo esame.
Ma venendo a noiiii. Finalmenteil dietro le quinte dell'incontro tra Kelsey e Lucifera, ehm, Lucinda. Che ne pensate di questa nuova amicizia? E della reazione di Lily?
Di lei poi me ne occuperò nel prossimo capitolo, che spero di non far arrivare in ritardo come questo xD
Per quanto riguarda Hagrid, non so che età dovrebbe avere all'incirca, ma in ogni caso mi rifiuto di pensare che possa essere morto. Oh, facciamo che il sangue dei giganti lo fa vivere a lungo, e via. Il cane invece non è ovviamente Thor, (io originalissima ad averlo chiamato Thunder, ma sorvoliamo xD) però dato che comunque Hagrid ama gli aninali non riuscivo ad immaginarlo senza un cane.
Ora ritorno tristemente a studiare T_T un bacione, ci sentiamo presto!
Mars
 
 
 

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Capitolo 33
*** Il gioco del silenzio ***


XXXIII – LILY
 
Il gioco del silenzio
 
«Secondo me dovresti ricominciare a parlare con Kelsey.»
Sono passati due giorni da quando ho involontariamente ascoltato la conversazione tra Kelsey e Lucifera Ackerman fuori dall’aula di Pozioni. Io stavo andando davvero da qualche parte a copiare la mappa astrale, ma non riuscivo a capire delle scritte, dato che quando Kelsey scrive frettolosamente produce degli scarabocchi incomprensibili, quindi sono tornata indietro per chiederle dei chiarimenti.
E ho sentito ogni cosa.
Inutile dire che mi sono arrangiata e ho cercato di interpretare come meglio potevo ciò che c’era scritto accanto alla costellazione del Capricorno. E ho deciso che non ero nessuno, io, per stroncare quella meravigliosa, nuova amicizia… certo, come se quella megera avesse l’amicizia, in mente.
«Io dico che dovresti stare zitto e darmi un altro bacio.» Mi sporgo verso Scorpius, allungandomi un po’ goffamente tra le sue braccia. Lui fa finta di essere scocciato, ma il sorrisetto che gli spunta sulle labbra lo tradisce, e alla fine mi accontenta e mi bacia dolcemente, appoggiando delicatamente la mano sulla mia guancia.
«E comunque dicevo sul serio, a proposito di Kelsey» sussurra, senza allontanarsi. Le nostre fronti si toccano ancora e la sua mano adesso mi accarezza il collo. I miei capelli sono sparpagliati sul suo cuscino e persino da sdraiati sono così bassa rispetto a lui, che i miei piedi arrivano a sfiorargli la gamba poco al di sotto del ginocchio.
«Anch’io» gli dico piano, tenendo gli occhi chiusi. Forse perché ho paura di vedere il disappunto in quelli di Scorpius «Non mi va di parlarne.»
«Ma questa situazione ti fa stare male, lo sai» continua lui, che adesso ha cominciato a giocare con una ciocca dei miei capelli. «E io vorrei che la risolvessi, perché non voglio che tu stia male.»
«Ma io non sto male…» tento di ribattere, anche se so che non sono mai riuscita a nascondergli niente, e di sicuro non ci riuscirò adesso che siamo così vicini da sentire il suono del suo stesso respiro. Ne ho la conferma quando si allontana di qualche centimetro dal mio viso per guardarmi con un sopracciglio sollevato. «È che sono gelosa. Lo ammetto, sono gelosa. Tu non lo saresti? Sta cercando di portarmela via e lei glielo sta lasciando fare.»
«Forse si sta solo comportando come una persona che ha una mostruosa cotta per lei?» continua Scorpius. «Sta facendo di tutto per avvicinarsi, per conoscerla… tu non lo faresti?»
«Io non ne ho avuto bisogno» gli rispondo, sfiorandogli le sopracciglia bionde con le dita. «Ti conoscevo già abbastanza bene.»
Scorpius fa un sorriso meraviglioso, che non riesco a far a meno di osservare rapita. Mi prende la mano, intreccia le dita con le mie e subito si avvicina per baciarmi di nuovo, ma stavolta un po’ più a lungo, lentamente, e durante questi infiniti istanti non esiste altro al mondo che il sapore della sua bocca. Mi dimentico di Kelsey, di Lucinda, della mia gelosia e del fatto che dovrei davvero ricominciare a parlare con lei, ma che c’è qualcosa di fastidioso  che mi blocca.
Quando ci allontaniamo, i suoi occhi si posano sulla vecchia sveglia sul comodino. Le lancette segnano le sei e venti del pomeriggio.
«Tra poco Alec e gli altri ritorneranno» sospira. Annuisco e dopo qualche secondo passato ancora il più vicino possibile a lui, mi tiro su a sedere sul materasso e mi sistemo la gonna, che si è accidentalmente sollevata un po’, e cerco di dare un senso ai miei capelli, raccogliendoli in una coda morbida.
Questa è un’altra questione che mi ronza in testa e che non mi lascia pace. La notte del trentun dicembre, io e Scorpius abbiamo deciso di vivere questa nuova cosa tra di noi giorno per giorno. Tutt’oggi, dopo due settimane, non so esattamente cosa siamo, ma mi bastano i suoi sguardi, le sue parole e il fatto che ogni istante passato insieme a lui mi fa bene. Però, questo ha comportato che non ci siamo ancora presi la briga di informare Alec e Kelsey dell’accaduto.
Teoricamente, dovremmo farlo in questi giorni, ma adesso, la faccenda di Kelsey e Lucinda ha tutte le mie attenzioni e non me la sento, nel clima che si è creato, di dire loro una cosa del genere. Per non parlare del fatto che so per certo che sia Albus che James sanno esattamente cos’è successo al Ceppo di Yule e mi preoccupa che nessuno dei due mi abbia ancora fatto domande a riguardo. Finora ho attribuito questa anomalia alla situazione tra mamma e papà che ha risucchiato tutte le nostre energie vitali, durante le vacanze, ma comunque il loro rimane un atteggiamento strano. Possibile che ci siano passati su senza fare scenate di gelosia?
Inoltre, non appena Alec e Kelsey sapranno che gli abbiamo tenuto nascosta una cosa del genere per quattordici, lunghissimi giorni cercheranno di ammazzarci, ma è un rischio che adesso dobbiamo correre.
Una cosa alla volta, Lily. Una cosa alla volta e andrà tutto bene.
Scorpius mi dà un’ultima carezza sul viso, prima di alzarsi e andare a recuperare qualche libro dalla scrivania. In effetti, dovrei dedicarmi anche io allo studio, ma in questi giorni non riesco a concentrarmi su nessuna cosa.
«Secondo te avrò mai un giorno tranquillo?» domando a Scorpius. Così, di getto, senza neanche chiedermi se questa domanda abbia senso o meno. Probabilmente non ce l’ha, perché lui aggrotta la fronte e stringe le labbra con fare confuso.
«Oggi non è una giornata tranquilla?» mi chiede di rimando lui. Sospiro.
«Intendo se finiranno mai tutti i miei problemi…» gli dico, a bassa voce, perché è spaventoso ammettere di avere dei problemi e non avere la minima idea di come risolverli.
«Certo che finiranno» risponde Scorpius. «E in buona parte dipende da te, Lily. Potresti iniziare ricominciando a parlare con Kelsey.»
«Ci devo ancora pensare a quello» brontolo, facendo una smorfia. «Ma devo prima sbollire la rabbia.»
«L’ultima volta che hai dovuto sbollire la rabbia, James ti aveva colorato i capelli di viola e tu gli hai fatto lo sgambetto per tre settimane ogni volta che lo incontravi per i corridoi» mi fa notare Scorpius, e istintivamente sorrido ripensando a quell’episodio: io ero appena al secondo anno e James mi ha fatto passare la più brutta mezz’ora della mia vita, mentre correvo disperata insieme a Kelsey per il castello, a ricerca di un professore che potesse farmi tornare i capelli normali.
Alla fine abbiamo incontrato solo Alec, che è riuscito a farmeli tornare più o meno normali: con più o meno intendo che alcune ciocche all’attaccatura della nuca sono rimaste viola per altri tre giorni, ma Kelsey mi ha assicurato che se li avessi tenuti sempre sciolti, non si sarebbe notato nulla.
Non riesco a rispondere all’osservazione di Scorpius, perché la porta della stanza si spalanca senza nessun preavviso: Alec e Samuel Nott fanno il loro ingresso, fradici e con i pantaloni sporchi di fango fino alle ginocchia.
«Piante. Di. Merda.» È tutto ciò che esce dalla bocca di Alec, che senza nemmeno degnarci di uno sguardo, si dirige verso il bagno e ci si chiude dentro, sbattendo con poca eleganza la porta.
Scorpius si gira verso Samuel, rivolgendogli uno sguardo perplesso.
«Abbiamo finito quel lavoro di coppia di Erbologia» spiega svogliatamente il suo compagno di stanza, mentre cerca di togliersi le scarpe senza toccarle con le mani. «E fuori c’è il diluvio universale.»
«Capisco» borbotta Scorpius.
«Strano che non lo abbiate fatto insieme» osservo io, rivolta a Scorpius. «Il lavoro di Erbologia.»
«Uhm, diciamo che il professor Paciock non vuole che io e Alec facciamo lavori di coppia insieme. Mai più» risponde Scorpius, stiracchiandosi.
«E come mai?» gli domando.
«Dice che ogni volta che lavoriamo insieme si vede che c’è il tocco di una mano sola. Sia sulla teoria che sulla pratica» mi spiega Scorpius. «E così ha deciso di separarci per sempre e adesso io sono costretto a fare tutti i miei lavori di coppia o con Gerard, o con Dorothea Rosier.»
«Tieniti Gerard» s’intromette Samuel Nott, che è finalmente riuscito a togliersi le scarpe e con un incantesimo le ha fatte volare fino alla porta del bagno: immagino che dopo Alec, tocchi a lui andarsi a dare una ripulita. «La Rosier è pazza. Non sto scherzando.»
Sia a me che a Scorpius viene da ridere, perché effettivamente Dorothea Rosier ha qualche rotella fuori posto, secondo noi: l'anno scorso produceva e vendeva filtri d'amore alle ragazze Serpeverde, non mi sorprenderebbe affatto se quello che Clemence Zabini ha rifilato a mio fratello l'altro giorno glielo avesse procurato proprio lei.
«E adesso, Potter, se non ti dispiace devo togliermi questi vestiti» continua Nott. «So che muori dalla voglia di vedere i miei addominali scolpiti, ma voglio darti l’opportunità di non darlo a vedere e ti invito ad uscire da qui.»
«Ti piacerebbe, Nott» gli rispondo a tono, anche se effettivamente circa due anni fa gli morivo veramente dietro. Alla fine, Samuel assomiglia molto a sua sorella Amelia, però su di lui i tratti duri e affilati del volto lo rendono attraente, non è molto robusto ma nemmeno eccessivamente magro, e gli occhi scurissimi gli danno un non so che di misterioso.
Non è poi così strano che la me tredicenne lo adorasse alla follia, al punto di farsi inseguire e quasi ammazzare da un’acromantula, per inseguirlo nella Foresta.
Senza aggiungere altro, do un innocente bacio sulla guancia a Scorpius – niente che possa suggerire cose strane, anche prima era normale salutarlo così – e gli faccio un sorriso rassicurante, perché so che quello che ha detto Samuel potrebbe avergli dato fastidio, allora mi rinfilo velocemente le scarpe che ho lasciato ai piedi del letto ed esco dalla stanza.
Una volta che richiudo la porta, mi permetto di appoggiarmici con la schiena e rimango qualche secondo da sola in mezzo al corridoio.
Una cosa alla volta, Lily.
 
Il giorno seguente, mi sto dirigendo verso la Sala Grande per andare finalmente a pranzare. Da sola, dato che ancora non sono riuscita a rivolgere la parola a Kelsey e lei sembra che abbia cominciato a ripagarmi con la mia stessa moneta: l’indifferenza. Appena finisce una lezione, si alza e se ne va senza nemmeno guardarmi, e quando le condividiamo con i Corvonero, aspetta Lucifera Ackerman e si intrattiene a parlare con lei per i corridoi.
Insomma, un po’ me lo merito, lo ammetto. Ma non credevo che la cosa avrebbe continuato a darmi sempre più fastidio!
«Lily!» Non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che Albus si ritrova al mio fianco, con un pezzo di carta in mano ed il fiatone. «Devo parlarti.»
Spalanco gli occhi per un momento, e ad un tratto nella mia mente cominciano a scorrere veloci tutti i possibili scenari che potrebbero presentarsi a seguito di questa sua affermazione: in tutti, Albus mi fa una scenata di gelosia perché ha scoperto, chissà come, di me e Scorpius. Cerco di non dare a vedere il senso di morte imminente che mi sta attanagliando lo stomaco e gli faccio un sorriso affabile.
«Certo, dimmi tutto» rispondo, senza togliermi dalla faccia questo sorriso tiratissimo. Lui deve aver notato che sto fingendo all’ennesima potenza, perché mi guarda con poca convinzione. Tuttavia, molto presto la perplessità scompare dal suo sguardo e vedo ogni pensiero scivolare via dai suoi occhi.
«Novità da James» dice, sventolandomi davanti il pezzo di carta, che suppongo sia una lettera di nostro fratello. Butto fuori una quantità spropositata di aria e sento tutti i miei muscoli rilassarsi, dato che apparentemente Albus è ancora meravigliosamente ignaro di tutto. Ora che ci penso, dovrei provare ad addolcirgli la pillola e tastare il terreno su questo argomento.
«Beh?» gli domando. «Che dice?»
«Pare che quella storia del terapista babbano suggerita da zia Hermione stia… dando dei risultati, ecco» dice velocemente, ma fa delle smorfie strane con il viso.
«Perché non mi sembri convinto della cosa?» gli chiedo.
«Leggi» mi risponde, ovvio, allungandomi la lettera di James. Il foglio è stropicciato, così provo a spiegarlo un po’, con delicatezza, per cercare di leggere la calligrafia minuta di nostro fratello. Leggo velocemente la breve lettera.
«Dice che dopo cena sono rimasti sul divano a parlare» mormoro, sovrappensiero.
«Già. Insomma, secondo me non è un miglioramento vero e proprio, stavano solo parlando, mica altro» comincia subito Albus. «Potevano star parlando di qualsiasi cosa, non necessariamente qualcosa di bello.»
«Ti ricordo che questa estate nemmeno si parlavano» sbuffo, ridandogli la lettera. «E poi, James vive con loro. Di sicuro si accorgerà meglio di noi di questi piccoli cambiamenti, se lui dice che questo è un buon segno, allora sarà così.»
«Tu credi che ci vorrà ancora molto?» mi chiede, abbassando improvvisamente lo sguardo. Quando si tratta dei nostri genitori, Albus è soggetto a repentini cambiamenti d’umore, il che mi fa sempre uno strano effetto, dato che sono abituata a vederlo allegro, spensierato e pronto a combinare qualche guaio per la maggior parte del tempo.
Credo dovremmo tutti giungere a patti con il fatto che non siamo invincibili, né perfetti, e che c’è sempre qualcosa pronta a colpirci nell’unico posto in cui non possiamo predisporre delle difese.
«Non lo so, Al» gli dico sinceramente. «Hanno appena iniziato, però sono certa che le prossime vacanze estive saranno migliori di quelle dell’anno scorso.»
Lui sorride di sbieco. «Giusto.»
Io però non riesco a farlo, e Albus lo nota. Perché è mio fratello e mi conosce da sedici lunghissimi anni, e lui riesce sempre a capire se c’è qualcosa che non va in me, non importa quanto io cerchi di nasconderglielo. Poi può anche sorvolare e non farmi domande, ma non è questo il caso.
«Che hai?» mi chiede dopo qualche secondo, notando la mia espressione non esattamente felice. «È successo qualcosa?»
«No» rispondo immediatamente, provando a scuotere debolmente la testa. Ed è una bugia detta talmente male che non riesco a dare ad Albus nemmeno il tempo per dirmi che non ci crede. «Cioè, sì» sospiro, subito dopo. «Ho litigato con Kelsey.»
«Impossibile.»
«Invece sì.»
«E perché?»
«Perché sono un’idiota!»
Albus spalanca subito gli occhi verdi, evidentemente sconcertato dalla mia ultima affermazione. In effetti, mi sento parecchio sorpresa anch’io, perché non credo di aver mai ammesso ad alta voce una cosa del genere. Però, a pensarci bene sono stata veramente stupida: me la sono presa per una cosa non poi tanto grave, ho smesso di parlarle per ripicca e ora lei sta facendo lo stesso. E non riesco nemmeno a darle torto, perché è esattamente quello che avrei fatto io, al suo posto.
«Qualsiasi cosa sia, chiedile scusa, no?»
«Facile a dirsi!» esclamo. «Poi parli proprio tu… moriresti pur di chiedere scusa a qualcuno.»
«Anche questo è vero, ma se si tratta dei miei amici lo faccio» ribatte lui.
«E con Bellamy?» gli chiedo, incrociando le braccia al petto. Mi ricordo subito di quella sera, quando la McGranitt ci ha messo tutti in punizione perché Meghan Goyle ha deciso di tirarmi del purè in faccia, e mentre pulivamo la Sala Grande Albus mi ha confessato di aver combinato un casino epocale.
«Ho risolto con lui, gli abbiamo detto tutta la verità» dice Albus. «Anzi, credo che tra lui e la tua… amica, Cassiopea Stewart, ci sia qualcosa.»
«È amica di Dominique, non mia» preciso.
«Questo per dirti, che se si tratta degli amici, puoi anche provare a sfidare il tuo orgoglio, no?»
Non faccio in tempo a rispondere, e forse è meglio così, perché mi sento avvolgere le spalle da qualcuno. Alec.
«Ti stavo cercando» esordisce a voce alta. «Devi venire con me.»
Albus nel frattempo ci guarda a metà tra la confusione e il fastidio. Alec, come Scorpius, non gli sta troppo simpatico, ma la loro non è tanto una rivalità personale, bensì sportiva. Non per questo meno pericolosa.
«D’accordo, arrivo» gli dico velocemente, poi torno a rivolgermi a mio fratello. «Grazie, Al.»
 
«Si può sapere dove stiamo andando?»
Sto seguendo Alec per il castello da cinque minuti, e ancora non mi ha detto cosa sta succedendo, né dove siamo diretti. Lui continua ad ignorare tutte le mie domande, liquidandomi sempre con un “è una cosa urgente” e talvolta con un “abbiamo bisogno del tuo aiuto.”
Questa cosa mi puzza e non mi convince per niente. Tutta la faccenda comincia ad insospettirmi quando mi accorgo che siamo al secondo piano, nei pressi del bagno di Mirtilla Malcontenta. Deve essere successo qualcosa di irreparabile, se si sono rintanati in questo bagno. E poi, a chi, precisamente, serve il mio aiuto? A lui e  Scorpius? Se si tratta di qualche pozione, Scorpius è decisamente più bravo di me e perfettamente in grado di evitare esplosioni e altre conseguenze disastrose.
«Eccoci qua» dice finalmente Alec. Come temevo, siamo davanti la porta del bagno di Mirtilla.
«Beh?» chiedo io. «Che cosa dovrei fare?»
«Devi entrare» mi dice Alec.
«Perché?»
«Ehm… perché… Mirtilla ha… diciamo che una ragazza per farmi un dispetto ha preso un oggetto a cui tengo molto e lo ha nascosto qui, ma Mirtilla non vuole farmi entrare perché è il bagno delle ragazze e ha detto che sei l’unica persona che vuole vedere in questo momento.»
Sollevo un sopracciglio, guardo Alec inclinando la testa e poi gli scoppio a ridere in faccia.
«Sei pessimo» gli dico, tra le risate. «Non potevi inventarti bugia peggiore!»
Alec sospira sconsolato e poi mi guarda. I suoi occhi azzurri si sono fatti incredibilmente grandi e le sue labbra si incurvano verso il basso.
«Oh, beh» sospiro. «La questione deve essere particolarmente grave se stai facendo la faccia da cucciolo con me.»
«Entra e basta, per favore» mi dice. «Non ti fidi di me?»
«Neanche un po’.»
«D’accordo, allora entrerò da solo, e se Mirtilla comincerà ad impazzire, sarà tutta colpa tua» mi dice, mutando velocemente espressione: adesso ha messo il broncio. Io non dico niente e mi faccio da parte, in modo che lui possa entrare nel bagno.
Alec allora fa un passo avanti, apre con esitazione la porta e poi si addentra. Passano alcuni secondi, nessun rumore sospetto. Mi sporgo un po’ per controllare cosa stia succedendo, e in quel momento la mano di Alec mi afferra con forza un braccio e mi trascina nel bagno. Con un movimento altrettanto rapido, mi ritrovo quasi addosso ad un lavandino, alzo la testa e vedo che Alec si sta defilando.
Il secondo dopo, la grande porta si chiude. A chiave.
Mi prendo alcuni istanti per realizzare che Alec mi ha appena rinchiusa nel bagno di Mirtilla Malcontenta per chissà quale ragione apparente. Ho voglia di gridare dalla rabbia, ma mi impongo di rimanere calma e tiro fuori la mia bacchetta.
«Alohomora» sibilo, puntandola verso la porta.
Ed è in questo momento, che mi accorgo di non essere sola.
«Quell’incantesimo non funziona.» È la voce di Kelsey. Mi giro di scatto e la vedo  appoggiata ad una delle porte dei gabinetti. È calma e non sembra infastidita dalla mia presenza. «L’ho provato cinque o sei volte prima di arrendermi.»
«E tu che ci fai qui?» le domando schiettamente, e forse anche con un po’ di durezza nella voce.
«La stessa cosa che ci fai tu» sospira, per nulla alterata. «Alec mi ha chiusa qui dentro.»
Dovevo immaginarlo: Scorpius ieri deve avergli raccontato di tutto quello che sta succedendo tra me e Kelsey e Alec, che non ha un briciolo di tolleranza verso queste situazioni, ha ben pensato di risolvere il tutto in maniera diplomatica: consentendoci, cioè, di ammazzarci a vicenda nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
«Tipico di Alec» borbotto tra i denti.
Rimaniamo in silenzio per un po’,  forse un minuto, mentre io sto mettendo in moto il cervello per trovare un modo per uscire da questo bagno senza sfondare nessuna porta o finestra. Kelsey cammina avanti e indietro e il rumore dei suoi passi riecheggia fastidiosamente tra le pareti. Tuttavia, non è lo sbattere del tacco delle sue scarpe sul pavimento che mi impedisce di pensare, bensì un lamento che proviene dritto da uno dei gabinetti alle nostre spalle.
Mirtilla.
«Persino la morte è così ingiusta con me!» piagnucola, per poi rivelarsi finalmente ai nostri occhi. Si siede su un lavabo, sul suo volto evanescente e argenteo sgorgano lacrime luccicanti. Io e Kelsey la guardiamo in silenzio, anche lei ci guarda per un po’ e poi incrocia le braccia al petto, imbronciandosi. «Non mi chiedete nemmeno cosa è successo! Siete insensibili!»
«Cos’è successo, Mirtilla?» le domanda passivamente Kelsey, dopo un sonoro sospiro.
«Oggi ho scoperto che Sir Nicholas non mi ha invitato al suo complemorte, lo scorso ottobre!» dice, per poi scoppiare di nuovo in lacrime. «D-dicono che assieme a me si annoiano, credo di essere stata l'unica a non essere stata invitata!»
«E tu come lo sai?» le chiedo io, cercando di mostrarmi interessata alla faccenda.
«Me l’ha detto la vedova di Doncaster!»
«Chi?» le chiedo di nuovo, quasi sovrappensiero.
«La famosa vedova di Doncaster» ribatte Kelsey, scherzosa. «Come fai a non conoscerla?»
All’inizio faccio un mezzo sorriso, poi una risata mi risale lungo la gola e io la libero, senza riuscire a controllarla. Inizio a ridere senza nemmeno un motivo e non riesco a fermarmi. Kelsey dapprima mi guarda con perplessità, ma dopo un po’ inizia a ridere anche lei.
«Cosa avete da ridere?» sbraita nel frattempo Mirtilla. Dovremmo sembrarle dei veri mostri senza cuore in questo momento, ma non riusciamo a fermare le nostre risate.
Solo dopo un minuto ritorniamo in silenzio.
«Scusaci, Mirtillla» boccheggio, mentre mi chiedo come ho fatto a finire seduta per terra. Mi tengo le mani sulla pancia, i muscoli hanno cominciato dolermi un po’ per le troppe risate.
«Aveva proprio ragione Pix, quando diceva che voi studenti vi prendete sempre gioco di me!» strilla ancora, e poi sparisce infilandosi in uno dei lavandini, da cui pochi secondi dopo comincia ad uscire una disgustosa melma marrone.
E in questo momento, il silenzio ha un suono nuovo, diverso, più dolce: non pesa più come prima, e non riesco nemmeno a fare caso alla puzza che comincia a salire dal lavabo. È solo quando Kelsey si avvicina a me e mi tende la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi, che devo ammettere a malincuore che la poca delicatezza di Alec a volte funziona.
Non so dove, trovo il coraggio di guardarla in faccia, e nella mia testa riecheggiano in modo assordante, come delle campane, le parole di mio fratello: quando si tratta degli amici, si può mettere da parte l’orgoglio.
«Mi dispiace» le dico, sinceramente, costringendomi a non abbassare lo sguardo sul pavimento. «Sono gelosa, non posso farci nulla. Ma se per te è importante coltivare la tua amicizia con Lucif… Lucinda, cercherò di non dare di matto quando ci sarà anche lei nei paraggi.»
Non è stato facile dire queste parole, ma la strana sensazione di imbarazzo e inadeguatezza che mi risaliva su per lo stomaco mentre le pronunciavo sparisce all’istante non appena vedo le labbra di Kelsey allargarsi in un sorriso allegro.
«Grazie» sussurra, poi mi ritrovo il viso immerso nei suoi capelli biondi che hanno lo stesso profumo di mela verde che avevano cinque anni fa, quando abbiamo dormito insieme nello stesso letto per la prima volta, perché lei aveva paura dell’ombra minacciosa della Piovra Gigante che, ogni tanto, sovrastava le nostre finestre nei sotterranei.
 

Ciao a tutti! Perdonatemi per il ritardo, oltre agli esami si è aggiunto anche il fatto che ho scritto questo capitolo con uno spirito del tutto opposto al messaggio che volevo far trapelare, però ormai avevo deciso che le cose dovevano andare in questo modo e quindi mi sono data da fare. Spero ne sia uscito comunque qualcosa di carino T_T
Ebbene, Kelsey e Alec non ne sanno ancora niente di Scorpius e Lily, e dato il momento di tesione del tutto particolare degli utilmi due capitoli, non era ancora il caso. Ma adesso che tutto si è risolto, il momento arriverà a breve, promesso. Anche Albus è ancora ignaro, ma anche lui lo scoprirà molto presto, ho già ansia perché voglio renderlo esilarante xD
La prossima volta provo ad aggiornare un pochino prima, ho solo un'esame tra poco e poi sessione finita, ergo più tempo libero in cui posso dedicarmi, tra le varie cose, anche a questa storia, che onestamente non so a quanti capitoli arriverà xD non mi era mai capitato, giuro, di far durare una storia più di 30-35 capitoli, ma immagino che ci sia sempre una prima volta!
Come sempre, vi ringrazio per seguirmi, vi ringrazio per i bellissimi commenti che lasciate: ogni volta che li leggo sorrido come una scema davanti allo schermo. ♥
Un bacione a tutti, alla prossima!
Mars

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Capitolo 34
*** Sospetti e duelli ***


XXXIV - ALBUS
 
Sospetti e duelli
 
Oggi mi sono svegliato pieno di energie. Il che è strano, dato che non dormo a sufficienza da ormai qualche notte perché mi ritrovo a studiare e a fare i compiti fino a tardi, dato che durante il giorno cerco di mettere in atto l’operazione “Conquistare Zoe Caplan” per cercare di non farmi espellere a meno di sei mesi dal diploma. È passato qualche giorno dall’assurdo patto che abbiamo stretto nel bagno delle ragazze del settimo piano, e non credo di aver fatto molti progressi.
Insomma, ogni mattina in Sala Grande la saluto e le passo gentilmente la caraffa di succo di zucca, se riesco a sedermi vicino a lei, e ieri sono riuscito anche a suggerirle una cosa che non si ricordava durante l’ora di Trasfigurazione, mentre la Trent le stava facendo delle domande, dopo averla ripresa per aver parlato per dieci minuti filati con la sua compagna di banco. Per il resto, lei mi ignora, ma almeno non mi insulta.
Secondo Derek, sarebbe un fatto positivo, mentre Frank e Bellamy la pensano in maniera diversa. Tuttavia, oggi non riesco a concentrarmi del tutto su di lei, perché durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure finalmente riesco a spiegarmi il buonumore che mi ha assalito quando ho messo piede fuori dal letto.
Rimango sorpreso quando, mentre Cylon è girato a scrivere delle cose alla lavagna, mi arriva un bigliettino volante da Malfoy. Mi affretto ad aprirlo e a leggerlo, per poi fare un piccolo incantesimo evanescente da sotto il banco per farlo sparire prima che il professore se ne accorga e mi tolga dei punti, o peggio, mi affibbi una delle sue famose punizioni.
“Dopo pranzo davanti la mia Sala Comune, Burke ha ancora molto da imparare.”
Ho istintivamente sorriso, sentendomi pervadere da una certa fibrillazione: il mio sesto senso ha fatto centro ancora una volta.
Dopo aver fatto sparire il biglietto, guardo nella direzione di Malfoy e lo ritrovo girato ancora verso di me, dato che il professore non ha finito di scrivere alla lavagna. Annuisco, guardandolo, lui mi mostra il pollice in su e torna a seguire la lezione.
Io non ci riesco: Cylon sta iniziando a spiegare come si riconosce e si neutralizza una Chimera. Tutta la classe sembra seguire con molto interesse, mentre io cerco di pensare ad un modo per ingraziarmi Zoe Caplan. La cerco con gli occhi, per pura curiosità, e la ritrovo a guardarmi male, neanche avesse fatto qualcosa di sbagliato. Sostengo comunque il suo sguardo infuocato – chissà per quale motivo, poi – e sorrido quando finalmente sbuffa e abbassa la testa sul manuale, aperto su una realistica e minuziosa raffigurazione di una creatura con una grossa testa di leone… la Chimera, suppongo.
Improvvisamente, non vedo l’ora che arrivi l’ora di pranzo. Non so cosa abbia in mente Malfoy stavolta, ma l’idea che ha avuto tempo fa, di appenderlo per i pantaloni in mezzo alla Sala Grande, mi è piaciuta molto, quindi sono abbastanza fiducioso.
Quando la lezione finisce, Frank mi si affianca con un sorriso soddisfatto sul volto e le mani sui fianchi: quando fa così, in genere è perché ha pensato a qualcosa che secondo lui può essere definito geniale.
«Cos’hai?» gli chiedo, mentre riordino le mie cose nella borsa di stoffa.
«Ho trovato il piano B perfetto!» esclama. Come volevasi dimostrare. Guardo con preoccupazione Zoe e le sue due amiche allontanarsi dal mio banco per dirigersi verso la porta dell’aula.
«Abbiamo già un piano B» gli faccio notare, permettendomi di alzare un po’ la voce, ora che le ragazze sono uscite. «Tuo padre che crede a te e non a Zoe.»
«No, no» mi ferma immediatamente Frank. «Bellamy l’ha surclassato a piano D, ieri.»
«E gli altri due piani quali sarebbero?» gli domando, leggermente confuso. Sono io che non presto attenzione o sono loro che decidono le cose senza dirmi nulla? Frank getta un’occhiata al professore Cylon e ad altri due ragazzi Serpeverde che si accingono ad uscire dall’aula. Mi prende un braccio e cominciamo ad uscire anche noi, per poi ritrovarci in corridoio, dove Bellamy e Derek ci stanno aspettando.
«Allora… il piano C l’ha proposto Derek… non è il massimo, ma Bellamy l’ha comunque ritenuto migliore di me che vado a implorare mio padre di non espellerti» incomincia a spiegare Frank. «E consiste nell’implorare Zoe di non andare a dire niente a nessuno.»
«Non lo farò mai!» esclamo.
«Cosa, Al?» domanda innocentemente Derek con un sorriso curioso.
«Implorare Zoe Caplan di perdonarmi» dico.
«L’avevo detto io che non avrebbe mai accettato…» borbotta allora Bellamy, piazzando una pacca di conforto sulla spalla destra di Derek.
«Ma ho elaborato un piano B!» esclama di nuovo Frank, intromettendosi. Allora, rimaniamo tutti in silenzio, consentendogli finalmente di parlare e spiegarsi. «Non so voi, ma io ho prestato molta attenzione alle amiche di Zoe, e ho già inquadrato il loro gruppo: sono le tipiche ragazze che si muovono sempre assieme a qualcuno, quelle che non vanno mai in bagno da sole, che se devono risalire in dormitorio a prendere un libro dimenticato ci vanno sempre con qualcuno, e cosi via…»
«E quindi?» gli chiedo io, perplesso. Non capisco dove sia la genialità del focalizzarsi sulle amiche di Zoe Caplan di cui non  conosco neanche i nomi e non su lei, che è il pericolo pubblico di tutta questa faccenda.
«E quindi» mi risponde Frank. «Se loro due dovessero essere casualmente invitate da noi ad Hogsmeade, secondo voi Zoe se ne rimarrà tutta sola al castello il giorno di San Valentino? O accompagnerà comunque le sue amiche?»
«Ehm, ragazzi…» inizia Bellamy, arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo sul duro pavimento di pietra. «Io non credo di poter chiedere a nessuna ragazza di uscire, quel giorno…»
«Lo so, per questo intendevo dire che saremo io e Derek ad invitarle» risponde sbrigativo Frank, mentre Derek aggrotta le sopracciglia bionde e il suo sguardo assume una nota di stupore.
«I-Io?» biascica, indicandosi con l’indice.
«Sì, proprio tu. Non sottovalutarti!» continua Frank. «A quel punto, dirò loro che non sono disposto a lasciare il mio migliore amico da solo, e che quindi verrà anche lui.»
«Scusa, ma… tu credi che le amiche di Zoe Caplan non siano a conoscenza del patto tra lei e Al?» gli domanda Bellamy, che effettivamente non ha tutti i torti: anche loro sapranno tutto dell’accaduto, e di certo non aiuteranno la loro amica a perdere la scommessa.
«Sicuramente lo sapranno, ma… la tentazione di uscire con me sarà molto forte.»
Bellamy fa un sospiro… segno che non è molto convinto della riuscita di questo piano B. Secondo me non è così terribile, ma voglio continuare ad avere fiducia nelle mie capacità e portare a termine il mio piano A.
 
Ho ancora la trota che ho mangiato poco fa sullo stomaco, quando arrivo di fronte alla lunga parete di pietra dove dovrebbe esserci l’entrata della Sala Comune Serpeverde. Vedo Malfoy appoggiato alla parete opposta del corridoio, nella penombra, e mi avvicino, rivolgendogli un saluto piuttosto tirato.
«Qual è il piano?» gli domando, dopo che lui ha ricambiato il mio saluto con altrettanta freddezza.
«Aspettiamo che Burke esca… è entrato poco fa» risponde piatto Malfoy, tenendo le braccia incrociate al petto. «E poi lo mettiamo in guardia.»
«Intendi nessun tipo di scherzo? Vogliamo proprio affrontarlo apertamente?» domando.
«Ascolta, Lily stasera ha la sua primissima ronda. Fortunatamente la farà con tua cugina… Weasley-»
«Tutte le mie cugine sono Weasley» gli faccio notare, bloccandolo nel mezzo del suo discorso.
«Con Rose Weasley» specifica allora Malfoy. «Non è questo il punto. È che essendo la sua prima ronda, non mi stupirebbe se Burke ne combinasse una delle sue… quindi lo metteremo in guardia e gli intimeremo di non fare stupidaggini, altrimenti dovrà vedersela con noi.»
Il discorso di Malfoy, sebbene all’inizio mi sembra degno di un vero paranoico, purtroppo fila: so come funzionano queste cose da Prefetti, dato che Bellamy lo è stato, e so che i turni delle ronde notturne assieme ai Caposcuola o ad altri Prefetti viene affisso nella bacheca della Sala Comune, pertanto è di dominio pubblico e Burke ne sarà sicuramente a conoscenza.
«D’accordo» sospiro. «Quindi lo aspettiamo qui? E poi?»
«Non appena uscirà, io lo immobilizzo e tu gli lanci un silencio, non potrà difendersi contro due incantesimi lanciati allo stesso momento.»
Storco un po’ la bocca, non ancora pienamente convinto di questa strategia d’azione: rapiamo Burke, lo trasciniamo chissà dove, e poi? Dubito fortemente che ci starà ad ascoltare pazientemente mentre lo minacciamo.
«Tu sei sicuro che funzionerà?» gli domando, facendo trasparire un po’ del mio scetticismo. «Insomma, possiamo immobilizzarlo e farlo stare zitto, ma… con cosa lo minacciamo?»
«Non sei tu quello che dorme nella stanza accanto alla sua, Potter» mi rimbecca Malfoy. «O che condivide ogni maledetta lezione con lui, o che ce l’ha sotto tiro praticamente ventiquattro ore su ventiquattro.  Se voglio, posso rendergli veramente la vita un inferno, ma sono anche una persona diplomatica e gli voglio offrire la possibilità di evitarlo.»
«E non potevi farlo da solo, tutto questo?»
«Lily è anche tua sorella» dice alla fine, quasi esasperato. «E con te sono in vantaggio, siamo due contro uno.»
Sto per ribattere, quando un rumore cupo e profondo fa calare il silenzio nel corridoio, sembrano rocce che si scagliano l’una contro l’altra, ma di fatto, è solo la porta di pietra della Sala Comune Serpeverde che si apre lentamente, spostandosi verso sinistra e strusciando sul resto della parete. Riesco a malapena a mettere a fuoco il volto del ragazzo che è appena uscito, che Malfoy con un guizzo della bacchetta gli ha lanciato un incantesimo immobilizzante: deve trattarsi di Burke. Rapidamente, prima che il malcapitato possa realizzare di non potersi più muovere e cominciare quindi a parlare, lo zittisco con l’altro incantesimo. Ora Burke è inerte sul pavimento e riesce solamente a muovere la bocca, da cui però non esce alcun suono.
«Prendilo per i piedi» mi dice Malfoy. E io devo essere sotto l’effetto di qualche strana sostanza dato che, essenzialmente, lo faccio senza fiatare. In che strano tipo di universo siamo, se faccio senza obiettare quello che mi dice Malfoy? Ragiono e mi dico che lo sto facendo non perché me l’ha detto lui, ma perché non possiamo effettivamente lasciarlo così nel bel mezzo di corridoio. Dunque, mentre Malfoy lo prende per le grandi spalle e Burke, a giudicare dal labiale, lo minaccia di morte, io gli afferro le caviglie e poi seguo Malfoy per qualche metro, dove troviamo una vecchia aula in disuso e ci fiondiamo dentro.
Scarichiamo Burke su un banco a cui manca un asse di legno, poi Malfoy chiude la porta, facendo scattare la serratura con un colloportus e fruga nel mantello di Burke, prendendo la sua bacchetta.
«Finite incantatem» pronuncio sottovoce, spezzando l’incantesimo che gli avevo fatto in precedenza.
«Ma che cazzo fate?!» esclama allora Burke, ora che ha riottenuto il dono della parola. «Io vi ammazzo, fosse l’ultima cosa che faccio!»
«Non scaldarti troppo, Burke» inizia Malfoy, con un tono di voce duro e aggressivo. Io lo guardo con la coda dell’occhio: mi fa strano vederlo trattare qualcun altro in questo modo. Per quanto lo abbia sempre odiato, persino con me non ha mai utilizzato questo tono aggressivo, generalmente si limitava ad essere canzonatorio e strafottente; anche i suoi occhi grigi emanano un qualcosa di sinistro. «Vogliamo solo darti qualche piccolo avvertimento.»
«Ah sì?» domanda lui, soffocando una risatina divertita.
«Esatto» rispondo prontamente, facendo un passo avanti e indurendo lo sguardo. «Questa notte, ti conviene rimanertene nel tuo letto, a meno che tu non voglia incappare in qualche brutta sorpresa.»
«Se lasci la Sala Comune lo verrò a sapere» aggiunge Malfoy, minaccioso. «Lo saprò ancor prima che tu possa mettere piede in corridoio.»
«Intendi piazzarti di fronte camera mia?» gli domanda provocatorio Burke.
«Senza offesa» intervengo. «Siamo abbastanza abili da poterti controllare anche a distanza.»
Guardo velocemente Malfoy e so, a malincuore, che anche lui sta pensando alla Mappa del Malandrino, attualmente nella disponibilità di Lily. Non credo sia troppo difficile per lui poterla utilizzare…purtroppo.
«Dimostratelo, allora… se siete davvero così bravi» continua Burke, cercando di mantenere la calma. «Una cosa così subdola me l’aspetto da te, Malfoy, in fondo sei proprio come me…ti piace muoverti nell’oscurità con tutti i tuoi sotterfugi.» Fa una pausa, e poi sposta il suo sguardo  scuro e minaccioso verso di me. «Ma da te, Potter… non mi sembra tanto nobile da parte tua. L’unica che ha avuto il coraggio di affrontarmi apertamente è stata tua sorella, fallendo miseramente, aggiungerei, dato che è arrivato il principe azzurro a salvarla.»
«Pensi che non abbia il coraggio di sfidarti e spedirti in Infermeria con qualche osso rotto?» gli rispondo subito a tono, mentre sento la rabbia montare dentro di me. «Potrei batterti ad occhi chiusi, Burke, lo sappiamo entrambi. Siamo nella stessa classe di Difesa, se ti ricordi. E sai chi è mio padre, ho imparato a duellare ancor prima che a te insegnassero ad usare una bacchetta!»
«Un nome famoso non fa di te un duellante, Potter» mi rimbecca Burke.
«Fatti trovare sulla riva est del lago fra venti minuti» sussurro a denti stretti. «Ti pentirai di avermi sfidato.»
«Ti stai bevendo il cervello, Potter?» esclama Malfoy a quel punto, strattonandomi il braccio sinistro.
Io scuoto la testa. «Tu puoi farmi da secondo» gli dico, impassibile e serio in volto. Poi torno a guardare Burke. «Ma non ce ne sarà bisogno, dato che gli darò una lezione in meno di due minuti.»
Così, Burke si alza e si riprende la bacchetta dalle mani di Malfoy, che ancora mi guarda sconcertato e non riesce a dire o a fare alcunché. Solo quando Burke esce dalla stanza, lasciando la porta aperta, Malfoy mi spintona verso il muro: ha tutta l’aria di uno che vuole picchiarmi.
«Sei proprio un deficiente!» esclama, tenendomi le mani sulle spalle. «Non sai resistere ad una palese provocazione? Lo stava facendo proprio per farti arrabbiare!»
«Al contrario tuo, io sono sicuro al cento per cento delle mie capacità, e se ti dico che posso farlo mettere a piangere come un bambino in meno di due minuti, vuol dire che ne sono capace!» rispondo a tono, mi tolgo le sue mani di dosso e gli do anche io un leggero spintone, per allontanarlo.
«Io non vengo» statuisce. «Non mi faccio mettere in punizione per la tua impulsività.»
«Come vuoi» gli dico. «Te l’ho già detto che non ho bisogno di te per batterlo.»
Detto questo, me ne vado anche io dall’aula e comincio ad incamminarmi verso le scale, in modo da risalire al piano terra ed uscire per raggiungere il lago. Mentre aspetto che una delle scalinate si decida a piazzarsi sul mio pianerottolo, un rumore attira la mia attenzione: Malfoy sta correndo verso di me.
«Ho cambiato idea» dice, con un leggero fiatone. Le scale arrivano ed incominciamo a salire. «Ma solo perché non voglio che Burke faccia battutine sulla mia assenza!»
Io annuisco senza dire nulla, ma dentro di me si fa strada l’idea che Malfoy abbia deciso di venire lo stesso, in caso io abbia bisogno di aiuto.
 
«Bacchette alla mano!»
Per arbitrare il duello hanno scelto quella svitata di Dorothea Rosier, l’unica abbastanza andata di cervello da fare una cosa del genere, mentre Burke come suo secondo ha scelto un ragazzo che non conosco, anch’esso di Serpeverde. Tutti questi cravattini verdi e argento mi creano qualche scompenso, ma cerco di non farci caso. Io e Burke solleviamo la bacchetta, ponendola davanti alle nostre teste.
«Inchino!» esclama ancora la ragazza. Io e Burke ci pieghiamo leggermente l’uno davanti all’altro. Lui mi scruta e io faccio lo stesso, entrambi i nostri volti sono due maschere impassibili. Ad un certo punto, lui sorride maligno.
«Paura, Potter?»
«Ti piacerebbe.»
«Al mio via, signori!» dice di nuovo Dorothea Rosier a voce alta. «Tre… due… uno… via!»
Come prevedevo, Burke usa gli incantesimi non verbali, tecnica in cui è molto abile. Io non sono da meno, e al suo incantesimo che tenta di colpirmi con un fiotto di luce blu, mi proteggo abilmente con un incantesimo difensivo. Adesso sono io che lo attacco con un incarceramus in forma non verbale, ma lui lo schiva abilmente saltando verso sinistra. Continuiamo così, senza arrivare a nulla di fatto, per più tempo del previsto. Devo ammettere a me stesso di aver sottovalutato Burke, ma che comunque io non sono affatto inferiore a lui, perché noto dalla sua espressione concentrata che gli sto dando del filo da torcere. Gli lancio un incantesimo offensivo dopo l’altro, ma lui riesce a pararli tutti: devo prenderlo per sfinimento. Gli lancio ripetutamente lo stesso incantesimo, in modo da mantenere meglio la concentrazione per eseguirlo non verbalmente. Ma devo bloccarmi quando sento la voce del professor Cylon invadere l’aria, mentre dice di fermarci.
Burke non è dello stesso avviso e approfitta del fatto che mi sono girato a guardare il professore per lanciarmi uno schiantesimo, anche se piuttosto debole. L’attacco sleale di Burke mi fa comunque cadere all’indietro per qualche metro, sull’erba.
«Fermatevi immediatamente!» tuona di nuovo Cylon. E stavolta Burke si ferma davvero, senza staccarmi quel suo sguardo di fuoco e il sorriso sghembo di dosso: anche se lo ha fatto dopo l’intervento di Cylon e quindi in modo scorretto, sa di aver vinto, avendomi mandato al tappeto. Quando mi rialzo, riesco a vedere mia sorella e mia cugina Dominique poco dietro al professore. Aggrotto le sopracciglia: che ci fanno loro due qui?
«Nessuno di voi dica una parola» dice ancora Cylon, con un tono di voce controllato, ma che fatica a nascondere una rabbia crescente. «Tutti nel mio ufficio, avanti!»
Così dicendo, ci indica con il braccio il castello. Dorothea e l’altro ragazzo Serpeverde cominciano ad incamminarsi lentamente, Lily e Dominique li seguono, mentre io, Burke e Malfoy siamo gli ultimi ad unirsi alla fila; Cylon ci viene dietro, controllando che nessuno di noi faccia strane deviazioni.
Il percorso fino ai Sotterranei sembra non finire mai ed è tremendamente silenzioso. Temo che, stavolta, perdere il posto nella squadra di Quidditch sia davvero la cosa migliore che possa capitarmi. Quando arriviamo davanti alla porta di legno scuro a due ante, che divide il corridoio dall’ufficio di Cylon, lui la apre e ci riversiamo tutti all’interno. Rimaniamo in piedi in un angolo, mentre lui va a sedersi dietro l’ampia scrivania di ciliegio. Ci sono anche alcune sedie addossate alla parete destra della stanza, che normalmente credo siano poste davanti la scrivania, ma nessuno di noi osa prenderne una e accomodarsi.
«Qualcuno può gentilmente spiegarmi cosa stavate facendo?» chiede, guardando tutti noi, al di fuori di Lily e Dominique.
«Io stavo solo arbitrando il duello, professore» risponde Dorothea con calma, sembra molto serena mentre lo dice. «Christopher me lo ha chiesto e io ho accettato.»
Gli occhi azzurri e gelidi di Cylon si muovono rapidamente dietro le lenti squadrate degli occhiali neri e prendono a guardare intensamente Burke.
«Potter mi ha sfidato, professore. Non mi sono tirato indietro» risponde prontamente Burke. «Anzi, se vogliamo dirla proprio tutta, Potter e Malfoy mi hanno praticamente aggredito fuori dalla Sala Comune e mi hanno trascinato in una vecchia aula, minacciandomi. E abbiamo deciso di risolvere la cosa da maghi educati.»
«Con un duello clandestino» conclude il professore, sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Beh…» inizia a dire di nuovo Burke, ma il professore alza una mano, facendogli dunque segno di tacere.
«Rosier, Terry e Weasley» sospira il professore. «Ritornate nelle vostre Sale Comuni.»
Loro tre, senza fiatare, fanno come ha detto. Dominique lancia un ultimo sguardo preoccupato a Lily, con i suoi enormi occhi blu, e poi si accoda agli altri due uscendo dall’ufficio.
«Fermo restando che è severamente proibito duellare all’interno della scuola se non sotto la supervisione di un professore e a puro scopo didattico…» inizia il Cylon. «Vi suggerirei almeno di essere più discreti. La vostra conversazione riguardo al duello è stata ascoltata per puro caso dalla signorina Wealsey, che lo ha riferito alla signorina Potter, che ha fatto il suo dovere di Prefetto e ha dunque avvisato me.»
Mi giro istintivamente verso Lily, che sta guardando il professore. Perché mai avrebbe fatto una cosa del genere?
«Se qualcuno di voi ha da dire qualcosa in proposito… prima che decida le vostre punizioni» dice di nuovo.
«Burke ha ragione» mormoro. «Sono stato io a sfidarlo e a proporgli il duello, ma lui mi ha provocato. Ha tirato in ballo Lily e io…»
«Io ho delle cose da dire» esordisce allora Malfoy, guardando dritto negli occhi il professore, senza scomporsi. «Ma gradirei che Burke uscisse da questa stanza. Non aprirò bocca in sua presenza.»
Segue un momento di silenzio, in cui Cylon sembra riflettere sulle parole di Malfoy.
«Esci per un momento, Burke» ordina quindi il professore, sempre in tono calmo. Lui osserva tutti noi e poi si gira, dirigendosi verso la porta. Quando questa si chiude, il professore tira fuori la bacchetta e fa un incantesimo: una sorta di pellicola luccicante copre per qualche secondo le pareti della stanza.
«Ora puoi parlare, Malfoy» continua Cylon.
«Burke è un molestatore seriale, professore. È vero, io e… Albus lo abbiamo trascinato in un’aula vuota poco fa, ma solo perché temevamo che potesse fare qualcosa questa sera, dato che Lily ha la sua prima ronda per il castello con gli altri Prefetti e i Caposcuola» inizia. E io di certo non mi aspettavo che gli dicesse tutta la verità. «Credo che ricordi anche lei di quando, a dicembre, ha praticamente aggredito Lily nella Sala d’Ingresso, davanti a decine di studenti. È pericoloso e noi stavamo semplicemente cercando di evitare che ne combinasse una delle sue.»
L’espressione di Lily è indecifrabile: non riesco a capire se  arrabbiata, sorpresa o intenerita. O tutte e tre le cose insieme.
«Ho già assegnato una punizione al signor Burke per quell’episodio» osserva il professore, senza scomporsi.
«Professore» interviene Lily, attirando la sua e la nostra attenzione. «Quella volta Burke mi ha attaccato perché stavo cercando di fermarlo dall’infastidire una ragazza. Lei era palesemente a disagio e lo voleva spingere via, mentre lui non faceva che avvicinarsi di più. È per questo che mi ha aggredita.»
«E ancora… il motivo per cui ad Amelia Nott è stato tolto l’incarico di Prefetto… è stato perché l’avete trovata a gironzolare di notte per il Parco, giusto?»
«Questo cosa c’entra, Potter?» domanda Cylon aggrottando la fronte leggermente rugosa.
«È stato Burke ad indurla ad uscire di notte. Lui voleva… vendicarsi perché Amelia l’aveva rifiutato. Vede, loro avevano una relazione, ma… ad un certo punto Amelia ha deciso di tirarsi indietro.»
A questo punto, il professore si toglie gli occhiali e sospira. Credo sia la prima volta in sette anni che gli vedo fare questo gesto.
«Tu nei sei assolutamente sicura?»
Lily annuisce, sostenendo lo sguardo del professore.
«Allora a questo penseremo noi professori, insieme alla Preside» dice ancora Cylon. Sposta lo sguardo su me e Malfoy. «Di certo non spetta a voi punire uno studente, per quanto riprovevoli possano essere i suoi comportamenti. Quando vedete qualcosa di sbagliato, dovete riferire ad un Prefetto, e se nemmeno il Prefetto riesce a risolvere la situazione dovete rivolgervi ad un insegnante. Sono stato chiaro?»
«Sì, signore» diciamo noi due, quasi all’unisono.
«In questa scuola non viene tollerata alcuna forma di giustizia privata, per quanto gli scopi possano essere nobili» aggiunge. «Per stavolta, dato che avevate comunque delle buone intenzioni, non vi punirò. Ma la prossima volta non la passerete tanto liscia.»
Annuiamo in silenzio.
«Potete andare» sospira infine il professore. Senza troppi convenevoli, lo salutiamo e usciamo in tutta fretta dal suo ufficio. Fuori non c’è nessuno: Burke deve essersi già defilato nella speranza di non ricevere una punizione. Tra noi tre c’è uno strano silenzio, vorrei dire qualcosa, ma Malfoy in qualche modo esplicita i pensieri che ho in testa e si rivolge a Lily.
«Perché glielo hai detto?»
Non sembra arrabbiato o rancoroso nei suoi confronti, anzi, glielo sta chiedendo con molta innocenza, credo che sia semplicemente curioso.
«Perché non volevo vi succedesse niente» risponde sinceramente Lily. «Prima tu e Albus che vi azzuffate in continuazione, poi smettete e vi alleate contro Burke e addirittura duellate con lui. Basta! Io… io non ho paura di Burke, lo considero un grosso pallone gonfiato… tutto fumo e niente arrosto. Non mi spaventa e sono in grado di gestirlo da sola: è la mia battaglia contro di lui e i suoi comportamenti schifosi!»
«Lils» cerco di intervenire. «Devi capire però che nemmeno noi vogliamo che ti succeda qualcosa, per questo cerchiamo di proteggerti.»
«Proteggermi è quello che ha fatto Scorpius quando l’ha spedito addosso ad un muro, dato che era lui che stava per affatturare me» ribatte prontamente Lily. «Ma adesso, che è una situazione tranquilla, che senso aveva prenderlo di peso e minacciarlo, solo perché credete che io non sia in grado di fare una stupida ronda notturna?!»
«Non abbiamo mai detto che non sei in grado di farla» le fa notare Scorpius. «Avevamo solo paura per te. Cerca di metterti nei nostri panni. Albus è tuo fratello e io…»
Ma qui si blocca e le parole sembrano morirgli in gola. Si guardano molto intensamente, Lily sembra sapere alla perfezione cosa lui stesse cercando di dire, e non capisco ccosa voglia: che lui lo dica ad alta voce, o che se ne rimanga in silenzio?
«Lo sai» conclude Malfoy, senza smettere di guardarla negli occhi.
A questo punto, Lily sospira e abbandona l’aria e il tono bellicosi che aveva messo in piedi. Guarda anche me adesso e spalanca entrambe le braccia. «Venite qui.»
Ci ritroviamo in una situazione che mai avrei pensato potesse accadere: io che con un braccio stringo mia sorella, e l’altro posato con attenzione sulla schiena di Malfoy. Non so come, ma sembriamo minuscoli dentro le braccia corte e sottili di Lily.
«Promettete che non farete più stupidaggini del genere per me» sospira. Io e Malfoy non rispondiamo, ma credo che non ci sia altra risposta possibile che: “sì, lo prometto.”
 
Questa giornata assurda è finalmente giunta al termine. A cena ho raccontato tutto ai miei amici, che sono rimasti assolutamente sbalorditi per il fatto che Cylon non ci abbia rifilato una delle sue solite punizioni.
«Peccato che vi abbia scoperto» commenta Frank, affondando la mano in un pacchetto di api frizzole. «Insomma, qualche altro incantesimo e l’avresti spedito dall’altra parte del lago.»
«Non importa» sospiro io, stiracchiandomi sul divano di fronte al camino, nella nostra rumorosa Sala Comune. «Alla fine, credo avrà comunque quel che si merita.»
«Non mi aspettavo che Malfoy accettasse di farti da secondo!» esclama allora Derek, ancora sovraeccitato.
«Neanche io» gli rispondo, con un sorrisetto.
«Al.» Bellamy mi richiama sottovoce, dandomi una leggera gomitata sul braccio per attirare la mia attenzione. Quando mi giro verso di lui, non dice niente, ma si limita ad indicare con la testa in un punto imprecisato alla nostra destra. Guardo anche io e vedo che Zoe Caplan mi sta guardando di nuovo, proprio come oggi a lezione, ma non sembra avere più lo sguardo omicida di questa mattina.
«Non è detto che mi stia guardando per chissà quale motivo» borbotto, cercando di non dare comunque troppo peso alla cosa. Mi tratta ancora malissimo, nel migliore dei casi mi ignora, quindi non credo che stia pensando a cose particolarmente piacevoli, in questo momento. Forse sta pregustando il momento della mia espulsione, oppure sta pensando agli infiniti modi in cui può staccarmi la testa.
«Sempre meglio di niente» dice Derek. E nella sua innocenza e ingenuità, devo riconoscere che ha ragione.
«Albus!» esclama allora Frank, senza a minima indiscrezione.
«Che c’è?» domando, preoccupato dal suo repentino cambiamento: le api frizzole gli sono cadute in grembo e adesso si dimenano sui suoi pantaloni scuri, Frank tiene gli occhi ben aperti come se non credesse a quello che sta vedendo.
«Si sono alzate» dice ancora, con la voce che gli muore in gola. «Lei sta venendo qui!»
«Grazie dell’annuncio, Paciock.»
Mi giro di scatto, e Zoe Caplan è esattamente dietro di me, con le mani appoggiate alla sommità dello schienale rosso scarlatto del divano. Getto un’occhiata veloce a Frank: è diventato rosso come un peperone.
«Ho sentito del duello clandestino con Burke, Potter» esordisce poi, rivolgendosi a me. Io, per evitare di farmi venire un torcicollo, mi alzo dal divano e mi giro verso di lei.
«Avresti voluto assistere?» le chiedo.
«Sì» risponde. «Non vedevo l’ora che qualcuno ti staccasse un braccio, peccato che vi abbiano beccati.»
«Burke non sarebbe capace di staccarmi nemmeno un capello dalla testa» commento, mettendomi le mani sui fianchi.
«Beh… nonostante tutto, Burke è un pezzo di merda e questo lo sanno tutti» dice ancora Zoe. «Quindi ho apprezzato l’intento di dargli una lezione.»
«Mi stai facendo un complimento?» le domando, sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
«Non montarti la testa» borbotta lei. «Serve ben altro per convincermi a venire ad Hogsmeade con te.»
«Mai dire mai, Zoe» le dico, continuando a guardarla negli occhi. «Potresti cambiare idea quando meno te lo aspetti.»
«Mancano tre settimane» mi ricorda lei, sostenendo il mio sguardo. «Giusto un miracolo ti salverebbe.»
«L’universo nutre un amore sconfinato nei miei confronti» ribatto. «Altrimenti, con tutto quello che ho combinato in sette anni di scuola, sarei stato espulso al primo anno.»
«Adiamo» mormora, rivolta alle sue amiche, ma senza smettere di guardarmi. Loro due si risvegliano da una sorta di stato di trance e pochi secondi dopo tutte e tre se ne vanno verso le scale che portano ai dormitori.
«Se ti va male, il mio piano B funzionerà di sicuro» mi dice Frank, dandomi una pacca sulla spalla.
«Ah sì?» gli domando.
«Le amiche di Zoe non mi hanno tolto gli occhi di dosso per tutto il tempo.»

Ciao a tutti! ♥
So che avevo detto che avrei provato ad aggiornare più in fretta questa volta, ma con questo capitolo mi sono fatta un po' prendere la mano (e difatti è un po' più lungo del solito), ma volevo farci entrare dentro sia la zuffa con Burke che qualche progresso sula questione di Zoe: che ne dite, Albus porterà a termine il piano A o dovranno fare affidamento al fascino da rubacuori di Frank? :')
Per quanto riguarda l'alleanza Potter-Malfoy, chissà se finirà qui o se i due continueranno a comportarsi civilmente, ehehehe.
Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Scorpius, e finalmente ci sarà un avvenimento-chiave che spero di rendere nel miglior modo possibile. Sicuramente molti di voi avranno già capito di che cosa si tratta. Spero sempre di non postarlo in tempi biblici: la sessione ormai è finita e ho qualche settimana di respiro prima di ritornare a studiare per settembre (che gioia, eh?), quindi mi darò da fare, avendo molto tempo libero. ♥
Grazie come al solito per essere arrivati fin qui, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Un bacione e alla prossima! ♥
Mars

Ps: la citazione del "paura Potter?" era d'obbligo! xD  

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Capitolo 35
*** Rivelazioni potenzialmente letali ***


XXXV – SCORPIUS
 
Rivelazioni potenzialmente letali
 
Da sempre credo che l’universo debba trovare sempre un certo equilibrio, che ci debba essere un bilanciamento tra gli eventi affinché tutto continui a funzionare normalmente; dato che ultimamente sono riuscito ad evitare una punizione di Cylon, un duello con Burke e un litigio con Lily – cosa di cui ero fermamente convinto, ma di cui non c’è stata la minima traccia – credo proprio che la settimana che mi si presenta davanti sarà un completo disastro.
È solo martedì quando questa convinzione si radica totalmente in me. E non c’entra niente il fatto che ieri Lily, come compito di Divinazione assegnatole dalla Cooman, dovesse redigere l’oroscopo settimanale di qualcuno e ha dunque scelto me, decidendo che mi sarebbero capitate le peggiori sventure, per compiacere la professoressa.
Tanto per cominciare, ho preso un orrendo Accettabile alla verifica di Trasfigurazione che abbiamo svolto appena rientrati dalle vacanze, verifica alla quale ero sicuro di essere andato in maniera quasi perfetta. Leggo velocemente la pergamena dove ho svolto il compito, ponendo l’attenzione sulle correzioni della professoressa.
Alec, accanto a me, nota il mio sguardo sconcertato e mi dice che anche lui ha preso lo stesso voto, forse per tirarmi su il morale, aggiungendo poi che anche il resto della classe non è andata magnificamente. L’unico problema è che io non sono il resto della classe, io vado benissimo in questa materia e non ho mai ricevuto così tante correzioni in una verifica. E non mi fanno nessun effetto le parole di Alec, che ora mi sta dicendo che si tratta comunque della sufficienza e che posso recuperare in qualsiasi momento.
Come se il voto non bastasse, alla fine della lezione, la Trent insiste anche per scambiare due parole con me.
«Sono rimasta un po’ sorpresa nel doverti mettere una A, Malfoy» mi spiega in tono calmo, i capelli argentati raccolti dietro la nuca e gli occhi azzurri, contornati da qualche ruga, preoccupati. «Sei sempre stato uno studente modello, come mai questo calo così improvviso?»
«Non lo so» le rispondo sinceramente. Percepisco Alec alle mie spalle, che aspetta probabilmente appoggiato a qualche banco. «Io credevo di essere andato bene.»
«Non era una verifica molto semplice» sospira ancora la professoressa. «Ma ho come l’impressione che tu non abbia dato il massimo.»
Non so come replicare. Ho dato il massimo? Non so dare una risposta certa neanche a questa domanda: ci sono un sacco di cose ormai a cui devo prestare attenzione e mi sembra inumano riuscire a dare il massimo in ogni aspetto della mia vita.
La professoressa riempie in ogni caso il mio silenzio: «È successo qualcosa, di recente? Qualcosa di serio? In famiglia, forse?»
Scuoto la testa ancor prima di elaborare completamente la sua domanda, e questa mia reazione così repentina deve farle venire qualche dubbio, perché aggrotta leggermente la fronte e stringe gli occhi.
«Sicuro?»
«No» sospiro. «In effetti, c’è una cosa che ultimamente mi distrae… ma prometto che d’ora in poi mi impegnerò come prima. Mi dispiace per questa verifica, se posso recuperarla, io…»
Ma a questo punto il volto della professoressa Trent si addolcisce leggermente e le scappa un sorriso, anche se molto tirato.
«Un voto è solo un voto e non inciderà sulla tua media se rimane un episodio isolato» dice. «Ma questo è comunque l’anno dei M.A.G.O. e so che tu hai le capacità per eccellere in molte materie, inclusa la mia.»
Io annuisco, stringendo con le dita la tracolla della mia borsa, carica di libri, e lei comincia a riordinare delle pergamene sulla scrivania. «Ora andate» conclude, rivolgendo uno sguardo veloce anche ad Alec, alle mie spalle. «Non voglio farvi fare tardi alle altre lezioni.»
«Arrivederci, professoressa» la salutiamo all’unisono io ed Alec, e poi usciamo velocemente dall’aula.
Io cerco di affrettare il passo, rimanendo in religioso silenzio, mentre svolto per il corridoio e punto  dritto verso le scale che dovrebbero portarci al piano superiore, verso l’aula di Aritmanzia, dove io e Alec ci separeremo – dato che non segue questa materia – e da dove lui continuerà a salire, per andare a Babbanologia. In cuor mio, spero che non proferisca parola per tutto il tragitto, ma il mio cervello già sa che è solo una futile illusione.
«Allora, cos’è che ti distrae, esattamente?» mi chiede, mentre aspettiamo la rampa di scale. Dovevo aspettarmelo.
Mi giro verso di lui: ha la solita faccia curiosa e lo sguardo acceso e brillante. Io, al contrario, devo sembrargli uno straccio.
«Ti arrabbi se ti dico che te l’ho nascosto per settimane?»
«Ma io so già che me l’hai nascosto per settimane»
La sua voce è calma e ha anche accennato un sorrisetto rassicurante. Tiro un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempo mi chiedo come abbia fatto ad aver capito che gli sto nascondendo qualcosa. Non devo neanche chiederglielo, comunque, perché lui capisce anche mi sto internamente facendo questa domanda e mi risponde molto rapidamente.
«È da quando siamo tornati che sei strano» commenta. «Già dal viaggio in treno, ma a quello non avevo fatto molto caso perché Lily ha quasi carbonizzato Lucinda Ackerman, quindi mi ero detto che tutta l’atmosfera era fuori dal normale.»
«Beh… sai anche cosa ti ho nascosto?» gli chiedo a questo punto, pronto a vuotare il sacco.
«No» risponde lui, sempre tranquillo. Fa un passo in avanti perché sono arrivate le scale e io lo imito, balzando rapido sul suo stesso scalino. Cominciamo a salire, prima che si muovano una seconda volta. «Se non vuoi dirmelo, lo capisco.»
«Non è che non voglio» sospiro. Ora più che mai ho voglia di dirglielo, perché mi sento addosso una sensazione strana, come se avessi qualcosa incollato alla pelle e sentissi l’impellente bisogno di staccarlo. «È che non riguarda solo me e non posso prendere questa decisione da solo.»
«Ah, allora forse ho capito!» esclama, e dopo qualche istante scoppia a ridere. Io lo guardo perplesso. Fa una pausa per balzare sul pianerottolo. «Per caso l’altra persona è Lily?»
A questo punto rischio quasi di inciampare nei miei stessi piedi e la sua sonora risata invade il corridoio che stiamo percorrendo, attirando l’attenzione di un gruppetto di studenti del quarto anno, probabilmente da poco usciti dall’aula di Aritmanzia, dove avrò lezione tra più o meno tre minuti.
«Okay» commenta Alec. «Si tratta di Lily. Evidentemente,  nella notte di capodanno è andato tutto come doveva andare.»
«Posso spiegarti, comunque…» farfuglio, cercando di costruire un discorso sensato che spieghi il motivo per il quale non abbiamo detto nulla, né a lui né a Kelsey.
«Scorp, non serve» mi blocca subito lui. «Io non mi attacco a queste cose… Lily ha un casino a casa, suo fratello fino a tre mesi fa ti voleva tre metri sotto terra e poi lei e Kelsey non si sono parlate per giorni.  Penso di capire…»
«Sono esattamente questi i motivi» gli dico io, cercando di portare avanti comunque la mia spiegazione, anche se non ce n’è bisogno, perché Alec è una persona comprensiva e tranquilla, più di quanto si possa immaginare. «Io non so nemmeno come è successo… neanche ci speravo.»
«Io te l’avevo detto.» Gli si forma un sorrisetto divertito sulle labbra. «Comunque, poco importa della verifica di Trasfigurazione, ma se sabato alla partita farai schifo mi sentirò in dovere di ammazzarti, sono stato chiaro?»
Spalanco gli occhi e un brivido di terrore mi attraversa dalla testa ai piedi, veloce come un fulmine. La partita! Alec deve aver notato questo mio repentino cambiamento, probabilmente assomiglio a qualcuno che ha appena visto la morte in faccia.
«Tu… ti ricordi che sabato giochiamo contro i Corvonero?» mi chiede, con la voce spezzata da quello che è probabilmente un istinto omicida.
Lo guardo senza proferire parola, poi deglutisco. «Ora sì.»
«Oggi è martedì» continua lui. «Avresti dovuto iniziare la tua preparazione psicologica tre giorni fa.»
«La inizierò oggi.»
Da quando Alec è diventato capitano della squadra, abbiamo escogitato insieme un rituale di preparazione alla partita da iniziare una settimana prima. Non ne ho mai saltato uno, o comunque non l’ho mai iniziato in ritardo, e già il fatto che io sia riuscito a dimenticarmene è indice di quanto tutta questa situazione mi stia facendo vivere con la testa tra le nuvole.
«Sarà meglio che funzioni» mi dice, assumendo un tono minaccioso.
«Certo che funzionerà» esclamo, tranquillizzandolo. Noto che sempre più persone si stanno dirigendo e, conseguentemente, entrando nell’aula di Aritmanzia. «Vado a lezione, ci vediamo a pranzo?»
«Certo» risponde lui. «Non vedo l’ora di vedere Kelsey dare non appena scoprirà di te e Lily!»
E per tutta la lezione non faccio che pensare al discorso da fare a Kelsey per spiegarle tutto ciò che ci ha portati a tenerle nascosta una cosa del genere per settimane. Alec, come ha detto lui stesso, non se la prende per queste cose, ma Kelsey di sicuro in un primo momento lo prenderà per alto tradimento, e solo dopo, forse, si lascerà andare ed esprimerà in modo abbastanza colorito tutte le sue emozioni a riguardo.
“Volevamo dirtelo, ma all’inizio non ci capivamo niente nemmeno noi, poi tu e Lily avete litigato e non ci sembrava il momento più propizio, ma dato che adesso avete fatto pace…”
No, non va bene porre troppo l’accento sul loro litigio, sembra che sia stato unicamente quello il motivo.
“Ci abbiamo messo un po’ per definire la situazione e non volevamo dirlo finché non fossimo stati sicuri…”
Questo potrebbe andare bene, ma devo prima confrontarmi con Lily, perché vorrei evitare di dire qualcosa di sbagliato. Insomma, alla fine è vero che non ne abbiamo mai parlato davvero chiaramente: dalla notte di capodanno ad oggi non ci siamo mai chiesti cosa siamo, perché a me sembra abbastanza semplice e intuibile e forse anche a lei è chiaro come il sole e non ha bisogno di alcuna definizione, per essere sicura. Ma se qualcuno dovesse chiedermi, adesso, cosa rappresenta Lily per me, gli direi che è la mia ragazza, perché facciamo tutto quello che fanno due persone che stanno insieme.
E la conosco abbastanza bene da pensare che anche lei risponderebbe la stessa cosa, se dovessero chiederle cosa rappresento io nella sua vita. Quantomeno, non credo di essere più solo il suo migliore amico.
Quando finisce la lezione, senza che io abbia capito il minimo esercizio che la professoressa ha svolto alla lavagna, mi reco di fronte all’aula di Storia della Magia, da cui Lily e Kelsey escono quasi per prime, le espressioni sui loro volti sono molto divertenti: Kelsey si stropiccia gli occhi, semichiusi a dovere dopo una lezione di Rüf, e Lily fa un grande sbadiglio, coprendosi la bocca con le mani.
«Com’è stata la lezione?» esordisco, non appena sono abbastanza vicino a loro.
«Noiosa» rispondono all’unisono, senza riflettere nemmeno un po’, poi si guardano e ridono, evidentemente divertite dal fatto di aver dato la stessa risposta contemporaneamente.
«Quale rivolta dei Goblin sta spiegando?» chiedo, divertito anche io.
«La sesta» dice Kelsey, alzando gli occhi al cielo. Dopo guardo Lily, che arriccia la bocca in una smorfia perplessa.
«Io penso di aver sonnecchiato tutto il tempo» ammette, sospirando. «Quindi non ho proprio seguito.»
«Addio G.U.F.O. di Storia della Magia!» scherza Kelsey, alza in aria il braccio con il palmo della mano ben aperto e Lily le batte il cinque sorridendo. Dopodiché, Kelsey si rivolge a me. «Ultimamente Lily è troppo impegnata a pensare al suo fidanzato segreto per seguire le lezioni.»
E in questo momento, succedono tre cose contemporaneamente. Lily quasi inciampa nei suoi stessi piedi, io vengo colto da un inspiegabile attacco di tosse e Kelsey ci guarda come se fossimo alieni.
«Il suo cosa?» cerco di dire, sputacchiando, tra un colpo di tosse e l’altro.
«Beh, è palese che ne abbia uno e che stia tenendo nascosta la sua identità, dovresti vederla la sera... certe volte se ne sta seduta sul letto con lo sguardo perso nel vuoto con un sorriso da ebete sulla faccia» continua Kelsey, piuttosto allegra e maliziosa, come se fosse tutto un gioco, una sorta di caccia al tesoro, per scoprire quanti più indizi possibili fino a raggiungere l’obiettivo finale.  «Ma io devo assolutamente conoscerlo!»
Sento Lily sospirare sommessamente. Mentre camminiamo lungo il corridoio, lei ha lo sguardo fisso a terra e stringe forte al petto il pesante libro di Storia della Magia, che evidentemente non entra nella borsa. Quando alza lo sguardo, è su di me che si posano i suoi occhi marroni. La loro intensità quasi mi perfora, e come spesso succede non riesco a capire con precisione quello che nascondono o quello che forse stanno cercando di dirmi. Provo a sorriderle, per rassicurarla riguardo a qualsiasi cosa le stia vorticando per la testa.
«In realtà» comincia a dire, dunque, rivolgendosi a Kelsey. «Già lo conosci.»
«Che cosa?!» esclama a questo punto l’altra ragazza, e spalanca così tanto gli occhi verdastri che temo possano uscire fuori dalle orbite. Si arresta e afferra con delicatezza il polso di Lily, guardandola esterrefatta. Cerca di dire qualcosa, ma riesce a balbettare solo suoni incomprensibili. All’improvviso, come se si fosse improvvisamente ricordata anche della mia esistenza, gira velocemente la testa nella mia direzione.
«Tu lo conosci?» mi chiede, ma adesso sembra furente.
«Beh…» inizio a dire. Certo che lo conosco… sono io! Ma Kelsey non mi lascia finire, intuendo ovviamente che stavo per dirle di sì, e poi si rigira verso Lily.
«Lui lo conosce e io no?!» esclama di nuovo, stavolta la sua voce è impregnata di indignazione.
«È un po’ difficile che Scorpius non lo conosca» cerca di spiegargli Lily, con calma, anche se è visibilmente agitata e i toni di Kelsey la mettono sotto pressione: ormai ogni minima discussione che ha con lei, anche non accesa, la fa scattare sull’attenti.
«È un suo amico allora!» la blocca nuovamente Kelsey, iniziando a fare supposizioni. «Di certo non Alec… uno dei loro compagni di stanza, forse. Gerard? Oh, no! Non dirmi che è Samuel Nott, avevamo giurato che ce lo saremmo tolto dalla testa al quarto anno!»
«Se mi lasciassi finire…» borbotta Lily. Adesso il suo viso assume un cipiglio infastidito e anche un po’seccato. Finalmente, Kelsey si ammutolisce e rimane a guardarla, con la bocca serrata e le orecchie ben aperte. «È lui» dice ancora Lily, indicandomi. «È Scorpius il mio… ragazzo.»
«Oh.» È tutto ciò che la voce di Kelsey, adesso flebile e decisamente meno decisa e squillante di prima, riesce ad esternare. Credo che la notizia debba averla scioccata parecchio, perché passano più o meno due minuti senza che lei dica qualcosa: si limita solo a far viaggiare freneticamente il suo sguardo da me a Lily e viceversa, forse starà pensando a delle parole che abbiano senso.
«Sono proprio stupida» borbotta, incrociando le braccia al petto. «Ho appena realizzato che ci saranno stati più o meno cinque o sei episodi che avrebbero potuto farmelo capire!»
«Non ci ucciderai per avertelo tenuto nascosto, vero?» le chiede dolcemente Lily, tutta la preoccupazione è sparita dai suo occhi, adesso ha solamente le guance infiammate di rosso e le labbra un po’ screpolate dal freddo allargate in un sorrisetto innocente.
Kelsey ci guarda dubbiosa e poi risponde: «Solo se Alec non l’ha saputo prima di me.»
«Purtroppo gliel’ho detto più o meno un’ora fa» ammetto io, con fare colpevole.
«Allora, mi dispiace» sospira teatralmente Kelsey, assumendo un tono grave, mentre cerca di trattenere le risate. «Morirete stanotte.»
 
Durante la serata di venerdì, realizzo amaramente che non sarò mai pronto psicologicamente per la partita di domani mattina e mi arrovello il cervello alla ricerca di una frase da dire ad Alec che riesca al contempo a non farmi ammazzare e a fargli capire che potrei non riuscire a dare il cento per cento.
È quasi ora di cena e io sono chiuso in biblioteca: sotto il naso ho tre o quattro pergamene piene di schemi e formazioni, ma non riesco a mettere a fuoco nessuno degli schizzi che Alec ha realizzato nell’ultimo mese e che ha appositamente studiato per la partita di domani.  Sul lato destro dell’ampio tavolo di legno scuro a cui sono seduto, giacciono anche, impilati, i libri di Trasfigurazione e di Erbologia: avevo intenzione di iniziare i compiti per lunedì, ma ovviamente non ci sono riuscito. Osservo sconsolato il mare di carta in cui sento di star lentamente annegando e anche se non ho fatto nulla di concreto, nelle ultime due ore, mi sento la testa andare in fiamme e ho l’impressione che tutti i miei neuroni si stiano liquefacendo.
Non so più a che cosa attribuire la mia scarsa concentrazione: i problemi con Burke sembrano essere risolti, io e Lily abbiamo finalmente rivelato ad Alec e a Kelsey cos’è successo la notte di capodanno e Potter sembra non volermi più ammazzare ogni volta che mi incrocia per i corridoi, anche se la tregua che avevamo messo in piedi mesi fa ormai non ha più ragion d’essere.
Sembra che io non abbia nulla di cui preoccuparmi e che tutto stia andando esattamente  come deve andare. A ben vedere, mi sembra di avere a tutti gli effetti una vita perfetta, di essere invidiabile, perché ho una bella famiglia, ho degli amici su cui posso contare, ho un futuro promettente e, adesso, ho anche Lily. O meglio, lei l’ho sempre avuta al mio fianco, ma solo adesso è esattamente come forse l’ho sempre inconsciamente immaginata.
E non riesco a fare a meno di lei, a volte non riesco nemmeno a non pensarla e la voglio assolutamente nei miei pensieri.
Alzo improvvisamente la testa dalle pergamene consunte che mi ha dato Alec e spalanco gli occhi, guardando distrattamente la schiena ricurva di una ragazza seduta al tavolo di fronte al mio.
Lily.
Ecco cosa c’è che non va con la mia concentrazione. Non riesco a pensare concretamente a niente perché Lily occupa tutto lo spazio, perché sono io che la voglio sempre nei miei pensieri. In ogni momento, devo avere la certezza che lei sia con me, dentro di me. Ovunque.
Perché ho una tremenda paura di non ritrovarla più, di perderla, di svegliarmi e scoprire di non poter più sentire la sua voce, o peggio, di non riuscire nemmeno a ricordarla o a pensarla. E deve essere per questo motivo se mi dico che devo assolutamente pensare a come sono fatti i suoi occhi, o alla piega che prendono le sue sopracciglia quando è confusa, o al modo in cui si stringono le sue labbra quando è arrabbiata. Non riesco a non pensarci, a non perdermi mentre lo faccio.
È come una mania, un’ossessione… forse ho qualche strana malattia e dovrei andare in Infermeria dalla signorina Bell a farmi controllare.
Il rumore delle scarpe col tacco di Madama Pince mi riporta alla realtà, la ragazza che era seduta di fronte a me ora non c’è più, sia la sedia che il tavolo sono sgombri. La vecchia bibliotecaria sta sistemando alcuni volumetti in una libreria accanto al mio tavolo. Guardo l’orologio e mi rendo conto che devo darmi una mossa o farò tardi a cena. Rimetto i libri nella borsa e ci schiaffo dentro anche le pergamene, che si spiegazzano ancora di più. Mi alzo, cercando di non fare troppo rumore con la sedia, e saluto gentilmente Madama Pince prima di andare via, poi cerco di scendere il più velocemente possibile verso la Sala Grande.
A cena ho lo stomaco chiuso. Credo sia l’agitazione per la partita. Kelsey mi ha chiesto dove sono finito per tutto il pomeriggio ed io le ho detto la verità, ossia che sono andato in biblioteca a ripassare per bene gli schemi per la partita di domani e ad iniziare i compiti per lunedì. Il fatto che poi io non sia riuscito a fare decentemente nessuna delle due cose è un dettaglio che mi prendo il lusso di omettere.
Mi sento strano anche quando Alec mi da una pacca sulla spalla, dicendomi che sapeva che sarei riuscito a completare in tempo la mia preparazione psicologica e che domani sarà una giornata grandiosa.
Ed è solo quando, a pasto finito, Lily scivola sulla panca, vicinissima a me, e mi stringe un braccio, appoggiandosi dolcemente sulla mia spalla, che il nodo all’altezza dello stomaco e il nervosismo per la partita mi abbandonano un po’, lasciando spazio alla piacevole sensazione di calore e tranquillità che mi pervade ogni volta che sento Lily vicina a me.
Non riesco a capire come io abbia fatto a vivere fino a questo momento senza queste sensazioni, adesso mi sembrano indispensabili per continuare ad esistere, a respirare… ho bisogno di loro come ho bisogno del cuore che batte: l’unica persona che sa darmele è lei.
 
«Alec?»
«Dimmi.»
«Non credo di essere pronto per la partita.»
«Che sciocchezze, Scorp, certo che sei pronto.»
«Ho paura di non riuscire a concentrarmi.»
«Ti stai facendo questi problemi a dieci minuti della partita?»
«In realtà da ieri sera.»
«E ME LO DICI ADESSO?»
«Che succede qui?»
Madama Bumb irrompe nel nostro spogliatoio, dopo che la voce di Alec ha quasi fatto tremare le pareti.
«Pucey che inveisce contro Malfoy» risponde passivamente Quinn, una ragazza dai lunghi capelli neri che ha osservato divertita tutta la scena. Se ne sta seduta su una panca, la divisa da Cercatrice stretta intorno al corpo e le braccia incrociate. «Nulla di cui preoccuparsi, Madama.»
«Forza, smettetela di trastullarvi, vi voglio in mezzo al campo tra…» inizia la donna, per poi controllare l’orologio al polso sinistro. «Otto minuti!»
Tutti annuiamo e Madama Bumb se ne va, lasciando di nuovo ad Alec il potere di strangolarmi.
«Adesso, tu posi le tue stupide chiappe sulla tua maledetta Firebolt, esci lì fuori e non dai a Louis Weasley nemmeno il tempo di vedere il boccino, sono stato chiaro?» mi urla praticamente contro, puntandomi l’indice contro il petto. «E qualsiasi cosa sia a farti distrarre, eliminala.»
«Non posso eliminarla» ribatto prontamente, perché ho finalmente capito qual è il motivo del mio camminare perennemente a tre metri da terra. E non posso semplicemente oscurare Lily, lei sempre brilla prepotente e meravigliosa.
«Come sarebbe a dire che non puoi?» continua Alec, indispettito.
«Dopo ti spiego» taglio corto, dato che non ho voglia di parlare di certe cose di fronte al resto della squadra.  Alec sta per dirmi qualcosa, ma io afferro la mia scopa e mi dirigo verso l’uscita dello spogliatoio.
L’aria fredda di gennaio mi sferza subito sul viso e mi fa stringere i denti. Fortunatamente, la divisa invernale di Quidditch tiene abbastanza caldo. È una giornata perfetta, per una partita: il cielo è bianco ma non sta ancora nevicando, non c’è vento e nemmeno un pallido raggio di sole. Con anche le condizioni metereologiche ideali, se non riesco a prendere il boccino non avrò davvero nessuna scusa.
Sospiro e cerco di farmi un po’ di coraggio, mentre con la coda dell’occhio vedo gli ultimi studenti che si affrettano a raggiungere gli spalti del campo. Già si sentono centinaia di voci sovrapporsi l’un l’altra, in attesa che la partita cominci.
Qualche minuto più tardi, anche gli altri escono dallo spogliatoio con le scope in mano. Alec non sembra più arrabbiato e mi rivolge un sorriso d’incoraggiamento, tutti insieme cominciamo ad avviarci verso l’entrata del campo. Ci mettiamo in fila indiana, saliamo in sella alle scope e attendiamo il segnale di Madama Bumb.
Un fischietto suona, ma deve prima entrare in campo l’altra squadra. Fred Weasley, al microfono, annuncia a gran voce il nome di ogni giocatore Corvonero, rimarcando il nome di suo cugino Louis, il mio avversario in questa partita.
Un altro fischio, stavolta è il nostro turno. Alec fa il suo ingresso per primo, alzandosi subito in volo. Dopo di lui vanno Quinn, Delilah e Shane, poi Samuel e Creston e infine, come sempre, tocca a me.
Gli spalti sono moderatamente pieni, faccio un breve giro di campo, mentre Samuel e Creston si apprestano ad atterrare accanto ad Alec e agli altri, e poi mi aggiungo a loro. Madama Bumb fa avvicinare i capitani della squadra, il mio migliore amico stringe gentilmente la mano ad una ragazza alta e bionda, con il viso squadrato e leggermente sgraziato e sporgenti occhi azzurri, Lizzie Warrington.
La partita inizia.
«Il capitano Warrington si impadronisce subito della pluffa, che velocità!» I commenti di Fred Weasley non tardano ad arrivare. «Ma altrettanto veloci sono i battitori di Serpeverde, Creston Darris ne scaglia subito uno contro Lizzie Warrington, lei lo schiva, ma Nott glielo rispedisce contro senza pietà! Warrington perde la pluffa!»
Io osservo con attenzione tutto ciò che fa Louis Weasley, che perlustra il campo dall’alto. È presto per il boccino, ma è importante non distrarsi mai, nemmeno per un secondo.
«Dieci punti per Corvonero, segnati da Scamander!» esclama Weasley. «Cioè, volevo dire, da Lorcan Scamander, o era Lysander? Accidenti, ragazzi, fatevi un segno sulle
divise, cosi vi riusciremo a distinguere!»
La folla che sventola sciarpe e bandierine blu e ramate esplode in un grido esultante e Lorcan Scamander fa una mezza acrobazia sulla sua scopa. Fortunatamente, non troppo tempo dopo, un tiro di Delilah ristabilisce la parità. Tuttavia, oggi Lorcan Scamander sembra essere abbastanza in forma, così come suo fratello gemello Lysander, e nel giro di pochi minuti, insieme riescono a far andare a segno altri sei tiri, portando il punteggio dei Corvonero a settanta, mentre noi siamo ancora a dieci. Del boccino non c’è ancora nessuna traccia, guardo di nuovo quello che sta facendo Weasley e lo vedo volare leggermente più in alto di me, con lo sguardo rivolto verso il basso, dove i nostri compagni si tirano bolidi e pluffe a non finire. 
«Chestwood con un lancio – mi duole ammetterlo – a dir poco formidabile, segna e fa salire il punteggio dei Serpeverde a venti!» esclama Fred Weasley, mentre il portiere di Corvonero se la prende con gli anelli, sferrando qualche pugno contro quello di destra, dove la pluffa lanciata da Quinn è entrata poco fa. «Nemmeno Oliver Baston avrebbe saputo pararlo. Non preoccuparti, Sanders!»
Il nostro recupero è lento e affannoso, i Corvonero sono molto bravi a difendere, anche se per evitare che Alec, Quinn e Delilah riescano a segnare, trascurano l’attacco e così anche il loro punteggio rimane pressappoco fermo per molto tempo. Ad un tratto, Samuel commette un fallo e il capitano Lizzie Warrington segna un rigore con lo stesso tiro ad effetto di Quinn, che Shane non riesce a parare.
Ora siamo centodieci a cinquanta, ancora un buon punteggio se il boccino decidesse di saltare fuori. I Corvonero segnano più rapidamente di noi e ho paura che, andando per le lunghe, raggiungano un punteggio tale che, anche se prendessi il boccino prima di Louis Weasley, loro vincerebbero comunque la partita.
I miei timori stanno per avversarsi.
La partita ormai sarà iniziata da quasi un’ora, Fred Weasley annuncia che gli fa male la gola, ma continua imperterrito a strillare nel microfono ogni singola azione della partita.
«Alexander Pucey porta i Serpeverde a ottanta punti!» esclama. «Ma i gemelli Scamander segnano altri venti punti, un tiro dopo l’altro, Corvonero tocca la vetta dei duecento punti!»
Delilah ha il viso di una tonalità bordeaux e Shane ha le labbra quasi viola: il freddo renderà difficile resistere per molto altro tempo. Quinn sembra posseduta da una sorta di demone, scaglia senza sosta pluffe contro gli anelli dei Corvonero, ma con poca tecnica, quindi il portiere riesce a pararle tutte. Creston e Samuel hanno il controllo dei bolidi, impedendo in tutti modi ai battitori avversari di riuscire a scagliarli, tuttavia, oggi Lorcan e Lysander Scamander sembrano davvero essere in ottima forma e ogni volta che si impadroniscono della pluffa riescono a segnare. In non molto tempo, il loro punteggio arriva a duecentoquaranta, e adesso non vinceremmo neanche se prendessi il boccino.
Come un crudele scherzo del destino, è proprio adesso che il boccino fa il suo ingresso in campo. Lo noto subito svolazzare a metà del campo.
Guardo Louis Weasley: anche lui deve averlo visto e si è già lanciato al suo inseguimento.
«Braccate Weasley!» Sento Alec gridare con tutto il fiato che ha in corpo e con la coda dell’occhio vedo Creston scagliargli un bolide contro: Weasley riesce ad evitarlo, ma per farlo perde di vista il boccino e mi lascia un discreto vantaggio.
«NON PRENDERLO ANCORA, SCORPIUS!»
Di nuovo la voce di Alec, che mi ricorda che devo aspettare. Nel frattempo, io e Louis Weasley inseguiamo la piccola pallina dorata per tutto il campo.
Devo trovare un modo per distrarlo e confonderlo, per farci guadagnare tempo. Se continuiamo in questo modo, uno dei due finirà con il prenderlo prima che la mia squadra riesca a segnare altri venti punti.
«Altri dieci punti per Serpeverde!» sento gracchiare Fred Weasley, con la voce leggermente roca.
Pensa, Scorpius, pensa!
Un altro bolide giunge provvidenziale, ci passa davanti, tagliando la strada ad entrambi, ma va bene perché Weasley si è distratto e per frenare bruscamente ha per un attimo perso di vista il boccino. È il momento, la mia unica occasione di prendere tempo.
Qualcosa nella mia testa mi dice di buttarmi in picchiata verso il terreno.
«Scorpius Malfoy si getta verso il basso a velocità inaudita! Il boccino d’oro deve aver cambiato traiettoria!»
Giro velocemente la testa dietro di me e vedo che anche Louis Weasley mi ha imitato, gettandosi a capofitto verso il basso, inseguendomi. Peccato che di fronte a me non ci sia proprio nessun boccino.
Mancano un paio di metri prima che io mi schianti definitivamente contro il terreno gelido del campo, l’aria mi sferza violentemente sul viso, facendomi lacrimare gli occhi. Stringo, con tutta la forza che ho, il manico della mia scopa e poi inizio a virare verso l’alto.
Tutti  i suoni mi giungono ovattati: prima sento un sospiro di stupore provenire dalla folla, e poi qualche grido preoccupato, solo alla fine, sento il commento di Fred Weasley.
«PER TUTTE LE MUTANDE DI MERLINO, SE NON HO LE ALLUCINAZIONI, QUELLA ERA UNA FINTA WRONSKI!» urla dentro al microfono. Non riesco nemmeno a sentire la Preside che lo rimprovera per il linguaggio. «Louis ha fatto una brutta caduta, accidenti!»
Mentre mi rialzo mi permetto di respirare a pieni polmoni, la mia bocca emette nuvolette di vapore a causa del freddo. Ricomincio a cercare il boccino, aguzzando le orecchie per sentire la telecronaca di Fred Weasley.
Lily avrà visto quello che ho appena fatto? Muoio dalla voglia di sapere quale sia stata la sua reazione, non so cosa darei per tornare indietro nel tempo di pochi minuti, raggiungerla e guardarla.
«E di nuovo Quinn Chestwood segna! I Serpeverde salgono a cento punti! Attualmente, il punteggio è di duecentoquaranta a cento per i Corvonero! Samuel Nott e Creston Harris non lasciano nemmeno respirare i gemelli Scamander, Pucey e Norris chiudono Lizzie Warrington, impedendole di impadronirsi della pluffa!»
Mi costringo a distogliere i miei pensieri da Lily, seduta chissà dove tra gli spalti che mi circondano, probabilmente a morire di freddo, dato che è più di un’ora che siamo qui.
Dopo due veloci giri di campo, che mi permetto di fare perché Louis Weasley è a malapena riuscito a risalire in sella alla sua scopa, i miei occhi trovano di nuovo il boccino d’oro, e stavolta rincorrerlo a tutta velocità e afferrarlo mi sembra la cosa più facile del mondo, nonostante le dita intorpidite dal freddo che faticano a piegarsi.
 
Ho appena finito di cambiarmi, i miei compagni di squadra,  raggianti e con un enorme sorriso sul volto, mi salutano mentre si avviano verso l’uscita dello spogliatoio. Anche Alec se ne va di corsa: ha detto che deve darsi da fare per organizzare dei festeggiamenti, questa sera, nella Sala Comune. Ben presto, rimango solo nello spogliatoio. Mi infilo le scarpe, la sciarpa e il mantello, prendo la scopa e infilo alla rinfusa la divisa con cui ho giocato, puzzolente e impregnata di sudore, i guanti e le ginocchiere dentro la borsa del Quidditch.
Quando esco, la persona che mi ritrovo di fronte è l’ultima che mi aspettavo di vedere.
«Potter» esclamo, sorpreso. «Che ci fai qui? Eri alla partita?»
«Sì» mormora Albus Potter, evitando il mio sguardo. «Volevo solo farti i complimenti per la finta Wronski.»
Spalanco gli occhi e rimango in silenzio, non avendo la più pallida idea di come rispondere. Dovrei ringraziarlo, suppongo.
«Mi costa un po’ ammetterlo, ma riconosco una cosa fatta bene, quando la vedo» aggiunge, sempre con gli occhi verdi puntati su qualche punto dietro di me.
«Beh, grazie» mormoro. Non so spiegarmi perché, ma questa situazione mi mette leggermente in imbarazzo e mi sembra assurda. Potter che si complimenta con me per come ho giocato durante una partita. Che poi, cosa ci faceva lui alla nostra partita contro i Corvonero?
«Come mai eri qui?» gli chiedo, dando voce ai miei dubbi.
«Per studiare lo stile dei Corvonero. A marzo giochiamo contro di loro» risponde pacatamente. «Sono tosti.»
«Abbastanza, soprattutto i gemelli Scamander» replico io, gentilmente.
Non so come tirarmi fuori da questa conversazione; avrei voglia di tornare al castello come tutti gli altri, di aiutare Alec nei suoi preparativi e poi di godermi qualche ora di sacrosanto riposo sul mio letto.
Succede tutto in pochissimi secondi.
Una voce femminile, squillante e allegra, che conosco molto bene, mi richiama. Mi volto verso sinistra, la direzione da cui proviene, e mi ritrovo sommerso in una matassa spettinata di capelli rossi. Le braccia di Lily mi artigliano il collo, vi si aggrappano con forza, la sento sollevarsi da terra con i piedi e l’avvolgo con le braccia per sostenerla. Per un po’ mi ritrovo a respirare contro la sua sciarpa verde e argento, la punta del mio naso sfiora un lembo scoperto della pelle del suo collo.
Poi ritorna a terra, senza però togliere le braccia dalle mie spalle. Adesso le sue dita mi sfiorano piano i capelli dietro la nuca e le mie mani sono ancora salde sui suoi fianchi.
«Non so cos’è stata quella cosa che hai fatto alla fine, ma è stata spettacolare! Per un momento ho pensato che sia tu che Louis vi sareste schiantati per terra, Kelsey ad un certo punto si è anche coperta gli occhi!»
«Era una-» inizio a dire, cercando di spiegarle il nome della mossa, ma lei sposta le dita fredde sulle mie guance, si avvicina, mormora un qualcosa che non capisco bene, ma che assomiglia ad un “bravissimo” a mezzo centimetro dal mio viso.
E poi mi bacia.
Per qualche istante, la mia mente si svuota del tutto e l’unica cosa che riesco a capire è che devo baciarla anche io, stringere ancora di più la presa sui suoi fianchi; poi, come un fulmine a ciel sereno, mi ricordo della presenza di Albus Potter, a nemmeno un metro di distanza da noi. Mi irrigidisco e cerco di allontanare Lily senza sembrare brusco.
Lei aggrotta la fronte e mi guarda infastidita. «Che c’è?»
«C’è tuo fratello» mormoro, appena in un sussurro.
Lily si gira verso Albus, che è diventato improvvisamente pallido, o meglio, sembra che abbia assunto un colorito giallastro e che sia sul punto di svenire o vomitare, o forse entrambe le cose. Anche lei, adesso, sembra essere diventuta una statua di sale.
Il primo di noi a ritrovare la parole, sfortunatamente, è proprio Albus. Mentre parla, il giallo sul suo volto è sostituito rapidamente da un rosso acceso, che parte dai lati del naso e si estende fino alle orecchie scoperte.
«Che cosa cazzo stai facendo?!» esclama, rivolto alla sorella. «Che cosa… era… quello?!»
«Senti, Potter…» inizio, avanzando di un passo verso di lui.
«Non dire niente, tu!» grida di nuovo, puntandomi l’indice contro. È furente. «Se non fosse che rischio il posto nella squadra ti avrei già spedito col culo dall’altra parte del castello! Come ti permetti di baciare mia sorella, Malfoy?! Credevo di essere stato abbastanza chiaro all’inizio dell’anno. Lily non si…»
«Che ci fai qui?» dice Lily, interrompendolo, con voce abbastanza ferma e dura.
«Sono venuto a complimentarmi con Malfoy per la finta Wronksi!» risponde violentemente Albus, sempre più rosso in volto.
«La cosa?» chiede Lily.
«Non ha importanza!» dice lui, rabbioso. «Cos’è questa storia?»
«Io e Scorpius stiamo insieme» risponde Lily, decisa e calma allo stesso tempo. La osservo, rapito dalla sua voce, dal suo atteggiamento: la differenza tra lei e Albus non è mai stata così netta. Lui è acceso di rabbia, infervorato dalle emozioni, che prendono il sopravvento; lei invece è calma, composta, cerca di tenere tutto a bada, anche se so che il comportamento di suo fratello le dà estremamente fastidio.
«E perché?!»
Istintivamente, sospiro e sbatto una mano sulla fronte. Come sarebbe a dire perché? Che razza di domanda è?
«Secondo te?» ribatte subito Lily, che nonostante stia cercando di mantenere il suo tono neutrale, si lascia per un secondo sopraffare da un pizzico di esasperazione. «Perché noi.. beh, per quale altro motivo due persone si mettono assieme?»
«Da quant’è che va avanti questa… cosa, eh?» chiede ancora Albus, sembra meno arrabbiato di prima, ma ha comunque uno sguardo severo e inquisitorio, corroborato dal fatto che ora ha incrociato le braccia al petto, visibili sotto il mantello un po’ aperto.
«Da un mese» borbotta Lily.
«UN MESE?!» esclama adesso lui, spalancando gli occhi. La parvenza di stabilità che aveva assunto tre secondi fa è già andata in fumo. Fa per riaprire la bocca, ma qualcosa lo blocca: sta ragionando, probabilmente si starà facendo due calcoli. «Quindi è questo che è successo a casa sua, a fine dicembre?»
«Sì, e allora?» gli dice nuovamente Lily. Adesso fa due passi avanti, superandomi e raggiungendo il fratello. Si ritrovano faccia a faccia: lei è quasi buffa di fronte ad Albus, che la supera abbondantemente in altezza. Il rosso vivido adesso si è impadronito anche delle guance di lei.
«E allora perché non me lo hai detto prima?» chiede lui, duramente.
«Perché guarda cosa stai facendo adesso: una scenata!» gli grida contro Lily. «Dirtelo a casa, con James e papà che potevano sentirtici? Loro due sono le ultime persone che devono venire a saperlo, creerebbero un putiferio, peggio di te!»
«Non puoi tenerglielo nascosto» le dice Albus, sospirando sommessamente. «Devi dirlo almeno a James!»
«Oh, come no, così trenta secondi dopo lo sapranno perfino i parenti di zia Fleur, in Francia!» esclama lei, scoppiando poi in una risatina che di vero ha ben poco. «E papà ha tanti di quei problemi che non gli serve sapere che ora Scorpius è il mio ragazzo!»
Sentirle dire queste parole mi fa annodare lo stomaco, mi sento pervaso da una sensazione dolorosa ma piacevole allo stesso tempo: l’ha detto anche l’altro giorno a Kelsey, che sono il suo ragazzo, ma adesso queste parole hanno un suono diverso, hanno un peso maggiore e una consistenza quasi solida e visibile.
«Posso dire una cosa?» cerco di intromettermi, facendomi leggermente avanti. Credo che la questione si possa risolvere pacificamente e sicuramente senza urlarsi contro come stanno facendo loro.
«No!» esclamano loro due all’unisono, girandosi a guardarmi. E allora tornano a discutere tra di loro. Io butto fuori l'aria con un sospiro sconsolato: immagino che non si possa sperare di dividere due Potter che litigano.
«E poi, scusa una cosa» ricomincia Lily, bloccando le parole del fratello sul nascere. «Tu esci ogni volta con una ragazza diversa e nessuno lo sa mai, mentre se io adesso ho un ragazzo devono saperlo tutti?»
«Tu sei…» cerca di dirle Albus.
«Sono cosa?!» esclama Lily. «Sono piccola? O è perché sono femmina? Io sono cosa, Severus?»
«Non chiamarmi così» le dice lui, offeso. Deduco che Lily lo chiami con il suo secondo nome solo quando è veramente seria ed arrabbiata. «Se io esco con una ragazza, non vuol dire che mi ci metto per forza assieme.»
«Ah, no?» sospira Lily, facendo poi un sorrisetto che io conosco bene: è quello che fa sempre quando sa di poter vincere la discussione in cui si è infilata. «E allora quella ragazza a cui sbavi dietro in Sala Grande che cos’è?»
«Quale ragazza?» chiede bruscamente Albus, aggrottando la fronte e le sopracciglia nere e folte.
«Quella con i capelli ricci, credi che io non ti osservi? Ti siedi sempre vicino a lei a tutti i pasti, le passi l’acqua, il succo di zucca, i vassoi con il cibo… se non è la tua ragazza lei, allora non so, dato che non mostri quella gentilezza con nessun altro essere umano al mondo.»
«Ah, ma intendi…» inizia Albus e poi scoppia a ridere. «Lei non starebbe con me neanche per tutti i galeoni del mondo.»
«Quindi ti piace?»
«Non essere ridicola, Luna
Posso immaginare Lily digrignare i denti e vedo i suoi pugni stringersi fino a farsi diventare le nocche bianche. Evidentemente, neanche a lei piace essere chiamata con il suo secondo nome.
«Facciamo così» esordisce, dopo aver emesso un sospiro. Sospiro che segna solo l’inizio di una bella tempesta. «Tu giuri di non proferire parola con James e con papà di quello che hai visto oggi e io non andrò a dire a questa ragazza che ti piace.»
«Non sai neanche come si chiama» ribatte Albus.
«Beh, ma l’ho vista e so chi è. Che m’importa di come si chiama?»
Albus sembra pensarci su, perché rimane in silenzio per un po’. Il fatto che non abbia avuto prontamente una risposta da dare a Lily forse significa che lei ha centrato esattamente il bersaglio, ecco perché era così sicura e soddisfatta.
«Affare fatto» conclude Albus. «Ma che sia chiaro, lei non mi piace. È solo che... se tu le dicessi una cosa del genere, io rischierei l’espulsione.»
«Addirittura?» mi lascio sfuggire io, colto di sorpresa da una tale affermazione, mentre mi chiedo come si fa ad essere espulsi solo perché si prova interesse verso una ragazza.
«Storia lunga» borbotta lui.
«Abbiamo un patto, Al» gli ricorda Lily, con un tono di voce deciso e lo sguardo ben fermo e impassibile sul fratello. Poi si volta verso di me e mi fa un piccolo sorriso. «Andiamo, comincio ad avere freddo…»
Annuisco e istintivamente alzo ed allargo il braccio destro, lei ci si sistema sotto e io lo appoggio sulle sue spalle.
«Ci vediamo, Potter» dico, rivolto ad Albus.
Lui, in tutta risposta, mi guarda male e fa una smorfia. «Per te, sarà meglio di no, Malfoy. E ricorda, sei ancora vivo solo perché non posso permettermi di non giocare! Ma aspetta che finisca il Torneo e te la vedrai con me!»
«Lo terrò a mente!» gli rispondo, trattenendo una risata, dopodiché lo saluto con un cenno della mano, mentre io e Lily ci avviamo verso il castello. Lei ha davvero freddo, nonostante la sciarpa, così, dal momento che non è molta la strada che ci divide dall’entrata, mi tolgo il mantello e glielo poso sulle spalle.
«Meglio?» le domando.
«Grazie» dice semplicemente lei, le sue dita fredde trovano la mia mano destra e la stringono forte.
«Ma si può sapere chi è questa misteriosa ragazza che piace a tuo fratello?» le chiedo, incuriosito anche io da tutta questa storia.
Lei scrolla le spalle e scuote la testa, guardandomi. «Non ne ho idea, è solo una ragazza che vedo spesso seduta vicino a lui e i suoi amici, ma a giudicare dalla reazione di Al, c’è davvero qualcosa sotto!»
Mi viene da ridere, tanto sono sorpreso dalla sua malefica furbizia. Le scompiglio i capelli con l’altra mano. Lei ride a sua volta, ma prontamente va ad afferrarmi la mano, ora me le tiene entrambe e ci siamo fermati, in piedi sul vialetto di pietra. Mi guarda negli occhi, i suoi sono luminosi e ridenti, nonostante la discussione appena avuta con Albus.
Credo di aver appena trovato la spiegazione che mi porta ad averla sempre nei pensieri e non si tratta di qualche strana e rara malattia, al contrario, forse è qualcosa di bellissimo e sconvolgente, di naturale, semplice ma devastante allo stesso tempo.
Non c’è altra spiegazione che possa avere senso, se non il fatto che credo di essermi innamorato di lei.
 

Ciao a tutti!
Scusate il ritardo davvero osceno, stavolta, con cui mi presento, ma senza dilungarmi troppo, è stato ed è tuttora un periodo un po' strano e questo si ripercuote su quello che scrivo e nella frequenza con cui lo faccio. Per farmi perdonare, forse involontariamente, questo capitolo è uscito davvero lungo rispetto ai soliti (sono più o meno settemila parola, quando in genere cerco di aggirarmi sempre sulle tremila/quattromila ^^). Abbiamo tutti  i pensieri di Scorpius, e finalmente la notizia della sua relazione con Lily è giunta più o meno a tutte le persone rilevanti. Il modo in cui Albus doveva venire a saperlo era diverso, nella mia testa, e non doveva esserci traccia del confronto tra lui e Lily, ma poi in corso d'opera ho cambiato totalmente idea e mi sono detta che sarebbe stato più interessante far discutere i due fratelli tra loro, anziché descrivere solo un Albus estramente arrabbiato con Scorpius che cerca di farlo fuori (sarebbe stato un po' monotono, ecco, soprattutto perché credo non ce l'abbia tanto con lui, alla fine, dato che erano arrivati addirittura a sopportarsi xD).
O forse era così che lo immaginavate voi, non so, spero vi sia piaciuto comunque questo cambio di piano.
E a proposito di piani, prossimo capitolo dal punto di vista di Derek. Vedremo la reazione a freddo di Albus riguardo i nostri piccioncini e finalmente troverà attuazione uno dei tanti piani stramapalti dei ragazzi per cercare di ingraziarsi Zoe Caplan (che ho dovuto inserire velatamente anche in questo capitolo, era troppo forte la tentazione xD)
Spero vi sia piaciuto, nonostante sia arrivato in così tanto tempo ♥ Vi ringrazio e vi mando un abbraccio! :3
Alla prossima, Mars

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Capitolo 36
*** Profumo d'aglio ***


CAPITOLO XXXVI - DEREK

Profumo d'aglio

Gli ultimi tre giorni sono stati una prova non indifferente da superare per me, Frank e Bellamy. Sabato mattina, poco prima di pranzo, Albus è tornato in dormitorio con una faccia lugubre, bianco come un lenzuolo ed è stato pericolosamente taciturno fino all’ora di pranzo, quando siamo riusciti a cavargli dalla bocca la scioccante verità, che l’aveva trasformato in una perfetta copia di un cadavere vivente.
Il giorno dopo non è andata molto meglio, persino Zoe Caplan lo osservava incuriosita, ritrovando sicuramente anomalo e insolito il suo comportamento: Frank ha giurato di averla vista addirittura preoccupata e  ha provato a suggerire ad Albus di chiederle di uscire, perché sosteneva che la probabile sensazione di pietà che provava per lui l’avrebbe spinta ad accettare.
Tuttavia, Albus non si è pronunciato sull’idea di Frank e non ha parlato di lei per tutto il giorno. Inoltre, il lunedì, durante le lezioni, non l’ha nemmeno mai degnata di uno sguardo: l’unica cosa che sembrava importare al mondo era che Lily e Malfoy si erano messi insieme ed era ovviamente qualcosa si catastrofico ed irreparabile, che aveva fatto assumere ad Albus l’aria di qualcuno che sta partecipando ad un funerale.
Questa mattina, siamo pronti al solito “buongiorno” tirato, pronunciato con un filo di voce, e al solito colorito pallido, quasi trasparente, che non ha mai lasciato il volto del nostro amico, ma con enorme sorpresa da parte di tutti noi, la situazione sembra essersi rivoltata.
Albus si alza di buon umore, dieci minuti prima che la sveglia suoni. Con grande entusiasmo apre tutte le tende dei nostri letti e spalanca le finestre, da cui entra subito l’aria gelida e umida del primo febbraio.
«Buongiorno!» esclama poi, a gran voce e pieno di energie.
«Ma sei scemo?» È l’elegante risposta di Frank, che si toglie un cuscino da sotto la testa e glielo lancia con violenza addosso. Albus ha i riflessi pronti e lo afferra al volo, riponendolo poi ai piedi del suo letto, e fa un grande sorriso.
«Oggi mancano due settimane esatte alla gita ad Hogsmeade» annuncia. «È tempo di invitare Zoe Caplan come si deve.»
«Tua sorella e Malfoy te li sei già dimenticati?» gli domanda Bellamy, mentre con i piedi cerca di afferrare le pantofole sul pavimento.
«Assolutamente no» risponde immediatamente Albus. «Ma gli ho dedicato già troppi giorni della mia vita, adesso devo concentrarmi su Zoe: la posta in gioco è molto più alta.»
«Su questo sono d’accordo» continua Bellamy.
«E poi, sono carini insieme» mi intrometto io, ancora sdraiato sul letto e avvolto dalle pesanti coperte scarlatte. Tutti e tre si voltano nella mia direzione, come se avessi appena detto un’assurdità, ma in particolare Frank mi fulmina con lo sguardo e all’improvviso ricordo che Albus non sa che li abbiamo visti nel magazzino di Lumacorno tempo fa.
Deglutisco.
«Cioè, non che io li abbia mai visti insieme, ma…»
«No, non sono carini» mi interrompe subito Albus. «Sono spaventosi, ma sfortunatamente chiunque osa mettersi tra Lily e qualsiasi altra cosa rischia di trovarsi privo di qualche organo vitale, quindi non posso fare molto.»
«Hai paura di Lily?» osserva Frank, trattenendo una risata.
«Quasi diciassette anni a passare le estati a casa mia e ancora non hai capito che devi temere lei più di chiunque altro?»
«Sinceramente, a volte temo più tua madre, Al» risponde Frank con sincerità, mentre il suo sorrisetto divertito si spegne lentamente sul suo volto.
Albus sembra riflettere per qualche secondo sull’affermazione del nostro amico, poi arriccia le labbra e lo guarda: «Beh, da qualcuno Lily avrà pur ripreso.»
La lezione di Incantesimi è stata disastrosa. Non dal punto di vista didattico, anzi, devo dire che a me e a Bellamy l’incantesimo di disillusione è riuscito piuttosto bene, per essere solo la seconda volta che ci provavamo.
Parlo di Albus e del suo piano per invitare Zoe Caplan ad Hogsmeade. Si è, infatti, seduto strategicamente vicino a lei e ad un’altra ragazza bionda che non conosco e, insieme a Frank, ha cercato di dar prova delle sue grandi doti con gli incantesimi. In realtà, Albus è molto bravo, ma questa volta ha fatto cilecca, per qualche assurdo motivo; Zoe e la sua amica hanno passato tutta la lezione a ridere sotto i baffi e ad eseguire i loro incantesimi con scarsi risultati, ma comunque migliori di quelli di Albus e Frank.
Inutile dire che l’orgoglio di Albus gli ha impedito per tutta la durata della lezione di sfoderare il suo fascino e provare ad invitare Zoe.
Ed è qui che entro in gioco io: finita la lezione, ci avviamo verso i sotterranei per stiparci nell’aula di Pozioni. Albus chiede a Bellamy di fare coppia con lui, perché dice di dover pensare meglio a come approcciarsi a Zoe e non può concentrarsi a dovere sulla lezione, così io mi ritrovo in coppia con Frank, che mi da una vigorosa pacca sulla spalla mentre io mi sistemo in un banco a caso in seconda fila.
«Non qui, Derek» mi sussurra, puntando gli occhi dall’altra parte dell’aula. «Vieni. È ora di attuare il mio piano B.»
«Parlare con tuo padre?» gli domando, corrugando la fronte. Come facciamo a parlare con il padre di Frank se ora dobbiamo seguire la lezione del vecchio Lumacorno?
«No, quello l’abbiamo declassato, ricordi?» riprende Frank, mentre appoggia con poca grazia borsa su un altro banco vuoto. Inizialmente, non capisco perché ci siamo allontanati così tanto dagli altri, poi con la coda dell’occhio intravedo, seduta al banco dietro al nostro, l’amica bionda di Zoe Caplan, che però adesso si trova in coppia con un’altra ragazza, minuta, con i capelli castani tagliati a caschetto e il viso pieno di lentiggini dorate.
«E cosa intendiamo fare?» chiedo ancora a Frank, curioso di sapere cosa gli sta frullando nella testa.
«Tu fidati di me e assecondami, anche se faccio qualcosa di strano.»
Scrollo le spalle e annuisco, senza pormi ulteriori domande. Sospirando, tiro fuori il mio calderone, il manuale di pozioni, e mi siedo, osservando Albus e Bellamy, che si sono sistemati vicino al banco che stavamo occupando, prima che Frank cambiasse idea. Stanno parlando abbastanza animatamente, ma dato che il professore non è ancora arrivato, tutti stanno parlottando tra di loro e le voci si sovrastano l’un l’altra.
Il rumore che ci fa scattare tutti sull’attenti e chiudere la bocca è la porta che si chiude, seguita dallo sbatacchiare del bastone di Lumacorno sul pavimento di pietra dell’aula. Ci mette un po’, vecchio com’è, a raggiungere la cattedra e a sedersi sulla sedia imbottita.
«Buongiorno, ragazzi» ci saluta, per poi fare un colpo di tosse. «Allora… l’ultima volta abbiamo parlato degli unguenti utili per tenere lontano numerose creature magiche, oggi vorrei che andaste a pagina… ehm un momento – passano altri interminabili minuti, in cui Lumacorno prende una copia del manuale dalla sua valigetta – pagina novantuno, ecco! Lì troverete tutti i passaggi per preparare l’unguento contro i vampiri, chi sa dirmi quali sono i luoghi strategici della casa dove applicarlo?»
Risponde una ragazza di Tassorosso e Lumacorno le assegna dieci punti per la risposta corretta.
«Bene, iniziate a prepararlo, avete un’ora e mezza!»
Metto il mio libro al centro del banco, tra me e Frank, in modo che anche lui possa leggerlo agevolmente.
«Vado a prendere gli ingredienti» annuncia subito, senza lasciarmi neanche il tempo di chiederglielo. Annuisco e lui afferra il libro, lo vedo dirigersi, insieme a molti altri della classe, verso gli armadietti che si trovano sulla parete opposta. Dopo un po’, torna vittorioso con tutto quello che ci serve tra le braccia. Appoggia tutto sul tavolo, ma passando gli ingredienti in rassegna con lo sguardo noto che manca qualcosa.
«Ehi, Frank» lo richiamo, tirandolo leggermente per la manica del maglione. «Dov’è il succo d’aglio?»
«Quello lo prenderemo tra poco» mi dice lui con tranquillità, facendomi intendere di averlo tralasciato appositamente.
«E perché? È uno degli ingredienti essenziali!»
«Vuoi aiutare Albus, o no?»
«Certo che voglio.»
«Allora fidati di me.»
Sbuffo, a metà tra l’irritazione e il fastidio per non sapere cosa vuole fare Frank. Sarebbe tutto molto più semplice se solo mi spiegasse il motivo di tutto questo. Però poi mi giro leggermente con la testa e vedo le amiche di Zoe chine sul tavolo a tagliuzzare ingredienti e capisco che Frank non può dirmi nulla che non possano ascoltare anche loro.
Dopo un bel po’ di tempo, durante il quale abbiamo tagliato finemente tutti gli ingredienti solidi che avevamo, è davvero giunto il momento di prendere il succo d’aglio, che costituirà l’unica componente liquida della nostra pozione.
«Adesso è il tuo momento» mi bisbiglia Frank, poi si avvicina ancora di più e sussurra qualcosa. «Non prenderne tanto, e mentre torna qui fai finta di inciampare sulla borsa di Zoe e versa il succo addosso alla bionda qui dietro.»
Sgrano gli occhi e mi giro di scatto verso il mio amico.
«Sei pazzo» bisbiglio anche io. Frank deve aver notato il mio sguardo sconcertato.
«Ho tutto sotto controllo, Derek, me la sono studiata» dice ancora, riferendosi probabilmente alla ragazza bionda seduta al banco di dietro. «Sono sicuro di piacerle, tu le versi il succo addosso e poi io interverrò subito, fidati! Fallo per Albus!»
Sospiro, cercando di prepararmi psicologicamente alla colossale, brutta figura che farò di qui a pochissimi minuti.
«D’accordo» biascico, con un filo di voce. Mi alzo dal posto e vado verso gli armadietti delle scorte. Apro quello centrale e cerco, tra i vari ripiani, le ampolle con il succo d’aglio.  Ne prendo una sola, piuttosto piccola, e svito leggermente il tappo, senza però toglierlo del tutto: in questo modo, quando mi volerà casualmente dalle mani, si aprirà e il contenuto si riverserà su quella poveretta.
Non vorrei essere al suo posto per nulla al mondo, ma mentre mi avvicino pericolosamente al banco di Zoe Caplan, credo di non voler essere nemmeno al mio posto, in questo preciso istante. Se non muoio oggi, devo ricordarmi che Albus mi deve un favore grosso quando questo castello.
Manca un solo passo e poi il dado sarà tratto. Potrei fermarmi, passare per altri banchi mantenendo intatto il mio equilibrio e tornando da Frank sano e salvo, e soprattutto con il contenuto di questa maledetta bottiglietta lontano dai capelli dell’amica di Zoe Caplan. Tuttavia, anche io so benissimo che Albus non ha speranze di riuscire ad uscire con lei attenendosi ai metodi tradizionali, quindi Frank ha ragione a voler tirare i fili della situazione: quello che mi chiedo è come sia possibile raggiungere lo scopo desiderato versando aglio liquido addosso ad una ragazza.
Faccio il passo della discordia, do un calcio abbastanza goffo alla borsa di Zoe Caplan, spostandola, e faccio finta di cadere in avanti, verso il banco delle ragazze dietro di noi. Mi lascio scivolare via dalle mani la bottiglietta e mi aggrappo al loro banco per evitare di sfracellarmi sul serio sui loro calderoni.
Vivo la scena al rallentatore e, come previsto, scoppia il putiferio: vedo chiaramente la bottiglietta roteare e aprirsi e il liquido giallo chiaro rovesciarsi rovinosamente su una ciocca di capelli biondi e sul maglione grigio della malcapitata; la bottiglietta rotola via dal banco e si frantuma a terra in mille pezzi; la bionda in un primo momento chiude gli occhi di scatto, ma appena il suo naso capta l’odore di cui ora è impregnata, caccia uno strillo spaventoso; la sua amica fa cadere il mestolo per terra e si porta le mani alla bocca; tutti in aula si voltano nella nostra direzione.
E ora io che faccio?
«Scusami!» esclamo, senza rifletterci troppo. È l’unica cosa sensata che mi viene in mente. «Scusa, sono inciampato, non volevo!»
Lei, tuttavia, è troppo impegnata a tamponarsi i capelli e il maglione con un fazzoletto che la sua amica le ha tempestivamente prestato. Per fortuna, in meno di due secondi, Frank è già al mio fianco, pronto a salvare la situazione.
«Accidenti» sospira, infilandosi le mani tra i capelli. «Tutto bene?»
«No!» strilla ancora lei, senza alzare la testa. Poi capisce che chi le ha rivolto la parola non sono io e allora alza gli occhi, che si spalancano di sorpresa quando incontrano quelli di Frank. «Cioè… sì, è solo che… puzza!»
«Rachel? Che succede lì?» La voce di Lumacorno giunge come un’eco lontana alle mie orecchie. Qualcuno gli risponde, illustrandogli l’accaduto, e lui dice che un po’ d’aglio non ha mai ucciso nessuno e che l’odore si toglierà facilmente con un semplice incantesimo.
«C’è qualcosa che possiamo fare?» continua Frank, rivolto a Rachel. «È colpa mia, ho dimenticato di prendere il succo d’aglio prima, così ho chiesto a Derek di andare a recuperarlo e…»
«Non preoccuparti» interviene la sua amica, quella mora con i capelli a caschetto. «Non è colpa tua.»
«È mia» intervengo subito, perché mi sembra una cosa intelligente da dire, se il piano di Frank è ingraziarsi queste due.
«No» dice la bionda. «Sei solo inciampato.»
«Ci faremo perdonare» conclude Frank, facendo uno di quei suoi soliti sorrisi, che in genere fanno impazzire le ragazze, e poi fa loro l’occhiolino. La mora arrossisce un po’.
«M-ma figurati» gli risponde Rachel, portandosi una ciocca di capelli biondi e puzzolenti dietro l’orecchio. «Non c’è bisogno.»
«Invece sì!» insiste Frank, poi getta un’occhiata a Lumacorno, che sta leggendo la Gazzetta del Profeta. «Avete da fare il prossimo sabato? Sapete, la gita ad Hogsmeade…»
«Beh, noi…» avanza la mora, di cui ancora non ho captato il nome.
«No!» esclama entusiasta Rachel, artigliando con le mani sottili il polso dell’amica. «Non abbiamo niente da fare, vero Grace?»
Grace. La mora si chiama Grace e sospira, guardando l’amica in modo strano, ma poi non dice niente e si limita a raccogliere il mestolo che giaceva ancora a terra.
«Fantastico, allora!» esclama Frank. E di nuovo il suo sorriso strategico. «Dopo, in Sala Comune, ci mettiamo d’accordo meglio.»
Rachel sembra sciogliersi in un brodo di giuggiole e si sistema di nuovo i capelli, sorridendogli a sua volta. Finalmente, ci allontaniamo e torniamo al nostro calderone.
«È fatta» mi sussurra Frank, soddisfatto. Poi abbassa lo sguardo sul calderone. «Ma qui ci manca ancora il succo d’aglio.»
 
Abbiamo da poco finito di cenare, ma abbiamo deciso di raccontare per filo e per segno ad Albus quanto successo solo una volta che saremo in dormitorio, lontano da orecchie indiscrete. Stiamo aspettando che Cassiopea ci raggiunga nel salone d’ingresso, in modo da poter salire fino ad un certo punto assieme a lei, che poi raggiungerà la Torre di Corvonero. La vediamo arrivare da lontano, mentre chiacchiera tranquillamente con la cugina di Albus, Dominique Weasley. Non appena ci vede, Cassiopea saluta Dominique con due affettuosi baci sulle guance e ci raggiunge.
«Scusate l’attesa» esordisce, rivolgendoci un sorriso e avvicinandosi a Bellamy. Nessuno di noi dice niente nell’imbarazzante ma tenero momento in cui lui la saluta con un lieve bacio sulle labbra. «Dominique mi stava raccontando una cosa.»
«A chi ha spezzato il cuore, stavolta?» chiede sarcastico Albus.
«A nessuno» risponde immediatamente Cassiopea. «Non c’entrano niente i ragazzi.»
«Tanto meglio» conclude Albus.
Mentre ci avviamo verso le scale, mi sento richiamare da qualcuno. Mi giro, ma non riesco a capire da dove proviene la voce. Ignorando il fatto, riprendo a camminare insieme agli altri, ma non passano neanche cinque secondi che sento di nuovo pronunciare il mio nome, ma stavolta, non molto distante da me, c’è Clemence Zabini.
Slanciata, eterea, la pelle scura che sembra tuttavia risplendere alla luce delle torce appese alla parete, i lunghi capelli neri e gli occhi verdastri.
Sicuramente sono appena caduto dalle scale e sto sognando.
«Derek?» Di nuovo il mio nome, ma adesso è Bellamy ad essersi accorto che mi sono fermato alla base delle scale. Mi risveglio dalla mia trance e lo guardo. «Non vieni?»
«Sì, un momento… io… credo di aver lasciato una cosa in Sala Grande» invento immediatamente. «Andate, io vi raggiungo tra poco.»
Bellamy annuisce e ricomincia a salire le scale. Il mio sguardo va a cercare di nuovo Clemence Zabini e la ritrova più vicina rispetto a dove era prima.
«Ciao, Derek» mi saluta, arrivata ormai di fronte a me.
«D-dici a me?» balbetto, mentre il mio indice si punta, tremando, verso il mio petto.
«Conosci altri Derek nei paraggi?» mi domanda, sorridendo divertita. Merlino, la sua voce è proprio come la ricordavo, e adesso che non mi sta chiedendo di spostarmi, disgustata dall’odore della cacca di Porlock, è ancora più bella.
«No, in effetti no» rispondo, un po’ imbarazzato. «Ma… tu… quindi sai chi sono?»
«Certo che sì!» esclama lei. «Siete molto popolari, sai?»
«Oh, beh… Albus e Frank lo sono di sicuro, ma io…»
«Tu sei loro amico» mi interrompe subito.
«E tu… beh… desideravi dirmi qualcosa in particolare?» le chiedo, dopo aver pensato che non è esattamente normale che proprio Clemence Zabini mi abbia braccato fuori dalla Sala Grande. Deve sicuramente volere qualcosa.
Ma cosa può ottenere lei da uno come me?
«Sì, ma solo se mi prometti che saprai tenere il segreto» risponde, un po’ maliziosa. «Tu sei davvero l’unico che può aiutarmi, Derek.»
«D’accordo, prometto» mormoro io, con un tono passivo e frettoloso, senza cercare di soffermarmi troppo sul modo estremamente dolce con cui ha pronunciato il mio nome. Sono proprio curioso di sapere cosa ha da dirmi, poco mi interessa dei segreti.
«Ecco, anche se non sembra, in realtà io sono una ragazza molto timida. Scommetto che anche tu credi che io mi senta superiore a tutti, ma ho solo alcuni… beh, tanti problemi a relazionarmi con le persone» inizia, prima abbassando lo sguardo a terra e poi rialzandolo lentamente su di me.
Onestamente, Clemence Zabini che si professa timida è l’ultima cosa che mi aspettavo di vedere in questa vita.
«Io non credo che…» esordisco, ma mi blocco a metà della frase. Le stavo per dire che secondo me non è una ragazza altezzosa che sembra disprezzare tutti, ma mi rendo conto che invece l’ho pensato in passato, quindi non me la sento di dire una bugia.
«Il fatto è che tu e i tuoi amici mi siete molto simpatici e…» continua. «E volevo chiederti se aveste già preso impegni per la gita ad Hogsmeade.»
«Oh» dico subito, abbassando lo sguardo, pensieroso. Mi prendo qualche secondo per riflettere su quello che è appena successo: Clemence Zabini mi chiede se io e gli altri abbiamo da fare per andare ad Hogsmeade, mi sta indirettamente chiedendo di uscire, e io dovrò declinare tutto perché io e Frank ci siamo invischiati con le amiche di Zoe Caplan per aiutare Albus a vincere quell’assurda scommessa e a salvarsi la pelle.
Ci sono i presupposti per strozzarlo, vero?
«In realtà sì» mormoro, pieno di rammarico. «Oggi io e Frank abbiamo invitato due ragazze della nostra Casa per scusarci di aver versato del succo d’aglio addosso ad una di loro e-»
«Ah» dice subito Clemence, dalla sua voce traspare un po’ di delusione. «Ho capito. Tu e Frank, dunque?»
«Sì, ma non siamo interessati a loro!» esclamo immediatamente, anche se forse non avrei dovuto dirlo. «Insomma, era per fare qualcosa di carino per chiedere loro scusa e…»
«Non preoccuparti» conclude subito lei, non lasciandomi finire. Mi rivolge di nuovo un sorriso, anche se un po’ meno caloroso di quello che mi ha fatto all’inizio, poi mi augura la buonanotte e se ne va verso i Sotterranei.
 
Albus ci guarda da dieci minuti con la bocca aperta e gli occhi spalancati. Ancora non ci crede che siamo riusciti a procurargli un appuntamento con Zoe Caplan, e in realtà nemmeno io: non ci ho capito molto, ha fatto tutto Frank, io sono semplicemente stato al suo fianco a reggere il gioco.
Poco dopo pranzo abbiamo incontrato di nuovo Rachel e Grace in Sala Comune, ma stavolta erano assieme alla loro inseparabile Zoe. Frank, in ogni caso, non si è fatto alcun tipo di scrupoli e si è avvicinato a loro per definire meglio i dettagli dell’uscita, come aveva promesso durante la lezione di Pozioni, e io gli sono andato dietro.
L’espressione sul viso di Zoe quando ha scoperto che le sue amiche sarebbero venute con noi ad Hogsmeade è stata, almeno per me, qualcosa di terrificante: giuro di averle visto delle fiamme scarlatte negli occhi, ma mi sono convinto che fosse solo il fuoco scoppiettante nel camino che si rifletteva nelle sue iridi marroni. Tuttavia, non ha quasi mai proferito parola, se non alla fine, quando ha capito quello che stava cercando di combinare Frank.
Grace ha subito messo in chiaro che se lei e Rachel fossero venute con noi, Zoe sarebbe rimasta da sola tutto il giorno e quindi bisognava trovare una soluzione, ed evidentemente Frank non aspettava altro che tale richiesta. Devo ammetterlo, è stata una trovata geniale. Al suono di quelle parole, lui ha gonfiato il petto e ha detto: «Beh, è perfetto! Bellamy uscirà con la sua ragazza, probabilmente, e quindi anche Albus rimarrebbe senza compagnia, possiamo uscire tutti insieme!»
A quel punto, Zoe non è rimasta in silenzio e ha detto chiaramente che certi trucchetti non sarebbero serviti a convincerla ad uscire con Albus e a fargli vincere la loro scommessa, ma alla fine ha ceduto: Frank poteva non avere alcuna pretesa, per convincerla, ma la sua amica Rachel sì, e senza alcun ritegno le ha intimato di mettere da parte quella stupida scommessa e di accettare l’invito. C’è mancato poco che la testa di Rachel non volasse dritta nel caminetto, ma non è successo e Zoe Caplan si è arresa con un sonoro sospiro di sconfitta, decidendo che accontentare la sua amica fosse più importante della scommessa con Albus.
«E quindi ho vinto la scommessa?!» esclama Albus, tutto eccitato, dopo che gli abbiamo raccontato per la terza volta l’accaduto.
«Tecnicamente finché non si siederà con noi ai Tre Manici di Scopa, no» gli dice Bellamy. «Ha ancora due settimane per mandare tutto all’aria.»
«Merlino solo se non è capace di farlo…» borbotta Albus, alzando gli occhi smeraldini al cielo.
«Tu vieni con noi?» gli domanda Frank, ignorando il commento di Al.
«Certo» risponde subito Bellamy, quasi sorpreso da questa domanda. «Se per voi non è un problema che venga anche Cassie…»
«No! Più siamo meglio è!» esclama Albus. «Credo avrò bisogno del supporto morale di tutti voi per gestire un’intera giornata con Zoe Caplan. Non vedo l’ora che arrivi sabato prossimo, così poi me la sarò tolta dalle palle per sempre!»
Ho come la sensazione che queste siano ultime parole famose…
«Zoe ha ceduto davanti alla sua amica, ma potrebbe comunque trovare un modo per mandare tutto all’aria» osserva Frank.
«Glielo impediremo in qualche modo» dice prontamente Albus. «Alla fine, Zoe Caplan è umana, e soprattutto è come qualsiasi altra ragazza e non accetterà mai di starsene tutta sola qui al castello il giorno di San Valentino, quindi sarà obbligata a venire.»
«Non hai tutti i torti, però…» inizia Bellamy. «Potrebbe arrivare a tanto, se è decisa a rovinarti.»
«Donne» borbotta ancora Al. «Se la legano al dito. Ormai sono passati più di tre mesi, possibile che le bruci ancora?»
«Brucerebbe anche a te se qualcuno avesse preso le tue sembianze e ti avesse mandato all’aria una relazione con qualcuno» gli faccio osservare io, in un impeto di coraggio.
«Ma le ho chiesto scusa!»
«Non credo sia stato sufficiente, Al» si aggiunge Bellamy, dandomi manforte. «Insomma, non le hai… che ne so, pestato accidentalmente un piede, è diverso.»
«Beh, a parte Zoe, c’è anche un altro inconveniente…» sospiro.
«Quale?» domanda Bellamy, alzando le sopracciglia..
«Beh, stasera dopo cena mi ha fermato Clemence Zabini…»
«CHE COSA?!» esclamano in coro tutti gli altri.
«E mi ha chiesto se avevamo da fare per la gita ad Hogsmeade» continuo.
«E tu ovviamente le hai detto di sì» conclude Albus, per niente sorpreso dalla faccenda. «Abbiamo già troppi problemi senza che ci si metta di mezzo anche quella psicopatica della Zabini.»
«Sì, ma è stato strano…» ribatto io, cercando di far trasparire il senso di inquietudine. «Credo ci sia rimasta male, ma ha detto che non dovevo preoccuparmi. Solo che ho la sensazione che non finisca qui.»
«Credo di capire perché Derek  è così preoccupato» mormora Bellamy, rivolgendosi poi ad Albus.. «Ha cercato di incantare Frank con un filtro d’amore, mi sembra strano che sia passata sopra il fatto che ora lui vada al villaggio con un’altra.»
«C’è dell’altro» mormoro. I miei amici piombano nel silenzio più assoluto, lasciandomi finire. «Le ho detto che ci andavamo solo per gentilezza, perché in realtà queste ragazze non ci interessano.»
«Oh oh» si lascia sfuggire Albus, spalancando gli occhi: un’idea terribile deve essergli appena passata per la mente. «Credi che cercherà un modo per far saltare tutto? In modo da avere Frank tutto per sé?»
«Ne è capace, secondo me» borbotta Frank. È la prima volta che proferisce parola, da quando ho cominciato a raccontare dell’accaduto, e ha la voce roca, preoccupata.
«Credo dovremmo tenerla d’occhio» annuncio. «Albus, potresti chiedere a tua sorella di parlare con Malfoy della questione? Sono cugini, magari lui riesce a farla ragionare!»
«Neanche per sogno!» esclama Albus.
«Ma la Zabini è capace di mandare Zoe e le sue amiche in Infermeria, se scopre che sono loro a venire insieme a noi!»
I miei amici annuiscono, abbastanza convinti dalla mia idea.
«Ma tu non eri perdutamente innamorato di lei?» mi chiede ad un certo punto Albus, aggrottando la fronte. Nota dolente.
«Ti ricordi quando eri contentissimo perché ti aveva rivolto la parola?» si intromette Frank, mentre un ricordo divertente gli trapassa gli occhi.
«E poi gli ha detto solo di togliersi perché la cacca di Porlock puzzava troppo» conclude Bellamy.
«Sì, è vero» sospiro io, abbozzando un sorriso divertito dall’aneddoto che hanno riportato a galla. «Ma ti ha preso di mira, Frank, e tu, Albus, sei quasi impazzito per colpa sua. Riconosco anche io che è pazza. Bellissima, certo, ma pazza.»
Segue un breve momento di silenzio. «E poi, voi siete di gran lunga più importanti della Zabini, e se è pericolosa per l’operazione “Conquistare Zoe Caplan”, va neutralizzata a tutti i costi!»

 
Ehilà! Non immaginate quanto mi dispiaccia del ritardo immenso con cui sto aggiornando, con un capitolo di passaggio, poi, soprattutto perchè avevo detto che sarei stata più veloce, ma sono davvero stata presa dallo studio. Ho ultimato questo capitolo l'altra settimana con mooolte difficoltà dovute allo studio, ma oggi avevo un esame e gli ultimi giorni sono stati un delirio. Però ecco che adesso ho un attimo di respiro e riesco finalmente a dedicare un'oretta all'aggiornamento e alle recensioni.
Che ne pensate di questa Clemence Zabini che cerca di allisciarsi Derek? E di Zoe che cede all'uscita per la sua amica palesemente innamorata di Frank? Ho in mente un sacco di cosine interessanti  per il prossimo capitolo, che sarà dal punto di vista di Albus ehehe. Mi metterò a scriverlo quanto prima perché tra una ventina di giorni ho un altro esame, e spero solo di non metterci un altro mese, anche se l'eventualità potrebbe sussistere purtroppo, quindi in tal caso mi scuso in anticipo xD
Spero che questo capitolo anche se così tardivo vi sia piaciuto! E grazie a chi continua a seguirmi ♥
Mars
 

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Capitolo 37
*** Il brindisi mancato ***


XXXVII – ALBUS
 
Il brindisi mancato
 
Il grande giorno è arrivato.
Le ultime due settimane sono state tutt’altro che scorrevoli e serene. Oltre ad assicurarci che Zoe non inventasse qualche strampalata idea per dare buca a tutti e non presentarsi all’uscita, abbiamo dovuto avere a che fare con quell’arpia di Clemence Zabini, che ci ha dato così tanto filo da torcere da farci dimenticare, per qualche giorno, di tenere d’occhio Zoe.
Come se non bastasse, ci sono ovviamente stati tutti i compiti da fare. E mentre io tenevo d’occhio la Zabini e Frank e Derek continuavano a corteggiare le amiche di Zoe per non rendere palese a tutti che il loro era solo un piano per farmi vincere la scommessa, Bellamy era l’addetto ai compiti. Ma a lui non dispiaceva, li ha fatti sempre assieme a Cassiopea e sono sicuro che insieme abbiano passato del tempo davvero di qualità.
Giovedì scorso, durante Storia della Magia, la Zabini leggeva  e rileggeva fino allo sfinimento una lista di ingredienti e fortunatamente io e Frank ci trovavamo abbastanza vicini al suo banco per leggerli e trascriverli, e successivamente sventolarli davanti agli occhi di Bellamy, per chiedergli quale intruglio ne sarebbe uscito fuori. L’abbiamo visto impallidire e lui, con un filo di voce, ci ha risposto: «D-disillato della morte vivente.»
Così, mi sono preso la briga di tenere d’occhio la Zabini costantemente, di starle sempre con il fiato sul collo. Ad un certo punto, ho dovuto chiedere la Mappa a Lily, per assicurarmi che non si avvicinasse al magazzino di Lumacorno, e lei ha ovviamente voluto sapere a cosa mi servisse.
Malfoy era, neanche a dirlo, insieme a lei e anche lui ha ascoltato tutte le mie spiegazioni: sorprendentemente, con un fare troppo amichevole che non gli si addice affatto, mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto che ci avrebbe pensato lui ad impedire che sua cugina trasformasse qualche povera malcapitata nella Bella Addormentata. Mi sono chiesto come facesse lui a conoscere una fiaba babbana, ma ho deciso di fidarmi e spero di non aver fatto un errore.
Non dovrei, dato che ad oggi, nessuna delle amiche di Zoe è stata portata urgentemente in infermeria. Quando io e gli altri scendiamo in Sala Comune, sono tutte e due vigili, sorridenti e tremendamente emozionate. In particolare, Rachel.
L’unica che sembra pronta a partecipare ad un funerale – il mio, con ogni buona probabiltà – è proprio Zoe: è vestita di nero dalla testa ai piedi, i capelli ricci sono completamente sciolti e le coprono metà del viso, donandole un’aria cupa e a tratti minacciosa e inquietante, se ne sta appoggiata sul bracciolo di una poltrona con le braccia incrociate a guardare fuori dalla grande finestra e sembra non essersi accorta che siamo arrivati. Tuttavia, i gridolini eccitati di Rachel che corre radiosa a salutarci la destano immediatamente e la fanno voltare verso di noi.
«Siete in ritardo» è tutto ciò che dice, in modo tagliente, senza dar segno di allentare nessuno dei suoi muscoli, tesi nello stringere le braccia al petto.
«Colpa mia, temo» esordisce subito Frank. Ho come l’impressione che non si toglierà quel sorriso affabile dalla faccia fino a stasera, mi dispiace per la sua mascella.
«Oh, saranno cinque minuti» dice Rachel. «Non abbiamo aspettato molto.»
L’altra ragazza, Grace, tossisce poco convinta e Zoe alza gli occhi al cielo.
«Vogliamo andare?» esordisce Bellamy, che sembra avere fretta. Non lo biasimo: ci ha detto che Cassiopea ci avrebbe aspettato fuori dalla nostra Sala Comune, e Zoe non ha torto a dire che siamo leggermente in ritardo.
Senza aggiungere nulla, mi incammino verso l’uscita assieme a lui, ma dopo aver attraversato il buco nel ritratto e aver messo piede in corridoio, Bellamy si avvicina subito a Cassiopea per salutarla e io rimango nuovamente da solo e in silenzio, dato che Frank è stato ormai irrimediabilmente artigliato da Rachel e persino Derek ha avuto il coraggio di mettersi a parlare con Grace. Quantomeno non sono l’unico: Zoe è dietro di loro e li guarda torva. Minacciosa, ma in silenzio. Non credo sia una cosa positiva, il silenzio è pericoloso quando si è in compagnia di una ragazza, per di più una ragazza arrabbiata, irritata e seccata. Di sicuro starà premeditando il mio omicidio.
Tuttavia, non sarà di certo questo a demoralizzarmi o arrestarmi. Bellamy aveva ragione, una settimana fa: la scommessa non sarà vinta finché non ci siederemo tutti insieme ai Tre Manici di Scopa e non ci rimarremo per un considerevole lasso di tempo, ma che razza di appuntamento sarebbe se io e Zoe non ci rivolgessimo nemmeno la parola? Sono sicuro che sarebbe capace di utilizzare questa argomentazione a suo favore, pur di farmi perdere, e io non glielo permetterò.
Perché io sono Albus Potter e per definizione la faccio sempre franca: non sarà proprio lei a mettere fine a quella che è la mia caratteristica principale. E soprattutto, se crede di avermi in pugno così facilmente, è proprio stupida.
«È morto qualcuno, per caso?» le chiedo beffardo, avvicinandomi mentre gli altri accelerano il passo per non lasciarsi scappare la rampa di scale che si è appena assestata sul pianerottolo.
«Non ancora, Potter» mi risponde, apatica. «A fine giornata, però, potrebbe esserlo la tua carriera scolastica.»
«Sarebbe scorretto, non credi?» continuo io. «Oggi è San Valentino e… ops! Tu stai venendo ad Hogsmeade proprio con me!»
«No, io sto andando con le mie amiche. Tu sei solo un effetto collaterale della colossale cotta di Rachel per Paciock» ribatte lei, stavolta decisa. «Non credere che non mi sia accorta che questa è tutta una messa in scena.»
«Non so di cosa stai parlando» le dico allora io, rivolgendole un bel sorriso tranquillo.
«Ah, davvero?» domanda lei, riesco a percepire l’irritazione che cresce attraverso il tono della sua voce. «Allora vorresti direi che è una pura casualità che magicamente Paciock si sia interessato a lei quando una settimana fa non conosceva nemmeno il suo nome?»
«A quanto ne so io, è stato un atto di gentilezza per averla imbrattata d’aglio.»
«Oh, certo, come no..»
E questo è tutto ciò che ci diciamo finché non arriviamo al villaggio, perché Zoe poi ha smesso di rispondere ad ogni mia provocazione. O meglio, ha smesso di rispondermi con il linguaggio umano e ha deciso di cominciare a farlo con quello che mi sembra il linguaggio animale, dato che tutto ciò che è uscito dalla sua bocca sono stati grugniti e versacci di disapprovazione.
In compenso, mentre il sorrisone di Frank stonava con il suo sguardo a dir poco disperato, anche la conversazione di Derek con Grace ha avuto vita breve e lui mi ha tenuto compagnia durante la strada. Poco prima di arrivare ad Hogsmeade, Cassiopea mi ha invitato in mezzo a lei e Bellamy e devo ammettere che non è stato affatto strano o imbarazzante: a tratti, direi che è stato addirittura piacevole chiacchierare con lei.
«Oh no!» esclama, quando arriviamo davanti ai Tre Manici di Scopa, appoggiando la testa sulla spalla di Bellamy. «Non entreremo mai!»
In effetti, ci sono ad occhio e croce una decina di persone già in fila di fronte alla porta. Quello che Cassiopea non sa, tuttavia, è che per noi c’è sempre posto, ai Tre Manici di Scopa.
«Certo che entreremo» ridacchia Frank, cercando una qualsiasi scusa per smettere di farsi riempire le orecchie dalle chiacchiere di Rachel. «Bellamy non ti ha mai detto che questo posto è di mia madre?»
«No!» risponde entusiasta Cassiopea, che sembra addirittura felice nell’ammettere di non essere a conoscenza di qualcosa.
«Da qualche anno, ormai. Quando la vecchia Rosmerta ha messo in vendita questo pub, lei non si è fatta scappare l’occasione» la informa gentilmente Frank. «Certo, non lo gestisce personalmente, perché ha anche il Paiolo Magico a cui badare, però il signor Redwick mi conosce, quindi per me c’è sempre posto.»
«Ma è strabiliante, Frank!» esclama Rachel. «Quindi, tua madre è tipo… un’imprenditrice?»
«Una cosa?» domanda lui, corrugando improvvisamente le sopracciglia.
«Una persona che gestisce una o più attività economiche» lo informa immediatamente Bellamy. «Temo sia una figura lavorativa prettamente babbana, ma può benissimo applicarsi anche a noi maghi!»
«Oh, beh… credo di sì, allora» dice Frank, in conclusione.
«Che facciamo?» mi intrometto, impaziente. Zoe è tornata taciturna, negandomi persino i grugniti, e il meteo rimane quello di un qualsiasi quattordici febbraio che si rispetti. Preferisco parlare di qualsiasi cosa sia un imprenditore seduto vicino al fuoco scoppiettante. «Mi sto congelando.»
«Hai ragione» mi dice Frank. «Seguitemi!»
Così, Rachel gli si attacca di nuovo al braccio e insieme varcano la soglia del locale, noi li seguiamo a ruota, mentre i ragazzi in fila ci guardano male e si bisbigliano qualcosa all’orecchio. Frank cammina baldanzoso tra i tavoli, diretto verso il bancone, ed è pronto a rispondere a tono al saluto malizioso del signor Redwick, che gli chiede sempre delle sue stragi di cuori, quando mi rendo conto che oggi, a gestire tutto il putiferio del pub, non c’è solo il signor Redwick. È affiancato da una donna all’apparenza minuta, ma forte abbastanza da tenere tra le braccia un pesantissimo vassoio pieno di bevande, con il volto un po’ arrossato dal caldo e dall’affanno, lasciato libero dai sottili capelli biondi, raccolti dietro la nuda.
È Hannah. La signora Hannah Paciock, per l’esattezza, la famosa imprenditrice di cui blateravano prima, la moglie del nostro professore di Erbologia, nonché madre di Frank.
E se Frank già mal sopporta l’idea di avere suo padre, tutti i santi giorni, per ventiquattro ore al giorno, sotto il suo stesso tetto, è comprensibile che alla vista di sua madre, nel bel mezzo di una gita ad Hogsmeade, in compagnia di una ragazza, sia letteralmente diventato bianco in faccia e prossimo allo svenimento. Anzi, trasparente, oserei dire.
«Frank, tesoro!» esclama, da dietro il bancone. Dice qualcosa al signor Redwick – un ometto di mezza età, quasi completamente calvo, ma con un’espressione sempre gioviale in volto – e poi ci raggiunge, salutando Frank con due grossi baci su entrambe le guance.
Se non altro, ora lui è molto più vicino allo sbarazzarsi di Rachel di quanto non lo fosse trenta secondi fa.
«Che ci fai tu qui, proprio oggi?» le domanda Frank, senza nemmeno ricambiare il saluto.
«Mi sono presa una pausa da Londra, ho lasciato Daisy al Paiolo Magico. Mi ha fatto una buona impressione in questi mesi e l’ho assunta» gli risponde lei, con un grande sorriso. «Penso che me ne starò qui ad Hogsmeade per un po’, lo sai che dopo un po’ tu e tuo padre cominciate a mancarmi.»
«Sì, beh… c’è posto per me e i miei amici?» cerca di borbottare Frank, ma sua madre ha puntato gli occhi castani su di me.
«Albus, ciao!» mi saluta, facendosi spazio tra Frank e Rachel per dare anche a me due grandi baci sulle guance. «Come stai? Mamma e papà tutto bene?»
Deglutisco, mentre sento tre paia di occhi puntati su di me. «Sì, tutto a posto» le rispondo, sfoderando un sorriso gentile e una colossale bugia.
«È una sorpresa vederla qui, signora Paciock» dice a questo punto Bellamy, per smorzare la tensione. Lo guardo con riconoscenza.
«Oh, Bellamy, sempre così composto tu, eh? Mi devi chiamare Hannah, suvvia!» scherza la madre di Frank. «Almeno io non sono la vostra professoressa.»
«Menomale» commenta Frank. «Altrimenti sarei andato dritto a Durmstrang.»
«Non essere cattivo» lo riprende timidamente Derek, che da sempre trova Hannah divertente e simpaticissima: la cosa è reciproca comunque, ogni volta che andiamo da Frank, Derek è quello che si becca più caramelle di tutti.
«Ben detto» gli da manforte lei. «Bene, venite con me. Sapevo sareste venuti qui, ovviamente, ma non avevo idea che ormai vi foste tutti fidanzati! Se me lo avessi detto, Frank, avrei fato preparare un tavolo più grande.»
«Oh, non siamo fidanzati, mamma» brontola Frank. «Solo Bellamy e Cassie lo sono.»
«È vero» mi aggiungo io, per aiutare Frank. «Loro sono Rachel, Grace e Zoe e sono solo delle nostre amiche.»
«Sì, sì, e io sto per diventare Ministro della Magia» borbotta Hannah, sorridendo divertita.
«Un bell’avanzamento di carriera, allora» le risponde Frank.
«Ecco qui» annuncia sua madre, ignorando il suo commento. Ci indica un modesto tavolo rettangolare con quattro sedie. «Dovreste stringervi un po’, dirò a Redwick di portarvi altre sedie.»
«Va benissimo» dice coraggiosamente Rachel, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. «Grazie mille, signora Paciock.»
Solo quando la madre di Frank è andata via e noi, ritrovando chissà quale galanteria all’interno dei nostri animi rozzi, abbiamo fatto sedere le ragazze, sento la voce pungente di Zoe, stranamente non rivolta a me, ma alla sua amica Rachel: «È inutile che fai così, sai benissimo che l’unico motivo per cui siamo qui è perché Frank vuole far vincere la scommessa a Potter.»
Sembra però che io sia l’unico ad averla sentita, perché Bellamy e Frank sono in piedi, vicini, a confabulare tra di loro,  Cassie sta parlando con Grace, che sembra trovare molto gradevole la sua presenza, mentre Derek le ascolta interessato. Non riesco ad impedire ai miei muscoli facciali di contrarsi in un’espressione alquanto sorpresa: non credevo che il malumore di Zoe, oggi, potesse essere tale da dire qualcosa di così rude ad una delle sue amiche.
La risposta di Rachel, comunque, non si fa attendere e non è molto più gentile: «Il mondo non gira intorno a te e a Potter, potresti anche smetterla con questa stupidaggine della scommessa.»
Zoe incrocia le braccia e sbuffa, per poi puntare lo sguardo da qualche altra parte. Quando il signor Redwick ci porta finalmente le sedie, anche noi ragazzi prendiamo posto. Ed io, nonostante la voglia di avere la faccia corrucciata e imbronciata di Zoe davanti agli occhi per tutto il giorno sia pari a zero, decido di immolarmi a questa causa perché, se devo essere sincero, mi fa un po’ pena.
Rachel ha solo occhi per Frank, sembra che Grace continui a trovare Cassie interessante e Zoe se ne sta all’estremità del tavolo, seria e in silenzio, senza guardare nessuno di loro. È evidente che non ha voglia di essere qui, o quantomeno non ha voglia di stare con noi, però mi sento dispiaciuto per lei, così la sedia dall’altro lato del tavolo diventa la mia.
«Fai ancora le prove per il mio funerale?» le domando, attirando finalmente la sua attenzione in qualcosa di concreto.
«Simpatico» ribatte seccamente, senza mutare espressione.
«Grazie, lo so» le rispondo io a tono. «Sai che non muori se per qualche ora dimentichi di odiarmi e provi a divertirti, sai?»
«Senti, Potter, a me non va di essere qui, d’accordo?» mi dice lei, diretta e senza troppi fronzoli. «Persino l’alternativa di rimanere al castello da sola mi sembra allettante, ora come ora.»
«È perché ci sono io?» le domando, provando ad indovinare la causa più plausibile. La risposta, tuttavia, è piuttosto sorprendente. Zoe non dice niente, nessuna battutina acida. Si limita a sospirare e a scuotere debolmente la testa. «E allora perché?»
«Non ti riguarda» risponde, ritornando in sé.
Nel frattempo, arriva di nuovo la madre di Frank a chiederci cosa vogliamo ordinare.
«Comunque, se vuoi qualcuno con cui parlare, con me puoi tirare in ballo qualsiasi argomento. Una volta mi sono messo a parlare con una ragazza di… beh, ora non ricordo cosa, ma lei era molto sorpresa che fossi ferrato in quell’argomento. Ma d’altronde sono anche i vantaggi di avere una sorella che parla e straparla ogni santo giorno, a casa, e…»
«Zoe, a te interessa l’astrologia?» Cassiopea mi sovrasta involontariamente, ma Zoe decide di prestare più attenzione a lei che a me e iniziano a parlare di Saturno in opposizione con Mercurio e altre cavolate degne di una lezione della Cooman. Il malumore di Zoe, infatti, non può arrivare fino a trattare male una ragazza che lei non conosce e che non le ha mai fatto niente di male.
Così mi metto a parlare con Derek, seduto vicino a me. Dopo un po’, arrivano le nostre bevande e continuiamo a chiacchierare di tutto e di niente per più di un’ora. Il tempo scorre molto velocemente: anche se ci sono le ragazze, non è poi così diverso dal solito. Certo, Frank ha l’espressione più sofferente del solito, e il fatto che sua madre sbirci da dietro il bancone ogni volta che Rachel si spalma senza problemi sulla sua spalla non lo aiuta, ma tutti gli altri sembrano perfettamente a loro agio.
Tranne Zoe, che dopo aver discusso di astrologia di Cassie e aver fatto qualche battuta sul vecchio Lumacorno con Derek e Grace, è tornata nel suo angolino di silenzio e malcontento.
E nemmeno io mi sento a mio agio, in realtà, perché questo suo atteggiamento mi disturba, e in un certo senso mi fa sentire un po’ in colpa, anche se lei mi ha assicurato che non è a causa mia che è così di malumore.
La giornata comincia a movimentarsi quando un grosso barbagianni comincia a picchiettare insistentemente alla finestra con il becco. Redwick sta servendo un tavolo di undici persone, così è Hannah che corre ad aprire la finestra, non prima d’aver borbottato tra sé e sé qualche buffo improperio.
«È per te, Albus!» esclama, avvicinandosi di corsa al nostro tavolo. «C’è il timbro della posta urgente!»
Il mio cuore smette di battere per qualche istante. La posta urgente del Ministero è una faccenda seria e il mittente è mio padre. Mi cominciano a tremare le mani e all’improvviso non ho tanta voglia di aprirla.
«Di chi è?» chiede Frank, preoccupato.
«Di mio padre» rispondo, apatico.
«Beh, aprila!» mi incoraggia di nuovo lui.
«No, ho paura» confesso. «Mio padre che usa la posta urgente… o è morto qualcuno o lui e mamma hanno deciso di lasciarsi per davvero.»
«Posso?»
Al nostro tavolo cala un silenzio tombale e tutti gli occhi sono puntati su Zoe, che però sta guardando solo me e mi tende il palmo della mano. Vuole che le dia la lettera: se non voglio aprirla io, ci penserà lei. Perché mai dovrei far leggere una lettera di mio padre proprio a lei? Questo non lo so, ma a dirla tutta, non so nemmeno perché il mio braccio ha cominciato a muoversi, come se decidesse da solo dove andare e cosa fare, e dopo qualche secondo di esitazione, le mie dita lasciano andare la presa sulla busta, che scivola con grazia sulla pelle chiara e liscia della mano di Zoe.
Devo essere davvero tanto turbato se le sto permettendo di farsi i fatti miei in questa maniera: in quella lettera potrebbe davvero esserci scritto di tutto, potrebbe contenere una notizia sulla mia famiglia di estrema riservatezza, e io la sto facendo leggere proprio a Zoe Caplan quando avrei potuto farlo fare ad uno dei miei amici, che mi conosco sicuramente meglio di lei.
Il tempo non passa mai. Sembra che le ci voglia un’eternità per aprirla e tirare fuori la pergamena. Finalmente sfila il foglio, abbandonando la busta sul tavolo. Lo legge in poco tempo, deve essere un messaggio molto breve: potrebbe essere un buon segno, come potrebbe significare un’imminente catastrofe.
Dopo aver letto, alza lo sguardo su di me e sospira. Giuro di vedere l’ombra di un mezzo sorriso sul suo volto, il primo che fa da quando ci siamo incontrati in Sala Comune.
«Va tutto bene» annuncia, allungandomi la lettera. «Nessuno è morto e… nessuno sta per lasciarsi.»
Afferro la pergamena al volo e subito mi ritrovo sotto il naso la scrittura di mio padre. Zoe ha ragione, va tutto alla grande, perché lui non ha usato la posta urgente per comunicarmi qualche brutta notizia, al contrario, per darmene una fantastica.
«Si tratta di  Teddy e Victoire» mormoro tra me e me. «Poche ore fa… è nato il bambino!»
E mentre le ragazze assumono un’espressione confusa, il volto dei miei amici invece si illumina e si adorna di un gran sorriso. Mi arriva subito una pacca sulla spalla da parte di Derek, sento Bellamy dire a Cassiopea che Victoire è mia cugina e allora anche lei sorride e si congratula con me.
«Io… come… cos’è per me il figlio di mia cugina?» domando, mentre rileggo per la terza volta le parole scritte da mio padre.
A Lily sarà appena arrivata la stessa lettera? Nel messaggio non menziona di dirlo anche a lei, quindi suppongo di sì. Immagino perfettamente la sua reazione: Lily è sempre stata così entusiasta riguardo la gravidanza di Victoire, ogni volta che poteva stare con lei durante le vacanze estive lo faceva, e negli ultimi tempi, a Natale, le è sempre stata vicino chiedendole se poteva aiutare in qualche modo. Sono sicuro che anche lei non sta più nella pelle per vedere il piccolo Remus James Lupin.
Mi viene da ridere, ripensando a mio fratello: alla fine, è riuscito a convincerli a fargli avere il suo nome.
«Boh, un cugino?» mi risponde subito Frank.
«No, credo sia qualcosa come tuo nipote» si aggiunge Bellamy.
«Beh, allora sono appena diventato zio!» esclamo, alzandomi di scatto in piedi. Nel trambusto generale, ho attirato anche l’attenzione della madre di Frank, che dice di dover subito scrivere ai miei genitori.
«Signor Redwick?» dico ancora, cercando di farmi notare dal barista. «Ci porti altre otto burrobirre, offro tutto io!»
Mi siedo di nuovo sulla sedia, ma non riesco a stare né fermo, né composto, tanta è la felicità che mi scorre in corpo. Ora non parlano d’altro, Rachel mi chiede come l’abbiano chiamato e Grace mi chiede come mai, e allora io le spiego tutta la storia di Teddy e dei suoi genitori, e riesco sorprendentemente a non rattristarmi, mentre lo faccio.
Arrivano anche le altre burrobirre, ma in questo momento al tavolo cala di nuovo il silenzio, ed è sempre Zoe a provocarlo, essendosi alzata in piedi di scatto.
«Vado solo a prendere un po’ d’aria, torno subito» dice, ma l’ombra del sorriso che le avevo visto prima è del tutto scomparso e la sua voce è di nuovo seria e composta, quasi inflessibile. Nessuno le dice niente, lei si copre con il mantello e si fa strada tra i tavoli fino a raggiungere la porta.
Non riesco a non notare lo sguardo che si scambiano Rachel e Grace: la prima ha tutta l’aria di non capire cosa diavolo sia appena successo, mentre la seconda invece sì, ma ovviamente non può dirlo di fronte a tutti noi.
«Abbiamo fatto qualcosa di sgradevole?» si chiede Cassie, guardando le due amiche di Zoe.
«Ma no…» la rassicura sotto voce Bellamy, che è confuso quanto tutti noi riguardo a questa improvvisa uscita di scena.
«Beh, sarebbe scortese brindare senza di lei» commento. «Dopotutto, è stata la prima a sapere della notizia, no?»
«Sono d’accordo!» esclama immediatamente Grace, facendo sobbalzare il povero Derek, al suo fianco. «Qualcuno dovrebbe andare a chiamarla.»
«Posso andarci io» avanza timidamente Rachel. «Dopotutto, l’ho convinta  io a venire qui, oggi.»
«No, non preoccuparti» le dico, mentre il mio cervello ha già ordinato alle mie gambe di spingere la sedia all’indietro e di alzarmi in piedi. «Il brindisi è il mio.»
C’è una qualche assurda moralità che mi spinge ad uscire fuori e a riportare Zoe su quella maledetta sedia, qualche vocina fastidiosa nella testa che mi dice che, nonostante tutto, lei merita e deve stare con tutti noi a quel tavolo, a far cozzare il suo bicchiere con il mio, a ridere un po’ di più, perché prima, quando lo ha fatto mi è parsa tutt’altra persona. E quando sento l’aria gelida sferzarmi sul viso, realizzo che a questo punto non so se voglio riportarla dentro solo perché è giusto o perché io voglio che sia così. Inizio a pensare troppo velocemente per il mio povero cervello, che già sta andando in sovraccarico, e mi ritornano in mente le parole di Lily di un paio di settimane fa, il giorno in cui ho scoperto il fattaccio tra lei e Malfoy.
“Quella con i capelli ricci, credi che io non ti osservi? Ti siedi sempre vicino a lei a tutti i pasti, le passi l’acqua, il succo di zucca, i vassoi con il cibo… se non è la tua ragazza lei, allora non so, dato che non mostri quella gentilezza con nessun altro essere umano al mondo”
Qual è davvero il motivo della mia gentilezza nei suoi confronti? Dieci giorni fa avrei detto che lo facevo solo per vincere la scommessa e dimostrare che sono capace a tutto, una volta che mi si lancia una sfida, ma adesso che non ha più senso parlare di tutta questa assurda storia, perché mi sto comportando in modo così gentile con lei? Perché le ho fatto aprire la mia lettera? E perché adesso la sto cercando per trascinarla di nuovo seduta di fronte a me?
Non posso più ragionarci su, però, perché l’ho trovata appoggiata ad un muretto, non molto distante dai Tre Manici di Scopa.
«Ehi» le dico. Lei si accorge di me e sussulta.
«Che ci fai qui?»  mi domanda, ma adesso la durezza nella sua voce è scomparsa, sembra che sia addirittura spaventata dalla mia presenza.
«Te ne sei andata quando stavamo per brindare al mio nuovo status di zio, e dato che sei stata tu a sapere la notizia per prima, abbiamo pensato che dovevi esserci» le rispondo, con tutta la tranquillità di cui sono capace, anche se sto riscoprendo questa spiacevole sensazione di… agitazione, che ho provato davvero pochissime volte in vita mia.
«Io non… non c’entro niente con il figlio di tua cugina» ribatte lei, allontanando il suo sguardo da me.
«Neanche gli altri» le faccio notare subito. «E neanche io, in realtà. Insomma, mica ho partorito io!»
E a questo punto succede di nuovo: Zoe ride, e stavolta non sono solo le sue labbra a farlo, ma anche la sua voce. È una risata breve, quasi singhiozzata, ma sincera, e in qualche modo mi fa sentire una sorta di soddisfazione.
«Ah! Ti ho fatta ridere!» esclamo, alzando il tono di voce. Lei fa di nuovo un sorriso, ma è strano, e mi sembra che abbia per un attimo alzato gli occhi al cielo.
«Non ti monterai la testa anche per questo, spero» risponde prontamente, per poi schiarirsi la voce, che è stata leggermente roca.
«Chissà…»
«Beh. Ora puoi tornare dagli altri e dirgli che sto bene qui da sola» continua, ritrovando sempre più sicurezza. Si infila le mani nelle grandi tasche del mantello e punta lo sguardo sulla strada, dove gruppetti di studenti camminano in tutte le direzioni.
«Neanche per sogno» ribatto io, cercando di essere il più convincente possibile.
«Sono seria» mi fa lei, rifilandomi uno sguardo bieco.
«Anche io» dico. «E non me ne andrò finché non mi dirai cosa ti è preso.»
Alle mie parole, le sue sopracciglia scure di contraggono in un’espressione perplessa. Forse non si aspettava questa mia presa di posizione.
«Non è niente, è che io…» inizia, titubante. «Io odio perdere, ecco.»
«Senti, penso che possiamo finirla con la scommessa e metterci una pietra sopra, non credi?» cerco di rassicurarla. È davvero questo il motivo per cui se n’è andata? Perché si è accorta di aver perso? Non riesco a credere che per lei tutto questo abbia ancora senso, sa benissimo che l’unico motivo per cui si è ritrovata ad Hogsmeade con noi è un ammasso di sotterfugi e raggiri e lo ha reso ben chiaro prima che lasciassimo il castello, questa mattina. Adesso che cosa accidenti è cambiato?
«Oh, ma chi se ne frega di quella stupida scommessa!» sbotta, girandosi con tutto il corpo verso di me. Ora sono decisamente sorpreso. «È che odio perdere con me stessa. Convincermi così tanto e poi scoprire che mi sono sempre sbagliata!»
«E in che modo la lettera di mio padre ha scatenato tutto questo?» le domando, perché il suo repentino cambiamento è avvenuto dopo aver aperto la busta.
«Senti, ora stammi a sentire e stai zitto per favore» inizia così, senza nemmeno rispondere concretamente alla mia domanda, e lo fa con un’aggressività meravigliosa, addirittura stringendo in modo anche leggermente doloroso entrambe le mie braccia con le mani. «Ho sempre pensato che tu fossi uno sbruffone viziato, uno che con il suo cognome otteneva tutto quello che voleva senza il minimo sforzo, che se ne fregasse completamente delle conseguenze delle sue azioni e dei sentimenti di tutti gli altri. La storia di Bellamy all’inizio non ha fatto altro che confermarmelo e…»
Qui cerco di bloccarla, per spiegarle i motivi dietro a tutta la faccenda che ha scatenato tutto il nostro odio.
«No, ho detto stai zitto!» sbotta nuovamente. «Negli ultimi tre mesi mi sono convinta che tu fossi una persona di merda, ma prima quando ti è arrivata la lettera… sembravi così preoccupato che fossero brutte notizie, il modo in cui hai detto di aver paura che i tuoi genitori si fossero lasciati... eppure ti sei fidato di me, è come se mi avessi affidato un po' della tua paura e della tua tristezza e me l’hai fatta leggere prima di tutti, e poi quando hai scoperto di cosa si trattasse, mi sei sembrato felice come un bambino e… e ho visto un altro Albus Potter, non quello viziato e insensibile che pensavo di conoscere. Mi sono sempre sbagliata come se fossi la più grande delle deficienti e questa cosa non mi va giù!»
«Posso prenderlo come un complimento?» provo a chiederle, ma scopro solo quando parlo che mi sento come se non riuscissi a respirare abbastanza e avessi bisogno di più aria.
«Merlino, ma allora sei davvero stupido!»
«Credo che tu abbia quasi superato Malfoy in quanto ad insulti pronunciati in meno di un minuto…»
Zoe sospira con aria di sconfitta e lascia la presa sulle mie braccia e abbassa lo sguardo sul terriccio ancora ghiacciato.
«Bene, adesso che mi sono ridicolizzata così, puoi anche tornare dentro» taglia corto, facendo un passo indietro.
«Non credo che lo farò» le annuncio. «Ora che ci penso, anche io ho qualcosa con cui ridicolizzarmi.»
«Sarebbe a dire?» mi chiede lei, un po’ spaesata.
«Non vorrei distruggere ancora di più le tue convinzioni, ma… hai presente tutti i miei atti gentili delle scorse settimane?»
«No.»
«Come no? Ti passavo il cibo a colazione, ti aiutavo nelle verifiche…» comincio a spiegarle, gesticolando nervosamente con le mani che non so dove mettere. «Immagino che tu abbia pensato che fosse finalizzato a vincere alla scommessa.»
«Lo penso tutt’ora»
«E ti sbagli.»
«Ah sì?»
«Sì, l’ho fatto perché mi andava di farlo e basta. O almeno, adesso so che è così. Un atto di gentilezza verso una ragazza carina.»
La guardo adesso e non capisco cosa mi vuole trasmettere il suo sguardo. Non è più la stessa persona che era qualche ora fa in Sala Comune, quando con un tono che a questo punto ho la certezza fosse finto e costruito, ci ha rimproverato per il ritardo. Non ha più lo sguardo duro o l’aria irritata, tutti i suoi muscoli sono rilassati adesso, persino il suo volto sembra più luminoso e calmo, nonostante la perenne ombra che i suoi capelli scarmigliati vi gettano sopra. Ed è buffo adesso ripensare a quello che mi ha detto Lily, convinta che fosse la mia ragazza; è ancora più buffo ripensare alla mia risposta, ossia al fatto che probabilmente Zoe Caplan non starebbe con me neanche per tutti i galeoni del mondo.
Forse, mi sono sbagliato anche io su di lei.
«Hai presente quando sai di stare per fare qualcosa che potrebbe rovinarti la vita?» sussurro, riprendendomi quel passo all’indietro che lei ha fatto prima, in modo da ritornare alla stessa distanza a cui eravamo qualche minuto fa.
«Temo di non aver mai provato questa ebbrezza, Potter» mi risponde lei, ma ora non riesce più ad avere il solito tono di sufficienza di sempre. Mi sembra di vederla adesso per la prima volta, come se questa fosse la sua gemella buona e non davvero lei.
«Io la sto provando ora» le dico, sempre a bassa voce, perché la distanza pericolosamente ridotta adeso le permette di sentirmi comunque.
«E sentiamo, cosa stai per fare di tanto pericoloso?»
Vorrei poterglielo spiegare a parole quanto considero pericoloso quello che sto per fare, ma per qualche strano scherzo del destino, mi sembra di non ricordare più come si articola una frase… proprio io, che ho sempre la risposta pronta a tutto. D’altronde, a volte i fatti spiegano meglio delle parole, in alcuni casi un solo gesto vale più di un complesso e ricercato discorso.
Con una sensazione strabiliante e terrificante allo stesso tempo, che mi fa sentire sia invincibile, sia come uno che ha i minuti contati in questo mondo, penso che ho finalmente trovato un posto alle mie maledette mani, che si posano rispettivamente sulla guancia sinistra e sulla guancia destra di Zoe, che nonostante le temperature rigide, sono incredibilmente calde.
L’ultima cosa che mi impongo di vedere prima di fare quello che forse mi renderà un morto tra qualche secondo, è l’espressione sul suo volto. E non è arrabbiata, non è confusa, non è nemmeno sorpresa, a dirla tutta… sembra quasi che sappia esattamente quello che sta succedendo e che le vada bene.
È forse questa consapevolezza a darmi un grosso calcio sulla schiena e a farmi cadere dritto nel baratro dell’irreversibilità: perché non posso più tornare indietro nel momento in cui decido di baciarla, sapendo che forse mi sono appena rovinato la vita, ma che sinceramente non me ne può importar di meno.
Passano i secondi, forse i minuti, non lo so… ma nei brevi momenti in cui le mie labbra si separano dalle sue per permettermi di respirare, vorrei poter non aver bisogno di ossigeno per vivere. Mi sembra di essere stato trasportato in una realtà parallela dove io e Zoe non ci siamo mai odiati, dove ci siamo semplicemente incontrati per caso e una serie di eventi diversa da quella realmente accaduta ci abbia portati fino a questo momento, a baciarci ai margini della strada, mentre i nostri amici siedono ignari ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa ad aspettare il nostro ritorno.
E soprattutto, è sorprendente il fatto che lei non mi abbia spinto via, non abbia urlato contro e che abbia semplicemente deciso di baciarmi a sua volta, di accarezzarmi il collo con le dita esili e gelide, al contrario del suo viso che sembra invece andare a fuoco, sotto i miei polpastrelli, che non abbia avuto alcuna strana reazione dopo aver sentito la mia mano sul suo fianco, che l’avvicinava a me il più possibile.
Quando riapro gli occhi, siamo sempre davanti al muretto di pietra, mentre la strada continua ad essere affollata di gente e nessuno ha fatto caso a noi due.
Per la prima volta in vita mia, non ho la più pallida idea di cosa dire, così rimango in piedi di fronte a lei e la guardo semplicemente negli occhi. Sorrido, anche se non ho deciso di farlo, è come se avessi dei ganci appesi agli angoli della bocca che hanno improvvisamente deciso di tirare verso l’altro.
Ci pensa Zoe a dire qualcosa.
«Sai, non mi va di tornare dagli altri.»
«No?» le domando sottovoce, il mio respiro ancora affannato produce buffe nuvolette di valore.
«Vorrei tornare al castello» risponde Zoe, avvicinandosi di nuovo al mio viso. La sua mano sta cercando la mia. «E vorrei che tu venissi con me.»
 
Quando Frank, Bellamy e Derek ritornano in camera, fuori è già buio e dovrebbe essere quasi ora di cena. Non sono ben sicuro di che ora sia, non so nemmeno quanto tempo ho passato seduto sul bordo del letto a contemplare la porta, e adesso che questa si è aperta, rivelando i miei amici, il ritorno alla realtà è così brusco da farmi chiudere gli occhi per qualche secondo.
«Ah! Ecco il nostro fuggitivo. Ma si può sapere dove sei sparito?» Frank mi prende in giro lanciandomi il mantello gelido addosso, ma la cosa mi lascia impassibile.
«Al?» mi chiede di nuovo.
«Albus, ci sei?» Stavolta è Derek ad accertarsi del corretto funzionamento del mio cervello.
«Sicuri che sia vivo?» si domanda ironicamente Bellamy. «Magari Zoe l’ha ipnotizzato.»
«Chiamiamo qualcuno?» propone ancora Derek, che al suono della parola “ipnotizzato” si allarma, evidentemente deve essergli tornata in mente quella volta in cui sono stato vittima del filtro d’amore della Zabini.
«Sto bene» annuncio, prima che mi spediscano senza motivo in Infermeria.
«Ah  beh… almeno parla» osserva Frank.
«Ma che ti è successo?» mi chiede Bellamy, sedendosi vicino a me.
«Sono un cretino, ecco cosa è successo» rispondo, diretto e senza troppi fronzoli. Riesco a non far trasparire eccessivamente la tragicità della cosa e riesco a parlare con uno tono abbastanza apatico, il che fa insospettire i miei amici ancora di più.
«Albus che si insulta da solo» continua Frank, rimarcando l’ovvio. «Dovremmo misurargli la febbre?»
Bellamy lo ignora e continua a rivolgersi a me: «Puoi spiegarti meglio? Vi abbiamo aspettato per quasi un’ora prima di capire che non sareste tornati.»
«Oh, no! Dovevo pagare le burrobirre!» esclamo, sbattendomi con poca grazia una mano sulla fronte. Sono in debito con chiunque di loro abbia pagato, devo assolutamente ridargli i soldi. Al momento, questa mi sembra la cosa più importante dell'intero universo. Pensandoci bene, però, una qualsiasi cosa adesso potrebbe diventare la priorità assoluta della mia vita, qualsiasi cosa pur di far sì che l'idea di me stesso mentre mi comporto da imbecille esca definitvamente dalla mia testa.
«No, lascia stare» mi dice subito Frank. «Mia madre non te l’avrebbe mai lasciato fare, e poi era felice come una pasqua per Teddy e Victoire, ci ha detto di non preoccuparci.»
«Ma si può sapere comunque che fine avete fatto per più di due ore?» mi chiede Derek. 
«Qui» rispondo. «Siamo venuti qui.»
«Beh, era abbastanza ovvio che foste tornati al castello…» osserva Bellamy, corrugando la fronte. «Vi abbiamo cercato per tutta Hogsmeade.»
«No. Intendo proprio qui, in questa stanza.»
Per qualche lungo istante non si sente nemmeno il suono dei nostri respiri, vorrei poter dire che le loro reazioni siano tutte differenti l’una dall’altra, ma non è così: ora, ben tre paia di occhi sbarrati mi stanno osservando. Forse non si aspettavano esattamente una risposta del genere.
Quando però ricominciano a respirare regolarmente, sento Frank prendere un bel respiro, ma gli impedisco di parlare, perché so esattamente qual è la domanda che gli frulla per la mente.
«Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, Frank, la risposta è no
«Che vuol dire no?!» esclama lui, ancora più sconcertato di prima. «C’è solo un motivo se è arrivata a mettere piede in questa stanza. E non credere che non abbia visto che le tue coperte sono tutte spiegazzate, se è arrivata anche lì sopra spiegami perché la risposta è no
«È no perché non è successo, non perché io non lo volessi» cerco di spiegargli.
«Ma?» incalza Bellamy, per fare più luce sulla questione.
«Ma non ce l’ho fatta» ammetto, ma in questo istante non riesco più a sopportare nessuno dei loro sguardi così decido di buttare la testa in avanti come il primo dei disperati e di circondarla con le mani.
«Intendi che…» inizia timidamente Derek, alla mia destra. «Che lui non ha funzionato?»
Quasi oltraggiato da una simile insinuazione, dimentico la mia disperazione e mi tiro repentinamente su, guardandolo.
«Oh no, lui stava funzionando fin troppo bene» esclamo. «È solo che… non era il momento giusto, tutto qui. Non so come spiegarvelo.»
Loro non dicono nulla, in un primo momento. Non li biasimo, neanche io saprei cosa dire se mi trovassi nei loro panni.
«Ora, tutto quello che voglio fare è rimanere su questo letto a contemplare il nulla e disperarmi per aver perso l’occasione di fare quello che probabilmente sarebbe stato il miglior sesso della mia vita, dato che sicuramente, dopo una simile delusione, Zoe non vorrà più rivolgermi la parola.»
«Non ci posso credere» mormora Frank, incredulo. Forse il fatto di averlo detto chiaramente e a voce alta ha definitivamente quantificato quanto sono stato stupido e Frank deve essersi reso conto della gravità della cosa.
«Cosa c’è di strano?» inizia Bellamy, in mia difesa. «Non è che solo perché siamo maschi dobbiamo comportarci come animali, siamo comunque esseri capaci di discernimento e se ad Albus non sembrava il momento, che male c’è?»
«Che cosa significa discernimento?» mormora Derek tra  sé e sé, ma nessuno di noi gli presta la dovuta attenzione, perché Frank sta per controbattere.
«Ma lui è Albus!» esclama. «Hai capito, Al? No puoi tradire te stesso in questo modo! C’è solo un motivo per cui potresti aver fatto una stronzata del genere, e cioè tu stai pensando ad una relazione con lei! Una cosa… seria!»
«Non capisci, Frank» gli dico, sconfitto. Non ho la forza per rispondere a tono. «Non è mai esistita una ragazza capace di tenermi testa come sa fare lei. O se esiste non l’ho mai incontrata! Io non… non voglio che pensi che volevo solo andare a letto con lei.»
«L’abbiamo perso…» sospira Frank, probabilmente più rivolto a se stesso che a qualcuno di noi.
«Secondo me Albus è stato onesto sia con lei che con se stesso, io sono d’accordo con lui» si fa avanti Derek, dandomi una pacca rassicurante sulla spalla. «Hai fatto bene.»
«Grazie, Derek» dico debolmente. «Ma penso di aver comunque bruciato ogni possibilità.»
«Devo capire meglio le dinamiche della cosa» s’intromette di nuovo Frank. «Chi dei due ha deciso di salire fin quassù?»
«Me l’ha chiesto lei…»
«E TU TI SEI TIRATO INDIETRO?»
«Precisamente.»
«Allora sì, ti sei bruciato davvero tutto, compreso il cervello!»
Bellamy, evidentemente stufo dell’immotivata reazione aggressiva e sconvolta di Frank, gli lascia un cuscino in faccia e gli intima di starsene in silenzio.
«Se è una ragazza intelligente non si fermerà solo a questo, e se proprio questa cosa ti tormenta, diglielo!» mi consiglia. «Sono sicuro che apprezzerà, dopotutto è una cosa… nobile, vero Derek?»
«Molto nobile» gli dà manforte lui.
«Rimpiango solo di non essermi visto le tette quando mi sono trasformato in lei, con la Polisucco» sospiro. «Dato che probabilmente non avrò più la stessa occasione.»
«Ma che dici, sarebbe stato da pervertiti!» esclama Bellamy.
«E alquanto scorretto» continua Derek.
«Io lo avrei fatto» continua Frank, e stranamente questo suo commento mi fa sorridere. Lo guardo mentre si massaggia ancora il lato destro della faccia, dove il cuscino che gli ha tirato Bellamy è atterrato con non poca violenza. È incredibile di come siano riusciti a migliorare il mio umore – anche se di poco – in soli dieci minuti
«Non avevamo dubbi, Frank.»
 

Ciao a tutti!
In un ritardo scandoloso come al solito, ma finalmente ho "partorito" questo bambino! Anche questo capitolo è lungo in maniera imbarazzante, ma non mi sarei mai perdonata se lo avessi spezzato e non mi andava di troncarlo subito dopo l'evento clou del capitolo, serviva un po' di sano disagio verso la fine. Sono immensamente soddisfatta di quel che è venuto fuori perchè è uno dei capitoli a cui tengo di più in assoluto (insieme a quelli di Scorpius durante le vacanze di Natale, ovviamente ♥), sarà la nascita di nuovi amori che mi elettrizza ogni volta, ma mi piace davvero molto e spero che sia lo stesso per voi!
Mi sono attenuta al "canon" per quanto riguarda Hannah e Neville, spero non me ne vogliate, so che in molti amano la coppia Neville/Luna, ma in questa storia lei è felicemente sposata con Rodolphus Scamander  xD
A volte, la frase "chi disprezza compra" è proprio vera, e forse sotto sotto Zoe ha sempre avuto un debole per Albus, ma da brava Grifondoro orgogliosa ha dovuto tenere alto il suo onore e disprezzarlo per un po', prima di arrendersi all'evidenza e di andare oltre le apparenze e i pregiudizi. Albus, invece, ha il cuore un po' più tenero ♥
Beh, a questo punto vi ringrazio per aver letto e sono molto curiosa di conoscere le vostre opinioni *-* 
Al prossimo capitolo, dove ritorneremo tra i nostri cari Serpeverde!
Mars
 

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Capitolo 38
*** La giornata delle delusioni ***


XXXVIII – ALEC
 
La giornata delle delusioni
 
Avete presente quelle giornate che iniziano male e che, nonostante l’impegno che ci si mette per farle andare nel verso giusto, continuano ad andare irrimediabilmente nella maniera più catastrofica possibile? Ecco, io ne sto vivendo una proprio oggi.
Inizia tutto ancor prima di colazione, quando Samuel decide di aprire la porta della nostra stanza e questa viene invasa da uccellini cinguettanti e canterini, che intonano una qualche canzone d’amore e poi si autodistruggono in una bomba di coriandoli rosa e bianchi.
La scena è stata agghiacciante e lui è rimasto stordito, con gli occhi spalancati, per dieci minuti buoni, Scorpius e Gerard hanno cercato di farlo rinsavire, e dato che a tutti noi sembrava che fosse sotto lo strano effetto di qualche droga – probabilmente sprigionata dall’esplosione degli uccellini – abbiamo ben pensato di dargli una fialetta di pozione anti-sbronza, che in genere fa ritornare le persone a pensare lucidamente.
La pozione ha peggiorato le cose e Samuel ha cominciato a ripetere incessantemente la parola “caramelloso”, così io gli ho lanciato un silencio, perché alle sette e trenta del mattino e con lo stomaco vuoto so essere particolarmente di cattivo umore, ma la bocca di Samuel continuava ad aprirsi e chiudersi, pur senza emettere alcun suono, e il suo labiale continuava a dire “caramelloso”.
Così, mentre Scorpius si offriva di ripulire la stanza dai coriandoli e da qualsiasi sostanza che avesse rincitrullito Samuel in quel modo, io e Gerard l’abbiamo trascinato fino in Infermeria, dove la signorina Bell ci ha chiesto cosa fosse successo, ha fatto cessare gli effetti del mio incantesimo, e dopo cinque minuti lo ha zittito nuovamente. Ci ha detto di lasciarlo a lei e di scendere in Sala Grande a fare colazione.
Ebbene, anche la colazione è disastrosa. Per essere più preciso, dovrei dire che quando arriviamo dobbiamo accontentarci di quello che resta della colazione, dato che tra poco meno di venti minuti inizieranno le lezioni. Lily e Kelsey hanno infatti già quasi finito di mangiare e non perdono tempo per chiederci che fine avessimo fatto.
Scorpius spiega tutto l’accaduto, mentre Kelsey afferra distrattamente la teiera bollente e strilla dal dolore, attirando l’attenzione di non poca gente, soprattutto tra i Corvonero.
«E si può sapere chi ha fatto entrare quei cosi maledetti in camera vostra?» domanda Lily, dopodiché con un rapido gesto della bacchetta e pronunciando a mezza bocca una parola che non capisco fa apparire una fascia luminosa verde attorno al palmo della mano di Kelsey.
La guardo a dir poco estasiato.
«Che cosa le hai fatto?» le chiedo io, sovrastando Scorpius, che sta per rispondere al suo quesito.
«Oh… un banalissimo incantesimo contro le bruciature» borbotta Lily. «L’ho imparato alla fine dell’anno scorso, quando mio fratello chissà come è riuscito a piazzare della polvere urticante nel letto di Scorpius.»
«Avevo quasi rimosso quell’episodio…» borbotta Scorpius, corrucciando. «Evidentemente non avrò sofferto a lungo.»
«Oh, i tuoi piedi e le tue caviglie hanno sofferto abbastanza» dice Lily, soffocando una risatina. «Ma l’incantesimo da sollievo immediato, forse non te lo ricordi bene.»
«Sicuramente, dato che sei bravissima» le risponde lui, facendole un sorriso intenerito. Ah, che grande potenza l’amore, riesce a farti dimenticare persino una mattinata iniziata nel peggiore dei modi.
«Infatti» concorda Kelsey, che evidentemente già non sente più il bruciore alla mano destra. «Ma non ci avete ancora detto chi può aver mandato gli uccellini.»
«Non lo sappiamo» rispondo sinceramente io. «Ma chiunque lo abbia fatto… non ci ha messo solo i coriandoli, dentro. E la pozione anti-sbronza ha solo peggiorato le cose.»
«Samuel Nott fa impazzire le ragazze e le ragazze fanno impazzire lui, non ci vedo niente di strano» commenta Lily, in modo ironico.
«Siete pericolose, certe cose che fate non sono divertenti» ribatto io.
«Siamo?» mi chiede ancora Lily.
«Voi due potreste essere l’eccezione che conferma la regola» rilancia Scorpius, ridendo.
«Anche se… ne abbiamo fatte anche noi di pazzie per Samuel Nott» commenta Kelsey. Lily la guarda divertita e so che stanno pensando sempre alla solita storia dell’acromantula che tenta di ucciderle e darle in pasto ai suoi cuccioli nella Foresta Proibita.
«A proposito, devo ancora trovare un modo per far ragionare Clemence» sospira Scorpius.
«Non hai ancora scoperto perché si è perdutamente innamorata di Frank?» gli domanda Lily.
Scorpius scuote la testa, mentre finisce di masticare il suo gigantesco boccone di pancake.
«Certo, non ce la facevo così…» commento io, per poi girarmi furtivamente verso Clemence. Per fortuna è seduta quasi all’altra estremità del tavolo e non può sentirci: sta parlando con una ragazza di fronte a lei e ogni tanto le illustra qualcosa su un libro.
«Neanche io» bofonchia Scorpius, ancora con la bocca mezza piena.
«Troveremo un modo per non farle fare altre cose strane» sospira Lily. «Albus se l’è vista brutta con quel filtro d’amore.»
«Già, e Clemence non stava cercando di preparare un Distillato della Morte Vivente, qualche giorno fa?» si aggiunge Kelsey, riprendendo con cautela un sorso di tè.
«Vedi che siete pericolose!» esclamo.
«Oh, la posta finalmente!» esclama Lily, indicando con l’indice sottile i centinaia di gufi che stanno facendo irruzione in Sala Grande. Io, che sono ancora solo al terzo morso della mia fetta di crostata, faccio una smorfia infastidita: la posta arriva alla fine della colazione, mentre io sono solo a metà.
Lily e Kelsey non ricevono nulla oggi, mentre io e Scorpius otteniamo entrambi una lettera che rischia di inzupparsi nel caffè. La sua è di sicuro da parte di sua madre: busta da lettera bianca e lucida e una grafia elegante all’esterno, la mia invece è una busta più grezza ed è da parte dei Falmouth Falcons.
Sputo tutto ciò che ho in bocca e una poltiglia gialla ricade sul tavolo. Kelsey fa finta di vomitare e Scorpius quasi si strozza con l’ultimo pezzo di pancake, mentre Lily si appresta a coprire i resti della mia crostata di mele con un fazzoletto.
«Non ci potete credere!» esclamo, sventolando la lettera davanti a tutti loro. «Sono i Falcons! Mi hanno risposto dopo quasi due mesi!»
Quando, tuttavia, le facce di tutti e tre si trasfigurano in tre grandi punti interrogativi, ricordo che per scaramanzia non ho mai raccontato loro del mio provino con i Falcons, perché avevo la terribile sensazione che se l’avessi raccontato a qualcuno sarebbe andato male e avrei avuto il terrore di sbagliare.
«Oh, beh… giusto» borbotto da solo. «Ricordate quando siamo andati a casa di Scorpius, durante le vacanze Natalizie? Beh, ecco, io prima di quel giorno non sono andato in Irlanda. I miei genitori mi hanno accompagnato a Falmouth, in Cornovaglia, perché prima che iniziasse la scuola avevo fatto domanda per un provino e… mi hanno convocato.»
«E perché non ce lo hai detto prima?» mi chiede aggressivamente Scorpius, ma oltre all’indignazione, la sua voce è piena di entusiasmo ed eccitazione. Ha abbandonato la lettera di sua madre accanto al piatto.
«Già! Avremmo dovuto saperlo» si aggiunge Kelsey.
«Ne avevamo pieno diritto» conclude Lily.
«Perché voi sapete come sono fatto! Queste cose non si dicono per scaramanzia, perché poi vanno male. E poi perché se vanno male non sei costretto a dirlo a nessuno» spiego loro, mentre le mie mani strappano con impazienza la busta. «Si chiama scaramanzia e ha sempre funzionato.»
«E come fai a sapere che sia andata bene?» mi domanda ad un certo punto Lily. La raggelo con lo sguardo.
«Beh… in genere non ti scrivono se non è andato bene» le risponde Scorpius al posto mio: deve aver intuito che dalla mia bocca sarebbero usciti solo insulti. «Perché dovrebbero?»
«Per correttezza?» tenta Lily. «Se partecipo ad una selezione vorrei sapere l’esito, a prescindere da quale sia, non aspettare invano che arrivi una risposta.»
«Ma ci sono delle tempistiche» continua Scorpius.
«Esatto, se non ti contattano entro un certo periodo di tempo sai automaticamente che non ti hanno preso» concludo io, tirando fuori la lettera.
«E quali sono le tempistiche dei Falcons?» chiede Kelsey.
«Sessanta giorni» rispondiamo io e Scorpius all’unisono. Lo guardo divertito e ci battiamo il pugno: come sempre, da sette lunghi anni, ogni volta che diciamo qualcosa allo stesso momento.
«Giusto in tempo…» commenta Lily, ma io la ignoro e appresto a leggere la lettera.
Mi prendo un paio di minuti per leggere e rileggere attentamente ogni parola, ogni virgola e ogni punto. Sbatto le palpebre un paio di volte e poi alzo lo sguardo su Lily, che è seduta proprio di fronte a me e come Kelsey e Scorpius mi guarda curiosa, in attesa.
Com’è possibile che Lily debba sempre avere ragione, ogni volta che esprime una sua opinione?
«Allora, che cosa dice?» incalza Scorpius.
«Credo che i Falcons abbiano cambiato politica di comunicazione…» biascico, riscoprendo la gola secca e la voce roca. Mi verso un generoso bicchiere di succo di zucca e lo trangugio in un sorso solo. «A quanto pare questa cosa della correttezza di cui parla Lily non è così assurda.»
Lascio cadere la lettera sul tavolo e Kelsey è la prima ad accaparrarsela. Da un lato, sono grato all’universo per aver fatto sì che non cadesse nelle mani di Scorpius o di Lily.
«Oh, Merlino…» sospira Kelsey. «Mi dispiace, Alec!»
«Che cosa dice?» chiede Scorpius una seconda volta, allungandosi sul tavolo per prendere la lettera. Kelsey si allontana ed esce fuori dalla sua portata, tenendosi la pergamena stretta al petto.
«Che cosa vuoi che dica, Scorp?» gli rispondo io. «Che mi hanno scritto per comunicarmi con grande rammarico che non ho superato il provino!»
«Eppure, ero convinto di essere andato bene! Ho segnato un sacco di gol, proprio non capisco…» continuo, dato che nessuno di loro si appresta a dire niente.
«Ma non esistono solo i Falcons» tenta di dirmi debolmente Lily, toccandomi un braccio.
«Era l’unica squadra che faceva provini anche al di sotto dei diciassette anni… beh, non ne avevo ancora diciassette quando gli ho mandato la richiesta, a giungo, poi che mi abbiano chiamato a dicembre è un altro discorso.»
«Ma adesso li hai diciassette anni» mi fa notare lei. «Ora puoi partecipare a tutti i provini che vuoi… che ne so, i Catapults?»
«I Falcons sono la squadra preferita di Alec e sono nemici giurati dei Catapults» dice immediatamente Scorpius. «Al massimo, potrebbe tollerare i Tornados.»
«Tollero più gli Appleby Arrows» preciso, dato che ho un astio ad intermittenza, verso i Tornados.
«Scusate, non conosco molte squadre di Quidditch oltre ai Cannoni-Qualcosa» dice di nuovo Lily.
«I Cannoni di Chudley» completa Scorpius. «Già, non mi stupisce che tuo fratello tifi per loro.»
«Tutta la mia famiglia tifa per loro» sospira ancora lei e la guardo mosso da un qualche senso di pietà: crescere in un mondo pieno di Cannoni di Chudley… deve essere stata un’esperienza traumatica.
«Beh, io ho finito» annuncio, riferendomi alla misera colazione che ho fatto: la lettera dei Falcons mi ha decisamente chiuso lo stomaco. «E non ho intenzione di farmi sgridare da Cylon per il ritardo.»
«Aspetta!» esclama Scorpius, per poi bere di fretta il resto del suo caffè. «Vengo con te.»
Rimango in piedi per qualche secondo, mentre aspetto che si alzi e afferri la borsa con i libri. Saluta velocemente Lily e Kelsey ed io faccio lo stesso con un gesto della mano, poi ci dirigiamo verso l’uscita, e ancora verso l’aula di Difesa.
«Mi dispiace davvero, Alec» borbotta Scorpius, mentre camminiamo per i corridoi. «Per i Falcons. Secondo me non sei entrato per pochissimo!»
Apprezzo il suo tentativo di conforto, anche se non sortisce molti effetti. Mi limito a tirare un po’ le labbra in un sorriso, ma non so quanto bene ci sono riuscito.
«Non importa» gli rispondo. «Non sono passato comunque, è lo stesso risultato di uno che ha fatto schifo.»
«Beh, no, almeno sai che sei stato bravo» continua Scorpius, cercando di non farmi scoraggiare.
«Non abbastanza» taglio corto, ma Scorpius a questo punto non aggiunge nient’altro, se non una pacca sulla spalla che, paradossalmente, è meglio di qualsiasi cosa che potesse uscire dalla sua bocca. Non voglio sentirmi dire frasi fatte… loro neanche sapevano del mio provino, fino a poco fa, e forse sarebbe stato meglio se non l’avessero saputo.
Eppure, ero così convinto che ricevere la lettera significasse essere passati…
A lezione sembra tutto come il solito, tranne per il fatto che Burke è assente e Cylon sembra più pensieroso: per il resto, Scorpius prende appunti come un forsennato e io provo con tutto me stesso a seguire quello che dice il professore, ma l’unica cosa a cui il mio cervello riesce a pensare sono quelle maledette parole scritte nere su bianco. La lettera accartocciata giace ancora sul fondo della mia borsa e forse bruciarla mi farebbe sentire meglio, perché a quel punto sarebbe come se non fosse mai esistita, come se nessuna illusoria speranza si fosse mai creata.
La cosa peggiore, comunque, sarà comunicare ai miei genitori che non sono passato. O forse riconoscere che nemmeno il Quidditch, l’unica maledetta cosa in cui io sia mai stato davvero bravo, fa per me. E a questo punto cosa farò tra qualche mese, quando mi ritroverò da solo con i miei M.A.G.O. e nessuna idea di cosa fare?
Forse ha ragione Lily e potrei provare a fare i provini per altre squadre, ma i Falcons sono la squadra migliore nel panorama sportivo attuale, tutto il resto mi sembrerebbe solo uno stupido ripiego.
«Signor Pucey?»
La voce di Cylon mi fa sobbalzare e mi riporta alla realtà. Mi sono totalmente perso nei miei pensieri.
«Sì, professore?»
«Felice di vederti  di nuovo sul pianeta Terra. Presta attenzione, per favore» mi rimprovera, con il solito tono fermo e calmo, poi ricomincia a parlare. Getto un’occhiata veloce al quaderno di Scorpius: patronus messaggero.
Sono sorpreso che Cylon mi abbia solo ripreso, anziché darmi una punizione. Però oggi c’è qualcosa che non va anche in lui, sin dall’inizio mi è sembrato pensieroso… mi chiedo se non sia tutto collegato con il fatto che il banco di Burke è misteriosamente vuoto.
Ora che ci penso, non l’ho visto nemmeno a colazione, questa mattina.
Che l’abbiano espulso, per la storia di Amelia Nott e di Lily? Scuoto impercettibilmente la testa: non può essere, si sarebbe saputo, l’avremmo visto tutti. E avrebbe suscitato uno scalpore che adesso non c’è.
La risposta ai miei quesiti non tarda ad arrivare e ci si presenta davanti, in carne ed ossa, nemmeno un’ora dopo, quando ci stiamo dirigendo verso l’aula di Incantesimi.
Burke è proprio in mezzo al corridoio, non indossa la divisa, ma dei semplici jeans e una felpa rosso scuro molto larga, il cappuccio gli copre la testa e gli getta sul volto livido un’ombra scura. La cosa che mi fa scattare subito sull’attenti è che viene dritto verso di noi.
O meglio, verso Scorpius.
Succede tutto molto velocemente: Burke ci raggiunge, spintona Scorpius, dicendogli: «Lo so che sei stato tu, insieme all’altro sfigato di Potter!»
Scorpius lo spintona a sua volta, dicendogli che non sa di cosa sta parlando, ma io so riconoscere quando il mio migliore amico dice una bugia e questa era una bugia da manuale.
Decido di mettermi in mezzo, per evitare che inizino a prendersi a botte, ma ottengo esattamente l’effetto contrario, perché nel momento in cui provo a dividerli e a farli ragionare, Burke non regge più il confronto e l’idea di essere ormai uno contro due, perciò inizia a spintonare anche me e cerca di mettere Scorpius fuori gioco.
Solitamente, la situazione non diventa migliore per nessuno quando intorno si crea un gruppetto di attenti spettatori e per lo stesso corridoio passa anche un professore, ma in questo momento non sono mai stato così felice di vedere la professoressa Trent camminare minacciosa verso di noi con il suo svolazzante mantello viola.
«Fermatevi subito!» esclama, con la sua voce acuta. «Azzuffarvi alla babbana in mezzo al corridoio, è vergognoso!»
Quando posa gli occhi su Burke, se possibile, il suo volto assume un’espressione ancora più accigliata e furente.
«Che cosa ci fai fuori dal tuo dormitorio, signor Burke?» gli domanda, gelida. «Credevo fosse chiaro, quello che abbiamo stabilito insieme alla Preside, o no?»
«Sì, mi è chiaro» mugugna Burke a denti stretti. «Ma adesso ho delle informazioni in più, Potter e Malfoy mi hanno aggredito in Sala Grande, prima di Natale. Si sono resi invisibili, non so come hanno fatto, ma sono stati loro!»
La Trent posa gli occhi azzurri su Scorpius e lo scruta con attenzione, per poi rivolgersi nuovamente a Burke: «Hai violato comunque le regole che ti erano state imposte, la tua punizione durerà un giorno in più. E adesso torna nei Sotterranei, guai a te se ti scopro di nuovo a gironzolare per il castello.»
Burke non dice niente, si infila le mani nella grande tasca della felpa e se ne va a passo svelto, sparendo dietro il primo angolo. Tuttavia, l’intervento della professoressa non finisce qui.
«Malfoy, fammi il favore di seguirmi nel mio ufficio. Adesso» gli ordina, anche se con un po’ più di gentilezza. «E qualcuno vada a chiamare Potter.»
«Chi dei due, professoressa?» domanda qualcuno,  in mezzo al gruppetto di gente creatosi attorno a noi.
«Che domande…» sospira la Trent. «Albus Potter.»
 
«Che vuol dire che ha voluto vederlo?»
«È nei guai?»
«Quella stupida alleanza con mio fratello…»
Mi accascio sulla poltrona, davanti al fuoco che scoppietta nel camino scuro della Sala Comune.
«Ne so quanto voi» sospiro. «Scorpius è tornato a lezione dopo un po’, ma non ha detto niente e dopo ha detto che doveva parlare con Albus, credo stiano ancora parlando.»
«Ma Burke?» domanda allora Kelsey.
«Non lo so» rispondo sinceramente. «Non ho capito una parola di quello che gli ha detto la Trent. Da come parlava, sembrava che non potesse lasciare il dormitorio, ma forse c’è dell’altro sotto. Però spiegherebbe perché oggi non era a nessuna delle lezioni.»
«Intendi dire che lo hanno… confinato? Ma si può fare?» chiede Lily.
«Se lo hanno fatto, evidentemente si può fare…» commenta Kelsey, seppur un po’ perplessa. Io guardo istintivamente il corridoio che porta ai dormitori maschili: in quello del settimo anno, in una delle stanze vicine a quella mia e di Scorpius, Burke sarà seduto da qualche parte a meditare la sua vendetta. Perché sa che lo spiacevole incidente con i passanti dei suoi pantaloni e le statue dei gargoyle in Sala Grande è opera di Scorpius e di Albus Potter e in nessun universo conosciuto uno come lui passerà sopra questa storia senza fare niente.
Io non ho assistito, purtroppo, alla scenetta. Lily e Kelsey sì, e da come lo hanno raccontato, mesi fa, deve essere stato qualcosa di molto divertente. Ma come faceva ad esserci dietro anche Scorpius? Loro due lo avrebbero di sicuro saputo, se anche lui fosse stato lì, e invece Lily ha parlato solo di suo fratello, sbucato misteriosamente da chissà dove, per evitare che Burke venisse ammazzato da un pezzo di statua.
E quindi Scorpius dove diavolo era?
Non possiamo sapere dove si trovasse tre mesi fa, ma almeno sappiamo dove si trova ora: la porta di pietra della nostra Sala Comune si è appena richiusa e Scorpius ha l’aria di qualcuno che ha passato un’orribile giornata, finora. Non appena ci vede, viene subito nella nostra direzione e si siede accanto a Lily, sul divano. Ha i capelli appiattiti, il volto più pallido del solito e un’aria esageratamente stanca. Deduco che abbia anche saltato il pranzo, per parlare con Potter.
«Che cosa è successo?» Lily parte in quarta con le domande, stringendo il suo ginocchio destro. «Ti hanno messo in punizione? È stata colpa di Albus?»
Scorpius si limita a scuotere svogliatamente la testa e a sospirare, la mano di Lily si rilassa.
«Siamo riusciti a convincere la Trent che non siamo stati noi ad appendere Burke» dice a bassa voce, non prima di essersi guardato furtivamente intorno: non ci sono molte persone in Sala Comune e siamo abbastanza in disparte rispetto agli altri.
«Ed è vero? Non siete stati voi?» chiede ancora Lily, curiosa.
«Certo che siamo stati noi» risponde prontamente lui. «Ma Albus le ha ripetuto quello che ha detto mesi fa: di essere solo arrivato in quel momento e di aver visto la scena, decidendo di intervenire. Io fino a prova contraria non ero lì… nessuno mi ha visto.»
«Fino a prova contraria?» gli domando io, colpito.
«Beh, perché in realtà io c’ero, solo che nessuno poteva vedermi.»
«I professori non ci mettono niente a scoprire se è stata usata una pozione dell’invisibilità o un incantesimo di disillusione» osserva Kelsey, sorpresa come me dalle parole di Scorpius. «Come hanno fatto a non scoprirti?»
«Perché si è reso invisibile con l’unica cosa che non può essere rilevata» mormora Lily, ma il suo sguardo è perso nel vuoto, fisso sul pavimento scuro della stanza. Dopo questo breve momento di distacco, punta gli occhi scuri su Scorpius. «Avevi il Mantello, vero?»
Si guardano negli occhi per qualche istante, ma a me sembra un’eternità. Sembra quasi che riescano a comunicare con il solo pensiero, senza dire una parola. Scorpius sa di non poter mentire come qualche ora fa con Burke e temporeggia prima di dire la verità, forse perché già conosce le conseguenze della sua risposta e vuole ritardarle il più possibile,
«Sì» risponde alla fine, ma lo annuncia con decisione, con fierezza, non prova alcun rimorso per quello che ha fatto e dentro di me un po’ devo dargli ragione: Burke se lo meritava.
«Lo sapevo» dice Lily, ma le parole sembrano morirle in gola.
«In che senso lo sapevi?» si aggiunge subito Kelsey, con le sopracciglia bionde aggrottate in un’espressione confusa. Io rimango in silenzio, ma mi sto facendo la stessa domanda e dopo aver rifilato un breve sguardo a Scorpius, capisco che anche lui è perplesso quanto noi.
«Io… io credo d’aver capito che c’era qualcosa di strano nel modo in cui Albus era sbucato fuori dal nulla. Avevo capito che si trovava sotto il Mantello e ricordo di aver guardato verso il muro, ma… ma poi mi sono dimenticata perché lo stessi facendo» si spiega Lily, lentamente, senza staccare gli occhi da Scorpius. Il suo volto s’indurisce, ma i suoi occhi si fanno leggermente più grandi: ha avuto un’intuizione. «Sei stato tu.»
«A fare cosa?» le chiede Scorpius, ma la voce gli trema. Se Lily ha capito qualcosa, qualsiasi cosa essa sia, lui non ha la capacità di eluderla.
«Mi hai confuso» risponde Lily, con una tranquillità innaturale e inquietante. «Mi hai lanciato un incantesimo di confusione?»
«Senti, Lily, io…» inizia Scorpius.
«No, rispondimi e basta. Sì o no? Non è difficile» lo interrompe immediatamente lei.
«Sì, l’ho fatto. Ma era perché nessuno doveva scoprirci, o sarebbe successo un disastro e… non sapevo cosa fare!»
Lily non gli risponde. Lo guarda per qualche altro secondo e poi, con compostezza, si alza dal divano e attraversa la Sala Comune con un’andatura calma, quasi graziosa, che non ha sicuramente nulla a che vedere con quello che sta accadendo dentro la sua testa. La parete di pietra si apre e lei scompare.
Io, Kelsey e Scorpius ci guardiamo per un po’, spaesati. Poi Kelsey si alza in piedi sospirando.
«Non aspettatemi qui, non so quanto ci vorrà» dice, e poi di corsa se ne va anche lei, volta alla ricerca di Lily.
Io e Scorpius rimaniamo a questo punto da soli, l’uno di fronte all’altro. Ora sì che abbiamo avuto entrambi una giornata di merda: io sono stato scartato per i Falcons e lui ha litigato con Lily, di conseguenza io dovrò anche prepararmi psicologicamente per l’imminente guerra fredda tra loro due e gli sproloqui del mio migliore amico, che si dispererà, convinto di aver buttato tutto in malora. Ci sono scarse probabilità che il nostro umore migliori stasera, dato che nessuno di noi due sarà in grado di tirare su di morale l’altro. Tutto quello che posso fare, adesso, è prendere posto vicino a lui, dove prima era seduta Lily, e dargli una vigorosa pacca sulla spalla, come lui ha fatto con me dopo colazione, mentre andavamo a lezione.
«Bella giornata, eh?» commento, per spezzare un po’ la tensione, forse, oppure perché non ce la faccio più a starmene in silenzio.
«Già» risponde Scorpius apatico. «L’ho fatto solo per non metterla in mezzo.»
«Io lo so» gli dico. «Ma lei ci è comunque rimasta male.»
«Andiamo a fare due tiri?» mi chiede ad un certo punto, alzandosi in piedi.
«Non mi va tanto di giocare, oggi…» gli rispondo io. Scorpius mi fa un mezzo sorriso e si fruga nelle tasche dei pantaloni, è un ritaglio di giornale proveniente probabilmente dalla Gazzetta del Profeta. Me lo porge.
Leggo al volo il trafiletto: “I Falmouth Falcons aprono in via straordinaria nuove selezioni nel mese di aprile, inviare le proprie candidature via gufo entro il 28 febbraio.”
«E questo dove lo hai preso?» esclamo.
«Me l’ha dato Potter, ci stava facendo un pensierino, dato che quest’estate non ha potuto partecipare» mi spiega Scorpius. «L’hanno pubblicato sul Profeta di due settimane fa, non devi averci fatto caso, dato che avevi già partecipato.»
«Ma Potter non tifava per i Cannoni di Chudley?»
«I Cannoni non aprono le selezioni da anni, credo che lui sia un po’ meno schizzinoso di te!»
«Beh… allora, andiamo a fare due tiri!»

Ciao a tutti! ♥
Stavolta sono in (quasi) perfetto orario con l'aggiornamento! La settimana di stop tra esami e inizio delle lezioni ha dato i suoi frutti xD da troppo tempo non vi facevo vedere le cose dal punto di Alec e ho deciso che era il momento di approfondirlo un po' di più: ebbene, il più grande sogno di Alec è entrare nei Falmouth Falcons, ma le cose non vanno sempre come previsto. Non sarà l'ultima volta che si parlerà di squadre e selezioni. Burke scopre chi lo ha appeso per i pantaloni e Lily scopre del famoso confundus di Scorpius, nel lontano capitolo 22 (pensavate me ne fossi dimenticata, ehh? E invece eccolo qui, a creare i suoi danni), e se ne va giustamente indignata. Lo saremmo tutti, credo xD
Non esattamente un capitolo felice, ma con l'uscita di scena di Lily si aprirà il prossimo capitolo che, in via eccenzionale, sarà dal punto di vista di *rullo di tamburi* Albus! E dove c'è Albus, di questi tempi, c'è anche qualcun altro ehehe (so che anche lo scorso capitolo era di Albus, ma a volte c'è bisogno di sfasare la rotazione dei personaggi xD)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e aspetto i vostri pareri *-*
Vi mando un grande abbraccio! ♥
Mars
 

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Capitolo 39
*** Dalla stessa parte ***


XXXIX – ALBUS
 
Dalla stessa parte
 
È assurdo pensare che bastano quarantotto ore a stravolgere completamente la vita di qualcuno: l’altro ieri Zoe Caplan mi baciava sopra un muretto ricoperto di neve ad Hogsmeade e poi mi trascinava al castello, con una sfrontatezza che mi sono reso conto di aver adorato come adoro poche cose in vita mia, ha poi deciso di trascinarmi in camera mia e poi… beh, poi ricordo che mi sono spento. Ho cominciato a dare ragione a Frank e a credere che il mio cervello fosse andato in black out, che ci fosse stato un cortocircuito, che tutti i miei neuroni avessero preso fuoco all’improvviso, e così sono abbastanza convinto di aver combinato un disastro. Oggi, proprio quando credevo che non potesse esserci nulla di più strano, mi sono ritrovato a parlare con la migliore amica di mia sorella, con cui avrò avuto davvero pochissime interazioni in vita mia, perché abbiamo cercato un modo per evitare che Lily appiccasse il fuoco a qualsiasi pianta e arbusto presente nel Parco.
Dulcis in fundo, ha deciso di appiccare il fuoco anche al mio mantello e ha detto Kelsey di farmi sparire dalla sua vista, perché non vuole vedermi, ed è così che, dopo una bella dose di aguamenti e metà mantello fradicio, mi ritrovo a parlare con lei, che pazientemente mi spiega tutto.
Nel frattempo, fortunatamente, Lily ha smesso di giocare alla piccola piromane e se n’è semplicemente andata a sedersi sulla riva del lago, si è portata le ginocchia al petto e stringe convulsamente la bacchetta nella mano: odio pensare che possa star piangendo.
«Almeno adesso ho capito perché non vuole vedermi…» sospiro, infilandomi le mani in tasca. Kelsey controlla rapidamente che Lily sia ancora seduta dov’era prima e poi torna a guardarmi. «Anche se, Malfoy poteva anche evitare di dirglielo.»
«L’ha scoperto da sola» mi informa subito Kelsey. «La conosci, no?»
«Già, la maledetta intuizione» commento. «E c’è qualcosa che si può fare, a parte il fuoco e il pianto silenzioso?»
«Oh sì, deve ancora arrivare la fase peggiore» mi dice Kelsey, affranta.
«E cioè?» le chiedo.
«Vedi… quando Lily si arrabbia e ha torto, alla fine riconosce sempre di aver sbagliato. Ma se ha ragione, crea il panico.»
«Posso gestire una scenata da parte di mia sorella» rispondo, abbastanza tranquillo. «Sono diciassette anni che lo faccio.»
«Lo so, ma non è della tua scenata che mi preoccupo» continua lei, con un po’ di sufficienza. «È di quella con Scorpius.»
«Oh, andiamo… non è successo nulla di grave!» esclamo. Non mi capacito di come Lily riesca ad arrabbiarsi così tanto per certe… piccolezze, fatte addirittura a fin di bene. Lo so anche io, che non vedo di buon occhio Malfoy, che quel confundus l’ha lanciato non solo per proteggere noi, ma anche per evitare che lei venisse coinvolta.
«Non sono d’accordo» replica freddamente Kelsey. «E credo ti stiano cercando.»
Detto questo, gira i tacchi e va a raggiungere Lily. Io mi guardo frettolosamente intorno per capire cosa intendesse dire: prima sento la voce di Zoe che mi richiama a voce alta e solo dopo vedo la sua figura esile avvicinarsi a grandi passi.
Merlino, aiutami. Che cosa le dico? Come la saluto?
«Ciao» biascico, non appena mi è abbastanza vicina. Cerco di farle un sorriso e rilascio un po’ di tensione quando vedo che anche lei lo ricambia: sembra abbastanza tranquilla.
«Ti ho cercato ovunque» esordisce lei, per poi guardare verso la riva del lago. «Chi era?»
«Oh, no… solo un’amica di mia sorella» mi affretto a rispondere. «Lily ha litigato con il suo ragazzo e… e indirettamente anche con me, lei mi stava spiegando cos’era successo di preciso.»
«Ho capito» mormora.
«E tu, perché mi cercavi?» le chiedo gentilmente, cercando di non far trasparire la mia agitazione. Vorrà sicuramente parlarmi dell’altro ieri, dirmi che ci è rimasta malissimo, di sicuro ora penserà che non mi piace e che è per questo che l’ho rifiutata.
«Bellamy mi ha detto che dovevi dirmi qualcosa.»
«Bellamy?» le domando perplesso. «Cioè, sì, vorrei parlarti, ma ti sarei venuto a cercare io.»
Lei sorride divertita e io vorrei che continuasse a farlo per sempre. Dunque, è così che ci sente quando ci piace davvero una persona? Si diventa dei completi scemi e ci si ritrova a voler semplicemente vedere un sorriso per il resto dei nostri giorni? Possibile che io stia diventando così stupido?
«Ha detto anche che non ti saresti mai dato una mossa da solo» mi dice lei, facendo un passo verso di me. «E che ora siete pari.»
Capisco al volo quello che intende dire: anche io ho dato una piccola, innocente spinta a Bellamy, quando Cassiopea mi ha disintossicato dal filtro d’amore della Zabini, forse questo – seppur discutibile – è il suo modo di ricambiare il favore e quindi ha deciso parimenti di dare una spinta anche a me: l’unica differenza è che Cassiopea era ad un passo dallo sciogliersi in un brodo di giuggiole per lui, ed era evidente, mentre Zoe… beh, non so se Zoe è ancora convinta di me, dopo quello che è successo l’altro giorno.
«Allora? Che mi dovevi dire?»
La domanda di Zoe mi riporta alla realtà, ma riscopro di non essere più tanto sicuro di quello che devo dirle: è stato facile ammettere la verità di fronte ai miei amici, nonostante Frank che per due ore ha continuato a inveirmi contro, ma solo adesso mi rendo conto del motivo per cui Bellamy sapeva esattamente che da solo non avrei mai preso l’iniziativa di parlare anche a Zoe degli strani meccanismi che hanno avuto luogo nel mio cervello, l’altro ieri.
Solo che adesso mi sento messo alle strette, perché Zoe è davanti a me, sa che devo dirle qualcosa, probabilmente ha anche già capito cosa, ragion per cui non posso neanche inventarmi un bugia di sana pianta.
Non che io ora sia nelle facoltà mentali di pensare ad una bugia convincente, comunque.
«Ah sì!» esclamo, per prendere tempo e cercare di mettere in fila delle parole che formino una frase di senso compiuto. «Io… quello che dovevo dirti è... riguardo all’altro giorno.»
«Come immaginavo» sospira Zoe, sempre tenendosi un sorriso rassicurante sul viso.
«Ecco, c’è una questione che vorrei chiarire con te, perché non vorrei che tu avessi frainteso…»
E all’improvviso, il sorriso rassicurante non c’è più, viene scavalcato da uno strano cipiglio e da un’ombra, che spegne per un attimo il colorito rosa delle sue guance. Tuttavia, né io né lei riusciamo ad aggiungere niente, perché veniamo interrotti con noncuranza e con decisamente poca grazia da Lily, mentre Kelsey si affretta a raggiungerla e le dice di lasciarmi stare.
Almeno su qualcosa siamo d’accordo.
«Kelsey dice che sai spiegarmi per filo e per segno com’è andata la situazione» esordisce, frapponendosi tra me e Zoe. «Ti ascolto.»
«Non è difficile da spiegare, Malfoy ti ha già detto perché lo ha fatto» le dico, cercando di rimanere calmo.
«Non tirare fuori che era “per il mio bene”» inizia in quarta, e mentre pronuncia le ultime parole alza le braccia e piega gli indici e i medi di entrambe le mani. «Perché sono stufa dei vostri atteggiamenti paternalistici!»
«Ma è così che andata» ribatto. «Mi hai visto uscire dal nulla dal Mantello, ti sei insospettita e Malfoy sapeva che l’avresti scoperto, ma se fosse successo saremmo finiti tutti nei guai, te compresa!»
«Non credo proprio, dato che non stavo facendo niente di male!» risponde con veemenza. «Scorpius l’ha fatto per parare il culo a te e a se stesso, non credere di conoscerlo meglio di me!»
«E allora perché te la prendi sempre con me quando hai un problema con lui?» le chiedo, alzando la voce. Mi sembra una domanda lecita: non è la prima volta che succede, anche all’inizio dell’anno, quando Malfoy mi ha sbeffeggiato davanti alle nostre rispettive squadre in mezzo al campo da Quidditch lei poi è venuta a rompere i boccini al sottoscritto, invece che parlarne direttamente con la fonte del problema: lui.
«Perché Scorpius non farebbe mai cose del genere senza la tua influenza!» mi risponde lei. Sembra così convinta di ciò che ha detto, che quasi mi dispiace ribattere e distruggere le fondamenta dei suoi pensieri.
«È stato lui a propormelo!»
Lily non ribatte più. Non sa cosa dire, perché in fondo sa che le sto dicendo la verità. Si limita a guardarmi con la bocca socchiusa e il respiro pesante. Le bastano, tuttavia, solo cinque secondi per ricomporsi e accorgersi anche della presenza di Zoe. Si gira lentamente verso di lei.
«Mi dispiace avervi interrotto» le dice, calma. «Tu devi essere l’unico essere vivente che riesce a rendere mio fratello gentile e amorevole, congratulazioni!»
«Ehm… mi chiamo Zoe» avanza, porgendole la mano.
«Lily» risponde mia sorella, stringendogliela, poi mi rivolge uno sguardo carico di pensieri che mi è difficile captare.
«Menomale che non sarebbe stata con te nemmeno per tutti i galeoni del mondo, eh?» scherza, cambiando umore così repentinamente da farmi assumere un cipiglio preoccupato.
«Quella era una frase di circostanza…» cerco di spiegarle.
«Oh, no, se riesce a farti dubitare così della tua autostima da dio greco, è perfetta» mi dice. Poi si rivolge di nuovo a Zoe. «Fatti trattare bene, altrimenti sei autorizzata ad affatturarlo.»
«Non ripetermelo due volte» dice Zoe scherzosa, di rimando, io borbotto sottovoce e Lily sospira.
«Io credo che invece dovrò affatturare il mio, di ragazzo» dice infine mia sorella. Ci saluta con un cenno della mano e si riavvicina a Kelsey, che la prende velocemente sottobraccio e inizia a parlare fittamente con lei. Si incamminano verso l’entrata del castello, io e Zoe le osserviamo per un po’ sotto gli ultimi raggi del sole che tramonta, prima di ritornare a noi.
«Scusami» le dico. «Oggi è una giornata un po’ particolare…»
«Mi piace tua sorella» dice Zoe convinta. «Sa il fatto suo e ti da del filo da torcere.»
«Tu non sai quanto…» sospiro.
«Cosa le hai fatto per farla arrabbiare così tanto?» mi chiede, con fare curioso.
«Io niente» mi difendo immediatamente. «Ma Malfoy potrebbe averle lanciato un confundus per salvarmi il culo, quindi…»
«Vedo che è una cosa comune, tra voi maschi, fare cose stupide» osserva pungente. Io non dico niente, perché in effetti non credo che la mossa di Malfoy sia stata molto intelligente, o nobile, però anche io ho fatto cose non proprio carine alle persone a cui tengo di cui non vado fiero.
«E poi, tu non odiavi Malfoy?» mi chiede di nuovo.
«Sembri piuttosto informata su di me per essere una che fino a tre giorni fa voleva vedermi espulso» le faccio notare, incrociando le braccia al petto.
«Tutti in questa scuola sanno che non vi sopportate, Albus» risponde lei, sospirando. È stranamente bello il modo in cui pronuncia il mio nome, ha un suono diverso rispetto a quando lo dice chiunque altro. «Io assisto alle vostre patetiche scenette da sette anni.»
«Beh, comunque ci siamo dati una tregua… per il bene di Lily» taglio corto. Segue un piccolo silenzio imbarazzante, in cui io comincio a trovare molto interessanti i fili d’erba sotto i miei piedi e Zoe sembra avere l’impellente desiderio di tuffarsi nelle acque gelate del Lago Nero.
«Allora… cosa mi stavi dicendo, a proposito dell’altro giorno?» Zoe riprende il discorso, dopo aver probabilmente concluso che è meglio sapere cosa ho da dirle, anziché morire congelata tra le grinfie della Piovra Gigante, ma vorrei che Lily tornasse ad interromperci, perché non sono ancora riuscito a trovare un modo per sapermi spiegare senza risultare del tutto ridicolo. Parla come mangi è il detto, per cui faccio un gran bel respiro: credo di doverlo dire e basta, senza pensarci troppo.
«Quando siamo saliti in camera mia, non vorrei che tu avessi capito male. Tu mi piaci un sacco, Zoe. Soprattutto in quel momento, mi stavi piacendo davvero tanto...»
«Sì, me ne sono accorta» risponde lei, rapidissima. Ha un’espressione ambigua sul viso, non capisco se è imbarazzata o semplicemente divertita.
«Oh Merlino…» biascico. «Mi dispiace, però io…»
«È una cosa… fisiologica, Albus» continua lei. Nel farlo mi mette una mano sul petto, forse tra qualche istante riuscirà a sentire il mio cuore che sfonda con grinta la gabbia toracica.
«Mi dispiace se non se ne è fatto più nulla, ma ho capito che in quel momento non potevo» le dico finalmente, buttando fuori tutta l’aria che ho inconsciamente trattenuto dentro ai polmoni, insieme a quasi tutta la verità: so che mi chiederà altre spiegazioni e sono pronto a dirle anche il motivo.
«Non preoccuparti.»
Neanche ho captato le parole che  mi ha detto Zoe, che parto subito in quarta con la mia sincera e nobile motivazione: «Non potevo rovinare tutto così, capisci? Perché io lo so, mi conosco! So che se l’avessimo fatto, io avrei rovinato ogni maledetta cosa come faccio sempre e non voglio assolutamente rovinare le cose con te!»
«Albus» mi richiama lei, dolcemente. «Ho detto che va bene, non preoccuparti. Non me la sono mica presa per una cosa così.»
«Davvero?» le chiedo, stupito.
«Certo! Cioè, all’inizio non ci ho capito niente e forse ci sono rimasta male per mezz’ora, poi l’ho detto a Rachel e Grace, che mi hanno fatto notare che in realtà poteva essere una cosa carina da parte tua, così ci ho riflettuto e… in effetti, l’ho apprezzato» mi risponde, scandendo bene le parole. «Mi sono sentita diversa da chiunque altra.»
Mi appunto mentalmente di scusarmi con Bellamy per le tre volte in cui, prima io, poi Frank, e poi insieme, gli abbiamo detto che aveva torto e che di sicuro Zoe non avrebbe trovato la mia ritirata apprezzabile nemmeno sotto tortura.
«Lo sei!» le confermo immediatamente.
Zoe si scioglie in un vero sorriso, che non è imbarazzato, né divertito, ma esprime soltanto un sentimento di contentezza.
«Quindi non mi odi?» le chiedo ancora, anche se è una domanda ovvia e abbastanza stupida, ma desidero essere certo al cento per cento.
«Per ora no» risponde lei, stringendo le labbra soddisfatta. «Ma, come ha detto tua sorella, pretendo di essere trattata bene, altrimenti ho una storia molto divertente su un uso illecito della Polisucco che potrei accidentalmente raccontare a qualcuno…»
«Ti ho dato un’arma troppo potente» scherzo. «Spero di neutralizzarla.»
«Magari me ne dimenticherò, un giorno…» dice a bassa voce, le sue braccia si appoggiano alle mie spalle e si incrociano attorno al mio collo. Non riesco a credere che sia stato tutto così facile, che sia stato sufficiente dire semplicemente la verità.
«Dovrò farti un incantesimo della memoria per riuscire a farti dimenticare la Polisucco» mormoro, mentre il suo viso si avvicina sempre di più al mio, ma la sua espressione a metà tra il tenero e il divertito non muta.
«Non oseresti, Potter» sospira, sento il suo respiro sulle labbra.
«Scommettiamo?» ribatto. «Devo ricordarti com’è finita l’ultima volta che abbiamo scommesso?»
«Come non è finita» risponde prontamente lei, si discosta di qualche centimetro e soffoca una risatina.
«È stato un colpo basso, Caplan» le dico, mentre la blocco nelle mie braccia, circondandole i fianchi.
«Me l’hai servito su un piatto d’argento» dice ancora, a voce estremamente bassa, quasi sussurrata, e stavolta a pochi millimetri dalle mie labbra.
Senza rispondere e senza pormi alcun tipo di problema, la bacio. Ma adesso è diverso. Diverso da Hogsmeade, diverso dalla Sala Comune e dalla mia stanza. Se in quei momenti c’è sempre stato un senso di disorientamento e confusione, come se non avessi la più pallida idea di chi fossi e di dove mi trovassi, adesso sono perfettamente consapevole di qualsiasi cosa e mi sento sollevato. È la stessa sensazione che provo quando salgo in sella alla scopa e mi alzo leggermente da terra: non sto sfrecciando veloce a chissà quanti metri di altezza, sono solo calmo e felice di sentire i miei piedi che, lentamente, si staccano dal terreno.
O almeno, è così che mi sento all’inizio. Quando Zoe decide di alzare le punte dei piedi per stringere meglio le braccia dietro al mio collo e di fare in modo che non ci sia più nemmeno un minuscolo spazio a separare i nostri corpi, mi sento come se adesso avessi accelerato di botto e mi trovassi già a parecchi metri di altezza: la sensazione allo stomaco è esattamente la stessa.
Non so dire con precisione quante ragazze ho baciato nel corso della mia vita, ma nessuna mi ha mai fatto sentire così. Con tutte le altre ho sempre avuto l’impressione di poter controllare esattamente dove stavano andando le cose, con Zoe mi sembra di potermi schiantare da un momento all’altro: è lei a dirmi dove andare, ma è come se non vedessi più niente e dovessi fidarmi solo di lei. Mi fa sentire così tanta adrenalina, che mi piace da morire.
Quando smettiamo, Zoe fa scivolare via le braccia dalle mie spalle, ma rimane con le dita posate ai lati della mia mascella, abbassa i talloni, ma non ci siamo allontanati nemmeno un po’, perché io la tengo ancora saldamente attaccata a me.
«Quindi questo che significa?» mi chiede, guardandomi negli occhi. E i suoi, così scuri e grandi, non mi sono mai sembrati così profondi, sinceri e luminosi.
«Tu cosa vuoi che significhi?» ribatto io.
«Non rigirarmi la domanda» asserisce, e poi sorride, riuscendo in ogni caso a mettermi alle strette. Sospiro, ben lungi dall’essere consapevole che questa è solo la prima volta in cui mi ritrovo a non essere capace di aggirare le domande di Zoe.
«Beh, può significare che possiamo provare a stare insieme» provo a dire, con uno sforzo immane.
«Dovrò pensarci su» dice Zoe. Sembra pensierosa, ma sul suo volto non è mai scomparso il sorrisetto felice e divertito che aveva ancor prima che la baciassi.
«Davvero?» le chiedo. Noto che la mia voce si è alzata di tono e ho riconosciuto un’emozione che mi appartiene solo raramente: preoccupazione. Tutto questo continua a farla divertire e io non ho la più pallida idea di cosa sta succedendo: sta andando bene o sto facendo una colossale figura di merda?
«Caspita, davvero riesco a farti mettere in dubbio la tua autostima da dio greco, come dice Lily?» domanda, accarezzandomi la guancia destra.
«Un’altra arma a tuo vantaggio, a quanto pare…» le dico, permettendomi di tirare un sonoro sospiro di sollievo. «Voi due sareste un’accoppiata letale, accidenti…»
«Anche per me può significare che possiamo provarci» dice a questo punto lei, ignora il mio commento su Lily e diventa seria tutto insieme. «Certo, dovrò abituarmi a non tirarti frecciatine tutto il tempo, ma…»
«Oh, chi ha detto che non puoi tirarmi frecciatine?» la blocco subito. «Io adoro rispondere alle tue frecciatine, l’ho sempre trovato divertente!»
«Quindi non ti sei mai offeso, nemmeno una volta?» mi domanda, sorpresa.
«Assolutamente no, anzi!»
La mia risposta è carica di soddisfazione. È strano vederla mentre si rende conto che tutti i suoi sforzi di questi mesi sono stati vani… almeno apparentemente. In realtà, se all’esterno avevo sempre la risposta pronta, dentro temevo che andasse a spifferare il segreto della Polisucco a qualche professore. Con un po’ di fortuna, questo piccolo incidente di percorso potrà essere facilmente soffocato
«Ho fallito nel mio intento per mesi, praticamente!» esclama, non sapendo se essere arrabbiata o solo divertita.
«Menomale, allora. Se avessi raggiunto il tuo obiettivo forse non sarebbe successo nulla tra di noi» ribatto subito, prendendole entrambe le mani. Sono più fredde delle mie: siamo pur sempre in pieno inverno, in un tardo pomeriggio in cui il sole sta per sparire dietro le montagne e lasciarci quei preziosi minuti di luce meravigliosa, prima che cali la sera.
«A tratti, mi sembra ancora una pessima idea averti detto tutte quelle cose, l’altro giorno» mi confessa, mentre si libera dolcemente dalla mia presa, solo per intrecciare le nostre dita insieme.
«Siamo dei veri Grifondoro o no? Le pessime idee sono il nostro pane quotidiano!» le dico. Lei pare ragionarci su: arriccia la bocca, sposta gli occhi in mille direzioni diverse e aggrotta le sopracciglia.
«Hai ragione» conclude.  «Solo per poi dimostrare che in realtà sono ottime idee»
«Ci stiamo di nuovo sfidando?» le chiedo.
«Non proprio» risponde Zoe. Senza lasciare le mie mani, si allontana da me, facendo un piccolo passo all’indietro. Istintivamente, io ne faccio uno in avanti. «Questa volta combattiamo dalla stessa parte.»
 
Non mi sono mai sentito così vittorioso in vita mia. La ragazza che tre mesi fa aveva giurato a me e a se stessa di rovinarmi adesso è il carburante principale del mio cervello e in generale di qualsiasi atomo del mio corpo. Non riesco a capirci niente, la mattina, finché Zoe, con le sue amiche, non si siede vicino a noi per fare colazione; e non penso di essere mai riuscito a dormire bene come sto facendo in questi giorni, perché prima di salire in dormitorio non mancano mai quei dieci minuti che passiamo da soli sul divano, dato tutti gli altri fingono apposta di essere troppo stanchi per rimanere insieme a noi.
Persino le noiosissime lezioni di Pozioni con il vecchio Lumacorno mi sembrano strabilianti, perché so che ci sarà lei seduta al banco di fronte a me.
Frank mi prende in giro dalla mattina alla sera per queste cose, ma gli leggo in faccia che è davvero felice che io stia così bene, ultimamente. Gli ultimi mesi non sono stati affatto facili: prima con Malfoy e poi con Burke, per non parlare del casino che abbiamo combinato io, Lily e James durante le vacanze natalizie.
È strano, però, come possa riuscire una sola persona a farmi vedere l’universo sotto un’altra prospettiva: Zoe non sa molto della mia situazione familiare, ma passare del tempo insieme a lei mi fa realizzare che non tutto ciò che mi circonda fa schifo e, non so secondo quale strano meccanismo psicologico, adesso sono abbastanza convinto che i miei genitori torneranno ad essere quelli di una volta e che quest’estate, finalmente, quell’aria gelida smetterà di impregnare le pareti e di costringerci a cercare calore altrove.
Adesso, però, che sono passati ben dieci giorni dalla nostra conversazione nel Parco, ho davvero bisogno del consiglio di un amico, e per l’esattezza, dell’unico mio amico che è stato più di tre settimane con la stessa ragazza: Bellamy.
Poco prima che finisca la lezione di Erbologia, approfitto del fatto che Neville sta facendo vedere a Kelly Rogers come incidere correttamente lo stelo della Starnutaria e mi avvicino a Bellamy, che ha già raccolto tutta la linfa e aspetta pazientemente che finisca la lezione.
«Possiamo parlare appena usciamo? Devo chiederti una cosa» gli sussurro, avvicinandomi alla sua postazione.
«Certo» mi risponde, tranquillo.
Così, aspetto che la lezione finisca e una volta che siamo fuori dalle serre, Bellamy esorta Frank e Derek ad andare avanti, dicendogli scherzosamente che devo confessargli le mie pene d’amore.
Il che è una mezza verità.
«Ti ascolto» mi dice, non appena Frank finisce di sproloquiare sul suo diritto di prelazione nei miei confronti e decide a lasciarci cinque minuti da soli.
«Innanzitutto, devo ringraziarti» esordisco, mentre ci incamminiamo a piccoli passi verso il castello. «Se non avessi detto a Zoe che dovevo parlarle, probabilmente non ci saremmo mai chiariti.»
«Ho solo ricambiato il favore» risponde, si sistema la borsa a tracolla e si tira su le maniche del mantello: oggi è assolato e a quest’ora del primo pomeriggio, nonostante l’aria sia ancora molto rigida, i raggi caldi del sole si fanno sentire. «Anche senza di te, forse io e Cassie staremmo ancora cercando di capire se ci piacciamo o no.»
«Beh, poi volevo chiederti un consiglio, credo che tu sia l’unico a cui possa chiedere» vado dritto al punto, senza troppi giri di parole. So che non servono con lui.
«Certo, dimmi pure» mi dice Bellamy, guardandomi con attenzione. Senza smettere di camminare sospiro e pongo la mia domanda.
«Adesso che io e Zoe stiamo insieme e finora è filato tutto miracolosamente liscio, dici che dovrei passare allo step successivo? E in che modo, poi? Deve essere una cosa fatta bene, un’occasione speciale…»
«Stai davvero chiedendo a me quando e come dovresti fare sesso con Zoe?» ribatte prontamente Bellamy, che dall’alto della sua perspicacia, ha subito inteso quale fosse il mio obiettivo. Tuttavia, non capisco perché trovi così strano che lo stia chiedendo a lui.
«Scusa e a chi posso chiederlo? Frank non ha tenuto in piedi una relazione per più di tre settimane e nel suo caso il sesso accadeva nell’arco dei primi tre giorni, e sappiamo entrambi che finché Derek non si toglierà dalla testa quella pazza di Zabini non riuscirà a fare niente con nessuna ragazza, quindi solo tu puoi aiutarmi» gli spiego, gesticolando freneticamente, come se aiutasse a rafforzare il concetto.
«Perché io? Perché sono l’unico che attualmente sta in una relazione seria sopravvissuta alle tre settimane?» mi domanda di nuovo, adesso noto una sfumatura di divertimento nella sua voce.
«Sì, esatto!» esclamo. «E non è solo questo, vorrei… vorrei assicurarmi che tu non abbia niente in contrario.»
«Scusa?» Adesso Bellamy si è fermato sul posto e trattiene a stento le risate. Io non rido, la mia era una richiesta seria.
«Che hai da ridere?!» gli chiedo, leggermente alterato
«Non ti serve il mio permesso per… per stare con lei!» esclama Bellamy, cercando di darsi un contegno.
«Lo so, ma a volte mi sembra di violare una specie di regola non scritta dell’amicizia!» gli confesso.
«E cioè?»
«Di non stare con l’ex di un amico. O peggio, farci sesso.»
«Zoe non è una mia “ex”. Non siamo mai stati insieme, eravamo solo sulla stessa lunghezza d’onda, ma sinceramente vi vedo molto bene insieme» mi dice a questo punto lui, dandomi una non molto delicata pacca sulla spalla, per rincuorarmi. «E poi, io ora sto con Cassie e sto bene, non ho neanche mai pensato a cosa sarebbe potuto succedere senza quella Polisucco.»
«Probabilmente niente di tutto questo.»
«Allora, menomale che l’avete preparata.»
Nel breve momento in cui rifletto sulla sua ultima osservazione, mi lascio scappare un sorrisetto. Neanche io ho mai pensato a cosa sarebbe successo se non avessimo mai preparato la pozione, se io non fossi mai stato geloso della mia amicizia con Bellamy, se non avessi mai conosciuto Cassie e se avessi lasciato che Zoe si mettesse con uno dei miei migliori amici anziché con me. Forse, è proprio vero che il destino trova sempre un modo di abbinare tutte le parti complementari del proprio disegno.
«Tornando alla questione principale» riprendo velocemente il discorso, ricominciando anche a camminare. «Cosa dovrei fare?»
«Quello che vuoi, Al» mi risponde Bellamy. «Non c’è una regola fissa, se per lei vuoi che sia speciale, allora rendilo speciale, crea un’occasione.»
«Tu come hai fatto?» gli chiedo, senza nemmeno pensarci su.
Bellamy esita per qualche istante, poi si morde nervosamente il labbro inferiore. Capisco ancor prima che lui mi risponda di aver fatto la domanda sbagliata.
«Semplice: non ho fatto ancora nulla» risponde, mantenendo però un tono tranquillo.
«Ah» riesco a dire. «Scusami.»
«E di cosa? Cassie mi ha detto che vuole aspettare un po’ e io la rispetto, per ora stiamo bene anche così.» continua lui.
«Accidenti…» mormoro. «In quanto a nobiltà mi superi!»
«Non è nobiltà, Al, è umana decenza» mi fa notare, strappandomi una risatina. «Anche se, confido nelle vacanze di Pasqua. I suoi genitori vanno in Svizzera per un lavoro di ricerca e lei li ha convinti a farla rimanere a casa perché quest’anno ci sono i M.A.G.O. e una settimana in un altro Paese scombussolerebbe tutti i suoi piani di studio…»
«Fammi indovinare, anche tu passerai la settimana lì?»
«Sì.»
«Allora auguri, amico mio!»
«Comunque, per tornare al tuo… problema, Zoe non sembrava avere troppe remore a riguardo, quindi a questo punto sei tu, quello che deve essere pronto.»
«Ma io sono pronto!» esclamo. «Insomma, lo ero anche quel fatidico giorno, solo che per mia scelta ho deciso di non farlo.»
«Allora non eri pronto.»
«Bel, me la immagino senza vestiti almeno tre volte al giorno, a volte credo di essere pazzo!»
«E allora lascia che accada tutto in maniera spontanea!» esclama infine Bellamy. «Non preoccuparti del quando e del come, so che per te è diversa da tutte le altre, ma non per questo devi sforzarti di essere qualcuno che non sei. Io credo che ti sembrerà speciale in qualsiasi modo, se a lei ci tieni veramente, e lo stesso sarà per Zoe.»
«Forse dovremmo parlarne…» sospiro, con arrendevolezza.
«Quella è la regola numero uno per far funzionare le cose» puntualizza Bellamy. Io alzo lo sguardo verso di lui e annuisco, poi noto che Frank e Derek si sono fermati all’inizio del cortile e ci aspettano in piedi davanti il grande arco di pietra.
«Ah, un’ultima cosa» riprende Bellamy, alla mia sinistra. «Se dovesse servirti la stanza libera, dillo a me. Frank e Derek si metterebbero dietro la porta ad origliare.»
Rido di gusto e ci apprestiamo a raggiungere gli altri velocemente. C’è solo una cosa fuori posto, quando rialzo lo sguardo verso l’arco di pietra che segna l’ingresso al cortile: adesso ad aspettarci è rimasto solo Frank, che pare guardare verso di noi con una certa urgenza. Non riesco più a vedere Derek, ma poi lo scorgo in lontananza, mentre si avvia all’interno del castello insieme ad una ragazza con i capelli neri, ma è girata di spalle e non riesco a riconoscerla.
Non appena siamo tutti abbastanza vicini, Frank comincia a camminare nervosamente verso di noi.
«La Zabini si è portata via Derek!» esclama, in preda al panico.

Chiedo umilmente perdono per il ritardo mostruoso, ma avrei dovuto immaginare che con l'inizio delle lezioni sarebbe stato tutto molto difficile, poi da una decina di giorni ho anche cominciato più o meno ad aiutare mia zia nel lavoro quindi il mio tempo libero è calato a picco!
Comunque, passando al capitolo, vorrei innanzitutto ringraziare pubblicamente il mio ragazzo - che non leggerà mai queste note, ma gli avevo promesso che lo avrei ringraziato - perché è stato sfruttato brutalmente per la descrizione del comportamento di Albus in questo capitolo. In queste scene più che mai volevo riuscire ad immedesimarmi al 100% in lui, ma sfortunatamente se avessi lasciato fare tutto a me e al mio cervello sarebbe uscita fuori una roba eccessivamente smielata e con sfumature troppo femminili (perché io sono un'inguaribile romantica). Non credo che comunque il comportamento di Albus sia totalmente immune dalle mie influenze romantiche, ma io ci ho provato! xD
Lily e Zoe si stanno simpatiche sin dal primo incontro, già ho in mente colossali prese in giro e scherzi ai danni di Albus architettati da loro due. 
La seconda parte del capitolo invece è tutta farina del mio sacco, volevo dare uno sguardo all'amicizia tra Albus e Bellamy, sono così soft ma allo stesso tempo neanche troppo che mi piacciono troppo insieme. Per non parlare di Frank che fa il finto geloso xD
Clemence Zabini ormai ha capito che Derek perde le sue facoltà mentali in sua presenza, anche se negli scorsi capitoli lo avevamo già visto non troppo convinto di lei... ci sarà ricascato oppure opporrà resistenza a questa sottospecie di rapimento? Ce lo dirà Bellamy nel prossimo capitolo, che sarà narrato da lui anche per approfondire un po' di più la storia con Cassie, che in effetti mi sto rendendo conto di aver semplicemente buttato là e di non averla mai raccontata bene come meriterebbe.
Non temete, presto torneranno anche le mie amate Serpi ♥ vi ricordo che ci sono fatture in sospeso ai danni di Scorpius eheheh.
Come sempre, vi ringrazio moltissimo per continuare ad accompagnarmi in questa avventura, anche se a volte pubblico con ritardi che rasentano lo scandalo. Grazie per i bellissimi commenti, adesso corro a rispondere ♥
Un bacio e a presto
Mars 

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Capitolo 40
*** Una di noi ***


XL – BELLAMY
 
Una di noi
 

Ci sono dei momenti in cui ringrazio il mio carattere razionale e riflessivo che tanto ho maledetto negli anni passati. Uno di questi momenti è quello che sto vivendo proprio adesso, quello che consegue alla frase che Frank pronuncia con estrema e forse eccessiva preoccupazione, in cui Albus ha già messo in moto il cervello per elaborare un piano impulsivo e senza alcun fondamento sensato, con l’obiettivo di strappare Derek dalle grinfie di Clemence Zabini anche a costo di radere al suolo l’intero castello e in cui Frank non riesce a fare niente che non sia farsi prendere dal panico.
Io, per contro, mi sento più tranquillo che mai.
Ed è così che, subito dopo che Frank ha detto «La Zabini si è portata via Derek!» e che Albus ha ribadito con un «Dobbiamo fare qualcosa!», io ho acciuffato entrambi per il cappuccio del mantello.
«State zitti» intimo a tutti e due, alzando la voce quel che basta per sovrastare le loro. «Non faremo proprio niente finché Frank non spiega esattamente com’è andata.»
E Frank mi guarda come se gli avessi appena ordinato di preparare il Veritaserum in dieci minuti scarsi, cercando appiglio nello sguardo confuso di Albus: a lui sembra quasi che tremino le gambe, per la voglia che ha di rientrare al castello e riacciuffare Derek, ovunque si trovi.
«Non c’è proprio niente da spiegare!» esclama allora Frank, il panico lascia posto a qualche altra cosa: irritazione. «Stavamo parlando, è arrivata quell’arpia, ha fatto… ha fatto gli occhi da cerbiatto, chiedendo a Derek di aiutarla con non so cosa, e poi se l’è portato dentro!»
«Ha usato la forza o qualche incantesimo?» gli domando, cercando di estrapolare altri dettagli sulla vicenda.
«Beh… no» risponde Frank, abbassando il tono di voce.
«Quindi Derek l’ha seguita di sua spontanea volontà» concludo. «Non c’è nessun motivo per cui preoccupar-»
«La Zabini è fuori di testa!» mi interrompe Albus. «Ha cercato di incantare Frank con un filtro d’amore che poi ho bevuto io, sono stato mezza giornata a rincorrerla per il castello e avete dovuto legarmi ad una sedia per farmi stare buono. Lei sa che Derek ha un debole per lei e lo sta sfruttando a suo vantaggio, in questo momento potrebbe avergli lanciato un imperio per costringerlo a fare tutto quello che vuole, e non mi sorprenderei se il suo obiettivo finale fosse di nuovo Frank!»
«Albus ha ragione» dice Frank. «Io propongo di andare a cercarli.»
«Vado a chiedere la Mappa a Lily» annuncia Albus, e senza darci la possibilità di ribattere, si fionda dentro al castello.
«C’era davvero bisogno di tutto questo macello?» chiedo a Frank, per poi fare un sonoro sospiro. «La Zabini è pazza, ma non è stupida. Sono sicuro che in questo momento Derek sta gongolando e non è affatto in pericolo. Per Circe, non a caso la Maledizione Imperius è una delle maledizioni senza perdono… nemmeno la Zabini la userebbe così a cuor leggero.»
«Tu non l’hai vista» ribatte Frank. «Lo sguardo che ha fatto… finzione allo stato puro. Io so riconoscerle certe cose.»
«Ma non credi che peggioreremmo le cose se ora andassimo a cercarli?» domando. «Forse è meglio aspettare che Derek ritorni e farci raccontare quello che è successo, lasciando pensare alla Zabini che qualunque piano malefico stia architettando stia andando a gonfie vele, quando in realtà noi la saboteremo.»
«Non ci avevo pensato…» sospira Frank. «Se sapesse che le stiamo mettendo i bastoni tra le ruote, elaborerà una nuova idea… o diventerà ancora più pazza.»
«Esattamente.»
«Dobbiamo fermare Albus.»
E così dicendo, scappa via anche lui, fiondandosi come una furia all’interno del castello. Io rimango da solo nel cortile e mi prendo cinque secondi per fare mente locale e capire cosa è successo negli ultimi dieci minuti.
L’ordine cosmico che regge il nostro mondo potrebbe essere sul punto di spezzarsi in due, tra Albus che si rivolge a me per sapere quando e come avere momenti di intimità con quella che dovrebbe essere più o meno la sua ragazza e la Zabini che fa gli occhi dolci a Derek. Questo, però, ho evitato di dirlo a Frank, che altrimenti sarebbe impazzito ancor di più. Provo a pensare a qualcosa di utile che potrei fare in questo momento per fermare tutto questo putiferio: l’unica cosa che mi viene in mente è parlare con Malfoy, da persona estremamente neutra ad ogni avvenimento tra lui ed Albus, e chiedergli gentilmente di tenere a bada quella pazzoide di sua cugina.
Così, mi faccio forza e mi accingo ad entrare a mia volta nel castello e a prendere immediatamente la scaletta che porta ai Sotterranei, anziché percorrere a destra il lungo corridoio che mi condurrebbe nel Salone d’Ingresso. Non riesco, tuttavia, nemmeno a scendere due scalini, che sento qualcuno chiamare il mio nome.
«Bellamy!»
Mi volto, anche se non ho affatto bisogno di farlo per capire a chi appartenga la voce alta e allegra che ha pronunciato il mio nome. Cassie sta percorrendo con passo frettoloso il corridoio, fino ad arrivare di fronte alla porta da cui sono entrato.
«Sapevo che avevi Erbologia e ti stavo aspettando» mi dice subito. «Ho visto i tuoi amici fiondarsi giù per i Sotterranei.»
«Sì, ci stavo andando anche io» sospiro, raggiungendola immediatamente. Non appena siamo abbastanza vicini, lei si alza sulle punte e da un bacio a stampo sulle labbra.
«È successo qualcosa?» mi chiede, mentre tra le sue sopracciglia ramate si forma un solco preoccupato.
«Temiamo che la Zabini possa fare qualcosa di pericoloso, come l’altra volta» le spiego. «Albus e Frank vogliono affrontarla a tutti i costi, io stavo andando da Malfoy a chiedergli di tenerla buona. Sono cugini…»
«Io sto dalla tua parte» commenta Cassie, facendo poi un piccolo sorriso. «Come sempre.»
«Potrebbe arrivare il giorno in cui dovrai darmi torto» osservo, cerco la sua mano con la mia, e non appena la trovo gliela stringo.
«Sarà un giorno molto strano allora» mi risponde lei, ridendo.
«Vuoi venire di sotto con me?» le chiedo, indicando le scale con un cenno della testa. «Io dovrei avere il resto del pomeriggio libero, poi.»
«Io ho un’ora libera adesso» sospira. «Poi però ho solo un’ora di Aritmanzia. Andiamo!»
Senza lasciarle la mano, parto spedito verso le scale che portano ai Sotterranei. Una volta scesi, faccio un piccolo sforzo per ricordarmi dove si trova la Sala Comune dei Serpeverde, ma capisco di star camminando nella direzione giusta quando vedo gruppetti di studenti provenire tutti dalla stessa direzione.
«Cos’ha fatto di preciso Clemence Zabini?» mi domanda ad un certo punto Cassie.
«Si è portata via Derek» rispondo velocemente. «Cioè, in realtà, è Derek che le è andato dietro dopo che lei glielo ha chiesto, ma Frank sostiene che lei abbia fatto… aspetta, gli occhi da cerbiatto! Sai che Derek è perdutamente innamorato di lei sin dal primo anno.»
«Conosco un po’ di gente che è innamorata della Zabini sin dal primo anno» borbotta Cassie, accanto a me.
«Il punto è che Albus vuole smascherarla e affrontarla per salvare Derek, come se corresse chissà quale pericolo, mentre io credo che dovremmo semplicemente aspettare che Derek ci dica cosa è successo.»
«Mi sembra logico.»
«Ho convinto Frank ad andare a recuperare Albus, ma non so se sta effettivamente funzionando.»
«Ecco Malfoy!» esclama ad un certo punto Cassie, indicando con il dito un ragazzo in fondo al corridoio. Seguo la traiettoria del suo indice: è appoggiato al muro e guarda di fronte a se, in un punto che non possiamo vedere perché si trova dietro l’angolo del muro alla nostra sinistra. Inizio a camminare più velocemente, fino ad essere a pochi passi da lui.
«Malfoy!» lo richiamo. Lui si gira infastidito, ma la sua espressione perde parte della sua durezza quando ci vede. Il suo sguardo sosta un paio di secondi su Cassiopea. «Ti stavo cercando.»
«Se vuoi Potter e Paciock, li troverai nella mia Sala Comune» bofonchia. «Per favore, portateli via.»
Non penso neanche al fatto che dovevo chiedergli di tenere sotto controllo la cugina, il mio sesto senso mi porta quasi a correre verso la grande parete di pietra ancora semi aperta. Riesco ad entrare per un pelo e ciò che mi ritrovo davanti era esattamente quello che volevo evitare.
Alla mia destra, di fronte ad un grande tavolo nero, c’è in piedi Clemence Zabini. Dall’altra parte, Albus e Frank. Derek si trova in un angolo della stanza insieme a Lily, che stringe tra le mani una vecchia pergamena. Clemence è il ritratto della tranquillità, ha sul viso un’espressione serena e a tratti dolce, mentre Albus è furente. Direi che è in preda alla frustrazione, perché se ne sta semplicemente in silenzio con i pugni stretti e lo sguardo estremamente duro. Frank, per contro, sembra che stia morendo di paura.
«Spiegami, Potter, da quando i tuoi amici sono una tua esclusiva?» gli domanda gentilmente Clemence. «Sei venuto qui, hai fatto irruzione nella mia Sala Comune, convinto che stessi, non so… torturando il povero Derek, mi attacchi senza un motivo e ti aspetti anche di avere ragione?»
«Io ho ragione, Zabini» replica Albus, ma non riesce ad addurre una motivazione concreta. «La prima volta hai rifilato un filtro d’amore a Frank.»
«Che come hai visto è caduto in mani sbagliate.»
«Già, le mie. Ed è stato un grande errore da parte tua, perché sai cosa succede quando qualcuno entra a far parte della mia lista nera?»
«Sto morendo di paura» sospira con calma Clemence, con un palese intendo canzonatorio.
«S-sentite, perché non la smettiamo e ritorniamo tutti a fare quello che stavamo facendo?» Derek prova ad inserirsi, senza troppi risultati, nella conversazione tra i due, sperando forse di far finire tutto lì e di dividerli.
«Io sono d’accordo» gli dà ragione Clemence.
«Io no, non ho ancora finito!» esclama invece Albus. «Sappi che non ti lascerò mettere le mani sui miei amici. Fosse l’ultima cosa che faccio, Zabini! È una promessa.»
In tutta risposta, Clemence Zabini fa una spregiante risatina di scherno e si volta, forse per andarsene in dormitorio. A questo punto, nell’aria si diffonde, con sorpresa mia e di molti altri, la voce di Lily.
«Fossi in te non sottovaluterei le promesse fatte da un Potter» le dice la sorellina di Albus, con estrema calma. «Burke ha sottovalutato la mia. E sappiamo tutti cos’è successo.»
«Burke è un povero scemo e se mi stai paragonando a lui, tu non sei da meno, Lily» le risponde con durezza Clemence, per poi sparire definitivamente dalla stanza, addentrandosi in un corridoio buio.
«Ce ne vogliamo andare?!» esclamo, con una voce che non mi appartiene. Fortunatamente non riesco a guardare il mio stesso viso, credo proprio di essere rosso di rabbia. Non posso lasciare Albus e Frank soli un momento che combinano un disastro.
«Ha ragione, andatevene! Questa è la nostra Sala Comune!» esclama qualche ragazzo Serpeverde. Alla sua voce se ne aggiunge un’altra, poi un’altra ancora, e ben presto l’intera stanza viene colmata di schiamazzi che si sovrastano l’un l’altro e che ci intimano di andarcene. Vedo Lily spingere con delicatezza Derek verso Frank e andare da suo fratello, e un momento dopo siamo tutti e cinque in corridoio.
«Mi vuoi spiegare che ti è preso?» Lily attacca Albus senza mezzi termini, come se noialtri non esistessimo. «Irrompi così nella nostra Sala Comune e attacchi Clemence senza nemmeno uno straccio di prova. Perché devi essere sempre così stupido e impulsivo?!»
Sospiro. Ormai sono abituato ai litigi e ai battibecchi di Albus e Lily, quasi non mi preoccupano più. Mentre Albus le risponde, testualmente «Quella pazzoide sta cercando di portarsi via i miei amici, uno dopo l’altro!», io cerco Cassie con gli occhi, e avverto una strana sensazione allo stomaco quando la vedo chiacchierare con estrema tranquillità e naturalezza con Malfoy.
Credo di essere incredibilmente geloso, anche se non ho alcuna motivazione solida e reale per esserlo. Mi fido di lei, non ho ragione di sospettare niente, in più, Malfoy è il ragazzo di Lily. E allora perché questa morsa allo stomaco non se ne va?
«Lily» dico, senza neanche pensarci sopra. Mi intrometto nelle accuse reciproche dei due fratelli senza curarmi di nulla. Lei mi guarda un po’ irritata: devo averla interrotta nel bel mezzo di un’invettiva. «Puoi andare a recuperare Malfoy e allontanarlo dalla mia ragazza?»
Lo sguardo che mi riserva dopo questa domanda è assolutamente peculiare e indecifrabile: da un lato mi sembra sorpresa, o addirittura allibita, dall’altra credo che sia in procinto di ammazzarmi. Si gira per un breve istante, nella loro direzione, e poi torna a guardare me.
«Perché dovrei? Stanno solo parlando» mi risponde, ora visibilmente irritata. «Se non vuoi che parlino, portala via tu, la tua ragazza!»
Non aggiunge altro e torna a litigare con Albus, come se niente fosse, come se la mia richiesta sia stata solo una futile parentesi che ha rovinato il suo discorso. Ma Albus adesso smette di risponderle e cerca di liquidarla il più velocemente possibile: deve essersi accorto del fatto che voglio andarmene al più presto da qui sotto.
Infatti, non appena faccio un passo verso la fine del corridoio, allontanandomi da loro, Frank e Derek iniziano a seguirmi titubanti, e Albus taglia malamente la conversazione con Lily.
«Non ho tempo adesso di sorbirmi le tue ramanzine, Lily, io li difendo i miei amici, sai che me ne frega se sono impulsivo o altro!»
«Difenderli da cosa? Qualche stupido filtro d’amore di Clemence?» replica subito lei. Ma Albus non le risponde, mi volto rapidamente e lo vedo affrettarsi per raggiungerci. Lily, indispettita, incrocia le braccia al petto e lo osserva allontanarsi con il volto in fiamme.
Mi è dispiaciuto un po’, nonostante l’abitudine, assistere al loro duro scambio di battute, ma onestamente smetto di curarmene nell’istante in cui Cassie mi chiama ad alta voce per attirare la mia attenzione.
«Bellamy!» esclama, e nel farlo si allontana con uno scatto da Malfoy. Il mio stomaco si distende all’improvviso, assieme ai muscoli delle braccia, che non avevo realizzato fossero in tensione fino a questo momento. Cassie mi appoggia delicatamente le mani sulle spalle e mi guarda negli occhi, con quel suo infinito sguardo oceano. «Cos’è successo?»
«Ti spiego tutto con calma di sopra» le dico a bassa voce. Lei non risponde e abbassa lo sguardo, e io mi ricordo solo adesso che mi aveva detto di avere lezione. «Oh, cavolo… Aritmanzia!»
«La salterò» annuncia, rialzando lo sguardo su di me, decisa, senza vacillare. «È la materia che mi piace di meno e sono avanti con gli esercizi.»
«Sei sicura?» le domando, sapendo quanto tiene a seguire diligentemente ogni lezione e tenersi in pari con lo studio.
«Non è mai morto nessuno per un’assenza» replica, stringendomi una mano.
«Allora, piccioncini» s’intromette Frank. «Possiamo salire? Questo posto mi fa venire sempre una certa claustrofobia.»
«Non potrei essere più d’accordo» mormora Derek, avvicinandosi repentinamente. Cassie fa una piccola risata divertita e allora iniziamo a percorrere la strada di prima a ritroso. Di sfuggita, riesco a sentire la voce di Malfoy.
«Potter» dice, con un tono calmo, ma fermo e duro. Mi giro quel poco che basta per vederli l’uno di fronte all’altro. Nella loro palpabile diversità, non li avevo mai visti così simili prima d’ora. Visivamente, sembrano un ossimoro vivente: i colori scuri di Albus mal si conciliano con il chiarore di Malfoy, così come la trasandatezza del mio amico non ha nulla a che vedere con la finezza di Scorpius. Ma nei loro sguardi paralleli brucia esattamente lo stesso fuoco, che rappresenta l’unica, grande e importantissima realtà che li lega: l’incondizionato affetto per Lily. «La prossima volta, vacci piano con lei.»
 
Mezz’ora più tardi, siamo tutti nella nostra Sala Comune. Derek, Frank ed Albus stipati su un divano e io su una poltroncina di fronte a loro. Cassie, invece, se ne sta seduta sulle mie ginocchia. Non era mai stata qui con noi prima, e nonostante io mi senta mentalmente e fisicamente esausto, la sua presenza qui mi rende estremamente felice. Non solo perché è effettivamente qui con me, ma perché si trova nella nostra Sala Comune, nel nostro habitat – dove in teoria lei non dovrebbe neanche stare – con tutti i miei amici, che non hanno fiatato nel momento in cui ha attraversato con me il buco nel ritratto, né quando ci siamo seduti tutti assieme di fronte al caminetto scoppiettante.
È questa novità che mi rende entusiasta e felice, nonostante l’impensabile giornata che è appena trascorsa, perché non è mai successa una cosa del genere. Non ci siamo messi a parlare di cose importanti mentre c’era una ragazza comodamente seduta sulle ginocchia di qualcuno di noi. Ed è assurdo in un modo piacevole pensare che, la prima volta che succede, la ragazza in questione è la mia.
«Derek, potresti spiegarci cos’è successo, per favore?» domando, guardando il mio amico, seduto sull’estremità destra del divano, la più vicina alla poltrona. Ha il viso stanco, un po’ come tutti noi, e il fatto che sia quasi ora di cena e che non mettiamo niente nello stomaco da ore non aiuta di certo.
«Ecco, io penso che Albus e Frank abbiano un po’ esagerato…» inizia a parlare, dopo aver fatto un sonoro sospiro.
«Scusa?» Albus irrompe subito, sporgendosi in avanti dall’altra estremità del divano, e continua come un fiume in piena. «Io sono venuto a salvarti da quell’arpia malefica! Noi non-»
«Fallo parlare, Al» gli intimo gentilmente io.
«Grazie» mi dice velocemente Derek. «Primo, penso che siamo partiti col piede sbagliato con la Zabini. Non è… un’arpia malefica, mi ha dato l’impressione di essere una ragazza molto sola, tutto qui.»
«In che senso?» gli chiede allora Frank, rimasto sorpreso dalla sua affermazione. Mi ha tolto la domanda dalla bocca: sono mosso dalla stessa, identica curiosità.
«Il motivo per cui ora si è fissata con te, è che vuole qualcuno accanto» gli risponde Derek con assoluta semplicità, poi torna a guardare anche noialtri. «Ora, sappiamo tutti che Frank non è il ragazzo giusto per lei e che la sua è un’ossessione malsana, ma non agisce con cattiveria o con lo scopo di ferire qualcuno.»
«Sicuro? Perché a me non sembrava così tenera e dolce, poco fa!» commenta acidamente Albus. «Stavamo per venire alle bacchette.»
«Beh… però c’è da dire che sei entrato senza permesso nella sua Sala Comune e l’hai minacciata apertamente tipo… di fronte a tutti» osserva Frank, facendo spallucce. «Che ti aspettavi, che ti ringraziasse?»
«Ero andato a salvare Derek» fa notare ancora una volta Albus.
«Forse Derek non aveva alcun bisogno di essere “salvato”» dico alla fine io, mettendomi poi a riflettere. Nessuno di noi, eccetto il diretto interessato, ha la più pallida idea di quello che sia successo nei sotterranei. La risposta può darcela solo chi, tra noi, ha parlato con la Zabini prima che il disastroso intervento di Albus facesse degenerare ogni cosa. Mi volto nella direzione di Derek, che si sta svogliatamente stropicciando l’occhio destro. «Di cosa ti ha parlato la Zabini?»
«Sinceramente? Mi ha solo chiesto aiuto» risponde Derek. «Quando io e Frank stavamo aspettando te ed Albus, è arrivata e mi ha chiesto se potessimo parlare per qualche minuto. Io le ho detto di sì, perché… insomma, per essere gentile! Mi ha chiesto di… indagare, di capire se Frank fosse o meno interessato a lei. E io le ho detto la verità, cioè che purtroppo non è così.»
Frank sospira di sollievo, strappando una risata a tutti.
«E lei?» avanza timidamente Cassie. Non ha mai detto nulla finora, ma forse è troppo presa dalla curiosità.
«Non saprei. Per due secondi mi è sembrata un po’ turbata, poi è tornata impassibile e mi ha invitato in Sala Comune. Io ho provato a dirle che gli altri mi stavano aspettando, però ha cominciato a parlare e parlare… diceva che era sicura che Frank le avesse lanciato segni palesi e quindi non si spiegava come fosse possibile che lui non fosse interessato e… beh, sono rimasto ad ascoltarla finché non è arrivato Albus, e aveva l’aria di qualcuno che non parlava liberamente da un sacco di tempo. Per questo ho pensato che avesse solo bisogno di compagnia.»
«Credo proprio che tu abbia ragione, Derek» gli risponde dolcemente Cassie. Mi giro verso di lei e vedo subito il suo sorriso dolce e rassicurante. «Nessuno di noi la conosce bene, ma da quello che dice Derek, deve sentirsi davvero molto sola…»
«Altrimenti perché raccontare proprio a te tutte quelle cose…» dico sovrappensiero. «In fondo, per lei sei uno sconosciuto, Derek.»
«In effetti, il ragionamento di Bellamy non fa una piega» commenta Frank. «Diciamocelo, se fossi in lei non andrei mai a raccontare certe cose a qualcuno che nemmeno conosco.»
«A meno che non fossi davvero disperato…» dice a bassa voce Albus, rimasto in silenzio da quando io e Frank lo abbiamo zittito. «Come potrebbe essere successo?»
«Potrei azzardare un’ipotesi…» dice ancora una volta Cassie. Tutti gli occhi dei miei amici si puntano curiosi su di lei, subito dopo lo fanno anche miei. Il nostro silenzio la invita a continuare.
«Clemence è una ragazza brillante, questo lo si sa anche senza conoscerla. È del nostro stesso anno e tutti qui condividiamo qualche lezione con lei e sappiamo quanto sia brava e studiosa: l’anno scorso per poco non mi soffiava la Medaglia al Merito Magico da sotto al naso. Voi l’avete mai vista parlare allegramente con qualcuno? È sempre seria e silenziosa. Scorpius Malfoy è l’unica persona con cui sembra avere un rapporto un po’ più profondo, ma quello è perché sono cugini. Ma pensateci, lui ha sempre avuto il suo gruppo di amici, e adesso che si è messo con Lily ha anche una relazione a cui pensare, probabilmente Clemence ha risentito molto di questa cosa, forse crede di star perdendo anche l’unica persona con cui può essere se stessa, divertirsi… non c’è da stupirsi se voglia trovare anche lei qualcuno con cui stare.»
Il modo in cui Cassie riesca sempre a cogliere i dettagli di ogni situazione mi affascina. Non ho mai fatto caso al fatto che Clemence Zabini parlasse  o meno con qualcuno durante le lezioni che abbiamo con i Serpeverde, non ho mai pensato che Malfoy potesse essere davvero il suo unico amico, che in ogni caso non potrebbe mai essere completamente suo, ma dovrebbe per sempre dividerlo con Lily e gli altri.
«Ma a questo punto, più che un ragazzo, le servirebbe…» inizio.
«Un’amica» conclude Cassie, precedendomi.
Cala di nuovo il silenzio tra di noi. Albus sta osservando la mia ragazza con fare inquietante. Conosco lo sguardo: sta macchinando qualcosa, e in questi casi potrebbe star per partorire un’idea geniale o la più colossale idiozia dell’universo.
«Potresti provarci tu.»
Sollevo le sopracciglia con sorpresa: questa è al contempo un’idea geniale e un’idiozia. Non c’era mai riuscito prima, a produrre una cosa del genere.
Cassie mi guarda confusa per un momento, poi torna a voltarsi verso Albus.
«Io?» domanda, sospettosa.
«Sì» le conferma Albus. «L’hai detto tu, ha bisogno di un’amica. Ora, io non conosco ragazze che potrebbero fare al caso suo, ma mi sembra che tu sia riuscita a capirla in maniera impeccabile e nemmeno la conosci.»
«Ovviamente, non sei mica obbligata a…» tento di dirle, per rassicurarla. Ma mi rendo conto in ritardo che Cassie non ha bisogno di alcuna rassicurazione, da parte di nessuno.
«Non ho alcun problema a provare a diventare amica di Clemence Zabini» risponde pacatamente. «L’importante è che tu non abbia problemi a scusarti con lei, se dovessimo effettivamente stringere un bel rapporto.»
«Su questo si può negoziare…» borbotta Albus.
«Ah, e voi mi dovete ancora un libro nella sezione proibita» aggiunge. Probabilmente ci eravamo tutti dimenticati del patto che lei, Albus e Frank avevano stretto mesi fa, in cambio dell’incantesimo di memoria che Cassie avrebbe dovuto eseguire su di me per farmi dimenticare ogni cosa riguardo a Zoe Caplan e la Polisucco. Tutti tranne Cassie, ovviamente.
Albus si alza dal divano e cammina lentamente fino a ritrovarsi di fronte a noi.
«Sarà fatto, ormai sei una di noi, Cassie» le dice, abbozzando un sorrisetto. Il suo sguardo trasuda sincerità. «Non si dice mai di no ad un’amica.»

 


Vi chiedo scusa dal profondo del mio cuore per aver lasciato passare quasi due mesi dall'ultimo aggiornamento e per presentarmi con un capitolo di passaggio.
Il problema è sempre lo stesso, signori, una marea di impegni e le giornate che purtroppo durano solo 24 ore. Ho ultimato il capitolo qualche giorno fa, ma ho aspettato oggi per postarlo perché ho avuto un esame (e un altro fra tre giorni, ma sorvoliamo ahahaha).
Parlando di cose serie: ero partita con l'idea di approfondire il rapporto Bellamy/Cassie e sono finita a parlare di Clemence Zabini. Mea culpa. Però adesso Cassie è stata definitivamente accettata dal consiglio d'amministrazione dei "magnifici quattro". Ho adorato far dire ad Albus che ormai la considera un'amica e anche lei sembra aver capito come girano gli ingranaggi di questo pazzo gruppetto. Tornerò in futuro con altri focus molto più approfonditi su loro due perché ne abbiamo tutti bisogno.
Ma se c'è qualcosa di cui abbiamo ancora più bisogno, sono i Serpeverde. Nel prossimo capitolo Scorpius continuerà a tediarci con le sue pene d'amore (ma gli vogliamo bene anche per questo ♥) e saremo in viaggio verso casa, per le vacanze di Pasqua (anche se qui tra poco è Natale, ma dettagli xD).
Detto questo, sono le 23 e non dormo decentemente da due settimane, quindi le mie facoltà mentali mi stanno lentamente abbandonando, continuerò a non dormire come si deve finoa martedì mattina, ma spero che con le vacanze si accelereranno un po' anche i miei ritmi. Prometto (o quantomeno ci provo) che non dovrete aspettare altri due mesi per il prossimo.
Aspetto i vostri pareri, anche se sono solo per insultarmi a causa del ritardo xD 
Un grosso bacio!
Mars

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Capitolo 41
*** Verità sepolte ***


XLI – SCORPIUS
 
Verità sepolte
 
Le settimane tra Marzo e Aprile sono sempre stati un periodo infausto per me. Kelsey attribuirebbe il motivo a qualche strana congiunzione astronomica, Alec direbbe che è fisiologico avere, nell'arco dell'anno solare, almeno trenta giorni di sfortuna, e il fatto che nel mio caso capitino tutti insieme in modo consecutivo è una pura casualità. Lily non sarebbe d'accordo con nessuno dei due e si limiterebbe a dire che sono io a vedere le cose in un'ottica negativa.
Sfiderei Lily a portare avanti le sue ottimistiche convinzioni anche adesso.
Dopo aver scoperto del confundus che le ho lanciato mesi fa, mentre io e Potter davamo una lezione a Burke, ha fatto finta che non esistessi per un paio di giorni, poi è tornata a rivolgermi la parola e dopo un'intera settimana sono riuscito addirittura a baciarla, però credo che nutra ancora del risentimento nei miei confronti e che stia cercando di soffocarlo come meglio può. Fosse per me, le caverei dalla bocca qualsiasi cattiveria abbia da dire, subirei la doccia fredda di insulti che probabilmente merito, farei di tutto pur di non avere l'orribile sensazione che tra di noi ci sia qualcosa di non detto che si intrufola sempre tra i nostri sguardi, tra i nostri abbracci e i nostri baci; c'è come un vento gelido che sento nelle ossa ogni volta che Lily mi sfiora e voglio farlo sparire a tutti i costi, anche se non so come.
Marzo, anche quest'anno, è iniziato con una situazione tesa e difficile da sopportare, che non so più come portare avanti.
Alec e Kelsey si sono accorti di questo clima strano e fanno del loro meglio per rendere il tutto un po' più tranquillo: noto comunque che Lily è più serena quando siamo tutti insieme, e se da una parte mi fa piacere vederla allegra e rilassata, dall'altra capisco che il problema sono principalmente io.
Le ho già chiesto scusa, ma non ho intenzione di farlo di nuovo. Sono disposto a parlare, a chiarire, ad un confronto serio, persino a litigare e a sfogare tutto quello che abbiamo dentro, ma non sono assolutamente disposto a pregarla per avere il suo perdono: sono sinceramente dispiaciuto di quello che ho fatto e l'ho detto anche a lei, deve aver capito che nelle mie parole non c'era altro che verità.
L'unica nota positiva è che Alec ha inviato di nuovo la sua candidatura ai Falmouth Falcons e qualche giorno fa gli hanno inviato i dettagli della selezione: avrà luogo nello stadio della squadra il 12 aprile, durante le vacanze pasquali. Quando è arrivata la lettera, per tutto il giorno io e Lily ci siamo quasi comportati normalmente: nel tardo pomeriggio, mentre Alec era al campo ad allenarsi da solo per l'euforia di aver ricevuto la convocazione, è venuta nei nostri dormitori a chiedermi se potesse farmi compagnia.
In stanza con me c'era solo Gerald, che era a conoscenza della situazione, e ha annunciato con fare poco convincente di dover andare in biblioteca a fare delle ricerche. Siamo stati fino all'ora di cena sdraiati insieme sul mio letto, all'inizio senza dire o fare niente, poi Lily ha iniziato ad accarezzarmi i capelli, ma l'ondata gelata che aspettavo mi attraversasse mi è sembrata più un semplice venticello fresco. Abbiamo parlato di cosa avremmo fatto a casa durante le vacanze, poi quando sono rientrati gli altri abbiamo capito che era ora di cena. Solo il giorno dopo ho scoperto che quel gesto così semplice e dolce di Lily era il frutto di una lunga chiacchierata che aveva avuto con Kelsey, che stava e sta tuttora facendo di tutto pur di farla ragionare e di far tornare le cose esattamente come erano prima.
Non credo sia giusto che Lily rinsavisca un poco solo quando qualcuno le fa notare di star reagendo in maniera esagerata, ma di certo non mi lamento di questi momenti di apparente normalità.
Come se non bastasse, inoltre, Burke è uscito dal suo isolamento. Non ha perso tempo a raccontare a tutti della tragica ingiustizia subita: lui è stato punito per delle sciocchezze, mentre io e Potter siamo rimasti impuniti dopo aver tentato di ucciderlo.
C’è chi gli crede e chi no, ma c’è comunque gente che adesso mi considera una sorta di traditore, per essermi coalizzato con un Grifondoro come Albus Potter per andare contro un membro della mia stessa Casa. Mi chiedo come facciano ancora a credergli e difenderlo, anche dopo che si è saputo di quello che ha fatto ad Amelia Nott. Samuel, suo fratello, si alza dal letto con l’unica idea di voler vedere Burke spedito a calci fuori da questo castello e non sono rare le volte in cui sia io che Alec abbiamo dovuto trattenerlo dall’inveire contro chiunque provasse a difendere Burke ad alta voce.
Conclusione: sono state tre settimane infermali. L’unico modo che avevo per evadere era studiare, il che è tutto dire, però almeno sono riuscito a passare più o meno bene tutte le verifiche e i test a cui i professori ci hanno sottoposto, più frequenti che mai, ora che mancano pochi mesi ai M.A.G.O.
Mi sto esercitando a preparare una pozione che mi ha chiesto Lumacorno come compito extra, quando la porta dell’aula dei sotterranei in cui mi trovo si apre cigolando. Non so se Lily è la prima o l’ultima persona che immaginavo di vedere oggi pomeriggio, ma non riesco a reprimere il sorriso che si fa largo sul mio viso; un secondo dopo mi ricordo di poggiare la bottiglietta di sangue di salamandre sul tavolo, per non versarla tutta nel calderone.
Lily è seria, ma calma. Tiene in mano la Mappa di suo padre, segno che l’ha utilizzata per cercarmi perché, ora che ci penso, dopo pranzo sono semplicemente sparito senza dire a nessuno dove fossi diretto, né cosa dovessi fare. Non dice niente finché non si richiude la porta, sempre cigolante, alle spalle.
«Avrei dovuto saperlo che eri qui» mormora, poi cerca di incurvare le labbra verso l’altro.
«E io avrei dovuto dirtelo» le rispondo a voce bassa, con tutta la calma di cui sono capace. Spengo il fuoco sotto al calderone, per non rischiare di bruciare tutto.
«Stavi lavorando a qualcosa di importante?» mi chiede Lily, rimanendo saldamente ancorata sulla mattonella di fronte alla porta.
«No, stavo facendo dei compiti extra per Lumacorno» rispondo sinceramente. «A quanto pare, vuole davvero darmi le sue referenze per il Centro Pozionologico, dopo la scuola…»
Lily adesso fa un sorriso vero e soffoca una risatina.
«Quindi non è solo una cosa che blaterava alla festa del Ceppo sotto l’effetto dell’alcol» osserva, mentre il suo piede destro si sposta in avanti, sulla mattonella seguente, e subito dopo il sinistro lo raggiunge. In qualche secondo, è dall’altro lato del tavolo, di fronte a me.
«No, a quanto pare no» dico io, senza riuscire a spostare lo sguardo in un punto che non siano i suoi occhi marroni.
«Senti, io volevo parlarti» dice, il momento dopo.
Lily è fatta così. Non riesce a girare intorno alle cose, a creare artificiosi discorsi, giri di parole. Se vuole tenersi dentro una cosa, non c’è modo di far cadere le mura di cinta che si costruisce attorno, ma quando vuole finalmente buttarla fuori, liberarsene, è lei stessa a prendere a cannonate i mattoni che, fino a quel momento, l’hanno protetta da tutti gli altri.
Io annuisco, sapendo che non c’è bisogno che le dica niente.
«È che tra meno di una settimana torneremo a casa e non volevo andarmene e lasciare tutto com’è adesso» inizia a spiegarsi e per un breve momento abbassa lo sguardo sul legno dorato e rovinato del tavolo di lavoro, posa la Mappa del Malandrino in un angolo pulito e libero dai miei ingredienti e dalle mie cianfrusaglie, poi torna a guardarmi in faccia. «Tanto lo sappiamo entrambi che c’è qualcosa che non va.»
«So di aver sbagliato a non averti detto nulla, ma…» comincio.
«Io ho sbagliato a tirarla così tanto per le lunghe» mi blocca subito Lily, posando i palmi delle mani sul tavolo. «Avrei dovuto smetterla con questa ridicola sceneggiata nel momento in cui mi hai chiesto scusa.»
«Hai ragione.»
«Scusami?»
«Non avresti dovuto tirarla così per le lunghe.»
Mi maledico subito per non riuscire a tenere a bada la mia stupida lingua, ma sono stato solo sincero: sono profondamente convinto che la reazione di Lily a tutta questa storia sia stata esagerata.
«Mi stai facendo perdere la voglia di scusarmi…» sospira, riabbassando lo sguardo.
«Volevo dire che mi è solo sembrato ingiusto che tu abbia continuato a trattarmi in modo strano anche dopo che ti ho chiesto scusa» le dico, per spiegarmi. «Perché non mi sono scusato tanto per farlo, Lily, lo sai. Ero sincero. Mi dispiace davvero per quella faccenda, ma l’unico modo che ho avuto per rimediare è stato mostrarti il mio rammarico, perché indietro nel tempo non ci posso andare.»
«Lo so» dice Lily, iniziando a torcere nervosamente una ciocca di capelli rossi tra le dita della mano destra. «So che sei stato sincero e ho accettato le tue scuse, davvero, non sono stata arrabbiata con te per tutto questo tempo.»
«A me sembra che il problema fossi sempre io» le rivelo le mie sensazioni. «Quando sei da sola con Kelsey, o con chiunque altro, sei diversa. Inizi come ad agitarti, quando ci sono io intorno.»
«Non sei tu il problema» dice con risolutezza, alzando lo sguardo su di me: i suoi occhi bruciano e luccicano allo stesso tempo, due gemme immerse tra le fiamme. «È…colpa mia! È la mia maledetta testa il problema.»
Aggrotto le sopracciglia, mentre sento qualcosa pesarmi sul petto. Preoccupazione, paura? Non so definire la sensazione opprimente che inizio a provare tutto d’un tratto, ma adesso, mentre Lily mi guarda in questo modo, mentre la pelle del suo viso si accende di rubino e le sue labbra premono l’una contro l’altra, cercando di trattenere chissà cosa, so che sta soffrendo. E in una piccola parte del mio corpo, o forse di qualche altra cosa che mi appartiene, inizio a soffrire anche io.
Faccio il giro del tavolo e mi avvicino a Lily. Le sfioro le dita, arpionate allo spigolo legnoso, e solo quando la sento rilassarsi le stringo la mano, poi vado a cercare l’altra e, senza lasciarle, le conduco fino a posarsi sulle mie spalle; alla fine, incrocio le braccia attorno alla sua vita.
«Me ne vuoi parlare?» le domando, in un sussurro, perché siamo così vicini che ho l’impressione che riesca a sentire anche tutti i miei pensieri.
Lily ha spostato entrambe le mani, che ora si trovano sulla mia nuca. Sento una leggera pressione, piego la testa in avanti e le nostre fronti si sfiorano delicatamente. Quanto vorrei baciarla come quando eravamo nella cantina di casa mia, quando non riuscivo a pensare nient’altro, quando eravamo così leggeri.
«È difficile da spiegare» mi risponde, dopo qualche momento di esitazione.
«Tu provaci lo stesso» la esorto, stringendola ancora di più.
Lily fa un respiro profondo. Respira fino quasi ad esplodere, tra le mie braccia. Poi butta fuori tutta l’aria. Scosta la fronte e ci guardiamo di nuovo negli occhi, a pochissimi centimetri di distanza.
«Ricordi quando ti ho detto che avevo paura che ci succedesse la stessa cosa che è successa ai miei genitori?» inizia. Io annuisco con un minuscolo cenno della testa e lascio che continui. «Quando ho scoperto che mi avevi mentito su Burke e il confundus… quella paura è tornata, più forte di prima. E mi ha tenuto sveglia la notte, continuavo a sentire questa voce fastidiosa nella mia testa che mi suggeriva cose terribili.»
«Era per questo se ti sembravo fredda o distaccata. Avevo paura che, anche se adesso si tratta di una cosa stupida, un domani potrebbe essere qualcosa di più grande. L’ho confidato a Kelsey, che mi ha detto che sono una deficiente, ma io non riuscivo a smettere di pensarci. So che è una cosa stupida, perché tu sei… tu sei perfetto e non faresti mai una cosa del genere…»
«Ma…?» la esorto in un sussurro, sapendo benissimo che c’è qualcosa che la turba.
«Ma certe cose non riesco a controllarle, a comprenderle… è una paura irrazionale, ma mi fa sentire paralizzata.»
Le tocco il viso con entrambe le mani, le lascio a circondare le sue guance arrossate. «Anche io ho una paura terribile, Lily, ed è quella di vederti triste e sconvolta come quando sei venuta a casa mia, durante le vacanze di Natale. Quei giorni che abbiano passato da soli io e te… tutta la tua tristezza riuscivo a sentirla anche io, e quando ti ho baciata nella cantina ho promesso a me stesso che mai più avrei voluto rivedere quegli sguardi» le confesso, senza sapere bene dove io abbia trovato tutte queste parole; non credo neanche di essere riuscito a pensarle in maniera definita. «E sapere che adesso posso essere io la causa di tutto ciò che ti fa stare male… beh, è tremendo. Io voglio solo che tu sia felice, voglio essere io a renderti felice.»
Riesco a vedere i pensieri che corrono veloci nei suoi occhi, uno dopo l’altro, con una rapidità incredibile: prima sembra che stia per piangere, poi per ridere, poi si annulla tutto per un attimo e infine ricominciano a susseguirsi mille emozioni diverse.
Tuttavia, tutto quello che dice, dopo aver fatto un respiro profondo e aver stretto le labbra un paio di volte, è: «Mi dai un bacio?»
Esaudisco la sua richiesta dopo neanche mezzo secondo. Continuo a tenerle delicatamente il viso tra le mani e mi avvicino, veloce e impaziente. Non so da quanto tempo aspettavo il momento in cui baciare veramente Lily sarebbe tornato ad essere ciò che mi sentire al settimo cielo e sottoterra allo stesso momento e non come qualcosa di sbagliato.
Ad un tratto, è come se fossimo tornati nella cantina. Circondati solo dai muri di pietra e dalle bottiglie di vino, sopra le nostre teste, i miei nonni che hanno alzato troppo il gomito e i miei genitori che ridono; ancora più sopra, Alec e Kelsey che ci aspettano, ignari di tutto. Siamo tornati leggeri come piume, circondati da un’esplosione di colori e di chiazze di luce ed ombre senza forma. Mi accorgo solo dopo un po’ che adesso le mie braccia avvolgono Lily completamente e le mie mani sono più forti, tenaci, alla base della sua schiena, che sento le sue dita che mi stringono i capelli. È difficile rendersi conto che ci siamo spostati, non so di quanto, ma adesso il bacino di Lily cozza contro il tavolo e poi contro di me e io non riesco neanche a pensare che al mondo possa esistere qualsiasi altra azione che non sia baciarla, sfiorarle le labbra, la lingua, sentire il suo respiro che si fonde con il mio.
Non sento più le dita di Lily tra i capelli, apro gli occhi di scatto, quasi allarmato da quell’assenza: ma le sue mani sono andate solo a posarsi sul tavolo, lei sorride e poi si da una forte spinta con le braccia per mettersi a sedere. Adesso è addirittura un po’ più alta di me. Mi riavvicina a sé e mi bacia di nuovo, adesso mi stringe le spalle. Io cerco le sue gambe e i palmi delle mie mani sono sulle sue ginocchia, ma non riesco ad impedirgli di salire e subito dopo sono sulle sue cosce, coperte dalle calze nere della divisa.
Quando Lily divarica le gambe quel poco che basta per farmi avvicinare ancora di più, penso di stare per diventare pazzo. Se questo è un sogno, che nessuno mi svegli.
«Lils?» la richiamo, mentre continua a darmi baci veloci, a volte a fior di labbra, a volte più profondi.
«Sì?»
«Mi sei mancata.»
«Anche tu, non sai quanto.»
Mi bacia un’altra volta.
«Lo vedo» ribatto, scherzando.
«Non prendermi in giro» esclama lei, fingendosi offesa. Ma non si muove di un millimetro: io sono ancora qui, davanti a lei, le mie mani sulle sue gambe, le sue che mi accarezzano il collo. Ho una pozione da preparare, ma in questo momento non riesco a curarmene, voglio solo guardarla e recuperare tutta la bellezza che mi sono perso durante queste settimane: lei che ride, gli occhi pieni di vitalità, passione e allegria, i capelli sempre scompigliati, il viso arrossato. Non ho mai visto niente di così meraviglioso.
«Credo di essermi innamorato di te.»
Quasi non riesco a credere, quando sento la mia stessa voce pronunciare questa frase. Non so da quanto tempo l’ho capito, forse è sempre stata una consapevolezza, acquietata e silente dentro di me, oppure devo averlo compreso in questi giorni, quando il muro di ghiaccio che ci separava faceva troppo male per poter essere semplice infatuazione.
Lily rimane a guardarmi per qualche secondo: è stupita, me lo dicono gli occhi spalancati, le sopracciglia alzate e le labbra che sorridono.
«Dici sul serio?» mi domanda, mentre il respiro le muore in gola. Io semplicemente annuisco, ma anche se volessi non potrei aggiungere nient’altro, perché le dita sottili di Lily mi arpionano con delicatezza le guance e lei si getta su di me, baciandomi di nuovo una, due, dieci volte. Quando torno a circondarle la schiena con le braccia, la sento tremare un poco.
Non so come interpretare questo impeto e questo silenzio, forse una parte di me vuole che lo dica anche lei, forse mi basta essere tornati alla normalità, al calore e ai sorrisi.
 
«Grazie a Merlino, vi siete rimessi insieme!»
Lily, accanto a me, alza perplessa lo sguardo su Alec. Siamo da poco rientrati in Sala Comune e ci siamo seduti su un divano a chiacchierare, a stare abbacciati…  a fare cose normali. Quando anche Alec è tornato, vederci di nuovo così vicini deve essergli parso decisamente strano.
«Mica ci eravamo lasciati!» risponde quindi Lily, con un fare da finta altezzosa.
«Sembrava» ribatte Alec, accomodandosi sul posto libero del divano, vicino a me.
«Hai visto Kelsey, per caso?» gli chiedo allora io. Non voglio assolutamente più parlare di questo periodo, di queste settimane tremende e non voglio neanche pensare all’eventualità che io e Lily ci possiamo lasciare. Non dopo aver finalmente rimesso tutto a posto, non dopo averle detto che mi sono innamorato di lei.
«Sinceramente, no» risponde Alec.
«Doveva vedersi con Lucinda» dice a questo punto Lily, passivamente. La loro nuova amicizia non le è mai andata a genio, ma ormai si è rassegnata all’idea di non poter impedire che la sua acerrima nemica accademica e Kelsey passino del tempo insieme.
«Secondo voi le è passata la cotta per Kelsey?» chiede Alec.
«Secondo me no» continua prontamente Lily. «Sonda il terreno, è convinta che Kelsey possa ricambiarla, un giorno.»
«Non può stare ad aspettarla per sempre, però» osservo. «Non sarebbe un po’… deleterio?»
Lily fa spallucce. «Se a lei va bene così…»
«Secondo me invece ci ha rinunciato e adesso sono semplicemente amiche» interviene Alec. «Non sarebbe mica strano.»
«Lucinda le ha scritto lettere d’amore anonime per mesi…» riprende Lily. «Credi davvero che ad un traballante “non lo so” di Kelsey si sia semplicemente arresa?»
Tuttavia, le nostre speculazioni cessano nel momento in cui la parete di pietra si sposta lentamente e l’amica oggetto delle nostre domande fa il suo ingresso in Sala Comune. Non appena ci vede, ci rivolge un sorriso e si affretta a raggiungerci.
«Che mi sono persa?»
«Niente, Lily e Scorpius si sono rimessi insieme» borbotta Alec, divertito.
«Non ci siamo mai lasciati» ribattiamo io e Lily all’unisono. Istintivamente la guardo e la ritrovo con gli occhi già fissi su di me, poi scoppia a ridere divertita.
«Fantastico!» esclama Kelsey. «Farò finta che non sia merito mio se Lily è venuta finalmente a chiederti scusa, Scorpius.»
«Non devi smascherarmi così!» si lamenta, poi fa un sorrisetto poco rassicurante. «Piuttosto, com’è andata la tua giornata?»
«Fino alle tre del pomeriggio come la tua, mia cara, dato che abbiano sgobbato insieme a lezione» risponde pungente Kelsey. «E dopo ho fatto una normalissima passeggiata nel Parco con Lucy e…»
«Lucy?!» esclamo io, trattenendo a stento le risate.
«Beh, anche voi avete i vostri soprannomi!» tenta di ribattere Kelsey, senza troppi risultati. Poi si blocca con lo sguardo perso nel vuoto: sta pensando, sta ponendo in essere un ragionamento e quando ritorna a mettere a fuoco le nostre facce, probabilmente è giunta ad una conclusione. «State insinuando qualcosa?»
«No, è che prima che entrassi parlavamo proprio di voi due» risponde con calma Alec. «Di te e di… Lucy.»
«Ah, sì?» domanda Kelsey, portandosi le mani ai fianchi.
«Sì, io per esempio sostenevo che le piaci ancora, mentre Alec è convinto del contrario» dice a questo punto Liy.
«Forse la domanda che dovremmo farci è un’altra» osservo io, guardando Kelsey. Lei sembra capire al volo, come succede d’altronde molto spesso: i nostri pensieri viaggiano sempre sulla stessa lunghezza d’onda.
«Se vi state chiedendo se a me piace lei… beh, la risposta è no» dice assertivamente. «Ma questo l’ho messo in chiaro sin da subito, le ho detto che potevamo provare ad essere amiche e lei ha accettato.»
«Problema risolto» sospiro. Tuttavia, ho sottovalutato il fatto che, nonostante la mia mente e quella di Kelsey siano spesso sintonizzate tra di loro, quella di Lily invece lo è perennemente. Così, mentre fissa intensamente Kelsey, capisco che c’è dell’altro. Questa mia supposizione viene confermata quando la vedo alzarsi di scatto, prendere Kelsey per mano e dirle «Vieni con me» a mezza bocca. Nemmeno un minuto dopo, spariscono verso il corridoio che porta ai dormitori femminili.
Io e Alec ci guardiamo confusi e perplessi, lui scrolla le spalle e io mi stiracchio. Poi lo sento darmi un piccolo colpo con la gamba. «Ti va una partita a poker?»
«Perché no?» gli rispondo. Cerco la bacchetta, ma Alec ha già appellato un mazzo di carte con un incantesimo non verbale.
«Così nel mentre mi racconti come tu e Lily vi siete rimessi insieme» continua lui.
«Per la terza volta, non ci siamo mai lasciati.»
 

Ciao a tutti, sono viva, giuro! So che è praticamente da Natale che non aggiorno, ma questa è la mia ultimissima sessione d'esami in assoluto e sto cercando di dare gli ultimi due esami - fortunatamente ho lasciati cose facilissime alla fine -, ma nel frattempo lavorcchio e scrivo la tesi, quindi tutte le mie energie sono assorbite da tutto questo xD
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, anche se non è stato facile cercare di immedesimarmi nei panni di Scorpius in questa situazione. Anche qui, come l'ultimo capitolo su Albus, è stato brutalmente sfruttato il mio fidanzato per cercare di rendere il tutto un po' più verosimile :')
Il prossimo non potrà che essere su Lily: vacanze di Pasqua in casa Potter, già ho in mente moltissime cosette carine e spero - ma non vi prometto nulla - di riuscire a rifarmi viva in tempi più decenti, soprattutto perché tra pochi giorni si spera non avrò più esami da preparare e avrò leggermente più tempo per dedicarmi anche ad altro.
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio e spero che il capitolo vi sia piaciuto♥
Un bacione,
Mars
 
 
 

 
 

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Capitolo 42
*** L'unica figlia femmina ***


XLII - LILY

L'unica figlia femmina 

Dire che sono distrutta sarebbe riduttivo, il termine adatto forse è disintegrata. Le ultime ventiquattro ore sono state infinite e credo che su questa linea si manterrà tutto ciò che rimane della settimana di vacanza.
Il viaggio di ritorno sull’Espresso Hogwarts è stato nel suo complesso rilassante, ma allo stesso tempo stancante, perché passare quasi un’intera giornata seduta in uno scompartimento non è il massimo del comfort, considerando che mi sarò alzata in piedi due volte in tutto: una per andare in bagno e una per comprare del cibo dal carrello. Avrei anche dormito un po’, per ammazzare il tempo, se Alec non avesse parlato per tutto il viaggio. Tra pochi giorni ci saranno le nuove selezioni dei Falmouth Falcons ed è in assoluta fibrillazione. Abbiamo provato a fargli notare, dopo un po’, che era diventato fastidioso, ma in fondo gli vogliamo bene e anche se lui ha continuato, passando in maniera disparata da un argomento all’altro, abbiamo cercato di stargli dietro.
Ha già organizzato tutto, stavolta vorrebbe che ci fossimo anche noi: i suoi genitori verranno a prenderci e ce ne andremo tutti a Falmouth ad assistere. A me il Quidditch interessa poco, ma sarà una bella occasione per passare un’intera giornata tutti insieme a divertirci… o a consolare Alec, dipende da come andrà la selezione.
Nonostante siano stati quasi due giorni pieni zeppi di cose, niente di tutto quello che ho fatto è riuscito a distogliere la mia mente da un dubbio che mi affligge da qualche giorno prima che iniziassero le vacanze.
Scorpius mi ha detto di essersi innamorato di me e io non ho detto niente di niente. Sono stata zitta, muta come un pesce a guardarlo incredula e poi gli ho chiesto: “dici sul serio?”. E ho subito capito di aver fatto una stronzata. Insomma, certo che era serio, lo conosco da cinque anni, non direbbe mai una cosa così grande a sproposito, solo per giocare. Quello che mi preoccupa maggiormente, tuttavia, è il motivo del mio silenzio dopo quella domanda idiota. Quello so benissimo a cosa è dovuto: io non so davvero cosa provo per Scorpius. O meglio, so solo che la sua presenza mi fa bene, che averlo vicino mi trasmette sicurezza, tranquillità, che il calore del suo corpo attorno al mio è una delle sensazioni migliori che io abbia mai provato… ma non so se tutto questo corrisponde davvero alla definizione di amore. Più ci ragiono, più mi sembra di non trovare una risposta, al contrario, saltano fuori altre mille domande senza senso che mi distolgono dal problema principale.
Mi sono chiesta continuamente, tra ieri e oggi, se sono innamorata di Scorpius. Me lo sono chiesta a cena dai nonni, subito dopo averlo salutato alla stazione, con la promessa di rivederci per le selezioni di Alec; me lo sono chiesta mentre Hugo e Fred si sfidavano a non so cosa e mi chiedevano di fare da giudice, mentre ascoltavo passivamente Rose e Molly parlare delle occasioni lavorative al Ministero, mentre Roxanne e Louis aiutavano il nonno ad alzarsi dalla sedia, dopo cena, mentre guardavo Teddy e Victoire alle prese con il piccolo Remus che piangeva; me lo sono chiesta stamattina, appena sveglia nel mio letto, mentre facevo colazione con James, mentre la nuova ragazza di Albus si presentava a casa nostra e lui giustificava la sua presenza dicendo che dovevano studiare insieme, mentre mio padre faceva finta di crederci e li guardava divertito mentre salivano le scale.
Sono giunta alla decisione che non posso più andare avanti a chiedermi che cos’è tutta questa matassa di emozioni che mi travolgono quando penso a Scorpius e ho pensato di chiedere all’unica persona che sicuramente ci è passata prima di me.
Mamma si sta riposando. Quando entro in camera, è sdraiata sul letto, con la schiena appoggiata alla testata imbottita, con un libro in una mano e una tazza di tè nero nell’altra.
Non appena si accorge di me, mi sorride e posa la tazza bianca in ceramica sul comodino.
«Mamma, posso parlarti un minuto?» le chiedo, rimanendo sotto lo stipite della porta.
«Tutti i minuti che ti servono, amore» mi risponde lei con dolcezza. Chiude anche il libro. Sentendomi già più leggera, chiudo la porta e mi fiondo sul letto al suo fianco, al posto di papà, e mi raggomitolo vicino a lei. «È successo qualcosa?»
«No, è che non… non riesco a capire una cosa, quindi volevo farti una domanda» le dico, cercando di trovare le parole adatte. So che forse non è il miglior periodo per chiederle una cosa del genere, ma ho bisogno della sua esperienza, del suo parere. «Ecco, tu come hai capito che ti eri innamorata di papà, quando eravate giovani?»
Mi sembra sorpresa, non appena finisco di parlare. Abbassa lo sguardo e mi sembra che stia sorridendo.
«Una domanda facile, eh?» scherza, tornando a guardarmi. «Perché me lo chiedi?»
«Perché… beh, ecco, devo partire dall’inizio. Non ve l’ho mai detto, ma io ho un ragazzo, adesso. E lui mi ha detto che è innamorato di me, solo che io non sono riuscita a dirgli lo stesso, perché non l’ho ancora capito se sono innamorata di lui, non so come capirlo.»
«Scorpius Malfoy innamorato di te… e chi l’avrebbe mai detto?» continua la mamma, dandomi un buffetto sulla testa.
Io mi sento avvampare e una strana ondata di calore mi avvolge tutto il viso. Immediatamente replico, sulla difensiva: «Non ho mica detto chi è!»
«Sono tua madre, Lils… vi ho visti alla festa del Ceppo, alla stazione dopo le vacanze di Natale, e soprattutto ieri» mi fa notare con tranquillità. Immagino che sia vero che non si riesce mai a nascondere niente alle mamme.
«Non devi assolutamente dirlo a papà. Diventerebbe pazzo» le dico. «Ora puoi rispondere alla mia domanda?»
La vedo farsi seria tutto d’un tratto, senza però assumere uno sguardo duro o severo, il suo volto rimane rilassato, anche se pensierosa.
«Partiamo dal presupposto che io ho sempre avuto una cotta imbarazzante per tuo padre» esordisce e a me viene un po’ da ridere, dato che conosco alla perfezione la storia di come sono finiti insieme. Quello che mi preme sapere, però, è tutt’altra cosa.
«E non starò qui a raccontarti per l’ennesima volta della Camera dei Segreti, dei tira e molla con gli altri ragazzi che non riuscivano mai davvero ad oscurare tuo padre, della partita di Quidditch e del Felix Felicis…»
«Conosco tutto abbastanza bene» scherzo, avvicinandomi sempre di più a lei. Adesso mi sono distesa accanto a lei, le mie gambe toccano le sue e ho poggiato la testa tra la sua spalla e il suo collo. Lei mi accarezza il braccio con la mano sinistra, non serve che ci guardiamo.
«Per rispondere alla tua domanda, non c’è un evento che te lo fa capire. Lo capisci e basta, ad un certo punto. Io credo di averlo capito in quella famosa estate in cui papà decise di andare a cercare gli Horcrux con gli zii. In quel periodo, avevo capito che ero disposta a lanciarmi in una missione del genere con lui, a seguirlo senza nemmeno sapere dove, senza avere la minima idea dei pericoli che avremmo vissuto, allora dovevo essere davvero innamorata persa» lo dice come se stesse raccontando una favola, con un tono di voce lento, calmo, quasi sognante. Quando siamo da sole, la mamma è sempre un po’ più dolce del solito. Non so come si comporti quando è da sola con Albus o con James, ma mi piace pensare che sia una cosa solo nostra, che lei sia così tenera e morbida solo con me, l’unica figlia femmina, l’unica con cui può condividere al completo le storie, le sensazioni e le emozioni di quando aveva la mia età.
«E come sai, prima che lui partisse, tuo padre ed io ci siamo lasciati… però quando l’ho visto ritornare ad Hogwarts, dopo tutti quei mesi, sembrava che non fossero passate nemmeno un paio d’ore dall’ultimo giorno passato insieme al matrimonio dello zio Bill. Tutti i giorni passati a scuola, in quel clima di terrore, di paura, ad aspettare che succedesse qualsiasi cosa, a sperare che i Mangiamorte non li prendessero… si sono annullati tutti insieme, nel momento in cui l’ho rivisto.»
«Ma non puoi fare un paragone con la mia storia, amore» riprende, dopo un breve momento di silenzio. «Fortunatamente, voi state crescendo in tempi decisamente più felici e tranquilli.»
«E allora come faccio a capirlo?» le domando, chiudendo gli occhi. So che ha ragione: Scorpius non deve intraprendere nessuna missione impossibile, io non devo aspettare il suo ritorno o aver paura dei miei stessi professori e di quello che succede nel mondo, non devo svegliarmi ogni giorno sperando di non sentire alcuna notizia terribile sul suo conto.
«Quando ami una persona, all’inizio, è una cosa bellissima e terrificante allo stesso tempo» mi risponde. «Bellissima perché ti senti invincibile, perché sai che non sarai più da sola, che ogni cosa si affronterà in due, perché quella persona riesce a infonderti serenità senza neanche dirti una parola… Terrificante perché quando ti innamori la prima volta, come tutte le cose nuove, fa paura.»
«Io ho solo paura che possa finire…» le confesso. Mi sta anche venendo un po’ da piangere e mi sento infinitamente stupida per questo; cerco di ricacciare indietro le lacrime e spero che la mamma non accorga che le sto accidentalmente bagnando la maglietta. «Perché abbiamo già più o meno litigato una volta, anche se abbiamo fatto pace.»
«Non sarà l’ultima volta, Lily» mi dice mia madre, seriamente. «L’importante è saper arrivare a dei compromessi, l’amore è un gioco di squadra, non una gara, ricordatelo sempre.»
Annuisco lievemente, anche se nella mia testa già sono pronta a chiederle dove sia andato a finire il gioco di squadra tra lei e papà nell’ultimo anno, perché a me è sembrata solo una stupida competizione, dove vinceva chi si dimostrava più arrabbiato, meno intollerante. Me ne sto zitta, mentre lei comincia ad accarezzarmi i capelli.
«Posso dirti una cosa senza che ti arrabbi?» chiedo lievemente, tenendo gli occhi chiusi e la fronte contro il suo petto.
«Certo» mi sussurra lei piano.
«Ho paura di come possono andare a finire le cose con Scorpius perché… ho paura che possa succedere la stessa cosa che è successa tra te e papà.»
Sento il suo petto che si riempie fino quasi ad esplodere, poi sento che butta fuori rumorosamente tutta l’aria. Non so se avrei dovuto dirlo, ma non riuscivo più a tenermelo dentro. Solo Scorpius lo sa, gliel’ho detto quella famosa notte nella cantina di casa sua. L’unica altra persona che merita di conoscere questa mia paura, questo stato di malessere che mi sento addosso, è proprio mia madre.
È l’unica che può aiutarmi a far scomparire tutto.
«Mi dispiace tanto, tesoro» dice piano. «Farvi soffrire era l’unica cosa che ci eravamo ripromessi di non far succedere…»
«Non si possono programmare certe cose» dico. «No?»
«No, hai ragione» sento le sue braccia stringersi ancora più forte intorno a me e io vorrei farmi così tanto piccola perché possa abbracciarmi all’infinito. Non so quanto tempo passa da questo momento in poi, ma senza neanche accorgermene, la stanchezza dell’ultimo giorno mi crolla addosso tutta insieme. Tra il torpore delle braccia di mia madre e la delicatezza delle sue carezze, mi addormento con una facilità inaudita.
E forse, credo di aver capito qualcosa dell’assurda matassa di pensieri ed emozioni che mi riempie da giorni.
 
Quando mi sveglio, la luce sul comodino della mamma è spenta, le imposte delle finestre sono state accostate, ma fuori è quasi buio e faccio fatica ad orientarmi nella semi oscurità. Ho una coperta leggera addosso che sicuramente non c’era prima. Mi sento piacevolmente riposata, sia fisicamente che mentalmente.
Dopo qualche secondo di frastornamento, mi tolgo la coperta e scendo dal letto. Apro la porta, anche il corridoio è buio, ma la luce al piano di sotto è accesa, vedo il bagliore in fondo alle scale. Inizio a scendere, ma mi blocco al quarto scalino perché sento i miei genitori parlare animatamente tra loro, le loro voci provengono dal salotto e non voglio farmi vedere. Non stanno litigando, sembra che si stiano quasi divertendo.
«Lily non deve assolutamente sapere che ti ho detto di Scorpius, mi ha fatto promettere» sta dicendo mia madre divertita.
Ecco, lo sapevo che prima o poi mio padre sarebbe venuto a sapere che sto con Scorpius, ma non credevo addirittura il giorno stesso in cui ho espressamente richiesto che non succedesse!
«Ha detto che altrimenti saresti diventato pazzo.»
«È bello sapere che mia figlia ha questa considerazione di me» borbotta papà, con una punta di ironia. «Farò finta di niente, d’accordo, ma non ho poi così tanto in contrario.»
«Ah, perché hai qualcosa in contrario?» lo rimbecca mamma. Poi un rumore delicato di qualcosa che si poggia su un tavolo, probabilmente il tavolino di fronte al divano.
«Beh, forse è ancora un po’ troppo piccola…» inizia a dire lui.
«Harry» continua ancora mia madre. «Lily ha la stessa età che avevo io quando ci siamo messi insieme. E prima di te uscivo anche con altri ragazzi.»
«Infatti Ron si lamentava sempre con me dicendo che eri troppo piccola» scherza mio padre.
«Sai, parlare con Lily, prima, mi ha ricordato di quegli anni.»
La voce di mia madre si fa seria all’improvviso, ma è la stessa serietà delicata con cui mi diceva che litigare a volte succede e che l’amore è un gioco di squadra, non una competizione. Non so cosa mi aspetto di sentir dire da mio padre, e infatti non arriva nessuna risposta, per il momento. Immagino che non stia capendo dove vuole andare a parare la mamma e stia semplicemente aspettando che lei continui.
«Mi ha chiesto quando ho capito di essermi innamorata di te» continua, con fermezza, ma anche con dolcezza.
«E tu cosa le hai detto?» chiede mio padre. Faccio quasi fatica a sentirlo, dato che ha notevolmente abbassato il tono della voce: lo fa sempre, quando si trova immerso in una conversazione seria o importante. Non c’è stata una volta, in vita mia, che l’ho visto servirsi della voce alta e degli strilli per sgridare me o i miei fratelli Ogni volta che sbagliavamo, lui ci prendeva da parte e ci parlava con questo stesso tono di voce; basso, calmo, preoccupato e severo.
«Le ho detto che l’ho capito quando hai detto che saresti partito per cercare gli Horcrux» risponde placidamente la mamma. «Perché in quel momento io ho pensato “adesso mollo tutto e vado con lui, devo farlo, devo aiutarlo, dobbiamo farlo insieme.”»
«E io ho solo rovinato tutto, come al solito» commenta di nuovo papà. Adesso però sembra che alla sua voce si sia aggiunta anche la tristezza. Che significa quel “come al solito”? Si sta riferendo a quello che è successo l’anno scorso? Al motivo per cui lui e la mamma non si sono parlati per settimane, per cui hanno litigato per mesi interi e per il quale adesso vanno da un terapeuta babbano?
«In realtà, quando mi hai confessato il motivo per cui l’avevi fatto, ho capito che anche tu eri innamorato di me» dice la mamma, che al contrario sembra voler tagliare via quella tristezza. Ho sentito il suo di una risata dolce, alla fine della sua frase. «Mi hai lasciato solo per proteggermi, perché nonostante tutto, a scuola con quei pazzi dei Carrow e con Piton sapevi che sarei stata più al sicuro che con te. Hai messo me davanti a tutto.»
«Ma io ero innamorato di te da molto prima» ribatte mio padre. Io decido di sedermi sulle scale, perché questa conversazione tra loro mi sta provocando effetti strani: da una parte sentirli parlare così è abbastanza imbarazzante, ma dall’altra devo sforzarmi di non gridare di gioia, perché… insomma, stanno andando d’accordo, si stanno parlando a cuore aperto, stanno comunicando come fanno le persone normali. E poi, sembrano anche molto dolci.
«Non l’avevi mai capito?» continua mio padre. Non sento alcuna risposta da parte della mamma, all’inizio. Forse sospira, ma ci sono dei momenti di silenzio prima che io riesca a sentire la sua voce di nuovo.
«Il punto è, Harry… io mi rifiuto di credere che la me sedicenne, pronta a lasciare tutto e tutti per seguirti chissà dove, non esista più. Io credo che ci sia ancora, da qualche parte, e voglio più di ogni altra cosa al mondo tornare ad essere come lei» gli dice. «Io e te insieme siamo sopravvissuti a Voldemort, siamo riusciti a ricostruire tutto, tu mi hai aiutato a superare la morte di mio fratello… come abbiamo fatto a permettere che una cosa così… stupida, in confronto, arrivasse quasi a distruggerci?»
«Non lo so, Ginny» sospira mio padre. «Ma so che è stata colpa mia e che non c’è un momento in cui non mi penta di aver lasciato accadere una cosa del genere. Non so come tu abbia fatto a sopportare di vedermi ogni giorno, a non affatturarmi, a non cacciarmi di casa. Ho sempre creduto di dover essere io, quello forte. Per te, per Ron ed Hermione, per i nostri figli… ma in realtà sei tu quella più forte, tra di noi. Sei ancora la Ginny Weasley sedicenne di cui mi sono innamorato. Lo sarai sempre.»
Smettono di parlare. Il mio primo istinto è quello di andare da Albus e dirgli tutto quello che ho appena sentito, però sono curiosa di sapere se hanno altro da dirsi. Tuttavia, quando sento il rumore di uno schiocco e poi un tonfo e infine mamma che ride, non credo di voler continuare ad origliare quello che succede sul divano e risalgo in silenzio le scale. Accendo la luce del corridoio, filo dritta verso la camera di Albus: non si sente niente, Zoe sarà andata via mentre dormivo.
Non mi importa. Spingo la maniglia, ma è bloccata. Non mi importa neanche del fatto che teoricamente non dovrei fare incantesimi fuori dalla scuola, tanto sono in una casa piena di maghi maggiorenni: nessuno verrà mai a sapere niente. Corro in camera mia a recuperare la bacchetta e torno di fronte alla porta chiusa a chiave.
«Alhomora» sussurro, carica d’eccitazione, e finalmente abbasso la maniglia argentata.
Quello che succede dopo è molto confuso e imbarazzante: la prima cosa che vedo è la schiena nuda di mio fratello, le coperte del suo letto gli coprono a malapena il sedere; il secondo senso che arriva al mio cervello è l’udito, sono scappata dal rumore dei baci tra i miei genitori per ritrovarmi in una stanza piena dello stesso rumore, ma anche di respiri pesanti e affannati. Da ultimo, non riesco ad impedire alla bocca di parlare.
«Merlino, scusate, non volevo!» esclamo. Albus si gira, ha i capelli sparati da tutte le parti, è rosso in viso e ha un’espressione indecifrabile: non ho mai avuto paura che mi ammazzasse come in questo momento.
Non dice niente, si allunga sul comodino a prendere la bacchetta, involontariamente intravedo Zoe stesa sul letto, sotto di lui. Il momento dopo, la porta quasi mi sbatte in faccia e io rimango imperterrita in mezzo al corridoio.
Credo proprio che mi toccherà aspettare James.

Ciao a tutti! 
Perdonatemi di nuovo il ritardo, ma è sempre più difficile trovare il tempo per scrivere, purtroppo. :(
Da una settimana la mia regione è in zona rossa, però, quindi, a parte la tristezza ho meno impegni del solito e sono riuscita a dedicarmi un po' a questa storia, che ormai va avanti da un po' e prometto di non abbandonarla mai, nonostante i ritardi e quant'altro. Scrivere questo capitolo è stato come immergersi in un mix di emozioni diverse, proprio come la nostra Lily: mi sono divertita, mi sono intenerita e un po', lo ammetto, rileggendo e per controllare eventuali errori e rifusi mi sono anche commossa ahahahah. Però non abbandonerò mai la vena comica e ironica che caratterizza Caos sin dal suo primo capitolo, come potete vedere dal finale :'D
Il prossimo capitolo sarà di nuovo su Lily! Proprio come quando ne scrissi due dal pov di Scorpius, ho altri fatti da narrare attraverso i suoi occhi e un capitolo solo non mi bastava, e non volevo metterci un "capitolo-ponte" nel mezzo. Quando arriverà non lo so, spero non in mega ritardo come questo. Nel frattempo, volevo ringraziarie chiunque abbia aperto questa storia: il primo capitolo è arrivato quasi a 2500 visualizzazioni e so che qualcuno c'è anche dopo 42 capitoli, anche se non vi fate sentire, birbanti! xD Spero in ogni caso di non avervi deluso e che questo capitolo vi sia piaciuto come è piaciuto a me! ♥
Un bacione,
Mars
 

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