Per Aspera

di Montana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 11: *** XI. ***
Capitolo 12: *** XII. ***
Capitolo 13: *** XIII. ***
Capitolo 14: *** XIV. ***
Capitolo 15: *** XV. ***



Capitolo 1
*** I. ***


I
Dove sembra che vada tutto bene. Ma sarebbe troppo semplice, no?
 
16 Gennaio 1927
Prigione magica di massima sicurezza di Staten Island, New York
Sera
 
Albert Keen faceva la guardia carceraria solo perché era un lavoro ben pagato e perché la prigione era a poca distanza da casa sua. In realtà sarebbe voluto diventare un acrobata, ma una lesione da incantesimo alla gamba destra riportata in guerra aveva spezzato sul nascere quel suo grande sogno. Poi aveva tentato di diventare un Auror, ma non era abbastanza rapido con gli incantesimi. Alla fine aveva ripiegato sul carcere, e dopotutto sarebbe potuta andargli peggio; i detenuti del suo braccio erano i più pericolosi e quindi i più vigilati, in celle a prova di incantesimo e ammanettati con speciali catene che diventavano incandescenti se la persona che le indossava tentava di fare incantesimi non verbali. L’ultimo arrivato, il famoso mago tedesco che per anni aveva terrorizzato l’Europa durante la Grande Guerra, quello che era stato catturato da un ragazzetto inglese capitato lì per caso, si era procurato diverse ustioni nelle prime settimane di prigionia.
Erano quasi due mesi che l’avevano in custodia; gli Auror dell’ufficio di New York si erano messi in contatto con gli uffici europei di Londra e di Berlino per discutere del trasferimento e dei crimini per cui l’uomo sarebbe stato processato. Alla fine si era deciso che sarebbe stato processato in Inghilterra, viste le terribili condizioni in cui versava la Germania post bellica, e che un Auror inglese, un certo Scamander, sarebbe venuto a prenderlo entro la fine della settimana successiva.
Quella sera, Albert era di guardia proprio alla cella del malvagio tedesco, e si stava annoiando a morte.
«Ehi, crucco! Lo sai che sei proprio una piaga?» Lo apostrofò. L’altro non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
«Cosa c’è, non sono abbastanza vip per te? Solo perché non mi cago sotto a badarti allora non mi parli?»
Il tedesco alzò gli occhi e rimase a fissarlo con sguardo vacuo. Era effettivamente inquietante, ma Albert aveva voglia di infastidirlo «Effettivamente tu sì che sei un vip, con la tua cella privata, tutti gli Auror del mondo che ti davano la caccia, tre paesi che si litigano la tua custodia… e sei finito in prigione per colpa di un ragazzino? Se fosse successo a me, credo che passerei le mie giornate a maledirmi per la mia stupidità. Oh, ma scommetto che lo fai anche tu, vero? Chiuso in quella cella, con la consapevolezza di doverci rimanere fino alla fine dei tuoi giorni… mentre io tra dieci minuti stacco e torno a casa dalla mia mogliettina, dalla mia vita normale al di fuori di qui. Perché sì, crucco, io ho una vita al di fuori di qui, a differenza tua!»
L’altro continuava a fissarlo, lo sguardo un po’ meno vacuo, quasi con una punta di compatimento. Albert ebbe la spiacevole sensazione che qualcosa di pericoloso si stesse avvicinando alle sue spalle e un istante dopo sentì la serratura scattare. Sobbalzò e si girò di scatto, bacchetta alla mano. Sulla soglia della stanza c’era un uomo con una divisa da guardia carceraria, probabilmente venuto a dargli il cambio. Albert abbassò la bacchetta con un sospiro «Per Merlino, ragazzo, non si entra senza bussare! Cosa ci fai qui?»
«Sono venuto per il cambio di turno» rispose quello, lo sguardo basso.
«Ah sì? Ma mancano ancora dieci minuti, non so se posso già andarmene, insomma… aspetta, non doveva essere Joe a darmi il cambio?»
Nella penombra della stanza era difficile riconoscere i lineamenti dell’uomo, ma gli fu subito chiaro che chiunque quello fosse non era Joe.
«Oh santo…»
Un lampo di luce verde pose fine alle lamentele di Albert Keen. L’uomo vestito da guardia gli prese la bacchetta e pronunciò sottovoce la formula per aprire la cella.
«Finalmente. Pensavo di dover rimanere qui a subirmi le sue lamentele per tutta la notte» lo redarguì Grindelwald mentre gli si avvicinava per aprirgli le manette.
«Mi scusi, Signore, c’era una guardia particolarmente insistente» rispose quello.
«Hai dovuto uccidere qualcun altro?»
«Un babbano per rubargli la macchina»
«Intendevo qualcuno di importante. Oh, finalmente libero!» Esclamò il tedesco quando la morsa incandescente delle manette smise di torturargli i polsi. Prese a massaggiarseli, dolorante, e chiese all’aiutante dov’era la sua bacchetta.
«L’ho recuperata prima, Signore. Eccola»
«Ah, lo sapevo, stavano mentendo! Mi avevano detto di averla distrutta, questi stupidi americani. Fammi strada, Magnus. Portami via da questo dannato posto»
«Subito, Signore. La passaporta per la Germania sarà pronta domani mattina, nel frattempo abbiamo trovato un rifugio sicuro dove gli Auror non la troveranno» lo informò il compagno, scortandolo fuori dalla cella e lungo un interminabile corridoio.
«Bravi, bravissimi. Gli Auror comunque non mi spaventano, non sono stati loro a trovarmi l’ultima volta. Ma a questo ci penseremo una volta giunti in Inghilterra, quando tutto sarà pronto»
 
 
Appartamento di Tina e Queenie Goldstein, New York
Notte
 
Tina Goldstein fu svegliata nel cuore della notte dal suono del telefono, quello installato per le emergenze di lavoro, quello che raramente suonava di giorno, figuriamoci di notte.
Intontita dal sonno, impiegò qualche secondo a capire dove si trovava e cosa stava succedendo.
«Tina, sono le due di notte e sta suonando il telefono. No, non so chi sia, non posso leggere nella mente dei telefoni. Vai a rispondere e chiudi la porta, io tra tre ore mi devo alzare!» L’ammonì sua sorella dal letto accanto.
“Se è ancora Graves in preda alla paranoia giuro che lo denuncio alle Risorse Umane; capisco lo shock del rapimento, ma c’è un limite a tutto” pensò Tina alzandosi per andare in salotto, accompagnata da una risatina della sorella che le aveva letto nel pensiero.
«Pronto, Auror Goldstein» biascicò alla cornetta.
«Signorina Goldstein, sono Madame Picquery»
Tina si fece molto più vigile all’istante «Madama Presidente, cosa posso fare per lei?»
«Deve venire subito al Ministero, signorina Goldstein. So che siamo nel cuore della notte ma non c’è un momento da perdere»
Il gelo cominciava a farsi strada nelle vene di Tina «Madama Presidente, cos’è successo?»
L’altra esitò un secondo, poi con voce tremante rispose «Grindelwald. È scappato»
 
 
17 Gennaio 1927
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Pomeriggio
 
Amy adorava casa sua. Era il suo nido, il suo rifugio dalle attenzioni esasperanti della madre, il luogo dove poteva essere adulta e allo stesso tempo ancora ragazzina senza che nessuno la disturbasse.
Aveva comunicato la sua decisione di trasferirsi a Londra, poco distante da Diagon Alley ma comunque fuori dal quartiere magico, subito dopo la cerimonia dei diplomi alla fine del suo ultimo anno ad Hogwarts. Aveva continuato a vivere con la madre, che ogni giorno la implorava di cambiare idea e di rimanere lì con lei, trovarsi un marito ricco e fare la mantenuta fino alla fine dei suoi giorni, finché non aveva sostenuto l’esame per diventare Spezzaincantesimi, passandolo a pieni voti. Con uno stipendio assicurato alla Gringott e una certa abilità nell’incanto Confundus aveva acquistato da un vecchio babbano un bell’appartamento in Tottenham Court Road e lì viveva da più di dieci anni. Aveva visto la Guerra distruggere la sua amata città e le si era spezzato il cuore a non poterla difendere, visto che il Ministero era stato irremovibile sull’assenza di aiuti magici ai connazionali babbani durante il periodo bellico, e ora ammirava come si stava rimettendo in piedi un poco alla volta.
L’appartamento non era grandissimo, doveva ammettere di essersi parecchio affezionata negli anni allo stile raccolto e caloroso della Sala Comune di Hufflepuff, ma era abbastanza grande per lei, il suo gatt, la sua Disgrazia Personale che prendeva il nome di Graham Collins (portiere degli Appleby Arrows e suo fidanzato da ormai dieci anni) e, all’evenienza, quello sconclusionato del suo migliore amico, Newt Scamander. Certo, quando erano tutti in casa l’ambiente poteva risultare soffocante, ma Newt aveva il pregio di occupare pochissimo spazio, passando quasi interamente le sue giornate dentro la valigia. Un tempo ci viveva spesso anche Doug Boot, altro loro amico dei tempi della scuola, ma da quando era diventato professore di Erbologia ad Hogwarts aveva un alloggio pagato e tornava a trovarli solo per le vacanze.
Quel giorno era stato abbastanza tranquillo, Graham era via con la squadra, alla Gringott non era successo nulla di male e Newt era chiuso nella valigia da quella mattina, intento a rifinire nei minimi dettagli il suo libro in prossima uscita, “Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli”.
Amy bussò sulla valigia «Newt, sono io! Va tutto bene, vuoi del cibo, qualcosa da bere?»
«Una tazza di tè. E magari qualche biscotto, quelli al miele…» le arrivò soffocata la risposta dell’amico. Amy rise «Preparo il tutto e te lo porto, così fai una pausa»
Pochi minuti dopo scendeva la ripida scaletta che portava all’appartamento dentro la valigia; per quanto ci andasse, non riusciva ancora a capacitarsi della magia che c’era in quel posto, né di come fosse possibile creare una cosa simile. Con impegno e dedizione, negli anni Newt era riuscito a suddividere l’apparentemente infinito spazio magico dentro la valigia in diversi ecosistemi, spesso incompatibili fra loro, così che tutti gli animali potessero vivere in pace ognuno al suo posto. In quel momento l’amico era nell’area campestre, dove vivevano lo Snaso e il Demiguise (chiamato Dougal per un’inquietante somiglianza con il loro amico Doug, anche se a lui non l’avevano mai detto), con Pickett l’Asticello sulla spalla.
«Servizio a domicilio per il signor Salamander» si annunciò Amy.
Newt si voltò e le sorrise, andandole incontro per aiutarla con il vassoio «Ah, signorina Prewett, non so proprio come farei senza di lei»
I due si sedettero sull’erba, come ai vecchi tempi.
«Come procede il libro? Abbiamo la versione definitivamente definitiva?»
«Non prendermi in giro, lo sai che voglio fare un lavoro fatto per bene! E poi è il mio editore che insiste perché sia tutto perfetto…»
«Il tuo editore, dici? Lo stesso che ormai sa che siamo amici e ogni volta che mi incontra mi chiede a che punto sei e perché mai sei improvvisamente diventato così perfezionista, visto che ogni versione che gli consegni per lui potrebbe essere quella definitiva ma tu ti ostini a cambiarla?»
Newt emise uno sbuffo imbarazzato «Voglio solo che sia tutto perfetto per… per quando tornerò a New York, ecco»
Amy gli mise una mano sulla spalla, comprensiva «Newt, sinceramente penso che a lei andrebbe bene qualsiasi versione del libro, anzi, le andresti bene anche senza libro. Però ti conosco, quindi capisco la tua ansia. Però, per cortesia, cerca di fare in modo che questa sia la versione definitiva per davvero, altrimenti sarò costretta a rivelare al tuo editore che non sei in ritiro in Scozia come pensa lui, ma in un appartamento nel centro di Londra»
Newt rise «È inutile, Caposcuola eri e Caposcuola sei rimasta!»
«Esatto, con la piccola differenza che una volta potevo solo toglierti punti, adesso se non esci da questa valigia e non vieni ad aiutarmi con la cena non avrai niente da mangiare»
«D’accordo, d’accordo. Finisco di dar da mangiare a queste povere bestie poi arrivo. Promesso!»
 
 
MACUSA, New York
Reparto Auror
Mattina
 
Tina allungò la mano verso la tazza di caffè, la terza da quando si era svegliata. E non erano neanche le undici.
La notizia della fuga di Grindelwald l’aveva gettata nel panico, soprattutto considerato il ruolo che aveva avuto nella sua cattura e quindi le conseguenze che la sua fuga avrebbe potuto avere su di lei e su sua sorella. Non le aveva detto nulla ma era sicura che Queenie avesse capito perfettamente, visto com’era scattata a sedere sul letto appena lei era tornata in stanza. Il fatto che fosse una Legilimens certe volte era una benedizione, visto che in via legale non avrebbe potuto dirle nulla.
«I giornalisti qua fuori sono sempre più assatanati, vogliono dettagli sull’aggressione al carcere e io non so più cosa dirgli. Dov’è finito Graves?!» ringhiò Philip Grass, il suo collega rientrato in quel momento in ufficio.
Tina alzò un dito per indicargli l’ufficio del capo senza nemmeno alzare gli occhi dal fascicolo che stava leggendo: cosa si erano lasciati sfuggire? Con chi era riuscito ad entrare in contatto quel folle, da dentro le spesse e isolate mura del carcere? Dovevano controllare ogni guardia per cercare tracce della maledizione Imperius, cercare qualche testimone, trovare una versione della notizia che non generasse il panico tra gli astanti una volta data alla stampa…
«Goldstein, il capo ti cerca»
Tina fece un verso sconfortato e posò la tazza sulla scrivania: il suo capo, Percival Graves, era stato prigioniero del fuggiasco fino a pochi mesi prima. Stordito e sequestrato il capo degli Auror, Grindelwald non aveva dovuto far altro che prendere un po’ di Pozione Polisucco ogni giorno ed ecco che era riuscito a fregare la comunità magica americana per mesi. Persino i colleghi più stretti di Graves non avevano notato la differenza, abituati com’erano al suo temperamento collerico e arrogante; tutta un’altra persona rispetto all’uomo che sedeva ora alla scrivania dell’ufficio da Capo Auror. Profondamente segnato dall’esperienza, Graves soffriva ora di attacchi di panico e spesso arrivava in ufficio con occhiaie profonde per giorni e giorni, prima di cedere alle pozioni soporifere. La fuga di Grindelwald era sicuramente stata un duro colpo per i suoi nervi ormai fragili.
«Signor Graves, mi cecava?»
«Ah ecco, è arrivata. Tina, ti presento Friedrich Wolf, l’Auror tedesco responsabile del caso Grindelwald per la Germania» le disse, introducendole l’uomo seduto di fronte a lui. Questi si alzò per stringere la mano a Tina; doveva avere circa trent’anni, i capelli chiari pettinati con una severa scriminatura e uno sguardo glaciale.
«Piacere, io sono l’Auror Goldstein. Mi scusi, non avevo idea che il Ministero Tedesco si occupasse ancora del caso»
«In via ufficiale no, ma la notizia ci è stata riferita immediatamente dal vostro Ministero, e siccome il signor Grindelwald rimane un cittadino tedesco ho pensato di venire a controllare il vostro operato, e a dare una mano se serve»
Wolf non aveva un accento tedesco molto spiccato, si sentiva qualcosa di particolare solo nell’arrotare la erre e nel tono particolarmente freddo.
«Tina, appena avremo l’approvazione del Ministero il signor Wolf entrerà a far parte della nuova Squadra Operativa. Ti affido il compito di spiegargli come funziona la burocrazia americana» continuò Graves.
«Aspetti, quale Squadra Operativa?»
«Vista la gravità della situazione, è chiaramente necessario agire il più in fretta possibile. Madame Picquery ha deciso di creare una Squadra Operativa con giurisdizione nei tre paesi che si occupano del caso. Tu sarai l’Auror referente per l’America, il signor Wolf per la Germania e a breve dovremmo avere anche il contatto sul suolo inglese. Appena riceveremo conferma dal Ministero Britannico, chiederemo di attivare una passaporta e tu e il signor Wolf andrete a Londra»
Il cuore di Tina perse un battito, ma si disse che non era quello il momento per pensare a certe cose «A Londra, signore? Perché proprio a Londra? Non sarebbe meglio continuare a cercare qui a New York, almeno finché non si avrà la certezza che Grindelwald abbia lasciato gli Stati Uniti»
«Tina, non prendiamoci in giro: abbiamo entrambi visto di cos’è capace Gellert Grindelwald, sai benissimo anche tu che se anche fosse ancora a New York non riusciremmo a trovarlo in tempo. Inoltre, il nostro contatto al Ministero Britannico ha trovato un collegamento con Grindelwald sul suolo inglese, anche se non ci ha ancora potuto dire di cosa si tratta. Burocrazia inglese, sai. Non fare quella faccia, Tina: sei stata fondamentale per catturarlo una volta, non ti aspetterai sul serio che lasci la mia miglior Auror a marcire alla scrivania durante una missione così importante! Si occuperanno altri dell’indagine in America, non preoccuparti»
Tina annuì, la gola secca e il cuore in tumulto «Va bene, signor Graves. Grazie per la fiducia che ripone in me. Per caso saprebbe dirmi quando, più o meno, dovremo farci trovare pronti per partire per l’Inghilterra?»
«Al più tardi domattina, molto probabilmente stanotte. Dipende quanto in fretta gli inglesi riusciranno ad attivare la passaporta»
«Capisco. Allora, se volete scusarmi, andrei velocemente a casa a fare i bagagli così da poter essere subito pronta all’evenienza. Posso?»
«Certo, certo, vai pure. Se dovessero esserci degli sviluppi nel frattempo ti chiamerò»
Tina si accomiatò dai due uomini e riattraversò l’ufficio in fretta e in silenzio, come a sfuggire da tutti. Raccolse al volo il soprabito e la borsa e si fiondò oltre la soglia dell’ufficio, camminando sempre più velocemente.
“Queenie, se mi senti vieni a casa. Subito. Ho delle cose da dirti e non so ancora se siano buone o cattive” pensò intensamente e ripetutamente mentre si avvicinava ai camini con la metropolvere. S’infilò dentro ad uno di questi e, chissà come, riuscì a mantenere abbastanza concentrazione per arrivare a casa senza problemi.
 
Queenie la raggiunse pochi minuti dopo, accompagnata da un sonoro crack! che la fece sobbalzare.
«Tina! Non provare mai più a usare quel metodo di comunicazione! Mi sentivo letteralmente come se mi stesse esplodendo la testa, Jacob ha pensato che stessi male. Ho dovuto farglielo credere, altrimenti non credo mi avrebbe lasciata uscire dal negozio a metà mattina… ma cosa stai facendo?» si interruppe la bionda, vedendo che la sorella stava facendo la valigia.
“Queenie, ora voglio che mi ascolti attentamente. Quello che sto per dirti non potrebbe uscire dal Ministero, ecco perché te lo sto dicendo così. Grindelwald è scappato, questo l’avevi probabilmente già intuito stanotte. Non si sa come, quando, non si sa niente. Un Auror inglese doveva arrivare per prenderlo in custodia entro la fine della settimana, ma a quanto pare adesso saremo noi ad andare da lui. La Picquery ha creato una Squadra Operativa apposta per questo caso, composta da me, un Auror tedesco e uno inglese. Stanotte o domattina partiremo per Londra con una passaporta.”
«Vengo con te» esclamò Queenie, per poi tapparsi la bocca all’occhiata in tralice della sorella.
“Voglio venire con te. Ho visto di cos’è capace quell’uomo, non potrei vivere sapendo di averti lasciata andare da sola contro un individuo del genere!”
“Queenie, io sono un Auror, tu un’ex segretaria aiuto-fornaia. Se ti lasciassi venire con me, sarei io a non poter vivere sapendo di averti esposta così stupidamente al pericolo. Devi rimanere qui, mandare avanti la tua pasticceria con Jacob e aspettare che il nostro contatto a Londra ci dia le informazioni necessarie a catturare di nuovo quel maledetto bastardo.”
Queenie stava per replicare quando si rese conto di una cosa molto importante “Hai detto che andrete a Londra?” chiese.
Tina la guardò male, arrossendo furiosamente.
La risata cristallina di Queenie risuonò nell’appartamento, impossibile da trasmettere con la Legimanzia.
“Queenie! Questa è una cosa seria!”
“Lo so, scusa.”
Poi ad alta voce aggiunse «Sembra che qualcuno non dovrà aspettare ancora a lungo per avere la sua copia autografata di un certo libro…»
Tina le lanciò una scarpa.

 

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Capitolo 2
*** II. ***


II.
Dove tutto si sposta sul continente
 
24 Gennaio 1927
Gringott, Diagon Alley, Londra Magica
Mattina
 
In pubblico non l’avrebbe mai ammesso, ma tra sé e sé Amelia Prewett era convinta di avere una specie di sesto senso, che la avvertiva quando stava per succedere qualcosa di strano e potenzialmente brutto.
Cominciava tutto con un peso sul petto appena sveglia e continuava con fitte alla cicatrice nel basso ventre per tutta la giornata. Il cibo sembrava insapore e il tè sempre troppo freddo.
Quella mattina iniziò esattamente così, e mentre s’incamminava verso la Gringott trattenendo una smorfia di dolore ad ogni passo, la sua mente vagliava ogni plausibile ipotesi. Graham era via con la squadra, che si fosse fatto male? O forse era successo qualcosa ad Ignatius? Non si ricordava se era già tornato dall’ultima missione oppure no, doveva assolutamente scrivere a Lucrezia. Charlie era al San Mungo per l’apprendistato, era logico pensare che stesse bene. Ma sua madre? Con un pizzico di senso di colpa si ricordò che non si sentivano da Natale, e Mrs Prewett per quanto stoica era pur sempre una donna anziana…
Il flusso di coscienza fu interrotto da uno dei folletti della Gringott, l’addetto al controllo bacchette. «La sua bacchetta, Miss» le disse con voce stridula.
Passati tutti i controlli di rito, Amy andò dal capo degli Spezzaincantesimi per conoscere le sue mansioni del giorno.
«Buongiorno Prewett! Tutto bene? Ti vedo un po’ pallida»
«Tutto a posto, capo, non si preoccupi. Dove mi manda oggi?»
«Allora, c’è un carico di rubini sospetto, arrivato dall’Egitto. Qualche runa strana da identificare sul sigillo, un po’ di vecchia magia dei faraoni, quella roba lì. Hai bisogno di un aiuto?»
«No, grazie capo, posso cavarmela da sola»
«Perfetto, allora segui pure questo folletto, ti dirà lui dove andare. Mi raccomando, concentrazione!»
Amy si impose di controllare i pensieri e l’ansia latente, visti gli ultimi inconvenienti che un controincantesimo errato le avevano provocato (non era stato affatto divertente parlare al contrario per una settimana, checché ne ridesse Graham).
“Dopotutto, non ho sempre avuto ragione con i presentimenti. Molto spesso sì, ma non proprio sempre…” si disse, entrando nella camera blindata.
 
 
Da qualche parte nella Foresta Nera, Germania
Mattina
 
Era sempre bello tornare a respirare aria di casa. Specie dopo due mesi chiuso in una cella nella sporca e puzzolente America.
Gellert Grindelwald, ormai libero, si sgranchiva le gambe percorrendo a lunghe falcate i corridoi della villa che aveva acquistato prima di trasferirsi a New York, ben nascosta nella Foresta Nera, accuratamente incantata a prova di babbano. Il posto perfetto dove riprendere le redini del suo piano iniziale, e anche per pianificare la giusta vendetta ai danni del ragazzino inglese che l’aveva scoperto e fatto catturare.
«Albus, caro vecchio Albus… cosa ci trovavi in lui? Non mi è parso il tuo genere, né particolarmente dotato. Fortunato sì, parecchio, ma non hai mai creduto a queste cose. Non importa, avrò modo di chiedertelo» rimuginava a mezza voce.
Qualcuno si materializzò in una stanza lì vicino, spaventandolo «Signore? È qui?» chiese una voce trafelata.
«Maledizione, Von Meinster, ti sembra il caso di fare questi ingressi?! Avrei potuto ucciderti» ringhiò, avvicinandosi a passo di carica.
Gregor Von Meinster, uno dei suoi seguaci più fidati prima della sua partenza per l’America (e anche uno dei più stupidi, ma non è forse la stupidità uno dei requisiti del perfetto seguace?), lo fissava con gli occhi sbarrati «Signore! È davvero lei! Pensavo che Magnus mi avesse giocato un brutto scherzo, insomma, la sapevamo prigioniero degli americani e…»
«E secondo te gli americani sono abbastanza in gamba da riuscire a trattenermi contro la mia volontà per così tanto tempo? Non capisco se stai offendendo me o facendo un complimento a loro. Non rispondere, non esistono risposte giuste e non ho voglia di punirti»
«Ma come ha fatto a liberarsi?»
«Magnus si è infiltrato fra le guardie, dopodiché è stato un gioco da ragazzi. Allora, dove sono tutti gli altri?»
«Sono sparsi per la Germania, signore. Ma sono sicuro che arriveranno presto. Magnus dov’è?»
«Lui è rimasto in America a controllare la situazione. Richiama tutti all’ordine, bisogna passare all’azione il più velocemente possibile, prima che anche gli altri riescano ad organizzarsi»
Gregor si accomiatò con un piccolo inchino e corse a mandare messaggi agli altri seguaci di Grindelwald. Lui invece raggiunse la terrazza panoramica, il suo luogo preferito della villa. Presto avrebbe dovuto abbandonarla per tornare a Nurmengard, voleva godersi un po’ la vista finché poteva.
L’aria frizzante dell’inverno tedesco lo aiutava a schiarirsi le idee, proprio quello di cui aveva bisogno. Doveva trovare un modo per entrare in Inghilterra senza farsi notare, ma quella sarebbe stata la parte più facile del piano (un po’ di Pozione Polisucco e via andare, tanto ne teneva sempre un po’ con sé e ormai si era abituato al sapore terribile).
Lo sguardo perso ad ammirare i fitti boschi lì attorno, lasciò vagare i suoi pensieri, liberi dall’occlumanzia che solitamente li controllava. L’Inghilterra, era da una vita che non ci andava. Qualcosa gli mancava dell’umida Albione, forse le imprevedibili e speciali giornate di sole, forse il sapore dolciastro dell’idromele, forse il camino acceso a Godric’s Hollow… strinse i pugni nel ricordare quell’ultimo dettaglio, l’odore dei ciocchi in fiamme sostituito da quello del tradimento e dell’abbandono. Albus l’aveva tradito, dopo tutto quello che aveva fatto per lui, con lui, lo aveva pugnalato alle spalle e gli aveva sbattuto la porta in faccia. Aveva deciso: gli avrebbe lasciato la possibilità di scusarsi e ritornare al suo fianco, sapeva bene che il desiderio di potere del vecchio amico era molto più incontenibile di quanto il resto del mondo immaginasse. Ma per prima cosa avrebbe ammazzato il suo nuovo amichetto, giusto per chiarire come andavano le cose.
 
 
Casa Editrice Obscurus Books, Londra Magica
Pomeriggio
 
Augusts Worme era abituato ad avere clienti bizzarri, nel corso degli anni aveva ricevuto proposte di pubblicazione tra le più disparate. Una volta un tipo con un occhio solo gli aveva chiesto di pubblicare un pamphlet sugli usi del fagiolo sopoforoso per la cura del vaiolo di drago, poi c’era stato quello del libro su come addomesticare le banshee e successivamente cosa regalare loro per il matrimonio, quello che parlava di creature immaginarie mai sentite prima… ma Scamander sembrava deciso a superarli tutti.
Il suo libro non era niente di così impressionante, per quanto fosse il primo pubblicato da Worme ordinato direttamente dal Ministero della Magia. Worme non aveva un’avversione per le creature magiche, anzi, era contento che finalmente ci fosse qualcuno dalla loro parte e che le generazioni future potessero imparare a conviverci tranquillamente. Il vero problema era Scamander stesso.
I due erano in contatto da diversi anni, da quando al giovane Magizoologo era stato commissionato il libro. Durante quegli anni, Scamander aveva viaggiato per tutto il mondo (a spese del Ministero, supponeva Worme) alla ricerca di creature sconosciute ai più (non aveva però mai trovato Gorgosprizzi o Ricciocorni, quelli di cui gli aveva parlato quel cliente pazzo anni prima) e di questo Worme gli era grato, perché era contento di pubblicare un lavoro corretto e preciso alla virgola. Ora però il ragazzo stava esagerando, da quando era tornato in anticipo da un viaggio negli Stati Uniti si rifiutava di portargli la “copia finale” del manoscritto, come la chiamava lui. Gliene aveva portate diverse versioni, tutte perfette secondo Worme, ma tutte le volte lui ci trovava qualcosa di impreciso e non gliele lasciava mandare in stampa. Quando lo vide varcare la soglia quel giorno, pregò mentalmente Merlino perché quella fosse la volta buona.
«Signor Scamander, salve! È un piacere vederla, com’è andato il viaggio in Scozia? Ha trovato ulteriori informazioni utili per il nostro libro?»
Newton sorrise impacciato «Buongiorno, signor Worme. È stato un soggiorno piacevole, grazie, ho trovato quello che cercavo. Ho parlato con la signorina Prewett, mi ha detto che l’ha incontrata e le ha chiesto di me»
«Beh ecco, sapendo che siete amici, sa, non ricevevo sue notizie da un po’… Dunque, ha qualcosa da mostrarmi? Ottimo, mi segua pure nel mio ufficio»
Una volta seduti davanti ad una tazza di tè, Newton tirò fuori dalla borsa di pelle un plico di fogli di pergamena. Sul primo, dopo centinaia di segni di cancellatura, campeggiava il titolo definitivo, “Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli”.
Worme prese il manoscritto e cominciò a sfogliarlo «Ottima questa legenda sulla pericolosità degli animali, sì. Anche la locazione geografica è perfetta, vedo che ha corretto le ultime imprecisioni… mi sembra ottimo. Lei ha… qualche osservazione da fare?» gli chiese, temendo la risposta dell’altro. Ma Newton scosse la testa «No, questa volta penso proprio che ci siamo. Ho controllato e ricontrollato tutto e sono tranquillo, può mandarlo in stampa»
Worme decise che avrebbe finalmente aperto quella bottiglia di liquore che aveva nell’armadietto, per festeggiare la fine di quello stillicidio «Ottimo signor Scamander, ottimo! Sono certo che il suo libro avrà successo e soddisferà appieno le richieste del Ministero. A questo proposito, ho bisogno di quell’ultimo timbro prima di poterlo mandare in stampa, riesce a procurarmelo entro sera?»
Newton annuì «Posso andare al Ministero appena esco da qui, sono sicuro che anche loro saranno felici della conclusione del mio lavoro. Glielo mando via gufo, può andar bene?»
«Benissimo, signor Scamander. Allora la lascio andare, ci risentiamo per la data d’uscita, d’accordo?»
«Perfetto. Quando potrebbe essere, secondo lei?»
«Beh, ci vuole circa una settimana per stampare abbastanza copie, quindi direi che tra una decina di giorni potrà già trovarsi in libreria. Le scriverò per ulteriori informazioni. È stato un piacere lavorare con lei!» concluse l’editore, stringendogli la mano.
«Anche per me, signor Worme. Arrivederci!»
Uscito dalla casa editrice, Newton fece un sospiro tra il sollievo e il panico. Aveva lavorato così tanto a quel libro, non tanto perché sperava che diventasse un best seller, ma per Tina. Era stato molto combattuto, tra il finire subito il lavoro per poter correre a New York per mostrarglielo e il lavorarci alla perfezione per renderla orgogliosa di lui. Al tutto si era aggiunto anche il panico di aver frainteso le intenzioni della giovane americana, che l’aveva spinto a tentennare ancora di più sulla consegna del lavoro, ma la burbera Amelia la sera prima l’aveva convinto a togliere la testa da sotto la sabbia (con termini più coloriti che avrebbero fatto svenire la signora Prewett) e di provarci, almeno.
«L’ultima volta che “ci ho provato” non è finita troppo bene, Amy» le aveva detto lui.
Lei gli aveva fatto un sorriso comprensivo «Lo so benissimo, è un po’ difficile da dimenticare. Ma non puoi passare il resto della tua vita nell’ansia e nella paura solo per una stronza. Nemmeno a me era andata tanto bene, la prima volta, ma guardami adesso. Io e Collins stiamo insieme da dieci anni e lui non ha ancora capito che è solo per i suoi soldi! Almeno tu con la tua cara Tina saresti sicuro che i soldi non c’entrino…»
«Sei un mostro, Prewett»
«Assolutamente, ma se me lo dici di nuovo ti sbatto fuori di casa»
Newt lanciò un’occhiata all’orologio che aveva nel taschino: Amy non sarebbe tornata a casa prima di un paio d’ore, quindi aveva tutto il tempo di andare al Ministero, far timbrare gli ultimi documenti, mandarli a Worme e tornare a Tottenham Court Road prima dell’amica per preparare qualcosa da mangiare, per festeggiare. E magari farsi dare una mano a scrivere una lettera per Tina. Con uno schiocco, si smaterializzò.
 
Al Ministero c’era una gran confusione, non fece in tempo ad uscire dal camino che già gli erano andate a sbattere contro cinque persone. Tutti sembravano agitati, persino le buste e le pergamene che sfrecciavano da una parte all’altra del grande ingresso. Sembrava esserci qualcosa di strano, ma non riusciva a capire cosa.
Arrivò all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, solitamente tranquillo, ma anche lì c’era uno strano viavai. Il suo vecchio capo alzò gli occhi dal registro quando lo sentì entrare «Scamander! Cosa ci fai qui?»
«Salve signore, sono venuto a far timbrare gli ultimi documenti per il mio libro»
«Ah, finalmente ti sei deciso a finirlo! Hai fatto dannare quel poveretto di Worme, ho sentito dire. Dammi quei fogli, chiudiamo la questione»
Mentre il capo cercava l’inchiostro per il timbro, Newt indagò «Ho notato parecchia confusione qua fuori, lei per caso sa cos’è successo?»
«Mi dispiace ma non hai l’autorizzazione per sapere certe cose, Scamander. Prova a chiedere a tuo fratello, mi dicono che sia ben immischiato nella faccenda»
Newt nascose a stento una smorfia; da quando Theseus era diventato un eroe di guerra, il peso di essere suo fratello minore si era fatto ancora più fastidioso.
«Bene, Scamander, ecco qui i tuoi documenti. E non dimenticarti di mandarmi una copia autografata, all’uscita del libro!» lo prese in giro l’altro, ridandogli i documenti e facendolo arrossire violentemente al pensiero dell’altra copia autografata che doveva consegnare.
Uscito dall’ufficio andò verso la guferia, sperando di incontrare Theseus nel tragitto. Non aveva voglia di andare a girovagare per il reparto Auror, c’erano sempre troppe persone pronte ad infastidirlo. Non ebbe fortuna, si limitò a spedire i fogli al signor Worme e poi tornò verso casa di Amy.
Con il supporto morale di Pickett riuscì a preparare una cena che fosse commestibile e non troppo brutta da vedere. Stava giusto mettendo a lavare la pentola quando Amy rientrò in casa, con una macchia di inchiostro sulla guancia e una ciocca di capelli strinati.
«Ehi! Cosa ti è successo?»
«Questo è il regalo di un assistente incapace che è ancora vivo solo perché sono troppo Hufflepuff per farlo fuori a sangue freddo,» disse indicando la macchia d’inchiostro «questo invece è stato un rischio calcolato, qualcuno ci teneva parecchio a non farci trovare dei rubini. Hai cucinato tu?»
«No, ho aiutato Pickett»
«Ma sei addirittura spiritoso! Fammi indovinare, abbiamo qualcosa da festeggiare? Hai finalmente tirato fuori la testa…»
«Hai reso sufficientemente l’idea ieri sera. Comunque no, però sto iniziando: ho finalmente portato il libro a Worme. È la versione definitiva, gli ho spedito anche gli ultimi timbri, dovrebbe uscire tra una decina di giorni»
«Ma è fantastico, Salamander! Finalmente diventi grande anche tu. Vado a cambiarmi poi possiamo cenare»
A metà cena, dopo che Amy aveva fatto i complimenti all’amico per essere riuscito a cucinare un intero pasto senza bruciare né il cibo né sé stesso, proprio quando Newt cominciava a rilassarsi abbastanza da chiedere alla ragazza una mano per scrivere a Tina, qualcuno bussò alla porta.
Amy rivolse a Newt uno sguardo perplesso da sopra il bicchiere di succo di zucca «Stai aspettando qualcuno?»
Newt scosse la testa «Forse Graham è tornato prima per farti una sorpresa»
Amy si alzò «Se volesse farmi una sorpresa, probabilmente si materializzerebbe in mezzo al salotto solo per farmi spaventare. Vado a vedere»
Newt rimase in cucina mentre l’amica andava ad aprire la porta. Forse era suo fratello, o forse il fratello di Amy di ritorno da una missione. Magari, chiunque fosse, sapeva cos’era successo al Ministero…
«Amy? Chi è?» chiese, non sentendola tornare in cucina. Quando lei non gli rispose, sentì improvvisamente freddo alle viscere. Si alzò di scatto e, bacchetta alla mano, si avvicinò alla porta d’ingresso. Amy era ancora lì, il che lo tranquillizzò. Comparve alle sue spalle con un’espressione inquisitoria che divenne subito di profondo stupore.
«Tina?»

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Capitolo 3
*** III. ***


III.
Dove la Squadra accoglie un nuovo membro e Tina sbaglia approccio
 
18 Gennaio 1927
MACUSA, New York
Reparto Auror
Notte
 
«Allora, ripetiamo un’ultima volta le procedure di sicurezza. In caso di pericolo, chiama aiuto con delle scintille rosse. Non affrontatelo mai da soli. Avete a vostra disposizione i fascicoli del Ministero inglese, di quello tedesco e del MACUSA, ci sono tutte le informazioni che potrebbero servirvi, leggile attentamente e ricordati di non affrontarlo mai da soli. Gli Auror inglesi sono molti ben attrezzati e a quanto pare hanno già un piano che vi spiegheranno appena arriverete. Hanno assegnato al caso uno dei migliori, è un eroe di guerra, quindi ascoltalo bene e dagli retta. E soprattutto…»
«Non affrontarlo mai da sola? Ho capito, Graves, me l’hai ripetuto un paio di volte»
Il capo la guardò male «Non c’è niente di divertente, Goldstein. Non puoi nemmeno immaginare quanto sia potente»
«Se permetti, non ho affatto bisogno di immaginarlo, l’ho visto all’opera»
«Bene, allora vedi di riportarlo alla giustizia anche questa volta, magari senza farti catturare, va bene? Sei un ottimo Auror, Tina, non vorrei mai che ti succedesse qualcosa di male»
Tina fece un sorriso teso «Va bene, cercherò di uscirne indenne anche questa volta. Possiamo andare?»
Graves la portò nell’ufficio della Picquery, dove l’Auror tedesco li stava aspettando. La Presidente aveva un’aria preoccupata che Tina non le aveva mai visto.
«Perfetto, ora che anche l’Auror Goldstein è qui direi che potete andare. La passaporta vi porterà direttamente nell’ufficio del Ministro inglese, dove conoscerete l’ultimo membro della vostra squadra. A Londra sono le sette di mattina, quindi non credo avrete molto tempo per riposarvi, scusate se non siamo riusciti a fare il tutto in orari più comodi ma si tratta di un’emergenza. Ecco a voi la passaporta» disse, porgendo a Wolf una vecchia cornice. L’Auror tedesco la prese con cautela poi si girò verso Tina «Pronta, signorina Goldstein?» le chiese, con un sorriso affilato. Tina annuì.
La sensazione di essere trasportata di peso dall’ombelico era sempre fastidiosa, soprattutto quando si viaggiava per coprire una simile distanza, ma quantomeno Tina era ormai abituata a cadere in piedi. Atterrò con quanta più grazia possibile al centro dell’ufficio del Ministro della Magia inglese, Hector Fawley. Fu colta da una leggera nausea ma cercò di far finta di niente; Wolf invece era impassibile, come sempre.
«Buongiorno, voi dovete essere gli Auror incaricati del caso Grindelwald, giusto?»
«Sì, signore. Io sono l’Auror Goldstein, da New York»
«Io sono Friedrich Wolf, dal Ministero tedesco»
«Molto piacere, io sono Hector Fawley, Ministro della Magia. Prego, lasciate che vi accompagni dal resto della squadra»
Il Ministero inglese di prima mattina era silenzioso e poco affollato, diverso dal MACUSA. Anche il Ministro era diverso dalla Picquery, insolitamente ciarliero per essere un inglese.
«Spero che non abbiate avuto problemi con il viaggio, mi dispiace che non abbiate potuto dormire ma penso proprio che recupererete in fretta. Non c’è molto da fare, qui»
«Scusi se mi permetto, signor Fawley, ma riportare alla giustizia un criminale come Grindelwald non mi sembra poco da fare» disse Tina.
«Ma non abbiamo certezze su dove sia, né su quali siano i suoi piani. Sempre che li abbia! A mio parere è solo un gradasso che si è spaventato al pensiero della prigione, non sarà difficile riprenderlo, ve lo garantisco!»
Wolf e Tina si scambiarono un’occhiata perplessa da sopra la sua testa ma decisero di non mettersi a discutere.
Nell’ufficio degli Auror c’era molta più gente che nel resto del Ministero che erano riusciti a vedere, fogli di carta e pergamena sfrecciavano da una parte all’altra della stanza insieme a tazze di tè e calamai.
«Un attimo di attenzione, prego! Questi sono gli Auror Goldstein e Wolf, da New York e Berlino. Sono i due Auror che vi aiuteranno con il caso Grindelwald»
Gli Auror inglesi rivolsero sorrisi impacciati ai due colleghi stranieri.
«Mi scusi, signor Fawley, chi è l’Auror inglese assegnato alla Squadra Operativa?» domandò Tina, nervosa.
«Sta arrivando, è appena andato nel suo ufficio a lasciare il cappotto! Theseus, vieni, ci sono quelli della Squadra»
Un uomo con i capelli scuri e dall’aria tremendamente familiare uscì di corsa da una porta laterale «Eccomi! Scusate, non volevo farvi aspettare. Signor Ministro, può lasciarli qui, sono in buone mani»
Fawley parve sollevato «Ottimo! Buona giornata, signori; se avete bisogno, non esitate a chiedere»
Il Ministro se ne andò, e l’Auror inglese si rivolse di nuovo a Tina e Wolf «Ben arrivati in Inghilterra. Mi potreste dire i vostri nomi? Scusatemi, è successo tutto troppo in fretta per la nostra burocrazia»
«Io sono Friedrich Wolf, da Berlino. La mia collega è Tina Goldstein, dal MACUSA»
«Molto piacere. Io sono Theseus Scamander»
Il cuore di Tina perse un battito.
 
 
20 Gennaio 1927
Hogwarts, Torre di Astronomia
Mattina
 
Una lettera dal Ministero, segnalata come urgente, era arrivata il giorno precedente all’attenzione di Albus Dumbledore, professore di Trasfigurazione ad Hogwarts: Theseus Scamander, ex Ravenclaw, uno dei migliori Auror al servizio del Ministero inglese, richiedeva un colloquio con il professore in merito ad informazioni che potevano essere risolutive per un nuovo, importante caso. Quella era stata solo una conferma per l’uomo, che già da qualche tempo sentiva che qualcosa di strano, qualcosa di brutto, stava per accadere.
L’incontro era previsto per le nove e mezza nel suo ufficio, quindi Albus si era svegliato prima ed era andato sulla Torre di Astronomia per riflettere. Non sapeva bene cosa potesse volere il Ministero da lui; quando aveva visto il nome di Scamander sulla lettera aveva temuto fosse successo qualcosa al fratello minore dell’Auror, Newton, che era stato espulso da Hogwarts una decina di anni prima e da allora non aveva avuto sempre vita facile, ma i suoi informatori gli avevano assicurato che il ragazzo stava bene.
In cuor suo, forse sapeva cosa stava per succedere. Quella strana sensazione di stretta al cuore, quell’emozione sospesa, non era la prima volta che gli capitava di sentirle. Sospirò, preoccupato: se quello era davvero il problema del Ministero, non era certo di sapere cosa fare, come reagire, non sapeva se sarebbe potuto essere davvero d’aiuto oppure no.
Vide in lontananza i gufi allontanarsi dalle finestre della Sala Grande dopo aver consegnato la posta agli studenti, segno che era quasi ora di andare. Tornando verso l’ufficio, gli sfuggì un sorriso al pensiero degli alunni che avrebbero dovuto avere lezione con lui quella mattina; chissà quanto stavano festeggiando.
 
Theseus arrivò in perfetto orario, come suo solito.
«Buongiorno professore. Spero di non aver interferito con le sue lezioni» disse, uscendo dal camino spolverandosi la giacca. Dumbledore gli offrì una tazza di tè, sorridendo.
«Non preoccuparti Theseus, sono sicuro che i miei alunni ti stiano ringraziando»
«Se le sue lezioni sono ancora com’erano quando io ero suo alunno, signore, ne sono certo anch’io» rispose Theseus, con un sorriso ammiccante.
«Qualcuno ti direbbe che sono anche peggio. Prego, accomodati pure. Come stai?»
L’Auror si lasciò sfuggire un sospiro «Sto bene, grazie. Un po’ sotto stress, come sempre. Lei come sta?»
«Oh, io sono sempre lo stesso, immutato e immutabile. Newton come sta? Ha finito il suo libro?»
«A quanto so l’ha finito, ma non l’ha ancora mandato in stampa. È diventato un perfezionista, a quanto pare, ma a parte questo sta bene»
Dumbledore annuì «Ottimo. Sono contento che stiate tutti bene, ma immagino che non sia per parlare di convenevoli che mi hai mandato una lettera urgente. Mi sbaglio?»
«Purtroppo no. Professore, durante delle indagini del Ministero è venuto fuori il suo nome come quello di persona informata sui fatti. Lei conosce un mago chiamato Gellert Grindelwald?»
Eccolo, il nome che Albus non avrebbe mai più voluto sentire.
«Credo che ci siano ben pochi maghi o streghe a cui quel nome non suoni familiare, ahimè. Ma ho capito cosa intendi: sì, lo conosco. O meglio, lo conoscevo. Siamo stati… amici, in passato»
«Sì, c’è scritto anche nel fascicolo che abbiamo trovato noi. C’è scritto anche che vi siete divisi quando la sua avversione per i babbani è diventata patologica, e che lei ha cercato di consegnarlo alla giustizia prima che fuggisse in Germania, giusto?»
«È esatto. Se posso chiedere, come mai state ancora investigando su di lui? Non è stato arrestato dal MACUSA qualche mese fa?»
L’espressione di Theseus valeva più di mille parole «Purtroppo è riuscito ad eludere la sorveglianza ed è fuggito. Abbiamo creato una Squadra Operativa con Auror dal MACUSA e del Ministero di Berlino, lo stiamo cercando per arrestarlo di nuovo. E potremmo… ecco, abbiamo pensato che lei potesse darci una mano. Lei è uno dei maghi più forti della storia, e avendo conosciuto Grindelwald di persona potrebbe essere assolutamente rilevante per le indagini. E anche per un eventuale scontro sul campo»
Il professore rimase in silenzio qualche minuto, fissando intensamente il fondo di tè nella tazza. Il giorno che tanto aveva temuto era arrivato, e non era sicuro di essere riuscito a prepararsi abbastanza. Ma l’egoismo non l’avrebbe portato da nessuna parte, questo lo sapeva benissimo.
Posò la tazza e si alzò «I miei alunni ti faranno un monumento, Theseus. Devo andare a discuterne con il Preside, ma sono sicuro che non avrà nulla in contrario. Vuoi venire anche tu o preferisci aspettarmi qui?»
Theseus sembrava stupito «Vuole iniziare oggi?»
«Beh, non mi sembra il caso di lasciare a Gellert altro vantaggio»
 
 
Ministero della Magia, Londra magica
Ufficio Auror
 
Il camino dell’Ufficio Auror si illuminò e ne uscirono Theseus e un altro uomo, più vecchio, con una lunga barba.
«Cari colleghi, sono stato più efficace di quanto pensassi. Vi presento il professor Dumbledore, nuova aggiunta alla nostra Squadra Operativa»
I due Auror stranieri si presentarono al professore, poi Theseus disse «Andiamo nel mio ufficio, così possiamo aggiornare il professore»
L’ufficio di Theseus era pulito e ordinato, con rotoli di pergamena e calamai di ricambio ben organizzati sulla scrivania, una vecchia sciarpa di Ravenclaw appesa al muro e una bacheca con qualche foto e diversi articoli del Profeta sulla guerra. Tina cercò di sbirciare se c’erano anche foto di Newt, ma Theseus richiamò immediatamente la loro attenzione dicendogli di accomodarsi.
«Dunque, professore, quelle che sto per comunicarle sono informazioni riservate che non dovranno uscire da questa stanza, è chiaro? Perfetto. Come lei già sa, Grindelwald è stato catturato lo scorso novembre a New York, dopo anni di latitanza. Aveva rapito uno dei capi dell’ufficio Auror del MACUSA e ne aveva assunto le sembianze senza che nessuno se ne accorgesse per diversi mesi. Era alla ricerca di qualcosa, di una creatura magica che prende il nome di Obscuriale, immagino che lei sappia di cosa sto parlando. Purtroppo prima che venisse arrestato ha causato la morte del ragazzo che ospitava l’Obscuriale, un magonò di nome Credence Barebone, un altro crimine per cui dovrà pagare quando lo avremo ricatturato»
«Ovviamente. Ma tutte queste informazioni, salvo il nome del ragazzo, erano già di dominio pubblico»
I tre Auror si scambiarono un’occhiata, poi fu Tina a prendere la parola «Il MACUSA ha deciso di non divulgare il nome di Credence per evitare che venisse ingiustamente accusato di diversi incidenti avvenuti a New York nei mesi precedenti alla sua morte. Il ragazzo non ne aveva colpa, era controllato da Grindelwald e ci è stato detto che gli Obscuriali sono creature molto particolari…»
«So benissimo come si comporta un Obscuriale, signorina Goldstein, ma non credo ci siano molte persone al mondo capaci di dire la stessa cosa. Chi vi ha dato queste nozioni?»
Theseus sospirò «Vede, professore, è questo il problema. Quello di Credence Barebone non è stato l’unico nome censurato dal MACUSA, si è deciso di nascondere anche quello della persona che ha effettivamente smascherato Grindelwald»
«Non sono stati gli Auror del MACUSA?»
«Lo abbiamo avuto davanti per mesi senza rendercene conto, professore. Purtroppo ci volevano degli occhi nuovi per svelare il misfatto» rispose Tina, con una punta di amarezza nella voce.
«Chi è stato, allora?»
«Mio fratello»
Albus era stupito «Newton? Perché Newton è stato coinvolto in un’indagine del MACUSA?»
«Si trovava a New York per lavorare al suo libro ma ha causato un incidente con un babbano quindi la signorina Goldstein l’ha preso in custodia. Nel giro di ventiquattr’ore è riuscito a liberare per errore nella città alcune delle creature che tiene in quella sua vecchia valigia, farsi arrestare due volte, condannare a morte, scappare e smascherare un potente mago oscuro. Tipico di Newton, non trova?» aggiunse Theseus, con un mezzo sorriso «Si è deciso di non rendere pubblica la sua identità per evitare sia ripercussioni da parte dei seguaci di Grindelwald rimasti, sia bagni di folla che avrebbero potuto disturbarlo. Ma Grindelwald sa benissimo chi è stato a consegnarlo alla giustizia, e adesso che è in fuga temiamo si possa vendicare»
«Quindi cosa suggerite di fare?»
«Avevamo pensato di mandarlo in un posto sicuro, segreto, lontano da occhi indiscreti finché non saranno finite le indagini. Ma io e lei conosciamo Newton, e…»
«L’isolamento non gli farebbe affatto bene. Mi pare che ci sia una sola soluzione possibile, non trovate?»
I tre Auror guardarono il professore, perplessi.
«A parte l’isolamento?» disse Wolf, dubbioso.
Dumbledore rise «Signori, mi sembra ovvio: abbiamo a nostra disposizione l’unica persona in tutto il mondo magico che è riuscita a smascherare Gellert Grindelwald, cos’altro possiamo fare se non usarla?»
«Lei sta suggerendo di includere Newton nella squadra?» domandò Theseus, già alterato «Mi auguro che stia scherzando. Newton non ha un addestramento da Auror, lavora per l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, vuole diventare Magizoologo!»
«Il suo lavoro sul Fronte Orientale è stato molto utile durante la guerra, ha una vasta conoscenza di Pozioni e Incantesimi, quando era ad Hogwarts ha partecipato per cinque anni al Club dei Duellanti e soprattutto, come abbiamo già ampiamente ribadito, ha già catturato Grindelwald una volta»
«Ha avuto fortuna! Non metterò in pericolo la vita di mio fratello solo perché ha avuto un colpo di fortuna!»
Theseus era furente, ma Dumbledore non si lasciò impressionare. Si voltò verso Tina e le chiese «Signorina Goldstein, lei conosce il fratello del signor Scamander? Ha assistito al momento dell’arresto di Grindelwald?»
Tina annuì «Sì, signore. Ancora non so come abbia fatto, forse ha ragione Theseus e ha avuto solo fortuna, però è riuscito dove molti più esperti di lui avevano fallito»
«Per me non fa una piega. Può darsi che sia davvero bravo, o che abbia un altro colpo di fortuna. Oppure può semplicemente darci una mano, che non guasterebbe. Quattro persone sono poche, per una Squadra Operativa» disse il tedesco.
«Grazie mille, signor Wolf. Theseus, ragiona: se non fosse tuo fratello, avresti davvero avuto bisogno di pensarci così tanto?»
«Ma è un civile» protestò debolmente lo Scamander maggiore.
«In certi momenti, bisogna fare affidamento su tutti quelli che possono aiutare, anche se sono civili. E poi anche io sono un civile, se non erro»
«Lei è un’altra cosa, professore!» rispose Theseus, poi fece un sospiro frustrato «D’accordo, questa sera andrò a parlargli. Sarà una proposta, non lo obbligherò a partecipare»
«Non sarebbe meglio convocarlo al Ministero?»
«Non la prenderebbe come una proposta»
«Nemmeno se andassi tu a parlargli la prenderebbe come una proposta, Theseus»
«Potrei andare io a parlargli» s’intromise Tina, pentendosene un istante dopo. I tre uomini la guardavano stupiti.
«Insomma, se ci andasse suo fratello sarebbe come… un conflitto d’interessi, giusto? Potrei parlargli io e chiedergli di venire al Ministero per discuterne con il resto della squadra. Se non siete d’accordo però possiamo sempre…»
«No, non è una cattiva idea. È meglio affrontare Newton su un terreno il più neutrale possibile, non è vero Theseus?» rispose il professore.
L’Auror sospirò nuovamente «D’accordo, facciamo così. Non mi tocca che sperare nel buonsenso di Newton; per Merlino, come mi sono ridotto»
 
Per Tina, la giornata era sembrata infinita. Ogni volta che alzava gli occhi da un fascicolo per controllare l’orologio, convinta che fossero passate ore, si accorgeva che non erano trascorsi che pochi minuti. Eppure, quando finalmente arrivò la sera, le sembrò di non essere ancora abbastanza pronta; aspettava di rincontrare Newton da quando l’aveva salutato sul molo a New York, ma la certezza di stare per rivederlo era quasi troppo per lei.
Aveva chiesto a Theseus il suo indirizzo, era un appartamento nella Londra babbana quindi non le conveniva smaterializzarcisi, meglio usare la metropolitana. Durante il viaggio, stretta fra i londinesi che chiacchieravano e ridevano, aveva cercato di elaborare il discorso da fargli.
“Non devo lasciarmi trasportare, devo essere cordiale ma allo stesso tempo professionale, ma senza spaventarlo perché suo fratello si è raccomandato di non metterlo alle strette. Certo che il mondo vuole farmi impazzire, comunque, con tutti gli Auror che ci sono in Inghilterra mi dovevano mandare a collaborare proprio con il fratello di Newton? Che non ha idea di chi sono, quindi Newton non gli ha parlato di me. Perché non gli ha parlato di me? Come vorrei che Queenie fosse qui… che fermata è questa? Tottenham… oh santo cielo, devo scendere!”
Si affrettò fuori dalla stazione, lieta di respirare finalmente un po’ d’aria fresca dopo il viaggio in metropolitana. L’appartamento di Newton era al secondo piano di un palazzo di mattoni, senza portiere per fortuna. Arrivata davanti alla porta col cuore in gola, fece qualche respiro profondo, si fece coraggio e bussò.
Ad aprire la porta, qualche secondo dopo, non fu però Newton. Fu una donna con corti capelli scuri e occhi castani, con una macchia d’inchiostro sulla guancia, che la guardò perplessa «Sì?» chiese.
Tina era ammutolita dalla sorpresa. Perché mai Theseus le aveva dato l’indirizzo sbagliato? O Newton aveva cambiato casa? O era in pericolo? Era stato già raggiunto dagli uomini di Grindelwald? Quella donna era forse un’affiliata del mago tedesco?
«Mi scusi, va tutto bene?» le chiese la donna, non vedendola reagire.
Tina aprì la bocca per rispondere ma proprio in quel momento alle spalle dell’altra donna comparve Newton, con sul viso un’espressione inquisitoria che mutò in una di stupore quando la riconobbe.
«Tina?» chiese lui, e il cuore dell’americana quasi esplose.
L’altra donna passò un paio di volte lo sguardo tra Newton e Tina, mentre nella mente di quest’ultima si faceva strada un pensiero terribile.
«Oh, per Merlino! È lei? Tu, tu sei Tina Goldstein, di New York?» chiese la donna, con un sorriso eccitato che Tina fraintese per uno di scherno.
«Sì, sono io. E immagino che tu sia Leta Lestrange» sbottò Tina.
Non sapeva come le fosse venuto in mente, ma a giudicare dall’immediato spegnersi del sorriso della donna e dall’espressione di Newton, capì subito che non aveva scelto l’approccio più giusto.

 

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Capitolo 4
*** IV. ***


IV.
Dove avvengono numerosi colloqui
 
20 Gennaio 1927
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Sera
 
Dopo l’uscita infelice di Tina, Newt temette che Amy le stesse per scagliare un maleficio. Si mise velocemente fra le due donne, mettendo le mani sulle spalle di Amy per controllarla «Va tutto bene, ci penso io. Torna dentro»
Amy gli lanciò un’occhiataccia poi girò sui tacchi e chiuse rumorosamente la porta dell’appartamento.
«Fammi indovinare, quella non è Leta Lestrange, vero?» mormorò Tina, guardandosi le scarpe.
«Credo sia la persona che la odia di più sulla faccia della Terra»
“A parte me” pensò Tina, prima di alzare lo sguardo su Newton. Le era mancato da morire e avrebbe voluto passare la serata ad ammirare i suoi capelli spettinati, le sue lentiggini e il suo sorriso timido, ma rimaneva il fatto che viveva con una donna, chiunque ella fosse.
«Non mi avevi parlato di altre donne, eppure evidentemente ce n’è una che vive con te» gli disse, con tono accusatorio.
Newt arrossì «Veramente è lei ad ospitarmi, anche se non so se dopo stasera mi accetterà di nuovo. È Amy, la mia migliore amica dai tempi di Hogwarts. La casa è sua, io occupo una stanza ma in realtà vivo nella mia valigia. Capito?»
Tina voleva seppellirsi, ma cercò di mantenere una certa professionalità «Capito. Mi è stato segnalato questo come tuo indirizzo, ho dato per scontato cose sbagliate. Scusami»
«Dovrai scusarti con Amy, ma in un altro momento. Cosa ci fai qui? Non pensavo avessi in programma un viaggio in Inghilterra!»
Le tornò in mente all’improvviso il vero motivo per cui era andata a trovare Newton e si chiese come mai al MACUSA l’avessero reintegrata nell’ufficio Auror, considerato quando era incompetente.
Si guardò attorno, pensosa «Non credo che questo sia il luogo migliore dove parlarne. Possiamo andare da qualche parte?»
«Sì, va bene. Non in casa, però, non credo che Amy apprezzerebbe. C’è un bar qui vicino, è aperto fino a tardi»
La camminata fino al bar fu silenziosa, Tina continuava a ripetersi di essere professionale, di non fare altre figuracce, mentre Newt non riusciva proprio a capire cosa potesse essere successo.
Quando furono seduti uno di fronte all’altro, ognuno con la sua tazza di caffè, finalmente Newt spezzò il silenzio «Quando sei arrivata?»
«Una settimana fa. Avrei voluto cercarti prima, farti sapere che ero a Londra, ma…»
«Immagino che tu non sia qui per una gita di piacere, quindi»
«Immagini bene. Sono qui per lavoro, un’indagine in collaborazione con il Ministero Inglese»
Newt bevve un sorso di caffè annuendo, mentre l’orribile sensazione di sapere perfettamente cosa stava succedendo si faceva strada dentro di lui «E cos’è successo di così grave da richiedere la collaborazione di due Ministeri?»
«Grindelwald è scappato»
«Cosa?! Quando?»
«Una settimana fa. Pensiamo sia riuscito a trovare un alleato tra le guardie della prigione, ne hanno uccisa un’altra ed è fuggito. Il MACUSA, il Ministero Inglese e quello Tedesco stanno collaborando alle indagini e…»
«Chi è il tuo contatto inglese? L’Auror con cui lavori?»
«Tuo fratello»
Newt strinse il pugno «Capisco. Quindi ti ha mandata ad avvertirmi che sono in pericolo e che devo andarmene in fretta, giusto?»
«No! In realtà ho scelto io di venire a parlarti, tuo fratello ha detto che non gli avresti dato retta e che serviva un terreno più neutrale. E non sono qui per convincerti ad allontanarti, anzi. Abbiamo bisogno di te, Newton. Sei quello che l’ha già catturato una volta»
«Pensavo che il mio nome fosse stato cancellato da ogni rapporto»
«Infatti è così, ma tutti quelli che si sono occupati del caso sanno perfettamente chi sei. Theseus avrebbe preferito allontanarti, ma un vostro vecchio professore lo ha convinto che chiederti di partecipare fosse la scelta migliore. Non sei obbligato a farlo, Newton. Grindelwald è un uomo pericoloso, e per quanto tu sia stato bravo a smascherarlo una volta, non sei addestrato come un Auror. Puoi venire al Ministero domani mattina a discuterne con gli altri membri della Squadra, che tu sia interessato o meno»
«Chi altro c’è nella squadra?»
«Siamo io, tuo fratello, un Auror di Berlino e un professore di Hogwarts, un certo…»
«Dumbledore?»
Tina annuì e Newt sorrise al pensiero del vecchio professore che lo aveva aiutato tanto in passato. Il pensiero che Theseus l’avesse tenuto all’oscuro di quello che era successo però lo rabbuiò di nuovo.
«Va bene, verrò domani mattina per discuterne. Dillo tu a mio fratello, verrò dopo colazione, appena apre l’ufficio»
«Puoi venire anche prima, se vuoi. Cioè… è una cosa molto importante, immagino che tu possa avere un’autorizzazione per venire prima di colazione. O per colazione. Lascia stare, vieni quando vuoi» disse precipitosamente, per fermare il fiume di parole che le stava uscendo dalla bocca. Non era così che si era immaginata il loro primo incontro dopo New York, non aveva avuto abbastanza tempo per prepararsi e stava rovinando tutto!
Newton la guardava perplesso, ma poi sorrise «Non posso venire prima che apra il Ministero, ma possiamo prendere un altro caffè quando avrò finito di parlare con Theseus. Cosa ne pensi?»
Tina arrossì «Mi sembra una buona idea. Beh, direi che è giunta l’ora di tornare in albergo. Non è molto lontano da qui ma devo trovare un posto sicuro dove smaterializzarmi» disse, alzandosi in piedi.
«Sì, questa non è un’area molto comoda per noi maghi, non so perché Amy abbia deciso di venire a vivere proprio qui. Spesso torna a casa bruciacchiata o macchiata come oggi, mi chiedo cosa pensino i vicini di lei»
«Che lavoro fa?»
«La Spezzaincantesimi alla Gringott. È molto brava con gli incantesimi, era tra i migliori del nostro anno»
«Ho scelto proprio la persona sbagliata da mettermi contro, eh?»
Newt le tenne aperta la porta, cavalleresco «Non preoccuparti, le parlerò io appena arriverò a casa. Vedrai che riuscirò a farle cambiare idea su di te»
«Ho detto una cosa così orribile?»
Lui fece una smorfia «Diciamo che Leta non le ha lasciato un buon ricordo, anzi. È una storia complicata, magari te la racconterà lei un giorno»
«Può venire anche lei domattina, posso offrirle un caffè per farmi perdonare» propose Tina di slancio, pentendosene però immediatamente quando vide la delusione negli occhi verdi di Newton. Lui però le sorrise «Glielo proporrò!»
«Oh, bene. A domani allora» disse lei e per evitare di peggiorare ulteriormente la situazione si allontanò velocemente per poi smaterializzarsi.
 
Newt tornò nell’appartamento con cautela, consapevole che sarebbe stato più sicuro affrontare un Basilisco inferocito piuttosto che Amy in quel momento.
«Amy? Sono tornato, sono da solo» chiamò. La cucina era deserta, i piatti si stavano insaponando nel lavello, la luce era spenta. Stessa cosa in salotto, dove un paio di ferri abbandonati a loro stessi continuavano a fare la maglia. Newt attraversò tutto l’appartamento fino alla porta della camera dove teneva la valigia, l’unica da cui veniva un po’ di luce. La valigia era in mezzo alla stanza, poggiata sul pavimento, e il lucchetto impostato su “magico”.
Amy non era nemmeno nel piccolo studio di Newt dentro la valigia, dove gli venne però incontro Pickett, con i suoi braccini verdi spalancati e speranzosi «Ciao piccoletto, hai visto zia Amy? Credo sia un po’ arrabbiata» gli disse, mettendoselo su una spalla e cominciando ad addentrarsi nella valigia. Trovò Amy vicino all’acqua, Mooncalf che mangiavano dalle ciotole sparse attorno a lei e Dougal arrampicato in braccio. Nel sentirlo arrivare la ragazza si girò di scatto, ma una volta certa che ci fosse solo lui si rigirò senza dirgli nulla.
«Ehi. Posso sedermi? Vengo in pace»
«Tu vieni in pace. La tua amica mi è parso di no»
Newt sospirò «Non si aspettava di trovarmi insieme ad una donna»
«Ma si aspettava di trovarti insieme a Leta Lestrange?»
«Perché è l’unica di cui le ho parlato. Ha visto la foto che era sulla scrivania e mi ha chiesto chi era. Non so perché abbia pensato che fossi tu, insomma, non vi assomigliate neanche»
«No, sai, una è una pazza omicida!»
«Non è riuscita ad uccidere nessuno, in realtà… va bene, la smetto. Scusami»
«Non è colpa tua, mi ero dimenticata che ti innamori solo di casi da San Mungo»
«Tina non è un caso da San Mungo, era solo molto agitata. Non l’ha fatto per offenderti, non poteva sapere di te e Leta. Sai com’è Tina in realtà, te ne ho parlato tantissimo in questi mesi!»
«Sì, come a scuola mi parlavi di Leta cercando di convincermi che era un’ottima persona! E com’è finita, già?» sbottò Amy, poi strinse gli occhi e respirò profondamente, per calmarsi «Senti, Newt, non voglio vivere di nuovo l’incubo di Leta. Chiarisciti con quella donna, chiarisci la mia posizione in tutto questo ma ti prego, risparmiami dell’altra inutile gelosia. D’accordo?»
«Ci siamo già chiariti, le ho detto chi sei e che hai un problema con Leta senza specificare quale. Si scusa, non era sua intenzione reagire così»
Amy annuì e rimase in silenzio per qualche minuto, poi chiese «Ora che ci penso, perché è qui? Non poteva più aspettare la sua copia di “Gli Animali Fantastici: Dove Trovarli”, voleva semplicemente farti una sorpresa o che altro?»
«Sfortunatamente non è qui in visita di piacere. Fa parte di una Squadra Operativa che collabora con il nostro Ministero»
«Oh, Merlino, cos’è successo?»
«Grindelwald. È scappato, a quanto pare, e hanno bisogno di me per cercare di catturarlo di nuovo. Non essendo io un Auror non sono obbligato a farlo, domattina devo andare al Ministero a parlarne con Theseus. Perché ovviamente è lui il capo della squadra, chi altri?»
«Cosa vuoi fare?»
«Accetterò, ovviamente. Non posso tirarmi indietro e lasciare lei e Theseus così, per quel che posso devo dare una mano. Anche se lui avrebbe preferito mandarmi via, farmi nascondere da qualche parte»
«È tuo fratello maggiore, è suo dovere preoccuparsi per te.ma fai bene ad accettare»
Newt la guardò stupito «Davvero? Penavo avresti cercato di dissuadermi»
«E a che scopo? Hufflepuff, fedeli alla causa. Se la tua è questa, la mia è stare dalla tua parte. Ma se ti fai ammazzare, giuro che trovo un modo per riportarti in vita solo per poterti uccidere di nuovo con le mie mani»
Newt rise e le diede una spinta «Che Merlino mi aiuti, troppe persone lo farebbero se potessero!»
«Quindi domani rivedrai anche Tina?»
«Sì! Mi ha chiesto di prendere un caffè con lei, dopo la riunione. Anzi, ha chiesto se vuoi venire anche tu»
«Io?»
«Sì, per farsi perdonare» rispose lui, incapace di nascondere la delusione. Amy lo guardò incredula per qualche secondo poi scoppiò a ridere «Non ci credo! Merlino, siete fatti l’uno per l’altra»
«In che senso?»
«Niente, Salamander. Ci vediamo domattina, buonanotte»
 
 
21 Gennaio 1927
Ufficio di Theseus Scamander, Ministero della Magia, Londra Magica
Mattina
 
Pur essendo reduce da una notte pressoché insonne, quella mattina Theseus rinunciò ad una tazza di caffè per colazione. Doveva incontrare suo fratello e cercare di convincerlo a non farsi ammazzare senza motivo e sapeva bene cos’avrebbe pensato Newton della sua genuina preoccupazione fraterna, quindi cercava di essere il più rilassato possibile.
Avrebbe preferito incontrarlo a casa, non nell’appartamento di Amelia, proprio a Villa Scamander, ma Newton non ci metteva piede da anni e non sembrava intenzionato a ritornarci tanto presto. Dopo l’espulsione da Hogwarts e la crisi al Ministero Newton non era mai riuscito a rientrare nelle grazie dei loro genitori, nonostante la sua rilevanza nelle operazioni sul fronte orientale. Gli Scamander, soprattutto il loro padre, avevano preferito tessere le lodi del primogenito impegnato attivamente sul campo e decorato come eroe di guerra piuttosto che quelle del bizzarro secondogenito che si occupava di draghi e che aveva rifiutato un posto al Ministero per girare il mondo in cerca di creature magiche. Theseus non poteva biasimarli, ma allo stesso tempo soffriva perché questo loro atteggiamento aveva portato Newton ad allontanarsi anche da lui; non avevano mai avuto un ottimo rapporto, ma se dopo Hogwarts si erano riavvicinati un poco, ora erano più lontani che mai.
Un colpo alla porta lo distolse dai suoi pensieri «Avanti»
«Theseus, c’è tuo fratello. È un buon momento o preferisci che lo mandi via?»
Lui sospirò «Fallo entrare, Lucy, grazie»
Dall’ultima volta che si erano visti, Newton sembrava essere un po’ più in forma. Aveva una nuova luce negli occhi, come se stesse nascondendo qualcosa di bello. Sembrava anche meno denutrito, le vacanze di Natale con Amelia dovevano avergli fatto bene.
«Buongiorno, Newton. Prego, accomodati. Vuoi qualcosa da bere, una tazza di the?»
«No, grazie, sono a posto. Bell’ufficio» aggiunse, guardandosi intorno.
Non volendo indagare se il fratello fosse sarcastico o meno, Theseus glissò sull’osservazione «Ho sentito da quelli del reparto delle creature magiche che hai finalmente ultimato il libro! Quando dovrebbe uscire?»
«Tra una settimana, al massimo una decina di giorni. Perché, ne vuoi una copia autografata?»
«Beh, sarebbe un pensiero carino. Ma visto che non mi sembri in vena di convenevoli, direi di passare al vero motivo per cui sei qui. Immagino che la signorina Goldstein ti abbia già informato a grandi linee, giusto?»
«Tina mi ha accennato qualcosa, sì»
“La chiama per nome” registrò Theseus, per poi proseguire «Cosa sai, di preciso?»
«Che Grindelwald è scappato, che c’è una Squadra Operativa che si occupa del caso e che nella squadra ci siete tu, lei, un Auror tedesco e Dumbledore. Mi manca qualche pezzo?»
«Le basi le hai. Il resto ti verrà comunicato solo se farai parte della Squadra»
Newton allargò le braccia «Dimmi tutto»
«Newton, questa è una faccenda seria. Tu non sei…»
«Qualificato? Un Auror? Lo so, eppure sono stato l’unico a rendersi conto che c’era qualcosa di sbagliato a New York. Quell’uomo si è finto un Auror, ha lavorato per mesi all’interno del MACUSA senza che nessuno capisse chi era e vorresti forse dire che preferiresti privarti dell’unica persona che l’abbia mai consegnato alla giustizia? Non è da te compromettere un’indagine in questo modo, Theseus»
«Non è da me nemmeno mandare al macello l’unico fratello che ho, Newton»
L’altro gli rivolse un’occhiata sarcastica «Ah no? Strano, eppure ricordavo che le cose all’Ufficio Regolazione e Controllo non fossero andate poi così bene. Era un lavoro che mi avevi trovato tu, o sbaglio?»
Theseus ringraziò di non aver bevuto caffè quella mattina «Quello è un altro discorso e lo sai benissimo, non fare il bambino. Qui si tratta di combattere in prima fila contro uno dei maghi più potenti al mondo!»
«Mi era parso di capire che si trattava di una scelta che dovevo fare io, o no?»
«Sì, Newton, ma…»
«Allora basta, ho deciso. Voglio far parte della Squadra. Anche Dumbledore è un civile, quindi c’è già un precedente e nessuno può dirmi nulla»
Theseus ricordò con nostalgia i tempi in cui da bambini con la magia accidentale riusciva a zittire Newton per ore, o a chiuderlo in un’altra stanza per non sentirlo lamentarsi.
«D’accordo. Tutti gli altri membri della Squadra erano già d’accordo, quindi non avremo bisogno di una riunione per votare. Devo solo portare la comunicazione al Ministro, poi potrai iniziare»
«Quando?»
«Domani, dopodomani al massimo. Dipende dalla quantità di impegni di Ministro»
Newton si alzò e fece un sorriso al fratello «Sono sicuro che troverà un paio di minuti da concedere a te, Theseus. Mi manderai una lettera appena avrai notizie?»
“Ti manderò una Strillettera come si fa ai bambini, visto che non mi sembri in grado di comportarti da adulto” pensò Theseus, ma con un sorriso rispose «Assolutamente. Ora puoi andare, se non hai altro di cui vuoi conversare così amabilmente»
«Oh, no, mi dispiace ma ho già un impegno. Ciao Theseus, è sempre un piacere vederti» concluse Newton, aprendo la porta dell’ufficio del fratello.
Nell’ufficio degli Auror adesso c’era più gente di quando era entrato dal fratello. Oltre alla ragazza che lo aveva fatto entrare c’erano un uomo alto che Newton non conosceva, qualche collega di Theseus che aveva incontrato alle cene del Ministero, Tina che gli fece un timido cenno di saluto ed Amy. Newt la guardò stupito «Amy? Non eri andata a lavorare?»
La ragazza gli sorrise «Oh sì, ma il lavoro mi ha rimandata qui. Questa mattina è arrivato un pacco strano dall’Africa e abbiamo bisogno del consulto di un Auror prima di poter procedere»
«Ah, bene. Vuoi che ti aspettiamo, oppure…»
«Oh no, no, andate pure! Non so quanto ci metterò, non voglio rubarvi del tempo»
Newton le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine poi si rivolse a Tina «Sei ancora dell’idea di prendere un caffè?»
Lei annuì «Molto volentieri! Wolf, ti lascio qui quei fascicoli di cui parlavamo ieri, d’accordo?»
L’uomo alto che Newt non conosceva annuì, lasciando Tina e Newt liberi di prendere un caffè in pace.
 
Amy aspettò che l’amico si fosse chiuso la porta alle spalle, poi si alzò e andò alla porta dell’ufficio di Theseus.
«Ehi, ti disturbo?» gli chiese, titubante.
Theseus, che l’aveva sentita parlare con Newton, stava già armeggiando con qualcosa nel mobiletto sotto la scrivania «No, accomodati pure. Stavo cercando… ah, eccole!» esultò, tirando fuori una vecchia teiera e due tazze. Amy rispose sollevando il pacchetto che aveva in mano «Appena sfornati, sono ancora caldi. Sempre zenzero, giusto?»
Theseus riempì la teiera e vi puntò contro la bacchetta per scaldarla «Giusto. Sempre the nero, giusto? Purtroppo non ho latte a mia disposizione»
«Non importa, mi sono evoluta abbastanza da berlo senza niente» rispose lei, appendendo cappotto e sciarpa all’attaccapanni.
I due rimasero in silenzio, Theseus fece bollire l’acqua e mise la bustina di the nella teiera, Amy aprì con cura il pacchetto e lo trasformò in un piattino, dove caldi biscotti allo zenzero e al cioccolato aspettavano solo di essere mangiati.
Quando entrambi ebbero davanti la loro tazza di the fumante, fu Theseus a spezzare il silenzio «Era da una vita che non avevamo uno dei nostri incontri»
«Perché, ti mancavano?»
Theseus si servì di un biscotto «Non quello che implicano, ma due chiacchiere con te le farei sempre volentieri. Come stai? Mi piace quella voglia sulla guancia, è temporanea?»
«Sto abbastanza bene, grazie. E sì, spero che questa macchia d’inchiostro sia temporanea, altrimenti sarò costretta ad uccidere l’assistente che me l’ha provocata ieri. Uno pensa che dopo un po’ si possa smettere di dire “controllate sempre anche le lettere che sembrano più innocue”, e invece…»
«La dura vita dei capi, ti ci abituerai. A casa tutto bene?»
«Non vedo Ignatius e Lucrezia da Natale, hanno fatto un salto a casa solo per un saluto poi sono tornati in Belgio, ma stanno bene. Charlie è al San Mungo, fa già l’apprendistato. Ti rendi conto? Mi sembra l’altro giorno che lo accompagnavo a King’s Cross per il suo primo anno…»
«Ti capisco, è sempre un duro colpo quando crescono i fratelli minori. Come sta?»
Amy sospirò «Sta bene, ha finalmente smesso di aggiustare il libro e credo abbia intenzione di fermarsi per un po’»
«Mi sembra evidente, considerato che ha deciso di andare a farsi ammazzare. Te ne ha parlato, vero? Speravo riuscissi a dissuaderlo»
«Sul serio? Quando ci si mette, Newt è più testardo di un Gryffindor. Non ci sarei mai riuscita»
«Non ci hai nemmeno provato, vero?»
«Non avrebbe avuto senso. E poi…»
«Sì, sì, lo so: Hufflepuff, leali alla causa. Dovresti tatuartelo»
«Non sarebbe una cattiva idea, prima o poi potrei anche farlo» rispose lei con un sorrisetto, sorseggiando il the. Dopo qualche minuto riprese, con tono più grave «Rischia davvero così tanto?»
«Sinceramente, non lo so. Non è un Auror, non fa più duelli da anni e non conosco il suo livello, però è l’unico che l’ha già catturato. E sarebbe sempre circondato da Auror, il che diminuirebbe un poco i rischi. Certo, se solo il suo obiettivo non fosse mettersi nei guai per farmi pagare chissà quale colpa sarebbe tutto più semplice!»
«Non è quello il suo obiettivo, lo sai benissimo»
«Invece comincio a pensare che sia proprio quello! Pensa se dovesse morire sotto la mia supervisione, pensa che figura ci farei con mamma e papà!»
«Ed è per questo che ti preoccupi?»
«No, Amelia. Penso a quanto gli piacerebbe sapermi screditato!»
«Credo che tu stia esagerando. E poi non puoi permettergli di farsi ammazzare, pensa alle conseguenze» gli ricordò lei, cercando di calmarlo.
Theseus si prese la testa fra le mani «Io vorrei solo che non si sentisse in bisogno di rischiare la vita solo per dimostrare qualcosa»
«E io vorrei che tu capissi che non è per quello che lo fa. Ha paura per voi, vuole dare tutto l’aiuto possibile»
«Noi?»
Amy lo guardò perplessa, poi si morse un labbro con aria colpevole.
«Noi?» ribadì Theseus.
«Ecco, sì, voi nel senso della Squadra. Tutta la Squadra»
Un appunto mentale preso in precedenza gli si ripropose «Tina! La conosce, vero? È andata lei a parlargli, ieri sera, ovviamente si conoscono. Oh, per Merlino! Quanto si conoscono?»
«Si sono incontrati a New York quando lei l’ha arrestato e ha smosso qualcosa in Newt. Non ti dirò altro»
«E io non ne avevo idea, chiaramente. Com’è? Come sono?»
«Lui me ne ha parlato benissimo, personalmente abbiamo avuto un primo incontro un po’ sfortunato ma mi fido di Newt»
«Sfortunato in che senso?»
«Beh, quando ieri sera è arrivata a casa mia pensando che fosse casa di Newt e l’ha trovato con me ha pensato che fossi Leta. Quindi anziché “ciao come stai” le prime parole che mi ha detto sono state “e tu devi essere Leta Lestrange”, o qualcosa di simile»
Theseus per poco non si strozzò con il the «Ed è sopravvissuta?» chiese, cercando di nascondere le risate.
Amy lo guardò male «Solo perché voglio bene a Newt. La prossima volta, magari, cerca di ricordarti di specificare che quello è il mio indirizzo»
«Quando mio fratello sarà abbastanza cresciuto da smettere di vivere dentro una valigia lo farò. Quindi è per questo che vuole combattere?»
«Per lei, per te e perché è la cosa giusta. Hufflepuff, facciamo la cosa giusta non per la gloria ma per il bene superiore»
«Hai mai pensato di darti alla pubblicità?»
«No, ma ora che ci penso ho una domanda: chi può far parte della squadra?»
«Fino a ieri ti avrei detto solo Auror, ma adesso abbiamo già due civili»
«Due?»
«Dumbledore. No, non fare quella faccia, non mi userai per incontrare il tuo idolo. Ha cose più importanti da fare!»
La ragazza sbuffò «Sei un guastafeste. A parte lui e Newt avete intenzione di inserire qualcun altro?»
«Cosa stai cercando di chiedermi?»
«Posso essere utile in un qualche modo?»
«Lo sai che non è necessario che ci siamo entrambi, basto io»
Amy si mosse sulla sedia, tesa «Lo so, ma se ti succedesse qualcosa… e poi voglio aiutare. Il mio curriculum fa sicuramente più figura di quello di Newt, non trovi?»
«Ma nemmeno tu sei un Auror. Possiamo cavarcela anche senza di te, ma se vuoi ti terrò costantemente aggiornata, d’accordo?»
Amy annuì, più tranquilla «Ora però devo tornare alla Gringott, non vorrei che i miei sottoposti facessero esplodere la banca in mia assenza» disse, alzandosi.
Theseus l’accompagnò alla porta «Se dovessero esserci dei problemi me lo dirai, vero?»
«Fa parte degli accordi, no? Non preoccuparti, andrà tutto bene»
«Speriamo» sospirò Theseus passandole la sciarpa «Di’ un po’, Prewett, perché ci incontriamo solo quando c’è una crisi?»
«Perché sei un uomo troppo impegnato, Theseus Scamander»
«Quando sarà finita questa storia, ti prometto che troverò più tempo libero. Buona giornata, Amelia»
«Al prossimo the» rispose lei con un sorriso, poi uscì.
 
 
Una sala da the a Diagon Alley, Londra magica
Mattina
 
Finalmente Newt e Tina avevano ciò che avevano tanto desiderato: un momento solo per loro. Seduti davanti a due tazze di the, parlavano e ridevano come se fossero passati pochi giorni dal loro ultimo incontro, non diversi mesi.
«Come sta Queenie? Lavora ancora al Ministero anche lei?»
«No, si è licenziata perché non faceva per lei. Prova ad indovinare dov’è andata a lavorare»
«Non saprei, ha deciso di sfruttare la sua Legilimanzia per fare soldi?»
«Non ci sei andato neanche vicino. Fa la commessa»
«La commessa? Dove?»
«In una pasticceria» buttò lì Tina, sorseggiando il the.
Newt sbarrò gli occhi «Non ci credo! Come ha fatto? E lui?»
«Queenie ci passa spesso davanti, un giorno ha deciso di entrare e da lì in poi non me l’ha raccontata molto nel dettaglio, credo abbia confuso gli altri dipendenti e ci ha guadagnato un posto come commessa. Lui non l’ha riconosciuta, però è scattata di nuovo la scintilla»
«E non gli ha detto niente? Come fa a trattenersi?»
«Non lo so e non lo sa neanche lei. Secondo me spera che gli ritorni tutto in mente senza bisogno che glielo dica lei, così non dovrà commettere un reato»
«Ma non è possibile, è stato obliviato»
«Dici così perché non hai visto i suoi panini a forma di Snaso»
«A forma di Snaso?!»
«E non solo! Ci sono focacce-Erumpent, biscotti-Demiguise e grissini-Occamy. Ovviamente lui non li chiama così e dice che l’ispirazione per questi piatti gli viene dai sogni, ma per noi le sagome sono inconfondibili»
Newt era quasi commosso. Sentiva la mancanza Jacob, il NoMaj (babbano) che aveva incontrato a New York, quello che l’aveva aiutato a riportare le creature in fuga dentro alla valigia ma che erano stati costretti ad obliviare in quanto la legge magica negli Stati Uniti era molto più severa nei confronti dei NoMaj rispetto a quella inglese.
«Sono contento di non averlo traumatizzato con le mie creature. Spero per Queenie che tutto si risolva bene per loro»
«Lo spero anch’io. A proposito di creature, come va il libro?»
«Il libro! L’ho finito, proprio ieri ho portato la versione ultimata alla casa editrice, dovrebbe essere pubblicato dalla prossima settimana! Sai, quando sei arrivata ieri sera stavo proprio pensando che avrei dovuto scriverti. Per la tua copia autografata, sai…»
Tina si sentì arrossire ma fece finta di nulla «Beh, non avrai bisogno di tornare fino a New York per darmela, ti ho risparmiato un viaggio»
«Avrai la prima copia che uscirà dalla stampa, te lo prometto. Poi mi dirai cosa ne pensi»
«Oh, sono sicura che sarà fatta benissimo»
«Ci ho lavorato tantissimo, spero che riesca a educare la gente su come trattare le creature. Se avrò il permesso del Ministero, vorrei anche organizzare degli incontri per spiegare di persona le mie idee, magari anche nelle scuole. A quel punto potrei davvero definirmi un Magizoologo, anche senza specializzazione ufficiale»
«E non preferiresti fare questo, piuttosto che… combattere?»
Newt rimase in silenzio per un po’, mescolando il the con aria pensosa «La Magizoologia è la mia passione, quella per cui sto combattendo da anni e che vorrei rendere la mia occupazione ufficiale; aiutarvi con Grindelwald è il mio dovere, avete bisogno di me»
«Anche le creature magiche hanno bisogno di te»
«Ho già fatto qualcosa per loro, possono aspettare. Se pensassi solo a me stesso e alle mie passioni e Grindelwald dovesse vincere, non avrei più una vita da dedicare alle creature, no?»
Newt era molto grato che insieme a Tina non ci fosse sua sorella, perché sapeva bene che con la Legilimanzia sarebbe stato scoperto molto in fretta: la verità era che nonostante il continuo ribadirsi convinto di quello che stava facendo, noncurante del fatto che il mago oscuro più potente al mondo meditasse vendetta nei suoi confronti, Newt aveva una paura folle. C’era un motivo se il Cappello Parlante l’aveva spedito ad Hufflepuff senza pensarci due volte e non a Gryffindor: gli mancavano completamente la sfrontatezza e il desiderio di dimostrarsi coraggioso sempre e comunque che caratterizzavano i rosso-oro, lo terrorizzava il fatto di star rischiando consapevolmente la vita adesso come a New York nella metropolitana, ma ormai era coinvolto e se mai si fosse sentito di un Hufflepuff che aveva tradito la causa a cui era fedele, sicuramente non sarebbe stato lui. Sperava solo che né Tina né Theseus se ne rendessero conto, perché sapeva che se avessero percepito in lui anche il minimo dubbio l’avrebbero estromesso con la scusa di proteggerlo.
«Ti manca Queenie?» chiese, riportando il discorso in acque più sicure.
«Un po’, abbiamo sempre vissuto insieme ed era da quando aveva finito la scuola che non passavamo così tanto tempo separate»
«Quanti anni ci sono fra di voi?»
«Due. Fra te e tuo fratello?»
«Sette. Un intero ciclo ad Hogwarts, così tutti i professori potevano paragonarmi a lui in tutto senza pietà»
«Mi sembrate così diversi che mi pare impossibile fare dei paragoni»
«Credimi, gli insegnanti ci riuscivano benissimo»
«Come mai non vivete insieme come me e Queenie?»
«Mettiamola così, per noi vale che più stiamo separati e meglio è, per tutti. Ma non è un problema, non a tutti capitano dei bravi fratelli come a te, o ad Amy»
«Amelia ha dei fratelli?»
«Sì due, uno che ha l’età di Theseus e lavora per l’ufficio Auror e uno più piccolo che studia per diventare Guaritore. Loro sono fantastici, glieli invidio parecchio»
Era la verità, sin da quando aveva conosciuto Amy e la sua famiglia invidiava il legame che univa i tre fratelli Prewett, così diversi e distanti di età ma sempre vicini per tutto il resto, che fosse organizzare tornei di Quidditch in giardino o coalizzarsi contro l’oppressiva signora Prewett. Lui e Theseus, beh, erano tutta un’altra storia. Due caratteri diversi come i loro potevano andare meravigliosamente d’accordo o scontrarsi malamente, e purtroppo era questo il loro caso.
Tina notò che Newt si era rabbuiato a parlare di fratelli, quindi con tono comprensivo gli disse «Sono sicura che tuo fratello ti vuole bene, vuole solo proteggerti»
Newt fece una smorfia che Tina catalogò come adorabile poi rispose «Beh, le altre volte che ha provato a farlo non è finita molto bene. Dovrebbe lasciarmi in pace, anziché far finta di essere il fratello perfetto»
Tina capì che era il caso di cambiare di nuovo argomento «Sai, ho portato una petizione alla Presidente per chiedere che i NoMaj e i maghi possano liberamente entrare in contatto senza dover per forza ricorrere all’incanto Oblivion. Certo, bisognerà apportare delle modifiche non da poco allo statuto di segretezza, ma penso che in questo senso abbiamo molto da imparare da voi inglesi. Insomma, i matrimoni di sangue misto sono permessi dalla vostra costituzione giusto?»
«Assolutamente sì, anche se c’è chi non li vede di buon occhio. Sai, mischiare il sangue puro con quello dei babbani non è un’idea che va a genio a tutti; ma voi americani mi sembrate più inclini alle novità, non dovreste metterci troppo ad abituarvi. Lo fai per Queenie, vero?»
Tina annuì «Lei dice che va tutto bene, che se Jacob dovesse chiederle di sposarlo lo farebbe e rinuncerebbe alla magia per lui ma so che non è quello che vuole veramente. Queenie non è abituata a vivere senza magia, il semplice essere una Legimante non glielo permetterebbe senza metterla a disagio. Dev’essere terribile stare accanto alla persona amata e doverle nascondere un segreto così grande»
«Ammiro la forza d’animo di tua sorella, davvero. Mi piacerebbe rivederla, magari rivedere anche Jacob»
«Una volta finito tutto questo potresti tornare in America. Insomma, sono sicura che Queenie sarebbe felicissima di rivederti e potresti diventare di nuovo amico di Jacob. Se ti va, nessuno ti obbliga» si affrettò ad aggiungere, forse un po’ troppo precipitosamente. Per impedirsi di continuare a riversare su Newt un fiume di parole bevve un altro sorso di the.
Newt la imitò, per nascondere un sorriso «Mi sembra un’ottima idea. Potrei anche promuovere il libro negli Stati Uniti, un po’ di informazioni sugli animali fantastici non fanno male a nessuno. Prima però bisogna risolvere questo casino»
«Allora cerchiamo di farlo il più in fretta possibile»

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Capitolo 5
*** V. ***


V.
Dove scopriamo che fine ha fatto una vecchia conoscenza e Gellert ha un nuovo alleato
 
4 Febbraio 1927
Quartiere Latino, Parigi
Mattina
 
Marius e Jehan non avevano mai dato particolarmente retta ai loro genitori: troppe regole, troppe proibizioni per due bambini così vivaci e curiosi, sempre in cerca di una nuova avventura da intraprendere per le strade del quartiere. Ma per quanto riguardava la Maga Nera, oh, a quello sì che davano retta. Quella donna era spaventosa, molto più delle leggende metropolitane e delle creature che si inventavano nelle loro avventure; sembrava più che altro uscita da una di quelle storie dell’orrore che si raccontavano quando volevano dimostrare di non aver paura.
Quando era arrivata e aveva aperto quello strano negozietto tutti avevano pensato che si occupasse di animali, vista la quantità di gabbie che occupavano il posto. Ben presto però si erano accorti che qualsiasi cosa succedesse dalla Maga Nera non era affatto ordinaria e normale. Qualcuno diceva che era un’esperta di voodoo e magia nera, altri più ragionevoli ricordavano a tutti che la magia non esiste, quindi doveva essere una sorta di scienziata. Qualunque cosa fosse, nessuno si avvicinava mai al negozio, nemmeno i bambini più temerari.
La curiosità però era tutta un’altra storia. Jehan era un bambino terribilmente curioso e aveva recentemente scoperto che sporgendosi un poco dalla finestra della loro camera riusciva a tenere d’occhio l’entrata del negozio, generalmente deserta. Quella mattina però, dopo un lungo silenzio, si lasciò scappare un verso di sorpresa che fece sobbalzare il fratello.
«Jehan! Cosa ti prende?!»
«Vieni, veloce! Ci sono due uomini che stanno entrando dalla Maga!»
I due uomini erano vestiti in maniera bizzarra, con lunghi mantelli, e avevano un’aria sospetta, da come continuavano a guardarsi intorno sembrava avessero paura di essere seguiti.
Entrati nel serraglio furono accolti da un soffocante mix di odori, di animali in gabbia e pozioni ribollenti nei calderoni. Erano indubbiamente nel posto giusto.
«Qua non si vede niente… lumos!» sussurrò uno dei due, accendendo la punta della bacchetta.
«Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato» disse a quel punto una voce nella penombra «Finalmente un altro mago ha varcato la soglia della mia casa. Ditemi, signori, cosa può fare per voi la Maga Nera? Cosa vi occorre, pozioni? Creature? O siete qui per conto di altri?»
«Siamo qui per conoscere la Maga e per scoprire se è vero quello che si dice su di lei» rispose l’altro uomo «Non ci manda la sua famiglia»
In un istante le candele disseminate per il negozio si accesero e da dietro uno scaffale comparve la Maga. Era una giovane donna con la pelle scura e lunghi capelli neri, crespi e sciolti. Aveva una strana luce nel profondo degli occhi verdi e un sorriso enigmatico e affilato.
«In cosa può esservi utile la Maga, signori?»
«Innanzitutto potrebbe omettere questo stupido titolo affibbiatole dai babbani e farsi chiamare con il suo vero nome. Un nome tra l’altro molto importante nella comunità magica, dico bene signorina Lestrange?»
Leta si strinse nelle spalle «Importante, certo, ma non era il mio obiettivo farmi riconoscere. Ma se insiste può chiamarmi così, signor…?»
«Grindelwald, Gellert Grindelwald. Immagino che anche lei abbia sentito parlare di me»
«Sarebbe stato difficile il contrario. Mi dica, signor Grindelwald, cosa posso fare per lei?»
Il tedesco si prese un attimo prima di rispondere, per guardarsi intorno ed esaminare il negozio «Come mai ha optato per questa zona? Non c’è forse un quartiere magico anche a Parigi?»
«Come ho già detto, il mio obiettivo non era farmi riconoscere. Un nome e una storia come la mia non passano inosservati, e neanche una fuga dal San Mungo. I miei genitori sono persone potenti e hanno amici in tutta Europa, nel quartiere magico mi avrebbero ritrovata in un batter d’occhio. Credevo di essere protetta, qui in mezzo al puzzo dei babbani, ma a quanto pare mi sbagliavo» concluse, indicando Grindelwald e il suo aiutante.
«In verità le devo fare i miei complimenti, signorina Lestrange: anche con i miei potenti mezzi, nulla che i suoi genitori riuscirebbero ad utilizzare, è stato molto difficile trovarla. Anzi, ci ha fornito un interessante spunto su cui lavorare. Bene, penso sia meglio andare subito al dunque: lei conosce un mago di nome Newton Scamander, giusto?»
Leta fu percorsa da un lieve tremito ma sperò che l’altro non se ne fosse accorto «Sì, abbiamo frequentato Hogwarts nello stesso periodo finché non è stato espulso» rispose, vaga.
«Da quel che mi è parso di capire, informandomi un poco su di lei, non vi siete lasciati in buoni rapporti. O sbaglio?»
«Si potrebbe dire così, sì»
«Perfetto. Vede, signorina Lestrange, il signor Scamander mi ha messo in una posizione assai sgradevole. Ora ne sono uscito, certo, ma sono uno che porta rancore e desidero fargliela pagare. E lei, signorina Lestrange, con le sue conoscenze sia magiche sia personali sul signor Scamander mi sembra la persona più adatta per aiutarmi»
Leta rimase zitta, riflettendo. Conosceva bene Gellert Grindelwald e cos’aveva fatto in Germania prima di scappare, aveva studiato i suoi lavori e si era sempre trovata d’accordo con le sue ideologie. Certo, il pensiero di abbandonare il suo rifugio sicuro in Francia non era allettante, i suoi genitori avrebbero potuto trovarla più facilmente e rinchiuderla al San Mungo buttando via la chiave. Ma era un serpe, dopotutto, e in quanto tale non poteva rimanere per sempre sotto a una pietra: doveva saltar fuori e mordere, prima o poi.
Rivolse al tedesco uno dei suoi migliori sorrisi «Mi chiami pure Leta, signore. Sarò onorata di lavorare con lei»
 
Grindelwald aveva scoperto Leta per puro caso, una fortuita coincidenza. Conosceva i Lestrange, dopotutto erano una delle famiglie purosangue più antiche d’Europa, ma il nome di Leta non era fra i più celebri; difatti non l’aveva scoperta indagando sulla sua famiglia ma su Scamander.
Era riuscito a recuperare e a farsi spedire a Nurmengard una copia del fascicolo che il Ministero inglese aveva sul ragazzo. Aveva scoperto (non con poca sorpresa, solitamente ad Albus non piacevano i ribelli) che era stato espulso da Hogwarts prima della fine del settimo anno per aver messo in pericolo la vita di una compagna liberando un unicorno imbizzarrito nella Foresta Proibita. Aveva lavorato qualche mese al Ministero poi aveva fatto la guerra sul Fronte Orientale occupandosi di draghi. Dopodiché aveva deciso di mettere a disposizione del mondo la sua ossessione per le creature fantastiche e aveva cominciato a girare il mondo per scrivere un libro su come prendersene cura. Probabilmente era stato questo lavoro a portarlo a New York, da lì in poi la storia Gellert la conosceva fin troppo bene. Aveva un fratello all’ufficio Auror, un certo Theseus che guarda caso era il referente inglese per il caso Grindelwald, e gli unici altri due nomi collegati al suo fascicolo erano quello di Albus e quello di una certa Leta Lestrange. Incuriosito, aveva deciso di indagare un po’ anche su di lei.
Sembrava essere la pecora nera della famiglia, una reputazione immacolata fino alla fine di Hogwarts poi avevano cominciato a comparire episodi di nevrosi al limite della pazzia, scatti di violenza e sperimentazioni sugli animali magici e non. Quando aveva iniziato a circolare la voce che fosse stata lei e non Scamander a causare il ferimento di quella studentessa, i genitori l’avevano prontamente rinchiusa al San Mungo, con i pazzi. Ne era fuggita dopo qualche mese e tutti ne avevano perso le tracce, ma grazie ai suoi contatti nel mercato nero Gellert l’aveva rintracciata a Parigi.
«Dunque, Leta, mi è parso di capire che sei un’esperta di pozioni e di creature magiche, giusto?»
«Sono due dei miei passatempi preferiti, sì. Possono esserle utili in qualche modo?»
«Un bravo pozionista è sempre un’ottima aggiunta ad una squadra, ma m’interessa di più la passione per le creature. Cosa ci fai, le collezioni? Ti piace addomesticarle, le salvi da chi vuole farne cattivo uso?»
«Dipende cosa intendiamo con cattivo uso. Conosco altri appassionati che rabbrividirebbero nel vedere cosa so fare» rispose Leta, e parve un po’ a disagio. La sua coscienza, quando si apprestava a fare certi esperimenti, aveva ancora la voce di Newton.
Grindelwald sorrise soddisfatto «Ottimo, proprio come speravo. Preparami qualcosa per il nostro prossimo incontro, e vedi di stupirmi. Bene, direi che qui abbiamo finito» concluse, facendo un cenno imperioso al suo assistente che si precipitò al suo fianco. Leta li guardò stupita «Andate già via?»
«Ci siamo già detti tutto, quando mi avrai mostrato di cosa sei capace vedremo cosa potrai fare per me. Ti comunicherò il giorno e il luogo del nostro prossimo incontro: tieniti pronta, non amo aspettare. E per Merlino, pulisci questo posto, sembra di essere in un letamaio!» aggiunse con aria disgustata, poi i due si smaterializzarono con uno schiocco.
 
 
Hogwarts, appartamenti di Albus Dumbledore
Notte
 
Albus si svegliò di soprassalto, madido di sudore, un grido strozzato in gola. Frenetico, recuperò la bacchetta da sotto il cuscino e la puntò sulle luci della stanza, accendendole di colpo. Rimase così per qualche minuto, seduto al centro del letto nella stanza illuminata, cercando di riprendere fiato.
Aveva fatto un incubo, brutto come non gli capitava da anni. Un tempo, quando era abituato, se ne sarebbe accorto subito e avrebbe fatto in modo di svegliarsi prima che le cose diventassero insostenibili ma quella notte non aveva capito finché non era stato troppo tardi.
Aveva sognato Godric’s Hollow, come sempre. La sua vecchia casa col caminetto acceso e la carta da parati beige e rossa, le tende tirate alle finestre, la luce soffusa delle candele. Una torta di mele appena sfornata riposava sul tavolo, come mille altre volte nella sua infanzia; avrebbe dovuto capirlo lì, nel non sentire il profumo della cannella e dello zucchero caramellato, che non stava andando tutto bene. Invece aveva lasciato la torta inodore dov’era e aveva seguito gli strani rumori che sentiva, rumori ovattati ma sinistri, fino alla porta della camera di Ariana. Arrivato lì gli si era gelato il sangue: la porta era socchiusa, Ariana poteva essere fuggita e nessuno si era accorto di niente. Ma i rumori provenivano da dentro la stanza, forse sua sorella aveva avuto un attacco così potente da aprire la porta ma era rimasta dentro, era un pianto spaventato quello che sentiva? Aveva aperto la porta, senza riflettere.
Il pensiero di ciò che aveva visto nella stanza di sua sorella gli fece venire la nausea. Gellert, il Gellert che aveva conosciuto lui, giovane e spigoloso, che torturava qualcuno. Lampi rossi scaturivano dalla sua bacchetta e infierivano sul corpo sanguinante e distrutto dal dolore, che emetteva solo fievoli gemiti, in punto di morte. Quando Albus aveva messo mano alla bacchetta per affrontare Gellert, si era reso conto di non averla presa con sé; allora aveva urlato, sperando di distrarre l’altro mago che però si era limitato a guardarlo col suo sorriso affilato e aveva puntato contro di lui un’altra bacchetta, la sua. E proprio mentre stava per colpirlo, l’altra vittima si era girata verso di lui: era Newt, il povero Newt prigioniero e moribondo per colpa sua.
Scosse la testa per cercare di allontanare quei pensieri. Era normale essere preoccupato, si disse. Le indagini proseguivano a rilento, non c’era traccia di Gellert da nessuna parte. Avevano trovato spezzati i sigilli della sua casa nella Foresta Nera, ma nessuno era stato in grado di stabilire da quanto se ne fosse allontanato, né dove potesse essere andato. Albus aveva qualche idea ma sapeva bene che Nurmengard sarebbe stata impossibile da trovare, quindi erano a un punto morto. Theseus non si perdeva d’animo ed era bravo a motivare la squadra, ma la tensione cominciava a farsi pesante. Soprattutto per Newton, civile indifeso tirato in mezzo ad una storia più grande di lui, che cercava di far finta di nulla per non dare al fratello una scusa per allontanarlo ma la sua paura non sfuggiva ad Albus; in parte, anzi, la condivideva essendo stato lui il primo a proporre l’idea che il giovane Scamander si unisse alla squadra. Più tempo passava senza che le indagini avanzassero, meno buona gli sembrava l’idea. Non voleva avere la morte di un giovane mago sulla coscienza.
Lanciò un’occhiata all’orologio sul comodino: erano appena le quattro di notte, doveva frenare l’istinto di correre al Ministero almeno per altre tre ore. Con un sospiro rassegnato si alzò e si mise a cercare tra le varie ampolle sulla sua scrivania quella del Distillato della Pace. Doveva averne ancora un po’ da parte, forse avrebbe fatto meglio a ricominciare a prepararla con costanza, almeno finché non avessero concluso la loro missione.
Decise che prima di colazione sarebbe salito in Guferia e avrebbe mandato un messaggio a Theseus per comunicargli che sarebbe rimasto ad Hogwarts per qualche giorno. Dopotutto, l’educazione di molti giovani maghi dipendeva ancora da lui.
 
 
Ministero della Magia, Londra magica
Ufficio Auror
Sera
 
Anche Newt, per quanto cercasse continuamente di dissimulare, aveva paura.
Sempre più paura ogni giorno che passava, ogni mattina che si svegliava nella sua valigia e ringraziava Merlino per avergli concesso un altro giorno, ogni volta che l’indagine finiva in un vicolo cieco e si rendeva conto che Grindelwald poteva essere ovunque, nascosto nell’ombra a tramare vendetta. La paura e la tensione che aveva provato al fronte, quando il suo compito era quello di tenere a bada dei draghi spaventati, erano nulla in confronto.
Fortunatamente aveva qualche luce ad accompagnarlo in quel periodo buio: il suo libro era stato un successo, un caso editoriale come pochi altri dopo la guerra, e al Ministero si vociferava che fossero in arrivo nuove sanzioni per il possesso illegale di creature magiche. Newt veniva anche spesso invitato a conferenze nelle librerie, firmacopie e manifestazioni, a cui cercava di partecipare il più possibile nonostante la timidezza e le indagini. Anche il suo rapporto con Theseus stava migliorando, il fratello non gli faceva pressioni perché abbandonasse il caso come aveva temuto Newt. Ma soprattutto poteva passare con Tina tutto il tempo che voleva.
Le aveva regalato una copia autografata de Gli Animali Fantastici e lei l’aveva letta in un solo giorno per poi riempirlo di complimenti. Gliene aveva chiesta anche un’altra copia da mandare a Queenie, di cui sentiva tantissimo la mancanza; questo Newt lo sapeva perché gliene parlava spesso e con nostalgia, durante le loro interminabili chiacchierate. Ormai sapevano quasi tutto l’uno dell’altra, e una delle cose che preferivano era divertirsi a trovare le differenze tra i loro mondi magici e fare a gara a quel era il migliore.
Per quanto quello americano fosse più avanzato nel campo delle pari opportunità tra maghi (una Madama Presidente in Inghilterra non si era mai vista e Newt dubitava si sarebbe vista tanto presto), quello inglese non finiva di stupire Tina riguardo al rapporto tra maghi e babbani.
«Quindi non avete uno statuto di segretezza?»
«Ce l’abbiamo, ma non è rigido come il vostro. Maghi e babbani possono vivere vicini e possono sposarsi senza problemi ma è malvisto anche qui che un mago faccia incantesimi davanti ai babbani»
«Ma allora come fanno a sposarsi? Un mago deve rinunciare ai propri poteri?»
«Assolutamente no! Non conosco molte coppie miste, ma i Mezzosangue ad Hogwarts raccontavano quasi tutti la stessa storia: il genitore mago si era rivelato a quello babbano quando era stato relativamente sicuro di non compromettere la relazione. Purtroppo so anche di coppie che non hanno retto lo shock ed è stato necessario obliviare i babbani, ma nessuno è mai stato arrestato per aver avuto fiducia in un babbano»
Tina sbuffò per la frecciatina «In America siamo fatti così, prima obliviamo poi chiediamo. Sono sincera, non pensavo avessimo così tanto da imparare da voi. Forse Queenie potrebbe venire a vivere qui, una volta finita tutta questa storia. Potrebbe essere felice»
Tina era in ambasce per sua sorella, non era mai stata così a lungo lontana da lei e temeva che si facesse prendere dal panico e si lasciasse sfuggire qualcosa di compromettente con Jacob. Non voleva che perdesse di nuovo quel poco di felicità che si era guadagnata con tanta fatica.
Newt pareva essere diventato un Legimante come Queenie perché le rivolse un sorriso comprensivo e disse «Non ti devi preoccupare per lei, sono sicuro che sta benissimo. Non si farà prendere dal panico, Jacob è troppo importante per lei»
L’atmosfera intima fu bruscamente rovinata dall’arrivo di Wolf che posò con poca grazia un fascicolo sulla scrivania di Tina «Goldstein, qui ci sono delle informazioni su alcuni conti in America; può darsi che Grindelwald abbia attinto da lì, ti dispiace dare un’occhiata?»
Tina guardò l’orologio «Adesso? Pensavo di chiudere qui e ricominciare domattina, ma se pensi che possano essere utili…»
«Ogni lasciata è persa, non dite così? Se trovi qualcosa lascia un appunto sulla mia scrivania, ci darò un’occhiata domattina»
Detto questo il tedesco si congedò. Theseus era già andato via, richiamato per una cena in famiglia a cui Newt non era stato invitato, e Dumbledore era rimasto ad Hogwarts quindi in ufficio erano rimasti solo Newt e Tina. La donna sfogliò il fascicolo con aria sconsolata «Per Tituba, starò qui tutta la notte»
«Posso darti una mano, se vuoi. In due finiremo prima, no?»
«Sicuro che non hai di meglio da fare? Non sembra una cosa divertente»
Newt scrollò le spalle «Tranquilla, so com’è il lavoro d’ufficio. E poi c’è Graham stasera da Amy, preferisco lasciargli i loro spazi e tornare più tardi. Però non possiamo lavorare a stomaco vuoto: che ne dici di fare un salto al Paiolo Magico?»

 

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Capitolo 6
*** VI. ***


VI.
Dove Tina apprende un nuovo concetto di famiglia
 
6 Febbraio 1927
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Ora di pranzo
 
Theseus aveva un buon motivo per non stare col fiato sul collo al fratello per quanto riguardava l’indagine: moriva dal desiderio di scoprire cosa c’era tra Newt e l’Auror Goldstein e sapeva che l’unico modo perché il fratello si aprisse con lui era lasciarlo stare. Nel frattempo poteva sempre torchiare Amelia.
Ecco perché si era pressoché autoinvitato a casa sua quel giorno, usando come scusa il fatto che non si vedevano da tantissimo tempo; ma non aveva fatto i conti con la dote di cui Amelia andava più fiera, la lealtà.
«Ti prego, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa! Non farò mai il tuo nome, te lo prometto» la supplicò.
Inflessibile, Amy si limitò a versargli un altro po’ di zuppa nel piatto «Theseus, ti facevo più svelto di cervello: ti ho detto di no, se vuoi farti gli affari di tuo fratello chiedi direttamente a lui»
«Non me lo dirà mai, lo sai benissimo! Sto iniziando a valutare l’ipotesi di indagare su di lei, ci hanno mandato dei fascicoli dal MACUSA e… ahia! Ma che ti è preso?» si lamentò Theseus, massaggiandosi la testa dove Amy l’aveva colpito.
«Theseus Scamander, non ci pensare neanche. Non puoi invadere la privacy delle persone solo perché sei un Auror, non è professionale e poi Newt non te lo perdonerebbe mai. Devi aspettare e quando vorrà parlarti lo farà, ma deve decidere lui. L’unica cosa che posso dirti te l’ho già detto: Newt mi ha detto che è una brava persona. Gli standard di tuo fratello sembrano essere nettamente migliorati»
«Ma io voglio sapere… tra quanto potrò cominciare a chiedere a Newton?»
«Ti ho detto di aspettare che sia lui a parlarti! Nel frattempo non lasciare che questa cosa distragga né te né lui, avete problemi ben più importanti di cui occuparvi. Come vanno le indagini?”
«Sai che non potrei parlartene»
«Sono il vostro membro di riserva, più informazioni ho meglio sarà se dovrò entrare in gioco»
Theseus la squadrò contrariato «Chi ti ha messo in testa questa idiozia? Abbiamo già abbastanza civili nella squadra, non ce ne serve di sicuro un altro. Certo, se Dumbledore uscisse un po’ più spesso da quel dannato castello…»
«È tornato a Hogwarts?»
«Non se n’è mai andato, in realtà. Solo che nelle ultime settimane, mentre noi continuiamo a trovare un vicolo cieco dopo l’altro, ha improvvisamente sentito il bisogno di dare più attenzione ai suoi studenti che a noi»
Theseus non si era veramente reso conto di quanto fosse frustrato dall’atteggiamento del professore fino a quel momento ma si trovò improvvisamente furioso «È stato lui a convincerci che Newton era necessario per la squadra, pensavo l’avrebbe protetto in ogni modo e invece se ne sta là nel suo castello e lascia a noi i problemi. Lo sai quanto è difficile fingere di non sapere che mio fratello rischia la vita ogni giorno di più? Dover far finta di niente e pregare ogni sera che la sua buona stella non lo abbandoni? Merlino, vorrei sbatterlo ad Azkaban e gettare via le chiavi!»
Amy lo guardò comprensiva «Alla fine di tutto potrai davvero sbattere qualcuno ad Azkaban, sperando non sia Newt. Capisco bene quello che stai passando e mi dispiace tantissimo che…»
Theseus la zittì con un gesto «Lascia stare, non è colpa tua. È mio fratello, è mio dovere proteggerlo a prescindere da tutto. Pensavo di passare dal Ghirigoro oggi pomeriggio, c’è una presentazione del suo libro. Vuoi unirti a me?»
Amy sorrise, gli occhi un po’ lucidi «Volentieri, volevo proprio fare autografare la mia copia»
 
 
Libreria Il Ghirigoro, Diagon Alley, Londra Magica
Più tardi
 
Poco avvezzo com’era ai bagni di folla Newt trovava faticoso incontrare il pubblico per sponsorizzare il suo libro. Avrebbe preferito di gran lunga limitarsi a rispondere alle lettere degli ammiratori nel comfort della sua valigia, ma sapeva bene che no gli conveniva mostrarsi ingrato agli occhi del Ministero. Quindi anche quel pomeriggio era da ore impegnato al Ghirigoro a firmare copie su copie e a rispondere alle più svariate domande dei clienti.
«Signor Scamander, mi scusi, dove posso acquistare uno Snaso?» gli chiese una vecchietta dall’aria adorabile.
Newt cercò di essere il più cordiale possibile «Signora, lo Snaso per quanto piccolo è un animale molto difficile da tenere in casa. Le consiglio di pensarci bene e di iniziare con qualcosa di più gestibile, magari»
La vecchina parve molto soddisfatta dall’a risposta che lui aveva dato ad almeno altre cento persone prima di lei, lo ringraziò per l’autografo e finalmente si tolse dalla fila. Un’altra copia del suo libro gli sfilò sotto gli occhi, pronta per essere autografata.
«Che nome devo scrivere?» chiese diligentemente intingendo la penna nell’inchiostro.
«Amelia, grazie. Potrebbe disegnarmi anche un Asticello, signor Scamander?»
Newt stava per rispondere in malo modo poi collegò il nome alla voce e alzò gli occhi sorpreso «Amy! Cosa ci fai qui?»
«Da quando sei diventato famoso non ti si vede quasi più in giro, questo è diventato l’unico modo per incontrarti» lo redarguì lei ridendo. Da dietro le sue spalle occhieggiava un titubante Theseus.
«Non dire così, che poi mi sento in colpa. Theseus, noi ci vediamo fin troppo invece, o sbaglio?»
«Volevo vedere come te la cavi con i bagni di folla, e poi non posso lasciare che Amelia giri da sola la sera, sono un cavaliere. Firmi una copia anche a me?» aggiunse l’Auror, porgendo il libro a suo fratello.
«Non pensavo ti interessassero certe cose» disse Newt, pentendosi subito della nota polemica nella voce. Theseus però non fece una piega «Magari questo libro mi aiuterà a capirci qualcosa in più. Tra quanto finisci? Io e Amelia volevamo invitarti al Paiolo Magico per una burrobirra»
Newt guardò l’orologio «Tra circa mezz’ora, se la fila non aumenta. Aspettatemi qui fuori»
Una volta in strada, l’attenzione di Theseus fu subito catturata da un mago con l’aria losca che si avvicinava a Notturn Alley.
«Ehi Amelia, è un problema se vado un attimo a controllare? Sono pur sempre un Auror in servizio…»
«Vai pure, io resto qui ad aspettarvi»
Immersa com’era nella contemplazione della vetrina piena di cose, Amy non si accorse che qualcuno le si era avvicinato finché una voce alle sue spalle non disse il suo nome, facendola sobbalzare.
«Oh scusami, non volevo farti spaventare!» continuò la voce, che Amy girandosi constatò con stupore che apparteneva a Tina, piuttosto imbarazzata. Imponendosi di non pensare al loro precedente incontro le sorrise «Non preoccupati, ero solo sovrappensiero. Tina, giusto?»
«Tina Goldstein, sì. Sei qui per Newton? So che aveva un impegno qui oggi pomeriggio»
«Sì, io e Theseus siamo venuti a farci autografare le nostre copie. Poi pensavamo di andare tutti insieme a bere qualcosa al Paiolo Magico, vuoi unirti a noi?»
Tina fu presa alla sprovvista da tale cordialità «Oh no, non vorrei assolutamente disturbare»
«Non penso sarai un disturbo, anzi ci farà molto piacere averti con noi. Newt e Theseus lavorano con te e io devo ammettere che ho proprio voglia di conoscerti»
Tina non sapeva se prenderla come una buona o una cattiva notizia ma decise di far buon viso a cattivo gioco e rispose «In effetti ci siamo viste pochissime volte nonostante tutto. E il nostro primo incontro non è stato proprio il massimo, vorrei di nuovo scusarmi»
Amy rise e sollevò le mani «Non preoccuparti, è acqua passata. Direi di metterci una pietra sopra e ripartire da qui, che ne dici?»
«Mi sembra un’ottima idea: piacere, io sono Tina Goldstein» disse, porgendole la mano.
Amy gliela strinse calorosamente «Amelia Prewett, piacere mio»
«Tina! Amy… cosa state facendo?» s’intromise una voce. L’espressione di puro terrore sul volto di Newt era così comica che Amy dovette trattenersi per non scoppiargli a ridere in faccia «Stiamo familiarizzando, Newt, e mi sono presa la libertà di invitare la signorina Goldstein ad unirsi a noi per la cena»
«Sempre che non sia un problema» aggiunse rapida Tina.
«Sì! Cioè, no. Non è un problema. Sì, mi fa piacere. Dov’è Theseus?» balbettò Newt e questa volta anche a Tina venne da ridere per la sua espressione stralunata.
«È andato a controllare che non si commettessero crimini a Notturn Alley sotto la sua sorveglianza. Ah ecco, sta tornando!»
Theseus arrivò sistemandosi la cravatta e lanciò un’occhiata stupita a Tina «Buonasera Goldstein, qual buon vento ti porta qui? Ci sono novità?»
«No, ho lasciato che fosse Wolf a passare la notte in ufficio per una volta. Ero venuta qui a fare un giro poi ho incontrato la signorina Prewett e ora a quanto sembra verrò a cena con voi»
Theseus avrebbe voluto battere il cinque ad Amy ma fece finta di nulla «Mi sembra un’ottima idea. Andiamo?»
 
Forse era per il calore del locale, forse per il cibo nello stomaco, forse per quei sorsi di burrobirra che aveva bevuto ma Tina si sentiva decisamente bene, seduta a tavola con quelle persone.
Amelia, che tanto l’aveva messa in soggezione con la sua familiarità con Newt, era in realtà una persona assolutamente adorabile, solare e divertente. Inoltre Tina la trovava uno spirito affine in quanto donna che faceva un lavoro “da uomini” e ammirava la passione con cui parlava della banca e dei casi più strani che le erano capitati. Anche Theseus, che dentro l’ufficio Auror assumeva sempre l’aria da padrone di casa diligente e maniaco della precisione, si era sbottonato e si era rivelato un uomo divertente e spiritoso; finalmente Tina poteva vederlo giù dal piedistallo su cui inevitabilmente lo metteva quando erano al Ministero.
E poi c’era Newt, ovviamente. Newt con Pickett addormentato nella tasca, col ciuffo spettinato e gli occhi stanchi ma con quel sorriso inossidabile. Sembrava meno testo del solito; Tina si era resa conto di quanto era spaventato per Grindelwald ma non aveva mai trovato un modo per affrontare l’argomento senza sentirsi invadente, era contenta di vederlo godersi un po’ la vita. Avrebbe volentieri passato ogni singola serata della sua esistenza a guardarlo ridere e a sentirlo parlare…
Si riscosse, arrossendo per i suoi stessi pensieri. Cosa le saltava in mente? Non era quello il momento di pensare a certe cose, non con una tale spada di Damocle sospesa sulle loro teste.
Bevve un altro sorso di burrobirra, sospirando. Non era quello il momento ma sperava che prima o poi ne sarebbe arrivato uno opportuno. Anche perché riflettendoci era da anni, forse addirittura da Ilvermorny, che non si sentiva così a casa con qualcuno.
 
A fine serata anche Newt poteva dire di sentirsi così. Aveva temuto che quell’arrembaggio fattogli da Theseus si rivelasse solo una scusa per sorvegliarlo e quando era arrivata anche Tina avrebbe voluto smaterializzarsi in Islanda per l’imbarazzo, ma poi era andato tutto bene. Si era anche reso conto che quella serata puzzava troppo di Hufflepuff per essere un’idea di suo fratello.
Usciti dal Paiolo Magico si salutarono prima di smaterializzarsi, Theseus a casa sua, Tina in albergo e Newt e Amy a casa di quest’ultima. Newt avrebbe voluto riaccompagnare Tina, ma davanti a così tanti testimoni gliene mancò il coraggio.
«È stata proprio una bella serata, non trovi?» disse all’amica nel tragitto verso casa.
Amy annuì «Ci voleva proprio, Theseus ha avuto una buona idea»
«Theseus?»
«L’idea della cena è stata sua, voleva passare un po’ di tempo con te senza pensare alle indagini. Dovresti essere meno duro con lui, è pur sempre tuo fratello. Anche Tina la penserebbe così, secondo me»
«Tina? Ne hai parlato con lei? Ti ha detto qualcosa su di me? Chi l’ha invitata? Lo sapevi?»
Questa volta Amy non poté non ridere «L’ho invitata io, immaginavo che sarebbe passata dal Ghirigoro per salutarti. Volevo conoscerla, tu ti ostini a non portarla a casa quindi mi sembrava l’unico modo»
«Non pensavo volessi conoscerla, visto com’è andata l’ultima volta»
«Così mi offendi, ovvio che la voglio conoscere. È una persona così importante per te, come potrei fare altrimenti?»
Newt si sentì quasi commosso, anche se forse era solo un effetto del caldo dell’adrenalina di quella sera. Avrebbe potuto dire qualcosa di melenso ma si trattenne, limitandosi a mormorare un «Grazie Amy» che fece sorridere l’amica.
 
 
7 Febbraio 1927
Ministero della Magia, Londra magica
Ufficio Auror
Mattina
 
Dopo una serata così rilassante c’era da aspettarsi una giornata faticosa. Tina lo sapeva, se l’era detto subito appena alzata, se l’era ripetuto mentre leggeva la settimanale lettera di Queenie e mentre viaggiava verso il Ministero. Quando varcò la soglia dell’ufficio Auror e fu letteralmente investita da gufi però si lasciò comunque sfuggire un verso di sconforto.
«Goldstein, eccoti finalmente! Abbiamo trovato qualcosa» le disse Theseus con urgenza, facendole segno di avvicinarsi.
I due Scamander e Wolf erano attorno ad una scrivania su cui era stesa una cartina di Parigi «Ci sono stati degli avvistamenti in Francia, più precisamente a Parigi. Wolf è stato contattato questa notte dagli Auror francesi, ci aspettano tra mezz’ora via passaporta. Goldstein, Wolf, voi andrete a Parigi d’accordo? Mi raccomando, bacchette alla mano e occhi sempre aperti»
«Noi cosa facciamo?» chiese Newt, nervoso.
«Dobbiamo avvertire Dumbledore; prepara il baule, Newt, si torna ad Hogwarts»

 

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Capitolo 7
*** VII. ***


VII.
Dove Newt
ritorna ad Hogwarts
 
7 Febbraio 1927
Ministero della Magia francese, Parigi magica
Mattina
 
Tina pensava di aver imparato ad atterrare in piedi viaggiando con le passaporte, ma a quanto pare si era sopravvalutata. Incespicò e rischiò di cadere e terra, fortunatamente Wolf la prese al volo per un braccio. Le rivolse un sorriso affilato «Non sei abituata, eh?»
Lei sbuffò «No, ma a mia discolpa non mi capita spesso di usarne in America»
Una strega bionda andò loro incontro «Buongiorno, sono Odille Gaillard, Ministro della Magia di Francia. Voi siete gli Auror assegnati alla missione speciale, vero? Prego, seguitemi»
Il Ministero francese era affollato e rumoroso, tutti si muovevano velocemente e l’aria era piena di messaggi rapidi che sfrecciavano da una parte all’altra. Il ministro, che parlava inglese con un pesante accento, si muoveva rapida e fluida mentre li aggiornava sulla situazione «Un mago che corrisponde all’ultima descrizione rilasciata di quello che state cercando è stato visto nei paraggi del quartiere latino qualche giorno fa. Non sappiamo a chi si sia rivolto di preciso, il mercato nero della magia lì prolifera come non mai. Era in compagnia di un altro uomo di cui abbiamo una descrizione. Paul, prendimi quel fascicolo! Lui è Paul Blanchard, capo dell’ufficio Auror»
Blanchard era un uomo alto e secco dall’aria esaurita che passò subito un fascicolo azzurro al Ministro. La donna ne estrasse un identikit e lo mostrò ai due Auror «Vi sembra familiare?»
Wolf annuì «Gregor Von Meinster, lo tenevamo d’occhio a Berlino perché lo sospettavamo affiliato a Grindelwald. Non avevamo torto, evidentemente. Avete altre tracce?»
«Purtroppo no, sono scomparsi subito. Se volete andare al quartiere latino per dare un’occhiata Blanchard può accompagnarvi: non è il caso che andiate da soli, un viso conosciuto può aiutarvi a ottenere più informazioni»
«Va bene, mi sembra una buona idea. Nel frattempo potrebbe prepararci una passaporta per il ritorno?» s’informò Tina. Il Ministro annuì e delegò il compito ad un funzionario, poi si congedò dagli Auror raccomandandosi che la contattassero subito se ci fossero state delle novità.
Quando si fu allontanata Tina chiese a Blanchard «Ma è sempre così?»
«Ultimamente è peggiorata, l’idea che un criminale di tale portata sia riuscito ad entrare in Francia sotto la sua sorveglianza non è piacevole in tempo di rielezioni. Non fa troppo bene nemmeno alla mia reputazione, quindi ci tengo particolarmente a darvi una mano. Andiamo?»
I tre si smaterializzarono in un vicolo molto vicino ad una strada affollata.
«È un quartiere babbano?» chiese Tina stupita.
Blanchard annuì «Il quartiere magico è a Montmartre, i criminali preferiscono nascondersi fra i babbani. Ormai la separazione non è più così rigida, in ogni caso»
Tina sentì una dolorosa punta di amarezza: ormai le era chiaro che sua sorella sarebbe potuta essere felice ovunque tranne che a casa. Cercò di non pensarci e seguì i colleghi nelle strette stradine. Purtroppo gli interrogatori si rivelarono inutili: nessuno aveva visto niente e chi aveva visto aveva comunque più paura di Grindelwald che delle forze dell’ordine.
D’un tratto Tina notò un negozietto dall’aria lugubre, nascosto in una stradina laterale buia e sporca «Blanchard, lì cosa c’è?»
Lui parve rabbrividire «Gli abitanti della zona la chiamano Maga Nera, ma a mio parere non ha nulla di magico. È solo una pazza convinta che il voodoo funzioni»
«Beh, se è una babbana non può sapere chi è Grindelwald, se ha visto qualcosa non dovrebbe avere paura a dircelo no?» suggerì Tina.
«Tentar non nuoce» constatò Wolf, e trasfigurarono i loro distintivi in distintivi della polizia babbana.
Appena entrati furono soffocati dall’odore del posto, un nauseabondo miscuglio di erbe aromatiche e puzza di animali. Wolf imprecò in tedesco e Tina sentì di condividere, qualsiasi cosa avesse detto. Blanchard li guardò simpaticamente, era già stato lì e ci aveva messo giorni a togliersi quell’odore di dosso.
Un tramestio e da dietro il bancone spuntò una donna con pelle e capelli scuri che a Tina sembrò stranamente familiare. Aveva occhi da animale selvatico, sospettosi e ferali.
«Cosa porta dei viaggiatori alla mia porta?» chiese. Aveva un accento strano, impastato, come se facesse finta di averne uno.
Tina si fece avanti «Siamo della polizia, ci è giunta voce che un criminale è stato visto qui nei dintorni pochi giorni fa. Ha notato niente di strano?»
La Maga Nera ridacchiò «Poche persone varcano la mia soglia, Madame. Il voodoo non è materia per tutti»
«Posso comunque farle vedere una foto? Magari l’ha notato nel quartiere» insistette Tina. L’altra donna la guardò per qualche secondo con i suoi occhi inquieti poi annuì. Quando Tina le porse l’identikit però scosse subito la testa «Non ho mai visto quest’uomo, agente» disse, e tornò ad occuparsi delle sue cose. I tre maghi ringraziarono, senza ricevere risposta, e se ne andarono.
«Quella donna mi mette i brividi» commentò Blanchard e Tina fu d’accordo. C’era qualcosa di strano nella Maga Nera, qualcosa che la faceva sentire minacciata. E a Tina non piacevano affatto queste cose.
 
 
Ufficio del Preside Dippet
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Scozia
Nel frattempo
 
Newt uscì dal camino alle spalle del fratello e cercò di rimanere il più nascosto possibile mentre Theseus si occupava delle pubbliche relazioni.
«Buongiorno Preside, mi scusi se ci siamo presentati con così poco preavviso ma abbiamo assolutamente bisogno di parlare con il professor Dumbledore»
«Non preoccuparti Theseus, il mio camino è sempre aperto per gli Auror. Non ho fatto in tempo ad avvisare Albus, però, sta facendo lezione. Immagino ricorderai ancora la strada… oh ciao Newton, non ti avevo visto» aggiunse Dippet imbarazzato. Newt si sforzò di guardare in faccia l’uomo che l’aveva espulso da Hogwarts e mormorò «Buongiorno Preside»
Theseus parve accorgersi solo in quel momento della situazione imbarazzante che aveva contribuito a creare e si schiarì la voce «Bene, allora noi andiamo da Dumbledore. Lasci aperto il camino, Preside, mi raccomando»
Fuori dall’ufficio si rivolse a suo fratello «Scusami Newton, non ho pensato a quanto poteva metterti a disagio questa cosa. Pensavo ti avrebbe fatto piacere rivedere Hogwarts dopo tanto tempo»
«In effetti è bello essere di nuovo qui, anche se avrei fatto a meno di rivedere Dippet. Ti dispiace se faccio un giro mentre parli con Dumbledore? Dopotutto sei tu l’Auror…»
Theseus ghignò «Quando ti fa comodo lo riconosci, allora. Vai pure, ti manderò a chiamare quando avremo fatto»
Newt sorrise al fratello e si avviò per i corridoi deserti. Era mattina, gli studenti erano a lezione oppure ancora nelle Sale Comuni, quindi Newt aveva tutta Hogwarts per sé; l’ultima volta che gli era successo era stata la notte prima della sua espulsione, con Amy.
Cominciò a vagare senza meta, riconoscendo qua e là alcuni luoghi della sua giovinezza. Ecco l’aula della sua prima lezione di Incantesimi, la bacheca dove venivano affissi i risultati dei provini del Quidditch, il corridoio dove aveva rincorso lo Snaso per evitare che rubasse gli orecchini a due Ravenclaw… fu tentato di andare in Sala Grande o nelle cucine per un po’ dell’indimenticabile cibo di Hogwarts, ma desistette. Uscì fuori, nel parco spolverato di neve dov’era stato l’ultima volta per la cerimonia dei diplomi e camminò nell’erba scricchiolante fino alle serre. Senza farsi vedere diede un’occhiata dentro e vide Doug alle prese con un gruppo di Gryffindor e Slytherin. Il solo vedere le cravatte verdi gli provocò una fitta al petto da fargli mancare il fiato e si allontanò velocemente; avrebbe salutato l’amico a lezione finita, non voleva disturbarlo.
Tornò a vagare nel parco e la forza dell’abitudine ancora ben radicata in lui lo portò alla soglia della Foresta Proibita. Chissà quante nuove creature vi si erano stabilite, pensò, era una vita che non faceva una delle sue scampagnate notturne…
«Scamander?» disse improvvisamente una voce familiare alle sue spalle, facendolo girare. Sorrise, sorpreso «Professor Cline!»
Il suo vecchio mentore lo guardava perplesso «Newt Scamander, sei davvero tu? Merlino, che mi venga un colpo! Cosa ci fai qui?»
Newt sapeva di non potergli dire la verità quindi rispose con la prima cosa che gli venne in mente «Sono qui per la mia visita mensile alle creature della Foresta, signore»
Cline rise «Conoscendoti, potrei anche crederti. Mi fa piacere vederti; se mi aiuti a portare dentro questi posso offrirti una tazza di tè, che ne dici?» propose, indicando i fasci di rami alle sue spalle. Newt obbedì, facendoli levare in aria con un semplice movimento della bacchetta.
Arrivati negli appartamenti del professore, nei sotterranei vicino alla Casa di cui era a capo, Cline mise sul il tè e cominciò a parlare «Ho letto il tuo libro, l’ho trovato estremamente interessante e ben fatto. Noi amanti delle creature ti siamo debitori, pochi altri al mondo si sarebbero spinti così in là per provare che non tutti gli animali fantastici sono pericolosi»
Newt arrossì «Ho fatto solo il mio dovere, professore. Mi sono bastati pochi mesi al reparto Regolazione del Ministero per capire che così non si poteva andare avanti»
Cline fece una smorfia «Non parlarmi di quei bifolchi, sono loro le vere bestie. Hai fatto un ottimo lavoro, ma ora che farai?»
Newt prese la sua tazza di tè e lo mescolò meticolosamente «Al momento sto collaborando con l’ufficio Auror. Sono qui con mio fratello, è andato a parlare con il professor Dumbledore. Quando sarà finita questa indagine immagino che continuerò a fare il Magizoologo, chissà quante creature ci sono in giro per il mondo che mi aspettano. E lei, professore? Ha trovato un altro assistente?»
«Sì, si chiama Kettleburn. Un tipo esuberante, probabilmente finirà per perdere un arto o due ma è bravo con gli animali e anche con gli alunni. Immagino che la mia cattedra andrà a lui, quando deciderò di andare in pensione»
«Spero che il suo successore saprà ispirare i suoi studenti come ha fatto lei con me»
«È stato facile, tu ce l’avevi nel sangue. Ho sempre provato rimorso per quello che è successo, per non aver fatto qualcosa in più. Temevo che il tuo futuro fosse irrimediabilmente compromesso» un’altra fitta al petto che Newt cercò di dissimulare bevendo un sorso di tè «Sono contento di sapere che invece è andato tutto per il meglio»
«Quindi come va la Casa? Abbiamo vinto qualche coppa negli ultimi anni?» chiese precipitosamente Newt, nel tentativo fallito di cambiare spontaneamente discorso. Cline non fece una piega e rispose «Ci è mancato del carattere nella squadra da quando si è diplomato il tuo capitano, quel Fraser. Ma abbiamo vinto qualche Coppa delle Case. Continuiamo a portare avanti la nostra politica di duro lavoro e lealtà. A proposito, immagino tu sia ancora in contatto con Amelia Prewett! Come sta? Salutamela»
«Sta bene, è diventata Spezzaincantesimi e lavora alla Gringott. Sono sicuro che mi invidierà molto quando le racconterò che sono tornato ad Hogwarts»
I due Hufflepuff furono interrotti da un bussare alla porta. Un ragazzino con la cravatta giallonera fece capolino e disse «Professore, c’è un Auror che cerca il suo ospite. Il professor Dumbledore ha detto che l’avrei trovato qui»
Newt posò la tazza e si alzò «Theseus deve aver concluso il suo colloquio, meglio se vado. Professore, è stato un piacere rivederla. Spero ne avremo nuovamente occasione presto»
Cline allargò le braccia «Mi trovi sempre qui, Newton. In bocca al lupo per tutto»
 
Theseus sapeva di avere tutto il diritto di interrompere la lezione di Dumbledore per avvertirlo di una svolta nel caso. Eppure, una volta arrivato alla porta dell’aula, si sentì nuovamente uno studentello spaventato al pensiero di disturbare un professore. Dicendosi di smetterla con queste sciocchezze bussò e aprì la porta senza aspettare una risposta. Si trovò puntati addosso gli occhi perplessi di una classe di Hufflepuff e Ravenclaw che stavano trasfigurando topi in tabacchiere, più quelli preoccupati di Dumbledore.
«Theseus, cosa c’è? Avevamo previsto un incontro?» gli chiese il professore.
«No, è stata una decisione presa all’ultimo. Possiamo parlare in un luogo che sia un po’ più… privato?» rispose l’Auror.
«Prego, vieni nel mio ufficio. Voi continuate ad esercitarvi, quando se ne sarà andato il signor Scamander voglio vedere solo tabacchiere» ammonì Dumbledore.
Una volta nell’ufficio il professore si rivelò tremendamente preoccupato «Cos’è successo, Theseus? Ci sono novità? C’è stato un attacco?»
«Nessun attacco, ma abbiamo ricevuto una segnalazione dal Ministero francese. Grindelwald è stato a Parigi poco tempo fa. Lei conosce un qualche motivo per cui Grindelwald possa essere interessato a Parigi?”
Albus scosse la testa «Tutta la sua famiglia è originaria della Germania, non ricordo rifugi sicuri in Francia. Può darsi che sia andato a recuperare qualcuno dei suoi accoliti, prima di arrivare in America aveva certamente seguaci in tutta l’Europa. Vi hanno detto qualcosa a Parigi?»
«Non lo so, ci sono andati Wolf e Goldstein. Professore, abbiamo bisogno di lei»
«Dov’è Newton?»
«È venuto qui con me ma l’ho lasciato libero di fare un giro per il castello, ho pensato che se lo meritasse. Professore, abbiamo bisogno di lei» ripeté Theseus, insistente.
«Hai ragione Theseus, ho trascurato i miei doveri nei vostri confronti. Scusami. Non mi ero reso conto di quanto potesse essere difficile muovere contro… un ex amico. Ma avete bisogno di me, quindi riprenderò il mio posto nella squadra. Troverò al più presto un sostituto che insegni a questi ragazzi»
Theseus si sentì sollevato al pensiero di non dover sgridare il suo vecchio professore «Gliene sono grato. Comunque, finché non ci saranno piste più solide da seguire potrò rimanere ad Hogwarts. Basterà comunicare ogni giorno tramite metropolvere» aggiunse.
«Farò delle ricerche più approfondite nel Reparto Proibito, potrebbero esserci tracce di manufatti oscuri che interessano a Gellert»
Theseus annuì, sperando non si fosse notato il brivido che l’aveva percorso nel sentire il professore chiamare per nome un criminale «Perfetto, aspetterò un suo aggiornamento via metropolvere. Ora devo solo recuperare Newt, chissà dove si sarà cacciato»
Dumbledore fece uno dei suoi sorrisi criptici «Oh, penso di saperlo» disse, e fece segno a Theseus di tornare nell’aula. Gli studenti erano rimasti tutti diligentemente ai loro posti, davanti a tabacchiere più o meno pelose.
Il professore si rivolse ad un ragazzino Hufflepuff «Quagmire, per favore, vai negli appartamenti del professor Cline e chiedi al suo ospite di venire qui. Brady, tu invece va’ a chiamare il professor Boot, dovrebbe essere nella serra numero quattro. Per la prossima volta voglio almeno trenta centimetri di commento sull’incantesimo di oggi. Potete andare»
La classe si svuotò in un istante, i ragazzi troppo felici di finire la lezione con qualche minuto di anticipo. Poco dopo ecco arrivare Newt, che Dumbledore salutò con preoccupante sollievo. Mentre i due fratelli Scamander si apprestavano a tornare nell’ufficio del Preside arrivò anche Doug, ancora sporco di terriccio.
«Newt! Cosa ci fai qui?!» gli disse, contento di vederlo.
«Lavoro, accompagno mio fratello e faccio un tour nostalgico. Ti ho visto prima nelle serre, che aria da professore impegnato che avevi»
Doug sbuffò divertito «L’impegno mi serve tutto, con quelle pesti. Le nuove generazioni sono sempre peggio, noi non eravamo così»
«Mi permetto di dissentire, Douglas» li interruppe Dumbledore «Ricordo bene le tue piante che occupavano metà del tuo banco e la totalità della tua attenzione»
«Beh, per quanto mi piaccia rimembrare i bei tempi andati, e sono sicuro che Doug converrà con me che Ravenclaw resta la Casa migliore, io e Newt dobbiamo assolutamente tornare al Ministero» s’intromise Theseus.
«Scusate, non intendevo ritardarvi. Newt, di’ ad Amy che se va ancora bene vi raggiungo sabato per pranzo. Dumbledore, voleva vedermi?»
«Sì, ci sono delle cose di cui dovrei discutere con te»
 
Nel tragitto verso l’ufficio del Preside Theseus si accorse che Newt si era fatto di nuovo taciturno e aveva la sua tipica espressione di quanto un dubbio lo tormentava.
Preoccupato gli si fece più vicino, badando a non violare il suo spazio personale, e con tono più noncurante possibile gli propose «Che ne dici di andare a mangiare qualcosa a Regent’s quando arriviamo? L’aria di Hogwarts mi ha messo appetito e immagino che Tina e Friedrich siano ancora in Francia»
Perplesso, Newt annuì. Regent’s Park era stato il loro posto quando erano bambini e la madre li portava un giorno a Londra se si comportavano bene, era rimasto negli anni un punto di ritrovo per i due fratelli quando volevano stare da soli per quanto non ci andassero da molto tempo. Nessuno sapeva di Regent’s a parte loro.
Si smaterializzarono nel parco subito dopo essere tornati al Ministero ed essersi accertati che i due colleghi fossero ancora a Parigi. Con un po’ di soldi babbani che tenevano sempre in tasca per le emergenze comprarono sandwich e caffè caldo da un carretto e si sedettero su una panchina a mangiare.
Newt ruppe il silenzio solo alla fine del pranzo «Pensi che abbia irrimediabilmente compromesso il mio futuro, quando mi sono fatto espellere da Hogwarts?»
Theseus sapeva di dover ponderare con estrema cura le sue prossime parole, quindi ci pensò qualche momento prima di rispondere «Ai tempi pensavo di sì. Non ho mai capito quali siano state le tue motivazioni, pensavo l’avessi fatto solo per spregio o per follia. Dopo quello che successe al Ministero, poi, puoi immaginare come mi sentivo. Ero convinto che ti saresti perso, tra il fronte orientale e le tue creature. Ma vedendoti adesso, sapendo tutta la strada e la fatica che hai fatto, mi rendo conto che rimanendo ad Hogwarts a fare l’assistente di un professore non saresti mai diventato la persona che sei ora. E la persona che sei ora, Newt, fa la differenza. La fa per le tue creature, che grazie al tuo libro verranno finalmente trattate a dovere. Ma la fa soprattutto per noi. Se tu fossi rimasto ad Hogwarts in questo momento Grindelwald sarebbe ancora in America e solo Merlino sa che cosa starebbe combinando. Quindi no, non penso che tu abbia irrimediabilmente compromesso il tuo futuro: credo che tu sia riuscito a crearne un altro, il migliore che potevi»
Rimasero un altro po’ in silenzio, il caffè che andava raffreddandosi nelle mani di Theseus.
«Certo che siete bravi nella dialettica, voi Ravenclaw» offrì alla fine Newt, con un sorrisetto. Theseus si accorse che aveva gli occhi lucidi e prima di mettersi a piangere anche lui come un bambino rispose «Ognuno ha le sue doti, non esiste solo la lealtà degli Hufflepuff. Non sai quante volte me la sono cavata nelle interrogazioni con la mia parlantina»
Newt sbuffò divertito, ma l’imbarazzo continuava ad aleggiare tra i due fratelli. Allora Theseus decise di gettare la maschera e con il tono più naturale del mondo chiese «Allora, con questa Tina?»
Newt scoppiò a ridere.

 

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Capitolo 8
*** VIII. ***


VIII.
Dove Dumbledore disturba il capo degli Auror
 
7 Febbraio 1927
Quartiere latino, Parigi
Mattina
 
Leta aspettò che i passi dei suoi ultimi visitatori fossero ben lontani prima di accasciarsi, le gambe ridotte a gelatina, dietro al bancone.
Sei anni passati a cancellare ogni sua traccia, a cercare il nascondiglio perfetto e proprio adesso che era sicura di vivere la sua vita in pace ecco tre Auror alla sua porta. Perché erano Auror, li avrebbe riconosciuti lontano un miglio. C’era quello stupido francese che ancora non aveva capito che anche lei era una strega, ma gli altri due non li aveva mai visti. La donna era americana, a giudicare dall’accento, l’altro non aveva aperto bocca ma Leta scommetteva fosse tedesco, forse austriaco.
Si sforzò di riprendere la calma, di lasciare fuori la paura con un po’ di sana e vecchia Occlumanzia. Che fare ora? Abbandonare tutto e fuggire? Sarebbe stata la sua prima scelta, ma ovviamente non poteva: l’avevano vista lì, le avevano mostrato un identikit, si sarebbero ricordati di lei e se fosse scomparsa si sarebbero insospettiti. Magari avrebbero indagato un po’ e avrebbero scoperto il suo segreto, questo Leta non poteva accettarlo.
Doveva rimanere lì, anche perché lì la sapeva Grindelwald e lì avrebbe mandato qualcuno a prenderla. Sperando che il tedesco non si fosse dimenticato di lei…
“Datti un contegno, Leta, come ti sei ridotta? Seduta per terra? Che vergogna” disse improvvisamente la voce della sua coscienza, che suonava spaventosamente come quella di sua madre. Si riscosse e si alzò subito in piedi, con aria colpevole.
Tornò nel laboratorio, eliminò con un colpo di bacchetta la pozione che stava preparando ma che aveva bollito troppo mentre lei parlava con gli Auror e si mise a controllare i suoi ultimi esperimenti.
Una soluzione di veleno di Acromantula e mercurio riposava in una boccetta capovolta sotto la finestra; ancora pochi giorni e poi, con la luna piena, sarebbe stata pronta per lo show. Un Kappa mezzo rinsecchito lanciava lamenti agonizzanti in una vasca con poche dita d’acqua; Leta aveva provato a farci qualcosa ma non era riuscita nel suo intento, quindi aveva deciso di tenerlo lì finché non si fosse seccato del tutto per poi usarne la pelle.
Gabbie, alambicchi, calderoni e fuochi fatui servirono subito a calmarla un poco. Controllò anche lo stato della creatura che aveva scelto per il prossimo incontro con Grindelwald, uno Knarl piuttosto spaventato ma ancora ben in salute. Leta accarezzò le sbarre della gabbia con un sorriso «Mi raccomando, tieni duro. Vogliamo fare una bella figura, no?»
Presa visione di tutte le sue creature, magiche e non, tornò al calderone principale per ricominciare a preparare la pozione. Col passare degli anni, forse anche a causa della solitudine, aveva cominciato a deviare dal percorso tracciato negli anni ad Hogwarts integrando Pozioni e Alchimia e facendo una cosa che un tempo le sarebbe sembrata barbarie: improvvisando.
Cambiava dosi, sostituiva ingredienti, riduceva o aumentava i tempi di cottura, mescolava nel senso opposto, tute cose che a scuola e sarebbero costate una punizione e decine di punti in meno per la Casa. Certo, spesso il calderone esplodeva o la pozione si solidificava improvvisamente costringendola a nottate di Gratta e Netta, ma sapeva imparare dai suoi errori e dopo qualche tentativo riusciva sempre a creare qualcosa di funzionante che poi testava sulla prima creaturina che le capitava sotto mano. La soluzione che riposava sul davanzale era una delle sue creazioni meglio riuscite ed era certa che anche la pozione che stava preparando in quel momento le sarebbe stata utile.
«È bello che nessuno si accorga di me, sapete?» disse al suo pubblico di prigionieri tremanti «Potrei fare qualsiasi cosa. Potrei andare a casa di quell’Auror francese e ucciderlo in un batter d’occhio e nessuno sospetterebbe di me. Potrei iniettarvi delle cose e sguinzagliarvi al Ministero, di Auror ne morirebbero molti di più e ancora non sospetterebbero di me. Sono solo la pazza appassionata di voodoo, nessuno penserebbe a me. Forse quell’americana, si vedeva che non era convinta della mia farsa. Ma potrei uccidere anche lei senza problemi. Potrei fare qualsiasi cosa e se n’è reso conto soltanto uno psicopatico che ucciderà tutti con il mio aiuto e poi ucciderà anche me, sapete? Penso proprio che finirà così. Forse alla fine mi libererò del mio fardello, in questo modo» fece una pausa, per aggiungere dell’asfodelo al calderone «Ucciderò anche Newton, e finiranno i sensi di colpa» sussurrò.
 
 
12 Febbraio 1927
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Ora di pranzo
 
Un sabato al mese, quando capitava che fossero tutti all’interno degli stessi confini, i tre amici avevano l’abitudine di ritrovarsi a casa di Amy per un pranzo. A volte, se era di riposo, si univa a loro anche Collins.
Amy e Newt ne avevano parlato ed erano giunti alla conclusione che sospendere gli incontri per via delle indagini avrebbe solo fatto insospettire e preoccupare inutilmente Doug, quindi anche quel sabato lo stavano aspettando. E poi, avevano tutti bisogno di un attimo di pace.
Quando Doug bussò alla porta, Amy aveva appena finito di controllare il polpettone «Newt, è arrivato Doug!» gridò all’amico che stava sfamando le sue creature nella valigia, e andò ad aprire. Doug aveva in mano una bottiglia di idromele e sul viso un’espressione stranamente torva.
«Doug, sei in anticipo! Accomodati, devo ancora finire le ultime cose» gli disse facendogli strada.
Doug le mise distrattamente in mano la bottiglia «Sì, sono venuto prima perché devo parlare con Newt. È in valigia?»
Amy annuì perplessa. Doug andò nella stanza degli ospiti e scese con passo rapido le scale per entrare nell’ufficio di Newt.
La portata del mondo che l’amico era riuscito a creare lì dentro non finiva mai di stupirlo. Ogni volta doveva ripetersi mentalmente che era dentro una valigia, non nella vera tundra o tra i ghiacci del Polo. Dribblò lo Snaso e un paio di Asticelli poi finalmente trovò Newt intento a visitare un piccolo Occamy.
«Sono arrivato troppo tardi per sentirti dire che sei sua madre?» gli disse scherzosamente.
Newt rise «Solo perché me l’hai sentito dire un paio di volte non vuol dire che lo faccia sempre. Amy ti ha mandato a chiamarmi? Devo ancora passare dai Puffskein per evitare che si mangino la prima cosa che trovano»
«No, Amy sta ancora finendo di preparare. Volevo farti un po’ di compagnia e parlarti di una cosa»
L’amico lo guardò preoccupato mentre si avvicinava alle creature pelose con un secchio di ragni morti «Cosa succede?»
«Dumbledore mi ha parlato dell’indagine. Di tutti i dettagli, antefatto compreso. Ora, non esprimerò cosa penso della tua idea perché ci tengo alla nostra amicizia, ma proprio per questo motivo ho deciso di dare una mano. Penso fosse questo l’obiettivo primario di Dumbledore… non fare quella faccia, ovviamente non mi metterò a combattere. Ma ho una casa nel Sussex. Non è in un villaggio, è piuttosto isolata. Sarà il vostro rifugio sicuro, protetta col Fidelius. Devo ancora concordare i dettagli con Dumbledore e tuo fratello, ma presto avrete un rifugio sicuro»
Newt si morse il labbro in preda ai sensi di colpa «Mi dispiace Doug, non volevo che venissi messo in mezzo anche tu. È una cosa pericolosa, Grindelwald è…»
«Leggo i giornali, so cos’è» tagliò corto Doug «Proprio per questo penso che nel rifugio segreto dovresti starci tu, chiuso a chiave e magari immobilizzato per evitarti di fare idiozie. Ma ho promesso a Dumbledore che non ti avrei fatto una ramanzina quindi andiamo a vedere se Amy ha finito, prima che ti strozzi»
I due entrarono in cucina mentre Amy sistemava l’ultima cosa sulla tavola. Li guardò, sempre più preoccupata «Cosa succede?»
Doug lanciò un’occhiata a Newt e lui scosse la testa «Sa già tutto. Dumbledore ha raccontato a Doug dell’indagine e lui ci darà casa sua come rifugio segreto sotto Fidelius”
«Un momento, perché lei sapeva tutto e io no?!»
«Perché io ho un fratello Auror e perché Theseus non riesce a fermarsi dal raccontarmi ogni cosa» rispose Amy con un’occhiataccia piena di sottintesi che Doug recepì all’istante.
«Comunque non è giusto» aggiunse poi lei cominciando a servire il cibo agli amici «Ora siete tutti coinvolti nell’indagine tranne me»
«Tienitene fuori più che puoi» le consigliò Doug «O è nel sangue di tutti voi Hufflepuff il desiderio di affrontare un mago oscuro più potente di voi?»
I due ex compagni di Casa si guardarono stupiti «Ecco cos’è! Meno male che sei uno scienziato, Doug, chissà come faremmo senza di te» rispose Newt mentre Amy sghignazzava. Doug si limitò ad alzare gli occhi al cielo, per l’ennesima volta da quando conosceva quei due.
 
 
Ufficio di Theseus Scamander, Ministero della Magia, Londra magica
Nel frattempo
 
Theseus era sicuro che se avesse avuto la bacchetta in mano anziché nella tasca interna della giacca avrebbe sprizzato un mare di scintille rosse.
Gli servì uno sforzo immane per non mettersi ad urlare in faccia al suo ex professore, che sorridente come se nulla fosse successo se ne stava lì seduto davanti a lui.
«Quindi ha coinvolto un altro civile» constatò a denti stretti.
Dumbledore annuì «Il signor Boot è sempre stato un ottimo amico di tuo fratello, non mi sembrava giusto lasciarlo all’oscuro dei rischi che Newt sta correndo”
«Nemmeno i nostri genitori lo sanno, vuole avvertirli lei?» sbottò Theseus. Era chiaro come il sole che l’unico motivo per cui Dumbledore aveva reso Doug partecipe dell’indagine era per convincerlo a farsi dare casa sua come rifugio segreto.
«Quelli sono affari della vostra famiglia, Theseus, non mi permetterei mai di immischiarmi» rispose Albus quasi offeso, poi continuò «Come ti stavo dicendo, dopo che gli ho raccontato tutto il signor Boot si è detto disponibile a offrirci la sua casa come rifugio sicuro. La mia idea era quella di metterla sotto Fidelius, così l’informazione potrà essere divulgata solo dal Custode Segreto. Che dovresti essere tu, a mio parere. Hai familiarità con questo incantesimo?»
«Ce ne parlarono ad Hogwarts e in Accademia, so cosa devo fare. Dopo mi basterà comunicare l’indirizzo agli altri membri della squadra e loro sapranno tutto, giusto?»
Dumbledore annuì «Esatto. Credo che il signor Boot sia qui a Londra oggi, a pranzo con tuo fratello e la signorina Prewett. Se vuoi chiedergli di incontrarlo oggi, è all’indirizzo di lei che lo troverai. Bene, se non c’è altro che io possa fare per te penso che tornerò ad Hogwarts» concluse alzandosi.
Theseus lo imitò «Ha trovato qualcosa nel Reparto Proibito, signore?»
«Alcune idee, ma sono solo delle ipotesi. Non so davvero quale asso Gellert abbia nella manica, stavolta» rispose il professore con rammarico.
 
 
22 Febbraio 1927
Castello di Nurmengard, Austria
Pomeriggio
 
Proprio quando Leta stava per perdere la pazienza (e la testa, sempre che quella non l’avesse già perduta da un pezzo) finalmente un mago diverso da quello dell’altra volta si era presentato alla sua porta e le aveva detto che Grindelwald la stava aspettando.
Erano passati anni dall’ultima volta che aveva percorso smaterializzandosi una distanza così lunga e quando arrivò nel lungo salone del palazzo fu presa dalle vertigini, ma fece finta di niente.
Si guardò attorno, curiosa di sapere dove si trovava. Alte e spesse mura di pietra, arazzi e quadri alle pareti, era sicuramente un castello. Avrebbe potuto anche assomigliare ad Hogwarts, se solo non fosse stato così austero e inquietante.
Il mago che aveva incontrato con Grindelwald la prima volta fece il suo ingresso nella sala «Signorina Lestrange, finalmente si unisce a noi! Prego, mi segua»
I corridoi erano larghi e gelidi, Leta tremava nel suo maglione verde. L’uomo se ne accorse e la guardò con comprensione. La portò in una stanza più piccola e un po’ meno fredda, con un camino a legna in un angolo e una finestra dal vetro decorato. Davanti alla finestra, platealmente in posa, c’era Grindelwald.
«Signore, la signorina Lestrange è qui»
«La vedo, Von Meinster. Puoi andare, di’ a Jankowski di aspettarmi nel salone. Sarò da lui appena avrò finito qui»
Von Meinster abbozzò un inchino e scomparve. Improvvisamente tesa, Leta strinse la tracolla della borsa. Il suo gesto non sfuggì a Grindelwald, che sorrise sornione «Allora, Leta, cosa mi hai portato? Ti ho lasciato molto più tempo del previsto, spero non mi deluderai»
La strega si avvicinò al tavolo e vi posò sopra la borsa, da cui cominciò a estrarre boccette e gabbie. Grindelwald si mise all’altro capo del tavolo per dare un’occhiata «Cos’abbiamo qui? Ho già visto questa creatura, credo»
«È uno Knarl, signore, è molto probabile che l’abbia già visto. Sono animali piuttosto comuni e innocui»
«Innocuo? Cosa me ne faccio di un animale innocuo?» sbottò subito il tedesco.
«Animali pericolosi come le Acromantule o i Basilischi sono molto difficili da trovare, nonché quasi impossibili da addestrare. Per mettere sotto Imperius un’Acromantula servirebbero almeno dieci maghi esperti e forse non sarebbero comunque abbastanza. Inoltre, nel trovarsi davanti un animale del genere chiunque capirebbe subito di essere in pericolo. Il trucco è usare animali piccoli e tranquilli, così che nessuno si renda conto della trappola prima di esserci già finito dentro» spiegò Leta con tono paziente, togliendo lo Knarl dalla gabbietta e forzandogli in bocca l’estremità di una boccetta. Gli fece ingoiare qualche goccia del contenuto poi lo rimise sul tavolo. Per qualche secondo non successe nulla, poi la bestiola emise un verso furioso e si gettò verso Grindelwald.
«Immobilus!» disse Leta con estrema calma, fermandola a mezz’aria «Vede, lo si può lasciar libero di attaccare, lo si può mettere sotto Imperius perché attacchi chi vogliamo noi. Sto cercando un modo per renderlo velenoso, ma devo lavorarci ancora un po’» spiegò.
Suo malgrado Grindelwald non riuscì a nascondere l’ammirazione «Ottimo lavoro, Leta. A cosa può servirmi?»
L’ex Slytherin lo guardò negli occhi «Date a Newt Scamander una creatura da salvare e non si accorgerà di altro»

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Capitolo 9
*** IX. ***


IX.
Dove Amy racconta una storia
 
24 Febbraio 1927
Mensa della Gringott, Diagon Alley, Londra Magica
Pomeriggio
 
Nonostante fosse partito col piede più sbagliato, il rapporto tra Amy e Tina aveva ormai ingranato fino a trasformarsi in una buona amicizia. Newt ne era sollevato, chiaramente, anche se adesso tremava al solo pensiero di tutte le storie imbarazzanti su di lui che Amy avrebbe potuto raccontare all’americana.
Era effettivamente quello che stava succedendo proprio in quel momento: Tina si era recata alla Gringott per il trasferimento mensile del suo stipendio dal MACUSA e aveva incontrato Amy diretta alla mensa per una pausa pranzo tardiva dopo una mattinata passata a ispezionare un baule pieno di merci di contrabbando. Tina si era unita a lei per un caffè e ora stavano chiacchierando e ridendo.
«E a quel punto, Helga mi fulmini se non è vero, sporco di fango fino alla punta dei capelli Newt è andato da sua madre, le ha sorriso e le ha dato quell’orribile Murtlop per la festa della mamma»
Tina aveva male alle guance da quanto stava ridendo «E lei?»
«È stato fortunato perché sua madre alleva ippogrifi ed è abituata a dargli da mangiare furetti morti. Ha presto il Murtlop, ha ringraziato suo figlio e poi è scomparsa in casa. Non si hanno più avuto notizie della creatura, curiosamente…»
«Per Tituba, erano mesi che non ridevo così tanto» disse Tina asciugandosi gli occhi «Dovresti scrivere un libro anche tu, aneddoti sul famoso magizoologo Newt Scamander»
Amy scosse la testa sogghignando «Oh no, Newt mi ucciderebbe se raccontassi a qualcuno queste cose. Se sapesse che le ho raccontate a te, poi…»
Tina si sentì arrossire violentemente e cambiò subito discorso «Quindi tu e Newt siete inseparabili dai tempi della scuola, giusto?»
«Più o meno, ci sono stati gli anni della guerra e i periodi in cui viaggiava per il mondo. Ma nei momenti importanti c’è sempre stato, da quando ho passato l’esame da Spezzaincantesimi a quando mi sono diplomata ad Hogwarts»
Tina la guardò un attimo senza capire poi si ricordò «Ah, giusto, Newt non si è mai diplomato. Com’è successo?»
Un’ombra improvvisa calò sul viso di Amy, preoccupando l’amica «Forse non spetterebbe a me dirtelo, ma voglio che tu capisca una cosa. Quindi tradirò i miei ideali, per una volta» disse. Si guardò attorno per essere sicura che nessuno stesse prestando loro attenzione poi sollevò l’orlo della giacca dell’uniforme, scoprendo la pancia. Sul basso ventre, appena sopra i calzoni, aveva una grossa cicatrice circolare e frastagliata. Tina trattenne il fiato «Cosa ti è successo?»
«Un Unicorno» rispose Amy lapidaria.
«Un Unicorno? Ma non sono animali feroci, giusto?»
«No, non lo sono. Almeno finché non ne droghi uno con Merlino solo sa cosa per poi metterlo sotto Imperius e scatenarlo contro gli astanti»
Il cuore di Tina perse un battito «Cosa? Newt ha fatto questo? Ma non è possibile, lui non farebbe mai del male a una creatura…»
«Non fu Newt, fu Leta Lestrange»
Tina continuava a non capire «Ti prego Amy, smetti di essere così criptica e raccontami per bene quello che è successo»
«A scuola io e la Lestrange non andavamo d’accordo, eravamo obbligate a essere civili l’una con l’altra solo perché eravamo entrambe amiche di Newt. L’ultimo anno stettero insieme qualche mese poi quando si lasciarono lei si sentì libera di fare di me quel che voleva. Mi attirò di notte nella Foresta e mi sguinzagliò dietro questo Unicorno, non so cosa gli avesse fatto ma era terribile, aveva gli occhi tutti bianchi ed era furioso. Non riuscii a difendermi e lui mi incornò, passandomi da parte a parte. Leta mi lasciò lì, incapace di chiamare aiuto. Se non fosse stato per Newt, che scoprì per caso cos’era successo, sarei morta quella notte. Ci andai molto vicino anche i giorni seguenti, rimasi in Infermeria una settimana prima di riprendermi e quando finalmente mi svegliai scoprii che Newt si era preso la colpa di tutto e sarebbe stato espulso. Si sacrificò per lei, i Lestrange sono una famiglia purosangue antichissima e non avrebbero accettato un’umiliazione simile per un comportamento come quello di Leta»
Tina si sentiva nauseata «Che fine ha fatto Leta?»
«Di preciso, nessuno lo sa. Uscita da Hogwarts i suoi comportamenti e le sue ossessioni si fecero sempre più preoccupanti, quando la gente cominciò a sospettare che fosse stata lei a causare l’incidente dell’unicorno i suoi la rinchiusero al San Mungo. Era scappata, anni fa, quindi adesso credo sia in una clinica privata all’estero. Ora sai perché me la sono presa tanto quando mi hai scambiata per lei» aggiunse Amy, cercando di sdrammatizzare.
«Perché Newton si prese la colpa? Eri la sua migliore amica, non ti ha tradita in questo modo?»
«C’entravano anche le creature della valigia, ma soprattutto lo fece perché era innamorato di lei. Non posso mentirti, Tina: era innamorato di lei ad Hogwarts e lo è stato per molti anni anche dopo, per quanto la cosa lo facesse sentire male e in colpa. Ma adesso non lo è più, ne sono certa»
«Da un amore così non si guarisce tanto in fretta»
«Non la definirei affatto fretta, è stato un processo fin troppo lungo e doloroso per tutti. Ma sai, a volte basta solo la persona giusta» concluse, ammiccando da sopra la tazza.
Tina sospirò «Non lo so, Amy. Se non ci fosse stata questa storia di Grindelwald non ci saremmo mai più rivisti, forse sono solo le circostanze a spingerci insieme»
«Posso assicurarti che Newt moriva dalla voglia di tornare a New Tork per rivederti, ma pensava di aver bisogno della scusa del libro quindi è andato nel panico e ci ha messo mesi a crearne la versione definitiva. E poi, anche se fossero solo “le circostanze” come dici tu, che male ci sarebbe? L’importante è che ci sia qualcosa. C’è chi si incontra sui banchi di scuola e chi combattendo un mago oscuro; il mondo è bello perché è vario»
Tina finalmente sorrise «Sai, andresti d’accordissimo con mia sorella Queenie, siete simili sotto certi aspetti. Però lei in amore è più sfortunata, anche se neanche una storia a distanza come la tua dev’essere proprio facile»
«Ci sono alti e bassi, l’importante è impegnarsi per farla funzionare. Per fortuna adesso il campionato è in pausa per due settimane, così può stare un po’ qui con me» rispose Amy sorridendo. Poi però guardò con aria stupita alle spalle di Tina «Che strano, quello sembra il suo patronus» disse.
La sagoma argentea di una lince si avvicinò a balzelli al loro tavolo, poi parlò con la voce di Graham «Amy devi venire subito a casa, è successo qualcosa a Newt»
 
 
Ministero della Magia, Londra magica
Dopo pranzo
 
Newt stava tornando in ufficio dopo una pausa pranzo tumultuosa, passata nella valigia a rincorrere gli Snasetti e a cercare di medicare un Mooncalf particolarmente testardo.
«Scamander, cercavo proprio te!» gli disse qualcuno prendendolo per un braccio per fermarlo. Newt fece il gesto di estrarre la bacchetta ma poi riconobbe Aurelius Barn, suo ex collega all’ufficio Regolazione, uno dei pochi che si erano comportati civilmente con lui.
Gli sorrise impacciato «Buongiorno Aurelius, come posso esseri utile?»
«Ci è arrivata la segnalazione di un branco di Knarl vicino a un villaggio di babbani a poche miglia a sud di Londra. Ti dispiace andare a dare un’occhiata? Ho pensato di dirlo a te prima che agli altri dell’ufficio, so che ne avrai più cura»
Newt tentennò: da una parte non voleva arrivare in ritardo in ufficio, suo fratello sapeva essere un capo intransigente, ma dall’altra l’idea di lasciare delle creature innocenti nelle grinfie di quelli dell’ufficio Regolazione lo faceva rabbrividire «Dammi l’indirizzo preciso, li metterò nella mia valigia prima che un babbano possa notarli»
 
Si smaterializzò in un boschetto, facendo volar via dei passeri spaventati dal rumore. Controllò l’orologio: era già quasi in ritardo, ma i Knarl erano creature miti quindi non ci avrebbe messo molto a recuperarli.
Si avviò verso il villaggio frugando con gli occhi fra l’erba alta finché non lo vide: era uno solo, tremante e spaventato, nascosto dietro un sasso.
«Ehi, piccolino! Vieni qui, non ti faccio niente. Non ho cibo, non sto cercando di comprarti» lo rassicurò inginocchiandosi per terra. La creatura lo fissò con aria stranamente assente.
Newt estrasse la bacchetta per appellarlo quando negli occhi dello Knarl comparve un’espressione feroce e gli si gettò contro a denti scoperti. Newt cadde all’indietro per lo spavento, facendo rotolare via la bacchetta; da quando un animale così mite attaccava qualcuno che non lo stava provocando? Era malato, oppure…
Un lampo viola gli sfrecciò sopra la testa prima che potesse pensare “trappola”. Due maghi uscirono dall’erba alta a bacchette spianate.
Anni e anni di club dei duellanti si rivelarono inutili, perché l’unica cosa che riuscì a fare fu raccogliere la bacchetta e cominciare a correre.
I due maghi continuarono a lanciagli contro incantesimi mentre lo rincorrevano, così che non riuscisse a concentrarsi abbastanza da smaterializzarsi. Lui rispondeva più che poteva, lanciando attacchi da sopra le spalle e cercando di tenere in salvo la valigia
«Stupeficium!» gridò uno degli assalitori e l’incantesimo si abbatté poco lontano dai suoi piedi, facendogli perdere momentaneamente l’equilibrio.
«Depulso!» rispose lui, mandando a segno il colpo. L’altro mago disse qualcosa in una lingua straniera, poi urlò «Bombarda Maxima!» e questa volta l’incantesimo aprì un cratere sotto i piedi di Newt mandandolo in aria. Rimase sospeso per qualche secondo poi rotolò dolorosamente al suolo. Istintivamente si raccolse attorno alla valigia, perché nessuno al suo interno si facesse male. La testa improvvisamente svuotata per la collisione col suolo, non riuscì a pensare a un incantesimo per difendersi. Improvvisamente, fu come se tutto il suo corpo stesse andando a fuoco.
Si lasciò sfuggire un grido strozzato, poi il dolore gli fece digrignare i denti fino allo spasimo. Sentì in bocca il sapore ferroso del suo stesso sangue. Poi il dolore passò, esattamente com’era arrivato, lasciandolo sena fiato. “Cruciatus” pensò, prima che tutto ricominciasse.
Si ficcò le unghie nei palmi fino a sanguinare, i muscoli così tesi che gli sembrava si stessero strappando. Sbatté la testa sul terreno nel tentativo inconsulto di far smettere quel dolore. La gola gli si chiudeva.
Di nuovo i suoi aguzzini smisero per qualche secondo di torturarlo, poi ricominciarono. Questa volta nel dolore generale Newt sentì chiaramente una costola spezzarsi per la forza con cui teneva stretta la valigia. Urlò, riportando un po’ d’aria al cervello.
“Devo andarmene” pensò.
«Guardalo, come piange. Il capo aveva ragione, a New York è stato solo fortunato» sghignazzò uno dei due maghi.
Nonostante il dolore fosse come un chiodo incandescente conficcato nel cervello, Newt cercò di concentrarsi. “Un posto sicuro” si ripeteva. Non riusciva a focalizzare la casa di Doug, c’era stato solo una volta.
All’ennesima scarica di dolore emise un verso disumano, sputando sangue per terra. Uno dei due avversari se ne accorse «Ehi, vacci piano. Non dobbiamo ucciderlo, sennò sai quello cosa fa a noi due?»
Il dolore si attenuò e Newt capì che stava per svenire. In preda al panico cercò nella sua mente il ricordo di un posto sicuro, uno qualunque.
“Casa di Amy” pensò, e scomparve.
Atterrò carponi, sputando sangue sul parquet. Si stupì di averne ancora in corpo, gli sembrava di sanguinare da ogni centimetro di pelle. Udì in lontananza un rumore di passi, alzò gli occhi e vide qualcosa di rosso e giallo. Poi svenne.
 
Quando si risvegliò era steso e il dolore era diminuito. Riconobbe l’odore di pozioni medicali del San Mungo ancor prima di aprire gli occhi e trovare tutto bianco attorno a sé. C’erano due persone al suo capezzale, Theseus e Tina.
«Acqua» gracchiò Newt, facendoli sobbalzare. Theseus aveva l’aria distrutta, come se fosse stato colpito anche lui, Tina gli occhi rossi di chi ha pianto a lungo. Si precipitò a porgergli il bicchiere; anche bere faceva male.
«Cos’è successo?» chiese.
«Sei stato torturato. Cruciatus, a giudicare dallo stato in cui eri. Merlino solo sa come hai fatto a smaterializzarti da Amelia, per fortuna Graham era in a casa e ci ha avvertiti. Newt, dov’eri?» chiese Theseus tremando.
«Trappola. Hanno usato delle creature»
Improvvisamente gli tornò in mente la sua valigia: preso dal panico al pensiero di averla lasciata con i due maghi cercò di alzarsi ma il dolore al petto era lancinante.
«Dove credi di andare?!» esclamò Theseus.
«La valigia, avevo la valigia»
«È tutto a posto, ce l’ha Amy. Stanno tutti bene, spaventati ma nessuno è ferito» s’intromise Tina con voce rotta ma dolce.
Theseus lasciò scorrere lo sguardo tra suo fratello e la donna per qualche istante poi si alzò «Vado a dire agli altri che ti sei svegliato. Tina, lo puoi badare tu?» chiese. Tina annuì.
Appena Theseus ebbe chiuso la porta a Tina sfuggì un singhiozzo.
Newt la guardò preoccupato e cercò la sua mano sopra le coperte. Lei la strinse forte nelle sue.
«Pensavo fossi morto» disse, gli occhi pieni di lacrime «Collins ci ha chiamate e siamo arrivate subito ma tu eri steso per terra nel tuo stesso sangue e credevo fossi morto. Credevo che non ti saresti più svegliato, che avrei passato tutto il resto della mia vita qui senza più vedere la luce nei tuoi occhi»
Anche Newt cominciò a piangere, e le lacrime erano quasi un sollievo.
«Mi dispiace» mormorò.
Tra le lacrime, Tina sorrise «Sei qui, sei vivo. Non hai nulla di cui dispiacerti. Promettimi una cosa, però»
Newt annuì.
«Non farmi mai più spaventare in questo modo. Non voglio più dover pensare a come sarebbe la mia vita senza di te»
Detto questo gli si avvicinò e, dopo un attimo di esitazione, gli posò un bacio sulla fronte. Poi fece per alzarsi ma Newt non le lasciò la mano.
«Ci sono altre persone che vogliono salutarti» gli disse lei dolcemente.
«Non lasciarmi» rispose lui, con quel poco di voce che aveva.
Arrossendo, Tina si risedette. Per tutto il tempo fino alla fine dell’orario di visita, mentre tutti gli altri amici e colleghi venivano a salutarlo, non smise mai di tenergli la mano. Quando la guaritrice minacciò di cacciarla con la forza si limitò a evocare una brandina e a stendersi al suo fianco, mentre Theseus negoziava con la donna perché la lasciasse dormire lì almeno quella notte.




NdA: buonasera e soprattutto buon anno! Mi scuso per non aver aggiornato la settimana scorsa ma ero via per le vacanze e non avevo un momento libero per tirare fuori il computer. In ogni caso, spero che la storia vi stia piacendo. Alla prossima! M.

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Capitolo 10
*** X. ***


X.
Dove Theseus rischia un esaurimento
 
27 Febbraio 1927
Kowalski Quality Baked Goods, New York
Dopo
l’orario di chiusura
 
Jacob Kowalski si accingeva a contare gli incassi della settimana, finalmente solo e tranquillo dopo una giornata faticosa. La domenica faceva bene ai suoi affari, sì, ma non era facile gestire così tanti clienti tutti in una volta; per fortuna ad aiutarlo c’era sempre Queenie, il suo angelo personale che sembrava sempre sapere ciò di cui aveva bisogno ancora prima che glielo chiedesse.
«Queenie, tesoro, hai finito di riordinare? Mi servirebbe una mano qui!» la chiamò, gli occhi stanchi che quasi si incrociavano davanti a tutte quelle cifre. Era un lavoro lungo, l’indomani sarebbero arrivati gli ordini del mese nuovo e bisognava controllare tutto con estrema cura per evitare che i fornitori cercassero di fregarlo (ci provavano spesso, un tempo, ma da quando c’era Queenie che sembrava sapere sempre tutto avevano smesso, anzi a volte gli portavano qualche extra).
«Sì sto arrivando!» rispose la donna, con tono stranamente teso. Povera Queenie, la stanchezza della domenica doveva aver colpito anche lei…
Sentendo scattare la serratura della porta Jacob alzò gli occhi, perplesso, e si trovò davanti la fidanzata. Lei lo guardò con aria risoluta.
«Queenie, perché hai chiuso la porta?»
«Ascoltami, Jacob. Io avevo promesso a Tina che non avrei fatto stupidaggini mentre lei non c’era e sono stata brava fino ad adesso. Ma lei non mi ha scritto neanche una volta questa settimana quindi farò a modo mio»
«Aspetta, cosa? Non capisco… ehi, quello cos’è?!» chiese spaventato quando la vide brandire contro di lui uno strano pezzo di legno.
«Tra poco capirai tutto. Finitem Incantatem» disse, e dalla punta del rametto scaturirono alcune scintille che lo colpirono in pieno volto.
In un istante gli tornò in mente tutto: la banca, la strana creatura che rubava i soldi, l’uomo dal cappotto azzurro, la valigia magica, l’Erumpent a Central Park, tutti quegli incantesimi e quelle strane bestie, un uomo che cambiava volto, la pioggia e poi…
«Queenie» mormorò, guardandola stupefatto.
Lei si lasciò sfuggire uno squittio contento «Ha funzionato! Ti ricordi tutto, vero Jacob? Di me, di Newt, della magia?»
«S-sì ma com’è possibile?»
«Non sei stato propriamente obliviato, la pioggia ha solo rimosso i ricordi brutti e insabbiato gli altri! Lo sapevo che sarebbe bastato fare così, ne ero sicura!»
«E perché non l’hai fatto prima?!»
«Tina non voleva. Te la ricordi Tina, vero? Lei è una specie di poliziotta magica e non vuole che io infranga la legge, cosa che ho appena fatto e sto continuando a fare raccontandoti queste cose. I NoMaj non possono sapere della magia, te lo ricordi?»
Jacob annuì, sempre più frastornato «Dove sono Tina e Newt?»
«È proprio quello il problema, non ho più loro notizie! Newt è tornato in Inghilterra e poi anche Tina ci è andata per un’indagine molto pericolosa, non c’è tempo per i dettagli. Ci scriviamo una lettera alla settimana ma questa volta non ho ricevuto niente, quindi ho bisogno di te per scoprire cos’è successo»
«Di me? Ma tesoro, se con la magia non sei riuscita a scoprire niente come posso esserti utile io?»
«Verrai a Londra con me a cercarli! Dobbiamo andare subito!»
Jacob scoppiò a ridere «A Londra? Ci vorrà almeno una settimana per trovare una nave, poi c’è la pasticceria, non possiamo andarcene così su due piedi!»
Queenie lo prese per un braccio «Scusa caro, sarà fastidioso» lo avvertì.
Lui stava per chiedere cosa quando sentì il mondo restringerglisi addosso e il suo ufficio scomparve per lasciare il posto all’appartamento di Queenie.
«Fa’ silenzio, mi raccomando! Non ci devono scoprire» lo ammonì Queenie, poi cominciò a sventolare la bacchetta. Vestiti, libri e una vecchia fotografia delle due sorelle Goldstein si librarono in aria e si disposero ordinatamente in una valigia.
Jacob, sempre più attonito, chiese «C’è anche la mia roba lì dentro?»
«Ma no, la tua roba è qui!» rispose lei passandogli la sua vecchia valigia, quella che aveva dato inizio a tutto «Sono passata da casa tua prima, durante la pausa pranzo! Ho preso dei vestiti e quell’orologio che ti piace tanto, va bene?»
«Sei passata…? Va bene, adesso fermati un secondo. Queenie! Fermati un secondo. Lo so che per te è tutto come al solito ma io ho bisogno di un attimo per riprendermi. Spiegami nei dettagli che cosa stiamo per fare»
«Dobbiamo andare a Londra a cercare Tina perché non risponde alle mie lettere. Prenderemo una passaporta, che per te sarà ancora più sgradevole della smaterializzazione. Ma non devi preoccuparti dei dettagli, ho pensato io a tutto! Avevo questo piano in testa da settimane, tu devi solo tenermi la mano e venire con me a Londra»
«E la pasticceria? Tesoro, non posso lasciare così la mia vita per teletrasportarmi a Londra con te…»
«Ti prego. Non te lo chiederei se non fosse davvero importante. Ma è mia sorella, è tutta la famiglia che mi resta e sto morendo di paura» gli disse Queenie, guardandolo con gli occhi lucidi. Jacob sapeva di non poter dire no a quegli occhi, quindi sospirò «Va bene, ma appena la troviamo torniamo indietro. Ho degli affari di cui occuparmi, donna! Allora, come dicevi che saremmo arrivati fino a Londra?»
 
L’uso di una passaporta (clandestina, oltretutto, perché al MACUSA non avrebbero mi acconsentito ad attivarne una per un NoMaj) convinse Jacob che il mondo normale aveva molto da invidiare a quello magico, ma non i mezzi di trasporto.
Barcollante e verde di nausea seguì Queenie fino a un hotel «È da qui che mi spediva le sue lettere, forse nella sua camera ci sarà qualcosa!» gli spiegò lei, raggiante.
La concierge dell’hotel guardò con fare scettico la strana coppia che le si parò davanti.
«Buongiorno! Cerchiamo Porpentina Goldstein, dovrebbe alloggiare qui da voi da diverse settimane»
«Voi chi siete?»
«Io sono Queenie Goldstein, sua sorella. Dovreste avermi nel registro delle chiamate e in quello della posta. Lui è Jacob Kowalski, il mio fidanzato»
Sempre più scettica, la donna al bancone controllò nei due libri che aveva lì accanto e si sorprese nel vedere che la strana donna bionda diceva la verità «Stanza 307, terzo piano»
Quando furono in ascensore, un’espressione furiosa prese il posto del sorriso sul volto di Queenie «Quella maleducata! Pensava che fossi una squilibrata e non credeva che stessimo davvero insieme! Dirò a Tina di lasciarle una mancia bassa»
Davanti alla porta della camera 307, chiusa a chiave, Queenie tirò fuori la bacchetta e pronunciò un incantesimo per aprirla.
«Tina! Sono io, Queenie! Dove sei?»
«Mi sa che non è qui… però guarda, il letto è ancora sfatto e la finestra è aperta. Questa notte ha dormito qui» le fece notare Jacob «Potremmo aspettarla qui e fare un pisolino nel frattempo, che ne dici?»
La bionda non lo stava neanche ascoltando, impegnata com’era a frugare tra le cose della sorella. Jacob stava per dirle che era difficile che Tina si stesse nascondendo sul fondo di un portagioie, poi ricordò la valigia di Newt e stette zitto.
Queenie tirò fuori una vecchia collanina d’argento, ricordo della sorella dai tempi di Ilvermorny, e la incantò in modo che li portasse a ripercorrere i passi di Tina.
«Ecco, questa ci guiderà!» annunciò soddisfatta.
Jacob si limitò a sospirare.
 
 
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Mattinata
 
Dimesso dal San Mungo dopo che gli esami avevano escluso danni al sistema nervoso e al cervello, a Newt era stata ordinata una settimana di degenza in modo da riprendersi dalle ferite fisiche e mentali. Aveva un letto vero in una camera vera, quella degli ospiti a casa di Amy, lo Snaso non lasciava mai il suo capezzale e tutti i giorni riceveva le visite di Theseus e Tina. Più e più volte Amy aveva proposto alla donna di rimanere lì a dormire ma lei aveva sempre rifiutato; ogni sera quando Newt cominciava a crollare per la stanchezza e le pozioni se ne andava e ritornava il giorno dopo appena finiva al Ministero.
Quella mattina però a casa di Amy c’era tutta la squadra perché Wolf aveva proposto un metodo per cercare di identificare gli aggressori di Newt, prendendo i ricordi direttamente dalla sua testa.
«Essendo stato colpito da una maledizione tanto potente, probabilmente anche il ricordo sarà danneggiato» li avvertì, posando sul tavolo una specie di bassa ciotola incisa «Ma forse riusciremo comunque a ricavarci qualcosa»
«Tu riesci a capire cosa c’è scritto?» chiese Graham ad Amy in un soffio, indicando le rune sulla ciotola «Quella vuol dire memoria, quella ricordo, quella incantesimo. Se me lo lasciasse per un po’ potrei scoprirne l’intero funzionamento» rispose lei affascinata.
«Cosa devo fare?» chiese Newt, che per l’occasione era stato spostato sulla poltrona.
«Puntati la bacchetta alla tempia ed estrai il ricordo, poi mettilo qui. Io poi entrerò nel ricordo e cercherò di capire cos’è successo»
Newt obbedì e fissò affascinato il filo argenteo che lasciava la sua tempia, sentendosi immediatamente più leggero. Wolf versò il ricordo nella bacinella, dove si trasformò in una pozza argento vivo, poi ci immerse il viso e scomparve.
«Voglio anch’io una di quelle cose, ne avrei di ricordi da versare via…» commentò Theseus «Gli ultimi tre giorni prima di tutto»
«Sei riuscito a parlare con Bare?» gli chiese Tina.
«Sì, continua a sostenere di non saperne nulla e di essere estremamente dispiaciuto, ha ricevuto una normalissima segnalazione anonima e ha pensato a Newt. Perché la bestia fosse inferocita non l’ha capito nessuno»
«Non era una bestia, era un Knarl e stava male. Penso che qualcuno l’avesse messo sotto Imperius» s’intromise Newt, che non aveva ancora smesso di sentirsi in colpa per il povero animale che era stato costretto ad abbandonare.
Un brivido percorse Amy, partendo dalla cicatrice sul ventre «Voi non pensate che possa essere stata…» mormorò, improvvisamente più pallida.
«Amelia, Leta Lestrange è rinchiusa da qualche parte molto lontano da qui. Non può più fare del male a nessuno» la rassicurò Theseus.
Sia Newt che Tina, per motivi diversi, trattennero il fiato nel sentire quel nome. In quel momento ritornò Wolf, spezzando la tensione. Era pallido e tremava leggermente «Cruciatus, sicuramente. Per Faust, sei fortunato ad essere ancora qui» aggiunse rivolto a Newt, che lo considerò il complimento più strano che avesse mai ricevuto «Ho riconosciuto uno dei due aggressori, si chiama Jankowski ed è polacco. Non aveva precedenti legami con Grindelwald ma è un noto trafficante di manufatti e ingredienti per pozioni, si può capire perché Grindelwald l’abbia voluto con sé!»
Theseus annuì «Appena tornati al Ministero ne renderò pubblico il fascicolo e l’identikit»
In quel momento bussarono alla porta. Tutti si irrigidirono.
«Amy, stai aspettando qualcuno?» chiese Tina, la mano già sulla bacchetta.
L’altra scosse la testa,
«Goldstein, va’ alla porta e tieni pronta quella bacchetta. Voi tre dovete andare subito nella valigia, non accetto repliche» ordinò Theseus indicando Newt, Amy e Graham.
«Aspettate! Non siamo nemici» disse una voce fuori dalla porta, una voce che Tina riconobbe immediatamente. Si fiondò alla porta, sorda ai richiami di Theseus. Davanti a lei comparve il viso sorridente di sua sorella «Tina! Eccoti finalmente, è da un bel po’ che ti stiamo cercando! Guarda, c’è Jacob!» aggiunse, indicando l’uomo seminascosto dietro di lei che rivolse a Tina un sorriso imbarazzato.
«Cosa ci fate qui? Come ci siete arrivati?»
«Con una passaporta! Mi dispiace di averti disobbedito, ma dovevo venire a cercarti e non potevo lasciare Jacob a New York da solo»
«Quindi… sa tutto?» mormorò Tina.
Prima che Queenie potesse rispondere, dal salotto arrivò la voce di Theseus «Goldstein, per Merlino, chi è?»
«È tutto a posto» rispose Tina, trascinando Queenie in salotto «È solo mia sorella»
Sguardi esterrefatti si posarono sulle due Goldstein.
«Queenie?» chiese Newt. La bionda gli sorrise «Ciao Newt, è bello rivederti! Guarda, c’è anche Jacob!»
«Goldstein, che cosa sta succedendo?» chiese Theseus, la collera che cominciava a prendere il posto della sorpresa sul suo viso.
Queenie parve non accorgersene perché lo guardò senza smettere di sorridere «Tu devi essere Theseus, il fratello di Newt! E tu invece…» s’interruppe, lo sguardo perplesso fisso su Amy.
«Tina» chiamò «Perché state tutti pensando “non dire Leta Lestrange”?»
 
Theseus sprofondò il viso tra le mani, cercando di rimanere il più calmo possibile.
Per qualche secondo valutò l’idea di abbandonare la missione e andare a vivere in campagna; poi si riscosse e sollevò la testa quel poco che bastava per puntare gli occhi lampeggianti di rabbia su Tina Goldstein.
«Quindi ci sono altri due civili coinvolti» sibilò «Uno dei quali è un babbano»
Tina era mortificata «Mi dispiace Theseus, non pensavo che avrebbe trovato un modo per ridargli la memoria né soprattutto che le venisse in mente di portarlo qui a Londra. Mi sono dimenticata di scriverle, la settimana scorsa, e lei si è spaventata»
«Ci sarebbe anche da chiedersi come mai tua sorella fosse a conoscenza dei dettagli della missione, Goldstein» rincarò lui.
«È sua sorella, Theseus» s’intromise Newt, rimasto al fianco della donna nonostante quello fosse un colloquio privato con il capo della squadra
«Sì beh, sto cominciando a pensare a una proposta di legge secondo la quale i fratelli civili degli Auror dovranno essere rinchiusi da qualche parte mentre i loro fratelli Auror si occupano di cose da Auror!» sbottò Theseus alzando la voce, tanto che il brusio nella stanza adiacente si interruppe.
L’uomo fece un respiro profondo «Questo è un problema grave e dobbiamo risolverlo in fretta, spero siate d’accordo almeno su questo. Quanto ci mettiamo a farli tornare in America? Il babbano va obliviato, ovviamente»
«Non possiamo farlo, Queenie ne morirebbe!» obiettò Tina.
«Tanto lo oblivieranno gli americani nell’istante in cui metterà piede a New York! Tanto vale farlo qui così almeno tua sorella non finirà nei guai»
«Queenie non lo accetterà mai»
«Non me ne frega niente! Il mio lavoro è gestire questa indagine e la presenza di tua sorella mette a rischio il mio lavoro. Quindi, Goldstein, convinci tua sorella a tornare subito a New York oppure farò in modo di toglierti dall’indagine! E quel punto spero ci tornerete entrambe!»
Newt sentì una fitta di panico: non poteva permettere che suo fratello rispedisse Tina in America, non poteva stare senza di lei. Doveva trovare una soluzione.
«Grindelwald sa chi è Queenie, a New York potrebbe non essere veramente al sicuro» disse precipitoso. I due Auror lo guardarono interrogativi.
«Queenie e Jacob non sono protetti dal MACUSA, se Grindelwald volesse attaccarli per indebolire Tina non ci metterebbe molto. Qui in Inghilterra potremmo proteggerli»
«Li vuoi mettere nella tua valigia?» chiese Theseus sarcastico.
Newt scosse la testa «Pensavo più alla casa di Doug»
Tina s’illuminò di speranza, Theseus invece continuò a fissare il fratello con gli occhi pieni di rabbia. Poi si alzò di scatto e disse «I contatti con i due abitanti del rifugio saranno proibiti, così come sarà proibito a loro uscire da lì. Soprattutto al babbano. Al termine delle indagini sarete liberi di fare quello che vi pare. Spero che la sua incoscienza non metta a repentaglio il nostro lavoro, signorina Goldstein» concluse, poi aprì la pota del salotto facendo sobbalzare tutti. Si diresse da Queenie «Signorina Goldstein, signor Kowalski, siete pregati di seguirmi. Vi porterò in un rifugio sicuro»
«Verrà anche Tina?» chiese Queenie speranzosa.
«No. Vi spiegherò le regole una volta lì. Conoscete l’Incanto Fidelius? Ottimo, una cosa in meno da dirvi. Andiamo» ordinò, tendendo la mano a Queenie.
Con uno schiocco, accompagnato da un verso di Jacob, i tre scomparvero.
I cinque rimasti si scambiarono sguardi imbarazzati, finché Wolf non ruppe il silenzio con una risata dai toni isterici «Merlino, adesso come faccio a dirglielo?»
«Cosa, hai un fratello anche tu?»
«No. Ma mentre voi investigavate sull’aggressione io e Dumbledore abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo trovato una residenza di Grindelwald nella Foresta Nera. Il problema è che è protetta da sigilli magici potentissimi, rune antiche, trappole, roba del genere. Il professore ha cercato di sbloccarlo ma è troppo potente per lui da solo. E nessuno di noi conosce le rune» spiegò «Ci serve uno Spezzaincantesimi»

 

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Capitolo 11
*** XI. ***


XI.
Dove Newt sta per farcela
 
4 Marzo 1927
Ufficio Auror, Ministero della Magia, Londra magica
Sera
 
Per quanto cercasse di nasconderlo, Amy era estremamente fiera di sé stessa. Non amava lodare le sue capacità, ma apprezzava quanto queste venivano riconosciute e lei veniva premiata. Un po’ come quando si era spezzata la schiena sui libri per sette anni ad Hogwarts ed era stata nominata Caposcuola e studentessa migliore del suo anno, solo che questa volta la posta in gioco era maggiore.
Nell’istante in cui Wolf aveva detto che alla squadra sarebbe servito uno Spezzaincantesimi aveva capito che quello sarebbe stato il suo momento, ma non era corsa al Ministero per offrirsi volontaria perché sapeva che Theseus non l’avrebbe mai accettata. Aveva aspettato, paziente come sapeva essere lei.
Theseus aveva fatto di tutto per non dover ricorrere a lei. Era andato in Germania con Wolf per esaminare il territorio del castello e gli incantesimi di protezione, poi quando gli era stato chiaro che erano troppo complessi per lui si era fatto dare da Dumbledore gli appunti sugli incantesimi per cercare di capirci qualcosa in più e si era maledetto per non aver mai frequentato Antiche Rune ad Hogwarts. A quel punto aveva chiesto a suo padre, che lavorava alla Gringott, se poteva raccomandargli un bravo Spezzaincantesimi; l’uomo l’aveva guardato perplesso e gli aveva chiesto se per caso Amelia avesse cambiato lavoro, al che Theseus aveva preferito cambiare discorso prima di avere un esaurimento nervoso. Il colpo di grazia però glielo aveva dato il capo del settore Spezzaincantesimi della banca, che sorridendo gli aveva detto che la sua miglior dipendente era senza dubbio Amelia Prewett. Così quella mattina quando era arrivata alla Gringott Amy aveva trovato ad attenderla un gufo marrone dall’aria austera, con una targhetta del Ministero e una lettera che la invitava a presentarsi all’ufficio del Capo Auror Theseus Scamander quella sera per discutere la sua possibile collaborazione a un’indagine. Amy ne era stata felice, ma sapeva che il fatto che Theseus fosse stato così formale nel convocarla voleva dire che era molto, molto arrabbiato.
Quindi ora stava diligentemente aspettando fuori dall’ufficio Auror, cercando di sembrare più contrita che poteva.
Finalmente si aprì la porta e comparve Wolf, involontario autore del suo destino «Signorina Prewett, prego» le disse, facendola entrare.
Passando per l’ufficio incontrò lo sguardo di Tina, ancora in pessimi rapporti con Theseus a causa dell’arrivo di Queenie, che le rivolse un sorriso incoraggiante coi pollici insù.
Theseus era alla scrivania, immerso nella lettura di un grosso libro. Le fece cenno di sedersi, chiuse il libro e tirò fuori dei fogli di pergamena.
«Allora signorina Prewett, come le è già stato comunicato abbiamo bisogno di uno Spezzaincantesimi per un’indagine di alto livello, secretata. Quindi per poter partecipare all’azione dovrà firmare questo accordo di riservatezza, più quest’altro documento per rendersi disponibile a futuri consulti o interventi in prima persona all’interno di questa indagine» le disse con tono pedante. Amy annuì.
«Immagino di non doverle dire di che indagine si tratta, visti i suoi rapporti stretti con molti membri della squadra» aggiunse, polemico.
“Tu compreso” avrebbe voluto rispondere lei, ma fece la brava.
«Nel caso dovesse accettare, la informo che il suo aiuto sarà richiesto già domattina per una missione nella Foresta Nera, in Germania. Ovviamente la sua assenza dalla Gringott sarà giustificata e non le verranno tolti soldi dallo stipendio. Ci sono domande? Bene, firmi qui e qui»
Prima ancora che l’inchiostro si fosse asciugato Theseus ripiegò le pergamene e le infilò nel cassetto «Allora la aspettiamo domattina alle nove»
«Theseus, la vuoi finire?»
Lui la guardò male «Cominciamo già con l’insubordinazione?»
«Mi scusi, signor Scamander. La vuoi finire? Capisco che tu sia preoccupato e che ultimamente tutti si intromettano nelle indagini, ma io non ne ho colpa. Non sono sicuramente stata io a mettere quegli incantesimi a difesa del palazzo, né sono venuta qui correndo a pregarti di prendermi nella squadra. Oltretutto non farò servizio attivo, sono solo uno Spezzaincantesimi, un consulente»
«E hai ripreso ad allenarti per fare la consulente? Non fare quella faccia, mezzo Ministero ti ha vista all’Accademia dei Duellanti. Te lo giuro, Amelia, tu non metterai piede sul campo di battaglia finché avrò fiato in corpo. Non sono riuscito ad evitarlo a mio fratello, ma per te non ci sono speranze»
«Va bene, non farò parte della squadra. Ma da come la vedo io, tutti corriamo dei rischi in questo periodo, con un mago oscuro in circolazione. Potrebbero esserci attacchi in qualunque momento e sono sempre stata dell’idea che è meglio stare pronti quindi ho ricominciato ad allenarmi. Non voglio partecipare a questa cosa per spavalderia o per fare bella figura, lo faccio perché siete miei amici ed è giusto che vi aiuti per quanto mi è possibile. Chiaro?»
Theseus si lasciò sfuggire un verso sconfortato «È durissima per me vedere tutti voi rischiare la vita, non capisci? Nessuno di voi ha scelto di fare l’Auror e non è giusto che veniate messi in mezzo. Sono solo preoccupato ma mi sembra di essere l’unico, qua tutti si fanno i loro comodi e tocca a me cercare di risolvere tutto prima che inizino i guai seri. Non sono felice che tu ti unisca alla squadra ma so che sei la persona più adatta quindi domani ti ringrazierò. Ma stasera non ne ho la forza. Vai a casa, domattina starò meglio»
Amy sospirò rassegnata e si alzò «Va bene, signor Scamander. Ci vediamo domattina alle nove»
Uscita dall’ufficio Auror si diresse direttamente ai camini e da lì subito a casa, dove trovò ad aspettarla Newt, speranzoso. L’amico era ancora a riposo, sarebbe rientrato in missione anche lui la mattina seguente.
«Com’è andata? Sei dei nostri?»
«Sì, sono dei vostri ma tuo fratello è ancora arrabbiato. Mi ha dato del lei tutto il tempo, mi sembrava di essere tornata ad Hogwarts quando faceva il Prefetto perfetto. Spero che domani si comporti meglio perché non ho certo bisogno del suo fiato sul collo… ma cos’è questo odore?»
Newt sorrise, fiero «Ho cucinato!»
«Cosa?! Da quando sai cucinare?»
«Questa poca fiducia mi ferisce. Non sono un cuoco provetto ma quando ero piccolo mia madre mi insegnò qualche ricetta, soprattutto dolci. Oggi mi annoiavo qui in casa, sapevo saresti tornata di malumore quindi ho fatto la torta di carote. Ho pensato che potremmo metterci sul divano a mangiare e chiacchierare come facevamo ad Hogwarts, mi ricordo che ci aiutava a non pensare la sera prima di un test»
Amy gli sorrise grata e gli diede una pacca affettuosa sulla spalla «Sei il migliore amico migliore del mondo, te l’ho mai detto?»
 
La mattina seguente quando arrivò in ufficio Theseus trovò tutti gli altri già pronti ad aspettarlo. Amelia, per sottolineare la sua professionalità, aveva l’uniforme completa da Spezzaincantesimi, e nascondeva il nervosismo sorseggiando tè e chiacchierando con Newton.
«Buongiorno. Newton, ben tornato, come ti senti?» chiese al fratello.
«Sto bene, grazie. Sono contento di essere tornato»
«Non stento a crederci. Bene, la passaporta si attiverà tra due minuti, quindi tenetevi pronti» disse Theseus, estraendo dalla valigetta una vecchia sciarpa a righe «Dumbledore ci raggiungerà direttamente in Germania» aggiunse.
Gli occhi di Amelia si illuminarono al pensiero di rivedere il vecchio professore che tanto ammirava. Prese per un braccio Newt, che offrì galantemente l’altro a Tina facendola sorridere. Poi Tina toccò Wolf, che prese in mano l’altro lembo della sciarpa tenuta da Theseus, e in un momento il gruppo scomparve.
 
 
Da qualche parte nella Foresta Nera, Germania
 
Atterrarono dall’altra parte, tutti con grazia a parte Tina che fu costretta ad aggrapparsi a Newt per non cadere, facendolo arrossire come non mai.
«Merlino, che freddo!» esclamò Amy, il fiato che diventava subito vapore.
Wolf la guardò con aria saccente «In Germania fa freddo, signorina Prewett, avrebbe dovuto portarsi dietro una sciarpa. Comunque basta un semplice incantesimo per stare un po’ meglio» aggiunse, puntando la bacchetta contro la Spezzaincantesimi.
«Abbassa subito quella cosa!» gli disse lei, già in posizione di difesa. Wolf la guardò perplesso, lei scrollò le spalle «Non si sa mai. Non amo che mi si puntino le armi addosso, signor Wolf. So riscaldarmi anche da sola, grazie mille»
Suo malgrado, Theseus era ammirato. Certo, i meccanismi di difesa dell’amica scattavano facilmente a causa del trauma passato, ma almeno aveva degli ottimi riflessi. Forse aveva ragione a dirgli di non preoccuparsi per lei.
Uno schiocco li fece trasalire tutti, ma era solo Dumbledore.  
Il professore sorrise, calmo «Buongiorno, spero non mi stiate aspettando da molto. Signorina Prewett, è un piacere rivederla. Prego, le faccio vedere il posto»
Fu chiaro subito a tutti che lì dove Dumbledore stava indicando non c’era nessun palazzo, solo alberi a non finire. Amy però tirò fuori la bacchetta e picchiettò nell’aria, facendo tremolare una barriera magica.
«Interessante… professore, dice che è un Cerchio di Ginnungagap? Potrebbe esserci qualcosa nel terreno da cui trae la sua forza, bisognerà spostarlo prima di poterlo aprire. Poi, se non sento male, dietro c’è un cancello con un sigillo a nove rune. Giusto, professore?»
Dumbledore annuì «Penso di sì, signorina Prewett, e non escludo che ci siano altri incantesimi di protezione all’interno del palazzo. Ma facciamo le cose con ordine: vuole spostare lei il cerchio? Le consiglio di sollevarlo, ci sono meno rischi»
Amy s’inginocchiò per terra nell’erba fredda, appoggiò la bacchetta al suolo e cominciò a cantilenare. Ben presto una sottile linea di scintille uscì dalla punta e corse via veloce, disegnando il contorno di un enorme cerchio. La barriera magica si fece improvvisamente opaca e visibile e tremò forte quando il cerchio cominciò a pulsare e ad alzarsi, seguendo docilmente la bacchetta di Amy. Quando fu sufficientemente in alto, la ragazza lanciò un’occhiata al professore che subito brandì la bacchetta e con un colpo fermo distrusse la barriera: davanti agli occhi attoniti e ammirati del resto della squadra comparve un imponente palazzo con un portone in ferro battuto. Con un sospiro Amy lasciò ricadere il cerchio magico, poi si dedicò al cancello.
«Non avevo idea che uno Spezzaincantesimi potesse fare tutto questo» ammise sottovoce Tina a Newt.
«Generalmente finiscono per occuparsi di pacchi sospetti, ma questo è il lavoro per cui vengono istruiti. Amy sognava un’opportunità del genere da anni» la rispose Newt, sempre sottovoce per non disturbare la magia che andava compiendosi davanti ai loro occhi.
Amy toccò con la bacchetta una decorazione metallica del portone, che si tramutò in una bizzarra serratura con delle rune incise sopra. Dumbledore fece per avvicinarsi ma lei lo fermò con la mano libera. Le ci volle qualche minuto ma decifrò tutte e nove le rune, fece ancora qualche incantesimo e finalmente la serratura si sbloccò. Con un cigolio sinistro il cancello si aprì, rivelando un ingresso buio tutto in pietra nera. Amy si girò verso la squadra: era sudata per lo sforzo e tremava leggermente, ma con un sorrisetto fiero indicò la porta e disse «Benvenuti a casa Grindelwald, signori e signora»
 
Il palazzo era grande, freddo e deserto. I passi degli Auror riecheggiavano lugubri per i corridoi e le stanze dagli alti soffitti, le punte delle bacchette non illuminavano che fino a pochi metri più in là.
«Sembra di stare nelle viscere dell’inferno» commentò Theseus, prima di spedire in alto una palla luminosa, che non riscaldava ma almeno dava un po’ più di luce alle stanze.
«Ora, se trovate cose che non si aprono, rune che non riuscite a decifrare, fogli di pergamena srotolati ma senza nessuna scritta, chiamatemi. Non toccate niente finché non mi sarò assicurata che non sia pericoloso, d’accordo? Non voglio dovervi portare al San Mungo per riattaccare dita o orecchie» si raccomandò Amy.
C’era qualche trappola che fu disinnescata, in uno studio una scrivania dai cassetti sigillati che si rivelarono pieni di documenti importanti e una stanza chiusa a chiave che nemmeno gli sforzi congiunti di Amy e Dumbledore riuscirono ad aprire.
«Dev’essere magia familiare, per quella ci vuole un permesso speciale del Ministero o un membro della famiglia stessa» spiegò Amy infastidita.
«Chiederò qualche favore al Ministero di Berlino, allora. Spero non facciano delle storie, quando si parla di famiglie purosangue diventano ancora più rigidi» disse Wolf.
La loro attenzione fu richiamata da Tina, rimasta nello studio a esaminare i documenti «Ehi Wolf, c’è qualcosa sulla Maga Nera! Delle ricerche, sembra che Grindelwald abbia indagato su di lei»
«Chi è la Maga Nera?» chiese Amy.
«È una donna che abbiamo incontrato a Parigi, gli Auror francesi ci avevano detto che era solo una pazza appassionata di voodoo»
«Cosa se ne fa Grindelwald del voodoo? Professore, sa per caso se crede in questo genere di cose?» chiese Theseus.
Dumbledore scosse la testa «No, anzi: Gellert ha sempre trovato offensivo che i babbani fingessero di saper fare magie. Può darsi che questa Maga Nera sia una vera strega, forse una Magonò?»
«Questi appunti parlano di una famiglia Purosangue ma non ci sono nomi. Non capisco perché sia così importante per lui, però. Dovremmo tornare a interrogarla, quando ci ha detto di non conoscere Grindelwald stava mentendo, evidentemente» rifletté Tina.
«Ci sono delle foto?»
«No, solo schemi e mappe. Newt, tu hai trovato qualcosa?»
«Ci sono delle lettere mezze bruciate nel camino, una ha come mittente uno dei due maghi che mi hanno aggredito. Qui invece c’è un elenco di luoghi, alcuni sono in Inghilterra ma molti sono scritti in tedesco e non riesco a capire» rispose lui sollevando delle pergamene. Wolf gliele prese dalle mani e iniziò a leggere «Sono le ultime residenze conosciute di molti suoi ex alleati, probabilmente ha mandato loro le lettere per riconvocarli a sé. Alcuni però sono scritti in codice, una volta che li avremo decifrati questa lista ci sarà molto utile per farci un’idea di chi è dalla sua parte e dei luoghi dove potrebbero ospitarlo. Secondo voi si può fare qualcosa per le lettere bruciate? Per vedere chi ha risposto alla sua chiamata?»
«È difficile recuperare ciò che è stato bruciato, ma si può sempre provare. A Hogwarts abbiamo un laboratorio di pozioni ben fornito, forse qualcosa riuscirò a fare» rispose Dumbledore.
Il rumore di un’esplosione nella stanza accanto li fece sobbalzare ma furono subito raggiunti dalla voce di Amy, che tra un colpo di tosse e l’altro disse «Sto bene, sto bene, sto solo cercando di vincere contro questa maledetta porta»
«Amelia, ti prego, non farci saltare in aria proprio adesso» la redarguì Newt senza poter nascondere un sorrisetto «Datele un po’ di tempo e saprà come fare» aggiunse poi sottovoce al resto della squadra.
 
Quando finalmente terminarono le perquisizioni era ormai sera, e stanchezza e fame cominciavano a farsi sentire. Mentre riordinavano i documenti da portare al Ministero, Tina propose «Potremmo andare a bere qualcosa, una volta a Londra. Che ve ne pare? Così festeggiamo anche il ritorno di Newt nella squadra»
«Ehi, il mio arrivo non è abbastanza importante?» protestò Amy, seduta a gambe incrociate davanti alla porta alla quale non era riuscita a fare neanche un graffio.
«Tu non fai parte della squadra, Prewett, ricordatelo» l’ammonì Theseus, causando qualche secondo di gelo e imbarazzo generale.
«Però anch’io ho voglia di stare un po’ al calduccio da qualche parte, quindi approvo la tua idea, Goldstein. Newt, avete finito con le scatole?»
«Questa è l’ultima. Professore, ecco le lettere, o quel che ne resta» disse Newt porgendo a Dumbledore una busta piena di carta carbonizzata.
«Abbiamo preso tutto? Bene. Amelia, alzati da lì se non vuoi passare una notte all’addiaccio in Germania. Andiamo, su» comandò Theseus spingendo i suoi sottoposti fuori dal palazzo. Poi lo sigillò di nuovo e il gruppo si smaterializzò a Londra.
 
 
Al Grifone Sbilenco, Diagon Alley, Londra magica
Più tardi quella sera
 
L’atmosfera era calda e rumorosa dentro al pub e Tina era contenta di potersi finalmente rilassare un po’. Erano stati giorni pesanti, tra l’attacco a Newt e l’improvviso arrivo di sua sorella che l’aveva messa in cattiva luce con Theseus. Ora che Newt era tornato e l’indagine aveva fatto dei passi avanti però era bello avere una serata di relax e chiacchiere.
Newt era andato al bancone a prendere da bere e lei l’aveva accompagnato per stare un po’ con lui. Erano tutti un po’ alticci, tanto che Newt le stava praticamente tenendo la mano davanti a tutti e lei non si sentiva minimamente in imbarazzo (in ospedale era stato diverso, lui aveva rischiato di morire e lei era così sollevata che tenergli la mano era stato quasi un modo per convincersi che era veramente lì con lei). Le stava raccontando le ultime novità sulle creature: gli Snasetti erano sempre più incontenibili, persino per la loro mamma, c’era stata una nuova nidiata di Occamy e il Kelpie si era finalmente mostrato un po’ più cordiale nei suoi confronti.
«L’altro giorno sembrava che l’Erumpent fosse di nuovo in calore e mi è venuto subito in mente Jacob, l’aveva proprio conquistata!» rise Newt.
«Probabilmente gli avrebbe dato meno problemi di mia sorella! Poveretto, non vorrei davvero essere nei suoi panni. Queenie dice che è arrabbiatissimo»
Newt la guardò stupito «Hai parlato con Queenie?»
Tina si morse la lingua «Oh, maledetto vino elfico. Sì, lo ammetto, ci siamo scritte un paio di lettere. Principalmente io le ho scritto per sgridarla e lei per giustificarsi. Ti prego, non dirlo a tuo fratello»
Newt fece il gesto di chiudersi la bocca a chiave «Parola di Hufflepuff. Comunque non ti devi preoccupare per lui, gli passerà. Non è abituato alle cose che gli sfuggono, è un po’ maniaco del controllo. Poi, ora che si è aggiunta anche Amy…» aggiunse, dando un’occhiata alle sue spalle; rimasti al tavolo, Amy stava ancora spiegando nei dettagli le sue idee per sconfiggere la porta magica a Theseus, più ubriaco di tutti, che la ascoltava senza dar cenno di capire una sola parola.
«Credo che a mio fratello piaccia Amy» concluse Newt, con una naturalezza che sorprese Tina. Erano già a questo livello di confidenza?
“Segui il flusso, Tina” si disse, e guardò Newt con aria interessata «Ah sì?»
«Sì. Credo che gli piacesse anche quando eravamo a Hogwarts, una volta un ragazzo ha cercato di approfittarsi di lei e quando Theo l’ha scoperto l’ha buttato giù dalla scopa durante una partita di Quidditch; giuro, non l’ho mai più visto colpire un bolide con così tanta rabbia. Le faceva la corte, ma lo faceva nel modo sbagliato e lei non lo sopportava, lo trovava viscido e sgradevole. In più mi trattava male, e Amy è sempre stata un po’ chioccia» aggiunse ridacchiando.
«Adesso però vanno d’accordo»
«Sì, non so quando è successo. Siamo tornati dalla guerra e improvvisamente erano amiconi. Ma penso che lui provi qualcosa, ha avuto delle fidanzate ma non l’ho mai visto comportarsi con nessuna come fa con Amy. È un maniaco del controllo ma è soprattutto uno che ci tiene alle persone, si prenderebbe cura di tutti se potesse»
«Questo spiega molte cose, in effetti» considerò Tina «Ma lei?»
«Oh no, lei ha occhi e cuore solo per Collins. Siamo fedeli, noi Hufflepuff» aggiunse, lanciando a Tina un’occhiata ammiccante del tutto data dall’alcol.
«Fa caldo qui dentro, non trovi?» si lasciò sfuggire Tina, nervosa.
Newt non rispose, si limitò a continuare a guardarla sorridendo. Le si avvicinò ancora di più e alzò una mano per metterle a posto una ciocca di capelli, facendola allo stesso tempo arrossire e rabbrividire. Le accarezzò la guancia con delicatezza e attenzione, e lei inclinò il viso per accompagnare il movimento. Newt aveva la gola secca, Tina si sentiva il viso in fiamme ma non era importante.
«Due burrobirre e un calice di vino elfico! Scusate se vi ho fatti aspettare»
La voce del barista li fece sobbalzare e i due si allontanarono immediatamente, come se si fossero scottati. Col viso del colore dei capelli, Newt balbettò qualcosa dando i soldi al barista poi prese i drink per sé e per il fratello e tornò in fretta al tavolo, seguito da Tina ancor più imbarazzata di lui.
Al tavolo, Amy e Theseus provarono a far finta di non aver seguito la scena istante per istante, ma delle risatine mal soffocate li smascherarono subito. Persino Wolf, che aveva passato la serata a provarci con la vicina di tavolo, sogghignava.
«Beh, che dire» fece Amy alzando un bicchiere mezzo vuoto (l’ultimo, si appuntò mentalmente Newt, non doveva più permetterle di bere per quella sera e doveva ricordarsi di controllare se c’era ancora Pozione Postsbornia in casa per la mattina dopo) «Propongo un brindisi alla nostra squadra così… affiatata»
A Theseus per poco non uscì la burrobirra dal naso, incapace di trattenere ancora le risate. Tina si nascose dietro il suo calice di vino, desiderando ardentemente di sparire. Newt guardò male Amy, che in risposta gli rivolse il suo miglior sorriso da brava amica, poi scosse la testa sconsolato.

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Capitolo 12
*** XII. ***


XII.
Dove Amy racconta una storia
 
8 Marzo 1927
Ufficio Auror, Ministero della Magia, Londra magica
Mattina
 
La squadra al completo, Amy compresa, era stata convocata quella mattina. Theseus entrò per ultimo e fece segno agli altri di seguirlo nel suo ufficio. Newt e Tina si scambiarono un’occhiata preoccupata: di solito, più Theseus badava alla segretezza della missione, più alto era il rischio.
«Buongiorno a tutti. Allora, ecco la situazione: il Ministero tedesco non ci ha dato il permesso di cui avevamo bisogno per finire l’ispezione alla casa in Germania, quindi avremo di nuovo bisogno di amelia finché non riuscirà ad aprire quella maledetta porta. Con lei oggi andranno Dumbledore e Newt. Wolf, tu torna in Francia e cerca di scoprire il più possibile su questa Maga Nera; al momento è la pista migliore che abbiamo. Goldstein, tu sei con me: andiamo in Galles, a fare visita a un vecchio alleato di Grindelwald. Ti voglio pronta e scattante, mi raccomando» aggiunse, sottintendendo che c’era la possibilità di uno scontro.
Newt fece un passo avanti, nervoso «Theseus, posso venire con voi? Amy e Dumbledore se la possono cavare anche da soli…»
«Onestamente, Newt, non intendo portarti consapevolmente nel potenziale occhio del ciclone. Inoltre, nel caso riescano a sbloccare la porta, potrebbe esserci qualche strana creatura dentro. In ogni caso tu vai in Germania, fine del discorso. O preferisco andare con Wolf?»
«No, a Parigi non ho lasciato un bel ricordo l’ultima volta che ci sono andato per… prendere delle creature maltrattate in un circo» rispose lui, esitando sulla scelta del termine più adatto da usare «La Germania è meglio» aggiunse. Sapeva che non era il caso di tirare troppo la corda con suo fratello, avevano appena iniziato a riappacificarsi.
«Ottimo. La vostra passaporta si attiverà tra cinque minuti» disse Theseus porgendogli un orologio da taschino «Wolf, tu sei atteso nel camino del Ministro francese, puoi usare il mio. Goldstein, la nostra passaporta» continuò, mostrando a Tina un calamaio e dandole il braccio.
«Bene, ci rivediamo tutti qui quando avremo finito. Professore, non restate lì fino a domattina, confido in lei per riportare la signorina Prewett a casa a un orario civile. Buon lavoro!»
 
 
Castello di Nurmengard, Austria
Mattina
 
Wolf non poteva saperlo, ma il suo viaggio in Francia si sarebbe presto rivelato inutile. Questo perché la Maga Nera non viveva più nel suo laboratorio a Parigi, che alla perquisizione dell’Auror tedesco si rivelò abbandonato in fretta e furia, pieno di boccette semivuote e calderoni sporchi e tracce di diverse creature nelle gabbie; Leta ormai viveva in pianta stabile a Nurmengard, per quanto la sensazione fosse spesso quella di essere sorvegliata. Grindelwald l’aveva fatta trasferire lì appena lei gli aveva rivelato che in Francia gli Auror andavano in giro a fare domande su di lui, le aveva dato un laboratorio nei sotterranei dove condurre i suoi esperimenti e ogni tanto la richiedeva al piano superiore per valutare i suoi progressi. Certe volte, quando era presa tantissimo dal suo lavoro, le sembrava di essere ancora a Hogwarts.
Sapeva che Grindelwald aveva usato il Knarl per tendere una trappola a Newton, sapeva che aveva funzionato (non che avesse avuto dei dubbi, lo conosceva ancora come le sue tasche) e sapeva anche che qualcosa però era andato storto perché i due sicari se l’erano fatto scappare. Ormai la tecnica della dolce creaturina indifesa usata come esca non poteva più essere usata, quindi Grindelwald le aveva ordinato di trovare un modo per ammansire una creatura molto pericolosa. Gli piaceva dare spettacolo, Leta sapeva anche questo ed era convinta che sarebbe stata quella la sua rovina.
Quella mattina il Capo l’aveva convocata ai piani alti e Leta era un po’ tesa perché non aveva progressi da mostrargli. Lo trovò nel solito studio, chino su un tavolo coperto di carte.
«Mi ha mandata a chiamare, signore?» gli chiese.
«Sì, tieni. Mi serve sapere chi sono queste persone e in che modo sono collegate a Scamander» le disse lui, porgendole bruscamente delle foto.
«Beh questo è Theseus, suo fratello. Eroe di guerra, lavora al Ministero»
«È il capo della squadra Auror che si occupa dell’indagine che ci riguarda. È in buoni rapporti con suo fratello?»
«Da quel che ricordo, non particolarmente»
«Fantastico. Gli altri?»
«Questi due sono gli Auror che erano a Parigi, lei è Americana, lui credo sia tedesco»
«Goldstein e Wolf, li conosco. Non sai che in rapporti sono con Scamander?»
«Signore, li ho visti una sola volta in vita mia e non erano nemmeno con lui»
«Sempre meglio! Hai detto che lo conoscevi e che potevi essermi utile, adesso cosa fai, lo proteggi?»
«No, signore, ma non posso dire quello ce non so. Ho conosciuto Newton molto bene negli anni della scuola ma è da allora che non lo vedo. Non so chi abbia conosciuto ne frattempo. Questo lo conosco, per esempio: si chiama Douglas Boot, era a scuola con noi e credo che ora lavori ad Hogwarts»
Grindelwald continuava a guardarla scuro in volto «E questa? Sembra che Scamander viva con lei in una zona babbana di Londra»
Leta s’illuminò «Oh sì che la conosco. Si chiama Amelia Prewett, sorella di Ignatius Prewett, l’Auror. Credo lavori come Spezzaincantesimi. È la sua migliore amica, lo è dai tempi di Hogwarts. Per mia esperienza posso dirle che fare male a lei è un ottimo modo per ferire anche Newton» concluse.
Grindelwald aveva finalmente assunto un’espressione soddisfatta «Sì, eh? Buono a sapersi. Manderò Magnus a indagare, voglio vedere se vivono davvero insieme. Sarebbe più comodo, prendere due piccioni con una fava. Come procedono gli esperimenti?» le chiese, cambiando improvvisamente discorso.
«Gliel’ho detto, non è facile. Per avere dei risultati bisognerà aspettare un po’. Nel frattempo però mi sono presa la libertà di creare delle armi e devo dire che è divertente, mi dispiace di non averci pensato prima»
«Armi? Perché dovrebbero servirci delle armi quando abbiamo la magia? Ho visto i babbani combattere, i loro stupidi fucili non sono nulla in confronto all’Anatema che Uccide»
«Non sono armi normali quelle che sto creando io, sono armi magiche. Più subdole dei fucili, più sceniche di un Anatema che Uccide. Sono nel mio laboratorio, se un giorno dovesse venirle voglia di darci un’occhiata. Posso esserle ancora utile?»
«No, puoi andare. Non perdere tempo con le tue invenzioni belliche, lavora sul nostro progetto» le ordinò, freddo. Leta accennò un mezzo inchino e tornò nelle sue stanze.
Le tornò in mente, come riportato dalla marea, il ricordo dell’ultima volta che aveva parlato con Amelia Prewett, un pomeriggio di fine anno scolastico nel parco di Hogwarts. Le aveva detto che prima o poi sarebbe riuscita a finire ciò che aveva iniziato nella Foresta, ai tempi non faceva sul serio ma ora… ora sarebbe stato così soddisfacente, si disse. Non riusciva invece a ricordarsi l’ultima cosa che aveva detto a Newton, né tutte quelle che avrebbe voluto dirgli in tutte le notti passate insonni dall’ultima volta che l’aveva visto. Forse le sarebbero tornate in mente, e se Grindelwald fosse riuscito a catturarlo gli avrebbe potuto chiedere il permesso di parlargli prima che lo uccidesse e gli avrebbe detto tutto. O forse non se lo sarebbe mai ricordato e l’avrebbe guardato in silenzio mentre moriva. Ecco, forse questo le piaceva di più.
 
Da qualche parte nel Galles
Mattina
 
Il luogo in cui Theseus e Tina dovevano fare irruzione era un classico maniero purosangue, non dissimile da quello nella Foresta Nera: alte mura di pietra, un imponente cancello in ferro battuto e numerosi incantesimi di protezione. Questi però, Wolf l’aveva verificato con un sopralluogo il giorno prima, erano facili da disattivare anche senza uno Spezzaincantesimi.
«Allora, Goldstein, qui ci vive la famiglia di Berwyn Allchurch. Quarantadue anni, risultava implicato in alcune azioni di Grindelwald prima della guerra ma non sembra che abbiano avuto contatti negli ultimi anni. Si dice che abbia la tendenza ad attaccare prima di chiedere chi è, quindi occhi ben vigili e bacchetta alla mano. Sei pronta?»
«Sì, signore. Quanto ci vorrà per abbattere le barriere?»
«Non abbastanza perché se ne renda conto, se stiamo attenti. Voglio coglierlo di sorpresa prima che lo faccia lui con noi. Sono incantesimi di protezione di livello basso, Repello Babbano e cose simili. Andiamo?»
Uscirono dal loro nascondiglio dietro un muretto, a bacchette spiegate. Come previsto bastarono pochi colpi perché la barriera si disintegrasse in tanti coriandoli luminosi; quello che non avevano previsto era il branco di cani inferociti che si scagliò contro di loro appena ebbero messo piede nella proprietà.
«Maledizione, questi cosa sono?» gridò Theseus, cercando di schiantare le creature.
«Sono Crup, dovrebbero essere leali ai maghi e attaccare solo i babbani!»
Theseus ne colpì uno «Questo non gli basta per capire che sono un mago?!»
«Immobilus!» gridò Tina in risposta, fermando gli animali dov’erano.
«Goldstein, attenta!»
Tina si abbassò istintivamente e un lampo rosso le passò appena sopra la testa; un’ombra corse via da una finestra del maniero.
«Beh, così se ne va l’elemento sorpresa. Tutto a posto?»
«Sì, andiamo!»
I due Auror entrarono di corsa nell’ingresso «Allchurch, siamo Auror! Dobbiamo solo farti qualche domanda!» si annunciò Theseus.
«Io non so niente, lasciatemi in pace!» rispose l’uomo, da qualche parte al piano di sopra.
«Hai cercato di attaccare un’Auror, ti conviene collaborare finché puoi»
«Io non so niente! Voi siete entrati in casa mia, andatevene!»
I due nel frattempo erano corsi su per le scale e cercavano di capire in quale stanza si fosse nascosto Allchurch. Tina indicò una porta e Theseus annuì.
«Reducto!» disse la donna e la porta esplose in una pioggia di schegge e urla spaventate. Un altro lampo rosso, lanciato a caso, colpì il muro alle sue spalle poi Theseus le si mise davanti e pietrificò l’altro uomo. Allchurch cadde a terra come un sacco di patate tra le schegge della porta.
Theseus lo prese per la giacca, lo mise su una sdia e dopo avergli legato i polsi con un Incarceramus e averlo rinchiuso in una bolla antincantesimo lo liberò dalle pastoie. Allchurch cominciò subito a gridare di lasciarlo andare, che non avevano il diritto di tenerlo lì, le solite cose che dicono i criminali.
I due Auror gli si sedettero davanti, per nulla impressionati dalla sua scenata.
«Hai finito? Bene, perché la mia collega ha delle domanda da farle»
Tina annuì «Signor Allchurch, lei cosa sa dirmi su Gellert Grindelwald?»
«Non so niente! Lasciatemi stare!»
«Interessante, allora come mai nei nostri archivi risulta la sua presenza a molti raduni di Grindelwald, nonché a numerose azioni contro Auror e babbani?»
«Come avete fatto a trovarmi? La mia residenza è segretata?»
«Anche questo è interessante: vede, il suo indirizzo compariva in un elenco che abbiamo trovato in un rifugio di Grindelwald»
L’uomo li guardò esterrefatto «Come avete fatto a entrare?»
Theseus sogghignò «È stato più difficile che entrare in casa sua, senza dubbio, ma anche noi abbiamo i nostri assi nella manica. Allora, Berwyn, vuoi rispondere anche tu a qualche domanda? Da quanto tempo sei in contatto con Gellert Grindelwald?»
«Non lo sono più. Ho partecipato ad alcuni incontri prima della guerra, ma niente di più. Adesso ho una famiglia, non farei nulla per metterle in pericolo!»
«Grindelwald non ha provato a contattarti negli ultimi mesi?»
«No, pensavo fosse stato arrestato dal MACUSA»
«Signor Allchurch, dov’è la sua famiglia?» chiese Tina d’un tratto.
L’uomo, pallido, la guardò «Mia figlia è a Hogwarts, frequenta il quarto anno»
«E sua moglie?»
«È dalla sorella per qualche giorno»
«Signor Allchurch, è sicuro di non aver allontanato sua moglie e sua figlia da qui per non metterle in pericolo nel caso di visite sgradite?»
Allchurch non rispose ma impallidì ancora di più.
Con studiata noncuranza Theseus si girò verso Tina «Possiamo chiedere se c’è una ragazzina di nome Allchurch quest’anno a Hogwarts. Abbiamo gente importante all’interno, sai Berwyn? Ci basterebbero cinque minuti»
«Vi prego, non toccatele. Lasciatele stare e non le troverà nemmeno lui. Vi prego!»
«Ci dica quello che sa, noi possiamo proteggervi meglio» cercò di rassicurarlo Tina.
«Non posso! Mi ucciderà, e ucciderà anche loro!»
Theseus si alzò «Bene, vediamo se qualche notte in cella le farà cambiare idea» disse, prendendo di nuovo l’uomo per la giacca e sollevandolo dalla sedia.
 
Tornati al Ministero consegnarono l’uomo alle guardie perché lo mettessero in cella. Non ad Azkaban, anche se ci sarebbe finito presto se avesse continuato a non parlare. Poi tornarono in ufficio ad aspettare gli altri.
«Volevo farti i complimenti per come hai condotto l’interrogatorio» esordì Tina spezzando il silenzio «Molti miei colleghi, quando un testimone si presenta violento e non collaborativo, passano subito alle maniere forti. Forse è il metodo americano…»
Theseus scosse la testa «No, ho visto anche molti miei colleghi abusare della bacchetta. Io no sono un amante della violenza, in guerra ne ho vista fin troppa. Finché posso evito di alzare la bacchetta contro qualcuno per incantesimi più violenti di uno Stupeficium o di una pastoia»
“È un po’ strano, per un Auror” pensò Tina, ma si limitò a dirgli «Trovo che sia ammirevole. Speriamo che Allchurch non sprechi la sua fortuna»
«Speriamo, non ho proprio voglia di andare fino ad Azkaban. Oh, Merlino: questa cosa non piacerà affatto a Newt e Amelia» s’interruppe Theseus senza riuscire a trattenere un sorrisetto. Tina lo guardò perplessa, lui spiegò «Il nostro amico era un Hufflepuff. La Casa di Newt e Amelia. Non siete divisi in Case, in America?”
«Oh, sì, certo. Io ero Thunderbird, la casa dell’anima, degli avventurosi e degli ambiziosi. Queenie invece era Pukwidgie, la casa del cuore, dei guaritori e degli empatici. Mi dispiaceva che non fossimo nella stessa Casa, ma ho sempre pensato che quelle in cui eravamo ci rappresentassero alla perfezione. Tu e Newt eravate nella stessa Casa? Come funziona ad Hogwarts?»
«Capita spesso che i membri di una stessa famiglia finiscano nella stessa Casa, ma per noi non è stato così: io ero Ravenclaw, la casa dei saggi e degli studiosi. Hufflepuff è la casa dei leali e dei giusti. Penso che durante lo smistamento il Cappello capisca qual è la tua qualità che tu ritieni più importante: a me disse che avevo l’ambizione degli Slytherin e il coraggio dei Gryffindor, ma che la cosa a cui tenevo di più era chiaramente l’intelletto. Amelia è testarda come tutti i suoi parenti Gryffindor ed è indubbiamente una studiosa, ma per lei nulla è più importante della lealtà. Onestamente, per quanto riguarda Newt, credo che il Cappello non abbia nemmeno avuto bisogno di pensarci prima di spedirlo tra i giusti» concluse ridendo.
Anche Tina sorrise «Lo stimi tantissimo, vero?»
«Sì, vorrei solo che fosse chiaro anche a lui. Dura la vita dei fratelli maggiori, eh?»
Tina, consapevole che quello era un argomento spinoso, si limitò ad annuire con aria comprensiva.
Theseus sbuffò «Goldstein, so benissimo che ti scrivi con tua sorella. Non fare quella faccia, tutti i gufi dei componenti della squadra vengono controllati. Non ho intenzione di sgridarti, stai tranquilla. Ti chiedo solo di stare attente, penso tu sappia quanto è pericolosa la situazione di tua sorella»
Tina rispose «Lo so benissimo, ma come io ho paura per lei, lei ha paura per me e se smettessi di scriverle impazzirebbe. Ho studiato i meccanismi del Fidelius e non dovrebbero esserci problemi se i contatti si limitano a uno scambio di lettere, giusto?»
«Giusto, finché rimarrà nella casa non sarà in pericolo. Quindi cerca di non farla uscire da lì. Che dici, mangiamo qualcosa?»
 
 
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Sera
 
Tina si era fermata da Newt e Amy per cena, avevano parlato del caso (il gruppo nella Foresta Nera non aveva fatto progressi con la porta, le informazioni sull’arresto li avevano fatti sentire meno demoralizzati) e di Queenie e ora mentre Newt era nella valigia Tina stava aiutando Amy a rimettere a posto.
«Guarda che non c’è bisogno, puoi andare da Newt» le disse Amy passandole un altro piatto da asciugare.
«Mi inviti sempre a cena, aiutarti è il minimo che possa fare»
«Ti divertiresti di più nella valigia, giuro che non verrei a disturbarvi» la prese in giro l’amica. Tina non prestò il fianco.
«Sai, oggi mi ha proprio colpita l’approccio di Theseus durante l’interrogatorio. Però sono rimasta sorpresa da una cosa: perché fa l’Auror se non gli piace usare la bacchetta contro gli altri?»
Amy sospirò «Sei sicura di non preferire un giro nella valigia? È una storia lunga e poco divertente»
«Sono sempre state le mie preferite»
«Quando ho conosciuto Theseus, non voleva fare l’Auror. È un burocrate, più che un uomo d’azione: il suo obiettivo era fare carriera politica al Ministero. Lo misero a coordinare la squadra degli Auror, faceva lavoro d’ufficio, mai sul campo. Poi però venne la guerra, che all’inizio non ci sembrava un problema perché il Ministro decise che noi maghi non avremmo potuto combattere al fianco dei nostri connazionali babbani. Ma Newt fu mandato sul fronte orientale per occuparsi di un branco di Ironbelly Ucraini che si trovavano troppo vicini ai luoghi di conflitto e rischiavano di essere visti dai babbani; Theseus non poteva lasciarlo da solo. Non potevamo arruolarci ufficialmente ma c’era un centro di arruolamento gestito da Magonò dove andavano tutti quelli che volevano ribellarsi e partecipare. Theseus fece carte false per farsi mandare il più vicino possibile a Newt, ma non aveva valutato i rischi. Passò sei mesi isolato a proteggere un villaggio babbano in Ucraina, quattro dei quali a combattere contro uno squadrone di maghi tedeschi il cui unico obiettivo era quello di uccidere più babbani possibile. Aveva una squadra anche lui, ma furono uccisi tutti. Rimase da solo per altri sei mesi, qui lo davamo per morto. Ma sopravvisse. Riuscì a respingere tutti gli attacchi tedeschi, uccise tutti i nemici e salvò i babbani. Lo ritrovò Newt, per caso: uno dei suoi draghi si era allontanato dalla riserva ed era arrivato quasi al villaggio di Theseus. Tornato in patria lo dichiararono Eroe di Guerra e gli offrirono un posto nella squadra Auror che un tempo coordinava; ci rimase e fece carriera lì, fino ad arrivare dov’è adesso. Ma la guerra l’ha cambiato. Ha cambiato entrambi i fratelli, ma mentre nel caso di Newt gli ha restituito la fiducia in sé stesso, ha devastato Theseus nel profondo. E quelli subito dopo la guerra… non sono stati anni facili. Credo che prima o poi tornerà a fare il lavoro per cui è nato, sepolto tra le scartoffie, ma nel frattempo puoi stare certa che non lo vedrai mai colpire qualcuno con una maledizione, a meno che non sia strettamente necessario»
Tina, che aveva vissuto la guerra da lontano, era molto colpita da questo genere di racconti «Mi dimentico sempre che in Europa avete vissuto la guerra in maniera così personale, nessuno dei miei colleghi al MACUSA ha una storia del genere da raccontare»
«I tuoi colleghi non hanno nemmeno una biografa brava come me. Comunque, ora che ti sei angosciata per bene, direi che hai fatto il tuo dovere e puoi finalmente scendere nella valigia e fare compagnia a Newt. No, non accetto repliche. Vai!»
Tina alzò le braccia in segno di resa e ridendo andò fin nella stanza degli ospiti, di nuovo spoglia perché Newt era tornato a vivere nella valigia.
Lo trovò, come quasi sempre in quel periodo, intento a vezzeggiare gli Snasini. Pickett, un po’ geloso, lo guardava dalla tasca del cappotto appeso al muro e quando vide Tina arrivare le si arrampicò sulla spalla.
«Sono più buoni da piccoli oppure no?» chiese Tina, ironica.
«Mi piacerebbe poterti dire di sì, mi piacerebbe davvero. Ma queste pesti sono ancora peggio della loro mamma, non lo credevo possibile! Attenta, hai Pickett sulla spalla, non vorrei ti tirasse i capelli» l’avvertì, avvicinandosi per riprendersi il suo piccolo amico verde. Pickett però lo guardò male e si aggrappò con più forza alla spalla di Tina, facendola ridere.
«Non importa, se sta comodo può rimanere lì quanto vuole» lo rassicurò.
Newt era sorpreso «È strano, di solito non è così affettuoso con gli estranei»
«Beh, ma io e Pickett siamo amici! Ormai ci frequentiamo da un bel po’, non è vero rametto?»
«Devi piacergli molto…» mormorò Newt ammirato. Accorgendosi che stava diventando sdolcinato, si riscosse e ricominciò a occuparsi dei piccoli ladri pelosi «Spero tu non abbia niente di valore addosso. In ogni caso è il momento della nanna per queste pesti: salutate zia Tina, da bravi!» disse, raggruppando le bestiole e rimettendole nella loro gabbia piena d’oro e pietre preziose.
«Ah, quindi sono la zia Tina?»
«Beh, io sono lo zio Newt e poi c’è la zia Amy… agli Occamy dico sempre che sono la loro mamma, ma tutti mi prendono in giro» aggiunse, e sorrise nel vedere che Tina si stava sforzando per non scoppiargli a ridere in faccia.
«Ho notato che un atteggiamento del genere li aiuta a fidarsi, i legami si creano più in fretta. Certo, ci sono creature che capiscono solo le teiere tirate in testa, ma questo è un altro discorso»
«Tipo i draghi?»
«Assolutamente no, l’ultima cosa che devi fare se ti trovi davanti un drago è tirargli addosso una teiera! I draghi sono creature magnifiche ma richiedono un grado di addestramento altissimo, non sono animali da prendere alla leggera. Solo per questo non li ho mai inclusi nella valigia, non metterei mai in pericolo gli altri animali; e poi temo che prenderebbe tutto fuoco e non so proprio come farei dopo… aspetta, perché hai parlato dei draghi? Grindelwald sta facendo qualcosa con i draghi?» s’interruppe preoccupato.
Tina scosse la testa «No, prima parlavo con Amy e mi ha detto che durante la guerra ti occupavi dei draghi quindi volevo che me ne parlassi un po’. Sono creature che mi hanno sempre affascinata tantissimo!»
«Sono sicuro che ci sono cose molto più interessanti di cui parlare» si schernì lui, timido «E poi trovi tutto nel libro»
«No, mi interessa davvero! È così bello sentirti parlare delle creature; leggere il tuo libro non è la stessa cosa. Dai, raccontami un po’ di cose, per favore!»
Newt pensò che con quel sorriso e con quegli occhi brillanti Tina avrebbe potuto convincerlo a fare qualsiasi cosa. Ma si trattenne dal dirglielo, le fece cenno di sedersi sul divano nel suo studio e le preparò una tazza di tè raccontandole dei draghi.

 

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Capitolo 13
*** XIII. ***


XIII
Dove il passato torna a fare visita
 
9 Marzo 1927
Nella
valigia di Newt
Alba
 
 
Tina si svegliò perché sentiva qualcosa di rigido premerle dolorosamente nella schiena e le gambe indolenzite. Aprì gli occhi e si rese conto di essersi addormentata, ancora perfettamente vestita, sul divano.
“Strano, però” pensò “non ricordavo di essermici seduta, dovevo essere proprio stanca quando sono tornata da…”
Improvvisamente prese coscienza del calore umano accanto a lei e fu tutto più chiaro: non c’era mai arrivata, a casa sua, si era addormentata sul divano di Newt e adesso lui stava ancora dormendo lì al suo fianco.
Era paralizzata dalla paura e dall’imbarazzo, ma decise di vincerli entrambi e si girò a guardare Newt che dormiva. Era così tenero, il ciuffo spettinato che gli ricadeva sulla fronte, le lunghe ciglia rossicce, il papillon mezzo slacciato; da quella distanza così ravvicinata poteva quasi contargli tutte le lentiggini e per la prima volta Tina fu contenta che sua sorella fosse a distanza di sicurezza, perché certi pensieri preferiva tenerseli per sé.
Si erano addormentati seduti uno accanto all’altra, Newt a braccia conserte perché era un vero gentiluomo anche nel sonno, lei con la testa sulla sua spalla e una mano infilata nell’incavo del suo gomito. Prima di alzarsi e sciogliere delicatamente quell’incantesimo, si prese la libertà di inspirare a pieni polmoni un po’ del suo profumo, ormai familiare: muschio, cuoio e sapone. Lui non si svegliò, si limitò ad aggiustare la sua posizione nel sonno come un bambino quando la mamma si alza per andare a dormire; Tina sentiva che se fosse rimasta lì un altro po’ le sarebbe scoppiato il cuore.
Cercò di smaterializzarsi ma si rese conto che dentro la valigia non poteva. Questo voleva dire rischiare, affrontare il mondo esterno seppur per pochi metri, ma guardando l’orologio si accorse che era troppo presto perché qualcun altro fosse sveglio a parte lei. Salì silenziosamente la stretta scala a pioli fino a rientrare nell’appartamento di Amy e decise di smaterializzarsi fuori dalla porta d’ingresso per non svegliare nessuno col rumore. Non aveva fatto che pochi passi quando una voce alla sua sinistra disse «Buongiorno» facendola sobbalzare. Si voltò di scatto, la mano già sulla bacchetta, e vide che seduta al tavolo della cucina, con un pigiama scozzese, una tazza di caffè e uno spesso volume rilegato davanti c’era Amy, che la guardava divertita.
«B-buongiorno Amy, c-cosa ci fai qui?» balbettò Tina.
«È casa mia» rispose l’altra «Ah, intendi qui in cucina a quest’ora disumana? Mi sono svegliata con un’idea su come aprire quella porta e sto cercando nel mio vecchio manuale qualcosa che mi dica se è una buona idea oppure no. E tu cosa ci fai qui?» aggiunse, sorridendo.
Tina deglutì a vuoto «Io, ecco…»
«Sai, ieri sera quando non ti ho vista tornare ho capito che ti saresti fermata fino a tardi, ma non pensavo così tanto tardi»
Tina voleva seppellirsi lì, seduta stante. Amy parve accorgersene perché, senza smettere di sorridere, le chiese «Preferisci che smetta di parlare così puoi tornare a casa tua prima di morire per l’imbarazzo?»
Tina annuì.
«Beh, a dopo allora. Buonanotte!» disse Amy all’appartamento ormai vuoto.
 
Un paio d’ore dopo anche Newt riemerse dalla sua valigia, riposato dopo una buona notte di sonno come raramente gli capitava, nonostante avesse dormito sul divano. Trovò Amy in cucina, vestita di tutto punto e ancora intenta a studiare il suo manuale.
«Buongiorno!» la salutò Newt appellando la caffettiera ancora calda.
«Buongiorno» rispose lei con uno strano sorrisetto, come quando aveva in mente una sorpresa o uno scherzo da fargli. Lui si guardò attorno, lei se ne accorse e aggiunse «Mi dispiace, ci sono solo io»
«Perché, chi altro dovrebbe esserci?»
«Non saprei, dimmelo tu»
Newt continuava a non capire. Lei insistette «Dormito bene?»
«Stranamente sì, anzi devo essermi addormentato mentre c’era ancora Tina perché ora che ci penso non ricordo di averla salutata! Merlino, che figuraccia» esclamò, resosi improvvisamente conto della cosa.
Amy lo guardava allibita «Newt, se mi stai prendendo in giro sono costretta a dirti che questa volta non mi freghi»
«Prenderti in giro? Perché?»
«Newt, Tina è uscita dalla tua valigia due ore fa! Vuoi farmi credere che siete stati svegli tutta la notte a parlare finché non ti sei addormentato e lei è venuta via?»
«Due ore fa?! Quando mi sono addormentato non era neanche mezzanotte, mi ricordo di aver guardato l’orologio un’ultima volta! Merlino, dici che abbiamo dormito insieme?» chiese Newt, l’improvviso ricordo del profumo di Tina su tutti i suoi vestiti quando si era svegliato ora spiegato.
I due amici si fronteggiarono, uno più sorpreso dell’altro.
«Hai dormito con Tina e non te ne sei accorto?» chiese Amy incredula.
Newt si lasciò cadere sulla sedia «Oh, no. Ho dormito con Tina e non me lo ricordo nemmeno!»
Amy scoppiò a ridere «Morgana, non ci credo! E io che avevo pensato chissà cosa, vedendo com’era imbarazzata questa mattina. Siete proprio la coppia perfetta, ormai è accertato» disse, battendo sulla spalla dell’amico sotto shock.
 
 
Castello di Nurmengard, Austria
Mattina
 
Dare cattive notizie al capo non era l’attività preferita di nessuno, a Nurmengard, ma  volte era necessario. Perché l’unica cosa che il capo odiava di più delle cattive notizie era chi gliele teneva nascoste.
Con questa piccola punta di ottimismo in mente Jankowski, a cui toccava l’ingrato compito perché aveva perso una sfida con gli amici, bussò alla porta dello studio.
«Avanti» disse Grindelwald «Buongiorno Jankowski, cosa ci fai qui? Ci sono novità?»
«Sì, signore. Gli Auror, ecco… sono entrati nella casa. Quella nella Foresta Nera»
«Cosa?! Come hanno fatto? Quando è successo?»
«Cinque giorni fa, signore»
«E perché lo vengo a sapere solo adesso?»
«Perché la casa veniva controllata solo una volta a settimana, signore, non ci aspettavamo che riuscissero a sbloccare tutti gli incantesimi di protezione»
«Tutti? Li hanno sbloccati tutti?» insistette Grindelwald, minaccioso e preoccupato insieme.
Jankowski scosse la testa «No, signore, la stanza è ancora chiusa. È stato un nostro errore, abbiamo sottovalutato gli Auror e non abbiamo prestato abbastanza attenzione alla casa. Aumenteremo la sorveglianza da subito, visto che continuano a tornarci. Se vuole possiamo organizzare un attacco, signore»
«No, non è il caso. Non voglio che sappiano che li stiamo osservando. Andrò io di persona a controllare adesso, voi rimanete dove siete. Puoi andare»
Uscito il messaggero, Gellert si lasciò sfuggire un’imprecazione in tedesco. Non era possibile che un semplice Auror avesse le conoscenze necessarie a sbloccare il cerchio di Ginnungagap, era una magia troppo antica e troppo complessa. C’era un’unica spiegazione possibile, gli Auror dovevano essersi fatti aiutare a distruggerlo dalla stessa persona che, anni prima, aveva aiutato lui a crearlo: Albus Dumbledore.
 
Era sempre stato difficile, per Gellert, riconoscere quando qualcuno era più bravo o più intelligente di lui. Frequentando Albus, era costretto a mordersi la lingua per non urlargli addosso per questo motivo almeno tre volte al giorno.
Si diceva che l’unico motivo per cui Albus era più bravo e conosceva più cose era il fatto che lui non era stato cacciato da scuola, ma in cuor suo sapeva che c’era molto di più. Era uno dei motivi per cui era stato così tanto attratto da lui.
Il cerchio di Ginnungagap era stato un’idea di Albus, un pomeriggio di moltissimi anni prima (in un’altra vita, quasi) nella sua casa a Godric’s Hollow.
L’aveva trovato per caso in un libro di Antiche Rune che studiava per diletto e aveva subito voluto parlargliene.
«Guarda, questo è interessante» gli aveva detto, mostrandogli il libro «Il cerchio di Ginnungagap! È un incantesimo di protezione molto potente, quasi un sigillo. Viene dalla mitologia nordica, il Ginnungagap era una sorta di abisso primordiale pieno di energie magiche, il caos da cui è nato l’universo. Praticamente, se il terreno è ricco di magia si crea un doppio legame interno pressoché invincibile, è un ottimo modo per proteggere una casa. Per spezzarlo bisognerebbe semplicemente alzarlo, ma appaiandolo con un altro incantesimo di protezione creerebbe una specie di doppia morsa. Può esserti utile?»
Gellert l’aveva guardato di traverso, come sempre quando faceva sfoggiò così innocentemente della sua dannata intelligenza «Non lo so, sembra abbastanza complesso»
«Posso darti una mano»
«Come sempre…»
 
Quella notte, Grindelwald si smaterializzò nella casa. Era un bel rischio, lo sapeva, all’interno potevano esserci Auror di guardia pronti ad aspettarlo ma doveva vedere la porta e assicurarsi che fosse ancora tutto sotto controllo.
Dallo studio sottosopra dedusse che gli Auror dovevano aver trovato i suoi elenchi, quelli con tutti i nomi delle persone che aveva reclutato nel corso degli anni; poco male, le liste erano incomplete e comunque nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di tradirlo. Percepì anche la traccia magica di Albus, soprattutto nelle vicinanze della porta e la cosa lo fece sorridere. Costa stava facendo Albus con quegli Auror?
Toccò la porta con la punta della bacchetta e una fitta rete luminosa si dipanò sulla superficie, segno che gli incantesimi di protezione erano ancora intatti.
Soddisfatto del sopralluogo tornò fuori e respirò a pieni polmoni l’aria fredda della notte. Fu tentato di smaterializzarsi a Londra, per dare un’occhiata più da vicino alle sue prede, ma si costrinse a frenare la sua spavalderia: non poteva certo rischiare di rovinare tutto così, in maniera così stupida.
 
 
28 Marzo 1927
Da qualche parte in centro Europa
Pomeriggio
 
 Le indagini avevano di nuovo subito una battuta d’arresto: né Dumbledore né Amelia erano ancora riusciti ad aprire la porta, Allchurch continuava a rifiutarsi di parlare nonostante fosse stato trasferito ad Azkaban e Theseus sentiva sempre di più il peso di tutto questo gravargli sulle spalle. Per questo aveva accolto con sollievo l’opportunità di accompagnare suo fratello tra le montagne dell’Europa centrale quando aveva ricevuto la segnalazione di un Graphorn in calore che minacciava l’ecosistema e lo statuto di sicurezza. Dopotutto era meglio non mandare Newt da solo, visto cos’era successo l’ultima volta. E poi così potevano ricostruire il loro rapporto, e Theseus aveva finalmente provato l’ebbrezza di vivere in valigia.
«Quando te lo dico devi prendere questa boccetta, aprirla e versare una goccia del suo contenuto a terra. Una goccia sola, mi raccomando. A quel punto non ti spaventare se il Graphorn dovesse, ecco… caricare contro di te. Tu tieni aperta la valigia come ti ho fatto vedere, rimani fermo e andrà tutto bene»
«Chiaro. Toglimi una curiosità, cosa c’è di così allettante in quella boccetta?»
«Feromoni. Il Graphorn è in calore, le tracce ce ne hanno dato conferma, quindi i feromoni lo faranno arrivare in un baleno»
Theseus era ammirato «Wow, quando ti sento parlare così quasi rimpiango di non aver mai ascoltato Cline quando faceva lezione»
«Beh questa è semplice biologia, in linea teorica funzionerebbe anche per noi umani. Come quando le donne si mettono il profumo, impariamo istintivamente a riconoscerlo» spiegò Newt.
«Quindi se versassi per terra un po’ del profumo della signorina Goldstein arriveresti anche tu di corsa?» lo stuzzico il fratello.
Newt arrossì violentemente. Era dall’imbarazzante notte passata insieme senza rendersene conto che Newt non stava da solo con Tina, un po’ perché non ne avevano avuto occasione, un po’ per l’imbarazzo. E anche per la frustrazione di aver sprecato così un’occasione, anche se quello si rifiutava di metterlo ad anima viva.
«E tu invece? Quale profumo servirebbe per attirarti?» ritorse Newt, vedendo con soddisfazione anche il fratello arrossire.
«Nessuno in particolare. Sono lupo solitario, io»
«Non sarebbe ora che ti trovassi una fidanzata?»
«Ma tu guarda da chi mi tocca la predica!» esclamò Theseus indignato «Sembri la mamma! La quale, per inciso, continua a chiedere quando verrai a cena»
«Quando tu troverai una moglie, così non sarò l’argomento di conversazione principale della serata. Davvero, non c’è nessuna?»
«Merlino, voi Hufflepuff siete troppo sentimentali. No, Newton, non ho ancora trovato la donna della mia vita, quella da sposare e da presentare ai miei. Quando la troverò ti manderò un gufo. Allora, ci vieni a cena?»
Newt sospirò «Non penso che a papà farebbe piacere»
«Newt, sono passati dieci anni. Le cose sono cambiate, certo che gli farebbe piacere rivederti»
«Lo dici perché lo sai o perché vorresti che fosse vero, così avresti di nuovo la tua famiglia unita come una volta?»
«Lo dico perché vorrei smetterla di vedere mia madre soffrire per gli errori di un padre ricaduti sui figli» replicò secco Theseus «Lo sai bene anche tu, non sono più giovani i nostri genitori»
«Stanno male?»
«No, ma penso che…»
«Allora non c’è niente di cui preoccuparsi, no? Concentriamoci sull’indagine, mi sembra più importante. Ma prima, seduciamo questo Graphorn»
Nell’elenco di frasi che Theseus Scamander non avrebbe mai pensato di sentire, quest’ultima occupava di certo una delle prime posizioni. Ma dopotutto conosceva suo fratello, quindi si limitò a guardarlo con aria scettica mentre si dimenava e faceva versi per attirare la bestia che poi finì rinchiusa nella valigia. Mentre Newt si assicurava che questa fosse ben chiusa, Theseus scoppiò improvvisamente a ridere.
«Cosa c’è?»
«Ti stavo immaginando fare questa danza di accoppiamento davanti a una mia certa cara collega» rispose Theseus, ridendo ancora di più nel vedere Newt arrossire «La cosa bella è che siete così fuori di testa che potreste interagire così senza problemi»
«Bene, se hai finito di prenderti gioco di me possiamo tornare a casa, il Graphorn è stato preso e non vedo l’ora di farmi una doccia e stare per un po’ il più lontano possibile da te» disse Newt seccato, prendendo in mano la valigia e guardando il fratello con impazienza. Sempre ridacchiando Theseus lo prese per un braccio e i due si smaterializzrono a Londra.
«Io devo tornare al Ministero, tu che fai?» chiese Theseus.
«Vengo anch’io, devo passare alla divisione bestie e dire che ho preso il Graphorn in custodia»
«Ti accompagno, allora. Voglio che Bare sappia che lo tengo d’occhio»
Svolte le loro mansioni alla divisione bestie, ovvero comunicare la cattura e la messa in sicurezza del Graphorn per Newt e incutere terrore nel funzionario che aveva causato l’aggressione a Newt per Theseus, i due tornarono nell’ufficio Auror dove trovarono Tina intenta a controllare gli elenchi trovati in Germania.
«Siete tornati!» li salutò contenta «Com’è andata la spedizione? Avete trovato il Graphorn?»
«Sì, è qui dentro. Dopo scendo a fargli una visita, devo sistemarlo per bene nel suo habitat. Vuoi darmi una mano?” propose Newt. Tina sorrise e annuì.
«Newt! Tè?» lo richiamo il fratello dal suo ufficio.
«Sì, grazie. Arrivo!» rispose Newt raggiungendolo.
In quel momento la porta si riaprì e comparve Wolf, con l’aria torva e un grosso fascicolo in mano «Odio la Francia» esordì.
«Wolf! Sei tornato solo oggi? Non dovevi essere qui una settimana fa?»
«Credimi, Scamander, mi sarebbe piaciuto. Ma quei francesi hanno una passione smodata per la burocrazia quindi mi hanno riempito di fogli, firme, colloqui e Faust solo sa cos’altro prima di lasciarmi libero. Qui ho un elenco di tutti i maghi abitanti sul territorio francese che hanno avuto contatti con Grindelwald prima e durante la guerra, qui invece ho una raccolta di testimonianze sulla Maga Nera. Ah, Goldstein, ho anche un identikit da mandare ai giornali, ti sembra somigliante?» aggiunse, passando a Tina un foglio. Lei lo osservò attentamente poi rispose «Sì, direi che è lei. Nessuno sa chi sia?»
«Fa’ vedere» disse Newt, e lei gli passò distrattamente il foglio. Un improvviso rumore alle sue spalle però la fece sobbalzare e girare di scatto: Newt aveva fatto cadere la sua tazza, spargendo tè e cocci ovunque. Fece per chiedergli se andava tutto bene ma il solo vedere la sua faccia la riempì di paura: Newt era diventato pallido come la morte, aveva gli occhi sgranati in un’espressione di terrore misto shock e la mano con cui ancora teneva l’identikit tremava furiosamente.
«T-Theseus» balbettò con voce incrinata, cercando disperatamente il fratello con lo sguardo. L’altro gli fu accanto in un secondo, preoccupato, e gli strappò il foglio di mano. Quando l’ebbe guardato, anche lui impallidì «Che cos’è questo?» chiese a Tina mostrandoglielo.
Tina era sempre più inquieta «È un identikit della Maga Nera. Sapete chi è? La conoscete?»
«La conosciamo? Merlino, sì che la conosciamo» disse Theseus in un soffio «Quella è Leta, Leta Lestrange»
 
Newt sentiva il panico cominciare a impossessarsi di lui. La voce di suo fratello gli sembrava lontana, ovattata, gli unici suoni che sentiva erano il battito accelerato del suo cuore e il sangue che gli ronzava nelle orecchie. Gli mancava l’aria, si sentiva svenire. Afferrò Theseus per un braccio e lui si voltò subito, pronto ad aiutarlo; gli mise le mani sulle spalle e lo costrinse a guardarlo dicendogli «Respira, Newt. Respira. Niente panico, niente panico»
Seguendo i respiri profondi del fratello Newt riguadagnò un po’ di lucidità e cercò di arginare il più possibile lo shock perché c’era qualcun altro che presto avrebbe avuto bisogno di lui «T-Theseus, d-dobbiamo dirlo ad A-Amy» balbettò, cercando di non pensare al fatto che non balbettava più da anni e ormai pensava che anche quello fosse passato, messo per sempre alle sue spalle, quando invece evidentemente il passato non era più tale.
Theseus annuì «La vado a prendere e glielo dico»
«N-no, devo d-dirglielo io» obiettò Newt.
«Va bene, la vado a prendere e ci incontriamo a casa sua. Qualcuno scriva il nome giusto sotto quell’identikit e lo mandi al Profeta, lo voglio in prima pagina domattina o addirittura stasera!» ordinò Theseus uscendo dall’ufficio.
Tina, ancora fuori asse, si riprese «Vuoi che venga con te?» gli chiese, pensando che lui avrebbe detto di no. Dopotutto era una questione del suo passato di cui non le aveva mai parlato direttamente, Newt avrebbe avuto ragione a non voler condividere quel momento con lei. Con sua sorpresa però lui annuì. Lei chiese a Wolf se poteva pensarci lui al Profeta, poi strinse la mano di Newt e uscì con lui dal Ministero.
Si smaterializzarono a casa di Amy pochi istanti prima di quest’ultima e Theseus. Amy aveva l’aria seccata di quando veniva interrotta nel bel mezzo di un lavoro e se ne stava lamentando con Theseus, quando si accorse degli altri due e li guardò stupita «Newt! Tina! Cosa ci fate qui? Sapete perché mi ha portata via dalla banca senza dirmi niente?» chiese, poi vide l’espressione di Newt e si fece subito più preoccupata «È successo qualcosa? A chi? Ignatius, Charlie? Mia madre? Merlino, Collins? È successo qualcosa a Collins?»
Newt fece un passo in avanti «N-no, loro stanno b-bene. Abbiamo s-scoperto una cosa i-importante»
Amy lo guardò spaventata «Perché balbetti?»
«A-Amy, la Maga Nera è… Leta. La Maga Nera è Leta» ripeté Newt con voce un po’ più ferma, mentre il colore scompariva completamente dal volto dell’amica. Amy fece per dire qualcosa ma aveva la gola serrata. Cercò sul viso terreo di Newt un segno che le facesse capire che stava mentendo (perché doveva essere una bugia, anche se Newt avrebbe dovuto sapere che non era il caso di mentire su certe cose, doveva essere una bugia) ma non ne trovò e conosceva l’amico fin troppo bene per poter far finta di non capire che le stava dicendo la verità. Sentì la testa girare e iniziò a tremare, esalò un «No, non è possibile» poi le forze le vennero meno e crollò su Newt, che fu pronto a sostenerla nonostante le gambe tremassero anche a lui. Si accasciarono sul divano, stretti in un abbraccio disperato e tremante, mormorandosi cose incomprensibili agli altri. Nel vederli così distrutti Tina sentì una stretta al cuore, avrebbe voluto poter fare qualcosa per loro ma sapeva di non esserne in grano quindi rimase lì impalata a fissarli finché non si sentì tirare delicatamente per un braccio; Theseus le fece cenno di seguirlo in cucina e lei obbedì.
In cucina, Theseus appellò dei pentolini, delle tazze e del cacao «Mia madre ha sempre detto che per uno shock non c’è niente come la cioccolata» spiegò a Tina.
«Allora ti servirà anche il latte» gli fece notare lei, appellandoglielo.
Rimasero in silenzio per un po’ mentre Theseus preparava la bevanda, poi lui disse «Non ti devi preoccupare, è solo amicizia. Ma Leta è stata una parte molto dolorosa del passato di entrambi e in questo momento hanno solo bisogno uno dell’altra. Devono condividere questo trauma tra di loro prima di poterlo fare con altri»
Tina annuì «Amy mi ha accennato qualcosa, mi sembrava che la cosa la turbasse ma non immaginavo fino a questo punto. Vorrei averla riconosciuta prima, quella volta a Parigi, avrei potuto evitare tutto questo»
«Goldstein, non potevi saperlo. L’avevi vista di sfuggita in foto, una sola volta. L’importante è che l’abbiamo scoperto; Newt supererà anche questa, ha superato ben di peggio» fece una pausa «Ora non ci resta che aspettare che si riprendano» aggiunse, indicando la porta del salotto.
 
Seduta sul divano, il viso affondato nel cappotto di Newt e le braccia strette attorno al ventre, Amy si sentiva morire. Un dolore lancinante partiva dalla cicatrice e le si irradiava in tutto il corpo, come se stesse per spezzarsi.
«Fa male, fa male» continuava a ripetere tra le lacrime.
«È un d-dolore f-fantasma, lo sai» le rispondeva lui, che non riusciva a smettere di tremare.
«È come se tutti i miei incubi fossero diventati realtà» mormorò lei «Sai quante volte ancora mi sveglio dopo aver sognato di essere ancora nella Foresta?»
«Lo s-sogno anch’io. Lo s-sogno a-ancora. Mi viene da v-vomitare»
«No, dobbiamo smetterla» disse Amy, facendo uno sforzo sovrumano per separarsi dall’amico. Si guardarono, entrambi pallidi e tremanti e con gli occhi gonfi di pianto «Non dobbiamo permetterle di ridurci così»
«A-Amy io n-non la voglio r-rivedere» balbettò Newt.
«Tuo fratello non permetterà che accada. Ci proteggerà entrambi»
«I-io non voglio t-tutto questo di n-nuovo» continuò Newt e c’era panico puro nella sua voce, come Amy non lo sentiva da anni. Lo abbracciò e questa volta fu lei a sostenere lui, a stringerlo forte in modo che sentisse tutto l’amore che c’era per lui nel mondo, come una notte di molti anni prima ad Hogwarts. Alla fine i respiri di entrambi si stabilizzarono, il tremore cessò e anche il male alla cicatrice di Amy scomparve.
«Va meglio?» gli chiese, poco più di un sussurro tra i suoi capelli rossi.
Newt annuì «Vorrei che fosse un i-incubo» aggiunse, incespicando solo sull’ultima parola. Si raddrizzò e si asciugò il viso, imitato da Amy.
«Vorrei essere a un migliaio di miglia da qui» confessò lei.
«Potresti farlo» le ricordò lui.
«Non ti lascerò da solo ad affrontare tutto questo» lo ammonì lei «Ma almeno c’è qualcosa di positivo, stavolta: non siamo costretti ad affrontarlo da soli» aggiunse, indicando la cucina.
Newt annuì «Siamo più forti di tutto questo, v-vero?»
Amy gli fece un pallidissimo sorriso «Siamo fortissimi, non scordartelo mai»
I due si alzarono, sostenendosi ancora a vicenda, ed entrarono in cucina. Tina e Theseus cercarono di dissimulare la loro preoccupazione «Tutto bene?» chiese la donna.
Amy scrollò le spalle «Lasciamo perdere. Cos’è questo profumo?»
«Cioccolata calda» rispose Theseus.
«La mamma diceva sempre che a-aiuta con lo shock» gli fece eco Newt, sembrando subito un po’ più sollevato. I quattro bevvero la cioccolata in silenzio, facendo tesoro di quel momento di calma. Theseus vide con sollievo Newt smettere di tremare e un po’ di colore tornare sulle guance di Amy, che a un certo punto chiese «Volete fermarvi per cena? Dovrei essere in grado di mettere insieme qualcosa»
«Non preoccuparti, possiamo pensarci noi» la rassicurò Tina.
«Non sono diventata un’invalida, e poi Theseus rischia di mandarmi a fuoco la casa se si avvicina ai fornelli» protestò Amy, ma sotto lo sguardo intransigente di Tina alzò le mani in segno di resa «Va bene, spero tu possa aiutarlo a rendere il cibo un po’ più commestibile»
Mentre Tina e Theseus cucinavano Newt scese nella valigia a controllare i suoi animali: il Graphorn si abituò subito al nuovo ambiente e gli altri animali dovettero percepire che c’era qualcosa che non andava in Newt perché furono tutti molto più mansueti e obbedienti. Persino lo Snaso e i suoi cuccioli non tentarono la fuga, facendo quasi commuovere il magizoologo. Cercò di tranquillizzarsi e di non pensare che dopotutto quegli animali li aveva avuti proprio grazie a Leta (anche solo pensare al suo nome gli dava i brividi, ecco come si era ridotto) poi tornò di sopra.
Il cibo era commestibile, le seppur scarse dote culinarie di Tina avevano aiutato a compensare quelle inesistenti di Theseus, e durante la cena ci fu anche qualche fioca risata da parte di Amy e Newt, con sollievo degli altri due. Finito di mangiare, Tina fece per salutare ma Newt la trattenne per un braccio «Puoi rimanere qui un altro po’?» le chiese piano, senza balbettare.
«Certo. Pensavo foste stanchi, avete l’aria di due che stanno per crollare»
«Puoi rimanere qui… stanotte?» azzardò lui «N-non credo di voler restare solo con i miei p-pensieri» aggiunse in un soffio.
Tina era certa di essere arrossita ma fece finta di niente «Ma certo, rimango volentieri»
«Amelia, tu cosa vuoi fare? Posso accompagnarti da Collins, se non te la senti di smaterializzarti da sola» si offrì cavallerescamente Theseus.
«Collins è in Irlanda per una partita e se sentisse pronunciare il nome di Leta Lestrange mi rinchiuderebbe subito da qualche parte a centinaia di miglia da qui. Ma non preoccupatevi, dormo sempre con la bacchetta sotto il cuscino»
«Possiamo dormire tutti insieme nella stanza degli ospiti» propose Tina, più per dovere nei confronti dell’amica padrona di casa che peraltro.
«Oppure posso fermarmi anch’io. Il tuo divano non ha l’aria scomoda e due Auror in casa sono meglio di uno» s’intromise Theseus, che aveva visto il lampo di disappunto negli occhi di Newt.
Amy sospirò «Bene, e allora pigiama party sia. Vieni Tina, dovrei avere un pigiama da prestarti»
 
Theseus aveva trasfigurato i suoi abiti da ufficio in un pigiama e stava risistemando la coperta sul divano quando Amy, che aveva dato un pigiama e la buonanotte a Tina, si palesò alle sue spalle facendolo sobbalzare.
«Ecco il famoso capo Auror, insomma» lo prese in giro.
«Non ti avevo riconosciuta, con quel maglione» rispose lui indicando l’indumento rosso e oro «È di Collins?»
«No, di Ignatius. Collins il suo se lo porta sempre dietro quando ha delle partite importanti. Scherzi a parte, grazie per esserti fermato: non ho più Distillato della Pace e so già che sarà una notte lunga, ma almeno sapendo che c’è qualcuno di armato e allenato in casa sto più tranquilla»
«Se non vi proteggo io, chi altri dovrebbe farlo? Anche perché temo che Tina sarà un po’… distratta, stanotte»
Finalmente Amy rise «Tuo fratello è un gentiluomo, non le fa certe cose»
«Non le fa o non le ha mai fatte? Non guardarmi così, sai che morirebbe piuttosto che parlarmi di queste cose»
«Le ha fatte, gli tolsi anche cinquanta punti perché era rientrato ben oltre il coprifuoco. In realtà non se lo sarebbe meritato, ero solo arrabbiata con lui perché stava con…» s’interruppe e il sorriso le morì sulle labbra. Theseus mise velocemente da parte lo stupore e disse «Scusa, non volevo fartici pensare di nuovo. Posso fare qualcosa per farti stare meglio?»
«Sai quando ti ho detto di abbracciare di meno? Sono disposta a fare un’eccezione, stasera»
 
Dentro la valigia Newt era teso come una corda di violino, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Non sapeva cosa gli fosse preso, aveva sentito l’impellente bisogno di avere vicino Tina quella notte e prima di poter valutare bene i pro e i contro di quell’iniziativa le parole gli erano fuggite di bocca. Ora che lei aveva accettato, che cosa poteva fare?
Controllò nervosamente il letto che aveva fatto apparire accanto alla sua branda, un letto normale perché voleva che Tina stesse comoda. Stava sistemando il cuscino quando improvvisamente gli venne il dubbio che Tina potesse preferirlo più morbido, o più rigido, o forse erano addirittura meglio due cuscini, Merlino stava andando di nuovo nel panico e…
«Ciao» lo interruppe lei, un po’ imbarazzata. Newt si girò a guardarla e ringraziò mentalmente Amy per averle prestato un pigiama e non una camicia da notte, perché Tina in camicia da notte sarebbe stata troppo per lui in quel momento. Aveva un pigiama scozzese sui toni del blu e un sorriso impacciato, e nel gelo che si era impadronito di lui quel pomeriggio Newt sentì ritornare un po’ di calore. «Ciao» le rispose «Questo è il tuo letto, non sapevo q-quanti cuscini metterci quindi ho pensato… uno» balbettò.
«Uno va benissimo» lo rassicurò lei, contenta che anche lui fosse nervoso «Vogliamo… stenderci?» aggiunse indicando i letti. Newt arrossì e le fece segno di andare per prima. Una volta sotto le coperte, Tina sentì qualcosa tra i capelli: era Pickett, che si era arrampicato fuori dal cappotto di Newt per andare a salutarla.
«Pickett! Lascia stare Tina! Scusalo, non so cosa gli sia preso…» lo sgridò Newt, avvicinandosi per toglierglielo. Tina gli fermò la mano «Lascia, non mi dà fastidio. Puoi anche dormire qui se non mi tiri i capelli, va bene piccolino?»
«Te li imbroglierà tutti…»
«Li pettinerò domattina. Davvero, sono contenta di piacergli così tanto!» gli disse ridendo. Newt lanciò un’occhiataccia all’Asticello, più gelosa che ammonitrice, ma lo lasciò stare tra i capelli di Tina. Quando si furono coricati, a luci spente Newt disse «Grazie per aver accettato di rimanere, spero tu non ti sia fatta delle cattive idee su di me. So che è stato inaspettato ma… avevo bisogno di te, stanotte»
«Non preoccuparti. Sono qui, sono qui per te»
«No, devo spiegarti una cosa. L-Leta, lei è come un incubo tornato a perseguitarmi appena ho cominciato a dormire sonni più tranquilli. Lei era molto speciale ma mi ha ferito come mai nessun altro, e ha ferito anche Amy e anch’io ho ferito Amy per colpa sua ed è come se tutto quello che ho… che abbiamo ricostruito da quel momento a oggi stesse rischiando di crollare. E io ho paura di rimanere schiacciato dalle macerie. E ho paura perché… è da un po’ che ho cominciato a sentirmi a casa e non voglio che venga distrutta»
Fare quel discorso a Tina gli era costato ogni energia rimasta nel suo corpo, ma voleva che lei capisse. Che Leta non significava più nulla per lui, nulla di positivo o per cui provare nostalgia. Voleva che capisse che si sentiva a casa da quando c’era lei, perché da quando l’aveva conosciuta respirare si era fatto di nuovo più facile, la solitudine meno gravosa e il sonno più tranquillo, anche se un mago oscuro gli dava la caccia. Perché vederla giocare con le sue creature gli dava un senso di familiarità che non aveva mai sentito e il solo pensiero di perderla lo terrorizzava più dell’idea di affrontare di nuovo Leta o Grindelwald.
«Non crollerà, Newt. Potranno esserci degli scossoni, come oggi, ma non crollerà. Te lo prometto. Starò al tuo fianco e ti aiuterò in ogni modo perché il peso di tutto questo non sia solo sulle tue spalle. Se lo vorrai» concluse in un soffio.
Newt sentì gli occhi che gli pizzicavano, ma questa volta non era dolore. Per non farle sentire che gli tremava la voce non disse nulla, si limitò a stringerle la mano intrecciando le dita alle sue.
Si addormentarono così, e anche se Newt fu svegliato da un incubo quella notte non ci mise troppo a riaddormentarsi, cullato dal respiro di Tina e dal suo profumo dolce. Forse, si disse, questa era davvero la volta buona.

 

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Capitolo 14
*** XIV. ***


XIV
Dove la famiglia protegge, sempre
 
4 Aprile 1927
Ufficio di Theseus Scamander, Ministero della Magia, Londra magica
Mattina
 
Da quando avevano scoperto di Leta il tempo sembrava scorrere sempre più lento e l’indagine era sempre più ferma. Amelia aveva chiesto una settimana di pausa dopo la notte che aveva passato insonne a stringere la bacchetta sotto al cuscino e non era ancora tornata, quindi la questione della porta era ancora irrisolta. Dopo che il Profeta aveva pubblicato le foto di Leta in copertina Theseus aveva ripetutamente cercato di contattare i Lestrange per un colloquio ma i suoi gufi continuavano a tornare a zampe vuote, quindi stava valutando di convocarli ufficialmente al Ministero. Newton tirava avanti, seguito come un’ombra da Tina, ma Theseus percepiva il nervosismo del fratello e questo rendeva nervoso anche lui.
Per fortuna c’era Wolf, immune ai drammi di famiglia, che continuava a portargli risultati: aveva sentito, grazie ad alcuni contatti in Germania, che i seguaci di Grindelwald avevano intenzione di compiere un gesto eclatante, per dimostrare qualcosa, nelle settimane seguenti. Theseus stava aspettando con trepidazione che le informazioni si facessero più esaustive, e sembrava che la sua pazienza stesse per essere ripagata.
Wolf entrò nel suo ufficio con aria trionfante, brandendo un foglio di pergamena «Scamander, ho quello che cerchi! Sono riuscito a scoprire questo dalle mie fonti: un gruppo di seguaci di Grindelwald, perlopiù tedeschi e inglesi, hanno intenzione di colpire il Ministero durante il Galà di Pasqua»
Theseus scattò in piedi «Questo Ministero? Il Galà di Pasqua è venerdì prossimo, siamo ancora in tempo ad annullare tutto»
«Non penso che il Ministro accetterebbe di buon grado, mi sembra molto legato… alle apparenze, diciamo» gli fece notare Wolf con una punta di ironia nella voce.
L’altro fece una smorfia «Hai ragione, non mi perdonerebbe mai di rovinargli un evento così sfarzoso e importante. Dovremo aumentare la sicurezza interna ed esterna; vorrà dire che parteciperemo tutti al Galà. Sai se Goldstein ha finito di decifrare la lista in codice? Potrebbero esserci i nomi dei nostri invitati facinorosi»
«Non lo so, l’ho vista un po’ sotto stress in questi giorni e non volevo infierire. Se non ha ancora finito le dirò di sbrigarsi. A proposito, è tornato un altro gufo dai Lestrange senza risposta; secondo me dovresti presentarti direttamente a casa loro, a questo punto»
Theseus alzò un sopracciglio «Wolf, a Berlino vi insegnano a dare consigli ai vostri capi?»
«No, ma ci insegnano a prendere la situazione in mano prima che sia troppo tardi e penso che i Lestrange non verranno mai qui di loro spontanea volontà, sarebbero capaci di rifiutare anche una convocazione ufficiale, quindi è inutile tirarla tanto per le lunghe no?»
«Non hai tutti i torti. Vuoi venire con me? Mi sembri l’unico di tutta la squadra esterno ai nostri drammi»
«Con piacere» rispose Wolf, offrendo a Theseus uno dei suoi soliti sorrisi affilati «Vogliamo andare subito?»
Theseus appellò la giacca «Perché no? Alla peggio troveremo solo degli elfi domestici spaventati»
I due uomini uscirono dall’ufficio, imbattendosi subito in Newt e Tina che lavoravano sulla lista cifrata.
«Bravi, cercate di risolverla il prima possibile. Pare ci sarà un’azione al Ministero, ci sarebbe utile sapere tutti i nomi dei probabili sospettati» si raccomandò Theseus.
«Un attacco al Ministero? Quando?» chiese Tina preoccupata.
«Al Galà di Pasqua. Tranquilli, vi daremo tutte le informazioni al nostro ritorno»
«Dove andate?» domandò Newt.
Theseus esitò un istante prima di rispondere «Dai Lestrange. Continuano a non rispondere ai miei gufi e voglio scoprire quanto sanno di questa faccenda, visto anche il rischio per il Ministero»
Newt impallidì ma fortunatamente non chiese a Theseus di portarlo con loro. Tina gli strinse il braccio poi si rivolse nuovamente allo Scamander maggiore «Siamo a buon punto con la lista, un paio di giorno al massimo e l’avremo decifrata tutta. Fateci sapere come va l’incontro, mi raccomando»
 
 
Residenza Lestrange, da qualche parte in Scozia
Poco dopo
 
Theseus fece una smorfia nel vedere le scarpe già sporche di fango, ma quella era una tassa da pagare quando si doveva visitare una di quelle famiglie Purosangue così misantrope da decidere di mettere la loro magione nel bel mezzo del nulla.
Wolf sembrava ugualmente schifato «La campagna inglese, è tutta così?»
«Siamo in Scozia, Wolf» lo rimbeccò Theseus, facendogli alzare gli occhi al cielo «La brughiera aiuta a tenere lontani i babbani ancor meglio di un Repello Babbano. E poi basta un Gratta e Netta per risistemare le scarpe, non fare il babbano»
Il tedesco fece una faccia oltraggiata che fece ridere l’altro, poi lo seguì verso il grande cancello dorato che circondava la proprietà dei Lestrange. Passarono senza problema le barriere difensive, probabilmente messe lì solo per tenere lontani i babbani, e anche il cancello si aprì con un semplice Alohomora. Nel giardino però vennero assaliti da un branco di pavoni da guardia, più rumorosi che feroci ma comunque molto fastidiosi.
«Qui i Purosangue hanno dei bei problemi!» sbottò Wolf, allontanando uno degli uccelli con una manata.
«E questo è niente, so di un’altra famiglia che alleva pavoni albini apposta per sorvegliare la casa. Il fatto che nessuno sia venuto a controllare nonostante questo fracasso però mi preoccupa, forse abbiamo davvero fatto un viaggio a vuoto» considerò Theseus, avvicinandosi finalmente al portone in legno. Bussò due volte e quello si aprì: sulla porta, come previsto, apparve un elfo domestico «Chi siete?» chiese sospettoso.
«Theseus Scamander e Friederich Wolf, siamo Auror e cerchiamo i tuoi padroni. Sono in casa?»
«C’è la signora, ma non ha detto che vi sta aspettando»
«Dille che siamo due Auror e vorremmo parlarle di quello che le ho scritto nelle varie lettere che ha ignorato»
La creatura, titubante, si smaterializzò lasciandoli sulla soglia. Ricomparve poco dopo con aria sdegnosa e gli fece cenno di accomodarsi «La signora vi raggiungerà in un attimo. Non toccate nulla, nel frattempo»
«Neanche una tazza di tè? Questa maleducazione mi sconvolge» commentò Wolf a mezza voce, facendo ridacchiare Theseus.
Scarlett Lestrange, la madre di Leta, assomigliava molto a sua figlia. Aveva la stessa pelle scura e gli stessi folti capelli neri, che però portava severamente acconciati. La più grande differenza tra madre e figlia era negli occhi, che erano di un blu profondo e dal taglio duro, a differenza di quelli verdi e allungati di Leta, e nei quali mancava la scintilla selvaggia che aveva sempre animato quelli della figlia. Indossava un abito cremisi e quando entrò nella stanza non parve per nulla contenta di quella visita.
«Cosa vi ha fatto pensare di avere il diritto di presentarvi a casa mia?» chiese guardando i due Auror con disprezzo.
«Buongiorno signora Lestrange, siamo Auror e abbiamo bisogno di parlare con lei e suo marito per un’indagine importante. Ho mandato qui diversi gufi chiedendovi di incontrarci, ma non ho mai ricevuto risposta»
«Questo perché non c’è niente da dire. Lei è Scamander, vero? Quello che sta cercando di fare carriera a discapito di mia figlia» disse lei, la voce carica di accusa.
«Con tutto il rispetto, signora Lestrange, la mia carriera va benissimo anche senza il vostro contributo» rispose Theseus piccato «Se mi permettesse di farle qualche domanda…»
«Le ho detto che non ho nulla da dire! Si dovrebbe vergognare, usare così il nome di mia figlia, farla passare per una ricercata! Lei non sa contro chi si è messo, signor Scamander»
«Se davvero mi sto sbagliando, mi dica dov’è sua figlia»
«Mia figlia non sta bene, è ricoverata al San Mungo da anni. Una brutta febbre le ha rovinato il cervello, quando era già abbastanza in difficoltà per le maldicenze che qualcuno aveva cominciato a mettere in giro contro di lei»
Theseus se la ricordava bene, quella storia: l’ultima volta che aveva sentito il nome di Leta Lestrange. Dopo che la ragazza era rimasta coinvolta in un incidente con una creatura magica, i sospetti che fosse stata lei in realtà a causare l’altro incidente, quello ai danni di Amelia, erano aumentati e i genitori avevano rimediato sbattendola al San Mungo, dando la colpa a un principio di vaiolo di drago.
«Non è vero, signora Lestrange. Ho visto sua figlia di persona, in Francia, quasi due mesi fa» s’intromise Wolf «Mi faccia indovinare: quelle voci su una sua fuga dall’ospedale non erano così false e tendenziose come dicevate voi, o mi sbaglio?»
«Signora Lestrange, Leta non è che una pedina di un piano molto più grande di lei. Come madre, non vorrebbe sapere sua figlia al sicuro?» aggiunse Theseus.
La signora Lestrange parve vacillare per qualche secondo, poi si riprese e posò i suoi occhi blu su Theseus «Scamander, ha detto? Mia figlia aveva un amico che si chiamava come lei, a Hogwarts. Quello pazzo che giocava con le bestie»
Theseus strinse i pugni «Sì, è mio fratello minore. Quello che si prese la colpa dell’incidente con l’unicorno»
«Me lo ricordo. Leta rimase traumatizzata, non pensava che fosse capace di tanta violenza. Mi dica, signor Scamander, è possibile che lei stia di nuovo cercando un capro espiatorio per il suo fratellino? Non sarebbe la prima volta che getta vergogna sulla vostra famiglia, no?»
«Signora Lestrange, mi creda, conosco il fratello di Scamander e le posso assicurare che con questa storia non c’entra nulla. Ora, glielo ripeto un’altra volta: lei sa dov’è davvero sua figlia? Sa se ha avuto contatti, in passato, con un mago di nome Gellert Grindelwald? Riteniamo che, viste alcune doti particolari di sua figlia, Grindelwald potrebbe essere interessato a lei. E prima che cerchi di nuovo di rifilarci la storia del San Mungo, voglio dirle che abbiamo già indagato anche lì e di sua figlia non c’è traccia»
«Come vi siete permessi di ficcare il naso negli affari della nostra famiglia?! Nessuno al San Mungo avrebbe potuto dirvi niente!»
«I soldi possono molto, signora Lestrange, ma il Veritaserum può ancora di più» la informò Theseus, ritrovando la calma «Sappiamo dei galeoni che ha dato a medici e guaritori perché non rivelassero nulla alla stampa; dopotutto non sarebbe stata una buona pubblicità neanche per loro, una paziente pericolosa fuggita e scomparsa nel nulla. Ma noi non siamo la stampa, qualche goccia di Veritaserum e ci hanno detto tutto. Ora tocca a lei: sa dov’è sua figlia? È in contatto con lei?»
«Basta! Fuori da questa casa, non ho intenzione di rimanere qui a sentirvi infangare il nome della mia famiglia neanche un minuto di più!» gridò la Lestrange, fuori di sé dalla rabbia,
i due Auror si scambiarono un’occhiata e si diressero compiti verso la porta d’ingresso. Prima di aprirla, Theseus si girò di nuovo a fronteggiare la donna e con il tono più formale del suo repertorio le disse «Le abbiamo dato tutte le occasioni possibili, signora Lestrange. Dica a suo marito che presto vi arriverà una convocazione ufficiale del Ministero; spero sappia cosa accadrebbe, se rifiutaste di presentarvi anche a quel punto»
Prima che la Lestrange potesse maledirli, i due uscirono velocemente dalla casa; si concessero un sospiro di sollievo solo superata di nuovo la barriere.
«Per Faust, la signora sembrava davvero violenta» commentò Wolf «Mi spiace che abbia tirato in mezzo tuo fratello, Scamander. Non so cosa sia successo in passato ma Newton mi sembra incapace di far male a una mosca»
«Visto che sei l’unico a non conoscere questa storia, penso sia giunto il momento di raccontartela. Prima però andiamocene da qui: non ne posso più di tutto questo fango»
 
 
Castello di Nurmengard, Austria
Più o meno nel frattempo
 
Dall’altra parte dell’Europa, Leta non aveva la minima idea di quanto stava succedendo. Grindelwald continuava a tenerla nei sotterranei, che cominciavano a sembrarle sempre più una prigione e meno un laboratorio, pressoché priva di contatti col mondo esterno. Non sapeva che la sua faccia e il suo nome erano sulla copertina dei quotidiani di mezzo continente e Grindelwald non ci teneva a farglielo scoprire, perché da quel che aveva capito studiandola gli era stato chiaro che non avrebbe reagito bene a una simile notizia.
Quindi, praticamente nottambula, Leta continuava a lavorare e lavorare, perché il capo aveva bisogno di qualcosa di scenografico per il Galà del Ministero e contava su di lei.
Quando Grindelwald arrivò (aveva cominciato a scendere nei laboratori anziché farla salire nel suo studio, per evitare che potesse scoprirsi ricercata) la trovò che mescolava un pentolone con aria febbrile.
«Buongiorno, Leta» le disse.
Lei gli puntò addosso quei suoi occhi selvaggi «È già mattina? Per Morgana, con questo buio perenne non capisco più nulla, devo aver lavorato per tutta la notte»
«Potrai riposarti più tardi, se ne avrai voglia. Hai qualcosa per me?»
Il suo sogno sarebbe stato quello di scatenare il panico (e magari causare anche un paio di vittime) con un’Acromantula, aveva anche trovato un topo che gliel’avrebbe venduta, ma si era reso conto che sarebbe stata un’impresa impossibile persino per lui.
«Sì, ma niente di nuovo sull’Acromantula, signore. Dovrà tenerla per un’altra occasione. Ma guardi queste» disse, porgendogli delle strane cose arancioni.
«Sono uova di Ashwinder?» chiese lui, cercando di non suonare troppo deluso.
«Esatto! Le ho trovate per caso, come tutte le cose migliori, quando mi sono accorta di aver lasciato bruciare troppo a lungo un fuoco magico; e meno male che me ne sono accorta subito altrimenti chissà che fine avrebbe fatto questo bel castello!» fece una pausa per ridacchiare un po’, ignorando lo sguardo ora piuttosto preoccupato del mago tedesco «Come penso lei già sappia, le uova di Ashwinder congelate sono un ingrediente fondamentale per moltissime pozioni, ma a noi non servirà dell’Amortentia pe dare un segnale al Ministero, no? Quindi ho aggiunto un po’ di zolfo, le ho riscaldate con un fuoco fatuo e voilà! Ora sono delle bombe!»
Grindelwald era sorpreso «Bombe? Come quelle che i babbani si tiravano addosso in guerra?»
«Bombe magiche, molto più pericolose di quelle fesserie babbane. Ma sì, il principio è quello. Ora sono avvolte da un incantesimo protettivo, ma basterà rompere quello perché esplodano in pochi secondi generando un fuoco alchemico molto potente e molto difficile da spegnere»
«Non sarà pericoloso anche per chi le farà esplodere?»
«Un vero soldato non esiterebbe a sacrificarsi per la causa, no?» chiese lei con una luce inquietante negli occhi.
«Certamente, ma non voglio che passi l’idea che mando a morire i miei uomini così, come gesto politico. C’è modo di aumentare il tempo prima della detonazione, in modo che sia possibile allontanarsi?»
Leta rifletté qualche secondo «Penso di poter fare qualcosa, sì. Il Galà di Pasqua sarà il venerdì santo, giusto? Lei ci andrà?»
«Con una buona dose di Polisucco ma sì, ci andrò. Voglio godermi lo spettacolo»
«Posso unirmi a voi?»
Grindelwald fu preso in contropiede da quella richiesta «Non pensavo fossi interessata a quello che succede fuori dal castello. E poi ci saranno sicuramente anche gli Auror che ti hanno vista a Parigi, non sarebbe sicuro per te»
«L’ha detto lei, c’è la Polisucco» insistette lei.
«Preferisco non rischiare. Tu trova in modo per mettere in sicurezza quelle bombe, verrai ugualmente ricompensata come gli altri. Perché non ti riposi un po’? con la mente lucida ti verrà tutto molto meglio» le consigliò congedandosi.
Leta lo guardò allontanarsi nel corridoio buio «La mia mente non è lucida da anni, ormai» mormorò, cercando tra le fiale sul tavolo quella del Distillato della Pace «Ma che mi stai volutamente escludendo dal mondo esterno me ne sono resa conto»
Fece una pausa per bere alcuni lunghi sorsi della pozione stordente, l’unico modo che aveva per dormire dai tempi del San Mungo. Si sentì subito intontita e calda, incespicò verso la branda che la ospitava «Devo solo scoprire perché» furono le sue ultime parole, poco più di un mugugno, prima di crollare in un sonno senza sogni.
 
 
7 Aprile 1927
Casa di Doug Boot, Sussex
Pomeriggio
 
 
Newt sapeva che se suo fratello avesse scoperto che aveva fatto visita al rifugio protetto dal Fidelius senza prima parlargliene lo avrebbe maledetto e forse anche spedito ad Azkaban. Ma stando a quello che gli aveva riferito Tina, la situazione fra i due inquilini del rifugio si faceva sempre più insostenibile e non si era mai sentito di un Hufflepuff che abbandonava un amico in difficoltà.
La situazione era effettivamente drammatica: fu Queenie ad accoglierlo e come sempre sorrideva, ma il sorriso non le raggiungeva gli occhi. Gli fece cenno di accomodarsi, gli chiese notizie di Tina e poi gli mostrò dove trovare Jacob: in cucina, con un diavolo per capello, davanti a sacchi di farina intonsi. Quando vide Newt entrare nella stanza si illuminò come un naufrago che vede una nave all’orizzonte.
«Amico mio! Ti prego, dimmi che sei venuto a tirarmi fuori da qui» lo supplicò stringendolo in un abbraccio spezza ossa.
«Mi dispiace, no. Però ho pensato che potesse farti piacere rivedere qualche vecchio amico» lo consolò Newt mostrandogli la sua valigia. A New York, tolto l’inevitabile shock, Jacob si era mostrato molto interessato alle creature di Newt, quindi ne fu entusiasta.
Dopo aver salutato lo Snaso, il Demiguise e l’Erumpent (quest’ultimo da lontano, Jacob non si era ancora ripreso del tutto dal loro ultimo incontro) i due amici si dedicarono alla distribuzione del cibo e Jacob ebbe finalmente modo di sfogarsi.
«Per carità, mi fa molto piacere ricordarmi chi sei e passare del tempo con te. Ma io a New York avevo un lavoro, una vita, non volevo andarmene così! Senza preavviso, poi! Non ho nemmeno avuto il tempo di capire bene cosa stava succedendo e mi sono ritrovato prigioniero in un cottage nella campagna inglese, sono l’unico che non può usare la magia e Queenie per farmi stare meglio continua a far comparire dal nulla sacchi di farina così posso cucinare! Un bel gesto, ma la mia pasticceria è in un altro continente! Poi continua a leggermi nel pensiero, è una cosa fastidiosissima, non pensavo che avrei mai sperimentato una carezza al cervello. È inquietante! Mi sta facendo uscire di testa ma cerco di trattenermi il più possibile perché non se ne abbia a male. Dopotutto posso capirla, sua sorella aveva smesso di risponderle, sapeva che si stava occupando di un caso difficile… ma io non c’entro niente!»
Newt annuì comprensivo, investito da quel fiume di parole. Era abbastanza sicuro che Queenie sapesse bene cosa passava per la mente del suo uomo, ma non volle infierire.
«Scusa, mi sono fatto prendere la mano» sbuffò Jacob lanciando del cibo ai Mooncalf.
«Non preoccuparti, sono qui apposta perché tu possa sfogarti un po’»
«A proposito, quel tipo arrabbiatissimo che ci ha portati qui è tuo fratello, vero? Ci aveva detto che non avremmo ricevuto visite di piacere, gli hai disubbidito?»
Newt sorrise «Devo averti dato un’immagine orribile di me, ogni volta che ci vediamo sto infrangendo la legge per un motivo o per un altro. Sì, gli ho disobbedito e spero che non lo scopra perché altrimenti si arrabbierà un bel po’»
«Non pensavo fossi tu il fratello pestifero. Puoi dirmi cosa sta succedendo fuori da queste quattro mura? Queenie non mi fa leggere le lettere di Tina e non vuole dirmi niente perché non mi spaventi. Non capisce che così ho ancora più paura…»
«Ti ricordi quell’uomo nella metropolitana di New York, quello che ha cambiato faccia? È un mago oscuro molto potente e molto arrabbiato, soprattutto con me perché l’ho fatto arrestare. Noi stiamo cercando di fermarlo»
«Se ce l’ha con te perché non sei anche tu qui con noi nel rifugio sicuro?»
«Mio fratello la pensa come te, ma non posso abbandonarlo. E poi c’è Tina»
Jacob si fece subito più attento e ammiccante «Giusto, Tina! Come sta? Come va tra voi? Queenie non me ne parla mai ma io mi ricordo bene che intesa c’era fra di voi a New York»
Newt si sentì arrossire e schiarì la voce «Beh, siamo un’ottima squadra. Abbiamo passato gli ultimi tre giorni a decifrare una lista di nomi in codice, è stato molto soddisfacente riuscirci»
«Una lista di nomi in codice? Tu sì che ci sai fare con le donne, Newt» gli disse l’altro, sarcastico «Non è successo nient’altro? Davvero?»
«Beh, abbiamo dormito insieme due volte… non fare quella faccia, abbiamo solo dormito!» s’indignò Newt facendo ridere l’amico «Ci sono stati dei momenti in cui stava per succedere qualcosa, ma… non lo so, qualcos’altro ha sempre rovinato il momento!» esclamò frustrato.
«Allora createne uno! Avete dormito insieme due volte, cosa può avervi disturbati?!»
«La seconda volta non c’erano le circostanze adatte. La prima mi sono addormentato e non me ne sono neanche accorto» ammise, arrossendo sempre di più alle risate dell’amico «Non mi sei d’aiuto, così! Sei uguale ad Amy!»
«Ehi, chi è Amy? Un’altra donna?»
«È la mia migliore amica, la proprietaria dell’appartamento dove siete arrivati tu e Queenie. Quella con i capelli corti»
«Ah, ho capito! Mi è sembrata simpatica, non ti ha dato nessun consiglio?»
«Più che altro mi ha riso in faccia. Però sì, mi ha detto di provarci, ma come faccio?»
Jacob sbuffò «Non avresti neanche bisogno di impegnarti, quella donna pende dalle tue labbra. Hai l’occasione di stare da solo con lei, fuori dal lavoro?»
«La settimana prossima c’è un galà al Ministero e ci andremo insieme. Però anche quella sarà una cosa di lavoro, e abbastanza importante. Vedi, non è mai il momento giusto!»
Jacob gli diede una pacca comprensiva sulla spalla «Vedrai, arriverà e te ne accorgerai. Cerca solo di non addormentarti, eh?»
Si era fatto tardi e Jacob sembrava più tranquillo quindi Newt decise che era tempo di tornare a casa. Promise che sarebbe tornato presto, se il fratello non l’avesse scoperto, e si smaterializzò a casa di Amy. Sperava che l’amica fosse tornata nel frattempo, ma evidentemente aveva deciso di rimanere nascosta ancora un po’. Forse aveva deciso di non tornare mai più, sarebbe stata un’ottima idea, ma Newt ne dubitava. Stava per cominciare a prepararsi qualcosa da mangiare quando un gufo batté alla sua finestra: era marrone e aveva nel becco una busta di un rosso sgargiante. Newt non poteva crederci: suo fratello gli aveva mandato una strillettera.

 

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Capitolo 15
*** XV. ***


XV
Dove da una porta aperta non escono che guai
 
15 Aprile 1927 (Venerdì Santo)
Ministero della Magia, Londra magica
Tardo pomeriggio
 
«So che non ne potete già più, ma ascoltatemi mentre vi ripeto tutto per l’ultima volta. Abbiamo la lista completa dei purosangue britannici che hanno avuto contatti con Grindelwald prima, dopo e durante la guerra. Alcuni di loro saranno presenti stasera ma non è detto che siano ancora affiliati a lui. Non attaccate se non siete sicuri che stia per succedere qualcosa, e non partite subito con un incantesimo aggressivo. Uno Stupeficium o una semplice pastoia andrà bene. Controllate tutto quello che vi sembra sospetto, in questi casi è meglio abbondare. Se dovessero riuscire a provocare un incidente, occupatevi prima dei civili: non mettetevi a combattere nell’atrio del Ministero, non con tutta la gente in mezzo. È tutto chiaro? Bene, buon Galà colleghi»
Gli Auror uscirono vociando dall’ufficio e Theseus sospirò. Si aggiustò il nodo alla cravatta e guardò l’orologio: erano le cinque, il Galà sarebbe iniziato in meno di un’ora e non sarebbe finito prima di mezzanotte. Lo aspettava una serata molto, molto lunga.
«Theo, non vieni?» gli chiese Newt facendo capolino dalla porta. Persino lui, per l’occasione, si era vestito a modo: aveva un completo da giorno blu e i capelli quasi pettinati. A Theseus ricordava come lo vestiva la loro madre quando lo obbligava a partecipare alle feste di famiglia, in un’altra vita, e questo lo fece sorridere «Arrivo, volevo solo essere sicuro di avere il nodo dritto»
I due fratelli s’incamminarono per il corridoio in fondo al quale li aspettava Tina. Nel vederli camminare fianco a fianco, pensò la donna, si vedeva che erano fratelli: c’era qualcosa di familiare nei loro movimenti, anche se Newt era più sbilenco e Theseus invece stava dritto come un fuso, e anche nel modo in cui si stiravano nervosamente l’orlo della giacca con le mani. Newt era più eccentrico, nel suo completo blu dalla cui tasca spuntava Pickett e il papillon, mentre Theseus era impeccabile nel suo vestito grigio fumo con la cravatta ben dritta, ma avevano una certa aria di famiglia. Tina li guardo avvicinarsi sorridendo. Newt le offrì il braccio, impacciato ma galante «Stai molto bene vestita così» le disse, facendola arrossire un po’. Passando oltre, Theseus sogghignò.
Entrarono tutti insieme nell’atrio del Ministero, trasformato per l’occasione nel salone delle feste. Al momento era pieno di soli impiegati del Ministero, di ogni reparto, tutti uniti nella gioia di qualche giorno di ferie, ma presto sarebbero arrivati gli ospiti e il loro lavoro sarebbe cominciato.
Nervoso, Theseus si avvicinò al bancone del bar e ordinò una burrobirra, abbastanza leggera da mantenerlo concentrato ma allo stesso tempo utile a rilassare un po’ i nervi. Nel ripassare mentalmente i passi del piano, il suo pensiero corse per un attimo a Dumbledore che aveva ripreso a lavorare nella casa in Germania anche senza Amelia. Poi sentì suo fratello ridere e la sua attenzione si focalizzò su di lui, in un angolo vicino a Tina Goldstein, sorridente e felice come se non avesse un pensiero al mondo. La sola idea gli fece venire voglia di scambiare la sua burrobirra con un whiskey incendiario, ma si trattenne.
 
Gli ospiti avevano cominciato ad arrivare e Tina aveva già individuato cinque maghi di quelli citati nella lista. Sembravano avere tutti un’aria sospetta, ma forse era lei a essere prevenuta.
«Ci sono Duff, la vedova Rosier, Lloyd, Branson e MacKenzie» sussurrò a Newt sorseggiando la sua Acquaviola «Vedi qualcun altro?»
Newt scosse la testa «No, ma la serata è appena cominciata. Se dovessi attaccare stasera, aspetterei di vedere la sala bella piena»
«Sei nervoso?» gli chiese Tina. Era una domanda stupida, con tutto quello che stava succedendo, ma aveva bisogno di sapere come si sentiva Newt.
Lui scosse la testa «Sono andato all’Accademia ad allenarmi» le confidò «All’inizio ne ho prese un bel po’, ma ora ho ripreso la mano. Se dovesse esserci un attacco non sarò completamente inutile, potrò quantomeno proteggerti»
Lei si finse offesa «Sono un Auror, signor Scamander, non ho bisogno di alcuna protezione!»
Newt arrossì: sapeva bene che Tina era molto più allenata di lui nei duelli, ma vedendosela lì davanti in un bell’abito blu che faceva risaltare i suoi occhi se n’era quasi dimenticato; era così bella…
«Hai ragione, questo vestito ha fatto uscire il cavaliere senza paura che è in me» ammise, sorridendo nel vederla arrossire «Sono sicuro che darai molto più filo da torcere tu a Grindelwald rispetto a me»
In quel momento l’orchestra cominciò a suonare e molte coppie attorno a loro si unirono nella danza. Lui colse l’occasione al balzo «Mi permetti questo ballo?» le chiese, porgendole la mano. Lei la accettò sorridendo.
 
Lachlan MacKenzie, un omaccione dai capelli rossi e dal ribollente sangue scozzese, non ne poteva più di aspettare. Guardò il suo vicino, lo smilzo Alistair Drake, per vedere se anche lui dava segni di irrequietezza ma quello sembrava più calmo che mai. Sorseggiava whiskey incendiario e si guardava attorno con aria quasi annoiata, come se disseminati per la sala non ci fossero tutti gli Auror che stavano indagando su di loro. Non che a Lachlan importasse davvero degli Auror, quelle incapaci teste di bacchetta che si ostinavano a mettere il naso dove non dovevano; fosse stato per lui li avrebbe eliminati tutti, dal primo all’ultimo.
A quel punto sentì le uova di Ashwinder incantate che aveva nascosto in una tasca della giacca farsi più pesanti. Si guardò di nuovo attorno, sempre più impaziente: Grindelwald gli aveva dato un compito così importante, perché doveva aspettare?
 
Theseus teneva gli occhi fissi su MacKenzie, che sembrava il più irrequieto tra i sospetti presenti quella sera, quando Wolf arrivò di fretta al suo fianco. Sul viso solitamente freddo del tedesco c’era un’espressione entusiasta «Scamander! Ci sono novità» gli sussurrò, stando attento a non farsi sentire dagli astanti.
«Novità? Di che genere?» chiese Theseus, gli occhi dardeggianti da un capo all’altro del salone alla ricerca di un segno di attacco.
«È appena arrivato un patronus dalla Germania: ce l’hanno fatta, Prewett ha aperto la porta!»
«Cosa?! Sei sicuro che non sia una trappola per farci lasciare scoperto il Ministero?»
«Il patronus aveva la voce della signorina Prewett, ne sono più che certo. Chiede se qualcuno può andare a vedere, vuoi che faccia io?»
Theseus scosse la testa e posò il bicchiere sul bancone «No, vado io. Nel caso succeda qualcosa mentre non ci sono, sei tu a capo della squadra. Di’ a mio fratello di stare in guardia» aggiunse, e corse fuori a smaterializzarsi.
 
 
Foresta Nera, Germania
Quella mattina
 
Amy si materializzò all’entrata del palazzo e constatò che in Germania faceva freddo anche a metà aprile. Si affrettò ad aprire il cancello e a entrare nel palazzo, portando in mano un grosso volume rilegato.
«C’è nessuno?» chiese, facendosi luce con la bacchetta.
Sentì un tramestio e dall’ombra apparve Dumbledore che la guardò sorpreso «Signorina Prewett! Non mi avevano detto che mi avrebbe raggiunto, oggi»
«Non era previsto, anche se in realtà sarei dovuta tornare già da un po’. Ho avuto un’illuminazione, forse so come aprire la porta» aggiunse, sollevando il librone.
Dumbledore trasalì «È una copia del Grimorio di Sygin? È estremamente raro, dove l’ha trovato?»
«L’ho preso in prestito dalla biblioteca della Gringott, ho pensato che oltre il Cerchio di Ginnungagap potrebbero esserci altri incantesimi a base norrena. Ho avuto qualche difficoltà a tradurre le rune ma ieri ho trovato questo: il lucchetto di Odino. È un particolare incantesimo familiare, è a base simbolica anziché di sangue. Secondo me, su quella porta è inciso un simbolo che sta molto a cuore a Grindelwald; e questa è una lista di tutti gli incantesimi norreni che potremmo usare per sbloccarlo, se dovessimo trovarlo» aggiunse, sfilando dal libro un foglio di pergamena tutto scritto.
Dumbledore le sorrise orgoglioso «Quanto ci ha messo a trovare tutte queste informazioni, signorina Prewett? Ha fatto un ottimo lavoro»
Lei scrollò le spalle «Più o meno tutta la notte, nulla che non abbia mai fatto per gli esami ad Hogwarts. Vogliamo cominciare?»
 
Siccome Revelio non aveva mai funzionato, per cercare di far apparire dei simboli sulla porta Amy tentò alcuni degli incantesimi nel Grimorio. Si tirò su le maniche del maglione giallonero, sfoderò la bacchetta e cominciò a provarli uno alla volta.
Aveva sempre amato quelle attività ripetitive, sin da quando era ancora a Hogwarts, perché la aiutavano a tenere la testa a posto e libera dai brutti pensieri. Dopotutto, era difficile pensare alla psicopatica che aveva cercato di ucciderti se ti concentrarvi abbastanza a decifrare incantesimi scritti con rune di origine norrena, più antiche e più complesse di quelle che aveva studiato a scuola. Leggere, tradurre, puntare e pronunciare, almeno due volte per essere sicura. Scintille di ogni colore baluginavano ipnotiche sulla punta della sua bacchetta, ma nessun incantesimo sembrava in grado di scalfire la protezione della porta. Possibile che anche il Grimorio fosse un buco nell’acqua? No, una specie di sesto senso le diceva che tra quelle pagine c’era la risposta che stava cercando.
Fu solo dopo qualche ora che la sua pazienza venne in parte ricompensata, quando una scia di scintille color indaco partì dalla sua bacchetta e disegnò un fitto reticolato sulla porta. Dumbledore, seduto alle sue spalle, si alzò di scatto «L’hai trovato!» disse, sorpreso e ammirato.
Amy ripeté l’incantesimo e questa volta mantenne il flusso di scintille, facendo brillare l’intero tracciato «Guardi, professore! L’ho bloccato!» esultò, incredula. Lui le si avvicinò «Complimenti, signorina Prewett. Come mi consiglia di spezzare questa barriera?»
«Non è un compito un classe, può procedere anche senza chiedermi un parere»
Con un tocco della bacchetta del professore la barriera protettiva scomparve e la porta si mostrò com’era in realtà, tutta ricoperta di incisioni. Amy riconobbe alcune rune norrene, qualche parola in tedesco e dei disegni che non riuscì a qualificare.
Dumbledore sospirò «Beh, se ci fosse stato un solo simbolo sarebbe stato troppo facile. Facciamo una pausa, signorina Prewett. Può permettersela, ha già fatto molto»
 
Dopo un altro paio d’ore, più o meno mentre al Ministero iniziava il Galà, dopo aver letto e riletto l’elenco di incantesimi Amy era pronta a continuare. Certo, se avesse saputo quale dei simboli incisi sulla porta era quello giusto sarebbe stato più semplice, ma non le restava che provare.
Provò e riprovò, simbolo dopo simbolo mentre fuori calava la sera. A un certo punto fu colta da un moto di stizza e colpì la porta con un Bombarda Maxima che le rimbalzò contro mandandola a sbattere contro il muro opposto, ma questo servì quantomeno a rimetterle a posto le idee. Quando però si rese conto che non aveva provato neanche la metà dei simboli cedette allo sconforto e appoggiò la fronte alla fredda superficie di legno.
«Non faccia così, signorina Prewett!» cercò di consolarla il professore «Grindelwald è un mago molto potente, è già un ottimo risultato ce sia riuscita a spezzare il primo incantesimo di protezione»
Amy sospirò, seguendo con le dita il contorno dei simboli «Lo so, ma ero sicurissima che la risposta fosse nel Grimorio. Vorrei solo che questa maledetta porta mi desse un segnale…» s’interruppe, stupita. C’era un punto nella porta, quello che aveva appena sfiorato, che era…
«Caldo» mormorò «Caldo! Questo simbolo è caldo!» esultò, toccandolo con entrambe le mani per esserne sicura: era una runa che non conosceva, formata da tre figure inscritte una nell’altra, un triangolo, un cerchio e una linea.
Dumbledore le fu subito accanto «Dove?» chiese, quasi intimorito.
«Qui! È questo simbolo qui, guardi!» rispose Amy sempre più esaltata, prendendo la mano dell’uomo e appoggiandola sullo strano simbolo. Fu questione di qualche secondo, un contatto appena accennato, eppure bastò: con un rumore improvviso e sinistro che li fece allontanare entrambi dalla porta, questa si mosse sui cardini cigolanti e si socchiuse. Amy si girò verso il professore, incredula, ma lo vide terreo e spaventato come se avesse appena visto un fantasma. Preoccupata, preferì non indagare, ma gli disse «Professore, dobbiamo chiamare gli altri»
Lui annuì senza aprir bocca, lei si precipitò a mandare il suo patronus al Ministero sperando che qualcuno arrivasse in fretta.
In una decina di minuti sentirono il crack della materializzazione nel giardino e la voce di Theseus che chiamava Amy. Quando la vide uscire di corsa, impolverata e pallida ma con quella luce orgogliosa nello sguardo pensò che non era mai stato così contento di vederla. Fu anche contento di vederla indossare di nuovo i suoi colori.
«Amelia! Perché non mi hai detto che saresti tornata?» le chiese, incapace di resistere all’impulso di abbracciarla.
«È stata una decisione dell’ultimo momento. Ma non è importante; l’abbiamo aperta, Theo! Ci siamo riusciti!»
«Siete stati bravissimi, come avete fatto?»
«Ho trovato un antico grimorio… no, è troppo lunga da spiegare. Abbiamo tolto una barriera, sotto c’erano dei simboli incisi e quando ne abbiamo toccato uno si è aperta» gli spiegò Amy facendogli strada nel palazzo.
«Cosa c’è dentro?» chiese Theseus sempre più curioso.
«Non lo sappiamo. Non siamo entrati, abbiamo preferito aspettare qualcuno della squadra. Abbiamo solo controllato che non ci fossero altri incantesimi di protezione all’interno»
«Probabilmente non pensava che saremmo mai riusciti a entrare. Professore, salve! Grazie mille per l’aiuto!» salutò cordialmente Theseus, ma Dumbledore sembrava non essersi ancora ripreso e continuava a non parlare. “Strano”, pensò Theseus, ma aveva altro di cui occuparsi. La porta era di fronte a lui, intarsiata con centinaia di simboli che non conosceva, aperta, vulnerabile. Era come una ferita apertasi sul fianco di un nemico inossidabile e questo lo fece sentire euforico; non vedeva l’ora di scoprire quali segreti si celavano là dietro. Estrasse la bacchetta, ne illuminò la punta e poi spinse la pesante porta che si aprì cigolando.
La stanza era immersa nel buio, quindi Theseus scagliò in alto una sfera di luce. Era molto più piccola di come se l’era immaginata e spoglia, c’erano solo due strette librerie alle pareti e una scrivania. Sparsi ovunque c’erano rotoli di pergamena e taccuini pieni di scritte. Theseus ne raccolse uno: era scritto in tedesco, ma ogni tanto riconosceva dei numeri, delle date. Probabilmente era una sorta di diario. Sfogliandolo, la sua attenzione fu attratta da una parola familiare che compariva diverse volte nelle pagine ingiallite: Albus. Perplesso, spostò lo sguardo dal taccuino e lo lasciò vagare per la stanza un’altra volta; c’erano appunti appesi alle pareti, pergamene che a un’occhiata più da vicino si rivelarono scritte con due grafie diverse, una mappa artigianale del palazzo in cui si trovavano e di un altro, senza nome. Infine, sulla scrivania, c’era una cornice impolverata con dentro una foto di due ragazzi nel fiore degli anni, sorridenti e abbracciati, che si guardavano come se non esistesse altro al mondo al difuori di loro. Uno dei due si voltò verso la fotocamera e fu impossibile per Theseus non riconoscere il luccichio di quegli occhi.
«Amelia» mormorò all’amica che l’aveva seguito e che doveva essere prossima alla sua stessa conclusione «Come hai detto che avete fatto ad aprire la porta?»
Lei esitò un attimo poi rispose «Si è aperta quando abbiamo… quando il professore ha toccato il simbolo»
 
 
Ministero della Magia, Londra magica
Nel frattempo
 
Gellert Grindelwald, per l’occasione nei panni di Alistair Drake, imprecò in tedesco quando sentì un improvviso dolore bruciante al petto. Cercando di non dare troppo nell’occhio tirò fuori da sotto la camicia il medaglione che aveva al petto, diventato improvvisamente incandescente, e lo fissò incredulo per qualche secondo: era impossibile che fosse davvero diventato incandescente, perché l’incantesimo si sarebbe attivato solo se l’altro simbolo fosse stato scoperto, ma…
«Hanno aperto la porta» mormorò esterrefatto, guadagnandosi le occhiate perplesse di alcuni suoi vicini. Lui non ci fece caso, però; aveva problemi molto più impellenti.
In qualche modo (non sapeva come ma l’avrebbe scoperto, eccome se l’avrebbe scoperto) gli Auror erano riusciti a entrare nel suo studio nella Foresta Nera, quindi avrebbero presto scoperto alcuni suoi segreti. Niente di rilevante ai fini della loro stupida indagine, se ne sarebbero accorti subito, ma erano cose di cui nessuno doveva venire a conoscenza e il pensiero di quegli Auror con le loro bacchette sudicie che toccavano le sue cose gli fece montare dentro una tale furia che per un attimo pensò di far scoppiare una vera e propria guerra dentro al Ministero. Poi però recuperò la calma e si sforzò di pensare a un’alternativa più sensata: in quel momento non gli interessava più colpire il Ministero, voleva ferire personalmente quegli Auror maledetti, Scamander e la sua squadra.
In quel momento vide entrare nella sala l’altro Scamander insieme a una donna coi capelli corti che a una seconda occhiata riconobbe come l’amica Spezzaincantesimi di cui gli aveva parlato Leta. Probabilmente aveva giocato un ruolo importante nell’apertura della porta, quindi meritava di pagarne le conseguenze.
D’un tratto gli venne un’idea. Cercò nella folla MacKenzie e la vedova Rosier e li portò in un angolo riparato «Cambio di programma, non farete esplodere le uova qui al Ministero» annunciò.
MacKenzie non sembrava per nulla contento «Cosa?! È tutta la sera che aspettiamo e adesso va tutto a monte?»
«Lascialo parlare, troglodita» lo rimbeccò la Rosier.
«Grazie. Non preoccuparti, Lachlan, quelle uova esploderanno questa sera ma non qui. Avete presente la casa dove vive Scamander, quella che Morten ha tenuto d’occhio nelle scorse settimane? Voglio che andiate lì e quando arrivano Scamander e la sua amica voglio che li facciate saltare in aria, d’accordo?»
La donna lo guardò incuriosita «Non è un metodo molto… babbano?» azzardò.
Grindelwald però aveva previsto una tale obiezione quindi fu pronto a ribattere «Proprio per questo è una buna idea, non si aspetterebbero mai una mossa simile da noi. Fidatevi di me, è la cosa giusta. Andate, adesso. Non aspettate l’arrivo degli Auror, tornate subito a Nurmengard quando avete fatto. A più tardi»
Detto ciò Grindelwald andò a cercare un posto da dove poi smaterializzarsi, lasciando gli altri due soli a organizzarsi.
«Vedi Scamander da qualche parte, MacKenzie?» chiese la donna.
Lo scozzese si guardò attorno poi indicò la porta d’ingresso del salone «Eccolo, se ne sta andando con la sua amica! Presto, seguiamoli»
 
Tina non era mai stata molto abile nelle danze quindi si lasciava trasportare da Newt, che invece era sorprendentemente dotato.
«Sei molto bravo» si complimentò quando la musica s’interruppe.
«Grazie, è merito di mia madre. Quando eravamo piccoli insisteva perché partecipassimo a tutte le feste che organizzava e ovviamente non poteva permettere che non sapessimo ballare. Credo sia la seconda volta in vita mia che mi capita di ballare fuori dal salone di casa»
«Qual è stata la prima?»
«Ad Hogwarts, se non mi sbaglio, per una festa di Natale. In America non fate queste cose?»
«No, qualcuno ha provato a insegnarmi ma sono negata, è Queenie quella che sa ballare»
«Credimi, balli comunque molto meglio di Amy»
Come se l’avesse evocata, Newt vide l’amica comparire in cima alle scale insieme a Theseus. Quando incrociò il suo sguardo gli fece cenno di rimanere dov’era e tirò l’Auror per il braccio per indicargli la strada.
«Amy! Che ci fai qui?» le chiese Tina piacevolmente sorpresa, prima di notare l’espressione di allarme sul viso dei nuovi arrivati.
«Ho aperto la porta, solo che a quanto pare Grindelwald potrebbe già averlo scoperto»
«Cosa?! In che senso?»
«È complicato da spiegare e non abbiamo tempo» tagliò corto Theseus «Se è veramente qui e sa cos’è successo, potrebbe decidere di attaccare noi personalmente e quindi voi siete in pericolo. Quindi andrete nel rifugio sicuro, non voglio sentire una sola obiezione» puntualizzò indicando Amy e Newt.
«Va bene, andiamo» acconsentì quest’ultimo.
«Aspettate! Se ci vedono andare via tutti insieme improvvisamente capiranno che c’è qualcosa che non va, potrebbero decidere di attaccarci nel Ministero. È meglio se usciamo da qui separati» fece notare Tina, perfettamente rientrata nella mentalità Auror.
«Giusto. Allora prima andremo io e Amelia, voi raggiungeteci tra cinque minuti. Ci vediamo qua fuori» disse Theseus.
«Un secondo! La valigia, non posso lasciarla da Amy. Ti prego Theo, lo sai che è importante» lo supplicò Newt.
«Va bene, allora la andremo a prendere noi. Ci vediamo tra dieci minuti a casa di Amelia» concluse l’altro, prendendo Amy e affrettandosi verso l’uscita.
Tina si voltò subito verso Newt «Stai tranquillo, non succederà nulla»
Lui le sorrise, seppure un po’ spaventato «Lo so, non finché ci sei tu al mio fianco»
 
 
Appartamento di Amelia Prewett, Tottenham Court Road, Londra
Pochi minuti dopo
 
Impaziente, Theseus continuava a guardare fuori dalla finestre sperando che suo fratello arrivasse in fretta. Amelia era nell’altra stanza, stava mettendo delle cose nella valigia di Newt così da averle dietro nel rifugio.
L’Auror non era ancora riuscito a elaborare pienamente tutto ciò che era successo quella sera, gli sembrava davvero impossibile che il professore avesse tenuto nascosta una cosa così grande. Gli veniva male al solo pensiero di cos’altro poteva aver omesso…
Qualcosa nella strada attirò la sua attenzione, due figure sotto la finestra della casa. Sperò che Newt non decidesse di smaterializzarsi, ci mancava solo di dover obliviare dei babbani…
Lo vide comparire insieme a Tina in fondo alla strada nel momento in cui Amelia entrava in cucina con la valigia in mano «Ci sono, loro sono arrivati?» chiese lei.
In quel momento però lui vide anche qualcos’altro, una scintilla nel buio proprio sotto la finestra. In un istante gli fu tutto spaventosamente chiaro.
«Amelia, sta’ giù!» gridò, la mano sulla bacchetta.
Poi tutto esplose.

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