Amore in Cristalli di Ghiaccio

di AlekHiwatari14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO




Era il compleanno di mia sorella Anna quando accadde. Mi ritrovai a starnutire e lì subito intuii qualcosa che non avevo intenzione di accettare. Mi ero beccata l'influenza, ma insieme a Kristoff volevo organizzarle la festa più favolosa che ci fosse, così mi feci anima e coraggio per progettarla.
Purtroppo, i miei poteri erano fuori controllo e la festa fu rovinata dai migliaia di piccoli Olaf che ad ogni starnuto nascevano e si ritrovavano fuori al castello. 
Era devastante. Tutti quei preparativi erano stati rovinati per causa mia, ma nonostante fossi giù di morale, Anna non se la prese.
Vedendomi influenzata, mi prese per mano e mi portò nella mia stanza per farmi riposare. 
Avevo la febbre alta e lo intuivo dal bruciare della mia fronte e dai brividi che sentivo sempre più sulla mia pelle.
"Su, avanti. Mettiti a letto." Mi disse dolcemente mettendomi una mano sulla spalla, ma io non volevo rovinargli la festa.
"Ma io..." Tentai di dire, ma Anna era decisa.
"Festeggeremo appena starai meglio." Continuò sorridendomi e rassicurandomi.
A quel punto, non potè far almeno di abbracciarla e ascoltarla, mettendomi a letto.

Rimasi in quella camera da sola, avvolta dalle coperte per riposare, ma non ci riuscivo. 
Con quel fuoco che mi prendeva il volto, i brividi costanti sulla mia schiena, gli starnuti che non cessavano era un impresa dormire. 
Dovevo ammetterlo. Stavo davvero male e non era un buon segno. Star male mi faceva combinare solo danni con i miei poteri. 
Infatti, senza rendermene conto, in quella stanza accadde qualcosa di inimmaginabile.
Muri di ghiaccio e pilastri di cristallo si erano formati per tutto l'ambiente.
Sentivo il caldo della febbre soffocarmi, così tolsi le coperte alzando il busto per respirare e prendere un po' d'aria quando vidi quell'atrocità.
Spaventata, mi alzai dal letto. Ero debole e mi resi conto fin da subito che ciò che i miei poteri avevano creato aveva qualcosa di insolito. Non avevo vie d'uscita e non riuscivo neanche a sciogliere quel ghiaccio che mi bloccava lì.
"Anna... Kristoff..." Chiamai con quel po' di voce che mi rimaneva tentando di farmi aiutare, ma quei piccoli Olaf che si erano creati attorno ai pilastri stavano combinando un disastro. Mobili sottosopra, piante e quadri rotti e tra tanti casini, aprirono anche la finestra creando uno strano spettacolo che non mi piaceva per niente.

La luce del sole entrò e finì su uno dei pilastri dove rifletteva quella luminosità ad un altro. Così, come una catena, fui circondata dalla luce del sole. I miei poteri erano sempre più fuori controllo e quella luce iniziò ad accecarmi. 
Incredibilmentee mi ritrovai a cadere su della neve fredda.
Alzai il volto e compresi subito che non ero più a casa. C'erano solo alberi ed ero circondata da una tempesta di neve.
Ero troppo debole per reagire, così mi ritrovai a perdere i sensi e ad abbandonarmi al mio destino.
L'ultima cosa che riuscii a vedere, erano delle gambe di qualcuno che si stava avvicinando a me.
Non sapevo ancora dov'ero capitata, così come non sapevo che quel ragazzo mi avrebbe aiutata, ma sopratutto non sapevo dell'amore che avrei provato per costui il quale nome era...
Jack Frost.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1 



Quel giorno era semplicemente come tanti altri. Una giornata stancante e priva di senso, finchè non la incontrai.
L’inverno freddo non poteva mancare e, come al solito, mi ritrovavo a creare neve e tempeste a più non posso.
Dopotutto è il mio lavoro di guardiano. Me lo disse la luna quel famoso giorno che risale a non so quanti anni fa dove mi diede anche il mio nome, ovvero Jack Frost.
Ne avevo passate di cotte e di crude insieme ai miei compagni guardiani, ma non sapevo ancora che qualcosa di nuovo mi attendeva e mi avrebbe travolto nel vero senso della parola.
Comunque sia, mi ritrovavo a camminare nel bosco per andare nel luogo dove seppi chi ero. Dopotutto ci andavo ogni volta che avevo problemi o volevo star da solo a pensare e a ricordare. 
Non mi è mai piaciuta la vita monotona, ma da qualche anno andava sempre tutto così.
Quel giorno, durante il mio cammino, fui improvvisamente scaraventato per aria da un tornado di neve che arrivò inspiegabilmente, travolgendomi in pieno. Il che mi fu molto strano siccome sono l’unico a poterli creare… almeno era quel che credevo prima di quel momento.

Riuscii a reggermi ad un ramo di un albero con l’aiuto del mio bastone per non essere scaraventato ancora più lontano. Quella bufera sembrava non cessare mai, finché qualcosa mi lasciò sorpreso.
Non poteva essere uno scherzo della natura. No, era sicuramente qualcos'altro. 
Lo intuii dal fatto che dei piccoli pupazzi di neve camminavano lungo il sentiero dov’ero bloccato.
“Ma che diamine…?” 
Tentai di razionalizzare, ma non c’era altra spiegazione. C’era qualcun altro a possedere i miei stessi poteri e la curiosità di scoprirlo fu molto forte.
La tempesta sembrò placarsi ed io mi diressi nel luogo in cui provenivano quegli esserini.
Sentii tossire qualcuno, ma non vedevo nessuno, tranne neve. Ad un tratto, mentre camminavo, guardandomi a destra e a sinistra, per vedere chi fosse stato a tossire, notai qualcosa. Alcuni pupazzi di neve erano vicino al lago dove sono nato e ho avuto il mio contatto con la luna, ovvero il luogo in cui spesso mi ritrovo ad andare.
Lì, tra quella neve, intravidi una persona. Incominciai a guardarmi intorno, ma non c’era nulla. Solo lei e quei cosi di neve.
Mi accovacciai osservandola da vicino e notando qualcosa di strano. Non doveva essere del mio mondo. Aveva il taglio degli occhi diverso. Direi leggermente più grandi dei miei e di qualsiasi altra persona esistente in questo mondo.
Le spostai i capelli dalla faccia per osservarla meglio, ma lì mi accorsi che non stava bene.
Aveva la fronte che bruciava ed io non potevo lasciarla lì.

“C’è nessuno?” Incominciai ad urlare per vedere se fosse sola, ma era proprio come temevo. 
Quella fanciulla era rimasta lì da sola. Non comprendevo come ci fosse arrivata e non sapevo neanche chi fosse.
Senza pensarci un solo attimo, la presi tra le mie braccia per portarla nel covo di Babbo Natale, quando mi accorsi di qualcosa che avevo già sospettato e non pensavo fosse vero.
“Anna…” Ella sospirò, incominciando a tossire e starnutire.
Inspiegabilmente, due pupazzi di neve comparsero ai miei piedi e non poté non sorprendermi.
Com’era possibile che ci fosse qualcun altro simile a me? Con i miei stessi poteri? E per giunta era una ragazza. Possibile che la luna abbia voluto regalarmi una compagna?
Questi erano i pensieri che avvolgevano la mia mente. Inoltre, non potevo negarlo. Era davvero bella, anche se indifesa e senza controllo dei suoi poteri. Aveva quei capelli intrecciati e lunghi che sembravano spighe di grano, il volto paffutello e le labbra rosse. E poi, cosa più importante, non pesava neanche molto e riuscivo a tenerla bene tra le mie braccia.
Assurdo, vero?

Comunque sia, non ci pensai due volte a portarla nel covo di Babbo Natale e prendermi cura di lei.
Peccato che le mie ragioni non vennero comprese.
“Perché l’hai portata qui?” Mi domandò Babbo Natale vedendomi con la ragazza tra le mie braccia, seguito dal coniglio di pasqua che mi rimproverò:“Lo sai che gli umani non possono stare con noi.” 
Cercavano di farmi ragionare, ma non avevo alcuna intenzione di ascoltarli.
Sospirai profondamente e li sorpassai, mettendola sul divano vicino al camino, non curandomi di ciò che mi dicevano. Incominciai a fare degli impacchi d’acqua e metterle il ghiaccio sulla fronte cercando di farle scendere la febbre.
Non sapevo il motivo, ma il mio sesto senso mi diceva che se la febbre se ne fosse andata, anche i suoi poteri sarebbero stati facilmente controllati. Era strano, ma ero quasi guidato da qualcosa di inspiegabile e non riuscivo a capire neanche io i miei stessi gesti.

Passarono un paio di giorni e la presenza di quella fanciulla sembrava irritare i miei coinquilini. Non potevo neanche andare a creare neve che il coniglio di pasqua mi dava il tormento, proprio come accadde quel giorno.
“Per quanto ancora dovrà restare qui?”
“Ehi, coniglietto! Piantala! Non vedi che sta male?”
La difesi avvicinandomi a lei e mettendole il fazzoletto di stoffa ghiacciato sulla fronte.
Quell’idiota invece di darmi una mano a curarla e a farla riprendere, sembrava avercela a morte. Trovavo sempre le coperte per aria o i panni per mettere sulla fronte completamente asciutti e lontani da lei.
Non comprendevo il motivo, ma quel comportamento mi irritava molto.
“Jack, so che non sono affari miei, ma sono quasi due giorni che è qui. La sua famiglia la starà cercando.” Mi ricordò Babbo Natale.
Tsk…Che genio! Come se non lo sapessi.
Alzai il volto verso di lui dicendogli la verità della situazione: “Lo so, genio! Ma se non te ne fossi accorto, non trovo nulla su di lei e non riesco neanche a localizzare la famiglia, il che mi fa pensare ancora una volta che non è del nostro mondo.”
“Su, non dire scemenze!”
Incominciò a rispondermi. Lo sapevo che era assurdo, ma era la realtà. Non la conoscevo. Non sapevo nulla di lei e per quanto cercassi di vedere la sua localizzazione sullo schermo, non usciva il covo di Babbo Natale e quindi non esisteva, almeno nel nostro mondo.
Era un concetto assurdo da concepire anche per me, ma le cose stavano così.
Improvvisamente, la sentii lamentarsi. Mi voltai verso di lei e mi accorsi che si stava svegliando. 
Non ero ancora a conoscenza di ciò che stava accadendo, così come non sapevo che quegli occhi azzurri mi avrebbero catturato il cuore e l’anima.

Quell’incrocio di sguardi, dovuto al suo risveglio, mi spiazzò. Non comprendo ancora il motivo, ma era stupenda ai miei occhi, soprattutto perché sembrava spaventata e sconvolta nel vedere il mio volto.
“Dove mi trovo? Perché mi hai portata qui? E tu chi sei?” Iniziò a farmi mille domande e la cosa mi fece sorridere.
“Ehi, dolcezza. Calmati! Sei al sicuro.”
“Come osi chiamarmi dolcezza? Chi ti credi di essere?” Si irritò alzando il busto velocemente verso di me per dirmene quattro.
Che caratterino! Di sicuro con lei non si scherzava di certo. Incominciai a ridere e la presi per le spalle facendola rimanere stesa ancora un po’ per poi rassicurarla: “Calmati. Di certo alzarti così, non ti fa per niente bene. Inoltre essere spaventata ti fa perdere il controllo dei poteri. Dovresti saperlo.” 
Quella informazione sembrava lasciarla perplessa: “Come sai dei miei poteri?”
“Beh… sarebbe un po’ assurdo non saperlo visto che ti ho trovato tra la neve a formare bufere e pupazzi.” Continuai a dire.
Non comprendevo il motivo, ma quella tipa mi metteva un euforia assurda. Sapere che qualcun altro era come me era qualcosa di grandioso, ma sembrava che lei non se ne fosse ancora accorta dei miei occhi puntati su di lei.
“Com’è possibile? Io… non dovevo perdere il controllo. E… Anna? Oh no! Che penserà quando non mi troverà a casa.” 
La ragazza alzò nuovamente il busto mettendosi le mani in fronte. Era disperata e lo si percepiva bene.
Incuriosito dalle sue preoccupazioni, incominciai a domandarle: “Chi è Anna? Anche quando ti ho trovato non facevi altro che ripetere quel nome.”

In quel momento si voltò verso di me chiedendomi: “Cosa? Mi hai trovato tu?”
Annuii e mi presentai: “Molto piacere, io sono Jack Frost. E tu? Qual è il tuo nome?”
“Sono Elsa. Elsa di Arendelle.” Mi rispose con uno sguardo strano, quasi incuriosito. 
Non so cosa successe dentro di lei, ma sicuramente dentro di me qualcosa cambiò. Sentivo il cuore battere un po’ più velocemente e finalmente dare un senso a questa mia vita così monotona e noiosa. Avevo trovato qualcuno con cui parlare, con cui scherzare, ma soprattutto con cui giocare con la neve e poteva comprendere ciò che sentivo. Almeno era quello che stava crescendo dentro di me, ma non sapevo ciò che aveva nel suo cuore ed era una delle cose che avrei voluto scavare e comprendere.
Volevo sapere sempre di più di lei e di quella ragazza il cui nome era… Elsa di Arendelle.



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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2




Eccomi qui, sdraiata su questo divano. Ero arrivata in questo mondo a causa dei miei poteri e della febbre alta che non mi rendeva possibile controllarli.
Qualcuno dal cuore caldo e le braccia gelide mi aveva portato qui, al coperto, prendendosi cura di me.
Ero stata lì svenuta per più di due giorni e quel tipo non si era perso d’animo. Mi ha tenuto con se nonostante c’erano persone che dava fastidio la mia presenza lì.
Mi risvegliai, incrociando il suo sguardo azzurro e gelido, ma dalla personalità calda e rassicurante. Aveva i capelli bianchi come la neve e il volto giovane e fresco di colui che dalla vita ne ha passate di tutti i colori e ancora continua a sorridere.
Quell’incrocio di sguardi, dovuto al mio risveglio, mi spiazzò. Trovare degli occhi di qualcuno simile ai miei, mi lasciava perplessa.
“Dove mi trovo? Perché mi hai portata qui? E tu chi sei?” Iniziai a domandare. Stranamente il mio disagio sembrava farlo sorridere.
“Ehi, dolcezza. Calmati! Sei al sicuro.” Mi disse con quel tono tra lo scherzoso e l’euforia. 
Quel comportamento lo trovavo così infantile e inadeguato a tal punto che mi arrabbiai incominciando ad alzare il busto per dirgliene quattro:“Come osi chiamarmi dolcezza? Chi ti credi di essere?”
Peccato che ero senza forze e il mio atteggiamento lo fece solamente ridere. Mi girava la testa e lui se ne accorse. Mi prese per le spalle facendomi rimanere sdraiata ancora un po’ per poi rassicurarmi: “Calmati. Di certo alzarti così, non ti fa per niente bene. Inoltre essere spaventata ti fa perdere il controllo dei poteri. Dovresti saperlo.” 
Quelle parole mi sorpresero ancor più di quella situazione. Sapeva dei miei poteri ed ero devastata. Come poteva sapere di me? Comprendevo benissimo che ormai non era più un segreto ad Arendelle, ma quell’abbigliamento mi faceva pensare che non mi trovavo a casa. Era una tragedia. Qualcun altro si era accorto dei miei poteri e per giunta non del mio regno. 
Sentivo che ero finita in una zona remota del pianeta, ma non sapevo ancora che ero su un altro mondo completamente diverso dal mio.
“Come sai dei miei poteri?”
“Beh… sarebbe un po’ assurdo non saperlo visto che ti ho trovato tra la neve a formare bufere e pupazzi.”
Continuò a riferirmi con quel sorrisetto stampato in faccia.

La situazione era più grave del previsto e me ne rendevo conto.  
Non sapevo le intenzioni di quel tipo.
Probabilmente mi aveva rapita e portata con se sapendo che ero la regina di Arendelle, ma non sembrava avere l’aspetto di un rapitore.
Comunque sia, i miei pensieri erano a casa. Credevo che Anna si sarebbe preoccupata e che sarebbe venuta a cercarmi non vedendomi. Inoltre, me ne ero andata proprio il giorno del suo compleanno il che non riusciva a darmi pace: “Com’è possibile? Io… non dovevo perdere il controllo. E… Anna? Oh no! Che penserà quando non mi troverà a casa.” 
Alzai nuovamente il busto mettendomi le mani in fronte. Ero preoccupata e allo stesso tempo disperata.
Volevo comprendere perché ero finita lì, ma anche se Anna stava bene e mentre ero avvolta da queste mie preoccupazioni e dubbi, sentii il ragazzo chiedermi: “Chi è Anna? Anche quando ti ho trovato non facevi altro che ripetere quel nome.”
In quel momento realizzai la cosa. Non ero stata rapita come stavo ipotizzando, ma ci ero finita io per i miei poteri. Mi voltai lentamente verso il tipo domandandogli: “Cosa? Mi hai trovato tu?”
Inaspettatamente annuì e si presentò a me: “Molto piacere, io sono Jack Frost. E tu? Qual è il tuo nome?”
“Sono Elsa. Elsa di Arendelle.”
Feci altrettanto, ma non comprendevo come mai non mi conoscesse. In fondo ero pur sempre la regina di quel regno e tutto sembrava rientrare in quella prospettiva sovrannaturale che non ero più nel mio mondo.
Non comprendevo perché, ma lo vedevo fissarmi con uno sguardo strano.
Volevo sbagliarmi, ma sentivo che c’era qualcosa che ci accomunava.
Non sapevo cos'era. 

Il tempo incominciò a passare e parlando intuii come ero arrivata fin lì.
Era stata colpa mia, dei miei poteri e del ghiaccio che avevo creato. Probabilmente i pilastri e la luce mi avevano condotto in quel mondo.
Dovevo trovare un modo per ritornare a casa. Volevo rassicurare Anna che stessi bene e qualche giorno più tardi accadde l’impensabile.
“Se vuoi posso portarti nel luogo in cui ti ho trovata.” Mi offrì Jack vedendomi continuamente perplessa riguardo l’accaduto.
Quelle parole furono come uno spiraglio di luce ed io non riuscii a fare almeno di annuire. 
Mi condusse lì, in quel bosco. La neve continuava a scendere ed io non comprendevo come facesse quel tipo a farsi trasportare dal vento. Sembrava divertirsi a farlo.
Arrivai vicino ad un lago ghiacciato e lui iniziò a sorridermi, fermandosi di colpo dinanzi a me.
“È questo il posto.” 
Mi guardai attorno e non vedevo nulla.
Credevo che potesse esserci qualche pilastro di ghiaccio o qualcosa che mi poteva condurre a casa, ma niente.
Non c’erano spiegazioni su come ero finita lì.
Sentivo la tristezza prendermi. Tutti i miei sogni, tutta la mia realtà era svanita nel nulla. 
Come faccio? Come avrei fatto in quella realtà a me sconosciuta? Era questo quello che mi chiedevo.
Continuavo a preoccuparmi per Anna e dei suoi pensieri riguardo la mia scomparsa.
Mi sentivo così impotente di fronte a quella verità che non avevo realizzato il vero motivo per cui ero stata catapultata lì.

Inconsapevolmente, qualcuno aveva voluto regalarmi qualcosa che mi mancava, forse l’unica e quel tipo se n’era reso conto.
Sentii fischiare e voltandomi ebbi una palla di neve in faccia. Chiusi gli occhi a contatto con quella neve.
“Ehi!” Gli urlai quando notai qualcosa che mi lasciò stupita.
Solo in quel momento mi accorsi che anche Jack aveva i miei stessi poteri.
Lo vedevo creare palle di neve con una tale facilità che mi sorprendeva. 
Oltre ad Anna, non ho conosciuto altre persone che possedessero i miei stessi poteri. Incominciai a pensare che probabilmente c’era un legame tra di noi. Forse… qualche vincolo familiare, qualche fratello scomparso prima della mia nascita, ma non ci vedevo nessuna somiglianza. 
Era come se quel tipo fosse uscito fuori dal nulla, creato dal destino. Era qualcosa di inspiegabilmente sorprendente che mi prendeva ogni secondo sempre di più.
“Cosa c’è? Perché ti sorprendi? Non hai mai visto nessuno fare palle di neve?”
Quel tono scherzoso, accompagnato dalla magia della neve con cui creava quelle palle, mi fece ridere.

Sembrava così semplice. Per lui era la cosa più banale del mondo quella magia ed io riuscivo a comprenderlo bene, perché anche per me era così.
“Anche tu…?” Tentai di dire, ma sembrava non dovessi neanche parlare che lui intuì annuendo.
Sorrisi, ma quella guardia abbassata e l’umorismo del ragazzo non fu una bella mossa.
Mi tirò un’altra palla di neve. Voleva scherzare e giocare. In quel momento non so cosa mi prese. 
“Vuoi la guerra?” Gli chiesi ridendomela e sfruttando i miei poteri.
Iniziai a creare anch’io la neve divertendomi con lui e perdendo di vista il mio scopo, ovvero cercare il motivo per cui ero arrivata in quel luogo e andarmene.

Inconsciamente, senza sapere, quella tristezza provata per mia sorella, la paura di non poter tornare a casa che aveva interrotto Jack, aveva risvegliato qualcuno di terribile.
Non sapevo cos'era, ma probabilmente era colui che mi raccontavano da bambina i miei genitori, ovvero l’uomo nero, l’essere che faceva tremare chiunque e faceva avere incubi.
Si era risvegliato per colpa mia e della mia paura di non tornare da Anna, ma stranamente, quando stavo con Jack, riuscivo a non pensarci.
Quel ragazzo aveva il potere di rendermi felice.
Nessun uomo era riuscito a farmi sentire così.
Era come se avessi trovato il tassello mancante della mia vita. 
Devo ammetterlo. Vedere Anna e Kristoff insieme mi rendeva felice.
Volevo anch’io qualcuno con cui condividere i miei poteri e sentirmi completa. Volevo amare ed essere amata.
Forse… è per questo che i miei poteri mi hanno condotto da lui.
Non avevo mai provato qualcosa di simile. Riusciva a leggermi dentro. Non avevo neanche bisogno di parlare che lui intuiva come mi sentivo.
Persi di vista la mia missione di ritornare a casa. 

Giocare a rincorrerci, a tirarci palle di neve e stare sdraiati sull’erba innevata a guardare il cielo era qualcosa di stupendo. Non credevo di poter provare anch’io un emozione del genere.
Ci ritrovammo a guardarci negli occhi.
Aveva uno sguardo dolce e rassicurante. Con lui mi sentivo tranquilla e non avevo bisogno di nient’altro, ma non ero ancora a conoscenza di ciò che mi avrebbe aspettato.
Non sapevo che guardarlo negli occhi avrebbe fatto palpitare il mio cuore così velocemente e avrebbe innescato qualcosa di irrimediabile.
Qualcosa chiamato... amore.










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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3



I giorni iniziarono a passare e sentivo qualcosa crescere dentro me. Ogni parola, ogni gesto, anche il più misero, mi faceva stare bene, ma comprendevo le sue paure.
Stare lontano da casa non era facile, soprattutto involontariamente come ci era arrivata lei.
Mi raccontò di come fosse arrivata e sentivo che, probabilmente, avrebbe voluto andare nel luogo in cui era arrivata. In fondo come darle torto. Anch’io andavo spesso sul lago ghiacciato a pensare i momenti della mia vita, come quelli spesi lì di quando ero ancora un umano, alle mie gaffe fatte, ma soprattutto a mia sorella e a tutta la mia famiglia che non ho mai più rivisto.
E poi, avevo anche un altro obiettivo. Farle conoscere il mio mondo e un po’ più di me.
Con la preoccupazione della sorella, di certo sarei passato in secondo piano e non si sarebbe neanche accorta del fatto che abbiamo gli stessi poteri, così mi offrii volontario.
“Se vuoi posso portarti nel luogo in cui ti ho trovata.” Le dissi e lei mi guardò con quell’aria tra l’essere sorpresa e smarrita allo stesso tempo. Probabilmente non sapeva a che pensare e l’unica cosa che fece fu annuire.
 
Così, la condussi lì, in quel bosco. Volevo farle comprendere che eravamo simili, ma sembrava non accorgersene nonostante mi facessi trasportare dal vento e facevo cadere la neve su di lei.
Probabilmente i suoi pensieri le annebbiavano anche la vista, ma continuavo a divertirmi col vento nella speranza che se ne sarebbe accorta.
Arrivammo vicino al lago e la sorpassai, atterrando dinanzi a lei con un sorriso.
 “È questo il posto.” Le mostrai facendola guardare il lago e il territorio circostante.
Mi misi da lontano ad osservarla.
 
Credevo di averla resa felice, ma non c’era più il suo sorriso su quel volto. Sembrava sconvolta. Forse voleva una risposta su come era arrivata qui ed io non potevo dirglielo, poiché non ne ero a conoscenza.
Sul suo volto vidi un accenno di tristezza. Non comprendevo perché era arrivata proprio in questo posto. Probabilmente ci aveva giocato la luna, ma non potevo dirglielo.
Cosa avrebbe pensato se le avessi detto le mie opinioni? Se le avessi detto che mi piaceva e che probabilmente la luna l’aveva condotta da me per stare insieme?
Mi avrebbe preso per pazzo. Dovevo trovare una soluzione per rivedere il suo sorriso.
Era devastata e impaurita, come me la prima volta che la luna mi disse il mio nome e scoprii di essere invisibile agli occhi della gente.
Chiusi gli occhi e incominciai a pensare, quando abbassando lo sguardo notai la neve che avevo creato. Che stupido! La soluzione ce l’avevo sotto al naso.
Sorrisi. Quale altro modo era migliore di distrarla con ciò che mi ero prefissato dall’inizio, ovvero mostrarle i miei poteri?
 
Creai una palla di neve e con quella tra le mani fischiai.
Elsa si voltò e la colpii in pieno sulla faccia. Era così carina con i capelli bianchi e la neve sparsa sulla faccia.
“Ehi!” Mi urlò, quando sembrò cambiare faccia.
Forse perché le stavo creando con la mia stessa magia davanti ai suoi occhi. Quel viso imbronciato divenne di stupore ed io non potevo non ridere.
Sembrava sorpresa, come quando un bambino riceve il regalo di natale che tanto ambisce. Probabilmente, voleva anche lei qualcuno con cui condividere dei momenti. Magari desiderava come me, qualcuno che possedeva lo stesso potere, qualcuno con cui divertirsi insieme senza nascondere ciò che siamo.
 “Cosa c’è? Perché ti sorprendi? Non hai mai visto nessuno fare palle di neve?”
Incominciai a chiedere scherzando e creando quelle palle di neve con i miei poteri. Inaspettatamente rise.
 “Anche tu…?” Tentò di dire indicando le mie mani, ma non c’era neanche il bisogno di chiedere che annuii comprendendo cosa volesse dirmi.
Mi sorrise e abbassò la guardia pensando chissà che. Non volevo vederla triste o pensierosa, così gliela tirai nuovamente quella palla di neve che avevo tra le mani.
 
Volevo scherzare e farla sorridere. A quanto pare ci riuscii perché da lì iniziò la nostra guerra a palle di neve.
Quel momento fu il più felice della mia vita. Avevo finalmente qualcuno con cui scherzare e condividere i miei poteri, ma anche le mie giornate.
Incominciò a rincorrermi, a tirarmi palle di neve e in fine ci sdraiammo sull’erba innevata a guardare il cielo. Era qualcosa di stupendo. Non credevo di poter provare una sensazione del genere.
Con lei mi sentivo stranamente completo e non riesco ancora a spiegare il perché così come non riuscivo a comprendere la sensazione in se.
Era un po’ come la prima volta che mi hanno visto e l’aver ricordato la mia famiglia d’origine. L’euforia che si fonde con la sensazione di benessere. Sentire il cuore che palpita più vivo e vero. Come se prima di quell’istante non avessi mai vissuto realmente.
Quella donna era in grado di tirar fuori qualcosa che non comprendevo ancora.
Sdraiati sull’erba, mi voltai alla mia destra. La vedevo così rilassata e la neve che si era sciolta nei capelli rifletteva il sole rendendole più lucente il volto e quella chioma bionda.
 
Inaspettatamente, si voltò verso di me e mi sorrise.
Quel sorriso mi prendeva terribilmente così come i suoi occhi.
Aveva uno sguardo dolce e rilassato. Sembrava star bene insieme a me e rivedere quel sorriso e sentire che era per me, solo per causa mia...
Sentire che ero riuscito a farla star bene con se stessa e vederla più sicura, mi faceva sentire strano.
Avevo le farfalle allo stomaco. Sentivo che stava per accadere qualcosa, ma non sapevo cos’era.
Il cuore continuava a palpitare senza sosta. Sembrava un tamburo e mi faceva star male. Ero a disagio. Non avevo mai provato nulla del genere, ma… sentivo qualcosa che mi spingeva a fare qualcosa.
Come se si fosse innescato qualche marchingegno nel mio cuore. Le mie azioni sembravano incontrollate.
Le sfiorai il volto e togliendole i capelli dal viso. Mi avvicinai pian piano verso di lei.
I nostri volti erano troppo vicini per sfuggire a ciò che ci stava accadendo.
Avevo un irrefrenabile voglia di baciarla sulle labbra e così feci. Fu come essere spinto da un’energia strana, un’energia che non controlli e ti conduce in una sola direzione.
Le nostre labbra si toccarono per la prima volta e accadde qualcosa di strano. La neve intorno a noi iniziò a sciogliersi, spuntarono i fiori e l’erba, come se insieme avessimo la forza di distruggere il gelo e quel potere che possediamo.
Era difficile da spiegare. Non lo comprendo neanche adesso, ma probabilmente era una forza maggiore che dislocava il nostro potere.
Possibile che quel potere fosse condizionato dall’amore e che io mi ero realmente innamorato di quella ragazza di nome Elsa?
Beh… in quell’istante tutto intorno a noi sparì. Sentivo che eravamo solo io e lei.
 
Niente aveva più importanza, ma qualcuno si era risvegliato e, durante quel bacio, venne allo scoperto.
Il cielo iniziò a ingrigirsi man mano per poi sfociare in un colore nero intenso, ma non potevo saperlo finché non arrivò una strana brezza.
Aprii gli occhi e sentivo che qualcosa non andava.
“Jack…” Mi chiamò alzando il busto e notando anche lei la strana atmosfera di terrore che si era creata.
“Questa sensazione non mi piace. Dobbiamo andare via di qui.” Le dissi alzandomi velocemente e prendendole la mano per aiutarla.
Volevo scappare il più presto possibile, ma fui bloccato da colui che temevo fosse. Pitch, anche comunemente conosciuto come l’uomo nero.
“Ma tu guarda. Jack Frost.” Sentii alle mie spalle. Mi voltai ed era proprio lui.
“A quanto pare non sei solo.”
Quelle parole mi fecero tremare il cuore.
Aveva messo gli occhi su Elsa e non potevo permettergli di farle del male.
Le feci da scudo, mettendomi dinanzi a lei e impugnando il mio bastone verso di lui: “Non provarci neanche.”
Non comprendevo come fosse uscito fuori dal suo covo. Credevo fosse stato distrutto qualche tempo fa, ma a quanto sembrava qualcuno l’aveva risvegliato.
Chi mai aveva provato una paura tale da farlo?
 
Presto, però le mie domande ebbero risposta.
I poteri di Elsa erano ancora fuori controllo e lo intuii dal ghiaccio che si stava formando sotto i nostri piedi. Sembrava agitata e preoccupata allo stesso tempo. Possibile che avesse paura e quella stessa paura le faceva perdere il controllo?
“Jack, mi sorprendi. Difendi la fanciulla che mi ha riportato in vita?”
A quelle parole non riuscii a non spalancare gli occhi dallo stupore e dire:“Cosa?”
Era come avevo pensato. Quella ragazza aveva paura ed era confusa. Come avevo fatto a non accorgermene prima?
“Io… non ho fatto nulla.” Cercò di giustificarsi, ma non c’era bisogno.
Avevo già compreso cos’era successo e non avevo intenzione di lasciarla.
Peccato che quelle parole di Pitch mi fecero abbassare la guardia.
In un lampo, quel bastardo, mi scaraventò con la sua magia lontano da lei.
Mi ritrovai a cadere nel vuoto e perdere i sensi, mentre Elsa rimaneva sola quel tipo.
La sentivo urlare: “Non ti avvicinare!”
Questa fu l’ultima cosa che sentii durante le mia caduta.
“Elsa…” Mormorai sentendo quelle urla e cadendo nel vuoto totale di un burrone. La luce abbagliante della luna, che stava sorgendo, mi avvolse prima di perdere conoscenza.
Non potevo sapere che burrone in realtà era qualcosa di incredibile, ma l’unica cosa che mi importava, in quell’istante, era lei.
Cosa mai le farà Pitch?
 
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


 

Quello sguardo gelido, quella beata serenità, quel suo sorriso sembravano prendermi. Ogni istante, sempre di più, il mio cuore palpitava irrefrenabilmente.
Era una sensazione che non avevo mai provato prima di quel momento. Mi sentivo stranamente protetta e rassicurata da quel ragazzo di nome Jack.
Lo vidi sfiorarmi il volto e spostarmi quelle piccole ciocche di capelli che mi scendevano sul viso.
Sentivo che qualcosa stava per succedere tra noi due. Lo percepivo soprattutto dal quel suo avvicinarsi pian piano a me.
Avrei potuto tirarmi indietro, staccarmi da lui ogni momento, ma era come se fossi stata vincolata. Come se quell’istante l’avrei atteso da tempo.

 
Il palpitare del cuore, le farfalle che incominciavano a farsi sentire nello stomaco, l’imbarazzo della dolcezza che stavo provando e i nostri volti sempre più vicini era qualcosa di stranamente bello per me.
Stava accadendo realmente qualcosa che mi avrebbe cambiato l’esistenza.
Eravamo come due calamite, ci comprendevamo bene pur essendo diversi e non potevamo non avvicinarci ancora di più.
Sembrava esitare a ciò che avrebbe dovuto o voluto fare, finché non lo fece.

Fu così improvviso, come una ventata fresca in una calda giornata d’estate. Semplicemente stupenda.
Le sue labbra si appoggiarono sulle mie per la prima volta. Era il mio primo bacio. Era così dolce sentire il suo sapore. Inconsciamente, ciò che provavamo stava uscendo fuori e spazzava via la neve che c’era intorno a noi.

 
Non sapevo cos’era quel sentimento. Non l’avevo mai provato prima. Sentivo il cuore colmo di gioia e come se l’altro tassello mancante nel mio cuore fosse stato finalmente trovato.

Indescrivibile quella sensazione di completezza che provai. Era come se fosse sparito tutto.
Il nostro mondo eravamo solo noi due e niente aveva più importanza.

Se quello era amore, se quello che stavo provando era davvero quel sentimento, non sapevo che pensare.
Una regina come me, innamorata di un semplice guardiano di un altro mondo, è totalmente assurdo.
Come ogni regina, avrei dovuto seguire la volontà dei miei genitori defunti e sposare un nobile come me e quel ragazzo di nobile aveva solamente il cuore.

Sentivo che probabilmente prima o poi l’avrei dovuto lasciare, ma il mio cuore, in quell’istante, era disposto anche a cancellare tutto. Avrei rinnegato il mio stato sociale per stare con lui, anche la mia carica di regina che avevo, ma comunque non avrei lasciato Arendelle in mani sbagliate.

Avrei sempre potuto affidare il mio regno ad Anna e continuare a stare quel mondo con Jack, ma avevo paura che, come ogni volta che ero felice, qualcosa sarebbe arrivato a rovinare tutto e così fu.

Improvvisamente una brezza strana soffiò su di noi. Era una ventata di terrore puro che staccò le labbra del ragazzo alle mie, facendolo guardare intorno.

C’era qualcosa di strano. Il cielo era diventato nero e quell’aria non prometteva nulla di buono, cosa che anche lui se ne rese conto.
Lo guardai alzando il busto: “Jack…”
Come ho appena detto, non c’era bisogno di parlare. Lui mi comprendeva benissimo.

Afferrò il bastone che c’era a terra e si alzò velocemente dicendomi:“Questa sensazione non mi piace. Dobbiamo andare via di qui.”

Mi tese la mano e mi aiutò ad alzare. Sembrava preoccupato, come se qualcosa di oscuro e losco stava per arrivare.
Ben presto compresi cos’era. Dietro di Jack era apparso un uomo completamente vestito di nero, la pelle grigia e gli occhi ambrati. Il suo aspetto mi metteva terrore, soprattutto quel cavallo nero che aveva accanto a se.
“Ma tu guarda. Jack Frost.”

Quelle parole mi sorpresero. Lui conosceva Jack. Com’era possibile? Era forse un amico o cosa?

Poco dopo mi resi conto che non scorreva buon sangue tra di loro, soprattutto quando quel tipo misterioso si accorse di me:“A quanto pare non sei solo.”
Quegli occhi gialli puntati su di me, mi terrorizzavano. Sentivo che non era un buon presentimento e che prima o poi avrei dovuto usare la magia, ma Jack, con grande stupore, fece da scudo.

Lo vidi mettersi dinanzi a me, dandomi le spalle e impugnando il bastone verso quel tipo urlandogli: “Non provarci neanche.”
Non comprendevo cosa stava succedendo. Mi sentivo così vulnerabile e spaventata da quella presenza che successe l’impensabile.
Come ogni volta che avevo paura o ero triste, non controllavo i miei poteri. L’erba sotto i nostri piedi si gelò. Non volevo mostrare la mia preoccupazione e le mie paure, ma quella magia sembrava remarmi contro. Faceva uscire fuori tutte le mie emozioni inconsapevolmente.

Odiavo questo lato dei miei poteri, soprattutto in momenti come questi dove volevo mostrarmi forte.
Jack si rese conto subito della questione, ma sembrava comunque confuso da ciò che stava accadendo così come lo ero anch’io.
Quel tipo strano e spaventoso, però, aveva le idee più chiare di noi sulla situazione.

“Jack, mi sorprendi. Difendi la fanciulla che mi ha riportato in vita?”
Era tutto troppo strano. Com’era possibile che io l’avessi portato in vita?
Eppure non avevo fatto nulla.
La cosa peggiore era che il ragazzo sembrò credergli.

Spalancò gli occhi dallo stupore dicendo un: “Cosa?”
Mi sentii il cuore a pezzi in quel momento. Com’era possibile che credesse a quel miserabile quando ero stata tutto il tempo con lui?

“Io… non ho fatto nulla.” Cercai di giustificarmi, mentre lui si voltava verso di me.
Sorrise e mi fece comprendere che già sapeva la verità.
Sentivo quel sorriso rassicurarmi e ne fui sollevata.

Peccato che quella fu solo una scusa per fargli abbassare la guardia.
Come un lampo, quel tipo gli tirò contro una magia che non conoscevo.
Era come polvere nera, ma dalla potenza assurda che lo scaraventò per aria.
Andò lontano più di quindici metri credo, comunque fu una distanza abissale.
“Jack!” Urlai seguendolo, ma lo vidi cadere in un burrone ed io mi sentii così impotente.

Volevo utilizzare la mia magia per bloccargli la caduta, ma non ci riuscii, soprattutto a causa di quell’uomo che avanzava verso di me e del cavallo nero che si mise dinanzi bloccando il mio ghiaccio.
“Bene, bene. Allora esiste qualcun altro che controlla il ghiaccio.” Sentii dire a quell’uomo mentre si avvicinava sempre più verso me.

Tesi le braccia preparando la mia magia, sbraitando: “Non ti avvicinare!”
Avevo terrore dentro di me. La paura più grande era quella di aver appena perso qualcuno a me importante, qualcuno come Jack.

Non sapevo ancora che colui che avevo dinanzi era proprio il padrone degli incubi e del terrore. Se l’avessi compreso, avrei tentato con tutte le mie forze di trattenere quella paura che, in quella situazione, non mi aiutava per niente.
“Su, via. Davvero credi di valere qualcosa?” Mi disse sorprendendomi. Sembrava sapesse qualcosa su di me che neanche io ero a conoscenza.

“Che?” Mormorai perplessa vedendolo avvicinarsi sempre più a me.
La paura cresceva e faceva aumentare anche i suoi poteri. Che sciocca!

“Io so tutto su di te. Ho attraversato le tue paure dell’inconscio, ciò che hai fatto a Jack equivale a ciò che hai fatto da piccola a tua sorella, o sbaglio?”
Ero così confusa. Quell’uomo mi terrorizzava sempre più, mi colpevolizzava e la cosa che non sopportavo era il sentirmi dire i miei sbagli, i miei errori.

“Come sai tutte queste cose?” Incominciai a chiedere sempre più perplessa.
Sembrava che tutto ruotasse intorno a me e ai miei sbagli, a ciò che avevo fatto, per i rimpianti e le decisioni non giuste.
Ero pur sempre umana e ciò che avevo fatto equivaleva al mio essere.
In fondo… non esiste umano che non abbia sbagliato inconsapevolmente.
“Le so perché sono colui che genera le paure e tu mi hai alimentato venendo in questo mondo. Non posso fare almeno di ringraziarti.”

“Piantala!” Gli urlai sentendo la confusione cadere sempre più dentro me. Il ricordo di mia sorella, di essere bloccata lì, di essere anche senza colui che mi considerava in quel mondo, incominciava a prendermi.
Stavo male senza Jack. Era un dolore che mi prendeva e mi lacerava dall’interno.

Stranamente, quell’uomo sembrava sapere tutto di me. Sentiva il mio dolore, la mia paura, la mia devastazione che aumentava ogni secondo sempre di più.
“Piantarla? Io? Sto solo dicendo la verità. Sei nata per uccidere, non per amare. Coloro che ami vanno sempre via, come i tuoi genitori…”

Quel ricordo non doveva essere menzionato. Il mio cuore non poteva reggere tutto quel dolore. Le lacrime incominciarono ad uscire, come cascate, dai miei occhi.
Mi afflosciai a terra, devastata dal dolore tremendo che avevo nel petto. Era tutto finito.
Ero sola. Non avevo famiglia, non avevo il mio regno da governare, non avevo amore da dare, non c’era mia sorella e l’unica persona che inspiegabilmente avevo provato qualcosa di grande era andata via.
Avevo distrutto la mia vita.  

Quell’uomo continuava a mettermi quegli incubi nella mente, di quando venni perseguitata.
Sembrava che rivivere tutto e persi il controllo di me stessa.
Quel tipo mi tese la mano, mentre dai miei occhi continuavano a uscire le lacrime e la bufera si stava formando su di noi.
Quella bufera di neve era stata creata da me, dai miei poteri e dal mio dolore.
“Se vuoi, insieme possiamo governare il mondo.”

“Cosa?”
Domandai vedendo la sua mano verso di me.
Alzai lo sguardo. Ero spaventata. Non volevo accettare, ma quella stessa mano era piena di polvere nera.
Me la soffiò in faccia e persi la cognizione di ciò che era giusto o sbagliato.
Quella polvere continuava a mandare avanti sempre gli stessi ricordi e la sua voce mi convinse: “Perché devi essere la sola a soffrire? Non hai fatto niente di male, mia regina.”

L’ultima lacrima la versai per Jack. Ormai l’avevo perso. Sentivo che senza di lui non sarei stata più la stessa e quell’uomo mi plagiò al punto tale che non riuscii a tirarmi indietro.
Afferrai la sua mano e mi condusse nel suo covo. Ormai credevo che non avrei mai più rivisto il volto di Jack e di Anna, ma mi sbagliavo.
Quel guardiano del gelo era riuscito ad arrivare dove non credevo fosse più possibile. Lui era ad Arendelle.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Elsa era stata plagiata da Pitch ed io non sapevo come comportarmi.
Mi sentivo impotente, soprattutto perché mi lasciai prendere dallo sguardo di quella fanciulla, permettendomi di renderla ancora più vulnerabile.
Mi ritrovai a cadere nel vuoto e perdere i sensi, mentre quella ragazza rimaneva sola quel tipo.
Gli urlava: “Non ti avvicinare!”
Questa fu l’ultima cosa che sentii.
“Elsa…” Mormorai sentendo quelle urla e cadendo nel vuoto totale. La luce abbagliante della luna, che stava sorgendo, mi avvolse poco prima di perdere conoscenza.

Al mio risveglio, mi ritrovai in un luogo sconosciuto. Non comprendevo dov’ero finito, ma mi rendevo conto di non essere più nel mio mondo. Ero in un corridoio vasto e lussuoso.

Accanto a me, vi era una finestra e mi alzai affacciandomi ad essa, confermando tutto ciò che avevo già pensato.
Dreamworks non è mai stato così brillante e pieno di armonia.
Vedevo la gente sottostante camminare e cantare felici. Era un posto tranquillo e sereno. Sembravano tutti spassarsela, quando qualcosa mi saltò all’orecchio.

Era una voce femminile che diceva:“Ormai sono giorno che Elsa è sparita.”
Mi voltai, avanzando lentamente verso quella voce.
Era una ragazza di qualche anno più giovane di Elsa e stava insieme ad un tipo a chiacchierare delle proprie preoccupazioni.
“Anna, vedrai che tornerà presto.” La rassicurava quel ragazzo e lì intuii tutto.

Era Anna, la sorella di Elsa, colei che Elsa non voleva abbandonare e che aveva mille preoccupazioni su di lei.
“Mi chiedo dove sarà finita.” Mormorò ed io tentai di farmi notare.
Volevo che non fosse in pensiero per lei e così le dissi semplicemente: “Oh… sta tranquilla. Elsa sta bene.”

Mi avvicinai a loro, ma mi accorsi di qualcosa che non potevo gestire.
Ero invisibile. Non mi aveva sentito e anche se cercavo di rassicurarla, era tutto vano.
Mi sentivo escluso e preso dalle mie paure, ma la confusione si fece sentire sempre di più quando quella ragazza rivelò qualcosa che mi lasciò senza fiato.
“Spero che non sia stata rapita. Se non torna chi baderà al regno?”

“Regno? Lei ha un regno? Che diamine significa?” Mormorai sentendo quelle preoccupazioni di Anna.
Incominciai a indietreggiare finendo con la schiena contro ad un tavolino vicino al muro. Il dolore che sentii nei fianchi, mi fece voltare e lì vidi qualcosa di incredibile.

Era un ritratto di Elsa con una corona, probabilmente era nel giorno della sua incoronazione, chissà.
L’unica cosa che so è che in quel momento mi sentii completamente fuori posto.
La donna che amavo, l’unica che è riuscita ad entrare così velocemente e prepotentemente nel mio cuore, era una regina ed io non lo sapevo.

Iniziai a sentirmi misero e terribilmente piccolo. Avevo baciato una regina e neanche me ne rendevo conto.
Pensai che probabilmente ero stato uno sciocco a pensare che potesse funzionare, che la luna mi aveva donato lei. Insomma, ero un guardiano e di certo una regina non potrebbe mai stare con uno come me.
Quei pensieri fecero scatenare il mio dolore interno. Per me era tutto impossibile, anche se l’amavo sentivo che probabilmente avrebbe avuto qualcun altro con cui stare, qualcuno come lei, un reale, un aristocratico, un nobile.

Incominciai a sentirmi terribilmente solo e preso in giro da quella situazione. Le lacrime cominciarono ad uscire spontanee pensando che quell’amore che provavo era del tutto impossibile, sia per i mondi in cui venivamo, sia per lo stato sociale in cui eravamo.

Inconsapevolmente, quei sentimenti di dolore e di paure, mi fecero perdere il controllo delle mie azioni e dei miei poteri.
“Maledizione!” Urlai battendo il bastone a terra e piangendo dalla delusione che Elsa non sarebbe mai stata mia.
Quel battere il bastone e le mie emozioni fuori controllo, attirarono l’attenzione di Anna.
Avevo gelato il pavimento e parte delle finestre a causa dei miei sentimenti.

“Sorella, sei tu?” La sentii chiamare.
Alzai il volto e la vidi avvicinarsi a me. Non mi vedeva, ma percepiva che c’era qualcosa. Credeva fossi la sorella.
“Elsa, dove sei?”

In quel momento, misi da parte il mio dolore. Incominciai a scrivere su quel vetro, della finestra gelata, il mio nome: “Sono Jack Frost.”
“Jack Frost?”
Lesse la ragazza.
Il suo sguardo cambiò e dal fissare la finestra, iniziò a fissare nella direzione in cui ero. Lei mi stava vedendo.
“Tu sei Jack Frost?” Mi chiese ed io rimasi inizialmente perplesso: “Riesci a vedermi?”
“Chi sei e che ci fai qui?”


Quelle domande mi sorpresero, ma ciononostante non mi persi d’animo.
“Tranquilla, non dovresti preoccuparti per Elsa. Lei sta bene.” Le dissi tralasciando tutto il problema di Pitch.
Non volevo che si preoccupasse ulteriormente.
“Tu conosci Elsa?”
“Si, l’ho incontrata qualche giorno fa nel mio mondo. Credo che i suoi poteri fossero fuori controllo, ma la febbre è scesa.”
“Oh… grazie al cielo. Lei adesso dov’è?”

“Adesso è nel mio mondo. Non so come ci sono capitato qui, ma appena scopro il modo per tornare, la porterò a casa.” La rassicurai. Sembrava molto più sollevata e tranquilla, quando un pupazzo di neve si avvicinò a loro.
Si stava sciogliendo e non comprendevo perché girasse in quel castello.

“Anna…” Mormorò ed ella si avvicinò:“Olaf! Oh…no!”
Non sapevo cosa stesse accadendo, finché quel ragazzo che stava accanto a quella ragazza non mi informò: “Senza Elsa, non riuscirà a resistere.”
“È una creazione di Elsa?”
Domandai e inaspettatamente annuirono lasciandomi sorpreso. Incominciarono a spiegarmi la situazione e molti lati che non conoscevo di quella fanciulla uscirono fuori.

Olaf era la sua prima creazione, lei e sua sorella avevano giocato con la neve fin da piccole e solo qualche anno fa Elsa l’aveva reso vivo. Non potevo starmene con le mani in mano. Dovevo fare qualcosa.
“Ciò che può fare Elsa, io la posso fare meglio.” Mi vantai cercando di aiutarlo.
Peccato che aveva un bel caratterino per essere un pupazzo di neve:“Oh… che screanzato! Ma chi ti credi di essere?”
“Come siamo scontrosi e freddi. Non ti fidi di me?”
“Si da il caso che non mi fido di uno che spunta fuori dal nulla. Solo Elsa può…”

Prima che potesse finire di parlare, utilizzai il mio potere per rendere la nuvola di neve che Elsa gli aveva fatto, ancora più forte e ricca. In quel momento si bloccò mormorando: “Uh… neve…”

Quell’espressione mi fece ridere. In quell’istante, qualcosa mi saltò in mente.
I miei poteri mi avevano condotto lì, così come anche la luna stessa. Compresi come arrivare nel mio mondo.
Andai nella stanza dove quella ragazza arrivò nel mio mondo, creando cristalli di ghiaccio intorno a me.
Era come pensavo. Il riflesso della luna creò come un varco dimensionale. La luce si espanse intorno a me e mi ritrovai nel mio mondo scomparendo sotto gli occhi della sorella di Elsa.

Quel varco, stranamente, mi portò sul lago ghiacciato, ma c’era qualcosa che non comprendevo.
Caddi nella neve. Alzai il volto e vidi il cielo oscurato insieme ad una strana sensazione di paura.
Un freddo polare, il gelo esteso su tutta la zona. Mi avviai verso la città, ma lì vidi qualcosa di spaventoso. Le persone scappavano via terrorizzate da qualcosa.
Cos’era accaduto in mia assenza? Che stava combinando la mia Elsa?

Con questi pensieri, incominciai a correre verso il covo di Pitch. Non potevo permettere che quella ragazza fosse nelle sue grinfie, non lei.
Anche se eravamo distanti e di mondi diversi, non riuscivo a ignorare i miei sentimenti. Amavo Elsa e dovevo salvarla, costi quel che costi.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Presa dallo sconforto più atroce di aver perso Jack oltre la mia famiglia, l’uomo nero mi stava soggiogando. Lui aveva impiantato qualcosa di doloroso in me che non riuscivo a controllare.
Come se le bestie nere fossero entrate in me, con tutto il loro male. Sentivo continuamente le voci delle illusioni nella mia mente. Mi rendevano sempre più vulnerabile.

Mi facevano sentire estremamente piccola e non lo sopportavo, soprattutto quei flash back ripetuti continuamente della mia persecuzione. Erano una tortura per la mia anima.
Nonostante cercassi di rimanere lucida e non avere paura, quella polvere che Pitch mi aveva soffiato addosso era impiantata dentro me e non mi lasciava scampo. Mi sentivo senza speranze, persa e completamente invisibile agli occhi di tutti.
“Brava, regina. Tu regnerai nelle tenebre con me.” Mi disse quel tipo sorridendomi.

Quel sorriso mi dava i brividi, ma la cosa che mi spaventava di più era che non avevo il controllo di me. Era come se una parte malvagia fosse venuta allo scoperto, quella parte che avevo sempre ignorato avere.
Come se l’anima e il corpo fossero divise e non riuscivo a controllare i miei pensieri dalle mie azioni.
Se pensavo di volermi fermare, automaticamente le mie mani creavano ancora più gelo e distruggevano tutto. Ero diventata un mostro e la cosa spaventosa era che me ne rendevo conto e non riuscivo a fermarmi.

Come se dentro avessi due persone, me e un’altra malvagia che adora la distruzione, ma la vera me era incastrata in quei ricordi dolorosi e dalle illusioni che non riuscivano ad uscire dalla mia mente.
Improvvisamente, mentre gelavo tutto ed eseguivo gli ordini di quell’essere, sentii una voce chiamarmi: “Elsa!”

Quella voce maschile, così familiare, fu come un barlume di speranze.
“Non può essere…” Sussurrai tra me e me.
Mi voltai pian piano e lo vidi farsi trasportare dal vento. Era proprio Jack. Non comprendevo come fosse possibile.
Tutte quelle ombre nella mia mente, mi confondevano.

Non riuscivo a capire se fosse reale oppure solo un’assurda illusione, ma c’era dell’altro. Ciò che io amavo profondamente, quell’altra parte di me, impiantata da Pitch, era intenzionata a distruggere.
“Elsa!” Continuò a chiamarmi.
“Non ti avvicinare!” Gli urlai scaraventando i miei poteri su di lui.
Fortunatamente, riuscì a spostarsi prima che la lastra di ghiaccio lo colpisse.
“Dovresti migliorare la mira, lo sai? Stai sbagliando bersaglio.” Mi prese in giro, ma io non potevo capire che lui fosse dinanzi a me in carne ed ossa, così come non riuscivo a controllare i miei poteri.

“Va via! Non ti avvicinare!”
“Ma che ti prende?”
“Sei solo un incubo o un’illusione!”
Continuai a scagliare la mia magia e nuovamente riuscì a spostarsi.
Le lacrime uscirono dai miei occhi. Non volevo fargli del male, illusione o no, ma non mi fermavo.
Quelle parole, però, ferirono profondamente Jack.
“Quindi sarei un incubo, io?”

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


 
“Elsa!” Urlai, arrivato sul posto e vedendo quella mia amata gelare tutto.
Si voltò verso di me. Sussurrò qualcosa che non capii a pieno, mentre mi facevo trasportare dal vento, atterrando poco distante da lei.
“Elsa!” Chiamai nuovamente, vedendola guardarmi con occhi confusi e colpi di terrore.
“Non ti avvicinare!”
Mi scaraventò dietro una lastra di ghiaccio che scansai facilmente, grazie anche ai miei poteri e facendomi trasportare dal vento.

“Dovresti migliorare la mira, lo sai? Stai sbagliando bersaglio.” La presi in giro, sdrammatizzando la situazione e sperando che tornasse in lei, cosa che non accadde.
Era terrorizzata. Non pensava minimamente che fossi lì, dinanzi a lei e in carne ed ossa.
“Va via! Non ti avvicinare!” Sbraitò di nuovo, totalmente fuori controllo.
Cercai di capire cosa avesse: “Ma che ti prende?”

“Sei solo un incubo o un’illusione!” Continuò a dire, scagliando a raffica la sua magia.
Era terribilmente frustrata e confusa e la capivo. Non era di certo facile da gestire una situazione del genere.
Mi spostai più e più volte, evitando i suoi attacchi. Aveva le lacrime agli occhi, ma di certo non era bello sentirsi chiamare illusione. Peggio ancora incubo.
Io non ero un incubo. Non ero un'illusione. Io... ero Jack. Jack Frost e volevo che se lo ricordasse bene.

“Quindi sarei un incubo, io?” Domandai nervoso e alterato da quelle parole, per poi continuare: “Dopo tutto quello che ho passato, dopo aver scoperto che abbiamo gli stessi poteri e nutriamo gli stessi sentimenti, sono diventato solo un inutile incubo?”
“Che altro sei allora?!”
“Me lo stai chiedendo davvero?”

La vidi scuotere la testa e dire quelle parole colme di dolore:“Jack è morto! Non c'è più. L'ho visto con i miei stessi occhi cadere dal precipizio. Tu non puoi essere lui...”
“Elsa...” Tentai di dire, quando lei urlò: “Pitch, ti prego. Smettila di torturarmi così!”

L'uomo nero la stava davvero distruggendo non solo fisicamente, ma anche psicologicamente e non volevo che stesse male. Io l'amavo più di me stesso e non avrei mai permesso a nessuno di farle male. Figuriamoci se si trattava di lui. Di Pitch.
“Elsa!” Urlai a gran voce, per farmi guardare, ma ella non alzava alcuno sguardo.
“Elsa! Sono io. Sono Jack.”
“Non è vero. Smettila di torturarmi. Tu non sei lui.”
Sbraitò, lanciandomi nuovamente la sua magia contro. Provocò una valanga che riuscii a disperdere nell'aria attraverso i miei poteri.

Volsi lo sguardo verso di lei continuando: “Ti assicuro che sono io. Basta. Smettila di nutrire le tue paure.”
“Nutrire le mie paure? Io non sto nutrendo le mie paure!”
Negò, lanciando un'altra lastra di ghiaccio, ma era palesemente ovvio che ne avesse.

Avevo visto la sua vita, avevo visto le sue responsabilità insieme al suo mondo e soprattutto sapevo perfettamente cosa avesse nel suo cuore. La conoscevo già come le mie tasche, perché le nostre anime era già collegate fin dai tempi più remoti.
La luna aveva ragione.
Noi siamo stati creati della stessa pasta, siamo fatti da ghiaccio che con l'amore si scioglie e lascia uscire la primavera dentro di noi. Solo l'amore poteva farle riprendere il controllo. Solo l'amore che provavo per lei poteva spezzare ogni catena composta da Pitch.

“So tutto ormai. So di cosa hai paura.” Affermai con convinzione, mentre lei continuava a scagliare contro la sua magia implorando: “Smettila!”
Stavolta non scansai le lastre di ghiaccio, ma le affrontai aiutandomi con il bastone e trasformandoli in fiocchi di neve, avvicinandomi a lei.
“Hai paura di regnare, di essere una regina, di non saper gestire i tuoi poteri, ma c'è una paura più grande di tutte che sta controllando Pitch. Hai paura di perdere le persone che ami. Io ti conosco bene. Tu sei esattamente come me!”
“Non è vero!” Negò nuovamente, ma ero già dinanzi a lei e fermai i suoi attacchi avvolgendola in un abbraccio.

“Jack...” Sussurrò, comprendendo che quell'abbraccio era vero. Sentiva il mio calore. Sentiva che ero lì, dinanzi a lei.
“Sono qui, Elsa.”
Lei cominciò a toccarmi i fianchi, stringendosi a me.
Dai fianchi passò al petto e dal petto al volto, prendendolo tra le sue mani.
“Jack... sei tu?” Farfugliò con quel filo di voce.
Annuii.

“Si, sono io.” Le dissi, mentre lei abbassava il volto dispiaciuta.
Le lacrime continuavano a scenderle.
Mi sentivo così impotente, ma non sapevo che il potere più grande lo avevo solo con lei.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


 
Sentii quelle braccia avvolgermi. Sentivo il suo calore propagarsi attorno a me. Non poteva essere un'illusione. Lui era reale.
“Jack...” Sussurrai, comprendendo che quell'abbraccio era vero. Lui era vivo ed era proprio dinanzi a me.
Ringraziai il cielo e le lacrime scesero dalla commozione, lasciando il posto alla rassicurazione, anche se ero ancora terrorizzata dalla me malvagia che avevo dentro.
Non sapevo fin quanto avrei potuto trattenermi. Non volevo ucciderlo. Io... lo amavo più di me stessa.
“Sono qui, Elsa.” Rassicurò ed io cominciai a toccare i suoi fianchi per evitare che i miei poteri potessero andare fuori controllo.

Sentivo il mio cuore calmarsi, ma il pensiero di Pitch mi terrorizzava ancora e non riuscivo a tenere i nervi saldi.
Mi strinsi a lui, per poi accettarmi nuovamente che non fosse un'illusione. Lo presi per il volto mormorando con un filo di voce: “Jack... sei tu?”
Annuì per poi confermare: “Si, sono io.”
Le lacrime mi scendevano, mentre cercavo dentro di me di tenere a bada quel mostro che ero.
Mi sentivo così impotente, ma non sapevo che il potere più grande era insieme a lui.

“Ho fatto un disastro...” Borbottai, guardandomi intorno e vedendo tutto completamente gelato.
Mi sentivo una bestia.
“Elsa... non è colpa tua.”
Alzai il volto verso di lui. Mi accarezzò i capelli per poi non resistere ai desideri che avevamo.
Ci amavamo terribilmente e quel bacio non poteva non essere dato.
Sentii qualcosa sciogliersi nel mio cuore.

L'oscurità inflitta da quell'uomo nero divenne polvere e come tale scivolò via col vento, quel vento gelido chiamato Jack Frost.
Esattamente com'era già successo ad Arendelle per l'amore tra me e mia sorella Anna, così stava accadendo anche con Jack, ma era diverso. Era un amore più forte. Un amore che toglieva le barriere e anche se eravamo di due mondi distinti e separati tra loro, come diceva il mio caro Jack, la luna aveva parlato.

La luna, il signore che controlla tutto il cosmo, aveva deciso che noi due eravamo fatti per stare insieme.
Quel bacio era l'unione di due forze gelide che a contatto diventano caldo estremo facendo germogliare la vegetazione intorno a noi.
Non desideravo altro.

Tutte le mie paure erano svanite di colpo. Era strano, ma sembrava che tutte quelle preoccupazioni per il mio regno e per il futuro di Arendelle fossero sparite di colpo.
Ero la regina di quel regno, questo è vero, ma è pur vero che non riuscivo a stare senza Jack.
Lui mi infondeva sicurezza. Non era nobile, non era un reale, ma una cosa era certa. Io amavo lui e solo lui avrei voluto al mio fianco per sempre. Sarebbe stato un ottimo re. Aveva saputo prendermi e fermare la tempesta gelida nel mio cuore che si espandeva intorno a me, gelando l'intero mondo.
Quale altra sicurezza dovevo avere?

Non avevo bisogno di un ricco principe o re inutile. Avevo bisogno di un uomo forte e potente, in grado di dominare il gelo del mio potere. Jack era quest'uomo di cui avevo bisogno.
Lui era l'unico Re che Arendelle aveva bisogno.
Pitch, vedendo quell'amore espandersi, si irritò.

“Ma che bella scena romantica...” Borbottò, facendoci voltare entrambi.
Jack si mise dinanzi a me, facendomi da scudo, per poi affermare: “Tu non sei nessuno Pitch!”
“Pensi davvero che quella ragazza sia la donna giusta per te? Ma guardala! Lei non è come pensi. Lei è perfida, oscura, gelida, proprio come me.”
“Qui ti sbagli, caro uomo nero. Io non sono come te.”

“Cosa?”
“Io ho qualcosa che tu non hai. Io ho l'amore di chi amo.”

Creai un cristallo di ghiaccio,  per poi mettermi dinanzi a Jack. Come ho già detto, mi sentivo forte e invincibile assieme a lui.
Il guardiano sorrise e inaspettatamente mi abbracciò da dietro, affermando: “Già. Noi siamo una sola cosa, Pitch. Non puoi separarci.”

La paura che cominciò ad emanare quel tipo fece risvegliare i cavalli degli incubi. Le bestie uscirono dal suo covo e lo incatenarono riportandolo all'origine.
L'amore mio e di Jack Frost era forte e nessuno ci avrebbe diviso mai, nemmeno l'uomo nero.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***



Epilogo.

Da quell'evento, da quando Pitch è tornato nel suo covo, è passato un anno ormai.
Beh, parlo al presente perché adesso vi racconto ciò che sta accadendo qui, tra me ed Elsa.
Eccomi ora, me ne sto in questa stanza del covo di Babbo Natale a prepararmi per il giorno più atteso della mia vita.
Sto indossando una giacca bianca e dei pantaloni blu, proprio me ha richiesto la mia amata.
Sembro un damerino, ma non posso non farlo.

Lei è diventata parte del mio mondo e adesso io devo dare il mio contributo e diventare parte pienamente del suo.
“Come sto?” Domando a Babbo Natale, uscendo dalla stanza e facendomi vedere.
“Sembri un vero damerino di corte. Mpf...” Prende in giro il coniglio pasquale, ma non gli do peso più di tanto.
Anzi, lo prendo come un complimento.
Sorrido e ringrazio ironicamente, per poi uscire di tutta fretta.

La luna è già alta.
Devo sbrigarmi altrimenti perderò la mia incoronazione. Si, avete capito bene.
Oggi diventerò Re di Arendelle.
Oggi mi unirò ufficialmente con lei, sposandola.
Corro a perdifiato, fino ad arrivare al lago. Uso i miei poteri per ghiacciarlo ed entro nel varco appena creato da me.

Una volta arrivato ad Arendelle, sento le urla di Anna nei corridoi: “No, i fiori vanno a destra! Ma che state combinando? A sinistra i fiocchi azzurri. Deve essere tutto perfetto!”
Rido, vedendola terribilmente indaffarata.
“Ehi, Anna.” Saluto, facendomi sentire e vedere.
“Jack, è quasi tutto pronto.” Afferma, voltandosi verso di me per poi continuare: “Tra poco entreranno tutti al palazzo. Non sto più nella pelle.”
Lo ammetto. Sono nervoso.

Non so come comportarmi. Non ho mai parlato ad una platea di persone.
Sinceramente nessuno mi ha visto neanche, a parte qualche ragazzino qua e la, ma sono sempre stato invisibile. Per questo, starmene qui a parlare con la gente è un po' preoccupante.
Inoltre non credo che mi vedranno.
Loro non sanno di me, o sbaglio?

Così, preso dai miei dubbi, allungo la mano verso la ragazza per poi chiedere: “Ehm... Anna... volevo chiederti...”
“No! Assolutamente no, Olaf! Vieni subito qui!”
Urla vedendo dei strani comportamenti del pupazzo di neve, per poi corrergli dietro.
Rimango in quel corridoio per un po', appoggiato a quel muro e guardando il pavimento.
Mi sento terribilmente nervoso ed eccitato dall'evento stesso. Sono sensazioni che non ho mai provato prima.
Possibile che quest'amore possa farmi diventare così irrequieto?
Mentre me ne sto a riflettere e a tenere la tensione accumulata da quell'agitazione, sento dei passi accompagnati da una voce: “Come ti senti?”

La conosco. Questa è la voce della mia Elsa. Mi volto e la vedo lì, accanto a me che mi viene incontro. Indossa quel vestito azzurro luccicante. Ai miei occhi è radiosa.
Sorrido, per poi confessare: “Nervoso. Molto nervoso.”
“Ti capisco. Anch'io lo ero. Pensa che sono stata con i guanti e l'ansia mi prendeva da per tutto. Per poco non gelavo gli oggetti sacri e la gente che c'erano all'incoronazione.”

“Oddio, speriamo che non accada a me.” Replico, vedendola ridere.

La prendo per mano e la tensione sembra sciogliersi un po'. Lei è così. Con lei riesco ad essere me stesso e non avere paura di nulla, ma non posso tenerla all'oscuro delle mie preoccupazioni: “Pensi... che riusciranno a vedermi?”
“Certo che ti vedranno. Perché me lo chiedi?”
“Sono un guardiano, sono invisibile agli occhi di chi non crede in me.”
Rivelo, ma lei scuote la testa.
Ha già pensato a tutto.
“Ma tutta Arendelle sa che sto con te. Quindi tutti crederanno in te.” Rassicura, facendomi sorridere.

I suoi sguardi sciolgono ogni tensione e ogni mia incertezza.
Questo è il giorno più bello della mia vita.
L'abbraccio e appoggio la mia fronte alla sua, stringendola a me.
Le campane cominciano a suonare, annunciando l'apertura delle porte.
Le persone entrano e prendono posto incuriosite da chi è questo Jack Frost.

Eccomi, che varco la soglia e vengo incoronato re, mentre entra la mia amata con il suo vestito di sposa che prima non aveva.
Bianco, come la neve e arricchita da fiocchi di neve azzurrini. Ha i capelli sciolti e quel velo che li ricopre. Penso che sia la donna più bella che abbia mai incontrato.
Il matrimonio va a gonfie vele. In fondo, il mondo di Dreamworks e quello della Disney erano destinati ad unirsi già da tempo e noi siamo i fondamenti di questo matrimonio.
Noi siamo la prova esistente che l'amore unisce ogni cosa.

“Giusto per sapere. Se non avessi incontrato me, che avresti fatto?” Domando alla mia amata, incuriosito dal suo avvenire e dal suo pensiero.
Lei ride e risponde: “Che domande fai?”
La guardo intensamente negli occhi, attendendo una risposta. Lei ride e confessa: “Giuro che se non avessi incontrato te, sarei diventata lesbica.”
La sua risata e la sua affermazione mi fanno ridere.

Insomma... è possibile che qualcuno come lei mi ami al punto tale da rinnegare la sua femminilità e rinunciare a tutto, anche all'essere madre?
Beh... questo non lo posso sapere di certo. Dovrei andare nell'altra dimensione, quella parallela dove i nostri mondi non si sono incontrati e la Dreamworks e la Disney non si sono mai unite. Solo così noi non ci saremo incontrati. Solo così saprei per certo cosa sarebbe successo, ma poco importa.
Preferisco questa realtà in cui vivo. Questa dove io ed Elsa regnamo felici qui, su Arendelle del mondo Disney. Anche perché, senza di lei, non so che vita avrei condotto. Sicuramente non sarebbe stata felice come questa che adesso sto vivendo.

 

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