Hasta la verdad, siempre!

di pattydcm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti :-)
Questa è la mia prima fanfiction e ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC nella trasposizione realizzata da Steven Moffat e Mark Gatiss. Ho sempre scritto romanzi, fumetti e libri illustrati e, dopo aver letto un buon numero di ff qui su Efp, ho deciso di cimentarmi in una fan fiction. Non mi sentivo a mio agio, però, a scrivere di personaggi non miei e ho chiamato in aiuto i personaggi di un romanzo scritto nel 2011 e che prima o poi pubblicherò anche qui. Questo vuole essere un finale alternativo che parte dalla conclusione della seconda stagione. Ho inserito delle citazioni tratte dalla serie e che sicuramente riconoscerete. Non ho il dono della sintesi, credo che ogni storia abbia bisogno del suo tempo. Attualmente ho abbozzato i primi 9 capitoli che pubblicherò, salvo imprevisti, a cadenza settimanale. Per le citazioni tratte da altre fonti provvederò a indicarle con un’apposita nota a piè di pagina.
Ovviamente questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma per il puro piacere di scrivere e di raccontare. Mi farà piacere leggere le vostre recensioni e spero la storia vi piaccia
Buona lettura
Patty
 
<< Ouch! Maledizione! >>.
Il libro cade a terra dopo averlo colpito alla fronte e si apre su un’illustrazione del sistema nervoso centrale. John borbotta qualche imprecazione massaggiando la testa. I suoi libri di medicina lo guardano divertiti dagli ultimi ripiani della libreria. Relegati lassù per permettere a lui di avere a portata d’occhio e mano i dossier relativi ai casi e i suoi libri.
<< Non vorrai mica che perda tempo prezioso cercandoli per tutta casa, vero John? >>.
Quella voce profonda gli rimbomba nelle orecchie, come fosse lì al suo fianco a ribadirgli quel concetto ovvio anziché al cimitero sotto due metri di terra.
Ha dovuto richiamare a sé tutto il coraggio del soldato per rispondere all’ennesima telefonata della signora Hudson con un cordiale << Va bene, passo domani per un the >>. Dal giorno del funerale non ha messo piede a Baker Street. Gregory gli ha offerto il divano del soggiorno senza battere ciglio, prestandogli vestiti puliti e l’occorrente per mantenere in piedi la facciata di << Sto bene, sto bene! >>, che continua a ripetere a chiunque lo guardi.
 L’idea di tornare nel loro appartamento gli ha chiuso lo stomaco avvolgendolo in una poco piacevole sensazione di nausea. Continuare a ignorare le telefonate della loro padrona di casa, però, non sarebbe stato corretto. La signora Hudson soffre quanto lui se non addirittura di più, dal momento che quel ragazzo era per lei come un figlio.
<< Non hai idea del guaio dal quale mi ha tolta, John >>, gli aveva sussurrato mentre raggiungevano il cimitero per la funzione laica. L’anziana donna, però, non può immaginare quanto altrettanto grande fosse il guaio dal quale John è stato tolto da quella stessa mente brillante dalla lingua tagliente.
Si era detto che aveva bisogno di qualcuno dei suoi libri e per questo si è arrampicato sulla libreria ricavandone un bernoccolo. Il libro riverso sul pavimento sembra davvero ridere di lui.
<< Maledetto >> borbotta afferrandolo. Un foglietto sguscia fuori dalle pagine chiuse bruscamente e vola sotto la libreria. << Grazie tante >> sospira, inginocchiandosi per recuperarlo ed è allora che le vede. Quattro vecchie scatole da scarpe spinte bene infondo contro il muro. Nascoste alla vista in modo eccellente.
Non si fa, Johnny!” lo richiama sua madre intuendone le intenzioni. Concorda con la voce della donna nella sua testa, peccato sia sempre stato un tipo curioso e incline al mettersi nei guai con le proprie mani.
“Cosa mai potrà contenere, poi, una scatola da scarpe se non delle scarpe?” tenta di giustificarsi mentre afferra la prima della fila, che viene fuori da sotto la libreria in compagnia di una notevole quantità di riccioli di polvere. La soppesa tra le mani e dal rumore che ne ricava non sembra per nulla contenere un paio di scarpe.
“Non sta bene aprirla, non è roba tua!” lo rimprovera la donna e John si trova nuovamente d’accordo con lei. Il concetto di privacy, però, era del tutto assente da quella mente brillante ed è quasi un dovere, per John, vendicarsi delle troppe volte in cui ha violato la sacralità del suo laptop.
Colmo di curiosità toglie il coperchio alla scatola. Un forte odore di pelle sale a investirgli le narici. Proviene da un vecchio collare di un rosso sbiadito largo due dita e da un lungo guinzaglio marrone. Sotto ad una pallina da tennis smangiucchiata intravede una fotografia.
<< Oddio >>, sussurra divenendo pallido. Il ragazzo ritratto nella foto ha gli occhi stanchi cerchiati di nero. Occhi infinitamente tristi che guardano affranti il vecchio cane che stringe tra le braccia sottili. Sono entrambi troppo magri e dall’aspetto malato, ma in qualche modo sembrano sostenersi a vicenda e amarsi infinitamente di un amore sincero e innocente.
John trattiene un singhiozzo. Non sopporta quello sguardo e il senso di disperata tristezza che si propaga dalla foto. La prende con dita tremanti e si accorge che ce ne sono altre. Ritraggono sempre la stessa coppia, che, foto dopo foto, ringiovanisce. L’ultima ferma l’istante in cui un bambino pallido di circa sei anni stringe tra le braccia un cucciolo dal pelo rossiccio. Lo guarda con occhi colmi di gioia mentre il cagnolino gli lecca il viso. John sorride commosso accarezzando con un dito incerto i ricci del bambino.
Tredici foto. Una per ogni anno, scattate all’incirca nello stesso periodo. Tredici foto che raccontano di una lunga amicizia e di due vite che crescono insieme.
<< E insieme muoiono >> sussurra John, che si ritrova tra le mani quella prima foto, tornata in cima al plico. << Tipico di te >> pensa asciugando distrattamente una lacrima dalla guancia. Una qualsiasi altra persona avrebbe messo le foto in ordine inverso, dalla prima e più vecchia all’ultima e più triste. Lui, invece, ha fatto l’esatto opposto. << Per ricordarti che i sentimenti sono inutile prerogativa del lato che perde. Eppure li hai provati anche tu >> dice al ventenne di quell’ultima foto, che deve aver già conosciuto la cocaina, le sigarette e chissà quali altre diavolerie capaci di fermare la sua mente << e il dolore che la sua perdita ti avrebbe inflitto >>, singhiozza portando una mano al petto.
Respirare diventa difficile e il coperchio di quella scatola è pesantissimo. La ripone accanto a sé e si allunga ad afferrare la seconda. È più leggera. Un insolito timore si impossessa di lui mentre piano solleva il coperchio. Da dentro un sacchetto di plastica trasparente un orsetto beige vestito da aviatore lo guarda con occhi vitrei e un sorriso eterno. Lo prende tra le mani incredulo. Benchè le fotografie precedenti testimonino di come anche lui sia stato bambino, non se lo immagina per niente in compagnia di un peluche simile. Sotto le dita avverte la presenza di qualcosa di solido all’interno dell’orso. Nella tasca della giacchetta di pelle trova un tocco di cera e una lettera. La cera sembra essere la stessa che lui era solito usare sull’archetto del violino. Dentro la lettera, invece, trova un foglio bianco ripiegato e una fotografia, tenuti insieme da due elastici per capelli rosa confetto. Due bambini di circa cinque anni, un maschietto e una femminuccia. La bambina regala all’obiettivo un sorriso gioioso che le illumina gli occhi di un grigio chiaro impressionante. Stringe forte il bambino tra le braccia e lui risponde al suo affetto con un  bacio sulla guancia.
Avesse trovato tempo prima quella foto non ci avrebbe pensato due volte a sventolargliela sotto il naso dicendo: << Non avevi detto che non erano il tuo campo? >>. Lui avrebbe risposto con qualcosa di solenne, mettendo su l’espressione arrogante di quando si sentiva scoperto, e avrebbe, poi, tentato di strappargli la foto dalle mani. Avrebbero iniziato ad inseguirsi per tutta la casa, come due bambini, lanciandosi imprecazioni e provocazioni, finchè la signora Hudson non sarebbe salita incuriosita dal baccano. John ridacchia tra sé e gira la foto trovando scritta in alto a sinistra la data 6 gennaio 1981.
<< Il tuo compleanno. Quindi questo peluche è davvero tuo? >>. Guarda esterrefatto l’orsetto aviatore svettare allegro tra i due bambini stretti nell’abbraccio. Oddio, lo avrebbe preso in giro a vita!
Nota per caso che i codini della bambina sono stretti da due elastici rosa molto simili a quelli che tenevano il foglio e la foto insieme. Non sa perché ma c’è qualcosa che non gli torna.
Posa la foto ai suoi piedi e prende il foglio piegato in due che scopre essere uno spartito. << Una canzone? >>. Scorre le note complesse sotto le quali, in una scrittura da bambino, sono riportate parole in francese. << Le hai scritto una canzone in francese? Dovevi essere proprio cotto! >> ride fino alle lacrime. << Avevi solo cinque anni e non solo sapevi già scrivere, e per giunta in francese, ma anche comporre delle canzoni e sono sicuro che l’hai cantata accompagnandoti col violino. Fantastico! >>, singhiozza, sicuro che sarebbe stato soddisfatto dei suoi complimenti. Ripone foto e spartito nella busta e insieme al pezzo di cera lo conserva nella tasca del giubbotto dell’orsetto, che chiude nella busta.
Il coperchio di questa scatola è ancor più pesante da riporre. L’oppressione al petto è aumentata, insieme alla curiosità e alle mille domande che non potrà mai porre. Si accuccia a guardare le ultime due scatole chiedendosi se abbia senso continuare con quella tortura. Ancor prima, però, che possa trovare una risposta le sue mani prendono la terza scatola, più pesante delle precedenti. La apre e vi trova dei libri tenuti insieme da una fascetta di stoffa nera. Chimica applicata, biologia, anatomia umana e fisica. Solleva il libro di chimica e da questo cadono dei fogli. Appunti scritti con una calligrafia che non appartiene a lui. Apre il libro e lo scuote per vedere se nasconde altri segreti, ma non cade nient’altro. Fa la stessa cosa con gli altri e solo dal libro di anatomia ricava un foglio ripiegato più volte. Lo apre senza farsi più problemi riguardanti la privacy. E’ uno scambio di battute tra la sua scrittura e quella di chi ha preso gli appunti. Una voce nella testa di John si chiede se sia il caso, ma non la ascolta e si tuffa nella lettura.
 
Sei un idiota! Come tutti gli altri! Non so che farmene del tuo dispiacere, Victor!
Non puoi chiedermi questo.
Cosa non posso chiederti? Di essere te stesso? Di dire la verità?
Se i miei lo scoprono scoppia un casino, Sher!
E’ questo il motivo, Vic? E’ per i tuoi stupidi genitori bigotti e perbenisti?
Mi sbattono fuori di casa, ne sono sicuro. E che facciamo a quel punto? Mi ospiti e mantieni tu?
Smettila con queste scuse! Se una cosa la si vuole davvero si lotta per ottenerla. Io penso che semplicemente tu non voglia! Finchè era un gioco andava bene, ma ora che la cosa è diventa seria allora meglio lasciar perdere.
No, stai sbagliando! È seria anche per me, non è un gioco. Solo … è pericoloso, Sherly, dannatamente pericoloso. Perché non pensi alle conseguenze? Cosa ti costa continuare così?
Così come? Nascosti come due malviventi? Non ho nulla di cui vergognarmi e non sto facendo niente di male, non stiamo facendo niente di male.
Per me e per te no, ma per il resto del mondo sì.
Chi se ne frega del resto del mondo, Vic? È solo di noi due che mi importa, il resto si fotta! Tutto il resto! I tuoi genitori, i nostri insegnanti, i compagni a cui tieni tanto: vadano tutti a farsi fottere!
Ti prego! Io non sono come te! Non sono intelligente come te e non ho una famiglia influente come la tua, perché devi essere così egoista!
Quindi sono egoista … io sono quello egoista! Io, invece, credo di essere l’unico sinceramente interessato.
Non è così!! Quello che ti ho detto ieri  è vero!
Certo, come no! Se lo fosse non staremmo qui a parlare di quanto è difficile. Ma a quanto pare i ‘sentimenti’ di cui tanto mi hai parlato sono una fregatura e tu me ne stai dando una prova più che tangibile.
No, non voglio questo! Io non capisco perché non possiamo continuare come abbiamo fatto fin’ora?
Forse perché voglio anche io qualcosa di ‘normale’, non ci hai pensato? Essere come gli altri almeno in questo, dal momento che non lo sono per tutto il resto.
Capisco Sher … solo che anche questo non è normale … cioè … non … non so come spiegartelo, cazzo!
No, no, lo hai spiegato benissimo, invece. Non ho chiesto io di essere così. Se tu riesci a vivere nell’ombra buon per te, io non ci riesco. Come non riesco a non dedurre chiunque mi capiti a tiro.
 
Solo quando conclude la lettura John si rende conto di essere senza fiato. Rilegge più volte quella conversazione accorgendosi appena dei sudori freddi che gli imperlano la fronte. Lo ha visto spesso preda della noia, del disgusto, della rabbia dinanzi all’idiozia dei comuni mortali. Si è ritenuto anche fortunato per aver assistito ai suoi rari momenti di relax, per averlo sentito ridere di una risata divertita e non cinica. Lo ha pure visto spaventato in preda al dubbio a Baskerville e divorato dal dolore per aver perso La Donna. O almeno così pensava. Questo piccolo scambio di battute, però, sta gettando ora lui nel dubbio. Pensarlo innamorato di Irene aveva causato un turbinio di emozioni dentro di lui che ancora sente vorticare e come allora si sforza di ignorare. Gli aveva però anche permesso di normalizzarlo: un giovane uomo innamorato di un’altrettanto giovane, attraente e disinibita donna. Questo Victor spuntato dalle pagine di un vecchio libro ora sta incasinando quell’ordine che ha creato faticosamente nella sua testa. Potrebbe anche negare l’ovvietà dell’argomento che i due stanno trattando. Peccato che lui gli abbia insegnato a leggere in un testo scritto molto più di quanto non dicano le parole. E John, guardando il foglio nel suo insieme, si accorge di come la sua scrittura diventi più scombinata e il tratto più pesante verso la fine della conversazione, segno inequivocabile di rabbia trattenuta. Le parole di Victor, invece, diventano via via più leggere, quasi le abbia scritte poggiando appena la penna sul foglio, segno di senso di colpa e ricerca di una via di fuga.
<< Vigliacco >> ribatte John, mandando giù quello stesso magone che lui deve aver inghiottito quel giorno. << Come hai potuto >> sussurra passando il dito sulle parole frenetiche e pesanti che gli trasmettono una profonda sofferenza. Lo immagina ragazzo, seduto accanto a questo Victor durante una lezione di anatomia. Scrivere velocemente per poi passare il foglietto, trattenendo l’istinto di urlargli contro, e chi se ne frega dei compagni di classe e della docente. E lo vede poi appallottolato su se stesso sul suo letto, come tante volte John lo aveva trovato nei suoi giorni di broncio sul loro divano.
<< Credo di non aver capito nulla di te >>, singhiozza riponendo i fogli e i libri nella scatola che allontana da sé. L’amore chiuso in tre scatole, ecco dove lo teneva. Chiuso lì a testimoniare la sua esistenza e allo stesso tempo quanto sia meglio non lasciarsene sopraffare.
John asciuga il viso e si accuccia a guardare l’ultima scatola. << E tu cosa conterrai? Altro dolore? Un altro amore finito male? >>. La estrae lentamente da sotto la libreria e toglie il coperchio senza pensarci due volte. Trova diverse pagine di una rivista scritta in spagnolo, lingua che ha imparato da soldato. L’articolo riportato nella rivista parla di un’inchiesta portata avanti dal team di giornalisti investigativi della testata madrilena ‘El mundo’. A quanto pare dietro agli spogliarelli di aitanti giovani palestrati si cela un losco giro di sfruttamento della prostituzione.
John ricorda quel servizio. Lo aveva visto proprio in compagnia del commilitone spagnolo da un pc che perdeva spesso il segnale, in una notte di relativa calma nell’ospedale da campo. Alejandro se la rideva di gusto. << Abbiamo sbagliato tutto, mi lindo[1]! Il futuro è un perizoma di pelle, altro che le nostre  mimetiche >>, diceva guardando con interesse gli statuari uomini che si esibivano sul palco, catturati dalla telecamera nascosta.
<< Cosa ha a che fare, però, tutto questo con te? >> si chiede John sfogliando le pagine. Il team di giornalisti investigativi di ‘El mundo’ si è guadagnato gli onori della ribalta grazie ai suoi metodi poco ortodossi ma molto efficaci. << Vuoi forse dirmi che hai collaborato con loro? >>.
In risposta alla sua domanda, trova al fondo della scatola una busta da lettera gialla piena di fotografie. Il cuore gli batte forte mentre inizia a guardarle una dopo l’altra. Sono, però, scatti che gli dicono ben poco, dal momento che lui è solito guardare ma non osservare. Impronte nel fango, dettagli e particolari di luoghi a lui sconosciuti. È possibile siano prove di una scena del crimine del 2005, a giudicare dalla data riportata in caratteri gialli sotto ogni foto. Sembrano insignificanti e John si chiede perché mai lui abbia deciso di conservarle.
La nuova foto che si ritrova tra le mani, però, gli toglie il respiro. Occhi verdi su un viso pallido cosparso di efelidi e circondato da capelli ricci e rossi. Lo scatto lo sorprende mentre sta guardando qualcosa con attenzione e John rivede in quel ragazzo la stessa espressione che era solito assumere lui quando qualcosa catturava il suo interesse. Quando deduceva, osservando ciò che gli altri si limitano a guardare.
<< E tu chi sei? >> si chiede John. Gli risulta difficile distogliere lo sguardo da quel viso bello e sconosciuto. Gira la foto ma non trova nulla scritto sul retro. Morde nervoso il labbro avvertendo una strana sensazione di fastidio attanagliargli il ventre.
La foto seguente è stata scattata ai piedi di un palcoscenico. Ritrae due ragazzi sui 25 anni, simili al punto da poter essere fratelli. Gli stessi capelli biondissimi, lisci e lunghi fino alle spalle. Occhi chiari che ammiccano all’obiettivo in una posa provocante e ambigua. Troppo vicini. Troppo nudi. Troppo lucidi d’olio.
John deglutisce e passa alla foto successiva. Un primo piano degli stessi ragazzi in una posa più spontanea e sorridente. << No, aspetta, non può essere! >> esclama avvicinando la foto agli occhi. Riprende quella precedente e le confronta tra loro. Il team madrileno è conosciuto per l’abilità con la quale i suoi componenti si travestono e cambiano del tutto fisionomia per infiltrarsi tra ignari malavitosi ai quali sottrarre informazioni. << Qui devi essere tu al naturale >>, dice John battendo un dito sulla foto del rosso, << e qui sei tu truccato >>, picchietta sul ragazzo di destra dell’ultima foto.      << E questo … oddio non puoi essere tu >>, sospira accarezzando con l’indice l’altro ragazzo. Scorre veloce le foto dove trova altre coppie: due barboni dall’età indefinibile, due muratori dalla pelle bruciata dal sole d’agosto, due studenti con zaini in spalla e libri sotto le braccia. Età diverse, volti diversi, capelli e barbe di colori diversi. Solo gli occhi sono sempre gli stessi: verdi quelli di uno, di un colore indefinito tra l’azzurro e il grigio quelli dell’altro.
<< Così sei stato a Madrid e hai collaborato con dei giornalisti investigativi >>. A conferma della sua deduzione, John trova un foglio piegato in due sull’ultima foto. Eccoli nuovamente insieme, privi di alcun travestimento. Ricci neri vicini a quelli rossi. Uno scatto rubato durante una pausa tra una missione e l’altra, forse. Il rosso indica col dito qualcosa sullo schermo di un pc e lui lo guarda con una strana luce negli occhi. Una luce che colpisce John allo stomaco. Lascia cadere la foto nella scatola e apre il foglietto, stupito di trovarlo scritto in inglese.
 
         Billy, maledetto idiota!
Sapevo che non avresti accettato l’offerta di Grey e penso che infondo sia meglio così.
Tu  hai  la  tua  Londra  nel  cuore  e  un  sogno  da portare avanti. Torna da
Lestrade  e  stagli  addosso  finchè  non  ti  coinvolgerà  in  un caso interessante. Trova
qualcuno  che  ti  assista,  però,  altrimenti saresti capace di farti ammazzare mentre sei
perso  nel  tuo  Mind  Palace!  Che  sia  uno  fidato,  mi raccomando.  Ti ho insegnato a
riconoscere  la  verità, fanne  buon  uso.  E  sta  lontano  dalla droga. Molto lontano! Se
ti pesco  anche  solo a pensare  di tornare a usare quella roba ti faccio a pezzi con le mie
mani   e   sai   che   ne  sarei  capace.  Piuttosto,  se  ti  annoi  fammi  un  fischio:  qui  il 
divertimento  non  manca  mai  e  sarò  felice  di  condividerlo  con te. Sì, penso proprio
che mi mancherai, mi hermano.
Hasta la verdad, siempre!
                                                                                                   FireFox

 
<< Billy? Perché ti chiama Billy? >> sussurra. La quantità di informazioni scoperte grazie a questa lettera gli rallenta i pensieri. Troppe cose tutte insieme! John lascia cadere il foglio e porta le mani alla testa, affondando le dita nei capelli arruffati e trascurati.
<< Sei una macchina! >> gli aveva urlato, sconvolto dalla sua incapacità emotiva. Un freddo computer che scandaglia le informazioni alla ricerca della soluzione, indifferente agli ostaggi, ai feriti, agli esseri umani che ne restano coinvolti.
<< Dio, hai ragione, hai sempre avuto ragione: sono un idiota! >> singhiozza guardando i suoi occhi osservare adoranti il giornalista. Sono chiari ed evidenti i sentimenti che prova nei confronti del ragazzo e John scommette che non ha rinunciato all’offerta solo per tornare nella sua Londra.      
<< Questo FireFox ti ha fatto soffrire, non è vero? >>, sussurra provando un moto di rabbia nei confronti del giornalista. Gli pare di ricordare che i componenti di quel team madrileno fossero soliti usare nomi di battaglia. << E questo nome è abbastanza stupido da esserlo >>, sbotta furente all’idea di come questo tipo sia riuscito a far breccia nel cuore del consulente investigativo.
“No, non è rabbia questa” gli sussurra la voce di Irene cogliendolo di sorpresa. “E’ geloso, dottor Watson”, aggiunge con una nota di malizia che lo infastidisce.    
<< Oh, sta zitta! Non avrei mai potuto competere con uno così >> si ritrova a risponderle, restando stupito di quelle parole. Sì, è geloso. Geloso di uno sconosciuto che lui ha incontrato molti anni prima che si conoscessero. Geloso della bellezza di questo ragazzo che lo adombra e umilia.
<< Come potrei >>, sospira. Lui stesso si sente attratto da quello sguardo intenso, << e anche da tutto il resto >>, sussurra sbirciando la foto che li ritrae mezzi nudi e ammiccanti.
Lui non è gay, è vero. Non è, però, nemmeno etero. Dondola in quella sottile linea di confine che lo porta a sospirare allo stesso modo per le donne così come per gli uomini. Se lui non gli avesse detto di essere sposato col suo lavoro, se avesse scoperto prima il suo interesse per quelli che ha sempre definito essere una fastidiosa incrinatura sulla lente, non si sarebbe fatto problemi.
<< Hasta la verdad, siempre >> sussurra riprendendo in mano la lettera. No, loro la verità non se la sono mai detta e adesso è morta con lui. Quelle quattro scatole accuratamente nascoste sotto un mobile fanno da tomba al cuore di un uomo brillante e geniale. John le rimette al loro posto pensando a quanto gli sarebbe piaciuto scoprire una scatola che contenesse le prove del suo amore per lui. << Ci sono stati momenti in cui ho pensato fossi interessato a me >> sussurra. << Dal modo in cui mi guardavi in silenzio, da alcuni gesti che mi è piaciuto interpretare come carichi di attenzione e di cura. Penso, però, di essere stato solo un buon amico per te. Il tuo unico amico >>. Si rende conto che questo non gli basta. Ella gli aveva chiesto di dare voce alle parole che non gli ha mai detto. Anche adesso, con ancora addosso il turbinio delle emozioni scatenato dalla scoperta di quelle scatole, la stessa morsa gli chiude la gola rendendogli impossibile non solo parlare ma anche pensare.
<< Devo andare via da qui! >> dice sentendo il panico invadergli lo stomaco. << Perdonami, ma non posso più vivere in questo posto >>, sussurra rivolto alla sua poltrona. Afferra la giacca e scappa via. Corre giù per le scale, aggredisce la maniglia del portone e si fionda fuori. Una pioggerellina sottile e gelida gli bagna il viso bollente. Alza gli occhi al cielo, grigio coperto di nuvole.
<< Via da qui! >> ripete tra sé prima di iniziare a correre, correre, correre.
 
[1] Mio caro

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ciao a tutti :-)
Eccovi il secondo capitolo. Mentre scrivevo questa ff mi sono ritrovata tra le mani un vecchio cd di De Andrè. Ho pensato non fosse stato un caso e Dolcenera mi si è presentata più volte nella mente durante la scrittura. Racconta la storia di due amanti che non riescono a incontrarsi a causa della pioggia forte e impetuosa e ho pensato che in qualche modo cascasse a fagiolo. Perché non farla cantare, allora, da un artista di strada italiano? Spero questa particolarità nostrana all’interno del mondo di Sherlock sia di vostro gradimento e se vi va lasciate una recensione.
Alla prossima
Patty
 
 
Capitolo 2
 
 
Oltre il muro dei vetri si risveglia la vita 
Che si prende per mano 
A battaglia finita 
Come fa questo amore che dall'ansia di perdersi
Ha avuto in un giorno la certezza di aversi
 
(‘Dolcenera’ di F. De Andrè)
 


 
La bella ragazza dalla pelle scura toglie i fiori dalla plastica che li lega insieme e inizia a depositarli uno dopo l’altro nella fioriera. Nervosa si guarda alle spalle ad intervalli regolari e il suo lavoro si fa sempre più veloce. John si rende conto che non deve avere un bell’aspetto questa mattina. E’ fermo, immobile in piedi e con lo sguardo fisso davanti a sè da non sa neppure quanto tempo, ed è possibile che la giovane non si senta sicura nel dargli le spalle. I cimiteri possono non essere i luoghi tranquilli che sembrano, non tanto per i morti che vi abitano ma per i vivi che vi gravitano attorno.
<< Non è la prima volta che qualcuno mi guarda di sottecchi oggi >> borbotta fissando il suo nome scritto in caratteri dorati. Il suo nome e basta. Nessuna data di nascita né tantomeno quella di… quella lì, insomma. << Questo mese l’ho trascorso chiuso in casa di Greg. Sono uscito solo ieri e non credo di essere molto presentabile >> ridacchia.
La ragazza si volta appena verso di lui e cerca di concludere alla svelta il suo lavoro.
<< Scusami se … se è da quanto ti hanno portato qui che non mi faccio vivo … Ok, pessima scelta di parole >> ride più forte stringendo i pugni. << Sono tornato a casa ieri. Inutile che te lo dica, immagino tu lo abbia già dedotto. Ti chiedo scusa per aver ficcato il naso tra le tue cose. Oddio, dovrei chiedere scusa più a me stesso che a te. Non ho chiuso occhio stanotte. Ogni volta che lo facevo quelle fotografie… tutte quelle fotografie mi tornavano alla mente. Certo molto meglio che svegliarmi col cuore a mille dopo il tuo ennesimo salto nel vuoto >> ride nuovamente passando la mano sul viso stanco. << Ma ho qui, qui nel petto questa sensazione di averti fatto un torno. E ripetermi che te lo meriti per tutte le volte in cui hai violato la mia privacy non mi aiuta. Continuano a nascere nella mia testa domande su quelle foto e quegli oggetti. Mi piacerebbe chiederti del tuo cane, chi fosse quella bambina, di quel Victor e … beh, avrai dedotto anche questo. Quando mi sono stancato di rotolare nel sacco a pelo ho preso il laptop e ho cercato le inchieste del team di ‘El Mundo’. Non posso credere che tu ti sia infiltrato fingendoti uno spogliarellista! >>, ride apertamente attirando l’attenzione di due vecchiette che scuotono la testa inorridite. << Oddio, devo ammettere che ci sapevi fare sul palco. Sono poche le scene in cui ti si vede all’opera, ma davvero complimenti. Tu e il tuo clone eravate molto credibili >> riprende fiato e vede la ragazza riporre velocemente le sue cose nella borsa e voltarsi un’ultima volta verso di lui prima di correre via. << Devo dire che ci sanno fare con il trucco, quegli spagnoli. Lui non ti somiglia molto, ammesso che quella foto in cui ha i capelli rossi sia il suo vero volto. Ma vi hanno reso davvero molto simili e io, oddio, muoio dalla curiosità di sapere come siano andate le cose, Sherlock! >>.
Pronunciare il suo nome dopo settimane in cui ha cercato di tenerlo lontano lo immobilizza.
<< Perché non me ne hai parlato? Mi hai raccontato tanti casi del tuo passato ma di questo non hai fatto cenno. Questo FireFox deve averti segnato, altrimenti non lo avresti inscatolato >> prova a ridere della sua battuta ma la gola gli si chiude. << Ne eri … innamorato? Da come lo guardi sembrerebbe proprio di sì. Se solo lo avessi saputo che tu … che non sei una macchina. Perdonami per avertelo urlato, ti prego. Perdonami >>.
Piange apertamente su gambe malferme che non lo sorreggono più. Cade in ginocchio ai piedi della lapide di marmo nero, sotto lo sguardo d’approvazione delle due anziane.
<< Non posso più stare a Baker Street, lo capisci vero? Non potevo starci prima e ora che so di quelle scatole è ancora più difficile. Devo trovare un altro posto e questo mi dilania ancor di più. Non mi ero mai sentito a casa come tra quelle mura, tra quel disordine, in quella routine assurda che si era creata tra noi. Mi manca tutto questo. Mi manchi, cazzo! >>.
Averlo detto ad alta voce ha l’effetto repentino di sedare il pianto. Fissa a lungo quelle quattordici lettere dorate prima di ridarsi un contegno marziale. Si alza in piedi, petto in fuori e pancia in dentro.
<< Non so quando tornerò a trovarti. Ho bisogno di tempo per lenire il dolore e poter fare di questo incontro un momento triste, certo, ma privo di disperazione. Libero da quel miracolo che ti ho chiesto e che so non essere possibile… anche se ancora ci spero, amico mio >>.
Sfiora appena con le dita il marmo nero, ottima scelta per rappresentare ciò che lui è stato. Gira sui tacchi e si dirige verso l’uscita.
 
Il suo incedere deciso si interrompe bruscamente dinanzi all’auto nera ferma al cancello del cimitero.
<< No! >> grida camminando svelto in direzione opposta, per nulla intenzionato a farsi rapire.
<< E’ un piacere per me rivederti, John >>.
La voce di Mycroft gli ferisce la pelle con mille spilli incandescenti. Stringe forte i pugni arrestando il suo cammino e gli ci vogliono molti respiri profondi per impedirgli di voltarsi e saltargli al collo.
<< Cosa vuoi? >>.
<< Sapere come stai >>.
John si volta piano. Si vede saltargli addosso, afferrare quel dannato ombrello e percuotergli ripetutamente la testa.
<< Certo che hai una gran bella faccia tosta >> dice lentamente. << Vuoi sapere come sto? Non lo immagini? Non riesci a dedurlo? È una cosa troppo comune per una mente brillante come la tua, Mycroft? >>. Mister Governo Inglese ha la buona creanza di restare zitto e non ribattere. Il fatto che resti lì fermo a guardarlo, però, rende Jonh ancor più nervoso. << Ti rendi conto di cosa è successo, vero? >>.
<< Certo: mio fratello ha scelto di togliersi la vita. Quel che non voglio è che la sua scelta crei danni collaterali >> aggiunge guardandolo dritto negli occhi.
<< Danni collaterali? Sei proprio un bel tipo, Mycroft. Pur di non ammettere di temere di avere anche me sulla coscienza, fai passare il ‘danno collaterale’ che potrei causare come conseguenza delle azioni di tuo fratello. Sempre pronto ad addossargli le colpe dei tuoi fallimenti, me ne congratulo >>.
<< Non avrei mai voluto finisse così, John >>.
<< Eppure così è finita, Mycroft. Tu hai perso il tuo unico fratello, cosa che non sembra toccarti più di tanto. Io ho perso il mio migliore amico, cosa che mi fa male, mi distrugge, ma è un dolore che voglio difendere. Da te per primo >>.
<< E’ assurdo, John … >>.
<< Punti di vista, Mycroft. Per me è assurdo che tu sia qui a domandarmi ciò che ti è ovvio; per te che io voglia continuare a portare nel cuore il ricordo di tuo fratello, dell’uomo che era e dell’amico che è stato per me >>.
Gira i tacchi intenzionato a lasciarsi alle spalle il Governo Inglese una volta per tutte.
<< Lui non vorrebbe che lasciassi la vostra casa >>.
L’idea di essere stato spiato mentre piangeva dinanzi la sua tomba lo manda in bestia. Si volta furente e resta di sasso dinanzi alla mano aperta verso di lui.
<< Deduzione logica >> gli dice Mycroft accennando un sorriso. << Continuerò a pagare la sua parte d’affitto. Ho già chiesto alla signora Hudson di non toccare nulla >>.
<< Che senso ha questo? >>.
<< Ognuno porta il lutto a modo suo >>.
<< Grazie per il pensiero, ma non me la sento di essere il guardiano di un monumento alla memoria. Sì, forse hai ragione, non vorrebbe me ne andassi, ma l’uomo che ho conosciuto io capirebbe perché non posso restare >>. Nuovamente gira i tacchi e inizia a camminare intenzionato a non fermarsi, né a voltarsi indietro.   
 
Le note di un’allegra ballata lo destano dal suo stato di torpore. John si rende conto di essersi allontanato parecchio dal cimitero e di non sapere dove si trovi. A lui sarebbe bastata un’occhiata per capire dov’è finito, ma a John poco importa di essersi perso. Il motivetto che lo ha riportato sulla terra è carino e la voce del cantante profonda e calda. Decide di seguire la musica e voltato l’angolo si ritrova in una piccola piazza. Al centro esatto, fermo ai piedi di un monumento, un giovane chitarrista allieta i passanti con la sua musica.
John si ferma ad osservare le agili dita che pizzicano le corde di una chitarra che sembra averne vissute tante. Di musica non ne capisce niente, ma sente di trovarsi di fronte a un chitarrista davvero in gamba. Si siede alla panchina e ascolta la voce profonda che racconta la storia di questa ballata in una lingua che fatica a riconoscere. Il musicista alza gli occhi nella sua direzione e gli sorride inclinando appena il capo in cenno di saluto. John si guarda attorno ma non trova nessun’altro. Pare proprio che quel saluto sia rivolto a lui.
“In effetti sono l’unico che si è fermato ad ascoltarlo”, pensa rendendosi conto del via vai di persone che guardano appena il chitarrista per poi tirare oltre o ignorarlo del tutto.
<< Peccato >> borbotta il dottore sorridendo di rimando al ragazzo. La loro indifferenza gli sta togliendo la possibilità di godersi un bellissimo concerto. Il musicista fa spallucce, come avesse capito il suo pensiero. John non si stupisce. Tante volte lui lo aveva rimproverato di essere un libro aperto, del tutto incapace di controllare la sua mimica facciale.
La ballata si conclude e John accenna un applauso che il ragazzo accetta con un inchino. Gli sorride e senza dire una parola attacca un nuova pezzo.
“Questa è per te”, sembrano dirgli questi occhi che non lo mollano un solo istante. John si ritrova a distogliere lo sguardo imbarazzato da tanta confidenza.
“Oh, ma chi se ne frega!” grida la voce del soldato nella sua testa. Ricambia le attenzioni accorgendosi di quanto il ragazzo non sia affatto male. Occhi scuri e profondi, ipnotici come la sua voce calda e avvolgente. Lineamenti netti, forti, circondati da capelli scuri, mossi, lunghi fino alle spalle. La bocca si muove veloce inseguendo le parole di quella nuova canzone. Indossa vestiti volutamente lisi, per ottenere quell’aria sciatta e trasandata che pare essere tanto in voga negli ultimi anni. Gli strappi sui jeans lasciano intravedere gambe toniche e allenate e le spalle avvolte dalla giacca rattoppata in più punti sembrano essere grandi e forti.
 
Acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti
Acqua per fotografie per cercare I complici da maledire[1] 
 
 
Sono le mani, però, quelle che più di tutto attirano l’attenzione del dottore. Mani grandi ma aggraziate che accarezzano la chitarra in ogni sua parte facendola vibrare; dita lunghe e affusolate che percorrono svelte il manico, pizzicano le corde. La mano destra percuote più volte un piccolo adesivo appiccicato sul corpo dello strumento. Spicca nel suo rosso sgargiante, insolitamente nuovo rispetto al vecchio legno. John impiega un po’ di tempo per metterlo a fuoco.
 
Acqua che ha fatto sera che adesso si ritira 
Bassa sfila tra la gente come un innocente che non c'entra niente 
Fredda come un dolore Dolcenera senza cuore
 
È una volpe. Il muso appuntito circondato dalla grande coda morbida e rossa come una fiamma. Ora che l’ha notata John non può fare a meno di continuare a fissarla.
 
Così fu quell'amore dal mancato finale 
Così splendido e vero da potervi ingannare
 
Il ragazzo insiste a picchiarci sopra per tenere il ritmo e John si chiede cosa mai le abbia fatto di male quella piccola volpe per trattarla così.
Il brano finisce e nuovamente il dottore esprimere il suo apprezzamento con un applauso. Si accorge di non essere il solo, questa volta. Un gruppetto sparuto si è fermato ad ascoltare il musicista, che regala loro un inchino e un sorriso. Li ringrazia per le offerte che lasciano cadere nella custodia dello strumento aperto ai suoi piedi. Gli uditori si disperdono e il ragazzo si toglie la chitarra di dosso. Il concerto sembra essere finito. John cerca nelle tasche qualche moneta e si avvicina per farle cadere a sua volta nella custodia.
<< Speravo mi offrissi un the >>.
Questa non se l’aspettava. Il ragazzo sorride e con la mano destra si pettina i capelli.
Chiaro segno di imbarazzo”, decreta la voce di lui nella sua testa.
Sta zitto!” ribatte, trovando delizioso quel sorriso libero e privo di inibizioni.
<< Volentieri >> risponde. Resta a guardarlo mettere via gli spiccioli e riporre velocemente la chitarra nella custodia.
<< Dove? >> gli chiede e per un attimo John si domanda se non ci sia un doppio senso nascosto dietro questo breve scambio di battute. Non ha mai frequentato ambienti apertamente gay e le avventure avute con gli uomini risalgono al suo periodo sotto le armi.
<< Che ne dici di quel locale laggiù? >> risponde a scanso di equivoci, indicando una tisaneria all’angolo della piazza.
<< Direi che è perfetto >> gli sorride il ragazzo porgendogli la mano. << Sono Peter >>.
<< John >> risponde stringendo la sua mano grande e forte.
Entrano nel locale e si accomodano a un tavolo appartato. La cameriera prende le ordinazioni e li lascia nel silenzio.
<< Sei davvero bravo. Non immaginavo si potessero ricavare così tanti suoni da un solo strumento. Sono tue le canzoni che hai cantato? >> domanda John entrato in modalità seduzione.
<< Oh, no! >> ride di gusto il ragazzo scuotendo il capo.
<< Immagino di aver fatto una gaffe >>.
<< No, non puoi conoscere l’autore. Dalle mie parti è un’istituzione >>.
<< E sono tanto lontane queste tue parti? >>.
<< Italia >>.
<< Oh! Quindi il tuo nome … >>.
<< Lo preferisco in inglese. Suona più … esotico >> dice Peter facendogli l’occhiolino. La cameriera porta loro il the e li lascia nuovamente nel silenzio. Il ragazzo non sembra intenzionato a proferire parola. Tiene lo sguardo su John, invitandolo a condurre il gioco, cosa che stuzzica il dottore.
<< E cosa ci fa un italiano a Londra? >> gli chiede versando il the nelle tazze.
<< Insegue un sogno >> risponde Peter mettendo due zollette di zucchero nel suo. Il cuore di John perde un colpo dinanzi a quel gesto. Guarda quelle mani grandi girare lente il cucchiaino nella tazza e il ragazzo sorridergli in modo dolce, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. John si rende conto di ricambiare le sue attenzioni sempre più spontaneamente.
<< E riesce a raggiungerlo? >> sussurra sporgendosi verso di lui.
<< Non ancora, ma si gode la caccia >> risponde Peter avvicinandosi a sua volta. << E tu? >> .
<< Io? >>
<< Sì, tu. Cosa ci fai tu qui? >> gli chiede per poi soffiare sulla bevanda calda e prenderne un sorso.
<< Ci vivo >>.
<< E come ci vivi? >>.
<< Alla giornata >>.
<< Come me >>.
<< Abbiamo qualcosa in comune, allora >>.
Si scambiano un’occhiata complice e poi ridono senza un motivo apparente. John sente dolere le guance e il peso che gli blocca lo stomaco sciogliersi pian piano. Peter è indubbiamente interessante. Non è molto loquace, ma John si adegua subito alla conversazione fatta di sguardi, sorrisi e frasi brevi. Se non avesse deciso di chiudere il suo blog, avrebbe qualcosa di interessante da scriverci oggi. Anche se preferisce tenere per sé questo piccolo miracolo. Quel blog e ciò che vi ha scritto non hanno portato a nulla di buono.
<< Ehi, tutto bene? >>. La mano calda di Peter si appoggia sulla sua ridestandolo dai suoi pensieri.
<< Sì >>. Muove impercettibilmente la mano e si rende conto di come vorrebbe allontanarla da quella del ragazzo. Non lo vuole quel contatto, ma allo stesso tempo non gli dispiace.
     “E’ troppo presto”, pensa sollevato dal vedere la mano di Peter allontanarsi dalla sua.
<< Ti ringrazio per il the >> dice il ragazzo alzandosi dalla sedia. << Ora è meglio che vada, altrimenti rischio di fare compagnia agli irregolari >>.
Sentire usare il termine da lui coniato per i suoi collaboratori sorprende John, così come la repentina conclusione di questo the imprevisto. Non gli è chiaro cosa sia successo. Un attimo prima flirtavano alla grande e adesso Peter lo ringrazia e carica lo zaino in spalla preparandosi a lasciarlo solo a quel tavolo.
<< E’ stato un piacere John >> gli porge la mano e lui meccanicamente la stringe biascicando un confuso << Anche per me >>. Lo vede uscire con la chitarra in mano e l’incedere allegro e libero da ogni pensiero. Credeva di essersi abituato al cambio repentino di umore e comportamento di una persona, ma a quanto pare non è così.
“Ti rendi conto dell’occasione che stai perdendo?”, grida il soldato nella sua testa. Senza farselo ripetere una seconda volta, John corre verso la porta e in un attimo è per strada.
<< Peter! >> lo chiama camminando veloce verso di lui. Il ragazzo si ferma e si volta sorpreso.   << Se non hai dove andare per stanotte posso ospitarti io >>.
<< Sei molto gentile, John, ma non voglio approfittare della tua cortesia >>.
<< Permettimi di insistere. Fa freddo e i tuoi abiti sono troppo leggeri per stare tra gli irregolari >>.
<< Come darti torto. Allora accetto, grazie >>.
Si dirigono alla metro camminando uno di fianco all’altro. John non ha idea di come finirà la giornata. Questo ragazzo affascinante potrebbe essere un feroce assassino o un ladro che ripulirà l’appartamento scappando alle prime luci del giorno. Sa ben poco di lui eppure, nonostante i suoi problemi di fiducia, non ci ha pensato due volte ad ospitarlo a casa sua.
Non ha mai invitato nessuna delle sue donne a trascorrere la notte a Baker Street. Si è raccontato fosse per evitare trovassero le parti di cadavere nel frigo o fossero svegliate in piena notte dal violino o ancora che lui piombasse in camera sua con una delle sue folli intuizioni da seguire immediatamente, sorprendendoli nel sonno o in qualcosa d’altro.
Lui però ora non c’è e non tornerà più tra quelle mura. Infondo ha ancora le chiavi e l’affitto per questo mese è regolarmente pagato. La signora Hudson è dalla sorella e non ha testimoni per questa strana avventura. Persino le telecamere di Mycroft non hanno più alcun motivo per tenere l’appartamento sotto controllo.
Comunica a Greg che non tornerà a casa sua per questa notte. Pensi ciò che vuole di dove la trascorrerà e con chi.
Succeda quel che succeda, nel bene o nel male poco gli importa. Peter gli sorride e non vede altro che sincerità e innocenza in lui. E chi se ne frega se si sta illudendo. Ogni tanto fa bene concedersi un salto nel vuoto.
 
 
[1] Questi versi come i successivi sono tratti dal testo di ‘Dolcenera’ di F. De Andrè

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Buongiorno a tutti
Eccovi il terzo capitolo. Il mondo del giornalismo investigativo mi affascina. Devo ammettere, però, che mi sono presa qualche licenza nel descrivere il modo in cui il team madrileno porta avanti il suo lavoro. Spero vi piaccia e se volete lasciate una recenzione
Alla prossima
Buona lettura
Patty
Capitolo 3
 
Giungono al 221 B con un cartoccio di fish & chips e una birra a testa tra le mani. Il profumo della frittura li accompagna lungo i 17 gradini, John a fare strada e Peter subito dietro. Il dottore apre la porta che da sulla cucina buia e silenziosa.
<< Accomodati >> invita il ragazzo, rimasto educatamente fermo sull’uscio. I suoi occhi scuri si posano sul casino che invade la cucina e un sorriso gli si disegna sulle labbra.
 << Perdona il disordine >> borbotta John imbarazzato. << Il mio coinquilino … >> lascia la frase sospesa, pentito già di averla iniziata.
<< Hai un coinquilino? >> chiede lui volgendo lo sguardo al salotto.
<< E’ via … da un po’ di tempo. E sono stato anch’io via … per lavoro. Sono tornato solo ieri e … non ho avuto molto tempo    per… >> indica con una mano il delirio di oggetti presenti sul tavolo. Non è mai stato bravo a mentire. Piuttosto omette o tace, ma inventare storie non è proprio il suo forte.
<< Non c’è problema >> dice il ragazzo facendo spallucce. Posa il cartoccio in un angolo del tavolo libero dalle cianfrusaglie e fa per prendere una sedia. La sua sedia.
<< In salotto la situazione è meno disperata, vieni >> lo invita a seguirlo e a prendere posto accanto a lui sul divano.
Il silenzio li sorprende nuovamente. Peter osserva la stanza facendo danzare i suoi occhi da un oggetto all’altro.
“Proprio come era solito fare lui”.
John scaccia immediatamente questo pensiero, dandosi dell’idiota. Si concentra sulle mani del ragazzo. Le segue mentre afferrano un pezzo di pesce fritto, lo tirano fuori dal cartoccio per poi avvicinarlo alle labbra. Ne prende un piccolo morso anziché farne un sol boccone.
“A finirle subito non c’è gusto” gli dice lui comparendo tra i suoi pensieri.
“Sta zitto!” lo mette a tacere scuotendo il capo.
Il ragazzo si volta verso di lui sorpreso. Non chiede nulla, limitandosi a sorridergli. I suoi occhi, poi, vengono catturati da qualcosa alle sue spalle. Si alza improvvisamente come aveva fatto nel locale e John lo segue con lo sguardo. Lo vede avvicinarsi al violino adagiato nella custodia aperta, in equilibrio sulle tante carte che coprono ogni superficie dello scrittoio.
<< E’ bellissimo >> sussurra Peter estasiato, avvicinando appena le lunghe dita verso lo strumento senza però toccarlo. Lo stomaco di John sussulta nel vederlo così vicino all’unica cosa da lui trattata con cura e devozione.
<< E’ molto amato >> sussurra Peter avvicinandosi ad ammirarne le rifiniture. Il commento colpisce John. Chi ha posato gli occhi su quel violino lo ha definito pregiato e di valore, limitandosi a vederne la struttura, il materiale e il modo in cui è stato fabbricato. Questo ragazzo, invece, ha colto ciò che solo chi aveva l’occasione di sentirlo suonato dalle sue abili dita poteva intuire.
<< Lui ne ha molta cura >> sussurra John col cuore improvvisamente gonfio di commozione. << Suoni anche il violino? >>. Il ragazzo annuisce senza distogliere lo sguardo dallo strumento. << E’ abituato ad essere suonato tante, forse anche troppe ore al giorno e penso che questa lunga inattività lo stia annoiando. Gli farebbe bene essere coccolato da mani esperte >>.
<< Sei sicuro che possa? I musicisti sono molto gelosi dei loro strumenti >> .
Questo ragazzo inizia davvero a piacergli. Trova delizioso il misto di incertezza e desiderio col quale guarda il violino.
<< Me ne assumo io la responsabilità >>. Infondo, il violino sta vivendo il suo stesso dolore per essere stato abbandonato in modo tanto brusco e improvviso. Dando voce alla sua anima bambina ancora convinta che ogni oggetto sia segretamente vivo, John pensa che abbia bisogno di cantare il suo dolore, di essere ancora una volta, forse per l’ultima volta, percorso da dita gentili e sicure.
Peter prende dalla tasca della giacca una confezione di salviettine imbevute e deterge le mani, asciugandole per bene, poi, con un fazzoletto. Delicatamente prende il violino tra le dita sorridendogli dolcemente. << Buonasera bellezza >>, sussurra con voce carezzevole per poi adagiarlo sotto il mento. Pizzica le corde una ad una. << Perfettamente accordato >> constata compiaciuto afferrando l’archetto. Ne saggia il crine e decide di passarci un po’ di cera, prima di appoggiarlo sulle corde e produrre qualche nota lunga e alcuni accordi. Con sorpresa di John inizia a suonare la stessa ballata che lo ha attirato nella piazza solo qualche ora prima. Le note allegre si diffondono per la stanza e lo avvolgono come una coperta calda.
Lui raramente suonava pezzi allegri. Preferiva sonate più profonde e introspettive come quelle che componeva da sé. Dolci, anche, ma cariche di commozione e a volte angosciose.
“La voce della tua anima tormentata”.
John asciuga veloce una lacrima e volge lo sguardo al ragazzo. Sono di nuovo le sue mani a catturarlo. La sinistra che danza veloce sulle corde e la destra, sicura e decisa nel farle vibrare con l’archetto. Peter tiene gli occhi chiusi, il viso rivolto alla finestra. Concentrato e rilassato allo stesso tempo.    
 “Mi aiuta a pensare”.
No, il ragazzo non sta pensando. Sta amando quel violino, si sta fondendo con lui divenendo un solo canto, un’unica vibrazione.
Succedeva anche a te?”.
La ballata si conclude e Peter volge a lui lo sguardo prima di ricominciare a suonare.
“Questa è per te”, gli dicono nuovamente i suoi occhi mentre le note di un pezzo a lui noto si diffondono nella stanza.
Quando si risvegliava dai suoi incubi gridando, madido di sudore e colmo di orrore, quella stessa melodia saliva su raggiungendolo nella sua stanza. Lo avvolgeva nel suo caldo abbraccio, lo cullava piano accompagnandolo verso un sonno più tranquillo. Questa stessa melodia, ora, lo raggiunge come un dolce lamento. Il violino sta cantando il suo dolore toccando le corde stonate della sua anima ancora troppo scossa. Vorrebbe chiedere a Peter di fermarsi, di smetterla.
 “Cristo, perché hai scelto proprio questo brano?”.
I suoi occhi non lo mollano un solo istante. Sono seri, dolci quanto la melodia che le sue mani agili stanno ricreando. Poi di colpo li chiude e si volta di profilo rivolto alla finestra. La sua stessa posa, quella che gli permetteva, quando era seduto alla sua poltrona, di ammirare le spalle forti muoversi al ritmo della musica facendo danzare la vestaglia grigia. Allo stesso modo le spalle larghe di Peter si muovono sotto la giacca rattoppata. Il suo profilo è molto diverso da quello di lui, ma i capelli scuri e mossi, uniti all’altezza e alla corporatura, per qualche strano gioco creato dalla luce e dalla birra glielo ricordano.
“Sì, ma non è lui!” tuona la voce del soldato.       
Hai ragione” concorda alzandosi dal divano per muovere qualche passo verso il ragazzo. Questi si volta sorridente avvicinandosi a lui mentre conclude il pezzo con una lunga nota greve.
<< Aria sulla quarta corda >> recita John.
<< Bach è un balsamo per l’anima >> sospira Peter togliendo lo strumento dalla spalla. La distanza che li separa si riduce ancora di più. Nel silenzio nel quale si riverberano le vibrazioni della melodia i due si guardano negli occhi. Peter aspetta sia John a dire o fare qualcosa, atteggiamento che di solito il dottore non sopporta. Dal suo punto di vista un incontro tra due persone è fatto di reciprocità e di responsabilità equamente distribuite. Questo spirito di adattamento da parte del ragazzo, però, in questo momento è più che perfetto. Gli lascia il tempo di decidere cosa fare, senza ritrovarsi preda di gesti maldestri che generano ripensamenti e frustrazione.
John solleva piano la mano destra ad accarezzare la guancia liscia e olivastra del ragazzo. Questi sorride senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. John percorre con le dita quel sorriso, sentendo sotto i polpastrelli le labbra morbide. Le lascia scivolare ad accarezzare il lungo collo raggiungendo la fossetta giugulare dove arresta la sua corsa. Le labbra di Peter si schiudono appena in un muto invito e John si avvicina deciso. Il ragazzo però si ritrae.
<< Ne sei sicuro, dottore? >> gli chiede con voce calda e appassionata. John annuisce e si avvicina ancora una volta a quelle labbra. << Non voglio tu te ne possa pentire >> aggiunge. John posa le mani sui suoi fianchi magri. << Perché mai dovrei pentirmene? >>, sussurra tentando nuovamente di raggiungere le sue labbra.
<< Questo bacio non è per me >> lo blocca Peter posando le dita affusolate sulle sue labbra. << E non voglio incorrere nelle ire del legittimo destinatario >> aggiunge serio.
John si allontana da lui di un passo incrociando le braccia al petto. Sente la rabbia agitarsi nel ventre. Perché tutte quelle esitazioni? Perché deve riportargli alla mente colui che sta cercando di dimenticare?
 << Tu sei un uomo corretto, un buon soldato, e non mi metteresti mai nella scomoda posizione di essere usato come ripiego >>.
John sbuffa sempre più infastidito. Non sarebbe la prima volta che ripiega su altre compagnie più facili da ottenere.
<< Sì, ma questa sarebbe la prima volta che ripieghi su un uomo >> dice Peter ribattendo alle sue mute osservazioni. << Con le donne hai potuto continuare a mantenere una facciata di normalità. Sul campo di battaglia in Afganistan di normale non c’era nulla, allora ti è stato più facile lasciare libero sfogo anche a quel lato di te. Una volta tornato, però, la cosa più difficile da fare è stata proprio imbrigliare nuovamente questa parte. Quando lui ti ha permesso di vivere la battaglia anche in mezzo alla civiltà, allora tutto si è fatto confuso. Saltare da una donna all’altra ti è servito ad ancorarti a una normalità pregiudizievole. Ora lui, però, non c’è e tu non hai più nulla da perdere. Neppure la tua reputazione, a quanto pare >>.
John fa un altro passo indietro. L’idea che il ragazzo sia in grado di leggergli nel pensiero lo avrebbe già sconcertato se non avesse trascorso l’ultimo anno e mezzo in compagnia di un uomo capace di riconoscere un pilota d'aerei dal suo pollice destro. Si chiede comunque come diavolo faccia il ragazzo a conoscere tutte queste cose.
“Tu guardi ma non osservi … e neppure ascolti!”
“Cristo, hai ragione!” concorda con lui, vedendo le tessere del puzzle unirsi e tutto divenire chiaro. Da che John gli si è avvicinato Peter ha detto di lui cose che non poteva sapere, dal momento che non gliele ha chieste e lui non gliele ha raccontate. Lo ha chiamato dottore, poi soldato e in ultimo se ne è uscito con questa verità solo a lui nota. Chi è il musicista di strada che ha davanti?
“Osserva, John!”
Le sue mani che battono il tempo sul corpo della chitarra gli tornano alla mente. Battono e ribattono su quell’adesivo, sulla piccola volpe rossa.
Peter ride compiaciuto.
<< A quanto pare mi ha dato retta, il maledetto >> annuisce soddisfatto. Seguito dallo sguardo diffidente di John prende una salviettina imbevuta dalla confezione e picchietta la fronte all’attaccatura dei capelli. << Gli avevo raccomandato di trovare un assistente fidato ed eccoti qua >>. La salviettina diventa scura come la sua pelle e lui la butta via per poi strofinare le dita sulla fronte. John stupito vede una pellicola iniziare a venire via tirata dalla sue lunghe dita.
<< Mi ha scritto e-mail molto entusiaste su di te >>. Peter strappa via l’ultimo lembo di pelle finta dal collo rivelando un incarnato pallido puntellato di efelidi scure. Porta le mani alla nuca e affonda le dita sotto i lunghi capelli. Poco per volta li solleva come stesse togliendo un berretto.
<< Non è facile fare breccia nella sua mente e ancor più complicato è arrivare al suo cuore e tu, John Hamish Watson, sei riuscito a ricavarti un posto in entrambi >>. Si libera della parrucca e scuote veloce la testa per poi far scorrere la mano tra ricci arruffati, rossi come una fiamma viva.
John è del tutto senza parole. A bocca aperta lo vede catturare lenti a contatto dalle iridi scure dai suoi occhi che poi gli punta addosso. Verdi e intensi, si muovono veloci sul suo viso. Lo ha visto il giorno prima ritratto in quelle foto. Lo ha ritrovato insieme a lui nelle scene catturate dalla telecamera su quel palco e ora è qui nel salotto di Baker Street.
<< FireFox >> sussurra senza fiato.
Il ragazzo inclina appena la testa da un lato.
<< Lui non ti ha parlato di me >> afferma e gli smeraldi che ha per occhi diventano guardinghi.
<< Ho trovato un articolo di giornale, alcune vostre foto e una tua lettera >> ammette e i lineamenti del viso del ragazzo si distendono.
<< Perdonami per aver flirtato spudoratamente con te >> dice alzando le mani. << Avevo bisogno di vederci chiaro. Anche per me è stata una notizia sconvolgente. Non potevo però mettermi direttamente in contatto con te e uscire allo scoperto >>.
<< Perché no? >> chiede John stanco di tutti quei sotterfugi.
<< Preferisco che Mister Governo Inglese resti fuori da questa storia e aggirarlo nel suo territorio è ancor più difficile che        altrove >>.
Non si aspettava di sentir tirare in ballo Mycroft. La stima che FireFox ha di lui è pari alla sua e questo aiuta John ad arginare la rabbia che prova.
<< L’unica soluzione che ho trovato è stata quella di venire qui a Londra sotto falso nome. Dal giorno del suo funerale ho scandagliato la città alla ricerca di tutte le informazioni utili per chiarirmi le idee e non ti ho perso di vista un solo istante. >>
<< E tutto questo lo hai fatto da solo? >> ridacchia John incredulo.
<< Certo che no, dottore >>.
Trasale alla voce che improvvisa giunge alle sue spalle.
<< Sempre in contatto e mai da soli, è la nostra prima regola >>. La ragazza di colore incontrata al cimitero quella mattina avanza adagio verso di lui. Lo supera e si ferma accanto al giornalista. John sente tremare le ginocchia e richiama a sè tutte le forze per non svenire.
<< Scusa per l’entrata a effetto. Passare dalla sua camera sarebbe stato più facile ma ho pensato che non ti sarebbe piaciuto la violassi. Sono entrata dal lucernaio della tua stanza, spero tu possa perdonarmi. A proposito, mi chiamo Mistica, ma sono soliti chiamarmi Misty >> gli tende la mano affusolata e aggraziata e quando la stringe titubante John la scopre essere carica di una forza che non avrebbe immaginato.
<< Come … come ci riuscite … voi cambiate del tutto fisionomia, corporatura … e tu, tu sembri in grado come lui di dedurre ogni cosa con un solo sguardo è … è   fantastico >>. John non può fare a meno di ammirarli, nonostante l’idea di essere stato pedinato e spiato anche nei suoi momenti più intimi non gli piaccia per nulla.
<< Ogni cosa a suo tempo, Johnny caro >> dice la ragazza strizzandogli l’occhio << Fox, penso sia il caso di venire al sodo. Sky ci da altri dieci minuti, non di più >>. La ragazza si accomoda sulla poltrona di John, accavalla le lunghe gambe scure e volge lo sguardo alla finestra.
<< So che hai molte domande per la testa, John, ma come hai sentito non abbiamo molto tempo. Pensi ti sia possibile ascoltarmi e fidarti di me? >>.
Fox ha una voce carezzevole e tranquilla. Non è veloce e concitata, come lo era la sua, quando illustra le sue deduzioni, né tagliente e aggressiva quando si rivolge agli altri. Riesce a trasmettere sicurezza e John trova che sia la più alta forma di potere e potenza. Non essere falsi, ma controllare le proprie emozioni senza nasconderle, ottenendo così la fiducia di colui al quale ci si sta rivolgendo. Chi è diffidente per natura, però, coglie tutte le sfumature, soprattutto quelle troppo marcate.
<< Hai la mia attenzione e tutta la mia curiosità. In quanto alla fiducia … >>.
<< Mi farò bastare le prime due. Come ti dicevo ho avuto bisogno di chiarirmi le idee su questa faccenda. Il ragazzo che ho conosciuto anni fa’ non si sarebbe mai buttato da un tetto perché sopraffatto dalle voci che un pazzo ha messo in giro sul suo conto. Billy se ne è sempre fregato del giudizio degli idioti con i quali si trovava ad avere a che fare. Tu sai bene quanto me che è così >>.
John non aveva osservato la cosa da questo punto di vista. D’altronde lui guarda ma non osserva e ora che sta osservando in effetti sono troppe le cose che non tornano. Va bene lo stress causato da Moriarty, va bene anche l’infamia e tutto ciò che comporta, ma Fox ha ragione: non era tipo da farla finita autoproclamandosi essere una frode.
<< Tu credi in lui >> constata Fox. << Non te la sei bevuta nemmeno per un attimo la storia della frode >>.
<< Assolutamente no >> .
<< Ne ero convinto >> sorride il ragazzo e sono di nuovo avvolti dal silenzio. Gli occhi verdi di lui lo fissano tranquilli dandogli nuovamente le redini della conversazione.
<< A quali conclusioni sei giunto? >>.
<< Lo sai, lo hai capito >>.
<< Ho bisogno di sentirtelo dire >>.
<< L’unica frode che c’è stata su quel tetto è stato il suo suicidio >>.
John sente la testa girare e a fatica raggiunge il divano sul quale si siede.
<< Non aveva più polso, Fox. Come può essere … >>. Stava giocando con una pallina nel laboratorio del Bart’s. Cosa insolita per lui anche in una situazione di stress. Con la giusta pressione una pallida di quel tipo può causare un rallentamento dei battiti tale da rendere il polso inerte.
<< Proprio così >> concorda Fox prendendo posto al suo fianco. << Gli irregolari lo hanno aiutato a organizzare tutto quanto. Loro e qualcun altro >>.
<< Chi? >>
<< Molly e Mycroft >>.
John è furente di rabbia. Non ha pensato due volte a chiedere l’aiuto dei suoi fidi irregolari e quello di Molly e si è rivolto persino a Mycroft che ha sempre detestato. A lui non ha pensato un solo istante. Lo ha tenuto fuori dai giochi lasciandolo a piangere e disperarsi per aver assistito impotente alla sua morte.
<< Ti sbagli >>.
<< Senti, cosa cazzo vuoi saperne tu di … >>. Il ragazzo lo interrompe piazzandogli la mano dinanzi al viso. Il suo sorriso però questa volta non gli sarà sufficiente a calmarlo.
<< Sei qui a farti venire la carogna pensando a quanto sia stato ingiusto con te, il suo collega, il suo fidato blogger e unico amico. Preferire addirittura l’odiato fratello a te, quale infamia! Stai permettendo, però, a tutto questo di allontanarti dall’unica domanda ovvia, John >>.
<< E quale sarebbe questa domanda ovvia, sentiamo? >>.
<< Perché lo ha fatto? Perché ti ha lasciato fuori? >>.
<< Già : perché? >>.
Fox scuote il capo sconsolato e trafigge i ricci rossi con le dita. Prende un lungo respiro e lo osserva paziente, ma l’atteggiamento da sto-per-tentare-di-spiegare-nel-modo-più-semplice-possibile-il-concetto-a-questo-mentecatto non gli va giù.
<< Ricordi cosa ha detto Moriarty in quella piscina? Cosa ha detto che gli avrebbe fatto se avesse continuato a mettere il naso nei suo affari? >>.
E questo cosa diavolo c’entra?  E soprattutto come fa lui ad esserne a conoscenza?
<< Ha detto che gli avrebbe bruciato il cuore >>.
<< Proprio così. Tu sai cos’è una vendetta trasversale, John? >>.
Batte le palpebre stupito da quella domanda. << E’ una cosa … da mafia. Quando anziché agire sul diretto interessato si colpiscono i suoi … >>.
La verità arriva diretta alla testa come una bastonata.
<< Esatto, proprio così >> conferma Fox soddisfatto.
<< Cristo … sono proprio un idiota >>.
<< No, non credo. Piuttosto privo di autostima e del tutto cieco dinanzi all’evidenza, sì, ma non idiota >>.
<< Quindi luilui mi ha tenuto fuori perché ha voluto … proteggermi dalla vendetta di   Moriarty >>.
<< C’erano tre cecchini pronti a fare fuoco ognuno su una delle persone a lui più care: Lestrade, la signora Hudson e te, ovviamente. Se non si fosse ucciso quei tre avrebbero posto fine alle vostre vite e non poteva permettere accadesse. In questo siete simili, John: piuttosto che fare del male a chi amo, fatene a me >>.
<< Dov’è adesso? >> .
<< Si è cacciato nei guai, ovviamente >>.
<< Perché? >>.
<< Perché si sta fidando della persona sbagliata >>.
<< Mycroft! >> ringhia saltando su in piedi, i pugni chiusi pronti a far battaglia.
<< Come ti dicevo non sei un idiota >> ride Fox alzandosi a sua volta in piedi. << Billy vuole smantellare la rete di Moriarty e il fratello lo sta aiutando a compiere l’impresa >>.
<< Lui che a Moriarty lo ha venduto? Ma come può non rendersi conto di tutto questo? >>.
<< Ci sono cose, John, che pur avendo sotto il naso preferiamo non vedere. Direi che ne sai giusto qualcosa anche tu >> gli strizza l’occhio mettendolo in imbarazzo. Improvvisamente porta la mano destra all’orecchio e annuisce. << E’ una storia lunga e il nostro tempo è agli sgoccioli. Conto di andare fino in fondo a questa storia, John, perché per quanto sia tornato qui Billy è uno di noi. Ti ho avvicinato oggi perché trovo maledettamente ingiusto ciò che vi stanno facendo. Lui laggiù a rischiare la vita e tu qui a lasciartela scivolare tra le dita. Nemmeno nelle peggiori soap opera argentine arriverebbero a tanto! Ti propongo di unirti a noi, voglio sia una tua libera scelta e voglio che tu sappia che se accetterai dovrai morire >>.
<< Nel senso che sarà pericoloso e potrei morire? >>.
<< No, no, nel senso che dovrai proprio morire. Come ha fatto lui. Sei ancora in pericolo, John, per questo Billy si sta impegnando a smantellare la rete di Moriarty. I cecchini sono stati catturati, ma la vendetta trasversale non può rimanere incompiuta. Se deciderai di unirti a noi dovremo inscenare la tua morte. Abbiamo anche noi i nostri assi nella manica e siamo in grado di farlo bene senza destare dubbi. Il punto è: sei disposto a far vivere a coloro che ti amano e che riceveranno la notizia lo stesso dolore che tu hai vissuto? >>.
Torna il silenzio, questa volta carico di attesa. Al di là di Hanry non ha nessun altro che potrebbe piangerlo al punto da provare il suo stesso dolore. Sente salire il senso di colpa nei confronti della sorella ma subito lo blocca. Lei ha sempre fatto le sue scelte senza badare mai troppo agli effetti devastanti che avevano sugli altri. Perchè mai dovrebbe farsi scrupoli? Lui è importante, maledettamente importante e se davvero è vivo, se davvero ha realizzato il miracolo che lui gli ha chiesto, allora non può restare lì con le mani in mano a far finta di niente.
<< Sapevo di potermi fidare di te >>. Fox gli posa una mano sulla spalla e la stringe appena.
<< Non mi avresti raccontato tutto questo se non avessi avuto già la certezza della mia risposta, vero ? >>.
<< Lo vedi che non sei un’idiota? >>.
Mistica compare alle spalle di FireFox, talmente rapida da cogliere John di sorpresa. Con mani esperte rincalza una parrucca bionda e liscia sulla testa di Fox, ci lega attorno una bandana blu, sfila la giacca rattoppata, la mette al contrario e lo aiuta a indossarla.
<< E se invece lo fossi e mi stessi fidando dei complici di Moriarty che mi stanno intortando con una storia paradossale? >>.
Mistica ridacchia mentre con un gesto secco strappa via la parte posteriore dei jeans di Fox che, a quanto pare, erano tenuti uniti dal velcro a un altro paio di pantaloni neri lisi e strappati in più punti.
<< L’articolo e le foto di cui mi hai parlato dovrebbero aiutarti a dipanare questo dubbio >> risponde Fox togliendo le scarpe e indossando l’altro paio che Mistica ha fatto magicamente comparire dalla sua borsa.
La risposta non fa una piega. Se lui si è fidato di questa gente, di FireFox, al punto da dedicargli una scatola non vede perché non debba fare altrettanto.
<< Appunto >> concorda Fox, mentre applica una finta barba bionda al viso. << Domani il tuo compito sarà quello di dire in giro di essere intenzionato a partire per un viaggio. Sky ti prenoterà un biglietto per Sedbergh e una stanza d’albergo >>.
<< Sedbergh? Perché proprio lì? >>.
<< Perché è un luogo a te caro, dove hai trascorso molte vacanze, prima con i tuoi familiari e poi con gli amici. Chi decide di compiere il gesto estremo a volte sceglie luoghi significativi che evocano la felicità perduta. Lo Yorkshire Dales National Park, quindi, sarà il tuo buon posto per morire >>.
<< No, aspetta un momento … io dovrò … suicidarmi? >>.
<< Certo. Altrimenti dove va a finire l’atmosfera da soap opera argentina? >>.
Mistica soffoca una risata mentre si cambia d’abito assumendo una nuova identità. John trova divertente l’humor nero, ma in questo momento non riesce proprio a farsi una risata. Fingere la sua morte suona già strano, ma per un motivo superiore può anche accettarlo. Suicidarsi, invece, gli sembra così assurdo.
<< Ci hai pensato tante volte, John. Sia prima di conoscerlo che in questi giorni >>.
<< Pensarci è una cosa farlo un’altra, Fox >>.
<< Non lo farai per davvero >>.
<< Ma gli altri crederanno che lo sia >>.
<< E dal momento che uno dei timori più grandi della tua terapeuta e persino di Mycroft è quello che tu lo commetta per davvero questo renderà ancor più plausibile la tua dipartita >>.
La logica di FireFox è schiacciante e tragicamente realistica. Immagina già i titoli sui giornali e in quanti si sperticheranno a rimarcare come allora davvero fossero una coppia e a come non sia riuscito, il dottorino, a sopravvivere alla morte del suo adorato consulente investigativo.
<< Tutto questo è un problema per te, John? >> .
Gli occhi verdi di FireFox lo scandagliano restando fissi nei suoi. John ha sempre avuto poco tempo per prendere le decisioni più importanti nella sua vita.
<< No, non lo è >> risponde raddrizzando la schiena.
<< Bene >> annuisce soddisfatto il giornalista. << Porta lo stretto indispensabile con te. Domani sera ti faremo recapitare i biglietti e l’orario di partenza del treno. Non cercarci tra la folla, non guardarti attorno, non dare segni di nervosismo. Una volta arrivati a Sedberg saremo noi a farci riconoscere >>.
<< Temo che dovremo usufruire entrambi del lucernaio della tua stanza questa volta, John >> gli dice Mistica, che ora sfoggia una lunga chioma bionda e un abbigliamento sportivo simile a quello di Fox. I due ragazzi si bloccano improvvisamente. Portano entrambi la mano all’orecchio destro e poi si scambiano uno sguardo e un cenno d’intesa.
<< Dobbiamo uscire dalla finestra sul retro >> lo informa FireFox indicando la cucina.
<< Certo, ma cosa è successo? >>.
<< Sky ha dovuto abbandonare la telecamera che vi tiene sotto controllo >> risponde Mistica indicando la finestra che ha tenuto d’occhio per tutto il tempo.  << Quel bastardo è furbo >>.
<< Disperato, Misty. E non c’è nulla di più pericoloso di un furbo quando è preda della disperazione. Ti spiegheremo tutto a tempo debito, John >> dice cogliendo la sua confusione.  << Cerca di riposare questa notte e grazie per la cena >>.
Li segue con lo sguardo mentre entrano in cucina e uno dopo l’altro con agilità si calano giù dalla finestra. Rimasto solo John si abbandona sul divano. Prende la testa tra le mani e dopo qualche respiro profondo si lascia andare ad una sonora risata liberatoria.
<< Pensavo di concludere la giornata con una bella scopata fuori programma e invece ho scoperto di stare per morire. Oddio, questo è un sogno, non può che essere così. Devo essermi addormentato davanti all’ultimo film di James Bond, è l’unico modo in cui riesco a spiegarmi quei nomi assurdi e il trucco da prestigiatore che ha permesso loro di assumere due fisionomie diverse nel giro di cinque minuti >>.
Ridendo sale alla sua camera. Il lucernaio è aperto e sul piumone sono ancora visibili le impronte dei piedi della ragazza che si è calata giù dal tetto. No, a quanto pare non è stato un sogno.
<< E se non è un sogno allora … allora vuol dire che tu sei vivo. Sei vivo per davvero! >>.
Il blocco che gli ha pesato sul petto e sullo stomaco in quelle settimane si scioglie di colpo. Le ginocchia non lo reggono più e cade giù a pochi passi dal letto.
<< Quello che vi hanno fatto non è giusto >> ha detto FireFox e lui concorda. Non è giusto. E nell’ingiustizia lui non ci sta bene.
<< E voglio la verità, la verità su tutta quanta questa storia. La voglio da Fox, ma soprattutto la voglio da te Sherlock! >>.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Buongiorno a tutti!
Eccovi il quarto capitolo. Non sono mai stata nello Yorkshire e mi sono presa qualche ‘licenza poetica’ nel descriverlo, sia in questo che nel prossimo capitolo. Abbiate pietà di me voi che ci siete stati e non me ne vogliate.
Questo capitolo parla di addii e di quanto siano importanti. Spero vi piaccia, fatemelo sapere con una recensione.
Buona lettura
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 4
 
There’s nothing left to try
There’s no place left to hide
There’s no greater power
Than the power of goodbye[1]
 
 
<< Sì, ho bisogno di cambiare aria per un po’. Sono anni che non mi concedo una vacanza e lo Yorkshire Dales National Park è bellissimo in questo periodo >>.
Hanry lo ascolta entusiasta. Dalla sua morte lo ha cercato assiduamente, preoccupata che il gesto estremo del suo amico lo spingesse a compiere qualcosa di estremo a sua volta.
“In effetti, Hanry, pare stia per uccidermi. Ma solo per finta, così, giusto per dare un po’ di brio a questa vita piatta e grigia”.
A stento trattiene una risata, spenta subito dal senso di colpa per quello che sta per farle. Hanry, allegra, rinvanga i ricordi delle loro estati trascorse nella valle fluviale, quando si arrampicavano fin sulla cima della cascata Cautley Spout.
<< Ti voglio bene sorellina >> dice prima ancora di rendersene conto. Hanry si zittisce dando l’idea di essere rimasta senza fiato.
<< Sei sicuro di stare bene, Johnny? >> .
<< Devo essere per forza malato per dire a mia sorella che le voglio bene? >>.
<< Dal momento che non lo hai mai fatto direi di sì >>.
<< Posso assicurarti, invece, che scoppio di salute e che davvero ti voglio bene, tanto >>.
<< Ok, sei ufficialmente riuscito a farmi commuovere >>.
<< Questo sì che è un avvenimento eccezionale! >>.
<< Gnomo malefico >>.
<< Brutta strega >>.
Ridono entrambi tornando bambini, quando, chiusi nella loro cameretta, facevano la lotta e si prendevano a parole finchè la madre non irrompeva intimando il silenzio.
<< Abbi cura di te, ok? >>.
<< Sono sobria da mesi e Annette mi aiuta nei momenti di sconforto >>.
<< Santa donna! >>.
Sapere che non sarà da sola quando l’avvertiranno della sua dipartita e soprattutto del modo in cui è avvenuta lo solleva. Ancora più pesante sarebbe il senso di colpa se la sapesse ripiombare nel baratro dell’alcool a causa sua dopo essere finalmente riuscita ad uscirne.
Scopre di non avere molta voglia di concludere la telefonata. Lascia che sia la sorella a farlo al posto suo. La saluta con un ennesimo ‘ti voglio bene’ e il silenzio carico dell’assenza della sua risata argentina e imbarazzata gli strappa lacrime di commozione.
 
<< John, caro, sei tornato! >>.
La signora Hudson esce dal suo appartamento raggiungendolo all’ingresso.
<< Credevo fosse ancora da sua sorella >>.
<< Sono arrivata da poco. Preparo il the >> dice scomparendo al di là della porta.
John sale lento le scale. Le gambe gli sono diventate di colpo pensanti. Raggiunge la sua poltrona e si lascia cadere sul cuscino con la bandiera inglese. Sente la padrona di casa canticchiare dabbasso.
<< Oh cristo >>. Non ci aveva pensato. Quando FireFox gli ha chiesto se fosse disposto a far soffrire i suoi cari così come lui ha sofferto ha pensato solo ad Hanry, la sua unica parente vivente. La famiglia, però, è un concetto strano. Ne diventano parte anche persone con le quali non si condivide il patrimonio genetico e, anzi, con queste spesso si intrecciano rapporti più profondi e sinceri.
La signora Hudson, colei senza la quale l’Inghilterra crollerebbe, è l’anima del 221B. Più del violino suonato nel cuore della notte, più di lui e dei suoi esperimenti. Questa donna con il suo the sempre pronto, i suoi biscotti fragranti preparati con amore e una perenne nota di affetto nella voce, li ha adottati accettandone i difetti e decantandone orgogliosa i pregi.
<< I miei ragazzi >> così è solita chiamarli, come fossero più dei figli che dei semplici inquilini.
John appoggia i gomiti alle ginocchia e prende la testa tra le mani. << Fa che non crolli, ti prego >> sospira, mentre la sente salire le scale e varcare la soglia con un sorriso radioso sulle labbra. Versa il the in una delle sue tazze dal sapore antico e glielo porge. La ringrazia ricambiando il sorriso. La vede versare il the nell’altra tazza, prenderla in mano e guardarsi intorno indecisa su dove sedersi. Volge lo sguardo alla sua poltrona per poi distoglierlo velocemente.
<< Venga >>. John si alza e la invita a sedersi con lui sul divano.
<< Io … non riesco a sopportare di vederla vuota >> sussurra la donna scoccando un’occhiata alla poltrona. << Scusami, John, so che di lui non vuoi parlare, ma … fosse stato per me avrei buttato via tutto, ridipinto le pareti e cambiato l’arredamento ma suo fratello mi ha pregata tanto di tenere tutto così com’è. Continuerà a pagare l’affitto, sai? >>.
<< Sì, me lo ha detto >>.
<< Io però non capisco che senso abbia. Non riesco a vedere questo posto abitato da nessun altro, ma tutto questo silenzio… >> porta una mano stanca e tremante al viso scosso da singhiozzi malamente trattenuti. John le passa un braccio attorno alle spalle attirandola a sé.
<< Non è giusto, John. Non doveva finire così >>.
<< Lo so. Ma è così che è andata >>.
<< Quando l’ho conosciuto sembrava uno di quei galletti che nonostante siano spennacchiati dai continui attacchi dei galli più forti se ne vanno in giro col petto in fuori e quell’aria di arrogante superiorità. Mi ha fatto una tenerezza infinita >>. Si abbandona al pianto appoggiata alla sua spalla. John non può fare a meno di ascoltarla. Sente di doverglielo, dopo essere sparito senza dirle una parola lasciandola sola nel suo dolore.
<< Era venuto per vedere mio marito. Ho capito subito fosse uno di quei poveri ragazzi ai quali vendeva quella robaccia, si portava addosso tutti i segni dell’astinenza. Io… non mi ha trovata nelle condizioni migliori >>.
<< Cosa le era successo? >>.
<< Prima di partire per gli Stati Uniti, mio marito… ha avuto uno di quei suoi momenti di luna storta >>. Si stringe nelle spalle accoccolandosi ancor di più tra le braccia di John. << Nonostante stesse male gli è bastata una sola occhiata per capire cosa mi era successo. ‘Non deve permetterglielo mai più, se ne vada via da qui, lo lasci!’ ha iniziato a gridare. Ricordo che teneva le braccia protese verso di me e le mani vicino alle mie spalle senza però toccarmi. Sembrava indeciso, come non avesse mai abbracciato nessuno. Sai, John? Io credo che sia stato davvero così. È possibile che abbia ricevuto abbracci, questo non lo metto in dubbio, ma non credo se ne sia mai concessi >>.
<< Con lei se li concedeva. Baci e abbracci >>. La donna ride tra le lacrime posando la mano sulla sua appoggiata alla spalla fragile.
<< Non sei qui per restare, vero John? >> chiede allontanandosi da lui .
<< Ho deciso di fare un viaggio. Ho bisogno di cambiare aria >>.
<< Oh. Penso sia una buona idea. Dove? >>.
<< Yorkshire >>.
<< Yorkshire? Con tutto il mondo a disposizione tu vai nello Yorkshire? >>. La donna ride di gusto e lui le fa compagnia ridendo fino alle lacrime. << Oh, John, mio caro John >> dice posandogli una mano sulla guancia. << Uno come lui è difficile da dimenticare, ma, ti prego, vai avanti e non sentirti in dovere nei miei confronti. Sono solo la tua padrona di casa, infondo, e se per me è così difficile posso immaginare quanto ancor di più lo sia per te >>.
Vorrebbe dirle che si sbaglia, che si è sbagliata fin dall’inizio e che continua a sbagliarsi. Che loro non sono mai stati una coppia. Eppure quella frase automatica che gli sale alle labbra ogni volta che qualcuno travisa la loro condizione ora non si ripropone. E’ davvero morto con lui sul marciapiede del Bart’s. E’ autentico il vuoto che ancora prova e che sembra essere incolmabile. Forse si chiuderà solo quando lo rivedrà vivo dinanzi a sé. Non ha provato nulla di simile neppure per la morte dei suoi genitori, dovrà pur significare qualcosa.
<< Ha impegni questa sera? >>.
<< John Watson, mi sta forse invitando a cena? >> trilla, falsamente indignata portando una mano al petto.
<< Temo proprio di sì, signora >>.
<< Oddio non me lo aspettavo. Pensi sia sconveniente, così presto da … >>.
<< Lui non se ne farebbe problemi. Queste sciocche convenzioni sociali! >>
<< Hai ragione. E dove andiamo? >>.
<< Ovunque lei voglia: stasera è mia ospite >>.
Avrebbe voluto invitare a cena sua madre. Avrebbe voluto poterla guardare come ora sta guardando lei e provare questo immenso affetto filiale. Avrebbe voluto sentirla ridere, emozionata all’idea di essere loro due seduti a un tavolo. Lei e suo figlio, il suo orgoglio. Era così lontana, però, la signora Watson. Così abbarbicata sui suoi precetti religiosi, sulle sue regole sociali, la sua educazione che tutto prevedeva tranne che la capacità di dare amore. Solo giudizi, taglienti e crudeli. La stessa donna che buttò Hanry fuori di casa, disconoscendola come figlia per aver avuto il coraggio di dire la sua verità. La stessa che se lo sapesse così provato dalla morte di un uomo che altri non era che un semplice amico gli griderebbe un secco ‘Ma insomma, John, datti un contegno!’.
 
<< L’ho fatto anche io dopo il divorzio. Ero a pezzi e devo dire che cambiare aria un po’ mi ha aiutato >>.
Greg beve un sorso di birra e si asciuga le labbra con le dita secche rovinate dalla nicotina. Si sono dati appuntamento per un aperitivo nel solito pub. Prima sarebbe stato difficile trovarlo libero nel bel mezzo del pomeriggio, ma l’inchiesta che è stata aperta ai suoi danni per aver permesso loro di ficcare il naso un po’ troppo spesso negli affari di Scotland Yard gli ha fatto guadagnare prima una sospensione e poi una riassegnazione a mansioni secondarie. Gregory Lestrade, però, è abituato a prendere la vita con filosofia. La morte di quello che considerava un amico lo ha provato molto più di tutte quelle scartoffie burocratiche.
<< Dove sei andato? >>.
<< Al caldo sole delle Canarie! Due settimane di mare e relax. Ero già stufo dopo il terzo    giorno >> ride e John si unisce a lui. FireFox non gli ha dato istruzioni in merito, ma non ci vuole un’intelligenza superiore per capire che ciò che sta per fare sarebbe meglio non lo facesse. Però sente il bisogno di tentare quella strada, per avere il punto di vista di una persona della quale ha imparato a fidarsi. Insomma, sta per inscenare il suo suicidio, avrà anche il diritto di scegliere come mettere a tacere la sua diffidenza.
<< Senti Greg, ti risulta che… che lui sia stato in Spagna in passato? >>.
<< Sì. Anche abbastanza a lungo. Ho pensato non sarebbe più tornato e invece me lo sono ritrovato davanti dalla sera alla mattina >>. Greg lo osserva guardingo. Ci va coi piedi di piombo quando l’argomento gira attorno a lui. Una delicatezza della quale gli è grato, ma che adesso non è necessaria.
<< Era per un caso? >>.
<< Ovvio! Non mi risulta si sia mai mosso per qualcosa che non riguardasse un caso. Era stata una brutta storia. Una di quelle che non si vuole sentire e si fatica a raccontare >>.
<< Un omicidio? >> .
<< Peggio >> sospira Greg scuro in volto. << Avevamo trovato il corpo di una bambina di appena cinque anni. Stuprata, mutilata e lasciata morire. Sher… >>, si interrompe lanciandogli un’occhiata furtiva, << lui aveva dedotto che il suo carnefice fosse rimasto al suo fianco a guardarla morire >>.
<< Mio dio >>.
<< No, John. Non dio. Non può esistere un dio che permette accadano simili cose >>.
Un silenzio greve cala tra i due uomini. Parlare di lui porta spesso a silenzi assordanti e carichi del peso della mostruosità dei casi che era solito accettare.
<< C’è stato un momento in cui l’ho visto vacillare >> continua Greg rompendo il silenzio. << Inginocchiato accanto a quel corpicino freddo, l’ho visto tremare e farsi pallido e per un attimo ho pensato che non avrebbe accettato il caso >>.
<< E invece cosa è successo? >>.
<< Mi ha mandato un messaggio il giorno dopo dicendomi di avere una pista. Aveva scoperto delle somiglianze con dei casi avvenuti in altri paesi. Due in Francia, uno in Germania e quattro in Spagna >>.
<< Un pedofilo stupratore seriale? >>.
<< Già >> risponde secco Greg vuotando il bicchiere con un ultimo lungo sorso. << Dopo qualche giorno ha ricevuto la visita di un ragazzo >>. Un brivido attraversa la schiena di John .
<< Un ragazzo rosso di capelli? >>. Greg lo guarda stupito << Sì >> risponde senza distogliere lo sguardo da lui.
<< Ho trovato delle foto in una scatola mentre mettevo a posto alcune cose ieri sera >> risponde alla muta domanda del detective.
<< Allora avrai capito perché mi ero convinto di non vederlo più tornare in patria >> ridacchia ordinando un'altra birra. << Lo ha rapito. In ogni senso >> aggiunge guardandolo appena. << Lui era invadente, arrogante e se ne fregava di come la gente reagiva a quanto diceva, lo sai. Quel Fox, invece… C’era qualcosa nel suo sguardo che inquietava. Poi, però, si apriva in un sorriso cordiale e i suoi modi gentili cancellavano ogni traccia di inquietudine. Tanto che non facevi più caso al suo modo quasi magico di leggere le emozioni solo guardandoti >>.
<< Che cosa? >> chiede stupito John.
<< Hai mai sentito parlare del team di giornalisti investigativi di ‘El Mundo”? >>.
<< Ho visto alcuni reportage delle loro inchieste. So che sono i migliori anche se molto poco ortodossi >>.
<< Del tutto fuori da ogni legge, direi >> sbuffa Greg attaccando la nuova birra. << Perseguono la verità ad ogni costo >>.
<< Hasta la verdad, siempre >> sussurra John.
<< Esatto. Lui ne era rimasto affascinato. Dal modo in cui Fox era in grado di scoprire cosa gli altri provassero solo guardandoli e da come riusciva a far loro dire la verità e a scoprire le menzogne >>.
<< Beh, non mi pare così diverso da quanto già non fosse in grado di fare >>.
<< No, John. Tu lo hai conosciuto dopo. Con le deduzioni logiche ci ha sempre saputo fare. Quando l’ho conosciuto era capace, come sai, di dedurre vita, morte e miracoli di chi aveva di fronte anche da un solo particolare. Ma le emozioni sono sempre state un campo a lui estraneo. Fox e i suoi colleghi sono stati i suoi maestri. Quando è tornato da quell’anno trascorso con loro era diverso. Ancor più sicuro di sé ma in qualche modo più… umano. Sebbene, a mio parere, con le emozioni non ci abbia mai preso. Ad ogni modo mai umano come è diventato grazie a te >>.
John rischia seriamente di strozzarsi con la birra, cosa che fa ridere di gusto Greg.
<< Ma che vai dicendo? >> sputacchia paonazzo.
<< L’evidenza, John. Tu riuscivi a contenerlo, a zittirlo persino, e spesso ti bastava un’occhiataccia. Pensi che suo fratello si sarebbe fidato di te se non avesse notato quanta influenza avevi su di lui? >>.
Quando si è immersi in una situazione non ci si accorge delle dinamiche spontanee che si attuano finchè chi guarda da fuori non le fa notare. Certo avere a che fare con lui, con il suo umore ballerino, la sua testardaggine e i suoi capricci degni di un bambino era sfiancante. John, però, ha sempre tenuto botta, dimostrando di avere una pazienza infinita. Finchè non finiva. Allora si ritrovava a sgridarlo, come un genitore col figlio preadolescente e lui, sì, metteva il broncio ma alla fine… << alla fine mi dava retta >> sussurra, colpito da quella rivelazione.
Quando esagerava con l’arroganza o la mancanza di tatto gli bastava sussurrare secco il suo nome e sì, a volte era sufficiente lanciargli un’occhiata. Anzi, spesso lui stesso cercava il suo sguardo per capire se stesse esagerando o semplicemente cosa stesse accadendo. Le emozioni e i conseguenti comportamenti attuati dagli esseri umani erano davvero complicati da riconoscere e comprendere per lui.
<< Mi manca >> ammette con un sospiro.
<< Anche a me >> gli fa eco Greg. Fanno tintinnare i bicchieri e prendono un lungo sorso ristoratore.
<< Com’è finita con gli spagnoli? >>.
<< Si è unito a loro per indagare sullo stupratore seriale. Dopo appena tre settimane mi ha inviato una e-mail con la risoluzione del caso. Mi sono guadagnato una promozione grazie a quell’arresto, mannaggia a lui. Quando l’ho chiamato per comunicargli la chiusura del caso mi ha informato che sarebbe rimasto in Spagna per qualche tempo. A quanto pare da quella indagine ne era nata un’altra, il capo dei giornalisti investigativi gli aveva proposto di unirsi alla squadra e lui non ci aveva pensato due volte >>.
<< Pazzesco! >> .
<< Lui che lavora in squadra, te lo immagini? >>.
<< Beh, a quanto pare il miracolo è durato poco >>.
Greg si fa scuro in viso. Più volte lo guarda di sfuggita. Sembra lottare con se stesso su qualcosa da dire.
<< Cosa c’è, Greg? >> gli chiede esasperato.
<< Io ho una mia teoria, John >> dice prendendo una lunga sorsata di birra per darsi coraggio.     << Sai di cosa si occupa principalmente, per non dire esclusivamente, quel gruppo di matti? >>.
<< Mi pare si concentrino su inchieste legate ai danni alla persona: stupri, sfruttamento della prostituzione, violenza di genere, omofobia >>.
<< Esatto. Quando ho visto che il suo sodalizio con “El Mundo” funzionava mi è saltato per la testa che ci fosse altro oltre l’innamoramento per un metodo di indagine e per chi lo mette in atto >> lo guarda colpevole portandosi veloce il bicchiere alle labbra.
<< Cos’altro? >>.
<< Quanti casi legati ai temi trattati dagli spagnoli vi sono capitati tra le mani nel periodo in cui avete lavorato insieme? >>.
<< Mah… fatto salvo il caso della ragazza lesbica che ha poi deciso di lasciare il marito per ufficializzare la relazione con l’amante e fare outing, nessuno >>.
<< Io ne ho avuti tanti sotto mano. Troppi e alcuni anche abbastanza complessi. Ricordi quella ragazzina trovata morta in quello scantinato qualche mese fa? >>.
<< Sì, quella che si è scoperto poi essere stata violentata da un gruppo di ragazzi e morta a seguito delle lesioni riportate. Non mi risulta tu gli abbia chiesto aiuto >>.
<< Ti sbagli. Non sapevo dove sbattere la testa! Pochi indizi, troppa nebbia eppure lui mi ha detto che aveva altro di più interessante per le mani. Cosa assolutamente non vera >>.
<< Ok, Greg, ma non capisco questo cosa c’entri. Sai bene come era fatto. Per noi potevano essere casi difficilissimi mentre per lui erano a malapena interessanti >>.
Il detective sospira e cerca le parole più adatte per spiegarsi.
<< Il capo del team di giornalisti investigativi è… oddio, non so nemmeno quale termine usare per descriverlo! Alcuni lo definirebbero una sorta di angelo, date tutte le povere anime che aiuta salvandole da situazioni e destini terribili, recuperandole dalla strada o assistendole dopo la violenza subita. Per altri, invece, è una sorta di mostro pronto a fare di tutto pur di portare a galla la verità. Ha inoltre fama di essere un ottimo psicoterapeuta… >>.
<< E tu pesi che lui sia rimasto in Spagna per un percorso psicoterapico? >> ride forte John. << Greg, hai idea di chi stai parlando? Distruggerebbe qualunque terapeuta deducendo tutti i suoi scheletri negli armadi. Ogni volta che tornavo da una seduta con la mia non perdeva occasione per dire tutto ciò che pensasse su quanto mi aveva detto ‘in quell’ora che sprechi davanti a lei’ >> dice esibendosi in una perfetta imitazione dei toni altezzosi del consulente investigativo.
<< Con un terapeuta normale non dubito lo farebbe. Ma con uno come lui… sarebbe in grado di tenergli testa e ribattere ad ogni sua deduzione con una altrettanto pesante relativa al suo mondo emotivo >>.
<< Quindi anche lui come quel Fox… >>.
<< Peggio, John. Credo che debba aver visto qualcosa. Qualcosa che lui stesso aveva sepolto dentro di sé, chiuso magari dentro una scatola in una cantina buia del suo Mind Palace. Qualcosa che ha a che fare col tema d’elezione di ogni loro inchiesta >>.
John resta di sasso.
<< Cosa… cosa stai dicendo, Greg? >>.
<< Ti sei mai chiesto perché lui fosse così, John? Intendo, tolto il suo essere geniale >>.
<< Non puoi togliere l’aspetto geniale, dipende tutto da quello >>.
<< Ne sei sicuro? >>.
John non è più sicuro di niente, ormai. Fino al giorno prima era sicuro che il suo migliore amico fosse morto suicida buttandosi dal tetto del Bart’s e che fosse incapace di provare emozioni e sentimenti. Il ritrovamento di quattro scatole, prima, e il palesarsi di uno dei personaggi racchiusi in una delle scatole, poi, hanno fatto crollare le sue convinzioni. Oggi pare che persino dalla morte si possa tornare e che un uomo logico, freddo, schivo e scostante possa, invece, racchiudere e proteggere un’anima delicata, fragile e tormentata. Da questo punto di vista, in effetti, il ragionamento di Greg ha un senso. Nella foto in cui lui è insieme alla bambina ha una luce negli occhi del tutto diversa da quelle che lo ritraggono con il suo cane. Quelle tredici foto, che gli tornano alla mente come le avesse lì tra le mani, sono la dimostrazione dell’inspessirsi graduale della corazza che si è costruito addosso. La corazza che ha provato a togliere con Victor ricevendone un valido motivo per indossarla nuovamente e chiuderla a doppia mandata. La stessa che forse ha rielaborato in Spagna. Il modo in cui guardava Fox in quell’ultima foto che li ritrae insieme. Quella dolcezza innocente è forse l’unica cosa che più si avvicina alla sua espressione mentre bacia la guancia della bambina.
<< Il fratello lo ha sempre tenuto d’occhio in modo morboso >> continua Greg. << ‘Per via della sua dipendenza da cocaina’ mi ha detto quando si è presentato davanti a me chiedendomi quale fosse la natura della mia relazione con lui. Ti pare una cosa normale da chiedere, John? >>.
<< Ci sono passato anche io, Greg, e no, non è normale >>.
<< A meno che non si sia mossi dal senso di colpa e dal timore di commettere nuovamente lo stesso errore >>.
<< Quale errore? >>.
<< Non essere riuscito a proteggerlo da qualcuno che lo ha ucciso al punto da portarlo a diventare l’uomo che abbiamo   conosciuto >>.
John vorrebbe urlargli che Mycroft ha già commesso lo stesso errore vendendo il fratello al suo più grande e pericoloso nemico, ma non vuole raccontargli quella verità. Conosce Greg al punto da sapere che si metterebbe in guai più grossi di quelli in cui già è se conoscesse tutti i dettagli di quella storia.
John teme di aver capito in quale modo il detective pensa che lo abbiano ucciso e al solo pensarlo gli viene la nausea. Lui è stato un bambino molto bello, con gli occhioni grandi di quel colore cangiante capace di catturare l’attenzione, le labbra perfettamente disegnate sul viso pallido che sembrava fatto di porcellana e i ricci neri a incorniciare tutto quanto. Molto bello e a quanto pare molto solo e, dal modo in cui stringeva tra le braccia magre il suo cane, tanto desideroso di affetto. La preda perfetta.
John scuote il capo risoluto. << No. No, questo no! >> esclama con voce malferma.
<< Non volevo sconvolgerti, scusami. Anche io ho sempre tenuto questa ipotesi nascosta sotto un tappeto pesante perché vederla fa male. Perdonami John, io… ho ascoltato più il mio bisogno di darle voce che il tuo di continuare ad esserne all’oscuro >>. Greg non avrà il dono delle deduzioni ma è il miglior detective di Scotland Yard. Se quell’idea si è fatta strada nella sua mente allora deve avere un qualche fondamento di verità.
<< Torni a Baker Street per la notte? >> gli chiede nel tentativo di cambiare discorso.
<< Sì. Porto la signora Hudson a cena fuori >> risponde meccanicamente.
<< Come sta? >>.
<< Distrutta come avesse perso un figlio >>.
<< Per lei lo era davvero. L’ha salvata dal marito violento. Per lui era una seconda madre. O forse anche più che seconda. È stata lei a convincerlo a disintossicarsi. In un certo senso lo ha aiutato a rinascere >>.
<< Stalle accanto mentre sarò via. È anziana e sola. Mycroft continuerà a pagare l’affitto e le ha chiesto di non toccare nulla e lei si ritrova a fare da guardiana a un monumento alla memoria. Non le fa bene >>.
<< Io quell’uomo non lo capisco >>.
<< Benvenuto nel club >>.
Si scambiano un’occhiata e poi scoppiano a ridere come due bambini.
<< Sei un brav’uomo e un ottimo detective, Greg. Lui aveva stima di te, nonostante il modo in cui ti trattava e il non ricordare mai il tuo nome. Penso fossero solo delle difese infantili per mascherare l’affetto che provava nei tuoi confronti. Sono felice di aver avuto la possibilità, grazie a lui, di conoscerti >>.
Non avrebbe mai immaginato di vedere le guance del detective colorarsi di rosso. Un sorriso incerto gli compare in viso mentre si agita impacciato sullo sgabello.
<< Caspita se ci sai fare con i complimenti, John >> .
<< Sì, penso sia stata questa capacità a permettermi di ottenere le sue attenzioni >> dice orgoglioso.
<< Quindi voi… >> .
John lascia che la domanda non posta resti sospesa tra loro. In risposta volge lo sguardo altrove, sorridendo appena, prima di portare il bicchiere alle labbra.
<< Mi dispiace che la tua carriera sia stata compromessa a causa nostra. Non te lo meriti e si renderanno conto ben presto dell’errore che stanno facendo. Abbi cura di te mentre sarò via. Sei trascurato quasi quanto me e, sì, l’aria da detective consumato dal suo lavoro ti rende ancor più interessante, ma non esagerare >> gli strizza l’occhio compiacendosi della nuova ondata di rossore sulle guance ispide.
<< Se non sapessi che è impossibile penserei che ci sta provando con me, dottor Watson >> ride del suo stesso tentativo di flirtare con un uomo.
<< Per sua fortuna sono già impegnato questa sera, detective >> ribatte unendosi alla risata. Si alza dallo sgabello, indossa la giacca e gli tende la mano. Greg la guarda incerto e John teme abbia capito ciò che sta per fare. Lo intuisce dalla stretta salda con la quale afferra la sua mano. Da come la trattiene più a lungo del necessario restio al lascarlo andare, segno di una lotta interna.
<< Niente pazzie, ok? >> gli dice aumentando la stretta.
<< Ho già fatto quella di scegliere lo Yorkshire anziché le Canarie, penso possa bastare >>.
Ridono entrambi mentre le loro mani si allontanano. John ne avverte ancora il calore mentre esce dal locale lasciandolo lì in compagnia di un’altra birra.
 
 

[1] The Power of Goodbye – Madonna
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Buongiorno a tutti.
Eccovi il quinto capitolo. Ho cercato di documentarmi su ‘La valle dei fiumi’ e da ciò che ho trovato ho tratto spunto, anche se, devo ammettere che mi sono presa molte ‘licenze poetiche’. Nuovamente, non me ne vogliano chi conosce la zona. Stessa cosa per quanto riguarda i trasporti per collegare Londra allo Yorkshire. Non ho assolutamente controllato, invece, notizie su eventuali statistiche relative ai suicidi o incidenti avvenuti in quella zona… non avrei proprio saputo come fare e non ritengo neppure sia il caso dover essere così pignoli ;-)
Ad ogni modo, vi auguro una buona lettura. Fatemi sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione :-)
Alla prossima
 
Patty
 
 
Capitolo 5
 
John,
il tuo treno partirà domani mattina alle 10 a.m. dalla stazione di Euston.
Scenderai a Oxenholme, dove dovrai prendere il bus W1 delle 1 p.m. che ti lascerà comodamente nella piazza centrale di Sedbergh.
Ho prenotato per te una stanza al ‘The Dalesman Country Inn’ all’interno dello Yorkshire Dales National Park.
FireFox e Mistica saranno tra gli avventori dell’hotel.
Troveranno loro il modo di avvicinarti.
Distruggi questo biglietto.
A presto.
                                                                                         Sky Fall

 
John ha ormai imparato a memoria il messaggio lasciatogli da Sky Fall, la sera prima, insieme ai biglietti di treno e bus e alla prenotazione dell’hotel. Quando ha letto il nome di questo terzo componente del team a lui ancora sconosciuto, la sensazione di essersi addormentato davanti a un film di James Bond e di stare sognando si è fatta più forte che mai. Il bus sul quale sta viaggiando, però, è fin troppo reale. Ora che sta per raggiungere la sua fermata strappa in pezzi piccolissimi il foglietto bianco. Scende dal bus, recupera la valigia e getta nel cestino più vicino il mucchietto di carta.
Nonostante siano passati più di vent’anni dall’ultima volta che ha messo piede nella valle fluviale nulla sembra essere cambiato. Lo stesso vento freddo, lo stesso cielo ora terso, ora attraversato da nubi cariche di pioggia. Sgranchisce la schiena affaticata e si dirige all’hotel.
Ai tavolini del dehors posto all’ingresso del Dalesman Country Inn è seduto un uomo anziano dai capelli bianchissimi arruffati come cotone. Lo saluta con un cenno del capo e una strizzata d’occhio tornando poi a dedicarsi alla lettura del giornale.
<< Incredibile! >> borbotta John rispondendo al saluto. Entra nella hall dove è accolto dall’albergatore, un sorridente uomo sulla cinquantina. Lo registra, gli porge le chiavi della stanza numero 15 e gli augura un felice soggiorno nella valle fluviale. John sale al primo piano e raggiunge la sua stanza.
<< Fatto un buon viaggio, Johnny caro? >>.
Si volta colto di sorpresa e si ritrova davanti una sorridente nonnina dai capelli di una tenue sfumatura di rosa. La pelle rugosa è pallida puntellata delle macchie scure tipiche di un’età avanzata. Porta alle mani dei candidi guanti bianchi di stoffa che ben si intonano con il maglioncino rosa e la gonna beige.
<< Mistica? >> domanda incerto e resta senza fiato quando la nonnina annuisce.    << Ma tu… tu sei… hai la pelle scura, come è possibile? >> .
<< Imparerai ben presto che per lei nulla è impossibile, John >> .
Il vecchietto visto all’ingresso gli sorride e quanto stona quella voce profonda su quel viso rugoso! John ride nervoso. << Oddio, ma come cazzo fate! >> sospira stropicciandosi il viso.
<< No, no, no, John, non adesso >> lo rimprovera Mistica con la voce stentorea di un’arzilla vecchietta. << La signora Hipkins ti invita a prenderti un’oretta per rinfrancarti dal viaggio. Il cervello lo attiveremo dopo >>.
<< Il signor Hipkins approva >> annuisce Fox, la cui voce è diventata un rantolo asmatico e stanco appena percettibile.
<< Ok, ok, mi arrendo. Avete ragione >> alza le mani John .
<< In fondo al corridoio c’è una saletta tranquilla. Ci troverai lì con una buona tazza di the caldo davanti al camino >> lo istruisce il ragazzo. Mistica gli da un buffetto sulla guancia da brava nonnina per poi seguire il signor Hipkins. Camminano curvi, strascicando i piedi e se non lo avesse saputo non avrebbe mai immaginato la vera identità di quella così bella coppia di vecchietti.
John si chiude la porta alle spalle e vi si appoggia contro. << Impazzirò, lo so >> borbotta, lasciando cadere la nuca a toccare il legno laccato alle sue spalle. La stanzetta è accogliente e luminosa. Si concede una doccia e si cambia d’abito. Un po’ gli spiace non poter davvero godere di una vera vacanza. << Quando questa storia sarà finita, se mai finirà bene, ci torneremo insieme. Ti ci trascinerò a forza, se necessario, me lo devi! >>.
Lascia la stanza e, cercando di dare l’idea di essere del tutto tranquillo, si dirige alla saletta. Trova la coppia di vecchietti così come gli avevano detto li avrebbe trovati. Fox gli fa segno di accomodarsi alla poltrona libera accanto alle loro.
<< Va meglio? >> gli chiede porgendogli una tazza di the.
<< Meglio, sì. Sky Fall ha avuto buon gusto, ringraziatelo da parte mia >> .
<< Avrai modo di farlo tu stesso domani. Sarà il tuo stuntman >> lo informa Mistica.
<< Il mio cosa? >> John rischia di versarsi addosso il the bollente. La nonnina lo guarda divertita ma anche un po’ confusa, come se non capisse il perché del suo stupore.
<< Abbiamo pensato sia il caso di farlo domani, John >> viene in suo aiuto Fox.      << Prima ci togliamo il dente prima possiamo occuparci della cosa più importante. Non penso che ti piacerà l’idea che abbiamo avuto, io però credo sia la più ovvia nonché l’unica che possa permetterci di attuare il nostro piano senza essere   scoperti >> .
<< Apprezzo la tua sincerità, Fox, ma lascia che sia io a decidere >>.
<< Ti ho già spiegato perché è necessario il tuo suicidio. Sia a cosa ci servirà, sia la necessità che la tua fine avvenga proprio in questo modo. La ‘Valle dei fiumi’ ha la particolarità di essere percorsa da fiumi tortuosi con una portata d’acqua imponente e letale per chiunque ci cada dentro in malo modo, soprattutto in certi punti. In passato è già successo che i corpi di malcapitate vittime ci mettessero un bel po’ prima di essere trovati, di solito a largo e molto lontano da qui. Questa particolarità ci permetterà di non destare sospetti. Ci saranno dei testimoni che ti vedranno cadere nel fiume dal punto più alto della cascata, dove l’acqua è più impetuosa. Verranno fatte delle ricerche ma le condizioni del fiume in quel punto rallenteranno i tempi, cosa che gioca a nostro vantaggio. Questi precedenti >>, indica Fox a John, porgendogli il laptop aperto su articoli risalenti all’anno prima, << ci danno la possibilità di fare delle stime molto precise su come si muovono i soccorsi e cosa accade di solito in incidenti di questo tipo >>.
<< Quindi mi butterò dalla Cautley Spout >> sussurra John scorrendo gli articoli. << Un salto nel vuoto, proprio come il suo >> ridacchia stropicciando il viso.
<< Da un’altezza maggiore, però >> sottolinea Mistica con la solita leggerezza che questa volta lo irrita non poco.
<< Macabro, me ne rendo conto, ma necessario >> interviene Fox a salvare la situazione. << Non sei stato solo turbato dal suo suicidio ma dall’averlo visto cadere dall’alto dinanzi a te >>.
<< E quindi è logico che nel decidere come farla finita abbia voluto emularlo,       certo >>, conclude per lui John stanco di tutta quanta quella storia che non è ancora neppure iniziata. << Come farà il vostro collega a non fare la fine che dovrei fare    io? >>.
<< E’ uno stuntman professionista. Abbiamo provveduto a mettere in sicurezza la scena e la sua bravura farà il resto >>.
<< E se qualcosa andasse storto? >>.
<< Oh, non accadrà >> lo tranquillizza Fox allontanando i suoi timori con un gesto della mano.
<< Con tutto il rispetto, Johnny caro, tu sei importante, indubbiamente, ma Sky lo è ancor di più per quello che è il nostro lavoro al di fuori di questo caso. Grey non permetterebbe mai che a lui come a ognuno di noi accadesse qualcosa, e per questo ogni nostra mossa è studiata a tavolino e ha sempre un piano principale e almeno altri tre di riserva. Direi, quindi, che puoi stare tranquillo. Il tuo sarà un suicidio ben riuscito. Proprio come quello di Billy >>.
La nonnina gli sorride per poi portare la tazza alle labbra e sorseggiare il suo the, come gli avesse parlato delle stagioni che non sono più quelle di una volta, anziché di quanto insignificante lui sia alla luce del progetto più ampio che portano avanti da molto tempo.
<< Va bene, mi avete convinto >> sospira John, sentendosi improvvisamente senza forze. << Cosa devo fare, allora, prima del momento fatidico? >>.
<< Comportati come normalmente faresti se fossi davvero in vacanza >>.
<< Mistica, in teoria sono venuto qui per suicidarmi >>.
<< Ok, ma i suicidi non girano con in fronte scritto ‘Ehi, occhio che sto per farla finita!’. Di solito quelli che sono così fanno dei tentativi per attirare l’attenzione, senza essere realmente intenzionati a rimetterci la pelle. Chi si suicida davvero, invece, sconvolge proprio perché non si è riusciti a capirne l’intento e fermarlo prima che fosse troppo tardi >>.
La ragazza ha ragione. Lui stesso ha conosciuto commilitoni che un attimo prima ridevano ed erano pronti a far baldoria sprizzando allegria da ogni poro e un attimo dopo venivano ritrovati con le vene tagliate o un proiettile ad attraversargli le tempie. La depressione è un male subdolo che non ha faccia.
<< Voglio mostrarti una cosa che penso ti renderà tutto più semplice >> gli dice Fox . Si avvicina a lui sedendosi sul bracciolo della poltrona e si china sul laptop che John ha ancora appoggiato alle ginocchia. << Ci lavoro dal giorno in cui ho appreso la notizia del suo suicidio. Non è stato facile, Billy è più prudente del solito e la presenza di suo fratello non aiuta. Ma perseverare è diabolico e non avrei tenuto fede al buon nome del mio colore naturale di capelli se mi fossi arreso dinanzi ai primi fallimenti. Penso abbia ragione nel dire che sei un conduttore di luce, perché quando ho tentato nuovamente, dopo esserci salutati a Baker Street, ci sono finalmente riuscito >>.
 Fox ha aperto un programma a John sconosciuto. Nell’area di testo campeggiano quelle che sembrano due e-mail. Prova a leggerle ma sono scritte in una lingua che non conosce. Un dialetto spagnolo, a quanto pare.
<< Mi rendo conto che poco ti diranno queste parole senza significato. Ti invito a concentrare la tua attenzione sul nome del destinatario >>.
John lo cerca tra i dati che precedono il corpo del testo. Quando finalmente lo individua il suo cuore perde un colpo.
<< Hamish Knight >> sussurra. Il caso che li condusse a Baskerville è stato il primo che li ha visti trascorrere del tempo insieme lontani da Londra e da Baker Street. È stato lì che lui gli ha confessato di non avere amici eccetto che uno. Certo, lo ha usato come cavia per un esperimento, ma questi sono dettagli. Poi c’è il suo secondo nome, quello che si è impegnato tanto a scoprire nonostante la sua reticenza.
<< L’interesse per te, anche per quegli aspetti che odi di te e dei quali ti vergogni, unito al ricordo del luogo in cui è venuto a contatto con le sue emozioni, con le sue paure, soprattutto. Lo stesso luogo in cui ti ha confessato ciò che prova per te >>.
<< Come fai a sapere queste cose? >> chiede John che si sente messo a nudo dalle sue parole, cosa che non gli piace proprio per nulla.
<< Tu hai il tuo blog, John, dove raccontare le vostre avventure e in qualche modo elaborarle. E hai la tua terapeuta con la quale puoi confrontarti sul tuo vissuto, benchè tu sia così abile nell’omettere la verità e dribblare i suoi tentativi di portarla alla luce. Anche lui ha i tuoi stessi bisogni, i bisogni di ogni essere umano >>.
<< E tu soddisfi questi bisogni >>.
<< Esatto >> il sorriso del vecchietto abbarbicato sul bracciolo della poltrona pungola la sua rabbia, quella che la voce di Irene Adler ha definito essere gelosia.
<< Perché a te? Perché non ne ha parlato con me, sono anch’io suo amico, infondo >> dice tra i denti manifestando troppo l’emozione che prova.
<< Per lo stesso motivo per il quale preferisce i messaggi alle telefonate, John. Una tastiera, uno schermo, proteggono dalla relazione e danno il tempo di elaborare in privato le emozioni che da questa nascono. Non dimenticare, poi, la vendetta trasversale >>.
<< Cosa c’entra la vendetta trasversale con le confidenze tra amici! >>.
<< Johnny caro, quando ti fai prendere dalla gelosia sì che diventi un idiota >> sentenzia Mistica col suo tono candido. John la guarda esterrefatto e poi scoppia in una grassa risata, una di quelle dalle quali si fa fatica ad uscire. I due ragazzi lottano per cercare di non unirsi a lui, consapevoli di quanto non vi sia allegria ma solo tensione in quella risata.
<< Voi… oddio tutti voi, lui, suo fratello… sembrate non capire, neppure immaginare, quanto sia frustrante essere circondati da persone che sembrano a conoscenza di tutte le verità nascoste, che vedono e colgono dettagli che occhi e sensi comuni come i miei nemmeno sanno esistere. Io… io non ci sto capendo niente >> ride fino alle lacrime trasformando quell’esplosione di finta allegria nel più consono pianto liberatorio.
I ragazzi restano al suo fianco silenziosi. Non distolgono lo sguardo imbarazzati, non tentano di rincuorarlo con frasi fatte. Semplicemente restano lì al suo fianco, concedendogli di tirare fuori il suo dolore. Solo quando i singhiozzi si placano Fox rompe il silenzio.
<< Hai ragione e ti chiedo di perdonarmi. Me e tutti quanti noi >> esordisce cogliendolo di sorpresa. << Io posso solo immaginare come si stia dall’altra parte e per questo cerco il più possibile di essere accorto. Ma sono umano anche io e come tale soggetto al cadere in errore. Ho sottovalutato l’effetto che questa notizia avrebbe avuto in te, scusami. Riuscire a mettermi in contatto con lui mi ha colmato il cuore di gioia e ho erroneamente pensato che avresti provato anche tu la stessa cosa, ottenendo una conferma di quanto ti ho detto ieri. Ho pensato solo al mio bisogno di placare la tua diffidenza. Perdonami, John >>.
Fox torna al suo posto affranto e silenzioso. John si rende conto che è stata forse la prima persona in tutta la sua vita ha scusarsi con lui per aver anteposto i propri bisogni ai suoi. Per avergli così causato sofferenza. Lui non lo ha mai fatto. Neppure dopo averlo usato come cavia a Baskerville si è scusato, continuando a dire quanto fosse importante ai fini del caso quell’esperimento e come avesse tutto sotto controllo. E scopre, John, quanto calore nasca dal perdono. Come quelle parole sincere abbiano avuto il potere di lenire la sua rabbia e fargli vedere sotto una luce diversa il ragazzo che ora lo guarda con un sorriso. Che sia questa la fiducia?
Fox distoglie lo sguardo passando la mano tra i finti capelli bianchi cotonati.
<<  Attento, così rischi di strappare via tutto! >> lo richiama Mistica, che sembra sorpresa per quella leggerezza da parte del collega. << A quanto pare, Johnny caro, sei una fonte inesauribile di   sorprese >> ridacchia con la voce da vecchietta puntandogli contro l’indice accusatore. << E comunque io resto dell’idea che la gelosia tiri fuori il peggio di te >> aggiunge strizzandogli l’occhio.
Questa volta la risata è collettiva e sinceramente divertita.
<< Questo scambio di e-mail… in quale lingua è scritto >> domanda John ricomponendosi.
<< Non è una lingua, è un codice >> risponde Fox. << Lo ha ideato Grey e io e Billy lo abbiamo ampliato e modificato. Lo usavamo per comunicare durante le inchieste che abbiamo seguito insieme. Anche se si riuscisse a decodificarlo, ciò che scriviamo è ulteriormente protetto da una comunicazione per simbolismi, analogie, contrari e metafore solo a noi comprensibili. È stato utile ed efficace in quell’anno e ha tenuto e tiene tuttora testa persino a Mycroft e ai suoi servi >>.
<< Caspita, fantastico! >>.
<< Non gli ho ancora detto cosa abbiamo intenzione di fare. Non la prenderà bene >>.
<< Si incazzerà a bestia, vuoi dire! >> ridacchia Mistica .
<< Conti di dirglielo? >>.
<< Devo, John. Non voglio che appresa la notizia si faccia prendere dal panico rischiando di mettersi nei guai… o peggio >> sospira scoccandogli un’occhiata seria. << Devo ammettere, però, che da soap opera argentina a rivisitazione in chiave omosessuale di Romeo e Giulietta sarebbe un bel progresso >>.
<< Oh John, John perché sei tu mio John >> recita Mistica lasciandosi andare ad una risata sgraziata che poco si intona col travestimento che indossa.
‘Rivisitazione in chiave omosessuale’ questa frase continua a rimbombare nella testa di John. Sente le guance farsi rosse e la poltrona sulla quale è seduto diventa improvvisamente scomoda. Gli ci vuole un grande sforzo per tornare sul pezzo e rendersi conto di come davvero potrebbe diventare
pericoloso per lui ricevere la notizia del suo suicidio.
<< Mycroft non glielo direbbe. Farebbe in modo di tenerlo all’oscuro >>.
<< Possibile, ma conosci anche tu Billy: è difficile tenergli nascosto qualcosa. Soprattutto se ci sei tu di mezzo, John, e non voglio rischiare. Quindi affronterò le sue ire. Ho validi argomenti per convincerlo di quanto questa sia la soluzione più adatta ai vostri problemi >>.
<< Me ne metterai a parte prima o poi? >>.
<< Certo, non ora però e non qui >>.
<< Ogni cosa a suo tempo e ora è tempo di morire, Johnny caro >> aggiunge Mistica. La ragazza porta una mano all’orecchio destro e resta in ascolto. Volge lo sguardo al collega che le fa un cenno con la testa. << A più tardi dottore >> gli posa un bacio sulla fronte e si allontana dalla sala.
<< Cos’è successo? >> chiede John portando la mano distrattamente là dove è ancora presente la pressione delle sue labbra.
<< Sky ha finito di preparare la scena alla cascata e si incontreranno per provare il travestimento: non deve trasformarlo in te ma dovrà renderlo il più possibile riconoscibile da una certa distanza >>, risponde accomodandosi al posto di Mistica per essergli più prossimo. << Stasera ti informerai con l’albergatore sugli autobus diretti a Cautley Spout. Lui ti dirà che c’è una comitiva che partirà dall’albergo per un percorso guidato e ti chiederà se vuoi aggregarti. Rifiuterai educatamente. Domani mattina farai colazione alle 7. Prenditela comoda e sii te stesso e non un potenziale suicida, mi raccomando. Alle 8 prenderai l’autobus diretto a Cautley spout. Una volta giunto sul posto farai il turista. Ti farai trovare per le 12 al ristorante del ‘The Cross Keys Inn’, ci saremo anche noi insieme alla comitiva della visita guidata. Prenderai posto a un tavolo a parte, quindi se qualcuno dovesse invitarti a unirti a noi declina. Subito dopo pranzo ti dirigerai alla cascata. Sky ti aspetterà qui per le 2 p.m. >> gli dice inviandogli una foto del punto d’incontro sul cellulare. << Penso proprio non ti sarà difficile notarlo. Alle 3 il nostro gruppo raggiungerà la cascata e alle 3.30, alla presenza di una quindicina di testimoni compirai il tuo salto >>.
 Un brivido attraversa la schiena di John. Nonostante sappia essere tutta una messa in scena non riesce a fare a meno di rabbrividire all’idea di quanti lo vedranno, o meglio vedranno Sky, volare giù dal dirupo ed essere rapito dal vortice delle acque.
<< Seguirai Sky fino al cottage dove alloggia e attenderete che Misty vi raggiunga per preparare il tuo travestimento. Ti forniremo documenti nuovi e tutto l’occorrente per dare l’idea di essere un turista in partenza per Barcellona. Il vostro volo partirà alle 10 dall’aeroporto di Newcastle Upon Tyne e se tutto andrà bene per mezzanotte e mezza sarete in terra spagnola >>.
<< E voi? >>.
<< Noi vi raggiungeremo due giorni dopo. Dobbiamo mantenere la copertura e assicurarci che le cose procedano come le abbiamo previste. Ti lascio nelle mani di Sky e di Grey >>.
Un altro brivido lo scuote. Non è sicuro di voler conoscere il capo di questo gruppo di folli giornalisti. Ricorda bene la descrizione che Greg gli ha fatto di questo Grey e il modo in cui lo percepisce dirigere tutto quanto da lontano restando in ombra gli riporta alla mente sia Moriarty che Mycroft. Il timore di essere caduto tra le mani di subdoli collaboratori dei suoi acerrimi nemici lo invade. Una nuova e-mail giunge a scuoterlo dai brividi. Fox si sporge per leggerla e un sorriso colmo di dolcezza gli si disegna sul viso.
<< So che non hai alcun appiglio al quale aggrapparti per credere in quel che ti dirò, ma voglio decriptare il messaggio per te. È possibile che mi sbagli nuovamente e che quel che ti leggerò ti porterà a reagire come poco fa’. Sento però di doverlo fare, me lo concedi? >>.
Il modo carezzevole e gentile che Fox ha di prendersi cura di lui allontana i dubbi. Con un’ondata di fiducia che fin’ora ha concesso solo a lui annuisce e poggia il laptop sul bracciolo della poltrona di modo che sia comodo ad entrambi.
<< ‘Sono sommerso dal lavoro. Il mio capo è collaborativo anche se pesante e i colleghi pazienti, ma lo stress è tanto. Non faccio a tempo a finire un compito che subito ne salta fuori un altro più complesso. L’unica cosa che mi permette di andare avanti è pensare alla mia amata casa. Non vedo l’ora di tornare tra le sue mura accoglienti e familiari. Purtroppo non so quanto tempo mi ci vorrà e spero che la casa non risenta troppo della mia assenza. Mi piange il cuore a saperla abbandonata a se stessa. E poi, sai come sono fatto, temo che qualcuno approfitti della mia assenza per riuscire a trovare il modo di entrare e rubare ciò che è mio. Sarà inevitabile, lo so… ma spero proprio che non accada. Se ci penso sto male e non posso permettermelo’ >>.
John ha tenuto gli occhi chiusi. La voce di Fox si è confusa con la sua altrettanto profonda e grave. Lo ha visto malinconico, negli occhi della sua mente. Stanco, frustrato.
<< La casa sei tu >> continua Fox e altre lacrime gli segnano il viso.
<< Ho… ho capito. Non è poi così difficile >>. Davvero non lo è. Quando le cose sono dette chiaramente è impossibile non capire. << E’ in pericolo, Fox? >>.
<< Abbastanza. Nulla che al momento non riesca a gestire, ma con l’andare del tempo le cose si metteranno sempre peggio diventando più difficili >>.
<< Ha bisogno di me >> dice alzandosi dalla poltrona. << Ha bisogno di noi >> aggiunge volgendo lo sguardo al ragazzo.
<< Ti ringrazio per la tua fiducia, John >> dice Fox alzandosi a sua volta. << Non sono solito scassinare gli appartamenti incustoditi e portare via ciò che è degli altri. La mia scelta l’ho fatta tempo fa’ e non me ne sono mai pentito. Anzi, ora che ti conosco ne sono ancora più convinto. Ci vediamo tra qualche giorno in Spagna, John. Passa una buona serata >>.
Se ne va portando con sè il laptop. Lo lascia lì, in piedi a digerire quanto gli ha appena detto. Ci sono troppe cose che non sa e che stuzzicano la sua curiosità. Ce ne sono altrettante troppe che non vuole sapere, e, guarda caso, sono le stesse.
John è la casa alla quale lui vuole tornare. Le mura accoglienti e familiari. Incrocia le braccia al petto, stringendo forte. Forte fino a fare male, fino a togliere il fiato, così lo stringerebbe. Al diavolo la rabbia, al diavolo la gelosia, al diavolo il dolore. Ci ha messo un attimo a perdonarlo per averlo usato come cavia a Baskerville; allo stesso modo è disposto a fare ora, per quanto la situazione sia più seria.
<< Purchè torni tutto come prima. Io e te contro il resto del mondo >>.

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Buongiorno :-)
Eccovi un altro capitolo. Ribadisco che mi sono presa qualche licenza sul paesaggio. Oggi conoscerete un nuovo personaggio e ci sarà qualche battuta in spagnolo. Ho imparato lo spagnolo lavorando. So parlarlo ma sulla scrittura tentenno, quindi spero di non aver commesso errori eclatanti. In caso avessi scritto dei veri e propri strafalcioni non me ne vogliate, non ho mai avuto il tempo per studiarlo seriamente ma è una lingua che adoro!
Come sempre spero vi piaccia e se volete fatemelo sapere con un commento
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 6
 
This is the end
Hold your breath and count to ten
Feel the earth move and then
Hear my heart burst again
 
For this is the end
I’ve drowned and dreamt this moment
So overdue I owe them
Swept away, I’m stolen
 
Let the sky fall
When it crumbles
We will stand tall
Face it all together
At skyfall
 
(Skyfall -  Adele)
 
La vista da quassù è tutt’altro che rassicurante. Certo il panorama è fantastico, ma questo rivoletto d’acqua impetuosa che scende potente abbandonandosi alla gravità non fa sentire John al sicuro. Un salto mica male, accidenti.
<< Un’uscita di scena degna di te. Altro che l’asfalto duro ai piedi del Bart’s. Questo ti avrebbe reso più onore. Vorrà dire che per una volta ti ruberò la scena >> ridacchia tra sé ritraendosi di qualche passo dallo strapiombo.
Ha eseguito tutte le direttive dategli da FireFox e deve ammettere di essersi pure divertito. Ha ripercorso i posti che era solito visitare nelle estati passate lì e si è lasciato cullare dai ricordi. Il pranzo è stato fantastico, degno di un ultimo pasto prima di salutare questa vita.
Ora sta aspettando Sky Fall. Si guarda attorno più volte ma ci sono solo lui, il fragore dell’acqua e il vento freddo.
Qualcosa lo colpisce alla spalla. Non fa a tempo a voltarsi che un altro sassolino lo raggiunge alla testa.
<< Ohi! Ma che ca … >> .
<< Da questa parte, doc >>.
Una voce squillante, che cerca, senza riuscirci, di sussurrare lo chiama. Arriva da un gruppo di pini dai rami che pendono pesanti verso il terreno. John si fa strada tra i rami e nello spiazzo tra i tronchi incontra se stesso.
<< Wow! >> esclama osservando l’uomo alto quanto lui, vestito al suo stesso modo, che lo guarda con un sorriso sornione.
<< Allora, doc, che ne pensi? >> gli chiede facendo una piroetta su se stesso. La sua voce è strana. Prepuberale, oserebbe dire, se non fosse certo di trovarsi dinanzi ad un uomo pressappoco della sua età.
<< Penso che sia fantastico >>.
<< Oh, troppo buono! A proposito grazie >>.
<< Di cosa? >>.
<< Mi permetti di tenere fede al mio nome: oggi il cielo cadrà! >>.
Il finto se stesso ride di gusto e John si unisce a lui prima incerto poi sempre più divertito.
“Cristo, sono tutti matti qui!” pensa cercando di darsi un contegno.
<< Mi spieghi come diavolo farai a non crepare per davvero al posto mio? >>.
<< Vieni, seguimi >> dice spostandosi dall’altro lato dell’intrico di rami. << La vedi quella? >> gli chiede indicando una corda diligentemente arrotolata. << L’ho ancorata con dei picchetti da arrampicata. Collegherò il moschettone a questo gancio >> dice, voltandosi di schiena per mostrargli una complessa imbragatura al centro della quale c’è un gancio robusto. << Mi tufferò da lì, molto vicino al getto d’acqua e quando la corda si tenderà sotto il mio peso il mio corpo scomparirà nella cascata. La mia risalita sarà coperta dall’acqua e questo mi permetterà di non essere visto. Tutto già provato, puoi stare tranquillo >> conclude mostrandogli il pollice rivolto verso l’alto.
<< Non hai neppure un po’ di paura? >> chiede stupito.
<< Certo che ne ho! Che gusto ci sarebbe, altrimenti. La sicurezza in me però è più forte. Non è la prima volta che mi lancio nel vuoto, anche se devo ammettere che è la prima da una cascata >>.
<< Sicuro che non si accorgeranno del trucco? >>.
<< Fammi dire che a fiducia non stai messo molto bene, doc >>, dice inarcando le sopracciglia e cavoli se davvero gli somiglia!    << La comitiva di turisti arriverà dalla parte opposta e quindi ti vedrà in piedi, quasi di spalle contro il cielo plumbeo a contemplare il vuoto sotto di te. Fox e Misty faranno sì che a nessuno venga in mente di spostarsi per vedere meglio. Al loro segnale mi     lancerò >>.
<< Come faranno ad avvertirti? >>.
<< Siamo tutti connessi attraverso un auricolare posto all’interno dell’orecchio destro >> gli spiega velocemente indicando l’orecchio. << Hai preferenze sulla posa? >>.
<< Quale posa? >>.
<< Quella del salto, doc! >> sospira e la mano sale a coprire gli occhi. << Vuoi che mi tuffi in avanti con le braccia dritte? Che faccia un salto portando avanti le gambe? Tuffo a bomba? … >>.
<< A braccia aperte. Così >> gli dice aprendo le braccia fino a portarle a formare una croce.
<< Ottima scelta, doc. Scenica e ad effetto, mi piace >> sentenzia mostrando nuovamente il pollice. Porta poi la mano all’orecchio destro. << Ok, si va in scena! Dammi la giacca, doc, e indossa questo >>. Gli porge una pesante felpa scura con un ampio cappuccio e lui a sua volta gli consegna la sua giacca di pelle. << Tu resta qui e non ti muovere per nessun motivo al mondo, ok? Io vado, ti suicido e torno. A dopo >>.
Il ragazzo scompare al di là dei rami. John indossa la felpa e, mantenendosi nascosto, lo osserva assicurare il moschettone al gancio, indossare la sua giacca e posizionarsi sulla roccia. Resta fermo ad osservare il vuoto per un tempo che a John appare infinito. Poi lo vede lentamente aprire le braccia e senza esitazioni saltare giù.
Le gambe di John cedono e anche lui cade tra gli aghi di pino, una mano premuta sulla bocca per non gridare. La gola strozzata e dolente e il grido che non può fare echeggiare nella valle trova sfogo nelle lacrime. Cerca di respirare profondamente. Respiri lenti e profondi, lenti e profondi. Attorno a lui solo il fragore della cascata a invadergli le orecchie.
 
<< Ehi, doc! Doc! >>.
Gocce d’acqua gelida gli schizzano il viso e mani forti lo scrollano affondando le dita nelle spalle. John apre gli occhi e si ritrova faccia a faccia con un ragazzino bagnato come un pulcino dalla testa ai piedi.
<< Svelto, dobbiamo andare! >> gli intima, aiutandolo a rimettersi in piedi. Sky gli caccia un passamontagna sul viso e gli copre la testa col cappuccio. Poi indossa la corda arrotolata come fosse una borsa tracolla e si mette lo zaino in spalla. << Afferra la mia mano >> sussurra e senza capire perché John la stringe e subito si ritrova trascinato dal ragazzo, che corre come un disperato.
Non sa dire quanto sia durata quella corsa a perdifiato, nè di quanto si siano allontanati dal luogo del suo ‘suicidio’. Si ritrova dinanzi a un cottage dall’aria molto vissuta e tenta di riprendere fiato mentre Sky cerca la chiave e apre la porta. << Dentro svelto! >> lo strattona per un braccio gettandolo, letteralmente, al di là dell’uscio.
<< Oddio… sto per morire >> rantola John.
<< Veramente sei già morto. Affogato, per l’esattezza >> precisa il ragazzo. Getta i vestiti bagnati per terra senza curarsi della pozza d’acqua che si apre sempre più sul pavimento, né dell’essere in mutande davanti a lui. << Ho bisogno di una doccia calda. Torno tra un attimo >> dice per poi sparire al di là di una delle porte.
John boccheggia in modo vergognoso. Sfila via il passamontagna e la felpa ritrovandosi madido di sudore. Si trascina verso il lavello della cucina e beve avidamente dal rubinetto. Bagna più volte il viso bollente e i polsi, iniziando a sentirsi vagamente meglio. Si volta e si appoggia al lavello, asciugando il viso con un canovaccio. Sul tavolo della cucina sembra essere stato allestito un vero e proprio quartier generale. Due laptop sono aperti a mostrare schermate complicate. Sono collegati a quella che ha tutta l’aria di essere una consolle. Tutt’attorno vi è un intrico di cavi e almeno due tipi di auricolari bluetooth.
<< Pazzesco! >> sussurra John .
<< Immagino ti sentirai catapultato in un film di spionaggio >>.
La voce di Sky, improvvisa alle sue spalle, gli strappa un urlo.
<< Uelà, siamo tesi doc! >> sghignazza Sky che dire abbia il passo felpato di un gatto è poco.
John lo osserva a bocca aperta. Non può avere più di vent’anni la persona vestita di nero dalla testa ai piedi che lo sta guardando divertita. Non è però l’età la cosa che lo lascia interdetto.
<< Quei due non ti hanno preparato e tu non sapevi nulla, eh? >> ridacchia con quella voce così strana.
<< Preparato a cosa? >>.
<< A questo >> dice puntando gli indici sul suo corpo. << Non sai nulla dei ‘Los errores’? >>.
<< Cosa sono? >>.
<< Siamo noi >>.
<< Perché ‘Los errores’? >>.
<< Perché è quello che siamo: degli sbagli. Ognuno di noi è considerato in qualche modo sbagliato. Alcuni in modo più evidente >>, torna ad indicare se stesso, << altri meno >>.
<< E cos’avresti di sbagliato tu, sentiamo? >>.
<< Oh, non fare finta che non ci sia nulla che non quadri in me, doc, non me la bevo >>.
<< Sei troppo giovane, solo questo mi stona >>.
Sky ride ed è una risata argentina come quella di un bambino.
<< E’ proprio questo il punto. Ho 36 anni, doc. >>.
John ride incredulo. L’espressione improvvisamente seria di Sky, però, lo convince che non sta scherzando. Il suo corpo è apparentemente fragile ma i muscoli sono tonici e ben delineati. La cosa che più lo manda in confusione è non riuscire ad attribuirgli un genere. Non ha seno ma non ha neppure i pettorali di un uomo. I fianchi non sono sinuosi ma neppure retti. I pantaloni attillati che indossa non sottolineano alcun rigonfiamento all’altezza del pube, ma non formano neppure una curva morbida. Il viso è androgino e bello. La pelle rosea priva di barba è così simile a quella di un bambino. Gli occhi scuri danzano allegri beandosi del suo stupore.
<< Sky Fall. Il segreto è nel nome >> strizza l’occhio scostando i capelli neri e umidi dalla fronte.
Caduta del cielo, come gli ha detto poco prima. Oltre al cielo cos’altro cade insieme al finto John Watson?  Stelle, meteoriti e …
<< Angeli! Sei un ermafrodita? >> domanda incredulo.
<< Bingo! >> esclama mostrando i pollici, gesto che sembra piacergli proprio tanto. << Non è però il caso di eccitarsi, dottore >>.
John arrossisce guardando la mezza erezione della quale non si era neppure reso conto. <<  Non è per te è … per tutto questo >>.
<< Certo, certo, cercano tutti di ripiegare su qualche scusa quando gli chiarisco le idee sul mio conto >> cantilena Sky sedendosi dinanzi ai laptop. Mette il bluetooth all’orecchio sinistro e manovra la consolle perdendosi nel suo lavoro. << Tutto procede come da copione, doc >> lo rassicura mostrando il pollice. << La polizia è stata allertata, così come i servizi d’emergenza >> dice indicando il laptop alla sua sinistra.
<< Sei collegato alle centrali operative locali? >>.
<< Sono collegato a tutto ciò che viaggia su onde lunghe, corte, etere e web, doc. Nonché ai miei cari colleghi >> dice indicando il laptop di destra.
<< Fantastico! >>.
Sky porta la mano all’orecchio destro e si alza improvvisamente. Si dirige alla porta e la apre facendo accomodare la signora Hipkins.
<< Oddio, Sky, credo di avere appena visto un fantasma! >> esclama Mistica fiondandosi tra le braccia del collega.
<< Non temere, mia adorata, ti proteggerò a costo della mia stessa vita! >> sta al gioco Sky stringendola forte a sé.
<< Sì, ma non te ne approfittare! >> esclama la ragazza schiaffeggiandogli le mani scese un po’ troppo al fondo della sua schiena. << Allora, Johnny caro, come stai? >> dice muovendosi svelta verso di lui.
<< Hai una domanda di riserva? >>.
<< Ok, ok, rimandiamo i convenevoli a più rosei momenti. Non abbiamo molto tempo! Fila a fare una doccia, march! >>.
John esegue l’ordine e dopo soli cinque minuti torna nella sala con i capelli umidi e un asciugamano legato in vita.
<< L’ho sempre detto io che Billy ha buongusto >> dice Sky strizzandogli l’occhio.
<< E dal momento che hai sicuramente letto il suo ultimo messaggio, ti conviene tenere a posto le mani, angelo mio >> lo mette in riga Mistica. << Johnny caro, indossa questi >> gli dice porgendogli abiti casual dal colori accesi che John si affretta ad indossare. 
<< Da questo momento ti chiami Ramon Sanchez >> annuncia la ragazza porgendogli documenti e passaporto. << Sei nato a Valencia, hai 48 anni e sei single e senza figli. Sei un architetto venuto in Inghilterra per un convegno. Stai per tornare a Barcellona, dove ti sei trasferito da una decina   d’anni >> la ragazza gli fa segno di accomodarsi sulla sedia che ha piazzato al centro della stanza. Su un’altra sedia ha posato un’enorme trousse e ha ai suoi piedi una borsa nera.
<< Ramon è spagnolo, quindi dobbiamo rendere questo bel viso roseo decisamente olivastro. Ok, Johnny caro, chiudi gli occhi, rilassati e lascia fare a me >>. Mistica gli passa sul viso un olio freddo dall’odore pungente e una volta assorbito vi applica sopra una pellicola. La modella con le dita in modo che aderisca per bene a tutto il viso.
<< Stasera ti muoverai in autonomia partendo da qui. Abbiamo affittato a tuo nome questo cottage tre giorni fa, data di inizio del congresso che ti fa da copertura >>.
<< Ma Ramon non era al congresso, come può essermi di copertura? >>.
<< E cosa pensi abbia fatto io per tutto questo tempo, doc? >> gli domanda Sky dalla sua postazione. John è stupido: hanno davvero pensato a tutto.
<< Chiamerai un taxi e ti farai portare all’aeroporto dove ti aspetta il volo per Barcellona >> continua Mistica mentre spruzza qualcosa sui capelli per poi asciugarli con il fon. << Una volta arrivato ti farai portare in taxi fino al tuo appartamento >>.
<< Ho un appartamento a Barcellona? >>.
<< Non ti gasare, doc, è un prestito da parte di un prestanome fidato >> ribatte Sky mentre digita frenetico sulla tastiera di uno dei laptop.
<< Sky ti verrà a recuperare e vi metterete in viaggio verso Madrid >>. Si sofferma sulla nuca dove John la sente fare qualcosa di fastidioso ai suoi capelli. Maneggia ancora a lungo la sua testa prima di spostarsi alle sopracciglia, che pettina molte volte lentamente.
<< Ora rilassa le palpebre >> gli chiede e con uno scovolino gli applica quello che sembra essere rimmel sulle ciglia. Torna, poi, ad occuparsi dei capelli rivolgendo all’attaccatura di questi sulla fronte la stessa attenzione dedicata a quelli sulla nuca.
Cosa mai starà combinando?” si chiede John che non ne può più.
<< Distendi le labbra >> gli chiede e vi applica sopra del colore con un pennello. << Ecco fatto. Ora apri le palpebre e mostrami i tuoi bellissimi occhioni blu >>.
<< Occhio con i complimenti che Billy non si fermerebbe neppure dinanzi a te, Mistica >> ridacchia Sky, che non distoglie lo sguardo dalla sua postazione.
<< Sai bene che non c’è trippa per gatti con me, mi amor >> ribatte la ragazza. << Ramon ha gli occhi scuri, molto scuri, quindi, Johnny, dovrai indossare queste >> gli dice mostrandogli una lente a contatto dall’iride colorata. << Pronto? >>. Il dottore annuisce e la ragazza dolcemente posiziona le lenti a contatto prima in un occhio poi nell’altro. << Ecco qui. Ramon, benvenuto tra noi >>.
Mistica solleva uno specchio e lo pone davanti a John che resta senza parole. L’uomo che vede riflesso nello specchio ha i capelli lunghi fino alle spalle e una frangetta sbarazzina che gli ricade sugli occhi. Le sopracciglia sono scure e folte, molto più di come se le ricorda. Le basette sono più lunghe e le labbra scure.
<< Ho applicato delle extension temporanee ai capelli. Non metterci le mani troppo spesso e occhio a come carichi zaini o indossi sciarpe. Una volta a Barcellona le strapperai via >>.
<< E perché? >>.
<< Perché cambierai identità, Johnny caro >> spiega Mistica con la voce da vecchietta dandogli un buffetto sulla guancia. << Nell’appartamento di Ramon troverai altri documenti. Ti basterà cambiarti d’abito, togliere le extension e le lenti a contatto per assumere la nuova identità con la quale raggiungerai Madrid. Lì Grey ti terrà nascosto fino al nostro ritorno e allora si vedrà che forma darti. Ora devo scappare. Sei davvero bello, Ramon >> dice dandogli un bacio sullo stesso punto della fronte.
<< E a me niente? >> piagnucola Sky.
<< Tu vedi di non metterti nei guai >> risponde baciandogli le labbra. << Nos vemos en Madrid, mi amor[1] >>.
<< Ten cuidado, querida[2] >> le sussurra Sky baciandola a sua volta. Un bacio più appassionato questa volta, che porta John a voltarsi rispettosamente dall’altra parte.
La ragazza esce dal cottage e lascia John ai suoi pensieri e Sky ai suoi laptop. Il dottore si specchia trovando così sconosciuto il volto riflesso. Non c’è nulla di lui, delle cicatrici lasciate dall’acne, del suo colorito ultimamente un po’ troppo spento, dei suoi capelli più grigi che biondi ormai e neppure i suoi occhi.
<< Mio dio, ma come fate a non impazzire? >>.
<< Abitudine >> borbotta Sky facendo spallucce.
<< Tu e Mistica, quindi … >> dice tentando di iniziare una conversazione, giusto per spezzare la tensione.
<< Niente di che >> ridacchia scuotendo il capo. << Non ho ciò che le interessa davvero >>.
<< E sarebbe? >>.
<< Un corpo femminile >>.
<< Oh >> John resta sorpreso. Tutte quelle occhiate seducenti, i sorrisi e le battutine facevano solo scena a quanto pare.
<< Te l’ho detto che siamo sbagliati, doc >>.
<< Non penso ci sia nulla di sbagliato nell’omosessualità, Sky >>.
<< Concordo con te, doc, ma io e te e tutta la nostra allegra combriccola non siamo il mondo intero. Le cose stanno cambiando, è vero, ma solo in superficie. Persone come me sono ancora considerate degli scherzi della natura e quelli come voi dei malati che è possibile curare. Tu stesso, per quanto ne so, ti ostini a proclamare di non essere gay >>.
<< Perché è così, non lo sono >>.
Sky si volta lentamente verso di lui. Lo scruta serio << No, è vero non lo sei >> dice e un sorriso furbo nasce sulle sue labbra. << Sei più nella mia zona >> dichiara strizzando l’occhio.
<< E la tua zona è? >>.
<< Andiamo, lo sai >> alza gli occhi al cielo. << Sia l’uno che l’altro >>.
<< Sia l’uno che l’altro>> gli fa eco John annuendo.
<< Finchè non ci si innamora >> aggiunge Sky. << E tu sei cotto a puntino, doc >>.
Sky gli mostra il pollice e John tentenna qualche istante, ma poi sorride e mostra a sua volta il pollice al giornalista. Poi ognuno torna alle sue occupazioni e il silenzio cala come un sipario.

 
 
[1] Ci vediamo a Madrid, amore mio.
[2] Stai attenta, mia cara.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Buongiorno a tutti
Eccovi il settimo capitolo. Come vi dicevo, ho imparato lo spagnolo lavorando e nello scritto non sono molto brava. Ci sono delle battute in spagnolo che spero di aver scritto nel modo corretto. In caso non lo fossero mi scuso in anticipo.
Vi auguro una buona lettura e, come sempre, datemi un feedback lasciando una recensione.
A presto
Patty
 
Capitolo 7
 
La radio passa musica spagnola dal ritmo allegro. John la sente appena, in bilico tra il sonno e la veglia. La poltrona dell’auto a noleggio sulla quale stanno viaggiando è comoda e invitante, ma non vuole darla vinta a Morfeo. Volge lo sguardo alla ragazza al posto di guida, che canticchia ondeggiando la testa al ritmo della musica. Ha i capelli biondi, raccolti in un’alta coda di cavallo,  occhi truccati di nero in modo pesante e labbra di un viola scurissimo. Indossa un abitino gotico dalle lunghe maniche a pipistrello e calze a rete che si perdono negli stivali alti fino al ginocchio.
<< Fai la nanna, doc >> gli dice Sky senza distogliere lo sguardo dalla strada. << Abbi fede, arriveremo sani e salvi alla meta >> aggiunge strizzandogli l’occhio dalle lunghe ciglia cariche di rimmel.
Il dottore passa una mano guantata sul viso stanco. È arrivato in aeroporto in perfetto orario e ha trovato Sky ad attenderlo agli arrivi, vestito più o meno come Ramon e con in testa una zazzera di capelli rossi da fare invidia a Fox. Si sono abbracciati come due vecchi amici e insieme hanno preso un taxi. Una volta giunti al ‘suo’ appartamento vicino alle Ramblas, si sono trasformati in una coppia dark e, lasciando il palazzo da un’uscita secondaria buia e poco trafficata, hanno raggiunto l’auto e sono partiti alla volta di Madrid.
<< Hai vissuto troppe emozioni, oggi. Insomma, non capita tutti i giorni di suicidarsi >> insiste Sky.
<< E meno male >> sbuffa John. << Che idea ti sei fatto su questa storia? >> gli chiede e per la prima volta lo vede tentennare.
<< Perchè me lo chiedi? >> .
<< Fox mi ha detto la sua, con Mistica non ho avuto modo di parlare e ora sono qui, con te, nell’abitacolo di un’auto anonima che invita alle confidenze e più di cinque ore di viaggio davanti per poter dar loro voce >>.
<< Wow, non sapevo di avere a che fare con un poeta! >> ride forte Sky battendo una mano sul volante.
<< Solo un umile blogger >> lo corregge John sbadigliando .
<< Come ti è saltato in mente di metterti a fare il blogger? >> .
<< La mia terapeuta me lo ha consigliato di ritorno dall’Afganistan dicendo che sarebbe stato utile per aiutarmi a reintegrarmi nella vita civile >>.
<< Ah. E immagino tu ora abbia un’altra terapeuta >>.
Questa volta tocca a John ridere di gusto. Povera Ella, quante cattiverie le sono piovute addosso in questi anni.
<< Ora sono morto, che me ne faccio di una terapeuta? >>.
<< Giusto. Lasciami dire, doc, che con una capace di sparare cazzate simili un tuffo da una cascata l’avrei fatto anche io >>.
<< Non stai rispondendo alla mia domanda >> insiste John.
Il sorriso abbandona il volto di Sky che diviene serio. Sospira scuotendo il capo e si prende ancora un lungo momento di silenzio prima di decidersi a parlare.
<< Billy non mi è mai piaciuto >> ammette.
<< Direi che sei in buona compagnia >>.
<< Non lo so, doc, se faccio parte di quella compagnia di persone che lo trovano irritante per la sua assenza di tatto, l’arroganza e il considerare tutti degli emeriti idioti. Lavorare con Grey mi ha forgiato, da questo punto di vista >>.
<< Allora cos’è? >> insiste John, rompendo questo ennesimo silenzio. Sky ridacchia tra sé e stringe forte il volante tra le mani, combattuto sul da farsi.
<< Tu cosa sai della sua collaborazione con noi? >> gli chiede anziché dargli risposta. John lo asseconda. Gli racconta della scatola trovata per caso e del suo contenuto. Della lettera di Fox che riteneva fosse stata una buona cosa da parte sua l’aver rifiutato la proposta di Grey di unirsi a loro. Racconta di quanto gli ha detto Lestrade circa il caso della bambina vittima del pedofilo stupratore seriale che lo ha portato ad essere contattato da Fox e della decisione da lui presa, di collaborare con loro per altri casi.
<< Con queste informazioni gratti appena la superficie >>.
<< Bene, allora aiutami a scavare più a fondo >>.
Sky gli lancia un’occhiata che sembra dirgli ‘l’hai voluto tu’ e torna a guardare la strada.
<< Mi sono accorto io della sua indagine sul pedofilo. Stavamo dietro a quello stronzo da mesi e ho temuto che col suo modo di portare avanti le ricerche mandasse a monte tutto quanto. Grey si è preso del tempo per studiare i suoi metodi e capire quanto avesse scoperto e ha deciso che era meglio proporgli una collaborazione piuttosto che depistarlo. Io non ero assolutamente d’accordo, ma Grey ci ha messo del suo e non ho potuto fare altro che accettare la sua decisione >>.
<< Tipo autoritario il vostro capo >>.
<< Oh no, tutt’altro >> lo guarda serio. << Dinanzi alla verità c’è poco da fare, doc, ma capirai cosa voglio dire quando lo conoscerai >> gli strizza l’occhio, ma John non capisce il messaggio sottinteso dal gesto, che ha il solo effetto di confonderlo ancor di più. Sky ride forte e alza una mano dinanzi a sé.
<< Ok, ok, scusami, ma sono talmente abituato ad essere circondato da persone capaci di cogliere quanto ho in testa da una sola occhiata che mi dimentico di come si sta tra i comuni mortali. Sarò il più chiaro e dettagliato possibile >>.
<< Te ne sono grato >> sospira John.
<< Avevo paura di un nuovo ingresso nel nostro piccolo gruppo. Certo avevo visto giusto su Billy e su come sarebbe stata disastrosa la sua presenza tra noi, ma il punto è che ero spaventato da un nuovo arrivo, a prescindere dal fatto che fosse lui. Un pregiudizio che non faceva bene a me e neppure al gruppo. L’ho visto nascere questo gruppo. Ne faccio parte da quando ancora era un’idea nella folle testa di Grey, penso sia normale volerlo proteggere >>.
<< Quindi Grey non è solo il vostro capo ma è anche il fondatore dei ‘Los Errores’? >>.
<< A dire la verità i ‘Los Errores’ non sono stati fondati da nessuno. È una cosa che non so spiegare a parole. Quando è arrivato Fox è stato come rendersi conto che eravamo tutti lì. Ci siamo guardati, seduti attorno al nostro solito tavolo, e Misty ridendo ha detto ‘Certo che non ce n’è uno tra noi che abbia qualcosa di normale. Siamo tutti sbagliati’. È nato così. Prima era un modo per scherzare tra noi poi è diventato ufficiale >>.
<< Siete in tanti? >>.
<< No, solo noi quattro. Sì, potrei dire che ‘Los Errores’ sono nati con Fox. Lui ha apportato un cambiamento significativo al gruppo e forse è per questo che Billy non mi è piaciuto fin dall’inizio. Ho temuto potesse in qualche modo portarcelo via. Un tavolo non può stare in piedi se gli manca una gamba e allo stesso modo noi tre da soli non saremmo più stati gli stessi  >>.
<< C’è stata davvero la possibilità che Fox andasse via con lui? >>.
<< No, ma l’ho scoperto solo dopo. Ero troppo preso dalle mie paure per rendermi conto della realtà. Fox non lascerebbe mai Grey e credo che alla fine anche Billy lo abbia capito. Dal canto suo, Grey non ha mai avuto dubbi sulla lealtà di Fox. Nonostante il casino che ha combinato nell’inchiesta degli spogliarellisti, ha comunque proposto a Billy di entrare nel gruppo, perché, lui è Fox funzionano da dio insieme: uno è abile nel riconoscere le emozioni e nell’entrare in risonanza empatica con l’altro e l’altro lo è nel dedurre vita, morte e miracoli delle persone e ha questa intelligenza che rende faticoso definirlo umano >>.
<< Cosa è successo durante quell’inchiesta? >>.
<< Billy è riuscito a far esplodere Grey. Era furioso! Non l’avevo visto scagliarsi così neppure contro i bastardi di cui ci occupiamo. D’altronde Billy ha messo in pericolo la vita di Fox e chiunque tocchi Fox subisce le ire di Grey >>.
<< Cos’ha fatto? >> .
<< Potrei rispondere che è stato semplicemente se stesso. Noi studiamo a tavolino tutte le nostre mosse prima di metterle in atto, in modo da ridurre al minimo gli imprevisti ed evitare di perdere la vita o molto peggio. Non abbiamo a che fare con ladri di galline, doc. Il nostro cliente più in quadro come minimo è uno psicopatico. In un sistema così delicato uno come Billy poteva solo fare danni. Lui è abituato a seguire una sua idea senza condividerla. Prende e parte per il semplice fatto che l’ha vista nascere dal suo Mind Palace! Non ascolta consigli, se ne frega dei pareri e non si rende assolutamente conto delle conseguenze che le cose che dice e quelle che fa possono avere sugli altri. E a mio parere neppure gliene frega.
Quella volta ha agito di testa sua senza seguire il piano. Se l’è vista brutta, molto brutta e Fox ha dovuto fare i salti mortali per salvargli il culo… in tutti i sensi. E per poco non ci ha rimesso il suo… in tutti i sensi. È finita nel peggiore dei modi, con botte, sangue e tanta paura. Billy non se lo aspettava. La situazione gli era del tutto sfuggita di mano e quando ha capito cosa rischiava è andato nel panico. Noi siamo addestrati e abbiamo fatto un bel percorso personale per leccarci le ferite, accettarle e andare avanti. Lui invece no. Grey gliene ha dette di tutti i colori e il suo cazziatone unito ai lividi e alle cicatrici che ha visto sul corpo di Fox gli hanno fatto capire che doveva darsi una calmata. Non ti nascondo che quando ha rifiutato l’offerta di Grey mi sono sentito  sollevato >>.
Il racconto di Sky fa tornare in mente a John l’idea della quale Greg lo ha reso partecipe. Non vuole però dare spazio a questo pensiero. Cerca di scacciarlo e riporlo sotto il tappeto dove l’ha nascosto, ma negli occhi della sua mente lo vede terrorizzato e smarrito, piccolo dinanzi alle intenzioni malevoli di individui più grandi.
<< Quando abbiamo saputo del suo suicidio persino io ho faticato a crederlo, per quanto lo vedessi così emotivamente instabile da pensare potesse farla finita dopo un semplice litigio con   Fox >> continua Sky preso dal suo racconto. << Penso anche io che quel che vi stanno facendo non sia giusto. Credo, però, non sia giusto neppure quel che ti ha fatto Billy. Me ne frego del suo timore che i cecchini ti uccidano o del suo essere spaventato da Moriarty al punto da dare ascolto a suo fratello. Come può non aver pensato al dolore che ti avrebbe inflitto? Fosse per me lo terrei all’oscuro della verità sul tuo suicidio. Se lo merita! Ma è anche vero che è così emotivamente fragile che potrebbe davvero fare qualche pazzia e per quanto mi stia sullo stomaco questo non lo voglio. Alla fine devo ringraziarlo, perché ho potuto lavorare su questa paura che mi permette oggi di essere qua ed accettare non solo il suo ritorno ma anche il tuo ingresso nel nostro gruppo >>.
<< Faccio parte dei ‘Los errores’? >> domanda John incredulo.
<< Dal momento in cui hai accettato di suicidarti, doc >> annuisce soddisfatto Sky.
Questa poi. Certo se ripercorre tutti gli scambi di battute con Fox una sorta di contrattazione del loro collaborare insieme la ritrova, ma l’ufficialità nelle parole di Sky lo coglie del tutto alla sprovvista.
<< Billy è cambiato molto in quest’ultimo anno e questo cambiamento lo si deve alla tua presenza >>.
È la seconda persona nel giro di pochi giorni che gli fa notare quanto importante sia stata la sua influenza sul brillante consulente investigativo. A quanto pare deve accettare l’evidenza e riconoscere che è stato in qualche modo davvero importante per lui. Nonostante la e-mail che Fox gli ha decodificato la sera prima, dove sono chiari i sentimenti che prova per lui, il dubbio continua ad assalirlo.
<< Penso tu abbia da lavorare sulla tua autostima, doc >> gli da di gomito Sky.
<< Non credo di aver fatto nulla di speciale. Ho trascorso questo anno e mezzo a cercare di stare al suo passo, scusarmi per i suoi modi, impedirgli di morire di fame e sopportare tutte le volte in cui sottolineava quanto fossi lento e idiota >>.
<< E ti pare poco? Una qualsiasi altra persona non sarebbe durata un giorno al suo fianco, doc. Tu, invece, sei andato oltre, hai visto l’uomo dietro il genio arrogante e altezzoso e lo hai accettato per quello che è. Tu sei rimasto, doc. E’ questo che hai fatto. Gli hai dato un luogo in cui tornare e sapere di essere amato nonostante tutto >> .
Le budella di John si aggrovigliano e lo stomaco si chiude. Il peso sul torace torna a ricordargli della sua presenza e la gola viene strozzata dalle emozioni che sta trattenendo.
“La casa sei tu” le parole di Fox irrompono nelle sue orecchie e il pianto esplode tra le sue mani posate sugli occhi. Sky resta in silenzio, gli occhi fissi sulla strada. Gli da il tempo di buttare fuori tutto quanto. Sono in gamba, questi errori, a stare accanto a chi soffre senza né invadere, né dare l’idea di essere imbarazzati o a disagio.
<< Meglio? >> gli domanda quando il pianto si trasforma in deboli singhiozzi.
<< Meglio >> annuisce John. << Dio, non ho mai pianto tanto come negli ultimi tre giorni >>.
<< Sì, facciamo questo effetto >> ride Sky e John si unisce a lui scacciando il magone. << Che ne dici di dormire un po’ adesso, doc? >>.
<< Sì, penso sia un’ottima idea >>.
Sky accende la radio mettendola a basso volume e cullato dalle note e dalla melodiosa voce della cantante spagnola di turno, le palpebre di John calano sugli occhi, come un sipario sulla scena.
 
Sono le otto quando Sky lo sveglia. << Doc, stiamo per arrivare >> gli dice battendogli dolcemente la mano sul ginocchio. John apre gli occhi e si stiracchia sentendosi parecchio anchilosato. Si stupisce nello scoprire che stanno viaggiando su una stradina circondata dal verde. In lontananza vede una cascina verso la quale sembra si stiano dirigendo.
<< Dove siamo? >>.
<< A Las Rosaz de Madrid. Stiamo andando al ‘El lugar seguro’[1], la comunità alloggio fondata da Grey. Qui sarai al sicuro, dovrai mantenere un travestimento e un nome di comodo, ma per il resto potrai gironzolare tranquillo finchè non saremo tutti insieme a ragionare su cosa fare >>.
Il suo posto sicuro è molto diverso da quella vecchia cascina. È un appartamento dalle pareti sforacchiate dai suoi momenti di noia, la cucina travestita da laboratorio dove ogni tanto esplode qualcosa e la sua zona di confort al piano di sopra. Anche se, a dirla tutta, la sua vera zona di confort e la sua poltrona dalla quale può godere del tepore del camino e della vista del suo amico.
Oltrepassano il cancello automatico e parcheggiano all’interno di un cortile. Le pareti pitturate a calce spiccano nel loro bianco illuminato dal sole di questa nuova giornata che si prefigge calda.
Sky, carico del suo zaino e di molte valigette, gli fa strada. Un gradevole profumo di dolci appena sfornati gli ricorda che è dal pranzo a Cautley Spout che non tocca cibo. La cascina è immensa, percorsa da corridoi labirintici e lui è ancora troppo assonnato per tenere una mappa mentale. Sky si ferma davanti a un’ampia porta a vetri, bussa e una voce profonda li invita ad entrare.
La stanza è molto luminosa, accogliente e profuma di pulito. Ad una scrivania siede un uomo più o meno della stessa età di John intento a scrivere velocemente sulla tastiera di un pc. Conclude la frase e si volta verso di loro.
<< Ben arrivati >> dice alzandosi in piedi. << Hai fatto un ottimo lavoro, Àngel. Ora liberati di questo travestimento e fila a farti una bella dormita >>.
<< Non vedevo l’ora di sentirtelo dire >> dice Sky, che sta mostrando solo ora tutta la fatica di questa missione. << Ti lascio nelle ottime mani di Grey Stone, doc. Oh, a proposito, Àngel è il mio vero nome. Sì, i miei genitori non hanno mai avuto molta fantasia. A più tardi >> esce dalla porta strascicando i piedi e scompare inghiottito da uno dei corridoi.
Il silenzio cade tra i due uomini rimasti. John si era fatta un’idea totalmente diversa di Grey Stone. Se lo immaginava vestito in doppio petto, ritto sui piedi, il mento alto e altezzoso. La versione ispanica di Mycroft, insomma. L’uomo che è fermo davanti a lui, invece, veste jeans strappati in più punti su scarpe da tennis e una t-shirt grigia che mette in mostra i tatuaggi che gli coprono le braccia. La parte sinistra del suo viso è nascosta da un ciuffo di capelli biondo cenere mentre quella destra sfoggia una rasatura quasi a pelle che mette in bella vista un tatuaggio tribale. Gli sorride in un modo enigmatico, che John non sa se essere di scherno o di cortesia. Tutto sommato è un bell’uomo, dai lineamenti forse un po’ troppo delicati che contrastano con la corporatura asciutta, forte e tonica, tipica di chi è capace di scattare da zero a cento in un nanosecondo. Il suo sguardo, al pari di quello di Fox, trasmette fiducia e allo stesso tempo scandaglia l’anima sulla quale si posa. John nota che l’occhio sinistro, parzialmente coperto dal ciuffo, è di un marrone leggermente più chiaro del destro. Intravede anche una cicatrice all’angolo della bocca nascosta dai capelli.
<< E’ così tu sei John >> dice, i pollici appesi alle tasche dei jeans.
<< Ho cambiato così tanti nomi in questi due giorni che devo ripetermelo per ricordarlo >> .
L’uomo ride della sua battuta e gli tende la mano sinistra. Gesto curioso e insolito. John nota che sul polso ha tatuata una scritta. La fissa a lungo prima di muovere goffamente la mano sinistra a stringere la sua.
<< Hasta la verdad, siempre. È il mio motto >> gli dice mostrandogli il polso. << E ti ho dato la mano sinistra perché è quella che si offre agli amici e indica fiducia reciproca[2] >>.
<< Non lo sapevo >>.
<< Ora lo sai >> gli sorride. I suoi occhi sono immobili eppure John li sente dappertutto. << Hai molte domande e al tuo posto le avrei anche io. Non so se tutte le risposte che riceverai ti piaceranno, ma posso impegnarmi a dartele e garantirti che sentirai solo la verità per parte mia e di chi sta con me. Ma prima di tutto penso sia importante prenderci cura del tuo corpo e soprattutto del tuo stomaco >>. In tutta risposta, la pancia di John borbotta sonoramente.
Grey lo conduce attraverso altri corridoi tutti uguali. Il profumo di brioches aumenta poco per volta finchè, girato l’angolo, non si ritrovano davanti a un grande arco oltre il quale si apre una bellissima cucina. Una signora anziana sta togliendo dal forno le brioches che stanno dando il tormento a John. Si volta verso di loro accogliendoli con un ampio sorriso che ricorda quello amorevole della signora Hudson.
<< Buenos dias, Mariana. El perfume es atractivo, como siempre. Podemos robar unos brioches para el desayuno?[3] >>.
<< Sin duda. Quieres preparar algo màs para ti? Acado de recibir huevos frescos[4] >>.
<< Estaràn bien. Por favore también el tè[5] >>.
Si accomodano al tavolo mentre Mariana si affaccenda ai fornelli. Il the e le brioches arrivano accompagnati da marmellate e uova strapazzate. John si scopre più che affamato e manda giù velocemente due brioches prima di sentire di poter rallentare e dedicarsi alle uova calde.
<< Todo delicioso, gracias[6] >> dice a Mariana che lo ringrazia con una carezza materna sulla testa.
Grey gli da il tempo di ristorarsi. Lo osserva silenzioso con quel sorriso enigmatico sulle labbra. Come Fox nel loro primo incontro, lascia a lui le redini del gioco, cosa che a John fa molto piacere.
<< Quanto è pericolosa la situazione, Grey? >> gli chiede allontanando da sè piatti e posate.
<< Abbastanza >> risponde lui senza tradire alcuna emozione. << Il tuo suicidio è andato secondo i piani. Miriam e Valerio, che tu conosci con gli pseudonimi di Mistica e FireFox, hanno condotto bene i giochi e le autorità stanno ancora cercando disperatamente il tuo cadavere. Mycroft è all’oscuro di tutto, cosa che mi da una grande soddisfazione personale. Billy è stato agganciato da Fox, che gli ha lasciato intendere di non prendere la cosa troppo sul serio >>.
<< Come ha reagito? >>.
<< Ha fiducia in Valerio e ha capito che abbiamo combinato qualcosa. Non ne è felice, ovviamente, ma si convincerà della necessità di tutto questo. Valerio lo ha invitato a scomparire e gli ha dato appuntamento tra tre giorni a Zurigo >>.
<< In svizzera? E perché mai? >> .
<< Attualmente si trova in Romania. Preferisco raggiungerlo a metà strada e su territorio neutrale che farlo venire qui, magari tirandosi dietro gli amici di suo fratello e quelli di Moriarty. Lui è bravo a scomparire, quasi quanto lo è a dedurre, ma non mi fido del guaio in cui si è cacciato. Ho la buona abitudine di essere prudente, John >>.
<< Buonissima abitudine >> .
<< Lo considero un complimento, detto da uno che si butta a capofitto nel pericolo >>.
Un brivido gli percorre la schiena. Il sorriso di Grey si allarga appena e i suoi occhi non si spostano di un millimetro dal viso di John. Torna il silenzio. Evidentemente ha esaurito la risposta a quella prima domanda e attende la successiva.
<< Dove mi trovo? >> gli chiede guardandosi attorno. Grey annuisce come fosse soddisfatto del modo in cui sta portando avanti l’interrogatorio.
<< In un posto sicuro. Ho acquistato questa cascina vent’anni fa, con il primo anno di guadagni grazie al mio lavoro. Era un rudere che stava in piedi con lo sputo e sono riuscito ad averla per niente, facendomi ridere dietro da chi era felice di essersene sbarazzato. Lo stesso che si è morso le mani quando ha visto cosa ne ho ricavato. Avevo bisogno di un posto dove poter accogliere le persone che, come me, avevano vissuto traumi violenti, visto l’inferno con i loro occhi e scampato la morte per un soffio. Ospito dai 150 ai 200 tra bambini, ragazzi e adulti di ogni genere, orientamento e cultura. Alcuni li conosco durante le inchieste, altri mi vengono affidati dai servizi sociali e altri ancora si presentano qui spontaneamente. Abbiamo medici che prestano servizio volontario per chi ne ha bisogno e una scuola per gli ospiti e tante attività extrascolastiche, alcune aperte anche agli esterni, per permettere il reinserimento sociale. Penso che Àngel  ti abbia detto che sarai anche tu ospite di questa struttura >>. John annuisce. << Per ulteriore sicurezza ti presenterai alle persone che incontri con il nome di Miguel Arrighe. Se ti chiedono qualcosa di te rispondi semplicemente che preferisci non parlarne, è una cosa che succede spesso qui e nessuno insisterà oltre. E ti chiedo anche di non cedere alle provocazioni. I miei ospiti sono… particolari, ricordalo >>.
John annuisce, sebbene non gli sia propriamente chiaro il perché di questo avvertimento.
<< Anche voi alloggiate qui? >>.
<< Io vivo a Majadahonda, non molto lontano da qui. Miriam e Àngel a Madrid. Solo Valerio abita qui. Occupa una delle camere adibite ad accogliere gli ospiti provvisori come te >>.
John è stupito da quella notizia. Dalle parole di Sky si era fatto l’idea che Grey e Fox stessero insieme, ma a quanto pare non così tanto da vivere nello stesso posto. Grey ridacchia scuotendo il capo, ma non sembra volerlo mettere a parte dei suoi pensieri.
<< Perché sta tra i provvisori? >> gli chiede, allora, curioso.
<< Una sciocca scaramanzia >> sospira Grey alzando gli occhi al cielo. << E’ convinto che se inizia a sentire di appartenere a un posto questo gli viene irrimediabilmente portato via >>.
<< Posso capirlo >> sussurra John. Si rivede seduto alla sua poltrona, un bicchiere di vino alla mano e il calore del camino ai suoi piedi, ad osservare le spalle di lui che si muovono agili mentre suona il violino.
<< Anche Sherlock alloggerà tra i provvisori. Ho fatto preparare per lui la sua vecchia stanza, adiacente alla tua >>.
Grey è il primo di loro che lo chiama col suo nome. Si era talmente abituato a sentirlo chiamare Billy che questo cambiamento lo lascia a bocca aperta.
<< Un nome particolare, non trovi? >> sorride Grey posando i gomiti sul tavolo e il viso tra le mani a coppa. John annuisce, la gola talmente arida da impedirgli di proferire verbo. << Pericoloso da usare, anche quando eravamo tra noi in redazione. Era restio, però a trovare ‘uno sciocco nomignolo’ >> dice imitando alla perfezione la sua voce e il suo modo di fare. << Così gli ho proposto di utilizzare il suo primo nome e dal momento che William è troppo lungo e Willy troppo americano la scelta è caduta su Billy e lì è rimasta >>.
<< Non… non sapevo che William fosse il suo primo nome >> sussurra. Hanno vissuto insieme per un anno e mezzo e non è venuto a conoscenza di una cosa così elementare.
<< Ha eletto a suo nome quello meno comune e più ricercato. Cosa ti aspettavi da un uomo che si è inventato una professione attualmente ancora unica al mondo? >>.
Ridono entrambi ammorbidendo l’atmosfera, e del nuovo the appena fatto compare tra loro.
<< Io credo di doverti ringraziare per aver deciso di aiutarci >> .
<< Non ringraziare me >> gli dice agitando l’indice. << E’ stato un connubio tra il caso, che come è noto non esiste, e l’insistenza di Valerio. Come dicevo, da mesi stiamo lavorando a un’inchiesta di un certo rilievo, in collaborazione con le autorità locali. Loro avevano bisogno di una delle nostre mani per fare luce su un giro di escort di alto bordo e noi abbiamo scoperto che dietro questo giro se ne nasconde uno più inquietante di bambini.
Valerio è rimasto in contatto con Billy, che lo ha aggiornato sui suoi casi, come tu hai informato il pubblico attraverso il tuo blog. Sherlock gli aveva parlato del consulente criminale grazie al quale oggi sei mio ospite, e siamo rimasti di stucco quando abbiamo trovato il suo zampino dietro questo giro di pedoprostituzione d’alto bordo >>.
<< Mio dio >> sussurra John, che sente salire la nausea al solo pensiero di dove le mani di Moriarty siano disposte ad arrivare.
<< Valerio mi aveva proposto di contattarvi, ma io non ero sicuro. Stava succedendo qualcosa di troppo strano tra quei due e ho preferito desistere e continuare le indagini per conto nostro. Quando però è giunta la notizia del suo suicidio, Valerio ha insistito affinchè ci vedessimo chiaro e io non ho potuto fare finta di nulla quando mi sono reso conto del guaio nel quale quell’imbecille si è cacciato nel tentativo di salvarti >>.
L’essere associato alla causa che ha spinto lui a inscenare il suo suicidio gli da la nausea. Gli viene spontaneo associare la nausea a Mr Governo Inglese.
<< Mycroft ha dato informazioni su di lui a Moriarty in cambio di altre utili al governo o a non so per cosa altro lavori. Io non posso immaginare che se l’ho scoperto io non ci sia arrivato anche lui. Non riesco a capire come possa essersi fidato del suo acerrimo nemico >>.
Grey ascolta in silenzio il respiro concitato di John. Unisce le mani sotto al mento, come è solito fare lui, e prende un lungo respiro.
<< La cosa è molto più complessa di così, John. Tu cosa sai di Sherlock, della sua vita prima di conoscere te? >>.
<< Io… io so che è laureato in chimica, che ha avuto problemi con la cocaina all’università e che sette anni fa’ ha conosciuto Lestrade e da allora ha iniziato a collaborare con lui ai suoi casi >>.
<< I punti salienti della sua età adulta direi che ci sono, ma cosa sai dello Sherlock bambino? >>.
John si rende conto di non sapere assolutamente nulla. Prima di scoprire le foto nelle scatole non credeva neppure che avesse avuto un’infanzia. Un bambino nel corpo di un adulto, ecco cosa ha visto più volte in quell’anno e mezzo, quando la noia lo affliggeva e iniziava a fare i capricci e a mettere su il broncio.
<< Ho trovato qualche giorno fa’ quattro scatole spinte a fondo sotto la libreria. Contenevano ricordi e foto. Da questo ho scoperto che ha avuto un cane che ha amato molto. Sono stati insieme per tredici anni e lui ne ha conservato guinzaglio e collare. Ho trovato anche un orsetto di peluche vestito da aviatore che custodiva la foto di lui con una bambina e lo spartito di una canzone in francese. Anche lei penso sia stata molto importante per lui >>.
<< Parecchio importante. Direi che ha fatto di lui l’uomo che è diventato >>.
<< Chi è, Grey? >>.
<< Non spetta a me dirtelo. Violerei il segreto tra terapeuta e paziente e mi sono già spinto troppo oltre. Avrete modo di parlarvi e potrai porgli tutte le domande che ritieni necessarie >>.
John reprime un moto di rabbia. Non sarebbe corretto parlare di cose così importanti alle sue spalle, ma non sa se riuscirà a fargli tutte le domande che gli girano per la testa. C’è un grande problema di comunicazione tra loro. Possono parlare dei casi e intendersi alla perfezione, ridere come scemi per ore delle cose più stupide, ma quando si tratta di affrontare argomenti personali e delicati mettono su i muri. Entrambi.
<< Non riesci a fidarti e lui lo avverte. I muri che innalzi lo confondono al punto da non riuscire a capire come muoversi, cosa che lo porta a fare solo un gran casino. Una situazione di questo tipo rende difficile aprirsi alle confidenze. Di qualunque tipo. Penso dovrete trovare il modo di risolvere questo problema, altrimenti tutto il lavoro che stiamo facendo sarà inutile >>.
John si rende conto di quanto gli dia fastidio che gli venga attribuita parte della responsabilità dei loro problemi di comunicazione. Come Mycroft, tende ad addossare a lui la colpa per uscirne pulito con addosso i panni della vittima. Grey sta portando a galla verità che neppure sapeva esistessero. È questo che intendeva Sky quando gli ha detto che avrebbe capito chi era il loro capo?
<< Ti faccio i miei complimenti >> gli dice John chinando appena la testa. << Non avrei mai immaginato che lui potesse decidere di iniziare un percorso terapeutico. Lestrade lo aveva ipotizzato e penso anche io, come lui, che il tuo modo di fare terapia sia molto diverso da quello di tutti gli altri >>.
<< Invece vi sbagliate entrambi. Il modello terapeutico al quale mi riferisco è ben noto, così come gli strumenti che uso in seduta. Sono in grado di leggere le microespressioni facciali, cosa che mi rende facile scoprire chi mente e chi dice la verità, ma in terapia ci sono delle regole da seguire. Non posso investire il paziente di tutte le informazioni che scopro senza che lui me le abbia dette e il più delle volte neppure ne sia a conoscenza. Lo farei scappare e rischierei pure di creare traumi e diffidenza nei confronti della psicoterapia >>.
John pensa ad Ella, alla sua insistenza affinchè scrivesse il blog e la vede così lontana dallo stile che Grey gli sta dicendo adottare con i suoi pazienti. Forse persino lui si fiderebbe di questo giornalista investigativo dall’aria enigmatica.
<< Sky… Àngel mi ha raccontato di come il suo arrivo abbia sconvolto il vostro gruppo >>.
<< Oh, io direi che quello sconvolto fosse Àngel. Tende ad essere molto protettivo nei nostri confronti, quasi più di quanto non lo sia io >> ride scostando appena il ciuffo con un piccolo gesto del capo. A John è parso di vedere una brutta cicatrice, ma non gli pare opportuno soddisfare quella curiosità.
<< Mi ha anche detto che lui ha messo a rischio la vita di Valerio >>.
Grey diventa improvvisamente serio. Lentamente si allontana dal tavolo per appoggiare la schiena contro lo schienale.
<< Sì, lo ha fatto >> dice in tono grave. << Ed è stato proprio a seguito di quanto ha fatto che mi ha chiesto aiuto >>.
Si guardano in silenzio per un lungo istante. Il cuore di John batte forte e una domanda gli pizzica la lingua e preme per uscire.
<< Lestrade…  mi ha messo a conoscenza di una sua teoria >>. Fa difficoltà ad articolare le parole. Schiarisce più volte la gola sentendo lo sguardo di Grey fisso su di sé. << Secondo Greg lui ha… subito violenza da bambino >> dice rapido, per togliersi l’impiccio.
Gli occhi di Grey restano immobili nei suoi, senza quasi battere le palpebre. Sono inquietanti in questo silenzio che stona con l’ambiente sereno nel quale si trovano.
<< Lestrade è un ottimo detective. Mi piacerebbe avere lui al posto del nostro molto meno perspicace Torres >> dice senza tradire alcuna emozione. Quella maschera inespressiva infastidisce John che sente lo stomaco in subbuglio, preda del dubbio di aver ricevuto una muta conferma della teoria di Greg.
<< Temo che anche di questo dovrai parlarne con lui >> aggiunge.
<< Oddio, allora è vero! >>. John porta le mani al viso, affonda le dita nei capelli per poi premere il palmo destro sulla bocca. Un terremoto emotivo che parte dallo stomaco lo scuote tutto, mentre la sua mente gli ripropone il sorriso gioioso di lui bambino che stringe forte al petto il suo cucciolo.
<< Ci sono tanti modi in cui agire violenza su un bambino, John >>. Sente appena la voce di Grey, tornato ad appoggiare i gomiti al tavolo. << Se il bambino è molto sensibile, poi, è ancora più facile. Più spessa è la corazza che ci si crea attorno, più fragile è l’animo che questa contiene. Sherlock è come un bicchiere di cristallo in mezzo a una mandria di elefanti impazziti. È sempre stato così. Gli sono successe parecchie cose spiacevoli, ma il trauma che più lo ha segnato non ha toccato direttamente il suo corpo. Questo non vuol dire che non ne abbia, però, dilaniato lo spirito >>.
<< La bambina! >> esclama John colto da illuminazione. << C’entra la bambina, non è vero? >>.
<< Non posso dirti altro, John, mi dispiace >>.
Grey si alza dando a intendere che l’interrogatorio è finito. John vorrebbe urlargli contro tutta la sua rabbia ma gli bastano questi occhi, nuovamente immobili puntati sopra di lui, a farlo desistere dal suo intento.
<< Ti mostro la tua stanza >> gli dice il giornalista, invitandolo a seguirlo. John si alza su gambe malferme e segue Grey tra il labirintico intrico di corridoi. Escono all’aperto e raggiungono un’altra ala del tutto indipendente. Entrano nel basso fabbricato e si ritrovano in un’ampia stanza. Una bella cucina rustica occupa la parete di destra, mentre su quella di sinistra vi è una grande libreria carica di libri. Un televisore piatto è appeso come un quadro sopra al camino e il divano ad angolo posto di fronte invita ad accomodarsi per godere del calore del fuoco e dello svago di un film. Sette porte si aprono sulla cucina.
<< Quello è il bagno >>. Grey indica la prima porta lungo la parete in fondo. << E questa è la tua stanza >> gli dice dirigendosi all’ultima porta. La apre e lo invita ad entrare. La stanza è grande e da una porta finestra si può uscire sul giardino. Un letto da una piazza e mezzo occupa parte dello spazio, un armadio a due ante e una scrivania il resto.
<< Non è il grand’hotel, ma c’è tutto ciò che serve. Il frigo è pieno e anche la dispensa, puoi cucinare autonomamente. Se vuoi puoi comunque unirti al resto degli ospiti nella cucina dalla quale proveniamo. Eccoti una piantina della tenuta. Mi rendo conto che chi è nuovo si perde facilmente, dovremmo mettere della segnaletica >> ride scostando nuovamente il ciuffo e ora John la vede chiara: una cicatrice che dalla tempia sinistra scende a deturpargli l’occhio, lo zigomo e la guancia fino all’angolo della bocca.
<< Ti lascio riposare. Per qualunque cosa mi trovi a questo numero >> dice consegnandogli un biglietto da visita grigio. A caratteri scuri con un font elegante è scritto un nome.
<< Juan Hernandez? È questo il tuo vero nome? >> gli chiede.
<< Certo. Non vorrai mica che i miei pazienti mi chiamino Grey Stone? Qui in pochi conoscono i nostri pseudonimi. Ci vediamo più tardi, John >>.
Gli porge nuovamente la mano sinistra che lui stringe impacciato ed esce lasciandolo solo in un ambiente nuovo e del tutto sconosciuto.
<< Impazzirò, lo so >> sospira rigirando il biglietto da visita tra le dita. Si volta verso la sua stanza, ma la sua attenzione è catturata da un adesivo attaccato alla porta centrale. Si avvicina e vede la volpe dal muso appuntito circondato dalla coda rossa come una fiamma. << Tu devi essere la stanza di Fox >> sussurra, avvicinando appena le dita all’adesivo. Lo ricorda schiaffeggiato al ritmo della musica solo qualche giorno fa. Spiccare come una macchia di sangue sul legno scuro del corpo della chitarra.
Due porte più in là c’è la sua stanza, che Grey gli ha detto essere adiacente a quella che è stata la vecchia camera di Billy. << E quindi vicina anche a quella di Fox >> sussurra. Hanno dormito in camere vicine. Forse anche nello stesso letto. Sente lo stomaco chiudersi e quella che ormai deve ammettere essere gelosia impadronirsi di lui.
<< Ho bisogno di una doccia! >>. Con lo zaino in spalla entra nella stanza da bagno. Tre lavandini sono posizionati in fila subito sulla sinistra, tre porte dietro le quali devono trovarsi i sanitari subito di fronte a lui e tre box doccia sulla destra. << Quindi se io faccio la doccia un’altra persona può entrare per fare… altro >>, constata stupito. È stato un soldato e quindi non dovrebbe inorridirsi, nè stupirsi alla vista di bagni e docce in condivisione. L’idea, però, che lui e Fox possano essersi trovati lì uno ai lavandini e l’altro alle docce << o entrambi alle docce… >>.
<< No, forse è meglio dormirci su! >>.
Esce dal bagno e si dirige nella sua camera. Chiude la porta a chiave e, lanciate via le scarpe, si butta sul letto.
<< Basta, non ne posso più! >> esclama coprendosi il viso con un cuscino.
 

[1] Il posto sicuro
[2] Gesto solitamente usato dagli scout, i quali gli attribuiscono i significati citati da Grey.
[3] Buongiorno, Mariana. Il profumo è invitante, come sempre. Possiamo rubarti qualche brioches per fare colazione?
[4] Certamente! Volete vi prepari qualcos’altro? Ho appena preso delle uova freschissime
[5] Andranno benissimo. Anche del the, per favore
[6] Tutto delizioso, grazie

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Buongiorno a tutti
Con questo capitolo si giunge alla fine della prima parte di questa storia che sta diventando piuttosto lunga. Come vi dicevo nell’incipit del primo capitolo, non ho il dono della sintesi. Dal prossimo capitolo cambierà il punto di vista, ma vi lascio ora alla lettura.
Ne approfitto per ringraziare chi sta seguendo questa ff, siete in tanti e mi fa molto piacere. E ancora di più me ne farà se mi lascerete una recensione di questa prima parte.
Buona lettura
A presto
Patty
 
 
Capitolo 8
 
<< E pretendete che io sia d’accordo? >>.
John si alza in piedi come una furia. Fa tre passi indietro guardando con risentimento i ‘Los Errores’ riuniti. Sui loro volti resta immutata la decisione appena esposta. John si sente soffocare. Porta la mano ai capelli e li tira forte cercando rifugio nel dolore fisico. Ha trascorso buona parte della sua vita a obbedire agli ordini. Quelli assurdi di sua madre; quelli ai quali non si poteva ribattere dei suoi superiori quando era sotto le armi; quelli non detti di lui in questo ultimo anno e mezzo. Ora però ne ha abbastanza. Non ne vuole più sapere di dover sottostare alle decisioni di qualcun altro. L’unica cosa buona che fin’ora gli ha portato l’inscenare il suo suicidio è stata questo grande desiderio di rinascita.
<< Ho dato retta al vostro piano folle senza neppure chiedervi ulteriori dettagli. Ho assunto personalità diverse e sono rimasto chiuso qui per due giorni a nascondermi come fossi io il criminale >>.
<< E’ per la tua incolumità >> ribatte Mistica, gli occhi lucidi prossimi al pianto.
<< Ne ho abbastanza di sentire tirare in ballo la mia incolumità >> grida e la sua voce vibra contro le pareti dell’ampia cucina degli alloggi provvisori. << Non capite? Voi che siete capaci di leggere le emozioni, proprio non lo capite? >>. Porta una mano al peso che sente gravare sul petto e per quanto ci provi non riesce a bloccare il pianto.
<< Lo capiamo >> risponde Grey, il volto inespressivo.
<< Allora perché mi chiedete di restare qui? >> grida levando i pugni al cielo. Una parte di lui si rende conto di stare facendo i capricci come fosse un bambino. Come era solito fare lui. Sente però di non poterne fare a meno.
<< John >> la voce dolce di Fox lo raggiunge come una carezza. Chiude gli occhi cercando di scacciare questo improvviso piacere, consapevole di quanto sia abile nel manipolare il prossimo, quella maledetta volpe rossa.
<< John, ti prego guardami. Voglio tu veda che non ho intenzione di raggirarti >> dice il ragazzo, che ovviamente ha colto la sua diffidenza. È uno sguardo carico di rabbia quello che John gli punta addosso.
<< Sherlock è fuori di sé in questo momento. È spaventato all’idea che possa succederti qualcosa e furioso nei nostri confronti. Ha il diritto di sfogare la sua rabbia. Se ti vedesse subito, poco avvezzo com’è a gestire le emozioni riverserebbe tutta la sua furia su di te. Tu adesso non sei in grado di sostenere il suo attacco. Rischiereste di litigare furiosamente anziché parlare e chiarirvi e inoltre lui non ascolterebbe neppure più noi >>.
Il ragazzo gli sorride e John non può fare a meno di pensare quanto vere siano le sue parole. È arrabbiato con lui, furioso per il suo averlo tenuto all’oscuro di tutto facendolo soffrire e per essersi fidato di quel bastardo del fratello. È anche desideroso di rivederlo, di abbracciarlo e stringerlo forte, forte al punto da togliergli il fiato. Fox, però, ha ragione. Lui lo aggredirebbe accusandolo di essere stato un folle a dare retta al gruppo di giornalisti e quella rabbia caricherebbe la sua furia e come minimo finirebbe a botte e con un silenzio carico di rancore. Conosce bene quanto lui sia capace di tenere il broncio e farsi forte di un’aggressività passiva che gli darebbe ancor di più ai nervi.
<< Lascia che ti faccia da parafulmini, John >> gli chiede Fox.
Eccola lì che torna la sensazione di cura, quella coperta calda sulle spalle tremanti. John non può fare a meno di fidarsi di Fox. Non sa ancora se Sky e Grey gli piacciono e con Mistica ha scambiato appena poche battute. Del rosso giornalista, invece, sente inspiegabilmente di potersi fidare.
<< Ok >> sussurra appena. Volge un ultimo sguardo ai quattro seduti attorno al tavolo. Mistica e Sky Fall indosseranno ancora per poco le loro vere identità. Il mattino seguente si presenteranno all’appuntamento con lui a Zurigo. Hanno previsto che non prenderà bene il vedere loro due e che questo lo renderà più propenso a seguirli. Si sposteranno con mezzi di locomozione diversi e entro domani sera saranno di ritorno a Madrid.
<< Io… sono stanco. Ho bisogno di dormire >> sussurra John, desideroso di togliersi quanto prima da lì.
<< Buonanotte, Johnny caro >> gli augura Mistica. Un misto di emozioni diverse si succedono sul suo bel viso.
John si chiude la porta della sua camera alle spalle e vi si appoggia contro. Non ha sonno. Per nulla. Lui, che è sempre riuscito a restare in contatto con i propri bisogni fisiologici anche nei momenti più duri delle battaglie Afgane, ora non sente più niente. Non prova appetito, non sente il bisogno di dormire, in sostanza non sente il suo corpo. Anestetizzazione sensoriale. La stessa che Grey gli ha spiegato provino buona parte dei suoi ospiti.
In questi due giorni John è stato prevalentemente chiuso nella sua stanza. Quella prima mattina, dopo la chiacchierata con Grey ha provato a gironzolare per la tenuta e si è unito al pranzo comune. John ha tenuto in piedi un ospedale da campo, prendendosi cura dei feriti più gravi così come di quelli più lievi, eppure non ha mai provato le sensazioni di sgomento, impotenza e disperazione percepite a quella tavolata. A spegnergli i sensi non sono state tanto le ferite evidenti sul corpo di quelle anime di tutte le età quanto i loro occhi. Anche coloro che ridevano di un’apparente risata sincera non avevano luce nello sguardo. Lo hanno accolto con diffidenza, quegli occhi. I loro corpi si sono irrigiditi, anche quelli delle ragazze e di alcuni ragazzi che gli hanno lanciato occhiate interessate e provocanti, un po’ per sfida e molto, come gli ha spiegato Grey, perché non sanno in quale altro modo relazionarsi col prossimo. Si è sentito a disagio nel ritrovarsi oggetto dei tentativi di seduzione da parte di giovanissimi che avrebbero potuto essere figli suoi.
Per questo si è ritirato nella sua stanza. Ha preferito sottrarsi a tutta quella disperazione, alla brutalità del passaggio dell’essere umano visibile in ognuno di loro. Ha trascorso queste giornate seduto sul dondolo solitario del giardino sul quale si affacciano le stanze provvisorie. Va lì anche in questa serata, mentre la luce si affievolisce per lasciare il posto all’imbrunire. Porge l’orecchio alla melodia che proviene dalla vicina scuola. L’insegnante di musica questa sera ha deciso di allietarlo suonando al pianoforte dei passaggi de ‘La boheme’. John chiude gli occhi per godere appieno delle note del quadro quarto. Il suo cuore perde un colpo quando la donna inizia a cantare.
 
Sono andati? Fingevo di dormire
perché volli con te sola restare.
Ho tante cose che ti voglio dire,
o una sola, ma grande come il mare
come il mare profonda ed infinita …
Sei il mio amore e tutta la mia vita![1]
 
La prima volta che John ha sentito queste parole è stato nel film di Peter Jackson ‘Creature del cielo’[2]. Lo aveva scelto una delle donne con le quali usciva all’epoca e, nonostante il primo giudizio dato alla copertina del dvd, era risultato essere interessante, molto più di lei a dire il vero. Non aveva idea che quella che a lui era sembrata essere una poesia cantata al vento da Kate Winslet appartenesse a quest’opera. Lo aveva colpito l’aria disperata della ragazza e il modo in cui la sua voce echeggiava portando lontano il suo canto. Era stato molto attento nel memorizzare la traduzione di quelle parole e si era sorpreso nel ritrovarle qualche anno dopo, trascinato a teatro da un’altra delle sue donne a vedere ‘La boheme’. John ride pensando a come Rodolfo abbia tentato di spingere Mimì ad andarsene via da lui e dalla soffitta nella quale viveva per salvare la vita di lei molto malata. Lei che alla fine muore comunque prima di rivelargli che è sempre stato il suo amore e tutta la sua vita.
<< Non farai la fine di Mimì >>.
Fox gli sorride, appoggiato allo stipite della porta finestra della sua stanza.
<< E perché no? A quanto pare ho anch’io una spada di Damocle sulla testa. Per Mimì era la tubercolosi, per me sembra essere Moriarty. Entrambi spietati e senza cuore >>.
<< Sai essere drammatico, sai John? >>.
<< Evidentemente è un’altra delle cose che ho imparato da lui in questo anno e mezzo >>.
<< Posso insegnarti una cosa anche io? >> gli domanda il ragazzo sedendosi al suo fianco sul dondolo. John annuisce curioso. << E’ una cosa che mi diceva sempre mio fratello. Più la situazione si faceva tesa e pericolosa, più lui me lo ripeteva >>.
<< Cosa? >>.
<< “Juan Hernandez ti salverà, Capitano. Credi in lui: Hasta la Verdad, siempre!”. Credi in Grey, John e se non riesci a credere in lui allora credi in me. Vi tireremo fuori da questa brutta storia. Proprio come Juan ha tirato fuori me dalla mia >>.
John vorrebbe soddisfare la sua curiosità, ma sente di non dover chiedere oltre riguardo alla sua storia. Non può far passare inosservato, però, il grado che ha citato.
<< Quindi sei un capitano anche tu >> gli chiede incuriosito da quella parentesi di vita privata che gli ha regalato. Il ragazzo sorride dolcemente e la mano sale a pettinare i ricci ribelli.
<< Lo sono stato solo per lui >> sussurra. Si alza in piedi e si stiracchia. La t-shirt che indossa si solleva sulla schiena scoprendo una brutta cicatrice sul fianco. << Non farai la fine di Mimì, però puoi lo stesso prendere ispirazione da lei?  >>.
<< Per fare cosa? >> chiede John guardandolo tornare verso la sua stanza.
<< Lo sai >> risponde facendo l’occhiolino prima di scomparire oltre la porta finestra.
 
John fissa inebetito lo strano oggetto piccolo e ovale che Grey gli ha consegnato. Lo prende con dita incerte e, come da istruzioni, lo inserisce all’interno dell’orecchio. Quel semplice gesto lo catapulta dentro una discussione accesa.
<< … e vi avverto che se lì dove mi state portando non troverò anche John non risponderò delle mie azioni! >>.
<< E’ lui! >> .
John riconoscerebbe quella voce bassa e quel tono acido tra mille. Quello che fin’ora gli è sembrato uno strano sogno inizia a dare le sue prime prove di realtà. Lo ascolta sputare veleno su Mistica e Sky Fall che tentano di non ribattere, giusto per evitare una rissa ancor prima di essere arrivati a destinazione.
<< Preparati Fox, il pirata è irrequieto >> dice Grey.
<< FireFox pronto all’azione >> risponde il ragazzo, seduto alla scrivania della stanza nella quale attende il suo arrivo.
<< E ricordati che se esagera subirà le mie ire! >>.
Le sopracciglia di Grey si inarcano facendo assumere al suo viso delicato una grottesca espressione di rabbia. John non fatica a pensarlo capace di scagliarsi contro di lui e dal tono in cui lo sente parlare teme che si ritroverà a prendere le difese dell’amico.
Quando alle 5 di questo pomeriggio tiepido Grey aveva bussato alla sua porta invitando John a seguirlo, questi non si aspettava di essere condotto in una sorta di quartier generale simile a quello che era stato allestito nel cottage nello Yorkshire.
<< Ho detto che non lo avresti incontrato subito, ma non ho mai detto che non avresti assistito >>. gli aveva detto Grey mostrandogli uno dei laptop dal quale era possibile vedere Fox in attesa del suo ospite. Gli aveva poi dato la ricetrasmittente permettendogli anche di sentire ciò che si sarebbero detti.
<< A che serve giocare alle spie? >> gli aveva chiesto John.
<< E’ molto più utile di quanto tu possa immaginare >>.
Il sorrisetto sulle labbra del giornalista non gli era piaciuto per nulla. Gli era tornato in un certo senso alla mente Baskerville, solo che questa volta lui sarebbe stato nella cabina di regia mentre il suo amico sarebbe stato la vittima di un esperimento sociale.
<< Sei comunque libero di restituirmi la ricetrasmittente e aspettarmi in corridoio >> gli aveva detto Grey, mostrandogli la mano pronta a ricevere l’auricolare. John aveva incrociato le braccia al petto e rivolto l’attenzione allo schermo, percependo appena il sorriso soddisfatto di Grey.
Ora dalla ricetrasmittente auricolare giungono solo più sospiri e rumori. Finalmente sull’altro laptop appare l’auto vecchia e malandata sulla quale lui, Mistica e Sky Fall hanno condotto l’ultima parte del viaggio. John resta senza fiato quando vede scendere due donne vestite malamente, una obesa e rossa di capelli, l’altra magra e bionda, in compagnia di un uomo anziano vestito di stracci e incurvato dall’età. L’obiettivo della telecamera esterna li filma mentre raggiungono il portone dello stabile madrileno nel quale ha sede uno dei nascondigli dei ‘Los Errores’. L’uomo cammina sorretto dal bastone. Trema in modo evidente sotto il peso degli anni e degli acciacchi e la donna obesa gli sta accanto, come temesse di vederlo cadere da un momento all’altro. John non può fare a meno di pensare quanto bravi siano nell’interpretare questi ruoli e come ci voglia davvero una mente superiore per rendersi conto delle loro vere identità.
<< Stiamo arrivando >> comunica Mistica e Fox si alza in piedi ponendosi di fronte alla porta.
I tre scompaiono oltre il portone per riapparire ripresi dalla telecamera interna. John lo vede allontanare malamente Sky da sé e raddrizzarsi tornando ad essere l’alto consulente investigativo. Sale le scale e la telecamera del primo piano lo coglie affannato divorare i gradini a due a due. Giunge al secondo piano, dove John lo vede fare il suo ingresso nel corridoio, scrutare il luogo alla ricerca di qualcosa e infine trovarla fiondandosi verso la porta sul fondo, seguito da Sky e Mistica.
Il consulente investigativo compare sull’altro laptop. Si chiude la porta alle spalle e si guarda attorno, come poco prima. Un grido animalesco sfonda quasi il timpano destro di John. Stupito lo vede avventarsi contro Fox. Gli da un pugno dritto sul viso e il ragazzo non ci prova neppure a bloccarlo.
<< Perché cazzo ti sei messo in mezzo! >> urla lui del tutto fuori di sé. Fox incassa un colpo allo stomaco seguito da una ginocchiata che però non sembrano smuoverlo di un millimetro e neppure gli strappano grida di dolore.
<< Dov’è lui? Dov’è? >> grida lui portando a segno altri colpi.
John non riesce a credere che quello sia davvero il suo amico. Non lo ritrova nel linguaggio volgare, nella violenza dei suoi gesti, nell’espressione del volto deformata dalla rabbia.
<< Ok, Fox, direi che così può bastare >> comunica Grey al ragazzo. Questi però continua a lasciarsi picchiare e John vede la mano di Grey chiudersi a pugno.
<< Ho detto basta! >> ripete e quell’espressione aggressiva di poco prima torna sul suo viso.
<< Basta! >>. Batte il pugno sul tavolo e contemporaneamente Fox assesta un cazzotto in pieno viso al consulente investigativo. John lo vede volare all’indietro, perdere l’equilibrio e cadere per terra. Tutta quella forza e nessun tentativo di difesa.
<< Non permettergli di toccarti ulteriormente, altrimenti faccio intervenire Sky e la finiamo qui, intesi? >>.
Quella minaccia gela il sangue nelle vene di John. Vede il ragazzo annuire dallo schermo e restare immobile a guardare il suo amico tentare di rimettersi in piedi. John si scosta di un passo da Grey. Mistica gli aveva detto che sono soliti avere un piano base e molti altri di emergenza quando progettano un’inchiesta. John si chiede di quale tipo siano i piani alternativi stabiliti per questa missione e si sente improvvisamente a disagio al fianco di quell’uomo.
<< Direi che ti sei sfogato abbastanza, Sherlock >> la voce di Fox lo riporta sulla scena principale.
Il consulente investigativo ringhia, sputando sangue e saliva ai suoi piedi.
<< Abbastanza? No, Valerio, questo non è nulla in confronto a quanto sarei capace di fare se a causa vostra John dovesse morire >> dice tra i denti rimettendosi in piedi. << Io mi sono buttato dal tetto del Bart’s per salvarlo. Ho trascorso quest’ultimo periodo sulle tracce dei complici di Moriarty per distruggerne la rete ed ecco che arrivate voi a rovinare mesi di pianificazioni >>.
<< Quindi io devo credere che tu abbia visto in un salto nel vuoto l’unica possibilità di risolvere la situazione nella quale vi trovavate?  >>.
<< Ma certo che non era l’unica >> sbotta Sherlock con insofferenza. << Era l’ultima soluzione e ho fatto di tutto per non doverla mettere in atto. Mi sono trovato costretto a farlo! Avevo delle convinzioni e Moriarty me le ha distrutte una dopo l’altra e quando ho pensato di aver trovato il modo per evitare il salto lui ha visto bene di spararsi in bocca >>.
<< Ma che coincidenza! >>.
Qualcosa nel comportamento del ragazzo attira l’attenzione di Sherlock che perde di colpo tutto il suo furore. Lo sguardo di Fox è agganciato al suo e sembra stiano comunicando silenziosamente. Un discorso fatto di micromovimenti del viso e del corpo che ha l’effetto di incuriosire il consulente investigativo, che incrocia le braccia al petto e con un gesto del capo invita Fox a proseguire.
<< Se non avessi avuto modo di conoscerti, avrei accolto la notizia del tuo suicidio come l’ennesimo mitomane al quale crollano i nervi. Io però ti ho conosciuto e non me la sono bevuta la storia della frode e della vergogna che porta al folle gesto. Tu che te ne sei sempre fregato del giudizio altrui decidi di suicidarti proprio a causa di questo? Ma per favore! Doveva esserci qualcosa di più grande dietro e caspita se c’è. Talmente grande che ti ci sei perso dentro anche tu, amico mio >>.
<< Io non mi sono perso, ho tutto sotto controllo! >> .
<< Bene, allora spiegami perché mai uno come Moriarty si è fatto saltare il cervello sul tetto del Bart’s? >>.
<< Era matto da legare, Fox, ecco perché lo ha fatto >>.
<< Oh no, Moriarty non è matto. Un sociopatico con tratti ossessivi e un’intelligenza sopra la media a rendere tutto più complicato, forse. Ad ogni modo ben consapevole della realtà e di come sfruttarla a suo piacimento. Sia tu che io sappiamo bene quali fini ragionamenti siano in grado di compiere personaggi simili >>.
<< Io l’ho visto morto, Valerio! Si è fatto esplodere la testa, e non si sopravvive a un colpo di pistola di questo tipo >>.
<< Se per questo neppure da un salto nel vuoto di più di venti metri. Eppure tu lo hai fatto e anche John >>.
<< Un salto lo si può attutire ma un colpo di pistola … >>.
<< … lo si può camuffare >> conclude Fox al posto suo, lasciandolo a bocca aperta. << Sherlock, credi seriamente che il Napoleone del crimine, come tu stesso lo hai definito, ti abbia attirato in una trappola per il gusto di screditarti per poi, messo alle strette da una tua deduzione corretta, farsi saltare il cervello? >>.
<< Era l’unico modo che aveva per portare avanti il suo piano >>.
<< Avanti, non ci credi più neppure tu >> sbuffa Fox infastidito dalla sua testardaggine. << Uno come lui da poco valore alla vita degli altri, non alla propria. Non si sarebbe mai sacrificato per obbligare te a ucciderti per salvare le persone che ami. E poi pensi davvero che il Napoleone del crimine, dato il luogo in cui lo hai convocato, non abbia pensato che uno dei tuoi piani potesse essere inscenare la tua morte? Sherlock, tu osservi sempre tutto, ma in questa situazione non stai vedendo niente >>.
<< Allora aprimi gli occhi >> lo sfida.
<< Sono qui per questo >> ribatte Fox e per la prima volta un sorriso compare sul suo viso. << Da seduti si ragiona meglio, che ne dici? >> gli propone indicandogli le sedie. Sherlock accetta l’invito, si accomoda e per alcuni istanti si osservano nuovamente silenziosi.
<< Sono sicuro che hai trascorso ore perso nel tuo Mind Palace a cercare di dare un senso alle follie di quell’uomo. Quindi le cose che ti ho detto non ti erano nuove, né tantomeno sconosciute. Sono però molto pesanti da accettare, non solo perchè feriscono il tuo orgoglio di consulente investigativo, ma anche perché aprono porte chiuse da tempo >>.
Sherlock stringe le braccia al petto, accavalla le gambe e sposta lo sguardo altrove.
<< Non c’entra nulla tutto questo con quelle porte >> brontola.
<< Eppure hai già capito a cosa mi riferisco e questo significa che una parte di te ci ha pensato >>.
<< Quei ricordi mi distolgono dall’indagine >>.
<< E se, invece, tutto nascesse proprio da lì? >>.
Sherlock scuote il capo risoluto e Fox, mollemente svaccato sulla sua sedia, alza gli occhi al cielo.
<< L’ho risolta quella storia >> dice il detective.
<< No, tu hai appena accarezzato la superficie con Juan sette anni fa’. Se fosse risolta ti saresti accorto del pericolo nel quale ti sei cacciato e l’avresti evitato. Invece si è ripetuta con personaggi diversi la stessa situazione che abbiamo vissuto a ‘La vida loca’ >>.
Sherlock si alza in piedi con un gesto improvviso. Prende a camminare avanti e indietro seguito dallo sguardo tranquillo di Fox.
<< Cosa c’entra quella storia adesso? Stai travisando i fatti a tuo piacimento >> grida additandolo.
<< Smettila di darmi contro solo per il timore di guardare la realtà! >> sbuffa Fox tornando in piedi.  << Tu sai cosa vuole Moriarty da te. Lo sai e ne hai paura! Lui ha detto che ti avrebbe bruciato il cuore e lo sta facendo e la cosa peggiore è che tu glielo stai permettendo >>.
<< Smettila! >> grida scagliandosi contro di lui, ma Fox blocca il suo pugno trattenendolo con la mano.
<< Sei tu quello che deve smetterla! >> esclama in tono grave. << Mi hai chiesto di aprirti gli occhi e io lo sto facendo. Moriarty sta giocando con te e John così come Josè Riveira ha tentato di giocare con te e me. E tu, tu che sei intelligente ma che quando si tratta di emozioni non impari mai niente, sei caduto nella sua trappola >>. Fox porta anche l’altra mano sul pugno chiuso del consulente investigativo e ne accarezza piano il dorso. << Lui ti vuole, Sherlock, e posso immaginare quanto questo ti spaventi >> gli dice con tono più dolce trattenendo tra le sue la mano di lui pronta ad allontanarsi. << Ha perso la testa e non sopporta che tu abbia preferito John a lui. Moriarty non è tipo da accettare la sconfitta. Se non potrà averti allora non sarai di nessun’altro e se la sta godendo la disperazione che ti vede dipinta addosso ogni volta che ti mostra come potrebbe far fuori l’uomo che ami. Tu però tutte queste cose le hai capite da molto tempo >>.
Sherlock annuisce abbandonando la sua mano tra quelle di Fox.
<< Quello che non vedi è come optando per il suicidio per impedire che a John fosse fatto del male tu abbia fatto il gioco di Moriarty permettendogli di bruciarti il cuore. Lui ha ottenuto ciò che voleva: ovvero allontanarti da John >>.
<< Io mi sono allontanato per poter smantellare la sua rete e tornare a Londra libero dal    pericolo >>. Sherlock richiama a sè la mano dalla stretta di Fox e torna a guardarlo torvo, contrariato da ciò che gli ha detto.
<< Certo, e cosa contavi di fare, una volta giunto a Londra? Far recapitare a John una torta e uscire felice da questa gridando ‘sono tornato’? >>.
<< Quel che ho fatto è stato necessario per la sua incolumità, lui lo avrebbe capito e mi avrebbe perdonato >>.
<< Tu… oddio, tu non capisci un cazzo della natura umana! >> grida Fox facendo un passo verso di lui che indietreggia colto di sorpresa. << Ha assistito al tuo suicidio! Ti ha visto saltare da un palazzo dopo che gli hai mentito per telefono dicendogli di essere una frode. Per lui su quel marciapiede tu eri morto, cazzo, te ne rendi conto? Sia io che te sappiamo cosa si prova, quanto è devastante ritrovarsi impotenti a guardare morire chi si ama. Non so te, ma se io avessi scoperto che mio fratello avesse finto quella convulsione che lo ha ucciso per farmi credere di essere morto per poi tornare dopo qualche tempo, me ne sarei fregato di tutte le sue motivazioni e nonostante tutto l’amore che provavo per lui lo avrei scaraventato di botte e abbandonato a se stesso. Non avrei più voluto avere niente a che fare con lui perché è un trauma che non si può lavare con delle semplici scuse, Sherlock, e se si hanno problemi di fiducia pregressi agire così è ancora più probabile! Ti rendi conto ora di come hai aiutato quel pazzo a bruciarti il cuore? >>.
John sente il sangue gelargli nelle vene. Guarda attonito Sherlock rimanere immobile dinanzi alle parole di Fox. Sì, il ragazzo ha ragione: avrebbe reagito proprio così. Vedere il suo amico senza parole, però, lenisce la sua rabbia. Si rende conto di come lui si sia mosso con l’intento di salvargli la vita senza pensare a tutto il dolore che gli avrebbe causato.
<< Io… io non sono così importante per lui >> sussurra Sherlock. << Io sono solo il suo coinquilino. Sì, ora capisco di averlo traumatizzato, ma lui è forte e gli sarebbe passata presto. Sì, avrebbe sbraitato nel vedermi, ma poi… poi gli sarebbe passata anche quella e… e il bisogno di vivere il campo di battaglia sarebbe stato più forte di ogni altra cosa e… sarebbe tornato da me >>.
La voce flebile da un bimbetto impaurito lascia John senza fiato. Non si capacita di come possa credere che lui lo stia usando solo per soddisfare il suo bisogno di vivere pericolosamente. Come può non essersi reso conto di quanto sia importante per lui? Si morde subito il labbro, mettendo a tacere il giudizio. Lui stesso, infondo, sta accettando solo adesso la verità sui sentimenti che prova per il suo amico. E se è difficile per lui ancora di più deve esserlo per Sherlock.
<< Sai bene di stare sbagliando, Sherlock >> sussurra Fox avvicinandosi a lui di qualche passo.  << Per John non sei solo uno spacciatore di adrenalina. Dalla conversazione che mi avevi detto aver ascoltato tra lui e La Donna hai ottenuto tutte le informazioni che ti occorrono per chiarirti con te stesso. Peccato ti abbiano spaventato ancor di più, sapendo anche quali fossero le mire di Moriarty. È stato furbo a sfruttare l’assurda incapacità di comunicare tra voi per mettere sulla tua strada quella dominatrice e far credere a John di essersi sbagliato e di condividere l’appartamento con un sociopatico etero impacciato e senza alcuna esperienza in campo sessuale. Oddio, se solo sapessero, sia lui che Moriarty, di quanto, invece, tu l’esperienza ce l’abbia e la passione sappia bene dove stia di casa! >>.  I due si scambiano un’occhiata d’intesa ed esplodono in una risata, che con il suo essere del tutto fuori luogo spezza la tensione del momento, permettendo a tutti quanti loro di riprendere fiato.
<< A quanto pare sono un idiota >> dice Sherlock tornando serio.
<< No, non idiota. Del tutto privo della capacità di riconoscere le tue e le altrui emozioni e i conseguenti comportamenti. Ti concentri così tanto nel cercare soluzioni articolate da non renderti conto di quanto tutto in realtà sia molto semplice. Quando la smetterai di dover dimostrare la tua intelligenza e accettare di essere intelligente e si fotta chi dice il contrario? >> gli chiede accarezzandogli dolcemente la guancia truccata. Sherlock sorride imbarazzato e spinge il viso contro la sua mano, bisognoso di quel contatto.
<< Quando si scopre la piacevolezza della compagnia tornare alla solitudine è difficile >> sussurra Fox sfiorandogli più volte con il pollice lo zigomo. << Tu volevi mettere John a parte dei tuoi piani, vero Sherlock? >>. Il detective annuisce affondando di più il viso nel palmo grande e caldo di Fox.
<< Mycroft mi ha consigliato di non farlo. John è un libro aperto e per quanto so che avrebbe mantenuto il segreto non sarebbe stato capace di fingere. È fantastico in tutto ma come attore non ha alcun futuro >>.
<< E tu ti sei fidato di tuo fratello? >> continua Fox richiamando a sè la mano.
<< Ho accettato l’evidenza >> fa spallucce Sherlock.
<< Sai, quando abbiamo scoperto che avevate lavorato insieme per questo piano sono rimasto stupito. Ti ricordavo arrabbiato con tuo fratello al punto da definirlo il tuo acerrimo nemico. Ho immaginato fossi disperato. Talmente preda del timore che potesse accadere qualcosa a John da ricorrere non tanto a Mycroft quanto a tutte le porte che è in grado di aprire >>.
<< Esattamente >>.
<< Allora perché dargli retta sulla cosa più importante? Tu che cerchi sempre il lato intelligente questa volta hai accettato l’evidenza per bocca di tuo fratello, che, come tu stesso hai ammesso, è più intelligente di te. Se lo è davvero, pensi non sia giunto anche lui alla conclusione che ti ho appena esposto? >>.
Gli occhi di Sherlock si dilatano e sul viso gli si disegna una O di stupore.
<< Proprio così >> annuisce Fox amareggiato.
<< No… non può essere. Io gli ho esposto il piano e chiesto aiuto per attuarlo e lui mi ha assecondato. Lui che non mi asseconda mai… oddio >>. Sherlock porta una mano al volto.
<< Perché un tipo potente come Mycroft, che ha ai suoi comandi ogni sorta di spia e che è capace di decidere delle sorti di una nazione stando comodamente seduto alla sua poltrona al Diogenes Club, ha bisogno di aiutare il fratello a inscenare il proprio suicidio per fermare un solo uomo? >>.
<< Perché lavora per quell’uomo >> ringhia Sherlock. Fox annuisce lentamente.
<< Grey ha una sua teoria sul perché Mycroft stia lavorando per Moriarty e preferisco sia lui a esportela >>.
<< Non vedo l’ora di sentirla >> dice rivolgendo lo sguardo alla telecamera.
<< Portate il culo qui, ragazzi. Faccio preparare la cena >> comunica Grey a Fox che annuisce, anch’egli rivolto alla telecamera.
John li vede uscire dalla stanza. Li segue sull’altro laptop mentre scendono le scale. Si separano all’ingresso del palazzo. Mentre Mistica, Sky e Sherlock salgono sull’auto, Fox si prepara a cambiare identità.
<< Allora, John, che ne pensi? >> gli chiede Grey, lo sguardo fisso su Fox nello schermo.
<< Penso che sia tutto sbagliato >> risponde il dottore sconsolato.
<< Sei nel posto giusto, allora >> gli sorride il giornalista. << Ti ho voluto qui perché il nostro modo di comunicare spesso va oltre le parole, anzi, il più delle volte non le usiamo proprio. Non volevo ti sentissi indietro rispetto a noi >>.
<< Ti ringrazio per la premura. Credo, però, che l’abisso che c’è tra me e tutti voi resti comunque incolmabile >>.
<< Sì, penso proprio che dovresti lavorare sulla tua autostima >> dice guardandolo serio, cosa che lascia intendere a John che non sia una battuta la sua. << E’ vero, non hai doti eccezionali come Sherlock e Valerio, né caratteristiche fisiche particolari come me e Àngel. Come Miriam sei diventato diffidente a causa del tuo essere sensibile, ma anziché camuffare la tua fragilità sotto false identità, come fa lei, tu cerchi attraverso il pericolo di dimostrare quanto vali. Sembriamo apparentemente tutti molto diversi, eppure qualcosa ci accomuna >>.
<< Che siamo tutti sbagliati? >> tenta John, sentendosi messo a nudo dai suoi occhi fissi e fermi su di lui.
<< Siamo tutti dei suicidi mancati, John. Ognuno di noi lo è ed è questo che ci rende sbagliati, non le nostre caratteristiche psicofisiche e intellettive. Bramare la morte mossi dalla disperazione è sbagliato. Forse da questa storia ne usciremo più desiderosi di vita, tutti quanti. E se così sarà allora sarà davvero servito a qualcosa. Torniamo ai provvisori, John. Tra poco saranno qui >>.
Le parole di Grey gli vibrano dentro come il vento gelido invernale. Fin da ragazzo l’idea di togliersi da tutto il dolore che lo soffocava con un’uscita ad effetto gli è balenata più e più volte nella mente. Tendente alla depressione, così lo aveva definito la psicologa scolastica da bambino. E depresso lo è sempre stato. Durante gli anni dell’adolescenza, durante l’addestramento e sul campo di battaglia, durante quelle poche settimane da reduce prima di incontrarlo e in questo mese trascorso a piangerlo. L’autodistruzione è stata una compagna fedele insieme alla ricerca costante di situazioni pericolose, che non sono altro che atti suicidari mascherati da eroismo. Tutte le volte che ha pensato di farla finita era mosso dal dolore del giudizio altrui, ma soprattutto del suo giudicare pesantemente se stesso. Proprio come ha fatto adesso, definendosi lontano anni luce da Sherlock e dai ‘Los Errores’.
Ora, però, vuole scrollarsi di dosso tutti questi pensieri. Sta per assistere all’avverarsi di un miracolo e prova dentro sé un misto di paura e gioia. Un’eccitazione che gli trema sotto la pelle. Ha più volte sognato ad occhi aperti questo momento eppure adesso non sa come comportarsi.
 
 
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[1] ‘La boheme’ quadro quarto
[2] Guardatelo! È bellissimo

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Buongiorno a tutti!
Con questo capitolo si cambia punto di vista narrativo. Noterete, e avrete già notato nei precedenti, come il testo prenda spunto dalle teorie della Tjlc e… non solo. Ho adorato il libro apocrifo di Nicholas Meyer ‘Soluzione sette per cento’. Da psicoterapeuta non posso che inchinarmi al genio che ha reso Freud un uomo d’azione e gli ha fatto incontrare i nostri ragazzi di Baker Street. Leggetelo, ne vale la pena.
Per quanto riguarda Eurus ho stravolto un po’ le cose e spero che apprezziate questa versione.
In questo e nei capitoli successivi si dipana la storia di questo famoso anno di collaborazione tra il nostro consulente e il team madrileno di giornalisti investigativi. Come dicevo già nell’incipit di qualche capitolo fa’, mi sono presa delle libertà nel raccontare come funziona il lavoro di un giornalista investigativo, sia perché poco ne so e sia perché sono dell’idea che ogni scrittore possa creare nuovi spaccati, anche inverosimili, di qualunque situazione e professione.
Vi auguro una buona lettura e, se volete, lasciatemi un feedback.
A presto
Patty
 
 
Capitolo 9
 
Certi inverni freddi, certi guai
mi fan paura, prego per restare ancora qui
mi illudo ancora.
Poi improvvisamente arrivi tu sorridi e penso che
non ho più timore lascio correre il dolore non c’è più
e niente muore, baby.
(‘La morte (non esiste più) – Baustelle)
 
 
Il vento caldo danza leggero sui fili d’erba. Una goccia di rugiada scivola lenta, pronta a lanciarsi nel vuoto. Sherlock la osserva vibrare incerta e staccarsi poco per volta dal filo d’erba al quale è ancorata. Poi finalmente la forza di gravità ha il sopravvento e la goccia precipita e raggiunge il terreno divenendo una macchia scura. Rabbrividisce appena e la mano piccola e delicata che con dolcezza gli accarezza i riccioli si ferma.
<< Quel che è stato è stato. Hai la possibilità di rimediare, ora >> gli dice la bambina. Sherlock volta la testa poggiata sulle ginocchia magre di lei. Gli sorride dolcemente, sicura come sempre, che tutto andrà per il verso giusto.
<< Ho paura, Jane >>.
<< La paura aiuta a ragionare, Scotty >>.
<< Non… non ci riesco >>.
La bimba gli da un bacio sulla fronte per poi posarvi sopra la sua. Gli cinge la testa con le braccia e Sherlock sente di essere nel posto più sicuro e confortevole del mondo.
<< Fox ha ragione. Ho fatto un casino >>.
Jane raccoglie col ditino la lacrima sfuggita al suo occhio. La porta alle labbra e la assaggia.
<< No. Hai fatto ciò che pensavi fosse giusto fare >>.
<< L’ho ferito. Non ne vorrà più sapere di me >>. Sherlock si volta di fianco. Affonda il viso nel ventre magro della bambina e con mani tremanti le cinge la schiena.
<< Parla con lui, Scotty. Basta con tutti questi segreti, tutti questi silenzi. Hai visto cosa è successo a noi? A tenere nascosta la verità ci si perde e basta. Com’è che dicono i ‘Los Errores’? >>.
<< Hasta la verdad, siempre >>.
<< Proprio così >> ride allegra Jane. << Loro vi aiuteranno, Scotty. Sai cosa John prova per te, lo hai sentito da lui stesso mentre parlava con La Donna. Non dico che ti salterà subito al collo, né che ti perdonerà in tempi brevi, questa volta. Ma sarà sicuramente felice di saperti vivo >>.
<< E se dovesse… anche lui come Victor… >>.
<< No. Non lo farà. Era pronto a farsi avanti ma hai recitato talmente bene che ha pensato davvero fossi innamorato di Irene. Tu con una femmina! >> Jane ride stringendolo forte tra le braccia. << Trovi sempre il modo di farmi ridere, Scotty >>.
<< Perché mi piace la tua risata >> le dice facendole il solletico e per un po’ sono solo risate.
I latrati di un cane interrompono il loro gioco. Un setter irlandese dal pelo rosso mattone corre loro incontro felice, dribblando le lapidi del finto cimitero.
<< Barbarossa! >> esclama Sherlock accogliendolo tra le braccia. Il cane gli lecca il viso tutto felice.
<< E per quanto riguarda Myc… >>.
 
Un dolore improvviso alla gamba lo strappa dal suo Mind Palace.
<< Bentornato tra noi, Billy Buud  >>. Sky gli stritola ancora l’adduttore della gamba sinistra. << Vedo che il vecchio trucco di Fox per tirarti fuori dai tuoi pensieri funziona ancora. Anche se non credo fosse questo il punto giusto >> gli dice strizzandogli l’occhio.
<< Sì è il punto giusto e no non è Billy Budd il marinaio, ma Billy Kidd il pirata >> puntualizza Sherlock, liberandosi in malo modo della sua mano.
<< Ok ok, come vuoi. Pensavo ti sarebbe interessato sapere che stiamo per arrivare >>.
‘El lugar seguro’[1] è visibile in lontananza. La grande tenuta della quale Sherlock ha recuperato la piantina da sotto la grossa pietra di una delle finte lapidi del giardino del suo Mind Palace.
<< Lui dov’è? >>.
<< Ai provvisori >> risponde Mistica sporgendosi verso di loro dal sedile posteriore.
<< Allegro, Billy Kidd, Grey ha fatto preparare la tua vecchia stanza e ha piazzato lui proprio in quella accanto. Pensa che bello, ti ritroverai tra il tuo amore passato e il tuo amore presente, quasi ti invidio >>.
<< Fox non passerà la notte ai provvisori >>.
<< Ma come cazzo fai a sapere sempre tutto? >> chiede il ragazzo infastidito per lo scherzo non andato a buon fine.
<< Sky lascialo stare >> dice Mistica battendogli una mano sulla spalla.
Entrano nella tenuta e parcheggiano nel cortile.
Le pareti esterne sono state riverniciate una anno prima. Sempre nello stesso periodo due delle cinque porte antipanico che si affacciano sul cortile sono state sostituite. Dai segni sui cardini devono essere state oggetto di una rappresaglia da parte di giovani ospiti poco inclini al lasciarsi reinserire nella società. Nelle aiuole sono stati piantati fiori diversi ad opera di un giardiniere professionista e non degli iscritti ai laboratori di ortoterapia che se ne occupavano sette anni prima. È stata aggiunta altra ghiaia e la presenza di sassolini più chiari vicino le due porte cambiate confermano la sommossa respinta con violenza. Deve essere stato versato del sangue e pure parecchio. Dei cinque gradini che conducono all’entrata principale, il terzo è ancora in pessime condizioni.
<< Ti ricordi dove sono i provvisori? >> gli chiede Mistica. Sherlock annuisce.
<< Penso proprio che non mi perderò >> dice uscendo dall’auto.
La ragazza scende per accomodarsi al suo posto al lato passeggero.
<< Mi raccomando, occhibelli. Ci vediamo domani a pranzo >> si alza sulle punte per posargli un bacio sulla guancia.
<< Misty non abbiamo tutto il giorno >> sbotta Sky.
<< Non sono l’unico che ha delle questioni da risolvere >> sussurra Sherlock alla ragazza che diviene rossa.
<< Che cosa? >> chiede Sky sporgendosi sul sedile del passeggero.
<< Grazie tante, Billy >> la ragazza gli lancia un’occhiataccia e si affretta a salire sull’auto. Sherlock li sente discutere appena e ridacchia tra sé. Scherzare sui non detti tra Sky e Mistica era stato il gioco preferito suo e di Fox nell’anno che lo ha visto ospite di ‘El lugar seguro’ e membro collaboratore dei ‘Los errores’. Ora, però, è meglio si occupi dei suoi di non detti. Prende un profondo respiro e sale i cinque gradini facendo, immancabilmente, scricchiolare il terzo.
Il profumo di pane appena fatto lo raggiunge.
<< Mariana e la cuoca non ufficiale, qui >> dice il ricordo di un Fox venticinquenne comparso al suo fianco. << Ha trascorso buona parte delle sua vita chiusa in casa prima a prenderle dal padre poi dal marito al quale questi l’ha venduta. L’ultima volta che l’ha spedita all’ospedale Grey era lì per recuperare due ragazzine affidategli dagli assistenti sociali. Le ha proposto di seguirlo qui e lei non ci ha pensato due volte. Cucinare per tutti è il suo modo di ringraziare >>.
Sherlock la vede da lontano, al di là del grande arco dal quale si accede alle cucine. Carica dei sette anni trascorsi che l’hanno resa più curva, ma non meno veloce e perfetta ai fornelli. Persino il suo stomaco perennemente silenzioso borbotta un po’ spronato dai profumi deliziosi che provengono dalla cucina.
<< Non ora >> dice mettendolo a tacere con un colpetto.
Sherlock si lascia la cucina alle spalle  e segue la sua mappa mentale grazie alla quale raggiunge l’uscita sul cortile. A pochi metri da lui la porta d’ingresso della palazzina che ospita gli alloggi degli ospiti provvisori sembra guardarlo con un sorriso sornione. Al di là dei vetri delle finestre gli è possibile scorgere un’ombra.
Una folata di vento caldo si solleva improvviso. Gli scompiglia i capelli e passa oltre.
“Vento dell’Est, la nebbia è là, qualcosa di strano fra poco accadrà”[2].
La voce di Jane risuona allegra nella mente di Sherlock e un sorriso nasce sulle sue labbra. E’ faticoso compiere il primo passo verso la porta, ma riesce a raggiungerla con poche falcate. Posa la mano sulla maniglia e lentamente la porta.
Profumo di thè. Early grey, il suo preferito. Biscotti allo zenzero, sembrano proprio gli stessi che consumavano a Baker Street. Le prime piastrelle oltre la porta sono macchiate irrimediabilmente. Il divano è stato cambiato da tre anni. Il televisore prima non c’era. È un modello recente, appeso sopra il camino da un annetto. La libreria ha da poco acquisito un gran numero di libri. Gialli. Horror. I generi preferiti da Fox. Il bagno è stato appena lavato, c’è ancora nell’aria il profumo pungente del disinfettante che copre quello più dolciastro del bagnoschiuma. Il bagnoschiuma preferito di John al profumo di vaniglia nera. La tovaglia che ricopre il tavolo non è mai stata usata. È stata tenuta troppo a lungo in un cassetto. L’ultimo della cucina. Le due tazze posate sui piattini sono scompagnate. Una leggermente sbrecciata sul manico, molto prossimo a cedere. Lo zucchero contenuto nel barattolo è molto vecchio. Fox non è solito usarlo, deve essere lì da almeno quattro anni.
Finalmente gli occhi di Sherlock incontrano John fermo di spalle davanti ai fornelli. Il respiro si blocca. Il dottore si volta, appena sente aprirsi la porta. Ha il viso tirato, smagrito e le rughe prima leggere agli angoli degli occhi, sulla fronte e attorno alle labbra ora sono più marcate. Ha borse ora meno evidenti sotto gli occhi ma che devono essere state più prominenti solo poco tempo prima. I capelli più grigi sulle tempie. Il maglione beige che indossa gli va molto largo. Ha perso sei chili. No, sette. In poco meno di due mesi… non è da lui.
John resta a bocca aperta, tra le mani un canovaccio che ha visto troppi lavaggi. Sbatte più volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco chi ha davanti. Sherlock si rende conto di indossare ancora i panni e il trucco dell’ultimo travestimento. Strappa la calotta di finti capelli radi, grigi e sporchi liberando i suoi ricci scuri. Con più fatica toglie la pellicola di pelle raggrinzita e giallognola. Lascia cadere tutto ai suoi piedi e quando volge lo sguardo verso il dottore trova immutata la stessa espressione. All’improvviso sente caldo, così tanto da soffocare. Si libera del giaccone che va a fare compagnia al resto. Il caldo però si fa ancora più intenso. Sherlock sente il viso arrossato e le orecchie in fiamme e si vede costretto ad abbassare lo sguardo.
<< John >> riesce appena a sussurrare. Non ha la forza di alzare gli occhi. Percepisce appena i movimenti leggeri del dottore. Sta stringendo il canovaccio con più forza e si schiarisce la gola. Anche lui è teso e impacciato. Lo è sempre quando tossicchia a quel modo.
<< Sherlock >> dice con voce roca. La temperatura aumenta ancor di più al solo sentirgli pronunciare il suo nome. Tentenna nell’alzare lo sguardo, ma alla fine decide di continuare ad analizzare le intricate venature delle piastrelle.
Nessuno dei due sembra essere disposto a muoversi di un solo passo. Né per scappare via, né per andare verso l’altro. Sono fermi in questa impasse che ben li rappresenta.
“Parla con lui, Scotty. Basta con tutti questi segreti, tutti questi silenzi”.
La voce di Jane scuote Sherlock dal suo immobilismo. Inspira profondamente come si fosse ricordato solo adesso di dover respirare.
<< Mi… mi dispiace >> sussurra e gli occhi gli si annebbiano riempiendosi di lacrime.
<< Lo so >>.
Certo che lo sa. Grey lo ha fatto assistere all’incontro con Fox. Solo per questo sta evitando i suoi pugni.
<< Pensi davvero che… che io sia rimasto con te solo per soddisfare la mia necessità di vivere pericolosamente? >>. John ha la mascella serrata e la bocca a disegnare una linea incolore. La fronte aggrottata conferisce durezza al suo sguardo.
<< Io… sono un idiota >>.
<< Sì, lo sei. Il più grande idiota che io abbia mai conosciuto >>.
Una lacrima sfugge dall’occhio destro. Sherlock la sente indistintamente, calda e pungente, percorrergli la guancia disegnando una scia umida.
<< Come hai potuto davvero pensare che non mi importasse altro che quello di te? >>.
Lo sfrigolio del canovaccio ritorto dalle dita forti di John giunge indistintamente all’orecchio di Sherlock. Rabbrividisce all’idea di aver rischiato di essere al suo posto.
<< Non sono abituato ad essere… considerato importante >>.
<< Beh, allora dovrai farci l’abitudine perché per me lo sei. E non sono il solo, dato il posto in cui ci troviamo >>.
È una nota di gelosia quella che avverte nella sua voce? Lo osserva con attenzione, mettendo da parte le sue paure. John ha sempre accolto senza porre domande tutte le sue proposte. O meglio, le domande le poneva, ma mentre cercava di tenere il suo passo e non prima, magari trattenendolo per un braccio e decidendo solo successivamente se unirsi a lui o meno. Nei confronti degli altri ha sempre mostrato di avere una profonda diffidenza. Cosa mai lo avrà spinto a seguire Fox? Per quanto il giornalista sia abile nell’ottenere ciò che vuole, John lo è ancor di più nel rendersi conto delle manipolazioni altrui.
<< Oh, ma certo! >> esclama e i suoi occhi si fanno grandi per la deduzione appena avuta. Allo stesso modo arrossisce colmo di vergogna. << Le hai trovate >>.
<< Sì >> conferma John senza aver bisogno di ulteriori spiegazioni. Il modo in cui riescono ad essere sintonizzati gli scalda sempre il cuore. Anche adesso che sono immobili ognuno nelle proprie paure riescono a capirsi senza troppi giri di parole.
<< Mi dispiace >>.
Sherlock si stupisce delle parole di John.
<< Avrei dovuto lasciarle lì. Non avrei dovuto violare la tua privacy >>.
<< Io con la tua lo faccio continuamente >>.
<< Per questo ho deciso di aprirle >>. Un sorriso gli ammorbidisce il viso ed eccolo lì, il suo John. << E sono molto offeso, Sherlock, molto. Mi hai rotto le scatole quotidianamente per un anno e mezzo e il minimo sarebbe stato crearne anche una per me >>.
L’atmosfera si alleggerisce. Sherlock sente la tensione abbandonare un po’ il corpo e anche John sembra tornare a respirare.
<< Ho ampliato il mio Mind Palace creando una nuova sezione solo per te >>.
<< Oh >>. John arrossisce e Sherlock trova che sia infinitamente bello in questo momento. << Non aspettarti che partecipi alle spese di ristrutturazione! >>.
Ridono di quella battuta sciocca. Prima timidamente poi sempre più forte. Le ginocchia si piegano e l’addome si contrae scosso dalle risate. Le lacrime rigano le guance. Il canovaccio cade e John fa qualche passo raggiungendo il tavolo. Sherlock a sua volta si allontana dai resti del travestimento sparsi ai suoi piedi. Ci mettono un po’ a tornare seri. Ogni volta che ci provano basta un’occhiata per scoppiare in una nuova bordata di risa.
<< I morti di solito non ridono >> dice John asciugando il viso con le mani. Le sue parole hanno l’effetto di riportarli al silenzio.
<< Siamo entrambi morti >> sembra realizzare John in questo istante. << Io ho bisogno di capire, Sherlock, perché davvero sto… impazzendo. Cosa vuole Moriarty da te? >>.
<< Lui… vuole… me >>.
John corruga la fronte e arriccia il naso, gesti che è solito fare quando sta riflettendo. Scuote poi il capo e porta la mano agli occhi.
<< Quindi tu mi stai confermando che quel pazzo ha montato su tutto questo casino perché vuole portarti a letto? >>.
<< Sì >>.
<< E immagino che non sia tipo da abbassarsi ad un invito a cena, come si fa tra comuni esseri umani di media intelligenza >>.
<< A quanto pare no. Lui mi ha invitato a risolvere casi perché sa che è quello che mi piace fare. Più sono complessi più mi piacciono >>.
<< Ma pensa… ti ha praticamente ricoperto di regali >>.
<< All’inizio forse, poi ha iniziato a impormeli. Io mi sono ritrovato costretto ad accettarli, ma ho rifiutato la sua offerta >>.
<< E lui ha minacciato di bruciarti il cuore >>.
<< Non è tipo da accettare un rifiuto, sì >>.
<< E’ per questo che ti sei dovuto buttare dal tetto del Bart’s? “O me o la morte?”  >>.
<< Non… esattamente >>.
<< Allora cosa? >> .
<< Beh, lo hai sentito prima da Fox >>.
<< E’ da te che voglio sentirlo, Sherlock! >>.
Lo sguardo di John non da spazio a repliche. Indubbiamente merita che gli venga detta la verità, dato il mese di dolore al quale lo ha sottoposto. Ciò non toglie che sia difficile parlare apertamente dei loro sentimenti.
<< Lui ha… ha capito cosa provo… cosa provo per te. Grazie a La Donna ha capito cosa tu… provi… per me. Non avrebbe mai accettato di sapermi… felice con te. Se tu non avessi ricambiato allora… sarebbe stato diverso perché sarebbe stato anche il mio un interesse non corrisposto. Così invece… >>.
<< Quindi… “o con me o uno di voi due deve morire” >>.
<< Non potevo permettere che fossi tu >>.
<< E Greg e la signora Hudson allora perché? >>.
<< Perché non avrei avuto nessun amico che avrebbe potuto consolarmi per la tua perdita >>.
John stropiccia il viso con la mano e sospira, un lungo sospiro pesante. Sherlock sente battere forte il cuore. Gli ha detto la verità, quella verità che ha nascosto così gelosamente per evitare di metterlo in pericolo. Non è per nulla vero che dopo ci si sente più leggeri. No. Se prima era solo spaventato ora prova vero terrore all’idea di cosa potrà succedere.
<< Credi che Fox abbia ragione? Che Moriarty sia vivo e come te… come noi, abbia inscenato il suo suicidio? >>.
<< Io… ho scandagliato tutta la scena mentre venivamo qui. L’ho rivista fotogramma per fotogramma nel mio Mind Palace e penso che… che possa avere ragione. Io ero troppo shoccato. Non mi aspettavo che facesse qualcosa del genere e sapevo che la sua morte avrebbe portato a un mancato ordine e di conseguenza alla vostra morte. Ero troppo sconvolto e terrorizzato all’idea di… di perderti e ho… perso il controllo >>.
Prova una profonda vergogna per quella sua debolezza. Avrebbe dovuto accertarsi dell’effettiva morte di Moriarty. Controllargli il polso, come aveva immaginato avrebbe fatto John con lui. Per questo aveva ideato il trucco della pallina. Invece ha dato per scontato che da un colpo alla testa non si sopravvivesse. Si è fatto fregare col suo stesso trucco.
<< Sono un idiota >> dice tra i denti.
<< No >> ribatte John. << Sei un essere umano. Io… so di averti detto che sei una macchina e… dio, mi sono tormentato all’idea che l’ultima cosa che ti ho detto prima che tu… che fosse stato un insulto, un terribile insulto. Tu provi emozioni e sentimenti come tutti quanti e quel bastardo se n’è approfittato per… condurti a sè >>.
Un brivido percorre la schiena di Sherlock, umida di sudori freddi. Detta ad alta voce da John la prospettiva di finire preda delle mire di Moriarty lo terrorizza ancora di più. Un capogiro lo porta a perdere quasi il terreno sotto i piedi.
<< Ehi, tutto bene? >> gli chiede John, accorso subito al suo fianco. Gli afferra le mani per sostenerlo e il calore che dalle sue proviene rinfranca subito Sherlock.
<< Hai le mani gelide >> dice in tono clinico guardandole. << Sei dimagrito parecchio. Quando hai mangiato l’ultima volta? >>.
Eccolo lì il suo dottore, che antepone la sua salute a qualunque altra cosa.
<< Io… non me lo ricordo >>.
<< Sei impossibile >> ribatte John esasperato. << Sei visibilmente denutrito e disidratato. In queste condizioni pretendevi di annientare la rete di Moriarty? Sei un incosciente Sherlock, un dannato incosciente. Penso sia meglio tu introduca del cibo, immediatamente >>.
Senza lasciare spazio a repliche lo conduce al tavolo e, scostata una sedia, gli intima di sedersi. Toglie dal forno una pirofila e, messo parte del contenuto in un piatto, gli porta in tavola una porzione di un succulento arrosto con patate.
<< Mariana ha mantenuto intatta la sua bravura >> dice Sherlock beandosi della fragranza della pietanza. Si scopre affamato, davvero tanto affamato. Dopo un paio di bocconi veloci deve rallentare per non rischiare di ingolfarsi e rigettare tutto quanto. Sarebbe un vero peccato.
John si è seduto al suo fianco con a sua volta un piatto di arrosto sotto il naso. Per un lungo momento il rumore delle posate e delle mandibole la fa da padrone. Di tanto in tanto il dottore lo osserva mangiando in silenzio. Occhiate fugaci, che sono sia cliniche che curiose, nascondono tante domande.
<< Non credo che sverrò a causa di una tua domanda, John >> .
<< Ne sei sicuro? Non hai una bella cera e non voglio stressarti ulteriormente >>.
<< Rimandare non servirebbe a nulla. Su, forza, spara! >>.
John allontana il piatto ancora parzialmente colmo da sé, cosa insolita. È decisamente nervoso e a disagio per le domande che sta per porre e che Sherlock già sa a cosa si riferiranno.
<< Hai fatto un percorso psicoterapico con Grey? >>.
<< Sì >>.
Silenzio. John tormenta un tovagliolo tra le mani.
<< Mi ha detto che hai scelto di farlo a seguito di ciò che è accaduto durante l’inchiesta alla quale hai preso parte. Hai davvero messo a rischio la vita di Fox, Sherlock? >>.
<< Sì >>.
Silenzio. John stropiccia il viso e del tovagliolo ne restano ormai solo brandelli.
<< Ok, posso immaginare per te non sia facile, ma ti spiacerebbe entrare nei particolari e smetterla di rispondere per monosillabi? >>.
Sherlock allontana a sua volta il piatto ormai quasi del tutto vuoto. Non ha alcuna voglia di rispondere a questa domanda, ma sa che l’indomani l’argomento salterà fuori e pensa sia corretto nei confronti di John parlargliene adesso.
<< Tu conosci il mio metodo, John. Logico, privo di emozioni, tagliente. Questo funziona finchè lavoro da solo o cerco informazioni in luoghi che posso controllare. Quell’inchiesta non era sotto il mio controllo e mi sono scontrato con una situazione nuova per me. Immagino tu abbia pensato quanto distante fosse da me ciò che è solito fare uno spogliarellista >>.
John annuisce.
<< Non era per la nudità in sé, quella non mi causa alcun problema. Erano gli sguardi, le mani, l’atteggiamento, i doppi sensi. Tutte cose che io fatico a capire e ancora meno accetto. Ho provato disgusto, nausea, repulsione e, devo ammetterlo, paura. La diffidenza lì era portata alle stelle. Non ci si poteva davvero fidare di nessuno, tutti subito pronti a mettertelo nel culo e in tutti i sensi. Fox era davvero l’unico di cui mi potessi fidare e in tutta quella confusione di sensi mi sono aggrappato a lui. Troppo. Non ti nascondo che mi sono sentito attratto da lui fin dalla prima volta che l’ho visto. Al di là di mio fratello non avevo incontrato nessun altro in grado di dedurre il prossimo e lui non passa dalla logica ma dalle emozioni e questo metodo mi ha affascinato, proprio perché io con le emozioni non ci so fare per nulla. Era diventata una sfida per me, quella di imparare il suo metodo e… sì, anche quella di conquistarlo. E in quella vicinanza fisica obbligata questa idea di conquista si è risvegliata così come i miei… bassi istinti >>.
<< Un’altra prova del tuo essere umano >>.
<< Già. Solo che è avvenuto nel posto e nella situazione meno indicate e nei confronti di una persona del tutto priva di pulsioni >>.
<< Che cosa? >>.
<< Fox sa ammaliare, sa flirtare, sa manipolare e persino abbindolare se vuole, ma non si coinvolge in nulla. Come dice lui stesso il suo corpo è del tutto insensibile. Ha una soglia del dolore talmente alta che più volte si è reso conto di essere ferito anche in modo serio dopo parecchio tempo e per puro caso. Ha dovuto reprimere le sensazioni fisiche al punto da annullarle e ancora oggi sta lavorando sullo ‘scongelamento’, come lo chiama lui >>.
<< Cristo >>.
<< Tutti i miei tentativi di approccio rimbalzavano su un muro di gomma e per quanto lui mi spiegasse la situazione io non potevo fare a meno di starci male. E di essere geloso. Sono diventato estremamente geloso e possessivo nei suoi confronti. Non sopportavo il modo in cui lo guardavano e ancor meno sopportavo il modo in cui lui si comportava, del tutto dimentico del motivo per il quale ci trovavamo lì. Ho seriamente rischiato di compromettere l’esito dell’inchiesta. Per fortuna ci eravamo presentati come due fratelli gemelli e questo ha in qualche modo mascherato il mio atteggiamento come un’iperprotettività fraterna. Poi è arrivato quello stronzo di Josè Riveira >>.
<< Chi è? >>.
<< Uno di quei bastardi che erano soliti essere i clienti di Alvarez, il direttore del locale nel quale ci esibivamo e nostro sfruttatore. Riveira era attratto da entrambi, ci richiedeva sempre nelle salette private dove si trastullava guardando i nostri spettacoli. Aveva iniziato a proporre somme ingenti per poter avere qualcosa in più, ma ci eravamo sempre opposti. Non mi piaceva il modo in cui guardava Fox e mi ero fissato talmente tanto su quello da non vedere che in realtà ero io la sua preda. Questa mia leggerezza gli rese possibile realizzare la trappola perfetta >>.
<< Tu sei caduto in una trappola? >>.
<< Sì e a quanto pare la storia si sta ripetendo. Duro prezzo da pagare l’essere umani e non macchine >> si lascia sfuggire una risata amara. << Cercavamo prove che incastrassero i clienti danarosi del locale e io capii che Josè si stava accordando col nostro capo per una festa privata fuori città. Era una cosa che accadeva spesso, ma l’atteggiamento di Alvarez era sospetto. Non sembrava per nulla intenzionato a coinvolgerci. Quando riportai a Fox ciò che avevo dedotto lui non si sentì sicuro. Aveva intuito che qualcosa non andava e mi propose di aspettare e di discuterne con gli altri, ma, come puoi immaginare, io non volli sentire ragioni. Volevo solo andarmene il più in fretta possibile da quel posto, chiudere quella indagine una volta per tutte e non volevo perdere altro tempo. Non mi ero reso conto di quanto fosse proprio questo mio atteggiamento a piacere così tanto a Josè. Era stuzzicato dalla gelosia ben visibile che provavo per chiunque si avvicinasse “al mio gemello” e mi resi conto della sua trappola solo quando mi ci trovai dentro >>.
<< Che genere di trappola? >>.
Sherlock prende un profondo respiro. Le immagini tornano vivide agli occhi della sua mente. Immagini che ne richiamano subito altre più antiche e dolorose che gli provocano un’altra vertigine.
<< Ok, basta, fermiamoci qui >> intima John prendendogli la mano. Le dita corrono subito a tastargli il polso.
<< No! >> esclama deciso fissando i suoi occhi blu perplessi. << Basta segreti. Basta non detti. Basta >> sussurra stringendogli la mano.
<< Ok, come vuoi >>.
John gli sorride e lascia che gli tenga la mano. Ha bisogno di quella stretta per poter giungere alla fine di questa rivelazione.
<< Capii troppo tardi che Josè fosse un patito di snuff movies, quei film in presa diretta a base di stupri e omicidi. Abbiamo in seguito scoperto che per convincere Alvarez a fare a meno di noi aveva pagato davvero tanto. Quella sera il nostro capo ci disse che eravamo stati richiesti per una festa privata. Arrivammo in questa specie di villa abbandonata in una zona molto fuori dalla città. Capimmo subito che c’era qualcosa che non andava e Grey si allertò e fu solo grazie alla sua tempestività rodata da anni di inchieste in prima linea che ne uscimmo vivi >>.
Sherlock stringe la mano di John che lo invita a proseguire stringendolo a sua volta.
<< Alvarez ci lasciò in compagnia di un gorilla in completo nero che ci condusse in una grande stanza. Le porte si chiusero subito alle nostre spalle e ci ritrovammo dinanzi ad attrezzi sadomaso che non promettevano nulla di buono. Tentammo la fuga ma una decina di uomini parecchio robusti ci si parò davanti. Josè ci salutò con quel suo tono adulatorio snervante e si accomodò su una sorta di trono proprio davanti all’allestimento. Ci divisero. Tre di loro condussero me, tenendomi fermo, ai piedi di Josè e altri tre presero Fox. Penso tu abbia capito qual’era il suo scopo >>.
<< Sì >> rispose John, il volto scuro di rabbia. << Ti avrebbe fatto assistere allo stupro del tuo gemello >>.
<< Oh, fosse stato solo quello. Sarebbe stata una gentilezza da parte di uno come lui. Lo avrebbero torturato lentamente. Voleva fosse una cosa molto lunga. Poi si sarebbe dedicato a me in privato >>.
<< Bastardo >> dice John tra i denti.
<< Non è stato, però, questo a portarmi nella stanza di terapia di Grey >>.
La gola gli si strozza al ricordo delle due scene che si sovrappongono e di lui che impazzisce del tutto. John gli stringe la mano e i suoi occhi gli chiedono se è sicuro di voler continuare. Annuisce deciso a togliersi quel peso dal cuore.
<< Come ti ho detto, Fox ha un’alta soglia del dolore. Quegli uomini iniziarono a pungolare il suo corpo con aghi roventi e lui sembrava a mala pena sentirli. Io ero sopraffatto dall’impotenza e dal senso di colpa per aver agito da incosciente. Lo avevo spinto io in quel guaio e quando lui iniziò a rassicurarmi persi del tutto il controllo >> .
<< Lui tentava di rassicurare te mentre un gruppo di uomini dalle intenzioni tutt’altro che buone lo torturavano? >>.
<< Ti direbbe che non era nulla che non avesse già vissuto e dal quale non fosse in grado di uscire indenne >> ridacchia nervoso. << Il fatto è che io lo sapevo, John. Sapevo che era perfettamente in grado di difendersi, così come lo ero anche io, ma in quel momento… ero… altrove >>.
<< Altrove? Cosa intendi? >>.
<< Non c’era più lui davanti ai miei occhi. Stavo rivivendo un’altra scena che con lui e con quel posto non avevano nulla a che fare. Neppure con gli intenti di quella gente. Una persona a cui tenevo stava per essere uccisa e io non potevo fare null’altro che stare a guardare >>.
<< Stai parlando di un vecchio trauma? >>.
<< Proprio così. Penso che tu di traumi ne sappia qualcosa, John. Sono subdoli, si nascondono nelle pieghe del nostro inconscio e quando meno ce lo aspettiamo saltano fuori con tutto il carico emotivo a fare compagnia >>.
<< E… chi c’era davanti ai tuoi occhi al posto di Fox? >>.
 “Scotty, fidati di lui” gli dice la bambina e la sua voce gli giunge alle orecchie come sussurrata proprio in quell’istante. Trasale portando le mani alle orecchie. Il cuore batte forte nel petto e mille puntini luminosi gli offuscano la vista.
<< Ehi, ehi, resta con me, Sherlock. Sono qui, ci sono io qui. Sono solo ricordi, solo ricordi >>.
Sente le mani di John sulle sue. Morde forte la lingua e il sapore del sangue lo riporta in sé.
<< Jane! >> esclama tutto d’un fiato.
<< Chi è Jane? >>.
<< Mia sorella… la mia gemella >>.
<< Tu… tu hai una sorella gemella? >>.
<< E’ morta… uccisa >>.
<< E… chi l’ha uccisa? >>.
Il groppo in gola è troppo forte. Lo sente stringere come un cappio. Lo stomaco si chiude rimandando su il sapore acido della cena appena consumata. Sherlock chiude forte gli occhi e scuote la testa. Non vuole vedere. Non vuole che scorrano le immagini di quel giorno. Non vuole sentire le sue grida. Non vuole lasciarsi invadere dal senso di colpa.
<< Ok, ok, Sherlock basta. Basta, vieni qui. Qui da me >>.
La voce di John gli giunge lontana, flebile. Percepisce appena le sue mani forti tirarlo a sé e le sue braccia accoglierlo. Il profumo di vaniglia nera lo colpisce come un pugno riportandolo alla realtà. Si aggrappa con entrambe le braccia alle spalle di John per fermare il mondo che vortica davanti ai suoi occhi. Il dottore lo sorregge e poi inaspettatamente lo stringe forte, così forte da togliergli il fiato.
<< Quanto dolore ti porti dentro. Troppo per una persona sola >> gli sussurra all’orecchio prima di posargli un bacio sulla tempia. << Permettimi di aiutarti a portare i tuoi pesi, Sherlock. Non posso fare parte del tuo passato, ma voglio esserci nel tuo presente e condividere con te il futuro. Non me ne frega niente della gelosia di Moriarty, non riuscirà a tenermi lontano da te >>.
<< Non voglio perdere anche te, John >> singhiozza Sherlock stringendolo ancora più forte.
<< Non accadrà, Sherlock. Saremo io e te, insieme contro il mondo intero. Alla faccia della peggiore delle soap opera argentine! >>.
Ridono di quella battuta capace di spezzare la tensione e restano così, abbracciati per un tempo eterno. John a tenerlo, a posare baci leggeri sulla sua tempia, ad accarezzargli distrattamente i capelli e Sherlock a perdersi tra le sue braccia, nella dolcezza del suo esserci per lui.
<< Penso che dovresti sdraiarti un po’ >> sussurra John che non sottrae, però, forza al suo abbraccio. Sherlock sorride compiaciuto di quel controsenso.
<< No. Sto bene qui >> gli dice affondando ancor di più il viso contro la sua spalla.
<< Posso restarti accanto se vuoi >>.
Un brivido gli percorre la schiena. Dormire insieme. Certo che lo vuole. Annuisce contro la spalla di John, che senza farselo ripetere rimette in piedi entrambi. Quanta forza in questo piccolo uomo.
Sherlock tiene gli occhi chiusi per non permettere alle vertigini di approfittarsi di lui. Si ritrova sdraiato su un letto, conscio di aver perso il tragitto che lo ha condotto lì. Mani delicate lo liberano delle scarpe, lo aiutano a scivolare sotto le coperte e poi il calore di un corpo che profuma di vaniglia nera lo avvolge in un nuovo abbraccio. Sherlock sospira trovando rifugio contro il petto di John.
<< Ora dormi. Spegni questo geniale cervello e dormi >> gli sussurra il dottore accarezzandogli i capelli.
<< Sì >> risponde con un filo di voce e subito si addormenta.
 
 
 

[1] Il posto sicuro
[2] Dal film ‘Mary Poppins’

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Ciao a tutti
Questo capitolo è una boccata d’aria prima di quello più complesso che mi ha messa a dura prova e della discesa nella storia vera e propria. Della serie: abbiamo apparecchiato, ora che arrivi la prima portata!
Chi va piano va sano e va lontano, si dice. Quindi vi lascio alla lettura, che spero troverete interessante e sarò felice di leggere i vostri commenti.
A presto
Patty
 
 
Capitolo 10
 
Tum – Tum…
Tum – Tum…
Il battito del cuore di John è la prima cosa che Sherlock sente appena si sveglia.
Tum – Tum…
Tum – Tum…
Ne avverte le vibrazioni su tutto il viso appoggiato contro il torace del suo dottore.
Tum – Tum…
Tum – Tum…
Il respiro pesante di John è rassicurante, così come le sue braccia che ancora lo avvolgono. Se ne avesse la possibilità trascorrerebbe il resto della sua vita lì, in quell’abbraccio eterno, sul letto anonimo di una stanza anonima destinata a ospiti provvisori.
Tum – Tum…
Tum – Tum…
Allontana piano il viso dal torace di John desideroso di osservarlo. Il volto addormentato, le labbra appena dischiuse e incurvate in un accenno di sorriso. Nel suo Mind Palace ha vissuto più volte questo momento. Lo ha vissuto con quella certezza amara che mai sarebbe accaduto nella realtà. Invece eccoli là, l’uno tra le braccia dell’altro.
“Vento dell’est la nebbia è là qualcosa di strano fra poco accadrà[1] canticchia Jane nella sua testa.
“Qualcosa di strano, sì” risponde lui. “Strano e troppo difficile per capire cosa sia”. Quel che prova per John è qualcosa di nuovo per lui. Non sono solo curiosità e attrazione fisica, come quella che lo ha spinto verso Victor e neppure il connubio di attrazione fisica e mentale che lo ha portato a dare la caccia a Fox. No. È qualcosa di più dolce e profondo e per questo lo spaventa. John lo attrae, questo è indubbio. È capace di fargli perdere il controllo tanto a lungo mantenuto sulle sue pulsioni e prova ne sono le sensazioni fisiche che gli provoca il solo pensare a lui. Una cosa, però, è ciò che accade nel suo Mind Palace, altro è la realtà.
“E questa è la realtà, adesso” sospira mentre avvicina piano il viso verso quello addormentato di John. Gli sfiora la guancia pungente di barba con la propria e resta in ascolto. John continua a dormire tranquillo. Ha il sonno molto più leggero del suo, eppure questo contatto non lo desta. Inconsciamente lo accoglie con fiducia, lui che non si fida neppure di se stesso.
Sherlock sorride beandosi della fragrante vaniglia nera, più leggera ma sempre presente, unita al profumo naturale della pelle di John. Sente sul viso il suo respiro caldo e regolare. Arriva a ondate piacevoli solleticando i suoi sensi. Si muove nel suo abbraccio facendosi più vicino. La sua gamba si avventura a sfiorare quella del dottore e il contatto dei loro piedi nudi gli accappona la pelle. Mille spilli gli pungono il corpo e un gemito sfugge al suo controllo. Si blocca restando in allerta. Da John, però, non arriva alcun segnale. Solo il suo respiro sempre regolare.
Sherlock si rilassa e tentenna sul da farsi. Vorrebbe osare e svegliarlo con baci e carezze ma allo stesso tempo non sa come John potrebbe reagire. Ormai è chiaro a entrambi cosa provano l’uno per l’altro, se lo sono detti indirettamente. Non ne hanno però parlato, come sempre, e Sherlock non è sicuro che questo basti. L’abbraccio di John della sera prima e il genere di effusioni che ha lui in mente ora sono cose ben diverse. Cose che potrebbero non essere gradite, non così presto forse.
“Tu pensi troppo, Scotty! Se resti imbambolato a contemplare il violino, spaventato all’idea di farlo stridere, non imparerai mai. Lascia vibrare la corda, sentila e se il suono non ti piace riprova ancora finchè non trovi quello buono per te. Non avere paura di sbagliare, a tutto c’è rimedio. Spegni la testa e accendi la pancia”.
Jane e le sue lezioni di violino gli vengono in aiuto. Lui sta già vibrando, scosso dalla brezza costante del respiro di John. Per produrre un suono armonico, però, si deve vibrare in due, trovare il giusto accordo.
Sherlock posa un bacio sotto l’orecchio di John. Questi si muove appena ancora preda del sonno. Calciando via tutte le sue paure, il consulente si avventura verso le labbra del dottore baciandole piano. La mano rimasta tutta la notte appoggiata al fianco di John sale lenta ad accarezzare la schiena. Ne sente i muscoli forti sotto le dita, sul palmo che prende a formicolare piacevolmente. L’altra mano sale ad accarezzare leggera il collo, a disegnare il contorno del mento dando vita a un sospiro.
Sherlock si blocca quando John risponde ai suoi baci e lo stringe a sé dolcemente. Si scioglie lasciando che la novità lo travolga e quando la lingua di John gli sfiora le labbra la mente si spegne lasciando il totale controllo al corpo.
Il sapore amaro ma travolgente delle loro bocche perse in tanti baci appassionati; i brividi sulla pelle lasciati dallo scorrere delle loro mani sulla schiena, sulle gambe, sul viso, su tutto il corpo; i loro corpi così vicini, così caldi e bramosi l’uno dell’altro. Il tempo non esiste in questa bolla ultradimensionale che li avvolge. Non sono in Spagna, non sono in un alloggio provvisorio, non sono neppure sul pianeta terra. Sono solo loro due, John e Sherlock, persi nella dolce scoperta della sensazione fisica del loro amore.
<< Ecco perché non hai mai risposto ai miei ‘buongiorno’, preferisci questo alle parole >> dice John, la voce impastata di sonno e passione. << L’avessi saputo prima >> aggiunge mordendogli il labbro inferiore.
Il dolore riporta Sherlock alla realtà. Apre gli occhi e incontra quelli blu del suo dottore. Profondi come mai li ha visti e appassionati come li ha sempre sognati.
<< Ti piace? >> gli chiede con un tono di voce più caldo e profondo del solito, che suona sconosciuto persino a lui. Quel nuovo timbro vocale attiva il fuoco nel corpo di John.
<< Oddio, sì! >> esclama stringendolo ancora di più. John aggredisce le sue labbra con un trasporto che coglie Sherlock impreparato. La differenza tra realtà e fantasia si fa lampante e sente di non avere l’esperienza adatta per rispondere alla passione del suo dottore.
<< Scusa ho esagerato… scusami >>. John si ritrae affannato. Stropiccia il viso e resta fermo con la mano sulla bocca. Lo guarda con desiderio e Sherlock si rende conto di quanto sia sensibile questo ex soldato. Ha percepito il suo disagio, il suo corpo tendersi colto alla sprovvista, e si è allontanato.
<< Non hai esagerato. Sono io ad essere fuori allenamento da… troppo tempo >>. Posa la mano su quella di John e la allontana dalle sue labbra. << Ho bisogno di un personal trainer molto paziente >> sussurra mettendoci più malizia di quanto si aspettasse in quelle parole. Bacia le sue labbra con lentezza accarezzandole poi con la lingua. John rabbrividisce e Sherlock avverte un senso di potere del tutto nuovo. Prima d’ora ha agito in modo seducente solo per necessità lavorative. Sedurre John è decisamente più appagante.
<< Sono sicuro che imparerai in fretta >> ribatte il dottore. Senza rompere il bacio John rotola sulla schiena trascinandolo con sé. Un chiaro invito a dirigere il gioco e Sherlock lo accetta volentieri. Sale a cavalcioni sopra di lui e la piacevole sorpresa delle loro erezioni così vicine lo fa gemere. Porta una mano alla bocca.
<< Scusami >> sussurra tra le dita.
<< Di cosa? >>.
<< Non sono riuscito a trattenermi >>.
<< E perché dovresti? >> sorride John allontanandogli la mano dalla bocca. I ricordi sono una cosa davvero strana. Benchè sia preso totalmente da John in questo momento, l’automatismo della mano sulla bocca e delle scuse che era solito scattare durante l’intimità con Victor si è riproposto.
<< Non ti da fastidio che ci sentano? >>.
<< Ci siamo solo io e te qui ai provvisori. E anche ci fossero altri non mi importerebbe. Perché dovrebbe infastidirmi sapere che ti piace fare l’amore con me? >>.
Fare l’amore. È quello che stanno facendo? Lui lo ha sempre solo chiamato ‘sesso’ quello con Victor ed ‘effusioni’ quei pochi tentativi andati miseramente a vuoto con Fox. John lo chiama ‘amore’ e Sherlock scopre con sorpresa che gli piace. È amore quello che prova per lui e può essere solo amore quello che ora stanno sperimentando.
<< A te da fastidio? >>.
<< No, sai bene che di cosa pensa la gente non me ne frega niente >>.
<< Beh, se il problema era di Victor o di Fox, direi che non sussiste e possiamo lasciarli fuori da qui >>.
Sì, è proprio gelosia quella che avverte nella voce e nelle mani di John che si stringono possessive sui suoi fianchi. Nessuno è mai stato geloso di lui ed è una sensazione strana che non sa se dire positiva ma sicuramente piacevole.
<< Con Fox non c’è mai stato nulla. Qualche bacio e qualche strusciamento sul palco, ma nel privato non mi ha mai permesso di andare oltre un abbraccio. Di Victor immagino tu abbia trovato quello scambio di battute dei tempi dell’università >>. John annuisce e le mani stringono ancor di più i suoi fianchi. << Lui mi ha sempre detto di non essere gay, anche se lo diceva più per convincere se stesso che me. Non so se per lui sia stato solo un esperimento adolescenziale, non l’ho più visto da che abbiamo finito gli studi. Più volte ha detto di amarmi e più volte lo ha ritratto. Mi ha accusato di averlo sedotto, di volergli rovinare la carriera e la vita, di volerlo far diventare… ‘strano’ come me. Eppure gli piacevo, gli piaceva baciarmi e fare sesso con me. A dirla tutta erano più le volte in cui mi cercava lui che quelle in cui lo cercavo io. Mi accusava di essere troppo rumoroso, di esagerare solo per il piacere di farci scoprire e metterlo nei guai. Io, invece, non ci potevo fare niente se mi veniva spontaneo gemere, ma lui non mi credeva e ogni volta mi chiudeva la bocca con la mano. Una volta mi ha quasi soffocato con un cuscino >>.
<< Che cosa? E a te andava bene? >>.
<< Non è che mi andasse bene. Era così che andava. Non mi aspettavo di poter piacere e ancor meno di essere amato >>.
<< Quello non è amore, Sherlock >> dice John mettendosi a sedere. << Chi ti ama ti accetta per come sei e non ha paura di mostrare al mondo ciò che prova >>.
<< Tu mi ami, John? O è solo questo che vuoi? >> gli chiede indicando se stesso.
<< Sherlock, ma che stai dicendo? Pensi sia come lui? >>.
John è visibilmente irritato da quelle domande. Eppure è un dubbio che Sherlock ha sempre avuto. Sì, da bravo dottore qual è John si è sempre preso cura di lui e da valoroso soldato non si è mai tirato indietro dinanzi al pericolo, arrivando a uccidere per salvarlo. Quelle volte in cui negli occhi di John ha visto dell’interesse nei suoi confronti, però, non ha potuto fare a meno di pensare che fosse solo attrazione e poi…
<< Più volte hai detto di non essere gay. Altrettante altre hai sottolineato il nostro non essere una coppia e in entrambe le occasioni mi sei sembrato parecchio infastidito. So che dal momento che sei qui e che hai finto il tuo suicidio non si può ridurre tutto alla mera attrazione fisica, però… non puoi immaginare quanto male mi abbia fatto il tuo bisogno di mettere in chiaro le cose. Quanto mi sia sentito sbagliato >> la voce gli trema e si rende conto di stare piangendo. Cancella le lacrime dal viso, imbarazzato per questa manifestazione di debolezza.
<< Perdonami, Sherlock. Io… non immaginavo tu soffrissi >> sussurra John prendendogli la mano umida. << A volte sei capace di essere così freddo che mi metti i brividi. Io non sono intelligente e neppure bravo a dedurre il prossimo come te o Fox e Grey. Io semplicemente mi lascio travolgere dalla frustrazione e mostro rabbia. Mi rendo conto di essere anche aggressivo, troppo aggressivo, quando non capisco o mi sento tagliato fuori. Capisco solo ora che manifesti la sofferenza con la freddezza e dal momento che troppe volte ti ho percepito freddo immagino che tu abbia sofferto parecchio nell’ultimo anno e mezzo >>.
<< Direi che la mia sofferenza è pari alla tua frustrazione. Siamo proprio bravi a farci del male >> ridacchiano entrambi scambiandosi uno sguardo. Poi John guarda altrove e gli stringe forte la mano.
<< Dico di non essere gay perché è davvero così, Sherlock. Da ragazzino ho capito che non erano solo le femmine a piacermi e attrarmi e sono andato in confusione perché non sapevo fosse possibile una cosa simile. Mia madre era una donna molto religiosa e ha cresciuto me e mia sorella secondo i dettami della Bibbia e nella Bibbia parlano di uomini che stanno con le donne e donne che stanno con gli uomini, ovviamente solo se regolarmente sposati. Tutto il resto è peccato mortale. Ho passato anni terribili temendo di morire fulminato ogni volta che mi veniva duro guardando un ragazzo. Poi Harriet ha fatto outing e, benchè di omosessualità avessi già sentito parlare, ho capito che non era una storiella per spaventare i deboli come me: mia sorella amava le donne. Se da una parte mi ha rassicurato sulla possibilità di essere fuori dalle regole, dall’altra questa cosa mi ha sconvolto perchè a me non piacevano solo gli uomini come a lei solo le donne. No, a me piacevano entrambi! Mia madre non faceva altro che ripetermi che non potevo avere tutto quello che volevo: dovevo scegliere solo una cosa. Invece, guarda un po’, io volevo tutto. E come se questo non bastasse, vedere mia madre buttare fuori di casa mia sorella, disconoscerla come figlia, piangere umiliata per aver generato un ‘essere abominevole’ mi ha terrorizzato. Avevo tredici anni e già l’essermi scoperto bisessuale mi aveva sconvolto. Non potevo tollerare l’idea di essere cacciato via e di causare un altro dolore a mia madre. Mi sono arruolato per scappare da lei e con l’assurda convinzione che la disciplina militare mi avrebbe tolto quelle fantasie dalla testa. Invece è proprio lì che sono esplose e si sono concretizzate. Mai al di fuori dell’esercito. L’unico uomo di cui ho accettato le avances in questa mia vita da civile è stato Fox e solo perché volevo a tutti i costi andare oltre la tua morte >>.
John stringe ancor più forte la mano di Sherlock e finalmente alza lo sguardo a incontrare il suo.
<< So che può sembrare stupido, ma qui nel mondo civile non sono mai andato oltre qualche innocuo flirt perché se mi penso con un uomo rivedo le lacrime di mia madre, sento la sua voce furiosa che mi disconosce e il rumore sordo della porta di casa che sbatte. Sono adulto ormai e lei è morta da anni eppure tutte le volte in cui alludevano a noi come ad una coppia era il dovere di riscattare l’onore della mia famiglia che sentivo pesarmi sulle spalle. Il tuo suicido però mi è servito a capire che è stato assurdo perdere l’occasione di parlarti apertamente di ciò che provo per te. Ora non mi spaventa più il sentirmi innamorato di te e neppure l’idea che altri lo sappiano. Non fossimo entrambi ritenuti morti e avessi ancora il mio blog posterei subito la notizia, chiederei ad Angelo di organizzare uno dei suoi mega buffet e inviterei tutti quelli che ci conoscono, che poi sicuramente ci direbbero che lo avevano già capito e aspettavano solo lo capissimo noi >>.
John respira affannato, come avesse appena concluso una lunga e faticosa maratona. E’ la prima volta che parla apertamente della sua bisessualità; anzi, la prima volta che si definisce tale. Sherlock riconosce tutti i segni della confessione di una verità rimasta troppo a lungo nascosta in un cassetto del cuore di John. Gli stringe forte la mano che ancora a lui si aggrappa e con l’altra gli accarezza dolcemente il viso.
<< E’ stato un onore per me ascoltarti. Grazie per avermi raccontato questa parte così intima di    te >>.
<< Non ne ho mai parlato con nessuno. È stato strano persino per me >> sussurra affondando il viso nella sua carezza. Così fragile. Così solo, il suo John, costretto a mostrarsi forte e inattaccabile. Sono più simili di quanto a vederli non si direbbe, loro due. Sherlock sorride e lo bacia dolcemente sulle labbra.  
<< Mi dispiace che anche tu abbia avuto una famiglia capace solo di farti soffrire >>.
<< E’ passato, Sherlock. Ora ho te e il resto non mi interessa. Tu mi ami? >>.
<< Sì >> risponde sicuro. Posa un altro bacio sulle labbra sorridenti di John. << Sei il mio amore e tutta la mia vita, John >>.
Il dottore lo guarda sorpreso e per un istante Sherlock teme di aver esagerato e rovinato tutto quanto. Poi, però, John si avventa sulle sue labbra e lo stringe forte a sé, tanto da togliergli il fiato.
<< Dillo di nuovo >> gli chiede scostandosi appena dalla sua bocca.
<< Sei il mio amore e tutta la mia vita, John >>.
Ed ecco che la cosa strana accade. Le dita di Sherlock si inumidiscono e scopre con sorpresa che il suo dottore sta piangendo.
<< Ti amo, Sherlock >> sussurra John e il suo cuore perde un battito. Le lacrime tornano a rigargli il viso, ma questa volta sono lacrime gioiose, innamorate, accompagnate da una risata liberatoria, forte, squillante, interrotta da tanti baci, spenta dalle mani che affondano nei capelli, trasformata in gemiti sempre più carichi di passione e liberi di risuonare.
Un morso sul collo riporta Sherlock alla realtà. Scopre di non avere più la camicia e anche John non indossa più la maglietta. La loro pelle nuda e calda si incontra dando vita a mille brividi e altrettanti gemiti.
<< Ti voglio sulla mia pelle, mio capitano. Dentro di me, fuori da me… ovunque >> sussurra all’orecchio di John per poi morderlo.
<< Oddio, così mi uccidi >> ridacchia John e le sue mani si avventurano sotto i pantaloni a stringergli i glutei.
<< Siamo già morti, ricordi? >> ribatte Sherlock muovendo lentamente il bacino contro di lui.
<< Non mi risulta che i morti siano in grado di fare questo >>. Con un movimento fluido lo stringe a sè, ruota su un fianco è lo schiaccia contro il materasso. Sherlock resta qualche istante frastornato dal repentino cambiamento di prospettiva. Lo sguardo di John è intenso e un sorriso malizioso incurva le sue labbra mentre lentamente lo libera di pantaloni e boxer insieme.
<< Dio… sei bellissimo >> sussurra guardandolo con bramosia e adorazione. Sherlock prova imbarazzo dinanzi al suo sguardo e si rende conto troppo tardi di essere arrossito. Non è mai stato pudico e non ha problemi nel mostrarsi nudo, eppure dinanzi a John, ai suoi occhi innamorati e carichi di desiderio, sente il bisogno di coprirsi.
<< Oh… non volevo metterti a disagio… scusami >> dice John e Sherlock si accorge di averlo fatto, di aver coperto con le braccia il suo corpo. Le sente tese e pesanti quando tenta di sollevarle verso John senza riuscirci.
<< Penso sia meglio andare piano, Sherlock >> dice John accarezzandogli il viso.
<< Potremmo non avere altre occasioni >>.
<< Non voglio che le circostanze ci mettano fretta >>.
<< Ma non sono le circostanze… io… non capisco cosa mi stia succedendo… >>.
<< Motivo in più per non correre >>.
John si sdraia al suo fianco e gli cinge i fianchi con le braccia.
<< Ho sognato così tante volte di… non ha senso che stia reagendo così, scusami >> sussurra trovando rifugio nel suo abbraccio.
<< Non hai nulla di cui doverti scusare, Sherlock. io… ho avuto tante storie, ma sono state tutte brevi e molto veloci. Non c’è stato mai il tempo di scoprirsi a vicenda, di sostare in baci e lunghe carezze. Si è arrivati subito al sesso, a volte senza neppure un bacio. Abbastanza squallido, ora che ci penso >> ridacchia imbarazzato. << Quelle donne e quegli uomini, però, non mi interessavano. Non ho provato amore per nessuno di loro. Affetto per qualcuno, sì, ma amore, quello no. Non quello che provo per te, ad ogni modo >>.
Sherlock prova di nuovo quell’imbarazzo paralizzante e sente di arrossire ancora di più, dinanzi alle parole accorate del suo uomo.
<< Quindi penso di doverlo anche a me stesso, Sherlock. Voglio che con te sia diverso, come già lo è, d’altronde. Voglio rispettare i tuoi tempi e anche i miei tempi, perché alcune volte mi sarebbe piaciuto fermarmi un attimo prima di arrivare subito al dunque, ma non l’ho mai fatto, convinto che fosse solo una perdita di tempo e di occasioni. Non voglio che lo spauracchio di Moriarty ci porti via la possibilità di godere della nostra reciproca lenta conoscenza. E questo non vuol dire che io non ti voglia perché, dio, mi piaci così tanto. Ma non sei solo un bel corpo per me. Sei tu, Sherlock e mi piace scoprire che mentre per tutto il resto sei una fredda scheggia impazzita che soffre l’immobilità, nell’intimità hai bisogno di dolcezza e lentezza >>.
È sempre stato molto pratico, Sherlock, in quell’unica storia di vecchia data così come in quelle poche altre occasioni, rimaste però lontane dal rapporto completo. L’obiettivo di un incontro intimo è il sesso, quindi pochi giri di parole, pochi convenevoli e via alla ricerca del piacere. Prima arriva meglio è, anche. Ha sempre pensato funzionasse così il sesso, anche perché e così che gli è stato presentato. Durante quel breve percorso terapeutico, invece, Juan si ostinava a dirgli di ascoltare i segnali del suo corpo, sempre troppo a lungo ignorati. Ripensando al sesso, il corpo lo ha considerato solo nella finalità di raggiungere l’orgasmo il prima possibile. I giochi non li ha mai presi in considerazione, le tenerezze e le carezze dopo un po’ lo stufavano e persino i baci, per quanto piacevoli, dovevano avere un ruolo minimo. Juan lo aveva definito sesso pornografico, ovvero legato alla mera esecuzione dell’atto. A ben pensarci si è messo talmente tanta fretta nei rapporti con Victor da provare molto dolore, ma dal momento che era logico accadesse non ci aveva badato più di tanto.
Ora il suo corpo sta reagendo in un modo nuovo. È possibile che anche con John sarà doloroso, ma sente che lui ha ragione e che vuole la sua stessa cosa. È fuori da ogni logica, dal momento che potrebbero non avere mai più altri momenti di intimità e potrebbero pure morire per davvero questa volta. Questo abbraccio, però, le mani di John ferme su di lui e il suo respiro regolare sono così piacevoli in questo momento. Fare qualunque altra cosa sarebbe uno sforzo che lo porterebbe al dolore, nonostante tutte le cure che potrebbe adoperare con lui il suo dottore.
<< Ti amo, John >> sussurra contro il torace del suo uomo che lo stringe forte a sé, posandogli un bacio sulla fronte. Nudo tra le sue braccia, sente di essere protetto da ogni male e di non aver bisogno di null’altro che del calore del corpo di John a scaldargli l’anima.
 
 

[1] Dal film ‘Mary Poppins’

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ciao a tutti
Eccoci giunti a quello che è stato il capitolo più difficile da scrivere, nonché il più lungo. Ho meditato a lungo come gestire l’alternanza tra i nomi di battesimo e quelli di battaglia dei ‘Los Errores’ e spero di aver trovato la soluzione più ottimane che non mandi in confusione il lettore. Come vi avevo già detto precedentemente, mi ispiro a quanto scritto da Meyer ne ‘La soluzione sette per cento’ riguardo a quanto avvenuto tra i genitori di Sherlock e il conseguente trauma che questi ha riportato e che lo ha reso ciò che è. Per il resto sto prendendo spunto dalle molte teorie che circolano in rete, la M theory tra tutte.
Spero che anche questo nuovo capitolo possa essere di vostro gradimento. Se volete, lasciatemi una recenzione. Sono sempre molto gradite e vi ringrazio tutti, voi che state seguendo con pazienza e interesse questa mia long.
Buona lettura
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 11
 
Fox lava i piatti. Veloce e meticoloso li ricopre di schiuma sfregandoli bene, li sciacqua e li posa sullo sgocciolatore. Mistica li prende, scrolla l’acqua in eccesso e li asciuga col canovaccio posandoli nel portapiatti. Sherlock li osserva rapito dal loro essere coordinati. L’uno veloce a lavare e sciacquare, l’altra nell’asciugare e riporre. Parlottano tra loro, gomito a gomito. Lei sta cercando di convincerlo a guardare il filmato che ha fatto ad una ragazza che sta frequentando per poterle dare un parere. Lui non ne vuole sapere di essere messo in mezzo. Sa bene che la ragazza non ascolterà i suoi consigli, si metterà nei guai con l’ennesima esaltata e poi correrà a piangere da lui. Ha il brutto vizio, Mistica, di essere attratta da donne molto particolari.
Sky la guarda trasognato. Ha sempre avuto un debole per lei e lascia che lo prenda e lo molli a suo piacimento. Soffre ma fa finta non gliene importi nulla. Non sopporta il rapporto che c’è tra la ragazza e Fox, convinto com’è che tutti siano un po’ bisessuali, sotto sotto. Sky nota che Sherlock lo sta deducendo e infastidito si prepara a sparare una cattiveria. Si ferma prima di dirla, però, anticipatamente zittito da un’occhiataccia di Grey.
Il capo della sezione investigativa della redazione di ‘El mundo’ tiene d’occhio i suoi uomini migliori come un lupo alfa il branco. Ne scruta i volti, riconosce emozioni e stati d’animo e ne anticipa le mosse anche quando sembra profondamente intento a fare altro. Una capacità impressionante per un solo uomo. Sherlock ha accettato il suo aiuto proprio per le sue caratteristiche fuori dal comune e ancora adesso il suo sguardo lo mette a disagio. Occhi che leggono dentro, mettono a nudo ma allo stesso tempo dolci quando è necessario. Grey è intelligente, non quanto lui o Mycroft ma dotato di un’intelligenza emotiva che agli Holmes manca. ‘Che non è stata potenziata’ direbbe lui, convinto che tutti gli esseri umani siano ok. Mentre le capacità di Fox sono innate, generate dall’istinto di sopravvivenza, Grey ha studiato le microespressioni facciali e si è allenato costantemente. Questo gli ha permesso, come un valido maestro Jedi, di aiutare Fox a conoscere e controllare il suo ‘dono’. Sherlock non ha avuto una guida. Ha avuto solo se stesso e tante persone subito pronte a giudicarlo incapace e inadeguato. Per un breve periodo Grey è stato il suo maestro. Lo è stato conscio del fatto che quel particolare allievo avrebbe preso da lui quel che gli sarebbe servito per poi andare via e lentamente dimenticare i suoi insegnamenti. Perché le emozioni sono troppo complicate e molto poco logiche.
Ora Grey sta guardando Sherlock. Comunicano silenziosamente mentre attorno a loro lo sgombero di fine pranzo va avanti.
“L’hai fatta grossa” gli dicono quegli occhi scuri.
“Non avevo scelta” ribatte lui sentendosi però infinitamente piccolo. Non sopraffatto, ma piccolo e indifeso.
<< Direi che possiamo iniziare >> dice Grey richiamando l’attenzione dei suoi e di John. << John, siamo soliti usare i nostri nomi in codice solo durante le azioni sul campo, per evitare che eventuali intercettazioni delle nostre frequenze possano portare a scoprire le nostre vere identità. Penso tu conosca i nomi di tutti noi e ti invito a usarli qui. Ci serve per dividere i due momenti: quello attivo da questo di ricerca e pianificazione >>.
John annuisce, stupito dall’organizzazione accurata del gruppo. Grey sorride del suo stupore e si siede al suo posto a capotavola, Fox alla sua destra. Lo sguardo fisso su Sherlock all’altro capo del tavolo. Il consulente investigativo sa che per tutta la durata di quella riunione i suoi occhi non lo abbandoneranno. Lo scruteranno, pronti a carpire ogni minima espressione, ogni emozione. Non può mentire, non può omettere nulla, lui se ne accorgerebbe. Dovrà dire tutta la verità, nient’altro che la verità, così come farà Grey. Volge lo sguardo a John seduto al suo fianco. Il volto teso, conscio dell’importanza di quanto stanno per affrontare.
<< Come ti dicevo ieri, Sherlock, Juan ha un’ipotesi riguardo al coinvolgimento di tuo fratello in tutta quanta questa storia >> dice Fox iniziando il gioco.
<< Valerio, io penso che Sherlock abbia maturato una sua ipotesi, nel frattempo >> dice Grey e Sherlock annuisce. In effetti durante il viaggio che lo ha portato lì a “El lugar seguro’ si è dato da fare per trovare una quadra a quella situazione.
<< Gradirei sapere ciò che pensi tu, Juan >> dice cedendogli la palla. Non ha per nulla voglia di essere lui a dare il calcio d’inizio.
<< Come preferisci. Hai mai sentito parlare di Charles Augustus Magnussen? >>.
Questa proprio non se l’aspettava.
<< Il Napoleone del ricatto? Certo che ne ho sentito parlare. E’ un uomo d’affari potente e benestante che tiene in scacco l’occidente possedendo diverse testate giornalistiche e ricattando un buon numero di persone facoltose e importanti >>.
<< Esatto. E’ il Richelieu dell’editoria occidentale, che agisce e governa dall’ombra ed è, come hai ben detto, anche un ricattatore. Vive in una sorta di castello isolato che ha chiamato Appledore dove pare tenga nascosti i segreti di tutti i personaggi più influenti del mondo, sia di quelli conosciuti che di quelli dietro le quinte. E non solo. Potremmo dire che non ci sia persona che lui non conosca. Come tu hai i tuoi faldoni dove tieni informazioni su pregiudicati, magari oggi di piccolo calibro ma nei quali scorgi il seme di un potenziale e decidi di tenerli d’occhio, così lui fa altrettanto con le persone più influenti. Converrai con me che un uomo di questo tipo è una spina nel fianco per molte persone e tra queste ce ne sono due che ti riguardano da vicino >>.
<< Due? >>.
<< Sì, due. Una è tuo fratello Mycroft e l’altra e il nostro caro Moriarty >>.
<< Perché dovrebbe essere una spina nel fianco per Moriarty? Un tipo del genere lo vedrei più come un valido alleato >>.
<< Questo perché tu non sei a conoscenza della massima che invece Moriarty tiene molto in considerazione >>.
<< E quale sarebbe? >> .
<< Nunca confìes en un periodista[1] >>.
<< Questa è una delle tue massime, Juan >>.
<< Mia o no, Moriarty la conosce bene, Sherlock >>.
<< Tu hai avuto a che fare con quest’uomo? >> domanda John.
<< Chiunque occupi una posizione di rilievo nel nostro settore ha in qualche modo avuto a che fare con lui, nel bene o nel male. Io ho sempre cercato di stare alla larga da lui, anche se temo di avere un posto, insieme ai miei collaboratori, nel suo archivio. Ho subito pensato a lui quando ho visto con quanta facilità Moriarty è riuscito a gettare fango sul tuo nome. Certo, voi grazie al blog di John avete riscosso molta attenzione ma non al punto da generare un tale giro di notizie e così velocemente neppure nell’epoca del web. Tutto è esploso troppo in fretta e con troppo clamore e io ho sentito puzza di bruciato >>.
<< Quindi Moriarty si è rivolto a Magnussen per velocizzare il giro di notizie sul mio conto e ora si trova assoggettato al suo ricatto >>.
<< Esattamente e a uno come lui puoi ben immaginare quanto poco piaccia sottostare a un potere che non sia il suo >>.
<< In effetti potrebbe benissimo rivalutare la tua memoria e dire a tutti che non eri una frode e che Moriarty esiste davvero >>.
<< No, John. A uno come lui poco importa di riabilitare la memoria dell’unico consulente investigativo al mondo >> lo corregge Grey. << Il vero ricatto che Magnussen può fare a Moriarty è uno solo… >>.
<< Rivelare che in realtà siamo entrambi vivi >> conclude Sherlock al posto suo. Velocemente nella sua mente un numero considerevole di tasselli trovano la giusta collocazione.
<< E questa notizia porterebbe scompiglio al nostro Moriarty… e a Mycroft >> continua Fox.
<< Ma perché uno come Mycroft dovrebbe lavorare per Moriarty? >> chiede John irritato. << Lui mi ha sempre detto di essere costantemente preoccupato per il fratello, quindi a modo suo ha ammesso di tenerci. Che senso ha darlo in pasto a un uomo che è intenzionato a fargli del male? >>.
Sherlock non riesce a reggere lo sguardo di Grey. Sa che sta per tirare fuori quella parte della sua storia. Lo sa e non riesce a credere che davvero c’entri qualcosa con Moriarty. Sono informazioni che gli mancano, tasselli inesistenti e che una parte di lui desidera ottenere. Quella più logica e fredda, ovviamente. Perché l’altra, quella emotiva, di tornare là e allora non ne ha alcuna voglia.
<< Lei… lei non c’entra nulla, Juan. Mi rifiuto di credere che tutto questo casino parta da così lontano >>.
<< Che mi dici allora di Carl Powers? >>.
<< Avevo tredici anni all’epoca, Juan. >>.
<< Anche Moriarty. Ti sei chiesto perché abbia tenuto quelle scarpe con sè per tutto questo tempo per poi dare a te il suo primo omicidio da risolvere? >>.
<< Perché è pazzo >>.
<< Ti ho già detto che non lo è e tu lo sai >> interviene Fox.
<< Allora perché lo avrebbe fatto? Non è possibile che mi conoscesse già allora, non ero nessuno all’epoca e Mycroft iniziava a muovere i primi passi nella sua carriera >>.
<< Certo. Infatti non era lui l’Holmes che conosceva >>.
Il sangue gli si gela nelle vene. Dimentica del tutto di respirare per un lungo istante e quando l’aria torna prepotente nei suoi polmoni gli causa parecchi colpi di tosse.
<< Ehi, tutto bene? >> gli chiede John allarmato. Gli versa dell’acqua in un bicchiere e glielo porge. Sherlock fatica a tenere fermo il bicchiere nella mano, tanto gli trema. << Che storia è questa, Sherlock. Di che sta parlando? >> gli chiede John lanciando un’occhiataccia a Grey del quale non si fida. Sherlock volge lo sguardo al giornalista che con volto impassibile ricambia le attenzioni. Sa che sta leggendo ciò che prova, ciò che sente e non fa nulla per nascondere il terrore che gli attanaglia i visceri.
<< Tu non lavori così, Sherlock >> dice Grey. << Tu raccogli informazioni su tutto senza tralasciare i dettagli. Questi anzi sono fondamentali. Quei piccoli dettagli che la mente comune ritiene insignificanti sono per te la base dalla quale parti per le tue deduzioni. Eppure su Moriarty non hai indagato >>.
<< Ci ho provato, ma non ho trovato nulla >>.
<< E ti sei chiesto come mai? >>.
Sì se lo era chiesto e sapeva anche la risposta a quella domanda. La sua mente razionale la conosceva, ora vede tutto molto chiaramente. Tutto però era nascosto da un velo, da quell’incrinatura sulla lente che distorce la realtà dei fatti.
<< Proprio così, Sherlock >>.
<< Esci dalla mia testa, maledetto! >> grida balzando in piedi. Un groviglio rovente gli chiude lo stomaco provocandogli un conato che prontamente seda. Cinque paia d’occhi lo guardano mentre torna preda delle vertigini. Lontana sente la voce di John e persino le sue mani che gli afferrano i polsi le sente appena. Morde forte la lingua per non cadere nell’oblio e il sapore ferroso del sangue lo riporta bruscamente alla ragione. Il volto preoccupato di John è il primo che vede. Dietro di lui i ‘Los Errores’ sono fermi ai loro posti.
<< Io non sono come voi, non ci ho capito nulla e mi sono perso sicuramente qualcosa di importante >> dice John voltandosi verso di loro. << E’ davvero necessario tutto questo? >>.
<< Sì, John >> risponde Fox.
<< Sto bene, John. Davvero, ora sto bene >> lo rassicura Sherlock. John, però, non se la beve. Non gli serve saper leggere le microespressioni facciali per rendersi conto che non sta affatto bene. Tiene strette le sue mani conducendolo alla sedia e a sua volta riprende posto, mantenendo la sua mano destra stretta nella propria.
<< Mi rendo conto per te non sia facile tutto questo, Sherlock >> dice Grey in tono più dolce.       << Ti sei trovato immischiato in un affare che non ti riguarda e per il quale ti hanno tirato un brutto tiro. Noi vogliamo aiutarti e per farlo dobbiamo dirti la verità >>.
<< Fa male >> sussurra Sherlock.
<< Lo vedo e mi dispiace. Tu gli vuoi bene. Provi risentimento nei suoi confronti, cerchi di evitare di essere tirato in mezzo e usato per risolvere i suoi problemi ma nonostante tutto gli vuoi bene. Io non so se lui ricambi il tuo affetto. Non riesco a immaginare come possa un uomo non amare il proprio fratello, ma io sono solo un giornalista investigativo mentre lui è un uomo dall’intelligenza logica notevole e spesso questo va a discapito dell’emotività. Ciò che vedo mi rattrista perché… non meriti tutto questo >>.
<< No >> sussurra appena Sherlock. Qualcosa si rompe dentro di lui. Avverte indistintamente il rumore di un vetro in frantumi, quello che distrussero con una pallonata. Le grida di suo padre gli fanno battere forte il cuore ancora adesso. Il suo avanzare minaccioso verso di loro e le mani di Jane che si chiudevano attorno al suo braccio in cerca di conforto e protezione. La voce di Mycroft. Tranquilla nell’esporre il suo ragionamento logico su quanto era successo. Capace di sedare l’ira del padre e riportarlo a una punizione severa ma priva di violenza fisica. Jane che una volta soli lo ringraziava saltandogli al collo. Lui che con lo stesso tono diceva loro di crescere e smetterla di comportarsi in maniera inadeguata, senza rispondere alle manifestazioni fisiche d’affetto, ai sorrisi, ai tentativi di sua sorella di coinvolgerlo nei giochi. Distante eppure sempre pronto a impedire al padre di fare loro del male. Sherlock pensava fosse un modo asettico di manifestare affetto. Ora, invece, si rende conto che davvero Mycroft non si lascia influenzare da una cosa così frivola come l’affetto fraterno. Pensava che come lui indossasse la maschera dell’uomo freddo e distaccato in grado di non lasciarsi coinvolgere. No. Mycroft è davvero un uomo di ghiaccio.
Si rende conto appena delle lacrime che gli rigano il viso. Se ne accorge solo perché le vede riflesse sul volto di Mistica, che silenziosa piange, incapace gestire la sua sensibilità empatica.
<< Perché il passato ritorna sempre Juan? Perchè? >>.
<< Torna quando abbiamo qualcosa in sospeso da risolvere, Sherlock. Permettici di aiutarti. Noi non siamo geniali ma sai come lavoriamo e cosa possiamo fare. Questo è il tuo sospeso più     grande >>.
Sospeso. Molte volte si è sentito sospeso. Tra il giorno e la notte. Tra le risate ed il pianto. Tra la fame e l’inappetenza. Tra il piacere e il dolore. Tra il bene e il male. Tra sua madre e suo padre. Tra la vita e la morte. Sospeso e in balia del vento, quello caldo dall’Est che porta con se cambiamenti.
 “Vento dell’est la nebbia è là qualcosa di strano fra poco accadrà. Troppo difficile capire cos’è ma penso che un ospite arrivi per me[2]”.
La canzoncina che Jane era solita canticchiare gli giunge alle orecchie. Sperava sempre che arrivasse qualcuno, la sua sorellina. Qualcuno che li salvasse da tutto quel dolore. Che li portasse via, lontano. E lei lontana c’era andata. Troppo lontana da lui che tante volte ha provato a raggiungerla senza però riuscirci. Quando si fallisce troppe volte vuol dire che non ci si sta provando per davvero e, infatti, Sherlock vuole vivere. Lo ha scoperto proprio saltando dal tetto del Bart’s, quando si è palesata nella sua mente la paura che quel materasso gonfiabile scomparisse facendolo per davvero sfracellare al suolo. Vuole vivere anche per lei, finalmente nella gioia, lontano da tutto quel dolore.
<< Cosa sai di Moriarty? >> chiede a Grey asciugando il viso.
Questi scambia un’occhiata con Fox prima di rispondergli e questo semplice gesto è capace di chiudergli lo stomaco.
<< La mia risposta comporta che io riveli parte di quanto mi hai raccontato in seduta, Sherlock. Valerio è venuto a conoscenza di questa parte della storia direttamente da te. Miriam e Àngel, invece, non sanno nulla e a quanto vedo neppure John. Chiedo a te di decidere se dobbiamo continuare noi tre soli questa discussione oppure se restare tutti qui. Miriam e Àngel possono benissimo continuare le indagini senza conoscere tutti particolari e per quanto riguarda John potrai tu, con i tuoi modi e i tuoi tempi, metterlo a parte della verità >>.
<< No. Facciamolo qui. Non avrei la forza di tornarci altre volte o di subire sguardi interrogativi. La verità tanto salta sempre fuori quindi potete restare >>.
<< Ti ringrazio Sherlock >> dice Mistica. << So che di me hai già dedotto ogni cosa e sono onorata della possibilità che mi stai dando di restare qui ad ascoltare la tua verità. Mi impegno a mantenere il segreto e a non parlarne con nessuno al di fuori di questo nostro piccolo gruppo di sbagliati >>.
La ragazza gli sorride con dolcezza e Sherlock si sforza di ricambiare. Apprezza le sue parole sincere e sa che manterrà davvero questa promessa.
<< Io non ti ho mai sopportato e questo non è un segreto >> dice Àngel. << Ci siamo scontrati più volte e ho avuto persino l’onore di prenderti a pugni >> ridacchia soddisfatto. << Ma non sono un infame, questo no, e se ho qualcosa da dire non mi faccio problemi a dirtela direttamente. Non nego che sapere anche io qualcosa di te, dal momento che tu sembri sapere tutto di tutti, me compreso, mi fa piacere. Sento però che stiamo per muoverci su un terreno delicato e quindi ne avrò cura e rispetto >>.
Àngel alza il pollice rivolto verso l’alto in quel suo fastidioso gesto di intesa.
<< Io sono qui >> gli dice John stringendogli forte la mano. << Lo sono dal giorno in cui ti conobbi e resterò qualunque scheletro tu abbia nell’armadio. Potrei essere spaventato da questi scheletri oppure non capirli, ma non per questo me ne andrò o ti giudicherò >>.
Le parole di John sono quelle che più di tutte le altre gli toccano il cuore. Stringe a sua volta la sua mano piccola e forte e sa che lui ci sarà sempre. In questo momento si rende conto di quanto sia felice che i ‘Los errores’ li abbiano ricongiunti. Senza il loro intervento si sarebbero persi per sempre. Sherlock prova lo strano calore che già aveva avvertito nel periodo in cui aveva collaborato con loro. Quel senso di appartenenza, di fratellanza a lui sconosciuto che ora gli scalda il ventre contratto permettendogli di respirare. Grey posa nuovamente lo sguardo su di lui e Sherlock annuisce dicendosi pronto a cominciare per davvero.
<< John è a conoscenza del perché hai deciso di diventare un consulente investigativo? >> gli chiede.
<< Caspita, non te l’ho mai chiesto, in effetti >> dice John stupito. << Ho dato per scontato che date le tue doti non potessi che fare questo lavoro >>.
<< In realtà avrei potuto fare molte cose grazie alle mie doti. Ho deciso però di inventarmi questa professione perché fossero puniti i malvagi e fosse fatta giustizia[3]. Troppe volte i cosiddetti investigatori, tralasciando dettagli fondamentali a loro invisibili, lasciano in libertà efferati assassini o incolpano innocenti per reati da loro non commessi. Questo non è per me tollerabile! Per anni ho assistito impotente a ingiustizie di questo tipo e quando ne ho avuto la possibilità ho fatto di tutto per dare la giusta soluzione al caso >>.
<< Vuoi raccontarci qual è stata la prima ingiustizia alla quale hai assistito? >>.
Sherlock ne rivede alcune immagini agli occhi della sua mente. Prova a scacciarle ma diventano sempre più numerose. John gli stringe forte la mano. “Sono qui andrà tutto bene” gli dicono i suoi occhi blu, calmi come il mare in una giornata senza vento.
<< Io… non so dire se siano state entrambe delle ingiustizie. All’inizio lo pensavo e le ho dato tutta la colpa. La odiavo con tutto me stesso. Col tempo, però, ho capito che anche lei era una vittima delle circostanze e che ha solo cercato l’amore e la protezione che non aveva. Tutti ne abbiamo diritto, infondo, non è così? >>.
<< Di chi stai parlando, Sherlock? >> gli chiede John. La fronte aggrottata nel tentativo di capire cosa stia dicendo, espressione che gli ha visto quotidianamente in questo ultimo anno e mezzo e che è sempre capace di strappargli un sorriso. Anche ora che di sorridere non ha alcun motivo.
<< Condividevamo l’appartamento da solo qualche mese quando, nel tentativo di spezzare il silenzio noioso di un pomeriggio improduttivo, mi chiedesti della mia famiglia, ricordi? >>. John annuisce. << Io risposi in modo evasivo e dei miei genitori ti dissi che erano morti in un incidente quando avevo solo cinque anni. Non andò per nulla così, John >>.
<< E come andarono le cose? >> lo invita a raccontare sorridendogli dolcemente.
<< Andarono male. Terribilmente male. E’ paradossale, ora che ci penso >> dice guardando Grey dritto negli occhi. << Mi sono buttato dal tetto del Bart’s fingendo di suicidarmi perché schiacciato dal peso della mia reputazione andata in frantumi e quasi 32 anni prima ho rischiato di essere ucciso per una questione simile. L’universo non è così pigro da creare coincidenze, quindi devo immaginare che anche questo non sia avvenuto a caso. Sono stato ingannato e spinto ad ingannare. Come ho potuto essere così cieco?  >> dice affranto posando lo sguardo su John che lo guarda confuso.
<< Chi ha tentato di ucciderti quando eri solo un bambino? >> gli chiede.
<< Mio padre >>.
<< Cos… è perché mai? >>. Sherlock prende un profondo respiro prima di iniziare a raccontare la parte più difficile della sua storia.
<< Mia madre ingannava mio padre. Aveva un amante[4]. Mio padre era un uomo severo con un importante incarico nel governo inglese e le sole cose per lui importanti erano il suo onore e la sua reputazione. Mia madre era una matematica dall’intelligenza brillante e decisamente sopra la media. Abbiamo ereditato da lei questa croce. Il loro era stato un matrimonio di interesse e lei fu costretta a interrompere il suo lavoro e gli studi che conduceva presso l’università di Oxford. La moglie di un uomo illustre deve mantenere un basso profilo e limitarsi a crescere i figli e fare presenza alle feste. Il suo animo ribelle, però, la portò a mantenere i contatti con l’università nonostante le rimostranze di mio padre. Penso che lei fosse convinta, come lo ero io, che l’amore fosse solo una favola raccontata nei libri. A quanto pare scoprì che le cose non stavano così.
Dal momento in cui iniziò ad avere dubbi sulla sua condotta, mio padre divenne violento sia con lei che con me e la mia gemella Jane. Spaventata dalla sua violenza mia madre decise di portarci via da Musgrave, la casa degli avi, silenziosa e imponente, che ben rappresenta la dinastia degli Holmes. Mycroft era al sicuro nel collegio dove avrebbe ricevuto la migliore delle istruzioni e lei approfittò dell’assenza di mio padre per motivi legati al lavoro per pianificare la nostra fuga.
Ho ricordi confusi della sera in cui, quando la servitù si ritirò nella casetta di servizio, bussò alla porta quest’uomo sconosciuto. Aveva un sorriso gentile e occhi buoni, nonostante fosse teso e nervoso dal trovarsi lì. Percorremmo il vialetto fino al cancello camminando veloce e una volta fuori trovammo mio padre fermo davanti all’auto dello sconosciuto >>.
I ricordi da lì in poi diventano confusi. Immagini sfocate e tante grida. Le accuse di suo padre, le sue parole volgari e cariche d’odio. Le suppliche di sua madre, che la lasciasse andare, che risparmiasse i figli. Il tentativo di persuasione da parte dell’uomo sconosciuto, il modo in cui li difese finchè gli fu possibile. Le mani piccole di Jane che gli stringevano forte il braccio. La sua paura, il suo cuore che batteva forte e il respiro rotto in piccoli affanni. Il colpo di pistola e la loro corsa disperata. Sua madre che ordinava loro di nascondersi, di rendersi invisibili come solo loro sapevano fare. Jane che non voleva lasciarla e lui costretto a trascinarla via. Il loro nascondiglio migliore, lo stanzino dietro la legnaia nelle cucine. Jane che tremava e non riusciva a smettere di piangere. Lui che la rassicurava spaventato a sua volta. La speranza che qualcuno venisse a salvarli. Che Mycroft arrivasse, benchè sapesse quanto fosse razionalmente impossibile. Erano soli.
<< Totalmente soli >> sussurra e la sua stessa voce lo riporta alla realtà. Sherlock si guarda attorno, confuso dal ritrovarsi nella cucina dei provvisori. Deve essere rimasto a lungo in silenzio e tutti loro hanno atteso con pazienza. Solo sul volto di John intravede il disagio per quel prolungato mutismo. Sollevato dal rivederlo vigile e presente, il dottore posa anche l’altra mano sulla sua e ravviva la stretta.
<< Le uccise entrambe >> dice sostenendo lo sguardo di John. << Si accanì brutalmente sul corpo fragile di Jane. Vidi le foto del coroner anni dopo… temo abbia sofferto tanto. Lei non sopportava il dolore. Voleva solo giocare ed essere una… bambina felice >> la gola gli si chiude e gli ci vuole qualche attimo per continuare. << Io… mi salvai per puro caso. Nel tentativo di difenderla mi avventai su nostro padre e per liberarsi dei miei pugni e morsi e calci mi scaraventò al muro talmente forte che deve aver pensato di avermi ucciso. Rimasi in coma per cinque giorni >> dice portando la mano alla nuca, là dove una cicatrice spessa testimonia quanto è accaduto. << Quando mi svegliai Mycroft era accanto a me. Fu lui a dirmi che Jane e la mamma erano morte >>.
<< Hanno affidato un compito così delicato a un ragazzino? >>.
<< Mycroft non è mai stato un ragazzino, John. Lui era l’erede di mio padre, il figlio al quale sarebbe andato tutto il suo regno. Lo era sempre stato, anche dopo il nostro arrivo, e in quanto tale non poteva permettersi inutili frivolezze come l’essere sconvolto per la morte della propria madre e della sorella >>.
<< Cristo. Tutto questo è… sbagliato. Assurdo >> sussurra John esterrefatto.
<< No. La cosa sbagliata e assurda fu la versione che mi diede di ciò che era accaduto quella notte >>.
<< Vuoi dire che tuo padre… la passò liscia? >>.
<< La cosa ti stupisce, John? >> ridacchia amareggiato mentre lo stupore lascia il posto al disgusto sul volto del suo uomo.  << Mycroft mi disse che un uomo si era introdotto in casa nostra con cattive intenzioni. Era stato sorpreso da noi e da nostra madre e non aveva reagito bene. Aveva ucciso la mamma e Jane e sicuramente credeva che fossi morto anche io. Durante la colluttazione una delle stufe della cucina nella quale io e Jane eravamo scappati era caduta e le fiamme avevano avvolto prima il tappeto poi il mobilio, dando velocemente vita ad un incendio. Mio padre, destato dalla confusione, aveva rincorso il ladro e lo aveva ucciso. Il colpo di pistola aveva allarmato la servitù che era accorsa alla casa patronale. Io ero salvo solo grazie all’intervento del giardiniere che mi aveva trovato privo di sensi nella cucina nella quale si era introdotto per spegnere l’incendio.
Non potevo credere alle mie orecchie. Sapevo bene come erano andate le cose e ciò che mi fece maggiormente rabbia fu sapere che anche lui conosceva la verità. Lui è sempre stato più intelligente di me e gli sarà bastata un’occhiata per capire come erano andate le cose. Non mi sarei lasciato convincere e lui lo sapeva e per questo mi disse di aver proposto a nostro padre di affidarmi a suo fratello minore, lo zio Rudolph. Mycroft mi consigliò caldamente di accettare quella soluzione. L’alternativa sarebbe stata restare da solo a Musgrave, dal momento che lui era via per la scuola. La prospettiva di restare in quella casa finchè anche io non fossi partito per il collegio non mi allettava. Non perché avessi paura di quell’uomo che avrei dovuto continuare a definire padre, ma perché temevo ciò che provavo nei suoi confronti. Lo odiavo e lo volevo morto. Mi aveva portato via mia sorella, la cosa più preziosa che avessi, e aveva ucciso anche me. Perché non sono stato più lo stesso da allora. La parte più bella, gioiosa e innocente di me è morta con Jane >>.
La sua lunga confessione lascia il posto ad un altrettanto lungo silenzio. Sherlock si sente stanco e provato, come al risveglio da quel breve periodo di coma. Stringendogli la mano John gli ricorda di non essere solo come allora. Si era sentito perso senza sua sorella accanto. Erano sempre stati insieme, l’uno l’ombra dell’altra e da allora, come Peter Pan, era sempre andato alla ricerca della sua ombra. Non l’aveva ritrovata in Mycroft, né in Victor, né nella cocaina. Per tredici anni Barbarossa era riuscito a tamponare la situazione ma non aveva la risata allegra ed esplosiva di Jane, né sapeva inventare i giochi più assurdi. È possibile che parte di quell’ombra l’abbia ritrovata in John, anche se Sherlock sa che il vuoto lasciato dalla morte di sua sorella non potrà mai essere colmato. Lenito forse, ma non colmato del tutto.
<< E’… terribile quello che ti è successo >> sussurra John affranto. << Pensi sia per questo che Mycroft sta lavorando per Moriarty? Per mantenere il segreto su quanto è accaduto e salvare la reputazione degli Holmes? >> chiede a Grey.
<< In parte >> risponde il giornalista. << Chi era l’amante di tua madre? >>.
<< Io… non lo so >> ammette Sherlock, ferito nel suo orgoglio di consulente investigativo. << Ho provato a indagare ma non ho mai trovato nulla sul suo conto >>.
<< Gli uomini di tuo fratello, in effetti, sono molto bravi a nascondere la verità >>.
<< Lo ha fatto per impedirmi di portarla a galla >> annuisce con disgusto. << Cosa avete scoperto, Juan? >>.
<< Un momento. Com’è possibile che voi riusciate a scoprire ciò che è inaccessibile a lui grazie all’intervento di Mycroft? >> chiede John.
<< Perché ci arriviamo per vie traverse e lasciamo false piste per non farci scoprire >> risponde Sky strizzandogli l’occhio. Il pollice salta immancabilmente su a sottolineare l’assoluta sicurezza con la quale l’hacker del team madrileno è solito operare.
<< Come per il codice con il quale ci siamo scritti io e Sherlock, John. Abbiamo la buona creanza di non essere prevedibili e di usare tanta sana creatività >> aggiunge Fox.
<< E tutto questo per delle inchieste? Dovrebbe ingaggiarvi l’MI6 >> dichiara John colpito dal loro zelo.
<< Non è stato facile indagare su questa brutta storia >> ammette Grey. I suoi occhi scuri tornano ad agganciarsi a quelli di Sherlock, che si prepara ad accogliere una verità che percepisce scomoda.
<< Tu conosci i nostri metodi di indagine, che per alcuni versi somigliano ai tuoi. Sei mesi fa’ ci siamo ritrovati tra le mani un caso abbastanza triste di pedoprostituzione d’alto bordo. Torres, il commissario capo della polizia che ci ha chiesto una mano offrendoci la possibilità di uno scoop, mi ha concesso di condurre l’interrogatorio di uno dei due bastardi che gestiva questo triste traffico. Quel che ne è venuto fuori mi ha lasciato senza parole. La loro era solo un’idea folle e che per puro spirito di conversazione avevano accennato a un loro collega, diciamo così. Questi ha parlato loro di Moriarty, un uomo misterioso che diceva di essere un consulente criminale. All’inizio risero di questa cosa poi però capirono che non era uno scherzo. Furono messi in contatto con degli intermediari, non videro mai né mai parlarono direttamente con il consulente. Al suo compare venne persino il dubbio che non esistesse davvero. L’aiuto, quello, però, arrivò veramente e riuscirono a far partire il loro progetto.
Io non potevo credere a quanto mi aveva rivelato. In anni di inchieste scomode non mi ero mai imbattuto in un simile professionista e l’idea che da lì a breve altri potessero emularlo mi inquietava. Quando Valerio mi disse che questo Moriarty diceva di essere un tuo fan mi chiesi come potesse essere possibile, dal momento che il tuo lavoro da consulente investigativo era per lo più in incognito. Quando qualche mese dopo mi disse che si era messo in contatto con te ingaggiando un gioco perverso io non riuscivo a capire quali fossero le sue intenzioni. Se il tassista serial killer ti ha parlato di lui è solo perchè lui gli ha detto di farlo, così come è stato lui a inviarti le scarpe del tuo primo caso e tutti quegli altri enigmi. Una persona che vuole restare nell’ombra non agisce così apertamente e se lo fa ha un altro scopo.
Siamo riusciti a condurre le nostre indagini sul suo conto facendo i salti mortali per non farci scoprire. Abbiamo iniziato indagando tra gli allievi della scuola frequentata da Powers. Non risultava esserci nessun James Moriarty, ma abbiamo trovato ben tre soggetti che potevano corrispondere a una potenziale mente criminale. Uno di questi ci ha colpiti per la sua storia familiare. Nato in Inghilterra il 30 gennaio del 1976 figlio di Hugh Ward, impiegato amministrativo presso l’università di Oxford, e di Margareth Moriarty >>.
<< Ha preso il nome della madre? >> esclama John stupito.
<< Se per questo ha preso molto altro da lei >> ribatte Mistica scuotendo il capo.
<< Ovviamente ci siamo concentrati sulla donna e abbiamo scoperto essere stata una brillante matematica laureata a Oxford dove poi aveva ottenuto una cattedra. Margareth purtroppo aveva notevoli problemi psichiatrici. Più di una volta si accanì contro degli studenti giudicati da lei come inetti e arrivò più di una volta ad aggredirli fisicamente. Fu allontanata dall’ateneo, si sposò e si ritirò a vita privata. I suoi problemi psichiatrici le fecero perdere tutto ciò che aveva costruito. Le rimase solo il conforto di un’amica, collega ed ex compagna di studi >>.
<< Mia madre! >>. Sherlock inizia a cogliere il senso di tutta quanta quella storia.
<< Proprio così. Tua madre fu la migliore amica della madre di Moriarty. Almeno finchè non si innamorò, ricambiata, del marito di lei >>.
<< Oddio. Messa così direi che i motivi che spingono Moriarty alla vendetta si sprecano >> dice John. << Tua madre ha portato via il marito a sua madre e tuo padre lo ha ucciso >>.
<< Sei certo che questo Ward fosse davvero il suo amante? >>. Sherlock sa bene che la meticolosità di Grey è tale da non indurlo in errore, ma ciò che gli ha detto è talmente forte che ha bisogno di un’ulteriore prova. Grey lo accontenta subito. Apre la cartellina che ha finora tenuto davanti a sé e prende una foto che gli porge. Eccolo lì, col suo sorriso sereno e gli occhi buoni. L’uomo nel quale sua madre aveva riposto la speranza di una vita piena d’amore. La stanza inizia a girare davanti ai suoi occhi. Sherlock prende la testa tra le mani nel tentativo di fermare le vertigini. Un conato gli sale alla gola ma lo ricaccia giù. Non vuole crollare, non ora che è finalmente così vicino alla verità.
<< Mycroft ha fatto di tutto per impedirmi di ottenere queste informazioni. Lui lo sa, lo ha sempre saputo. Mi sono fidato di lui… che idiota sono stato. Soggetti come Moriarty e Magnussen sono pericolosi ma possono tornare utili al governo inglese e a tutte le altre entità per le quali lui lavora, per questo li tengono d’occhio. Moriarty deve avere qualche importante informazione tra le mani e in cambio ha chiesto me e Mycroft, che antepone il benessere della corona e il suo lavoro a qualunque altra cosa, ha accettato. Saltare dal tetto del Bart’s, tenere John all’oscuro di tutto. Se l’ho fatto è stato dietro suo consiglio. È stato lui a fare in modo che Moriarty mi bruciasse il cuore. Non è tipo da farsi distrarre da una cosa inutile come l’affetto fraterno. Anzi, è un’ottima occasione per liberarsi del peso che gli comporta la mia esistenza.  Pensavo davvero volesse aiutarmi e invece è nuovamente complice di un assassino >>.
<< Io… stento a crederlo >> sussurra John. << Mi sembrava sinceramente preoccupato per te. Mi ha chiesto di porgerti le sue scuse quando sono andato da lui per dirgli che sapevo avesse dato informazioni su di te a Moriarty. Non pensate possa esserci la possibilità che Moriarty lo stia ricattando? Che non ci sia dietro un semplice scambio di favori, io ti dico questo - se tu mi dai quello, ma un vero e proprio ricatto ai danni di Mycroft? >>.
<< E’ una possibilità della quale ho tenuto conto e che non scarto del tutto, John >> risponde Grey.
<< No >> ribatte invece serio Sherlock. << Cerchi sempre il lato buono, John, ma qui non c’è. Non cercare di salvare chi merita solo di essere punito >>.
<< Cosa intendi fare? >> gli chiede il suo uomo preoccupato dell’inflessione cupa della sua voce.
<< Esattamente ciò che loro temono. Usare la loro spina nel fianco a nostro favore. Moriarty teme che Magnussen riveli al mondo che siamo entrambi vivi e Mycroft che spiattelli i segreti di casa Holmes. I nemici dei tuoi nemici sono tuoi amici, mi pare che funzioni così, no? >>.
<< Se vuoi cadere dalla padella alla brace, sì >> risponde Grey. I ‘Los Errores’ si scambiano un’occhiata complice e leggermente divertita.
<< Avanti, sentiamo! >> esclama Sherlock deducendo che hanno già un piano ben delineato in testa. Tipico di Grey.
<< Devo dire che la tattica che hai appena esposto sarebbe l’ideale, se non avessimo a che fare con un personaggio pericoloso più dello stesso Moriarty. No, c’è un piano molto più semplice che può dare tante soddisfazioni >>.
<< E quale sarebbe? >> domanda John.
Semplice. Anche Moriarty sul tetto del Bart’s lo aveva accusato di volere una soluzione geniale per ogni enigma, mentre invece questa poteva essere semplice. Banale persino, ma soprattutto…
<< Pazzesco. Stai scherzando, non puoi essere serio! >>.
<< Io non scherzo mai, Sherlock, lo sai >> ribatte Grey. << L’obiettivo del tuo finto suicidio era quello di sgominare la rete di Moriarty affinchè poi tu potessi tornare ed essere libero dal pericolo. Dal momento che Moriarty ha finto a sua volta il suicidio ed è vivo, perché mai ti permetterebbe di smantellare la sua rete? >>.
<< Sto… sto lavorando anche io per lui! Gli indizi che trovo, le piste che seguo sono tutte pilotate. Lo sto aiutando a liberarsi dei rami secchi >>.
<< Proprio così. Quindi perchè smantellare la rete quando puoi schiacciare direttamente il   ragno? >>.
<< Così attaccandolo direttamente non potrà essere libero di ricostruire la sua rete dove e quando vuole >> conclude Sherlock.
<< Vedo che stai iniziando a vedere, oltre che osservare >>.
<< Un attimo, fermi tutti! >> esclama John. << Sarò un idiota, ma io non riesco a capire come possiate essere sicuri che Moriarty sia vivo! Tu, Valerio, hai detto a Sherlock che la sua morte è stato un trucco proprio come quelli che abbiamo inscenato noi, ma che prove avete a riguardo? >>.
Buon vecchio John che se non vede non crede. A Sherlock non sono servite prove. Gli è bastato rendersi conto di quanto fosse stato shoccato dall’accaduto e impaurito all’idea che i cecchini avrebbero fatto fuoco se lui non avesse agito in fretta. L’ansia e il panico non lo hanno portato ad accertarsi della morte di Moriarty, cosa che il bastardo aveva previsto.
Grey scambia un’occhiata con Fox e apre nuovamente la cartellina.
<< Questa te la volevo evitare, ma la domanda di John è più che pertinente, quindi… >>.
Posa la fotografia al contrario e la fa scivolare sul tavolo verso il dottore. John prima di prenderla volge lo sguardo a Sherlock indeciso sul da farsi. Con un cenno del capo lo invita a prendere la foto. Sherlock lo vede impallidire. Lo sguardo che gli rivolge è un misto di tristezza, rabbia e frustrazione.
<< Non è un fotomontaggio, abbiamo controllato >> dice Fox. << Non è stato facile entrare in possesso di questa foto. Ho dovuto sudare sette camicie per scovare l’irregolare che l’ha scattata. Mi ha detto di aver pensato di contattarti ma di essersi spaventato per la sua incolumità. A loro tuo fratello non è mai piaciuto e Moriarty se è stato in grado di farsi beffe di te può distruggere con un soffio gente come loro. Voleva cancellarla ma poi ha deciso di tenerla nel caso potesse tornare utile in futuro. Dobbiamo ringraziare la sua lungimiranza >>.
Sherlock porge la mano a John che però è riluttante nel passargli la foto.
<< Per favore >> gli chiede. John scuote il capo. Da un’altra occhiata alla foto, disgustato.
<< Quel che ho detto prima… hai ragione, io spero sempre ci sia del buono nella gente. Fate come non l’avessi mai detto >> dice e con riluttanza gli consegna la foto.
La data e l’ora riportata in caratteri gialli in fondo a destra segnala il giorno del suo salto dal tetto del Bart’s, esattamente mezz’ora dopo, quando il suo corpo era già stato portato via e lui, sconvolto, si trovava a bordo della berlina nera di Mycroft in compagnia di Anthea. Mentre Sherlock cercava di sedare un attacco di panico alimentato dalla voce di John che gridava il suo nome, alle mani di lui a cercargli il polso, al suo continuare a ripetere parole senza senso in preda allo shoc, suo fratello Mycroft stringeva la mano a un Moriarty piuttosto vivo e in salute. Il colletto appena sporco di un rosso, finto sangue. Il viso di Mycroft non tradisce alcuna emozione. Serio e gelido come quello di loro padre. Moriarty appare soddisfatto. Sherlock non riesce a distogliere lo sguardo dalle loro mani strette. Eccolo concluso l’accordo. Forse Anthea, ferma davanti a lui nella berlina con lo sguardo perennemente attaccato al suo Blackberry, stava ricevendo le informazioni che Moriarty aveva trattato di consegnare loro in cambio di questo innocente scherzo ai suoi danni.
<< Uccidiamo questo ragno e smantelliamone la rete. Non quella che ho seguito fin’ora ma questa >> dice gettando la  foto con disprezzo sul tavolo.
<< Sei pronto a morire, Sherlock? >> gli chiede Fox.
<< Nel senso che è un’operazione rischiosa che potrebbe condurmi alla morte? >>.
<< No, nel senso che dovrai morire, questa volta davvero… almeno agli occhi degli M&M’s >>.
<< E’ l’unico modo per poterli portare a smettere di cercarti >> aggiunge Grey.
<< Dovrà buttarsi anche  lui da una cascata? >>.
<< No, John, questa volta nessuna acrobazia. Giocheremo le stesse carte di Moriarty. Lui si è servito dei media governati da Magnussen, noi ci serviremo di media meno pubblici e più segreti per ucciderlo davvero >>.
<< Come? >> domanda il dottore stupito
<< Lasciate fare a me >> dice Àngel mostrando il suo maledetto pollice. << Modificherò dei filmati presi dall’ultimo luogo in cui sei stato. La storia che raccontaremo sarà che, nonostante Mycroft non ti avesse detto nulla circa il suicidio di John, tu ne sei comunque venuto a conoscenza. Preso dallo sconforto e dalla disperazione hai visto bene di farla finita. Provvederò a creare delle false piste anche per questo.
Un uomo non identificato della tua stessa corporatura e statura si è lanciato sotto un treno in corsa a Craiova, a 230 km da Bukarest, proprio il giorno in cui tu sei scomparso ai loro occhi. Modificherò i video e i dati clinici inserendo i tuoi. Entro stasera la notizia della tua morte sarà ufficiale >>.
<< Avete pensato proprio a tutto. I miei complimenti >>.
<< Ho la buona abitudine di non lasciare niente al caso, Sherlock >> ribatte Grey. << Giusto per aggiornarvi: le indagini sul tuo suicidio, John, sono state chiuse. Il corpo è stato dato per disperso, come nei precedenti casi. Sono passati ormai troppi giorni e la procura ha archiviato il caso come suicidio >>.
John annuisce. Stanno succedendo talmente tante cose che Sherlock si è quasi dimenticato di quanto John ha fatto solo pochi giorni prima. La sua mano vola alla ricerca di quella del dottore, che accetta di buon grado la sua stretta.
<< Allo stesso modo monitoreremo il sottobosco di notizie che causerà il tuo suicidio, Sherlock. Voglio vedere come reagisce tuo fratello, perché l’ipotesi proposta e poi ritratta prima da John per me è ancora valida >>.
<< Sei il solito romantico, Juan >> lo schernisce Sherlock.
<< Disse l’uomo che si buttò dal tetto di un ospedale per salvare il suo amato tenuto sotto tiro dai cecchini >> ribatte a tono Grey. Sherlock si era dimenticato di quanto il giornalista sapesse smontare il prossimo con poche parole ben assestate.
<< Qual è il piano? >> domanda John che ancora sorride per quanto detto da Grey.
<< Come vi dicevo, da mesi stiamo lavorando sull’inchiesta del giro di pedoprostituzione d’alto bordo. Le indagini continueranno in quel senso. Ci siamo messi in contatto con Moriarty, o meglio con uno dei suoi innumerevoli vice, fingendoci interessati a riprendere in mano il giro interrotto dall’arresto dei due precedenti sfruttatori. Domani Àngel e Miriam lo incontreranno a Valencia e cercheranno di strappare informazioni. Dal momento che tutte le tracce riguardanti Moriarty sono scomparse come per magia, per poterlo rintracciare abbiamo fatto, parallelamente, delle ricerche sui tre cecchini a causa dei quali hai compiuto il salto. Siamo partiti dall’identificare quello che teneva sotto tiro Lestrade. Controllando l’organico di Scotland Yard degli ultimi sei mesi abbiamo individuato questo agente >> dice passandone a John e Sherlock la foto. << Si chiama Andrej Jadescu, killer professionista infiltratosi a Scotland Yard sotto le mentite spoglie dell’agente Andrew Bader, inserito in organico tre mesi prima del fatto e al quale è stato concesso un trasferimento eccezionale solo qualche settimana dopo la ‘morte’ di Sherlock. Il suo compito sarebbe stato quello di uccidere Lestrade, se le cose non fossero andate come invece andarono. Incrociare i dati con gli archivi dei pregiudicati è stata una logica conseguenza e una vera fortuna, invece, è stata ritrovarne le tracce in Romania. Rispolvera le tue conoscenze della lingua romena, Sherlock, perché tu, John e Valerio partirete alle prime luci dell’alba per Timisoara da dove inizierà la caccia ad Andrej Jadescu. Il vostro obiettivo sarà quello di ottenere informazioni sugli altri cecchini ingaggiati quel giorno >>.
<< Perché ti stai concentrando sui cecchini? >> gli chiede John curioso.
<< Perché io non l’ho fatto >> risponde per lui Sherlock. Il piano di Grey gli è chiaro e lo trova di suo gusto. Aveva lui stesso proposto a Mycroft di concentrarsi sulla cattura dei cecchini e spremerli per avere tutte le informazioni possibili. Suo fratello, però, gli aveva proposto la soluzione, a suo dire più veloce e produttiva, di seguire le tracce dei suoi traffici scoperti dal suo giro d’affari. ‘I cecchini’, aveva detto Mycroft, ‘sono meri esecutori e perderemmo solo tempo con loro’.
<< Non ti è stato possibile farlo >> lo corregge Grey.
<< Perché se lo avessi fatto sarei stato sulla giusta pista >>.
<< Ciò che tuo fratello protegge è di nostro esclusivo interesse e lui tenendoti alla larga da loro ha protetto i cecchini >>.
<< Ma perché proteggerli? >>.
<< Perché, John, ogni uomo a capo di una grande organizzazione ha un suo fidato braccio destro. Si vocifera che quello di Moriarty sia un eccezionale cecchino. A chi affidereste, voi, il compito più importante di una missione? >>.
<< Al mio uomo migliore >> risponde Sherlock.
<< Volete dire che il braccio destro di Moriarty è il cecchino che ha avuto l’ordine di    uccidermi? >>.
<< Sei il suo rivale in questo gioco perverso, John, e sul suo rivale non poteva che piazzare il suo migliore elemento >>.
<< Oddio, quale onore! >> esclama l’ex soldato. << Una botta d’autostima mica male, dovrò ricordarmi di ringraziare Jim quando lo vedremo. Subito prima di fargli saltare il cervello per davvero, ovviamente >>.
<< Direi che è lo spirito giusto, doc >> lo incoraggia Àngel e John risponde levando il pollice verso di lui.
<< Qualunque cosa facciate occhio a non perdere la vostra copertura >> riporta ordine Grey. << Io ci tengo alla vostra vita e non vi voglio sulla coscienza. Resta il fatto che noi giornalisti investigativi non abbiamo porto d’armi, né licenza di uccidere e neppure la vorremmo. Gioco forza tocca a voi occuparvi delle ‘pulizie’[5] >>.
<< Considerale fatte! >> ribatte John.
<< Hai qualcosa da dire sul piano che abbiamo ideato, Sherlock? >>.
<< Trovo che sia perfetto, come sempre, Juan, le mie congratulazioni. Lavorare su due fronti è un ottimo modo per ottenere più indizi. Tu sarai il nostro collegamento e angelo custode. Mi stupisce vederti rimanere nelle retrovie >>.
<< Se sarà necessario interverrò sul campo >> dice e Fox lo guarda stupito e contrariato.
<< La paternità ti ha cambiato, Juan >>.
<< Come a te l’amore, Sherlock >>. Non gli riesce proprio di avere l’ultima parola con quest’uomo. << C’è un’altra cosa che voglio chiedervi >> aggiunge Grey guardando prima lui poi John.
<< Potremmo anche non volerne sapere di tornare >> lo anticipa Sherlock.
<< Non mi servirà rivelare al mondo che siete ancora vivi. Quello che vi chiedo è l’esclusiva su questa storia >>.
<< Ci stai chiedendo di poter realizzare un’inchiesta su di noi? >>.
<< Esatto, John. Sull’impero di Moriary in particolare e gioco forza ci entrerete anche voi. Già che stiamo ballando perché non farlo come si deve? >>.
<< Nunca confiense en un periodista >> dice John ridacchiando e Sherlock lo imita.
<< Fanne ciò che vuoi >> dice Sherlock e John concorda.
<< Benissimo. Ragazzi, dichiaro ufficialmente aperta l’inchiesta ‘Romeo e Giulietta’ >>.
<< La… cosa? >> chiede John rosso in viso.
<< Io preferisco ‘Renzo e Lucia’ >> dice Mistica.
<< Nessuno si finge morto ne ‘I promessi sposi’, Mirian >> ribatte Fox.
<< Io intendevo la soap opera >>.
<< Guarda che neppure lì si fingono morti >> precisa Àngel.
<< Non era ‘Cuore selvaggio’ quello in cui lui veniva dato per morto e lei tentava il suicidio? >>.
<< No, Juan, mi pare fosse ‘Terra Nostra >>.
<< Ma si può sapere di cosa diavolo state parlando? >> domanda Sherlock interrompendo lo sconclusionato discorso dei ‘Los errores’.
<< Ogni inchiesta che si rispetti ha un titolo e pensando a voi ci sono venute in mente le soap opera argentine >> dice Mistica.
<< Le che? >>.
<< Oh, beh, immagino non ci sia posto nel tuo Mind Palace per simili opere d’arte >>.
<< Ad ogni modo, Miriam, per come stanno evolvendo le cose ‘Romeo e Giulietta’ di Shakespeare  mi sembra più appropriato >> pone fine Grey alla discussione.
<< Non ne dubito >> conviene John. << La cosa che mi preme sapere è chi di noi due sarebbe Giulietta >>.
<< Prima eri tu la dama in pericolo ora lo è lui >> risponde prontamente Àngel. << Sai, John, la versatilità è alla base di un buon rapporto di coppia >> gli strizza l’occhio malizioso.
Una risata generale si leva a stemperare il clima teso nel quale sono immersi da più di un’ora. Una risata carica di stress che fatica a scemare ed è anzi alimentata da ulteriori battute maliziose che fanno arrossire gli interessati e ridere a crepapelle tutti quanti.
Le mani di Sherlock e John restano intrecciate e sempre più strette l’una nell’altra, mentre si sdrammatizza sulla loro relazione che sta nascendo sotto una stella sbagliata.
 
 

[1] Mai fidarsi di un giornalista
[2] Dal film ‘Mary Poppins’
[3] Citazione da ‘La soluzione sette per cento’ di Nicholas Meyer.
[4] Citazione da ‘La soluzione sette per cento’ di Nicholas Meyer
[5] Citazione dal film ‘Leon’

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ciao a tutti
Eccoci pronti all’azione. Capitolo lunghetto anche questo, ma ho preferito concludere l’azione piuttosto che spezzarla. Mi sintetizzo quindi, qui, augurandovi una buona lettura.
Spero sia di vostro gradimento e, qualora lo vogliate, lasciatemi un vostro parere
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 12
 
La corda vibra producendo un suono lungo, costante, viscerale. Le note basse sono quelle che preferisce. Corrono ad agganciarsi a memorie corporee angoscianti, finalmente libere di sfogarsi nella successiva nota acuta, stridente come un grido. La vibrazione gli percorre il braccio sinistro, risuona nella spalla e sul viso, come una carezza. Si espande lenta nella totalità del corpo, sciogliendo le zone contratte, e quando tutto vibra e si scioglie ecco che si apre la mente. I pensieri iniziano ad riordinarsi seguendo il ritmo del brano e allo stesso tempo lo influenzano e ne sono influenzati.
<< Arrivano quando decidiamo di lasciarci andare. Come se rilassandoci togliessimo un tappo troppo a lungo trattenuto. Immaginavo sarebbe successo dopo tutto quello che hai tirato fuori e rimesso dentro oggi >>.
Le parole di John. Quel sussurro profondo, caldo, rassicurante. Le sue braccia forti che non lo hanno lasciato andare. Nonostante lo allontanasse preda del panico giunto inatteso ad interrompere il più dolce dei momenti.
La canzone composta per lui da Jane vibra sulle corde del violino. Il regalo per il suo quinto compleanno. Sono note che fanno male, ma capaci di calmarlo. Ha bisogno di calmarsi in questo momento.
<< Sono qui, amore, non sei solo >>.
 Non sa dire se John lo stesse ripetendo già da un po’ o l’avesse detto solo una volta. Avverte ancora i baci leggeri posati tra i suoi capelli. Le mani che salde hanno afferrato le sue per catturarlo in un abbraccio. Per tenerlo stretto, mentre si stava sgretolando. Ha scalciato, gridato e si è agitato parecchio, ma quelle braccia non lo hanno mollano. Hanno contenuto l’esplosione.
Nelle orecchie ha ancora il battito regolare del cuore di John, capace di far scemare il tremore, diminuire lentamente l’affatto. Poco per volta il suo cuore si è sintonizzato sull’altro battito. Solo quando ha aperto gli occhi si è reso conto di essere stretto contro il petto del suo dottore. Il viso bagnato di lacrime e i singhiozzi a scuoterlo a intervalli regolari. La mano di lui ferma a tenergli la testa aveva preso ad accarezzarlo piano.
Sherlock apre gli occhi e davanti a lui, riflessa nel vetro della finestra vede l’immagine di un uomo che non conosce. Capelli biondissimi, dalla sfumatura alta e il ciuffo ribelle a coprire gli occhi. Barba folta e sopracciglia spesse aggrottate sopra occhi castani. Pelle pallida e coperta da jeans azzurri strappati in più punti e una camicia a scacchi larga dalle maniche arrotolate fino al gomito. Sta suonando un violino, proprio come lui.
Ogni volta che guarda il suo riflesso, Sherlock impiega qualche secondo a rendersi conto che quell’uomo non è altri che lui. Mistica ha nuovamente fatto un lavoro impeccabile. Per certi aspetti ricorda Billy Kidd, l’identità che ha assunto nell’anno di collaborazione con loro, ma allo stesso tempo è molto lontano da quel ragazzo inglese giunto in Spagna in cerca di avventure col fratello gemello.
Sherlock canticchia la canzone di Jane mentre continua a suonarla come un disco rotto. Scott Sigerson[1], è questo ora il suo nome. Violinista canadese, originario del Quebeck. Forse è per entrare nella parte che sta canticchiando in francese. No, inutile prendersi in giro.
La corda vibra incerta mossa da una mano che trema vistosamente. Sherlock osserva stupito quel tremore far vibrare l’archetto. Si accorge di essere senza fiato. Prende un respiro che entra però strozzato producendo un fischio.
Tutto si blocca di colpo. Ancora una volta, come la sera precedente. Sente il corpo punto da mille spilli roventi e poi di colpo il gelo pietrificante. Lo stomaco si chiude, la gola si strozza e gli occhi si riempiono di lacrime.
Posa il violino sulla cattedra dell’aula di musica della scuola di ‘El lugar seguro’ in cui si trova, e si appoggia a questa, temendo le sue gambe non lo reggano più. Prova di nuovo a prendere fiato ma l’aria non entra. Il cuore batte forte nel petto, lo sente riverberare nelle tempie ed eccola di nuovo quella bruttissima sensazione di morte imminente.
No, non sta per morire. È solo un attacco di panico. Un altro. Erano passati anni dagli ultimi che aveva avuto da bambino subito dopo essersi ripreso dal coma. Anni, prima di quello avuto la sera precedente tra le braccia di John nel momento meno opportuno. Il corpo tremava non più scosso dal piacere ma dal terrore. Con gesti convulsi aveva allontanato bruscamente John da sé. Si era sentito invaso dalla paura di morire, di uccidere, di assistere alla morte altrui. Voleva solo essere lasciato in pace.
<< Lasciami in pace! >> sussurra adesso senza fiato, le mani strette sul bordo della cattedra. Si impone di respirare lentamente. Respiri profondi e lenti, come gli aveva insegnato lo zio Rudy. Profondi e lenti per scacciare quel maledetto senso di impotenza e la rassegnazione.
Si era sentito teso come una corda. Come la corda di un violino e prepotente il sorriso di Jane era comparso agli occhi della sua mente. Aveva gridato il suo nome, non sa neppure quante volte. Tra lacrime dirompenti, che gli hanno tolto il poco fiato che gli restava. Aveva temuto di soffocare in quel vortice che era diventato il mondo attorno a lui. Quel mondo che solo le braccia forti di John sono state in grado di fermare.
Tutto vortica di nuovo e lui cerca di non cadere, restando aggrappato alla cattedra. Non vuole chiamare John. Non vuole spaventarlo di nuovo, mostrargli ancora una volta questo aspetto fragile e imbarazzante di sé.
<< Non è giusto >> sussurra e calde lacrime tornano a invadergli gli occhi. << Basta! >> esclama asciugandole con un gesto secco della mano.
<< Non reprimerle. Lascia che esca tutto ciò che deve uscire >>.
Sherlock si volta colto alla sprovvista. Fermo a pochi passi da sé trova un giovane uomo dai capelli neri, lunghi, liscissimi che circondano un viso olivastro dagli occhi scuri. Lo osserva sorridendogli affabile.
<< Fox >> sussurra senza perdere l’appoggio alla cattedra.
<< Billy >> sussurra a sua volta avvicinandosi a lui. Posa la mano destra sulla sua guancia. La accarezza per poi lasciarla scivolare sulla nuca e lentamente attirarlo a sé. Gli posa un bacio sulla fronte per poi poggiarvi la propria.
Sherlock sorride imbarazzato, come tutte le volte in cui Fox compiva quello stesso gesto in passato. L’unica manifestazione fisica di affetto che gli concedesse. E come allora risponde con un abbraccio forte, perdendosi nel profumo della sua pelle, che nasconde sempre una nota del cloro dentro il quale si ostina a nuotare come un matto ogniqualvolta gli è possibile.
Non cerca, però, come allora, le sue labbra nel goffo tentativo di rubargli un bacio. Posa la fronte contro la sua spalla e da sfogo al pianto che sta cercando di trattenere, fregandosene della possibilità di mandare a monte il lavoro impeccabile di Mistica.
Fox lo tiene stretto in un abbraccio diverso da quello di John. Non si sente in imbarazzo tra queste braccia che altre volte lo hanno visto fragile e in crisi. Forse proprio per questo riesce a lasciarsi andare.
<< Non so cosa mi sia preso >> sussurra tra i singhiozzi.
<< Hai avuto un altro attacco di panico, Billy >> spiega Fox cullandolo piano.
<< Io ne ero uscito… erano anni che non li avevo più… >>.
<< A volte ritornano >>.
<< Ma perché proprio adesso? >> pigola affranto artigliandogli le spalle. << Io… stavo suonando il violino… e ieri… ero con John e io stavo… stavo per… >> lascia sospesa la frase preda dall’imbarazzo per quell’assurdo incidente.
<< Ieri è stata una giornata pesante per te, Sherlock >>.
<< Lo so, lo so, me lo ha detto anche John >> sbotta infastidito allontanandosi da lui, senza però sciogliere l’abbraccio. << Non voglio, però, che ogni volta che sono con lui succeda qualcosa che mi blocca >>.
<< Ecco, non generalizzare. Se sta accadendo ora non vuol dire che accadrà per sempre >>.
<< E’ già la seconda volta! >> sbuffa incrociando le braccia al petto.
<< Sherlock, so bene cosa stai passando e, credimi, il tempo aiuta a rimettere le cose al loro posto. Se hai accanto una persona che ti ama questa ti aspetterà e rispetterà i tuoi tempi >>.
<< Neppure fossi una verginella fragile e delicata >> ribatte acido voltandosi verso il fondo dell’aula.
<< Non c’entra nulla la verginità qui, Sherlock >> ribatte paziente Fox. << Questo è il tuo corpo che grida il suo bisogno di essere amato con rispetto. Se non avessi capito di trovarti tra le braccia giuste non sarebbe successo e sarebbe solo stato peggio. Avresti continuato a reprimere e reprimere e reprimere ancora >>.
Le parole di Fox hanno il potere di calmarlo. Non solo nel corpo, ma nel suo animo tormentato. Non avrebbe mai perso il controllo in quel modo tra le braccia di Victor. Non si è mai sentito al sicuro in quell’abbraccio e neppure nei pochi altri.
<< La sicurezza, quindi, mette alla prova la pazienza dell’altro? >> gli chiede.
<< No, Sherlock. Ne conferma l’amore e John ti ama >>.
Il consulente sorride beato e annuisce.
<< Vuole che ci prendiamo il nostro tempo per conoscerci. Senza fretta. Io, però… temo che di tempo non ce ne sia più. Che ogni istante sia un’occasione da non perdere >>.
<< In un certo senso lo è, ma John ha ragione. Perché mettervi fretta a causa di Moriarty e di tutta quanta questa storia? In questo panico, Sherlock, ci sono tante cose. C’è Jane, c’è Mycroft, tuo padre, gli anni da tossico, le cattiverie della gente. Tutte cose che non hai mai voluto affrontare e che escono dalla stanza che del tuo Mind Palace nella quale le hai confinate. Non reprimere più. Lasciale andare >>.
<< Tu hai fatto così? >> gli chiede volgendo a lui lo sguardo.
<< Sì >> gli sorride sincero. << Con l’aiuto di Juan. E penso tu possa farlo con quello di John >>.
<< Non mi avevi detto nulla sul tuo giardiniere >> dice allontanandosi da lui fino ad appoggiarsi alla cattedra.
<< E’ una giardiniera, Sherlock >> specifica Fox alzando gli occhi al cielo.
<< Davvero? Non sapevo fosse un lavoro svolto anche da donne >>.
<< Siamo nel ventunesimo secolo, trovamelo un lavoro che sia ancora prerogativa di un solo genere >> ridacchia scuotendo il capo. << Non ti ho detto nulla perché non hai dato più tue notizie per tre mesi >>.
<< E in questi tre mesi la tua giardiniera è diventata molto più di una semplice conoscente >>.
<< Come puoi essere ancora geloso di me dopo tutti questi anni e John? >> chiede divertito.
<< Non sono geloso, solo stupito. Ti ho lasciato asessuale convinto e ti ritrovo innamorato di una donna, converrai con me che è una cosa piuttosto insolita >>.
<< Non ero convinto, ma spaventato, Sherlock. La felicità spaventa chi come noi l’ha avuta e se l’è vista strappare via troppo in fretta e troppo brutalmente. È assurdo, non trovi? Avere paura di essere felici >> ridacchia e fa per alzare la mano a passarla tra i capelli ma si ferma, ricordando del trucco che indossa.
<< Io penso che sia abbastanza logico, invece. Guarda cosa ha portato la felicità di mia madre. La morte di mia sorella, il trauma dal quale ancora non riesco ad uscire e una verità nascosta che mi porta ad essere qui con te oggi, travestito da violinista canadese >>.
<< Le cose possono cambiare, però. Come è successo alla mia di madre. Pensava sarebbe morta nell’inferno che le faceva vivere mio padre e, invece, ora è tornata a risplendere, ha sposato l’uomo che l’ha sempre amata e mi ha dato due fratellini. Tutto nel giro di pochi anni. Me lo sono ripetuto spesso, pensando ad Ylenia, e alla fine ho deciso di volerlo. Perché è così che funziona, Sherlock. Per essere felici bisogna volerlo. Se si continua ad avere paura di lasciarsi andare per il timore di perdere tutto non si creano proprio i presupposti >>.
Sherlock si ritrova nelle sue parole. Perdere tutto, sì. Questa possibilità lo spaventa, per questo ha accettato di inscenare il suo suicidio e tenere il suo dottore all’oscuro di tutto. Non riuscirebbe a sopravvivere anche a questo amore se gli venisse strappato via.
<< Morirei se perdessi John, Valerio >> sussurra affranto. << Il filmato che ha modificato Àngel per convincere tutti che io mi sia suicidato gettandomi sotto un treno… quando l’ho visto ho pensato che davvero lo farei. Non mi ci vedo a vivere in un mondo senza lui. È stato già così faticoso vivere senza Jane >>.
<< Ma ce l’hai fatta, Sherlock >> dice scuotendolo per le spalle. << Quando Marco è morto anche una parte di me è morta con lui e non è stato facile andare avanti. Ci sono passato anche io attraverso le droghe, i furti, i pestaggi e ho dovuto toccare il fondo prima di risalire e aggrapparmi all’unica persona in grado di aiutarmi davvero >>.
<< Hai deciso che accetterai l’offerta di Juan >> gli chiede cambiando strategicamente discorso. Fox sorride mangiando la foglia.
<< Non lo so. È una grande occasione, ma… io mi vedo lavorare al suo fianco non al suo      posto e poi… Ylenia vive in Italia, ci vediamo una volta al mese e l’idea è quella di raggiungerla lì >>.
<< E tu lasceresti ‘El Mundo’ e Madrid per una donna? >> domanda stupito.
<< Tu ti sei buttato da un tetto lasciando la tua amata Londra per un uomo >>  ribatte Fox che è diventato bravo quanto Juan nell’avere l’ultima parola.
<< Il grande capo ha ragione >> si arrende Sherlock salutando l’indiano d’America che ha preso il posto del ragazzo italiano. I segni dei pugni che gli ha tirato qualche ora prima sono ancora evidenti e anzi Mistica li ha accentuati, per conferirgli un’aria minacciosa e vissuta. Sherlock porta la mano sulla guancia da lui colpita il cui livido, invece, è stato accuratamente occultato.
<< Un violinista di un certo rispetto non può farsi vedere in giro con una guancia ammaccata, non credi? >>.
<< Mentre uno stalliere col vizio delle corse clandestine qualche pugno ci sta anche che lo  prenda >>.
<< Esatto >>. Fox sorride e nonostante il trucco Sherlock vede l’uomo che è stato capace di fargli girare la testa qualche anno fa’. << Come stai adesso? >>.
<< Come vedi >> risponde, usando una battuta tipica di Fox. << Grazie per avermi offerto la spalla. Ne avevo bisogno. Spero che ad Arianna non dispiaccia se ho disturbato il suo violino >>.
<< Mamma sarebbe felice di sapere che lo hai suonato >>.
<< Non dovrebbe esserci lezione a quest’ora? >>.
<< Sì, gli orari non sono cambiati. È stata però ingaggiata per il ruolo di Mimì ne ‘La Boheme’ da una compagnia parecchio importante e oggi aveva le prime prove. Era emozionatissima. Sono felice per lei. Dopo anni di dolore si merita solo il meglio. Come te e John >>.
<< E’ ancora presto per poterci dire felici. Quando questa storia sarà finita, e se ne usciremo vivi, allora ne riparleremo >>.
<< Dov’è finito il consulente investigativo sicuro di sé? >>.
<< Sono Scott Sigerson, violinista canadese e un consulente investigativo non so neppure cosa  sia >> risponde Sherlock rubandogli una risata.
<< Eh ehm… >>.
Un uomo fermo sulla soglia della stanza li guarda accigliato. Ha i capelli lunghi e neri e un ciuffo folto gli copre gli occhi scuri e irritati. La bocca, distesa in una linea dura circondata da un pizzetto folto, spicca perfettamente disegnata sul volto abbronzato,
<< Johnny caro, la gelosia non porta mai nulla di buono >> dice Mistica comparendo alle sue spalle. Capelli rosso scuri le cadono in morbide spire sulla giacchetta del completo blu notte. La pelle schiarita da chissà quale delle diavolerie in crema che possiede, ricalca perfettamente la parte di una segretaria ligia al suo lavoro.
<< Abbiate cura dei vostri avatar e delle barbe: prima crescerà la vostra a sostituire quelle finte meglio sarà e quando accadrà tingetele come vi ho spiegato, intesi! >>. Sherlock e John scattano sull’attenti dinanzi al tono categorico usato dalla ragazza. Con un’ultima strizzata d’occhio Mistica si congeda da loro, pronta a raggiungere Sky e con lui l’aeroporto.
<< Vado anche io, prima che John mi uccida ed è meglio che mi metta in viaggio. Ci vediamo in Romania e, mi raccomando occhi aperti >> li saluta Fox lasciando l’aula.
Sherlock e John restano in silenzio guardandosi entrambi stupiti dei loro travestimenti.
<< Allora che ne pensi? >> dice John facendo un giro su se stesso.
<< Non male, ma preferisco il mio solito bellissimo John >> gli dice andandogli incontro.
<< Io, invece, devo dire che così non sei niente male >> dice guardandolo con malizia. Sherlock batte più volte le palpebre risentito da quanto John gli ha detto. Lo vede, però, esplodere in un risata fragorosa e si rende conto solo adesso dell’ironia nelle sue parole.
<< Sei proprio un idiota, John Watson! >> grida colpendolo deciso alla spalla mentre questo ride forte.
<< Oddio, avresti dovuto vedere la tua faccia! >> continua ridendo a crepapelle.
<< Smettila di prendermi in giro! >> ringhia pronto a colpirlo un’altra volta. Il dottore, però, afferra il polso prima che vibri il colpo e lo tira a sè. Sherlock ricambia l’abbraccio posando la fronte contro quella di John. Bacia le sue labbra ancora scosse dalla risata. Sente il pizzo finto solleticargli il naso e l’ingombro della sua barba posticcia ridurre la vicinanza tra loro in modo fastidioso.
<< Non vedo l’ora di liberarmi di tutti questi avatar e tornare a guardare i tuoi occhi e baciare il tuo viso liscio >> sussurra John contro le sue labbra. Un brivido percorre la schiena di Sherlock accendendo il desiderio in lui.
<< John >> sussurra e le labbra di lui sono sulle sue. Baci lenti e appassionati, le loro lingue che si incontrano, si cercano, si abbracciano. Il respiro caldo di John è inebriante. Lo sente sul suo viso e vorrebbe, come la sera prima, sentirlo diventare sempre più affannato, capace di sciogliere in lui ogni tensione e far salire ad ondate sempre più profonde il piacere.
<< Devo essere alla stazione tra meno di un’ora, direi che è meglio che vada >> sussurra sulle sue labbra rompendo il bacio. Sherlock sente lo stomaco chiudersi e ravviva la stretta attorno alle spalle del suo uomo.
<< Non mi piace per nulla questa cosa di raggiungere la Romania separati >> sussurra contro il collo di John.
<< Neppure a me. Sai bene, però, che è la soluzione migliore per evitare che ci scoprano >>.
<< Certo che lo so. Sarei più tranquillo, però a saperti su un mezzo più veloce. Il treno ci metterà un’eternità! >>.
<< Sì, ma al momento grazie a tuo fratello sei l’uomo più ricercato d’Europa, ed è logico prenda tu l’aereo. Tra l’altro come potrei portare con me la pistola che il commissario Torres ha concesso a Juan se viaggiassi in aereo? >>.
<< Da quando è così logico, dottor Watson? >>.
<< Evidentemente fare l’amore con te accresce la mia intelligenza >> gli dice, posando un bacio sulle sue labbra imbarazzate << Questa missione penso sarà terapeutica per te e anche per me. Risolviamo questo caso, Sherlock >>.
<< Sì, risolviamolo in fretta. Ne ho abbastanza di avere paura di perderti dopo averti finalmente trovato >> dice posando la fronte sulla sua.
<< E’ la stessa paura che ho io, Sherlock >>. Non se lo aspettava. Alza gli occhi a incontrare quelli di John. << Sono già morto una volta con te e ora che ti ho qui, vivo, non voglio perderti. Non di nuovo >> sussurra.
<< Non volevo farti del male, perdonami >>.
<< Ti ho già perdonato. Ho capito che non è stata tua intenzione e che c’è una cosa molto più grande di me e di te dietro tutta questa storia. Dal momento che abbiamo la stessa paura, ti chiedo per favore di non nascondermi nulla. Agiamo insieme, sempre, l’uno a coprire le spalle dell’altro. Quando ci muoviamo così ne usciamo vivi e vincitori. Tutte le volte che ci è capitato di separarci sono successi i guai, quindi non fare colpi di testa e restami accanto >>.
<< Lei è alquanto possessivo, dottor Watson >> sdrammatizza avvicinandosi alle sue labbra.
<< Decisamente. Possessivo e geloso quando si tratta di lei, Mr Holmes >>.
<< Io e te, soli contro il resto del mondo >> sussurra Sherlock.
<< Così deve essere >> concorda John stringendolo ancor più forte a sé.
 
Il cielo sopra Timisoara è grigio piombo. L’aria fredda fa rimpiangere il calore dell’estate spagnola appena lasciata. Sherlock guarda le strade pressoché deserte mentre il taxi lo porta al suo hotel. Lui, John e Fox pernotteranno in luoghi diversi per evitare di attirare sospetti e anche questo non gli piace. Non riesce a togliersi dalla testa quanto detto da John poco prima di partire.
Ogni volta che si sono divisi è successo qualcosa di poco piacevole. Questo fin dall’inizio. Il suo quasi ingoiare la pillola avvelenata di Hope, il rapimento di John da parte del generale Shan prima e di Moriarty in persona poi e tutto questo casino di inganni e segreti nel momento in cui lui ha deciso di affrontare da solo quel demonio e lasciare il suo dottore fuori dai piani.
Dopo un anno e mezzo trascorso quasi costantemente gomito a gomito è stata dura in quel mese di missioni per conto del nemico voltarsi e non trovarlo lì, accanto a sè. Stanco e assonnato, nervoso e affamato, preoccupato e pronto all’azione. Era riuscito a dare un senso alle sue emozioni rivedendole riflesse nel volto di John. Nei racconti del suo blog era riuscito a vedere meglio se stesso. Il punto di vista romantico e semplice del suo dottore.
John arriverà alla pensione posta nella zona nord della città solo nel pomeriggio. Un lungo viaggio in treno, con parecchi cambi e molte frontiere da oltrepassare.
Fox, invece, li raggiungerà verso sera con l’auto di servizio: una vecchia Ford malconcia che nasconde un motore efficiente e moderno. Truccata proprio come loro. Alloggerà in un ostello nella zona est della città, così che tutti e tre possano coprire le zone nelle quali hanno rinvenuto i passaggi del cecchino.
Sherlock entra nella hall dell’hotel tre stelle e di poche pretese nella zona sud della città. Consegna i documenti per il check in e riceve la chiave della stanza numero 13. Entra nella camera senza neppure guardarsi attorno, si siede alla sedia della piccola scrivania, prende il laptop dalla valigia e lo accende. Collega l’auricolare posizionandola all’orecchio destro e quando sente il familiare ‘tin’ dell’avvenuto contatto finalmente si rilassa.
<< Billy è giunto alla meta >> comunica, aprendo il programma di messaggistica criptata ideato da Sky.
“Ricevuto, Billy” risponde Grey. “Ti ho inviato gli ultimi spostamenti che siamo riusciti a individuare insieme al nostro corrispondente romeno. Ce ne sono due vicini al tuo punto d’appoggio”.
<< Li vedo >> conferma Sherlock che osserva la mappa inviatagli. << Faccio un sopralluogo. Inizierò dalla zona B6 per poi spostarmi alle C8. Sarò di ritorno per le 2 >>.
“Perfetto. Occhio a non fare cazzate. Charlie arriverà alle 3. Anche con lui niente cazzate, intesi! Attieniti al piano”.
<< Penso di aver imparato abbondantemente la lezione l’ultima volta, sta tranquillo >>.
“Tranquillo poco si abbina a te, Billy. Ma sono fiducioso del fatto tu abbia ben chiaro cosa rischi di perdere. Ci sentiamo al tuo rientro. Ripassa il codice musicale. Passo e chiudo”.
L’irritazione nei confronti di quest’uomo è alle stelle. Lo irrita il suo avere maledettamente ragione. Un primato che è solito detenere lui e che scopre non voler dividere con nessun altro.
“Sei una primadonna” gli dice John nella sua testa. Il suo uomo ha scelto di chiamarsi Charlie in questa battaglia, nome molto usato tra i soldati durante le missioni. Saperlo calato nel ruolo del soldato lo tranquillizza e preoccupa allo stesso tempo. John è più accorto di lui, ama il pericolo ma ha la buona creanza di volerne uscire vivo. Per questo diventa prudente e molto attento, al contrario di lui che più la scena è pericolosa più si perde nel suo Mind Palace e nei suoi ragionamenti rischiando di mettersi seriamente a rischio. Altro motivo per cui quando sono divisi i guai arrivano attirati come le mosche dal miele.
Prima di uscire dalla stanza si siede al centro del letto, chiude gli occhi ed entra nel suo Mind Palace. Percorre il lungo corridoio dell’istituto parauniversitario Roland- Kerr e entra in una delle porte che si apre sull’aula di musica de ‘El lugar seguro’.
<< Buongiorno, Sherlock >> lo saluta Arianna, la madre di Fox. Il sorriso dolce le illumina il viso bello sul quale ritrova molte somiglianze col figlio. Lo invita a prendere posto accanto a lei sullo sgabello del pianoforte.
<< Devo ripassare il codice musicale >> le dice accarezzando i tasti. << Sono una frana con la musica moderna, lo sai >>.
<< A tutto c’è rimedio >> lo rassicura e inizia a suonare il pianoforte. Suona e canta una canzone dopo l’altra e lui le abbina ad ogni tipo di messaggio, ne memorizza le parole fondamentali per permettere agli altri di capire cosa sta accadendo davanti ai suoi occhi in modo che possano intervenire tempestivamente o agire di conseguenza. Parlare da soli attira l’attenzione di chi sta attorno, canticchiare una canzone, invece, da meno nell’occhio. Grey e Fox hanno avuto davvero un’idea geniale nel realizzare questo codice. Peccato che Sherlock non ami cantare, benchè da bambino lo abbiano obbligato a prendere lezioni di canto. Jane ne era entusiasta e lui sarebbe rimasto ore a sentirla, ma piuttosto che fare altrettanto si sarebbe fatto ammazzare. Ironico che ora debba cantare proprio per evitare di fare una brutta fine.
Canticchia insieme ad Arianna, consapevole del fatto che gli basta anche solo parlarle quelle strofe piuttosto che cantarle. Quando ha spiegato a John in cosa consiste il codice musicale dandogli la lista delle canzoni con i relativi significati e modalità di impiego, questi è apparso molto più rilassato e preparato di lui. Le canzoni usate nel codice le conosceva quasi tutte e sentirlo cantare è stata una piacevole sorpresa. Una bella voce bassa, intonata e un ottimo senso del ritmo. Lo ha preso parecchio in giro per il suo non conoscere assolutamente gruppi a detta loro famosissimi e impossibili da non aver ascoltato anche per sbaglio almeno una volta nella vita.
<< Se l’ho fatto l’ho rimosso >> si è difeso, provando quel disagio che lo investiva negli anni delle scuole, quando si ritrovava ad essere l’unico a non conoscere cose banali e note a tutti quanti. È stato cresciuto a musica classica e opere liriche e il jazz, grande amore di sua madre, era l’unica eccezione popolare ammessa tra le mura di Musgrave. Quello e le canzoni dei musical tanto amati da Jane. I temi di ‘Mary Poppins’ per primi. Peccato che non siano brani utilizzabili in un codice musicale di questo tipo.
<< Chiamami quando sarà il momento e ti indicherò la canzone giusta >> lo rassicura Arianna. La stringe forte tra le braccia, questa piccola donna coraggiosa con la quale ha fatto tanti duetti al violino nel suo periodo di permanenza nei ‘Los errores’. Esce dalla stanza e apre gli occhi sulla sua camera d’hotel. Non lo alletta molto l’idea di affrontare Timisoara da solo, cosa che non è da lui e questo gli piace ancor meno. Prende un profondo respiro e si concentra sulla missione, lasciando fuori tutto il resto. Forte del suo travestimento, con la custodia del violino in spalla abbandona la stanza e si reca alla prima zona da perlustrare.
 
Cercare una persona della quale si hanno pochi indizi è un lavoro estenuante, lungo e comporta una buona dose di pazienza. Sono passati tre giorni dal loro arrivo a Timisoara e non hanno ancora trovato il cecchino. Il corrispondente romeno di ‘El mundo’ li sta aiutando attivamente, convinto si tratti di un’inchiesta sulla guerriglia urbana. Solo Fox ha contatti con lui e avere a disposizione le sue fonti è una valido supporto, che però porta comunque a pochi risultati.
Grey li tiene aggiornati sui risultati delle telecamere a circuito chiuso e su tutte le nuove informazioni che riesce a ottenere su Andrej Jadescu. Solo all’alba del quinto giorno, quando sono quasi decisi a cambiare tattica, Fox ottiene una soffiata importante in uno dei pub dei bassifondi dove sta trascorrendo le notti. Pare che il cecchino abbia il brutto vizio del gioco d’azzardo.
I tre si dividono i locali più conosciuti nell’ambito delle scommesse sia lecite che clandestine e dopo altre tre notti trascorse tra tavoli verdi e slot machine, Sherlock varca la soglia dello squallido pub ‘Auxilium’ e si trova faccia a faccia col loro uomo. Eccolo lì, il bastardo che avrebbe posto fine alla vita della prima persona che gli ha dato fiducia e gli ha, a tutti gli effetti, permesso di sperimentare la sua attività. Seduto su uno sgabello del bar, Andrej Jadescu parla animatamente col barista. Questione di soldi legati al poker. Sta trattando la possibilità di rifarsi giocando una nuova partita, ma il barman sembra impassibile a riguardo.
“We are the champion, my friends” canticchia Sherlock, soddisfatto di essere stato lui a trovarlo. Sente provenire dall’auricolare la risata soddisfatta di Fox e un sospiro unito a un’imprecazione da John.
“Every move you make
Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I’ll be watching you[2]” cantano all’unisono John e Fox e Sherlock sa che stanno già rintracciando la sua geolocalizzazione sullo smartswatch e che a breve saranno da lui.
Resta ad attenderli avendo occhi solo per Andrej, che mostra qualcosa al barman capace di fargli cambiare idea. Una fascetta di denaro, sicuramente, il solo passepartout in un simile ambiente. Il barman gli strizza l’occhio, alza la cornetta del telefono, ci parla dentro per qualche istante e quando la mette giù indica con un cenno del capo la porta alla loro sinistra. Andrej lo ringrazia e gli promette una lauta mancia prima di scomparire al di là dell’uscio.
<< Can’t read my,
Can’t read my,
No, he can’t read my poker face[3] >> canta  Sherlock, per indicare il suo intento ai compagni.
<< Ok, lavoratelo. Noi arriviamo e ti aspettiamo fuori. Se hai bisogno di un intervento rapido faccelo sapere >> dice Fox che evidentemente si trova in una zona in cui può parlare senza dare nell’occhio.
<< E non metterti in mostra! >> aggiunge John.
<< Fuck you,
Fuck you very, very much,
‘Cause your words don’t translate,
And it’s getting quite late,
So, please don’t stay in touch[4] >> canticchia Sherlock andando verso il barista, nell’auricolare l’eco delle risate di Fox e delle imprecazioni ai suoi danni di John.
Ordina una birra e, sicuro che sia la tattica più veloce per essere introdotto nel sacro impero del poker clandestino, veste i panni del pollo da spennare domandando con innocenza dove può investire i suoi risparmi. Mostra una fascetta di banconote allettanti e il barman abbocca all’amo. Alza la cornetta, ci bisbiglia dentro e poi con un sorriso eccessivamente cordiale gli indica la stessa porta varcata da Andrej. Lo trova seduto tra altre due facce da galera che lo accolgono con lo stesso sorriso troppo cordiale del barman. Continua a inscenare la parte del turista imbranato pronto a farsi spennare, vedendoli ben contenti di accoglierlo. Gli basta qualche mano per far rendere loro conto che il pollo da spennare in realtà è un’aquila dalla vista acuta e il volto impassibile.
<< Here i am, just me and you.
Tonight we make our dreams come true[5] >> canticchia John, il più vicino e quindi più celere nell’arrivare. Sherlock lo immagina entrare nel pub e guardarsi attorno preoccupato.
<< It’s alright, it’s ok. You can be, anytime you want to.
Take your time, walk away, you can come back if you’re supposed to[6] >> canta per evitare che l’ex soldato metta a soqquadro tutto il locale mandando a monte ogni cosa.
 << Sei allegro, straniero >> gli dice Andrej visibilmente infastidito dalla sua abilità nel gioco. È quello che ha perso più di tutti e ha già un bel debito nei suoi confronti.
<< Sono un musicista, amico mio, ho la musica nel sangue >> gli dice strizzandogli l’occhio. Il cecchino non gradisce la battuta, ma sembra aver colto la possibilità di uscire senza troppi danni dalla brutta situazione nella quale si sta cacciando.
<< Here i am, right next to you.
And suddently the world is all brand new[7] >> canta Fox giunto anch’egli al pub. Ha sicuramente individuato John e staranno intrattenendosi nell’attesa di un suo segnale.
<< Here i am,
I’m gonna stay.
There’s nothing standing in our way >> segnala loro scoccando un'altra occhiata ad Andrej che si ritrova nuovamente ripulito dei suoi ultimi denari.
<< E’ stato divertente, signori, vi ringrazio. Penso mi fermerò qui, anche perché non vorrei causare altri danni >> dice rivolgendosi al cecchino. I suoi due compari accettano la conclusione di quel giro.
<< Posso parlarti in privato? >> gli chiede Andrej.
<< Problemi nel saldare i debiti di gioco? >> gli domanda Sherlock serio, lasciando il tavolo.
<< No, no, solo un accordo che potrebbe tornare utile a entrambi >> risponde posandogli maliziosamente una mano sulla spalla. Sherlock gli da a vedere di aver colto l’offerta.
<< E’ un debito considerevole il tuo >> ribatte seducente e nell’orecchio sente lo sbuffo infastidito di John.
<< Non ho impegni, possiamo prolungare la nostra conoscenza >> nel suo sorriso Sherlock legge la menzogna. È chiaro il suo intento, essere accondiscendente quel tanto che gli basta per distrarlo e poi ucciderlo rubandogli tutti i soldi guadagnati. Cos’altro aspettarsi da un killer professionista, infondo? Sherlock mangia la foglia intenzionato a scombinargli i piani ancora una volta.
<< Ho parcheggiato qui vicino. Andiamo? >> gli chiede, sbandierando la sua ingenuità. Il cecchino sorride soddisfatto e accetta. Insieme escono dal pub subito seguiti a breve distanza prima da John e poi da Fox.
Il giornalista lo guida attraverso l’auricolare verso l’auto parcheggiata volutamente in una zona isolata e buia. Appena il cecchino capisce di essere giunti alla macchina si fa a lui più prossimo.
<< Sai, penso che potremmo anche concluderla qui >> gli dice. Sherlock sente la lama acuminata di un pugnale premergli contro l’addome. Ride cogliendo di sorpresa il killer.
<< Lo penso anche io >>.
Ancora prima che Andrej possa chiedergli cosa diavolo stia dicendo un colpo alla testa lo raggiunge. Sherlock se lo ritrova tra le braccia privo di sensi.
<< Così impari a fare il cascamorto col mio uomo! >> esclama John gettando lontano il mattone col quale lo ha colpito.
<< Carichiamolo in auto, svelti >> li esorta Fox e tempo pochi minuti sono alla guida e Andrej giace legato e imbavagliato sul sedile posteriore, tenuto sotto tiro da un John molto irritato.
 
Andrej boccheggia colto di sorpresa dalla secchiata d’acqua gelida. Apre gli occhi e subito li richiude. La luce del faretto che ha puntato contro lo abbaglia in modo doloroso.
<< Chi siete? Dove mi trovo? >> domanda dimenandosi sulla sedia alla quale è legato.
<< Le facciamo noi le domande qui >> intima Fox, fermo, insieme a John e Sherlock, al di là del faretto. Il cecchino li vede come tre ombre nere indistinte. Tenta di guardarsi attorno per cogliere informazioni dall’ambiente circostante ma la luce gli rende impossibile tenere gli occhi aperti.
<< Se vi manda Spead, il debito che ho con lui potrò presto saldarlo. Non è colpa mia se mi è saltato l’incarico d’oro che mi avrebbe tolto dai guai >>.
“Spead gestisce  una bisca clandestina a Londra”. Li informa tempestivamente Grey. “Jadescu ci ha perso parecchio ai suoi tavoli e gli deve una somma da capogiro. Per rientrare si è rivelato per il killer che è e ha lavorato per lui facendo ‘le pulizie’. Pare, però, che Spead si sia stufato, a causa della sua arroganza e ora voglia riscuotere il debito in denaro”.
Sherlock conosce questo Spead, è nel suo faldone, tra i pregiudicati da tenere sotto controllo proprio per i suoi modi alquanto violenti ai danni di chi non salda i suoi debiti.
<< Non ce le beviamo più le tue storie, Jadescu >> ribatte Sherlock. << Questi fantomatici incarichi d’oro stanno fallendo con troppa frequenza e il nostro capo è stanco >>.
<< E tu, caro ex collega, sai di cosa è capace quando è stanco >> aggiunge Fox.
<< U-un momento, ragazzi, parliamone, ok? >>.
<< Non c’è nulla da dire. Niente soldi niente saldo. Forza, concludiamo in fretta questa storia, ne ho abbastanza di questa città >> ribatte John muovendo un passo verso di lui.
<< A fine mese avrò i soldi >>.
<< Certo, come il mese scorso e quello prima ancora >>.
<< Dico sul serio! >> esclama spaventato. << Il mio capo deve concludere una faccenda e ha richiamato tutto il gruppo >>.
<< Guarda un po’? Anche noi abbiamo una faccenda da risolvere >> ribatte sarcastico Fox avvicinandosi a sua volta di un passo.
<< Avete sentito parlare della morte di Moriarty e di Sherlock Holmes, il consulente   investigativo? >>.
<< Anche se fosse cosa cambia? >>.
<< Buttandosi dal tetto del Bart’s, quel bastardo mi ha impedito di concludere la missione e per questo che non sono stato pagato! >>.
<< E vorresti farci credere che una mezza sega come te lavora per Moriarty? >> ride Sherlock.
<< Non per lui direttamente. Faccio parte degli A.G.R.A., un gruppo di killer privati. Spead lo sa, gli ho raccontato tutto quanto, per questo ha accettato di essere ripagato con le ‘pulizie’ >>.
<< Questo era prima che tu facessi il gradasso. Ora Spead si è stufato e mi sto stufando anche     io >> lo canzona John, facendo schioccare una corda di pelle tra le mani.
<< Il mio capo è il vice di Moriarty e ha ricevuto da lui una missione ieri, per questo ci ha convocati >>.
<< Il tuo capo riceve missioni dai morti? Cos’è un sensitivo? >> ribatte Fox facendo tintinnare una catena dagli anelli spessi e pesanti.
<< Ma no >> ride sempre più preda del panico. << Non è morto! È tutto un trucco >>.
Spaventato a morte, Andrej non si rende conto dell’importanza della rivelazione che sta fornendo loro. I tre si guardano felici di quella conferma e decidono di stringere ancor di più all’angolo il cecchino.
<< Ne ho davvero abbastanza >> esclama John uscendo dall’oscurità per piazzarsi alle spalle di Andrej. << Ci stai solo facendo perdere tempo >>.
<< E’ la verità, Moriarty non è morto! >> grida terrorizzato dalla corda che passa attorno al collo       << Voleva solo indurre quel frocetto a buttarsi dal tetto per separarlo dal suo amichetto >>.
Sherlock lo colpisce con un pugno. Se c’è una cosa che proprio non gradisce è essere etichettato con simili parole.
<< Nessuno sano di mente perderebbe tempo a inscenare un simile teatrino solo per dividere un frocetto dal suo amichetto >> ringhia tirandolo per i capelli, badando bene che la luce continui ad abbagliarlo.
<< Moriarty è tutto tranne che sano di mente, Moran lo dice continuamente >>.
<< Ecco che tira fuori un altro personaggio >> ironizza Fox, posando il tacco sull’inguine del cecchino.
<< Sebastiana Moran è il mio capo >> grida in preda al dolore.
<< Non potevi che essere ai comandi di una femmina >> ride John stringendo la corda attorno al collo.
<< Quella donna è il diavolo in persona, ancora peggio di Moriarty a mio parere. Però paga bene. Paga maledettamente bene. Lui si fida di lei al punto da averle affidato l’eliminazione dell’amichetto di quel bastardo. Ora ha bisogno dell’aiuto mio e dei miei compagni per tendere un’imboscata ad un uomo che sta rendendo difficile la vita del suo capo >>.
<< Ma davvero? E chi sarebbe costui? >> domanda Sherlock.
<< Non lo so >>.
<< Ecco, come immaginavo ci sta solo facendo perdere tempo. Io la faccio finita >> dice John stringendo deciso.
<< No! Aspettate, io sono solo un esecutore >>.
<< Che adesso sta per essere eseguito >> lo canzona Fox, premendo ancor di più il piede sui suoi genitali.
<< So solo che è un uomo potente, molto potente, che da quando il frocetto si è ammazzato per davvero ha alzato un po’ troppo la cresta nei confronti di Moriarty divenendo una spina nel     fianco >>.
Sherlock sente il sangue gelare nelle vene. Tira un altro pugno al cecchino, più forte del precedente, e questa volta l’appellativo di frocetto non c’entra niente. Un uomo molto potente divenuto una spina nel fianco a seguito del suo suicidio.
“Mycroft” pensa e la rabbia lo invade. Quasi a confermare l’ipotesi di John, suo fratello sembra essere impazzito in seguito alla sua seconda finta morte. Ha iniziato a comportarsi in modo del tutto fuori luogo per lui, inviando squadroni di spie e soldati alla ricerca di informazioni e conferme. Lui stesso ne è rimasto stupito e saperlo prossimo ad essere vittima di un’esecuzione non gli piace per nulla! Come ha detto Grey, gli vuole bene. E’ l’unico brandello di famiglia che gli resta, l’unico appiglio a ricordi di un passato felice, nonostante tutto.
Myc è come i burattini che abbiamo visto a teatro. Vorrei tanto tagliare i fili che lo legano, così potrebbe giocare con noi”. La voce di Jane aumenta la sua rabbia nei confronti di questa donna che per la seconda volta si trova a ricevere l’ordine di porre fine alla vita di un uomo per lui importante.
<< E, sentiamo, per quanto tempo il nostro capo dovrebbe aspettare per riscuotere il debito >>.
<< Partirò per Londra tra due giorni. L’esecuzione è prevista fra una settimana, ma potrebbe anche anticipare. Moran segue la preda come un segugio e non la molla finchè non raggiunge il suo obiettivo. Colpisce quando lo ritiene opportuno. Io e i miei compagni dobbiamo coprirle le spalle >>
<< Così tante persone per un solo uomo >>.
<< Un uomo potente >> sottolinea Andrej, che appare più rilassato ora che John ha allentato la stretta al suo collo. << Datemi queste due settimane. Due settimane per concludere questa faccenda, ricevere i miei soldi e portarglieli >>.
Sherlock, John e Fox restano in silenzio, giusto per aumentare la condizione di stress in cui versa il cecchino.
“Ok ragazzi, direi che possiamo passare al piano B” dice loro Grey e tutti e tre annuiscono concordi. Il piano B consiste nel lasciare andare Andrej attaccandogli addosso una cimice in modo da poterlo seguire. Senza saperlo, il cecchino li condurrà dal vice di Moriarty e, se saranno fortunati, da Moriarty stesso. 
<< E sia, Jadescu, vai e compi il tuo dovere >> gli dice Sherlock tirandogli i capelli con rinnovata energia. << Ti stiamo facendo un grosso favore, sai bene che a Spead non piace si cambino in tavola i suoi piani.  Converrai con me che tornare a mani vuote ci mette nei guai e tu non vuoi metterci nei guai, vero? >>. Gli toglie dalla tasca il pugnale col quale lo ha minacciato nel parcheggio e con un colpo deciso gli amputa l’orecchio sinistro. Il cecchino urla e John gli tappa prontamente la bocca. Scocca a Sherlock un’occhiata di disapprovazione che lui, però, ignora.
<< Se non vuoi che ti riporti al nostro capo un pezzo per volta, vedi di compiere la tua cazzo di missione e saldare il tuo debito, intesi? >>.
Andrej annuisce tra le lacrime e il dolore prima di svenire. John gli controlla il respiro e tampona il sangue che copioso esce dalla ferita.
<< Sei impazzito? Perché lo hai fatto? >> gli chiede.
<< Perché così agiscono gli uomini di Spead >> risponde facendo spallucce. Osserva il lembo di pelle che tiene ancora tra le mani. Superfluo, semplicemente estetico, dal momento che si può anche vivere senza.
“Portatevi fuori da lì immediatamente. Abbiamo molte cose di cui parlare” ordina Grey. Fox spegne il faro e si prepara ad andare.
<< Sopravvivrà, Charlie. Lascialo pure lì, non è una ferita mortale >> dice al dottore avviandosi verso l’uscita del prefabbricato abbandonato dove hanno condotto il cecchino.
<< Questa storia ci sta trasformando in animali >> biascica il dottore lasciando andare la testa di Andrej che ricade molle sul torace. Taglia le corde che gli legano le mani e poi passa davanti a Sherlock, senza degnarlo di uno sguardo, per dirigersi all’uscita.
Sherlock ripone l’orecchio in un sacchetto e se lo mette in tasca. Volge lo sguardo un’ultima volta al cecchino, gli prende il portafogli e inserisce una tessera anonima tra le tante che si trovano nelle taschine.
<< Così non ti perderemo di vista >> dice riponendo il portafogli appesantito della cimice nella tasca di Andrej, per poi voltare i tacchi e raggiungere i compagni.
 
<< Non ho il cuore tenero è che non voglio tu ti possa trasformare in un uomo di ghiaccio a causa di tutto questo casino! >>.
John grida del tutto fuori di sé, togliendo l’auricolare dall’orecchio e tenendola stretta nella mano a pugno. Con l’altra mano gli stringe forte l’avambraccio e il suo sguardo non è facile da sostenere. Provare a ribattere, a difendersi, non servirebbe. Sa che infondo il suo dottore ha ragione. Può pure nascondersi dietro il tentativo di emulazione delle azioni amorali degli uomini di Spead, ma la verità è che non sa neppure lui perché lo ha fatto. Perché ha reciso quell’orecchio che ora giace freddo nella sua tasca. Non è la prima volta che si comporta in modo brutale per ottenere informazioni o raggiungere un obiettivo. In effetti questo accadeva prima dell’arrivo di John nella sua vita. L’ultimo sul quale si è accanito è stato proprio Hope, il primo dal quale ha sentito pronunciare il nome di Moriarty.
Sherlock toglie a sua volta l’auricolare tenendolo stretto nel pugno e vede fare a Fox la stessa cosa. Entrambi sentono il bisogno di John di sfogarsi.
<< E’ se fosse questo l’obiettivo di Moriarty, non ci hai pensato? Spingerti a diventare come lui. Se non ti volesse come compagno di letto ma come collaboratore? Un uomo dall’intelligenza brillante come braccio sinistro. Tutta quanta questa storia potrebbe essere solo il terreno fertile sul quale far germogliare il tuo lato oscuro >>.
Potrebbe ribattere con una battuta alla frase a effetto del suo uomo, ma non è il caso. No, perché John potrebbe avere davvero ragione. Glielo ha detto lui stesso infondo, sul tetto del Bart’s. Può pure essere dalla parte degli angeli ma non è uno di loro. Non lo è. Nel suo dna si celano i geni di un uomo spietato capace di fare a pezzi la stessa figlia di soli cinque anni. La pazzia si eredita come qualunque altra malattia o caratteristica somatica. Può esplodere o meno a seconda delle condizioni ambientali e alla resilienza dell’uomo. Allontanarlo da John, spingerlo a una missione nella quale avrebbe dovuto uccidere per non esser ucciso per poter tornare dal suo amore, costringerlo a una solitudine forzata, a una vita di stenti, a sopportare stress sempre più forti… il concime per rinforzare il terreno dal quale farlo germogliare. Renderlo diabolico proprio come lui. “Sei come me” gli aveva detto. Infondo le persone muoiono, è quello che fanno e a volte lo fanno pur restando vive.
Fox lo guarda dallo specchietto retrovisore. Sta prendendo in considerazione anche lui la nuova teoria di John.
<< Tu non sei come lui >> dice Fox, fermando l’auto in una zona appartata e lontana da occhi indiscreti.
<< No che non lo sei! Moriarty è un criminale, tu quelli come lui li porti in galera >>.
<< Fox non sta parlando di Moriarty >> .
John resta interdetto. Arriccia il naso e volge lo sguardo al giornalista. Il suo viso poi si apre in un’espressione stupita e, quando torna a guardarlo, il suo sguardo è più dolce.
<< No, non lo sei. Se lo fossi non potrei amarti >>.
Sherlock si sente arrossire.
<< Tu conosci solo una parte di me. Altre volte mi è capitato di fare del male per ottenere informazioni. Erano criminali, è vero, ma non so quanto questo possa fare la differenza >>.
<< Il passato lasciatelo alle spalle, cristo! >> esclama John prendendogli il viso tra le mani.         << Guardami! Guarda me! Ne abbiamo passate tante e ti ho visto fare cose di dubbio gusto e ai limiti della morale, ma mai volutamente violente prima di oggi. Se questo è dovuto alla mia presenza, bene, allora io sono il tuo presente. Lascia fuori Moriarty e tutto questo casino dal nostro futuro. Lascialo fuori e non pensare neppure per un attimo di poter essere come tuo padre >>.
<< Come posso farlo? >> gli chiede disperato afferrandolo per il bavero della camicia.
<< Per quello che ti ho detto prima. Non potrei amarti se lo fossi. Abbiamo tutti un lato oscuro ed è nostro dovere tenerlo a bada. Ti aiuterò a farlo, ma aiutati anche tu, ti prego >>.
John bacia le sue labbra secche. Le bacia a lungo, dimentico della presenza di Fox. Sherlock si nutre della dolcezza di questo bacio che lo tiene nel presente.
<< Ti amo e te lo meriti >> gli sussurra John.
<< Ne sei sicuro? >>.
<< Sicurissimo. Pronto per andare avanti? >>. Sherlock annuisce e volge lo sguardo a Fox. Riposizionano le auricolari al loro posto.
<< Non è stato mosso dalla pura brutalità gratuita il tuo gesto >> dice il giornalista uscendo dal suo rispettoso silenzio.
<< No >> ammette Sherlock. << L’uomo potente che Lei ha ordine di eliminare >>.
<< Pensi abbia a che fare con il Governo Inglese? >>.
<< Chi altri sta agendo in modo da poter mettere i bastoni tra le ruote di Napoleone? >>.
<< La teoria che ho ritrattato, allora, va rivista >> dice John che appare sollevato all’idea che anche l’uomo di ghiaccio abbia un cuore.
“Ho un aggiornamento da parte di Sky e Mistica” irrompe Grey.
<< Tutto bene? >> domanda Fox al quale non è sfuggita la nota allarmata nella voce di Grey.
“Sì, stiamo bene” risponde Mistica.
“Meno bene si mettono le cose per voi, invece” aggiunge Sky “La nostra missione si è conclusa con successo e con l’arresto di otto collaboratori di Napoleone. Purtroppo è una cellula molto piccola che scalfisce appena la rete”.
“ Ci siamo, però, anche noi imbattuti in Lei”.
“Vi sto mandando i documenti relativi a Lei e ai killer” Fox accende il laptop pronto a collegarsi alla messaggistica criptata. “Sono quattro serial killer professionisti che lavorano in privato. Sono ingaggiati dal miglior offerente e si occupano di ogni genere di nefandezza. Hanno lavorato anche per il Governo Inglese, Billy. Molte volte”.
Sherlock legge velocemente i documenti aperti da Fox e quando si imbatte in cosa Mycroft ha commissionato a questi quattro criminali una parte di lui pensa che meriti di essere fatto fuori proprio da uno di loro.
“Cristo…” sussurra John anche lui senza parole. 
I documenti riportano che oltre Andrej Janescu fanno parte degli A.G.R.A. anche Gabrielle Titouffe, Alexander McNeel e Sebastiana Rosamund Moran, ex colonnello dell’esercito congedata con disonore nel 2003, ritenuta essere una dei migliori tiratori dell’esercito britannico. Questa ha reinventato le sue straordinarie abilità di cecchino divenendo una spietata serial killer e ha dato vita al quartetto A.G.R.A nel 2005. Janescu non scherzava quando l’ha definita pericolosa forse ancor più di Moriarty.
Fox apre uno per uno i documenti relativi ai serial killer. Quando giunge a quello dedicato all’ex colonnello, Sherlock si sporge a dare un’occhiata alla foto di questa donna dallo sguardo vuoto. John fa altrettanto e dopo una fugace occhiata, l’ex soldato strabuzza gli occhi ad osservarla meglio.
<< Ehi, io questa la conosco! >> esclama facendo trasalire i suoi compagni.
“Questa, infatti, è la brutta notizia” commenta serio Grey.
<< Cosa vuol dire che la conosci? >> gli chiede Sherlock il cui cuore sta battendo all’impazzata.
John è visibilmente confuso. Scoprire di aver conosciuto la persona che avrebbe dovuto ucciderlo lo ha turbato. Continua a guardare prima la foto poi Sherlock cercando di capirci qualcosa.
<< Io l’ho conosciuta una settimana prima che scoppiasse il casino. Lo studio medico presso il quale lavoro l’ha assunta come segretaria. Si è presentata con un altro nome ed è diversa, ha i capelli biondi ed è più in carne ma è lei, ne sono sicuro >>.
<< In che rapporti siete >> gli chiede Fox e Sherlock avverte un nodo stringergli lo stomaco. John lo guarda appena. L’espressione colpevole colma il suo silenzio.
<< Mi si è avvicinata riconoscendomi. Abbiamo parlato prevalentemente in studio e solo verso la fine della settimana ci siamo scambiati i numeri. Io non avevo intenzione di frequentarla. Ho smesso con le avventure dall’incontro con La Donna >>, sottolinea scoccando un’occhiata a Sherlock. << Dopo quel che è successo mi ha scritto e per alcuni giorni ci siamo scambiati dei messaggi. Più volte si è proposta di vederci per parlare di persona ma ho sempre rifiutato. Ora spiegatemi perché il braccio destro di Napoleone si è introdotta in uno studio medico sotto mentite spoglie e ha cercato di abbordarmi >>.
 “Per controllarti, Charlie. E temo anche per sedurti”.
<< E perché, Grey, Lui manderebbe il suo secondo a… oh… >>. John si blocca colto dalla consapevolezza del piano spietato al quale è scampato. << Dio… in quale casino ho rischiato di finire… ti rendi conto? Tu hai… fatto quel che hai fatto per salvarmi e io comunque sarei stato in pericolo. E la cosa che mi fa più incazzare è che il Governo Inglese ne era a conoscenza >>. Batte il pugno contro il sedile e cade il silenzio. Sherlock nota quanto John sia arrabbiato. Con se stesso, pare, più che con la situazione nella quale si è ritrovato. Ci può stare che scoprirsi ingannati possa generare rabbia, ma trova che sia comunque eccessiva la sua reazione. Anche per John, così abile nel trattenere le sue emozioni al punto che quando le lascia esplodere si trasforma del tutto.
<< Dov’è adesso? >> chiede.
“Si è licenziata il giorno dopo la notizia di quanto accaduto nello Yorkshire, Charlie, e da allora se ne sono perse le tracce” risponde Mistica.
<< Che cosa? >> grida Sherlock. << Questa è una pessima notizia, Grey! Quella pazza potrebbe essere sulle sue tracce >>.
<< Sta calmo, Billy, i miei depistaggi sono validi al 98% >> interviene Sky infastidito dal suo scatto di nervi.
<< A un diavolo come Lui basta il 2% >>.
“Per questo dobbiamo essere molto accorti e agire con prudenza” interviene Grey a sedare gli animi.
<< Con prudenza, Grey? Voi lo avete coinvolto in questa situazione e ora dite che dobbiamo agire con prudenza? >>.
<< Smettila! >>.
Il tono perentorio di John lo immobilizza. Non riesce a ribattere dinanzi allo sguardo duro dell’ex soldato.
<< Non ti rendi conto che ero comunque coinvolto? Qui con te, in Spagna o da solo a Londra ci sono dentro fino al collo. Non pensare che sia una cosa che riguarda solo te e nella quale sono caduto vittima, perché adesso ne ho davvero abbastanza. Io non sono una vittima e questa stronza se la dovrà vedere con me. Mi ha raggirato con le sue belle parole e io mi detesto perché alcune mi hanno fatto piacere. Io non sopporto chi si prende gioco di me! >> sottolinea ogni parola con un pugno assestato al sedile dinanzi a lui.
<< Abbiamo a che fare con un pericoloso sicario, hai letto quel che è scritto sulla sua cartella? >>.
<< Sì che l’ho letto, ma tu dimentichi troppo spesso chi sono stato. Non sono la damigella da salvare e proteggere. Ho ucciso e non sempre per difendermi o per difendere qualcuno. Quindi ora ti dai una calmata. Se saremo sfortunati al punto da ritrovarci nel 2% faremo in modo di uscirne noi sulle nostre gambe e loro sotto due metri di terra. Troviamo la mia cara collega. Ho giusto due parole da dirle prima di porre fine alla sua carriera >>.
Sherlock sente freddo. Un freddo pungente che gli nasce da dentro. Più il suo compagno si infervora più lui congela. Lo vede determinato a ottenere la sua vendetta e per quanto anche lui lo sia non può fare a meno di sentire il gelo avvolgerlo. Non era a conoscenza dell’esistenza di questa donna che già troppo si è avvicinata a John e questo non gli piace. Non vuole che anche questa volta finisca come le altre, che una donna per il suo inopportuno interesse gli porti via la persona per lui più importante.
“La tua copertura è bruciata, Billy” dice Grey riportandoli all’ordine. “Vi voglio qui tutti e tre entro domani sera al massimo. Ho già prenotato un volo a tuo nome, Billy, e dei biglietti del treno per te, Charlie. Vi invio il tutto così che possiate prepararvi a partire. Fox sei in grado di metterti in viaggio già da adesso?”
<< Perfettamente in grado. Passo a prendere la mia roba e mi metto in viaggio >>.
“Benissimo. Noi terremo d’occhio il nostro soggetto, vi comunicherò i suoi movimenti ma penso che farà il bravo dato ciò che ha pagato” dice Grey senza commentare il gesto di Sherlock. Lo farà in privato, ne è sicuro, una volta giunti a ‘El lugar seguro’.
 
 
[1] Il cognome è quello che assume Sherlock alla fine del libro ‘Soluzione sette per cento’ di Nicholas Meyer
[2] ‘Every breath you take’ - The Police
[3] ‘Poker face’ – Lady Gaga
[4] ‘Fuck you’ – Lily Allen
[5] ‘Here i am’ – Bryan Adams.
[6] ‘It’s al right, it’s ok’ - Primal Scream
[7] ‘Here i am’ – Bryan Adams. Anche la successiva.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Buongiorno a tutti!
Con questo capitolo si conclude la seconda parte. Dal prossimo cambierà il narratore e entreremo ancora di più nel vivo della storia.
Spero che vi piaccia. Lasciatemi un parere, sono sempre molto utili e ben accetti.
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 13
 
It's easier to compromise when everything has gone
And it's hard to make amends when all the damages are done
And to everyone I've ever hurt, I'm sorry
But I was wrong
 
A farewell kiss will never mean goodbye
'Cause it holds on to the promises I made with these eyes
I'll leave you everything that's mine
If you say that you need me in the next life
(in the next life, in the next life)
 
Time will always come for you
That's how it is, how it is, that's just how it is
And I will try to comfort you
That's how it is, how it is, that's how it is,
that's just how it is
 
(That’s how it is -  Paul Freeman)
 
Steven Harrison è un cinquant’enne dai capelli più sale che pepe, folti e curati e una barba d’altri tempi che gli conferisce un chè di aristocratico e antico. Le folte sopracciglia screziate di bianco coprono occhi scuri che guardano il mondo attraverso lenti dalla montatura dorata. Docente universitario originario del Sussex di ritorno in patria da una breve vacanza a Valencia, prende posto sul volo in partenza alle 9.00 portando con sè un semplice bagaglio a mano. La donna seduta accanto a lui gli regala un grande sorriso e cerca sin da subito di attaccare bottone.
“Pure conciato così attiro l’attenzione? Le avevo detto di non voler dare nell’occhio! Questa volta Mistica mi sente” pensa Sherlock, mentre annuisce e sorride senza prestare ascolto a ciò che dice la donna.
Allaccia la cintura, appoggia la testa al sedile e sprofonda nel suo Mind Palace, intenzionato a rendere produttive quelle ore di viaggio.
Apre gli occhi in un tribunale, imputato di un processo ai suoi danni. Mycroft lo guarda severo dal posto del giudice.
“Hai agito da irresponsabile, Sherlock. Sono molto, molto deluso da te” gli dice, la bocca una sottile linea bianca dagli angoli appena curvati all’ingiù.
“Sono io ad essere deluso da te, fratello. Dovresti essere tu al mio posto”.
“Io al tuo posto non potrò mai starci”.
“Questo non vuol dire che non dovresti. Stanno per ucciderti”.
“E tu vorresti salvarmi? Perché mai?”.
“Perché ti vuole bene”. Jane compare al bancone dei giurati. Mycroft la osserva con la stessa aria di superiorità, per nulla colpito dalla sua piccola presenza.
“Così sciocco è il sentimento di affetto fraterno”.
“Myc, smettila di fare così. Da adulto sei ancora più buffo, lo sai?” ride lei allegra sporgendosi dal bancone. Mycroft distoglie lo sguardo irritato dalla sua ilarità.
“Dovrei lasciare che quella donna ti uccida senza fare nulla?” gli domanda Sherlock.
“Quella donna non mi ucciderà”.
“Come puoi esserne così sicuro?”
“Perché sono già morto” gli dice e la scena cambia.
Il tribunale sparisce per lasciare il posto a uno squallido stanzone dai muri scrostati carichi di muffa. Sul pavimento nero di sporcizia sono ammassati tanti materassi che ospitano la feccia del mondo. Sherlock percorre la stanza, gli occhi fissi sull’ultimo giaciglio. Vi sono due figure accucciate. Una sdraiata su un fianco, tremante, pallida e scheletrica negli abiti consumanti e sporchi; l’altra seduta, il volto inespressivo e vestito di abiti troppo costosi per un luogo simile.
‘Sei venuto a uccidermi?’ chiede il mucchietto d’ossa.
‘Sono venuto a salvarti’ ribatte l’altro. ‘Hai fatto una lista?’. Il ragazzo gli porge con mano tremante un foglietto e lui lo legge e aggrotta la fronte imperlata di sudore.
‘Perché, Sherlock? Perché ti fai questo?’ gli chiede riponendo il foglietto nella sua agendina.
‘Le sue grida. Non riesco a smettere di sentire le sue grida’ risponde prendendo la testa tra le mani. Incerto, come la stesse avvicinando a qualcosa di rovente, l’uomo porta una mano su quella testa dai capelli sporchi, fradici e scarmigliati. Per una frazione di secondo un’intensa espressione addolorata gli si disegna sul viso per poi scomparire. Allontana la mano che non ha neppure sfiorato il capo del mucchietto d’ossa.
‘Andiamo via da qui, andiamo a casa’ gli dice con voce più dolce.
‘Io non ho una casa. Sto bene qui’.
‘Morirai se resti qui’.
‘Io sono già morto! Non lo capisci?’ grida il ragazzo tirandosi su in uno scatto di nervi tesi. ‘Sono morto da 15 anni. Non mi sono mai svegliato da quel coma. Tutto questo è un sogno. È solo un sogno. A volte per svegliarsi bisogna sognare di addormentarsi e quando mi addormenterò mi sveglierò e lei sarà al mio fianco’.
‘Eurus è morta, Sherlock’
‘Non chiamarla così!’ grida scattando nuovamente su. ‘Lei odiava quel nome assurdo. Si chiama Jane. Jane! Tu non lo sai cosa si prova ad essere soli. Tu lo sei sempre stato. Io no, ho sempre avuto lei. Sempre, fin dall’inizio. Tu non c’eri quando siamo nati e non c’eri neppure quando siamo morti. Non hai sentito le sue grida. Non l’hai sentita piangere. Non hai fatto niente per salvarci, anche se io ti chiamavo, ti ho chiamato tanto’.
Il mucchietto d’ossa piange colpendo il fratello alla spalla ripetutamente con le sue poche forze.
‘Mi dispiace’ sussurra lasciandolo fare.
‘Non me ne faccio nulla del tuo dispiacere! Per me sei morto. Morto! E ora lasciami in pace. Vattene al tuo lavoro e lasciami tornare da lei’.
Sherlock osserva se stesso adolescente colpire ripetutamente la spalla di Mycroft con la mano destra e contemporaneamente tenergli stretto l’avambraccio con la sinistra. Stretta di cui non si rende conto.
“Non hai mai voluto che lui ti lasciasse” gli dice Jane comparsa al suo fianco. Gli prende la mano e sorride prima di volgere gli occhioni ai suoi fratelli intrappolati in un vecchio ricordo. “E lui non ti ha mai lasciato”.
“Allora perché lo ha fatto adesso? Perché ha accettato di vendermi a Moriarty ben sapendo quali siano le intenzioni di quel pazzo?”.
“Lui non ti ha venduto, Scotty. Perché cercarti disperatamente ora che ti crede morto per davvero se di te non gliene importasse nulla?”.
“Non so rispondere a questa domanda”.
“Sì che lo sai” ride la bimba strattonandogli il braccio. “John te lo ha detto ad alta voce”.
“E’ vittima di un suo ricatto? Mi ha venduto per salvare il buon nome della famiglia ed evitare che si sappia in giro che siamo figli di un pazzo assassino?”.
“Scotty… tu guardi, osservi ma non vedi” gli dice la bambina indicando i due ancora fermi sul lurido giaciglio.
‘Vieni, ti porto a casa’ dice Mycroft afferrando il pugno che continua a colpirlo per tirarlo a sé.
‘Lo zio Rudy è morto. Non ho più una casa a cui tornare e a Musgrave non ci metto piede!’ ribatte il mucchio d’ossa opponendo una stanca resistenza.
‘Lo zio ha lasciato in eredità a me la sua casa e tu puoi starci quanto vuoi’.
‘Lui verrà a prendermi, Myc. Verrà a schiacciare lo scarafaggio tossico e pervertito che ha per figlio. Lo dice sempre e ora che non c’è più lo zio potrà farlo’.
‘No, non lo farà’.
‘No? Mi proteggerai tu? Ti metterai contro di lui?’ lo canzona il mucchio d’ossa.
E’ morto’ risponde secco Mycroft. Con un’agilità che non gli si attribuirebbe solleva di peso il fratello rimasto stupito dalle sue parole.
‘Morto?’
‘Sì. Un infarto lo ha colto l’altra notte’.
Il mucchio d’ossa ride, ride forte fino a strozzarsi, fino a vomitare quel poco cibo che ha ingerito.
‘Davvero è morto? Davvero?’ gli chiede prendendolo per il bavero, la bocca sporca di vomito a schizzargli la giacca pregiata.
‘Sì, Sherlock. Domani ci saranno i funerali e io non voglio sotterrare anche te’.
‘Sei sicuro sia morto? Per avere un infarto ci vuole un cuore”.
‘A quanto pare anche lui ne possedeva uno e ora non batte più’.
Il ragazzo fissa a lungo il fratello. Poi torna a ridere, una risata gioiosa questa volta. Getta le braccia, secche come due lunghi stecchini, al collo del fratello e lo stringe in un goffo abbraccio che l’altro altrettanto goffamente ricambia.
‘Siamo liberi, Myc! Liberi!’ scoppia in un pianto disperato. Gli cedono le ginocchia e prontamente l’altro lo sostiene.
‘Sì, fratellino, siamo liberi. Ti prego, falla finita con questo veleno che lentamente ti sta uccidendo. Fallo per Jane. Vivi per lei’.
L’espressione addolorata sosta per quante istante in più sul volto dell’uomo che stringe a sè con più convinzione il mucchietto d’ossa. Le lacrime poco per volta si placano e il ragazzo gli si addormenta tra le braccia. Lo solleva, lui che pesa così poco, e senza guardarsi attorno lo porta via dall’inferno in cui ha trovato rifugio.
Sherlock segue con lo sguardo quella versione più giovane del fratello abbandonare la stanza.
“E’ stato l’inizio della tua risalita” gli dice Jane.
“Sono caduto tante altre volte”.
“E lui è sempre stato lì, pronto a prenderti”.
“Jane… io non capisco”.
“Sì che hai capito. È una cosa troppo dolorosa, per questo fatichi a coglierla. L’amore sa essere doloroso, Scotty. Si può morire d’amore e per amore si può anche uccidere”.
“Non dovrebbe essere così”.
“Ma è così che è”.
Sherlock apre gli occhi. Annaspa senza fiato, le mani aggrappate ai braccioli della poltrona.
<< Si sente bene? >> gli chiede la donna al suo fianco.
<< Un… un brutto sogno >> le dice scosso dalla sua ultima deduzione.
L’aereo inizia la discesa su Londra. Scorge dal finestrino il Tamigi, Westmister e la grande ruota, tutto in miniatura come una cartolina. Controlla lo smartswatch e fissa a lungo il puntolino rosso che traccia Janescu.
 ***

Trascorrono due giorni rinchiusi dentro il camper camuffato da furgone che i ‘Los errores’ sono soliti utilizzare durante gli appostamenti. Nello spazio troppo piccolo che ospita troppe persone tutte troppo nervose l’atmosfera è tesa. Non hanno trovato né gli altri due A.G.R.A., né Moran e l’unica cosa che hanno potuto fare è stato tenere d’occhio Mycroft e studiarne i prossimi impegni in modo da farsi un’idea su dove potrebbero colpirlo i killer.
Solo quanto Janescu fa il suo arrivo a Londra, la mattina del terzo giorno di appostamento, qualcosa si muove. Agganciano la sua geolocalizzazione è riescono a intercettare le comunicazioni che effettua con i suoi colleghi. Sky isola le celle dei loro smartphone in modo da poter tenere d’occhio tutto il quartetto e qui iniziano a verificarsi le prime incongruenze.
<< C’è qualcosa che non mi torna. Qualcosa che mi sfugge >> sbotta Sherlock. Passeggia frenetico avanti e indietro nel breve spazio del corridoio del camper.
<< Forse che l’ultima deduzione che hai avuto è del tutto sbagliata? >> azzarda Sky, stropicciando gli occhi stanchi delle troppe ore trascorse davanti allo schermo.
<< No, Charlie aveva ragione: il Governo Inglese è sotto ricatto, ma non è questo il punto >>.
<< Se lo dici tu >> ribatte scettico l’hacker. << Stiamo seguendo il cecchino da quando lo avete lasciato nel casolare e i suoi movimenti concordano con quanto ha detto. Si è messo in comunicazione con i suoi colleghi e Lei ha stabilito che l’esecuzione avverrà stanotte >>.
<< Allora perché si stanno posizionando all’esatto opposto di dove il Governo si troverà   stanotte? >> esclama Sherlock battendo un piede per terra.
<< E se non fosse il Governo ad essere in pericolo? Se fosse un altro l’uomo potente di cui il cecchino parlava? >>.
<< Charlie, le cose si complicherebbero ancora di più per noi! Londra è piena di uomini      potenti >> risponde Mistica.
<< Uomo potente, uomo potente >> borbotta Sherlock, le mani giunte sotto il mento. << Quale altro uomo potente potrebbe essere diventata una spina nel fianco se non lui? Quale? >>.
Si ferma al centro del camper e chiude gli occhi per aprirli nel suo Mind Palace, nuovamente al banco degli imputati. Veloce sfrecciano dinanzi a lui tutti gli indizi raccolti da che è iniziata questa strana storia. Ha dato per scontato che si trattasse di Mycroft ma a conti fatti perché Moriarty dovrebbe volerlo eliminare? È un valido ponte tra lui e il potere. Manovrarlo a suo piacimento gli permetterebbe di avere tutto ciò che vuole continuando a non sporcarsi le mani.
“Che idiota sono stato!” sbotta dandosi uno schiaffo.
“Sei troppo severo con te stesso”. Jane lo osserva divertita seduta al posto dei giurati, il visetto tra le mani a coppa e i gomiti puntati sulle ginocchia.
“I sentimenti non portano mai nulla di buono”.
Pensi che parlare come Myc ti renda più intelligente, Scotty?”.
“Oh, neppure imitare il mio look servirebbe” ribatte Mycroft comparendo sul trono del giudice. “Devo credere tu abbia sbattuto davvero la testa quando sei atterrato su quel materasso gonfiabile, Sherlock? Oppure rassegnarmi dinanzi alla tua stupidità? Perché ti ostini a guardare senza osservare? Concentrati!”.
Sherlock rivede dinanzi a sé, scena dopo scena, tutto quanto è accaduto in questa decina di giorni.
“Concentrati!” lo esorta Mycroft.
“Le notizie corrono veloci come il vento” dice Jane.
Kitty Riley e le sue false accuse. Moriarty che si spaccia per Richard Brook. Le accuse di essere un mitomane assassino. Le grida di quella bambina.
Come il vento dell’Est che porta scompiglio” aggiunge Jane.
Un logo appare dinanzi a lui. Gli arriva come un pugno assestato in pieno volto.
<< Ma certo! >> esclama aprendo gli occhi. Si fionda sui laptop aggredendo la spalla di Sky.       << Dammi tutte le telecamere a circuito chiuso della zona attorno alla quale i killer stanno convergendo >> gli ordina e seppure non apprezzi i suoi modi il ragazzo esegue. Tanti riquadri compaiono sui due laptop, ognuno riporta una porzione di strada. << Eccolo! >> esclama Sherlock puntando il dito su uno di questi. Sky lo ingrandisce e lo manda a schermo intero << Il mio conduttore di luce, infallibile come sempre >> ride afferrando la mano di John che non ha capito nulla di quanto sta dicendo. << Hai ragione! Tu hai sempre ragione! Non è il Governo Inglese l’uomo potente >> dice indicando lo schermo.
<< Il Ricattatore! >> esclama Fox riconoscendo il logo sul palazzo di Magnussen.
<< E’ lui che vogliono fare fuori! La notizia del suicidio deve averlo portato a osare di più e Napoleone si è stancato dei suoi ricatti e del suo potere >>.
<< Beh, allora buon per noi, uno stronzo di meno al mondo. Propongo di lasciarli fare. Se si ammazzano tra di loro può giocare solo a nostro vantaggio >>.
<< Sono quasi tentato di darti ragione, Sky >> sussurra Fox.
<< Anche io. Quel bastardo ci ha creato troppe rogne >> dice John.
<< No! >> esclama Sherlock. << L’occasione di ritrovarli tutti insieme potrebbe non capitarci     più >>.
<< E’ probabile tu abbia ragione, Billy, ti faccio però notare che loro sono molto più che armati di pistole e fucili, mentre noi solo di buone intenzioni >> ribatte Sky.
<< Ti sbagli. Loro hanno le armi, noi le buone intenzioni e un ottimo hacker. Il palazzo del Ricattatore è del tutto elettronico. Fotocellule per accendere la luce, porte che si aprono solo attraverso la scansione dell’iride, riscaldamento ad attivazione vocale e altre diavolerie del tipo che tu puoi manipolare a nostro uso e consumo >>.
<< Non vedo come l’aumentare o il diminuire la temperatura possa tornarci utile, Billy >>.
<< Sky, smettila di ostinarti a dargli contro, non capisci che ha ragione? >> interviene Mistica che ha l’immediato potere di far abbassare la cresta all’hacker. << Se entri nel mainframe puoi bloccare le porte e impedire loro il passaggio, azionare il sistema antincendio e disorientarli e fare tante altre cose quante ne ha a disposizione quel palazzo supertecnologico >>.
Senza farselo ripetere il ragazzo fa una ricerca immediata sulla torre di Magnussen, entra nel sistema e da un’occhiata al pannello di controllo e a tutte le sue meraviglie.
<< Quindi tu, Billy, davvero vuoi affidare a me le vostre preziose vite? >> chiede, lo sguardo fisso sulla planimetria del grattacielo.
<< Le nostre quattro preziose vite, sì >>.
Il ragazzo si volta di scatto verso di lui e Sherlock gli strizza l’occhio mostrandogli il pollice rivolto verso l’alto.
<< Sei un grandissimo stronzo, lo sai? >>.
<< Mi è giunta notizia, sì >>.
<< Dal momento che tu sei solo un collaboratore occasionale attendo conferma della missione da parte del mio legittimo capo. Grey che ne pensi di tutta quanta questa storia? >>.
“Penso che ti rivolgi a me solo quando ti fa comodo” ribatte Grey. “Scherzi a parte, stavo controllando la documentazione relativa al Ricattatore, te la sto inviando in modo che possiate darle un’occhiata. Il suo ufficio è posto all’ultimo piano e vi si accede da un ascensore che si attiva con un rilevatore ottico. Non ci sono altri punti d’accesso, a meno che non si intenda arrampicarsi fin lassù. Dal momento che né noi, né i killer possediamo i poteri di Spiderman, credo che anche loro si vedranno costretti a passare da lì. Hanno la strumentazione e la capacità di eludere il sistema e noi dobbiamo fare altrettanto. Inutile dirvi di quanto sia pericoloso poter accedere a un luogo passando da un solo punto”.
<< Non è l’unico punto >> dice Sky, già calato nella parte. << E’ possibile passare dai condotti di aereazione. Una strada tortuosa ma meno rischiosa >>.
<< Quella che sicuramente prenderanno loro >>.
<< Prevedi anche il futuro adesso, Billy >>.
<< No, per quello mi sto ancora attrezzando. Mi limito, al momento, a usare la logica, Sky. Loro saranno armati, e anche pesantemente, e vestiranno le loro divise da battaglia. Non ce li vedo ad entrare indisturbati dalla porta principale così conciati e tu? >>.
<< Ti odio >>.
“Trova il modo di aggirare quel rilevatore ottico, Sky, e rifatevi il trucco, ragazzi. Vi voglio tra meno di un’ora al palazzo del Ricattatore. Sky alla base e voi altri quattro dentro e soprattutto voglio che torniate sani e salvi, quindi prudenza massima!”.
<< Quattro contro quattro, una soluzione equa >> concorda John. Controlla la sua pistola e la posiziona al solito posto, ben nascosta sotto la giacca.
<< Lo sarebbe se nei nostri quattro non fossi armato solo tu >> ribatte Sky. << Sono l’unico a pensare che sia un suicidio? >>.
“No, non lo sei e per questo il tuo compito è di vitale importanza” risponde Grey. “Terrai sotto stretta sorveglianza i condotti di aereazione e bloccherai loro la strada, in modo da impedire siano tutti e quattro presenti contemporaneamente sulla scena”.
<< Così da poterne eliminare uno alla volta, mi piace >> annuisce John. << Non immaginavo che condurre un’inchiesta prevedesse azioni di questo tipo. Potremmo valutare la possibilità di lasciare il nostro curriculum, che ne dici? >>.
<< Dico di vedere come ne usciamo da qui, prima di pensare al futuro >>.
<< Ne usciremo sulle nostre gambe. Non si parte per una missione senza avere chiara nella testa l’idea di tornare sani e salvi >>.
Lo sguardo di John è perentorio, severo. Lo sguardo del soldato pronto alla battaglia. Un brivido percorre la schiena di Sherlock nel momento più inopportuno. Il Mind Palace sfugge al suo controllo e gli rimanda frammenti delle tante fantasie create in questo anno e mezzo.
<< Agli ordini, Capitano! >> scatta facendo il saluto militare. John inumidisce le labbra passandoci la lingua, segno che quelle sue fantasie potrebbero divenire realtà.
<< Ok, ragazzi, magari non adesso, che ne dite? >> arrossiscono entrambi al richiamo di Fox per poi scoppiare in una grande risata.
<< Torneremo sulle nostre gambe e se ci troveremo a dover passare un’altra notte pigiati qui tutti insieme, voi due starete agli antipodi, sappiatelo! Non sono pronto per assistere alle vostre    effusioni >> sbotta Sky dando forza alle risate.
 
***
 
<< No! Non chiamare nessuno! >>.
<< Come sarebbe a dire non chiamare nessuno? Non ti rendi conto che… >>.
<< … non possiamo portarlo… >>.
<< Allora cosa… >>.
<< … lei ci aiuterà. Deve farlo, non le permetterò di tirarsi indietro! >>.
 
“Scotty? Ehi, Scotty mi senti?”.
Sherlock apre gli occhi. Il cielo è terso sopra di lui sdraiato sull’erba umida del grande parco attorno Musgrave.
Prova ad alzarsi ma un dolore pungente all’addome lo ributta giù. “Mi ha preso a calci?”.
“No. Non ti preoccupare, starai bene” gli dice Jane seduta accanto a lui.
“Non lo so. Fa male”.
La bambina si sdraia accanto a lui e gli cinge il petto con il braccino magro.
“Sei al sicuro qui, nessuno ti troverà”.
 
<< Sherlock! Riesci a sentirmi? Sherlock… ti prego… >>.
 
“John!” esclama, tentando di mettersi a sedere.
“No, devi stare fermo”.
“John è in pericolo”.
“Tu sei in pericolo, lui sta bene”.
“No! Quella donna. Vuole portarlo via”.
 
Tutto diviene buio e un pungente, persistente suono acuto gli invade le orecchie.
 
<< Sherlock resta con me! Resta con me, non lasciarmi, Sherlock  >>.
 
“Sono qui! John, sono qui!” grida e quanto dolore gli provoca anche solo respirare.
“Sì, sei qui” gli dice Jane seduta accanto a lui. “Se stai qui sarai al sicuro”.
“Devo andare da lui. È in pericolo!”.
“Ci andrai, ma non ora. Ora devi restare qui”.
“Perché? Cos’è successo?”.
“Vuoi vederlo?”.
“Sì, certo”.
“Allora vieni, andiamo!”.
 
Con una forza insolita per una bambina, Jane lo afferra per un   braccio e lo tira su.
 
Si ritrovano in un ufficio asettico e ordinato. Dalla vetrata che occupa l’intera parete di fondo è possibile scorgere stelle luminose e luci della città avvolta dal buio della notte. Sherlock vede l’ascensore aprirsi e per primo uscirne John con la pistola in pugno e il volto teso.
Che buffo travestimento” ridacchia Jane, la mano stretta nella sua. “Al naturale è molto più carino. E anche tu!” aggiunge mentre vede se stesso travestito da Steven Harrison uscire dall’ascensore, Fox e Mistica subito dietro.
“Rilevo la presenza di due persone nella stanza al piano di sopra” la voce di Sky rimbomba tutta attorno a lui, come provenisse da un alto parlante. “I killer, invece, sono divisi ognuno in un condotto. Lei si sta dirigendo più velocemente dai due al piano di sopra”.
“Lascia che vada e blocca gli altri tre” dice Grey la cui voce rimbomba tutt’attorno allo stesso modo.
All’improvviso, però, tre uomini della scorta di Magnussen irrompono nella stanza. John inizia a fare fuoco colpendone uno alla spalla, ma gli altri due non mollano la presa.
<< Cosa cazzo succede, Sky? >> urla Fox.
“Non lo so! Deve avere un circuito di telecamere interno non rilevato dal mainframe col quale ha dato l’allarme!”.
“Sgancia i tre killer! Fa in modo che siano costretti a entrare nella stanza!”.
Dopo poco, da tre differenti condotti d’areazione posti sul soffitto sgusciano fuori tre dei quattro A.G.R.A. che aprono il fuoco contro gli uomini di Magnussen.
<< Dov’è Moran, Sky? >> Sherlock si sente chiedere.
“Al piano di sopra con Magnussen”.
Sherlock si sgancia dal gruppo, sordo ai richiami di John, afferra un’arma sfuggita a uno degli uomini di Magnussen abbattuti e sale le scale.
“Vuoi continuare?” chiede Jane.
“Certo” risponde lui e la scena cambia.
 
Sono in un altro ufficio più piccolo, dalle pareti bianche e luminose. Una donna giace a terra morta e un uomo in ginocchio, le mani alzate e gli occhi bassi. Implora pietà alla figura vestita di nero che lo tiene sotto il tiro di una pistola col silenziatore.
<< Io mi pento di quanto ho osato azzardare. Me ne pento… diglielo che me ne pento >> borbotta l’uomo.
<< Ricatto o no sarebbe comunque successo, prima o poi. James non ama essere secondo a nessuno e tu hai potere. Un potere che lui vuole tutto per sé >>.
<< Sono disposto a lasciarglielo senza opporre resistenza >>.
<< Da morto ne opporrai ancora meno >>.
La figura vestita di nero spara un solo colpo dritto alla testa e l’uomo cade come un fantoccio inanimato.
<< Getta l’arma e alza le mani, Moran! >>.
Sherlock vede se stesso travestito puntare l’arma contro la donna per nulla turbata dal suo avvertimento.
<< Ti aspettavo, Sherlock >> dice lei e si vede vacillare colto alla sprovvista.
<< Getta l’arma e alza le mani, ho detto >> ripete mettendo più enfasi nelle sue parole.
<< Dovresti dire al tuo cucciolo di stare più attento, Sherlock. Ha lasciato tracce troppo profonde dietro di sé >> dice voltandosi lentamente, l’arma stretta in pugno.
<< Cosa vai dicendo? >>.
<< Suvvia, vuoi ancora tenere viva questa pantomima? So tutto dei ‘Los errores’, del suo finto suicidio e del tuo nuovo finto suicidio. Attento che ha fingere di morire troppe volte alla fine si può restarci secchi per davvero >> gli dice puntandogli contro l’arma.
<< Non lo faresti mai. Il tuo capo non ne sarebbe felice >>.
<< Io non ho capi, solo collaboratori e puoi vedere quanto poco li tenga in considerazione >>.
<< Tu… tu sapevi che vi avremmo raggiunti qui. Sapevi degli uomini di Magnussen e nonostante questo li hai lasciati lì, soli? >>.
<< Per fare scacco matto bisogna sacrificare qualche pedina, Sherlock >>.
 
“Questa donna mi fa paura” sussurra Jane stringendogli forte la mano. Si fa a lei più vicino per rincuorarla, nel gesto che tante volte aveva fatto in passato quando si mostrava forte mentre invece anche lui tremava di paura. E se allora erano stati gli occhi inespressivi di suo padre a terrorizzarlo ora lo sono  quelli vuoti di questa folle donna.
 
<< Saremmo stati felici io e il tuo dottorino. Lui è così fedele, così romantico, così malleabile >>.
<< Stai alla larga da John. Gli sei già stata troppo vicino! >>.
<< Purtroppo non come avrei voluto. Questi tuoi sciocchi amici spagnoli mi hanno messo i bastoni tra le ruote e vi hanno ricongiunti. Ma gli incidenti possono sempre accadere. Una pallottola di rimbalzo. Una tragica disgrazia. James si accanirà su di loro e io avrò il mio premio >>.
<< Mai! >>.
Il primo colpo esplode a disarmarlo.
 
Sherlock  stringe la mano destra attorno a quella di Jane e la sente dolere. Vede solo adesso una lunga scia di sangue colare da un taglio profondo.
“Scotty, dobbiamo andare” gli dice la bambina.
 
Il secondo colpo esplode cogliendolo di sorpresa, ancora preda del dolore causato dal primo.
 
“Non guardare” lo implora Jane.
 
Vede se stesso fissare inebetito il proiettile che lento si avvicina, sempre più.
 
Corri! Corri!”.
 
<< Sherlock, ti prego! Apri gli occhi! Perché sei andato da solo! Te l’avevo detto! Perché non  ascolti mai! >>.
 
Sempre più vicino.
 
“Scotty, arriva! È furioso. Vuole ucciderci! Scappa!”.
 
Il buio lo avvolge. Un dolore pungente gli trapassa il petto. Gli toglie il fiato. Come una corsa folle in preda al panico.
 
“Piccoli bastardi, dove siete! Venite qui, subito!”.
 
Sherlock scappa dalla voce furiosa di suo padre. Dalle sue minacce di morte. Dalla paura che gli incute e gli fa tremare le sue piccole e secche gambe di bambino.
Scappa dalle botte dei compagni. Dalle loro prese in giro. Dal doversi isolare per non subire i loro atti di bullismo.
Scappa da Victor e dalle sue accuse. Dalle sue risate di scherno che lo affossano per salvarsi. Dalle sue mani premute sulla bocca mentre feroce gli morde il collo. Dal suo amore sotto condizione che gli ha lacerato il cuore.
Scappa dagli spacciatori, sulle gambe incerte dei suoi vent’anni. Dai loro sguardi di biasimo. Dalle proposte indecenti di arditi approfittatori. Dalle loro bocche, dalle loro mani che bramose del suo corpo gli strappano le vesti.
Scappa dai pochi occasionali e fugaci amanti. Da coloro che di lui e da lui hanno avuto poco perché sentiva di non avere più nulla da dare.
Scappa dalla verità del suo primo grande trauma. Dal dolore per la morte di sua sorella, per il tradimento di sua madre, per l’indifferenza di suo fratello.
Scappa verso le braccia aperte di John nelle quali sa di poter trovare rifugio, spogliato di ogni paura.
Moran, però, gli sbarra la strada. Ferma e imponente davanti a John, gli occhi vuoti e un sorriso sghembo sulle labbra. Alza il braccio parallelo al terreno e lo scaccia via con una folata di vento caldo.
Sherlock si sente precipitare sempre più in un pozzo buio e profondo. Precipita finchè non tocca dolorosamente il fondo ritrovandosi in una stanza. La penombra appena smorzata da falci di luce lunare che giungono da una finestrella chiusa da pesanti sbarre. Percepisce la presenza di qualcuno nascosto nell’ombra.
<< Vento dell’est, la nebbia è la, qualcosa di strano fra poco accadrà >> canticchia l’inconfondibile voce di Moriarty.
Sherlock si accuccia contro la parete, sentendone la pietra gelida sulla pelle nuda.
<< Troppo difficile capire cos’è, ma penso che un ospite arrivi per me >> conclude James con una risata, entrando nel cono di luce lunare. Lo sguardo bramoso a scrutare il suo corpo nudo e tremante. Sherlock tenta di gridare ma è troppo, troppo terrorizzato per riuscirci.
<< Ti sono mancato? >> gli domanda James prima di gettarsi su di lui e tutto diviene buio.
 
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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Buongiorno a tutti!
Il nuovo punto di vista narrativo che incontriamo da questo capitolo mi ha piacevolmente sorpresa. Nel progettare la trama mi sono resa conto, a un certo punto, che avrei dovuto chiamarlo in campo e non solo per qualche un cameo. Ha infatti un ruolo importante, centrale direi.
Ho scoperto di trovare piacevole la sua complessità e a mio parere gli autori di BBC Sherlock hanno fatto un lavoro fantastico con lui. Non mi aspettavo, invece, come avrei trattato i personaggi ‘secondari’ che attorno a lui gravitano. Mi sono interrogata più volte sull’effetto che una simile scelta potrebbe avere sui lettori e ho deciso che sono curiosa di scoprirlo. Quindi se voi che in tanti state seguendo questa ff mi lascerete una recensione per soddisfare questa curiosità ve ne sarò enormemente grata.
Come appunto tecnico, ho deciso di fare una cosa che di solito non va fatta: ho preso il testo originale della canzone di Eurus, l’ho copiato e incollato su google translator e ho copiato e incollato quanto fuori ne è venuto per usarlo in questo capitolo. Il perché di questo folle gesto sta nella necessità di rendere ancora più criptica e incomprensibile la filastrocca della folle sorella degli Holmes. Ho pensato che una traduzione letterale fatta anche alla buona rendesse meglio, rispetto alla traduzione usata nella versione italiana di TFP.
Mi sono dilungata abbastanza. Vi auguro una buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 14
 
La berlina nera si ferma davanti al cancello di villa Holmes. Le lunghe gambe snelle annunciano l’apparizione di Anthea. Scende dall’auto dal lato strada. Si guarda attorno con circospezione e, appurata la sicurezza della zona, chiude la portiera e fa elegantemente il giro dell’auto andando ad aprire quella del suo capo.
Mycroft lascia la vettura continuando la telefonata che lì aveva iniziato. Ha il volto scavato e due profonde occhiaie che lo invecchiano di parecchio.
<< Non mi importa se sono ormai trascorsi più di dieci giorni! Continuate le ricerche, è un   ordine! >> sbraita il Governo Inglese, varcando il cancello della sua villa, deserta e silenziosa nel giorno di riposo della servitù, con la fedele segretaria alle spalle. Percorre il vialetto, sale i tre gradini e apre la porta.
<< La squadra Beta mi ha appena inviato un messaggio: nulla di nuovo da segnalare >> lo informa Anthea seguendolo dentro casa.
<< Non può essere scomparso nel nulla >> dice battendo la punta l’ombrello sul pavimento pregiato. Porta una mano sugli occhi che passa poi sul viso.
<< Mi dispiace tanto >> sussurra Anthea posando la mano su quella di lui stretta all’impugnatura dell’ombrello.
<< No, io non posso credere, non voglio credere che lo abbia fatto davvero! >> dice allontanandole la mano dalla sua.
La porta d’ingresso si apre su un salotto stile impero nel quale spadroneggia un grande e sontuoso caminetto. Mycroft si avvicina al mobiletto bar dal quale prende una bottiglia di brandy. Se ne versa due dita su uno dei pesanti bicchieri di cristallo e con quello in mano prende posto ad una delle due poltrone dinanzi al camino.
<< Non dovresti bere >>.
<< Non dovresti dirmelo >> ribatte mandando giù il liquore in un solo lungo sorso.
<< Vuoi che resti? >> gli chiede Anthea avvicinandosi alla poltrona, restando però rispettosamente a un metro di distanza da lui.
<< No >> le risponde regalandole un sorriso tirato e un’occhiata sfuggente. La ragazza non aggiunge altro. Gli augura una buona serata e si dirige alla porta. Il ticchettio dei suoi tacchi a spillo rimbomba ancora nel silenzio quando lascia la villa.
Mycroft appoggia la nuca alla spalliera della poltrona e resta immobile a guardare il soffitto.
 
Io sono persa, oh chi mi troverà?,
in profondità sotto il vecchio faggio.
Aiutami a soccorrermi, ora soffiano i venti da est.
Sedici per sei, fratello, e andiamo giù!
 
Mycroft canta in modo stanco la canzone che Jane aveva composta per lui come regalo del suo dodicesimo compleanno. Sherlock le aveva più volte detto di non averne capito il senso e la loro sorellina aveva semplicemente risposto: << Myc lo capirà >>.
 
Non aver paura di camminare all'ombra
Salva uno salva tutto, vieni a provare
i miei passi: cinque per sette.
La vita è più vicina al paradiso
 
Sì, lo aveva capito il senso di quella buffa filastrocca. Posa una mano sul petto dove un grande peso lo opprime rendendogli faticoso respirare. Quella piccola fragile creatura arrivata per sbaglio, nascosta all’esame dell’ecografia dal corpo del fratello. L’aveva osservata come uno scienziato osserva un esemplare raro di una specie sconosciuta. Lei, sempre così scoppiettante di allegria, travolgente di abbracci e risate contagiose.
 
Guarda giù con lo sguardo scuro, dall'alto
prima che se ne vada, torna indietro sulla mia collina.
Chi lo troverà ora?
Perché, nessuno lo farà
 
Jane era più intelligente di Sherlock, più intelligente di lui. Dotata di quella brillantezza mentale acuita dall’intelligenza emotiva. Aveva un intuito eccezionale e la lungimiranza di un navigato chiromante.
“Tu sei il ghiaccio, io sono il vento e Scotty è il fuoco” gli aveva scritto nel biglietto di auguri che accompagnava lo spartito della filastrocca. “Tu stai in basso, lui va verso l’alto e io vi tengo uniti. Danzate con me nel vento. Cosa succederà, però, fratello mio, quando il vento cadrà?”
 
Porterò a lui il destino, sono la regina
perduta per sempre, nove per diciannove.
Senza il tuo amore, se ne andrà prima.
Salva la pietà per gli estranei, mostra amore alla porta.
 
Suo padre non l’aveva mai accettata. Una figlia femmina voleva dire aprire ad estranei la famiglia, dividerne il patrimonio e portare in giro il loro sangue sotto un nuovo nome. Era uno sbaglio, un cambiamento tempestoso che avrebbe inaridito la sua discendenza, per questo aveva deciso di chiamarla Eurus. Il suo scellerato padre, però, non aveva tenuto conto degli aspetti positivi del vento dell’Est, portatore di bel tempo, di quella pioggia benefica che rende rigogliosi i campi. Aspetti che avevano contagiato la loro madre facendola innamorare e che avevano influenzato persino lui, che faceva molta fatica dal trattenersi dal prendere parte ai suoi giochi e dal condividere il suo affetto. Sherlock era tra loro quello più immerso in questo vento caldo e quando questo è caduto anche lui si è arrestato.
 
La mia anima della fioritura del salice cerca l'ombra.
Dentro, fratello mio,
lascia che la morte faccia una stanza[1]
 
Sarebbe toccato a lui tenerlo in piedi all’arrestarsi del vento, perché Eurus lo sapeva che prima o poi suo padre l’avrebbe uccisa. In questa filastrocca gli consegnava il suo amore più prezioso.
“Puoi pure giocare a imitare papà, ma so che gli vuoi bene” continuava il messaggio allegato allo spartito. “Se il vento cadrà sostienilo, lascia che col suo fuoco sciolga un po’ il tuo ghiaccio e stempera il suo calore con il tuo gelo. Tienilo per mano ma lascialo anche andare, proprio come faccio io. Lascia che ami, fratello mio, e ama a tua volta”. 
<< Perdonami, Jane >> sussurra. << Ho fallito. Non sono riuscito a salvarvi allora e non riesco a trovarlo ora. Ho provato a mostrargli il mio amore, ma temo di non esserci riuscito. Non ho mai imparato come si faccia e così facendo ho permesso alla morte di crearsi una nuova stanza nel mio cuore >>.
Immagina il suo sguardo contrariato, la piccola testa scossa da una parte e poi dall’altra e la mano a posarsi sugli occhi. Gesti che era solita fare quando in silenzio lo biasimava per la sua incapacità di provare emozioni. Gli stessi gesti che più volte ha visto compiere a John Watson. Le sarebbe piaciuto il dottore, che porta al maschile il nome che lei stessa si è scelto. L’uomo tanto amato da suo fratello, al punto da morire per lui.  
<< Perdonami anche tu John, perché ora so cosa hai provato. So cosa ti ha spinto a     raggiungerlo >> sussurra. Lo ricorda andare via dal suo ufficio al Diogenes Club dopo averlo rimproverato per le sue azioni. L’unico uomo che abbia mai avuto il coraggio di tenergli testa. Fatto salvo Moriarty, ammesso che si possa definire uomo quel pazzo demonio.
Moriarty. Lui sì che è un bel problema. Lo tiene in pugno, nel suo piccolo pugno stretto che lo soffoca quasi quanto quello in cui stretto lo teneva suo Mr. Holmes. Così come Jane sapeva il padre l’avrebbe uccisa, allo stesso modo Mycroft sa che la sua fine arriverà per mano di Moriarty. In un certo senso è già arrivata. Non gli permetterà, però, di essere lui o chi per lui a ucciderlo. Anche solo l’idea che sia Moran a farlo, con quegli occhi vuoti così simili a quelli del suo folle genitore, gli da il voltastomaco.
Mycroft si alza in piedi e con pochi passi pesanti raggiunge la mensola del grande camino. Sposta uno dei mattoni e ne estrae la vecchia pistola di suo padre, quella con la quale ha posto fine alla vita dell’amante di sua madre. Torna alla poltrona tenendo la pistola tra le mani.
<< A quanti hai rubato la vita? >> le domanda ipnotizzato dal luccichio dell’arma. << Ti ho impedito di prendere la sua e ora mi ritrovo a chiedermi se sia il caso di regalarti la mia >>.
Il telefono suona dal taschino interno della sua giacca, ma scopre di non avere alcuna voglia di rispondere. Silenzio. Vuole solo silenzio e pace.
<< Non ho più niente. Più nessuno. Sono solo sulla mia isola[2] >>.
Il telefono continua a squillare mentre lui rigira l’arma tra le dita fredde.
La porta viene aperta di scatto e il ticchettio dei tacchi a spillo annuncia il ritorno di Anthea a villa Holmes.
<< Perché non hai risposto al telefono? >> grida la ragazza raggiungendo svelta la poltrona.        << Cosa stai facendo? >> gli chiede, gli occhi sbarrati fissi sull’arma. Svelta e decisa gliela toglie dalle mani, la vuota dei proiettili facendoli cadere sul pavimento per poi gettarla lontano. Mycroft ne segue la traiettoria, disarmato a sua volta.
<< Non è il momento di fare pazzie, Mycroft >> dice decisa Anthea, afferrandogli il viso con entrambe le mani. << Magnussen è morto. Lo hanno trovato in una pozza di sangue nel suo ufficio insieme alla sua segretaria >>.
Mycroft sbatte le palpebre tornando in sé. Allontana le mani della ragazza dal suo volto. << Era solo questione di tempo. Quell’idiota ha tirato troppo la corda >>.
<< Anche gli A.G.R.A. sono morti in uno scontro a fuoco con gli uomini del servizio di sicurezza di Magnussen. Tutti tranne Moran, ovviamente >>.
Questa notizia lo colpisce. Da tempo aveva notato una spaccatura all’interno del gruppo di killer, esasperati da Moran ma troppo spaventati per ribellarsi a lei. L’ex colonnello non sopporta, però, le rivolte e ha la buona abitudine di agire di anticipo sui problemi.
<< Ho ricevuto le foto della scena del crimine >> gli dice Anthea passandogli il suo Blackberry. Mycroft le guarda attentamente una a una. Non ha il talento di Sherlock per quel genere di cose, ma la sua notevole intelligenza lo aiuta a inquadrare i dettagli giusti.
<< Chi è a capo delle indagini? >>.
<< L’ispettore Dimmock >>.
Mycroft storce il naso. Altra nota stonata di tutta quanta quella faccenda è stata la riassegnazione di forse uno degli uomini migliori che Scotland Yard abbia mai avuto.
<< Lestrade? >>.
<< E’ in ferie, chiuso in casa sua >> risponde prontamente Anthea. La ragazza non smette mai di farlo compiacere di averla scelta come segretaria. Efficiente, capace di prevedere le sue richieste al punto da essere sempre mezzo passo avanti a lui, ma intelligente tanto da non accampare pretese di alcun tipo. Mycroft da un’occhiata al suo orologio da polso. Segna le sette da poco passate.
<< Penso sia il caso di andare a trovarlo >> le dice alzandosi in piedi.
 
<< Cosa vuole? >>.
Barba lunga non curata, occhiaie profonde e scure che incattiviscono lo sguardo tagliente del detective Gregory Lestrade. Non gli nasconde il disgusto che prova per lui, grande quasi quanto quello che Mycroft prova per se stesso.
<< Ho bisogno del suo aiuto >>.
La risata arrochita dalle troppe sigarette li allontana ancora di più.
<< Lei, il Governo Inglese, viene a chiedere aiuto a me, umile agente adibito al controllo delle merci in transito[3]? Non sapevo neppure esistesse una mansione simile prima che ne diventassi titolare >>.
Mycroft vorrebbe dirgli che se non fosse stato per lui sarebbe stato cacciato da Scotland Yard, ma non crede sia il momento più adatto per mettere i puntini sulle i.
<< Ha saputo della morte di Magnussen? >>.
<< No, non leggo i giornali e non guardo la tv quando sono in ferie >> mente spudoratamente.
<< Invece sì che lo sa. Dimmock non sa dove sbattere la testa e, pur contravvenendo al regolamento, l’ha contattata per chiederle aiuto >>.
<< Oh, quindi ora sono io il suo sorvegliato speciale? È un premio che non voglio ritirare, mi dispiace >> fa per chiudere la porta, ma Mycroft la blocca con la mano. È forte, Mycroft, molto più di quanto non si direbbe a guardarlo. Nonostante Greg ci metta tutto se stesso non riesce a smuovere di un millimetro la porta.
<< Io… le sono grato per tutto quello che ha fatto per mio fratello >> gli dice e il detective smette di accanirsi sulla porta. Un’espressione stupita gli dilata gli occhi ammorbidendogli i lineamenti, ma dura solo un istante.
<< Io gli ho dato fiducia, perchè era di quello che Sherlock aveva bisogno: di fiducia. Dov’era mentre quel bastardo di Moriarty lo attaccava? Lei che può muovere mari e monti non è stato in grado di salvare il suo unico fratello! E vede a cosa ha portato questo? A due morti, due persone eccezionali che ora non ci sono più e che erano mosse dall’unico scopo di fare del bene, ognuna a modo suo >>.
Gli occhi arrossati di Greg si inumidiscono di lacrime che però non cadono. Il corpo trema e i pugni sono serrati, le braccia lungo i fianchi nell’evidente sforzo di trattenersi dal dargli addosso. Ha una morale forte, Gregory Lestrade. Anche ora che non ha nulla da perdere non si lascia andare al suo istinto.
<< Mi permetta di entrare, Lestrade, e le racconterò tutto quanto. Deciderà poi lei se aiutarmi o meno >>.
<< Non sono un confessore e la mia decisione l’ho già presa: se ne vada! >>.
<< Molly Hooper potrebbe essere in pericolo >>.
Gli uomini sono facilmente dominabili. Basta dire la parola giusta al momento giusto per ottenere ciò che si vuole e Mycroft sa riconoscere sia i momenti giusti che le giuste parole. L’espressione stupita questa volta resta sul suo viso più a lungo sul volto del detective. Spalanca la porta e con un gesto del capo lo invita ad entrare.
La casa dall’arredamento semplice puzza di fumo, di cibi precotti scaldati al microonde e di chiuso. Mycroft resta diligentemente fermo al centro del salotto e quando Greg, con un gesto stizzito del braccio, gli indica una vecchia poltrona lui si accomoda ringraziandolo educatamente. Lestrade prende una sedia, la gira verso di lui e si siede a cavalcioni, le braccia appoggiate allo schienale. La tipica posa del poliziotto cattivo durante gli interrogatori. Resta in silenzio, tenendolo sotto il tiro feroce dei suoi occhi scuri.
<< Il suicidio di Sherlock è stato tutto una messinscena >> confessa. Gli occhi di Greg si spalancano e le mani afferrano convulse lo schienale al quale era appoggiato.
<< Che cosa cazzo stai dicendo! >> .
<< E’ una storia lunga e gradirei la ascoltasse per intero prima di fare le sue rimostranze >>.
<< Le mie rimostranze? Tu piombi qui in casa mia, mi convinci a lasciarti entrare dicendomi che una mia amica, l’ennesima, è in pericolo, poi te ne esci con questa cosa assurda e ti aspetti che io resti seduto buono buono ad ascoltare la tua storiella? >>.
<< Sì >> risponde senza scomporsi.
<< Tu sei totalmente pazzo! Non era lui quello con dei problemi, ma tu, cazzo! >> porta le mani ai capelli e li tira, strizzando forte gli occhi. Mycroft gli lascia il tempo di ritrovare il controllo. Le mani lasciano la presa sui capelli. Greg sospira e sbuffa rilassando il viso. Apre gli occhi puntandoglieli addosso e incrocia le braccia al petto. Con un gesto del capo lo invita a proseguire.
<< Moriarty ha fatto la sua comparsa nella mia vita otto anni fa’. Come sa, allora Sherlock era preda della cocaina e solo grazie al suo aiuto e a quello della signora Hudson sono riuscito a convincerlo a intraprendere seriamente un percorso di disintossicazione. È stato allora che ho ricevuto la sua prima e-mail, il giorno stesso in cui mio fratello è entrato in comunità. L’avevo archiviata come lo scherzo di un mitomane e non ci avevo dato peso >>.
<< Cosa diceva quella e-mail? >>.
<< ‘Le colpe dei padri ricadono sui figli. Il gioco è cominciato’ >>.
<< E che colpa aveva vostro padre? >>.
<< Era un uomo potente e come tutti gli uomini potenti aveva dei nemici >>.
<< Moriarty mi sembra un po’ troppo giovane per avere avuto direttamente a che fare con lui >>.
L’intuito del detective. Greg è davvero il miglior elemento che Scotland Yard abbia mai avuto e se ne compiace, per quanto le sue domande siano scomode e dolorose.
<< E’ una cosa… più grande di tutti noi >>.
<< Un conto in sospeso tra i vostri padri? È questo che lo ha mosso verso Sherlock? Il desiderio di portare avanti una vendetta? >>.
<< In un certo senso sì >> risponde. Greg scuote il capo contrariato e con lo stesso gesto di prima lo invita a proseguire.
<< Quando Sherlock uscì dalla comunità e iniziò a mettere in atto il suo progetto di divenire consulente investigativo, le e-mail da parte di Moriarty si intensificarono. Io continuavo a ignorarle, benché i toni fossero minacciosi. Sherlock era tenuto d’occhio e se qualcosa gli fosse successo si sarebbe potuti intervenire tempestivamente >>.
<< Minacciava Sherlock in quelle e-mail? >>.
<< No. Le minacce sono sempre state rivolte a me. Sherlock era il tramite attraverso il quale si sarebbero attuate >>.
<< Aspetta, lui minacciava di uccidere tuo fratello se tu non avessi seguito le sue richieste e tu lo hai ignorato? >>.
<< Il modo migliore per dare potere a un ricattatore è dare importanza alle sue minacce >>.
<< Non stiamo parlando di bullismo tra ragazzini, Mycroft! Qualcuno ti scriveva puntualmente minacciando di uccidere tuo fratello e tu hai lasciato correre! >>.
<< Non ho lasciato correre, Greg! >> esclama. Non va bene. Sta perdendo il controllo e non va bene. Si schiarisce la gola e respira profondamente. Lo sguardo accusatorio di Lestrade gli da ai nervi e lo fa sentire a disagio, sensazione che non gli è mai piaciuta.
<< Ricevo minacce continuamente e ne faccio controllare la fonte sempre e l’ho fatto anche questa volta. Moriarty non firmava le sue e-mail e i dati relativi all’indirizzo dal quale le inviava risultavano essere quelli di una persona deceduta molti anni prima. La cella dalla quale provenivano, poi, era dalle parti delle Maldive, chiaro segno della presenza di un hacker. Modus operandi molto simile a quello di tanti altri mitomani che sono soliti inviarmi simili missive. Certo, l’idea che fosse citato mio fratello ben poco mi allettava, ma più che tenere d’occhio lui e quelle e-mail non potevo fare. Tutto cambiò quando arrivò Jefferson Hope >>.
<< Il taxista serial killer? >>.
<< Esatto. Lui è stato il primo a tirare fuori questo nome: Moriarty. Sherlock ne parlò di sfuggita, ma avevo letto in lui curiosità e il piacere di essere l’oggetto dell’interesse di qualcuno. Una persona poco raccomandabile, certo, ma mio fratello è stato così poco adulato da accettare le avances di chiunque senza badare più di tanto da parte di chi provenissero. Ho benedetto l’arrivo di John nella sua vita. Gli ha dato un punto di equilibrio e mi ha permesso di tirare un po’ il fiato. Allo stesso tempo, però, ha scatenato la follia di Moriarty >>.
<< Perché John? >>.
<< Per il motivo che da sempre muove alle battaglie, Greg: la gelosia >>.
<< No, no, no, aspetta, ferma un attimo. Tu mi stai dicendo che oltre la vendetta Moriarty ha fatto quel che ha fatto per un interesse… particolare nei confronti di Sherlock >>.
<< Sì >> .
Greg ride nervoso. Porta le mani al viso e lo stropiccia vigorosamente.
<< Tutto questo è assurdo! Assurdo! Devo pensare che minacciando te poco per volta si sia scoperto innamorato dello strumento attraverso il quale attuare la sua minaccia? >>.
<< No, non c’è amore in tutto questo. L’amore è l’ultima delle cose che quell’individuo può essere in grado di provare. Solo possesso >>.
Lestrade resta interdetto. Accarezza a lungo la barba incolta sul mento meditando sulle sue parole prima di annuire, come avesse finalmente risolto un complicato enigma.
<< Un ottimo modo per umiliare te: farò del tuo amato fratello il mio schiavo >>.
<< Proprio così. E aggiungerei: ‘Se non mi aiuterai a tenerlo lontano dal suo amato lo     ucciderò’ >>.
<< Quindi… quindi ti ha costretto a mettere il dito tra i due potenziali amanti? >> chiede inorridito. Mycroft riesce solo ad annuire sconsolato.
<< Sherlock aveva capito le sue intenzioni. Le ha capite dalla prima volta in cui lo ha incontrato, quando ha fatto indossare una giacca carica di esplosivo a John e gli ha detto che gli avrebbe bruciato il cuore. Quello che non ha mai sospettato è che ci fossi anche io dietro. Aveva capito quanto John fosse in pericolo e come Moriarty lo avrebbe ucciso se lui gli avesse confessato i suoi sentimento o avesse a lui permesso di avvicinarglisi più di quanto le convenzioni sociali prevedono tra due semplici amici. La situazione, però, stava diventando pesante da gestire. John è un uomo passionale e Sherlock non è mai stato in grado di resistere alle tentazioni. Il dottore ha preso il posto della cocaina e io temevo che Sherlock sarebbe potuto tornare a farne uso per tenere a bada l’attrazione nei suoi confronti >>.
<< Io… l’ultima volta che ho visto John… mi ha lasciato intendere che tra loro ci fosse    qualcosa >>.
<< Greg, tra loro c’è sempre stato qualcosa, era evidente. Il blocco è stato messo al passaggio all’atto, ma era inevitabile non notare l’intesa e la complicità che c’era tra loro >>.
<< Davano l’idea di essere una coppia sposata da anni, in effetti >>.
<< Vedo che hai capito cosa intendo. Ed era proprio questo che a Moriarty non piaceva e allo stesso tempo godeva del vederlo impossibilitato a mettere le cose in chiaro e far partire quella relazione >>.
<< Diabolico >>.
<< Decisamente >> uno sguardo d’intesa li blocca per qualche istante. << Sherlock non voleva tenere John all’oscuro del suo piano. Si era rivolto a Molly Hooper affinchè lei trovasse l’uomo a lui somigliante che Moriarty aveva ingaggiato per rapire i due bambini e del quale sicuramente si era poi sbarazzato e a me affinchè lo aiutassi a inscenare il suicidio per ingannare Moriarty e poter poi indisturbato distruggere la sua rete agendo nell’ombra. Quel folle, però, è intelligente. Dannatamente intelligente e aveva capito i suoi piani nonostante gli innumerevoli sforzi da me fatti per tenerlo all’oscuro di tutto. Purtroppo il suo vice, l’ex colonnello Sebastiana Moran, è ancora più folle e furba di lui e i tre killer con i quali collaborava, gli stessi morti oggi nell’ufficio di Magnussen, l’hanno aiutata a scoprire i nostri piani. A quel punto sono stato costretto da Moriarty a suggerire a Sherlock di tenere John fuori da tutta quanta quella storia per il suo bene. Sono stato convincente e lui ha acconsentito >>.
<< Condannando così John a morte >> sentenzia Greg e le sue parole sono come uno schiaffo per Mycroft.
<< Io... non volevo si giungesse a tanto. Quel primo mese di indagini era stato estenuante per Sherlock e io già temevo non sarebbe riuscito a reggere fino alla fine, spinto dal ricordo vivo di John e dalla possibilità di tornare da lui, liberi dal pericolo >>.
<<  Ma scusa, questo vuol dire che neppure Moriarty è morto! >>.
<< Ha inscenato anche lui la sua morte. Ha voluto giocare Sherlock con lo stesso trucco col quale lui voleva giocarlo >>.
<< Pazzesco! Ma allora perché mandarlo a distruggere la sua stessa rete? >>.
<< Anche un albero ha bisogno di essere privato dei suoi rami secchi o malati, Greg >>.
<< E ha eletto Sherlock suo giardiniere? >>.
<< Sì. Un modo ulteriore per prendersi gioco di lui e soprattutto di me che lo sapevo agire inconsapevolmente. Quando ho saputo del suicidio di John ho tentato di non far trapelare la notizia e tenere Sherlock all’oscuro di quanto era successo. Non potevo rischiare che una volta a conoscenza del suo suicidio commettesse qualche pazzia. Ma Sherlock è sempre stato imprevedibile e da quando John è giunto nella sua vita lo è stato ancora di più. È riuscito in qualche modo a sapere la verità >>.
<< E… cosa…? >>.
<< Si è buttato sotto un treno. Le immagini delle telecamere a circuito chiuso parlano chiaro >>.
<< Oddio… o mio dio, no >>.
Un lungo silenzio greve cala su di loro. Gli sguardi di entrambi persi sul pavimento, l’uno a metabolizzare la notizia, l’altro a visualizzare tutto il resto.
<< Perché sei venuto da me, Mycroft. Se sono entrambi morti, ora, perché sei qui a raccontarmi tutto questo? >>.
<< Perché ho visto le foto della scena del crimine negli uffici di Magnussen e ci sono troppe cose che non mi tornano, Greg >> gli dice passandogli lo stampato delle immagini. << Ho scoperto che Moran ha seguito John nello Yorkshire. Il fatto che gli abbia permesso di suicidarsi è la prima cosa che mi stona >>.
<< E perché mai? >> gli chiede studiando le foto.
<< Perché nei piani originari avrebbe dovuto sedurre John in modo da portarlo definitivamente via da Sherlock anche una volta che questi fosse tornato a Londra >>.
<< Che cosa? Cosa può spingere una donna a portare avanti un simile piano? >>.
<< Non lo so, Greg. L’animo umano non l’ho mai capito e quello femminile è per me un    mistero >>.
<< Benvenuto nel club >> gli dice e ridacchiano nervosi. << In effetti, però, perché lasciargli compiere l’insano gesto se l’obiettivo generale era un altro? >>.
<< Deve aver scoperto qualcosa, la stessa cosa che penso di aver scoperta io da queste foto >>.
<< Cosa? >> chiede Greg passandogliele.
<< Guarda qui >> gli dice indicando un punto sul pavimento. Prende un ingrandimento del particolare che mostra un logo. Il muso di una volpe circondato dalla coda rossa come una fiamma.
<< Firefox! >> esclama Greg.
<< Sapevo che lo avresti riconosciuto. Io non ho mai avuto il piacere di conoscerlo direttamente, ma so bene chi sia lui, chi sia il suo capo e soprattutto cosa siano in grado di fare >>.
<< Ora che ci penso, John mi aveva chiesto se Sherlock fosse stato in Spagna. Mi aveva detto di aver trovato un articolo e delle foto relative al team madrileno. Mycroft, questo vuol dire che gli spagnoli erano presenti sulla scena del crimine >>.
<< Sì. Io penso che si siano messi a indagare sul suicidio di Sherlock e abbiano scoperto   qualcosa >>.
<< E hanno contattato John, gli hanno fatto inscenare a sua volta il suicidio e forse anche quello di Sherlock è nuovamente finto >>.
<< Lo penso anche io, sì >>.
Greg si alza in piedi e grida dalla gioia, le braccia levate al cielo.
<< Oddio, oddio, io non so come siano stati capaci di farlo ma hanno tutta la mia stima! >>.
<< Anche la mia. Solo che ora sono in pericolo. Seriamente in pericolo >>.
<< Se Moriarty sa del loro coinvolgimento perchè non li ha fermati fin’ora? >>.
<< Io non credo che Moriarty lo sappia. Moran sì, e se c’è qualcuno capace di tenere qualcosa nascosto a Moriarty quella è lei >>.
<< Ma perché lo farebbe? >>.
<< Perché evidentemente teneva parecchio al piano originario >>.
<< John dovrebbe fare più attenzione: tende ad attrarre psicopatici come le mosche il miele. Senza offesa per Sherlock, si intende >>.
<< Oh, non scusarti, la penso esattamente come te >> ridono nuovamente, questa volta di una risata più spontanea.
<< Quel che mi hai detto di Molly era solo un pretesto per entrare in casa? >> gli chiede tornando serio.
<< No, Greg. Temo davvero che sia in pericolo. Lei sa del piano ed è dannatamente fragile e instabile >>.
<< No, ti sbagli. E’ più forte di quanto immagini >>.
<< Come ti ho detto non capisco le donne e mi rimetto quindi al tuo giudizio. Si troverà tra le mani i cadaveri di tre killer ricercati in buona parte del mondo e quello di un potente della comunicazione medianica. Troppe cose legate a Moriarty tutte attorno a lei >>.
<< Quel bastardo l’ha già usata una volta >> dice Greg tra i denti. << Impedirò che le sia fatto del male >>.
<< Parli proprio come Sherlock >> gli dice e le guance ispide di Greg si colorano di rosso. << Voi, così capaci di farvi travolgere dai sentimenti >>.
<< Non mi sembri poi così diverso da noi comuni mortali, Mycroft. Se non fosse stato importante per te non avresti mosso un dito verso tuo fratello e ora non saremmo qui >>.
<< Sì, questo è vero. Ma non è solo per me che sto agendo. Ho fatto una promessa, molti anni fa’. Temevo di non essere riuscito a mantenerla ma per fortuna il vento soffia ancora >>.
Greg lo guarda curioso ma non pone alcuna domanda e Mycroft non vuole aggiungere altro a riguardo. Finchè gli sarà possibile vuole tenere per sé le questioni di famiglia.
<< Come posso aiutarti? >> gli chiede il detective.
<< Ho bisogno di recuperare prove su quanto accaduto nello studio di Magnussen. Io sono controllato da Moriarty, non ti scomoderei se potessi agire indisturbato. Per questo ti chiedo di accettare di aiutare Dimmock e reperire più informazioni possibili circa quanto accaduto in quello studio. Voglio aiutare i ‘Los Errores’ e soprattutto voglio scoprire se davvero Sherlock e John sono ancora in vita >>.
<< Va bene, ci sto. Contatterò Dimmock e ti terrò aggiornato… aspetta, come ti aggiorno se sei sotto controllo? >>.
<< Manda un messaggio a questo numero >> gli dice dandogli un biglietto da visita. << E’ il numero personale della mia segretaria >>.
Greg osserva stranito prima il biglietto poi lui per un paio di volte.
<< Va bene >> dice << Sei sicuro che lei non sia controllata quanto te? >> .
<< Non sono più sicuro di nulla, Greg. Non essere troppo esplicito nei messaggi. Chiedile solo di vedervi e dalle appuntamento in posti e orari sempre diversi. Lei mi girerà il messaggio e nel caso in cui io non potessi  verrà al mio posto >>.
<< Ti fidi molto di lei >>.
<< Non ricoprirebbe il ruolo che ha se non avesse la mia piena fiducia >>. Ecco nuovamente quello sguardo stranito. << Qualcosa non va, Greg? >> gli chiede infastidito.
<< No, è che mi fa strano sapere che ti fidi di qualcuno che non sia te stesso. Tutto qui >>.
Mycroft si trova a voler ribattere ma a non avere le parole. Cosa alquanto strana.
<< Tu cosa farai, invece? >>.
<< Io ho bisogno di fare quattro chiacchiere con la responsabile sanitaria dell’obitorio del Bart’s circa gli ultimi corpi che lì sono arrivati >>.
<< Per favore, trattala con riguardo. L’ho vista disperata in questi ultimi giorni e ora che mi hai raccontato come stanno le cose penso sia stato a causa del… ‘vero’ suicidio di Sherlock >>.
<< Ci sono persone che non si rassegnano mai, neppure dinanzi all’evidenza >> dice alzandosi dalla poltrona.
<< No, ti sbagli. Si è rassegnata, ma ciò non toglie gli volesse bene >> ribatte, alzandosi a sua volta.
<< Cercherò di essere il più… umano possibile >>. Greg ridacchia e gli da un’amichevole pacca sulla spalla.
<< Ok, ok la chiamerò per sincerarmi stia bene >>.
<< Non lasciarti sfuggire nulla di quanto ti ho detto. È bene non sappia che sei anche tu a conoscenza di come sono andate le cose >>.
<<  Sarò una tomba… pessima scelta di parole >> ride. << Quando c’è Molly di mezzo le battute macabre si sprecano >>.
Mycroft sorride appena e gli tende la mano.
<< Ti ringrazio per avermi ascoltato e aver deciso di aiutarmi, Greg >>.
Lestrade osserva stupito quella mano tesa verso di lui. La afferra titubante e la stringe appena.
<< Non so se me ne pentirò >> dice stringendola più forte. << Ma tengo molto a tuo fratello. Non so neppure io perché. È per qualcosa che vedo nel suo sguardo. Per quel modo geniale in cui trova le risposte ad ogni domanda. O forse solamente perché la sua solitudine risuona con la mia >>. Impercettibilmente la sua mano trema. << E tengo molto anche a John. È l’uomo più paziente che abbia mai conosciuto. Ero felice di saperlo al suo fianco e anche a me ha reso la vita più semplice con Sherlock. Quei due hanno sofferto tanto e voglio vederli felici, Mycroft. Forse quelli come me e come te non lo saranno mai… non lo so. E’ per questo che voglio che almeno lo siano loro >>.
Lentamente gli lascia andare la mano. Quasi in sincrono le portano lungo il fianco, si sorridono appena e guardano altrove.
<< Attendo tue comunicazioni, Greg. Ti auguro una buona serata >>.
<< Contaci, Myc, e buona serata anche a te >>.
La porta si chiude alle sue spalle. L’auto nera lo attende fedele, ma Mycroft esita qualche istante prima di avvicinarsi. Fissa attonito la sua mano destra, calda ancora della vigorosa stretta di Lestrade.
<< Forse quelli come te e come me non lo saranno mai… >> ha detto. Non ci aveva mai pensato alla felicità, sempre troppo impegnato com’è a sostenere il delicato equilibrio del mondo politico sulle sue spalle. Jane, invece, non parlava d’altro. ‘Sono felice di vederti, fratellone!’, cinguettava ogni volta che tornava a casa dopo una lunga assenza, volandogli al collo seguita a breve distanza da Sherlock, che gli salvata addosso per il solo piacere di farlo cadere.
Anthea si accorge di lui e scende dall’auto per aprirgli la portiera. Dalla notizia del suicidio di Sherlock coglie sempre quella nota di preoccupazione nel suo sguardo.
<< Mi fa strano sapere che ti fidi di qualcuno che non sia te stesso >> ha detto Greg. Anche a questo non aveva mai pensato. Gli è bastato poco per fidarsi di John e ancora meno per fidarsi di Anthea. Di suo fratello, invece, proprio non è mai riuscito a fidarsi.
“Come lui ha smesso presto di fidarsi di me”.
<< Tutto bene? >> gli sussurra Anthea. La guarda stranito nel ritrovarla a pochi passi da sé, così assorto nei suoi pensieri da non accorgersi del suo avvicinarsi. Annuisce appena.
“Dio, Sherlock, sto diventando distratto come te” pensa scuotendo il capo.
<< Ha accettato >> le comunica. << La Hooper è ancora in turno? >>.
<< Lo sarà fino alle 10 di questa sera >>.
<< Bene, andiamo al Bart’s. Non perdiamo altro tempo >> dice dirigendosi all’auto. Vi sale su e Anthea chiude la portiera per poi salire dall’altro lato. La vede riportare l’attenzione sul suo Blackberry, efficiente e ligia al dovere come sempre. Abbozza appena un sorriso per poi comunicare all’autista la loro prossima destinazione.
 
 

[1] Eurus’s song:
I that am lost, oh who will find me?
Deep down below the old beech tree
Help succour me now the east winds blow
Sixteen by six, brother, and under we go!
Be not afraid to walk in the shade
Save one save all, come try
My steps – five by seven
Life is closer to heaven
Look down with dark gaze, from on high
Before he was gone, rigth back over my hill
Who now will find him?
Why, nobody will
Doom shall i bring to him, that am queen
Lost forever, nine by nineteen
Without your love, he’ll be gone before
Save pity for strangers, show love the door.
My soul seek the shade of my Willow’s bloom
Inside, brother mine –
Let death make a room
[2] Il significato di Holmes è ‘isola’o ‘isola vicino a un fiume’.
[3] Questa me la sono palesemente inventata!

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


Buongiorno a tutti
Eccoci a questa seconda parte che guarda la storia con gli occhi di Mycroft. Come dicevo l’altra volta, trovo sia un personaggio complesso. Il canone di Doyle lo descrive come una persona che predilige la solitudine, ritirato dagli avvenimenti mondani e sociali benchè occupi ruoli di prestigio. L’aspetto fisico è diametralmente opposto al fratello: l’uno longilineo, agile e scattante, l’altro obeso in modo smisurato. La cosa più eclatante è che sia persino più intelligente del già brillante Sherlock. Nella trasposizione della BBC Mycroft è sì poco amante della mondanità, ma esce molto più spesso dal suo studio al Diogenes Club o dalla sua casa rispetto a quanto non faccia nel canone. E’, inoltre, magro e visibilmente in lotta con la forma fisica e il mantenimento di un giusto peso corporeo. Per questi aspetti, trovo questa versione del fratello di Holmes più interessante. Da l’idea di essere tormentato e comunque interessato all’altrui parere e giudizio. Devo ammettere che non sono molto incline alla Mystrade, ma ho anche strabuzzato gli occhi quando nella quarta stagione Mycroft era titubante all’idea di accettare o meno l’invito di ‘Amore’. Ho sempre visto il Mycroft di Doyle come asessuale, quindi disinteressato ad ogni coinvolgimento fisico ed emotivo. La bbc, invece, mi permette di ‘giocare’ con un aspetto di emotività coartata reso un po’ più chiaro, a mio parere. Una persona, quindi, che non sa proprio come muoversi nelle relazioni e che non capisce cosa stia provando. Ciò che non capisce lo spaventa ed ogni cosa che genera paura va eliminata o negata.
Ci tenevo a dirvi la mia in merito al ‘Governo inglese’, penso possa essere utile per capire il perché di determinate scelte lungo la trama.
Vi auguro una buona lettura
Alla prossima
 
Patty
 
Capitolo 15
 
L’auto si ferma davanti all’ingresso del Saint Bartholomew Hospital. Lo sguardo di Mycroft va automaticamente al tetto da dove suo fratello ha spiccato il salto. Benchè sapesse del materasso gonfiabile che ne avrebbe attutito la caduta, il cuore gli si è fermato per un lungo istante quando lo ha visto cadere.
<< Vuoi che venga con te? >> gli chiede Anthea distogliendolo da quel macabro ricordo.
<< Sì. Quella donna mi da ai nervi >>.
<< Come la quasi totalità della popolazione umana mondiale >> ribatte Anthea. Ha uno strano sorriso sulle labbra mentre scende dall’auto. Mycroft la guarda stupito. È la prima volta che ribatte a una sua osservazione in modo ironico. Credeva non fosse dotata di alcun senso dello humor, ironico o sarcastico che fosse.
<< Se inizia a sragionare intervieni >> le dice uscendo dall’auto. << E ti autorizzo a richiamarmi, nel caso dovessi essere esageratamente privo di tatto >> aggiunge e il sorriso compare nuovamente sulle labbra della sua segretaria.
Entrano nell’ospedale e si dirigono all’obitorio. Mentre passo dopo passo raggiungono l’ascensore, il ricordo della prima volta che mise piede in un obitorio si fa strada nella mente di Mycroft. Anche questo si trovava nei sotterranei ed aveva avuto la sensazione di scendere in una cripta. Quando le porte dell’ascensore si erano aperte, il gelo innaturale di quel luogo gli aveva accapponato la pelle. Si era fermato subito fuori dall’ascensore, il respiro improvvisamente corto. Lo zio Rudy si era voltato preoccupato verso di lui.
<< Non sei obbligato a venire, Myc. Possiamo dire a tuo padre che hai fatto il tuo dovere, non lo verrà mai a sapere >>.
Rudolf Holmes sapeva bene quanto lui che suo padre non se la sarebbe bevuta quella bugia. L’avrebbe considerato un atto sciocco e puerile e glielo avrebbe rinfacciato per troppo tempo e non voleva avere occasione per essere riportato a quel triste evento più del necessario. Aveva rifiutato l’offerta scuotendo il capo e lo aveva seguito fino all’ingresso del reparto. Il responsabile dell’obitorio si era rifiutato di permettere a un ragazzino di soli dodici anni di entrare, ma lo zio Rudy era stato convincente, come sempre.
Mycroft aveva sentito il cuore battere forte e le gambe farsi pesanti come fossero di piombo. Aveva sudato per compiere quei pochi passi che dall’ingresso portavano alla camera ardente. Si era bloccato quando, varcata la soglia, aveva visto i due catafalchi, ognuno con il suo triste ospite. Faceva uno strano effetto quel lenzuolo bianco gettato sul piccolo ingombro che si perdeva nella vastità del catafalco. La prima che avrebbero dovuto riconoscere sarebbe stata sua madre, ma Mycroft non riusciva a distogliere lo sguardo dal piccolo ingombro. Sentì solo suo zio dire ‘Sì, è lei’ e poi il rimbombare dei passi del coroner sul linoleum, le sue mani a sollevare il lenzuolo scoprendo il corpicino di Jane. Il cuore gli si era fermato e tutto il sangue del corpo sembrava essere stato richiamato ad esso.
L’immagine di Sherlock in coma, ricoverato nel reparto pediatrico qualche piano più sopra, si era per un attimo sovrapposto a Jane. I tubi che uscivano dalla sua bocca, i sensori attaccati al suo piccolo torace e quel ‘bip’ continuo dell’elettrocardiogramma. Non c’era nulla di questo sul corpo di Jane. I suoi fratellini sembravano due statuine di porcellana, con l’unica differenza del colore delle labbra: rosa pallido quelle di Sherlock, blu cianotiche quelle di Jane. Il volto della sua sorellina, poi, era pieno di lividi. Si erano accaniti con brutalità sul suo corpicino. ‘Letteralmente uccisa di botte’, aveva sentito dire al detective, che era subito ammutolito quando si era accorto della sua presenza.
<< E’ lei >> aveva detto lo zio e il coroner si era affrettato a coprirla nuovamente. Un pensiero del tutto irrazionale aveva attraversato la mente di Mycroft vedendo quel gesto. “Deve aver freddo, per questo la copre” aveva pensato. Le sue gambe si erano rifiutate di muoversi e solo dopo un po’ si era reso conto della mano dello zio sulla sua spalla e del suo invitarlo ad andare via.
La manina di Jane era rimasta scoperta e senza pensarci l’aveva indicata. Lo zio allora aveva provveduto a coprirla e lo aveva poi spinto fuori da lì a forza. Mentre veniva condotto via, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che non avrebbe permesso che Sherlock finisse in quella stanza. Non lo avrebbe mai visto pallido, con le labbra blu e con un semplice lenzuolo bianco in fibra dura a coprirne il corpo nudo.
Ricorda di essersi ritrovato seduto sul sedile posteriore dell’auto dello zio e solo allora il gelo era passato. Era passato e aveva lasciato il posto a un calore improvviso, prima sul petto e poi sul viso, e per la prima e ultima volta era scoppiato in un pianto disperato. Il suo cervello si era spento e vagamente si era reso conto dell’auto che si fermava, delle braccia dello zio ad avvolgergli le spalle, del suo intimare all’autista di non fare parola con nessuno di quanto stesse succedendo e del suo promettergli che sarebbe rimasto un segreto che mai sarebbe giunto all’orecchio di suo padre.
Le uniche immagini che occupavano la sua mente erano quelle del corpo di Sherlock tenuto sotto controllo dalle macchine e di quello di Jane freddo e senza vita, unite alla deduzione terribile e indicibile che aveva trovato conferma in quella visita all’obitorio. Una deduzione che si era fatta spazio nella sua mente fin da che gli era stata data la triste notizia.
E vi era anche una piccola conferma a quella deduzione. Invisibile ad occhi poco accorti, ma non ai suoi. Un segno sulla guancia destra di Jane. Un livido che, come un marchio a fuoco, aveva la forma di parte dello stemma degli Holmes impresso nell’anello che suo padre portava al mignolo destro. Lo stesso che indossa lui oggi.
Si ritrova a giocherellare con quell’anello mentre l’ascensore scende imperterrito verso la fredda cripta del Bart’s. Anthea solleva a intervalli regolari lo sguardo dal Blackbarry per portarlo proprio a quella mano e al suo strano movimento. Quando la porta si apre Mycroft la segue fuori dall’ascensore e i suoi passi si bloccano. Il sangue abbandona il corpo per tornare di corsa al cuore e il freddo gelido lo avvolge.
Anthea si volta, stupita del vederlo fermo. Torna sui suoi passi e gli si avvicina, annullando quel mezzo metro di distanza che c’è sempre tra loro. Gli prende la mano gelida nella sua e la stringe piano. Gli sorride, un sorriso dolce e bello e fa un passo indietro, aiutandolo a compiere quel primo passo e poi un altro, finchè non capisce che il meccanismo è tornato a funzionare e lentamente lascia andare la sua mano.
Mycroft vorrebbe richiamarla a sé, chiederle di non lasciarla, di tenerlo ancora, ma sono pensieri assurdi e infantili quelli. Si scuote, aggiusta la cravatta e ritrova il giusto contegno. Solo allora la ragazza si volta e torna a camminare, come sempre stando qualche passo davanti a lui, apparentemente distratta dal suo telefono ma pronta a scattare come una molla dinanzi a un potenziale attacco.
Oltrepassano la porta d’ingresso del reparto e Anthea chiede alla receptionist di poter parlare con Molly. Li fa accomodare nella saletta dicendo loro che sarebbe arrivata subito. Restano entrambi in piedi, Mycroft appoggiato al suo ombrello e Anthea concentrata sul Blackbarry. Passa qualche minuto e una trafelata Molly Hooper si presenta loro aprendo di scatto la porta. Si guarda attorno per accertarsi siano soli poi chiude la porta mantenendo la mano ferma sulla maniglia.
<< Cosa volete? >> chiede loro, gli occhi spalancati e il fiato corto di chi è terrorizzato. Atteggiamento che la ragazza è solita mostrare da che ha preso parte al ‘suicidio’ di Sherlock.
<< Buonasera, dottoressa Hooper >> la saluta cordialmente Mycroft.
<< Non è una buona sera. Non lo è mai quando venite a cercarmi >> li aggredisce. Trema come una foglia, ma è l’unica cosa che resta della ragazza timida e impacciata che era solita vedere ripresa dalle telecamere di servizio al seguito del fratello.
<< Abbiamo bisogno di informazioni sui corpi recuperati dallo studio di Magnussen >> le spiega Anthea prendendo in mano la situazione, come da lui richiesto.
<< Tutte cose che potete benissimo hackerare o ricevere comodamente nel vostro ufficio senza prendervi il disturbo di venire fino a qui. Cosa volete da me questa volta? >>.
Anthea, stupita quanto lui, gli scocca un’occhiata interrogativa.
<< Dottoressa Hooper, lei è stata molto importante nell’operazione da noi svolta… >>.
<< Non abbindolatemi con questi inutili giri di parole! >> la zittisce Molly in tono perentorio.     << Ogni volta che vi presentate da me è per qualcosa legato a Moriarty. Mi avete interrogata a lungo temendo fossi in qualche modo sua complice, dal momento che mi ha usata per arrivare a Sherlock. Mi avete trattata come una criminale e io ho comunque accettato di aiutarvi. L’ho fatto per lui. E per John e adesso sono entrambi morti >> un singhiozzo le strozza la gola lasciandola senza fiato.  << Non cercatemi più, per favore >> dice più lentamente. << Non mi do pace per quello che ho fatto. Sono vostra complice in ben due omicidio, perché è così che stanno le cose. Abbiamo ucciso John tenendolo all’oscuro di tutto e abbiamo ucciso Sherlock >> questa volta è il pianto a lasciarla senza parole. Punta gli occhi gonfi di lacrime su Mycroft e leva l’indice ammonitore contro di lui.
<< Lei… lei, come può essere così tranquillo? Era suo fratello! >> grida perdendo del tutto il controllo.
<< Molly, ti prego, ascoltami… >> tenta di intervenire Anthea andandole incontro.
<< Non mi toccare! >> grida la ragazza facendo un balzo indietro come un gatto. << Tu sei anche peggio di lui. Così fedele, come un cane al suo padrone. Non mi importa delle conseguenze di quanto vi sto dicendo. Io per voi non esisto, non cercatemi mai più! >> getta a terra la cartellina che tiene tra le mani. << Qui c’è l’elenco dei colleghi a cui sono stati assegnati i corpi di quei poveracci. Contattateli direttamente, per voi non sarà un problema ottenere ciò che volete >> dice tra i denti. Asciuga le lacrime e si ridà un contegno. << Ho pietà della vostra anima >> dice severa per poi uscire sbattendo la porta.
Il silenzio cala sulla piccola sala d’aspetto. Anthea si china a raccogliere la cartellina e legge diligente i nomi dei coroner.
<< Sono stati assegnati a tre dottori diversi che però saranno in turno solo domani >> dice.
<< Bene. Allora direi che possiamo andare >>.
Escono dalla sala così come erano entrati, Anthea avanti e Mycroft qualche passo subito dietro. La risalita è lenta ma liberatoria, come una boccata d’aria dopo essere stati troppo a lungo sott’acqua. Raggiungono l’auto e Anthea apre la portiera. Mycroft si accomoda e subito dopo la ragazza si siede al suo fianco. La vettura parte diretta a villa Holmes.
<< Sono vostra complice in ben due omicidio, perché è così che stanno le cose >> le parole dure e disperate di Molly continuano girare nella mente di Mycroft. Non è la prima volta che si ritrova ad essere complice di due omicidi. Complice perché a conoscenza dei fatti ma obbligato a mantenere il segreto. Lo era stato allora proprio come lo è ora.
<< Ha ragione >> sussurra e la mano scossa da un tremito sale a coprire gli occhi.
<< E’ sotto shock, Mycroft. Non sa quello che dice >>.
<< Lo sa bene, invece, come lo sapeva Sherlock. Lo ha sempre saputo. Nella rabbia di Molly ho rivisto la sua. Quello sguardo carico di disgusto e risentimento. Ha ragione, sono complice di due omicidi. Ho ucciso mio fratello e il suo compagno >>.
<< Non è così, no! >> dice Anthea prendendogli la mano. << Loro sono vivi >>.
<< Non grazie a me. Se gli spagnoli non fossero intervenuti, se i piani si fossero svolti così come Moriarty e Moran avevano previsto, credi che le cose sarebbero andate diversamente? Sherlock forse non si sarebbe suicidato, ma sicuramente sarebbe ricaduto tra le braccia della cocaina e John… ligio al dovere com’è avrebbe accettato una relazione scomoda ma ormai avviata. Sarebbe morto anche lui in un certo senso. Molly Hooper ha ragione. Allo stato attuale, non sapendo come stanno realmente le cose, posso dire di essere stato complice del loro omicidio >>.
<< No! Non è giusto! Perché ti fai del male in questo modo? Non sei il carnefice, Mycroft. Sei anche tu vittima di questo gioco insano messo in piedi da Moriarty >>.
<< E questo cosa cambierebbe? >>.
<< Pone anche te al centro del ciclone. Tu hai sofferto quanto tuo fratello. Anzi a mio avviso ancora più di lui, dal momento che hai cercato in tutti i modi di proteggerlo da se stesso ancora prima che arrivasse Moriarty. Dici che vuoi la sua felicità, che ti preoccupi costantemente per lui ma chi si preoccupa per te? Chi tiene alla tua felicità? Nessuno, e io trovo che non sia giusto >>.
<< Beh… credo sia il destino dei fratelli maggiori, no? Dover essere perfetti, così come vogliono i genitori >> dice con un sorriso tirato.
<< E non avresti mai voluto anche solo per un attimo poter essere come lui? Ribelle, e libero di fare tutto ciò che vuole, anche farsi del male. Libero di compiere delle scelte e seguire i suoi sogni. Libero di amare e inseguire la sua felicità o almeno provarci. Quali scelte hai fatto tu, partendo da ciò che davvero senti tuo? Nessuna, ne sono sicura. Non ti concedi neppure un dolce senza punirti per averlo anche solo desiderato >>.
In tutti questi anni di silenzioso ed efficiente servizio al suo fianco questo è il primo discorso lungo e accorato che le sente fare. Pensava che, come lui, Anthea vivesse solo del suo lavoro, della sua carriera, avendo come unico piacere quello del successo. Nell’abitacolo della sua auto nera, accuratamente riparata dall’orecchio indiscreto dell’autista tramite un vetro spesso, gli sta mostrando un lato nuovo di lei. Nella forte stretta con la quale avvolge la sua mano nelle sue, negli occhi lucidi di lacrime trattenute.
<< Jane >> sussurra chiamandola col suo vero nome, cosa che la lascia a bocca aperta. Ora capisce, Mycroft, perché ha scelto lei. Non solo per il suo curriculum, più che qualificato, per la sua bravura e la fedeltà. No. Sono stati quel nome, quegli occhi azzurri e quei capelli neri. È stata la sua età, la stessa di suo fratello e la sua data di nascita, il 7 gennaio. Inconsciamente ha preso al suo fianco una donna che gli ha dato l’idea di come sarebbe stata sua sorella se avesse avuto la possibilità di crescere. Una sorella, però, dalle caratteristiche più simili alle sue. Anthea, invece, gli sta mostrando quello stesso cuore amorevole che la rende ora ancora più simile alla sua sorellina.
La ragazza avvicina la mano alla sua guancia e la accarezza piano. Solo quando porta il viso vicino al suo la ferma, posandole due dita sulle labbra appena lucide di rossetto. Scuote il capo e lei subito torna al suo posto.
<< Scusami >> sussurra.
<< Questo genere di cose non fa per me >>.
<< Lo so. Per questo ho fatto di tutto per lavorare con te. Sapevo che non saresti stato il tipo di capo molesto che approfitta della sua posizione. Sapevo che non saremmo mai rientrati nel clichè della segretaria che se la fa col capo >> ridono entrambi smorzando l’atmosfera tesa. << Dopotutto, però, sono anche io un essere umano. Forse è stato proprio per questo che… >> lascia la frase sospesa, interrotta.
<< Che? >> le chiede, più per un’antipatia per le cose lasciate in sospeso che per una reale curiosità.
<< Niente. Non sono il genere di cose che fa per te >> risponde. Gli sorride dolcemente e gli accarezza nuovamente il viso. Una carezza diversa dalla prima. Quasi materna.
L’arrivo di un messaggio la porta ad allontanare la mano e Mycroft prova un profondo dispiacere per quella interruzione inopportuna.
<< E’ Lestrade. Mi propone di vederci in un motel >> dice inarcando le sopracciglia per poi scoccargli un’occhiata interrogativa. << Si può sapere cosa gli hai detto? >>.
<< Di scrivere il meno possibile e darti appuntamento in posti sempre diversi >> ridacchia divertito dall’audacia del detective. Mycroft comunica il nuovo indirizzo all’autista e si dirigono all’appuntamento.
<< E’ stato veloce, il detective. Dovrei proporgli di lavorare per me >> dice Mycroft. Vede un sorriso incurvare le labbra di Anthea nuovamente rapita dal suo blackberry.
Restano in silenzio per il resto del tragitto. Il motel è decisamente fuori dalla città, isolato e squallido.
<< Ma che romantico >> borbotta Anthea prima di scendere ad aprire la portiera dell’auto.
<< Vieni >> le dice Mycroft. La invita a prenderlo sotto braccio e a camminare al suo fianco. La ragazza intuisce il suo piano e inizia a camminare ancheggiando vistosamente. Entrano nella hall dozzinale nella quale aleggia un tenue odore di cavolo bollito. Lestrade li attende seduto su una poltrona. Si alza e si porta all’ascensore facendo loro cenno di seguirlo. Il receptionist, un vecchio magro ed emaciato, squadra Anthea dalla testa ai piedi con occhi bramosi e volgari. Mycroft stringe protettivo ancor di più il braccio di lei a sé e fulmina con lo sguardo il vecchio, che per tutta risposta gli mostra il pollice rivolto verso l’alto strizzando l’occhio.
<< Quando ti ho detto posti sempre diversi non era sottinteso dovessero essere infimi >> dice a Greg una volta che le porte dell’ascensore si chiudono dietro di loro.
<< Questo sarà un posto squallido ma è anche un posto sicuro e penso tu voglia che siano soprattutto sicuri >> ribatte il detective.
Entrano nella stanza numero 15 dall’arredamento minimale e un leggero puzzo di muffa che proviene dal soffitto, dove una macchia scura fa sfoggio di sé. Nessuno dei tre ha intenzione di sedersi. Restano in piedi a formare un piccolo cerchio di una distanza di circa mezzo metro l’uno dall’altro.
<< Ho delle ottime notizie >> esordisce Greg consegnandogli una chiavetta usb. Anthea la intercetta, appoggia il laptop alla scrivania tarlata e inserisce la chiavetta. << Dimmock è molto più che in alto mare >> illustra Greg. << Sta seguendo tre piste una più assurda dell’altra. Ci sono, però, due informazioni davvero importanti. Quando vengono uccise persone importanti tutto si muove più in fretta. Sono state già analizzate buona parte delle prove e tra queste ci sono le ottime notizie che interessano noi. Le prime arrivano dai rapporti della balistica >> dice indicando il file appena aperto da Anthea. Si avvicinano alla ragazza e Mycroft legge in fretta la documentazione.
<< Sono stati esplosi parecchi colpi >>, continua Greg, << provenienti da armi troppo sofisticate per dei comuni ladri. Altri sono partiti dalle armi di servizio dei sorveglianti. Ce ne sono una serie, però, che non c’entrano niente. Sei proiettili, due recuperati da pareti e mobilio e tre dai corpi. Tutti e tre dritti al cuore. La balistica ha fatto una ricerca seguendo le scanalature lasciate dalla canna sul proiettile e questo preciso tipo di segni è stato rilevato in un’arma sequestrata dalla polizia madrilena quattro mesi fa. Dagli archivi risulta che il commissario Torres l’ha consegnata come dotazione per una missione sotto copertura >>.
<< Torres è il commissario che si avvale un po’ troppo spesso della collaborazione dei ‘Los Errores’ >>.
<< Esatto! Nessuno dei giornalisti ha il porto d’armi e la loro etica è contraria al loro uso. I colpi andati a segno sono stati sparati da una mano esperta >>.
<< John >>.
<< Sì, non può che essere lui! >> esclama entusiasta Greg. << Le altre informazioni giungono dalla scientifica >>. Greg attende che Anthea apra il file prima di continuare. << Oltre al sangue appartenente alle vittime sono stati rilevati altri tre diversi gruppi sanguigni >>.
<< Tre di loro sono stati feriti >>.
<< Sì. Due in modo rilevante, come indica la quantità di sangue presente una al piano di sotto e l’altro al piano di sopra, vicino ai corpi di Magnussen e della sua segretaria. Non ci sono impronte di alcun tipo, indice che sia i killer che i giornalisti indossavano i guanti. Ho recuperato anche i dati relativi ai campioni trovati. Non so se ti è possibile… >>.
<< Sì >> lo anticipa Mycroft.  Anthea annuisce e apre un programma in uso all’MI6. Estrae dalla borsa quello che sembra un router e lo attiva. << Ho dei campioni biologici di Sherlock e quelli di John li possiamo recuperare dai suoi dati ancora in archivio all’esercito >>.
<< Stavo pensando, Mycroft, non credi sia il caso di metterci in contatto con ‘El Mundo’, chiedere dei ‘Los Errores’ e accordarsi per lavorare insieme? Tu sei bruciato, ma io potrei… >>.
<< No, Greg. Ci avevo pensato anche io ma è pericoloso. Questi ragazzi stanno già rischiando grosso e l’occhio di Moriarty è puntato anche su di te >>.
<< Su di me? E perché? >>.
<< Se Sherlock è saltato giù dal tetto del Bart’s è perché Moriarty lo aveva minacciato che se non lo avesse fatto i suoi cecchini, gli stessi morti ieri in quello studio, avrebbero ucciso le persone per lui più importanti: la signora Hudson, John e te >>.
<< Me? E perché dovrei essere importante per tuo fratello? >>.
<< Gli hai dato la possibilità di sperimentare il suo metodo e, come mi hai fatto notare tu stesso stamattina, gli hai dato fiducia. Penso, a conti fatti, che consideri più te come fratello maggiore che me >>.
<< Ma se non ricorda neppure il mio nome? >>.
<< Lei pensa davvero che sia più importante il nome anziché chi lo porta, detective? >> si intromette Anthea, lasciando Mycroft senza parole. La stessa domanda con la stessa inflessione, canzonatoria e dolce allo stesso tempo, gliel’aveva posta Jane una della ultime volte in cui si erano visti.
Aveva litigato con Sherlock, come sempre, quella volta per il suo intestardirsi nel non voler più essere chiamato col suo primo nome, quello che erano soliti usare i loro genitori.
<< Sentiamo, allora, come vuoi che ti si chiami? >>.
<< I nomi sono noiosi, non servono a nulla! >>.
<< Sei il solito stupido! Come puoi dire una cosa simile? Ogni cosa ha un nome. Se non fosse così non si potrebbe riconoscerla >>.
<< Allora vorrà dire che non mi riconoscerete! >> aveva gridato andandosene sbattendo la porta. Jane lo aveva seguito con lo sguardo, rattristata. Si era poi voltata verso di lui, aveva scosso il capo e le sue labbra si erano curvate in un sorriso bonario.
<< Davvero, Mycroft? Credi davvero che sia più importante il nome anziché chi lo porta? Hai davvero bisogno di conoscere il nome di qualcuno per volergli bene? Tu, mamma e papà lo chiamate Billy, io lo chiamo Scotty, lui preferisce Sherlock, e allora? Cosa cambia di lui? >>. Si era poi alzata ed era corsa a raggiungere il suo gemello lasciandolo lì, senza una risposta.
<< Tutto bene, Mycroft? >> gli chiede Greg distogliendolo dai suoi pensieri.
<< Sì… io stavo solo… pensando >>.
Anthea lo guarda con quella nota preoccupata nello sguardo e lui si scopre a sorriderle, non nel solito modo tirato questa volta. La ragazza ricambia il sorriso e torna a portare l’attenzione allo schermo del laptop.
<< Pazzesco >> ridacchia Greg. << Ho sempre pensato che voi non vi somigliaste affatto, eppure poco fa’, con lo sguardo perso nel vuoto e imbambolato, vi ho visti così simili >>.
In effetti gli hanno sempre detto che non c’era alcuna somiglianza tra lui e i suoi fratelli. Questo fin da quando erano piccoli. Lui biondo e liscio, loro bruni e ricci. Lui tendente all’obesità, loro all’essere scheletrici. Loro con quegli occhi di un colore strano e cangiante, ipnotici e accattivanti, lui con un banale azzurro pallido. L’unico particolare in comune è sempre stato il pallore della pelle. ‘Marchio di nobiltà’, era solito dire loro padre. Anche nel temperamento erano del tutto diversi. Lui ligio al dovere ed obbediente, loro due uragani scatenati e ribelli. C’era chi gli avevo più volte chiesto se fossero davvero fratelli.
Questa volta a distoglierlo dai suoi pensieri giunge il ‘bip’ del programma. Anthea si volta sorridente verso di lui e non gli serve quasi guardare il risultato del check per capire cosa ha trovato.
<< Cristo, è lui! È vivo! Maledetto bastardo, è vivo! >> grida Greg e in un moto di gioia lo stringe forte tra le braccia, fomentando la risata leggera di Anthea. Mycroft, colto di sorpresa da quel contatto inatteso e non voluto, ritrova il controllo puntando l’attenzione ai dati indicati nel programma. Il dna ritrovato al piano di sopra dello studio di Magnussen coincide con quello di Sherlock al 100%.
<< E’ vivo, sì, ma ferito >> dice serio.
<< Oh, dai Myc, non fare il menagramo! Pensa alla cosa importante: è vivo, quel filmato è un falso e lui non si è mai buttato sotto a un treno. Fox è andato a cercarlo e lo ha condotto per mano da John >>.
Il programma conclude la sua ricerca senza dare i risultati del dottore.
<< Pare non essere stato ferito, per fortuna  >> dice Anthea.
<< Si starà sicuramente prendendo cura di Sherlock e degli altri due feriti, perfettamente calato nel suo brodo di medico dell’emergenza >> annuisce soddisfatto Greg. Volge lo sguardo verso Mycroft e gli tende la mano << Ti ringrazio, Mycroft. Grazie a te stanotte potrò finalmente dormire, dopo troppe settimane di sonni tormentati e inquieti. Perdonami per le accuse che ho mosso contro di te stamattina. Non sei lo stronzo che credevo tu fossi, dopotutto >>.
Mycroft fissa a lungo la mano che gli tende, prima di decidersi di stringerla.
<< Quella telefonata che dovevi fare alla Hooper… penso sia meglio tu vada da lei di persona >>.
<< Oddio, che le hai detto? >> gli chiede scoccando un’occhiataccia pure ad Anthea, come a rimproverarla di non averlo fermato.
<< In realtà è bastata la nostra sola presenza >> risponde la ragazza. << E’ a pezzi, anche se il mio animo femminista la preferisce così attiva e grintosa piuttosto che la passiva e debole ragazzina sottomessa al fascinoso genio arrogante >>.
Gregory ride facendo echeggiare la sua risata tra le quattro mura.
<< Ok, ok, corro a risolvere la situazione >>.
<< Per quanto immagino possa essere difficile, dato che quella appena scoperta è una notizia che le renderebbe il buon umore, ti prego di non dirle nulla. Rincuorala in… altri modi >> dice impacciato Mycroft e Anthea non ce la fa a trattenere una risata fragorosa.
<< Oddio, non posso credere tu l’abbia detto davvero >> dice la ragazza faticando a riprendersi. Greg si unisce alla risata, benchè le sue guance siano visibilmente rosse. Mycroft si risente della loro ilarità.
“Ma possibile tu sia sempre così ingessato? Farsi una risata ogni tanto, fratellone, fa bene alla salute, sai?” la voce di Jane e la sua risata allegra aprono una diga nel suo petto e Mycroft, dapprima piano poi sempre più forte, si unisce al coro. Incontra lo sguardo di Anthea che annuisce mentre asciuga gli occhi umidi di lacrime allegre.
<< Sta accadendo davvero? Non ci posso credere! Sarà la prima cosa che racconterò loro quando tutta quanta questa storia sarà finita. Ora è meglio, però, che chiami Molly >>.
Escono dalla stanza, riconsegnano le chiavi alla reception e se ne vanno ognuno con i propri mezzi.
Il viaggio di ritorno verso villa Holmes è silenzioso, ma l’atmosfera è più leggera. Una volta giunti a destinazione Anthea scende dall’auto guardandosi attorno un po’ più circospetta del solito, dopo una serata di sotterfugi ai danni di Moriarty. Apre la portiera e Mycroft scende dalla vettura. Insieme percorrono il vialetto, Mycroft apre la porta ed entrano. La ragazza si accerta che non ci siano presenze indesiderate e una volta appurata la sicurezza Mycroft si dirige al mobiletto bar e prende il brandy.
<< Insisto: non dovresti bere >> gli dice Anthea.
<< Non da solo >> ribatte lui porgendole un bicchiere. La ragazza fissa stupita il calice che le porge. Lo prende con entrambe le mani, come avesse paura di rompere quella strana magia. Mycroft alza il suo bicchiere e la ragazza lo imita.
<< A cosa brindiamo? >> gli chiede.
<< A coloro che ce la fanno, sempre >>.
Fanno tintinnare i calici e prendono un sorso di bevanda.
<< Vuoi… vuoi che resti? >> gli domanda e questa volta Mycroft coglie una nota d’imbarazzo nella sua voce.
<< No. Come ti ho detto, questo genere di cose non fa per me >> risponde sentendola come una cosa sbagliata dal momento che in quella ragazza rivede la sorella.
<< Va bene, non te lo proporrò più >> gli dice avvicinandosi a lui. Rompe di nuovo il mezzo metro convenzionale che è solito separarli. Avvicina il volto al suo e posa un bacio sulla sua guancia ben rasata.
<< Buonanotte, Mycroft >> sussurra guardandolo negli occhi.
<< Buonanotte, Jane >> ricambia lui e un sorriso nasce sulle labbra della ragazza. Posa il bicchiere sul tavolino e si allontana da lui. Quando chiude la porta alle sue spalle resta solo l’eco dei suoi tacchi a spillo a spezzare il silenzio.
 
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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Buongiorno a tutti!
Abbiamo iniziato con John, continuato con Sherlock, siamo passati a Mycroft e ora salteremo un po’ di punto di vista in punto di vista, in questa nuova parte più concitata che ci accompagnerà alla conclusione.
Ringrazio tutti voi che state seguendo questa ff e come sempre mi auguro sia di vostro gradimento.
Alla prossima
Buona lettura
Patty
 
Capitolo 16
 
Sul corridoio ormai deserto riecheggiano i passi svelti di Molly. Avrà sicuramente lo sguardo basso e la testa incassata tra le spalle nel tentativo di contenere un’esplosione. La sua voce, appena smorzata dalle pareti sottili della sala d’aspetto e dalla porta chiusa, è riecheggiata per tutto il reparto e sicuramente la receptionist di turno non mancherà di raccontare quanto accaduto.
La ragazza entra nello spogliatoio tirando su col naso, le mani a scacciare le lacrime che le rigano il viso. Abbraccia se stessa nel tentativo di porre fine al tremito che le scuote il corpo, come fosse in costume da bagno sulla neve in una giornata di freddo polare.
<< Mi dispiace >> borbotta tra i singhiozzi. << Oddio, mi dispiace davvero, Sherlock >> dice e il pianto esplode mentre le sue stesse braccia tentano di rincuorarla stringendola ancora più forte.
John non ce la fa a restare lì fermo nell’angolo più buio del camerino ad attendere che la crisi sia finita. Veloce sguscia dal suo nascondiglio e si porta alle sue spalle, una mano a coprirle la bocca, l’altra a stringere forte le sue braccia incrociate. Colta alla sprovvista Molly si divincola tentando di urlare e l’ex soldato mette ancora più forza nella sua stretta.
<< Smettila e ascoltami, Molly! >> le sussurra all’orecchio catturando la sua attenzione. << Ho bisogno del tuo aiuto. Ho bisogno che questa volta anziché aiutarlo a fingere il suo suicidio mi aiuti a salvarlo. È stato ferito in modo grave e non voglio che vada a fare compagnia a quei bastardi che gli hanno sparato e che ora si trovano nei frigoriferi nell’altra stanza >>.
La ragazza sembra aver ritrovato il controllo di se stessa. Lentamente, un dito dopo l’altro, John le libera la bocca e allenta la stretta attorno alle sue braccia. Molly si volta a guardarlo e fa un passo indietro, spaventata dal volto sconosciuto. Lo guarda, però, più attentamente e titubante avvicina una mano a toccargli il viso.
<< John… sei davvero tu? >> gli chiede incredula.
<< Sì, sono davvero io >>.
<< Ma tu… tu dovresti essere… >>.
<< Anche lui. E morirà davvero se non ci sbrighiamo >>.
<< Di cosa hai bisogno? >>.
<< Di te >> risponde e la vede impallidire. Lo stupore che le sbianca il volto però dura una frazione di secondo, lasciando il posto ad un’espressione determinata. << Gli hanno sparato al torace, la pallottola ha lacerato il diaframma e credo si sia fermata tra cuore e polmone destro, per fortuna senza intaccare né l’arteria epatica, né l’aorta toracica. Il proiettile è rimasto dentro. Va operato al più presto. Ho arrestato l’emorragia, ma ha perso molto sangue ed è privo di sensi da che lo abbiamo recuperato >>.
<< Dove si trova adesso? >>
<< Su un furgone qua fuori. C’è un'altra ragazza ferita in modo meno serio ma ugualmente importante alla gamba >>.
<< Va bene, fai portare il furgone all’ingresso delle ambulanze. Lascerò la porta socchiusa e un lettino proprio lì davanti. Portatelo alla stanza 26, è l’unica dove siano presenti attrezzature di chirurgia in vivo qui. Cercherò di renderla il più asettica possibile. Vi aspetto lì >>.
Molly esce dallo spogliatoio, si ferma davanti alla porta e poi bussa due volte, un segnale di via libera che non hanno neppure dovuto stabilire.
<< Ragazzi, avete sentito? >> chiede al gruppo attraverso l’auricolare.
“Ci stiamo già portando all’ingresso indicato” risponde Fox. Anche John raggiunge la porta e vi trova il lettino, esce con quello sulla strada e con l’aiuto di Fox e Sky vi adagia accuratamente Sherlock. Fox gli fa strada dandogli il via libera e lo aiuta a trainare il lettino, seguito da Sky che porta tra le braccia Mistica.
<< Tolgo il furgone da lì e torno dentro >> gli dice Fox lasciandolo davanti alla stanza 26. Molly apre la porta e lo aiuta a spingere dentro il lettino.
<< Voi tre mettetevi lì e non oltrepassate la linea gialla >> intima loro spingendo il letto sotto la lampada. John toglie la maglietta e le scarpe. Si porta al lavandino e lava accuratamente le mani e gli avambracci. Si asciuga con i panni sterili e indossa uno dei camici, un paio di scarpe, la cuffia e la mascherina.
<< Cosa conti di fare tu? >> domanda Molly che ha spogliato Sherlock, lo ha collegato ai macchinari e si prepara a coprirlo con i teli asettici.
<< Aiutarti. Ho operato in condizioni peggiori >>.
<< Sei troppo coinvolto >>.
<< Anche tu >> ribatte lui, deciso a non farsi allontanare. La ragazza lo guarda a lungo prima di annuire con uno sbuffo. Fox torna nella sala e si apposta alla porta tenendo d’occhio il corridoio.
 << Ha perduto parecchio sangue e non posso recuperarne in nessun modo >>.
<< Possiamo fare una trasfusione diretta, Molly >> propone John.
<< Certo, se tra voi c’è qualcuno col suo stesso gruppo sanguigno >>.
<< Io sono 0- >> risponde Fox.
<< Ottimo. Togli la maglia, lavati il più accuratamente possibile, indossa camice e tutto il resto e vieni subito qui! >>.
Il ragazzo fa segno a Sky di prendere il suo posto e questi riluttante abbandona Mistica da sola sulla sedia e gli da il cambio. Esegue quanto ordinato da Molly e li raggiunge.
<< Dai a me >> dice a John togliendogli l’ago a farfalla dalle mani in modo che possa aiutare Molly a intubare Sherlock. John lo vede legare il laccio emostatico attorno al braccio sinistro e infilare senza timore e con abilità l’ago nella vena gonfia. Pensa di aver trovato un’altra cosa che accomuna il giornalista al suo uomo, oltre gli straordinari doni di deduzione e intuito.
<< Non ho alcun tipo di sedativo qui. Auguriamoci che non si svegli durante l’intervento >> dice Molly scoccando un’occhiata preoccupata a John, che toglie il laccio emostatico dal braccio di Fox e lo lega attorno a quello di Sherlock. Le vene del suo uomo sono più difficili da trovare. Gli ci vogliono un buon numero di tentativi prima di riuscire a prenderne una. Si accerta che il sangue di Fox raggiunga correttamente Sherlock.
<< Che la fortuna sia dalla nostra parte >> dice alla ragazza passandole il bisturi. Molly lo prende e senza esitazioni incide la carne di Sherlock.
Sono minuti intensi e tesi. Molly opera accuratamente, lanciando occhiate a intervalli regolari al cardiofrequenzimetro per accertarsi che battiti e pressione reggano. John non le toglie gli occhi di dosso, passandole volta per volta gli strumenti che gli chiede e tamponando o aspirando per aiutarla nel suo lavoro. Il bozzolo, però, sembra non volerne sapere di farsi trovare e Molly si vede costretta ad applicare il divaricatore.
Sherlock si agita improvvisamente. Apre gli occhi, il suo corpo si tende e tenta di gridare rischiando di strozzarsi, dal momento che è intubato. I suoi battiti accelerano di colpo e la pressione sale.
<< Tenetelo fermo >> grida Molly. John tenta di tenerlo giù bloccandogli le spalle. Sky e Fox lo aiutano tenendogli giù gambe e braccia, ma Sherlock è animato dalla forza feroce che solo il terrore sa infondere.
<< Sherlock guardami! Guardami e ascoltami! >> gli intima John afferrandogli il viso con una mano. << Moran ti ha sparato. Hai una pezzo di piombo nel corpo e, credimi, so quanto faccia male, ci sono passato. Se continui ad agitarti, però questo si sposterà e se ti dovesse lacerare un’arteria sei spacciato, amore, hai capito? >>.
Sherlock lo guarda respirando affannato. Dai suoi occhi scendono copiose le lacrime e un lamento, un lungo e doloroso lamento gli nasce dalla gola. John si sposta alle sue spalle per permettere a Molly di lavorare al meglio. Prende la testa di Sherlock tra le mani e gli si avvicina per occupare del tutto il suo campo visivo.
<< Controlla il dolore, amore. Controllalo, so che ce la puoi fare. Sei bravo a controllare ciò che senti. Fallo per me, ok? >>.
Sherlock continua a fissarlo e a piangere e a lamentarsi, ma il suo corpo non è più scosso da spasimi violenti. John alza appena la testa a scambiare un’occhiata con Molly. Con un cenno del capo le dice di procedere e la ragazza inserisce una lunga pinzetta nella ferita aperta.
<< Resta con me. Ascolta la mia voce. Solo la mia voce e guardami. È importante che tu ora stia fermo >>.
Sherlock sembra piccolissimo in questo momento. Tira su col naso mentre tenta di respirare lentamente. John gli asciuga le lacrime e posa baci delicati sulla sua fronte madida di sudore.
<< Ci sono quasi… eccolo, l’ho preso! >> dice Molly. Il bossolo catturato dalla pinzetta cade tintinnando nella bacinella di zinco.
John lo fissa. Sporco del sangue del suo uomo. Lanciato dentro il suo corpo a trafiggerlo, ferirlo e segnare per tutta la vita i suoi tessuti con cicatrici che per sempre resteranno nella sua carne e sulla sua bella pelle bianca. Un’ondata di odio puro lo investe. Odio verso quella donna, quella falsa Mary Morstan.
<< Un uomo come te non merita di soffrire così tanto. E’ stato davvero ingiusto da parte sua farti questo >>.
Le sue parole. Una delle frasi che insieme a tante altre gli aveva scritto durante le interminabili ore trascorse a chattare. Nel momento in cui era più vulnerabile quella donna ha tentato di attaccarlo, spingendolo ad odiare l’uomo che ama. E c’era riuscita. C’è stato un momento in cui ha ritenuto veritiere le sue parole. Un momento nel quale John si è ritrovato a maledire Sherlock per essere stato così egoista.
“C’è mancato così poco. Così poco” pensa affondando le mani nei ricci di Sherlock, ingrigiti da non sa quale diavoleria usata da Mistica.
Un suono acuto giunge dal cardiofrequenzimetro. La pressione cola a picco e il cuore entra in fibrillazione.
<< No, no, no, Sherlock, non puoi farmi questo, no! >> grida John correndo al suo fianco. Inizia a fargli il massaggio cardiaco, mentre Molly corre ad attivare il defibrillatore. Dalla ferita aperta sgorga sangue vivo ad ogni compressione.
<< Resta con me, amore, non lasciarmi! >> esclama John guardando il monitor che continua a rimandare la nota acuta e monotona e a segnare quello zero che sembra farsi beffe di lui.
<< Il defibrillatore è pronto, John, spostati >>.
Molly avvicina le piastre al torace di Sherlock e tutto il suo corpo si inarca sotto la scossa violenta. L’odore acre del suo sangue bruciato invade la stanza. Quella linea piatta continua a rimandare il suono acuto e Molly alza il voltaggio e nuovamente il corpo di Sherlock si inarca. Un primo timido battito si fa strada sulla linea. Poi un altro e un altro ancora.
<< Sì, così, bravo! >> grida John portando le mani ai capelli innaturalmente lunghi. Fox gli da una pacca sulla spalla e Sky si allontana lasciando andare la tensione con un lungo sospiro. Molly posa le piastre e si affretta a suturare la ferita. John torna ad affondare le mani nei ricci umidi. Non riesce a distogliere lo sguardo dal cardiofrequenzimetro. Teme di vederlo arrestarsi nuovamente, di dovere ancora vedere il corpo di Sherlock inarcarsi preda della scossa elettrica.    
<< Dormi, amore mio. Resta lì ovunque tu sia, al sicuro. Permettici di concludere il lavoro e di salvarti la vita, poi potrai tornare. Farà male, molto male ma sarò al tuo fianco >> gli sussurra, mentre Molly sutura i vari strati di carne con fili dalle consistenze diverse ad una velocità e abilità da manuale.
<< Finito >> annuncia, tagliando il filo dell’ultima sutura, quella che diverrà una cicatrice a ricordo della sua ennesima azione sconsiderata. John lascia andare un sospiro profondo e sente le gambe cedere. Posa sulla fronte di Sherlock un lungo bacio carico di singhiozzi troppo a lungo trattenuti.
<< Maledetto idiota >> sussurra tra le lacrime continuando a posare piccoli baci sulla fronte pallida del suo uomo.
<< Vado a vedere se riesco a trovare della morfina >> sente dire a Molly. Vorrebbe alzare lo sguardo e ringraziarla per tutto ciò che sta facendo per loro, ma non riesce a staccarsi da lui, non riesce a smettere di baciarlo e di maledire il suo essere avventato.
<< E’ fuori pericolo, John >> gli dice Fox, la sua grande mano posata sulla sua spalla scossa da brividi.
<< Non possiamo ancora esserne certi >> risponde scuotendo appena il capo. << Dobbiamo vedere come reagisce questa notte e domani. Se Molly non riesce a trovare la morfina sarà tutto più difficile e potrebbe andare nuovamente in arresto cardiaco a causa del dolore. Anche Mistica ne ha bisogno >> dice volgendo appena lo sguardo alla ragazza seduta sulla sedia con le mani strette attorno alla gamba fasciata.
Molly torna dopo quella che a tutti quanti loro sembra essere un’eternità. Ha con se cinque fialette di morfina, una delle quali aggiunge alla soluzione salina che lenta cola nelle vene del consulente.
<< Passerai dei guai per questo >>.
<< Non mi importa, John. Non mi importa più di nulla >> dice la ragazza controllando i parametri vitali di Sherlock che risultano stazionari. Gli accarezza il viso con dolcezza e John scorge il grande amore che questa donna incredibilmente coraggiosa prova per il suo uomo. Non avverte alcuna gelosia per lei, però. È anzi dispiaciuto per questo sentimento non corrisposto e le augura di trovare qualcuno capace di amarla come merita e al quale donare tutto questo amore.
<< Sono felice che siate vivi. Non mi davo pace all’idea di aver contribuito alla vostra morte >> dice e nuove lacrime le rigano il viso mentre ancora accarezza la guancia pallida e scavata di Sherlock. John vorrebbe consolarla ma non trova le parole. Una parte di sé è ancora arrabbiata con lei per essersi prestata a quella messinscena. Cosa ne può, però, questa ragazza? Usata da Moriarty per ben due volte e comunque sempre pronta a salvarli senza esitazioni.
<< Grazie Molly >> le dice finalmente. La ragazza lo guarda e gli sorride con dolcezza.
<< Non avrei mai potuto competere con te, John. Con qualcun altro forse, ma non con te >> dice allontanandosi da Sherlock per andare a controllare la gamba di Mistica e darle un po’ del sollievo della morfina.
<< Non possiamo restare qui >> sussurra Fox più pallido del solito.
<< Non possiamo neppure muoverlo >> ribatte John.
<< Lo porteremo a casa mia >> dice Molly. << Lo terremo qui in osservazione per le prossime quattro ore. Il reparto è deserto a quest’ora. Poi lo caricheremo sul furgone portandoci qualche sacca di soluzione salina e antibiotico per ogni evenienza e verrete da me. Casa mia, infondo, è uno dei suoi nascondigli sparsi per Londra >>.
<< Davvero? >> chiede John stupito.
<< Sì. Occupa la camera degli ospiti e a volte anche la mia, quando ha bisogno di spazio >> ammette la ragazza sorridendo al consulente investigativo addormentato. John non riesce a credere fino a che punto Sherlock si sia approfittato dell’ascendente che ha su questa ragazza.
<< Dobbiamo essere cauti. Potresti anche tu essere pedinata >> dice Fox.
<< No, io sono inutile agli occhi di Moriarty, dal momento che non ho alcuna considerazione da parte di Sherlock. Per questo mi ha chiesto aiuto. Ehi, ma… ma tu sanguini! >>.
Fox guarda stupito Molly. Segue poi la traiettoria del suo sguardo e porta la mano destra alla spalla sinistra.
<< Oh cazzo, no! >> esclama il ragazzo.
<< Tranquillo, Fox, è solo un graffio >> dice John subito accorso a prendersi cura della ferita di striscio che gli ha lacerato la carne dando vita a una lenta emorragia minore. Lo vede lanciare un’occhiata a Mistica che prende la giacca della sua divisa tra le mani e ne controlla il punto in cui il proiettile ha lacerato la stoffa. Lo sguardo che la ragazza rimanda al collega è carico di paura.
<< Non è per il graffio! >> sbotta portando la mano all’orecchio destro. << Grey, abbiamo un problema, un problema serio, cazzo! >> dice e per la prima volta John lo vede sinceramente preoccupato.
“Che succede? Aggiornami sulla situazione”.
<< Billy è stato operato, la pallottola è stata estratta e le sue condizioni sono stazionarie. Mistica è stata curata ma non potrà camminare per un po’. Siamo sotto di due elementi, ma la cosa peggiore è che ho lasciato una traccia evidente sulla scena del crimine, molto più evidente del sangue che ci abbiamo perso >>.
“Quale traccia, cosa hai lasciato?”.
<< Uno dei colpi di rimbalzo mi ha preso di striscio alla spalla strappando il mio logo dalla giacca! >>.
<< Cazzo, siamo fritti! >> sbotta Sky portando le mani ai capelli.
“Farò subito una rapida ricerca per vedere che tipo di foto sono state fatte e se da qualche parte compare il tuo logo. Nel frattempo siate ancora più accorti di quanto lo siete stati fin’ora. E’ possibile che Napoleone ci conosca ma che non abbia idea dei nostri singoli loghi. Non sono molto conosciuti, in effetti. Sicuramente il Ricattatore sarebbe stato un problema maggiore ma lui ora non c’è più”.
<< Di tutti i posti dove potevo essere colpito… >>.
“Meglio lì che altrove! L’idea di saperti su un tavolo privo di sensi, come Billy adesso, ben poco mi piace e già devo fare i conti col fatto di sapere Mistica ferita e fuori gioco! Charlie, appena si riprende dagli uno schiaffo da parte mia e digli che quando ci rivedremo gli darò il resto!”.
<< Molto volentieri, Grey >>.
<< Ma con chi state parlando? >> li interrompe Molly che li guarda attonita sentendo di aver perso alcuni passaggi. << John, mi vuoi spiegare cosa sta succedendo? Perché siete qui entrambi vivi e chi sono loro? >> chiede indicando i ragazzi ammaccati e stanchi.
Il telefono squilla nella sua tasca impedendo a John di risponderle. La ragazza lo prende, osserva il nome del chiamante e morde il labbro inferiore.
<< E’ Greg >> sussurra scoccando un’occhiata a Sherlock ancora addormentato.
<< Greg Lestrade? >> le chiede John stupito. Non sapeva che i due si fossero scambiati il numero.
<< Sì… ecco, lui… noi… >> borbotta la ragazza mentre il cellulare continua a squillare.
<< Forse dovresti rispondere >> le consiglia Fox e Molly annuisce. Si sposta nella stanzetta adiacente per accettare la chiamata. È possibile vedere dal piccolo oblo posizionato sulla porta il suo viso rasserenarsi.
Il dottore distoglie lo sguardo per lasciarle la giusta privacy e si accorge di come, invece, Fox la osservi con attenzione. In questi giorni di convivenza forzata, John pensa di aver capito come funziona questo strano ragazzo. Non tiene gli occhi puntati su di lei perché mosso da curiosità. Sta  analizzando lo stato emotivo di Molly.
<< Qualcosa non va? >> gli chiede mentre ultima la medicazione della ferita.
<< Non è per nulla brava a mentire. Greg avrà sicuramente capito che c’è qualcosa che non va. Molly è decisamente sotto stress, da troppo tempo. Penso stia bevendo più del necessario, per quanto non si possa ancora parlare di alcolismo >>.
John è atterrito dalle parole di Fox. L’ultima cosa che vuole è farle del male. La telefonata si conclude velocemente e Molly ritorna da loro.
<< Mycroft Holmes è stato qui oggi >> dice Fox e la ragazza lo guarda stupita. Volge lo sguardo interrogativo a John a sua volta colpito dalla notizia. << Ti ha chiesto di vedere i corpi e tu ti sei rifiutata >>.
<< Ma tu… chi sei tu? >> gli chiede. Il suo sguardo si sposta più volte da Fox a Sherlock.
<< No, non siamo parenti. Abbiamo solo alcune caratteristiche in comune >> dice il giornalista, facendola però intimorire ancora di più. << So che può sembrarti una domanda inopportuna, ma è per me necessario portela, Molly. Lestrade è solito chiamarti a fine giornata o è un avvenimento insolito? >>.
La ragazza arrossisce vistosamente e aggrotta le sopracciglia, pronta  ribattere a tono.
<< Molly, è davvero importante. Se non lo fosse non te lo chiederebbe >>.
<< Io non so ancora chi sono loro né cosa sia successo, John >>.
<< Ti prego, rispondi alle sue domande e poi noi risponderemo alle tue >>.
La ragazza storce il naso per nulla soddisfatta dalla piega che stanno prendendo le cose.
<< Sì, siamo soliti sentirci. È normale che mi chiami a quest’ora >> dice nascondendo l’imbarazzo dietro una finta indignazione per quell’intrusione nella sua privacy. << Abbiamo iniziato a vederci per caso, subito dopo il ‘suicidio’ di Sherlock >> aggiunge poi abbassando lo sguardo. << Ci siamo incontrati al pub dove siete soliti andare e abbiamo parlato a lungo. La sera dopo è avvenuta la stessa cosa, nuovamente per caso, e abbiamo ancora parlato. Anthea mi dava il tormento ricordandomi quanto fosse importante che nessuno sapesse, per il bene tuo, di Sherlock e anche mio. Avevo, però, bisogno di parlare. Del suo ‘suicidio’. Di lui e Greg era l’unico con cui  potessi farlo. Penso che all’inizio sia stato un bisogno reciproco, il nostro. Per cercare di dare un senso a quanto era successo, credo. Poi siamo finiti con l’iniziare a vederci regolarmente anche al di fuori del pub e a sentirci quando non mi era possibile a causa del lavoro essere con lui. Tu, John, eri chiuso in casa sua e io avevo bisogno di sapere come stessi, perché mi sentivo mortalmente in colpa. Solo a compimento dell’operazione mi hanno detto di come tu non sapessi nulla del suicidio farsa e mi è sembrato così ingiusto. Più mi dicevano che era per il tuo bene più io lo trovavo ingiusto, perché non c’è alcun bene nel non sapere che chi si ama e si crede morto in realtà sia ancora in vita >>.
Sembra così piccola, stretta nelle spalle. Sprofonda nel camice bianco improvvisamente troppo grande. John vorrebbe abbracciarla, sostituendosi alle sue braccia che tiene strette al petto, alle mani aggrappate ai bicipiti magri. Rincuorarla dicendole che non ha alcun motivo di sentirsi in colpa. Che sono finiti tutti quanti dentro a un gioco pericoloso, pedine tra le mani di giocatori abili e senza pietà. E lei, quella apparentemente più fragile tra tutti, sta dimostrando di essere forte e coraggiosa.
Non riesce, però, il dottore, ad andare più in la di un sorriso e uno sguardo dolce che lei, troppo impegnata a scrutare il pavimento ai suoi piedi, neppure nota.
<< Ti è sembrato in qualche modo diverso in ciò che ti diceva? >> le chiede Fox portando avanti imperterrito la sua indagine.
<< No… gli ho raccontato del sopralluogo di Mycroft e Anthea di stasera e di come li ho mandati via. Mi ha chiesto se volevo passasse da me, ma gli ho detto di no >> arrossisce.
Fox scuote il capo lentamente e si porta un passo più vicino a lei. Molly lo guarda con sospetto, faticando a sostenere il suo sguardo. John le rivede sul volto l’espressione tipica di imbarazzo e disagio che è solita rivolgere a Sherlock.
<< C’è qualcosa, lo vedo >> le dice il giornalista con quel sorriso che apre alla fiducia. << Ti ha detto qualcosa di insolito, solo non ti rendi conto che lo sia >>. Gli occhi verdi fissi in quelli castani e il tono di voce morbido e ipnotico. Molly vacilla e John vorrebbe intervenire, ma Sky posa una mano sul suo braccio e scuote il capo consigliandogli di stare al suo posto.
<< Torna alla telefonata. Chiudi gli occhi e rivivila parola per parola, per favore >>.
Molly chiude gli occhi e si concentra. Resta in silenzio per qualche istante senza neppure respirare.
<< Sì, c’è una cosa >> dice, spalancando gli occhi stupita. << Quando gli ho detto di Mycroft e Anthea, di come siano squallidi e privi di alcuna emozione lui è rimasto in silenzio. Di solito concorda, soprattutto su Mycroft, e, anzi, non perde occasione per dargli addosso. Questa volta, invece, non ha detto nulla. Pensi sia importante? >> gli chiede e tutto l’imbarazzo e il disagio fin’ora espressi scompaiono del tutto dal suo viso, dal suo corpo, dalla sua intera persona.
<< Sì. Sei stata bravissima, ti ringrazio >> risponde Fox che mette via le sue strategie manipolatorie per mostrare una serietà imperscrutabile.
<< Puoi illuminare anche noi comuni mortali, per favore >> gli chiede John supportato dal dondolio del capo di Sky.
<< La notizia della morte del Ricattatore deve essere giunta all’istante al Governo Inglese. Così come con la stessa rapidità deve essere riuscito ad entrare in possesso delle foto della scena del crimine. Il Governo Inglese non è specializzato come Billy in investigazioni, ma è intelligente, molto più di lui, e sicuramente avrà trovato il dettaglio giusto >>.
“Il tuo logo” concorda Grey sempre presente al di là delle auricolari.
<< Sì. Io e Greg ci siamo conosciuti quando sono venuto a reclutare Billy anni fa’ e, saltuariamente, nelle sue e-mail lui mi diceva che ero rimasto particolarmente impresso nella memoria del detective >> spiega Fox e, benchè sia fuori luogo, Sky ridacchia divertito. << Il Governo Inglese non l’ho mai incontrato, ma chiunque abbia a che fare con Billy viene passato ai raggi X da lui e quindi sono più che convinto che il mio logo lo conosca e lo abbia riconosciuto. Si è poi rivolto a Lestrade perché lui e te, Molly, non siete più ritenuti interessanti dai nostri pesci grossi >>.
<< La cosa non mi dispiace per nulla >> dice risoluta la ragazza.
<< Contattiamolo, allora >>.
<< Ci stavo pensando anche io, Charlie >> annuisce Fox.
<< Siamo sotto organico e la battaglia è ancora lunga. Una mano da un detective scafato come lui può solo tornarci comodo >>.
<< Sky ha ragione. Che ne dici, Grey? >>.
“E’ maledettamente pericoloso. Il Governo non deve assolutamente saperlo e se lo ha reclutato la vedo difficile che ne resti all’oscuro. Però concordo con voi. Sapervi solo in tre non mi piace per nulla, anche perché temo che anche per Napoleone sarà possibile giungere alle stesse conclusioni e allora sì che sarete davvero in pericolo. Dite alla ragazza di richiamare Lestrade e invitarlo a casa sua. Spiegate loro tutto quanto, anche se penso lui sappia già un buon numero di cose, e non fate nulla fino a domani diciamo verso le 11”.
<< Non se ne parla neanche! Non erano questi i patti, Grey >> sbotta Fox con una ferocia tale nella voce da far trasalire Molly.
“La situazione si è decisamente complicata, Fox, e situazioni complicate richiedono soluzioni drastiche. Domani alle 11 il tecnico della caldaia verrà a controllare la situazione. Preparate una lauta mancia. Passo e chiudo”.
Finora Grey non aveva mia chiuso spontaneamente la comunicazione. John vede Fox portare una mano alla bocca e stringere l’altra forte a pugno. Non capisce il perché di quella reazione esagerata all’idea che il loro capo, il suo amico, si unisca a loro nelle indagini. Vorrebbe chiederglielo ma nuovamente la mano di Sky si posa sul suo braccio e la sua testa va lenta da destra a sinistra invitandolo al silenzio. Fox toglie l’auricolare dall’orecchio e i suoi colleghi fanno altrettanto. John li imita, liberandosi per la prima volta dopo tutti quei giorni della fastidiosa trasmittente.
<< Molly, mi vedo costretto a chiederti un favore >> dice Fox con voce stanca. << Chiama Greg e digli che hai cambiato idea e che vuoi che venga da te. Vai a casa anche tu e trattienilo senza dirgli nulla di quanto è successo qui. Noi vi raggiungeremo alle tre e vi spiegheremo chi siamo e perché siamo qui. Te la senti di farlo? >>.
Molly è stupita dal repentino cambiamento del ragazzo. Annuisce e prende il telefono. Mentre lei chiama Greg e lo invita a raggiungerlo a casa, John osserva Fox. Benchè il volto sia del tutto inespressivo, sente provenire da lui ondate di rabbia. I suoi occhi verdi sono puntati sul corpo incosciente di Sherlock. John non si sente per nulla tranquillo. Istintivamente entra in protezione del suo uomo portandosi al suo fianco. Essere nella linea di tiro dello sguardo tagliente di Fox non è per nulla piacevole. Se anche gli amici diventano ostili la situazione non può che precipitare.
Con la coda dell’occhio vede Sky appoggiato alla parete più in ombra della stanza. Le braccia incrociate al petto e lo sguardo che viaggia dal collega al consulente.
Mai come in questo momento John ha sperato nell’arrivo di Greg.
“Così non sarò il solo a proteggerti” pensa. Qualcosa si è rotto nel loro piccolo gruppo. Non sa come sia successo né perché, ma il suo istinto gli dice di non poter più contare sui ‘Los Errores’.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Buongiorno a tutti!
Ridendo e scherzando sono 4 mesi che pubblico questa ff! Come passa il tempo quando ci si diverte.
Oggi non aggiungo altro. Il capitolo è lungo e vi auguro una buona lettura e, per quelli di voi che se le stanno godendo, buone vacanze.
A presto
Patty

Capitolo 17
 
So now you’ve been busted 
You’re caught feeling used 
You had to do, someone else 
You should have been by yourself 
You had to do, someone else 
You should have been by yourself 
Instead of here with me 
Secretly, secretly 
 
(Secretly - Skunk anansie)
 
Greg stringe John forte tra le braccia. Un abbraccio lungo, stretto come una morsa intenzionata a non lasciar andare la presa.
<< Tu e quell’altro… siete due maledetti bastardi! >> sussurra, nella voce l’eco di un singhiozzo. << Cosa cazzo è successo? Esigo delle spiegazioni, John >> dice sciogliendo l’abbraccio, le mani ancora aggrappate alle spalle.
John non sa da dove iniziare. È stanco morto e vorrebbe solo concedersi mezz’ora di sonno. Non ne può più di dover rendere conto a chiunque. Quelle ultime quattro ore al Bart’s sono state infernali. Tra i ‘Los Errores’ l’atmosfera si è fatta improvvisamente tesa, al punto che ha avuto l’impressione che tutto potesse esplodere da un momento all’altro. Inoltre, non ha tolto gli occhi di dosso al cardiofrequenzimetro per un solo istante e durante tutto il viaggio dall’ospedale a casa di Molly ha temuto Sherlock potesse andare in arresto cardiaco senza che lui se ne accorgesse prontamente.
Si rende conto di quanto sia Molly che Greg meritino una spiegazione, ma davvero passerebbe volentieri la palla a qualcun altro. Cerca Fox con lo sguardo, ma il ragazzo è lontano. Appoggiato allo stipite della porta della stanza degli ospiti sul cui letto riposa Sherlock. Lo sguardo rivolto all’interno della camera, sicuramente fisso sul consulente. Non riesce a leggere alcuna emozione sul suo viso pallido cosparso di efelidi, e la cosa lo inquieta parecchio.
<< E’ successo che il vostro amico Sherlock ha fatto una cazzata. Una grandissima cazzata >> risponde acido Sky. Teso, prossimo all’esplosione, l’hacker dei ‘Los Errores’ è quello che più di tutti sta manifestando le sue emozioni, in questo momento.
John gli vede portare costantemente lo sguardo preoccupato verso Mistica, seduta sul divano, la gamba destra fasciata di fresco e la morfina a regalarle qualche ora di riposo senza dolore. Quegli occhi scuri poi si voltano verso Fox. Duri, spietati, pieni di odio puro. John non si spiega come mai Sky ce l’abbia con il collega. Può capire la rabbia nei confronti di Sherlock, del quale vorrebbe dire qualcosa in difesa, ma lui stesso è arrabbiato per quanto ha fatto. Non capisce perché abbia deciso di fiondarsi da solo al piano di sopra dove sapeva benissimo esserci Moran armata, e non solo di cattive intenzioni. Sarà la prima cosa che gli chiederà quando riaprirà gli occhi e teme che anche Fox attenda con ansia questo momento, non solo per sincerarsi che stia bene.
Mistica lascia sfuggire un gemito e Sky le è subito accanto. Le posa una mano sulla fronte sudata e prontamente la ritrae. John li raggiunge e compie lo stesso gesto, lasciandosi sfuggire una smorfia. Scotta parecchio.
<< Cosa c’è? >> gli domanda preoccupato Sky.
<< Ha la febbre. È un evento abbastanza normale dopo un simile trauma >>.
<< Abbastanza? >> ribatte il ragazzo allarmato e nuovamente John il suo sguardo furioso si posa su Fox.
John controlla la ferita. I punti reggono e non sono ancora presenti tracce di infezioni violente. Somministra un antibiotico in vena alla ragazza e allevia il suo dolore con altra morfina.
<< C’è il rischio che perda la gamba, John? >> gli chiede spaventata.
<< No, Misty, è tutto sotto controllo. Il pugnale è finito in profondità ma non ha leso l’arteria, per fortuna. I punti tengono e purtroppo dovrai fare i conti col dolore. La morfina ti aiuterà >> la rassicura tergendole il sudore con un panno umido.
<< Chi vi ha ridotti così? >> chiede Greg stufo di tutta quella tensione.
John racconta al detective e a Molly tutto quanto. La morte della madre e della gemella di Sherlock. Il perché degli attacchi di Moriarty. I ricatti ai danni di Mycroft. La verità sul finto suicidio di Sherlock dal tetto del Bart’s e di quello di Moriarty. Come i ‘Los Errores’ lo abbiano contattato e invitato a unirsi a loro per compiere giustizia. Il suo suicidio e quello di Sherlock, che ha movimentato le acque portando Magnussen a fare il passo più lungo della gamba. Il loro incontro con Janescu e l’imboscata nello studio del magnate dalla comunicazione finita con una carneficina. Loro usciti vivi per miracolo e Sherlock che ha fatto ciò che ci si aspetta lui faccia, ovvero agire in proprio senza pensare alle conseguenze.
Gli fa male la gola alla fine di questo lungo racconto. Rimettere insieme gli avvenimenti e rievocarli lo ha lasciato stordito. In questo ormai lungo periodo trascorso dalla sua partenza da Londra gli attimi di calma sono stati pochi, inesistenti da che hanno lasciato ‘El lugar seguro’. Si siede su una sedia e prende la testa tra le mani. La sente prossima a scoppiare.
<< Mycroft aveva ragione: siete in pericolo tutti quanti >> sussurra Greg, ancora scosso dal racconto di John.
<< Dicci quello che sai, per favore >> gli chiede Fox avvicinandosi al detective.
<< Mycroft ha detto che Moran ha scoperto i vostri piani già dal finto suicidio di John nello Yorkshire >>.
La notizia arriva come una secchiata gelata.
<< Che cosa? >> esclama Mistica volgendo la sguardo disperato prima a Fox poi a Sky, che prontamente lo distoglie dal suo.
<< Come è possibile, Àngel? Tu curi sempre ogni dettaglio ai limiti dell’ossessione >>.
<< Aveva, però, anche detto che esisteva il 2% di possibilità che ci scoprissero >> ribatte John scuotendo il capo. << Come aveva detto Sherlock, per il diavolo una percentuale così bassa è sufficiente >>. Sky gli lancia un’occhiataccia e John alza prontamente la mano. << Non diffido del tuo operato, Àngel, ma abbiamo a che fare con una mente criminale geniale e imprevedibile >>.
<< Una mente criminale che ha deciso di mandarci alla torre di Magnussen affinchè ci ammazzassimo a vicenda >> aggiunge Fox.
<< Com’è stato possibile che ci abbia scoperti? >> domanda Mistica incredula a Greg. Questi tossicchia visibilmente a disagio e scocca un’occhiata a John per poi subito distoglierla.
<< Oh, cristo! >> esclama Fox scuotendo il capo. Greg, abituato alle deduzioni fulminee di Sherlock, non ci fa neppure caso e risponde al muto sguardo interrogativo dei presenti.
<< Non ha perso di vista un solo istante John, neppure durante il mese che ha trascorso da me. Lo ha seguito e ha trovato un biglietto che gli avevate scritto e del quale lui si era liberato >>.
<< Oddio! >> esclama John. Moran, quella pazza furiosa donna era con lui sull’autobus. Travestita, sicuramente irriconoscibile e lui le ha fornito su un piatto d’argento la spiegazione di ciò che stavano per fare. John è talmente scosso dalla notizia che non si rende conto delle mani che lo afferrano per il bavero rimettendolo bruscamente in piedi.
<< Ti avevo detto di distruggerlo! >> ringhia Sky.
<< Giù le mani, ragazzino! >> lo richiama Greg togliendolo a fatica di dosso al dottore, che cade nuovamente a sedere.
<< E’ quel che ho fatto, Sky >> ribatte John nervoso. <<  L’ho fatto a pezzi e gettato nel cestino appena sceso dall’autobus nello Yorkshire >>.
<< Gesto che non le è passato inosservato. Lo ha recuperato e da allora è rimasta zitta zitta a seguire i nostri movimenti >> grida l’hacker tentando di scagliarsi nuovamente contro di lui. Greg fa davvero fatica a contenerne la furia.
<< Piantala, Àngel! >>.
L’ordine di Fox arriva forte e perentorio. Non da spazio a repliche e ha l’effetto di congelare le intenzioni del ragazzo. John si rende conto che il rosso non ha detto una parola da dopo quell’esclamazione, né mosso un dito dinanzi all’agito del collega. Il suo volto è privo di qualunque espressione e per questo ancora più spaventoso.
<< Lavoriamo insieme da quasi dieci anni e questa è la prima volta in cui ti ho visto commettere un errore talmente grossolano da rischiare di mandarci tutti al creatore >> dice e nella sua voce vibra appena la rabbia magistralmente trattenuta.
<< Vuoi dare a me la colpa, adesso? >> gli domanda incredulo Sky abbozzando una risata.                       << L’unico colpevole qui è il compagno del tuo fottutissimo amico! >> ringhia indicando la stanza nella quale giace Sherlock ancora privo di sensi.
<< John è stato avventato e il mio fottutissimo amico ha fatto una grandissima cazzata, te lo concedo >> ribatte placido. << Ma quegli uomini giunti all’improvviso, la sparatoria, come hai potuto non renderti conto di cosa stava accadendo, Àngel? >> gli chiede muovendo un passo verso di lui che istintivamente si ritrae.
<< Abbiamo a che fare con dei folli geni, Valerio, e se non ti è giunta notizia sono anche io un essere umano e come tale posso sbagliare. Proprio come il nostro dottore! >> dice, gettando nuovamente miserie e occhiatacce contro John.
<< A Granada non hai sbagliato, e la situazione era persino peggiore >> ribatte sempre tranquillo Fox. << Anche a Valencia sei stato impeccabile e tu stesso hai ammesso di avere a che fare con un informatico eccezionale >>.
<< Questi sono ancora peggio! Il tuo amico ci ha portati all’inferno, non te ne rendi conto? >>.
<< Non vi ho obbligati a seguirmi, Àngel. Sono stato più che chiaro con Juan. Mi ero proposto di partire da solo. Potevi starne fuori >>.
Il ragazzo ride, una risata amara e forzata.
<< Starne fuori? Pensi che davvero avrei potuto saperla qui con te dietro le tracce di quel pazzo e starmene tranquillo a casa? >>.
<< Non parlare di me come se non fossi qui, Àngel, non lo sopporto! >> irrompe Mistica, che di indossare i panni della donna fragile da salvare non ne ha proprio voglia. << Ho scelto io di aiutare Billy, sono libera di decidere cosa fare della mia vita, mi pare >>.
<< Certo, tesoro, siamo tutti liberi di scegliere. Infatti guarda dove siamo adesso. Guardati dove sei! >> grida Sky.
<< Sono cose che possono succedere in uno scontro >> ribatte la ragazza. << Non è la prima volta che vengo ferita, perché ti comporti così, adesso? >>.
<< Perché, Miriam? Devo anche risponderti? >>.
<< Stiamo conducendo un’inchiesta… >>.
<< Questa non è un’inchiesta! >>.
<< E cos’è allora? >> gli chiede Fox. Uno strano gelo cala su tutti loro. L’apparente distacco col quale il rosso tiene sotto tiro il collega da i brividi. A tradirlo sono solo i pugni chiusi e stretti al punto da sbiancare nocche e dita.
 << Mi chiedi cos’è? >> ridacchia nervoso. << Oh, non lo so neppure più io cos’è? Tu stesso te ne stai pentendo, vero Valerio? Ora che anche Juan ha deciso di venire qui, ti stai pentendo di aver voluto mettere il becco in questa storia >> .
Fox ride. Scuote il capo per poi passare le dita a disegnare onde tra i capelli. Tanto carica di rabbia è quella risata da far rabbrividire. John vede Sky fare un altro passo indietro. Il volto dell’hacker è pallido e contratto, come quello di un bambino scoperto con le mani nella marmellata.
<< Mi conosci da tanti anni e ancora ci provi? Pensavo lo avessi capito che non puoi mentirmi >>.
<< Io non sto mentendo! >> si difende il ragazzo serrando i pugni.
Incomprensibilmente Fox ride di nuovo. Greg e Molly volgono sguardo verso John, stupiti dell’atteggiamento del ragazzo. Il dottore, però, non sa cosa dire loro perché a sua volta non ci sta capendo nulla. Vede Mistica guardare tesa i suoi colleghi. Una profonda espressione di angoscia e tristezza sul bel viso scuro.
<< Quello che hai fatto tu e molto più grave di quello che ha fatto Sherlock e persino di quello che accidentalmente ha fatto John. Lo sai, lo hai capito adesso, ma nonostante questo invece di ammettere le tue colpe dai addosso agli altri, cercando di fomentare il resto del gruppo contro questi. Patetico! >> dice guardandolo con disgusto.
<< Eccolo che lo difende ancora! >> ride isterico Sky. << Billy non cambierà mai, Valerio, mai! Ha rischiato di ucciderti sette anni fa’ e di essere ucciso a sua volta; ha messo in pericolo persino l’uomo che ama e i suoi amici >> dice indicando John e Greg. << Evidentemente, però, non è solo l’amico che dici tanto lui sia, per te >> lo provoca con un sorriso cinico sulle labbra. <<  L’inchiesta sugli spogliarelli deve avervi reso molto intimi e mi è più chiaro anche perché Juan sia così… vogliamo dire ‘protettivo’? Sì, dai, diciamo solo ‘protettivo’ nei tuoi confronti >>.
<< Smettila, Àngel! >> intima Mistica preoccupata.
<< Perché, Miriam? Non è vero forse? La verità è quella per la quale ci battiamo, allora diciamola, cazzo! >> grida avanzando di un passo verso Fox, fermo come una statua di marmo.      << Prima l’arrivo dei bambini, poi il matrimonio e ora il suo volerti lasciare tutto quanto, volerti lasciare la gestione del nostro gruppo! >> dice indicando prima se stesso poi Mistica. << Credi che me la beva la storia della ragazza italiana? Quella è solo un paravento per non ammettere a te stesso chi ami davvero >>.
Fulmineo Fox scatta in avanti e afferra per il bavero il collega.
<< Deja a Ylenia fuera de tu montòn de mierda[1] >> ringhia tra i denti.
<< Por qué màs qué haces?[2] >> lo provoca Sky colpendogli le spalle con le mani.
<< Por favor pase![3] >>.
Mistica scatta verso i suoi colleghi saltellando su una gamba sola. Come una furia li prende a pugni, menando dove capita, forte al punto da fare rumore.
<< Deja esta mierda![4] >> insiste facendosi un varco tra di loro, che ormai cercano solo di difendersi dalla sua furia. Perde l’equilibrio e scivola tra le braccia di Sky che prontamente la afferra.
<< Penso che così possa bastare per oggi >> interviene John preoccupato dalla gamba della ragazza che ha ripreso a sanguinare. Sky se ne rende conto. La solleva da terra, nonostante lei insista per muoversi sulle sue gambe, e la adagia sul divano.
<< Lascia fare a me, John >> dice Molly avvicinandosi alla ragazza. << Credo sia arrivato il momento di dormirci su tutti quanti >> dice scoccando un’occhiata minacciosa prima a Fox e poi a Sky.
<< Penso tu abbia ragione, Molly >> dice Fox concedendole un sorriso tirato. John lo vede lanciare sguardi poco felici verso il collega che distoglie prontamente lo sguardo.
<< Mi sono perso qualcosa di importante? >> gli chiede facendosi a lui vicino, dopo aver lasciato Mistica alle cure di Molly e alle attenzioni di Sky. Il rosso lo guarda a lungo prima di scuotere il capo lentamente.
<< Cose che dovevano venire fuori prima o poi e che la tensione ha fatto esplodere >> gli dice, ma non è sincero. Non del tutto almeno. << Vai a dormire, John. forse con tutto questo casino siamo stati persino capaci di svegliare Sherlock. Sarebbe l’unica cosa positiva >> gli dice posandogli una mano fin troppo tesa sulla spalla.
John annuisce sentendo il peso di una giornata lunga e carica di avvenimenti troppo forti sulle spalle.
<< Resto io di guardia. Chiudi un po’ gli occhi che stai quasi per fare invidia ad uno zombie, amico mio >> gli dice Greg e deve ammettere che saperlo lì a guardia delle furie ispaniche lo rincuora.
John raggiunge il letto della camera degli ospiti sul quale è stato adagiato Sherlock. Si accoccola al suo fianco, il viso appoggiato alla sua spalla sinistra e il braccio a cingergli la vita. Si avvicina alla sua guancia sulla quale posa un bacio. Sherlock si scuote appena, volgendo il viso verso di lui. Schiude piano gli occhi e John vorrebbe chiamare a raccolta tutti quanti tanto è felice di vederlo tornare alla realtà.
<< … Jawn… >> biascica il consulente faticando a metterlo a fuoco.
<< Sono qui, Sherlock >> gli dice carezzando la guancia liberata dal travestimento ad opera di Mistica e appena velata da un filo di barba.
<< Ho paura, Jawn >> ammette e un singhiozzo lo scuote stringendo il cuore del dottore. Posa un bacio sulla sua fronte pallida.
<< Anche io, amore >> ammette a sua volta non potendo fare altro che dire la verità.
<< Non voglio che mi tocchi >> dice scosso da un altro singhiozzo. John capisce di chi sta parlando, quale sia la sua paura.
<< Non glielo permetterò >> dice furente posando baci leggeri sul suo viso.
<< Andiamo via, Jawn. Io e te >>.
<< Dove vorresti andare? >> gli chiede colmo di commozione.
<< Lontano. In un posto dove non c’è nulla da dedurre >>.
<< Ti annoieresti >> ridacchia John tra le lacrime.
<< No. Con te non mi annoio mai >> dice e le labbra pallide e screpolate si incurvano in un sorriso. John le bacia e sente Sherlock rispondere piano al bacio.
<< Ti amo >> gli sussurra sulle labbra.
<< Anche io, tanto >> ribatte accarezzandogli il viso smagrito. Il silenzio cala e il respiro pesante gli dice che il suo uomo si è addormentato. Si accomoda meglio accanto a lui.
<< Gli piaci >> sussurra Sherlock cogliendolo di sorpresa.
<< Cosa? >> gli domanda poco sicuro di aver capito.
<< Jane. Gli piaci. Me lo ha detto >>.
John resta senza parole. Conosce come funziona il Mind Palace, Sherlock glielo ha spiegato più volte con dovizia di dettagli, ma il lato di lui appassionato di film horror lo rimanda a qualcosa di diverso che un ricordo custodito nella memoria col quale parlare di tanto in tanto.
<< Eri con lei prima? >>.
<< Sì >>.
Un nuovo lungo silenzio gli fa pensare che stavolta si sia addormentato davvero.
<< Mi ha detto che tutto andrà bene. Che staremo insieme per sempre >> torna a sussurrare. John rabbrividisce e per un istante pensa alla soluzione peggiore. Entrambi morti, quale altro modo per poter stare insieme per sempre. << Ha detto che prenderemo un cane >>.
<< Un cane? >>.
<< Lo chiamerai Tempesta. Che nome assurdo >> ridacchia. << Ha detto che è un supereroe o qualcosa di simile, non ne ho idea >>.
Questa volta il cuore gli si ferma per davvero. Deve tossire un bel po’ di volte per riaversi. Tempesta, la XMen che tanto lo ha eccitato negli anni della sua adolescenza. Ne leggeva i fumetti, scrutando ogni segno lasciato dal pennino abile di Jack Kirby a tracciare le curve eccitanti di quella donna dai poteri travolgenti. Avrebbe voluto ritrovarsi preda dei suoi tornado, shoccato dai suoi fulmini e poter affondare le mani tra i capelli bianchi fino a farle male. La cosa che più lo inquieta, però, è che c’è stato un periodo della sua vita durante il quale andava dicendo di voler prendere un cane. ‘Lo chiamerò tempesta!’ diceva fiero. Nome che ben si addice a un maschio così come a una femmina, giusto per rimarcare il suo essere bisessuale. Come fa Sherlock a sapere di questa sua passione ragazzina per un personaggio fatto di carta e inchiostro? Non pensa che le sue deduzioni possano spingersi così lontano. Lo osserva ora che davvero dorme, il viso rivolto verso di lui e la mano stretta nella sua.
<< Jane… ovunque tu sia abbi cura di noi >> prega. E’ così insolito per lui poco avvezzo a questo genere di cose. Una refolo d’aria calda gli accarezza il viso. Lo coglie di sorpresa al punto da farlo saltare a sedere sul letto.
<< Cosa? >> domanda Sherlock aprendo appena gli occhi.
<< Nulla, scusami. È stato… il vento >>.
<< Vento dell’est… la nebbia è là… qualcosa di strano … accadrà… >> recita Sherlock più nel sonno che nella veglia. Quella frase senza senso ricorda qualcosa a John, solo che ora è davvero troppo stanco per pensarci. Si accoccola nuovamente vicino al suo uomo e cade anche lui tra le braccia di Morfeo.
 
Un vociare concitato desta John. Apre gli occhi ancora mezzo addormentato e desideroso di continuare il sonno. Sbatte più volte le palpebre nel tentativo di svegliarsi del tutto e tenta di dare un senso ai suoni che sente. Il primo, il più vicino e il più rassicurante è il respiro regolare dal suo uomo. Il suo braccio sinistro gli cinge ancora la vita magra, giusto sotto la ferita ancora fresca.
Il suono più lontano è quello di una discussione accesa. Una discussione in spagnolo, segno che i ‘Los Errores’ sono nuovamente sul piede di guerra. Non ha voglia di accendere il traduttore simultaneo. Per un istante si sente nuovamente bambino, quando i suoi genitori discutevano in cucina e lui sentiva le loro voci attutite dalla sua camera. Gli argomenti erano sempre gli stessi: i soldi che non erano mai abbastanza, la fine del mese sempre a tirar la cinghia, i paragoni con i vicini fatti da sua madre e poi, col passare degli anni, le ‘bizzarre idee’ di sua sorella, la vergogna, la sua folle scelta di arruolarsi. Finiva sempre con lo schiacciare il cuscino sulla testa e addormentarsi col mal di stomaco.
Ora, da quel poco che comunque non può fare a meno di cogliere e tradurre, l’oggetto della lite tra gli spagnoli è quanto accaduto nella torre di Magnussen il giorno prima. Quell’improvvisa comparsa degli agenti del servizio di sorveglianza di Magnussen e il ferimento di Mistica. Quanto accaduto alla ragazza, soprattutto, infiamma ancora l’animo di Sky.
John non si aspettava di ritrovare validi combattenti in questi tre giornalisti investigativi. Seppure disarmati si sono difesi a suon di pugni e calci dimostrando un’abilità fisica e marziale notevole.
Mistica si muoveva come un gatto schivando i fendenti che l’altra componente femminile degli A.G.R.A. portava ai suoi danni, disarmata del fucile. La ragazza ha preso più volte a calci il volto della killer, tanto che John si chiede ancora come abbiano fatto a non lasciarla a terra stordita. Evidentemente l’adrenalina era tanta e la donna, schivando l’ultimo calcio, ha affondato il pugnale nella coscia sinistra della giornalista. Il grido della ragazza ha attirato l’attenzione di tutti loro. John ha visto Sky liberarsi del suo avversario rompendogli il collo con un colpo secco per correre in soccorso dalla compagna. John lo ha anticipato sparando alla donna un attimo prima che pugnalasse nuovamente Mistica, questa volta alla gola.
Una nuova voce si aggiunge a quella dei tre ragazzi. È quella profonda e professionale di Juan, che cerca di riportare ordine tra i suoi collaboratori.
 “Juan è già qui?” si chiede John che alza la testa verso la radiosveglia. Sono le 10.40. Hanno deciso di lasciarlo dormire più a lungo del dovuto.
<< Me echas la culpa de todo, cuando es toda la responsabilidad de ese loco Sherlock. Està rodeado de gente aùn màs loca que él y tù, Juan, has estado màs loco que Valerio al aceptar traernos a este infierno[5] >>.
Sky gli aveva detto di non nutrire particolare simpatia per Sherlock e ancora stamattina non perde occasione al cospetto del suo capo di screditare il consulente. Sentire parlare di lui a questo modo gli fa male, benchè si renda conto siano vere queste parole. Di quanto possa sembrare pazzo agli occhi della gente, di quanto sia davvero circondato da gente folle e di come non cambierà mai. E’ vero, Sherlock si ostinerà ogni volta a fare di testa sua mettendo a rischio la sua stessa vita pur di seguire le sue deduzioni, senza pensare alle conseguenze delle sue azioni. Sebbene lo mandi in bestia, John ama anche questo di lui. Non cambierebbe nulla, neppure questi aspetti che se fossero diversi renderebbero la vita più facile. Solo che non sarebbe più lui, il suo folle brillante consulente investigativo. Non può pretendere, però, che tutti la pensino allo stesso modo. Questi ragazzi stanno rischiando tanto per loro.
<< L’ho fatta grossa anche stavolta >> sussurra Sherlock e John è talmente felice di vedere ancora una volta i suoi occhi dischiudersi dopo un così lungo sonno da dimenticare i discorsi degli spagnoli. Sente però Juan tentare di gestire la crisi interna al suo gruppo e non può lasciare correre la cosa intimandogli di stare tranquillo. Una volta acceso, il cervello di Sherlock tranquillo non ci sa proprio stare.
<< Sì, Sherlock, molto grossa >> gli dice carezzandogli il viso a tranquillizzarlo della sua immutata presenza al suo fianco. Il suo uomo si guarda appena attorno per cogliere i particolari della stanza e dedurre dove si trovi.
<< Molly. Immagino sia stato inevitabile coinvolgerla. Di nuovo >> sussurra abbattuto. Prende un profondo respiro e poi annusa l’aria come spesso gli ha visto fare sulle scene del crimine. << Anche Lestrade? Perchè anche lui… oh… ma certo. Mistica è ferita. L’ho sentita urlare. È per questo che Sky sta attaccando Fox. C’era bisogno di man forte e lui oltre ad essere un ottimo detective è anche fuori, ora, dai giochi di Scotland Yard. E… Juan >> dice e il suo volto si fa ancora più triste.            << Valerio ce l’avrà a morte con me per questo >>.
<< Eppure ti sta difendendo >>.
<< No, sta difendendo se stesso e la sua decisione di indagare sul mio strano suicidio >> ribatte Sherlock tentando di mettersi a sedere, ma tornando subito giù ancora prima che lui possa intimargli di stare al suo posto.
<< Maledetta stronza >> dice tra i denti portando la mano alla ferita. << Come sto? >> gli chiede preoccupato.
<< La pallottola ti ha lacerato il diaframma, per questo fatichi a respirare. Per fortuna non ha leso nessun organo interno, né intaccato le arterie. Molly ha fatto un ottimo lavoro di estrazione e sutura. Sarà, però, una guarigione lenta e tu non devi assolutamente fare sforzi >>.
<< Come posso non… >>.
<< Oh, no, no, mio caro. Questo è un ordine. Non obbligarmi ad ammanettarti al letto per assicurarmi che ci resterai >>.
<< Ti piacerebbe >> gli scocca un’occhiata maliziosa e decisamente inopportuna, che però ha l’effetto di scuoterlo, forse proprio per allontanare la tensione prodotta dalla furia ispanica.
<< Ne riparleremo quando guarirai, quindi vedi di non fare nulla che possa portare quei punti a saltare, altrimenti dovremo procrastinare >> gli dice posando un bacio sulle sue labbra screpolate.   << E questo è il massimo delle effusioni per il momento >> aggiunge ritraendosi.
<< Estoy a un paso de rendirme y necesito una buena motivaciòn para quedarme![6] >>. Il tono perentorio di Sky riporta John a quanto sta accadendo nel soggiorno.
<< Come vedi non sono l’unica primadonna qui >>.
<< E’ sconvolto per quanto accaduto a Miriam, Sherlock >>.
<< John, non hai ancora capito come funzionano questi quattro pazzi. Non è facile, a me ci sono voluti mesi >>.
<< Io non capisco perché tutti questi problemi causati dalla decisione di Juan di venire in nostro aiuto? >>.
Sherlock sposta lo sguardo alla porta della stanza e prende un faticoso respiro.
<< Dicono che diventare genitore cambi la prospettiva di una persona >>.
<< Beh, penso sia normale. Si diventa responsabili della vita di una creatura innocente, i ritmi cambiano così come le priorità >>.
<< Già… le priorità. Quelle di Juan sono cambiate da quando due anni fa’ sono nati i suoi due gemelli. Ha rischiato di rimanerci secco durante una missione quando avevano pochi mesi di vita e ha promesso alla moglie che si sarebbe fatto da parte. La cosa assurda è che il resto del gruppo ha accettato la sua decisione di ritirarsi dall’agire in prima linea >>.
<< Sono stati comprensivi, è quello che fa un gruppo >>. Sherlock mette su una delle sue più riuscite espressioni di disgusto.
<< Due agglomerati di carne smocciolante arrivano e stravolgono un sistema perfettamente bilanciato e tutto sembra essere… ok, come direbbe Juan. Quando siamo arrivati io e mia sorella, invece, non è cambiato nulla in nostro favore. Mia madre ha continuato a portare avanti i suoi interessi, innamorandosi persino di un altro uomo e mio padre… figuriamoci se avrebbe lasciato il governo. Lui, anzi, Jane non la poteva proprio tollerare >>.
<< E perché mai? >>.
<< Perché le femmine portano via il patrimonio, introducono altri uomini negli affari di famiglia e portano in giro il sangue sotto un altro nome. Lei non era prevista. La tecnologia di allora non era come quella di oggi e all’ecografia risultavo solo io. È stata una sorpresa ma non piacevole, almeno non per mio padre >>.
<< Per questo si è accanito su di lei >>.
<< Già. Felipe e Miguel, invece, non avranno mai un padre che li ammazzerà di botte. Cristo, guardami: sono un idiota! Solo un idiota può provare invidia per due mocciosi >>. Stropiccia gli occhi con entrambe le mani.
<< No, amore >> gli dice prendendogli le mani fredde tra le sue. << Sei arrabbiato. E’ il diritto di ogni bambino essere amato, venerato anche, e avere attorno a sé adulti capaci di prendersene cura. Tu hai visto violato questo diritto e per questo sei pieno di rabbia e trovi assurda la scelta di Juan. Avresti voluto un padre come lui, pronto a mettere da parte ciò che ama per il bene dei suoi figli. Ti capisco perché lo avrei voluto anche io >>. Si scambiano una delle loro occhiate d’intesa, capaci di avvicinarli molto più di quanto possa fare un bacio. Sherlock sospira e gli stringe forte le mani.
<< Te lo sei mai chiesto, John, come sarebbe stato se le cose fossero andate in modo diverso? Che uomo saresti oggi? Io me lo chiedo spesso. Se le cose fossero andate nel verso giusto mia sorella avrebbe avuto la possibilità di crescere e anche io sarei diverso da come sono. A volte provo a immaginare che tipo di donna sarebbe diventata Jane. Sarebbe stata bellissima e io ne sarei stato gelosissimo >>.
<< Un fratello insopportabile >> ride John facendo nascere un sorriso sul suo viso così triste.
<< Beh, penso sia normale. Tu non lo sei nei confronti di Harry? >>.
<< Sì, lo sono stato. Poi lei me ne ha fatte tante e mi sono allontanato. Troppo dolore e senso di impotenza. Non si può, però, fare a meno di amarle queste creature che portano il nostro stesso patrimonio genetico e di volere il loro bene e la loro felicità >>.
 << Pensi… pensi che valga anche per Mycroft nei miei confronti? >>.
<< Io penso di sì, Sherlock. Certo gli darei volentieri un pugno in faccia, e non è detto che non accadrà, ma penso proprio che a modo suo lui ci tenga a te >>.
<< Jane mi ha mostrato un ricordo nel mio Mind Palace >> gli dice, lo sguardo perso oltre la porta socchiusa. << Io… lo respingo, ma non saprei stare senza di lui. Mi sentirei perso, anche se ora ho te accanto. La morte dei nostri genitori non mi ha minimamente toccato. Anzi, per quella di mio padre sono stato davvero felice. Se anche lui, però, dovesse morire… io… >>.
<< Non accadrà, Sherlock. Lo impediremo >>.
Due colpetti leggeri alla porta li interrompono. Fa capolino Molly, felice nel vedere Sherlock sveglio.
<< Ehi, che bella sorpresa! >> dice entrando nella stanza con Greg al seguito.
<< Cristo, non ci posso ancora credere! >> esclama il detective scuotendo il capo. Sherlock sorride a entrambi e John scorge un certo imbarazzo nel suo atteggiamento. Molly controlla i parametri indicati dal defibrillatore semiautomatico che hanno utilizzato come cardiofrequenzimetro di fortuna e scocca un’occhiata soddisfatta a John.
<< I valori sono nella norma, ne sono felice! >> dice cambiando la sacca di fisiologica con una nuova, << Hai dolore? Posso aggiungere un po’ di morfina… no, direi che è meglio tenerla così >> si corregge prontamente, consapevole dei suoi trascorsi da tossicodipendente.
<< E’ sopportabile, grazie >> le risponde Sherlock che fatica a incontrare il suo sguardo. << Ho saputo degli interrogatori… mi dispiace, non ne ero al corrente >>.
<< Lo so >> risponde Molly altrettanto imbarazzata. << E’ stata una precauzione, così l’ha definita tuo fratello. La sua segretaria mi è stata addosso come un falco per tutto questo tempo. Insopportabile. Ma li ho messi a posto. Giusto poco prima di incontrare John >>.
<< Mycroft era al Bart’s? >> le chiede Sherlock guardandola senza più imbarazzo. La ragazza annuisce e anche sul suo viso non c’è più alcuna vergogna.
<< Lui e Anthea erano venuti per avere informazioni sui corpi giunti dal palazzo di Magnussen. Ho consegnato loro i dati di chi se n’è occupato e li ho invitati a lasciarmi fuori dai giochi >>.
Sherlock le sorride ammirato e lei accetta questa lode silenziosa.
<< Grazie, Molly. Hai reso tutto possibile mettendo a repentaglio la tua carriera e la tua vita. Mi rendo conto solo adesso del pericolo al quale ti ho sottoposta e di quello che adesso stai correndo. Perdonami, ti prego >> dice lasciando i presenti senza parole. << Vedo, però, che qualcosa di positivo ne è derivato >> aggiunge portando lo sguardo da lei a Greg. Molly si volta verso il detective rossa in viso e abbozza un sorriso. Greg ci mette un attimo di più a capire di cosa stanno parlando e arrossisce a sua volta.
<< Non ti basterà qualche moina a farmi passare l’incazzatura, Sherlock >> gli dice puntandogli il dito contro. << Quando tuo fratello mi ha raccontato tutto quanto mi è quasi preso un colpo >>.
<< Immagino sia stato molto diretto >>.
<< Sì, è venuto da me ieri a reclutarmi. Aveva bisogno di informazioni sulle indagini portate avanti da Dimmock sulla strage al palazzo di Magnussen. L’ho visto visibilmente sollevato dal saperti vivo. Felice, direi. Ci siamo fatti persino una sana risata >>.
<< Mycroft che… ride? >> chiede Sherlock, visibilmente sorpreso e in effetti anche John fatica a immaginarselo a ridere di gusto.
<< Proprio così. E’ stato un modo per scaricare la tensione, stavamo attendendo il riscontro dei resti biologici ritrovati sulla scena del crimine incrociati con i tuoi dati ed è stata una bella emozione scoprire che combaciavano. Quell’uomo ti vuole bene, Sherlock. Penso tu sia tutto ciò che ha e non vuole perderti >> ammette. Sherlock chiude gli occhi e si abbandona sul cuscino, lasciando andare la tensione che fin’ora ha teso i suoi muscoli.
<< Dimmi quello che sai, per favore >> sussurra tenendo lo sguardo lontano da loro. Greg si volta verso John, stupito della richiesta. È abituato a non dover parlare molto e a sentire, invece, le sue deduzioni che aggiungono sempre qualcosa in più alle informazioni in suo possesso. Il dottore lo invita a raccontare quanto sa, consapevole di come Sherlock abbia sicuramente dedotto tutto, ma anche di quanto sia troppo dolorosa questa deduzione per esporla lui stesso.
Greg si schiarisce la voce e riporta quanto dettogli da Mycroft circa il ricatto nel quale Moriarty lo tiene. Lo informa su come Moran sia venuta a conoscenza della verità circa il finto suicidio di John e come da allora lo abbia tenuto d’occhio senza, secondo Mycroft, però mettere a parte Moriarty di quanto ha scoperto.
<< Devo ammettere che questa volta avrei volentieri voluto tu smentissi le mie deduzioni >> sussurra Sherlock diventato ancor più pallido.
<< Sono stato un idiota >> ribatte John scuotendo il capo.
<< John, chiunque si sentirebbe a posto nel fare a pezzi un messaggio e gettarlo nel cestino più vicino. Non siamo mica abituati a pensarci dentro uno spy movie >> lo rincuora Greg dandogli una pacca sulla spalla. Sherlock gli stringe la mano e annuisce trovandosi d’accordo col detective. John vorrebbe replicare altro, giusto per il gusto di frustarsi un po’, ma decide di mettere da parte il vittimismo per passare all’azione.
<< Ho un conto in sospeso con quella donna >> dice tra i denti.
<< E’ pericolosa, John >> ribatte Sherlock che ha già dedotto le sue intenzioni.
<< Aveva il compito di uccidermi, Sherlock. Si è presa gioco di me e se ne avesse avuto la possibilità mi avrebbe irretito e ucciso, forse non fisicamente ma emotivamente sì. E ti ha sparato. Hai le carni lacerate dalla pallottola che ti ha sparato contro e sei andato in arresto cardiaco. Non posso perdonarla. La voglio morta >>.
Sherlock sostiene il suo sguardo infiammato dalla rabbia, poi sospira abbattuto scuotendo il capo.
<< John, non capisci? Stiamo ancora giocando il suo gioco. Quella donna avrebbe potuto uccidermi sparandomi un colpo qui al centro della fronte >> dice posando l’indice tra le sopracciglia. << Invece non lo ha fatto, e non è la mira quella che le manca, né il sangue freddo. Ha deciso di non uccidermi, John. Mi ha colpito dove sa mi avrebbe fatto male e messo fuori gioco >>.
<< Per evitare di finire nei guai con Moriarty, certo >>.
<< Secondo Mycroft quella donna non teme Moriarty >> dice Greg.
<< Ed ha ragione >> annuisce Sherlock. << Sei tu il suo obiettivo, John, non io. Io sono la preda di Moriarty, tu quella di Moran, per questo non mi ha ucciso. Sa che il suo gesto è il modo più sicuro per scatenare la tua ira e la tua decisione di darle la caccia >>.
<< E c’è riuscita! >>.
<< Non capisci il pericolo che corri se prosegui il suo gioco? >>.
<< Sì che lo capisco, Sherlock. Come ti ho detto, però, tu non sai di cosa sono capace. Lei sarà pure un pazzo e infallibile cecchino ma io sono un soldato, abile col fucile quanto lei. Voleva diventare la mia donna? Bene, seppure non nel modo in cui le sarebbe piaciuto provvederò di farla morire >>.
<< Immaginavo saresti stato intenzionato a giocare il suo gioco, John >>.
La porta si apre e fa il suo ingresso nella stanza Juan seguito da Fox e Sky. << Sherlock, è un piacere saperti vivo nonostante tutto >> dice facendo un cenno di saluto col capo al consulente investigativo.
<< Se sono corso alla ricerca di Moran è stato proprio per evitare che si arrivasse a questo >>.
<< Avvantaggiando, invece, i suoi piani. Temo si aspettasse anche questo tuo modo di agire. È furba, molto più di tutti noi messi insieme. Dobbiamo quindi essere cauti, per evitare altro spargimento di sangue sulle nostre linee >>.
<< Hai un piano? >> gli chiede Greg.
<< Ho qualcosa >> risponde tenendo lo sguardo fermo su Sherlock. << Penso che l’unico modo sia darle corda e giocare il suo gioco, proprio come vuole fare John. Solo che lo giocherà per giocarla anziché essere giocato. Moran ora è libera di agire senza inutili zavorre al seguito. Voleva foste solo voi due, John, e concordo con Sherlock: sei la sua preda >> gli dice scoccandogli un’occhiata severa.
<< Ti sbagli. Vi sbagliate tutti quanti. Forse prima era così, sono stato la sua preda. Adesso però le cose sono cambiate: è lei ad essere la mia preda, ora >> ribatte John che ne ha abbastanza di sentirsi identificare come una vittima incapace di difendersi che va protetta e tenuta al sicuro. Sostiene lo sguardo inquisitore del giornalista per un lungo istante. Percepisce il disagio dei suoi occhi immobili su di lui, delle palpebre che non si abbassano nemmeno una volta, ma non intende cedere. Non lo ha fatto in Afganistan, non lo farà con Moran e non intende farlo ora con Juan.  Le labbra del giornalista si curvano a disegnare un sorriso soddisfatto che lo coglie di sorpresa. Annuisce e alle sue spalle John sente Sherlock sospirare.
<< Ha coraggio, dottor John Hamish Watson e mi inchino dinanzi alla sua decisione. Ogni eroe che si meriti, però, ha un angelo custode. Permettici almeno di vestirne i panni >>.
<< Ehi, un momento, cosa vorrebbe dire questo? >> sbotta Greg.
<< Questa è la mia battaglia, Greg. Quella donna si è presa gioco di me, trattandomi come un idiota. È convinta che io sia un ometto stupido e insignificante. Non è la prima che si fa quest’idea sbagliata di me e a tutti gli altri dell’elenco ho dato modo di ricredersi. Tocca a lei, adesso e non voglio nessuno di voi tra i piedi, sono stato chiaro? >>
<< Quella donna è riuscita a eludere la vostra copertura e persino a nascondere quanto sta accadendo a Moriarty, John. Io non metto in dubbio il tuo valore e le tue capacità, ma trovo avventato il tuo voler agire da solo >>. Greg stringe forte i pugni e John non fatica a immaginare quanto vorrebbe potergliene tirare uno in questo momento. Ciò che l’ex detective sta dicendo è vero, ma sente che deve andare da solo. Come solo è stato nelle altre battaglie che ha affrontato e dalle quali è uscito malridotto, è vero, ma cresciuto e soddisfatto.
<< Solo lo sarai sul campo, ma insieme porteremo quella donna dove ci farà comodo sfruttando le sue stesse trappole >> gli propone Juan.
<< Va bene, accetto il vostro aiuto per depistare Moran e condurla in un luogo comodo per eliminarla. Non voglio però alcun altro tipo di coinvolgimento da parte vostra >>.
Juan annuisce e nuovamente un sorriso compare a incurvare le sue labbra.
<< Dico ma state scherzando? È un suicidio, John, un vero suicidio questa volta! >> ci riprova Greg, guardando esterrefatto tutti quanti i presenti che sembrano approvare quella che ai suoi occhi appare come un’esecuzione. << Neppure tu dici niente, Sherlock? >>.
Il tentativo estremo di Greg non sortisce effetto. Sherlock tiene gli occhi chiusi e il volto è inespressivo. John sa bene che non è in preda a una silenziosa rassegnazione. Troppe volte lo ha visto perso nel suo Mind Palace e ne riconosce tutti i sintomi.
<< Greg, lascialo fuori da questo discorso, per favore. Non si può e non si deve muovere da      qui >> ribatte John. << Vedrà bene di starsene buono e non fare cazzate, non è così? >> dice dandogli un pizzicotto sul polpaccio. Sherlock apre gli occhi e lo guarda stupito. Non ha sentito una sola parola di quello che si sono detti fin’ora. Volge lo sguardo da lui a Greg cercando di riempire il gap di informazioni.
<< Certo, dove vuoi che vada >> borbotta contrariato.
<< Sei ferito. Seriamente ferito >> sottolinea John nel tono asciutto e che non da spazio a repliche del capitano. << Alzarti da questo letto prima del tempo di recupero, fare qualunque tipo di sforzo sarebbe un inutile e doloroso errore, Sherlock. Qualunque cosa tu stia tramando, quindi, dimenticala, sono stato chiaro? >>.
Sherlock volge lo sguardo altrove e una risatina soffocata arriva dalle fila dei ‘Los Errores’. John si volta lentamente sapendo già chi di loro sta trattenendo l’esplosione di risa. Sky, convinto che tanto Sherlock sia un’inutile causa persa capace sono di mettersi nei guai e tirare dentro anche coloro che lo amano. John non si fida dell’hacker del team madrileno. Sapere la loro copertura tecnologica nelle sue mani non lo fa stare per nulla tranquillo.
<< Lo trovi divertente? >> gli chiede severo.
<< Mortalmente divertente >> risponde arrogante il ragazzo. Juan gli scocca un’occhiata di rimprovero che però lui ignora.
<< E’ fiato sprecato, doc, e a mio parere stai pure sprecando la tua vita dietro uno che non ti merita. Ad ogni modo, apprezzo la tua cura nei nostri confronti, grazie >> dice facendo un mezzo inchino. John stringe forte le mani a pugno e deve richiamare il suo autocontrollo per non spaccargli la faccia.
<< Nella mia vita non ho mai obbligato nessuno a fare qualcosa per me. Mi sono sempre tirato su le maniche e ho dato il meglio, sputando sangue se necessario. Abbiamo tutti delle priorità, Sky. Lui è la mia >>, dice indicando Sherlock silenzioso alle sue spalle, << lei è la tua >> aggiunge indicando al di là della porta della stanza. << Alcuni le perseguono causando danni ad altri e questo è quello che io non voglio fare, Angel. È già successo e me ne dispiaccio per questo voglio che ne stiate fuori. Tutti quanti >> sottolinea il messaggio guardandoli uno ad uno dritto negli occhi.
<< Benissimo. Allora noi ci occuperemo di Moriarty >> dice Juan e solleva la mano a sedare il tentativo di ribattere di John << E’ la nostra priorità, per la nostra inchiesta, ricordi? Puoi tenerci fuori dalla tua battaglia ma non dalla nostra missione, John. Affrontare Moriarty senza il suo braccio destro ci da più possibilità di essere soggetti a un pericolo esistente ma minore >>.
<< E poi dobbiamo restare con la sua preda per difenderla >> aggiunge Fox scoccando un’occhiata a Sherlock. << E penso che tu, Juan, sia perfetto come cane da guardia >> dice il giornalista battendo la mano sulla spalla del suo capo.
<< Ho davvero allevato una serpe in seno >> ridacchia Juan.
C’è una forte intesa tra il capo e il vice dei ‘Los Errores’ e un grande affetto. Forse anche qualcosa di più, a giudicare da quanto detto da Sky la sera prima. Lo sguardo di Juan è una carezza sul viso di Fox, fermo sulle sue idee e pronto a farle valere con ogni mezzo, se necessario.
Sky li guarda con una strana espressione sul volto glabro. John non è abile quanto loro nel riconoscere le espressioni facciali legate alle emozioni e quei quattro quando vogliono sanno essere davvero bravi a nasconderle o a camuffarle. Gli sembra, però, di cogliere un velo di disgusto negli occhi di Sky. Dura appena qualche istante per poi scomparire quando si accorge di essere osservato. Le sue labbra si incurvano a disegnare un sorriso più simile a un ghigno. Il pollice destro salta su, rivolto verso l’alto, e l’occhio sinistro si chiude in un ammiccare che ha in sé qualcosa di sbagliato.
John rabbrividisce. Non sa come ribattere a quella strana sequela di gesti e messaggi che percepisce contrastanti. Sì, decisamente Sky non gli piace. Non gli piace per niente.
 
 

[1] Lascia Ylenia fuori dal tuo cumulo di stronzate!
[2] Perché, altrimenti cosa fai?
[3] Smettetela!
[4] Smettetela con queste stronzate!
[5] State dando la colpa a me di tutto, quando, invece, è tutta responsabilità di quel pazzo di Sherlock. E’ circondato da gente ancora più folle di lui e tu, Juan, sei stato più pazzo di Valerio nell’accettare di portare noi in questo inferno
[6] Sono a un passo dal mollarvi e ho bisogno di una valida motivazione per restare

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Buongiorno a tutti!
Mentre si muore piacevolmente dal caldo io pubblico questo capitolo un po’ diverso dagli altri. Diverso perché si alternano due punti di vista diversi e perché uno di questi appartiene a uno dei ‘Los Errores’. Oltre alle prodezze ideate da Sherlock, oggi scopriremo qualcosa in più sul gruppo degli spagnoli.
Vi lascio, quindi, alla lettura, sperando che sia di vostro gradimento e corro a fare la terza doccia gelida della giornata.
Alla prossima
 
Patty
 
 
Capitolo 18
 
John segue attento i ragionamenti di Grey e Sky. Sono fermi davanti ai due laptop che hanno occupato interamente il tavolo della cucina di Molly. Hanno agganciato Moran e ne stanno seguendo il percorso. Non si è spostata molto dalla zona del suo ultimo omicidio. Gran fegato quella donna!
Greg sospira pensando a quanto folle gli appaia ancora la decisione di John. Folle e incomprensibile, nonostante tutte le sue belle parole da soldato scafato e impavido. Dal suo punto di vista, un eroe è un imbecille col senso del drammatico[1] e certo pensare questo di una persona che ritiene amica poco gli piace. È stato bello rivedere lui e Sherlock vivi e insieme. L’idea che possano nuovamente essere separati non gli va giù e non capisce neppure come possa il consulente restarsene lì, senza dire nulla.
Molly sta medicando la gamba della ragazza del team madrileno, quella per la quale si sono scatenate le risse. Greg non capisce proprio come siano organizzati i rapporti tra quei quattro giornalisti. Ci vede troppa confusione e lui è sempre stato un tipo pratico e semplice.
Mistica, gli pare di aver capito si chiami, ringrazia Molly con un sorriso seducente e una carezza sul viso, gesti che mettono la patologa visibilmente a disagio. La vede allontanarsi in fretta, scoccargli un’occhiata incerta e dirigersi verso la stanza degli ospiti. La segue lasciando i quattro uomini e la ragazza nel salotto.
Sherlock dorme, segno che deve essere davvero messo male. Molly controlla quell’aggeggio al quale lo hanno collegato e cambia la sacca vuota di fisiologica con una nuova. Si sposta poi alla scrivania ad aggiornare l’improvvisata cartella clinica che lei e John hanno deciso di creare.
Greg le si avvicina alle spalle abbracciandola. Affonda il viso nei suoi capelli dal profumo buono. Vaniglia, gli pare che sia. Le mani le cingono la vita assottigliatasi eccessivamente negli ultimi mesi.
<< Sta bene >> lo informa rilassandosi appena contro di lui.
<< E tu? >> le chiede posandole un bacio sul collo. La sente rabbrividire, reazione che lo fa impazzire e che da che ha scoperta non perde occasione di causare.
<< Distrutta. Confusa. Ho bisogno di una vacanza, sì >>.
<< A chi lo dici? >> ride, ricacciando giù la proposta di partire insieme. Sta accadendo tutto troppo in fretta tra loro e le cose fatte di fretta non hanno mai avuto un buon esito nella sua vita. La loro relazione, se così può chiamarla, è nata all’ombra di Sherlock e Greg sa quanto non sia facile competere con lui. Non solo sul campo, dove non ci ha mai neppure provato. Ora si ritrova a sentire di non poter competere con lui neppure nella testa e nel cuore di Molly Hooper. Finchè lo ritenevano entrambi morto forse qualche speranza poteva averla. Ora, invece, nonostante sia evidente essere per Molly una causa persa, la sente così lontana. Persa nella contemplazione di quel viso scavato, pallido e sofferente.
<< Non in paesi ispanici o di lingua ispanica, però >>.
Greg ci mette un attimo a tornare sul discorso che stavano facendo. Ride stringendola ancora di più, beato del sentirla abbandonarsi del tutto nel suo abbraccio.
<< Concordo. Mi da ai nervi non capire un tubo di quello che dicono >>.
<< A me danno ai nervi loro >> dice Molly scacciando il ciuffo con un gesto lesto del capo. << Il piccoletto, quello che ne ha dette di tutti i colori a John, mamma come non lo sopporto. Quella ragazza mi guarda in modo strano. La trovo fastidiosa, per quanto sia gentile. L’ultimo arrivato, poi, è così… così… >>.
<< Borioso >>.
<< Oddio, sì! Pensavo lo avessimo qui il vincitore del premio ‘Arrogante e spocchioso 2012’, invece la Spagna ci ha tolto il primato >>.
Greg ride di gusto e anche Molly ride della sua stessa battuta, una risata carica di stress e nervosismo.
<< Il rosso, invece, scommetto che ti piace >> la stuzzica posandole un altro bacio sul collo. Ha notato gli sguardi imbarazzati che gli ha rivolto e che gli hanno chiuso lo stomaco. Molly si muove nel suo abbraccio voltandosi verso di lui, le belle mani delicate posate sul suo petto.
<< Ho smesso di andare dietro le cause perse >> sussurra posando un bacio sulle sue labbra. Per un lungo attimo ci sono solo loro nella casa affollata. Quella casa silenziosa quanto la sua e allo stesso modo carica di una solitudine troppo grande e non voluta con la quale fare i conti.
Toby, il gatto di Molly, si struscia contro le loro gambe rompendo la magia del momento.
<< Topo, sei tornato! >> esclama la ragazza, allungando una mano a grattargli la testa. << Sì, abbiamo subìto un’invasione ispanica e Sherlock ne ha combinata un’altra delle sue >> gli dice rispondendo ai miagolii della bestiola. << Vado a dargli la pappa >> dice schioccandogli un bacio sulle labbra prima di uscire dal suo abbraccio. Greg la segue con lo sguardo mentre lascia la stanza col suo amico peloso.
<< Sono felice che stia con te. Per fortuna, non tutti gli uomini di cui si innamora sono degli psicopatici >>.
<< Tu, bastardo, eri sveglio e sei rimasto a spiare in silenzio per tutto questo tempo! >> lo rimprovera sentendo le guance farsi rosse. Sherlock scuote il capo e con movimenti lenti prende dal comodino il taccuino e la penna.
<< E tu, bastardo, davvero sei geloso di Fox? >> ribatte scrivendo svelto.
<< E a te che importa? >> chiede imbarazzato, incrociando le braccia al petto.
<< Cristo, non ci posso credere! Tu guardi ma non osservi, Lestrade, quante volte dovrò ancora dirtelo >> dice passandogli il taccuino. Porta l’indice alla bocca facendogli segno di non dire nulla.  << Con Fox sei in una botte di ferro proprio come con me, anzi penso anche di più >>.
Greg ascolta appena l’ultima battuta. L’attenzione catturata da quel ‘Ho bisogno del tuo aiuto, Greg’, scritto malamente. È quasi più stupito dal fatto che abbia azzeccato il suo nome che dalla richiesta in sè fatta in quello strano modo.
<< E perché mai? >> gli chiede scrivendo a sua volta “Cosa posso fare per te?” .
Sherlock si affretta a scrivere e questa volta il messaggio è più lungo.
<< Perché quel tipo non è in grado di provare nulla. Nessuna sensazione fisica, intendo. Anche Molly gli saltasse addosso non sortirebbe alcun effetto. Lo facesse Juan forse le cose cambierebbero, ma questo è solo il mio modesto e opinabile parere >> gli passa il foglietto e Greg resta senza fiato nel leggere quanto ha scritto. Porta più volte lo sguardo dal foglio al consulente investigativo prima di scuotere la testa. Per tutta risposta Sherlock annuisce e si ritrovano per qualche istante a portare avanti quella mimica come due bambini.
<< Non sono per nulla d’accordo! >> sbotta infine e Sherlock gli intima nuovamente il silenzio portando l’indice alle labbra. Greg allora scrive ciò che pensa della sua proposta.
<< Come ti ho detto il mio è un parere modesto e opinabile >> dice prendendo il taccuino da lui offerto e leggendo quando ha scritto.
<< Molto opinabile! >> ribatte Greg.
<< Dinanzi a un fatto misterioso, una volta eliminato l’impossibile ciò che resta, per quanto improbabile, dev’essere la verità[2]. Questi quattro pazzi dicono di perseguire la verità fino in fondo, ma sono i primi, quando gli fa comodo, a non vederla benchè ce l’abbiano sotto il naso >> gli dice serio consegnandogli il taccuino. Questa volta Greg sente tremare le ginocchia e si trova costretto a sedersi sul letto. Gli rivolge uno sguardo stupito e incredulo al quale lui ribatte annuendo in modo spietato. Greg stropiccia il viso per poi passare la mano tra i capelli spettinati. Scuote la testa sconsolato.
<< Se lo dici tu, Sherlock >> sussurra.
<< Sì, lo dico io. E come sai raramente mi sbaglio >> dice, scrivendo nuovamente un lungo messaggio sul taccuino.
<< John mi ha chiesto di recuperargli uno dei fucili dei cecchini. Ho già contattato Dimmock ed è meglio che vada. Devo ancora inventarmi qualcosa per riuscire a recuperare quell’arma >>.
<< Sono sicuro che qualcosa di utile ti verrà in mente >> gli dice consegnandogli il taccuino. << A Scotland Yard sono talmente idioti che non si accorgerebbero della sparizione di un elefante, figuriamoci di un fucile di precisione >>.
<< Sempre gentile nei nostri confronti >> ribatte tra i denti, riponendolo nella tasca interna della giacca.
<< Tu non sei più uno di loro, Greg. Da quando mio fratello ti ha arruolato, non sei più uno Yardes. Prima te ne rendi conto meglio è per tutti quanti >>.
Greg fatica a sostenere lo sguardo serio e severo di Sherlock. Quegli occhi chiari, ferini, che ha sempre trovato assurdi quasi quanto lui, ora lo feriscono come due pugnali. No, non gli era andata per nulla giù la riassegnazione a quello stupido incarico. Gli manca l’agire sul campo, l’investigare e in questi mesi ha potuto capire cosa intendesse Sherlock quando parlava di noia. Si è sentito nuovamente vivo quando Mycroft gli ha dato questa opportunità. Si sente vivo adesso, pronto a commettere un furto per aiutare un amico a compiere la sua missione suicida. Non lo avrebbe mai fatto prima. Si è sempre vantato di essere un detective incorruttibile e ligio ai saldi principi della legge e della morale. Soprattutto la sua. Sta scoprendo un capitolo nuovo di questa sua morale e deve dire che lo trova interessante. Sì, benchè abbia ancora un distintivo non è più uno Yardes. È anche lui uno sbagliato, ora. Un nuovo acquisto tra le fila dei ‘Los Errores’, reclutato da Grey Stone in persona. E anche da sbagliato sta per andare contro a quello che dovrebbe essere il suo nuovo capo.
 
***
 
<< Il nostro pesciolino ha abboccato all’amo! >> esclama Grey.
<< Ne sei sicuro? >> gli domanda John volando al suo fianco. Fissa lo schermo, gli occhi sul puntolino rosso che indica Moran, e esulta a sua volta scambiandosi il cinque con il giornalista.
Fox ha lo stomaco teso e una brutta sensazione addosso. Una sensazione che è rimasta latente fin dall’inizio di questa missione. Più volte l’ha messa a tacere, perché sospettare di un amico non è una bella cosa.
Aveva notato qualcosa di strano in Sky, già a quando le indagini per l’inchiesta sulla pedoprostituzione d’alto bordo erano appena cominciate. Il suo collega si era detto affascinato da questo Moriarty che lui stesso aveva scoperto. Non faceva altro che parlare di quanto fosse stato geniale pensare di creare la figura del consulente criminale e aveva riso quando avevano visto le scene del processo ai suoi danni, che voleva come testimone per l’accusa il consulente investigativo di loro conoscenza.
<< Gli esatti opposti di una linea retta >> aveva detto.
Quando Fox aveva annunciato la sua decisione di indagare sul suicidio di Sherlock, Sky si era detto contrario e si era battuto affinchè si facesse i fatti suoi e lo lasciasse cuocere nel suo brodo.
<< Ti ha quasi ucciso con le sue idee geniali, non ricordi? >> gli aveva detto avvertendo le ondate possenti del suo timore infrangersi contro di lui. Fox, però, era intenzionato ad andare anche da solo, prospettiva che non piaceva per nulla a Grey col quale aveva discusso a lungo finchè Mistica ci aveva messo una pezza dicendosi pronta a partire al suo fianco.
Era stato allora che Sky aveva fatto un passo indietro e ‘per il bene del gruppo’ si era unito a loro. Aveva detto di aver capito di essere stato troppo impetuoso e che, benchè poco gli piacesse, Sherlock era comunque uno di loro. Un cambiamento troppo improvviso che lo aveva insospettito.
Stranamente aveva tenuto per sé questo sospetto. Lui, solito a condividere con Grey ogni singolo pensiero. L’idea, però, di riaprire nuove discussioni, perdere tempo e rischiare di vedere ogni cosa andare a monte lo ha fatto desistere.
Fino alla notte trascorsa al Bart’s a fare da flebo di sangue vivente a uno Sherlock più morto che vivo.
Solo allora quelli che erano stati solo dubbi ha iniziato a vederli per ciò che sono in realtà. Ha sempre pensato che gli hacker e i geni dell’informatica fossero soggetti da tenere strettamente sotto controllo. Sono abbastanza abili da cambiare le carte in tavola anche al più sofisticato sistema di sicurezza e in quegli anni ha imparato a conoscere le capacità del collega. Per questo anche le teme.
Avrebbe potuto, Sky, comunicare con Moriarty e con Moran a loro insaputa? Sì.
Avrebbe potuto condividere anche con loro le comunicazioni private senza che neppure Grey se ne accorgesse? Sì.
Avrebbe venduto Sherlock per il bene del suo amato gruppo di lavoro e della stabilita che questo gli ha dato? Certo che sì.
Nel sentirsi certo delle tre risposte affermative alle domande che da troppo tempo gli girano per la testa, Fox si è deciso a comunicare, quella stessa notte, i suoi dubbi al suo capo. Questi ha letto i messaggi e il suo solo commento è stato un laconico ‘prendo atto della situazione’. Nient’altro. Ha ignorato gli altri messaggi, per poi comunicare loro l’intenzione di raggiungerli. Un modo piuttosto palese di confermare la veridicità dei suoi sospetti.
Grey ha preso in mano la situazione, mettendosi al posto dell’hacker ‘troppo scosso dai recenti avvenimenti per poter ragionare lucidamente’, ha detto. Questi ha seguito le operazioni accettando, apparentemente di buon grado, di passare in secondo piano. Ora, tormenta continuamente il pearcing che ha al labbro, segno di grande nervosismo e la cosa a Fox non piace per nulla.
Fosse stato per lui avrebbe sganciato la bomba palesando i suoi sospetti e sollevato del tutto l’hacker dalle operazioni per poi tenerlo d’occhio. A quanto pare Grey ha preferito fare la stessa cosa ma sottotono, per la sua continua e a volte inopportuna idea che ci sia sempre una motivazione a spingere le azioni umane e che questa vada indagata prima di essere giudicata e punita. In situazioni come questa Fox non riesce a pensarla come lui.
Greg esce dalla stanza degli ospiti. Si congratula con i tre uomini e si informa su quali siano i piani e le strategie, ora che Moran è stata agganciata. Fox si rende palesemente conto di quanto stia facendo finta di essere d’accordo con John, mentre, invece, potesse lo scuoterebbe gridandogli che ciò che ha in mente di fare è pura follia. Saluta tutti dicendo di dover correre, allora, a recuperare le armi e che cercherà di essere di ritorno nel più breve tempo possibile.
Grey si volta subito verso di lui non appena il detective lascia la casa. Si scambiano un cenno d’intesa e, mentre questi trattiene John e Sky ai laptop, Fox si dirige alla stanza degli ospiti.
Sherlock è sdraiato sul letto, le mani giunte sotto il mento nella posizione tipica che lo vuole perso nel suo Mind Palace.
<< Fox, che sorpresa >> gli dice senza aprire gli occhi.
<< Niente scherzi tra noi, Billy. Dove hai mandato Greg? >>.
Sherlock apre gli occhi e lo guarda restando in silenzio. Nei suoi occhi chiari e taglienti come lame di rasoio ha sempre visto limpidi i suoi pensieri, come leggesse le fitte pagine di un libro molto spesso. Ora vede in loro la disperazione e il desiderio di lottare.
Il consulente chiude nuovamente gli occhi e Fox deve trattenersi dall’afferrarlo per il bavero del pigiama e scrollarlo fino a fargli perdere la maschera.
<< Hai messo qualcuno su John, non è così? >>.
Un sorriso soddisfatto gli curva le labbra.
<< E immagino metterai te stesso su tuo fratello >>.
Annuisce leggermente sempre più soddisfatto.
<< Finirai con l’ammazzarti, ne sei consapevole? >>.
<< Ho elaborato tre piani diversi, Valerio. Ognuno di questi prevede percentuali variabili di rischio che oscillano dal 3 al 10% >>.
<< Non immaginavo che una pallottola in corpo potesse accrescere l’ottimismo! >>.
<< Non è ottimismo, amico mio, ma complessi calcoli matematici e la matematica è una scienza esatta >>.
<< Beh, allora John ha ragione: possiamo sbaraccare! Siete perfettamente in grado di fare tutto da voi >> dice girando i tacchi.
Sherlock gli afferra il polso e stringe forte. Quando si volta verso di lui il suo sguardo è cambiato.
Fox riesce a leggere le emozioni sui volti altrui da che ha memoria. Queste lo investivano rendendogli la vita impossibile, finchè, grazie a Grey, ha imparato ad accoglierle, contenerle e dare loro un senso. Con Sherlock, però, questa invasione emotiva è stata più forte che con chiunque altro. Si è ritrovato a vivere sulla sua pelle ciò che il consulente non si permetteva di provare ed è stato questo fargli da specchio, secondo Grey, che ha portato Billy ad incaponirsi così tanto su di lui.
Ancora adesso lo trattiene a sé. La sua paura, l’allerta, l’angoscia gli risuonano dentro e sono così forti da togliergli il fiato.
<< Non ancora, Valerio >> gli dice scandendo bene le parole. << Ti prego >> aggiunge e la richiesta è autentica, il bisogno reale. Fox si siede accanto a lui sul letto, la sua mano ancora a cingergli il polso.
<< Lascia che sia tutto così >> gli dice Sherlock facendo scivolare le sue lunghe dita dal polso al palmo della sua mano.
<< Vuoi che lasci andare John incontro a Moran sapendo che cadrà in una trappola? >>.
<< John è al sicuro. La persona che ho messo su di lui è la migliore, altrimenti Mycroft non l’avrebbe mai scelta, né tenuta con sè per tutto questo tempo. E poi dobbiamo ancora trovare Moriarty e di questo mi occuperò io >>.
<< Cosa vuoi che faccia allora? >>.
<< Voglio che tu copra la mia fuga >>.
<< Hai una ferita ancora fresca che ti sei procurato durante una sparatoria e che ti ha quasi mandato all’altro mondo, te ne rendi conto? >>.
<< Ad ogni respiro, Valerio >> risponde risoluto, tentando di camuffare una smorfia di dolore. << Anche io, però, sto agendo nel disperato tentativo di salvare ciò che amo >> dice scoccandogli un’occhiata che la dice lunga sul significato nascosto tra le righe di ciò che ha detto.
Fox  sospira e scuote lentamente il capo.
 << Non ce l’ho con Àngel >> continua Sherlock con un tono di voce più dolce che non gli ha mai sentito. << In un certo senso lo capisco. Quando si è sempre stati allo sbando, sicuri di non valere nulla e pronti a farla finita in qualunque momento, trovare qualcuno che da fiducia, che vede al di là della maschera che si indossa e che la accetta è il tesoro più grande. Un tesoro che si protegge con le unghie e con i denti e poco importa quanto leciti siano i mezzi che si usano >>.
<< So cosa vuol dire, Sherlock, ci sono passato anche io, ma arrivare a tanto… no, non lo tollero. È da folli >>.
<< Oh, non parlare a me di follia! >> ridacchia il consulente e un’altra smorfia di dolore compare veloce sul suo volto. << In soggiorno il mio compagno sta architettando l’azione solitaria contro una pericolosa serial killer e io ti ho appena chiesto di coprire la mia fuga per salvare mio fratello. Penso di sapere cosa sia la follia, Valerio, e so anche di essere in gran parte responsabile della situazione che si è venuta a creare >>.
<< Lo siamo entrambi, Sherlock >>.
<< No, Valerio >> insiste, aumentando la stretta alla sua mano. << Sono stato insopportabile in quell’anno. Ho tentato in ogni modo di convincerti a stare con me. Più volte, quando Àngel mi accusava di essere al limite della molestia, gli ho detto che doveva mettersi in testa che alla fine saresti venuto qui a Londra con me. Mi è sempre piaciuto punzecchiarlo, lo sai >>.
<< Sì, lo so. E’ per il suo modo di andare su tutte le furie >> alza gli occhi al cielo.
<< E’ troppo buffo >> ride apertamente Sherlock, nel suo modo del tutto fuori luogo di trattare le situazioni. << Questa cosa mi si è ritorta contro >> aggiunge tornando serio. << Immagino che quando ti ha sentito annunciare l’intenzione di indagare sul mio suicidio debba essersi spaventato. Tu alla fine hai deciso di restare con loro. Di restare con Juan >> sottolinea guardandolo con insistenza. Fox non lo regge quello sguardo che punta su verità che non vuole vedere. << Ma abbiamo continuato a sentirci via e-mail e io mi aspetto le abbia lette. Avrà pensato che la mia decisione di tornare qui e la tua di restare lì siano state solo una farsa. Così come è convinto che, nonostante il suo professarsi lesbica, tra te e Miriam ci sia molto più che una semplice amicizia >>.
<< E’… assurdo >> scuote il capo, colpito dalle parole del consulente.
<< Sai bene che è così! Cristo, Valerio, apri gli occhi! >> dice colpendogli la fronte con la mano. << Àngel è una mente fragile. Geniale, a modo suo, ma fragile. È stato capace di farla sotto il naso a tutti voi e, devo ammetterlo, persino a me >> dice tra i denti. << Voi ‘sbagliati’ vi battete per la verità, ma siete i primi a mentire a voi stessi. E’ arrivato il momento per te di prendere una decisione, molto più importante di quella davanti alla quale ti misi io sette anni fa’ >>.
Fox non riesce a reggere lo sguardo severo di Sherlock, né la ragione palese delle sue parole.
<< Io… non riesco a tollerare il suo tradimento >> sussurra Fox tra i denti. << Ha messo a rischio le nostre vite in quella sparatoria. Juan è sicuro che non lo avesse preventivato e che sia stato raggirato da Moran e forse addirittura da Moriarty, ma non me ne frega niente! Fosse per me sarebbe già in un angolo, gonfio di botte, a leccarsi le ferite >> dice stringendo la mano su quella di Sherlock.
<< Tua è la scelta su cosa farne >>.
<< Mia? Non sono io a capo delle operazioni >>.
<< Ne sei sicuro? >> gli chiede con quel mezzo sorriso capace di dargli ai nervi. << Sai meglio di me come opera Juan. Il vero maestro invita costantemente l’allievo a riconoscere la sua natura e superarlo divenendo migliore di lui. Ti sta mettendo alla prova, Valerio. Sta a te scegliere >>.
Dette da Sherlock quelle intuizioni che finora sono rimaste sospese tra il dubbio e la verità hanno l’effetto di uno schiaffo in pieno viso.
<< Greg tornerà con il fucile per John >> dice Sherlock rubandolo ai suoi pensieri. << Appena John partirà per la sua missione, si inventerà una scusa e tornerà a prendermi dal retro. Passerò dalla finestra facendomi aiutare da Molly. Tienila d’occhio, ha i nervi a fior di pelle >>.
<< Stai attento, mi raccomando. Sei ancora molto debole >> gli dice stringendogli la mano.
<< Questa ferita ci sta mettendo un po’ troppo a rimarginare >> dice portando una mano al costato.
<< Non è propriamente lo sfregio di un gatto, Billy >>.
Ridono entrambi finchè Sherlock non deve fermarsi, preda del dolore. Fox gli accarezza il viso provato.
<< Abbi cura di te, fratello mio. Te ne prego >> gli chiede.
Sherlock sorride accettando quella richiesta, anche se Fox sa quanto assurdo sia chiedere a questa mente brillante di prendersi cura di sè.
<< E’ la seconda volta che ti lascio da solo e ti ritrovo a flirtare con un altro >>.
John, poggiato allo stipite della porta, li guarda con finta rabbia. I suoi capelli sono tornati biondi e il viso del suo colore naturale. ‘Non voglio presentarmi davanti a quella donna con la faccia di un altro’ ha detto a Mistica pregandola di aiutarlo a disfare il travestimento.
<< Vi lascio soli >> dice Fox alzandosi dal letto.
<< Ti ringrazio >> ribatte John prendendo il suo posto.
Fox si chiude la porta alle spalle per permettere loro di salutarsi. Trova Sky seduto al tavolo, lo sguardo fisso sui due laptop e Grey in piedi appoggiato alla finestra. Lo sguardo si alza subito a cercare il suo e Fox non deve neppure annuire per dargli conferma dei loro sospetti riguardo i piani sottobanco di Sherlock. Grey porta la mano sugli occhi e sospira rumorosamente. La lascia scivolare poi sulla bocca volgendo uno sguardo scorato al ragazzo che ha deciso di chiamarsi Sky e che lui ha salvato da un mondo fatto di violenza, fame e malavita.
Fox mal sopporta quell’espressione sofferta. Vorrebbe poter avvicinarsi a lui e stringerlo forte a sé per rincuorarlo ed essere rincuorato a sua volta. Sente di essere responsabile di quanto è successo e continua a chiedersi cosa avrebbe potuto fare per evitarlo.
<< Valerio, come es Sherlock?[3] >> gli chiede Mistica.
<< El està bien. Y tu?[4] >>.
<< Mejor, gracias[5] >>.
Siede sul divano accanto alla ragazza e subito lei vola tra le sue braccia. È sempre stato così tra loro, dal primo momento in cui si sono conosciuti. Nessuna malizia, nessun desiderio, solo il bisogno di vicinanza fraterna e rispettosa. Le alliscia i capelli sentendola rilassarsi ad ogni respiro e nota come Sky li osservi di sottecchi. La gelosia è davvero il peggiore dei mali. Il più assurdo, dal momento che trasforma le persone in oggetti da possedere piuttosto che in creature da amare.
 
***
 
Il mozzicone fumato fino al filtro cade a terra a fare compagnia a tutti gli altri. Greg lo schiaccia con la punta della scarpa appiattendolo ben bene al terreno. Controlla l’orologio per la millesima volta e la sacca adagiata per terra per altrettante mila volte. Il posto è pieno di spifferi, i muri gonfi di muffa e le zampette veloci dei topi spezzano il silenzio spettrale. Tutto sommato, però, è un luogo sicuro, quello nel quale era solito incontrare il suo informatore di fiducia durante i primi anni da detective. Buon vecchio Fritz, quando gli hanno fatto saltare le cervella ha perso molte buone spiate e un quasi mezzo amico.
Un cigolio spettrale gli accappona la pelle. Ne seguono ritmici passi, tipici di una calzatura con un tacco molto fine. Greg segue l’andamento lento e sicuro di quella camminata e vorrebbe gridare di darsi una mossa che non hanno tutta la notte a disposizione.
La figura slanciata e longilinea si ferma sulla soglia, avvolta dalla penombra.
<< Gregory… dobbiamo smetterla di incontrarci così >> recita Anthea, camminando verso di lui con lo stesso immutato ritmo. Il cono di luce lunare le adombra il viso nel quale gli occhi risaltano e lo puntano come il mirino di un cecchino.
<< Hai lasciato Mycroft fuori da questa storia, come richiesto? >> le chiede accendendo un’ennesima sigaretta.
<< Quella roba ti ucciderà >> gli dice strappandogliela dalle mani. Ne prende una lunga boccata aspirando beata il fumo per poi rilasciarlo in una grande nube pallida.
<< Tu ne sei immune? >> le chiede, trovando molto sensuale e del tutto fuori luogo questa situazione.
<< Mycroft mi ha sorpresa una volta con una sigaretta tra le labbra. Mi ha fatto una predica che neppure mio padre! Ho temuto mi licenziasse >>.
<< Presumo tu abbia smesso >>.
<< Ci tengo al mio lavoro, Greg e anche al mio datore di lavoro >> dice gettando la sigaretta appena accesa che finisce schiacciata insieme alle altre.
<< Presumo tu non ti riferisca alla nostra amata regina >>.
<< Quanta presunzione, detective >>.
<< Ex detective >>.
<< Non per Mycroft e neppure per me. E a quanto vedo nemmeno per Sherlock. Come sta? >> gli chiede inarcando le sopracciglia preoccupata.
<< Moran gli ha sparato. Per fortuna non intendeva ucciderlo ma solo… >>.
<< Scatenare l’ira di John >> conclude lei scuotendo il capo. << Male. Molto male >>.
Greg le porge il taccuino nel quale Sherlock ha scritto un lungo messaggio per lei. La osserva mentre lo legge, il ciuffo scuro a coprirle parte del volto concentrato e serio.
<< Direi che è in gran forma >> constata strappando tutte le pagine scritte. Chiede in prestito l’accendino a Greg semplicemente mostrandogli la mano e da fuoco ai foglietti, lasciandoli cadere quando le fiamme rischiano di bruciarle le dita. Solo allora completa l’opera schiacciandone i resti carbonizzati per polverizzarli.
<< Se John avesse fatto la stessa cosa forse oggi non saremmo qui a parlarne >> sospira la ragazza.
<< Non si può pretendere che si viva tutti come sul set di un film di James Bond >>.
<< Se dei personaggi strani ti propongono di unirti a loro per salvare l’uomo che ami facendo finta di suicidarti devi per lo meno guardarti attorno un po’ più del dovuto, Greg >> ribatte secca Anthea. << Ad ogni modo, ciò che è fatto è fatto. Presenterò loro la fattura per i miei servigi >>.
<< Sei davvero in grado di fare ciò che Sherlock ti ha chiesto? >>.
<< Non credo sia il momento più adatto per vestire i panni del becero maschilista, Lestrade >>.
<< Non è mia intenzione, sorella >> fa un passo indietro alzando le mani colpito dalla sua furia.  << Solo… pensavo che il tuo compito fosse quello di essere la segretaria di Mycroft >>.
<< Infatti lo è. Non si può, però, vivere a stretto contatto con l’uomo più potente d’Inghilterra senza sapere come disarmare un male intenzionato e se necessario eliminarlo >>.
Greg vorrebbe ribattere che trova assurdo che debba essere una donna a fare da guardia del corpo ad un uomo, ma teme di ritrovarsi a fare compagnia a Sherlock sul letto di Molly con qualche arto rotto e il naso spaccato. Spinge col piede la sacca verso di lei.
<< Eccotelo. Fanne buon uso >> le dice. Anthea si accoscia, apre il sacco, controlla ciò che contiene con cura e scrupolo prima di riporre via il tutto.
<< Ottima scelta, Greg >>.
<< Non devi ringraziare me. Pensi di riuscire a tenere fuori Mycroft da questa storia? >>.
La ragazza lo guarda con un’espressione strana, un misto di divertimento, curiosità e rassegnazione.
<< Molly si invaghisce puntualmente di uomini che la faranno soffrire >> dice scuotendo il capo.
<< Cosa c’entra questo con quanto ti ho chiesto? >> ribatte Greg, infastidito dalla sua battuta fuori luogo.
<< So bene quanto Mycroft sia in pericolo, Greg. Molto più di quanto lo sia Sherlock e purtroppo meno di quanto lo sia John. L’ultima cosa che voglio è che quel ragazzo si ritrovi a dover scegliere se salvare la vita di suo fratello o del suo uomo. Quindi sì, Greg, farò come lui mi ha chiesto e terrò al sicuro Mycroft… grazie al tuo aiuto >>.
<< Io? Come posso farlo? John non vuole che nessuno lo segua durante la missione e sono troppo vicino agli spagnoli per fare alcunché e se la deduzione di Sherlock è giusta… >>.
<< Certo che lo è. Mycroft è giunto alla stessa conclusione >>.
<< Come? >> domanda stupito.
<< Ricordati che è più intelligente e metodico di suo fratello, Greg >>.
<< Ma molto meno umano di lui, Anthea >>.
<< Oh, detective. Ti stupiresti nello scoprire il contrario, ma credo che questa discussione la dovremo rimandare a momenti più sereni. Torniamo a noi: sai già dove si incontreranno John e Moran? >>.
<< Non ancora. Ne stavano discutendo prima che li lasciassi >>.
<< Bene, allora torna subito lì e tienimi aggiornata su ogni passaggio. Terrò d’occhio anche io l’andazzo e se qualcosa non mi tornerà non mancherò di fartelo sapere >>.
<< Non c’è pericolo che Moriarty ti scopra? >>.
<< Moriarty al momento è l’ultimo dei nostri problemi >>.
<< Come sarebbe a dire l’ultimo? >> chiede stupito. Poi fa un passo indietro. Non può fare a meno di rabbrividire e guardarsi attorno circospetto. << Dov’è Mycroft, Anthea? >>.
<< A casa del diavolo, Greg >> risponde la ragazza sospirando. Nel suo sguardo triste e preoccupato Greg legge la gravità della situazione e il senso della sua risposta.
<< Quindi voi sapete dove si trova? >>.
<< No. Ogni volta lo fa venire a prendere e annulla i suoi sensi bendandolo e mettendogli delle cuffie con la musica sparata al massimo per impedirgli di capire dove lo stiano portando. Io non sono mai stata invitata, ovviamente, e piazzare delle cimici è stato impossibile >>.
<< E perché lo ha prelevato questa volta? >> gli chiede preoccupato e sul volto di Anthea ricompare quell’espressione strana alla quale si aggiunge un sorriso.
<< Di solito sono delle richieste legate alle azioni governative gestite da Mycroft. Ormai c’è lui dietro ogni sua decisione e se prova anche solo a variarle di una virgola… >> la ragazza chiude gli occhi divenendo esangue.
<< Come per le vittime di quell’assurdo gioco che ha portato avanti con Sherlock tempo fa’ >>.
<< Esatto. E Mycroft sa che non può permettersi di morire. Ne andrebbe della libertà di suo fratello. Greg, qualunque cosa voglia fare John fai in modo che lo faccia solo dopo che Mycroft sarà rientrato. Di solito le sue uscite non durano per più di due giorni, quindi penso sarà di ritorno domani. È questo l’aiuto che ti chiedo: fai in modo che nulla si metta in moto prima del rientro di Mycroft >>.
<< Qual è il tuo timore, Anthea? >>.
<< Te l’ho già detto, Greg. Non voglio che Sherlock si debba ritrovare a scegliere tra suo fratello e il suo uomo >>.
<< Ammesso che questo non si faccia ammazzare prima da Moran >>.
<< Non hai proprio fiducia in me detective >> ridacchia la ragazza picchiettando col piede sul sacco. << La tua coppia preferita è in una botte di ferro. Fa che lo sia anche il mio Holmes preferito, intesi? >> gli chiede avvicinandosi a lui. Inaspettatamente lo stringe in un abbraccio. Lungo. Estremamente dolce. Gli posa un bacio sulla fronte prima di allontanarsi da lui. << Questo è per Sherlock >>.
<< Ci tieni anche tu, allora, al piccolo Holmes >>. La ragazza ridacchia divertita ed ecco ancora quella maledetta espressione che proprio Greg non riesce a decifrare.
<< Non è da parte mia, Greg >> gli dice caricandosi del peso della sacca. Si incammina alla porta al ritmo lento e cadenzato dei suoi tacchi a spillo, lasciandolo lì, solo e al buio, con uno strano calore a invadergli il petto.
 
Greg sente il sangue gelare nelle vene e osserva attonito i ‘Los Errores’ parlare di strategia d’attacco e John, vestito della loro divisa nera e armato fino ai denti, ribadire loro di starne fuori. Improvvisamente la tasca nella quale tiene il cellulare diviene pesante. Sente l’esigenza di informare Anthea di quanto stanno decidendo.
<< Greg, Sherlock chiede di te >> lo avverte Molly uscendo dalla stanza. Quel ragazzo sembra davvero riuscire a leggergli la mente! Si porta veloce alla stanza, non visto dal gruppetto troppo preso dall’euforia del momento.
<< Pensi che farà freddo, Greg? >> gli chiede in codice. Hanno iniziato a comunicare così da che è tornato dall’incontro con Anthea.
<< Non ancora, Sherlock >> gli risponde, mentre invia velocemente un messaggio ad Anthea. Nonostante sia passato il giorno richiesto dalla ragazza, Mycroft non è ancora rientrato.
<< Sono riusciti a trovare un punto di incontro con Moran. John si prepara ad andare da lei >> dice il consulente, consapevole di quanto sia impossibile tenere John al suo posto senza insospettire lui e gli spagnoli.
<< Lui è ben coperto, non preoccuparti >> cerca di tranquillizzarlo Greg. Il cellulare vibra tra le sue mani. Velocissima come sempre nel rispondere, quella donna. Legge quanto gli ha scritto e scuote il capo passando il telefono a Sherlock. Il ragazzo le risponde e Greg resta a fare il palo mentre i due intrattengono un serrato botta e risposta.
<<  Donna ostinata! >> esclama Sherlock tra i denti.
<< Ama molto il freddo >> dice Greg e per la prima volta riesce a stupire Sherlock. Questi afferra il taccuino e inizia a scrivere frenetico.
“Ma… che vai dicendo?”.
“Non so se il freddo ricambia ma posso assicurarti che da parte sua le cose stanno così”.
Sherlock volge lo sguardo al cielo e impreca, cosa che Greg non gli ha mai sentito fare.
“Questo non va bene, cazzo! Non sarà concentrata sull’obiettivo“.
”Invece sì che lo sarà”.
“Come fai a esserne certo?”.
“Perché è fedele al suo capo e il suo capo vuole solo il tuo bene e il tuo bene dipende dalla salvezza di John”.
Sherlock legge l’ultimo messaggio da lei ricevuto e gli porge il cellulare.
 
“Tuo fratello vorrebbe che si andasse avanti a qualunque costo. Resta buono dove sei e non fare cazzate, che la situazione è già abbastanza tesa senza che tu venga qui a farti ammazzare”.
 
Sicuramente questa ragazza sa come parlare agli Holmes, deve rendergliene atto. Sherlock si mette a sedere a fatica, porta le mani alla testa e preme forte i palmi sulle tempie. Torna poi a scrivere frenetico. Dal momento che la discussione sembra essere lunga, Greg si accomoda sul lato libero del letto, la schiena appoggiata alla testata.
“Hai detto che sono soliti bendarlo e assordarlo con la musica?”.
“Sì, è quel che mi ha detto lei”.
“Greg, procurami le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso di casa di mio fratello e delle zone limitrofe”.
“Come puoi visionare i filmati qui con gli sbagliati nell’altra stanza?”.
“Questo rientra nell’altro favore che ho da chiederti”.
Sherlock scrive frenetico il resto della frase e quando gli porge il taccuino Greg si rallegra solo di essere già seduto nel leggere il resto del piano che ha architettato.
”Non se ne parla nemmeno, Sherlock, è un suicidio!” scrive. Il ragazzo sospira e un sorriso compare a curvare dolcemente le sue labbra. Volge lo sguardo commosso verso di lui lasciandolo senza parole.
<< Sai, Gregory, il punto è che anche io amo tanto il freddo. Anche se mi fa stare male. Non è colpa sua, è la sua natura. Nessuno gli ha insegnato come scendere sulle persone senza congelarne la pelle. L’ho imparato anche io da poco e voglio raccontargli come si sta bene al caldo >>.
Una lacrima solitaria si sgancia dalle lunghe ciglia di Sherlock e ne segna la scia sulla guancia pallida. Greg si perde nella sua caduta libera dal mento che crea una macchia scura sulla maglia del pigiama. Quel calore che gli invadeva il petto ora lo sente espandersi all’addome e al viso. Senza pensarci stringe forte tra le braccia Sherlock, abbondantemente sorpreso dal suo abbraccio e ancora di più dal bacio che gli posa sulla fronte.
<< Non è da parte mia e neppure di lei >> gli dice e il modo disperato in cui Sherlock si aggrappa a lui gli riporta alla mente quel che Mycroft gli aveva detto. << Vede in te un fratello maggiore migliore di quanto non lo sia io >>. Non sa se ritrovandosi insieme questi due geniali Holmes si concederebbero davvero tali manifestazioni di affetto. Troppo alti e spessi sono i muri dietro i quali si nascondono. Sente di essere orgoglioso, però, di poter fare da tramite.
<< Va bene, facciamo anche questa pazzia >> gli dice alzandosi dal letto. Manda un messaggio a Molly che dopo poco li raggiunge. Le spiega il piano vedendo i suoi begli occhi castani farsi sempre più grandi e increduli. Nonostante la paura evidente la ragazza, però, non si tira indietro. Lui la abbraccia forte e fregandosene della presenza di Sherlock le da un lungo bacio del quale sente il bisogno.
<< Mi invento una scusa e faccio il giro della casa. Appena John esce aspetta due minuti e poi portati alla finestra >> le dice e lei annuisce senza aggiungere altro.
<< Abbiamo Fox dalla nostra, ci farà da palo >> li informa Sherlock e a Greg sfugge una risata nervosa.
<< Ti pareva se tu e il tuo amico non vi sareste trovati d’accordo su questa pazzia >> dice scoccandogli un’occhiataccia alla quale il consulente risponde con un sorriso impertinente.
L’ex detective si dirige verso la porta e senza voltarsi esce. Sente lo sguardo di Fox addosso e annuisce appena consapevole di come il ragazzo sia in grado di comprendere cosa si appresta a fare. Il giornalista, infatti, annuisce a sua volta distogliendo poi subito lo sguardo.
<< Dimmock mi ha cercato. E’ meglio che vada, non vorrei ci fossero stati casini per la sparizione delle armi >> dice loro.
<< Allora, Greg, ci vediamo a missione compiuta >> gli dice John porgendogli la mano.
L’ex detective si rende conto di come quella potrebbe essere l’ultima volta in cui vede John Watson vivo. Ignora la sua mano tesa e lo stringe forte tra le braccia.
<< Mi raccomando, torna sano e salvo! Non lasciarmi a raccogliere i cocci di un consulente investigativo disperato >>.
John ridacchia nervoso ricambiando l’abbraccio.
<< Tornerò, non dubitarne. Nel frattempo tienilo al sicuro al posto mio >> gli chiede.
Confida in lui il dottore, lontano anche solo dall’immaginare cosa si stia apprestando a fare. Greg scaccia il senso di colpa. Batte ancora la mano sulla spalla di John e senza aggiungere altro, né guardarsi indietro esce da quella casa in cui l’atmosfera è sempre più tesa.
 
***
 
<< Come sarebbe a dire che avete perso il contatto? >>.
Molly trema vistosamente, come una foglia su un ramo secco in autunno. Posa gli occhi dilatati e increduli sui volti dei quattro giornalisti, che non sanno cosa risponderle. Fox vorrebbe starle accanto e prendersi cura di lei, come chiestogli da Sherlock, ma sa che se si avvicinasse in questo momento, anche con il migliore dei propositi, la ragazza scatterebbe come una molla e darebbe il via all’esplosione.
<< Ragazzi, cosa cazzo sta succedendo? >> domanda Mistica, stupita quanto Molly. Conosce i suoi colleghi da troppo tempo per capire come questi l’abbiano tenuta all’oscuro di qualcosa di importante. Molly nel rivedere in lei la sua stessa incredulità trema ancora di più e Fox vede il panico farsi sempre più vicino.
Sky mantiene lo sguardo puntato sullo spazio ora vuoto dove fino a poco prima campeggiavano i puntini rossi segnalatori della presenza di Moran e di John. 
Fox volge lo sguardo a Grey, ma non riceve alcun ordine da lui. Sherlock aveva ragione: gli sta davvero lasciando il comando.
<< A quanto pare tra di noi c’è una talpa >> dice guardando deliberatamente l’hacker. Il ragazzo scatta come fosse stato colpito da una scossa elettrica. Abbassa lo sguardo con in viso l’espressione di un bambino colto con le mani nel barattolo dei biscotti. Solo che il barattolo contiene ben altro e lui se ne è reso finalmente conto.
John è scomparso. L’uomo apparentemente tranquillo, capace, però, di tirare fuori una grinta e un’attitudine al comando impressionanti, è scomparso.
<< Cosa hai fatto, Àngel? >> chiede Mistica in un sussurro esterrefatto. Si sposta su gambe malferme verso di lui e il ragazzo, dinanzi allo sguardo perplesso della donna che ama, crolla.
<< Io… io >> balbetta in preda al panico, senza riuscire a dire altro.
Mistica scuote il capo incredula. Morde il labbro cercando di trattenere le lacrime che, però, cadono giù lo stesso e dinanzi al suo viso rattristato Sky cerca di dire qualcosa, ma lei solleva la mano intimandogli il silenzio.
<< Non posso credere che davvero tu sia sceso a patti con Moriarty >> gli dice cercando di mantenere la voce ben ferma.
<< Voleva Billy e lui… cristo, in quell’anno ha rischiato seriamente di dividerci, Miriam! È una mina vagante che porta scompiglio ovunque vada! Ce n’eravamo liberati, ma poi Valerio ha deciso di mettere il naso in questa storia e io dovevo fare qualcosa >>.
<< E hai pensato di essere il giusto giudice in grado di decidere della sua vita o della sua morte? >> gli chiede disgustata la ragazza. << Non abbiamo mai agito così, Àngel, mai! Neppure con i peggiori che ci sono capitati tra le mani nelle nostre inchieste. Sherlock non è uno stupratore, nè un pappone, né tanto meno un violento, eppure tu non ci hai pensato due volte a venderlo a un pazzo furioso! E John? >> dice portandosi a un passo da lui. << John non lo conosci nemmeno, eppure lo hai dato in pasto a una pazza assassina, Àngel! Come hai potuto! >> grida colpendolo al viso con uno schiaffo tanto forte da farlo sbattere contro il tavolo. << Ti sei preoccupato così tanto per me perché sai che se sono ferita è solo colpa tua! >> continua colpendolo con un nuovo schiaffo. Il ragazzo non ci prova neppure a difendersi. << Io e Valerio abbiamo rischiato di morire in quella sparatoria! Come hai potuto continuare a fare finta di nulla! Cristo, e io che ho più volte pensato di essermi… >> si interrompe con la mano a mezz’aria, pronta a colpirlo ancora una volta.
Sky alza appena lo sguardo a incontrare il suo. In quel silenzioso scambio vibrano sentimenti non detti urlati con disperazione. Mistica riporta la mano sul fianco e volge altrove lo sguardo. Zoppica lontano dal collega e per assurdo trova conforto tra le braccia di Molly, che in quello sfogo e nelle sue parole sembra aver trovato il giusto compromesso per poter lenire la sua rabbia.
<< Àngel, cosa ti ha portato a tanto? >> gli chiede Grey. Quello sguardo scorato e carico di domande ferisce il ragazzo che non riesce a sostenerlo. Incassa la testa tra le spalle e si fa coraggio.
<< Io… non volevo deluderti, Juan. Davvero >> sussurra.
<< Allora perché tradirci? >>.
<< Io non ho tradito voi >> dice alzando la testa. << Io non accetto che tu voglia lasciarci, Juan >> ammette ritrovando nella verità il controllo di se stesso. << Posso capire le tue motivazioni, ma non riesco a credere che davvero tu voglia lasciare tutto in mano a lui! >> esclama puntano il dito contro Fox. << Vedi con quanta facilità è disposto a lasciarci? Prima trovandosi una donna addirittura in un altro stato e poi correndo qui a salvare chi ci ha messi in pericolo molte volte! >>
<< Perché non ce ne hai parlato? Abbiamo sempre affrontato le difficoltà insieme >> domanda Grey.
<< E come potevo mettermi tra te e i tuoi figli? >> sbotta il ragazzo tornando ritto in piedi.          << Come potevo mettermi tra te e lui >> dice scoccando a Fox un’occhiata furiosa. << Tu sei solo un maledetto egoista, Valerio! Anzi >>, dice facendosi coraggio, << voi due siete dei maledetti    egoisti! >> grida stringendo i pugni. << Avete pensato solo ai vostri interessi, ai vostri non detti, senza minimamente pensare a quanto io abbia bisogno di voi! >> la sua furia si perde nei singhiozzi che ora non riesce più a controllare. << Non sono niente senza di voi, maledizione! >> borbotta portando le mani agli occhi, a stropicciarli come un bambino disperato.
Fox si era accorto del suo dolore, dei suoi nervi molto più tesi del solito nell’ultimo periodo. Ha avuto, però, troppe cose da gestire. Uno sconvolgimento emotivo che lo ha portato ad allontanarsi non solo da loro, ma da chiunque. Gli ultimi due anni erano già stati faticosi, sia emotivamente che a livello organizzativo, soprattutto dopo la rivolta a ‘El lugar seguro’ e alla morte di quei due ragazzi che sono costati una lunga ospedalizzazione a Grey e non poche beghe legati e amministrative.
La richiesta di Juliana la ricorda bene. Quelle parole cariche di pianto mentre lo pregava di darci un taglio per il bene non solo loro ma dei loro figli così piccoli. Le conseguenti responsabilità piovute sulle sue spalle e che né voleva prendersi, né sapeva come gestire. E poi, solo sei mesi prima, quella proposta.
<< Sono quasi 25 anni che lavoro in prima linea e macino un’inchiesta dopo l’altra senza mai fermarmi. Penso sia arrivato il momento di farlo e voglio che sia tu a dirigere la sessione investigativa di ‘El mundo’ al posto mio >>.
Chiunque avrebbe fatto i salti di gioia davanti a quell’opportunità. Lui, invece, aveva reagito con una notte insonne carica di attacchi di panico da gestire e una profonda tristezza. Un senso di abbandono che non provava da molto tempo e che anche grazie a Juan aveva sedato.
Forse Sky ha pure ragione su Ylenia. Non è un caso che la loro storia, se così può chiamarla, sia partita proprio in quel periodo. Un modo come un altro per spostare l’attenzione, per non dover pensare alla risposta che ancora Grey attende e alla conseguente ammissione di come sia davvero tutto finito tra loro.
Volge lo sguardo all’uomo che lo ha salvato e che con le sue parole, con la sua pazienza e la sua fiducia gli ha permesso di imparare tante cose. Sia sul lavoro che nella vita. Sta iniziando appena a sentire, le sue emozioni, il suo corpo, e quel che prova adesso volentieri lo nasconderebbe dietro la corazza spessa che sta poco a poco smontando. Lascia invece che tutto lo assalga e, nel sorriso di Grey che lo invita a compiere quel passo verso una nuova conoscenza di sé, si porta più vicino al collega.
Questi porta le mani a coprire la testa, gesto che gli riempie il cuore di compassione. Sky ha un carattere particolare e generalmente non è tipo che si fa ben volere. Ne ha passate di cotte e di crude, abbandonato a se stesso nelle favelas argentine, e la sua particolarità non lo ha di certo aiutato. È sopravvissuto a ogni tipo possibile e immaginabile di abuso, a una vita di stenti e violenza, alla crudeltà di coloro che si divertivano a giocare alla caccia alla volpe stanando ‘los ninos de rua’[6] e si è salvato solo grazie alla sua predisposizione per tutto ciò che è tecnologico. Non ha mai conosciuto il valore dell’amicizia, né cosa fossero affetto e amore prima di incontrare Juan. Si era aggrappato a questi e successivamente a Miriam e a lui, le sue ancore di salvezza, come è solito definirli.
In un certo senso può capirlo, perché la stessa cosa l’ha vissuta sulla sua pelle. Si era aggrappato a suo fratello e quando questi è morto si è sentito perso e terrorizzato all’idea di affrontare da solo il suo inferno personale. Allo stesso modo Àngel teme di trovarsi costretto a tornare a quella vita, in quell’inferno, se non ha più uno scopo e soprattutto i suoi amici, la sua famiglia, accanto a sé.
<< Hai rischiato di ucciderci tutti, Àngel, te ne rendi conto? >> gli dice in spagnolo in tono carezzevole. Il ragazzo annuisce. << Non sei poi così diverso da Sherlock, sai? Hai condannato il suo agire senza pensare e i danni che questo comporta, ma guardati: hai fatto esattamente ciò che ha fatto lui >>.
Sky smette di singhiozzare e resta in silenzio, le braccia ferme a coprire la testa.
<< Ne abbiamo passate tante insieme in questi molti anni di lavoro. Abbiamo rischiato la pelle innumerevoli volte uscendone vivi solo grazie a te. Sì, Àngel, grazie a te e alle tue diavolerie elettroniche. Le stesse che questa volta ci hanno messi in pericolo. Moriarty e Moran hanno giocato con la tua paura, si sono approfittati del tuo timore di perdere ciò che hai di più caro. Ci avrebbero uccisi comunque e avrebbero ucciso anche te, perché è così che agisce questa gente. Usa il prossimo finchè gli è utile e poi se ne sbarazza, come è stato per i tre componenti A.G.R.A. Tu lo sai bene come funziona, ma nonostante questo eri così disperato da accettare il loro ‘aiuto’ >>.
Il ragazzo alza appena la testa e lo guarda di sottecchi. Valerio gli sorride e gli porge la mano.
<< So cosa si prova ad essere disperati, Àngel. So cosa vuol dire vivere costantemente nella paura e quanto sia bello trovare un porto sicuro nel quale potersi rilassare. Anche io lo difenderei con ogni mezzo e probabilmente anche io sbaglierei e se accadesse vorrei poter essere perdonato. Perché errare è umano e anche noi sbagliati siamo esseri umani. Ma ancora prima di questo ti chiedo di perdonare me e anche Juan >> dice volgendo lo sguardo al loro capo che annuisce concorde. << Per non esserci resi conto di quanto male ti abbiamo fatto. Per essere stati… sì, egoisti e averti involontariamente spinto tra le braccia del nemico >>.
Il ragazzo volge lo sguardo stupito a entrambi. Scuote poi la testa portando le mani al volto scosso nuovamente dal pianto.
<< Non me lo merito. Hai ragione: ho fatto una cazzata. Ho rischiato di ucciderci tutti quanti >>.
<< Non sta a me dire se te lo meriti o no. Siamo tutti colpevoli del casino che è successo. Io riconosco l’intenzione, riconosco il timore e riconosco la disperazione. Penso tu valga e sia importante a prescindere da noi e da ciò che facciamo insieme, Àngel. Lo sto imparando anche io perché, come te, fuori da questo gruppo mi sono chiesto spesso cosa mai potrei fare. Il gruppo è importante quanto ogni suo singolo elemento e ti invito, quindi, a pensarti importante indipendentemente da noi >>.
<< Quindi… questa è la fine dei ‘Los Errores’? >> .
<< Io voglio vederla come l’inizio di una nuova era, Àngel. Il nostro capo se ne va e il terremoto che questo crea direi che sia fisiologico, non trovi? >>.
<< Non prenderai il suo posto? >>.
<< Io ho il mio posto, non prendo quello di nessun altro. Sicuramente non quello ingombrante di Juan. La mia intenzione era quella di parlare con te e con Miriam e scegliere insieme cosa fare. Come abbiamo sempre fatto. Juan sarà il nostro capo sulla carta, ma siamo una democrazia infondo. Perché dovrebbero cambiare le cose? >>.
<< Sono un idiota >>.
<< Sì >> risponde serio. << Ma ti perdono perché so che sarai in grado di rimediare alla cazzata che hai fatto! >> dice avvicinando ancora di più la mano tesa verso di lui. Sky la guarda a lungo prima di stringerla dapprima timidamente poi forte, versando ancora qualche lacrima e sussurrando qualche timido grazie.
 Fox si volta verso Grey che appare soddisfatto. Il suo maestro orgoglioso di lui. La sente, chiara, decisa, la scissione che si crea quando si verifica un cambiamento. Quell’accogliere un fatto inevitabile con tranquillità e la consapevolezza che nonostante le cose non siano più quelle di prima i legami che si sono creati resteranno sempre forti e presenti.
“Sarò sempre con te” gli dicono gli occhi scuri e sereni di Grey.
“Lo so” gli risponde e per la prima volta si vede suo pari. Non il figlio putativo, l’allievo prediletto, il braccio destro affidabile, l’amante mancato per l’inevitabilità dei fatti, ma il collega e amico. Annota mentalmente di ringraziare Sherlock, perché grazie a questa pericolosa avventura è riuscito a compiere il passo necessario per uscire dall’impasse e scegliere quale sentiero percorrere dal bivio al quale si era fermato.
<< Sherlock aveva visto lungo, più lungo di tutti noi. Come sempre >> dice ridacchiando. << John sarà pure scomparso dal monitor ma non è da solo ad affrontare Moran >>.
<< Cosa vuoi dire? >> gli domanda Molly incredula.
<< Credi davvero che glielo avrebbe permesso? >>
<< Oddio, non saranno andati lì, lui e Greg? >> la ragazza impallidisce e Mistica la guarda stupita.
<< Un momento: Sherlock se ne è andato? >> domanda incredula.
<< Ok, direi che è meglio se ci mettiamo tutti seduti. Ho un paio di novità sulle quali ragguagliarvi >> dice.
Quattro paia d’occhi pendono dalle sue labbra, desiderosi di sapere cosa diavolo si è inventato quel pazzo consulente investigativo.
 
 

[1] Citazione di Enrico La Talpa da ‘Lupo Alberto’ di Silver
[2] Nota citazione dal Canone di Conan Doyle
[3] Valerio, come sta Sherlock?
[4] Sta bene. E tu?
[5] Meglio, grazie
[6] I bambini di strada

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Buongiorno a tutti!
Mercoledì sarà ferragosto e qui dalle mie parti, manco a dirlo, sta piovendo! Non voglio aggiungere troppe parole a questo capitolo. Mi piacerebbe, invece, avere un vostro parere. Nei capitoli che seguiranno ci saranno altre scene violente simili a quelle qui descritte. Io sono nuova del mondo delle ff e non so valutare se queste scene possano essere violente al punto da necessitare un cambio di rating da arancione a rosso. Quindi, chiedo a voi che state leggendo un parere: se già quanto descritto qui vi sembra necessiti un cambio di rating allora mi premuro per farlo. Vi ringrazio già da adesso per il consiglio.
Vi auguro buona lettura e buon ferragosto
A presto
Patty
 
Capitolo 19
 
<< Tu… tu sei John Watson? Quel John Watson? Quello del blog? >>.
John aveva provato una grande soddisfazione, la stessa che prova ogni volta che qualcuno lo riconosce autore del blog col più alto numero di visitatori negli ultimi mesi. Mary Morstan, poi, aveva un modo tutto particolare di esprimere lo stupore. Si apriva in un sorriso enorme che le occupava tutto il viso e le rendeva rotonde le gote. Non era bellissima e i capelli visibilmente tinti di un biondo troppo chiaro non la miglioravano di certo. C’era, però, qualcosa in lei che lo attraeva. Non sapeva dire cosa. Certo non era legato all’avvenenza, né al carattere, un po’ troppo sicura di sé ai limiti dell’arroganza. Era qualcosa nascosto nel suo sguardo, nella curva del suo sorriso, qualcosa che andava a toccare le corde che solitamente lo mettono in allerta. Un’allerta che gli ricordava quella vissuta sul campo di battaglia. Solo che lì, nell’area ristoro del centro medico per il quale entrambi lavoravano, non c’era alcuna battaglia.
Non aveva intenzione di frequentarla. Aveva da un pezzo smesso con quella tortura di relazioni nate ieri e morte domani, di donne che puntualmente si lamentavano della stessa identica cosa: Sherlock.
‘Appena ti chiama corri subito da lui’.
‘Perché dobbiamo ritrovarcelo sempre tra i piedi?’.
‘Ti sei dimenticato di nuovo del nostro appuntamento?’.
‘Non voglio competere con Sherlock Holmes!’.
Basta! Basta soprattutto a tutti i pensieri che facevano nascere, ai momenti in cui gli era chiaro e lampante a cosa gli servissero tutte quelle storielle sterili.
Aveva deciso di smettere di invitare donne a caso proprio dopo che una Donna, lesbica e dominatrice, gli aveva aperto gli occhi su ciò che provava per colui che continuava a definire essere un collega. Cosa del tutto assurda, dal momento che Sherlock non è un medico, semmai un chimico, e che lui non è un investigatore, le sue indagini si limitano alla stesura di una diagnosi clinica.
Collegati, però, lo erano sempre stati fin dall’inizio. Fin da quella prima deduzione che lo aveva portato ad uccidere un uomo per salvargli la vita. Quando lo aveva visto gettarsi dal tetto del Bart’s questo collegamento si era interrotto e lui si era visto cadere, cadere, cadere senza però mai giungere a sfracellarsi. Il suo inferno personale sembrava proprio sarebbe stata una eterna caduta.
Durante la caduta tante voci gli erano giunte alle orecchie. Quella rotta dal pianto della signora Hudson, quella incerta e impacciata di Greg, quella distaccata di Mycroft e altre, così tante che aveva sentito il bisogno di isolarsi. E in questo isolamento, raggomitolato sul divano del salotto di Greg, aveva ricevuto il primo messaggio.
 
“Ho saputo della tua perdita. Mi dispiace tanto, John”.
 
Un messaggio simile a molti altri e che lui aveva visto bene di ignorare. Eppure al messaggio di Mary Morstan aveva risposto senza esitare. Ne era nato un botta e risposta che era andato avanti per tutta la notte. Mary gli aveva più volte proposto di sentirsi telefonicamente, ma lui non ne aveva voluto sapere. Solo messaggi. Le telefonate sono fastidiose. E poi è così difficile parlare quando si è preda del pianto. John aveva pianto tanto, pungolato nel vivo dalle parole accorate di Mary. Gli era sembrato quasi che quella donna che lo conosceva appena fosse stata in grado di leggergli l’anima e di mettere a parole cose che lui stesso faticava a pensare.
 
“Quello che ti ha fatto non è giusto. Non te lo meriti, John. E’ stato egoista e non lo merita tutto il tuo dolore”.
 
Aveva accolto quel messaggio in modo ambiguo. Una parte di lui, quella rabbiosa, aveva applaudito queste parole dirette e sincere. Un’altra parte, invece, se ne era risentita. Come si permetteva Mary di giudicarlo? Cosa ne sapeva Mary di lui? Cosa ne sapeva di loro? Cosa?
Aveva spento il telefono interrompendo la conversazione. Il pomeriggio seguente, quando si era risvegliato da un sonno turbolento e lo aveva acceso vi aveva trovato altri messaggi e due telefonate. Le aveva ignorate e per un paio di giorni Mary non si era fatta più sentire.
Il terzo giorno aveva ricevuto un altro suo messaggio e nuovamente avevano parlato a lungo. Di tutto meno che di Sherlock. Era stata una muta decisione condivisa e alcuni dei messaggi di Mary erano riusciti a tirarlo su di morale, a farlo ridere perfino.
“Se te la senti possiamo vederci. Sabato sera, magari” gli aveva proposto e lui aveva detto “Perché no?” e non ne avevano più parlato, né lui ci aveva pensato. Il sabato era arrivato e con lui un suo messaggio: “All’Irish Pub alle 8?”. John aveva accettato guardando a lungo la localizzazione del locale inviata insieme al messaggio. Si era rasato dopo giorni in cui non si era preoccupato neppure di guardarsi allo specchio. Aveva recuperato dall’armadio di Greg qualcosa che gli stesse ed era uscito, con i risvolti alle maniche della giacca e ai pantaloni.
Quando l’aveva vista entrare, cinque minuti dopo l’orario stabilito, gli era sembrata persino bella. Un trucco leggero, un abito lilla a sottolineare le forme abbondanti e quel sorriso che sembrava sempre dire ‘Ce l’ho fatta anche stavolta!’.
Avevano parlato. No, lei aveva parlato. Tanto. Troppo. Lui si era limitato ad ascoltare e mandare giù una birra dopo l’altra finchè si era sentito decisamente su di giri. Aveva iniziato a ridere ad ogni sua battuta e, inevitabilmente, ad essere seducente. Ecco che aveva messo su il vecchio disco dell’avventura sterile. Ovviamente erano finiti a casa sua, come tutte le altre volte. Immancabilmente sul letto, nella camera ordinata e profumata alla lavanda.
C’era stato poi quel momento, quell’attimo, quell’istante in cui le braccia di lei strette alle sue spalle lo avevano soffocato. Le gambe, inaspettatamente muscolose, erano diventate troppo opprimenti allacciate forte attorno ai suoi fianchi. La sua bocca troppo insistente e fastidiosa. Aveva dovuto reprimere un conato e aveva piantato le mani sul materasso tentando di allontanarsi da lei.
<< Aspetta. Fammi prendere fiato >> le aveva chiesto e lei aveva ringhiato contrariata. Un vero e proprio ringhio che gli aveva accapponato la pelle. Si era ritrovato di colpo schiacciato contro il letto e quel brusco cambio di prospettiva aveva creato una vertigine e aumentato la nausea.
<< No, no, dottore, non ti lascio andare da nessuna parte >> aveva detto ridendo, il viso premuto contro il suo collo.
<< Non mi sento bene, davvero, non sto scherzando >> aveva insistito tentando di opporre resistenza, ma era dannatamente forte quella donna.
<< Nemmeno io sto scherzando, John >> aveva detto seria, guardandolo con occhi gelidi. << Ora stai buono e collabora, ok? >>.
La penombra della stanza gettava lugubri ombre sul viso di Mary rendendo diabolico il suo sorriso. Non gli aveva dato tempo di rispondere, tappandogli la bocca con la sua. La lingua era entrata prepotente nella sua bocca invadendolo del sapore troppo piccante del suo dentifricio alla menta piperita. Si era sentito mancare l’aria ed era rimasto del tutto immobile. Le mani bloccate da quelle di lei, le unghie lunghe e laccate a lacerargli i polsi. Mentre lei si muoveva sempre più veloce su di lui ansimando il suo corpo non era in grado di provare nulla. Come lo avessero anestetizzato dalla testa ai piedi.
Era stato eterno, frustrante e orribile.
<< Bravo il mio dottore >> gli aveva detto scivolando piano al suo fianco. Il braccio pesante posato sul suo torace a volerne indicare ancora il possesso.
John aveva aspettato immobile che si addormentasse ed era scivolato via da lei. Aveva raggiunto barcollando il bagno e lì aveva vomitato l’anima. Tremava dalla testa ai piedi mentre tutto girava davanti ai suoi occhi e non poteva ancora credere a quanto era appena successo. La cosa più brutta che gli fosse mai capitata. Avrebbe voluto scappare via, ma le gambe non lo reggevano. Si era accasciato ai piedi della tazza e aveva fissato a lungo i complicati disegni delle piastrelle, incapace di pensare. Incapace di sentire. Non poteva essere davvero accaduto. Si era lasciato abbindolare dalle sue belle parole, nemmeno fosse una innocente ragazzina del tutto ignorante del mondo e delle genti che lo popolano.
Aveva tremato ancora di più quando l’aveva vista appoggiata allo stipite della porta. Vestiva una lunga vestaglia viola che le lasciava scoperta una gamba, resa spettrale dalla pallida luce lunare. Lo osservava con disgusto, le braccia incrociate strette al petto. Si era sentito piccolo e indifeso, come un animaletto ferito braccato da una preda spietata e colmo di terrore si era chiesto il perché di tanto disgusto. Perché stuprarlo se gli faceva così tanto schifo?
L’aveva sentita borbottare qualcosa in una lingua a lui sconosciuta per poi dirigersi verso la cucina. Era tornata dopo poco con un bicchiere d’acqua in mano, si era inginocchiata accanto a lui e gli aveva sollevato a forza la testa strappandogli i capelli. John aveva urlato e lei, con la prontezza di chi è abituata ad azioni simili, aveva versato il contenuto del bicchiere direttamente nella sua gola. Gli aveva tappato bocca e naso obbligandolo a bere e poi disgustata lo aveva spinto via da sé. Si era lavata le mani continuando a borbottare e l’ultima cosa che John ricorda, prima di essere avvolto dal torpore chimico del sonnifero, è la cura con la quale ripiegava l’asciugamano nell’appendino.
Si era svegliato il giorno dopo, intontito.
<< Come sta il mio bel dottore stamattina? >> gli aveva chiesto lei facendosi più vicina. John si era messo a sedere scacciandola da sé, incapace di parlare.
<< Ehi, che ti succede? >> gli aveva chiesto preoccupata. Lo guardava mansueta, stupita dei gesti convulsi delle sue mani intenzionate a tenerla il più lontana possibile.
<< Ieri… stanotte… quel che è successo >> farfugliava lui tremando. Mary aveva sorriso e gli era parsa così autentica la dolcezza sul suo viso.
<< Ieri hai bevuto decisamente troppo e sul più bello mi hai chiesto di interromperci e sei corso in bagno a vomitare, John. Ti ho dato un rimedio per la sbronza e appena sei tornato a letto hai iniziato a russare. Non te lo ricordi? >>.
No, quello non era decisamente ciò che ricordava lui.
<< Hai fatto un brutto sogno? Succede dopo aver bevuto troppo >>.
Si era preso la testa tra le mani e avrebbe voluto urlare tutta la sua frustrazione. Quella donna, quella stessa donna che lo aveva guardato con disgusto, che lo aveva schiacciato sul letto costringendolo a un rapporto sessuale intimandogli di collaborare senza fare storie, ora lo guardava preoccupata e adorante e lui non ci capiva più niente.
<< Io… è meglio che vada >>.
<< Ti accompagno >>.
<< No! >> aveva gridato ponendo tra loro le due mani aperte. << Vado da solo >>.
<< Ma sei sicuro di farcela? >> gli aveva chiesto stupita e, dio, quanto stonava quel viso innocente con quello abominevole che aveva davanti agli occhi della mente.
<< Sono sopravvissuto a cose ben peggiori >>.
Aveva scoperto di essere ancora parzialmente vestito, altro contrasto rispetto a quanto ricordava. Recuperata la giacca lasciata in salotto, senza prestare attenzione a quanto lei gli stava dicendo e senza voltarsi, né salutarla era letteralmente scappato via. Non per il sopraggiungere di un marito o un compagno geloso, questa volta, né per la vigliaccata di non volersi fare trovare ancora lì il mattino dopo. Era scappato dal dubbio, dalla verità che continuava a proporsi dinanzi a lui. Era davvero la damigella in pericolo, quella la cui innocenza era stata appena rubata?
Una volta a casa di Greg, era rimasto sotto la doccia, a graffiare con la spugna la pelle fino a farla diventare rossa, senza neppure rendersi conto quando l’acqua calda era finita lasciando il posto a quella fredda. Aveva vomitato altre innumerevoli volte e aveva avuto un paio di isteriche crisi di pianto e non si capacitava di come tutto questo potesse essere il prodotto di un brutto sogno.
Non aveva più acceso il cellulare da quella notte. Non aveva messo piede fuori per un'altra lunga settimana, fino alla telefonata della signora Hudson. Quella che lo aveva portato nuovamente a Baker Street, al ritrovamento delle quattro scatole e all’incontro con Fox e i ‘Los Errores’.
La verità gli era piombata addosso con tutto il suo peso sconvolgente quando aveva rivisto il volto di Mary nella foto appiccicata sui documenti relativi al caporale Sebastiana Rosamund Moran. Era successo davvero. Le minacce, lo stupro, il suo sguardo disgustato. Era stato tutto reale e lei, folle sociopatica, aveva fatto tutto ad arte per fargli credere fosse stato…
 
<< … un sogno >>.
John apre gli occhi e subito li richiude. La testa gli gira e avverte un dolore pungente all’occhio sinistro. Qualcosa di umido gli cola sul viso annebbiandogli l’occhio. Respira a fatica e quando prova a muoversi si rende conto di essere legato. Le braccia gli dolgono, bloccate dietro le spalle e le corde spesse e strette gli hanno reso le mani gelide e insensibili. Un blocco pesante di cemento gli è stato posato sulle ginocchia, rendendogli impossibile muoversi. Le gambe sono dolenti e preda di formicolii pungenti.
Apre l’occhio sano e tenta di guardarsi attorno. Non è il luogo in cui Sky aveva detto essersi rifugiata Moran, quello nel quale il puntolino rosso che segnalava la sua presenza continuava a lampeggiare. Sembra l’interno di una fabbrica abbandonata. Un cono di luce lunare entra dalle vetrate sul soffitto prendendolo in pieno, lasciando tutto il resto nell’ombra.
Si era recato in una villetta lontana da altri centri abitati, il fucile pronto all’uso e la divisa nera dei ‘Los Errores’ a renderlo ben poco visibile. Era entrato dal retro ed era subito stato accolto da un colpo di fucile. Quella donna sembrava essere a conoscenza del suo arrivo, ma essendo un cecchino gli è stato facile pensare fosse solita essere perennemente all’erta. Aveva cercato di farla parlare per capire dove si fosse nascosta ma non una sola parola si era lasciata sfuggire. Lo aveva colpito di striscio al braccio destro, mentre cercava di spostarsi da un pilastro all’altro e il dolore lo aveva portato ad essere più accorto. Si sentiva nuovamente braccato da lei e ne avvertiva la presenza in ogni zona d’ombra. Si era talmente abituato a guardare verso l’alto, però, da non aspettarsi di ritrovarsela davanti. Era sgusciata fuori dal buio come un incubo e lo aveva colpito con violenza alla testa.
“Ed eccomi qua” pensa John che con movimenti studiati e lenti cerca di vincere la stretta delle corde. Per sua fortuna in Afganistan aveva imparato ad avere la meglio anche sui nodi più tosti e quindi non si è perso d’animo. Quello che non lo lascia tranquillo è la parete di buio tutta intorno a sè.
<< Ho iniziato a temere di averti colpito troppo forte >>.
Moran entra nel cono di luce lunare un pezzo per volta restando comunque al confine tra luce e tenebra. Nel volto impassibile gli occhi lo puntano e poco a poco le labbra si distendono a formare un sorriso terribile.
<< Dove mi hai portato? >>.
<< In un posto dove nessuno può trovarti, amore mio. Ci siamo solo io e te qui >>.
Moran si avvicina di qualche passo entrando del tutto nella luce lunare. John si ritrae meccanicamente e prende a lavorare le corde. Sente di non avere più l’auricolare all’orecchio destro e anche il suo smartswatch è scomparso. Ha perso il contatto con la base e ora è davvero solo con il nemico, proprio come aveva chiesto.
<< Cosa vuoi da me? >>.
<< Te >> risponde lei, come fosse la cosa più logica e chiara.
<< Me? Tu provi solo disgusto per me perché mai dovresti volermi? >>.
<< Oh, allora ti ricordi >> ridacchia Moran portando il dorso della mano destra a coprire la bocca. Un gesto frivolo capace di accendere la rabbia di John.
<< Certo che mi ricordo, come potrei dimenticare quello che mi hai fatto? >>.
<< Suvvia, non è poi tanto diverso dal farti credere di essere braccato da un cane geneticamente modificato >>.
Non gli ci vuole il genio degli Holmes per capire di essere seriamente nei guai. Moran è del tutto priva di empatia, una sociopatica da manuale, e lui è suo prigioniero. Il nodo che gli stringe i polsi richiede tempo per essere sciolto. Deve farla parlare, il più possibile e deve scegliere con cura il tono e le parole.
<< Perché lo hai fatto? Perchè se ti disgusto così tanto? >>.
<< Perché, tuo malgrado, sei entrato in un progetto importante, mio caro. Un progetto iniziato molti anni fa’ e che James ha molto a cuore >>.
<< Lo hai fatto per lui, quindi? >>.
<< No, diciamo che ho aggiunto il mio personale progetto al suo. Il suo unico interesse nei tuoi riguardi è quello di tenerti il più lontano possibile da Sherlock, così ho pensato di dare un senso alla tua inutile esistenza >>.
<< Ma che pensiero gentile >>.
<< Vero? Sono sempre stata generosa >> ride portando nuovamente la mano al viso. << Per questo ti ho portato qui. Non volevo ci fossero occhi e orecchie indiscrete, né qualcuno pronto a intervenire mentre ti espongo la proposta che ho da farti >>.
<< Tu vuoi farmi una proposta? >>.
<< Sì, hai ragione, suona davvero male. Diciamo che non voglio che nessuno ci interrompa mentre ti ordino cosa dovrai fare se vuoi che il tuo amichetto sia libero >>.
<< Vuoi farmi credere che hai il potere di impedire a Moriarty di renderlo suo schiavo? >>.
<< Ne avevi dubbi? Io non mi faccio comandare da nessuno, amore mio >> ringhia e il suo volto si tramuta in una crudele maschera demoniaca. John lavora incessantemente la corda. << Ma glielo lascio credere. L’illusione del potere è così facile da istillare e voi maschietti siete così idioti, così prevedibili e facilmente manipolabili >>.
<< Eppure io ti servo >>.
<< E dovresti esserne orgoglioso perché tu sarai il padre dei miei figli >>.
Questa non se l’aspettava. John resta a bocca aperta dinanzi a quell’assurda premonizione. Gli era già capitato di frequentare donne che la buttavano sul metter su famiglia dopo poche uscite, ma questa le batte davvero tutte.
<< Sei disgustata da me eppure vuoi che metà del patrimonio genetico dei tuoi figli mi appartenga? >>.
<< Abbiamo tutti dei difetti, sono quelli che ci rendono unici, no? E comunque tutto si può correggere con la giusta disciplina. Nonostante i tuoi difetti, John, hai i requisiti giusti per rientrare nel ruolo del buon padre di famiglia >>.
<< Ma davvero? >>.
<< Certo. Sei onesto, ligio al dovere, responsabile e ti annulli completamente per chi ami >>.
<< Io non ti amo >>.
<< Oh, ma imparerai ad amarmi, credimi. Se vuoi che Sherlock non finisca tra le mani di James, dovrai amarmi! >>.
La sensazione di essere piccolo, fragile e braccato da un feroce predatore si ripropone. John tenta di scacciarla via, ma è troppo pesante, come il blocco di cemento che lo inchioda alla sedia e gli fa dolere le gambe.
<< Sei… sei come Moriarty. Lui vuole Sherlock e tu vuoi me, nonostante entrambi non vi vogliamo. Obbligate il prossimo ad amarvi siete… siete diabolici >>.
Moran ride divertita. Una risata lunga e gelida.
<< E’ proprio vero quello che la tua scarsa terapeuta dice di te, allora: hai seri problemi di autostima, John. Sarà la prima cosa che dovrò rafforzare nei nostri figli. Sei giunto da solo al vero motivo che sta spingendo James a braccare Sherlock, eppure lo hai messo via per la soluzione per te più inaccettabile. Guai a chi tenta di prendere ciò che ritieni ti appartenga di diritto! Visto, amore mio? Abbiamo già trovato una cosa che ci accomuna >>.
<< Quindi… quindi vuole davvero fare di lui un collaboratore? >>.
<< Il tuo caro consulente investigativo, se lasciato libero di seguire il suo istinto e di fare qualunque cosa pur di ottenere ciò che ritiene importante, pensi sarebbe così tanto diverso da James o da me? Hai visto anche tu come ha tagliato di netto l’orecchio di A.J., solo per attenersi alle maniere degli uomini di quello strozzino e ci sono tante, tante cose che non sai di lui >>.
John sente improvvisamente freddo. Un freddo che parte da dentro e che gli riporta alla mente tutti i dubbi che aveva avuto durante il grande gioco proposto da Moriarty a Sherlock. Le volte in cui si era chiesto se fosse umano, se fosse in grado di provare sentimenti, di considerare l’altro degno di vivere. Il suo non interessarsi al destino degli ostaggi, vedere le persone come pedine da usare per raggiungere uno scopo, manipolarle e raggirarle a suo uso e consumo. Lo aveva fatto anche con lui, infondo, e più di una volta. Il citato evento di Baskerville era stato quello più eclatante e questo, insieme a tutto il resto, gioca a favore della teoria che Moran gli sta proponendo e che lui non può confutare.
<< Ogni essere umano se ne ha la possibilità può diventare crudele nei confronti del suo prossimo >> continua Moran muovendo un passo verso di lui. << Il tuo Sherlock ha scelto di stare dalla parte degli angeli, ma non è uno di loro. Gli sarebbe bastato restare da solo in luoghi sempre diversi e sconosciuti. Vivere col timore di morire ogni giorno, con la necessità di nascondersi, diffidando di chiunque. Gli stenti, la fame, la tensione lo avrebbero indebolito nel corpo e nello spirito. Avrebbe ucciso per salvare se stesso e chi ama. Una volta ultimata la missione sarebbe tornato a casa dal suo grande amore, ma lo avrebbe trovato maldisposto nei suoi confronti. Un uomo troppo orgoglioso, ferito e diffidente, che non avrebbe preso bene il sapere di essere stato tenuto all’oscuro di tutto. Lo avrebbe trovato prossimo a convolare a giuste nozze con una nuova compagna e si sarebbe ritrovato solo. Stremato, avvilito, frustrato e solo. Spingerlo a tirare fuori quello che hai definito ‘il lato oscuro’ sarebbe stato molto facile a quel punto >>.
<< Solo che tutto ciò non è successo >>.
<< Ne sei sicuro, John? Forse non in quei termini e con le tempistiche che James aveva pianificato, ma guardaci. Siete nuovamente lontani e tu sceglierai me a lui. Certo i piani sono scoperti ma… la verità ha i suoi vantaggi. Ci penserai due volte prima di fare qualunque cosa,      ora >> .
Non intravede alcuna via di fuga. Tutto ciò che propone sembra essere già stato ipotizzato e un piano di riserva è stato appositamente creato per quell’evenienza. John trova tutto troppo complicato per lui. Abbassa sconsolato il capo, felice solo di sentire le corde sempre più lente attorno ai polsi.
<< Tutto questo per vendicare la morte di un uomo… >> sussurra incredulo.
<< Gelosia e vendetta sono i motori del mondo, John. Il possesso, la benzina che li attiva. La madre del tuo amato aveva solo da stare al suo posto, invece ha deciso di fare la cosa più stupida che ci possa essere: innamorarsi. E la stessa idiozia l’ha fatta il padre di James. Mia madre non era gelosa. Di quell’uomo non le importava nulla, ma non poteva lasciare che la passasse liscia. Nè lui, né quella che continuava a dire di esserle amica >>.
John trasale a questo ennesimo colpo di scena. Alza la testa e la vede sorridere della sua sorpresa.
<< Siete fratelli. Tu e Moriarty siete fratelli >>.
<< Solo per parte materna. La più importante >>.
<< Tua madre ha fatto in modo che il padre di suo figlio, di tuo fratello, e la sua amante venissero uccisi >> sussurra stordito da tanto orrore.
<< E’ stata tutta colpa di quella donna sciocca, presuntuosa, piena di sé proprio come i suoi figli. Ovviamente, mia madre non poteva sporcarsi le mani, così ha deciso di raccontare il loro segreto all’illustre mister Holmes. E per rendere la cosa più divertente ha aggiunto una piccola bugia >> aggiunge strizzandogli l’occhio.
<< Quale bugia? >>
<< Quella stupida donna non faceva altro che millantare quanto amasse i suoi fantastici gemellini e quanto fosse cambiata da che erano arrivati. Adorava la loro allegria scoppiettante che l’aveva contagiata. Le avevano scaldato il cuore fino a quel momento freddo. Era insopportabile >> sbuffa alzando gli occhi al cielo. << Li avrei uccisi con le miei mani pur di toglierle quel sorriso beota dalla faccia! Allora ho proposto a mia madre di prendere due piccioni con una fava.
Holmes senior era l’incarnazione di questa nostra ipocrita aristocrazia inglese. Non avrebbe potuto tollerare di sapere che la moglie perfetta che si era procurato lo tradisse con un altro uomo. Non perché gliene importasse qualcosa, figuriamoci, ma perché sarebbe stato uno scandalo e la casata degli Holmes ne sarebbe stata macchiata per sempre. A differenza della moglie, poi, non tollerava il carattere esuberante dei gemelli e disprezzava la figlia. Ritengo fosse più un disprezzo legato al genere femminile che a ciò che comporta una figlia femmina.
Mia madre mi raccontò che Holmes non prese sul serio quanto le aveva detto riguardo la relazione clandestina dei rispettivi coniugi. Le bastò però mettergli il dubbio riguardo la paternità dei gemelli per ottenere il suo interesse >>.
<< Cristo… gli ha detto che non erano suoi? Per questo si è accanito sul corpo di Jane >>.
<< Avesse fatto bene il suo lavoro oggi non saremmo qui a parlarne >> dice tra i denti. << Era convinto di aver fatto fuori pure Sherlock e quando gli dissero che era ancora in vita decise di non portare a termine i suoi piani. Aveva rischiato troppo, diceva, e pensava che allontanarlo da sé sarebbe bastato. Il suo erede, infondo, era il suo perfetto e adorato Mycroft.
Sherlock, però, iniziò a suo modo a far parlare di sé. Il suo dubbio orientamento sessuale, divenuto poi abbastanza certo dopo lo scandalo con Victor Trevor, per non parlare della dedizione alla cocaina che ne è seguita. Iniziavano a esserci troppe voci sulla condotta del minore degli Holmes e l’illustre senior, allora, decise di completare ciò che aveva lasciato in sospeso anni    prima >>.
<< Voleva ucciderlo? >>.
<< Certo, ma non ci riuscì. Un infarto lo colse prima che potesse mettere in atto i suoi piani. Strano tempismo, non trovi? >>.
<< Qualcuno lo ha ucciso >>.
<< Già. Chissà chi sarà stato? >>.
Il sorrisetto crudele di Moran gli spezza il cuore in pezzetti piccolissimi. Quella storia è così sbagliata, ingiusta. Due donne coalizzate a distruggerne una terza colpevole di essersi innamorata non solo di un uomo ma anche dei suoi gemelli. Un padre spinto con l’inganno a uccidere i propri figli e un figlio…
John sente il senso di colpa gravargli sul petto, pesante quanto il blocco di cemento che gli devasta le gambe.
<< Moriarty gli deve un favore, dato il piano che vuole attuare >>.
<< Oh, James è sempre stato un ragazzo sveglio. Per questo ho proposto alla mamma di      tenerlo >>.
<< Mi stai dicendo che lo avresti ucciso? >>
<< Perché no? Se si fosse rivelato fastidioso lo avremmo fatto sicuramente. È stato però facile convincere anche lui, come Holmes senior, della storiella sul vero padre del piccolo Sherlock. L’idea di avere un fratello lo ha esaltato e da allora ha pensato a tutto pur di condurlo a sé >>.
La corda che gli stringe i polsi cede mentre elabora quella nuova informazione. Inizia ad aprire e chiudere le mani, per riattivare la circolazione. Ne ha abbastanza dei vaneggiamenti di questa pazza e delle sue scomode verità nascoste. Ferma e imponente davanti a lui, Moran lo osserva divertita dall’alto della sua arrogante sicurezza.
<< Il consulente criminale e il consulente investigativo pronti a dirigere il mondo all’ombra del fantoccio del governo. Un po’ ambizioso, forse, ma ho sempre incoraggiato le manie di grandezza di James >>.
<< Finchè non ne avrai abbastanza. Allora li eliminerai >>.
<< Conto che lo facciano l’un l’altro. I nostri figli dovranno pur avere lo spazio e il ruolo che meritano, amore mio, non credi? >>.
<< Io credo di aver sentito abbastanza! >>.
Uno sparo rimbomba nello stanzone. Un proiettile graffia il pavimento poco più in là dei piedi di Moran che si volta di scatto, lo sguardo rivolto verso l’alto. John non ci pensa due volte e richiamando tutta la forza che ha in corpo si libera del pesante blocco di cemento. Le gambe sono pervase da mille spilli incandescenti, ma non può badarci adesso.
Moran si volta verso di lui incredula e, chiedendo ancora uno sforzo al suo corpo provato, John si getta su di lei. Cadono sul pavimento polveroso come due sacchi di patate. Vinta dal suo peso, raddoppiato dall’immobilità delle gambe, Moran non riesce a rialzarsi prontamente come vorrebbe. È comunque più forte e i suoi riflessi più vispi e riesce ad estrarre la pistola dalla cintura, ma ancora prima che possa sollevare il braccio, simultaneamente viene disarmata da un'altra pallottola che le buca il polso destro e disorientata da un pugno.
<< Ora la situazione si ribalta, amore mio! >> ringhia John stringendole il collo con una delle corde ancora appese al suo polso.
<< Come… com è possibile >> balbetta Moran. << Chi è? >>.
<< Il mio angelo custode! >> ride iniziando a stringere la fune. Lei cerca di liberarsi colpendolo con la mano sana e un altro colpo dritto al suo avambraccio le impone di smetterla. Il sangue di lei gli schizza sul viso e con un gesto animalesco John lecca le labbra sentendone il sapore ferroso.
<< Non puoi farlo >> sussurra lei mentre la corda si stringe sempre più.
<< Non sei nella posizione più adatta per dare ordini, caporale. È giunto il momento per te di imparare a stare al tuo posto >>
<< Mai! >> ringhia e con un ultimo sforzo colpisce John con una testata. Approfitta del suo attimo di disorientamento per toglierselo di dosso. A fatica si rimette in piedi, barcollando e tossendo. L’angelo custode di John  la colpisce alla schiena, deciso a farla finita. Moran, però, non crolla.
<< Un giubbotto anti proiettili >> sussurra John, strisciato fino alla pistola scappata di mano al cecchino. La punta alla testa della donna che cammina svelta verso il muro di oscurità. Fa fuoco, ma la mano gli trema e il proiettile le strappa appena una ciocca di capelli, fischiandole vicino all’orecchio. Altri colpi vengono esplosi dall’alto, ma ormai Moran è scomparsa nel buio.
John crolla al suolo e vede un’ombra scendere dall’oscurità al di sopra di lui. Corre veloce alla finestra e punta l’arma fuori facendo fuoco altre tre volte.
<< Merda! >> sente esclamare e il rumore di un motore gli fa capire che Moran ha preso il volo.
<< No! >> ringhia John battendo il pugno a terra, la pistola ancora stretta nell’altra mano. Ha le gambe bollenti, percosse da scosse elettriche e punte da aghi incandescenti. Sindrome da schiacciamento, diagnostica. Un’ondata di calore gli sale dal basso e gli si annida nel ventre e non può fare a meno di pensare a un aumento della mioglobina.
“Colto da insufficienza renale” pensa e questo assurdo pensiero scatena in lui una risata. Prima stentata, dato l’affanno, poi sempre più forte, dirompente, isterica. Muta poi in un grido che gli scuote il corpo intero e poi ancora in un pianto liberatorio e disperato.
Quando la crisi passa una grande stanchezza si impossessa di lui e solo in quel momento. Si rende conto della figura alta e slanciata che lo osserva silenziosa.
<< Grazie, chiunque tu sia! >> dice. L’aveva definito ‘il suo angelo custode’ pensando immancabilmente a Sherlock, ma sa bene che non può essere lui.
Il suo salvatore imbraccia un fucile di precisione uguale a quello che gli ha procurato Greg e una divisa nera simile alla sua.
<< Non c’è di che, dottor Watson >> risponde. Solleva la mano a strappare via il passamontagna che ne nasconde il viso.
<< Anthea? >> dice stupito. La ragazza gli si avvicina inginocchiandosi accanto a lui. << Senza smarthphone quasi non ti ho riconosciuta >>.
<< Sei più morto che vivo eppure non perdi il tuo fantastico senso dell’umorismo. Capisco perchè Sherlock abbia perso la testa per te >>.
<< Ti ha mandata lui? >>.
<< Pensavi davvero ti avrebbe permesso di gettarti da solo tra le braccia del nemico? >>.
<< Beh, almeno questa volta mi ha ascoltato e non si è mosso dal letto nel quale l’ho lasciato >>.
<< Non ci giurerei, fossi in te >> gli dice aiutandolo a mettersi seduto.
<< Cosa vuoi dire? >> le chiede allarmato.
<< Te lo spiego strada facendo. Abbiamo fallito la missione, John, e voglio evitare di veder tornare qui quella matta con un seguito di scagnozzi pronti a farci fuori. Era così sicura di sé da averti portato qui da sola >> dice scuotendo incredula la testa. << Ce la fai a stare in piedi? >>.
John volge lo sguardo alle sue gambe e nota solo adesso due corde legate strette alla base delle cosce per impedire i danni della mioglobina.
<< Aveva pensato proprio a tutto, quella stronza >> ridacchia nervoso. << Se volevo un segno riguardo al lasciar perdere del tutto le donne questo sembra esserlo e anche molto diretto >>.
<< Concordo con te. Meglio lasciare quelle corde dove sono. Le faremo togliere da Molly. Resta lì, torno subito >> entra nel cono d’ombra che li avvolge e torna con un carrellino ampio e basso. Lo aiuta ad adagiarvisi sopra e senza perdere altro tempo scompare con lui nel buio.
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Buongiorno a tutti
Abbiamo scollinato la metà del mese di agosto e sento già l’estate che volge al termine… ringrazio tutti voi che, nonostante le vacanze, il caldo, le zanzare e tutto il resto, trovate il tempo per leggere questa long.
Oggi un po’ di bromance e gost stories ad allietarci l’inizio della settimana.
Vi auguro una buona lettura
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 20
Bittersweet
Memories
That is all I’m taking with me
So good-bye
Please don’t cry
We both know I’m not what you
You need[1]
 
<< Tutto qui? Non può essere tutto qui! Ci dev’essere dell’altro. Deve per forza! >>.
Sherlock tira forte i capelli, prende un profondo respiro e una fitta acuta gli attraversa la cassa toracica. Porta la mano alla ferita e appoggia la schiena allo schienale della poltrona.
<< Tu non stai bene, Sherlock >>.
<< Ho un ferita profonda tre centimetri che attraversa il mio corpo, Lestrade, è normale che non stia bene. E’ per deduzioni di questo tipo che Scotland Yard va a rotoli >>.
<< Ok, ok, sei nervoso perché hanno preso tuo fratello, quindi ignorerò l’istinto di prenderti a pugni >>.
<< Grazie tante per la premura >>.
Sherlock prova a rialzarsi, ma un’ennesima stilettata di dolore lo fa ricadere a sedere come un sacco di patate.
<< Ora basta, Sherlock! Non ci servirà a nulla il tuo aiuto da morto! Torniamo da Molly e riportiamo quanto hai scoperto agli altri >>.
<< Non ho scoperto nulla! >>.
<< Per te sarà nulla, ma ti assicuro che sei riuscito a tirare fuori un gran quantitativo di roba dalle impronte degli pneumatici sul vialetto d’ingresso di questa villa. E poi non vuoi sapere come sta John? >>.
Maledetto Lestrade. Forse con gli indizi e le prove non ci sa fare ma è davvero bravo a focalizzarsi sul punto principale. Gli ha comunicato il rientro di John e Anthea e non gli è servito chiedergli altro per capire che non solo Moran è ancora in vita, ma che ha ridotto parecchio male il suo uomo. Si è ritrovato diviso tra il desiderio di rientrare per capire come stesse e quello di proseguire le indagini per ritrovare il fratello rapito. Non gli è piaciuto quel bivio e gli ci è voluto un bel po’ di autocontrollo per rimandare John a dopo e concentrarsi sui nastri delle telecamere a circuito chiuso e sugli indizi sparsi davanti casa.
Ora deve ammettere persino a se stesso di non stare per nulla bene. Ha il fiato corto e, cosa peggiore, le bende che gli coprono la ferita sono macchiate di sangue. Ha cercato il più possibile di tenerlo nascosto a Lestrade e di non pensarci, ma ora inizia a preoccuparsi seriamente.
<< Va bene, andiamo >> dice porgendo la mano a Greg. Questi lo aiuta ad alzarsi e lo sorregge allarmato dal suo non riuscire a stare fermo sulle proprie gambe.
<< Certo che per essere così magro sei pesante >> ironizza.
<< E’ il peso della genialità, Lestrade. Pesante molto più di questa >> gli dice pizzicandogli l’addome.
<< Ehi, giù le mani! Non è grasso ma rilassamento. Capiterà anche a te con l’età, è meglio che te ne fai una ragione, bello mio >>.
<< Mio fratello ci lotta da sempre col suo ‘rilassamento’ >> ridacchia dovendo, suo malgrado, appoggiarsi del tutto a lui.
<< Non mi sembra ne abbia bisogno. Trovo sia magro quasi quanto te >>.
<< Oddio, questa quando lo rivedremo gliela devi dire, gli farà piacere! >> ride affaticato e il detective, preoccupato, accelera il passo.
Sherlock si abbandona sul sedile posteriore dell’auto di Greg e il buio cala tutt’attorno a lui.
 
Apre gli occhi nel suo letto a Baker Street. L’anta dell’armadio è stata aperta. Se ne rende conto perché non è stata chiusa del tutto, come è solito fare lui. Si alza, il fiato corto e un peso sul petto a rendere difficili i movimenti. Apre l’anta e con un grido da battaglia Jane sbuca fuori saltandogli addosso. Cadono entrambi sul letto. La bimba ride allegra, prendendosi gioco della sua espressione spaventata.
<< Scotty, te l’ho fatta anche stavolta! >> gli dice seduta a cavalcioni sulla sua pancia.
<< Non… non sto bene Jane >> sussurra appena.
<< Lo so, fratellino >> gli sorride lei carezzandogli il torace con la manina. La posa sulla ferita aperta, lordandosi del suo sangue rosso e viscoso. << Non ti ho mai ringraziato per avermi difesa da papà >>.
<< Non ci sono riuscito >>.
<< Tu eri solo un bambino e lui era più forte >>.
Il dolore poco per volta si ritrae e il respiro si fa più profondo e lungo. La manina di Jane non si scosta di un millimetro dalla ferita che Sherlock sente divenire sempre più fredda.
<< Scotty… mi prometti una cosa? >>.
<< Cosa Jane? >>.
<< Promettimi che ti godrai questa vita >>.
<< Io… io non so come si fa >>.
<< Lascia che John te lo insegni. Me lo prometti? >>.
<< Perché me lo chiedi? >>.
<< Perché ti voglio bene. Tanto >>.
<< Anche io, tanto >>.
<< Allora me lo prometti >>.
Non gli piace il suo tono solenne, presagio di un addio al quale non si sente pronto.
<< Io sono qui. In questa ferita. La tengo stretta in modo che non ti crei altri problemi. E sono  qui >> gli dice posando l’indice sulla sua fronte. << Nei ricordi custoditi nella nostra stanzetta nel tuo Mind Palace, replica di quella dove siamo cresciuti a Musgrave. Da qui non me ne andrò mai e vivrò con te, finchè anche tu avrai vita >>.
Sherlock posa la mano su quella piccola della sorella. Le lacrime gli offuscano la vista e la bambina le asciuga con l’altra mano.
<< Basta piangere. È arrivato il momento di ridere e divertirsi >> dice ridendo, quella bella risata dalla quale Sherlock si lascia contagiare e non prova più alcun dolore, solo un grande calore che si espande dalla mano di lei al suo petto e alla totalità del suo corpo.
<< Te lo prometto, Jane >> le dice e la bimba sorride. Gli posa un bacio sulle labbra e da queste sente provenire un’ondata d’aria calda, un vento piacevole come una carezza.
 
Apre gli occhi e la prima cosa che vede, quando finalmente mette a fuoco, è il volto spaventato e ceruleo di Greg.
<< Oddio! Oh, dio grazie, grazie! >> grida questi portando le mani al volto. << Non farmi mai più uno scherzo di questo tipo, Sherlock! Mai più! Ho temuto fossi morto >> dice, gli occhi lucidi e un tremore diffuso lungo tutto il corpo. Lestrade è allo stremo. Stanno accadendo troppe cose, tutte insieme e tutte terribili. Lui stesso ne è provato e non solo nel corpo.
<< Andiamo, Greg. Ho bisogno di un attimo di pace >>.
Lestrade annuisce e torna al posto di guida. Sherlock porta la mano sulla ferita. Non prova più dolore e riesce a respirare con maggiore facilità. Scuote il capo dinanzi all’ipotesi improbabile che gli è giunta alla mente.
 
***
 
I hope
life treats you kind
And I hope
you have all you’ve dreamed of
And I wish you joy
and happiness
But above all this
I wish you love[2]
 
Buio.
 
<< Resta con me, ok? Guai a te se… >>.
 
Sprazzi di luce saltuari.
 
<< Presto! È ridotto male >>.
 
Rumori.
 
<< Ehi, John, mi senti? >>
 
Voci lontane.
 
Buio
 
Vento dell’est, la nebbia è là, qualcosa di strano tra poco accadrà”.
 
Un vento caldo avvolge le gambe di John e da lì sale al torace.
 
Troppo difficile capire cos’è ma penso che un ospite arrivi per me”
 
Apre gli occhi e si ritrova sulla sua poltrona a Baker Street. Davanti a lui, seduta al posto di Sherlock c’è una bambina.
<< Ciao John >> lo saluta con un grande sorriso.
<< Cosa… come ci sono finito qui? >>.
<< Oh, questo non è il vero 221B di Baker Street >>.
<< No? Allora cos’è? >>.
<< E’ il luogo più bello per te >> risponde  con la spontaneità disarmante dei bambini. << E’ lì che si va prima di fare il salto >>.
<< Quale salto? >>.
<< Stai per morire, John >>.
La notizia non lo sconvolge poi così tanto. Sbatte solo un paio di volte le palpebre e si scopre a pensare che se quella è la morte allora perché no?
<< No, non è questa. Questa è solo l’anticamera. Non sei ancora morto e potresti anche non morire >>.
<< Molly >>.
<< Sì. Sta facendo il possibile e anche l’impossibile. È strano, non trovi? Una patologa che tenta di rianimare un moribondo >> ride di una risata che suona come mille palline colorate che cadono per terra sparpagliandosi. Una di quelle risatine che si resterebbe ore ad ascoltare.
<< Tu… tu chi sei? >>.
<< Scommetto che lo sai >> risponde facendogli l’occhiolino.
<< Sì, è vero >> ammette e in quegli occhioni chiari rivede il suo uomo.
<< Lo ami tanto >>.
<< Sì >>.
<< E non lo lasceresti mai >>.
<< Mai >>.
<< Allora perché sei qui? >>.
<< Tu hai detto che… >>.
<< Oh, lo so cos’ho detto io. Tu, però, perché sei qui? Di cosa hai paura >>.
John resta a bocca aperta, senza parole. Paura. È questo che sta rischiando di ucciderlo? Non la conseguenza della sindrome da schiacciamento, né l’emorragia all’occhio sinistro. Ha paura.
<< Guardami. Io… sono un idiota. Un ometto insignificante, non ho nulla di speciale. Mi affanno per stare dietro alla vita. Per stargli dietro, lui con quel passo lungo e quel cervello brillante. Irraggiungibile per me. Quanto durerebbe? La passione brucia presto e poi resterei solamente io. E lui, che ha bisogno di continui stimoli, finirebbe con l’annoiarsi… con quali argomenti potrei tenerlo accanto a me? Mi guarderebbe con la stessa espressione disgustata di Moran e io… ne morirei >>.
John si sente svuotato. Ha confessato alla bambina ciò che è riuscito a malapena a dire a se stesso. La piccola lo guarda seria, protesa verso di lui. Si apre in un bel sorriso e con un saltello scende dalla poltrona. Gli si avvicina e gli prende la mano, dentro la quale quella piccola di lei si perde.
<< Vieni con me, John >> gli dice tirandolo a sé. John si alza dalla poltrona e si lascia trascinare verso la camera di Sherlock. Entrano e la bambina lo porta fino all’armadio. Gli lascia la mano e apre le ante.
<< Ehi, non possiamo rovistare tra le sue cose >>.
<< Lo hai fatto tante volte quando cercavi sigarette nascoste o qualcosa di peggio. Perché non dovremmo farlo adesso? >> ribatte lei con una logica schiacciante che lo zittisce.
La vede accucciarsi ed entrare con tutto il suo piccolo corpo dentro l’armadio. Apre una sorta di doppio fondo (del quale John prende nota per perquisizioni future) e ne tira fuori una scatola da scarpe uguale a quelle che aveva trovato lui.
<< Tieni >>.
<< Io non so se… >>.
<< Hai una scelta importante da compiere, John: vivere e rischiare o morire ed essere al sicuro dal rischio. Penso che il contenuto di questa scatola possa esserti utile >>. La spinge nuovamente verso di lui che questa volta la accetta.
John si siede sul letto di Sherlock e lo stesso fa la bambina. Apre la scatola e ci trova dentro degli oggetti che a prima vista sembrano privi di significato. Guarda la bambina in cerca di aiuto e lei rovista tra gli oggetti e ne tira fuori un proiettile.
<< Lo riconosci questo? >> gli chiede porgendoglielo. John lo prende e lo rigira tra le mani e dopo un attimo di confusione arriva l’illuminazione.
<< E’ uno dei proiettili della mia pistola. Quello… quello che ha ucciso Hope. Non dovrebbe però essere qui >>.
<< Pensi che quando Scotty si mette in testa qualcosa una semplice regola e una potenziale punizione bastino a fermarlo? >>. John ridacchia, lo ha descritto davvero bene.
<< Scotty? >>.
<< E’ il suo terzo nome. Billy non gli è mai piaciuto e Sherlock diceva sarebbe stato il suo nome importante, quello con cui la gente lo avrebbe riconosciuto per le sue imprese. Abbastanza insolito da suonare come il nome di un pirata e lui adora i pirati. Non volevo usarlo in modo inappropriato e allora mi ha autorizzata a chiamarlo Scott. A me, però, è sempre piaciuto storpiare i nomi >> ridacchia e sono nuovamente tante palline colorate che rimbalzano sul pavimento disperdendosi ovunque. << Hai capito cosa contiene la scatola, John? >> gli chiede tornando seria.
John la osserva nuovamente e annuisce commosso. Tenuti insieme da un elastico ci sono tanti menu del ristorante di Angelo. In testa a tutti c’è quello che risale al loro primo pranzo insieme, fatto durante la caccia a Hope. La bomboletta di spray col quale ha disegnato lo smile sul muro. Alcuni cavi elettrici della bomba che gli aveva fatto indossare Moriarty. Uno dei bicchieri del mobile bar (ecco dov’era finito!), quello nel quale aveva bevuto il drink più amaro della sua vita, quando lo pensava innamorato de La Donna. Il fogliettino da lui trovato e che ha messo nei guai la coppia gay dell’hotel vicino Baskerville e un sacchettino di zucchero. Tutti gli scontrini dei suoi pranzi, quando, per non svenire tentando di stargli dietro, lo obbligava a fermarsi per poter mangiare qualcosa. Le manette, quelle della loro folle fuga mano nella mano. E, in fondo a tutto quanto, uno dei suoi maglioni, quello indossato durante la festa di Natale che vedeva come invitata invisibile Irene Adler con i suoi messaggi.
<< Mi aveva detto di averlo accidentalmente distrutto a seguito di uno dei suoi esperimenti >>.
<< Invece no. Gli piace come ti sta. Non lo trova così orribile >> la bambina gli sorride e gli punta addosso l’indice. << Allora, pensi ancora di non essere importante per lui? >>.
La maledetta voce del giudizio nella sua testa gli dice che quelle cianfrusaglie non vogliono dire nulla. Sono solo collezioni di momenti messi lì a prendere polvere e come loro anche lui potrebbe essere messo lì a prendere polvere, prima o poi.
<< Certo che sei ostinato! >> esclama la bimba battendosi la manina sulla fronte. << John, una coppia cresce e cambia col tempo. All’inizio sarà tutto nuovo e faticherete ad alzarvi da questo letto. Poi inizierete a riappropriarvi dei vostri spazi, scenderete a patti con la vostra reciproca gelosia, litigherete, discuterete e entrambi dovrete imparare a creare anziché distruggere. Perché avete il brutto vizio di sabotare ciò a cui tenete. Non ti lascerà per uno più giovane e bello, né per uno più intelligente. Lui ti ama, John, e sei davvero importante. Io lo conosco e non l’ho mai visto così perso e innamorato. Non posso garantirti che sarà per sempre, chi potrebbe farlo? Solo voi potete, scegliendovi ogni giorno. Posso dirti, però, che sarà bellissimo >>.
<< Lo penso anche io >>.
<< Ottimo. Allora che ci fai ancora qui? >>.
Improvvisamente tutto inizia a tremare. John si alza dal letto terrorizzato. La piccola resta, invece, seduta tranquilla. Ripone gli oggetti nella scatola uno dopo l’altro.
<< Cosa succede? >>.
<< E’ la vita, John >> risponde andando verso l’armadio. John la vede camminare tranquilla mentre tutto trema, come non appartenesse a quella realtà. Ripone la scatola nell’armadio e lo chiude. Si volta poi verso di lui. << Abbi cura di mio fratello >> gli dice e la vede sporgersi dalla finestra.
<< Ehi, che stai facendo? >> le chiede cercando di andare verso di lei, ma il tremore è talmente forte da rendergli impossibile muoversi.
<< Compio il salto al posto tuo >> risponde regalandogli un ultimo sorriso, prima di buttarsi fuori dalla finestra.
<< No, Jane! >> grida tendendo la mano verso di lei.
 
<< Jane! >>.
Una mano calda afferra la sua e la stringe forte.
<< Sono qui, John! Oddio, per fortuna sei tornato! >>.
John apre gli occhi e la luce che lo ferisce lo obbliga a chiuderli nuovamente. Qualcuno decide di spegnerla e allora riprova aprendoli pian piano. Si rende conto di poter aprire solo l’occhio destro. È il volto di Anthea quello che vede per primo. La sua mano quella che sta stringendo.
<< Dottore, che spavento ci hai fatto prendere! >> gli dice portando una mano al volto pallido.    << Per fortuna Molly non si è data per vinta un solo istante. È stata bravissima >>.
Molly è alla sua destra. Lo sguardo fisso sul defibrillatore semiautomatico che era stato attaccato a Sherlock e ora, a quanto pare, è stato usato su di lui.
<< Non sei ancora del tutto fuori pericolo, John >> lo informa Molly. << Hai bisogno di riposo. Quella donna ti ha ridotto male. Ho fatto del mio meglio per salvarti l’occhio. La mioglobina è impazzita e ti ha mandato in blocco renale e da lì in arresto cardiaco. Ho fatto l’impossibile con quello che avevo a portata di mano. Non ti nascondo, però, che se non ti fossi ripreso ti avrei portato in ospedale e andasse a farsi fottere tutto il resto! Non me la sarei presa la responsabilità di dire a Sherlock che non ero riuscita a salvarti e che ti avevo lasciato qui a morire >>.
Non avrebbe mai immaginato Molly capace di esprimersi in questo modo e con tanta aggressività. È cambiata, la giovane responsabile di patologia del Bart’s. O forse è sempre stata così, ma lui l’ha vista solo sotto l’influenza della presenza ingombrante di Sherlock.
<< Sei un ottimo medico dell’emergenza, Molly >>.
<< No, John, sono una patologa e, come prima con Sherlock, non avrei voluto avere neppure te sul catafalco al Bart’s >> ribatte lei decisa ma con le lacrime agli occhi. << E sappi che tu e il tuo ragazzo mi dovete una vacanza. Almeno due settimane e in un posto tranquillo che ovviamente sceglierò io. E si intende all inclusive, chiaro! >>.
<< Chiarissimo >> ride portando una mano al suo viso ad asciugarle le lacrime di stress e rabbia.
Si guarda attorno e capisce di essere stato adagiato sul tavolo della cucina, liberato della presenza dei due laptop e di tutta l’altra attrezzatura. Dietro le due donne subito al suo fianco scorge Grey e Fox. Entrambi gli sorridono e lui ricambia il loro muto saluto. Volta lo sguardo alla sua destra e scorge appena Mistica sdraiata sul divano. La sente singhiozzare e tirare su col naso. Sky, invece, è fermo in un angolo, seduto per terra con lo sguardo basso e la testa tra le mani.
<< Moran è sopravvissuta >> dice John rivolgendosi soprattutto a lui. << Dopo avermi colpito mi ha portato via dalla villa nella quale pensavamo si nascondesse. Era una trappola e questa volta non credo che c’entri nulla il biglietto che ha trovato nello Yorkshire >>.
Il ragazzo alza appena la testa a incontrare il suo sguardo. È pallido, gli occhi cerchiati da profonde occhiaie e l’impronta di cinque dita gli arrossa la guancia destra.
<< Immagino sappiate già di avere un problema >> dice rivolgendosi ai tre altri spagnoli e Sky torna a guardare il pavimento.
<< C’erano troppe cose che non ci tornavano. Solo non potevamo credere che stesse accadendo davvero >> ammette Grey con un filo di voce greve.
<< Sherlock mi ha aperto gli occhi >> dice Fox. << Dinanzi alle sue argomentazioni non ho potuto fare a meno di capitolare e guardare in faccia la realtà >>.
<< Infondo è per la verità che vi battete, non è così? >> dice John che non riesce a togliere gli occhi di dosso all’angelo caduto dal cielo e ora accucciato in un angolo. << Hai rivelato a Moran i nostri piani e hai accettato di fare leva sulla mia bassa autostima addossandomi la colpa di averci fatto scoprire. Perché? Cosa ti ha spinto a mettere a rischio non solo la nostra vita ma quella dei tuoi compagni? >>.
Il ragazzo non risponde, la testa nascosta tra le gambe spinte al petto.
<< John, immagino quanto grande sia il tuo desiderio di avere risposta a questa domanda, ma non abbiamo tempo >> gli dice Anthea tornata a dedicare tutte le attenzioni al suo blackberry.
<< Dov’è Sherlock? >> le chiede ricordando solo ora quanto le aveva detto prima di portarlo via riguardo allo stare tranquilli del suo essere ancora al sicuro sul letto di Molly.
<< Mycroft è scomparso >> gli risponde Anthea volgendo a lui lo sguardo. Sono tanto preoccupati i suoi occhi e teso il suo viso.
<< E immagino lui abbia deciso di indagare >> sospira John. Anthea annuisce.
<< Greg è con lui >> gli dice Molly anche lei preoccupata e in ansia.
<< Dove? >>.
<< Avrebbe iniziato a indagare da villa Holmes >> risponde Anthea tornata a smanettare sul telefono.
<< Sta cercando una pista >> borbotta John tra sé. << Ok, vado da loro >>.
<< No! >> esclama Fox.
<< Come sarebbe a dire no? >> ringhia John voltandosi verso di lui
<< Mi ha detto che si sarebbe messo in contatto con noi, John >>.
<< E vuoi che io me ne stia qui ad aspettare? >>.
<< Sì, John. Non stai bene, devi riprenderti altrimenti saresti solo un peso. Aspetteremo un suo segnale così come abbiamo aspettato il tuo ritorno >>.
<< Moran è furiosa, Fox, e questo renderà Moriarty ancora più pericoloso, non lo capisci? >>.
<< Motivo in più per non agire avventatamente, John. Riposati, ne hai bisogno >>.
<< Penso che Fox abbia ragione, dottore >> gli dice Anthea. << Sai meglio di me quanto Sherlock sia infallibile quando entra in azione e Greg gli impedirà di fare pazzie >>.
<< Allora perché sei preoccupata, Anthea? >> la sfida severo.
<< Perché non sono mai stata lontana da Mycroft per così tanto tempo, John. Saperlo tra le mani del nemico non mi rende tranquilla, soprattutto adesso che Moran ci è sfuggita. Come ti sentiresti tu al posto mio? >> ribatte lei a tono. John la guarda stupito. Non avrebbe mai immaginato che quella donna cosi apparentemente frivola e persa sul suo cellulare fosse un’abile cecchino e ora, ancora di più si stupisce nello scoprirla innamorata dell’uomo di ghiaccio.
<< Scusami, sono stato orribile >> le dice, sapendo bene cosa si provi a non sapere dove si trovi e come stia la persona che si ama.
<< Non ti crucciare. Segui il consiglio e riposati. Hai visto la morte in faccia, oggi. Te lo      meriti >>.
<< Anche tu, Anthea. Tenerla sotto tiro non dev’essere stata una passeggiata. Ti devo la vita >>.
<< Portiamo a casa sani e salvi i nostri Holmes e mettiamo il punto a questa storia, John. Poi, chissà, potremo farci una birra tutti insieme e riderci su >>.
<< Non puoi essere seria >> ride divertito. << Mycroft e Sherlock allo stesso tavolo senza battibeccare come due bambini? >>.
<< Tutto può succedere, John. A proposito, come fai a sapere il mio nome? Per quel che ne so Sherlock non lo conosce >>.
John non capisce di cosa stia parlando.
<< L’hai chiamata Jane quando ti sei ripreso >> viene in suo aiuto Fox.
<< Oh… no, io… è stata una cosa strana >> dice abbandonando la testa sul tavolo. << Ero a Baker Street e con me c’era Jane, la gemella di Sherlock. Mi ha… aiutato a tornare, diciamo così. La stavo chiamando perché è andata via buttandosi dalla finestra >>.
Il racconto si perde nel silenzio. John fissa il soffitto e percepisce gli amici attorno a lui guardarsi confusi. Avranno pensato a un’allucinazione generata dall’assenza di ossigeno e dall’arresto cardiaco.
<< Ha fatto il salto al posto tuo >>.
Sky parla piano dal suo angolino. John si volta verso di lui stupito delle parole che ha usato. Il ragazzo lo guarda e abbozza un sorriso.
<< Quando un’anima è bloccata tra la vita e la morte si dice che per farla tornare un altro spirito errante deve sacrificarsi al posto suo. Fare il salto da quella sorta di limbo, nel quale l’altro resterebbe intrappolato se morisse, alla luce eterna >>.
<< Lei quindi… si sarebbe sacrificata per salvare me? >> chiede John che non è mai stato credente e fatica a capire quelle che lui definisce scemenze religiose, ma ha una buona cultura in film horror e simili.
<< In un certo senso vi siete salvati a vicenda. Lei era lì, errava da tempo tra questo mondo e l’altro. E’ possibile aspettasse la giusta occasione e il giusto momento per trovare la pace >>.
<< Lei… mi ha chiesto di avere cura di suo fratello >>.
John sente ancora nelle orecchie la sua risata fatta di palline colorate che rimbalzano ovunque.
<< Lo ha affidato a te. Ha lasciato questa terra definitivamente perché sa che il suo compito è esaurito. Ora qualcun altro starà accanto a colui che aveva scelto di proteggere >> dice Sky sorridendo dolcemente prima di tornare a chinare il capo.
John ricorda le parole dette da Sherlock mentre era ancora perso tra il sonno e la veglia. Quel vento caldo arrivato improvviso ad accarezzargli il viso. Volge lo sguardo al soffitto e manda giù un peso strano salito a chiudergli la gola. Una grande responsabilità, forse. O semplicemente la commozione dinanzi a quella bellissima storia di amore fraterno capace di valicare i confini tra la vita e la morte.
<< A quanto pare a modo suo anche Mycroft si è ricordato di lei >> dice sorridendo ad Anthea, confusa dalle sue parole. << Ha voluto al suo fianco te, che hai il suo stesso nome e in un certo senso le somigli >>.
La ragazza resta a bocca aperta per un lungo istante. Un singhiozzo poi le sfugge dalla gola e svelta lo reprime dandosi un tono.
<< Ora capisco tante cose >> dice scuotendo il capo.
 

[1] I will always love you – Whitney Houston
 
 
[2] I will always love you – Whitney Houston

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


 
Buonasera a tutti!
Sì, ho ricominciato a lavorare a pieno regime ed ecco perché riesco a postare solo adesso questo nuovo capitolo. Siamo sull’onda bromance e spy stories, questa volta.
Spero vi piaccia e sarò felice di leggere le vostre recensioni.
Vi auguro buon lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 21
I had hope in my heart
That you'd run for me, can saved it all
Now I feel in my heart that you've come for me
You leave me love
 
When everyone left me
You loved me and no one else
You came and saved me
You saved me from myself[1]
 
 
Sherlock rigira tra le mani un pezzo di quello che sembra essere marmo. I suoi occhi ne studiano ogni singola crepa, ogni venatura e sfumatura di colore. È stato esposto alle intemperie per molto tempo ed una parte di esso indica chiaramente che è stato lavorato da mani umane. L’odore che emana richiama al suo Mind Palace umidità, pioggia, erba marcia e terra.
<< Devo esaminarlo >> dice a se stesso.
<< Toglitelo dalla testa >>.
Il tono perentorio di Fox lo richiama dal suo stato di trance. Non è il solo a guardarlo in malo modo e si rende conto che deve aver parlato ad alta voce.
Ritrovarsi sdraiato e impossibilitato ad alzarsi non lo aiuta a far valere le proprie ragioni. Avere addosso gli occhi di due giornalisti investigativi, un ex detective, una patologa sull’orla di una crisi di nervi, una segretaria addestrata dai servizi segreti e un ex soldato e medico militare complica ancora di più la situazione. Sherlock, però, non è certo tipo da tirarsi indietro dinanzi alle difficoltà.
<< Moriarty ha lasciato questo pezzo di marmo in bella mostra sul tavolo del soggiorno di mio fratello. È un chiaro indizio sul luogo in cui si trova. Se vogliamo trovare lui, e di conseguenza Mycroft, devo esaminarlo >>.
<< Sherlock, sei ferito >> ribatte John, a sua volta sdraiato al suo fianco in condizioni fisiche che gli fanno quasi concorrenza.
<< Vi ripeto che sto bene! Molly ha detto che la ferita è a posto >>.
<< E’ a posto, sì, ma tu sei debole e qualunque ulteriore sforzo potrebbe causarti altri danni      seri >> ribatte la ragazza.
<< Dio, come siete noiosi! >>.
<< Noiosi? Tentiamo di salvarti la vita e siamo noiosi? >> sbotta Greg .
<< Per quanto mi trovi d’accordo con voi, Sherlock ha ragione >>.
Tutti si voltano stupiti verso Grey, che ottiene il sorriso soddisfatto del consulente.
<< Il nostro obiettivo è trovare gli M&M’s e quello >>, dice indicando il pezzo di marmo che ancora gira tra le mani di Sherlock, << è il nostro unico indizio. I rilievi da te effettuati davanti villa Holmes ci hanno dato modo di scoprire il modello di vettura che ha portato via Mycroft, ma le telecamere a circuito chiuso ci hanno permesso di seguirla solo fino a un certo punto, troppo impreciso per farci un’idea di dove abbia potuto dirigersi >>.
<< Cosa proponi di fare, allora? Travestirlo e condurlo ai laboratori della scientifica di Scotland Yard? >> ribatte John contrariato.
Per la prima volta da che lo ha conosciuto, Sherlock vede Grey restare senza parole dinanzi all’osservazione più che legittima di John. Si rende benissimo conto, il consulente, delle condizioni fisiche nelle quali verte e sa che non può muoversi da lì. Quella, però, è l’unica prova che hanno. Una prova che conduce sicuramente a una trappola, ma è anche l’unico collegamento con Mycroft. Hanno già perso troppo tempo e l’idea di doverne perdere altro per cercare di trovare il modo per analizzare quel blocco di marmo gli da ai nervi.
<< Dallo a me. Farò io le ricerche al posto tuo >>.
La mano tesa di Molly coglie tutti di sorpresa. Era quella un’ipotesi che Sherlock aveva valutato mentre rigirava il reperto nel suo Mind Palace e se non l’ha messa in atto è stato solo perché non vuole più abusare della disponibilità di Molly. Sono in casa sua da cinque giorni, le hanno sconvolto la vita e occupato lo spazio privato e già chiederle di essere complice nella sua fuga verso casa di Mycroft gli è costato molto.  
<< Non sapresti cosa cercare >> le dice con un tono troppo deciso, quasi acido.
<< Si da il caso che sia una patologa e che questo voglia dire che non so mai quali segreti custodisca il corpo che ho davanti e, quindi, che debba cercare ogni cosa! >> ribatte a tono. Agita le dita della mano tesa, invitandolo a consegnargli il marmo.
Sherlock sostiene il suo sguardo e nota come Molly regga la sua sfida. È cambiata parecchio, la dottoressa Hooper. Non ha mai saputo come comportarsi con lei. Si è sentito a disagio dinanzi all’infatuazione palese che ha sempre manifestato nei suoi confronti. Manipolarla per ottenere favori è stato quasi un gesto di ripicca. Un modo per farle pagare l’imbarazzo dell’essere desiderato da lei. Questo cambiamento, ora, gli permette di guardarla negli occhi da pari a pari. Le deve la vita, infondo, e in un certo senso si sente responsabile della sua, ora.
<< Ti ho già chiesto troppo, Molly. Hai fatto già troppo per me. Per noi >> dice volgendo lo sguardo a John.
 << Concordo con te, Sherlock >> dice questi sorridendo dolcemente alla ragazza. << Penso, però, sia la soluzione più ragionevole >>.
Molly annuisce muovendo nuovamente quelle dita.
<< Va bene >> capitola il consulente, seppure a malincuore. << Manda a Greg i risultati in tempo reale. Ti dirò attraverso di lui se c’è altro da controllare >> le dice consegnandole il marmo. La ragazza lo prende con la delicatezza di una reliquia, ma sorride soddisfatta di quella vittoria.
<< Ehi, aspetta come sarebbe ‘manderai a Greg i risultati in tempo reale’? Non vorrai mica che vada da sola? >> sbotta l’ex detective arrestando l’uscita di scena di Molly.
Tocca a Sherlock, questa volta, restare senza parole. Vorrebbe occuparsi personalmente di ogni cosa, lui che non è mai stato capace di fare gioco di squadra. Una stretta allo stomaco, che non c’entra nulla con la ferita che gli hanno inferto, poi, lo rende irrequieto. È nuovamente Molly, però, a toglierli dal silenzio.
<< Greg, vado nel posto in cui è più logico che stia dopo questa casa. Per Moriarty, poi, non sono mai stata così importante in questa storia. Nessuno farà caso a me. Anche se il mio turno di lavoro inizia tra due ore, non è poi così insolito che sia lì prima del dovuto >>.
La ragazza sorride accarezzando dolcemente il braccio di Greg. Questi è visibilmente contrariato, ma accetta la decisione di Molly e la lascia andare. L’occhiata che, però, scocca a Sherlock la dice lunga su quanto lo riterrà responsabile di qualunque cosa dovesse accaderle.
<< Aspetta >> le dice John fermandola a un passo dalla porta. << Nascondilo. Non voglio che lui lo veda e capisca cosa stai per fare >> dice tra i denti volgendo lo sguardo alla porta chiusa.
<< John, dopo tutto quello che gli abbiamo detto e, soprattutto, dopo i ceffoni che si è preso, Àngel ci penserà due volte prima di fare altri scherzi >>.
<< Io non mi fido assolutamente di lui, Juan, e non capisco come voi possiate pensare che una paternale e qualche sberla possano bastare a rimettere una persona in riga. Moran è ancora viva e potrebbe mettersi in contatto con lui in qualunque momento >>.
<< John, ti ripeto che è tutto a posto adesso >> insiste Grey.
<< A posto un cazzo, Juan! >> ringhia l’ex soldato. << Mi spiace dirtelo, ma grazie a uno dei tuoi uomini abbiamo rischiato di restare uccisi tutti quanti >>.
<< Non sei l’unico che ha rischiato di perdere qualcuno che ama in quella sparatoria, John >> ribatte solenne il giornalista. Scosta il ciuffo che ricade a coprire costantemente la parte sinistra del suo viso, mettendo in mostra la lunga cicatrice che lo deturpa. John rabbrividisce alla vista di quello sfregio e Sherlock sa che le rare volte in cui Grey decide di mostrarsi senza censure non è mai in arrivo nulla di buono.
<< Ci stiamo rimettendo tanto anche noi e dal momento che avremmo potuto farci tranquillamente i cazzi nostri non accetto che mi si parli in questo modo. Se ritenete ancora necessaria la nostra presenza in questa impresa dovete considerare quanto accaduto come superato, altrimenti non sarà per noi un problema levare le tende >>.
<< Non se ne parla nemmeno >> si intromette Greg. << Siamo tutti in ballo e balliamo e nessuno lascia la pista finchè la musica non è finita! Ritirarsi ora sarebbe da vigliacchi e non mi pare che voi lo siate >>.
Greg guarda accigliato i due spagnoli, pronto a sfoderare i pugni se necessario per far entrare in quelle teste troppo dure un po’ di buon senso. Grey tiene gli occhi puntati in quelli scuri del detective e Sherlock è orgoglioso di lui che non abbassa lo sguardo. Anche il capo dei ‘Los errores’ apprezza la caparbietà di Greg e un sorriso gli distende le labbra mentre lascia scivolare il ciuffo nuovamente a coprire il volto deturpato.
<< Hai ragione Greg >> gli dice cogliendo di sorpresa il detective, che, pronto a menare le mani, non si aspettava invece quel repentino cambio di umore << Grazie per aver riportato l’ordine nell’universo >> aggiunge porgendogli la mano. Greg la osserva incerto.
<< Stiamo tutti quanti cercando di farlo, Grey >> dice stringendola.
<< Ora che avete messo a nanna il testosterone, direi di lasciare che i nostri piccioncini abbiano modo di parlarsi >> dice Anthea spingendo i tre uomini e la ragazza fuori dalla porta. Scocca un’occhiata eloquente a John che la intercetta e annuisce piano.
<< Di cosa dovremmo parlare? >> chiede curioso Sherlock al dottore, ora che sono rimasti soli.
John sospira e lo mette al corrente delle reali mire di Moriarty nei suoi confronti, dei gradi di parentela che intercorrono tra questi e Moran e di come l’ex caporale sembri non solo non temere il fratello, ma dominarlo. Si ferma titubante sul come andare avanti prima di rivelargli come sia stata Moran a decretare la morte di sua sorella, convincendo la madre a mettere quella maledetta pulce nell’orecchio a suo padre.
Sherlock resta senza fiato dinanzi alle parole di John. La follia di quella donna va ben oltre il desiderio di portargli via l’uomo. È anch’essa antica, come il livore di Moriarty alimentato a sua volta da lei.
<< Da sempre, dunque, è quella donna il reale nemico >> sospira passando la mano tremante sul viso stanco. << Gioca a fare il braccio destro quando invece è la vera mente dietro questo disegno malsano. Non vuole solo portarti via da me per aiutare Moriarty a compiere il suo piano >>.
<< Oh, per niente. Quella mi ha eletto suo stallone da monta >>.
<< Che cosa? >>.
John sospira e si accoccola al suo fianco. Con un sussurro gli racconta del ricatto di quella donna, del suo averlo scelto in quanto detentore, a suo dire, delle caratteristiche del buon padre di famiglia. Di come si aspettasse di vedere lui e Moriarty ammazzarsi l’un l’altro e sembrasse, anzi, godere di questa idea.
<< Così i nostri figli avrebbero potuto avere il ruolo e lo spazio che meritano >> dice affranto. << Io non ho mai pensato di mettere su famiglia e la sola idea di procreare con una pazza assassina mi mette i brividi >>.
<< Beh, direi che puoi stare tranquillo, ora. Non accadrà, John. Non sarai mai obbligato ad amare quella donna, né, tanto meno, ad accoppiarti con lei >>.
John sospira forte per poi trattenere il fiato. Sherlock avverte la sua tensione e maledice la scarsa mobilità che gli impedisce di potersi voltare verso di lui, guardare il suo viso e abbracciarlo. Perché sente che c’è ancora qualcosa che non gli ha detto. Qualcosa di più grande e doloroso.
<< Che succede, capitano? >> gli chiede posando lieve la mano sulla sua guancia che scopre umida di lacrime.
<< Mi ha stuprato, Sherlock >>.
Il consulente ascolta attonito il racconto di quella notte terribile che ancora adesso scuote il suo uomo da capo a piedi. Se la rabbia che ha provato sentendogli dire di come Moran abbia condannato a morte sua sorella è stata fredda e pietrificante, quella che sta provando adesso nell’ascoltare il racconto di questa violenza preme per esplodere. Quella donna, quell’abominevole donna ha osato prendersi con la forza ciò che solo a lui spetta di diritto.
“Me la pagherai maledetta!” pensa mandando giù la rabbia che gli sfiora la ferita ancora aperta facendola pulsare.
<< Quando sono arrivato qui ieri sera Anthea mi ha detto di averla tarpata >>.
<< Non del tutto >> precisa John con voce rotta dal pianto. << Ho visto il suo polso destro preso in pieno da una pallottola, ma al braccio sinistro l’ha colpita poco più che di striscio. Un tiratore scelto come lei sa sparare con entrambe le mani e ora temo che sia intenzionata a farmela pagare uccidendoti >>.
<< Così siamo punto e a capo: Moriarty che vuole uccidere te per bruciarmi il cuore e Moran che vuole uccidere me per vendicarsi di quanto le hai fatto >>.
<< Il risvolto perfetto per una soap opera argentina >> ridacchia nervoso John e persino in queste condizioni Sherlock si unisce a lui.
<< Se non avesse avuto quel maledetto giubbotto antiproiettili a quest’ora Anthea l’avrebbe uccisa al posto mio >> dice John tornando serio e Sherlock resta stupito delle sue parole.
<< Aveva un giubbotto antiproiettile? >> ripete e John si limita ad annuire e tirare su col naso.
Sherlock trova che la cosa non abbia senso. Moran si è recata da sola in quella vecchia fabbrica, totalmente sicura di non essere seguita da nessuno. Già il fatto che abbia piazzato un blocco di cemento sulle ginocchia di John, con tutte le conseguenze che questo ha comportato, lo ha stupito. Sapere adesso di quel giubbotto antiproiettili stuzzica la sua curiosità. Non può fare a meno di chiedersi cosa mai possa significare e quando il senso di tutto questo gli giunge improvviso ne ride soddisfatto. John alza appena il capo guardandolo stupito e lui gli accarezza il viso per poi posare un bacio sulla sua fronte.
<< Quella donna ti teme, John >> gli dice cogliendolo di sorpresa.
<< Ma che vai dicendo? Quella non teme neppure Moriarty, figurati se teme uno come me >>.
<< Amore mio >> dice usando per la prima volta un vezzeggiativo, cosa che sorprende piacevolmente l’ex soldato. << Se non ti temesse allora perché indossare un giubbotto antiproiettili quando non ne avrebbe avuto bisogno, dal momento che si sentiva così sicura da non portarsi dietro nessuno nel condurti in quella fabbrica? Perché piazzarti addirittura un blocco di marmo sulle gambe? Una come lei non sceglie uomini a caso per procreare, solo perché ce n’è giusto uno a disposizione e che, per di più, da fastidio al fratello pazzo. È attratta dal pericolo e tu sei un uomo pericoloso che ha avuto l’onore di attirare la sua attenzione. Forse ti teme proprio perché la attrai così tanto da portarla a eleggerti padre dei suoi futuri figli. Non può tollerare questa attrazione e estremizza i suoi atteggiamenti aggressivi nei tuoi confronti, al fine di sottometterti prima che tu sottometta lei. È arrivata a ridurmi in fin di vita solo per stuzzicare la tua rabbia e indurti a darle la caccia >>.
John sembra valutare la possibilità di quanto gli ha esposto. Arriccia il naso, facendo poi una smorfia per il dolore riflesso che questo movimento gli causa all’occhio ferito e scuote il capo.
<< No, caro, penso tu abbia preso un granchio questa volta >> gli dice serio accoccolandosi al suo fianco. << Ammetto che quando l’ho conosciuta, mi sono sentito attratto da lei in una maniera che solo ora mi rendo conto si possa ricondurre al suo essere pericolosa. Io e la mia maledetta ricerca costante del pericolo >> ridacchia tirando su col naso. << Se è vero quel che dici, però,… beh, penso che abbia agito un’ottima psicologia inversa, perché anche io ora la temo. Non per quel che mi ha fatto, ma per quello che mi ha tirato fuori in quella fabbrica. Ho ucciso, è vero. Sono stato un soldato e in guerra uccidere è una probabilità alta al punto da diventare un dato di fatto. Ma non mi sono mai trovato a desiderare di uccidere e ieri sera io ho voluto farlo. Se con quell’ultimo gesto disperato non fosse riuscita a disorientarmi avrei continuato a stringere quella corda attorno al suo collo finchè non fosse morta e poi l’avrei ancora colpita e forse le avrei addirittura scaricato addosso l’intero caricatore di quella dannata pistola che ha tirato fuori >>.
John trema accoccolato al suo fianco. Con movimenti lenti dettati dal dolore al torace, Sherlock porta il braccio a circondargli le spalle e lo invita a trovare riparo nel suo abbraccio. Vorrebbe, grazie al suo calore, poter cancellare quei pensieri e il ricordo di questi brutti momenti. Si rende conto, però, che ben poco può fare e il senso di impotenza lo invade.
<< Questi due folli fratelli ci stanno trasformando >> sussurra John affannato. << Distruggono e tirano fuori il peggio da chiunque si trovi sul loro cammino. Guarda come stanno riducendo i ‘Los errores’. Molly e Greg sono allo stremo e Anthea… >> riprende fiato e Sherlock resta in silenzio ad ascoltare il suo respiro concitato. << Sono solo due persone. Un uomo e una donna. Pazzi e potenti al punto da ridurre dieci di noi ai minimi termini! Mi avevi proposto di andarcene via, io e te. Lontano, in un posto dove non ci fosse nulla da dedurre. Facciamolo, amore. Andiamo via da tutto questo odio. Da tutto questo dolore! >>.
<< Non possiamo, John >> gli dice stringendolo a sè per quanto le poche forze gli permettano. << Non potremmo vivere sereni. Io non voglio passare la vita nascosto e col terrore che giunga il giorno in cui venga scoperto il mio nascondiglio. Non ho memoria di averti detto quelle cose, ma non nego di averle pensate. Non sarebbe, però, la soluzione giusta >>.
John sospira e annuisce. Passa la mano sul viso a cancellare le lacrime scivolate giù dagli occhi prima di voltarsi verso di lui. Con la stessa mano umida gli sfiora la guancia e si avvicina alle sue labbra sfiorandole appena con le proprie.
<< Non voglio perderti >> sussurra. << Non voglio perdere lo Sherlock che conosco e del quale mi sono innamorato. E non voglio perdere me stesso >> aggiunge sfiorando nuovamente le sue labbra.
<< Non ti perderai, John. Non mi perderai >>  sussurra catturando le sue labbra esitanti.
<< Dimmi che hai un piano, ti prego >> implora posando la fronte imperlata di sudore contro la sua. << Il mio è fallito. I tuoi, invece, sono andati in porto >> constata sconsolato.
<< Sì, ho un piano. Neanche a dirlo è pericoloso, dal momento che noi non siamo nelle migliori condizioni fisiche >>. John ride nervoso scuotendo il capo e la sua fronte si muove contro la sua.
<< In cosa consiste? >> gli chiede nonostante la pericolosità appena annunciata e Sherlock sente di amare proprio questo di lui. Questo aspetto folle che li rende così simili.
<< Ho bisogno di parlare con Àngel >> dice e lo stupore sul volto del suo uomo si mescola con il disgusto e con la rabbia che prova nei confronti di quell’angelo traditore. << Sì, lo so che non ti fidi di lui e nemmeno io, ma ora come ora è l’unica persona che possa aiutarci ad uscire da questa situazione >> dice prendendo il cellulare. Digita veloce un messaggio e dopo poco Anthea compare alla porta. Ancora vestita della divisa scura che la allontana anni luce dall’immagine di segretaria ligia al lavoro e fedele al suo capo, la ragazza si avvicina al letto.
<< Devo chiederti un altro favore, An >> le chiede Sherlock e un sorriso nasce sulle belle labbra di lei.
<< Lo aggiungerò al precedente e faremo tutto un conto alla fine, Sherly >> ribatte la ragazza invitandolo con un gesto del capo ad esporre la sua richiesta.
<< Portami qui l’hacker e tieni a bada tutti gli altri. Li voglio lontani da quella porta e da tutti i dispositivi elettronici con i quali potrebbe mettersi in contatto con loro o con… chiunque altro >>.
<< Tutto qui? >>.
<< Certo che no >> sorride e la ragazza ridacchia alzando gli occhi al cielo. << Gli altri non devono accorgersi di nulla >>.
<< Torno tra un attimo >> ribatte lei lasciando la stanza.
<< Immagino lei non sia una semplice segretaria >> dice John, lo sguardo ancora rivolto alla porta.
<< Mycroft agisce nell’ombra, non gli piace dare nell’occhio, cosa che avrebbe fatto girando con una guardia del corpo. Ha pensato così di sopperire alla cosa facendosi accompagnare da spie addestrate dai servizi segreti che oltre al compito di proteggerlo hanno quello di fargli da segretaria. Due piccioni con una fava, insomma >>.
<< Direi che gli serve anche come distruttore dell’attenzione >>.
Sherlock gli lancia un’occhiataccia alla quale lui risponde con un sorriso sprezzante.
<< Andiamo, converrai con me che è una bella donna >>.
<< Le donne non sono la mia area di competenza, John >>.
<< Ok, ma qui si parla di obiettività e lei è obiettivamente una gran bella donna. Mica stupido tuo fratello >> aggiunge facendogli l’occhiolino. Sherlock alza gli occhi al cielo.
<< Il fatto che lei dica di provare qualcosa per lui non significa sia ricambiata >> .
<< Non ci sarebbe nulla di male, Sherlock. anche Mycroft è un essere umano >>.
<< Oh, ti prego! Sentimenti, coinvolgimento, sesso >> dice disgustato al solo pensiero. << Non sono il genere di cose che fanno per lui >>.
La porta si apre interrompendoli e uno Sky alquanto stupito viene spinto a forza dentro la stanza.
<< Davvero efficiente la ragazza >> dice Sherlock, lo sguardo puntato sull’hacker che, vinto il primo momento di stupore, si ricompone e ostenta una tranquillità apparente. La fronte imperlata di sudore, le dita della mano destra che a intervalli quasi regolari si muovono appena e il respiro lento, quasi assente, tradiscono il grande nervosismo di cui è preda.
Lo sguardo truce di John non lo molla. L’ex soldato si è messo a sedere con la schiena appoggiata alla testata del letto e ha incrociato le braccia al petto. Il piede della gamba destra, incrociato su quella sinistra distesa, si muove lentamente, indice di insofferenza.
<< Benvenuto, Àngel, accomodati, >> lo invita Sherlock indicandogli con la mano una sedia appoggiata alla parete.
<< No, lui resta in piedi >> ribatte John in tono greve. Il ragazzo volge appena a lui lo sguardo prima di riportarlo su quello di Sherlock. Tra i due sembra essere il consulente quello che teme di meno, al momento.
<< John, non stiamo giocando al poliziotto buono e al poliziotto cattivo >> gli fa notare Sherlock. L’ex soldato si volta verso di lui e nel suo sguardo serio e severo non scorge alcuna pietà. Non avrebbe mai immaginato di poter vedere tanto determinato odio negli occhi blu del suo uomo.
<< Devo forse ricordarti che è grazie a questo individuo che tu hai un buco profondo tre centimetri al torace, che per poco non ti ha mandato al creatore e io sono finito quasi in blocco renale grazie alla geniale trovata della stronza che lo ha ingaggiato per tendermi una trappola? Lui resta in piedi! >> ringhia indicando l’hacker che impallidisce dinanzi alla sua rabbia.
Sherlock si limita ad annuire. Non è davvero il caso di discutere col capitano quando ben altro di più importante ha da fare. Riporta l’attenzione sul giornalista sul quale ora è più evidente lo stato emotivo che lo domina.
<< Non è mai corso buon sangue tra di noi, Àngel, e mi rendo conto di non aver fatto nulla per evitarlo. Anzi >> esordisce sentendo John sbuffare al suo fianco, sicuramente contrario alla linea che sta prendendo il suo discorso. << Juan mi ha detto di ritenere risolto quanto successo, dal momento che tra di voi avete chiarito. Io, però, ho bisogno di farti alcune domande >>.
<< Alle quali tu vedrai bene di rispondere con la verità >> aggiunge John additandolo. Il ragazzo nonostante tutto abbozza una risatina e le sue labbra si arricciano in un mezzo sorriso strafottente.
<< Vuoi la verità, doc? >> dice puntando lo sguardo finora sfuggente sull’ex soldato. << La verità è che mi dispiace solo ci siano andati di mezzo i miei amici >>.
Sherlock sente il letto tremare scosso dalla rabbia del suo compagno, che sembra prepararsi a balzare addosso al giornalista, deciso a compire su di lui quanto gli è stato impossibile fare a Moran.
<< Sta mentendo >> lo blocca Sherlock. << Ha ascoltato il battibecco di poco fa e Juan intimare di andarsene via portando con sé tutta la banda. Gli faresti solo un favore, John. >>.
Sky sbuffa per poi ridacchiare scuotendo il capo.
<< Quindi è questo che vuoi? >> ringhia John infastidito dal suo modo di fare. << Vuoi che i tuoi abbandonino il caso per poter tornare a casa sani e salvi tutti insieme >>.
<< Al mio posto tu faresti lo stesso, doc >> lo sfida l’hacker con un sorriso beffardo.
<< E’ possibile, te lo concedo >> ammette John sempre più teso. << Ma non avrei mai, mai, preso accordi con il nemico >>.
Sky ride apertamente mulinando la mano a sminuire le sue parole.
<< Diciamo che voglio crederti, doc >> dice tornando serio. << Non siamo fatti della stessa pasta, questo è chiaro, ma agiamo con lo stesso obiettivo e scusami se nè di te, nè del tuo compagno mi frega qualcosa >>.
<< L’hai recitata molto bene la tua parte, complimenti >>.
<< La vita mi ha insegnato ad essere molto convincente >> dice in modo teatrale alzando le mani al cielo. Sherlock ridacchia attirando l’attenzione dei due litiganti.
<< Vi lascerei continuare all’infinito, ma purtroppo non abbiamo tempo da perdere. Ho bisogno di ispezionare i tuoi laptop, Àngel >>. Il ragazzo ride divertito per poi portare la mano agli occhi.
<< Credi davvero che abbia lasciato traccia delle mie conversazioni con i tuoi fans? Mi ritieni così stupido? >> ringhia.
<< Lungi da me dal pensarlo >> ribatte Sherlock alzando le mani in sua difesa. << E proprio perché non lo penso e ti reputo capace di sbarazzarti subito di ogni traccia, sono sicuro che non avrai nulla in contrario dal lasciarmi visionare i laptop e lo smartphone, non è così? >> conclude strizzandogli l’occhio.
Le dita della mano destra di Sky tornano a muoversi nervose e la lingua tormenta dall’interno il piercing che ha sul labbro inferiore.
<< Parliamoci chiaro, Àngel >> aggiunge Sherlock, che tanto vorrebbe potersi mettere a sedere come John in questo momento. << Tu potrai pure continuare a prendere per il culo i tuoi amici recitando la parte della vittima delle circostanze ora pentita e redenta, ma a me non la dai a bere. Ci sono caduto una volta, alla seconda tengo gli occhi ben aperti >>.
<< L’ho sempre detto che sei un maledetto stronzo >>.
<< Lo siamo entrambi, mio caro >> sorride soddisfatto e il ragazzo arriccia a sua volta le labbra. << Ora, deciso che mi darai tutta la tecnologia in tuo possesso, raccontami ogni cosa su come Moriarty e Moran ti hanno contattato >>.
<< E se non volessi? Io non ho più nulla da perdere, Billy >> lo sfida incrociando le braccia al petto. John strepita al suo fianco, ma nuovamente Sherlock lo tiene a bada posando la sua mano sul braccio teso.
<< Ne sei sicuro? >> ribatte. << Se davvero fosse così non avresti motivo per tenere ancora su questa maschera di arroganza e aggressività. I tuoi amici non sono in pericolo dal momento in cui Valerio ha deciso di indagare sul mio suicidio, Àngel. Lo sono da quando tu hai deciso di lavorare per il nemico. Un nemico che ha il brutto vizio di liberarsi dei suoi collaboratori. Di quelli diretti, come puoi essere tu, e di quelli indiretti e inconsapevoli, come possono essere gli altri sbagliati. Come vedi, mio caro, non sono stato io a mettere a rischio le loro vite, né Valerio, ma tu e a questa conclusione ci sei arrivato da solo >>.
<< Pensi che se avessi scoperto del cecchino che hai ingaggiato per salvare il tuo dottore non lo avrei comunicato a Moran? >>.
<< No, penso di no >>.
<< E perché mai, sentiamo? >> ridacchia il ragazzo in modo troppo nervoso per essere distaccato come vuole far credere.
<< Perché se Miriam adesso è viva è solo grazie a John >>.
Il ragazzo impallidisce. Scocca un’occhiata sfuggente al dottore che stupito fa viaggiare lo sguardo da lui al suo uomo un buon numero di volte.
<< Dal momento che tu non vuoi parlare illustrerò io come sono andate le cose >> dice piegando il cuscino sotto la testa nel tentativo di stare un po’ più su. Sky sposta il peso da un piede all’altro e con le mani tormenta il piercing al labbro. << Stavate lavorando al caso della pedoprostituzione d’alto bordo quando ti sei accorto della presenza del consulente criminale. Prima di comunicarlo al tuo capo hai, come tuo solito, ampliato le ricerche in modo da non avere domande a cui non saper rispondere e poter essere elogiato come piace a te. Quella mente criminale geniale ti ha affascinato per l’uso che è in grado di fare delle reti di comunicazioni che sono il tuo pane quotidiano e che ti hanno permesso di salvarti la pelle in passato. Quando hai visto che non solo Fox era deciso a partire per venire qui e aveva convinto Juan, ma che Miriam era pronta a seguirlo, allora hai giocato la tua carta mai svelata. Di tutte le ricerche fatte e i risultati trovati solo una hai tenuta per te: il modo di contattare il consulente criminale. Non hai consegnato a Juan quell’informazione, consapevole che nel suo slancio investigativo l’avrebbe usata per tentare di rintracciarlo, catturarlo e porre fine alla sua carriera. Hai visto, però, quanto pericoloso sia e tutto faresti tranne che mandare a morte sicura il tuo benefattore >>.
Il ragazzo deglutisce e senza rendersene neppure conto annuisce piano.
<< Sei stato tu a contattare Moriarty o chi per esso. Tu, non lui. Lo hai messo in guardia su quanto stava per fare il tuo team e gli hai fatto una contro proposta. Alquanto ingenua, lasciamelo dire >>.
<< Quale controproposta? >> domanda John incredulo.
<< Lo avrebbe tenuto al corrente di ogni loro mossa e successivamente di ogni nostra mossa. Lo avrebbe aiutato a catturarmi e a sbarazzarsi di te in cambio della salvezza del suo team e di essere tenuto al corrente, a sua volta, dei loro intenti >>.
<< Maledetto bastardo >> ringhia John e Sherlock questa volta fatica a tenerlo a bada.
<< Ha già capito da sé della cazzata che ha fatto, John, sta tranquillo >> dice mentre il giornalista fa qualche passo indietro verso la porta. << Te ne sei reso conto la notte della carneficina nella torre di Magnussen, non è così Àngel? I patti erano di un reciproco scambio di informazioni, eppure nessuno ti ha messo al corrente delle intenzioni di Moran, né tantomeno del doppio sistema di sicurezza di Magnussen. Tu hai chiesto spiegazioni e in risposta hai ricevuto minacce: se non continui a stare dalla nostra parte sarà la fine per te e i tuoi amici >>.
Il ragazzo abbassa la testa e questa volta non sta giocando alla vittima.
<< Mis manos estàn atadas[2] >> sussurra.
<< Déjame ayudarte a desatarlos[3] >>.
Sky ride nervoso e torna a rivolgergli uno sguardo sprezzante.
<< Come conti di fare? Siamo condannati ormai, tutti quanti. Ed è solo colpa mia >>.
<< Sì, sei stato un dannato idiota a metterti in accordo con uno come Moriarty >> ribatte John passando una mano sul volto stanco.
<< Non con lui >> dice il ragazzo. << Non ho mai parlato con lui direttamente. Le e-mail, le chat, le rare telefonate… c’è sempre stata solo lei dall’altra parte >>.
<< Moran >> ringhia John.
<< Sei ancora in contatto con lei? >>.
<< No. Quando mi ha ricattato, mentre non potevo che assistere impotente al massacro che si stava verificando al palazzo di Magnussen, ho chiuso tutti i contatti e ci ho resi invisibili >> sospira affranto. << Non potevo, però, lasciare che lei uccidesse i miei amici. Ho attuato, allora, quanto mi aveva chiesto e ho condotto John in quella villa >> sospira. << Io… non sapevo che ti avrebbe portato altrove >>.
<< Lei non sa, quindi, che sei stato scoperto >>.
<< No, non lo sa. Come non sa che siamo qui, né delle indagini che hai fatto da tuo fratello. Certo, ora che ti sei portato via quel pezzo di marmo loro sapranno che li stai cercando e che li raggiungeremo. Immagino, poi, che non sia difficile per quella donna intuire dove ci stiamo nascondendo, così come che io sia stato scoperto >>.
<< Certo, ognuna di queste cose è possibile ed è per questo che dobbiamo andarcene subito da qui. Non voglio causare altri problemi a Molly, né rischiare che ci catturino. Moriarty è lì che aspetta di essere trovato, ma a Moran dei suoi giochetti non gliene frega più nulla. Lei vuole solo vendetta, ora >> dice Sherlock senza mezze misure lasciandoli senza parole. << Abbiamo ancora, però, la possibilità di giocarci qualche carta, facendo leva proprio su questa tanto agognata vendetta >> dice e le sue labbra si incurvano a formare un sorriso crudele. Sky lo osserva a lungo prima di scuotere la testa con decisione.  
<< Dopo quanto fatto dal cecchino che hai ingaggiato non credo risulterei più credibile se le dicessi di essere ancora attivo, Billy >>.
<< Certo, lei ora sarà furiosa e questo mette mio fratello in pericolo più di quanto già non lo fosse, data la sua sete di vendetta. Ed è per questo che ti dico che credo tu saresti in grado di darle a bere di essere ancora attivo nella tua doppia faccia. >> ribatte lui risoluto. << Magnussen ha collaborato con Moriarty e sicuramente quando l’hai contattata Moran gli avrà chiesto informazioni su tutti quanti voi. Sa chi sei stato e sa quanto sia difficile per qualcuno liberarsi del proprio passato, benchè sia lei la prima a volerlo fare >>.
Il ragazzo lo osserva perplesso. Sta tentando di scoprire il piano che ha in testa leggendolo tra le pieghe delle sue espressioni facciali. A suo favore gioca il fatto che Sky non sia abile quanto Fox o Grey, cosa che gli permette di godere dell’effetto sorpresa e togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
<< Cosa hai in mente, Billy? >> gli domanda il ragazzo.
Sherlock lo tiene agganciato al suo sguardo per un lungo istante.
<< Lavorerai per me, Àngel. Farai quanto ti chiedo senza metterci nulla di tuo e senza dare ascolto ai tuoi colleghi, né a chi ti minaccia >>.
Non solo il ragazzo ma anche John strabuzzano gli occhi al solo sentire la proposta.
<< Vuoi che tradisca ulteriormente i miei compagni? >>.
<< No. Voglio darti una possibilità per mostrare loro che ti sei davvero pentito >>.
<< Loro lo sanno già, non devo dimostrare nient’altro >>.
<< A Juan e Valerio, forse. Per quanto riguarda Miriam… >>.
Il ragazzo distoglie lo sguardo arrossendo vistosamente.
<< L’ho persa per sempre >> sussurra.
<< L’avresti persa se John non avesse ucciso la donna che l’ha ferita e che stava per porre fine alla sua vita, Àngel. Lei è ancora viva. Arrabbiata, e con tutte le ragioni per esserlo, ma viva >>.
Il ragazzo volge lo sguardo al dottore che, sebbene non sia più truce, lo guarda in modo severo.
<< Cosa vuoi che faccia? >> gli chiede.
<< Inizia col consegnarmi il tuo smartphone e permettermi di ispezionare i laptop. Anthea ti starà addosso come un’ombra, ti consiglio quindi di non fare il furbo tentando di spifferare il nostro accordo a chicchessia. Quella donna sa essere molto pericolosa e altrettanto spietata >>.
<< Vi circondate di bella gente voi Holmes >> ridacchia il ragazzo.
<< ‘Dai nemici mi guardi dio che dagli amici mi guardo io’, mi pare si dica, no? >> dice digitando un messaggio che invia.
<< Il tuo dio non sta facendo un buon lavoro a quanto pare. Tua sorella, invece, è stata fantastica. Un vero peccato abbia deciso di compiere il salto, però. Non avete più alcun angelo a proteggervi, vi conviene stare attenti >> dice regalando loro un sorriso beffardo per nulla piacevole.
Sherlock non capisce il significato di quello che gli sembra a tutti gli effetti un delirio. John, invece, è impallidito e ha perso ogni ostilità verso il ragazzo, soddisfatto della reazione del dottore alle sue parole.
Anthea entra nella stanza con i due laptop sottobraccio. Li posa ai piedi del letto e mostra la mano a Sky puntandogli contro i suoi occhi determinati. Il ragazzo ci mette un attimo a capire il significato del gesto. Sbuffa e prende dalla tasca il suo telefono che consegna riluttante alla ragazza. Questa lo porge a Sherlock che la ringrazia con un gesto del capo.
<< Non sapevo che tu e il tuo fratellino vi scambiaste i giocattoli >> ridacchia il ragazzo. Anthea non gli da il tempo di concludere la risata. Lo afferra per il braccio e glielo torce dietro la schiena obbligandolo a inginocchiarsi.
<< Queste sono cose che lasciamo fare a bassa manovalanza del tuo calibro, ragazzino. E ora implora il mio perdono se ci tieni ad avere ancora la possibilità di utilizzare il braccio e soprattutto la mano destra >>.
<< Sorella, lasciami dire che hai un pessimo senso dell’umorismo >> ribatte arrogante il ragazzo, nonostante tutto, e Anthea gli torce il braccio fino a togliergli il fiato.
<< Non sono tua sorella e, credimi, a maschilisti del tuo stampo ho fatto molto peggio per molto meno >>.
<< Ok, ok, perdonami! Riconosco di aver fatto una battuta infelice >> la implora e lei dopo una stretta ancora più decisa gli lascia andare di botto il braccio. Il ragazzo finisce a faccia in giù piagnucolando dal dolore.
<< Quattro schiaffi e due rimproveri >> sbuffa Anthea tornando in piedi. << Io sarei partita da qui e avrei proseguito fino a ridurti in fin di vita, altrochè >> aggiunge per poi afferrare Sky per i capelli e tirarlo su in ginocchio. << E bada che se dovesse accadere qualcosa di spiacevole al mio capo la tua sarà la prima testa a saltare. In piedi! >> intima e il ragazzo esegue l’ordine. Massaggia il braccio indolenzito guardando la donna con sospetto. Questa dopo avergli scoccato un’occhiataccia volge lo sguardo a Sherlock.
<< Io mi occupo dello smartphone, tu esamina i due laptop. Sai cosa cercare >> le dice e la ragazza annuisce. Prende i due computer sottobraccio e con un gesto del capo invita l’hacker a precederla fuori dalla stanza.
<< A cosa si riferiva Sky quando ha tirato in ballo mia sorella? >> chiede Sherlock a John.
<< Jane >> sorride John. << Se sono vivo lo devo solo a lei >>.
Il consulente strabuzza gli occhi e non trova senso nè alle parole del dottore, né al suo sguardo sfuggente.
<< L’ho sognata mentre ero più morto che vivo sul tavolo della cucina di Molly adibita a sala operatoria >> gli spiega. << Ti ha affidato a me e poi ha compiuto il salto al posto mio >>.
John gli spiega meglio cosa questo voglia dire e Sherlock sente il sangue raggelare ad ogni sua parola.
<< Ora capisco perché mi ha detto addio >> sussurra esangue. Percepisce lo sguardo stupito di John addosso, ma è troppo shoccato per poter gestire anche la sua di sorpresa. Gli ci vuole un po’ di tempo prima di raccontare del suo sogno, avvenuto durante lo svenimento che è quasi costato un infarto a Lestrade.
<< E’ pazzesco! Ti rendi conto che tutto questo è pazzesco! >> esclama John. Porta le mani ai capelli per poi farle scivolare sul viso e lentamente scuote il capo incredulo.
<< John, dimmi cosa non sia folle ormai? >> gli chiede posandogli la mano sulla spalla. << Anche il nostro voler stare insieme, l’amore che proviamo l’uno per l’altro è folle. Nell’ordine logico dell’universo due uomini non dovrebbero amarsi e stare insieme. La logica vuole che un uomo e una donna si incontrino per generare vita. Tutto ciò che va contro questa logica è folle >>.
<< Che logica omofoba! >> ridacchia John. << Sherlock, l’amore è illogico. Non cerco il perché del mio amore per te. Lo provo e basta >>.
<< Io invece non posso fare a meno di cercare sempre una spiegazione, un senso, una logica >>.
<< E, oltre alla follia, hai trovato una spiegazione al nostro illogico amarci? >> gli chiede carezzandogli il viso dolcemente. Gli basterebbe descrivergli ciò che prova al solo vederlo sorridere in questo modo e al tocco così gentile della sua mano. Ma non riuscirebbe comunque a rendere l’idea.
<< No >> ammette affondando il viso nella sua mano. << Siamo due pazzi >> ride e John si unisce a lui. << Non potrei stare con nessun altro se non che con te, mio capitano. E non potrei mai sentirmi attratto da una donna. La sola idea mi ripugna >> dice con una smorfia di disgusto che fa ridere di gusto John.
<< E io idiota che pensavo ti fossi innamorato di Irene Adler >>.
<< Certo, come no. Innamorato di una donna che gode nel torturare e picchiare i suoi amanti. Gran bella considerazione hai avuto di me, John >> dice scoccandogli un’occhiataccia che alimenta la sua risata. Sembra proprio che lo stress sia passato dal manifestarsi attraverso il pianto alla risata.
<< Beh, sarà stata pure manesca ma non era niente male >>.
<< Niente male? >> strabuzza gli occhi incredulo. << Quell’attaccapanni più ossa che carne? Oh, dio, John, io davvero fatico a capire come puoi muoverti su entrambi i fronti e devo ammettere che mi spaventa questa doppia concorrenza. In un futuro potrebbero portarti via da me non solo una donna ma anche un altro uomo e questa cosa mi atterrisce >>.
John lo guarda serio. Serio e incredulo e il suo sguardo gli causa un inspiegabile imbarazzo.
<< Sherlock… nel tuo armadio hai un doppio fondo, vero? >> gli chiede e nonostante non capisca cosa c’entri quell’affermazione, annuisce. << E in quel doppio fondo ci tieni una scatola con vari oggetti che mi riguardano? >>.
Sherlock arrossisce. Sì, questa volta sente proprio il viso divenire caldo e paonazzo, cosa che poche volte gli è successa e principalmente nell’adolescenza.
<< Come… come fai a saperlo? >> gli chiede e John sorride prima di tornare a ridere nervoso.
<< Me l’ha mostrata Jane per convincermi di quanto io sia importante per te e che non ti verrò a noia, né mi lascerai per un altro più intelligente, attraente e… giovane >> dice distogliendo lo sguardo imbarazzato.
<< Hai davvero pensato queste cose? >> gli chiede stupito. Vederlo annuire lo lascia senza fiato. << Allora siamo proprio due folli. E idioti >> ridacchia catturando la sua attenzione. << Anche io non riesco a capacitarmi del fatto che tu voglia, nonostante tutto, stare con me. Scoprirmi innamorato di te è stata una logica conseguenza. Spaventosa ma logica. Avrei anche potuto convivere con questo amore non corrisposto, non sarebbe stata la prima volta, ma quando ti ho sentito parlare con Irene e ho capito che anche tu provavi qualcosa per me, allora lì mi sono spaventato davvero. Non solo per Moriarty e i suoi intenti, ma perché c’era una possibilità. La stessa paura provata con Victor e come per lui ho temuto tu volessi solo… beh, ne abbiamo già parlato >>.
<< Mentre tu vuoi qualcosa di più di una semplice relazione sessuale >>.
<< La trovi una cosa stupida? >>.
<< No, per nulla. Anzi, la condivido in pieno. Ammetto che l’ho pensato. All’inizio ho pensato che, cristo, ti avrei volentieri ribaltato sul tavolo della cucina >> ride nervoso per poi mordere il labbro inferiore in un gesto voluttuoso capace di scuotere Sherlock. << Poi, però, le cose sono cambiate. Penso il cambiamento sia iniziato dopo quella sera in piscina, vestito di dinamite, quando ti ho visto preoccupato per me, seriamente. Mi si è stretto il cuore nel sentirti tentare di ringraziarmi per aver cercato di permetterti la fuga assalendo Moriarty. L’idea che qualcuno potesse volerti fare del male mi ha dato ai nervi e lì ho iniziato ad avere dei dubbi. Poi Irene questi dubbi li ha fatti diventare realtà. Ero innamorato. Perdutamente e inesorabilmente innamorato di te, Sherlock Holmes >>.
John si avvicina a lui per posare un altro bacio sulle sue labbra, questa volta più lungo e lento. Sherlock, già senza fiato per le sue parole, sente di affogare in tutta quella dolcezza. Non c’è abituato e la sente quasi sbagliata, ma non ci pensa nemmeno ad allontanarsi da lui.
<< Penso sia giunto il momento di dare retta a tua sorella e smetterla con tutte questa seghe mentali riguardo a cosa l’uno prova per l’altro e perché >> sussurra John scostandosi appena dalle sue labbra. Sherlock si limita ad annuire, desideroso di avere ancora quella bocca sulla sua, di sentire ancora il dolce sapore del suo uomo.
<< Siamo un po’ troppo malridotti per questo tipo di effusioni >> ridacchia John, senza però allontanarsi da lui. Sherlock di nuovo annuisce, non sa neppure bene a che cosa. Ha solo una pazza voglia del suo capitano.
Due colpi secchi alla porta giungono a spezzare l’idillio, riportandoli alla realtà di quanto sta accadendo fuori dalla bolla nella quale si sono rinchiusi. Greg entra nella stanza seguito da Anthea, Grey e i ‘Los errores’ al completo.
<< Molly >> deduce Sherlock allungando la mano per ricevere dall’ex detective il cellulare. Legge il riscontro delle prime analisi di routine effettuate dalla ragazza sul blocco di marmo. Il consulente si tuffa nel suo Mind Palace, confrontando quanto riportato da Molly e ne esce solo per scriverle altre ricerche da fare, i cui risultati gli servono per comporre il puzzle che sta creando nella sua mente.
Non saprebbe dire quanto sia durato questo entrare e uscire dal Mind Palace, ricevere le risposte alle sue richieste e richiederne altre per trovare tutti i tasselli. Fatto sta che è già buio quando ogni cosa trova il suo esatto e logico ordine e Sherlock capisce qual è il luogo dal quale quel pezzo di marmo proviene. Nella stanza sono rimasti solo Anthea, seduta accanto al letto, e John. Questi, evidentemente, nell’attesa si è addormentato al suo fianco e salta a sedere, colto di sorpresa dalla sua esclamazione di trionfo.
<< L’hai trovato? >> gli domanda afferrandogli la mano sollevata a mezz’aria.
<< Sì, John >> gli risponde deglutendo. << So dove Moriarty ha portato mio fratello >>.
<< Ho l’impressione che non ti piaccia per niente >> dice Anthea.
<< Già >> annuisce chiudendo lentamente gli occhi. << James sa essere scenografico. Se questo deve essere un ultimo atto, direi che il luogo che ha scelto è l’ideale >>.
<< Dove si trova Mycroft, Sherlock? >> gli chiede la ragazza preoccupata.
Il consulente prende il taccuino e scrive la risposta alla sua domanda. Anthea legge quanto ha scritto e chiude gli occhi portando poi le mani al viso.
<< Cristo, ma perché proprio laggiù? >> gli chiede John dopo aver sbirciato il taccuino.
<< Perché è là che tutto ha avuto inizio e dove tutto si sarebbe dovuto concludere se le cose fossero andate come dovevano andare >> sospira Sherlock.
<< No, ti sbagli >> dice la ragazza, la voce rotta dall’emozione. << Non gliel’hai detto? >> chiede a John che distoglie lo sguardo da quello stupito di Sherlock.
<< Cosa? >> chiede il consulente spostando gli occhi dal suo uomo alla ragazza. Anthea prende un profondo respiro e si sposta a sedere accanto a lui sul letto. Sherlock prova fastidio per quella vicinanza non richiesta. Per la prima volta, da che suo fratello gliel’ha presentata come ‘la sua nuova segretaria’, la osserva con attenzione. Quella testa sempre china sullo smartphone col quale gestisce la vita politica del fratello, gli occhi fissi sul piccolo schermo e che solo ora incontra per la prima volta. Sono tristi, addolorati.
<< Hai accettato ciò che lui ti aveva detto senza fare domande, senza pensare che vostro padre potesse non essere morto a seguito di un infarto >> gli dice prendendogli distrattamente la mano nella sua. Grande, asciutta, le unghie perfette laccate di nero a rendere ancora più sinuose e affusolate le dita lunghe. << Moriarty non lo ha portato lì perché è il luogo in cui hai rischiato di morire e dove vuole porre fine alla tua vita. Lui non ti vuole morto, Sherlock, lo sai. Lo ha portato lì perche è il luogo nel quale Mycroft ha dato tutto se stesso pur di salvarti. E io penso che quel pazzo voglia vedere se tu sarai in grado di fare altrettanto per lui >>.
Una lacrima solitaria si stacca dalle lunghe ciglia di Anthea rese più scure e spesse dal mascara. Sherlock la osserva disegnare una scia sulla guancia impallidita e posarsi sul mento dal quale si stacca per cadere sulla sua mano, facendogli quasi male.
<< Myc >> sussurra e la consapevolezza di quanto suo fratello ha fatto per lui gli toglie il fiato. Cerca di negare l’evidenza, di scacciare via il fatto che ormai gli appare più che ovvio, scuotendo il capo. Avverte appena la mano di John posata sulla sua spalla, così come la stretta ancora più salda delle mani di Anthea attorno alla sua.
Ha sempre pensato che nessuno sarebbe mai stato capace di fare ciò che John ha fatto per lui, benchè lo conoscesse da poche ore. Uccidere un uomo che stava cercando di attentare alla sua vita. Ucciderlo senza pensare alle conseguenze, con il solo scopo di salvarlo.
<< Myc >> ripete portando la mano agli occhi. Molti anni prima di John qualcun altro ha agito allo stesso modo e non contro un tassista serial killer sconosciuto a entrambi e per entrambi insignificante. Ha agito spinto dalla disperazione, dall’amore e senza cercare alcuna riconoscenza, né alcun riscatto. Silenziosamente. Camuffando le sue azioni da avvenimento imprevisto e imprevedibile, consapevole di non poter rischiare di essere scoperto e lasciarlo solo in balia del mondo e di se stesso. In balia di Moriarty e Moran, questi due pazzi fratelli che hanno spinto entrambi gli uomini più importanti della sua vita a uccidere per lui.
 
 
[1] You saved me -  Skunk Anansie
[2] Ho le mani legate
[3] Permettimi di aiutarti a scioglierle

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Buongiorno a tutti 
Oggi sarò breve, sono di corsa. Eccoci con un nuovo capitolo che mi fa nuovamente venire il dubbio sul rating… boh, datemi un parere, io non riesco ad essere obiettiva e se volete lasciate una recensione.
Alla prossima
Patty

Capitolo 22
My favorite inside source
I’ll kiss your open sores
I approciate your concern
You’re gonna stink and burn (1)

Molly ripone il blocco di marmo nella borsa e passa le mani sul volto stanco. Le tiene ferme sugli occhi e prende un lungo respiro prima di alzarsi dalla seggiola e abbandonare il laboratorio. È stata una lunga giornata con un altro grande accumulo di stress e tensione. Otto ore trascorse nel timore costante che qualcuno si insospettisse e le chiedesse come mai una patologa esamini un oggetto anziché un corpo o parti di esso. Per fortuna è riuscita a eludere le domande, a sfruttare i momenti in cui si è ritrovata da sola in laboratorio e a mettere su la sua miglior espressione da brava ragazza. Quella grazie alla quale è sempre riuscita ad accontentare le richieste di Sherlock in tutti questi anni.
Ora torna con passo pesante agli spogliatoi stropicciando distrattamente un occhio. Sono mesi che non dorme bene. Ha risvegli frequenti causati da incubi violenti e le è difficile prendere sonno. Sono la presenza di Greg la aiuta. Quando le è accanto riesce a rilassarsi e questa cosa la riempie di gioia, ma allo stesso tempo la spaventa. Non vuole diventarne dipendente. Certo dipendere da lui sarebbe molto più sano di ciò che sta eleggendo suo ‘calmante naturale’. Le persone, però, hanno il brutto vizio di andarsene o di approfittarsene e per quanto lo senta diverso dai tanti altri con i quali ha avuto a che fare non vuole aggrapparsi al suo detective. 
Molly apre l’armadietto e si guarda bene attorno prima di prendere la bottiglia di vetro scuro priva di etichette di alcun tipo riposta dietro il cambio d’abiti. Un’altra occhiata veloce e ne prende un sorso. Non sa neppure cosa sia. Ha preso distrattamente una bottiglia tra quelle di liquore esposte al supermercato e dopo averla pagata l’ha riposta nella borsa di plastica senza darle troppa importanza. Ne ha travasato il contenuto nella bottiglia scura e si è liberata della prova schiacciante del suo lento declino.
Anche se solo per pochi minuti quel sorso rubato di nascosto le alliscia i nervi. Si sente leggera, appagata, finchè non giunge, puntuale, il senso di colpa. Quel breve attimo di pace, però, pare valere la pena dei continui cazziatoni ai quali la sua stessa mente la sottopone. 
Ripone la bottiglia nella borsetta, si libera del camice e scarta una caramella alla menta forte, che ha scoperto essere molto efficace per camuffare l’odore di alcool che le resta sulle labbra. 
<< Molly! Anche oggi hai salvato il mondo un cadavere alla volta? >>. Trasale al saluto del collega entrato  negli spogliatoi.
<< Sì, e fiera di me stessa me ne torno a casa >> ridacchia cercando di calmarsi e stare al gioco.
<< E io che pensavo di invitarti a bere qualcosa >>.
La spontaneità di Andrew la lascia senza parole. Lavora con loro da circa sei mesi ed è sempre stato gentile con lei. Le ronza un po’ attorno, ma in modo discreto. A differenza di altri non ha mai fatto battute, né, prima di oggi, si è proposto per un’uscita. 
“E hai scelto il momento meno adatto per deciderti a farlo”  sospira, rendendosi conto che un sospiro è la cosa meno adeguata da fare. Infatti si da subito un tono, mette su un sorriso di circostanza e ripassa la formula ‘scaricalo, ma con gentilezza’.
<< Una nostra conoscenza comune vorrebbe fare due chiacchiere con te >> dice, però, lui avvicinandosi di qualche passo. Lo stomaco di Molly si chiude in allerta.
<< Una… conoscenza comune? >> domanda incredula, dal momento che non le risulta ne abbiano.
<< Proprio così >> ridacchia il ragazzo. << Non ti vede da qualche mese e mi ha chiesto di organizzare un incontro >>. 
Il sorriso che Andrew si è messo sul viso non la fa sentire per nulla sicura.
<< Mi spiace, Andy, ma sarà per un'altra volta >> dice avviandosi alla porta. << Ho già un appuntamento e, anzi, sono pure in ritardo >>.
<< Penso che il tuo appuntamento dovrà aspettare >> le dice afferrandola per il braccio. << Non griderei se fossi in te >> aggiunge tirando fuori una pistola da dietro la schiena. << Mi è stato detto di portarti viva e tutta intera, non vorrai mica che venga meno agli ordini ricevuti, vero? >>. 
Molly scuote il capo mentre trema come una foglia. 
<< In qualunque momento quel pazzo o chi per esso può tornare da te e usarti ancora una volta >> le parole di Anthea le invadono la testa. Gliele ha ripetute talmente tante volte da farle venire la nausea. Molly non ha mai dato troppo peso a questo avvertimento. Ha sempre pensato di essere insignificante per Moriarty, proprio come lo è per Sherlock. Evidentemente i suoi lavori sotto banco sono stati scoperti e forse è stato proprio quel maledetto spagnolo a rivelarli.
<< Ora io ti offrirò il mio braccio e insieme usciremo da qui come due bravi colleghi che decidono di farsi una birra a fine turno, è chiaro? >>.
Molly annuisce e con riluttanza si aggrappa al braccio di quello che credeva essere un collega gentile e galante. Non può fare a meno di darsi della stupida per esserci caduta ancora una volta. Prima con James e le sue belle parole sul suo blog. Ora con Andrew che da mesi lavora con lei al solo scopo di tenerla d’occhio, ingannando persino Anthea e il suo capo.
“Oppure lo sapevano e non hanno potuto fare nulla” pensa, ma è un ragionamento che non torna. Anthea ora le avrebbe impedito di andare da sola al Bart’s se avesse saputo della presenza di una spia di Moriarty. 
Subito fuori dall’ospedale si accosta a loro un’auto sulla quale Andrew la obbliga a salire.
<< Dove volete portarmi? >> chiede spaventata. Andrew si accomoda al suo fianco sul sedile posteriore e le scocca un’occhiata tagliente.
<< Niente domande >> le dice, posando la mano armata sul suo ginocchio. << E niente scherzi >> aggiunge. La ragazza annuisce e le sembra di non sapere fare altro che quello. 
<< Il cellulare >> dice l’autista, un uomo dalla faccia ben poco raccomandabile. Andrew le porge l’altra mano e la invita a consegnargli il cellulare nello stesso modo in cui lei ha ottenuto il pezzo di marmo da Sherlock. 
Con mani tremanti, Molly prende lo smartphone e lo consegna. Andrew toglie la batteria e lo mette in tasca. La ragazza fissa a lungo quella tasca che contiene l’ultima possibilità di essere rintracciata. Chiude gli occhi e le lacrime finora rimaste silenziosamente in bilico scendono a rigarle le guance. 

Dopo un lungo viaggio attraverso Londra, l’auto si ferma fuori città in una zona deserta e triste. Andrew, dando un calcio alla sua finta gentilezza, la tira giù dall’auto per il braccio. Molly fatica a tenere il passo e incespica più volte sui suoi stessi piedi. L’uomo, però, non se ne cura e continua a strattonarla e a riservarle parole poco gentili. Subito dietro di loro l’autista li segue con le mani in tasca e un sorriso sghembo molto poco rassicurante. 
“Qui si mette davvero male” pensa la ragazza che non riesce a togliere gli occhi terrorizzati da quel sorriso e finisce con lo sbattere addosso al suo finto collega.
<< E guarda dove metti i piedi! >> ringhia lui spintonandola. Si è fermato davanti ad una porta alla quale bussa tre volte. Gli viene ad aprire un altro uomo grande e grosso quanto l’autista, che con un cenno del capo li invita ad entrare. 
Andrew aumenta il passo e Molly è costretta a sedersi su una seggiola al centro esatto di una stanza spoglia.
<< Perché mi avete portata qui? >> domanda e per tutta risposta le mani enormi dell’uomo che ha aperto la porta le calano sulla spalle bloccandola allo schienale della sedia.
<< Fai silenzio, bambolina >> sussurra questi al suo orecchio. Averlo alle spalle ben poco le piace. Ancora meno avere l’autista fermo alla sua destra e Andrew alla sua sinistra. Sembrano tutti quanti attendere l’arrivo di qualcuno.
“James” pensa e nuove lacrime le rigano il viso. “Questa volta mi ucciderà”. 
Non le era piaciuto pensare di essere stata usata da quel pazzo, ma per lo meno l’aveva lasciata andare senza troppi giri di parole. Dopo mesi di chat, sul suo blog prima e in privato poi, avevano deciso di uscire e lei non si era trovata bene. C’era qualcosa in quel ragazzo che non le tornava.
 Durante la serata James le aveva chiesto di presentargli l’uomo misterioso del quale scriveva sul blog e che, in un certo senso, li aveva portati a quell’incontro. Lei non capiva il perché di quella strana richiesta, ma come sempre le è stato impossibile dire di no. 
Quando Sherlock, poi, le aveva messo nell’orecchio quella pulce riguardo l’orientamento sessuale del ragazzo col quale stava uscendo, si era resa conto di non essere lei la persona che James voleva conoscere. Infatti, quella stessa sera al pub le aveva posto molte domande sul consulente investigativo e lei più volte gli avrebbe voluto chiedere se per caso non fosse attratto più da Sherlock che da lei. Non ce l’aveva fatta, però. Aveva risposto distrattamente alle domande di James, desiderosa che la serata finisse al più presto, e solo ora si rende conto di quante ce ne fossero sul rapporto reale tra Sherlock e John.
La porta si apre con un cigolio spettrale. Si fa avanti un ennesimo uomo, ‘normale’ se paragonato agli ultimi due gorilla. Subito dietro fa il suo ingresso la comune conoscenza annunciata da Andrew. Molly la osserva avanzare lentamente, gli occhi sgranati e stupiti. 
<< Buonasera Molly >> le dice avanzando verso di lei. << Ti ricordi di me? >>. 
La ragazza annuisce, la bocca troppo arida per riuscire a proferire verbo. L’unica cosa che riesce a pensare in questo momento e alle persone che conosce. Si chiede se tutte o in parte siano spie o criminali giunti sul suo cammino al solo scopo di tenerla d’occhio e usarla. Non può fare a meno di piangere sentendosi impotente dinanzi a queste menzogne, questi giochi nascosti, a tutta questa crudeltà per lei incomprensibile.
<< Ma guarda, sembra proprio che debba sempre farti piangere, in un modo o nell’altro >> le dice avvicinando la mano sinistra al suo viso. Molly resta immobile mentre le accarezza la guancia per asciugare via il pianto. 
Dopo aver inscenato il suicidio di Sherlock, Molly aveva deciso di iscriversi a un corso di difesa personale. Un modo come un altro per sfogare la frustrazione e il nervosismo e allo stesso tempo imparare a difendersi da eventuali aggressori. Le parole di Anthea in qualche modo erano state il propulsore che l’aveva spinta a scegliere un’attività molto lontana da quelle che era stata solita fare nella sua vita. Si sono conosciute lì lei e Rosamund.
<< Gli amici mi chiamano Rosie >> le aveva detto, tendendole la mano alla fine della prima faticosa lezione. Non le piaceva quella donna dai capelli lunghi e scuri, lisci come l’acqua. C’è da dire, però, che in quel periodo era tanta la gente che non le piaceva. Avesse potuto, anzi, avrebbe fatto come John e si sarebbe chiusa in casa, nascosta sotto strati di coperte. 
Rosie, però, era anche l’unica che le rivolgesse la parola. L’unica che andasse oltre la timidezza e la tendenza ad isolarsi. 
<< Hai l’aria di una scampata a una catastrofe >> le aveva detto sfacciata a fine lezione, mentre si dirigevano alle rispettive auto. Molly non ce l’aveva fatta ed era esplosa in lacrime e, sebbene quella donna troppo invadente non le piacesse, aveva accolto il suo abbraccio e aveva pianto sulla sua spalla. 
<< Un ragazzo a cui tenevo tanto è morto in un brutto incidente >> aveva sussurrato e il modo dolce di cullarla di Rosamund aveva sostituito il sorso d’alcol della buonanotte. Da allora anche Molly aveva iniziato a rivolgerle la parola, a raccontarle di Greg, di come stesse andando tutto forse un po’ troppo in fretta tra loro e di quanto le fosse difficile dimenticare del tutto ‘quel ragazzo’. Non le aveva mai detto il suo nome e Rosie non glielo aveva mai chiesto. Molly pensava fosse una delicatezza da parte sua e, invece, ora si rende conto che avrebbe dovuto insospettirsi. 
“Non me lo ha chiesto perché sapeva bene di chi stessi parlando!” pensa adesso, mentre la donna si accomoda davanti a lei su una seggiola prontamente apportata da uno dei suoi uomini.
<< Rosie, perché mi hai fatta portare qui? Perché in questo modo? >> le chiede incapace di capire come possa essere collegata a tutta quanta quella storia, dal momento che dietro un simile rapimento ci può essere solo lo zampino di James. 
La donna fa un cenno col capo ai due uomini al suo fianco. Distende le braccia e questi, con una delicatezza che Molly non avrebbe creduto possibile in individui simili, sfilano via la giacca nera che indossa. Prima il braccio sinistro, bendato dal polso al gomito, poi, molto più lentamente, il destro. Molly guarda stupita l’opera di alta chirurgia riconoscibile dal bendaggio e dalla steccatura che le è stata fatta al polso destro. 
“Ho tarpato quella cagna”. Le parole di Anthea le tornano alla mente facendola rabbrividire. “Le ho bucato il polso destro e ferito gravemente l’avambraccio sinistro”.
Gli occhi della ragazza viaggiano da un braccio all’altro della donna, che sorride compiaciuta della sua espressione di attonita consapevolezza. Da quando Sherlock, John e il quartetto ispanico sono piombati nella sua vita non ha fatto altro che sentir parlare di questa fantomatica Sebastiana Moran. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi al suo cospetto, né, tantomeno, di scoprire di essere stata sua amica. 
<< E’ poco carino da parte tua non domandarmi cosa mi sia accaduto >> le dice sostenendo delicatamente il polso malridotto con la mano messa meglio. 
<< E’ stato poco carino da parte tua fingerti mia amica solo per ottenere informazioni >> ribatte Molly, spinta dalla rabbia che sente montarle nella pancia. 
Rosamund non aveva più risposto ai suoi messaggi, né si era presentata in palestra poco tempo dopo il finto suicidio di John. Molly ne aveva addirittura pianto, pensando a quanto poco potesse fidarsi delle persone che la abbindolano con belle parole per poi abbandonarla improvvisamente. Ora la vede ridere di lei. Ridere di una risata inquietante.
<< Toh, guarda: il topolino spaurito si è trasformato in un leone >> dice ridendo ancora e se le mani enormi dell’uomo alle sue spalle non la tenessero bloccata alla sedia Molly si alzerebbe volentieri per prenderla a schiaffi. 
<< Cosa vuoi da me, ‘Rosie’? >> dice sputando con disgusto il suo nome. << Perché mi hai portata qui? >>.
Sebastiana Moran la osserva a lungo, chiusa in un silenzio che da i brividi. Il viso inespressivo, gli occhi fissi e fermi. Se non fosse per il respiro affaticato e lento Molly penserebbe di essere seduta davanti ad una statua di cera del madame Tussaud.
<< James si sbagliava: tu non sei indifferente al nostro caro consulente >> dice poi con voce dolce, la stessa che usava quando cercava di rincuorarla. << Ti ha affidato il suo ‘suicidio’. Si fida molto di te >>.
<< Perché non dovrebbe? >> la sfida Molly, che stranamente non prova alcuna paura nei confronti di questa folle donna. 
<< Forse perché sei un’alcolista? >> ribatte con la stessa dolcezza. È un colpo allo stomaco per Molly. Benchè si sia resa conto di avere un problema con l’alcol non l’ha mai messa in quei termini. << Per dirla tutta, se lo sei diventata è solo a causa sua >>.
<< Non è vero! >> ribatte con così tanta foga da spingere il gorilla a tenerla al suo posto con più forza.
<< La fedeltà dell’amore respinto >> ride divertita l’ex caporale. << La verità fa male, bambina mia >> aggiunge poi seria. << Cosa stai ottenendo tu da tutto questo? Il fegato spappolato dall’alcol. Il rischio di essere licenziata e avere una macchia sul curriculum che renderebbe difficile trovare qualunque altro tipo di lavoro. L’invasione di un gruppo di giornalisti ispanici di dubbio gusto. L’assistere alle effusioni dell’uomo che ami e del suo amante. Oh, sì, forse l’unica nota positiva è la presenza del tuo bel detective >> dice con una smorfia di disgusto. << Un po’ poco, mi pare, non credi? >>. 
<< Cosa volete tu e James da me, Rosie? >> ringhia stufa delle sue parole.
<< James? Oh, lui non vuole proprio nulla da te >> ammette lei con innocenza. << Non hai sortito il benchè minimo interesse nel mio fratellino, Molly, spero che questo non ti offenda >>.
<< Può solo farmi piacere, Rosie >> dice tra i denti. << Allora cosa vuoi tu da me? Perché sono qui? >>.
Moran sorride con dolcezza e Molly non può fare a meno di domandarsi come si possa fingere così bene. 
“Guarda che non sta fingendo!”. 
L’avvertimento, giunto con la voce seria e tesa di Anthea, la fa rabbrividire. Le torna in mente la ricerca che aveva fatto sul significato di sociopatico, dopo aver sentito Sherlock attribuirsi quell’etichetta. 
“Sì, Molly. Lei lo è per davvero!” le conferma Anthea e il gelo le cade addosso.
<< Penso tu sia a conoscenza di quanto accaduto alla torre di Magnussen meno di una settimana fa’ >> le domanda con voce carezzevole e Molly annuisce. << E penso tu sia a conoscenza anche del fatto che uno di quegli inutili spagnoli lavori per me >>. 
Molly sta per annuire ma improvvisamente cambia idea. Dal momento che Rosie le ha fornito i corpi che lei ha registrato per autorizzarne l’autopsia è normale che entrambe siano a conoscenza dell’accaduto. Della scoperta del tradimento di Sky, invece, non può avere la certezza che anche lei ne sia al corrente.
“E l’ultima cosa che voglio fare e darti informazioni, maledetta!” pensa mettendo su quella che spera sia un’ottima espressione di puro stupore.
<< Tra di loro c’è un traditore? >> le chiede con un filo di voce. L’espressione di dolcezza lascia il posto a uno sguardo circospetto e indagatore che Molly si sforza di sostenere. Pare riuscirci, dal momento che il sorriso dolce torna sulle labbra di Rosie.
<< Un traditore, certo. Peccato che abbia deciso di tirarsi indietro, almeno in parte, chiudendomi fuori dalle loro scelte. Mi sono trovata costretta, a questo punto, a chiedermi dove mai potessero portare un moribondo con una pallottola nel torace e una ragazza azzoppata da un pugnale. Non in ospedale, sarebbero stati allo scoperto e avrebbero dovuto rispondere a troppe domande. E’ allora che mi sei venuta in mente tu >> sorride dandole i brividi. << L’anatomopatologa che tanti favori ha fatto al nostro consulente. Da chi altri sarebbero potuti andare a chiedere aiuto se non da lei. E tu, bambina mia, non te lo sei fatta ripetere due volte. E io che pensavo gli anatomopatologi operassero solo sui cadaveri! >> esclama divertita << Beh, immagino che lo fossero, quasi, entrambi >> sottolinea scoccandole un’occhiataccia. << Il tuo grande amore in fin di vita, la possibilità di salvarlo e, perché no, di saperlo in debito con te e poi di vedere questo debito aumentare salvando la vita anche del suo amato dottore. Ho fatto bene a decidere di tenerti d’occhio. Hai davvero fatto l’impossibile per salvarli >>.
<< Sono pur sempre un medico e loro sono miei amici >>.
<< Amici? >> le chiede ridacchiando. << Uno è il ragazzo che tanto ami e l’altro l’uomo di cui questi è innamorato. Il tuo rivale. E nonostante questo tu hai messo a repentaglio la tua carriera, il tuo lavoro e persino la tua stessa vita per loro >>.
Moran disgustata scuote il capo. Prende un respiro lento e un’impercettibile smorfia di dolore le increspa la fronte. 
<< Perché sono qui, Rosie? >> ripete Molly risoluta e il sorriso torna su quelle maledette labbra, dandole il volta stomaco.
<< Sei qui perché mi aiuterai ad uccidere la stronza che mi ha ridotto così >> dice mostrandole le braccia ferite. << E a riprendermi ciò che è mio >>.
<< Cosa è tuo? >>. 
<< John Watson >> risponde col tono annoiato di chi ribadisce l’ovvio.
<< Le persone non sono oggetti >>.
<< Grazie per la lezione di moralità, ragazzina >> sbuffa la donna. << La segretaria di Mycroft Holmes non ti è mai piaciuta, dovresti solo essere felice della possibilità che ti do di sbarazzartene >>.
<< Al contrario di te io ho rispetto per la vita umana e non sono solita uccidere chi non mi va a genio, né vendere i miei amici >>.
Moran scuote il capo, ora visibilmente stufa. Un’altra espressione di dolore le compare sul viso per un istante. 
“Soffre” pensa Molly, provando un piacere inaspettato. 
<< Ne ho abbastanza >> dice la donna alzandosi in piedi. << Tutta questa fedeltà, tutto questa ostentata amicizia. Patetico >> dice tra i denti. << Gli spagnoli che si intromettono in una storia che non li riguarda per amicizia. Una segretaria addestrata dai servizi segreti che salva un uomo del quale non gliene frega nulla per amore del suo capo. Un detective che rischia la galera per i suoi amici e tu >> sospira senza fiato. << Tu che sei a un passo dall’esaurimento per una persona che non ti darà mai nulla se non motivi per soffrire. Siete solo dei maledetti idioti >> ringhia dando un calcio alla sedia, che vola via lontana facendo un rumore assordante. Il dolore la sta smascherando e la rende ancora più pericolosa. Molly si rende conto di essere ora davvero in pericolo.
<< Voglio la testa di quella donna, Molly >>.
<< E perché vieni da me, Rosie? >>. 
<< Perché sono stata a casa tua poco prima di farti portare qui e non ho trovato nessuno. La casa è pulita e immacolata, come non ci fossi stata altro che tu per tutta la settimana. Io e te, però, sappiamo che non è così, non è vero? >>. 
Molly non ha alcuna intenzione di rispondere. Sostiene il suo sguardo e solo quando Moran si rivolge al gorilla alle sue spalle con un cenno del capo sente la paura tornare a farle visita. L’uomo solleva una delle mani dalle sue spalle. La porta alla tasca dei pantaloni e poi le avvicina al volto il manico di un coltello. Lo fa scattare per puntarglielo alla gola. 
<< E’ buona educazione rispondere alle domande, bambolina, non lo sai? >> le sussurra all’orecchio premendo la lama appuntita contro la carne. 
<< Sì, li ho ospitati per una settimana ma non sapevo se ne sarebbero andati oggi >> risponde cercando di stare sul vago. 
<< Ah, non lo sapevi? >> le chiede Moran ironica. Fa un cenno del capo a Andrew che le si avvicina porgendole il suo smartphone. La donna legge quando l’uomo ha trovato di interessante mentre loro discutevano e un ghigno le compare sulle labbra. << Il tuo detective ti ha annunciato che ‘hanno lasciato il nido’ >> dice avvicinandosi a lei. << Non dice, però, verso quali altri lidi sono migrati e io penso che tu lo sappia >>.
<< Ti sbagli, io non so nulla >> ribatte Molly sostenendo il suo sguardo.
<< Davvero? >> le domanda incredula Moran.
<< Sapevo che sarebbero andati via perché casa mia non era più un posto sicuro per loro. Non mi hanno, però, detto dove sarebbero andati >>.
<< E dopo avermi già mentito tu pretendi che io ci creda? >>.
<< Sì, Rosie >> risponde e la prima vera espressione di rabbia giunge a rendere irriconoscibile il volto della donna. Moran, però, prende un respiro profondo per ritrovare il controllo di sé. 
<< Va bene. Da donna avrei voluto risparmiartelo, ma tu mi costringi a usare le maniere forti >> dice scoccando un’occhiata a Andrew che sorride soddisfatto. << Voglio proprio vedere fino a che punto sei capace di spingerti pur di restare fedele al tuo consulente investigativo >>. 
Fa qualche passo indietro e quando si ferma uno dei gorilla le porge la seggiola che prima ha calciato via. Moran si accomoda e le basta un cenno del capo per dare il via ad un incubo.
Molly tenta di difendersi da quelle mani insidiose che lentamente le sfilano i vestiti. Anche avesse avuto le cinture nere di diverse discipline marziali, però, le sarebbe stato impossibile impedire loro di fare quanto Moran ha ordinato. 
Per lei non c’è nessun angelo custode pronto a salvarla. Non c’è mai stato alcun angelo custode. Mai. Gli atti di bullismo subiti a scuola li ha sempre gestiti da sé. Il cuore infranto troppe volte da relazioni sbagliate lo ha incollato con le sue mani. Gli studi, lunghi, faticosi e importanti, li ha pagati di tasca sua e solo grazie alla determinazione che la caratterizza, grazie al carattere da alcuni definito pessimo e da altri eccessivo, è riuscita a raggiungere il posto che ha sempre voluto al Bart’s.
Sì, Moran infondo ha ragione. Perché ostinarsi a proteggere qualcuno che non le darà mai ciò che lei vorrebbe. Neppure un bacio, giusto per togliersi lo sfizio, dal momento che Sherlock è ‘troppo gay per sessualizzare una donna’. 
Eppure, eccola lì a subire le mani di questi uomini, i loro occhi violenti, le dita intrusive, le lingue taglienti. Tutto all’ombra di una donna spietata che osserva la scena da una seggiola sgangherata. Una donna che vuole vendicarsi di un’altra della quale a lei non importa nulla. Che, anzi, l’ha assillata per mesi facendola sentire l’ultima ruota del carro, lei che, invece, da sola si è costruita il suo impero fatto di cadaveri da squartare e documentazioni da consegnare. 
 Se Moran, poi, si portasse via John, quale sarebbe per lei la tragedia? Sherlock imparerebbe cosa vuol dire soffrire e poco gliene importa che infondo non lo sappia già. Lei ora sta soffrendo. Lei ora sta subendo il peggiore degli affronti a causa sua e lui cosa le potrebbe dire, se mai sopravvivesse per poterglielo raccontare?
 << Grazie, Molly, per tutto ciò che hai fatto per me >> questo direbbe. E John gli farebbe eco. Forse si armerebbero persino per vendicarla, ma sarebbe solo una motivazione secondaria la loro. 
“Maledetti egoisti” pensa tra le lacrime. “E io stupida idiota che nonostante tutto continuo a subire a causa vostra!”.
<< Basta, Rosie, ti prego! Hai vinto! >> grida disperata. 
I suoi aguzzini si bloccano. La lasciano scivolare sul pavimento freddo, nuda e tremante. 
<< Ti dirò tutto ciò che vuoi, ma alle mie condizioni! >> dice guardandola dritta in quegli occhi freddi e vuoti.
<< Non credo tu possa dettare condizioni, ragazzina >>.
<< Sì che posso, invece! >> grida colpendo il pavimento con la mano. << Mi è dovuto, cazzo! Me lo devono loro e me lo dovete anche tu e tuo fratello! Vi ho dato tanto. Troppo! È arrivato il momento che anche voi diate qualcosa a me >>.
Moran si inginocchia davanti a lei e resta a lungo a osservarla, come fosse uno strano animaletto da laboratorio. Un sorriso ambiguo le nasce poi sulle labbra. Soddisfatto e commosso, potrebbe dirsi. 
<< Cosa vuoi in cambio, Molly Hooper? >>.
<< Voglio che mi lasciate in pace! >> ringhia afferrandole il bavero della maglietta. Moran blocca i suoi dall’intervenire e la invita ad andare avanti. << Voglio uscire viva da questa situazione e tornare a fare la mia vita. Voglio che sia tu che tuo fratello vi dimentichiate di me e voglio Gregory Lestrade. Vivo e in salute >>.
Moran ride allegra. Annuisce e posa la mano sana sulla sua ancora stretta alla maglietta.
<< Va bene, bambina mia >> le dice picchiettandole il dorso della mano. << Avrai il tuo uomo, la tua pace e la mia parola che né io, né mio fratello verremo più a disturbarti. Ora, da brava, dimmi dove sono andati i nostri passeri in fuga >>.
<< Ho la tua parola? >> ribadisce stringendo ancora di più il bavero della sua maglietta.
<< La mia parola >> risponde seria Moran .
<< Sherlock le chiama ‘le case vuote’. Si trovano a Lainster Gardens. Non ci sono maniglie, né cassette per le lettere. Solo finestre dipinte. Hanno demolito le case anni fa’ per fare spazio alla metropolitana e ne è rimasta solo la facciata, come quella di una quinta teatrale, che ricostruisce due numeri civici >>.
<< E’ suo questo posto? >>.
<< Ha detto di averlo vinto a carte contro la cannibale Clarence House. Gli è quasi costato i reni, ma alla fine gli è uscita una carta giusta. A lui escono sempre le carte giuste >> ridacchia nervosa. La risata si trasforma in pianto e i singhiozzi le tolgono il fiato scuotendola tutta. Moran la accoglie tra le braccia come aveva fatto quella prima sera e le offre la spalla sulla quale piangere.
<< Perché a me, Rosie? Perché? >> le chiede stringendola a sua volta e allo stesso tempo odiandosi per il bisogno che ha in questo momento di quella vicinanza, nonostante sappia chi sia questa donna. 
<< Non lo so, bambina mia >> ammette Rosamund tenendola a sé. << Eri lì, proprio come John. Siete stati presi dentro un piano molto più grande e ne avete pagato le conseguenze >>.
Si è solo trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, dunque. Si è innamorata dell’uomo sbagliato per l’ennesima volta. 
<< Anche quel detective non è l’uomo giusto per te >> le dice e Molly si ritrae dalle sue braccia. Guarda quegli occhi vuoti che ora sembrano sinceri e amorevoli e questi cambi repentini di umore e di comportamento la confondono.
<< Hai promesso >> le ricorda. 
<< E manterrò la mia promessa >> ribadisce la donna. << Andrew ti riaccompagnerà a casa e non oserà torcerti un capello se ci tiene alla vita >> dice scoccando un’occhiataccia all’uomo che impallidisce. Questi si avvicina a Molly porgendole i vestiti che le hanno poco prima strappato di dosso. La camicetta è irrecuperabile.
<< Tieni, metti questa >> le dice Moran e uno dei suoi uomini le porge la sua giacca. << Inizia a fare freddo la fuori. Non voglio tu possa ammalarti >>.
Molly è sempre più confusa. Indossa in fretta la giacca dalla quale si propaga il profumo troppo dolce di questa donna abominevole e segue Andrew verso l’uscita. Si volta prima di chiudersi la porta alle spalle e la vede ancora lì, ferma a guardarla. Le braccia ferite lungo i fianchi e quell’espressione indecifrabile e terribile. 
<< Devi piacerle molto. Non è tipo da lasciare andare i prigionieri sulle loro gambe, non so se mi spiego >> le dice l’uomo aprendole la portiera dell’auto. 
<< Oppure le faccio semplicemente pena >> sussurra lei stringendosi nella giacca. 
<< Molly, questa è gente che non prova nulla >> ridacchia Andrew. << Sono una manica di pazzi e io mi chiedo come ci sia finita tu in mezzo a questa storia >>.
<< Forse perché sono pazza anche io, Andy >> sospira osservando la strada scorrerle accanto. << Da quando ho detto che volevo diventare anatomopatologa mi hanno dato della matta. ‘Una ragazzina come te in mezzo ai cadaveri’, non sai quante volte me lo hanno detto. Li ucciderà, non è vero? >>.
<< Certo >> risponde lui sicuro.
<< Farete ad Anthea ciò che stavate per fare a me? >>. 
<< Se saremo fortunati >> ride lui strizzandole l’occhio. A Molly gela il sangue nelle vene. Il senso di colpa inizia già a farsi sentire e lei si sforza di ricacciarlo giù. Non si rende neppure conto di essere arrivata a casa. Andrew le posa una mano sul ginocchio e lei salta addossandosi alla portiera.
<< Siamo nervosette, eh? >> ride beffardo. << Niente di personale, Molly. È il mio lavoro e tu eri un compito da svolgere >>.
<< Sei matto anche tu, lo sai Andrew? >> gli dice scendendo dall’auto.
<< Perché tu sai davvero normalità e follia cosa siano e dove sia il confine tra loro? >> ride richiudendo la portiera. << Fatti un bel sonno, Molly Hooper. Ci vediamo a lavoro >> le strizza l’occhio e parte lasciandola sulla soglia di casa. 
La ragazza cerca le chiavi ed entra nel suo appartamento. È vuoto e silenzioso. Ordinato e con ogni cosa al suo posto. Tutto sembra essere tornato come prima, come se mai da lì fossero passati i ‘Los errores’, Anthea, Sherlock e John. Nella stanza degli ospiti il letto è stato rifatto. Il cestone dei panni sporchi è vuoto e lo stendino carico di bucato appena fatto. 
Non c’è traccia di quanto accaduto. Potrebbe essere stato tutto un sogno. O un incubo. Oppure un’allucinazione.
“Come quelle tipiche del delirium tremens” pensa e una risata isterica le sfugge. 
Ritrova il controllo di sé e va in cucina. Recupera la borsa lasciata sul tavolo e ne tira fuori la bottiglia. Manda giù svelta un sorso e sente i muscoli sciogliersi e il benessere avvolgerla. Fa per prenderne un altro, ma lo sguardo le cade sul pezzo di marmo. Lo prende come fosse un oggetto riportato alla realtà da un sogno. 
<< Sherlock >> sussurra e gli occhi le si riempiono di lacrime. << Oddio, Sherlock, mi dispiace così tanto >> grida e la sua voce rimbomba nella casa vuota. Avvicina il viso al pezzo di marmo, continuando a chiedere perdono per la sua vigliaccheria, per aver pensato alla sua incolumità e averli traditi. Porta la bottiglia alle labbra, ma questa volta l’effetto non si verifica. Ci vorrà più di un sorso. Più di una bottiglia. Più di una vita intera per sciogliere i nodi del suo senso di colpa.

***

Le case vuote sono lugubri, fredde e spoglie. Un magazzino polveroso, inabitabile, che trema ad ogni passaggio della metropolitana sotto i loro piedi. 
Greg è scosso da brividi troppo violenti per essere opera del freddo. Molly non ha risposto al suo messaggio. Non ha più sue notizie dall’ultimo scambio che hanno avuto riguardo le analisi da effettuare su quel blocco di marmo. 
<< Lei è al sicuro, Greg. Moriarty  non la considera interessante, ricordi? >> gli ha detto Anthea, quando ha sollevato la possibilità che l’anatomopatologa potesse essere messa in pericolo da quelle indagini. Benchè una parte di lui concordi con la segretaria di Mycroft, un’altra non può fare a meno di pensare che ragazza si sia esposta tanto, troppo, nell’ultima settimana. Due operazioni d’urgenza, la casa trasformata in parte in una base e in parte in un lazzaretto e ora quelle analisi su un oggetto inanimato. È decisamente preoccupato dalla mancata risposta al messaggio. 
“Cosa ti è successo, Molly?” pensa mentre attorno a sé il resto del gruppo cerca di rendere vivibile quel posto così triste.
<< Non possiamo più restare qui >> ha detto Anthea, che scalpitava per partire alla volta di Musgrave per salvare il suo capo. Era toccato a Greg farle notare come né John, né, soprattutto, Sherlock potessero affrontare un viaggio così lungo.
<< Avrebbero bisogno almeno di una settimana per tentare di riprendersi >> ha detto e l’occhiataccia che la donna gli ha lanciato di rimando lo ha seriamente spaventato.
<< Così anche Moran avrà tempo di riprendersi! >> ha ribattuto Anthea, e Greg ha dovuto ammettere quanto la sua sia stata un’osservazione incontestabile.
E’ stato allora che Sherlock ha proposto di trasferirsi tutti alle case vuote, un altro dei suoi innumerevoli nascondigli sparsi per Londra.
<< Non possiamo andare a Musgrave ora, ma non possiamo neppure restare qui >> ha detto il consulente. 
A Greg poco piace la consapevolezza che gli sta giungendo al cuore, ora che si trova in questo strano posto. Lui è sempre stato più orientato verso gli altri che verso se stesso. Il suo proprio benessere finisce regolarmente dietro a quello di chiunque gli stia a cuore. Ora si guarda attorno e nota come i suoi compagni di avventura abbiano ognuno le proprie priorità. Sherlock è interessato all’incolumità di John e viceversa; Anthea vuole salvare il suo capo e chi se ne frega di tutto il resto; i ‘Los Errores’ non ci prova neppure a capirli. La cosa che è chiara e lampante è che il benessere di tutti i componenti del gruppo non è preso in considerazione.
“Sono io l’unico idiota che cerca di tenere d’occhio le condizioni di ognuno di loro” pensa stropicciando il viso stanco. “Forse è ora che la smetta e mi occupi anche io esclusivamente dei fatti miei”. 
<< Ragazzi io… io andrei da Molly, ormai dovrebbe essere rientrata a casa >> dice e nessuno si oppone alla sua decisione.
<< Ha fatto un ottimo lavoro. Diglielo per favore >> gli dice Sherlock. Quel trasloco veloce e carico di tensione lo ha parecchio provato. Benchè la ferita che ha sul petto non si sia aperta come durante la loro piccola avventura, lo sta mettendo a dura prova. << Resta con lei >> aggiunge abbozzando un sorriso. << Ne ha passate troppe a causa nostra in questi giorni. L’ho vista stremata. Ha bisogno di te più di quanto ne possiamo avere noi >>.
Il senso di colpa per il pensiero poco prima avuto nei confronti suoi e di tutti gli altri assale Greg che riesce a malapena ad abbozzare un sorriso e annuire in risposta. 
Esce da quelle case finte con circospezione. Si rende conto di essere teso e nervoso. Troppo teso e troppo nervoso. Accelera il passo verso l’auto con il desiderio sempre più pressante di raggiungere quella che ormai considera a tutti gli effetti essere la sua donna. 

Apre il portone con il paio di chiavi che Molly gli ha dato all’inizio di questa avventura. 
<< Avevo pensato di dartele comunque. Sei di casa ormai. La situazione ha solo velocizzato i tempi >> gli ha detto la ragazza consegnandogliele. 
E’ stato emozionante tenere per la prima volta in mano quella chiave. Un momento significativo e importante per loro che è passato in secondo piano forzatamente, a causa di quanto stava accadendo attorno a loro. Come questo stesso momento: la prima volta che usa queste chiavi sapendo che in casa c’è solo lei e non tutta la banda di folli che si è lasciato alle spalle. Un momento che anziché gioia gli muove dentro una preoccupazione che lui stesso ritiene esagerata. 
<< Molly, sei in casa? >> dice aprendo la porta. La luce è accesa e la casa in ordine così come Anthea e Grey si sono premurati di lasciarla prima di levare le tende. L’odore dei detersivi che hanno usato è ancora forte.
Toby gli corre incontro miagolando. 
<< Oh, sei qui >> gli dice. << La tua umana non c’è? >> gli chiede e per tutta risposta il gatto si muove verso la cucina. Torna indietro e miagola nuovamente, ma in una tonalità più alta.
“Oddio” pensa Greg e si decide a seguirlo. Toby trotterella verso il tavolo e con un salto aggraziato si porta sul piano. Si volta verso di lui e miagola nuovamente prima di strofinare il muso sul capo di Molly. 
Greg resta immobile ad osservare la ragazza seduta sulla sedia del tavolo della cucina, quello che è stato usato impropriamente come work station e piano operatorio. La testa appoggiata sulle braccia, apparentemente addormentata.
“Ma certo che sta dormendo, che ti viene in mente” pensa sentendo il cuore battere troppo forte. Si avvicina a lei guardandosi attorno con circospezione. La sua ex moglie non mancherebbe di dirgli che si comporta sempre come fosse sulla scena di un crimine, anche dinanzi a una normalissima scena di vita quotidiana. C’è, però, qualcosa che non gli torna nel vedere Molly così addormentata. 
Toby miagola nuovamente verso di lui per poi tornare a strusciare il muso sulla testa della sua padrona.
<< Molly? >> la chiama, posando una mano tra i suoi capelli. Sentire la sua pelle calda sotto le dita lo rincuora. << Ehi, tesoro, il tavolo non è il posto migliore su cui dormire >> le dice accarezzandola. La ragazza però non si muove. Le si avvicina e percepisce il respiro pesante e il forte odore di alcool. Prende la bottiglia di vetro scuro e vuota e la porta alle narici. Toby gli si avvicina e miagola in modo insistente. La sua zampetta pelosa gli sfiora la mano e lui gli accarezza distrattamente la testa. 
<< La tua mamma si è presa una bella sbronza >> sussurra rattristato dalla verità che ha sempre messo da parte e che ora gli si manifesta palese sotto il naso. Il vago odore di alcool lo ha sempre percepito attorno alla sua donna. Si è detto più volte che anche lui si concede spesso una birra di troppo e che non c’è nulla di male. A quanto pare, invece, di male ce n’è e come. 
<< Forza, mettiamola a letto. Non voglio che oltre al mal di testa e alla nausea si svegli con un bel torcicollo >>. 
Delicatamente Greg le solleva la testa per prenderla tra le braccia, ma si ferma allarmato. La macchia che le vede sulla guancia destra, quella sulla quale era appoggiata, è troppo grande e troppo scura per essere causata dal contatto con le braccia. La sfiora con le dita e Molly emette appena uno sbuffo e una smorfia le compare sul viso. 
“Le fa male” constata Greg. Quel particolare inatteso lo porta a osservare meglio la sua donna. Ha dei segni sul collo, come l’avessero afferrata con forza e tenuta stretta. Indossa poi una giacca nera che oltre a non essere per nulla nel suo stile è troppo grande per lei. Emana un profumo, poi, che non è quello alla vaniglia che è solita usare. Se questo non bastasse sotto la giacca non indossa nulla. 
Titubante sbottona quell’unico bottone allacciato e scorge sul seno graffi, segni di morsi e altri lividi.
<< Molly, svegliati! Cosa è successo? Cosa ti hanno fatto >> le chiede allarmato scuotendola. La ragazza apre appena gli occhi e biascica il suo nome. L’odore di alcool che le sale dalla gola è davvero forte. La prende tra le braccia e cerca di svegliarla.
<< Hai preso qualcosa insieme all’alcool? >> le chiede temendo il peggio. Non vi sono boccette di alcun tipo sul tavolo, né blister che possano far pensare abbia assunto qualche farmaco. Nel dubbio, però, decide di portarla di peso nel bagno e farla vomitare. 
Non è un’operazione facile, né tantomeno piacevole, ma serve a svegliare Molly. La ragazza non riesce neppure a guardarlo negli occhi e Greg sente di affogare nel suo silenzio.
<< Ho visto i segni che hai addosso >> le dice vedendola tremare. << Chi ti ha fatto questo? >> le chiede carezzandole i capelli. La ragazza alza gli occhi a incontrare i suoi. Sono lucidi di lacrime, che cadono copiose sulle sue guance arrossate. 
<< No, Greg >> scuote il capo singhiozzando. << Sono io che ho fatto qualcosa di orribile >> dice e il pianto esplode. La accoglie tra le braccia lasciando che si sfoghi e si ritrova a maledire Sherlock per averla coinvolta in questa storia senza minimamente tenere conto della sua incolumità. 
<< Moriarty >> sussurra tra i denti ora che il pianto di Molly si è ridotto a qualche sporadico singhiozzo.
<< No >> sussurra lei. Si allontana da lui e sfila la giacca che ancora le copre le spalle. La stringe al petto, per la prima volta imbarazzata dal mostrarsi nuda, prima di porgergliela. Greg la prende senza capire il perché di quel gesto. Il profumo dolciastro lo nausea, ma lo aiuta anche a capire. Guarda meglio la giacca e si rende conto che è da donna.
<< Moran >> dice divenendo esangue. Molly si limita ad annuire stringendosi in un auto abbraccio.
<< Voleva sapere dove foste >> sussurra. << Io non volevo dirlo, ma… >> ricomincia il pianto. Silenzioso. Sommesso.
<< Ti ha… fatto lei tutto questo? >> le chiede e la ragazza scuote il capo, chino al punto da toccare il petto con il mento. 
<< Si sono fermati quando le ho detto che avrei parlato >> dice tra le lacrime. << Stanno andando alle case vuote, Greg >> grida puntandogli addosso occhi colmi di disperazione. << Vuole uccidere Anthea e vuole… vuole prendersi John >>. 
Greg cerca di calmarla, tentativo difficile dal momento che avrebbe bisogno lui per primo di calmarsi. Neppure la sua ex moglie e tutte le spiacevoli situazioni che questa ha creato per metterlo in difficoltà lo hanno reso così furioso. 
<< Ti sei difesa, Molly. Chiunque lo avrebbe fatto al posto tuo >> le dice e si rende conto di come il pianto si interrompa subito alle sue parole. Aveva bisogno di sentirsi dire proprio questo, la sua donna. << Hai dato tanto per loro. Hai fatto più di quanto ti fosse chiesto e molto più di quanto fosse in tuo dovere. Non potevi dare loro anche questo >>.
<< Lo so, Greg >> balbetta tirando su col naso. << Perché, allora, non riesco a fare a meno di sentirmi male? >> gli chiede versando nuove lacrime. 
<< Perché non sei come Moran o Moriarty >> dice cullandola tra le braccia. << Loro spingono le persone a tradire chi amano mettendo la propria incolumità davanti a tutto e godono nel sapere che queste vivranno per sempre nella colpa. Tu, però, non hai nessuna colpa, Molly, è chiaro? >> le dice afferrandola per le spalle. << Non siamo eroi, né tantomeno martiri ma comuni mortali che fanno di tutto per mantenersi vivi >> la ragazza lo guarda con occhi colmi di tristezza. 
<< Cosa possiamo fare, Greg? >> gli chiede affidandosi del tutto a lui.
<< Avvisarli >> risponde prendendo il cellulare. Manda un messaggio in codice sia ad Anthea che a Sherlock, consapevole che il consulente ci metterà un attimo a risolvere l’enigma. << Sapranno difendersi, Molly. Ne sono sicuro >>.
Molly gli getta le braccia al collo e posa la fronte contro la sua.
<< Resta con me, ti prego. Non lasciarmi >> gli chiede. 
<< Non potrei mai. Non adesso >> risponde posando le labbra sulle sue umide di lacrime. 

(1) Rape Me - Nirvana

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Buongiorno a tutti!
In questo capitolo ho voluto sperimentare un layout del testo un po’ diverso dal solito, giusto per rendere meglio il passaggio da un punto di vista all’altro. La trama si complica e quindi ci sta che anche la struttura si adegui.
Lunedì prossimo sarò via (sì, anche per me sono giunte le tanto attese vacanze!) e non so se riuscirò a postare il prossimo capitolo. Cercherò di fare il possibile e nel caso non riuscissi vi chiedo di pazientare fino al lunedì successivo. Per il momento vi lascio a questo che spero sia di vostro gradimento.
Buona lettura
Patty
 
Capitolo 23
 
I would say i’m sorry
If i thought that it would change your mind
But i know that this time
I have said too much
Been too unkind
 
I try to laugh about it
Cover it all up with lies
I try to laugh about it
Hiding the tears in my eyes
Because boys don’t cry
Boys don’t cry[1]
 
Anthea è di guardia quando il telefono vibra nella sua tasca. Le basta vedere il nome di Greg sul nuovo messaggio arrivato per capire che qualcosa non va.
 
Julian Shepherd mi ha detto che l’angelo rischia di rompersi
e che il battista potrebbe essere reclamato dal ‘proprietario’.
 
Un messaggio in codice. Banale, il che vuol dire che è stato pensato in fretta. Su chi siano l’angelo e il battista non ha dubbi. Di Julian Sheperd, invece, non sa nulla e teme che possa indicare solo brutte notizie.
Anthea scende dal soppalco sul quale sta di vedetta e corre da Sherlock. Ha il cellulare in mano, segno che Gregory ha avvisato anche lui con quello strano messaggio. L’abbandono repentino del posto di osservazione attira l’attenzione del resto del gruppo.
<< Che sta succedendo? >> chiede Grey allarmato.
<< Gregory ci ha mandato un messaggio in codice >> lo informa Anthea mostrandogli il telefono.
<< Chi è Julian Shepherd? >> chiede John al quale Sherlock ha passato il cellulare. Il consulente porta le mani al volto e quando le scosta è più pallido che mai.
<< Sanno dove ci troviamo >> sussurra scatenando il panico.
<< E’ impossibile! >> dice a gran voce Sky. << Questa volta ho fatto il mio lavoro più che bene, lei può confermarlo >>.
Ad Anthea non piace per nulla il dito che l’hacker le punta contro, ma non può che avallare la sua versione: questa volta non c’entra. C’è solo una persona collegata a Greg e che potrebbe aver detto al nemico dove si sono rifugiati.
<< Molly >> sussurra Anthea e Sherlock annuisce.
<< Julian Shepherd è uno dei primi casi da me risolti per Lestrade. Era la sorella di un ricettatore, rapita e torturata da una banda di malviventi affinchè rivelasse dove si trovavano il fratello e i suoi colleghi criminali >>.
<< Oddio >> balbetta John. << Questo vuol dire che è successa la stessa cosa a Molly >> dice portando la mano agli occhi. << Eravamo sicuri che Moriarty non avesse alcun interesse nei suoi confronti e invece… >>.
<< Non si tratta di Moriarty >> dice Sherlock. << Il capo della banda che rapì e fece torturare Julian Shepherd era una donna, Lara Delamar. E poi Lestrade parla di un angelo e di un battista e quelli siete tu, John, e Anthea >>.
<< Moran >> dice tra i denti l’ex soldato. Sherlock annuisce e appare ora più affaticato e stanco di quanto già non fosse.
<< Stanno venendo per voi >> dice rivolgendole uno sguardo accorato e preoccupato.
La prima volta che ha incontrato il fratello ribelle e testardo del suo capo, Anthea è rimasta colpita dal suo sguardo. Quegli occhi di un colore difficile da definire, capaci di dedurre anche i segreti più nascosti. Questi stessi occhi che ora la guardano preoccupati. Si aspettava che Moran avrebbe capito chi fosse l’angelo custode di John e che l’avrebbe cercata per vendicarsi dei danni che le ha causato col suo intervento.
<< Dovete andarvene, il più in fretta possibile >> dice loro imbracciando il fucile.
<< E tu cosa conti di fare? >>.
<< Quello per cui sono stata addestrata, John >>.
<< E’ una pazzia che non posso permetterti, Anthea >> le dice Grey afferrandola per il braccio.
<< Io non faccio parte del tuo team, Juan >> ringhia lei liberandosi della sua stretta. << Ho ordine di proteggere Mycroft Holmes. Dal momento che questi non è qui, proteggo suo fratello, che è ciò che il mio capo stesso fa da che è nato e che quindi spetta anche a me >> dice scoccando un’occhiata a Sherlock. << Tu, Juan, pensa ai tuoi e alla nostra coppietta e avrai assolto il debito con la tua coscienza >>.
<< Ti rendi conto che sarai da sola contro un imprecisato numero di uomini meglio armati di te e agli ordini di una pazza assassina? >> ribatte il giornalista. Anthea non riesce a capire perché questo strano individuo si preoccupi così tanto per la sua incolumità.
<< Nulla di nuovo e che non mi sia già trovata ad affrontare >> ribatte lei facendo spallucce mentre controlla l’arma.
 
 
La prima volta che Sky ha avuto il dispiacere, come direbbe oggi, di incontrare quello che per loro è sempre stato ‘Billy il pirata’, è rimasto affascinato dai suoi occhi. Restava a lungo imbambolato a fissarli, a catturare tutte le sfumature di colore delle sue iridi sorprendendosi di come queste fossero sempre diverse. Si era infatuato di quegli occhi, che ancora oggi lo affascinano, benchè scioglierebbe volentieri nell’acido tutto il resto. Questi occhi che ora lo guardano decisi, ricordandogli degli ordini ai quali è obbligato a sottostare.
<< Per riconoscenza >> ha sottolineato più volte il consulente.
Mistica siede alla base di uno dei grossi pilastri che tengono su questo luogo ameno nel quale si sono rifugiati. La mano destra poggiata alla coscia, ascolta sconvolta la notizia della fuga di notizie.
All’inizio Sky pensava di sentirsi solo attratto da lei, dalle sue lunghe gambe, dai mille travestimenti dietro i quali lui però riconosce sempre i suoi occhi, i suoi lineamenti, la curva allegra del suo sorriso. L’amore non porta nulla di buono a chi, come lui, porta la croce di non essere nè carne né pesce. Eppure è successo. Si è innamorato e riconoscerlo è stato doloroso, perché da allora  ogni inchiesta che hanno condotto l’ha vissuta col timore di perderla.
Sì, quel bastardo di Sherlock ha ragione: ha un debito di riconoscenza nei confronti di John. Ha salvato la donna che ama da troppi anni, in parte in silenzio, in parte alla luce del sole. Senza mai rivelarle, infondo, quanto vero e sincero sia ciò che prova.
<< Come puoi vedere, ne io né John possiamo muoverci al momento, figuriamoci dare la caccia a quei due pazzi >> gli aveva detto Sherlock facendolo portare in camera sua da Anthea dopo aver ispezionato i suoi dispositivi elettronici. << Ciò vuol dire che sarete voi a occuparvi di mio fratello >>.
Di Mycroft Holmes a Sky importa meno che di tutta quanta questa storia nella quale avrebbe fatto volentieri a meno di cacciarsi. Anzi, le tante acrobazie che ha dovuto fare per non farsi scoprire dal Governo Inglese gli hanno reso la vita abbastanza difficile. L’idea di doversi spendere per salvarlo ben poco gli piace. Farlo insieme a quella femminista incallita della sua assistente, poi, gli piace ancor meno.
Grey, come sempre troppo preso dal suo ruolo di responsabile delle operazioni, sta tentando di farla ragionare, ma la bruna gli tiene testa senza troppi problemi. Davvero notevole, non c’è che dire, tenuto conto che si tratta di una piccola snob addestrata dai servizi segreti.
“Vedremo se saprà stare dietro a chi è stato addestrato dalla strada”.
Lo sguardo deciso di Sherlock non lo molla un solo istante e con ben poca voglia annuisce al suo silenzioso richiamo all’ordine, sull’onda della battuta a effetto della ragazza.
<< Resterò io con lei >> dice. Imbraccia il fucile di precisione che Greg ha preso per John, giusto per sottolineare al gruppo che lo osserva stupito che non ha intenzione di cambiare idea. << In questa stanza ci sono tre persone capaci di usare un’arma simile e fare centro al primo colpo anche da una distanza ragguardevole. Una è la nostra amazzone, l’altro è il nostro doc al momento non del tutto disponibile e il terzo sono io >>.
<< A quanto pare sei pieno di sorprese >> ribatte Anthea scrutandolo incerta.
<< In questo momento penso sia meglio definirle risorse, sorella >> le dice strizzando l’occhio.
<< Ma vi rendete conto di cosa state dicendo? Questo non è un gioco. Vi ammazzeranno! >>.
I grandi occhi scuri di Mistica sono lucidi di lacrime prossime a rotolare sulle sue belle guance. Quelle guance che Sky non riusciva a smettere di baciare, nelle occasioni di intimità sporadica che gli ha concesso. I suoi schiaffi non sono stati dolorosi quanto lo sguardo di crudo disprezzo e disgusto che gli ha rivolto e vederla ora preoccupata per lui intimamente lo rincuora. Non è il momento, però, per mostrare il lato emotivo.
<< No, se li ammazziamo prima noi >> dice, quindi, mostrandole il pollice rivolto verso l’alto. La ragazza scuote il capo, incapace di ribattere. Porta la mano alla bocca e silenziosamente piange trovando riparo tra le braccia di Fox.
Quell’abbraccio è una fitta allo stomaco per Sky. E’ sempre da lui che corre per trovare conforto. Tra le braccia di questa pallida, grande volpe rossa alla quale lui stesso vuole bene. Non riesce, però, a perdonarlo per averli cacciati in questo guaio. Per essere il prediletto del loro capo e umile al punto da non approfittare delle occasioni.
<< Non hai bisogno di una missione suicida per dimostrarci la tua ritrovata buona fede, Àngel? >> gli dice Fox, cercando, però, Sherlock con lo sguardo. Il suo collega ha capito fin troppo bene chi ci sia dietro questa scelta. Lui che li ha traditi proprio per levarsi di torno questo impiccio, ora, invece, si propone di partire all’attacco per una missione suicida. Assurdo. Troppo per essere farina del suo sacco.
<< Non lo sto facendo per questo, Valerio >> ribatte serio portando avanti la sua recita. << Ho un conto in sospeso con quella donna e questa è un’ottima occasione per riscattarlo. Non intendo cambiare idea e neppure la nostra Anthea lo farà, quindi, non perdete altro tempo e levate le tende, forza! >>.
<< E voi non avete nulla da obiettare? >> chiede Grey a Sherlock e soprattutto a John. Ha anche lui capito, ovviamente, come stanno le cose e Sky lo vede pronto a scostare il ciuffo dal viso e affrontare il consulente e il suo compagno. Finalmente sembra essere giunta la buona occasione di sentirgli dichiarare la loro uscita dall’operazione.
<< E’ una mia scelta, Juan >> dice Sky uccidendo sul nascere la scena che attende da che hanno messo piede in Inghilterra.
Grey si volta verso di lui e il suo sguardo severo lo trapassa da parte a parte. Gli deve molto, anzi, deve tutto a quest’ uomo che senza fargli troppe domande lo ha accolto nella sua terra, in casa sua, nella sua famiglia allargata, salvandogli la vita, credendo in lui e dandogli una possibilità.
<< Ce l’ho fatta io nonostante le mie scelte reputate assurde e contro natura, non vedo perché non ce la possa fare tu che non hai avuto scelta nell’essere ciò che sei >> gli aveva detto, sicuro dinanzi ai suoi dubbi sul riuscire ad adattarsi alla società e portare avanti una vita normale.
Juan annuisce e un sospiro gli sfugge dalle labbra tese.
“Mi sta lasciando andare” pensa Sky e un grido disperato si leva dentro di lui. Non vuole andarsene via, non si sente pronto, ma Sherlock imperterrito lo invita a proseguire.
<< Confido nel fatto che Anthea voglia obbedire agli ordini che le sono stati dati e salvare personalmente il suo capo >> aggiunge, quindi, rincalzandosi addosso la maschera di spavalderia e arroganza che è solito indossare.
 
Anthea lascia viaggiare lo sguardo più volte dall’hacker a Sherlock. Si sono detti qualcosa, questi due, non c’è altra spiegazione alla strana decisione da parte di una persona che ha fatto di tutto per salvare la pelle sua e dei suoi colleghi.
Annuisce alla considerazione di Sky e non le sfugge il sorriso soddisfatto sulle labbra del consulente. È davvero geniale, il giovane Holmes. Non solo nel dedurre ma nel manipolare, tramare, tessere le fila di un piano ben architettato. Un piano che, ovviamente, espone solo alle pedine giuste. Sarebbe un vero guaio se una tale mente finisse col decidere di passare al nemico.
Eppure, Anthea deve ammettere che non le è mai piaciuto questo sciocco ragazzino bloccato nel corpo di un adulto. Lo ha sempre visto come una fonte inesauribile di problemi e guai per il suo Holmes. Ci sono state delle volte in cui ha addirittura pensato che se fosse morto si sarebbero liberati di un bel problema.
In quel mese di inutili battaglie in giro per l’Europa lo ha rivalutato, ma soprattutto ha capito quanto davvero ci tenga Mycroft al suo imprevedibile fratello.
“E se lui lo ama non posso che amarlo anche io” si è detta.
<< Andate, non perdete altro tempo >> intima loro tornando al suo posto di guardia sul soppalco. Certo un gruppo formato da due invalidi, uno messo poco meglio e solo due in grado di camminare sulle loro gambe non potrà andare molto lontano. Per questo deve assolutamente uscirne viva.
 
Sky abbraccia con lo sguardo quella che da più di dieci anni considera essere la sua famiglia. Le lacrime di Mistica lo accompagnano in questa missione dalla quale non sa se tornerà. Potrebbe essere a tutti gli effetti questa l’ultima volta in cui li vede. L’ultimo saluto. Dovrebbe, forse fare un discorso, dire qualcosa di serio. Invece mostra loro il pollice verso, strizza l’occhio e segue Anthea senza più voltarsi indietro. Li sente radunare le poche cose che si sono portati e prepararsi a lasciare questo posto e riesce a stento a trattenere le lacrime.
<< Non te lo sto ordinando solo perché sei in debito e hai combinato un casino colossale. Ho pensato a te per questa missione perché tu sei l’unico in grado di salvarli >> gli ha detto Sherlock. L’ennesima ottima deduzione. Nelle loro inchieste, Grey e Fox hanno sempre avuto il compito di scoprire la verità e Mistica quello di aiutarli a compiere la missione permettendo loro di assumere identità diverse. La parte più importante di tutte le loro operazioni, quella che ha loro permesso di riuscire nell’impresa e uscirne vivi, invece, è sempre stata di sua responsabilità. Hackerare ogni tipo di dispositivo, lasciare false piste, confondere le acque e anche, troppe volte, creare diversivi per permettere loro di uscire vivi e illesi. A volte anche solo vivi.
Questa volta ha voluto giocare d’anticipo nel tentare di salvarli, rendendosi conto troppo tardi di averli condannati a morte.
<< Spetta a te rimediare e io ti dirò come fare >>.
Sherlock ha concluso il loro incontro consegnandogli un foglio nel quale, con la sua calligrafia obliqua e fitta, gli ha delineato tutto il piano pazzesco che ha ideato. L’immobilità a quanto pare non gli impedisce di continuare comunque a lavorare e usare quella sua mente brillante e folle.
<< Ragazzino, spero tu sappia davvero fare ciò che hai detto prima >>.
<< Quello e molto altro, sorella >> ribatte alla bruna che è già entrata nella parte e fissa la strada dalla feritoia sulla parete.
<< Non sono tua sorella >>.
<< E io non sono un ragazzino. Ho 36 anni >>.
Anthea si volta a squadrarlo dalla testa ai piedi. Non finiranno mai questi sguardi stupiti, lo straniamento delle persone, confuse dai suoi lineamenti e dalla sua fisicità difficile da ricollegare a un genere certo. Si aspetta di sentirla esclamare le solite frasi che fin troppe volte accompagnano lo svelare i suoi anni.
<< Anche io >> dice, invece, la donna, abbozzando un sorriso. Anche le labbra di Sky si incurvano di riflesso e di sfuggita pensa che, dopotutto, morire al fianco di una così bella donna non sia poi così male.
<< Bene, allora se ne usciremo vivi ritieniti invitata a cena >>.
 
Non ha paura l’hacker al quale Sherlock ha affidato il suo piano. Anthea vede solo una grande tristezza nei suoi occhi scuri. La tristezza di chi si è già rassegnato alla fine. Non è proprio il migliore degli umori col quale iniziare una missione. Forse dovrebbe spronarlo a pensare positivo. Intimargli di mettersi in testa che usciranno vivi da questa situazione.
<< Scordatelo >> gli risponde, invece, con un mezzo sorriso. Il ragazzo scuote il capo, divertito. Si è costruito una bella maschera che tiene su con nonchalance. Lei, invece, sta facendo fatica a mantenere la sua. Se avesse mirato alla testa di quella donna ora non sarebbe lì, a prepararsi a vendere cara la pelle al fianco di questo strano ragazzo. L’automatismo dell’addestramento ricevuto, però, le ha messo i bastoni tra le ruote. Mai alla testa, in modo che possano essere riconoscibili per l’identificazione. Scuote il capo dandosi dell’idiota per quello che è stato un errore madornale.
<< Non a tutto c’è rimedio >> è solito dire Mycroft con quello che Anthea ritiene essere il suo pessimismo cosmico. La sua missione potrebbe fallire e lui restare nelle mani del nemico. Sherlock non l’ha messa al corrente del suo piano e, benchè possa aver avuto i suoi buoni motivi, la cosa la infastidisce.
Anthea prende il fedele blackberry e scrive quello che potrebbe essere il suo ultimo messaggio.
 
In caso non dovessi farcela, ti prego, salvalo, Sherlock. Salva tuo fratello!
 
Lo invia e si volta verso di loro che stanno uscendo da dove poco prima erano entrati. Incontra lo sguardo di Sherlock. Non gli ha mai detto quanto pensi siano belli i suoi occhi.
Il cellulare vibra nella sua mano e lei apre il nuovo messaggio.
 
Smettila con questi inutili melodrammi!
Mycroft non sarebbe in grado di trovare la strada di casa senza di te
e io non ho nessuna voglia di fargli da balia.
Abbi cura di te, Anthea, e porta a termine la tua missione - SH
 
Sorride commossa e una lacrima silenziosamente scende a rigarle il viso.
<< Arrivano >> annuncia Sky, lo sguardo fisso alla feritoia che da sulla strada. << Posso farti una domanda, sorella? >> le chiede senza distogliere lo sguardo.
<< Se proprio devi >> dice guardando i cinque sicari che stanno scendendo dalle due auto scure parcheggiate sul lato opposto della strada. Moran non è tra questi, ovviamente. Attende comodamente in auto che i suoi scagnozzi entrino, la catturino e gliela servano su un piatto d’argento.
<< Cosa ci trovi in Mycroft Holmes >> dice pronunciando il nome del suo capo con marcato disgusto.
<< Non sono cose che ti riguardano >>.
<< Suvvia, potrebbe essere l’ultima conversazione frivola che ti fai prima di morire >>.
<< Penso sia il caso di portare la nostra attenzione altrove, ragazzino >>.
<< E io penso che deve essere uno schianto a letto. Non vedo altro motivo che possa portare una come te ad amare alla follia un carciofo come quello >> ridacchia e benchè ci sia altro di molto più importante, Anthea non può fare a meno di assestargli una gomitata sul costato. L’hacker soffoca un grido e massaggia la zona colpita senza però perdere quel sorriso sfrontato.
<< Si può sapere a che gioco stai giocando? >> gli chiede afferrandogli il braccio. << Siamo in procinto di un scontro e tu scherzi in modo inappropriato >>.
<< Sono uno sbagliato, mi amor >> le si avvicina, i loro nasi quasi si sfiorano. << E’ un gioco pericoloso quello al quale stiamo per giocare, ma io conosco le regole. La stessa cosa non penso possa dirla tu >>.
<< Hai ragione, non conosco le regole, e non so neppure perché Sherlock non mi abbia messa a parte del piano che tu, invece, sembri conoscere >> gli dice allontanandolo da sé.
<< Ritiene tu abbia già capito ogni cosa. A quanto pare si sbaglia >> sghignazza divertito. Ha una strana luce negli occhi questo ragazzo. Una luce che non le piace per nulla.
Se Sherlock ritiene lei abbia già capito in cosa consista il suo piano al punto da non parlargliene, allora così deve essere. Ha troppe cose per la mente, in questo momento, per potersi concentrare.
<< Ti chiedo di fare una cosa, sorellina. Una cosa che so esserti difficile >> continua Sky facendosi nuovamente troppo vicino.
<< Cosa? >> gli chiede.
<< Ti chiedo di fidarti di me e di stare al gioco >>.
Improvvisamente Anthea capisce ogni cosa. Sorride scuotendo il capo mentre maledice quel piccolo bastardo di un Holmes.
<< Secondo te, allora, cosa dovrei fare? Eh? >> le aveva chiesto Sherlock, subito dopo aver compiuto il salto dal tetto del Bart’s, quando si erano ritrovati da soli sull’auto con la quale lei e Mycroft sono soliti girare la città. Era scosso, preda del panico e provato da ciò che aveva fatto al suo uomo e lei gli aveva detto di smetterla di comportarsi a quel modo. Era stata brusca, deve ammetterlo, in un momento in cui Sherlock avrebbe avuto bisogno, invece, di sostegno e conforto. Era stato, però, più difficile del solito contenere la sua emotività sregolata. Le era venuto spontaneo dirgli quelle stesse parole: << Fidati e stai al gioco! >>.
Sherlock si era zittito. Le aveva puntato addosso i suoi occhi di una leggera tonalità verde acqua, carichi di disperazione. Ad Anthea era sembrato di annegare in quelle acque limpide e inquiete, nel silenzio nel quale si era chiuso e dal quale l’aveva osservata per tutto il resto del viaggio.
“Non è Moran l’unica che cerca vendetta” pensa, rendendosi conto di come tutto irrimediabilmente torni.
Da che ha avuto inizio l’operazione ‘Lazarus’ Anthea ha avuto il compito di tenere d’occhio quattro persone. Ha perso Molly Hooper e non vuole neppure immaginare cosa le sia capitato. Ha perso Gregory Lestrade, ora troppo impegnato a prendersi cura della sua donna e sicuramente ad odiare tutti loro per quanto le è accaduto, qualunque cosa sia stata. C’è mancato poco perdesse John Watson. Solo per una vera e propria botta di fortuna il dottore è ancora in vita e Anthea sa bene quanto non possa fare affidamento sulla buona sorte nel suo lavoro. Ora lo sta lasciandolo andare insieme all’ultimo dei suoi protetti, Sherlock Holmes, che, nonostante il pericolo, non perde l’occasione di vendicarsi per le menzogne delle quali si è resa complice.
“Né io né Mycroft meritiamo il tuo disprezzo, Sherlock” pensa rendendosi conto di quanto importante sia che porti lei a compimento la missione salvando il suo capo. Non poteva mandargli messaggio più chiaro di quello, il giovane Holmes. “Non lo salverai. Sarò io a doverlo fare” sospira.
Il gruppetto di uomini vestiti in abito scuro sta cercando con discrezione mal celata l’ingresso a quelle case vuote.
Anthea volge lo sguardo a colui che questo strano gioco ha voluto fosse il suo compagno di avventure, lo stesso al quale avrebbe volentieri spezzato gambe e braccia senza tanti complimenti solo qualche ora prima. Annuisce in risposta alla sua richiesta e, sebbene non sappia assolutamente quale piano ha ideato Sherlock, si prepara a prendere parte a questo nuovo gioco.
 
***
 
Sherlock guarda silenzioso un punto imprecisato sulla parete del camper camuffato da furgone dei ‘Los Errores’. Si sono messi in viaggio diretti a Musgrave, contro ogni previsione e ritenendo fosse l’unica cosa sensata da fare.
Grey è al posto di guida e Fox e Mistica siedono sul lato passeggeri. Sherlock sente giungere le lacrime inarrestabili della ragazza persino dal letto arrangiato sul quale è adagiato con John.
<< Sei sicuro che sia stata la cosa giusta da fare? >> gli chiede questi, che ha sollevato troppi dubbi sul suo piano. Sherlock si limita ad annuire e il lungo sospiro del dottore lo lascia senza fiato. Non era d’accordo nel tenere Anthea all’oscuro del piano. Non si è bevuto la motivazione circa la maggior efficacia della ragazza dinanzi a situazioni inaspettate. Lo conosce davvero bene, il suo uomo.
Non è, però, così cinico da mandarla a morte sicura. Sa bene quanto Anthea sia intelligente e in gamba e il sassolino che si è tolto dalla scarpa, quindi, ha un danno calcolato. O almeno lo spera. Perché adesso deve ammettere di essere preoccupato. Per Anthea, per suo fratello, persino per Sky.
“Decisamente non sto bene” pensa portando la mano alla ferita che però tace. Da altre zone arriva questo dolore. Zone dell’anima, che lo portano a pensare a questa scelta dinanzi alla quale Anthea dice Moriarty voglia porlo. Scegliere tra la vita di John e quella di suo fratello.
“Non ha senso” pensa. Non crede neppure ci sia Moriarty dietro quanto sta accadendo. Perché mai dovrebbe volersi sbarazzare di un uomo potente come Mycroft, grazie al quale governare stando comodamente nell’ombra? E poi se Moran è giunta a torturare Molly per sapere delle case vuote con l’obiettivo non solo di far fuori Anthea, ma di prendersi John, come potrebbero giungere a questo fantomatico momento di drammatica scelta?
<< Deve esserci stata una spaccatura >> sussurra a se stesso.
<< Cosa? >> gli chiede John ricordandogli della sua presenza e di quella di tutti gli altri.
<< Una spaccatura, John. Credo che Moran stia prendendo iniziative proprie, del tutto sganciate dai piani di Moriarty >>.
<< E questa è una… buona o brutta notizia per noi? >>.
<< Non lo so, John. Questo proprio non lo so >> risponde e lui odia non sapere.
 
***
 
Non è la prima volta che Sky si trova ad avere a che fare con un ‘supercattivo’. Forse è per questo che non prova alcun timore. La paura è utile, certo, e ha imparato a sfruttarla, ma in casi come questo può divenire un’arma a doppio taglio. I tredici anni di lavoro al fianco di Grey gli hanno insegnato a riconoscere le emozioni sui volti e nei corpi di coloro che incontra.
La vede la paura nella donna del Governo Inglese, la stessa che il giorno prima gli ha torto il braccio intimandogli di chiederle perdono. Sciocca bambina che crede di conoscere la vita solo perché l’ha vista dalla pregiata patina di una cartolina. È brava a gestirla e anche a nasconderla, tanto quanto è brava a fingersi svenuta. E’ stato puro godimento darle un pugno per rendere più credibile il suo averla stesa con le cattive.
La paura è ben visibile anche nei cinque uomini che compongono il seguito di Sebastiana Moran. Sono entrati in formazione d’assalto, una volta trovato l’ingresso alle case vuote. Tre davanti, due ai lati e il boss al centro. È stato per Sky un attimo di pura estasi lo stupore nei volti di quei trogloditi al vederlo fermo al centro della stanza, il corpo esanime della donna che ha ridotto male il loro capo ai suoi piedi e il fucile di precisione puntato contro di loro.
Solo sul volto dell’ex caporale non ha visto alcuna espressione. Ferma in piedi, circondata dai suoi uomini, le braccia immobili lungo i fianchi e lo sguardo a spostarsi con intervalli lenti e regolari da lui a Anthea.
<< Mira sobre todo a aquellos cuyas caras no puedes leer nada, Àngel[2] >> gli ha sempre detto Grey. Non si riferiva, però, a quel determinato tipo di persone che inespressive lo sono sempre e che possono rientrare nello spettro autistico o essere depressi, bensì a coloro che questa poker face la manifestano quando gettano la maschera. Un volto impassibile che può durare un battito di ciglia o qualcosa di più. Difficile da vedere ad occhio nudo se non si è allenati, ma lo si sente nella pancia che trema, nello stomaco che si chiude e in quel brivido che percorre il corpo gridando che qualcosa decisamente non va in quella persona.
Tra le braccia di Moran, sociopatia da manuale, questa volta ci si è pure buttato di sua volontà.
“Brutta bestia la disperazione” pensa abbassando l’arma.
<< Finalmente ho l’onore di incontrarti di persona, Sebastiana Moran >> dice nel suo miglior tono sprezzante e disinvolto.
<< Onore tutto tuo, Skyfall >> sorride la donna. Forse saranno falsi i suoi modi e le emozioni che manifesta, ma reale è la sofferenza che le segna la postura e il viso.
“Uma cobra ferida é ainda mais feroz e perigosa[3]”, soleva dirgli il suo capo quando era solo un orfano meninos de rua[4] delle favelas di Rio de Janeiro e benchè non fosse avaro di bastonate ha sempre tenuto in considerazione quel che questi gli diceva.
<< Solo Sky, grazie >> risponde inchinando appena il capo. << Ti dirò, caporale, che non ho per nulla gradito il tuo ricatto >>.
<< Il mio cuore piange per averti offeso >> dice e uno dei suoi scagnozzi abbozza una risatina che subito smorza al solo volgere la testa verso di lui, benchè non si degni di guardarlo. << Cosa sarebbe questa messa in scena? >>.
<< Non è un messa in scena, sorella >> ridacchia posando il piede sul fianco di Anthea. << Avevamo un accordo e tu lo hai fatto saltare. Io a quell’accordo, però, ci tengo e sono disposto a dimenticare quanto hai fatto e rivederne i termini >>.
<< Io non mi accordo, né rivedo termini >> dice la donna con un tono gentile del tutto inappropriato. << Prendo ciò che voglio e mi libero di coloro che non mi servono >>.
<< Oh, l’ho notato. Alla torre di Magnussen sei stata più che chiara. Si da il caso, però, che io abbia qui una delle cose che vuoi >>, ribatte Sky indicando Anthea con la canna del fucile, << e possa aiutarti ad arrivare all’altra >>.
<< Chi ti dice abbia bisogno del tuo aiuto? >>.
<< Oh, suvvia, sarai pure la supercattiva della situazione, ma se riconosci di stare parlando con il più abile hacker che tu abbia incontrato finora non perdi nulla del tuo charme, sai? >> le dice facendola ridere di gusto.
<< Ammetto che sei stato eccezionale nell’impedirci di trovarvi nell’ultima settimana >>.
<< Dovevo farlo per mantenere la loro fiducia >>.
<< E ci sei riuscito? >> le chiede scettica.
<< Tu cosa ne pensi? >> ribatte dando un calcetto ad Anthea.
Moran lo guarda a lungo. Il sorriso bonario le incurva le labbra dando l’idea di una madre che con orgoglio osserva il figlio.
<< Hai ottenuto la mia attenzione… sorella >> gli dice, prediligendo di lui il lato femminile. << Quali sono queste condizioni >>.
<< Ho deciso di portarti ciò che vuoi >> dice indicando Anthea. << Perchè so che sia tu che tuo fratello volete annientare anche il mio team. Ciò che ti chiedo oggi ha subìto qualche variazione rispetto a ciò che ti chiesi tempo fa’, ma il nocciolo è lo stesso: sono disposto ad aiutarti a catturare John Watson in cambio della salvezza del mio gruppo. Lo voglio salvo dalle tue mire e da quelle di tuo fratello >>.
<< Io, però, vedo qui solo questa cagna. Dov’è John? >> gli chiede e il sorriso falso scompare per lasciare il posto al più autentico disprezzo per la donna.
<< Questa informazione la otterrai solo se mi darai la tua parola. E questa volta niente scherzi, Moran >>.
<< Altrimenti? >>.
<< Altrimenti li farò fuori entrambi con le mie mani >>.
La donna ride di gusto di quella che alle sue orecchie è suonata come una battuta davvero divertente. I suoi uomini, invece, osservano Sky con qualcosa di simile al rispetto. Evidentemente staranno pensando che ci vuole fegato per rivolgersi a quel modo a una donna simile. Oppure molto più semplicemente lo ritengono un folle, ma comunque degno di nota.
<< Dopo anni trascorsi a giocare al giornalista investigativo ecco che torna a galla il sicario che è in te >> dice il caporale in tono suadente.
<< Non avevo dubbi avessi letto il mio curriculum >> ridacchia lui divertito. << Le vecchie abitudini sono dure a morire, te lo concedo. Sai che lo farei e non proverei alcuna colpa, né rimorso >>.
<< Ne andrebbe della tua vita >>.
<< La mia vita sono i miei amici >>.
<< Oh, sciocco sentimentalismo! Questo ha fatto Juan Hernandez? Ha trasformato un bravo assassino in un esserino tutto coccole e sentimenti? >>.
<< E’ tutta farina del mio sacco, sorella >> mente spudoratamente, ma non è certo questo il momento giusto per raccontare di sé. << Ho voluto provare ad essere normale. Quando nasci palesemente diverso da tutti gli altri la normalità diventa un desiderio. Loro sono la mia normalità e la difendo. Penso tu sappia cosa voglio dire >>.
<< No, invece, non so proprio cosa tu voglia dire >>.
In effetti anche Sky ha reagito proprio come Moran quando Sherlock gli ha esposto questa teoria, dicendogli anche che sarebbe stato uno dei punti focali grazie ai quali avrebbe ottenuto la collaborazione di questa pazza. Non fosse stato in debito con John si sarebbe rifiutato di prendere parte a questa messa in scena e avrebbe continuato a tentare di far ragionare i suoi e riportarli a casa. Confida che il brillante genio abbia acceso i neuroni giusti e creato le sinapsi migliori per permettergli di portare a termine questa folle missione. Dopo una pausa ad effetto, quindi, Sky sorride e porta avanti il piano.
<< John Watson >> dice e impercettibilmente il sopracciglio sinistro di Moran trema. << Lo vuoi così tanto e non è per aiutare tuo fratello nel suo folle piano. No. Di James Moriarty non te ne frega nulla. Io penso che anche tu voglia poter sperimentare la normalità. Un uomo a te devoto, dei figli, una famiglia. Vivere come vivono tutti questi insulti comuni mortali. Ti dirò che è noioso dopo un po’ >> le confessa sbuffando. << Non siamo fatti per essere come loro, sorella. Se Juan non mi avesse offerto questo lavoro che mi porta comunque sempre nel crimine, sebbene dalla parte cosiddetta ‘dei giusti’, credo che avrei dato di matto. Ti propongo quindi questo: il mantenimento della mia normalità in cambio della creazione della tua >>.
La donna aggrotta le sopracciglia e lo osserva a lungo prima di tornare a distendere le labbra in un sorriso bonario.
<< Cosa ti fa pensare che non possa strapparti di bocca i segreti che custodisci, ucciderti e andare a prendere con le mie mani ciò che mi appartiene? >> gli chiede con dolcezza.
<< Ho ben due motivazioni principali >> le dice sapendo di doversi ora giocare il tutto per tutto. << La prima è che qualunque cosa tu o i tuoi amichetti facciate sparerò un colpo in testa alla nostra amica privandoti del piacere di vendicarti a modo tuo per ciò che ti ha fatto >> dice puntando il fucile contro Anthea e levando la sicura. << La seconda è che, cazzo, non ti facevo così banale! >> esclama disgustato. << Come conteresti di strapparmi la verità di bocca? Facendomi stuprare dai tuoi uomini o con altre simili torture medievali? Davvero pensi che basti questo? Nessuno di loro può farmi più di quanto già altra feccia del loro stampo mi ha fatto. Ho il corpo pieno delle cicatrici che mi hanno lasciato e sono ancora in piedi. Non so da dove proveniate tu, tuo fratello e i tuoi amici, ma ti assicuro che le favelas sono l’inferno in terra e io lì ci sono cresciuto e sopravvissuto per più di vent’anni. Mi uccideresti, ecco cosa otterresti, e poi saresti punto e a capo >>.
<< Li troverei comunque >>.
<< Oh, andiamo non ci credi neanche tu. Mentre noi parliamo la tua preda si allontana sempre più. Prima definiremo l’accordo, prima potrai mettere le mani addosso sia a lui che a lei >> dice mantenendo il fucile puntato contro la nuca di Anthea.
Moran prende tempo. A discapito di quanto le ha detto, lei sembra non avere fretta. Non sa se sia mossa dalla sicurezza, ad ogni modo, di riuscire nel suo intento o se stia effettivamente valutando la sua proposta.
<< Affare fatto, sorella >> dice infine, porgendogli la mano sinistra. Sky la stringe con delicatezza, badando bene di farle notare la cura e il rispetto che le porta.
<< E’ tutta tua >> le dice spingendo Anthea lontano da sé con il piede. Moran si volta verso i suoi uomini e questi corrono a prendere di peso la ragazza per portarla alle auto.
<< Ammetto che non avevo capito fino a che punto fossi disposto a spingerti pur di salvare i tuoi amici >> dice invitandolo a seguirla fuori da quelle lugubri case vuote. << Prima hai venduto un tuo ex collega e il suo compagno, ora questa donna e non sembri provare il benchè minimo senso di colpa >>.
<< Permettimi di dire che in questo siamo simili, Sebastiana. Sei disposta pure a fare le scarpe a tuo fratello pur di avere l’uomo che hai scelto >>.
Moran ride di gusto. Una sottile pioggerellina li sorprende una volta sulla strada. Sky segue l’ex caporale fino all’auto e personalmente le tiene aperta la portiera per permetterle di accomodarsi.
Anthea non è lì con loro e questo ben poco gli piace. Non dovrebbe preoccuparsi per la segretaria del Governo Inglese, dal momento che, oltre a non fregargliene nulla, sa che è addestrata e capace di badare a se stessa. Eppure questa separazione lo innervosisce.
<< Perché ti ostini a voler stare con quel gruppo di sbagliati? >> gli chiede Moran distogliendolo dai suoi pensieri.
<< Per lo stesso motivo che porta te ad accanirti nel volere John quando potresti avere qualunque altro uomo, mia cara >> risponde suadente pesando bene le parole. << Siamo fedeli ai nostri desideri proprio come quella donna è fedele al suo capo >>.
<< Stupida, cagna >> ringhia Moran rendendo manifesta la sua rabbia. << Un curriculum invidiabile sottomesso ai capricci di un ometto insulso come Mycroft Holmes >>.
<< Già. Un vero smacco per lei non poter portare a compimento la sua missione. Mostrarsi battuta ai suoi occhi deve essere per lei la cosa più umiliante >>.
<< Penso tu abbia ragione >>.
Il sorriso di Moran è ancora più inquietante e Sky spera con tutto il cuore che Sherlock abbia visto giusto e che lui sia stato in grado di recitare bene la sua parte. Il cuore gli batte forte ora che sta per affrontare il punto fondamentale di tutta quanta quella messa in scena.
<< Anthea andava dicendo che Moriarty vuole mettere Sherlock dinanzi a una scelta: o John o il fratello, tieni l’uno e uccidi l’altro >>.
La donna ride di gusto. Scuote il capo e alza gli occhi al cielo, incredula dinanzi a tanta ingenuità. << Quella sarà una bellissima messinscena >> gli dice, puntandogli addosso occhi severi e indagatori. Non usa a caso le parole, una donna simile, e Sky ha imparato a tenere conto di ogni singola sillaba pronunciata dal nemico. Le parole dicono molto di più di quanto a un orecchio poco allenato e ad una mente distratta possa arrivare. L’hacher nasconde il timore di essere stato scoperto e rilancia il suo attacco con un’informazione che una come lei non avrà neppure preso in considerazione.
<< Allora Anthea non vedrà morire il suo amato per mano di colui che questi ha protetto? Peccato >>.
Moran si volta stupita verso di lui. Sky sente il cuore battere talmente forte da temere che anche lei possa sentirlo.
<< C’è qualcosa tra quella cagna e il suo padrone? >>.
<< A quanto pare sì >> risponde strizzandole l’occhio in modo complice.
L’ex caporale torna a guardare davanti a sé. Sky pagherebbe qualunque cosa per essere bravo e infallibile nella lettura delle microespressioni come lo sono Grey e Fox. Deve, però, accontentarsi delle sue capacità elementari in quel campo, che gli dicono che le celluline grigie di Moran stanno lavorando.
<< John non arriverà comunque in Cornovaglia >> continua la donna e Sky impreca tra sé e sé.
<< Peccato, però >> dice facendo spallucce, sperando di portarla dalla sua parte.
<< E perché mai? >>
Sky cattura nuovamente la sua attenzione e spera con tutto il cuore che non lo stia fottendo lasciandogli credere di essere lui a fottere lei.
<< So che a te di lui non frega nulla, ma sapere Sherlock in difficoltà per me è una goduria. Ti dirò anche che non stravedo per il dottor Watson. Mi è costato un tuffo da una cascata, che non è una cosa da tutti i giorni anche per uno come me abituato a ben di peggio. Sapere di essere amato dal suo consulente lo ha reso borioso e arrogante. Meriterebbe davvero una punizione e per uno come lui il senso di colpa per essere la causa dell’omicidio del fratello da parte di Sherlock sarebbe quella giusta >>.
Moran resta nuovamente in silenzio, lo sguardo perso davanti a sé. Il cuore di Sky batte all’impazzata. Lo aveva detto a Sherlock che era una follia pensare di abbindolare quella donna con una storiella così stupida. Sicuramente lo farà fuori appena le permetterà di scoprire dove si trovino, catturerà la sua preda e eliminerà tutti gli altri. Sherlock incluso. Sky ormai dubita che a questa donna interessi che si avverino i desideri del fratello.
<< Aggiungiamo una clausola al nostro accordo, che ne dici? >> gli propone uscendo bruscamente dal suo silenzio.
<< Che genere di clausola? >>.
<< Io farò in modo che il tuo team ne esca vivo e incolume e tu ucciderai Sherlock >>.
Sky deve fare uno sforzo non da poco per impedire allo stupore di stravolgergli i lineamenti. Sì, decisamente all’ex caporale non frega niente dei piani del piccolo James. La cosa non è per nulla rassicurante.
L’hacker porta la mano al mento e finge di pensarci con interesse. Questo il consulente non lo aveva previsto. Certo in molte occasioni avrebbe voluto porre fine alla sua vita, ma questo può essere un accordo pericoloso per entrambi.
<< Mi inviti a nozze, sorella >> le dice strizzando l’occhio. << In che modo preferisci lo faccia? >>.
<< Rapido. Non voglio più girarci attorno, ne ho abbastanza di questa storia >> dice e la sua mano destra ha uno spasmo tanto forte da portarla a reprimere un grido. Sky fa rispettosamente finta di non essersi reso conto di nulla. << Andremo a Musgrave. L’idea di fare a pezzi quella cagna dinanzi al padrone che non è stata in grado di servire a dovere mi piace >> sorride crudele. << E poi immagino che sia lì che John, Sherlock e i tuoi si stanno dirigendo, non è così? >>.
<< Un piano alquanto banale, in effetti >> ammette e non può dirsi sicuro sia solo questo che Moran abbia intuito.
<< Il consulente deve essere ridotto male >> sghignazza.
<< Male è un complimento >> specifica unendosi alla risata. << Gli ci vorrebbero almeno tre settimane per riprendersi. Anche John non è propriamente in gran forma. Lo hai quasi ucciso con quel blocco di cemento sulle gambe >>. La donna lo guarda stupita. La prima espressione sincera che le vede in viso. << Dovresti ringraziare la patologa. Ha dato davvero tutta se stessa per salvarlo >>.
Sarebbe bello poter scatenare il senso di colpa in Moran, facendole presente come la ragazza che ha fatto torturare affinchè li tradisse è la stessa che ha salvato la sua preda. Purtroppo non c’è spazio per alcun tipo di sentimento in questa donna. Persino il buon dottore è solo un oggetto da possedere e usare a suo piacimento. Quel desiderio di normalità deve essere un ennesimo capriccio. Quanto poco durerebbe una donna così lontana dalla vita che è abituata a vivere?
<< Daremo loro il tempo di cui hanno bisogno e che serve anche a me >> dice posando appena la mano sinistra su quella destra. << Tre settimane mi sembra equo. Nel frattempo mi divertirò a giocare con la nostra cagnetta >> ride e nei suoi occhi Sky scorge il barlume di follia che tante volte ha visto in quelli dei cacciatori di bambini di Rio. << La pazienza, infondo, è la virtù dei forti. A James non piacerà. Lui non sa essere per nulla paziente e questo te la dice lunga su quanto poco sia forte >> scuote il capo disgustata. << Tante volte ho dovuto frenarlo dall’agire in tempi poco maturi rischiando di mandare ogni cosa all’aria >>.
<< Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, dicono>> chiosa Sky ottenendo il suo favore.
<< Quando sarà il momento, James porterà avanti la pantomima di cui sei a conoscenza e prima che il nostro consulente avrà posto fine alla vita del fratello tu agirai >>.
<< Pensavo che neppure di Mycroft Holmes vi importasse qualcosa >>.
<< Lui è un’utile marionetta, perderla sarebbe da idioti >>.
<< Lo immagino. Ho solo un’osservazione, se mi è permessa >> chiede e lei lo autorizza con un gesto del capo. << Mi stai proponendo una missione suicida, dal momento che tuo fratello mi farà uccidere una volta scoperto chi ha fatto fuori il suo giocattolo >>.
<< E tu non sei disposto a sacrificarti per i tuoi amici? >> gli chiede con dolcezza e il fatto che questa strega si stia facendo un mucchio di risate ai suoi danni gli da davvero fastidio.
<< Certo, ma se riuscissi a evitarlo sarebbe meglio >> ribatte lui facendola ridere di gusto fino alle lacrime. Sky abbozza appena un sorriso più simile a un ghigno. Quanto poco conti la vita umana per questa donna lo riporta agli anni trascorsi a Rio e sono ricordi, questi, che preferirebbe non risvegliare.
<< A mio fratello penserò io. Come ti dicevo ne ho abbastanza di questa storia >> gli dice strizzando l’occhio.
Un brivido percorre la schiena di Sky, che arriccia le labbra in un sorriso complice ma vorrebbe poter essere lontano anni luce da lì.
“In quale cazzo di casino mi hai cacciato, Billy maledetto!” pensa tra sé.
Potrebbe prendere la pistola che la donna ha nella fondina, farle saltare le cervella e fare lo stesso con l’autista e l’uomo seduto dinanzi a loro. Infondo anche lui ne ha abbastanza di questa storia. Purtroppo, però, questa donna è l’unica che può mettere un freno al fratello, a quanto pare, e lui farà bene ad attenersi ai piani per questa volta.
 
 

[1] Boys don’t cry – The cure
 
[2] Guardati soprattutto da coloro nei cui volti non riesci a leggere nulla, Àngel
[3] Una serpe ferita è ancora più feroce e pericolosa
[4] Bambini di strada

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Mi scuso per l’orario, ma non sono giorni felici.
Ho voluto comunque postare questo nuovo capitolo perché non solo ‘lo spettacolo deve continuare’, ma perché ho bisogno di questo momento di normalità nel casino che sta succedendo.
So che non si può fare, che sono fuori regolamento, ma sono disperata e ci provo. Non è il modo migliore di presentare un nuovo capitolo ma la realtà si fonde fin troppo spesso con la fantasia.
Ieri ho smarrito il mio Sherlock, meticcio simil setter di un anno e sette mesi. Prego anche voi di aiutarmi condividendo questo link: http://www.valsusaoggi.it/valsusa-smarrito-cane-appello-dei-proprietari/.
Per tutta la serata un mio amico non ha fatto altro che ripetermi ‘Sherlock torna sempre dal suo Watson’. Io spero che anche il mio Sherlock torni da me. Se volete aiutarmi, voi che amate lo Sherlock di Doyle e tutte le altre trasposizioni, ve ne sarò infinitamente grata.
Venendo al capitolo di oggi, sabato l’ho modificato un po’ ma non ho avuto tempo né testa oggi di rileggerlo, quindi per favore chiudete un occhio dinanzi a errori o ‘cose che non funzionano’.
Spero possa essere comunque, errori o meno, di vostro gradimento.
Buona lettura
 
Patty
 
Capitolo 24
 
 
Il silenzio è opprimente nell’abitacolo del camper camuffato da furgone. L’assenza di finestre impedisce di distrarsi anche solo guardando il paesaggio scorrere veloce fuori dal finestrino. Sherlock, però, non ha bisogno di quel tipo di distrazione.
Dal vano guida non giunge più alcun rumore. Mistica deve essersi addormentata e i suoi colleghi non avranno voglia di darsi alla conversazione.
John dorme al suo fianco. Ha il volto teso, segno che non riesce a rilassarsi neppure tra le braccia di Morfeo.
Di dormire Sherlock non ne ha voglia. A dirla tutta non se lo può permettere.  
 
<< Navigherò in modalità nascosta.
La stessa con la quale ho portato avanti le operazioni dal dopo Magnussen.
Cercami in questo forum.
Ti ho creato un account fittizio dal quale risulti residente in Portogallo.
Ti ho agganciato a una cella di quella zona del mondo.
Ricondurlo a te è praticamente impossibile e lo stesso vale per me >>.
 
Sherlock effettua il login al forum di giardinaggio e controlla gli ultimi post. Si è dato da fare, prendendo parte a diverse discussioni, chiedendo consigli o dandoli a seconda dei casi, giusto per creare un minimo di spessore al suo personaggio.
Ha persino avuto modo di chattare direttamente con Ylenia, giusto per ammazzare il tempo e contenere l’ansia del non ricevere ancora nessuna notizia da parte di Sky. La fantomatica donna di Fox è indubbiamente molto preparata in materia e brava nel non lasciar trapelare alcuna informazione su di sé. Certo, il giornalista non la prenderebbe per nulla bene se sapesse che si stanno servendo proprio del forum della sua donna, per comunicare.
 
<< Mi sono registrato quando ho visto che iniziavano a diventare troppo ‘intimi’.
 Volevo vederci chiaro e ogni tanto mi diverto a metterle i bastoni tra le ruote.
Lei, però, smonta sempre ogni mia incursione offensiva con gentilezza e modi ai quali è impossibile replicare.
Sembrano proprio fatti l’uno per l’altra >>.
 
Sky in quanto a manie di controllo potrebbe fare concorrenza a Mycroft. Sherlock si scopre sempre più preoccupato per le sorti di suo fratello. Ha fatto davvero fatica a zittire la voce nella sua testa che lo da per morto. Confida in Anthea, nel suo essere preparata al peggio e mortalmente efficace a evitarlo.
 
<< Le ho rinnovato il contratto. Sarebbe da stupidi lasciare andare una professionista del suo spessore per ricominciare da capo tutto quanto con un’altra. Qualificata magari allo stesso modo, ma che deve imparare da zero quelle che sono le mie abitudini e i miei impegni >>.
 
Mycroft era solito cambiare segretaria ogni cinque anni. Una turnazione giustificata da motivi di sicurezza. Con Anthea questa regola è stata infranta. Sono ormai dieci anni che fa da ombra a suo fratello e Sherlock ha pensato che quel cambio di registro fosse dettato dalla pigrizia. E’ più che possibile, infatti, che Mycroft non avesse la pazienza di attendere i tempi di apprendimento di una nuova assistente. Eppure, adesso si chiede se davvero non ci fosse qualcosa di più, qualcosa che va oltre il lavoro.
“Non posso credere sia innamorato. No, non ce lo vedo proprio!” pensa tormentando con i denti l’unghia del pollice. Certo qualcosa dovrà pur esserci anche da parte sua. L’innamoramento di Anthea è un motivo più che valido per mandarla via, mentre, invece, nulla di simile è stato fatto.
 
Volevo condividere con voi, amiche, la gioia per la nascita di un nuovo bocciolo nella mia orchidea. È stata dura e mi è costato energie e tempo, ma ora posso dirmi sicura di aver capito come prendermi cura di lei nel modo giusto
 
Il post di Blue Flowers lo distoglie dai suoi pensieri. Sky finalmente gli scrive e sono buone notizie.
“Sapevo sarebbe andata bene!” sospira e si rende conto solo ora che si sta rilassando di quanto fosse teso.
 
Oh, ma che bella notizia!!!
Grazie per aver condiviso questa vittoria qui con noi.
Sono sicura che ce ne saranno molte altre.
 
Risponde e insieme a lui tante altre casalinghe disperate si uniscono alle congratulazioni. Sherlock mette giù il telefono e passa le mani sul viso. Gli occhi bruciano dalla stanchezza e lui li massaggia piano.
<< Dovresti dormire un po’, Sherlock >> gli dice John che scopre essere sveglio. Il consulente gli passa il telefono senza dire nulla e il dottore sorride felice nel leggere il post.
<< Finalmente una buona notizia >> dice girandosi sul fianco verso di lui. << Conti di dirglielo? >> chiede, indicando con un cenno del capo gli spagnoli.
 
<< Se pensi che il tuo piano resti un segreto davanti a loro allora di noi non hai capito niente! >>
 
Sì, Sky ha ragione. Non ha capito nulla riguardo ai ‘Los Errores’. Non ha mai, però, sperato di poter nascondere la verità a chi è in grado di scoprire la menzogna. Anzi, la ritiene una comodità che gli permette di non perdere tempo in futili spiegazioni.
 
<< Preferisco lasciarli con le loro deduzioni. Almeno per ora >> risponde tornando a massaggiare gli occhi. << Questo piano è fragile come cristallo, John e io mi auguro che non si rompa >>.
<< Se come hai dedotto si è creata una spaccatura tra Moran e Moriarty qualcosa di rotto c’è già. Dobbiamo stare attenti a non ferirci sui cocci >> ribatte John prendendogli la mano sinistra. La scosta dal viso e si sostituisce al massaggio. Sherlock accoglie con piacere la sua mano capace di rilassarlo piano.
<< Dormi, Sherlock. Quando saremo arrivati dovremo affrontare le tre furie e non ti nascondo che Miriam è quella che mi preoccupa di più. L’ho vista prendere a pugni Fox e Sky senza tanti complimenti e non ci tengo a finire sotto le sue mani >>.
<< Figurati io >> ridacchia lui. << E’ stata sciocca. È lì che si pente di non avergli detto ciò che prova, quando lo ha lasciato e preso più volte come fosse una bambola >> dice sbadigliando.
<< Ognuno gestisce l’amore a suo modo, Sherlock. Noi saremmo potuti andare avanti ancora chissà per quanto tempo senza parlare chiaro. Avremmo anche potuto non parlarci mai >>.
<< Maledetti problemi di comunicazione >> biascica sbadigliando. << Mi chiedevo se Anthea e Mycroft fossero stati così bravi da nascondere persino a me una relazione più intima di quella tra capo e segretaria >>.
<< Proprio non ce lo vedi tuo fratello innamorato, eh? >>.
<< Perché tu sì? >>.
<< In effetti no >> ridacchia << Ho una mia teoria >>.
 Sherlock apre un occhio curioso. John sembra imbarazzato da questa teoria che si prende tempo ad esporre.
<< Tu sai qual è il suo vero nome? >> gli chiede e lui non può fare a meno di essere stupito da quella domanda.
<< A dire il vero no >> ammette. << Mi è sempre stata indifferente. La prima volta che l’ho incontrata ho pensato che non sarebbe durata per più di un mese. Tu lo sai? >>.
<< L’ho scoperto per caso e penso che, conoscendolo, anche tu possa arrivare alle mie stesse conclusioni >>.
<< Bene, allora cosa aspetti a dirmelo? >>.
John umetta le labbra e la sua mano si ferma, le dita appoggiate delicatamente sul suo mento. Sherlock non riesce a capire il perché del suo tentennare.
<< Si chiama Jane >> dice piano guardandolo dritto negli occhi.
Veloci, mille fili si intrecciano nel suo Mind Palace. Le parole di John, in effetti, hanno dato il via a un processo che non riesce a fermare.
Aveva deciso di compiere qualche ricerca sul conto di Anthea quando questa, contrariamente a quanto da lui pronosticato, ha superato incolume il primo anno di lavoro al fianco di suo fratello. Si era stupito di cosa il suo curriculum vitae diceva sapesse fare.
Aveva anche  scoperto, durante quelle ricerche, che avevano la stessa età. Un giorno appena di differenza. Non aveva fatto poi così caso a quel particolare. Quel che proprio non gli andava giù era non riuscire a venire a capo del suo vero nome. Cosa molto strana. Mycroft assegnava alle sue segretarie dei nomi di comodo, sempre per proteggere se stesso e il paese, ma Sherlock era sempre venuto a conoscenza di ogni cosa le riguardasse. Su Anthea, invece, non aveva trovato null’altro che la data di nascita e il suo curriculum. Gli eventi della vita che allora lo avevano portato a disinteressarsene e accantonare la cosa, oggi lo obbligano a tornarci su. Se non ha scoperto quel nome è stato solo perché suo fratello non ha voluto lo sapesse.
Jane. Nata il suo stesso anno, nello stesso mese ad appena un giorno di distanza.
Jane. Capelli scuri, occhi chiari e una spiccata venerazione per suo fratello.
<< Non può essere >> sussurra. Si mette a sedere a fatica, ignorando i rimproveri di John. Sente il bisogno di aria, cosa impossibile da ottenere nello spazio stretto nel quale si trovano.
<< Avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa >> sente dire a John che con la coda dell’occhio vede guardarlo preoccupato.
<< No >> gli dice voltandosi verso di lui. << No, John. E’ l’unica spiegazione possibile ed è anche… bella >> dice sorridendo. << Jane gli voleva bene. Oddio se gliene voleva. Lui era sempre schivo, non rispondeva alle sue manifestazioni d’affetto e io pensavo che di lei, come a mio padre, non gliene importasse nulla. Invece… ha tenuto Anthea con sé… >>.
<< Una donna che rende l’idea di come sarebbe potuta essere vostra sorella da adulta >>.
<< Sì >> ride nervoso.
 
<< Non sei poi così’ diverso da Moriarty se sacrifichi l’unica donna in grado di innamorasi di uno come tuo fratello >>.
 
Le parole taglienti di Sky gli mozzano il fiato. L’hacker le aveva dette disgustato dal suo non voler mettere Anthea a conoscenza del piano. Si era giustificato dicendogli che una come lei lavora meglio sotto stress, che la premeditazione la porta ad essere troppo sicura di sé. Stupidi giri di parole per nascondere quel dannato sassolino che si è voluto togliere dalla scarpa.
“E io l’ho mandata tra le braccia del nemico senza metterla a parte del mio piano” pensa esangue. Si è detto sicuro della sua capacità di far fronte a qualunque pericolo. Non ha mai pensato potesse accadere ad Anthea quanto accaduto a Molly. Non lo ha pensato perché la tortura ai danni della patologa non l’aveva neppure lontanamente ipotizzata.
Sky e la sua scomoda verità gli fanno vedere quanto davvero non sia poi così diverso dal nemico che vuole sconfiggere.
<< John… ho mandato la donna in cui Mycroft ha rivisto nostra sorella a combattere una battaglia pericolosa dalla quale potrebbe non uscire viva >> ammette tremando come una foglia. Il dottore posa la mano sul suo viso reso ancor più pallido da questa rivelazione. Gli sorride dolcemente mentre piano scuote il capo.
<< No, Sherlock. Il piano che hai ideato è pericoloso, certo, ma Anthea sarebbe partita comunque per Musgrave. Il suo unico obiettivo è salvare tuo fratello e tu non hai avuto alternative. Guarda in che condizioni siamo? >> gli dice indicando prima lui, poi se stesso. << Abbiamo bisogno di tempo per riprenderci, ma allo stesso modo aspettare permetterebbe anche a Moran di ritrovare le forze. L’unica soluzione possibile è stata quella di mandare i due meglio addestrati che possedevamo in avanscoperta, in modo che liberino Mycroft e lo portino in salvo >>.
<< Non l’ho messa a parte del piano… >>.
<< Cogliere al volo le informazioni fa parte del suo lavoro, Sherlock >> lo blocca subito John. << Hai avuto le tue motivazioni e comunque hai agito sapendola in grado di capire cosa hai in mente. Sky si è messo in contatto con te, ha ottenuto la fiducia di Moran e in qualche modo giungeranno a Musgrave. Il piano sta funzionando, amore, e Anthea… Jane tornerà sana e salva insieme a Mycroft >>.
<< Sarebbe paradossale, sai? >> dice abbozzando un sorriso. << In un modo o nell’altro era sempre lui a toglierci dai guai con nostro padre. Ora la situazione si è invertita >>.
<< A modo suo si è sempre preso cura di te. Di voi. Ci sta che tu gli renda il favore e il fatto che ci sia un’altra Jane ad aiutarti è un particolare inquietante quanto i due strani sogni che abbiamo fatto >>.
<< Tu e le tue stupide storie di fantasmi >> ride scuotendo il capo. << Mi auguro che tutto vada per il meglio, John. Quanto successo a Molly è già una cosa sfuggita al mio controllo >>.
Non aveva pensato alla possibilità che Moran rapisse Molly. Gli dispiace davvero tanto per lei e anche per Lestrade, al quale più volte proprio Anthea ha detto di non preoccuparsi per l’incolumità della patologa.
“Li abbiamo persi entrambi” sospira e un dolore sordo gli causa una smorfia. La ferita sembra essere migliorata notevolmente dal suo ritorno dopo le indagini a casa di Mycroft. E il resto di lui che non va. Moralmente e fisicamente non va.
<< Cerca di dormire, Sherlock >> sospira John sfiorandogli le labbra con le sue. << Tuo fratello è in buone mani >>.
<< Sì, John >> sussurra tornando a sdraiarsi. La mano calda del suo dottore gli accarezza il viso accompagnandolo nel passaggio dalla veglia al sonno. << John? >> biascica prima di cedere alla stanchezza. << Hai detto che Anthea è una bella donna? >>.
<< Sì, lo è >>.
<< Penso che la mia Jane lo sarebbe stata di più >> dice e sulla risata allegra del suo compagno i suoi occhi si chiudono, pesanti e stanchi.
 
***
 
Well I never pray
But tonight I’m, on my knees yeah
I need to hear some sounds that recognize the pain in me, yeah
I let the melody shine, let it cleanse my mind, I feel free now
But the airways are clean and there’s nobody singing to me now[1]
 
 
Mycroft osserva la distesa verde che si estende a perdita d’occhio verso l’orizzonte. Un cielo plumbeo la sovrasta, nuvole scure cariche di pioggia, presagio di un temporale imminente. Gli è sempre piaciuta l’atmosfera elettrica che invade l’aria prima del temporale. Il rumore dei tuoni trova sia la melodia più bella. Onde sonore prodotte dallo scontro di correnti elettriche e vapore acqueo. Da bambino restava ore a osservare il cielo da quella stessa finestra. Studiava questi piccoli, meravigliosi fenomeni atmosferici e quando la pioggia iniziava a cadere era un’esplosione di suoni. Ogni cosa diveniva uno strumento musicale suonato dalle innumerevoli dita della pioggia[2].
In quella melodia scrosciante ha sempre trovato la sua pace. Le gocce che picchiettavano sul cappuccio del suo impermeabile sovrastavano i pensieri, li zittivano. Quelle che gli cadevano sul viso gli permettevano di potersi lasciare andare al pianto, perché ha sempre provato una profonda commozione dinanzi a tale meraviglia. Profonda al punto da non poter fare a meno di piangere.
Questa è la storia che si è sempre raccontato. Ci sono stati dei momenti, vissuti tra queste mura antiche, in cui sperava sopraggiungesse il temporale. Momenti in cui non vedeva l’ora di indossare l’impermeabile e uscire sotto la pioggia per unire a lei le sue lacrime. Col tempo, però, ha imparato a reprimere questo bisogno. L’impermeabile ha ceduto il posto all’ombrello e da allora è sempre stato come se ci stesse sotto tutto il tempo. Un ombrello invisibile sul quale rimbalzano le emozioni, le sensazioni, le pulsioni e qualunque tipo di stimolo possa arrivare dall’esterno così come dall’interno.
Solo Sherlock è sempre stato in grado di bucare la stoffa perfetta e resistente di questo ombrello. L’ha sempre squarciata, con i suoi silenzi, con le sue parole taglienti, con i suoi agiti anticonservativi, col suo comportamento sfrontato e sfidante, col suo sguardo ora disperato, ora lontano, ora sfrontato.
Da quando Jane è morta lo ha visto allontanarsi sempre più. Da lui, dal mondo, da tutto quanto. Microft è passato dall’impermeabile all’ombrello e suo fratello dalla vitalità alla morte. Si è spento gradualmente finchè non ha tentato più volte di spegnersi del tutto.
 
<< Oh… ma non è questo il segreto che svelerò ai quattro venti, Mycroft Holmes >>.
 
Gli si era gelato il sangue nelle vene quando Moriarty lo aveva guardato con quei suoi occhi vuoti cantilenando questa frase. Un ghigno beffardo gli si era disegnato sul volto e lui si è chiesto come potesse saperlo. Non lo aveva mai detto a nessuno, mai e non erano saltate fuori neppure per sbaglio delle supposizioni sul fatto che non fosse stato un infarto a uccidere Mister Holmes.
Moriarty, allora, aveva deciso di spiegargli la sua verità e Mycroft si era reso conto di come non fosse infallibile e geniale come, invece, credeva di essere. Come suo padre lo aveva convinto che fosse. Dinanzi al genio folle di Moriarty, di sua madre e di quell’abominevole donna della sua sorellastra si era sentito piccolo, inutile e stupido.
 
<< Ti condanneranno.
Ti arresteranno e forse potresti pure evitarti la galera, ma non avrai più nulla.
Perderai il tuo rispettabile impiego e la fiducia di tutti i tuoi padroni.
Perderai il rispetto che i tuoi servetti ti portano.
Cadrai in rovina, umiliato e giudicato.
 Cosa c’è mai di più ignobile di un figlio che uccide il proprio padre? >>.
 
<< Un padre che fa a pezzi la propria figlia e progetta di uccidere il figlio sopravvissuto >>.
Così avrebbe voluto rispondergli. Solo che non avrebbe sortito alcun effetto questa triste osservazione. Che siano i genitori a far fuori i figli o viceversa non fa alcuna differenza per James Moriarty. Le persone muoiono, è quello che fanno. Come questo accada non è di suo interesse.
James, poi, proprio come lui, sapeva che ci sarebbe stata una persona che lo avrebbe difeso. L’unica che si sarebbe battuta per dimostrare il perché delle sue azioni e come queste proclamassero la sua innocenza piuttosto che la sua colpevolezza. Oh, Moriarty lo sapeva bene e per questo ha posto proprio quella persona sul tavolo delle trattative.
 
<< Io farò il bravo e manterrò il segreto e in cambio tu mi affiderai il tuo caro fratellino >>.
 
Moriarty sapeva anche che Mycroft non lo avrebbe fatto, che avrebbe preferito di gran lunga cadere in miseria e rischiare la galera additato come parricida piuttosto che sapere Sherlock preda delle sue follie.
 
<< Se così non sarà, non solo farò sapere al mondo intero la verità sulla morte del rispettabile Mr Holmes, ma compirò quello che era il suo volere.
Ucciderò il figlio infedele, portatore di scompiglio e di malelingue.
 E tu, Mycroft, solo e senza più il tuo castello di carte dorate cosa farai? >>.
 
Mycroft non si era mai posto il problema della solitudine. Non sapeva neppure cosa fosse, in realtà. Era l’unico bambino in quel mondo di adulti e aveva capito presto che per essere accettato doveva comportarsi come loro e fare tutto ciò che gli veniva detto e pure nel migliore dei modi.
Finchè non erano arrivati i gemelli. Aveva osservato curioso il ventre di sua madre farsi sempre più gonfio. Ovviamente sapeva il perché e come questo fosse avvenuto, eppure ogni volta che lo vedeva muoversi preda dei calci della creatura che vi era dentro, sentiva una risata nascere nella pancia. Sua madre, però, sbuffava infastidita e lui la ricacciava giù. Non poteva di certo ridere di qualcosa che infastidisce.
Quando aveva visto i suoi genitori tornare a casa con due bambini, anziché quell’unico fratellino di cui gli avevano parlato, era rimasto stupito. Certo era a conoscenza dei parti gemellari e della differenza tra gemelli mono ed eterozigoti, eppure quell’anomalia, come l’aveva definita suo padre, lo ha colto del tutto di sorpresa.
Erano sempre vicini i suoi due fratellini. Appena venivano separati strillavano come aquile, alimentando il fastidio di suo padre, le rare volte in cui era presente al fenomeno. Non erano in grado di restare da soli. Era stato allora che aveva scoperto cosa fosse la solitudine. Nell’osservare i suoi fratelli, sempre abbracciati, sempre intenti a giocare e a tentare, man mano che crescevano, di coinvolgerlo nei loro giochi, nella loro vita gioiosa e spensierata. Soprattutto Jane, che lui osservava curioso come si trovasse al cospetto di una supernova appena scoperta. Le sue braccia fragili che lo stringevano ogni volta che lo vedeva. Il modo in cui gli correva incontro, trascinando Sherlock per mano, e l’agilità con la quale compiva il salto. Era leggera, come una farfalla dai colori sgargianti.
Delle relazioni umane ha sempre conosciuto il funzionamento teorico raccontato dai libri di sociologia. Questo non significa che lo abbia capito. L’altro è sempre stato un universo a lui sconosciuto e da lui lontano. Per questo non capiva perché sua madre tradisse il marito. Era cambiata negli ultimi anni. Un cambiamento che, deve ammettere, era piacevole e positivo e che lei attribuiva alla nascita dei gemelli.
 
<< Sono così esuberanti e allegri che è davvero impossibile non esserne contagiati >>.
 
Si era sentito per la prima volta diverso dinanzi alle sue parole. Voleva dire che lui non era allegro, né esuberante e che non lo fosse gli era evidente, dato che non si comportava come i gemelli. Non lo era, però, perché non aveva mai visto nessuno esserlo prima di allora. Volti seri, maniere educate, rispettose e impeccabili, questo aveva conosciuto. E occhiate di rimprovero che fanno più male di uno schiaffo o di un richiamo, appena faceva qualcosa che si allontanava anche di poco dall’etichetta. Lui si era adattato, i gemelli, invece, no. E questa ribellione non la capiva, anche se, infondo, avrebbe voluto anche lui concedersela. Così come si concedeva di piangere sotto la pioggia o di eccedere nel cibo.
Solo quando ha iniziato a muoversi nel mondo ha capito che l’essere grasso poteva essere un problema. Come può essere presa sul serio una persona che non riesce neppure a controllare la sua ingordigia? Per questo ha posto un freno deciso all’unico atto consolatorio che si concedeva. Ha iniziato a dimagrire e da allora il peso è diventato un’ossessione.
Mycroft doveva controllarsi. Controllare il cibo, controllare le emozioni, controllare i comportamenti. ‘Controllo’ è diventata la sua parola d’ordine. Quella che gli è servita per sopravvivere quando il mondo gli è crollato addosso.
 
<< E’ successo un fatto increscioso, Mycroft. Dovrai essere forte e non fartene coinvolgere >>.
 
Così suo padre gli aveva annunciato la morte di sua madre e di Jane e le condizioni critiche di Sherlock. E’ stato in quel momento che ha avvertito la prima ondata di gelo invadergli lo stomaco. Non per la notizia ricevuta dal padre, ma per il modo in cui, soprattutto, questi gli ha detto che Sherlock era sopravvissuto. Lo stesso atteggiamento che era solito assumere quando qualcosa non andava come lui voleva. La stessa disapprovazione e disgusto dipinti sul viso e impressi nella voce.
 
<< Pare che William si sia svegliato. Sarai tu a dargli la notizia >>
 
gli aveva detto suo padre, senza distogliere lo sguardo da alcuni documenti molto importanti. La verità gli si era abbattuta addosso come un macigno ed era mutata nel gelo che da allora lo ha caratterizzato. ‘L’uomo di ghiaccio’, così lo chiama Moriarty.
 
<< Tu sei il ghiaccio, io sono il vento e Scotty è il fuoco >>.
 
Sì, lui è il ghiaccio e il ghiaccio non teme altri che il fuoco. Il fuoco cattivo di Moriarty, che brucia e distrugge. L’idea che quel demonio voglia trasformare il fuoco caldo che scalda e protegge di Sherlock per renderlo come il suo gli fa male.
Lo zio Rudhy non voleva fosse Mycroft ad informare Sherlock di quanto era successo, dal momento che aveva solo dodici anni. Troppo piccolo per un compito così gravoso. Suo padre, però, non aveva voluto sentire ragioni, così come non ne aveva volute sentire quando lo ha obbligato a scendere nell’obitorio.
Si era sentito perso dinanzi agli occhioni di suo fratello. Il gelo gli aveva fatto accapponare la pelle quando gli ha chiesto con voce flebile dove fosse Jane.
Cosa fosse la solitudine Mycroft l’ha capito osservando lo sguardo perso di Sherlock quando gli ha detto che la loro sorellina era morta.
Non aveva pianto. Non aveva strillato. Non si era aggrappato a niente, Sherlock. Era rimasto zitto e immobile, troppo piccolo in quel letto così grande. Lo sguardo perso nel vuoto e un’espressione di tristezza così profonda da strappare il cuore. Lo aveva visto morire. Era stato lui a ucciderlo con quelle parole. E lo aveva perso per sempre quando gli aveva raccontato la versione ufficiale di cosa fosse successo. Lì sì che lo aveva sentito urlare, che lo aveva visto balzare a sedere e strappare via tutti i tubi e i cavi a cui era attaccato.
 
<< Non è vero. Non è vero e tu lo sai! >>
 
continuava a gridare, finchè gli infermieri non lo hanno calmato, iniettando la prima dose di veleno nel suo corpo.
Il grido di Sherlock lo avverte ancora nelle orecchie. Gli pare di sentirlo echeggiare in questa stanza fredda della casa nella quale è cresciuto e dove ora si trova rinchiuso da troppo tempo.
Solo.
 
<< Verrà a cercarti.
Non può non farlo.
 E quell’insulso ometto verrà qui con lui.
 E allora scopriremo quanto ci tiene a te.
A te che hai ucciso per lui.
 Vedremo se sarà disposto a uccidere per te >>.
 
È stato accorto, Moriarty. Lo ha rinchiuso in questa stanza al pian terreno con gli infissi bloccati, nessuna tenda, nulla che possa divenire oggetto atto a togliersi la vita. Sa che lo farebbe. Piuttosto che obbligare suo fratello a compiere una scelta così ingiusta la prenderebbe al posto suo. Sherlock non soffrirebbe per la sua morte. Con John accanto non ha più motivo di soffrire.
 
<< Chi si preoccupa per te? Chi tiene alla tua felicità? Nessuno, e io trovo che non sia giusto >>.
 
Le parole di Anthea. Mycroft sorride al pensiero che nonostante tutto qualcuno lo abbia amato. In silenzio. Senza fare il passo più lungo della gamba e ritraendosi subito dinanzi a un rifiuto. Senza ribattere. Senza insistere. Senza allontanarsi.
<< Mi spiace non siano cose adatte a me, queste. Non saprei proprio da dove cominciare >> sussurra alla sua immagine riflessa sul vetro della finestra. È sempre stato Sherlock quello interessato alle relazioni umane, ai sentimenti, al contatto con altri esseri viventi.
Sì, è possibile che un ricordo di come Mycroft sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente lo abbia lasciato. Quella risata che ha condiviso con Greg e Anthea. Il gesto spontaneo col quale il detective lo ha stretto a sé quando hanno scoperto che Sherlock era vivo. Un ricordo che lascia alle due persone che più lo hanno incuriosito e attratto, seppure in modi diversi e comunque per lui incomprensibili.
<< Morirò. È inevitabile. >> constata e non prova alcuna paura. Ha retto il gioco per troppo tempo a ben due assassini ed è giunta l’ora che paghi pegno. L’unica cosa che può fare, per salvare almeno un pezzettino della sua anima, è impedire, per quanto gli è possibile, che la sua morte avvenga per mano di suo fratello.
Toglie dall’anulare destro l’anello di suo padre. Svita piano lo stemma di famiglia e ne porta alla luce un nascondiglio. Una piccola pasticca bianca nascosta lì da che ha avuto inizio questa storia. La fissa a lungo, come a lungo ha fissato quella che aveva sciolto nel the di suo padre.
Ha sempre pensato che il suicidio fosse opera dei deboli, di chi non ha il coraggio di affrontare le proprie responsabilità. Non gli è piaciuta l’idea di doverlo proporre a Sherlock sotto ordine di Moriarty, ma anche questo faceva parte del gioco diffamatorio ai suoi danni. Per se stesso non lo ha mai preventivato e non è propriamente nelle sue corde, ma situazioni estreme richiedono scelte estreme e coraggiose.
Rovescia l’anello sul palmo sinistro e continua a fissare la pastiglia. Non è facile. Per niente.
La logica gli suggerisce che non c’è nulla da temere. Basta ingoiare la pillola e in cinque minuti il mezzo di trasporto si spegne. È ciò che accade tra il ‘prendo la pastiglia’ e ‘il mezzo di trasporto si spegne’ che scopre inquietarlo parecchio. Si ripete che non lo sta facendo per debolezza, no. Lui lo sta facendo per amore. Perché quel testone, irritante, spocchioso e arrogante ragazzo lui lo ama con tutto se stesso.
 
<< Non posso tollerare che William continui a gettare fango sul mio nome, Mycroft.
L’unica soluzione possibile è eliminarlo.
Sarebbe già dovuto accadere.
 Ci saremmo risparmiati molte seccature.
Per fortuna, però, si può ancora rimediare.
Domani contatterai chi sai e lo ingaggerai affinchè ci liberi da questa seccatura 
>>.
<< Preferirei non occuparmi personalmente di questo compito, padre >>.
<< No? E perché mai? >>.
<< E’ pur sempre mio fratello >>.
<< Noi Holmes non ci lasciamo condizionare da questo sciocco sentimentalismo, Mycroft.
Tu sei sempre stato il mio erede ed è ora che tu possa diventare l’unico a potermi succedere. L’idea che il mio nome possa essere portato avanti da uno sconsiderato, come questo folle che ti ostini a definire fratello, mi disgusta. >>.
<< Data la sua… inclinazione, padre, non penso che questo possa essere un problema
>>.
<< E non pensi che questa ‘inclinazione’, come la definisci, non sia un motivo sufficiente per eliminarlo?
>>.
<< Ci sono modi meno drastici, a mio avviso. Potremmo internarlo, oppure cambiargli identità e spedirlo all’estero
>>.
<< Ho preso la mia decisione e non intendo più parlarne, Mycroft.
Farai quanto ti ho detto e so che, come sempre, saprai essere impeccabile.
Ripongo in te le mie speranze, figlio mio.
So che con te la mia casata continuerà ad essere rinomata e rispettata come merita >>.
 
Mr Holmes aveva continuato a leggere i preziosi documenti dai quali non aveva mai alzato gli occhi. Gli aveva dato l’incarico di commissionare l’omicidio del figlio più giovane con freddezza e distacco. Molte volte quell’uomo gli aveva fatto paura, ma mai tanto come quel mattino. Mycroft lo aveva visto decidere le sorti di persone, nazioni, popolazioni senza provare alcun rimorso, ma quella nonchalance con la quale aveva condannato a morte il proprio figlio gli aveva fatto capire che era arrivato il momento di arginare una volta per tutte la sua follia.
<< Contrariamente a quanto volevi, padre mio, Sherlock resterà l’unico Holmes nella tua linea di successione diretta. Finalmente questo nome sarà portato da una persona capace di amare e agire secondo giustizia >>.
Mycroft avvicina lentamente la mano alla bocca sentendo il cuore battere forte.
Un fragore assordante lo scuote facendo cadere la pastiglia dal suo palmo. La porta della stanza in cui è stato imprigionato si apre con furia.
<< Mani in alto! >> gli intima uno degli uomini di Moriarty, puntandogli contro la pistola. Seppure stupito, Mycroft esegue l’ordine senza farselo ripetere due volte.
Un lento battito di mani giunge al di là della porta.
<< Ma bravo, signor Holmes. Molto bravo >>.
James Moriarty gli si avvicina a passo lento, gli occhi fissi su di lui. Con una mimica spiccatamente teatrale abbassa lo sguardo sulla pastiglia. Si china a raccoglierla e la tiene tra indice e pollice, ben alta dinanzi al suo naso.
<< Il veleno nascosto nell’anello. Che cattivo gusto, signor Holmes >> dice scuotendo il capo.
Sgretola la pasticca schiacciandola con le dita e gli soffia sul viso i residui che restano tra le mani.
A Mycroft gela il sangue nelle vene. Non può dire di aver capito come funzioni questo folle, ma ha notato come il suo essere istrionico aumenti tutte le volte in cui accade qualcosa di importante. Le sue mani ancora alzate tremano appena.
<< Oh, comodo, comodo >> gli dice invitandolo ad abbassare le braccia. << Volevo fare due chiacchiere con te e ragguagliarti su quanto sta accadendo fuori da questa tua gabbia dorata >>.
<< A cosa devo tanta generosità? >> domanda misurando le parole e cercando il più possibile di nascondere l’inquietudine che lo attanaglia.
<< Ho pensato fosse il momento di renderti partecipe. Tante cose sono successe da che ti ho portato qui, Myc. Cose che neppure una mente brillante come la tua, scommetto, avrebbe potuto prevedere >>.
James si accomoda su una delle tre poltrone presenti nella stanza e lo invita a prendere posto a quella subito di fronte a lui. Mycroft accetta l’invito e, senza perderlo d’occhio, si accomoda. È felice di poter avere notizie, ma allo stesso tempo preoccupato e guardingo. Potrebbero essere menzogne fini a loro stesse, architettate da questo folle al solo scopo di torturarlo.
Da quasi cinque giorni è rinchiuso in questa camera, digiuno e con il solo sollievo di poche razioni d’acqua somministrate senza alcuna regola. Sa che potrebbe perdere il controllo da un momento all’altro e, ovviamente, Moriarty gioca proprio su questo. Sarebbe un grande piacere per uno come lui assistere alla crisi di nervi dell’uomo di ghiaccio.  
<< Sono molto molto deluso di te, signor Holmes >> esordisce James, scuotendo il capo con fare teatrale. << Io mi chiedo: perché? >> domanda con lo sguardo da cucciolo ferito. << Perché non me lo hai detto? >> grida e la sua voce rimbomba contro le pareti antiche.
Mycroft cerca di sostenere il suo sguardo furioso e non tenta neppure di ribattere. Sa che non è il dialogo quello che vuole Moriarty. Sta portando avanti un monologo a effetto, giusto per colpirlo e deve ammettere che ci sta riuscendo.
<< Pensavo lo avessi capito cosa voglio da te. E pensavo avessi capito a cosa vai incontro se non mi obbedisci, ma evidentemente questa brillante testa è troppo dura >> grida nuovamente. << Invece, di riferire a me della presenza di quegli scarafaggi spagnoli e dei loro piani ai miei danni, tu hai deciso di correre dal tuo amichetto, l’ex detective… com’è che si chiama? >>.
<< Gregory Lestrade >> risponde Mycroft cercando di mantenere un contegno nella voce, che, però, vibra spaventata.
<< Oh, sì. Gregory Lestrade. Hai insistito per tenerlo dentro Scotland Yard dicendo che poteva tornarci utile e in un certo senso utile lo è stato. Per te >> dice tra i denti sporgendosi verso di lui. << Grazie a lui hai scoperto che il nostro consulente e il suo dottorino sono ancora vivi e ancora una volta, invece di comunicarlo a me, hai visto bene di tenere la cosa tutta per te. Hai capito, adesso, perché ti ho portato qui? >> conclude con sguardo accorato. Mycroft non sa cosa ribattere. Automaticamente annuisce e Moriarty ride di quella sua sommessa resa.
<< Eri davvero così sicuro di potermi fregare? Di farla in barba a me, Moriarty, il Napoleone del crimine? >> ride sguaiatamente facendogli accapponare la pelle. << Come hai potuto anche solo pensare per un misero, inutile momento che io non fossi al corrente di ogni cosa? >> grida furioso balzando in piedi. Gli occhi spiritati che gli punta contro sono terribili come le canne di un fucile dalla sicura danneggiata e il grilletto sensibile. Mycroft registra con un secondo di ritardo l’informazione che gli ha dato.
<< Sì, mio caro uomo di ghiaccio >> dice in tono bonario. << Sono a conoscenza del fatto che avevi capito esserci una talpa nel team di giornalisti. D’altronde, Juan Hernandez stesso va dicendo che è meglio non fidarsi mai di gente come loro. Come hai potuto vedere, infatti, ho risolto personalmente i miei problemi con il mio editorialista. In modo definitivo, direi >>.
<< Già >> sussurra Mycroft sull’eco della risata di James.
<< Quella talpa ci ha contattati pochi giorni dopo il salto dal tetto del Bart’s del nostro Sherlock. A proposito, non ti ho mai fatto i complimenti per l’ottimo lavoro di organizzazione. Sappiamo essere una bella squadra io e te. Ed è proprio per questo che simili faccende mi indispettiscono, Myc >> sbuffa, mettendo su un broncio da bambino. << Che Sherlock rimanesse ferito non era nei piani. Quando ci si trova in mezzo al fuoco incrociato possono capitare simili incidenti >>.
<< Questo vale anche per i tre A.G.R.A? >> domanda Mycroft indisponendo Moriarty.
<< Magnussen era più preparato e furbo di quanto ci aspettassimo. Tre ottimi sicari sono rimasti uccisi e sia a me che a Seb piange il cuore per la loro fine >>.
<< Sono addolorato per la vostra perdita >> dice sarcastico Mycroft. James abbozza un sorriso per poi volgere lo sguardo a uno dei suoi scagnozzi, che si avvicina all’uomo di ghiaccio e lo colpisce al viso con un sonoro schiaffo.
<< Farai meglio a tenere l’ipocrisia fuori da queste mura e lontano dalla mia presenza, Myc >> dice serio Moriarty porgendogli un fazzoletto col quale tamponare il labbro spaccato. << Tornando a noi, il nostro caro consulente, seppure gravemente ferito, non smette di sorprendermi >> racconta svaccato sulla poltrona. << Il suo dottorino ha coinvolto la piccola Hooper, che prima lo ha strappato alla morte e poi si è portata a casa tutta la banda. Da lì, Sherlock ha ingaggiato niente poco di meno che il nostro ex detective, Gregory Lestrade >>.
Mycroft strabuzza gli occhi, cosa che non passa inosservata a James.
<< Sì, da qui inizia l’aggiornamento. Mettiti comodo perché ci sono molte prelibatezze nel menù >> gongola allegro. << Il giovane Holmes ha convinto l’incorruttibile Lestrade a rubare dal deposito di Scotland Yard uno dei fucili degli ex A.G.R.A. e a consegnarlo alla tua eccellente segretaria. Sì, perché la tua servetta è corsa dal nostro consulente preoccupata per la tua sparizione e questo, benchè fosse più morto che vivo, si è ingegnato per permetterle di salvarti! E sai cos’ha fatto Anthea con quel fucile? >> lo incalza Moriarty, godendo della sua recita. << Si è messa alla ricerca di Moran e, nel tentativo di catturarla per obbligarla a rivelarle dove ti ho nascosto, le ha distrutto il polso destro e compromesso anche il braccio sinistro >> ringhia Moriarty furioso. <<  Mia sorella ha rischiato di morire a causa tua, mio caro uomo di ghiaccio, ma la cosa peggiore è che ha perso del tutto l’uso del braccio destro! >> grida balzando nuovamente in piedi. Misura a grandi passi la stanza, camminando avanti e indietro mentre sbuffa come un toro impazzito. Sebbene Mycroft rida internamente della brutta fine dell’ex caporale, sa quanto questa non sia per nulla una buona notizia, dal momento che quella donna è ancora viva.
<< Devo ammettere che Sherlock ha avuto un’idea geniale: un cecchino per eliminarne un altro >> dice riflettendo poi sulle sue stesse parole. << Sì, lo ammetto, mi ha colto alla sprovvista e ha colto alla sprovvista anche Seb. Per fortuna ha ancora il braccio sinistro sano e, ovviamente, vuole vendicarsi. Così le ho concesso di chiedere aiuto alla nostra piccola talpa. Sherlock arriverà qui col suo seguito grazie all’indizio che ho lasciato nel salotto di casa tua e che ovviamente lui ha risolto in poco tempo. La tua Anthea, invece, ha già l’onore di essere nostra ospite >>.
Moriarty schiocca le dita e Moran, il suo braccio destro nonché folle sorellastra varca la soglia della stanza.
<< Buonasera, signor Holmes >> dice con quel tono adulatorio al punto da essere offensivo. << Ci sono visite per lei questa sera >>.
Impartisce un ordine con un cenno del capo e un ragazzino entra nella stanza trascinando bruscamente Anthea. Nuda e tremante, bagnata come un pulcino la ragazza incespica sui suoi stessi piedi, strattonata a forza e costretta a inginocchiarsi a pochi metri da lui. Una stretta aggredisce lo stomaco di Mycroft nel vederla umiliata a quel modo, china in avanti nel tentativo di mostrarsi il meno possibile ai suoi occhi.
Moran si avvicina al fratello e con un altro cenno del capo impartisce il suo ordine al ragazzino, che prontamente tira Anthea per i capelli sollevandole il viso. Gli occhi della ragazza incontrano i suoi. Sono carichi di vergogna e imbarazzo. Sfugge al suo sguardo e per tutta risposta il ragazzo le da uno schiaffo, obbligandola a tenere gli occhi fissi su di lui.
<< Mi dispiace per lei >> sussurra James pieno di cordoglio. <<  Seb ha intenzione di farla soffrire. Tanto. Diventa diabolica quando ci si mette >>.
<< E’ stata lei a cominciare >> si giustifica la donna. << Avrei ancora il braccio destro se si fosse fatta i fatti suoi. Lei, invece, non ha potuto fare a meno di fare di tutto per salvarti, signor Holmes. L’amore, che sciocco sentimento >> dice tra i denti scuotendo il capo.
<< Suvvia, Seb, non saremmo qui a divertirci se non fosse per l’amore >> ribatte James ponendo enfasi sull’ultima parola. << Oh, che maleducato, permettimi di presentarti Skyfall, la nostra talpa all’interno dei ‘Los Errores’. È grazie a lui che abbiamo catturato al tua servetta. Ha tradito il nostro consulente e il suo amichetto per patteggiare e poter salvare la pelle ai colleghi. Eh, sì, è proprio vero che non bisogna mai fidarsi di un giornalista >> dice scoccando un’occhiata complice alla sorella che annuisce decisa. << La tua Anthea si è fatta fregare come una dilettante questa volta. C’è da dire che il nostro amico sa fare il suo lavoro. Sono quasi tentato di assumerti >>.
<< La ringrazio, ma non sono questi gli accordi >> ribatte il ragazzo sicuro di sé. Moriarty sembra restarci male, ma poi ride di gusto.
<< Oh, sì, la tua arroganza mi piace davvero tanto >> insiste applaudendo.
Il ragazzo non si scompone. Abbozza appena un sorriso chinando il capo in segno di saluto, senza mollare la presa salda sui capelli di Anthea. Mycroft si era informato più che bene sui componenti di quello strano team di giornalisti quando Sherlock aveva deciso di unirsi a loro. Ricorda l’inquietudine che Àngel Dos Santos, in arte Skyfall, gli aveva provocato e che ora gli ripropone. Il ragazzo si volta verso di lui e gli fa l’occhiolino sorridendo arrogante.
<< E’ sempre un peccato perdere un ottimo elemento, efficiente e professionale >> continua Moriarty avvicinandosi ad Anthea. << Per non parlare della presenza scenica >> aggiunge carezzandole il viso che la ragazza tenta di sottrarre allontanandosi per quanto le è possibile. << Hai gusto nello sceglierti le donne, signor Holmes, lasciatelo dire >>.
Quell’ammiccare malizioso gli da il volta stomaco e, se non ci fossero ancora troppe cose in ballo, Mycroft lo colpirebbe volentieri con un pugno in pieno viso. Si vede costretto, però, a chiudere gli occhi. Non può fare a meno di farlo. Di ritrarsi per un breve istante dalla presenza soverchiante di Moriarty e dal peso di ciò che sta accadendo dinanzi a lui.
<< Seb, temo tu ti sia sbagliata. A quanto pare al nostro uomo di ghiaccio poco importa delle sorti della sua servetta >> dice Moriarty. Quell’abominevole donna cerca il suo sguardo e gli sorride vittoriosa prima di rivolgersi al fratello.
<< Fidati di me, James. Lascia che mi occupi di questa cagnetta e che gli mostri il risultato delle mie attenzioni e vedrai come crollerà, il nostro signor Holmes >>.
Con un altro gesto del capo ordina a Skyfall di seguirla fuori dalla stanza, trascinando Anthea con sè. Il giornalista esegue e lo sguardo disperato della ragazza resta impresso sulla retina di Mycroft, come fosse stato un sole abbagliante.
L’uomo di ghiaccio vorrebbe gridare a quella donna di lasciarla stare, lanciarsi su quel ragazzo traditore e allontanare le sue luride mani da lei. Stringerla a sè, come goffamente faceva con Jane quando gli volava tra le braccia. Quando era spaventata e cercava rifugio nell’abbraccio del fratello maggiore. È paralizzato, invece, Mycroft Holmes. Bloccato dalla testa ai piedi. Sotto shock, potrebbe dire un qualunque medico. Anche gli uomini di ghiaccio sono soggetti a traumi? A quanto pare sì.
<< Strane le donne, non trovi, Myc? >> gli dice Moriarty tornando a sedere alla poltrona. << Non hai un’opinione in merito? Certo. Non sei mai stato curioso delle relazioni e delle interazioni tra gli esseri umani, tu. Non ci fosse stato il nostro consulente investigativo non avresti praticamente nessun punto debole. Ti avevo proposto di liberartene, in modo da divenire perfetto come avrebbe voluto il tuo pazzo genitore, ma tu no, non hai voluto sentire ragioni. Non hai voluto darmi ciò che mi spetta di diritto >>.
Sentire Moriarty parlare di suo fratello scuote Mycroft dal torpore.
<< Sherlock non è una tua proprietà, James! >> ringhia gettando alle ortiche ogni cautela.
<< Ti, sbagli, Myc. Appartiene a me per parte paterna a te per via materna. Per te è sempre stato un peso, allora perché tenerlo? Sarebbe stato così logico, ma voi dovete complicare sempre tutto! >> grida.
<< Per l’ennesima volta, James, Sherlock non è tuo fratello. Tua madre e tua sorella ti hanno ingannato >>.
Moriarty ride, quella sua risata folle e sgraziata. La esaspera rendendola finta e conclude con un’espressione seria e crudele.
<< Lui è come me, Mycroft. Una volta tolto dal suo sentiero fatto di giustizia e dottorini da salvare diventerà esattamente come me. Faremo tante cose insieme. Sarò il suo nuovo gemello e lui potrà dare il meglio di sé smettendola di essere tarpato da te, da questa società, dal buon nome degli Holmes! >>.
<< Tu vaneggi >>.
<< Sappiamo entrambi chi sceglierà, il nostro fratellino, tra te e il suo dottore. Non ti addolora questo? Dopo tutto quello che hai fatto per lui? Nessun ringraziamento, solo tanto risentimento. La tua mente brillante scartata al posto di un banale, insipido essere umano mediocre >> dice con disgusto evidente. Mycroft non riesce a impedire che quelle parole lo tocchino. Sa, però, che non accadrà mai il contrario di quello che entrambi si aspettano.
<< Mi sta bene così >> risponde con un sorriso tirato.
<< Ah, contento tu! >> fa spallucce Moriarty. << Condannato a morte dal tuo stesso fratello. Ti stai rendendo conto, ora, per chi hai venduto l’anima al diavolo ponendo fine alla vita di tuo padre? Al tuo posto mi sentirei uno schifo, signor Holmes >>.
Moriarty si allontana, felice della sua battuta a effetto e della conseguente uscita teatrale. Lo lascia con il peso delle informazioni di cui lo ha messo al corrente.
Mycroft deglutisce lentamente. Se prima il suo timore più grande era quello di perdere suo fratello, ora si trova a fare i conti anche con il pericolo nel quale si trova Anthea. E benchè non stia piovendo, quando Moriarty si chiude la porta alle spalle, lasciandolo nuovamente solo con i suoi pensieri, le sue colpe e i suoi peccati, le lacrime sgorgano dai suoi occhi e scendono a rigargli il viso stanco e disperato. 
 
 
 

[1] Bitter Sweet Symphony – The Verve
[2] Citazione da ‘La pioggia nel pineto’ di G. D’Annunzio

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


 
Buonasera a tutti!
Dati i molti impegni previsti per domani e per i lunedì a venire, penso proprio che da questo capitolo inizierò a pubblicare la domenica, onde evitare spiacevoli ritardi.
Per prima cosa voglio rendervi partecipi della bellissima notizia che ho ricevuto martedì: il mio Sherlock è stato ritrovato ed è tornato qui a casa con me, per la gioia mia e di tutti quelli che hanno perso sonno e appetito sapendolo disperso.
Veniamo a noi, invece. Ci addentriamo nel piano architettato da Sherlock per salvare Mycroft e nella mente perversa e criminale dei due fratelli, James e Sebastiana.
Sono stati, questi, capitoli tosti da scrivere, che però mi hanno lasciato molto soddisfatta. Spero possano essere di vostro gradimento.
Vi auguro buona lettura e sarà lieta, io, di leggere le vostre recensioni.
Alla prossima
 
Patty
 
 
Capitolo 25
 
<< Cristo, Àngel aveva ragione: tu sei tutto matto, Billy! >>.
Le parole di Mistica rompono il grande silenzio che il lungo monologo di Sherlock ha creato.
John se lo aspettava. Era certo che quel piano impossibile avrebbe scatenato simili reazioni di stupore. I ‘Los Errores’ sembrano aver ricevuto una secchiata d’acqua gelida a testa.
Fox ha semplicemente chiesto a Sherlock in cosa avesse coinvolto Sky e questo gli ha risposto mettendoli al corrente, anche di ciò che avrebbe riguardato loro.
<< Scommetto che Àngel  non conosce questa parte del piano. Se ne fosse stato al corrente non si sarebbe mai prestato al gioco >>.
<< Era consapevole del fatto che lo stavo mettendo a conoscenza solo di una parte del piano. Ora ne è al corrente e, sì, non l’ha presa bene, ma, come me, non vede quale altra soluzione si potrebbe trovare >>.
<< Sei un maledetto stronzo, Sherlock >> dice Grey. Nel tono stanco, nella mano che passa sul viso è possibile vedere quanto il giornalista che lotta per la verità ne abbia abbastanza di sotterfugi e menzogne.
<< Uno stronzo che sta cercando di salvare il culo a tutti quanti >> sbotta John, che di sentire denigrare il suo uomo non ne ha proprio voglia. Sherlock, però, lo invita a non intraprendere la strada della difesa a spada tratta, scuotendo appena il capo.
<< Sì, Juan, hai ragione. Mi sono servito di Sky, ma se avessi espresso prima a tutti quanti quali erano i miei intenti questa operazione non sarebbe neppure partita e non abbiamo molto tempo. Se non fossi bloccato su questo maledetto letto avrei agito per i fatti miei, come sono solito fare. Ma, come vedi >>, dice indicando se stesso, << ho dovuto ingegnarmi. Non ho mandato Sky e Anthea a morte certa. Ho riflettuto a lungo e valutato tutte le possibili conseguenze e il piano che vi sto presentando è quello con la percentuale più alta di successo >>.
Grey e Fox si scambiano un’occhiata. John vede una serie di piccole e impercettibili smorfie alternarsi sui loro visi, come stessero parlando, sebbene le loro labbra siano immobili. Non sembrano, però, essere d’accordo. Grey distoglie lo sguardo e porta la mano agli occhi, mentre Fox si rivolge a Sherlock, il quale abbozza un sorriso stanco.
<< Come puoi essere certo che ci sia Àngel dietro i post sul forum? >>.
<< E cosa vorresti insinuare con questo? >>.
La sua domanda scatena l’ira di Mistica che scatta in piedi, i pugni chiusi e il corpo proteso verso di lui, pronta a dargli addosso.
<< Il piano che Sherlock ci ha esposto è talmente complicato che basterebbe un semplice errore per mandarlo all’aria. Àngel è indubbiamente preparato e eccellente nel suo lavoro di hacker, ma quella donna ha dimostrato di essere in gamba. Nessuno di noi si aspettava che se la prendesse con Molly eppure è successo. Non vedo perché non potrebbe aver scoperto tutto. Sky e Anthea potrebbero già essere morti e lei, attraverso la chat del forum di Ylenia, potrebbe stare tendendoci una trappola >>.
<< Le tue supposizioni sono legittime, Valerio >> ribatte Sherlock. << L’unico modo che abbiamo per verificarlo è portare avanti il piano e credere nelle capacità di manipolazione di Sky e Anthea >>.
<< E in Sherlock Holmes >> aggiunge John.
Persino il consulente lo guarda con tanto d’occhi per la sua uscita.
<< Tu hai scelto loro e se lo hai fatto è perché sei sicuro che siano in grado di portare avanti con successo il tuo piano. C’è la vita di tuo fratello in ballo e quelle di tutti noi, tutte persone alle quali tu tieni molto più di te stesso. Non sei uno sprovveduto, non metteresti mai a repentaglio le nostre vite. Come hai detto, se avessi potuto saresti già all’opera e noi staremmo impazzendo chiedendoci che fine tu abbia fatto. Credere in te, quindi, equivale a credere in loro. Per questo dico che io credo in Sherlock Holmes >>.
Il suo discorso porta a un lungo silenzio. Un silenzio durante il quale Mistica continua a tenere il consulente sotto il tiro dei suoi occhi scuri e arrabbiati. Tra Grey e Fox, invece, intercorre un’altra conversazione fatta di microespressioni facciali che questa volta si conclude con uno sbuffo da parte di Grey.
<< Quindi tu avresti detto a Sky di convincere Moran a darci tre settimane di tregua affinchè noi tutti potessimo riprenderci, lei compresa, al solo scopo di depistarla e poter cogliere lei e tutti gli altri di sorpresa irrompendo a Musgrave >> riassume e Sherlock annuisce. << Io mi chiedo, ed è questo che non riesco a comprendere, perché una donna come lei dovrebbe accettare di darci tempo anziché attaccarci subito, ora che siamo, appunto, più vulnerabili? Spiegamelo, per favore, perché mi sembra di essere in un episodio di Dragon Ball! >> ridacchia nervoso Grey, scostando più volte con un gesto secco del capo il ciuffo dagli occhi.
John si accorge di come Sherlock cerchi il suo sguardo. E’ stato, infatti, questo il punto più discusso tra loro. Anche il dottore ha più volte sollevato proprio il dubbio riportato da Grey in questo momento. John abbozza un sorriso e invita il suo uomo a dare al giornalista la stessa spiegazione che ha esposto a lui e che lo ha portato a convincersi della fattibilità del piano.
<< Come hai detto tu stesso, Juan, anche Moran è messa male. Anthea le ha causato delle ferite notevolmente invalidanti e che le richiedono, al pari delle mie, molto tempo per riprendersi. Al contrario di suo fratello lei è solita combattere in prima linea. È la mano che esegue i suoi ordini più importanti, quella che si espone mentre l’altro resta nell’ombra a intessere la rete.
La cosa che gioca a nostro favore, però, è la spaccature che Àngel mi ha confermato essersi creata la tra i due fratelli. Quella donna sta portando avanti una propria strategia della quale, sono convinto, James sia all’oscuro. Per questo motivo non può permettersi di mandare avanti altri senza che sia lei stessa a guidarli. Se questi fallissero i suoi piani sarebbero scoperti >>.
<< E allora? >> sbotta Mistica rompendo il suo silenzio. << Perché una donna che non teme niente e nessuno dovrebbe preoccuparsi se il fratello, che fa già ciò che lei vuole, scopra che sta cercando di fargli le scarpe? >>.
<< Perché per quanto ne sia soggiogato Moriarty è comunque intelligente e pericoloso e Moran questo lo sa bene, dal momento che lo ha cresciuto a sua immagine e somiglianza >> ribatte Sherlock infastidito dal dover spiegare l’ovvio. << Moran ha più volte dimostrato di avere in odio il genere maschile. Sa bene quanto questo sia un mondo di maschilisti e, per quanto una donna possa essere forte, astuta e folle, come lei, sa che verrà sempre e comunque presa meno sul serio di un uomo. Io penso che usi il fratello come paravento, un po’ come questi sta usando Mycroft allo stesso modo. Non tarderà ad arrivare, però, il momento in cui non le serviranno più e si sentirà forte abbastanza da agire allo scoperto. Allora li eliminerà senza farsi troppi problemi >>.
<< Dici che arriverebbe anche ad uccidere il proprio fratello? >> domanda scettica la ragazza.
<< Lo avrebbe già ucciso da bambino se non lo avesse ritenuto utile. Me lo ha detto lei stessa >> risponde John lasciandola senza parole.
Un altro lungo silenzio segue durante il quale ancora una volta Grey e Fox dialogano senza parlare. Mistica, invece, fissa un punto imprecisato del pavimento e sembra aver perso tutta la sua rabbia.
<< Ok, Sherlock, ho capito quanto dici e cosa ti ha portato a questo piano. Resta il fatto che noi siamo davvero messi male per poter attaccare Musgrave adesso >>.
<< Solo tre di noi >> ribatte Sherlock lasciando Grey a bocca aperta.
<< Sherlock… ma tu hai idea di cosa voglia dire dividerci in questo momento? Io non posso lasciare te, John e Miriam da soli su questo camper in queste condizioni, te ne rendi conto? Se dovesse andare male vi raggiungerebbero e catturerebbero in un amen >>.
<< Io mi sono ripreso, Juan >> ribatte John. << Mi rendo conto di non poter correre, ma non ero in grado di farlo nemmeno prima, a dirla tutta. Per guidare, sparare o fare a botte, però, ci sono e sono in grado di proteggerli >>.
Grey lo guarda scettico prima di rivolgere lo sguardo nuovamente a Fox. John si volta apertamente verso il ragazzo e questi annuisce deciso al suo capo che sbuffa sonoramente.
<< Mi auguro, Sherlock, tu abbia davvero riflettuto molto bene su questo piano, perché dovesse andare male avresti troppe vite sulla coscienza >>.
<< Sono vite che sto cercando di salvare, Juan e, mi spiace dirlo, ma la maggior parte di queste vite non mi aspettavo di doverle salvare, né ho chiesto io loro di aiutarmi, per quanto sia più che grato lo abbiano fatto. Inoltre, quanto è successo è anche causa delle scelte sbagliate di Àngel. Non sono l’unico a doversi prendere delle responsabilità qui, Juan >>.
Grey annuisce e sospira rassegnato.
<<  Cosa dobbiamo fare? >> chiede Fox riportando l’attenzione sul piano. Sherlock volge lo sguardo a John lasciandogli la parola.
<< Per prima cosa, dobbiamo procurarci il necessario per creare le bombe carta. Siamo appena arrivati e l’ora tarda non ci aiuta, quindi domani andrete in più supermercati e negozi possibili e acquisterete ogni tipo di petardi. Più ne abbiamo meglio è. Le bombe dovranno essere sei e  grandi se vogliamo creare danni seri. Procuratevi anche chiodi, bulloni, e qualunque altra cosa da mettere all’interno affinchè siano devastanti. Portate tutto al più presto, in modo che possa lavorarci e prepararle di modo che dopodomani possiate piazzarle e permetterci per le 7 di sera di far partire l’operazione Musgrave >>.
<< E voi siete sicuri che per allora Àngel e Anthea riusciranno a liberare tuo fratello e uscire indenni da lì? >>.
L’osservazione acida e puntuale di Mistica genera uno strano silenzio nell’abitacolo del camper. Questa ragazza sembra davvero essere molto brava a cogliere il punto importante e cruciale di qualunque situazione, nonchè quello più imprevedibile e pericoloso.
<< Non ho una risposta certa a questa domanda, Miriam >> le confessa Sherlock esausto. << Possiamo solo sperare, avere fiducia nelle capacità di Àngel e di Anthea e in questo piano >>.
Grey si alza in piedi, il volto stanco di chi ha bisogno di prendersi una pausa. Senza dire nulla si dirige verso il posto di guida e lì si siede poggiando la testa sul volante.
Fox rivolge un’occhiata a Sherlock. John non ha idea di cosa si stiano dicendo, ma il suo uomo sorride mentre il ragazzo raggiunge il suo capo al sedile passeggero. Tira la tenda che separa la zona guida da quella abitabile dando a intendere di non disturbarli.
<< E’ davvero difficile esserti amica, Sherlock >> sussurra Mistica volgendo appena lo sguardo triste al consulente. << Io non so cosa accadrà. Sento, però, che quando tutto sarà finito, se avremo l’onore di aver salva la vita, nulla sarà più come prima. Sta già succedendo >> dice, volgendo lo sguardo alla tenda tirata, dietro la quale si sentono i borbottii di una discussione sussurrata tra i suoi colleghi. << Io… vorrei poter credere in te, Sherlock, ma non riesco a capire fino a che punto mi possa fidare di te. Sei peggio dei miei mille travestimenti. Io non so mai che faccia avrò domani. Di te non so dire cosa escogiterai e su quale dei fili della complessa ragnatela che stai tessendo mi ritroverò agganciata. Mi fai paura >>.
La ragazza si alza dalla seggiola sulla quale era seduta e zoppica fino allo sportello sulla fiancata del mezzo. Lo apre, facendo entrare un refolo d’aria capace di ricordare a John l’esistenza del mondo esterno, ed esce fuori lasciandoli soli.
Sherlock appare stanco. Stanco di dover portare il peso della sua genialità, della sua capacità di deduzione che lo rende scomodo, antipatico e insopportabile. Che spaventa, appunto, portando l’altro ad allontanarsi.
Il consulente gli sorride, ma non ci sono allegria né tranquillità sul suo volto. John è consapevole della possibilità che Sherlock abbia tenuto per sé ancora altre parti importanti del suo piano. Non ci si può aspettare che agisca del tutto allo scoperto. Avrà sempre qualche piano di riserva da attuare per potersi salvare o salvare chi gli è accanto.
John si avvicina al suo uomo e affonda la mano tra i suoi ricci corvini in un muto gesto di attenzione e conforto. Sherlock chiude gli occhi per meglio assaporare queste attenzioni, così bene accette dopo il duro confronto con gli spagnoli. Si siede al suo fianco e lo stringe in un abbraccio rassicurante con il quale vuole dirgli di essere pronto a sostenerlo sempre, qualunque cosa accada. Non riesce a mettere a parole, però, questo pensiero. Un tempo, neppure troppo lontano, se la sarebbe presa per quella che avrebbe definito una mancanza di fiducia nel non voler condividere ogni cosa con lui. Ora, però, ha capito cosa porta il suo uomo a compiere simili decisioni. Lo ha capito e lo accetta. Ciò che può fare adesso è stargli accanto, ora che chi è giunto da lontano per salvarlo se ne sta pentendo. Ora che lo vedono come un bieco manipolatore, piuttosto che come un abile stratega col solo intento di salvare le vite di tutti loro.
<< Sono così stanco di tutto questo, John >> sussurra Sherlock contro il suo petto.
<< Lo so, amore, e sono qui per aiutarti a portare questo peso che ti stanca. Andrà tutto bene, vedrai >> dice posandogli un bacio sulla fronte.
Non è per nulla sicuro, però, che davvero ogni cosa andrà per il verso giusto. Ha una brutta sensazione, John Watson, di quelle che era solito avere prima degli scontri più violenti e sanguinosi che si è trovato a fronteggiare in Afganistan, l’ultimo dei quali si è concluso con una pallottola nella spalla sinistra che si è portato via la sua carriera nell’esercito.
Molto di più potrebbe perdere questa volta. Ravviva la stretta attorno a Sherlock che sente rilassarsi sempre più, per fortuna.
“Non permetterò a nessuno di farti del male, né, tantomeno, di portarti via da me” pensa deciso perchè è proprio questo che teme, che Moriarty riesca in qualche modo nei suoi intenti, fregandoli tutti quanti.
 
***
 
Camuffare l’inconfondibile rumore dei conati di vomito è una delle cose che Sky ha imparato durante la sua collaborazione con Grey. Ha perso il conto delle inchieste condotte durante le quali si è dovuto infiltrare protetto da uno degli abili travestimenti di Mistica. Si è ritrovato dinanzi a scene di crudeltà gratuita che gli erano note, dati i suoi trascorsi, ma di fronte ad alcune delle quali trattenere i conati era stato difficile. Quando ci si finge cinici, glaciali dinanzi alla violenza e anzi pronti a perpetrarla, manifestazioni fisiche di questo tipo rischiano di compromettere la copertura e cacciare in un mare di guai.
Per questo fa partire lo sciacquone nel momento esatto in cui vomita. Grey gli ha detto di aver appreso questa strategia dalle ragazzine bulimiche e Sky non può fare a meno di ringraziarle. Un ennesimo pensiero privo di alcun senso. Deve fare l’impossibile per restare aggrappato alla ragione.
Porta automaticamente le mani alla bocca per reprimere il più possibile alcun tipo di rumore, ma la ritrae ricordandosi di averla sporca di sangue. Le insapona e le strofina energicamente e le lacrime che sente scendere sulle guance a rigargli il viso è un altro elemento fisico che può metterlo seriamente nei guai.
“Billy maledetto!” pensa e la proposta di Moran di essere lui a porre fine alla vita del consulente la vede ancora più allettante. Lo ha pensato anche quando lo ha reso partecipe, attraverso i messaggi in codice scambiati sul forum, di come sarebbe proseguito il suo piano.
“Io mi sto facendo il culo per tentare di salvarli e lui li manda qui a piazzare bombe affinchè possano salvare il suo amato fratellino!” pensa, sputando nel lavandino l’acqua con la quale si è sciacquato la bocca. Porta le mani umide al viso e respira profondamente.
Sente lontane le grida di Anthea. Evidentemente, benchè Moran abbia deciso di ritirarsi per la notte, non ha sollevato i suoi scagnozzi dal continuare a giocare con la vita di quella povera ragazza.
Come ha intuito, Moran nutre forti dubbi sulla veridicità di quanto le ha raccontato alle case vuote. Per questo lo ha messo alla prova, cosa che si aspettava da una come lei. Si era aspettato di essere sottoposto a una prova violenta, cruenta e lei non lo ha deluso.
<< Hai detto che ti ha maltrattato per aver tradito Sherlock. A te l’onore di aprire le danze >> le aveva detto porgendole il ferro incandescente.
Nelle favelas, Sky aveva conosciuto un vecchio libanese che gli aveva detto di essere stato un torturatore e questi gli aveva raccontato che esistono diversi livelli e gradi di tortura. Per prima cosa la vittima viene spogliata, affinchè si senta non solo umiliata ma anche priva di ogni tipo di protezione e del tutto in balia dei suoi aguzzini.
Poi la si può bagnare con acqua gelida per disorientarla e portarla a rabbrividire, in modo che i suoi movimenti siano ancora più impacciati e la sensazione di pericolo ancora più alta.
Legarla mani e piedi aumenta la sensazione di non avere scampo e allo stesso tempo provoca ferite, portando al vittima ad auto infliggersi delle lesioni mentre cerca di sottrarsi ad altre forme di violenza. Impedirle pure di agitarsi, col tempo la porta, insieme a tutto il resto, a non reagire più. Cosa noiosa, a quel punto, per un torturatore, ma che è l’apoteosi stessa della tortura: spingere all’alienazione.
 Sky si è sforzato di mostrarsi felice nell’accettare il ferro rovente col quale avrebbe causato le prime bruciature sulla bella pelle di Anthea.
<< Debemos protegernos de la empatìa y la ùnica forma en que podemos hacerlo es no involucrarnos; de lo contrario, el horror nos inmovilizarà y no podremos hacer nada[1] >> ha sempre detto loro Grey durante le inchieste più dure e Sky ha fatto suo ancora di più queste parole. Perché mai nei suoi anni da giornalista è stato obbligato alla tortura.
Il ghigno sadico che si è piazzato in faccia a vacillato dinanzi alle smorfie di dolore di Anthea. Si è sforzato di improvvisare, di evitare di seguire pedestremente le istruzioni di Moran per darle a intendere di essere davvero dalla sua parte.
E tra una sevizia e l’altra, nelle grida eccitate del gruppetto di uomini presenti, e riuscito a sussurrare all’orecchio della ragazza il piano del fratello del suo amato. Nonostante il dolore ha visto il barlume di lucidità nei suoi occhi, che gli ha permesso di capire che Anthea aveva colto il messaggio. Non sa se al suo posto sarebbe stato capace di restare così lucido e si è inchinato a tanta presenza di spirito e ragione.
Le urla si interrompono e Sky prega che sia solo svenuta.
“E questa è appena la prima notte in questo inferno” pensa sapendo di essere chiuso in quel bagno da troppo tempo. Sente il vociare del gruppetto di aguzzini dirigersi ai bagni e si rende conto di trovarsi nel posto sbagliato. Maledettamente sbagliato.
A quanto pareva a Moran non era bastato assegnargli le torture peggiori ai danni di Anthea, nè la sua maschera di freddo distacco, mentre agiva, l’aveva convinta.
“E finchè le vedrò quell’espressione scettica in faccia non potrò dirmi tranquillo” pensa uscendo dal bagno ed entrando nella sala comune adiacente, pronto ad affrontare il suo destino.
<< Ecco il nostro angioletto, ci chiedevamo proprio dove fossi finito. La tua amichetta ha ceduto e non c’è gusto quando svengono >>.
<< Non è mia amica >> precisa muovendosi verso la porta.
<< Eppure sembrava proprio te la godessi un mondo con lei >> dice uno di loro bloccandogli il passaggio. << E’ vero quello che ha detto il capo dopo avervi portato dal prigioniero? >>.
<< Oh, sì, è davvero curiosa quella storia. Moran ha detto che sei dei nostri, ora, perché non ce la racconti >>.
<< Con tanto di immagini, magari >>.
Le risate volgari di quei quattro rifiuti umani gli mandano il sangue alla testa. Si aspettava sarebbe andata a finire così. Era andato tutto fin troppo bene. Avevano condotto Anthea dal suo capo e recitato quella scenetta durante la quale lui e la ragazza sono pure riusciti a far capire al Governo Inglese le loro intenzioni.
Usciti da lì James Moriarty gli aveva stretto la mano e fatto molte domande inopportune e invadenti circa la sua ‘particolarità’. Una conversazione che al di fuori di quel contesto avrebbe ultimato con una scazzottata ai danni del simpatico curiosone. Moriarty, però, al momento è intoccabile se vuole che il piano vada in porto. Di questi quattro bastardi, invece, il mondo può fare volentieri a meno.
<< Non ne avete avuto abbastanza per oggi? >> domanda loro unendosi alla risata generale che rimbomba ancora nella stanza.
<< Di donne con le quali divertirci ne troviamo tutti i giorni, ma uno come te quando mai ci capita, vero ragazzi? >> i suoi compari gli fanno eco.
<< Io trovo lo stupro sia una forma di tortura così banale >> dice Sky con aria saccente.
<< Noi siamo persone semplici, angioletto, ci divertiamo con poco >>.
<< Non credo che Moran sarebbe felice di sapere che vi siete divertiti anche con me >>.
<< Siamo bravi a non lasciare segni evidenti e tu ci farai il favore di non dire niente >> dice uno ponendosi alle sue spalle.
<< E poi chi sei tu per essere così tanto nelle grazie di Moran? >> chiosa un altro chiudendogli la via di fuga laterale.
<< Io penso tu stia tentando di raggirare lei così come hai preso per il culo i tuoi >>.
<< Stai dicendo, quindi, che Moran non è in grado di capire se qualcuno le sta mentendo o meno? Non sarebbe felice di sapere che la credi così sprovveduta >>.
<< E chi dice a te che non sia stata lei a dirci di darti una raddrizzata? >> ribatte il primo andando verso di lui.
<< Questa è altra storia >> risponde Sky piantando bene i piedi per terra.
<< Ha detto che vuole il tuo cellulare. È sicura che ne possiedi uno e che tu stia comunicando ancora con i tuoi amici, chissà, forse per preparare un attacco >>.
<< E sarebbe stata così maldestra da lasciarmelo addosso per tutto questo tempo? >>.
<< Non ho detto questo >> ribatte l’uomo tra i denti. << Dammi il cellulare >>.
<< Non vedo perché dovrei darlo a te. Sarò più che felice di consegnarlo direttamente a lei affinchè si renda conto che non lo sto usando in nessuno per comunicare con nessuno >>.
<< Oh, no, invece tu ci darai quel cazzo di smartphone insieme a tutto ciò che vorremo >> dice mettendo su un ghigno brutto e volgare.
Sono passati molti anni dall’ultima volta che ha subito una violenza di gruppo e Sky non intende rivivere l’esperienza. Era solo un ragazzino inesperto, allora, diverso dall’adulto che è oggi. Un adulto in grado di fare a pezzi quattro persone e andarsene via fischiettando.
<< Allora, amico mio, che dire? Vieni a prenderti il mio smartphone e tutto il resto >> li invita aprendo le braccia.
Sfrutta subito quell’istante di sorpresa nel vederlo del tutto privo di timore per attaccare per primo proprio il simpaticone che gli ha bloccato la strada.
<< Tu eres ligero, àgil y flexible. Estas caracterìsticas le permitiràn escapar de cualquier peligro, come una anguila[2] >> gli aveva detto Grey durante il suo primo addestramento con lui. Era così stupido all’epoca da pensare di sapere già tutto sugli scontri corpo a corpo e di non avere bisogno di lezioni.
“Per fortuna si cresce e si diventa umili” pensa mentre strappa dalla fondina del bastardo la pistola e gli fa esplodere la testa. Lo usa come scudo per proteggersi dai colpi degli altri che non hanno perso tempo ad armarsi. Li fa fuori uno ad uno e lascia andare il suo scudo umano ormai trapassato.
Dopo anni si è ritrovato a doversi difendere. A dover uccidere per salvarsi. Guarda i vestiti lordi di sangue, le mani nuovamente macchiate e la pistola ancora stretta in pugno e si ritrova vent’anni indietro, nelle narici il puzzo insopportabile delle immondizie sparse per le stradine delle favelas, nelle orecchie la eco degli spari in lontananza.
“O trovão[3] pensa scuotendo poi forte la testa per richiudere quel cassetto della memoria chiuso da troppo tempo. Da che ha incontrato quell’abominevole donna stralci del suo passato gli attraversano la mente. Lo colpiscono allo stomaco con la stessa ferocia con la quale gli scagnozzi di Moran si sono accaniti su Anthea
Passi alle sue spalle lo sorprendono. Sky si volta, la pistola in pugno pronto a far fuoco.
<< Quattro uomini a terra e nemmeno un graffio. Niente male per una creatura così piccola >>.
Moran lo osserva curiosa e Sky deve fare un vero e proprio sforzo per abbassare l’arma anziché fare fuoco.
<< Dicono che nella botte piccola ci sia il vino buono >> dice facendo spallucce. La donna ride della sua battuta. Un sorriso dolce le curva le labbra. Lo osserva come fosse soddisfatta di lui che ha appena fatto fuori quattro dei suoi uomini.
<< Erano solo degli sciocchi, inutili omuncoli. Ti ringrazio per avermene liberata >> gli dice avvicinandosi a lui di qualche passo.
<< Potevi chiedermelo in altro modo, anziché mandarli qui con l’intento di stuprarmi. Sono deluso di te, Moran. Con tutte le torture che esistono a questo mondo mi cadi proprio sulla più ovvia, scontata e banale. Ti prego! >>
La donna ride di gusto del suo atteggiamento, delle sue parole, della sua presenza scenica, come la chiama Fox. Ride e quel velo di scetticismo nei suoi confronti sembra essere scomparso.
<< Avevo bisogno di capire se posso fidarmi di te, Skyfall. Spero tu possa comprendere >> gli dice ritornando seria. << Tu e i tuoi amici siete molto bravi a intessere doppi giochi e con Sherlock dalla vostra avevo bisogno di una prova ulteriore >>.
<< Se sono qui è solo per salvare i miei amici. Di Sherlock non me ne frega nulla >> le dice consegnandole il suo smartphone. << Eccolo qui. Ci troverai tante belle foto e qualche chat un po’ hot. Penso possano essere un ottimo passatempo per te, se ti piace il genere, si intende >>.
Moran sorride e allontana la mano di Sky da sé. Scuote il capo dinanzi al suo stupore.
<< Tienilo pure con te. Ho capito chi sei davvero >> gli dice facendogli gelare il sangue. L’idea che questa donna può essersi fatta di lui lo inquieta. Che l’abbia conquistata è un punto a suo favore, ma, allo stesso tempo, avere la stima di una pazza psicopatica non è propriamente una cosa bella da inserire nel proprio curriculum vitae.
<< Vieni con me, forza >> gli dice facendogli strada.
Sky ripone l’arma nella cintura dei pantaloni e segue Moran lungo i corridoi di pietra di quella casa spaventosa. Capisce molte cose di Sherlock, ora che può vedere con i suoi occhi dove è cresciuto.
La passeggiata tra i corridoi carichi di quadri antichi raffiguranti pomposi nobili inglesi si conclude in una stanza piacevolmente arredata e riscaldata. Moran lo invita a servirsi del bagno per una doccia e lui accetta sentendo proprio di averne bisogno. Ritrova ad aspettarlo dei vestiti puliti della sua taglia, il suo cellulare e l’arma sottratta a uno di quei bastardi.
Quando torna nella stanza trova Moran seduta ad uno dei divani, intenta a piluccare da un vassoio carico di ogni ben di dio.
<< Accomodati e serviti pure. Immagino tu abbia fame >>.
<< Abbastanza >> dice lui che bada bene di prendere lo stesso cibo che sta mangiando lei. Vorrebbe chiederle perché si trovino lì a mangiare al calore di un piacevole fuocherello, mentre in altre stanze poco lontane un uomo giace digiuno da giorni e una donna svenuta dopo le torture subite. Bada bene, però, di tenere la bocca chiusa, cosa che gli riesce sempre poco e che è stato molte volte motivo di rimprovero da parte di Grey.
<< E’ stato Juan Hernandez ad addestrarti? >> gli chiede rompendo il lungo silenzio.
<< Sì. Ha trasformato un’accozzaglia di calci e pugni dati senza criterio in una tecnica di combattimento efficace >>.
<< E tutto questo per delle inchieste? >>.
<< Non andiamo mica a chiedere alle vecchiette di quanto gli hanno diminuito la pensione, sorella >> risponde accomodandosi meglio sul divano. << Abbiamo a che fare con la peggiore feccia del mondo >>.
<< Gente come noi, quindi >>.
<< Esattamente >> ribatte senza timore, cosa che sembra piacere molto a Moran.
<< Eppure, nonostante questo, sei qua >> gli dice facendo girare lentamente il vino nel calice che tiene in mano. << Sai, non sono in forma e non è solo per via di quanto hanno subito le mie braccia >> gli rivela scrutandolo attentamente. << Ho bisogno di una guardia del corpo. Una persona motivata della quale potermi fidare. Ho pensato a te perché nessuno di questi bambocci avrebbe avuto la motivazione che hai tu, dal momento che nessuno di loro sta tentando disperatamente di salvare chi ama vendendo l’anima al diavolo >>.
<< Sono onorato dell’opportunità che mi offri. In realtà non immaginavo tu avessi bisogno di una guardia del corpo. Anche in queste condizioni ti vedo più che in grado di proteggerti >>.
<< E lo sono, infatti. Sono in grado di proteggere me ma ho bisogno di aiuto per proteggere lei >>.
Lo stupore gli toglie il fiato facendogli cadere di mano il cibo. Moran sorride dell’espressione buffa che deve essersi impadronita del suo viso. Dei suoi occhi increduli, fermi sulla mano sinistra di lei dolcemente posata sul ventre.
<< E’ forte, la mia piccolina. Ho rischiato di perderla a causa di quella cagna, ma lei vuole vivere e tu mi aiuterai a proteggerla e a portare a casa il suo papà >>.
<< Il suo papà? >> domanda sconvolto. << Vuoi dire che… che è figlia di John? >>.
<< Certo, che domande >> risponde lei indispettita.
<< Aveva detto di conoscerti, ma non pensavo che voi foste così intimi. E poi… aveva detto di averti incontrata poco prima del salto di Sherlock dal tetto del Bart’s. Se tu sai già di che sesso è, però, i conti non tornano >>.
<< Non è carino fare questo genere di discorsi, Skyfall >> lo redarguisce accigliandosi. Si apre, però, poi in un sorriso luminoso. << A dire il vero è solo un mese che è con me, ma so, lo sento, che sarà una femmina >>.
Lo stomaco di Sky trema. La dolcezza con la quale questa donna accarezza il suo stesso ventre gli mette i brividi e non è normale. Dovrebbe intenerire l’amore di una madre per la sua creatura ancora così piccola, invece, lui riesce solo a provare una profonda paura. Gli occhi gli si velano di lacrime che rotolano giù senza che possa impedirlo. Moran lo guarda sinceramente stupita.
<< Scusami, ti prego >> le dice tergendo le lacrime. << Io… è che mi commuovo sempre davanti a queste cose. Non è il massimo, lo so, ma… sai com’è io… io non potrò mai avere questa gioia >> dice e l’espressione di empatia che le vede mettere su aumentano il suo terrore.
“Oddio, questa donna è pazza! Pazza da legare!” pensa mentre le lacrime continuano a scendere copiose dai suoi occhi. Moran si alza e lentamente si porta al suo fianco. Sky vorrebbe alzarsi e scappare via da lei, ma si impone di rimanere lì al suo fianco.
<< Ero sicura di aver riposto il mio segreto in buone mani >> gli dice posando la sua mano sinistra su quelle di lui strette l’una contro l’altra.
<< Il tuo segreto? Vuoi dire che nessuno lo sa? >>.
<< Nessuno a parte te e me >> risponde stringendogli le mani.
Qualcuno ha detto che l’arma migliore di una dittatura è la segretezza[4] e non c’è verità più grande. Perché il segreto vincola coloro che ne sono a conoscenza. Li lega a doppio filo molto più di qualunque altro sentimento. Soprattutto, però, il segreto è potenzialmente mortale. Se rivelato uccide le relazioni e, in casi come il suo, uccide gli uomini.
Una stretta gli arpiona lo stomaco e si ritrova a dover trattenere un conato.
“Mi hai incastrato, maledetta” pensa cercando di abbozzare un sorriso credibile.
<< Temevo di non riuscire a restare incinta. Sai, non sono più una ragazzina >> ammette sinceramente imbarazzata. << Mi sono caricata di cure ormonali in modo che quell’unica possibilità che mi si stava offrendo andasse in porto e come vedi ci sono riuscita >>.
<< Unica? >> sussurra Sky stordito da così tanta follia.
<< John si è fatto desiderare parecchio >> ridacchia come un’adolescente che sta facendo confidenze maliziose all’amica del cuore. << Non ne voleva sapere di uscire dalla casa di quel detective e così ho dovuto agire alla prima occasione che ho avuto. Pensavo bastasse ubriacarlo e invece lui ha persino tentato di resistermi. Ho dovuto forzarlo un po’ >> dice facendogli l’occhiolino. << Non è stata proprio la migliore performance sessuale che abbia vissuto in vita mia, ma sono sicura che col tempo saprà fare di meglio >>.
Sky rabbrividisce all’idea di John ghermito da questa strega. Non prova molta simpatia per il dottore, ma non merita di certo il guaio nel quale lo ha infilato questa donna.
<< Non potrà dirmi di no quando saprà di lei. È un uomo con un senso del dovere troppo alto per tirarsi indietro davanti alle sue responsabilità >> aggiunge e nuove lacrime cadono a rigare il volto di Sky.
La donna lo guarda stupita, del tutto incapace di capire cosa gli stia scatenando il pianto. La cosa che più gli lacera il cuore in questo momento è che sa quanto lei abbia ragione. John non permetterebbe mai a una parte di sè di crescere da sola con una donna simile. È riuscita ad incastrarlo. Lo ha davvero legato a lei in quel modo che solo donne simili sono in grado di escogitare.
<< Io… io non ho parole >> borbotta Sky tra le lacrime. << Hai raggiunto il tuo scopo e io… sono così felice per te >> dice facendosi del male. << Io… avrei voluto tanto poter avere la stessa cosa >> ammette regalandole un pezzo di sé, cosa che lo fa stare ancora più male. << Miriam se ne esce ogni tanto con questa storia dei figli. ‘Se ci sono riusciti Juan e Juliana non vedo perché non possa riuscirci io’, dice sempre. E io… oddio, io vorrei tanto poterle dare ciò che vuole. Tutto ciò che vuole anche un figlio, ma… io non posso. Sono uno sterile scherzo della natura >> dice esplodendo in tutta la sua frustrazione.
Moran lo accoglie tra le braccia proprio mentre lui più che mai vorrebbe scappare lontano. Il suo profumo troppo dolce gli da la nausea e la stretta forte, nonostante le braccia ferite, gli toglie il fiato.
“Deve essersi sentito così John. Deve essere stato terribile per lui” pensa singhiozzando come da troppo tempo non gli succedeva.
Ci sono molte cose nel suo pianto. Tutta la frustrazione della sua triste condizione. Quell’amore mai dichiarato e per il quale ormai non vede futuro. La tensione di quest’ultimo mese e di questa lunga giornata. I ricordi sfuggiti dai cassetti a causa della tortura ad Anthea, prima, e del plurimo omicidio, poi.
Si chiede se le cose sarebbero andate diversamente se non avesse deciso di contattare questa donna e proporle quell’assurdo patto. Se fosse stato tutto più liscio, incolume. Forse sarebbe lì con i suoi colleghi, Sherlock e John anziché tra le braccia di questa donna. Forse avrebbe ancora l’opportunità di stringere la sua mistica collega e dirle che non è solo un gioco per lui ciò che c’è tra loro. Che la ama da sempre, anche se non dovrebbe.
<< As piadas da natureza come vocè deveriam ser mortas no nascimento. Vocès, por outro lado, estào vivos. Nada mais pode ser concedido. Vocè jà deve ser grato por isso[5] >>.
Le parole del suo capo lo colpiscono come un pugno in pieno viso. Parole che gli sono rimaste impresse, come marchiate a fuoco nel cuore, nella mente, persino nel corpo e che lo hanno bloccato spesso nell’espressione dei suoi sentimenti, dei suoi bisogni, della sua vita quotidiana.
<< Io non credo tu sia inutile, Skyfall >> sussurra Moran al suo orecchio raggelandolo. << Ti sto affidando la mia vita e quella di mia figlia. Non darei mai così tanto in mano di chi non merita >>.
<< Di cosa hai paura? >> le chiede cercando il suo sguardo. La vede confusa dalla sua domanda. In un certo senso fragile nel dover parlare di cosa prova.
<< Di essere debole. La nausea mi distrugge e questo braccio >> dice con espressione sofferta. << Questo braccio ormai inutile mi lacera ad ogni minimo movimento. Io non temo mio fratello, ma non sono in grado ora di proteggermi da un eventuale attacco dei suoi uomini. Non sono tutti sotto i miei comandi e io temo che abbia capito qualcosa >> dice distogliendo lo sguardo. È davvero spaventata. Sente davvero di essere in pericolo. << Troppe volte mi ha invitato a farmi da parte con la scusa di queste ferite. Troppe domande mi ha fatto circa come me le sia procurate. Non mi crede. È strano, sai? Più Sherlock si fa vicino più lui sembra diventare forte. Prima lo manipolavo come meglio credevo, c’ero io dietro ogni suo decisione. L’ho portato io a propormi di sedurre John Watson per allontanarlo definitivamente da Sherlock. Mentre adesso… adesso ha iniziato a ragionare con la sua testa e a prendere le sue decisioni >> dice tra i denti. << Per questo devi uccidere quel dannato consulente investigativo >> conclude guardandolo dritto negli occhi.
Nei vent’anni trascorsi a Rio, Sky ha toccato il fondo e ne è risalito solo grazie a Juan. La sua mano tesa ad offrirgli un posto migliore, una via d’uscita, una seconda opportunità la vede sfumare ora che Sebastiana Moran lo ha messo al corrente del suo segreto.
<< Lo farò >> le dice mettendo a tacere ogni altra voce nella sua testa che possa implorargli di trovare il modo di fuggire da lì al più presto. Non vede, però, altra soluzione per poter salvare chi ama.
<< Siamo legati da un vincolo di segretezza, ora >> gli dice Moran col suo sorriso buono, mentre gli asciuga le lacrime dal viso. << Se lo violerai, i tuoi amici moriranno. Se ti allontanerai da me senza che te ne abbia dato il permesso, i tuoi amici moriranno. Se non ti prenderai cura di me… di noi e della nostra incolumità i tuoi amici moriranno. E voglio tu sappia che se mi tradirai riserverò alla tua amata lo stesso trattamento speciale che sto offrendo alla nostra cagnetta. È tutto chiaro, Sky? >>.
<< Tutto chiaro, Moran >> risponde lui con la morte nel cuore.
<< Rosie >> gli dice. << Ora siamo intimi >>.
Questa orribile donna posa le labbra sulle sue a sigillare quel contratto composto da troppe crudeli clausole ai suoi danni. Nel sapore amaro delle labbra di lei, Sky aveva trovato la sua fine.
Non lavora più per la sessione investigativa di ‘El Mundo’, capeggiata da Juan Hernandez, ora che si sta immolando per salvare lui e i suoi colleghi.
Non lavora più per Sherlock, ora che per la seconda volta ha accettato di eliminarlo.
Lavora per Sebastiana Moran, ora. Per lei e per quella creatura innocente che non sa a quali braccia perverse il destino crudele abbia deciso di affidarla.
 
 
[1] Dobbiamo proteggerci dall’empatia e l’unico modo in cui possiamo farlo è quello di non farci coinvolgere; altrimenti l’orrore ci immobilizzerà e non saremo più in grado di fare nulla.
[2] Sei leggero, agile e flessibile. Queste caratteristiche ti permetteranno di sgusciare da ogni pericolo, come un’anguilla
[3] I tuoni
[4] Edward Teller
[5] Gli scherzi della natura come te dovrebbero essere uccisi alla nascita. Tu, invece, sei vivo. Niente altro può esserti concesso. Dovresti già essere grato per questo

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Buongiorno e buona domenica a tutti.
In questo capitolo al posto dei soliti *** che dividono un paragrafo dall’altro ho deciso di usare una canzone che penso sia più che adatta al tema e al clima qui presentato.
L’amore silenzioso, quello vissuto nell’ombra, quello che frustra perché si sa essere impossibile da vivere, perché non è e non potrà mai essere ricambiato. Quando ho sentito per la prima volta questa canzone mi ha colpito proprio la disperazione di questo ‘Je t’aime’. La stessa che sento nei due protagonisti di questo capitolo.
Spero sia di vostro gradimento e sarò, come sempre, felice di leggere le vostre recensioni.
Buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 26
 
D'accord, il existait
d'autres façons de se quitter.
Quelques éclats de verre
Auraient peut-être pu nous aider.
Dans ce silence amer
J'ai décidé de pardonner
les erreurs qu'on peut faire
à trop s'aimer.[1]
 
Ognuno ha il suo punto di rottura. Quel momento che arriva dopo essere stati sottoposti a troppi stress e momenti di tensione. Chi ha una notevole resilienza è in grado di posticiparne l’arrivo, chi, invece, è più suscettibile ne viene subito travolto.
Mycroft Holmes è dotato di un’ottima resilienza. Nei suoi 43 anni di vita ne ha passate talmente tante da mettere a dura prova, ne è convinto, persino quel demonio che lo tiene prigioniero. Non mangia, però, da troppo tempo e non beve da troppe ore.
Negli ultimi due giorni, Anthea è stata portata nella stanza in cui è rinchiuso altre tre volte, sempre più provata dalle torture subite per il cinico piacere di Moran. Quella donna non ha mancato di accompagnarla una sola volta, facendola trascinare dal giornalista che sembra essere diventato la sua ombra. Tra una visita e l’altra gli è toccato sentire le grida della ragazza dalla camera accanto, dove le sevizie sono continue, rotte solo dai momenti in cui perde i sensi. Le risate dei suoi aguzzini, gli ordini dettati dalla voce ferma e distaccata di quella donna rendono il dolore di Anthea ancora più difficile da sopportare per Mycroft.
“E’ solo colpa mia. Non avrei dovuto tenerla con me. Non avrei dovuto essere così debole” pensa affondando le mani tremanti nei capelli ingrigiti dalla reclusione. “Questo piano è troppo pericoloso, Sherlock. Come puoi aver architettato qualcosa di così assurdo? Sei davvero come lui, allora? Sei davvero suo fratello?” pensa sentendo la ragione abbandonarlo sempre più.
 
<< Annette, Jane, Thea Holden, da te ribattezzata Anthea.
Curioso tu abbia omesso, nel creare il suo pseudonimo, proprio il nome che più ti ha colpito >>.
 
Le parole di Moran erano state come lamine di ghiaccio taglienti e senza scampo. Stava per rivelare quel segreto che solo lui credeva di conoscere.
 
<< Così le somiglia ancora di più, non credi? >>.
 
La cosa che più lo inquieta dell’ex caporale, è il tono di voce dolce e del tutto fuori luogo che usa. È già solo questo una tortura, un elemento capace di mandare in confusione chi la subisce. In questo tono di voce è racchiusa tutta la follia di questa donna.
Nella confusione delle parole di Moran, Mycroft aveva osservato il volto pallido carico di lividi di Anthea e aveva capito il senso di quanto l’ex caporale aveva detto al fratello, scettico riguardo a una loro possibile relazione.
Moriarty, però, ha ragione di essere scettico, perché negli occhi gonfi, pesti e infinitamente tristi di Anthea, Mycroft rivede il visetto ormai pallido e privo di vita della sua sorellina. E’ certo addolorato per quanto sta subendo la sua segretaria, ma non può fare a meno di vedere in lei Jane. È questo l’unico amore che prova nei suoi confronti.
 
<< Mia cara, non credo tu abbia avuto l’onore di vedere le foto che il coroner ha scattato a Eurus Holmes. Il tuo capo è molto geloso di quella storia, al punto da mettere sotto chiave tutti gli incartamenti che la riguardano.
Inutile dirti che io le ho viste e devi sapere che in questo momento le somigli ancora di più.
Se non sapessi che è impossibile penserei quasi che sia davvero tu quella bimba, in qualche modo scampata alla morte e nascosta dal fratello, cresciuta altrove e poi tornata, in un certo senso, in famiglia >>.
 
Mycroft ride di sé per aver pensato la stessa cosa riguardo ad Anthea, quando l’aveva incontrata. Con un pensiero del tutto privo di alcuna logica aveva sperato ci fosse lo zampino di suo zio Rudolph che, presi accordi con il coroner, avesse inscenato la morte della bambina per poi portarla via per salvarla dal suo destino. Aveva anche fatto ricerche in merito e si era dato dello stupido quando aveva scoperto che non poteva esserci nulla di vero in quella sciocca fantasia se non un rigurgito di senso di colpa e di infinito e stolto affetto.
<< Oddio, questo sarebbe il colpo di scena assurdo tipico di una soap opera argentina >> ripete ridendo della battuta che aveva fatto Skyfall e che tanto era piaciuta a Moran. Personalmente si sente più preso dentro una tragedia che in un romanzetto televisivo dalla trama piena di buchi.
 
<< Temo che neppure questa volta riuscirai a salvarla, Mycroft.
 Oh, ma forse lei non lo sa.
Anche perché credo che neppure Sherlock lo sappia >>.
 
La ragazza lo aveva guardato stupita, nonostante le percosse subite. Mycroft non le avrebbe mai rivelato quello che è il suo segreto, un segreto che lo ha sempre fatto sentire a disagio. Se lo sarebbe portato nella tomba e si diceva sempre che lo avrebbe negato in caso qualcuno lo avesse scoperto. Dinanzi alle parole di Moran, invece, si era sentito nudo quasi quanto Anthea e piccolo, infinitamente piccolo, preda della vergogna.
 
<< Mia cara, il tuo capo non ti ha scelta tra le altre nove candidate al posto che occupi da ben dieci anni per la tua preparazione, nè ti ha rinnovato il contratto dopo il termine del quinto anno per la tua devozione.
Lo ha fatto solo perché sei nata nello stesso anno, nello stesso mese ad appena un giorno di differenza dalla sua defunta sorellina.
Se questo non bastasse, porti il suo stesso nome e le somigli. Sì, potremmo dire che se avesse avuto la possibilità di crescere, tu e la piccola Eurus sareste state molto simili >>.
 
Anthea lo aveva guardato a lungo prima di abbozzare un sorriso, bellissimo nonostante le labbra spaccate e gonfie.
 
<< E’ un… onore per me… >>
 
Moran era andata su tutte le furie dinanzi alla sua devozione, persistente nonostante quanto staa subendo.
Pensa di aver capito, ora, Mycroft cosa sia l’amore. Ha sempre ritenuto strano quel fenomeno che porta due persone sconosciute a unirsi, a volte addirittura per una vita intera. In qualche modo trova sia anche inquietante.
Che sua sorella lo amasse poteva ancora comprenderlo, data la familiarità e lo stesso sangue. L’amore di Anthea, invece, gli giunge a consapevolezza con lo stesso fragore di un’onda che si infrange sugli scogli. Quel sorriso dolce, nonostante la brutalità della sua aguzzina. Quel ritenersi onorata di avergli ricordato la sorellina morta troppo presto e in modo troppo crudele. Lo stesso modo crudele che a piccole dosi continue e estenuanti sta subendo ora lei.
Qualcosa si era rotto in Mycroft. Qualcosa che lo aveva spinto a reagire davanti all’ennesimo calcio, condannando Anthea, con quella reazione istintiva, alla serie di torture successive.
Era stato, però, anche grazie a quell’intervento che aveva avuto modo di scoprire il folle piano di Sherlock.
Skyfall aveva difeso Moran puntandogli contro una pistola e lui gli aveva chiesto come potesse tradire i suoi amici e schierarsi col nemico.
 
<< Io non tradisco né mi schiero, signor Holmes.
 Difendo solo i miei interessi, proprio come siete soliti fare lei e suo fratello >>.
 
Il ragazzo aveva posto una strana enfasi nella seconda parte della frase. I suoi occhi scuri lo avevano fissano intensi e Mycroft ci aveva colto qualcosa, al punto da nascondere intuitivamente  lo stupore.
 
 << Conto di divertirmi parecchio con lei, Myc, e quando ne avrò abbastanza ti darò la possibilità di porre fine alle sue pene uccidendola, che ne dici? Un atto d’amore non da poco >>
 
gli aveva proposto Moran e dalle labbra di Anthea Mycroft aveva ottenuto conferma di quel ‘qualcosa’ colto nelle parole e nello sguardo del ragazzo.
 
<< Per mano tua lo accetto.
Durerà poco il dolore e poi sarà solo un’esplosione di pace che ci renderà liberi.
Come lo siamo stati a Monaco e a Bruxelles.
La morte ci renderà liberi >>.
 
Moran aveva pensato fossero le parole deliranti di una ragazza che aveva tenuto duro e che ora iniziava ad accusare il colpo delle torture subite. Mycroft, invece, non ha potuto fare a meno di inchinarsi, seppure internamente, al coraggio, alla tempra e, sì, anche alla professionalità della sua segretaria.
Ricorda gli avvenimenti di Monaco e Bruxelles. Sono usciti vivi per miracolo da entrambi quegli attentati e in ognuno di questi grazie all’aiuto di persone dall’esterno e della complicità di un’impensabile alleato. L’esplosione in quei casi li ha resi liberi e ricorda la battuta che le fece, quella che aveva scatenato la sua risata nervosa a operazione conclusa.
<< Ragazza mia, dici che ora siamo liberi? Pensi sia questa la libertà? No, questa è la nostra maledetta routine, che ci piaccia o no. Solo la morte ci renderà liberi >> sussurra e un ennesimo lungo grido straziante di Anthea gli spezza il cuore.
“Cosa aspetti, Sherlock, maledizione!” pensa colpendosi con i pugni la testa. “Mi hai accusato più volte di essere rimasto lì a sperare giungessi in vostro aiuto. Penso tu ti sia riscattato abbastanza. Sbrigati! Sbrigatevi, qualunque cosa stiate architettando. Non voglio che muoia”.
Un altro grido. Altre risate da parte degli aguzzini. Altri ordini impartiti da quella folle donna.
<< Basta >> sussurra Mycroft strappandosi i capelli. << Basta! >> grida balzando in piedi. Barcollando raggiunge la parete e la prende a pugni talmente forti da ferirsi le mani. << Moran smettila! Lasciala stare! È a causa mia che ti ha ferita. Prendi me al suo posto. Lei non ha nessuna colpa. Eseguiva solo gli ordini. Ti prego >> la implora sentendo giungere il punto di rottura. << Ti prego >> grida perdendo qualunque dignità. Una parte di lui si rende conto di stare sbagliando nuovamente. Quella donna aumenterà le torture ora che lo sente implorare. Non riesce, però, a smettere di pregarla, di scongiurarla di porre fine al suo dolore.
<< E’ solo una bambina. Smettila, ti prego! >> singhiozza e si rende conto solo vagamente di avere davanti agli occhi della mente suo padre e non più Moran, sua sorella e non Anthea.
<< Sherlock, aiutami ti prego! >> singhiozza. << Ho fatto tanto per te, così tanto. Aiutami! >>.
Lentamente scivola contro la parete restando bocconi. La porta si apre cigolando ed è lo sguardo gelido di Moran quello che incontra. Il volto della donna muta a disegnare un sorriso dolce, misericordioso, capace di gelargli il sangue.
“Sono tutti matti, qui. Tutti matti!” pensa tremando appena. La donna si scosta dalla porta e con un cenno del capo invita Skyfall ad entrare, tirandosi dietro Anthea. Mycroft non può fare a meno di chiudere gli occhi nel goffo tentativo di proteggersi dall’angosciante vista di lei.
<< Signor Holmes… la morte sta arrivando >> ha la forza di sussurrare Anthea, abbozzando un sorriso.
<< Oh, sì, mia cara, e per mano dell’uomo più importante d’Inghilterra >> ribatte Moran porgendo a Mycroft, con la mano sinistra, una pistola. << Pensavo fosse più resistente. Mi sbagliavo >> dice disgustata.
<< Saremo liberi da ogni male >> sussurra la ragazza, forzata ad inginocchiarsi di fronte a lui.
<< No, piccola mia. Questa è la nostra routine >> le dice.
Mycroft alza lo sguardo a incontrare quello di Skyfall, che lo tiene sotto tiro, nel caso gli balzasse per la testa di puntare l’arma contro Moran anziché alla tempia della sua segretaria. Il ragazzo gli strizza l’occhio e quel ghigno arrogante torna a farsi strada sulle sue labbra.
In quel preciso istante sentono il primo boato.
 
D'accord, souvent la petite fille
en moi souvent te réclamait.
Presque comme une mère
tu me bordais, me protégeais.
Je t'ai volé ce sang
qu'on aurait pas dû partager.
À bout de mots, de rêves
Je vais crier…
 
Da bambino Sky aveva paura dei tuoni. Ricorda che premeva forte le mani contro le orecchie e tremava come una foglia. Anche perché i tuoni che temeva non erano onde sonore prodotte dallo scontro di correnti elettriche e vapore acqueo.
‘O trovão’, così vengono chiamati i colpi d’arma da fuoco dai meninos de rua[2]. Tuoni, appunto. E come questi, anche gli spari dei cacciatori di bambini giungevano dal cielo, rumorosi e improvvisi.
“O trovão” pensa, mentre le pareti di questa vecchia magione vibrano attorno a lui. Si scuote subito, però. Non può lasciarsi prendere dal panico né dalla sorpresa. I suoi colleghi sono entrati in azione e dopo la seconda esplosione faranno irruzione.
Non vuole incontrarli. Sarebbero capaci di farsi ammazzare pur di convincerlo a seguirli e non è proprio il caso. Non dopo tutto quello che ha dovuto subire per mantenerli in vita.
Al suo fianco, Moran si guarda attorno, stupita dal boato assordante, spaventata dalla vibrazione che percorre le pareti. La mano sinistra è corsa al ventre, in quel gesto protettivo che la rende simile a qualunque donna in dolce attesa.
Sky si chiede ancora come possa davvero essere attecchita la vita dentro quella donna? Come possa essere possibile che nasca qualcosa in chi semina morte e sofferenza?
Quell’addome, che non presenta ancora il tipico rigonfiamento, genera in lui una profonda tristezza. Per quella piccola vita, per John e, sì, anche per Sherlock. Eppure, ora che può osservarla mentre spaventata si guarda attorno, non può fare a meno di pensare che, se non fosse totalmente folle, forse potrebbe persino essere una buona madre, questa donna.
Non ha tempo, però, per perdersi in assurde fantasie. Deve approfittare dell’essere distratta di Moran per porre fine alla sua partecipazione al piano.
Tira a sé Anthea e si avvicina al suo orecchio.
<< Non posso venire con voi >> le sussurra. << Portalo in salvo e perdonami per quanto ti ho fatto >>.
Con forza la spinge verso il suo capo che goffamente la accoglie tra le braccia.
Anthea lo guarda incerta, il viso sfigurato dai pugni nel quale, però, gli occhi chiari spiccano come due lucciole nel buio della notte di montagna. Le sorride, consapevole che capiranno il perché del suo gesto.
Vorrebbe affidarle il suo segreto, quello che ha sempre custodito nel cuore e che ora rimpiange di non aver dichiarato. Ne ha avute tante di occasioni e mai che ne avesse colta una.
“Dille che l’amo. Che l’ho sempre amata. Diglielo” pensa.
Un nodo stretto gli blocca la gola mentre esce dalla stanza tirandosi dietro Moran, sull’onda sonora del boato della seconda esplosione, questa volta più vicina.
 
Je t'aime, Je t'aime!
Comme un fou, comme un soldat.
Comme une star de cinéma.
Je t'aime, je t'aime!
Comme un loup, comme un roi.
Comme un homme que je ne suis pas.
Tu vois, je t'aime comme ça.
 
L’operazione ‘Musgrave’ è iniziata. La prima deflagrazione ha rotto il silenzio di questa sera carica di tensione. La notte buia che circonda questo palazzo perso in mezzo alla campagna si illumina della luce improvvisa di fiamme alte e rosse. È solo l’inizio della distruzione dell’antica magione degli Holmes.
Il boato fa battere forte il cuore di Fox, da troppe ore fermo e immobile sul tetto. Volge lo sguardo a Grey e insieme si spostano veloci verso la stanza nella quale sanno essere prigioniero Mycroft.
 
<< E voi siete sicuri che per allora Àngel e Anthea riusciranno a liberare tuo fratello e uscire indenni da lì? >>.
 
L’osservazione di Mistica gli rimbomba nella mente togliendogli il fiato. Non hanno idea se Sky, Anthea e Mycroft siano ancora nella grande stanza descritta dal suo collega. Potrebbero ucciderli con le loro bombe, intrappolarli sotto le macerie anziché salvarli. Come ha detto Sherlock, però, possono solo avere fiducia nei loro amici e in questo folle piano.
Fox e Grey assicurano le corde a due solidi punti di appoggio e controllano l’imbragatura per poi restare in attesa della seconda deflagrazione.
<< Tengo un mal presentimiento, Valerio[3] >> sussurra Grey. Non lo ha mai visto così teso durante un’operazione. E’ da quando sono arrivati in Cornovaglia e Sherlock ha rivelato loro il resto del piano che discutono e non si trovano d’accordo su nulla. È la prima volta che lui e Grey non sono sulla stessa lunghezza d’onda.
<< Cuàl?[4] >>.
<< Àngel. Temo por él. No sé qué, exactamente, pero…[5] >>.
La seconda deflagrazione interrompe Grey e li catapulta nell’azione. Con una sincronicità quasi perfetta, i due giornalisti si calano giù dal tetto e irrompono nella stanza, mandando in frantumi la grande vetrata.
Anthea e Mycroft sono a terra, stretti l’una tra le braccia dell’altro al centro della stanza. La ragazza appare parecchio messa male e, sebbene non presenti alcun tipo di cicatrice, anche il fratello di Sherlock sembra aver patito una lunga, lenta agonia.
<< Donde està Àngel?[6] >> domanda Grey guardandosi attorno.
<< Maldita sea, no hay! La tercera bomba pronto serà disparada![7] >> esclama Fox.
I due si scambiano uno sguardo disperato. Non possono aspettare, né correre a cercarlo. Sarebbe una follia, nonché una perdita di tempo. Fox afferra la mano di Grey e lo trascina con sé verso i due ostaggi da liberare.
<< Ha detto che non poteva venire con noi >> dice loro la ragazza non appena li raggiungono. Gli occhi di Grey, l’unica parte che è possibile vedere del suo viso nascosto dal passamontagna, si dilatano di terrore alle sue parole.
<< Perché? Dov’è? >> le domanda.
Le pareti tremano, brandelli di intonaco piovono su di loro dal soffitto e un intenso e denso fumo entra dalla porta nella stanza.
<< Dobbiamo andare via, subito! >> grida Fox.
<< Valerio, no podemos dejarlo aquì![8] >>.
<< Debe haberse quedado, Juan. Todos moriremos si no nos vamos. Agarra Mycroft y huye de aquì, vamos![9] >>.
Non aveva mai impartito un ordine al suo capo. Non erano mai scappati via lasciando indietro uno di loro.
Fox reprime il moto di disperazione che sente premergli sul torace e corre alla finestra. La attraversa, Grey e Mycroft subito dietro. Alcuni proiettili esplodono, mancandoli di poco, segno che gli irriducibili uomini di Moriarty stanno dando loro la caccia. La terza deflagrazione, però, giunge ad aiutarli.
Scavalcano la muraglia che circonda Musgrave, ognuno portando il suo protetto aggrappato alla schiena, e sull’onda del boato assordante, lo sgommare delle ruote del camper annuncia la decisione di John di correre loro incontro.
Fox spinge a forza Anthea e Mycroft sul furgone, poi afferra Grey per le braccia e lancia a bordo anche lui.
<< John, vai! Veloce! >> grida chiudendo il portellone. Il dottore non se lo fa ripetere due volte. Ingrana la marcia e corre via da quell’inferno dove esplode la quarta bomba carta da lui costruita.
<< Còmo pudiste, maldita sea?[10] >> grida Grey scagliandosi contro Fox, addossato al portellone. Il ragazzo si difende dai pugni del suo capo, ancor più devastanti quando è spinto dalla disperazione. Gli stringe forte i polsi e usa tutta la forza che possiede per metterlo in ginocchio.
<< No deberìa haber autorizado esta locura! Mira donde nos trajiste, maldita sea![11] >>.
Le parole di Grey lo feriscono più delle sue gomitate, degli strattoni, della forza con la quale sta cercando di liberarsi. Sono sempre stati uniti, loro quattro. Una formazione compatta e ben organizzata, forse un po’ troppo simbiotica, come Grey stesso era solito dire.
Fox la sta sentendo sulla sua pelle questa simbiosi. Nel suo animo che si sgretola all’idea di aver dovuto prendere la decisione di lasciare un amico al suo destino. Nella disperazione di Grey che gli aveva confessato di voler salvare Sky a tutti i costi. Aveva stretto forte il volante tra le mani proprio come ora stringe i pugni, che sarebbero capaci di ridurlo come Anthea in poco tempo.
<< Desculpame, Juan. Tuve que tomar una decisiòn incòmoda. Es el precio que pagas cuando diriges una operaciòn, me la ensenaste[12] >> gli dice, portando un colpo basso, che, però, serve a quietarlo. Grey annuisce e una risata nervosa sfugge dalle sue labbra. Alza la testa a cercare con lo sguardo Sherlock.
<< Fa parte del piano? E’ una di quelle cose che tieni per te, per evitare che gli altri ti mettano i bastoni tra le ruote facendoti notare quanto folli siano le tue idee? >> gli chiede tremando di rabbia dalla testa ai piedi. Fox lo tiene ancora più stretto. Se gli si avventasse contro non ci sarebbe scampo per il consulente.
<< No, Juan. Non c’è nessun piano. Doveva venire con voi e non capisco perché non sia qui >> risponde pacato Sherlock sostenendo il suo sguardo. È sincero e Grey non può fare a meno di notarlo. La tensione lo abbandona e Fox si ritrova a stringere tra le braccia un corpo senza più alcuna forza.
Nota solo adesso come Mistica li stia guardando. È rimasta in silenzio seduta in un angolo. Gli occhi grandi, attoniti, lucidi. Le lacrime scendono a rigarle il viso ora che i loro sguardi si incontrano. Il suo silenzio è ancora più doloroso della disperazione furiosa di Grey.
Fox fugge via. Cerca lo sguardo di Sherlock a causa del quale, come ha detto Grey, li ha cacciati in quella storia. Lo trova stupito, incredulo, spaventato da quella novità. Un altro tassello sfuggito al suo controllo, come l’aggressione ai danni di Molly Hooper. Un'altra prova del suo non essere poi così infallibile, ma, anzi, piuttosto umano seppure geniale.
 
D'accord, je t'ai confié
tous mes sourires, tous mes secrets,
même ceux, dont seul un frère
est le gardien inavoué.
Dans cette maison de pierre
Satan nous regardait danser.
J'ai tant voulu la guerre
de corps qui se faisaient la paix.
 
È così composto il dolore di Mistica. Piange in silenzio, immobile, mentre dentro deve avere un uragano di emozioni. Forse esploderà. Sì, esploderà nel momento in cui ritroverà Sky e sarà impossibile fermarla. Non basterà un’osservazione fatta con voce ferma e determinata, come è stato per Grey. Sarà devastante.
Anthea la osserva tenere tutto dentro. Non muovere un solo muscolo per il timore di rompere il delicato equilibrio che sta tentando di mantenere.
La capisce, oddio se la capisce. Era stato così difficile per lei mantenersi calma mentre Sherlock tentava di scoprire dove fosse Mycroft. Aveva tenuto a bada le sue emozioni prendendo parte all’azione e se fosse successo qualcosa al suo capo avrebbe gridato tutta la sua frustrazione. Sarebbe esplosa, come una delle bombe che si sono lasciati alle spalle, e sarebbe stato devastante per chiunque si fosse trovato attorno a lei.
 
<< So cosa provi, sorella.
So cosa si prova ad amare in silenzio.
Quanto triste sia sapere che si potrebbe essere felici se non fosse per i muri alti che dividono e per le differenze obiettive che rendono tutto più difficile >>.
 
Sua nonna era solita chiamare ‘misteri di Dio’ le persone come Sky. Deve ammettere che questo ragazzo lo è davvero un mistero. Non sa perché sia rimasto con Moran, ma è sicura che la sua decisione abbia a che fare con la ragazza che adesso sta cercando di restare aggrappata alla ragione.
Muri alti che dividono e differenze obiettive a rendere tutto più difficile. Così le aveva detto. Ora che sono relativamente al sicuro sul camper, il pianto di questa ragazza la porta a vedere ancora più alti questi muri.
Quando le avevano comunicato di essere stata selezionata per divenire la guardia del corpo di Mycroft Holmes, Anthea aveva faticato a trattenere un grido di sfrenata gioia. Aveva lavorato tanto per entrare nella rosa delle dieci migliori candidate.
Le avevano detto che era un uomo particolare, taciturno, abitudinario, poco incline al frequentare ambienti troppo affollati e manifestazioni pubbliche. Le avevano parlato della sua incredibile intelligenza e acutezza mentale e lei aveva ascoltato affascinata ogni singola parola. La cosa che più di tutte, però, l’aveva spinta a impegnarsi per raggiungere l’obiettivo di quel posto di lavoro era la certezza che non avrebbe avuto a che fare con il solito uomo potente e porco.
 
<< Dedica la sua vita totalmente al lavoro.
Non è mai stato visto in compagnia di nessuna persona che si potesse riconoscere come sua amante.
 Molti lo dicono asessuale.
Sicuramente ha un carattere duro, freddo e inavvicinabile >>.
 
Si era detta che le andava più che bene. Non è facile la vita che si è scelta, dove una donna deve fare il triplo del lavoro per ottenere rispetto e un’ammirazione che vada oltre quella dedicata all’aspetto fisico.
Non era stato facile neppure il primo periodo al fianco dell’uomo più potente d’Inghilterra. Non riusciva a capire cosa potesse pensare di lei quando la guardava con quel viso inespressivo e lo sguardo altezzoso. Disprezzo? Curiosità? Pena? Chi poteva dirlo, infondo?
Eppure, nonostante la soggezione, si era sentita sempre più incuriosita. Nei rari momenti in cui non erano insieme per lavoro, anziché prendersi del tempo per sè aveva continuato a indagare con discrezione sul suo capo. Su quale potesse essere stato il suo passato, così misterioso. Su quello strano ragazzo che ha per fratello e sul loro rapporto freddo e asettico da parte di uno, carico di rancore e rabbia da parte dell’altro.
Col tempo si era abituata a camminare al passo di Mycroft Holmes. A intuire di cosa avesse bisogno, anche solo dal modo in cui respirava. Ad anticiparne le richieste facendosi sempre trovare sul pezzo, perfetta, ligia al dovere e impeccabile.
Lui non le ha mai fatto un complimento, ma non è certo questo lo scopo del suo lavoro. Dentro, però, una punta di tristezza per la sua poca considerazione le pizzicava lo stomaco.
 
<< Devo ammettere, Anthea, che lei ha svolto un lavoro eccellente in questi cinque anni.
Mi chiedevo se fosse interessata a proseguire questa nostra collaborazione >>.
 
L’aveva a malapena guardata in faccia mentre le dava la notizia più bella della sua vita. Si era voltato verso di lei solo quando non l’aveva sentita rispondere prontamente, come era solita fare, e aveva sorriso della sicuramente buffa espressione che doveva aver messo su. Non lo aveva mai visto sorridere prima di allora.
In quel momento Anthea ha capito di amarlo. Gli aveva stretto forte la mano e aveva dovuto reprimere l’istinto di stringerlo tra le braccia.
In quegli ulteriori cinque anni la fiducia di Mycroft nei suoi confronti era aumentata. Erano diventati più frequenti i, prima rari, momenti in cui si concedeva di mostrare emozioni (quasi del tutto correlati alle azioni sconsiderate di Sherlock) o si ammorbidiva, mettendo da parte per alcuni istanti la posa inamidata e impeccabile che è solito mostrare al mondo. Anthea ha dovuto più volte ricordarsi che non c’era nessun significato nascosto in quel cambiamento, se non fiducia per la sua riservatezza. Non erano amici, né lo sarebbero mai stati. Lui era il suo capo e lei la sua segretaria e guardia del corpo. La storia finiva lì e doveva farsene una ragione
Non era stato, però, facile. Ha rifiutato parecchi inviti, perso opportunità tirando sempre in ballo il suo lavoro e il suo capo. Si è più volte detta che così le andava bene e se lo ripete anche adesso che il suo corpo è martoriato dalle terribili torture inflitte da quella donna. Anche ora che ha rischiato seriamente di morire, sa che non potrà avere altro da lui se non la sua stima e il suo rispetto. Cose che, comunque, Mycroft Holmes riserva davvero a pochissime persone.   
L’unica forma di amore che il suo capo conosce, sebbene si guardi bene dal chiamarla così, è quello fraterno. Non ha occhi che per Sherlock, sdraiato sul letto di fortuna e ancora provato dalla ferita inferta da Moran, e se lei è ancora lì al suo fianco lo deve solo all’avergli ricordato la sorellina morta troppo presto.
Se non avesse intuito la cosa già da quanto John le aveva detto una volta ripresosi dall’aggressione dell’ex caporale, Anthea avrebbe faticato a restare sul pezzo che stava recitando. Le parole di Moran l’avevano toccata e dirsi onorata di fare da ricordo vivente della piccola Eurus è stato così difficile.
Anthea non vuole essere amata come una sorella. Di ben altra passione è colorato il suo amore. Mycroft le ha detto, però, che quel genere di cose non fanno per lui e non si può obbligare ad essere amati da chi ha il cuore altrove o non sa neppure di averne uno.
La silenziosa disperazione di Mistica si unisce alla sua e le permette di dare sfogo alle lacrime troppo a lungo trattenute.
<< Mi ha detto che non poteva venire con noi >> dice con voce rotta dal pianto, attirando la sua attenzione. Mistica si volta verso di lei, come si rendesse conto solo adesso della sua presenza.
<< E perché no? >> le chiede con la vocetta incerta di una bambina.
<< Non lo so >> ammette Anthea scuotendo il capo. È così brutto non sapere. Non ci è abituata. Lei è Mycroft sanno sempre tutto, soprattutto ciò che non si dovrebbe sapere. << Mi ha detto di portare in salvo il mio capo e di perdonarlo per ciò che è stato costretto a farmi. Lui doveva tornare con noi, era questo il piano. Doveva liberarsi di Moran e aiutare loro a portarci in salvo e, invece, mi ha lanciata contro Mycroft ed è uscito portandosi via quella donna >>.
Anthea piange disperata. Non ha idea di cosa la porti a piangere così, ma sembra essere legato alla scelta fatta dal ragazzo.
Qualcosa di caldo le viene appoggiato sulle spalle e le ci vuole un attimo per rendersi conto si tratti della giacca di Mycroft. Incontra i suoi occhi, arrossati e stanchi. La gioia del saperlo vivo e nuovamente al suo fianco, però, non riesce ad esplodere. C’è solo pianto, adesso. L’eco di una sofferenza che non sa neppure se le appartiene.
<< Temo che il vostro collega sia assoggettato al ricatto di Moran >> dice Mycroft con un filo di voce.
<< Si era tirato indietro. Lo ha fatto nel momento in cui si è reso conto che voleva ucciderci >> dice Mistica colpita dalle sue parole.
Mycroft scuote appena il capo e la mano distrattamente sale ad accarezzare i capelli di Anthea, che trae da quella carezza inaspettata un grande conforto.
<< Moran è fisicamente provata e una serpe ferita oltre che ancor più pericolosa diviene anche più furba >>.
<< Sapeva che nessuno dei suoi uomini l’avrebbe protetta nel momento in cui i giochi si fossero complicati >> aggiunge Sherlock e Mycroft annuisce.
<< Si è approfittata di lui. Del suo volervi salvare ad ogni costo >>.
<< Se è rimasto è stato per il tuo bene, Miriam >> aggiunge Anthea.
Davanti agli occhi ha ancora lo sguardo di quel ragazzo complicato e arrogante. Quell’ultimo sorriso dolcissimo.
Il pianto silenzioso di Mistica si rompe in tanti singhiozzi disperati. Porta le mani al volto, nel tentativo di arginare l’esplosione imminente. Non è ancora tempo per lasciarsi andare.
I suoi colleghi non riescono a rincuorarla, persi a loro volta nello stordimento tipico dello shock. Ognuno di loro sente di non meritare il sacrificio di Sky.
L’amore è capace di trasformare gli esseri umani, di portarli a compiere azioni incredibili, a tirare fuori coraggio e grinta. L’amore rende folli, soprattutto se la persona amata è in pericolo.
Sky si sta sacrificando per la donna che ama. Avrebbe potuto ricongiungersi a lei, tentare la fuga, ma ha capito che sarebbe stato un atto di egoismo che li avrebbe portati, molto probabilmente, alla morte. Anthea, invece, è sopravvissuta. Si trova, ora, insieme al suo amato e sono entrambi salvi. Sarebbe stata, lei, in grado di compiere una simile scelta? Sì, lo sarebbe stata e forse è proprio questo che ora la turba così tanto. Una sorta di ‘sindrome del sopravvissuto’, che le impedisce di dare freno alle lacrime.
Prova una profonda stima per quel ragazzo. E’ anche grazie a lui che ora può poggiare la testa contro il fianco smagrito del suo capo. Sentire la sua mano protettiva sulla spalla coperta dalla sua giacca.
A differenza sua, Sky avrebbe potuto vivere questo amore e questo pensiero le fa scivolare altre lacrime calde e pungenti sulle guance ammaccate. Il sentimento che prova lei, invece, resterà solo suo. Potrebbe dirgli apertamente ciò che prova, ora che sono tornati dall’inferno di quella casa di pietra antica nella quale sono stati vittima della stessa tortura, ma sarebbe un atto di egoismo. Sa che Mycroft sarebbe capace persino di sposarla per riconoscenza. Non è, però, ciò che vuole. Non le resta che scegliere se vivere questo amore in silenzio o rassegnarsi e andare avanti. Andare altrove.
“Ora sono qui” pensa, avvolta dal profumo, ancora presente seppure leggero, che si propaga dalla giacca.
 
Je t'aime, Je t'aime!
Comme un fou comme un soldat.
Comme une star de cinéma.
Je t'aime, je t'aime, je t'aime, je t'aime, je t'aime, je t'aime.
Comme un loup, comme un roi.
Comme un homme que je ne suis pas.
Tu vois, je t'aime comme ça.
Tu vois, je t'aime comme ça.
 
John guida spedito verso Londra. Sherlock ha pensato che, nonostante l’influenza di Moriarty nelle scelte che ha compiuto nell’ultimo anno, Mycroft abbia ancora qualche asso nella manica nella grande città. Certo non si fermeranno davanti al portone del Diogenes Club o a quello di villa Holmes. Il suo uomo ha ancora qualche nascondiglio meglio equipaggiato delle case vuote nel quale potersi fermare a riprendere fiato e valutare la situazione.
Dall’interno arriva il vociare dei troppi ospiti di questo furgone. Non ha ben capito cosa sia successo, ma sembra qualcosa di serio. Qualcosa che potrebbe riguardare Sky. Ora che ci pensa, non gli è sembrato di vederlo salire a bordo. Dovrà chiedere il cambio alla guida, in modo da potersi occupare dei feriti. Mycroft e Anthea gli sono sembrati parecchio provati dal soggiorno a Musgrave. Soprattutto la ragazza.
Un lampo gli colpisce gli occhi proprio mentre sta per chiamare Fox alla guida. Un’auto sopraggiunge nell’altro senso di marcia e gli blocca la strada. John frena bruscamente e le ruote slittano.
<< Cazzo, ci hanno trovato! >> grida cercando di avere la meglio sul furgone impazzito. La fiancata sinistra striscia contro il guardrail e il fosso nel quale potrebbero andare a incagliarsi non gli piace per nulla.
Dall’auto scendono quattro uomini vestiti di nero e armati di pistole che gli puntano contro. Dallo specchietto laterale destro John vede fermarsi un’altra auto alle loro spalle e altri quattro uomini in nero scendere a tenerli sotto tiro.
<< No, merda! No! >> grida il dottore impugnando la pistola. Ha solo più un proiettile in canna. Tre li ha sparati a vuoto contro Moran in quella dannata fabbrica e due li ha usati per dare il via all’operazione Musgrave, facendo deflagrare le prime due bombe.
Puntare contro otto uomini meglio armati di lui una pistola con un solo colpo sarebbe l’atto d’eroismo più stupido della storia. Ripone l’arma nella cintura coprendola con la giacca. Apre la portiera e scende dal furgone, ignorando le voci che lo chiamano dall’interno.
<< Chi siete? Perché ci avete sbarrato la strada? >> domanda voltandosi prima ai quattro davanti e poi agli altri dietro di lui.
<< Alza le mani e non fare gesti avventati >> gli intimano.
<< Non sono io quello che sembra pronto per un assalto >> ribatte per nulla intenzionato a tirare su le mani. << Chi siete, vi ho chiesto! >>.
Da lontano vede giungere un’altra auto. Gli uomini in nero non si scompongono e continuano a tenerli sotto tiro.
L’auto si ferma parallela al furgone. Ne scendono altri tre uomini vestiti di nero con tanto di ricetrasmittente all’orecchio. Uno di questi apre la portiera posteriore e lentamente Moriarty scende dall’auto.

 
 
 

[1] ‘Je t’aime’ -  Lara Fabian (anche i pezzi successivi fanno parte di questo brano)
[2] Questa me la sono palesemente inventata.
[3] Ho un brutto presentimento, Valerio.
[4] Quale?
[5] Temo per lui. Non so cosa di preciso, ma…
[6] Dov’è Àngel?
[7] Dannazione, non c’è! La terza bomba scoppierà a breve!
[8] Valerio, non possiamo lasciarlo qui!
[9] Avrà avuto motivo di restare, Juan. Moriremo tutti se non ce ne andiamo. Afferra Mycroft e corriamo fuori da qui, forza!
[10] Come hai potuto, maledetto?!
[11] Non avrei dovuto autorizzare questa follia! Guarda dove ci hai portato, maledetto!
[12] Perdonami, Juan. Ho dovuto prendere una decisione scomoda. È il prezzo da pagare quando si dirige un’operazione, me lo hai insegnato tu.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Buona domenica a tutti!
Eccoci a questo nuovo capitolo, un po’ più breve dei precedenti. L’azione è molto rapida e ho ritenuto opportuno fermarmi qui e rimandare il resto al prossimo. Prossimo che potrei pubblicare lunedì, anziché domenica (ma non è detto… potrei riuscire comunque a postarlo, forse solo in tarda serata).
Come sempre spero vi piaccia e attendo con gioia le vostre recensioni.
Buona lettura
A presto
Patty
 
 
Capitolo 27
 
La terra trema.
L’aria si fa densa di fumo e polvere.
Le pareti si sgretolano come biscotti, nel susseguirsi delle deflagrazioni.
Grida di uomini feriti, impauriti, in fuga.
Le orecchie fischiano. Un fischio continuo che confonde e copre ogni altro suono.
Resta solo il cuore che batte forte nel petto.
È questa la paura?
Di bombardamenti in guerra ne ha vissuti tanti, ma è passato molto tempo. Era più giovane. Non era debole come lo è adesso, ma soprattutto non era incinta.
Forse sono proprio gli ormoni della gravidanza a farla tremare di paura. A indurla a riporre la sua vita nelle mani del ragazzo che ora la conduce quasi di peso fuori da questo palazzo.
<< Corri, Rosie! Dobbiamo andare via da qui! >>.
La voce di Skyfall sembra arrivare da lontano. Le stringe troppo forte la mano sinistra e scopre che il dolore che le provoca le serve a ritrovare la lucidità. Affannati raggiungono il cancello principale ed escono sul vialetto.
<< Prendiamo una delle auto >> grida Rosie, ma due fari la accecano.
<< Fermi dove siete! >> intima una voce al di là della luce.
L’istinto di sopravvivenza vince sul dolore, sullo stato confusionale, persino sugli ormoni. Dentro di sé, Moran, sapeva che sarebbe arrivato questo momento. Non si può giocare col fuoco e pretendere di non scottarsi.
Rosie afferra Skyfall usando tutte le sue forze e lo porta davanti a sé come uno scudo.
<< Spara! >> gli ordina e il ragazzo prende l’arma che ha attaccata alla cintura e spara alla cieca contro il fascio di luce.
<< Non vedo un accidente e siamo troppo esposti! >> grida.
Il fischio delle pallottole dei loro avversari li sfiora e Moran cerca di condurre Skyfall all’auto più vicina. Restare lì a fare da bersaglio vivente non ha alcun senso. Sono quasi giunti alla portiera quando il ragazzo urla e si accascia in avanti.
Il gelo pervade Moran da capo a piedi. Si affanna a prendergli la pistola di mano senza neppure rendersi conto di come il fuoco nemico sia cessato. Qualcuno si frappone tra loro e il fascio di luce. Rosie gli punta contro l’arma.
<< Vedo che il tuo nuovo cagnolino sa esserti fedele, sorellina >>.
James, impeccabile nel suo doppio petto scuro, le sorride sereno tenendo le mani nelle tasche. Rosie trema nel ritrovarselo davanti e la cosa non le piace. Il cuore le batte troppo forte e anche quello non le piace.
 
<< Non mostrarti mai debole e non fare mai capire che sei realmente interessata a loro.
Gli uomini sono infimi, subdoli e pronti a sottometterti al loro volere.
Poco importa quanto forte tu sia.
 Quanto la tua mente sia più brillante della loro e le tue abilità superiori.
Sei una donna e per questo sarai sempre inferiore ai loro occhi >>.
 
Sua madre aveva le idee molto chiare su come trattare con gli uomini e su come crescere James. Aveva sempre paura che in qualche modo, prima o poi, anche lui avrebbe dato loro contro. Questo timore, Rosie ha scoperto di provarlo a sua volta, grazie alle ferite che le ha inferto la cagna del Governo Inglese. La fragilità e la sofferenza che queste le hanno causato, le hanno anche permesso, però, di dare un nuovo significato alla luce strana che è sempre stata presente negli occhi del fratello. Come se avesse aspettato per tutta la vita un simile momento.
<< Jim, maledetto idiota! >> strilla, tenendo stretta l’arma nella mano sinistra.
<< ‘Jim, maledetto idiota’ >> la scimmiotta lui. << Se mi avessero dato una sterlina per ogni volta in cui tu e la mamma mi avete chiamato così ora sarei ancora più ricco >> grida isterico. << Io non sono idiota, sorellina cara >> continua James, avvicinandosi di qualche passo. << So bene cosa stai tramando alle mie spalle. Cosa hai fatto al piccolo e indifeso Johnny Boy. Come ti sei procurata quelle orribili ferite e quali siano le clausole alle quali hai vincolato questo inutile scarafaggio spagnolo >>.
<< Tu non sai niente! >> ribatte tra i denti tenendolo sotto tiro.
<< Ho anche io le mie fonti >> dice strizzandole l’occhio. << E mi addolora vedere quanto per te io sia davvero un idiota. Pensavo lo dicessi solo per spronarmi ad essere migliore, invece, hai tramato alle mie spalle con la sicurezza che mai avrei scoperto i tuoi piani >>.
Detesta lo sguardo triste che le punta contro. Lo detesta perché non fa parte di una maschera né di una recita. È lo stesso sguardo che gli vedeva sul viso ogni volta che lo chiudeva nello stanzino della loro casa, ogni volta che lo prendeva a schiaffi per raddrizzarlo, ogni volta che lo puniva per qualcosa che aveva fatto o anche solo detto.
In preda alla collera causatale da quello sguardo preme il grilletto, ma l’arma ormai è scarica.
<< Sapevo che non avresti esitato a farlo. Ad uccidere il tuo caro, piccolo James >> sussurra Moriarty. << Io mi sono sempre fidato di te! >> grida e il suo volto muta in una maschera di autentica rabbia.
La pistola scivola dalla mano malferma di Moran e cade a terra. Inutile, ormai, proprio come il ragazzo che giace ansante ai suoi piedi.
“E’ la fine” pensa e sente gli occhi riempirsi di lacrime. Non permetterà loro di cadere, però. Non vuole dare a questo ragazzino arrogante la soddisfazione di vederla vinta e disperata. Se proprio dovrà andarsene lo farà lasciando di lei il ricordo della donna forte e senza scrupoli che è sempre stata.
<< Anche tu avresti fatto la stessa cosa al momento opportuno. Perché intimarmi la resa, se non per uccidermi? >> gli chiede e lui trova così buffe le sue parole da riderne di gusto.
<< Seb, io non ti avrei mai uccisa. Sei mia sorella, il mio braccio destro, colei che mi ha insegnato ad essere l’uomo che sono >>.
<< Davvero? Non mi pare ti ci sia voluto tanto a decidere di sostituirmi col tuo fratellastro. Fin da quando mi hai vista ferita hai iniziato a consigliarmi di farmi da parte >>.
<< Solo perché non volevo soffrissi. Quel che sta per accadere lo abbiamo progettato insieme e sarà un momento davvero importante. Volevo riprendessi le forze per unirti poi a noi >>.
<< Ma davvero? >> domanda e questa volta è lei che si concede una risata sprezzante. << Io, mio caro, non ci sarei mai rimasta all’ombra di due piccole checche isteriche come voi! >>.
Il volto di James si fa inespressivo dinanzi alle sue parole dure e spietate.
<< Certo >> dice in tono greve. << Deve essere più appagante giocare alla mogliettina del bravo dottore. Mi sarebbe proprio piaciuto vedere per quanto tempo avresti retto, Seb. Mi spiace sia finita così. Mi spiace davvero, sorellina >>.
A Moran passa per la mente l’idea che forse abbia sbagliato a tramare alle sue spalle. Che davvero sarebbero potute andare diversamente le cose se non si fosse incaponita nel volere John Watson tutto per sé e realizzare il sogno di una famiglia e di una vita normale. Scuote, però, il capo risoluta. Non ha sbagliato. No, lei non sbaglia mai. È solo che, a volte, le cose non vanno per il verso giusto.
<< Hai intenzione di uccidermi, James? >> gli domanda, sicura di essere già a conoscenza della risposta. Il fratello ride di gusto scuotendo lentamente il capo.
<< Io non mi sporco mai le mani. Dovresti saperlo, dal momento che me lo hai insegnato tu stessa. ‘Lascia fare a me, James’, ‘Tu resta nell’ombra, al lavoro sporco ci penso io’, bla bla e bla >>.
<< Cosa farai, quindi? Chiederai a uno di questi tuoi bellimbusti di farlo al posto tuo? >>.
<< Sei fuori strada, Sebby! >> grida allegro, come era solito fare da bambino quando giocavano insieme per ammazzare il tempo. << Ho pensato a qualcosa di più… sofisticato per te. D’altronde, tu hai avuto una grande fantasia nel tramare alle mie spalle. Prendertela addirittura con la piccola Molly Hooper. Non si fa, così, Seb >> scuote il capo sconsolato e contrito.
Moriarty schiocca le dita e da dietro il fascio di luce abbagliante quattro dei suoi uomini vestiti di nero vengono verso di loro.
<< Caricateli sulla mia auto >> ordina James in tono asciutto.
I due uomini la afferrano per le braccia, del tutto incuranti del dolore che le recano stringendo troppo forte sulle ferite. Anzi, sembrano farlo apposta. La forzano a salire sulla vettura e a sedere di fronte al fratello. Skyfall le viene quasi lanciato addosso. Resta piegato in avanti e Rosie si accorge delle mani lorde di sangue premute contro l’addome.
Volge lo sguardo al fratello che le sorride di rimando. Ha sempre saputo di non avere a che fare con un idiota. Anzi, tutt’altro. Tra i due è lui quello nettamente più intelligente, cosa che non ha mai digerito. Tarparlo è sempre stato l’unico modo che ha avuto per salvarsi da lui. Da questo fratello che non ha mai voluto e che adesso la sta conducendo al patibolo.
<< Dove stiamo andando? >> gli domanda.
<< Non lo hai ancora capito? >> ribatte lui.
Il suo sorriso si fa più grande, come quando da bambino sapeva di stare per abbassare una mano di carte davvero buona che l’avrebbe stracciata. Sì, Rosie ha capito dove stanno andando e spera di potere ancora giocare la sua ultima carta vincente.
Il ragazzo al suo fianco mugola di dolore.
“Non mi sei stato per nulla utile” pensa, guardandolo con disgusto.
 
***
 
<< Dottor Watson. Quanto tempo! >> esclama gioviale Moriarty, muovendo qualche passo verso di lui. Per un istante John ha la terribile sensazione che voglia stringergli la mano. << Le sono mancato? >> gli chiede strizzandogli l’occhio.
<< Per niente >> ammette John senza inclinare di una virgola il sorrisetto di James.
<< Devo fare a lei e a tutto il suo gruppo i miei più sinceri complimenti >> applaude deciso. << Gran bel piano. Davvero audace. Scommetto che sono stati i due spagnoli a piazzare le bombe, vero? >> domanda, curioso come un bambino. << Ho letto siano capaci di scalare a mani nude muri e palazzi. ‘Parkour’ mi pare si chiami la disciplina che usano. Trovo siano fantastici e tu? >>.
<< Cosa vuoi? >>.
<< Lasciami dire che non sei di molte parole, Johnny Boy >> ribatte infastidito. << Mi spiace aver fermato in modo tanto brusco la tua corsa, ma non potevo lasciarti scappare. Ho una cosa per te e tu ne hai una per me là dentro >>.
<< Non c’è niente per te qui e ciò che hai per me puoi anche tenertelo, non mi interessa >> ringhia John.
Un vociare concitato giunge dall’interno del furgone. Anche James lo sente e resta tranquillo ad ascoltarlo con un sorrisetto fastidioso sulle labbra.
Il portellone laterale si apre e Sherlock scende dal mezzo su gambe malferme. John lo guarda con tanto d’occhi, incredulo.
<< Cosa diavolo ci fai tu qui? >> gli domanda portandosi veloce al suo fianco.
<< Ha detto che ha qualcosa per te, non è carino rifiutare >> risponde Sherlock aggrappandosi a lui.
<< Sì che lo è, se ciò che c’è qui per lui sei tu >> ribatte il dottore scoccando un’occhiataccia a James.
<< Credi ancora in me, John? >> .
La domanda che Sherlock gli sussurra lo coglie di sorpresa. Esterrefatto si volta verso il viso scavato e provato dal dolore dell’uomo che ama più di ogni altra cosa al mondo. Gli occhi di lui, di un azzurro grigio un po’ spento, sostengono il dubbio che pian piano si sta facendo strada nella sua testa, spezzandogli il cuore.
<< Tu… tu sapevi che sarebbe arrivato? >>.
Sherlock non gli risponde. Volge lo sguardo al Napoleone del crimine, come lui stesso lo ha ribattezzato, e sospira stancamente.
<< Hai portato la moneta di scambio? >> chiede Sherlock a Moriarty e questo fa un cenno del capo ai suoi scagnozzi che corrono all’auto dalla quale è sceso. In modo brusco trascinano fuori dall’abitacolo Moran e Sky.
<< Oh mi dios, Àngel! >> esclama Mistica saltando giù dal furgone. Fox la segue e deve trattenerla con forza per impedirle di correre dal collega.
I due prigionieri vengono forzati a inginocchiarsi a pochi metri da Sherlock e John. Due degli uomini di Moriarty restano fermi alle loro spalle, tenendoli sotto tiro.
<< Come vedi sono un uomo di parola >> dice James. << Do via una sorella e mi prendo un fratello. Decisamente ci guadagno nel cambio. Lo stesso non posso dire per voi, ma non è più affar mio, ormai >>.
<< Che storia è questa, Sherlock? >> domanda Fox stupito.
<< Uno scambio >> risponde laconico il consulente.
<< E’ questo il tuo piano, dunque? Consegnarti a lui, dopo tutto quello che è stato fatto proprio per evitare ti avesse? >> sbotta Grey, scendendo a sua volta dal furgone.
Il giornalista mette a parole lo stesso pensiero che John non riesce a pronunciare, tanto è sconvolto da quanto sta accadendo davanti ai suoi occhi.
<< Perché questo scambio, Sherlock? >> trova la forza di chiedergli. << Credi che ci lascerà liberi e in vita solo perché ti consegni a lui spontaneamente? Credi che davvero ti permetterò di farlo? >>.
<< Voglio che completi la missione, John >> ribatte Sherlock.
<< Ma di quale missione stai parlando? >> domanda John esasperato. Il consulente sposta lo sguardo da Moriarty a Moran.
John guarda con disprezzo la donna inginocchiata dinanzi a loro. La vede tentare di fuggire il suo sguardo, provata dalla vergogna per essere stata catturata e usata come moneta per questo assurdo scambio.
<< Se fosse morta in quella fabbrica lei non avrebbe torturato Molly e neanche Greg avrebbe sofferto. Non ci saremmo dovuti dividere alle case vuote, lasciando andare Anthea e Àngel da soli a liberare mio fratello. Anthea non sarebbe ridotta a quel modo, ora, e Àngel… guardalo >> dice Sherlock e il ragazzo alza appena lo sguardo a incontrare il suo. È pallido, due profonde occhiaie sotto gli occhi e John nota con orrore una macchia di sangue colorargli la maglietta all’altezza dell’addome. << Questa donna lo ha raggirato, si è presa gioco di lui e fino all’ultimo lo ha ricattato, obbligandolo a restarle accanto. Ha raggirato mio padre, portandolo a tentare di uccidere me e a massacrare di botte mia sorella e mia madre. E’ lei, Sebastiana Moran il mio unico nemico da eliminare e io affido a te, John, la sua esecuzione. Per quello che mi ha fatto. Per quello che ti ha fatto e per quello che avrebbe voluto fare a entrambi. C’è sempre stata lei dietro tutte le decisioni di James, per questo abbiamo siglato questo accordo. Devo dire che metterlo al corrente di quanto sua sorella ha fatto alle sue spalle e di quanto aveva intenzione di fare è stato appagante >>.
John non sa come ribattere alla richiesta di Sherlock. Il suo uomo sa bene quanto brami dalla voglia di uccidere con le sue mani quella donna, ma il prezzo per farlo è davvero troppo caro da pagare. Riesce solo a stringere forte la mano sul braccio col quale si sostiene a lui, a ribadire la sua intenzione di tenerlo con sé. Temeva che Moriarty, alla fine, sarebbe riuscito a portargli via Sherlock, ma mai aveva pensato alla possibilità che fosse lui stesso a lasciarlo per consegnarsi al nemico.
<< E cosa pensi che accadrà dopo che John avrà eseguito il tuo volere >>.
Mycroft scende dal furgone. La sua voce è tornata ad essere quella imponente e autoritaria che gli ha sempre sentito. Resta alle spalle del fratello, intenzionato a farlo ragionare e John si sente sollevato dal vederlo dalla sua stessa parte.
<< Pensi che ci lascerà vivere? Che la smetterà di usarmi come un burattino? L’unica cosa che accadrà sarà che potrà usare anche te, la tua intelligenza, le tue abilità deduttive a suo piacimento. Stai andando ad accrescere il suo potere, non te ne rendi conto? >>.
Il consulente si volta verso Mycroft. Gli sorride come mai John gli ha visto fare nei confronti di questo fratello tanto disprezzato.
<< Non è stata una decisione facile e non la sto prendendo né con leggerezza né con spirito di sacrificio. Il mio orrore per i suoi crimini e uguale alla sua perfidia nel realizzarli e so bene come voglia rendermi partecipe dei suoi intenti. Abbiamo, però, un accordo >> dice volgendo lo sguardo a Moriarty che annuisce piano. << Sebbene abbia una morale folle, James è un uomo di parola. Non solo quando gli fa comodo >> dice scoccando un’occhiata a Moran. << Ti chiedo di avere fiducia in me, Mycroft >>.
Colui che da tutti è conosciuto come l’uomo più potente d’Inghilterra appare fragile come cristallo dinanzi alle parole del fratello più giovane. Anthea, silenziosa alle sue spalle, gli ha posato una mano sulla spalla. Vestita della sola giacca di lui, guarda il consulente con occhi lucidi e tristi.
<< Il nostro fratellino ci ha stupiti entrambi, Myc >> dice a gran voce Moriarty. << Avevamo dato per scontato che avrebbe ucciso te e scelto il nostro bravo dottore e, invece, è pronto a venire via con me >>.
<< Non è una vittoria la tua >> ribatte Mycroft gelido.
<< Neppure la tua, mio caro. Se ti avesse ucciso almeno saresti libero dal patimento che stai vivendo. Così, invece, potrai tornare a Londra e riprendere il tuo posto consapevole di stare lavorando anche per lui oltre che per me >>.
<< Sherlock non lo avrebbe ucciso. Non avrebbe mai potuto farlo >> ribatte John. << Avete dato per scontato tutti quanti che avrebbe preferito me a lui e nessuno di voi ha pensato che, invece, avrebbe puntato contro di lui la pistola. Per lui siamo ugualmente importanti e piuttosto che fare del male a uno di noi avrebbe posto fine alla sua vita >>.
<< Sì, è possibile tu abbia ragione, Johnny boy, e, come puoi vedere, benchè non abbia messo in mano a lui alcuna arma il sacrificio è ugualmente compiuto. Sono stato bravo a pescare questa furba e agile trota >> ridacchia allegro.
<< Credi davvero di essere tu il pescatore in questo bel teatrino, Jim >>.
Moriarty volge uno sguardo furente alla sorella che non si degna neppure di voltarsi verso di lui mentre, inginocchiata e tenuta sotto tiro dai suoi uomini, lo denigra pubblicamente.
<< Potresti essere tu quello che sta cadendo in trappola senza neanche rendersene conto, non credi? >>.
<< Tu non sai quali sono gli accordi che abbiamo preso, Seb, come osi giudicarmi? >> ringhia furioso battendo i piedi come un bambino.
<< Ti sta solo raggirando. Sei davvero bravo a recitare la parte dell’agnello sacrificale, i miei complimenti >> dice strizzando l’occhio a Sherlock.
<< Tu stavi tramando alle mie spalle e ti è stato possibile farlo solo perché io mi fidavo di te! Non avevamo accordi, né vincoli se non quello di sangue ed è stato questo a fregarmi. Con Sherlock, invece, le cose sono diverse e sarà anche grazie a lui che avrò la mia vendetta su di te. Dovresti ringraziarmi, anzi, per l’occasione che ti do di andartene per mano del tuo tanto amato John Watson. Lo volevi tutto per te: eccotelo >> le dice indicando John.
<< E lo sarà tutto per me >> dice scoccando un’occhiata al consulente. << Hai dedotto molte cose, Sherlock, e non hai perso tempo a raccontare la tua verità a questo sciocco ragazzino che il destino mi ha dato per fratello. Immagino tu abbia dedotto anche perché il vostro Skyfall abbia deciso di rimanere con me anziché tornare con gli altri >>.
Sky la guarda stupito per poi volgere lo sguardo a John, che non capisce il perché di quegli occhi infinitamente tristi col quale lo guarda.
<< L’ho ricattato, è vero. Gli ho detto che se si fosse allontanato da me avrei ucciso i suoi amici e riservato alla sua amata lo stesso trattamento che ho rivolto, anche grazie a lui, alla cagna tanto cara a tuo fratello. Ma sai dirmi, infallibile genio, qual è la base del ricatto? >>.
<< Questo gioco sembra interessante >> sghignazza Moriarty. << Avanti, Sherlock, vai con le deduzioni >>.
John sente il suo uomo aggrapparsi con maggior forza al suo braccio. Lo vede chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro.
<< Quando ho saputo che avevi indossato un giubbotto antiproiettili in quella fabbrica ho pensato lo avessi fatto perché temevi John. Ciò che provi per lui ti rende vulnerabile e non ti piace per nulla sentirti così. Poi, però, te la sei presa con Molly. Hai voluto a tutti i costi che ti rivelasse il nostro nascondiglio, non solo per prenderti John, ma anche per vendicarti di quanto Anthea ti ha fatto. Ora che ho visto come l’hai ridotta, però, mi sono chiesto il perché di tanto accanimento.
Di mio fratello non te ne frega nulla. Lui è solo una marionetta che vi rende facile avere accesso al potere, quindi perché sarebbe dovuto essere di tuo interesse vederlo soffrire per le torture inflitte alla sua segretaria? No, Anthea doveva averti fatto qualcosa che andava oltre il braccio destro inutilizzabile e il sinistro ferito, ma che comunque c’entrava con la sparatoria.
Poi c’è stato l’insolito comportamento di Sky, che ha deciso di rimanere con te, anziché correre dalla sua donna e dai suoi amici. Uno come lui, che non si fa fermare da nulla, doveva aver trovato un ostacolo bello grande da superare. Un segreto condiviso. Non può essere che un segreto, dal momento che tuo fratello non ne è al corrente, né nessun altro, a parte l’uomo che hai usato come scudo umano >>.
<< … e te >> conclude Moran soddisfatta. << Vuoi che lo dica io o preferisci dare tu la bella notizia al nostro dottore >>.
John guarda interdetto Sherlock. Questi sembra infastidito e allo stesso tempo triste, come se stesse per dargli la più brutta delle notizie. E dato il personaggio col quale si trovano ad avere a che fare non può che essere pessima. Ma perché triste?
<< E’ incinta >> gli dice Sherlock con un filo di voce.
 John non capisce subito il senso di quanto gli ha detto. Il suo sguardo, inebetito e confuso, viaggia più volte da Moran al suo uomo.
<< Non è… possibile >> sussurra sentendo il sangue abbandonare il suo corpo.
<< Oh, mio dio! Che colpo di scena! >> grida Moriarty, portando le mani ai capelli impomatati. << E immagino tu sia sicura, sorellina, che questa confessione possa rendere più difficile al tuo caro amato prendere la decisione di farti fuori >> aggiunge, picchiettando l’indice sul mento. << Temo che avrai una brutta sorpresa >> ride divertito.
John nota come gli occhi di Moran si dilatino dallo stupore, il viso impallidisca e i muscoli del volto si tendano. Lo guarda intensamente e in quello sguardo John vede la paura, quel timore del quale Sherlock aveva parlato. Questa donna lo teme davvero. Una strana sensazione di soddisfazione ed eccitazione lo pervade dinanzi a questa consapevolezza.
<< Ti ha incastrato >> borbotta Sky attirando l’attenzione di John. << Ha fatto in modo di restarci la notte in cui ti ha stuprato >>.
John sente il corpo pervaso da mille spilli. Lo imbarazzano le parole dirette del ragazzo, che spiattella la verità senza filtri peggio di quanto sia in grado di fare Sherlock.
Le manifestazioni di stupore e le risatine di scherno dei presenti aumentano la vergogna per quel segreto che solo al suo compagno aveva rivelato. A lui e ad Anthea, che aveva assistito silenziosa alla conversazione avvenuta alla fabbrica.
Moriarty ride della grossa e se riuscisse a muoversi da lì John gli salterebbe volentieri al collo. E pazzesco come si stia preoccupando più dell’umiliazione della notizia resa pubblica di quella violenza ai suoi danni, che di quel che da questa sembra essere nato.
<< So che farai la cosa giusta >> sussurra Sherlock al suo fianco.
Peccato che John non sappia quale sia questa ‘cosa giusta’. L’unica cosa che ritiene essere giusta è averlo accanto. E’ un concetto così semplice, eppure sembra tanto difficile per tutti quanti. Anche per Sherlock, che ora si allontana da lui.
<< No! >> esclama afferrandogli la mano che lo ha appena lasciato. Il consulente gli sorride dolcemente.
<< Lascia che vada, John. Continua a credere in me, amore mio >>.
Lasciare andare la sua mano è terribile. La sente muoversi nella propria, così piccola, cercare di liberarsi dalla forte stretta delle sue dita disperate. Ne sente ancora il calore quando gli sfugge via e il sangue abbandona nuovamente il suo corpo in modo tanto brusco da farlo barcollare.
<< Non ora, John >> gli sussurra Fox alle sue spalle, sorreggendolo prontamente. << So quanto sia dura per te, credimi, ma non rendergli tutto più difficile >>.
John morde forte la lingua tra i denti per non svenire. Continua a ripetersi che non è giusto, che sta sbagliando, che deve fermarlo. Lo vede di spalle, avvicinarsi a quella donna che ha ferito la sua carne rischiando di ucciderlo.
<< Eri solo una bambina quando hai condannato a morte mia sorella >> le dice guardandola con disprezzo. << Jane mi aveva detto di averti vista. La figlia grande dell’amica di nostra madre. ‘E’ tanto bella, ma ha gli occhi così tristi’, mi aveva detto. Lei cercava il buono in ogni cosa ed è riuscita a trovarlo persino in una carogna come te, Sebastiana Moran. Sei morta nello stesso momento in cui hai pensato di farle del male. Non so come sia possibile che sia attecchita la vita in una cosa morta come te. Deve essere merito di John. Ha salvato me e quindi penso possa essere davvero possibile sia riuscito, nonostante tutto, a far nascere qualcosa di buono in te  >>.
Sherlock le scocca un’ultima occhiata per poi passare oltre, deciso a raggiungere Moriarty, che lo aspetta, fiero della sua vittoria, con una mano protesa verso di lui.
<< Non permetto a nessuno di parlarmi così! >>.
Moran da una testata all’uomo in nero alle sue spalle, colpendolo al basso ventre. Si alza svelta, lo alleggerisce della pistola e spara contro Sherlock.
<< No! >> grida Sky lanciandosi verso il consulente.
La pallottola lo prende in pieno. John ne segue la traiettoria. Parte mediale superiore sinistra del dorso. Dritto al cuore. Il ragazzo emette un debole suono gutturale prima di rovinare addosso al consulente.
L’uomo in nero si riprende e disarma Moran forzandola a terra. Le piega il braccio destro dietro la schiena facendola gridare.
<< Maledetto scherzo della natura. Perché voi spagnoli vi mettete sempre in mezzo? >> grida.
Nella confusione allarmata dalle grida disperate di Mistica, gli uomini di Moriarty sollevano di peso Sherlock e veloci lo caricano in auto. James li segue, ordinando con un gesto della mano la ritirata.
<< Sherlock! >> grida John, forte come aveva gridato quel maledetto giorno ai piedi del Bart’s.
Moriarty si volta verso di lui, sorridente. Lo saluta con un cenno della mano e un mezzo inchino, prima di salire a sua volta in auto e ripartire, lasciando dietro di sé una nube di polvere e terra.
 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Buonasera a tutti!
Tardi, ma ce l’ho fatta!
Capitolo lungo, penso sia il più lungo tra tutti quelli pubblicati finora. Troverete il riferimento a un altro dei miei capisaldi del panorama sherlockiano: i film della Warner Bros. Ho amato l’interpretazione di Robert Downey Jr. Il suo Sherlock è eccentrico, geniale, capace di travestimenti incredibili. Jude Law, poi, è un Watson secondo me molto vicino a quello di Doyle. Sul rapporto tra i due non spendo parole perché penso parli da sé. Nulla togliendo ad Andrew Scott, trovo che Jared Harris sia un Moriarty più vicino a quello del canone. Ho preso spunto, per questo e per i prossimi capitoli che ci condurranno alla fine, al film ‘Sherlock Holmes – Gioco di ombre’ di Guy Ritchie. Ritroverete diversi passaggi, battute, riferimenti, tratti da questo film. Soprattutto ho preso pari pari i riferimenti politici. Non voglio politicizzare questa long, e riferirmi al film mi è sembrata la cosa migliore, benchè possa essere lontano dal panorama odierno (… vabbè, non entriamo nel merito di possibili similitudini…).
Posso dire, con questo passaggio, di aver concentrato in questo lavoro tutte le mie punte di spicco legate al celebre personaggio ideato da Sir Artur Conan Doyle: il canone, ‘Soluzione sette percento’ di Meyer, ‘Sherlock’ di Gattis e Moffat e ‘Sherlock Holmes’ di Guy Ritchie. Chi più soddisfatta di me? Spero lo siate anche voi e che questo nuovo capitolo possa essere di vostro gradimento
Buona lettura
Patty
 
 
Capitolo 28
 
An angel’s smile is what you sell
You promise me heaven, the put me through hell
Chains of love got a hold on me
When passion’s a prison, you can’t break free
 
Oh, you’re a loaded gun, yeah
Oh, there’s nowhere to run
No one can save me
The damage is done
 
Shot through the heart
And you’re to blame
You give love a bad name (bad name)
I play my part and you play your game
You give love a bad name (bad name)
You give love, a bad name[1]
 
<< Sherlock! >>
John corre, corre veloce verso l’auto scura. Respira la polvere che questa ha tirato su ripartendo. Le gambe, ancora provate dalla tortura subita, dolgono e minacciano di abbandonarlo facendolo cadere rovinosamente.
Al dottore, però, tutto questo non interessa. Corre disperato dietro l’auto ormai lontana e irraggiungibile che si sta portando via il suo uomo.
Cade davvero, infine. Si sbuccia i palmi delle mani e il dolore gli ricorda ancora di più quanto sia tutto maledettamente successo per davvero.
<< Non posso averti perso. Non di nuovo, no! >> dice tra i denti battendo i pugni sul selciato. Lacrime calde gli rotolano sulle guance disegnando sottili rigagnoli sul viso impolverato.
Lontana, lontanissima gli giunge un’altra voce disperata. Lo riporta in contatto con quanto è accaduto in modo così frenetico e veloce da essere stato appena registrato dalla sua mente.
Si volta lentamente verso quel lamento e tra la polvere che ancora si dipana nell’aria scorge il corpo ormai senza vita di Sky. Mistica lo tiene tra le braccia, lo scuote, lo chiama. La speranza di scoprirlo ancora vivo è più forte della consapevolezza della sua morte.
E’ successo anche a lui ai piedi del Bart’s. Era corso verso Sherlock, gli aveva afferrato il polso nell’illusoria speranza di avvertirne ancora i battiti, sebbene sapesse razionalmente che da un volo del genere non si sopravvive.
John distoglie lo sguardo da quel dolore che tocca le corde di ricordi ancora troppo freschi in lui. Solo così si accorge di come Moran stia fuggendo via approfittando di quanto è accaduto.
Senza esitare John prende la pistola dalla cintura e fa fuoco colpendola alla gamba. La donna strilla come un’aquila, tenendo il ginocchio ferito con la mano sinistra.
Una strana eccitazione si impossessa dell’ex soldato al suono di quelle grida. Si rimette in piedi e, sebbene ogni passo sia pervaso dal dolore e le gambe siano pesanti e rigide, si muove veloce verso Moran.
Deve fermarsi di colpo, però, dinanzi allo scatto felino di Mistica, che, abbandonato il corpo del collega, si scaglia contro l’ex caporale. Gridando in spagnolo, crivella di calci e pugni colei che ha ucciso il suo uomo.
Grey e Fox la lasciano fare. Restano fermi vicino a Sky e osservano lo sfogo rabbioso della collega. Moran non riesce a difendersi. La ragazza si accanisce sul braccio destro di lei e ripetutamente le colpisce il ventre. Colpi forti che John, seppure sia ancora lontano, riesce a sentire.
“E’ incinta”.
La voce di Sherlock gli invade le orecchie, quel sussurro col quale gli ha dato questa notizia terribile. Sembra non essere un caso che proprio sul ventre di Moran si stia accanendo Mistica. Come se volesse uccidere qualcosa alla quale quell’abominevole donna tiene, così come lei ha ucciso colui al quale teneva.
John si chiede se anche lui dovrebbe tenerci. Qualcosa di suo sta crescendo dentro quella donna. Non voluto, strappato con la forza, ma pur sempre suo. Nascerà e crescerà e sul suo volto ci sarà, forse il suo stesso sorriso o il suo sguardo. Il colore dei suoi occhi o l’incarnato della sua pelle. Potrebbe avere il suo stesso modo di arricciare il naso, la sua stessa passione per il rugby, per la medicina e per l’esercito.
“Io, però, non lo voglio. Non con una come lei!”.
John riprende a camminare lentamente verso le due donne. Getta l’arma ormai scarica per terra e afferra Mistica bloccandole le braccia.
<< Me dejò![2] >> grida la ragazza agitandosi.
<< Non voglio che ti sporchi le mani uccidendola, Miriam >> le sussurra John tenendola stretta.
<< Àngel è morto! È morto ed è solo colpa di questa stronza! >> grida tentando di avventarsi nuovamente addosso a lei. << Non puoi farlo, John. Non puoi permetterle di vivere solo perché è incinta >>.
<< Non ho mai detto di voler fare una cosa simile >>. La ragazza lo guarda stupita e la sua furia sembra placarsi all’istante. << Quel che voglio è impedirti di avere una vita umana sulla coscienza, anche se appartiene a una come lei >>.
Gli occhi di Mistica si riempiono di lacrime, che brillano piano piano. Fin dall’inizio l’ha colpito di questa ragazza l’empatia così amplificata che la porta ad avere gli occhi perennemente lucidi e a vibrare subito connessa con le emozioni di chi le è accanto. Gli getta le braccia al collo contro il quale cerca di soffocare i suoi singhiozzi, mentre Moran, con una tempra davvero invidiabile, lentamente tenta di rimettersi a sedere sul terreno brullo che l’ha ricoperta di polvere come una dama del settecento.
I loro sguardi si incontrano e restano agganciati nel silenzio rotto dai singulti di Mistica. Se questo gruppo di ‘sbagliati’ giornalisti investigativi spagnoli non fosse arrivato da lui con le sue verità nascoste, Moran sarebbe stata così abile nell’approfittarsi del suo dolore da attirarlo a sé, nonostante la violenza camuffata da brutto sogno causato dall’alcool.
Si sarebbero frequentati e lei sarebbe stata perfetta nel recitare la parte della donna accondiscendente, pronta ad ascoltare, ad accogliere tra braccia confortevoli e rassicuranti. John sarebbe stato così disperato da cadere nel suo piano con tutte le scarpe. Così inconsapevole del pericolo da proporle, magari, di sposarlo entro breve tempo, tanto sarebbe stato bisognoso di dare una svolta alla sua vita e tenere accanto a sé qualcuno disposto ad amarlo.
La gravidanza inattesa, poi, avrebbe completato l’opera. Benchè la paternità non gli interessi né mai l’abbia desiderata, avrebbe accettato anche quel figlio. Anzi, forse gli si sarebbe aggrappato molto più che ha lei, perché un figlio ti ama incondizionatamente, anche se sei il peggiore dei genitori. Come era successo a lui con i suoi.
Sarebbe rimasto, così, intrappolato in una prigione dalle pareti invisibili. Bloccato nel ricordo di un amore mai dichiarato.
John sospira pensando a quanto sia stato fortunato a salvarsi da tutto questo. Allontana Mistica da sé e si mette in piedi. Recupera la pistola con la quale l’ex caporale ha messo fine alla vita di Sky e gliela punta contro.
<< Non puoi farlo >> sussurra Moran.
<< Perché no? >> le chiede, sentendo nella mente e nel cuore una determinazione mai provata.
<< Sono incinta, John. Non può esserti indifferente >> singhiozza Moran.
La determinazione vacilla. Tutte le ramanzine sul dovere, sulle responsabilità da accettare e sull’onore che suo padre gli ha più volta fatto da ragazzo gli invadono la mente. Le prediche di stampo cattolico della madre si uniscono al coro facendogli dolere la testa. Se non bastasse, Moran sembra così sincera nella sua disperazione. La mano sinistra premuta sul ventre, nell’estremo tentativo di difendere quella piccola vita, è così stucchevole che potrebbe benissimo essere l’ennesimo tentativo di manipolazione ai suoi danni.
<< Sta mentendo >>.
Fox entra nel campo visivo di John. Stringe Mistica tra le braccia e con volto inespressivo osserva la donna ai loro piedi.
<< Non è incinta. Non lo è mai stata. È solo un altro espediente per tenersi in vita e per tenerti ancorato a sé >>.
<< Cosa vuoi saperne tu, maledetto intruso! >> grida lei, tentando di rimettersi in piedi. Il ginocchio ferito e i pugni di Mistica, però, l’hanno davvero ridotta male, tanto che si vede costretta a restare giù.
<< Io riconosco la verità quando la vedo sul volto e nei gesti di chi ho di fronte e non ce n’è traccia in te, Moran >>.
<< E se questo non ti bastasse a capire le sue intenzioni, ti confermo anche io, John, di come questa donna stia mentendo sulle sue condizioni >> dice Grey alle sue spalle.
Moran è sgomenta delle affermazioni dei giornalisti. Sembra così indifesa e bisognosa di aiuto e protezione.
<< Lo dicono per indurti ad uccidermi >> dice affannata. << Vogliono vendicare il loro amico per mano tua. Stanno cercando di usarti! >>.
John scopre che non gliene frega nulla. Se gli spagnoli stiano dicendo la verità oppure se stiano cercando di usarlo. Se Moran sia davvero incinta o sia il suo ennesimo raggiro. Lui ha preso la sua decisione.
Toglie la sicura all’arma e prende la mira.
<< Non vorrai dare retta a questi due, spero? >>.
<< A dire il vero, quanto sto per fare lo avrei fatto anche senza il loro intervento. Hai tentato per la seconda volta di porre fine alla vita dell’uomo che amo. Questo mi basta >>.
<< L’uomo che ami >> ripeta incredula << L’uomo che ami è più importante di tuo figlio? >>
<< Io non lo voglio questo figlio. Me lo hai imposto con la violenza e io detesto essere messo alle strette >>
<< E così vuoi uccidermi pur sapendo che aspetto un figlio tuo? >> chiede Moran, continuando a sottolineare l’esistenza di quella creatura innocente.
<< Cosa dovrei fare, secondo te? Restare al tuo fianco, vederti portare a termine una gravidanza che non volevo e crescere questo ‘figlio’ insieme ad una donna che odio? E cosa dovrei dire, poi, a questo bambino, quando mi chiederà come ci siamo conosciuti? Che mi hai scelto come stallone da monta e che sei arrivata a stuprarmi pur di restare incinta? >>.
<< Io ti ho scelto perché ti amo >> ammette disperata.
<< Mi ami, dici? Beh, io penso tu abbia un’idea distorta di cosa sia l’amore. Un’idea lontanissima dalla mia e che non voglio tu possa trasmettere a qualcosa di mio. È anche per il bene di questo ‘figlio’ che lo faccio. L’unica prova d’amore che posso dimostrargli è quella di impedirgli di avere per madre un mostro come te >>.
<< Io credevo tu fossi diverso da tutti gli altri uomini! >> grida Moran furiosa. << Credevo tu saresti stato in grado di amarmi e di amare lei. Io volevo solo una famiglia tutta mia, un posto a cui tornare, delle braccia che mi accogliessero e tra le quali poter essere semplicemente me >>.
<< Credo tu mi abbia idealizzato troppo, ‘Mary’ >> dice ponendo enfasi sul nome che avrebbe usato in quella vita fatta di menzogne che tanto sognava. << Mi hai costretto tu stessa a doverti spezzare il cuore >>.
Il colpo di pistola rimbomba spaventando alcuni uccelli che volano via dagli alberi che li circondano. Il corpo di Moran cade a terra dopo essere rimasto qualche istante immobile. Gli occhi ancora aperti, fermi nell’espressione ormai eterna di sorpresa.
John abbassa la pistola e la lascia cadere. Il vento caldo si alza improvviso e lo avvolge da capo a piedi. Gli scompiglia i capelli, gli accarezza il viso, sciogliendo le tensioni di cui è preda.
“E’ finita” pensa tra sé, maledicendosi ancora una volta per non essere riuscito a farlo prima. Forse Sky sarebbe ancora vivo. Sicuramente Molly non avrebbe subìto quanto ha subìto, così come Anthea, il cui sguardo è il primo che John incontra. Gli sorride annuendo appena.
“Ben fatto, John” sembrano dirgli i suoi occhi, gonfi delle botte prese.
<< Andiamo via da qui >> sussurra, incapace di muovere anche un solo passo. Nessuno gli risponde. Restano lì tutti immobili. Spaventati, forse, da quanto potrebbe accadere se tentassero anche solo di compiere un passo.
<< E Àngel ? >> sussurra Mistica rompendo quel silenzio spettrale.
<< Lasciate che mi occupi io di ogni cosa, ve ne prego >> dice Mycroft prendendo in mano la situazione, bisognoso di rientrare nel suo ruolo. << Valgo ancora qualcosa nel governo. Manderò personale fidato a recuperare i corpi. Farò in modo che li tengano all’obitorio del Bart’s >>.
<< Lui non voleva lo guardassero con curiosità >> sussurra Mistica nel protettivo abbraccio di Fox. << Non li sopportava quegli sguardi stupiti, increduli e le battute che tutti puntualmente facevano >>.
<< Non lo vedrà nessuno. Darò disposizione che non venga spogliato. Nessuno avrà occasione di ridere di lui, né di oltraggiarlo in alcun modo >> le assicura Mycroft e la ragazza sembra rassicurarsi.
<< Io non ho più il mio telefono, signor Holmes >> dice Anthea e la sua frase è così fuori luogo che John non può fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata nervosa.
<< Scusate >> tenta di giustificarsi senza riuscire a porre fine all’ondata di risa.
Il suo uomo è stato portato via da un pazzo criminale. Ha appena ucciso la donna che ha abusato di lui e che era incinta. Ha spento una vita innocente che in parte ha contribuito a creare. Il punto di rottura è molto più che vicino, ma non se lo può concedere. Deve tenere duro per Sherlock. Deve lottare per riportarlo sano e salvo al suo fianco.
Ride nervoso, dunque, e nessuno si unisce alla sua risata. Restano rispettosamente in silenzio attendendo che la crisi passi, cosa che accade dopo poco. Il silenzio che si crea è come un sospiro di sollievo.
<< Ho trovato questo nelle tasche di Àngel. Credo sia tuo >> dice Grey porgendo ad Anthea il suo blackberry. La ragazza lo stringe forte tra le mani come le avessero riconsegnato un cucciolo perso e finalmente ritrovato dopo lungo tempo. Alza lo sguardo a incontrare quello del suo capo che annuisce appena, e torna ad essere la segretaria efficiente con l’attenzione rivolta perennemente allo schermo del telefono.
<< La squadra Delta sarà qui entro dieci minuti, signore >> dice e una nuova ondata di risate vorrebbe partire dalla pancia di John dinanzi al contrasto di lei, impeccabile e professionale, livida delle sevizie subite e vestita di una giacca grigia troppo grande e troppo lunga e nient’altro. Riesce, però, a darsi un contegno e si rende conto che le abitudini servono per non impazzire. Anthea aveva bisogno del suo telefono, Mycroft del suo impartire ordini. E lui? Di cosa ha bisogno John Watson per non impazzire?
<< Dove avrà portato Sherlock, quel pazzo di Moriarty? >> domanda a Mycroft.
<< Non ne ho idea, John. Da troppo tempo manco dal mondo civile e ho bisogno di capire cosa è successo. Prima che mi prelevasse si stavano per muovere acque vorticose e pericolose >>.
<< Che razza di accordo pensi possano aver stretto lui e Sherlock? >>.
<< Mio fratello ha un piano. Non si sarebbe consegnato se non ne avesse avuto uno. Per sconfiggerlo penso abbia capito fosse necessario affrontarlo di persona, respirare i suoi deliri, raggirarlo e condurlo dalla sua parte, un po’ come il vostro Skyfall ha fatto con Moran >> dice Mycroft volgendo lo sguardo al corpo senza vita del ragazzo. << Propongo di proseguire il viaggio come stabilito. Anche Moriarty mi vuole a Londra, pronto ad attendere agli ordini suoi e di mio fratello. Questo può giocare a nostro favore e permetterci di condurre le indagini che ci servono, ma dobbiamo essere molto accorti >>.
<< Abbiamo un posto dove poterci nascondere? >>.
<< Non dobbiamo nasconderci, Juan >> risponde Mycroft con un sorriso tirato << Moriarty è al corrente della nostra esistenza e ci terrà d’occhio. Il miglior modo per nascondere qualcosa è metterlo sotto gli occhi di tutti, dicono >> recita Mycroft.
<< Dobbiamo fare anche noi ciò che sta facendo Sherlock e che, come lui, ha fatto Àngel >> annuisce Grey.
<< E voi dite che se la berrà? >>.
<< Abbiamo Sherlock dalla nostra, Valerio >> ribatte Grey. << E, comunque, non abbiamo molte alternative >>.
<< Cinque minuti all’arrivo della squadra Delta, signore >> chiosa Anthea.
<< Direi che è meglio levare le tende >> decide Grey mettendosi al posto di guida. Anthea e Mycroft salgono a bordo seguiti da Fox e da Mistica, che si attarda qualche istante per lanciare un ultimo saluto a Sky.
John si porta a passo veloce verso il corpo del ragazzo. Sembra ancora più giovane del ragazzino di neanche vent’anni che dava l’idea di essere.
Quando si sono incontrati la prima volta ha creduto di ritrovarsi davanti ad uno specchio, tanto era incredibile il travestimento che indossava. Nel tempo trascorso insieme lo ha guardato incuriosito, lo ha visto cambiare abiti e fisionomia, divenire sempre più guardingo e doppiogiochista. Lo ha odiato, ha provato repulsione e disgusto per lui e poi ammirazione per la sua abilità e prontezza di spirito nel raggirare quella pazza furiosa che lo ha ucciso. Se Sherlock è ancora vivo è grazie solo al suo sacrificio.
 
<< Vuole che mi uccida, John >>
gli aveva detto il consulente, decodificando i messaggi che si scambiavano sul forum.
<< Pensi che lo farà? >>
gli aveva chiesto.
Le labbra di Sherlock si erano sollevate solo da un lato, in quella mezza curva che è il suo sorriso imbarazzato.
<< Solo se ne sarà costretto.
Se Moran puntasse l’arma contro i suoi obbligandolo a uccidermi, allora potrei ritenermi spacciato. In caso contrario so che farebbe di tutto pur di salvarmi >>.
 
<< E così è stato, amore mio >> sussurra. << Ti ringrazio, Skyfall. Farò di tutto affinchè il tuo sacrificio non sia stato vano >>.
Scatta sull’attenti, onorandolo col saluto militare. Gira sui tacchi e cammina veloce verso il furgone, dalla porta laterale del quale Mistica è rimasta a guardarlo. Lo accoglie con una carezza e un bacio sulla fronte, lo stesso che più volte gli ha dato all’inizio di questa lunga avventura. Gli porge la mano e lo aiuta a salire a bordo.
Quando ripartono è già possibile sentire il rombo dell’elicottero della squadra Delta avvicinarsi.
 
***
 
Il lungo e ampio corridoio dell’istituto parauniversitario Roland - Kerr è illuminato da fasci di luce lunare che rendono tutto surreale e tenebroso. Sherlock, avvolto dal suo cappotto, la sciarpa annodata al collo, ascolta il risuonare delle suole delle sue scarpe ritenendosi orgoglioso di come questo spezzi il silenzio.
Si volta deciso verso una delle tante porte che si affacciano al corridoio e la apre. All’interno è ancora più buio. L’unica luce proviene dallo schermo di tre pc che proiettano sul soffitto e sul pavimento l’ombra gigante di chi vi è seduto davanti.
<< Alla buon’ora Billy Budd >>.
<< E’ Billy Kidd il pirata, non Billy Budd il marinaio >>.
<< E’ lo stesso >> ribatte Sky senza neppure voltarsi verso di lui.
Sherlock sorride di questo teatrino che puntualmente si trovavano ad inscenare. Il loro personale modo di dirsi ‘ciao’. Si avvicina a lui, sempre concentrato sugli schermi, e si ferma alle sue spalle.
<< Grazie >> dice in tono accorato.
Il ragazzo si volta lentamente. Lo guarda stupito, il sopracciglio alzato in quel modo buffo.
<< Lo hai detto davvero? >> gli chiede scrutandolo dalla testa ai piedi.
<< Te lo meriti >>.
<< Solo perché ti ho salvato la vita? Da quando sei così sentimentale, Billy Kidd? >>gli chiede con una buffa espressione di disgusto.
<< Sai com’è, è la prima volta che qualcuno si sacrifica morendo al posto mio >>.
<< Fai che non diventi un’abitudine >> dice riportando l’attenzione agli schermi dei suoi pc. << E comunque ero già spacciato. Quei bastardi degli uomini del tuo ‘fratellastro’ mi avevano sparato all’addome. Non ce l’avrei fatta neppure con l’aiuto del tuo caro dottore. Dopo tutto quello che ho passato, non potevo permettere che tu rovinassi tutto facendoti uccidere da quella pazza furiosa >>.
<< Come darti torto >> ribatte Sherlock sorridendo. << Un vero peccato andasse perso tutto il materiale che hai raccolto affinchè i tuoi colleghi realizzino un’inchiesta da premio Pulitzer >>.
<< Lo stesso materiale che permetterà a te e a tuo fratello di smantellare la rete di Moriarty. Per davvero, questa volta >>.
<< Hai fatto un ottimo lavoro, Àngel >>.
Il ragazzo si volta nuovamente verso di lui.
<< Tu non stai bene, Billy >> ribatte scuotendo il capo. Sherlock ride della sua mimica facciale, cosa che ha sempre mandato su tutte le furie l’hacker.
<< In effetti non mi sono ancora ripreso. Hai fatto davvero un ottimo lavoro >> ripete e il ragazzo questa volta sorride imbarazzato.
<< Grazie >> sussurra distogliendo lo sguardo. << Non è stato facile. Ho sempre sperato di andarmene con la coscienza a posto e, invece, ho fatto cose bruttissime nelle mie ultime 48 ore. Mi spiace per Anthea. Spero possa riprendersi >>.
<< E’ forte >> dice per rincuorarlo, ma lui stesso teme per la salute della ragazza.
<< Essere forti non è un vantaggio, Sherlock >> dice alzandosi dalla sedia. << Ho finito. Ho messo a posto tutte le informazioni nel tuo database. Ci trovi quanto ci siamo detti sul forum, tutti i collegamenti che hai fatto e alcune dritte su come andare avanti >>.
Sherlock si sporge a dare un’occhiata al monitor. Scorre le varie informazioni leggendole velocemente.
<< Credi che possa funzionare? >> gli chiede.
<< Perché non dovrebbe? Hai capito con chi hai a che fare e sei perfettamente in grado di raggirarlo a tuo piacimento. Affinchè il piano vada in porto, però, hai bisogno di un aiuto dall’esterno. Proprio come è stato per liberare tuo fratello. Questa volta, però, senza fuochi d’artificio >>.
<< Grazie, Sky >> si volta verso di lui porgendogli la mano.
<< Fa davvero effetto sentirtelo dire, sai? >> ribatte il ragazzo, gli occhi scettici fissi sulla sua mano. << Sherlock >>, gli dice serio, << non è mai corso buon sangue tra di noi e nessuno dei due ha fatto nulla per arginare l’emorragia. Devo ammettere, però, che abbiamo lavorato bene insieme, tu dal tuo letto di dolore e io recitando una parte da premio Oscar. Mi spiace solo essere stato io quello a rimetterci la vita, ma in un modo o nell’altro sarebbe accaduto. Voglio tu mi faccia una promessa solenne. Me lo devi, dato che se sei vivo è solo grazie a me >> gli dice picchiettandogli con l’indice il torace. << Sei maledettamente fortunato e non so neppure se te ne rendi conto. Sei circondato da persone che amano alla follia e non sono ricambiate. Fox, Anthea ed io non avremo mai la fortuna che hai avuto tu con John, quindi esci vivo da questa storia, tieniti stretto il tuo dottore e goditi la vita. Godi, Sherlock! Cazzo, basta con tutte queste paure. Guarda dove mi hanno portato! A rimpiangere di non aver mai detto ciò che provo >> si ferma a prendere fiato e distrattamente passa la mano sul viso. << Promettimi che lo farai, Sherlock >>.
<< Lo farò, Àngel >> protende ancora di più la mano verso di lui. Il ragazzo la guarda, la allontana battendo il palmo con il suo e gli salta al collo stringendolo in un abbraccio forte al punto da togliere il fiato.
<< Ero io il più sbagliato tra tutti loro. E’ giusto che i ‘Los Errores’ muoiano con me >> singhiozza. << Eravamo già spacciati, ma a quanto pare è toccato a me dare il colpo di grazia. Ti prego, fa che tornino a casa sani e salvi. Sono tutto ciò che di bello ho avuto nella vita. La parte pura e innocente dell’angelo che sono stato >>.
<< Farò di tutto affinchè accada >> dice rispondendo al suo abbraccio. È così esile e piccolo. Gli da la sensazione di stare stringendo tra le braccia un ragazzino. Lo sente tremare, scosso dai singhiozzi del suo ultimo silenzioso pianto. << Avevi detto fosse un peccato che lo spirito di mia sorella avesse deciso di fare il salto salvando John dal suo destino. Che ci sarebbe stato utile un angelo custode. Tu lo sei stato >>.
<< Mi hai costretto >>.
<< Hai scelto di non ribellarti. Avresti potuto farlo >>.
Il ragazzo sorride e scioglie l’abbraccio. Asciuga il viso e torna a mettere sulle labbra quel sorriso arrogante e fastidioso.
<< Ti stai ammorbidendo un po’ troppo, Billy Kidd >> dice colpendogli il bicipite con il pugno. Strizza l’occhio e gli mostra i due pollici verso l’alto prima di percorrere con passo sicuro i metri che lo separano dalla porta. Senza voltarsi la apre ed esce.
<< Addio amico mio >> sussurra Sherlock, tra le braccia ancora la sensazione del corpo piccolo e forte di quell’angelo sbagliato.
 
Una piacevole melodia raggiunge l’orecchio di Sherlock. E’ sdraiato su un letto in una stanza anonima, con una finestra davanti alla quale è stata apposta una tenda spessa che gli impedisce di vedere su cosa si affacci. C’è un vago odore di legna bruciata, quella tipica fragranza che persiste nelle case in cui ci sono caminetti.
Gli uomini di Moriarty gli hanno premuto un fazzoletto imbevuto di cloroformio contro il viso, facendogli perdere i sensi, subito dopo averlo fatto entrare in auto. Non sa, quindi, quanto a lungo abbiano viaggiato né dove di trovi adesso.
Quando ha aperto gli occhi, insieme al mal di testa si è ritrovato attaccato ad una flebo e con bende nuove sulla ferita, dalle quali ha dedotto di essere stato medicato di recente da mani professionali.
C’è qualcuno, ora, seduto accanto a lui. Ne intravede la sagoma nella penombra.
<< Fisherwieser[3] >> sussurra e la sagoma ridacchia annuendo.
<< Franz Schuber, il mio preferito >> precisa James. << Ammiro anche Johann Sebastian Bach, da te molto amato, ma ho imparato ad apprezzare questo compositore austriaco e devo ammettere che Die Forelle[4] è la mia opera preferita. Non stavi dormendo >> gli dice cambiando discorso, soddisfatto di averlo scoperto. << Eri nel tuo Mind Palace. Cosa ci facevi di bello? >>.
<< Ammazzavo il tempo. Mi annoio >> sbuffa.
<< Non starai mica cercando di trovare il modo di fuggire da qui, vero? >> gli chiede guardingo. << Sai bene che se farai un qualche tentativo di distruggermi io faro lo stesso. Il rispetto che ho per te, al momento, è l’unico motivo che ti rende vivo >>.
<< James, sono attaccato a una flebo, indosso solo un paio di boxer e dalla coperta che c’è su questo letto e da come sei vestito tu intuisco faccia freddo là fuori. Dove diavolo vuoi che vada? E poi, ho deciso di giocare a questo gioco. Prima del nostro accordo se fossi stato certo di poterti distruggere, anche a costo della vita, avrei accettato con gioia la morte  >>.
<< Lo so bene >> sorride soddisfatto. << E’ epico, non trovi? I due nemici giurati che si uccidono a vicenda, liberando il mondo dalla loro presenza. In effetti non sarebbe per nulla una buona idea, mio caro >> gli dice e porta la mano sulla sua guancia. È piccola e umida, per nulla rassicurante e parecchio fastidiosa.
<< Sono felice tu abbia deciso di contattarmi, Sherlock >> dice soddisfatto.
<< Non ho avuto altra scelta, James >> ribatte lui allontanando la mano dal suo viso.
<< Neppure io. Se fossi venuto da te dicendoti chi sono in realtà e proponendoti di divenire soci mi avresti liquidato in fretta. Mi sono dovuto inventare quel grande gioco fatto di misteri esplosivi, raggirare tuo fratello, assoggettarlo al mio volere e spingerti a fingere il suicidio, per attirare la tua attenzione. Ti fai desiderare parecchio, fratellino, lasciamelo dire >>.
<< Essere desiderato non è per nulla il mio obiettivo >>.
<< Lo so >> e di nuovo esibisce quel fastidioso sorrido soddisfatto. << Sono stato bravo a farti temere di volerti tutto per me, vestito di pelle nera e catene >> ride di gusto prendendosi gioco di lui. << Mi sono visto costretto a sfruttare la paura che hai del sesso. Dovresti ringraziarmi, ti ho dato un valido motivo per sottrarti alle mire del tuo dottore. Si dice sia piuttosto violento a letto, sai? >>.
<< Ti stupiresti del contrario >> ribatte, infastidito dal suo solo nominare John.
James perde il suo sorrisetto vittorioso. Sembra proprio non si aspettasse tutto il sottobosco di non detti espresso da quella semplice replica.
<< Posso sempre cambiare idea, sai? >> cerca di intimidirlo avvicinandosi a lui lentamente.
<< A tuo fratello? Non oseresti mai >>.
<< E perché no? Tra fratelli si gioca >> insiste riportando la mano umida sul suo viso.
<< Non so come siano le cose tra te e tua sorella, ma con i miei fratelli non sono mai stati fatti simili giochi >>.
<< Neppure con Jane? Si dice i gemelli siano molto più intimi tra loro che con chiunque altro >>.
Il modo confidenziale col quale parla di sua sorella lo irrita ancora di più.
<< Non così intimi. Eravamo bambini, cosa ti salta in mente?>> insiste, inorridito dalle sue parole, allontanando nuovamente la mano da sè.
<< Hai davvero dei begli occhi, sai?  >> gli dice e quel complimento inaspettato gli aggroviglia i visceri. << Certo, ora sono opachi, ma torneranno presto al loro splendore. Mi spiace che quella stupida di Seb ti abbia fatto questo >> dice volgendo lo sguardo alle garze che gli coprono la ferita. << Ma ha avuto ciò che si merita >>.
<< Sai cosa le è successo? >>.
<< No, ma sono sicuro che John e i tuoi amici spagnoli non siano stati gentili con lei. Non è di questo, però, che dobbiamo parlare. Ho grandi progetti per noi due, fratellino >> gli dice pungendogli con l’indice la guancia. << Ti ho portato nel posto in cui tutto è lecito >>.
<< Il paese dei balocchi? >>.
James ride della sua battuta e batte frenetico le mani l’una contro l’altra.
<< Mi piace questo paragone. Solo che non siamo Pinocchio e Lucignolo. No, io e te siamo l’Omino di Burro[5] e abbiamo tanti asinelli da vendere al mercato. Ti lascio riposare. Il medico si è raccomandato tu non faccia sforzi. La tua ripresa è lenta, benchè sia ottima, e il vertice di pace si terrà tra tre giorni >> dice alzandosi dal letto.
<< Ehi, aspetta, non lasciarmi qui a far nulla. Anche il mio Mind Palace può diventare noioso a lungo andare, sai? Guarirò più in fretta se mi dai qualcosa con cui distrarmi >>.
<< E cosa dovrei darti? >> gli chiede Moriarty stupito.
<< Se avessi un caso da risolvere sarebbe il massimo >>.
<< Un caso? >>.
Sherlock pare lo abbia messo davvero in difficoltà. James porta la mano ai capelli impomatati e si guarda attorno colto alla sprovvista.
<< Non posso credere tu non abbia tra le mani qualcosa di complicato da risolvere >> dice scuotendo il capo incredulo. << Che ne so, un codice alfanumerico da decifrare, come quello che mi ha sottoposto ‘La donna’; un dubbio nato dall’atteggiamento o dalla richiesta di qualcuno dei tuoi clienti. Qualunque cosa, insomma >>.
<< Il lavoro è proprio una droga per te, eh? >> ridacchia ammiccando compiaciuto. << In effetti ho qualcosa. Te l’avrei presentata quando saresti stato in grado di alzarti da questo letto, ma se insisti… >>. Lascia la stanza felice della suspance creata dalla sua battuta. Torna dopo poco con un tablet in mano e un sorriso soddisfatto sulle labbra. << Ho scoperto in tutti questi anni come la guerra sia un ottimo business >> gli dice sedendosi nuovamente al suo fianco. << Penso tu ne abbia sentito parlare, d’altronde è così che Mycroft è diventato l’uomo più importante d’Inghilterra. Chi è in grado di muovere armamenti e uomini ha il mondo ai suoi piedi >> dice porgendogli il tablet. << Questo è l’ultimo progetto al quale tuo fratello ha preso parte. Sì, c’è il mio zampino dietro >> gli strizza l’occhio. << Il mondo così come lo conosci sta per cambiare, fratellino. Basta muovere i fili giusti, far saltare in aria le persone giuste e farsi trovare lì, pronti ad avere la soluzione a tutti i  problemi >>.
<< Dividi et impera >> sussurra Sherlock scorrendo i file da Moriarty evidenziati nel tablet.
<< Proprio così. Il migliore espediente di un tiranno per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando discordie. L’uomo che vedi si chiama Claude Ravache, fa parte di un gruppo di anarchici parigini. Mi sono offerto di sostenere la loro causa al punto da determinare i loro movimenti. Fino a ieri Ravache è stato felice di prendersi, al posto mio, insieme ai suoi compari, la responsabilità degli attentati che si sono verificati in queste ultime settimane in Europa >>.
<< Immagino tu abbia delle valide motivazioni che lo portano ad essere così felice di prendersi le colpe dei tuoi giochi nell’ombra >>.
<< Ci hai preso, come sempre >> ride soddisfatto << L’amore, fratellino, è il punto debole di ogni essere umano. La moglie e i figli di Claude sono miei ospiti da un po’ >> dice facendo spallucce. << Nonostante questo, però, temo stia tramando alle mie spalle. Il mese scorso gli ho fatto recapitare un pezzo del figlio più piccolo, per ricordargli qual è il suo posto, e da allora è tornato a fare il bravo. Il vertice di pace, però, è alle porte e io non mi fido di lui. Penso stia ancora cercando di mettermi i bastoni tra le ruote >>.
<< I suoi movimenti, in effetti, sono sospetti >> annuisce Sherlock scorrendo le prove riportate nei numerosi file presenti nella cartella.
<< Pensi possa bastare come diversivo alla noia? >>.
<< Direi proprio di sì. Ti ringrazio >> dice alzando lo sguardo a incontrare quello di lui.
Il volto di James muta facendosi all’improvviso guardingo. Sherlock resta impassibile dinanzi a quello che sembra essere un esame.
<< Io… sono felice tu sia qui, Sherlock >> dice impacciato. << Ho la massima stima per tutti i tuoi talenti ed è per me un piacere averti qui con me, finalmente. Ti ho osservato sempre da lontano. Per tanto tempo. Oddio, sì, così tanto tempo >> ridacchia nervoso. << Tua madre ha portato te e Jane un paio di volte a casa mia, non so se le ricordi. Avrei voluto unirmi ai vostri giochi, ma Seb non me l’ha permesso. La prima volta mi ha confinato in camera mia e io sono rimasto a guardarvi dalla finestra mentre correvate in giardino. La seconda volta, invece, mi ha chiuso nello stanzino. Mi ci chiudevano spesso in quel dannato stanzino >> dice tra i denti. << Penso tu sappia cosa voglia dire crescere con qualcuno che pretende di decidere cosa è meglio per te, non è vero Sherlock? >>.
<< Sì >> ammette il consulente. << Mycroft ha avuto sempre questo brutto vizio >>.
<< E’ per questo che ti ho voluto con me, lo capisci adesso? >> dice afferrandogli gli avambracci eccitato. << Io mi sono liberato di Seb e ho liberato te da Myc. Possiamo fare quello che vogliamo adesso, senza che nessuno ci giudichi e ci dica continuamente quanto siamo inutili e idioti >> dice con voce concitata stringendogli le braccia tanto forte da fargli male. << Ci rigireremo tra le dita tuo fratello come vogliamo. Hai avuto una grande idea consigliandomi di fare eliminare Seb da John. Quella è furba, molto più furba e pericolosa di Mycroft e tenerla viva sarebbe stato solo un errore. Ti rendi conto ora quante cose possiamo fare io e te, fratellino? Siamo intelligenti, siamo potenti e siamo anche bellissimi >> dice con fare teatrale per poi ridere allegro. << Non rimpiangerai nulla di ciò che hai lasciato per seguirmi. C’era solo sofferenza lì. Nessuno ti ha mai accettato per il genio che sei, nessuno! Tu sei come me, hai sofferto come me e ora siamo liberi >>.
Nelle sue parole, nel tremore che lo pervade e che percepisce attraverso la stretta forte alle sue braccia, Sherlock si rivede ventenne, euforico alla notizia della morte di suo padre.
In un certo senso, James, narcisista e privo di alcuna empatia, in questo caso non ha tutti i torti. Mycroft non si può dire lo abbia mai trattato con i guanti, anzi, è sempre stato pronto a sminuirlo e a svalutare ogni sua idea e azione. A Scotland Yard, nonostante l’aiuto dato senza chiedere nulla in cambio, è sempre stato visto come un freak, insolente e arrogante.
Sherlock si rende conto fin troppo bene di come avrebbe accolto a braccia aperte la proposta di James in altre circostanze. Si sarebbe persino detto felice di avere un fratello in grado di capirlo e desideroso di permettergli di esprimere il meglio di sé.
Tutto questo, però, sarebbe accaduto solo se John non fosse mai entrato nella sua vita. Il suo dottore lo ha sempre accettato per il genio qual è. Si è sempre meravigliato delle sue capacità intuitive e ha sempre creduto in lui. Sempre, anche quando si era impegnato a fondo per far si che tutti pensassero fosse una frode.
Forse sono stati davvero sulla stessa lunghezza d’onda, lui e James, quando si sono ritrovati insieme sul tetto del Bart’s. Lo stesso rancore, la stessa sofferenza, la stessa genialità. Gli opposto di una stessa medaglia, si potrebbe dire.
L’ombra di John, però, faceva già la differenza tra loro e ancora di più l’ha fatta da quando tutta questa storia è cominciata. Ora che Sherlock sa di avere il suo amore, ora che sa di poterlo amare senza remore, non ha più bisogno della libertà e del potere che James gli propone.
<< Sì, Jim, siamo liberi >> dice sorridendo, portando avanti la sua recita.
Sherlock è libero. Finalmente libero e solo grazie a John. James risponde al suo sorriso del tutto ignaro di quanto diversa sia la liberta del consulente dalla sua. Gli posa un bacio sulla fronte. Sherlock avverte le sue labbra umide, fredde sulla pelle.
<< Ti lascio col tuo caso da risolvere >> sussurra allontanandosi da lui. Si ferma ancora qualche istante sulla porta prima di chiuderla dietro di sé lasciandolo solo.
Sherlock sfrega la mano sulla fronte senza quasi rendersene conto. Il suo sguardo vola alla ricerca dei suoi vestiti, che trova appesi a un servo muto. Le scarpe ordinatamente una accanto all’altra ai piedi di questo.
Cerca di fare il meno rumore possibile mentre, tirandosi dietro il bastone della flebo, si avvicina al servo muto. Mycroft gli aveva chiesto spesso, quando si drogava, a cosa gli servisse fare uso di cocaina e cosa pensava di guadagnarci dal vivere quella triste e avvilente vita. Oggi potrebbe rispondergli che ha imparato tanti trucchetti grazie alla sua dipendenza. Nascondere una dose è importante, soprattutto se non si vuole rischiare di essere arrestati per possesso di sostanze stupefacenti. Cosa alquanto noiosa.
La dipendenza lo ha reso creativo, così risponderebbe oggi a suo fratello. Fa scattare il tacco della scarpa destra rivelandone un nascondiglio. Se allora era molto utile per nascondere dosi di cocaina, in seguito lo è diventato per tenerci temperini o piccole armi da utilizzare in casi di emergenza. Oggi ne tira fuori una sim, quella che Sky gli ha messo tra le mani prima di essere preso in pieno dalla pallottola che lo ha ucciso al posto suo e che lui ha subito nascosto prima di essere privato dei sensi.
Nelle loro conversazioni in codice, il ragazzo gli aveva detto di aver sentito Moran e Moriarty parlare di un progetto al quale stanno lavorando da tempo, lo stesso che James gli ha appena esposto chiedendogli di indagare su chi pensa stia cercando di impedirne l’attuazione.
 
<< Ha una portata devastante.
Una cosa talmente grossa da mettermi i brividi.
Non stiamo più parlando di salvare il nostro giardino, ma l’intero bosco.
Farò il possibile per recuperare informazioni su questo parassita in modo che possa anche tu sapere come debellarlo >>.
 
Sherlock osserva questo piccolissimo hard disk che contiene l’ultima pericolosa e preziosissima indagine di Skyfall. E’ giunto il momento di prendere il suo posto nelle indagini sul campo. Toccherà a qualcun altro vestire i panni i panni dell’assistente.
Ripone la scarpa nella stessa posizione di prima e ritorna a letto.
<< Onore a te, Skyfall >> dice introducendo la sim nel tablet.
 
***
 
La stanza nella quale si trovano è molto luminosa. Ha le pareti bianche e immacolate, il mobilio sobrio di una tonalità calda e accogliente. Un bel camino propaga il calore confortevole del suo focherello scoppiettante. Le fiamme dorate sono ipnotiche.
Mistica le osserva danzare. Le vede sdoppiarsi sotto la grande lente delle lacrime che incessanti nascono dai suoi occhi. Da bambina le dicevano fosse una piagnucolona. La umiliavano talmente tanto per il modo sincero col quale esprimeva le sue emozioni, che aveva deciso di reprimerle e indossare una maschera. Quella che preferivano in famiglia aveva un sorriso radioso sulle labbra, occhi luminosi e sempre allegri. Crescendo ne ha indossate tante a seconda dei luoghi nei quali si trovava e delle persone che incontrava. Ha deciso di smetterla quando ha scoperto di essere attratta dalle donne. Ha iniziato a percepire  finto quel sorriso, quell’allegria e si è sentita davvero se stessa solo quando ha urlato con orgoglio davanti alla sua famiglia il suo essere omosessuale.
Il casino che ne è seguito è altra storia. Così come altra storia è lo sconvolgimento causatole da Sky. Né uomo né donna, ma un po’ di entrambi. Le era sempre sembrato di stare tornando indietro, di dare un calcio al suo outing, mettendosi seriamente con lui. La confondeva il suo non prendere una decisione, stabilire se fosse uomo o donna al mattino e cambiare idea alla sera. La sua fluidità di genere la rimandava a un bisogno di certezze talmente forte da allontanarlo ogni volta che stavano vicini per troppo tempo.
Ha rinnegato il sentimento che si era fatto strada dentro di lei poco a poco, inesorabilmente. Sky non si è mai dichiarato apertamente. Era lì, disponibile. Pronto a seguire il folle turbinio delle sue emozioni senza mai stancarsi e dirle basta.
<< Basta >> sussurra lei alle fiamme, asciugando le lacrime.
Dal letto alle sue spalle giunge un lamento appena sussurrato. Mistica si volta verso Anthea e si porta alla sedia di fianco al letto sulla quale fino a poco prima sedeva Mycroft Holmes. La osserva e la sua mente stanca e turbata si perde nella catalogazione dei colori che hanno assunto i suoi lividi.
Anthea sta sognando e non deve essere un bel sogno. La fronte si corruga e il suo viso si trasforma in quello di una bambina spaventata e triste. Ne ha passate tante in quei due giorni di reclusione. Mistica non ce l’ha fatta ad ascoltare il rapporto che John ha esposto al Governo Inglese circa le sue condizioni. Molte di quelle ustioni, di quelle slogature, di quelle innumerevoli torture sono state inflitte da Sky, il suo angelo costretto a trasformarsi in un demonio.
Mistica accarezza la fronte di Anthea con dolcezza. L’aveva trovata così bella quando l’ha vista quella prima volta, di ritorno dalla missione fallita. Trascinava John di peso, il volto sconvolto dalla possibilità di perderlo, concentrata nell’aiutare, per quanto le era possibile, Molly a salvarlo.
<< Ha buon gusto, il Governo Inglese >> le aveva sussurrato Sky prima che il mondo crollasse e iniziassero le accuse, venisse a galla quella verità così triste.
Aveva pensato che avesse ragione e che, anzi, fosse sprecata tanta bellezza per un uomo gelido come Mycroft Holmes.
<< No se juzga un libro por la portada. Deberìas saberlo, tù que cuidas màscaras[6] >> non manca mai di sottolineare Grey ogni volta che la vede inciampare in un giudizio avventato.
Da quando si è unito a loro, Mycroft è stato disponibile, collaborativo e persino gentile. La prigionia, la decisione presa dal fratello e le condizioni di Anthea lo hanno messo a dura prova.
La ragazza dischiude piano gli occhi. La guarda a lungo. Sbatte le palpebre cercando di metterla a fuoco.
<< Stavi facendo un brutto sogno. Ho pensato fosse giusto svegliarti >> le dice sentendo la pelle di lei incandescente sotto le dita. << Hai la febbre. John ha detto che è una normale reazione del corpo a seguito di un grande trauma >> la informa. << Ho costretto Holmes ad andare via. Ciondolava stanco su questa sedia, ma risoluto a non addormentarsi. Ho pensato avesse bisogno anche lui di riposo. John glielo aveva detto, ma poi lo ha lasciato fare >>.
Anthea abbozza un sorriso. Non sembrano piacerle, però, le sue attenzioni e Mistica si allontana da lei rispettando i suoi spazi.
<< Mi dispiace per quanto è successo a Sky >>.
A Mistica si chiude lo stomaco. Non si aspettava queste parole, non da lei.
<< Quel che ti ha fatto… lo ha fatto perché costretto >>.
<< Lo so. Non ce l’ho con lui. Nonostante abbia recitato la sua parte alla perfezione, ha cercato di non essere troppo violento >>.
<< E… c’è riuscito? >>.
La ragazza le risponde con un sorriso stirato e lei non domanda altro.
Il suono di un messaggio ricevuto spezza l’atmosfera carica di imbarazzo e tristezza che si è venuta a creare.
<< E’ il mio telefono >> sussurra Anthea guardandosi attorno. Mistica prende il blackberry lasciato sul comodino e glielo porge. La ragazza fatica a mettere a fuoco lo schermo. Guarda intensamente qualcosa e la sua fronte si corruga sempre più.
<< Io… non capisco. Forse è la febbre >>.
<< Cosa succede? >> le chiede Mistica sbirciando il telefono.
<< Questo numero… non lo conosco, ma chi scrive sembra conoscermi >>.
Anthea volge lo schermo verso di lei e alla vista del numero del mandante Mistica trasale. Balza in piedi, le mani al viso impallidito all’improvviso. Anthea la guarda stupita e incredula.
<< Non può essere >> sussurra Mistica in risposta alla sua muta domanda.
<< Conosci questo numero? >>.
<< Certo che lo conosco >> afferra il telefono e scorre il lungo messaggio. << E’ scritto in codice e ci sono parecchi file audio allegati >>.
<< Sì, ma chi li ha mandati? >> domanda Anthea cercando di mettersi a sedere.
<< No, stai giù >> le intima Mistica. << Chiamo gli altri >>.
Corre alla porta e grida i nomi dei quattro uomini ancora addormentati e sparsi per la grande casa di Mycroft Holmes, nella quale sono arrivati in piena notte.
<< Che succede, Miriam? >> le domanda Fox, il più veloce a raggiungerla nella stanza.
<< Succede che mentre la montagna si prepara a cercare Maometto, Maometto contatta la montagna >> dice mostrandogli il messaggio ricevuto da Anthea.
<< Ma questo… questo numero è di… >>.
<< Àngel >> conclude orgogliosa la ragazza. << Avete detto che era ferito. Che aveva perso molto sangue. Deve aver capito di essere spacciato e così… così ha consegnato il suo telefono a Sherlock. Deve averglielo passato quando si è gettato su di lui per salvarlo >>.
Le lacrime scorrono nuovamente a inondarle il viso. Non c’è disperazione, però, nel suo pianto. Solo tanto orgoglio. Ed è con sguardo fiero che guarda John e Mycroft. Fino all’ultimo il suo angelo è stato fedele. Fino all’ultimo ha portato avanti il suo piano, desideroso di lasciare qualcosa di buono e utile per porre fine a quella storia.
<< E’ un messaggio in codice >> dice Grey sbirciando il telefono dalle mani di Fox. << ‘In territorio neutro non c’è campo. Ascoltali e riferiscimi nei minimi dettagli. Appena mi sarà possibile verrò in giardino’ >>.
<< ‘Grazie’ e ‘per favore’ non fanno parte del vocabolario del consulente investigativo >> ridacchia Mistica.
<< Il giardino deve essere il forum di Ylenia >> dice Fox cercando sul suo cellulare il sito della sua donna. << Bella storia, non abbiamo username e password d’accesso! >> esclama passando la mano a pettinare i ricci.
<< Quello non è un problema >> interviene Mycroft, prendendogli il telefono dalle mani . << Le utenti di questo forum usano tutte nomi di fiori o comunque qualcosa che richiami la flora per i loro nickname. Presumo sia stato Àngel a creare il profilo di Sherlock >>.
<< Gli avrà sicuramente dato il nome di una pianta velenosa >> dice Mistica.
<< Una di quelle, però, eleganti, sofisticate e aristocratiche >> aggiunge Fox.
<< Che ne dite di White Oleander[7]? >> chiede John che sbircia l’elenco degli iscritti al forum che Mycroft sta consultando.
<< Sì, ce lo vedo! È bianco come lui, bello e aggraziato e decisamente letale >> concorda Mistica.
Mycroft digita il nome nello spazio dello username e si sposta in quello per la password.
<< Il vostro collega era apparentemente confusionario e mandava in confusione chiunque avesse a che fare con lui >> ragiona Mycroft. << Aveva, però, una mente matematica, come tutti gli hacker e gli informatici di sorta. La matematica, sebbene possa apparire complessa, in realtà è molto semplice. Quindi è possibile che Àngel sia giunto a una semplice equazione che porta ad identificare Sherlock Holmes col nome di White Oleander. Non poteva, però, usare il suo vero nome come password, sarebbe stato troppo rischioso >>.
<< Avrà usato Billy, il suo nome in codice >> propone John.
<< Billy Kidd era il nome completo >> precisa Grey.
Mycroft lo digita nel campo della password e da invio. Riceve, però, un messaggio di errore. Tutti sbuffano spazientiti dall’errore e cercano di ragionare su nuove possibilità.
Mistica li osserva persa nei suoi pensieri. Torna ai momenti in cui li ha visti insieme, Sky e Sherlock. Non perdevano occasione per punzecchiarsi in modo acido e tagliente, quei due.
<< No, stiamo sbagliando strada >> esclama interrompendo gli altri. << Àngel sapeva che Sherlock avrebbe dovuto digitare ogni volta username e password. John ci ha detto che non era al settimo cielo all’idea di lavorare per lui e, comunque, non sono mai andati d’accordo. Avrà trovato il modo di vendicarsi. Lo faceva sempre, vi ricordate? Sherlock non perdeva occasione di fare battutacce su di lui e Àngel di ribattere a tono, vendicandosi. C’era quel teatrino che mettevano sempre in piedi proprio sul nome in codice >>.
<< Sì, è vero! >> esclama Grey. << Ogni volta Sherlock gli ribatteva ‘E’ Billy Kidd il pirata e non…’ >>.
<< ‘…Billy Budd il marinaio’ >> conclude Mistica, ridendo sotto i baffi dell’ennesimo giochetto tirato da Sky ai danni del consulente.
Mycroft digita quel nome nel campo della password, da invio e si ritrovano nella pagina usata dal consulente e dall’hacker per comunicare durante la loro permanenza a Musgrave. Esultano per quella piccola vittoria per poi puntare gli occhi curiosi sul piccolo schermo.
<< Oddio… nonostante tutto sono riusciti a scrivere molto >> sussurra John.
<< Dovremo decifrarli tutti e ascoltare quegli audio. Se Sky li ha creati devono essere importanti e Sherlock non può certo sentirli con Moriarty al suo fianco >> dice Grey.
<< Cosa voleva dire con ‘territorio neutro’, Mycroft? >>.
<< Il luogo in cui si trova, John, la… >>.
<< Svizzera >> conclude Anthea.
Il gruppetto si volta verso la ragazza, rimasta buona e in silenzio ad ascoltare le loro elucubrazioni. Mycroft le rivolge un sorriso tirato mentre annuisce piano.
<< Ho sentito Moriarty e Moran parlare di una riunione imminente che avrebbe avuto luogo in Svizzera e alla quale avrebbero preso parte tutti i capi di stato delle nazioni più influenti del mondo >> continua la ragazza. << Ho pensato stessero parlando del progetto ‘Dividi et impera’, signore >>.
<< Di cosa si tratta? >> domanda Grey volgendo lo sguardo indagatore su Mycroft.
<< Della più brutta delle operazioni alle quali sono stato costretto a partecipare >> sospira il Governo Inglese. << Ho cercato di reperire informazioni in merito, ma, ovviamente, Moriarty mi ha bloccato tutti gli accessi alla sua rete di informazioni. E’ possibile che in questi file e in queste conversazioni troveremo la risposta a tante domande. Àngel lavorava per Sherlock e penso che abbia prodotto queste prove seguendo il suo piano >>.
<< No, ti sbagli >> dice Mistica catturando nuovamente l’attenzione di tutti i presenti. << Àngel ha deciso di restare con Moran e questo non faceva parte del piano di Sherlock. Anthea ha detto di aver sentito quei due parlare di questo progetto. Anche lui deve averli sentiti >> dice voltandosi verso la ragazza.
<< Sì, era con me. Lui è stato molto tempo con loro, con Moran soprattutto >>.
<< Come immaginavo >> dice Mistica risoluta. << Ancora prima che essere un hacker, e molto prima di diventare l’esecutore dei piani di Sherlock, Àngel era un giornalista investigativo >>.
<< Pensi stesse portando avanti l’inchiesta su Moriarty? >>.
<< Non lo penso, Juan, ne sono sicura e mi sorprende non lo abbia capito tu prima di me. Tutto il casino che è successo ci ha portati fuori strada, ma lui è riuscito a restare sul pezzo. John ci aveva chiesto di stare fuori dal suo scontro personale con Moran, ma quella donna ci ha tirati dentro tutti quanti. Tu stesso avevi detto che noi ci saremmo occupati di Moriarty, che era lui la nostra priorità e Àngel non lo ha dimenticato >>.
<< Tipico di lui dover dimostrare di essere sempre il migliore >> ridacchia Fox e Grey annuisce, orgoglioso del compagno che hanno perso.
<< Anthea, lo so che sto per chiederti uno sforzo che ti costerà caro, ma ho bisogno di avere da te un’ulteriore conferma >> chiede Mistica alla ragazza che la guarda sorpresa e in allerta. << Àngel ha per caso ripetuto spesso qualche battuta, una frase o ha canticchiato i versi di una canzone? >>.
<< Sì >> risponde Anthea stranita dalla domanda. << Ripeteva sempre quella canzone. Ha detto che voleva emulare arancia meccanica[8] >>.
<< Qual’era la canzone? >> le chiede Grey.
<< Quella che porta il suo nome. Ripeteva sempre la prima strofa. Vuol dire qualcosa? >> chiede stupita del vedere i tre spagnoli scambiarsi sguardi soddisfatti.
<< Fa parte del codice musicale? >> domanda John e i giornalisti annuiscono.
<< Ognuno di noi ha una sua canzone e quando ne canta una determinata strofa annuncia agli altri di essere entrato in azione >> spiega Grey.
<< E’ come vi dicevo: Àngel stava portando avanti l’inchiesta >> dice asciugando distrattamente alcune lacrime. << Anthea, ha sempre e solo ripetuto questa strofa e questa canzone? >>
La ragazza ci pensa un attimo prima di rispondere alla domanda. È possibile vedere quanto sia difficile per lei recuperare quei ricordi. Mistica le prende con cautela la mano tra le sue per rincuorarla e lei la stringe appena.
<< Sì, tranne poche ore prima che ci veniste a prendere. Era strano in viso. Cercava di mostrarsi cinico, ma aveva un’ombra triste negli occhi. Forse perchè aveva deciso di restare lì >>.
<< Qual’era la strofa che ha cantato? >> gli chiede Fox e la ragazza con voce intonata, seppure affaticata, inizia a cantare.
<< Skyfall is where we start.
A thousand miles and poles apart.
Where worlds collide and days are dark.
You may have my number,
You can take may name
But you’ll never have my heart[9] >>
<< Non è solo la decisione di rimanere con Moran >> sussurra Grey. << E’ il suo testamento >>.
<< Ci consiglia di partire dalle informazioni che Sherlock ci ha girato >> continua Fox. << Informazioni che riguardano mondi che si scontrano e giorni bui >>.
<< Il ‘Divide et impera’ >> sussurra Mycroft colpito.
<< Ha dato queste informazioni a Sherlock attraverso il suo numero di telefono, la sua sim, e ci invita a prenderci il merito delle ricerche che ha condotto >> prosegue Grey commosso.
<< E ci dice che mai è stato dalla parte di Moran e suo fratello, nè da quella di Sherlock. Nessuno di voi ha mai avuto il suo cuore. Quello è solo a noi che appartiene >> conclude Mistica.
Uno strano silenzio cala tra di loro. In questo silenzio Mistica sente la canzone di Àngel, quella che era solito cantare in ogni occasione beandosi, a differenza loro, del fatto che portasse il suo stesso identico nome.   
Anthea le sorride stringendole la mano e Mistica la trova ancora più bella.
<< Io… io sono colpito da quel che è stato in grado di fare il vostro collega. Colpito da tutti quanti voi. Vi avevo giudicato male, quando Sherlock aveva deciso di unirsi al vostro team. Ora mi rendo conto di aver commesso un enorme errore e vi chiedo scusa >>.
<< E’ facile giudicare ciò che spaventa, Mycroft >> dice Grey. << Il nostro compito, ora, è concludere l’inchiesta partendo dall’analisi di questi file e salvare Sherlock per evitare che il sacrificio di Àngel sia stato vano >>.
<< Questo progetto… divide et impera… in cosa consiste? >> chiede John.
Mycroft cerca con lo sguardo Anthea. Restano agganciati a lungo, in una comunicazione silenziosa simile a quelle che Mistica è abituata a vedere intercorrere tra Grey e Fox. È davvero profondo il legame che si è creato tra loro, al punto che questo uomo gelido e potente accoglie il semplice gesto del capo della ragazza, che così lo invita a  raccontare loro la verità.
<< Ho trascorso queste ore leggendo le ultime notizie, per capire cosa sia successo nel mondo in nostra assenza. Nulla di buono, purtroppo >> sospira addolorato. << All’inizio del mese, più o meno quando tu, John, hai finto il tuo suicidio, una bomba è stata fatta esplodere in Francia, a Strasburgo, presso la sede ufficiale del Parlamento Europeo. Pochi giorni dopo, un magnate dell’industria dell’acciaio è stato ucciso negli Stati Uniti. Una settimana prima che mi rapissero, sempre in Francia, un’altra bomba è stata fatta esplodere durante la riunione degli affaristi industriali. Tutti i maggiori esponenti mondiali di questo settore sono morti e tra questi Alfred Meinearm, produttore tedesco di armi e armamenti di grosso calibro. Tutti questi attentati sono stati rivendicati da una cellula di attivisti anarchici francesi capeggiati da Claude Ravache ed è inutile che vi dica come l’Onu sia insorta. La situazione è molto tesa, soprattutto tra Francia e Germania. Le altre nazioni europee si stanno schierando con l’una o con l’altra nazione e lo stesso vale per Usa e medio oriente. Poco prima che Moriarty mi rapisse, mi è stato chiesto di fare di tutto per evitare lo scoppio del conflitto in Europa che, ad effetto domino, porterebbe a un’inevitabile terza guerra mondiale >>.
<< Una guerra mondiale? Mi stai dicendo che noi stiamo mettendo le mani in qualcosa che riguarda la possibilità dello scoppio di una guerra mondiale? >> domanda Grey esterrefatto.
<< E tu hai il potere di evitarlo? >> domanda stupito Fox.
<< Sì, ne ho il potere. Sono pur sempre il guardiano delle scope dello stato, come a mio fratello piace definirmi >> dice con un sorriso tirato. << Ho indetto un vertice di pace che si terrà tra tre giorni a Reichenbach in Svizzera. Saranno presenti tutte le maggiori cariche del mondo >>.  
<< E se qualcosa andasse storto durante questo vertice, dalla ricerca di un accordo di pace si passerebbe a una dichiarazione aperta di guerra >> sospira John scuotendo il capo incredulo.
<< Esatto  >> annuisce Mycroft.
 << Allora perché non cancellarlo? >>.
<< Ragazza mia, se cancellassi questo vertice le mie azioni verrebbero interpretate come una  dichiarazione di guerra. Si sono rivolti a me perché ho costruito negli anni una rete di rapporti internazionali basati sulla stima e sulla fiducia. Sono, pur sempre, uno degli intellettuali di punta della nazione, nonché amico del Primo Ministro inglese >>.
<< E nessuno di loro sa che le tue azioni sono mosse da un pazzo criminale >> lo interrompe John. << Ti ha incastrato per benino il nostro James. Vuole far esplodere una guerra mondiale! >> ridacchia nervoso. << Perché, Mycroft? Per sollazzare il suo ego? Per uscire allo scoperto a cose fatte e dichiararsi padrone indiscusso del mondo? >>.
<< Sì e no, John >> risponde Holmes, rabbuiandosi in viso. << Negli ultimi anni, Moriarty ha usato una serie di pseudonimi per comprare le azioni delle maggiori industrie belliche europee, americane e orientali. Industrie tessili, acciaierie, fabbriche produttrici di armi, come quella di Meinearm, sono praticamente sue adesso. Ora che possiede l’offerta non ha che da creare la domanda e una guerra mondiale è la miglior cosa che gli potrebbe capitare. Diventerebbe sì il padrone indiscusso del mondo, nonché l’uomo più ricco e potente, ma non uscirebbe allo scoperto neppure in quel momento >>.
<< Immagino ci sia lui dietro la cellula anarchica e che sia sempre lui a commissionare gli attentati >>.
<< Sì, Fox. Ha appoggiato la loro causa divenendone poi il maggior consigliere fino ad assoggettarli al suo volere. Ravache è, come me, un povero diavolo costretto a lavorare per lui sotto ricatto e ad addossarsi le colpe dei suoi peccati >>.
<< Vi rendete conto di quanto tutto questo sia fuori dalla nostra portata? >> pigola Mistica spaventata. << E Sherlock si è cacciato con le sue mani in mezzo a questo casino e ne diverrà complice >>.
<< No >> dice John. << Io penso che Sherlock voglia impedire l’ennesimo attentato che avverrà al vertice di pace, per questo si è consegnato. Se riuscirà nel suo intento, farà uscire allo scoperto Moriarty, condannerà le sue azioni e i suoi intenti e distruggerà la sua rete >>.
<< John, agli occhi di tutti Sherlock è morto. Moriarty si è fatto passare come l’invenzione della sua mente disturbata. Non lo prenderebbero sul serio. Nessuno lo farebbe, soprattutto se rendesse pubblica una cosa così grande da fare paura al punto da preferire sia un’assurdità, lo sai come ragiona la gente >>.
<< Lo so, sì. E per questo che voi siete fondamentali >>.
I tre giornalisti lo guardano basiti per poi scambiarsi sguardi sorpresi.
<< E’ vero >> concorda Mycroft. << Vi siete guadagnati la fiducia del grande pubblico con le vostre inchieste. Se raccontaste le verità nascoste nell’ombra di questa storia rendereste veritiere le accuse di Sherlock >>.
<< Sì, questo è possibile >> ribatte Grey meditabondo. << Resta il fatto che tuo fratello risulta essere morto, Mycroft. Immagino che tu presiederai questo vertice ed è per questo che Moriarty ti ha lasciato andare tanto facilmente. Non puoi sottrarti, proprio perché anche solo la tua assenza inclinerebbe il delicato e precario equilibrio, rischiando di fare esplodere il conflitto. Hai idea di quali siano le intenzioni di Moriarty riguardo al vertice di pace? >>.
<< Purtroppo no >> sospira Mycroft. << Non mi ha messo del tutto al corrente dei suoi piani. Non so se si tratterà di un’altra bomba o di un sicario assoldato per uccidere uno solo dei presenti. Basterebbe questo a scatenare l’inferno >>.
<< Quindi potremmo essere tutti in pericolo, se fosse messa in mezzo una bomba >> borbotta Grey.
<< Io non credo che si tratti di un’esplosione >> dice John. << Quella coinvolgerebbe anche te, Mycroft, e Moriarty ha ancora bisogno di usarti a suo piacimento >>.
<< Non ora che ha Sherlock con sè, John >> ribatte Mycroft scoccandogli un’occhiata addolorata. << Io gli servo ancora per presiedere al vertice. La mia morte gli renderebbe più facile mettere Sherlock al mio posto. Ha ucciso Magnussen, è vero, ma ha ancora le mani in diversi mezzi di comunicazione di massa. Gli sarebbe molto facile riportare alla ribalta il consulente investigativo, giustificando la decisione di fingersi prima pazzo, al punto da inventarsi un criminale, e poi suicida, per scampare alla gogna medianica, proprio come copertura di un’indagine su questi attentati. Potrebbe attribuirgli il merito di una risoluzione della situazione e farlo diventare famoso agli occhi del popolo e dei potenti, al punto da portarlo a prendere il mio posto. Benchè i suoi trascorsi siano conosciuti dalle persone con cui ho a che fare, il fatto che sia mio fratello, che sia brillante e carismatico li convincerebbe ad avere fiducia in lui. Io stesso agirei così, al suo posto. James se l’è studiata bene >> sospira. << Non possiamo essere sicuri di niente, ormai >>.
<< No, invece >> sussurra Anthea dal letto, catturando le loro attenzioni. << Sky ha prodotto delle prove. È possibile che sia riuscito a venire a conoscenza dei piani di Moriarty in merito al vertice. Prima di darci per vinti, penso sia bene ascoltare quei file e decodificare le comunicazioni che si sono scambiati lui e Sherlock. Anche tuo fratello attende un riassunto di quanto scoperto da Sky, ciò vuol dire che è materiale estremamente importante >>.
<< Hai ragione >> ribatte Mycroft sorridendole.
<< Allora è bene mettersi subito a lavoro, che ne dite? >> propone Mistica. Spinge i quattro uomini fuori dalla porta, sentendoli già pronti a dividersi il lavoro, pontificare ipotesi, proporre piani.
<< Miriam >> la chiama Anthea, poco prima che si chiuda la porta alle spalle. << Io… non voglio avere altri incubi >> le dice protendendo la mano verso di lei.
Mistica chiude la porta e torna a sedere sulla sedia. Le prende la mano e la stringe dolcemente tra le sue.
<< Resterò qui. Ti sveglierò in caso ti vedessi preda di un brutto sogno >>.
La ragazza le sorride. Fatica a tenere gli occhi aperti, tanto alta è la febbre che la rende così fragile in questo momento. Mistica le accarezza la mano, le dita lunghe, affusolate. Le unghie laccate di nero sono state strappate via dai suoi aguzzini, ma ricresceranno.
“Rinascerai dalle ceneri come la più bella delle fenici” pensa. “Da dove il cielo cade noi ripartiremo”.
 
 

[1] You give love a bad name - Bon Jovi
[2] Lasciami!
[3] Melodia del pescatore di Schuber
[4] La trota, opera in cinque passaggi di Schuber
[5] Fatevi del bene, leggete ‘Pinocchio’ di Collodi…
[6] Non si giudica un libro dalla copertina. Dovresti saperlo, tu che ti occupi di maschere
[7] Oleandro bianco. Una pianta dai fiori bellissimi le cui foglie se cotte possono creare un infuso velenoso.
[8] La tortura durante la quale hanno obbligato il protagonista a vedere dei filmati tenendo come sottofondo brani di Beethoven
[9] Da dove il cielo cade noi ripartiremo
Lontani mille miglia e ai poli opposti
Dove i mondi si scontrano e i giorni sono bui
Puoi avere il mio numero
Puoi prenderti il mio nome
Ma non avrai mai il mio cuore

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Capitolo 29
*** capitolo 29 ***


Buongiorno e buona domenica di pioggia a tutti!
Pare proprio che in tutta Italia stia piovendo. La lettura è una buona compagnia nei giorni grigi e il nuovo capitolo casca proprio a fagiolo. Ci stiamo avviando alla fine, ragazzi. Caspita… non mi sembra vero. C’è ancora un po’ di tempo, però.
Vi chiedo di avere pazienza per le tante note. Ho pensato più volte se lasciare i dialoghi in spagnolo o tradurli e ho alla fine deciso di lasciarli in lingua originale. Penso che dia più forza e credibilità al racconto. Dovrete fare quindi un po’ di salti dal testo alle note, ma spero che possiate comunque essere soddisfatti.
Oggi torna qualche personaggio lasciato indietro e si scoprono altri brandelli di verità nascoste. Il piano procede, coinvolgendo tutti i personaggi in gioco.
Non aggiungo altro. Vi auguro buona lettura
A presto
Patty
 
Capitolo 29
 
<< Buongiorno Greg >>.
Evelin, la segretaria del reparto di patologia forense del Bart’s, lo saluta con un grande sorriso che la dice lunga. Lestrade le concede giusto un cenno del capo, ignorando le allusioni impresse su quel volto. Con passo svelto si dirige verso l’ufficio di Molly, tornata oggi al lavoro dopo il lungo periodo di assenza per ‘malattia’.
Sono le sei di sera e mancano ancora due ore alla fine del suo turno.
<< Ho in arretrato talmente tante scartoffie! Il mio capo mi ha già detto di rassegnarmi all’idea di finire tardi per tutta la settimana >> gli aveva detto quando l’ha chiamata a metà mattina da quello che ormai deve rassegnarsi a riconoscere come il suo ufficio a Scotland Yard.
Nonostante la notizia del lungo orario di lavoro le è sembrata, però, contenta di essere tornata alla sua vita fatta di cadaveri e relazioni da consegnare. Un cambiamento notevole rispetto all’apatia della quale l’ha vista preda nell’ultimo periodo. La stessa cosa non ha potuto dire quando l’ha richiamata nel pomeriggio.
<< Evelin mi ha detto che ieri mattina si è trovata sulla scrivania una serie di documenti relativi a due corpi. Me li ha consegnati, convinta che io ne sapessi qualcosa. Sembra li abbiano portati qui la notte precedente e la cosa che mi sorprende è che non vogliono sia fatta su di loro alcuna autopsia per il momento >>
La voce di Molly si è fatta tesa man mano che gli raccontava questo strano episodio capace di accendere il sacro fuoco delle indagini da troppo tempo spento dentro di lui.
<< Ehi, sento che c’è qualcosa che ti turba riguardo a questi corpi, piccola >> le ha detto, cercando di camuffare con la dolcezza e la premura il desiderio di farle domande ben specifiche.
<< Sui documenti c’è il timbro dell’MI6 >> gli ha risposto mandando il suo cuore in fibrillazione. << Si tratta di una donna e di un… ragazzo >> ha aggiunto, e il singhiozzo che ha cercato di nascondergli gli ha permesso di capire a chi Molly stesse pensando appartengano quei corpi.
<< Vuoi che venga da te appena ho finito qui? >> le ha chiesto pensando già a come poterla convincere a dare una sbirciata ai cadaveri, giusto per mettersi il cuore in pace sul fatto che possano essere le due persone che entrambi hanno in mente o meno. Lei gli ha semplicemente detto sì, felice all’idea di potersi aggrappare a lui.
“Sono un bastardo egoista!” pensa fermo davanti alla porta dell’ufficio. La sua donna è turbata dalla presenza di quei due corpi e lui, invece, si sente euforico della possibilità di tornare ad indagare.
Scuote la testa e si decide a bussare. Molly lo accoglie gettandogli le braccia al collo. Trema appena e lui si aspetta già di dover confortare un’ennesima esplosione di lacrime. Le mani di lei, però, si muovono lente lungo la sua schiena. Le labbra posano baci delicati ma insistenti sul suo collo, fino a raggiungere le labbra che bacia con trasporto come non lo vedesse da molto tempo.
<< Mi sei mancato >> sussurra sulla sua bocca. Gli occhi grandi brillano di desiderio e, sebbene sia confuso da quest’accoglienza inattesa, Greg si lascia trasportare dalla sua passione. Dopo settimane di apatia, pianti, discussioni legate al suo non voler sporgere alcuna denuncia né tanto meno farsi visitare da un medico o parlare con uno psicologo, questo momento di beata perdizione è un regalo più che gradito.
Sono insistenti le mani piccole e delicate di Molly. Scendono sulle sue gambe, si insinuano sotto la camicia. Mordendo le sue labbra lo invita a fare altrettanto e lui accetta volentieri, entrambi del tutto dimentichi del luogo in cui si trovano. Forse è proprio questo posto, questo luogo carico di morte ad accenderla. A Greg sembra di ricordare c’entrassero qualcosa Eros e Thanatos, ma è troppo impegnato in altro, adesso, per pensarci su.
Lo squillo del telefono li coglie mezzi nudi e parecchio accaldati, abbarbicati sulla scrivania. Ridacchiano come due ragazzini in bilico tra l’ignorare quell’interruzione o meno. Molly sbuffa e dopo un ennesimo bacio cerca di darsi un contegno per rispondere al telefono.
<< Certo, Evelin, sarò subito da loro >> dice in tono professionale, che induce Greg a rubarle un altro bacio. Non aveva osato di più in questi giorni, rispettoso dei suoi tempi e consapevole che sarebbero potuti essere molto lunghi dato quanto aveva subìto. Lei, però, ora accetta il suo ulteriore desiderio di baciarla, allontanando la dottoressa efficiente che non oserebbe far attendere neppure un minuto di più chi la sta aspettando.
<< Una coppia è qui per un riconoscimento >> sussurra baciandolo ancora. << Lascia che mi liberi di loro e poi… resteremo solo noi, qui. Sono l’unica obbligata a fare straordinario. I fastidi di chi ha delle responsabilità >>.
<< Li conosco bene >> risponde mordendo le sue belle labbra arrossate. << Posso aiutarti a rendere queste ore più liete >> le propone facendola ridere. Non ricorda neppure più quando ha sentito quella risata l’ultima volta. Forse prima che Sherlock e il suo seguito si trasferisse in pianta stabile in casa di lei. Oppure ancora prima, sì, prima che John commettesse il suo falso suicidio.
Le accarezza il viso rimettendole in ordine i capelli scompigliati. I segni delle percosse subite sono ormai divenuti lividi sbiaditi. È davvero bella questa piccola donna. I suoi occhi ora non sono  vigili e allerta, segnati dal trauma ancora fresco. No, Molly lo guarda con occhi che, con un certo brivido, riconosce essere innamorati.
“Sono un maledetto egoista” pensa posandole un bacio sulla fronte. Più volte ha sentito il bisogno di scappare dal dolore di Molly. Si è sentito soffocato dal costante bisogno di lei di averlo accanto. Pensa a quel messaggio ancora salvato nelle bozze del suo cellulare, quello che non ha mai inviato a John, ad Anthea o a Mycroft. Informazioni su come stessero, sui progressi riguardo al caso e, soprattutto, su cosa potesse fare lui per loro. Sebbene abbia scelto la cosa più giusta e suggeritagli persino da Sherlock, tante volte si è sentito in colpa per essere sparito così. Non è da lui lasciare un caso a metà, soprattutto se interessante come quello.
<< Direi che è meglio tu vada da loro >> le dice allontanandosi da lei.
<< Vieni con me? >>.
<< A che titolo? Non sono più della omicidi >>.
<< Pensavo volessi… dato che andiamo nella cella frigorifera… >>.
Greg resta senza parole, sebbene sappia che non dovrebbe stupirsi. Molly non è come la sua ex moglie. La patologa sa bene quanto stretto gli stia il suo nuovo incarico e ha colto il suo desiderio di scoprire a chi appartengano i due corpi.
<< Non sei poi così diverso da Sherlock >> gli aveva detto in uno dei loro primi ancora non-appuntamenti al pub. << Anche tu non vivi senza il tuo amato lavoro >>.
Ed aveva ragione. Al solo riportare in scena i cadaveri lasciati lì dai governativi, il sacro fuoco delle indagini è tornato a bruciare dentro di lui. Velocemente sistema gli abiti, con la stessa frenesia che era solito agitarlo quando era a casa della fidanzatina di turno al liceo e inaspettatamente uno dei genitori di lei rientrava. Molly ride nuovamente. Si avvicina a sistemargli il colletto della camicia e quel gesto di premura è capace di scaldargli il cuore.
“Forse ho solo paura di innamorarmi e di vederti scappare via appena finirà l’idillio dei primi mesi” pensa sentendo un improvviso brivido di freddo percorrergli la schiena. La invita a fargli strada, ignorando lo sguardo sorpreso della ragazza dinanzi alla sua reazione.
Quel messaggio non inviato e salvato tra le bozze sul suo telefono lo sente così pesante. Come fosse determinante per il suo futuro con lei.
Un pianto disperato lo distoglie dai suoi pensieri. Proviene dalla sala d’attesa, dentro la quale Molly entra. Dal corridoio, sul quale preferisce rimanere, Greg scorge una piccola donna incurvata dagli anni e avvolta da vesti modeste, che deve lei stessa aver confezionato. Si batte il petto, borbottando parole sconnesse tra le lacrime. Il marito, un uomo con barba e capelli bianchi e arruffati come zucchero filato, tenta goffamente di consolarla picchiettandole con la mano sulla spalla. Le parla in una lingua che sa di Europa dell’est. Le rughe che gli segnano il viso e le cicatrici sulle mani raccontano di una vita trascorsa per mare.
Greg osserva il dolore così diversamente manifestato da questa coppia di anziani genitori. E’, questa, la parte che non gli manca per nulla del suo ormai ex lavoro da detective della omicidi.
<< Siete qui per riconoscere il ragazzo ritrovato ieri ai Docs? >> chiede loro Molly. Il vecchio marinaio si limita ad annuire. Non prende molto in considerazione la patologa. Forse è abbastanza vecchio da avere quella mentalità antica che vuole le donne solo dietro ai fornelli. Greg, infatti, lo vede distogliere lo sguardo infastidito e per caso incontrare il suo. Sembra sollevato dalla sua presenza. Allo stesso tempo, però, Greg si sente stranamente in soggezione.
Come se lo stesse passando da parte a parte, l’anziano marinaio lo tiene sotto il tiro enigmatico dei suoi occhi. Hanno un colore strano. Troppo neri. Troppo profondi per appartenere a un uomo molto più che settantenne. Dovrebbero essere velati dalle cataratte, arrossati dalla congiuntivite tipica di chi ha trascorso una vita schiaffeggiato dal vento. Non vi è nulla di tutto questo nei suoi occhi. Neppure dolore per la perdita del figlio, a dirla tutta.
L’intuito di Greg inizia a pizzicare. Sente di avere un motivo in più per seguire Molly dentro la stanza dove è stato allestito il riconoscimento. Non avrebbe l’autorizzazione per farlo, ma non si sente sicuro nel lasciare la sua donna da sola insieme a un uomo che non lo fa stare tranquillo. Uomo che non oppone alcuna obiezione nel vedere entrare lui, persona anonima che potrebbe benissimo essere additato come un intruso, con loro in quella stanza.
Il vecchio distoglie lo sguardo da Greg solo per avvicinarsi al catafalco. Non è il ragazzo che si cela sotto il lenzuolo, però, ad attirare la sua attenzione. Quegli occhi scuri salgono a osservare l’ambiente. Si muovono svelti da un angolo all’altro.
“Le telecamere. Sta studiando la disposizione delle telecamere!” deduce. Porta istintivamente la mano alla pistola nascosta sotto la giacca e si sposta alle spalle di Molly.
La ragazza solleva il lenzuolo scoprendo il volto dell’anonimo cadavere.
<< Conoscete questo ragazzo? >> chiede loro con dolcezza.
I due si scambiano un’occhiata e un piccolo cenno del capo.
<< Non abbiamo la minima idea di chi sia quest’uomo >>.
Nello stesso istante in cui Molly fa un passo indietro spaventata, Greg ne muove uno avanti. Solleva la mano e la posa sulla schiena della patologa, per rincuorarla della sua presenza, e allo stesso modo vede il vecchio alzare la propria, invitandoli a mantenere bassi i toni.
<< Mycroft? >> chiede, sicuro di aver riconosciuto l’inconfondibile timbro vocale del fratello di Sherlock dietro quella mascherata.
<< Preferirei non ci chiamaste per nome >> sorride lui nel suo consueto modo tirato.
<< Molly >> sussurra la donna al suo fianco, catturando l’attenzione della patologa. << Mi dispiace per ciò che quella donna ti ha fatto >>.
Non poteva che esserci Mistica a vestire i panni della vecchina. Le sue lacrime sono vere e colpiscono la patologa, che abbassa lo sguardo limitandosi ad annuire.
<< Gregory, mi rendo conto che abbiamo abusato fin troppo del vostro aiuto e della vostra pazienza >> dice Mycroft. << Siamo, però, a un passo dal distruggere la rete di quel pazzo e ci serve qualcuno a Scotland Yard che possa aiutarci >>.
<< Riguarda i due corpi portati qui l’altro ieri notte? Io non mi occupo più di omicidi, lo sai >>.
<< No, non è per i corpi. La missione che ti propongo, però, può essere il modo per tornare a occuparti di omicidi >> lo incalza Mycroft. << Sappiamo tutti quanti che il posto al quale ti hanno assegnato ora non è adatto a te. Mio fratello ripone fiducia solo in poche persone e tu sei una di queste. Permettici di riabilitare il tuo nome, Greg. Te lo dobbiamo >>.
Lestrade sente di essere davanti a un bivio. Il suo lato investigativo è andato in fibrillazione già solo nello scoprire le reali identità dei due vecchietti. Non vuole, però, cadere nel gioco adulatorio di questi due Holmes e dei loro amici spagnoli.
Mycroft lo tiene agganciato con lo sguardo, quelle lenti colorate di nero che camuffano i suoi occhi azzurri rendendoli così strani. Il lato investigativo sta prendendo il sopravvento, lo sente ribollire come una pentola a pressione. Sì, il nuovo incarico gli sta stretto e sì, vuole tornare alla omicidi. Vuole occuparsi di questo caso, accettare la missione che Sherlock attraverso il fratello gli sta proponendo, senza neppure sapere di cosa si tratti. 
La mano di Molly vola a stringergli il pugno serrato. Sul suo viso è tornato a farla da padrone lo sguardo spaventato che da settimane la domina. Quella richiesta silenziosa e implicita di non abbandonarla, di restarle accanto qualunque cosa accada e, in questo caso, di non prestare ascolto a questo serpente ammaliatore.
<< Non pretendo di ricevere da te una risposta immediata >> dice Mycroft, al quale la reazione di Molly non è affatto sfuggita. << Ti consegnerò una chiavetta usb all’interno della quale troverai un file nel quale è riportato l’indirizzo di un forum. Se deciderai di aiutarci, ti chiedo di creare un account col nome che ti abbiamo indicato e di postare l’immagine allegata entro le dieci di stasera >>
<< Avevi immaginato che non mi sarei gettato subito ai vostri piedi >> ridacchia Greg.
<< Dopo quanto è successo, pensare che lo avresti fatto sarebbe stato da sciocchi insensibili ed egoisti >> ribatte Mycroft.
I loro sguardi restano nuovamente agganciati. È cambiato, il Governo Inglese. Al di là della maschera può vedere il volto di un uomo distrutto. Un uomo che è in bilico tra il salvarsi e il perdere tutto. Si sente molto vicino a lui, al suo dolore, alla sua disperazione. Greg riesce a sedarla solo dedicandosi continuamente al benessere di Molly, perché se rivolgesse l’attenzione a se stesso impazzirebbe.
<< Farò in modo di visionare tutto quanto entro l’orario stabilito. Mi auguro sia qualcosa per la quale ne valga la pena >>.
<< Lo è, Greg >> dice Mistica con convinzione.
<< Direi che ci siamo detti tutto. È meglio per noi avviarci >> dice Mycroft, andando verso di lui. Gli porge la mano e Greg la stringe sentendogli nel palmo la chiavetta usb.
<< Loro come stanno? >> sussurra e Mycroft distoglie lo sguardo. Prende un profondo respiro che non presagisce nulla di buono.
<< Vivi, ma… divisi >>.
<< Divisi? Perché? >> domanda esterrefatto.
<< Le cose sono molto cambiate da quando siete andati via dalla casa della signorina Hooper >> dice con un filo di voce. << Non abbiamo tempo di spiegare e preferisco tenerti fuori da questa parte della storia >>.
<< No, amico, se ci devo entrare voglio sapere ogni cosa >> insiste stringendogli forte la mano. Greg sente addosso a sé lo sguardo preoccupato di Molly, ma decide di ignorarlo.
<< L’Angelo è caduto per salvare il Pirata, che si è consegnato al Diavolo in persona. Il Soldato ha ucciso la sorella del Diavolo e ora è in missione con la Volpe Rossa >>.
Al detective ci vuole qualche secondo per decodificare il messaggio. Non perché sia incomprensibile, anzi, conosce tutti i personaggi della storiella che Mycroft gli ha raccontato. La trova, però, assurda. Pazzesca.
<< In… missione? >> riesce solo a borbottare.
<< Sì, una missione parallela alla tua >>.
<< Come può Sh… il pirata essersi consegnato e aver lasciato andare il soldato da solo in missione? >>.
<< Ha ideato un piano. Contorto, ma che sta dando ottimi frutti. Spero vorrai aiutarci a raccoglierli. Ora è proprio il caso per noi di andare via >> dice cercando di liberare la mano dalla sua stretta.
<< L’angelo e… e Lei… sono morti? >> insiste Greg, volgendo lo sguardo a Mistica, che subito lo distoglie. La vede annuire piano e calde lacrime caderle dagli occhi.
<< Sono… sono loro i corpi che hanno portato qui due giorni fa? >> domanda Molly pallida in viso. Mycroft annuisce silenzioso, scoccando a sua volta una rapida occhiata alla ragazza al suo fianco.
<< E’ morto da eroe. Ha riscattato gli errori commessi riuscendo a venire a conoscenza di informazioni importanti grazie alle quali è stato possibile al Pirata procurarsi ciò che questa chiavetta contiene >> dice muovendo la mano nella sua.
<< Oddio >> sussurra Molly portando la mano alla bocca. Greg la vede deglutire più volte prima di parlare. << Io ero convinta che la donna fosse Ant… la segretaria… che fosse…mor… >>.
<< No >> la interrompe Mycroft in modo brusco. << E’ ridotta molto male ma è viva >> aggiunge in tono più morbido, benchè la sua voce sembri proprio essere rotta dall’emozione. Greg ne è stupito, nonostante avesse notato la presenza anche in lui di reazioni emotive umane già quando scoprirono che suo fratello era vivo.
La mano di Mycroft trema appena nella sua. Invece di lasciarla andare la avvicina ancora di più a  sé gettandogli, poi, il braccio sinistro al collo. Lo stringe forte, sentendo il suo corpo tendersi sorpreso di quell’abbraccio che non ricambia. Sa bene cosa si provi a vedere soffrire qualcuno che si ama e Greg è convinto che sotto sotto quest’uomo di ghiaccio provi qualcosa per la sua segretaria. Cerca in quell’abbraccio di trasmettergli la sua vicinanza emotiva. Forse gli sta facendo più male che bene, data la distanza che Mycroft è solito mettere tra se stesso e il mondo, ma Gregory non conosce altro modo per manifestare affetto se non questo.
<< Andrà tutto bene, vedrai >> gli sussurra all’orecchio, piano in modo che solo lui possa sentire. Il braccio sinistro inaspettatamente forte di Mycroft gli cinge la schiena. Dura un istante, ma in quella risposta meccanica al suo abbraccio Greg riconosce la gratitudine per il suo gesto e sa di aver colmato un bisogno silenzioso, difficile da soddisfare perché non si sa con quali parole chiedere.
Mycroft si allontana bruscamente da lui. Libera la mano dalla sua lasciandogli nel pugno la chiavetta. Gli rivolge un sorriso tirato per poi volgere lo sguardo alla ragazza. Le porge il gomito, invitandola ad appoggiarsi a lui.
<< Sky… sai dove si trova? >> chiede Mistica a Molly. Dallo stupore di Mycroft, Greg comprende quanto non si aspettasse quella domanda.
<< Numeri 25 e 26 >> risponde la patologa. << Lui è al 25 >> aggiunge volgendo lo sguardo verso la cella-loculo che ospita le spoglie di Skyfall.
La ragazza zoppica piano verso quel freddo sportello e vi posa sopra la mano. La sentono borbottare qualcosa in spagnolo. A Greg sembrano le parole di una preghiera o forse di una canzone tipica della Spagna. Mycroft le si avvicina piano e le posa una mano sulla spalla.
<< Dobbiamo proprio andare, mi spiace >> le dice e la ragazza annuisce. Si allontana dal loculo e accetta il braccio offertole da Mycroft. << Vi auguro una buona serata >> dice voltandosi appena verso di loro prima di sparire insieme a Mistica al di là della porta.
Greg resta immobile a fissare la porta, la sensazione del braccio di lui stretto attorno a sé ancora forte sulla pelle. Trasale al tocco lieve di Molly, che gli rivolge uno sguardo preoccupato al quale cerca di rispondere con un sorriso.
<< Lei… è in quella cella >> dice la patologa senza voltarsi verso i loculi. << Io… temevo si trattasse di… e invece è Lei >>.
<< Meglio così, no? Giustizia è stata fatta >> dice stringendole la mano. La ragazza annuisce poco convinta, distogliendo lo sguardo dal suo.
<< Se mai richiederanno le autopsie… io non voglio farle. Li colpirei col bisturi entrambi. Soprattutto lei. La farei a pezzi. Piccoli pezzi >> sussurra.
I suoi occhi persi nel vuoto che piano piano si riempiono di lacrime lo inorridiscono. La saprebbe capace di tale scempio e una parte di lui pensa che entrambi, sia Moran che Skyfall, se lo meriterebbero.
<< Accetterai, non è vero? >> gli chiede. Sono severi ora i suoi occhi. Racchiudono un giudizio che Greg pensa di non meritare, ma non vuole discutere. Non lì. Non prima di aver ottenuto delle risposte.
<< Come ho detto, voglio vedere prima cosa contiene >> le risponde stringendo il pugno destro attorno alla chiavetta.
<< Possiamo usare il computer del mio ufficio >> gli propone la ragazza, decisa a non farsi tagliare fuori da quella storia.
Greg annuisce e la segue fuori da quella camera ardente lugubre e silenziosa. Con nonchalance, Molly comunica alla segretaria che il ragazzo non era il figlio dei due anziani e che resta, quindi, ancora senza nome e in attesa di essere identificato. Prende Greg per mano e insieme tornano nel suo ufficio.
La ragazza accende il pc, vi digita la password e gli cede il posto. Greg inserisce la chiavetta e quando la cartella compare sul desktop il cuore gli batte forte. Apre il file denominato ‘istruzioni’ ed entrambi lo leggono avidamente.
<< Oh, mio dio! >> esclama Molly, coprendo subito la bocca con la mano.
<< Cristo santo… aveva ragione, quel bastardo! Questa è roba che scotta! >>.
Euforico, Greg, scorre i file riportati nelle altre cartelle e inizia a pensare a come poter portare avanti le operazioni sottobanco, in modo che non giungano ad orecchie indiscrete. Ha già trovato buona parte delle soluzioni di cui ha bisogno, quando si rende conto di essere ancora nell’ufficio di Molly e che la ragazza è ferma a meno di un metro da lui.
Si volta verso di lei, tremendamente in colpa per essersi del tutto dimenticato della sua presenza.
<< Molly… io… >>.
<< Non dire nulla, Greg, ti prego >> gli chiede scuotendo il capo. << Io… lo so che questa può essere una grande occasione per tornare alla omicidi. Non voglio metterti i bastoni tra le ruote e mi farò da parte, ma tu… tu ti prego stai attento >> dice abbozzando un sorriso. Trema come una foglia, Molly. Gli occhi colmi di lacrime hanno nuovamente preso il posto di quelli pieni di risate che ha visto solo pochi minuti fa e che per troppo poco tempo ha avuto modo di conoscere.
“Sono un maledetto egoista” pensa di nuovo Greg a disagio. Il sollievo che ha provato nel sentirle dire ‘mi faccio da parte’ gli provoca un forte senso di colpa. Le vuole bene, questo è indubbio, forse ne è davvero innamorato, ma come la sua ex moglie gli ha più volte urlato contro il suo primo, unico e grande amore è il suo maledetto lavoro. Mycroft gli sta dando la possibilità di tornare ad essere un detective e Sherlock gli ha affidato questo caso che lui vuole maledettamente portarlo a termine. Per se stesso, per i suoi amici e, sì, anche per lei.
Si alza dalla sedia e le va incontro. In queste ultime settimane gli è bastato fare un passo verso di lei per vederla lanciargli le braccia al collo, aggrapparsi a lui come un naufrago al suo salvagente. Più volte si è chiesto se ci fosse amore tra loro al di là del reciproco bisogno di restare a galla. Questa volta, invece, Molly resta ferma. Ha detto che si sarebbe fatta da parte e lo sta facendo.
“Cristo, tra i due quello debole sono io!” si rende conto e, come un fiume che rompe gli argini, un pianto carico di tutta la disperazione che ha dovuto trattenere per sé e sostenere per lei esonda.
<< Io voglio che funzioni tra noi, davvero lo voglio! >> le dice tra i singhiozzi. << Ho bisogno, però, di mettere fine a questa storia >> dice indicando lo schermo del pc. << Voglio tornare alla mia vita com’era prima che questo stronzo di Moriarty arrivasse a rovinare tutto quanto. Voglio saperlo distrutto, privato di tutte le sue ricchezze e lo voglio in una di quelle celle accanto a sua sorella. Non sopporto l’idea che ti abbia toccata, non sopporto l’idea che tocchi i miei amici e non sopporto che tocchi anche me! >> grida perdendo ogni contegno come poche volte gli è accaduto in vita sua.
Molly gli si avvicina, dapprima titubante, dinanzi ai suoi pugni chiusi scossi dalla rabbia, poi con decisione posa le mani sulle sue spalle e lo trascina a sé. Quell’inversione di ruoli che mai si sarebbe aspettato basta a calmarlo. La stringe forte tra le braccia lasciando sfogare quel che resta del fiume in piena che sono le sue lacrime. Si abbandona a lei sentendola in grado di sostenerlo, di contenere la furia delle emozioni che è solito trattenere.
<< Mi spaventi, Molly >> ammette quasi senza accorgersene. << Ho paura perché sento che mi sto innamorando di te e che sto rischiando di rovinare tutto. Mi è già successo e ne sono uscito a pezzi. Non voglio che accada di nuovo. Non voglio farti stare male a causa delle mie assenze. È questa la vita che ho scelto e, cazzo, io ci provo a fare andare tutto per il meglio, ma è così difficile. Finisco sempre col rovinare tutto e ritrovarmi solo, cazzo >>.
Sente di essersi tolto un peso dallo stomaco, ma anche di averlo gettato senza fare tanti complimenti proprio sulla donna alla quale sta dichiarando il suo confuso amore. Prima, però, che possa darsi dell’idiota, Molly posa una mano tra i suoi capelli molto più sale che pepe, ormai.
<< Lavoro in media dalle 9 alle 12 ore al giorno, a volte anche tutti i giorni. A fine mese, poi, quando ci sono da aggiornare i dati, tra riunioni d’equipe e scartoffie arrivo anche alle 18 ore. Direi che in quanto a dedizione al lavoro e tempo azzerato per la vita sociale possiamo darci la mano >> ridacchia posandogli un bacio sulla fronte. << Anche a me spaventa ciò che provo per te >> aggiunge con un sussurro. << Mi spaventi proprio perché mi viene così spontaneo e semplice affidarmi a te. Non è mia abitudine farlo e temo di aver esagerato, scusami. È solo che… si sta bene tra le tue braccia, Greg >>
Il detective alza lo sguardo a incontrare il suo, imbarazzato e commosso. Dare un calcio alla felicità, forse è questo che rischierebbe di fare se la lasciasse.
<< Abbiamo bisogno di andare via da qui, Molly >> le dice posando la fronte contro la sua. << Io e te, lontani da quest’atmosfera asfissiante, da tutto questo dolore >>.
<< Ho detto a John che lui e Sherlock mi devono una vacanza di due settimane all inclusive. Con questo ‘favore’ che ti stanno chiedendo, direi che ne dovranno una anche per te >>.
<< E dal momento che riceverò sicuramente una promozione, ne aggiungeremo un’altra e ce ne concederemo tre di settimane. Che ne dici? >>.
<< Dico che mi piace >> sorride asciugandogli le guance ancora rigate dalle lacrime. << Fai ciò che devi, detective, e stai attento. Io ti aspetto qui >>.
Bacia le sue labbra e non le lascia andare che dopo un lungo intenso istante. Ridono allegri, cosa che da troppo tempo non accadeva. Greg si sente leggero, pronto all’azione e felice. Sì, è felicità quella che sta provando e che vive nei baci carichi di risate che si stanno scambiando.
Quel vecchio marinaio che tante tempeste ha incontrato gli ha portato un dono prezioso del quale lui è più che felice di occuparsi. Un dono che ha riportato il sole, la speranza, il desiderio di giustizia e quello, finora soffocato dalla paura, di amare ed essere amati.
 
***
 
Il fumo della sigaretta disegna spire bianche che si disperdono nella notte londinese. Grey stone le osserva ipnotizzato. Il sapore del tabacco gli risulta amaro. A quanto pare è vero che fumare dopo tanto tempo che si è smesso dia la nausea. Eppure è già al terzo pacchetto. I mozziconi delle precedenti giacciono schiacciati nel portacenere posato in bilico sulla ringhiera del balcone di villa Holmes.
E’ uscito a comprare le sigarette, passando con nonchalance dalla porta d’ingresso, poco dopo la partenza di Fox e John per Parigi. Mistica e Mycroft stavano valutando quale travestimento fosse meglio attuare per raggiungere il Bart’s e lui non ne poteva più di stare ad ascoltare.
Ha comprato un’intera stecca di Marlboro rosse deciso a sedare a modo suo l’ansia di sapere Fox lontano e senza la possibilità di mettersi in contatto con lui. Hanno deciso, infatti, di muoversi alla vecchia maniera, senza auricolari, né contatti telefonici di alcun tipo. Un consiglio di Sherlock che, sebbene a malincuore, Grey ha appoggiato, data l’assoluta incertezza dei controlli ai quali sono sottoposti.
Nel breve tragitto dalla casa al tabaccaio, infatti, ha incontrato quattro uomini fermi in diversi punti strategici per tenerli d’occhio. Ora ne può vedere un altro, fermo dall’altro lato della strada e chissà quanti ancora ce ne sono. Benchè abbiano rivoltato la villa da cima a fondo alla ricerca di cimici e telecamere nascoste la notte in cui sono arrivati, non trovandone nessuna, non possono stare tranquilli. Anche, però, parlare sempre in codice non è facile e stare sempre allerta alla lunga è logorante. L’umana stanchezza li coglie fin troppo spesso e Grey non ha per nulla voglia di perdere un altro dei suoi colleghi.
Sarebbe voluto andare lui al Bart’s con Mycroft, ma la soluzione più saggia è stata restare con Anthea, l’elemento più fragile del gruppo, al momento. Con mistica e Fox lontani e privato della possibilità di comunicare con loro, le sigarette sono state una buona compagnia.
No me quieras, Juliana, estoy haciendo todo lo posible para intentar no volverme loca, aquí[1]”, pensa spegnando l’ultima cicca. Guarda l’orologio per l’ennesima volta nel giro di pochi minuti. Sarebbero dovuti rientrare già da una mezz’ora buona, eppure di Fox e John non c’è alcuna traccia.
Prende un’altra sigaretta, senza neppure pensarci, proprio come faceva ai bei tempi del tabagismo. Voci di corridoio volevano fumasse anche nel sonno, tanto era perennemente presente la sigaretta sulle sue labbra. A dire il vero gli piaceva l’immagine che quel cilindro di carta arrotolata dava di lui.
La cicatrice che ha sul viso inizia a dolergli, segno che sta esagerando. La accarezza distratto con la mano, ma non riesce a sciogliere la tensione che parte da ogni singolo punto. Il fumo non c’entra nulla, ovviamente, ma è molto più facile attribuire a lui la colpa. Come è altrettanto facile ignorare del tutto la voce che continua a ricordargli che Sky è morto. Scuote il capo infastidito, ricacciandola giù.
“Maldita![2] pensa sputando fuori una lunga boccata di fumo.
<< ¿Ha decidido recuperar todos los cigarrillos que no ha fumado en los últimos dos años?[3] >>.
Grey scatta in piedi portandosi in posizione d’attacco. Gli ci vuole qualche istante per riconoscere l’avatar che Mistica ha realizzato per Fox
<< Te arriesgaste grande[4] >> lo rimprovera portando la sigaretta alle labbra. Il ragazzo la intercetta e gliela toglie di mano. Anziché gettarla, però, prende per sè gli ultimi due tiri.
<< Ravache si è suicidato >> gli dice in inglese.
<< Che cosa? >>.
<< Lo ha fatto davanti a noi, dopo averci detto il poco che sapeva. Si è sparato alla testa >>.
Ha assistito al suicidio di un uomo, ecco perché ne parla in inglese, lingua straniera per Fox, che ha ormai adottato lo spagnolo. Un espediente basilare per prendere le distanze da quanto è successo. Passa, infatti, le mani più volte tra i capelli tinti di nero e resi lisci dagli innumerevoli passaggi  della piastra.
<< Ha detto che era l’unico modo che avesse per salvare la sua famiglia tenuta in ostaggio da Moriarty. Io credo, invece, che quel pazzo ucciderà comunque sua moglie e i suoi figli >>.
<< Sì, lo penso anche io >>.
<< Sherlock aveva ragione, Juan. Moriarty è matto da legare >> dice prendendo il pacchetto di sigarette. Ne pesca una con mani tremanti e fatica un po’ a centrarla con la fiamma per accenderla. << Quel dottore, Offmanstal, di cui abbiamo sentito parlare nei registrati di Sky, era un chirurgo plastico abbastanza famoso in Austria. Ravache ha costruito la bomba che lo ha fatto saltare in aria il mese scorso. È stata la ricompensa da parte di Moriarty per i servizi offerti alla sua causa >>.
<< E che genere di servizi può avergli offerto un chirurgo plastico? >> domanda confuso. Fox gli scocca un’occhiata carica di comprensione per il suo straniamento. Prende una lunga boccata che manda giù lentamente, per farsi forza.
<< Noi abbiamo Miriam che ci trasforma in tutto ciò che ci serve. Ho visto che è riuscita persino a far diventare l’inamidato Mycroft un vecchio marinaio di lungo corso, direi che dopo questa possiamo davvero dire che nulla le sia impossibile >> ride nervoso. Grey lo ascolta serio temendo di aver già capito quali siano stati i servigi del chirurgo. << A Moriarty serviva un chirurgo in grado di trasformare i connotati di un uomo in quelli di un altro in modo permanente. Ha corrotto uno degli ambasciatore di uno degli stati che saranno presenti tra due giorni al vertice di pace affinchè sparisse dalla circolazione e ha assoldato un tale Renè, anarchico della schiera di Ravache, perfetto in quanto fisicamente molto simile all’ambasciatore. Offmanstall ha fatto il resto. Inutile che ti dica che fine ha fatto il vero ambasciatore >>.
<< Ambasciatore di quale stato? >>.
Fox prende un'altra lunga boccata scuotendo lentamente il capo.
<< Ravache non lo sapeva >>.
<< Cazzo! >> esclama Grey battendo il pugno contro il davanzale. << Lascia che venga con voi in Svizzera >>.
<< No >> ribatte deciso Fox. Si porta al davanzale e schiaccia la cicca nel posacenere, volgendo poi lo sguardo al cielo nero avvolto dalla foschia. << Anthea e Miriam hanno bisogno di qualcuno che resti qui e le protegga. E poi gli accordi prevedevano che tu restassi in Spagna >>.
<< Si fottano gli accordi, Valerio >>.
<< Mi hai messo a capo delle operazioni >> lo zittisce. << Questa è la mia decisione >>.
Voleva che Fox prendesse il suo posto e il ragazzo gli sta dimostrando di esserne all’altezza. Ribattere oltre non avrebbe senso. Può solo annuire e accettare le sue responsabilità.
<< Mycroft ha contattato i suoi collaboratori. Saranno qui domani mattina, in modo che Mistica possa avere tutto il tempo che le serve e che noi si possa partire per Meiringen nel tardo pomeriggio >>.
<< Non basterà giocare ad armi pari, Valerio >> sospira appoggiandosi a sua volta alla ringhiera. << Questa gente ci tiene d’occhio. Moriarty avrà sicuramente pensato alla possibilità che vogliate anche voi sostituirvi a due degli uomini di Mycroft, così come lui ha fatto cambiare i connotati a un assassino per metterlo al posto di uno degli ambasciatori dei ministri coinvolti al vertice >>.
<< Sì, so quanto il rischio sia alto. Anche Àngel ne ha corso uno, molto alto, per metterci a conoscenza di quanto quel pazzo abbia progettato. Lo ha fatto per permetterci di portare avanti l’inchiesta e evitare questo conflitto. Non onorerei il suo sacrificio se almeno non tentassi di essere ugualmente coraggioso >>.
<< Sono sicuro che lo sarai. Quello che voglio sperare e che farai di tutto per non fare la sua stessa fine >> dice prendendogli la mano. << Ricorda, Valerio, che ci saranno sempre esseri umani pronti a scatenare guerre. James non è l’eccezione, ma solo uno dei tanti. Noi e Sherlock stiamo combattendo contro la condizione della natura umana, non contro Moriarty >>.
<< Tu contro questa naturale inclinazione al sadismo e alla crudeltà dell’uomo ci lotti da più di 25 anni, Juan. Cosa cambierebbe tentare ancora una volta? >>.
Vorrebbe dirgli che cambiano molte cose, dal momento che al vertice di pace, durante il quale molte armi faranno fuoco, non potrà essere al suo fianco come durante le loro inchieste. Come ha potuto pensare di lasciargli il comando della sezione investigativa e poter vivere tranquillo, sapendolo là fuori in costante pericolo, senza neppure poterlo aiutare tramite gli auricolari?
La cicatrice tira strappandogli quasi un gemito. Vi porta sopra la mano sfregandola vigorosamente, ma non riesce lo stesso ad alleviare la sua pena. Lascia scivolare il ciuffo a coprire il viso. Vorrebbe sprofondarci dietro questo sipario che lo protegge dallo sguardo disgustato della gente. Inaspettatamente, Fox scosta la lunga frangia, riportando alla luce questa cicatrice che dilania il suo viso da che aveva dodici anni. Gli sorride e con le sue lunghe dita aggraziate ne segue la traiettoria dalla tempia al mento.
Il cuore di Grey batte forte, come la prima volta in cui questo giovane italiano, arrivato al suo cospetto per caso, fece lo stesso gesto.
<< La heteroflexibilidad también existe en los transexuales, Juan. 
Creo que a cualquiera le puede ocurrir sentirse atraído por alguien del mismo sexo. 
Si se transmite o no, esto no significa que uno sea necesariamente homosexual o bisexual. 
Lo sabes mejor que yo, amigo mío. 
Usted escribió más de un artículo y también algunos libros al respecto[5]
 >>.
 
Possono scriversi, però, tante parole, esprimere idee nelle quali si crede e solo quando ci si trova presi in mezzo comprendere davvero la portata di un sentimento. La sua collega che gli supervisiona i casi ha ragione, può capitare a chiunque. Quando si lotta, però, per affermare il proprio essere maschi eterosessuali sebbene nati in un corpo femminile, sentire improvvisamente di provare per un uomo qualcosa in più dell’affetto manda in tilt l’intero sistema.
Nonostante ribadisse a se stesso di essere innamorato della sua donna, questa volpe rossa lo ha messo a dura prova da quella prima carezza. Ora che sente le sue dita di nuovo sulla pelle si rende conto di come sia piacevole il suo tocco e di quanto non voglia perderlo.
¡Soy un maldito egoísta![6] pensa chiudendo gli occhi, del tutto rapito dal calore della mano del suo migliore elemento. Un ragazzo confuso, spaventato a sua volta da ciò che prova per lui e che con coraggio ha superato l’imbarazzo e gli ha parlato dei suoi sentimenti, delle sue emozioni, dei suoi desideri. Lo ha dovuto respingere con tutta la dolcezza che gli è stata possibile per evitare che si chiudesse ancora di più nella fredda corazza che si è costruito attorno. Ed è stato difficile, dal momento che avrebbe lui stesso voluto lasciarsi andare a quelle mani, a quegli abbracci.
<< Tu eres... muy importante para mí, Valerio[7] >> sussurra. Non dovrebbe esporsi così, non con lui che sa bene cosa ha vissuto e cosa provi per lui.
<< Tu tambien eres[8] >> sussurra a sua volta il ragazzo. Posa un bacio proprio su quella cicatrice, testimonianza costante di quanto l’uomo sappia essere crudele e sadico se gli è data la possibilità di accanirsi contro un innocente. << Te amo >> dice con un filo di voce cogliendolo di sorpresa. << No quiero arriesgarme a no tener la oportunidad de decirte al menos una vez, como le sucedió a Miriam y Àngel. Es egoísta actuar así, lo sé, pero ... es lo que siento. Siempre ha sido así y siempre será así[9] >>.
Fox si allontana da lui, ancora senza parole. Torna a guardare il panorama e accende un’altra sigaretta, soffiando il fumo della prima boccata che si unisce alla foschia che diviene sempre più fitta.
<< Debemos llevar al asesino. Es la única evidencia que tenemos contra Moriarty. La única manera en que podemos prevenir el colapso de la civilización occidental y asegurar un futuro para nuestros hijos, Juan[10] >>.
È la prima volta che Fox usa simili parole riguardo ai gemelli. È stato lui stesso a sottolineare più volte come non avrebbe mai accampato alcuna pretesa sui bambini. Si è sempre ritenuto un semplice donatore, un amico che ha voluto regalare a una coppia la possibilità di avere i figli tanto desiderati. Non può dargli torto, però. Né quando definisce ‘nostri’ i suoi figli, né nel suo voler tentare il tutto per tutto per garantire loro un futuro di pace. Non riesce, però, a ribattere in alcun modo. Tra poche ore lo vedrà trasformarsi in un altro e andarsene per la seconda volta, da solo senza nessun altro sbagliato a coprirgli le spalle.
Grey toglie a Fox la sigaretta di mano, cogliendolo di sorpresa, e la getta al di là della ringhiera. Avvicina le mani al suo viso e, cercando di non fargli male, inizia a strappare via la pellicola che Mistica gli ha applicato per rendere la pelle olivastra e mutarne la fisionomia. Armeggia per un bel po’ di minuti, creando riccioli di non sa neppure bene cosa, che cadono sulla camicia e sul pavimento. Fox lo lascia fare e, anzi, lo aiuta togliendo le lenti colorate di nero che finiscono a fare compagnia ai riccioli. Grey si ferma solo quando riporta alla luce la pelle pallida e cosparsa di efelidi della sua volpe rossa. Gli sorride e commosso lo stringe forte tra le braccia. Tante volte lo ha stretto a sé. Per confortarlo, per contenere le sue esplosioni di rabbia, frustrazione e impotenza, per condividere le gioie che sono finalmente giunte anche per lui.
<< Lo siento, Valerio. Desculpame[11] >> lo implora con voce rotta dall’emozione.
<< Tenía que ir así, Juan. Lo acepto[12] >>.
Grey si scosta appena da lui per incontrare i suoi occhi verdi e sinceri. Non si sottrae al suo bacio. Assapora, invece, le sue labbra molto più sicure ora di quanto non lo fossero quell’unica altra volta in cui sono stati così vicini.
<< Quédate conmigo esta noche[13] >> sussurra Fox sulle labbra. << Quédate cerca de mi. Sin sexo, sin malicia. Abrázame fuerte una última vez antes de dejarme ir. Dame esta noche donde solo tú y yo podamos estar[14] >>.
Suona quasi come una macabra premonizione questa richiesta. Grey, però, non vuole pensare alla possibilità di perderlo. Non riesce a immaginare la sua vita senza di lui. Non importa che sia in Spagna o in l’Italia a cercare la felicità accanto ad una ragazza con la quale lui stesso sa che starebbe bene. Purchè sia vivo.
<< Solo tú y yo[15] >> annuisce ricambiando il suo bacio.
Si possono amare più persone, infondo. L’essere umano è una creatura complessa e se poi è anche ‘sbagliato’, come lo sono loro, allora lo è ancora di più. Tanto di più da annullare ogni complessità e divenire semplice. Semplicissimo.
 
***
 
John esce dalla camera, lasciando Anthea in compagnia di Mistica. Le due ragazze sembrano essersi avvicinate molto negli ultimi giorni, cosa che può fare solo bene a entrambe.
Il dottore raggiunge Mycroft nel salotto. Lo trova seduto sulla poltrona, un bicchiere di whisky in mano.
<< Come sta? >> gli chiede invitandolo a servirsi.
<< E’ ancora lontana dallo stare bene, ma il suo corpo sta guarendo >> risponde versandosi due dita di liquore nel bicchiere grande e pesante. << Mistica è con lei. Prendersi cura di qualcuno è un ottimo modo per superare il lutto. Greg ha accettato? >>.
<< Sì. Ha creato l’account è inviato il messaggio. Anche su quel fronte il piano sta procedendo a gonfie vele >>.
<< Bene >> annuisce prendendo posto sull’altra poltrona. << Pare proprio che nessuna delle spie poste da Moriarty a tenerci d’occhio si sia accorta del nostro andare e tornare. Dannatamente utili i passaggi segreti di questa villa >>.
<< Mio zio Rudhy era un tipo eccentrico. Non so perché abbia deciso di creare tutte queste uscite segrete di cui non vi è alcuna traccia sulla planimetria della villa. Le ha rese note solo a me e a Sherlock. Ti lascio immaginare i mille usi che questi ne ha fatto da ragazzo >> ridacchia e a John non serve giocare tanto con la fantasia per vedere una versione più giovane del suo uomo uscire di soppiatto travestito di tutto punto per compiere chissà quale folle indagine in incognito.
<< Perché Sherlock ti ha chiesto di falsificare i risultati del test del dna fatto da Moriarty? >> gli chiede, ponendo la domanda che per tutto questo tempo gli è girata per la testa.
<< Credo abbia pensato che avere la conferma di essere davvero fratelli lo avrebbe reso più malleabile e… gentile nei suoi riguardi >>.
<< Gentile? >> gli domanda avvertendo una stretta allo stomaco. << Non è interessato a lui… in quel senso. Vuole che siano soci, non amanti >>.
<< John >> sospira Mycroft, che sembra cercare le parole giuste per continuare, cosa che poco gli piace. << James ha una concezione distorta dei rapporti umani. Per lui tra sesso, reverenza, affetto e amore non c’è differenza >>.
<< Oddio >> dice stringendo forte il bicchiere tra le mani. << Pensi che il legame di sangue possa bastare a farlo desistere dall’approfittarsi di lui? >>.
<< Non ne posso essere sicuro. Non si può essere sicuri di nulla con James Moriarty. Posso solo sperarlo >>.
<< Sherlock è ancora provato da quella dannata ferita e non può difendersi >> dice, vuota il bicchiere in un unico sorso e lo lancia per terra mandandolo in frantumi. << E’ stato un folle a consegnarsi di sua volontà tra le mani di quel pazzo! >> ringhia prendendo la testa tra le mani.
Sente Mycroft alzarsi dalla poltrona e portarsi al suo fianco. La sua mano delicata e forte si posa sulla sua spalla destra che stringe appena.
<< Domani sera partiremo per la Svizzera, John. Stiamo per andare a riprenderlo. Greg attaccherà James sul fronte economico, noi impediremo al suo folle piano di compiersi e Sherlcok… mio fratello si è ritagliato il ruolo più complesso, ma è anche vero che solo lui poteva affrontarlo direttamente >>.
<< Non in queste condizioni, Mycroft >> ribatte asciutto John. << Moran ha fatto il gioco di suo fratello sparandogli. Ha ridotto notevolmente le capacità fisiche di Sherlock >>.
<< Non quelle mentali, John >> incalza Mycroft, stringendo ancora di più la mano sulla sua spalla contratta. << Ricorda che per Sherlock il corpo è solo un mezzo di trasporto. Tu stesso lo hai visto portare a termine casi complessi stando in piedi per miracolo. Continua  a credere in lui, John. E’ tutto ciò che ti ha chiesto >>.
John annuisce e posa la mano su quella di Mycroft. La stringe forte ripetendo le parole che gli ha appena detto per imprimerle nel suo animo tormentato.
 
***
 
C’è una luce strana nel cielo. Il sole brilla e non c’è una nuvola, eppure vi è qualcosa di inquietante in questa pigra mattinata. Gocce dorate illuminano il laghetto la cui superficie e liscia e immobile, come uno specchio. Riflette il cielo azzurro, rendendo impossibile vedere il fondale limaccioso.
Sherlock si sporge a guardare se stesso riflesso nello specchio d’acqua. Indossa una camicia bianca dalle maniche arrotolate sopra il gomito e un buffo cappello floscio verde acido. Un movimento inaspettato increspa la superficie dell’acqua, facendo perdere un colpo al suo cuore.
La intravede appena. I raggi del sole ne illuminano le squame facendola brillare. È enorme. La trota più grande che abbia mai visto. Ed è furba. Dannatamente furba. Sembra guardarlo dal pelo dell’acqua, farsi beffe di lui, della lenza che tiene nella mano destra e del retino che giace inerte ai suoi piedi. Con un colpo di coda cambia direzione, sprofondando nuovamente negli abissi scuri.
Dovrà ingegnarsi se vuole prenderla, ma allo stesso tempo agire in modo semplice, scontato. Nulla di troppo complicato, perché è quello che si aspetta, questa furba trota arrogante che lo tiene d’occhio.
Sherlock si inginocchia sull’erba umida. Si avvicina al suo riflesso, cerca la sua preda e la vede lì, ondeggiare e osservarlo a sua volta. Afferra un bastone, quello col quale è solito colpire alla testa i pesci che prende per stordirli prima di riporli nel secchio. Col bastone smuove il fondo limaccioso rendendo l’acqua torbida.
La trota, resa cieca dal fango che la circonda, perde l’orientamento e lui soddisfatto afferra il retino. Senza accorgersene, il furbo pesce si intrappola da sé. A Sherlock non basta che estrarre la rete dall’acqua e trionfare del suo successo.
Il peso della trota, però, lo sbilancia in avanti fino a farlo cadere. Si ritrova avvolto dall’abbraccio gelido delle acque limacciose, la vista oscurata dal fango. Prova a muoversi, ma qualcosa blocca i suoi movimenti. Si sente poi tirare verso l’alto, estratto a forza dall’acqua.
 È il volto di James quello che vede tra le maglie della rete nella quale è caduto.
<< Chi è il pescatore e chi la trota? >> gli chiede e Sherlock si rende conto con orrore di essere lui il furbo pesce dorato.
<< Rinuncia ai tuoi inganni, questo pesce non farai abboccare >> ride soddisfatto Moriarty, brandendo il bastone, pronto a calarlo mortalmente su di lui.
 
Sherlock grida, la risata sadica di Moriarty ancora nelle orecchie e il suo sguardo, quello sguardo folle, impresso nella retina.
Le note di Die Forelle[16] provengono dal grammofono a tromba adagiato sulla scrivania, prezioso regalo del suo ‘fratellino’.
<< Sta zitto, maledetto! >> grida pieno di rabbia e terrore. Afferra il bicchiere posato sul comodino accanto a lui e lo scaglia con tutte le forze contro lo strumento, che rovina a terra facendo un gran baccano.
Il silenzio ora è rotto dai battiti accelerati del suo cuore. La ferita pizzica così come i suoi occhi, che, spaventati, vorrebbero lasciarsi andare al pianto. Ha ancora nelle orecchie la sua risata, la sua voce canzonatoria e folle.
<< Ti sarebbe bastato chiedermi di spegnerlo, che bisogno c’era di reagire con così tanta violenza? >>.
Sherlock grida colto di sorpresa dalla presenza di Moriarty nella stanza. Questi lo osserva stranito. Non riesce e capacitarsi delle sue reazioni.
<< Un… incubo >> si giustifica Sherlock.
<< Oh >> ribatte Jim. Volge lo sguardo al grammofono ormai andato perso e fa spallucce. << Cosa ti ha spaventato così tanto? >> gli chiede curioso.
<< Ero in una rete. Più mi agitavo e più questa mi avvolgeva. Stavo soffocando. È questa dannata ferita che mi toglie il fiato >>.
Non sta nemmeno recitando quando porta la mano al torace. Lo preoccupa il fatto che bastino pochi movimenti un po’ più frenetici e energici a farlo divenire preda del dolore.
James si avvicina al letto e si siede al fondo. Non sa decifrare il suo sguardo, un misto di diffidenza, curiosità e qualcosa che potrebbe avvicinarsi alla preoccupazione.
<< Ti senti in trappola? >> gli chiede posando la mano sulla sua gamba destra. Sherlock sente i muscoli contrarsi all’immediato fastidio del suo tocco, benchè lenzuola e coperte lo separino da un contatto diretto.
<< Non lo sono, forse? >> ribatte, sistemando i cuscini dietro di sé. Di sdraiarsi sapendolo così vicino non ne ha alcuna voglia.
<< Non ti ho mai impedito di uscire da qui >> risponde James facendo spallucce. << Non vedo, però, perché dovresti farlo, dal momento che non devi muoverti. Già solo spostarti dal letto al bagno è troppo per te >>.
Non può dargli torto e la cosa innervosisce ancora di più Sherlock. Come se non bastasse, James continua ad accarezzare la sua gamba dal ginocchio alla caviglia.
<< Mycroft ha fatto portare i corpi di Seb e dello spagnolo al Bart’s >> lo informa, prima che lui lo allontani da sé con un calcio. È la prima informazione sul mondo esterno che gli da e notizie come quella non le trova di certo su internet.
James tiene gli occhi bassi sulla sua mano che lenta lo accarezza. È impossibile dire cosa stia pensando. Ancora di più cosa possa provare.
<< La piccola Molly Hooper avrà modo di vendicarsi squartando il suo corpo >> dice, le labbra incurvate in un sorriso inquietante. << Chissà la sorpresa quando ci troverà quel piccolo feto >>.
A Sherlock si chiude lo stomaco. È subdolo, fine ed elegante il suo modo di torturare. Non fa spaccare ossa, bruciare parti del corpo o stuprare. No. La sua tortura è psicologica. Una mano che accarezza, ma secca al punto da graffiare la pelle.
<< Ha, infine, deciso di ucciderla, il nostro Johnny boy. Un padre che uccide il figlio. È vero, allora, che ci si innamora di persone che ricordano i propri genitori >> continua, cercando il suo sguardo per godere del turbamento causatogli dalle sue parole. Sherlock, però, non vuole dargliela vinta.
<< Non credo che Molly sia tornata al Bart’s. Non credo neppure ci tornerà mai. Tua sorella l’ha spinta nel baratro al bordo del quale tu l’hai portata >> dice tra i denti.
<< Oh, che tremende illazioni! La piccola Molly si è innamorata dell’uomo sbagliato e, anziché demordere e farsene una ragione, si è lasciata fregare dalle sue stupide avance e ha accettato di aiutarlo a ‘suicidarsi’. Mi spieghi cosa c’entriamo io e Seb in tutto questo? Hai deciso tu di rivolgerti a lei, non te l’ho mica ordinato io >>.
È inutile dialogare con uno come James, proprio come è inutile chiedere pietà al boia.
<< Mi auguro che almeno tu l’abbia trattata con rispetto >>.
James ride di gusto battendo la mano sulla sua gamba. Ride fino alle lacrime, cosa che porta il sangue di Sherlock a ribollire nelle vene.
<< Oh oh, non mi dire che, infondo infondo, provi qualcosa per lei? >> lo canzona strizzando l’occhio.
<< E’ mia amica. Mi ha salvato la vita. Ho sempre potuto contare su di lei e mi dispiace abbia sofferto a causa mia >>.
<< Ti dirò un segreto, fratellino >> dice sporgendosi verso di lui. << Il senso di colpa non serve a nulla. Dovresti saperlo, tu che ti professi sociopatico. E comunque adesso è felice e contenta accanto al suo bel detective >>.
La sua dannata mano scorre, ora portando una pressione maggiore sulla gamba.
<< Li ricordi i termini del nostro accordo, vero James? >>.
<< Certo che li ricordo, fratellino >> dice in fretta. << Ho pensato solo ti facesse piacere sapere cosa è accaduto là fuori mentre indagavi da qui su quel bastardo traditore di Ravache >>.
Subdolo, come il sorriso che gli incurva le labbra. Tra le righe gli mostra come stia continuando a tenere d’occhio i suoi amici. Dovrà essere ancora più furbo e accorto se vorrà stringere la rete attorno a lui, anziché esserne avvolto.
<< Ti ringrazio, sei molto gentile >> dice inchinando il capo.
<< Sono io che ringrazio te >> ribatte chinando il capo a sua volta. << A proposito, Ravache si è suicidato >>.
Il sangue abbandona il corpo di Sherlock portandosi all’addome. Non ha ancora avuto modo di controllare il forum alla ricerca di notizie da Mycroft e quanto gli ha appena comunicato Moriarty non era nei piani.
<< Un problema in meno >> ribatte facendo spallucce, cercando di essere il più possibile convincente. James ha ancora sulle labbra quel sorriso inquietante. Si avvicina a lui portandosi al suo fianco e continua ad accarezzare lentamente la sua gamba, dal ginocchio all’anca.
<< Pare che prima di spararsi abbia ricevuto la visita di due individui >> dice facendogli accapponare la pelle. << Due uomini dalla pelle olivastra che parlavano francese. Secondo i miei informatori non facevano parte della cellula anarchica da lui capeggiata e sono misteriosamente scomparsi subito dopo il fattaccio >>.
<< Ravache aveva dei complici. È possibile che siano loro e che lo abbiano ucciso seguendo un piano ben preciso. Da morto non potrà più farti da capro espiatorio >>.
<< Sì, l’ho pensato anche io >> annuisce, scostando le coperte con un gesto deciso. << Ma è successa un’altra cosa che mi ha dato da pensare >> dice tra i denti battendo la mano sulla sua coscia nuda. Il colpo è così forte da riverberare fino alla ferita al torace, facendo gemere Sherlock dal dolore.
<< Si può sapere cosa diavolo ti prende? >> grida il consulente allarmato, afferrandogli il polso.
<< Non mi piace essere preso in giro, Sherlock, non mi piace per nulla >> ringhia affondando le unghia nella carne. << Il tecnico informatico che gestisce la mia rete mi ha comunicato che qualcuno si è introdotto in modalità nascosta nel mio mainframe proprio ieri. Io non posso credere tu sia stato così folle da non pensare alla possibilità di essere beccato in fragrante mentre rubavi informazioni dai miei database per mandarle a qualcuno dei tuoi alleati là fuori. Quella ragazza spagnola è maledettamente brava con i travestimenti e nulla mi vieta di pensare che quei due possano essere i suoi compari o magari John e uno di loro >>.
<< Io non ho fatto nulla di simile, lasciami >> dice cercando con tutte le forze di liberare la sua gamba dalla stretta della mano piccola ma forte di questo pazzo criminale.
<< A chi hai inviato quelle informazioni? Dimmelo! >> grida Moriarty del tutto fuori di sé dalla rabbia.
<< Toglimi le mani di dosso! >> grida a sua volta Sherlock, dandogli un pugno in pieno viso. Questa mossa Jim non se l’aspettava. Si alza barcollando, la mano al viso tumefatto.
Sherlock si porta a ridosso della testata del letto e cerca con lo sguardo qualunque cosa possa divenire un’arma a sua difesa. Non c’è nulla, però, che possa aiutarlo. Nulla se non la sua intelligenza e l’ottima capacità dialettica.
<< Io non ho inviato niente a nessuno, James! Non ho alleati fuori da qui, sto rispettando i patti, io! >>.
<< Hai chiesto a Mycroft di fidarsi di te! Hai detto a quell’inutile John Watson di continuare a credere in te, pensi che non ci abbia fatto caso? Tu hai un piano per distruggermi, non posso credere ti sia arreso davvero e quell’intrusione ne è la prova! >>.
<< Non mi avrebbero lasciato andare se non avessi cercato di mantenerli calmi e l’ultima cosa che volevo era scatenare una sparatoria, Jim! Pensi che sia così folle da venire qui, in casa tua, e tentare di fregarti? Sono io quello che si sente in trappola! Sono io la trota nella rete non tu! >> ammette tra le lacrime. Questo pianto accorato sembra confondere Moriarty, che lascia sgonfiare parte della sua furia. Lo guarda stupito, la mano ancora premuta contro il viso ammaccato.
 << Sì, ho navigato in incognito nel tuo mainframe, ma non ho inviato informazioni. Io volevo solo avere una conferma >>.
<< Una conferma? Di cosa >>  gli chiede guardingo.
Sherlock prende il tablet dal comodino e lo accende. Cerca quanto gli serve e glielo porge. James resta stupito da ciò che vi trova.
<< Volevo sapere chi aveva ragione tra voi, se tu o Mycroft >> sussurra, asciugando piano gli occhi. << Scoprire fino a che punto mia madre ha tradito quel bastardo che aveva per marito. Mycroft mi ha detto che non era vero, che si era inventata tutto tua sorella per indurti a darmi la caccia. A quanto pare, invece, il nostro sangue è davvero lo stesso >>.
<< Avevi dedotto avessi già provveduto a fare degli esami >> sussurra James, guardandolo con ammirazione.
<< Certo. Era la cosa più ovvia. Avrei agito anche io così >> dice e il criminale si apre in un sorriso allegro capace di ringiovanirlo.
<< Ora non ne hai più dubbi >>.
<< Neppure tu >> ribatte Sherlock. << I primi esami li hai fatti fare quando ho finto il mio suicidio dal tetto del Bart’s. Ce n’erano, però, dei nuovi. Un prelievo recente fatto subito dopo il mio arrivo in questo posto. Anche tu hai avuto bisogno di riconferme >>.
Moriaty appare imbarazzato dall’essere stato colto in fallo come un bambino.
<< Sì, lo ammetto. Quando mi hai detto che Seb stava tramando alle mie spalle ho temuto che ciò che Mycroft continuava a ripetere fosse vero. Se era stata capace di tradirmi, allora mia sorella avrebbe potuto davvero essere capace di mentirmi su una cosa così importante. A quanto pare, però, non era lei a mentire >> dice soddisfatto. << Io e te siamo fratelli, Sherlock. Abbiamo lo stesso sangue, la stessa intelligenza e abbiamo vissuto gli stessi torti. Mi dispiace tanto per Jane… saremmo stati un bel trio, non trovi? >> ridacchia facendogli gelare il sangue nelle vene alla sola idea.
Qualcosa sembra essere cambiato, adesso, in quest’uomo imprevedibile e pericoloso. Sherlock lo nota nei gesti, nel modo cauto di sedersi al suo fianco e di avvicinare piano la mano alla sua. Delicatamente la prende tra le sue e il sorriso che lo illumina è ora carico di gioia.
<< La verità è che mio padre e tua madre si sono innamorati e da questo amore ne siete nati tu e Jane. Mio padre… era un uomo mite, buono, del tutto soggiogato da quell’arpia che avevo per madre >> sussurra distogliendo lo sguardo. << Tua madre la ricordo come una donna bellissima. Hai i suoi stessi occhi, ammaliatori e terribilmente seducenti >> dice sfiorandogli il viso con la mano. << Anche lei viveva con un pazzo e penso sia stato questo a spingerli l’uno verso l’altra. Come noi, cresciuti con genitori mostruosi e con due fratelli a loro molto simili, se non addirittura peggiori. Possiamo anche noi amarci allo stesso modo >> dice sporgendosi verso di lui.
<< Come due fratelli >> si affretta a dire Sherlock togliendosi dalla traiettoria delle sue labbra.
<< Certo, come due fratelli >> ribatte James imbarazzato, ma anche infastidito dal suo rifiuto.
<< Dicevi davvero prima? Posso uscire quando voglio da qui? >> gli domanda, desideroso di toglierselo di dosso.
<< Sicuro. Se te la senti, anzi, ti porto nella terrazza. Da lì la vista è fantastica >> dice euforico.
<< La vista? >>.
<< Dai, non vorrai darmi a bere che non hai neppure provato a scoprire dove ti ho portato? >>.
<< Ammetto di averci provato, ma la connessione fa davvero schifo qui >> ribatte alzando gli occhi al cielo. << Ho capito di essere in Svizzera e, da quanto ho appreso indagando su Ravache, immagino che siamo qui per partecipare al vertice di pace che si terrà tra due giorni >>.
<< Oh, noi non assisteremo. I veri potenti muovono i fili dall’ombra e lasciano che altri ci mettano la faccia e si occupino del lavoro sporco >> gli strizza l’occhio aprendo la porta. Lo invita con un gesto plateale del braccio a varcare la soglia.
Sherlock si alza, indossa le ciabatte e la pesante vestaglia di lana pregiatissima che James gli porge. Si sostiene al bastone della flebo ed esce su un corridoio dal soffitto riccamente intarsiato. Il palchetto sul quale cammina è lucido e sembra essere molto antico.
<< Se dovevamo stare nell’ombra, allora perché siamo qua? >> gli chiede, mentre lo segue lungo quel labirinto fatto di corridoi tutti uguali sul quale si affacciano tante camere. Pare proprio si trovi di un lussuosissimo hotel.
<< Perché quanto accadrà finirà sui libri di storia e io non voglio assolutamente perdermelo >> ridacchia euforico. << E poi perché in Svizzera sanno come trattare chi è schifosamente ricco come me e, se questo non ti basta >>, dice piazzandosi davanti a lui, poco prima che il corridoio finisca su un’ampia stanza, << ho ritenuto opportuno venire qui per loro >>.
Sherlock osserva curioso il teatrino messo su da Moriarty. Volge lo sguardo verso ciò che indicano le sue mani e muove qualche passo oltre il limitare del corridoio.
<< Wow >> riesce solo a dire.
Una grande vetrata porta alla terrazza al di là della quale è possibile scorgere un panorama bello da mozzare il fiato. Quest’hotel superlusso sembra essere stato costruito direttamente nella roccia accanto alla quale si gettano le cascate. Il fragore dell’acqua è molto più forte lì rispetto che alla sua stanza, insonorizzata, così come devono esserlo tutte, per garantire il riposo degli ospiti.
<< Fratellino, benvenuto in Svizzera, nel canton Berna. Quelle che vedi sono le cascate di Reichenbach >>.
James lo invita a seguirlo sulla terrazza, dove il rombo è ancora più assordante. Una serie di tavolini è stata approntata per gli ospiti dell’hotel e Sherlock è sicuro che quello sia un punto panoramico molto ambito durante il giorno. Non, però, a quest’ora della notte.
Muove alcuni timidi passi verso la balconata. La luna piena si staglia contro il cielo come una moneta d’argento e illumina buona parte del burrone sotto ai suoi piedi nel quale si gettano incessanti le cascate. Si sporge appena, sentendo lo stomaco rivoltarsi. La costante caduta di quella massa d’acqua gli rimanda un senso di infinito e inesorabile.
Trasale nel sentire la pesante coperta che Moriarty gli posa sulle spalle.
<< Non voglio che tu possa ammalarti >> gli sussurra. Posa il mento sulla sua spalla e resta lì, le braccia strette attorno alle sue spalle. << Un salto di 250 metri >> bisbiglia, le labbra vicinissime al suo orecchio. << Da queste non avresti avuto scampo >> ride stringendolo a sè ancora di più.
Sherlock guarda come ipnotizzato l’abisso buio sotto di lui nel quale piovono le cascate. Ricorda bene la sensazione di panico all’idea di spiccare il salto dal tetto del Bart’s, benchè vedesse il materasso sotto di lui. Il timore che esplodesse facendolo sfracellare era più forte di quello di essere scoperto da John. Un salto da questa balconata sarebbe inevitabilmente fatale persino per un bravo stuntman come Skyfall. Sì non avrebbe scampo.
“Ma neppure tu, ‘fratellino’” pensa voltandosi appena verso di lui.
<< E’… bellissimo qui >> gli dice abbozzando un sorriso. << Davanti a una tale potenza noi piccoli uomini abbiamo solo da inchinarci >>.
<< In realtà una centrale idroelettrica posta sull’altro lato, dove c’è la funicolare, ne ha ridotto il flusso per sfruttarne l’energia. Come vedi, anche la forza più grande può essere assoggettata al volere di una mente potente >> ridacchia rendendo più insistente il suo abbraccio.
A Sherlock gira la testa e cerca con tutto se stesso di non svenire. Bloccato tra la morte inevitabile di un salto da quell’altezza e l’abbraccio asfissiante del Napoleone del crimine, inizia ad avvertire il peso dell’impotenza.
“No, il piano! Il mio piano sta andando avanti, sta funzionando e continuerà a funzionare!” pensa aggrappandosi a questa convinzione. Deve solo resistere e non cadere vittima della perfidia umana, come quella trota dorata.
 
 

[1] Non volermene, Juliana, sto facendo di tutto per cercare di non impazzire, qui
[2] Maledizione!
[3] Hai deciso di recuperare tutte in una volta le sigarette che non hai fumato negli ultimi due anni?
[4] Hai rischiato grosso
[5] L’eteroflessibilità esiste anche nei transessuali, Juan. Penso possa accadere a chiunque di sentirsi attratto da qualcuno dello stesso sesso. Che si passi all’atto o meno, ciò non significa che si sia necessariamente omosessuali o bisessuali. Lo sai meglio di me, amico mio. Hai scritto più di un articolo e anche qualche libro in merito.
[6] Sono un maledetto egoista!
[7] Tu sei… dannatamente importante per me, Valerio
[8] Anche tu lo sei
[9] Non voglio rischiare di non avere la possibilità di dirtelo almeno una volta, come è accaduto a Miriam e ad Àngel. È da egoisti agire così, lo so, ma… è quello che provo. È sempre stato così e così sarà sempre
[10] Dobbiamo prendere il killer. È l’unica prova che abbiamo contro Moriarty. L’unico modo in cui possiamo impedire il crollo della civiltà occidentale e garantire un futuro ai nostri figli, Juan
[11] Mi dispiace, Valerio. Perdonami
[12] Doveva andare così, Juan. Lo accetto
[13] Resta con me stanotte
[14] Restami accanto. Senza sesso, senza malizia. Tienimi stretto un’ultima volta prima di lasciarmi andare. Regalami questa notte in cui poter essere solo io e te
[15] Solo io e te
[16] La trota

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Buongiorno e buona domenica a tutti
La serie di Sherlock della BBC pone il focus, a mio avviso, su due relazioni ‘impossibili’. La prima, quella sulla quale un po’ tutti speriamo e sulla quale si gioca, è quella tra Sherlock e John. La seconda, che passa più tra le righe restando sullo sfondo, è quella tra Sherlock e Mycroft. Una relazione fraterna, un amore fraterno, travagliato, difficile, burrascoso ma profondo. I fratelli Holmes sono, a mio avviso, legati da un affetto profondo, da un bisogno reciproco l’uno dell’altro e da un’ostinata incapacità comunicativa. Più ostinata di quella che il consulente ha con il dottore. Nel primissimo episodio della serie Mycroft stesso parla di questa incomprensione e, sebbene in modo controllante e invadente, manifesta la sua preoccupazione e da qui il suo affetto nei confronti del fratello. L’acerrimo nemico, infondo, è l’altra faccia della medaglia del grande amore.
Il focus di questo capitolo è incentrato proprio su loro due e su questo amore così difficile e ancora più bello, secondo me, di quello più ‘scontato’ tra Sherlock e John. Un fratello, infondo, è per sempre. Nel bene e nel male. E se non ci credete, fatevi del bene e guardate il film d’animazione ‘Baby boss’ ;-) (mi direte poi, seppure le età anagrafiche siano invertite, se ci trovate anche voi qualcosa dei nostri fratelli Holmes).
Buona lettura
Patty
 
Capitolo 30
 
È se fosse per disperazione
che le cascate si precipitano
dall’alto delle montagne?
 
(Sylvain Tesson)
 
La pioggia scroscia incessante e insistente al di là della finestra. Picchietta sul vetro, e là dove il fredde umido esterno incontra il piacevole calore interno si crea una leggera condensa.
Quel rumore. Il suono neutro della pioggia quando viene giù, come se dovessero svuotarsi tutte le riserve d’acqua del cielo. È così piacevole. Rassicurante. Si unisce in sottofondo lo scoppiettio del fuoco nel camino, dal quale si espande un piacevole aroma di ginepro.
Suoni e profumi che evocano calore, attesa, inevitabilità.
Mycroft sospira osservando la finestra investita dalla pioggia. Gocce scivolano disegnando scie simili a lacrime. Si alza in piedi, strofinando le mani infreddolite l’una contro l’altra, e osserva la strada del pigro quartiere di Pall Mall che da anni lo ospita.
Un uomo è fermo all’angolo, riparato da un balconcino che gli garantisce un esile perimetro di confort. Le mani in tasca, il cappuccio della giacca calato sugli occhi e una sigaretta stretta tra le labbra. Ogni volta che prende una boccata la brace brilla illuminandolo appena. Neppure la pioggia riesce a scacciare gli scagnozzi di Moriarty.
<< Dalla finestra della mia stanza vedo per strada persone morte camminare svelte convinte di essere ancora vive >>.
Recita le parole di quella breve poesia composta da Sherlock quando aveva solo sette anni. Mycroft la trova splendida, carica di significati e della profondità d’animo e d’intelletto del suo fratellino. Ovviamente, le insegnanti non colsero nulla di ciò che a lui era più che chiaro in quei pochi versi. Convocarono lo zio Rudhy e gli dissero preoccupate che qualcosa non andava nel piccolo Holmes. Fu l’inizio dei test, dei lunghi e inutili esami medici, dei dubbi negli occhi degli adulti circa la sua salute mentale. Un inizio che trovò la sua fine nella dicitura ‘sociopatico iperattivo’, nella quale nè lui nè lo zio credevano e che andò ad aumentare il fastidio di suo padre nei confronti di Sherlock.
E pensare che lui stava solo assolvendo allo stupido compito: crea una poesia che parli di ciò che vedi dalla finestra della tua stanza. C’è davvero una persona morta che è convinta di essere ancora viva, questa sera, sulla strada. Una persona che ha venduto l’anima al diavolo e che crede di essere speciale perché tiene d’occhio sei persone ree di voler salvare il sociopatico iperattivo di cui sopra.
Mycroft sospira e il suo respiro disegna un alone sul vetro che subito si rimpicciolisce fino a scomparire. Mette un altro ceppo nel camino e si ferma qualche istante, le mani protese verso le fiamme alla ricerca di calore. Il freddo che prova, però, gli nasce da dentro. Dal senso di ingiustizia per quanto la vita e gli ‘adulti responsabili’ hanno fatto a suo fratello.
“E anche a te” gli dice la voce di Sherlock tra i suoi pensieri.
Mycroft sorride in modo amaro. Anche a lui, certo. In modo meno plateale, per il semplice fatto che lui si è iperadattato alla situazione contingente.
“Cosa che non hai mai smesso di fare” gli fa notare Sherlock. La sua assenza la percepisce ancora di più, lì, in quella che è stata la sua vecchia stanza. Ci sono ancora alcuni dei suoi manuali di chimica applicata mescolati a quelli di criminologia forense nella piccola libreria, qualche vecchio capo d’abbigliamento nell’armadio e alcuni oggetti di cui forse lui non ha neppure più memoria.
Si rende conto di non averlo mai abbracciato in modo spontaneo. Le volte in cui lo ha tenuto tra le braccia era mezzo svenuto a causa di una dose tagliata male o tremante in preda alla crisi d’astinenza. C’è stata poi la volta in cui Sherlock gli è saltato al collo, felice ed euforico per la morte del padre. Possibile che l’unico abbraccio che gli viene in mente debba essere quello legato a un evento infausto per il quale due figli non dovrebbero neppure festeggiare?
Cosa mai ci vorrà, poi? Ci si avvicina all’altro, lo si cinge con le braccia e si sta lì qualche istante. Persino banale, a dirla tutta. Eppure, quando è salito sul furgone dei ‘Los Errores’ e lo ha visto lì, sdraiato su quel letto scomodo, emaciato e sfiancato dalla morte che solo per un colpo di fortuna ha deciso di voltarsi dall’altra parte, non è riuscito a farlo. Non gli ha detto proprio nulla, a dire il vero. Si sono scambiati solo un lungo sguardo ed è successa quella bellissima cosa. Le labbra di Sherlock si sono incurvate a disegnare un sorriso. Non sa neppure se gli ha risposto, anche solo per riflesso. Era troppo felice all’idea di vederlo vivo anche se mal ridotto e troppo stupito da quel sorriso
“E’ felice di vedermi” ricorda di aver pensato e il cuore gli si è scaldato, il ventre si è scaldato. Un brivido caldo lo ha percorso da capo a piedi, facendogli temere di cadere svenuto da un momento all’altro. Poi Moriarty se lo è portato via. O meglio, Sherlock ha deciso di consegnarsi a lui. Avrebbe davvero rivolto l’arma contro di sé se James lo avesse messo dinanzi a quella folle scelta? E’ possibile, anche perchè non c’è molta differenza tra consegnarsi a un pazzo del genere o spararsi un colpo in testa.
Vuole poterlo stringere tra le braccia. Questa è la sua personalissima missione, ora. Vuole poter fare la stessa cosa che Gregory Lestrade ha fatto con lui.
 
<< Controllati, Mycroft! Non è il caso di lasciarsi coinvolgere da simili assurdità! >>.
 
La voce di suo padre è così reale al suo orecchio da farlo trasalire. Sì, ora la riconosce. Riconosce la presenza di suo padre ogni volta che si blocca dinanzi a un’esternazione di affetto o di emotività. Era lì, fermo a pochi metri dal fratello adagiato sul letto e il suo corpo ha reagito immobilizzandosi come se fosse sotto il tiro degli occhi severi di Mr Holmes.
Mycroft sospira per la terza volta. Porta la mano agli occhi sentendo il peso svilente dell’essere ancora assoggettato allo sguardo di quell’uomo, sebbene siano passati sedici anni dal giorno in cui lo uccise.
“Da qualche parte, dentro di me è come se non fosse mai morto. È ancora vivo e continua a bloccarmi” pensa, vedendo le fiamme sdoppiarsi al di là delle lacrime che gli riempiono gli occhi.
“E tu uccidilo!” gli consiglia Sherlock. “L’altra volta lo hai fatto per me, adesso fallo per te” continua.
Alle sue spalle, Anthea inizia a lamentarsi nel sonno. Mycroft asciuga gli occhi e si porta accanto alla ragazza preda di un ennesimo incubo. Le accarezza la fronte trovandola tiepida. Per fortuna la febbre sembra essere scesa. Gli incubi, però, non vogliono lasciarla andare.
<< Jane… svegliati… è solo un brutto sogno >> le dice vedendo gli occhi di lei schiudersi appena. Lo guarda stupita per poi spostare svelta lo sguardo in punti diversi della stanza.
<< Siamo a casa mia… sei al sicuro >> la rassicura sfiorando appena l’occhio pesto e la guancia gonfia. La ragazza affonda il viso nella sua mano. La freschezza della quale lui si è lamentato sembra essere un toccasana per il suo volto tumefatto. Mycroft sorride e vederla così appagata dal suo tocco lo aiuta a scacciare l’immagine del volto della sua sorellina devastato dalle botte. Da che si sono ricongiunti, quel triste fotogramma del suo passato gli si ripropone agli occhi ogni volta che la guarda.
Nel trovarle un posto in casa non ha pensato a nessuna delle altre stanze vuote e pressoché mai utilizzate. No, gli è venuto spontaneo far portare la ragazza nella camera che è stata di suo fratello. Forse perché l’idea di ospitarla in una di quelle mai utilizzate, su un letto che non ha sperimentato il calore di un corpo non gli è piaciuta. O, cosa molto più probabile, perché continua ad associare Anthea a sua sorella e di conseguenza a Sherlock.
Come se non bastasse, si ritrova oggi a tenerle la mano proprio come aveva fatto con suo fratello negli anni della tossicodipendenza. Quando riusciva a rapirlo dalla strada per riportarlo a casa, sapendo che alla prima occasione sarebbe sgattaiolato via da uno dei passaggi segreti che portano a cunicoli sotterranei che si aprono su zone diverse del quartiere di Pall Mall.
Si ritrovava a ridestarlo dai deliri causati dall’astinenza e a cercare di confortarlo. In ogni delirio, in ogni incubo suo fratello riviveva la fuga, mano nella mano con Jane, dalle grida furiose di suo padre, proprio come ora Anthea rivive le torture subite.
<< Alcune delle ferite che le hanno inferto non guariranno mai del tutto >> gli ha detto John, dopo averla visitata per la prima volta. << Forse sulla pelle resterà solo la cicatrice che sbiadirà col tempo, ma i muscoli e i legamenti danneggiati la faranno penare a lungo >>.
John aveva portato la mano sulla spalla sinistra senza nemmeno accorgersene, là dove il colpo di pistola che gli ha dilaniato la carne non manca mai di ricordargli la sua presenza. Su quella destra, invece, Mycroft ha posato al sua mano la sera prima. Quel gesto di conforto gli è venuto spontaneo.
“Forse perché ne avrei avuto bisogno io stesso e nel suo dolore, nella sua preoccupazione rivedevo le mie” analizza, mentre continua dolcemente ad accarezzare col pollice la guancia di Anthea, il cui viso è ancora affondato nella sua mano ormai tiepida. Sembra essersi addormentata e non vuole rischiare di svegliarla allontanandosi da lei.
Mycroft sbadiglia portando rispettoso la mano libera davanti alla bocca. Lo sfogo di John della sera prima lo ha tenuto sveglio per buona parte della notte. Difficilmente tornerà a dormire come un tempo. Non che abbia mai dormito più di tanto, in verità. Anche i suoi sonni sono invasi da incubi e sogni spiacevoli, ma non c’è nessuno al suo fianco pronto a svegliarlo.
“Non c’è perché ti ostini a non volere che ci sia!” dice Sherlock con tono arrogante.
Non può dargli torto. Ha sempre accusato suo fratello di farsi coinvolgere troppo dalle situazioni, ricavandone solo fastidi. Il genere di fastidi che Mycroft non ha mai voluto. Gli bastano quelli che non ha potuto fare a meno di vedersi gettati addosso. Jane che gli correva incontro gioiosa regalandogli quegli intensi attimi di dolcezza. Lo stomaco che gli si chiudeva ogni volta che la vedeva piangere in silenzio. Il dolore alla vista del suo piccolo corpo straziato e poi gli anni vissuti nella preoccupazione costante per Sherlock. Non basta questo tipo di coinvolgimento? Perché dovrebbe essere così folle da volerne cercare altro, nei confronti poi di perfetti estranei? Come per Anthea, ad esempio. L’amarezza che prova nel vederla ridotta così a causa sua. Oppure per John, col quale condivide il timore per le sorti del fratello. Solo sensazioni negative ed emozioni spiacevoli, questo si ricava dal lasciarsi coinvolgere.
“Non è solo questo. Smettila di ostinarti a non tenere conto di tutti i fatti” lo rimprovera Sherlock.
Mycroft abbozza un sorriso. Sì, c’è stato quell’abbraccio. Quelle parole sussurrate solo per lui. Deve ammettere che Gregory Lestrade è stato capace di rincuorarlo al punto che si è arrischiato a ricambiare la sua stretta. No, non è andata così. Non ha ricambiato un bel niente. Se lo ha abbracciato è perché ne ha sentito il bisogno.
“C’è qualcosa di male in questo?” gli domanda Sherlock.
<< No >> sussurra Mycroft. Non ci è abituato. Tutto qui. Suo padre lo ha cresciuto affinchè si prendesse responsabilità importanti e si mostrasse indistruttibile, incorruttibile e glaciale. A sua immagine e somiglianza, si potrebbe dire. Da quando Moriarty ha messo piede nella sua vita, Mycroft si è reso conto di non essere per nulla come suo padre avrebbe voluto che fosse.
Spaventato. Perennemente spaventato, ecco come si sente. E triste. Ha vissuto la tristezza di non poter condividere con nessuno le sue preoccupazioni, le sue paure. Almeno finchè non è arrivata Anthea sul suo cammino. Qualcosa con lei si è lasciato sfuggire. Qualche pensiero legato a suo fratello. Il timore dell’ombra di Moriarty sempre più calata su di lui. Fino a mostrarsi a lei addirittura pronto a spararsi un colpo in testa.
Il coinvolgimento genera anche attimi piacevoli, come questo che sente ora sotto le dita. Il respiro di Anthea a scaldargli il palmo della mano. Le sue labbra curve a disegnare un vago sorriso. La ragazza apre piano gli occhi a incontrare i suoi.
<< Myc >> sussurra abbozzando un sorriso. Solleva la mano dalle dita ferite e sfiora appena la sua guancia.
<< Non volevo svegliarti, scusami >>.
<< Stai per andare via? >> gli chiede preoccupata. Lo stupisce come possa lei, ridotta a quel modo, preoccuparsi per lui.
<< E’ ancora presto. Miriam sta ultimando il trucco ai due agenti, che tra poco diventeranno una nuova versione di John e Fox >>.
<< Sì, mi ha raccontato come avrebbe fatto. È una gran chiacchierona. Non sono abituata a sentire qualcuno parlare così tanto >>.
Mycroft percepisce le labbra di lei distendersi, curvarsi sotto le sue dita. Tanti piccoli muscoli che si muovono per creare una cosa così bella e semplice. Molti di più si mettono al lavoro per permetterci di parlare. In effetti, Mycroft è abituato a stare in silenzio, a fare economia di lavoro muscolare. Non solo al Diogenes Club, dove il silenzio è una regola, ma ovunque. In auto, a casa. Parla solo quando è indispensabile che lo faccia e anche con lei ha sempre parlato poco. E di cosa avrebbero potuto parlare, poi, se non di lavoro.
“Di hobby, ad esempio. No, è vero, tu non ne hai. A meno che non vogliamo considerare l’impicciarti della mia vita privata un hobby. Oppure di cinematografia. C’è da dire che a te piacciono solo i vecchi e noiosi film in bianco e nero, mentre lei mi sembra più tipa da film di azione e spionaggio”.
Mycroft scuote il capo tentando di spegnere lo sproloquio del fratello, che si è attivato in automatico nella sua testa. Un blando diversivo per proteggerlo dall’imbarazzo nel quale tutte quelle sensazioni lo stanno gettando.
<< Mi dispiace non poter essere al tuo fianco >> dice la ragazza << Temo che, purtroppo, non potrò più assolvere al mio incarico >> aggiunge e una silenziosa lacrima le cade dagli occhi. << John cercava di girarci attorno, ma alla fine sono riuscita a farmi dire in che condizioni sono. È un medico militare e sa quando le ferite sono decisive per un corpo >>.
<< Non parliamo di questo. Non adesso, per favore >> le chiede. Brividi di freddo lo percorrono da capo a piedi all’idea di dove quel discorso voglia andare a parare.
“E’ questo che si prova ad essere lasciati” sussurra Sherlock nella sua mente.
<< Va bene >> dice Anthea, abbozzando un sorriso. << Greg ha accettato? >> chiede cambiando subito argomento.
<< Sì. Si è messo all’opera e, da quanto ho potuto constatare, sta facendo un ottimo lavoro >>.
<< Il piano, quindi, sta andando avanti. Tuo fratello è un fottuto genio >> dice, usando parole che, forse, libera dai fumi della febbre non userebbe. << Sei preoccupato per lui? >>.
<< Sì >>.
<< Non devi >> dice posandogli la mano sulla guancia. << Sherlock sa il fatto suo. Potrà sembrare un incosciente, ma sai bene come ogni suo movimento sia calcolato. Fidati di lui, Mycroft >>.
<< Non è… facile >> ammette.
<< Smettila di vederlo come un bambino e renditi conto che è un uomo ormai. Ha anche un compagno, adesso, sul quale già facevi affidamento prima che loro stessi si rendessero conto di quanto fossero cotti l’uno dell’altro. Sherlock non è solo, nè tantomeno indifeso. Tu si >>, sbotta nervosa, << e questo non mi piace. Chi ci sarà domani a difendere te? Nessuno. John e Fox saranno concentrati prima nella ricerca del killer e poi sul ritrovare Sherlock. Io penso tu sia più esposto al pericolo di quanto non lo sia lui >>.
<< No, Jane io non… >>.
<< Smettila di contraddirmi! >> dice tra i denti dandogli uno schiaffo, debole in verità, sulla guancia. << Lo hai detto anche tu che non sei più indispensabile per Moriarty. Hai ipotizzato voglia mettere Sherlock al tuo posto e, cristo, è maledettamente possibile questa cosa. Tu non fai ipotesi a caso, non parli mai tanto per dire, no! E non ci sarà nessuno a proteggerti. Non mi fido degli altri uomini dell’MI6 che ti porterai. Non ti fidi neppure dei due che sono di là, so che hai chiesto a Grey di tenerli d’occhio. Io… sono arrabbiata, cazzo! >> grida colpendo le lenzuola con un pugno. << Sono bloccata qui e non posso fare nulla. Non servo a nulla, maledizione! >> piange coprendo il viso con le mani.
Mycroft non sa cosa fare.
Confortala” gli suggerisce Sherlock, ma lui non riesce a muovere un solo muscolo dinanzi al suo pianto. È bloccato dal fatto che lei si stia disperando per lui, per la sua incolumità, per il suo essere solo.
“Io non sono solo. Ho me” era solito dire alla sua sorellina quando, allo stesso modo, si dispiaceva del fatto che non potesse giocare come loro, ma che dovesse vestire i panni del piccolo adulto per il volere di papà.
A dire il vero vorrebbe scappare da lì, da lei, dalla sua disperazione. La fuga dinanzi alla sofferenza è sempre stata il suo primo istinto. Gli accadeva davanti agli occhioni di Jane, al dolore fisico di Sherlock durante l’astinenza e adesso qui.
 
<< Verrà il giorno, Mycroft, in cui ti renderai conto
di quanto valga di più l’affetto di una sola persona che
il prestigio finto e doppiogiochista del rispetto di molte >>.
 
Suo zio Rudhy era considerato eccentrico dall’intera famiglia Holmes. Un eccentrico che era comunque riuscito a ritagliarsi i suoi spazi, un po’ come Sherlock. Aveva avuto l’ardire di opporsi al fratello maggiore nel tentativo estremo di difendere il nipote più giovane. È morto a causa di un incidente mai chiarito del tutto, ma nella dinamica del quale lui è sicuro ci sia lo zampino di suo padre.
“E’ morto, Myc. Siamo liberi! Lascialo andare anche tu. Liberati del fantasma di nostro padre”.
In effetti non si può affrontare un demone portandone un altro sulla schiena. Si parte svantaggiati e lui non ne ha per nulla bisogno.
<< Ti prego, promettimi che starai attento. Che ti prenderai cura di te e non penserai solo al benessere delle nazioni e di tuo fratello >> lo implora Anthea, accarezzandogli il viso con dita tremanti.
<< Te lo prometto, Jane >> sussurra, cosciente di stare facendo una promessa che non sa se gli sarà possibile mantenere. Stanno per recarsi all’inferno. Potrebbe non uscire vivo nessuno da quel vertice. Non se la sente, però, di gettarle addosso la triste realtà dei fatti.
<< E’… bello, sentirti pronunciare il mio nome >> dice imbarazzata.
Mycroft si era reso conto di come, da che si sono ricongiunti, gli venisse spontaneo chiamarla col suo vero nome. Non si era fatto troppe domande né problemi su questo fenomeno.
<< E’ il tuo nome ed è bellissimo. Non solo perché è lo stesso che ha scelto per sè mia sorella >> sente di dover precisare. << Sì, è vero io… rivedo molto di lei in te, ma non è solo per questo che ti ho proposto di restare con me. Tu sei sempre stata efficiente e impeccabile, ma, soprattutto, hai fin da subito capito quali sono le mie abitudini, le mie esigenze, al punto da riuscire ad anticiparmi. Nessuna delle altre ci era riuscita e sai quanto odi dovermi ripetere >>.
La ragazza ride piano annuendo.
<< Posso occuparmi io della selezione per la nuova segretaria, se vuoi >> gli propone, spezzandogli il cuore.
<< Per favore, Jane, non adesso. Ho bisogno di pensarti ancora al mio fianco, anche se non ci sarai fisicamente con me in Svizzera >> le dice esponendosi molto più di quanto non abbia mai fatto in tutta la sua vita.
<< Grazie >> sussurra lei percorrendo con le dita le sue labbra. << Lo so che non sei abituato ad esprimere ciò che provi. Lo apprezzo >>.
Bussano alla porta e Mycroft si ritrova stranamente infastidito dall’interruzione. Senza aspettare che le sia detto nulla, Mistica entra e si ferma all’istante.
<< Oh… scusate. Io… volevo avvisarti che ho finito il mio lavoro, Mycroft. Valerio e John sono pronti a partire >>.
Anthea trattiene il fiato e le sue dita premono con insistenza sulla guancia ben rasata del suo capo. È preoccupata, spaventata e da l’idea che, se le fosse possibile, non lo lascerebbe andare.
<< Grazie, Miriam, arrivo subito >> risponde Mycroft automaticamente, senza neppure guardarla in viso.
Con le poche forze che ha, Anthea gli getta le braccia al collo e lo tiene stretto. L’uomo di ghiaccio ricambia il suo abbraccio, più per aiutarla a sorreggersi, evitandole uno sforzo eccessivo, che per altro. La ragazza si rilassa nel suo abbraccio, poco intenzionata, però, a lasciarlo andare.
<< Sta attento, ti prego >> gli sussurra piano all’orecchio. << Torna da me sano e salvo, signor Holmes >> aggiunge posandogli un lungo bacio sulla guancia.
Mycroft non riesce a ribattere alcunché. Le sorride carezzandole il viso e piano piano la adagia sui cuscini. Si alza in piedi e si avvia verso la porta voltandosi un’ultima volta prima di aprirla. La ragazza lo saluta con la mano. Alcune lacrime le rigano il viso, brillando alla debole luce che proviene dal camino. Mycroft imprime questa immagine di lei nella sua memoria. Vuole sostituirla a quella di sua sorella che incessante gli si ripropone. Una Jane viva e innamorata dalla quale poter tornare, fosse anche solo per salutarla e vederla poi andare via per la sua strada.
Esce chiudendosi la porta alle spalle e trova Mistica, rimasta rispettosamente fuori e a un metro buono dalla porta.
<< Abbi cura di lei >> le chiede.
<< Anche tu >> ribatte la ragazza. << Non puoi darle l’amore che vuole, dalle almeno questo. Torna sano e salvo, Mycroft >>.
Questi spagnoli sembrano essere giunti tra loro al solo scopo di confonderlo e lasciarlo senza parole. Mistica gli indica il salotto e poi entra nella stanza. Mycroft passa le mani sul viso, prende un profondo respiro e si avvia là dove i suoi compagni di viaggio lo stanno aspettando.
Lo accoglie l’odore delle sigarette che Juan Hernandez sta fumando incessantemente dal giorno prima. Sul volto del giornalista investigativo, parzialmente celato dal ciuffo, ritrova lo stesso sguardo di Anthea. Appena lo vede si volta subito verso il suo protetto, prendendo una lunga boccata di fumo che sputa fuori nervosamente.
Non è, però, all’alto ragazzo dai capelli ricci e rossi che ha dedicato le sue attenzioni, bensì all’agente in doppio petto, auricolare all’orecchio destro e occhiali scuri sul naso. Mycroft è sbalordito non solo da come Fox sia stato trasformato nella perfetta copia dell’agente Hopper, ma anche del suo averne assunto l’esatto portamento.
<< Loro non si trasformano solo con trucchi e parrucche. Loro diventano il nuovo personaggio del quale assumono l’identità >> gli aveva detto suo fratello, portando enfasi su quel verbo e ora Mycroft ne ha le prove. John, poi, deve averci ormai fatto l’abitudine a vestire panni non suoi. Aiutato anche dal suo passato da capitano dei fucilieri, è perfettamente in grado di calarsi a sua volta nella parte.
<< Siamo pronti >> gli dice. Non sta più nella pelle, John Watson, si vede. Vuole solo andare a riprendersi il suo uomo e porre fine a tutta quanta questa storia.
<< Chi ci sarà domani a difendere te?  >> gli ha chiesto Anthea e Mycroft si rende conto, guardando il dottore, di come, in effetti, lui sia solo. Anthea non sarà al suo fianco. Gli agenti si focalizzeranno sulla sicurezza nazionale, lasciandolo scoperto. Dovrà badare a se stesso.
“Io non sono solo. Ho me”. Mai queste parole dette a sua sorella sono state più veritiere come oggi.
“Tu non sei solo: hai me, hai Anthea che ti aspetta qui e hai Lestrade. Sì, in qualche modo hai anche lui” ribatte suo fratello strappandogli un sorriso.
Mycroft si ricompone tornando a vestire i panni dell’uomo di ghiaccio tutto d’un pezzo.
<< Signori, abbiamo una guerra mondiale da impedire e un uomo da recuperare >> dice a John e Valerio, invitandoli a precederlo verso la porta d’ingresso. Prima di uscire, Mycroft si volta a guardare un’ultima volta quella che da sedici anni considera la sua casa.
“Spero tu possa essere ancora abitata da un Holmes” sospira, carezzando il legno finemente lavorato con decori floreali della porta, prima di chiudersela alle spalle.
 
***
 
Life goin’ nowhere.
Somebody help me.
Somebody help me, yeah.
Life goin’ nowhere.
Somebody help me, yeah
Stayin’ alive[1]
 
<< Corri, Jane! Corri! >>.
Sherlock ansima senza fiato, la mano destra a proteggere la ferita al torace. Alle sue spalle Anthea, nuda, ferita e dal volto pesto, fatica a tenere il passo. Si aggrappa alla sua mano con tutte le forze.
<< Venite qui piccoli bastardi! Dove siete, maledetti?! >>.
La voce furiosa di suo padre gli accappona la pelle. Lo sente vicino, tanto vicino e loro sono troppo stanchi e feriti per poter correre ancora più forte.
<< Sta arrivando, Sherlock. Ci prenderà! >> grida terrorizzata Anthea.
<< Vieni, di qua! >> dice entrando nella grande cucina di Musgrave. La spinge dentro lo stanzino della legnaia e vi entra a sua volta, chiudendosi la porta alle spalle.
Anthea trema come una foglia. Sherlock la stringe a sé e le posa una mano sulla bocca per fermare il ticchettio dei suoi denti che battono terrorizzati.
<< Qui non ci troverà, stai tranquilla. Non lo sa che ci nascondiamo sempre qui quando fuori piove e vogliamo starcene per i fatti nostri >> le dice, ma non riesce a rassicurarla. Il tremore del suo corpo non si quieta, anzi, accelera. Sherlock toglie il cappotto e glielo posa sulle spalle. La stringe forte, spaventato a sua volta dalle parole feroci e volgari che suo padre usa per richiamarli. La sua voce si fa più vicina e lui prega con tutto se stesso che non entri in cucina.
“Myc, aiutaci. Aiutaci ti prego!” pensa e i calore della lacrime sale a invadergli gli occhi.
<< Sta venendo qui >> uggiola Anthea da dietro la sua mano. Lui non può fare che stringerla ancora più forte, nell’illusoria speranza che possano bastare le sue braccia a salvarla.
<< Venite fuori e forse non vi ucciderò! Forse vi darò solo una bella ripassata, piccoli bastardi! >>.
È dietro la porta. Ansima, anche lui affannato dall’inseguimento.
“Fagli scoppiare il cuore, ti prego dio! Faglielo scoppiare!” prega, ma non accade nulla. Non ci si può fidare delle religioni, doveva aspettarselo!
<< Siete lì, non è vero? >> ride come l’orco cattivo di una fiaba. << Soffierò, soffierò e la porta cadere farò >> cantilena prendendosi gioco di loro. Ride così forte da far vibrare il legno tarlato e sottile che li separa.
Sherlock si porta protettivo davanti a sua sorella, pronto a balzare addosso al padre che sente ormai prossimo ad aprire la porta.
 “Ti odio, maledetto!” pensa, provando una rabbia così intensa da ribollirgli il sangue nella vene. Si volta verso Anthea i cui occhi sono così grandi da occuparle l’intero viso.
<< Ti voglio tanto bene, sorellina >> le sussurra mentre la porta si apre.
Sherlock si getta contro il padre. Lo trapassa, però, come fosse stato un fantasma e si ritrova in piedi nella cucina buia. Si guarda attorno rendendosi conto solo adesso di essere vestito dei soli boxer. Il freddo gli accappona la pelle e nuvolette bianche escono dalla sua bocca ad ogni respiro.
 
<< Vento dell’est la nebbia è là… >>
 
La voce di Moriarty rimbomba nella stanza come se nascesse direttamente dalle pareti.
 
<< Qualcosa di strano tra poco accadrà… >>
 
 Gli occhi di Sherlock si muovono ancora più veloci da una parte all’altra della stanza.
 
<< Troppo difficile capire cos’è… >>
 
Dall’ombra piano piano fa il suo ingresso in scena James. Il suo sorriso cinico e inquietante. Gli occhi vuoti che lo scrutano da capo a piedi, bramosi.
 
<< Ma penso che un ospite arrivi per me >>
 
Conclude voltandosi alla sua sinistra. Sherlock fa altrettanto e lo vede, fermo a pochi metri da lui. Mr Holmes impugna una pistola, la stessa con la quale Moran lo ha quasi ucciso.
<< Tu! >> dice a gran voce. << Tu! >> ripete, muovendo un passo verso di lui, immobilizzato dalla paura. << Tossico, pervertito. Tu! >> grida ancora più forte gelandogli il sangue nelle vene. << Tu e quell’altra non sareste mai dovuti nascere, mai! >> continua portandosi di fronte a lui. << Ma si fa sempre a tempo a rimediare >>.
Il proiettile viene esploso e il fragore gli riempie le orecchie. La pallottola perfora la sua carne cogliendolo di sorpresa. Il grido di Anthea lo accompagna nella sua lenta caduta. Tocca il suolo di schiena, lo sguardo rivolto verso l’alto e le orecchie piene delle grida della ragazza.
 
<< Tira vento e piove, Sherlock è scontento… >>
 
Canticchia Moriarty entrando nel suo campo visivo. Gli sorride e si siede sulla sua pancia. Posa le dita sulla ferita macchiandosi del suo sangue. Osserva la mano sporca, curioso e compiaciuto, e poi, strizzandogli l’occhio, ne lecca il palmo in modo malizioso.
Le grida di Anthea sono sempre più forti, unite alla risata sadica di suo padre e al rumore dei suoi pugni. Moriarty volge lo sguardo verso di loro. Sorride soddisfatto.
<< Questa devi proprio vederla! >> ridacchia. Gli posa la mano lorda di sangue sulla guancia e piega di lato la sua testa.
Immobile, bloccato dal peso del corpo del suo nemico, Sherlock non può evitare di guardare suo padre fare scempio di Anthea. La sovrasta come un orco, colpendo il suo corpo già provato con tutte le sue forze.
 
<< Sto ridendo e piangendo, Sherlock, sta morendo >>
 
Ricomincia a canticchiare James, le sue labbra vicinissime al suo orecchio. Si avvicinano alla sua guancia e la baciano sfiorandola appena.
<< No, non chiudere gli occhi. Guarda meglio >> gli dice leccandogli poi il viso.
Qualcosa è cambiato, in effetti. Non è più il corpo di Anthea quello che il padre sta massacrando. Non è lei che sta morendo. È un corpo più alto, con in dosso vestiti eleganti. Un colpo più forte degli altri porta la testa di questo corpo a voltarsi verso di lui.
<< No >> grida Sherlock scosso dal terrore.
<< E perché no, fratellino? >> domanda James disegnando linee e cerchi con la lingua sulla sua guancia. << Ciò che non serve più si butta via. Il tuo sacrificio, come puoi vedere, è stato del tutto inutile >> aggiunge ridendo di lui.
Gli occhi ormai spenti di Mycroft lo guardano senza vederlo. Suo padre continua ad accanirsi su di lui, a colpirlo, a fare scempio del suo corpo.
<< No! >> grida ancora più forte.
 
E gridando si sveglia, madido di sudore e con il cuore che batte all’impazzata nel petto.
<< Mycroft >> balbetta portando le mani alla testa. Le passa sul viso bollente e sudato. Le lascia scivolare sulle spalle fino a stringersi in un auto abbraccio.
<< Mycroft… no >> singhiozza, gli occhi ormai spenti di suo fratello ancora impressi nella mente. Sente partire un conato dalla bocca dello stomaco. Scende svelto dal letto e su gambe incerte e tremanti raggiunge il bagno a grandi passi. Cade ai piedi del water dove riversa quel poco che ha mangiato durante questa strana, lunga e tesa giornata.
Si sente vuoto e frastornato. Oggi ha dato fondo a tutte le sue energie per stare dietro al fiume di parole di Moriarty e mantenere in piedi il suo piano. James mescola discorsi logici e sensati a discorsi assurdi con una tale rapidità da confonderlo.
Non sa bene come sia accaduto, ma hanno trovato uno strano equilibrio. Una sorta di complicità folle quanto tutta questa situazione, nata sul terrazzo dinanzi alle cascate, la sera prima, e portata avanti in questa giornata. Gli scacchi sono stati lo strumento che li ha avvicinati. Il modo infantile di James di prendersela per una sconfitta o di esultare dinanzi ad una vittoria, la benzina che ha dato il via a tutto quanto. Ora, Sherlock si arrischia a pensare di aver capito come funziona il suo ‘fratellino’. Non vuole, però, commettere errori dovuti alla troppa sicurezza di sé. Come tutti i matti, Moriarty è imprevedibile e il suo piano è ancora appeso a un filo.
Eppure, ci sono dei momenti in cui prova una profonda tenerezza per lui. Quando butta lì, quasi per caso, accenni alla sua infanzia, alla solitudine che ha vissuto, al bullismo subito dai compagni di scuola, a quello portato avanti dalla sorella e dalla madre. Sherlock rivede in lui la sua stessa forza d’animo e quell’attitudine a non mollare mai, qualunque cosa accada. Lo riconosce persino più forte di sè, dal momento che, a differenza sua, non ha ceduto alle lusinghe della cocaina e di tutte le altre droghe. Non ha neppure mai fumato una sigaretta.
<< L’unica mia ossessione sei sempre stata tu, Sherlock >> gli ha confessato. È stato strano sentirsi paragonato a una droga. Sa bene cosa si prova. Se ne vuole sempre di più, non se ne può fare a meno, si farebbe qualsiasi cosa pur di averla.
“Lui, in effetti, ha fatto qualsiasi cosa pur di avere te” gli dice Mycroft e si trova d’accordo con lui. Moriarty è felice di averlo lì, finalmente tutto per sé. Una gioia a volte puramente infantile che manifesta con toni acuti della voce, mani incerte sul toccarlo o meno e occhi grandi, carichi di stupore.
Deve ammettere che una parte di sé ne è compiaciuta. Si sente quasi un piccolo dio al cospetto del suo più fedele adepto. Urla di terrore, però, l’altra parte di sé, quella più saggia, forse, che vede in questa ossessione l’orrore di una follia che può ritorcersi contro di lui. James lo vuole per sé, lo vuole con sé. Lo vuole in tutto e per tutto e ora che il medico lo ha staccato dalla flebo e gli ha tolto i punti potrebbe anche saltargli addosso.
Sherlock scuote il capo per scacciare questo orribile pensiero. Scivola a terra, sulle piastrelle fredde che lo fanno rabbrividire.
<< Non voglio che accada, no >> dice e gli occhi gli si riempiono nuovamente di pianto. Tremante e sconvolto si rannicchia sul fianco, le braccia a stringersi forte e le ginocchia al viso.
“Se non vuoi che accada alzati e datti una sistemata, fratellino”.
Apre gli occhi e si guarda attorno stupito. È solo, però, nel bagno asettico della stanza. La voce di Mycroft gli era sembrata così reale da immaginarlo lì.
“Io ci sono e ci sarò sempre per te, lo sai” gli dice ancora rimbombando nella sua testa. Un tono dolce che non gli ha mai sentito. Quel tono che avrebbe voluto sempre trovare al posto di quello acido e giudicante. “Rimettiti in piedi, Sherlock. Non crollare proprio ora che manca così poco. Dopo tutto quello che hai fatto, non avrebbe proprio senso”.
<< Sì, non avrebbe senso >> sorride. Passa la mano sul viso a cancellare le lacrime versate e lentamente si alza in piedi. Ha la testa pesante e le orecchie chiuse come fosse sott’acqua. Deve fare uno sforzo per rendersi conto di essere nella realtà e non nel proseguimento di un altro brutto sogno.
Questa strana sensazione che lo pervade potrebbe essere data non solo dalle troppe parole confusive di Moriarty, ma anche dall’aver dormito in pieno pomeriggio. Si è ritirato nella sua stanza con la scusa di voler riposare, ma intenzionato a comunicare con gli altri, e alla fine si è davvero addormentato, stordito come avesse assunto una droga pesante.
Deciso a svegliarsi del tutto, Sherlock si libera dei boxer ed entra nella doccia. L’acqua calda è così piacevole. La lascia scorrere sugli occhi stanchi, sulla fronte troppo a lungo corrugata. Lascia che gli accarezzi le spalle, contratte dalla tensione che da troppo tempo tende i suoi muscoli. La testa gli gira leggermente come reazione al rilassamento. Gli sembra trascorso un secolo dall’ultima doccia che si è concesso.
Passa la mano sul braccio destro. Questa mattina, finalmente, gli è stata tolta la cannula permettendogli di dire addio alla flebo. La vena all’altezza dell’incavo del braccio è diventata scura e un brutto livido dal foro di estende verso l’alto e il basso. Neppure nel periodo più brutto della sua vita da tossico si è ridotto le vene a quel modo.
<< La ferita è guarita. Ma sono lunghe simili cose. Non guarirà mai del tutto, no. Dovrà stare attento ai movimenti che fa, almeno per i prossimi sei mesi, ja >>.
In un inglese dal forte accento tedesco, il medico che lo ha liberato dalla flebo ha anche tolto i punti alla ferita, dandogli questa fastidiosa prognosi. Una ferita da arma da fuoco, dalla più blanda alla più pericolosa lascia segni indelebili che vanno al di là della cicatrice. Il corpo non sarà più quello di prima, perché è stato squarciato in modo innaturale.
Un sorriso, però, compare sulle sue labbra. Ha anche lui, adesso, la cicatrice lasciata da un colpo di pistola, proprio come il suo John.
“Ti prego, Sherlock!” esclama Mycroft nella sua testa. Gli sembra quasi di vederlo alzare gli occhi al cielo e scuotere il capo contrariato. Anziché esserne infastidito, Sherlock, però, sorride.
Sospira riluttante all’idea di uscire dall’abbraccio caldo dell’acqua. Si avvolge svelto nell’accappatoio morbido intenzionato a non perdere neppure un istante di calore. Nonostante l’hotel superlusso nel quale si trova sia caldo e confortevole, da quando si è svegliato lì sente freddo. Un freddo che gli parte dalla pancia e si estende al resto del corpo.
Friziona i capelli con l’asciugamano lavato con un detersivo dal profumo troppo intenso e si porta davanti allo specchio. Lo asciuga della condensa che lo ha appannato, scosta i lembi dell’accappatoio e per la prima volta osserva quella cicatrice. Rossa, circolare, piccola se paragonata all’immenso dolore che gli ha causato e a tutti i fastidi ad essa correlati. La sfiora appena con le dita, timoroso che si riapra, per quanto assurdo sia.
Dal particolare della cicatrice estende il suo esame all’intero corpo. Lascia scivolare l’accappatoio, che si raccoglie ai suoi piedi, e quello che si ritrova davanti agli occhi è un corpo scheletrico. Le costole sporgono più del solito, così come le ossa del bacino. Braccia e gambe sono sottili, i muscoli privi di tono a causa della lunga e forzata degenza.
“Oddio” sospira. Ancora una volta pensa che neppure durante la tossicodipendenza era arrivato a ridursi così male. Inevitabilmente si chiede come possa presentarsi a John ridotto a quel modo.
“Non è questa la cosa importante adesso, Sherlock!” tuona Mycroft. È vero, ha ragione. Ciò che dovrebbe preoccuparlo della sua condizione fisica è la difficoltà del sostenere uno scontro o, più banalmente, darsi alla fuga. Il sesso è l’ultima cosa alla quale dovrebbe pensare.
“Eppure…” sospira chiudendo gli occhi dinanzi alla sua immagine riflessa. Quella prima notte trascorsa a ‘El lugar seguro’ in Spagna, John gli ha detto di trovarlo bellissimo. Già allora si è guardato a lungo allo specchio, stupito di quel complimento. Parole che, però, lo hanno portato a trovarsi in qualche modo d’accordo col suo dottore. Ora, non vede nulla di bello in lui. Persino gli occhi, da molti dichiarati particolari e affascinanti, non sono più gli stessi.
“Eppure dovresti esserti lasciato le crisi adolescenziali alle spalle da un pezzo, ormai, fratellino” lo canzona Mycroft.
Sherlock abbozza un sorriso pensando che, infondo, ha ragione. Le ricorda le giornate trascorse davanti allo specchio da ragazzino a cercare qualcosa che gli stesse bene, che non desse di lui l’idea di essere un attaccapanni con sopra degli abiti troppo grandi. Forse è per questo che ha ceduto così facilmente alle lusinghe di Victor. Anche dinanzi alle sue parole di adorazione era rimasto a lungo davanti allo specchio a guardarsi, cercando dove fosse tutta la bellezza che questi gli diceva vedere in lui. L’occhio gli è sempre è solo caduto sulla sua magrezza, sulle ossa visibili sotto la pelle troppo bianca.
<< Finirai col trovarti dall’altra parte dello specchio se continui a fissarti con così tanta insistenza >>.
Dopo il sogno che ha fatto avrebbe dovuto trasalire nel ritrovare il riflesso di Moriarty nello specchio. Invece, non prova nulla. Né timore, né pudore, dal momento che è nudo. Vede solo se stesso, troppo magro e troppo pallido. La presa di consapevolezza della sua condizione fisica deve averlo sconvolto per bene.
<< A quanto pare, concetti elementari come privacy e bussare alle porte chiuse prima di entrarvi non ti appartengono >> gli dice senza neppure rivolgergli lo sguardo.
<< Per quel che ne so non appartengono neanche a te >> ribatte James e Sherlock non può che sbuffare trovandosi d’accordo con lui. In questa lunga giornata fatta di discorsi e parole, molte volte si è trovato in accordo con i suoi pensieri e le sue idee.
<< E’ la prima volta che ho l’occasione di vedere questa cicatrice >> dice passandoci distrattamente le dita su.
<< Bisogna essere orgogliosi delle proprie cicatrici[2] >>.
<< Sarà, ma io di questa ne avrei fatto volentieri a meno >>.
<< Ti dona. È molto… sexy >> dice Jim inclinando la testa di lato. Sherlock non può fare a meno di ridere della sua battuta e del suo tono sensuale. Il diaframma gli duole ad ogni colpo di risa, come a sottolineare, se ancora non bastasse, che non si libererà mai delle conseguenze di quel piccolo foro.
<< Tu sei tutto matto! >> esclama tra le risate voltandosi verso di lui.
<< Tutti i migliori sono matti[3] >> ribatte Moriarty facendo spallucce.
<< Trovi davvero che sia sexy? Sono pelle e ossa, Jim. Non ho più un muscolo tonico, sono l’antitesi del sexy! >> sbraita indignato.
<< Punti di vista >> minimizza il Napoleone del crimine, fasciato dal suo impeccabile doppiopetto grigio. L’unica nota stonata è il suo girare scalzo.
<< Non posso credere che tu non ti piaccia >> ridacchia James .
<< Non ho detto di non piacermi, ho solo constatato l’ovvio: sono magro da fare schifo! Molto più magro di quanto non lo sia stato in vita mia. Non ho più tono muscolare e dio solo sa quando potrò rimettermi in forze, dato che non riesco a fare un minimo sforzo senza rischiare di morire di fatica >>.
<< Ok ok, abbiamo un consulente investigativo in crisi: aiuuuutooooo! >> esclama Jim portando le mani al viso. << Penso di avere quel che ci vuole per tirarti su di morale >> continua strizzandogli l’occhio. Gli tende la mano e Sherlock la accetta. Ora che muove qualche passo, si rende conto di avere le gambe molli e la testa pesante. Da che è stato colpito da Moran ha mangiato pochissimo, alimentato quasi esclusivamente dalla flebo. Il poco cibo che ha introdotto oggi lo ha vomitato prima della doccia e la debolezza che lo domina non gli piace per nulla. Lo porta a commettere errori grossolani.
“Come, ad esempio, illustrargli con dovizia di particolari quanto fragile e indifeso tu sia in questo momento” lo rimprovera Mycroft. “Non puoi permetterti di avere simili cadute di consapevolezza, Sherlock. James sembra non vedere l’ora di saltarti addosso”.
Suo fratello ha indubbiamente ragione, eppure le sue parole lo infastidiscono. Non lo stesso fastidio che è sempre stato solito provare dinanzi ai suoi richiami, però. È una voce diversa quella che sente borbottare.
 
“Sarebbe poi davvero una cosa tanto brutta?”.
 
Queste parole lo colgono di sorpresa. I visceri si accartocciano al suono di questa voce che sembra provenire da una caverna, ma, allo stesso tempo, da l’idea di essere calda, invitante.
<< Ta daaan! >> esclama Moriarty facendolo trasalire. Gli indica con entrambe le mani un vestito nuovo talmente in linea col suo stile da sembrare preso direttamente dal suo armadio. << Con questo addosso ti passeranno tutte le paranoie >> gli dice sorridendo allegro e gioioso come un bambino.
 
“Lui ti darebbe tutto ciò che vuoi.
Ti tratterebbe come un re.
Non dovresti più preoccuparmi di nulla” .
 
La voce ipnotica gli riempie la testa aumentando quella sensazione di essere sott’acqua. Ha l’impressione che i gesti che sta portando avanti non partano da lui. Come se si fosse sdoppiato, si vede prendere tra le mani il completo che James gli sta porgendo e indossarlo un capo dopo l’altro. Deve ammettere che si sente meglio quando chiude il bottone della giacca.
<< Che ne pensi? >> gli chiede Moriarty. La sua voce gli giunge lontana. Lo invita a piazzarsi davanti allo specchio e Sherlock ci va un piccolo passo per volta, spaventato all’idea di cadere. Il pavimento ai suoi piedi sembra allontanarsi da lui, dandogli le vertigini. Chiude gli occhi e morde forte la lingua per tornare in sè. Quando riapre gli occhi vede se stesso con indosso questo abito elegante e fatto su misura che lo avvolge rendendogli giustizia.
<< Quando mi hai preso le misure? >> gli chiede confuso, guardandolo dal riflesso nello specchio.
<< Non mi serve prenderle. Mi basta guardarti >> risponde strizzandogli l’occhio. Il suo sguardo lo percorre da capo a piedi, colmo di desiderio e della gioia di vederlo vestire gli abiti che gli ha regalato. 
 
“Devi solo dargli ciò che vuole”.
 
Sherlock sa bene cosa vuole Moriarty da lui. Lo ha capito fin dall’inizio, ma poi si è lasciato abbindolare dalla storia del divenire soci, dell’essere fratelli. Entrambe le situazioni, per uno come James, non precludono la possibilità di divenire intimi. Molto intimi.
Benchè i visceri gli si contorcano alla sola idea, si rende conto di stare sorridendogli di rimando. Sente ancora di essere come sdoppiato. Una parte di sé scappa inorridita, mentre l’altra sorride accogliendo le avance del suo nemico. Questi gli si avvicina, incoraggiato dal suo sorriso, e, come la sera prima sulla terrazza, lo cinge con le braccia. Questa volta la sua stretta scende ai fianchi, forte, possessiva.
<< Ora concordi con me nel dire che sei sexy? >> sussurra, le labbra vicinissime al suo orecchio.
 
 “Cosa ci sarebbe di male, infondo? È solo sesso”.
 
Non gli piacciono le sue mani addosso. Non gli piace il suo respiro sul collo, le sue parole sussurrate, il suo torace troppo vicino alla sua schiena. Volta la testa verso di lui, intenzionato ad allontanarlo e, invece, nuovamente gli sorride.
 
“In cambio avresti tutto ciò che hai sempre voluto”.
 
 La mano sinistra di Moriarty sale lenta percorrendogli la schiena fino ad affondare le dita nei suoi ricci neri ancora umidi.
 
“Considerazione.
Prestigio.
Devozione.
Potere”.
 
Un brivido per nulla piacevole percorre Sherlock, ma anziché gridargli di lasciarlo in pace è una risatina stupida quella che gli sfugge dalle labbra.
<< Se pensi di aver bisogno di tagliare i capelli… >> dice pettinandolo con le dita.
<< Dici che dovrei? >> gli chiede in un tono così simile alla voce che gli risuona nella testa. Troppo seducente. Troppo ambigua. Moriarty si scosta appena da lui e lo osserva attento, la mano al mento e il sopracciglio inarcato.
<< No, direi che stai benissimo così. Selvaggio e irrequieto >> dice scompigliandogli i capelli. Sherlock non capisce cosa gli stia succedendo. Deve essere ancora preda di quel brutto sogno. Forse non si è mai neppure svegliato.
Ride nervoso di sé stesso, del modo di fare di Moriarty e del tono solenne che usa. Questi prende la sua reazione come un incoraggiamento e lo stringe di più a sé. Sente la sua eccitazione premere contro il bacino. Il suo respiro farsi accelerato e le mani muoversi su di lui. Una verso il basso, l’altra verso l’alto, bramose e insistenti.
Il cellulare di James squilla. Le note di ‘Stayin’ alive’ li sorprende entrambi immobili, il cuore in gola l’uno e il fastidio di essere stato interrotto l’altro.
<< Scusami… devo rispondere >> gli dice allontanandosi da lui.
<< Certo >> borbotta.
Le braccia di Moriarty lo lasciano e Sherlock si sente cadere. James non si accorge del modo sgraziato col quale si è addossato allo specchio. Non vede il tremore che lo pervade dalla testa a i piedi all’idea di essere scampato per un soffio a qualcosa di terribile.
“Cosa diavolo mi è preso!” pensa spaventato. Non può essere solo un effetto della prolungata alimentazione endovenosa, né uno sbalzo di pressione per il ritrovarsi in piedi dopo un lungo periodo trascorso sdraiato. Quella voce. Cosa diavolo era quella voce nella sua testa, quel serpente ammaliatore?
“E’ lui?” si chiede. “E’ l’effetto venefico della sua presenza?”.
<< No >> sussurra scuotendo il capo. Lo vede di spalle, ascoltare attento quanto gli stanno comunicando per telefono. Risponde un semplice ‘ok’ prima di chiudere la conversazione e riporre il telefono in tasca.
<< Mycroft è arrivato con tutto il suo seguito >> lo informa. Non vi è più l’ombra di un sorriso sul suo viso serio e teso.
<< Mycroft… è qui? >> sussurra.
 
“Myc, aiutaci. Aiutaci ti prego!”
 
La sua stessa voce disperata in quell’orribile incubo gli rimbomba nella testa, facendola dolere. Quanta speranza ha riposto in suo fratello? Quanto bisogno ha di lui, sempre?
Moriarty lo osserva severo. Quegli occhi vuoti sempre pronti a metterlo alla prova, a scegliere del suo bene e del suo male, della sua vita e della sua morte.
 
<< Tossico, pervertito. Tu! >>.
 
La voce furiosa di suo padre gli torna alla mente e all’improvviso il significato di quell’incubo gli è chiaro. Sorride e scuote il capo dinanzi alla semplicità dell’incomprensibile inconscio umano.
<< Cosa vuoi che faccia? >> chiede a James. Questi stringe le palpebre, sorpreso del cambiamento avvenuto in lui, che deve essere così visibile. Poi risponde al suo sorriso, rasserenato da questa resa incondizionata.
<< Nulla >> dice facendo spallucce. << Lui e i suoi alloggeranno nell’ala ovest di questo hotel, quindi dall’esatta parte opposta rispetto a noi. Come ti dicevo, non sarà necessario per noi presenziare al vertice. Quel che deve essere fatto sarà fatto e quando accadrà noi, fratello mio, brinderemo >>.
<< Brinderemo >> ripete. La prospettiva di brindare dinanzi alla disfatta della civiltà occidentale e alla morte di numerosi individui gli da i brividi. La testa gli gira e si trova costretto ad appoggiarsi al muro.
<< Ehi, che ti prende? >> gli chiede James facendosi vicino senza, però, avere il coraggio di toccarlo, adesso.
<< Un calo di zuccheri >> lo informa, sentendo la nausea salire prepotente.
<< Oh… ok >> borbotta passando la mano tra i capelli impomatati. << Direi che è meglio andare a cena, quindi >> propone porgendogli la mano.
Sherlock non è sicuro possa essere in grado di sorreggerlo in caso dovesse svenire per davvero. Introdurre del cibo, però, è una buona idea. Si lascia accompagnare, quindi, in quella che è la sala da pranzo a loro riservata. Un solo tavolo apparecchiato, musica classica di sottofondo e le cascate al di là della grande vetrata.
Benchè la prima portata sia allettante a Sherlock si è chiuso lo stomaco. Pilucca appena, ben consapevole di quanto faccia meglio a mangiare se vuole rimettersi in forze. Sa cosa accadrà domani. Renè, mutato in uno degli ambasciatori dei ministri presenti, ucciderà un uomo. Quale sia quest’uomo e i connotati di chi abbia assunto l’anarchico ancora non lo sa. Benchè il sogno che ha fatto gli abbia chiarito i dubbi che aveva sul piano di Moriarty, Sherlock vuole comunque tentare la sorte e porgli la domanda fatidica.
<< Jim… cosa conti di fare con Mycroft? >>.
<< Quello che si fa con ciò che non serve più >> risponde mandando giù il boccone.
Mille spilli pungono contemporaneamente il corpo di Sherlock. Le stesse parole del suo incubo. Certo, è un’ulteriore conferma dell’interpretazione che ne ha dato, ma ciò non toglie il fatto che sia una risposta terribile.
<< Non ti serve più? >>.
<< E’ un peso, ormai. >> fa spallucce.
<< Pensavo che fosse una comoda copertura e che, anzi, usarlo fosse anche un modo per punirlo e umiliarlo >>.
<< Sì, è vero. Ma penso che tagliare i rami vecchi sia la soluzione migliore. Abbiamo bisogno di spazio io e te >>.
<< Prenderemo il suo posto? >>.
<< Oh, no >> ride di lui. << Tu prenderai il suo posto. Io gioco nell’ombra, lo sai >> gli strizza l’occhio.
<< Ah >> dice. Non aveva pensato a quella possibilità. << Come conti di farmi resuscitare? >>.
<< Raccontando la mirabolante spystory di come hai dovuto fingere la tua morte per indagare sull’attentato al vertice di pace >>.
<< Nel quale fallirò miseramente >>.
<< No >> ride ancora più forte. << Tu non fallirai. Le tue indagini hanno portato alla luce il vero mandante dell’attentato e colui che ha, quindi, causato lo scoppio della guerra. Mandante che è stato prontamente eliminato insieme alla sua cerchia di collaboratori. Ti daranno una medaglia, forse, non solo per aver risolto il caso, ma anche per aver avuto il grande coraggio di mettere ‘l’amore fraterno’ da parte per il benessere della nazione >>.
Eccola lì la conferma chiara è lampante all’interpretazione del suo sogno.  
<< No, non chiudere gli occhi. Guarda meglio >> gli aveva detto canticchiando la canzone che tanto piaceva a Jane, quella che avverte dell’arrivo di qualcosa di strano.
“Ho gli occhi aperti, adesso e non intendo più chiuderli!” pensa annuendo al suo ragionamento.
<< Il nome di Mycroft Holmes sarà oggetto di infamia e disonore >>.
<< Proprio così >> applaude Moriarty. << Quel che non ha potuto pagare con la vita tuo padre, che lo sconti il suo erede >> ringhia battendo le mani sul tavolo. << Per aver ucciso mio padre, per aver ucciso Jane, per avermi costretto a crescere con quelle due arpie e per aver tentato di uccidere anche te. La nostra vendetta si compirà domani e insieme a lei la nostra ascesa al potere, fratello mio >> dice levando il bicchiere. << Brindiamo a noi! >>.
<< A noi! >> lo imita Sherlock. Prende un sorso del vino che gli ha versato nel bicchiere, giusto per portare avanti quella pantomima. E’ talmente nauseato, però, dai suoi discorsi, che la testa prende a girargli, rischiando di fargli rigettare quel poco che ha appena mangiato.
 
“Considerazione.
Prestigio.
Devozione.
Potere”.
 
Nuovamente quella voce d’oltretomba gli rimbomba nella testa. La sensazione di essere sott’acqua, che si era solo affievolita, ricompare.
<< Ehi, cosa c’è? >> gli chiede James e il suo tono caldo e ammaliatore ben poco gli piace. Le mani piccole e umide di lui volano ad afferrare la sua. << Devi rimetterti in forze in vista del tuo debutto nella società che conta >> dice posando un bacio sul dorso della mano. Le sue labbra scivolano lente a sfiorare la sua pelle rimandandogli la sensazione di disagio e disgusto già provata nel sogno.
 
 “Cosa ci sarebbe di male, infondo? È solo sesso”.
 
<< No! >> esclama sottraendo la mano alle sue attenzioni. Jim lo guarda stupito sbattendo più volte le palpebre. Un sorriso poi compare sul suo viso.
<< Perché siamo fratelli? >> gli chiede sghignazzando.
<< Non è solo per questo, anche se già sola questa cosa dovrebbe bastare. E’ che, sessualmente parlando, tu  non mi interessi >>.
James ride come se gli avesse raccontato la più comica delle barzellette. Si alza in piedi e si porta alle sue spalle.
<< Col tempo cambierai idea >> dice posandogli le mani alla base del collo. << Mamma mia, quanto siamo tesi >> dice iniziando a fargli un leggero massaggio.
<< In base all’accordo che abbiamo stipulato saremo soci, non amanti >> tenta di farlo ragionare, sentendo il corpo tendersi anziché sciogliersi al suo tocco. 
<< Hai davvero tanta paura di me >> ride. << Guarda che non ho mai ucciso nessuno. A meno che non si parli della petit mort[4]. Sì, ammetto che ho mietuto parecchie vittime in quel senso >> sussurra al suo orecchio facendolo rabbrividire. << Prima in camera, mi sembrava non ti dispiacessero le mie attenzioni. Sono sicuro che anche tu ti senta attratto da me, solo sei troppo orgoglioso per ammetterlo >> dice cercando con le sue labbra quelle di lui.
<< No! >> esclama Sherlock. Con un moto di forza che non credeva neppure di avere si alza in piedi e si allontana da lui. Cammina all’indietro fino a ritrovarsi con le spalle contro la veranda che da sulla terrazza.
<< E per quel John Watson, non è così? E’ per lui che mi rifiuti! >> gli chiede severo. Il volto scuro e serio e una nota bassa, vibrante, nella voce, come l’eco di un vulcano pronto ad eruttare.
<< No, James, non c’entra nulla! Ti rifiuto per prima cosa perché non sei il mio tipo e poi perché sei mio fratello. John non c’entra nulla con noi due >>.
<< Non c’entra, dici? >> ridacchia senza alcuna allegria. << Tu sei innamorato di lui >>.
<< Sì, è vero e questo lo sapevi. I miei sentimenti non sono cambiati, anche se ho scelto te. John è fuori dai giochi, non prenderlo in considerazione >>.
<< Non prenderlo in considerazione, mi chiedi? Oh, oh mio piccolo Holmes >> ride andandogli incontro con passo lento e pesante. << Quando due corpi si scontrano ci sono traumi di natura… collaterale >>.
Posa le mani sui suoi fianchi e lo spinge contro la veranda. Il vetro freddo accappona la pelle di Sherlock che si sente in trappola.
<< Abbiamo stretto un patto, non puoi venire meno alla parola data! Ti odierei se gli facessi del male, James. Non avresti nulla da me. Porrei fine alla mia vita, lo sai >> tenta il tutto per tutto. La testa gli gira e morde la lingua per non svenire. Sarebbe davvero il momento meno opportuno questo, anche se James sembra averci ripensato. Lo guarda a lungo, il sopracciglio arcuato dà l’idea stia valutando quanto gli ha detto. Sbuffa, poi, e scuote il capo avvilito.
<< Lo so >> dice mettendo su la sua espressione da cucciolo abbandonato. Sorride poi e si porta a un palmo dal suo naso. << Posso sempre prenderti con la forza >> dice tentando di fare sue le labbra di lui.
<< Avresti solo un corpo senz’anima e tu non sapresti che fartene >> si affretta a ribattere Sherlock, il cuore che martella forte nel petto << Ti piace essere elogiato, adorato, desiderato e di tutto questo da me non avresti nulla. Tanto varrebbe fartela con una bambola di gomma >> dice sperando di convincerlo.
<< Mi va bene lo stesso >> insiste lui ridacchiando.
<< Bene, allora: accomodati >>.
Sherlock apre le braccia a sottolineare l’invito appena posto. Moriarty ride soddisfatto e attenta nuovamente alle sue labbra. Il consulente, però, si gira dall’altra parte presentandogli lo zigomo sinistro e fissa un punto imprecisato sul pavimento. James afferra il suo viso e lo riporta verso di sé, ma lo sguardo resta lontano.
<< Guardami! >> grida, ma lui non gli da retta. << Ti ho detto guardami! >> insiste colpendolo con uno schiaffo. Sherlock accusa il colpo, ma resta del tutto passivo.
Il volto di Moriarty si accartoccia come una spugna strizzata da una mano troppo forte. Si allontana da lui gridando come un matto. Afferra la bottiglia di vino e gliela tira contro mancandolo per un soffio. La bottiglia sfonda la finestra alle sue spalle. Una pioggia di vetro lo investe e il vento gelido e umido del fragore delle cascate lo avvolge.
L’eco del passo furioso di James si propaga per la stanza. Lo sente farsi sempre più flebile man mano che si allontana e solo quando non lo avverte più, Sherlock respira. L’aria gelida gli brucia i polmoni facendolo tossire.
 
“Cosa ne ricavi a resistergli?
Solo il pericolo che diventi violento
e che ti uccida in preda alla frustrazione
 dei tuoi continui rifiuti”.
 
Porta le mani alla testa, furioso con quella voce salita su dal nulla, che si ostina a dargli quei dannati consigli di resa.
<< Chi sei, maledetta? Si può sapere chi sei? >> ringhia colpendosi la testa con i pugni.
La cicatrice manda una sferzata di dolore tanto profondo da lasciarlo senza fiato.
“Adesso basta, Sherlock. Torna nella tua stanza e barricati dentro. Cerca di dormire, fratellino. Domani sarà una lunga giornata. L’ultima lunga giornata”.
<< Sì >> sussurra portando la mano alla cicatrice. Da qualche parte nell’ala ovest di questo stesso hotel Mycroft, Fox e il suo John si preparano a loro volta a distruggere i piani di Moriarty. Lo rincuora saperli vicini e allo stesso tempo gli da il tormento non poter andare da loro, andare da John, trovare rifugio tra le sue braccia.
“Devo restare vivo. Voglio restare vivo. Io non voglio morire”.
 

 
 

[1] Stayin’ alive -  Bee Gees
 
[2] Paulo coelho
[3] Fatevi del bene, leggete ‘Alice attraverso lo specchio’ di Lewis Carroll.
[4] Orgasmo in francese
[5] Dovremmo scambiarci i nomi di battagli, amico mio. A volte mi sembri così ingenuo, come se davvero cadessi dalle stelle dinanzi a cose ovvie e banali. Devi farti furbo, come la volpe che dici di essere, altrimenti non sopravvivrai un giorno là fuori.
[6] Citazione da ‘Walk on the wilde side’ di Lou Reed… Ok la canzone parla di transessualità, ma Moran è disgustata talmente tanto da tutto ciò che va fuori dalla sua ‘morale’ che per lei non fa alcuna differenza si parli di trans o gay.
[7] Citazione da ‘La soluzione sette per cento’ di Nicholas Meyer

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Buongiorno e buona domenica a tutti voi
È proprio vero che scrivere permette di imparare e ampliare la propria conoscenza. Per questo capitolo ho fatto non poche ricerche sulla matematica, la statistica e i vari principi che troverete citati. Non è stata una passeggiata, dal momento che non ho affatto una mente scientifica, però mi sono divertita e posso dire di aver imparato cose nuove e fatto un ripasso di quelle che avevo incontrato (con poca gioia) negli anni delle scuole superiori e qualcosa anche nel periodo dell’università.
Altra fonte di divertimento e puro piacere personale, è stata quella di introdurre nel testo un nutrito numero di citazioni dal canone. Queste citazioni le troverete nel dialogo portato avanti dal nuovo personaggio. Sì perché io, amici e vicini, all’alba del 31° capitolo, col traguardo che è lì pronto per essere raggiunto, introduco un nuovo personaggio. So essere adorabile, nevvero? Un personaggio che sono convinta capirete perché abbia deciso dovesse parlare in modo matematico e infilando una dietro l’altra le citazioni dello stesso Sherlock Holmes del nostro buon Doyle. Non le ho indicate in nota perché sono convinta che quelli di voi che, come me, conoscono a memoria i racconti che costituiscono il canone di Sir Doyle le riconosceranno.
Detto ciò vi lascio alla lettura, che spero sia anche stavolta di vostro gradimento.
A presto
Patty

Capitolo 31
Lui alzò lo sguardo e si perse nel Suo fragore così grande
 che gli sembrava di stare sul bordo di un abisso
(Patrick Ness)
 
<< Tira vento e piove… >>.
 
Il canto giunge da lontano. Porta con sè eco cavernose, sgocciolii sinistri, freddo che penetra le ossa.
C’è davvero il vento. Gelido. Fischia facendo accapponare la pelle.
C’è davvero la pioggia. Si sente l’incessante scrosciare di un acquazzone.
<< Chi sei? >> domanda Sherlock immerso nel buio. Non vede nulla in questa oscurità fitta e disorientante. Sente solo i rumori. Il canto. Il vento. La pioggia e il suo respiro affannato.
 
<< Sto ridendo e piangendo… >>.
 
Non c’è alcun pianto in questa voce e neppure nessuna risata. Sembra stanca, ma adorante. Come una mamma che canta una ninnananna al suo bambino mentre lo stringe al seno.
<< Dove sei? >> chiede e il panico diviene sempre più pressante.
Lontano compare uno spicchio di luce, come fosse stata aperta una porta. Guardingo, Sherlock cammina svelto verso quella luce calda e ondeggiante. La luce tipica del fuoco, che oscilla viva ai capricci delle fiamme che divorano il legno.
Si ferma appena vi arriva vicino. È davvero una ninnananna quella che sente. La donna che la canta ride piano ripetendo quelle strane parole.
Curioso tenta di sbirciare l’interno di quella stanza. Una grande ombra è disegnata sul pavimento. Ondeggia anche lei ai capricci delle fiamme. Sherlock col cuore in gola prende un profondo respiro e apre piano la porta. Scorge una donna di spalle, seduta sul tappeto davanti al caminetto. Sta davvero cullando un bambino. Dal suo punto di osservazione, ne scorge le gambe esili e i piedi scalzi.
La donna indossa una strana veste che la avvolge lasciandole scoperte le braccia. Dondola appena al ritmo del suo canto. Sherlock muove qualche passo verso di lei, ipnotizzato dal suo lento oscillare.
 
<< Tira vento e piove, Sherlock è scontento… >>.
 
Canta la donna e al sentirle pronunciare il suo nome si ferma del tutto, spaventato.
<< Chi… chi sei tu? >> le domanda e la donna per tutta risposta ride. << La tua voce… sei tu che mi hai detto quelle cose >> dice riconducendo il timbro vocale della donna a quello della voce che più volte gli ha consigliato di cedere alle avances di Moriarty.
La donna, però, non gli risponde. Torna a cullare il bambino mugugnando la canzoncina. Sherlock muove qualche passo inclinando la testa curioso. Percorre con lo sguardo le esili gambe della creatura che tiene tra le braccia e che scopre essere nuda. La donna, poi, non è coperta da una veste. È un lenzuolo bianco quello nel quale è avvolta. Il fuoco getta ombre scure e tremule sui due corpi. Non sono, però, tutte zone d’ombra quelle che vede. Sono lividi.
<< Oh >> trasale il consulente facendo un passo indietro. Lentamente la donna muove la testa verso di lui. Alza lo sguardo a incontrare il suo. Orbite vuote lo fissano come ospitassero occhi pronti a scrutarlo.
 
<< Sto ridendo e piangendo, Sherlock, sto morendo >>.
 
Sherlock balza a sedere. Si ritrova nel buio fitto, l’eco della strofa cantata da quella donna ancora nella testa. Dopo un attimo di smarrimento cerca a tentoni l’interruttore della lampada posta sul comodino e la accende.
Quel volto pesto dalle orbite oculari vuote gli compare dinanzi agli occhi facendolo gridare. È solo un’immagine, però. È solo nella stanza. La porta è ancora chiusa a chiave e lo schienale della sedia è inclinato sotto la maniglia, per garantire che nessuno possa entrare a disturbarlo.
Scosta le coperte e posa i piedi per terra. Quella nenia terrificante gli rimbomba ancora nella testa. Nell’incubo che ha avuto prima di quella folle cena, la stessa canzoncina la cantava Moriarty. Con l’unica differenza che lui gli indicava qualcuno che stava per morire, mentre quella donna gli ha detto che stava morendo.
“Perché mi dai il tormento?” chiede prendendo la testa tra le mani.
Il flash di una botola gli compare nella mente. Ha un ricordo vago di cosa si celi in quel buco scavato nello strato più profondo del suo Mind Palace. Sa di avercelo messo lui, ma non ne è pienamente consapevole. Benchè sia padrone della sua mente deve ammettere di possedere zone inconsce a lui poco chiare o addirittura sconosciute. Alcune le aveva intraviste nel breve percorso terapeutico fatto con Grey. Quella botola era tra queste. Scelse allora, però, di non aprirla.
È stato grazie a questo percorso che ha potuto organizzare le cantine del suo Mind Palace. Prima erano solo un luogo buio e freddo, ora, invece, sa cosa contengono. Quella botola, però, non gli è chiara e a dirla tutta non ha per nulla voglia di andarci.
Le orbite oculari vuote della donna gli si ripropongono agli occhi della mente e lui scuote la testa per scacciarli. La risata di Moriarty risuona nella sua testa facendolo trasalire. Alza la testa di scatto ritrovandosi sempre solo nella stanza. Tende l’orecchio ma non sente nulla al di là del fragore della cascata.
<< Questa storia deve finire! >> esclama colpendo il materasso con un pugno.
Si sdraia deciso a vederci chiaro. Congiunge le lunghe dita sotto il mento e chiude gli occhi, scivolando nel suo Mind Palace
 
***
 
Mistica ravviva il fuoco con l’attizzatoio, lo rimette nel suo sostegno e si stiracchia massaggiando la schiena indolenzita. Ha scambiato i connotati di quattro uomini nel giro di una mattinata, aggiornando il suo record personale.
Anthea dorme tranquilla. Da qualche ora il suo sonno non è più tormentato da incubi, cosa che la riempie di gioia e, intimamente, la porta a pensare che sia anche grazie alla sua presenza se il tormento personale della ragazza abbia avuto fine.
Nonostante la stanchezza, però, Mistica non ha sonno. Grey e nella stanza accanto con i due agenti dell’MI6, intenzionato a non perderli d’occhio per un solo istante. Sa bene quanto ostinato sia il suo capo quando si mette qualcosa in testa. Sorride di questo, mentre curiosa tra i libri della libreria di quella cha è stata la camera di Sherlock.
“Imaginé la habitaciòn de tu adolescencia màs animada, ojòs-hermosos[1] pensa, chiedendosi come possa, un bambino prima e un ragazzino poi, crescere in un posto simile senza maturare problemi.
Un libro dalla copertina bordeaux attira la sua attenzione. ‘Criminologia forense’ cita il costato. Lo fa scivolare fuori lentamente e prima di aprirlo lo soppesa tra le mani.
“Cielos, que tomo![2] sghignazza.
Tra le pagine scorge un segnalibro. È sempre stata incuriosita da ciò che le persone sono solite lasciare tra le pagine di un libro e non ci pensa due volte ad andare a vedere di cosa si tratti. Si trova davanti ad una foto.
“Perturbador[3] è il primo pensiero che le viene guardandola. Sono ritratti una bella donna alta, magra, dal viso pallido come porcellana e gli occhi chiari, magnetici e due bambini di poco più di un anno. Non c’è alcun sorriso né sulle labbra né negli occhi di questa che deve essere una giovane madre. Non si può dire stia tenendo tra le braccia i due bambini, un maschietto e una femminuccia. Sono più che altro appoggiati a lei. Riesce ad essere lontana dai due piccoli nonostante sia loro così vicina.
“Cielos, temblando[4] pensa la ragazza mentre gira la foto restando a bocca aperta.
Con una calligrafia sottile, obliqua e quasi incomprensibile qualcuno ha scritto con una matita rossa una sola parola: assassina!
Il punto esclamativo è tracciato di netto, con rabbia a sottolineare l’incontrovertibilità di quel verdetto. Mistica scuote le pagine alla ricerca di altri tesori, ma non trova nient’altro. Cercare indizi in ogni libro sarebbe un’inutile perdita di tempo e non sembrano esserci album fotografici o altre cose simili sugli scaffali.
<< Hai trovato qualcosa di interessante? >> le chiede Anthea.
<< Penso di sì >> risponde lei raggiungendola sul letto. Le passa la foto e la osserva mentre la studia attentamente. Vede i suoi occhi chiudersi dinanzi a quella parola vergata in rosso. << Dimmi chi è >> la sprona.
<< Lo hai già capito da te >>.
<< I tre quarti del lavoro di un investigatore consistono nel cercare conferme alle sue ipotesi >> recita facendo sorridere Anthea.
<< Secondo Sherlock si tratta di un’assassina >>.
<< E secondo te? >> le chiede scivolando sotto le coperte al suo fianco.
<< In questa foto vedo una donna distaccata, del tutto incapace di empatia e emotività. Fredda, potremmo dire. Austera, anche >>.
<< Poveri bambini >> sussurra Mistica .
<< So che poi qualcosa cambiò in lei >> continua Anthea dandole la foto. << Si innamorò. Dell’uomo sbagliato, ovviamente. Dio, come la capisco! >> esclama posando la testa contro la spalla di Mistica. Questa alza il braccio per accoglierla e lei si accoccola al suo fianco.
<< A vederla si fatica a pensare che possa essere in grado di amare >> dice Mistica posando il mento sulla testa di Anthea.
<< La stessa cosa che viene spontaneo pensare osservando i suoi figli >> le fa notare Anthea.
<< Già >> ne conviene. << Oddio, su Sherlock è più facile, dai. L’ho capito subito che si era preso una cotta per Valerio. Per un po’ ho anche cercato di convincere quella testarda volpe rossa a starci, perché infondo il nostro consulente non è niente male. Poi, però, occhibelli ha dato di matto >>.
<< Tipico di lui >> ridacchia Anthea affaticata.
<< Mycroft, invece… non ti offendere ma… l’ho osservato a lungo e da qualunque parte lo abbia guardato non sono riuscita a togliermi l’idea che sia l’antitesi dell’amore per eccellenza. Ecco, lui sì che lo vedo uguale a lei >> dice battendo il dito sulla donna ritratta nella foto. << Non si somigliano molto, ma è possibile rivederla in lui nel suo portamento, nello sguardo, benchè sia Sherlock ad avere i suoi stessi identici occhi >>.
<< Mycroft somiglia a suo padre. Motivo per il quale Sherlock lo ha odiato in tutti questi anni >>.
<< Avere a che fare con un uomo che somiglia a colui che ha ucciso la tua gemella e tentato di uccidere anche te non deve essere facile. In che modo, però, sua madre si è meritata questa sentenza? >> chiede girando la foto sulla scritta rossa.
<< Non ne so molto. Mycroft non ne ha mai parlato e io, ovviamente, mi sono vista bene dal chiedere. Credo, però, che Sherlock la ritenga responsabile della morte della sorella. Da quanto ho capito non si sperticava per difenderli dalle ire del marito. L’unico gesto estremo che ha fatto è stato tentare di scappare da Musgrave portandoli con sé. Sai bene come è andata a finire >>.
<< Eppure… è strano, non trovi? È vero, il suo gesto causò la morte di Jane, ma solo perché fu scoperta. Fosse rimasta lì quel pazzo li avrebbe uccisi lo stesso tutti e tre, prima o poi. Era solo questione di tempo. Non trovo giusta questa sentenza >>.
<< Sherlock è un uomo tormentato ed è stato un ragazzo problematico e un bambino inquietante >>.
<< Sì, ma nel suo lavoro è geniale e non penso che abbia dato questo giudizio a sua madre solo perché spinto dal rancore nei suoi confronti >>.
<< Perché no, scusa? È pur sempre un essere umano, sebbene sia geniale >>.
<< E’ proprio questo il punto, Anthea. Sherlock è molto umano. Per chi sa osservare, ovviamente, e sa andare oltre la sua arroganza e quell’aria da ‘ce l’ho solo io’. E proprio perchè è umano questo giudizio ha un peso notevole >>.
Un rumore al di là della porta fa drizzare loro le orecchie. I tre uomini parlano tra loro con un tono di voce troppo alto e concitato.
<< Ehi, ma che suc… >>.
Uno sparo rimbomba contro le pareti insieme a nuove voci sconosciute.
 
***
 
Sherlock sfiora con le dita il corrimano e volge lo sguardo verso l’alto. Scorge appena il secondo piano di questo palazzo abbandonato e può solo immaginare la porta che dà sulla stanza nella quale quei ragazzini trovarono la signora in rosa.
È iniziato tutto da quel caso. Sì, aveva trovato attraente l’ex soldato che Mike Stamford gli aveva presentato nei laboratori del Bart’s. Aveva prima pensato che potesse diventare un ottimo assistente, poi che, date le sue avances da Angelo, avrebbe anche potuto tentare di sedurlo. Solo quando ha scoperto che era stato lui a uccidere Hope, il taxista serial killer, salvandogli la vita, ha capito che avrebbe potuto persino innamorarsi di lui.
Sherlock sorride e gli sembra di sentire ogni singola parola che è stata scambiata su quelle scale. Non è, però, verso l’alto che deve andare. Prende un profondo respiro e volge lo sguardo verso il basso. Dovrà scendere nelle cantine. Un brivido di freddo gli percorre la schiena. Alza il bavero del cappotto per proteggersi dall’aria gelida che sente provenire dal basso e si decide a scendere il primo gradino.
Il fondo della rampa è avvolto dall’oscurità. Il cuore batte sempre più forte gradino dopo gradino. Scricchiolii sinistri gli accapponano la pelle. I suoi passi rimbombano mentre lento arriva a quel primo piano sotto terra. Una porta si affaccia sul pianerottolo. Sherlock la ignora e procede oltre verso la nuova rampa di scale.
<< Ehi, tu >> .
La ricorda quella voce carezzevole, ammaliatrice. Si volta lentamente verso l’uomo fermo sulla soglia. Il sorriso volgare, gli occhi acquosi che lo esaminano da capo a piedi.
<< Hai bisogno di una dose, non è vero? >> gli domanda preoccupato. << Posso aiutarti >> gli dice aprendo un po’ di più la porta. Lo invita ad entrare con un sorriso poco rassicurante.
Sherlock lo ignora. Si volta e scende il primo gradino.
<< Avanti, voglio solo aiutarti. È uno scambio reciproco: io do a te ciò che vuoi e tu dai a me ciò che voglio >> insiste dandogli la nausea. Non vuole che quella porta si apra del tutto. Non vuole ricordare ciò che contiene. Sente l’uomo alle sue spalle continuare a tentare di convincerlo. È morto ammazzato da uno dei disperati che adescava, promettendo dosi di ogni tipo di droga in cambio di marchette.
“Caso chiuso” pensa mentre piano piano l’uomo diviene una voce nel buio alle sue spalle, fino a scomparire del tutto quando giunge al secondo piano sotto terra.
<< Ragazzi guardate chi c’è? >>.
<< La signorina Holmes, quale onore! >>.
<< Vuole fare un giro con noi, milady >>.
Tre ragazzi poco più che quindicenni lo insultano addossati alla nuova porta che si affaccia sul pianerottolo. Lo circondano, tentano di bloccargli la strada continuando a insultarlo, a provocarlo.
<< Lo portiamo con noi alla festa, ragazzi? >>.
<< Sì, regaliamogli questo brivido. Quando mai gli ricapiterà di passare la serata con dei veri uomini? Ti piace l’idea, signorina? >>.
Il cuore accelera i suoi battiti e i passi si fanno più svelti. Se l’uomo di prima gli ha dato la nausea questi ragazzini lo spaventano. Ne ha di cicatrici lasciate dai loro pugni sul corpo. Il modo in cui le loro risate gli riempiono la testa non gli piace per nulla. Uno di loro si è andato a schiantare ubriaco con l’auto contro un muro dopo aver investito due donne uccidendone una. Sconta ancora una pena per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza. Un altro è diventato avvocato ed è stato arrestato per frode e ricatto a scopo di estorsione. Ha scontato la sua pena e adesso collabora con un avvocato di dubbia fama, svolgendo per lui mansioni minori. L’ultimo lavora in banca, ha messo su famiglia e viene allegramente tradito dalla moglie. Il sabato sera si fa le sue strisce di cocaina giusto per tirarsi su il morale e paga escort d’alto bordo con le quali cerca di dimenticare la sua misera vita.
“Anche questi sono casi chiusi!” pensa lasciandoseli alle spalle. Continua a sentire quelle risate, quegli insulti che diventano sempre più rarefatti fino a scomparire del tutto inghiottiti dal buio, mentre giunge al terzo piano sotto terra.
Un bambino è fermo in piedi sulla soglia di quest’altra porta. Sui nove anni, capelli castani e un viso bello e simpatico. Lo guarda con sospetto.
<< Non siamo mica amici io e te >> gli dice arrogante. << Chi te l’ha data tutta questa confidenza? Io no >> dice disgustato per poi voltarsi verso l’interno della stanza. << Ehi, venite a vedere! C’è qui quello strano che si è convinto che siamo amici >> ride e Sherlock affretta il passo. Non vuole vederli gli altri bambini. È tristezza quella che prova, su questo pianerottolo. Gli piaceva davvero tanto quel bambino. Non sapeva ancora cosa fosse l’omosessualità all’epoca. Lui voleva solo potergli essere amico.
“Questo caso non è chiuso” pensa, sentendo le risate crudeli del bambino trafiggerlo come pugnali. Scende rapido verso il quarto piano sotto terra. Ignora del tutto la porta sottile in legno al di là della quale tuona la voce furiosa di suo padre. Un altro caso non ancora chiuso.
I suoi passi rimbombano sempre più contro le pareti ora divenute simili a quelle delle segrete di un vecchio castello. Macchie d’umidità gonfiano l’intonaco espandendo un forte odore di muffa.
Giunge al quinto piano sotto terra, l’ultimo. Con passo lento e incerto si avvicina alla porta in lamiera. Accarezza con dita tremanti lo spioncino e rabbrividisce nel sentire la risata folle di Moriarty provenire dalla stanza.
<< Tu sei come me! >> gli sente gridare. Si allontana scuotendo il capo.
“No… non sono come lui!” pensa proseguendo lungo il corridoio. C’è una botola nel terreno ricoperta da uno spesso strato di polvere. Resta immobile a guardarla a lungo.
<< Non temere >> grida Moriarty al di là della porta. << Cadere è proprio come volare. Solo che una volta arrivato non puoi più tornare indietro >>.
<< Sta zitto! >> grida di rimando Sherlock, sentendolo ridere della grossa nel suo modo folle e agghiacciante.
Sherlock si inginocchia e con dita tremanti cerca la maniglia per tirare su il coperchio. Il cuore gli batte più forte lì di quanto non abbia fatto altrove, lungo questa discesa nell’abisso che è il suo inconscio. Con un notevole sforzo apre la botola. Un fiotto di vento caldo lo investe. Profumo di erba tagliata di fresco unito a sandalo e gelsomino. Non se le aspettava queste fragranze, né, tanto meno, questo calore.
<< Dai Sherlock >> lo sprona James. << Ancora un passo e ci siamo quasi >>.
<< Sta zitto, maledetto! >> grida tremando da capo a piedi.
<< Non ti deve fare paura >> cantilena Jim, indifferente al suo richiamo. << Perdita, sofferenza, dolore, morte. Va tutto bene. E’ tutto a posto >>.
“Va tutto bene… E’ tutto a posto!” ripete tra sé, mettendo il piede sul primo piolo della scala che conduce giù.
<< Tira vento e piove, Sherlock è scontento… >> canta Moriarty al di là della porta. << Sto ridendo e piangendo, Sherlock sta morendo >> continua e il consulente scompare inghiottito dalla botola.
 
***
 
Grey colpisce con un bastone uno degli uomini che hanno fatto irruzione a villa Holmes. Riesce a disarmarlo e senza pensarci due volte afferra la pistola e gli spara. Non ha tempo di restare a farsi prendere dai rimorsi di coscienza per quanto ha appena fatto. Corre verso la stanza in cui si trovano  Mistica e Anthea. Schiva per un soffio un proiettile che si conficca contro il muro anziché nella sua testa. Spara nella direzione dalla quale il colpo è partito e si da alla fuga. Altri proiettili lo inseguono. Sono in cinque gli invasori, forse anche di più. Dal basso, i due finti John e Fox stanno tenendo su un vero e proprio scontro a fuoco.
Giunge al corridoio in cui si trova la stanza delle ragazze e, non visto, spara e atterra uno dei due uomini che lì si trovano. L’altro apre il fuoco e lui si vede costretto a nascondersi dietro un mobile.
<< Arrendetevi, non avete alcuna possibilità di sopravvivere >> grida l’uomo, l’eco di una risata di scherno nella voce. Grey si arrischia a sbirciare dal suo riparo e vede l’uomo prendere la mira, un brutto ghigno sadico sulle labbra. La porta della stanza delle ragazze si spalanca all’improvviso e, col suo grido di battaglia collaudato, Mistica salta addosso all’arrogante pistolero. Il primo calcio lo disarma, il secondo lo lascia a terra privo di sensi.
<< Que diablo esta pasando, Juan?[5] >> gli domanda venendogli incontro.
<< Los hombres que permanecieron estacionados aquì estos dìas decidieron venir y conocer a nuestro [6] >>.
<< Pero que tipo[7] >>.
<< Cuidado![8] >> grida Grey puntando l’arma contro l’uomo che, ripresosi, ha tirato fuori un'altra pistola e si prepara a fare fuoco. Un colpo, però, parte dalla stanza e lo fredda, facendoli trasalire entrambi. Anthea compare sulla soglia e si appoggia allo stipite, l’arma ancora fumante in pugno.
<< Se volete sopravvivere dovete mettere da parte le buone maniere >> dice loro.
<< Ti… ti ringrazio >> le dice Mistica correndo a sorreggerla.
<< Presto, dobbiamo andare via da qui! >> esclama Grey aiutando Mistica.
<< Hopper e Nelson che fine hanno fatto? >> gli chiede Anthea .
<< Sono di sotto. Hanno aperto loro il fuoco non appena li hanno visti entrare dal balcone del primo piano. Erano in cinque. Armati anche di cattive intenzioni. Temo, però, ne siano arrivati altri >>.
Un rumore alle loro spalle annuncia che i loro ospiti devono aver chiamato rinforzi.
<< Mierda! >> esclama Grey. Prende in braccio Anthea. << Tu coprimi le spalle e tu >>, dice a Mistica, << corri più forte che puoi! >>.
Partono di corsa, nella direzione opposta rispetto a quella dalla quale stanno sopraggiungendo gli uomini armati. Anthea spara più volte e da alcune grida sottomesse Grey capisce che i suoi colpi sono andati a segno.
<< Sono troppi, maledizione, e noi troppo pochi >> dice la ragazza. << Faremo la fine del topo >>.
<< Oh, no, bella mia, ho una famiglia che mi aspetta in Spagna e non sono certo venuto a morire qui in Inghilterra! >> ribatte Grey.
<< Di qua! >> grida Mistica. La vede aggrapparsi alla cornice del quadro di un vecchio prozio Holmes che apre come una porta. Grey la segue, la ragazza chiude il passaggio e si fermano qualche istante a riprendere fiato.
<< Come sapevi di questo tunnel? >> le chiede ansimando.
<< Me lo ha indicato Mycroft, in modo che potessi giungere più velocemente da Anthea >>.
<< Dove conduce? >>.
<< Al salone principale >>.
Cercando di fare il meno rumore possibile attraversano il cunicolo e arrivano al fondo. Da un piccolo foro ricavato nel quadro che cela questa uscita Mistica osserva la situazione.
<< Oh Dios! I due agenti sono a terra! >> .
<< Hanno ancora le fattezze di John e Fox? >> sussurra Anthea. La ragazza annuisce. << Perfetto, gioca a nostro favore >>.
<< Pensi siano venuti qui per uccidere John? >> le chiede Grey .
<< Sì. Sherlock deve aver fatto arrabbiare James >>.
<< Oppure era comunque intenzionato a fare fuori il suo rivale, infischiandosene dell’accordo di cui hanno tanto parlato >> ipotizza Grey trovando il consenso della ragazza.
Sentono delle voci provenire dall’altro lato del salotto. Tre uomini si radunano attorno ai corpi dei due agenti travestiti da John e Fox. Tolgono le auricolari e si guardano attorno esterrefatti.
<< Dove diavolo sono finiti quei tre? >> sbotta uno.
<< Non lo so, non li ho più visti. Si sono come volatilizzati! >> risponde il secondo.
<< Ci stiamo facendo una gran bella figura di merda! Non possiamo dire loro che ci siamo persi due donne, di cui una malridotta, e un uomo. Ne va della nostra reputazione! >> dice il terzo.
<< Anche dirgli che cinque di noi sono rimasti uccisi non ci fa onore >> ribatte il primo. << Maledetti bastardi! >> esclama dando un calcio al cadavere travestito da John.
<< No, no, non va bene! Se li maltrattano troppo rischiano di scoprire che sono truccati >> sussurra Mistica preoccupata.
<< Cosa diavolo possiamo fare? >>.
<< Vanno eliminati >> risponde determinata Anthea. Grey la guarda stupito dalla semplicità con la quale decide della vita o della morte del prossimo. Non può, però, darle torto.
<< Ho ancora tre colpi in canna. Non penso, però, di poterli sorprendere e uccidere uno dopo l’altro. Miriam, ci serve un’altra delle tue uscite a effetto con tanto di grido di battaglia e tu Grey >>, gli dice picchiettandogli sul torace, << trova qualcosa e gettati su di loro senza pietà. Mi avete capita? Senza pietà >> ripete guardandoli entrambi negli occhi.
Non è la prima volta che si trovano coinvolti in uno scontro. Già durante questa storia hanno dovuto menare le mani al palazzo di Magnussen quando lui, Grey, era ancora solo una voce in un’auricolare.
Grey non ha mai temuto gli scontri. Di risse ne ha vissute tante, come anche di agguati, irruzioni e azioni da infiltrato finite bene per un soffio. Con questo spirito lascia andare Anthea, che si acquatta vicino all’apertura del passaggio, pronta a fare fuoco, e cerca qualcosa che possa diventare un’arma. Appesa alla parete c’è una sorta di vecchia torcia, nemmeno si trovassero in un castello. La stacca dal supporto e la tiene tra le mani.
<< Siete pronti? >> chiede Anthea e loro annuiscono.
Mistica fa saltare il quadro e sorprende i tre malcapitati col suo grido di battaglia. Anthea ne fredda due, che cadono sui corpi degli agenti travestiti da John e Fox. Il terzo spara senza colpirla e Grey lo disarma lanciandogli la torcia. L’uomo tiene il braccio destro con la mano sinistra e, messo alle strette, si da alla fuga. Mistica, però, non è intenzionata a lasciare che vada a dare l’allarme al suo capo. Gli corre dietro gridando e, con uno slancio che sicuramente non piacerà alla sua gamba ferita, gli è addosso. Cadono malamente investendo una poltrona e un tavolino. Lo schiocco dell’osso del collo dell’uomo che si spezza battendo contro quest’ultimo rimbomba in modo macabro nella stanza.
Mistica porta la mano alla bocca e si volta colpevole verso Grey. Anthea gli posa la mano sulle labbra un attimo prima che questi possa dire qualcosa. Con un dito picchietta l’orecchio ad indicare l’auricolare che indossa il sicario. Se funziona come le loro, oltre ad essere in costante contatto tra operatori lo saranno anche con la base.
Grey si avvicina alla collega che si è allontanata dalla sua vittima e la osserva con occhi già colmi di pianto. Preleva l’auricolare che pende dal bavero della maglietta del cadavere o lo porta all’orecchio.
<< Aggiornatemi sulla situazione >> sta chiedendo una voce dall’altra parte. Grey richiama alla memoria la conversazione che ha sentito poco prima dai tre, prende un profondo respiro e risponde.
<< Missione compiuta! >> dice in un’ottima imitazione del defunto. << Abbiamo dovuto fare fuoco parecchie volte, ma alla fine li abbiamo sterminati >>.
<< Qualcuno dei vostri è stato ferito? >>.
L’aggettivo possessivo utilizzato gli lascia intuire che questi sicari siano un gruppo esterno assoldato apposta per tenerli d’occhio e poi eliminarli, piuttosto che un ramo consolidato del nemico.
<< Ehi, ma per chi ci hai presi? Siamo dei professionisti, mica degli improvvisati sicari della domenica? >> ribatte sperando di stare percorrendo la strada giusta.
<< Erano pericolosi >>.
<< Erano praticamente disarmati >> lo interrompe infastidito. << Avevano una sola pistola in cinque! È stato come sparare sulla croce rossa >>.
<< Meglio così >> taglia corto l’uomo dall’altra parte. << Tornatevene a casa con discrezione. Come sempre tra tre giorni riceverete quanto vi spetta >>.
<< Perfetto. È sempre un piacere lavorare con voi >> si concede persino la battuta.
Con un click il contatto esterno stacca la conversazione. Grey toglie l’auricolare e sospira. Per sicurezza distrugge il congegno stritolandolo nel pugno. Alza gli occhi a incontrare quelli di Mistica, dai quali un’incessante pioggia di lacrime cade a rigarle le guance. Le va in contro prendendola tra le braccia. La ragazza singhiozza silenziosa stringendosi forte a lui.
Anthea li osserva da lontano, appoggiata al bracciolo di una delle poltrone. Tra le mani stringe le auricolari distrutte degli altri due sicari. Gli sorride per poi gettarle per terra e volgere lo sguardo ai corpi degli agenti che hanno preso il posto di John e Fox. Grey la vede scuotere il capo prima di portare la mano al volto.
Per quanto gli riguarda, cerca di non guardare quella copia quasi perfetta dal suo migliore elemento. Lo aveva visto proprio così com’è ora in un incubo avuto la notte precedente. Lo sguardo vitreo rivolto al soffitto, rivoli di sangue agli angoli della bocca e il corpo crivellato di colpi.
<< Mi abuela siempre dice que si suenas con la muerte de alguien, extenderàs su vida[9] >> gli aveva sussurrato per rassicuralo mentre lo stringeva tra le braccia, ancora tremante per il brusco risveglio.
“Afortunadamente, tu abuela tenìa razòn esta vez tambìen[10] pensa sollevato.
<< Che succederà adesso? >> domanda Mistica tirando su col naso. Grey e Anthea si scambiano una lunga occhiata.
<< Non è facile risponderti >> dice la ragazza. << Quanto è successo potrebbe giocare a favore o contro il piano di Sherlock >>.
<< Dobbiamo far sapere loro quanto è accaduto >> annuisce Grey .
<< E dobbiamo anche sbarazzarci dei corpi >> aggiunge Anthea guardando ai cadaveri con disgusto.
<< Come? >> domanda Mistica sconvolta. << Non possiamo trascinarli per i passaggi segreti e andarli a seppellire nel parco più vicino, né chiamare la polizia affinchè li porti all’obitorio >>.
Grey e Anthea hanno la stessa idea nello stesso momento. Si guardano e sorridono di come i loro neuroni siano stati stimolati dalle parole della ragazza a trovare la medesima possibile soluzione al loro piccolo problema.
 
***
 
Si lascia cadere e atterra in una piccola pozza di umidità. La puzza di muffa è fortissima in questo antro. Le pareti di roccia trasudano acqua e l’eco di piccole gocce che costantemente cadono spezza il silenzio.
La penombra è rotta da una flebile luce che proviene da una porta socchiusa. Sherlock vi si avvicina trasalendo al rumore dei suoi stessi passi. Presta ascolto a quanto accade al di là della porta. Una flebile nenia giunge al suo orecchio. Prende un profondo respiro ed entra piano nella stanza.
È in realtà una piccola cella, quella nella quale si ritrova. In un caminetto molto sporco brucia un piccolo fuoco morente. Su un tappeto sdrucito siede una donna. Il debole fuoco la illumina appena, gettando ombre lunghe sul pavimento alle sue spalle. Indossa una veste scura, sotto un cappotto molto simile al suo.
Sherlock resta immobile sulla soglia. Osserva le spalle di lei dondolare piano al ritmo della nenia che mugugna. Sembra stia stringendo qualcosa tra le braccia. Col cuore in gola muove qualche passo. Il pavimento è bagnato, ma un odore diverso dall’acqua sale dalla pozza che circonda la donna.
“Sangue” deduce arricciando il naso.
Inconsciamente sapeva di averla rinchiusa lì. Lei, il suo ricordo, il dolore che questo gli causa. Non immaginava, però, che l’avrebbe ritrovata così, che negli anni inconsciamente l’avesse relegata a quell’esistenza misera e gelida.
<< Sei venuto a trovarmi, finalmente >> sussurra la donna con voce carezzevole. << Sono anni che ti aspetto >>.
Sherlock rabbrividisce al pensiero di quell’attesa. Si pente di essere sceso così in profondità, di aver aperto quella botola e di essere qui, adesso, alle sue spalle. Lo stomaco gli si chiude rimandando fitte dolorose. Non l’ha mai pianta, questa perdita, ritenendola anzi la principale responsabile della morte di sua sorella. Assassina. Così l’ha definita per anni. Addirittura l’ha giudicata essere peggiore del padre che ha commesso a tutti gli effetti il delitto. Peggiore perché non è mai stata in grado di proteggerli e quando ci ha provato ha miseramente fallito. Pagando con la vita, certo, ma nonostante questo non è riuscito a vederla come una vittima. Le vittime non hanno scelta, come non ne hanno avuto lui e Jane, colpevoli solo di essere nati e nella famiglia sbagliata. Lei, invece, avrebbe potuto scegliere di non sposare quel pazzo. Da lì tutto è nato e per questo per lungo tempo è stato convinto fosse lei l’unica responsabile delle sue disgrazie nonché la vera assassina. Poi sa di aver smussato un po’ questa idea. Di aver, come aveva raccontato all’inizio di questa storia, capito che anche lei, come tutti, aveva solo voluto soddisfare il suo bisogno d’amore. Come sia giunto a queste conclusioni, però, non lo ricorda, perché lo ha represso nascondendolo qui, in questa cella, insieme a lei.
Ora sa che non è così che andarono le cose e si rende conto, ora, di quanto sia doloroso essere lì al cospetto di lei. Di lei e di tutti i ricordi legati a lei e a quel brutto giorno e alle ricerche che su di lei e su quanto è accaduto a Musgrave aveva svolto. Ha relegato in questo antro ogni cosa e la quantità di informazioni ed emozioni ora lo investe come un’onda, causandogli capogiri e un dolore spossante allo stomaco e al petto.
<< Questo dolore… >> sussurra con voce rotta dall’emozione. << Perché non l’ho mai sentito, questo dolore? >>.
<< Il dolore si sente sempre, Sherlock, ma non ti deve fare paura >> dice voltandosi lentamente verso di lui. Trasale alla vista del suo volto pallido e sfigurato da lividi violacei. Nel suo incubo le orbite oculari erano vuote. Qui, nel suo inconscio, nei suoi ricordi più segreti, invece, gli occhi sono belli. Eterocromatici come i suoi. Di un azzurro screziato di verde e nocciola.
<< Il mio bambino è diventato un bellissimo uomo >> gli dice sorridendo dolcemente. << Che lo saresti stato si vedeva già >> aggiunge volgendo lo sguardo al bambino di cinque anni che tiene tra le braccia. Gli accarezza il viso scostando i ricci ribelli dalla fronte pallida. Sherlock osserva quella piccola versione di se stesso nuda, attaccata a tante cannule, cateteri, drenaggi. È il se stesso bambino in coma quello che sua madre tiene tra le braccia.
<< Ho sentito la tua voce >> le dice avanzando di un passo. La donna volge lo sguardo al fuoco morente. Il suo volto perde ogni espressione. Lentamente chiude gli occhi e sospira.
<< Sì, ero io >>.
<< Perché mi hai detto quelle cose? >>.
<< Come me ti sei messo in trappola con le tue stesse mani, convinto di poter salvare ciò che ami e raggirare un pazzo sociopatico. Non hai tenuto conto delle emozioni e dell’effetto che respirare la sua follia ti avrebbe fatto. Non potevo più stare a guardare mentre rischiavi di rimanere sempre più impigliato nella sua rete >> risponde e ora che lo guarda di nuovo sono così infinitamente tristi i suoi occhi.
<< Vuoi dire che… non era un invito a cedere, il tuo? >>.
<< No, non lo era. Perché mai dovrei volerti assoggettato al volere di un folle? >> gli chiede stupita della sua domanda.
<< Io… non lo so. È stato come se una parte di me seguisse le tue parole. È stato solo per caso che non ho ceduto >>.
<< Il caso non esiste >> gli sorride scuotendo la testa. << Ogni cosa è riconducibile a formule algebriche e algoritmi. Se volessimo, potremmo prevedere il futuro semplicemente completando della matrici di calcolo. Illusione del controllo, la chiamano >> ride. << Il potere della mente sulla materia, la chiamo io >> conclude orgogliosa e altera. << La mia voce è giunta alla tua coscienza da qui, mandandoti un messaggio criptato da decodificare. Il tuo sistema lo ha recepito, ma la variabile del malessere fisico e quella delle emozioni hanno confuso il risultato. Ciò ha portato la tua mente a prendere alla lettera il messaggio, cosa che ha innescato il meccanismo di difesa dell’adattamento >>.
Sherlock resta senza fiato dinanzi alle sue parole. Pensa adesso di capire cosa provino gli altri quando sono investiti dalle sue deduzioni. Deduzioni che comunque lavorano anche adesso, in questo scambio profondo con se stesso, e che gli fanno notare come stoni la spiegazione complessa di qualcosa che forse, in realtà, è molto semplice.
<< Non erano le parole di un messaggio criptato >> dice convinto e la donna distoglie lo sguardo dal suo. << Giungevano da qui, è vero, ma sembrava più l’eco di un ricordo. Un ricordo, però, che non mi appartiene >>.
La pelle pallida di questa figura altera si accappona. Le belle labbra disegnano una linea sottile e i muscoli si tendono. Dura, però, tutto solo qualche istante. Un sorriso di resa torna a curvarle le labbra.
<< Sei davvero bravo >> gli dice e nel suo sguardo c’è il fastidio per essere stata smascherata, ma anche l’orgoglio per il modo in cui questo è avvenuto.
<< Ti ringrazio >> le sorride, come sempre in imbarazzo e a disagio dinanzi a un complimento sincero. << Sto imparando dai miei errori. Mi hanno fatto notare che tendo a cercare sempre soluzioni difficili e intelligenti quando, invece, molto spesso le cose più semplici e apparentemente banali risolvono molto meglio i problemi >>.
<< Già. Sono proprio le soluzioni più semplici quelle che in genere vengono trascurate. Le piccole cose sono di gran lunga le più importanti >> sorride volgendo lo sguardo al bambino che ha tra le braccia. << Ho studiato a fondo principi come il rasoio di Occam[11], ma ne ho capito il senso solo grazie a voi >> sospira accarezzando quel piccolo viso addormentato. Nel suo tocco delicato Sherlock vede una dolcezza che non ricordava avesse. Si avvicina a lei di qualche passo, colpito dalle sue parole.
<< Tu, però, questi principi li conosci >> gli dice volgendo a lui lo sguardo. << Sai bene quanto sia un errore enorme teorizzare a vuoto, dal momento che senza accorgersene si comincia  a deformare i fatti per adattarli alla teoria anzichè il contrario. Sai anche che eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità. Allora perché, mi domando, ti ostini a cercare e a ipotizzare soluzioni e situazioni ingegnose e complesse? >>.
<< Non è vero io non agisco così, ti sbagli >> risponde confuso e anche offeso dalle sue parole.
<< Con James lo hai fatto >> ribatte lei e il suo sguardo diventa improvvisamente duro e freddo. La sensazione di essere messo sotto esame lo assale. Non può darle torto. Lo ha fatto davvero e persino Moriarty stesso glielo ha fatto notare, dicendosi deluso dalla sua banalità.
<< Ti sei fatto fuorviare dal suo essere geniale quasi quanto te >> dice lei aprendosi in un sorriso capace di scaldarlo. << Dal momento che nulla è insignificante per una mente superiore, hai pensato che avesse in serbo per te qualcosa di grande ed è lì che lui ti ha intrappolato. Si è servito del tuo bisogno di dimostrare sempre e a chiunque quanto tu sia intelligente. È questo il tuo punto debole, figlio mio >>.
<< Io non ho bisogno di dimostrare la mia intelligenza. Io so di essere intelligente >> dice toccato nel vivo dal suo parlare di punti deboli.
<< No >> ribatte lei decisa. << Tu lo sei, ma non sei sicuro di esserlo. Troppe volte ti sei sentito dare dell’idiota, troppe volte hanno messo in dubbio le tue capacità, deridendoti, anche, al punto da far nascere il dubbio nel tuo cuore. Per questo non perdi occasione per dimostrarlo, per esporre le tue deduzioni e come ad esso sei giunto. Non travisare quanto ti sto dicendo, però, non sono fra coloro che considerano la modestia una virtù. Per un uomo dotato di logica tutte le cose andrebbero viste esattamente come sono e sottovalutare se stessi significa allontanarsi dalla verità almeno quanto sopravvalutare le proprie doti. Ed è questo che hai fatto con James, ti sei allontanato dalla verità incaponendoti nel dimostrare quanto abile tu sia e, allo stesso tempo, temendo segretamente di non esserlo affatto >>.
Lo stomaco di Sherlock si chiude. È troppo pieno per continuare. Pieno di parole che lo stanno rivoltando come un calzino dando vita ad emozioni troppo forti. Vorrebbe scappare via, ma le gambe gli tremano al punto che le ginocchia cedono. Cade in ginocchio nella pozza di sangue che circonda la donna. Porta le mani al volto che sente già rigato dalle lacrime.
<< Non angustiarti, figlio mio >> dice lei dolcemente. << La prova principale della vera grandezza di un uomo è la sua percezione della propria piccolezza >>.
La mano di lei si avvicina al suo volto e per un attimo sembra intenzionata a posare una carezza sul suo viso. La ritrae, invece, come avesse all’ultimo momento ritenuto inopportuno il suo gesto.
<< Io… non penso di essere alla sua altezza >> sussurra con voce rotta dal pianto. << Lui è… troppo per me. Troppo intelligente. Troppo pazzo. Troppo imprevedibile. Io, invece, sono così… spaventato da lui, dalle sue mani, dai suoi occhi dal suo umore che cambia senza alcun senso logico. Le tue parole… oddio, quell’invito a cedere e il modo in cui ho reagito mi hanno portato ancora di più a sentirmi del tutto inadeguato >>.
<< Quelle parole e il suggerimento che danno sarebbero la soluzione più semplice se tu davvero fossi inadeguato >>.
Sherlock alza lo sguardo confuso dalle sue parole.
<< Ma… non è ovvio che io lo sia? >>.
La donna sorride e scuote il capo.
<< Nulla è più innaturale dell’ovvio, Sherlock. Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare >>.
<< Evidentemente, allora, la paura che provo mi sta accecando >>.
<< No, Sherlock, non è la paura che ti rende cieco. La paura aiuta a pensare. È il panico che ti toglie la vista. Da quando ti sei svegliato in quell’hotel ti sei lasciato prendere dal panico. Le condizioni fisiche nelle quali ti trovi non ti hanno aiutato e, anzi, hanno aiutato James a confonderti con le sue parole, con i suoi atteggiamenti e con la sua presenza inquietante. Tutte queste cose hanno abbattuto la fiducia che hai in te, nelle tue capacità deduttive e nel tuo piano, facendo aumentare la convinzione che hai di non essere abbastanza intelligente per vincere James Moriarty. Per questo inconsciamente hai seguito il consiglio proposto dalle mie parole. Dargli ciò che vuole. Infondo, è solo sesso >> dice in tono amaro volgendo lo sguardo al fuoco morente. << Se l’alternativa al non concedersi è perdere ciò che si ama allora forse ne vale la pena, no?  >> sussurra.
Così triste gli appare adesso. Così impotente, rassegnata. Si è sentito anche lui così da quando Moriarty è entrato nella sua vita. Da quel maledetto grande gioco folle che gli ha proposto e questa sensazione di impotenza è aumentata esponenzialmente da che si è svegliato nella stanza di quest’hotel.
<< Sono tuoi quei pensieri? >> le chiede sporgendosi verso di lei senza quasi accorgersene.
<< No >> scuote il capo chiudendo gli occhi. << Non sono pensieri, conclusioni alle quali sono giunta autonomamente seguendo i risultati di una matrice di calcolo, no >> ride amareggiata. << Sono consigli. I consigli di una persona che credevo amica >>.
<< Margaret Moriarty >> dice Sherlock con un filo di voce. La donna annuisce in modo solenne. Eccola che ritorna. Ecco che l’ombra di quella donna e della sua folle figlia torna a calare su di lui, sul suo passato, sulle persone che ha amato.
<< La mia vita è stata un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell’esistenza >> sospira sua madre. << Ho cercato da sempre le risposte nei numeri, e sono stata considerata strana per quella che molti definivano essere ‘passione’ per la matematica. Una passione >> ridacchia amareggiata. << Una definizione svilente a ciò che per me era un bisogno primario. Non potevo vivere se non facevo lavorare il cervello. Quel altro scopo c’è nella vita? >> gli chiede mettendo su una buffa espressione di incredulità. << Ma sono nata donna e a quanto pare non va bene che una donna usi il cervello. Sono altre le parti del corpo che la società vuole che siano usate. Da altri, ovviamente, non dalla donna, che non ha il diritto di compiere scelte al di fuori di quelle che sono considerate adeguate a lei dagli uomini. Non potevo che ribellarmi a tutto questo e trovai in Margaret una valida alleata. Intelligente, non al mio pari ma abbastanza da tenere il mio passo anche nei ragionamenti più complessi. Forte, sì, devo ammettere che è stata più forte di me. Lei non ha ceduto ai sentimenti. Ha giocato il gioco imposto dalla società per ben due volte, ma è riuscita a restare padrona del suo corpo e della sua mente. Io, invece, non ne sono stata capace.
Lei aveva già sposato Mortimer Moran, un uomo molto facoltoso e, a detta di tanti, terribile, che lei, però, riusciva a raggirare e manipolare a suo piacimento. Conobbi Holmes tramite Moran. Margaret iniziò da subito a parlarmene con insistenza, ma a me non interessavano le relazioni sentimentali né, tanto meno, quelle sessuali. Non si tratta di numeri primi, matrici standardizzate, equazioni dall’esito certo, insomma. Dei vantaggi che dall’avere queste cose potessi ottenere, poi, poco mi importava. Per questo quando Holmes si propose io rifiutai e Margaret mi diede della sciocca.
‘Lui ti darebbe tutto ciò che vuoi’ mi diceva. ‘Ti tratterebbe come una regina e non dovresti più preoccuparmi di nulla’. Sembrava non capire che io non avevo preoccupazioni e avevo già tutto ciò che volevo. Era lei che non sopportava i commenti della gente, quel giudicarci pazze, strane, non normali perché così dedite al lavoro e alla ricerca. Capii troppo tardi come Margaret non sopportasse questa mia indifferenza dinanzi all’altrui pensiero. Ha sempre cercato di portarmi dalla sua parte, di assoggettarmi al suo pensiero e, di conseguenza, al suo volere. E io, nonostante pensassi di me il contrario, avevo bisogno di una figura amica a me simile, che mi permettesse di sentire di essere in qualche modo non unica nella mia intelligenza. Un’intelligenza che sembrava tanto spaventare, inquietare e infastidire gli altri. Margaret, però, sapeva essere insistente e sapeva fare leva sull’altrui punto debole e così fece anche con me.
Holmes, poi, era bravo ad ammaliare. Si presentava con ottimi modi, belle parole e un sorriso affascinante. Mi disse che sarebbe stato un matrimonio di comodo. Aveva solo bisogno di una moglie con un buon nome e che non gli desse troppo fastidio. Io allora gli proposi un accordo >> dice volgendo lo sguardo attento e serio verso di lui. << Sarei stata sua moglie, ma non ci sarebbe stato nulla tra noi. Avrei continuato a portare avanti i miei interessi e, come voleva, non gli avrei dato fastidio se lui non ne avesse dato a me. Holmes, però, cambiò subito atteggiamento, dopo aver contratto quel maledetto matrimonio >> dice tra i denti chiudendo gli occhi. << Non si attenne ai patti. Mi precluse molte cose rendendomene obbligatorie altre. Scoprii solo molto tempo dopo, per bocca di Holmes, dell’altro accordo, il giorno in cui decisi di prendere in mano la mia vita e condurci in salvo. Quello che lui aveva stretto con Margaret. Lei lo avrebbe aiutato ad avermi e lui, in cambio, mi avrebbe relegata in casa, impedendomi di portare avanti i miei interessi. Senza di me lei sarebbe potuta essere il diamante di punta della collezione di cervelli notevolmente brillanti di Oxford. La mia più cara amica mi aveva venduta in cambio di considerazione, prestigio, devozione, potere >> elenca sottolineando ogni parola chinando il capo in avanti. << Quella donna più di chiunque altro mi fece capire quanto fossi umana e non refrattaria ai sentimenti come, invece, credevo di essere. E lo capii proprio nel momento in cui l’uomo che accettai come marito stava togliendomi la vita con le sue mani. Io, però, allora non sapevo nulla di tutto questo e non mi arresi >> dice guardandolo dritto negli occhi. << Mi battei per ottenere da Holmes che rispettasse l’accordo e fu una battaglia lunga, estenuante >> sospira scuotendo il capo. << Lui mi propose di stringere un altro patto >> dice sottolineando la gravosità della cosa guardando Sherlock dritto negli occhi. << Un figlio in cambio della possibilità di frequentare ancora l’ambiente accademico dal quale mi aveva strappata. Io mi ritrovai a un bivio: ottenere ciò che volevo concedendomi a lui o perseverare nel mio rifiuto, accontentandomi di portare avanti una vita noiosa e vuota di interessi che mi avrebbe in breve tempo uccisa.
‘Sarebbe poi davvero una cosa tanto brutta?’ mi chiedeva Margaret, che aveva già una figlia di un anno. ‘Devi solo dargli ciò che vuole. Cosa ci sarebbe di male, infondo? È solo sesso. In cambio avresti tutto ciò che hai sempre voluto’.
Io non ero convinta. Per prima cosa perché sapevo che non avrei comunque potuto più apertamente fare il mio lavoro, ma tenere solo aperta una facciata e portarlo avanti sotto banco. Poi, perché l’idea stessa del sesso mi disgustava e, benchè fosse un uomo attraente, il pensiero di lui su di me, dentro di me mi dava i brividi >> dice tremando visibilmente.
Sherlock le si avvicina un po’ di più, risuonando empaticamente della sua stessa paura. Non si accorge quasi di come da quelle che erano ormai solo braci un piccolo focherello sta tornando a scoppiettare.
<< Pensai ingenuamente di poterlo raggirare. Così accettai la sua proposta e nacque Mycroft >> sospira volgendo lo sguardo al bambino che tiene tra le braccia, che Sherlock, con sorpresa, si rende conto essere ora suo fratello. << Oh… non sono stata per nulla una madre per lui >> dice accarezzando i lisci capelli chiari che ricadono sugli occhi addormentati di quel piccolo Mycroft di soli sette anni. << Lui me lo portò via subito dopo il parto. Lo diede prima a una balia e poi a una tata, ma a me stava bene. Potevo fare ciò che volevo e dimenticarmi del tutto di quei nove mesi e del fastidio di dover contenere quella piccola vita dentro di me. Mi era del tutto estraneo e lo vedevo così simile a lui. Non solo nell’aspetto, ma anche nei modi. Da me sembrava aver ereditato solo l’intelligenza, ma la cosa non mi interessava. Avevo dato ad Holmes ciò che voleva, così doveva bastare. Ma non bastò. Per il diavolo, Sherlock, nulla è mai abbastanza >> gli dice scuotendo lenta il capo.
<< Cosa… cosa accadde? >> le chiede sporgendosi verso di lei. Il fuoco, ora vivo, le illumina il viso. Sherlock può scorgere la bellezza di questa donna dietro i lividi che la deturpano e questo gli scalda il cuore in un modo del tutto nuovo.
<< Accadde che iniziò a venire da me quasi ogni notte. A dirmi che ero sua moglie e che avevo il dovere di dargli ciò che voleva. Quando mi opponevo, quando tentavo di cacciarlo allora lui minacciava di togliermi ogni cosa. Non fu mai fisicamente violento con me, non allora, ma era pur sempre una violenza la sua. Psicologica.
‘Cosa ne ricavi a resistergli?’ mi diceva Margaret. ‘Solo il pericolo che diventi violento e che ti uccida in preda alla frustrazione dei tuoi continui rifiuti’.
Per tenermi stretto ciò che davvero mi permetteva di vivere dovevo sopportare quella piccola ma immensa, costante e inevitabile morte. E così cedetti. Cedetti per troppe volte, finchè non arrivaste voi. Anzi, finchè non arrivasti tu >> dice sorridendogli dolcemente. << Per nove mesi ci sei stato solo tu. E’ stato solo dopo, al momento del parto, che abbiamo scoperto quella che Holmes ha sempre definito essere un’anomalia. Era furioso per la sua presenza >> dice volgendo lo sguardo alla neonata che ora ha tra le braccia, così piccola da stare in una sola mano.
<< Vi lasciò a me, considerandomi responsabile di questa cosa sfuggita ad ogni controllo e io… io non sapevo cosa fare. Avevate bisogno di attenzioni continue. Soprattutto tu >> dice e tra le sue braccia ora c’è anche lui neonato, che piange disperato e inconsolabile. << Eurus era soggetta spesso a malanni e tu sembravi non darti mai pace di nulla. È stato terribile. Terribile. Ed ero totalmente sola in balia di voi. Voi che non rispondevate ad alcuna logica e mi rendevate impossibile portare avanti il mio lavoro >> lacrime fredde scendono dai suoi occhi. Lacrime che toccano il cuore di Sherlock che, titubante, solleva la mano e la avvicina alla sua spalla. Appena la sfiora molte immagini gli compaiono davanti agli occhi. Lui e Jane che la tengono per mano coinvolgendola in un girotondo. Lei che legge loro il libro preferito da entrambi. Risate a squarcia gola in una battaglia a suon di solletico o a cuscinate.
Allontana la mano come si fosse scottato, sconvolto da quel carnevale di coriandoli di ricordi.
<< Sì, siamo stati felici noi tre >> gli sorride guardandolo con occhi infinitamente dolci. << E’ successo all’improvviso e, sì, potremmo dire per caso >> ride allegra e imbarazzata. << Mi ero recata da Margaret portandovi con me, nella disperata ricerca di aiuto. Non avevate ancora neanche un anno >> dice accarezzando i due neonati che ora dormono entrambi tranquilli tra le sue braccia. << Lei non era in casa, ma c’era Hugh, il suo secondo marito e padre del suo secondo figlio James, che aveva quasi tre anni. Lui mi accolse e mi aiutò. Non lo fece solo occupandosi di voi, permettendomi di riprendere fiato. Lo fece insegnandomi a stare con voi, a capirvi e ad amarvi >> dice ed è ancora visibile l’amore che prova per lui nei suoi occhi, sul suo viso che lentamente torna pulito, libero dai lividi e ancora più bello. << Non avvenne tutto in una volta, ovviamente. Presi l’abitudine di recarmi da lui, sempre quando Margaret e i suoi figli non c’erano. Parlavamo per ore, giocavamo insieme tutti e quattro e, dio, quanto gli piacevate voi due e quanto a voi piaceva lui. Iniziò così a piacere anche a me. Non ero mai stata trattata con così tanto rispetto e delicatezza. Mi innamorai di lui mentre mi innamoravo di voi, io che credevo l’amore fosse solo una favola raccontata nei libri >>.
<< Anche io lo credevo >> sussurra lui catturando la sua attenzione.
<< Lo so e sono felice che anche tu abbia avuto la possibilità di ricrederti >> dice e questa volta la mano di lei si avventura sicura verso di lui posandogli una carezza sulla guancia.
Al tocco di lei immagini angoscianti gli invadono la mente. La vede, dalla prospettiva bassa del bambino che è stato, trascinarli in fretta per mano lungo il vialetto di Musgrave. Terrorizzata, poi, intima loro di correre, correre a più non posso.
‘Nascondetevi!’ questa è l’ultima parola che le ha sentito gridare.
Si scosta dalla sua mano come l’avesse scottato. È triste lo sguardo di lei.
<< Sì, purtroppo ho fallito. Perdonami, Sherlock >> sussurra e il pianto esplode. Dapprima contenuto, poi sempre più prorompente. Continua a chiedere perdono, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, senza più neppure tentare di sfiorarlo con le dita. Sono le sue dita allora che sfiorano lei. Mentre frammenti dei momenti felici si fondono con quelli più tristi la invita tra le sue braccia. Così piccola e fragile, da lei si propaga un piacevole profumo di sandalo e gelsomino. Fragranze che gli hanno sempre smosso piacevolezza e fastidio insieme e solo ora capisce il perché.
Sherlock chiude gli occhi e si perde nei respiri di sua madre, nei suoi singhiozzi, nel suo profumo e nella piacevolezza del tenerla tra le braccia. Il bacio che lei gli posava sulla fronte rimboccandogli le coperte. La mano di lei che affondava nei suoi capelli sempre spettinati. Il sorriso bello che gli regalava baci carichi di amore incondizionato. Aveva rimosso tutto questo. No, non lo ha rimosso, lo ha represso, volutamente schiacciato in quella cantina buia, fredda e umida.
<< Volevamo andare via, fuggire lontano >> continua tra le lacrime rincuorata dal suo abbraccio. << Avremmo vissuto nel Sussex nel cottage di una sua vecchia zia. Lì tu, Eurus e James sareste stati bene e anche noi. Lui stravedeva per suo figlio e non lo avrebbe mai lasciato a Margaret e a quella strana creatura che era la sua primogenita. Sareste cresciuti come fratelli e saremmo stati felici. Ne ero così sicura, sai? Convinta di poter raggirare Holmes e di salvarmi, di liberarmi una volta per tutte di lui. Purtroppo mi sono illusa. Non avevo tenuto conto di lei e del dubbio che insinuò nella mente violenta di Holmes >> dice e Sherlock sente ribollire il sangue di rabbia nel ritrovare anche nel racconto di sua madre l’ombra diabolica di Moran. <<  Il cuore mi andò in mille pezzi quando appresi da lui anche quella parte del piano ai miei danni portato avanti dalla mia migliore amica. Mi sentii tradita e persi i miei più grandi amori. Hugh, te ed Eurus… oddio, mi spiace così tanto avertela portata via, Sherlock >>.
Nuove lacrime sgorgano dagli occhi chiari di lei. Ora Sherlock ricorda perché cambiò idea su sua madre. Ricorda le parole di suo zio Rudolph, l’unico che abbia mai accettato di soddisfare la sua curiosità rispondendo alle sue domande scomode. Certo, quella verità deve essere stata sconvolgente al punto da portarlo a reprimere tutte le informazioni in quella piccola cella nella quale oggi l’ha ritrovata. Una repressione così forte da portarlo a non pensare più a lei e a provare fastidio al solo pensiero del concetto stesso di madre. Da anni non usa quella parola. La sente riverberare nei suoi ricordi, gridata da Jane.
<< Mamma >> sussurra vincendo lo strano imbarazzo che sta provando. Il pianto della donna si placa e resta senza fiato. << Tu ci hai provato, hai provato a liberarci da quella rete, a regalarci un futuro diverso, più felice, forse. Non hai alcuna colpa se è andata così. Era l’unico modo in cui potesse andare. Se è il mio perdono che cerchi sappi che lo hai. Ti perdono, mamma >>.
Le braccia di lei si stringono forte attorno alle sue spalle. Una risata allegra, così simile a quella di Jane, nasce dal petto di lei. La sente vibrare contro il suo, contagiarlo e scaldargli la pelle gelida.
La piccola cella nella quale si trovano diviene sempre più calda e luminosa. Il profumo di erba tagliata di fresco si unisce a quello di lei e quando Sherlock apre gli occhi non sono più le pareti gonfie di umidità di quell’antro oscuro quelle in cui si trovano. È il cielo terso della sua infanzia. Il prato nel quale andavano a giocare quando le nuvole si diradavano e finalmente la pioggia concedeva loro qualche ora di libertà. Il vento è caldo, qui, e li avvolge, accarezzando il loro abbraccio.
<< Non commettere il mio stesso errore, Sherlock >> gli dice sua madre allontanandosi appena da lui per potersi specchiare nei suoi occhi. << James è un ragazzo instabile che ha sofferto tanto, ma non devi fare mai eccezioni! Un’eccezione contraddice la regola. Ciò che Jim ha vissuto non giustifica le sue scelte e la sua condotta, ovviamente, e non deve farti desistere dal distruggerlo. Può, però, esserti d’aiuto. Lui non terrà fede al vostro accordo >>.
<< Sì, me ne ha già dato prova >>.
<< No >> ribatte seria sua madre. << Quello era solo un capriccio. Lui ha intenzione di fare proprio quello che tu gli avevi chiesto di non fare in cambio del tuo arrendersi al suo volere e affiancarlo, in qualità di socio, nella sua brama di potere >>.
<< E’ impossibile! Lui non sa che John sarà presente al vertice sotto le mentite spoglie di un agente dell’M… ah! >> esclama e cosa intenda sua madre ora gli è chiaro. << Questo non ha senso! Gli ho detto chiaramente che se avesse fatto qualcosa a John non avrebbe avuto nulla da me, che mi sarei ucciso. Io davvero non lo capisco. Quest’uomo è troppo strano >> sospira affranto. << E per me resta un mistero >>.
<< Figlio mio, non cadere nell’errore di confondere ciò che è strano con ciò che è misterioso. Tu sei un consulente investigativo e sai come spesso il delitto più aberrante è il più incomprensibile proprio perchè non presenta aspetti insoliti o particolari da cui si possono trarre delle deduzioni. Su James gli aspetti insoliti e particolari abbondano e puoi quindi trarre tutte le deduzioni che vuoi >>.
Sherlock ragiona sulle parole di sua madre. Moriarty più volte è tornato sulla possibilità che lui stia tramando alle sue spalle, dimostrando la sua diffidenza. Lui effettivamente sta tramandogli contro e su più fronti, anche. Quale modo migliore per smascherarlo di quello di fare una strage là dove, per senso di logica, dovrebbe trovarsi il suo uomo, qualora davvero non fosse impegnato in loschi complotti alle spalle del nemico? Così facendo, inoltre, James porterebbe avanti anche un altro pezzo del suo piano. Portare a compimento una strage nella casa dell’uomo al quale le nazioni riunite hanno affidato l’organizzazione del vertice di pace getterebbe questo stesso uomo in cattiva luce. Partirebbe così l’opera di distruzione del buon nome di Mycroft Holmes. Quale terreno migliore di quello per far germogliare i semi del sospetto, che lo porterebbero ad essere accusato di essere il mandante di quanto, tra qualche ora, avrà luogo sulle cascate di Reichenbach?
<< Una deduzione giusta ne suggerisce invariabilmente altre >> annuisce sua madre soddisfatta di lui.
<< Non basterà, però, che io mi mostri disperato per quanto è successo. Potrebbe pensare che sia sempre parte del mio piano e che reciti affinchè lui possa comprendere quanto fossi sincero e convincersi di aver davvero fatto fuori John >>.
<< No, infatti. Lui è intelligente, in questo hai ragione. Ed è folle, cosa che lo rende ancora più brillante. Ha tentato più volte di sedurti proprio usando questa sua diabolica intelligenza >>.
Sherlock annuisce, rendendosi conto di come James in effetti sia riuscito nel suo intento seduttivo durante quel grande gioco.
<< Non devo, però, neppure dargli ciò che vuole. Perché lui della passività non si accontenta, altrimenti mi avrebbe già preso quando l’ho invitato a fare di me ciò che voleva >>.
<< Cos’è che l’affascina di te? >>.
<< E’ convinto che io sia come lui >> risponde e la soluzione al loro problema gli si presenta chiara e maledettamente semplice.
<< Il principio del rasoio di Occam non sbaglia mai >> sorride sua madre. << E, dal momento che siete due menti dall’intelligenza superiore, fate vostra l’altra verità assoluta: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Tu e James sembrate l’incarnazione del principio di Newton! >> ridono entrambi in quest’atmosfera ora calda e serena sotto il cielo terso della Cornovaglia.
<< Direi che sono pronto ad andare in scena >>.
<< Sì, lo penso anche io >> sorride lei carezzandogli il volto e nessuna esplosione di immagini gli provoca ora il suo tocco, solo la piacevolezza della sua dolcezza. << Ricorda che il modo migliore per recitare una parte è quello di viverla. Calati, quindi, in questo nuovo ruolo, proprio come fanno i ‘Los errores’. Non cercare fuori da te, però. Non è di un personaggio che hai bisogno. Dentro di te troverai tutto ciò che ti serve per battere James perché, figlio mio, ricordati che sei più forte di lui. Questa forza ti viene dall’amore che provi per John, per Mycroft e per tutte le altre persone che consideri amiche. Devi stare attento, però, e ricordarti che il tocco supremo dell’artista è sapere quando fermarsi. Se non ti fermerai rischierai di scoprire ciò che James ha inventato per convincersi della vostra affinità >>.
<< Devo ammettere che questo mi spaventa. Scoprire queste parti di me così simili a lui mi fa temere di poterlo essere davvero >>.
<< Quella dell’investigazione dovrebbe essere una scienza esatta e andrebbe, quindi, trattata in maniera fredda e distaccata. Mi rendo conto di quanto sia importante che lo Sherlock uomo affronti queste paure. Tutto ciò che non è noto, infondo, ci appare straordinario. Tieni a mente, però, che ognuno di noi ha un lato oscuro e in qualunque momento può finirci dentro. Ma non è questo il momento di cimentarsi in simili analisi. Ora bisogna agire e risolvere questo maledetto problema >>.
<< Questo e anche quello che sta piombando su Mycroft >>.
<< No, Sherlock >> dice decisa scuotendo il capo. << Non moltiplicare gli elementi più del necessario, rischi di complicare senza motivo ciò che è semplice. Ricorda che all’interno di un ragionamento va ricercata la semplicità e la sinteticità[12]. Il tuo compito è risolvere la situazione che si è venuta a creare tra te e Moriarty. Solo lì hai da concentrare le tue energie e solo così permetterai di dare vita a quel moto energetico che porterà il sistema a trovare il suo giusto equilibrio, salvando, di conseguenza, tuo fratello >>.
Sherlock sorride del suo parlare per citazioni matematiche. Si rivede molto nel suo modo di ragionare, di buttare qua e là citazioni e frasi fatte. Si rende conto di aver preso tante cose da lei, tutte quelle cose che lo caratterizzano e che pensava con orgoglio di aver costruito da solo. Non prova alcun fastidio nel vedersi espropriato di tali convinzioni, anzi, è felice di portare dentro di sé questi logici e matematici frammenti di lei. La abbraccia e per un lungo momento torna ad essere il bambino che si addormentava sul suo petto, ipnotizzato dal ritmico battito del suo cuore. Le mani di lei affondano nei suoi capelli e il consulente prova una profonda sensazione di protezione e sicurezza.
<< Sarai qui se avrò bisogno di te? >> le chiede in un sussurro imbarazzato.
<< Certo. Sono sempre stata qui per te >> risponde posandogli un bacio sulla fronte.
<< Perdonami per essermi dimenticato di te >>.
<< Non ti sei dimenticato. Ci sono sempre stata, solo non sapevi che fossi io. C’è un po’ di me nella fiducia di Lestrade. Un po’ di me nell’amore di Molly. Un po’ di me nel the della signora Hudson. Un po’ di me nei richiami austeri di Mycroft. E c’è un po’ di me anche nell’abbraccio amorevole di John >>.
Sherlock sorride della sue parole. Inconsciamente si ricerca nelle persone che si incontrano lungo il cammino brandelli di quelle che ci hanno generato e cresciuto. Moriarty aveva rimandato l’idea che ci fosse suo padre nel John che senza pensarci su ha ucciso la donna che aspettava suo figlio e che per questo motivo lui lo avesse scelto come compagno. Ora sa che non è così. Nel suo uomo e in tutte queste figure amorevoli c’è sempre stata l’ombra di lei.
<< Mi rendo conto solo ora che hai sempre cercato di proteggermi e che, attraverso queste piccole parti di te, continui a farlo >>.
<< Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle[13]. È tu sei stato amato da Jane, tanto amato da lei. E da me >> sussurra imbarazzata queste ultime tre parole.
Sherlock la stringe forte tra le braccia. Bacia le sue guance arrossate e chiude gli occhi per imprimere nella sua mente il suo bel volto e quel sorriso amorevole.
 
Apre lentamente gli occhi. La stanza è appena illuminata dalla fioca luce dell’abatjour. Le mani sono ancora unite sotto il mento. Il corpo disteso, perfettamente allineato. Un sorriso sicuro e deciso gli incurva le labbra. Sente dentro di sè un’energia nuova.
<< Non è più un gioco, adesso, fratellino >> dice e con un unico movimento fluido e rapido salta giù dal letto.
 
 

[1] La immaginavo più movimentata la stanza della tua adolescenza, occhibelli
[2] Mamma mia, che tomo!
[3] Inquietante
[4] Mamma mia, che brividi
[5] Cosa diavolo sta succedendo, Juan?
[6] Gli uomini che sono rimasti appostati qui fuori in questi giorni hanno deciso di venire a fare la nostra conoscenza.
[7] Ma che gentili
[8] Attenta!
[9] Mia nonna dice sempre che se sogni la morte di qualcuno gli allunghi la vita
[10] Per fortuna tua nonna ha avuto ragione anche questa volta
[11] A parità di fattori, la spiegazione più semplice è da preferire.
[12] Capisaldi del principio del rasoio di Occam
[13] Non potevo non mettere questa bellissima citazione di Silente, da ‘Harry Potter’ della Rowling

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Buongiorno e buona domenica!
Questo capitolo è un po' come la quiete prima della tempesta e per questo qui sarò brevissima.
Vi auguro una buona lettura
Alla prossima.

Patty

Capitolo 32
 
C’è un messaggio nascosto in ogni cascata.
Dice: ‘Sii flessibile, cadendo non ti farai male!’
 
(Mehmet Murat Ildan)
 
<< Ma cosa cazzo è successo qui? >>.
Greg si guarda attorno esterrefatto. Dopo il teatrino messo su da Mistica e Mycroft per affidargli il compito che sta portando avanti con successo, immaginava che la telefonata di Anthea portasse altre novità. Non si sarebbe mai aspettato, però, di ritrovarsi sulla scena di un massacro.
Ascolta distrattamente il resoconto di Grey su quanto è accaduto. Il corpo di John riverso nel suo stesso sangue cattura tutta la sua attenzione. Sa bene che non si tratta del suo amico, Grey glielo ha detto ancora prima di condurlo nel salotto. Eppure il trucco perfetto di Mistica gli impedisce di essere del tutto tranquillo sull’identità di quell’uomo.
<< Abbiamo pensato di chiederti aiuto, Greg. Perdonaci, ma, come vedi, la situazione ci è sfuggita di mano >> dice Grey accendendo l’ennesima sigaretta. È lì da neppure un quarto d’ora e questa è la terza che fuma.
<< Giusto un poco >> ribatte il detective.
La scorge solo adesso e non può fare a meno di trasalire. Anthea è seduta su una poltrona posta posteriormente di tre quarti rispetto al punto nel quale si trova lui. Fatica a riconoscerla a causa degli occhi pesti e gonfi, del volto tumefatto e dell’aria abbattuta, ma è proprio lei.
<< Oh cristo, Anthea, ma che ti è successo? >> le domanda andandole incontro. La ragazza abbozza un sorriso in segno di saluto.
<< E’ un piacere vederti, Gregory. Come sta Molly? >> gli chiede, come se si fossero incontrati per caso in un bar. La sua calma lo destabilizza più delle parole che usa. Incapace di dire alcunché indica i lividi. << Oh, sì. Un piccolo incidente sul lavoro >> ridacchia lei riavviando una ciocca dietro l’orecchio.
<< Un… incidente sul lavoro? >> ribatte lui, la gola arida. << Lo stesso di Molly? A proposito sta bene. Certo, se per bene si intende svegliarsi ancora con gli incubi e guardarsi alle spalle ogni momento in qualunque luogo si trovi >> ironizza arrabbiato. << Chi ti ha ridotta così? Perché questi uomini sono venuti qui con l’intento di uccidervi? Cosa cazzo sta succedendo? >> le chiede esasperato.
Diligentemente, dopo un momento di silenzio nel quale i loro sguardi restano agganciati, la ragazza gli racconta quanto è successo da che lui è tornato da Molly.
<< Qualcosa, però, deve essere andato storto >> conclude. << Oppure era così che Moriarty voleva che andasse fin dall’inizio. Fatto sta che gli uomini che ci tenevano d’occhio hanno fatto irruzione nel cuore della notte, con l’ordine di eliminarci. Noi, come puoi vedere, ci siamo difesi >>.
<< Una guerra mondiale… >> dice Greg shoccato. << Quel pazzo di Moriarty sta progettando di fare esplodere la terza guerra mondiale e, cristo, io mi ci trovo preso in mezzo! >> esclama portando le mani al viso. << Oddio, non ci posso credere! Vi lascio soli per, quanto? Tre settimane e voi vi cacciate nel folle tentativo di impedire un conflitto mondiale! Tu, Anthea… tu e il tuo capo… e quel pazzo di suo fratello… e, sì, anche John… voi mi farete uscire di senno! >> grida portando le mani ai capelli.
<< Greg va tutto bene >> gli dice Anthea lentamente. << Cosa ti aspettavi, infondo? Che si riducesse tutto a una scaramuccia tra menti geniali? >>.
<< Certo, scemo che sono stato! >> ride nervoso. << Figurati se a uno come Moriarty bastava cercare di portare via l’uomo al suo rivale! No, lui ci deve piazzare anche una guerra mondiale, giusto per garantirsi un futuro felice vivendo di rendita grazie alle azioni delle sue industrie belliche. Anzi, sai che ti dico? Che se fossi in Sherlock me lo terrei stretto uno così! Sai che bella vita fatta di ricchezza e potere? Perchè ostinarsi a voler passare il resto dei propri giorni accanto a un medico con uno stipendio ai minimi settoriali e a rincorrere delinquenti, giusto per aiutare questo povero ex detective di Scotland Yard? >>.
<< Sai essere esilarante, lo sai? >> ride Anthea divertita.
Greg la guarda storto, ma ricaccia giù l’imprecazione che gli stava salendo alle labbra. Inutile perdere tempo con battute e sproloqui. La situazione è molto più che seria.
<< Ragazzi, questa volta non so che pesci prendere >> dice facendo trasalire i tre. << Non sono più nella omicidi e sto già facendo i salti mortali per portare avanti quanto richiestomi da Sherlock senza che la cosa giunga a orecchie indiscrete che manderebbero tutto a monte. In più, una cosa di questo calibro metterebbe Mycroft in cattiva luce, dal momento che questa è casa sua. Lui tra qualche ora presiederà il vertice di pace e si ritrova la casa piena di cadaveri: non è certo una buona pubblicità >>.
<< Ed è quello che si aspetta Moriarty! >> esclama Grey colto da illuminazione. << Mycroft era convinto che, ora che ha in mano Sherlock, lui non gli servisse più. Sappiamo che Holmes senior ha ucciso il padre di Moriarty per poi essere assassinato da Mycroft. James lo tiene sotto ricatto proprio grazie a questo omicidio. Sappiamo che ci sarà un killer domani al vertice e che ucciderà non abbiamo ancora capito quale rappresentate delle nazioni coinvolte. È possibile che voglia addossare a Mycroft l’ideazione di questo atto terroristico… >>.
<< … per infangare il suo nome, farlo condannare e forse anche ucciderlo >> conclude Anthea sconvolta. << Sì, Juan, è plausibile. Una strage di questo tipo a casa sua, nella quale sono coinvolti sicari e giornalisti investigativi famosi quanto voi è una nota in più a suo sfavore >>.
<< Eliminato Mycroft, James potrà far prendere il suo posto a Sherlock e lui, che non esiste agli occhi dell’opinione pubblica, grazie al processo ai danni del consulente investigativo, può continuare a governare nell’ombra. È davvero un fottuto genio del crimine, cristo! >> dice Grey tra i denti.
<< L’ipotesi di Mycroft su come Moriarty avrebbe potuto riabilitare il nome di Sherlock, allora, si fa più possibile >> sospira Mistica avvicinandosi a loro.
Greg osserva Anthea e i giornalisti mentre danno voce a quelle ipotesi da film di spionaggio. Attorno a loro il puzzo dei corpi morti inizia a farla da padrone e il peso che hanno su tutta quanta quella situazione diventa sempre più grande.
<< Non possiamo lasciarli qui >> dice guardandoli con disgusto. << Se quel che dite è vero, Moriarty stesso farà in modo che i corpi vengano scoperti e se ciò accadesse per Mycroft le cose si metterebbero molto peggio >>.
<< Hai ragione >> sospira Anthea che cambia piano posizione sulla sedia. Una triste espressione di sofferenza le sconvolge il viso.
<< Eppure… >> dice Grey lasciando la frase in sospeso. Prende il cellulare e per un lungo istante ci smanetta su avvolgendosi di mistero.
<< Cos’hai in mente? >> gli chiede.
<< Greg, come hai deciso di operare per portare avanti l’incarico affidatoti da Sherlock? >> gli chiede ignorando quanto gli ha domandato.
<< Ho presentato il problema al detective Dimmock, uno affidabile. Ha da sempre avuto una gran stima di Sherlock ed è risultato pulito da ogni possibile contatto con Moriarty o chi per esso. Abbiamo fatto partire un controllo fiscale valutando molto bene, prima di contattarli, la fedina penale e le abitudini di ogni singola persona alla quale avremmo dovuto presentare il caso. Ci stiamo lavorato notte e giorno senza fermarci un attimo, cazzo! >> dice passando la mano sulla fronte. << Abbiamo iniziato a requisire molti dei beni indicati dai documenti che erano presenti nella chiavetta lasciatami da Mycroft, badando bene di non rendere la cosa rintracciabile. Siamo solo all’inizio, perché la lista dei tesori di Moriarty è dannatamente lunga e per di più scritta in codice. Sherlock mi ha indicato cosa usare per decodificarlo e stiamo procedendo diretti come un treno >>.
<< Greg, dovessi mai decidere di trasferirti in Spagna fammelo sapere che ti faccio assumere dal nostro comando di polizia. Vorrei averti al posto di quel pasticcione di Torres! >> esclama il giornalista, alzando finalmente gli occhi a incontrare i suoi. << Direi che hai fatto un ottimo lavoro e ora tocca a me iniziare seriamente a fare il mio >>.
<< Cos’hai in mente? >> ripete Greg, questa volta deciso a ottenere risposta.
<< Mycroft ha ipotizzato che Moriarty si inventerà la sua storia per spiegare il perché del suicidio di Sherlock. Ormai, per come stanno andando le cose, come diceva Miriam, possiamo dare per certa questa ipotesi >> dice scoccando un’occhiata ai cadaveri. << Io mi inventerò la nostra storia per spiegare quanto è successo qui. Sarà il cappello introduttivo della nostra inchiesta sul Napoleone del crimine e servirà non solo a rendere pubblica la vera motivazione che ha spinto Sherlock a fingere il suicidio, ma anche ad evitare che Mycroft sia accusato ingiustamente >>.
<< Non puoi rendere pubblico quanto sta accadendo proprio adesso, Juan! >> obietta Anthea preoccupata. << Il piano di Sherlock è appeso a un filo e le notizie giungono subito all’orecchio di Moriarty. Rischi di far saltare tutto quanto! >>.
<< So bene quali rischi ci sono, Anthea. Faccio questo lavoro da molto prima che tu imparassi a tenere in mano un fucile, non sono propriamente uno sprovveduto >> ribatte severo il giornalista. << Daremo vita a un effetto vortice >>. 
<< Di cosa si tratta? >> domanda Greg curioso.
<< Partiremo da lontano, con una notizia che apparentemente non c’entra nulla e piano piano, procedendo di pari passo con quanto accadrà al vertice, arriveremo al nostro obiettivo. Nulla viene svelato perché tutto procede quasi in sincrono. Se le cose, poi, dovessero andare storte e Moriarty dovesse riuscire nei suoi intenti, sarà la sua parola contro la mia e ti assicuro che la mia ha un peso notevole >>.
<< Voglio partecipare anche io alla creazione di questa storia >> sbotta Anthea, intenzionata a non farsi mettere i piedi in testa da quest’uomo. << Fino a prova contraria sono ancora la segretaria di Mycroft Holmes e per questo ho il diritto ad essere coinvolta in tutto ciò che lo riguarda >>.
<< Non lo metto in dubbio e, anzi, direi che il tuo aiuto mi è fondamentale >> le sorride Grey, con voce carezzevole. << Ho bisogno che cinque di questi corpi siano identificati come nostri e che non vengano toccati dai coroner del Bart’s, come è stato fatto per quelli di Àngel e Moran. Gli altri cinque, invece, devono essere privi di identità e, allo stesso modo, non toccati, per il momento. Mi serve poi il database dei servizi segreti al quale hai accesso per controllare chi siano queste persone e che coloro con i quali avrò a che fare non siano sotto le direttive di Moriarty. Pensi di poterlo fare? >>.
<< Ritienilo eseguito >> gli dice e subito afferra lo smartphone e a sua volta inizia a scriverci su.
<< Ti ringrazio. Miriam, ho bisogno tu faccia un miracolo in mezz’ora! Identifica tra gli otto cadaveri dei sicari tre che possano assumere le nostre identità e truccali a dovere. Fai prima loro una foto e prendi le impronte digitali, in modo che possa rintracciarli nei database >> ordina e la ragazza scatta in una sorta di saluto marziale prima di correre a recuperare al sua attrezzatura. << Avrò bisogno anche del tuo aiuto, Greg >> aggiunge volgendo quell’unico occhio bene visibile sull’ex detective. << Ciò che sto per chiederti va fuori da ogni legalità e sicuramente contro i tuoi principi etici e morali. Dovrai essere più che sincero nel dirmi se è fattibile o meno >> gli dice e Lestrade si rende conto di essere eccitato all’idea di ciò che sta per domandargli piuttosto che turbato. << Abbiamo qui dieci corpi. Due vestono già i panni di John e Valerio e altri tre, come hai sentito, presto si trasformeranno in piccole copie di me, Anthea e Miriam. Gli altri cinque non dovrebbero neppure essere qui, dal momento che ho comunicato agli uomini di Moriarty che non ci sono stati morti tra i sicari. Nonostante questo, questi cinque corpi devono uscire da qui e non esistere allo stesso tempo. Ho bisogno che il coroner chiuda un occhio sulla loro presenza e che poi, come ho chiesto ad Anthea, dia loro un posto nelle celle etichettandoli come privi di identità >>.
<< Mi stai chiedendo di coinvolgere nuovamente Molly nei vostri piani? >>.
<< Non solo >> ammette Grey senza alcun rimorso. << Hai detto che questo Dimmock è affidabile. Bene, voglio sapere fino a che punto lo sia, perché ho bisogno che sia a conoscenza della verità ma la tenga per sé. Dovrà essere disposto a mettere a verbale la sola presenza di cinque corpi e la dinamica della strage così come gliela racconteremo, senza fare troppe domane e senza pensare troppo alle conseguenze nelle quali potrebbe incorrere. Pensi ci si possa fidare di lui? >>.
Greg ci pensa su qualche istante. Il suo giovane collega si è dimostrato zelante e pronto a tutto, ma anche molto inesperto e facilmente preda del panico. Non è sicuro che la stima che nutre per Sherlock possa coprire anche menzogne così grosse che possono causare conseguenze non da licenziamento ma da galera. Occultare cadaveri, confermare identità false… non sono cose che ci si aspetta faccia un detective onesto.
<< Lascia che gli parli. Sonderò il terreno e ti farò sapere >>.
<< Posso darti mezz’ora, non di più. Abbiamo maledettamente poco tempo >> dice leggendo e rispondendo a una serie di messaggi che gli stanno giungendo al cellulare. << E in questo poco tempo ho anche bisogno che siano identificati questi sicari e che si mandino degli agenti nei luoghi in cui vivono e frequentano per osservare chi vi si aggira e chi li cerca o chiede di loro. Questi otto devono a tutti gli effetti figurare come ancora vivi e dobbiamo identificare ogni possibile uomo di Moriaty messo alle loro calcagna, per poterlo fermare prima che sveli al suo capo quanto davvero sia successo qui >>.
<< Robetta semplice, insomma >> ironizza Greg, che si rende conto di quanto il piano di Grey sia non solo delicato ma anche complesso da attuare.
<< Pensi sia possibile farlo? >>.
<< Abbiamo altra scelta? >>.
<< No. Per questo mi serve da te la certezza di poter avere Dimmock e tutti gli uomini ai suoi ordini dalla nostra! >>.
<< Farò l’impossibile >>.
<< Così mi piaci! >> gli dice, dandogli una poderosa pacca sulla spalla. << Già che fai l’impossibile, ho bisogno di reperire informazioni da aggiungere alle mie per rendere credibile e inattaccabile ciò che dirò. Voglio tutti i faldoni nei quali Sherlock archivia le sue deduzioni e le ricerche sui personaggi che ritiene degni di nota in quanto potenzialmente pericolosi. Non abbiamo tempo e dovremo essere più che rapidi, quindi fai in modo che mi sia portato tutto al massimo entro un’ora >>.
<< E dove dovrei far portare tutto quanto? >> gli chiede infastidito dal suo modo di fare.
Il ragazzo ci pensa su qualche istante prima di sorridere soddisfatto.
<< Anthea, il tuo capo ha qualcuno su cui possa contare ciecamente? Una persona alla quale affidare la sua stessa vita, se necessario? >>.
<< Harry >> risponde sicura la ragazza. << Lavora per la famiglia reale da anni. Lui e Mycroft si conoscono dai tempi dell’università e c’è tra loro un patto di riservatezza molto forte. Soprattutto Mycroft è a conoscenza di fatti personali di Harry che custodisce gelosamente >>.
<< Un galoppino della famiglia reale, non potevo aspettarmi nulla di diverso da uno come Mycroft. Quale posto migliore del luogo più importante di Londra per portare avanti un’operazione come questa? >> ridacchia rispondendo a un ennesimo messaggio. << Bene, penso sia venuto il momento che questo Harry gli restituisca il favore. Pensi che possa procurarci un posto dove poterci nascondere e portare avanti in tutta sicurezza le indagini? >>.
<< Mi basterà ricordargli di come, se mancasse di aiutarci, potrebbe giungere in mani indiscrete la busta a lui intestata e che Mycroft custodisce nella cassaforte degli Holmes >>.
<< Bene, nulla di meglio di un sano ricatto per mantenere in piedi una solida amicizia! >> ironizza Grey strappando una risata all’ex detective. << Per scrupolo, prima di chiamarlo e chiedergli udienza per spiegargli quanto sta accadendo, fai un bel controllo incrociato per accertarci che sia pulito >> le chiede porgendole il suo laptop.
<< Provvedo immediatamente >> annuisce la ragazza buttandosi a capofitto nel lavoro.
<< Bene, direi che ho esaurito gli incarichi. Greg fai del tuo meglio con Dimmock e con Molly e mettimi subito al corrente di ogni cosa >> conclude per poi attaccarsi al telefono e iniziare a parlare velocemente in spagnolo con chissà chi.
<< Modalità ‘attitudine al comando’ inserita, a quanto pare >> ridacchia Greg. Anthea è concentrata sui controlli incrociati che sta eseguendo su questo Harry. << Così se questo tizio risulterà pulito verrete ospitati niente poco di meno che a Buckingham Palace. Dovresti controllare anche che la regina non abbia intrallazzi con Moriarty, dal momento che sarete suoi ospiti >>.
<< Non suoi, Gregory. Ti stupiresti della quantità di cose che vengono fatte a palazzo senza che né la regina né la sua famiglia ne siano a conoscenza >> ribatte lei sospirando quasi ad ogni parola che digita.
<< Ti fidi di Grey? >> le chiede Greg catturando al sua attenzione.
<< Ho qualche alternativa? >> risponde lei in modo stanco. << Ha ideato nel giro di pochi minuti un piano eccellente che dimostra quanto sia davvero un professionista. E poi gioca a nostro favore il fatto che  non metterebbe mai in pericolo il suo uomo più prezioso >>.
<< Già >> annuisce Greg, guardando distrattamente Mistica portare avanti il trucco su uno dei cadaveri che sta poco per volta assumendo le sembianze del suo capo. << Fox è con John e resterebbe inevitabilmente coinvolto dall’effetto di una fuga di notizie. È la nostra sicurezza ulteriore sul fatto che Grey agirà con cautela e cura >>.
<< Voglio che tu gli stia col fiato sul collo >> gli dice risoluta.
Greg resta stupito dell’ordine che gli ha impartito. Che poco si fidi di Grey, così come di chiunque altro non sia Mycroft Holmes lo trova normale. È questa totale fiducia in lui che lo spiazza.
<< Cosa sta succedendo, Anthea? >> le chiede, sicuro che ci sia molto più della diffidenza nei confronti del giornalista in quell’ordine.
<< Mycroft è in pericolo >> dice seria guardandolo negli occhi.
Lo stomaco di Greg si chiude rimandandogli una fitta dolorosa capace di sorprenderlo. Sulle labbra di Anthea, spaccate dalle botte prese, compare quel sorriso che altre volte le ha visto e sempre quando si ritrovavano a parlare di Mycroft. Sta per chiederle spiegazioni, ma la ragazza si mette in piedi a fatica. Barcolla, al punto che Lestrade si prepara a prenderla al volo.
<< Come vedi io non posso prendere parte alle operazioni. Molto probabilmente non potrò mai più prendere parte a nulla >> ride nervosa. << John è tutto preso dalla volontà di salvare il suo uomo. Fox da quella di vendicare il suo collega e impedire che scoppi la guerra. Nessuno di loro si preoccuperà di Mycroft, nemmeno lui stesso >> scuote il capo affranta. << La cosa più importante per quel testone è la salvezza del fratello e poi, se avanzerà tempo, anche della pace. Ciò vuol dire che non baderà a sé. Me lo ha promesso, ma lo conosco troppo bene e so quando pensa che qualcosa sia da considerare inevitabilmente persa. Conosco quello sguardo. Gliel’ho visto tante volte in viso per cose che riguardano politica e giri di denaro e non mi è piaciuto rivederlo per qualcosa che, invece, lo riguarda da vicino. Molto da vicino >>.
<< Ne parli come se stesse meditando di suicidarsi, Anthea >>.
<< No, Greg, in questo caso non si tratta di suicidio >> ribatte lei scuotendo il capo. << Mycroft è pronto a mettersi da parte per il fratello. Vuole che tutte le nostre forze siano concentrate su Sherlock. L’unica che fin’ora è stata concentrata su di lui sono stata io e guarda dove sono adesso e in che condizioni anche >> dice con voce rotta dal pianto. << Io… non voglio che muoia. Non lo trovo giusto, Greg. Ne ha passate davvero tante. Solo chi lo conosce può sapere quante e credo di essere io l’unica anche in questo caso. E non è giusto neppure per Sherlock. Non è giusto che perda anche lui, per questo Greg ti chiedo di controllare Juan. Voglio che tu prenda il mio posto >> gli dice muovendo un passo verso di lui. Greg le tende le mani temendo possa cadere e lei si aggrappa a lui. << Voglio che tu possa supervisionare il lavoro di quel giornalista con l’unico obiettivo di impedire che sia fatto del male a Mycroft Holmes. Il mio capo si fida di te. Hai salvato suo fratello e te ne è grato. Al punto che ha mosso mari e monti affinchè tu fossi riassegnato, sebbene a un incarico inutile, piuttosto che licenziato in tronco e sbattuto fuori a calci da Scotland Yard >>.
Greg resta senza parole. Sapeva che la sua situazione era parecchio brutta dopo l’inchiesta ai suoi danni, ma non tale da prevedere il licenziamento in tronco. Non gli è piaciuto di certo il suo nuovo ufficio né, tanto meno, il nuovo lavoro, ma ritrovarsi fuori dalla grande famiglia degli Yardes lo avrebbe distrutto molto di più. Si rende conto di dovere molto a Mycroft Holmes.
Un insolito calore gli invade il petto. Sono state davvero poche le occasioni in cui si è ritrovato nello stesso luogo insieme a lui e in ognuna di queste quell’uomo glaciale è stato capace di generare in lui emozioni controverse. Repulsione e fascino. Disprezzo e reverenza. Simpatia e antipatia. In queste ultime occasioni, poi, l’ago della bilancia si è spostato più sugli aspetti positivi, al punto da portarlo a stringerlo in un abbraccio consolatorio al fine di incoraggiarlo.
<< Sì, anche per questo >> dice la ragazza e benchè il suo viso sia gonfio di botte lo vede quello strano sorriso che già altre volte le ha curvato le labbra a quel modo.
<< Questo cosa? >> le chiede guardingo e lei ridacchia scuotendo il capo.
<< Mi sono accorta anche io tardi di quanto sia inevitabile, sai? >> risponde inclinando la testa di lato. << Di come non si possa, se si vuole bene a uno di loro, non provare affetto anche per l’altro. Come se questi due Holmes portassero sulla pelle un incantesimo che spinge a prenderli entrambi, anche se si fa la conoscenza di uno solo di loro. Io credo, sai, che ci sia lo zampino di Jane >> sorride come una bambina che svela un dispetto appena riuscito.
<< Beh… lei più di tutte conosceva i suoi fratelli e sapeva quanto fosse difficile per entrambi avere a che fare con le persone e con le emozioni >>.
<< Già. E penso sapesse anche quanto sia difficile per le persone riconoscere di amarli. Li si vede così lontani, così poco umani che, per istinto di conservazione e per difesa, li si allontana anche quando si vorrebbe, invece, conoscerli meglio >>.
<< Non tutti fanno così >> sottolinea Greg ed ecco nuovamente quel sorriso sulle labbra di lei.
<< Certo. Ed è per questo che lo salverai, non è vero Greg? >>.
Lestrade si sente parecchio confuso dalle parole di questa donna, che, ancora oggi che può dire di conoscerla un po’ di più che per nome, trova misteriosa ed enigmatica. È sicuro che abbia lasciato volutamente un sottinteso nel suo discorso e in quel sorriso.
<< Ti conviene ora contattare Molly per metterla al corrente della situazione e di quanto le è richiesto e di accertarti se Dimmock sia affidabile e spendibile. C’è un passaggio segreto che da qui conduce a Trafalgar Square, puoi dare loro appuntamento lì >> gli dice tornando a sedere. Rivolge l’attenzione al laptop lasciando intendere di non avere nulla da aggiungere.
Greg annuisce, più a se stesso che a lei, e, nonostante la curiosità di quel sottinteso, si mette all’opera. Cogliendo il suggerimento del passaggio segreto sul quale si porta, invia un messaggio a Dimmock e un altro a Molly invitandoli a raggiungerlo al più presto al ‘Cafè on The Square’ dove, con entrambi in situazioni diverse, si sono ritrovati più volte.
 
***
 
Un rombo continuo, incessante, inevitabile. Il rumore neutro della cascata viaggia sulla pelle, rimbomba nel torace, vibra nella pancia. Dalla finestra della stanza nella quale si trova, John osserva ipnotizzato la grande massa d’acqua crollare giù, andando incontro al suo destino. Nella caduta rivede sia Sherlock che Sky: il suo uomo e il ragazzo che ha inscenato il suo suicidio proprio da una cascata molto meno fragorosa di questa, ma ugualmente inquietante.
“Siamo insieme qui, Sherlock. In questa caduta infinita e inevitabile nel nulla” pensa e un brivido gli percorre la schiena. Questo hotel disegna un semicerchio nella roccia permettendo di ammirare in tutta la loro magnificenza e da più punti le cascate di Reichenbach. La sala che ospiterà il vertice di pace è posta al centro di questo semicerchio, esattamente di fronte al picco massimo della cascata.
“Quale luogo migliore per dare inizio a una guerra se non un vertice di pace tenuto qui, dove tutto incessantemente crolla” sospira portando le mani al volto. Si ferma, però, un attimo prima di accarezzarsi il viso. Per quanto il trucco gli dia fastidio a volte dimentica del tutto di stare indossando una maschera. Sperava di non doversi più sottoporre alle abili mani di Mistica e, invece, si è ritrovato addirittura a vestire i panni dell’agente Jeremy Nelson dell’MI6. Ha dovuto in breve tempo studiare a memoria ogni dettaglio della sua vita, per evitare che i colleghi scoprissero il raggiro.
“Ci manca solo questo” scuote il capo serrando le braccia al petto.
<< Juan ipotizza che questo attacco sia stato effettuato con lo scopo di preparare il terreno di false accuse che ti inghiottirà, Mycroft >> sta dicendo Fox.
Il fratello maggiore di Sherlock è seduto su una delle poltrone presenti nella suite imperiale messa a sua disposizione. Un bicchiere di whisky in una mano e una sigaretta accesa nell’altra. Ha appreso la notizia del massacro consumatosi a casa sua con apparente distacco. Lo stesso aplomb da bravo padrone di casa con il quale John gli ha visto accogliere i capi di stato extraeuropei già giunti in loco.
“Come diavolo ci riesci?” si domanda provando un moto di rabbia subito scacciato. Sa bene che quella è tutta una facciata, una messa inscena tirata su anche per proteggere Sherlock.
<< Grey sta preparando una contromossa, facendo partire l’inchiesta che stiamo progettando su Moriarty e il suo impero >> continua Fox vestito dei panni dell’agente Hopper. Appoggiato alla scrivania, è ben visibile nel suo sguardo, nel tono della voce e nelle dita che tamburellano incessantemente, il turbamento causato da quella notizia. Credevano che Grey, Anthea e Mistica fossero al sicuro, dato il patto stretto tra Sherlock e Moriarty e che hanno ipotizzato ponesse come base di scambio la loro incolumità in cambio delle resa del consulente. Anche se così fosse stato, il Napoleone del crimine, a quanto pare, aveva ben altri piani.
<< Così, ora tutti voi siete rimasti vittima dell’agguato operato dagli uomini di James >> dice Mycroft facendo ruotare con la mano il contenuto quasi intatto del bicchiere.
<< Sì, siamo tutti morti >> .
Sentirlo dire ad alta voce gela il sangue nelle vene di John. Per la seconda volta è stata inscenata la sua morte. Solo che in questa occasione tutto è sfuggito loro di mano. Ripensa a quando Grey gli aveva detto che tutti loro erano accomunati dall’essere dei suicida mancati. Anche se non per mano loro, in un certo senso mandare avanti quest’operazione li ha portati, anche se non veramente, per fortuna, a morire. Anche più volte, come nel suo caso e in quello di Sherlock.
<< Juan ha spiegato la situazione a Lopez, il nostro capo e direttore della testata giornalistica per la quale lavoriamo, e ha messo in moto la macchina dell’informazione. Siamo soliti lasciare degli stralci in redazione, una sorta di riassunto di quanto stiamo portando avanti, di modo che, in caso dovesse succederci qualcosa, come in questo caso, possa comunque essere reso pubblico il caso al quale stavamo lavorando e quando avevamo scoperto. La notizia di quanto è accaduto a casa tua sarà divulgata nelle edizioni del mattino e darà il via ad un effetto vortice. Sarà apparentemente semplice e priva di risonanza su quanto qui sta per succedere. Questo ci servirà soprattutto per tenere buono Moriarty ed evitare che possa temere di vedere andare in fumo i suoi piani e, allo stesso tempo, insospettirsi e scoprire che siamo ancora tutti vivi >>.
<< E quale sarà il tema centrale di questa notizia? >> gli chiede Mycroft.
<< I ‘Los errores’ si erano rivolti a te per avere delucidazioni su Moriarty le cui tracce avevano ritrovato durante l’inchiesta sulla pedopornografia d’alto bordo che stavano portando avanti. Tu ci hai ospitati affinchè potessimo indagare a fondo, dal momento che questo tizio sembrava essere stato inventato ad hoc da tuo fratello. Questa notte degli uomini, identificati come agli ordini del Napoleone del crimine, hanno fatto irruzione a casa tua e hanno ucciso noi e la tua segretaria. Questo massacro ai nostri danni metterà il dubbio sull’esistenza di Moriarty >>.
<< Oppure porterà tutti a pensare sia stato io a dare l’ordine di uccidevi per coprire la follia del mio sfortunato fratello suicida >>.
<< E questa sarà la prima falsa pista >> sorride soddisfatto Fox << ricorda che dobbiamo tenerci buono Moriarty che potrà solo gioire del dubbio che con questo pezzo metteremo nella testa dell’opinione pubblica. In parallelo con quanto accadrà oggi al vertice, però, saranno pubblicati altri aggiornamenti che renderanno noti i crimini da noi scoperti nei quali figura un collegamento con Moriarty a partire dall’inchiesta sulla pedoprostituzione, che, a tutti gli effetti, ci ha portato a dare inizio a questa operazione. Grazie a quanto Juan ha trovato nei faldoni nei quali tuo fratello ha accuratamente catalogato ogni singolo crimine in cui vi è l’ombra di James, inizieremo a far sorgere il dubbio che questo uomo non sia stato il frutto della mente malata di un consulente investigativo mitomane, ma che sia realmente esistito. Lo comproveranno riferimenti, persone coinvolte e situazioni troppo reali per essere state portate avanti da una persona che non esiste e molto lontane da te per vederti coinvolto in esse e mandante della nostra esecuzione. Entro la fine della giornata o al più tardi domani, il vortice di notizie farà il suo dovere e porterà a confermare l’esistenza Moriarty come persona reale e realmente pericolosa. Il nome di Sherlock sarà riabilitato e visto come l’unico che ha fatto di tutto per tentare di fermarlo, arrivando persino a fingere il suo suicidio pur di infiltrarsi nella sua rete e distruggerla dal di dentro. Cosa che ha tentato di fare grazie al tuo aiuto. Questo servirà anche a sedare sul nascere, o comunque a mettere in dubbio, eventuali notizie su un possibile tuo coinvolgimento nell’atto terroristico che avrà luogo domani >>.
<< Sono davvero ammirato >> dice Mycroft dopo un lungo istante di silenzio. << Come avevo detto, il vostro ruolo sarebbe stato fondamentale nel riabilitare il nome di mio fratello. Non immaginavo dovesse esserlo anche per riabilitare il mio >> dice prendendo un sorso di whisky.
<< Oh, andiamo! Smettila con questa recita, non sei più davanti ai potenti del mondo! >> sbotta John stringendo i pugni. Mycroft lo guarda stupito e poi, incredibilmente, arrossisce. Quell’espressione così infantile di imbarazzo è capace di sedare il moto di rabbia dell’ex soldato.
<< Touché >> dice prendendo una boccata di fumo. << In effetti vi avevo già esposto le mie idee circa il mio ormai scarso riutilizzo tra le schiere degli schiavi di Moriarty. Relegato alla figura di capro espiatorio, così finisce la mia carriera. Ho preso il posto di Ravache, con la differenza che non posso suicidarmi come ha fatto lui, ne andrebbe della pace e della fine della civiltà occidentale >> recita palesemente e per la prima volta John ritrova una notevole somiglianza tra i due fratelli.
<< Pensi che ci abbia massacrati perché qualcosa non è andato con Sherlock? >> gli chiede preoccupato.
<< No, John. Penso che fosse quel che aveva in mente fin dall’inizio. Posso solo sperare che mio fratello lo avesse previsto >>.
I loro sguardi si incontrano per un breve istante. Entrambi si affrettano a guardare altrove. Non hanno la confidenza adatta a rincuorarsi a vicenda. Non qui, dove la follia di Moriarty è più forte. John si era ben stupito della mano che Mycroft aveva posato sulla sua spalla la sera precedente, quando ancora erano relativamente al sicuro a Villa Holmes. L’ha accettata e vi si è aggrappato, ma l’imbarazzo per quella reciproca debolezza è stato grande al punto da portarli ancora più lontani l’uno dall’altro.
<< E’ bellissimo qui >> dice Fox avvicinandosi a John, lo sguardo rivolto al panorama oltre la finestra.
<< Odio questo posto >> borbotta il dottore. << Odio questa situazione. È sfiancante saperlo così vicino e dover restare fermo e buono al mio posto, nei panni di un altro. Vorrei solo ispezionare questo luogo da cima a fondo, trovare Sherlock e portarlo via da qui, sparando a brucia pelo su chiunque provasse a fermarmi. Che si fotta la guerra, che si fottano i ministri, i cancellieri, gli ambasciatori e tutti gli altri. Io la mia guerra la sto già vivendo e voglio solo poter stare in pace, cazzo! >> pensa placando l’istinto di portare la mano al viso.
<< Per questo siamo qui >> ribatte il ragazzo, lo sguardo rivolto alle cascate. << Anche io voglio stare in pace. Ho vissuto a lungo in guerra e avevo trovato il mio equilibrio. Non voglio che un pazzo metta i bastoni tra le ruote a quella che voglio sia la mia vita portando guerra e devastazione >>.
Il soldato ligio al dovere e alla corona che è dentro John si sente in colpa per le sue parole di sprezzante egoismo e menefreghismo. La pace sua e di Sherlock dipende anche dalla Pace tra i popoli e le nazioni. Cosa farebbero altrimenti? Scapperebbero vagabondi e timorosi di avere costantemente qualcuno alle calcagna?
“No, questo no!” sbuffa John arricciando il naso.
<< Se non c’è altro io andrei a cercare di dormire qualche ora >> annuncia Fox. Sia John che Mycroft si trovano d’accordo nel non avere altro da aggiungere e, augurando loro una buona notte, il ragazzo si ritira.
Restano soli, lui e Mycroft. Ognuno avvolto nei proprio pensieri, nei propri sospiri. John lo vede attraverso il riflesso che gli rimanda il vetro spesso della finestra. Fissa un punto imprecisato sulla moquette e continua incessantemente a far ruotare con la mano il contenuto ora più scarso del bicchiere. Le dita della mano sinistra, che tengono la sigaretta ormai al filtro, premono contro la tempia. Appare stanco, Mycroft Holmes. Porta ancora i segni sul viso e nel corpo della prigionia subita a Musgrave, ma, nonostante questo, sembra essere avvolto da un’aura di rigore, etichetta e inattaccabilità. Si è scelto una maschera bella impegnativa e pesante da portare, il fratello del suo uomo.
<< E’ un bene tu non possa farlo >> dice, rompendo il silenzio.
Dal riflesso sulla finestra vede Mycroft alzare la testa e portare gli occhi increduli su di lui.
<< Fare cosa? >> gli chiede senza, stranamente, dedurre l’intento delle sue parole.
<< Suicidarti >> risponde voltandosi verso di lui. << Sherlock non la prenderebbe bene. Lui ci tiene a te, Mycroft >>.
Ancora una volta vede le sue guance accendersi di un rossore adolescenziale.
<< Ci sei tu al suo fianco, ora. Anche lui non ha più bisogno di me, ammesso che ne abbia mai avuto >> ribatte con un sorriso tirato, dedicando la sua attenzione nuovamente a quel punto sulla moquette.
<< Ti sbagli, Myc >> ribatte, prendendosi la libertà di quel diminutivo. << Me lo ha detto lui stesso. Si sentirebbe perso senza di te, nonostante la mia presenza al suo fianco. Non sottovalutarti e non sottovalutare neppure lui >>. 
<< Non sto svalutando nulla, John >> dice scuotendo il capo. << Penso di non riuscire proprio a vederlo questo bisogno. Sono sempre stato abituato a stare da solo e a non avere bisogno di nessuno. Ho dato per scontato che fosse così anche per lui. Ovviamente mi sbagliavo. Sherlock è lo specchio nel quale vedo riflessi tutti i miei sbagli >>.
Mycroft vuota il bicchiere e spegne la cicca nel posacenere. Posa poi i gomiti sulle ginocchia e congiunge le dita delle mani al mento, assumendo la posa tipica di Sherlock. John sorride nel ritrovare quest’altra somiglianza tra i due.
<< Prima che compisse il salto, quando l’ho lasciato solo nei laboratori del Bart’s, tuo fratello mi disse che la solitudine lo proteggeva. Ora capisco da dove arrivi questa convinzione >> dice incontrando lo sguardo di Mycroft. << Io gli dissi che sono gli amici che ci proteggono. Penso che oggi lo abbia capito. È solo grazie ai suoi amici che siamo qui. Quello che ancora deve imparare, e che penso debba imparare anche tu, è che è anche la famiglia che ci protegge >>.
<< Io l’ho sempre protetto >> ribatte Mycroft sulla difensiva .
<< Oh, lo so. In una maniera piuttosto opprimente, lasciamelo dire >> ridacchia apertamente. << Da quanto ho capito, non siete stati protetti da chi avrebbe dovuto farlo, anzi il pericolo proveniva proprio da lì. Di conseguenza, non avete avuto la possibilità di imparare come si fa. Per questo lo hai protetto nell’unico modo in cui hai pensato fosse corretto farlo: tenendolo d’occhio come fai tenere d’occhio criminali e personaggi di spicco. È il concetto stesso di famiglia che ti manca. Sherlock se ne è fatto uno suo con la signora Hudson, Greg e anche con me. Tu… ecco, non credo tu ne abbia avuto l’occasione >>.
<< E’ lui la mia famiglia >> ribatte, il volto corrucciato da un’espressione di genuina incomprensione. << Chi altri dovrebbe essere se non lui? E’ mio fratello >>.
<< La famiglia non è composta necessariamente solo da persone che hanno il nostro stesso patrimonio genetico, Myc. Anzi, a volte è proprio da questi che ci allontaniamo per sopravvivere. Io sono finito in Afganistan per liberarmi dei miei familiari e mi sono illuso di aver trovato nell’esercito un surrogato di famiglia. Nel momento in cui non sono andato più bene, però, mi hanno cacciato e mi sono ritrovato nella stessa situazione di prima, dato che anche per i miei non andavo bene. Nella famiglia che ho trovato adesso, invece, non devo dimostrare nulla per essere accettato >>.
<< E... qual è la tua famiglia, adesso? >> gli chiede, sforzandosi visibilmente di seguire il suo ragionamento.
<< Sherlock è il mio compagno. La signora Hudson una madre per entrambi. Greg un fratello… e poi ci sei tu >>.
<< Io? >> chiede stupito.
<< Oh, sì, tu. Siamo una famiglia adesso, Mycroft. Non solo allegorica, ma a tutti gli effetti, dato che io e tuo fratello stiamo insieme. Per quanto non sia un fan del matrimonio, possiamo prendere a prestito il termine coniato dal diritto di famiglia e dire di essere cognati, io e te >>.
<< Cognati >> ripete piano Mycroft, come stesse facendo conoscenza con un termine del tutto nuovo.
<< Sì, è strano, lo so >> ride imbarazzato.
<< Perché mi stai dicendo queste cose, John? >> gli chiede, visibilmente infastidito da quello che, alle sue orecchie, sembra apparire come un vuoto giro di parole.
<< Perché non sei un agnello sacrificale, Mycroft >> risponde John diretto. << Ti comporti come tale, ormai, convinto che a nessuno importi della tua vita o della tua morte. Mi pare tu abbia avuto molte dimostrazioni del contrario. Anthea è una di queste, per esempio >> dice e lo vede portare nuovamente l’attenzione alla moquette. << Non voglio entrare nel merito del vostro rapporto >> si affretta a dire John. << Volevo solo dire che ci sono persone alle quali la tua incolumità interessa. Una è Anthea, l’altra è Sherlock e, di riflesso, interessa anche a me >>.
<< Perché, scusa? Per la questione dell’essere cognati? >> chiede pronunciando con poca convinzione quel termine.
<< Sì. Perché, come ti ho detto, il mio uomo soffrirebbe se ti perdesse e io non voglio che soffra. È mio dovere, quindi, prendermi cura di te >>.
<< Tu sei qui per salvare lui, non me >> ribatte deciso Mycroft.
<< E’ vero, non lo nascondo. Sherlock è la mia priorità >>.
<< Voglio anche io che lo sia. Devi portarlo via da Moriarty e tornare con lui… ovunque vogliate andare >>.
<< A Baker Street. Non saremmo a casa in nessun altro posto se non lì >>.
Mycroft sorride e nel suo sorriso questa volta John vede qualcosa di Sherlock. Lo stesso modo di arricciare di più l’angolo sinistro della bocca rispetto al destro. Lo stesso imbarazzo dato dal non essere per nulla avvezzi al sorriso. Ora questo aspetto è diminuito in Sherlock, che nell’anno e mezzo in cui hanno vissuto assieme ha avuto modo di allenarsi e tirare fuori un sorriso spontaneo e sincero col quale ha preso confidenza. Mycroft, invece, sta iniziando adesso. Forse proprio in questo momento.
<< Io… sono felice che lui ti abbia trovato, John. Non capivo il perché del suo incaponirsi su di te. Ora mi è più chiaro >> ammette e per la prima volta da che lo conosce, John si rende conto di quanto queste parole siano sincere. Si sente in imbarazzo dinanzi a questa apertura confidenziale da parte di Mycroft. È potente anche quando tira fuori il lato più fragile di sé, quest’uomo. Gli è chiaro, adesso, perché Anthea si sia follemente innamorata di lui.
<< E’ una dichiarazione, questa, signor Holmes? >>.
L’imbarazzo lo porta a sdrammatizzare con il solito tono seducente. Mycroft sgrana gli occhi visibilmente a disagio e confuso. E’ palese come non si aspettasse un’uscita simile da parte sua. John ride di gusto della sua buffa espressione
<< Era una battuta, Mycroft. Una semplice battuta, non preoccuparti >> lo rassicura, ma nota come lui continui a guardarlo con sospetto.
<< Una battuta >> ripete guardingo. << Sì, sei solito farne tante. Anche Sherlock. E’ una cosa che vi accomuna >>.
<< A vederci verrebbe da dire che gli opposti si attraggono, ma in realtà siamo molto simili. Un’infanzia infelice, genitori terribili, fratelli maggiori problematici >>.
<< Ehi! >> esclama Mycroft infastidito, causandogli una nuova esplosione di risa. Inaspettatamente anche lui si unisce a questa risata. Dapprima timidamente, poi senza alcuna remora. Ridono a lungo e John rivede anche in questo cercare di tornare serio e poi ricadere nelle risate una somiglianza con il suo uomo.
<< Farò in modo che tu ne esca vivo >> dice tornando serio. << Per Sherlock e per Anthea. Glielo devo, mi ha salvato la vita. E anche per poter ripetere momenti come questo. Quando mi ripresi dopo il primo incontro con Moran, Anthea mi disse che avremmo potuto forse ritrovarci tutti e quattro davanti a una birra e io la vidi come una cosa assurda. Ora sono più possibilista >>.
<< Mi piace il tuo ottimismo >> ribatte Mycroft ed è nuovamente sincero il sorriso che gli curva le labbra. << Tu sei stato un soldato, John. Cosa facevate la sera prima di un attacco programmato? >> gli chiede, cambiando del tutto argomento, cosa che incuriosisce il dottore.
<< E’ una domanda difficile la tua >> risponde John, prendendo posto di fronte a lui, sull’altra poltrona presente nella suite. << Ognuno aveva i suoi riti scaramantici. Chi pregava, chi preparava un indumento porta fortuna da indossare, chi chiamava casa. Io personalmente lucidavo a specchio le mie medagliette, in modo da poter essere riconosciuto in caso fossi caduto sul campo. Una cosa inutile, lo so, e parecchio negativa, dato che era volta ad agevolare l’identificazione del mio cadavere. Era, però, appunto, un gesto scaramantico e per questo del tutto privo di logica >>.
<< Abbiamo allora da trovare uno stupido gesto scaramantico. Infondo, questa potrebbe essere l’ultima notte per entrambi >>.
John ci aveva già pensato, ma aveva messo da parte questa considerazione per non deprimersi. Non si aspettava di sentirla tirare nuovamente in ballo da Mycroft. Certo, se gli fosse data la possibilità di scegliere come passare l’ultima notte della sua vita, non sarebbe quello l’Holmes col quale deciderebbe di trascorrerla.
<< Che ne dici di un whisky? >> gli propone Mycroft.
<< Non credo che uno basterebbe >>.
<< Si comincia sempre da uno >> ribatte Mycroft, versandogli due dita di liquore.
<< Tu allora sei già in vantaggio, mio caro cognato >> dice usando questo termine che inizia ad apprezzare. Il suddetto cognato ridacchia versando un bicchiere anche per sé.
<< Io sono sempre in vantaggio, John. Su tutto >> dice orgoglioso, levando il bicchiere. John fa tintinnare il suo contro, ridendo come fosse già ubriaco. Prende un sorso di liquore e ne rimane inebriato.
<< Eccezionale! >> esclama facendo schioccare le labbra.
<< La mia annata preferita >> dice Mycroft assaporandolo con gusto. << Un’ottima scelta per una simile occasione, non credi? >>.
<< Mi trovi d’accordo con te. Ed è anche questo un avvenimento eccezionale! >>.
Ridono ed è insolito sentire risuonare insieme le loro risate. C’era un altro rito che John aveva notato compiersi tra commilitoni la notte prima di un attacco programmato. Si verificava una vicinanza, un desiderio di risate e calore molto simile a quello che sta accadendo in questa suite imperiale tra loro due. L’intero squadrone si riuniva senza che ci fosse bisogno di richiamare tutti in adunata. Ogni singolo soldato sentiva il bisogno di avere qualcuno accanto. Restare da soli quando si sa che tra poche ore si sfiderà la morte e che questa potrebbe decidere di prenderti non piace a nessuno. John non ha intenzione di alzarsi da quella poltrona e anche Mycroft sembra della stessa idea. Stanno riproponendo, con quel whisky condiviso a scaldare gli animi e ad alimentare le risate, quello stesso rito, che, silenziosamente, sta abbattendo le barriere di diffidenza, pregiudizi e antipatia che finora ha caratterizzato il loro rapporto.
Un messaggio giunge al cellulare di Mycroft che lo prende sbuffando, sicuramente convinto sia una bega da risolvere legata al vertice che si terrà tra poche ore o a qualcuno degli ospiti. John invece lo vede guardare stupito lo schermo.
<< Qualcosa non va? >> gli chiede temendo siano altre brutte notizie da Londra.
<< E’ Sherlock >> dice e le sue labbra si distendono a dare forma a un sorriso sincero. John affonda le dita nei braccioli della poltrona.
<< Che succede? >> domanda nervoso.
<< Dice di aver risolto il caso >> gli porge il cellulare che prende curioso e eccitato. Non capisce, però, il significato del testo. Sono formule matematiche e parole di una lingua a lui sconosciuta. << Sono i tre principi della dinamica o leggi di Newton e il principio del rasoio di Occam. Erano i capisaldi di nostra madre >>.
<< E… questo cosa vorrebbe dire? >> chiede John sentendosi profondamente stupido.
<< Che ha trovato il modo di vincere il suo avversario >>.
<< Come? >>
Mycroft riflette e sembra cercare le parole più adatte per farsi capire.
<< Ha capito come usare la forza del nemico a suo vantaggio. Il rasoio di Occam indica la scelta della soluzione più semplice come risoluzione di ogni problema. In questo caso la soluzione più semplice, date anche le sue condizioni fisiche, è quella di sfruttare in suo favore la forza del nemico. Un principio ben conosciuto nelle arti marziali, l’aikido in particolare, se non erro >>.
<< Sì >> annuisce John che ha capito cosa intende.
<< E’ strano come alla fine siano stati proprio i principi cari a nostra madre a condurlo alla soluzione del caso >>.
<< Quando ci troviamo di fronte a qualcosa che ci spaventa torniamo con la mente alla consolazione primaria, Mycroft. Nulla è più sicuro per un bambino spaventato delle braccia della propria madre >>.
<< Già >> annuisce lui con volto triste. << Nostra mare, però, non era propriamente il genere di donna capace di rassicurare. Oddio, con loro lo è stata, soprattutto negli ultimi anni >>.
<< L’influenza del suo amante? >>.
<< Sì. Hugh Ward ha avuto un notevole ascendente su di lei, proprio come tu lo hai avuto su Sherlock >>.
<< Conoscevi, dunque, l’identità di quell’uomo? >>.
<< Certo >> ribatte sicuro e anche stupito della sua domanda. << Non ho mai capito cosa ci trovasse in lui. Era un uomo molto semplice, di poche pretese. Intelligente sì, ma di un’intelligenza ordinaria, media. Aveva, però, indubbiamente modi affabili e gentili. Sono sicuro che sarebbe stato capace di renderla felice e che i miei fratelli con lui sarebbero cresciuti serenamente. Mi sono chiesto spesso, sai, come sarebbe stato. Che tipo di fratello avrei oggi, se fosse cresciuto con quell’uomo per padre. Anche James sarebbe stato diverso >>.
<< Ci sarebbe stato anche lui? >> domanda John stupito.
<< Oh, certo. Ward stravedeva per suo figlio. Mia madre parlava spesso di lui ai gemelli. Con me meno. Aveva paura che potessi spifferare tutto a mio padre >>.
<< Tua madre non si fidava di te? >> .
<< Mia madre non mi ha mai considerato come un figlio. Io ero una versione in miniatura del marito >>.
<< E’… tristissima questa cosa, Mycroft >>.
<< Uff! >> sbuffa lui facendo spallucce. << Che sia triste o che sia quel che sia cosa vuoi che cambi, ora? >>.
<< Quindi tu non saresti andato via con loro? Non eri previsto nel quadretto della famigliola felice >>.
<< No >> dice con un sorriso tirato.
A John si chiude lo stomaco. Tante volte ha pensato sua madre non lo amasse, che lo vedesse come una pecorella da istruire secondo i precetti della dottrina così come voleva il signore e basta. Dinanzi al vissuto di Mycroft, sua madre gli appare come la miglior madre del mondo.
<< E nonostante questo tu hai sempre cercato di proteggere tuo fratello >> sussurra rendendosi conto solo all’ultimo di aver pronunciato quelle parole.
<< Non avrei dovuto? >>.
<< No, non sto dicendo questo >> si affretta a chiarire. << Intendo dire che questo dimostra quanto davvero tu ci tenga a lui e quanto tu gli voglia bene. Nonostante la palese preferenza di tua madre per lui e Jane, nonostante l’astio che lui ha sempre mostrato nei tuoi confronti addossandoti colpe che, a conti fatti, non hai, tu hai fatto di tutto per tenerlo al sicuro >>.
<< Mi sembrava di avertelo detto fin dall’inizio, John: io mi preoccupo per lui costantemente >> gli dice imitando il tono che lui stesso ha usato ormai quasi due anni prima per rispondere alla sua domanda. John sorride e annuisce.
<< Devo ammettere che non so se al tuo posto l’avrei amato come sei stato in grado di amarlo tu >> sussurra. << Mia sorella… lei me ne ha fatte talmente tante da portarmi ad odiarla. Ho rifiutato lei, la sua omosessualità, il suo alcolismo, il suo dolore. L’ho fatto per salvarmi o almeno così mi dicevo e, a conti fatti, ho solo lei >> un nodo blocca la gola di John che si ritrova ad avere gli occhi lucidi e a doversi fermare a riprendere fiato. Mycroft gli chiede il bicchiere, gli versa altre due dita di whisky e glielo porge nuovamente per poi servire se stesso.
<< Tu prima mi hai parlato di famiglia e, sì, ammetto di non aver mai preso in considerazione l’idea che dentro un simile concetto possano rientrare anche persone che non hanno lo stesso patrimonio genetico. Io penso che la famiglia possa riassumersi nell’essere fratelli >> dice puntando quegli occhi grigi e intelligenti nei suoi. << I genitori sono destinati ad accompagnare i figli solo fino a un pezzo del loro cammino. La logica vuole che, in quanto più grandi, lascino prima questa terra. I fratelli, invece, percorrono il cammino distanziati da pochi anni e per questo le loro strade sono affiancate per più tempo. Se uno rallenta, l’altro lo aspetta. Se uno corre, l’altro cerca di tenere il passo e lo fa, a mio parere, anche quando decide di non volerlo fare >> gli rivolge un sorriso bonario e decisamente paterno che John non immaginava neppure di poter trovare sul viso dell’uomo di ghiaccio. << Ci sono stati momenti in cui, come te, avrei voluto girarmi dall’altra parte e l’ho fatto. Non ho voluto, ad esempio, vedere il bullismo che subiva a scuola. L’ho lasciato solo in quell’occasione e col tempo lui si è rifugiato nella cocaina. Mi sono sempre sentito responsabile di quella sua scelta. Se ci fossi stato, se lo avessi aiutato o anche solo ascoltato, lui non si sarebbe ridotto a tanto. Ho temuto di perderlo più volte, proprio io che mi ero ripromesso, dopo aver visto Jane sul catafalco dell’obitorio, che non avrei mai permesso a Sherlock di fare la stessa fine. Come ti ho detto, lui è lo specchio dei miei sbagli >>.
<< Oh, no >> lo interrompe John. << Lui è lo specchio della tua umanità, Mycroft >> .
L’espressione di sincera sorpresa lo ringiovanisce di parecchi anni. Per un istante a John sembra di vedere seduto alla poltrona il ragazzino di dodici anni obbligato dal padre a scendere negli abissi di un obitorio per riconoscere i corpi della madre e della sorella. Gli stringe il cuore questo Mycroft così indifeso nel suo stupore. Lo vede distogliere lo sguardo, sorridere e il suo viso, ancora una volta, tingersi di rosso.
<< Oddio. Credo di aver capito perché Sherlock ci tenga così tanto a te >> gli dice imbarazzato.
<< Ci vada piano, signor Holmes! Sono un uomo impegnato >> gli dice alzando il bicchiere. Ridono entrambi come due vecchi amici, per spezzare l’imbarazzo di questa vicinanza creata per caso, forse all’inizio disagevole ma ora comoda e interessante.
 << Ti ringrazio, Mycroft, per tutto quello che hai fatto per tuo fratello. Non avrei avuto l’opportunità di conoscerlo se non fosse stato per te e la mia vita sarebbe terribilmente piatta e monotona >> gli dice tornando serio.
<< E io ringrazio te, John, per avermi aiutato in questi ultimi due anni. Ho finalmente potuto trovare qualcuno sul quale poter contare e capace, più di me, di parlare con lui, di farlo ragionare, di calmarlo. La signora Hudson ha presa su alcune cose, Lestrade su altre, ma tu, John… tu gli hai preso il cuore. Abbi cura di lui, sempre >>.
<< Avremo cura di lui insieme, Myc. Io come compagno e tu come fratello. Ci ama entrambi e il suo essersi consegnato a quel pazzo di Moriarty ne è stata la prova. Mi auguro che davvero i principi tanto cari a vostra madre possano aiutarlo a porre fine a questa storia >> sospira mandando giù un sorso di liquore. << Quale pensi sia la forza di Moriarty che Sherlock userà a suo favore? >>.
<< Mi pare abbastanza ovvio, John >>.
<< Per me non lo è, Myc >>.
<< Io, invece, penso che lo sia >> dice sicuro di sé.  << Solo è troppo spaventosa >>.
<< E… quale sarebbe? >>.
<< La follia >>.
John resta senza parole. La bocca gli si asciuga velocemente e la fronte si imperla di sudore. Tutti i dubbi che lo hanno ossessionato durante quel grande gioco. Il timore che, infondo, anche Sherlock fosse privo di emozioni e incapace di empatia. Tutte queste cose lo invadono destabilizzandolo. Non vuole che il suo uomo impazzisca per poter sconfiggere la sua nemesi. Se davvero dovesse lanciarsi nel vuoto dell’abisso profondo della follia di Moriarty, poi, come potrebbe tornare indietro?
 
***
 
Stringe il pugno e una fitta di piacevole dolore parte dalle nocche ferite e si espande per tutta la mano e da lì al braccio.
Lo sguardo è fisso al fuoco che scoppietta nel caminetto, incurante della devastazione che lo circonda. Ha fatto a pezzi tutto il mobilio della stanza. Non c’è più un solo oggetto che non abbia subito la sua ira.
Non sente neppure i due colpi incerti alla porta. Il ragazzo deve ripeterli più forti un buon numero di volte prima che possano catturare la sua attenzione.
<< Cosa c’è? >> domanda scocciato stringendo nuovamente il pugno. Dagli innumerevoli tagli che ha sul dorso della mano scivola via qualche goccia di sangue scarlatto.
<< Ho degli aggiornamenti per lei, signore, su quanto è avvenuto a Villa Holmes >>.
James aggrotta le sopracciglia. Gli ci vuole qualche istante per ricordare dell’ordine che ha dato e di come quello stesso ragazzo gli avesse detto che tutto era stato portato a termine con successo. Era accaduto prima che si chiudesse la porta della suite royal che lo ospita alle spalle. Ricorda vagamente di averlo liquidato con un gesto della mano, sconvolto com’era dalla rabbia per il comportamento di Sherlock.
<< Entra pure >> gli dice e il ragazzo apre timidamente la porta. Si guarda attorno e Jim nota con piacere come si sforzi di non strabuzzare gli occhi, manifestando in tutta sincerità il suo stupore e, soprattutto, il suo timore. Fa pochi, piccoli passi porgendogli un giornale.
<< Ho ritenuto opportuno metterla a conoscenza di questo, signore >> gli dice porgendogli un giornale. << Sono appena arrivati i quotidiani da tutto il mondo, come di consueto in questo hotel. La notizia è riportata anche dagli altri, come trafiletto marginale ma qui, la testata che ha trasmesso il fatto, se ne parla più approfonditamente >>.
Le pagine della copia di ‘El mundo’ fresche di stampa sfrigolano tra le sue mani. In prima pagina campeggia in caratteri cubitali quella che la redazione presenta come una triste notizia.
 
Periodistas de investigaciòn con sede en Madrid asesinados en Londres[1]
 
El equipo de cuatro profesionales liderado por Juan Hernàndez perdìo su vida en una emboscada en el distrito de Pall Mall. Los instigadores de la masacre siguen siendo desconocidos[2]
 
Le labbra secche di James si curvano a formare un sorriso capace di far rabbrividire il ragazzo, che, senza accorgersene, fa un passo indietro. Jim legge velocemente l’articolo nel quale ritrova citato il suo nome associato all’inchiesta sulla pedoprostituzione minorile di alto bordo che i ‘Los errores’ stavano conducendo e che li aveva portati a Londra. Qui, dato quanto era accaduto qualche mese prima tra il fantomatico Moriarty e il folle consulente investigativo Sherlock Holmes, avevano cercato chiarimenti dal fratello del suicida, nella cui villa che li ospitava è avvenuta la strage.
<< Molto bene >> ridacchia soddisfatto il Napoleoane del crimine. << Chi doveva aiutarti a sbarazzarti di me, fratellino mio, mi sta dando una mano ad infangare il nome di Mycroft >> porta avanti soddisfatto la lettura e si imbatte nel nome di John. << Avete controllato i corpi? >> chiede al ragazzo, che trasale al sentirsi chiamare in causa.
<< Sì, signore. Sono all’obitorio del Bart’s. I tre spagnoli restanti e il dottor Watson >>.
<< Siete sicuri che si tratti proprio di John Hamish Watson >> chiede severo.
<< Il detective che è stato chiamato sul posto, un tale di nome Dimmock, lo ha riconosciuto e i primi prelievi biologici hanno confermato l’identità del corpo>>.
James annuisce mentre conclude l’articolo nel quale il direttore della testata madrilena, in merito alla presenza dell’assistente del consulente investigativo tra le vittime della strage, dice che i suoi uomini lo hanno ritrovato sconvolto e in pessime condizioni. Anziché smentire la notizia della sua morte, dopo il tentato suicidio nello Yorkshire, gli hanno proposto di collaborare al caso che stavano conducendo, dal momento sarebbe stato possibile, attraverso questo, fare chiarezza proprio sull’esistenza o meno di Moriarty, cosa che avrebbe riabilitato il nome del suo amico.
<< Ma che bravi. Quante belle frottole sanno raccontare al pubblico inerme questi giornalisti >> ride avvicinandosi al caminetto. << Tante energie e abilità sprecate per portare alla luce la verità e ora tutto si chiude con una solenne bugia >> dice sfilando la prima pagina del quotidiano che getta tra le fiamme. << Quanto è successo non piacerà al mio caro fratellino >> sorride cinico. << Piangerà, si dispererà e tenterà goffamente di togliersi la vita. Ah, mia bellissima e drammatica prima donna >> sospira bruciando un'altra pagina. << Ora il fango che ho iniziato a smuovere per renderti cieco ha fatto diventare l’acqua ancora più torbida. Mi basterà afferrare il retino e farti mia, trota dorata >> ride soddisfatto gettando il resto del giornale tra le fiamme. Il fuoco soffoca per un istante sotto il peso della pagine, per poi esplode in una piccola fiammata e aggredire il giornale.
<< Sei stato latore di una bellissima notizia >> dice avvicinandosi con passo lento al ragazzo. << Che ne dici di un bicchiere di vino per festeggiare? >> gli propone con tono seducente strizzandogli l’occhio.
 
 

[1] Giornalisti investigativi madrileni uccisi a Londra
[2] Il team di quattro professionisti capeggiato da Juan Hernandez ha perso la vita in un agguato compiuto nel quartiere di Pall Mall. Restano ancora ignoti i mandanti della strage.
 

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Capitolo 33
*** capitolo 33 ***


Buongiorno e buona domenica!
Ragazzi, stiamo per vedere la fine. Nel capitolo di oggi ritroverete parecchi riferimenti a ‘Sherlock Holmes -  Gioco d’ombre’, sono sicura che chi di voi ha visto e amato quel film li riconoscerà.
Questi ultimi sono stati capitoli difficili. Non è facile entrare nella mente di un pazzo criminale in modo credibile. Spero di averlo fatto in modo convincente. Attendo vostri rimandi e spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento
Vi auguro una buona lettura
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 33
 
Harry prende un profondo respiro e trattiene l’aria nei polmoni a lungo prima di espirare. Tiene le gambe accavallate, le mani incrociate in modo serrato ancorate al ginocchio e la schiena rigida scostata dalla spalliera della poltrona. Fissa un punto imprecisato davanti a sé, mentre il suo incarnato si fa sempre più pallido. È sincero nel suo stupore, cosa che gioca a suo favore e dimostra quanto, per prima cosa, lui sia all’oscuro dei fatti e, in secondo luogo, quanto Mycroft sia stato perfetto nell’interpretare il suo ruolo.
<< Sono terribili le notizie che mi porti, mia cara Anthea >> dice con un filo di voce guardandola appena. E’ evidente quanto lo impressionino i lividi che la ragazza ha sul viso, lasciati in vista apposta per rendere ancora più plausibile il suo racconto. << Io non avevo avuto sentore di nulla. Mycroft è sempre stato impeccabile, irreprensibile. Che le sue azioni fossero guidate da Moriarty in persona >>, sospira, << oddio, non avrei mai potuto immaginarlo >>.
Greg gli scocca un’occhiata e Grey annuisce rassicurandolo del fatto che stia dicendo loro al verità.
<< Non vi nascondo di quanto fossi a conoscenza del fatto che anche se parlano di pace le nazioni riunite al vertice stiano preparando gli eserciti e le armi >>.
<< Una bella facciata, quindi. Disgustoso! >> borbotta Mistica scuotendo il capo.
<< Sono a conoscenza anche di quanto siano in pericolo? >> domanda Greg. << Uno di loro certamente perderà la vita, oggi. Noi non sappiamo ancora chi sia e penso neppure loro. Oppure lei ha qualche altra idea? >>.
<< No, io non sapevo di questo attentato >> dice Harry deciso. << Le nazioni presenti al vertice hanno, sì, armato i loro eserciti, ma se si riterranno soddisfatte degli accordi che lì si prenderanno porranno fine ai loro intenti >>.
<< Ma davvero? >> ridacchia Anthea. << Più corretto sarebbe dire che li metteranno da parte fino alla prossima occasione, Harry >>.
<< Se scoprissero di essere in pericolo forse si troverebbero d’accordo sull’annullare questo vertice. Siamo ancora in tempo >> propone Mistica scoccando un’occhiata all’orologio che segna le tre di questa notte frenetica.
<< Non capite la delicatezza della situazione >> ribatte Harry nervoso. << Io potrei anche trasmettere queste informazioni e la relativa richiesta di annullare il vertice ai miei superiori, ma sono stati loro a invitare Mycroft a consigliarli sul processo di pace. Ha una posizione prominente. E’ uno dei nostri intellettuali di punta. È amico personale… >>.
<< … del primo ministro, sì, lo sappiamo tutti! >> sbotta Grey infastidito.
<< Quel che posso fare è far raddoppiare la sorveglianza >>.
<< Ah, raddoppiarla. È confortante! >> esclama sarcastica Anthea.
<< Miei cari signori e signore, io vi credo ma dove sono le prove? >>.
Anthea, Grey, Greg e Mistica si scambiano sguardi increduli, indecisi tra il ridere in modo isterico o l’andare su tutte le furie.
<< Moriarty è troppo bravo per lasciare delle prove >> ribatte Grey, cercando di mantenersi calmo. << Niente è lasciato al caso! >> precisa.
<< Ricorderà, signore, del gioco perverso che ha intrapreso con Sherlock ormai un anno fa’ >> gli fa notare Greg. << E’ esploso un intero palazzo e sono morte molte persone e tutto perché quell’anziana donna aveva osato dire poche cose sulla voce che le impartiva gli ordini. Se questo non bastasse, molto più di recente, persino qui, nel cuore del governo inglese, è riuscito a insinuarsi, vestendosi della corona e degli ori della nostra regina. Quell’uomo agisce con la precisione di un chirurgo >>.
<< Sono perfettamente a conoscenza delle capacità di Moriarty, detective Lestrade >> sospira suo malgrado Harry. << Avete detto che il giovane Holmes ha scoperto in cosa consiste il suo piano. Questa volta non sarà una bomba, spero >>.
<< No, non avrebbe senso >> dice Grey. << L’obiettivo di Moriarty non è eliminare tutti i potenti del mondo, ma solo quello la cui morte causa più risonanza >>.
<< Sarà un assassinio, quindi >>.
<< Sì, Harry. Ad opera di un tiratore scelto che agirà da distanza ravvicinata >> aggiunge Anthea.
<< Sherlock ha scoperto qualcosa circa chi sia il killer assoldato da Moriarty? >>.
<< Sappiamo che si chiama Renè e che il dottor Hoffmanstall, ucciso qualche mese fa’, ne ha cambiato i connotati trasformandolo in una esatta copia di uno degli ambasciatori degli ospiti del vertice >> lo informa Anthea.
<< Ha fatto trasformare un uomo… in un altro? >> domanda Harry esterrefatto.
<< Quale modo migliore per garantire la sua guerra mondiale, che trasformare l’omicida in uno degli ambasciatori >> risponde Anthea facendo spallucce.
<< Roba da fantascienza >> borbotta l’uomo, alquanto provato dalle informazioni che sta ricevendo. << Beh, almeno sappiamo chi cercare. Questo restringe le possibilità a uno su molti >>.
<< Renè sarà la prova decisiva contro Moriarty >> decreta Grey.
<< Se John e Valerio riusciranno a trovarlo e a fermarlo forse potremo impedire il crollo della civiltà occidentale >> aggiunge Greg.
<< Se vogliamo lasciarci andare a delle ipotesi su chi possa essere il bersaglio del killer >> dice Harry appoggiando i gomiti alle ginocchia. << Immagino che farebbero la differenza, data la situazione mondiale attuale, l’omicidio della cancelliera tedesca e del primo ministro francese >>.
<< John e Valerio terranno gli occhi ben aperti su tutti quanti >>.
<< Suvvia, Hernàndez, come potranno fare? Non hanno le capacità del giovane Holmes >>.
<< Sherlock potrà pure essere assente dal salone nel quale avrà luogo il vertice, ma i suoi metodi non lo saranno >>.
<< Non parlerà certo del dottor Watson? Non mi sembra equo >> dice abbozzando una risata.
<< E perché non lo dovrebbe? >> domanda Grey infastidito dal suo giudizio. << John conosce i metodi di Sherlock meglio di chiunque altro e con lui, poi, ci sarà il mio collega Valerio Rossi, che è il migliore nell’analisi delle microespressioni facciali. Sono due persone alle quali lo stesso Sherlock affiderebbe la vita e sono convinto che nessuna soluzione poteva, per lui, essere più congeniale di questa. John e Valerio troveranno il killer, su questo non ho dubbi >> ribadisce Grey, scoccando all’uomo uno sguardo che non lascia spazio a repliche >>.
Harry annuisce colpito dalla sicurezza del giornalista e dalle sue parole.
<< Non posso che fidarmi del vostro giudizio e del piano che avete già magistralmente architettato. E spero, altresì, che questo continui a dare gli ottimi risultati finora ottenuti. Ne va della pace e, come ha ben detto lei prima, mio caro Lestrade, del crollo della civiltà occidentale. Io non capisco, però, perché Moriarty voglia attaccare le nazioni per poi unirle? >>.
<< Per scatenare una terza guerra mondiale >> risponde Anthea, e, ancora una volta, il volto di quest’uomo perdere colore. << Lestrade è stato incaricato da Sherlock di portare avanti un’operazione delicata ai danni di Moriarty >> aggiunge e Harry volge lo sguardo curioso al detective. << Gli ha consegnato dei documenti in codice ai quali fanno capo azioni, obbligazioni, fondi di investimento esteri, capitali per miliardi di euro, sterline, dollari tutti intestati a prestanome dietro i quali si cela sempre lui. Ha acquistato le industrie belliche più importanti e molte altre legate all’indotto bellico. Ora che ha l’offerta non gli resta che creare la domanda >>.
<< E decuplicare il suo patrimonio >> conclude Harry esterrefatto. << A che punto siete con queste operazioni, Lestrade >> .
<< Io e il detective Dimmock ci stiamo lavorando incessantemente dal momento in cui sono venuto in possesso dei documenti. Siamo solo a metà del lungo elenco e il dover procedere con cautela per non essere scoperti ci rallenta non poco, ma noi non demordiamo >>.
<< Scusate, ma questa non è già una prova contro Moriarty? >> si intromette Mistica.
<< Lo sarebbe solo se accompagnata da altre più gravi >> risponde Harry. << Non basta un’accusa per truffa. Ciò che mi state dicendo è molto più grande e complesso e vi rammento che il nome di Moriarty per l’opinione pubblica è ancora frutto della folle mente di Sherlock >>.
<< Ancora per poco, ci stiamo lavorando >> lo rassicura Grey e Mistica annuisce insieme a lui. << A tal proposito, ci siamo rivolti a lei, disturbandola a quest’ora della notte, in quanto amico intimo di Mycroft e per questo, immagino, interessato alla sua sorte >>.
<< Indubbiamente interessato, certo >> si affretta a confermare Harry. Devono essere davvero importanti le informazioni che il Governo Inglese tiene al sicuro per lui. Più che la sana preoccupazione di un amico, infatti, sul suo volto sono presenti tutti i segni del timore di finire nei guai.
<< Non ne avevo dubbi >> non può fare a meno di sottolineare il giornalista. << Abbiamo bisogno di un posto sicuro dove proseguire con la stesura degli articoli attraverso i quali sto lavorando per portare alla luce l’esistenza di Moriarty e fare da voce fuori dal coro circa le possibili accuse che questi, o meglio qualcuno per lui, muoverà contro Mycroft. Inoltre, ci serve anche un posto sicuro nel quale stare, dal momento che tre di noi dovremmo essere morti e conservati nelle celle dell’obitorio del Bart’s >>.
<< Certamente. Consideratevi miei ospiti. Le porte di Buckingham palace saranno felici di aprirsi per voi e ritenetevi da questo momento protetti dalla corona. Devo ammettere, però, da quanto mi avete raccontato, che mi aspettavo mi chiedeste di aiutarvi ad introdurvi al vertice per poter salvare Mycroft. Mi sembra che sia lui quello più esposto al rischio, in questo momento >>.
<< Potrebbe davvero introdurci al vertice? >> gli domanda Grey stupito.
<< Certamente >> risponde l’uomo, ridendo nuovamente nel suo modo giudicante. << Da quel che ho capito, il compito del dottor Watson e del vostro collega sarà quello di scoprire chi sia il killer e bloccarlo. Saranno troppo concentrati su questo per preoccuparsi anche dell’incolumità di Mycroft e tu sai meglio di me, mia cara Anthea, quanto poco ci sia da fidarsi degli agenti dei servizi segreti >> dice scoccando un’occhiata alla ragazza, che annuisce dando idea di saperla molto lunga in merito.
<< In effetti un aiuto potrebbe essere loro comodo >>. 
Fin dall’inizio dell’elaborazione di questo piano Grey si era proposto come terzo uomo per velocizzare l’operazione di individuazione del colpevole. Avere due esperti di microespressioni facciali, lettura del comportamento e capaci di individuare la verità e la menzogna sarebbe tornato utile. Fox, però, non ne aveva voluto sapere e lui si è visto costretto a restare nelle retrovie. Benchè abbia ora un compito importante da svolgere, con la stesura degli articoli e la loro messa in stampa, la possibilità che Harry gli sta offrendo di essere anche lui nella mischia e al fianco di Valerio lo alletta molto.
Grey alza lo sguardo e il primo che incontra è quello di Lestrade. Ha il suo stesso desiderio di unirsi al gruppo, nonostante anche lui abbia un incarico importante da portare avanti. Il detective coglie al volo questo loro comune pensiero e con lo sguardo lo invita a prendere seriamente in considerazione la cosa e lui non può fare a meno di annuire.
<< Il congresso avrà inizio alle nove >> borbotta il giornalista accarezzando il mento. << Lei potrebbe procuraci un mezzo veloce col quale raggiungere quell’hotel? >>.
<< Posso mettervi a disposizione un jet privato che in meno di un’ora vi porterà a destinazione. L’hotel in cui ha luogo il vertice ha una pista di atterraggio per piccoli velivoli >>.
<< Non è un po’ troppo appariscente? Dobbiamo entrare sottotono >> dice perplesso Greg.
<< Se si vuole nascondere qualcosa di importante, mio caro Lestrade, il modo migliore è quello di metterlo bene in vista >>.
<< Così nessuno lo noterà >> annuisce Grey soddisfatto, scambiando un gesto d’intesa con quest’uomo che sta iniziando davvero a piacergli.
<< Cos’hai in mente, Juan? >> gli chiede Mistica con tono severo. Il giornalista incontra il suo sguardo serio che copre una preoccupazione latente. Gli ricordano, quegli occhi, della promessa fatta a Fox, della compagna e dei figli che lo attendono a casa e di quanto sia pericolosa quella missione. Benchè possa essere considerato un egoista incosciente, non gli importa nulla di tutto questo. La sua compagna è ben consapevole del lavoro che fa’. Certo non ha fatto i salti di gioia quando le ha comunicato che avrebbe dovuto recitare la parte della vedova inconsolabile per un po. Ha sospirato più volte in quel modo che lui ben conosce e che sottende tante parolacce e imprecazioni che, date le orecchie delicate dei bambini, non può concedersi, ma alla fine ha capito e accettato la cosa. Il pregio di Juliana è proprio questo ed è solo grazie a questa capacità di accogliere le sue decisioni e sostenerle che, dato il suo lavoro, la loro relazione è potuta durare e arrivare fino ad oggi.
<< Partiremo per le sette, in modo da poter essere alle Reichenbach per le otto >> dice rispondendo alla sua domanda. << Miriam, dovrai renderci irriconoscibili. Sai bene com’è fatto Valerio e ho bisogno di chiederti di compiere il lavoro migliore che tu abbia mai fatto. Hai quattro ore, le stesse che ho io per buttare giù lo scheletro dei prossimi articoli e visionare i faldoni di Sherlock per incrociare le informazioni che possiedo con le sue. Sarai sempre tu, poi, a controllare ed editare i miei pezzi e a mandarli in stampa negli orari e nell’ordine che ti indicherò. Provvederò io ad avvisare Lopez, che attende mie istruzioni. Anthea ti chiedo di aiutarla in questo, perché la stanchezza toglie lucidità e più teste siamo su questa cosa meglio sarà per la buona riuscita del lavoro >>.
<< Certamente, Juan conta su di me >> le due ragazze si scambiano uno sguardo d’intesa che fa balenare per la mente di Grey quanto potrebbero funzionare bene insieme sul campo.
<< Bene, allora ti farò portare qui i faldoni recuperati da Baker Street >> si intromette Greg alzandosi in piedi. << Io corro ad aggiornare Dimmock e a coordinare il proseguimento delle operazioni sulla decodifica e la confisca dei beni di Moriarty. Sarò di ritorno tra un paio d’ore >>.
<< Mi permetta di ricordarle, detective, che la protezione reale è estesa anche a lei e ai suoi collaboratori >> dice Harry alzandosi a sua volta. << Di qualunque cosa dovesse avere bisogno in caso di qualunque tipo di difficoltà non esiti a chiamarmi e dica lo stesso al suo collega >> conclude porgendogli il suo biglietto da visita. Greg lo prende sorpreso e lo tiene come fosse una reliquia. Evidentemente sapere di poter contattare il valletto del principe in persona lo emoziona e lo mette a disagio allo stesso tempo, lui sempre pronto a sbrigare da sé le sue faccende… o al massimo a chiedere l’aiuto di Sherlock. Un messaggio giunge al suo cellulare e, imbarazzato per l’interruzione, si sbriga a recuperarlo dalla tasca. Lo legge svelto e il suo sguardo vola subito a incontrare quello di Anthea, teso e concentrato. Greg annuisce come ad una muta richiesta, per poi distogliere lo sguardo, salutare distrattamente tutti loro e girare i tacchi, già impegnato a contattare telefonicamente il collega, avvisandolo del suo arrivo.
Grey ridacchia tra sé dinanzi al muto accordo dei due.
<< Direi che è meglio ci mostri dove possiamo stabilirci >> dice alzandosi a sua volta in piedi. << Sono tante le cose di cui dobbiamo occuparci e il tempo è maledettamente poco >>.
<< Prego, seguitemi >> dice loro Harry, che porge cavallerescamente il braccio ad Anthea. Li conduce per parecchi lunghi corridoi che si aprono su stanze sontuose riccamente arredate. Il loro tour del palazzo si conclude in una piccola stanza nell’ala più remota.
<< Darò ordine che sia acceso il caminetto. Qualunque cosa vi serva non esitate a chiamarmi >> dice Harry accompagnando Anthea alla sedia più vicina sulla quale la aiuta a sedere. Si congeda da loro con un mezzo inchino dal sapore antico.
Mistica posiziona sul tavolo di formica tirato a lucido la pesante valigetta che apre, iniziando a tirare fuori tutti gli strumenti necessari a compiere il miracolo richiestole.
<< Renderti irriconoscibile agli occhi di Valerio! >> esclama. << Cazzo, Juan, mi avessi chiesto di portarti la luna sarebbe stata cosa più semplice >>.
<< Sono sicuro che sarai eccezionale come sempre >> la incoraggia lui posando il laptop sul tavolo di fronte a lei. << E sono sicuro, Anthea, che se non la smetterai con questo atteggiamento da agente dei servizi segreti la nostra collaborazione non sarà tranquilla né tantomeno andrà lontano >> dice in tono severo, scoccando un’occhiataccia alla ragazza che lo guarda stupita. Per un istante sembra un’adolescente sorpresa a rubare soldi dal portafogli dei genitori. Poi, subito si da un tono e accoglie la sfida.
<< Difendo i miei interessi proprio come te, Juan >> dice e le mani che si stringono a pugno tradiscono il suo nervosismo. << E’ per Valerio che sei pronto a partire, non di certo per Mycroft >>.
<< Mentre Greg, invece, è pronto anche lui a morire per il tuo capo? >> ribatte a tono. La ragazza sorride in un modo strano. Grey ci vede rassegnazione in quel sorriso, gelosia e anche un pizzico di divertimento.
<< Greg è un uomo confuso e su una mente confusa gli Holmes hanno due effetti statisticamente comprovati, si potrebbe dire. Uno è la repulsione, l’altro la fascinazione. Greg è affascinato da Sherlock e mi sono accorta che non si può non amare l’uno senza ritrovarsi innamorati anche dell’altro >>.
<< Detta così suona come una maledizione >> ridacchia Mistica portando avanti il suo lavoro di preparazione.
<< In un certo senso lo è >> concorda Anthea, portando distrattamente la mano ai lividi che le deturpano il volto. Mistica la guarda intenerita e la rincuora posandole la mano sulla spalla ed eccolo nuovamente questo sguardo d’intesa tra loro. Grey sospira scuotendo il capo.
<< Ad ogni modo, non voglio più segreti tra noi, sono stato chiaro? >>.
<< Dal momento che per scoprirli ti basta una sola occhiata, direi che sarei una sciocca se continuassi ad averne >> ribatte lei a tono. La sua arroganza, in un certo senso, gli ricorda sia quella di Sky che quella di Fox agli albori della loro conoscenza. Questo rimando pungola l’idea che da qualche giorno sta balenando per la mente di Grey. Non è, però, questo il momento di pensarci. Rivolge l’attenzione al laptop e si butta a capofitto nel suo lavoro.
 
***
 
‘Cos I don’t want you to forgive me
You’ll follow me down
You’ll follow me down
You’ll follow me down[1]
 
La cascata col suo fragore copre ogni suono, ogni pensiero, ogni parola. Nulla c’è di più importante, rispetto alla sua potenza distruttiva. Questi strapiombi, quest’acqua che si getta senza pensarci, fiduciosa della propria capacità di continuare a scorrere è del tutto indifferente a quanto si sta per compiere a pochi metri da lei. Le decisioni dell’uomo poco le interessano. Anche le più pericolose, che lo spingono a cadere sempre più giù e, a differenza di lei, molto spesso, a non trovare alcun fondo contro il quale infrangersi e proseguire il proprio percorso.
Può vedere quel manipolo di esseri umani riuniti nella sala centrale dell’hotel che su di lei si affaccia. I loro volti assonnati dai sorrisi tirati di circostanza. Quella gentilezza falsa, le loro bocche che si muovono macinando parole e risate forzate, tutte cose inutili che vengono coperte dalla risata incessante delle acque. Ingenue creature convinte di essere più forti di lei.
Scorge altre due figure nella zona ovest di quello stesso hotel. Sole, sedute a un tavolo, si guardano in silenzio. Le trova molto più interessanti di tutto il resto di umanità riunita nella stanza centrale. Interessanti perché se quelli sa che crolleranno, affondandosi con le loro mani, questi due li percepisce, invece, davvero prossimi a compiere un salto e unirsi alle sue acque. La sua risata ora è più allegra, perché da molto tempo nessun umano si unisce a lei. In passato è stata scelta come luogo d’elezione per porre fine a una vita, poco le importava se per scelta del singolo o ai danni di questo.
Resta ad osservarli curiosa, percependo l’atmosfera farsi sempre più tesa tra loro. Sono fermi solo all’apparenza. Può vedere le loro energie danzare, scontrarsi, agitare l’atmosfera e pizzicare persino lei. Finalmente qualcosa di interessante, in questa incessante caduta che è la sua esistenza.
 
***
 
Mycroft controlla l’orologio, gesto che sta compiendo un po’ troppo spesso questa mattina. Sono le otto in punto e la sala da pranzo ospita tutti i personaggi più potenti e influenti del mondo. Tra questi gironzolano gli uomini dell’MI6, nei loro impeccabili abiti scuri, le auricolari all’orecchio e lo sguardo serio e severo, pronti a scattare al primo segnale di pericolo.
Solo due di questi sanno che ci sarà realmente bisogno del loro intervento e, paradossalmente, non fanno parte dell’MI6. Ne vestono i panni, ne hanno imparato i modi e li mettono in scena in maniera esemplare, ma altri non sono che un ex medico miliare e un giornalista investigativo. Li vede scrutare attenti i volti dei convenuti, soprattutto di coloro che li accompagnano. Gli ambasciatori di queste delegazioni in un paese che si proclama neutrale.
Il vertice di pace avrà inizio tra meno di un’ora e si protrarrà per tutta la giornata. Hanno ipotizzato che sceglierà per agire un momento in cui tutti i dignitari saranno riuniti, preferibilmente fermi. L’unico momento in cui questo si verificherà sarà durante la foto ufficiale, che avrà luogo subito dopo la colazione, quando Mycroft inviterà i presenti a raggiungere la sala congressi. Lì chiederà loro di riunirsi e ciò che deve accadere accadrà.
Mai come in questo momento Mycroft ha sentito il bisogno di ritirarsi per fumare una sigaretta. Debolezza priva di alcun senso logico, ma capace di spezzare la tensione. Sì perché è teso. Maledettamente teso e in ansia per suo fratello. Anthea lo rimprovererebbe per questo suo ostinarsi a non pensare a se stesso.
“Neanche tu hai pensato a te quando hai deciso di venire a salvarmi, né mentre ti torturavano in modo così brutale” pensa sorseggiando il the caldo e ottimo che riesce, però, appena a scalfire il gelo che lo invade.
Non sopporta il fragore neutro della cascata alle loro spalle, attutito egregiamente dall’opera di insonorizzazione di chi ha progettato questo posto, ma comunque percepibile. Lui, a differenza di tutti gli altri, a quanto pare, non riesce ad ignorarlo, a farlo diventare un suono noto da mettere in secondo piano. Per la sua mente nulla è da mettere in secondo piano. Neppure per quella di suo fratello. Sorride di questa cosa e inaspettatamente gli balza tra i pensieri il primo principio della dinamica o prima legge di Newton.
“Un corpo non soggetto a forze, o soggetto a forze la cui risultante è nulla, permane nel suo stato di quiete o continua a muoversi di moto rettilineo uniforme” pensa. “Sta per cominciare” aggiunge sentendo il cuore battere forte.
Si alza dal tavolo al quale è stato invitato ad accomodarsi e senza scusarsi, cosa insolita per lui, si dirige a una delle grandi finestre. Volge lo sguardo alla cascata e da lì all’ala ovest di questo hotel.
“Abbi cura di te” pensa sentendo la gola strozzata dall’emozione.
Prende un profondo respiro e chiude gli occhi per un breve istante. Ciò che gli compare agli occhi della mente è un bambino spensierato che corre allegro col suo cane. Questi lo insegue, gli saltella attorno facendolo ridere e lui gli afferra le zampe anteriori dando inizio ad una  buffa danza. Il suono della sua risata allegra non lo ha mai dimenticato, così come quella esplosiva e travolgente di Eurus. Mycroft sorride e si ritrova a dover premere la mano sulle labbra per evitare di ridere a sua volta. Lo stesso gesto che compiva ogni volta che li guardava giocare. Si ricompone e torna al tavolo senza dare spiegazioni  agli sguardi curiosi dei presenti.
 
***
 
Survived, tonight, i may be going down
‘Cause everything goes round too,
Tight, tonight and as you watch me crawl
You stand for more
 
James osserva dalla vetrata che da’ sul terrazzo la sala centrale dell’hotel illuminata e popolata dai potenti del mondo. Sorride pensando a come manchi lui, il vero potente indiscusso, colui che agisce nell’ombra, tirando le fila del teatrino nel quale quegli sciocchi burattini si destreggiano. Ma è appunto dall’ombra che il potere agisce e comanda e, ad ogni modo, trova quegli inutili esserini così insignificanti che sarebbe un sacrilegio per i suoi polmoni respirare la loro stessa aria.
Scorge Mycroft Holmes, come lui alla finestra. Osserva la cascata, forse pensando alla sua imminente caduta, cosa che gli strappa una risatina. La sua inutile vita si concluderà oggi e Sherlock sarà finalmente solo suo, ora che anche John è fuori dai giochi. Si aggrapperà a lui, lo venererà con timore, come tutti gli altri, e diventerà il suo primo burattino, il più bello e importante della collezione.
Dal riflesso della vetrata lo vede entrare con passo incerto e sguardo basso nella sala da pranzo a loro interamente riservata. Ha indossato l’abito che gli ha fatto fare su misura e che gli sta divinamente. Lo guarda a malapena, impaurito, e questo gli genera un infinito piacere.
“Riducili a larve umane. Togli loro ogni possibilità di fuga, ogni speranza di salvezza. Mantienili in un costante, perenne stato di terrore e agitazione. Così li avrai in pugno” era solita dire Sebastiana. A quanto pare questo vale anche per i consulenti investigativi sociopatici e iperattivi dotati di un’intelligenza brillante.
<< Buongiorno fratellino >> lo accoglie invitandolo a prendere posto al tavolo al quale anche lui si avvicina. Con le sue mani gradi dalle dita affusolate, Sherlock scosta la sedia e si accomoda. Posa diligentemente il tovagliolo sulle ginocchia e accetta il the caldo che gli versa nella tazza.
<< Volevo scusarmi per ieri sera. La situazione mi è un po’ sfuggita di mano >> gli dice. Lo vede scoccare un’occhiata al vetro della veranda sostituito in tutta fretta da uno nuovo e immacolato. Non dice nulla. A quanto pare ha deciso di restare in silenzio. Deve averlo spaventato parecchio la sera prima e di questo se ne compiace.
Gli torna in mente il the che hanno bevuto nel salotto di Baker Street, subito dopo la sentenza che lo ha ritenuto innocente di tutte le accuse mosse contro di lui. Anche allora, benchè cercasse di non darlo a vedere proprio come adesso, Sherlock era terrorizzato. Non si aspettava che il suo potere fosse tale da riuscire a corrompere un’intera giuria. Pensava di aver dato il meglio di sé durante la testimonianza e di averlo in pugno.
 “Una carpa furba e ostinata. Sarà un piacere pescarti!” pensa mentre le note di ‘Die forelle’ allietano il loro pasto.
<< Oggi faremo la storia >> dice catturando la sua attenzione. << Alle nove si terrà il vertice di pace che sancirà l’inizio della terza guerra mondiale e della nostra indiscussa ascesa al potere >>.
Sherlock lo guarda, con quegli occhi che stamattina hanno deciso di essere di un bellissimo verde acqua.
<< L’ambasciatore che hai sostituito con Renè è ancora vivo? >> gli domanda con nonchalance, prendendo un sorso di the.
Un piccolo crampo serra lo stomaco di James. Non gli da peso. Non ricorda giorno in cui il suo stomaco non abbia avuto occasione di dargli pensiero. Oggi, poi, ci sono tante emozioni da digerire.
<< Immaginavo lo avessi dedotto >> sorride eccitato dalla sua brillante intelligenza, proprio come durante il gioco nel quale lo ha coinvolto e reso protagonista.
<< E’ stata un’idea geniale, i miei complimenti >> gli dice, inchinando appena il capo ed è così difficile per Jim evitare di gongolare palesemente.
<< Devo ammettere che questa volta ho superato me stesso >> dice orgoglioso. << Nemmeno tu riusciresti a capire chi tra gli ambasciatori è il mio uomo >>.
<< Non ne sarei così sicuro >> ribatte lui e l’angolo sinistro delle sue labbra si arriccia in quel mezzo sorriso capace di dargli i brividi.
<< E, sentiamo, come faresti a individuarlo? >> gli chiede sporgendosi verso di lui.
<< Vedo tutto >> risponde serio. << Questa è la mia condanna >>.
C’è qualcosa nel suo sguardo che James non riesce a comprendere. Qualcosa che gli procura un altro piccolo crampo allo stomaco.
“Questa cosa non mi piace” pensa e decide di riportare l’ago della bilancia dalla sua parte. Dalla tasca interna della giacca tira fuori un giornale.
<< Sarà la tua condanna, mio caro, ma non vedi quello che cerchi >> ribatte posando il quotidiano in bella mostra davanti a lui. Lo vede scoccare un’occhiata al giornale e aggrottare le sopracciglia.
<< ‘El mundo’? >> domanda stupito, posando la tazza sul piattino.
<< Oh, sì. È successa una cosa abbastanza particolare e che, devo ammetterlo, non mi aspettavo. Una cosa che ci tornerà molto utile e dobbiamo ringraziare lo zelo dei tuoi amici madrileni, per questo >>.
Sherlock tenta di leggere al contrario quanto riportato dal giornale.
<< Devo dire che questi spagnoli ci sanno fare con le inchieste e hanno un talento tutto loro nel dar voce e risonanza alle notizie >> gli dice porgendogli il quotidiano. Sherlock gli scocca un’occhiata confusa prima di lanciarsi nella lettura. Lo zelo prima presente ora è scomparso, cosa di cui James si compiace parecchio.
 
***
 
John non riesce a stare fermo. Gironzola tra i tavoli con passo troppo svelto, tanto che ‘il suo capo’ lo ha già richiamato due volte, dicendogli che così facendo disturba i convenuti. Ha dovuto trattenersi dal dirgli che i suoi cari convenuti potrebbero ritrovarsi coinvolti in una sparatoria da un momento all’altro e che uno di loro sarà ucciso da non sa ancora quale degli ambasciatori.
<< E’ come cercare un ago in un pagliaio >> borbotta tra sé.
<< No, ricorda le conclusioni alle quali siamo arrivati ragionando con gli altri ieri sera >> ribatte Fox comparso alle sue spalle, facendolo trasalire.
Erano rimasti a lungo attorno al fuoco scervellandosi per capire a chi appartenessero i connotati assunti da Renè e come potessero scoprirlo. Continuavano a passarsi di mano in mano una foto data loro da Ravache, nella quale è presente, tra gli altri anarchici, anche Renè.
<< Gli occhi >> aveva esclamato Mistica. << Gli occhi non si possono modificare chirurgicamente >>.
Benchè oggigiorno ci siano persone che decidono di tingere la sclera dell’occhio di nero, nulla si può fare in modo definitivo con l’iride. Il rischio di divenire ciechi a seguito di un’infezione è troppo alto. Questo comporta il fatto che il loro uomo dovrà indossare delle lenti a contatto e, di conseguenza, avrà gli occhi affaticati.
<< Allora >> sospira John cercando di ragionare come Sherlock. << L’intervento, per quanto impeccabile sia stato, avrà lasciato delle cicatrici. La più tipica è la piega discreta, ma inconfondibile, dietro l’orecchio dove è stata tirata la pelle. Solo quattro di loro hanno un’attaccatura di capelli che può nasconderle >>.
<< Sono alti come Renè >> nota Fox i cui occhi viaggiano veloci da un sospettato all’altro. << Stessa corporatura >>.
<< Ravache ci ha detto anche che Renè è mancino >> gli ricorda John al quale, da mancino, saltano all’occhio tutti i movimenti che denotano la predilezione della mano sinistra. << Ribadisco che, sebbene il numero sia esiguo, è come cercare un ago in un pagliaio >> sbotta nervoso.
Da che ha aperto gli occhi, ritrovandosi addormentato in una posizione scomoda sulla poltrona della suite imperiale di Mycroft e con un mal di testa da sbronza per nulla piacevole, i suoi pensieri sono andati a Sherlock. Sente di essere lì a perdere tempo alla ricerca di un sedicente sconosciuto travestito in modo permanente delle fattezze di un altrettanto sedicente sconosciuto, mentre dovrebbe mollare tutto e correre in aiuto del suo uomo. Invece è bloccato lì e, finchè non scopriranno chi è il killer e non lo smaschereranno ponendo fine a questa situazione, non potrà correre da lui.
<< Cosa leggi in loro >> chiede a Fox che come lui osserva attento ogni volto, vedendoci dio solo sa cosa dietro quei sorrisi, quelle microscopiche smorfie.
<< Molte cose. Ho un dubbio >>.
<< Tra chi >> gli chiede felice di sentirglielo dire.
<< Il primo è l’ambasciatore tedesco. Dammi un parere medico? >> gli chiede Fox, che continua a scrutare il volto dell’uomo sul quale è presente una cicatrice che si estende su buona parte del viso.
<< Vasto trauma >> analizza John con attenzione. << Ferito gravemente. Eccellente riparazione chirurgica. Temo, però, che sia troppo vistosa per il lavoro di fino fatto da Hoffmanstal. Era un perfezionista e non avrebbe mai lasciato su una delle sue opere uno sbrego simile >>.
<< Allora opto per l’ambasciatore rumeno >>.
John porta l’attenzione su questo. Ha gli occhi arrossati e cerca anche di trattenersi dall’istinto di stropicciarli. Una cosa, però, che potrebbe banalmente fare chiunque indossi lenti a contatto.
<< Ne sei sicuro? >> domanda a Fox.
<< Io credo che potrebbe essere lui >>.
<< Tu credi? >> ribatte guardandolo storto. << Devi esserne certo. Se metterò a terra l’uomo sbagliato potrei scatenare una guerra >>.
Vengono interrotti dal ticchettare di Mycroft contro un bicchiere. Tutti i presenti si voltano verso di lui portando il silenzio nella stanza.
<< Miei cari signori e signore, vi invito a prendere posto nella sala congressi che troverete uscendo subito alla vostra sinistra. Tra un quarto d’ora daremo inizio a questo importante appuntamento che ci vede qui riuniti per mantenere la pace tra le nostre nazioni >>.
Con un poco dignitoso e rumoroso spostar di sedie le delegazioni capeggiate dai capi di stato defluiscono dalla stanza.
<< Non perdiamolo di vista >> esclama Fox muovendosi a grandi passi, intenzionato a stare col fiato sul collo al loro uomo. John volge lo sguardo a Mycroft. Riconosce la muta domanda e risponde annuendo. Lo vede tirare un sospiro di sollievo e seguire il delegato di turno che lo coinvolge in una conversazione dall’aria importante. John lo vede sorridere in modo cortese e ascoltare interessato. Nota, però, lo sguardo che a intervalli quasi costanti si sposta al panorama al di là della vetrata.
“Anche tu ti stai chiedendo come stia” pensa e si affretta a tenere il passo. Non vuole perderlo di vista, perché, sì, uno dei capi di stato presenti sarà pure in pericolo, ma Mycroft non è da meno.“E, come ti ho detto, mi sono ripromesso di farti uscire vivo da qui”.
Si porta dietro di lui, separato dal suo fianco solo da un paio di persone.
<< Lei ben conoscerà il secondo principio della dinamica o seconda legge di Newton, amico mio >> sta dicendo Mycroft al tizio alla sua destra, che annuisce, mentendo spudoratamente << ‘La somma di tutte le forze che agiscono su un corpo è uguale al prodotto della massa per l’accelerazione del corpo’ >> lo recita per lui. Si volta poi a incontrare lo sguardo di John, che intuisce che ciò che ha detto ha a che fare con Sherlock.
“Vento dell’est, la nebbia è la. Qualcosa di strano fra poco accadrà”. Questa filastrocca sale alla mente di John in modo quasi violento. L’aveva sentita borbottare a Sherlock quando era ancora in bilico tra il sonno e la veglia del post operatorio. Un brivido gli percorre la schiena e quando si volta verso la cascata, la nebbiolina che il fragore dell’acqua produce schiantandosi gli sembra essere ancora più fitta.
 
***
 
Survive tonight, i see you’re head’s exposed
So we shall kill constructive might,
It’s alright as your emotion fool you
My strong will rule.
 
James appoggia il mento sulle mani a coppa e osserva attento Sherlock. Non vuole perdersi l’effetto che quella notizia avrà su di lui. Segue il movimento dei suoi occhi, dapprima lento e attento da sinistra a destra, poi sempre più veloce. Le pupille si dilatano colme di stupore e gli occhi si sgranano. Le mani stringono sempre più forte la carta, spiegazzando le pagine grigie del quotidiano.
Un solo unico movimento. Secco. Veloce. Le mani che abbassano il giornale sbattendolo sul tavolo. Le tazze che tintinnano facendo cadere il loro contenuto ambrato sul piattino e sulla tovaglia. I suoi occhi puntati su di lui. Confusi. Increduli.
<< Che cosa hai fatto? >> sussurra esangue.
È così eccitante il suo stupore. Così inebriante la sua incredulità dinanzi a quanto James è stato in grado di fare. Rompere il loro patto. Venire meno alla parola data. Dimostrargli il suo potere indiscusso su ogni cosa, anche su di lui. Soprattutto su di lui.
<< Per portare avanti una buona strategia bisogna sacrificare qualche pedina >> risponde lui facendo spallucce.
Quegli occhi ancora più grandi, ancora più increduli. Le mani sempre più strette a distruggere le pagine del giornale gli causano un altro crampo allo stomaco, ma lo ignora, perché ora può vedere in ogni suo gesto il ribollire dell’esplosione farsi largo in lui. E’ così che lo immagina divenire poco per volta preda dell’orgasmo.
“Non mi hai concesso di portartici in un modo e sono stato costretto a ripiegare nell’altro” pensa, eccitato all’idea del suo corpo teso nello spasmo estremo sotto di lui. 
<< Avevamo un patto >> sussurra Sherlock. Un ringhio nella voce profonda. << Non lo hai rispettato >> dice piantando le mani sul tavolo. Le tazze tintinnano ancora più forte e il suo respiro, prima controllato, ora diviene un affanno.
<< Chi è il primo che ha tentato di fregare l’altro? >>.  James porta il suo attacco, quel colpo di reni in grado di rendere il piacere più intenso.
<< Io non ho fatto nulla di simile! >> grida Sherlock che scatta il piedi, rispondendo perfettamente al suo stimolo. << Mi hai accusato più volte di tramare alle tue spalle, ma io non l’ho fatto. Mai! >> esclama battendo i pugni sul tavolo. Il the schizza da tutte le parti colpendolo in viso. Jim lecca piano con la lingua le gocce che gli hanno raggiunto le labbra.
<< Vuoi dirmi che appartiene davvero a John Watson uno dei corpi ora presenti al Bart’s? >> lo provoca assestando un altro colpo.
<< Certo che appartiene a lui! >> grida e gli occhi gli si colmano di lacrime. << Lui, Fox, Grey, Anthea, Mistica… li hai uccisi tutti! Tutti! >> afferra la sedia e la scaraventa contro la vetrata. Questa volta il mastro vetraio dovrà lavorare un po’ più a lungo.
<< Io credevo fossi riuscito a portarli qui in qualche modo. Beh, vorrà dire che mi sono sbagliato >> dice facendo spallucce.
<< Ti sei sbagliato? >> gli domanda e sembra la sua furia si sia quietata. James annuisce, aggiungendo un gesto della braccia a sottolineare quanto possa capitare di sbagliarsi. Le braccia di Sherlock, invece, crollano lungo i fianchi. Sembra perdere di colpo tutte le forze e restare in piedi per miracolo.
<< Hai ucciso John… per sbaglio >> realizza guardandolo con occhi vuoti in un volto inespressivo. Sembra poi smettere del tutto di respirare. Resta immobile, perfettamente immobile. Gli occhi fissi in quelli di James. Vitrei. L’unico movimento è dato dalle lacrime che lente cadono a rigargli il viso pallido.
 
***
 
John trasale al suono di quello che sembra essere stato un grido. Si guarda attorno e nota come i presenti, impegnati nel mettersi in posa per la foto ufficiale, drizzino a loro volta le orecchie. Si guardano appena attorno, come ad accertarsi di non aver avuto un’allucinazione uditiva, ma non chiedono conferma, né cosa possa essere stato.
“Lo sanno. Tutti loro sanno della presenza di Moriarty in questo posto. Ognuno di loro è segretamente in contatto con lui o lo è stato con Moran e, forse, sanno che qualcuno oggi morirà” pensa John, disgustato dal ritrovarsi in quella farsa tra persone pericolose pronte a barattare la pace e la vita di migliaia di innocenti, tra civili e militari, per il puro arricchimento personale.
Volge lo sguardo a Mycroft e lo vede fissare la porta della stanza. Una gocciolina di sudore gli percorre il viso dall’attaccatura dei capelli allo zigomo.
<< Era lui! >> borbotta il dottore afferrando Fox per la manica della camicia.
<< Sì, è lui >> conferma il ragazzo, lo sguardo fisso sulla schiera di potenti in posa.
<< Cristo, cosa starà succedendo! >> borbotta John.
<< Non lo so, ma qualunque cosa sia ci è stata d’aiuto >>.
Il dottore lo guarda stupito e si rende conto solo adesso di come l’attenzione del ragazzo fosse catturata da altro. I suoi occhi sono, infatti, rimasti fissi sull’ambasciatore rumeno.
<< C’era da aspettarsi che l’assassino avrebbe preso delle precauzioni per non farsi scoprire, come un giocatore che nasconde un indizio >> dice quella volpe rossa, continuando a puntare la preda. << Nonostante questo, però è possibile che manifesti lo stress in modo meno evidente. Un tick nervoso. Uno sfarfallio d’ansia >>.
<< Facilmente camuffabile in un incontro dove tutti hanno un motivo per esser nervosi >>.
<< Già. Per questo potrebbe essere l’opposto: l’incapacità di comportasi in modo naturale. Un attore talmente preso dalla parte… >>.
<< … che l’unica espressione che non riesce ad avere è una reazione spontanea >> annuisce John, che ha capito cosa ha visto e compreso il ragazzo. Eccola la loro conferma. L’ambasciatore rumeno è l’unico che, anziché volgere lo sguardo alla porta e guardarsi attorno con circospezione, stia ancora ammirando con attenzione le proprie scarpe. A John viene in mente il terzo principio della dinamica o legge di Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Il killer prende un profondo respiro, alza lo sguardo e porta la mano sinistra sotto la giacca.
<< Ci siamo! >> esclama Fox.
 
***
 
And your panic stricken
blood will thicken up, tonight.
 
Quello sguardo fisso, attonito, shoccato scuote James in un modo che non si aspettava e che non gli piace. Dell’eccitazione che stava provando nell’assistere al turbamento di Sherlock non resta più nulla. Vorrebbe dirgli di smetterla di guardarlo così, senza dire niente, senza permettergli di capire dalla sua espressione cosa lo aspetti. Dovrà difendersi? Dovrà scappare? Si rende conto di stare trattenendo il fiato e di essere immobile, proprio come lui.
“Così mi spaventi” pensa deglutendo.
<< Hai ucciso John… per sbaglio >> ripete Sherlock lentamente, in modo meccanico e terrificante. La voce atona, cavernosa stringe lo stomaco e ora anche i visceri di James e lo porta ad addossarsi allo schienale della sedia. Vorrebbe ribattere, ma la lingua è diventata così pesante nella bocca asciutta.
“No, mamma, no! Ho sbagliato, scusa. Farò il bravo, ma tu non farmi male” pensa Jim e il suono della sua stessa voce di bambino, che ancora rimbomba nella testa, lo spaventa. Cerca di scacciarla, ma lo sguardo di Sherlock, carico e furente, non lo molla e lui si sente sempre più piccolo e impaurito.
Il grido improvviso gli lacera il cuore. Cade dalla sedia e si ritrova a terra, investito da tutto ciò che era posato sul piccolo tavolo che suo fratello gli ha rovesciato addosso. Il terrore è tale che percepisce appena la pelle scottata dall’acqua bollente del bollitore. James gattona veloce  all’indietro, gli occhi fissi su Sherlock il cui volto è divenuto una maschera di furente rabbia. E’ un vero e proprio ringhio quello che gli sale dalla gola.
<< Tu hai ucciso John! >> ripete, le braccia tese, scostate dal corpo proteso in avanti, come fosse pronto a spiccare il volo e atterrare su di lui deciso a massacrarlo. << Lo hai ucciso! >> ripete muovendo passi lenti verso di lui, che sempre più veloce e spaventato si sposta strisciando sul pavimento.
Non riesce a pensare, James. Non riesce a emettere alcun suono e neppure ad alzarsi in piedi. E’ del tutto vittima della furia di Sherlock, che ancora non lo ha neppure sfiorato. Solo quando questi si lancia verso di lui urlando ancora più forte Jim trova la forza di mettersi in piedi. Scappa correndo più veloce che può. Ai suoi occhi il lungo corridoio si trasforma. Le pareti avvolte dalla carta da parati in seta dorata scompaiono per lasciare il posto alla tinta bianca, anonima e asettica. La moquette che attutisce i suoi passi concitati è sostituita da mattonelle di ceramica di un bianco azzurrognolo. Lo scalpiccio dei suoi piedi scalzi rimbomba come il suo cuore.
<< Fermati, piccolo bastardo! Vieni qui, subito! >>.
Sua madre lo insegue. Nella voce ha quella nota di follia che lui ben conosce. Deve mettere bene i piedi l’uno davanti all’altro e non piangere, altrimenti resterà senza fiato.
“Se mi prende questa volta mi ammazza!” pensa spaventato. Non sa neppure cosa abbia fatto per scatenare la sua furia. Lui voleva solo giocare.
<< Sei morto, Moriarty! >> .
Il ruggito di Sherlock lo strappa dal ricordo. Butta un’occhiata alle sue spalle e lo vede dietro di lui. Lontano. Furioso, ma lontano.
“Sei ancora debole” pensa e un mezzo sorriso soddisfatto gli curva le labbra. Sente, però, la terra venirgli meno sotto i piedi. Stupito si ritrova a battere la faccia sulla moquette. Il dolore al setto nasale gli toglie il fiato. Il rosso del suo stesso sangue, che gli macchia gli abiti, cola sulla moquette e gli sporca le mani, lo coglie di sorpresa e lo terrorizza insieme. Scorge appena il suo piede impigliato in un angolo di moquette sollevata dal pavimento.
“In un hotel superlusso certe cose non dovrebbero accadere” pensa irrazionalmente.
Vede Sherlock farsi sempre più vicino. Ha tolto la cintura e la stringe nel pugno destro pronta a vibrarla su di lui. Lo osserva stupito, ancora stordito dalla botta presa, e sente appena il dolore della frustata che riceve alla testa.
<< Lo hai portato via da me! Via per sempre, maledetto! >> grida, calando con forza sempre più crescente la cintura su di lui.
James è abituato al dolore fisico. Sua madre e Sebastiana gliene davano tante, molte più di quante la sorella non ne desse al sacco sul quale si allenava. A volte per divertimento, altre perché Jim aveva fatto qualcosa capace di farla andare su tutte le furie. Cosa fosse non era dato saperlo. Per questo resta giù, le braccia a coprire la testa e le ginocchia raccolte al petto per proteggere l’addome. Si stancherà. Ci sarà un momento in cui dovrà prendere fiato e allora lui agirà. Si fanno proprie queste strategie quando si è soliti essere vittima della follia altrui.
Sherlock, però, sembra essere inesauribile. Lo colpisce sempre più forte, con rabbia maggiore vomitandogli addosso i peggiori insulti. Sul tetto del Bart’s, poco prima di fingere di farsi saltare le cervella, gli aveva detto che erano uguali, loro due. Ora si deve ricredere di questa cosa. Sherlock in questo momento è molto più simile a Sebastiana e a sua madre. Furioso come loro, pazzo come loro, pronto ad ucciderlo per il torto che ha avuto l’ardire fargli, proprio come loro. E James, proprio come con loro, voleva solo attirare la sua attenzione, avere la sua considerazione, il suo affetto, il suo amore. Voleva essere il centro del suo mondo. Voleva che lo venerasse come solo una sorella e una madre sanno fare. Come vedeva fare a Jane, che altro non aveva negli occhi se non l’amore incondizionato che provava per Sherlock.
“Perchè non posso avere anche io tutto questo?” pensa tra le lacrime di questo triste senso di ingiustizia. “Perché non c’è nessuno pronto a mettere a repentaglio la propria vita per salvarmi?” pensa sentendo la rabbia montare dentro di lui. Esplode quando finalmente l’attimo di esitazione dovuto alla stanchezza si verifica in Sherlock. Con un grido lo spinge via da sé per disorientarlo. Con la coda dell’occhio vede il ripostiglio delle scope aperto e corre veloce a chiudersi dentro.
Sherlock grida e si scaglia contro la porta. Prova ad aprirla accanendosi sulla maniglia e quando si rende conto che l’ha chiusa a chiave inizia a colpirla con calci e pugni.
Addossato alla parete sulla quale le scope sono posate diligentemente in fila, James osserva la porta vibrare sotto i colpi che subisce. Si maledice per aver ordinato ai camerieri di girare a largo da quell’ala dell’hotel e ai suoi uomini di dirottarsi in massa al vertice. È solo con lui e non sta accadendo per nulla ciò in cui tanto sperava. Doveva essere distrutto dal dolore, Sherlock, e non furioso e spaventoso. Lo ha sempre visto spaventato da lui e chi è spaventato non si ribella a colui che gli incute timore nemmeno quando è preda del dolore più grande.
“Questo è quello che hai sempre fatto tu, Jim. Peccato, fratellino, che non siano tutti come te” gli dice Sebastiana. “Solo un idiota come te, infatti, poteva pensare che uno come Sherlock si sarebbe trasformato in un agnellino alla notizia della morte del suo uomo per mano tua!” ride di lui. “Si è buttato dal tetto di un palazzo per quel piccolo dottore. Sarebbe stato disposto a patire le pene dell’inferno. Non hai capito davvero nulla di come è fatto il tuo caro fratellino e sei patetico, Jim, se credi di poter davvero prendere il posto di John nel suo cuore”.
Le risate di sua sorella riecheggiano nella sua testa. Non può che darle ragione. Ha commesso uno stupido errore. Anzi, due stupidi errori, dal momento che si è messo in gabbia con le sue mani chiudendosi in quello stanzino.
“E’ l’unico posto dove meriti di stare, inutile bambino!”.
Come prima, l’ambiente attorno a lui cambia. Scatoloni e cianfrusaglie prendono il posto delle scope. Una lampadina pende solitaria dal soffitto e persino lei dondola raggiunta dall’onda d’urto dei pugni con i quali Sebastiana colpisce la porta.
“Resterai qui finchè non avrai imparato a portare rispetto, moccioso!” grida facendolo tremare come una foglia. Seduto per terra, le mani premute sulle orecchie, gli occhi fissi sulla porta e nella mente la sola preghiera che non frani sotto quella furia. Che resti almeno lei lì a proteggerlo. Non ha nessuno a cui poter chiedere aiuto, il piccolo Jim. Suo padre torna sempre tardi e la madre non alza un dito in sua difesa.
“Se Sebastiana ha deciso di punirti allora doveva avere le sue buone ragioni” è solita dire, guardandolo con quel volto inespressivo che tanto lo confonde.
Se all’inizio ha odiato l’essere chiuso nello sgabuzzino, col tempo si è andato lui stesso a rifugiare la dentro, conscio del fatto che la sorella ce lo avrebbe volentieri lasciato e che i suoi pugni se li sarebbe presi la porta al posto suo. Così, almeno si risparmia il dolore fisico, ma nulla può comunque fare per sottrarsi al terrore che la voce e le azioni di quella ragazzina gli incutono.
<< Smettila di spaventarmi! Lasciami in pace! >> grida schiacciandosi sempre di più contro la parete di cianfrusaglie, prossime al crollargli addosso.
<< Avevi solo da pensarci, prima di fare ciò che hai fatto! >> ribatte continuando ad accanirsi contro la porta. Jim sa bene di essere colpevole. Sa che la punizione sarebbe meritata. Eppure allo stesso tempo trova ingiusto il suo comportamento.
<< Sono tuo fratello, non dovresti trattarmi così! >> esclama tra le lacrime.
<< Sei stato tu il primo ad avermi fatto del male! Mi hai portato via John!  >> ribatte Sherlock, che con quelle parole riporta James alla realtà.
<< Io non voglio dividerti con nessuno! Tu sei mio! Mio soltanto! Hai il mio amore e non ti serve quello di nessun altro! >> grida arrabbiato alla porta, alzandosi in piedi.
<< Tu non sai cosa voglia dire amare! >> grida Sherlock, accompagnando ogni parola con un pugno. << Tu non sei in grado di amare, né di provare dolore! >>.
<< Questo non è vero! >> grida scagliandosi contro la porta. Questa si apre e Sherlock deve fare uno sforzo per non essere travolto e restare in piedi. E’ rosso in viso, il corpo scosso e provato dalla forza che ha dovuto usare. Immutata, però, è la furia che lo anima. << Io so cosa vuol dire amare. Mio padre me lo ha insegnato >> dice Jim, lottando con se stesso per trattenere le lacrime. << E’ so cos’è il dolore. Lui era l’unica persona che avessi accanto. L’unica che mi proteggesse da quelle due arpie. Mi aveva detto che ci saremmo trasferiti a casa della nonna nel Sussex. Che con noi sarebbero venuti l’amica della mamma e i suoi due gemelli. Aveva detto che saremmo sicuramente andati d’accordo, noi tre bambini, e che saremmo stati una famiglia. Una vera famiglia. Tuo padre mi ha portato via tutto questo! Il minimo che tu possa fare, ora, è rendermi l’amore di mio padre e questa famiglia che non ho mai avuto restando con me! >> grida disperato e intimorito da lui, dal suo sguardo impassibile, dalla cintura stretta ancora nel suo pugno.
<< Non sono io ad aver distrutto i sogni di tuo padre e di tuoi, James >> ribatte Sherlock. << Non è stato neppure mio padre a farlo. Sono state quella pazza di tua madre e quella stronza di tua sorella, quelle che tu chiami arpie. Io non ho alcuna colpa e non ti devo rendere un bel niente. Semmai sei tu a dover dare a me molte cose >> dice facendo schioccare la cintura come una frusta. << Mi avevi detto che ti dovevo una caduta, ricordi? >> gli chiede e il suo sguardo si fa intenso e ancor più spaventoso. << Io ho assolto il mio debito buttandomi dal tetto del Bart’s. E’ stato un gran bel volo, credimi. Un uomo del tuo calibro, però, merita ben altro >> dice volgendo appena lo sguardo alla veranda, visibile da lì attraverso una porta che da su un’altra sala ristoro, e da lì alle cascate.
Una forte esplosione li distoglie dai loro discorsi. James, così preso tra il suo passato e quanto sta accadendo con Sherlock, si è dimenticato del tutto del vertice e dell’attentato.
Un’altra serie di spari si susseguono. Questi non erano previsti e lo lasciano senza fiato.
<< Non è un buon segno, vero? >> gli domanda Sherlock senza togliere gli occhi dai suoi.
James scorge appena la sala congressi posta al centro esatto del semicerchio che è l’hotel. C’è movimento tra la gente lì raccolta. Non proprio il tipo di movimento frenetico e concitato che ci si aspetta di trovare in una simile ricorrenza.
Aveva dato ordini precisi. Non ci sarebbero dovuti essere altri spari se non quello col quale Renè avrebbe ucciso la cancelliera tedesca. Quello che avrebbe posto fine alla vita di Mycroft sarebbe arrivato molto dopo. Aveva preparato per lui un assassinio da camuffare in suicidio. Nessuno avrebbe dubitato che l’amico intimo del primo ministro inglese avrebbe deciso di togliersi la vita a seguito delle accuse che lo volevano coinvolto in quanto era accaduto durante il vertice e in molti degli altri atti di terrorismo precedentemente verificatisi.
Solo nella remota possibilità che qualcosa fosse andato storto, uno dei suoi uomini aveva l’ordine di fare fuoco su Mycroft. Evidentemente, quindi, qualcosa è andato storto.
Sherlock lo guarda con quell’immutata furia nello sguardo. Benchè il tono della domanda desse a intendere un bisogno di chiarimenti, sembra molto sicuro di quanto stia accadendo.
Qualcosa si rompe in Moriarty. Può lui stesso avvertire il suono dei piccoli pezzi che vanno in frantumi. L’aria diventa improvvisamente pesante da respirare per Jim. La vista gli si offusca, come fosse velata da una strana foschia. Come si trovasse immerso in acque torbide, che gli rendono difficoltoso guardare in faccia il suo avversario.
“James, maledetto idiota!” tuona Sebastiana nella sua testa. “Chi è il pescatore, adesso, e chi la trota?”.
 
 
[1] ‘You’ll follow me down’ -  Skunk Anansie (anche i brani successivi fanno parte di questa canzone).

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Capitolo 34
*** capitolo 34 ***


Buongiorno e buona domenica!
 
Stiamo davvero per vedere la fine e sono emozionatissima!
Oggi troverete altri riferimenti a ‘Sherlock Holmes – Gioco d’ombre’ e un altro esperimento di layout. Ammetto che non vado matta per la musica italiana, soprattutto quella degli ultimi anni, eppure la canzone che ci accompagnerà per la quasi totalità del capitolo non ho potuto fare a meno di trovarla perfetta per descrivere i personaggi che via via si susseguono. L’ho usata anche come spartiacque tra i vari saltelli di punto di vista in punto di vista. Spero risulti scorrevole la lettura e che possiate apprezzare il mio ennesimo esperimento.
Vi auguro una buona lettura
 Alla prossima
 
Patty
 
Capitolo 34
Elevo questa spada alta verso il cielo,
giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo.
Solo sulla cima attenderò i predoni,
arriveranno in molti e solcheranno i mari.
[1]
 
La luce del mattino investe la vetrata accendendola di raggi dorati accecanti. La natura fa il suo corso là fuori e il sole splende nel cielo, incurante di ciò che sta per accadere. Il fragore della cascata, invece, ben si presta come colonna sonora di questo vertice dell’ipocrisia umana. È come un grido, un urlo costante e minaccioso. Dovrebbe mettere a disagio e in allerta i presenti, che, invece, lo lasciano in sottofondo. Si fa presto a farsi l’abitudine a ogni cosa. Persino alla voce tonante e minacciosa di una cascata.
Greg resta senza fiato dinanzi a questo contrasto palese. È appena entrato insieme a Grey in questa sala, confondendosi tra la folla di capi di stato, ambasciatori e il loro seguito, personale dell’hotel, guardie del corpo, uomini del servizio di sicurezza e giornalisti. Si sente un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutta quella gente pomposa e arrogante. Gli danno la nausea i sorrisi ipocriti, le strette di mano false quanto il bacio di Giuda, le risate forzate a battute pessime e di cattivo gusto.
 
<< Perché lo stai facendo? >>.
 
La domanda che Grey gli ha posto, mentre a bordo del jet giungevano alle cascate, gli torna prepotente alla mente. Non ha trovato una risposta valida. Anzi, a dirla tutta ha buttato lì un pessimo ‘Sinceramente non lo so. So solo che voglio essere lì’ che lo ha fatto sentire un vero idiota dinanzi allo sguardo indagatore del giornalista.
“No che non ci voglio stare qui!” pensa adesso sospirando, mentre il chiacchiericcio si fa sempre più assordante. Decide che è meglio concentrarsi sull’obiettivo, ovvero identificare John e Fox e stare loro discretamente addosso. Grey scruta già la folla, gli occhi puntati sugli uomini del servizio di sicurezza alla ricerca dei loro compagni.
Giunge all’orecchio di Greg, come isolata da tutte le altre, la voce di Mycroft. Si volta verso la direzione dalla quale l’ha sentita provenire e lo scorge circondato da un buon numero di dignitari. Indossa uno dei suoi impeccabili abiti eleganti in doppio petto, ma non ha con sé l’immancabile ombrello. Questa volta ha preferito vestire di nero, anziché del più sobrio grigio perla che gli ha visto addosso quelle poche volte che si sono incontrati.
“Un abito più adatto ad una cerimonia funebre che ad un congresso per la pace” pensa Greg, rendendosi conto, però, di come in effetti si celebri la morte dell’onesta, della lealtà e della pace in questo salone. Un sorriso tirato di circostanza incurva le labbra di Mycroft e, nonostante ce la stia mettendo tutta per non darlo a vedere, appare così stanco.
“Deve aver passato la notte in bianco” pensa Greg al quale sfugge uno sbadiglio. La sua notte non è stata poi molto più colorata di quella di Mycroft. Ha sistemato le cose con Dimmock, sedato la crisi di nervi di Molly causata dalla notizia dell’imminente partenza, cambiato identità e connotati e volato su un jet privato fino a lì. Sta in piedi per miracolo, spinto dalla sola forza di volontà.
 
Oltre queste mura troverò la gioia
o forse la mia fine, comunque sarà gloria
E non lotterò mai per un compenso.
Lotto per amore, lotterò per questo.
 
Grey scorge tra la folla Fox, nonostante il riuscitissimo travestimento. Lo vede scrutare gli ambasciatori minuziosamente e borbottare in modo discreto con John.
Finalmente può concedersi un sospiro di sollievo. Benchè la vera e propria situazione critica non si sia ancora verificata, vedere Fox sano e salvo gli ritempra il cuore.
Ha chiesto a Greg perché avesse deciso di compiere questa missione. Ha fatto ad alta voce e ad un uomo che in quel momento poteva fargli da specchio, la stessa domanda che sentiva il bisogno di porre a se stesso. Un modo per aiutare entrambi a capire cosa diavolo stessero facendo.
Nel turbamento del detective ha rivisto se stesso. Potrebbe dire il se stesso di ormai molti anni fa’, ma sarebbe una bugia. La stessa confusione l’ha provata la notte precedente, quando si è ritrovato molto comodo, anche troppo comodo, tra le braccia del suo allievo. Sì, perché è questo che è prima di tutto Fox. È il discepolo che non sapeva di stare cercando, il ragazzo con un dono naturale da aiutare a gestire e al quale insegnare i suoi segreti, in modo che siano portati avanti anche dopo di lui. Quando si crea un impero con sangue e sudore il desiderio recondito è solo quello di vederlo sopravvivere alla propria fine. Questo bisogno lo ha sentito chiaro e forte quando è rimasto vittima dell’ammutinamento perpetrato dal gruppetto di ragazzi e ragazze difficili appena arrivato a ‘El lugar seguro’. Ha visto la morte molto da vicino per la seconda volta in vita sua e questa gli ha di nuovo strizzato l’occhio, fatto un sorriso e voltato le spalle, per fortuna. Il primo pensiero che ha avuto al risveglio dal breve periodo di coma è stato proprio quello di ufficializzare il passaggio del testimone.
 
Io sono un guerriero, veglio quando è notte,
ti difenderò da incubi e tristezze.
Ti riparerò da inganni e maldicenze
e ti abbraccerò per darti forza sempre.
 
<< Sai, Greg, io sono dell’idea che si debba aver ben chiaro in mente cosa muove le nostre azioni. Questo per evitare di agire in modo sconsiderato e inutile >>.
 
Stralci della conversazione avuta con Grey sul jet tornano alla mente obnubilata dalla stanchezza dell’ex detective. È stato strano parlare con quell’uomo. Lo sguardo così fisso da metterlo a disagio e fargli provare una strana inquietudine.
 
<< Te l’ho detto perché è così >> ha ribadito stringendo i pugni.
<< Allora è meglio tu nei stia fuori >>.
 
E’ scattato in piedi pronto a colpirlo, tanto non gli erano andate giù le sue parole. Grey è rimasto impassibile dinanzi alla sua reazione. Si è appoggiato allo schienale e ha congiunto le dita delle mani dinanzi a sé, proprio come è solito fare Sherlock quando fa partire la grande macchina che è la sua mente.
 
<< Non sei un soldato che esegue gli ordini andando a morire senza neppure sapere per chi combatte e contro chi >> gli ha detto serio. << Non servono altri martiri né stupidi eroi. Ne abbiamo già troppi tra le nostre fila e credimi quando ti dico che sono già abbastanza. O dai un senso a questa missione, oppure resti qui ad aspettare che tutto sia finito >>.
 
Ha trovato assurde quelle parole che hanno, però, scavato dentro di lui con violenza una voragine dalla quale si è sentito risucchiare. Ora che si trova qui, in questo salone pieno di gente che ha l’ardire di definirsi ed essere definita potente, si rende conto di quanto Grey abbia ragione. Non c’è alcun senso qui, tra questi uomini e queste donne che stanno per discutere di pace quando sanno bene, tutti quanti, di come siano pronti a scatenare una guerra. Soprattutto quando si va in luoghi dove la coerenza è inesistente bisogna aver chiaro quale sia il proprio obiettivo. È una cosa questa che Greg ha sempre messo in atto in ogni sua indagine. In questa missione, invece, si è buttato spinto più che altro dal sacro fuoco della sua anima indagatrice. O almeno così si è convinto che sia.
 
<< Il mio non è un ordine ma un consiglio >> ha ribattuto Grey al suo sottolineare come non possa lui impartirgli alcun ordine. << Ognuno è libero di morire come meglio crede. Trovo solo sia un peccato farlo senza sapere neppure perché. O per chi >>.
 
‘Per chi’ ha sottolineato Grey. Quell’accento posto proprio sul punto più critico lo ha destabilizzato. Per chi si trova qui oggi Gregory Lestrade?
 
Ti darò certezze contro le paure
per vedere il mondo oltre quelle alture.
Non temere nulla, io sarò al tuo fianco.
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto.
 
Ora che si trova lì in un salone nel quale a breve si scatenerà l’inferno, Grey si chiede di nuovo come abbia potuto pensare davvero di lasciare il suo pupillo in balia del mondo. Sovente lo hanno accusato di essere un ‘genitore’ troppo protettivo, solo che non è di genitorialità che si parla in questo caso. Troppo spesso si è detto di amare Fox come un maestro ama il suo allievo prediletto o, appunto, come un padre ama il figlio ribelle e complicato. Deve ammettere adesso che ciò che prova non ha nulla a che fare con questi tipi di amore. È mosso anche da desiderio e attrazione, questo sentimento. Se ne era già reso conto durante quel primo goffo bacio che lui gli aveva dato ormai molti anni prima e ne ha avuto conferma la notte precedente. Una passione non consumata ma fatta di baci ardenti e non solo dolci e delicati, di mani bramose e desiderose di andare oltre la semplice e gentile carezza.
Per Grey che ha vissuto per anni i limiti di un’espressione sessuale completa è stato avvolgente sentire i loro corpi così vicini. Senza alcun timore di essere scoperti, mossi da un retro pensiero angoscioso di non poter avere altre occasioni se non quella.
Quando si tocca ciò che davvero si vuole è molto difficile voltarsi nuovamente dall’altra parte e fare finta che il bisogno non esista. Certo, ci si ritrova a dover fare i conti con situazioni scomode da gestire e, forse, anche con la decisione di non gestirle per nulla. Di lasciare inascoltato il bisogno o peggio di soddisfarlo in modo clandestino. Grey ha scoperto di non volere nessuna delle due soluzioni, eppure non ha potuto fare a meno di afferrare al volo l’offerta di Harry, proprio come Greg, e di essere qui adesso.
 
Non temere il drago,
fermerò il suo fuoco.
Niente può colpiti dietro questo scudo!
 
Per chi si trova lì Gregory Lestrade? La prima persona che gli è venuta in mente è stata John. Ha trovato in lui un caro amico, uno col quale non solo trascorrere un venerdì sera davanti ad una birra, ma dividere anche l’onere di avere a che fare con un personaggio eccezionale e impegnativo come Sherlock.
E’ stato, John, anche un buon uditore. Attento e interessato lo ha ascoltato sussurrare quanto male gli avesse fatto sentire la sua ormai ex moglie chiedergli il divorzio. I venerdì al pub si sono trasformati in serate durante le quali Greg ha vomitato tutta la sua frustrazione e John ha tenuto il secchio e pulito quanto ne è caduto fuori. Nonostante questi sapesse come sarebbe andata a finire è sempre arrivato puntuale ogni venerdì mattina il messaggio col quale gli proponeva le uscite.
Greg si è sentito un ingrato per non essere riuscito a fare altro che dare a John un divano scomodo sul quale dormire nel momento in cui è stato lui ad avere bisogno di aiuto. Non è riuscito ad avvicinarsi al suo dolore tanto era forte e devastante. Lo ha spaventato e non ha capito come potesse John, un uomo che sembra non avere paura di nulla e riuscire ad affrontare ogni cosa, ridursi a quel modo per la morte di un amico.
La seconda persona alla quale Greg ha pensato è stata Sherlock. Non sa come poterlo definire. Non è un collega e neppure un amico. Tra di loro si potrebbe dire ci sia lo stesso rapporto che c’è tra un pusher e il suo cliente tossico. Uno di quei clienti che pagano bene e danno grandi soddisfazioni, la cui morte per overdose, con un ago nel braccio nella solitudine di un vicolo buio e fetido, dispiace parecchio. Non ha potuto mostrare, però, questa sofferenza. In parte perché attorno a lui i colleghi si sono mostrati tutti sollevati per essersi liberati di quel freak arrogante e presuntuoso e poi perché l’inchiesta aperta ai suoi danni lo ha travolto e stravolto per bene.
Eppure, ogni tanto ha ripensato al loro primo incontro. Gli sono tornate in mente frasi che era solito usare Sherlock e si è ritrovato ad dirle, sebbene in bocca a lui non avessero lo stesso effetto.
Solo con Molly, la terza persona che gli è venuta in mente, è riuscito a mettere a parole quanto gli mancasse quel folle e geniale ragazzo. E’ noto a tutti quanto la patologa sia innamorata del consulente. Ha sofferto per quanto Sherlock ha fatto e si è dispiaciuta tanto per John, del quale non faceva altro che chiedere notizie.
Certo, a Greg non ha fatto piacere scoprirla non solo a conoscenza ma anche coinvolta nell’organizzazione del finto suicidio del consulente. Ha iniziato da lì a chiedersi fino a che punto potessa fidarsi di lei. Lei che ora lo guarda innamorata, ma che sa bene quanto ancora forte sia ciò che prova per Sherlock. Infondo, è stato parlando di lui che si sono avvicinati. Il fantasma del consulente è stato il loro collante e quando questi è ‘risorto’, il suo posto è stato preso dal senso del dovere. Poco importa se non sia stata portata a termine, è sempre e comunque stata una violenza di gruppo quella subita da Molly e Greg, ligio al dovere, non ha potuto sottrarsi dall’esserci per lei. Cosa che gli è servita anche a non sentire la sua di sofferenza per la situazione personale nella quale si è trovato.
Eppure, nonostante gli siano venute in mente ben tre persone, Greg sente che non costituiscono una risposta soddisfacente a quella domanda. Non è per nessuno di loro che si trova qui oggi, Gregory Lestrade. Certo vuole che John e Sherlock escano vivi da quella storia e vuole poter vendicare Molly, ma non ha deciso di sottoporsi a due ore di trucco fastidioso, prendere un jet e ritrovarsi in questo salone carico di ipocrisia per loro.
 
<< Mycroft è in pericolo! Voglio che tu prenda il mio posto. Lo salverai, non è vero Greg? >>.
 
<< Tu sei cosi: prima viene il tuo lavoro e poi, forse, la tua famiglia! >>.
 
La voce di Anthea e quella della sua ex si sovrappongono nei suoi pensieri. L’una a causargli crampi fastidiosi allo stomaco, l’altra a giudicarlo ingiustamente, procurandogli ondate di rabbia mescolate al senso di colpa. In queste voci, però, è possibile trovare la risposta che cerca.
Greg ha lottato per ottenere il ruolo che aveva a Scotland Yard. Questo lavoro gli è stato tolto e solo a Mycroft deve il fatto di non essere stato sbattuto del tutto fuori dal corpo di polizia, ritrovandosi nuovamente col fiato della ex sul collo e a non sapere, a quarant’anni suonati, dove trovare un lavoro col quale pagare gli alimenti.
Sempre Mycroft si è presentato alla sua porta dandogli la possibilità, sebbene in incognito, di tornare ad investigare dopo mesi in cui si era quasi rassegnato a quel nuovo lavoro senza scopo. E, ancora una volta, è tornato travestito da vecchio lupo di mare a mettergli tra le mani un caso che riabiliterà il suo nome e il suo stato di servizio. Ci sarà la sua firma sul verbale che condurrà Moriarty in galera e una volta che tutti quanti sapranno chi è costui i suoi capi non potranno fare a meno di restituirgli ciò che gli appartiene di diritto. Quello che ha in tasca adesso è uno dei tesserini che Sherlock era solito rubargli e che John gli aveva restituito prima di partire per la missione che lo aveva visto tornare a casa di Molly in fin di vita.
<< Resto dell’idea che tu sia il miglior detective che Scotland Yard abbia mai avuto >> gli aveva detto il dottore mettendogli il distintivo tra le mani. Non dovrebbe portarlo con sè, ma poco gli importa. È suo di diritto benchè non valga nulla. Sa, però, che presto tornerà a poterlo mostrare con orgoglio e lo dovrà solo a Mycroft Holmes.
 
<< L’uomo che è seduto dinanzi a me è confuso, arrabbiato e pervaso dai sensi di colpa e del dovere >> è l’ultima cosa che gli ha detto Grey poco prima che atterrassero. << Il mondo gli è crollato sotto i piedi già da molto tempo e cerca con tutte le sue forze di non seguirlo nel crollo. Prima ha perso i punti fermi che il matrimonio e la famiglia gli hanno dato. Poi il sostegno e l’aiuto di due amici per lui importanti. Infine il lavoro che ama e per il quale ha lottato tanto e che è stato la causa che ha generato il primo punto.
Ora sente di non avere nulla e di non riuscire più a fidarsi di nessuno. Ha scoperto che i suoi amici si sono imbarcati in un’impresa folle, gli stessi amici a causa dei quali ha perso il lavoro. Ha intrapreso una relazione con una donna che lo ha a sua volta tenuto all’oscuro di ogni cosa e che è innamorata di uno dei suoi suddetti amici, che però non può avere.
Quest’uomo vaga confuso, cercando di ritrovare dei punti fermi mentre attorno a sé tutto continua a cadere giù, come acqua da una cascata. È tornato a farsi del male con il fumo. Beve troppo e troppo spesso. Dorme poco e male e mangia ancora peggio. E sempre quest’uomo ora è qui con me, pronto a mettere a repentaglio la sua vita ormai ai suoi occhi vuota e inutile. Dimmi Greg, sto per essere complice di un suicidio assistito, oppure compagno in un’azione accanto a un uomo che sa cosa vuole ottenere da questa missione? >>.
 
<< Ora lo so >> sussurra a se stesso soddisfatto. Se è salito su quel jet per ritrovarsi qui, dove la noiosa atmosfera di finta festa tra poco sarà sconvolta da un attentato, è per ritrovare se stesso. Non gli basta la gloria per aver distrutto l’immensa fortuna di Moriarty. Vuole essere qui, presente, quando crollerà rovinosamente. E vuole esserci per Mycroft.
“Glielo devo” pensa, osservandolo mentre invita i dignitari a mettersi in posa per la foto ufficiale.
 
Lotterò con forza contro tutto il male
e quando cadrò tu non disperare.
 
Un urlo sovrasta il vocio dei presenti e li congela tutti per un lungo istante. Rimbomba nella stanza, lungo i corridoio e nelle orecchie.
<< Sherlock! >> sussurra Greg esterrefatto. Sul volto di Mycroft ritrova la sua stessa sorpresa e un’infinita preoccupazione.
 
Per te, io mi rialzerò!
 
Il grido di Sherlock strappa Grey ai suoi pensieri. Riconosce subito il timbro profondo e rabbioso del consulente, lo ha incontrato molte volte durante le loro sedute. È positivo che ci sia rabbia e non terrore in quest’urlo, talmente acuto da giungere fino a loro dai recessi di questo albergo.
<< Moriarty alloggerà nell’ala est dell’hotel >> li aveva informati Mycroft. << E’ di casa in quel posto, ne ha finanziato egli stesso la costruzione e quella parte è praticamente di suo esclusivo utilizzo >>.
<< Tieniti pronto >> sussurra a Greg, notando come Fox sia concentrato su un preciso uomo. Questi porta la mano sinistra sotto la giacca e fulminei il giornalista e il dottore gli sono addosso.
In un istante l’assetto della folla cambia. Il colpo che avrebbe dovuto porre fine alla vita di uno dei dignitari esplode verso il soffitto, mentre John, con una tecnica da manuale, atterra il killer e lo disarma tenendolo sotto tiro con la sua stessa pistola.
 
Io sono un guerriero e troverò le forze.
Lungo il tuo cammino sarò al tuo fianco mentre
ti darò riparo contro le tempeste
 e ti terrò per mano per scaldarti sempre.
 
 
<< Proteggete i dignitari! >> ordina Mycroft e tutti gli agenti presenti si muovono a fare da scudo attorno ai potenti del mondo. Greg intravede un puntino rosso muoversi nell’aria attorno all’uomo di ghiaccio. Lo vede fermarsi sul suo torace, mentre lui, preso dalle manovre di sicurezza, neppure se ne accorge.
<< Sta giù, Mycroft! >> grida cercando di vincere la moltitudine di persone prese dal panico per poterlo raggiungere. L’uomo, colto di sorpresa dall’ordine ricevuto, si abbassa un attimo prima che una pallottola esplosa da un cecchino ponesse fine alla sua vita, colpendolo dritto al cuore.
Gli uomini dell’MI6 imbracciano le armi e sparano verso il punto dal quale è esploso il colpo. Sono talmente presi dalla caccia al cecchino da dimenticare la priorità ricevuta circa la salvaguardia dei potenti alle loro spalle.
<< Portate in salvo i dignitari! >> tuona nuovamente Mycroft tornando in piedi, facile bersaglio di chi sta cercando di attentare alla sua vita. Greg sgomita tra la folla e nuovamente vede un puntino rosso proveniente da un'altra direzione di tiro posarsi su di lui.
<< Stai giù, ti ho detto, Myc! >> grida a gran voce, ma questa volta il suo messaggio non lo raggiunge. Greg sente indistintamente, nonostante il casino assordante di voci e di colpi, l’esplosione dello sparo diretto verso Mycroft. Scarta velocemente le ultime persone che gli bloccano la strada spintonandole in malo modo e richiamando a sé le forze compie un balzo degno di un quarterback e atterra su Holmes.
<< Cazzo, Myc, Anthea ha ragione! >> gli dice rialzandosi in fretta. << Sei pronto a farti uccidere pur di assolvere ai compiti che ti assegnano! >> aggiunge afferrandolo per le spalle, pronto a trascinarlo a riparo.
<< Gregory? >> esclama Mycroft guardandolo stupito.
<< Non c’è tempo per le spiegazioni, amico, dobbiamo andare via da qui o faremo una brutta fine! >>.
<< Renè! Non possiamo lasciarlo nelle mani dei servizi segreti, non mi fido di loro! >> esclama bloccandogli la ritirata.
<< Nemmeno noi, ed è per questo che non siamo venuti da soli quassù! >> dice prendendo dalla tasca un walkie talkie. << Hai ancora un buon amico a Londra >> gli dice strizzandogli l’occhio. << Capitano Connor sono Lestrade! Entrate in azione! Subito! >> ordina.
“Ricevuto, detective!” risponde questi.
Harry aveva detto loro che dovevano considerarsi protetti della corona, ma solo poco prima di partire li ha messi al corrente di come, subito dopo averli lasciati nella stanza a loro concessa, avesse parlato con il capitano Connor del primo battaglione del reggimento di guardie a piedi Coldstream. Non aveva spiegato tutti i dettagli, ma solo detto all’ufficiale di portarsi con i suoi uomini nei pressi dell’hotel svizzero e di essere pronti ad intervenire se richiesto. Aveva affidato a Greg il walkie talkie da utilizzare solo in caso di estrema necessità.
“E direi che qui la necessità si è fatta decisamente estrema!” pensa l’ex detective, scoccando un’occhiata verso i punti dai quali i cecchini hanno sparato. Non scorge alcun movimento, segno che questi sono scappati, oppure fermi in attesa di un’ulteriore occasione per agire.
<< Harry? Siete andati da Harry? >> chiede Mycroft stupito a Greg.
<< L’ennesima geniale idea della tua donna >> gli dice, sorpreso, però, dalla fatica che gli sente nella voce. Nota per caso, all’altezza della spalla sinistra, un piccolo strappo del tessuto della giacca inamidata del completo.
<< Ehi, sicuro di stare bene? >> gli chiede tentando di avvicinarsi a lui per rendersi conto dell’entità del danno.
<< Non c’è tempo per queste cose! >> lo allontana Mycroft deciso. << Voglio che sia tu a prendere in mano la situazione, Greg! Arresta quell’uomo e tienilo al sicuro! Non mi fido di nessun’altro salvo che di te >>.
Quegli occhi grigi lo invitano con forza ad assolvere al suo compito e a prendersi cura di qualcosa di più importante della sua incolumità. Si rende conto, però, Greg di quanto non gli importi di tutto il resto in questo momento. Non vuole che muoia. È una considerazione molto semplice, infondo. Non vuole dover confessare a Sherlock di aver abbandonato suo fratello a se stesso. Non vuole dover dire ad Anthea di non essersi preso cura del suo capo, facendo come tutti gli altri. Non vuole perdere quest’uomo che lo ha aiutato in silenzio chiedendogli solo di prendersi cura del consulente, ciò che ha di più caro, dicendogli persino di essere, agli occhi di questi, un fratello migliore di quanto non lo sia lui.
<< Ascoltami bene, Mycroft Holmes >> gli dice afferrandolo per le spalle, gesto che gli causa una smorfia di dolore. << Io non ti lascio, hai capito! Se credi che davvero sia capace di mollarti qui, facile preda dei cecchini assoldati per ucciderti, non hai capito davvero con chi cazzo hai a che fare! >>.
<< Ci sono delle priorità… >>.
<< Me ne fotto del priorità! >> grida interrompendolo.
“Detective Lestrade, sono il capitano Connor, siamo giunti sul posto!” lo interrompe la comunicazione via walkie talkie, mentre dall’ingresso irrompono, facendosi largo tra la folla, le guardie Coldstream.
Greg le vede puntare le armi contro gli agenti dell’MI6 che, a loro volta, colti di sorpresa, li tengono sotto tiro. John è ancora seduto sulla schiena del Killer. Scocca un’occhiata stupita a Fox del tutto senza parole.
<< Va bene, Myc, mi hai convinto! >> sospira Greg avvicinando il walkie talkie alla bocca.
 
Attraverseremo insieme questo regno
e attenderò con te la fine dell’inverno.
Dalla notte al giorno, da occidente e oriente,
io sarò con te e sarò il tuo guerriero.
 
Grey approfitta dell’arrivo delle Guardie Coldstream per portasi al fianco di Fox, proprio come Greg è corso a soccorrere Mycroft. A quanto pare, l’ex detective ha trovato la sua priorità, quella che è evidenziata dal pericolo che solo uno scontro a fuoco sa dare.
Fox appare parecchio sorpreso dall’irruzione della fanteria a piedi della Regina d’Inghilterra.
<< Te traemos la protecciòn de la Reina[2] >> gli dice cogliendo la sua attenzione. Il ragazzo si volta verso di lui e lo osserva per pochi istanti. Soddisfatto sia dall’abilità di Mistica, che ha rubato col suo make up questi istanti all’occhio di Fox, che dalle capacità di questo di riconoscerlo nonostante il magistrale travestimento, Grey vede gli occhi del suo collega sgranarsi di sorpresa
<< Que demonios estas haciendo aqui?[3] >>.
<< Es una larga historia[4] >> dice facendo spallucce. << La situaciòn era complicada y habìa necesidad de la intervenciòn de su maestà. Este tipo debe mantenerse vivo si queremos encajar en Napoléon[5] >>
<< Y era realmente necesario que vinieras aquì[6] >> ribatte Fox alzando gli occhi al cielo.
<< Devisamente[7] >> annuisce Grey.
Si guardano a lungo seri prima di scambiarsi uno dei loro sorrisi carichi di mille parole. Sono entrambi felici di essere nuovamente fianco a fianco.
<< Si può sapere cosa sta succedendo? >> domanda John scoccando occhiate dubbiose a Fox e a lui, che non ha minimamente riconosciuto.
Un drappello di quattro guardie si porta là dove sono fermi Greg e Mycroft, cosa che coglie di sorpresa anche Grey.
<< Abbassate le armi! >> la voce di Greg risuona chiara e forte richiamando l’attenzione dei presenti. Si fa strada tra la folla, tenendo stretto in pugno il suo distintivo, seguito da Mycroft circondato dagli uomini che prima sono andati da loro. << Questa è un’azione condotta da Scotland Yard e dal Reggimento di Guardie a Piedi Coldstream di sua maestà la Regina Elisabetta II del Regno Unito di Gran Bretagna. È stata appena sventata un’azione terroristica ai danni di uno dei dignitari presenti a questo vertice e di Mycroft Holmes che lo ha organizzato. Prenderemo in custodia quest’uomo da considerarsi a tutti gli effetti prigioniero inglese >>. Il capitano Connor lo interrompe per comunicargli all’orecchio un messaggio appena ricevuto dai suoi uomini. << Mi comunicano che sono stati anche catturati i cecchini e che è ora garantita la corretta e sicura prosecuzione del vertice >> conclude e un brusio si solleva tra la folla. I giornalisti incalzano per avere notizie su chi abbia rivendicato l’attentato. Greg, prima di voltarsi deciso verso gli addetti stampa, scocca un’occhiata a Grey, che annuisce.
<< Da fonti certe possiamo dirvi che il mandante di questi due tentati omicidi è James Moriarty >>.
Il silenzio cala sulla sala. Tutti i presenti si guardano perplessi. Alcuni si chiedono chi mai sia costui, altri ricordano bene quanto avvenuto a Londra qualche mese fa’ e che vi aveva a che fare il fratello morto suicida di Mycroft Holmes, una delle scampate vittime. In breve tempo quel leggero brusio si trasforma in un vociare concitato che brama altre informazioni, già del tutto dimentico del pericolo al quale sono stati sottoposti tutti quanti.
<< E’ sempre un piacere incontrarti, Greg, anche se così conciato non ti riconoscerebbe neppure tua madre >> dice John consegnando il killer all’ex detective.
<< Lo stesso si può dire di te, amico mio >> ribatte lui assestandogli una bella pacca sulla spalla sana.
<< Vai, John, non perdere altro tempo! >> si intromette Mycroft, avvicinandosi ai due. Il dottore non se lo fa ripetere due volte. Scocca loro un ultimo sguardo prima di camminare spedito verso la porta.
<< Ehi tu, dove credi di andare? >> cerca di bloccarlo il capo degli agenti dell’MI6.
<< Agente Wilson, lasci stare quell’uomo, lei non ha idea di chi sia!
>> lo richiama Mycroft con voce parecchio affaticata.
<< Signore, io esigo delle spiegazioni. Cosa diavolo sta succedendo qui? Perché non sono stato informato della presenza delle Guardie della Regina? >>.
L’agente Wilson incalza Mycroft con le sue domande, scoccando occhiate poco felici al capitano Connor. Holmes, pallido e decisamente provato, sospira dando l’idea di essere parecchio infastidito dall’arroganza di quest’uomo.
<< Non c’è tempo, ora, per le sue domande >> ribatte scocciato. << Il killer… è importante tenerlo al sicuro >> biascica portando la mano agli occhi.
<< Ehi, tutto bene? >> gli chiede Greg sorpreso. Mycroft gli rivolge uno sguardo strano.
<< Oh, diòs >> esclama Fox catturando l’attenzione di Grey, che nota solo ora quel che il suo collega ha già visto.
Non fanno a tempo, però, a dire nulla. Gli occhi di Mycroft ruotano all’indietro e il suo alto e magro corpo inizia ad accartocciarsi su se stesso.  Greg lo afferra evitando, per un soffio, che rovini a terra.
<< Myc, che ti prende? >> grida, mentre Connor prende in custodia il prigioniero e ordina che sia chiamata un’ambulanza.
<< Il cecchino lo ha colpito! >> esclama Grey aiutandolo ad adagiarlo per terra, pronto ad attuare le manovre di primo soccorso.
<< Non è possibile, l’ho atterrato prima che la pallottola lo colpisse >> ribatte Greg sconvolto.
<< Guarda il tuo braccio >> gli dice Fox, accorso accanto al collega per aiutarlo. L’ex detective ci mette un attimo a capire cosa gli abbia detto. Quando volge lo sguardo alla manica destra del completo chiaro che indossa resta senza parole. Osserva la sua mano, quella che ha portato sulla schiena di Mycroft per sorreggerlo, sporca di sangue.
Cazzo, non era solo uno strappo causato dalla mia azione, allora. Per questo non volevo lasciarlo da solo” pensa l’ex detective terrorizzato. 
 
Ci saranno luci accese di speranze
e ti abbraccerò per darti forza, sempre.
 
Anthea apre gli occhi colta da una brutta sensazione. Si guarda attorno preoccupata, nell’illusoria speranza di trovare nel posto in cui si trova la motivazione a ciò che sta provando. Non è, però, quella l’allerta causata da un pericolo imminente. Porta la mano al petto, là dove questa sensazione è più pressante.
<< Mycroft >> sussurra riconducendola a lui. Stringe le labbra e lentamente scuote la testa. No, non vuole pensare sia davvero accaduto.
Nel baluginio delle lacrime scorge Mistica, addormentata sul divano posto di fronte a quello che ospita lei. Il cellulare in mano, subito pronta a destarsi al suono della sveglia programmata dal suo capo per la pubblicazione degli articoli che ha redatto e che le due ragazze hanno da poco finito di controllare ed editare.
Vorrebbe chiamarla, chiederle aiuto, sprofondare tra le sue braccia che la stanno accogliendo amorevolmente da che è sfuggita alla crudeltà di Moran. Farlo, però, vorrebbe dire rendere reale quella che spera sia solo una terribile sensazione causata dallo stress.
Con movimenti lenti e calcolati per evitare di risvegliare il dolore, Anthea lascia il divano e si posiziona davanti al fuoco. La pelle scotta investita dal calore dirompente delle fiamme, sensazione che le permette di sentirsi viva e di scacciare il tremore che la pervade.
Non ha ricevuto alcun messaggio da Greg e questo dovrebbe essere un buon segno. Potrebbe, però, il detective essere stato ferito a sua volta oppure essere talmente preso da dimenticarsi di lei. Sono gli inconvenienti legati all’affidare incarichi importanti a terzi, questi.
“Non può essere successo” pensa asciugando distrattamente le lacrime. Cerca nelle tasche un fazzoletto e ne tira fuori, invece, una vecchia foto.
Poco prima di lasciare Villa Holmes, nel riporre la foto trovata tra le pagine del un libro Mistica ne ha scorta un’altra nascosta sul fondo dello scaffale. Una foto che ritrae la famiglia Holmes al completo, scattata un anno prima che accadesse la tragedia. Il volto di Mr Holmes è stato bruciato con una sigaretta, sicuramente ad opera di Sherlock, che ha scarabocchiato quello della madre con la stessa matita rossa con la quale nell’altra foto l’ha definita essere un’assassina. I tre bambini, invece, sono lì, fermi nella posa seria e rispettosa che si vuole si assuma per foto di questo tipo. La piccola Jane non ha resistito, però, a sorridere sbarazzina all’obiettivo.
<< Perché ti sei dimenticata di lui? >> le chiede accigliata. << E’ anche lui tuo fratello, eppure fin’ora ti sei mossa solo per aiutare Sherlock. Hai salvato John facendo il salto al posto suo senza pensare al pericolo che anche Mycroft sta correndo. Noi non ci somigliamo così tanto come lui crede >> dice tra i denti stringendo la foto nella mano, lo sguardo fisso sul volto sorridente di Jane. << Io farei qualunque cosa per lui, qualunque! Sarei partita con quei due se mi fosse stato possibile. Tu , invece cosa hai fatto? Niente! >> grida gettando la foto per terra.
<< Ehi, An, che succede? >>. Mistica, destata dal suo grido, si precipita insonnolita al suo fianco.
<< Perché non ha fatto qualcosa di magico anche per lui? >> le risponde, mandandola in confusione. << Ha salvato John solo perché il suo gemello ne è innamorato, ma non ha pensato neppure per un istante al fratello maggiore! La odio! >> grida tra le lacrime colpendo la foto con un pugno.
Mistica sembra capire a chi si stia riferendo. La stringe tra le braccia nonostante cerchi di divincolarsi, finche non si arrende e si lascia andare al pianto contro la sua spalla.
<< Temo gli sia successo qualcosa di brutto, Miriam >> dice tra i singhiozzi. << Lo sento, lo sento qui. Fa male. Fa maledettamente male! >> continua portando la mano sul petto.
<< Lo so, mi linda[8] >> sospira la ragazza cullandola piano. << Non perdere, però, la speranza. Siamo qui, sole, tagliate fuori dal mondo in questa prigione di cristallo e non sappiamo cosa stia accadendo la fuori. Non lasciarti prendere dallo sconforto. Ci sono cose, cieche ai nostri occhi, che vedono molto più di quanto a noi non sia dato sapere >>.
Anthea singhiozza sul cuore di Mistica che batte piano. Le sue parole, quell’inno di speranza, le ha sentite riverberare dentro di sé.
Il volto sorridente della piccola Jane la osserva da quella foto. Sorride quella bimba. Nonostante tutto sorride e spicca tra i volti seri e un po’ tristi dei suoi fratelli. E’ questa la speranza: un sorriso dove c’è solo disperazione.
Anthea sorride a sua volta. Un comportamento privo di senso, che, però, adesso le scalda il cuore. Sprofonda ancora di più nell’abbraccio di Miriam, che dolcemente posa baci leggeri tra i suoi capelli.
 
Giuro sarò roccia contro il fuoco e il gelo.
Veglio su di te, io sono il tuo guerriero.
 
John esce a passo spedito dalla sala congressi. Cammina veloce per un po’ e, quando è sicuro di essersi lasciato alle spalle la folla, divisa tra panico per lo scampato pericolo ed euforia per la sete di notizie, inizia a correre.
Si dirige verso l’ala est di questo hotel, là dove, secondo quanto Mycroft gli ha indicato sulla planimetria, si trova la parte riservata a Moriarty. Benchè non abbia una memoria visiva eccellente, John ha mandato a memoria il percorso che separa la sala che si è lasciato alle spalle dagli alloggi in cui è confinato il suo uomo.
“Sto arrivando! Sto arrivando!” ripete mentre corre sempre più forte percorrendo la sua mappa mentale.
 
<< Il nome è Sherlock Holmes e l’indirizzo è il 221B di Baker street >>.
 
Stralci del loro passato gli tornano alla mente, come quel primo incontro. Non ha mai ringraziato a dovere Mike Stenford per aver pensato di farli diventare coinquilini. Quando tutto questo sarà finito non mancheranno di andare a trovarlo. È il primo al quale vuole dire che stanno ufficialmente insieme.
 
<< C’è anche una camera al piano di sopra… se serve un’altra stanza >>.
 
La signora Hudson, colei che dal primo momento ha visto in loro la coppia che adesso sanno di essere. Gli si stringe il cuore a saperla tutta sola in quella casa ora troppo silenziosa e carica di ricordi. Dovranno trovare il modo più adeguato per farle sapere che sono ancora entrambi vivi. Tutto vuole tranne che le prenda un colpo.
 
<< Vi porto una candela, farà più atmosfera >>.
 
Angelo, che ha cercato in tutti i modi di elencare le qualità positive di Sherlock, pensando quello fosse un primo appuntamento romantico. Organizzeranno quella grande cena che John aveva buttato lì un po’ per gioco durante quella prima notte insieme trascorsa a ‘El lugar seguro’.  Lo faranno appena torneranno, e inviteranno tutti i loro amici. Non gli importa se Sherlock sarà poco felice di tutte quelle cerimonie. Dopo quanto stanno passando è il minimo voler festeggiare la loro nuova vita insieme.
 
<< Io non ho mai avuto amici, eccetto uno >>.
 
Quella prima dichiarazione d’amore di Sherlock e che lui, troppo preso dall’orgoglio ferito, non ha ascoltato. Non gli ha mai detto, John, che anche per lui è lo stesso. Conosce tante persone, con alcune può dirsi più in confidenza, ma solo lui è stato un vero amico. Fin dall’inizio Sherlock si è prodigato per il suo bene, portandolo a liberarsi della zoppia e della stampella con un abile trucco. Non si è fermato a osservarlo con pena e sguardi di sufficienza, come hanno fatto i suoi ex commilitoni, gli ex compagni di rugby e quegli altri che poteva chiamare ‘amici’ o come ha fatto anche sua sorella e gli sguardi degli sconosciuti che incrociava mentre camminava.
Sherlock è andato oltre, ha visto la potenzialità di quello storpio e lo ha aiutato a risorgere dalle sue stesse ceneri. In più se ne è innamorato, rendendolo l’uomo più felice del mondo.
“Sto arrivando, Sherlock! Ti porto via da qui, amore” pensa con le lacrime agli occhi.
La terza guerra mondiale è scampata, almeno per ora. Il piano di Moriaty è stato sventato e Greg e Dimmock gli avranno ormai prosciugato il conto. Manca solo sbarazzarsi di lui. L’ultimo tassello per poter porre la parola fine a questa storia.
Il corridoio che John sta percorrendo si apre su una grande sala illuminata. Scorge sul fondo di questa un tavolino divelto e ciò che era posato sopra di esso sparso ovunque.
<< Sherlock >> sussurra preoccupato da quanto possa essere accaduto. Si guarda attorno e lo scorge per caso oltre la vetrata, fuori sulla terrazza. Addossato alla ringhiera, il corpo proteso verso la cascata.
“No, Sherlock, non un’altra volta, ti prego!” pensa per un istante, immobilizzato dal terrore di vederlo salire sul cornicione e lanciarsi giù. Muove un passo e poi un altro fino a correre.
<< Sherlock! >> grida aprendo la porta, catapultandosi sulla terrazza.
 
***
 
I’ve fallen in love.
I’ve fallen in love for the first time
and this time i know i’s for real.
I’ve fallen in love, yeah.
God knows, god knows i’ve fallen in love[9]
 
I suoi occhi.
Freddi.
Taglienti come lame affilate.
 
Non sono io ad aver distrutto i sogni di tuo padre ed i tuoi, James”
 
Le sue parole gli ronzano per la testa.
 
“Sono state quella pazza di tua madre e quella stronza di tua sorella, quelle che tu chiami arpie”.
 
Creano un brusio costante e fastidioso da togliere il fiato.
 
“Io non ho alcuna colpa e non ti devo rendere un bel niente”.
 
C’è movimento nella sala congressi e si sente ancora nell’aria l’eco degli spari ora cessati.
 
“Semmai sei tu a dover dare a me molte cose”.
 
<< Come ci si sente, fratellino? >> gli domanda Sherlock, strappandolo ai suoi pensieri. << Cosa si prova a restare impigliati nella rete? >> continua, muovendo un passo verso di lui.
Solo poche ore prima James fremeva dalla voglia di trovarsi a lui molto vicino. Adesso, invece, l’istinto lo porta a scartare di lato e camminare a passo spedito verso la terrazza. Ha un inspiegabile e immediato bisogno d’aria.
Apre la veranda e viene investito dal fragore della cascata. Le goccioline di umidità che costantemente volano nell’aria gli inumidiscono il viso reso bollente dalla folle corsa.
“Così cadi dalla padella nella brace, stupida piccola trota!”. La voce di sua sorella lo fa rabbrividire. Si rende conto in effetti di essersi messo in trappola da solo. Sherlock gli ha chiesto cosa si provasse a restare impigliati nella rete e lui glielo sta mostrando.
Si volta spaventato verso di lui che, con tutta tranquillità, sta percorrendo la sala. Tra poco sarà qui anche lui, su questa terrazza, a puntargli addosso ancora una volta quegli occhi terribili.
“Inutile, anche tu come tutti gli altri uomini!” grida sua madre. Negli occhi della sua mente la vede avvicinarsi armata di bastone, pronta a brandirlo su di lui senza pietà. Gli puntava addosso quello stesso sguardo mentre lo faceva.
James indietreggia dinanzi a questa immagine di lei che si sovrappone terribilmente al lento incedere di lui. Tocca con la schiena la ringhiera della veranda e il gelido contatto lo riporta alla realtà.
 
“Io ho assolto il mio debito buttandomi dal tetto del Bart’s.
Un uomo del tuo calibro, però, merita ben altro”.
 
Si volta e lo strapiombo mosso dalla costante caduta d’acqua gli da le vertigini.
“No. Non voglio, no!” pensa.
<< Io… >> balbetta disperato. << Io mi rendo conto tu abbia perso il pezzo più prezioso della tua scacchiera >> gli dice, mentre lui, fermo a pochi metri, lo guarda furente. << Cerca di capire però, fratello mio, che una strategia vincente a volte richiede dei sacrifici >>.
<< Una strategia vincente, dici? >> ribatte Sherlock. << Hai sentito gli spari? Hai visto cosa è accaduto in quella sala >> gli chiede, indicando la vetrata posta al centro dell’hotel nella quale è ancora possibile scorgere movimenti concitati.
<< Ciò che è accaduto… è stato tuo fratello, non è così? >> dice arrabbiato. Sherlock ride di lui mentre annuisce.
<< Davvero pensavi che un uomo dall’intelligenza brillante come Mycroft si lasciasse mettere nel sacco a quel modo? Eri talmente sicuro di te e della sua passività da non pensare neppure per un istante di quanto uno come lui abbia ben poca voglia di vestire i panni del capro espiatorio! >> dice guardandolo disgustato. << Volevi passasse come colui che ha fatto di tutto per scatenare la guerra e invece, come vedi, l’ha evitata. Ha fatto fallire il tuo piano e questo vuol dire che John è morto inutilmente! >> ringhia facendo schioccare nuovamente la cintura, che ancora stringe in pugno come una frusta.
Il cuore di James batte veloce come un treno in corsa. E’ talmente spaventato da non riuscire a pensare. Il ricordo di sua madre continua a sovrapporsi a Sherlock e la testa è invasa dalle parole acide e svalutanti di sua sorella.
“Hai fallito, Jim idiota” gli dice disgustata ridendo di lui.
<< Oh, non sono d’accordo >> ribatte James a denti stretti.
<< E perchè mai? >> gli chiede Sherlock, facendolo tornare nel qui ed ora di quella terrazza e dei loro discorsi.
<< Nessuno ha provato a fermarmi, te ne sei reso conto? >> gli fa notare ritrovando un po’ di fiducia in sé. << Tuo fratello, è vero, era sotto il mio ricatto, ma non è l’unico a conoscenza dei miei piani. Qualcosa sanno un po’ tutti i dignitari presenti in quella sala, eppure nessuno di loro ha mosso un dito contro di me. E sai il perchè di questo, Sherlock? >> gli domanda muovendo appena un passo verso di lui. << Celato nell’inconscio c’è un’insaziabile desiderio di conflitto. I tuoi amici, tuo fratello, tu non state combattendo me, ma piuttosto la condizione umana. Io voglio solo possedere fasciature e armamenti >> dice, mostrandogli occhi da cucciolo indifeso, mentre fa spallucce. << E’ bene che tu capisca come la guerra su scala industriale sia inevitabile >> aggiunge divenendo euforico. << La scateneranno da soli, quegli idioti, entro pochi anni! Tu, ora, mi vedi come il tuo peggior nemico perchè sei furioso per aver perso il tuo alfiere, ma ci sono altre priorità nella vita, fratellino! Mycroft ci ha messo i bastoni tra le ruote vincendo questa battaglia, ma a noi non ci resta che aspettare. La svizzera piacerà anche a te, ne sono sicuro. Rispettano la vita privata di un uomo qui, specialmente se ha un patrimonio e il mio è notevole >>.
Si avvicina a lui di un altro passo e tende la mano verso il suo viso. Cerca di bloccarne il tremore che, però, impercettibilmente resta. Si sforza di abbozzare un sorriso, anche se non è facile essere convincenti davanti ad occhi furiosi che ti giudicano senza pietà. Sfiora appena con le dita la sua guancia e pensa sia un buon segno che non si scosti dal suo tocco.
<< Fratellino, ti prego >> sussurra accarezzandolo con più convinzione. << Ho sbagliato e di questo ti chiedo perdono. Io non ho che te su questa terra e tu non hai altri che me. Restiamo insieme. Governiamo nell’ombra, prendiamo a calci in culo questi stronzi subito pronti a giudicarci pazzi, strani, perversi, non umani. Saremo potenti e temuti e non più fragili e spaventati, costretti a chiuderci dentro ad una corazza. Io voglio solo renderti felice ed esserlo a mia volta. Con te >>.
La carta dell’adulazione, l’ha sempre giocata quando si è trovato alle strette. Spesso riusciva a sedare la furia di sua madre agendo in questo modo. Più raramente quella della sorella. La differenza è che questa volta non sta mentendo per salvarsi. Le cose che sta dicendo a Sherlock le vuole davvero. Lo vuole con sè da così tanto tempo. È stato l’amico invisibile col quale ha parlato a lungo nelle notti solitarie; l’amore lontano al quale dedicare pensieri lussuriosi e dolci; il fratello del quale andare fieri, da portare sul palmo della mano dinanzi agli altri, per dimostrare che anche lui aveva qualcosa di bello accanto.
Sherlock resta in silenzio, statua di marmo freddo dagli occhi incandescenti. James lo percepisce lontano, irraggiungibile e una profonda tristezza gli sconquassa l’anima.
<< I tuoi giochetti non attaccano con me, Jim >> gli dice con un tono di voce tutto sommato dolce, come quello di sua sorella. Più dolce era il tono della voce di Sebastiana, più pericolose, cattive e dolorose erano le cose che diceva o la punizione che ne sarebbe seguita. James ritrae la mano dal volto di lui e lentamente la riporta lungo il fianco. Vorrebbe ribattere, ma l’unica cosa che riesce a fare e allontanarsi di un passo.
<< Hai ucciso John, togliendo ogni senso alla mia esistenza >> continua Sherlock con quella stessa dolcezza nella voce. << Mi aspettavo lo avresti fatto. Volevo fidarmi di te, ma… solo un’idiota si fiderebbe del diavolo, non credi? >> gli chiede abbozzando un sorriso. << Mi sono chiesto quale fosse la cosa per te più importante, al di là del sottoscritto. Non hai fatto una piega dinanzi alla morte di tua sorella, e posso ben capire perché. Non hai amici, né un amore. Hai solo l’impero che hai costruito. Ammirevole, devo ammetterlo >> constata chinando il capo in segno di rispetto. << Benchè speravo non lo facessi, sapevo che se tu fossi riuscito nel tuo intento di uccidere John io lo avrei seguito a breve. Ti avrei tolto, uccidendomi, la cosa per te più importante. Ho pensato, quindi, di agire d’anticipo e toglierti anche l’altra >>.
James resta di stucco alle sue parole. Non riesce a capire di cosa stia parlando, tanto è confuso dal suo tono di voce, dal suo sguardo che dice una cosa diversa rispetto al sorriso. Quale mai potrebbe essere l’altra cosa di cui sta parlando?
<< E’ stato facile portarti a consegnarmi uno strumento grazie al quale entrare nel mainframe del tuo impero digitale. Ancora di più lo è stato, poi, ingannarti con la storia del dna per coprire ciò che avevo davvero cercato tra i tuoi preziosi file >>. Questa volta il sorriso è cattivo, lo sguardo furbo e James teme di iniziare a capire dove stia andando a parare. << Ho considerato che con un impero così immenso persino tu dovevi tenere un rendiconto da qualche parte. Trovarlo è stato abbastanza facile, dal momento che è comunque cifrato. Chiunque poteva entrarne in possesso, ma nessuno avrebbe saputo come decifrarlo, dal momento che non avrebbe avuto la chiave giusta. Chiave che si da il caso io possedevo già. Sei stato tu stesso a darmela, ricordi? Io credevo fosse stato il modo attraverso il quale ti era stato possibile abbattere i sistemi di sicurezza di ben tre luoghi inviolabili d’Inghilterra. Invece, quel sistema binario altri non era che il codice con il quale decodificare il file che contiene tutti i riferimenti al tuo patrimonio. A proposti di questo >>, gli dice levando l’indice a un palmo dal suo naso, << temo sia appena stato considerevolmente ridotto >>.
Il cuore di James perde un colpo alla notizia. Sherlock se ne accorge e ride di lui ancora più forte.
<< Ridotto? Cosa vuol dire che è stato ridotto? >> gli chiede esterrefatto.
<< Da qui non potevo lavorarci. Mi sei stato costantemente addosso, anche troppo vicino per i miei gusti. Non immagini la notevole quantità di dolore che ho dovuto sopportare per questo! >> dice tra i denti disgustato. << L’ho inviato ai mie colleghi a Londra, che ne hanno fanno buon uso. Possiamo dire ufficialmente che la mente criminale più formidabile d’Europa si è appena fatta rubare tutto il suo denaro dal detective più forte e capace della storia di Scotland Yard >>.
<< Lestrade! >> esclama Moriarty stupito.
<< Proprio lui. Una delle tue potenziali vittime attraverso le quali sei riuscito a mettermi nel sacco la prima volta. Dovresti ad ogni modo ringraziarci. Ti stiamo permettendo di compiere una buona azione, in modo da poter riscattare la tua anima, facendo una donazione anonima al fondo per le vedove e gli orfani di guerra >>.
<< Dunque avevo ragione! Stavi tramando alle mie spalle insieme ai tuoi amici! >>.
<< Tu hai fatto lo stesso uccidendo il mio uomo, fratellino >> gli dice facendo spallucce. << Dovresti stare più attento a cosa peschi >> aggiunge facendo un passo verso di lui. << E adesso fallo, cosa aspetti! >>.
<< Fare cosa? >> gli chiede stupito.
<< Come cosa? >> ride divertito. << Mi devi una caduta, James, te lo sei già dimenticato? >>.
<< Non… non ti aspetterai che lo faccia davvero >> balbetta spaventato sentendo ora il rombo della cascata alle sue spalle farsi più forte.
<< Certo, che domande >> ribatte lui divertito. << Io l’ho fatto >>.
<< La tua era una messinscena >>.
<< Anche la tua. E’ arrivato il momento di fare sul serio, non credi? >> gli dice con un espressione che non lascia spazio a repliche. << È un gesto di misericordia, questo, per me. Lasciarti in vita comporterebbe portare alla luce tutte le tue malefatte e, credimi, non muoverei un dito per aiutarti, non dopo quello che hai fatto al mio John. Ti metterebbero in carcere, non uno di quegli hotel extra lusso riservati ai criminali di un certo rilievo. No, sarebbe una piccola cella buia quella nella quale marciresti e tu, fratello mio, sei troppo bello per morire così, troppo intelligente per spegnerti lentamente. No, è questa la fine degna di un uomo come te. Un salto tra i flutti vorticosi di una cascata >>.
<< Come il protagonista di un romanzo epico! >> annuisce lui caricato dalle sue parole.
<< Come il protagonista di un romanza epico, sì >> concorda Sherlock sorridendo.
Benchè tremi come una foglia James si volta lento verso la cascata e di nuovo quel senso di vertigine si impossessa di lui.
<< Non temere >> gli dice dolcemente Sherlock alle sue spalle. << Cadere è proprio come volare. Solo che una volta arrivato non puoi più tornare indietro >>.
<< Perché devo farlo da solo? >> gli chiede, gli occhi agganciati alla massa d’acqua che fragorosa si infrange contro quell’abisso buio e inquietante. << Hai perso ogni cosa, facciamolo insieme >> gli propone voltandosi verso di lui.
<< Oh, no, Jim >> scuote il capo lui, sorridendo. << Ero da solo sul tetto del Bart’s, da solo in tutte quelle notti trascorse a lavorare per te mentre credevo di stare smantellando la tua rete. Sarò da solo anche adesso che tu mi hai portato via l’unica persona per la quale valesse la pena vivere e questa è una solitudine che non voglio darti. Voglio scegliere io da solo come andarmene e di certo non è te che voglio accanto nei miei ultimi istanti di vita >>.
Il cuore di James si sgretola in mille piccoli pezzi. Il suo odio. Il disgusto col quale ha pronunciato quelle parole. Sono pugnalate che lo uccidono più di quel salto nel vuoto. Sente freddo. Tanto freddo e lì su quella terrazza c’è troppo vento.
<< Abbracciami, ti prego >> gli chiede con voce rotta dal pianto. << Io… ne ho ricevuti così pochi. Tu hai avuto quelli sinceri di Jane, io quelli finti delle persone che lo hanno fatto spinte più dal timore che dalla spontaneità del gesto. Ti prego, Sherlock >>.
Si aspettava un rifiuto, un gesto di stizza, una risata sarcastica e svilente e, invece, suo fratello lo coglie di sorpresa. Apre le braccia come aveva fatto la sera prima e annuisce. James non perde tempo e si fionda tra quelle braccia. Respira il suo profumo e resta stupito quando lo sente rispondere all’abbraccio.
<< Saremmo stati una bella famiglia >> gli dice James rilassandosi tra le sue braccia.
<< E’ probabile >> .
<< Possiamo ancora esserlo >> tenta il tutto per tutto.
<< No >> ribatte deciso Sherlock. << Ormai è troppo tardi, Jim. Non ti deve fare paura >> gli dice carezzandogli il viso con quella sua mano grande e liscia. << Perdita, sofferenza, dolore, morte. Va tutto bene >> gli dice invitandolo a scostare il viso dalla sua spalla per guardarlo negli occhi. << E’ tutto a posto >> aggiunge posando un bacio sulle sue labbra. James si aggrappa a quel bacio come un naufrago alla scialuppa. È molto dolce, amorevole, delicato. Non ha mai ricevuto un bacio simile neppure dal più abile dei suoi amanti. Sherlock si allontana, lasciandogli una triste sensazione di vuoto sulle labbra. Tenta di avere di nuovo le sue, ma lui lo tiene a bada posando due dita sulla sua bocca. << Dai, James >> gli dice invitandolo con un cenno del capo a salire sulla ringhiera.
<< No, ti prego >> tenta, ma lui scuote piano il capo .
<< E’ necessario tu lo faccia. Ognuno deve essere responsabile delle proprie azioni >>.
James capisce che non serve a nulla insistere. È più dignitoso rassegnarsi e uscire di scena con dignità. Si allontana da lui, sistema la camicia dentro i pantaloni, la cravatta e la giacca. Gli scocca un’occhiata chiedendogli silenziosamente come stia e lui lo guarda attento per poi mostragli il pollice in su in segno di approvazione.
Con un movimento fluido, James si porta sulla ringhiera, abbastanza larga da permettergli di stare su senza problemi. La sensazione di vertigine e ancora più forte lì. Si volta verso Sherlock per trovare il coraggio di compieere quel salto.
<< Ancora un passo e ci siamo quasi >> gli dice lui sorridendogli dolcemente.
<< Non avrai più un avversario degno come lo sono stato io, fratellino. Ti mancherò, lo so >>.
<< Mi mancherai, sì >> risponde lui e con stupore vede lacrime sgorgare dai suoi occhi.
Commosso, James, si lascia andare al pianto, sicuro che in qualche modo sia stato importante per lui. Si volta poi verso la cascata.
Le note di ‘I want to break free’ gli tornano alla mente. L’intro orecchiabile ascoltando il quale non ha mai potuto fare a meno di lasciar ondeggiare il bacino.
Seguendo le note nella sua mente muove le braccia levandone una al cielo, come era solito fare Freddy mercury, la regina del rock.
Col sorriso sulle labbra compie il salto, scomparendo nel nero di quell’abisso fragoroso.
 
 
 

[1] ‘Guerriero’ – Marco Mengoni (anche gli altri brani lungo il testo ne fanno parte).
[2] Vi portiamo la protezione della Regina
[3] Cosa diavolo ci fai tu qui?
[4] E’ una lunga storia
[5] La situazione si è complicata e c’era bisogno dell’intervento di sua maestà. Questo tipo deve rimanere vivo se vogliamo incastrare Napoleone
[6] Ed era proprio necessario che tu venissi qui?
[7] Decisamente
[8] Mia cara
[9] ‘I want to break free’ -  Queen

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Buongiorno e buon weekend di festa a tutti voi!
 
Ragazzi, il prossimo sarà l’ultimo capitolo. Domenica prossima si concluderà questa lunghissima avventura e io sono emozionata e allo stesso tempo dispiaciuta, come ogni volta che qualcosa di bello volge al termine.
Ai saluti e ai ringraziamenti, però, ci pensiamo la prossima volta. Oggi vi presento il penultimo capitolo che spero possa essere di vostro gradimento.
 
A presto
 
Patty
 
Capitolo 35
 
E amore mio grande, amore che mi credi,
vinceremo contro tutti e resteremo in piedi.
E resterò al tuo fianco fino a che vorrai.
Ti difenderò da tutto, non temere mai![1]
 
Con un movimento fluido, James si porta sulla ringhiera, abbastanza larga da permettergli di stare su senza problemi. Proprio come lo era il cornicione del tetto del Bart’s. Solo che le parti erano invertite lassù. C’era Sherlock a un passo dal precipizio con Moriarty, il Napoleone del crimine, alle sue spalle. L’uno titubante sul saltare o meno, l’altro a incoraggiarlo.
James si volta verso di lui. Sono spaventati i suoi occhi. Gli ci vorrebbe così poco per cambiare idea. Tendergli la mano e dirgli ‘Ok, era uno scherzo. Scendi da lì, spero tu abbia imparato la lezione’.
<< Ancora un passo e ci siamo quasi >> gli dice, invece, ed è un sorriso quello che sente nascere sulle labbra.
Questa parte del piano non gli era del tutto chiara. Fino all’ultimo, Sherlock è rimasto sospeso tra il desiderio di fare a pezzi James con le sue mani e la scelta più sensata di consegnarlo alle autorità competenti, affinchè subisse un regolare processo che lo avrebbe visto accusato, questa volta, di essere colpevole di innumerevoli capi di imputazione. Jim avrebbe trascorso in carcere il resto dei suoi giorni. Come gli ha appena detto, però, quella non sarebbe stata una fine degna di lui. Non perché avrebbe subìto una prigionia lunga e squallida, ma perché sa bene, Sherlock, come sarebbe stato facile per un folle come il Napoleone del crimine continuare a dettar legge persino dalla galera. L’unica soluzione logica, quindi, sembra proprio essere quella di porre fine alla vita di Moriarty.
<< James è un ragazzo instabile che ha sofferto tanto, ma non devi fare mai eccezioni! Un’eccezione contraddice la regola. Ciò che Jim ha vissuto non giustifica le sue scelte e la sua condotta, ovviamente, e non deve farti desistere dal distruggerlo >>.
Persino sua madre lo ha incoraggiato in questo senso. Allora… perché adesso sente di non volere che accada?
<< Non avrai più un avversario degno come lo sono stato io, fratellino. Ti mancherò, lo so >>.
Gli dice con quell’aria da bambino saccente ed egocentrico. Perché, infondo, non è altro che questi, James. Un bambino che ha sofferto troppo. Proprio come Sherlock.
<< Mi mancherai, sì >> ribatte, rendendosi conto che è vero quel che gli dice. Sono stati avversari, grandi avversari. Lo sono da molto più di quanto lui non sappia. La cosa assurda è che non hanno creato loro gli estremi di questo conflitto, che è stato architettato ad hoc da altre persone.
“Saremmo stati davvero una bella famiglia” pensa e le lacrime prendono il sopravvento dinanzi alla consapevolezza di quanto è stato tolto a entrambi.
James si volta e con la teatralità che lo contraddistingue si prepara a compiere il salto.
“No… aspetta!” vorrebbe dirgli, ma non riesce a muoversi, non riesce a parlare. Può solo osservare le sue braccia ondeggiare in aria, il pugno levarsi verso il cielo e poi le ginocchia piegarsi a spiccare il balzo.
<< No! >>.
Solo quando Moriarty è ormai oltre la ringhiera Sherlock riesce a muoversi. Incespica sui suoi stessi piedi, cadendo contro la balconata. C’è solo il ruggito delle acque sotto di lui. Quei flutti fragorosi che si gettano nell’abisso nero.
<< Oh, no. No! >> ripete tremando da capo a piedi.
 
“Come si sta da questa parte della barricata?”.
 
Sherlock resta senza fiato. Quella voce chiara e forte alle sue spalle gli fa temere di voltarsi.
 
“Hai appena ucciso un uomo, William”.
 
Quell’ovvietà gli afferra i visceri e li strizza con forza. Conati di vomito salgono a soffocarlo. Rigetta quanto ha dovuto dire, quanto è stato costretto a fare.
 
“Hai abusato della mente instabile di un povero pazzo”.
 
<< No! >> grida portando le mani alla testa. << E’ stato necessario. Non c’era altro modo >>.
Una risata si leva alle sue spalle. Cinica, spietata, accompagna la sua disperazione. Sherlock si volta piano, spaventato e tremante, e lo vede lì, fermo a pochi metri da lui. Vestito del suo impeccabile doppiopetto, i capelli perfettamente impomatati e il portamento austero, severo.
 
“Troppo a fondo, William. Troppo a fondo” gli dice scuotendo il capo divertito.
 
<< Che cosa sei? >> gli domanda incredulo.
 
“Lo sai cosa sono. Sir Siger Holmes, l’uomo del quale hai avuto l’onore di portare il nome”.
 
<< Siger Holmes è morto! >> grida rimettendosi in piedi, aggrappato alla ringhiera. L’uomo ride di gusto scuotendo il capo in modo solenne.
 
“Non nella tua mente. Non sarò mai morto lì” dice soddisfatto.
 
<< Cosa vuoi dire con questo? >>.
 
 “Chi pensi che abbia deciso la mia presenza qui adesso?
Di certo non io. Preferirei stare ovunque tranne che nella tua mente”.
 
<< Sono stato io? >> si domanda incredulo. << No, non posso essere io a tenerti in vita! Non dopo quello che hai fatto a mia sorella! >>. L’uomo ride ancora più forte sminuendo le sue parole. << Io ti ho sempre voluto morto e ho gioito quando Mycroft mi ha detto che un infarto ci aveva liberati della tua presenza! >> dice scostandosi dalla ringhiera contro la quale era addossato.
 
“Sei tu che hai definito il tuo cervello un disco rigido.
In questo disco io sono uno dei programmi principali,
quelli grazie ai quali tutto il sistema resta in piedi.
Uno di quelli che se disinstallati causano la fine dell’intero sistema.
Questa è la fine, per noi due.
Sempre qui.
Sempre insieme”
 
<< No! Io non ti voglio! Vai via da qui! Vai via da me! >> grida lanciandosi contro di lui. All’uomo che dice di essere suo padre basta una mano per spingerlo via. Continua a deriderlo per il suo continuare a cadere, rialzarsi e tentare di colpirlo.
 
“Credi di essere forte, William? Non per me!”.
 
Grida gettandolo contro la ringhiera. Sherlock tenta di difendersi, ma il timore che prova nei confronti di quest’uomo e il senso di impotenza che gli genera sono tali da bloccarlo.
 
“Io sono la tua debolezza”.
 
Sottolinea Siger Holmes, colpendolo con un pugno proprio sulla cicatrice ancora fresca del colpo che lo ha quasi ucciso.
 
“Io ti tengo a terra ogni volta che cadi”.
 
Insiste colpendolo ancora nello stesso punto.
 
“Ogni volta che fallisci. Quando sei debole, io sono qui!”.
 
 Continua, sferzando l’ennesimo colpo talmente forte da farlo sporgere pericolosamente oltre la balconata. Sherlock, spaventato dalla possibilità di cadere nel vuoto, tenta di allontanarsi dalla ringhiera.
 
“No, non cercare di lottare”.
 
Gli sussurra il padre, afferrandolo per il collo.
 
“Resta così e perdi”.
 
Ride, spingendolo oltre, al punto che Sherlock sente il terreno mancargli sotto i piedi.
 
“Vuoi che cadiamo insieme? Deve essere insieme, non è così?”.
 
Gli domanda sporgendosi a sua volta a guardare l’abisso sotto di loro.
 
“Alla fine siamo tu ed io, sempre!”.
 
<< No! >> grida Sherlock, sentendo di scivolare giù vinto dal suo peso. La risata di lui, cinica e spietata, gli rimbomba nelle orecchie. Aveva detto a James che non avrebbe mai voluto morire insieme a lui. Anche l’idea di soccombere a causa delle parole svalutanti e crudeli di suo padre non gli piace per nulla. Eppure la fine sembra essere arrivata.
Il peso di suo padre lo trascina giù verso l’abisso. Sente la pietra fredda della ringhiera scivolargli sotto la schiena. Tenta con la mano di trovare un appiglio, ma è talmente umida la superficie da poterla solo accarezzare.
“E’ finita!” pensa ed è il sorriso di John quello che vede davanti agli occhi della sua mente.
 
<< Sherlock! >>.
 
Gli sembra quasi di sentirlo gridare il suo nome, come quel triste giorno, poco prima del suo salto dal tetto del Bart’s. Il giorno in cui ha avuto inizio l’ultimo capitolo della sua storia.
Una mano forte gli afferra il polso sinistro. Sherlock volge lo sguardo verso l’alto e l’unica cosa che riesce a vedere è una sagoma nera.
<< Ti tengo! Dammi l’altra mano, forza! >>.
<< John! >> grida felice.
 
“No, lascialo! E’ così che deve finire. Io e te, per sempre insieme nelle acque profonde”.
 
Il padre lo strattona per il braccio destro e John fa fatica a tenerlo.
<< Lasciami andare o cadrai con me >> grida tra le lacrime.
<< Non dire idiozie! Porta su l’altra mano. Torna da me, Sherlock! >> lo implora John.
 
“Non ti libererai mai di me, William!”.
 
Volge lo sguardo a suo padre che con occhi folli lo guarda intenzionato ad ucciderlo.
<< Il mio nome è Sherlock! >> grida, assestandogli un calcio nello stomaco. << E ora ti mostro come mi libero di te! >>.
Gli da un altro calcio, ignorando John che lo implora di non agitarsi e di porgergli l’altra mano.
Finalmente Sherlock riesce a togliersi suo padre di dosso. Lo vede precipitare giù nell’abisso, gridando il nome che non gli appartiene.
<< Ce l’ho fatta, John! Mi sono liberato di lui! >>.
<< Ne sono felicissimo, ma ora dammi la mano. Ti prego, Sherlock, non ce la faccio più! >>.
Libero dalla stretta di suo padre, Sherlock porta la mano destra verso l’alto, permettendo a John di afferrarlo meglio e trascinarlo sulla parte sicura della terrazza. Scivolano a terra l’uno sull’altro.
<< Mai più! Non farmi mai più uno scherzo simile, intesi? >> gli ordina John ansante e stremato.
Il trucco, sicura opera di Mistica, si è in parte sciolto a causa dell’umidità della cascata e il parte staccato per lo sforzo. Sherlock gli passa le mani sul volto per liberarlo del tutto. Ride allegro quando rivede il viso bello che ama più di ogni altra cosa. Bacia le labbra del suo dottore più volte pronunciando il suo nome ad ogni bacio. Sente John ridere della sua euforia e a sua volta rispondere ai suoi baci, finche questi non si fondono in un unico bacio lento, disperato.
Un rumore diverso dal fragore della cascata li interrompe. Fasci di luce artificiale li avvolgono accecandoli. Un elicottero sta per atterrare nella piccola pista privata dell’hotel. Più si avvicina, più si rendono conto che si tratta di un elisoccorso chiamato evidentemente per soccorrere qualcuno.
<< Mycroft! >> esclama Sherlock. Scocca un’occhiata a John, che, però, non sembra saperne nulla. Si alzano su gambe instabili e piano tornano alla veranda sorreggendosi l’un l’altro. Quando il loro senso dell’equilibrio fa pace con la forza di gravità accelerano il passo fino a correre a perdifiato verso la sala congressi.
 
***
 
La sala d’attesa della clinica privata di Willigen, località vicina a Meiringen, dove l’elisoccorso ha portato Mycroft, è asettica, luminosa e lussuosissima. Molto diversa da qualunque altro luogo simile nel quale John si sia ritrovato. Siede, insieme agli altri, su una delle comodissime poltrone poste in ordine sparso nella stanza, quasi a dare più l’idea di essere in una sala da the che in quella nella quale parenti addolorati e nervosi attendono l’esito di un’operazione delicata.
Sherlock ha camminato avanti e indietro per molto tempo prima che riuscisse a convincerlo a sedersi. Ora sonnecchia appoggiato alla sua spalla, vinto dalla stanchezza. È esploso in tutta la sua disperazione quando ha visto il fratello legato alla barella pronto per essere portato via. Con un’energia, che, a vederlo adesso, è facile chiedersi da dove l’abbia tirata fuori, ha fatto di tutto per avvicinarsi a lui. John, Fox e Grey hanno fatto i salti mortali per impedirgli di scatenare la sua furia sui paramedici, che stavano agendo nel modo più rapido data la situazione delicata. Alla fine, tale è stato lo sforzo e lo shock da farlo svenire, cosa che ha portato i paramedici a caricare anche lui sull’elisoccorso, spaventati dalla possibilità che potesse essere stato colto da un infarto. Non bisognava avere l’occhio clinico di uno specialista per rendersi conto di quanto le sue condizioni non fossero delle migliori e un infarto, in un corpo così provato e colto da una tale furia, sarebbe stato più che plausibile. Ovviamente agli occhi di chi non sa con chi sta avendo a che fare.
John e i giornalisti hanno lasciato che Sherlock portasse avanti la sua recita. Il dottore ha fatto persino valere il suo titolo trovando, sebbene a denti stretti, un posto anche per lui sul velivolo. Una volta giunti in ospedale, come per magia, Sherlock si è ripreso e non ne ha voluto assolutamente sapere di essere confinato in una stanza, né di essere addormentato da uno dei calmanti che gli infermieri gli avrebbero sparato in vena molto volentieri. John si è trovato a doverli convincere ad affidarlo alle sue cure e loro hanno accettato, facendo firmare al consulente un foglio che li sollevava da qualunque responsabilità.
<< Lei che si prende la responsabilità è parente? >> gli ha chiesto l’infermiera con un inglese incerto.
<< Sono il compagno >> si è trovato a rispondere John per la prima volta. È stato strano. Piacevole, sebbene la situazione non fosse delle più rosee. E ancor più piacevole è stato vedere l’infermiera non fare una piega e indicargli il quadratino con la dicitura vicina alla quale doveva apporre una firma.
‘Gatte’ diceva questo punto. Ha controllato solo quando si è seduto il significato di questa parola. Il cuore ha mancato un colpo quando sul traduttore è comparsa la parola ‘coniuge’.
“Non è propriamente così” ha subito pensato il suo lato pignolo e precisino. ‘Convivente’ sarebbe stato più corretto oppure semplicemente ‘compagno’ o ‘partner’. Eppure si è ritrovato a sorridere allo schermo del cellulare come un idiota, mentre il suo uomo misurava a passi grandi e veloci la sala d’attesa avanti e indietro.
Posa un bacio tra i ricci arruffati più del solito di Sherlock, ora, e sorride nuovamente. L’idea che questa clinica lussuosa conserverà per un po’ di tempo un documento firmato dal suo uomo e controfirmato da lui in qualità di ‘coniuge’ gli fa provare una strana sensazione di ilarità, sorpresa e incredulità.
“Ne rideremo davanti ad una birra, insieme a Mycroft, Anthea e gli altri, quando tutto questo sarà finito” pensa affondando le dita nei capelli di Sherlock resi crespi dalla disidratazione generale nella quale verte. Qualche filo grigio che prima non aveva è comparso qua e là. Appena li scoprirà, John è sicuro che il suo uomo andrà in crisi. Gli ultimi pochi giorni trascorsi in quell’hotel non hanno avuto solo l’effetto di ingrigire qualche capello. È ulteriormente dimagrito, come se la presenza di Moriarty lo avesse prosciugato. Sotto la coperta che lo avvolge, e che ha dovuto lottare per convincerlo a tenere sulle spalle, indossa ancora l’abito elegante, sicuro regalo di lui. Non gli va che il corpo del suo uomo sia coperto da qualcosa che sia stato anche solo pensato da quel demonio.
Il pensiero di James riporta John a quella terrazza e insieme al brivido che gli percorre la schiena si fa vivo il dolore alle braccia e alla schiena. Si è procurato sicuramente una buona serie di strappi muscolari nel tentativo di portarlo in salvo. Non è stato, quello di Sherlock, il primo caso di allucinazione post traumatica che ha incontrato. Si potrebbe dire siano gli imprevisti del mestiere di un medico militare abituato agli ospedali da campo e all’agire in prima linea. Il suo compagno era in uno stato alterato di coscienza, del tutto convinto di stare lottando contro il padre e di essersi finalmente liberato della sua velenosa presenza.
“Come mi auguro tu ti sia prima liberato di quella altrettanto scomoda di Moriarty” pensa stringendogli la mano che lui gli ha afferrato prima di sprofondare nel sonno. È stato così impegnato, John, prima a portarlo in salvo e poi a tentare di evitare che si gettasse sul fratello svenuto, da dimenticarsi del tutto di James e di dove fosse finito. “Ci sarà il tempo per porti tutte le domande del caso. Per il momento, posso solo sperare di poter dire che finalmente è tutto finito” sospira ed un’ondata di piacevole sollievo lo investe a questa prospettiva.
<< Mycroft è stato ferito >>.
Il ricordo della notizia data loro da Fox appena giunti alla sala congressi interrompe il suo idillio.
<< Che cosa? >> ha ribattuto Sherlock, incredulo, divenendo esangue.
<< Non ce ne siamo resi conto e lui è stato su fino alla fine senza darlo a vedere, maledizione >>.
<< E’ grave? >> gli ha chiesto lui, volgendo lo sguardo a Sherlock rimasto del tutto senza parole.
<< Parecchio >> ha sospirato il ragazzo ed è stato lì che Sherlock ha perso ogni controllo. Se uno come Fox, abituato a riconoscere la verità guardando anche solo per un istante il volto di uno sconosciuto, dice che la situazione non è solo grave ma anche parecchio grave, allora non può essere che così.
“Cazzo, Myc, non puoi farci questo, non adesso che tutto è finito!” sospira John muovendo la mano tra i ricci inariditi del suo uomo. “Dormi amore. Spero tu possa avere buone notizie quando ti sveglierai”.
Mycroft è stato operato d’urgenza e loro sono lì da quasi tre ore nell’attesa che qualcuno torni da loro a dare nuove notizie sulle sue condizioni.
<< La pallottola è entrata sotto la clavicola sinistra, ha bucato il polmone ed è uscita sbrecciando la scapola >> ha detto loro uno degli specializzandi mandato apposta per informarli su quanto accaduto.
<< E noi non ci siamo resi conto di nulla! >> non ha fatto altro che ripetere Greg, muovendosi avanti e indietro per la sala d’attesa insieme a Sherlock. << Non ha fatto una piega e io l’ho pure afferrato per le spalle in malo modo. Il suo respiro era solo un po’ affannato >>.
E’ toccato all’ex detective l’ingrato compito di dare la notizia ad Anthea, che continua a scrivergli e a chiamarlo per avere aggiornamenti, anche se le ha detto che per il momento non ne hanno. John lo vede adesso guardare il telefono al quale ha ricevuto un nuovo messaggio e scuotere il capo sospirando prima di rispondere con le stesse identiche parole.
John sa perché Mycroft ha taciuto sulle sue condizioni. Lo sa e non può fare a meno di ringraziarlo per questo. Se avesse manifestato apertamente di essere stato colpito lui lo avrebbe soccorso lasciando suo fratello al suo destino. John non sarebbe mai riuscito ad arrivare in tempo per afferrare la mano di Sherlock e ora il suo corpo sarebbe perso tra i flutti, sballottato dalla corrente tra una roccia e l’altra, privo di vita.
“Oddio, Myc. Alla fine hai trovato comunque il modo di sacrificarti per lui, maledetta prima donna” pensa asciugando subito una lacrima che sente nascere all’angolo dell’occhio. 
Lo specializzando di prima esce dalla sala operatoria. Sherlock si sveglia all’improvviso, come avesse oramai catalogato il suono dei passi del ragazzo e il suo cervello, che a quanto pare è sempre all’erta anche quando dorme profondamente, li abbia riconosciuti destandolo.
Il ragazzo rallenta il passo nel vedere tutti loro andargli incontro.
<< Come sta mio fratello? >> lo investe Sherlock, che tiene ancora stretta la mano di John nella sua.
<< L’operazione è andata bene >> dice il ragazzo abbozzando un sorriso. << Il primario sta dando disposizioni per la terapia intensiva. Mi ha mandato qui per rassicurarvi. La pallottola è stata estratta e per fortuna i danni, seppure ingenti, non sono stati pericolosi. Ha perso molto sangue. Tra poco potrete vederlo e parlare con il dottore >>.
Sebbene la spiegazione non fosse delle migliori, saperlo fuori pericolo basta già per permettere a tutti quanti di tirare un sospiro di sollievo. Sherlock si volta verso John con un sorriso incerto sulle labbra.
<< Ha detto che è salvo, ho capito bene? >> gli chiede incerto.
<< Sì, Sherlock. Ora anche Mycroft rientra nel club dei sopravvissuti a un colpo d’arma da fuoco >> dice facendolo ridere. Il suo uomo gli si avvicina stanco. Posa la fronte contro la sua spalla e gli cinge la vita con le braccia. Sebbene il dolore alla schiena e alle braccia si sia risvegliato, John lo sorregge, così pesantemente abbandonato contro di lui. Il corpo di Sherlock è scosso da singhiozzi dimessi e silenziosi. È più intima questa manifestazione di sollievo, questa tensione che finalmente può sciogliersi, trovando il sicuro sostegno e conforto delle sue braccia.
“E’ questo il mio posto” pensa John, che si rende appena conto di stare sorridendo. “Io e te, amore, contro il resto del mondo” aggiunge posandogli un bacio tra i capelli, mentre ravviva la sua stretta.
 
***
 
Yes, too much love will kill you,
it’ll make your life a lie.
Yes, too much love will kill you
and you won’t understand why.
You’d give your life, you’d sell your soul,
but here il comes again.
Too much love will kill you,
in the end.[2]
 
L’ascensore scende piano. Un fastidioso ronzare di cavi e pulegge ne accompagna la discesa. Mycroft è fermo e in piedi al centro esatto del cubo d’acciaio, lo sguardo fisso sulla fessura tra le due porte. Da lì vede i piani scorrere uno dopo l’altro. Con un contraccolpo giunge al piano designato.
Le porte si aprono su un corridoio asettico dalle pareti dipinte di bianco e grigio-azzurro. I suoi passi rimbombano sul linoleum chiaro. Supera la prima porta scorrevole e si ritrova nella sala d’attesa dell’obitorio. Infelice ossimoro questo. Cosa mai ci sarà da attendere in un luogo dove c’è solo morte?
Alla sua sinistra, da un’altra porta scorrevole si giunge alle celle, freddi loculi temporanei che ospitano corpi in attesa di giudizio. Si avvicina e la fotocellula fa spalancare le porte. Il freddo di questo luogo lo colpisce accapponandogli la pelle. C’è un catafalco spoglio al centro esatto della stanza. Un lenzuolo di cotone grezzo è diligentemente piegato ad un’estremità.
Mycroft tira un sospiro di sollievo. Temeva di ritrovare lì il corpicino senza vita di sua sorella o, peggio, quello di suo fratello.
<< Non è per quei due Holmes che è stato preparato quest’ultimo giaciglio >>.
La sua voce teatrale e canzonatoria. Quel retro suono di risate che vi è sempre presente, come se non prendesse mai nulla troppo sul serio.
<< Devo pensare, allora, sia qui per te, James >> ribatte Mycroft voltandosi verso di lui.
<< No, non avrò questo piacere >> dice facendo spallucce, senza togliere le mani dalle tasche. << Il mio corpo non verrà mai ritrovato. La mia tomba saranno i flutti burrascosi delle Reichenbach >>.
<< Degna fine dell’antagonista di un romanzo >>.
<< Ogni fiaba ha bisogno di un cattivo affascinante vecchio stile >> ridacchia lui avvicinandosi di un passo. Mycroft resiste all’impulso di arretrare a sua volta di uno. << Siamo giunti alla fine di questa storia. Il cattivo è stato ucciso e il principe azzurro ha salvato la sua bella. Ora è tempo di gioire e lasciare che l’amore trionfi. Ed è anche tempo di piangere coloro che sono morti >> dice e il suo sguardo si fa più intenso. Mycroft tossicchia, tende la schiena e alza il mento, gesti collaudati con i quali rincalza la sua armatura fatta di gelo.
<< È bello morire, Mycroft. Nessuno viene a seccarti >> constata James, inclinando la testa di lato. << Persino tu avrai qualcuno che piangerà la tua gloriosa dipartita. La tua bella segretaria piangerà, il buon detective piangerà, il dottore piangerà e Sherlock piangerà a secchiate. È lui che mi preoccupa di più >> annuisce serio fissando un punto lontano. << Lo stai abbandonando, Mycroft >> aggiunge puntando gli occhi su di lui.
<< Quel che dici non è corretto, James >> ribatte perentorio, cercando di non badare al peso che sente opprimergli il petto. << Mio fratello non è solo, adesso. C’è John con lui >>.
<< Il dottor John Hamish Watson >>.
Mycroft volge la testa alla sua destra, là dove ha sentito provenire quest’altra voce capace di raggelarlo. Dall’ombra, annunciata dalla risata divertita di James, sua sorella Sebastiana Moran fa il suo ingresso in scena. Un sorriso dolce le curva le labbra mentre avanza, fermandosi a un metro dal catafalco. Mycroft si rende conto di essere indietreggiato così tanto da ritrovarsi vicino a quel tetro giaciglio.
<< Tu sei davvero convinto che un uomo che ha avuto il coraggio di uccidermi sapendomi incinta di un figlio suo resterà al fianco del tuo amato fratellino? >> gli domanda ridendo di lui.
<< Ha fatto solo un favore a quella creatura, ponendo fine alla sua esistenza ancora prima che nascesse. Solo un folle accetterebbe di crescere un figlio con una come te >> ribatte, intimamente intimorito da questa donna.
<< Ti dirò io come andrà a finire, mio caro uomo di ghiaccio >> continua lei con la stessa risata svalutante del fratello nella voce. << Il nostro John si divertirà con tuo fratellino. Un uomo ormai maturo come lui non può che gioire della possibilità di avere per sé un ragazzino quasi del tutto privo di esperienza. Perché, come anche tu ben sai, nonostante abbia più di trent’anni è questo che è il nostro consulente >>.
<< Una timida verginella >> ride di gusto Moriarty, dandogli il voltastomaco.
<< Quando gli andrà a noia, aiutato anche dal suo carattere impossibile, lo lascerà per cercare qualcosa di più fresco, divertente e soprattutto semplice e il tuo fratellino non avrà nessuno. Resterà solo, indifeso. Respinto da tutti, perché reputato troppo strano. Accolto solo da chi è pronto ad approfittare di lui, delle sue fragilità, della sua bellezza. Cadrà preda delle droghe e questa volta ci morirà davvero con un ago in un braccio, su un cumulo di immondizie in un vicolo dimenticato da dio. Sarà questa la fine del grande Sherlock Holmes, unico consulente investigativo che ci sia al mondo. A cosa sarà servito tutto questo allora, sai dirmelo? La nostra morte? Il tuo sacrificio? Il lottare per permettere a questi due di stare insieme? L’amore non è eterno, Mycroft, e tu, benchè non lo abbia mai provato, lo sai, perché sei abbastanza intelligente da sapere che nulla è eterno e solo poche cose sono durevoli[3] >>.
<< Questa potrebbe essere una di quelle poche cose >> tenta Mycroft, facendo ridere di gusto i due fratelli.
<< L’unica cosa durevole di John Watson è la sua tendenza a saltare di fiore in fiore, mio caro Myc. Fiori maschi, fiori femmine… non è certo un problema per lui >> ride ancor più forte James.
<< Tale è la tua assoluta ignoranza in merito alle relazioni umane da credere che la storiella tra tuo fratello e il suo dottore possa essere seria al punto da durare per tutto il resto della loro stupida vita. È fantastico scoprire come, grattando un po’ la superficie di ghiaccio, si scopra tu abbia un cuore romantico, Mycroft >>.
<< Potrai anche avere ragione, Sebastiana, e la loro relazione potrà finire prima o poi, ma almeno sarà stata data loro la possibilità di viverla >>.
<< E a te quale possibilità è stata data? >> lo incalza lei.
<< Quella di averli aiutati a realizzarla >>.
<< E’ di poche pretese l’uomo più potente d’Inghilterra, sorellina >> lo canzona James. << Tutti i tuoi sforzi potrebbero essere stati vani e tu la prendi con filosofia. Andiamo, Myc non ci credi neppure tu >> ride lui e le ginocchia di Mycroft si piegano facendolo cadere seduto sul catafalco.
<< Te ne stai rendendo conto, non è così? >> insiste Moran. << Hai fatto di tutto per lui, hai persino commesso un omicidio per salvarlo >>.
<< E non un omicidio qualunque >>.
<< Lo rifarei ancora altre mille volte se fosse necessario >> ribatte lui che all’improvviso si ritrova senza fiato.
 
<< Myc!! Non è possibile! No! Mycroft! >>.
 
La voce di Sherlock, disperata, sovrasta tutto quanto. Gli sembra di vederlo. Sconvolto dal pianto. La mano protesa verso di lui. Il volto scavato, pallido, provato dalle troppe cose accadute in questi ultimi mesi.
“Sherlock. Allora mi vuoi bene, fratellino”.
Una lacrima solitaria nasce dalle sue ciglia. Percorre la guancia ben rasata e muore sulle sue labbra impercettibilmente curvate in un sorriso.
Tutto diventa buio.
Silenzio.
Neppure il battito del suo cuore o il ritmico espandersi e contrarsi del corpo causato dal respiro.
Solo una grande sensazione di pace. Il corpo è rilassato, pervaso da questa immensa beatitudine.
 
Io sono persa, oh, chi mi troverà?
in profondità sotto il vecchio faggio.
Aiutami a soccorrermi, ora soffiano i venti da est.
Sedici per sei, fratello, e andiamo giù!
 
La canzone composta per lui da Eurus entra piano piano a rompere il silenzio. Non è cantata, però, dalla voce argentina e allegra della sua sorellina. È più adulta, più dolce e solenne questa voce.
Avverte un movimento sulla sua fronte, tra i suoi capelli e un profumo. Sandalo e gelsomino.
<< Mamma? >> sussurra scuotendosi appena da quella dolce beatitudine.
<< Sono qui, Mycroft >> risponde lei con dolcezza. Mycroft apre appena gli occhi che sente pesanti. Non riesce a capire dove si trovi, ma sa di essere tra le sue braccia. Questo gli basta.
“E’ questo che si prova, allora?” pensa beandosi delle sue carezze.
<< Dove siamo? >> le chiede, nonostante, a conti fatti, non gli importi saperlo.
<< In momenti come questi, di solito, ci si ritrova in quello che è il luogo più bello per sé >>.
Mycroft apre gli occhi e si guarda attorno. È tutto bianco. Non c’è un sopra né un sotto. Non c’è nulla, se non questo non colore che li avvolge. Ricorda allora di quella volta in cui non era stato bene e Eurus aveva condotto sua madre da lui tenendola per mano. Lei si era accovacciata al suo fianco e lo aveva coccolato finchè non si era addormentato. Ha sempre conservato memoria del suo profumo buono, della morbidezza del seno sul quale la sua testa poggiava, del suo tocco leggero e piacevole.
<< Sì. E’ questo il luogo più bello per me >> concorda. << Perché siamo qui? >>.
<< Ho risposto ad una preghiera fatta per te da una persona che ti ama molto >>.
<< Anthea >> sussurra e il suo sorriso si rafforza.
<< Sì, lei >> conferma sorridendo a sua volta.
<< E perché pregava per me? >>.
<< Non voleva fossi da solo. Eurus se n’è andata e così sono venuta io qui ad accompagnarti >>.
<< Dove? >> le chiede tentando di guardare il suo volto, ma le palpebre sono così pesanti da aprire.
<< Non so dove >> risponde scuotendo il capo. << Non sono neppure sicura che andare sia il verbo giusto. Potrebbe essere anche tornare o forse sparire >>.
<< Sparire. Tante volte avrei voluto poterlo fare >> dice e con piacere scopre di non provare alcun dolore nel parlare di quei momenti. << Sono morto, mamma, non è così? >>.
<< Non proprio. Non ancora. Puoi ancora scegliere >>.
<< Davvero posso? >>.
<< Sì, figlio mio >> sorride lei .
<< Io… io voglio restare qui >> dice accomodandosi meglio tra le sue braccia, sentendo di essere piccolo come mai è stato.
<< In questo abbraccio? >>.
<< Sì. Ti ho avuta così poco. Ho pensato tante volte che tu non mi volessi bene >>
<< Mi dispiace tanto, Mycroft >> sussurra lei con un eco di pianto nella voce. << Non sono stata capace di dimostrartelo e mi son persa qualcosa di bellissimo. Ho voluto bene anche a te e sono orgogliosa dell’uomo che sei diventato. Non tanto per la tua carriera, quanto per il tuo amore per tuo fratello. Hai davvero fatto tutto per lui, anche arrivare ad uccidere >>.
<< Io non avrei mai voluto togliere la vita a mio padre >>.
<< Lo so, Mycroft. A volte situazioni estreme richiedono soluzioni estreme >> sospira affranta. << Togliere la vita. Interessante espressione, non trovi? >> gli fa notare. << Toglierla a chi? Non sarà al morto che mancherà. La nostra morte è qualcosa che capita a chi resta >>.
<< Pensi che… che Sherlock ne soffrirà tanto? >>.
<< Sì, è inevitabile. Sei sempre stato tutto il suo mondo. Ci sei sempre stato. Anche quando ti diceva cose bruttissime e continuava a cacciarti tu sei rimasto. Sei un punto fermo per lui >>.
<< Quel che hanno detto James e sua sorella su John… io temo possa accadere davvero. La loro relazione potrebbe finire e Sherlock resterebbe solo. Nonostante mi sia affidato a lui, ho sempre temuto che John potesse essere deleterio per mio fratello e mi rendo conto di temerlo ancora >>.
<< Quella è la loro storia, la loro vita. Quel che deve accadere loro accadrà, indipendentemente da te. Non puoi controllare tutto, Mycroft, è bene tu lo capisca questo. Ora, figlio mio, ci sei solo tu >>.
<< Ci sono sempre stato solo io, mamma >>.
<< No, Mycroft. Hai sempre avuto i tuoi fratelli a cui pensare. Avevo provato a sollevarti da quest’onere portandoli via da Musgrave, ma ho fallito e Eurus ci ha rimesso la vita, portando via con sé anche parte di quella di Sherlock. Da allora, tutte le scelte che hai fatto sono derivate da lui, dalla sua incolumità, dal desiderio che avevi che restasse in vita. Quell’unica volta in cui hai tentato di pensare a te, tuo fratello ha scoperto la droga e tu te ne sei dato la colpa. Non hai colpa di nulla, però, figlio mio. Puoi decidere, adesso, cosa è meglio per te >>.
<< Cosa è meglio per me? Io… io non lo so. Sto bene qui, adesso >> dice stringendosi ancora di più a lei.
<< Ti svelo un segreto >> gli dice carezzandogli il viso. << La piacevolezza di questo abbraccio la puoi trovare anche tra le braccia di chi ti ama. Non sarà lo stesso, certo, ma ci sarà sempre un po’ di me >>.
Le parole di suo madre gli riportano alla mente gli abbracci ricevuti da Gregory Lestrade. Sono stati inattesi e bellissimi, è vero. Non ha provato questa stessa beatitudine, ma il senso di sollievo e piacevolezza lo ricorda bene. Basterebbe, forse, smetterla di vedere gli altri come pesci rossi e iniziare a considerarli degni di fiducia. Non tutti, ovviamente, solo coloro che si mostrano sinceramente interessati a lui. Che non si nascondono dietro il giudizio affrettato e negativo che il suo apparire genera. Lui stesso usa in modo spudorato questi pregiudizi. Con tutti, ma soprattutto con suo fratello.
<< Non ho mai abbracciato Sherlock >> ricorda a voce alta. << Mi ero ripromesso che lo avrei fatto >> .
<< Sei ancora in tempo, se lo vuoi >>.
<< Io… sì. Lo voglio, sì >>.
<< Molto bene, figlio mio. Ti riporto indietro, allora >>.
La mano di lei gli accarezza il viso dolcemente. La sente prendere un profondo respiro e poi soffiare sul suo viso. Un vento caldo, insistente. Lo sente entrare nelle narici. Nella bocca. Bruciare dentro i polmoni, farli gonfiare ed espandere. Solleva le palpebre pesanti un’ultima volta e scorge il suo sorriso, le onde morbide dei suoi ricci scuri, il contrasto della pelle pallida e delle labbra rosse.
<< Su, tesoro mio. È arrivato il momento di svegliarsi >> gli sussurra dolcemente soffiando nuovamente sul suo viso.
 
Un rumore acuto, cadenzato e regolare gli giunge all’orecchio. Prima lieve poi sempre più forte. Le palpebre faticano ad aprirsi e il corpo è pesante, dolcemente privo di forze. Prova a muovere una mano. La destra gli pare. La sente come bloccata, ma prova lo stesso a muovere le dita. Fa la stessa cosa con il collo e sente in gola una presenza fastidiosa. Prova a deglutire, ma questa resta lì. Strizza gli occhi, allora, deciso ad aprirli,
 
 << Mycroft! >>
 
ma sono così pesanti le palpebre. Per quanto ci provi riesce appena a intravedere una luce debole. Qualcosa gli stringe la mano destra e lui meccanicamente tenta di rispondere.
 
 << Ehi, Myc mi senti? >>.
 
Apre le palpebre e scorge una sagoma. Sfocato vede un volto pallido circondato da folti capelli neri. Poi qualcosa si posa sulla sua fronte. È fredda, alterna zone lisce ad altre ruvide, ma è piacevole. Si rende conto che sono carezze quelle che sta ricevendo. Carezze leggere, incerte, portate da questa mano grande e fredda.
 
<< Fratello >>.
 
Una voce rotta dal pianto. La sente mescolarsi al rumore cadenzato e sinceramente fastidioso. Diventa un sommesso singhiozzare e più volte sembra voler dire qualcosa ma non riuscirci. Mycroft tenta di aprire nuovamente gli occhi ed è il volto sfocato ora ad occupare interamente il suo campo visivo.
 
<< Sono qui. Ci sono io qui con te, non sei solo >>.
 
Tenta di rassicurarlo, portando carezze un po’ più pressanti, sebbene la mano gli tremi. Nonostante tutto è piacevole il suo tocco. È freddo e incerto, ma piacevole. Tenta di prendere un profondo respiro e si rende conto di come ciò che avverte nella gola lo impicci.
 
<< Mycroft non ti agitare. Sei intubato. Hai subito un intervento importante. Pazienta qualche istante, abbiamo avvisato il medico del tuo risveglio >>.
 
Una voce più professionale, come la stretta che avverte alla sua mano sinistra. Sembra sollevata al vederlo reagire. Prova a volgere lo sguardo nella sua direzione, ma è ancora la sagoma sfocata di prima quella che vede dinanzi a sé.
Muove la mano destra che sente stretta troppo forte. La stretta si allenta all’improvviso, ma lo afferra nuovamente, portandogli su il braccio. La mano gli viene aperta e la sente posarsi su qualcosa di ispido, caldo e umido. Sente una pressione nell’incavo del palmo. Un soffio scaldarla.
Apre nuovamente gli occhi e scorge quel volto premere contro la sua mano. Sono baci quelli che sta posando sul suo palmo. Lacrime, l’umido che sente sotto le dita. Muove piano il pollice, sfiorando il naso di questo volto sfocato.
 
<< Mi dispiace. Per tutte le volte in cui ti sei trovato qui al mio posto. Fa male. Terribilmente male. E fa paura. Tanta paura >>.
 
Altre lacrime gli scorrono sotto le dita. Sbatte le palpebre e ciò che vede inizia a divenire più nitido.
“Sherlock” pensa accarezzandogli il volto smagrito. Intravede fili argentati tra i suoi capelli scuri, occhiaie profonde sotto gli occhi di un azzurro pallidissimo. Gli sorride. Una risatina nasce da quelle labbra screpolate.
Con un movimento improvvisamente troppo rapido, il ragazzo avvicina il viso a quello di lui. Gli posa un bacio umido sulla guancia. Può sentire le ossa dure e sporgenti del suo corpo troppo magro premere contro il suo. Il braccio destro di lui stringerlo in vita. Posa la fronte scossa dai singhiozzi nell’incavo della sua spalla. Hanno un profumo buono i suoi capelli.
<< Ti voglio bene >> gli sussurra all’orecchio, posandogli poi un altro bacio sulla guancia.
Mycroft cinge quelle spalle magre con il braccio destro, che ora risponde un po’ di più ai suoi comandi. Lo stringe con tutta la forza che ha in questo momento e sente lui fare altrettanto.
La piacevolezza di questo abbraccio la puoi trovare anche tra le braccia di chi ti ama”.
Le parole di sua madre gli ritornano alla mente, chiare come fosse lì con loro adesso. Mycroft sorride e ruota il viso verso la chioma folta e arida che è i capelli di suo fratello.
“Ti voglio bene anche io, fratellino” pensa beandosi di questo abbraccio, che lo avvolge come una coperta soffice nella quale potersi abbandonare del tutto.
 
***
 
<< Sì, si è svegliato! Lo hanno staccato dal respiratore e se la cava abbastanza bene a respirare da sé. Sherlock è con lui. Non lo molla un attimo. Fa quasi impressione vederlo così attento e preoccupato per il fratello >>.
Greg ridacchia stropicciando distrattamente gli occhi. Dall’altra parte sente Anthea ridere allegra tra singhiozzi di sollievo e gioia.
<< Oddio, grazie Greg! Grazie per averlo salvato! >> continua a dirgli e lui vorrebbe ribattere che se davvero lo avesse salvato ora non sarebbero lì. Si è limitato a causare un male minore di quello che sarebbe potuto essere.
 
<< Il colpo sarebbe arrivato dritto al cuore >> aveva detto Sherlock quando lo specializzando aveva comunicato loro l’entità del danno. << Se tu non fossi intervenuto, ora sarebbe morto >> aveva aggiunto per poi stringerlo in un abbraccio soffocante. << Hai convinto me a smetterla con le droghe e ora hai salvato mio fratello. Pare proprio che se il mondo può vantarsi ancora di avere gli Holmes lo debba solo a te, detective Gregory Lestrade >>.
 
Sherlock aveva riso, una risata nervosa che gli aveva scosso il corpo da capo a piedi. Tra le braccia a Greg era sembrato di stringere uno scheletro, talmente tanto si facevano sentire le sue ossa contro di lui. Era stato strano ritrovarsi lì. Strano sentirlo ridere e piangere e gioire e ringraziarlo, chiamandolo persino correttamente con il suo nome.
Non sapeva cosa provare e ancora adesso, dinanzi ai ringraziamenti di Anthea, non sa cosa provare. Ha portato a termine un’operazione antiterrorismo per la quale non aveva neppure l’autorizzazione. Questo gesto potrebbe costargli caro, nonostante abbia contribuito al mantenimento della sicurezza mondiale. Ha rischiato la vita e lo ha fatto per salvare principalmente un solo uomo e ora che gli stanno riconoscendo questo merito sente di non meritare le loro parole.
“E’ comunque ferito. Ha rischiato comunque la vita” continua a ripetersi.
 
<< Non sei mai contento, Greg! >> la voce scocciata della sua ex moglie irrompe tra i suoi pensieri. << Sempre lì a pensare a come le cose potessero andare meglio di come sono andate, anche se quanto si è ottenuto è stato già un successo! >>.
 
Ha ragione Maggie. Gregory Lestrade non si ferma mai a darsi pacche sulle spalle dicendosi di aver fatto un ottimo lavoro. No, c’è sempre qualcosa di più che poteva essere fatto.
<< Smettila di tormentarti per il fatto che sia stato comunque ferito, Greg! >>. Come gli avesse letto la mente, Anthea lo riporta alla realtà, toccando proprio il suo nervo scoperto. << Prenditi i meriti delle tue azioni. L’obiettivo è evitare che accada il peggio e tu lo hai raggiunto e io sono fiera di te e immensamente grata. Appena ti sarà possibile vederlo dagli un bacio da parte mia, ti prego >>.
Questa richiesta lo lascia senza fiato. Le guance gli si infiammano di rosso in modo del tutto insolito .
<< Va bene >> borbotta imbarazzato sentendola ridere divertita.
Ripone il telefono in tasca e si avvicina alla porta della stanza di Mycroft. Dalla piccola finestrella, che permette di osservare con discrezione le condizioni del paziente, scorge i due fratelli addormentati entrambi su quell’unico letto. Stretti in un abbraccio ancora più commovente, se si pensa quanto difficile sia sempre manifestare i reciproci sentimenti per questi due uomini.
John si accorge della sua presenza e si alza dalla poltrona sulla quale siede per raggiungerlo alla porta.
<< Quel letto non sembra essere fatto per ospitare due persone >> gli fa notare sorridendo.
<< E’ vero, ma a Sherlock non sembra importare e sai com’è quando si mette una cosa in testa >> sorride a sua volta John, passando la mano sul viso stanco .
<< E’ finita davvero? >> gli domanda, lo sguardo fisso su Mycroft tranquillamente addormentato.
<< Sì >> sospira John. << James si è buttato spontaneamente dal terrazzo >> .
<< Spontaneamente? >> sottolinea incredulo Greg.
<< Questa è la versione che daremo al pubblico >> interviente Grey. Greg non si era neppure accorto che i due giornalisti si fossero avvicinati a loro volta alla porta.
<< I vostri articoli. Anthea mi ha detto che stanno sollevando un vero e proprio casino >>.
<< E’ il loro compito >> ridacchia Fox. << L’opinione pubblica è stata messa lentamente a conoscenza dei fatti e ora sta esprimendo il proprio parere. Nomi illustri sono stati strategicamente influenzati ad esprimere opinioni positive in merito e in breve tempo coloro che continuano a vedere in Sherlock una frode e in Moriarty il frutto del suo delirio saranno sempre meno >>.
<< Avete fatto un ottimo lavoro >>.
<< No, John. Abbiamo fatto un ottimo lavoro >> specifica Grey. << Tutti noi. Nessuno escluso >> sottolinea, volgendo lo sguardo a Greg che lo distoglie imbarazzato. << Voi due dovreste fare un bel lavoro sull’autostima >> sentenzia rivolgendosi al detective e al dottore. << Oosso darvi il nome di ottimi colleghi, se volete >>.
<< Sicuramente nessuno di questi ti consiglierebbe di scrivere un blog per uscire dalla depressione, John >> aggiunge Fox sghignazzando.
<< Già. Questa volta lo riaprirai perché avrai voglia di farlo >>.
<< Non sapevo volessi riportare in vita il blog >> domanda Greg, stupito delle parole di Grey.
<< Io… ancora non lo so. Ha portato solo a notevoli casini >> dice impacciato il dottore.
<< Il tuo pubblico vorrà sentire anche il tuo parere, John >> lo incalza Grey. << E tu, soprattutto, vorrai dire la tua >> gli strizza l’occhio.
<< Giusto per dirne quattro a chi se n’è uscito con quei commenti poco carini ai tuoi ultimi post >> sottolinea Fox. John ridacchia annuendo .
<< Siete quasi peggio di lui, sapete? >> dice loro. << Siamo sicuri che non siate in grado di leggere nel pensiero? >>.
<< Sicurissimi >> rispondono all’unisono i due giornalisti.
Greg si unisce alla risata, felice di come la tensione si sia alquanto sciolta. Persino Molly gli è sembrata più tranquilla, ora che sa che il peggio è passato.
<< Sbrigati a tornare da me, allora, detective >> gli ha sussurrato maliziosa, portandolo a mordere il labbro inferiore, pregustando già il ritorno tra le sue braccia.
 
<< Dagli un bacio da parte mia >>.
 
La richiesta di Anthea lo scuote nuovamente. Volge lo sguardo ai due addormentanti sul letto. Alle labbra di Mycroft appena curvate in un sorriso capace di rendere così dolce il suo viso.
Si era detto di aver voluto a tutti i costi essere lì per ritrovare se stesso, ottenere nuovamente il suo incarico e tornare a dare un senso alla sua vita. Si era detto, però, di essere lì anche per Mycroft Holmes. O forse, sarebbe meglio dire solo per Mycroft Holmes…
 
 
[1] ‘Guerriero’ – Marco Mengoni
[2] Too much love will kill you - Queen
[3] Seneca

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Buongiorno e buon weekend pre natalizio a tutti!
Siamo giunti all’ultimo capitolo! Con emozione oggi apporrò il flag al quadratino ‘completa’. Quest’avventura è iniziata il 9 aprile e oggi, dopo otto mesi e mezzo quasi giunge al termine. Non potevo non concludere con un layout particolare del testo, in modo da alternare il pensiero di uno dei personaggi a vari flashforward, giusto per lasciarvi un’idea di come sarà il futuro dei protagonisti e comprimari di questa storia.
Penso che ora mi prenderò una pausa, anche se ho qualche spunto e alcune bozze lasciate a macerare. Gli impegni lavorativi sono tanti e il tempo è poco. Dato però che anche lo stress è tanto, penso proprio che mi rivedrete, se vi farà piacere, con qualcosa tra qualche tempo.
Mi riserverò uno spazio per i ringraziamenti al fondo, nelle note dell’autore. Come sempre mi auguro che anche questo capitolo e questa conclusione siano di vostro gradimento. Io ne sono soddisfatta
Buona lettura e buone feste a tutti quanti voi (oh oh oh!)
 
Patty
 
Capitolo 36
 
Sei mesi fa decisi di chiudere questo blog nato, su consiglio della mia ex-terapeuta, come una sorta di diario pubblico.
Non mi sarei mai aspettato, allora, che sarebbe divenuto un non-luogo nel quale raccontare delle avventure vissute insieme al mio coinquilino consulente investigativo.
Lo chiusi a seguito del suicidio di questo consulente, gettatosi dal tetto dell’ospedale Saint Bartholomew.
Cercai di tenerlo in vita ancora per un po’, rinvangando le vicende passate, un modo come un altro per sentirmi vivo a mia volta.
Non funzionò, anzi, fu una pessima idea.
 Mi lasciai abbattere sempre più dai commenti acidi e irriverenti di chi continuava a insistere di come il mio amico fosse un pazzo impostore.
Oggi, a seguito di quanto avrete sicuramente appreso dalle diverse testate giornalistiche e dopo un lungo meditare, ho deciso di riportare in vita questo blog.
Riportare in vita.
 Non ho scelto a caso l’uso di queste parole.
 Già, perché, come saprete, cinque mesi fa’ è circolata la notizia del mio ‘suicidio’.
‘Il dottor Watson non ce l’ha fatta. Suicida anche lui come il tanto discusso Sherlock Holmes’, questo è solo uno dei tanti titoli che per qualche giorno hanno parlato del mio salto dalla cascate Cautley Spout allo Yorkshire Dales National Park.
Ho letto alcuni commenti, altri articoli e mi ha fatto male rendermi conto di quanto possa essere insensibile e giudicante l’animo umano.
Sembra superfluo dirlo, ma non sono morto e neppure il mio amico lo è.
Sto per raccontarvi un’avventura che ha dell’incredibile e che, ci crediate o meno, è accaduta per davvero.
Tutto e nato dal mio incontro con Firefox, giornalista investigativo del team dei ‘Los Errores’.
Sì, gli stessi dei quali avete letto della morte a seguito di un attentato nella casa del fratello del mio amico a Pall Mall.
In effetti, ora che ci penso, siamo ‘morti’ e ‘risorti’ in tanti in questa storia. Purtroppo ci sono state anche delle morti vere, ma di questo vi parlerò a suo tempo.
Avrete letto gli articoli messi in circolazione da ‘El mundo’, e che, per cassa di risonanza, sono arrivati fino a noi, sulla reale esistenza del criminale James Moriarty, colui che, pochi mesi prima che il mio amico inscenasse la sua morte, aveva causato il collasso dei sistemi di sicurezza di tre dei maggiori luoghi ritenuti, fino ad allora, inespugnabili del nostro Paese. Mi limito qui a riportarvi i link, affinchè possiate rinfrescarvi la memoria oppure apprendere la notizia dalla fonte originale).
 
Grey mette via la copia dell’ultima uscita di ‘El mundo’ che ha appena finito di leggere. Lopez gli ha comunicato il numero di click al loro sito legato all’uscita di ogni articolo e quanto quello che annuncia il loro essere vivi e le motivazioni che li ha spinti a fingere la loro morte sia stato quello più visitato.
<< ¡El premio Pulizer no se llevará a nadie este año![1] >> ha esclamato entusiasta. << Me he contactado con colegas de estaciones de radio y televisión de todo el mundo para tener una entrevista con usted y cuatro editores principales ya se han propuesto editar el libro que acompañará la investigación. Chicos, esta vez os habéis superado![2] >>.
A quale prezzo, però, è giunta questa vittoria. Hanno perso Sky e ora si preparano a tornare in patria con un uomo in meno, l’umore incerto e molti dubbi. Quelli suoi personali circa quanto è successo con Fox. Quelli legati al futuro del loro team, soprattutto ora che hanno perso un componente.
<< Harry me ha confirmado que el vuelo saldrá a las 8 de la mañana[3] >> lo informa Fox appoggiato allo stipite della porta. << Me gustaría tener más tiempo para prepararme para este regreso[4] >> aggiunge passando la mano tra i ricci arruffati. Ha il volto stanco, segno di una notte trascorsa a rigirarsi nel letto.
Sono rientrati dalla Svizzera insieme a Lestrade, lasciando Sherlock e John con Mycroft. Harry li ha accolti a Buckingham palace come guerrieri di ritorno da una guerra vinta per un soffio e Anthea li ha martellati di domande circa le condizioni del suo capo. Mistica, ormai, la segue come un’ombra.
È stato difficile il giorno seguente recarsi all’obitorio del Barth’s, dopo una notte trascorsa tra telefonate e messaggi per gli articoli pubblicati e quelli ancora da pubblicare e l’impatto che questi hanno avuto e stanno avendo sull’opinione pubblica di tutto il mondo.
Molly li ha accolti con un sorriso tirato e lo sguardo sospettoso e si è fatta rispettosamente da parte dopo aver aperto la cella-loculo in cui è stato custodito Sky. Mistica si è sciolta in lacrime gettandosi sul corpo freddo e privo di vita del ragazzo. Un momento straziante che persino Grey ha faticato a gestire. Quando si è coinvolti il prima persona è ancora più difficile mantenersi lucidi e distaccati.
<< Mi avete detto che non aveva parenti. Mi occorre l’autorizzazione per l’autopsia. Serve per l’indagine che si è aperta a seguito degli articoli da voi pubblicati >> ha detto Molly, porgendo a lui, capo del team, la documentazione da firmare. Quei quattro fogli pesavano tra le sue mani come un blocco di cemento. Pensarlo squartato, frugato e ricucito gli ha dato un senso di vertigine. Mistica si è opposta in modo fermo ed è stata dura spiegarle l’importanza di quell’ultima indagine. Continuava a scuotere la testa e ha trovato pace solo più tardi tra le braccia di Anthea.
<< Lo he pensado durante mucho tiempo y creo que puede ser una solución[5] >> dice Grey al suo collega al quale basta un’occhiata per capire a cosa si stia riferendo.
<< ¿Y crees que aceptará?[6] >> gli domanda scettico.
<< Ella no tiene nada que perder y creo que puede hacer un buen descanso para descansar de todo esto[7] >>.
Fox annuisce trovandosi d’accordo con lui. Potrebbe funzionare. Certo, bisognerà darle il tempo di ambientarsi, capire in cosa consiste il loro lavoro, ma è una tipa sveglia e curiosa. Le sue capacità informatiche non saranno mai equiparabili a quelle di Sky, ma sono una valida pezza e poi nulla vieta che possa imparare e migliorarsi.
<< En este caso, entonces, si acepta, consideraré la posibilidad de reponer al equipo. De lo contrario, en su lugar ...[8] >> aggiunge Fox prendendo un profondo respiro.
<< ¿Tenemos que hablar de eso ahora?[9] >> lo interrompe Grey. Non vuole sentire i termini di quell’invece. Spera, e di questo non va fiero, che lei accetti la proposta che ha in mente di farle anche per evitare quei termini.
Fox fa spallucce poco convinto. Di solito è Grey quello che insiste affinchè i sospesi siano chiusi e cose simili. Questa volta, invece, si ritrova a vestire i panni del procrastinatore. 

<< Cerramos esta investigación y volvemos a casa[10] >> gli propone. << Una vez allí veremos qué hacer, ¿qué dices?[11] >>.
Il ragazzo annuisce incerto. Indubbiamente non trattare ora la questione non gli piace, eppure accetta l’accordo. Hanno ancora una notte da trascorrere in questa città e buona parte del giorno successivo. Una parte di lui vorrebbe andargli accanto, cingergli la vita con le braccia, posare baci leggeri sul suo collo e poi continuare dolcemente. Grey non farà nulla di tutto questo, però. È già troppo strana la loro situazione.
<< Podríamos llevar a Miriam e ir a cenar a algún lugar típicamente británico, ¿qué te parece?[12] >> gli propone Fox. << Todavía tenemos un éxito para celebrar y un amigo para honrar[13] >>.
<< Yo diría que es una buena idea[14] >> concorda.
Mettere Mistica tra di loro è un’ottima strategia per non cadere in tentazione. Poi, una volta a casa ci saranno i bambini, le rispettive compagne, gli impegni di lavoro. Tante cose per evitare di pensare a quanto potrebbe essere bello e devastante allo stesso tempo. Per insabbiare la verità sotto strati di bugie.
 
Firefox, in sostanza, mi disse che il mio amico aveva inscenato il suo suicidio al fine di potersi infiltrare nella rete criminale di Moriarty e distruggerla dall’interno. Un lavoro lungo, svolto in incognito e del quale erano a conoscenza il fratello Mycroft e pochi altri. Quello che il mio amico non sapeva, però, era che questo maledetto criminale teneva sotto ricatto il fratello.
Sì, può sembrare strano che il famoso consulente investigativo non si sia reso conto di cosa stava accadendo e di come fosse stato spinto da quell’uomo a inscenare il suicidio al solo scopo di allontanarlo da Londra e poterlo raggirare al punto da portarlo dalla sua parte. Una mente brillante come la sua sarebbe di certo servita a Moriarty per i suoi loschi piani.
Quel che io non sapevo era che il mio amico aveva architettato la sua morte al fine di proteggere me, la nostra padrona di casa e il detective Lestrade. Moriarty, infatti, ci avrebbe uccisi tutti se lui non si fosse tolto la vita.
Non ne capite il senso, vero? Perché spingerlo ad uccidersi se il suo scopo era assoggettarlo al suo volere per entrare in possesso delle sue qualità deduttive? Fatevene una ragione: sono ragionamenti fatti da menti molto superiori rispetto alle nostre. Io stesso ci ho rinunciato.
Moriarty era a conoscenza di quanto fosse tutta una messinscena quel salto dal tetto del Barth’s. A sua volta aveva inscenato la sua morte sparandosi alla testa. Un altro abile trucco portato a compimento con l’aiuto del suo braccio destro, nonché sorella, l’ex caporale Sebastiana Moran.
Di tutto questo il mio amico era all’oscuro. Siamo stati io, Fox e il resto dei ‘Los Errores’ ad aprirgli gli occhi. Abbiamo allora iniziato questa lunga discesa verso l’inferno allo scopo di distruggere, questa volta per davvero, Moriarty.
Non è stato facile.
Abbiamo dovuto pedinare uno dei cecchini che avrebbe dovuto porre fine alla vita di Lestrade ed estorcergli quali fossero le intenzioni non tanto di Moriarty, ma del suo braccio destro Moran. Questo ci ha portati a ritrovarci incastrati nella sparatoria avvenuta al palazzo di Charles Augustut Magnussen (qui di seguito il link per chi si fosse perso la notizia), durante la quale il mio amico è stato gravemente ferito al torace proprio dall’ex caporale.
Ho rischiato di perderlo, questa volta per davvero.
Sono stati momenti terribili che si sono conclusi al meglio solo grazie all’intervento di una persona a noi molto cara e alla quale dobbiamo la vita. Entrambi, sì.
 
Molly sposta lo sguardo meditabonda da una all’altra delle magliette che tiene tra le mani. Il letto è invaso di indumenti, borse, accessori e proprio lì accanto, su una sedia, un trolley gigantesco giace aperto, come il ventre di un cadavere, in attesa che si decida a mettervi dentro la canotta rossa o la maglietta blu.
<< Sembra essere una decisione molto importante! >> nota Greg, appoggiato allo stipite della porta.
<< Importantissima, Gregory >> ribatte lei sollevando l’indice al cielo. << Potrei pentirmi di non aver portato qualcosa, questo mi metterebbe di pessimo umore e poi tu saresti costretto a fare i salti mortali per consolarmi. Non vogliamo arrivare a tanto, vero? >> gli strizza l’occhio maliziosa.
<< La mia donna premurosa che non vuole mi possa trovare in una situazione scomoda >> le si avvicina cingendole la vita. << Pare, però, che i materassi dei letti dei lussuosissimi hotel nei quali pernotteremo siano davvero molto comodi >> le sussurra catturandole le labbra con le sue.
<< No, dai, non mi distrarre! >> si ribella poco convinta, senza realmente rompere il bacio. << Partiamo tra otto ore e guarda ancora in che condizioni sono >> insiste, gettandogli le braccia al collo.
<< Talmente sconvolta da dire una cosa e farne un’altra, già >> la schernisce lui. Cadono sul letto in mezzo ai vestiti, passati improvvisamente in secondo piano.
Da quando Greg è tornato dalla Svizzera stanno vivendo una sorta di idillio fatto di lunghi baci, sesso dolce e movimentato e un susseguirsi di bellissime notizie.
È stata aperta, sì, un’inchiesta ai danni dell’ex detective Lestrade. Il connubio, però, tra le notizie riportate negli articoli dei ‘Los Errores’ in merito a quanto è accaduto in Svizzera e le lodi intessute da Harry circa l’intervento magistralmente condotto dal detective e dal capitano delle guardie a piedi Coldstream, ha portato a una rapida conclusione dell’inchiesta e al ritorno di Greg nel suo ufficio, tra i colleghi storici. Gli alti vertici di Scotland Yard, infatti, si sono trovati costretti non solo a restituire il ruolo originario al valido elemento e a reinserirlo nella squadra omicidi, ma anche ad assegnargli una promozione degna dell’uomo che ha contribuito ad impedire la terza guerra mondiale.
È pazzesco come passino in un attimo tutti i problemi fisici, l’insonnia, lo stress quando si ottiene ciò che si vuole. Per Greg è il suo posto di lavoro, per Molly sapere che non avrà mai più a che fare con Mycroft Holmes e segretaria, né con tutto il loro seguito. Ritrovarsi le celle dell’obitorio svuotate dell’ingombrante presenza di Moran, Skyfall e i sicari che hanno fatto irruzione a Villa Holmes le ha fatto guadagnare serenità e anni di vita.
La ragazza non si ricordava neppure della richiesta fatta a John in quel terribile momento dove tutto sembrava stare per finire. Quanto ha ricevuto proprio in obitorio, dalle mani del dottore e del consulente, una busta contenente quello che entrambi hanno definito un meritato regalo e si è resa conto in cosa consistesse, è rimasta a bocca aperta, del tutto senza parole.
<< Stare fermi nello stesso posto per troppo tempo è noioso >> aveva detto Sherlock.
<< Abbiamo pensato, quindi, che sarebbe stato più appagante spostarsi >> ha aggiunto John.
Un mese tutto per loro. Autisti privati, guide private, trasporti privati e persino la possibilità di scegliere cosa fare e dove andare.
<< Non può ripagarvi di tutti i problemi che vi abbiamo creato e non vuole essere un contentino. Avete fatto tanto, anche troppo per noi e ve ne saremo eternamente grati >> aveva aggiunto John.
<< Qualunque cosa vi serva, ora e nel futuro, per voi e per chiunque altro a voi caro, non pensateci neppure due volte e venite da noi. La nostra porta sarà sempre aperta per voi >>.
È stupefacente come Sherlock sia cambiato. Né Greg né Molly potevano credere alle loro orecchie né tantomeno ai loro occhi. Quel sorriso sereno. Quel colorito sano sulle guance. L’amore fa davvero miracoli, a quanto pare.
<< Ti amo, Greg >> sussurra Molly all’orecchio del detective, che, come ogni volta in cui le sente pronunciare quelle tre parole, si tende allarmato. Un riflesso incondizionato figlio di troppe batoste prese, che ora, però, ha imparato a sedare. Si scuote, infatti, e bacia le labbra arrossate della sua donna. Ha scelto di tornare da lei, di lasciare i suoi dubbi nella clinica Svizzera.
<<  Io… non so cosa dire, Gregory >> aveva sussurrato Mycroft, ancora provato dall’intervento subito. << Non mi sarei mai aspettato che qualcuno facesse per me ciò che hai fatto tu. Nessuno di non stipendiato, intendo >> aveva aggiunto con un sorriso tirato che aveva stretto il cuore di Greg. << Io… non sono per nulla avvezzo a questo genere di cose. Ovviamente, farò tutto ciò che mi è possibile per aiutarti e… mi rendo conto che tutto ciò che mi viene in mente si riduce a favori, riconoscimenti ufficiali… io… non so come ci si comporta con le… persone >>.
Greg aveva cercato di non ridere. Non voleva metterlo in imbarazzo, era chiaro quanto fosse tutto nuovo per lui e quanta fatica e disagio gli stesse costando.
<< Forse ti sarebbe più semplice se fossi io a chiederti cosa voglio in cambio? >> gli aveva proposto serio.
<< Sì, te ne sarei grato >> aveva risposto lui che, benchè vinto dal dolore e dall’allettamento, conservava intatto quel portamento aristocratico ed elegante. Nel tono della voce. Nei gesti.
<< La tua amicizia, Myc >> aveva detto Greg, lasciandolo senza parole. << Non voglio altro che quella >>.
L’uomo di ghiaccio, come Moriarty lo aveva ribattezzato, si era sciolto come neve al sole, gettando quella maschera di solenne austerità. Aveva sbattuto le palpebre più volte, deglutito a fatica e le guance gli si erano colorate di rosso.
<< Io… non ho propriamente chiaro un amico cosa sia, Gregory >> aveva risposto imbarazzato.
<< Sono sicuro che imparerai in fretta >> aveva ribattuto, sedendosi confidenzialmente sul letto al suo fianco. << C’è un’altra cosa >> aveva aggiunto e questa volte era stato il suo turno di imbarazzo. << Ho avuto il difficile compito di fare da portavoce alla tua segretaria. Il primo consiglio da amico che ti do è quello di chiarire le cose con lei, perché è davvero presa bene quella donna. Fossi in te non me la farei scappare >> aveva strizzato l’occhio e lo aveva sentito ridacchiare impacciato volgendo lo sguardo altrove. << Mi ha chiesto di darti un bacio da parte sua >> aveva detto, cercando di mostrarsi spavaldo. << Ecco, ora mi trovo nella scomoda situazione di non sapere cosa fare. E come farlo >>.
<< Beh… penso siano quelle frasi di circostanza che non hanno bisogno di essere prese alla lettera, Gregory >>.
<< Lo so, Myc. Solo che Anthea mi ha dato ai nervi mostrandomi sempre un sorrisetto strano ogni volta che il discorso cadeva su di te e io ho bisogno di togliermi un dubbio. Magari può servire anche a te >>.
<< Che dubbio? >> gli aveva chiesto sospettoso.
<< Vedi, io ho una chiara idea del tipo di bacio che lei ti darebbe. Non so, però, se per te sarebbe lo stesso se te lo dessi io >>.
Si era reso conto solo dopo di come il suo tono di voce fosse cambiato, i gesti fossero rallentati e di quanto anche lo sguardo potesse essere carico di sottointesi. Solo quando era uscito da quella stanza si era reso conto di aver spudoratamente flirtato con l’uomo più potente d’Inghilterra. Uomo che era diventato di una accesa tonalità di rosso, facendolo preoccupare, date le sue condizioni, del fatto che forse avrebbe fatto meglio a non addentrarsi in un discorso simile.
<< Io… non lo so. Questo genere di cose non fa per me >>.
<< E perché no? Sei fatto di carne e sangue pure tu >>.
<< Anche troppa carne >> aveva borbottato lui. Greg, allora, non aveva potuto trattenersi oltre e aveva riso come un matto. Mycroft lo aveva guardato stranito per un po’ e poi, poco per volta, si era unito a quella risata. Proprio come era successo in quella squallida camera d’hotel a seguito di quella battuta ambigua detta da lui con tono incerto.
<< Io trovo tu sia in gran forma >> gli aveva detto Greg tornando serio. << Sei così elegante in doppio petto. Vorrei avere un’unghia del tuo portamento, ma pare che sia più attinente per me l’immagine del detective sciatto, col volto sempre troppo assonnato, la barba lunga e l’alito cattivo >>.
<< Ha il suo fascino >>.
<< Lo credi davvero? >> gli aveva chiesto avvicinandosi a lui più di quanto le convenzioni sociali stabiliscano tra due uomini, sebbene siano amici. Mycroft aveva annuito e aveva spostato velocemente gli occhi sulle sue labbra, per poi tornare ad agganciarsi ai suoi.
Doveva essere impazzito del tutto, Greg. L’unica altra volta in cui aveva baciato di sua spontanea volontà un uomo era stato ad una festa alla fine del corso di laurea ed era ubriaco fradicio.
Questa volta era stato come assaporare qualcosa di sconosciuto al resto del mondo. Sua nonna avrebbe detto che poteva essere il sapore della mela che Adamo rubò dall’albero del peccato, ma la citazione gli sembra troppo drammatica. A pensarci bene, però, ha baciato il fratello di Sherlock, prima donna per eccellenza, e un po’ di dramma ci può anche stare.
Era stato troppo bello. Troppo intenso. Troppo nuovo anche per lui, che di labbra ne ha baciate parecchie nella sua vita. Da quelle si è allontanato spaventato e lo stesso timore lo ha visto sul viso pallido di Mycroft. È durato un istante, però. Quegli sguardi in allarme si sono riempiti di risate e si sono ritrovati  l’uno a tenersi la pancia, l’altro la spalla ferita.
<< Myc, credo che questa storia ci abbia fatto uscire di testa! >> aveva esclamato, asciugando le lacrime di ilarità.
<< Decisamente >> aveva confermato lui, facendo altrettanto.
Non ne avevano più parlato. Si erano addentrati in discorsi più burocratici e seri, badando bene di stare lontani, e, una volta uscito da quella stanza, Greg era corso in bagno a sciacquarsi la faccia. Il pensiero di quanto accaduto cercava di tornare chiedendo di essere preso in considerazione, ma lui era stato bravissimo a eluderlo.
Ora è qui, sul letto della sua donna, che stringe tra le braccia. Lei che gli ha appena sussurrato il suo amore e che tante altre volte gli ribadirà in questo viaggio che stanno per fare insieme.
<< Anch’io ti amo >> le sussurra e sente che davvero sia così. Quel bacio per conto di terzi posato sulle labbra di un amico illustre non può cambiare tutto il suo mondo, infondo, no?
 
Ho rischiato di perdere anche io la vita perché ho dovuto affrontare Moran, la quale mi ha causato ferite importanti ed è stato solo grazie all’intervento di un’altra persona formidabile e al suo sangue freddo che ne sono uscito vivo. Acciaccato, gravemente ferito, ma vivo.
 
I luoghi noti, quelli che si è soliti vivere e frequentare, possono cambiare tanto quando vi si torna dopo un lungo periodo di assenza. Meglio sarebbe dire che non sono loro ad essere cambiati, ma chi vi fa ritorno. Si guarda con occhi diversi, si percepisce con sensi più acuiti.
Anthea e Mycroft si guardano attorno con la stessa espressione di straniamento. Dopo mesi hanno fatto ritorno nei luoghi che quotidianamente frequentavano insieme e ora concludono la loro giornata entrando a villa Holmes.
Mycroft, il braccio sinistro ancora sorretto da un tutore, non ha avuto l’occasione di vedere trasformata la sua casa in un campo di battaglia. L’impresa di pulizie assoldata da Harry ha fatto miracoli, rendendo nuovamente vivibile questo posto. Igienizzata da cima a fondo, anche nei luoghi in cui nè gli ospiti di allora né i sicari si erano recati. Solo i passaggi segreti, in quanto tali, non sono stati toccati. Bisogna che qualcosa resti a testimonianza di quanto è successo, in modo che si possa fare la storia.
Con un sospiro che tradisce la sua stanchezza, Mycroft si siede a una delle due poltrone poste dinanzi al caminetto. Volge lo sguardo ad Anthea e con un gesto della mano la invita ad accomodarsi all’altra. Lei, ora decisamente più in forma, sebbene alcune delle ferite subite continuino a darle il tormento, accetta questa novità. Sa bene che dovranno parlarsi prima o poi e forse quello è proprio il momento giusto. Troppo a lungo è stato evitato questo confronto, procrastinato dalle tante importanti incombenze alle quali hanno dovuto presenziare a seguito di quanto è venuto fuori grazie agli articoli dei ‘Los errores’.
Ora che il buon nome di Sherlock e stato riabilitato, Moriarty riconosciuto colpevole dei capi d’imputazione per i quali era stato accusato, Greg reinserito al giusto posto a Scotland Yard e che tutti coloro che si erano finti morti sono risorti, possono tirare un sospiro di sollievo e affrontare l’argomento più difficile.
<< Prendo da bere >> dice Anthea, raggiungendo il mobiletto dove sono custoditi i liquori.
<< Non eri tu quella che diceva che non avrei dovuto bere? >> le fa notare Mycroft accettando il bicchiere di whisky.
<< Non da solo >> ribatte lei, facendo risuonare il suo bicchiere contro quello di lui prima di tornare a sedere. Prendono silenziosamente un sorso guardando entrambi le fiamme danzare nel camino.
<< Juan Hernàndez mi ha proposto di entrare a far parte del suo team >> rompe il silenzio Anthea, ricacciando giù l’ansia per aver finalmente comunicato la notizia. << Ho accettato >> aggiunge prendendo un altro sorso. Con la coda dell’occhio vede Mycroft annuire in modo solenne. Non sembra intenzionato a dire nulla a riguardo.
<< Ho visionato i curricula presenti nella banca dati dell’MI6 e ne ho trovati cinque degni di nota >> continua, irritata dal silenzio di lui.
<< Addirittura cinque >> ridacchia Mycroft.
<< Direi che sono pure pochi. Trovare qualcuno che abbia le capacità adatte per assolvere a questo ruolo non è stato fac… >>.
<< Non mi interessa >>.
<< Cosa? >> domanda lei incredula.
<< Non voglio che nessuno prenda il tuo posto, Jane >>.
Le sorride sereno, prendendo un altro sorso di whisky. La ragazza, incredula, sbatte più volte le palpebre. Dentro di lei una bailamme di sentimenti contrastanti si scatena confondendola. Cerca di riportare ordine con un sospiro che le da la forza di portare avanti il discorso.
<< Mycroft, tu hai bisogno di una guardia del corpo. E anche di una segretaria. Non puoi privarti di entrambe queste figur… >>.
<< Bryan potrà benissimo tenere la mia agenda >>.
<< L’inserviente del Diogenes club? Ma ha come minino ottant’anni >>.
<< E la memoria brillante di un ragazzino >>.
<< Ti prego, non scherzare su queste cose! >>.
<< Non sto scherzando, Jane. Tu meglio di chiunque altro dovresti sapere quanto sono maledettamente serio. Molto semplicemente non voglio che nessuno prenda il tuo posto >>.
Ancora una volta Anthea si ritrova senza parole e animata da un vocio interiore degno del mercato di un paese.
Un nuovo lungo attimo di silenzio li sorprende ipnotizzati dalle fiamme, i bicchieri dal contenuto pressoché intatto tra le mani.
<< Ho deciso di raccontare la verità su mio padre >> questa volta tocca a lui rompere il silenzio. << Voglio lavarmi la coscienza per essere stato complice di un assassino. Lo devo a mia sorella. A mia madre. A Sherlock e a me stesso. Soprattutto a me stesso >>.
<< Ma così… così verrai accusato di omicidio. Subirai un processo >>.
<< Che potrebbe portarmi a scontare una pena dai venti ai trent’anni di reclusione, lo so. Ne ho già parlato con Stephenson, al quale ho chiesto di assistermi legalmente. Mi ha detto che si potrebbe puntare su più attenuanti e, grazie alla testimonianza di Sherlock e alle malefatte di mio padre, che strategicamente faremo saltare fuori, potrei ottenere un notevole sconto della pena e i domiciliari >>.
Anthea si alza dalla poltrona e raggiunge il mobile bar decisa a versarsi dell’altro whisky, benchè il bicchiere sia ancora pieno. Le tremano le mani. Pensava sarebbe stata dura già dovergli dire della Spagna e della ricerca della sua sostituta. Non si aspettava che lui se ne sarebbe uscito con qualcosa di ancora più difficile da digerire.
<< Sapevi della proposta di Juan? >> gli chiede cercando di mantenersi calma.
<< L’ho vista vagare per la testa di Hernàndez quando eravamo qui tutti insieme >> dice alzandosi a sua volta. Si avvicina a lei ferma di spalle contro il mobiletto. << Lui ha perso un valido elemento e tu e quella ragazza avete legato tanto. Cambiare aria, poi, ti farebbe solo bene. Da troppo tempo trascorri le tue giornate con una persona che parla poco, sbuffa troppo e non ha altri stimoli da darti se non noiose riunioni alle quali hai imparato a sbadigliare dal naso >>.
Lentamente Anthea si volta verso di lui. Nonostante siano passati più di due mesi dalla morte di Moriarty, Mycroft ha il viso ancora segnato dai giorni di reclusione così come lei ha sulla pelle tracce dei lividi dei pugni presi. Nonostante questo non può fare a meno di sentirsi attratta da lui, dalla nota triste e solitaria che gli ha sempre scorto negli occhi. Sciocca donna che non può fare a meno di perdere la testa per tutti i cuccioli feriti che incontra per la strada.
<< Io… non ho accettato la proposta di Grey per cambiare aria, né per fare nuove esperienze >> ribatte cercando di mantenere ben ferma la voce. << L’ho accettata perché non sono più in grado di assolvere al compito per il quale sono stata assunta e perché so… so che non potrei restarti accanto in nessun altro ruolo. Non posso obbligarti ad amarmi come io ti amo >> ammette finalmente, sentendo la voce vacillare e il magone salire a strozzarle la gola. << So che è altro ciò che provi per me e… mi distrugge questo, perché io non sono tua sorella. Sono mossa da altri pensieri, altri sentimenti nei tuoi confronti, cose che tu dici non essere fatte per te. Mi dispiace, oddio se mi dispiace tu la veda così >> sussurra e le lacrime prendono il sopravvento. << Ma non posso farci nulla. E questo mi fa rabbia. Se restassi qui finirei con l’odiarti e non voglio. Saperti, però, da solo ad affrontare quanto tu stesso stai preparando mi devasta >>.
Mycroft sembra messo a disagio dalla sua reazione. Benchè ci provi, però, Anthea non riesce a fermare le lacrime e i singhiozzi che le accompagnano. Sente di essere tornata bambina, non troppo più grande di Jane e questo le fa ancora più rabbia. E’ probabile che anche lui riveda la sorella in questo momento e per questo si stia facendo coraggio ad avvicinarla a sé, a stringerla in un abbraccio un po’ impacciato e legnoso. Nonostante tutto, però, Anthea appoggia la fronte contro la sua spalla sana e si lascia andare al pianto.
<< Al mio fianco ci sarà sempre posto per te, Jane >> sussurra dolcemente al suo orecchio. << Non posso, però, costringerti a subire un altro calvario che io stesso non so che piega potrà prendere. Non voglio neppure possano additarti come mia complice. Permettimi di essere io per questa volta colui che protegge. Tu hai dato anche troppo per me >>.
<< E’ quindi riconoscenza questa? Per le violenze che ho subito? >> gli chiede scostandosi da lui che, però, la trattiene a sé.
<< No >> sospira scuotendo il capo ed è un sorriso quello che gli compare sulle labbra. << E’ il tuo bene quello che voglio. L’unica cosa che mi interessi >>.
<< E non hai pensato neppure per un istante che il mio bene potrebbe essere al tuo fianco, Mycroft? Non hai pensato a quel che provo per te? >> gli chiede sentendosi improvvisamente in imbarazzo a quella seconda dichiarazione.
Mycroft distoglie lo sguardo dal suo, a sua volta in imbarazzo. Le guance gli si sono colorate di rosso, sfumatura che la sorprende e le stringe il cuore allo stesso tempo.
<< Jane >>, esordisce incerto, << io mi sono sempre illuso di sapere tutto facendomi forte della risolutezza della logica e del ragionamento. Grazie a quanto è accaduto, mi sono reso conto fin troppo bene di non aver capito nulla e di essere la persona più ignorante sulla faccia della terra perché non so cosa voglia dire amare. Sto tentando adesso di dare un senso a questa cosa per me troppo grande e penso che sia amore questo desiderio che ho di saperti al sicuro. E se la tua sicurezza è lontana da me, accetterò il dispiacere di non averti accanto, perché so che mi mancherai tanto >>
<< Allora tienimi con te >> lo implora sentendosi nuovamente piccola.
<< Non adesso >> le sussurra lui accarezzandole la guancia umida con la mano sana. << Terrò sempre la porta aperta per te e il posto al mio fianco che ti spetta di diritto. Non pretendo nulla da te. Potrai scegliere se volerlo ancora quando le acque si saranno calmate. Quando sarò certo di non essere più un potenziale pericolo per te >>.
<< Ancora una volta anteponi il bene degli altri al tuo >>.
<< E non è forse anche questo l’amore? >> ribatte lui lasciandola senza parole.
In effetti è la stessa cosa che ha fatto lei per lui. Mettere da parte la propria incolumità, subire tutte quelle torture per riuscire a salvarlo. Sorride rendendosi conto che il suo capo, l’uomo di ghiaccio tutto d’un pezzo, sa dell’amore molto più di quanto non creda. Molto più di lei.
<< Va bene, Mycroft >> annuisce posando nuovamente la fronte contro la sua spalla sana. Vuole restare ancora così, tra le sue braccia, così vicina al suo profumo da lasciare che le resti sulla pelle.
<< Sai già quando andrai via? >> le chiede pettinandole i capelli con le dita.
<< Juan mi aveva detto di mettere a posto le cose qui prima di partire. In modo da non avere sospesi, ha detto >>.
<< E… pensi che sia arrivato il momento? >>.
<< Se non ho più sospesi, intendi? >> gli chiede e lui annuisce. Sente il suo cuore battere forte e senza pensarci più di tanto gli posa un bacio sul collo. Percepisce sulle labbra la pelle di lui accapponarsi e un’intima soddisfazione la avvolge.
<< Voglio restare qui con te stanotte >> sussurra, posando un altro bacio un po’ più su questa volta. Mycroft sembra essere rimasto senza fiato, cosa che alimenta la sua soddisfazione. << Non ti chiedo nulla se non la possibilità di restarti accanto >> dice posando un bacio sulla sua guancia. << Senza sesso, senza malizia. Tienimi stretta prima di lasciarmi andare >> aggiunge guardandolo negli occhi. << Regalami questa notte in cui poter essere solo io e te >>.
<< Solo io e te? >> ripete lui incredulo e lei annuisce. Si avvicina lenta alle sue labbra, felice di questo bacio tanto a lungo sognato.
<< Sai qual è la cosa che più di tutte mi tormenta, An? >> le aveva confessato Mistica in una delle lunghe notti trascorse insieme mentre tutto attorno a loro vacillava. << Non averlo potuto baciare un’ultima volta. Essere rimasta lì, a guardarlo andare via con te tra le braccia del nemico e non essermi lanciata verso di lui e avergli rubato un ultimo bacio >>.
L’avevano colpita le parole della ragazza. Commossa, l’aveva accolta tra le braccia e si era ripromessa che per se stessa non voleva questo tipo di rimpianti.
 
Ci siamo trovati, così, io e il mio amico, entrambi feriti e impossibilitati a muoverci.
È stato importante l’intervento del detective Lestrade e della persona che mi ha salvato la vita. La stessa che ci ha messi al corrente di come Moriarty avesse rapito Mycroft Holmes. Questi, infatti, era stato prelevato dal suo domicilio dagli uomini di quel criminale, cosa abituale, ma questa volta non era il solito prelievo forzato per ottenere informazioni e dare nuove istruzioni.
Il mio amico, benchè ferito, si è introdotto nella casa del fratello e da alcuni indizi lasciati lì apposta da Moriarty ha scoperto che Mycroft era stato portato in Cornovaglia.
Ci siamo allora diretti là, ma non tutti insieme. A causa dell’ex caporale Moran ci siamo dovuti dividere. Io, il mio amico e tre dei ‘Los errores’ siamo andati in Cornovaglia, mentre Skyfall, il quarto giornalista, e la persona che già mi aveva salvato da Moran l’hanno affrontata.
Con l’astuzia, Skyfall ha conquistato la fiducia dell’ex caporale, fingendo di essere dalla parte sua e di quel criminale del fratello. Sono arrivati, così, anche loro in Cornovaglia e, agendo insieme, loro dall’interno e noi dall’esterno, siamo riusciti a liberare Mycroft.
Durante la sparatoria che è nata nel momento della fuga, purtroppo Skyfall è morto.
Il mio amico è salvo solo grazie al suo ultimo gesto.
È stato colpito al cuore da Moran, intenzionata a uccidere il consulente.
Devo molto a questo ragazzo coraggioso, che ha salvato la persona per me più importante.
 
<< Devi mettere una firma qui >> dice Molly, indicando a Grey il punto in basso a destra dove deve firmare. << Potete portarlo via, adesso >>.
<< Abbiamo l’aereo stasera alle otto. Volevo chiederti se è possibile recuperarlo alle cinque >>.
<< Oh… sì, certo >> risponde lei a disagio.
Molly non vede l’ora che le celle siano liberate. L’idea di coloro che ospitano non le piace. Cinque degli otto sicari uccisi a Villa Holmes sono stati identificati e i loro corpi consegnati alle famiglie. Gli altri tre non sono stati reclamati da nessuno e Greg non ha ancora trovato alcuna corrispondenza tra le persone scomparse.
I due agenti dell’MI6 sono stati prelevati il giorno prima da mogli dagli occhi gonfi e attoniti. Non è stato detto loro che i mariti sono morti vestendo i panni di altri. Che sono stati uccisi per sbaglio. Non farebbe alcuna differenza, infondo. Sarebbero potuti morire comunque, lo si tiene da conto quando si decide di fare un lavoro simile.
“Allora, forse, sarebbe meglio non mettere su famiglia!” pensa e subito la mente vola a Greg. Non è un agente dei servizi segreti, ma il suo è comunque un lavoro pericoloso. L’idea di ritrovarlo, prima o poi, su uno dei catafalchi dell’obitorio non le piace. Neppure quella di doversi rassegnare al fatto che il rimanere ucciso durante un’indagine faccia parte degli imprevisti del mestiere. Non può, però, che accettare la situazione, dal momento che il suo uomo non vivrebbe senza il suo lavoro, proprio come lei.
Skyfall resterà suo ospite per altre tre ore, quindi. Grey la saluta cordialmente, volgendo un ultimo accorato sguardo alla cella.
Molly resta a guardarlo mentre esce dalla stanza e solo quando si ritrova sola, volge lo sguardo alle celle. Non tanto a quella di Sky quanto a quella subito accanto, dove giace quella maledetta donna. Sarà sua ospite ancora per più tempo. Nessuno, infatti, ha reclamato il corpo di Sebastiana Moran e, in quanto criminale, resterà in quella cella finchè non si troverà un loculo amministrativo al cimitero.
Molly si avvicina allo sportello. Vorrebbe aprirlo e guardarla, beandosi del fatto che sia morta. Ammirare la cicatrice che le ha dilaniato le carni e complimentarsi con John per il centro perfetto al cuore di questa strega. Ha paura, però, di questi stessi pensieri.
Toglie dal supporto il referto lasciato lì dal collega che ha eseguito l’autopsia. L’aveva firmata senza neppure leggerla, tale è il rifiuto che ha di lei. Sapeva solo del colpo dritto al cuore. Un cuore che, ora, scopre essere stato in piena forma.
“Forse perché non è mai stato usato” pensa, serrando le labbra a formare una sottile linea bianca.
Il fegato, invece, era messo parecchio male, così come i polmoni, segno di una vita fatta di abuso di alcol e sigarette, cosa che non si sarebbe mai detto a guardarla. Sa bene, però, Molly quanti insospettabili alcolisti ci siano al mondo. Benchè sia sobria da quando Greg l’ha ritrovata sversa sul tavolo di casa sua, non può dirsi sicura di essersi lasciata la bottiglia alle spalle. Ci sono ancora troppi momenti in cui molto volentieri pescherebbe una bottiglia a caso dal reparto alcolici del supermercato. Forse solo quando davvero questa cella sarà vuota potrà iniziare a risalire.
‘Un principio di ulcera duodenale e segni di reflusso gastrico’ scrive il collega. A quanto pare anche una persona senza scrupoli come lei era soggetta a stress. Eppure sembrava davvero non essere toccata da nulla.
‘Presenza di vecchie cicatrici sulla schiena causate da colpi di frusta o di cinghia’, prosegue. Ce la vedrebbe bene essere stata una patita del feticismo e del sesso sadomaso. Secondo chi ha redatto il rapporto, però, sono talmente chiare quelle cicatrici da poter risalire all’infanzia. Un moto di pietà sale al cuore di Molly. Non le piace provarlo, ma è più forte di lei. Non ha mai capito come si possa essere così folli da picchiare dei bambini, figuriamoci, poi, prenderli a cinghiate.
“Questo non giustifica, però, la donna che sei diventata e tutto quello che hai fatto” pensa e resta senza fiato quando inizia a leggere il capoverso successivo.
‘Dal controllo degli organi genitali risulta come la donna fosse al termine del suo periodo fertile’.
Molly rilegge più volte la frase sempre più incredula. Prende il telefono di tasca e compone il numero del collega.
<< Ciao Albert, scusa il disturbo. Mi è capitata sotto mano la relazione che hai fatto sull’autopsia della cella 26. So che l’avevo già firmata e mi rendo conto che può essermi sfuggito questo particolare  >>, mente un po’ imbarazzata, << ma leggo qui che la donna era in menopausa. Quando è stata identificata hanno portato i documenti ufficiali qui sui quali è riportata la data di nascita. Risulta avere 44 anni. La mia non vuole essere una critica, sono solo incredula, in realtà, ma sei sicuro fosse già in menopausa? >> gli chiede e avverte una strana sensazione di allarme nell’attesa della sua risposta.
<< Sì, lo confermo >> ribadisce il collega convinto. << Per quanto possa essere stata ancora giovane per le statistiche, nel range che vuole la menopausa verificarsi tra i 45 e i 55 anni quella donna si è collocata nella fase appena precedente. È possibile che avesse già da qualche anno le avvisaglie, anche se, considerato il tenore di vita che conduceva, come risulta dall’analisi degli organi interni, è possibile che non ci abbia fatto caso >>.
<< Grazie per la precisazione, Albert >>.
Molly fissa attonita la cella-loculo, il telefono ancora all’orecchio, sebbene abbia interrotto la comunicazione.
Non sa perché quella notizia la stia colpendo così tanto. Forse perché le fa notare come anche lei dovrebbe iniziare a fare i conti col suo orologio biologico. Forse perché giusto poco prima stava pensando all’egoismo del mettere su famiglia nonostante si svolgano lavori pericolosi.
Non le è molto chiaro stia provando. Sente solo che questa maledetta donna riesce a farle provare emozioni e sensazioni spiacevoli persino da morta.
 
Questa persona per me importante, ha deciso, data la situazione delicata che si era venuta a creare, di consegnarsi a Moriarty per permetterci di aver salva la vita.
Sì, perché la nostra fuga dal luogo in cui Mycroft era stato fatto prigioniero è stata interrotta dagli uomini di Moriarty. Lui stesso è sceso da una delle auto che ci hanno bloccato la strada e lì ho scoperto la parte per me più difficile da accettare del piano delicatissimo e geniale che il mio amico ha orchestrato per distruggere quest’uomo.
Mentre ci muovevamo per liberare il fratello, infatti, lui, allettato a causa della ferita al torace, vedendo quanto fossimo tutti quanti in pericolo ha proposto a quel pazzo un accordo folle. Era il consulente investigativo che voleva e questi gli si sarebbe consegnato in cambio della promessa che non ci avrebbe torto un capello.
Così, a malincuore ho dovuto accettare di vederlo allontanarsi da me e salire sull’auto del nemico. Un momento straziante, reso ancora più duro dal tentativo di Moran di ucciderlo e dalla morte di Skyfall. Tra i due folli fratelli si era creata, infatti, una spaccatura tale da portare l’ex caporale a tentare di liberarsi di Moriarty per poter prendere lei il comando. Questa abominevole donna è morta per mano del suo stesso fratello, che sembrava aver vinto su due fronti: liberarsi della sorella traditrice e ottenere per sé il genio del consulente investigativo.
Mentre il mio amico veniva condotto via, io, Mycroft, la persona alla quale devo la vita e i ‘Los Errores’ abbiamo fatto ritorno a Londra. Credendo di essere al sicuro, abbiamo trovato riparo a Villa Holmes dove, con stupore, abbiamo ricevuto dei messaggi dal mio amico.
Skyfall, infatti, gli aveva messo tra le mani la sim del suo cellulare prima di morire e lui è riuscito a nasconderla e a trovare il modo di usarla. Ci ha passato, così, i file grazie ai quali il detective Lestrade, in collaborazione col detective Dimmock, è riuscito a portare alla luce tutti i titoli azionari, fondi fiduciari, investimenti e le altre forme più disparate che costituivano l’immenso tesoro di Moriarty. Mycroft, infatti, ci aveva confidato che questi aveva acquistato, usando dei prestanome, molte industrie belliche e altre aziende dell’indotto bellico, divenendo il maggiore proprietario di armamenti di ogni calibro e dimensione e di tutto ciò che gravita attorno a questi. Per decuplicare il suo capitale non aveva che da scatenare la terza guerra mondiale.
Sì, lo so, sembra la trama di un film di James Bond, ma vi assicuro che è tutto vero. Se non credete alle mie parole, leggete gli articoli dei ‘Los Errores’ e quelli delle altre testate alle quali Mycroft e i partecipanti al vertice di pace hanno rilasciato le loro interviste (vi riporto qui i link).
Mycroft, in quanto persona di fiducia e intellettuale di spicco del panorama politico mondiale, era stato incaricato di organizzare il vertice di pace tenutosi alle cascate Reichenbach in Svizzera.
A questo vertice Moriarty aveva stabilito che uno dei dignitari presenti sarebbe stato ucciso da tale Renè, anarchico francese i cui connotati sono stati sostituiti chirurgicamente dal dottor Hoffmanstal affinchè assumesse l’identità di uno degli ambasciatori presenti (trovate tutti i riferimenti in merito alle persone qui citate e ai loro collegamenti con Moriarty in questo link). Questo assassinio avrebbe sancito l’inizio del terzo conflitto mondiale.
 
Dimmock guarda stupito l’uomo seduto al di là dello specchio unidirezionale. Non può fare a meno di scrutare ogni piega del suo viso e volgere poi lo sguardo alla foto che ha in mano.
<< Pazzesco >> sussurra scuotendo il capo. << Cosa mai può portare un essere umano a perdere, volontariamente, la sua identità per sempre? >>.
<< Un ideale in cui crede ciecamente >> risponde Greg comparendo alle sue spalle.
<< Io ho i miei valori, i miei ideali, ma non farei mai una cosa simile. Quest’uomo… è stato trasformato nella esatta copia di un altro e questo è… pazzesco! >>.
<< Moriarty era pazzo, infatti. Geniale, bisogna ammetterlo, ma pazzo. A che punto siamo con i controlli incrociati? >>.
<< Tutti confermati >> gli dice passandogli il plico che tiene tra le mani. << Tutto ciò che ha riportato nella sua confessione risulta attendibile. È stato ritrovato il corpo dell’ambasciatore rumeno là dove aveva detto e ucciso nel modo che ha descritto. E pensare che non ne voleva sapere di parlare e poi si è messo a cantare come un usignolo >>.
<< Sapere la fine che colui per il quale lavorava ha fatto fare alla moglie e ai due figli piccoli di Ravache gli ha sciolto la lingua. Anche gli ideali hanno i loro limiti, come vedi. Voglio sia tenuto sotto massima sicurezza. E’ il testimone chiave per l’accusa contro Moriarty >>.
<< Ho già predisposto ogni cosa. Quell’uomo non si muove da dove sta, non riceve visite di alcun tipo e ogni cosa che entra a contatto con lui è più che sorvegliata. Avevo proposto di tenerlo nudo in una stanza pressoché vuota per evitare si suicidasse, ma poi ha deciso di collaborare e mi limiterò a vestiti privi di cuciture, calzettoni e cella arredata al minimo >>.
<< Ottimo lavoro, collega >>.
<< E’ un piacere riaverti con noi. Dovrò chiamarti capo da ora in poi >>.
<< Provaci e ti mando a dirigere il traffico. Sono e sarò sempre il detective Lestrade. Il resto sono dettagli >>.
Dimmock lo guarda uscire col passo sicuro e nervoso di sempre. Volge nuovamente lo sguardo prima all’anarchico e poi alla foto del suo volto originale.
<< Pazzesco >> borbotta scuotendo piano il capo.
 
Per fortuna, io e Fox siamo riusciti a riconoscere quali tra questi ambasciatori fosse il killer e a fermarlo.
Purtroppo, anche la vita di Mycroft era in pericolo ed è stato ferito gravemente, nonostante il tempestivo intervento del detective Lestrade insieme al capitano Connor delle guardie a piedi Coldstream, messe a disposizione dalla Corona affinchè sventassimo l’attentato (per i dettagli vai a questo link).
Una volta atterrato il killer, io sono corso alla ricerca del mio amico, che era stato portato da Moriarty nello stesso hotel nel quale si svolgeva il vertice e che abbiamo scoperto essere stato costruito anche grazie al suo contributo economico.
Vistosi alle strette, ormai scoperto e privato del suo patrimonio, Moriarty ha deciso di togliersi la vita gettandosi tra i flutti delle cascate. Il suo corpo non è stato ancora ritrovato e la polizia locale dubita che lo sarà. Meritava di essere processato e incarcerato, ma, purtroppo, ha deciso di uscire di scena in modo teatrale, così come ha sempre agito.
 
(Dagli atti del processo che vede lo Stato contro James Moriarty)[15]
(…)
Avv. Difesa: << Dottor Watson, lei è sicuro che James Moriarty si sia gettato di sua spontanea volontà del terrazzo dell’hotel? >>.
Teste: << Come le ho appena detto, sì, l’ho visto con i miei occhi. Il signor Holmes ha tentato di farlo desistere, ma lui ha deciso di buttarsi >>.
Avv. Difesa: << Nonostante le innumerevoli ricerche, il corpo di questo… Napoleone del crimine, come il signor Holmes l’ha già definito in passato, non è stato ritrovato. Non abbiamo, quindi, un corpo da abbinare a un nome. Ci sono dei conti correnti, fondi fiduciari, azioni di innumerevoli industrie, ma non c’è un corpo. Io mi chiedo se davvero ne esista uno >>.
Avv. Accusa: << Obiezione, Vostro Onore! Osservazione tendenziosa >>.
Avv. Difesa: << Vostro Onore, sto solo riportando i fatti >>.
Avv. Accusa: << Lasciando intendere che il teste stia mentendo su quanto ha testimoniato >>.
Avv. Difesa: << Non abbiamo alcuna prova a riguardo se non la testimonianza di un uomo che è molto… intimo dello stesso individuo che finse il suo suicidio dopo essere stato accusato di essersi inventato questo fantomatico Moriarty >>.
Avv. Accusa: << Vostro Onore, chiedo che quanto appena detto dal collega non sia tenuto in considerazione! E ci tengo a ricordare al collega che l’imputato di questo processo non è il signor Holmes! >>.
Giudice: << Ordine! Ordine! Silenzio in aula o farò proseguire la seduta a porte chiuse! Accolgo le sue obiezioni, avvocato. Ricordo che sono state riportate numerose prove dell’effettiva esistenza di James Moriarty, sia dal killer che questi aveva assoldato che dai file audio recuperati dal giornalista investigativo Àngel Dos Santos Silva >>.
Avv. Difesa: << Vostro Onore, perdoni la mia insistenza, ma così come si possono intestare azioni e conti correnti a dei prestanome, allo stesso modo è possibile inventare un personaggio al quale addossare la colpa dell’ideazione di un atto terroristico sventato per un soffio. Atto terroristico che si sarebbe effettuato nel luogo in cui vi erano entrambi i fratelli Holmes >>.
Giudice: << Avvocato la invito a smetterla con queste insinuazioni! Come il suo collega le ha giustamente ricordato, non è il signor Sherlock Holmes l’imputato di questo processo, nè tantomeno suo fratello. Non accetterò ulteriori interruzioni in merito. Vi invito a proseguire >>.
(…)
 
Dopo quest’avventura durata ben quaranta lunghissimi giorni, il mio amico ed io siamo tornati nella nostra casa al 221B di Baker Street.
Siamo entrambi pronti a ricominciare quello che era il nostro lavoro prima che quel pazzo di Moriarty ci separasse.
Siamo risorti, letteralmente, e desiderosi di tornare ad affrontare il mondo insieme, un caso alla volta.
Dobbiamo molto ai nostri amici e a tutti coloro che hanno creduto in noi.
Alla persona che ci ha salvati quando siamo stati feriti e che ci tengo a mettere a capo di questo elenco perché senza di lei ora non saremmo qui. Le abbiamo reso la vita impossibile e ne ha davvero passate troppe a causa nostra. Non basterebbe un’altra vita per farci perdonare, né per ringraziarla.
 
<< Spero mi scuserete se non vengo con voi all’aeroporto. Purtroppo il mio capo, con la scusa che mancherò per un mese, mi ha trattenuta in ufficio fino a notte fonda, ieri, e ho ancora tante cose da preparare entro stasera >>.
Mistica stringe forte Molly tra le braccia cogliendola di sorpresa.
<< Perdonata >> le dice stampandole un bacio sulla guancia. La ragazza resta colpita dalla dimostrazione d’affetto della giornalista.
<< Grazie a te per averci ospitati qui in casa tua, Molly >> le dice Fox porgendole la mano. << Abbiamo invaso il tuo spazio personale e sconvolto la tua routine, perdonaci >> continua posandole un bacio per guancia.
<< Immagino che non ne possiate più di noi, ma voglio comunque invitarvi a passare a trovarci a Madrid, se la Spagna sarà una delle tappe del vostro viaggio >> aggiunge Grey porgendole la mano. È l’unico che non si prodighi in dimostrazioni di affetto di altro tipo, cosa che fa fare un bel sospiro di sollievo a Molly.
<< Io… non ho nulla contro di voi, davvero >> tenta di difendersi la ragazza.
<< No, tesoro, non c’è bisogno >> la interrompe Mistica. << Sappiamo di avere l’effetto di un uragano nella vita dei comuni mortali >> conclude strizzandole l’occhio.
<< Uragano è riduttivo >> ridacchia John, dando man forte a Molly. << Ora che hai messo a posto tutta la burocrazia goditi le vacanze >> le dice stringendola forte tra le braccia.
<< Oh, non me lo faccio ripetere due volte >> ride divertita la ragazza ricambiando la stretta. << Quella che mi ha fatto più penare, manco a dirlo, è stata Moran, ma per fortuna siamo riusciti a collocarla in un loculo amministrativo. Non avevo alcuna voglia di ritrovarla ancora lì al mio ritorno >>.
È la prima volta che John la sente parlare del cadavere di Moran. Benchè non abbia effettuato lei l’autopsia (e può ben immaginare perché non ne abbia voluto sapere) avrà sicuramente letto il referto, dal momento che deve apporre la sua firma in quanto responsabile del reparto. Eppure, non ha detto nulla riguardo la gravidanza dell’ex caporale e lui freme dall’avere notizie in merito. Benchè abbia cercato di ignorarla, la voce della sua coscienza ha più volte tentato di farlo sentire in colpa per aver distrutto quella vita innocente.
<< Molly, senti, io… volevo chiederti una cosa circa l’autopsia sul corpo di Moran. So che è fuori luogo ora, ma se non ti dispiace… >>. La ragazza lo osserva incuriosita dalla sua esitazione e annuisce. John sente la mano di Sherlock stringere la sua per fargli coraggio. << Hai letto i referti del tuo collega, immagino >>.
<< Sì. Ammetto di non averlo fatto subito. Anzi, a dire il vero non volevo farlo del tutto, ma poi è stato più forte di me. L’hai colpita dritta al cuore >> gli dice guardandolo con orgoglio. << Non immaginavo potesse averne uno, ma siamo esseri umani fatti tutti allo stesso modo, almeno a livello organico >> dice e John nota con tristezza che i suoi occhi si sono fatti lucidi. << Gli organi interni raccontavano di un vissuto di abuso di alcol e sigarette e della presenza di un’ulcera duodenale e lesioni causate dal reflusso gastrico. Una vita fatta di eccessi. Come era facile immaginare, d’altronde. Almeno, se un dio esiste, ha cercato di rimediare all’errore fatto mettendola al mondo rendendola sterile prima del previsto >>.
<< Cosa? >> domanda John incredulo.
<< Era in menopausa >> precisa la ragazza, stupito dalla sua reazione. << Sì, anche io sono rimasta sorpresa, tanto che ho chiamato il collega. Infondo aveva solo 44 anni e si può dire che oggi giorno è l’età in cui molte donne iniziano a mettere al mondo il primo figlio >>.
<< E lui ti ha confermato questa cosa? >> incalza John, che sente lentamente il sangue convergere tutto al ventre.
<< Sì. Ha detto che era possibile avesse avuto già le avvisaglie della premenopausa, ma data la vita che conduceva possa non averci badato >>.
John vacilla, preda della vertigini. Per un istante perde il contatto con la realtà e quando lo ritrova si scopre seduto su una sedia. Sherlock è il primo volto che vede quando apre gli occhi. Non dice nulla e appare teso e preoccupato.
<< Voi… voi avevate ragione, allora >> dice John a Fox e Grey, fermi poco lontani da lui.
<< Pensavi davvero che ti avessimo usato come angelo vendicatore per riscattare l’onore del nostro compagno? >> gli chiede Grey con un mezzo sorriso.
<< No, non pensavo questo >> dice sincero. << Ammetto, però, che pensavo fosse un modo per incitarmi a toglierla dalla faccia della terra nonostante… nonostante niente. Oddio, non c’era niente. Niente >> prende il viso tra le mani sentendolo imperlato di sudori freddi. << Tu lo sapevi? >> chiede a Sherlock, sbirciando il suo viso tra le dita. Il suo uomo scuote il capo affranto.
<< No >> ammette stringendogli forte il ginocchio. << Io lo credevo davvero. I segni c’erano tutti >>.
<< Quali segni? >> chiede Molly confusa.
<< Moran aveva detto a John di essere incinta >> sussurra Mistica esangue. << Lo aveva detto anche a Sky, per questo lui è rimasto con lei >> aggiunge chiudendo gli occhi stranamente asciutti. << Pensavo anche io che fosse stato un modo per incoraggiare John a ucciderla, il vostro >> dice ai colleghi. << Invece era vero. Stava mentendo e voi ve ne siete accorti. Àngel è morto per un’illusione >>. La voce le si strozza e sono le braccia di Anthea quelle tra le quali trova riparo.
<< Io… oddio è terribile >> sussurra Molly appoggiandosi a Greg. << E’ possibile, però, che Moran abbia confuso i segni della menopausa con quelli di una gravidanza. O forse… forse sono io che sono talmente onesta da non riuscire a pensare che lei abbia volutamente inscenato una gravidanza per raggirare non solo Àngel, ma soprattutto te, John. Sì, io penso di voler immaginare che fosse davvero convinta di essere incinta. Che ci fosse un po’ di umanità in lei >>.
John osserva queste donne vittime della crudeltà di colei che voleva eleggerlo padre dei suoi figli. Aveva sentito Mistica dire, tra i singhiozzi, quanto le aveva confessato Sky, tempo addietro, circa il desiderio di genitorialità a lui impedita dalla natura. Quella stessa natura che lo ha reso ‘fenomeno da baraccone’, come lui stesso diceva di sé. Gli pesava quella sterilità più di tutto il resto.
“Dio, mio. Non posso pensare tu sia stata squallida al punto da giocare proprio su questa sua debolezza per garantirti uno scudo umano e che tu abbia tentato, poi, di riutilizzare questa storia della gravidanza per strapparmi a Sherlock e portarmi a te. Cosa avresti fatto, poi? Finto un’intera gestazione? Rapito un bambino spacciandolo per nostro? No, io non posso credere qualcuno capace di questo. Forse sono anche io, come Molly, troppo onesto e preferisco sperare tu abbia confuso i sintomi della menopausa con quelli di una gravidanza” conclude mordendo le labbra che trattengono singhiozzi carichi di orrore.
John sente che quel ragazzo non meritava di fare una fine simile. Non ci avrebbe pensato due volte Sky a mollare Moran tra le macerie di Musgrave e tornare dalla sua donna, se non ci fosse stata quella gravidanza di mezzo.
Mistica non piange neanche più. Sembra non avere più lacrime, cosa davvero insolita per una donna sensibile come lei. Anthea le accarezza i capelli tenendola stretta e John ricaccia giù il senso di colpa, del tutto assurdo dal momento che lui non può farci nulla. Avrebbe preferito non sapere. Sì, doveva restare all’oscuro di tutto e ancora più male gli fa il sollievo che prova all’idea di non aver posto fine alla vita di una creatura in parte anche sua. La verità sa far male quando vuole.
 
Ai ‘Los Errores’, che ci hanno salvati dalla rete nella quale Moriarty ci aveva intrappolati senza che ce ne rendessimo conto e, soprattutto, a Skyfall, che, reperendo coraggiosamente gli indizi circa i piani di Moriarty, ha permesso a noi di impedire addirittura l’esplosione di una guerra mondiale.
 
<< Lasciatemelo dire: spero di non rivedere più le vostre facce almeno per un lungo, lunghissimo periodo di tempo! >> dice Grey stringendo forte a sé prima Sherlock e poi John.
Dopo tre lunghi mesi il caso finalmente può dirsi chiuso e i componenti improvvisati di questa squadra sbagliata possono congedarsi. Ora che gli articoli che hanno scritto hanno fatto il loro effetto, ora che il processo che vedeva lo Stato contro Moriarty si è concluso e il nome di Sherlock è stato riabilitato, i ‘Los errores’ possono definitivamente fare ritorno in patria. Sono andati e tornati più volte dalla Spagna, la prima volta portando con loro la bara contenente i resti di Skyfall, ma questa è davvero l’ultima volta che partiranno tutti insieme per tornare a casa.
<< Fox io… io davvero non so come ringraziarti >> dice John, la voce rotta dall’emozione mentre stringe forte la mano grande e sicura di questa volpe rossa che lo ha attirato a sé con l’inganno, quel pomeriggio di ormai quasi cinque mesi prima, per poi catturarlo nell’avventura che ora si conclude.
<< Non farlo. Non serve >> ribatte il ragazzo stringendolo in un forte abbraccio. << Dimmi solo che avrai cura di voi >> gli sussurra all’orecchio e lui glielo conferma. Il processo che si è appena concluso non è stato dei più facili e a breve ne inizierà un altro che promette di essere ancora più massacrante. << Ce la farete >> dice il ragazzo strizzando l’occhio, dandogli la sensazione di essere davvero in grado di leggergli nel pensiero.
<< Johnny caro! >> esclama Mistica volando tra le braccia di John. << Mi mancherete tantissimo voi due >> aggiunge ghermendo anche Sherlock nel suo abbraccio stritola ossa. È felice questa bella ragazza dalla sensibilità emotiva estrema e il dottore pensa di aver capito anche cosa la renda così euforica.
<< Io… io voglio ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me, per noi >> dice Sherlock visibilmente a disagio, come sempre, quando si tratta di parlare di sentimenti e affini. << Se non ti fossi intestardito, Valerio, ora non voglio neppure immaginare che fine avremmo fatto io e John. Ti ringrazio per aver creduto in me e anche per essere andato persino contro quella che, a tutti gli effetti, è la tua famiglia, pur di tirarmi fuori da questo casino. Io… io non mi aspettavo di avere amici così affezionati. Davvero, io… dopo tutto il casino che ho fatto durante quell’anno… >>.
<< E’ acqua passata, ormai, occhibelli >> gli dice Mistica commossa. << Ora godetevi la vostra vita insieme, risolvete i casi che vi si presenteranno davanti e siate felici. Ve lo meritate >>.
Sentire quell’augurio provenire proprio da lei, che a causa loro ha perso l’uomo che amava è ancora più toccante. John prende istintivamente la mano di Sherlock che la stringe forte. Nell’occhiata che gli scocca vede il suo stesso pensiero e la sua stessa gratitudine.
 
A Gregory Lestrade, la cui amicizia è un dono immenso ed un piacere poter collaborare con lui, nuovamente a capo della squadra omicidi di Scotland Yard.
 
<< A quanto pare è davvero finita! >> esclama Gregory, che tra poche ore tornerà insieme a Molly in quello stesso aeroporto per prendere il volo verso le meritate vacanze.
<< Con Moriarty sì, abbiamo chiuso la faccenda >> annuisce John .
<< Ora se ne aprirà un'altra >> sospira Sherlock. Il dottore gli cinge la vita col braccio tirandolo a sé. Il consulente si china appena a posare la fronte contro quella di lui alla ricerca di conforto.
Greg osserva stupito e leggermente imbarazzato le loro spontanee manifestazioni d’affetto reciproco. Si chiede come possano non esserci stati sempre? Come possa esserci stato un tempo in cui Sherlock e John non fossero così? In un certo senso lo sono sempre stati, sebbene non così platealmente, tanto da portare chiunque li vedesse a scambiarli subito per una coppia, e anche di lunga data.
<< Tuo fratello… non ha cambiato idea, dunque? >> gli chiede e un frammento del ricordo del bacio che gli ha dato gli si ripropone alla mente.
<< No >> sussurra Sherlock con un sorriso tirato che lo rende molto simile a Mycroft. << Vuole rendere giustizia alla morte di nostra madre e di Jane. Benchè lo capisca e lo appoggi, io… >> non conclude la frase. Posa solo nuovamente il viso contro quello del compagno, che ravviva la sua stretta.
<< Qualunque cosa dovesse servirgli… per quel poco che posso fare… >> borbotta Greg.
Sherlock lo osserva a lungo e la radiografia che i suoi occhi stanno facendo al suo cervello poco gli piace. Ha sempre paura che si renda conto di cosa è successo tra loro. Un bacio. Nulla di ché. Un nulla che gli torna in mente anche troppo spesso, però.
<< Grazie, Greg >> gli dice sorridendo. Un sorriso che ai suoi occhi sembra volerla dire lunga, ma forse è, appunto, solo una sua idea.
<< A dire il vero, mi spiace andare via proprio adesso… >>.
<< Non ci pensare nemmeno! >> lo interrompe John dandogli un pugno sulla spalla. << Tu e Molly ve le meritate queste vacanze! E poi non si aprirà certo domani questa inchiesta. È anche possibile che tutto sia ancora fermo al vostro rientro >>.
<< Potrai fare la tua parte, sta tranquillo >> gli dice Sherlock, sempre con quel sorriso sulle labbra. A quanto pare, Greg sta diventando un fobico dei sorrisi legati a Mycroft Holmes! << E penso anche che a mio fratello potrà fare piacere il tuo sostegno >> aggiunge strizzandogli l’occhio.
<< E’ meglio che vada, ora >> si affretta a dire cercando di nascondere il più possibile l’imbarazzo di quelle parole.
 
Alla persona che mi ha salvato da Moran e che ha subito la violenza di quella pazza assassina.
 
<< Ti prego, resta accanto a tuo fratello. Non lo lasciare in balia dei suoi fantasmi. E’ più fragile di quanto sembri >>.
Le unghie di lei le sente nella pelle nonostante la giacca li separi da questa. Il tremito che ha nella voce scuote Sherlock da capo a piedi, ricordandogli la coraggiosa decisione del fratello.
<< Io… non voglio andare. Lui mi ha pregato di farlo, ma io… >>.
Il pianto le impedisce di continuare. Il corpo è scosso da silenziosi singhiozzi, smorzati proprio perché siano notati il meno possibile dagli altri. Sherlock ha un fastidioso senso di deja veu. La sua Jane era solita piangere così, quando di notte lo raggiungeva nel letto cercando il suo abbraccio. Questa similitudine gli dilania il cuore.
<< Jane >> sussurra al suo orecchio. << Mycroft è in buone mani. Non affronterà il diavolo da solo questa volta. Non glielo permetterei neppure se me lo chiedesse >>. Sente l’abbraccio di lei farsi più forte e un sospiro lungo e profondo sedare i singhiozzi.
<< So che lui ti ha chiesto di non farlo, ma, per favore, tienimi aggiornata. Sul caso, su di lui. Per favore >> gli chiede guardandolo negli occhi. La matita si è sciolta disegnandole strisce scure sulle guance. Le accarezza cancellandole, trovandola infinitamente bella in questo momento.
<< Sai bene quanto sia abituato a non dare retta a ciò che mi dice >> scherza strizzandole l’occhio. Lei sorride accogliendo la sua carezza rassicurante. << Vai in Spagna >> la incoraggi. << E’ una bella compagnia e lavorare con i ‘Los Errores’ ti piacerà. Non ci si annoia mai, e se te lo dico io puoi crederci >>. La sente ridere piano e inizia a capire perché suo fratello abbia rivisto Jane in lei. << Vedi, però, di tornare >> puntualizza picchiettandole il petto con un dito. << Non voglio dovermene occupare quando sarà troppo vecchio per badare a se stesso. Ho cose migliori da fare e tu sei l’unica che può sopportare uno come lui! >> le dice con finta arroganza.
<< Sei lo stronzo più simpatico che conosca, sai? >> ribatte lei ridendo. << Abbi cura di te e non portare quel sant’uomo che ti è accanto all’esasperazione, ti prego! >> aggiunge sciogliendo l’abbraccio.
Sherlock prova una strana stretta al cuore nel vederla andare via. La mano di John raggiunge la sua e la stringe forte.
<< Non credo che tornerà >> sussurra al suo uomo.
<< Io, invece, penso che lo farà. È troppo testarda per non farlo e troppo etero per cedere alle avances di Miriam. E poi non è facile dimenticarsi di un Holmes >> gli dice affondando la mano nei suoi ricci. Sherlock accoglie la sua carezza e, con la naturalezza che ormai padroneggia, bacia le sue labbra a lungo.
<< Anche un Watson è difficile da dimenticare >> sussurra beandosi del sorriso sereno e imbarazzato del suo uomo.
Sherlock ricorda le parole di Sky nel suo Mind Palace. Quanto gli avesse detto essere fortunato perché rispetto a persone come lui, Fox e Anthea che soffrono per amori impossibili, lui aveva avuto l’opportunità di vivere la sua storia.
Ora che la donna che ama suo fratello ha deciso, seppure a malincuore, di lasciare il paese e concedersi una nuova esperienza altrove, Sherlock si rende conto di questa fortuna. Anche lui avrebbe potuto ritrovarsi costretto ad andare via nella notte, forse abbandonando una festa di nozze prima che questa fosse finita.
 
A Mycroft Holmes, al quale devo la gioia che ora sto provando. Con immenso sacrificio, quest’uomo tutto d’un pezzo ha salvato più volte il mio amico. Te ne sarò eternamente grato.
 
<< Ma sei impazzito? >>.
Sherlock guarda attonito il fratello, ancora attaccato alle flebo e costretto a stare nel letto di questo lussuoso ospedale svizzero. Sbatte più volte le palpebre incredulo, cosa che fa sorridere Mycroft.
<< Credo di non essere mai stato così sano e centrato come adesso, fratellino >> ribadisce lui mandando giù un boccone del budino al cioccolato che sta mangiando.
<< Ti faranno a pezzi, Mycroft! >> rincara Sherlock sinceramente preoccupato. << Io… io capisco le motivazioni che ti spingono a volerlo fare, ma… io penso che dovresti valutare meglio le possibili conseguenze >>.
<< L’unica cosa che mi da pensiero e sapere che verrai chiamato a testimoniare in mio favore. Non voglio che degli stupidi omuncoli vestiti in modo imbarazzante possano metterti in difficoltà, portandoti a richiamare alla mente episodi dolorosi e a esporli con dovizia di particolari. Lo faranno già per il processo contro Moriarty >>.
<< Allora è un motivo in più per lasciar perdere, no? >> tenta Sherlock. << Jane non vorrebbe saperti alla gogna nè tantomeno in galera e poco importa se siano le mura di una prigione o quelle di casa tua. E neppure io lo voglio >> gli dice prendendogli la mano sana. << Quella gente non capirebbe. Vedrebbe solo un ragazzo intelligente, e quindi sicuramente pazzo, avvelenare il padre per prenderne il posto. Sarebbero capaci di dire questo, lo sai >>.
<< Lo so >> annuisce lui deciso. << Ma noi sappiamo che non è andata così >>.
<< E questo mi basta, Myc! >> insiste avvicinandosi a lui. << Io so che se lo hai ucciso è stato per proteggermi, per impedire che mi uccidesse come era intenzionato a fare. Questo conta. Siamo io e te, su questa terra, e penso si debba dare la priorità ai vivi, non credi? >>.
<< Concordo con te su tutto, fratellino. Solo che io per poter vivere ho bisogno di mettermi in pace con i fantasmi del nostro passato. È possibile che il resto degli Holmes mi dia contro. È possibile che facciano di tutto per espropriaci della nostre eredità per l’infamia che getteremo sul loro nome >>.
<< Sai che mi importa di onore, denaro e proprietà? >> sbotta Sherlock. << Me la sono sempre cavata ed anche tu e così continueremo a fare. Neppure i tuoi amici politici e aristocratici prenderanno bene questa cosa e si allontaneranno da te >>.
<< Lo so >> sospira. << Ma voglio comunque farlo, Sherlock. Lo devo a me stesso. Pagherò quel che c’è da pagare, ma so che non sarò l’unico >>.
<< Oh, stanne certo! >> si alza in piedi Sherlock. << Farò saltare fuori tutti gli altarini di quel bastardo. Mi procurerò tutte le prove che servono per testimoniare di quanto nostro padre fosse un maledetto assassino. Farò in modo che quella gente si renda conto che hai fatto un servizio alla società togliendolo dalla faccia della terra >> dice percorrendo avanti e indietro la stanza a grandi passi.
<< Ti prego fermati, mi fai girare la testa >> ridacchia Mycroft. Sherlock torna a sedersi sul comodissimo letto. Sembra stare per ribattere qualcosa, ma alla fine opta per avvicinarsi piano a lui e stringerlo tra le braccia.
<< Mi prendo cura io di te >> gli sussurra all’orecchio scaldandogli il cuore.
<< E’ un vero privilegio per me >> ribatte lui sempre più convinto della sua scelta.
‘Hasta la verdad, siempre’ recita il motto dei ‘Los Errores’. Mai come ora Mycroft lo sente suo. Dopo anni di menzogna, ora vuole solo che trionfi la verità e che sia fatta giustizia.
 
Ci sono poi alcune persone che ci aiutano, sebbene non ci siano più, sebbene siano in luoghi che forse un giorno raggiungeremo.
Jane… avrei voluto conoscerti e sono sicuro che ti avrei amata e che col tuo sorriso avresti illuminato la nostra vita. Mi resta di te il ricordo delle tue parole dette in quello che sembrava un sogno, ma che, forse, non lo era. Ti ringrazio perché, sì, è vero, ho fatto una scelta in quel momento e la porto avanti ora e mi impegno a portarla avanti nel futuro. Avrò cura di tuo fratello, sempre. Lo amerò con tutto l’amore che posso e sarò felice perché so di essere da lui amato.
 
Dai mazzolini di gelsomini notturni e viole del pensiero decorati con rametti di sandalo si propaga una piacevole fragranza. Sherlock e Mycroft hanno discusso a lungo se farne preparare due distinti, uno per con gelsomini e sandalo per la loro madre e l’altro di sole violette per Jane. E’ toccato a John gestire la situazione, decidendo nel modo che gli è parso più equo.
Entrambi questi fiori nel loro linguaggio sono simbolo di amabilità e il sandalo rappresenta la rinascita. Il dottore crede che siano state queste le due grandi lezioni imparate grazie a questa avventura. Non solo lui e Sherlock, ma anche Mycroft hanno capito di essere degni di amore, amabili, per l’appunto, e hanno vissuto una vera e propria rinascita[16]. Anche se forse sarebbe meglio dire una rivoluzione.
Oggi, un giorno prima della conclusione del processo che vede Mycroft accusato di aver ucciso Siger Holmes, hanno deciso di venire a rendere omaggio alle due vittime di quell’uomo. Restano fermi a pochi passi dalle lapidi di marmo bianco sulle quali in caratteri dorati sono riportati i nomi. Solo i nomi e null’altro, proprio come la lapide posta sulla tomba vuota di Sherlock. Come se non fossero mai nate e neppure mai morte, queste due creature. Come se non fossero mai esistite.
Una strana atmosfera li avvolge. Il cielo plumbeo non promette nulla di buono e il vento soffia forte. Freddo. Tagliente.
<< Sembra quasi stia per arrivare una tempesta >> sussurra Greg, che ha in custodia Mycroft, al quale, in via del tutto eccezionale, è stata permessa questa uscita.
<< Il vento è cambiato >> sussurra Sherlock, stringendo la mano di John.
<< Giustizia è stata fatta >> ribatte Mycroft soddisfatto.
Non è stata certo una passeggiata questa sentenza. Sono emersi particolari della vita del padre che hanno gettato una luce tutt’altro che positiva sugli Holmes. Su Mycroft in particolare, all’epoca dei fatti grande abbastanza da poter essere considerato suo complice. Già dal processo che ha incastrato Moriarty ne è uscito pulito per un soffio. Da questo non resta che sperare di ottenere lo stesso risultato.
A Mycroft, però, non sembra importare se riceverà o meno una condanna e di quale entità. È soddisfatto delle verità nascoste troppo a lungo che sono venute fuori. Soddisfatto di aver sentito confermare che l’assassinio di sua madre e sua sorella, dal riesame delle autopsie e dalla dinamica dell’omicidio, è stato commesso da Mr Holmes.
Sherlock ha fatto la sua parte scavando a fondo in ogni nefandezza commessa dal padre, cercando sempre di fare in modo che Mycroft si ritrovasse nella posizione di vittima delle circostanze, totalmente assoggettato al volere di quell’uomo.
<< L’unica volta che ha reagito è stata alla sua richiesta di commissionare il mio omicidio. Ha deciso, allora, di porre fine alla vita di nostro padre per evitare che uccidesse anche me, come aveva già ucciso nostra sorella e nostra madre. Più che un omicidio io lo vedo come un atto di amore e un servizio alla società. Ha liberato il mondo dalla presenza di un mostro e se ancora non vi è chiaro che lo sia stato rileggetevi le relazioni su tutti i suoi crimini >>.
Sherlock si era comportato in modo impeccabile alla sbarra. Non si era atteggiato da prima donna, come al primo processo contro Moriarty, segno evidente di quanto fosse preoccupato e coinvolto. John gli era stato accanto giorno e notte e la foto di loro due mano nella mano seduti poche panche dietro l’imputato, ha fatto il giro di parecchi social e giornali, oscurando persino l’importanza del processo. Sebbene fastidiosa, quella situazione è servita a evitare che i riflettori fossero su Mycroft più del dovuto. Indirettamente, quindi, e in modo del tutto non preventivato lo hanno aiutato a non essere troppo al centro del ciclone.
Il vento soffia talmente forte da spostare i mazzolini posti alla base delle lapidi. Sherlock si china a sistemarli, fermandoli con due pesanti ciottoli per impedire che volino via.
<< Penso sia meglio rientrare >> propone John e silenziosamente i due Holmes annuiscono, gli sguardi rivolti alle tombe. Sherlock, ancora accosciato vicino a quella di Jane, ne accarezza il marmo freddo con la mano, che posa poi sul terreno. Chiude gli occhi prendendo un profondo respiro prima di rialzarsi. Prende per mano il fratello e insieme a lui si allontana.
John li segue accompagnato da Greg. Sorride nel vedere Sherlock cingere la vita del fratello con il braccio e questi passare a sua volta il proprio sulle spalle di lui.
<< Come credi che finirà questa storia? >> gli chiede il detective, che sembra non amare particolarmente i cimiteri e la loro atmosfera.
<< Sono ottimista, Greg >> ribatte questi sorridendo. << Certo, molti equilibri si sono rotti. Tante persone hanno voltato le spalle a Mycroft, che ha anche ricevuto minacce da parte di alcuni familiari paterni per quella che è stata vista come un’infamia. Anche su Sherlock se ne sono dette tante. E anche su di noi >>.
<< E… come le avete prese? >>.
<< Bene >> sorride lui. << Non mi importa dei commenti della gente e a Sherlock, come sai, non è mai importato più di tanto cosa pensino gli altri. Noi stiamo bene >>.
 
Questo è ciò che è accaduto, ciò che ci ha portati a ‘morire’ per poi ‘risorgere’.
Saremo di nuovo qui, io e il mio compagno, pronti ad accogliervi, qualora aveste bisogno di noi.
L’indirizzo è sempre il 221B di Baker Street, i nomi quelli del consulente investigativo Sherlock Holmes e del dottor John H. Watson.
Se avete piacere di seguire le nostre avventure restate connessi.
Il gioco sta per cominciare.
 
John salva la bozza di questo lungo post, il primo dopo mesi di silenzio. Certo non ha potuto raccontare la verità e ha dovuto attenersi a quanto riportato negli articoli dei ‘Los Errores’ per evitare inutili guai, proprio ora che questi sembrano finiti. È comunque soddisfatto del riassunto che ha fatto riguardo la loro avventura e questo gli basta. I commenti che riceverà, negativi o positivi che siano, li accoglierà dando loro l’importanza che meritano.
Spegne il pc e si alza dalla sedia. Si stiracchia portando la mano alla schiena indolenzita. Nonostante siano passati sei mesi gli strappi causati dall’aver afferrato al volo Sherlock, impedendogli un salto dritto tra le braccia delle acque spumeggianti delle cascate Reichenbach, gli creano ancora problemi.
Volge lo sguardo alla finestra dalla quale è possibile scorgere la prime luci dell’alba illuminare lo Yorkshire Dales National Park. Hanno deciso di partire per Sedberg due giorni dopo la chiusura del processo contro Mycroft. Meglio sarebbe dire che John ha deciso di partire. Ha pensato facesse loro bene cambiare aria, ora che anche quel secondo pesante capitolo è giunto a conclusione. Una conclusione più che positiva, data la totale assoluzione di Mycroft da tutti i capi d’imputazione.
Sono qui da due giorni e del bellissimo parco, delle sue cascate e degli spettacolari paesaggi non hanno visto nulla. Sono rimasti chiusi in camera, come una felice coppia in luna di miele.
Strascicando i piedi e sbadigliando, John torna in camera da letto. Si ferma sulla soglia ad assaporare la piacevole immagine del suo uomo rapito dal sonno. Sdraiato sul fianco sinistro, parzialmente coperto dal lenzuolo dalla vita in giù, Sherlock finalmente dorme tranquillo. Dopo mesi di sonni inquieti e notti trascorse totalmente in bianco a caccia di prove che potessero scagionare il fratello è un piacere vederlo dormire.
John si avvicina piano al letto e si fa largo sotto le coperte cercando di non svegliarlo. Gli cinge la vita con il braccio e gli posa un bacio sulla spalla per poi affondare la fronte contro i suoi capelli, che hanno sempre un profumo buono e invitante. Sente la sua pelle calda sotto le mani e accarezza dolcemente il fianco, ora più pieno così come l’addome.
Nonostante lo stress causato dal processo contro Mycroft lo abbia portato alle sue cattive abitudini di digiuno, durante il precedente processo contro Moriarty, Sherlock aveva preso peso e messo su massa, ritrovando l’aspetto sano che da tempo non gli vedeva. Complice ne sono state le cene e i pranzi preparati con amore dalla signora Hudson, che dopo un primo preoccupante momento di panico nel ritrovarseli entrambi lì vivi e vegeti e un secondo momento un po’ più lungo di broncio e indignazione per quanto hanno osato farle, si è prodigata in cucina.
<< Sei troppo magro, Sherlock. Troppo! >> ha continuato a ripetere quasi ininterrottamente per i primi tre mesi, finchè non ha ritenuto che le ossa fossero sì visibili, ma molto meno.
Sherlock non si è tirato indietro. Non ha addotto scuse legate al rallentamento del ragionamento causato dalla digestione e ha mangiato tutto ciò che lei gli ha messo sotto il naso, forse spinto dal senso di colpa per averla fatta preoccupare così tanto.
John sorride avvicinandosi di più a lui. Il suo corpo nudo e caldo così vicino è terribilmente piacevole. Aveva intuito, quando erano solo coinquilini al 221B di Baker street, che Sherlock fosse solito dormire nudo. Ricorda che spesso lo aveva tormentato l’idea di lui sdraiato nel letto con null’altro che il lenzuolo a coprirlo, quelle poche volte in cui si concedeva di dormire.
Nei mesi dei processi, invece, il suo uomo era stato molto rigoroso. Certo non dormiva molto, ma quando lo faceva restava rigorosamente vestito del suo pigiama grigio.
John sorride ripensando alla notte della sentenza di assoluzione di Mycroft. Non lo aveva mai visto così felice, euforico per giunta, in una situazione che non comprendesse efferati omicidi da risolvere.
Avevano organizzato una grande cena da Angelo che vedeva attorno al tavolo loro due, Mycroft e Greg. Sherlock aveva persino bevuto un bicchiere di vino di troppo, cosa che non gli ha mai visto fare.
Già sul taxi di ritorno a casa John aveva percepito la situazione scaldarsi. Sherlock aveva cercato la sua vicinanza, prima accarezzandolo con le mani, poi lanciandosi in baci bollenti, tanto che John lo aveva dovuto richiamare, ricordandogli la presenza dell’autista.
<< Cosa vuoi che me ne importi? >> aveva sussurrato lui. Mai come quella sera John non ha visto l’ora di arrivare a casa, così come il taxista di liberarsi di loro.
Era stato un bene che la signora Hudson fosse fuori casa, perché non appena chiuso il portone alle loro spalle, Sherlock gli è letteralmente saltato addosso.
Nei mesi precedenti l’intimità tra loro era stata rallentata dallo stress, dalle indagini, dalle incombenze. La mente di entrambi era totalmente presa da altro e il corpo doveva sforzarsi di tenere il passo. C’erano stati lunghi baci, abbracci disperati, ma non erano mai andati oltre questo. Non ce n’era il tempo e neppure la forza, dopotutto.
Quella notte, invece, tutto sembrava essere esploso. Sherlock, che gli era parso persino imbarazzato dal mostrarsi nudo, adducendo il disgusto per la sua eccessiva magrezza e il timore di farsi vedere in quelle condizioni, aveva dato un calcio a qualunque forma di pudore, lì, sui primi gradini della rampa di scale che conduce al loro appartamento. John, ovviamente, non aveva mosso alcuna obiezione. Si era lasciato del tutto travolgere dalla sua passione, felice finalmente di poter sentire la vita scorrere nel corpo del suo uomo e nel proprio.
<< Voglio sentirti dentro di me, sopra di me, ovunque, Jawn >>.
Le sue parole, la sua voce eccitata, trasformata dalla passione in un sussurro profondo, la sente ancora nelle orecchie. Aveva fantasticato più volte sulla loro prima volta, ma mai avrebbe pensato che si sarebbe consumata davanti al portone di casa, sui primi gradini della scalinata.
<< Tutto questo è pazzesco, lo sai? >> gli aveva detto muovendosi per la prima volta dentro di lui, sentendo le sue unghie lasciargli segni sulla pelle, i denti mordergli le labbra, i suoi fianchi spingere contro di lui e la sua voce alternare note profonde ad altre più acute.
Quel primo orgasmo concitato, veloce, consumato come il pasto divorato da una persona da troppo tempo lasciata a digiuno ha fatto da apri pista per altri più lenti, dolci. Da quella notte si può dire che non abbiamo più smesso. Sherlock è tornato alla vecchia abitudine del dormire nudo. Anzi, salvo che per il viaggio da Londra a Sedbergh, si può dire che non abbia più indossato vestiti. Cosa che non ha minimamente turbato John, che, anzi, ha apprezzato e tutt’ora apprezza vederlo girare nudo prima per casa e ora per il miniappartamento di questo hotel.
Sorride scoprendosi eccitato da questi pensieri, dal corpo di lui caldo al suo fianco. Posa un bacio sulla sua spalla, lasciando scorrere la mano dal fianco di lui al torace, lentamente. Sherlock sospira beato e si addossa a lui, che, soddisfatto della sua reazione, gli posa un bacio sul collo.
<< Hai concluso il post? >> gli chiede con voce impastata dal sonno.
<< Sì >> risponde, strofinando il viso contro i capelli di lui. << Lo pubblicherò domani. Voglio che tu lo legga, prima, e mi dica cosa ne pensi >>.
<< Sarà perfetto, come tutti gli altri >>.
<< Non hai mai pensato che nessuno dei miei post fosse perfetto >> ridacchia facendo aderire ancora di più il corpo a quello di lui.
<< Non è vero >> borbotta fingendosi offeso. << Hai un modo di scrivere molto… particolare >>.
<< Si sta palesemente arrampicando sugli specchi, signor Holmes >> ride John, mordicchiandogli il collo. Un brivido percorre il corpo di Sherlock accapponandogli la pelle.
Erano anni che a John non capitava di trascorrere intere giornate chiuso in una stanza a fare l’amore. E nessuna di quelle passate è paragonabile a queste trascorse con Sherlock.
Sorride sentendo di non averne avuto ancora abbastanza. Quell’ora lontano da lui dinanzi al pc a soddisfare l’impulso di dire la sua scrivendo quel post è stata più che sufficiente. Lascia scendere la mano lentamente muovendo piano il bacino contro quello di lui.
<< Deduco tu stia cercando di lasciarmi intendere qualcosa >> ridacchia Sherlock, la voce bassa e vibrante.
<< Perspicace come sempre, il mio consulente >> ride a sua volta portando piano e inesorabilmente la mano sempre più giù.
<< Credevo ne avessi abbastanza. Sei stato via così tanto >> dice  Sherlock fingendosi offeso.
<< Ti eri addormentato e non volevo disturbarti >>.
<< Sempre troppo premuroso il mio dottore e anche troppo vestito >> dice ruotando nel suo abbraccio con un unico movimento fluido. Le labbra del consulente ghermiscono quelle del dottore coinvolgendolo in un bacio appassionato, mentre le mani corrono a cercare la pelle della sua schiena, del suo ventre, delle sue gambe. Le sente dappertutto, lente e fautrici di mille brividi caldi.
Si ritrova nudo e non sa neppure come il suo uomo lo abbia liberato dei vestiti. Gli posa baci leggeri sul torace, scende sulla pancia fino a fermarsi sul suo sesso e lì restare, continuando a causargli, con un’abilità sorprendente, brividi sempre più intensi e scosse di piacere.
John lo allontana sentendosi prossimo al punto di non ritorno e percepisce il fastidio di Sherlock per essere stato interrotto. Non gli da, però, il tempo di replicare. Gli tappa la bocca con la propria, lasciando che la sua mano lo distragga piacevolmente con le sue carezze.
<< Jawn, perdo il senso della realtà con te >> sussurra ansante e i suoi sospiri sempre più concitati si trasformano in piacevoli lamenti, man mano che le sue dita lo accarezzano. Quel grido che aveva represso quella prima notte in Spagna è ormai un lontano ricordo. Sherlock ora agisce in modo spudorato, del tutto coinvolto e rapito da ciò che prova e John non può fare a meno di lasciarsi travolgere dal suo modo libero di godere. Ogni volta che sta per accadere, Sherlock cerca il suo sguardo, anziché chiudere gli occhi, come ci si aspetta faccia chiunque altro. La prima volta, sui gradini di Baker street, John ha pensato che questo particolare fosse originato dallo stupore per quanto stava finalmente accadendo tra loro. Poi, però, ha capito che è il suo modo di coinvolgerlo in ciò che sta provando.
Negli occhi di Sherlock, di un colore sempre diverso, che, però, si fa ancora più intenso durante il sesso, John coglie ogni sfumatura del piacere che sta salendo pian piano e che poi esplode travolgendolo. La tensione nello sguardo, poi, si smorza ed è sempre un sorriso e a volte anche una risata quella che precede i baci dolci, lenti.
<< Dovremo alzarci da questo letto, prima o poi. Uscire. Tornare tra la gente comune, sai? >> scherza John, posando la testa sul torace di lui.
<< Non c’è nulla di interessante là fuori >>.
<< Nulla? E i tuoi casi? >> ride John sentendo il cuore di lui battere forte.
<< Quello più interessante lo stringo ora tra le braccia >> gli sussurra, posandogli un bacio tra i capelli. John sorride e raggiunge ancora una volta le sue labbra e baciarle piano.
<< Mi aveva detto essere sposato col suo lavoro, signor Holmes >> sussurra sulle sue labbra.
<< Lei ne è parte integrante, dottor Watson >>.
John sorride sentendo le guance tingersi di rosso. Ringrazia la penombra della stanza che gli concede di mascherare quella reazione così infantile, che sembra, però, non essere sfuggita al suo uomo.
<< Lo sei da quel giorno >> continua baciandolo. << Da quando mi prestasti il cellulare per inviare quel messaggio. Quale persona con un minimo di senno presterebbe il telefono ad uno sconosciuto permettendogli di usarlo per inviare un messaggio, senza neppure invitarlo a digitare il codice per oscurare il numero agli occhi del ricevente? >> ride baciandolo nuovamente. << Eri già inconsciamente interessato a me. Io non ho fatto altro che assecondare il tuo inconscio, facendoti entrare nel mio mondo, rendendoti partecipe dei miei casi fino a farti divenire essenziale per la loro risoluzione >>.
John deglutisce imbarazzato. Sherlock non ha limiti neppure nelle dichiarazioni di affetto, ora che si è concesso di esternarle.
<< E questo che ti ha colpito di me? Il fatto che ti abbia permesso di mandare quel messaggio? >> gli chiede curioso, carezzando col suo naso quello di lui.
<< Non proprio >> ammette imbarazzato. << E’ stata la tua risata. Quando siamo corsi via dopo aver tentato di inseguire il taxi fuori dal ristorante di Angelo, ricordi? Siamo tornati a casa ridendo come due idioti e poi ancora alla fine di quel caso, quando ho capito che eri stato tu a sparare a Hope. Abbiamo nuovamente riso per battute alquanto sciocche e ben poco adatte ad una scena del crimine. Tu non hai riso di me, hai riso con me. Questo mi ha colpito di te >>.
John resta senza parole. Percepisce la profondità di quanto Sherlock gli sta dicendo. Dopo una vita trascorsa ad essere deriso, umiliato, allontanato si è imbattuto in lui che lo ha trovato interessante e fantastico fin dall’inizio. Si rende conto come davvero sia stato un gesto strano da parte sua offrirgli di usare il suo cellulare per inviare quel messaggio. Non è solito, infatti, John, fidarsi del prossimo. Eppure di quel ragazzo elegante intento a compiere delle analisi al microscopio si è subito fidato.
<< Ti amo, Sherlock >> dice col cuore gonfio di commozione. Lo vede sorridere e volgere altrove lo sguardo imbarazzato.
John torna a posare il viso sul suo torace e sente il cuore battere più forte rispetto a prima. Sherlock gli posa un bacio sui capelli e lo stringe a sè.
Con nessun’altra persona con la quale è stato, John si è sentito così. Non sa neppure lui dire come. Sa solo che è lì che vuole stare, accanto a quel cuore, in quell’abbraccio. Qualunque cosa accada e per il tempo che sarà loro concesso, lui sarà lì e sa che anche Sherlock ci sarà per lui.
Saranno l’anima del 221B di Baker Street, la coppia di uomini coraggiosi e brillanti pronta ad accogliere chi bussa alla loro porta dalle loro poltrone poste dinanzi al camino. E sente che è così forte l’amore che li unisce che resteranno in questo luogo anche quando non saranno più parte di questo mondo. Le loro avventure valicheranno i confini della vita e della morte rendendoli immortali, conosciuti anche tra innumerevoli anni. E con le loro avventure si parlerà del loro amore, di quanto sia stato forte, sincero e leale. Di come abbia ammorbidito gli spigoli appuntiti dalla logica e dal ragionamento deduttivo di Sherlock Holmes e rassicurato e posto fine ai tormenti interiori del dottor Watson. Perché, infondo, la loro è una storia d’amore. Amore per la vita. Amore per la giustizia. Amore per la verità, sempre.
 
FINE
 
Sì, è finita. Alla fine ho deciso di lasciare il finale così come l’ho realizzato mesi fa. Ero incerta su quell’accenno alla Mystrade, alla quale, come vi avevo già detto, non credo molto, ma alla fine rileggendola mi sono detta ‘perché no?’. Ho lasciato una porta aperta (i pazienti ai quali sottolineo più volte l’importanza di non lasciarsi dei sospesi alle spalle me ne direbbero di tutti i colori!!).
E’ giunto il momento dei ringraziamenti! Ringrazio tutti voi che avete seguito e letto con interesse questo mio parto mentale (8 mesi e mezzo… dai, ci sta la similitudine). In particolare ci tengo a ringraziare Koa ed Emerenziano, che hanno recensito capitolo per capitolo aiutandomi non solo a vedere come la storia funzionasse e l’impatto che poteva avere sul pubblico, ma anche a crederci. Sia in questa ff che nella scrittura. Siete state, ragazze, due amiche per me in questi mesi. Ho sempre letto con interesse le vostre recensioni che mi hanno aperto a tante riflessioni. Grazie infinite.
Ringraziare Sir Arthur Conan Doyle è quasi d’obbligo, così come cospargermi il capo di cenere per aver voluto cimentarmi in un’impresa simile. Il rispetto per i grandi prima di tutto, amici miei, non dimentichiamolo mai!
Come vi dicevo, mi prenderò una pausa. A presto bella gente e, mi raccomando, nonostante tutti gli scazzi della serie BBC, non smettete mai di credere in Sherlock Holmes ;-)
Hasta la verdad, siempre!
Patty
 
 

[1] Il premio Pulizer non ve lo toglie nessuno quest’anno!
[2] Mi hanno contattato colleghi delle emittenti radiotelevisive di tutto il mondo per avere una vostra intervista e quattro case editrici di punta si sono proposte già di editare il libro che accompagnerà l’inchiesta. Ragazzi, questa volta avete superato voi stessi!
[3] Harry mi ha confermato che il volo partirà alle 8 di domani sera
[4] Vorrei avere più tempo per prepararmi a questo rientro
[5] Ho riflettuto a lungo e penso che possa essere una soluzione
[6] E tu credi che accetterà?
[7] Non ha nulla da perdere e penso che anche a lei possa fare bene prendersi una pausa da tutto questo
[8] In questo caso, allora, se lei accetterà prenderò il considerazione la possibilità di ricostituire il team. In caso contrario, invece…
[9] Dobbiamo per forza parlarne adesso?
[10] Chiudiamo questa inchiesta e torniamo a casa
[11] Una volta lì vedremo il da farsi, che ne dici?
[12] Potremmo prendere Miriam e andare a cena in un qualche posto tipicamente british, che ne dici?
[13] Abbiamo comunque un successo da festeggiare e un amico da onorare
[14] Direi che è una buona idea
[15] Non ho assolutamente idea di come funzionino in Inghilterra i processi a persone ormai defunte. Non so nemmeno se la dicitura ‘Lo Stato contro…’ possa andare bene (l’ho presa spudoratamente dai tanti processi visti in ‘Lows & Orders’, lo ammetto). Ho provato a documentarmi ma non ci ho capito nulla, quindi, per evitare di sbagliare citando fonti a me poco chiare, ho preferito inventarmi di sana pianta la situazione.
Ho immaginato l’avvocato della difesa essere stato messo lì un po’ d’ufficio ma anche, sottobanco, da persone che hanno da guadagnarci molto da eventuali incarcerazioni o screditamenti ai danni di Sherlock e Mycroft. L’avvocato dell’accusa, invece, rappresenta lo stato e quindi lotta affinchè Moriarty sia riconosciuto colpevole degli atti terroristici commessi. Come vedete, il giudice tende dalla sua parte. Ho immaginato che essendo lo Stato a scagliarsi contro una persona, il giudice sia più propenso a prendere a cuore l’interesse dello Stato. Sì, so che un giudice ha da essere imparziale, ma dopo tutta la sequela di disgrazie che ho fatto vivere a questi personaggi, ho preferito dare loro la possibilità di avere almeno il favore di un giudice.
[16] Nel significato dei fiori, il gelsomino bianco significa amabilità a candore d’animo. Il Legno di sandalo favorisce una rinascita migliore e per questo gli induisti lo usavano per imbalsamare i sovrani defunti. La viola del pensiero, invece, è il fiore degli innamorati, simbolo di modestia, sincerità e amabilità. Rappresenta il ricordo, la stima e l’affetto.

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