Prigioniera Ebrea

di Elena Des
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Mi chiamo Rah'el Amì, sono una ragazza ebrea di 15 anni e vivo ad Amsterdam dal 1934, quindi mi sono trasferita qui all'età di 7 anni. La mia famiglia è composta dai miei genitori di origine ebrea, Immanouel ed Elisheva, e mia sorella di 6 anni Dvora. Siamo una famiglia felice, davvero. Mia madre lavora alla scuola ebraica, insegna letteratura, e mio padre invece insegna privatamente matematica. Io faccio la donna di casa quando mia madre non c'è e mi occupo spesso di mia sorella, che è calma per fortuna e per questo non mi dà tanto fastidio. 
Sono a casa ora e sto suonando il bel pianoforte ereditato da mia nonna, è antico, marrone... ma è bello proprio per questo. Io fino all'anno scorso andavo alla scuola insieme a studenti di razza mista- ebrei, tedeschi e olandesi- ma ora bisogna seguire le leggi di Hitler e perciò frequento la scuola ebraica, dove lavora mia madre.
Finisco di suonare il pianoforte quando suona il campanello. Il nostro cane abbaia ed io corro alla porta aprendola.

-Ciao mamma!- saluto mia madre abbracciandola e facendola entrare mentre chiudo la porta

.-Hai preparato il pranzo, tesoro?

-Sì, è in cucina

-Grazie, cara. E dov'è Dvora?

-E' in...- non riesco a concludere la frase che la mia sorellina corre ad abbracciare mia madre, seguita da mio padre. Dopo essersi salutati ci incamminiamo verso la sala da pranzo dove io e mamma portiamo il pranzo a tavola

-E' davvero squisito- si complimenta mio padre ed io gli sorrido

-Ti è passato il mal di testa, Rah'el?

-Sì mamma, domani vado a scuola

-Bene...

-Mamma, andiamo al cinema?- chiede la mia sorellina. E' innocente, ingenua, e non è a conoscenza delle leggi emanate

Non possiamo fare quasi niente: non possiamo prendere il tram, l'autobus, non andare ai posti di divertimento di ogni tipo, non possiamo andare in macchina, non possiamo uscire dopo un certo orario, non possiamo comprare cose da negozi che non siano ebrei, non possiamo andare a casa dei vicini, ecc...

-No, non possiamo. Abbiamo tanto da fare. Ci dispiace...- le dice mia madre

Siamo costretti a vivere così, di bugie, ma non possiamo farci nulla. Chissà quando finirà

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Il giorno dopo mi sveglio per andare a scuola. Saluto i miei genitori ed esco di casa. Non prendo la bici, perchè è vietato a noi ebrei. Comunque, per fortuna, non c'è tanta strada da fare per arrivare a scuola. Mentre vado, come ogni mattina, ammiro i canali, i tram, le case galleggianti e tutto ciò che mi sta intorno. Amsterdam è proprio bella, mi è sempre piaciuta.
Mentre vado vedo dei miei ex-compagni olandesi ma non ci salutiamo; anche se prima eravamo amici ora non possiamo esserlo più. Cammino voltando la testa in direzione del fiume e persa a guardarlo non mi accorgo di un sasso piuttosto grosso che mi fa inciampare e cadere in avanti. Faccio una smorfia per il dolore, mi siedo sul pavimento e mi alzo cercando di riprendere l'equilibrio e spolverarmi il vestito. Un ragazzo biondo mi passa davanti e guardandomi mi sputa parole offensive:- lurida ebrea!

Mi spinge facendomi cadere di nuovo, poi ride andandosene via. Mi rimetto a sedere guardandolo male finchè non scompare

-Ehi, ti serve una mano?- un ragazzo bruno con i capelli ricci mi porge una mano che stringo e mi alzo- mi dispiace... stai bene?

-Fa niente. Ci si deve abituare. Grazie- rispondo io- Ma farò ritardo a scuola se non vado via

-Vai alla scuola ebrea?- annuisco e continua- quanti anni hai?

-15, perchè?

Io 16. Vado anche io lì, ti accompagno

-Va bene, grazie!- gli sorrido e andiamo a scuola insieme

-Dove abiti?- chiedo

-In Holendrechtstraat

-Oh! Io in Meerhuizenstraat! Sono piuttosto vicini...

-Già. Come ti chiami?

-Oh, scusa... mi chiamo Rah'el Amì. Tu?

-Yaacov Mazloun, piacere di conoscerti. Il tuo nome è proprio bello. Ti si addice

Io rimango colpita dalle sue parole arrossendo un po' e lo ringrazio

Ci stringiamo la mano e dopo un altro po' di strada arriviamo a scuola

-Beh, ci vediamo Rah'el! E' stato bello fare la tua conoscenza

-Lo è stato anche per me! Ciao!- lo saluto e vado verso la mia migliore amica che mi guarda con una faccia sorridente

-Ehi... chi era quel ragazzo?- mi chiede ancora sorridendo incamminandoci verso l'aula

-Un nuovo amico. Mi ha aiutata. Abitiamo vicini, sai?

-Davvero? Beh, saprai ora con chi venire a scuola...

-E' vero, H'anna

Purtroppo era vero: io e H'anna non potevamo andare a scuola insieme perchè lei abitava lontano da me e più vicina a scuola, in Cornelis Springerstraat

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Capitolo 3
*** 3 ***


Da qualche giorno io e Yaacov siamo andati insieme a scuola. Mia madre mi ha cucito la stella gialla degli ebrei sulla giacca. Beh, non solo a me, ma a tutta la famiglia. Non mi piace averla addosso. Yaacov ce l'aveva già quando ci siamo conosciuti. H'anna dice che possiamo uscire da osli qualche volta io e Yaacov... ma per me è solo un amico, o ameno è quello che dico, ma non so in realtà cosa provo...
Il campanello suona e vado ad aprire ritrovandomi proprio Yaacov davanti

-Ehi, ciao. Come hai fatto a sapere precisamente dove abitavo?- chiedo perplessa

-Beh...- non sa che rispondere e poi continua- posso entrare?

-Certo. Perchè sei venuto?

-I tuoi sono in casa?- perchè non risponde alle mie domande?

-No, perchè?

Fa spallucce e mi porge un vassoio coperto spiegando:- li ha fatti mia madre. Non volevo venire a casa tua senza portare niente...

E' un pensiero davvero dolce!- sorrido e lui ricambia il sorriso

-E' davvero graziosa, la tua casa, Rah'el, mi piace. Hai anche un pianoforte?

-Sì, era di mia nonna. Era una pianista

-Affascinante... e tu lo suoni?

-Certo! Vuoi sentire?

-Mi piacerebbe!

Inizio a suonare cercado di calmarmi. Ho sempre suonato in famiglia o con dei vicini, o amici dei miei genitori, ma non sola con un ragazzo che conosco da qualche giorno e che si dimostra sempre gentile con me.
Quando finisco di suonare Bach lui batte le mani e si congratula con me sorridendomi:- brava! Sei davver brava, Rah'el!

-Grazie- rispondo arrossendo un po'

-Ho sempre apprezzato questo strumento- ammette sedendosi accanto a me e iniziando a suonare con un po' di difficoltà una canzone. Si ferma e spiega:- non so un granchè ma... è uno strumento che si presta a tante interpretazioni. Esprime la propria anima, ciò che si ha dentro...

Annuisco colpita dalle parole. Nessuno dei due parla e si crea un momento di imbarazzo. Lo guardo negli occhi e lui fa lo stesso. Deglutisco e lo vedo avvicinarsi un po'. Non so che fare! Ti prego, Dio, dimmi cosa deve succedere!
Il campanello suona e lui apre gli occhi. Io mi alzo e vado ad aprire la porta

-Mamma, papà, Dvona!- li faccio entrare e togliere i soprabiti.

Mia madre passa per il salone per andare a lasciare la spesa in cucina e nota Yacoov. Mi guarda chiedendomi con lo sguardo cosa ci facesse un ragazzo

Yaacov si alza dallo sgabello del pianoforte e si presenta:- ehm, scusate... mi chiamo Yaacov Mazloun!

-E' un tuo amico, Rah'el?

-Sì, mi ha aiutata qualche giorno fa...- spiego io

I miei si presentano stringendo la mano e Yaccov aggiunge dicendo:- scusate, non era mia intenzio disturbarvi; in realtà io stavo per andare via...

-No, non preoccuparti, puoi restare se vuoi- interviene mia madre

-No, grazie signora Amì, ma... devo proprio andare. Buona serata!- saluta Yaacov alla mia famiglia ed io lo accompagno alla porta

Esco fuori con lui e mi confessa una cosa che mi lascerà confusa per un bel po':- volevo dirti prima una cosa Rah'el... ti amo. Forse mi picchierai ma è una cosa seria ciò che provo per te

Stavolta mi si avvicina ancor di più e mi bacia. Era destino, anche se il campanello mi aveva "salvata". Restiamo così un altro po' e poi si stacca sorridendomi:- ci vediamo domani Rah'el!

Va via ed io rimango sulla sogli della porta guardando il punto in cui se n'è andato. Non me l'aspettavo. Il mio primo bacio... cosa farò quando ci incontreremo?

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Capitolo 4
*** 4 ***


Il mattino seguente Yaacov viene a suonare a casa mia. Apro la porta ed esco fuori

-Buongiorno!- esclama

Io gli sorrido. Non so come comportarmi. Devo dirgli la verità? Che non riesco a provare ciò che prova lui?
Parliamo come ogni giorno delle cose quotidiane ma arrivati al punto dove ci incontrammo per la prima volta lui inizia:- ieri...

-Yaacov... io... non penso di provare ciò che tu provi per me...

-Non mi ami?- mi chiede

-No, mi dispiace... non te l'ho detto ieri perchè mi hai preso alla sprovvista e stanotte ci ho pensato... io.. mi dispiace, rimaniamo amici Yaacov, per favore, non prendertela...- mi scuso io

Lui annuisce e dice:- va bene, Rah'el, però ora andiamo a scuola, ok?

Gli sorrido e come ogni giorno andiamo verso la scuola parlando e divertendoci

La sera mangiamo la cena e andiamo a dormire. Che bello, mi piace stare qui. Guardo il cielo prima di addormentarmi e cadere nel sonno

Sento bussare la porta. Apro gli occhi. Bussano ancora. Mi alzo. Bussano per la terza volta con decisione. In strada si sentono delle grida, forse di soldati tedeschi. Scosto leggermente la tenda e noto tutti i nostri vicini che escono velocemente dalle proprie case con qualche valigia mentre i soldati gridano qualcosa. Agitata chiamo subito la mia famiglia 

-Mamma! Papà!- esclamio io prendendo per mano Dvona- andate sul retro, dai!

-E tu, Rah'el?

-Non preoccupatevi per me, andate! E non vi fate scoprire! Stanno i tedeschi! Vogliono prenderci!

I miei mi salutano abbracciandomi piangendo e a malincuore vanno via. Ora bussano insistentemente

-Butto giù la porta!!- grida un soldato

-No!- esclamo io aprendo la porta

Il soldato mi guarda e si ferma un attimo, poi entra con forza

-Sei un ebrea?- annuisco mentre le lacrime mi pungono gli occhi e subito continua- ci sono persone con te?

-No... nessuno...

Il giovane soldato mi guarda e fa l'ispezione della casa. Il mio cane abbaia ed io gli faccio cenno di zittirsi. Il tedesco va nelle camere da letto trovando le lenzuola disfatte

-Perchè tutte le lenzuola di ogni letto di questa casa sono disfatte?- chiede il soldato

Mi invento la prima cosa che mi passa per la testa:- Non sono state toccate da tanto tempo perchè non entro più in questa stanza da quando i miei... vi prego! Risparmiatemi! Sono solo una povera ragazza ebrea sola! Sono sola! Abbiate pietà!- cerco di non piangere ma è più forte di me. Mi inginocochio piangendo con le mani davanti agli occhi

-Non piangere!- mi ordina

Mi fermo piano e rimangono solo i singhiozzi. Chiedo solo una cosa:- volete uccidrmi? Se volete fatelo subito! Non voglio aspettare!

Il soldato mi guarda ed io aspetto il colpo dell'arma da fuoco ma il ragazzo esce dalla stanza sorpassandomi. Possibile che mi abbia davvero risparmiata?

-Vi posso dare qualsiasi cosa!- esclamo come ringraziamento

-Nasconditi

Io lo guardo e corro sotto il letto. Ricordo come se fosse ieri quando giocavo a nascondino. Era sempre questo il mio posto e nessuno mi notava. Com'ero piccola allora...

Sento ancora le urla in strada. Spero solo che i miei stiano bene. Ripenso al soldato che mi ha risparmiata. Quel soldato dai capelli biondi e gli occhi di un blu intenso. Non pensavo davvero che facesse un simil gesto di bontà.
Aspetto attimi che sembrano infiniti fin quando le urla spariscono. Non esco però fuori perchè per la stanchezza miaddormento sul pavimento pregando che i miei, H'Anna e Yaacov stiano bene.

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Capitolo 5
*** 5 ***


21 marzo 1943
Sono passati circa quattro mesi da quando c'è stato l'arresto degli ebrei qui ad Amstedam. La mia famiglia si è salvata ma non siamo più usciti da casa. Il soldato biondo ha davvero un animo gentile. Ci protegge ma non so perchè lo faccia. Davanti alla nostra casa ci lascia il cibo con cui ci sfamiamo ogni giorno. E' andata così in questi quattro mesi. I miei amici chissà dove staranno ora. Li potrò rivedere? Quando?
Il campanello suona. Tutti ci allarmiamo e dico ai miei di andare via dal retro. Vado alla porta trovandomi Ferd, quel soldato, e altri

-Hai perquisito già tu la casa, Ferd?- domanda uno di questi al nostro "salvatore"

-Sì. Sei sola?- mi chiede Ferd fingendo di non conoscermi

-Sì

-Prendi le tue cose ed esci!- mi ordina con freddezza

Faccio come dice. Preparo la valigia prendendo le cose essenziali ed esco di casa

-Vai lì- mi ordinano due soldati indicandomi un camion aperto con tanti ebrei.

Un signore che porta al petto la stella di David mi aiuta a salire e un altro mprende la mia valigia

-Grazie...- riesco a dire. Tremo tutta. Dove mi porteranno? Almeno la mia famiglia sta bene, è questo che mi rincuora.

Il camion parte verso una meta che nessuno sa. Sarà l'ultima volta che vedrò questa mia amata città? La ricordo, pezzo per pezzo, angolo per angolo, casa per casa, l'ultimo incrocio, l'ultima chiesa, l'ultima strada. Ora siamo usciti dalla città verso una destinazione non nota. Sento in lontananza gli ultimi rintocchi del campanile. Stavano festeggiando un matrimonio...
Saranno così buoni i soldati da portarci in Palestina? Non posso incolpare Ferd, lui ci ha tenuti nascosti, ha rischiato. Oggi doveva per forza comportarsi in quel modo

Dopo due ore di viaggio arriviamo ad una stazione. Ci fanno scendere con le nostre valigia e ci fanno salire su treni per merce, affollati con tantissime persone nel vagone.

-Dove ci portano?- chiedo ad una ragazza dai capelli neri e lunghi che si chiama Sarah

-Nessuno lo sa- mi risponde

Già... ora vivrò nell'ignoto... per quanto altro tempo? Devo affrontare questo viaggio da sola, non ho nessuno.
Il treno parte ed io mi siedo a terra con la mia valigia dietro me. Un fascio di luce entra da una sola finestrella molto piccola con delle barre. Tutto è semibuio, i bambini sono tra le braccia delle proprie madri e le famiglia si trovano vicine. Inizio anche a sentire una forte puzza proveniente forse da un angolo. Perchè ci hanno portato in questi treni così miseri? Cosa vogliono farci? Sono tante le domande che vorrei chiedere ma mi addormento pensando alle parole di mio padre "Sei forte, ce la farai"

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