Come (non) Dirti Ti amo

di _BlueLady_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Falling in love ***
Capitolo 2: *** Ti Miao in Tutte le Lingue del Mondo ***
Capitolo 3: *** Tell a Secret, Can You Keep It? ***
Capitolo 4: *** Professionalmente Parlando ***



Capitolo 1
*** Falling in love ***


Come (non) dirti “Ti Amo”
 
1.
“FALLING” IN LOVE
*
Adrienette
 
- Cavoli, cavoli e stra-cavoli!-
Marinette correva trafelata per le vie di Parigi, col cuore in gola, in ritardo anche quella mattina per la sua solita giornata di scuola.
La vita da supereroina spesso la impegnava più del dovuto, e molte volte faticava a conciliarla con la sua vita di semplice adolescente del liceo, senza che la prima si sovrapponesse alla sua quotidianità.
Ne era una dimostrazione evidente proprio l’episodio di quella mattina: la sveglia non aveva suonato, e nonostante i continui rimproveri di sua madre, Marinette aveva continuato imperterrita a crogiolarsi tra le lenzuola del letto, finché l’orologio non aveva cominciato a segnare le otto meno dieci, ed allora era stata costretta ad alzarsi di fretta ed uscire tutta trafelata, senza neanche fare colazione, per non rischiare di arrivare tardi a scuola – di nuovo.
Succedeva quasi sempre così: la sera prima un’Akuma appariva per le strade di Parigi, e lei e Chat Noir non potevano ignorare i loro doveri da supereroi, costretti a mettere in pausa la loro vita di sempre per salvare la città ancora una volta dalle grinfie di Papillon. Erano ormai le tre di notte quando tutto si era concluso, ed entrambi si erano salutati frettolosamente, stanchi e desiderosi di infilarsi il prima possibile sotto le coperte del letto, con un unico pensiero costante a rimbombare loro in testa, ovvero: domani c’è scuola.
Succedeva quasi sempre così. Marinette ci aveva ormai fatto l’abitudine, anche se le occhiaie che le solcavano il volto parevano affermare a tutti i costi il contrario.
Era ormai a pochi metri da scuola quando udì la campanella trillare. Da lontano distinse le sagome di Nino ed Alya che si avviavano lungo la scalinata di ingresso per entrare in classe.
- Forse oggi ce la faccio!- si disse trionfante tra sé e sé, ma non fece nemmeno in tempo a terminare la frase, che subito inciampò, facendo volare i libri che reggeva in mano per aria, andando a sbattere contro un ostacolo imprevisto che si era improvvisamente frapposto tra lei ed il marciapiede.
Fu la sensazione di un attimo: il contraccolpo, la sensazione di un corpo caldo premuto contro la guancia, la carezza del tessuto di una maglietta, mentre un odore alquanto familiare cominciò subito ad inondarle le narici.
Il cuore prese a sobbalzarle in petto ancor prima di alzare lo sguardo, per incontrare due iridi smeraldo assonnate ed affaticate quanto le sue, fin troppo familiari, che l’osservavano confuse ed altrettanto sorprese di quel maldestro scontro.
Non appena lo riconobbe: - A-adrien!- balbettò, mentre il cuore faceva un’enorme capriola nel petto.
- Marinette!- la chiamò lui, regalandole uno splendido buongiorno con un altrettanto splendido sorriso.
Se tutte le mattine avessero potuto iniziare così, pensò la ragazza sentendosi andare a fuoco le guance, sarebbe accorsa in aiuto di Parigi alle tre di notte ogni giorno.
Sentì Adrien ridacchiare, ancora persa tra le sue braccia.
- Ehi, tutto bene? Devi stare più attenta! Con una caduta del genere hai rischiato di farti male sul serio!-
Poco distanti, un Nino alquanto perplesso ed un’Alya su di giri osservavano la scena incuriositi.
Marinette ridacchiò, tossì, si ricompose impacciata.
Adrien la osservava, mentre continuava a pronunciare parole che lei non stava a sentire, ed istintivamente pensò a quanto fosse bello, con i suoi occhi capaci di riassestare il mondo, il suo sorriso capace di sciogliere il cuore, quelle labbra sottili che tanto avrebbe voluto assaporare.
Continuava ad osservarla, aspettandosi una risposta, probabilmente delle scuse per essergli finita addosso in modo così rude, e Marinette subito andò in tilt, lo sguardo assassino di Alya puntato addosso quasi a farle capire che se non avesse sfruttato quell’occasione adesso, poi glielo avrebbe sicuramente fatto rimpiangere per il resto della vita.
Marinette ancora una volta tossì, balbettò, ridacchiò, gli occhi di Adrien così pieni, così caldi, che parevano invitarla ad assaggiare le sue labbra per scoprire di che sapore mai fossero fatte.
Forse fu per l’emozione del momento, forse per la stanchezza. Fatto sta che Marinette, completamente persa nel suo mondo di melassa, nemmeno realizzò ciò che balbettò in risposta ad Adrien impacciata, quasi senza accorgersene.
- Credo di essermi innamorata di te…-
Soltanto quando ricevette indietro lo sguardo imbarazzato e sorpreso di Adrien, contornato da un altrettanto confuso Nino ed un’euforica Alya che tratteneva quasi a stento le risa, si rese conto di ciò che si era appena lasciata sfuggire dalle labbra, un pensiero che non era riuscita a trattenere.
Questa volta fu Adrien ad arrossire violentemente, tossicchiando leggermente, mentre le domandava balbettando: - C-come hai detto?-
Marinette si paralizzò, trattenne il fiato, impallidì.
- V-volevo dire – si affrettò a correggersi – Scusa se mi sono innamorata di te! N-NO, A-ASPETTA! V-volevo dire… v-volevo dire…-
Prese un bel respiro, le guance in fiamme.
- Scusa se sono inciampata su di te!- riuscì a dire infine tutto d’un fiato, un Adrien ancora piuttosto confuso che l’osservava basito, ed un’Alya che si scompisciava poco distante, incapace di trattenersi.
Marinette avvampò, tremò, desiderò sprofondare.
- SCUSAMI! Non l’ho dett- cioè - fatto apposta! Scusami, scusami, scusami!-
Senza più un briciolo di dignità, afferrò Alya per un polso, correndo via con le lacrime agli occhi, strillando ancora mille scuse disperata. Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia.
Adrien, affiancato da un altrettanto sconcertato Nino, osservò correre su per le scale le due ragazze, senza neanche realizzare cosa fosse accaduto in realtà.
- Cosa… cosa diavolo è appena successo?- si sentì domandare dall’amico poco distante.
Adrien sospirò, sentendosi le guance andare a fuoco, riacquistando lucidità. Per un attimo i pensieri gli si erano completamente appannati.
– N-non ne ho idea - balbettò, quasi credendo di esserselo soltanto immaginato.
- Donne… chi le capisce è bravo - concluse Nino avviandosi in classe con un’alzata di spalle, seguito a ruota dal migliore amico ancora leggermente spaesato, che raccolse da terra uno dei libri che Marinette aveva lasciato sul marciapiede.
Da quel giorno, a discapito di sonno ed occhiaie, Marinette prese ad arrivare puntuale a scuola molto più spesso.



Angolo Autrice:

Ebbene torno, non è passato troppo tempo dall'ultima volta, con una nuova scoppiettante raccolta di One-shots dedicate a Miracoulous.
Non so da dove sia saltata fuori una simile idea, e sinceramente non so cosa altro partorirò nei prossimi capitoli. So solo che l'idea di un tentativo di dichiarazione impacciata tra i due mi piaceva, e ho scritto senza pensare al resto.
Su questo primo capitolo penso non ci sia niente da dire, se non la figuraccia colossale che ha fatto Marinette di fronte ad Adrien. Ma del resto, come la si può biasimare? Quante volte è capitato di avere una cotta per qualcuno, e fare delle figure barbine nel tentativo di non farsi scoprire?
Questo mi riporta alla mia adolescenza...
Ma ciancio alle bande (?), non perdo tempo in chiacchiere. Spero che questo primo capitolo sia stato gradito.
Nel prossimo avrete modo di scoprire un altrettanto impacciato Chat Noir alle prese con la sua Lady. E ho già detto troppo ;)
Un grazie a chi leggerà e a chi vorrà darmi un parere. Qualsiasi recensione sarà più che gradita!
Baci sparsi


_BlueLady_
 

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Capitolo 2
*** Ti Miao in Tutte le Lingue del Mondo ***


2.
TI “MIAO” IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO
*
LadyNoir
 
Quella sera la luna era splendida, pallido faro nella cupa notte. Dopo l’ennesima tempesta scatenata da un Akuma insonne, Parigi dormiva tranquilla, e nelle strade regnava la quiete.
LadyBug e Chat Noir, di ritorno dal loro turno di ronda, collezionata un’altra vittoria schiacciante sul male, volavano scaltri da un tetto all’altro della città, distrutti dall’ennesima battaglia, ma ancora saturi di adrenalina ed emozione.
La supereroina agganciava i comignoli delle case uno dopo l’altro con il suo fedele yo-yo, mentre il gatto nero le balzava appresso, agile e scaltro.
Percorsero un breve tratto di strada assieme, prima che i loro Miracoulous cominciassero a pigolare freneticamente, indice che mancavano ormai pochi minuti al termine della loro trasformazione.
- Beh – sorrise LadyBug, sul ciglio di un cornicione di un palazzo, Chat Noir poco distante da lei, entrambi a riprendere fiato – Pare che anche stasera le nostre strade debbano dividersi qui, micetto – asserì in direzione del compagno, che avvertiva una lieve stretta al cuore ogni volta che sapeva essere il momento di doversi allontanare da lei.
Chat Noir deglutì, non volendo dare a vedere quanto quelle parole lo uccidessero dentro ogni volta che le sentiva pronunciare.
Indossò il suo sorriso sghembo, intrecciando gli occhi smeraldo a quelli cristallini della ragazza, fingendo che la tempesta che sentiva implodere dentro non lo sfiorasse minimamente.
- Ottimo lavoro, insettina – la canzonò, accennando un inchino da gentleman, facendo leva sul fidato bastone quasi a voler assumere un atteggiamento più regale – Spero non passerà troppo tempo dal nostro futuro incontro –
LadyBug arricciò il naso, in un’espressione di stizza – Francamente, spero che per un po’ Papillon ed il suo esercito di Akuma decidano di prendersi una vacanza. Ultimamente passo più tempo nei panni di supereroina che in quelli della vera me stessa. Comincio ad accusare la stanchezza – asserì lei, accennando un lieve sbadiglio.
- Pensavo passassi le tue giornate a contare i minuti che ci separano l’uno dall’altra – la provocò lui in tono malizioso, facendosi più vicino.
- Rimani coi piedi per terra, micetto – lo anticipò lei, allontanando il viso dal suo con la punta di un dito, come a voler mantenere le distanze – E smettila di chiamarmi insettina – precisò, come faceva sempre, indossando il suo adorabile broncio da finta offesa che lo mandava in estasi ogni volta.
Chat Noir sorrise, accusando l’ennesimo colpo.
Ogni volta ci provava, sperando prima o poi di aprire un debole spiraglio nel cuore della sua Lady, ed ogni volta era sempre più difficile ottenere anche solo un piccolo segno di cedimento da parte sua.
Sperava che prima o poi LadyBug prendesse coscienza del fatto che il suo modo di provocarla altro non era che un impacciato tentativo di farle capire quanto tenesse a lei in realtà. Invece puntualmente sbagliava qualcosa, perché non otteneva nulla da lei se non la profonda convinzione che la stesse scherzosamente prendendo in giro, quando in realtà stravedeva per lei e moriva dalla voglia di confessarle ogni cosa, a cuore aperto, gettare via la maschera – prima – e poi buttarsi sulle sue labbra dimostrandole tutto l’amore che provava per lei, e che percepiva, vero e reale, accenderglisi in petto ogni giorno di più.
Ci aveva pensato più volte, a confessarle la verità. A farle capire che il suo non era soltanto un gioco. Ma finiva sempre col mordersi la lingua e tenersi il suo desiderio per sé, a solleticargli la gola fino a quando non fosse diventato un magone talmente grosso da mandare giù, che avrebbe finito per soffocarlo.
Istintivamente, il cuore gli si strinse in una morsa, come sempre quando ripercorreva quei pensieri, diventati ormai il suo pane quotidiano, quasi un’ossessione.
Alla fine, si ripeteva sempre, è meglio così per entrambi. Ma ogni volta che ci pensava si ritrovava sempre meno sicuro di quella convinzione.
- Si è fatto tardi, micetto. È meglio che torniamo a casa –
Chat Noir, quasi riscossosi dai suoi pensieri, realizzò soltanto in quel momento che ore fossero.
Le tre di notte.
Papillon ultimamente doveva annoiarsi parecchio, per tenerli occupati fino a quell’ora.
A malincuore accennò un altro inchino al cospetto della sua Lady, afferrandole con delicatezza una mano per sfiorarne il dorso con le labbra. Al momento era tutto ciò che poteva fare per sentirla un po’ più vicina a lui.
- A presto, MyLady – sussurrò, e già il cuore prese a farsi pesante, mentre tratteneva a forza in gola il desiderio di stringerla forte a sé e non lasciarla andare più.
LadyBug arrossì un poco di fronte a quel gesto che aveva ogni volta il potere di coglierla leggermente in imbarazzo, e con un cenno del capo gli diede le spalle, pronta a tornare a casa.
Chat Noir osservò la sua figura stagliarsi nel cuore della notte contornata dai raggi lunari che la rendevano eterea, quasi sembianza di un sogno, stringendo i pugni che cominciavano a prudere e mordendosi la lingua che aveva preso a vibrargli in bocca.
Aveva cercato di farglielo capire in tutti i modi quanto l’amasse in realtà, eppure lei si ostinava ancora a non volerne accorgersene. Forse aveva sbagliato strategia fin dall’inizio, e avrebbe dovuto essere schietto e diretto fin da subito.
Dopotutto, anche le parole, oltre al linguaggio del corpo e al calore degli occhi, sapevano essere efficaci, se usate nel modo giusto.
Puntò lo sguardo in alto, oltre la coltre scura della notte.
La luna era così bella, quella sera.
Si decise quando ormai LadyBug era pronta a slanciarsi nel vuoto e scomparire nel buio della notte, lasciandolo solo con i suoi fantasmi e il desiderio di rivederla a bruciargli la lingua.
Poco importava che mancassero ormai meno due minuti alla de-trasformazione, sapeva che se non glielo avesse detto in quel preciso momento, poi gli sarebbe mancato il coraggio per farlo per sempre e lo avrebbe rimpianto per tutta la vita.
Aprì la bocca un poco, giusto per far passare un sottile filo di voce sufficiente a ricatturare la sua attenzione su di lui.
- MyLady?-
- Mh?-
Percepiva la gola grattargli rimuginando a fondo per trovare le parole giuste, mentre – diamine – quegli occhi cristallini parevano scavargli dentro al cuore, e quelle labbra, poi, chissà che sapore potevano mai avere – ciliegia, provò ad immaginare, per non parlare dei capelli – avrebbe voluto affondarci dentro ed inebriarsi del loro profumo, proprio nel punto tra orecchio ed incavo del collo, e poi tempestarla di baci mentre le sussurrava dolcemente che l’amava più di qualsiasi altra cosa al mondo, e poi quegli occhi – aspetta… lo aveva già detto?
Deglutì, la gola secca.
- Ti… uhm… ti –
Ti amo.
- I-io… ecco, ti…-
Ti amo, perché non lo capisci?
- Chat… qualcosa non va?-
Inspira, espira, inspira, espira.
Coraggio, Adrien, non è difficile. Due parole, cinque lettere. Le hai detto cose ben peggiori di questa, non fare il codardo proprio ora.
Inspira.
- LadyBug, i-io ti… - espira - Ti miao…-

- Come?-
Panico.
Che caspita hai detto, razza di idiota?
- V-volevo dire ti am… - pensa, pensa, pensa stupido – Ti ammiro. Tanto. Sei… sei una partner davvero preziosa per me –
LadyBug sbatté due volte le palpebre, registrò le sue parole, sorrise.
Gli parve quasi avesse capito qualcosa.
- Se la metti così – gli disse in risposta, dopo un istante di silenzioso imbarazzo – ti miao anche io, micetto – e detto questo scomparve mentre già il costume aveva preso ad evaporare, uno sguardo di sincero affetto ad accenderle le pupille prima di svanire del tutto dalla sua vista.
Chat Noir restò fermo immobile a pensare ancora un istante, in trance, maledicendosi internamente della sua goffaggine che era stata tutt’altro che d’aiuto.
Sospirò amareggiato, constatando di come anche con le parole, LadyBug non sembrava aver capito nulla, o forse sì – a dir la verità ci sperava, ma non ne era poi così sicuro.
Doveva farsi andar bene le cose così come stavano. Ci sarebbe stato ancora del tempo, ci sarebbero state altre occasioni, in cuor suo se lo augurava con tutto se stesso.
Dopo un primo istante di sconforto, l’imbarazzo lasciò il posto all’ilarità, riconoscendo nel suo impacciato tentativo di dichiararsi, un completo fallimento.
Il suo atteggiamento per un istante gli aveva ricordato quello goffo e buffo di Marinette quando si rapportava con lui. Forse, a forza di stare in sua compagnia, un po’ si era lasciato contagiare.
Sorrise: non era tutto perduto, a pensarci bene.
Se la sua goffaggine aveva acceso in LadyBug anche solo un decimo dell’affetto che la goffaggine di Marinette lo aveva legato a lei, allora aveva molto di cui sperare.
Dopotutto, era un buon inizio.


Angolo Autrice:

Sono abbastanza bravina, ho aggiornato questa raccolta senza fare passare eoni dall'ultima pubblicazione.
Hi everybody! Sono lieta di presentarvi il secondo capitolo di questa "serie di sfortunate dichiarazioni". Come potete vedere, Chat Noir non è tanto meglio di Marinette nel dichiararsi. Spero vi sia piaciuto questa goffa confessione.
Ho voluto rendere il tutto molto tenero e leggero, spero sia arrivato qualcosa.
L'idea del "miao" al posto del "ti amo" mi è venuta così, perchè anch'io quando sono emozionata dico cose senza senso.
Spero anche questo secondo capitolo sia stato gradito.
Il prossimo capitolo sarà tutto MariChat (la mia coppia preferita, ma che personalmente trovo sempre difficile da caretterizzare visto che entrambi in questa versione non si ricambiano l'un l'altro, almeno in apparenza). Vedremo cosa spunterà fuori.
Io vi ringrazio tantissimo, da chi ha recensito a chi ha inserito la storia tra le ricordate/preferite, più tutti i lettori silenziosi. Non mi resta che sperare di regalarvi piacevoli minuti di lettura fino alla fine.
Ci si vede al prossimo capitolo!
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 3
*** Tell a Secret, Can You Keep It? ***


3.
TELL A SECRET, CAN YOU KEEP IT?
*
MariChat
 
- Mari!-
Marinette si voltò verso la finestra della camera da letto, nella direzione da cui aveva sentito provenire il suono di una voce ovattata chiamarla all’improvviso.
Abbandonò il suo lavoro sulla scrivania, sgranando gli occhi stupita non appena riconobbe dall’altra parte del vetro due paia di occhi color smeraldo contornati da una familiare maschera color pece ed un sorriso dai canini sporgenti osservarla incuriositi.
Erano appena le dieci di sera, e Parigi stava scivolando pian piano nella quiete notturna.
La ragazza abbozzò un sorriso intenerito, invitando l’incauto ospite ad entrare.
- Chat! Che ci fai qui?- gli chiese, mentre un’ombra scura scivolava silenziosa in camera e si accomodava placidamente sul ciglio del letto.
- Hm, passavo da queste parti durante il mio giro di ronda notturna, e mi chiedevo se fossi ancora sveglia – rispose il gatto nero con un’alzata di spalle – Disturbo?-
- Eh? No, no, affatto, figurati!- si affrettò a rispondere lei di rimando, riavvicinandosi alla scrivania per riordinare almeno un poco quello che era sparpagliato sul tavolo – Mi hai solo colto un po’ di sorpresa. Non mi aspettavo che mi venissi a trovare – cercò di giustificarsi leggermente imbarazzata, conscia che ciò che stava dicendo corrispondeva soltanto in parte alla verità, poiché da un po’ di tempo a quella parte Chat Noir aveva preso la strana abitudine di venirle a fare visita almeno una sera a settimana, così pour parler.
Il ragazzo l’osservò incuriosito sedersi di nuovo alla sua postazione di lavoro, maneggiando alcune stoffe e fili colorati con estrema abilità.
- Lasciami soltanto sistemare questo orlo, e poi sono da te – gli disse tutta concentrata nella sua creazione, e Chat Noir si lasciò sfuggire un sorriso intenerito, trovandola a dir poco adorabile, tutta concentrata nella sua più grande passione.
Ultimamente cercava spesso la compagnia di Marinette. Gli piaceva chiacchierare con lei, e ci si era affezionato a poco a poco. Anche a scuola, nei panni di Adrien, aveva preso a frequentarla più spesso.
Eppure certe sere sentiva l’esigenza di mostrarsi a lei sotto il suo vero aspetto – vero per modo di dire, visto che Marinette non sapeva chi davvero si nascondesse sotto la maschera – perché solamente come Chat Noir poteva mostrarsi a lei nel pieno delle sue debolezze, senza il timore di essere giudicato, e senza che lei si incespicasse nelle parole ogni due per tre mettendoci un quarto d’ora a formare una frase di senso compiuto per parlare con lui – quando era Adrien capitava spesso.
Non ne era sicuro al cento per cento, ma gli sembrava di trovarsi più in sintonia con lei come Chat Noir che come Adrien. Forse perché la figura del ragazzo modello figlio del più grande stilista di Parigi la metteva in soggezione – non che un supereroe vestito di nero fosse da meno.
A poco a poco, Chat Noir aveva cominciato a capire che con Marinette si poteva parlare veramente di tutto. Dalla scuola, alla vita da supereroe, dalle proprie passioni, ai suoi problemi con il padre, e al fatto di sentirsi terribilmente solo in certi momenti della sua vita.
Era straordinaria l’empatia che provava nel discutere con lei della fatica di avere una doppia vita, ed allo stesso tempo poteva sentirsi libero di lasciarsi andare, di piangere se solo avesse voluto, con la certezza che lei sarebbe sempre stata pronta a consolarlo, senza chiedere nulla in cambio.
La sensibilità di Marinette, a volte, lo spiazzava. Si chiedeva come potesse essere possibile trovare al mondo una persona così buona, così tollerante, ed allo stesso tempo così generosa ed altruista.
In certi aspetti, assomigliava moltissimo a LadyBug. La sua LadyBug.
Di rado, quando chiacchierava con Marinette, gli capitava di pensare al suo amore segreto. Se lo faceva, era per lasciarsi sfuggire di mente lo sciocco desiderio di scoprire sotto la maschera una ragazza straordinaria quanto lei.
- Ci sono quasi…-
Riscuotendosi dai suoi pensieri, la riscoprì impegnata ad infilare un filo nella cruna di un ago, con le gambe incrociate e la lingua che inumidiva leggermente le labbra.
Di nuovo, sorrise.
- È carino – le disse, alzandosi in piedi e muovendo qualche passo verso di lei – quello che stai facendo. Cos’è?-
Marinette sobbalzò sulla sedia, quasi non aspettandosi quella domanda improvvisa.
- Ah, questo? Niente di che, solo un piccolo pensiero per una persona speciale – sorrise, abbozzando uno sguardo tra il sognante e lo speranzoso che a Chat Noir non sfuggì.
- Capisco – asserì lui, pensieroso – è il regalo di un’ammiratrice per qualcuno di importante –
Marinette deglutì, sentendosi le guance andare in fiamme.
- Cosa? N-no, che stai dicendo! È-è solo una sciocchezza, una cosa da poco. Forse nemmeno glielo darò – si difese lei, colta in flagrante.
Chat Noir arricciò un angolo della bocca, perplesso.
- Perché no? Hai impiegato tempo e fatica per farlo, e sono certo che la persona che lo riceverà ne sarà entusiasta – la incoraggiò, sinceramente convinto delle sue parole.
Marinette abbassò lo sguardo, timorosa.
- Non so, Chat… è soltanto un pensiero da parte di una goffa ragazza timida – pigolò incerta.
- Se avevi intenzione di non darglielo fin dall’inizio, per che cosa hai faticato tanto, allora?- asserì lui contrariato.
Marinette sospirò.
- L’ultima volta non è andata proprio come speravo – confessò.
- È la tua occasione per riprovarci. Inoltre – le sorrise lui – questo capo ha una bella linea. La stoffa che hai scelto è molto morbida e veste bene, le cuciture per essere fatte tutte a mano sono ottime. Aggiungerei solo un ultimo punto qui, ed assottiglierei un po’ l’orlo di qua, per renderlo simmetrico. Dopodiché, e perfetto –
Marinette sorrise intenerita, guardandolo studiare la sua creazione con occhio critico e interessato.
- Ti intendi di moda?- gli chiese poi stupita, mentre Chat Noir impallidiva, e sgranava gli occhi quasi si sentisse messo a nudo di fronte a lei.
- Chi, i-io? Assolutamente no! – si difese prontamente, abbandonando la creazione di Marinette sul tavolo e tentando di ricomporsi.
- Eppure, da come ne stavi parlando, parrebbe proprio di sì – affermò lei, convinta.
- Sono un rozzo gattaccio di strada – rise lui, in maniera piuttosto nervosa – Non ho assolutamente nulla a che fare con Adrien Agreste e robe simili – si difese prontamente, lasciando che le parole gli scivolassero di bocca senza pensare.
Marinette, quasi senza volerlo, si lasciò sfuggire dalle labbra un sospiro sognante.
- Ah, Adrien…- sussurrò estasiata.
- Sì?- rispose lui sovra pensiero, realizzando soltanto in un secondo momento l’occhiata terrorizzata con cui l’amica lo stava guardando.
Ad entrambi si seccò la gola, e impallidirono. Tra di loro aleggiava improvvisamente un’atmosfera tesa come corde di violino.
Oh cavoli, mi ha scoperto - pensarono all’unisono.
Poi Marinette parlò, forse nel disperato tentativo di salvare la situazione fattasi decisamente imbarazzante.
- Ahem, A-Adrien è un mio compagno di classe ed è u-una persona molto importante per me – si lasciò sfuggire di bocca, e subito il cuore di Chat Noir sobbalzò in petto, sentendosi le guance in fiamme – N-NEL SENSO – si corresse subito lei, capendo di essersi esposta più del dovuto – è un ottimo amico -
Il silenzio imbarazzante che seguì quella mezza confessione portò Marinette, mezza paonazza in viso per essersi ancora più esposta, a schiarirsi la voce e riportare la sua attenzione sul capo che stava cucendo, per apportare le modifiche suggeritele da Chat Noir.
Il ragazzo, ancora confuso in seguito alle parole dell’amica, l’osservò rimettersi all’opera.
Un ottimo amico.
Marinette continuava imperterrita a cucire, sperando di sviare a tutti i costi una domanda che sapeva gli sarebbe stata posta a breve, e lui, non senza un filo di imbarazzo, la trovò estremamente adorabile.
Calma Adrien, non agitarti solo perché ha detto che le stai simpatico.
Per temporeggiare prese a vagare con lo sguardo per la camera, realizzando che era la prima volta che vi entrava per davvero – finora i loro incontri clandestini erano avvenuti soltanto in balcone.
Si ritrovò a pensare intenerito che quella stanza rispecchiasse alla perfezione l’essenza di ciò che era Marinette: schizzi di abiti ancora in fase di progettazione denotavano il suo spirito curioso e creativo, pupazzi dalle espressioni dolci rispecchiavano il suo carattere docile e affabile, pizzi, merletti, fotogrammi di Parigi dall’alba al tramonto lasciavano trapelare l’animo romantico che sicuramente nascondeva sotto un cumulo di timidezza, e le foto appese al muro, invece…
Un momento. Aveva visto bene?
Tornò indietro con lo sguardo, per accertarsi di non aver preso un abbaglio, e quello che trovò confermò che ancora non aveva bisogno di un oculista.
Le sto simpatico...
C’erano sue foto nei panni di Adrien a tappezzare un’intera parete della camera. Saranno state una ventina, se non di più. Una addirittura, posata sul comodino, era adornata da una graziosa cornice verde che si intonava con i suoi occhi.
Le sto davvero tanto simpatico…
Restò a fissarle attonito alcuni istanti, il tempo che Marinette, terminato il rammendo e desiderosa di avere un suo parere, alzasse lo sguardo su di lui e realizzasse cosa stava osservando con così tanto interesse.
Come lo vide fermo a fissare le foto, Marinette perse un battito di cuore, mentre una voragine le si aprì nello stomaco.
Un ottimo amico.
Chat Noir, senza proferire parola, l’osservò ad occhi sgranati ed un’espressione da cucciolo spaurito dipinta in volto.
Marinette deglutì, sgranò gli occhi, impallidì.
Per lei sono un ottimo amico.
- Ah!- riuscì ad esclamare la ragazza, dopo un istante di silenzioso imbarazzo – N-non è come pensi! –
Lui continuava ad osservarla attonito, la testa annebbiata da mille pensieri.
-L-Lui, cioè, i-io sono innamorat- voglio dire- ispirata di lui, cioè, da lui! Mi… mi serve per creare nuovi modelli di abiti maschili, e… e… -
Io per lei sono un ottimo amico.
- I-io, ecco… m-mi piace, sì, ma non in quel senso! – continuò lei, attorcigliando le dita le une sulle altre, schivandolo con lo sguardo, sentendosi sempre più avvampare.
Ti piaccio davvero? Avrebbe voluto chiederle lui, ma le labbra non si mossero.
Marinette continuava a blaterare cose senza senso, tentando in tutti i modi di negare l’evidenza, e nella testa di Chat Noir si affollavano pensieri, emozioni, parole, mescolate all’immagine così nitida di foto sue ad ingombrare un’intera parete della camera da letto di una sua compagna di classe, di una sua foto incorniciata sul comodino.
Sono un ottimo amico.
L’ammirazione che Marinette provava nei suoi confronti, definendolo addirittura una persona importante della sua vita, lo riempiva di gioia ed allo stesso tempo di paura. Perché il cuore aveva preso a martellargli così veloce in petto improvvisamente?
Deglutì.
Tutti i buoni amici tappezzano la stanza di foto tue, rubate persino dalle riviste dei giornali? Si chiese. Dopotutto, poteva anche essere, cosa ne poteva sapere lui, che aveva vissuto tutta la sua infanzia e buona parte dell’adolescenza chiuso sotto una campana di vetro?
Provò ad immaginarsi la stanza di Nino satura di suoi primi piani, magari colto in espressioni audaci ed ammiccanti che i fotografi lo costringevano a fare, e che ogni tanto pubblicavano su quelle riviste per ragazzine, e subito gli scappò una risata istintiva che proprio non riuscì a trattenere.
Forse era per l’imbarazzo dovuto alle parole di Marinette, forse per la tensione accumulatasi che ora premeva in cerca di una valvola di sfogo. Fatto sta che Chat Noir scoppiò a ridere, sempre più forte e con le lacrime agli occhi, mentre lei l’osservava, un misto tra il disperato e l’offeso, senza capire cosa gli fosse preso tutto d’un tratto.
-C-Chat…?-
Il ragazzo si ricompose, soffocando in un sospiro un’improvvisa sensazione di sollievo.
- Lo sai tenere un segreto?- le chiese improvvisamente dal nulla.
- Q-Quale?- domandò lei, confusa.
Lui la guardò negli occhi. Gli parve per un istante di riconoscerli.
Marinette lo considerava un ottimo amico.
Sorrise.
- Anche io – mormorò sottovoce, ma non così piano perché lei non riuscisse a sentirlo.
- Cosa?-
Le si avvicinò all’orecchio, facendola rabbrividire – Anche io, in camera mia, ho un’intera collezione di action-figures di LadyBug – confessò in un sussurro, e ci mancò poco che Marinette non svenisse.
La ragazza batté due volte le palpebre, senza capire.
Se soltanto ci fossi tu, sotto quella maschera…
- Oh, beh, si è fatto tardi, è meglio che vada –
L’osservò ancora attonita affacciarsi sul balcone, pronto a tornare verso casa, senza avere la forza di proferire una parola.
- Un’ultima cosa, Principessa – la avvertì lui, dando un’ultima occhiata alla cornice sul comodino – Domani dai ad Adrien quello che hai creato per lui - suggerì, facendole un occhiolino d’intesa - Sono sicuro che anche per lui la tua amicizia è preziosa, e non potrà che restare entusiasta dello splendido regalo –
Forse le aveva confessato tutto per scioglierla dall’imbarazzo, forse per farle intendere che avesse intuito qualcosa. Non capì nemmeno se l’ultimo fosse stato un vero consiglio, o una provocazione.
Marinette questo non lo seppe mai, poiché il gatto nero sparì improvvisamente dalla sua vista così come era arrivato, portando via con sé nel cuore della notte la confessione di un segreto pronunciato a metà a bruciargli le labbra.


Angolo Autrice:

Eccomi, in ritardo, in arciritardissimo, con il terzo capitolo di questa raccolta!
Dovete scusarmi, ma come avevo già anticipato la MariChat, sebbene rappresenti la mia coppia preferita, è sempre la più difficile da realizzare, proprio perchè i due all'apparenza non ricambiano i loro sentimenti. 
Difatti, anche qui, non si può parlare proprio di una confessione a cuore aperto tra i due, ma nemmeno sarebbe stato giusto. Chat non ama Marinette e Marinette non ama Chat. Così pare. Tra i due c'è una forte affinità, ma non arriverebbero mai a dichiararsi così. Non in questa raccolta, almeno, sarebbe parso inverosimile.
Il momento tra i due è lievemente, ma proprio lievemente accennato, eppure c'è. Chat sembra aver capito qualcosa di più sui sentimenti di Marinette, e per non farla sentire in imbarazzo le confida un segreto - tenete bene a mente la confessione che le ha fatto perchè sarà l'elemento chiave del prossimo capitolo - ed allo stesso tempo sembra accettare i sentimenti che lei prova nella sua versione da "civile". Che sia l'inizio di qualcosa?
Spero che il capitolo sia stato apprezzato, anche se all'apparenza tra i due non succede granché. Come detto, questa raccolta verte su "confessioni imbarazzanti, e dove trovarle", dunque per come conosciamo la storia, i due non avrebbero mai potuto dichiararsi a vicenda in questa versione. Una dichiarazione, anzi due, però, ci sono state eccome!
Per chi avrà piacere di seguirmi ancora, il prossimo sarà l'ultimo capitolo, tutto dedicato alla Ladrien ;) spero di dare una degna conclusione a questa raccolta, lasciandovi con un sorriso sulle labbra.
Grazie a chi mi segue e recensisce, non potevo sperare in un pubblico migliore.
Baci sparsi.

_BlueLady_

 

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Capitolo 4
*** Professionalmente Parlando ***


4.
PROFESSIONALMENTE PARLANDO
*
Ladrien

 
Adrien si chiuse la porta della camera alle spalle, sciogliendosi in un sospiro.
Si osservò intorno guardingo, avendo cura che nessuno si presentasse inaspettatamente, cogliendolo sul fatto. Strinse più forte l’enorme rotolo di carta che reggeva in mano non appena realizzò che, come al solito, suo padre era impegnato nel suo studio per chissà quale attività di lavoro, e Nathalie era affaccendata nell’organizzazione di mille appuntamenti.
Sorrise, constatando che era finalmente solo.
Plagg sonnecchiava in chissà quale angolo della stanza, e lui aveva campo libero.
Scostò una delle tende per far entrare più luce. Afferrò una sedia sulla quale si mise in punta di piedi subito dopo, srotolò il cartellone che teneva ancora tra le mani, lo appese.
Poi indietreggiò soddisfatto per ammirare da lontano l’opera appena compiuta.
Sospirò, sorrise sognante.
Di fronte a lui troneggiava un enorme poster di LadyBug. La sua LadyBug.
Era forte, audace, meravigliosa nel suo completino rosso a pois che ne risaltava perfettamente le forme sinuose. Il suo sguardo era fiero, deciso. Era lo sguardo di chi non ha paura di nulla, di chi è sicuro di sé. Sorrideva intrepida, armata del suo inseparabile yo-yo, colta nell’esatto istante in cui si slanciava, scaltra ed aggraziata, all’inseguimento del nemico.
Adrien socchiuse leggermente gli occhi, immaginando di correre al suo fianco, come faceva spesso nei panni di Chat Noir.
La considerava una vera fortuna poterle stare accanto almeno in quel frangente. Anche se a volte lei si dimostrava esasperata dalle sue continue provocazioni maliziose.
Sperava tanto, un giorno, di poterle parlare a cuore aperto. Magari dopo la sconfitta di Papillon, se mai fossero riusciti nell’impresa. O magari, perché no, anche prima, se solo ci fosse stata la giusta occasione. In realtà, se fosse stato per lui, si sarebbe smascherato di fronte a lei già da molto tempo, incapace di sopportare il peso di non saper dare un volto alla ragazza tanto amata. Ma LadyBug sembrava ligia al dovere, più consapevole di lui di quanto fosse importante per entrambi mantenere intatto il segreto sulla loro identità, poiché una volta scoperta, sarebbe stato più difficile poi fronteggiare il nemico senza un minimo di coinvolgimento sentimentale. O forse sarebbe stato più facile. Adrien non sapeva darsi una risposta, conoscendo soltanto un lato della medaglia.
Riaprì gli occhi, tornando a fissare ammirato la figura della supereroina che sembrava illuminare la stanza di luce propria.
Sospirò.
Se solo potessi averti qui – pensò, e si avvicinò di più al poster allungando una mano, quasi immaginando di intrecciare le proprie dita con quelle della sua Lady, per poi stringersela forte al petto e non lasciarla andare più.
Provò ad immaginarsela di fronte a lui, con i suoi occhi limpidi e cristallini, la bocca sottile e sorridente dalle labbra morbide ed invitanti.
Riuscì a vederla di fronte a lui, mentre sul ciglio di un cornicione si voltava pian piano nella sua direzione, e si portava teneramente una ciocca di capelli sfuggita all’elastico dei codini dietro all’orecchio.
Immaginò di farsi più vicino a lei, di afferrarle delicato la stessa mano che stava armeggiando con la ciocca di capelli corvini, di prenderle il viso delicatamente, di guardarla intensamente negli occhi e sorridere mentre la vedeva arrossire, di accorciare a poco a poco la distanza tra le loro bocche, e poi…
Un insolito rumore proveniente dall’esterno lo riportò immediatamente alla realtà, facendogli spalancare di botto gli occhi proprio nell’istante in cui, almeno nella sua testa, stava per accadere la magia.
Volse lo sguardo verso i vetri della finestra, la bocca ancora appiccicata al cartellone appeso al muro, proprio all’altezza delle labbra di LadyBug, riscoprendo con la coda dell’occhio una sagoma familiare dai toni scarlatti osservarlo di sbieco.
Quando riconobbe chi lo stava osservando dall’altra parte del vetro, lo sguardo scioccato ed imbarazzato quasi quanto il suo, desiderò con tutto se stesso sprofondare dalla vergogna.
LadyBug. Lì. A casa sua.
Non poteva essere ancora il frutto di un sogno. Era innamorato, sì, ma ad ogni fantasia amorosa c’era un limite.
Quando la vide accennare qualche movimento di soppiatto, quasi nella speranza di non essere vista, sussultò.
Scollò immediatamente le labbra dalla LadyBug figurata, sentendosi morire dentro, dirigendosi a passo veloce da quella reale prima che avesse il tempo di sfuggire.
Aprì precipitosamente la finestra, ritrovandosela quasi ad un palmo di naso.
Come incrociarono lo sguardo, entrambi sussultarono di imbarazzo.
- LadyBug!- esclamò lui, forse con qualche decibel di troppo sforzandosi di articolare parole che non volevano uscire – Che sorpresa! Non mi aspettavo di trovarti qui!- asserì, tentando in tutti i modi di negare l’evidenza di quanto fosse contento di trovarsela di fronte in carne ed ossa – Cosa ti porta da queste parti?-
La ragazza in rosso batté due volte le palpebre, boccheggiò, avvampò.
- Ahem, A-Adrien gi-giusto?- si schiarì la voce arrochita dall’imbarazzo – Pa-passavo di qui per caso, un giro di ronda di routine. Giusto per specificare che non ti stavo assolutamente ammirand – intendevo dire, spiando – spiegò con tono vago, buttando lo sguardo in giro in maniera quasi compulsiva, quasi facesse di tutto per non incrociare i suoi occhi.
Non poteva certo dirgli “Ciao, sono venuta perché sono pazzamente innamorata di te ed ero tanto curiosa di sapere cosa stessi facendo in questo momento, e l’unico modo che avevo per togliermi la curiosità era quello di spiarti senza un minimo di pudore dalla finestra di camera tua”. Non era professionale, e chissà cosa avrebbe potuto pensare di lei dopo una simile uscita.
Passarono qualche istante in silenzioso imbarazzo, senza sapere come comportarsi l’un l’altra.
- B-beh, visto che qui oggi sembra tutto tranquillo, sarà meglio che vada. È stato un piacere rivederti!- asserì lei tentando di sfuggire a quella situazione scomoda.
Adrien fu colto da un improvviso tuffo al cuore non appena le sentì pronunciare quelle parole. Si osservò attorno, nel disperato tentativo di trattenerla almeno un altro po’.  Un istante soltanto.
Senza minimamente pensare alle conseguenze, l’afferrò istintivamente per un polso, costringendola a voltarsi nella sua direzione. Entrambi arrossirono sotto la forza di quel contatto.
- Aspetta – le disse, docile e malleabile.
Lei sgranò gli occhi, sentendo il cuore rimbombarle nelle tempie.
Adrien deglutì.
- Sarai stanca e accaldata dopo tanto lavoro, vorrai riposarti. Perché non vieni un attimo dentro in camera, a rinfrescarti un po’?-
Seguì un altro istante di silenzioso imbarazzo.
Cosa cazzo le ho appena chiesto, si domandò Adrien completamente nel pallone.
LadyBug batté due volte le palpebre, sentendosi quasi svenire dall’emozione.
Cosa cazzo mi ha appena chiesto, pensò ormai in tilt.
Adrien si schiarì la voce, imbarazzato.
- N-Nel senso – si corresse subito, temendo che potessero esserci dei fraintendimenti – Posso offrirti dell’acqua, una bibita, dei biscotti?- continuò poi, in tono conciliante.
LadyBug sorrise, non appena il battito cardiaco riprese a stabilizzarsi nella gabbia toracica.
- Dell’acqua va benissimo – asserì poi, accettando l’invito. Ormai non aveva niente da perdere.
Adrien per poco non squittì dalla contentezza.
- Ottimo!- esclamò, mentre quella scavalcava il davanzale della finestra e si accomodava in camera – Ti lascio due minuti, giusto il tempo di prenderti un bicchiere – le disse su di giri, invitandola ad accomodarsi dove più preferiva in attesa del suo immediato ritorno.
LadyBug si osservò attorno imbarazzata, incredula di ciò che era appena successo.
Si trovava in camera di Adrien. Loro due. Soli.
Una simile scena non riusciva a immaginarsela nemmeno nei suoi sogni più belli. Trattenne a forza uno squittio di emozione, troppo eccitata per trattenere ancora la felicità che pareva sprizzarle fuori da tutti i pori.
Anche se per poco, l’idea di stare accanto al suo Adrien anche solo per qualche minuto in più la faceva camminare ad un metro da terra dalla gioia.
Avrebbe potuto dirgli tante cose, raccontargli di sé, capire se c’era anche solo una minima speranza che tra loro sarebbe potuto funzionare.
La stanza odorava di lui in ogni angolo, era grande, spaziosa, essenziale, elegante proprio come lui.
Si avvicinò con cautela al letto, immaginandoselo tenero e docile dormire beato tra le lenzuola scure. Sorrise: doveva essere dolcissimo. Si ripromise, una notte, di passare ad ammirarlo in silenzio, questa volta senza fare rumore, soltanto per il gusto di immaginarsi accoccolata a dormire accanto a lui, insieme, abbracciati.
Come le passò per la testa quel pensiero perverso, non poté fare a meno di sentirsi avvampare di imbarazzo. Dopotutto sognare non costava nulla.
- Eccoti il bicchiere – si sentì dire, e quando si voltò trovò quel meraviglioso paio di occhi smeraldo osservarla sorridenti.
Se solo avesse potuto, lo avrebbe baciato in quello stesso istante.
- Gr-grazie – mormorò timida, sussultando al contatto delle sue dita con quelle di lui mentre afferrava il bicchiere che le aveva porto, ed abbassando lo sguardo.
Adrien sorrise, trovandola a dir poco meravigliosa. In battaglia si mostrava decisamente più forte e decisa, ma anche quel suo lato docile e timido non gli dispiaceva. La rendevano più vera.
Sospirò.
Se solo avesse potuto, l’avrebbe baciata in quello stesso istante.
- A-allora – esclamò ad un tratto, cercando di fare della conversazione – Chat Noir non è con te a supportarti nel tuo giro di ronda? – le domandò così a bruciapelo, e subito si diede mentalmente dello stupido a tirare in ballo la sua controparte anche quando non c’entrava nulla. Proprio ora che poteva stare solo con LadyBug doveva piazzarci di mezzo il terzo incomodo. Stupido.
LadyBug sorrise.
- In genere pattugliamo Parigi ciascuno per conto proprio. È raro che ci incontriamo, quando non siamo a caccia di Akuma insieme –
Basta chiedere, MyLady, e ti seguirò fino in capo al mondo – pensò lui inarcando la bocca in un sorriso malizioso.
- Capisco – disse poi ad alta voce, mentre LadyBug vagava con lo sguardo in giro per la stanza, fermandosi proprio di fronte all’enorme poster con la sua gigantografia che poco prima Adrien aveva assaggiato con la punta delle labbra.
- Come vedi, hai un sacco di fan – ridacchiò lui imbarazzato, sperando con tutto se stesso che lei non gli chiedesse cosa ci facesse incollato alle sue labbra dipinte qualche minuto prima. Forse si era trattato di un istante soltanto, e lei non aveva visto nulla.
LadyBug sorrise languida, sciogliendosi in un sospiro.
- Mi dipingono sempre più intrepida di quello che non sono – mormorò, più a se stessa che non a lui, quasi ferita nell’orgoglio.
- Come hai detto? – domandò lui, temendo di non aver capito bene.
Lei ridacchiò sommessamente, mogia.
- È difficile vivere sempre all’altezza dell’aspettativa delle persone. Affrontare ogni battaglia con la consapevolezza di non poter fallire. Io ho fiducia nelle mie capacità ed in quelle di Chat, ma è anche vero che siamo in due contro un esercito di nemici. Anche noi possiamo fallire. Anche noi abbiamo diritto di sbagliare. Ma se ciò accadesse, cosa accadrebbe alla popolazione di Parigi?-
Adrien l’ascoltò, sentendosi il cuore farsi pesante. Poteva capire, come modello idolatrato dalla folla e come Chat Noir, cosa significasse sentirsi così. Vivere con la consapevolezza di essere una persona comune, ma allo stesso tempo non potersi concedere il lusso di sbagliare nemmeno una volta.
- Ci sono giorni che mi addormento con la paura di non farcela. Di non essere all’altezza. Poi penso che anche Chat, come me, deve avere questi tipi di pensieri che gli tormentano il sonno, e mi dico che non posso mostrarmi debole di fronte a lui, che devo fargli forza. Che dobbiamo farci forza entrambi. Anche se dentro di me, ho mille dubbi ed insicurezze. Fa parte dell’essere umani –
Adrien sorrise, vedendola stringersi nelle spalle in preda a paure ed incertezze. Non avrebbe mai pensato che anche la sua LadyBug, così intrepida e audace sul campo di battaglia, avrebbe potuto mostrarsi così fragile e preziosa ad i suoi occhi. Condivideva ogni sua parola. Ogni sua emozione. Eppure, percepire anche in lei la paura di fallire, gliela fecero apprezzare ancora di più, perché gli ricordavano che sotto quella maschera si nascondeva pur sempre una persona. Ed ora come mai era intenzionato a scoprire chi fosse.
 Le posò delicatamente una mano sulla spalla, costringendola a voltarsi nella sua direzione.
- Io sono qui – le disse, fiducioso – E hai Chat Noir con te. E come me e lui, hai il supporto di tante altre persone che sarebbero pronte a ricambiare ciò che fai per loro ogni giorno, mettendo a rischio la tua vita pur di salvarle. Potrai dubitare di te stessa, ma non devi mai dubitare di chi ti è accanto e ti vuole bene. E, credimi, non immagini nemmeno cosa tu significhi per alcuni di noi – per me, avrebbe voluto aggiungere, ma si morse la lingua prima di dire troppo.
Istintivamente, si sorrisero.
- Grazie – gli mormorò in risposta, asciugandosi un angolo dell’occhio dal quale le era appena sfuggita una lacrima – E scusa lo sfogo momentaneo. A volte dimentico che devo mantenere una certa professionalità – ridacchiò.
- Figurati – sorrise lui, lieto che almeno quelle poche parole fossero servite a farla stare meglio.
Osservarono entrambi per un attimo il poster appeso al muro.
- E così, sei un mio fan, giusto? – asserì LadyBug, osservandolo divertita.
- Assolutamente – asserì lui in un sospiro – Ti ador- cioè – ti ammiro molto. Spero non ti abbia creato imbarazzo ritrovarti in camera di uno sconosciuto con una tua gigantografia appesa alla parete – sorrise imbarazzato, quasi giustificandosi della troppa invadenza – Il mio voleva soltanto essere un gesto disinteressato –
- Figurati – sorrise lei, nascondendo ancora una volta quanto l’avesse resa felice in realtà quel piccolo gesto.
Adrien rise: - Dovevo pur sdebitarmi per tutto ciò che fai per Parigi ogni giorno no? Offrirti un bicchiere d’acqua mi sembrava il minimo –
Risero. Adrien l’osservò sciogliersi nella sua risata cristallina, e tutto ciò che desiderò fu di poterla stringere finalmente tra le braccia, ma si trattenne. Non sarebbe stato un comportamento professionale, e ci mancava solo che dai giornali sbucasse improvvisamente la notizia che Adrien Agreste aveva volutamente allungato le mani nientedimeno che su LadyBug. Già il fatto di averla in camera sua era sbagliato, ma era stato più forte di lui. Dopotutto avevano soltanto scambiato quattro chiacchiere, niente di più.
- Sai – asserì lei ad un tratto, tornando ad osservare la sua immagine extra large – mi hai fatto tornare in mente un episodio simile, accaduto giusto qualche settimana fa –
- Non mi dire – esclamò lui, inevitabilmente incuriosito dall’argomento.
LadyBug proseguì, trattenendo a stento le risa.
- Ero in camera mia, ed un amico è passato a farmi visita. L’ho invitato ad entrare, dimenticandomi di avere la camera completamente tappezzata di fotografie di un personaggio ben conosciuto qui a Parigi. Non immagini l’imbarazzo nel dovergli spiegare che si trattava tutto di un equivoco –
- Posso immaginare – sorrise lui, non senza trovare quel curioso episodio terribilmente familiare.
- Voglio dire – continuò lei, quasi giustificandosi – non è che se uno ha la camera completamente tappezzata di tue fotografie – tue per modo di dire, si intende – automaticamente sei innamorato, giusto? – gli chiese, quasi cercando la sua approvazione.
Adrien sospirò sollevato, constatando che a quanto pare a LadyBug era completamente sfuggito il piccolo episodio del bacio al poster, per sua fortuna. Meglio così. Sarebbe stato decisamente imbarazzante dover trovare una giustificazione credibile.
- Suppongo di sì – rispose solo, prima che il solito pigolio che annunciava l’imminente trasformazione non interrompesse la conversazione.
- Devo proprio andare ora, scusami – gli disse LadyBug, quasi dispiaciuta – Grazie dell’ospitalità. Sei stato meraviglioso – ed entrambi arrossirono al suono di quella parola, l’uno per averla ricevuta, l’altra per averla pronunciata.
- Fi-figurati. Ripassa pure quando vuoi. Sai dove trovarmi – e ci sperava davvero che sarebbe successo.
LadyBug fece per dirigersi verso la finestra dalla quale era entrata, seguita da Adrien che la scortava.
Fece per voltarsi verso di lui per ringraziarlo ancora una volta – avrebbe volentieri prolungato quell’istante per sempre, pur di non separarsi da lui – ma il suo sguardo fu catturato da qualcosa di molto sconcertante. Forse più sconcertante del ritrovarsi la propria gigantografia appesa alla parete.
Adrien diresse lo sguardo nella direzione in cui stava osservando lei, impallidendo nuovamente di imbarazzo non appena realizzò cosa stava guardando con così tanta perplessità.
Action-figures. Decine. Forse cinquanta o più. Che ritraevano lei nelle vesti di LadyBug nelle pose più disparate – alcune anche decisamente discutibili.
Deglutì. Le figuracce non erano mai troppe.
- Aehm, qu-queste s-sono… modelli! Sì, modelli! Pe-per mio padre. Li utilizza come ispirazione per la sua ultima collezione. S-solo che nel suo studio non ci stanno, e-e così le ha piazzate proprio qui! Che buffa coincidenza, vero?- tentò di arrampicarsi sugli specchi come poteva, il sorriso rigido, il sudore freddo a colargli dalle tempie.
Con quello, poteva letteralmente dire addio alla sua reputazione con la sua Lady. Non gli sarebbe rimasto che palesarsi a lei come Chat per il resto della vita, e quella volta sarebbe stato lui a remare contro alla possibilità di svelarsi a vicenda le rispettive identità.
LadyBug alzò un sopracciglio, reclinò la testa, arricciò il naso.
Tutta quella situazione aveva un che di terribilmente familiare.

“Anche io, in camera mia, ho un’intera collezione di action-figures di LadyBug”

Improvvisamente LadyBug sussultò, boccheggio, impallidì.
Non poteva crederci! Non poteva essere vero!
Adrien. Il suo adorato Adrien…
L-lui, in realtà…
Era un nerd.

 


Angolo Autrice:

Quasi mi complimento con me stessa, ultimamente: sono un pozzo di idee!
Non avete idea della soddisfazione di vedere questa mini-raccolta finalmente finita! Spero che nonostante la lentezza nel postare e il fatto che sia non tanto lunga non la penalizzino.
Detto questo, con la Ladrien si chiude il cerchio di questa serie di confessioni imbarazzanti, e spero davvero di avervi regalato qualche minuto di piacevole lettura. Ho fatto del mio meglio per metterci qualcosa che facesse sorridere, mantenendo la fluffosità di questi due teneri piccioncini che, diciamocelo, in tutte le salse sono adorabili <3
Ammetto che un pò mi dispiace di aver concluso così in fretta, anche se in realtà mi sta balzando già in testa qualche altra mezza idea per fare un seguito, chissà... forse mi cimenterò in una seconda serie, se l'ispirazione sarà propizia.
Per ora vi lascio con questo simpatico capitolo, che ammetto essermi divertita molto a scriverlo. Come già anticipato in precedenza, vi avevo avvisato di tenere bene a mente quello che Chat confessa a Msrinette nel capitolo 3, perchè qui si sarebbe rivelato fondamentale... peccato che Marinette, ancora una volta, si ostini a negare l'evidenza xD
Non ho molto altro da aggiungere, se non ringraziare immensamente tutti coloro che mi hanno seguita fin qui. Sono contenta di avere ricevuto qualche prezioso parere sulle storie, e ancor più lieta di vederla inserita tra le preferite e le seguite. Spero che il viaggio sia stato piacevole, come si suol dire: breve ma intenso.
Vi saluto, sperando di ricomparire presto con nuove idee e, chissà, magari una long...
Intanto, per chi volesse, avrò piacere di rivedervi anche nella mia attuale raccolta ancora in corso "Pelo e Contropelo"
Grazie davvero di cuore a tutti!
Baci sparsi

_BlueLady_

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