Lo psicanalista e il fratello perduto

di Spensieratezza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il fiunerale ***
Capitolo 2: *** La prima emozione, il primo suono dell'uomo ***
Capitolo 3: *** La prima volta che ho portato Klaus a casa mia ***
Capitolo 4: *** Ti andrebbe di essere un mio paziente? ***
Capitolo 5: *** Hai abbandonato anche lui, che persona sei, Mikael? ***
Capitolo 6: *** Che cosa saresti disposto a fare per me? ***
Capitolo 7: *** Perchè non possiamo amare chi ci ama ***
Capitolo 8: *** Pattinaggio sul ghiaccio ***
Capitolo 9: *** Tu mi vuoi bene, Elijah? ***
Capitolo 10: *** Schhhh..ascolta, stanno suonando la nostra canzone ***
Capitolo 11: *** Il tanto atteso bacio!! ***
Capitolo 12: *** Klaus scopre tutto ***
Capitolo 13: *** Nel momento in cui ho amato veramente.. ***
Capitolo 14: *** Meraviglioso dipinto, meraviglioso amore ***
Capitolo 15: *** Ti amo ***



Capitolo 1
*** Il fiunerale ***


Elijah si trovava al funerale di sua madre Esther.
Era seccato, cupo e qualcos’altro di indefinibile.
Non vedeva i suoi fratelli Kol e Rebekah da almeno cinque anni e avrebbe preferito continuare così.
Ma ci si aspettava che tutti i figli partecipassero al funerale della propria madre, no? era un proprio dovere, perlomeno nei confronti di un valore chiamato “umanità” ed Elijah a certi valori non rinunciava, non importava quali potessero essere i suoi sentimenti.

Nonostante tutto, si sentiva fustrato.
Avrebbe dovuto sentirsi triste per la sua scomparsa e forse da qualche parte nei recessi reconditi del suo animo, lo era. Lo era davvero. Triste perché andandosene definitivamente Esther, se ne andava via anche l’ultima illusione infantile conservata nella sua anima che quella donna potesse ancora avere da qualche parte, una speranza di cambiamento, di redenzione.

Non che aveva mai creduto che cambiasse veramente, era come una sciocca illusione infantile che continui a manifestare contro il realismo della vita.Un po' come quando sai che non diventerai mai milionario ma la vita è lunga, potrebbe sempre succedere.
Ora era tutto finito, anche l’ultima illusione.

Che Dio abbia pietà della sua anima..pensò Elijah.
Da qualche parte dietro di lui, un singhiozzo.
Quello di Kol.

Elijah si voltò a guardarlo e deglutì, qualcosa di indefinito, scivolò dentro di lui, troppo poco per essere affetto, ma un po' ci somigliava, di sicuro non era pietà, o disgusto, quello l’aveva provato nei confronti di Finn, quando l’aveva visto piangere a singhiozzi, la madre scomparsa. Una scena davvero patetica e vomitevole. Un uomo della sua età..quelle sceneggiate..ma Finn aveva sempre avuto un certo gusto per il melodramma.

Kol invece aveva tanti difetti, ma perlomeno a certe pantomime non era abituato, infatti eccolo con gli occhi lucidi che cercava di trattenere le lacrime, ma un  singhiozzo a stento trattenuto, gli era sfuggito comunque tra le labbra.
Sentì che in qualità di fratello maggiore, forse ci si aspettava che andasse da lui e lo abbracciasse, certo non poteva farlo quell’idiota patentato di Finn, visto che lo guardava a distanza e sembrava compiaciuto che un altro dei Mikaelson piangesse per la sorte di quella stronza di donna.
Rebekah si fiondò subito ad abbracciare il fratello minore e guardò storto Elijah come a rimproverarlo.
Come se fosse una cosa che si potesse rimproverare! Un abbraccio mancato!
Gli abbracci mancati erano la cosa peggiore, Elijah lo sapeva bene, ma sapeva anche che non poteva farlo solo perché era qualcosa che ci si aspettava da lui, non sarebbe stato naturale.
 

Si voltò ancora verso la fossa della donna, che si stava lentamente riempiendo.

La guardava senza vederla davvero, come in tutti quegli anni, aveva cercato di non vedere i continui uomini che uscivano dalla camera da letto della donna o le numerose notti che la donna passava fuori casa, o quando tornava misteriosamente con un vestito nuovo o delle scarpe preziosissime.
Come aveva cercato di non vedere quando presa dalla collera, dai farmaci e dall’alcool, minacciava i suoi stessi figli di ammazzarli, con un coltello, di ucciderli tutti, i numerosi insulti che aveva sempre rivolto loro.
È colpa vostra se vostro padre mi ha lasciato e se n’è andato. È vostra la colpa!
Rebekah e Kol la odiavano e non facevano niente per nasconderlo, Elijah invece da parte sua, aveva cercato di allontanarsi dalla famiglia e soprattutto da quell’idiota di Finn.
Aveva chiuso gli occhi quando la stronza criticava il suo lavoro, dicendo che un buono a nulla come lui che non capiva niente della vita, non poteva avere l’arroganza di pretendere di conoscere quello che gli altri pensavano e che doveva cercarsi un altro lavoro.

Aveva chiuso gli occhi ma la vedeva comunque la sua espressione furente e allucinata di un abbandono arrivato inaspettatamente.
Ora invece aveva gli occhi aperti ma non la vedeva. Non più.
Esther era morta.

Che dio abbia pietà della tua anima nera, Esther…
 
 
 
 
*

“Ci voleva la morte della mamma per riunirci tutti qui di nuovo.” Diceva Rebekah nel suo lungo vestito nero fuori dalla chiesa.

Elijah aveva sperato che Rebekah non tirasse fuori questo discorso e invece l’aveva fatto. Doveva imparare a non sperare più in niente. La speranza è l’illusione dei mediocri.

“Sono sicuro che nostro fratello maggiore la pensa diversamente, magari è anche arrabbiato con nostra madre perché per causa della sua morte è costretto a vedermi.”

“Elijah, come puoi dire queste cose!!” lo rimproverò lei.
“Ah, già è vero scusami, lui non riesce ad arrabbiarsi con lei manco per sbaglio.”

“Lascialo perdere, sorellina, è Elijah, lo conosciamo. Vedo che tutti questi anni non ti hanno cambiato , fratello. Sei sempre il solito stronzo.”
“Anche tu non sei cambiato, Kol.” Replicò Elijah.

“Come puoi?” gli chiese avvicinandoglisi. “Neanche di fronte alla morte tiri fuori un briciolo di umanità, che razza di persona sei?”
Elijah elargì un sorrisetto.

“Non resterò un secondo di più a farmi insultare ancora da te, grazie a Dio o chi per lui, questa crocifissione è terminata e ora me ne ritorno alla mia vita, in quanto all’umanità, mio caro fratello, l’ho appena dimostrata invece, visto che mi sono presentato comunque al saluto definitivo di una donna che di sicuro continuava a pregare nel sonno di tornare al più presto al Creatore, per liberarsi di tutti quanti noi.”
 
Elijah rimase a fissare i volti stupefatti e soprattutto quello di Kol, furibondo. Se fosse stato più vicino o se anche solo fosse stato più grosso o più grande di lui, Elijah era convinto che Kol lo avrebbe schiaffeggiato.

L’energia di quello schiaffo mancato vibrò comunque tra di loro. Elijah lo trovava poetico.
 

“Stai parlando di nostra madre, Elijah! “ tentò ancora Rebekah desolata. “Seppur cattiva, era sempre nostra madre e l’abbiamo appena seppellita, abbi un po' di rispetto, ti prego!”

Rispetto?” ripetè Elijah piano. “Siamo stati cresciuti senza un padre e con una madre che era completamente assente, era come se anche lei se ne fosse andata, con tutto ciò mi sono trovato un lavoro, anche se lei non lo riteneva tale e ho cercato di non dare fastidio a nessuno, non ho mai chiesto niente, non ho mai desiderato NULLA, l’unica cosa che ho desiderato..” dovette fermarsi, poi riprese. “Si è sempre disinteressata a noi, tranne quando doveva privarci di qualcosa che ci rendesse felici. Si è sempre disinteressata a me, e L’UNICA VOLTA che ha potuto vedere che tenevo a qualcosa, LEI, nostra madre, ha dovuto distruggerla.”

I fratelli non avevano bisogno di domandare per sapere a cosa si riferisse.

“Era una donna ferita, papà l’ha abbandonata e sapere che tu stavi cercando proprio..” provò Rebekah.
“Non mi interessa!” sbottò Elijah. “Lei non si doveva permettere. Ho lavorato a lungo per giungere a quelle informazioni e dopo che lei ha distrutto quei documenti, ho dovuto rifare tutto da capo! Io non potrò mai –MAI perdonare la sua gelosia e la sua invidia.”
Fece per andarsene, ma Finn aveva sentito tutto. Lo prese in giro da dietro.

“Lasciatelo perdere,è Elijah, sappiamo com’è fatto. Poverino, non sa cosa vuol dire provare l’amore incondizionato per un famigliare, è incapace di provare amore per la persona stessa che l’ha generato.”

“è davvero un peccato non poter avere da te consigli come fare per amare i propri fratelli, Finn, saresti stato davvero illuminante, oh, aspetta, non puoi, perché troppo occupato a condividere con nostra madre, il tuo odio per le stesse persone che condividono il tuo stesso sangue. Io sono migliore di te, Finn, perché almeno non sto vicino ai nostri fratelli, fingendo di amarli, semplicemente sto loro lontano, non sono un ipocrita come te.”

Finn si era avvicinato rapidamente a lui.

“Non ti spacco la faccia solo perché siamo a un funerale, ma avrei una voglia matta di farti finire dentro quella fossa insieme a lei, o forse te ne costruirei un’altra, non sei degno nemmeno di baciarle i piedi.”

“Ma tu si di stare sotto le sue sottane, vero? Comunque, su queste parole, io mi eclisso, fratelli. A mai più rivederci, si spera. Non si può dire che non mi siano mancati questi siparietti, chiamatemi quando morirà qualcun altro. Sperando che il prossimo funerale sia il suo.” Disse con un sorrisetto, andandosene via, ma ancora una volta qualcuno lo rincorse.
 
Elijah sospirò.

“Sarà almeno il terzo saluto che tento di fare.” Disse ma stavolta in modo più serio, Rebekah si era parata davanti a lui, con le lacrime agli occhi.

“Perché ti importa tanto di ritrovare una persona che non hai neanche mai conosciuto? Noi siamo qui, siamo cresciuti con te e siamo davanti a te.”

Per forse la prima volta da quando li aveva rivisti,  Elijah si sentì inferiore anche agli scarafaggi.
Ma Kol prese la palla al balzo per parlare.

“Perché per nostro fratello, il nobile Elijah, è molto più semplice amare qualcuno che non ha mai visto, piuttosto che amare noi, e hai anche il coraggio di trovare da dire a nostra madre? Mi fai schifo.” E sputò per terra.
Stavolta Elijah era d’accordo con Kol, ma piuttosto che dargli ragione, avrebbe accettato di essere traghettato negli inferi.
Furono le parole di Rebekah, inaspettatamente a fargli molto male.

“Se non riesci ad amare noi, che siamo cresciuti con te, come puoi pretendere di amare lui? Uno sconosciuto che non sa neanche che ESISTI? Forse devi solo accettar che, dentro di te, Elijah, non esiste amore nel tuo cuore.”
 

Fu come una doccia gelata per Elijah, guardò Rebekah, la sua dolce sorellina, sconvolto. Anche gli altri fratelli, perfino Finn, sembrava sconvolto. Era ammutolito.

Elijah deglutì e sembrò ricacciare indietro le lacrime, Rebekah sembrò accorgersene e parve pentirsi.
Elijah fece per andarsene, ma Rebekah lo pregò.

“Elijah, non volevo! Ti scongiuro. Non lo penso. Ti scongiuro, perdonami!”
Elijah si fermò e la fissò.

“Non posso.” Disse ancora, andando via.
 
 
 
 
*

 
Elijah camminava spedito,per le strade della città.
Camminava e i discorsi di poco prima gli rimbombavano nella testa.
Non aveva bisogno di chiedere loro a cosa si riferissero. Sapeva che parlavano di Klaus.
Uno sconosciuto che non sa neanche che esisti..

Da quando aveva indagato e aveva scoperto che suo padre aveva avuto un altro figlio, era uscito pazzo per cercare di indagare e capire chi fosse.
Elijah faceva lo psicanalista, il lavoro che sua madre tanto detestava.

Non aveva bisogno di scavare dentro la sua anima per sapere che gli uomini si costruiscono un sogno fatto di fantasie e idealizzazioni sul quale proiettano tutto, a volte è lo scopo della loro vita, a volte è l’amore, o il rimpianto di aver fallito.
Elijah se l’era chiesto, sì, se Klaus, questo fratello mai conosciuto, fosse un modo per espiare ai suoi peccati, quelli di non aver saputo amare i suoi fratelli, di non esser stato un bravo fratello maggiore.
Si dice che spesso è più facile ricominciare da capo, tentare di farsi amare da qualcuno di nuovo, che tentare di farti amare da qualcuno che ti odia.
Questo perché quando qualcuno perde la fiducia in te, non hai più possibilità, il più delle volte, che ti veda sotto una luce nuova.
Ma ricominciare, con una persona nuova, che non conosce le tue debolezze, i tuoi scivoloni, che non hai mai deluso, non hai mai ferito, è sì molto più facile. Non ci sono vecchie ferite da dover risanare, non ci sono vecchie cicatrici che tenterai invano di rimuovere, non dovrai fare i conti con uno sguardo gelido che ti odia, con degli occhi feriti.
 

Non era mai riuscito a essere un bravo fratello maggiore e questo era stato il suo più grande rimpianto, prima di capire che forse non voleva esserlo con loro, semplicemente. Si era sentito una merda, come si fa a non amare i propri famigliari, a volerli rinnegare quasi.
Poi aveva scoperto di Klaus. All’improvviso, l’idea di poter ricominciare, di poter fare MEGLIO con qualcun altro, che era anche suo fratello, l’idea di riscattarsi..il pensiero di vedere uno sguardo orgoglioso, invece di uno sguardo che lo odiava..l’aveva reso euforico.
Questo prima di rimettersi a dormire, tentando di arginare l’idea di spegnere quei pensieri con quegli antidepressivi che sempre somministrava ai suoi stessi pazienti.
 
Ma ORA, finalmente aveva una pista. Quando Esther aveva saputo che cercava suo fratello, furibonda e corrosa dalla gelosia per il fatto che cercasse il figlio bastardo di quel porco aveva stracciato i documenti che potevano servirgli per ritrovarlo.
Questa era stata la fine dei loro contatti.

Ma aveva tenuto duro ed era riuscito alla fine a ritrovare una pista.
Ora era pronto per andare a cercare suo fratello.
Sperava solo che lui avesse voglia di incontrarlo.
Non sa neanche che esisti!!
Quelle parole facevano inaspettatamente malissimo.

Pungevano come le stalattiti nei ghiacciai e il pensiero di essere inesistente per qualcuno che non aveva neanche mai visto e non sofferente per la madre appena sepolta e la sorella in lacrime piangente che lo accusava di non amore, lo convinse che c’era qualcosa di sbagliato in lui.
Ma non lo avrebbe fermato.

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Capitolo 2
*** La prima emozione, il primo suono dell'uomo ***


Elijah era in una discoteca e si stava discretamente annoiando, ma ci stava comunque, in cerca di uno svago, un’emozione, forse di qualcosa che lo distraesse da quello che era venuto a fare a New Orleans.

Cercare suo fratello.
La musica rimbombava nella sua testa, cercando di anelare a raggiungere il sollievo che tanto bramava, ma non raggiungeva il suo cuore.

Da bravo psicanalista, Elijah sapeva che, gli uomini possono attingere a numerose cose per sentirsi meglio, riuscendo a estirpare in qualche modo, l’oscurità che sentono dentro, a volte l’attingono dalla lettura, a volte dalla musica, a volte dagli abbracci.
Ma il problema era complesso come capire se era nato prima l’uovo o la gallina.

Erano gli uomini che cercavano nella musica un modo per sentirsi meglio, erano LORO che chiedevano conforto e amore nella musica, chiedendo di essere coccolati dalle dolci melodie, o era la MUSICA, madre eterna consolatrice, che piena di compassione cercava di consolare gli animi tormentati degli uomini?
Forse avrebbe potuto essere una madre anche migliore di Esther, chissà.

Le lacrime stavano per fuoriuscirgli dagli occhi ma fece il possibile per far sì che non accadesse, non voleva farsi vedere piangere, avrebbero pensato che piangeva per una donna, è quello che pensano sempre tutti, quando vedono un uomo piangere. Mai pensa la gente che un uomo può avere l’animo spezzato per tanti motivi, non per forza per una donna.
E poi, come avrebbe potuto spiegare, che piangeva in realtà per un UOMO? Per una persona che forse era a un passo dall’incontrare finalmente?

La musica suonava senza sosta ma non riusciva a raggiungere il suo cuore.
Sentì quasi il bisogno, la necessità di chiedergli scusa…
 


“Ciao straniero. Cosa ci fa un ragazzo carino come te, tutto solo?”
Si destò come se fino a quel momento fosse stato immerso in una coltre di nebbia.
E vide una ragazza dai corti capell castani e sbarazzini e un sorriso malizioso ma non cattivo.
“Ciao anche a te, bella straniera, e tu che ci fai con tutta questa gente?”

La ragazza parve sorpresa e compiaciuta del sarcasmo del giovane.

“Questi sono i miei amici. Vedo che sei un falso timido. Il mio tipo preferito.” Disse avvicinandosi.

Elijah vide la bocca della ragazza contorcersi in un sorriso, forse sincero, ma titubante. Elijah sapeva che se qualcun altro avrebbe avuto l’ardire di parlare dei suoi “amici” avrebbe risposto in maniera sgradevole, probabilmente dicendo lui che non doveva permettersi di parlare dei suoi amici, ma lui era uno sconosciuto, e lei voleva essere gentile e non discutere, era una persona che non la conosceva e quando solitamente ti trovi davanti a persone che non conosci, vuoi mostrare il meglio di te, far vedere che non puntualizzi cose o non te la prendi per cose banali, errore comune tra la gente. Le classiche debolezze, ma gli fece tenerezza.
Sorrise, Elijah.

“Brindo ai tuoi amici.” Disse alzando il bicchiere di vino rosso, la ragazza aprì di più il suo sorriso, un sorriso sincero e si sedette vicino a lui a fianco alla sedia della discoteca. Il gruppetto che l’accompagnava, schiamazzava e di tanto in tanto lo guardava.
Elijah intercettò lo sguardo di un biondino, alto, con gli occhi chiari che lo fissava.

Si avvicinò di sfuggita.
“Il tipo ti importuna, Mary?” chiese sedendosi vicino a lei.
“Qui l’unico che mi importuna sempre, sei tu, Nick.” Disse lei ma gli elargì un sorriso carico di affetto.
Nick sorrise.

“Sei un tipo raffinato. Il vino rosso, davvero?” chiese lui.
Elijah lo guardò stranito e con la bocca semi aperta. Non sapeva bene cosa dire.
“Mi piace esserlo.”
Nick buffò ma gli rivolse uno sguardo che sembrò scrutargli l’animo.


“Beh, visto che ci ha già pensato Nick a presentarmi, lo faccio. Piacere, Mary.” disse lei tentando di intromettersi.
“Sono Elijah.” Disse lui ma continuando a guardare il biondino che manteneva un sorrisino sfacciato.
“Come strascichi bene questo nome. Sei francese?” chiese il biondino.
 
 
 


*

Il tempo passò molto in fretta in quella discoteca, Mary continuava ad andare avanti e indietro, ma poi tornava da Elijah con la scusa di una chiacchierata.
“Hai intenzione di invitarmi a ballare?” gli chiese poi ridendo.
“Certo! Scusami!” disse lui e ballarono sulla pista.
Da lontano, c’era Klaus che li guardava, con aria di finta indifferenza.

“Credo che il tuo amico ti stia spiando. Forse è il tuo ragazzo?”
Mary parve imbarazzata. “Ma scherzi? Che persona pensi che io sia?”
“Chiedo scusa, non volevo..”
Ma lei rise.

“Scherzavo! Che ti importa di lui..” disse intrecciando le mani al suo collo.

“Non sono abituato a essere fissato mentre ballo con una bella donna. Magari è un amico innamorato di te? Forse dovresti parlargli.”
Mary rise.
“Klaus? Il giorno che si innamorerà di una donna, si estingueranno i ghiacciai. Lui non si innamora, lui scopa e basta, perdona la volgarità.”
Elijah sembrava ancor più stranito.

“So cosa stai pensando, è vero, non fingerò che non ci fissa, ma Klaus non ragiona in questo modo e dubito fortemente che gli piaci tu. Si sente solo molto solo e ha sempre paura che lo abbandoniamo o cose del genere..”
“Lo?”
“Noi, i suoi amici.” Disse scrollando le spalle.
A Elijah sembrò quasi una specie di branco ma scelse di non dire niente.
“La solitudine è una brutta bestia, io ne so qualcosa.”
“Eppure non ti basta a farti piacere me.”
“Come?? Cosa..”

“Non mi tocchi nemmeno. Stai tranquillo, riesco a capire quando non piaccio a qualcuno..”
“Non è come credi..è che io..non sono fatto così..non ci provo..in questo modo..in discoteca..”

“Oh, sei un gentiluomo d’alti tempi? Di ristorante, fiori e cioccolatini, vero?”
Elijah restò in silenzio.

“Sì, immagino di si,ma anche se fosse così, io non sarei comunque il tuo tipo.” Sorrise. “Ma stai tranquillo, non voglio provarci con te, mi piaceva solo la tua compagnia..”

“Che è oggigiorno il miglior complimento che puoi fare a una persona..non esser dura con te stessa, vali più di quanto pensi..” disse Elijah prendendogli la mano e facendogli un baciamano.

Era buio ma gli sembrò che la ragazza arrossisse.
“Devo andare adesso. I miei amici mi aspettano.”
Elijah sapeva che non l’avrebbe rivista più, anche se aveva lasciato su di lei una bella impressione, ma gli umani non ragionavano così. Tantissime persone che lasciano un segno su di te, semplicemente lasci che scompaiono dalla tua vita.
 
 
 



*

“Ciao. Hai visto Mary?” fu la domanda inopportuna del biondino, arrivato ad un certo punto a sedersi vicino a Elijah al tavolino

“Credevo non la perdessi di vista. Non sei tipo il suo stalking o qualcosa del genere?” gli chiese Elijah, senza poter evitare un tono irritato.
Klaus sorrise. “Di cosa stai parlando? Ti ha detto qualcosa lei?”
“No, semplicemente ho notato che non ci hai perso di vista un secondo, può essere difficile conoscere una donna, sotto il tuo sguardo..”
Klaus ridacchiò. “Quindi l’hai persa e stai dando la colpa a me?”

“Non sto dando la colpa a nessuno! Tu mi hai chiesto dov’è la tua amica e io sono solo sorpreso che non lo sai, vista la tenacia con cui non l’hai persa d’occhio fino adesso.”
Klaus sembrava sia innervosito che incuriosito insieme.
“Se pensi che sia innamorato di lei, stai prendendo un granchio, è solo che mi preoccupo delle mie amiche..ma d’altrocanto tu hai dimostrato di essere diverso dagli altri..”
“In che senso?” gli chiese Elijah.

“Non hai fatto come tanti depravati che hanno cercato di portarsela a letto. Perché?”
Elijah lo fissò confuso e indignato.
“Non a tutti interessano le avventure di una notte.”

“Oh, capisco. Allora sei un romantico. Credevo si fossero estinti.”
 
Elijah lo fissò, quel ragazzo lo irritava ma lo incuriosiva anche.
“Sembri molto interessato alla mia persona, qualcuno potrebbe farsi strane idee..”
Klaus rise, una risata bella, genuina.
“Di solito a chi stalkero, chiedo almeno il nome..”
“Ti facilito il compito, mi chiamo Elijah”

“Klaus. Nicklaus!”

Qualcosa sprofondò nel suo cuore. Ma no, di sicuro c’erano molti altri Klaus nel mondo. Non era l’unico lui.
 



Rimasero per diverso tempo  a chiacchierare e Klaus gli raccontò un po' della sua solitudine, che cercava di arginare solo in parte grazie alla pittura, a quella sensazione di meraviglia che gli donava, restare li a guardare paesaggi meravigliosi non ancora toccati e contaminati dall’uomo.

“Una volta ho pensato di dipingere un cuore..” disse e fu la frase più bella che Elijah avesse mai sentito.

Tutto a un tratto fu grato a Mary, per avergli fatto conoscere Klaus e seppe con certezza quello che in fondo sappiamo sempre. I meccanismi del destino. Di solito le persone importanti si conoscono sempre grazie alle comparse, a qualcuno che compare nella tua vita  e magari non vedrai più ma che è di fondamentale importanza per farti conoscere qualcuno di molto importane per te. Le persone definiscono insignificanti le comparse, nei film muoiono subito, bruciano come stelle cadenti, una volta che hanno svolto il loro compito, scompaiono semplicemente e tutti si dimenticano di loro, senza mai sapere quanto sono stati importanti per il cosmo.

Era così ingiusto..

“Perché hai cambiato idea?” sussurò elijah.
“Temevo che venisse contaminato anche quello, una volta che fosse venuto reale sulla tela..” disse Klaus.

Elijah sapeva che Klaus parlava cosi perché soggiogato dall’alcool e che l’indomani non avrebbe ricordato o forse avrebbe ricordato e avrebbe rinnegato quelle parole , quei pensieri, ma Elijah gli fu comunque grato di avergli donato quel regalo, quelle parole erano il regalo. Anche se non si sarebbero più rivisti.
 
E lui continuava a bere dalla bottiglia di vino rosso che Elijah aveva con sé.

“Hai intenzione di finirla tutta?”
“Devo aiutarti a farlo. E poi la solitudine va condivisa.”
“Come sai che mi sento solo?”
“Non hai nessuno con te.”

“Puoi essere solo anche in mezzo alla gente.”
Klaus alzò la bottiglia e bevve direttamente dal collo.
“Brindo al romanticismo smielato.”
 
 
 
 
*

Qualche ora dopo, Elijah ormai solo, si aggirava nella discoteca, avvinto dalla tristezza e dalla compassione, vinto e soffocato dall’empatia.
Quel ragazzo gli aveva parlato dei suoi “amici” a dire la verità lui li chiamava “Ibridi.” Era più un club, un gruppo, Klaus adorava circondarsi di persone che definiva “branco” per sentirsi meno solo, per sentirsi parte di qualcosa.

Ma tutti finivano sempre per abbandonarlo e lui sentiva l’esigenza di aggiungere sempre nuovi componenti, e di tenere sotto controllo, quelli che già c’erano, per timore di restare senza.

Mary era davvero solo un’amica per lui,forse all'inizio lei aveva anche pensato a qualcos’altro, forse ci aveva addirittura sperato, forse era infastidita, forse a breve lo avrebbe lasciato, quando avrebbe trovato di meglio.

Elijah si sentiva disperato e triste per la sorte di un ragazzo talmente tanto solo da circondarsi di ragazzi che non erano davvero amici e che alla fine era sicuro, lo avrebbero lasciato. Era bravo a riconoscere le persone e l’esperienza di psicanalista , gli aveva fatto capire che più tenti di tenere incollato a te le persone più loro finiranno sempre per abbandonarti.

Altra cosa in cui gli esseri umani sono bravissimi, è il successo con cui riecono sempre a circondarsi di persone che finiranno sempre per abbandonarli. Una sorta di masochismo, quello delle persone, a cercare di farsi accettare e amare da persone egocentriche e narcisistiche che finiranno sempre per farli soffrire.
Elijah aveva sempre cercato di rimanere distaccato da tutte queste emozioni e di non farsi coinvolgere, per non impazzire, ma quell’uomo lo aveva destabilizzato.
Si sentiva disperato per la sua solitudine e l’aria era diventata stretta, d’un tratto irrespirabile, il locale troppo chiuso.

Sapeva che non l’avrebbe mai più rivisto ma gli dispiaceva comunque.
 
 
*

Ore dopo, qualcuno venne coinvolto in una rissa, Elijah ci mise un po' a capire chi era il responsabile, poi individuò il biondino, Klaus.
Le guardie del corpo lo avevano buttato fuori senza tante cerimonie.
Elijah si precipitò fuori da lui.

“Nicklaus!” gridò e subito avvertì un’emozione potente in lui. La prima volta che aveva chiamato il nome dello sconosciuto, a gran voce.
Elijah?”

La voce era sorpresa, ma stanca. Lui era accasciato su uno dei gradini.

“Sei ubriaco? Ti sei fatto buttare fuori..” non era una domanda.
“Sarà tutto quel vino..o tutto quel romanticismo scrosciante..” rise.
“Trovi divertente come ti sei ridotto? Devi aver bevuto più di quello che pensavo.”

“La tua preoccupazione mi fa ridere.  Ai miei cosiddetti amici non importa come sto, se ne sono andati tutti, dopo un litigio banale, alla rissa neanche c’erano..eppure TU..uno sconosciuto..dovresti preoccuparti? Scusa se trovo la cosa esil…”
Non potè continuare perché vomitò sull'asfalto.
 
Elijah lo guardò con uno sguardo misto a pietà, poi tirò fuori un fazzoletto e glielo porse.
“Ecco,tieni, asciugati.”

Klaus guardò il fazzoletto con meraviglia.
“Oh,ma allora avevo ragione che sei un piccolo Lord!” disse sorridendo,accettando l’invito.

“Mia madre diceva sempre che non importava come fosse la tua anima,se le tue mani erano pulite, potevi far pensare agli altri che anche la tua anima lo fosse.. forse l’unica cosa che gli ho dato ragione..” disse con una sfumatura triste.

“Adesso ho capito da chi hai preso la vena x le metafore..” disse Klaus.
Non sai quanto ti sbagli..

“Mi dispiace per il comportamento dei tuoi amici..” disse Eljah.

“Perché preoccuparmi di loro,quando ho TE?” chiese Klaus sarcastico ma qualcosa tuffò nel cuore di Elijah.
Subito dopo,crollò tra le sue braccia. Elijah dovette sostenerlo.

“Klaus? Tirati su. Klaus! Svegliati!” lo richiamò Elijah.                                          
 
In quel momento, Elijah prese la decisione che gli avrebbe cambiato la vita.

Lo portò a casa sua.
 Si chiese, distrattamente, quale fosse la prima emozione, il primo suono dell'uomo.

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Capitolo 3
*** La prima volta che ho portato Klaus a casa mia ***


Klaus era stato straordinariamente docile nel lasciarsi trasportare da Elijah, in macchina e poi farsi trascinare fin nel suo appartamento.
Anche se continuava a lamentarsi.

“Spiacente, principessa, sei troppo pesante, per farti portare in braccio. Almeno credo.” Disse, forzandolo a sdraiarsi nel suo letto.
“Sei prepotente..” biascicò Klaus,prima di addormentarsi.
“E tu sei ubriaco.” Disse Elijah sorridendo.

Restò diversi minuti a guardarlo dormire, prima che potesse venirgli in mente, che non era educato osservare la gente quando dormiva.

Si alzò dalla sedia e il suo sguardo corse verso la mano del ragazzo. Era un po' screpolata, come se fosse rimasta al freddo per troppo tempo.
La accarezzò con le dita, ma smise subito,fece per andar via, ma ci ripensò, e si soffermò ad accarezzargli un braccio, quasi come ad alleviargli il sonno, come si fa con i cuccioli indifesi.
 
Fece per allontanarsi e lasciare quel contatto, ma quando ci provò, inaspettatamente Klaus gli prese la mano.
Elijah sgranò gli occhi, ma Klaus stava ancora dormendo o almeno così sembrava.

Restò li per quelli che parevano minuti interminabili, con la mano poggiata sul letto,stretta in quella di Klaus. Elijah non aveva il coraggio di muoversi, con la mano di Klaus stretta tra la sua, temeva di svegliarlo,che gli chiedesse che cosa faceva li..
Temeva di guastargli il sonno..

Per il tempo che restarono cosi, Elijah pensò che forse era il livello di intimità più ravvicinato che aveva avuto con una persona, quando sentì di non poterlo più sopportare,allontanò delicatamente la mano, dalla sua, piano.
Klaus lo lasciò andare, non fece resistenza.
Elijah sospirò.
Sai come mettere a disagio le persone, ragazzo..
 
 
Si incamminò nella stanza che aveva adibito a ufficio. Sentiva il bisogno di buttare giù delle righe.

Ripensò a quello che gli aveva urlato contro Kol, una volta.
Tu sei incapace di prenderti cura degli altri, Elijah!!

Decise di scrivere sul suo quaderno.

Ti sbagli, Kol.Ti sei sempre sbagliato!

Io riesco a prendermi cura degli altri,stasera ho raccolto uno sconosciuto, ubriaco..l’ho portato a casa mia e mi sono preso cura di lui. Ti sbagli su di me.

Questo lo fece riflettere anche su un’altra cosa.
E lo scrisse.
Se non fosse stato che il suo nome somigliava tanto a quello del fratello che cerco,l’avrei fatto comunque? Se non avessi avuto il minimo dubbio che potesse essere lui,l’avrei accolto comunque in casa mia? Questo dubbio mi tormenta. Così come quello di essere davvero una brava persona o di voler solo che gli altri lo credano..

Ripensò al suo sorriso,alprimo incontro, il primo sguardo.
A come aveva detto:
“Come strascichi bene questo nome. Sei francese?” 

Si, forse l’avrei fatto.
 Lo pensò, ma non lo scrisse.



 

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Capitolo 4
*** Ti andrebbe di essere un mio paziente? ***


Elijah aveva deciso di dormire nel suo studio, mettendosi un materasso poggiato sul pavimento e dormendo con una coperta indosso.
Era incredibile. Aveva addirittura ceduo il suo letto a uno sconosciuto e l’aveva portato a casa.

Contrariamente anche alle sue previsioni , riuscì a dormire, gli dispiacque solo di non poterlo più vedere e controllare.

Sperò non scappasse nel mezzo della notte senza salutarlo o che non pensasse che fosse un maniaco o qualcosa del genere.
 
L’indomani mattina, il suo sonno venne interrotto da uno sfrigolio invitante di caffè e altri aromi.
Non poteva essere…

Si precipitò subito a controllare e vide la cucina e il salotto talmente limpidi e puliti che sembravano quelli della pibblicitò, addirittura li vedeva BRILLARE, come se qualcuno ci avesse spruzzato addosso una polvere di stelle.



Alzò il capo e vide la versione positiva dello sconosciuto ubriaco dell’altra sera, spegnere il pentolino del latte e versarlo in un paio di scodelle.

Sulla tavola, c’erano delle fette biscottate alla ciliegia, pane imburrato, succo d’arancia e brioches che sembravano appena sfornate.
“Cosa..cosa significa..?”

“Oh, ben svegliato bell’addormentato. Le brioches sono andato a prenderle al bar qui all’angolo, per la marmellata, beh, non ce n’è stato bisogno. Sei un appassionato per caso? Ho trovato quattro diversi tipi di marmellata. Personalmente credo che proverei quella ai LAMPONI.” Disse sorridendo aprendo un barattolo.

“Ehi, aspetta, non si apre più di un barattolo per volta.” Disse Elijah guardando la marmellata di ciliegia aperta e spalmata sulle fette biscottate.

“Oh, quella non mi piace.” Disse Klaus facendo spallucce. “Ma forse piacerà a te.”
Elijah si sedette corrucciato.
“Ti piace?" mormorò dopo un po'.

“Direi di sì.” Disse Klaus estasiato e cominciò a mangiarne un po' dal barattolo.

“Prendi sempre tutto quello che ti piace?” disse Elijah rendendosi conto dopo del doppio senso.
Klaus gli fece un sorriso malizioso.

“Dipende. Come hai..passato la notte?” chiese un po' incerto.
Elijah lo fissò.

“Bene. Ma a proposito..le pulizie..perchè l’hai fatto? Non dovevi..”
“Elijah, mi hai ceduto il tuo letto..era il minimo che potessi fare..”
“La colazione sarebbe bastata, davvero, non c’era bisogno.”

“Mi dici come hai dormito? Hai detto bene ma dubito se l’hai passata su un materasso per terra.”
Elijah si sentìì imbarazzato.
“Mi hai guardato dormire..”
Klaus sollevò le sopracciglia.

“Perché, tu no? Mi hai portato tu qui. Mi dispiace per il disturbo.”
“Per me non lo è stato!” disse Elijah.
Klaus lo fissò.

“Sei strano, Elijah, hai fatto questo per uno sconosciuto. Perché? Avrei potuto essere un maniaco, un assassino. Neanche mi conosci. Perché mi hai fatto entrare in casa tua?”

“Tutte queste cose avresti potuto pensarle di me ma hai scelto comunque di fidarti e seguirmi, questo mi ha fatto capire che ho scelto bene.”
Klaus continuava a fissarlo come se fosse un alieno.

“Senti..mi sei sembrato così indifeso..così..fragile..ieri sera..so cosa si prova quando i tuoi amici ti..abbandonano..e..”

Klaus si alzò da quella tavola come se la sua sedia si fosse bruciata.

“Io non voglio la tua pietà! Non voglio la pietà di nessuno!!”

Elijah avrebbe potuto negare, rispondere che non era pietà o altre banalità simili, ma lui era diverso da chiunque Klaus avesse mai incontrato.


“Se non la vuoi, non dovresti andare in giro trasmettendo queste vibrazioni!!”
“Quali vibrazioni??” chiese Klaus sconvolto.
“Le vibrazioni di un uomo che ha bisogno di essere salvato, aiutato!”

Klaus lo guardò, i pugni chiusi, una rabbia cieca sul suo volto.
“Ma chi sei tu? Il nuovo messia per caso?”
“No. Solo uno che è molto bravo a capire la gente. Uno..psicanalista.
 
A quelle parole, Klaus lo guardò a bocca aperta e fece per andarsene.
“Klaus! Aspetta, Klaus!!”
Elijah lo rincorse fino fuori.


Non andartene, ti prego!!”
“Perché?? Io non sono niente per te, solo l’ennesimo caso da risolvere! Da aiutare! Riceverai un nobel quando arriverai al milionesimo? Avrai un posto speciale in Paradiso? Beh, sono contento per te, ma noi comuni mortali..”

“Non mi sono mai portato il lavoro a casa prima d’ora.” Disse Elijah precipitoso.
Klaus lo fissò.

“Non ho mai..raccattato gente..così, per strada..in discoteca..non è deformazione professionale..forse è solo che..condividiamo la stessa solitudine..”
“Che vuoi dire?”

“Tu ti senti abbandonato dai tuoi amici, lo trovo confortante quasi, visto che io non ne ho mai avuti..”
 
Ci fu un silenzio carico di tensione, poi Klaus scoppiò a ridere.

“Sei geniale. Un discorso perfetto, ci stavo quasi cascando. È così che fate tutti voi strizzacervelli, cercate di buttarla sulla complicità, ci fate sentire meno soli, compresi, vi uniformate quasi a noi, e poi BOM andate tutti dritti al punto. Che ne diresti di raccontarmi cosa ti fa soffrire? Questi trabocchetti mentali li h sentiti così tante volte da saperli riconoscere. Ma io non ci casco. Grazie dell’ospitalità..e della compagnia..dell’aiuto e..di tutto. Ma non ho bisogno di uno strizzarcervelli.”
 
Questa volta se ne stava andando davvero, ma la voce di Elijah lo turbò quando arrivò alle sue orecchie.

“I miei fratelli non mi vedono come un angelo! A differenza tua, loro non pensano che io a andrò in paradiso, quando morirò.”
Klaus si voltò, sconvolto, la bocca semi aperta.

“Mia sorella minore crede che non sappia amare e che non esista amore nel mio cuore, mia madre ha sempre disprezzato quello che faccio e ha sempre detto che non posso aiutare nessuno perché non conosco la VITA”
Klaus era sconvolto ed impietrito sul posto.

“Ma io vado avanti lo stesso a fare quello che faccio, non si pensa mai che anche uno psicanalista possa avere un vuoo dentro e possa desiderare di sentirsi..utile. indispensabile. Forse non andrò in paradiso, ma allevierò le mie pene su questo nferno pertanto che io ci vivrò.”

 “Perchè mi stai dicendo queste cose? Vuoi farmi sentire in colpa? Si può sapere che cosa vuoi da me? Non ci conosciamo neanche, siamo due sconosciuti.”

“Perché voglio che tu capisca, Nicklaus, e comunque siamo tutti sconosciuti su questa terra. Ah, stavi andando via senza prendere la giacca.” Disse rientrando.
 
 
Quando tornò dentro, prese la giacca di Nicklaus che era rimasta nella sua stanza sulla sedia.

“Senti,mi dispiace se sono sembrato un ingrato, non era mia intenzione..” disse Klaus in maniera scorbutica.

“Aiutare gli altri è nostro compito, pretendere anche di ricevere gratitudine e felicità per questo, è andare solo in cerca di illusioni. La giacca, Nicklaus.”
Klaus continuava a guardarlo di sbieco senza prenderla.
Elijah sospirò.

“Quello che accade anche tra migliori amici. Ciascuno crede di dovere avere l’ultima parola o che le sue parole siano più importanti dell’altro..” disse amaramente.

“è solo che per me è così strano! Non ho mai compreso e capito fino in fondo il vostro lavoro, ok, fate stare meglio, forse, quando ci riuscite e quando qualcuno di voi è maledettamente bravo, a guarire temporaneamente la depressione di un malato, ma poi la depressione, quell’oscurità cieca che ci divora tutti prima o poi, è sempre in agguato e tornerà sempre, non esiste una guarigione dall’oscurità..”
Klaus lo guardava come a supplicarlo di dirgli che invece c’era.

“A volte tracce di quello che fai, e perfino delle parole che dici, creano come un solco sul terreno. A volte quei gesti e quelle parole, rimangono impressi nella mente e nel cuore della gente. Se grazie a questo, puoi far felice qualcuno, che sia per sempre o per pochi attimi, non sarà tempo speso invano..”

“Per sempre? Il per sempre non esiste, Elijah. “

“Ti sbagli, Nicklaus. Il per sempre esiste, e a volte dura anche per pochi attimi.”

Lo sguardo fiero di Elijah per pochi secondi ferì gli occhi di Klaus.
Gli sembrò che durasse un’eternità.
 


“Hai..una penna?”
“Prego?”
“Una penna. Una dannatissima penna!”
“Credevo avessi fretta di andartene.”
“Prima di farlo ho bisogno di una penna.”
 
Con il cuore che gli batteva come un tamburo, all’improvviso, Elijah andò a cercarla in un cassetto del comodino in salotto e gliela porse.

“Non hai anche un..biglietto da visita o qualcosa del genere?”
Il cuore di Elijah perse un battito.
“Ma…”
“Sbrigati prima che cambi idea!!”
 
Elijah volò per prendere il biglietto nel suo studio.

“Non ho capito a cosa ti serve la penna però.”
“Era se non avevi nessun biglietto.”
Elijah lo guardò scetttico.

“O forse no.” dicendo cosi gli prese la mano per scriverci su, e Elijah sentì la mano formicolare nel punto dove Klaus l’aveva afferrato.
Gli scrisse un numero di telefono.

“Un bravo psicanalista non può esimersi dal chiamare un paziente.” Disse lui.
Il cuore di Elijah fece una capriola.

“Senti, se è a causa di quello che ti ho detto..non devi..non è un gioco, se non sei convinto non funzionerà.”

“Smettila e godi dei tuoi successi, per una volta, non mi era mai capitato di sentire di uno psicanalista che si sentisse inutile. Mi hai incuriosito. Voglio conoscerti e se devo donarti la mia frustrazione per questo, beh, sarà uno scambio equo.”
Elijah lottò contro l’impulso di arrabbiarsi o di scoppiare a ridere.
“La terapia non concerne parlare di me.”

“Ti sbagli, Elijah. Quando ti porti un uomo a casa non hai più diritto di dettare le regole sui confini della privacy, è la dura legge della vita e della nostra amicizia appena nata. Se mi conoscerai meglio scoprirai che non do mai niente di me a gratis. Klaus Mikaelson.

Il cuore di Elijah sprofondò ma per dei motivi molto diversi stavolta.

Era lui. Aveva trovato suo fratello.

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Capitolo 5
*** Hai abbandonato anche lui, che persona sei, Mikael? ***


Niklaus era in anticipo, pensò Elijah quando lui arrivò.

“Allora, dove devo sistemarmi per farmi strizzare il cervello??” chiese il biondino, entrando nella casa.

Aspetta cosa? Pensò Elijah. C’era qualcosa di sbagliato e tutto sommato non potè fare a meno di trovarlo simpatico.

“Dovevo aspettarti nel mio studio.” Disse lentamente cercando di non farla trasparire come un rimprovero.

“Beh, ho pensato che per rompere il ghiaccio, sarebbe stata meglio una cosa più informale.” Disse il biondino seduto sul divano.
Elijah ridacchiò.
“Non sono i pazienti a dettare le condizioni, Nik.”

“Oh, scoprirai che io non sono come gli altri a cui hai strizzato la mente..”
Oh, lo so bene…

“Soprattutto dal momento che mi hai chiamato Nik? Chi te la da questa confidenza?”
“Perdonami, io non volevo..” disse imbarazzato.

“Chiamami Klaus.” Disse il biondino sorridendo.

Quest’uomo mi farà diventare pazzo, lo so..
 
 
 

*

Elijah era andato nel suo studio verso le 16:00, dopo che Klaus gli aveva fatto quell’improvvisata a casa, un’ora prima.

Quando era arrivato nello studio si era sentito come in uno stato febbrile. Doveva arrivare in fetta allo studio, Klaus lo stava aspettando. Anzi, lo stava aspettando da addirittura un’ora! Aveva così fretta della seduta che gli aveva fatto un’improvvisata a casa! Scoprì di comportarsi come se quella loro prima seduta fosse un appuntamento. Non voleva deluderlo o metterlo a disagio. Si era fidato, aveva deciso di dargli una possibilità, voleva che fosse tutto perfetto.

Respira, Elijah…. Pensò,tirando fuori il fiato.

E aspettò. Cogliendo l’occasione per sistemare alcuni soprammobili della scrivania.
 
Quando Klaus arrivò, un quarto d’ora dopo, buttò la giacca sulla sedia e si mise a sedere sul divanetto.

“Finalmente! È un’ora che aspetto.”
Elijah sorrise. "Considerando che sei venuto addirittura  a casa mia, mi va di crederti.”

“Oh, ho aspettato anche fuori dallo studio. Te la sei presa comoda, non eri qui mezz’ora fa.”
Elijah aprì la bocca sorpreso, Klaus scoppiò a ridere.

“Oh, dovresti vedere la tua faccia., Rilassati, sono andato a fare un giro. sono arrivato adesso.”

Elijah si chiese se fosse la verità, ma sorrise. “Ti diverti molto con me, vedo.” Disse studiando bene le parole.

Klaus si mosse un po', sembrava indeciso se quella fosse una cosa positiva o negativa e Elijah non aveva detto troppo appunto per non farlo chiudere.

Aveva notato subito come, Klaus si fosse seduto sul divanetto invece che davanti alla scrivania, aveva capito con la sua improvvisata, di essersi sposto troppo e voleva aumentare le distanze.
 
“Mi ha fatto molto piacere che tu sia venuto a trovarmi a casa, Nik.”

Klaus sbuffò. “Se fosse stato così, saremmo rimasti lì.”
“Questo è il mio studio, ti chiedo di rispettarlo.”
Un’occhiata intensa tra di loro.
Elijah si sbrigò ad addolcire i toni.

“Sai, nessuno mi fa mai di queste improvvisate. Non so mai come comportarmi, non ti ho fatto nemmeno un caffè.” Disse andando alla macchinetta.
Klaus lo guardò incuriosito.

“Perché? Non sembri un tipo non ospitale. Considerando che..raccatti sconosciuti nelle discoteche..”

“Ecco.” Disse Elijah offrendogli il caffè e decidendo di non rispondere alle provocazioni. Aveva avuto abbastanza esperienze per capire che Klaus voleva un’altra volta essere rassicurato sul fatto che lui fosse l’unico con cui l’aveva fatto, ma non l’avrebbe fatto, aveva capito anche che, quando assecondi troppo qualcuno, la prima volta che non lo farai, genererai un meccanismo come di abbandono nella “vittima” . Se lo fai una volta, devi farlo sempre, e se poi non lo fai più, sei crudele, non abbastanza sensibile. E poi non serve davvero ad aumentare l’autostima di qualcuno. Se non ti vuole credere, non ti crederà, non importa quello che tu dirai. Se vuoi aiutare qualcuno, devi mostrarti forte, se sei troppo accondiscendente, gli altri ti vedono come debole e non in grado di aiutarli.
“Non rispondi?” chiese Klaus con una punta di impazienza.

“Non ho molti parenti che vengono a trovarmi  a casa, anzi,da quando mi sono trasferito qui, non sono mai venuti.” Disse Elijah sapendo molto bene a cosa voleva che rispondesse e bevve anche lui del caffè. “

Klaus stava già per fare domande, ma Elijah lo interruppe.

“Parlami di tuo..padre..” Klaus sembrò impallidire. “E di tua madre” aggiunse poi, maledicendosi per tanta stupidità.

“Mio padre…era un bastardo ossessionato. Ha sempre preteso da me il massimo, ma il massimo non era mai abbastanza. Poi se n’è andato. Spero sia morto.”
“Da quanto tempo?”
“Prego?”
“Quanto tempo è rimasto con te e tua madre?”
Klaus sbuffò.

“è un anno che non ho notizie di lui. Ma la sua torrida presenza..mi sembra di averla sempre accanto a me…senti, questo è stato un errore, credo che..” disse Klaus, alzandosi precipitoso.

“Dovremmo andare a fare un giro.” disse Elijah alzandosi.
Klaus lo guardò stupito.
“Cosa?”
“Tu hai bisogno d’aria e anch’io.” Disse Elijah, lanciandogli la giacca.

Klaus lo guardò sorpreso.
“Cos’hai?”
“Niente. Perché?”
“Stai mentendo. Sei turbato. Ma non capisco perché.”

“Io..voglio solo fare un giro insieme. Prendi la giacca, andiamo in un bar.”
 
Hai abbandonato anche lui..che razza di padre è ,uno che abbandona due famiglie e una caterva di figli?

Che tu sia maledetto, Mikael.
 






















Note dell'autrice: mi sto rendendo conto che sto andando in difficoltà con questa storia, quindi perdonatemi se nel prossimo capitolo ci sarà un qualche salto in avanti e non racconto pari passo la crescita del loro rapporto, ma lo mando avanti di qualche giorno.
La difficoltà è data dal fatto che non sono abituata a raccontare di una madre di Klaus che non è Esther, quindi faccio fatica, ma prometto che cercherò di esplorare più che posso, il rapporto invece con il padre di Klaus, e ce ne saranno delle belle.
Lo so cosa vi state chiedendo: Elijah non dice a Klaus che è suo fratello?
Ecco, nel prossimo capitolo, parleremo esattamente di questo.
Scusate se questo capitolo sembra un po tirato per le righe, ma non sto bene, sono raffreddata e la mia mente rallenta anche più del solito xd

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Capitolo 6
*** Che cosa saresti disposto a fare per me? ***


Erano passati alcuni giorni e il loro rapporto, quella strana amicizia, continuava.

Erano in un bar adesso ed Elijah moriva dalla voglia di dire a Klaus che era suo fratello. Aveva fatto delle ricerche più approfondite e aveva scoperto che era davvero suo fratello, Mikael era il padre biologico di entrambi e Klaus era così perso..così solo..ispirava protezione,desiderava proteggerlo, stargli accanto, fare un lavoro migliore con lui, rispetto a quello che aveva fatto con i suoi fratelli.

Il suo cuore batteva come un tamburo e non si rese conto che Klaus lo guardava con un’aria mista a pietà e disapprovazione mentre Elijah raccontava di come avesse un brutto rapporto con i suoi fratelli.
Erano davanti al bancone a bere, Klaus d’un tratto se ne uscì con un:

“Meno male che non ho fratelli!!”

Elijah quasi si strozzò con il whisky ma si impose di restare calmo.
“Perché dici così? Magari avrebbe potuto alleviare la tua solitudine..non badare alla mia famiglia, non sono tutte così.” Disse Elijah con una punta di speranza. “Esistono anche fratelli amorevoli, sai, che si prendono cura di te.”

“Nessuno può amarmi e nessuno è così stupido da provarci. Inoltre..mi dicono che ho un brutto carattere, se avessi avuto dei fratelli, molto probabilmente, gli avrei piantato un paletto nel cuore.” Disse svuotando il suo bicchiere.
Elijah era lì a guardarlo, con il cuore spezzato.

Forse Klaus non stava dicendo una metafora, ma la pura verità, e questo paletto di cui parlava, gliel’aveva appena ficcato nel cuore.
Cos’altro poteva essere se no, quella punta di dolore che sentiva macerare dentro, all’altezza del cuore?

“Davvero non ne hai mai desiderato uno?” chiese Elijah.
“No, assolutamente. Voglio dire, ho dei genitori schifosi, perché estendere lo schifo ad un altro elemento della famiglia? “

“Allora ragionando come te, anche io sono come i miei fratelli.”
Klaus fece un sorriso che poteva voler dire tante cose.

“Credo tu sia una pecora bianca,a volte nascono. Se io avessi avuto dei fratelli come i tuoi, li avrei pugnalati al cuore e lasciati nelle bare.”
“Non dirlo troppo ad alta voce o qualcuno potrebbe prenderti sul serio e arrestarti.”

“Oh, vero..ma io..ho te, no? Tu mi difenderesti.” Gli disse all’orecchio.

Elijah tremò visibilmente nel punto in cui Klaus gli aveva sussurrato.

“Sono uno psicanalista, non un avvocato.”
“Quindi stai dicendo che non lo faresti..per me?”
Elijah lo guardò senza parole, ammutolito.

“Se fossi un assassino sanguinoso, mi proteggeresti?” chiese con un sussurrò divertito.

“Ci conosciamo appena da una settimana, non credi sia un po' prematuro chiedermi cosa farei per te?” chiese Elijah sarcastico, ma il suo cuore aveva accelerato.

“Il tempo è una cosa relativa e molto sciocca, potresti conoscermi da mille anni e non voler fare assolutamente NIENTE per me,se non desideri fare qualcosa subito per qualcuno, non la farai mai..”
“Secoli di psicoterapia e di studi sul comportamento umano, potrebbero smentirti..” disse Elijah ma già nel momento in cui lo disse, non ne era più così sicuro.

“Tu che cosa faresti per me, Elijah?” chiese suadente Klaus.
“O- ohhh. Siamo passati dal tu lo faresti per me, a direttamente cosa faresti per me. La domanda si è evoluta.” Disse Elijah ironico ma con una punta di agitazione.
Klaus scoppiò a ridere.

“Hai evitato di rispondere alla mia domanda!” disse divertito.

“E non lo farò.” Disse Elijah alzandosi e rimettendosi la giacca. “Questo non è il mio studio e non siamo abbastanza ubriachi per questa conversazione.” Disse infilandosela.
 
Fece per incamminarsi e Klaus gli si affiancò, mettendogli un braccio attorno al suo, irrigidendo Elijah a quel contatto improvviso e confidenziale, senonchè intimo.
“Hai già fatto qualcosa per me.”

“Uhhh davvero. Ora addirittura viaggio anche nel tempo.” Disse Elijah

“Sì. Hai evitato di rispondere. Nessuno l’aveva mai fatto prima d’ora. Grazie.”

Elijah si ammutolì del tutto.
 

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Capitolo 7
*** Perchè non possiamo amare chi ci ama ***


Un’altra seduta, un altro giorno.
Stavano ancora parlando del padre di Klaus.
Elijah ascoltava attentamente. Ogni parola, ogni frase, era una stilettata al cuore.

Klaus si sbottonava sempre di più, raccontando del suo rapporto difficile con il padre.
Raccontava di quando lo picchiava, perché era una delusione con il judo, o perché non era andato in guerra come soldato.

Raccontò di come si fosse infuriato e aveva gettato i suoi disegni.
Raccontò di come le avesse prese quando aveva scoperto che aveva nascosto i suoi libri per non farglieli trovare per evitare che buttasse anche quelli.
Li aveva nascosti da un amico.

“Non raccontare balle, tu non hai amici!!”
Le aveva prese anche quel giorno, ma non era riuscito a scoprire dove fossero.
 

“Un giorno gli chiesi perché mi aveva sempre odiato e lui rispose che non lo sapeva, l’aveva fatto e basta. Da quel giorno fu la fine del nostro rapporto. Elijah, ma…che cos’hai?”

“Io..niente..è solo che..” disse Elijah asciugandosi gli occhi.
“Elijah, smettila subito! Io non ti ho raccontato il carattere di quel disgraziato per questo. Nemmeno mia madre piange per me. Smettila SUBITO.”

“Puoi dirmi cosa fare ma non cosa provare, Klaus.” Disse alzandosi dalla sedia e abbracciandolo.
Klaus restò paralizzato sulla sedia.

“Non devi piangere per quel mostro. Io vorrei che fosse morto.”
“E io vorrei averlo ucciso io.” Disse Elijah ancora abbracciato a lui.
Klaus avvertì un brivido attorno alla sua schiena.

“Elijah, Elijah..” disse, scostandolo delicatamente da lui e guardandolo vicinissimo. Eramo così vicini che avrebbe potuto contargli le lacrime sul viso. Le trovava cosi belle sulle sue ciglia.

“Questo sta andando troppo oltre, Elijah..che stia male io è un conto, ma tu..non posso sopportare..”
“Che cosa non puoi sopportare?”

“Io..gli psicanalisti non dovrebbero piangere per i propri pazienti.” disse mentre Elijah si alzava e cercava di ricomporsi.
“Ma a volte lo fanno.” Sostenne Elijah.
Klaus deglutì. “Dopo questo..lo odio ancora di più..”
“Klaus..no..”

“Non dirmi no, Elijah..che pianga io..è un conto..che stia male io..è un conto..ma tu..non dovresti..quindi non dirmi che non devo odiarlo..”

“Cazzo” disse Elijah, prendendosi un fazzoletto. “Sono un disastro come psicanalista, io dovrei aiutarti a riprendere un rapporto con tuo padre, non il contrario.”

“Il solo modo che hai per aiutarmi, è disprezzarlo con tutto te stesso.” disse con un sorriso Klaus. “Certo, magari senza piangere.” Aggiunse.
Elijah fece una risatina.

“Sai, Klaus..non posso fare molto per questo, ma credo che tu meriti una spiegazione migliore di quella che ti ha dato lui..”
“Cosa sarebbe? Quale spiegazione?”

“Tu hai chiesto a tuo padre perché non ti ama..io penso che le persone non amino mai..quelle che dovrebbero..e amino sempre quelle che non dovrebbero..”
Klaus lo scrutò in viso duro.
“A chi ti stai riferendo? A me o a ..te..?”

“A entrambi.” Disse Elijah muovendosi a disagio. “Io..non ho mai amato i miei fratelli..ci ho provato..malgrado..non..non ci sono riuscito..non ci riuscivo ad amarli solo perché erano miei fratelli..non sto dicendo che è giusto..” puntualizzò perché Klaus sembrava sul punto di infuriarsi..” Il mondo è pieno di persone che soffrono perché amano quelle che non li ricambiano, se tutti noi amassimo solo le persone che ci vogliono bene e a cui importa di noi..non esisterebbe più dolore nel mondo e vivremmo nell’Eden in Terra.”
 
Silenzio. Poi Klaus parlò ancora ma con una punta di esitazione:

“Perché credi che succeda, Elijah? Perché noi tutti non amiamo solamente chi ci ama? Perché le persone da cui desidereremmo amore, non ci ricambiano solo perché noi li amiamo?  Non rispondermi da psicanalista, te ne prego, Elijah.”
Elijah sospirò a lungo.

“Una volta avevo letto su un sito internet : Non amavo me stessa abbastanza per lasciare che qualcun altro mi amasse. (NB: citazione da qualche film di cui non so il nome )
Klaus lo osservò con attenzione.

“Chi non si ama, non ama il suo prossimo. Tuo padre era un egoista, Niklaus.”
“Certo, dimmi qualcosa che non so.”

L’egoista si vuole bene in modo sbagliato, ama il suo prossimo come se stesso, ma non amando se stesso, non ama neanche il suo prossimo.” Disse Elijah. (NB: citazione presa da "L'ultima riga delle favole )
Klaus era basito.

“Mio padre non si amava? Mia madre..lei..”
“Tua madre l’ha tradito, Niklaus.”
Perchè era un bastardo! Se l’è meritato, ma poi è rimasta!! Questa non è una dimostrazione?”

“Oh, Niklaus..credi davvero che tutte le coppie che rimangano insieme, si amano?”
Klaus era senza parole.

“Tuo padre ODIAVA tua madre perché si era resa conto che poteva amare qualcun altro meglio di come poteva fare con lui, e odiava sé stesso perché aveva fallito più volte in una cosa che si era prefissato. Farsi amare. E odiava anche TE, perché non capiva il tuo amore. Come potevi tu, amare una persona tanto ripugnante? E non lo comprendeva. L’affetto di una persona può sembrarci incomprensibile, perché non combacia con l’idea che abbiamo di noi stessi e quando le persone non ci rimandano la stessa immagine che abbiamo di noi, possiamo fare due scelte. Amarle o odiarle. A seconda di cosa pensiamo di meritare.”

“E lui mi ha odiato..l’ho fatto e basta, diceva.”
“È stata una sua scelta. Nessuno gli ha detto di farlo. Non è colpa tua, Klaus.”
“Stai..stai dicendo un mare di stronzate..”

“Perfino in questo momento stai dimostrando che ho ragione. Tu mi respingi perché non confermo l’immagine che hai di te stesso..tu vuoi che io ti dica che sei un figlio orribile e che per queso tuo padre ti odiava..ma non posso farlo..perchè non esiste motivo, per cui le persone ci amino o ci odino, a parte i sentimenti che ci arrivano o ci trasmettano, senza il nostro volere o il loro, ma non possiamo controllare le vibrazioni che emaniamo..vedi, Klaus..”

Basta!! Qualunque cosa io abbia emanato, era sbagliata, ok?? Altrimenti lui non mi avrebbe odiato. Fine della storia.” Disse Klaus con gli occhi lucidi.
Silenzio.

“Dai per scontato che quello che emanavi era oscurità, ma non sempre è così, Klaus. Molto spesso le persone che ci respingono, lo fanno perché non possono sopportare la nostra luce.”
Klaus era ammutolito.

“Perché qualcuno dovrebbe rifiutare l’amore? Non ha senso?”

“Desideriamo quello che pensiamo di meritarci, vedi Klaus..” disse e gli prese le mani. “Se bastasse offrirlo, se bastasse donarlo, ma non sempre le mani ed il cuore, sono pronti a ricevere l’amore “ (citazione presa da internet )

Klaus si imbarazzò  e sentì infiammare nel viso. Tolse le mani da lui.
Elijah si pentì di quel gesto avventato.
“Devo andare. Adesso.”
 
Elijah sospirò.
“Elijah?”
“Sì?”

“È stato..illuminante.
Elijah gli sorrise.
“Elijah?”
“Si?”

“Credi che io..sia pronto a essere amato?”
Elijah tentennò.
“È quello che speriamo di scoprire.” Rispose sorridendo.






















Note dell'autrice: alcune citazioni sono prese dai libri, alcune spiegazioni sono mie, l'argomento del non esser amati e essere rifiutati mi ha sempre affascinato, essendoci passata io in prima persona, per evitare di intasare le note, ho deciso di scrivere direttamente nel testo quando le citazioni sono prese da qualche libro.

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Capitolo 8
*** Pattinaggio sul ghiaccio ***


Avviso: Elijah ha 30 anni e Klaus 25





Quando Klaus era uscito dall’Università e aveva trovato Elijah attenderlo nel cortile della scuola, era rimasto esterrefatto.
“Che ci fai tu qui?”

Elijah sorrise. Con lo zainetto a tracolla e la sua espressione sorpresa, suo fratello sembrava così piccolo e buffo. Tenero.
“Pensavo di farti una sorpresa.” Gli disse avvicinandosi a Klaus.
“Non ti avvicinare.” Disse Klaus guardandosi intorno.
D’un tratto sembrava a disagio e Elijah si fece corrucciato.

“Qual è il problema, Klaus?”

Tutto.” Disse il minore, allontanandosi e poi voltandosi verso di lui. “Come hai fatto a trovarmi?”
Elijah sorrise.
“Un certo piccolo mostriciattolo, ha deciso di non rivelarmi che faceva l’università.”

“Non avresti dovuto saperlo o meglio non ne avevi il diritto.”
“Perché? Perché non ti reputi così intelligente da volere che tutti lo sappiano?” gli disse avvicinandosi di nuovo.
“Smettila!” disse Klaus spingendolo appena. “Al giorno d’oggi, ogni coglione può fare l’università. E poi..tanto non durerà a lungo. È solo uno sfizio che mi volevo togliere!”
“Uno sfizio..”

“Sì, uno sfizio..perchè mi annoio. Ma la mollerò presto.” Poi lo guardò. “Perché sei venuto qui?”
“Perché voglio che vieni con me in un posto.”
 
 
 
*

Stavano pattinando ed Elijah provò l’ebbrezza di sentire Klaus ridere di gioia e allegria.
Era la prima volta da quando si conoscevano, che lo sentiva ridere così.
“Quindi ho azzeccato il regalo??” gli chiese, fermandolo per un braccio, impedendogli di cadere.
“Direi. Sei fenomenale, Elijah.”

Elijah sorrise. Aveva visto del sincero imbarazzo quando era andato a prenderlo all’università e quando gli aveva chiesto perché, Klaus gli aveva detto Ma scherzi vero? Hai idea di che cosa significhi quando ti viene a prendere un ragazzo all’Uni, più grande di te?

No, non ne ho idea, Klaus, illuminami.
Klaus, d’un tratto a disagio, aveva abbassato lo sguardo.
“Stai scherzando? Non potrei essere un tuo amico, scusa?

I miei amici..non fanno cose del genere..
E dicendo così, si era appicicato con la fronte sul finestrino della macchina.
“Beh, ma magari potrei farne altre” aveva detto Elijah.
 
 
E così lo aveva portato a pattinare sul ghiaccio.
“Dio, sono così ridicolo.” Aveva detto Klaus alzandosi anche grazie all’aiuto di Elijah.
“A volte è bello essere ridicoli.”
“Tu dici?”

E dicendo così lo aveva trascinato di proposito giù con lui.
 
“Ouchh. Ma sei impazzito?” rise assieme a lui.
Era caduto sul suo corpo e si sentì un po' in imbarazzo.
“Scommetto che non lo pensi più eh?”

“Tu sei un tipo imprevedibile, Niklaus.” Disse Elijah alzandosi ma aiutandolo di nuovo.
“Non hai paura che ti farò cadere di nuovo?”
“Correrò il rischio.”
 
 
Non aveva fatto in tempo a girarsi, che Klaus lo aveva afferrato e spinto al parapetto della pista.
“Che fai?” chiese Elijah con una nota di panico ma anche di divertimento.
“Perché sei così gentile con me, Elijah?” gli aveva chiesto con tono dolce e suadente.

Elijah l’aveva guardato a disagio.
“Perché tu pensi di non meritare gentilezze, Niklaus?”
“Non cambiare discorso..nessuno è mai gentile con me..”
“Forse a nessuno glielo permetti..”
Per fortuna quella frase distolse Klaus e Elijah riuscì a rimettere distanza tra di loro.

Sospirò, quando Klaus con un sorriso gli disse di andare a mangiare delle patatine fritte.
Che cos’era appena successo pochi secondi prima?

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Capitolo 9
*** Tu mi vuoi bene, Elijah? ***


Klaus aveva fatto un errore.
E anche Elijah.
Lo sbaglio di Elijah era stato quello di non considerare che Klaus ricordasse tutto quello che gli veniva detto e che faceva poi le sue riflessioni.
Lo sbaglio di Klaus era stato quello di parlare.
Si ricordava il loro discorso sul fatto di amare e di come le persone amavano.

E un giorno, sul lettino dello psicoterapeuta, aveva chiesto:

“Tu mi ami, Elijah?”
“C-come?”
“Tu mi vuoi bene?”

“Che..che domande sono, Klaus?”

Klaus aveva scosso le spalle. “Una domanda semplicissima.”
“C-certo che te ne voglio..ma..non capisco cosa..”
“E perché mi vuoi bene, Elijah?”
Elijah l’aveva fissato allibito.
“Ma cosa diavolo ti prende oggi?”

“Ricordi il nostro discorsetto sull’amore, tu hai detto che le persone amano l’altro perché l’altro da loro quello che vogliono o che cercano, e lo odiano di rimando quando trasmette loro dei sentimenti che lo fanno sentire in colpa o disgustato da se stesso..pressapoco..”

“Pressappoco è riduttivo per spiegare quel discorso, Niklaus.”

“Tu mi hai spiegato perché mio padre mi odia, però perché tu mi hai a cuore? Mi consigli, ti preoccupi per me..forse perché ti senti inutile?”
“Stai esagerando Niklaus.”

“Perché? Me l’hai detto te stesso una volta, ricordi? Ti senti inutile, la tua famiglia ti fa sentire tale, ti aggrappi a me per sentirti finalmente utile a qualcosa..”

“Molto bene, assecondando la tua follia, perché tu allora mi permetti di farlo e sei accondiscendente con me? è pietà o cosa?”
Klaus sembrò spiazzato e parve rifletterci un po'.

“Non mi sono mai sentito generoso e ho deciso di esserlo per la prima volta, permettendoti di studiarmi e psicanalizzarmi, se hai l’idea che sei riuscito a salvarmi, ti sentirai un essere utile e dotato di belle speranze, un gran colpo per il mio ego narcisistico.
Elijah annuì.
“Va bene, adesso esci.”

“Che cosa??” chiese Klaus, scoppiando in una sonora risata.
“Hai sentito bene, esci. La seduta termina qui.”

“Quindi le cose stanno così? Tu puoi giocare con la mia mente ma se mi azzardo a dire una parola io..”
“Ho sopportato la tua impertinenza e il tuo caratteraccio fino adesso..”

“Oh/ohhh, eccolo li come viene fuori, sopportato, eh?”
“Ma adesso sei andato troppo oltre.”

“Ma certo!” alzò la voce Klaus alzandosi in piedi. “Tu decidi quando inizia, quando finisce, tu decidi cosa devo provare, cosa devo sentire e anche quando devo parlare!! Sembri un sociopatico.. anzi.. Sembri…sembri MIO PADRE.”


Elijah alzò lo sguardo. Era diventato bianco come un cencio.

Klaus lo guardò, bianco anche lui, poi distolse lo sguardo e prese il suo portafogli dalla giacca.

“Ecco..” disse Klaus prendendo le banconote dal suo portafoglio e mettendogliele sulla scrivania con un tonfo. “Prendi l’unica cosa di me per cui provi affetto!”
E se n’era andato, sbattendosi la porta alle spalle.

Elijah aveva chinato la testa, con le mani sopra la fronte, desolato.
 
 
 
 
 
*

Erano state due le settimane.
Due le settimane di piena vergogna, in cui Elijah si era chiuso in se stesso e non l’aveva chiamato.
Doveva chiamarlo per fisare un appuntamento. Sapeva che Klaus non l’avrebbe mai fatto, altrimenti.
Neanche se lo avesse vouto.

Ma anche Elijah era un essere umano e gli esseri umani eccellevano sempre in una cosa fantastica.
Fare schifo e provare vergogna.

Dentro di sé le parole di Klaus gli risuonavano nella mente.
“Perché? Me l’hai detto te stesso una volta, ricordi? Ti senti inutile, la tua famiglia ti fa sentire tale, ti aggrappi a me per sentirti finalmente utile a qualcosa..”

Si vergognava di quello che aveva detto perché al pensiero che Klaus potesse avere ragione, si vergognava.
E la cosa tremenda era che Klaus non sapeva che fosse suo fratello. Se lo avesse saputo, lo avrebbe odiato a morte per averglielo tenuto nascosto.

Perché, perché non trovava il coraggio di dirglielo?
La verità era che era un fallimento totale, come aveva sempre detto Esther, la verità era che aveva deluso un altro fratello. Deludeva ogni persona che incontrava e rovinava tutto quello che toccava.

Gli rimaneva solo da sparire anche da quella città e per sempre anche dalla vita di Niklaus.
 
 
 
 
*

“E-Elijah?”

Klaus lo guardava a bocca aperta.
Due settimane di pieno silenzio e l’uomo che gli aveva stravolto la vita, stava davanti a lui, bagnato fradicio per via della pioggia davanti alla porta di casa sua.

“Io..io pensavo che non ti avrei mai più rivisto..”
“Lo so.”
“Ti ho detto delle cose terribili.”

“E nonostante ciò, sei ancora qui, da me. Perché?”
“Perché ho scoperto..che ti voglio bene, davvero.”
Gli occhi di Klaus si fecero immediatamente lucidi.

“E come l’hai scoperto?”
“Non riuscivo a dormire più.”
 
 
 
 
*

Quella sera, Elijah aveva portato Klaus al ristorante e stavano mangiando un’ottima bistecca al sangue.
Klaus continuava a osservarlo, basito.

“Se non mangi la tua bistecca si raffredderà, Niklaus.”
“Lo so. Sì. È solo che.”
“Lo so che sono più bello e affascinante e..”

“Oh, smettila!” disse Klaus arrossendo. “è solo che..pensavo davvero che non ti avrei più rivisto.”

“E lo so, ora vuoi imprimere nella tua pupilla la mia immagine..”
“Smettila! Idiota.” Disse con uno sbuffo divertito addentando finalmente un boccone.

"Elijah.." "Mh.."

"Non avrei dovuto dire che sembri mio padre. Perdonami."

Silenzio.

"Mi hanno chiamato in modi peggiori." sbuffò, ma sperò che Klaus non potè sentire il suo turbamento.
"Ne dubito."

"Ah..lascia perdere."
Silenzio. “Elijah..”
“M-mh..”

“Quello che ho detto su di te..non era vero..”
“A che proposito?”
“Su..sul motivo per cui vengo da te.”
Elijah lo fissò.

“E perché vieni da me, Klaus?”

“Perché..” Klaus tentennò. “Ho l’impressione che solo tu..sei in grado di capirmi.”
“Capisco.” Disse Elijah masticando un altro morso.
“Ti aspettavi qualcosa di diverso?” investigò Klaus.

“Per esempio?” rise Elijah. “No, davvero, no. è quello che volevo sentire.”
“Elijah, io..”

“Klaus, va bene.” disse toccandogli una mano e facendo avvampare Klaus.

“Dopo come ti ho trattato, non devi preoccuparti di ferire i miei sentimenti.”
“S-sent..”
Elijah si rese conto di quello che sembrava e si affrettò a togliere la mano.

“Cioè, voglio dire, è chiaro che entrambi traiamo piacere dalla compagnia l’uno dell’altro, non è obbligatorio farlo presente.”

“Giusto.” Disse Klaus ma non lo stava più guardando, tutto concentrato a fissare il pavimento.
“Tra parentesi, so che ci avrai pensato ogni giorno di ogni notte d questi giorni..e volevo dirtelo..”
“Cosa?”
“Non ti ho a cuore solo perché mi fai sentire utile.”
 
Silenzio. Klaus era arrossito furiosamente. Sperò solo non si notasse.

“Sì, certo, era OVVIO. Ma scusa se puntualizzo..ogni giorno di ogni notte..neanche se fossi la mia ragazza dai..ti stai dando troppe arie..”
Elijah rise.
“Vado..vado in bagno..VANESIO.” disse facendogli la linguaccia.
 
 
Quando fu in bagno, Klaus si appoggiò alla porta ansimando forte con una mano premuta sul cuore.
Batteva incontrollato e furioso nel petto.

Doveva controllarsi e calmarsi.
Elijah. Elijah. Perché gli faceva quest’effetto? Solo lui. Soltanto lui.

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Capitolo 10
*** Schhhh..ascolta, stanno suonando la nostra canzone ***


Suono il pianoforte nella mia casa.
Quando è successo che Klaus si è messo ad osservarmi in silenzio?

Quando è successo che me lo sono ritrovato dietro avvertendo la sua presenza dietro la mia schiena?

Per favore, signor psicanalista, mi dica perché sento questi brividi, solo percependo la sensazione di lui dietro di me!

Immagino che sia qualcun altro a chiedermelo durante una mia seduta..
Un ragazzino, magari.
E io immagino di rispondergli:

è così che ci sentiamo, quando una persona per cui proviamo dei sentimenti, azzera le distanze
Che cos’è la vicinanza, signor psicanalista?

Dipende. Esistono due tipi di vicinanze, ragazzino.
La vicinanza fisica e la vicinanza emotiva.
Ecco perché, quando devi chiedere scusa, è importante, avvicinarti al soggetto.

Una vicinanza fisica, si amalgama a una vicinanza emotiva..

Un pensiero colse Elijah improvvisamente.
Ecco l’arte dei grandi ingannatori.
Quando chiedono scusa, si avvicinano alla vittima, per simulare una vicinanza emotiva.

Delle scuse fredde, non hanno alcun risultato.
Devi far credere alla tua vittima, che stai dicendo la verità.
 
Elijah sussultò e fu sul punto di sbagliare melodia al pianoforte.
Le mani di Klaus gli stavano sfiorando le braccia e assomigliavano quasi a una carezza languida.

E poi presero a sfiorargli il petto.
“Suoni divinamente, Elijah. “

Avverto mille brividi intorno a me.
Uno psicanalista come me...
Abituato a spiegare i sentimenti.

Restarne ingabbiato..
Cos’è questo calore dentro di me, che mi infiamma e mi rende

Stolto e confuso?
Ma anche così vivo?
Cos’è questo disagio perenne

Questo rossore, questa fiamma, questo imbarazzo?
Voglia di buttarmi, di cadere, di volare.

Cos’è? Cos’è?
 
“Io..ho bisogno di un bicchier d’acqua!” dico, fuggendo ancora una volta da lui.

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Capitolo 11
*** Il tanto atteso bacio!! ***


Klaus stava ridendo da diversi minuti.
Alla fine Elijah sbottò.
“Si può sapere che cosa c’è di tanto divertente??”
Klaus lo fissò duramente.

“Sei tu che mi fai ridere. Sei andato a dire alla mia fidanzata Caroline che vado a donne e che passo le nottate in posti come questo.” disse indicando una ballerina che ballava intorno a un palo.

“Sei  impazzito? Chi ti ha raccontato questa storia?”
“I miei ibridi. Chi se no? Ti hanno visto con lei qualche giorno fa e lei ha confermato che tu gli hai detto delle cose interessanti..”
Elijah si passò una mano fra i capelli.

“I tuoi ibridi dovrebbero farsi i fatti loro!!! E comunque..se anche fosse..ti sembra normale come ti stai comportando con quella ragazza?”

“Credo sia ora che io e te parliamo a quattr’occhi, Elijah.” Disse Klaus con un sorrisetto, trascinandolo fuori dal locale.
 
 
Una volta fuori, lo spinse in malo modo.
“Avanti, parliamo. Dimmi perché hai deciso di sabotare ogni mia relazione sentimentale.”

“Relazione? Oh, andiamo, tu non amavi Caroline, altrimenti non la tradiresti con ogni corpo che respira. Sì, so anche degli uomini, Klaus. Credevi di potermelo tenere nascosto?”
Klaus si mise a ridere.

“Beh, non ho fatto molto per tenerlo nascosto, no? Ma non mi hai ancora spiegato perché ti importa al punto da farti i fatti miei.”
“Caroline meritava di sapere. Lei è una brava ragazza.”
“E tu sei mio amico, no?”
Elijah rimase zitto. “Mi dispiace, io..”

“Ma tu non hai fatto la spia solo con lei, vero? Ogni ballerina che frequento qui, tu ti senti come in diritto di avvisarle di non illudersi nei miei confronti!”

“Ho solo detto loro che tu non hai ancora bene in chiaro la tua sessualità….dimmelo se sbaglio..”
Klaus lo spinse in malo modo ma sempre divertito.

“A loro non importa niente di me. Ci usiamo a vicenda per puro piacere, chi ha fatto una brutta figura qui, sei solo tu Elijah. Passi per quello geloso. “
“Cosa? No! Io non..”

“Sai cosa mi dicono le ballerine? Mi chiedono se noi due siamo amanti.” Gli disse all’orecchio.
“Quelle brutte oche…io non..”

“E non me lo chiedono soltanto loro, ma anche tutti gli uomini che vai a pescare e che hai avvertito su quanto io me la spassi con tutti e di non..aspetta com’era? Avvicinarsi troppo a me, se non voglio grane. Da te o da me, non l’hai specificato.” Gli disse all’orecchio.

“Ti fidi più di quelle persone che di me? quello che dico io non conta niente?”
“Non lo so, dimmelo tu, Elijah. Dimmi la ragione del tuo comportamento e io crederò a te, sei qui davanti a me, ora.”
 
Elijah era rimasto senza parole.
Klaus rise.


“Chi l’avrebbe mai detto che sarei stato io lo psicanalista ora.
Dimmi . LA RAGIONE.
“Io..sono solo preoccupato per te.”
“BUGIE.” Gridò Klaus e lo attaccò al muro.
“Klaus..”
Delle piccole gocce di una pioggerellina lieve, caddero dal cielo.

“Guarda, Elijah, perfino il cielo piange per te, per le tue bugie.”

“Sono il tuo psicanalista, ti sei affidato a me, e io non credo che una vita dissoluta possa aiutarti nel tuo benessere psicofisico..” sputò fuori.

“Vuoi il mio benessere eh? O forse vuoi di più? DIMMELO!”
 
Elijah era pressappoco terrorizzato.
Klaus si fece più docile.
“Avanti, Elijah..dimmi cosa provi davvero per me.”
“Klaus, io..che cosa intendi..”

“Lo vedo da come mi guardi quando pensi che io non ti vedo, da come il tuo corpo trema, quando ti sono vicino,da come sussulti quando ti tocco..” disse Klaus accarezzandogli il petto sulla camicia.

Elijah deglutì vistosamente.
“Perfino adesso stai tremando.” gli disse Klaus, con i capelli bagnati appiccicati alla fronte.
“Ti sbagli. Stai fraintendendo tutto..”

“Pensi che non ti ricambio..allora..RISCHIA..” gli disse a un centimetro dalle labbra.

“Klaus..per favore.”
Klaus lo guardò con disprezzo.
“Addio, Elijah..”
 
Fece per andarsene, ma Elijah lo bloccò per un braccio e lo baciò.
Fu incredibile.
Fu come bere acqua frizzante.

Caffè appena fatto con una punta di biscotto inzuppato nel latte.
Fu come..
Il cielo e l’estasi.

Klaus aveva baciato tanti uomini, ma mai un bacio l’aveva fatto sentire così.

Intrecciò le mani tra i capelli di Elijah e lo baciò più a fondo, sentendolo gemere nella sua bocca.
Oh, era così eccitante.

Quando si staccarono, tuttavia, Elijah rovinò di nuovo tutto.
“Mi dispiace. Perdonami, Niklaus. Perdonami.”
“Elijah, ma cosa..”

Fece per andar via, ma poi si voltò verso di lui.
“Non ricapiterà mai più, Niklaus.”
E scappò via.

Lasciandolo confuso e disarmato.

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Capitolo 12
*** Klaus scopre tutto ***


Dopo quel bacio, Elijah e Klaus non si erano sentiti per una settimana.

Elijah si sentiva una vera schifezza, non era più riuscito a lavorare e a prendere appuntamenti con altri pazienti.
Meditava di lasciare New Orleans, dimenticare tutto.
Ma come avrebbe fatto a dimenticare Klaus? Suo fratello?

Oh, era un pessimo fratello e si sentiva così in colpa.
Uno di quei giorni, però, Klaus piombò in casa sua, con la scusa di parlare.

Elijah l’aveva fatto entrare, era contento di vederlo e forse aveva anche una discreta speranza che non ce l’avesse con lui.
“Vuoi sederti?” gli chiese.
Klaus si morse il labbro.

“Sono venuto qui per dirti una cosa, Elijah..”
“D-d’accordo..”
Si aspettava di tutto, ma non il pugno che, feroce, arrivò a colpirlo in viso.
“Klaus…ma cosa..”

“Credevi che non l’avrei mai scoperto?? CREDEVI CHE NON L’AVREI MAI SAPUTO???”
“Klaus..io..” Elijah era caduto sul pavimento, mentre un forte sospetto faceva più male del pugno appena dato.

Come se una scarica di pugni lo stava tempestando in pieno stomaco.

Mi vergogno..di avere un fratello COME TE!”
Eliah alzò lo sguardo lentamente, tremando.

“Come hai potuto, Elijah. Io mi stavo innamorando di te, brutto bastardo.”

Un brivido scosse tutto il corpo di Elijah, come acqua gelata.

“Io non ho mai voluto..” disse alzandosi.

“Cosa?? PRENDERTI GIOCO DI ME, UMILIARMI, FARMI SOFFRIRE Più DI QUALUNQUE ALTRA PERSONA ABBIA MAI FATTO?? “

Elijah non riusciva a trovare le parole, delle lacrime solcavano il suo viso. Klaus le vide e impallidì.

Senza dire una sola parola, si precipitò fuori dalla casa, sbattendosi la porta alle sue spalle.

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Capitolo 13
*** Nel momento in cui ho amato veramente.. ***


L’oscurità è dentro di me…
Desidero che mi inghiotta e che mi faccia suo..
Desidero che mi avviluppi fino a non farmi sentire più niente..
Perché se mi permetto di provare qualcosa..tutto quello che sento è DOLORE..
 
Questi erano i pensieri di Klaus, mentre era in una sudicia cabina di un bagno, facendosi di cocaina.

Aveva urlato e si era dimenato, quando Elijah era andato a prenderlo e lo aveva tirato a forza fuori da li e gli aveva ficcato la testa sotto il lavandino con l’acqua gelida.
Ma Elijah gli teneva la testa ferma.

“Basta, BASTAAA!”

È basta quando avrai imparato la lezione, Niklaus.”

“Lasciami…ANDARE!” disse Klaus dimenandosi.
Elijah aveva lasciato che si alzasse e poi l'aveva afferrato per la maglia e aveva ruggito come un leone in gabbia.

“IO NON TI LASCERÓ ANDARE! MAI!!!”

Klaus l’aveva guardato febbrile e disorientato e poi si era accasciato,svenuto, contro il muro.

“Bravo ragazzo.” commentò Elijah, prendendoselo sulle spalle e portandolo fuori, verso la sua macchina, a casa sua.
 
 
 
 
*

Dopo giorni di deliri, accompagnati a vomito e stati allucinatori, una mattina, Klaus sembrò svegliarsi lucido.
“Elijah…dove sono?”
“Complimenti, Klaus. È la trecentesima domanda uguale che mi hai fatto in questi giorni ma la prima che mi hai fatto, da lucido. Il tuo premio è una minestra con le carote.”

“Quando mi lascerai libero?” sospirò l’altro.
“Quando la finirai di volerti ammazzare.”
“L’unica persona che abbia mai davvero amato, è mio fratello. Portami del whisky.”

“Ah, abbiamo finito la cocaina e ora andiamo a whisky? Spiacente, devi rimetterti.”
“Odio la mia esistenza. Non chiedo di meglio che il mio corpo crolli.”
“E io odio che tu ti pianga addosso.”

“Io invece odio che tu sia mio fratello e odio che me lo abbia tenuto nascosto.”

Elijah l’aveva guardato con un’espressione infinitamente addolorata.
Klaus l’aveva guardato.

“Per quanto possa sentirti ferito, non sarà mai paragonabile al male che tu hai fatto a me.”

“Credi davvero che se io abbia mai potuto prevedere una cosa del genere, non avrei cercato di bloccarla?”

“Se avessi voluto, mi avresti detto subito chi eri. Invece no, ti piaceva essere il mio unico punto di riferimento, essere TUTTO per me.”
“Eri tu che eri tutto per me, Klaus, non il contrario.”

Klaus lo fissò allibito, Elijah fece per uscire dalla stanza, ma Klaus lo richiamò.
“Aspetta.”
Elijah si bloccò.

“Ma TU mi ami, Elijah?”
Elijah deglutì.
“Nel momento stesso in cui ho amato veramente, ho smesso di credere nell’amore.”

E se ne andò, lasciandolo spaesato e confuso.






















Note dell'autrice: "Io non ti lascerò andare mai"  è una citazione vera di Elijah a Klaus in the originals :)) il riferimento all'oscurità è per quello che accade nella stagione 5!

E la frase sul dolore è una citazione di Stefan in The vampires Diaries :))

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Capitolo 14
*** Meraviglioso dipinto, meraviglioso amore ***


Elijah si trovava nella casa di Klaus.
Nel suo cortile.
Klaus stava dipingendo un dipinto, con i suoi colori.
Elijah gli era seduto accanto.

“Ti piace? “ gli chiese Klaus.
Il dipinto raffigurava una notte stellata.
Sotto le stelle, due amanti si baciavano per strada.

Le stelle erano luminosissime.

“È meraviglioso.” Disse Elijah.

“Quando li guardo..mi piace pensare che siamo noi due..” disse Klaus.
Elijah lo fissò e delle lacrime caddero sulle sue guance.

Elijah gli accarezzò una guancia e poi lo baciò.

Un bacio dolce, ma sentito.
Bellissimo.

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Capitolo 15
*** Ti amo ***


Avviso: con questo capitolo termina la prima parte di questa storia ^^
Farò un seguito, spero di farlo presto. All'inizio volevo scrivere tutto qui ma essendo due storie completamente diverse anche se collegate, non me la sono sentita, perchè quello che accadrà dopo, non ha proprio niente a che fare con il tema della psicologia e della psichiatria :)







“Non ho mai avuto un fratello..non immaginavo che mi avrebbe reso così felice averne uno..” disse Klaus.
“E io non immaginavo di poter fare meglio con qualcun altro, rispetto ai miei fratelli.” Disse Elijah.

“Perché loro non sono io.” Disse Klaus.
“Forse se tu ci fossi stato, sarebbe stato tutto diverso. Ci avresti unito tutti e quattro..sì, quattro..mi piace far finta che Finn non sia mio fratello.” rise.

Klaus lo baciò dolcemente, pressandolo contro il divano della casa di Elijah.
“Aspetta..manca qualcosa..un bicchiere di vino rosso.” Disse Elijah.

Glielo portò alle labbra e poi bevve dallo stesso bicchiere.
“Rosso come il sangue.” Disse Klaus, sorridendo.
Aveva una macchiolina rossa sul mento. Elijah gliela tirò via con il pollice.

“Sei bellissimo e sei tutto..mio..”
“Quindi non mi respingerai più, Elijah?”
“Mai. Mai più.”
“Quindi farai l’amore con me?”

Elijah sussultò ma con le braccia di suo fratello minore a circondargli il collo, non aveva via di scampo da quella dolce tentazione.
“Sì.”
“Dimmi che mi vuoi.”

“Ti voglio troppo.”
 
 
Vestiti strappati via.
Gemiti  ansimanti.
Klaus portato via in braccio fino alla stanza di Elijah.
Baci infuocati, morsi, succhiotti e ancora morsi giocosi.

Carezze lascive nel basso ventre.
Mentre Klaus gemeva.
Baci lascivi sul torace di Elijah.
“Lascia che lo faccia per te..”
“Ahhh..ah..NIkla..aaaaa..”

La sua erezione nella bocca di suo fratello minore.
Bacio bollente, di nuovo.
Preparazione, mentre Klaus si inarcava contro di lui in un confuso mix di piacere e dolore facendolo eccitare.

“Ti voglio..fai in fretta..”
Poi Elijah che si spinge dentro di lui.
“Ancora. Ancora.”
“Ah…si..ancora..AHHH-.”

Una spinta, poi un’altra,un’altra ancora.
Gemiti, piacere, estasi.
Loro due uniti.

“Ti voglio sempre con me, Elijah..” disse Klaus, con la mano stretta nella sua.
“Sempre..e per sempre..” disse Elijah.






















Note dell'autrice: lo so, è un capitolo molto corto, ma abbiate pazienza, scrivo così tante scene sessuali, che..dopo un po mi stufo di soffermarmi troppo sopra xd in più ho fretta di mandare avanti questa storia e vi dico già da ora che potrebbe cambiare molto presto la storia, nel senso che forse avrò bisogno addirittura di fare un seguito, perchè quello che accadrà dopo, si distaccherà totalmente da questa storia :)

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