Quel muro di silenzio

di Soul_light04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 (bonus) ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

La dolce Lyra Soul non era mai stata una ragazza troppo mattiniera: già si alzava presto quasi tutti i giorni per frequentare le lezioni all'università, se si fosse dovuta alzare alla stessa ora anche nei giorni festivi allora la sua vita avrebbe preso una routine troppo monotona; quella fresca mattina di settembre, però, Lyra venne bruscamente svegliata dalla suoneria del suo cellulare.

"Pronto?" La sua voce era pastosa e assonnata. Si mise a sedere sul letto e si stropicciò gli occhi, cercando invano di sistemare i capelli castani che le arrivavano ai seni. Richiuse momentaneamente gli occhi marroni con una strana sfumatura dorata, e poi li riaprì.

"Lyra, sono io. Ascolta, non ti spaventare, ma ti devo dire una cosa" Disse la voce tesa di Crystal, sua sorella. Era una giovane donna dai capelli e occhi stranamente azzurri. Sentì in sottofondo Gold, suo marito, ringhiare contro la televisione, come faceva quando c'erano brutte notizie al telegiornale. Era sempre stato un uomo schietto, gli occhi dorati si scurivano quando udiva delle notizie sconvolgenti in televisione, e si passava la mano abbronzata nei capelli corvini. Eppure, davanti a quest'animo maturo e altruista, Gold aveva erto una facciata di simpatia e noncuranza.

"Che succede, Crys? Lo sai che odio essere svegliata così presto" Disse Lyra leggermente infastidita, ma ormai del tutto sveglia.

Aspettò che la ragazza continuasse in silenzio, essendo curiosa di sentire cosa fosse successo di così importante. Di certo, dal tono di voce di Crystal, non doveva essere niente di frivolo.

"Hai presente quella banda di criminali che ha sbaragliato la regione di Kanto tre anni fa?" Crystal sospirò pesantemente.

"Certo, il Team Rocket" A Johto, tutti sapevano cosa fosse successo nella regione adiacente tre anni prima, la notizia della sconfitta del Team Rocket per mano di una prode e coraggiosa squadra di agenti segreti che aveva fatto il giro del mondo. Red, il capo di questa squadra, pareva essersi ritirato sulla montagna che divideva Kanto e Johto.

"Sì, quello. Ascoltami bene, Lyra: il Team Rocket è tornato, incredibilmente più forte di prima, e ha invaso la nostra regione. Tra pochi giorni saranno qui, a Goldenrod, l'hanno annunciato prima alla radio. Siamo sotto invasione, Lyra" .

Le parole di Crystal riecheggiarono forti e chiare nella sua testa. Era talmente sconvolta da una notizia così improvvisa che non si era nemmeno accorta che le fosse caduto il cellulare dalla mano.

Tutti i programmi radio, quelli in televisione erano stai interrotti per dare l'annuncio dell'arrivo del Team Rocket a Johto. A quando pareva, la sede del governo era stata occupata dal Team Rocket.

In città molti si lasciarono trasportare dal panico, chiedendosi cosa avrebbero fatto quando sarebbero arrivati. Ci fu un'assemblea organizzata dal sindaco di Goldenrod, dove semplicemente disse che i cittadini avrebbero dovuto accogliere il Team Rocket e i suoi Generali come dei normali turisti. Lyra si sentì disgustata dal codardo primo cittadino, ma ricevette la notizia peggiore poco dopo.

"I Generali del Team Rocket alloggeranno nelle case di alcuni di voi, cioè io, il signor Ruby Lyanne con sua moglie Sapphire Birch, la signorina Lyra Soul e il Visconte Berlitz. L'assemblea è conclusa" Annunciò il sindaco, e si dileguò prima che chiunque potesse protestare.

Lyra rimase a fissare il punto in cui il sindaco era sparito, paralizzata. I suoi arti parevano essere intrappolati in una spirale di ghiaccio, così come i suoi pensieri. Immagini spaventose le passarono per l'anticamera del cervello,  e tremò incontrollabilmente. Respirava profondamente, come se avesse un peso sul torace.

"Andrà tutto bene, Lyra" Disse Crystal raggiungendola con una corsa. Iniziava a stancarsi di quella frase.

"Niente andrà bene, Crys. Vivrò da sola con un Generale del Team Rocket a tempo indeterminato! Come potrebbe andare peggio di così? Probabilmente abuserà di me e mi taglierà la gola!" Lyra pianse dalla disperazione.

"Invece non ti farà niente. Guarda l'unico lato positivo, almeno: per mesi non hai fatto altro che lamentarti di come casa tua fosse troppo silenziosa, magari questo Generale farà un po' di casino" Scherzò Crystal, beccandosi uno sguardo truce dalla sorella.

Crystal mise le mani sulle spalle di Lyra, scuotendola leggermente per richiamare la sua attenzione.

"Andrà tutto bene; te lo prometto, Lyra"




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Funesto angolino della funesta autrice.
*schiva vari ortaggi e implora la pietà del lettore* sì, shippo Lyra e Proton. Se qualcuno non ha capito chi è, Proton è quel Gerenale che si incontra nel Pozzo Slowpoke in Heartgold e Soulsilver. Cioè sono troppo cariniii! *sviene per i troppi film mentali*
Mi scuso per eventuali errori di sintassi, e ditemi cosa ne pensate. 
Spero che la prima long che pubblico vi piaccia e vi incuriosisca. 

Alla prossima, 
Soul.

PS: se volete, vi aggiungo un'immagine nel prossimo capitolo. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



Capitolo 1

Qualche giorno dopo, gli abitanti di Goldenrod City erano riuniti nella Piazza Centrale, un grande spiazzo piastrellato in cemento, circondato da portici, negozi e caffè, al centro una statua di un grande martire della regione di Johto, al fine di attendere insieme l'arrivo del Team Rocket. Alcuni, in preda al panico, girovagavano mormorando parole sconnesse, altri erano in posizione eretta, chiacchierando tranquillamente con i vicini per celare la loro ansia, altri ancora cercavano di pulire al meglio la strada affinché piacesse al Team Rocket, chiedendo consiglio sull'abbigliamento ai loro conoscenti, già preparando battute e, magari, a far loro da guida turistica. Codesti individui non erano di certo nelle grazie di Lyra, che li ignorava bellamente.

Lyra si strinse nella giacca di jeans, rivolgendo un saluto frettoloso a Sapphire Birch, appena arrivata. Crystal era vicino a lei, come a voler infonderle forza.

"Ma quando arrivano?" Sbottò Crystal, battendo impaziente il piede sul terreno.

"Non ne ho idea. Io mi chiedo già quando se ne andranno" Rispose Lyra. Si guardò intorno per l'ennesima volta, in cerca di un segnale del loro arrivo, i codini castani mossi a ritmo della testa.

"Gold dopo verrà da te per conoscere questo Generale, d'accordo? Almeno sarà consapevole di doverti stare lontano" Disse Crystal.
Gold era rimasto alla fattoria a lavorare. Sono tempi duri, questi, diceva sempre. Era sempre stato il migliore amico di Lyra quando erano bambini. Crystal, al contrario, non sopportava le sue battutine e le sue dimenticanze. Di certo Lyra non aveva bisogno del suo aiuto per difendersi, tuttavia apprezzava il suo tentativo di rassicurarla e, quando glielo aveva proposto, non aveva saputo rifiutare. Era sempre stato protettivo nei confronti delle sorelle Soul.

"E' incredibile quanto lavori per renderti felice" Aggiunse Lyra.

"Già" Crystal le sorrise.

Ad interrompere il chiacchiericcio generale fu uno sparo in lontananza. Fu come se il mondo si fosse fermato, mentre udivano il ronzio dei motori avvicinarsi sempre di più. I rumori degli stivali delle reclute che sbattevano i piedi in una marcia regolare rimasero sempre impressi nella memoria di Lyra.

"Sono arrivati" Sussurrò Lyra. Si affacciò per veder avanzare dei carri armati, motorini e miriadi di file di reclute con la R rossa di "Rocket" marchiata sulla divisa nera, esattamente sul cuore. Non parevano nemmeno umani, per quanto fossero simili tra di loro: lo stesso taglio di capelli, la stessa divisa, lo stesso passo e lo stesso silenzio. Erano molto seri, nessuno di loro sorrideva e ciò rendeva l'atmosfera, già cupa di suo, ancora più minacciosa.

Un uomo dalla divisa immacolata e i capelli blu era comodamente seduto da un'auto, sfilando davanti a tutti, come a guidare il resto della banda. C'erano anche due carri armati, uno comandato da una donna dai capelli rossi e l'altro da un uomo da capelli e pizzetto viola. Lyra scorse un uomo sul motorino sfrecciare tra i due carri armati, per poi rallentare al raggiungimento dell'auto.

Il ragazzo con la divisa bianca scese dalla vettura e, dopo aver recuperato un altoparlante, cominciò il suo solenne discorso: "Sotto l'accordo firmato dal maresciallo di Johto, voi cittadini avete diritto al lavoro, alla famiglia e alla madrepatria. Noi del Team Rocket ci stabiliremo qui a tempo indeterminato, fino al ritorno del nostro grande capo, Giovanni. Dovete consegnare tutte le armi da fuoco in municipio domattina; chi non eseguirà gli ordini e le sanzioni imposte verrà fucilato su questa piazza. E' vietata la metropolitana, i passaggi sotterranei e la circolazione delle auto. Per chiunque offra aiuto ai Ribelli della Resistenza, sarà sanzionata la tortura e la pena di morte".

Il tono di voce dell'uomo era serio e imperioso, un grande oratore, senz'ombra di dubbio. Lyra impallidì.

Le reclute continuarono la loro marcia, mentre i Generali, fuorché quello che aveva parlato poco prima, presero altre direzioni.

"Lyra, ti accompagno" Gold le comparve all'improvviso davanti con una bicicletta, asciugandosi il sudore dalla fronte.

"Gold, come hai fatto ad arrivare così in fretta?" Gli domandò Lyra, incredula. Gold diede un bacio a Crystal, lasciandole la bicicletta in mano.

"Quando arriverà il Generale?" Chiese Gold, ignorando la sua domanda.

"Mi hanno detto verso sera" Disse Lyra, incamminandosi verso casa sua. Doveva finire di nascondere i suoi oggetti nello studio. Di certo non avrebbe accolto questo Generale come aveva richiesto il sindaco, cioè con una bella torta e un sorriso stampato in faccia, con tutta la gentilezza di questo mondo. Lyra lo odiava già, dato che per colpa sua e degli altri Rocket aveva dovuto sospendere i suoi studi all'università.

"Mi raccomando, cerca di non farti vedere da lui. Meno sa di te, meglio è" Si raccomandò Gold, aiutandola a portare i suoi quadri nell'armadio. Lyra era un'artista.

"Questo è davvero bello!" Disse indicandone uno dov'erano dipinte le ombre di un uomo e una donna, affacciati su un ponte, illuminati solo dalla luce soffusa di un lampione a gas, un bel cielo stellato si ergeva sulle loro teste.

"Grazie" Lyra gli sorrise.

Finirono in fretta di spostare i quadri, insieme ai suoi gioielli e ad alcuni contanti che Lyra aveva risparmiato con tanta cura e fatica. Avrebbe tanto voluto farsi un bel viaggetto a Kanto, quella primavera. Si diceva che, con la fioritura dei ciliegi, il Monte Luna era una delle meraviglie del mondo. Purtroppo, anche quel piano era saltato.

Ebbero appena il tempo di bere una tazza di tè che, al calar della sera, sentirono bussare. Gold le intimò con lo sguardo di rimanere dov'era, mentre si precipitava ad aprire.

Lyra avvertì dei passi pesanti farsi strada nell'ingresso e, sbirciando dalla serratura della porta della cucina, vide un uomo alto e tonico, con la divisa nera del Team Rocket. I capelli verdi erano apparentemente morbidi al tatto, un po' spettinati ai lati della testa, le spalle larghe e il petto, che si poteva scorgere attraverso la zip abbassata della divisa, sicuramente scolpito. Gli occhi smeraldini sembravano essere spaesati, un luccichio di curiosità li illuminava come la fiammella di un accendino.

Il Generale si guardò intorno nel grande atrio, appoggiando a terra la valigia marroncina.

"Buonasera, è questa l'abitazione della signorina Soul?" Chiese riportando lo sguardo su Gold.

"Sì. La signorina Soul è occupata al momento, così sono giunto io a consegnarvi il vostro mazzo di chiavi" Disse Gold in tono duro, allungando la mano per consegnargli la chiave della sua stanza, della porta d'ingresso e quella dello studio.

"Non sapevo la signorina Soul impegnata in una relazione, scusate il disturbo" Disse cordialmente il Generale. Riprese la valigia e il mazzo di chiavi, iniziando a spostarsi verso le scale.

"Non stiamo insieme" Rispose Gold. Si dovette trattenere dal minacciarlo di morte nel caso avesse anche torto un capello a Lyra.

"Capisco. Penso che mi ritirerò nella mia stanza, porti i miei omaggi e le mie scuse alla signorina Soul, nel caso la incontri" Il Generale salì le scale, lanciando un ultimo sguardo a Gold prima di sparire.
Gold fece segno a Lyra di uscire, salutandola sottovoce prima di tornare a casa sua.

"Ci vediamo domani" Sussurrò Gold, accarezzandole la testa prima di andare.

Lyra andò verso la sua stanza, adiacente a quella del Generale, in punta di piedi, tuttavia non accorgendosi che il ragazzo fosse davanti a lei.

"Salve" La salutò, cogliendola di sorpresa, "sono il Generale Proton Sherwood, è un piacere conoscervi".

Porse a Lyra una mano ma, vedendola allontanarsene come se fosse contaminata, la ritirò immediatamente.

"..."

"...Potrei avere la chiave del pianoforte, per favore?" Domandò.
Lyra si diresse verso la sua stanza, tornando poco dopo con un'altra chiave.

"Grazie" Lyra sembrò a disagio, così Proton decise di congedarsi.

Appena la porta della sua stanza fu chiusa alle sue spalle, Lyra tirò un sospiro di sollievo.
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Lyra non riuscì a dormire, ripensando ancora alla sua conversazione con quel Generale. Poi, chiamare conversazione quello che era accaduto tra di loro era una parola grossa. La verità era che non esisteva parola per definire ciò che era successo; un'altra verità importante, molto importante, era che Lyra non aveva provato solo disagio nei confronti dell'uomo dai capelli verdi, ma anche un filo di curiosità strana ed insaziabile. Certo, era sempre stata una persona curiosa, ma anche molto prudente.

Quella notte, Lyra Soul gettò la sua prudenza nel gabinetto e tirò lo sciacquone.

Aveva sentito una dolce melodia dal suo studio, che improvvisamente spezzava quel silenzio a cui Lyra era tanto abituata. Alzandosi in punta di piedi per andare a controllare, dalla fessura della porta aveva intravisto le dita affusolate del Generale dai capelli verdi danzare lungo il pianoforte, colpendone appena i tasti in avorio. Non aveva riconosciuto la melodia che stava generando, ma pensava che fosse bellissima: era incredibile come un uomo così malvagio all'apparenza potesse suonare una melodia così dolce e malinconica, ma anche misteriosa.

Gli occhi chiusi di Proton Sherwood nascondevano un'accesa passione per la musica, che Lyra aveva colto lo stesso.

Dopo un po', il Generale sospirò e rimise il coperchio sul pianoforte, alzandosi. Lyra corse in punta di piedi verso la sua stanza e si chiuse dentro, sentendo di nuovo i passi pesanti di Proton.

Lyra prese una matita e un foglio, incominciando a disegnare un uomo, suo padre, che insegnava ad una bambina come suonare il pianoforte. La ragazza sorrise vedendo il suo schizzo finito, uno di quei giorni lo avrebbe riprodotto su una tela. Quella musica l'aveva ispirata e, dopo mesi di un arido silenzio regnante nella sua casa, aveva finalmente ritrovato la pace. Tutto grazie ad un tratto di una melodia sconosciuta, suonata da un temuto uomo anonimo.
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La mattina dopo, Lyra ignorò i cordiali saluti di Proton e lasciò la casa il più velocemente possibile. Il ragazzo si era stabilito nello studio per lavorare, impedendole di dipingere, così decise di fare visita a Gold e Crystal.

"Allora?" Chiese Crystal, impaziente, appena aperta la porta. La sorpassò, ignorandola, e si accomodò su una poltrona in pelle nel loro piccolo salotto.

"Allora?" Ripeté mettendosi davanti a lei con le mani sui fianchi.
"Allora cosa?" Domandò Lyra. Sapeva di cosa stesse parlando la sorella, ma volle stuzzicarla un pochino.

"Cosa è successo ieri con quel Generale?!" Sbottò Crystal. Esasperata, si portò le mani nei capelli e si sedette sul divano.

"Non è successo niente, l'ho visto solo di sfuggita stamattina" Mentì Lyra. Non seppe dire esattamente il perché di quella bugia, ma sentiva di dover mantenere una specie di segreto con quel Generale.
Crystal sospirò di sollievo e le portò una tazza di tè.

"Gold sta lavorando?" Chiese Lyra guardando fuori dalla finestra, verso i campi coltivati di Gold.

"Sì. A proposito, stamattina si è alzato presto per preparare il pane, ne vuoi un pezzo?" Disse Crystal. Lyra annuì e aspettò che la ragazza gliene portasse un po', dopodiché lo mise nel cestino della bicicletta e baciò Crystal sulla guancia, augurandole buona giornata.
Lyra pedalò velocemente verso casa sua, sentendosi leggermente in colpa per aver mentito a Crys. Si erano sempre raccontate tutto e si erano sostenute a vicenda. Appena arrivata, si strinse i codini ed entrò nell'atrio, cercando, come il giorno prima, di fare meno rumore possibile. Non voleva certo attirare l'attenzione di quel Generale, non dopo quella sua imprudenza.

Camminò di nuovo in punta di piedi lungo il corridoio, fermandosi qualche secondo davanti alla porta di quello che un tempo era il suo studio. Sperava che non avrebbe trovato i quadri nell'armadio, avrebbe potuto venderli per guadagnarci un bel po' di soldi. Una volta un suo professore le aveva detto che chiunque venderebbe quei quadri o li farebbe almeno esporre in una mostra, ma a Lyra non interessava la fama né la ricchezza.

Giunta nella sua stanza, Lyra sospirò, già stanca di quella situazione.
Le sue amiche erano sempre occupate a lavorare per mantenersi: il Team Rocket aveva confiscato loro alcuni beni per consegnarli alle reclute oppure per mandarli a quello che loro chiamavano il 'Quartier Generale'. Da quello che aveva capito da Crystal, era un edificio nei sotterranei di un negozietto a Mahogany Town, e a quanto pareva era da là che il Team Rocket aveva incominciato ad invadere la regione. Certo, avrebbe sempre potuto contattare Platina Berlitz, la figlia del Visconte, ma avrebbe sicuramente rifiutato.

Lyra si sciolse i codini e prese una spazzola, passandosi lentamente le dita tra i capelli setosi e, successivamente, pettinandoli. Riprese i due laccetti e rilegò i capelli.

Non poteva nemmeno uscire di casa che sarebbe stata travolta dalle reclute Rocket, dai loro fischi provocatori che le facevano provare un senso di umiliazione e disgusto, dalle urla e dalle risate grottesche. Quella non era più la sua città, dove tutti erano gentili e allegri, che conosceva come le sue tasche e dove si sentiva al sicuro. Quelle persone di cui tanto si fidava sembravano essere mutate, obbedendo ciecamente agli ordini dei Rocket, e anche trattandoli come se fossero dei principi e non dei vili invasori. Avrebbe tanto voluto tornare all'università, rivedere i suoi amici e i suoi professori, ritornare a dipingere, a vivere.

Si sdraiò sul lentamente sul letto e chiuse gli occhi, cercando di immaginare una giornata come le altre: in casa sua c'era silenzio, si sarebbe sbrigata a prepararsi poiché era in ritardo, avrebbe corso verso la metropolitana e avrebbe raggiunto l'Università delle Belle Arti. Avrebbe assistito alla lezione del professor Oak, successivamente incontrando Sapphire e Ruby, uno stilista e una modella, nonché suoi migliori amici, si sarebbero aggiunti anche Diamond e Platina, e tutti insieme si sarebbero stabiliti nella locanda di Black e White per il pomeriggio, mangiando una fetta di torta e bevendo la tisana al gusto di rosa e lampone tanto amata da Lyra. La sera sarebbe rincasata, avrebbe consumato velocemente il suo pasto e sarebbe andata nello studio a disegnare o a dipingere. La domenica, che non aveva lezione, si sarebbe portata cavalletto, tela e tavolozza in giardino, e a volte ci rimaneva fino a sera tarda, talmente era ispirata. Quei tempi erano passati troppo in fretta, come se fosse stata costretta a crescere precocemente, a svegliarsi a metà sogno.

Non si accorse nemmeno di essersi addormentata, ma si svegliò non appena sentì il rumore dei passi pesanti del Generale. Aveva imparato subito a riconoscerli e, anche se non la poteva vedere, Lyra si immobilizzava e tratteneva il respiro ogni volta che li udiva. Il Generale sembrava star camminando avanti e indietro, sempre con lo stesso ritmo.

Lyra si inginocchiò davanti alla porta, cercando di vedere attraverso la serratura. Intravide il Generale con telefono accostato all'orecchio, le sopracciglia lievemente aggrottate.

"Guarda Petrel, non ne ho idea. E' tutto in mano ad Archer... No, non mi ha detto una parola... Sì, è una ragazza... Cosa? Non ho queste intenzioni! Non sono mica Archer, io..." Lyra si chiese se lui e l'altro suo amico stessero parlando di lei.

"Archer dice di non trovare nessuno di loro?... Qui non c'è nulla di sospetto... Una casa ai confini della città? Forse è dove abita il marito della sorella della ragazza... Non ne ho idea, comunque scriverò un rapporto" Adesso stavano parlando di Crystal e Gold? E chi cercavano, poi, quelli del Team Rocket?

"No, qui sto bene. E' una casa molto grande, forse troppo per una persona sola... tra l'altro, è così giovane... penso abbia pochi anni meno di me... c'è anche un pianoforte" Continuò.

Proton Sherwood concluse la telefonata con un saluto amichevole e si appoggiò alla ringhiera delle scale, sospirando. Non aveva idea di che piega avrebbe preso quell'invasione, né tanto meno che intenzioni avesse il suo capo, Archer.
Funesto angolino della funesta autrice: Hello people! Benvenuti nel primo capitolo! E' un po' breve, lo so. Comunque, qualcuno potrebbe gentilmente spiegarmi come aggiungere un'immagine nel testo? Come sempre, se mi segnalaste errori grammaticali/di battitura/qualsiasi altra cosa sarebbe molto utile. Vi ringrazio ancora per aver letto la mia storia e... okay, ho finito. Al prossimo capitolo, Soul.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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Capitolo 2.

Erano trascorse un paio di settimane da quando Goldenrod era stata invasa dal Team Rocket; i giorni passavano sempre più lentamente per Lyra, sempre la stessa routine. Ogni notte, però, Proton Sherwood suonava quella mistica melodia che le scaldava il cuore. Lyra camminava in punta di piedi e appoggiava l'orecchio alla porta dello studio, chiudeva gli occhi, fino a quando non sentiva un sospiro da parte di del Generale.

"Sei sicura di star bene? Ultimamente ti vedo più... assorta" Le disse un giorno Sapphire. Lyra alzò gli occhi dalla sua tazza di tè ormai freddo e la guardò dritta nelle iridi blu, che avevano assunto un velo di preoccupazione.

"Non mi sembra" Replicò Lyra, battendo le palpebre più volte. Ruby, vicino a lei, le prese di scatto la saliera che aveva in mano.

"In realtà eri così assorta che, al posto di mettere lo zucchero, hai messo il sale" Disse Ruby. Lyra arrossì leggermente e abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia, un'espressione ovviamente imbarazzata aveva deformato i suoi lineamenti solitamente rilassati.

"Si tratta di quel Generale, vero?" Chiese Ruby, addolcendo il tono. Sapphire si sporse in avanti, curiosa di avere una risposta. Entrambi avevano inarcato le sopracciglia.

Lyra sospirò pesantemente, prendendosi il viso tra le mani: "Sì, è vero. Non dipingo da due settimane, siccome è sempre nello studio; non posso prendere né la tela, né i colori e nemmeno i pennelli. Inoltre... ogni notte lo sento suonare una melodia al pianoforte, sempre la stessa. E' così dolce e triste che non riesco a smettere di ascoltarla. E' incredibile il suo talento, e sono sicura che persino mio padre glielo riconoscerebbe"

"Ma lui è attraente?" Chiese Sapphire alzando le sopracciglia su e giù. Ruby e Lyra la guardarono male, tuttavia quest'ultima arrossì violentemente. Avrebbe dovuto aspettarsela, una domanda del genere.

"L-L'ho visto bene s-solo una volta... b-beh, è un bell'uomo, n-non c'è che dire" Balbettò Lyra in risposta. Decise di cambiare argomento, domandando a Sapphire e a Ruby come avessero fatto a trovare un po' di tempo per uscire con lei.

"Il nostro capo aveva un incontro con il Generale del Team Rocket, quello con i capelli blu" Spiegò Blue. Lyra si ricordò improvvisamente che, nell'appartamento di Sapphire e Ruby, si era stabilito un Generale.

"A proposito, com'è il vostro Generale?"

Ruby e Sapphire si scambiarono uno sguardo confuso.

"In realtà sembra un tipo simpatico. Nonostante noi gli parliamo solo lo stretto necessario, lui ogni giorno ci racconta delle sue storielle o delle barzellette. Dice che, se non si fosse unito al Team Rocket, sarebbe diventato un comico di fama mondiale. Che ci dici del tuo, Lyra? Credo che ieri stesse parlando al telefono proprio con quello che sta da te" Spiegò Ruby, e Sapphire annuì senza esitazione, un piccolo sorriso arricciava le labbra di entrambi.

Lyra si picchiettò il labbro inferiore con l'indice, in cerca delle parole giuste.

"Proton Sherwood è... misterioso. Ci incontriamo solo di mattina e lui mi saluta molto educatamente, mi augura una buona giornata ed esce di casa. Verso mezzogiorno ritorna e si chiude nello studio. Io non gli ho mai parlato, sinceramente. Ho troppa paura..."

"In realtà il peggiore dei Generali, secondo me, è quello con i capelli blu, insieme alle sue reclute. Credo che abbia fatto qualcosa a Platina... è più silenziosa del solito e fa di tutto per non stare da sola con me o con qualsiasi altro uomo. Pure suo padre sembra essere molto preoccupato per lei..." Intervenne Ruby, i suoi occhi rossastri si erano incupiti d'improvviso. Lyra sbarrò gli occhi, tremò al solo pensiero di cosa avrebbero potuto farle quei mostri.

"In realtà, giusto l'altro giorno stavo parlando con la Viscontessa Berlitz, e mi ha confidato che Platina è stata anche picchiata dalle reclute di quel Generale perché non voleva consegnarle la sua collana preferita. E' stato davvero crudele, ha detto, ha la faccia deturpata per colpa sua. Spero di non avere mai a che fare con lui. Sapete, in città non si parla d'altro" Disse Sapphire.

"Lyra, il tuo Generale non ti farà niente di simile, secondo me. Se non ha ancora tentato di... come dire, palparti o cose simili, dubito che lo farà in futuro" Aggiunse Ruby, forse per rassicurarla un po'. Lyra gli credette a stento.

Finirono di mangiare la loro consueta fetta di torta e, dopo aver pagato, Lyra prese la bicicletta e tornò a casa; Stranamente era sola.

Lo studio di Lyra Soul, un tempo, odorava di acrilico e fiori, infatti un vaso di ceramica realizzato da lei stessa, un paio d'anni indietro, ornava la scrivania in mogano, dove vi erano sparsi vari schizzi preparatori, matite morbide e sanguigne. Sulla piccola libreria appena accanto all'armadio a muro, erano perennemente appoggiati il suo cellulare e il suo portatile, a volte trascurati per ore, tanta era la voglia di Lyra di non lasciare nulla incompleto, proprio accanto alla foto della sua famiglia. Quando, invece, Lyra doveva sgranchirsi le dita, intorpidite dal lavoro, sedeva dinanzi al pianoforte a coda, e in tutta la casa era udibile il suo dolce suono, che rallegrava gli anziani vicini, accompagnato solo dal canticchio degli uccellini. Le pareti erano adornate dai suoi stessi quadri, spesso sporche di tempere, che le davano un tocco di artistica e ben voluta confusione.

Non appena vi rimise piede, invece, Lyra avvertì immediatamente un alone di forzato cambiamento: il profumo pareva essere di tabacco e colonia maschile, misto ad un leggero odore di pioggia e boschi. Le pareti, ritinteggiate giusto un mese prima, erano di un bel verdognolo, una sfumatura simile ai capelli del Generale. I quadri si erano volatilizzati, accatastati frettolosamente nell'armadio a muro, un pesante silenzio aleggiava nell'aria già di piombo, rendendo quella stanza un luogo oppressivo. Sulla sua scrivania, perfettamente ordinata e spolverata, erano impilati vari documenti in un'eccellente calligrafia, che senza dubbio apparteneva alle mani da pianista del Generale. I suoi cavalletti, prima sparsi ovunque sul pavimento, facendola spesso inciampare, erano stipati in un angolo, reggendosi a stento in piedi.

Lyra passò delicatamente un dito sul coperchio del pianoforte, mentre un senso di nostalgia le si insinuava nel petto. Aprì l'armadio a muro con la chiave che portava sempre al collo e, stando attenta a non rovesciare tutto, ne prese uno e lo scrutò con occhio critico. Il ritratto di Gold era venuto quasi perfettamente.

"Archer non trova nessuno di loro?... Beh, qui non c'è niente di sospetto..." Le parole pronunciate dal Generale, due settimane prima, risuonarono nella sua testa forti e chiare. Prese in mano il primo dei fogli impilati sulla scrivania, cercando di non stropicciarlo e dimenticandosi di aver lasciato l'armadio a muro aperto.

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Oggetto: gli arresti

Devo comunicare alla sede provvisoria del Team Rocket con sommo disappunto che noi Generali non siamo riusciti ad arrestare le persone già citate per portarle al Quartier Generale di Mahogany Town. Codesta gentaglia sarebbe stata reclusa e successivamente condotta alla pena di morte per Tradimento del futuro regime del Team Rocket. Il Generale Capo Archer Atlas ritiene necessario perquisire tutte le abitazioni di Goldenrod City.
Cordiali Saluti,

Il Generale del Team Rocket,
Proton Sherwood.>>


Lyra si portò le tremanti mani alla bocca, sedendosi sulla scrivania in mogano per non cadere a terra: quelle persone che Proton Sherwood aveva detto di star cercando, poi sarebbero state uccise? Lyra sentiva il vomito farsi strada nel suo stomaco per arrivare alla gola, ma lo rimandò giù, nonostante provasse solo disgusto e volesse dimostrarlo.

"Che cosa ci fate qui?!" Tuonò all'improvviso una voce. Lyra si voltò di scatto, vedendo il Generale Proton Sherwood sullo stipite della porta. Avanzò velocemente verso di lei, senza, tuttavia, avvicinarsi troppo. Lyra contrasse le sopracciglia e fece un paio di passi indietro, chiudendo le labbra in una linea dura.

Il Generale osservò le sue mani, notando solo in quel momento che teneva un foglio di carta.

"Così stavate leggendo i miei rapporti..." Mormorò. Lyra non batté ciglio quando il Generale le prese il foglio di carta dalle mani.

"Come potete permettere che vengano uccise delle persone innocenti?" Sussurrò Lyra, quasi sperando che non la sentisse.

"La loro esecuzione non è affar vostro. Ora andatevene!!" Gridò Proton con voce ferma. Lyra lo guardò trucemente un'ultima volta e corse fuori dalla stanza, diretta verso la casa di sua sorella.

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Lyra si asciugò l'ennesima lacrima con il fazzoletto che Crystal le aveva dato, portandosi successivamente le mani in grembo.

"Ne sei davvero sicura, Lyra?" Le chiese Crystal mettendo una mano sulla sua.

"C-Certo; non solo ieri ne ha parlato al telefono con un suo amico, ma ha anche scritto un rapporto. Questo è un incubo, Crys. Stermineranno chiunque si opporrà al loro regime, dobbiamo fermarli al più presto" Parlò tra i singhiozzi.

"Lyra, sono sicura che il Governo farà qualcosa a breve. Non possono lasciarci in questa situazione" Intervenne Gold, entrando nella stanza. Si asciugò la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano e si buttò a peso morto sul soffice divano azzurro.

"Sporcami il divano e ti ammazzo" Lo minacciò Crystal.

"Scusa, scusa. Come sta andando la relazione per il professor Elm?" Crystal lavorava da anni per il professor Elm, un illustre ricercatore di Kanto, come assistente, ma da quando i Rocket erano arrivati in città, Crystal era stata costretta a rimanere entro i confini posti dal team, quindi si era trovata a scrivere le relazioni per il professor Elm a casa per poi mandargliele via mail.

Lyra appallottolò il fazzoletto e se lo mise in tasca. Solo in quel momento Gold si accorse dello stato d'animo della poveretta, così fece di tutto per farla sorridere.

"Allora, mi spiegate cosa è successo? Quel Generale ti ha fatto qualcosa? Adesso gli spacco la faccia, ci puoi scommettere" Disse Gold alzandosi in piedi e già camminando verso la porta di casa.

"No Gold, è che ho scoperto delle cose orribili..." Lyra raccontò le sue scoperte anche a lui, stavolta trattenendo le lacrime per evitare di preoccuparlo ulteriormente. Gold, da parte sua, stette ad ascoltarla senza interromperla.

"Ci aiuteranno, Lyra. Come gli agenti segreti hanno aiutato Kanto tre anni fa, aiuteranno anche noi. Anche le altre regioni, come Hoenn o Kalos, penso siano consapevoli della nostra situazione e stiano già escogitando un piano per aiutarci" Disse Gold.

Lyra fece ritorno a casa sua, lievemente sollevata. Gold e Crystal avevano ragione: Kanto, Hoenn, Sinnoh, Unima e Kalos non li avrebbero abbandonati.

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Crystal le consegnò due pesanti borse, contenenti i viveri per sfamarla per un mese. Non che Lyra avesse bisogno di tutto quello, e nemmeno che Crystal facesse la spesa per lei, costringendo il povero Gold a logorarsi ulteriormente le mani già incallite.
"Mi raccomando, Lyra, stai attenta a passare per la piazza" Le ripeté Crystal per l'ennesima volta. Lyra annuì e si preparò a lasciare casa sua. Crys era sempre stata un tipo premuroso, a volte iperprotettivo, ma Lyra sapeva che si comportava in quel modo per il suo bene.

"Ti riaccompagno a casa" Disse Crystal. Lyra declinò l'offerta, rispondendole che avrebbe dovuto aiutare il povero Gold a raccogliere le patate, siccome era sicura che stesse impazzendo sotto il sole cocente e senza nemmeno aver visto la sua amata moglie per tanto tempo.

"E stai attenta con quel Generale in casa" Disse. Quella sembrava essere la sua frase preferita, da quando quei loschi tipi in nero avevano invaso Goldenrod City.

"Non ti preoccupare Crys, so badare a me stessa" Replicò Lyra, baciandole la guancia. Urlò un saluto a Gold, che le venne ricambiato allegramente.

Lyra camminò a fatica verso il centro di Goldenrod City, e lì le si raggelò il sangue: Rocket, Rocket dappertutto. Ormai occupavano quasi tutta la città, come parassiti destinati a moltiplicarsi fino allo sfinimento. Nonostante solitamente avessero un certo pudore, in quel luogo la situazione era diversa: molti erano a petto nudo, ad abbronzarsi sotto il sole, altri corteggiavano le povere fanciulle di passaggio che si lasciavan abbindolare facilmente, altri ancora avevano rivolto la loro attenzione a lei, e fischiavano quando era abbastanza vicina loro. Lyra si sentiva disgustata nell'udire alcune frasi non esattamente caste sul suo conto, ed accelerò il passo quasi naturalmente, abbassando lo sguardo. Si morse ferocemente il labbro inferiore per non rispondergli a tono.

Vide anche il Generale che stava in casa sua, in compagnia di un altro Generale da capelli e pizzetto viola; forse erano gli unici a star svolgendo il proprio lavoro, e con tutta l'uniforme addosso.

"Avete bisogno di aiuto?" Le urlò Proton facendo due passi verso di lei. Se fosse stata un'altra persona, Lyra gli avrebbe sicuramente dato almeno una delle sue pesanti borse, che le stavano causando qualche vescica sulle mani.
Lo guardò per due secondi, poi lo ignorò, avanzando per la sua strada. Sentì l'altro uomo ridacchiare.

"Certo che potevate pure dire 'no, grazie'!" Urlò ancora. Lyra lo ignorò un'altra volta e svoltò a destra, avendo la necessità di proteggersi da quei mistici occhi verdi che parevano scrutarla fin nel profondo.

Fece un sospiro di sollievo, sistemandosi su una panchina per riposare un attimo. Si guardò le mani, notando molte vesciche e addirittura un taglietto sulla mano sinistra. Da quando era cominciata questa 'guerra' contro il Team Rocket si faceva di tutto per risparmiare, quindi anche i materiali delle borse della spesa erano divenuti così costosi per il Governo che avevano deciso di cambiarlo. Il Team Rocket aveva preteso tutti i soldi, inutile dirlo.

Lyra si tolse la polvere dai pantaloni e si rialzò, prendendo di nuovo le borse con le mani doloranti. Tornò a casa il più velocemente possibile, volendo evitare che quell'incubo si ripetesse un'altra volta. Come faceva di solito, Lyra si rinchiuse nella sua stanza e vi restò fino all'ora di cena. Quell'episodio non era che servito ad aumentare il pregiudizio che alimentava contro quelli del Team Rocket.

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Proton fissò il punto in cui la ragazza era sparita, sospirando pesantemente. Si voltò guardando Petrel con irritazione, avendo sentito quest'ultimo ridacchiare.

"Come mai stai ridendo?" Gli chiese in tono cinico, inarcando il sopracciglio. Lyra, la ragazza da cui alloggiava, non gli parlava e non lo guardava nemmeno in faccia. Lui personalmente non trovava nulla di divertente nella situazione.

"Perché sei stato ignorato. Ricordi che al quartier generale tutte le reclute cercavano di attirare la tua attenzione, ma tu eri troppo incentrato sul lavoro per dar loro corda? Beh, sembra che ora la situazione si sia ribaltata!" Petrel rise più forte, incrementando il fastidio del ragazzo.

"Non cerco di attirare la sua attenzione. Semplicemente vorrei conoscerla, instaurare con lei un rapporto dignitoso, ma la vedo dura: lei nemmeno mi guarda in faccia!" Esclamò Proton. Petrel rise un'altra volta.

"Non l'hai ancora capito? Lei ha paura di te, Proton. Dopotutto, anche io ne avrei se fossi una povera ragazza indifesa costretta a vivere da sola con un Generale del Team Rocket. In passato i conquistatori violentavano e costringevano a lavori forzati le fanciulle dei Paesi che essi conquistavano" Spiegò Petrel. Proton sentì che il ragazzo gli avesse appena aperto la porta di un nuovo mondo; quell'idea non gli aveva nemmeno attraversato l'anticamera del cervello, ed era assolutamente certo che Petrel avesse ragione, per una volta. Si sentiva così stupido! D'un tratto, gli sembrava di essere cascato dall'albero.

"Ha paura di me?"

"Esattamente. Prova ad avvicinarti a lei in un momento in cui sta facendo qualcosa che la rilassa, parlale in modo gentile e chiedile dei suoi interessi. Vivi con lei, quindi potreste parlare di qualcosa che tu sei certo le interessi" Disse Petrel dandogli una pacca sulla spalla. Proton pensò immediatamente ai quadri che aveva rinvenuto nell'armadio, nel momento in cui aveva scovato la ragazza nel suo studio. Ella era scappata via senza richiuderlo.

"Dunque, lei come si chiama?" Chiese l'uomo dai capelli viola.

"Il suo nome è... Lyra Soul" Rispose Proton con una nuova idea.

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Quella sera, Lyra Soul non udì il Generale suonare il pianoforte. In realtà non udì nemmeno i suoi passi pesanti all'ingresso. Lyra avrebbe voluto suonare al suo posto, ma quel Generale aveva avuto la prudenza di chiudere lo studio a chiave.
Sospirò. Come tutti gli altri giorni, non aveva assolutamente nulla da fare, nessuno con cui parlare. Guardò le fotografie nella sua stanza: lei con Crystal e Gold al loro matrimonio, lei e suo padre mentre suonavano il pianoforte, con sua madre e una meravigliosa torta al cioccolato sotto il naso, il giorno del suo settimo compleanno. Lyra adorava le torte al cioccolato di sua madre, era sempre stata una bambina parecchio golosa.

All'improvviso una nuova idea le balenò in testa. Prese delicatamente la foto dei suoi genitori tra le mani, sfiorando i loro volti con le dita. Si sedette in soggiorno, su una poltrona rivestita in velluto.

"Sapete, mamma e papà, è da molto tempo che non vi parlo. Mi mancate moltissimo, specialmente di questi tempi. Nella nostra città alberga una specie di esercito che ha invaso l'intera regione, il Team Rocket. Uno dei capi alloggia qui, nella vostra stanza. Ogni notte lo sento suonare il pianoforte di papà... è bravissimo, ma non riesco a riconoscere l'autore della sua musica. Io non parlo con lui, ho troppa paura. Ultimamente vado molto spesso a trovare Crys. Lei non lo sa, ma il suo arrivo è stato un sollievo. Da quando voi non siete più vicino a me, nella casa regna un silenzio impenetrabile. Beh, adesso c'è molto più rumore rispetto a prima. Riesco persino a riconoscere i suoi passi, la sua voce. Si chiama Proton Sherwood.
Tra poco è il quarto anniversario di Crystal e Gold. Mi ricordo di voi, al matrimonio. Tu, mamma, indossavi un bel vestito rosso. Lo aveva creato Ruby. Papà invece aveva addosso il suo più bel completo, cucito su misura per lui dalla migliore sartoria di Goldenrod. Gold invece aveva uno smoking, con tanto di farfallino. Lui li odiava, diceva che gli davano il prurito che manco mille zanzare sarebbero riuscite a causare. Crystal invece era bellissima nel suo abito bianco panna, con lo scollo a cuore, piuttosto semplice. Io, per il mio matrimonio, vorrei indossare il tuo vestito, mamma. Purtroppo non ho ancora trovato l'amore della mia vita. Ho frequentato un ragazzo della mia università, ma poi lui ha trovato un'altra. Poi ho conosciuto Ruby e Sapphire, per caso. Sapphire mi era venuta addosso e aveva accusato me di averla urtata. Era arrivato Ruby, che le aveva detto di essere una zuccona e che era stata lei a urtare me. Avevano notato entrambi la mia divisa e ci siamo resi conto che frequentavamo la stessa università. Però, con l'arrivo del Team Rocket ci siamo visti pochissime volte e l'università è in pausa. Quelle reclute del cavolo hanno proibito la circolazione della metropolitana, degli autobus, delle macchine e dei motorini. In città ultimamente si mormora che il visconte Berlitz abbia tirato un pugno ad una recluta e pertanto sarà giustiziato, ma non credo. Dall'arrivo del Generale in casa nostra non posso più dipingere, siccome ho lasciato tutto nello studio, che chiude a chiave ogni volta che esce di casa. Sinceramente mi ha fatto una buona impressione, nonostante qualche giorno fa mi abbia spaventato un po'. Mi ha sorpreso a leggere delle lettere che doveva mandare al Quartier Generale di Mahogany Town. Ci siamo stati un paio di volte, non è vero? Papà doveva tenere un concerto nella città vicina, così abbiamo sfruttato quella possibilità per andare al lago. Lì imparai a nuotare, grazie all'aiuto di Crys. Papà era costantemente chiuso nel suo studio, intento a provare la sua nuova sonata. L'aveva dedicata a me. Aveva proposto a Crys di insegnarle a suonare ma, poiché lei aveva altri interessi, aveva lasciato il posto a me. Io ne ero molto entusiasta, mi allenavo giorno e notte per compiacergli. Ho compreso la mia passione per l'arte quando mi avete portato ad una mostra a Celadon City. Avevo acquistato con la mia paghetta una tela e delle tempere e, seguendo i consigli della guida, ho provato a dipingere. Con il tempo ho affinato la mia tecnica e, dopo aver frequentato una scuola normale, avevo optato per l'Università delle Belle Arti. Adesso eccomi qui, a raccontarvi la mia vita come se non ne conosceste tutti i particolari. Davvero, mamma e papà, mi mancate moltissimo, io..." Interruppe il suo monologo, avendo sentito il cigolio della porta d'ingresso e i passi regolari di Proton Sherwood farsi strada nell'atrio. Si coprì la bocca con le mani e, cercando di non fare rumore, prese la fotografia e salì in camera sua.

Si accucciò davanti alla serratura, cercando di captare qualche suo movimento. Vide uno squarcio di capelli verdi andare verso il salotto, recuperare un pacchetto di sigarette e dirigersi verso lo studio, tuttavia non suonò il pianoforte, quella sera. Lyra pensò che rimase semplicemente a lavorare, oppure a scrivere altre di quelle lettere.

Fissò per circa un'ora e mezza, assorta nei suoi pensieri, la fotografia dei suoi genitori, poi calò in un sonno profondo.

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Funesto angolino della funesta autrice:
Scusate se questo capitolo non è granché, e se ho messo secoli per revisionarlo, ma ho dovuto riscrivere un paio di cosette, spero che non sia troppo male! E ho messo un'immagine, ringrazio ancora Euphemia per il mini-tutorial. Comunque, scrivetemi pure una recensione, i vostri dubbi, segnalatemi errori... insomma, il solito. Alla prossima, Soul


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3.


Come al solito, la mattina Lyra incrociò il Generale mentre usciva dalla sua stanza. Girovagava assiduamente per casa, curiosava con lo sguardo smeraldino in cerca di dettagli nuovi, per ragioni a Lyra ignote, e la ragazza non poteva dire di esserne totalmente infastidita, ma solo un po' curiosa.

"Buongiorno signorina Soul" La salutò educatamente Proton Sherwood.

Lyra non seppe che fare, ritrovandosi improvvisamente a disagio dinanzi all'uomo. Un attimo dopo che si decise a ricambiare il saluto, il Generale la anticipò.

"Volevo chiedervi scusa per aver rincasato tardi, ieri. Attualmente siamo impegnati in una ricerca... credo che tornerò tardi anche stasera. Spero non vi arrechi troppo disturbo" Continuò posando un sorriso cordiale sulle labbra.

"No, non vi preoccupate" Proton fu sorpreso di sentirle proferir parola. Fu la prima volta che udì chiaramente la sua voce cristallina, dolce, o almeno per la prima volta non era spaventata. Era certo di volerla sentire un'altra volta.

Proton Sherwood le rivolse un altro sorriso gentile, più genuino. Chinò leggermente la testa in segno di saluto, e uscì di casa. Lyra corse immediatamente verso lo studio, trovandolo ancora chiuso a chiave. Avrebbe dovuto aspettarselo.

Prese il suo quaderno degli schizzi, sistemandosi in salotto con matita e gomma, ma nessun disegno le riuscì. Improvvisamente, non si sentiva nemmeno capace di mettere in atto la sua ispirazione. Non aveva idee nemmeno riguardo il soggetto da disegnare. Si spostò in cucina, nella sua camera, in quella dei suoi genitori (in quel momento occupata da Proton), nell'atrio, ma in nessuna di quelle stanze sentiva quella serenità che la assaliva quando si trovava nel punto giusto per esprimersi. Quel punto di solito era nello studio, davanti ad una delle grandi finestre che davano sul giardino.

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Lyra passò accuratamente la mina della matita sul foglio, cercando di creare qualcosa di interessante. L'aria profumata e fresca nel suo giardino era l'ideale per rilassarsi e lasciarsi travolgere dall'ispirazione, come il suo silenzio quasi assordante, rotto solo dal cinguettio degli uccellini e dallo sfregare della matita di Lyra contro il foglio. Era seduta su un dondolo in legno di mogano, che apparteneva a suo padre quando ancora era vivo; ricordava vividamente i momenti passati con lui e ciò le procurò un minuscolo sorriso nostalgico. Sua madre, invece, preferiva rimanere all'ombra di un grande pino, magari leggendo un buon libro.

"Salve" Disse improvvisamente una voce. Lyra fece uno sforzo immenso per non sobbalzare dallo spavento e continuò a disegnare, ignorando il Generale dai capelli verdi. Si rifiutava anche solo di pensare al suo nome, quindi, per non offendere alcun tipo di animale o peccati che, per quanto gravi fossero, erano sempre meno spregevoli di lui. Doveva aver finito prima la sua "ricerca", dato che aveva detto che non sarebbe tornato prima di sera, oppure era semplicemente tornato a casa per la pausa pranzo.

Sentì quell'essere liberare un piccolo sospiro, per poi tirare fuori un pacchetto di sigarette e un accendino.

"Posso?" Le chiese indicandolo con lo sguardo. Lyra lo guardò aspettare una risposta con la coda dell'occhio, poi, inaspettatamente per Proton, gli parlò ancora.

"Sì. Voi praticamente potete fare quello che volete" Rispose Lyra con un sorriso amaro. Tornò a disegnare, apparentemente non intenzionata a portare oltre la loro 'conversazione', ma Proton sembrava essere di un'altra idea. In realtà Proton era sinceramente sorpreso dal fatto che Lyra gli avesse rivolto la parola, come quella mattina; il muro di silenzio che si era creato tra di loro stava per essere finalmente abbattuto.

"Immagino che il pianoforte sia vostro" Iniziò facendo un passo in avanti, e Lyra resistette all'impulso di allontanarsi ancora di più, "e anche i quadri".

Lyra lo guardò, notando per la prima volta la profondità dei suoi occhi verdi, o come i capelli ai lati del cappello corvino fossero un po' scompigliati.

"Come mai credete che quei quadri siano miei?"

"Dubito fortemente che il marito di vostra sorella sia un amante dell'arte"

Scherzò il ragazzo. Gli abitanti di Goldenrod City, a detta sua, erano più amanti delle tecnologie e delle comodità da esse fornite, per questo si distinguevano dal resto della popolazione della regione.

"Allora credo abbiate visto giusto" Disse Lyra. Un angolo delle sue labbra si curvò impercettibilmente, formando un mezzo sorriso.

"Avete una splendida casa. Come mai vivete sola?" Chiese Proton. Lyra si guardò intorno, rendendosi conto che, effettivamente, quella casa era veramente splendida. Il luogo che più apprezzava era il giardino ben curato, ma adorava anche la mobilia perfettamente in linea con lo stile della casa. Mobili non nuovi, ma nemmeno troppo vecchi.

"Non è mia. L'ho ereditata dai miei genitori dopo la loro morte. Mia sorella invece vive con suo marito" Disse Lyra riponendo la matita nell'astuccio.

"Se posso chiedervelo... come sono morti i vostri genitori?" Chiese Proton Sherwood, incuriosito. Lyra alzò lo sguardo, per poi spostarlo al limpido cielo che li schiacciava, eppure non avvertiva disagio.

"Mio padre era un pianista. Lui e mia madre si stavano dirigendo verso il suo ultimo concerto, ma hanno avuto un incidente automobilistico. Un guidatore ubriaco li aveva schiacciati con un tir" Mormorò Lyra stringendo i pugni.

Proton Sherwood non le pose nessun'altra domanda, rimanendo a fissarla in silenzio. Lyra ignorò il suo sguardo penetrante e continuò a guardarsi in giro come se nulla fosse.

"Adesso devo tornane a lavoro, signorina Soul. Vi ricordo che questa sera rientrerò tardi, verso le nove e mezza" Proton si congedò, lasciandola finalmente sola e libera di sospirare.

"Quindi non lo sentirò suonare neanche questa sera..." Pensò. Quel Generale era incredibilmente educato, per essere uno dei capi del Team Rocket. Aveva anche degli occhi molto belli... quelle poche volte che Lyra li aveva scrutati non aveva visto malizia, né crudeltà; e quelle mani guantate di bianco non l'avevano nemmeno sfiorata.

Lyra scosse la testa, scacciando dalla mente quei pensieri.

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La notizia le arrivò violentemente, come una secchiata d'acqua gelata al mattino. Furono Sapphire e Ruby ad avvertirla, quel pomeriggio.

Si erano incontrati alla locanda di Black e White, sotto invito di Ruby. Le aveva telefonato all'ora di pranzo e, con voce gravosa, le aveva chiesto se potevano incontrarsi alla locanda per le due e mezza. Dopo un lungo silenzio, Sapphire gli aveva tirato una gomitata e Ruby, schiarendosi la gola, le diede una notizia sconvolgente.

"Platina e il visconte Berlitz saranno giustiziati, tra due giorni" Fece cadere la tazza di porcellana, che si ruppe in miriadi di pezzi.

"Ma... perché?" Chiese con voce flebile.

"Il Generale in casa loro ha tentato di violentarla, e suo padre gli ha dato un pugno. Se non sbaglio è quello con i capelli azzurri... il visconte è stato accusato di 'sabotaggio al regime del Team Rocket', mentre Platina di 'aver disobbedito alle regole del regime'. Tutte cazzate" Rispose Sapphire sbattendo il pugno sul tavolo. Una cameriera, che era venuta a ripulire il disastro di Lyra, la guardò male. Lyra le chiese scusa umilmente.

"Archer... fin dall'inizio non mi è sembrato nulla di buono, quell'uomo" Mormorò Lyra, prendendosi il viso tra le mani.

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Proton fu immensamente sorpreso di vedere Lyra Soul, la donna che lo ospitava, alla stazione di polizia. Non se ne accorse subito, ma era accompagnata anche da un ragazzo corvino e una ragazza bruna, entrambi lo squadravano malamente.

"Voglio visitare una prigioniera" Disse Lyra con freddezza. Il suo tono autoritaro era completamente diverso rispetto a quello utilizzato in precedenza. Persino i suoi amici sembrarono sorprendersene.

"Certamente, signorina Soul. Nome e cognome della prigioniera?" Chiese Proton preparando un rapporto. A quanto pareva, il Team Rocket documentava tutto.

"Platina Berlitz" Rispose Sapphire al posto di Lyra.

"D'accordo. Può entrare solo uno di voi, però. Ho bisogno di un documento d'identità e una vostra firma" Disse Proton. Siccome Ruby era l'unico ad aver portato la patente con sé, nonostante fosse vietata la circolazione delle auto, Lyra e Sapphire cedettero il posto a lui.

Una recluta accompagnò Ruby fino alla cella, lasciando le due ragazze sole con Proton. Lyra guardava le sue scarpe, ignorando di nuovo lo sguardo penetrante di Proton. Sapphire, invece, si guardava curiosamente intorno in quell'ambiente cupo.

All'improvviso il portone d'ingresso si spalancò, e ne entrarono due Generali: uno con pizzetto e capelli violetto, l'altro con occhi e capelli azzurri, il temuto Generale Capo Archer Atlas.

Proton Sherwood e tutte le altre reclute si misero in posizione eretta al suo ingresso. Una donna, dai fulvi capelli e occhi infuocati, scese lentamente le scale. A Lyra pareva di averla già vista, da qualche parte.

"Ariana" La voce viscida del Generale Capo chiamò per nome quella donna. Indossava la sua stessa divisa.

"Come sta andando la gestione di questa galera?" Continuò stringendole la mano forse un po' troppo a lungo. La donna, Ariana, non sembrò sentirsi a disagio.

"Molto bene, Archer. Petrel, Proton, come sta andando la vostra ricerca?" Lyra spostò tutta la sua attenzione alla conversazione, vogliosa di sapere cosa fosse effettivamente quella 'ricerca'.

"Ieri io e Proton siamo stati fino a sera a cercare i membri della ex resistenza. Ci è giunta una soffiata: qualcuno ha sentito dei rumori sospetti nel negozio d'alimentari in centro. Ho mandato una squadra a perlustrare il negozio e hanno ritrovato solo un gatto. Alcune mie reclute pensano che nella casa ai confini della città si possa nascondere qualcuno. Ad un vostro ordine manderemo una squadra anche là" Spiegò quello che doveva essere Petrel.

"Pensano che i membri della ex resistenza, se ancora esiste, si nascondano a casa di Crys e Gold..." Teorizzò Lyra.

Sapphire le sussurrò che quello era il Generale che stava in casa sua.

Lo sguardo di Archer si posò su di lei. Assottigliò gli occhi, venendole più vicino. Lyra si raddrizzò sulla sedia, tesa.

"Che ci fa una dolce fanciulla come voi in un luogo come questo? Non avrete infranto nessuna delle nostre leggi, spero" Disse viscidamente. Lyra impallidì quando, con una mano, prese una ciocca di capelli che era sfuggita alle due codine e la portò dietro l'orecchio; gli scintillanti occhi blu mostravano più di quanto Lyra avrebbe voluto sapere.

A salvarla da quella situazione di estremo disagio fu Proton, che si mise tra i due.

"La signorina Soul non ha commesso nessun reato; voleva semplicemente visitare un'amica" Disse con voce dura. Archer scrollò le spalle e, seguito da Ariana, andò via.

Solo allora il Generale dai capelli viola si accorse della presenza di Sapphire, che era rimasta in silenzio, e accorse a salutarla.

"Ciao Sapphire! Non sapevo che la ragazza nella cella fosse vostra amica. Dov'è andato Ruby?" Il suo tono di voce cambiò completamente rispetto a quando stava riportando la 'ricerca' ad Archer.

"Salve. Ruby è andato a trovare Platina" Rispose tranquillamente Sapphire. Lyra, al contrario di lei, era ancora agitata.

Appena Petrel la vide, i suoi occhi si illuminarono e fece un sorriso buffo.

"E così voi siete la signorina Soul! Proton mi ha parlato molto di voi" Disse allegramente, dando un'occhiatina a Proton. Lyra gli lanciò uno sguardo interrogativo.

"Sì, sono io" Disse sorpresa lei. Ruby giunse da dietro di loro, demoralizzato. Scosse la testa, sedendosi vicino a Sapphire.

"Platina non ha detto una parola. Oh, buongiorno signor Petrel"

"Ecco, l'hai fatto un'altra volta. Chiamami solo Petrel, amico!" Si lamentò Petrel. Proton ridacchiò, abituato a quell'atteggiamento dal collega.

"Ok, vi riaccompagno a casa. Fareste meglio ad andare anche voi due, si sta facendo buio fuori" Disse Petrel. Sapphire e Ruby scattarono in piedi e, dopo un ultimo saluto, si congedarono insieme al loro Generale. Che bel rapporto avevano! Proton quasi li invidiava.

"Signorina Soul, Petrel ha ragione: meglio che torniate a casa, si sta facendo tardi" Lyra scrutò timorosa la porta. La verità era che le faceva paura tornare a casa da sola, a quell'ora, con la città grondante di Rocket e di tipi come Archer. Chiedere a Gold un passaggio non le sembrava il caso, ma non voleva passare l'intera notte in centrale!

Proton era tornato ai suoi rapporti ma, sentendole emettere un sospiro tormentato, posò la penna sul tavolo.

"Se volete potete rimanere qua con me. Per stasera il turno di ricerca all'aperto tocca a Petrel, e credo che voi potreste essermi utile per delle informazioni" Propose Proton con incertezza. Non gli piaceva l'idea che la ragazza vagasse sola dopo una certa ora, ma non aveva nemmeno intenzione di metterla a disagio.

La sua domanda spiazzò talmente Lyra che la sua bocca rimase aperta per almeno trenta secondi, prima di formulare una frase di senso compiuto.

"Lui tornerà?"

Proton sapeva esattamente a chi si riferisse. L'atteggiamento viscido di Archer aveva sconvolto la maggior parte delle donne che aveva conosciuto.

"E' molto improbabile. Lui di solito sta stravaccato su uno sgabello da bar, in compagnia di un bicchiere di vino e una bella donna" Raccontò Proton.

Lyra si mise davanti alla scrivania di Proton con la sedia. Guardò l'entrata all'area della centrale riservata ai delinquenti. Proton seguì il suo sguardo e si alzò in piedi.


"Dove andate?" Chiese Lyra.

Proton le fece segno di seguirla, cominciando a camminare verso quell'area. La recluta che faceva da guardia si spostò immediatamente e li lasciò passare.

"Voi potete vedere lei, ma lei non può vedere voi; lei non può sentirvi. La devo avvertire, però: il Generale Capo l'ha ridotta davvero male, perciò non spaventatevi" Proton la prese per il polso, portandola fino in fondo al corridoio.

Per Lyra, fu come ricevere un pugno in un occhio, anzi, due. Platina era incatenata al muro, un occhio violaceo e diverse contusioni sulla parte sinistra del viso un tempo grazioso. Il suo labbro era lacerato, e il collo, come le spalle, presentava diversi lividi. Del sangue secco era attaccato sotto al naso, rotto. Le vesti erano sporche di fanghiglia e sangue, strappate in alcuni punti. La ragazza tremava, forse dal freddo o forse dalla paura. Dopotutto, chi non avrebbe paura di incontrare il disgustoso essere che l'aveva ridotta in quel modo?

Lyra si coprì la bocca con le mani, soffocando un urlo. Orripilanti tremori le attraversavano le sinapsi e le penetravano nelle ossa.

"Voi... non p-potete fare n-nulla per lei?" Gli occhi di Lyra si riempirono di lacrime.

In quel momento giunse una recluta con il vassoio del cibo. Non era altro che un misero tozzo di pane, una zuppa e un bicchier d'acqua.

"Potrei..." Non ci fu nemmeno bisogno di chiederlo. La recluta le mollò il vassoio in mano e fuggì a gambe levate.

"D'accordo, ve lo permetto, ma non trattenetevi troppo" Si raccomandò Proton tenendole aperta la porta e sospirando per l'atteggiamento della recluta.

Appena Lyra fu davanti a Platina, quest'ultima aprì gli occhi ambrati. Essi non brillavano di alcuna luce. Prima erano occhi così belli, e poi divennero vacui, capaci di esprimere solo un dolore fiacco, diventato naturale e parte integrante della sua misera vita.

"Ciao, Platina" Sussurrò Lyra. Le posò il vassoio davanti, in modo che potesse raggiungerlo. Platina non la guardò neanche, persa nel vuoto.

Rimase cinque secondi a fissarla, poi uscì. Tornò insieme a Proton all'ingresso, ma lui prese astuccio e fogli e la condusse al piano di sopra, quello che doveva essere il suo vero studio.

"Scusatemi se ve lo chiedo, ma... come mai necessitate di uno studio a casa se ne avete uno anche qua?"

"Questo non è il mio studio, ma quello di Archer. Vuole che almeno uno di noi lavori qui per non permettere la fuga dei due prigionieri, almeno fino alla loro esecuzione" Spiegò Proton.

Lyra annuì.

"Sapreste dirmi a chi appartiene la casa ai confini della città?" Le chiese Proton.

"Quella è la casa di mia sorella, Crystal Soul, e suo marito, Gold Dallas. Lei lavora come ricercatrice per il professor Elm. Gold invece fa l'agricoltore, ma prepara anche delle pagnotte per il fornaio"

"Quanti anni hanno?"

"Entrambi ventiquattro anni"

"E voi, invece?" Proton alzò lo sguardo solo un secondo, segnando velocemente quello che le diceva.

"Io?"

"Devo scrivere quanti anni avete, la vostra professione, la vostra data di nascita" Elencò Proton, attribuendo ad ogni richiesta una falange della mano destra.

"D'accordo. Mi chiamo Lyra Soul, ho vent'anni, sono studentessa dell'Università delle Belle Arti, sono nata il 16 luglio" Disse titubante.

"Grazie mille. Siete nata in questa città?" Domandò Proton.

"No. Sono nata a New Bark Town" Rispose Lyra. Ricordava poco di New Bark, solo che era un paesino immerso nella natura. L'aria lì era poco inquinata, e tutti sapevano tutto di tutti. Era il paese d'origine di sua madre, e anche di un famoso ricercatore. Lì aveva conosciuto Gold, che si era trasferito a Goldenrod City insieme ai suoi nonni poco dopo.


Dopo due ore di domande sugli abitanti della città, Proton finalmente le annunciò che potevano tornare a casa.

Percorsero in silenzio la strada, ascoltando i rumori della quiete notturna. Una volta Goldenrod la sera brulicava di musicisti, ballerini, bancarelle. Lampioni e insegne illuminavano la città, miriadi di persone camminavano, si scontravano, si parlavano. In quel momento, invece, non sembrava nemmeno la stessa città. In giro si vedevano solo le macchine dei Rocket.

Tuttavia, Lyra doveva ammettere che la presenza di Proton Sherwood nella sua vita stava incominciando a colmare ogni sua mancanza. E Lyra non aveva idea del perché.

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Funesto angolino della funesta autrice.


*piange e prega pietà in ginocchio*


vi prego, perdonatemi per il mio immenso ritardo! ç__ç e non odiatemi per Platina, mi farò perdonare nella prossima storia!


Bene, me ne torno nel mio funesto angolino.


Baci,

Soul<3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


*deglutisce* per oggi non metto le mie funeste note, mi spiace. ATTENZIONE: per il seguente capitolo si consiglia di tenere pronte tre o quattro iniezioni per il diabete. Grazie.

Capitolo 4.

"Buongiorno signorina Soul. Posso sapere dove state andando così presto?" Le chiese Proton Sherwood. Aveva bevuto una tazza di tè alle sette e un quarto del mattino, si era vestita e, proprio mentre stava per varcare la soglia di casa sua, Proton le fu dietro, ancora in pigiama. Chiamarlo pigiama, poi... Proton era semplicemente in una canottiera bianca e pantaloni. Era strano vederlo spoglio della sua divisa, pareva quasi un uomo normale.

Lyra arrossì, colta di sorpresa.

"Buongiorno signor Sherwood. Sto andando a casa di mia sorella per ritirare del pane che ha preparato suo marito" Spiegò Lyra indossando un cappello bianco circondato da un nastro rosso che si concludeva con un grande fiocco. Proton sorrise quando lo vide, pensando che fosse piuttosto carino, così come la sua proprietaria. Le guance gli si arrossarono lievemente, ma Lyra non se ne accorse.

Quel cappello era davvero importante a livello affettivo: era l'ultimo regalo che suo padre le aveva fatto, insieme al pianoforte.

"Oggi per che ora tornerete a casa?" Gli domandò Lyra.

Proton fu sorpreso, tuttavia rispose che sarebbe tornato verso l'una del pomeriggio.

Lyra si torturò le mani dietro la schiena, trovando poi il coraggio di chiedergli, con una visibile nota di timidezza e imbarazzo: "Volete che vi prepari il pranzo?"

"Certo, volentieri. Per quanto i panini della macchinetta siano buoni, ogni tanto mi piacerebbe gustare qualcosa di diverso" Disse Proton con un sorriso a trentadue denti. Il suo "piano" stava procedendo a gonfie vele, avrebbe dovuto comunicarlo a Petrel. Il suo cuore batté un po' più velocemente del normale. Solo un po'.

"Ci vediamo dopo, signor Sherwood" Appena il suo saluto venne ricambiato dal Generale, Lyra uscì di casa. Prese la bicicletta, dirigendosi verso i confini della città.

Giunta a casa di Gold e Crys, lasciò la bicicletta e si apprestò a bussare.

"La porta è aperta!" Le gridò Crystal dalla cucina. Lyra trattenne un risolino ed entrò, raggiungendola. Crystal era intenta a scrivere una relazione per il professor Elm, mentre Gold annaffiava le pianticelle nell'orto. Lyra si versò un bicchiere d'acqua, osservando Crystal lavorare. Neanche si era accorta del fatto che fosse là, di fianco a lei. Roteò gli occhi: ogni volta, Crystal si impegnava fino allo sfinimento per completare al meglio le commissioni del professor Elm. Lyra e Gold credevano che una pausa le avrebbe fatto solo bene, ma Crys non ne voleva sapere.

"Ehi Crys, quest'anno abbiamo un bel raccolto!" Disse Gold posando il suo cappello blu e giallo sul tavolo.

"Oh, ciao Lyra" La salutò sbadigliando. Solo in quel momento Crystal staccò il naso dal monitor del computer, stropicciandosi gli occhi. Lyra scrutò il suo viso stanco, pallido, con due borse scure sotto gli occhi. Doveva aver lavorato davvero molto, da quando il Team Rocket era arrivato in città.

"Allora, con il Rocket è successo qualcosa?" Lyra non capì subito a chi Gold si stesse riferendo. Si astenne dal sorridere al pensiero di quel cordiale generale che, come se nulla fosse, le aveva donato il rumore e l'ispirazione.

"No, niente. Come mi avete consigliato voi, non gli parlo e non lo guardo. A volte mi passa accanto e io non respiro neanche! A proposito, ieri ho sentito una sua conversazione con un altro Generale. Ha detto di sospettare che i membri della ex resistenza o roba simile si nascondano qui da voi" Accompagnò la sua menzogna ad una risatina nervosa. Non aveva idea del perché stesse mentendo loro, che erano le persone a cui teneva di più al mondo, ma le era quasi naturale. Avvertiva un forte senso di colpa alla bocca dello stomaco, tuttavia sapeva di aver fatto la cosa giusta. Gold e Crystal si scambiarono uno sguardo indecifrabile e quasi impercettibile, della durata di un nanosecondo.

"Meglio, con tutte le cose che sto sentendo in giro... si dice che la figlia del fornaio sia rimasta incinta di un Rocket, e che la nipote della signora Hazel abbia tentato di lasciare la città con uno di loro" Disse Crystal con un'impronta di disgusto nella voce. Arrossì; non avrebbe mai potuto immaginare la loro reazione nel vedere che aveva delle interazioni con Proton Sherwood. Però, di quei tempi era impossibile stabilire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. La gente cercava calore, conforto, nella persona che avevano accanto, e ciò non era da condannare. Incominciava a credere che anche i Rocket fossero umani, dopotutto.

Lyra si riscosse da quel fiume che erano i suoi pensieri al sospiro di Gold.

"Per fortuna che noi non abbiamo nessuno, e anche che Lyra non ha a che fare con questi individui. Hai qualche notizia della tua amica, quella che è stata imprigionata?" Chiese Gold passandosi una mano sulla fronte sudata.

"Oh, solo Ruby è andato a trovarla. Mi ha detto che i Rocket l'hanno fatto entrare solo perché aveva la patente con sé... ha aggiunto che è in condizioni orripilanti: ha il viso tumefatto, il naso rotto, il labbro lacerato, dei lividi sul collo e sulle spalle e tremava tantissimo. Non ha proferito neanche una parola" Rispose Lyra, evitando di rivivere quel momento con il ricordo, ancora vivido nell'anticamera del suo cervello.

"Che descrizione accurata. Sembra che l'abbia vista anche tu!" Disse Crystal assottigliando gli occhi. Li tenne puntati su di lei in uno sguardo indagatore, per poi rilassarsi e ridere. Lyra, che in quel lasso di tempo aveva perso il respiro, si sciolse un po'.

"D'accordo, ecco il pane" Crystal cambiò argomento, porgendo a Lyra un sacchetto.

"Grazie" Mormorò lei. Salutò e lasciò in fretta la casa con la scusa di dover passare dall'alimentari, ma in realtà voleva scappare. L'atmosfera era raggelata dopo l'insinuazione scherzosa di Crystal. Stranamente, nessuno di loro due si era offerto di accompagnarla. Era come se anche loro due avessero fretta di vederla andare via. Che avessero intuito qualcosa? Oppure anche loro le nascondevano dei segreti?

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Proton attraversò contento l'ingresso della stazione di polizia; attendeva ansiosamente la pausa pranzo solamente per poterla rivedere. Il pensiero che avrebbe addirittura pranzato con lei lo rendeva incredibilmente felice, e sul suo viso compariva un sorriso idiota. Era così da tutta la mattina.

Petrel, il suo collega nonché migliore amico, se ne accorse immediatamente.

"Allora, Proton... cosa ti rende così felice, oggi?" Gli chiese impazientemente, rompendo il silenzio nello studio. Proton posò la penna che stava usando, guardando Petrel negli occhi.

"Niente" Gli disse, trattenendolo sulle dolorose spine che eran la curiosità.

"Proton, non mentire al tuo migliore amico, non ne sei capace. Si tratta di Lyra Soul, non è vero?" Disse Petrel dandogli una gomitata nello stomaco.

"Beh, può darsi che Lyra Soul abbia invitato il sottoscritto a pranzare con lei" Disse fieramente Proton. Petrel ne fu sorpreso.

"Come mai questi passi avanti?" Gli domandò.

"In un certo senso, devo questo nostro avvicinamento a quell'idiota del Generale Capo. Ieri ha spaventato Lyra talmente tanto che non se la sentiva di tornare a casa da sola, così le ho proposto di rimanere con me. Ha accettato e l'ho portata a vedere la sua amica, quella nella cella. Stamattina l'ho incontrata prima che uscisse di casa, e lei mi ha chiesto se avessi voglia di pranzare a casa con lei. Ovviamente ho detto di sì" Raccontò Proton. Petrel gli sorrise brillantemente, dandogli una pacca sulla schiena.

"Però non affezionarti troppo, ti ricordo che tu sei un Rocket e lei è una cittadina di Johto" Sussurrò Petrel, divenendo più cupo. Un intricato groviglio si formò nello stomaco di Proton, un ramo ad esso appartenente crebbe e gli intasò la gola, rendendo la saliva come il piombo.

"Si, ma cosa sono un Rocket a fare?" Si ritrovò a pensare Proton. Non trovò ancora una risposta; cominciava seriamente ad avere dubbi sulla sua vera appartenenza, sul suo vero luogo.

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Appena entrato in casa, attraverso le narici di Proton passò un buon odore di carne, e il suo stomaco brontolò al solo pensiero. Appese cappello e giacca sull'appendiabiti all'ingresso e si diresse in cucina, dove vide Lyra finire di preparare un'insalata.

"Salve" Disse Proton. Lyra Soul sussultò e si voltò verso di lui, salutandolo con un mezzo sorriso.

"Sedetevi, ho appena finito" Proton fece come gli era stato detto solo dopo che Lyra declinò la sua offerta d'aiuto.

Era la prima volta che consumavano un pasto insieme. Erano seduti uno di fronte all'altra; Lyra masticava lentamente l'insalata, fissando imbarazza la sua forchetta come se fosse l'oggetto più interessante al mondo, mentre Proton la squadrava di sottecchi, scovando tra gli scaffali della sua mente un valido argomento di conversazione.

"Mangiate sempre così poco? Voglio dire, cucinate così bene" Com'era prevedibile, fu Proton ad interrompere quel silenzio imbarazzante.

Lyra lasciò cadere la forchetta, che produsse un tintinnio quasi sordo rispetto al precedente muro di silenzio. Annuì velocemente, pensando che un piatto di insalata verde fosse sufficiente per riempire lo stomaco di chiunque. Era sempre stata abituata a mangiare poco.

"E come mai, se posso saperlo?" Chiese il ragazzo.

"Io... ci sono abituata. So benissimo di essere benestante grazie all'eredità di mio padre, ma preferisco vivere ed essere vista come una persona comune. Di questi tempi i miei amici mangiano anche meno di questo, eppure ringraziano Dio per quello che gli da. Io potrei avere di più, ma non lo voglio, non ne ho bisogno" Disse Lyra. Proton annuì, capendo la sua logica, e rimanendone piacevolmente colpito. Quante altre lodi poteva vantare Lyra Soul?

"E' ammirevole da parte vostra" Lyra non rispose al complimento, attendendo una continuazione, "vorrei chiedervi una cortesia: potremmo instaurare un rapporto dignitoso, signorina Soul?".

Lyra annuì leggermente con la testa, finalmente alzando lo sguardo. Proton le sorrise, rassicurandola.

"Come mai vi siete unito al Team Rocket?" Gli chiese.

"Appena compiuti i diciotto anni, mi sono unito al Team Rocket. Devo ammettere che all'inizio credevo fortemente nei loro ideali, volevo diventare ricco e potente. Ho sgobbato per tre anni per farmi nominare Generale, ma poi è arrivato un ragazzino che ha disintegrato il Team Rocket. Giovanni, il nostro capo, è fuggito. Avevo appena ricostruito la mia vita a Saffron City, quando qualcuno mi ha rintracciato: era un Rocket di Archer. Ho saputo che avevano ricostruito il Team Rocket, così mi sono riunito a loro. Tuttavia, ora che ci manca poco per realizzare i sogni del Team Rocket, non mi sembra più di capire i loro ideali..." Confessò Proton con un sospiro. Notò che Lyra aveva ascoltato con attenzione ogni singola parola da lui pronunciata. Sapere di avere una persona che lo ascoltava, che era interessata a ciò che diceva, fece a Proton molto piacere.

"Siete una persona contraddittoria: non capite gli ideali del Team Rocket eppure combattete per loro ogni giorno" Affermò Lyra accavallando le gambe. Proton distolse lo sguardo.

"Sinceramente non so perché lo faccio. Penso che ormai sia troppo tardi per cambiare strada. Quando la nostra occupazione finirà, lascerò il Team Rocket. E' una promessa che vi faccio, Lyra. A proposito, datemi del tu" Disse Proton. Lyra strinse la mano che Proton le porgeva, e gli disse di fare lo stesso.

"Tu cosa intendi fare, dopo che ce ne saremo andati?" Il disagio nel conversare con lui era improvvisamente sparito, o forse era la sua incoscienza a parlare per lei. A Proton sembrava incredibile intrattenere una conversazione con una ragazza che fino a dodici ore prima lo ignorava ed evitava.

"Penso di riprendere gli studi e laurearmi all'Università delle Belle Arti, è sempre stato il mio sogno. Tu invece?" Disse Lyra. Sapeva già cosa avrebbe risposto Proton, lo aveva capito vedendo tutta la passione che metteva nel pianoforte, e riusciva a trasmetterla con la sua musica. Aspettava solo che lo ammettesse.

"Io vorrei diventare un musicista. A Celadon City, la mia città natale, c'è un grande teatro: un giorno vorrei arrivare ad esibirmi lì. Se ti interessa, a Celadon si tengono spesso delle mostre d'arte, sono sicuro che il direttore non si porrebbe problemi ad esporre i tuoi meravigliosi quadri" Rispose Proton. Conosceva il direttore solo di vista, non gli aveva mai parlato davvero, eppure pareva essere un tipo simpatico, orgoglioso del suo lavoro.

"Sono sicura che Celadon City sia tutta da vedere. Ho sempre voluto visitarla" Affermò Lyra. In realtà, avrebbe voluto visitare l'intera regione di Kanto, da Pallet Town a Cinnabar Island, percorrendo tutto il giro. Era molto interessata anche alla regione di Unima, ma un viaggio di quel calibro sarebbe costato troppo persino al visconte Berlitz, di quei tempi, con i posti di blocco e le tasse che imponeva il Team Rocket per la regione. Viaggiare da una città e l'altra era un vero caos.

Chiacchierarono un'altra mezz'ora sui loro interessi: Proton, oltre a suonare, praticava molti sport e curava spesso il gatto della sua vicina di casa a Saffron City. Lyra raccontò che aveva ereditato la sua passione per il pianoforte dal padre, ma dopo la sua morte aveva toccato i tasti d'avorio sempre più raramente. Aveva anche un interesse per i libri che parlavano di viaggi, avventure, come 'Giro del mondo in centoottanta giorni'.

"Come sono morti?" Le chiese Proton piano. Lyra gli riferì tutta la storia, sottolineando il suo pentimento per non aver salutato decentemente i genitori, quel giorno. Ripeteva sempre che sarebbe stato il più grande rimpianto della sua vita.

Proton le disse che anche lui aveva questo rimpianto, siccome si era unito al Team Rocket di nascosto. I suoi genitori si erano separati quando aveva dodici anni e sua madre, con cui era rimasto, si stava per sposare con un altro uomo. La aveva abbandonata in uno dei giorni più importanti della sua vita, con un 'ciao' seccato e sbattendo la porta d'ingresso. La donna non aveva avuto modo di fermarlo, crollata a terra e in lacrime.

"Voglio prometterti anche un'altra cosa, Lyra" Disse Proton dopo una lunga pausa di riflessione. Si erano spostati in salotto, comodi sulle poltroncine vermiglie.

"Mh?"

"Io ritornerò, permettimelo. Suonerò alla tua porta, tu mi aprirai, e non mi riconoscerai nemmeno. Non indosserò la divisa, proprio come ora. Avrò una camicia e dei semplici jeans. Ti dirò 'sono Proton, l'ex Generale del Team Rocket', e tu ti ricorderai di me. Ti porterò via, ti farò visitare tutte le città del mondo. Diventeremo famosi insieme: io un pianista e tu un'artista" Disse Proton sorridendole.

"Davvero? E cosa ne facciamo di Crystal e Gold?" Chiese Lyra, ricambiando il suo sorriso. Proton, in quel momento, non seppe dire se fosse seria o meno.

Proton guardò l'orologio a pendolo in legno di mogano. La sua pausa pranzo sarebbe finita entro cinque minuti. Lyra sembrò notarlo e si avvicinò all'appendiabiti nell'atrio per prendergli il cappello nero. Stava decisamente meglio senza la divisa: aveva un aspetto del tutto normale, anzi, quasi rassicurante. Improvvisamente tutte le sue paure erano svanite, sostituite da un vago senso di serenità. Era da molto che non si sentiva così bene con qualcuno.

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Proton Sherwood corse verso il municipio, volendo incontrare il Generale Capo Archer Atlas. Bussò alla porta del suo ufficio un paio di volte, udendo subito una risposta.

"Oh, Proton, che piacere. Cosa ti porta qui?" Archer aveva i piedi sulla scrivania, uno dei rapporti di Proton in mano e un bicchiere di vino nell'altra. Le tende delle finestre erano chiuse, lasciandolo nella penombra.

"Buongiorno signor Generale Capo. Io e il mio collega Petrel Lambda abbiamo cercato dappertutto: nei negozi, nelle residenze e nei boschi che circondano la città. Gli unici posti che ci mancano sono la residenza dei Dallas, la scuola privata e la residenza dove alloggio, della signorina Soul" Al nome della sua nuova 'amica', Archer si illuminò e si mise in posizione eretta.

"Questa signorina Soul mi è parsa molto intrigante, l'altra sera. Come si chiama?" Chiese Archer sporgendosi in avanti. Proton assottigliò leggermente gli occhi.

"Lyra" Disse Proton infastidito. Quasi come se potesse leggere nei suoi pensieri, Archer si rimise in posizione eretta e non gli fece più domande. Fu Proton a parlare per primo: "C'è qualcosa che devo fare per voi?"

"Sì. Fai perquisire la casa ai confini della città" Gli ordinò Archer guardandosi le unghie. Proton gli stava per dire che l'avrebbe fatto subito, ma qualcosa, un pensiero, lo costrinse a fermarsi: lì ci abitavano la sorella di Lyra e il marito.

"Lo farò oggi pomeriggio" Disse Proton. Si congedò e ricorse immediatamente a casa. Non poteva rinunciare alla fiducia di Lyra.

Lyra era in salotto, leggeva un libro.

"Sono corso a casa solo per dirti che questo pomeriggio invierò una squadra a perquisire la casa di tua sorella" Le disse Proton. Lyra annuì, improvvisamente irrequieta, e aspettò che tornasse a lavoro per prendere la bicicletta e pedalare verso i confini della città.

Bussò forte alla porta, che venne immediatamente aperta da Crystal. Gold, come sempre, stava lavorando nei suoi campi.

"Che succede, Lyra?" Le chiese Crystal. Sembrava di fretta, innervosita dalla sua visita improvvisa. Non aveva nemmeno aperto metà della porta.

"Questo pomeriggio il Team Rocket verrà a perquisire casa tua... sospettano che stiate nascondendo i membri della ex Resistenza..." Disse Lyra insospettita dallo strano comportamento di sua sorella. Per lei, non ci sarebbe stato nulla di male se Crystal avesse nascosto qualcuno. Scacciò quei pensieri dalla testa: Crystal non le avrebbe mai nascosto un segreto così importante.

"Oh" La ragazza dai capelli azzurri si raddrizzò, "grazie dell'informazione. A proposito, come hai fatto a venirne a conoscenza?"

Un'accesa tinta di rosso si estese sulle guance di Lyra, che fece un passo indietro.

"Ho semplicemente origliato Pro- cioè, il Generale mentre parlava al telefono con il suo capo" Balbettò Lyra. Crystal assottigliò gli occhi, ma lasciò correre la sua insicurezza.

Crystal la salutò frettolosamente con una scusa e le chiuse la porta in faccia. Sul viso di Lyra si formò un'espressione corrucciata, e tornò a casa sua.

Lyra passò il resto della mattinata a canticchiare in giro per casa e ad annaffiare le aiuole nel giardino, cercando di scacciare quel senso di inquietudine e pericolo. Aveva un brutto presentimento.

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Proton Sherwood guidò con il suo motorino una squadra di reclute per la perquisizione di casa Dallas e Soul. Era una casetta ai confini della città, con attorno un grande campo, usato per la coltivazione di grano, pomodori e altri ortaggi. Sul fronte della casa si potevano scorgere due grandi finestre, coperte dalle tendine azzurro pastello. Oltre i campi, c'era un piccolo spiazzo d'erba con una quercia al centro; Proton bussò tre volte alla porta rosso scuro, mentre le reclute si posizionavano diritte, pronte a scattare ad un qualsiasi ordine.

Appena la porta venne aperta, Proton vide una donna poco più grande di lui dai capelli azzurri e gli occhi del medesimo colore. Era alta, slanciata, con la stessa carnagione pallida che sfoggiava sua sorella Lyra. Tuttavia presentava segni di stanchezza, le borse sotto gli occhi e la schiena leggermente ricurva, come se avesse lavorato per ore consecutive. Forse lo aveva fatto.

"Buongiorno signora Dallas, abbiamo ricevuto dal Generale Capo del Team Rocket Archer Atlas l'ordine di perquisire la vostra casa" Disse educatamente Proton. Crystal Soul lo guardò impassibile e lo lasciò entrare. Sapeva che Lyra l'aveva avvertita della loro visita - glielo aveva detto apposta.

Proton entrò in casa insieme alle reclute, che si sparsero nel soggiorno.

"Non fate casino!" Gli ordinò con voce dura. Se Lyra fosse stata lì, in quel momento, non lo avrebbe nemmeno riconosciuto. Effettivamente, pensava spesso alla ragazza da almeno un mese. Ogni volta che incrociava il suo sguardo gentile Proton provava un brivido lungo la schiena. Ogni volta che sorrideva, sentiva il cuore sciogliersi.

Proton si distrasse dai suoi pensieri quando una recluta gli si parò davanti.

"Generale Sherwood, abbiamo controllato il pianoterra e nella cantina e non abbiamo trovato nulla di sospetto. Due reclute stanno controllando il piano di sopra" Disse la recluta, una giovane donna che una volta aveva flirtato con Proton. Lui l'aveva ignorata, naturalmente, troppo preso dal suo lavoro. Tre mesi dopo aver ricevuto il titolo di Generale, i Ribelli della Resistenza (meglio conosciuti come SBGR, le iniziali dei nomi dei 'capi', che in quel momento si nascondevano da qualche parte per poi saltare fuori al momento giusto per liberare anche Johto) avevano attaccato il Quartier Generale, costringendo Proton alla fuga.

"Molto bene. Aspettate gli altri in silenzio qui fuori" Disse Proton con voce forte. Si chiese dove fosse il marito di Crystal, dato che non l'aveva visto lavorare nei campi.

"Generale Sherwood, abbiamo trovato una botola nella stanza degli ospiti. Dobbiamo controllare anche qua dentro?" Urlò una recluta affacciandosi da una porta del piano di sopra.

Proton vide il viso di Crystal, prima impassibile, farsi teso. Una scintilla di paura genuina si accese nei suoi occhi azzurri. Guardandola, Proton diede l'ordine di tornare al piano di sotto.

"La nostra perquisizione è finita, signora" Incominciò Proton aspettando che la recluta uscisse, "ce ne saranno delle altre, ma non ci sarò solo io a capo" Si avvicinò di più a Crystal.

"Signora, nascondete bene i membri della Resistenza. Il nostro capo è spietato, e non avrà pietà di voi solo perché tengo a vostra sorella" Sussurrò Proton. Crystal annuì, e capì che Lyra aveva infranto la sua promessa. Tuttavia, questo le aveva permesso di salvare la vita a sé stessa, a Gold e ai membri della Resistenza. Si presentarono a casa sua poco prima dell'arrivo del Team Rocket, uno di loro,quello i capelli rossi, era stato ferito da un colpo d'arma da fuoco. Lei e Gold li avevano nascosti dapprima nella cantina ma, quando quella mattina Lyra le aveva fatto sapere della perquisizione, li aveva fatti spostare nella stanzetta segreta raggiungibile solo da una botola coperta da un tappeto nella stanza degli ospiti.

Uscì di casa. Le reclute erano in piedi a chiacchierare tra di loro, a bassa voce.

"Potete andare, grazie della collaborazione" Disse Proton.

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Tornato a casa, nel pomeriggio tardo dopo una giornata di lavoro tra scartoffie in ufficio e la perquisizione di casa Dallas, Proton aspettava solo di poter vedere Lyra e poter parlare con lei, tuttavia, appena si chiuse la porta in mogano alle spalle, udì la sonata "Sogno d'Amore" di Franz Liszt.

Molto dolce all'inizio, passionale. Essa era una delle composizioni preferite di Proton. Attraversò a passo svelto e silenzioso a un tempo il corridoio e il salotto per raggiungere le scale. La porta del suo studio era socchiusa, e, spiando attraverso la fessura, vide Lyra nel punto centrale della composizione. Muoveva troppo il busto, si vedeva che si lasciava trasportare troppo dalle emozioni. Certamente, quello che voleva esprimere nella sonata si riversava in soavi note di pianoforte.

Aspetto in silenzio sull'uscio della porta che Lyra finisse di suonare. Era talmente concentrata che non si era minimamente resa conto che Proton la osservasse da sei minuti buoni. Rilassò ulteriormente il busto, e allora Proton parlò.

"Sei davvero brava ad esprimere le tue emozioni, ma la tua schiena dovrebbe essere ferma, e la tecnica va leggermente migliorata"

Lyra congelò sul posto, e voltò la testa lentamente verso la sua figura, poggiata ancora con nonchalance allo stipite della porta.

"Da... da quanto tempo mi stai ascoltando?" Nonostante Lyra sapesse che Proton non le avrebbe sancito alcuna punizione per essere entrata nello studio a sua insaputa, tremava leggermente. Proton si avvicinò e si sedette accanto a lei al pianoforte. Suonò la prima battuta di "Sogno d'Amore" alla perfezione, con la giusta decisione e la giusta tecnica.

Lyra lo guardò con ammirazione e nostalgia. Le ricordava molto suo padre, in quel momento; anche lui aveva tentato, negli ultimi giorni della sua vita, di insegnarle a suonare con una tecnica migliore.

Vedendo i suoi occhi lucidi, Proton rimase in silenzio. Tra i quadri che Lyra gli aveva mostrato, ce n'era uno che ritraeva lei e suo padre al pianoforte.

La strinse a sé. Chi, meglio di lui, poteva capire come fosse perdere un genitore per una causa stupida? Lyra aveva perso i suoi in un incidente stradale, colpa di un autista ubriaco, Proton suo padre compiendo la scelta di unirsi al Team Rocket e scappare di casa. Sapeva che i suoi genitori erano morti dal dolore, appresa la notizia.

Rimasero immobili, incastrati in quel semplice abbraccio. Un contatto che entrambi necessitavano, una prova di quanto fossero vicini. Lyra sapeva che era sbagliato, che Proton era, pur sempre, un Rocket. Aveva fatto una promessa a Crystal e Gold, una promessa di cui non le importava più niente dalla loro conversazione in giardino, forse la prima.

"Sai, stai molto meglio senza il cappello..." Sussurrò Lyra nel suo petto.

Nei giorni successivi, dopo il lavoro, Proton aiutava Lyra a migliorare la tecnica al pianoforte. Era un po' arrugginita, dopo anni che non suonava più il pianoforte, ma la sua bravura era rimasta la stessa. Possedeva una miriade di spartiti di musicisti famosissimi e non, Proton aspettava solo il momento giusto per mostrarle il suo personale capolavoro.

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Crystal si sentiva indignata, quasi schifata nel pensare che ci fosse una qualche relazione tra Lyra e quel Generale. Non solo tante giovani fanciulle di Goldenrod erano cascate tra le braccia dei Rocket, ma ora anche sua sorella?

Sedeva in salotto con aria corrucciata. Poco le importava che le interazioni che Lyra aveva avuto con il Generale avevano praticamente salvato la vita sua, quella di Gold e quelle dei membri della Resistenza.

Durante la celata permanenza in casa sua, Crystal aveva imparato a conoscerli. Il più piccolo tra loro era Silver, legato da una parentela all'ex capo de Team Rocket, si era ribellato e si era messo in viaggio per la regione di Kano per allenarsi e diventare sempre più forte. I tre membri che avevano firmato il patto della Resistenza (documento che venne distrutto successivamente dagli stessi membri) gli chiesero se volesse unirsi a loro. Aveva i capelli rossi come il fuoco che ardeva dentro di lui; aveva sviluppato un rapporto di amore e odio con Gold, riaccendendogli una fiammella di rivalità nel petto.

Yellow era una dolce ragazza che proveniva dalla campagna. Lottava contro il Team Rocket da quando avevano ammazzato alcuni animali del Bosco Smeraldo. Era molto bassa, dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi. Molto abile nei travestimenti, si era infiltrata per un breve periodo nel Team Rocket per rivelarne i nuovi piani.

Blue era incredibile. La notte, quando finalmente potevano uscire dal loro nascondiglio, era sempre lei a fare i discorsi di incitamento contro le lamentele di Green e di Silver, oppure faceva battute strane che, per fortuna, nessuno capiva. Non sapeva bene perché sia entrata nella Resistenza. Aveva doti ammalianti, Blue: recitava, era capace di sedurre e di ingannare. Era un'esperta ladra. Con l'aiuto di Yellow, si era infiltrata nell'ufficio di Archer e gli aveva sottratto alcuni documenti. Era una bella donna, dagli occhi azzurri e i capelli castani.

Green era uno scienziato (anche grazie ai tirocini svolti nel laboratorio di suo nonno), era anche un buon ingegnere, chimico, architetto, rubacuori, intellettuale, poeta e soprattutto modesto. Era un esperto di computer e apparecchiature tecnologiche. Si era occupato di intercettare alcune telefonate del Team Rocket. Conosceva dall'infanzia Yellow, Blue e il membro fondatore.

Il membro fondatore della Resistenza era un personaggio piuttosto misterioso. Da quando era arrivato a Goldenrod City non aveva spiccato parola, e non aveva emesso un suono. Alcuni giorni della settimana digiunava e, nei momenti in cui i suoi occhi rossi si posavano su Crystal, ella rabbrividiva. Aveva uno sguardo penetrante che pareva poterle scrutare l'anima. Blue le aveva confidato che Red aveva viaggiato per tutta Kanto e aveva smantellato il Team Rocket come nessun altro avrebbe fatto. Successivamente si era ritirato per tre anni sul Monte Argento, per meditare e stare lontano dai media. Aveva i capelli corvini, il corpo scolpito, il viso pallido. Aveva fondato con Green, Blue e Yellow la resistenza, promettendo di intervenire nel caso il Team Rocket sarebbe tornato. Esistono numerose leggende su di lui: alcune dicono che possa vedere il futuro, altre che si sia alleato con delle divinità. Tuttavia, Red sembrava un semplice ragazzo. Nessun nome avrebbe potuto descriverlo meglio.

Sentì Gold rientrare dal campo, poggiare il cappello sul tavolo e raggiungerla da dietro.

"Ciao tesoro" Le diede un bacio sulla testa e si sedette accanto a lei.

"Com'è andata la perquisizione?" Le chiese passandosi una mano tra i capelli corvini. Crystal sorrise leggermente: gli occhi di Gold erano premurosi e rassicuranti; lo aveva sempre trovato affascinante, di aspetto. Quando erano bambini non poteva dire lo stesso del suo carattere, un po' infantile ancora oggi.

"Bene e male. Le reclute non hanno trovato nulla, ma il Generale ha intuito che stiamo nascondendo i membri della Resistenza. Ha detto che non denuncerà nulla semplicemente perché tiene molto a mia sorella. Capisci? Lyra ci ha tradito. Secondo me ha una relazione segreta con quell'uomo. E' incredibile. Non bastavano solo le ragazzine, no, ora anche mia sorella! Come ha potuto farlo?" Crystal, dopo il suo sfogo, si prese il viso tra le mani.

Gold stette in silenzio.

"Parlerò io a Lyra" Disse dopo un po', "oggi stesso".

Si fece una doccia fredda (non perché ne avesse voglia, ma per risparmiare sulla bolletta dell'acqua calda), e prese la bicicletta di Crystal. La fantastica moto di Gold era accuratamente nascosta nel garage, lontano dagli occhi di contadini affamati o reclute e Generali Rocket. La avrebbe usata solo in caso di emergenze estreme.

Non avvisò Lyra del suo arrivo: se ciò che gli aveva riferito Crystal era vero, voleva coglierli sulla scena del crimine.

Irruppe in casa sua con le chiavi che Lyra teneva nascoste sotto lo zerbino, nel caso avesse dimenticato o perso le sue. Li colse in salotto, Lyra che leggeva un libro per lui. Entrambi seduti su delle poltroncine, uno di fronte all'altra; Proton Sherwood aveva gli occhi chiusi, completamente rilassato dalla voce soave di Lyra.

Sentendo dei passi pesanti, Lyra si fermò e Proton aprì gli occhi: Gold li guardava, con un misto di rabbia e incredulità nelle iridi dorate.

"Possiamo parlare? Da soli, se possibile" Disse Gold con voce dura, guardando torvo all'altro ragazzo.

"Certo" Rispose Lyra con voce flebile. Raggiunsero la cucina in silenzio, e poi Gold parlò.

Disse: "Quindi quello che insinuava Crystal è vero, tu e quel... quel farabutto avete una relazione. Ti credevo una persona migliore".

"Noi... noi non stiamo insieme. Siamo amici" Lyra sapeva di dire una bugia. Magari per il Generale non lo era, ma lei lo vedeva come più di un amico.

"Ah, certo. Siccome quello che ho visto poco fa è sicuramente segno di un'amicizia superficiale" Sprezzò Gold.

"Ho letto anche per te, in passato" Sottolineò Lyra.

"Ma io dico, Lyra. Tutte le persone in questa città, in questo Paese, proprio un Rocket ti sei andata a pescare! Un Generale, per di più!"

"Gold, Proton è diverso dagli altri Rocket. Lui è sensibile e... non è cattivo. Anzi, è molto educato. E non crede nei valori del Team Rocket, lui è..." Lyra fu interrotta dalla risata spudorata e schifata di Gold.

"Dio, Lyra. Ti sei proprio lasciata abbindolare da quell'essere. Ma perché non capisci che è sbagliato, che tu e lui siete troppo diversi, che io e tua sorella siamo furiosi perché non solo stai con quell'essere, ma ci hai mentito, fin dal primo giorno! Ci sei cascata come tutte le ragazzine ingenue!" Urlò Gold.

"Perché non capisci che è un essere umano pure lui, come lo sono io? Dopo tanti mesi in silenzio, senza nessuno che mi facesse compagnia, con te e Crystal sempre a lavorare, e non è una critica, finalmente ora ho qualcuno con cui parlare, confidarmi, come puoi dirmi che è sbagliato essere umani? E ti ripeto che non stiamo insieme. Se vi ho mentito, era solo perché sapevo che avreste avuto questa reazione" Replicò Lyra stringendo il pugno.

"Ho capito, ti ha già portata a letto! Sono bastate un paio di frasi sdolcinate tipo 'non ho mai conosciuto una come te', 'io sono diverso dagli altri Rocket' e altra robaccia simile?" Lyra si sentì estremamente offesa da quel commento.

"Non mi ha mai detto cose del genere! E non stiamo insieme. Poi, anche se stessimo insieme, cosa ci sarebbe di male?"

"Ti dico che è ingiusto, un tradimento alla nostra regione. Non dovresti nemmeno respirare nel momento in cui senti i suoi passi rimbombare. Quel tizio ti ha proprio fatto il lavaggio del cervello..." Lyra non lo volle più sentire, tuttavia non poteva sbatterlo fuori di casa. Stette in silenzio, ascoltando le sue ragioni della sua sgridata.

"Volevamo proteggerti, e invece..." Lyra lo interruppe con una risata sarcastica.

In un sussurro, disse: "Se avessi voluto proteggermi non staresti qui a sparare 'ste cavolate e ad urlarmi addosso, ma mi difenderesti dai pericoli veri. E io credo ancora nella Resistenza, negli eserciti delle altre regioni, ma nessuno, e dico nessuno, ci sta aiutando o incoraggiando in questo momento".

Gold se ne andò. Lyra uscì finalmente dalla cucina, affranta. Si morse il labbro inferiore per non piangere, così forte che stava per sanguinare. Proton la raggiunse quasi correndo e la abbracciò si slancio. Probabilmente aveva sentito tutto.

"Mi dispiace, Lyra... è colpa mia se..." Sussurrò Proton, ma Lyra scosse la testa nel suo petto.

"Hai fatto solo bene. D'ora in poi avrebbero dovuto saperlo, inoltre se avessi continuato a tenergli nascosta la nostra amicizia - anzi, la nostra splendida amicizia, di cui non mi pento un solo secondo - avrebbero avuto una reazione peggiore" Disse Lyra.

Proton stette in silenzio e le accarezzò dolcemente la nuca. Gli faceva male sapere che quello che c'era tra di loro non era altro che amicizia, ma gli faceva più male sapere che Lyra stava soffrendo, tra le sue stesse braccia, per colpa sua.

D'altra parte Lyra non avrebbe mai trovato posto più sicuro che le sue forti braccia, che la stringevano in modo protettivo. Si sentiva bene e male a un tempo: bene perché era al sicuro, immersa col naso nel profumo maschile di Proton; male perché era stata insultata da quello che era il suo migliore amico, si sentiva male per quello che pensavano ora lui e Crystal. Però, Gold e Crystal parlavano dei Rocket come se non fossero degli esseri umani, come se fossero solamente delle macchine. Certo, individui come il loro capo, Archer, non dovrebbero nemmeno esistere ed essere rispettati a tal punto. Eppure aveva scoperto che molti Rocket (un esempio stesso era Proton, o anche Petrel) avevano una vita, uno scopo, delle emozioni, dietro la divisa nera. E Lyra non li stava giustificando, anzi, trovava ripugnanti alcune loro azioni e quello che stavano facendo a lei e ai suoi concittadini, privandoli della maggior parte dei diritti, sfruttandoli. Tra pochi giorni il Visconte Berlitz e sua figlia sarebbero stati giustiziati. Le prime esecuzioni da quando erano arrivati a Goldenrod City.

Ma Lyra, nonostante tutte le brutture del mondo, della storia, nonostante le azioni spregiudicate che l'uomo accanto a lei doveva aver svolto per essere stato nominato Generale, vicino a lui non poteva fare a meno che provare un'emozione sconosciuta: l'amore.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Note premature della funestissima autrice:

Allora, mi scuso per l'ennesimo ritardo, non starò a cercare giustificazione perché io, avendo già scritto questa fic all'inizio dell'estate e dovendola solo revisionare, dovrei fare solo un lavoor quasi minimo, perciò, nonostante quello che mi sta capitando in questo periodo e che mi rende più assente, non ho scusanti.

Detto questo, spero che vi piaccia il capitolo, ci troviamo nelle note a fine testo.

Capitolo 5.

Il giorno dell'esecuzione era arrivato; sarebbe successo la sera, per mano di Archer. In città c'era un caos piuttosto insolito, come un giorno qualsiasi prima dell'invasione, eppure nell'aria aleggiava un forte senso d'angoscia e timore. Lyra era uscita di casa per comprare della frutta al mercato. Naturalmente, non c'era quasi nulla; sia per la fame dei cittadini, che per lo scarso rendimento dei campi per colpa del Team Rocket, che aveva vietato la circolazione di ogni mezzo pubblico e privato (quindi anche trattori), i contadini si erano trovati a coltivare alla "vecchia maniera": Goldenrod City era la città più sviluppata di tutta la regione, prevalentemente più rurale e all'antica, perciò erano più conosciute le tecniche più avanzare, per i pochissimi agricoltori della zona.

Comperò delle mele e dei mandarini, che erano in abbondanza. Pensò che qualche volta sarebbe stato bello fare una passeggiata nel bosco per raccogliere dei funghi o delle bacche.

Sebbene il Visconte non fosse benvoluto, soprattutto dai contadini o dagli operai più poveri, poiché teneva la frutta e il bestiame per sé oppure li vendeva a prezzi intrattabili, il popolo di Goldenrod City non avrebbe mai augurato a lui e alla figlia un destino simile. Avrebbero preferito mille volte vedere morire un Rocket che un concittadino. Fermandosi un attimo per annodare le pesanti borse, le venne incontro probabilmente la signora più anziana e misteriosa di Goldenrod City, se non di tutta Johto! Lyra era molto affezionata a lei, siccome era stata l'unica che l'avesse aiutata, a parte Crystal e Gold, nel momento in cui i genitori vennero a mancare.

La signora Hazel era un'anzianotta garbata, curiosa e modesta, della quale vita si conosceva ben poco, tant'è che nemmeno la sua età era nota.

"Buongiorno signora Hazel" La salutò educatamente Lyra non appena si raggiunsero.

"Buongiorno, Lyra. Sei venuta a fare spese?" Chiese, cercando di sbirciare all'interno delle borse.

"Se così si possono definire..." Mormorò, "avete bisogno di qualcosa?".

La signora Hazel scosse la testa e disse: "No, volevo solo farti notare quanto sei fortunata. Il Generale in casa tua è davvero gentile! Mi ha portato le borse della verdura fino a casa, poi si è arrampicato su un albero per recuperare il mio gattino. Peccato che poi sia caduto, ma non si è fatto male. E' gentile anche con te?"

Lyra annuì.

"Sì, siamo diventati amici. All'inizio, signora Hazel, mi incuteva paura e non gli parlavo, anche per orgoglio, ma poi... beh, è una storia troppo lunga" Fece un sospiro. Erano già passati quattro giorni, e né Crystal né Gold si erano fatti sentire.

La signora Hazel sorrise in modo estremamente dolce, come fa una nonna riguardando le foto dei propri nipoti.

"E' sempre bello vedere una giovinetta come te innamorarsi" Ridacchiò e, in pochi passi, scomparve tra la folla.

Lyra si riscosse solo nel momento in cui qualcosa le si poggiò sulla spalla destra: era una mano. Si girò per vedere Ruby e Sapphire.

"Ciao, da quanto tempo!" Baciò entrambi e si sforzò di non pensare alle parole della signora Hazel.

"Già, siamo stati molto occupati: il Team Rocket mi ha ordinato di confezionare entro un mese più di duecento nuove divise! Ma sentili, quelle di alcune reclute si erano sfracellate nei boschi, mentre erano a perquisire tutti i casolari in cerca di non so cosa. Credo che il nostro Generale non sappia tenere la bocca chiusa. E Sapphire ha deciso di aiutare il panettiere" Raccontò Ruby con aria stizzita, spazzando via con la mano della farina dalla spalla di Sapphire.

"Sì. A proposito, in questi ultimi giorni Gold non mi è sembrato per nulla in forma... gli è successo qualcosa?" Ella non rispose, oscurandosi in viso. Dalla sua cupa espressione, Ruby e Sapphire capirono di dover lasciar in sospeso l'argomento.

Si avviarono insieme verso la piazza, dove scorsero i loro Generali parlare insieme. Appena li videro, Proton e Petrel gli fecero segno di avvicinarsi.

"Ehi" Salutò Petrel. Proton accennò ad un saluto.

"Come stanno procedendo le ricerche?" Chiese Sapphire. Proton sorrise leggermente, conoscendo perfettamente l'abitudine di parlare troppo dell'amico.

"Abbastanza bene: Archer ha ordinato alle reclute di perquisire la casa al confine della città, credo siano già partiti" Disse Petrel con noncuranza. Proton congelò sul posto.

Lyra, Petrel, Sapphire e Ruby non capirono la sua reazione, ma prese a correre come una furia verso il municipio, dopo aver semplicemente detto: "Non preoccupatevi, torno tra un po'".

"Tu ci hai capito qualcosa?" Domandò Ruby a Lyra, che scosse la testa.

Petrel fece spallucce: "Avrà semplicemente dimenticato di consegnare un rapporto importante ad Archer".

Finalmente Petrel aveva l'occasione di conoscere meglio Lyra Soul. Proton gli aveva parlato tanto di lei, della sua personalità e della sua bella casa.

"Se voi non siete occupati, gradirei prendere un tè a casa mia" Disse Lyra, e tutti accettarono.

Seduti nel salotto di casa Soul, con una tazza di tè nero fumante tra le mani, Lyra, Petrel, Ruby e Sapphire parlarono del più e del meno. La parte più divertente della conversazione arrivò quando Sapphire incominciò a raccontare, con la sua solita vena di esagerazione, alcuni dei disastri di Petrel e Ruby.

La loro casa non era esattamente grande, ma molto accogliente e vicina al municipio e alla stazione di polizia, al centro di Goldenrod City. Per questo era stata scelta per alloggiare il Generale.

Petrel Lambda, originario di Violet City ma trasferitosi a Kanto quando era piccolo, era una persona semplice: simpatica, chiacchierona e forse un po' strana. Era difficile immaginarlo come un membro del Team Rocket. Diceva che, nonostante non concordasse totalmente con la loro ideologia, aspirava a diventare ricco e far parte del Team Rocket era il modo più facile. Aveva conosciuto Proton appena quest'ultimo si era arruolato. Aveva persino lavorato per lui, qualche volta: era talmente bravo che aveva scalato la gerarchia del Team Rocket immediatamente. Le aveva raccontato che solitamente era freddo e distaccato, ma da quando era arrivato a Goldenrod City si era addolcito. Petrel era certo fosse merito di Lyra, ma non lo disse ad alta voce.

"Sapete, credo ci restino ancora un paio di mesi e ce ne andiamo" Si confidò Petrel con viso nostalgico.

"Come mai?" Chiese Ruby.

"Beh, dobbiamo procedere. Nelle altre città ci siamo fermati molto meno, e abbiamo bisogno di avanzare. In teoria adesso io dovrei essere all'esecuzione della vostra amica, ma non ne ho voglia" Disse Petrel.

"Ah, Platina..." Lyra si rattristò.

Erano già le sei e un quarto e Proton non era ancora tornato. Di solito avvertiva quando tornava a casa tardi.

"Proton non è ancora tornato... che gli sia successo qualcosa?" Chiese Lyra ad alta voce, guardando la porta.

"Non ti preoccupare, Proton sa badare a se stesso. Magari è rimasto bloccato in ufficio o altro"

"Già. Comunque dobbiamo andare, a noi civili è stato dato il coprifuoco" Disse Ruby. Dopo un saluto veloce e la promessa di rivedersi, Petrel, Sapphire e Ruby lasciarono la casa di Lyra.

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Quando finalmente Lyra sentì il rumore delle chiavi della porta d'ingresso, raggiunse Proton nell'atrio. Stava leggendo in salotto, ma senza concentrarsi per via delle sue preoccupazioni.

"Proton!" Il ragazzo le dava le spalle, intanto si sfilava la giacca e il cappelli, posandoli sull'appendiabiti.

Appena lo vide in faccia, Lyra si portò una mano alla bocca: aveva gli occhi incredibilmente vacui.

"Cosa ti è successo?" Sussurrò andandogli vicino. Avrebbe tanto voluto accarezzarlo, ma le sembrava inopportuno e imbarazzante.

Nei suoi occhi Lyra leggeva un forte senso di colpa, che la spaventò un po'. Tra meno di due minuti sarebbe cominciata l'esecuzione, ma non pensava fosse per quello.

Le accarezzò la guancia con delicatezza, come se avesse paura che si rompesse rotta in mille pezzi. Si recò al pianoforte, seguito da Lyra. Cominciò a suonare con delicatezza una melodia che Lyra non sentiva da tanto: la sua canzone.

Aveva iniziato pianissimo, ma presto ci mise tutta la passione di cui era capace. Era il suo modo per sfogarsi. Lyra restò sulla porta, sbalordita. Non lo aveva mai visto così concentrato.

La sua bravura al pianoforte era paragonabile a quella dei grandi maestri di tutti i secoli; Lyra pensava che, un giorno, anche Proton sarebbe entrato a far parte della storia della musica. Sicuramente, al termine dell'occupazione del Team Rocket a Johto, Proton sarebbe tornato a casa, si sarebbe esercitato ancora e si sarebbe iscritto in una qualche accademia famosa di Kanto. Nonostante sapesse che Proton, oltre la nera divisa, avesse un grande futuro davanti a sé, Lyra non voleva che se ne andasse: nel momento in cui Proton e gli altri Rocket abbandoneranno la regione di Johto, lui e Lyra non si sarebbero più rivisti, se non nelle immagini sbiadite dei ricordi.

A giudicare dagli occhi vitrei ma concentrati a non lasciar intendere nessuna emozione, Lyra credette che si stette trattenendo dal piangere. Non aveva ancora aperto bocca da quando era rientrato a casa.

"Proton... è bellissima" Sussurrò Lyra. Lui sembrò non sentirla. D'improvviso si alzò dallo sgabello, la raggiunse a grandi falcate e l'abbracciò di slancio. Affondò il naso nei suoi capelli di seta, donandole nel frattempo un bacio sulla testa. Profumava, come sempre. D'altra parte Lyra era stata colta di sorpresa dal gesto del ragazzo, tanto che era arrossita violentemente fino alla punta dei piedi. Sperava che Proton non se ne accorgesse. Lentamente, Lyra strinse con le braccia il suo busto, accarezzandogli impacciatamente la schiena.

"Scusami" Lyra quasi non lo sentì. Ad un tratto, si udì una serie di spari dalla strada: il Visconte Berlitz e Platina Berlitz, sua figlia, erano stati barbaramente uccisi.

Lyra rabbrividì al solo pensiero, e tutto divenne improvvisamente silenzioso. Nessun urlo, nessuna preghiera giunse alle orecchie degli abitanti di Goldenrod City; era come se i due Berlitz si fossero rassegnati alla morte già da tempo, e non avessero combattuto per la vita. Davanti ai suoi occhi si pararono immagini di pozze di sangue, corpi tumefatti trascinati per l'asfalto e gettati in una fossa, si distrasse dalla conversazione con Proton.

"Per cosa?" Gli chiese.

Proton strinse la presa e respirò profondamente, trattenendo un singhiozzo.

"Oggi pomeriggio... sono andato da Gold e Crystal. Ho trovato Archer e le sue reclute hanno trovato i membri della Resistenza. Li hanno tenuti nascosti tutto il tempo, e io lo sapevo. Lyra, li hanno arrestati, verranno giustiziati... mi dispiace, non ho potuto fare niente" Mormorò flebilmente Proton.

Lyra si sentì mancare la terra da sotto i piedi, la stanza iniziò a girare vorticosamente e le mani a sudare freddo mentre si riversava sul pavimento,priva di sensi.

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Era legata e tenuta ferma da una catena che le cingeva i polsi, le caviglie e la zona lombare. Tutto quello che poteva fare era allungarsi per meno di due metri in quella stanzetta oscura dove era stata rinchiusa. Sapeva che, nella prigione accanto a lei, Gold non era di certo in condizioni migliori.

Il Team Rocket, con il loro "Generale Capo", era irrotto all'improvviso nella loro abitazione, avevano perquisito la casa sfregiando oggetti preziosi, sia a livello oggettivo che a livello sentimentale, come, ad esempio, un vaso in ceramica decorato da Lyra qualche anno prima. Era stato proprio uno scherzo del destino: condannata a morte dopo aver litigato con la sorella. Tuttavia, per quanto riguardava il Generale Proton Sherwood, che alloggiava nella sua casa, appunto, aveva cambiato idea: le aveva dimostrato quanto tenesse a lei, cercando in tutti i modi di impedire il loro arresto ma, spinti da un sentimento di giustizia e solidarietà nei confronti dei membri della resistenza, avevano confessato i loro 'crimini'. Successivamente erano stati torturati e picchiati, ma nessuno di loro due avevano spiccato parola; erano riusciti a scappare dal dolore rifugiandosi nei loro ricordi, forzatamente vividi.

La minuscola stanza in cui Crystal era reclusa, come già detto, era quasi indecente, eppure se lo aspettava: si sentiva odore di chiuso dappertutto, l'unica fonte di luce era una candela dalla debole fiamma, troppo lontana per cui lei potesse distinguere un palmo dal naso. Era, naturalmente, un ambiente vuoto e freddo, dalle mura d'un grigio sbiadito decadenti e su cui saliva una striscia di muffa, che raggiungeva e si espandeva sul soffitto. Inutile dire che non c'erano finestre, se non un piccolo buco nella parete alla sua destra che le permetteva di distinguere il dì dalla notte.

Crystal era soddisfatta delle sue condizioni, perché significava che lei era una Resistente. Non avrebbe mai ceduto al Team Rocket, neanche al momento della sua morte. E lo stesso valeva per Gold. Entrambi avevano lottato fino alla fine, incominciando dal nascondere i membri della Resistenza nella loro cantina, poi sopportando di dover mantenere quel segreto con Lyra, le retate e i controlli, i digiuni per nutrire i loro 'coinquilini', le torture, la paura e infine la morte, la destinazione che congiungeva tutti. Erano due esseri umani che avevano sofferto e che continuavano a vivere. Avevano lottato per i loro ideali, non cedendo al male o all'indifferenza, ed era ciò che li rendeva umani, a distinguerli da una corvina massa di Rocket o dai grigi cappotti di chi indossa l'irrilevanza. Ciò che la distingueva dalla famiglia Berlitz era, appunto, la speranza: Crystal aveva avuto speranza fino alla fine, e ancora ne portava nel cuore ghiacciato. Speranza che tutto si risolvesse.

Almeno, due membri della Resistenza erano riusciti a scappare sul motorino di Gold. Gli altri avevano rubato il camion per la loro deportazione. Era una delle poche ragioni la rincuoravano.

Da quando era stata catturata l'avevano avvertita che se avesse tentato il digiuno o non avesse consumato tutto il 'cibo' che le avrebbero portato, l'avrebbero sottoposta all'alimentazione forzata mediante un tubo. Il tutto non perché si preoccupassero della loro salute (sarebbe stato anche immensamente contraddittorio, considerando il luogo in cui erano internati e che sarebbero stati uccisi; li avrebbero anche potuti sfruttare nelle fabbriche o altro, ma Crystal si rese conto nel tempo che il Team Rocket non aveva bisogno di ulteriori merci, se non alimentari, dato che erano minuziosamente organizzati), ma perché dovevano impedire il loro dimagrimento e, come conseguenza, di riuscire a liberarsi dalle catene e scappare. Crystal aveva addirittura rimuginato sul sedurre una recluta, farsi liberare e scappare. Ma non poteva lasciare Gold, l'amore della sua vita. Avevano lottato insieme e sarebbe morti insieme.

Il secondo giorno avvertiva un formicolio agli arti, che non si muovevano già da troppo tempo. Non seppe dire a che ora, una recluta impassibile al suo stato le imboccò una disgustosa minestra e un tozzo di pane rinsecchito. Le piaceva paragonare la minestra a quella di sua madre, al cavolfiore. Nel momento della sua morte, era troppo presa ad occuparsi della sua sorellina per piangersi addosso. Era abbastanza grande per potersi prendere cura di entrambe da sola, ma vennero entrambe affidate ad una zia che veniva a trovarle per le feste. In realtà, i genitori di Gold si presero cura di loro la maggior parte del tempo. All'inizio lei e quest'ultimo si odiavano, anche perché Crystal aveva ereditato il carattere serio e distaccato da sua madre, che contrastava con l'allegria perenne e ingiustificata di Gold, difatti a scuola era stata denominata 'Regina dei Ghiacci del Monte Argento', poiché non era mai interessata a nessuno dei fatti che accadevano dentro e fuori le mura. Il ragazzo aveva tentato di farla sorridere per ragioni che lei riteneva inutili, ma non sempre ci riusciva. Aveva tentato pure quando Crystal e Lyra mantenevano un pesante e assoluto silenzio per giorni, più precisamente nella settimana della scomparsa dei loro genitori.

Aveva perso il conto dei giorni in cui rimase là dentro, ma sapeva che erano pochi. Sperava di morire presto: ogni giorno veniva interrogata e torturata dal Team Rocket in qualsiasi modo. Riusciva solo ad aggrapparsi a ricordi felici per non cadere nella disperazione della sua realtà. Aveva sentito, purtroppo senza mai sapere se fosse solo uno scherzo della sua immaginazione o fosse vero, la voce di Lyra. Tentava di vederla, ma veniva fermata. Ogni minuto ripensava al suo matrimonio per distrarsi: l'abito bianco panna, piuttosto semplice, lungo e poco ampio fino ai piedi, con un piccolo strascico, la scollatura a cuore e un filo di trucco. Lo sguardo rapito di Gold al suo ingresso nella piccola cappella di New Bark Town, il pavimento a scacchi, la grande vetrata che si ergeva dietro di loro, le altre laterali, la luce fioca delle candele... le parole sussurratele da suo padre, che la teneva a braccetto, gli occhi degli invitati su di sé, la preghiera, la promessa, la consegna delle fedi, il bacio, il lancio del riso e del bouquet all'uscita della cappella; ricordava l'euforia di Lyra quando il piccolo mazzo di fiori le era caduto tra le mani. La prima notte di matrimonio, la luna di miele in una località di Hoenn... il suo stabilimento nella casa dei nonni di Gold, che erano entrambi deceduti da tempo. Ricordava tutto e niente, le immagini imbianchivano e si sgretolavano non appena tentava di afferrarle.

Una volta Proton Sherwood era arrivato a consegnarle il cibo. Mentre l'aiutava a mangiare l'aveva aggiornata sulle condizioni di Lyra: lo evitava in ogni modo, come se fosse la morte in persona.

"Mi odia. Si rifiuta di uscire dalla sua stanza finché sono a casa. L'ho vista mentre tentava di vedervi, è molto determinata. Parlerò con Archer a riguardo, ma non vi prometto niente" Disse Proton.

"Ma voi non c'entrate niente, anzi, avete tentato di salvarci la vita!" Crystal fece un po' fatica a parlare, aveva la gola secca. La voce appariva quella di una vecchietta.

"Lo so" Proton annuì nella penombra.

"Sai qualcosa di Gold? Quando ci uccideranno?"

"Nessuno sa nulla, forse Ariana... si dice che la vostra esecuzione avverrà presto e di giorno, in modo che i cittadini possano osservarvi dalle finestre, ma non prendetemi in parola" Sussurrò Proton.

"Proton, grazie per quello che stai facendo per noi. Spero che Lyra ti perdoni"

Proton sorrise e abbandonò l'edificio. Non era riuscito a parlare con Gold, ma era soddisfatto per quanto potesse esserlo in una situazione simile.

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Il visconte e Platina Berlitz. I suoi genitori. Gold e Crystal. Quante altre persone avrebbe dovuto perdere Lyra? Un avvenimento non poteva semplicemente porre fine alla sua esistenza, com'era successo per la prima, o non avrebbe potuto morire per dei nobili ideali, come Crystal e Gold? Che valore aveva la sua vita, si stava chiedendo. Non la meritava, si convinceva.

Non poteva nemmeno fare nulla per Gold e Crystal, solo piangere fino allo sfinimento, digiunando e guardando fuori dalla finestra, il petto ristretto dall'infinito malessere che la notizia datagli da quello che credeva essere suo amico - o meglio molto più di un amico, da parte sua -, che ora pareva esserle rivoltato contro, come un'arma a doppio taglio. Tutte quelle sensazioni di dolore, senso di colpa, tristezza e inutilità che Lyra portavano erano troppe per il suo esile corpo.

Ben presto si decise: se doveva morire, doveva farlo per le persone a lei più care.

Lyra corse a perdifiato verso la Piazza Centrale, non curandosi del divieto di uscire posto dal Team Rocket o dalla battente pioggia. Le persone la squadravano malamente attraverso i vetri delle finestre, chiedendosi se quella ragazza fosse pazza o se cercasse un modo originale per suicidarsi. In pochi sapevano che stava andando da sua sorella.

"Crys! Gold!" Urlò Lyra cercando di scavalcare quel muro che erano le reclute del Team Rocket e che le ostruivano la visuale, arrivata nella Piazza Centrale. Li aveva visti trascinati dal Team Rocket attraverso la finestra della sua stanza.

Venne bloccata da cinque Rocket, che faticarono non poco a tenerla ferma. Proton, Gold e Crystal si voltarono a guardarla scioccati, insieme al loro capo dai capelli blu e gli occhi azzurri.

"Lyra, va' via da qui. Ormai non c'è più niente che tu possa fare per noi, abbiamo riconosciuto di essere colpevoli!" Le gridò Crystal.

A Lyra non importava del fatto che Crystal e Gold avessero nascosto i membri della Resistenza a casa loro. Dopotutto avevano fatto solo quello che loro e il popolo ritenevano giusto. Avevano rischiato la vita per quello scopo, e se un giorno Johto avesse ritrovato la libertà sarebbe stato loro, il merito: morti per la patria.

"Non importa. Gold, Crys, io ho bisogno di voi" Una lacrima solcò la guancia di Lyra, ma l'ignorò.

"Lyra, sappiamo bene che questi sono tempi duri per tutti, ma è arrivato il nostro giorno. Abbiamo fatto del nostro meglio per salvare delle vite, e questo è il risultato. Io e tua sorella ci siamo amati per tutta la vita, finché è durata. Avrei senz'altro preferito andarmene in un altro modo e in un altro momento, ma almeno so di aver mantenuto una promessa: quella di amare Crystal!" Urlò solennemente Gold. Nel frattempo dei Rocket avevano legato lui e Crystal ad una sedia, vicini tanto da sfiorarsi appena con le braccia e le mani.

Il prete di Goldenrod City era davanti a loro, guardandoli con gli stessi occhi ricolmi di lacrime di Lyra. Gli si poteva leggere il rimpianto, la pena.

"Gold Dallas e Crystal Soul, che Dio vi benedica, in questo tragico momento. Siate protetti sotto l'ala del vostro angelo custode, che egli non vi abbandoni mai. Che i vostri sforzi valgano a qualcosa, che il nostro Dio vi accolga in paradiso, che il vostro corpo e la vostra anima liberino le vostre sofferenze, che la fiamma del vostro amore resti per sempre accesa da illuminare il cammino della vita ai vostri cari. E con queste sante parole, io vi benedico" Con l'acqua santa, il prete fece il segno della croce ad entrambi.

"Pronunciate pure le vostre ultime parole" Disse il Generale dai capelli blu ordinando ai soldati di alzare le armi. Proton, Petrel, e l'altra donna dai capelli rossi si raddrizzarono all'istante. Proton guardò Lyra negli occhi, vedendo in essi solo odio.

"Lyra, non fare sciocchezze. Sono felice di essere stata tua sorella, e sono felice di aver sposato un uomo fantastico come Gold. Ho un'unica consolazione per la mia morte: almeno sarò certa che io e Gold saremo per sempre insieme. Per favore - Crystal si rivolse ai soldati che tenevano ferma Lyra e, in modo quasi impercettibile, anche a Proton - non fatele male" Disse Crystal, per poi sussurrare a Gold il 'ti amo' più sincero che qualcuno abbia mai detto, ricambiato dal ragazzo. Crystal e Gold si guardarono intensamente negli occhi, mentre Lyra scoppiò in singhiozzi. Entrambi si allungarono per quanto potevano e le loro labbra si sfiorarono l'ultima volta, ma prima di poter avere un effettivo contatto...

"Fuoco!"

Lyra chiuse gli occhi strettamente, udendo l'assordante rumore di spari vicino a lei e avvertendo un panno bagnato sulla bocca, a soffocare le sue disperate urla. Era troppo debole per ribellarsi, così si lasciò addormentare sperando che, al suo risveglio, avrebbe visto Gold e Crystal seduti vicino a lei, dicendole che era stato solo un brutto sogno. Gold per lei era come un fratello e Crystal, sua sorella di sangue, la sua migliore amica. Entrambi l'avevano protetta per anni, le avevano dato affetto e avevano condiviso con lei tutto.

"Proton, portala a casa" Disse Archer indicando il corpo della ragazza che giaceva a terra, dato che i Rocket l'avevano mollata là senza alcun ritegno.

Proton la prese delicatamente in braccio, guardandola con dolcezza e compassione.

"Non eravate così... sensibile, prima di arrivare qua" Archer attirò la sua attenzione.

"Prima eravamo in guerra" Sottolineò Proton cercando di porre fine al più presto la conversazione con lui. Guardò per l'ultima volta i corpi sanguinanti di Gold Dallas e Crystal Soul, lasciati a terra in una macchia rosso scuro. Erano pallidi, gli occhi chiusi e un sorriso sulle labbra. Si tenevano ancora per mano quando vennero caricati su un carro e portati via.

Archer alzò le spalle e si congedò, seguito dai suoi Rocket.

Proton si affrettò a portare Lyra a casa e ad adagiarla sul suo letto, dandole un bacio in fronte e una carezza sulla guancia ancora umida dalle versate lacrime. Non era sicuro di sapere tra quanto si sarebbe svegliata, ma sarebbe stato meglio non farsi trovare in casa. Dopo la notizia del loro arresto, Lyra era svenuta e, al suo risveglio, aveva pianto e dato dei pugni al petto di Proton. Ormai si era quasi rassegnato: sapeva che avrebbe dovuto combattere i suoi sentimenti, ma la verità era che Proton voleva combattere con i suoi sentimenti.

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Mahogany Town, regione di Johto - quattro giorni dopo

L'atmosfera, in quella piccola cittadina affacciata sul Lago d'Ira, era lugubre come non mai. Reclute del Team Rocket sorvegliavano strade, negozi, case. La loro presenza era oppressiva, se non incredibilmente soffocante. I poveri abitanti avvertivano che stava accadendo qualcosa: qualche giorno prima una sinuosa donna dai capelli rossi era entrata in città, era stata portata nel Quartier Generale del Team Rocket e, poche ore dopo, ne era uscita con una busta gialla tra le mani. Di solito in quell'edificio entrava e usciva, oltre alle reclute, un agente che non faceva altro che impartire ordini ai cittadini.

Eppure quel piccolo cambiamento aveva un significato nascosto: qualcosa stava per accadere, e per i Rocket non era una cosa bella.

Da quel giorno le reclute si esercitarono giorno e notte nei combattimenti corpo a corpo, ad usare mitragliatrici, fucili e pistole, ma non erano abbastanza preparati.

Successe una fresca mattina di primavera: il Team Rocket cercò di avanzare verso Olivine City ma là vennero colti alla sprovvista da un battaglione di Hoenn, il Team Aqua. E una sentinella aveva riferito che un altro battaglione di Hoenn, il Team Magma, era sbarcato a Kanto e stava risalendo la regione da New Bark Town, una cittadina vicino al confine.

L'unico pensiero dei cittadini era: "Finalmente le altre regioni ci stanno aiutando!".

Tra l'altro, a vivacizzare gli animi era stato un probabile membro della Resistenza, che fece recapitare nelle case un codice di un programma radio che permetteva di ascoltare un particolare messaggio: <>.

I più acuti credevano che i membri della Resistenza si fossero alleati con Kalos e Hoenn, e che avessero lanciato il messaggio da Lumiose City, e avrebbero potuto anche avere ragione. Era giunta voce da Goldenrod City che i membri della Resistenza erano scappati. Due prodi paladini li avevano tenuti nascosti per il tempo necessario, ma erano stati giustiziati.

La mattina dopo, improvvisamente, un contadino barbuto colpì alla testa una delle reclute di ronda, facendolo svenire, con una bottiglia di vino. Gli abitanti si ritirarono nelle loro case per non subire l'ira funesta del Team Rocket. Solo il contadino restò in strada.

"Voi del Team Rocket verrete sconfitti! Lo sappiamo!" Urlò l'uomo. Delle reclute lo trattennero, ma altri contadini gli arrivarono da dietro e, con i loro strumenti, uccisero le reclute. Un sopravvissuto informò il Quartier Generale di ciò che stava accadendo in strada.

Qualcuno cercò di appiccare un incendio al Quartier Generale, ma venne fermato in tempo. Nel mentre delle reclute si appostarono sul tetto dell'edificio, chi con dei fucili, chi con la mitragliatrice. La rivolta si concluse in un bagno di sangue.

Eppure tutti ormai sapevano che il destino del Team Rocket era segnato.

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Proton resistette all'impulso di bussare alla sua porta e appoggiò vi accostò l'orecchio. Udiva dei singhiozzi che gli laceravano il cuore; subito dopo essersi risvegliata e sfogata violentemente, Lyra era scappata in soffitta e non era più uscita. Proton era a pezzi: aveva sviluppato dei forti sentimenti per la ragazza, e saperla soffrire per colpa sua lo faceva sentire ancora peggio. Ovviamente aveva rifiutato di parlargli, e come biasimarla! Proton si sentiva immensamente solo in quella casa a lui ormai estranea.

"Lyra..." Proton si coprì la bocca con le mani, indietreggiando: sapeva che la stava ascoltando. Come previsto, i singhiozzi di Lyra si fermarono.

Si mosse bruscamente, probabilmente rannicchiandosi sulle assi in legno del pavimento, troppo oppressa dal senso di colpa e dalla tristezza assillante.

"Voglio che tu smetta di piangere. So bene che sei arrabbiata e hai tutto il diritto di esserlo, ma non sopporto sentirti piangere" Rispose il ragazzo appoggiando la fronte alla porta in legno di betulla.

Percepì Lyra avvicinarsi alla porta per poi dire a voce alta, quasi urlando: "E' tutta colpa tua, tua e della tua stupida banda se Crystal e Gold sono... è tutta colpa tua! Vi odio tutti!".

"Lyra..." Ripeté Proton con voce flebile, "non ho ordinato io di perquisire la casa di Crystal e Gold. Mi ero già accorto che nascondevano qualcosa, io li ho soltanto protetti finché ho potuto, e non mi sto giustificando. Tra meno di due settimane ce ne andremo, Lyra... non ci vedrai mai più. Hanno già mandato l'ordine da Mahogany Town. Tra poco riprenderai la tua vita di sempre. E' vero, Crystal e Gold non saranno più con te fisicamente ma loro ti guarderanno e veglieranno su di te, ovunque siano".

Appena Lyra colse i passi di Proton farsi sempre più lontani, sporse la testa e lo spiò in silenzio. Non voleva che se ne andasse, non ancora.

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Passò un'altra settimana prima che Lyra e Proton si rividero.

"Finalmente hai deciso di uscire dalla soffitta" Proton la colse di sorpresa. Lyra era in giardino per una passeggiata, stare tutto il giorno in casa a fare niente non era da lei. Di certo non si aspettava di trovare un Proton con i suoi abiti normali, una t-shirt blu e un jeans scuro, senza il cappello; quel giorno doveva aver finito prima di lavorare, dopotutto dovevano solo svolgere le ultime faccende prima di lasciare la città.

Lyra lo ignorò tenendo, tuttavia, le sopracciglia aggrottate. Non avrebbe ceduto, non ancora. Era furiosa, anche se era difficile essere arrabbiata con lui, questo lo doveva ammettere: ogni giorno le lasciava fuori dalla porta di camera sua un pezzetto di cioccolato, praticamente impossibile da ottenere di quei tempi, e la sera le suonava la sua sonata preferita al pianoforte. Passava le sue giornate a guardare il suo povero giardino trascurato: l'erba era cresciuta abbastanza da essere troppa, per Lyra; un acquazzone aveva quasi distrutto le aiuole sparse per lo spiazzo erboso. Per fortuna, la sua quercia preferita e il piccolo dondolo erano illesi. Quando il Team Rocket se ne sarebbe andato avrebbe dovuto farlo tornare al suo stato originale.

Continuò la sua camminata.

"Lyra, guardami negli occhi" Mormorò Proton con voce ferma, afferrandole la mano e costringendola a voltarsi verso di lui.

Lyra alla fine alzò lo sguardo, ignorando quella vocina che era la ragione che le diceva di andare via.

"Cambia qualcosa?" Disse gelidamente. L'espressione di Proton si addolcì e si avvicinò di più a lei, rilasciando la presa sulla sua mano per portarsela al fianco.

"Cambia tutto" Sussurrò Proton con sincerità, gli occhi verdi erano vitrei. Azzerò lentamente la distanza tra di loro, poggiando delicatamente le labbra su quelle di Lyra. La strinse in un abbraccio, non curandosi dei deboli tentativi di Lyra di contrastarlo. Tentò di indietreggiare, nonostante non volesse farlo, perché sapeva quanto tutto ciò fosse sbagliato.

Lyra cedette a quelle sensazioni meravigliose che quel contatto così intimo le stava procurando e, ascoltando la parte più irrazionale e sentimentale di sé chiuse gli occhi, godendosi quel bacio tanto bramato. Presto il bacio dolce e casto si fece sempre più passionale; Lyra mise una mano tra i capelli di Proton, attirandolo più vicino. Proton mosse le mani su e giù per i fianchi, leccandole il labbro inferiore per chiedere l'accesso. Si lanciarono in una lotta fino a quando entrambi dovettero staccarsi per riprendere fiato.

Dire che aveva le farfalle nello stomaco era un eufemismo, Lyra avvertiva un uragano di farfalle. Forse era un eufemismo anche quello; non esistevano parole capaci di descrivere il suo solleticare di stomaco, le gambe che sembravano essersi trasformate in gelatina, e quella sensazione meravigliosa.

Nel momento in cui si staccarono, restando tuttavia abbracciati, si guardarono negli occhi con estrema dolcezza. Finalmente entrambi avevano compiuto un gesto in grado di lasciar intendere i loro sentimenti repressi per così tanto tempo. Proton le accarezzò la guancia e Lyra sorrise leggermente mentre le gote si imporporavano.

Quel momento di piacevolezza venne interrotto da un sibilo improvviso, che proveniva dal cielo. Si sentirono delle urla agghiaccianti, la corsa che la gente per strada aveva iniziato pur di arrivare a casa o in qualsiasi altro riparo il prima possibile. Si vedevano degli aerei grigi solcare il cielo: le bombe.

Senza pensare, Proton prese Lyra per il braccio e la trascinò dentro casa.

"Lyra, dove sono le chiavi della cantina?" Disse Proton davanti a lei. Lyra estrasse dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi e ne prese una un po' arrugginita e piccola. Cercò di infilarla nella toppa, ma le mani le tremavano per il terrore. Proton, che sembrava essere cupamente calmo, lo fece al posto suo, poi spalancò la porta e la spinse dentro, entrando dopo di lei.

"Qui dovremmo essere al sicuro" Mormorò Proton. C'era un leggero odore di muffa e si sentiva un gocciolio senza che entrambi lo vedessero. Riuscivano ancora a percepire le urla della gente, ma erano attutite dalle pareti. Nessuno si sarebbe mai aspettato un attacco da parte delle altre regioni, specialmente un attacco aereo.

A tentoni raggiunsero un angolino della cantina buia, su cui Proton si sedette, per prendere Lyra in braccio. La ragazza respirava affannosamente, si aggrappava ciecamente alla maglietta di Proton.

"Hai paura?" Sussurrò. Non ci fu nemmeno bisogno che Lyra rispondesse. Proton si sentì stupido per averglielo chiesto. Prese ad accarezzarle i soffici capelli e la strinse a sé.

"Quanto tempo durerà?"

"Non ne ho idea. Ho visto pochi aerei, quindi non credo che durerà tanto" Rispose Proton.

"Vuoi parlare?" Le chiese dopo. Lyra affondò la testa nel suo petto, sapendo a cosa si riferisse. Un piccolo sorriso strisciò sul suo viso; Proton poteva quasi percepire quanto stesse arrossendo: era il momento giusto e anche una distrazione per non pensare a cosa stesse succedendo là fuori, o cosa era successo di recente. Con il suo bacio, Proton glielo aveva fatto scordare.

"D'accordo..." Le sembrava quasi infantile far incominciare Proton a parlare poiché era fin troppo imbarazzata.

"Lyra... per me è stato bellissimo e non mi pento di nulla nonostante io sappia i rischi che corro; però ho paura per te, non solo perché Archer potrebbe avere dei comportamenti inquietanti nei tuoi confronti, ma anche per i bombardamenti. E' pericoloso stare qui, Lyra... " Mormorò Proton. Lyra rimase con il fiato sospeso, "devi fuggire al più presto".

Si udì il rombo assordante di una bomba scesa dal cielo e schiantatasi su un edificio. Più tardi videro che era vicino al municipio, il vero obbiettivo. Almeno non c'erano stati morti, ma pochi feriti.

"Ma io non voglio partire senza di te!" Lyra si allontanò da lui, "proprio ora che...".

Proton fece un sorriso triste, che Lyra non poteva vedere.

"Tanto non avrebbe comunque funzionato. Io faccio parte del Team Rocket. Però, se scapperai ti farò una promessa" Disse Proton. Aveva già ideato un piano per la fuga di Lyra: tra poco tempo sarebbe dovuto partire un convoglio diretto a Kanto con delle merci. Lyra si sarebbe potuta imbucare su quel treno e sarebbe arrivata a Kanto. Con la poca supervisione che offrivano le reclute, sarebbe stato molto semplice. Ovviamente sarebbe stato presente.

"Che promessa?" Lyra abbassò la voce.

Proton si riavvicinò a lei e si chinò sul suo orecchio.

"Se tu scapperai, io ti prometto che ci rivedremo: alla fine dell'occupazione, quando tu sarai a Kanto, mi rivedrai. E non indosserò la divisa, non mi riconoscerai. Tu sarai davanti alla tua nuova casa, con delle borse in mano. E io ti chiederò se hai bisogno di aiuto, tu mi ignorerai. Come quella volta, ricordi? Dopo mi riconoscerai, mi abbraccerai" Lyra stava già piangendo, immaginandosi la scena, e rendendosi conto che quella era, più o meno, la stessa promessa di un'altra conversazione, agli albori della loro relazione.

Voleva obbiettare, ma i singhiozzi e le lacrime la soffocarono.

Senza dirsi una parola, uscirono dalla cantina e guardarono fuori dalla finestra: una coltre di polvere e fumo impediva la vista della zona del municipio.

Lyra dipinse la città per metà distrutta in una cortina di polvere marroncina, il cielo plumbeo e un semplice aereo che lo squarciava, con la drammatica musica di Proton come accompagnamento. Entrambi non avevano mai operato meglio.

Effettivamente Lyra e Proton da soli erano bravi, ma insieme erano complementari e perfetti. Così che nessuno avrebbe mai potuto eguagliarli. Lyra e Proton piansero in silenzio, insieme.

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Funesto angolino della funesta autrice:

Non uccidetemi, sono troppo giovane per morire. Rileggendo alcune parti ha messo addosso pure a me una certa depressione.

Bene, direi di saltare i soliti convenevoli del tipo "Recensite e segnalatemi gli errori e bla, bla bla...", credo di averne scritti abbastanza. Comunque sia, tenterò di aggiornare più spesso :)

Credo di aver finito, per ora; spero che vi sia piaciuto e che non vi abbia tediato l'improvviso cambio di personaggi, o il contrasto tra un momento tragico e uno, comunque, felice, per poi tornare alle catastrofi, ma sono fatta così :))

Alla prossima,

Soul <3

PS: non ho aggiunto io la bella colorazione blu del testo a metà capitolo, credo sia un errore di EFP =_=

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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Capitolo 6

Tutto era pronto per il giorno della partenza, o meglio, della fuga, di Lyra Soul.

Ancora non credeva che stava per abbandonare la sua città, la sua casa, i suoi amici. Aveva con sé solo una borsa contenente pochi vestiti, soldi, acqua e cibo a sufficienza per due o tre giorni e una divisa del Team Rocket per sicurezza e una fotografia leggermente sgualcita della sua famiglia al matrimonio di Crystal e Gold. Non aveva nemmeno superato la loro morte che già doveva abbandonarli definitivamente.

Aveva dato l'ultimo saluto a Ruby, Petrel e Sapphire il giorno prima. Era stata accompagnata da Proton, siccome le strade erano pesantemente controllate da quando i membri della Resistenza erano scappati chissà dove. Tutto in città preannunciava lo scoppio di una nuova rivolta.

Proton stava ordinando alle reclute di sistemare le merci nel vagone il più in fretta possibile. A Lyra, che era già salita, venne quasi da piangere. Appena vide che le reclute si allontanarono, uscì dal suo nascondiglio e si buttò tra le braccia di Proton, il cuore pesante e gli occhi lacrimosi.

Poche lacrime trafissero le sue guance, in quel momento. Per entrambi fu breve ma molto intenso, come una scarica elettrica. Rimasero immobili per un minuto, senza il coraggio di guardarsi negli occhi. Il tempo di un ultimo bacio, che Lyra risalì sul treno. Lo guardò solo un attimo negli occhi vitrei.

Non si erano detti nulla, eppure era bastato. Il silenzio tra di loro ormai era una cosa a cui entrambi erano abituati: dopotutto, non avevano bisogno di parole per esprimere i loro sentimenti. Gli bastava guardarsi negli occhi per capire, ed entrambi capirono. Non si confrontarono mai su ciò che lessero l'uno negli occhi dell'altra, ma sapevano che era la verità. Una verità silenziosa, certo, ma pur sempre la più pura delle verità, ma i loro silenzi erano diversi da quello che li coinvolgeva all'inizio della convivenza: era un muro di silenzio a dividerli, e si era sgretolato ormai da tempo, mentre i loro silenzi, quelli voluti, valevano più di mille parole, come aveva sentito nominare spesso Lyra. Non avrebbe mai pensato di sentire quell'affermazione così intimamente sua. Eppure, la loro era una storia d'amore di parole mai dette. una storia d'amore di silenzi.

Lyra pianse in silenzio: davvero non capiva perché fosse sempre lei a doversi salvare, era certa di non meritarlo totalmente. Non sapeva se fosse meglio la morte del suo crudele destino coronato da sofferenze.

Il viaggio normalmente sarebbe dovuto durare quattro ore ma, contando il tempo di sbarcare le merci, le soste, i posti di blocco disseminati per la regione, ci avrebbe messo almeno un giorno per arrivare a destinazione: Saffron City, la città dai toni giallognoli.

Proton le aveva spiegato che in realtà il capotreno non faceva parte del Team Rocket, ma era stato rapito e costretto a guidare il treno fino a Mahogany Town. Le disse che Lyra sarebbe dovuta stare attenta e non far nessun rumore e nessun movimento: se gli agenti che controllavano Mahogany Town l'avessero scoperta, Lyra sarebbe stata uccisa barbaramente davanti a tutti. Era in quel momento che doveva stare particolarmente attenta.

Si rifugiò in un angolino del locale buio e appoggiò la testa sulle ginocchia. Prese a pensare a Proton, e le lacrime riaffiorarono. Il solo pensiero che sarebbe potuto morire la fece rabbrividire; la pioggia picchiettava forte sul tetto del treno, e quasi temette che si bucasse.

Attorno a lei, per fortuna, non c'era nessun container, in modo che le reclute non avrebbero controllato nel momento in cui avessero scaricato le merci.

E il treno partì, dapprima lento per farsi sempre più rapido. Lyra aveva spostato l'orecchio sullo sportello per sentire Proton, ma non si capiva niente. Certa che non l'avrebbe più rivisto, pregò che almeno si salvasse come si sarebbe salvata lei.

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Ogni posto di blocco era un inferno, per Lyra. Aveva il vivido terrore che sarebbe stata scoperta. Non era sicura se dovesse nascondersi anche dal capotreno, dopotutto lui era presumibilmente contro il Team Rocket, ma avrebbe potuto denunciarla in qualsiasi momento.

L'aveva visto durante un posto di blocco: era un uomo anzianotto, basso e robusto, i segni della stanchezza sul viso, dei baffi grigi e i capelli corti coperti parzialmente da un cappello, una piccola cicatrice sulla tempia. Lyra presunse che si trattasse di una traccia delle torture del Team Rocket. Nella penombra Lyra era riuscita a vedere i gentili occhi marroncini. Era venuto solo per controllare che tutto fosse apposto.

Dall'esterno non si udiva alcun rumore, al contrario che nei posti di blocco. Sentì lo sportello dei vagoni davanti aprirsi e dei passi pesanti e coordinati: quello doveva essere lo sbarco delle merci.

In due ore Lyra non aveva mai provato tanta ansia, nemmeno quando Proton l'aveva scovata all'interno dello studio. Sapeva che il suo sogno si era infranto: non avrebbe più frequentato l'Università delle Belle Arti, non avrebbe potuto vivere con Proton, non avrebbe mai più rivisto i suoi quadri, non avrebbe potuto andare a prendere un tè alla locanda Black and White insieme a Ruby e Sapphire, ma soprattutto non avrebbe potuto dare l'ultimo saluto a sua sorella, alla persona più importante della sua vita. Sapeva che non sarebbe mai tornata indietro, che non avrebbe più udito il soave suono del pianoforte nel cuore della notte per mano di Proton, che non avrebbe mai udito la fine della sua canzone, che non avrebbe baciato più quelle morbide labbra. Ed era perfettamente consapevole che la guerra, perché era sicura che si sarebbe scatenata una guerra, glielo avrebbe portato via, che non avrebbe mantenuto la sua promessa.

Respirò affannosamente, il cuore che batteva all'impazzata. Per calmarsi Lyra infilò la mano nella borsa per cercare la foto della sua famiglia, ma un altro foglio di carta, a lei poco familiare, finì tra le sue mani. Con un'espressione corrucciata scrutò il foglio cercando di leggere: presto la sua vista si abituò al buio e finalmente intravide delle note musicali e la firma di Proton Sherwood all'estremità destra. Era la sua composizione, e portava il suo nome al posto del titolo. Ciò la ridusse, ancora una volta, alle lacrime. Portò lo spartito al petto, ispirando profondamente. Poteva risentire nella sua memoria le note soavi del pianoforte.

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Non riuscendo più a contenersi, Lyra aveva urinato in un secchio, ma dopo aver finito, si era accorta che il capotreno era entrato nella stanza. Cacciò un urlo e indietreggiò, andando a sbattere contro una cassa vuota. La reazione dell'uomo non fu troppo differente.

"E voi cosa ci fate qui?" Chiese con estrema sorpresa. Il suo viso assunse un'espressione stranita, quasi buffa.

"M-Mi dispiace, signore. Non era mia intenzione spaventarvi" Disse Lyra posando una mano sul cuore che batteva all'impazzata, come a cercare di calmarlo.

Il capotreno capì presto che la ragazza doveva essere fuggita dal Team Rocket.

"Come vi chiamate?" Domandò con calma. Capiva la sua situazione e avrebbe voluto aiutarla.

"Lyra Soul"

"Pryce Filch, piacere di conoscervi. Da dove venite, se posso?" Disse cortesemente.

Lyra fece un piccolo passo in avanti: "Vengo da Goldenrod City, ma voi? Non mi pare d'avervi mai visto".

"Mahogany Town, a nord della regione. A Goldenrod City si sono stabiliti i capi del Team Rocket, giusto?"

"Esatto. La situazione all'inizio non era tanto male, ma... a casa di mia sorella hanno trovato i membri della Resistenza" Si interruppe guardandolo negli occhi glaciali, "e io sono dovuta fuggire; il Generale Capo era ossessionato da me. Mia sorella e suo marito sono stati giustiziati, il Team Rocket ha importo ulteriori divieti. Poi è arrivata una bomba, la notizia che l'esercito di Kanto e di Johto stanno liberando Johto... Proton - cioè, il Generale che ero costretta ad ospitare - ha temuto per la mia vita e sono partita".

Lyra raccontò brevemente gli ultimi avvenimenti con il distacco e la sicurezza che raramente la caratterizzavano. Ormai aveva capito che più nessuno l'avrebbe rassicurata, se non avesse incominciato a rassicurarsi da sé. Inoltre, si era resa conto solo in quel momento che per tutta l'occupazione era stata un'egoista: pensava che solo lei fosse insicura e che quindi avesse più bisogno di altri, ma in realtà la sicurezza di persone come Sapphire, Ruby, Platina, il visconte Berlitz, fino a Gold e Crystal, prima di contare sull'appoggio di altri erano sicuri di loro stessi, non si erano lasciati sopraffare dagli eventi, ma ciò non era una colpa, ed era arrivato il momento di darsi da fare, per la patria, per Proton e per la sua famiglia.

Fu il turno di Pryce Filch a raccontare la sua storia: anch'egli aveva vissuto l'occupazione del Team Rocket. Era stato scelto per condurre il treno fino alla destinazione, gli avevano promesso che avrebbero lasciato liberi lui e sua moglie ma lei è deceduta. Le avevano sparato poco tempo prima: un contadino aveva attaccato una recluta di ronda, ma mentre scappava sua moglie era stata confusa per una ribelle e la avevano fucilata proprio mentre il signor Filch commerciava con il Team Rocket per la libertà.

"Vuole dell'acqua, signorina?" Le domandò gentilmente.

"No grazie, signor Filch. Per il viaggio sono stata ben rifornita. Piuttosto, quanto tempo manca per arrivare a Saffron City?"

"Non molto, circa un'ora e mezza"

Il resto del viaggio lo passarono in un silenzio di riflessione, e non poteva essere un caso che si fossero trovati proprio in quel momento.

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Al loro arrivo alla stazione di Saffron City, blindatissima, erano stati travolti da un'orda di poliziotti. Furono perquisiti, interrogati, esaminati e, infine, accettati. Dopo pochi giorni vennero recapitati loro dei documenti. La gente era incuriosita: c'era chi li evitava con ogni mezzo, chi li trattava come persone normali, cioè ciò che erano, chi invece preferiva semplicemente ignorarli.

Il signor Filch venne accolto in una casa di riposo, mentre Lyra dovette arrangiarsi con i soldi che bastavano a pagare l'affitto per due mesi. Si trovò un lavoro part-time come cameriera in un caffè pagato decentemente. Ogni giorno visitava il signor Filch.

I suoi colleghi conoscevano vagamente la sua storia, e nonostante la curiosità li stesse divorando dall'interno preferivano non toccare quell'argomento, per Lyra era un sollievo.

Appena avesse avuto abbastanza soldi, Lyra avrebbe ripreso a dipingere. Solamente il signor Filch era a conoscenza delle sue vere aspirazioni, perciò cercava in tutti i modi di aiutarla. Per lei diventò una specie di controparte della signora Hazel.

Il suo appartamento era piccolo: le pareti bianco panna avevano un lieve strato di muffa all'angolo tra il soffitto e la parete, una finestra con le spranghe in ferro, la tapparella marroncina, il divano in tessuto rosso posizionato davanti ad un tavolino sul quale Lyra consumava i suoi pasti. Il bagno era sul fondo di un breve corridoio con le luci giallastre e le piastrelle d'un particolare bianco sporco. La sua camera da letto, invece, presentava un semplice armadio in legno di quercia e un letto ad una piazza. L'appartamento, al contrario di alcuni che aveva visitato in città, non era squallido ed il prezzo era buono. All'esterno il condominio, come la maggioranza degli edifici della città, era di un colore simile allo zafferano.

La sua vicina di casa era una donna sulla trentina dall'aria cupa, i capelli verdi tendenti al nero, gli occhi rossi e la carnagione pallida, perennemente in silenzio, che lanciava sguardi truci a chiunque passasse per il corridoio nell'esatto momento in cui c'era anche lei. Aveva un cagnolino che sembrava non sapesse fare altro che ringhiarle contro. Dal suo appartamento proveniva uno strano odore di incenso.

Un'anzianotta del piano di sopra le aveva riferito che in molti pensavano fosse una psiche oppure che facesse esperimenti satanici prima sul suo cane, poi sui suoi vicini di casa. Lyra aveva riso a quelle notizie, ma un lieve senso d'inquietudine le infestava il petto.

Nel giro di cinque mesi Lyra raccolse i soldi necessari per comprare un cavalletto, delle tele, le tempere e i pastelli a olio. In realtà l'acquisto di quei materiali non richiedeva certo tutti quei risparmi: Lyra li avrebbe usati per acquistare dei biglietti del treno per diversi posti da dipingere nei giorni festivi.

Il primo posto in cui decise di andare, non troppo lontano da dov'era lei, era Vermillian City. Si era posizionata sul molo all'alba e aveva dipinto una barca in lontananza parzialmente coperta da una scia di nebbia, dei gabbiani che volavano alti nel cielo verso il sole albeggiante. Quel dipinto era totalmente simbolico: il gabbiano era la libertà, la nave erano i ricordi ormai lontani, e l'alba rappresentava per lei un nuovo inizio su cui contare.

Sorrise teneramente alla visione del suo dipinto e, aspettato che si asciugasse, tornò nel suo appartamento. Era proprio ciò a cui ambiva di più: riuscire ad esprimere l'emozioni, i significati nascosti dietro ogni oggetto, paesaggio o persona. Riuscire ad esprimere ciò che provava con l'arte.

Per il suo compleanno, il signor Filch le pagò a sua insaputa un viaggio di due giorni a Cinnabar Island. Diceva che le avrebbe fatto affluire tanta di quell'ispirazione che non avrebbe nemmeno saputo cosa farne, alla fine.

Effettivamente il signor Filch non aveva mai avuto più ragione: Cinnabar Island era una piccola isola dalla sabbia insolitamente rosa. Solo che tre anni prima il vulcano era eruttato senza preavviso e aveva investito qualunque cosa fosse sull'isola. Era sopravvissuto solo un anzianotto arzillo, che si era trasferito a Celadon City.

Cinnabar Island era deserta. Gli unici rumori che Lyra udiva era quello lo scorrere del pennello sulla tela ancora candida, i versi di uno stormo di gabbiani e l'infrangersi contro la costa delle onde del mare.

Quel silenzio le aveva ricordato casa sua, a Johto. Naturalmente non si sapeva niente di Johto, a parte che alcuni battaglioni da diverse ragioni stavano combattendo per liberarla del Team Rocket.

Disegnò una città distrutta, a metà tra Goldenrod City e Cinnabar Island.

Qualche ora dopo, Lyra se ne andò soddisfatta dalla sua visita. Si sentiva sopraffatta da una nuova energia positiva, si sentiva pronta a rinascere.

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Celadon City.

Mai aveva visto città più bella e suggestiva. Aveva sentito dire che fosse la capitale dell'arte e del divertimento di Kanto. Ogni cosa in città, a partire dai palazzi, dai marciapiedi e dai tetti delle case, aveva una colorazione dall'azzurro al blu, persino alcuni abitanti di quella città si divertivano a vestire in tinta con i colori della città. Dalla Piazza Centrale simile, ancora, a quella presente anche a Johto, si poteva andare da qualsiasi parte. In un viale c'erano il centro commerciale e il casinò, un altro era un quartiere residenziale. Tutto era così pittoresco da poter essere comparabile alla magnifica regione di Kalos.

Era a Celadon City per una mostra di fotografia e per mostrare alcuni sue opere al Celadon Saloon, posto dove venivano esposti i maggiori quadri di nuova generazione. Era certa che le avrebbero riso in faccia; l'incontro con il direttore era stato prefissato per le quindici e trenta, quindi aveva più di due ore libere. Le tremavano le mani dall'emozione, e per la prima volta era riuscita ad eludere pensieri su Proton e sulla sua vecchia vita, tuttavia non poteva che ricordare della morte dei suoi genitori passando davanti ad un teatro di musica. Suo padre e sua madre si stavano dirigendo lì per l'ultima tappa della tournée di concerto al pianoforte.

Si era innamorata dell'arte visitando Celadon City per la prima volta, e, se il colloquio fosse andato bene, avrebbe potuto lavorare e viverci proprio accanto.

Perdendosi tra i monumenti della città, Lyra si accorse a stento che tra poco più di venti minuti si sarebbe svolto l'incontro con il direttore del Celadon Saloon. Si avviò verso l'imponente edificio in dieci minuti e diede il suo nome ad una gentile segretaria profumante di fiori, che le disse di accomodarsi in stanza d'attesa. Aveva i capelli corvini e corti e gli occhi marroni, indossava un kimono gialloornato da foglioline brune e arancioni e portava una fascia vermiglia ai capelli. Il viso era pallido e pareva avere sempre un sorriso tranquillo in volto. In qualche modo la presenza di quella donna poco più grande di lei l'aveva calmata per un po' di tempo. Ma quando la stessa donna, Erika, la venne a chiamare per conto del direttore, Lyra riprese a torturarsi le mani o a strofinare il pollice e l'indice contro l'orlo della gonna blu zaffiro.

Entrò nell'ufficio luminoso del direttore e si chiuse la porta alle spalle.

"Buongiorno" Disse in tono incerto, azzardando qualche passo. Teneva saldamente alcune delle sue opere con il braccio destro.

Il direttore sembrò più gentile e comprensivo di quanto le fosse parso dalle voci: era un uomo anziano, che le sembrava di aver già visto, la testa pelata, occhiali hippy a cerchio, baffi bianchi sotto il naso e lo sguardo arzillo. Accanto a lui, appoggiato sulla scrivania, c'era un bastone in legno di quercia. Aveva un gusto bizzarro e una sfumatura retrò nel vestire: indossava un pantalone color sabbia, una camicia rossa e un gilet bianco. Tra l'altro, all'ingresso aveva scorto un cappello bianco e rosso sull'appendiabiti. Aveva un sorriso allegro dipinto in faccia, e Lyra non sapeva se rilassarsi o se quella fosse una prova.

"Salve" Disse invitandola con la mano a sedersi di fronte a lui.

Si appoggiò con la schiena dritta contro lo schienale, accavallando le gambe e stendendo il braccio lungo il bracciolo sinistro; con l'altra si appoggiò i quadri davanti e la riportò al grembo con estrema eleganza. Lyra non sapeva se stesse facendo le mosse giuste, aveva letto un veloce manuale su internet sul linguaggio del corpo.

"Sono Lyra Soul, è un piacere conoscervi" Lyra gli porse cordialmente la mano. Il direttore gliela strinse con fare sicuro, e Lyra ricambiò.

"Piacere signorina Soul, io sono il direttore Blaine. Potete chiamarmi signor Blaine o semplicemente direttore" Disse in tono autoritario. Il sorriso di Lyra si restrinse leggermente e annuì. Blaine... aveva già sentito quel nome. Pensava a qualcosa che non fosse riferito all'arte.

"Incominciamo con il colloquio. Parlatemi di voi" Lyra venne totalmente colta alla sprovvista. Non aveva alcuna traccia su cui iniziare e, sinceramente, si sarebbe aspettata qualcosa di più specifico e mirato.

Deglutì a fatica e inspirò, cercando di parlare: "Mi chiamo Lyra Soul".

Blaine la interruppe subito e inclinò la testa: "Questo lo sapevo già".

"Sono vissuta fino ad un anno fa a Goldenrod City, a Johto. Studiavo arte all'Università delle Belle Arti, ma ho dovuto interrompere gli studi dopo l'arrivo del Team Rocket" Blaine arricciò le labbra per un breve momento al fatto che non avesse concluso l'università, ma la lasciò continuare.

Lyra parlò, finalmente, nel modo più sicuro e determinato che le era capace: "Signor Blaine, so che io molto probabilmente non soddisfo i requisiti di cui voi siete alla ricerca, tuttavia io sono soddisfatta, anche nel caso in cui non dovessi essere ingaggiata, di aver tentato. Un anno fa sono fuggita su un vagone merci dopo che la mia città è stata bombardata. Ho perso tutto, ma non mi sono tirata indietro. Ho perso tutti, ma io credo che la mia arte, se così si può definire, sia sempre stata con me e-"

"Basta così" Blaine la interruppe ancora all'improvviso. Lyra spalancò gli occhi e cercò di rimanere impassibile. Aspettando che parlasse, si morse il labbro inferiore e inarcò la schiena già in tensione.

"Mostratemi i vostri quadri"

Lyra, un po' scombussolata, aspettò un attimo prima di sollevare uno dei suoi quadri. Blaine glielo prese dalle mani e, adagiandolo sulle ginocchia, lo guardò con occhio critico cinque secondi esatti prima di ridarglielo. Lo stesse fece con il secondo e il terzo. Sorrise leggermente.

Però, appena Lyra gli porse il quarto e ultimo quadro, i suoi occhi si illuminarono. Quello era il suo quadro preferito e a parer suo anche il migliore che avesse mai dipinto. Il dipinto che aveva realizzato a Cinnabar Island doveva averlo colpito in particolare, perché lo fissò trentasette secondi in più rispetto agli altri.

Il direttore incrociò le braccia e stette in silenzio. Lyra represse l'impulso di battere il piede a terra in attesa di un giudizio, di una parola, di un gesto o di un qualunque segno di vita. Ma per secoli non arrivò nulla.

Lyra cominciò a temere il peggio. Forse Blaine stava solo aspettando che se ne andasse, che l'aveva rifiutata. Oppure stava meditando su come vendicarsi per lo sfrontato discorso di prima. Forse lo aveva infastidito e basta. Forse era stata una perdita di tempo per entrambi.

Nel momento in cui decise di alzarsi dalla sedia, Blaine batté le mani una, due, tre, quattro volte. Lyra lo guardò persa, chiedendosi se si stesse complimentando davvero o se la stesse prendendo in giro.

"Complimenti, signorina Soul. E' vero, voi non siete laureata. Avete ancora bisogno di migliorare, ma c'è una cosa che mi ha davvero colpito di voi: avete una storia da raccontare, questa è una qualità che più o meno molti hanno, ma io ho visto in voi un'altra qualità: voi sapere raccontarla questa storia, signorina Soul. Tuttavia, per ora preferirei che voi prendeste lezioni da me. Le assicurerò un alloggio e anche una paga mensile se seguirà le lezioni e a seconda dei risultati la paga sarà aumentata. Perciò, se siete interessata, potrete trasferirvi alla Celadon Mansion dal prossimo sabato"

Lyra rimuginò per qualche minuto; cosa sarebbe stato meglio per lei: seguire i suoi sogni ma non potersi più prendere cura del signor Filch, o restare a Saffron City e vivere per il resto della vita in un buco di appartamento?

La risposta fu ovvia.

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La vita di Lyra Soul si evolse incredibilmente nel giro di tre anni. Dopo essersi trasferita a Celadon City, cominciò a seguire le lezioni di Blaine. Erano difficili e lui pretendeva il massimo. Erika, la segretaria, era diventata una delle sue migliori amiche. Presto aveva guadagnato abbastanza soldi per tornare a Saffron City. I battaglioni di Kanto, Kalos, Unima, Hoenn e Sinnoh stavano procedendo per eliminare la presenza del Team Rocket. Di Proton non si sapeva assolutamente nulla, Lyra aveva perso le speranze. Acquistò un pianoforte, così che calata la sera potesse suonare la sua melodia. All'inizio era stato difficile per lei imparare la canzone e seguire allo stesso tempo i consigli di Proton.

Celadon City era la città perfetta: era un posto sicuro, aveva degli amici e una carriera. Si era ritrovata. I suoi genitori sarebbero stati fieri di lei. Crystal e Gold, il signor Filch, Proton, tutti sarebbero stati fieri di lei.

Dopo un anno e mezzo di lezioni con Blaine, Lyra dipinse un quadro che sarebbe stato esposto al Celadon Saloon. Alla fine si era ricordata dove aveva letto di lui: era l'unico sopravissuto all'eruzione del vulcano di Cinnabar Island.

Lyra aveva quasi dimenticato la sua vita tranquilla nella sua grande casa a Celadon City. Aveva dimenticato del silenzio, aveva dimenticato il tragitto per la casa di Gold e Crystal, per la Piazza Centrale, per la locanda di Black e White. Aveva dimenticato il timbro della voce di Proton, di come la baciava. A malapena ricordava di Ruby, Sapphire e Petrel e di Archer.

Tornò a Saffron City solo per il funerale del signor Filch.

La svolta nella sua movimentata ma ordinaria vita avvenne quando, un sabato mattina, alla Celadon Maison le venne recapitato un pacco. Non aveva ordinato nulla, quindi da dove poteva venire quel pacco? Alla sua domanda, il postino fece spallucce e se ne andò. Non c'era mittente da nessuna parte.

Lyra rimase sconvolta dal contenuto del pacco: erano tutti i quadri e gli schizzi che aveva lasciato a casa sua a Goldenrod City.

"Non è possibile..." Farfugliò. Le mani le tremavano tanto che lasciò cadere a terra un suo quadro. Indietreggiò e si portò le dita alla bocca, come a tappare un urlo represso troppo a lungo. Sentiva dolore dappertutto, così si abbassò e portò la testa tra le ginocchia, mentre le lacrime sfuggirono al suo controllo. Non seppe dire se fossero lacrime di felicità o altro. Proton Sherwood era vivo; doveva essere stato per forza lui, dopotutto era l'unico che conosceva il nascondiglio dei suoi quadri, l'armadio a muro. Aveva lasciato la chiave nel cassetto della sua scrivania prima di andare via. Inoltre dubitava che se fosse stato qualcun altro a ritrovare i suoi quadri li avrebbe recapitati proprio a lei invece che venderli, dargli fuoco o tenerli per sé. Ma come aveva fatto a sapere dove abitava?

Qualcuno bussò alla porta un paio di volte, poi entrò senza essere stato invitato. Blaine faceva sempre così.

"Lyra, ho provato quel carboncino che mi avevi consigliato, è fanta-" Si interruppe appena la vide. Si precipitò al suo cospetto e si chinò. Restò immobile, non sapendo cosa fare.

Lyra gli indicò i quadri sul tavolo. Blaine li raggiunse e li squadrò, capendo dal tratto e dalla data da dove provenissero.

"Come sono arrivati qui?" Chiese Blaine aiutandola ad alzarsi.

"Un postino..." Sussurrò Lyra.

"Ti sembrava familiare?" Chiese ancora. Lyra scosse la testa: era sicura di non averlo mai visto.

Dovette aspettare una settimana (che passò a rimuginare sui quei quadri, nonostante fossero ricordi troppo dolorosi da sopportare) prima di sapere da dove fossero arrivati.

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Era una tarda mattinata di sabato mattina. I dipinti di Lyra erano stati presi da Blaine per preservarli e organizzare una mostra apposta per lei. Lyra era eccitata solo all'idea che, per la prima volta, il Celadon Saloon avrebbe ospitato solo suoi quadri, che la gente sarebbe venuta apposta per lei, per la sua arte.

Si mise al pianoforte e suonò dei tasti a caso, ma che in qualche modo esprimevano la sua allegria. Davanti aveva il malinconico spartito denominato come "Lyra", scritta da Proton. Ormai non ne aveva nemmeno bisogno, l'aveva imparata a memoria; note di fuoco erano incise nella sua mente. Faceva ancora fatica a mantenere la schiena perfettamente dritta per tutta l'esecuzione, lo doveva ammettere, tuttavia aveva fatto enormi progressi con lo spettro di Proton che la tormentava ogni singola volta che toccava un tasto d'avorio e le sussurrava parole cattive. Lyra copriva la sua voce con la musica fino a farlo svanire. Però ogni volta le mancava sempre di più, nonostante sapesse che quello spettro non fosse il vero Proton e non sarebbe mai potuto esserlo.

Quel giorno Lyra sarebbe andata in studio solo nel primo pomeriggio per risistemare tutti i materiali da disegno.

Ad aspettarla al bancone d'ingresso, come al solito, c'era Erika. Si salutarono amichevolmente, si diedero appuntamento per una cioccolata calda (Lyra non beveva caffè) e Erika, prima che Lyra andasse verso l'ascensore, le riferì che un uomo l'aspettava nella sala d'attesa.

Incuriosita, Lyra attraversò il corridoio fino a ritrovarsi in una stanza con delle sedie blu appoggiate al muro, un tavolino di vetro con dei giornali e delle riviste, un area per i bambini con un abaco, delle seggiole rosa e blu e un tavolo di plastica pasticciato e dei disegni sparsi sul pavimento.

Vide un uomo piuttosto alto, magro e con i capelli viola. Lo riconobbe solo quando si girò: aveva il braccio sinistro fasciato, un occhio nero e dei tagli sul viso. Il pizzetto gli era cresciuto fino a diventare barba, ma aveva sempre lo stesso sorriso scherzoso.

"Petrel? Petrel!" Lyra gli si precipitò contro, abbracciandolo dalla parte sana ed incominciando a piangere.

"Calmati" Disse dandole delle pacche goffe sulla spalla. Non si aspettava di certo una reazione simile; beh, almeno era felice di vederlo.

"Sei fuggito? La guerra è finita? Com'è Goldenrod City? Sei stato tu a mandarmi i quadri? Dov'è Proton? Sta bene, vero? E' ancora vivo? Tornerà presto?"

"Calma, calma" Ripeté. Lyra fece un respiro profondo e riuscì a sedersi senza svenire.

"Okay, sono calma" Disse, ma non era affatto calma. La domanda che la assillava più di tutte era: Dov'è Proton?

"D'accordo, incominciamo: sono fuggito dal Team Rocket. Proton ha recuperato i tuoi quadri, la città è stata bombardata ancora, ma la tua casa è illesa. Ruby e Sapphire non ce l'hanno fatta, neanche la signora Hazel. Io e Proton siamo stati picchiati dalle reclute di Archer. Sono arrivato in bicicletta qui a Kanto, ho fatto recapitare io i tuoi quadri, due mesi fa. Mi avevano avvertito che ci sarebbe voluto un po' di tempo affinché li spedissero, perché Celadon City è lontana da dove sono arrivato io, Viridian City. Di Proton non so nulla, solo che è stato picchiato duramente da Archer dopo che ha scoperto che ti ha lasciato fuggire, ma non credo sia morto. Il Team Rocket è in seria crisi, si devono spostare in fretta visto che tutti i fronti stanno cedendo. Proton mi ha implorato di ridarti i quadri e di ricordarti che vi rivedrete, che siate vivi o meno" Fece una pausa per respirare poi, posandole la mano destra sulla spalla, riprese: "Lyra, Proton mi ha pregato di dirti... di dirti che ti ama".

Lyra scoppiò in singhiozzi rumorosi, che fecero preoccupare immediatamente Erika.

"Tutto bene, Lyra?" Chiese con la sua voce calmante. Lyra si rifugiò tra le sue braccia e le pianse sulle spalle. Le disse che le avrebbe spiegato tutto più tardi, di non preoccuparsi.

Erika li lasciò soli, lanciando un'occhiataccia a Petrel.

"Dove alloggi?" Chiese Lyra una volta ripresasi.

"Al Celadon Hotel. Ma ogni edificio qui inizia con Celadon?" Lyra ridacchiò.

"Sì, gli abitanti di Celadon City sono molto orgogliosi della città" Disse Lyra, ridacchiando leggermente.

Nonostante Petrel avesse portato notizie orribili o incerte, Lyra era davvero felice di averlo rincontrato. Apparte il signor Filch e lei, Petrel era l'unico ad essere fuggito dal Team Rocket, e aveva riacceso in lei un'emozione ormai sconosciuta: la speranza


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Funesto angolino della funesta autrice:

Buon pomeriggio, cari lettori!
Spero che questo capitolo non vi abbia turbato per la velocità in cui si svolgono gli eventi :) detto questo, torno nel mio buio e funesto angolino.

Comunque ho finalmente finito la revisione della fanfiction! ^_^ e niente, pubblicherò forse questo pomeriggio stesso.

Alla prossima,
Soul. <3

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 (bonus) ***


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Ma torniamo un attimo indietro, cari lettori: cos'è la Resistenza? Da chi è stata fondata? Perché?

La storia è alquanto semplice: il Membro Fondatore Red di Pallet Town, nella regione di Kanto, ha firmato con i suoi compagni un patto in cui prometteva di proteggere dal Team Rocket qualunque popolo. Egli è il personaggio più misterioso della storia, in quanto non spicca mai parola, nonostante non sia muto. Da quanto siamo riusciti a trarre da diverse interviste agli altri membri della Resistenza, abbiamo un quadro piuttosto vago di Red: è un ragazzo molto silenzioso, questo lo avevamo capito tutti, ma è anche coraggioso e altruista. E' piuttosto diffidente con le persone, ma non riguardo le novità. Ha sconfitto il Team Rocket da solo durante il suo viaggio per la regione di Kanto. Sappiamo che ha attraversato a piedi anche le regioni di Kalos, Hoenn, Unima e Sinnoh, per poi stabilirsi sul Monte Argento, nella regione di Johto. Non è sceso per tre anni, ma quando una sua cara amica ha scalato la montagna apposta per avvertirlo che il pericolo del Team Rocket era tornato, è sceso tranquillamente e ha organizzato in segreto un piano con i suoi compagni.

Continuiamo con la storia: la coraggiosa quanto minuta Yellow si è infiltrata nel Team Rocket e ha rubato i loro piani, successivamente li ha analizzati insieme a Green, nipote dell'illustre scienziato Samuel Oak. Abbiamo scoperto che, come sembra all'apparenza, lei è timida e gentile, e lui alquanto egocentrico. Non ha fatto altro che incantare i miei collaboratori tutto il tempo con le sue vicende! Successivamente, i membri della Resistenza si sono rifugiati in casa di due coraggiosi cittadini di Goldenrod City. Dopo essere stati scoperti, i due cittadini si sono sacrificati e hanno preso tempo per permettere a due membri di scappare sul motorino di uno di loro, mentre gli altri si sono travestiti da Rocket e hanno distrutto il regime dall'interno. E' grazie a loro se ora la regione di Johto è finalmente libera. Silver, il ragazzo dai fulvi capelli, si è occupato della parte più critica dell'operazione, combattendo corpo a corpo con una moltitudine di reclute. Hanno inoltre dichiarato: "Un particolare ringraziamento lo dobbiamo al Generale del Team Rocket, quello dai capelli verdi. Facendo poco ci aiutato molto!">>

Serena Yvonne
Kalos Highlights


Funesto angolino della funesta autrice:
Ehm... riguardo questo aborto ero molto indecisa se inserirlo o meno, ma l'ho revisionato attentamente (spero) e ho deciso infine di pubblicarlo. Detto questo siamo agli sgoccioli!
Spero che vi stia piacendo :)
Comunque la giornalista che ha scritto l'articolo è Serena, giusto per aggiungere anche lei alla marmaglia di personaggi -__-

Buona serata,
Soul <3

PS: qualcuno può lasciarmi una recensioncina? Per favore? ç__ç fatelo per questa povera funesta autrice! PPS. Ok le immagini occupano mezzo capitolo ma non ho idea di come ridimensionarle (se è possibile?) e GIURO che ora pubblico anche l'ultimo capitolo.

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


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Epilogo.

Lyra Soul stava tornando a casa sua, a Celadon City, con due pesanti borse della spesa. Quella sera Petrel era uscito a cena con Erika, perciò era sicura che sarebbe stata sola. Erano passati anni da quando Lyra aveva lasciato Goldenrod City. La guerra era finita da sei mesi, e ormai aveva riposto le sue speranze di rivedere Proton in un cassetto e l'aveva chiuso a chiave.

Passando per la Piazza Centrale, Lyra intravide le luci del Celadon Saloon ancora accese: si stava svolgendo la sua mostra, in cui erano esposti i suoi primi quadri fino all'ultimo dipinto, mostrando la crescita di Lyra Soul. Tra quelli c'erano anche dei ritratti di Gold e Crystal, Ruby e Sapphire e di Proton.

La via di casa sua - alloggiava alla Celadon Mansion, solo che aveva apportato delle modifiche - era buia e quasi deserta, a parte lei girovagava per la strada un uomo alto e slanciato. Indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti, dei jeans scuri e un cappello nero ben conosciuto a Lyra, che gli copriva parzialmente capelli. L'uomo aveva gli occhi in penombra e un sorrisetto sulle labbra, sulle gote si stendeva un leggero strato di barba.

"Avete bisogno di aiuto?" Chiese all'improvviso, facendola sobbalzare. Lyra si chiese immediatamente dove altro avesse udito quella voce familiare, ma scosse la testa e lo ignorò, pensando che fosse un qualche malvivente o un drogato. Il ragazzo sorrise ancora di più, come se tutto ciò gli rammentasse qualcosa.

"Certo che potevate pure dire 'no grazie'!" Disse ancora il ragazzo. Lyra lasciò cadere le borse e si voltò verso di lui. Il cuore pareva aver preso un balzo ed esser approdato in gola, le gambe si erano trasformate in gelatina e minacciavano di cedere da un momento all'altro. Eppure non poteva essere lui, era impossibile. Dopotutto, non era la prima volta che lo vedeva in giro: l'aveva visto nel postino dell'altro giorno, ed un altro che l'aveva quasi investita con il suo scooter. Era da un anno che le succedeva, ma quella volta era così reale.

Proton Sherwood rise e si tolse il cappello, rivelando i setosi capelli verdi, più lunghi di quel che Lyra ricordasse.

La ragazza cadde a terra, vicino alle borse; si portò le dita tremanti alla bocca per non gridare.

Proton la raggiunse e si inginocchiò accanto a lei, tirandola tra le sue braccia forti. Lyra cominciò a piangere dalla gioia, stringendo convulsivamente la camicia di Proton. Lui sorrise e le baciò la testa.

"Sh... non piangere, Lyra. Sono qui, sono tornato. Hai visto che ho mantenuto la promessa?" La sentì annuire in fretta, "Petrel è arrivato?"

"Sì" Disse in voce flebile Lyra. Si staccò da Proton e le accarezzò il viso con dolcezza.

Si rialzarono e camminarono verso casa di Lyra, in un silenzio imbarazzante.

Sedendosi su una sedia nella cucina nuova di Lyra e appoggiando le borse in un angolino, al momento non erano importanti, Proton fissò Lyra preparare un tè caldo.

"Come mi hai trovato?" Chiese assaggiando il tè. Si scottò la lingua, quindi ripose la tazza sul piattino.

"Dopo che siamo stati sconfitti, ho faticato a trovare lavoro a causa della mia reputazione. La nipote della signora Hazel ha testimoniato per me in tribunale perciò non sono stato arrestato. Appena ho guadagnato abbastanza soldi ho preso un treno e sono arrivato a Saffron City. Ho passato un mese a cercarti lì, fino a quando non ho visto un manifesto di una tua mostra a Celadon City. Così ho chiesto ad un anzianotto piuttosto strano che passava da quelle parti e indovina un po'? Era il tuo capo, Blaine. Mi ha raccontato tutto di te e mi ha detto che assomigliavo molto a qualcuno che aveva già visto. Allora ho guadagnato, ancora, dei soldi per poter venire qui e sono andato alla mostra, ma non ti ho trovato. Piuttosto ho scoperto che vivevi in questa via quando ho letto la didascalia di un quadro che ti rappresentava" Raccontò Proton tutto d'un fiato.

Il viso di Lyra si illuminò come una lampadina, e condusse Proton verso il salotto con il pianoforte.

"Ho trovato il tuo spartito dentro la borsa..." Mormorò porgendoglielo. Arrossì quando le sorrise, un turbinio di emozioni le invase il petto, delle farfalline abitarono il suo stomaco. In realtà non aspettava altro che sentire due semplici ma forti parole. Anche Proton l'aveva capito ma, come diceva lui, non c'era bisogno di parole per esprimere i suoi sentimenti.

"Sai, mi sei mancato..." Disse Lyra abbassando lo sguardo. Proton ridacchiò e si avvicinò a lei.

"Lyra, sei a conoscenza dei sentimenti che provo per te, non è vero? Sono sicuro che Petrel ti abbia detto tutto" Lyra annuì, "e allora, Lyra, prima di confessarti ufficialmente i miei sentimenti, vorrei sapere come hai passato questi ultimi anni".

Lyra rialzò di scatto la testa, improvvisamente arrabbiata.

"Ho sopportato! E vuoi sapere cosa? Ho sopportato la tua assenza, ho sopportato di non poterti più sentire suonare, ho sopportato di non poterti baciare e abbracciare, ho sopportato di non sapere se nemmeno fossi vivo, e cavolo, ho sopportato di amarti ma di non potertelo dire per anni! E ho finto di dimenticare tutto ciò perché era davvero troppo" Lyra si sfogò con tutta la forza che aveva in corpo. Distolse lo sguardo dal suo stupito, e si voltò dalla parte opposta, incrociando le braccia sotto i seni.

"Lyra, guardami" La costrinse a girarsi di nuovo verso di lui.

"Cambia qualcosa?" Disse. Entrambi sapevano esattamente cosa stavano facendo. Si sorrisero dolcemente e appoggiarono la fronte l'uno sull'altra.

"Anche io ho sopportato tutto questo... Lyra, ti amo..." Sussurrò Proton.

E rimasero in silenzio, ma entrambi si erano accorti di amare quei silenzi. Per loro, quei silenzi valevano più di un miliardo di "ti amo" che svolazzavano per l'aria.

Perché era il silenzio a contraddistinguere il loro amore.

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Fine

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Funesto angolino della funesta autrice:

*piange di gioia e s'inchina ai malcapitati lettori*

Finalmente ho finito! Vi dirò, è stato davvero complicato revisionare questa fic, poiché l'avevo scritta cinque o sei mesi fa, e nel frattempo il mio stile e vocabolario sono variati tantissimo.

Per ora credo di prendermi una pausa in questo fandom, magari posterò qualcosa in Hetalia. Non so, ma è certo che questa non è l'ultima fanfiction nei pokémon.

Detto questo, passiamo ai ringraziamenti:

ringrazio infinitamente Euphemia e KomadoriZ71, che hanno sprecato parte del loro tempo a recensire questa povera pazza e a correggere i suoi imperdonabili errori, grazie di cuore <3.

Ovviamente ringrazio anche i lettori silenziosi, che spero abbiano gradito la storia, perciò grazie infinitie e spero di avere l'onore di avere dei lettori di nuovo.

*Per fare scena, lancia roselline di carta dal suo palchetto funesto ed immaginario, sotto gli applasi e le grida del suo pubblico mentale*.


Spero davvero che vi sia piaciuto il capitolo e, non so se l'ho già detto, che abbiate abbastanza insulina ovunque vi troviate.


Grazie ancora e alla prossima,

Soul <3

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